Deep blue

di _Tati2308
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Beh il primo giorno alla Columbia posso dire che non è andato affatto male. 
Sono stata praticamente invisibile, come ho fatto per gli ultimi tre anni della mia vita, le lezioni sono trascorse velocemente, e dopo l'ultima ora la signorina Melville, la vicepreside. 
È una donna alta e snella, indossa un'impeccabile tailleur grigio topo, i capelli neri conqualche sprozzata argento qua e là sono ordinatamente raccolti in una crocchia sulla nuca e un paio di occhiali da vista le scivolano sul naso leggermente storto, probabilmente se lo sarà rotto molti in gioventù, penso guardandomi attorno nel corridoio dalle pareti color crema mentre la seguo e ci fermiamo di fronte ad una porta in mogano con scritto il numero 416 a caratteri dorati. 
Mi ha accompagnato a fare un giro del campus mostrandomi per ultima la mia stanza, quest'ultima è beh...Accogliente, è piccola e disponde di due letti, uno è sotto la finestra che da sul giardino e l'altro invece è a ridosso del muro, poggio le mie cose sul quest'ultimo poiché noto che l'altro è già sfatto e con abiti sparsi un po' ovunque. 
Mi sento in agitazione al pensiero che dovrò condividere la stanza per i prossimi anni con un'altra ragazza, non che abbia qualcosa in contrario, ma non mi piace essere costantemente sotto "osservazione" spero quindi che questa ragazza non ami rinchiudersi in camera circondata da libri di ogni genere.
Ammetto che ho scelto questa università soprattutto per l'enorme biblioteca di cui dispone, amo leggere, perdermi nelle parole delle pagine di un libro, i miei soli amici sono personaggi di carta che hanno preso vita solo nella mia mente.
"Dietro quella porta c'è un piccolo bagno, e dietro quella..." 
Spiega la vicepreside indicando la porta adiacente al bagno.
"Un piccolo guardaroba che può condividere con la sua compagna di stanza" 
Tra le due porte, a ridosso del muro c'è una scrivania in legno, ma notando che è già occupata da un'enorme quantità di libri di chimica, fisica e letteraura di ogni genere.
A questo punto decido mentalmente che studierò poggiata sulla piccola cassettiera-sofà a ridosso della finestra.
"Bene signorina Smith, gli orari delle lezioni li conosce, questo è il programma degli eventi sportivi e dei concorsi che la nostra scuola offre, se ha bisogno di informazioni la segreteria sa dov'è, nei prossimi giorni le verranno consegnati i documenti per la borsa di studio" 
Conclude uscendo dalla camera. 
Ho potuto permettermi quest'università grazie ad una borsa di studio, i miei voti non sono mai andati sotto la B e sono orgogliosa di me per questo, perché nonostante tutto, questa è l'unica cosa della mia vita che non sia andata in frantumi, e ho giurato a me stessa che non permetterò mai più a nessuno di strapparmi la mia vita. Mi impegnerò a fondo, voglio laurearmi in psicologia, so che suona quasi contraddittorio vista la mia situazione, ma voglio farlo più che altro per me stessa, voglio riuscire a fare per gli altri quello che gli psicologi non sono riusciti a fare per me, devo farcela almeno in questo. 
La porta si chiude alle sue spalle e io resto sola in questa stanza, inizio a riporre i miei abiti nell'armadio, non ho con me molta roba, non amo vestirmi in modo appariscente, indosso sempre i miei maglioni, larghi, comodi e coprenti, ne ho almeno una dozzina, ripongo nella parte non occupata dell'armadio anche i miei paia di jeans, un paio di ballerine nere e le mie sneakers da corsa insieme a qualche felpa e un paio di pantaloni della tuta. 
Apro il cassetto per mettere via la biancheria, ma mi accorgo che è già occupato da perizoma di pizzo rosso e reggisenti senza ferretto anch'essi in pizzo di vari colori, decisamente l'opposto di ciò che porto io, non ho nulla di anche lontanamente sexy nel mio guardaroba, non mi serve. 
Effettivamente solo ora mi accorgo che gli abiti della mia compagna di stanza riposti nell'armadio sono tutti parecchio appariscenti, niente di troppo scoperto, ma abbastanza attillati e offrono una vasta gamma di colori. Ripongo senza più pensarci anche le mie ultime cose e decido di andare a farmi una doccia. 
Il bagno è piccolo e accogliente come la camera, fortunatamente è pulito è nell'aria c'è un piacevole odore di lavanda sprigionato dal piccolo diffusore attaccato alla presa di fianco allo specchio. 
Chiudo la porta alle mie spalle, metto gli abiti nel porta biancheria e entro in doccia regolando il getto d'acqua.
Quando esco dal bagno mi fermo sui miei passi vedendo seduta sul letto di fronte a me una ragazza.
"Hey, tu devi essere la mia nuova compagna di stanza ehm...Isabelle Smith giusto? Mi avevano informata del tuo arrivo" 
Dice, ha lunghi capelli ricci, molto più ricci dei miei che in confronto sembrano avere solo qualche boccolo alla fine, di un arancio tendente al rosso, si nota che sono il suo colore naturale poiché s'intonano perfettamente alla carnagione chiara del volto cosparso di lentiggini, sul quale campeggiano due occhioni color nocciola incorniciati da lunghe ciglia rese nere dal mascara. 
Indossa una maglietta dai Queens e una gonna a vita alta che le arriva poco più sù del ginocchio, ai piedi indossa un paio di Vans.
"Io mi chiamo Coraline comunque, ma tutti mi chiamano Cora" 
Aggiunge con un sorriso smagliante, mentre gesticola ad ogni parola facendo tintinnare i numerosi braccialetti al polso destro.
"C-ciao...È...È bello qui" 
Improvviso rendendomi conto che non ho ancora spiciccato parola, spiazzata dalla sua...Vivacità.
"Sì, beh ovviamente è sempre così il primo giorno, poi anche tu comincerai a renderti conto che il liceo era molto meglio, sai, non dovevi lavarti gli abiti da sola, pranzo a casa, con del cibo vero..." 
Sorride iniziando un elenco di tutto ciò che non gradisce qui alla Columbia, ma io al contrario penso che qualunque cosa sia meglio del liceo, mi vengono ancora i brividi se ripenso a quegli ultimi anni. 
Qui invece nessuno mi conosce, posso rifarmi una vita, essere chi voglio, nessuno sa niente di me né del mio passato. 
Sorrido quando mi racconta che il suo primo giorno era stato abbastanza pietoso poiché si era inciampata sul primo gradino della mensa ed era caduta difronte a tutta la scuola, ma che qualcuno prontamente l'aveva aiutata a rialzarsi e aveva buttato tutto sul ridere salvandole la reputazione, da quel giorno quel ragazzo era diventato il suo migliore amico e poi quell'amicizia si era trasformata in qualcosa di più. 
Ammiro la sua capacità di aprirsi così facilmente alle persone, io non sarei riuscita a fare niente più che presentarmi di fronte ad un perfetto sconosciuto ed infatti dopo averla ascoltata mi siedo sul mio letto e con la scusa del lungo viaggio affrontato questa mattina dico di aver bisogno di un po' di riposo.

Al mio risveglio sono già le quattro e mezza di pomeriggio, Cora non c'è e io ne approfitto per mettermi a leggere un po' davanti al davanzale della finestra. 
Mi perdo tra le pagine come capita ogni volta, divento parte della storia, mi trasformo nella protagonista di quel libro, vedo me stessa fare cose che nella realtà mai mi sognerei di fare, posso essere chi voglio ed ho una vita normale, perfetta. 
Bussano alla porta e come ogni volta vengo trascinata fuori da quel mio mondo perfetto. 
Giro la chiave nella toppa e appena apro di fronte a me si staglia una ragazza dai capelli biondo cenere raccolti in una coda alta e gli occhi neri come la pece, è alta più o meno quanto me, ovvero un metro e settanta circa. 
Indossa un paio di jeans blu strappati sulle ginocchia e una canotta rossa che s'intravede sotto al maglioncino di rete bianco.
"H-hey, tu devi essere la nuova compagna di stanza di Cora, mi aveva avvisato che saresti arrivata" 
Dice colta alla sprovvista, probabilmente si aspettava di trovare la sua amica al mio posto.
"Ehm...Sì, si sono...Mi chiamo Isabelle, Isabelle Smith" 
Balbetto presentandomi.
"Beh molto piacere, io sono Cassidy, ma puoi chiamarmi Cass" 
Si presenta con un sorriso che mette in mostra i denti bianchi perfettamente allineati mentre mi porge una mano che dopo un breve istante mi convinco a stringere 
"Sono la migliore amica di Cora comunque, nel caso te lo stessi chiedendo visto che sono piombata qui senza preavviso" 
Aggiunge con una risatina imbarazzata, io sorrido non sapendo che aggiungere. Relazionarmi con le persone non è il mio forte, ma fino ad ora queste persone sembrano gentili e simpatiche con me quindi mi sforzo di esserlo anche io con loro.
"Ehm...Vuoi, vuoi entrare intanto che l'aspetti?" 
Chiedo gentilmente spostandomi di lato per permetterle di entrare, lei annuisce e va a sedersi sul letto di Cora, mentre chiudo la porta e la raggiungo sedendomi sul mio letto 
"Allora...Sei arrivata questa mattina?" Chiede cercando di iniziare un discorso 
"Sì, è stato un viaggio abbastanza lungo, ma fino ad ora ne è valsa la pena, qui sembra tutto così...Diverso" 
Non saprei che altra parola usare, qui è tutto diverso da casa, niente paranoie, niente ossessioni o ricordi, solo io e la mia nuova vita. 
"Beh ci farai l'abitudine, la cosa bella qui è che quest'anno la scuola ha offerto una scelta molto più ampia riguardo ai corsi extracurricolari, per esempio quest'anno c'è un corso di fotografia che gli altri anni non era previsto" 
Spiega entusiasta. Dal modo in cui ne parla deve essere un'appassionata di fotografia e, infatti, le parole che dice dopo confermano i miei pensieri.
"Sai, io adoro la fotografia, la mia stanza è talmente piena di foto che la mia compagna di stanza dava fuori di matto ogni volta che ne vedeva appesa una nuova, beh...Ora ex-compagna di stanza, immagino tu capisca il perché" 
Ridacchia raccontando che ora invece ha una nuova compagna di stanza che guarda caso ama anche lei la fotografia e che per questo la loro stanza assomiglia più che altro ad uno studio fotografico. 
Rido con lei ascoltandola parlare delle sue avventure, queste ragazze sono davvero simpatiche, non l'avrei mai pensato, chissà...Magari anche io potrò un giorno essere come loro. 
Mi impongo in non perdermi in questi pensieri e mentre lotto contro me stessa per scacciare quella sensazioni la porta si spalanca e una trottola dai capelli rossi entra in stanza con un sorriso smagliante 
"Cass ma dov'eri? Ti ho cercata per tutto il campus!" 
Inveisce scherzosamente contro la sua amica 
"Ma se sei stata tu a dirmi di venire a chiamarti alle sei e mezza in punto in camera tua!" 
Si difende Cass sollevando le mani in segno di resa.
Sorrido divertita mentre continuano a bisticciare scherzosamente e non mi rendo conto di non starle neanche più ascoltando se non fosse che le vedo volgere entrambe l'attenzione su di me, cosa che mi mette al quanto in soggezione.
"Che c'è?" 
Chiedo titubante saettando lo sguardo dall'una all'altra.
"Stasera c'è una festa per la squadra di Lacrosse che ha vinto...Vuoi venire con noi? Ci sarà da divertirsi credimi" Incalza Cora.
"Sì, insomma è una cosa abbastanza piccola, la fanno alla confraternita dei ragazzi, ma è uno sballo credimi ci sono stata già un paio di volte e le feste lì sono incredibili" 
Continua Cass. 
Sento lo stomaco ribaltarsi alla sola idea di tutta quella gente e delle luci soffuse.
"N-no grazie, vi ringrazio ragazze, ma le feste...Ecco, non sono cosa per me" Ridacchio in imbarazzo.
"Guarda che ti perdi una gran cosa eh" 
Prova ancora Cass.
"Davvero non sono il tipo, grazie ancora" 
Ripeto con la voce che trema leggermente. 
Con un'alzata di spalle lasciano cadere l'argomento mentre Cora cambia discorso iniziando a parlare di Mike, il suo ragazzo. 
Le ascolto parlare per tutta la sera intervendendo qualche volta giusto per partecipare, fino a quando si alzano per andare a cenare proponendomi di andare con loro.
"Ehm...veramente ho mangiato una scatola intera di cereali per merenda e quindi non ho molta fame...Andate voi, magari domani" 
Suggerisco inventandomi la scusa dei cereali, loro annuiscono e mi danno la buonanotte mentre Cora mi avvisa che tornerà tardi per via della festa. 
Annuisco e quando si chiudono la porta alle loro spalle scivolo contro di essa, rendendomi conto che come primo giorno non è andato affato male. 

È un buon inizio.Beh il primo giorno alla Columbia posso dire che non è andato affatto male. 
Sono stata praticamente invisibile, come ho fatto per gli ultimi tre anni della mia vita, le lezioni sono trascorse velocemente, e dopo l'ultima ora la signorina Melville, la vicepreside. 
È una donna alta e snella, indossa un'impeccabile tailleur grigio topo, i capelli neri conqualche sprozzata argento qua e là sono ordinatamente raccolti in una crocchia sulla nuca e un paio di occhiali da vista le scivolano sul naso leggermente storto, probabilmente se lo sarà rotto molti in gioventù, penso guardandomi attorno nel corridoio dalle pareti color crema mentre la seguo e ci fermiamo di fronte ad una porta in mogano con scritto il numero 416 a caratteri dorati. 
Mi ha accompagnato a fare un giro del campus mostrandomi per ultima la mia stanza, quest'ultima è beh...Accogliente, è piccola e disponde di due letti, uno è sotto la finestra che da sul giardino e l'altro invece è a ridosso del muro, poggio le mie cose sul quest'ultimo poiché noto che l'altro è già sfatto e con abiti sparsi un po' ovunque. 
Mi sento in agitazione al pensiero che dovrò condividere la stanza per i prossimi anni con un'altra ragazza, non che abbia qualcosa in contrario, ma non mi piace essere costantemente sotto "osservazione" spero quindi che questa ragazza non ami rinchiudersi in camera circondata da libri di ogni genere.
Ammetto che ho scelto questa università soprattutto per l'enorme biblioteca di cui dispone, amo leggere, perdermi nelle parole delle pagine di un libro, i miei soli amici sono personaggi di carta che hanno preso vita solo nella mia mente.
"Dietro quella porta c'è un piccolo bagno, e dietro quella..." 
Spiega la vicepreside indicando la porta adiacente al bagno.
"Un piccolo guardaroba che può condividere con la sua compagna di stanza" 
Tra le due porte, a ridosso del muro c'è una scrivania in legno, ma notando che è già occupata da un'enorme quantità di libri di chimica, fisica e letteraura di ogni genere.
A questo punto decido mentalmente che studierò poggiata sulla piccola cassettiera-sofà a ridosso della finestra.
"Bene signorina Smith, gli orari delle lezioni li conosce, questo è il programma degli eventi sportivi e dei concorsi che la nostra scuola offre, se ha bisogno di informazioni la segreteria sa dov'è, nei prossimi giorni le verranno consegnati i documenti per la borsa di studio" 
Conclude uscendo dalla camera. 
Ho potuto permettermi quest'università grazie ad una borsa di studio, i miei voti non sono mai andati sotto la B e sono orgogliosa di me per questo, perché nonostante tutto, questa è l'unica cosa della mia vita che non sia andata in frantumi, e ho giurato a me stessa che non permetterò mai più a nessuno di strapparmi la mia vita. Mi impegnerò a fondo, voglio laurearmi in psicologia, so che suona quasi contraddittorio vista la mia situazione, ma voglio farlo più che altro per me stessa, voglio riuscire a fare per gli altri quello che gli psicologi non sono riusciti a fare per me, devo farcela almeno in questo. 
La porta si chiude alle sue spalle e io resto sola in questa stanza, inizio a riporre i miei abiti nell'armadio, non ho con me molta roba, non amo vestirmi in modo appariscente, indosso sempre i miei maglioni, larghi, comodi e coprenti, ne ho almeno una dozzina, ripongo nella parte non occupata dell'armadio anche i miei paia di jeans, un paio di ballerine nere e le mie sneakers da corsa insieme a qualche felpa e un paio di pantaloni della tuta. 
Apro il cassetto per mettere via la biancheria, ma mi accorgo che è già occupato da perizoma di pizzo rosso e reggisenti senza ferretto anch'essi in pizzo di vari colori, decisamente l'opposto di ciò che porto io, non ho nulla di anche lontanamente sexy nel mio guardaroba, non mi serve. 
Effettivamente solo ora mi accorgo che gli abiti della mia compagna di stanza riposti nell'armadio sono tutti parecchio appariscenti, niente di troppo scoperto, ma abbastanza attillati e offrono una vasta gamma di colori. Ripongo senza più pensarci anche le mie ultime cose e decido di andare a farmi una doccia. 
Il bagno è piccolo e accogliente come la camera, fortunatamente è pulito è nell'aria c'è un piacevole odore di lavanda sprigionato dal piccolo diffusore attaccato alla presa di fianco allo specchio. 
Chiudo la porta alle mie spalle, metto gli abiti nel porta biancheria e entro in doccia regolando il getto d'acqua.
Quando esco dal bagno mi fermo sui miei passi vedendo seduta sul letto di fronte a me una ragazza.
"Hey, tu devi essere la mia nuova compagna di stanza ehm...Isabelle Smith giusto? Mi avevano informata del tuo arrivo" 
Dice, ha lunghi capelli ricci, molto più ricci dei miei che in confronto sembrano avere solo qualche boccolo alla fine, di un arancio tendente al rosso, si nota che sono il suo colore naturale poiché s'intonano perfettamente alla carnagione chiara del volto cosparso di lentiggini, sul quale campeggiano due occhioni color nocciola incorniciati da lunghe ciglia rese nere dal mascara. 
Indossa una maglietta dai Queens e una gonna a vita alta che le arriva poco più sù del ginocchio, ai piedi indossa un paio di Vans.
"Io mi chiamo Coraline comunque, ma tutti mi chiamano Cora" 
Aggiunge con un sorriso smagliante, mentre gesticola ad ogni parola facendo tintinnare i numerosi braccialetti al polso destro.
"C-ciao...È...È bello qui" 
Improvviso rendendomi conto che non ho ancora spiciccato parola, spiazzata dalla sua...Vivacità.
"Sì, beh ovviamente è sempre così il primo giorno, poi anche tu comincerai a renderti conto che il liceo era molto meglio, sai, non dovevi lavarti gli abiti da sola, pranzo a casa, con del cibo vero..." 
Sorride iniziando un elenco di tutto ciò che non gradisce qui alla Columbia, ma io al contrario penso che qualunque cosa sia meglio del liceo, mi vengono ancora i brividi se ripenso a quegli ultimi anni. 
Qui invece nessuno mi conosce, posso rifarmi una vita, essere chi voglio, nessuno sa niente di me né del mio passato. 
Sorrido quando mi racconta che il suo primo giorno era stato abbastanza pietoso poiché si era inciampata sul primo gradino della mensa ed era caduta difronte a tutta la scuola, ma che qualcuno prontamente l'aveva aiutata a rialzarsi e aveva buttato tutto sul ridere salvandole la reputazione, da quel giorno quel ragazzo era diventato il suo migliore amico e poi quell'amicizia si era trasformata in qualcosa di più. 
Ammiro la sua capacità di aprirsi così facilmente alle persone, io non sarei riuscita a fare niente più che presentarmi di fronte ad un perfetto sconosciuto ed infatti dopo averla ascoltata mi siedo sul mio letto e con la scusa del lungo viaggio affrontato questa mattina dico di aver bisogno di un po' di riposo.

Al mio risveglio sono già le quattro e mezza di pomeriggio, Cora non c'è e io ne approfitto per mettermi a leggere un po' davanti al davanzale della finestra. 
Mi perdo tra le pagine come capita ogni volta, divento parte della storia, mi trasformo nella protagonista di quel libro, vedo me stessa fare cose che nella realtà mai mi sognerei di fare, posso essere chi voglio ed ho una vita normale, perfetta. 
Bussano alla porta e come ogni volta vengo trascinata fuori da quel mio mondo perfetto. 
Giro la chiave nella toppa e appena apro di fronte a me si staglia una ragazza dai capelli biondo cenere raccolti in una coda alta e gli occhi neri come la pece, è alta più o meno quanto me, ovvero un metro e settanta circa. 
Indossa un paio di jeans blu strappati sulle ginocchia e una canotta rossa che s'intravede sotto al maglioncino di rete bianco.
"H-hey, tu devi essere la nuova compagna di stanza di Cora, mi aveva avvisato che saresti arrivata" 
Dice colta alla sprovvista, probabilmente si aspettava di trovare la sua amica al mio posto.
"Ehm...Sì, si sono...Mi chiamo Isabelle, Isabelle Smith" 
Balbetto presentandomi.
"Beh molto piacere, io sono Cassidy, ma puoi chiamarmi Cass" 
Si presenta con un sorriso che mette in mostra i denti bianchi perfettamente allineati mentre mi porge una mano che dopo un breve istante mi convinco a stringere 
"Sono la migliore amica di Cora comunque, nel caso te lo stessi chiedendo visto che sono piombata qui senza preavviso" 
Aggiunge con una risatina imbarazzata, io sorrido non sapendo che aggiungere. Relazionarmi con le persone non è il mio forte, ma fino ad ora queste persone sembrano gentili e simpatiche con me quindi mi sforzo di esserlo anche io con loro.
"Ehm...Vuoi, vuoi entrare intanto che l'aspetti?" 
Chiedo gentilmente spostandomi di lato per permetterle di entrare, lei annuisce e va a sedersi sul letto di Cora, mentre chiudo la porta e la raggiungo sedendomi sul mio letto 
"Allora...Sei arrivata questa mattina?" Chiede cercando di iniziare un discorso 
"Sì, è stato un viaggio abbastanza lungo, ma fino ad ora ne è valsa la pena, qui sembra tutto così...Diverso" 
Non saprei che altra parola usare, qui è tutto diverso da casa, niente paranoie, niente ossessioni o ricordi, solo io e la mia nuova vita. 
"Beh ci farai l'abitudine, la cosa bella qui è che quest'anno la scuola ha offerto una scelta molto più ampia riguardo ai corsi extracurricolari, per esempio quest'anno c'è un corso di fotografia che gli altri anni non era previsto" 
Spiega entusiasta. Dal modo in cui ne parla deve essere un'appassionata di fotografia e, infatti, le parole che dice dopo confermano i miei pensieri.
"Sai, io adoro la fotografia, la mia stanza è talmente piena di foto che la mia compagna di stanza dava fuori di matto ogni volta che ne vedeva appesa una nuova, beh...Ora ex-compagna di stanza, immagino tu capisca il perché" 
Ridacchia raccontando che ora invece ha una nuova compagna di stanza che guarda caso ama anche lei la fotografia e che per questo la loro stanza assomiglia più che altro ad uno studio fotografico. 
Rido con lei ascoltandola parlare delle sue avventure, queste ragazze sono davvero simpatiche, non l'avrei mai pensato, chissà...Magari anche io potrò un giorno essere come loro. 
Mi impongo in non perdermi in questi pensieri e mentre lotto contro me stessa per scacciare quella sensazioni la porta si spalanca e una trottola dai capelli rossi entra in stanza con un sorriso smagliante 
"Cass ma dov'eri? Ti ho cercata per tutto il campus!" 
Inveisce scherzosamente contro la sua amica 
"Ma se sei stata tu a dirmi di venire a chiamarti alle sei e mezza in punto in camera tua!" 
Si difende Cass sollevando le mani in segno di resa.
Sorrido divertita mentre continuano a bisticciare scherzosamente e non mi rendo conto di non starle neanche più ascoltando se non fosse che le vedo volgere entrambe l'attenzione su di me, cosa che mi mette al quanto in soggezione.
"Che c'è?" 
Chiedo titubante saettando lo sguardo dall'una all'altra.
"Stasera c'è una festa per la squadra di Lacrosse che ha vinto...Vuoi venire con noi? Ci sarà da divertirsi credimi" Incalza Cora.
"Sì, insomma è una cosa abbastanza piccola, la fanno alla confraternita dei ragazzi, ma è uno sballo credimi ci sono stata già un paio di volte e le feste lì sono incredibili" 
Continua Cass. 
Sento lo stomaco ribaltarsi alla sola idea di tutta quella gente e delle luci soffuse.
"N-no grazie, vi ringrazio ragazze, ma le feste...Ecco, non sono cosa per me" Ridacchio in imbarazzo.
"Guarda che ti perdi una gran cosa eh" 
Prova ancora Cass.
"Davvero non sono il tipo, grazie ancora" 
Ripeto con la voce che trema leggermente. 
Con un'alzata di spalle lasciano cadere l'argomento mentre Cora cambia discorso iniziando a parlare di Mike, il suo ragazzo. 
Le ascolto parlare per tutta la sera intervendendo qualche volta giusto per partecipare, fino a quando si alzano per andare a cenare proponendomi di andare con loro.
"Ehm...veramente ho mangiato una scatola intera di cereali per merenda e quindi non ho molta fame...Andate voi, magari domani" 
Suggerisco inventandomi la scusa dei cereali, loro annuiscono e mi danno la buonanotte mentre Cora mi avvisa che tornerà tardi per via della festa. 
Annuisco e quando si chiudono la porta alle loro spalle scivolo contro di essa, rendendomi conto che come primo giorno non è andato affato male. 

È un buon inizio.Beh il primo giorno alla Columbia posso dire che non è andato affatto male. 
Sono stata praticamente invisibile, come ho fatto per gli ultimi tre anni della mia vita, le lezioni sono trascorse velocemente, e dopo l'ultima ora la signorina Melville, la vicepreside. 
È una donna alta e snella, indossa un'impeccabile tailleur grigio topo, i capelli neri conqualche sprozzata argento qua e là sono ordinatamente raccolti in una crocchia sulla nuca e un paio di occhiali da vista le scivolano sul naso leggermente storto, probabilmente se lo sarà rotto molti in gioventù, penso guardandomi attorno nel corridoio dalle pareti color crema mentre la seguo e ci fermiamo di fronte ad una porta in mogano con scritto il numero 416 a caratteri dorati. 
Mi ha accompagnato a fare un giro del campus mostrandomi per ultima la mia stanza, quest'ultima è beh...Accogliente, è piccola e disponde di due letti, uno è sotto la finestra che da sul giardino e l'altro invece è a ridosso del muro, poggio le mie cose sul quest'ultimo poiché noto che l'altro è già sfatto e con abiti sparsi un po' ovunque. 
Mi sento in agitazione al pensiero che dovrò condividere la stanza per i prossimi anni con un'altra ragazza, non che abbia qualcosa in contrario, ma non mi piace essere costantemente sotto "osservazione" spero quindi che questa ragazza non ami rinchiudersi in camera circondata da libri di ogni genere.
Ammetto che ho scelto questa università soprattutto per l'enorme biblioteca di cui dispone, amo leggere, perdermi nelle parole delle pagine di un libro, i miei soli amici sono personaggi di carta che hanno preso vita solo nella mia mente.
"Dietro quella porta c'è un piccolo bagno, e dietro quella..." 
Spiega la vicepreside indicando la porta adiacente al bagno.
"Un piccolo guardaroba che può condividere con la sua compagna di stanza" 
Tra le due porte, a ridosso del muro c'è una scrivania in legno, ma notando che è già occupata da un'enorme quantità di libri di chimica, fisica e letteraura di ogni genere.
A questo punto decido mentalmente che studierò poggiata sulla piccola cassettiera-sofà a ridosso della finestra.
"Bene signorina Smith, gli orari delle lezioni li conosce, questo è il programma degli eventi sportivi e dei concorsi che la nostra scuola offre, se ha bisogno di informazioni la segreteria sa dov'è, nei prossimi giorni le verranno consegnati i documenti per la borsa di studio" 
Conclude uscendo dalla camera. 
Ho potuto permettermi quest'università grazie ad una borsa di studio, i miei voti non sono mai andati sotto la B e sono orgogliosa di me per questo, perché nonostante tutto, questa è l'unica cosa della mia vita che non sia andata in frantumi, e ho giurato a me stessa che non permetterò mai più a nessuno di strapparmi la mia vita. Mi impegnerò a fondo, voglio laurearmi in psicologia, so che suona quasi contraddittorio vista la mia situazione, ma voglio farlo più che altro per me stessa, voglio riuscire a fare per gli altri quello che gli psicologi non sono riusciti a fare per me, devo farcela almeno in questo. 
La porta si chiude alle sue spalle e io resto sola in questa stanza, inizio a riporre i miei abiti nell'armadio, non ho con me molta roba, non amo vestirmi in modo appariscente, indosso sempre i miei maglioni, larghi, comodi e coprenti, ne ho almeno una dozzina, ripongo nella parte non occupata dell'armadio anche i miei paia di jeans, un paio di ballerine nere e le mie sneakers da corsa insieme a qualche felpa e un paio di pantaloni della tuta. 
Apro il cassetto per mettere via la biancheria, ma mi accorgo che è già occupato da perizoma di pizzo rosso e reggisenti senza ferretto anch'essi in pizzo di vari colori, decisamente l'opposto di ciò che porto io, non ho nulla di anche lontanamente sexy nel mio guardaroba, non mi serve. 
Effettivamente solo ora mi accorgo che gli abiti della mia compagna di stanza riposti nell'armadio sono tutti parecchio appariscenti, niente di troppo scoperto, ma abbastanza attillati e offrono una vasta gamma di colori. Ripongo senza più pensarci anche le mie ultime cose e decido di andare a farmi una doccia. 
Il bagno è piccolo e accogliente come la camera, fortunatamente è pulito è nell'aria c'è un piacevole odore di lavanda sprigionato dal piccolo diffusore attaccato alla presa di fianco allo specchio. 
Chiudo la porta alle mie spalle, metto gli abiti nel porta biancheria e entro in doccia regolando il getto d'acqua.
Quando esco dal bagno mi fermo sui miei passi vedendo seduta sul letto di fronte a me una ragazza.
"Hey, tu devi essere la mia nuova compagna di stanza ehm...Isabelle Smith giusto? Mi avevano informata del tuo arrivo" 
Dice, ha lunghi capelli ricci, molto più ricci dei miei che in confronto sembrano avere solo qualche boccolo alla fine, di un arancio tendente al rosso, si nota che sono il suo colore naturale poiché s'intonano perfettamente alla carnagione chiara del volto cosparso di lentiggini, sul quale campeggiano due occhioni color nocciola incorniciati da lunghe ciglia rese nere dal mascara. 
Indossa una maglietta dai Queens e una gonna a vita alta che le arriva poco più sù del ginocchio, ai piedi indossa un paio di Vans.
"Io mi chiamo Coraline comunque, ma tutti mi chiamano Cora" 
Aggiunge con un sorriso smagliante, mentre gesticola ad ogni parola facendo tintinnare i numerosi braccialetti al polso destro.
"C-ciao...È...È bello qui" 
Improvviso rendendomi conto che non ho ancora spiciccato parola, spiazzata dalla sua...Vivacità.
"Sì, beh ovviamente è sempre così il primo giorno, poi anche tu comincerai a renderti conto che il liceo era molto meglio, sai, non dovevi lavarti gli abiti da sola, pranzo a casa, con del cibo vero..." 
Sorride iniziando un elenco di tutto ciò che non gradisce qui alla Columbia, ma io al contrario penso che qualunque cosa sia meglio del liceo, mi vengono ancora i brividi se ripenso a quegli ultimi anni. 
Qui invece nessuno mi conosce, posso rifarmi una vita, essere chi voglio, nessuno sa niente di me né del mio passato. 
Sorrido quando mi racconta che il suo primo giorno era stato abbastanza pietoso poiché si era inciampata sul primo gradino della mensa ed era caduta difronte a tutta la scuola, ma che qualcuno prontamente l'aveva aiutata a rialzarsi e aveva buttato tutto sul ridere salvandole la reputazione, da quel giorno quel ragazzo era diventato il suo migliore amico e poi quell'amicizia si era trasformata in qualcosa di più. 
Ammiro la sua capacità di aprirsi così facilmente alle persone, io non sarei riuscita a fare niente più che presentarmi di fronte ad un perfetto sconosciuto ed infatti dopo averla ascoltata mi siedo sul mio letto e con la scusa del lungo viaggio affrontato questa mattina dico di aver bisogno di un po' di riposo.

Al mio risveglio sono già le quattro e mezza di pomeriggio, Cora non c'è e io ne approfitto per mettermi a leggere un po' davanti al davanzale della finestra. 
Mi perdo tra le pagine come capita ogni volta, divento parte della storia, mi trasformo nella protagonista di quel libro, vedo me stessa fare cose che nella realtà mai mi sognerei di fare, posso essere chi voglio ed ho una vita normale, perfetta. 
Bussano alla porta e come ogni volta vengo trascinata fuori da quel mio mondo perfetto. 
Giro la chiave nella toppa e appena apro di fronte a me si staglia una ragazza dai capelli biondo cenere raccolti in una coda alta e gli occhi neri come la pece, è alta più o meno quanto me, ovvero un metro e settanta circa. 
Indossa un paio di jeans blu strappati sulle ginocchia e una canotta rossa che s'intravede sotto al maglioncino di rete bianco.
"H-hey, tu devi essere la nuova compagna di stanza di Cora, mi aveva avvisato che saresti arrivata" 
Dice colta alla sprovvista, probabilmente si aspettava di trovare la sua amica al mio posto.
"Ehm...Sì, si sono...Mi chiamo Isabelle, Isabelle Smith" 
Balbetto presentandomi.
"Beh molto piacere, io sono Cassidy, ma puoi chiamarmi Cass" 
Si presenta con un sorriso che mette in mostra i denti bianchi perfettamente allineati mentre mi porge una mano che dopo un breve istante mi convinco a stringere 
"Sono la migliore amica di Cora comunque, nel caso te lo stessi chiedendo visto che sono piombata qui senza preavviso" 
Aggiunge con una risatina imbarazzata, io sorrido non sapendo che aggiungere. Relazionarmi con le persone non è il mio forte, ma fino ad ora queste persone sembrano gentili e simpatiche con me quindi mi sforzo di esserlo anche io con loro.
"Ehm...Vuoi, vuoi entrare intanto che l'aspetti?" 
Chiedo gentilmente spostandomi di lato per permetterle di entrare, lei annuisce e va a sedersi sul letto di Cora, mentre chiudo la porta e la raggiungo sedendomi sul mio letto 
"Allora...Sei arrivata questa mattina?" Chiede cercando di iniziare un discorso 
"Sì, è stato un viaggio abbastanza lungo, ma fino ad ora ne è valsa la pena, qui sembra tutto così...Diverso" 
Non saprei che altra parola usare, qui è tutto diverso da casa, niente paranoie, niente ossessioni o ricordi, solo io e la mia nuova vita. 
"Beh ci farai l'abitudine, la cosa bella qui è che quest'anno la scuola ha offerto una scelta molto più ampia riguardo ai corsi extracurricolari, per esempio quest'anno c'è un corso di fotografia che gli altri anni non era previsto" 
Spiega entusiasta. Dal modo in cui ne parla deve essere un'appassionata di fotografia e, infatti, le parole che dice dopo confermano i miei pensieri.
"Sai, io adoro la fotografia, la mia stanza è talmente piena di foto che la mia compagna di stanza dava fuori di matto ogni volta che ne vedeva appesa una nuova, beh...Ora ex-compagna di stanza, immagino tu capisca il perché" 
Ridacchia raccontando che ora invece ha una nuova compagna di stanza che guarda caso ama anche lei la fotografia e che per questo la loro stanza assomiglia più che altro ad uno studio fotografico. 
Rido con lei ascoltandola parlare delle sue avventure, queste ragazze sono davvero simpatiche, non l'avrei mai pensato, chissà...Magari anche io potrò un giorno essere come loro. 
Mi impongo in non perdermi in questi pensieri e mentre lotto contro me stessa per scacciare quella sensazioni la porta si spalanca e una trottola dai capelli rossi entra in stanza con un sorriso smagliante 
"Cass ma dov'eri? Ti ho cercata per tutto il campus!" 
Inveisce scherzosamente contro la sua amica 
"Ma se sei stata tu a dirmi di venire a chiamarti alle sei e mezza in punto in camera tua!" 
Si difende Cass sollevando le mani in segno di resa.
Sorrido divertita mentre continuano a bisticciare scherzosamente e non mi rendo conto di non starle neanche più ascoltando se non fosse che le vedo volgere entrambe l'attenzione su di me, cosa che mi mette al quanto in soggezione.
"Che c'è?" 
Chiedo titubante saettando lo sguardo dall'una all'altra.
"Stasera c'è una festa per la squadra di Lacrosse che ha vinto...Vuoi venire con noi? Ci sarà da divertirsi credimi" Incalza Cora.
"Sì, insomma è una cosa abbastanza piccola, la fanno alla confraternita dei ragazzi, ma è uno sballo credimi ci sono stata già un paio di volte e le feste lì sono incredibili" 
Continua Cass. 
Sento lo stomaco ribaltarsi alla sola idea di tutta quella gente e delle luci soffuse.
"N-no grazie, vi ringrazio ragazze, ma le feste...Ecco, non sono cosa per me" Ridacchio in imbarazzo.
"Guarda che ti perdi una gran cosa eh" 
Prova ancora Cass.
"Davvero non sono il tipo, grazie ancora" 
Ripeto con la voce che trema leggermente. 
Con un'alzata di spalle lasciano cadere l'argomento mentre Cora cambia discorso iniziando a parlare di Mike, il suo ragazzo. 
Le ascolto parlare per tutta la sera intervendendo qualche volta giusto per partecipare, fino a quando si alzano per andare a cenare proponendomi di andare con loro.
"Ehm...veramente ho mangiato una scatola intera di cereali per merenda e quindi non ho molta fame...Andate voi, magari domani" 
Suggerisco inventandomi la scusa dei cereali, loro annuiscono e mi danno la buonanotte mentre Cora mi avvisa che tornerà tardi per via della festa. 
Annuisco e quando si chiudono la porta alle loro spalle scivolo contro di essa, rendendomi conto che come primo giorno non è andato affato male. 

È un buon inizio.Beh il primo giorno alla Columbia posso dire che non è andato affatto male. 
Sono stata praticamente invisibile, come ho fatto per gli ultimi tre anni della mia vita, le lezioni sono trascorse velocemente, e dopo l'ultima ora la signorina Melville, la vicepreside. 
È una donna alta e snella, indossa un'impeccabile tailleur grigio topo, i capelli neri conqualche sprozzata argento qua e là sono ordinatamente raccolti in una crocchia sulla nuca e un paio di occhiali da vista le scivolano sul naso leggermente storto, probabilmente se lo sarà rotto molti in gioventù, penso guardandomi attorno nel corridoio dalle pareti color crema mentre la seguo e ci fermiamo di fronte ad una porta in mogano con scritto il numero 416 a caratteri dorati. 
Mi ha accompagnato a fare un giro del campus mostrandomi per ultima la mia stanza, quest'ultima è beh...Accogliente, è piccola e disponde di due letti, uno è sotto la finestra che da sul giardino e l'altro invece è a ridosso del muro, poggio le mie cose sul quest'ultimo poiché noto che l'altro è già sfatto e con abiti sparsi un po' ovunque. 
Mi sento in agitazione al pensiero che dovrò condividere la stanza per i prossimi anni con un'altra ragazza, non che abbia qualcosa in contrario, ma non mi piace essere costantemente sotto "osservazione" spero quindi che questa ragazza non ami rinchiudersi in camera circondata da libri di ogni genere.
Ammetto che ho scelto questa università soprattutto per l'enorme biblioteca di cui dispone, amo leggere, perdermi nelle parole delle pagine di un libro, i miei soli amici sono personaggi di carta che hanno preso vita solo nella mia mente.
"Dietro quella porta c'è un piccolo bagno, e dietro quella..." 
Spiega la vicepreside indicando la porta adiacente al bagno.
"Un piccolo guardaroba che può condividere con la sua compagna di stanza" 
Tra le due porte, a ridosso del muro c'è una scrivania in legno, ma notando che è già occupata da un'enorme quantità di libri di chimica, fisica e letteraura di ogni genere.
A questo punto decido mentalmente che studierò poggiata sulla piccola cassettiera-sofà a ridosso della finestra.
"Bene signorina Smith, gli orari delle lezioni li conosce, questo è il programma degli eventi sportivi e dei concorsi che la nostra scuola offre, se ha bisogno di informazioni la segreteria sa dov'è, nei prossimi giorni le verranno consegnati i documenti per la borsa di studio" 
Conclude uscendo dalla camera. 
Ho potuto permettermi quest'università grazie ad una borsa di studio, i miei voti non sono mai andati sotto la B e sono orgogliosa di me per questo, perché nonostante tutto, questa è l'unica cosa della mia vita che non sia andata in frantumi, e ho giurato a me stessa che non permetterò mai più a nessuno di strapparmi la mia vita. Mi impegnerò a fondo, voglio laurearmi in psicologia, so che suona quasi contraddittorio vista la mia situazione, ma voglio farlo più che altro per me stessa, voglio riuscire a fare per gli altri quello che gli psicologi non sono riusciti a fare per me, devo farcela almeno in questo. 
La porta si chiude alle sue spalle e io resto sola in questa stanza, inizio a riporre i miei abiti nell'armadio, non ho con me molta roba, non amo vestirmi in modo appariscente, indosso sempre i miei maglioni, larghi, comodi e coprenti, ne ho almeno una dozzina, ripongo nella parte non occupata dell'armadio anche i miei paia di jeans, un paio di ballerine nere e le mie sneakers da corsa insieme a qualche felpa e un paio di pantaloni della tuta. 
Apro il cassetto per mettere via la biancheria, ma mi accorgo che è già occupato da perizoma di pizzo rosso e reggisenti senza ferretto anch'essi in pizzo di vari colori, decisamente l'opposto di ciò che porto io, non ho nulla di anche lontanamente sexy nel mio guardaroba, non mi serve. 
Effettivamente solo ora mi accorgo che gli abiti della mia compagna di stanza riposti nell'armadio sono tutti parecchio appariscenti, niente di troppo scoperto, ma abbastanza attillati e offrono una vasta gamma di colori. Ripongo senza più pensarci anche le mie ultime cose e decido di andare a farmi una doccia. 
Il bagno è piccolo e accogliente come la camera, fortunatamente è pulito è nell'aria c'è un piacevole odore di lavanda sprigionato dal piccolo diffusore attaccato alla presa di fianco allo specchio. 
Chiudo la porta alle mie spalle, metto gli abiti nel porta biancheria e entro in doccia regolando il getto d'acqua.
Quando esco dal bagno mi fermo sui miei passi vedendo seduta sul letto di fronte a me una ragazza.
"Hey, tu devi essere la mia nuova compagna di stanza ehm...Isabelle Smith giusto? Mi avevano informata del tuo arrivo" 
Dice, ha lunghi capelli ricci, molto più ricci dei miei che in confronto sembrano avere solo qualche boccolo alla fine, di un arancio tendente al rosso, si nota che sono il suo colore naturale poiché s'intonano perfettamente alla carnagione chiara del volto cosparso di lentiggini, sul quale campeggiano due occhioni color nocciola incorniciati da lunghe ciglia rese nere dal mascara. 
Indossa una maglietta dai Queens e una gonna a vita alta che le arriva poco più sù del ginocchio, ai piedi indossa un paio di Vans.
"Io mi chiamo Coraline comunque, ma tutti mi chiamano Cora" 
Aggiunge con un sorriso smagliante, mentre gesticola ad ogni parola facendo tintinnare i numerosi braccialetti al polso destro.
"C-ciao...È...È bello qui" 
Improvviso rendendomi conto che non ho ancora spiciccato parola, spiazzata dalla sua...Vivacità.
"Sì, beh ovviamente è sempre così il primo giorno, poi anche tu comincerai a renderti conto che il liceo era molto meglio, sai, non dovevi lavarti gli abiti da sola, pranzo a casa, con del cibo vero..." 
Sorride iniziando un elenco di tutto ciò che non gradisce qui alla Columbia, ma io al contrario penso che qualunque cosa sia meglio del liceo, mi vengono ancora i brividi se ripenso a quegli ultimi anni. 
Qui invece nessuno mi conosce, posso rifarmi una vita, essere chi voglio, nessuno sa niente di me né del mio passato. 
Sorrido quando mi racconta che il suo primo giorno era stato abbastanza pietoso poiché si era inciampata sul primo gradino della mensa ed era caduta difronte a tutta la scuola, ma che qualcuno prontamente l'aveva aiutata a rialzarsi e aveva buttato tutto sul ridere salvandole la reputazione, da quel giorno quel ragazzo era diventato il suo migliore amico e poi quell'amicizia si era trasformata in qualcosa di più. 
Ammiro la sua capacità di aprirsi così facilmente alle persone, io non sarei riuscita a fare niente più che presentarmi di fronte ad un perfetto sconosciuto ed infatti dopo averla ascoltata mi siedo sul mio letto e con la scusa del lungo viaggio affrontato questa mattina dico di aver bisogno di un po' di riposo.

Al mio risveglio sono già le quattro e mezza di pomeriggio, Cora non c'è e io ne approfitto per mettermi a leggere un po' davanti al davanzale della finestra. 
Mi perdo tra le pagine come capita ogni volta, divento parte della storia, mi trasformo nella protagonista di quel libro, vedo me stessa fare cose che nella realtà mai mi sognerei di fare, posso essere chi voglio ed ho una vita normale, perfetta. 
Bussano alla porta e come ogni volta vengo trascinata fuori da quel mio mondo perfetto. 
Giro la chiave nella toppa e appena apro di fronte a me si staglia una ragazza dai capelli biondo cenere raccolti in una coda alta e gli occhi neri come la pece, è alta più o meno quanto me, ovvero un metro e settanta circa. 
Indossa un paio di jeans blu strappati sulle ginocchia e una canotta rossa che s'intravede sotto al maglioncino di rete bianco.
"H-hey, tu devi essere la nuova compagna di stanza di Cora, mi aveva avvisato che saresti arrivata" 
Dice colta alla sprovvista, probabilmente si aspettava di trovare la sua amica al mio posto.
"Ehm...Sì, si sono...Mi chiamo Isabelle, Isabelle Smith" 
Balbetto presentandomi.
"Beh molto piacere, io sono Cassidy, ma puoi chiamarmi Cass" 
Si presenta con un sorriso che mette in mostra i denti bianchi perfettamente allineati mentre mi porge una mano che dopo un breve istante mi convinco a stringere 
"Sono la migliore amica di Cora comunque, nel caso te lo stessi chiedendo visto che sono piombata qui senza preavviso" 
Aggiunge con una risatina imbarazzata, io sorrido non sapendo che aggiungere. Relazionarmi con le persone non è il mio forte, ma fino ad ora queste persone sembrano gentili e simpatiche con me quindi mi sforzo di esserlo anche io con loro.
"Ehm...Vuoi, vuoi entrare intanto che l'aspetti?" 
Chiedo gentilmente spostandomi di lato per permetterle di entrare, lei annuisce e va a sedersi sul letto di Cora, mentre chiudo la porta e la raggiungo sedendomi sul mio letto 
"Allora...Sei arrivata questa mattina?" Chiede cercando di iniziare un discorso 
"Sì, è stato un viaggio abbastanza lungo, ma fino ad ora ne è valsa la pena, qui sembra tutto così...Diverso" 
Non saprei che altra parola usare, qui è tutto diverso da casa, niente paranoie, niente ossessioni o ricordi, solo io e la mia nuova vita. 
"Beh ci farai l'abitudine, la cosa bella qui è che quest'anno la scuola ha offerto una scelta molto più ampia riguardo ai corsi extracurricolari, per esempio quest'anno c'è un corso di fotografia che gli altri anni non era previsto" 
Spiega entusiasta. Dal modo in cui ne parla deve essere un'appassionata di fotografia e, infatti, le parole che dice dopo confermano i miei pensieri.
"Sai, io adoro la fotografia, la mia stanza è talmente piena di foto che la mia compagna di stanza dava fuori di matto ogni volta che ne vedeva appesa una nuova, beh...Ora ex-compagna di stanza, immagino tu capisca il perché" 
Ridacchia raccontando che ora invece ha una nuova compagna di stanza che guarda caso ama anche lei la fotografia e che per questo la loro stanza assomiglia più che altro ad uno studio fotografico. 
Rido con lei ascoltandola parlare delle sue avventure, queste ragazze sono davvero simpatiche, non l'avrei mai pensato, chissà...Magari anche io potrò un giorno essere come loro. 
Mi impongo in non perdermi in questi pensieri e mentre lotto contro me stessa per scacciare quella sensazioni la porta si spalanca e una trottola dai capelli rossi entra in stanza con un sorriso smagliante 
"Cass ma dov'eri? Ti ho cercata per tutto il campus!" 
Inveisce scherzosamente contro la sua amica 
"Ma se sei stata tu a dirmi di venire a chiamarti alle sei e mezza in punto in camera tua!" 
Si difende Cass sollevando le mani in segno di resa.
Sorrido divertita mentre continuano a bisticciare scherzosamente e non mi rendo conto di non starle neanche più ascoltando se non fosse che le vedo volgere entrambe l'attenzione su di me, cosa che mi mette al quanto in soggezione.
"Che c'è?" 
Chiedo titubante saettando lo sguardo dall'una all'altra.
"Stasera c'è una festa per la squadra di Lacrosse che ha vinto...Vuoi venire con noi? Ci sarà da divertirsi credimi" Incalza Cora.
"Sì, insomma è una cosa abbastanza piccola, la fanno alla confraternita dei ragazzi, ma è uno sballo credimi ci sono stata già un paio di volte e le feste lì sono incredibili" 
Continua Cass. 
Sento lo stomaco ribaltarsi alla sola idea di tutta quella gente e delle luci soffuse.
"N-no grazie, vi ringrazio ragazze, ma le feste...Ecco, non sono cosa per me" Ridacchio in imbarazzo.
"Guarda che ti perdi una gran cosa eh" 
Prova ancora Cass.
"Davvero non sono il tipo, grazie ancora" 
Ripeto con la voce che trema leggermente. 
Con un'alzata di spalle lasciano cadere l'argomento mentre Cora cambia discorso iniziando a parlare di Mike, il suo ragazzo. 
Le ascolto parlare per tutta la sera intervendendo qualche volta giusto per partecipare, fino a quando si alzano per andare a cenare proponendomi di andare con loro.
"Ehm...veramente ho mangiato una scatola intera di cereali per merenda e quindi non ho molta fame...Andate voi, magari domani" 
Suggerisco inventandomi la scusa dei cereali, loro annuiscono e mi danno la buonanotte mentre Cora mi avvisa che tornerà tardi per via della festa. 
Annuisco e quando si chiudono la porta alle loro spalle scivolo contro di essa, rendendomi conto che come primo giorno non è andato affato male. 

È un buon inizio.Beh il primo giorno alla Columbia posso dire che non è andato affatto male. 
Sono stata praticamente invisibile, come ho fatto per gli ultimi tre anni della mia vita, le lezioni sono trascorse velocemente, e dopo l'ultima ora la signorina Melville, la vicepreside. 
È una donna alta e snella, indossa un'impeccabile tailleur grigio topo, i capelli neri conqualche sprozzata argento qua e là sono ordinatamente raccolti in una crocchia sulla nuca e un paio di occhiali da vista le scivolano sul naso leggermente storto, probabilmente se lo sarà rotto molti in gioventù, penso guardandomi attorno nel corridoio dalle pareti color crema mentre la seguo e ci fermiamo di fronte ad una porta in mogano con scritto il numero 416 a caratteri dorati. 
Mi ha accompagnato a fare un giro del campus mostrandomi per ultima la mia stanza, quest'ultima è beh...Accogliente, è piccola e disponde di due letti, uno è sotto la finestra che da sul giardino e l'altro invece è a ridosso del muro, poggio le mie cose sul quest'ultimo poiché noto che l'altro è già sfatto e con abiti sparsi un po' ovunque. 
Mi sento in agitazione al pensiero che dovrò condividere la stanza per i prossimi anni con un'altra ragazza, non che abbia qualcosa in contrario, ma non mi piace essere costantemente sotto "osservazione" spero quindi che questa ragazza non ami rinchiudersi in camera circondata da libri di ogni genere.
Ammetto che ho scelto questa università soprattutto per l'enorme biblioteca di cui dispone, amo leggere, perdermi nelle parole delle pagine di un libro, i miei soli amici sono personaggi di carta che hanno preso vita solo nella mia mente.
"Dietro quella porta c'è un piccolo bagno, e dietro quella..." 
Spiega la vicepreside indicando la porta adiacente al bagno.
"Un piccolo guardaroba che può condividere con la sua compagna di stanza" 
Tra le due porte, a ridosso del muro c'è una scrivania in legno, ma notando che è già occupata da un'enorme quantità di libri di chimica, fisica e letteraura di ogni genere.
A questo punto decido mentalmente che studierò poggiata sulla piccola cassettiera-sofà a ridosso della finestra.
"Bene signorina Smith, gli orari delle lezioni li conosce, questo è il programma degli eventi sportivi e dei concorsi che la nostra scuola offre, se ha bisogno di informazioni la segreteria sa dov'è, nei prossimi giorni le verranno consegnati i documenti per la borsa di studio" 
Conclude uscendo dalla camera. 
Ho potuto permettermi quest'università grazie ad una borsa di studio, i miei voti non sono mai andati sotto la B e sono orgogliosa di me per questo, perché nonostante tutto, questa è l'unica cosa della mia vita che non sia andata in frantumi, e ho giurato a me stessa che non permetterò mai più a nessuno di strapparmi la mia vita. Mi impegnerò a fondo, voglio laurearmi in psicologia, so che suona quasi contraddittorio vista la mia situazione, ma voglio farlo più che altro per me stessa, voglio riuscire a fare per gli altri quello che gli psicologi non sono riusciti a fare per me, devo farcela almeno in questo. 
La porta si chiude alle sue spalle e io resto sola in questa stanza, inizio a riporre i miei abiti nell'armadio, non ho con me molta roba, non amo vestirmi in modo appariscente, indosso sempre i miei maglioni, larghi, comodi e coprenti, ne ho almeno una dozzina, ripongo nella parte non occupata dell'armadio anche i miei paia di jeans, un paio di ballerine nere e le mie sneakers da corsa insieme a qualche felpa e un paio di pantaloni della tuta. 
Apro il cassetto per mettere via la biancheria, ma mi accorgo che è già occupato da perizoma di pizzo rosso e reggisenti senza ferretto anch'essi in pizzo di vari colori, decisamente l'opposto di ciò che porto io, non ho nulla di anche lontanamente sexy nel mio guardaroba, non mi serve. 
Effettivamente solo ora mi accorgo che gli abiti della mia compagna di stanza riposti nell'armadio sono tutti parecchio appariscenti, niente di troppo scoperto, ma abbastanza attillati e offrono una vasta gamma di colori. Ripongo senza più pensarci anche le mie ultime cose e decido di andare a farmi una doccia. 
Il bagno è piccolo e accogliente come la camera, fortunatamente è pulito è nell'aria c'è un piacevole odore di lavanda sprigionato dal piccolo diffusore attaccato alla presa di fianco allo specchio. 
Chiudo la porta alle mie spalle, metto gli abiti nel porta biancheria e entro in doccia regolando il getto d'acqua.
Quando esco dal bagno mi fermo sui miei passi vedendo seduta sul letto di fronte a me una ragazza.
"Hey, tu devi essere la mia nuova compagna di stanza ehm...Isabelle Smith giusto? Mi avevano informata del tuo arrivo" 
Dice, ha lunghi capelli ricci, molto più ricci dei miei che in confronto sembrano avere solo qualche boccolo alla fine, di un arancio tendente al rosso, si nota che sono il suo colore naturale poiché s'intonano perfettamente alla carnagione chiara del volto cosparso di lentiggini, sul quale campeggiano due occhioni color nocciola incorniciati da lunghe ciglia rese nere dal mascara. 
Indossa una maglietta dai Queens e una gonna a vita alta che le arriva poco più sù del ginocchio, ai piedi indossa un paio di Vans.
"Io mi chiamo Coraline comunque, ma tutti mi chiamano Cora" 
Aggiunge con un sorriso smagliante, mentre gesticola ad ogni parola facendo tintinnare i numerosi braccialetti al polso destro.
"C-ciao...È...È bello qui" 
Improvviso rendendomi conto che non ho ancora spiciccato parola, spiazzata dalla sua...Vivacità.
"Sì, beh ovviamente è sempre così il primo giorno, poi anche tu comincerai a renderti conto che il liceo era molto meglio, sai, non dovevi lavarti gli abiti da sola, pranzo a casa, con del cibo vero..." 
Sorride iniziando un elenco di tutto ciò che non gradisce qui alla Columbia, ma io al contrario penso che qualunque cosa sia meglio del liceo, mi vengono ancora i brividi se ripenso a quegli ultimi anni. 
Qui invece nessuno mi conosce, posso rifarmi una vita, essere chi voglio, nessuno sa niente di me né del mio passato. 
Sorrido quando mi racconta che il suo primo giorno era stato abbastanza pietoso poiché si era inciampata sul primo gradino della mensa ed era caduta difronte a tutta la scuola, ma che qualcuno prontamente l'aveva aiutata a rialzarsi e aveva buttato tutto sul ridere salvandole la reputazione, da quel giorno quel ragazzo era diventato il suo migliore amico e poi quell'amicizia si era trasformata in qualcosa di più. 
Ammiro la sua capacità di aprirsi così facilmente alle persone, io non sarei riuscita a fare niente più che presentarmi di fronte ad un perfetto sconosciuto ed infatti dopo averla ascoltata mi siedo sul mio letto e con la scusa del lungo viaggio affrontato questa mattina dico di aver bisogno di un po' di riposo.

Al mio risveglio sono già le quattro e mezza di pomeriggio, Cora non c'è e io ne approfitto per mettermi a leggere un po' davanti al davanzale della finestra. 
Mi perdo tra le pagine come capita ogni volta, divento parte della storia, mi trasformo nella protagonista di quel libro, vedo me stessa fare cose che nella realtà mai mi sognerei di fare, posso essere chi voglio ed ho una vita normale, perfetta. 
Bussano alla porta e come ogni volta vengo trascinata fuori da quel mio mondo perfetto. 
Giro la chiave nella toppa e appena apro di fronte a me si staglia una ragazza dai capelli biondo cenere raccolti in una coda alta e gli occhi neri come la pece, è alta più o meno quanto me, ovvero un metro e settanta circa. 
Indossa un paio di jeans blu strappati sulle ginocchia e una canotta rossa che s'intravede sotto al maglioncino di rete bianco.
"H-hey, tu devi essere la nuova compagna di stanza di Cora, mi aveva avvisato che saresti arrivata" 
Dice colta alla sprovvista, probabilmente si aspettava di trovare la sua amica al mio posto.
"Ehm...Sì, si sono...Mi chiamo Isabelle, Isabelle Smith" 
Balbetto presentandomi.
"Beh molto piacere, io sono Cassidy, ma puoi chiamarmi Cass" 
Si presenta con un sorriso che mette in mostra i denti bianchi perfettamente allineati mentre mi porge una mano che dopo un breve istante mi convinco a stringere 
"Sono la migliore amica di Cora comunque, nel caso te lo stessi chiedendo visto che sono piombata qui senza preavviso" 
Aggiunge con una risatina imbarazzata, io sorrido non sapendo che aggiungere. Relazionarmi con le persone non è il mio forte, ma fino ad ora queste persone sembrano gentili e simpatiche con me quindi mi sforzo di esserlo anche io con loro.
"Ehm...Vuoi, vuoi entrare intanto che l'aspetti?" 
Chiedo gentilmente spostandomi di lato per permetterle di entrare, lei annuisce e va a sedersi sul letto di Cora, mentre chiudo la porta e la raggiungo sedendomi sul mio letto 
"Allora...Sei arrivata questa mattina?" Chiede cercando di iniziare un discorso 
"Sì, è stato un viaggio abbastanza lungo, ma fino ad ora ne è valsa la pena, qui sembra tutto così...Diverso" 
Non saprei che altra parola usare, qui è tutto diverso da casa, niente paranoie, niente ossessioni o ricordi, solo io e la mia nuova vita. 
"Beh ci farai l'abitudine, la cosa bella qui è che quest'anno la scuola ha offerto una scelta molto più ampia riguardo ai corsi extracurricolari, per esempio quest'anno c'è un corso di fotografia che gli altri anni non era previsto" 
Spiega entusiasta. Dal modo in cui ne parla deve essere un'appassionata di fotografia e, infatti, le parole che dice dopo confermano i miei pensieri.
"Sai, io adoro la fotografia, la mia stanza è talmente piena di foto che la mia compagna di stanza dava fuori di matto ogni volta che ne vedeva appesa una nuova, beh...Ora ex-compagna di stanza, immagino tu capisca il perché" 
Ridacchia raccontando che ora invece ha una nuova compagna di stanza che guarda caso ama anche lei la fotografia e che per questo la loro stanza assomiglia più che altro ad uno studio fotografico. 
Rido con lei ascoltandola parlare delle sue avventure, queste ragazze sono davvero simpatiche, non l'avrei mai pensato, chissà...Magari anche io potrò un giorno essere come loro. 
Mi impongo in non perdermi in questi pensieri e mentre lotto contro me stessa per scacciare quella sensazioni la porta si spalanca e una trottola dai capelli rossi entra in stanza con un sorriso smagliante 
"Cass ma dov'eri? Ti ho cercata per tutto il campus!" 
Inveisce scherzosamente contro la sua amica 
"Ma se sei stata tu a dirmi di venire a chiamarti alle sei e mezza in punto in camera tua!" 
Si difende Cass sollevando le mani in segno di resa.
Sorrido divertita mentre continuano a bisticciare scherzosamente e non mi rendo conto di non starle neanche più ascoltando se non fosse che le vedo volgere entrambe l'attenzione su di me, cosa che mi mette al quanto in soggezione.
"Che c'è?" 
Chiedo titubante saettando lo sguardo dall'una all'altra.
"Stasera c'è una festa per la squadra di Lacrosse che ha vinto...Vuoi venire con noi? Ci sarà da divertirsi credimi" Incalza Cora.
"Sì, insomma è una cosa abbastanza piccola, la fanno alla confraternita dei ragazzi, ma è uno sballo credimi ci sono stata già un paio di volte e le feste lì sono incredibili" 
Continua Cass. 
Sento lo stomaco ribaltarsi alla sola idea di tutta quella gente e delle luci soffuse.
"N-no grazie, vi ringrazio ragazze, ma le feste...Ecco, non sono cosa per me" Ridacchio in imbarazzo.
"Guarda che ti perdi una gran cosa eh" 
Prova ancora Cass.
"Davvero non sono il tipo, grazie ancora" 
Ripeto con la voce che trema leggermente. 
Con un'alzata di spalle lasciano cadere l'argomento mentre Cora cambia discorso iniziando a parlare di Mike, il suo ragazzo. 
Le ascolto parlare per tutta la sera intervendendo qualche volta giusto per partecipare, fino a quando si alzano per andare a cenare proponendomi di andare con loro.
"Ehm...veramente ho mangiato una scatola intera di cereali per merenda e quindi non ho molta fame...Andate voi, magari domani" 
Suggerisco inventandomi la scusa dei cereali, loro annuiscono e mi danno la buonanotte mentre Cora mi avvisa che tornerà tardi per via della festa. 
Annuisco e quando si chiudono la porta alle loro spalle scivolo contro di essa, rendendomi conto che come primo giorno non è andato affato male. 

È un buon inizio.Beh il primo giorno alla Columbia posso dire che non è andato affatto male. 
Sono stata praticamente invisibile, come ho fatto per gli ultimi tre anni della mia vita, le lezioni sono trascorse velocemente, e dopo l'ultima ora la signorina Melville, la vicepreside. 
È una donna alta e snella, indossa un'impeccabile tailleur grigio topo, i capelli neri conqualche sprozzata argento qua e là sono ordinatamente raccolti in una crocchia sulla nuca e un paio di occhiali da vista le scivolano sul naso leggermente storto, probabilmente se lo sarà rotto molti in gioventù, penso guardandomi attorno nel corridoio dalle pareti color crema mentre la seguo e ci fermiamo di fronte ad una porta in mogano con scritto il numero 416 a caratteri dorati. 
Mi ha accompagnato a fare un giro del campus mostrandomi per ultima la mia stanza, quest'ultima è beh...Accogliente, è piccola e disponde di due letti, uno è sotto la finestra che da sul giardino e l'altro invece è a ridosso del muro, poggio le mie cose sul quest'ultimo poiché noto che l'altro è già sfatto e con abiti sparsi un po' ovunque. 
Mi sento in agitazione al pensiero che dovrò condividere la stanza per i prossimi anni con un'altra ragazza, non che abbia qualcosa in contrario, ma non mi piace essere costantemente sotto "osservazione" spero quindi che questa ragazza non ami rinchiudersi in camera circondata da libri di ogni genere.
Ammetto che ho scelto questa università soprattutto per l'enorme biblioteca di cui dispone, amo leggere, perdermi nelle parole delle pagine di un libro, i miei soli amici sono personaggi di carta che hanno preso vita solo nella mia mente.
"Dietro quella porta c'è un piccolo bagno, e dietro quella..." 
Spiega la vicepreside indicando la porta adiacente al bagno.
"Un piccolo guardaroba che può condividere con la sua compagna di stanza" 
Tra le due porte, a ridosso del muro c'è una scrivania in legno, ma notando che è già occupata da un'enorme quantità di libri di chimica, fisica e letteraura di ogni genere.
A questo punto decido mentalmente che studierò poggiata sulla piccola cassettiera-sofà a ridosso della finestra.
"Bene signorina Smith, gli orari delle lezioni li conosce, questo è il programma degli eventi sportivi e dei concorsi che la nostra scuola offre, se ha bisogno di informazioni la segreteria sa dov'è, nei prossimi giorni le verranno consegnati i documenti per la borsa di studio" 
Conclude uscendo dalla camera. 
Ho potuto permettermi quest'università grazie ad una borsa di studio, i miei voti non sono mai andati sotto la B e sono orgogliosa di me per questo, perché nonostante tutto, questa è l'unica cosa della mia vita che non sia andata in frantumi, e ho giurato a me stessa che non permetterò mai più a nessuno di strapparmi la mia vita. Mi impegnerò a fondo, voglio laurearmi in psicologia, so che suona quasi contraddittorio vista la mia situazione, ma voglio farlo più che altro per me stessa, voglio riuscire a fare per gli altri quello che gli psicologi non sono riusciti a fare per me, devo farcela almeno in questo. 
La porta si chiude alle sue spalle e io resto sola in questa stanza, inizio a riporre i miei abiti nell'armadio, non ho con me molta roba, non amo vestirmi in modo appariscente, indosso sempre i miei maglioni, larghi, comodi e coprenti, ne ho almeno una dozzina, ripongo nella parte non occupata dell'armadio anche i miei paia di jeans, un paio di ballerine nere e le mie sneakers da corsa insieme a qualche felpa e un paio di pantaloni della tuta. 
Apro il cassetto per mettere via la biancheria, ma mi accorgo che è già occupato da perizoma di pizzo rosso e reggisenti senza ferretto anch'essi in pizzo di vari colori, decisamente l'opposto di ciò che porto io, non ho nulla di anche lontanamente sexy nel mio guardaroba, non mi serve. 
Effettivamente solo ora mi accorgo che gli abiti della mia compagna di stanza riposti nell'armadio sono tutti parecchio appariscenti, niente di troppo scoperto, ma abbastanza attillati e offrono una vasta gamma di colori. Ripongo senza più pensarci anche le mie ultime cose e decido di andare a farmi una doccia. 
Il bagno è piccolo e accogliente come la camera, fortunatamente è pulito è nell'aria c'è un piacevole odore di lavanda sprigionato dal piccolo diffusore attaccato alla presa di fianco allo specchio. 
Chiudo la porta alle mie spalle, metto gli abiti nel porta biancheria e entro in doccia regolando il getto d'acqua.
Quando esco dal bagno mi fermo sui miei passi vedendo seduta sul letto di fronte a me una ragazza.
"Hey, tu devi essere la mia nuova compagna di stanza ehm...Isabelle Smith giusto? Mi avevano informata del tuo arrivo" 
Dice, ha lunghi capelli ricci, molto più ricci dei miei che in confronto sembrano avere solo qualche boccolo alla fine, di un arancio tendente al rosso, si nota che sono il suo colore naturale poiché s'intonano perfettamente alla carnagione chiara del volto cosparso di lentiggini, sul quale campeggiano due occhioni color nocciola incorniciati da lunghe ciglia rese nere dal mascara. 
Indossa una maglietta dai Queens e una gonna a vita alta che le arriva poco più sù del ginocchio, ai piedi indossa un paio di Vans.
"Io mi chiamo Coraline comunque, ma tutti mi chiamano Cora" 
Aggiunge con un sorriso smagliante, mentre gesticola ad ogni parola facendo tintinnare i numerosi braccialetti al polso destro.
"C-ciao...È...È bello qui" 
Improvviso rendendomi conto che non ho ancora spiciccato parola, spiazzata dalla sua...Vivacità.
"Sì, beh ovviamente è sempre così il primo giorno, poi anche tu comincerai a renderti conto che il liceo era molto meglio, sai, non dovevi lavarti gli abiti da sola, pranzo a casa, con del cibo vero..." 
Sorride iniziando un elenco di tutto ciò che non gradisce qui alla Columbia, ma io al contrario penso che qualunque cosa sia meglio del liceo, mi vengono ancora i brividi se ripenso a quegli ultimi anni. 
Qui invece nessuno mi conosce, posso rifarmi una vita, essere chi voglio, nessuno sa niente di me né del mio passato. 
Sorrido quando mi racconta che il suo primo giorno era stato abbastanza pietoso poiché si era inciampata sul primo gradino della mensa ed era caduta difronte a tutta la scuola, ma che qualcuno prontamente l'aveva aiutata a rialzarsi e aveva buttato tutto sul ridere salvandole la reputazione, da quel giorno quel ragazzo era diventato il suo migliore amico e poi quell'amicizia si era trasformata in qualcosa di più. 
Ammiro la sua capacità di aprirsi così facilmente alle persone, io non sarei riuscita a fare niente più che presentarmi di fronte ad un perfetto sconosciuto ed infatti dopo averla ascoltata mi siedo sul mio letto e con la scusa del lungo viaggio affrontato questa mattina dico di aver bisogno di un po' di riposo.

Al mio risveglio sono già le quattro e mezza di pomeriggio, Cora non c'è e io ne approfitto per mettermi a leggere un po' davanti al davanzale della finestra. 
Mi perdo tra le pagine come capita ogni volta, divento parte della storia, mi trasformo nella protagonista di quel libro, vedo me stessa fare cose che nella realtà mai mi sognerei di fare, posso essere chi voglio ed ho una vita normale, perfetta. 
Bussano alla porta e come ogni volta vengo trascinata fuori da quel mio mondo perfetto. 
Giro la chiave nella toppa e appena apro di fronte a me si staglia una ragazza dai capelli biondo cenere raccolti in una coda alta e gli occhi neri come la pece, è alta più o meno quanto me, ovvero un metro e settanta circa. 
Indossa un paio di jeans blu strappati sulle ginocchia e una canotta rossa che s'intravede sotto al maglioncino di rete bianco.
"H-hey, tu devi essere la nuova compagna di stanza di Cora, mi aveva avvisato che saresti arrivata" 
Dice colta alla sprovvista, probabilmente si aspettava di trovare la sua amica al mio posto.
"Ehm...Sì, si sono...Mi chiamo Isabelle, Isabelle Smith" 
Balbetto presentandomi.
"Beh molto piacere, io sono Cassidy, ma puoi chiamarmi Cass" 
Si presenta con un sorriso che mette in mostra i denti bianchi perfettamente allineati mentre mi porge una mano che dopo un breve istante mi convinco a stringere 
"Sono la migliore amica di Cora comunque, nel caso te lo stessi chiedendo visto che sono piombata qui senza preavviso" 
Aggiunge con una risatina imbarazzata, io sorrido non sapendo che aggiungere. Relazionarmi con le persone non è il mio forte, ma fino ad ora queste persone sembrano gentili e simpatiche con me quindi mi sforzo di esserlo anche io con loro.
"Ehm...Vuoi, vuoi entrare intanto che l'aspetti?" 
Chiedo gentilmente spostandomi di lato per permetterle di entrare, lei annuisce e va a sedersi sul letto di Cora, mentre chiudo la porta e la raggiungo sedendomi sul mio letto 
"Allora...Sei arrivata questa mattina?" Chiede cercando di iniziare un discorso 
"Sì, è stato un viaggio abbastanza lungo, ma fino ad ora ne è valsa la pena, qui sembra tutto così...Diverso" 
Non saprei che altra parola usare, qui è tutto diverso da casa, niente paranoie, niente ossessioni o ricordi, solo io e la mia nuova vita. 
"Beh ci farai l'abitudine, la cosa bella qui è che quest'anno la scuola ha offerto una scelta molto più ampia riguardo ai corsi extracurricolari, per esempio quest'anno c'è un corso di fotografia che gli altri anni non era previsto" 
Spiega entusiasta. Dal modo in cui ne parla deve essere un'appassionata di fotografia e, infatti, le parole che dice dopo confermano i miei pensieri.
"Sai, io adoro la fotografia, la mia stanza è talmente piena di foto che la mia compagna di stanza dava fuori di matto ogni volta che ne vedeva appesa una nuova, beh...Ora ex-compagna di stanza, immagino tu capisca il perché" 
Ridacchia raccontando che ora invece ha una nuova compagna di stanza che guarda caso ama anche lei la fotografia e che per questo la loro stanza assomiglia più che altro ad uno studio fotografico. 
Rido con lei ascoltandola parlare delle sue avventure, queste ragazze sono davvero simpatiche, non l'avrei mai pensato, chissà...Magari anche io potrò un giorno essere come loro. 
Mi impongo in non perdermi in questi pensieri e mentre lotto contro me stessa per scacciare quella sensazioni la porta si spalanca e una trottola dai capelli rossi entra in stanza con un sorriso smagliante 
"Cass ma dov'eri? Ti ho cercata per tutto il campus!" 
Inveisce scherzosamente contro la sua amica 
"Ma se sei stata tu a dirmi di venire a chiamarti alle sei e mezza in punto in camera tua!" 
Si difende Cass sollevando le mani in segno di resa.
Sorrido divertita mentre continuano a bisticciare scherzosamente e non mi rendo conto di non starle neanche più ascoltando se non fosse che le vedo volgere entrambe l'attenzione su di me, cosa che mi mette al quanto in soggezione.
"Che c'è?" 
Chiedo titubante saettando lo sguardo dall'una all'altra.
"Stasera c'è una festa per la squadra di Lacrosse che ha vinto...Vuoi venire con noi? Ci sarà da divertirsi credimi" Incalza Cora.
"Sì, insomma è una cosa abbastanza piccola, la fanno alla confraternita dei ragazzi, ma è uno sballo credimi ci sono stata già un paio di volte e le feste lì sono incredibili" 
Continua Cass. 
Sento lo stomaco ribaltarsi alla sola idea di tutta quella gente e delle luci soffuse.
"N-no grazie, vi ringrazio ragazze, ma le feste...Ecco, non sono cosa per me" Ridacchio in imbarazzo.
"Guarda che ti perdi una gran cosa eh" 
Prova ancora Cass.
"Davvero non sono il tipo, grazie ancora" 
Ripeto con la voce che trema leggermente. 
Con un'alzata di spalle lasciano cadere l'argomento mentre Cora cambia discorso iniziando a parlare di Mike, il suo ragazzo. 
Le ascolto parlare per tutta la sera intervendendo qualche volta giusto per partecipare, fino a quando si alzano per andare a cenare proponendomi di andare con loro.
"Ehm...veramente ho mangiato una scatola intera di cereali per merenda e quindi non ho molta fame...Andate voi, magari domani" 
Suggerisco inventandomi la scusa dei cereali, loro annuiscono e mi danno la buonanotte mentre Cora mi avvisa che tornerà tardi per via della festa. 
Annuisco e quando si chiudono la porta alle loro spalle scivolo contro di essa, rendendomi conto che come primo giorno non è andato affato male. 

È un buon inizio.

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Entro in camera mia, getto le scarpe ai piedi delle letto e mi ci butto letteralmente sopra, sono distrutta, stanotte non sono riuscita a dormire molto. Sono tornata a casa per il Weekend ed il viaggio dalla Columbia e Philadelphia, è stato abbastanza lungo, infatti non faccio nemmeno in tempo a contare fino a tre che cado in un sonno profondo.

Corro, sono troppo veloci, li sento si stanno avvicinando, vedo un muro davanti a me. Sono in trappola. Tento di arrampicarmi, ma qualcuno mi tira per la manica della giacca trascinandomi rovinisamente a terra. Sento le urla nelle orecchie le persone intorno a me in quel vicolo buio sono ombre appena visibili, la sagoma di quel ragazzo che torreggia su di me, vedo il suo volto osceno, gli occhi chiari scintillano famelici anche in una notte buia come questa. 
Gli tiro un pugno più forte che posso colpendolo, lo vedo ritrarsi per un attimo con un ringhio di dolore, si pulisce il sangue dal labbro ed io tento di divincolarmi, ma quello mi schiaccia nuovamente sul cemento freddo e duro. Urlo, mi dimeno più che posso, mi ringhia contro di stare zitta tappandomi la bocca, sento un dolore lancinante, le sue luride mani bruciano su di me come carboni ardenti, sento le mie urla, imploro affinché smetta, mi lasci andare, i suoi amici tutt'intorno ridono, mentre si gustano quella scena orrenda, vedo il suo sguardo ferino e lo sento ridere mettendo in mostra il canino insanguinato spezzato dal mio pugno, mentre abusa di me prima di lasciarmi così, paralizzata e mezza svestita in un vicolo buio immersa in una pozza di sangue e lacrime. 

Gli incubi sono tornati. I ricordi mai sbiaditi tornano alla mente e mi sveglio in un bagno di sudore, con il cuore a mille ed il battito nelle orecchie, conati di vomito cercano di salire lungo l'esofago, li ricaccio indietro, ho promesso a me stessa che non l'avrei fatto, non stavolta. Faccio respiri profondi arrancando verso il bagno bisognosa di una doccia fredda per cancellare l'opprimente sensazione delle sue mani addosso a me. Lascio cadere a terra gli abiti e l'intimo prima di entrare in doccia regolando il getto dell'acqua, lascio che scivoli su di me, immaginando che essa si porti nello scarico con sé anche i miei tormenti. Dieci minuti dopo sento mia madre che dal piano di sotto avvisa che la cena è pronta. Ci risiamo, faccio un respiro profondo e conto sulle dita di una mano i giorni in cui fino ad oggi sono riuscita a mangiare senza rimettere nulla, poi mi stampo un finto sorriso sul volto e scendo 
"Amore ti ho fatto le lasagne, una volta erano il tuo piatto preferito" 
Esclama mia madre con entusiasmo, ma so bene che dietro a quella facciata si nasconde la paura e l'angoscia per una figlia che non è più la sua. "G-grazie mamma, saranno sicuramente buonissime" 
Rispondo sforzandomi di sorridere, mio fratello esce dalla sua stanza con indosso i pantaloni della tuta e una t-shirt rossa, il suo pigiama 
"Non sei andato a scuola oggi?"
Chiedo non riuscendo a comprendere il motivo per cui indossi il pigiama alle otto di sera, lui non è tipo da film e coperta di pile, è più un tipo da festa e dopo festa
"No, ieri sera alla festa di Trent abbiamo scommesso su chi reggesse di più l'alcol e...Beh ho vinto, ma il dopo sbornia non è stato molto piacevole" 
Ridacchia grattandosi l'arcata del naso dritto
"Kyle ti ho già detto di smetterla con questo genere di scommesse, sono pericolose, e se un giorno inizassero a scommetre con qualcosa di peggio?" Lo rimprovera mia madre, lui le passa affianco dandole un bacio in fronte come a rassicurarla
"Mamma sai bene che so quel che faccio, non farei mai nulla di troppo pericoloso" 
Le ricorda sfilandole un pezzo di pane al formaggio da sotto il naso. 
Mamma non risponde, sappiamo entrambe quanto le parole di Kyle siano vere, si è sempre occupato di noi da quando mio padre ci ha lasciati, lui se n'è andato con un'altra donna, ha lasciato mia madre in un momento difficile della nostra vita. Era da poco successo ciò che mi aveva distrutto, io avevo iniziato a rifiutare il mio corpo, lo sentivo estraneo, sentivo quelle sensazioni sulla mia pelle e mi odiavo, mi odiavo per essermi lasciata fare ciò, volevo punirmi, volevo un corpo nuovo, uno che non fosse il mio e proprio quando ne avevamo più bisogno lui, mio padre, se n'è andato dimenticandosi di avere una famiglia. 
Da quel giorno non l'ho più sentito, è sparito dalla mia vita e Kyle si è fatto carico della nostra famiglia, o di ciò che ne restava, studiando di giorno e lavorando di notte, allora avevo solo sedici anni. 
Un anno dopo ho iniziato anche io a cercare un lavoretto per contribuire alle spese nonostante le proteste di Kyle, il quale sosteneva di poter benissimo badare a noi e che non c'era bisogno che anche io lavorassi. Ma la verità era un'altra, lo sapevo bene, lui, come anche mia madre, avevano paura che potessi fare qualche pazzia. 
Dopo circa sei mesi di prova però, acconsentirono a lasciarmi lavorare e così facevo la cameriera in una piccola caffetteria all'angolo sulla main street, mi dividevo fra la scuola di giorno e la caffetteria di sera, un localino tranquillo frequentato solitamente da topi da biblioteca e gentili coppie di anziani, uno sballo in pratica. Ma a me andava bene così, non mi piacciono i locali troppo affollati e odio sentirmi al centro dell'attenzione, quindi per quanto mi riguarda questo posto era perfetto.
"Belle il piatto si fredda"
Trasalisco dai miei pensieri, non mi ero neanche resa conto di essermi seduta al tavolo. 
Prendo la forchetta e inforco un pezzo di lasagna, lo osservo e cercando di non pensare a nulla lo porto alla bocca, mastico e ingollo. Uno. Ripeto la stessa operazione per quattro volte fingendo di non essermi accorta delle occhiate furtive che mi lanciano i miei familiari. 
Sono fiera di me, sto masticando il quinto boccone e va tutto bene, ma poi come un lampo prendo coscienza di cosa sto facendo e accade tutto in un attimo. 
La forchetta scivola dalla mia mano per cadere rumorosamente nel piatto, lo fisso, fisso il mio più grande nemico in quel piatto di ceramica. Eccolo, ecco il tremore alle mani, la testa gira, la vista si appanna e lo stomaco si attorciglia in un nodo inestricabile. Mi alzo da tavola rovesciando la sedia a terra e mi lancio su per le scale, sento il fiato mancare, il battito del mio cuore è l'unica cosa che riesco a sentire al momento. Sbatto la porta del bagno alle mie spalle, riesco non so come a raggiungere il water ed è più forte di me, mi aggrappo alla tavoletta come se fosse il mio ultimo appiglio al mondo, mi ficco due dita in gola e come ogni volta rigetto quel poco che sono riuscita ad ingerire, il sapore della bile è forte in gola, brucia e provoca altri conati. 
Dopo pochi minuti i conati finalmente si fermano e trovo la forza di alzarmi sulle gambe  esili e sciacquarmi la bocca, bagno i polsi con le mani ancora tremanti. 
Non mi guardo allo specchio, non lo faccio da cinque mesi ormai, ciò che vedo non mi piace, quella persona riflessa nello specchio non sono io, ma forse, forse non so nemmeno io chi sono davvero, il problema è che, probabilmente, non lo ricordo nemmeno più. 
Appoggio la schiena al muro e mi lascio scivolare contro di essa con le lacrime che solcano il volto e il solo rumore dei singhiozzi spezzati che non mi abbandona mai.
Sento mio fratello urlare contro mia madre, stanno litigando e so che il problema sono io, sento lui urlarle contro che non possiamo continuare così, che ho bisogno di aiuto, lei sta piangendo e la voce le si spezza mentre dice che non sa più cosa fare, che abbiamo cambiato più di otto psicologi e alimentaristi, e che la mia vita le sta scivolando dalle mani. 
Odio dover essere il loro dolore, e vorrei davvero poter cambiare le cose, ma il fatto è che non posso, io non riesco a fermarmi, il mio corpo ragisce ancora prima che il mio cervello dica cosa fare.

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


"Belle io e tuo fratello ne abbiamo parlato e dopo l'accaduto di ieri, abbiamo preso una decisione..." 
Dice mia madre sedendosi al tavolo della cucina. 
È già passato un mese da quando ho messo piede per la prima volta alla Columbia e fino ad ora è andata bene direi, Cora e Cass si sono rivelate davvero gentili e simpatiche, e gli sono davvero grata del fatto che non abbiano mai fatto domande riguardo alle mie abitudini alimentari, sono riuscita ad aprirmi un po' con loro, io e Cora abbiamo dei corsi insieme e quindi spesso parliamo di ciò che succede in quelle ore, e di Mike, il suo ragazzo che mi ha promesso di farmi consocere. Cass mi ha mostrato alcune delle sue foto e mi ha lasciato provare la sua amata Canon EOS 250D, hanno provato un paio di volte a convincermi ad andare con loro a qualche altra festa, ma ho sempre prontamente riufiutato. 
Non ci tengo a stare in mezzo a persone ubriache che ti si strusciano addosso in modo perfettamente scoordinato rispetto alla musica, il solo pensiero mi fa accapponare la pelle. 
Stamattina mia madre ha voluto che ci incontrassimo tutti e tre per colazione, il che è abbastanza insolito visto che in genere a quest'ora del mattino lei è già al lavoro. Lavora per una ditta di cosmetici e qualche volta ne porta a casa alcuni di quelli con qualche difetto di fabbrica, per esempio con l'etichetta stampata al contrario. Io ancora non capisco perché non li vendano lo stesso, il prodotto all'interno è perfettamente nuovo e integro, io li comprerei anche se avessero l'etichetta sottosopra. 
Ma la gente non ama di certo il "difetto di fabbrica" e sicuramente andrebbe alla ricerca di quello stesso prodotto ma con l'etichetta stampata correttamente, tralasciando il fatto che all'interno quello con l'etichetta al contrario sia esattamente uguale a quello con la stampa corretta e...
"Buongiorno amore, come ti senti oggi?" 
Mia madre interrompe il flusso di quel ragionamento contorto e insensato che la mia mente stava facendo da sola. 
Quella domanda, ancora quella domanda 
"Come ieri mamma, sto bene tranquilla" 
Ma la verità è che io non sto né bene né male, è da tre anni che mi stampo in faccia finti sorrisi e offro frasi prefatte affinché le persone a me care non si preoccupino per me, ma io semplicemente non sento più nulla. La ascolto ripetere ancora il suo discorso sull'importanza di voler bene agli altri, ma soprattutto a noi stessi e cose del genere, non è mai stata troppo brava con i discorsi, non sa come comportarsi in queste situazioni, ma d'altro canto, chi lo saprebbe? 
Però lei e mio fratello per me ci sono sempre stati e apprezzo come ogni volta si sforzino di trovare le parole adatte, continuando però a non capire che ciò che mi sta accandendo non è qualcosa che posso controllare, non sto giocando. Non è una mia scelta, non lo è più da molto tempo "Belle...Mi hai sentito?" 
Trasalisco al suono incerto della sua voce 
"C-cosa? Scusa stavo...Stavo pensando" 
lei sospira e ripete 
"Io e tuo fratello crediamo che tu abbia bisogno di essere seguita giorno e notte..." 
Sbianco. Il battito accellera bruscamente.
"I-intendi...Intendi una clinica? Una prigione per psicopatici? È questo che volete per me mamma?" 
Ringhio furente di rabbia, certo, loro vogliono liberarsi di me, sono un peso, non riesco neanche più a mangiare se non sono obbligata, sarei solo un peso in più al quale devono badare 
"Belle sai che non è così, io e la mamma vogliamo solo aiutarti" interviene in suo soccorso Kyle, cercando di calmarmi 
"Non mi serve una clinica, so badare a me stessa, ho tutto sotto controllo" Abbaio con le lacrime agli occhi. Mi alzo facendo cadere rovinosamente la sedia a terra. Devo andarmene da qui, ho bisogno di aria. Io sto bene. So badare a me stessa. Ho tutto sotto controllo. Questa frasi mi rimbombano nella testa, non mi lasciano neppure quando mi chino all'ingresso per infilarmi gli anfibi e afferrare al volo la giacca. Sbatto la porta di casa alle spalle uscendo dal palazzo e iniziando a correre senza una meta precisa.
Corro a perdifiato, non so dove sto andando, non so da chi o cosa sto scappando, so solo che devo correre. Non riesco a sentire l'aria fredda sul mio volto ed è questo a spaventarmi, non sento più niente, è come se il mio corpo fosse intorpidito. È come se da tre anni a questa parte io avessi scelto di mettere in pausa la mia vita, l'ho vissuta impostando il pilota automatico, il mio corpo si muoveva in modo abitudinario, facevo le stesse cose di sempre, frequentavo le stesse persone, eppure la mia testa era da qualche altra parte, dispersa in un mondo tutto suo, inaccessibile persino a me stessa. 
Svolto sulla main, superando la caffetteria dove lavoro, mi fermo giusto un secondo a riprendere fiato. È incredibile, siamo in pieno gennaio, ci sono meno sei gradi fuori, eppure non sento nulla, indosso solo il mio maglione rosso, e un paio di jeans, ma non ho freddo. Il mio cellulare squilla insistentemente, ma non rispondo, non guardo nemmeno di chi si tratta. Prendo fiato e riprendo a correre per le strade trafficate di Philadelphia, perdendomi in esse, non so esattamente dove mi trovi, nonostante sia cresciuta qui, il vento soffia forte, sento le gambe formicolare, la vista si appanna, migliaia di puntini mi compaiono davanti agli occhi e tutto gira intorno a me, sembra che le luci dei cartelli stradali e delle insegne si prendano gioco di me, vedo una sagoma venirmi incontro accelerando sempre più il passo, barcollo terrorizzata cercando di allontanarmi, ma incespico sui miei passi e poi tutto si fa nero. Non sento e non vedo più nulla e forse, forse è meglio così.

"Hey...Hey mi senti?" Il suono ovattato di una voce sconosciuta arriva alle mie orecchie mentre lentamente riprendo conoscenza 
"C-cosa è successo?" 
Trovo la forza di chiedere nel frattempo che i miei occhi si abituano nuovamente alla luce mettendo a fuoco ciò che mi circonda. 
La prima cosa che vedo è un ragazzo, l'immagine è ancora leggermente sfuocata, ma non abbastanza da rendermi conto che è troppo vicino e con uno scatto improvviso mi ritraggo schiacciandomi sul divano sul quale sono stesa, sento un dolore lancinante alla testa e solo ora, guardandomi intorno mi rendo conto di trovarmi in un appartamento, o più che altro in un enorme stanza. La cucina con l'isola al centro è unita al salotto composto solo da un vecchio divano color petrolio, sul quale sono stesa io e da una poltrona nera di fianco ad esso, un tavolino si trova al centro fra i due sul quale sono sparsi numerosi spartiti. Riesco a notare anche la piccola libreria a muro di fianco ad una porta che penso conduca al bagno. La camera da letto, composta solo da un enorme letto al momento sfatto è visibile da dove sono io, poiché divisa dal resto della "casa" solo da un muro a mezza altezza "Tieni, metti questo, hai preso una bella botta" 
Suggerisce asciutto il ragazzo di fronte a me porgendomi un sacchetto del ghiaccio. Lo afferro con mani tremanti ringraziandolo intimorita "C-cosa, cos'è successo?" 
Chiedo mentre i ricordi confusi tornano lentamente al loro posto 
"Sei svenuta, non sono riuscito a prenderti in tempo e così hai picchiato la testa al suolo, non sapevo chi fossi, ma non potevo di certo lasciarti per terra" 
Spiega come se fosse una costatazione
"G-grazie, deve...Dev'essersi trattato di un calo di zuccheri" 
Inarca un sopracciglio come se non credesse a ciò che ho appena detto, ma è solo un attimo perché poi le sue labbra si sollevano in un ghigno che mette in mostra una fossetta sulla guancia destra. 
Solo ora che lo osservo meglio mi rendo conto per la prima volta della bellezza di questo ragazzo, ha folti capelli castani, qualche ciuffo ribelle ricade sulla sua fronte, due occhi color caramello campeggiano sul suo volto incorniciati da folte ciglia scure. Le labbra rosee sono carnose e leggermente piegate all'insù per una frazione di secondo mettono in mostra i denti bianchissimi, ma dura solo un attimo, poiché torna subito serio
"Beh se vuoi puoi usare il mio telefono, se ti serve di darti una rinfrescata il bagno è dietro quella porta" 
Dice indicando la porta vicino alla libreria e confermando quindi i miei pensieri di poco prima. 
Mi alzo in piedi, ma devo averlo fatto troppo velocemente poiché ricado nuovamente sul divano in pelle 
"Hey attenta..." 
Scatta verso di me, ma automaticamente  premo il mio corpo contro il divano, deve essersene accorto poiché si tira indietro con un espressione corrucciata, eppure non fa domande e gliene sono grata. Invece si volta e si dirige in cucina, poco dopo ritorna con una bustina e un bicchiere d'acqua 
"Cos'è?" 
Chiedo prendendo ciò che mi porge "Sali minerali, ne hai bisogno" 
Un po' incerta sciolgo la bustina nell'acqua e la bevo. Sento subito le forze tornare e tento nuovamente di alzarmi, stavolta riesco nell'intento e recupero il mio cellulare che noto solo ora essere poggiato sul tavolino 
"Non so davvero come ringraziarti, scusa il disturbo..." 
Mi fermo incerta rendendomi conto che non so il suo nome 
"Cole...E non preoccuparti, non è stato un disturbo, ma fammi un favore, non aggirarti più per queste strade da sola, non gira bella gente" 
Sbianco in un attimo 
"D-dove...D-dove siamo?" 
"Sulla seventeen Street" 
Annuisco rendendomi conto con orrore che non sono poi molto lontana da dove tutto è iniziato 
"Lo terrò a mente, grazie ancora, sul serio" 
Mi volto aprendo la porta, ma prima di uscire mi volto 
"Ah...Io mi chiamo Isabelle"
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Questa storia c'è anche su Wattpad, basta che cerchiate "Deep Blue" sul mio profilo "19ste77"

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


Cammino per le strade di Philadelphia, accelerando il passo per arrivare prima, intanto gli ingranaggi nella mia testa continuano a girare. Come avevo potuto essere così incosciente...Mi ero allontanata da casa senza nemmeno sapere dove stessi andando, conoscevo bene Philadelphia, ma c'erano quartieri a cui non avrei neanche mai dovuto avvicinarmi, l'avevo provato sulla mia stessa pelle...Se non ci fosse stato quel ragazzo probabilmente sarei...
Basta Belle! 
È tutto nella tua testa!
Mi ripeto mentalmente cercando di razionalizzare ciò che era appena accaduto. Apro la porta di casa già mentalmente pronta a sorbirmi la predica di mia madre e mio fratello, ma non appena varco la soglia mi rendo conto che in salotto non c'è nessuno, salgo le scale diretta in camera mia quando dento le loro voci discutere da dietro la porta del piccolo studio in fondo la corridoio. Non voglio nemmeno sapere cosa stanno confabulando questa volta, entro nella mia stanza e richiudo la porta alle mie spalle. Rapidamente e senza darmi il tempo di pensare riprendo le poche cose che mi ero portata e le caccio alla rinfusa nella valigia blu elettrico con cui ero arrivata. 
Dopo nemmeno dieci minuti sono già fuori di casa diretta alla stazione. Non ho nemmeno salutato la mia famiglia, ma mi sforzo di non pensarci ora, loro volevano rinchiudermi in un manicomio, quello non era "volere il mio bene", era "liberarsi di un problema" e io...Io non sono pazza, non ho bisogno di essere rinchiusa in una clinica. 
Io sto bene. 

Seduta sul sedile del treno con le cuffiette nelle orecchie guardo fuori dal finestrino il paesaggio che sfreccia veloce davanti ai miei occhi, vorrei davvero poter cancellare ciò che è successo, ripartire da zero. Ma non posso, io non riesco. 
Una miriade di pensieri affolla la mia testa impedendomi di rilassarmi, continuo a ripetermi che va tutto bene, che nessuno può farmi del male, che ciò che è successo poteva capitare a chiunque, io ho solo avuto la sfortuna di trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato. O almeno questo è ciò che diceva sempre la dottoressa McCullen, la psicologa che mi ha tenuto in cura i primi mesi subito dopo l'accaduto. Mentre questi pensieri s'intrecciano l'un l'altro nella mia mente confusa, riesco finalmente a chiudere gli occhi e riposare un po'. 
Così come la realtà, anche i miei sogni sono confusi, eppure c'è un volto nitido nella nebbia di quel sogno, non un volto qualunque, ma il volto di quel ragazzo un po' misterioso che mi ha salvato, lo vedo osservarmi con quei suoi occhi color caramello, le sue lavbra si muovono come se stesse cercando di dirmi qualcosa, ma io non sento nulla...Si avvicina e allunga una mano per sfiorarmi il braccio, d'improvviso sono di nuovo là, con le spalle al muro in quel vicolo cieco e davanti a me due occhi famelici mi mi guardano con una luce sinistra, sono in trappola...Mi sveglio con il battito nelle orecchie ed il respiro affannoso, porto una mano al petto cercando di razionalizzare le mie paure, e poi come un lampo a ciel sereno mi torna in mente l'immagine del volto di Cole e mi rendo conto che se sono qui ora è grazie a lui perché sarebbe potuta finire molto peggio se fosse stato qualcun'altro a trovarmi stesa a terra. Cancello quei pensieri dalla mia testa, ormai sono troppo stanca per pensare anche a questo e mi metto a leggere un libro nel mentre che aspetto di arrivare a New York.

"Hey, come mai sei già tornata? Non avevi detto che avresti passato il weekend dai tuoi?" 
Cora sta sistemando alcuni abiti che ha appena comprato nell'armadio, piegandoli più o meno "accuratamente". Non le ho raccontato nulla della mia attuale situazione quindi lei, così come tutti qui, pensa che io sia solo una ragazza un po' timida che sta cercando di trovare il suo posto nel mondo.
"Beh...Cambio di programma, i miei dovevano lavorare e non mi andava di restare a casa da sola" 
Invento con un nodo alla gola al ricordo di come siano in realtà andate le cose. 
"Beh allora visto che sei qui mi devi fare un enorme favore" 
Annuisco sapendo già cosa vuole chiedermi: ha saltato la lezione di venerdì del professor McCain per uscire con Mike, probabilmente ora le servono gli appunti...
"Ecco...Stasera c'è una festa da Bret, un amico di Mike, e lui mi ha chiesto di non accompagnarlo, insomma è da due settimane che inventa scuse affinché ci possa andare da solo e io...Io sto impazzendo, devo sapere se...Oddio non riesco neanche a dirlo, devo sapere se mi tradisce!" 
Mormora biascicando l'ultima frase mentre si tortura le mani 
"Ti prego Belle, solo per questa volta, so che non ami le feste e credimi, l'avrei chiesto a Cass ma lei è a Boston dai suoi" 
Faccio un passo indietro spiazzata dalla sua domanda che non ha decisamente nulla a che vedere con McCain. Non posso farlo.
"M-mi...Mi dispiace Cora, io...Io non posso" 
Dico continuando a scuotere lievemente il capo 
"Ti prego Belle, è solo una festa..." 
Sta supplicando e io, io non riesco a vederla così. Prima ancora di poterci pensare mi ritrovo ad annuire acconsentendo 
"Una sola" 
Premetto
"La prima ed ultima" 
Concorda esultante lei.

"Scusa tesoro, ma dove credi di andare vestita in quel modo?" 
Mi guardo i vestiti, indosso un maglione a collo alto nero e un paio di jeans, una collana con quache perlina colorata e i miei amati dr.Martens 
"Che c'è? Cos'ho che non va?" 
Chiedo confusa. Io non posso di certo permettermi gli abiti che indossa Cora in questo momento: un abito fucsia le fascia la vita per poi aprirsi leggermente sui fianchi scendendo morbido appena sopra il ginocchio, è legato dietro al collo e presenta uno scollo a cuore che mette in risalto il suo seno prosperoso seminascosto da un cardigan color petrolio. Il tutto è coordinato ad un paio di décolleté nere tacco dodici che si abbinano allo Smokey eyes marcato. Va bene, mi sento un po' a disagio, io non sono neanche truccata. 
"Cos'hai che non va? Tesoro, cos'hai che va piuttosto" 
Ridacchia frugando tra gli abiti colorati nella sua parte di armadio "Tieni prova questo" 
Dice progendomi un abito blu elettrico che da l'idea di fasciare completamente il corpo e che copre a malapena le cosce 
"No, non se ne parla, non indosso vestiti, o così o niente" 
Sentenzio ridacchiando, anche se sono fermamente decisa a non indossarlo
"Oh insomma, lascia almeno che ti trucchi un po' " 
Sospiro allargando le braccia e concedendole di fare almeno quello. Finisce per sistemarmi anche i capelli lasciandoli cadere sciolti sulla schiena in lunghi boccoli neri, raccogliendo giusto qualche ciocca fermandola sulla nuca con un fermaglio glitterato. "Finito, dimmi che te ne pare" 
Dice portandomi verso lo specchio. Mi guardo senza vedermi realmente, ma riesco comunque a notare che non sono la solita me, forse è quel velo di mascara che mette in risalto i miei occhi verdi o le guacie leggermente colorate dal fard...Non lo so, ma ciò che vedo, per la prima volta dopo tanto tempo non mi dispiace. Lei aggiunge un sottile strato di lucidalabbra alla fragola e poi usciamo. Faccio un bel respiro e varco quella porta cercando di controllare il tremore alle gambe.

"Grazie Belle" mormora Cora mentre varchiamo la soglia della casa già stracolma di gente. La musica pompa a volume altissimo, le luci stroboscopiche confondono i mille volti che vedo attorno a me, Cora mi prende per mano ed io mi ci aggrappo con tutta la forza che ho
"Stammi vicino" 
Mi urla all'orecchio per sovrastare la musica, spintona gente a destra e a sinistra facendosi largo fra le persone metà delle quali sono già ubriache 
"Eccolo è là" 
Mi urla indicando Mike che sta parlando con un ragazzo che non vedo bene perché è voltato di spalle. Quest'ultimo passa a Mike una bustina contenente della polvere bianca e in un attimo capisco di che si tratta. Cora scatta come una molla e a passo di marcia lo raggiunge trascinandomi con lei 
"MIKE...Ma che cosa pensi di fare? Me lo spieghi? I-io...Sono giorni che resto in camera sperando tu non mi stia tradendo e scopro che invece ti fai? Ma almeno...Cazzo, pensavo fossi diverso..." 
Urla con le lacrime agli occhi, lui la guarda mortificato senza proferire parola. La capisco, pensava di potersi fidare di lui e invece Mike non era chi che pensava di conoscere. Il ragazzo di fronte a lui è ancora di spalle 
"E-e...E tu? Tu gliela dai così, lasci che si rovini la vita? Per quanto? QUANTO VUOI PER UN GRAMMO DI QUELLA ROBA?" 
Urla fuori di sé al ragazzo di spalle che solo in quel momento si volta a guardarla. 
Il mondo si ferma. 
Non sento più nulla, nelle mie orecchie solo un beep assordante, mi sembra di avere sabbia in bocca. 

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


"Allora?" 
Lui sembra accorgersi solo ora di me e per un attimo i suoi occhi si inchiodano nei miei. 
Non so cosa sento, provo mille emozioni insieme e allo stesso tempo nessuna, come se fossi intorpidita, Cora non si è accorta di nulla, ma non lascia la mia mano e gliene sono grata perché penso che crollerei se non avessi quell'appiglio. Si volta e mi trascina con lei verso la cucina, la vedo aprire il frigorifero e prendere una bottiglia di vodka alla fragola "C-cosa fai? Cora, andiamocene" 
Le dico, non voglio che si ubriachi, non può lasciarsi andare 
"Non mi ubriaco tranquilla, ne bevo solo un sorso...Vuoi?" 
Mi offre, scuoto il capo mentre nella testa mille domande si susseguono l'un l'altra, 
perché proprio lui? 
Come fa ad essere qui? 
"Belle? Belle, mi senti?" 
Trasalisco dai miei pensieri mentre la vedo allontanarsi su per le scale "Cos...Aspetta, d-dove stai andando?" Le urlo cercando di raggiungerla "Tranquilla vado solo in bagno, ho bisogno di sciacquarmi il viso, torno subito" 
Dice facendomi capire che ha bisogno di qualche minuto da sola. Mi muovo a disagio tra la calca di persone. L'odore di alcol e fumo invade le mie narici, ho bisogno di un po' d'aria fresca. Raggiungo la porta d'ingresso facendomi largo tra le persone ammassate. Quando finalmente apro la porta posso respirare a pieni polmoni...Mi appoggio al davanzale, per essere così grande all'interno, la confraternita non ha un grande spazio fuori, circa tre metri di vialetto e subito la strada. Sono persa nei miei pensieri quando i miei occhi lo vedono. Una gamba piegata appoggiata al muro, la schiena rilassata, la testa bassa che alza solo per espirare il fumo della sigaretta che tiene stretta fra l'indice e il medio.
I muscoli delle cosce toniche sono fasciati da un paio di jeans grigio topo strappati sul ginocchio. Indossa una maglietta nera dei Nirvana e sopra un chiodo in pelle anch'esso nero come la notte, ai piedi un paio di anfibi simili ai miei, ma molto più consumati e sicuramente di almeno tre numeri in più del mio piede. 
Non so cosa mi prende, e non so perché lo faccio, ma mi avvicino "C-ciao..." 
Lui solleva appena lo sguardo, guardandomi con sufficienza 
"Cosa vuoi?" 
Chiede con un alzata di spalle, mentre porta la sigaretta alla bocca per tirare un altra boccata 
"In realtà, non lo so..."
Ammetto forse più a me stessa che a lui 
"C-ci, ci siamo per caso già incotrati?" Chiedo mentre non so se sperare in una risposta positiva o che quel giorno, quando mi ha trovata, fossi talmente frastornata da essermi confusa
"No, non so chi tu sia, e gradirei che la situazione restasse così quindi puoi anche tornare dalla tua amica, non ho tempo da perdere" 
Risponde risoluto e sfacciato volgendo lo sguardo in alto e soffiando fuori il fumo chiaro nella notte, resto abbastanza spiazzata dalla sua risposta, ma d'altra parte che mi aspettavo? Sono piombata da lui pensando mi riconoscesse ma probabilmente non si ricorda nemmeno chi fossi, e nemmeno io dovrei 
"H-hai...Hai ragione...Forse, forse ti ho scambiato per un'altra persona" 
Dico cercando di convincermi che sia andata proprio così. Mi guarda, e sembra stare per parlare ma una voce lo interrompe 
"Hey amico, cos'hai?" 
È un ragazzo alto e ben piazzato a chiederglielo, ha corti capelli neri e due occhi grigi che sembrano vitrei. Indossa la giacca della Columbia quindi suppongo sia uno studente, ma sicuramente è del terzo o quarto anno "Cosa cerchi?" 
Risponde inespressivo il mio interlocutore, ci metto un secondo a capire di cosa stan parlando e sento lo stomaco attorcigliarsi mentre estrae dalla tasca del giubbotto in pelle una bustina con della polvere bianca e la porge al ragazzone, intascandosi poi i soldi. Quando il tipo se ne va senza salutare restiamo nuovamente io e lui. 
"Spacci droga? Perché?" 
Chiedo semplicemente, senza sapere di preciso il perché mi interessa
"Perché non ti fai gli affari tuoi e porti il tuo bel culetto lontano da qui, invece di interessarti a me?" 
Risponde piatto, lo guardo esterrefatta dalla sua arroganza "Beh..." 
Inizio pronta a rispondergli a tono quando la voce di Cora mi interrompe "Ah eccoti finalmente, ti ho cercata dappertutto...C-cosa, cosa fai qui? Vieni, andiamo via" 
Dice trascinandomi con sé mentre manda occhiate truci al ragazzo con cui stavo parlando, il quale assume un ghigno di sfida mentre pesta il mozzicone con la suola della scarpa spegnendolo 
"Ci vediamo...Isabelle" 
Mormora con un ghigno in volto prima di voltarsi e andarsene. 
Resto immobile, ha detto che non sapeva chi fossi, ma io non ricordo di essermi presentata stasera
"Belle, ma si può sapere che ci facevi con quello? Spaccia droga, dimmi che non fai anche tu quel che penso" Chiede guardandomi con occhi apprensivi visibilmente preoccupata "Tranquilla non mi drogo Cora, ero lì con lui perché l'ho scambiato per un'altra persona" 
Lei sembra tranquillizzarsi d'un colpo
"Beh in ogni caso sta lontana da lui, gente come quella non porta altro che guai" 
Mi avvisa 
"Posso...Posso farti una domanda?" Chiedo titubante 
"Certo"
"Come si chiama?" 
Chiedo allora
"Cole, Cole Standall" 
E il mondo si ferma per un istante.

Durante il breve tragitto dalla confraternita al campus resto in silenzio, chiusa in me stessa continuando a rivivere la serata. Solo ieri mi trovavo a casa sua mezza svenuta, perché lui mi aveva salvato. Com'è possibile che la stessa persona che mi ha salvato la vita sia anche la stessa che vende a minorenni il modo per distruggerla? Ancora non mi capacito di ciò che è successo e mi rendo conto solo ora che probabilmente sono stata davvero fortunata quel giorno perchè sarebbe potuta finire molto peggio. Solo non riesco a capire cosa ci faccia qui a New York se abita a Philadelphia
"Okay, non hai parlato per tutto il viaggio...Che c'è?" 
Trasalisco dai miei pensieri, Cora mi guarda con fare interrogativo aspettando una risposta 
"Non ho niente, sono solo stanca e anche abbastanza scossa, sai...Era da molto tempo che non andavo ad una festa...Comunque non è importante, piuttosto tu come ti senti?" 
Rispondo, non ho completamente mentito. Effettivamente era da molto che non andavo ad una festa, l'ultima volta è stata al compleanno di Kyle due anni fa, aveva voluto organizzare qualcosa in casa, una cosa intima aveva detto, solo che poi si era sparsa la voce e a metà serata mi sentivo un'estranea in casa mia dalla quantità di gente che c'era. Sentivo l'aria mancare e il bisogno di un po' di tranquillità, io non conoscevo nessuno lì a parte Trent, il migliore amico di mio fratello, per il resto intorno a me vedevo solo facce sconosciute e ho finito così per chiudermi in camera mia con un libro sulle gambe fino a che non mi sono addormentata. 
Kyle aveva passato tutta la mattina dopo la festa a scusarsi per non avermi coinvolta. Ancora sorrido se penso a cosa gli avevo fatto fare per farsi perdonare, si era messo a correre in mutande per tutto il viale di case della nostra zona urlando "Sono un pessimo fratello maggiore".

"Ma sai che sei strana? A volte vorrei sapere cosa ti passa in quella bella testolina, spesso ti perdi in te stessa e non lo so...Sei come una televisione che prende male il segnale, non so se rende l'idea" 
Ridacchia, io sorrido e scuoto la testa senza dirle però che non ha idea di quanto sia andata vicino alla realtà, la mia testa funziona a metà, io sono ormai solo metà di me stessa. 
L'altra metà è morta insieme alla parte spensierata di me, quella che sentiva le emozioni, che provava le sensazioni, quella parte di me è morta in quel vicolo buio, in quella notte di metà aprile.
"Non cercare di sviare il discorso, come ti senti?"
"Eh...Sinceramente non lo so, ma non voglio pensarci, ora voglio solo dormire"
Biascica debolmente, questo e tutto ciò che ci diciamo prima di arrivare al campus e addormentarci come sassi.

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


"Sveglia dormigliona, faremo tardi" Mormoro scuotendo leggermente Cora che non accenna a spostarsi neanche di un millimetro 
"Mmh...Ma è già lunedì...?" 
Biascica con la voce impastata dal sonno 
"Purtroppo sì, ora sbrigati, il professor McCain ti ucciderà se fai ritardo un'altra volta e io non ho intenzione di coprirti questa volta" Ridacchio alludendo alla settimana scorsa quando ha saltato ben due test perché non aveva aperto libro e io avevo dovuto coprirla inventando che aveva un febbrone da cavallo. Metto i libri nella tracolla ed esco dalla stanza, non senza averle prima dato appuntamento in mensa per la pausa pranzo. 

La prima ora trascorre tranquilla, prendo appunti e seguo la lezione. Non ho socializzato con nessun altro all'infuori di Cora e Cass, non ne ho avuto il tempo tra le lezioni e lo studio, ma va bene così, come ho già detto non amo circondarmi di persone. Esco dall'aula di studi umanistici diretta alla mensa, quando vengo affiancata da un ragazzo. È circa dieci centimetri più alto di me, le spalle larghe e le braccia muscolose lasciano intuire il fisico di un giocatore di lacrosse
"Hey...Devi essere nuova qui, ti ho notato a lezione, ma non credo di averti mai incontrata prima" 
Volgo lo sguardo verso di lui un po' intimorita mentre mi soffermo per guardarlo in faccia, ha capelli biondo cenere, rasati sulla nuca che si allungano poi in un ciuffo che sfiora gli occhi chiari, di un azzurro tendente al verde. Le labbra sottili sono aperte in un sorriso che mette in mostra denti bianchi e perfetti, accenno un sorriso imbarazzato in risposta e il suo, per quanto sembri impossibile, si allarga ancora di più mentre continua 
"Beh ecco...Ho notato che sei sempre molto attenta durante le lezioni di studi umanistici e io, ecco...Non sono molto bravo in questo diciamo..." Inarco un sopracciglio sapendo già dove vuole andare a parare, ma solo per curiosità chiedo 
"Scusa la domanda, ma se non è il tuo forte...Perché frequenti questo corso? Siamo all'inizio, puoi ancora cambiare" 
Il suo sorriso diventa imbarazzato mentre si grattado impacciato la nuca
"Ecco...Beh è mio padre che vuole che frequenti questo corso, lui è fissato con la psicologia e gli studi umanistici, cose di questo genere, capisci? Purtroppo io non sono della stessa idea, ma che ci vuoi fare? Non ho scelta" 
Ridacchia in imbarazzo, il sorriso stavolta però non raggiunge i suoi occhi che, invece, sembrano tristi e sconfitti
"E quindi vorresti una mano per recuperare, dico bene?" 
Chiedo forse spinta da ciò che leggo in quegli occhi che sembrano così simili ai miei 
"Sì beh, se per te non è un problema, ovviamente" 
Sorrido e non so perché, ma sento che di questo ragazzo posso fidarmi, è sicuramente paradossale visto che lo conosco da meno di cinque minuti, ma è una sensazione a pelle, e forse è per questo che rispondo 
"No, nessun problema, possiamo trovarci in biblioteca domani...Alle quattro può andare?" 
Propongo, lui annuisce grato 
"È perfetto, grazie mille..."
"Isabelle, Isabelle Smith" 
Mi rendo conto di non essermi neanche presentata 
"Piacere di conoscerti Isabelle Smith, io sono Montgomery Peterson, ma chiamami Monty ti prego, il mio nome per intero mi fa sentire vecchio" 
Ride e io mi unisco a lui contagiata dalla sua risata. Il suo cellulare emette un trillo, Monty legge il messaggio e con sguardo gentile mi saluta scusandosi 
"Beh Belle, posso chiamarti così? È stato un piacere conoscerti, ora scusa ma devo scappare, ci vediamo domani alle quattro allora?"
"Certo, a domani" 
Mi sorride agitando la mano e poi scappa via. Guardo l'orologio e mi rendo conto che sono già in ritardo di un quarto d'ora, mi affretto quindi a raggiungere le altre in mensa.

"Ce ne hai messo di tempo, ma dov'eri finita?" 
Chiede subito Cora 
"Scusate ma ho avuto un contrattempo per un "accordo di studi" " 
Cass inclina il capo verso di me aggrottando la fronte visibilmente confusa 
"Accordo di studi? Di che genere?" Ridacchio raccontandogli del breve incontro con Monty avvenuto poco prima nell'aula di studi umanistici. "Ah sì, Montgomery Peterson, è un figo pazzesco, io personalmente me lo farei all'istante...Anche se non capisco perché se ne stia sempre in disparte, quel ragazzo all'infuori di alcuni amici nella squadra di Lacrosse, non ha nessuno" 
Spettegola Cass confermando le mie intuizioni circa lo sport di quel ragazzo. Mentre Cora aggiunge particolari piccanti che ha sentito sul suo conto, io resto ad ascoltarle per un po' spezzettando un pezzo di pane nel piatto. Sto per ribattere all'ennesima battuta che Cora ha fatto riguardo al fatto che dovrei approfittare dell'uscita di domani per constatare se le voci che girano siano vere o no, quando i miei occhi lo notano, le parole mi muoiono in gola, sento la bocca riempirsi di nuovo di ghiaia. Il cappuccio della felpa nera tirato sopra la testa, le mani in tasca, i suoi occhi si alzano per incontrare i miei, si tratta di un istante, poi vengono rapiti nuovamente dal suolo che i suoi scarponi stanno calpestando. Cora che si era probabilmente accorta del mio sguardo si gira nella mia stessa direzione 
"Belle ti ho già detto di togliertelo dalla testa, fidati, Cole non porta altro che guai" 
Abbasso lo sguardo imbarazzata per essere stata colta in fallo 
"Non stavo guardando lui, stavo solo..." 
"Certo come no, si vede lontano un miglio che stavi sbavando"
Mi provoca 
"C-cosa...No, no io non stavo...Non mi interessa quel genere di ragazzo" 
Non so perché io non trovi le parole, probabilmente è perché quel ragazzo è tutto ciò da cui dovrei scappare 
"Beh io non ci trovo nulla di male, dai Cora guardalo, chi non sbaverebbe per uno così...?" 
Ammette sognante Cass 
"Cass, non capisci, non è l'aspetto il problema, è il contenuto. E credimi, Cole è...Okay, puoi paragonarlo ad un buco nero dal quale non si risale" 
Rabbrividisco per quella metafora inquietante, ma non so se i brividi sono dovuti realmente alle parole di Cora o al suo sguardo penetrante che è ripiombato nel mio. Scuoto il capo per impedire ai pensieri di impossessarsi di me nel mentre che porto il bicchiere alle labbra
"Comunque, Cora non mi hai ancora spiegato cosa è successo dopo con Mike" 
Le chiedo dopo aver deglutito, cercando di far cadere l'argomento "Cole Standall" con la speranza di non riaprirlo più 
"Beh alla fine abbiamo più o meno chiarito, mentre stavo andando in bagno ieri sera alla festa, lui mi ha intercettato e mi ha spiegato che aveva fatto uno sbaglio, non sapeva cosa gli fosse preso, ha promesso che non sarebbe più successo e mi ha ricordato quanto io sia importante per lui" 
Si ferma un secondo per prendere fiato e mangiare una forchettata di spaghetti al pomodoro 
"E tu che gli hai risposto? Spero non l'abbia perdonato così, ad occhi chiusi" 
Incalza Cass, la sua curiosità ha sempre la meglio su di lei, spesso parla prima ancora di pensare e non nascondo che questo, a volte causi non pochi problemi, ne sono la prova le numerose figuracce che ha fatto negli ultimi mesi, tutte a causa della sua impulsività. Ammetto che un po' mi piacerebbe essere come lei, lei coglie l'attimo, non si lascia sfuggire le occasioni. Io al contrario penso troppo e mi faccio mille paranoie sul prima e il dopo riguardo ad ogni cosa che dico o faccio e questo, spesso nella mia vita mi ha portato a perdere numerose occasioni. 
"No, infatti gli ho detto che volevo credergli con tutta me stessa e che lo amavo ancora, ma che avevo bisogno di tempo" 
Conclude Cora orgogliosa di se stessa per essere riuscita a tenere a bada una testa calda come Mike. Cerco di restare partecipe nel discorso, ma Cole non la smette di fissarmi con quello sguardo che sento sfiorarmi la pelle 
"Scusate vado un attimo al bagno" 
Dico alzandomi sentendo il bisogno di cancellare quel suo sguardo profondo dalla mia testa. Lo sento bruciarmi la schiena persino mentre mi dirigo al bagno delle ragazze, adiacente a quello dei ragazzi. 
Mi appoggio con la schiena alla porta e dopo un paio di respiri profondi vado a sciacquarmi il viso e i polsi. Mi gira un po' la testa, 
hai mangiato troppo poco anche oggi. Mi rimprovera quella vocina fastidiosa nella testa, sì sì, stasera mangerò di più. Mi ripeto cercando di convincere persino me stessa. 
Uno. Due. Dentro. Fuori. Dentro. Fuori. Mi impongo di fare lunghi respiri pregando che la stanza smetta di girare il prima possibile, poi mi chino mettendo la testa fra le gambe sperando che il sangue affluisca più in fretta al cervello. Dopo quelli che mi sembrano cinque minuti la stanza smette finalmente di girare e con essa riesco nuovamente a vedere bene. Esco dal bagno stampandomi un sorriso in volto, sorriso che si spegne all'istante non appena il mio sguardo incontra il suo 
"C-cosa, cosa ci fai qui?" 
Balbetto trovandomi Cole di fronte, il suo corpo torreggia su di me, non mi ero resa conto di quanto fosse alto, è praticamente un "armadio" e io in confronto mi sento un nano da giardino 
"Devo pisciare, mi sembra ovvio no?" 
Risponde sgarbato sollevando il sopracciglio sinistro con ovvietà 
"S-sì, sì questo l'avevo capito...Intendevo cosa ci fai a scuola" Rispondo risentita odiandomi per stare balbettando di fronte a lui
"La frequento" 
È incredibile come non assomigli neanche lontanamente al ragazzo che mi ha aiutato 
"Perché hai finto di non conoscermi?" Sputo fuori prima di pensarci troppo e perdere il coraggio 
"E perché tu continui a far troppe domande? Ci vediamo" 
Mi supera entrando in bagno, le nostre spalle si sfiorano, sento il corpo percorso da mille brividi e per un attimo il mondo sembra fermarsi. 
Da tre anni a questa parte io non sentivo più nulla, o almeno così credevo fino a che la sua spalla mi ha sfiorato.

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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***


Corro, sento il cuore in gola, il silenzio assordante mi spacca i timpanti, intorno a me il mondo va avanti ignaro di una vita che sta cercando di scappare alla morte. Svolto in un vicolo. È un vicolo cieco. Sono in trappola.
Sono in trappola.
"Tsk...Dove credevi di scappare?"
Urlo, con quanto fiato ho in corpo, sono terrorizzata.
Qualcuno mi sta scuotendo, dapprima delicatamente, poi sempre con più insistenza, non voglio aprire gli occhi, non voglio trovarmi nuovamente di fronte quella scena 
"Belle! Belle, svegliati! È un sogno, è stato solo un sogno..." 
Spalanco di scatto gli occhi aspettando di trovarmi faccia a faccia con lui, ma non appena mi rendo conto di avere davanti quella che è diventata la mia migliore amica, ogni nervo del mio corpo si rilassa: è stato solo un sogno.
"È stato solo un sogno...Dio, stai tremando, ma cosa stavi sognando?!"
Sono in un bagno di sudore eppure ho freddo, sento il gelo fin dentro le ossa. Non posso raccontarle di ciò che ho passato, ho promesso a me stessa che quella storia sarebbe rimasta per sempre sepolta in quel vicolo insieme all'altra metà di me, e non le permetterò di rovinare anche questa "nuova" vita. 
Scuoto il capo più e più volte, come a cancellare quelle immagini dalla mia testa 
"N-non...Io non me lo ricordo, era tutto troppo confuso e buio" 
Mento con le scene di quel ricordo ancora fin troppo nitide nella mia testa 
"Beh non preoccuparti, è stato solo un sogno, ora sei sveglia" 
Annuisco debolmente e mi alzo per andare a farmi una doccia.

Faccio giusto in tempo ad uscire dal bagno che Cora mi avverte di aver dimenticato il suo block notes nella serra durante la lezione del professor Phillygan, l'insegnante di scienze, e di non poter andare a recuperarlo perché ha paura di incontrare Mike, il quale avrebbe avuto lezione con Phillygan di lì a pochi minuti. Così "da buona amica quale sono", ho preso coraggio e mi sono "offerta" di andare a recuperarlo per lei anche perché tanto avrei avuto l'ora successiva buca. 
Così dopo aver ascoltato gli "sdolcinati" ringraziamenti di Cora, indosso un maglione blu e un paio di jeans neri, raccolgo i capelli, ancora leggermente umidi, in una crocchia imperfetta e vado alla serra.

Appena entro l'odore di terriccio fresco mischiato alla calda umidità che c'è in questa serra, dove lo sbalzo termico è palpabile, data la temperatura esterna di questi giorni, investe le mie narici
"Non mi aspettavo fossi il tipo da saltare le lezioni" 
Una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare e d'istinto mi volto facendo un salto indietro con una mano sul cuore per lo spavento

"Woah...Scusa non volevo spaventarti"
Si scusa con quell'odioso ghigno a dipingergli il volto, è palese che il suo intento era proprio quello
"

Cosa fai qui, controlli la tua piantagione segreta di Marijuana?" 
Lo provoco decisa a levargli quell'irritante sorrisetto a tutti i costi
"Buona questa, dove l'hai letta, sul libro "battute deprimenti" o su quello "pessimo umorismo"?" 
Mi prende in giro ridacchiando mentre si appoggia comodamente contro una fioriera parecchio alta. Lo guardo, sembra un gigante in confronto a me, io gli arrivo a malapena al petto...Basta, basta! Riprenditi Isabelle!
"Sei davvero così idiota o lo fai apposta?" 
Ribatto piccata, riconquistando finalmente il controllo di me, quegli assurdi pensieri non devono nemmeno sfiorarmi. Vuole il botta e risposta? Bene, è quello che avrà!
"E tu fai ancora troppe domande"
Mormora divertito mentre con l'indice sfiora la mia guancia in modo giocoso ed il suo dito si sofferma più del dovuto ed io sento il suo tocco bruciare a contatto con la mia pelle, ma a differenza di ciò che mi sarei aspettata, i miei piedi non si spostano di un millimetro, restano inchiodati al suolo mentre i miei occhi incontrano i suoi...Non mi ero resa conto di quanto fossero luminose quelle pagliuzze dorate nei suoi occhi nocciola, né di quanto fosse caldo il suo sguardo, travolgente come nessun'altro eppure allo stesso tempo sicuro, saldo, niente di più solido, in quegli occhi riesco a vedere il mondo...
Si è trattato di un attimo, o forse di un'eternità, quando d'un tratto lui ritrae la sua mano come scottato, come a essersi appena reso conto delle sue azioni. Il suo sguardo cambia e in un battito di ciglia diventa scuro, impenetrabile come sempre
"Non dovresti stare qui con me" 
Dice un secondo prima di voltarsi e andarsene lasciandomi lì, impalata come uno stoccafisso a chiedermi cosa sia appena accaduto.
Ma la verità è che non so cosa sia successo, so solo che nell'istante in cui i nostri occhi si sono incrociati, qualcosa in me si è mosso, si è agitato spingendo forte, 
qualcosa si è rotto, 
qualcosa sta cambiando.

Il resto della mattinata scorre tranquillo, prendo appunti e ascolto attentamente ogni lezione. Mia madre ha provato ancora a chiamarmi, ma dopo l'ennesima telefonata rifiutata, mi sono decisa a mandarle un sms in cui le assicuravo di stare bene e che non avevo bisogno di aiuto. 
Io da sola ce l'avrei fatta. 
Ho provato angoscia nello scrivere quelle parole solo in parte vere, ma ho ricacciato indietro le lacrime impedendomi di piangere, 
non ho bisogno di aiuto.

"Hey come va?" 
Chiede Monty sedendosi di fronte a me in biblioteca e tirando fuori il mattone di psicologia e un quaderno a buchi, dal quale strappa un foglio per gli appunti 
"Non c'è male, tu?" 
Rispondo con una scrollata di spalle nel frattempo che dispongo sul tavolo il materiale da lavoro. Non me la sento di raccontargli dell'incontro/scontro con Cole di stamattina, non è importante, è stato irrilevante...O almeno, questo è quello che mi continuo a ripetere da quando se n'è andato lasciandomi sola...Ad ogni modo, preferisco tenere questa cosa per me, non sono mai stata una persona abituata a confidarsi con gli amici sui propri problemi
"Beh, diciamo che potrebbe andare meglio, l'ultimo test di psicologia non è andato poi così bene..." 
Ridacchia in imbarazzo grattandosi la nuca. Sorrido rassicurandolo che avremmo recuperato tutto.

"Sicura che per te non è un disturbo e che non ti sto solo togliendo del tempo?" 
Chiede per la centesima volta in venticinque minuti, cosa che mi provoca un'automatica alzata di occhi
"Monty, se non avessi voluto aiutarti, ora non starei qui con te" 
Lo rassicuro ancora. Dopo circa un'ora sta supplicando per una pausa 
"Scusa Belle, tu sei brava, ma devi capire che io ho una soglia di concentrazione pari a quella di uno scoiattolo...Devo fare una pausa ogni tanto!" 
Si lamenta facendo una smorfia che è a metà tra la risata e le lacrime. Ridacchio e acconsento ad una pausa accompagnata dalla sua esclamazione di esultanza.

"Beh allora, raccontami un po' di te, sei arrivata qui più di un mese fa e ancora non consoci nessuno..." 
Chiede curioso mentre sorseggia la cioccolata calda della caffetteria della scuola. Io ho preso solo una tazza di thé nero
"Beh...Non faccio amicizia molto in fretta, preferisco dedicarmi allo studio e..." 
Monty mi interrompe prima ancora che possa finire la frase
"Ragazza, tu pensi davvero troppo allo studio, mai sentito parlare di feste, divertimento, alcol..." 
Ridacchia divertito
"Solo...Non sono il tipo, ecco"
Mormoro in imbarazzo, probabilmente rossa come un pomodoro maturo
"Tesoro tutti sono il tipo da festa, dici di non esserlo probabilmente perché non hai ancora trovato quella giusta...Un po' come il sesso" 
Inclino la testa di lato corrugando la fronte in attesa di una spiegazione logica a quel paragone abbastanza strano 
"Il sesso è quella cosa che tutti fanno e che tu non puoi apprezzare finché non lo fai con la persona giusta, ecco vedi...Tu puoi fare sesso con chi vuoi, ma sarà sempre qualcosa di meccanico, un bisogno da soddisfare, solo la persona giusta ti trasmetterà quell'impatto emotivo che ti spingerà a volerlo fare ogni volta che la vedi. Capisci?...Ecco, per le feste è la stessa cosa!" 
Annuisco confusa e allo stesso tempo rapita da quel ragionamento contorto, ma che spiegato così non fa una piega. Monty scoppia in una risata osservando il mio cruccio visibilmente confuso
"Avanti non mi guardare con quella faccia, sembra che abbia detto chissà che cosa, te l'ho solo spiegato in maniera pratica affinché potessi comprendere il paragone" 
Spiega ammiccando in gesto d'intesa, ma poi vede la mia espressione imbarazzata e d'un tratto diventa serio 
"Oh...Belle, non mi dire che sei ancora vergine" 
Tossisce imbarazzato vedendo che non rispondo, mentre cerco di infossare la testa nelle spalle, la mia mente sta già andado in un territorio proibito, che è in grado di risucchiarmi in un buco nero e mentre prego con tutta me stessa che Monty cambi in fretta discorso, forse, per una volta, qualcuno ascolta le mie preghiere
"S-scusa, scusa non sono affari miei hai ragione, non volevo immischiarmi, parliamo d'altro..." 
Si scusa apprestandosi a cambiare discorso. Mi racconta che prima di entrare alla Columbia viveva a Boston con sua madre, suo padre e le sue due sorelle Kya e Sheryl, sono gemelle eterozigote ed hanno due anni in meno di Monty. Racconta che è stato suo padre a spingerlo a intaraperendere questo corso di studi, poiché voleva che lui portasse avanti lo studio medico di famiglia, ma Monty ha la testa completamente altrove, la sua passione è la cucina e avrebbe tanto voluto frequentare un istituto alberghiero, proprio per questo i suoi voti non erano eccellenti e al primo anno alla Columbia venne bocciato...
"E tutto questo porta qui, a te che stai cercando di aiutare un povero ripetente a cui non frega nulla di fare lo strizzacervelli" 
Ridacchia eppure, come quando ci siamo incontrati per la prima volta, i suoi occhi esprimono un senso di sconfitta così familiare da sembrare il riflesso dei miei, quel velo di tristezza però viene cancellato prontamente dal volto e sostituito dalla curiosità quando chiede, cosa ha portato qui me, invece. Inizialmente vado un po' nel panico, ma poi rifilo anche a lui la stessa storia che ho rifilato a Cora e Cass. Mi sento male a mentire a chi è sincero con me, ma nessuno deve sapere il vero motivo, nella speranza che un giorno, riesca anche io a non ricordarlo più...
"Beh, sin da piccola studiare il comportamento umano mi ha sempre affascinato, un'amica di mia madre faceva lo psicologa e una volta mi portò con sé a vedere il suo studio...Da quel giorno in poi passavo le mie giornate a fare lo strizzacervelli con mio fratello Kyle che si sottoponeva sempre a tutte le mie domande. Crescendo i miei si sono separati e noi...Mia madre non aveva abbastanza soldi per permettere gli studi ad entrambi, mio fratello già lavorava dopo la scuola, ma non bastava, così iniziai anche io a lavorare facevo la cameriera in una piccola caffetteria di quartiere. Di giorno studiavo e di sera lavoravo, ho dato il massimo fino a che, grazie ai miei voti e agli sforzi dei miei familiari, sono risucita ad ottenere una borsa di studio ed eccomi qui... Per questo motivo studio così tanto, quest'opportunità che mi è stata concessa è molto preziosa per me" 
Spiego in una mezza verità. Lui sembra affascinato e anche rattristato da questo racconto e io mi sento uno schifo perché so che ciò che ho raccontato è solo un'alone di verità "Mi dispiace, Belle...Non ne avevo idea"
"Non devi, non è colpa tua e comunque, ora sono qui, questo è l'importante" 
Lo rassicuro con un sorriso un po' torato. Parliamo per un'altra mezz'ora, quando Monty guarda il DW che ha al polso 
"Cavolo sono già le sei e un quarto, scusami ma devo proprio scappare, ho lezione di scherma e sono già in ritardo di dieci minuti" 
Sorrido sorpresa, non sapevo facesse scherma, pensavo che nessuno facesse più quello sport...Ma d'altra parte, non so perché, ma Monty sembra avere la faccia di uno abituato ad andare contro corrente 
"Non ti preoccupare, sono stata bene oggi con te, grazie mille" 
E lo dico sul serio, per quel poco che ho potuto conoscere di lui, Monty è una persona solare, estroversa e sempre con la battuta pronta, praticamente è come una finestra sul mare nella mia vita. 
"Anche io Cher, se vuoi possiamo rifarlo, quando vuoi...Anche perché ho capito più in un paio d'ore con te che in un anno di lezioni" 
Mi dice con un sorriso che mette in mostra due fila di denti perfetti e bianchissimi...Un attimo...Cher? 
"Cher?" 
Chiedo infatti 
"Significa "cara" in francese, non ti piace?" 
Domanda corrugando la fronte dispiaciuto
"S-so che significa, ma...Ahh, non fa niente, sì, Cher mi piace, a domani Monty"
Rido scuotendo appena la testa verso il basso, lui scuote la mano e con un plateale inchino scompare dalla mia visulae correndo verso le porte antincendio della biblioteca, non mi ero neanche resa conto che fossimo tornati qui. Ripongo tutti i miei libri, i fogli e le penne nella tracolla e mi volto per tornare al dormitorio, quando decido di fare comunque un giro tra gli scaffali di narrativa per vedere se c'è qualche libro che mi può piacere. L'ultima volta che ci sono stata ero di fretta e non ho potuto guardare bene. 
Faccio scorrere le dita sulle copertine di quei vecchi libri polverosi, non si può spiegare il mondo che esiste all'interno di un libro a chi non ne ha neanche mai aperto uno. Ne prendo uno con la copertina marrone scuro, sembra molto vecchio, le pagine sono giallastre, invecchiate dal tempo, la copertina è sgualcita e dallo strato di polvere che lo ricopre posso facilmente intuire che siano anni che si trova in quello scaffale senza mai essere stato tirato fuori. Sfoglio le pagine leggendo le parole che compongono la dedica iniziale:

A chi sa cosa vuol dire amare, 
a chi osa, a chi brucia per amore, 
a chi piange e non se ne vergogna; 
a chi sa cosa vuol dire perdere, 
cadere in pezzi e riuscire a rialzarsi trascinandosi avanti, 
giorno dopo giorno,
con la speranza di costruire un futuro che sia diverso dal passato, 
perché ciò che siamo stati, 
non definisce ciò che saremo.

"Piangi ogni volta che leggi un libro?"

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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***


"A chi sa cosa vuol dire amare, 
a chi osa, 
a chi brucia per amore, 
a chi piange e non se ne vergogna, 
a chi sa cosa vuol dire perdere, 
cadere in pezzi e riuscire a rialzarsi trascinandosi avanti, 
giorno dopo giorno 
con la speranza di costruire un futuro che sia diverso dal passato, 
ai sopravvissuti, 
perché ciò che siamo stati, 
non definisce ciò che saremo."

"Piangi ogni volta che leggi un libro?" Trasalisco dai miei pensieri sollevando il volto per guardare la persona che ha parlato. Poso una mano sulla guancia, non mi ero nemmeno resa conto che due lacrime fossero sfuggite ai miei occhi, quelle parole mi avevano attraversato il cuore passando per gli occhi come un dardo esplosivo ed inaspettato.
"Mi stai seguendo per caso?" 
Chiedo accusatoria al tizio di fronte a me che mi guarda con quell'odioso sorrisetto sempre presente sul suo volto e le braccia interesecate. Si tiene in equilibrio su un fianco appoggiato comodamente agli scaffali alle mie spalle 
"Forse...O forse voglio solo divertirmi un po'..." 
Replica vago inarcando le sopracciglia mentre il suo sorriso si allarga e assume un'espressione canzonatoria, giuro che se non se lo toglie da solo, ci penserò io a suon di sberle...
"Cosa vuoi, Cole?" 
Sospiro mentre giro sui tacchi e faccio per andarmene prendendo con me il libro che stavo leggendo 
"Solo una risposta" 
Esordisce lui con una scrollata di spalle. Mi volto a guardarlo inclinando leggermente la testa di lato e corrugando la fronte...Cosa intende?
"Perché stavi piangendo?" 
Ripete, probabilmente intuendo la mia confusione. Il mio sguardo si sofferma sulle sue dita snelle che giocherellano distrattamente con la copertina di un libro che a preso dallo scaffale. I miei occhi tornano al suo volto e la sua espressione eloquente mi riporta coi piedi per terra. Sbianco in un secondo, non trovo le parole, e probabilmente se n'è accorto, ma cerco lo stesso di pensare in fretta ad una scusa plausibile 
"Non stavo piangendo, il libro era pieno di polvere, deve avermi irritato gli occhi" 
Improvviso cominciando ad andare in iperventilazione. Mi guarda alzando un sopracciglio, palesando il suo scetticismo riguardo le parole che ho appena detto, ma per fortuna non fa più domande al riguardo. 
Consegno alla signora della biblioteca, una donna sulla sessantina avvolta in un'abito bordeaux a maniche lunghe e con i capelli color topo raccolti in una crocchia perfetta, il libro che ho scelto, la quale me lo restituisce pressoché subito con l'etichetta del prestito. 
Esco rigraziandola sempre seguita da Cole, non appena mi volto lo vedo intento a smanettare col cellulare, chissà a chi sta messaggiando...No, aspetta! A me non dovrebbe interessare, sono fatti suoi, può fare ciò che vuole. Lo ignoro mentre percorriamo tutto il corridoio che collega la biblioteca alla sala principale, sono già le sette e mezza di sera e molti ragazzi sono già in mensa altri stanno finendo i vari allenamenti. Poi d'un tratto decido di approfittare del fatto che questa volta Cole non sembra voler scomparire da un momento all'altro per riporgli quella domanda 
"Perché hai finto di non conoscermi alla festa?" 
Cole mi guarda, ma noto che non incrocia i miei occhi, come se gli desse fastidio il contatto visivo con me. Non posso evitare di sentirmi un po' delusa, so che non dovrei, ma quando l'ho guardato negli occhi, nella serra...C'era qualcosa, in quegli occhi ho visto qualcosa che non avevo visto mai prima d'ora in nessun altro paio d'occhi. Lui scrolla le spalle con noncuranza interrompendo i miei pericolosi pensieri e finalmente rispondendomi
"Perché speravo non mi riconoscessi"
Dice infine, ma qualcosa non quadra. Se sperava che non lo riconoscessi, perché allora mi ha chiamata per nome alla fine? È tutto così confuso, perché sto cercando da sola di incastrarmi in una situazione scomoda? Perché non posso semplicemente tenere la bocca chiusa e starmene al mio posto? Perché ho così bisogno di risposte riguardo quella sera?
La mia testa è così affollata che decido di dar voce una volta per tutte a quelle domande...O almeno a una di esse, forse quella che mi tormenta di più in questo momento
"E allora...Perché mi hai chiamata per nome?" 
Lui mi osserva visibilmente confuso, ma non confuso come se non ricordasse di averlo fatto, no...Confuso come se non sapesse realmente cosa rispondere 
"Non lo so, in realtà" 
Dice infine e posso leggere la sincerità nei suoi occhi, quelle due pozze scure che ora sono immerse nei miei. 
Non so descrivere ciò che provo, sento lo stomaco in subbuglio, ma per la prima volta, non è una brutta sensazione. È come se, per qualche istante, il mondo attorno a noi si fosse in qualche modo dissolto, non sento più nulla se non il battito accellerato del mio cuore e il rumore dei nostri respiri. Guardo in quell'abisso dei suoi occhi: esprimono qualcosa che non mi sarei mai aspettata da uno come lui, che se ne frega di tutto ciò che lo circonda: dolore e sconfitta. Ecco cosa esprimono i suoi occhi. Dei sentimenti troppo forti per essere nati da poco, sono qualcosa di ben radicato nel tempo, in quegli occhi c'è una luce familiare, qualcosa di non sconosciuto, qualcosa di simile a...Me. 
Poi d'un tratto lui interrompe il contatto visivo facendomi tornare con i piedi per terra 
"N-non so neanche perché sono ancora qui, io...Io devo andare" 
Dice risoluto aggrottando la fronte visibilmente confuso mentre guarda un punto indefinito sulle piastrelle del corridoio, poi si gira e senza lasciarmi il tempo di dire altro se ne va. 
Resto immobile per qualche secondo anche se mi sembra che passi un'eternità...
Ho detto qualcosa che non va?  
Mi chiedo turbata, subito però mi schiaffeggio mentalmente ricordandomi che è uno spacciatore e che non devo dimenticarlo, non è sicuramente il tipo di persona di cui dovrei fidarmi, anzi dovrei stare il più lontano possibile da tipi come lui che portano solo guai.

Appena esco dalla doccia indosso l'intimo e il pigiama blu a pois che mi è stato regalato da mio fratello l'anno scorso, non è mai stato bravo in fatto di regali, ma devo ammettere che questo è stato davvero un colpo di fortuna. Pettino i miei capelli color ebano e li raccolgo in una treccia morbida per evitare che si annodino durante la notte, non mi trucco pressoché mai, quindi non devo neanche struccarmi. 
Prima di uscire tolgo dallo specchio l'asciugamano con cui l'avevo coperto per evitare di vedermi riflessa nello specchio: so che invece di rimettere su peso ne ho perso ancora, ma non so come fermarmi e non ho alcuna intenzione di farmi aiutare, 
lo farò da sola. 
Esco dal bagno in punta di piedi socchiudendo la porta alle mie spalle, Cora dorme beatamente e un po' la invidio, la osservo dormire supina, un braccio penzola fuori dal letto, le labbra socchiuse mentre russa sommessamente. Mi inginocchio sulla cassapanca sotto la finestra e volgo lo sguardo alla Stella della Sera, chiedendole, implorando che, almeno lei, mi aiuti a vincere questa battaglia contro me stessa. Mi rivolgo ancora a lei qualche sera, quando sento che il peso di questo segreto grava troppo sulle mie spalle. Fu mia nonna a parlarmi per la prima volta della Stella della Sera, diceva che era quella stella che brillava più delle altre, e si trovava sempre lì, nel cielo della notte oscura ad illuminare i nostri volti e che, a volte, se si credeva davvero in un desiderio e lo si chiedeva alla Stella, esso poi si sarebbe realizzato...Non mi disse mai se per lei qualche desiderio si realizzò veramente, ma io ci avevo creduto così tanto che ogni sera fissavo una stella, la più luminosa del firmamento e parlavo, le chiedevo ciò che desideravo di più. Ai tempi, quando ero ancora una bimba spensierata chiedevo per lo più una bambola nuova o di andare bene nel test a scuola del giorno dopo. Poi, dopo quel fatidico giorno ogni cosa è cambiata, per un anno ho smesso di credere in qualunque cosa, non parlavo, non mangiavo, e non riuscivo neanche a dormire, ricordo ancora il terrore che provavo quando chiudevo le palpebre...Poi nel tempo sono riuscita ad aprirmi un po' ed ogni tanto ero tornata a guardare quella stella, lo facevo più che altro per lo stesso motivo per cui lo sto facendo ora...Nella speranza che forse, un giorno, qualcosa cambi.
Sono già le 2:45 quando finalmente mi decido a sdraiarmi, l'odore di lavanda emanato dalle lenzuola invade le mie narici e mentre cerco di prendere sonno la mia mente vaga a quel ragazzo dagli occhi color cioccolato e con una strana sensazione a stringermi il petto mi lascio finalmente accogliere tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 9
*** Capitolo otto ***


"Noi andiamo a fare colazione vuoi qualcosa?" 
Domanda Cora dal bagno mentre la vedo riflessa nello specchio armeggiare con la piastra per capelli. Ieri le è venuta la strana idea di stirarsi i capelli, io e Cass abbiamo impiegato tutta la serata a cercare di lisciare quei ricci indomabili, ma il risultato finale è stato davvero soddisfacente e stamattina sta dando gli ultimi ritocchi. 
Ha deciso di fare impazzire Mike, credo il suo modo personale di punirlo per aver abusato della sua fiducia 
"No, grazie lo stesso...Passerò dopo io a prendere una ciambella" 
Invento sul momento, lei alza le spalle con un "okay" mentre si spruzza in testa metà bomboletta di lacca per capelli. 
Sta davvero bene, anche se onestamente la preferisco riccia...
I capelli di Cora sono il suo punto forte, e vedendola liscia trovo che manchi quel qualcosa che la contraddistingue, ma ovviamente questo pensiero lo tengo per me. Sfoglio la pagina del libro di letteratura riprendendo a ripassare per il test di oggi. 
Mi sono svegliata presto questa mattina, ieri per via di tutto quello che è successo non sono riuscita a studiare bene e così ora sto cercando di recuperare il tempo perso. 
"Che dici gonna...O pantaloni?" Sollevo lo sguardo dal libro, per vedere Cora a braccia aperte come un appendiabiti, a destra tiene una gonna morbida nera con del pizzo alla fine, mentre a sinistra sorregge un paio di jeans color balena che hanno due buchi in corrispondenza delle ginocchia. Non essendo una grande fan delle gonne le indico i jeans e lei annuisce entusiasta 
"Sapevo che avresti fatto la scelta giusta, hai buon gusto ragazza...Anche se non sembra" 
Fa una smorfia addolorata passando in rassegna il maglione rosa cipira e i jeans grigio chiaro che indosso 
"Hey mi sento offesa" 
Dico con un finto broncio, lei ride 
"Dai...Sai che sto scherzando, anche se a dirla tutta, una rinfrescatina al tuo guardaroba non guasterebbe" 
Scuoto la testa con il sorriso sulle labbra mentre riprendo a leggere da dove mi ero fermata 
"Io vado, ci vediamo a pranzo".

"Ciao Cher, vieni qui" 
Monty picchietta due volte la mano sul posto affianco a lui, gli sorrido e mi siedo 
"Hey...Come sta andando?" 
Chiedo riferendomi al corso di studi umanistici
"Beh...Non ti mentirò dicendoti che va alla grande, ma grazie a te ho preso una B- nell'ultimo test e grazie a questo voto sono riuscito a rimettermi in pari con le materie...Quindi grazie mille Belle, il merito è tutto tuo" 
Gongola con gli occhi che brillano euforici 
"Beh, non è tutto merito mio, tu impari in fretta e molte cose già le sapevi, io ti ho solo dato una piccola spinta, ma la scalata l'hai fatta da solo" 
Mi capita spesso di parlare per metafore, non so perché, ma mia nonna materna lo faceva molto spesso, ai miei occhi appariva sempre così saggia, credo di aver ereditato da lei quest'abitudine. 
L'insegnante di studi umanistici fa il suo ingresso e nell'aula cala, progressivamente, il silenzio fino a che si sente solo un lieve brusio di sottofondo.

Sto camminando per il campus diretta in mensa, al mio fianco Monty continua a lamentarsi del compito di mercoledì assegnato dall'insegnante di biologia 
"Guarda che lamentarti non ti farà avere un voto migliore" 
Gli ricordo ridacchiando, lui mi guarda truce per poi tornare a lamentarsi mentre io scuoto la testa ridendo. 
Sembrerà strano, ma sentirlo lamentarsi per cose così banali mi tranquillizza, mi fa quasi credere che la mia vita sia normale 
"Io credo invece che tu ce l'abbia con lui non per il compito, ma perché ti ha messo in coppia con quel ragazzo mingherlino, come si chiamava...Ah sì, Josh Thunder invece che con Riccioli d'Oro" 
Lo provoco guardandolo di sottecchi con un sorriso canzonatorio in volto. Mi sto riferendo alla ragazza dai lunghi riccioli d'oro che siede sempre in prima fila, è poco più bassa di me ed ha il volto coperto di lentiggini, non parla molto e per questo non ricordo il suo nome, è una di quelle persone che non ti accorgi quando è nella stanza, un po' rivedo me stessa in lei e mi fa tenerezza per questo. 
Ho provato a parlarle forse una volta, per un lavoro a coppie assegnato dal professor McCain, ma non mi è sembrata gradire la mia compagnia, sembrava obbligata a parlare con me e da quella volta ho recepito il messaggio, lei sta per i fatti suoi, io mi faccio i miei. 
Ad ogni modo, ho beccato Monty più volte a fissarla durante le lezioni "Riccioli d'Oro?" 
Chiede spaesato 
"Andiamo, la biondina che siede sempre in prima fila, davanti a quel ragazzo con i capelli rossi...Ho visto sai come la guardi..." 
Continuo allusiva, il suo volto cambia espressione in un attimo e passa dall'ansioso, allo stupito e poi ancora al divertito quando ribatte 
"Non è vero, non la guardo in nesusn modo..." 
Lo guardo di sottecchi accennando un sorriso furbo 
"Mh mh..." 
Lui apre la bocca pronto a ribattere, poi la richiude come a ripensarci e quando la riapre di nuovo dice solo
"Ti lascio cinque secondi di vantaggio se parti ora" 
Capisco che sta per lanciarsi all'inseguimento e ridendo arretro lentamente restando girata verso di lui. Batte il piede al suolo fingendo di darsi lo slancio per correre, io arretro sempre più velocemente e faccio per voltarmi pronta a scappare quando vado a sbattere contro un muro...Cavolo, come ho fatto a non accorgermene
"In genere si dovrebbe camminare guardando dove si va" 
Due mani forti mi tengono saldamente per le braccia e un Cole con un sopracciglio alzato e un sorriso di sbieco mi guarda dall'alto del suo mentro e ottantacinque, in un concentrato di bellezza, strafottenza e menefreghismo, strofina leggermente il pollice sul tessuto del mio maglione per poi corrugare la fronte stringendo delicatamente le mie esili braccia, mi fissa negli occhi spaesato e lascia la presa come se si fosse scottato. Non capisco il perché del suo cambio d'umore così repentino, ma non ho il tempo di pensarci perché mi accorgo che le mie mani sono ancora poggiate sul suo petto possente, le ritraggo all'istante 
"S-scusa stavo...Stavo..." 
Balbetto nuovamente cercando di spiegargli la situazione, 
Ahh...Possibile che non riesci a dire una frase di senso compiuto senza balbettare quando parli con lui? 
Mi prende in giro la mia vocetta interiore. Mi volto lanciando un'occhiata a Monty che si trova a qualche metro da noi con una strana espressione, poi volgo nuovamente lo sguardo a Cole che ora ha poggiato le mani sui fianchi e so che sta trattenendo una risata 
"Balbetti sempre o solo quandi parli con me?" 
Chiede sicuro di sé, sento il sangue affluire velocemente e so già di avere le guance in fiamme 
"Io n-non balbetto" 
Lui annuisce per nulla convinto e poi si sporge verso di me per sussurrarmi qualcosa all'orecchio. Sento il battito cessare per qualche istante, le mie narici vengono inebriate dal profumo della sua colonia mischiato all'odore di fumo, un mix estremamente eccitante, ma che mi tranquillizza al tempo stesso, non so spiegarlo, ma a questa distanza riesco a percepire persino il calore emanato dal suo corpo e resto immobile con la paura di rovinare qualcosa anche se non so nemmeno io cosa 
"Se volevi una scusa per mettermi le mani addosso...Bastava chiedere" 
Si allontana solo per guardarmi arrossire come un pomodoro, mentre ammicca con un sorriso che mette in mostra una fossetta sulla guancia sinistra. Ha sempre avuto quella fossetta o me ne sono accorta solo ora? 
Finiscila Belle, lui non fa per te, non può piacerti, rappresenta tutto ciò da cui hai sempre cercato di scappare. 
Mi ricorda la me nella mia testa, ed è vero, Cole rappresenta tutto ciò che ho sempre cercato di evitare, eppure...Eppure c'è qualcosa in lui, nel suo sguardo, nel suo atteggiamento, che mi attira incredibilmente, è come se i suoi occhi, quelle poche volte in cui ho potuto osservarli riflettessero l'immagine di qualcosa che io stessa sento dentro di me: 
l'istinto di sopravvivenza.
"Che c'è?" 
Chiedo conoscendo già i pensieri di Monty, che nel mentre mi ha raggiunto e in questo momento mi sta guardando di sottecchi con stampato in volto uno di quei sorrisi di chi la sa lunga 
"Niente..." 
Finge continuando a camminare, faccio finta di nulla nella speranza che non chieda altro 
"È carino" 
Ecco appunto, mi volto verso di lui sconcertata, ma non mi sta guardando, tiene lo sguardo fisso davanti a noi mentre riduce le labbra ad un linea sottile trattenendo una risata 
"Monty! Ti prego, neanche lo conosco, e poi...Non è il mio tipo" 
Dico fermandomi un secondo di troppo a pensare 
"Come no, ho visto come ti guardava sai? Ti stava spogliando con gli occhi...E a giudicare dal tuo improvviso cambio di "colore" deduco che anche lui non ti è indifferente"
Conclude la sua teoria da psicologo in carriera alludendo alle mie guance improvvisamente rosse 
"Ti ho già detto che non mi interessa"
Dico in un sospiro 
"Sarà...Ma sei una pessima bugiarda Belle, guarda che non c'è niente di male, anche se, onestamente...Potevi sceglierne uno con un po' meno problemi..." 
Corrugo la fronte alle sue parole 
"Un po' meno problemi?" 
Lui annuisce grattandosi la nuca 
"Si beh, non lo sai? Cole Standall ha perso entrambi i genitori e il fratello in un incidente d'auto quando aveva solo tredici anni...È una storia tragica, ma lui non ne ha mai fatto parola con nessuno, quelli che girano tra i corridoi sono semplici pettegolezzi messi in giro da gente...Troppo curiosa" 
Resto immobile per lo shock, mentre nella mia mente prende forma l'immagine di un bimbo in lacrime inginocchiato davanti alle lapidi dei suoi cari mentre il mondo va avanti ignaro di chi, in poche ore, ha perso tutto. 
Ecco perché quegli occhi mi sembravano così familiari, quelli erano i miei stessi occhi. 
Gli occhi di un sopravvissuto.

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