L’arte di restare a galla

di Irene_Violet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 - Chi dice donna, dice… Furto! ***
Capitolo 2: *** #2 - Danni Collaterali ***
Capitolo 3: *** #3 - Giallo Sfaccettato ***
Capitolo 4: *** #4 - Chi ha incastrato Lupin III? ***
Capitolo 5: *** #5 - Il crimine non ripaga ***
Capitolo 6: *** #EXTRA – Minaccia Velata ***



Capitolo 1
*** #1 - Chi dice donna, dice… Furto! ***


L’arte di restare a galla

 

#1 - Chi dice donna, dice… Furto!

 

La voce elettronica proveniente dagli altoparlanti, ribadì l’ultima chiamata per il volo diretto in partenza per la capitale nipponica, in partenza dal Gate n° 5. Seduta al bancone di uno dei piccoli bar sparsi per la struttura brulicante di persone, una donna dai capelli biondo platino, abbandonò il suo bicchiere di Martini rosato sul bancone, bevuto per metà ed allungò al barista una banconota da cinquanta dollari. Il ragazzo stava per raggiungere il registratore di cassa per consegnare il resto alla cliente, ma ella abbassò gli occhiali da sole ambrati, strizzando l’occhio al giovanotto.


≤Gardez la monnaie, garçon!≥


Lo sguardo confuso del ragazzo al bancone, fu seguito da un fluente movimento del corpo della donna, la quale ponendo una mano sul manico della propria valigia bianco-perlacea, si allontanò con passo sicuro. Indossava un vistoso ed elegante completo firmato, ed un cappello bianco a falde larghe; difficilmente avrebbe potuto passare inosservata anche in mezzo alla folla più fitta immaginabile. Ed era proprio quello il punto: essere notata o meno, non aveva assolutamente importanza. Doveva prendere quel volo. Recatasi dunque al proprio cancello, completò le procedure di imbarco, prendendo il suo posto in prima classe, sprofondando nella comoda poltrona imbottita con un sorriso soddisfatto. Una volta rimesso piede a terra, sarebbe stata in ballo in una di quelle piccole scorribande ad alto rischio. Il gioco valeva la candela ed avrebbe potuto godere ancora una volta dell’adrenalina che le portava avere la situazione sotto controllo. Ordinò una bottiglia di champagne e delle tartine, per assaporare meglio il panorama lattiginoso presente fuori dal finestrino dell’aereo, mentre il pensiero vagava placido, al pensiero di stringere tra le dita, la sua ricompensa finale.

L’accordo era stato stretto da circa dodici ore ed aveva ancora impressa nella sua mente, la conversazione posta all’origine di quella partenza. Era stata attratta da un peculiare invito, privo di mittente, lasciato alla reception dell’hotel in cui alloggiava. Il nome battuto da una vecchia macchina da scrivere, con inchiostro nero, era quello con il quale si era registrata mesi prima ed al quale rispondeva sempre con disinvoltura; il corpo del messaggio invece, le aveva dato motivo per cui preoccuparsi di accettare un invito a cene, a dir poco

Non c’era dubbio, era stato scelto davvero un locale di alto livello, dall’atmosfera piacevole e sfarzosa. Le candele poste sui tavoli e delle piccole lampade a parete erano l’unica illuminazione disponibile, a contrastare la notte puntinata di stelle, presente fuori dalle finestre, generando quel genere di intimità, spesso difficilmente raggiungibile tra le mura domestiche. Tavoli apparecchiati con calici di cristallo con bordi in oro, ceramiche pregiate, posate d’argento; l’arredamento della sala, dava l’idea che ci si trovasse in un locale rustico e d’altri tempi, pur rimanendo incastonati nel caos di una delle metropoli più caotiche del continente americano. Quel ristorante era stato riservato in anticipo a due soli clienti. Per l’occasione i camerieri di sala così come lo Chef, aveva ricevuto una maggiorazione sulla paga per il servizio di quella serata, tanto l’ospite era importante. I due non si scambiarono poi troppi convenevoli, era pur sempre un incontro d’affari. L’uomo in questione, ci tenne davvero a rimanere nell’ombra fino all’ultimo, ma anche se si fosse rivelato sin da subito, la risposta di lei a quella domanda non sarebbe cambiata.


«La sua fama la precede Miss Mine, verrò subito al dunque...» - affermò l’uomo unendo le mani davanti al viso, poggiando entrambi i gomiti sul tavolo - «Se ha accettato il mio invito, deduco abbia apprezzato la mia proposta. Avrà la più totale libertà di azione. Vorrei solo assicurarmi: è certa di avere l’uomo giusto per questo lavoro? Mi pare di aver colto la sua intenzione di non coinvolgere il “Principe dei Ladri”, in questo affare...»
 

«Esatto.» - sorrise, la donna portando alle labbra il frutto di un’ostrica, posta sul suo piatto - «Questa è la mia contrattazione e lei non ha nulla da temere. Ho in mente la persona perfetta per questo incarico. Lasci fare a me, monsieur Thomas»

 

Tra circa dodici ore, avrebbe incontrato il prescelto per affrontare quel colpo. Intanto, Fujiko utilizzò il suo portatile, con la modalità aereo inserita, per controllare il contenuto di una chiavetta USB. In essa erano contenute cartelle su cartelle piene di profili e file importanti. Dati di preziosi sparsi in tutto il mondo, nomi di uomini molto in vista, quali politici ed uomini sospettati di frodi fiscali, truffe ed altri reati gravi, con annesse prove. Quella chiavetta poteva rovinare la vita di molte persone se mai fosse giunta nelle mani sbagliate. Naturalmente c’era anche il suo nome lì in mezzo. La ladra però fece doppio click su di una cartella differente, aprendone il file provvisorio. Un sorriso furbo, si disegnò sulle labbra della donna:

«Quindi… è davvero uno studente liceale. Liceo Ekoda, eh?»

 

 

La campanella dell’ultima ora, risuonò per i corridoi dell’istituto e dopo le consuete pulizie dell’aula, i ragazzi cominciarono via via a raccogliere le proprie cose, per dirigersi verso l’uscita. Gradualmente le varie aule si svuotarono, mentre il cielo assumeva un gradevole colore aranciato. Verso le ultime file un ragazzo moro, teneva la testa sul banco, racchiusa tra le braccia, era in quella posizione da almeno un paio d’ore, a causa di un gancio ben assestato in pieno capo, dopo uno dei suoi ennesimi scherzi. Non aveva più mosso un muscolo, non perché il colpo gli avesse creato chissà quali danni, l’aveva vista solo come un’ottima opportunità per ignorare le lezioni, in maniera efficace, ed anche recuperare qualche meritata ora di sonno, il che non poteva fargli altro se non un gran bene. Fu svegliato dai vari spostamenti di sedie ed oggetti, nei suoi paraggi aspettando di ricevere qualcosa di più deciso di un tintinnio cadenzato, atto a spostarsi di lì una volta per tutte. Aoko aveva appena finito di sistemare le sue cose, dopo aver pulito per bene la lavagna, quando dette uno sguardo nella sua direzione con aria piuttosto perplessa.

 

«Andiamo, per quanto ancora vuoi continuare questa messinscena? Non era poi un pugno tanto forte, da mettere K.O. una testa dura come te!» - asserì. Incrociando le braccia al petto - «Guarda che ti lascio qui, se non ti sbrighi!»

 

La risposta da parte del ragazzo, fu una sorta di borbottio poco chiaro, per cui dovette per forza di cose, esprimere il suo disappunto, chiedendogli di ripetersi. Quando Kuroba decise finalmente di tirare su il capo, aveva dipinta in viso un’espressione imbronciata, ricolma di fastidio e non esitò a chiarire quanto detto, con una buona dose dei suoi urli plateali di contorno.

 

«Non era poi un pugno così forte un corno Ahoko! Mi hai fatto venir fuori un bernoccolo enorme, neanche mi avessi colpito con il tuo amato spazzolone. Se la consideri roba da poco, allora non mi immagino quale sia la tua versione di “andarci pesante”!»

Grugnì Kaitō, alzandosi quindi dalla propria sedia e sistemando nello zaino, le poche cose ancora presenti sulla superficie del suo banco, aspettandosi niente di meno dell’indignata replica della sua amica d’infanzia, intenta già a guardarlo indispettita.

«Ah, quindi adesso sarebbe colpa di Aoko? Non di chi ha deciso arbitrariamente di introdursi nello spogliatoio femminile per spiarci mentre ci cambiavamo? Bel coraggio davvero e non chiamarmi in quel modo Bakaitō!»


Non gli si poteva comunque dare torto proprio su tutta la linea; se voleva, la ragazza sapeva come farsi valere, anzi ringraziava di cuore non fosse iscritta a nessun club sportivo o di difesa personale, come la fidanzata di un certo detective di sua conoscenza, altrimenti altro che bernoccoli, avrebbe finito con il mandarlo sul serio all’ospedale con una commozione cerebrale. E sì… forse un po’ se lo meritava, ma era sempre meglio evitare un ricovero, quando era possibile. Di ferite e brutte esperienze, ne aveva avute anche troppe da quando aveva assunto i panni di ladro fantasma; tutte esperienze innominabili e che sperava di tenere ben separate dalla propria quotidianità. Il ragazzo caricò lo zaino in spalla, passandole accanto per poi superarla alzando le spalle come se la cosa non lo riguardasse minimamente.

«Come ho detto, stavo cercando di recuperare la palla da Baseball mandata in fuoricampo da Yamazaki. Che colpa ne ho se è entrata dalla finestra del vostro spogliatoio ed ha finito con l’incastrarsi sotto le panchine. Dovevo pur cercarla no? È stata solo una coincidenza sfortunata, voi ragazze ve la prendete troppo per simili sciocchezze! Mi sono anche scusato, quindi non c’era bisogno di inseguirmi, per mezza scuola, per prendermi a pugni! Bé, se ti può consolare, non è che ci fosse poi chissà quanto da vedere…»


Pur standole dando le spalle, ebbe un brivido freddo lungo la schiena. Come al solito aveva parlato più del dovuto e la cosa non avrebbe potuto non portare a delle conseguenze poco piacevoli per la sua persona. Si voltò lentamente per ritrovare Aoko con una sedia posta al di sopra della testa ed un chiaro intento “omicida”, dipinto su di un volto solcato anche dal più profondo imbarazzo. Il mago sgranò gli occhi incredulo e sul suo viso si dipinse una maschera di terrore.

«Tu… Brutto…» - mormorò lentamente la castana.
 

Kaitō allungò con la stessa lentezza una mano verso la porta dell’aula, ringraziava dal più profondo del cuore, di essere più vicino all’uscita di quanto lo fosse la sedia.


«IDIOTAAA!!!»

 

Fu questione di pochi attimi: il ragazzo scattò verso la porta e si precipitò in corridoio, chiudendo con un gesto deciso la porta alle spalle, ed allontanandosi da essa con uno scatto. Attese almeno mezzo minuto, prima di tirare un sospiro di sollievo, Aoko aveva rinunciato. La porta non si mosse di un millimetro. Aveva davvero esagerato con il suo fare il superiore, per quella giornata. Si diresse verso l’entrata per lasciare il liceo, era maglio lasciare la ragazza da sola per farle sbollire l’arrabbiatura, prima di peggiorare le cose con una delle sue solite, ragionatissime uscite. Si passo una mano tra i capelli, soffermandosi per qualche secondo sulla zona gonfiatasi a causa del pugno ricevuto, ed un sorrisetto lieve gli si disegnò in volto.
 

«Me lo sono proprio andato a cercare»
 

Giunto all’ingresso e cambiatosi le scarpe, notò Keiko ferma vicino all’ingresso ed avvicinandosi le fece un cenno con la mano.


«Kuroba-kun!»
 

«Aoko è ancora in classe, penso arriverà tra poco...» - disse puntando il pollice della mano sinistra alle sue spalle.
 

«Ho capito, allora le farò compagnia tornando a casa, vista la vostra litigata di oggi.»

La ragazza con i codini si dimostrò piuttosto allegra a riguardo, si vedeva quanto la cosa la divertisse, ed anche se Kaitō tendeva generalmente a non darvi troppo peso non gli ci voleva un genio, per capire cosa le passasse per la testa. Dopo una breve risatina, la ragazza tornò a farsi seria, spostando lo sguardo verso l’esterno, per poi domandare a voce alta:
 

«Comunque non ti ho fermato per questo; piuttosto è tua la moto parcheggiata più in là sul vialetto, vero? Sembra si sia creato un gran trambusto lì attorno, anche se non ho capito esattamente perché...»

 

Kaitō non poté far a meno di inarcare un sopracciglio e dopo aver ringraziato la compagna, si diresse subito verso la sua Suzuki per cercare di chiarire il mistero. La prima se non unica opzione plausibile, lì per lì fu che qualche imbecille avesse deciso di vandalizzare quel suo gioiellino, per qualche motivo – il mondo è pieno di invidiosi, giusto? –. Doveva ammettere non gli andasse proprio giù, però era comunque un danno affrontabile, bastava farla rimettere a nuovo; quel che però gli si presentò di fronte una volta avvicinatosi, lo colse del tutto impreparato. Keiko aveva ragione, il suo mezzo era attorniato da un nutrito gruppetto di studenti, i quali sembravano per altro molto presi da qualcosa, o meglio da qualcuno, seduto in sella alla propria moto. Una donna dai capelli castano scuri, in un tailleur color bordeaux – in grado di lasciare davvero poco spazio all’immaginazione, visto quanto l’indumento ne evidenziasse le forme – ed un paio di occhialetti da motociclismo sulla testa. Non appena il cervello del liceale razionalizzò l’immagine, le sinapsi fecero un’associazione fulminea, fornendo a quella figura una precisa identità, in grado da farlo sbiancare di colpo.

 

Oi-oi… Stiamo scherzando?! Che ci fa “Lei” qui?”

 

Non si trattava certo di una donna qualunque, bensì di una delle ladre più ricercate dalle agenzie investigative mondiali, facente parte della temibile banda capeggiata da uno dei criminali più noti ed inafferrabili, quasi al pari del primo Kaitō KID. La rivale ed occasionalmente amante del famigerato Lupin III. Una donna dalle mille risorse, capace di inganni e sotterfugi di ogni tipo, nonché con un numero imprecisato di contatti e conoscenze pericolose. Insomma, un pezzo da novanta del crimine internazionale. Il dossier a cui Jii-chan era riuscito ad avere accesso, era talmente dettagliato da contenere perfino le misure della suddetta ladra.

 

Mine Fujiko, era il suo nome. E proprio in quegli istanti, stava seduta a gambe accavallate sul suo motociclo. Se non lo stesse vedendo con i suoi occhi, probabilmente stenterebbe a crederci. No, gli riusciva difficile crederlo, pur avendola proprio sotto gli occhi!

 

Rimase imbambolato a chiedersi come agire a riguardo. Fare finta di nulla, era di gran lunga l’opzione più difficile in assoluto, perché c’era il rischio che qualche suo compagno lo fermasse prima che potesse essere abbastanza lontano per dirsi completamente “al sicuro”; anche affrontare la situazione però non era altrettanto semplice: avrebbe dovuto avvicinarsi ad una persona del genere con disinvoltura, montare in sella e andarsene, senza far caso alla folla di curiosi, la cui funzione era simile a quella di un cordone protettivo? Era troppo anche per la sua poker face. Però quale altra scelta aveva? Ancora incredulo, tentò di darsi un contegno avvicinandosi alla moto con le mani in tasca, con dipinta in viso l’aria più indifferente di cui fosse capace sul momento.

 

«Ragazzi, si può sapere cosa sta succedendo?»

 

Uno dei suoi compagni lo tirò come si aspettava, nella sua direzione cingendogli le spalle con un braccio e sussurrandogli all’orecchio, con la faccia di chi palesemente non aveva mai avuto una simile visione femminea. Tutto il contrario della sua di faccia, più simile a quella di uno pronto a volersi far sotterrare vivo, piuttosto che affrontare un simile mostro sacro. Tra le varie informazioni riportate nei suoi file, difatti era specificato a chiare lettere, di quanto la donna non disdegnasse l’utilizzo di armi da fuoco. Faceva sul serio a differenza di KID, il cui gadget più simile ad un arma, era la spara-carte. Utile, lo rendeva in grado di disarmare e mettere in seria difficoltà l’avversario, ma non era comunque allo stesso livello di un proiettile di qualunque tipo. Per cui per quanto amasse le sfide, non poteva dire di sentirsi del tutto a proprio agio all’idea di correre incontro a chi comunque, non esitava poi troppo a premere un grilletto vero e proprio, quando la situazione lo richiedeva.

«Ehi Kuroba, chi è quella signorina?» - domandò dunque il compagno, uscito da quell’eccessivo stato di contemplazione.
 

«E io che ne so! Non l’ho mai vista in vita mia e stavo giusto per andarle a chiedere di scendere dalla mia moto!» - ribatté in maniera piuttosto acida il diretto interessato, scrollandosi di dosso il braccio dell’altro per proseguire nel suo rischioso accorciamento delle distanza.

 

Farsi spazio tra i vari ragazzi ammassati lì di fronte non fu facile, ma a suon di spintoni, guadagnò finalmente un posto in prima fila. Ebbe a mal appena il tempo di poter alzare lo sguardo e provare ad articolare un paio di parole di senso compiuto, quando un paio di braccia gli si avvinghiarono attorno al collo, ed una sensazione di morbidezza si localizzò di punto in bianco contro il suo petto, facendogli perdere istantaneamente ogni possibile coerenza logico-linguistica. La donna era arrivata ad abbracciarlo in meno di un secondo, ed adesso si trovavano gli occhi di tutti i presenti puntati addosso. Un fastidioso vociare cominciò a diffondersi nei dintorni. Come biasimare gli spettatori di quella scena. Avrebbero dato chissà cosa pur di essere al suo posto, mentre lui avrebbe preferito dileguarsi nella sua consueta nuvola di fumo per correre all’impazzata verso il Blue Parrot, riorganizzandosi alla svelta, per evitare altre brutte sorprese.

 

«Da quanto tempo non ci vediamo! Come sono contenta e guarda quanto sei cresciuto, sei diventato proprio un ometto! E vero che mi porti a fare un bel giretto, Kaitō-kun?»

 

Non riuscì a fare qualcosa di meglio se non deglutire ed irrigidirsi; mentre era intento a cercare una via di fuga. Erano passati sì e no, massimo cinque secondi eppure gli sembrava di essere racchiuso in quella morsa da un’eternità. Nel mentre, notò la folla diradarsi pian piano, non era più uno spettacolo interessante da osservare, essendoci lui di mezzo; sarebbe stato un bene, se proprio in quel frangente, non avesse notato Keiko ed Aoko uscire a loro volta dal cancello, senza contare che Fujiko aggiunse un piccolo dettaglio alla frase formulata poco prima, sotto forma di un sussurro:


«O forse... farei meglio a chiamarti Kiddo-sama?»

 

Come fosse stato premuto un interruttore, Kaitō riuscì a fare un deciso passo indietro, ed a divincolarsi dalle spire della ladra, articolando in maniera titubante - «A-Ah, ma certo! Ora ricordo, se non sbaglio lei è F-Fujiko-san… dico bene? Mia madre mi ha parlato molto di lei. Come mai si trova qui in Giappone, non stava lavorando all’estero da qualche parte?»


Azzardò una risatina nervosa, tanto per tappare evidenti lacune percepibili dall’esterno. Non poté far a meno di guardarsi brevemente alle spalle. Non gli importava come l’avrebbero presa i ragazzi o quali voci potevano venire messe in giro rispetto a quella specie di ridicolo siparietto, però l’impressione che poteva lasciare nei riguardi una certa persona, gli interessava eccome. Poté notare solo una Keiko incredula cercare di raggiungere la sua migliore amica, intenta ad avviarsi a passo deciso dalla parte opposta rispetto a dove si trovava lui. Si accigliò nel giro di pochi attimi, per poi rivolgere lo sguardo verso la donna. Fujiko si mostrava a dir poco compiaciuta, apparentemente aveva notato quei tentennamenti, finendo per apprezzare la piega presa dall’evento in questione. Il liceale, intanto sembrava aver calato la maschera, perché non perse altro tempo nel rivolgersi alla sua senpai, con aria contrariata, andandosi ad appoggiare alla sua moto, cercando di distanziare il più possibile la sua avversaria, girandole attorno.

 

«Quindi, cosa vuole da me la celeberrima Mine Fujiko, in persona? Non credo lei sia venuta qui, solo con l’intento di mettermi in guardia, sul fatto che conosce la mia identità… o sbaglio?»
 

Fujiko si lasciò sfuggire un sogghigno, quell’improvvisa determinazione le era piaciuta. Non per niente era fan di quell’affascinante giovanotto vestito di bianco; aveva deciso di andare subito al sodo e lei non poteva chiedere di meglio.

«Ho un affare da proporti. Un qualcosa di molto interessante che può far comodo sia a me che a te. Però… prima portami in un posto carino, dove possiamo parlare con più calma. Appena ho letto nel tuo fascicolo di questa bella moto, mi è venuta una voglia pazzesca di salirci! Quando saremo in un posto abbastanza sicuro, ti racconterò ogni cosa nei minimi dettagli, senza tralasciare nulla. Promesso, croce sul cuore.»

 

Non aveva ancora sentito di cosa trattasse questa “proposta vantaggiosa” e già aveva la sensazione che avrebbe fatto bene a tirarsi indietro. Tuttavia la menzione di un fascicolo contenenti informazioni su di lui, dava una spinta in una direzione differente. La fuori c’era qualcosa di seriamente incriminante nei suoi confronti – tanto quanto Hakuba e le sue dannatissime illazioni –, non poteva sorvolare su di un dettaglio tanto importante. Fujiko o chi per lei, sapeva quanto bastava sul suo conto, da farla arrivare all’uscita del suo liceo, trovandola seduta sul proprio veicolo, per poi consigliarli di recarsi in un “posto sicuro”, per una chiacchierata di affari. Una serie di affermazioni e circostanze troppo perfette, per non metterlo almeno in guardia, sull’eventualità per cui se quelle stesse informazioni sarebbero mai finite sulla scrivania dell’ispettore Nakamori, avrebbe avuto le manette a tempo di record. Non sapeva ancora cosa la ladra avesse in mente di propinargli, ma qualunque cosa fosse, finiva con il divenire secondario, rispetto al pericolo di venire esposto in caso di rifiuto. Dunque Kaitō, senza pensarci troppo su, inforcò la moto, assecondando le richieste della donna. L’avrebbe naturalmente condotta al Blue Parrot, dove avrebbe finito con discute con Jii sul da farsi; forse mostrare ad una come lei, il loro nascondiglio non era la migliore delle mosse possibili, ma era senza dubbio l’unico luogo sulla faccia della terra che il liceale ritenesse sicuro al 100% al di là di ogni ragionevole dubbio. Premette sul gas a più non posso, per liberarsi dall’ingombro dato dalle generose forme della donna. Fujiko da parte sua sembrava proprio contenta di quel viaggetto, per ragioni ignote al giovane conducente. Ebbero abbastanza fortuna da non prendere troppi semafori rossi lungo il tragitto, ad uno di questi però, Kaitō decise di cogliere l’occasione per rompere quell’atmosfera di finta complicità, per fugare un dubbio piuttosto pesante, presentatosi alla sua attenzione: perché proprio KID?

 

«Posso farle una domanda?»

 

«Uhm? Certo, cosa c’è Kiddo-sama...» - replicò Fujiko, sporgendosi un tantino in avanti, accentuando più del necessario la vicinanza tra loro.

 

«Che fine hanno fatto Lupin e gli altri tuoi compari? Loro non fanno parte di questo affare a cui mi accennavi poco fa?»

 

«No! Per niente, nessuno di loro! Nel modo più assoluto!» - dal tono la castana parve anche piuttosto offesa da quel genere di insinuazione - «Perché dovrebbero farne parte? Questo è il MIO affare, la MIA carriera. Sarò anche parte della sua “banda” di quando in quando, come dicono quelli della polizia, ma non ho bisogno di nessuno di loro per raggiungere i miei obiettivi. Ho sempre lavorato da sola cavandomela alla grande. Figuriamoci, non ci penso nemmeno a includerli in un gioco tanto redditizio. Lupin… non esiterebbe a mettermi i bastoni fra le ruote se venisse a sapere a cosa sto puntando. Non permetterò a nessuno di intralciarmi. E poi non vedo perché debba sempre essere accomunata a lui, è inaudito!» - sbottò la donna, per poi produrre un breve sospiro - «D’altro canto, mi piace decidere per conto mio… con chi percorrere il cammino verso il successo, chi debba essere il mio partner...»

 

Il mago si pentì quasi di aver posto quella domanda, non solo perché sapeva di cosa fosse capace una donna irritata dall’aver anche solo sfiorato un tasto dolente – sua madre ne era un ottimo esempio, riusciva a zittirlo pur stando dall’altra parte del mondo – non voleva sapere di cosa fosse capace una del calibro di Fujiko Mine se in preda alla rabbia; senza contare il tentativo di quest’ultima di avanzare attenzioni, non del tutto gradite nei propri confronti.

 

«M-Ma certo... La mia era solo una piccola curiosità» - ribatté per poi finalmente tornare a dare gas, non appena al semaforo scattò il verde.


Una volta giunti di fronte al Blue Parrot, tirò un sospiro di sollievo, lasciando scendere prima Fujiko, per poi posteggiare la moto e recarsi anche lui verso le scale, alla volta del bar del suo fidato collaboratore. Fu il primo dei due ad entrare, per cortesia della famosa ladra che gli cedette il passo, anche se non c’è ne sarebbe stato bisogno, poiché a quell’ora del pomeriggio, il locale non era esattamente stracolmo di clienti. Non appena il campanello attaccato alla porta segnalò l’arrivo di nuovi clienti, il vecchio Jii intento a lucidare dei bicchieri, si voltò verso il suono in modo da accogliere i visitatori.

 

«Kon’nichiwa Jii-chan.» - lo salutò il liceale aprendo la porta, non apparendo affatto entusiasta.

 

«Oh, Botchama benvenu...»

 

L’uomo quasi perse la presa sul bicchiere alla vista di chi accompagnasse il figlio del suo defunto padrone. Era stato lui ad accedere al database dell’interpol per avere quante più informazioni possibili su Lupin III e la sua banda, per cui aveva studiato affondo il materiale anche riguardante i suoi complici. Ritrovare uno di loro, all’interno del suo locale, per giunta in compagnia del suo giovane padrone, gli dette più di una ragione per cui cominciare ad avere i sudori freddi.

 

«Mmm… caspita. Non male questo posticino, potrei considerare di venirci spesso in un bar come questo.» - commentò Fujiko, sedendosi ad una delle sedie al bancone, ordinando qualcosa da bere.

 

Jii servì subito la donna, prima di sgattaiolare dal retro del bancone, avvicinandosi a Kaitō, per avere qualche delucidazione sulla vicenda.

 

«Credo di capire… dunque Mine Fujiko-sama è qui per proporle un lavoro. Ci conviene valutare con molta attenzione quel che ci dirà, in questo caso.»

 

«L’ho pensato anch’io, per questo l’ho portata qui Jii-chan. Inoltre, a quanto pare è risalita al mio liceo e credo anche all’esistenza di questo posto, tramite certi “file”, di cui spero di riuscire a sbarazzarmi… in qualche modo.»


 

Il tintinnio del ghiaccio posto all’interno del bicchiere retto da Mine Fujiko, fu una sorta di richiamo per i due confabulatori, i quali la raggiunsero al bancone, dove la donna aveva predisposto il suo portatile, aprendo sul desktop varie cartelle e pagine web. Si cominciava a fare sul serio.

 

«D’accordo… di cosa si tratta esattamente?» - domandò Kaitō cercando di trovare prima di tutto una risposta da solo, sbirciando lo schermo.


Vide chiaramente la cartina di un porto, e delle pagine in lingua inglese, non avendo però grande libertà di poterle leggere, poiché la castana ne aprì una nuova, coprendo le altre.

 

«Di un lavoretto molto semplice; ma prima un po’ di storia.» - sorrise la donna, aprendo l’immagine di un bel diamante giallo a goccia, con un sorriso compiaciuto in volto - «Ti presento il “Fiorentino”, o “Granduca d Toscana”, noto anche come il “Giallo Austriaco”. Questo splendido diamante giallo pallido, ha avuto un percorso molto travagliato ed il suo passare di mano in mano, ha dato origine a numerose leggende e ha quindi altrettanti nomi: la pietra ha origini indiane, fu tagliato da Lode Van Berken per Carlo il Temerario, a quanto si crede. Il regnante lo portò con sé durante la battaglia di Nancy – mossa davvero molto stupida se chiedi la mia – e finì con il perderlo, oltre a perdere la vita egli stesso nella battaglia di Morat del 1476. Qui le vicende cominciano a farsi scure, non si sa bene se un fante, o una persona comune, insomma qualcuno trovò la gemma abbandonata e credendola un banale pezzo di vetro lo vendette ad un mercante per pochi spiccioli. Sembra che viaggiò per le mani di Ludovico il Moro, poi di Papa Giulio II, grazie ad un cittadino di Berna, il quale lo rivendette a sua volta, per venire infine depositato tra i vari tesori della famiglia dei Medici di Firenze, prendendo così il nome di Fiorentino. Sembra che il diamante giunse dopo varie peripezie nelle mani dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, quando rilevarono il Granducato di Toscana nel 1737 e che collocata insieme ai gioielli della corona, seguì la famiglia fino alla sua caduta negli anni venti, quando sembrò sparire definitivamente dalla circolazione. Questo è quanto si dice sul gioiello, leggende ed effettivi dati storici si fondono, donando a questo splendido oggetto, un velo di mistero davvero affascinante. Non trovi?»

La ladra rivolse uno sguardo al liceale. In effetti la storia era interessante, ma avrebbe preferito sentirla arrivare al dunque quanto prima, ed una volta accortasi di questo particolare, Fujiko proseguì, con disinvoltura.

 

«C’è chi sospetta che il Tiffany giallo, altri non sia che un ritaglio della gemma in questione, però nulla di tutto ciò è stato confermato e di recente, indiscrezioni sono trapelate, grazie all’esposizione di una gemma molto simile alle descrizioni fatte nel 1657 da Jean-Baptiste Tavernier, mercante francese. La pietra apparterrebbe attualmente ad un uomo d’affari di origini turche, ed assicurato per una cifra astronomica, dovrebbe venire preso in custodia dal manager di una banca interpretata dalla sottoscritta, prima di raggiungere gli studi televisivi della Nichuri Tv, dove è in programmazione un servizio speciale sulla pietra in questione, il trasporto avverrà in un furgoncino blindato, scortato dalla polizia.»

 

«Se è così...» - intervenne Kaitō puntando l’indice sulla mappa dove il percorso in questione era segnato - «Rubarlo durante il trasporto verso lo studio televisivo, sarebbe piuttosto facile, basterebbe predisporre un mezzo identico da sostituire a quello in cui viene posizionato il gioiello.»

 

La donna cacciò indietro la testa a guardare il soffitto del bar, concentrandosi sull’illuminazione del locale - «È vero, ma penso potrebbe essere ancora più facile, se lo rubassimo qui!» - disse Fujiko puntando l’indice dall’unghia smaltata di fucsia verso il simbolo del porto - «Il diamante arriverà all’interno di un carico di ostriche pescate a largo delle coste di Aquitania. Il gioiello è stato imbarcato, sotto la stretta supervisione del mio socio, responsabile delle spedizioni di un’azienda ittica. È stato il proprietario a suggerire questo metodo, per evitare che il diamante venisse trafugato durante gli spostamenti; sfrutteremo proprio il momento dell’approdo. La ditta di spedizioni è responsabile del suo carico, fino a che questo è per mare, ma se venisse rubato proprio nel momento in cui smette di essere sotto la loro responsabilità, senza arrivare nelle mani di chi dovrebbe tenerlo in custodia?»
 

Kaitō ebbe una lieve smorfia nel sentire il lavoro svolto dal tale, ma annuì poi intuendo dove volesse arrivare la donna.

 

«Ho capito… Il proprietario non potrebbe incassare il risarcimento in caso di perdita della gemma, perché la tratta è stata completata senza incidenti; e non potrebbe fare la stessa cosa neppure con la banca, perché il carico non arriverà mai ad essere sotto la sua responsabilità. L’uomo d’affari turco, rimarrebbe quindi con un pugno di mosche in mano.»

 

«Proprio degno del grande Kiddo-sama, è proprio questo il piano. Ti basterà sottrarre il diamante da dentro la specifica cassa in cui è stato riposto, durante lo scarico delle merci... Ti basterà prenderlo e darti alla fuga, che mi dici, un giochetto semplice e veloce. Allora cosa ne pensi? Accetterai di collaborare con me?»

 

Fujiko si sporse nei confronti di Kaitō, sbattendo le sue splendide ciglia sperando in una risposta affermativa, in tutto ciò il liceale però non aveva ancora visto quale fosse il lato positivo che lo riguardasse. Aveva capito la necessità di avere un terzo uomo per trafugare il diamante, dato che la ladra doveva fingersi all’oscuro della manomissione, non accollandosi eventuali grane, recuperando quindi il bottino, però qualcosa no gli tornava ugualmente, tanto per cominciare chi era questo “socio” citato come parte operante nel piano? Chiunque fosse, sarebbe uscito anch’esso pulito dalla vicenda, incassando probabilmente una bella somma per compiere il trasporto, evitando poi di sborsare l’eventuale somma di un risarcimento, fin qui poteva avere senso… eppure, quella che pareva trarre maggiore profitto dall’intero svolgersi della vicenda, era proprio la donna che gli stava seduta davanti. Il ragazzo scosse il capo, liberando le mani dalla presa della tentatrice, con un gesto di dissenso.

 

«No, non vedo proprio perché dovrei farlo...» - affermò il ragazzo portandosi una mano sotto il mento - «Finirei con rubare il gioiello alla luce del giorno, trovandomi la polizia alle calcagna, solo per compiacere Mine Fujiko ed il suo socio in affari? Mi spiace, ma ho cose più importanti da fare, piuttosto che fare da tramite per le vostre truffe!»

«Eh? Davvero… che delusione! Ed io che non vedevo l’ora di poter ammirare da vicino le gesta del mio beniamino preferito...»


Il vecchio Jii parve in accordo con lui di primo acchito, per questo il ragazzo rimase piuttosto incredulo quando si sentì richiamare in un sussurro mal celato - «Credo dobbiate ripensarci, Botchama...» - disse.

 

«Huh? Perché?»

 

«Rifletteteci… si tratti o meno del Fiorentino, rientra comunque nella categoria dei Big Jewel… se vi tirate indietro e si trattasse in qualche modo di quello che stiamo cercando, recuperarlo dalle mani della signorina qui presente, poi potrebbe risultare un’impresa ostica.» - osservò l’anziano, lanciando un’occhiata nei confronti della diretta interessata.

 

La celebre criminale, tornò a sorseggiare il suo drink, sorridendo divertita, mentre il giovane dovette ammetterlo: il suo compare non avesse poi tutti i torti, valeva almeno la pena di controllare almeno che quel gioiello non fosse la pietra della vita Pandora, prima di chiamarsi fuori da quell’operazione.

 

«M-mah, credo tu abbia ragione...» - mormorò in risposta il ragazzo.

«Non ti avrei mai proposto nulla, se non avessi pensato anche a questo genere di cose… il tuo collaboratore a colto nel segno. Quindi ecco qui, i termini del nostro personale accordo.» - ghignò Fujiko, posando nuovamente il bicchiere ed incorniciando il viso tra le mani - «Se il “Granduca di Toscana”, non fosse il gioiello che stai cercando allora, lo darai a me come da patti. Tanto non te ne faresti nulla, giusto? Restituisci sempre ciò che rubi, quindi tanto vale concludere lo scambio ed affidarlo a qualcuno in grado di trattarlo come si deve...»

 

«E se si trattasse della gemma che cerco?»

 

«Bé...in quel caso...» - la donna allungò una mano nei confronti del ragazzo, portandosi a pochi centimetri dal suo viso - «Dovrò cercare di riprendermelo a modo mio, naturalmente.»

 

Un colpo di tosse piuttosto forte, interruppe l’atmosfera a dir poco incandescente che Fujiko seppe creare con pochi semplici gesti. Era il suo modo di lavorare dopotutto. Il suo corpo era un’arma tanto potente e distruttiva quanto potesse esserlo una bomba ad orologeria o un proiettile di una qualunque arma da fuoco. Anche usando la sua avvenenza, riusciva ad ottenere facilmente ciò che desiderava. Voci di corridoio, la consideravano una donna senza inibizioni e dalla morale discutibile, pronta a tutto pur di raggiungere i suoi scopi. Il giovane Kuroba non stentava troppo a credere almeno alla prima parte di questo genere di dicerie. Di certo, sapeva bene come rigirare determinate situazioni a proprio vantaggio. Già non sopportava i reiterati tentativi di Koizumi Akako di assoggettarlo, non solo con l’ausilio della sua magia, anche in modo decisamente più diretto – trovarsi bloccato con una del genere su di una seggiovia, per esempio, a sentirsi dire quanto fossero una bella coppia, era stato l’apice del terrore, altro che adesivi a forma di cuore e cioccolato stregato... –; ma quella donna era cento se non diecimila volte peggio! Gli dava i brividi in ogni senso possibile ed immaginabile, al punto che preferì spostarsi di due sgabelli, visto che poteva farlo.

 

Il liceale si schiarì a sua volta la voce, guardando con la coda dell’occhio la ladra, prima di replicare - «Va bene… penso proprio di poter collaborare, anche se sono queste le condizioni. Avrai il gioiello, se non si tratta di quello che m’interessa e solo in quel caso.» - rimarcò Kaitō; una volta distesosi i nervi bevendo una tazza di caffè, curioso volle definire l’ultimo dettaglio, per cui riprese parola - «Quindi? Riguardo alla polizia? Hai pensato anche a quella oppure la fuga è di mia competenza?»

«La fuga la lascio nelle tue mani. Però posso darti uno spunto utile. Immagino tu voglia vendicarti di quella scarsa imitazione fatta ai tuoi danni, in occasione del furto dello Zaffiro Ciliegia...»

 

Ipotizzò Fujiko, giocherellando con le dita intorno al proprio bicchiere, con aria placida. Il ragazzo annuì appena, non gli era piaciuto infatti, venisse usato il suo nome e la sua faccia durante quel furto, soprattutto considerando che nelle sue vesti, Lupin III aveva sparato agli agenti con una pistola vera e propria, cosa che lui non farebbe.

 

«Allora perché non ripagarlo con la sua stessa moneta… in questo modo, almeno ne usciresti lindo, come il tuo mantello da questa trattativa.»

 

A prescindere, per quel piccolo torto, si era vendicato rubando il tesoro contenuto nella piramide di Ōsaka prima di lui, lasciandolo con un palmo di naso; però trattandosi di un raggiro in piena regola ai danni del proprietario del diamante, anziché uno dei suoi soliti furti, forse fare un pensierino in quella direzione, non era poi una brutta idea. Non gli andava di macchiare troppo il suo buon nome prendendo parte a quella vicenda, ma la probabilità che potesse incappare in Pandora poteva essere reale e perdere un’occasione, tanto promettente, come Jii aveva fatto notare, era un peccato.

 

«Sì… potrei rendergli il favore in effetti...» - rispose lui, dando uno sguardo al proprio collaboratore, ne avrebbe parlato più approfonditamente, confrontandosi sulla cosa, non appena fossero stati soli.

 

«Molto bene! Allora ci vediamo dopodomani mattina verso le sei al molo della baia di Tōkyō, Il nostro carico dovrebbe arrivare più o meno verso le undici, quindi avremo tutto il tempo per infiltrarci ai rispettivi posti, per fare la nostra parte. Non preoccuparti per il preavviso, me ne occupo io, conosco il suo stile»


Fujiko si alzò dunque dallo sgabello che occupava, lanciando sul bancone del bar, un bigliettino recante il nome dell’hotel in cui alloggiava, con appuntato anche il numero della sua stanza, nonché una vistosa macchia di rossetto come firma. Oltre che ad un biglietto da cinquemila yen per il suo drink, dando una piccola pacca sulla spalla al ragazzo, mentre lo superava.

 

«Ci rivedremo ufficialmente quella sera, nella mia stanza quando verrai a portarmi il “Granduca”. Fino ad allora, ti auguro buona fortuna. Adieu.»


Lasciò il locale poco dopo, facendo riecheggiare nuovamente il suono della campanella attaccata alla porta, con un’eleganza innata. Il vecchio Jii riuscì finalmente a rilassarsi, asciugandosi il sudore che aveva finito per imperlargli la fronte, anche Kaitō si sentì infinitamente più leggero vedendola uscire dal Blue Parrot. Gli sembrava quasi di aver vissuto una enorme allucinazione. Rigirò tra le mani il biglietto lasciato sulla superficie di legno del bancone, ormai era in ballo, non poteva tirarsi indietro. Mentre stava lì a rimuginare su quello che si sarebbe trovato a fare di lì a pochi giorni, il rombo famigliare di motore, gli fece sgranare gli occhi, spingendolo poi a precipitarsi fuori dal locale, giusto in tempo per vedere la propria moto allontanarsi lungo il manto stradale.

 

«Non preoccuparti, te la riporto molto presto, promesso!» - gridò Fujiko mentre sfrecciava via salutandolo con la mano.

 

L’incredulità nel rendersi conto che non aveva più addosso le chiavi, lasciò spazio alla spossatezza sul volto del liceale, il quale non poté far altro che sospirare rassegnato. Non per niente era una delle ladre più ricercate a livello mondiale. Si portò una mano alla nuca, grattandosela mormorando tra sé - «Che razza di giornataccia!»

 

Gli sarebbe anche toccato scrivere ad Aoko per avvisarla che non si sarebbe presentato per cena, poiché avrebbero di certo dovuto spremersi le meningi per progettare al meglio ogni minimo dettaglio, un sopralluogo al porto, prima dell’azione era d’obbligo, come anche radunare i materiali adatti alla buona riuscita del furto. In sostanza prevedeva avrebbero passato la notte in bianco, per poter organizzare anche solo concettualmente, la cosa per bene.

 

Non poteva far altro, se non incrociare le dita e sperare andasse tutto per il meglio, anche se l’essere stato incastrato da quella donna, non gli andava proprio a genio.

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Capitolo 2
*** #2 - Danni Collaterali ***


#2 - Danni Collaterali

 

Dalla finestra la luce sarebbe stata visibile già da qualche ora, se non fosse stato per le tende in velluto scuro di cui quella suite era munita, in modo da non far filtrare nemmeno il minimo sprazzo luminoso all’interno; erano quasi le otto del mattino quindi, ma sembrava non si fosse fatto giorno. La cosa sarebbe stata anche positiva, se solo Jigen avesse potuto godere di un po’ di meritato riposo, però i piani del suo compare, erano ben diversi, per cui piuttosto infastidito dal continuo e penetrante rumore di un trapano-avvitatore elettrico e fiamma ossidrica, faceva del suo meglio per tenersi occupato, tra una sigaretta e l’altra, nel disperato tentativo di riuscire a scaricare il nervosismo. Lupin aveva mandato ormai da qualche giorno una nota di preavviso al MoMA – Museum of Modern Art – di New York, manifestando l’intenzione di voler rubare la “Hope II” dipinta da Gustav Klimt. L’obiettivo era cambiato in corso d’opera, a causa di un innalzamento del valore delle opere dell’artista, quindi il ladro franco-giapponese decise di approfittare di quel plus valore, gettandosi sul furto di quel dipinto, naturalmente con l’intenzione di guadagnarvi una discreta sommetta, rivendendolo a qualche spudorato collezionista. Era però più facile a dirsi che a farsi: i sistemi di sicurezza andavano da sensori di prossimità, ai laser, ad una speciale cornice incassata nel muro in una speciale lega di metallo, la quale avrebbe richiesto un po’ per venire rimossa, senza contare voci di corridoio su di un possibile allarme collegato alla suddetta cornice, provvisto di Gps, il quale era programmato per attivarsi, se la struttura fosse stata forzata in qualche modo, non rispettando la regolare procedura di estrazione del dipinto. Il tiratore aveva proposto la sua personale via per risolvere la questione: una serie di revolverate al muro, magari con l’aiuto di una piccola carica esplosiva per facilitare la fuoriuscita dell’opera dal muro. Se lo sarebbero portati via e solo dopo si sarebbero messi a riflettere su come liberare la tela dalla morsa in cui era stata inserita. Proposta fortemente rigettata dal “Principe dei Ladri”, e come al solito, preferiva mettere una buona dose del suo stile, in ogni suo colpo, anche a costo di voler mettersi a costruire una qualche diavoleria, con l’intento di fondere una parte della cornice, nonché l’annesso dispositivo di localizzazione, in modo da poter procedere al recupero in tutta calma. Quindi morale della favola, benché non capisse perché complicarsi la vita sino a quel punto era bloccato lì, al buio, a subirsi rumori e lamentele da parte del suo compagno del tipo:

 

«Accidenti a lui! Se solo Goemon fosse qui, non avremmo tutti questi problemi, ma no… quel bastardo doveva restare ad allearsi… Questa me la paga...»


Jigen in un modo o nell’altro si rassegnò a quella situazione; dopo aver pulito attentamente la sua .357 Magnum, fece un breve giro fino al reception, nel suo fido travestimento da uomo anziano e tornò con una copia di un quotidiano giapponese che si mise a leggere alla luce di una torcia elettrica. Durante la lettura, l’uomo barbuto incappò in un articolo anomalo che legge fino in fondo, prima di scoppiare in una risata divertita.

 

«Ehi Lupin, senti qui cosa dicono...»

 

«Ecco bravo amico, fa ridere anche me, ne ho tanto bisogno!» - sbottò Lupin alzando la mascherina da saldatore che aveva posto in viso, per evitare incidenti.

«”All’emittente Nichiuri è stato notificato un preavviso di furto ad opera del ricercato internazionale Lupin III, pervenutoci verso la mezzanotte. Il furto annunciato per la giornata di domani, riguarda la misteriosa pietra appartenente alla collezione privata di Erol Yazici, impresario appassionato di pietre preziose. La seconda divisione delle polizia metropolitana di Tōkyō sta predisponendo rigidi controlli ed una scorta nutrita, per evitare il furto durante il trasporto. La gemma sarà messa in custodia, dopo il suo arrivo alla banca Minato; questa pietra avvolta dal mistero, riuscirà a sfuggire anche al fantomatico ladro? Si spera anche in una collaborazione dell’ispettore Zenigata dell’Interpol, in modo da sventare il colpo a danni di un diamante, il “Fiorentino”, considerato perduto, già da troppo tempo.”… Tu cosa ne pensi?»

 

«Un diamante leggendario in uno studio televisivo? Una cosa del genere per il grande Lupin III non è nulla più che un giochetto, Jigen! In effetti fa ridere. Anche se impiegassero Tottsan e mi venisse dietro come al solito, non riuscirebbero a beccarmi, quindi non c’è da preoccuparsi!»

 

Con un sogghignò spigoloso il sicario lo lasciò pavoneggiarsi senza interromperlo, era talmente provato dalla notte passata a studiare piantine e mettere insieme oggetti, che non si sorprese neppure del fatto che ci mettesse più del solito ad accorgersi di quanto la cosa puzzasse, ma meglio per lui, almeno aveva modo di farsi qualche ulteriore risata alle sue spalle. Dopo quelli che parvero interminabili minuti d’attesa l’espressione di Lupin cambiò, divenne inebetito per poi sgranare gli occhi ed urlare:

 

«A...Aspetta un attimo...» - balbettò di colpo - «COME HAI DETTO?!?! Una nota di preavviso? Quale nota di preavviso? Io non ho inviato un bel niente!! Che diavolo scrivono questi giornalisti?!»

 

«Alla buon ora Lupin, pensavo non ci arrivassi più...» - rise Jigen che si vide letteralmente strappar via di mano il giornale, di modo che l’altro potesse leggerlo.

 

«Allora… vediamo...» - il ladro strinse gli occhi, fino a ridurli a due fessure nel tentativo di fendere l’oscurità, per arrivare a leggere di nuovo, per conto suo, l’articolo, ma dopotutto non era un gatto, ed anche volendo gli sarebbe stato impossibile, per tanto urlò - «Jigen! La torcia!»

 

«Ma quale torcia e torcia...» - borbottò Jigen, alzandosi un po’ controvoglia dalla poltrona che occupava per scostare le tende, facendo così entrare di prepotenza la luce solare dalle finestre - «Si è fatto giorno da un pezzo!»

 

Lupin rimase momentaneamente accecato, rivolgendo al suo amico un’occhiataccia infastidita, per poi tornare all’articolo, cominciando a borbottare ad alta voce - «All’emittente Nichiuri... polizia metropolitana di Tōkyō... diamante, il “Fiorentino”… Huh? Questo nome non mi è nuovo...»

 

«Non è quel diamante sparito negli anni Venti che Fujiko ti aveva chiesto di andare a cercare?» - ricordò Jigen, grattandosi l’orecchio con il mignolo della mano destra - «Un paio di furti fa...»


Il criminale dalle basette pronunciate, corrucciò la fronte inclinando le sopracciglia, tentando di ricordare. Aveva presente un discorso del genere, fatto a bordo piscina, in un lussuoso resort, Fujiko avvolta in un costume viola acceso, che quasi lo supplicava di svolgere un certo “lavoretto” per lei, in cambio di una lauta ricompensa. Tuttavia, lui aveva rifiutato, perché aveva in mente altri progetti e non c’erano né certezza sul fatto che si trattasse proprio di quel diamante, né tanto meno, indicazioni sulla possibile posizione. Insomma gli era stato chiesto ufficialmente di farsi un bel viaggio in Turchia, introdursi tra le fila dell’ipotetico proprietario del gioiello, conquistarsi la sua fiducia per poi soffiarglielo da sotto il naso. Nulla di inusuale per nessuno dei due, perciò era sospetto. Se le cose fossero state tanto facili Fujiko non avrebbe mandato avanti lui. Il suo sesto senso gli diceva di tirarsi indietro, oppure avrebbe rischiato di rimanere impigliato in chissà quale rete, a sua insaputa. Non sarebbe stata la prima volta, trattandosi di quella donna. Il suo rifiuto, generò una reazione stizzita nella ladra che dopo averlo spedito in piscina con una sonora sberla – giustificata dal tentativo di Lupin di sfilarle di dosso il costume –, se ne andò affermando:

 

«E va bene… se non vuoi farlo tu, vorrà dire che lo chiederò a Kiddo-sama!»

 

Anche il solo sentirsi rimbombare quelle parole nella testa, riportandole alla mente gli fece affluire il sangue alla testa, per il nervoso. Se li immaginava ridere entrambi alle sue spalle, senza contare che il farsi mettere i piedi in testa da un liceale al secondo anno, era un grave affronto per il proprio orgoglio di ladro.

 

«Quel… bastardo...» - borbottò tra i denti, appallottolando malamente il giornale, gettandolo su quello che era stato il suo piano da lavoro fino a qualche momento prima.

 

«E-Ehi. Lo stavo ancora leggendo quello!» - sbottò Jigen, seguendo con lo sguardo Lupin.

 

Quest’ultimo recuperò la propria giacca rossa, indossandola e strinse poi la cravatta al collo, prendendo il portatile con cui stava lavorando, riponendolo in una valigetta di pelle marrone. Poi prese una della sue maschere assumendo quindi l’identità fittizia con cui si era registrato in albergo.

 

«Potrai leggere tutto quello che vuoi non appena saremo in volo per il Giappone, Jigen. Muoviti non c’è un minuto da perdere!»

 

«Ma che ti salta in mente Lupin, e il colpo?» - domandò perplesso Daisuke, grattandosi sotto il cappello.

 

«Lo rimandiamo! Ci sono problemi ben più grossi da sistemare. Detesto chi usa il mio nome a sproposito, gliela faccio vedere io» - bofonchiò parlando tra sé ad alta voce, mentre metteva a posto le ultime cose, aspettando che anche l’altro facesse lo stesso con le proprie.

 

Per quanto contrariato, il sicari comprese che il compare faceva sul serio e dovette quindi riprendere il suo travestimento, sistemando alla meglio le sue cose; nel mentre borbottò, anche piuttosto seccato - «Comunque come pensi di lasciare il paese, hai speso tutti i nostri risparmi in preparativi e cianfrusaglie...»

 

«Jigen, Jigen, Jigen… tu mi sottovaluti!» - ridacchiò Lupin, tirando fuori dal taschino anteriore della giacca, una carta di credito - «Ricordi il nostro ultimo viaggetto a Nuova Delhi, quando Tottsan si è fatto quasi arrestare dai suoi colleghi indiani, grazie al mio simpatico scambio di persona? In quel frangente ho clonato la sua carta di credito lavorativa, tenendo traccia degli accrediti e delle spese. All’Interpol non se la passano male. Grazie a questa amico, possiamo partire, ed anche viaggiare in prima classe, se vogliamo.»

 

L’uomo barbuto si lasciò sfuggire una risatina, sistemandosi il cappello in testa, una volta calatosi nel suo ruolo di anziano - «Che potrei dire… Mi sa che ci tocca proprio ringraziarlo, un giorno di questi!»

 

Insomma si fece convincere, nonostante l’idea di partire non lo entusiasmasse particolarmente, soprattutto considerando ci fosse di mezzo quella donna. Non era un caso che dopo il rifiuto del suo amico, sbucasse fuori un finto preavviso di furto, mentre si trovava da tutt’altra parte; lo stava manovrando come un burattino come il suo solito. Con la scusa di dover“salvare il suo orgoglio di ladro”, era riuscita a mandare all’aria quasi tre settimane di preparativi. Quando si trattava di Fujiko, Lupin finiva sempre con lo sragionare pericolosamente. Ormai era anche inutile provare a farlo tornare con i piedi per terra, quindi tanto valeva accettare il lusso di un volo di prima classe, gentilmente offerto da un ignaro Ispettore Zenigata.

 

I due criminali si recarono quindi all’aeroporto, presero al volo due biglietti e saltarono sul primo aereo con destinazione Tōkyō, Lupin intanto predispose il suo portatile, ricontrollò le informazioni raccolte sul mago del chiaro di Luna, così da sapere esattamente dove recarsi come prima tappa e rispolverò le varie informazioni sui suoi conoscenti, in modo da essere pronto ad ogni evenienza. Uscì poi dalla directory in questione aprendone una seconda, contrassegnata dal nome della sua rivale-amante, che lo stava portando ad affrontare quel volo fuori programma. 峰 不二子, Mine Fujiko. Il cervello del ladro stava macchinando una piccola vendetta nei confronti della donna, ed il materiale utile a compierla, era proprio all’interno di quella cartella: una collezione nutrita di scatti piccanti, scattati in varie occasioni a sua insaputa, in compagnia di uomini potenti, oppure di insospettabili, molti forse erano i suoi cosiddetti “amici”, avrebbe potuto renderle la vita impossibile con pochi click, avrebbe dovuto pregarlo, prostrarsi ai suoi piedi, o anche peggio, per convincerlo a risparmiarle un simile supplizio!

 

Se non fosse che…

 

Troppo impegnato a fantasticare, il criminale dalla giacca rossa, notò qualcosa di anomalo. La cartella era vuota! O meglio, quasi. Si ritrovò infatti, difronte una cartella con all’interno un singolo documento in formato .txt, denominato: “Perdonami Lupin”, creato qualche tempo prima, a sua insaputa.

 

Parecchio confuso lo aprì, cominciando a leggerne il contenuto:

 

Caro Lupin,

se ti stai chiedendo che fine ha fatto la tua bella collezione di foto ritraenti la sottoscritta, sappi che le ho prese io, assieme a tutti gli altri resoconti e profili presenti su questa chiavetta. In futuro potrebbero tornarmi molto utili, quindi ti sono davvero grata. Ah, ti avverto, è inutile che tu cerchi in qualche modo di recuperarle, perché ho sovrascritto il punto di ripristino della cartella a dopo aver spostato i file, oltre ad averle eliminate dal tuo hard disc esterno e dalla fotocamera che ti porti dietro. Adesso esiste una sola copia di queste foto, ed è in mano mia. Mi dispiace, ma era necessario. So che troverai il modo di perdonarmi, mai abbassare la guardia cherì. Ci vediamo presto. -Fujiko.

 

Una volta terminata la lettura, il ladro ebbe un flash: mesi prima in effetti era stato invitato da Fujiko a cena, con la promessa di una notte insieme, ovviamente non realizzatasi, dopo mille peripezie, doveva essere successo allora. Realizzato l’affronto subito, non riuscì a far a meno di liberare un urlo di pura disperazione che fece saltare Jigen sulla poltrona per lo spavento. Il pistolero tentò di farsi dire cosa accidenti gli fosse preso, ma quello che uscì alla bocca del suo amico fu una serie confusa di frasi, ripetute come in loop e di difficile comprensione.


«Non ci sono più, sono andate, sparite, perdute per sempre! È una tragedia, una catastrofe, niente ha più senso ormai!»

 

«Ma cosa? Cosa è sparito? La pianti di dimenarti? Calmati Lup...»

 

Sii ritrovò di punto in bianco ad essere scosso con forza per le spalle, mentre gli occhi di Lupin parevano iniettati di sangue, sembrava dovesse cominciare a sbavare e ringhiare da un momento all’altro. Il compagno si resse il cappello sulla testa a stento, tanta era la foga con cui veniva sballottato avanti e indietro.


«Come potrei calmarmi me lo spieghi Jigen! Eh! Mi hanno derubato, è un disastro, una frode amico, sono rovinato!!»

 

«Qualunque cosa sia la risolveremo! Ma ora piantala, okay? Stai attirando l’attenzione di tutti!» - tentò di fargli notare Daisuke; infatti un paio di hostess gli stavano fissando, indecise sul come comportarsi davanti ad una scena tanto plateale, che pareva tanto un attacco isterico in piena regola.

 

«Ma cosa vuoi che me ne freghi! Non capisci che il lavoro di una vita è appena sfumato, andato, kaput! Tutta quella fatica sprecata! È un’ingiustizia, un’ingiustizia bella è buona ti dico!»

 

«Tsk… Okay, quando è troppo, è troppo.» - in qualche modo Jigen riuscì a divincolarsi, sporgendosi fuori dal sedile, mentre Lupin ancora era aggrappato alla sua giacca, tirandola per dare in qualche modo sfogo alla frustrazione - «Scusate, c’è un medico a bordo? Questo giovanotto sta avendo una crisi di panico, credo gli farebbe comodo un sedativo.»

 

Per sua fortuna, un altro passeggero nella stessa classe di volo che stava assistendo suo malgrado alla scena, rispose in maniera affermativa, era un dottore e decise di assecondare la richiesta del sicario. Dunque Jigen ed un altro paio di uomini si avvicinarono per tenere fermo Lupin sul sedile, mentre il medico tirò fuori una siringa da una custodia prima sigillata, la infilò all’interno di una boccettina tirando indietro lo stantuffo in modo che il tranquillante fluisse al suo interno ed una volta preparata, gli dette alcuni colpetti con l’indice, per poi orientarla verso l’uomo bloccato sul suo sedile, il quale scalpitava per liberarsi. Lupin in quel frangente non aveva smesso di esternare frasi in maniera frenetica, in apparenza senza una degna logica di fondo, ora se la stava prendendo verbalmente con quei perfetti sconosciuti, i quali stavano solo tentando di dargli una mano a calmarsi.

«Maledetti, me la pagherete cara! Non capite. Lasciatemi stare! Rivoglio solo indietro tutto il mio lavoro! Statemi alla larga con quella roba! Io sto benissimo, non voglio fare nessuna punt...»

 

Infine il medico riuscì a praticare l’iniezione, e gradualmente Lupin sentì il suo corpo e le sue palpebre farsi più pesanti, smise di fare resistenza – con un sospiro di sollievo da parte di tutti, compreso Jigen che gli sedeva accanto – e si accasciò sul proprio sedile, russando come un trombone. Non dormiva da un bel po’ e quello scoppio improvviso di agitazione e collera, doveva essere per forza in parte dovuta anche a quella mancanza di sonno. Nel suo perdersi nel mondo dei sogni, finalmente Jigen riuscì a farsi un’idea di cosa lo avesse fatto uscire di testa, poiché lo sentì borbottare:

 

«Le foto compromettenti di Fujiko»

 

Non si trattenne dal definirlo un’idiota, ma per lo meno era finalmente K.O., e lo sarebbe rimasto per diverse ore, in cui avrebbe potuto riposarsi anche lui. Quel repentino cambio di rotta, era riuscito a fargli venire un gran mal di testa.

 

 

【Nel frattempo…】

 

 

Zenigata Kōichi, aveva individuato con successo l’albergo in cui avrebbe dovuto alloggiare la sua nemesi Arsenio Lupin III accompagnato da suo fidato compagno di disavventure Jigen Daisuke. Era certo, di aver colpito nel segno, quando la signorina all’accettazione, aveva confermato che due uomini, un ragazzo piuttosto giovane ed aitante ed un distinto signore barbuto, avevano prenotato una camera privata per una settimana intera, rinnovando la propria permanenza alla scadenza del termine, tenendo però un comportamento estremamente discutibile, come si stessero in qualche modo nascondendo o tramando nell’ombra. Il giovanotto usciva dalla stanza poco e nulla, mentre il vecchio cacciava a suo di urli quasi animaleschi, le povere inservienti addette alla pulizia della camera, borbottando che non era necessario pulire ogni mattina e che non poteva essere costretto a farle entrare, data la somma sborsata per poter affittare quella stanza. Zenigata dedusse dunque, che i due si fossero barricati lì dentro per preparare il colpo al museo e facessero tutte quelle storie, per non venire importunati, poco importava il causare disagi ai lavoratori o risultare una coppia di pazzi scatenati. Con quella convinzione in testa, anche l’ispettore aveva preso una stanza nello stesso albergo, ed aveva cominciato sorvegliare la stanza, aspettando da loro un qualche passo falso, anche se non era ancora riuscito neppure ad incrociare i due di sfuggita. Non voleva però fare movimenti bruschi, preferiva comportarsi normalmente, piuttosto che cominciare anche lui a comportarsi in modo sospetto, pur di cogliere i due con le mani nel sacco. Per questa ragione, seduto al tavolo del bar dell’hotel era intento a consumare le sua colazione all’americana a base di uova strapazzate e bacon, sperando che una cosa naturale come i morsi della fame, attirasse prima o poi, anche i suoi due topolini fuori dalla tana.

 

Tre quarti del suo pasto, ormai erano stati spazzolati, ma nonostante ciò gli occhietti scuri dell’ispettore, schizzavano da un lato all’altro del bar, analizzando scrupolosamente le facce e gli atteggiamenti dei vari clienti che andavano e venivano. Nessuno di loro somigliava agli individui descritti dalla donna alla reception, dubitava avessero deciso di cambiare di colpo travestimento, anche perché l’usciere, che si era preso la briga di istruire all’insaputa di chiunque, aveva l’ordine di fermare “le facce mai viste”, di clienti cui avessero tentato di uscire con valige a seguito dall’albergo, senza prima essere passati al bancone principale a depositare le chiavi della propria stanza, con la scusa di eseguire un controllo sicurezza. Aveva raccomandato di avvisare subito, qualora avesse notato personaggi sospetti. Non essendo stato mai interpellato, fu costretto a concluderne che i due non avessero ancora provato a lasciare l’hotel. Zenigata finì le sue uova e la sua tazza di caffè, con una certa dose di fastidio, alzandosi per andare a pagare.

 

≤A balck coffe and a portion of scrambled eggs≥ - disse alla giovane alla cassa, passandole la propria carta di credito dell’Interpol.

 

≤Yes, sir.≥ - la giovane pose la carta sull’apposito schermino per completare la transazione, la ragazza parve perplessa, poiché la carta le dette un segnale d’errore.

Anche l’ispettore allora si accigliò non riuscendo a capire cosa stesse accadendo, per cui lo palesò domandando - ≤Ehm… is something wrong, miss?≥

 

≤Yes, I’m sorry sir. It seems that, the transaction could not be completed, for some reason…≥ - affermò la cassiera restituendo la card all’uomo.

 

≤Oh… I see. How much is it?≥

 

Senza batter ciglio, l’ispettore si riprese la tessera ed estrasse il portafoglio dalla tasca del giubbotto, pagando in contanti quanto ordinato, anche se doveva ammettere di trovare la cosa piuttosto strana, al saldo dell’ultimo prelievo fatto qualche giorno prima, risultava ben fornita di denaro. Dopo aver posto fine a quella situazione un tantino imbarazzante, decise di recarsi ad un ATM per controllare per quale motivo il pagamento telematico non avesse funzionato. Magari il terminale del bar si era guastato oppure il problema poteva essere della banca? L’unico modo per scoprirlo, era controllare di persona. Si fermò quindi al primo sportello automatico disponibile, inserendo la carta nell’apposito spazio, richiedendo come azione il saldo di quanto presente sulla carta al momento. Attese quindi l’uscita del fogliettino e sbiancò nel leggere l’ultima riga:

 

Saldo: ¥/$ 0,00

 

«Ma che diavolo...»

 

Perplesso da quanto letto, Kōichi estrasse il cellulare dal giubbotto, con l’intento di controllare le e-mail, aveva diversi messaggi non letti, provenienti dal servizio di tracciamento delle spese effettuate con la propria carta. I movimenti effettuati nelle ultime ventiquattro ore, comprendevano:

 

– Trapano-avvitatore meccanico: $ 30,00

– 30 viti da ferro, misura 4,8x22: $ 9,00

– Stanza matrimoniale, Hotel Pennsylvania: $ 2.142,00 ($102,00/per notte)

– Servizio in camera: $ 700,00

– American Airlines New York-Tōkyō Ticket x2: $ 1.566,00


 

La risposta alla domanda di chi fosse il responsabile di tutto ciò, giunse da un messaggio privato che notò subito dopo aver controllato le mail.


 

[SMS da Sconosciuto]

Se stai leggendo questo messaggio, probabilmente avrai scoperto il mio piccolo giochetto. Mi dispiace per il colpo annunciato al MoMA, temo che dovrò rimandarlo, siamo dovuti rincasare per via di un problemino. Ma non temere Tottsan, non ti abbiamo abbandonato lasciandoti completamente al verde! Ti restituiamo i 553 dollari che ci sono rimasti dalle spese di queste settimane. Usali responsabilmente mi raccomando! - Lupin III”

 

L’ispettore Zenigata si ritrovò a tremare sul posto per la rabbia, non solo aveva avuto Lupin ed il suo compare sotto il suo compare sotto il naso, ma questi erano riusciti a pagare le spese con i suoi soldi e ad lasciare il paese, senza che lui si accorgesse di nulla. Sentì il sangue ribollirgli nelle vene.

 

«Dannato...» - grugnì - «TI PRENDERÒ LUPIIIN!!»

 

Un brivido scosse il ladro in giacca rossa, pur nel sonno profondo in cui versava, come se l’ostilità della sua nemesi, in qualche modo l’avesse raggiunto.

 

 

Una telefonata risalente a circa ventuno ore prima, aveva portato Goemon Ishikawa XIII, davanti dell’aeroporto di Haneda, nella zona degli arrivi con la FIAT 500 Beige di proprietà di Lupin, su richiesta di quest’ultimo, prima dell’imbarco all’aeroporto newyorchese. Gli aveva dato un’ora precisa per la quale farsi trovare lì ed il samurai era arrivato in anticipo, seduto a gambe incrociate sul tetto della macchina, con in spalla la sua Zantetsu-ken, era intento ad attendere i suoi compari, con non poche domande in testa. Era convinto avessero un colpo da fare, non capiva proprio le ragioni improvvise del loro ritorno; per altro per venirli a prendere aveva dovuto interrompere il suo allenamento intensivo tra le montagne, quindi non era esattamente di buon umore. Infatti con a braccia conserte ed occhi chiusi, continuava con insistenza a picchiettare con l’indice della mano destra sul proprio braccio. Il suo stato di semi-raccoglimento s’interruppe quando avvertì dei passi avvicinarsi nella sua direzione, ed aprendo un occhio e notando la presenza in lontananza di due figure famigliari. La prima lo stava salutando con la mano nell’avvicinarsi, ed il secondo procedeva con andatura sciancata, con una mano in tasca ed una sigaretta tra le labbra. Lo spadaccino sospirò, scendendo dal tettuccio per aspettarli.

 

«Ehi Goemon! Grazie di essere venuto!» - disse non appena furono abbastanza vicino per battergli dei vigorosi colpi sulla spalla, in segno d’affetto fraterno.

 

«Lupin, Jigen, bentornati.» - affermò.

 

«Ti trovo in forma.» - lo salutò il sicario con un cenno.

 

«Anche voi sembrate stare piuttosto bene»

 

Nel mentre Lupin si avvicinò alla sua macchina, con un sorriso a trentadue denti - «Ah, quanto mi è mancata! Spero tu non l’abbia torturata troppo» - osservò la macchina da cima a fondo, non notando danni di sorta - «Sembra in perfetta forma, ed io che mi preoccupavo di cosa sarebbe potuto succederle in mano a qualcun altro… e invece pare tu se la sua cavata alla grande! Ah, meno male, meno male! La mia piccola, finalmente potrò tornare a portarti in giro dopo tanto tempo.»

 

«Che cos’ha Lupin?» - domandò Goemon vedendolo poi strusciarsi con la guancia sul cofano della propria auto, come un gatto che fa le fusa al proprio padrone, ma senza che la scena assumesse una dimensione sensata, almeno nella testa del samurai.

 

«Ah, quello?» - Jigen ridacchiò divertito tenendosi il cappello - «Niente, ha solo recuperato delle ore di sonno ed ora è un po’ esagitato.»

 

«Capisco...» - borbottò l’uomo in abiti tradizionali.

 

Prima che Goemon potesse dire qualsiasi cosa, il suono del clacson dell’auto, attirò l’attenzione di entrambi. Lupin si era messo alla guida, ovviamente dopo aver sottratto le chiavi dal suo complice, in modo talmente abile per cui non riuscì neppure a rendersene conto.

 

«Allora? Vi decidete o no a salire?» - si rivolse loro sporgendosi dal finestrino - «Se volete farvela a piedi fino al rifugio, per me fa lo stesso.»

 

I due rimasti si guardarono l’uno con l’altro per poi alzare le spalle, Jigen gettò a terra la cicca della sigaretta che aveva terminato di fumare, spegnendola con il piede, per poi salire sulla cinquecento occupando il posto del passeggero, mentre Goemon si posizionò sul sedile posteriore, inserendo le cinture di sicurezza. Non appena le portiere si chiusero, il ladro dalle basette pronunciate diede gas e cominciò a percorrere a velocità sostenuta le strade della capitale nipponica. Per un po’ all’interno dell’abitacolo regnò il silenzio, almeno finché il samurai non decise di rompere il silenzio, in modo da avere finalmente delle delucidazioni in merito al loro rimpatrio.


«Dunque? Come mai siete tornati così presto, è successo qualcosa per caso?»

 

Jigen si limitò a ridere, con l’espressione di chi cedeva il passo di un discorso che non voleva trattare.

 

«Giusto, non hai letto i giornali ultimamente, Goemon? Eri in ritiro dopotutto.» - ribadì l’ovvio, Lupin sistemando meglio lo specchietto retrovisore, con un leggero ghigno sulla faccia - «Pare che abbia inviato un preavviso di furto per stasera alla stazione televisiva Nichiuri, per rubare un gioiello che gli studi prenderanno in custodia.»

 

«Ma questo preavviso, non lo ha mandato davvero lui» - intervenne Jigen, in un borbottio.

 

«Un impostore quindi.»

 

«Nah, un marmocchio che si da arie da grand’uomo, travisando completamente il personaggio dei fumetti di Batman!» - digrignò i denti Lupin.

 

«Ma certo, è una questione d’onore.» - annuì il samurai, che se ne stava con le braccia incrociate a sorreggere la propria katana.

 

Goemon non faticava troppo a seguire il ragionamento del compare, essendo il gioco il suo buon nome, era logico intervenisse in prima persona per sistemarla; quella sua affermazione venne però troncata da una sonora risata di Jigen che s’infossò quasi nel sedile, talmente la cosa lo aveva divertito, scatenando da parte del guidatore una cupa occhiata ricca di disapprovazione.

 

«No no, non si tratta di qualcosa di tanto nobile Goemon!» - sghignazzò l’uomo in nero, per poi risistemarsi sul sedile, abbassare il finestrino, ed accendersi un’altra sigaretta e prendendo una bella boccata di fumo, prima di chiarire la sua affermazione al collega - «Lupin è andato fuori di testa quando ha letto l’articolo, perché c’è sicuramente di mezzo anche Fujiko. Lui si è rifiutato di rubare questo diamante, ed ora sta chiedendo a qualcun altro di farlo al suo posto. Quindi ha pensato bene di mandare all’aria settimane di lavoro, per inseguire quell’ingrata donna e le sue mire egoistiche. Tutto qui. Non c’è nessun tipo di onore nel fare una cosa del genere. Siamo alle solite, se si tratta di quella, Lupin non capisce più niente.»

 

«Quella donna è coinvolta, ecco perché è così fomentato.»

 

«Ah! Fomentato? Un medico a bordo, ha finito con l’anestetizzarlo, per farlo stare buono. Stava dando fuori di matto, avresti dovuto esserci, è stato uno spasso stargli seduto affianco mentre vaneggiava e si dimenava come un ossesso.»

 

L’immagine scatenò un sorrisetto sul volto pacato di Ishikawa XIII, mentre Jigen continuò a sfottere colui che gli sedeva accanto, rievocando alcune delle frasi da lui pronunciate, più nella speranza di coinvolgere l’austero combattente nel farsi una buona risata, che altro. Lupin intanto gli stava a sentire infastidito, pian piano cominciò a piegarsi sul volante con l’aria di chi avrebbe voluto esplodere in preda ad un ira funesta, da un momento all’altro. Era il primo a saper stare allo scherzo, insomma, era un buffone di prima categoria quando ci si metteva, ma in quell’occasione, ne aveva davvero le scatole piene. Sembrava che si divertissero tutti a trattarlo come un allocco. Non ne poteva davvero più. Inchiodò con un deciso affondo del piede sul pedale del freno, le gomme stridettero sull’asfalto in maniera quasi assordante e Jigen si ritrovò sbalzato in avanti, di colpo, perdendo la sigaretta di bocca che gli bruciò il pantalone e non finì sul tappetino dell’auto per via di una qualche miracolosa casualità. Anche Goemon venne sbalzato in avanti, ma non subì la frenata in modo tanto forte da finire con lo scomporsi.

 

«Ma dico Lupin sei impazzito?! Perché questa frenata brusca? Hai visto un daino in mezzo alla corsia o cosa? Tsk… Tu guarda, mi sono pure rovinato il completo buono.» - sbottò subito Jigen, tentando di limitare il danno, spazzando via i residui di cenere con la mano.

 

«Che succede Lupin? Qualcosa non va?» - domandò dunque perplesso il tradizionalista seduto sui sedili posteriori.

 

«Tutto, Goemon. Non ne sta andando bene una.» - fu il commento di un Lupin con la fronte a pochi centimetri dal volante, come se si sentisse affranto da quella situazione.

 

«Ed eccolo, il grande attore mancato. Ora che fai, ti metti a piangere recitando Shakespeare?» - chiese ironico Jigen, ricevendo come risposta, uno sguardo stralunato.

 

Che fosse un ottimo improvvisatore, era un dato di fatto, ma in questo caso non aveva intenzione di recitare. Era arrabbiato e non poco, nei confronti dei suoi compagni di colpi.

 

«No, diventerò Otello!; se voi due non volete accompagnarmi nel mio riscatto, allora potete SCENDERE anche subito dalla mia macchina. Me la sbrigo da solo!»

 

Enfatizzò l’azione che esortava loro a compiere, con sguardo truce specialmente nei confronti di Jigen, il quale a sua volta non perse tempo ad accigliarsi.

 

«Vuoi che c’è ne andiamo? Ci stai cacciando?» - rimarcò il sicario con un sorrisetto sarcastico in viso.

 

«Sì esatto. Non ho bisogno di voi, potete andarvene. Non vi trattengo mica.»

 

«Molto bene, non me lo faccio ripetere due volte.» - asserì Jigen aprendo la portiera della cinquecento, uscendone per chiudersela rumorosamente alle spalle - «Non sono sicuro di cosa Fujiko stia tramando alle tue spalle, ma non ci tengo proprio ad essere dei vostri. Buona fortuna, ti servirà. E non venire a piangere da me quando capirai di aver preso una delle tue cantonate!»

 

Arsenio produsse con la mano un gesto di stizza prima di tornare ad alzare lo sguardo verso lo specchietto retrovisore. L’occupante dei sedili posteriori, ancora non era intervenuto: con le mani nelle maniche del kimono e gli occhi chiusi, sembrava star meditando sul da farsi.

 

«Tu cosa decidi Goemon? Sei dentro o fuori?»

 

Lo sguardo pacato del samurai, si scontrò con lo sguardo inquisitorio dell’altro. In quel istante Lupin stava dando l’impressione che quella decisione valesse tutto, non solo la propria carriera, ma anche la collaborazione con i due. Lo sguardo fermo dello spadaccino si spostò da quello del guidatore verso Jigen posto ancora all’esterno dell’auto. La sua mano raggiunse la maniglia e la fece scattare, aprendo poi la portiera con lentezza metodica.

 

«Mi dispiace Lupin, anch’io credo non ne valga la pena. Non intendo accompagnarti.» - con quelle parole, Goemon e la sua katana lasciarono l’abitacolo della FIAT accostandosi a Jigen, il quale era impegnato a fumare con le mani in tasca.

Quando l’ultimo dei due, ebbe richiuso lo sportello, il proprietario della macchina dette un ultimo sguardo a coloro che aveva scaricato mormorando un: «Fate come vi pare.» - poi il rumore meccanico del finestrino che veniva alzato, ed il suono delle gomme stridenti sull’asfalto, furono gli ultimi suoni nitidi, prima che la vettura si allontanasse verso l’alba di un nuovo giorno.

 

«Tsk… che imbecille.» - fu il primo commento di Jigen non appena vide l’auto sparire all’orizzonte - «Tanto tornerà indietro con la coda tra le gambe a chiederci aiuto, come sempre.»

 

«Non saprei, sembrava parecchio determinato.» - ribatté Goemon, con aria pensosa

 

«Aah! È solo una facciata...» - rispose l’altro, tentando di riaccendere la metà di sigaretta ancora presente, che nel frattempo aveva finito con lo spegnersi da sola - «In realtà non sa ancora bene cosa fare. Non ha idea di dove Fujiko si nasconda, né di quali siano i suoi piani. Secondo me ha fatto tutte queste scene solo per liberasi di noi. Quando gli torneremo di nuovo utili, vedrai che ci richiamerà.»

 

«Potresti anche avere ragione» - annuì l’altro - «Piuttosto alla fine ci ha lasciato davvero in mezzo ad una strada» - constatò guardandosi intorno.

 

Non si vedevano per ora fanali di altre auto in avvicinamento. Quindi forse avrebbero dovuto raggiungere davvero la città a piedi, scherzi a parte.

 

«Sembra proprio di sì… Bé non ci resta che una cosa da fare...»

 

«Rubiamo un’auto?» - propose Goemon, scatenando in Jigen una risata divertita e qualche colpo di tosse a causa del fumo aspirato che gli invase di colpo la gola. Doveva ammettere di non aspettarsi una simile frase uscire dalla bocca del samurai.

 

«Questa era bella. Avanti andiamo, se siamo fortunati, riusciamo a fare l’autostop prima di arrivare a metà strada.» - asserì Daisuke - «Poi ci fermiamo in un bar a farci un goccetto, ne ho proprio bisogno.»

 

«Sono d’accordo.»

 

Lupin guidò senza fermarsi fino ad una casa abbandonata adibita da lui ed i suoi amici come rifugio provvisorio, così da fare scorta di maschere, proiettili e tutto ciò che potesse eventualmente servirgli per mettere su un piano d’azione. Era ancora troppo presto per poter telefonare alla Nichiuri Tv per poter chiedere informazioni e risalire così alle possibili mosse portate avanti da Fujiko, quindi nel frattempo si informò meglio nei riguardi del gioiello in questione e del suo proprietario, confrontando diverse fonti, scoprendo dettagli davvero molto interessanti. Tale Erol Yazici, era un archeologo che durante alcuni scavi, rinvenne il diamante perduto, o presunto tale, lo fece valutare da esperti e ne fece quindi la sua garanzia a livello lavorativo. Al di là di ciò, Yazici si è dimostrato abile nel stringere accordi con musei e strutture culturali, dove curava l’esposizione di reperti di grande valore. Le pietre preziose erano una passione nata solo di recente, dopo il ritrovamento del diamante. Sembrava essere un’appassionato di perle, poiché affascinato dal loro processo di produzione in natura.. Per il resto era un uomo discreto e le ricerche non fecero emergere nessun particolare collegamento con Fujiko, al di fuori del Fiorentino, in possesso dell’uno e bramato dall’altra. Alla fine, il modo migliore per avere i giusti spunti, era raggiungere la fonte. Mangiò qualcosa mentre si dirigeva alla volta degli studi televisivi con indosso uno dei suoi molteplici travestimenti, si sarebbe finto un neo-membro dello staff, per racimolare qualche dettaglio ulteriore sulla vicenda.

 

Dalle sei di quella mattina Kuroba Kaitō si era messo al lavoro per il furto previsto per cinque ore dopo. Si infiltrò tra i lavoranti del porto come novellino in quanto lavoratore occasionale, con la scusa di imparare il mestiere; in volto indossava la maschera di un giovane occhialuto pieno di lentiggini. Gli vennero fatte delle raccomandazioni da degli operai anziani, dandogli vari consigli su come utilizzare a meglio il muletto elettrico in caso gli altri operai fossero troppo impegnati per poterlo utilizzare in prima persona. Non si poteva definire altro se non un lavoro pesante, portare su e giù casse piene di chissà cosa, in diversi depositi avanti e indietro per tutta la mattina. Per altro per quanto forse ed energie non gli mancassero, doveva dire di sentirsi davvero esausto, dopo poche ore di quel continuo via vai; i suoi sforzi però sembravano venir apprezzati da omaccioni più ben piazzati di lui, che si trovava a dare una mano e lo incoraggiavano con battute e pacche sulla schiena che per poco non lo facevano cadere al suolo due volte su tre, tanto erano energiche. Un uomo abbastanza robusto con una tuta abbastanza rovinata gli passò al volo una bottiglia d’acqua, vedendolo stremato, dopo l’aver spostato un primo carico ittico, gli sorrise superandolo.

 

«Prendi questa giovanotto, te la stai cavando bene, non male per il primo tentativo.»

 

«G-Grazie mille.» - il liceale accettò quella bottiglietta con gioia e ne tracannò metà del contenuto sentendosi rinato, tamponò anche il sudore con il proprio fazzoletto di stoffa per poi riporlo nuovamente in tasca - “Doveva toccare proprio a me scaricare una partita di branzini europei… Fortuna, che erano imballati ben bene”

 

Quell’ultimo incarico l’aveva messo a dura prova. E dire che tra lui e quegli animalacci c’era un bello strato d’imballaggio, eppure la sola idea di doverli trasportare lo stava facendo andare nel pallone. Prego quasi di non dover mai ritrovarsi a fingersi apprendista su un peschereccio in attività, altrimenti poteva rischiare di impazzire sul serio, dovendo tirar su reti colme di quegli affari. Scosse ripetutamente la testa per scacciare quell’immagine inquietante e gettò subito un’occhiata all’orologio da polso che portava con sé. Mancava meno di mezz’ora all’arrivo della nave da carico di suo interesse. Portava all’interno della tuta da lavoro tutto ciò che gli sarebbe servito durante l’azione, per cui non gli restava altro che attendere il momento in cui sarebbe dovuto entrare in azione.

 

Il caricò arrivò in perfetto orario e Kaitō si propose subito di dare una mano a scaricare. Fujiko lo aveva avvisato quella mattina, quando si erano incontrati brevemente sul molo, lei nei panni della banchiera incaricata di prendere con sé il prezioso e lui abbigliato con il suo solito completo nero, munito di berretto con la visiera.

 

«Ascolta bene, la cassa contenente il gioiello ha una sbavatura di vernice rossa al livello dell’apertura superiore ed è dotata di un doppio fondo. Il gioiello è inserito al suo interno, potrebbe essere circondato da ghiaccio secco come per il carico all’interno, ma è più probabile sia stato inserito all’interno di una scatola per evitare contaminazioni. Fa molta attenzione...»

 

Tsk… qualcosa mi dice sarà proprio un gioco da ragazzi” - pensò tra sé Kaitō sistemandosi i guanti da lavoro.

 

Aveva individuato la sua cassa, mentre ne caricava altre su di un carrellino che sarebbe stato portato poi fuori da un altro ragazzo. Mise quella macchiata di vernice in cima ad una pila di altre cinque casse, al limite dell’altezza del carrello e decentrata rispetto alle altre, quando detta il via all’altro per poter portare fiori il tutto. Ed ecco che nel dare uno scossone al carrellino, la cassa in questione, scivolò di lato, e Kaitō si precipitò a prenderla per evitare che finendo a terra, si danneggiasse facendo fuoriuscire il contenuto.

 

«Oh cavoli mi spiace, è tutto a posto?» - domandò l’operaio che doveva essere anche lui alle prime armi, perché aveva fatto un salto per aria nell’assistere alla scena.

 

«Non preoccuparti, l’ho presa! Portale pure fuori, a queste ci penso io, tanto ne mancano poche.» - lo incoraggiò il mago, con un sorriso, così che l’altro giovane annuì, scusandosi nuovamente per l’accaduto.

 

Non appena Kaitō fu lasciato solo con la cassa, tirò un sospiro di sollievo, non si aspettava effettivamente che una cassa piena di molluschi e ghiaccio secco potesse essere così pesante, ma doveva tenere conto del peso specifico del gas allo stato solido e poi c’era da dire che ara caduta da abbastanza in alto e lui non era certo chissà quanto muscoloso.

 

«Bene, ed ora al lavoro!»

 

Appoggiata la cassa per terra, dal lato del fondo, estrasse dalla propria tuta da lavoro, un avvitatore con cui tolse le viti dall’interno del legno mettendole da parte, rimosse il doppio fondo ed il diamante fu subito di fronte a lui, contenuto in una scatolina nera. Lo estrasse dal suo contenitore alitandovi brevemente sopra e constatandone quindi l’autenticità, visto che non vi fu formazione di condensa al di sopra. Era proprio un giochetto da ragazzi! Rimesso a posto il diamante nella sua custodia e la ripose all’interno della tuta, per poi riposizionare il fondo e le viti. Si passò un braccio sulla fronte quando ebbe finito, giusto in tempo perché un collega lo raggiungesse, chiedendo se avesse bisogno di una mano. Fu quest’uomo a portar fuori la cassa macchiata, mentre lui si occupò di una delle ultime rimaste da scaricare. Nel tragitto dal container al magazzino di deposito merci, Kaitō ebbe modo di notare Fujiko ed altre persone, farsi strada sulla banchina. I due si scambiarono un’impercettibile segno di saluto, mentre il ragazzo si dileguò poi alla vista della donna.

 

Dopo aver sistemato l’ultima cassa in suo possesso, Kaitō stirò le braccia verso l’alto e si sgranchì la schiena inarcandola appena all’indietro. Il suo lavoro era finito, letteralmente visto che il turno terminava verso mezzogiorno, non essendo un vero è proprio lavorante, ma un semplice apprendista. Avrebbe solo dovuto liberarsi del travestimento ed incamminarsi per la sua strada. Uscì da quel perimetro del porto camminando tranquillamente, lungo la banchina.

 

«Molto bene, non mi resta che aspettare che spunti la luna e poi sono a cavallo! Piuttosto, è stato davvero un giochetto semplice… sarà merito di tutte le indicazioni date da Fujiko-san? Nah! Ma chi voglio prendere in giro! È stato così facile solo perché sono il grande Kaitō KID. Non poteva che essere uno scherzo per me kekeke.»

 

Un rumore, come di un motore, collocato pressapoco alle sue spalle, lo spinse a voltarsi indietro con aria perplessa. Il ragazzo sbiancò sotto la maschera, quando riuscì finalmente a capire quale fosse la fonte del suono. Un motorino elettrico – di quelli ad uso degli individui diversamente abili – era sparato alla massima velocità nella sua direzione ed alla guida vi era un uomo con indosso un cappotto ed un cappello marroni dall’aria palesemente corrucciata. Non gli era stato poi così difficile capire per quale motivo il ladro franco-giapponese avesse lasciato New York, leggendo i giornali del paese del Sol Levante, e qualche telefonata alle persona giuste, tra cui anche al proprio capo, aveva chiarito il mistero del diamante Fiorentino. Per Zenigata fu uno scherzo quindi, giungere al dove e come sarebbe stato trasportato il gioiello, questo grazie ad una chiacchierata con il dirigente della banca Minato, a conoscenza dell’arrivo della gemma. Come al solito quando si trattava di stare alle costole del suo vecchio nemico, il caro Zazà aveva il fiuto di un abilissimo cane da tartufo.

 

«Fermo dove sei! Luupiin!!»

 

«L’Is-l’Ispettore Zenigata?! Ma non doveva essere in America?!» - deglutì Kaitō, per poi riprendere il controllo di sé - «Non ho scelta… Visto che è Lupin-sansei quello che cerca, allora Lupin avrà!»

 

Il moro cominciò dunque a correre in linea retta seguendo appunto la direzione della banchina, sfilandosi di dosso il suo primo travestimento ed indossando i panni di Lupin III, mentre il poliziotto continuava a urlargli di fermarsi.

 

«Mi spiace Tottsan! Non ho tempo per giocare ad acchiapparello oggi! Ho delle cosa da fa-»

 

La frase venne interrotta bruscamente da un paio di colpi di pistola, sparati dal poliziotto, che per pura fortuna mancarono Kaitō che si guardò indietro perplesso.

 

«Non mi importa un’accidente dei tuoi impegni! Non credere di potermi scappare, Lupin!»

 

Ma veramente?! Questo non è per niente ai livelli dell’Ispettore Nakamori… meglio tagliare la corda ed alla svelta!”

 

«Questo lo vedremo!»


Aveva messo in conto che una cosa del genere potesse accadere ed aveva montato il proprio deltaplano, provvisto di motore, su quel travestimento, mentre correva dette gas al motore che cominciò a rombare, sempre nell’atto di correre, spiegò il deltaplano e l’elica posta sul fondo cominciò a girare vorticosamente, permettendogli dunque si staccarsi dal suolo e prendere quota al di sopra del pelo dell’acqua. Quando a Zenigata, non riuscì a frenare fino all’ultimo e finì con il motorino in acqua, urlando ed imprecando verso la sua nemesi che si era appena alzata in volo. Il ladro, si orientò verso il molo e fece un cenno al poliziotto, con un sorriso beffardo stampato sulle labbra.

 

«Ci sei andato vicino! Che peccato, sarà per la prossima volta!! Bye bye Tottsan!»

 

L’ispettore si dimenò in acqua urlandogli contro, ma ormai il giovane ladro, si era già allontanato abbastanza da non poter sentire una parola.

 

All’incirca dell’altra parte del molo, Fujiko Mine venne richiamata dal coordinatore ai lavori, il quale fermò l’operaio intento a trasportare anch’esso a deposito la cassa di interesse della donna ed un dirigente dell’emittente Nichuri.

 

«Grazie mille per il tuo lavoro, lascia che me ne occupi io.» - dichiarò l’uomo a capo dei vari operai impegnati nello scarico merci, battendo una mano sulla spalla al lavorante, cui si allontanò ringraziando - «È questo il carico di cui mi avete parlato.»

 

Fujiko annuì a quell’affermazione - «Esatto, come può vedere, le indicazioni dicono chiaramente che la cassa è questa. Anche il numero a lato corrisponde» - la donna passò all’uomo il proprio smartphone, così che lui stesso potesse controllare con i propri occhi che i dati corrispondevano.

 

«Sì, sembra sia proprio questa. Vi dispiace se l’apriamo per verificarne prima il contenuto? Infondo le ostriche presenti fanno parte di una partita.»

 

«Faccia pure» - asserì il dirigente della stazione televisiva - «Il contenuto è vostro, a noi interessa solo ciò che è stato inserito sul fondo di questo contenitore.»

 

L’uomo dunque, prese un piede di porco in modo da forzare il coperchio della cassa, tirando su quest’ultimo e spostandolo, l’operaio poté dare un’occhiata all’interno, Sulle facce dei tre presenti si dipinse una smorfia di terrore, quando nell’esporre alla luce il contenuto del carico, poterono osservare una mano sbucare al di fuori dell’agglomerato di molluschi e ghiaccio secco, il quale aveva assunto un anomalo colore rossastro.

«N-Non è possibile… quella è...» - balbettò Fujiko coprendosi la bocca con le mani.

 

«Oh santo cielo» - commentò terrorizzato il dirigente della stazione televisiva.

 

«Rovescio la cassa.»

 

Per quanto non fosse uno spettacolo piacevole, il capo cantiere ribaltò la cassa facendo fuoriuscire oltre che ghiaccio ed ostriche, anche il corpo di un uomo, a pancia in giù completamente rigido ed esangue. Quando l’operaio lo voltò, mostrò un volto, scarnificato, come fosse stato consumato dall’utilizzo di qualche sostanza chimica e pertanto irriconoscibile, oltre che un evidente foro di proiettile a livello del petto. La ladra si lasciò andare ad un plateale urlo di terrore, dopodiché venne chiamata la polizia ed i lavori vennero sospesi in tronco a causa del macabro ritrovamento. Oltre il suo ruolo di donna scioccata da quanto aveva appena visto, un dubbio cominciò ad insinuarsi nella mente di Fujiko. Pensò a quella macchia visibile sul coperchio del contenitore, ormai era chiaro non si trattasse di vernice, ma di sangue e quello era a tutti gli effetti un avvertimento nei suoi confronti. La musica era in qualche modo cambiata, ed avrebbe dovuto tenere gli occhi ben aperti: aveva un bersaglio affisso sulla propria schiena, restava solo da vedere quando sarebbe stata colpita.

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Capitolo 3
*** #3 - Giallo Sfaccettato ***


#3 - Giallo Sfaccettato

 

La prima divisione investigativa venne avvertita subito grazie alla telefonata di un lavoratore che denunciò il rinvenimento di un corpo, proveniente dall’interno di un loro carico. Illustrò in maniera concisa la situazione per telefono, come richiesto da un’agente, i dettagli sarebbero stati rivelati agli investigatori una volta arrivati sul posto. L’ispettore Megure con a seguito Takagi e Satō, furono i primi a mettere piede sulla scena, prontamente isolata ed interdetta a chiunque non fosse nelle vicinanze del cadavere al momento della sua scoperta. Nulla fu spostato, né manomesso. Il capo squadra, era intervenuto tempestivamente, controllando con occhio vigile e scrupoloso che nulla nelle vicinanze di dove si trovavano lui ed i due testimoni, venisse contaminato. Si trattava di un delitto e per quanto fossero tutti adulti piuttosto responsabili, in quei contesti, c’era chi tentava comunque – forse spinto dal fascino per il macabro – di avvicinarsi per dare uno sguardo; nulla di tutto ciò fu permesso, quell’uomo ben piazzato, lo avrebbe impedito anche usando misure straordinarie, se necessario. L’ispettore, avvolto nel suo solito impermeabile marrone con immancabile cappello in tinta, si fece strada con i propri sottoposti, tra la folla di uomini che pur rimanendo a debita distanza, si accalcavano per comprendere le circostanze dell’accaduto. Lo sguardo truce del capo squadra e lo sguardo fermo di Megure s’incrociarono, quando il secondo trasse di tasca il proprio distintivo, mostrandolo al primo, per permettergli di avvicinarsi al cadavere.

 

«Sono Megure della prima squadra investigativa» - si presentò - «La ringrazio per aver preservato la scena fino al nostro arrivo, adesso qui ci pensiamo noi.»

 

L’uomo robusto fece un cenno con la testa, spostandosi dunque da un lato, per non essere d’intralcio alle autorità nel loro lavoro. Voltandosi indietro, l’ispettore Megure, dette con un gesto il via libera ai membri della scientifica, in modo da recintare l’area con gli appositi nastri e cominciare i rilievi quanto prima. Intanto, tornò a osservare l’uomo e poi il resto della folla con fare guardingo.

 

«Allora, chi era presente oltre al signore, quando è stato rinvenuto il corpo? Mi pare sia stata menzionata la presenza di altre due persone per telefono, è esatto?»

 

«Ehm… sì. Io ero presente.» - rispose una voce appartenente ad una donna, cui si fece pian piano spazio tra la folla, fino ad essere visibile anche all’ufficiale stesso.

 

«Molto bene signorina, anche lei allora dovrà essere interrogata riguardo all’accaduto» - rimarcò Megure, per poi ribadire - «E l’altra persona?»

 

«S-Sono io!» - si fece avanti un secondo uomo, dall’atteggiamento nervoso, intento a passarsi un fazzoletto sul viso.

 

«Molto bene...» - commentò Megure - «Lei conferma si tratta degli stessi due individui che erano con lei al momento del ritrovamento?» - chiese conferma, voltandosi nei riguardi dell’operaio capo, il quale annuì nuovamente - «Tutti gli altri sono liberi di andare, per ora. Se credete di aver visto qualcosa di sospetto, non esitate a chiamarci per riferircelo e tenetevi a disposizione per eventuali disposizioni. Un mio agente posto all’uscita raccoglierà le vostre generalità, in caso aveste qualcosa da dichiarare, e sarete chiamati a deporre in un secondo momento. Grazie per la vostra collaborazione!»

 

Quando la massa di operai non interessati direttamente dagli eventi sconcertanti appena accaduti si furono diradati, Megure con le mani in tasca, si rivolse ai tre testimoni con aria seria, affiancato da Takagi, pronto a trascrivere le dichiarazioni che avrebbero rilasciato, sulla propria agendina come di consueto.

 

«Bene signori… Vi chiedo di esporre le vostre generalità e cosa stavate facendo fino a poco prima di rinvenire il corpo, cominciamo da lei signorina...» - propose Jūzō orientandosi nei confronti della donna presente nel gruppo - «Può dirmi il suo nome, professione e cosa stava facendo qui al momento del ritrovamento?»

 

La donna in questione, aveva lunghi capelli di un biondo sporco sciolti per metà sulle spalle, mentre il resto era fermato sul retro della testa con una graziosa spilla raffigurante una farfalla di colore blu, occhi marroni, un paio di occhiali dalla montatura quadrata ed indossava un completo elegante di colore grigio, con una camicia bianca con delle increspature verso la scollatura a “V”. Portava con sé una valigetta di metallo con combinazione, che tenne stretta tra le mani per tutto il tempo. Ella annuì alla domanda dell’ispettore, procedendo con il fornire le sue generalità.

 

«Certo. Mi chiamo Anami Emma (34 anni), lavoro per la banca di Minato e sono venuta qui per prendere in custodia un prezioso che doveva essere consegnato tramite quella cassa. Non mi aspettavo di assistere a nulla del genere...»

 

«Un prezioso?» - domandò Megure con aria un po’ sconcertata - «Intende un gioiello? Perché mai avrebbe dovuto essere in una cassa per il trasporto di ostriche, non le pare piuttosto strano Anami-san?»

 

«Sì, lo era; ma queste sono state le istruzioni datemi dal proprietario, io dovevo solo ritirarlo e consegnarlo al qui presente Tachibana della Nichuri Tv. Il proprietario, credeva fosse un metodo di trasporto più sicuro, contro eventuali tentativi di furti.»

 

«Hmm… d’accordo, allora perquisiremo anche la cassa alla ricerca del gioiello in questione.» - detto ciò, l’ispettore avvisò l’agente Satō di controllare la cassa, perché poteva contenere qualcosa una pietra preziosa, magari in una sorta di doppio fondo; la detective procedette al controllo, mentre Megure procedette con le sue domande - «Dunque, chi sarebbe la persona che le ha inviato il gioiello, posso saperlo?»

 

«Mi spiace, ma non so il suo nome. È stato sempre Tachibana-san a combinare il tutto, io sono solo la garante nominale per la presa in custodia ed il trasporto.»

 

L’ispettore inarcò un sopracciglio, per poi spostare lo sguardo verso l’uomo indicato dalla signorina Anami. Un omuncolo alto, allampanato dai capelli spettinati, avente anch’egli un paio di occhiali dalla montatura tonda e la sudorazione nervosa, che continuava a tamponarsi la tempia con un fazzoletto - «Allora passiamo a lei Tachibana-san, può chiarirmi la situazione. Come mai un rappresentante di una stazione televisiva a acconsentito ad un trasporto del genere? Non le è sembrato quantomeno sospetto?»

 

L’uomo si presentò come Tachibana Ryūji (42 anni) - «S-Sì, insomma. Sono stato assicurato dal Yazici-san, il proprietario, di quanto si fidasse della società di spedizioni. Pare se ne sia occupato un suo conoscente di porre il gioiello nella cassa, e che non ci fosse modo più comodo per farlo arrivare in Giappone, dato che la cassa sarebbe stata sigillata fino al nostro arrivo. Era un po’ strano, ma non avevo ragione di sospettare nulla. Se fosse accaduto qualcosa alla cassa, sarebbe stata una perdita per il medesimo Yazici-san, oltre che per la nostra trasmissione, in cui il gioiello sarebbe dovuto apparire; dubito lo avrebbe consigliato, se non lo avesse ritenuto assolutamente sicuro, più di ogni altro metodo di trasporto. In ogni caso… spero vivamente sia ancora lì e che scopriate cosa sia successo a quel poveretto...»

 

«Mi scusi… Con Yazici-san, si riferisce al famoso uomo d’affari turco Yazici Erol-san, per caso?» - domandò l’agente Takagi, mentre trascriveva il tutto. Una volta ricevuta quella quella risposta, un’espressione scioccata - «Oh… allora il gioiello in questione è il diamante giallo che si credeva scomparso da tempo! Assurdo che abbia voluto trasportare qualcosa dal così grande valore in un modo così poco convenzionale! »

 

«Potresti spiegare anche a me Takagi, di che diavolo parli?» - lo riprese l’ispettore, anche perché l’agente stava alzando troppo la voce, a causa della sua incredulità.

 

«Sì… ecco...»

 

Takagi mostrò all’ispettore vari articoli di giornali stranieri, che parlavano del diamante e del suo proprietario, spiegandogli brevemente la storia. L’ispettore allora chiamò l’agente Chiba, chiedendogli di confermare la storia raccontata da Tachibana, chiedendo informazioni presso la Nichiuri Tv, riguardo la trasmissione

 

«Capisco… quindi è di questo diamante di cui stiamo parlando.» - mormorò Megure, prima di voltarsi perché la voce di Satō lo richiamò.

 

«Ispettore Megure!»

 

«Cosa? Non c’è traccia di nessun diamante?»

 

Miwako annuì fermamente - «Purtroppo no. C’era in effetti un doppio fondo nella cassa, ma era completamente vuoto. Il diamante è stato rubato.»

 

«Oh no...» - asserì subito Anami, portando una mano a coprirsi le labbra, per l’accaduto ed anche con l’intento di nascondere un sorriso soddisfatto, per la buona riuscita dell’operazione.

 

«Questo sì, che un guaio...» - commentò Jūzō - «Altro che metodo a prova di ladri, qui sembra sia successo l’esatto contrario!»

 

Tachibana sembrava sull’orlo di una crisi di pianto in merito; ad ogni modo Megure ed i suoi erano lì per il caso di omicidio, avrebbero contattato la terza squadra, per informarli e richiedere la loro collaborazione, ma per ora dovevano concentrarsi sul cadavere ed assicurare il potenziale colpevole alla giustizia.

 

«Ad ogni modo Satō-kun, dal rapporto della scientifica è emerso qualcosa di utile, per identificare il corpo?»

 

«Stiamo aspettando di verificare eventuali corrispondenze delle impronte digitali, per poterlo confermare con certezza, ma…» - la donna mostrò il documento posto nella consueta busta per le prove - «Potrebbe anche trattarsi proprio di Yazici Erol-san, l’uomo d’affari turco. Aveva con sé un agendina plastificata con stampata la luna crescente e la stella tipici della bandiera turca, ed al suo interno gli appunti sono scritti in una lingua straniera, che potrebbe essere appunto il turco; cosa che verificheremo a breve. Con sé non aveva effetti personali, oltre al proprio portafogli privo di soldi o documenti ed al cellulare distrutto, da cui ora i nostri tecnici stanno provando ad estrapolare i dati, in modo da poter avere qualche informazione in più. Forse l’omicida è qualcuno che conosceva, magari una delle ultime persone ad aver avuto contatti con lui.» - ipotizzò Miwako, per poi continuare - «Dall’autopsia è emerso che la morte è avvenuta per dissanguamento. Gli hanno sparato al petto, con una 9 mm sfregiato il volto e lo hanno lasciato morire all’interno della cassa, sigillata e poi spedita, senza che sia stata toccata sino ad oggi. Il corpo è rimasto pressoché integro a causa della presenza del ghiaccio secco, usato per la conservazione delle ostriche durante il trasporto, il che rende piuttosto difficile stabilire con precisione la data di morte. Per ora questo è tutto quello che abbiamo. Sulla cassa non sono state rilevate impronte, era pulita. Sia il colpevole che tutti i lavoranti che l’hanno maneggiata devono aver indossato guanti nel farlo..»

 

«Capisco, ottimo lavoro.»

 

Si rivolse dunque proprio al capo squadra, domandando anche a lui, di fornire la sua deposizione - «Sono Uma Minoru (48 anni), ero stato informato anch’io da Tachibana-san della presenza di una cassa da maneggiare con cura, perché il suo contenuto era importante, all’interno del carico in arrivo oggi. Ci sarebbe stata l’adesivo con scritta “fragile” posto sul fronte della cassa, ed una macchia di vernice rossa sul coperchio. Mi aveva avvisato, sarebbe venuto a ritirare ciò che era contenuto nel suo doppio fondo accompagnato da Anami-san. Oltre a questo, non ero informato su cosa fosse esattamente; mi era stato detto che la partita di ostriche in quella cassa non sarebbe stata influenzata. Quindi aprendo la cassa mi sarei aspettato di trovare qualcosa in mezzo alle ostriche ed al ghiaccio, certo… ma non pensavo di doverne tirare fuori il corpo senza vita di un uomo.»

 

«Posso immaginare...» - replicò Takagi.

 

«Sembra proprio che lei sia quello con i maggiori collegamenti con l’intera faccenda Tachibana-san, mi dica quando ha avuto notizie della vittima l’ultima volta?»

 

«N-Non sospetterà di me spero Ispettore! Le assicuro che non posseggo alcuna pistola e non farei mai nulla di così terribile!» - balbettò l’uomo, bianco quasi come un lenzuolo.

 

«Non sto dicendo nulla di simile, non abbiamo ancora abbastanza elementi per sospettare di lei. Risponda alla domanda per favore.» - rispose l’ufficiale, portando le mani avanti in atteggiamento di mediazione, quando Ryūji si sporse verso di lui protestando.

 

«V-Va bene… ho parlato con il suo segretario la settimana scorsa, quando abbiamo preso accordi per questo giorno, non ci siamo mai incontrati di persona...»

 

«Mmm… capisco. Quindi non ha mai neanche parlato direttamente con la vittima. Questo caso potrebbe rivelarsi più complicato del previsto…» - borbottò Megure, portandosi l’indice sinistro sotto il mento in atteggiamento riflessivo - «Dunque ricapitolando, abbiamo un prezioso di grande valore scomparso, il suo proprietario deceduto per un colpo di 9 mm al petto, e ancora nessun indizio sul colpevole...»

 

«Ispettore Megure!» - l’agente Chiba, giunse ansimando dall’ingresso più vicino che portasse al porto, sembrava piuttosto agitato, difatti l’ispettore si preoccupò subito di chiedergli perché avesse tanta fretta. Chiba, ancora con il fiato corto, cominciò subito a spiegarlo, tra un respiro e l’altro - «Ho… Ho telefonato alla Nichiuri Tv e come dichiarato da Tachibana-san, era in programma uno speciale su quel diamante… solo lui sapeva dove sarebbe stato consegnato, non ha informato nessuno all’interno degli studi per ragioni di sicurezza.»

 

«Bene. Pare che le sue dichiarazioni siano confermate Tachibana-san...»

 

«C’è… c’è dell’altro…!» - interruppe Chiba - «Ho parlato anche con i responsabili della sicurezza e mi hanno informato che… l’altro giorno è stato recapitato alla stazione televisiva un preavviso di furto per il Giallo Austriaco… da parte di Lupin III!»

 

«««C-COSA?!?!»»»

 

Sussultarono all’unisono Megure, Takagi e Satō, la quale si era avvicinata, poiché aveva visto Chiba arrivare di corsa.

 

La detective subito si sporse in avanti - «Ne sei assolutamente sicuro Chiba?!»

 

«S-Sì, mi sono fatto recapitare una foto del biglietto via mail»

 

L’agente Chiba prese dunque il cellulare, mostrando il messaggio il cui allegato raffigurava chiaramente un biglietto in cui era annunciato il furto previsto per il giorno corrente e recante il simbolo della caricatura, associata al ladro in questione.

 

«Si può sapere perché non ce ne ha parlato subito? Lei doveva saperlo, giusto?» - chiese Takagi rivolgendosi all’uomo facente parte di quello stesso ambiente.

 

«Pensavo non fosse necessario lo sapeste. Anche perché questa mattina, un ispettore dell’interpol ha raggiunto la stazione televisiva, assicurandoci si trattasse di un falso.» - rispose Tachibana.

 

«E questo ispettore… per caso era...» - accennò Takagi, salvo essere interrotto da una voce profonda e graffiante proveniente dalle loro spalle, accompagnata dal classico rumore di qualcuno che cammina con le scarpe all’interno di una pozzanghera.

 

«Non è possibile fossi io, sono arrivato in Giappone circa mezz’ora fa. Probabilmente era Lupin, venuto a tastare il terreno. Ha scoperto che il diamante non era alla stazione televisiva ed ha indagato arrivando fino a qui. L’ha portato via proprio poco fa, ho provato ad inseguirlo, ma è riuscito a librarsi in aria come un uccello, lasciando a me la parte del cane bagnato.»

 

Il gruppo di investigatori rimase sconcertato dalla visione di un Ispettore Zenigata completamente zuppo, che stava comunque in piedi come nulla fosse, esponendo la sua versione degli eventi, come se nulla fosse.

 

«I-Ispettore Zenigata?»

 

Un paio di agenti vennero avvisati della presenza dell’ispettore, portandogli degli asciugamani almeno per evitare che prendesse un brutto raffreddore. Zenigata chiese chiarimenti sul caso. Era arrivato alla conclusione che lo scambio sarebbe stato effettuato al porto, grazie ad una serie di telefonate fatte anche al segretario della vittima, non appena ebbe scovato dai giornali giapponesi, il motivo del rientro di Lupin in patria. Gli era stato detto inoltre, alla richiesta di voler parlare con lui direttamente, che Yazici Erol, era partito per un viaggio di piacere in Europa da una settimana, più precisamente nel Nord della Francia; gli venne dato il recapito dell’uomo, ma non aveva avuto alcun modo di mettersi in contatto con lui. Anche il suo segretario precedentemente ammise all’investigatore, di non aver ottenuto da diversi giorni, risposte a e-mail e telefonate di lavoro importanti. Adesso ne era fin troppo lampante il motivo.

 

«È chiaro… grazie mille per l’aggiornamento.» - disse Zenigata - «Avete detto che è morto a causa di un colpo di 9 mm, giusto?» - domandò dando uno sguardo all’ispettore ed i suoi uomini.

 

«Esatto» - annuì l’agente Satō - «La balistica ancora non ha prodotto i risultati, per capire da quale arma è stato sparato, ma il proiettile proviene da una 9 mm, di questo siamo certi.»

 

«Capisco…» - disse Zenigata, facendosi pensieroso - «Sappiate che è solo un’ipotesi, ma… c’è la possibilità sia stato Lupin a sparare a quell’uomo.»

 

«Dice davvero?» - domandò Megure - «Cosa le dice che potrebbe essere stato proprio lui. Ha rubato il diamante. Perché mai avrebbe dovuto ucciderne il proprietario?»

 

«Questo non lo so» - ammise Zenigata con un sorriso amaro in volto - «Ma la pistola che Lupin usa abitualmente è una Walther P38, i cui proiettili sono proprio da 9 mm. Non possiamo certo escludere una simile pista, non trovate?»

 

«Ha ragione» - ammise Megure, per poi tornare a rivolgersi ai suoi uomini - «Takagi, intanto cerca di metterti in contatto con la ditta di spedizioni che si è occupato di questo carico. Fatti dare quante più informazioni possibili, soprattutto in caso ci siano stati dei problemi durante il trasporto. Chiba approfondisci questa “vacanza di piacere”, perpetrata dalla vittima,, qualcuno dovrà pur saperne qualcosa» - dicendo ciò Megure dette uno sguardo a Zenigata, di sicuro egli doveva essersi fatto dare tutti i dati necessari per poter fare delle ricerche più approfondite in merito, quest’ultimo annuì, come ad aver capito al volo i pensieri del parigrado - «Mentre Satō, tu affiancherai l’ispettore Zenigata, nella verifica della sua ipotesi, se lui sarà concorde. Forza a lavoro.»

 

«««Agli ordini!»»»

 

 

Vennero fatte ulteriori domande ai tre testimoni, prima di venire lasciati liberi di andare. Venne naturalmente detto loro di mantenersi a disposizione, in caso fosse necessario sentire ancora le loro testimonianze, o venissero portati nuovi elementi all’attenzione degli investigatori, per cui fosse richiesta la loro presenza in centrale.

 

Amami Emma, una volta fuori dal porto, prese la sua auto noleggiata quella mattina e si recò ad un bar lì vicino, prendendosi un drink, per poi cambiarsi in macchina, tornando ad essere Mine Fujiko. La presenza di Zenigata, così come il cadavere del proprietario del gioiello, non erano affatto parte del suo piano. Inoltre Lupin non solo era sospettato per il furto – come lei voleva –, ma anche dell’omicidio di un uomo che non poteva aver commesso. E lei lo sapeva bene ed anche Zenigata avrebbe dovuto saperlo, standogli sempre alle costole… Fujiko si convinse che quella dichiarazione, l’ispettore l’avesse fatta di proposito, per far abbassare la guardia al vero responsabile… oppure a lei stessa, visto che era l’unica a sapere quel che stesse accadendo.

 

«No… no forse sto pensando troppo.» - scosse la testa, mentre si dirigeva verso il suo Hotel - «Non può avermi scoperta tanto facilmente. E non devo neanche farmi prendere dal panico. Se qualcuno oltre a me sta tentando di incastrare Lupin, la cosa non mi riguarda!» - affermò con convinzione, salvo poi spostare lo sguardo altrove per qualche secondo - «Davvero… non mi riguarda affatto… Giusto! Ora tutto ciò a cui devo pensare è festeggiare la buona riuscita di questo colpo! Dev’essere tutto perfetto per quando Kiddo-sama verrà a consegnarmi il gioiello. Sì, è questo il modo di vedere le cose.»

 

Premette a tavoletta sull’acceleratore, per arrivare al più presto e farsi un bagno caldo, programmando di ordinare anche qualche stuzzichino ed un po’ di champagne, per quella sera. Non poteva lasciare che qualche “piccolo” dettaglio fuori posto, rovinasse la sua euforia. Tra qualche ora, avrebbe potuto stringere tra le mani quel tesoro perduto ormai da un secolo.

 

 

Durante quella giornata, la notizia dell’omicidio scoperto nella zona portuale prese possesso delle vetrine dei notiziari, non furono rivelati troppi dettagli, se non che la vittima era il proprietario del diamante da lungo tempo scomparso e quest’ultimo aveva acquisito quel medesimo stato, poiché non era pervenuto sotto la custodia del responsabile della banca, incaricata di custodire il prezioso.

 

«”Attualmente, l’ispettore dell’interpol Zenigata Kōichi si è unito alle investigazioni al fianco della sezione omicidi della Polizia Metropolitana. L’ispettore Megure ha chiarito che il furto del diamante e l’omicidio del suo proprietario, cui è stato confermato essere la vittima; i due casi potrebbero non essere collegati. Tuttavia, le due agenzie lavoreranno fianco a fianco per una più rapida risoluzione del caso. Ed ora, possiamo alla politica [...]”»

 

Un bicchiere colmo di ghiaccio e tentennò, mentre veniva poggiato con un colpo deciso sul tavolo in legno, sul cui era disposta una cena a base di sushi piuttosto costosa. Il responsabile di quell’azione rumorosa, emise un sospiro di soddisfazione, per poi grugnire nei confronti dello schermo della televisione, posto alla sua sinistra.

«Ngh… quante storie! Perderanno solo tempo a cercare due colpevoli, è ovvio che è stato quel ladro a freddare il tizio, per mettere più facilmente le mani su quella pietra. Dovrebbero concentrarsi sull’acciuffare Lupin III e basta!»

Un paio di occhiatacce, gli furono rivolte da parte degli altri due occupanti del tavolo, per ragioni differenti. Ran sospirò, prima di allungare il braccio destro ed afferrare con le bacchette un nigiri di salmone dal vassoio sul quale il sushi era posto, per avvicinarlo a sé ed inzupparlo brevemente nel suo piattino contente la salsa di soia.

«Piuttosto Otōsan, perché non mangi, invece di borbottare di continuo? Non ti lamentare poi se io e Conan-kun finiamo tutto ciò che ti piace di più.»

 

«Va bene, ho capito, ho capito.» - sbuffò l’uomo con i baffetti, data l’aria di rimprovero stampato sul viso della figlia, dato che aveva bevuto già qualche birra, senza aver praticamente toccato cibo.

 

L’espressione di Ran, non si modificò più di tanto vedendolo servirsi qualche pezzo di sashimi, continuò per vari secondi a fissarlo con gli occhi ridotti a due fessure e con un sopracciglio leggermente alzato.

 

«Comunque… mi sembra strano questo caso. A partire dalla vittima sigillata nella cassa...» - si disse per poi prendere a sua volta un pezzo di sashimi - «Non pensi anche tu ci sia qualcosa di sospetto, Conan-kun?» - domandò voltandosi verso il bambino.

 

Conan nel frattempo, fissò con estrema concentrazione le poche immagini che fu concesso di girare alla troupe televisiva della Nichiuri, dopo che l’area era stata sgombrata dal corpo nonché dalle varie prove, rimaneva solamente l’area trincerata dal nastro giallo con scritto “Keep Out”, un furgone per il trasporto ittico aperto e pochi altri dettagli. Aveva accesso a troppe poche informazioni, per poter delineare uno scenario preciso. Ran aveva ragione, perché infilare quell’uomo in una cassa? Come c’era arrivata esattamente? Avrebbe avuto senso se tra gli ultimi contatti della vittima ci fosse qualcuno di operante nel settore della pesca, magari una ditta di import-export, dato che la merce proveniva da chissà dove oltreoceano; il ragazzino con gli occhiali annuì con un sorrisetto.

 

«Hai ragione Ran-nēchan, è proprio un luogo strano dove nascondere un corpo. Comunque neanch’io penso che Lupin sia coinvolto in questa storia. Probabilmente ha rubato il gioiello ed ora sarà già in viaggio per lasciare il paese, soprattutto ora che è ricercato per omicidio.»



Lupin aveva passato l’intera giornata a monitorare gli studios della Nichiuri nel suo travestimento, ricevendo la notizia di ciò che era accaduto, come chiunque tramite in quel luogo, grazie alla telefonata fatta dall’agente Chiba per chiedere informazioni sullo speciale in programma per quel giorno. Com’era prevedibile nessuno all’interno della stazione televisiva perse tempo e venne radunato un gruppo di persone per accorrere sul posto così da avere delle immagini in “esclusiva”, ed il giusto repertorio da usare per giustificare la mancanza di quel servizio in particolare, rimpiazzandolo con un reportage dedicato al presunto colpevole dei due reati verificatisi al porto. Naturalmente il diretto interessato, non era responsabile di nulla, anzi! Nei panni di assistente aveva aiutato a piazzare le luci e regolare le luci, ci avevano messo delle ore e poi non aveva la minima idea di chi fosse l’uomo proprietario del gioiello almeno fino a qualche ora prima. Aveva un alibi di ferro lui e la cronologia del portatile a confermare la sua estraneità ai fatti, benché non lo potesse minimamente usarle. Accompagnò la troupe sul posto, riuscendo a dare un’occhiata in giro, fu fatta qualche domanda al supervisore che non poté riferire granché dato che le indagini erano in corso,, mentre non poté avere modo di approfondire la possibile presenza di individui sospetti, perché non vi era nessun altro a cui chiedere dato che quella zona era stata isolata e gli operai mandati a casa, dunque tornò semplicemente indietro. Uno dei responsabili del gruppo, avendolo visto lavorare ininterrottamente dalla mattina, colse l’occasione per consigliargli di tornare a casa, ed il ladro non se o fece ripetere due volte. Prima però decise di recarsi in bagno in modo da poter espletare i propri bisogni. Era piuttosto nervoso, quindi non appena si fu assicurato di essere solo, liberò un sospiro infastidito, mentre si dirigeva verso il bagno degli uomini, prendendo possesso di uno dei cubicoli del bagno:

«Tsk, che razza di giornata!» - sbuffò chiudendosi la porta alle spalle con il chiavistello e slacciandosi i pantaloni così da liberarsi.

«Com’è potuto succedere… mio dio… quell’immagine non mi uscirà più dalla testa...»

Un piagnisteo soffocato si innalzò dal cubicolo di fianco al suo, cosa che fece subito allungare l’orecchio del ladro, per avere un ascolto più attento.

«Sapevo che accettare di far trasportare quel gioiello via mare, era una pessima idea, avrei fatto meglio ad autorizzare uno scambio a mano...» - singhiozzò la voce - «La signorina Anami mi ha assicurato che nessuno avrà problemi… però mi se3nto un verme neanche lo avessi rubato io quel diamante. E se la polizia sospettasse di me? Sarei rovinato… perderei il posto per cui ho lavorato sodo...»


Non appena ebbe finito, Lupin tirò la sciacquone ed il pianto s’interruppe di colpo; decise dunque di salire in piedi sulla tazza, ed arrampicarsi sulla parte superiore del cubicolo, in modo da guardare in faccia quel disperato omuncolo. Il quale alzò la testa e sgranò gli occhi nel vedere qualcuno affacciato dal cubicolo alla sua destra intento a fissarlo sorridendo.

 

«E-Ehi e tu chi sei?»


«Chissà, al momento mi piace chiamarmi… Tachibana Ryūji»

Asserì Lupin con fare divertito, mentre l’altro sentendo pronunciare il suo nome, impallidì. Forse aveva capito chi aveva davanti, oppure era solo rimasto sconvolto dal fatto che il ragazzo con in testa un berretto dello staff, avesse appena riprodotto la sua voce, fatto sta che prese ad urlare tanto forte, tentando di darsi alla fuga, ma fu tanto maldestro da non riuscirci. Il ladro ebbe quindi il tempo di scavalcare, arrivando alle sue spalle con un sorriso divertito, Tachibana tremante si voltò trovandoselo quasi ad un palmo dal naso, quando Lupin esclamò un semplice:

«Bu!»

Ciò fu abbastanza perché l’ometto dette una testata alla porta, nella foga di tentare di fuggire verso il nulla, tanto forte da fargli perdere i sensi. In una situazione normale Lupin si sarebbe anche piegato in due dalle risate, ma aveva cose ben più importanti da fare, cercò nelle tasche di Ryūji trovandone il telefono cellulare, modello americano con l’impronta digitale, che sbloccò senza neppure fare fatica. Quel nome pronunciato poco prima, “Anami” lo aveva già sentito durante la stessa giornata, ne parlavano altri due tecnici, una bellissima donna bionda dalle forme prorompenti, aveva incontrato quella mattina il signor Tachibana nel suo ufficio, prima di uscire con lui per andare a ritirare il prezioso. Uno dei ragazzi, riuscì a farle anche una foto di sfuggita, un po’ sfocata però non ebbe dubbi non appena la vide, era la donna che cercava. Spulciò le conversazioni scambiate precedentemente tra lui e la donna ed ebbe la fortuna che sperava: una di quelle conversazioni portava molto chiaramente la seguente dicitura:

[E-mail da Anami Emma]

“[…] se vuole possiamo incontrarci al mio Hotel. Alloggio all’hotel Haido City, stanza 315”

 

Per andare sul sicuro, fece anche partire una chiamata al numero in questione e quando questa venne accettata il “Pronto Tachibana-san? Come posso aiutarla?”, che fuoriuscì dagli speaker aveva un tono inconfondibile. Sulle labbra dell’uomo si delineò un sorriso marcato, adesso sapeva perfettamente dove andare per potersi riscattare. Attese la chiusura della chiamata dall’altra parte della linea, per poi rimettere nella tasca dove l’aveva trovato il cellulare e dare due pacche sulla medesima tasca.

 

«Grazie mille amico, mi sei stato davvero di grande aiuto.»

 

Detto ciò, aprì la porta del cubicolo del bagno, ed uscì dai servizi assicurandosi di lasciare la porta spalancata. Il primo che fosse entrato in quel bagno, avrebbe rinvenuto il poveretto svenuto, di certo ancora più paranoico e timorato dalla vita di quanto già non fosse.

 

Fujiko sbuffò in maniera pronunciata, buttando il cellulare sul letto, con aria accigliata.

 

«Uffa! Cos’era uno scherzo telefonico? Non ho tempo per questo genere di cose, sono una donna piuttosto indaffarata!»

Avvolta in un accappatoio di velluto verde con i capelli appena asciugati e vaporosi, Fujiko era intenta a passare sulla liscia e setosa pelle delle sue splendide gambe una costosa crema corpo. Dopo quella giornata tanto stressante aveva bisogno di una coccola di quel tipo. Aveva già deciso di indossare un abito scuro di modo da far risaltare maggiormente gli abiti del suo ospite. La sua scelta era ricaduta su di un tubino blu notte abbinati ad un paio di stivaletti neri. Un tocco più caloroso lo avrebbe dato con il trucco, con un lip gloss rosso, ed uno smalto color pesca. Indosso anche un bel pendente ed un paio di orecchini vistosi, ornati da rubini, un regalo di uno dei suoi tanti pericolosi “amici”.

 

Una volta pronta, ordinò una bottiglia di bordeaux, del succo di frutta e qualche stuzzichino, non le restava altro da fare che aspettare l’arrivo del suo collega, con il suo prezioso bottino. Non perse tempo a stappare il vino e riempirsene una coppa, assaporandola distesa sul letto. Si sentiva un po’ come fosse Paolina Bonaparte sul suo triclinio, sotto gli occhi di tutti e nonostante ciò talmente bella da possedere quasi un’aria divina.

 

Quanto a KID, dopo la consueta cena a casa Nakamori, quando la luna fu ben alta in cielo, uscì in volo alla volta dell’Hotel in cui la ladra alloggiava. Controllò subito in controluce la gemma sperando di trovare quello scintillio rossastro, quel prezioso nel prezioso che la identificasse come il gioiello chiamato Pandora; le sue aspettative furono ampiamente deluse, eppure sul suo voltò prese posto un’espressione piuttosto sollevata.

 

«Ah…! Ho preso un granchio per l’ennesima volta, però…» - il ragazzo frugò nella tasca dei propri pantaloni estraendo da essa un fazzoletto in cui avvolse il Fiorentino, riponendolo poi nella tasca interna della giacca - «In questo modo evito di dovermi rapportare ulteriormente con quella donna. Ho un brutto presentimento su tutta questa storia, soprattutto dopo quello che è successo...»

Aveva visto anche lui i notiziari e sapeva bene cosa significava venire incastrati a quei livelli, non voleva essere coinvolto ulteriormente. Con questo presupposto in testa, ed avendo precedentemente controllato la posizione della stanza n° 315, Kaitō atterrò in tutta tranquillità sul balcone illuminato corrispondente. Le tende erano chiuse perciò bussò ripetutamente al vetro della finestra, in modo da farsi accogliere, avrebbe anche potuto aprirla con i suoi ferri, ma era stato invitato e per di più, forzare il suo ingresso nella stanza di una collega, gli sembrava per certi versi davvero ridicolo. Attese con le mani in tasca, per meno di un minuto. Quando le tende vennero scostate e la finestra sbloccata, si ritrovò di fronte una Fujiko Mine più avvenente che mai, anche fin troppo per i suoi standard, che si fece subito da parte per farlo accomodare.

«Buonasera, Fujiko-san» - salutò portando il cilindro al petto, il mago del chiaro di luna, per poi indossarlo nuovamente.

 

«Benvenuto Kiddo-sama, accomodati pure.»

 

«Grazie mille, con permesso.»

 

Kaitō si fece dunque strada oltre la finestra, raggiungendo la parte interna di quella stanza ben arredata, con prevalenza di colori sui toni del rosso, che andavano dalle tende, al copriletto, ai divanetti e anche alla moquette di cui era ricoperto il pavimento, impreziositi da qualche tocco di bianco e marrone dei mobili. Dette un occhiata al tavolino da caffè con su qualche snack salato, un bicchiere già versato di succo di frutta ed una bottiglia aperta di vino, notando solo in un secondo momento che Fujiko stava reggendo un calice pieno dello stesso vino rosso.

 

«Avanti serviti pure, qualunque sia la notizia che mi darai, questo colpo va celebrato. Siediti e mangia qualcosa.»

 

Lo invitò la castana, una volta accostata la porta del balcone, avvicinandosi a sua volta verso i divanetti, per potersi sedere lei stessa.

 

«Sei gentile, ma non penso di fermarmi molto.»

 

«Oh, è perché no?» - ribatté quasi con aria delusa la ladra, superando Kaitō, ed allungando la mano destra verso la sua cravatta rossa - «Stai facendo aspettare la tua ragazza?»

 

Il liceale si fece una breve risatina nervosa, grattandosi appena la guancia - «Ma no, niente del genere…»

 

Fujiko approfittò di quel frangente per spingere il ragazzo verso il divanetto, senza mollare la presa sulla parte terminale della sua cravatta, rimanendo a lato poggiata contro il bracciolo, posta così da sovrastare il mago.

 

«Benissimo, allora che fretta c’è?» - un sorriso malizioso si dipinse sulle labbra della donna, che si mosse subito dopo essersi assicurata di aver innervosito abbastanza il ragazzo, per andare a prendere quel bicchiere di succo di frutta, che aveva preparato per lui - «Quindi? Hai qualche sorpresa gradita per me, oppure no?»

Dopo lo shock iniziale dell’esser stato costretto a sedersi essendosi di conseguenza infossato sulla seduta come se la pressione atmosferica lo avesse schiacciato di colpo, Kaitō riprese una postura accettabile, schiarendosi la gola con un leggero colpo di tosse.

 

«Più che gradite mi auguro» - disse ripescando fuori dalla tasca il diamante giallo – «A quanto pare non è il gioiello che cercavo, per cui come da accordi, potrai averlo.»

Tese in avanti la mano con il fazzoletto contenente il Fiorentino, mentre la ladra gli porse il bicchiere con la sua bibita. Non appena lo ebbe tra le mani Fujiko non perse tempo e con grande cura, scostò i lembi di stoffa dalla superficie del diamante, rimanendo quasi senza fiato, di fronte a quello splendore.

 

«Oh… è magnifico. Quasi più bello di quanto non sembrasse in foto.»


Mentre la donna contemplava quel prezioso oggetto, il giovane si godette quel succo di frutta all’albicocca, non appena ebbe finito si alzò passando accanto alla donna in modo da posare il bicchiere sul tavolino, tentando poi di sgattaiolare, pian piano verso la finestra aperta, per defilarsi il più in fretta possibile. Tuttavia Mine non era certo nata ieri e si accorse dei suoi movimenti e lo raggiunse senza difficoltà, abbracciandolo da dietro e sussurrandogli all’orecchio.

 

«Comincio a sospettare tu mi abbia mentito Kiddo-sama… davvero vuoi mettere fine alla nostra seratina tanto in fretta?»

 

«Ecco… veramente avrei delle cose da sbrigare...»

 

«Mmm… davvero? Ed è più importante che celebrare la buona riuscita di un colpo? Allora dev’esserci davvero di mezzo una ragazza. Quasi quasi sono gelosa.»

Le abili dita della donna, si mossero lungo la giacca bianca del mago alla ricerca di qualcosa, in quel frangente, per quanto fosse un esperto della fuga, Kaitō non riuscì a muovere un muscolo, ogni suo tentativo di spostarsi verso la finestra aperta era bloccato dalla presa di Fujiko, nonché dalla sua vicinanza. Era piuttosto sicuro che qualunque cosa lei stesse tentanto di raggiungere, non l’avrebbe trovata facilmente, infatti aveva addosso ogni genere di materiale per trucchi di magia; ella stessa continuò a far scorrere le mani sul petto fino ai fianchi del liceale, perché impossibilitata ad individuarne indosso il cellulare. Non le avrebbe creato problemi cercare anche nelle tasche dei suoi pantaloni, tuttavia era meglio non trascurare ogni forma che poteva percepire al di sotto della stoffa, prima di passare al prossimo indumento.

 

«Sai… è un vero peccato tu sia ancora così giovane… anche se questo in realtà è solo un punto a tuo favore.»

Kuroba stava valutando di usare alcune delle sue sfere fumogene per liberarsi da quella scomoda posizione, nel frangente in cui la ladra allentò l’abbraccio con l’intento di controllare le altre tasche, quando un rumore proveniente dal corridoio, gli impedì di portare a termine quell’idea, e fermò di punto in bianco anche la ricerca di Fujiko. All’inizio sembrava quasi si trattasse di un animale, cui grugniva come un ossesso e scalpitava in maniera impressionante sulle assi del pavimento, poi man mano che il suono si faceva più vicino si cominciarono a distinguere delle parole, o per essere più precisi un nome:

«FUJIIIKOOOO»

 

«Oh? Ma questa voce-»

Il mago del chiaro di luna ebbe istintivamente un brutto presentimento, se lei aveva riconosciuto quell’urlo animalesco, allora questo non poteva significare altro che guai. Fujiko si voltò verso la porta, mentre le urla e gli strepiti si fecero più vicini, fino a che dei colpi ripetuti molto forti, come di spallate date con quanta più forza possibile, raggiunsero la porta della stanza in cui si trovavano, facendola tremare in maniera evidente. Ci vollero tre spallate belle forti, prima che la porta cedesse, aprendosi e rivelando oltre la soglia, la figura di un uomo dai capelli corti scuri, basette pronunciate, giacca rossa e cravatta gialla, ansimante, scomposto come chi ha appena corso inseguito da qualche animale feroce, se non che, l’aria da predatore, c’è l’aveva proprio quell’individuo, ben dipinta in volto. Nel vederlo, Kaitō non provò nemmeno a dissimulare il terrore che provò; non riuscì a non pensare di essersi davvero messo nei pasticci, assecondando il piano di quella donna.

 

«Lupin!» - lo chiamò dunque indignata Fujiko, non appena lo ebbe di fronte, accigliandosi subito dopo, voltandosi nei suoi confronti, incrociando le braccia al petto - «Ma sei completamente impazzito? Che modi sono questi?! E poi che diavolo ci fai tu qui si può sapere?! Non dovevi essere in America...»

Con ancora il fiato corto, dopo lo sforzo fatto per abbattere la porta, Lupin iniziò a ridere in risposta a quella domanda, poi quando ebbe ripreso una frequenza di respiro regolare, ancora piegato in avanti con le mani sulle ginocchia, cominciò a parlare - «Ecco, proprio come immaginavo… Credevate sarei rimasto a guardare mentre mi rovinate, bé non è così!» - disse facendosi poi strada all’interno dalla stanza, con le mani in tasca ed un’espressione alterata - «Cosa ci faccio io qui? Diciamo che sono venuto a prendermi la mia parte di bottino, ti va bene come risposta, Fujiko-chan? Oh, e naturalmente sono qui anche per farla pagare a quell’impostore da quattro soldi che ti ha dato una mano a infangarmi.»

Lupin fulminò il ladro in bianco con lo sguardo, mentre costui tentava di sottecchi di allontanarsi, sperando invano di non essere notato. Fujiko si avvicinò prontamente frapponendosi tra KID ed il campo visivo del compagno, con espressione piuttosto seria, rispetto al sorrisetto soddisfatto disegnato sulle labbra del ladro franco-giapponese.

 

«Eh no! Te lo puoi scordare. Non c’è nessun bottino da dividere con te, Lupin non ci pensare nemmeno chiaro?.»

 

«Come no! C’è eccome!» - disse Lupin indicando il diamante poggiato sul tavolino - «Per colpa di questo vostro giochetto non sono solo ricercato per furto, mi vogliono anche appioppare un omicidio, un minimo di compensazione mi farebbe comodo, visto che avete usato il mio nome e la mia faccia!» - sbottò Lupin alle parole della donna, indicando in un modo convulso KID, per poi aggiungere - «Senza contare che ha causa vostra ho dovuto rinunciare ad un furto programmato. Quindi come la mettiamo, eh?!»

«Hmph! I tuoi problemi non ci riguardano.» - replicò disinvolta Fujiko, con un lieve sorrisetto divertito, ponendosi a difesa di quel prezioso, come un’orsa con i propri cuccioli - «Hai rifiutato di farmi questo favore, ho semplicemente cercato qualcuno di più valido a cui interessasse l’offerta, tutto qui. Kiddo-sama ha avuto fiuto, si tratta di affari; il resto sono solo danni collaterali, con cui dovrai imparare a convivere. Mi dispiace cherì» - dichiarò con una docile alzata di spalle. Indicò poi la porta aperta da cui era entrato - «Se ti è tutto chiaro, puoi anche togliere il disturbo. Sappi che hai interrotto un colloquio tra pari. Con questo direi che non abbiamo più niente da dirci, giusto?»
 

Lo imbeccò la donna con uno sguardo malizioso.


«Oh capisco» - rispose accigliandosi Lupin III - «Quindi è così che lo chiamano adesso... Guarda che non è niente più che un ragazzino, puzza ancora di latte. Altro che “colloquio privato”, secondo me i tuoi approcci lo spaventano un po’ sai.» - disse esternando un ghigno divertito, lanciando un rapido sguardo verso la finestra.

Quell’ultima frase fece assumere alla donna un’espressione contrariata, oltre a darle un leggero prurito al naso, per il fastidio che le dava, l’idea l’uomo in rosso avesse ragione.


«Mh?»

 

Seguendo il movimento delle pupille del collega, Fujiko si voltò non ritrovando più la figura di KID alle proprie spalle, bensì in piedi sulla ringhiera del balcone, con la lieve brezza notturna che lo scuoteva. Dopo aver rivolto un’occhiataccia nei confronti di Lupin, si precipitò anch’ella sul balcone, tentando di adoperare tutta la dolcezza possibile, per convincere il ragazzo ad intrattenersi con lei un po’ più a lungo.

«Kiddo-sama, perché non torni dentro, ti faccio portare qualcos’altro da bere, tanto Lupin se ne stava giusto andando, non è così?»

 

Batte le palpebre con aria da cerbiatta sperando di fare un qualche effetto al mago, il quale era solo leggermente voltato in modo da poter osservare quegli onorati colleghi, con cui aveva avuto la sfortuna di invischiarsi. Intanto il principe dei ladri, raggiunse ad sua volta i due, aggiungendo alla supplica della donna:

«Sì, coraggio! Che fretta c’è non ho ancora avuto modo di congratularmi per il tuo successo. Non vorrai lasciarmi qui a bocca asciutta, non sarebbe carino!» - affermò ironicamente, fissando infastidito il giovane Kuroba.

Quell'affermazione, fece correre scintille: tra Fujiko che fissava Lupin che aveva rovinato il suo divertimento per la serata, Lupin che fissava KID con una nota pronunciata di disprezzo e KID che si sentiva distrutto, neanche avesse compiuto una delle dodici fatiche di Ercole. Dopo essersi dato una lieve grattatina alla fronte, sollevando appena il cilindro, Kaitō si rivolse loro con un sorriso spavaldo e trionfante dei suoi, nonostante stesse sudando freddo, visto le pressioni di quella coppietta atipica e senz’altro non priva di sorprese.

«Mi piacerebbe molto, ma temo dovremmo rimandare questo incontro ad un’altra occasione. Ho portato a termine quanto promesso, quindi per me è proprio giunta l’ora di andare.»

 

Si sporse in avanti, prendendo con delicatezza la mano di Fujiko con la propria guantata di bianco, apponendovi su un lieve bacio, prima di portare la stessa mano sulla falda del suo cilindro, sollevarlo di qualche millimetro in segno di saluto, ed aggiungere un mesto:

 

«È stato un onore, poter collaborare con lei, signorina Mine Fujiko»

«A presto Kiddo-sama!»


Lupin osservò la scena con espressione inebetita. Gli sembrava quasi di assistere ad una scena smielata di un film romantico di quarta categoria. Con un solo problema: il protagonista era un altro ladro, che faceva le moine alla sua Fujiko! Però non si trattava affatto di un film, quindi cosa gli impediva, di prendere a pugni qual damerino, anziché starsene lì impalato?!

 

Il liceale pose dunque la mano destra verso la falda del suo cilindro in segno di saluto - «Rincontriamoci di nuovo, con la complicità della pallida luna piena. Alla prossima!»

 

«Ma “alla prossima” un corno! Non ho ancora finito con te-»

 

“Lupin!! Non hai scampo! Ti dichiaro in arresto!!”

 

Nel sentire la voce famigliare dell’Ispettore Zenigata, Fujiko sussultò e si affrettò a prendere il Fiorentino avvolto nel fazzoletto, così da trovargli un nascondiglio, non individuabile neppure da Lupin che era lì con lei in quel momento e sebbene colto anch’egli alla sprovvista, rientrò all’interno della stanza, in maniera circospetta, affacciandosi verso la porta. Le frasi di minaccia da parte di Zenigata si susseguirono ancora per un paio di volte. Fu allora che Lupin lo notò. Niente rumore di passi frenetici, nessuna ombra in avvicinamento, di solito era una scheggia nel raggiungerlo ovunque si trovasse. Possibile che per un semplice corridoio ci mettesse tanto? E poi come faceva la voce a rimbombare chiaramente, senza traccia della persona in questione?

Si era quasi dimenticato con chi avesse a che fare. Lupin una volta razionalizzato quel dettaglio, si fiondò letteralmente contro Kaitō, sul quale viso però si allargò di colpo un sorriso divertito. Una nuvola di fumo lo avvolse non appena il ladro in giacca rossa, si protrasse con il busto all’esterno del parapetto, non lasciando la minima traccia di sé, se non un denso fumo biancastro. Il ladro dalle basette pronunciate lo vide sparire, mentre il suo deltaplano si allontanava nella notte; lui invece poté vedere l’asfalto da quell’altezza, talmente aveva la testa rivolta verso l’esterno. Per fortuna ebbe la prontezza di riflessi di attaccarsi alla ringhiera del balcone con le mani, tirandosi poi al sicuro, cadendo a sedere con una faccia stralunata a causa dello spavento. Tirò un sospiro di sollievo, per poi alzare una mano stretta a pugno.

«Razza di bastardo! - grugnì - «Aspetta KID! Dove pensi di scappare!! Lascia solo che ti metta le mani addosso e vedi come ti riduco!»

 

Lupin si fiondò dunque fuori dalla stanza di albergo di Fujiko con , la quale accigliata sbuffò, prima di sentirsi sollevata dal fatto che nonostante quella scenata esagerata, il diamante fosse finalmente in suo possesso in tutto e per tutto. Il suo calice di vino ormai era imbevibile, quindi seccata, lo vuotò nel W.C. del bagno scaricando l’acqua. Era rimasta in ogni caso irritata da quella visita, quindi decise che il modo migliore per smaltire il nervosismo, fosse andare a farsi un bel giro in auto. Prese quindi le chiavi dell’auto a noleggio e si diresse fuori dalla porta rimasta ancora aperta dall’incursione avvenuta, chiudendosela alle spalle e chiudendola con la chiave fornita dall’hotel.

 

Una volta uscito dall’Hotel Haido City, Lupin prese subito la sua F.I.A.T , con tutta l’intenzione di mettersi all’inseguimento del deltaplano bianco in fase di allontanamento. Peccato che Kaitō avesse avuto modo di recuperare la sua moto, posteggiata da Fujiko nel parcheggio riservato dell’Hotel, ed una volta sparito in quella nube di fumo, fosse disceso grazie al suo bastone munito di palloncino, tornando ad un completo più discreto, andando quindi a recuperare il suo mezzo, dileguandosi nella notte senza troppi problemi. Una volta che fu abbastanza lontano e diretto verso il quartiere Toshima ad una buona velocità si concesse di poter tirare un bel sospiro di sollievo.

 

«Fiù…! Per un attimo ho temuto il peggio. È stato davvero un pessimo investimento.» - sbuffò assottigliando lo sguardo - «Mi sento a pezzi… Non vedo l’ora di tornare a casa per farmi una bella dormita!»

 

Per scaricare i nervi, Fujiko dette quanto più gas possibile, aveva preso proprio per questa ragione una stradina secondaria, per poi sbucare in autostrada e fare un bel viaggetto, aveva una mezza idea di recarsi fino a Shinjuku, molto animata di sera, sperando di trovare della buona compagnia. La guida spericolata era senza dubbio il suo forte, per cui non si faceva certo problemi a premere più del dovuto sull’acceleratore. Anzi, era proprio dell’umore giusto per una bella corsa. Un sorriso divertito difatti le si disegnò in viso quando un’automobilista volle in qualche modo “sfidarla”. Naturalmente Fujiko lo distanziò tanto da poter dire di avergli fatto mangiare la polvere.

 

«Ah-Ah! Ci hai provato amico, non è la tua notte fortunata a quanto pare!»

 

Commentò la ladra, cui andò per per ridurre la velocità, in prossimità di una curva.

 

«Ehi... Cosa significa?!» - sgranò gli occhi la donna - «Oh no!»

Fu quando andò a premere sul pedale, così da sterzare in tutta tranquillità, però Fujiko si rese conto che la macchina non stava minimamente rallentando. Fece per allungare la mano destra verso il freno a mano, tuttavia non ebbe il tempo di tirarlo indietro poiché l’auto sfondò a piena velocità il guard rail, facendo finire l’auto all’interno di un burrone. L’airbag esplose con forza contro il viso della donna, il quale ricadde sul clackson, i finestrini ed il parabrezza si frantumarono. Fujiko perse i sensi per l’impatto violento. In quel frangente, il cellulare della ladra contenuto nel portaoggetti, vibrò per l’arrivo di una notifica.

 

 

[Messaggio da Sconosciuto]

 

“Mi prenderò cura del diamante. Adieu, mademoiselle Fujiko.”

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Capitolo 4
*** #4 - Chi ha incastrato Lupin III? ***


#4 – Chi ha incastrato Lupin III?

 

La caccia perpetrata da Lupin ai danni del suo kōhai dal mantello bianco e cilindro duro oltre le due ore. In modo assolutamente poco ossessivo, seguì quel fantoccio munito di elica, finché non ebbe la convinzione di star girando a vuoto. Stufo il ladro dalla giacca rossa, fece un ultimo giro in auto, per i fatti suoi prima di mettere definitivamente fine alla sua scorribanda per fermarsi in un kombini aperto 24 ore, per prendere qualcosa da mettere nello stomaco. Optò per un paio di panini cinesi ripieni di carne, che si mise a mangiare su di una panchina di un parco, dove finì con l'addormentarsi, risvegliandosi poi il mattino seguente, attorniato da piccioni, che producevano il loro caratteristico verso. Non era stato un caso, ma una scelta. Conoscendoli, i suoi compari sarebbero stati ancora risentiti del modo in cui gli aveva trattati ore addietro e gli avrebbero impedito di entrare per passare la notte nel loro rifugio. Presto gli sarebbe passata, certo, però aveva preferito passare la notte per conto suo, anziché venire cacciato da Jigen e Goemon. Il ladro, dopo essersi lavato il viso nella fontana del parco, si stirò le braccia e si mise in cammino, a bordo della sua fida vettura, decise che la cosa migliore da fare, era tentare di rimettere insieme i pezzi della sua squadra, per poter in qualche modo superare quella situazione, a partire dal tassello più ostico: Fujiko. Aveva indossato un travestimento per ogni evenienza, dopotutto era più che ricercato in quel momento, ci mancava solo venisse individuato da un’agente di pattuglia ed essere costretto quindi a scappare a destra e a manca.

 

Tornò dunque all’hotel Haido, recandosi verso la stanza 315. Non intendeva scusarsi con Fujiko, si sarebbe però guadagnato la sua benevolenza promettendole di rubare un altro gioiello che le piaceva tanto. Gli sembrava senza dubbio un accordo ragionevole. Con convinzione dunque, Lupin si piazzò di fronte alla porta contro cui si era scaraventato bruscamente la sera prima, cominciando a bussare ritmicamente sulla sua superficie.

 

«Fujiko-chan! È mattina!!»

 

Asserì quasi in tono cantilenante. Si aspettava di sentirsi urlare contro di andarsene, oppure di ritrovarsi a dover schivare un pezzo di mobilio, scaraventato dalla donna, per la rabbia. Invece le sue aspettative dopo qualche minuto, vennero disattese. Dalla stanza in questione, sembrava provenire solo silenzio.

 

«Fujiko-chan! Mi spiace per quello che è successo ieri sera. So che avrei dovuto ascoltarti. Se mi perdoni ti prometto che ruberò per te, quel rubino indiano che tanto ti piace! Croce sul cuore»

Rimase per qualche secondo con la mano posta quasi al centro del petto. Ancora niente. Confuso, decise di avvicinarsi alla porta e porvi contro l’orecchio di modo da cercare di capire cosa stesse avvenendo all’interno, posando la mano destra sulla maniglia della porta.

 

«Uhm... strano. Che stia ancora dormendo?» - si chiese, ed in quel momento, spinse in giù, la maniglia e la porta scattò - «Ma guarda, era aperta...» - Lupin ne fu sorpreso e l'aprì un tantino, introducendovisi con la testa, per sbirciare e mormorando - «Con permesso...»

 

Quando ficcò la testa all’interno della stanza, vide subito che il letto era intatto. Forse rifatto da poco o mai disfatto. Dovette scartare anche la possibilità che la donna stesse facendosi una doccia nella stanza da bagno adiacente, perché non proveniva da essa alcun rumore d’acqua. L’uomo alzò un sopracciglio, entrando definitivamente all’interno della camera, chiudendosi dietro la porta e cominciando a perlustrare con lo sguardo, ogni angolo. Sul tavolino di legno erano ancora presenti la bottiglia di Bordeaux dalla sera prima, un calice vuoto, così come un bicchiere di succo di frutta vuoto. Come se nulla fosse stato toccato da allora. Per curiosità aprì le ante dell’armadio, trovandovi i vestiti nonché la valigia della donna al suo interno.

 

«No, infatti… non se n’è andata.»

 

Decise quindi di estrarre il proprio smartphone dalla tasca per chiamare Fujiko, dirle che era nella sua stanza e se si potessero vedere. La chiamata partì, la linea era libera, tuttavia anziché sentire la voce di lei, si rese conto di udire il rumore di una vibrazione poco distante da lui. Era come ovattata, la seguì fino a sollevare un cuscino da sopra il letto, ed appunto sotto di esso, rinvenne il cellulare della donna, dunque interruppe la chiamata, prestando attenzione a ciò che compariva sullo schermo. Era presente una mail non letta sullo schermo, non diretta alla proprietaria del telefono, bensì a lui.

 

«Ah… Però… quindi è così che stanno le cose»

 

Un sorriso intrigato, si fece spazio sul viso di Lupin, riprese il cellulare cercando il numero di Jigen. Quest’ultimo si era fermato a fumare una sigaretta al bancone di un bar, dette uno sguardo allo schermo, prendendo il cellulare con una smorfia.

 

«Che c’è? Hai già capito di aver fatto una sciocchezza delle tue?»

 

«Sì, diciamolo pure; comunque Jigen, qui sembra, che la faccenda sia più intricata di quanto pensassi. Potremmo anche avere bisogno dell’aiuto di un certo genietto di nostra conoscenza.»
 

 

«Ai-chan! Professore!»

 

Ayumi richiamò i suoi amici salutandoli con la mano, in modo da attirare la loro attenzione.

 

«Siamo già in ritardo!»

 

Il dottor Agasa aveva procurato per il gruppetto della squadra dei giovani detective dei biglietti speciali per la première di un nuovo videogioco con protagonista Kamen Yaiba, grazie ad un amico all’interno del progetto che era riuscito a fornire loro i permessi per accedere al gioco in anteprima. I bambini furono da subito entusiasti della notizia, a differenza di Conan e Ai, come al solito naturalmente. Anzi la ragazzina in particolare si era tirata indietro più volte, poiché aveva passato quella notte in bianco, lavorando ancora sul possibile antidoto definitivo contro l’Apotoxina. Tuttavia a causa di innumerevoli suppliche da parte dei ragazzini, si ritrovò con le spalle al muro, finendo così con l’accettare di seguirli, quanto a Conan, era stato obbligato dalla ex scienziata a partecipare, schiaffandogli in faccia la privazione totale di antidoti temporanei per tornare alla sua forma originale. Messa in questi termini, Shinichi si sentì ricattato, ovviamente però allo stesso tempo non vide neppure ragioni per dover tirarsi indietro. Insomma, si trattava solo di giocare ad un videogioco per bambini, cosa poteva mai andare storto?

 

«Sì, sì eccoci, eccoci! Scusate tanto ragazzi!»

 

Rispose il vecchio Agasa, portandosi una mano alla nuca, mentre Ai aprì la portiera posteriore sbuffando, sedendosi al limite del sedile di dietro accanto al ragazzino con le lentiggini; Conan analizzò dal sedile del passeggero l’aria corrucciata della ragazzina dai capelli castano-ramati, non gli ci volevano di certo chissà quali capacità deduttive per capire quale fosse il motivo del loro ritardo, nonché del suo fastidio. Conosceva quell’inventore praticamente da tutta la vita e sapeva benissimo che alle volte si sarebbe perso anche la testa, se non l’avesse avuta attaccata al collo.

«Accidenti professore! Quante volte deve dimenticare la patente, prima di ricordare di metterla in un posto preciso?» - si lamentò Genta, sporgendosi dal sedile di dietro verso il sedile del guidatore.

 

«Per una volta mi trovo d’accordo con Genta-kun. Sarà come minimo la decima volta, solo in questo mese.»

 

Fece notare Mitsuhiko, mentre faceva mente locale per essere sicuro della sua affermazione.

 

«Forse dovrebbe comprare una di quelle custodie con il laccetto. Così può tenerla al collo ed evitare di perderla per casa professore» - propose sorridente Ayumi.

 

«Oppure, finirebbe con perdere anche quello insieme alla patente.»

 

Fu la risposta ironica di Conan, di fronte al tentativo della dolce scolara delle elementari, di dare un aiuto al premuroso dottore. Ai si trovò d’accordo con quell’affermazione e rincarò:

 

«Sì, non c’è dubbio.»

Agasa subì i commenti dei ragazzi con mesta rassegnazione ed un certo imbarazzo, mentre inseriva le chiavi nel quadrante - «Ragazzi, siete davvero tremendi! Sono o non sono la stessa persona che vi ha procurato quest’occasione. Abbiate come minimo un po’ di pietà!»

 

I bambini non dettero tregua invece al povero Agasa, che finalmente stava cominciando a mettere in moto il veicolo. Conan nel frattempo, spostò lo sguardo in strada. Dallo specchietto laterale, notò una macchina parcheggiata alle spalle del maggiolino del professore, lo trovò strano, ma alzò le spalle, magari si trattava di qualcuno che faceva visita ad un conoscente in quel blocco ed aveva posteggiato l’auto in quel punto per comodità. Tra canti dei bambini e discussioni varie di poco conto, giunsero al negozio in cui sarebbe stato smerciato da lì ad una settimana il nuovo titolo per la serie del supereroe mascherato. Per tutto il tempo, Conan si rese conto che quella macchina gli aveva seguiti ad una distanza di sicurezza. Genta e gli altri scesero dalla vettura esaltatissimi, con Hibara che li seguiva a breve distanza, Conan invece rimase volutamente indietro e premette sulle stanghette dei suoi occhiali da inseguimento in modo da zoomare, per capire chi li stesse seguendo.

 

«Che stai facendo?» - domandò di colpo Haibara facendolo sobbalzare.

 

«Come? Io? No, niente...» - scosse il capo il ragazzino occhialuto, ottenendo in risposta un’occhiata perplessa da parte della scienziata rimpicciolita.

 

«Mh… sarà. Allora datti una mossa»

 

Con una lieve scrollata di spalle, la ragazza si voltò avviandosi verso l’interno del negozio, quando Shinichi si voltò nuovamente a guardare nella direzione del veicolo che aveva tenuto d’occhio, non lo ritrovò più, o meglio si ritrovò di fronte un camion intento a scaricare, per cui non riuscì a vedere chi fosse alla guida. Decise dunque di rinunciare ed entrare a sua volta. Per sua fortuna, il negozio era fornito di belle vetrine da cui avrebbe potuto tener bene o male d’occhio la strada. Quel sospetto gli fece perdere qualunque tipo d’interesse, già abbastanza risicato per quell’attività video ludica, per concentrarsi solo sulla sorveglianza. Passò più di una buona mezz’ora prima che qualcosa catturò il suo occhio. Un uomo con cappello vestito di nero, uscì dalla vettura tornata ben in vista, dirigendosi verso un distributore automatico di sigarette, utilizzò dunque nuovamente la funzione di visione allargata che i suoi occhiali li permettevano e sorrise non appena ebbe identificato la persona in questione. Si diresse dunque verso la porta, venendo però fermato dalla voce di Mitsuhiko che lo aveva notato sgattaiolare via.

 

«Dove stai andando Conan-kun?»

«Huh? Eh? Ah-… mi è venuta sete. Vado a comprare una lattina di cola al distributore. Torno subito!»

 

Dicendo ciò, Conan fece una corsa verso la porta, e controllando il passaggio delle macchine, si recò dall’altra parte della strada, da cui comunque, l’uomo in nero si era spostato. I bambini si guardarono tra loro, con aria visibilmente confusa.

 

«Non c’è un distributore proprio qui sul retro del negozio?» - domandò Genta, grattandosi un sopracciglio.

 

«Certo che c’è, il signore ci ha chiesto se volevamo della soda appena arrivati» - confermò Ayumi annuendo.

 

«È sospetto, non trovate...» - commentò Mistuhiko; poi tutti e tre si voltarono a guardare Ai, che aveva trovato una rivista da poter sfogliare, per passare il tempo. Alzato lo sguardo, la ragazzina scosse la testa da destra a sinistra.

 

«Ne so quanto voi, mi spiace.»

 

I bambini rimasero delusi da quella risposta, anche se era la verità, Shiho non aveva idea di cosa avesse attirato l’attenzione del detective liceale e qualcosa le diceva che era meglio per lei e per loro, non immischiarsi in qualunque cosa si trattasse.

 

Conan si avvicinò con fare circospetto, verso l’incrocio con una stradina secondaria, vicino al punto in cui la macchina dell’individuo era stata parcheggiata, molto vicina ai distributori automatici, con l’orologio spara anestetici pronto a colpire. Quando ebbe girato l’angolo, ritrovò l’uomo in questione intento a fumare, con la schiena poggiata contro il muro ed un sorrisetto spigoloso sormontante la barba ispida.

 

«Metti giù quel coso, vengo in pace.» - disse - «Senti, non lo ripeterò una seconda volta: ho bisogno di una mano. Ti va di collaborare?»

 

Conan chiuse con un colpetto deciso lo sportellino dell’orologio, mettendo entrambe le mani in tasca ed alzando lo sguardo verso il “losco figuro” che rispondeva al nome di Jigen Daisuke.

 

«Dipende da cosa si tratta.» - disse il ragazzino, poggiandosi a sua volta con la schiena al muro del vicolo - «Ho sentito le notizie. Pare che Lupin sia stato coinvolto in un furto ed un omicidio. Quanto di vero c’è in questa storia?»

 

«Quasi niente.» - ridacchiò il sicario buttando fuori una boccata di fumo.

 

In questo modo Jigen tentò di spiegare quanto sapeva fino a quel momento sulla situazione concernente Lupin e le false accuse perpetrate a suo danno. Per dirla tutta non è che ci capisse più di tanto, insomma aveva avuto solo poche notizie da Lupin stesso in una telefonata ricevuta quella mattina presto. Aveva detto forte e chiaro che avrebbe aspettato lui ed il moccioso saccente, al bar del hotel Haido City, dove era stato anche la sera precedente, ma che prima doveva andare a prendere una persona che avrebbe fatto parte a sua volta, della chiacchierata.

 

«Mmm… Ho capito. Quindi Mine Fujiko, secondo Lupin, ha preso accordi con KID per rubare il diamante che attualmente è sparito, facendo in modo che la colpa ricadesse proprio su Lupin. Voi avete letto della notizia del preavviso inviato all’emittente Nichiuri e lui ha pensato bene di tornare in Giappone, per avere spiegazioni. Il furto ha avuto successo, ma è saltato anche fuori un cadavere. Tu però dici che lui non è coinvolto nella morte di quell’uomo, bensì qualcuno… forse Fujiko, è coinvolta anche in questa parte della faccenda, ed ha fatto in modo di far ricadere anche questa colpa su Lupin, in modo che il cerchio si stringesse attorno a lui; questo almeno fino a questa mattina, quando ti ha chiamato dicendoti che teme che la donna sia stata rapita o sia stata in qualche modo “tradita”, ed ha aggiunto di avere le prove per sostenere questa tesi, dico bene?»

 

«Sì, in breve è una cosa del genere.» - confermò Jigen, finendo la sigaretta, gettando il mozzicone a terra per spegnerlo del tutto.

 

«DI che prove parlava, te lo ha detto?»

 

«No, c’è lo dirà lui non appena saremo lì. Sali in macchina.»

 

Il tono brusco del pistolero dette un certo fastidio a Conan, che però decise bene di seguirlo. Fin ora non si era interessato alla faccenda per mancanza di informazioni; data però la richiesta diretta a lui e la grande opportunità che gli si profilava di potersi immischiare in quella vicenda, non si sarebbe fatto pregare più del dovuto.

 

«Va bene, come vuoi tu Paparino!» - sorrise lui, aprendo la portiera, salendo in auto e mettendosi la cintura di sicurezza.

 

«Ehi… non chiamarmi mai più in quel modo. Mi pare di avertelo già detto..»

 

Durante il tragitto, che Conan riconobbe li avrebbe portati nella zona i Haido, decise di fare una telefonata all’agente Takagi spacciandosi per Kogorō, in modo da tentare di farsi dare più dettagli possibili riguardo alla vittima e le circostanze del ritrovamento del cadavere, arma del delitto e stranezze che avessero potuto notare e risultassero per lui necessarie da assimilare.

 

Intanto Lupin di rientro dalla sua missione,era riuscito a pescare il suo secondo ospite alla tavola rotonda da lui creata, ed ora si stava godendo un meritato bicchiere di Whisky e qualche tiro di sigaretta, mentre il secondo uomo, tamburellava nervosamente con le dita con accanto a sé una tazza di caffè bollente ed una fetta di torta al cioccolato con su della panna montata. Il ladro dalla giacca rossa, guardò di sfuggita l’orario sul proprio orologio da polso, quando finalmente il suo compare ed il ragazzino si palesarono all’interno della struttura. Il travestimento di Lupin consisteva in una semplice parrucca riccioluta quasi al limite dello stile afro ed un paio di baffi sottili, che appena vide, Jigen non riuscì a trattenersi dal deriderlo.

 

«Però, sapevo che eri disperato, ma non immaginavo arrivassi a tanto.»

 

«Ha ha, molto spiritoso Jigen. Guarda che altro che questi capelli, dovrei avere una parrucca punk per rispecchiare il mio stato d’animo in questo momento.»

 

Il cecchino ordinò un bicchiere di liquore ed un caffè freddo per Conan che si sedette alla destra di Lupin ed alla sinistra del ragazzo che continuava a tamburellare con le dita sul bancone, spizzicando la sua ordinazione di tanto in tanto.

 

«Allora, cos’è questa storia di Fujiko? Come fai a dire che ora è anche lei una vittima di qualcuno?»

«Come sei impaziente amico, non vuoi prima che ti racconti come si sono svolte le cose?»

 

«Non mi interessa! Io non vorrei neanche essere qui Lupin!» - ci tenne a precisare Daisuke, sbuffando - «Comunque dì quello che devi dire e fallo anche alla svelta. Così posso tornare a farmi i fatti miei quanto prima.»

 

Sul viso di Lupin si disegnò una lieve smorfia, evidentemente era ancora risentito per il modo in cui l’aveva trattato. Ci pensò Conan però ad impedire un ulteriore chiarimento, tirando la manica del criminale internazionale per attirare la sua attenzione.

 

«Scusa un attimo…» - l’uomo con le basette batté ripetutamente le palpebre, quando incontrò un viso corrucciato nella persona del detective rimpicciolito - «Va bene chiedere il mio aiuto, perché apparentemente qualcuno sta tentando di incastrarti, ma c’era bisogno anche di questo?!»

 

Conan si indicò alle spalle, dove una fotocopia di sé stesso, stava bevendo in maniera disinvolta un sorso dal suo caffè, indirizzando uno sguardo infastidito nei confronti del collega con la giacca rossa.

 

«Ah, lui...» - rispose Lupin - «Sì… purtroppo… è necessario. Per quanto non piaccia neppure a me.»

 

«Ti ringrazio di cuore» - fu la risposta sarcastica di Kaitō a quell’affermazione.

 

«E tu!» - ringhiò quasi nei confronti del suo nemico giurato Shinichi - «Con tutte le facce che potevi prendere in prestito, dovevi usare proprio la mia?!»

 

Kaitō a quel punto ruotò gli occhi con un sorrisetto divertito - «Non ci crederai, ma mi torni molto utile alle volte, caro il mio grande detective. Non potevo certo presentarmi in ghingheri con la scusa di dover prendere un caffè con voi, ti pare?»

 

A Kaitō dunque fu riservata un’occhiataccia deliberatamente ignorata; Jigen in quella situazione era l’unico in grado di ridere di fronte a quella scena. Lupin in ogni caso si costrinse a prendere in mano la situazione, come avrebbe fatto dall’inizio, schiarendosi la gola.

 

«Bene, ed ora che abbiamo chiarito le nostre posizioni, passiamo alle cose serie»

 

Lupin estrasse dalla tasca della propria giacca il cellulare di Fujiko ed il proprio computer portatile, collegando i due con un cavo USB, cominciando la procedura di hacking del dispositivo.

 

«Prima che vi dica perché vi ho radunati qui, che come potete immaginare ha a che fare con Fujiko… dovremmo ricapitolare a grandi linee ciò che sappiamo. In particolare mi riferisco a te, ladruncolo da due soldi, scommetto che sai un sacco di cose su questa faccenda. Lei ti avrà pur condiviso con te delle informazioni per permetterti di rubare quel gioiello, senza troppi problemi.» - lo imbeccò dandogli un rapido sguardo con la cosa dell’occhio, mentre premeva vari tasti, inserendo comandi utili ad intrufolarsi nel sistema dello smartphone della ladra.

 

«Sì, mi ha detto delle cose in effetti. Ad esempio che voleva incastrarti per il furto...»

 

«E ci è riuscita benissimo, ti pare» - commentò Jigen, bevendo il suo drink.

 

Kaitō proseguì - «Ha prodotto lei il finto biglietto di preavviso, inviato alla Nichiuri. Aveva su di una chiavetta varie informazioni dalla piantina del porto, fino anche ai più piccoli dettagli sul Fiorentino. A quanto ha detto non si è occupata lei del posizionamento del diamante e della spedizione, ha nominato un “collaboratore” che lavora all’interno della ditta di spedizioni che si occupava del carico; però non ha aggiunto niente di più in merito. Non ha mai accennato ad un omicidio. L’unico momento in cui ha parlato di quel Yazici Erol, è stato illustrandomi il background del gioiello.»

 

Conan si fece pensieroso, soppesando attentamente le parole di KID - «Quindi… parrebbe non essere coinvolta nell’omicidio a prima vista, mentre esiste un fantomatico “collaboratore” misterioso, che lavora nella ditta che si è occupata del carico» - il ragazzino prese dunque il cellulare, scorrendo tra i messaggi, per controllare le informazioni per evitare di riferire qualcosa di errato - «L’agente Takagi mi ha detto per telefono che si tratta di un’agenzia di import-export europea, con diverse filiali sparse nel continente, con agganci anche qui in Asia. Stando alle referenze del carico… proveniva dalla Bretagna, la stessa regione in cui la vittima aveva organizzato un viaggio di piacere. Quel che è certo, è che ha avuto molte informazioni sul tuo conto: l’assassino ha usato per uccidere una Walther P 38, come la tua Lupin.»

 

«Sappiamo anche chi ha “incartato” il cadavere già che ci siamo, ci risparmieremmo un sacco di fatica»

 

«Bé, quelli della polizia, si sono messi in contatto con il responsabile delle distribuzioni. Ha fornito la sua collaborazione, penso ci vorrà del tempo per confermare il coinvolgimento dell’azienda o di ulteriori individui, in questa faccenda trattandosi anche di un caso, ormai internazionale.»

 

Fu la risposta di Conan rispetto alla battuta di spirito di Jigen.

 

«Però sappiamo che questo tizio ha legami con Fujiko. Devono essersi incontrati o quanto meno essere stati in contatto. Se riuscissi a risalire al dispositivo da cui ha inviato i messaggi, potremmo anche essere a cavallo.»

«Messaggi? Quali messaggi?» - domandò Conan.

 

«Oh, già finito con le rivelazioni scottanti pivello? Bene, tocca a me!»

 

Per tempo Lupin rese visibile la schermata del cellulare sullo schermo del suo portatile, con una mail aperta da un contatto anonimo, che Conan si spese per leggere ad alta voce:

 

Egregio signor Lupin III,

Probabilmente avrà molte domande da porre alla signorina Fujiko, mi sento in dovere di informarla del fatto che non potrà risponderle in tempi brevi. Purtroppo ha avuto un grave incidente. Non è in pericolo di vita, tuttavia se vuole assicurarsi in maniera più concreta della sua sopravvivenza, le consiglio di portare con sé il diamante conosciuto come “Giallo Austriaco”, questa notte alle 23:30, presso lo stesso molo del porto in cui ha compiuto il furto. Lei è ricercato, per cui mi sembra ovvio non vorrà coinvolgere le forze dell’ordine in questo scambio, le consiglio caldamente di venire da solo. Risparmierà ad entrambi spiacevoli inconvenienti”.

 

In allegato c’erano varie immagini di un auto distrutta, con all’interno il corpo di una donna, che poteva sembrare senza il minimo sforzo Mine Fujiko. Uno degli scatti, mostrava il suo volto in primo piano, zoomato di molto ed un po’ sgranato, ma che sembrava corrispondere proprio al suo viso e inoltre non erano ritoccate, per cui non c’era ombra di dubbio a riguardo. Lupin mostrò anche il messaggio precedente di addio, inviato dallo steso contatto la sera prima.

 

«Dunque, che ve ne pare?» - domandò sia al ragazzino ed il collega ladro.

 

«Hai dedotto da questi messaggi che Fujiko sia una vittima?» - chiese Jigen con aria perplessa - «Non pensi potrebbe essere un altro modo per fregarti, anziché un ricatto da parte di qualcuno»

 

«Non penso avrebbe molto senso, se fosse come dice» - intervenne Kaitō, attirando lo sguardo del cecchino e del piccolo rivale - «Ieri sera, sono venuto in questo stesso Hotel ed ho consegnato a Fujiko-san il diamante che avevo rubato impersonando Lupin, non avrebbe motivo per farselo riconsegnare da Lupin stesso non credete?»

 

«Hmph… per umiliare Lupin, quella farebbe questo ed altro!»

 

«Anch’io la penso come lui» - ribatté Conan convenendo con KID - «Oltre al fatto che non sarebbe logico. Credo che le foto siano autentiche. Potrei chiedere per sicurezza all’agente Takagi di informarsi su eventuali incidenti avvenuti, con una macchina simile, da queste parti; senza contare che troverei molto strano che la persona che ha ottenuto il diamante, chieda a qualcuno di “portarglielo”. Insomma avrebbe potuto nasconderlo ovunque per poi tornarlo a prendere in un secondo momento. Questa a me sembra quasi la richiesta di qualcuno… che non sa dove si trovi il gioiello oppure si aspetta sia ancora nelle mani dell’esecutore del furto.»

 

«Ha senso...» - mormorò Lupin.

 

«Senti, per curiosità, quello è il suo cellulare?» - chiese Conan, facendo capire si riferisse a Fujiko, con il pronome personale. Egli annuì, dunque il bambino proseguì chiedendo - «E si può sapere dove l’hai trovato?»

 

«Nella sua stanza, sotto un cuscino.»

 

«E la porta della stanza era aperta?» - chiese ancora il piccolo.

 

«Sì esatto. Ma perché tutte queste domande inutili genietto? Non abbiamo mica tutto il giorno. Vorrei solo capire chi mi ha tirato fango addosso e se Fujiko è realmente in pericolo oppure no. Non ti ho chiamato qui per perdere del tempo prezioso!»

 

Il detective ruotò gli occhi infastidito - «Non è una perdita di tempo! Conferma la mia teoria ed a dispetto della tua facciata, dovresti esserci arrivato da un pezzo se è così. Vedi?» - disse il ragazzino, andando ad ingrandire una delle immagini - «Quella non è la chiave della stanza di questo albergo? E ovvio che la stessa persona che vuole mettere le mani sul diamante, l’ha usata per introdursi nella stanza della donna, nascondendo il cellulare. Probabilmente avrà anche cercato il gioiello, fallendo...»

 

Attaccò dunque KID, completandone il ragionamento - «Pensando quindi che non doveva essere ancora entrato in possesso della ladra, come aveva inizialmente ipotizzato, ne ha dedotto quindi dovesse trovarsi ancora nelle mani di Lupin e rendendo necessario uno scambio di questo tipo.»

 

L’espressione di Lupin a quel punto si illuminò di colpo - «Ma certo, Fujiko l’ha nascosta, in risposta al tuo scherzo idiota con il registratore! Ecco perché quel tale non l’ha trovato pur avendo avuto acceso alla sua stanza d’albergo.»

«E nel chiedere a Fujiko dove ha messo il diamante, lei avrà risposto scaricando la responsabilità su di te, come sempre.»

 

Arsené ebbe un moto di fastidio, in ogni modo cominciò a lavorare per rintracciare la fonte da cui provenivano i messaggi. Come riteneva più che prevedibile, provenivano da un cellulare usa e getta, per tanto non erano rintracciabili e quindi tentare di proseguire in quella direzione si sarebbe rivelato infruttuoso di partenza.

«A proposito, neppure io sono riuscito a trovarlo, il diamante… tu invece?»

Kaitō scosse la testa - «Non c’è n’era traccia, purtroppo» - disse.

Esternò un leggero sospiro, mentre Jigen decise di rincarare la dose con un ennesima affermazione sarcastica.
 

«Dunque ricapitolando: hanno sfruttato il tuo nome per rubare un gioiello, sei sospettato di omicidio di uno che non hai mai visto in vita tua, ed ora devi trattare con un tizio di cui non sai niente, probabilmente alleato di Fujiko che ti chiede di prendere quel diamante e consegnarglielo per chissà quale motivo. Un diamante che per giunta, noi non abbiamo. Eh sì, è proprio come dici tu Lupin, siamo proprio a cavallo. Su di un cavallo cieco ed imbizzarrito direi.»

 

Il sicario esternò una risatina finendo il suo drink ed allontanandosi, proprio in quel frangente, i cellulari di Kaitō e Conan notificarono ai rispettivi proprietari l’arrivo di una mail. Il viso del detective occhialuto s’illuminò con un sorriso furbesco, rispondendo alla precedente affermazione di Jigen:

 

«Mi dispiace contraddirti Paparino, ma potremmo avere davvero qualcosa in realtà. Quando Takagi ha nominato questo “responsabile della distribuzione”, visto quanto era rimasto sul vago, ho pensato bene di chiedergli di approfondire ed a quanto pare è saltato fuori un nome...»

 

«E qualcosa mi dice grande detective, che si tratta dello stesso, scovato dal mio complice un momento fa dopo una ricerca sul nome della ditta impressa su quelle casse di vongole importate.»

 

Il mago dette un counter a partire da tre, e giunti all’uno, i due girarono i rispettivi cellulari nella direzione dell’altro. Non c’era dubbio fossero giunti al medesimo risultato, che Lupin si sporse a sbirciare, visti i sorrisi marcati disegnatisi sulle labbra dei giovani.

 

««Thomas Benjamin»»

 

Anche il ladro in giacca rossa, sorrise divertito. Finalmente avevano una pista concreta. Iniziò in primo luogo a tentare di rintracciare delle e-mail che contenessero al proprio interno il nome “Thomas”, ma non ebbe fortuna. Rese dunque visibili tutte quelle cartelle che Fujiko poteva aver nascosto sul dispositivo, non trovando purtroppo per lui, nulla di utile. L’uomo che ha voluto mantenersi nell’anonimato, aveva prima pensato bene di cancellare ogni tipo di dato anche solo vagamente compromettente da quello smartphone, però quello non era di certo un buon motivo per il quale arrendersi. Mentre aspettava che Jigen giungesse all’hotel con il ragazzino, lui ed il ladruncolo dal mantello bianco, avevano perquisito attentamente la stanza n° 315, con non pochi attriti, ma molta cura, rintracciando una pendrive copiata da Lupin su di un hard disc esterno. Dall’analisi dei file contenuti all’interno – ovvero quelli precedentemente raccolti da lui stesso, più alcune modifiche recenti – non era saltato fuori nessun “signor Thomas”; questo perché Fujiko esattamente come lui non era una sprovveduta. Appurato di non riuscire a ricevere nuove informazioni da quel telefono, il principe dei ladri collegò ad una seconda porta USB del portatile una specie di chiavetta, pescata da una tasca interna della giacca.

 

«Sapete cosa fa di un buon ladro un mago eccezionale?» - fece una piccola pausa, assicurandosi di aver catturato l’interesse di entrambi i liceali - «L’avere sempre… un asso nella manica!»

 

Detto ciò, ebbe accesso al motore di ricerca web, inserendo una certa e-mail, richiedendo però assistenza per la password dimenticata, cambiandola così da poter effettuare tranquillamente l’accesso una volta inserito il codice di verifica arrivato sul cellulare che aveva a pochi metri da sé. Intanto i due ragazzi di età diversa e fisicamente pressoché identici, dimostrarono di non aver apprezzato la battuta, specialmente Kaitō che in quanto prestigiatore si sentì punto sul vivo.

 

«Ma dai… dici sul serio?»

 

«Però come siamo permalosi; intendevo che bisogna avere sempre a portata di mano gli strumenti giusti e non bisogna mai darsi per vinti. Ma soprattutto… Prima regola di un ladro: fare sempre una copia di potenziali dati sensibili, lì dove nessuno potrà mai distruggerli.»

 

Accedette dunque al servizio di archiviazione digitale collegato a quella specifica e-mail, trovando varie cartelle criptate e protette da password. Se avesse dovuto fare tutto da solo, andando a tentativi ci avrebbe messo un’eternità, lo sviluppo della tecnologia aveva reso la vita più semplice anche ai ladri: la chiavetta inserita nella porta USB difatti conteneva un software in grado sia di rintracciare password,che di decrittare ogni genere di dati. Avrebbe dunque con un solo programma ottenuto ogni sorta di conversazione e file che la collega si era premurata di rendere inaccessibili, gli bastò inserire i dovuti input all’interno di quel piccolo gioiellino, che emetteva una soffusa luce blu ed aspettare la fine della procedura. Nonostante avessero competenze informatiche i due ragazzi rimasero in silenzio a guardare il Lupin procedere attraverso le varie operazioni; Kaitō non aveva bisogno di un armamentario simile che poteva agire da remoto, preferiva decisamente muoversi sul campo, correndo qualche rischio in più, avendo però anche la certezza di non lasciare tracce facilmente rintracciabili dagli esperti del settore, per Conan fu comunque un informazione utile da scoprire, sia mai avesse potuto tornargli utile contro l’organizzazione conoscere le applicazioni di un aggeggio di quel tipo. Dopo un’attesa di circa una quindicina di minuti, il processo era completo e Lupin ebbe finalmente accesso alle cartelle, sperava colme di segreti appartenenti alla sua maestra d’intrighi preferita.

 

Bastarono pochi secondi di ricerca perché individuasse una cartella corrispondente al nome di quell’individuo, tutto sommato quindi non aveva speso del tempo inutilmente. Forte di questo fatto, mentre Jigen era intento a consumare una sigaretta, Lupin che i suoi due compari acquisiti, cominciarono a ricercare tra i documenti accumulati da Fujiko, la quale era stata previdente, passando a setaccio Thomas Benjamin, come anche le informazioni sulla vittima Yazici Erol. Ci misero una buona mezz’ora per leggere il materiale accumulato, e quando Lupin chiuse il coperchio del portatile voltandosi nei confronti del suo collega e del piccolo detective, i tre avevano pressoché la medesima espressione: quella di chi è consapevole di poter finalmente affrontare un nemico a viso aperto.

 

«Signori… visto che il nostro amico ha tutta questa voglia di vedermi stasera, gli daremo ciò che vuole. Prevedo una batteria di scoppiettanti fuochi d’artificio. Tenetevi pronti.»
 

 

Il molo era attorniato da una sottile nebbiolina. Dava un’atmosfera più misteriosa al luogo e benché non sarebbe stata in grado di nascondere la presenza di ulteriori individui tra i vari cassoni semi vuoti e le poche barche a motore attraccate, era comunque in grado di far correre un brivido lungo la schiena a causa ovviamente delle particelle d’acqua in sospensione nell’atmosfera, In quell’ambiente, Lupin III, con le mani ben affondate nelle tasche frontali dei suoi pantaloni, con una postura composta nonostante il gran freddo della sera, fece il suo ingresso dall’entrata principale, dopo aver forzato i catenacci ed i lucchetti di sicurezza presenti all’ingresso, avanzando a passo deciso sul cemento, fino a raggiungere la zona di scarico dove era avvenuto il furto del Fiorentino ed il successivo ritrovamento del cadavere. La zona era ancora recintata dal nastro giallo, e l’uomo dalle basette pronunciate, non appena fu giunto a destinazione, stando attento a non avere accesso alla zona inscritta in quel perimetro, cominciò a guardarsi intorno con circospezione. Sembrava davvero non esserci nessuno lì oltre a lui. Dette un’occhiata fuggiva all’orologio: segnava le 23:25, era in anticipo, quindi non c’era poi nulla di strano in quella desolazione. Fece avanti ed indietro lungo la linea verticale tirata dal nastro giallo. La scientifica ed i poliziotti avevano ripulito ogni traccia del corpo, sembrava quasi come se non ci fosse mai stato, anche il carico era stato ovviamente portato via, il nastro era lì probabilmente per precauzione, per intimare agli operai di non avvicinarsi troppo a quell’area la mattina seguente, quando sarebbero tornati a lavoro; un omicidio per quanto orrendo, non fermava di certo l’economia di un mondo che gira ormai, solamente attorno alle ricchezze. Passarono ormai cinque minuti buoni e dell’individuo misterioso ancora nessuna traccia.

 

«Hmph! Che tipo… Prima mi impone un orario e poi questo tale è il primo a non rispettarlo.» - sbuffò l’uomo, generando una lieve condensa in aria - «E poi dicono che sono i ladri a non essere persone affidabili...»

 

Dopo dieci minuti di attesa finalmente, qualcosa si mosse in quell’area tranquilla. Il rumore di un motore divenne udibile, una lancia si avvicinò alla banchina del porto, quando l’imbarcazione si fermò, un uomo con indosso un completo elegante, vi scese dopo essersi assicurato che la sua barchetta fosse ben ferma, con una mano in tasca e l’altra lungo il fianco, avente dei capelli castani tagliati molto corti ed in viso aveva un paio di baffi folti e ben curati, con indosso un completo marrone, una camicia azzurrina, una cravatta blu scuro e scarpe di un marrone lucido, si avviò verso il centro del molo, per porsi esattamente in parallelo rispetto al principe dei ladri. Lupin sorrise a quella vista, ed estraendo la mano destra dalla tasca, fece un cenno alla figura dell’uomo. Nel palmo teneva una scatolina di colore lilla, al cui interno era stato posizionato, il Fiorentino, coccolato da una soffice imbottitura di tessuto.

 

«Salve!» - salutò il ladro - «Immagino sia lei l’uomo misterioso che mi ha fissato questo incontro, è stata una fortuna per lei che non avessi programmi per la serata. Le ho portato il diamante! Però credo ci sia qualcosa che manca, lei non crede?»

L’uomo esternò una lieve risatina - «Se è alla signorina Fujiko che allude, non si preoccupi, sta benissimo. Quello della mail, non era altro che un bluff. In questo momento, starà brindando alla sua salute, su di un volo diretto per Parigi, con del delizioso vino rosso. Passiamo alle cose serie. Non avrei mai immaginato di poter operare uno scambio con un uomo della sua levatura. Il famigerato Lupin III, sono davvero onorato.»

 

Con il suo fare ironico, il citato Lupin, compì un inchino accennato, sorridendo - «Oh, lei mi lusinga, ma passando per Fujiko, non potrà dire certo si tratti di un incontro casuale; ad ogni modo, anch’io sono lieto di conoscere colui che ha avuto la faccia tosta di incastrarmi...» - fece una piccola pausa, prima di aggiungere - «Dico bene, signor Thomas Benjamin?»

 

Intercorse un breve silenzio tra i due in cui si fissarono in silenzio, con dei sorrisi spavaldi incastonati sulle labbra.


«Molto bene. Vedo che ha avuto modo di prendere informazioni sul sottoscritto. Se è così, possiamo anche scoprire le carte, non crede anche lei? Sappiamo entrambi che nessuno dei due ha deciso di venire qui disarmato. Ho dei mercenari appostati in quei cassoni che la tengono sotto tiro da quando ha messo piede sul molo e potrei scommettere la testa che anche lei ha portato con sé degli amici. Mi lasci indovinare? Jigen Daisuke è qui per coprirgli le spalle. Mi porti il diamante e cerchi di non fare scherzi, lo dico per il suo bene.»

 

Thomas sembrava molto sicuro di sé, ma anche Lupin non era da meno. Pareva piuttosto tranquillo.

 

«Non si preoccupi, anzi. Non mi muoverò di qui e lei avrà il suo gioiello. Prima però vorrei rispondesse solo ad una domanda: Perché si è dato tanto da fare per incastrarmi? Le ho per caso fatto un torto di cui non sono a conoscenza? Anche se mi sembra piuttosto strano, visto che non sapevo neppure chi fosse lei, fino a qualche ora fa.»

 

L’uomo nel completo marroncino, ghignò di fronte a quell’interrogativo - «Perché no. Non abbiamo fretta. Glielo spiegherò, merita una spiegazione. Dopotutto mi ha riportato ciò che era mio di diritto. Mi pare il minimo soddisfare la sua richiesta»

 

Thomas portò una mano verso la tasca posteriore dei suoi pantaloni, allora Lupin fu subito invogliato a fare la medesima cosa, per recuperare la sua pistola con la mano libera e quindi un certo margine di “vantaggio”, salvo vedersi giungere addosso diversi puntatori laser mirargli alla fronte, allo stomaco ed al cuore. A quanto pare quello dei mercenari non era un bluff, aveva davvero dei tiratori appostati nei paraggi.

 

Tsk...”

 

Sollevò dunque la mano sinistra in aria, in modo da renderla ben visibile dall’altra parte - «Va bene… va bene. Stiamo calmi. Se ha tanta fretta, posso consegnarle il diamante subito, anche perché ho la netta impressione, lei abbia intenzione di uccidermi una volta concluso il suo racconto...»

 

«No, assolutamente, non guadagnerei nulla dal toglierla di mezzo Lupin; però vorrei fosse ben chiaro a lei ed al suo collaboratore, che ogni mossa azzardata ha un prezzo. So ciò di cui siete capaci e dal momento che non voglio sorprese, mi permetta di prendere queste piccole precauzioni. Non voglio ritrovarmi una pallottola in corpo, tanto quanto non lo vuole lei.»

 

Il ladro dalla giacca rossa, sorrise spigolosamente inclinando appena il capo da un lato - «Abbiamo una cosa in comune… neppure io sono un’amante delle sorprese.»

 

Lupin si dette un rapido sguardo attorno, il tale non aveva torto, anche Jigen si era appostato in quello spazio, più precisamente nel magazzino, a bordo in un muletto. Stava ascoltando la conversazione tra l’uomo ed il suo amico, grazie ad una trasmittente che ladro KID aveva applicato sul retro della cravatta del collega, fornendogli un auricolare per l’ascolto. Sapeva di dover entrare in azione non appena avrebbe sentito affermazioni di sgomento o eventuali spari. A proposito di KID, era riuscito a nascondersi sfruttando la presenza di un telo posizionato su un gruppo di scatoloni disposti sul molo, per cui avrebbe potuto intervenire, appena le cose si sarebbero scaldate a dovere.

 

«Ne sono lieto, dunque, cominciamo dal principio. Parliamo del gioiello che sta tenendo in mano e di come abbia distrutto un’amicizia, portandoci quindi davanti a questo epilogo.»

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Capitolo 5
*** #5 - Il crimine non ripaga ***


#5 – Il crimine non ripaga

 

【Flashback】

 

Thomas cominciò a narrare di come lui ed Erol si fossero conosciuti durante un gruppo di scavi tenutasi in Cina, con l’obiettivo di riportare alla luce un gruppo di antiche tombe appartenenti ad una famiglia nobile. Per compiere l’impresa, vennero riuniti diversi professionisti da tutto il mondo, per ridare respiro a quel luogo di culto, rimasto inviolato da secoli. L’uomo d’affari e l’imprenditore ittico, erano allora entrambi archeologi impegnati in quell’operazione sul campo. Si conobbero e strinsero un bel rapporto di amicizia, entrambi giovani, competenti nel loro campo, ed entrambi con il sogno di poter fare una grande scoperta che potesse scolpire i loro nomi, nella storia, magari l’uno accanto all’altro. Parlavano spesso del futuro, in quale impresa gettarsi prossimamente, al termine di quelli scavi tanto importanti, cui sarebbero durati parecchio, o almeno queste erano le voci che giravano tra i membri del team di lavoro.

 

≤Quindi Thomas, ci hai già pensato, alla proposta che ti ho fatto?≥ - domando il giovane dalla carnagione olivastra al compagno europeo

 

≤Ah, la storia di quel diamante scomparso? Bé, è allettante, ma… sicuro le tue informazioni valgano la fatica? Insomma, siamo bene o male ancora alle prime armi… Tanti nostri colleghi più esperti hanno setacciato quell’area senza successo, e tu dici che saremo noi a rinvenirlo?≥

 

≤È vero, l’hanno cercato, ma non sono riusciti a trovarlo. Non conoscevano il punto esatto. Alle volte è questione di fortuna. Le informazioni sono buone, quindi sì, noi lo troveremo.≥ - detto ciò l’uomo alzò il proprio bicchiere e propose un brindisi con il suo compagno di avventure - ≤Al nostro futuro successo!≥

 

I due uomini dunque lavorarono sodo, verificando le informazioni ottenute e rinvenendo il famoso “Giallo Austriaco”, accordandosi di comunicare la scoperta a nome di entrambi, poco tempo dopo, il tempo necessario per effettuare opportune verifiche che datassero correttamente la pietra giallastra rinvenuta dai due. CI vollero diversi mesi prima che la scoperta poté dirsi ufficiale ed il gioiello passò tra le mani di diversi gioiellieri, controllandone le condizioni, il taglio; venne dunque fissata una data in cui comunicare la scoperta a livello ufficiale, ma fu proprio alla vigilia di quell’avvenimento che qualcosa cambiò. Thomas non trovò più il giovane turco da nessuna parte, sembrava sparito nel nulla. Aveva lasciato il suo appartamento ed il ragazzo francese venne poi a sapere che aveva presentato domanda per poter abbandonare gli scavi a causa di un problema personale, tornando al proprio paese, in Turchia. Solo diverso tempo dopo, Erol inviò a Thomas una lettera in cui gli comunicava d’aver ricevuto una proposta allettante per il gioiello e che quindi aveva deciso di coglierla al volo. L’ultima frase dello scritto rivoltogli, recitava: “Sono sicuro mi capirai Thomas, non preoccuparti avrai la tua parte”.

 

Anche Benjamin sui discostò presto dall’archeologia, tornando agli studi per poi divenire imprenditore, arrivando al suo ruolo di gestione delle importazioni per un azienda nel settore della pesca. Erol invece, si specializzò in finanza, coltivando solo in parte il suo interesse per l’archeologia. Nonostante gli sarebbe stato di certo riconosciuto il merito della scoperta del diamante, non la rese pubblica se non diversi anni dopo, acquistando una fama più che consolidata. Thomas sospettò che qualunque fosse la “proposta allettante” ricevuta, implicasse il passaggio di diversi anni; di modo che qualunque altro individuo coinvolto, non potesse infine appellarsi alle dichiarazioni che avrebbe fatto Yazici in futuro. Qualunque genere di prova sarebbe stata facilmente bollata come una chiacchiera di poco conto, soprattutto perché non esistevano prove concrete del fatto che avessero preso parte all’iniziativa insieme e di comune accordo. Non estivano documenti, solo parole ed accordi informali presi da due giovani amici, con molte aspettative in comune. Benjamin era stato tagliato fuori dunque, senza alcuna possibilità di appello. Il francese tuttavia non aveva intenzione di arrendersi, rimuginò a lungo su come fargliela pagare in qualche modo, mentre faceva carriera nel mondo dell’imprenditoria. Per un colpo di fortuna, fu proprio l’oggetto della sua vendetta a contattare l’europeo un bel giorno. Yazici aveva bisogno letteralmente di un “porto sicuro” in cui far viaggiare il suo prezioso ritrovamento di diversi anni prima. Benjamin decise ordunque di accettare, fissando tra loro un incontro nel nello stabilimento principale della ditta in cui lavorava nel Nord della Francia. Erol programmò dunque una breve vacanza, in modo da riuscire ad incontrare quanto prima la sua vecchia conoscenza. Forse sperava di riesumare il nome di quella “antica amicizia” spezzata, da bravo archeologo qual’era stato.

 

I due s’incontrarono dunque nello stabilimento designato e Benjamin lo condusse nella zona in cui venivano preparate le casse per la spedizione in territorio straniero; nessuno poteva disturbarli, poiché quello scelto per l’incontro era un giorno festivo, per tanto lo stabilimento era chiuso, in quella data.

 

≤Quindi, pensi che si possa fare, Thomas? Inserire il diamante nel doppio fondo di una cassa...≥ - domandò l’uomo turco, massaggiandosi insistentemente le mani, probabilmente nervoso per la richiesta che stava facendo all’ex amico e collega.

 

≤Certo! Una volta chiuse, le casse non vengono riaperte sino al loro arrivo, in loco. Non hai di che temere, sarà al sicuro.≥ - rispose in tono affabile e con un sorriso accondiscendente sulle labbra, l’uomo dai capelli castani.

 

≤Ah, ne ero sicuro! So che non è per nulla paragonabile a ciò che ti ho fatto passare, ma ti pagherò bene per questo favore. Non temere.≥ - rise rincuorato, l’uomo dai capelli corti e scuri.

 

Thomas era detentore di un’arma da fuoco e di un porto d’armi per passione, quel giorno, aveva deciso di portarla con sé. Una nove millimetri. Quella frase fu il pretesto ideale per fargliela estrarre dalla fondina posta all’interno della giacca.

 

≤Ben detto… Erol. Non è paragonabile. Dovrai pagare un prezzo, più alto.≥

 

Yazici si voltò, per chiedere cosa volesse dire, o che se voleva poteva essere il francese a proporre un prezzò, in quel momento, l’uomo si trovava vicino ad un’unica cassa rimasta aperta, contenete dei molluschi. Cosa estremamente insolita, visto che per l’appunto, la fabbrica era chiusa in quei giorni. Quando il colpo di pistola venne sparato, Erol cadde nella cassa, uno schizzo macchiò il coperchio, diversi altre goccioline di sangue schizzarono sul pavimento, ma non avrebbe avuto importanza. Munito di guanti e dell’occorrente per igienizzare il posto, Thomas chiuse quella cassa gelida riempita di ghiaccio secco, con gran cura, dopodiché si impegnò a rimuovere le tracce dell’omicidio avvenuto, ripulendo gli schizzi di sangue. Prima di tutto ciò, aveva naturalmente provveduto a disattivare le telecamere di sorveglianza presenti nell’area. Se tutto fosse andato secondo i suoi calcoli. Il giorno seguente, il cadavere sarebbe salpato per il Giappone e dal suo ritrovamento, ci avrebbero messo un po’ ad identificarlo. Thomas non toccò il diamante, quello sarebbe stato compito di una professionista. Aveva infatti fatto la conoscenza, di una particolare donna cui accompagnava da ormai qualche mese Erol Yazici, ella rispondeva al nome di Fujiko; scoprì parlando di lei con Yazici, in maniera informale, chi fosse in realtà. La donna aveva avvicinato il truffatore, perché aveva mire sulla grande scoperta fatta dal turco. Quindi perché non fornirle l’occasione per recuperarlo? Le inviò una lettera proponendole un invito ad una cena a base di pesce, ed una proposta allettante: “Vorrebbe sapere, come mettere le mani sul diamante dorato? Credo di avere un carico che fa al caso vostro, mademoiselle Fujiko Mine”.


Lui le espose tranquillamente che il suo unico desiderio era far perdere a quell’uomo, quel prezioso con cui gli aveva rovinato la vita. Non importava che fine facesse, l’importante era che non lo possedesse più Erol, disse. Dunque se fosse riuscita a rubarlo, Fujiko avrebbe potuto tenerlo e farne ciò che voleva. Per lo meno, era ciò che lei avrebbe dovuto credere fino alla fine. Anche Fujiko confessò di voler attuare una piccola vendetta, attribuendo la responsabilità del furto a qualcun altro. I due brindarono allegramente alla buona riuscita delle rispettive “vendette surgelate”. Thomas Banjamin, era sì un tipo paziente, ma non il tipo che ama stare con le mani in mano. Partì anche lui per il paese del Sol Levante, per poter assistere all’impresa anche se indirettamente, attendendo il momento giusto per riprendersi ciò che era suo. Dopotutto non aveva mai detto di voler rinunciare a Giallo Austriaco. Questo – nonché il fatto che ella sapesse dei rapporti che collegavano il defunto Yazici a Thomas – portò naturalmente l’uomo a prendere la decisione di manomettere i freni dell’auto presa a noleggio dalla ladra, per eliminare quello che sarebbe stato, un testimone davvero scomodo.

 

«Peccato non abbia trovato il diamante nella sua stanza d’hotel altrimenti non vi avrei certo scomodato, spingendovi a venire sin qui.» - ammise amaramente scrollando le spalle.

 

«Ha pensato quindi l’avessi io. Ed ora sì, che ha dei testimoni scomodi da eliminare. Non prendiamoci in giro. Si è già sporcato le mani, non vedo perché trattenersi ora.» - sorrise beffardo il ladro in giacca rossa - «Lei si è sentito derubato da un suo amico, ed ha provocato un incidente a Fujiko che doveva essere la sua complice. È evidente lei disprezzi quelli come noi, anche se in questo momento, mi dispiace dirglielo, anche lei è diventato un ladro. Anzi, lei è un assassino signor Thomas, il che è molto peggio!»

 

L’espressione del volto dell’uomo si deformò notevolmente per la rabbia. Gli occhi sembravano bruciargli nelle orbite, mentre gli si corrucciò la fronte - «Adesso ne ho abbastanza, Lupin! Avanti, dammi il diamante e non riempirti la bocca. Siete il genere di persone senza scrupoli che non possono permettersi di fare la morale a chi che sia!»

 

Lupin alzò gli occhi al cielo, per poi sospirare - «Touché! D’accordo, allora…!» - l’uomo si mise di lato, piegando ed alzando la gamba sinistra e la mano destra, dove stringeva la custodia contenente il diamante - «Allora, al volo!!»

 

Detto ciò, Lupin lanciò energicamente la scatolina, davanti allo sguardo incredulo di Thomas, che volle tentare di prenderla, ma allo stesso tempo non voleva abbassare la guardia verso il ladro, dunque rimase semplicemente con lo sguardo all’insù. Lupin dal canto suo non perse tempo, estraendo la sua Walker e sparando un colpo verso la scatolina.

 

«S-Sei un pazzo!»

 

Quando il proiettile colpì la scatolina perforandola, questa esplose in una folta cortina di fumo bianco che invase il molo temporaneamente.

 

Tossendo, Thomas urlò ai suoi mercenari appostati - «Merda, sparate!!»

 

In quella cortina di fumo, si poté udire nitido il suono di un motore, Jigen era partito a tutta birra con il muletto, ed anche se aveva una visuale minima, cominciò a sparare ai tiratori. Mentre il sicario era impegnato a fermare i mercenari, KID approfittò del passaggio per sparare contro Thomas che ripresosi stava mirando in direzione di Lupin. Una delle carte del ladro in bianco disarmò l’uomo in completo marrone, che vide la sua pistola cadere nella baia del portò.

 

«Non diceva di non guadagnare nulla dall’ucciderci. È proprio un ladro sa? Noi viviamo di bugie.» - sorrise spavaldo Kaitō, dando uno sguardo al suo collega più esperto - «Se davvero vuole il vero diamante, dovrà venirlo a prendere.» - lo intimò il mago, facendo apparire nella mano sinistra una scatolina identica a quella lanciata in aria poco prima.

 

Il suo commento, tuttavia venne prontamente ignorato da Thomas, il quale vedendosi accerchiato, poiché Jigen aveva messo fuori gioco i suoi scagnozzi, si precipitò verso la barca tentando di scappare a largo. Era stato sconfitto su tutta la linea, quindi il modo migliore di spuntarla, era quello di battere in ritirata. Una volta allontanatosi, prese il cellulare dalla tasca e compose sul tastierino il 110, il numero per chiamare la polizia.

 

«Me la pagherete… io non sono uno sporco criminale come voi, mi sono solo ripreso quello che era mio di diritto… me la pagherete… denuncerò la vostra posizione e poi...» - Thomas deglutì - «Chi crederebbe mai a dei criminali internazionali, non hanno la minima prova contro di me… Sì, sarò io ad averla vinta senza ombra di dubbio… Ah… Ahahah… Ahahahahahahaha!»

 

Qualche istante dopo, l’uomo udì un click alle sue spalle: «L’ho portato nella sezione import-export di cui sono a capo ed allora Erol mi ha offerto dei soldi… soldi che sarebbero dovuti essere anche miei! Allora gli ho sparato, è stata una gran fortuna, avere proprio una Walker P38 […] Ho manomesso i freni dell’auto, non potevo cedere il diamante a quella donna, dopo tutta la fatica che ho fatto […] Tu, Lupin non eri calcolato, ma se posso uscirne pulito, allora meglio per me!»

 

L’uomo si voltò lentamente con espressione stranita. Gli occhi di Thomas, incontrarono la figura di un bambino occhialuto con in mano uno smartphone con un audio in riproduzione, ed un sorrisetto sornione in viso.

 

«Non ci sono prove? Fossi in lei non ne sarei così sicuro, signor Thomas...»

 

«Chi diavolo sei moccioso!» - sbottò l’uomo, corrucciandosi.

 

«Edogawa Conan, sono un detective!» - rispose senza esitazione il ragazzino, guardando l’uomo con gli occhi azzurri pieni di convinzione.

 

Thomas sembrò voler caricare il bambino per rubargli di mano il cellulare, distratto da Conan, l’uomo non sentì il rumore di una moto d’acqua diretta verso la barca a motore che procedeva diritta. Sulla moto di erano: Fujiko alla guida che dava gas a più non posso mentre Goemon era appollaiato alle sue spalle, armato della sua fedele Katana. L’azione di fece davvero frenetica nei momenti successivi: la moto d’acqua schizzò di fianco alla barca, Fujiko prese Conan circondandolo al volo con il braccio destro, per sottrarlo all’aggressione del tale, mentre Goemon smontò dalla moto d’acqua per foderare la sua spada, si portò poi in un attimo sulla parte della barca dove era posto il motore, saltando di nuovo in sella alla moto, il tutto nel giro di pochissimi secondi. Aveva tagliato la barca a metà, in maniera parallela all’uomo – ovvero lungo la larghezza – facendo anche a brandelli i suoi abiti e fornendogli addirittura una visita gratuita dal barbiere, nel processo. Benjamin Thomas dunque si ritrovò a cadere in acqua, quasi non capendo come ci fosse finito. Fujiko, fermò la moto, guardandosi indietro, con un sorriso malizioso.

 

«Bonsoir cherì, andavi da qualche parte?» - domando ironica la ladra - «Spero tu abbia apprezzato la bambola che ho usato come controfigura.»

 

Dopo aver anestetizzato Thomas con un ago soporifero, egli venne legatp come un salame ed imbavagliato da Goemon, lasciandogli poi il suo posto sulla moto d’acqua, mentre il samurai, utilizzò un pezzo di legno della barca ancora a galla per remarsi nuovamente fino al porto.

 

Mentre la moto d’acqua con a bordo Fujiko, Conan ed il colpevole, il samurai intento a remare con la Zantetsu-ken riposta nel fodero, sbuffò - «Non pensavo sarei mai arrivato a tanto… questa spada non merita tanta vergogna.»
 

«Lupiin!»

 

«Fujiko-chan! Bentornata!»


DI ritorno verso il molo, Fujiko posteggiò il veicolo lasciando finalmente la presa sul piccolo Conan, ed adagiando l’uomo rimasto in boxer, al sicuro, nel frattempo, Lupin e gli altri la raggiunsero, Jigen si occupò prima di spostare l’uomo privo di sensi n po’ più in dentro rispetto a dove Fujiko l’aveva scaricato al principio del pontile, poi notò che fine avesse fatto Goemon e ridacchiando, si pose una mano sul cappello, per poi inforcare la moto d’acqua a sua volta.

 

«Ho capito, recupero Goemon e tagliamo la corda prima di voi» - commentò Jigen accendendo il mezzo ed allontanandosi.

 

«Ottimo Jigen! Ah e ringrazia Goemon da parte mia! Digli che vi offro un pranzetto coi fiocchi!» - asserì Lupin, salutando il fido compagno con la mano mentre si allontanava.

 

Intanto Conan si era allontanato per chiamare effettivamente la polizia, e richiamarla sul luogo in modo che potessero arrestare il criminale - «Le pattuglie sono di strada.» - informò il gruppo di ladri, che si dette una fugace occhiata vicendevolmente.

 

Poi Lupin annuì a sé stesso con aria soddisfatta - «Bene, direi che il nostro lavoro qui è finito! Possiamo anche andarcene ora.» - asserì il ladro, per poi voltarsi verso KID e tendergli la mano - «Ma prima...»

 

Il mago dal mantello bianco assottigliò lo sguardo - «Cosa?»

 

«Non fare il finto tonto. Il diamante autentico… Dammelo!» - lo intimò Lupin con aria seria.

 

«Mpfh… non so dove sia. Non posso darti qualcosa che non ho. E poi non è il gioiello che sto cercando, quindi piuttosto se l’avessi, lo restituirei.» - affermò stizzito Kaitō con un ostentata aria di superiorità dipinta in viso.

 

«Cos’è quell’aria impertinente? Guarda che questo non fa altro che dimostrare quanto tu sia un pivello sai!» - ringhiò Lupin tentando di fare a sua volta la voce grossa.

 

«Bé, a dispetto di tutto questo “pivello” ha fatto un buon lavoro con quel furto. Hanno comunque pensato fossi tu.» - sorrise il mago divertito.

 

«Hmph! Non farmi ridere, un lavoro del genere potrei portarlo a termine bendato e con mani e piedi legati, razza di marmocchio che non sei altro!»

 

Il rumore di un motore interruppe il confronto tra i due, poterono osservare Fujiko in sella alla sua Harley Davidson, nascosta in precedenza della ladra.. Ella sorrise verso Lupin, il mago ed il bimbo con gli occhiali.

 

«Bene ragazzi, è stato un piacere fare affari con tutti voi!» - rivolse loro un sorriso seducente ed ammiccò dicendo - «Allora alla prossima Kiddo-sama e spero di rivedere presto anche a te piccoletto! A presto!»

 

La donna fece un sinuoso movimento con il busto ed una catenina che aveva appesa al collo, si mosse. Alla luce della luna, il Fiorentino brillò di giallo dorato, poggiandosi poi sul seno prosperoso della ladra. Poco dopo, dette gas e si dileguò nella notte, spalancando con irruenza il cancello del molo. In lontananza cominciavano a farsi udibili le sirene delle volanti della polizia, sia Conan che KID non parvero per nulla sorpresi. Dunque in fin dei conti, dopo l’incidente al quale era sopravvissuta, era tornata in fretta e furia a recuperare la pietra, per poi riorganizzarsi. Dunque la pietra era stata in suo possesso per tutto il tempo, ecco perché nessuno era riuscito a rinvenirla. Aveva saputo dell’operazione contattando Jigen e quindi si era coordinata in gran segreto, in modo da farla pagare all’uomo che aveva tentato di ucciderla e come al solito, senza troppe cerimonie, aveva deciso bene di tagliare la corda a missione completata.

 

«E quindi alla fine, Fujiko ci ha usati come al solito… mi aspettavo almeno un minimo di gratitudine, insomma qui quello che ha avuto più grane di tutti sono io!» - sbottò Lupin per poi sospirare tristemente, facendo ondeggiare la mano per aria - «Non fa niente, l’importante è che non mi vengano accollati omicidi di cui non sono responsabile!»

 

Il ladro andò a recuperare la sua Fiat, anch’essa nascosta nella zona in cui erano custoditi i muletti. Conan che era arrivato lì in skateboard lo aveva nascosto nell’unica barca a remi presente al molo e lo recuperò poco dopo, forse si sarebbe fatto dare un passaggio da una delle auto della polizia per rincasare, ma in caso contrario, non aveva di che preoccuparsi avendo con sé l’invenzione di Agasa. Kaitō poteva contare sul suo deltaplano con motore, per cui doveva solo prendere una rincorsa per spiccare il volo. I tre si radunarono ancora una volta sul molo, prima di separasi, ognuno pronto a mettersi in viaggio per la sua strada.

 

«Quindi? Hai intenzione di lasciarci liberi eh, genietto?» - domandò Lupin III con aria divertita nei confronti del liceale rimpicciolito.

 

«Bé, per una volta tu non c'entravi davvero in questa storia e visto mi hai aiutato a catturare il colpevole, potrei chiudere un occhio» - asserì Conan, squadrando prima Lupin e poi KID - «E poi non è detto che la polizia faccia lo stesso.»

 

«Dacci tregua, grande detective. È stata una serata stressante, non fare l’uccello del malaugurio!» - sospirò il mago grattandosi leggermente la fronte.

 

«Oh, giusto, marmocchio… mi stavo dimenticando di darti una cosa.»

 

Lupin frugò nel vano portaoggetti della sua auto e ne estrasse una busta di carta sigillata, che Kaitō prese tra le mani con aria alquanto perplessa

 

«Dopotutto visto che anche tu sei stato ingannato da Fujiko, non mi sembra il caso di usarle, quindi penso sia giusto che le abbia tu. Fanne buon uso.» - concluse il ladro in giacca rossa ammiccando.

 

«Che roba è?»

 

Le dita protette dai guanti, aprirono l’involucro marroncino, a pensarci bene dalla grandezza della busta, gli sembravano tanto delle foto, ed infatti intravide delle immagini da 20x30 cm., ne prese una e la alzò appena in modo che la luce lunare lo aiutasse a vedere. In pochi secondi il suo cervello processò cosa vi fosse stampato sopra e nessuna poker face poté impedirgli di mostrare almeno un minimo di imbarazzo. Mentre un tic nervoso s’impadronì del giovane mago, rimise a posto la fotografia, richiudendola e tenendo il bordo della busta con forza, per la frustrazione. Le immagini non erano molte, si trattava di cinque foto, la prima ritraeva Aoko nel proprio letto beatamente addormentata. Non sapeva come fossero le altre ed in quel frangente non gli importava neppure, la sola idea gli mandava letteralmente il sangue alla testa.

 

«Q-Queste… dove le hai prese queste?!»

 

«Ma che domanda, le ho fatte io!»

 

Affermò Lupin dimostrandosi anche piuttosto sorpreso, ci fosse stato bisogno di specificarlo.
 

«N-NANI?!?» -

 

Kaitō non si trattenne dallo sbottare contro al collega più anziano che al contrario si accese una sigaretta, con aria di chi non ha colpe, cominciando a fumare tranquillamente. Conan in tutto ciò, più che incuriosito da quello che la busta contenesse, si sorprese per la reazione di KID. Non sembrava il solito snob dall’aria impettita, al contrario pareva sconvolto, fumava di rabbia.

 

«Sì, l’altra sera quando sei scappato dalla stanza di Fujiko ti ho cercato in lungo e in largo e quando ho capito di averti perso, ero così frustrato che ho guidato verso il tuo quartiere ed ho fatto visita alla persona in questione. Ah, qui in Giappone la piccola criminalità è così limitata che tenete le finestre aperte, senza la minima preoccupazione al mondo! Vero? Scommetto che non sono il primo...»

 

Kaitō ebbe un sussulto, a cui Conan reagì con un sorrisetto divertito, quella reazione da parte del mago, l’aveva già vista. Lupin aveva colto nel segno, anche se questo non significava avesse ragione il ladro in giacca rossa. Aveva pur sempre appena confessato una violazione di domicilio compiuta la notte prima. Intanto KID sembrava essersi calmato quando snocciolò un altro interrogativo:

 

«Quante copie ne hai fatte?»

 

«Eheh, un paio. MI dispiace per te, ma anche questa è una buona regola che un ladro deve rispettare.» - ghignò maligno Arsène - «Mentre frugavo nella stanza di Hotel di Fujiko ne ho anche approfittato per copiare nuovamente tutti i miei dati. Quindi ho tutto quello che mi serve… su questo hard disc» - con aria trionfante mostrò il supporto in questione, per qualche secondo.

 

Fu un tempo più necessario, perché Kaitō gli lanciasse una delle sue carte da gioco, colpendolo al polso e facendogli perdere la presa sul supporto. Il giovane lo prese al volo e lo maneggiò qualche istante, guardandolo da ogni lato.

 

«Oh, ma certo. Quindi sono qui dentro, eh?» - così dicendo se lo gettò alle spalle, destinando il dispositivo ad un contato con l’acqua tramite un piccolo splash sordo - «… Ops, deve essermi scivolata la mano.»

 

Lupin sbiancò per qualche attimo, prima di esplodere in un’esternazione di rabbia, che lo portò quasi ad uscire dalla macchina tramite il finestrino aperto.

 

«Maledetto KID!! C’erano le foto compromettenti di Fujiko che avevo fatto tanta fatica per recuperare!!» - asserì in un grido soffocato, tentando di afferrare la cravatta rossa del mago.

 

«Che peccato… Possiamo dire che siamo pari adesso kekeke»

 

Conan osservò i due battibeccare piuttosto interdetto, in qualche modo si chiedeva come due personaggi simili, fossero nella lista dei criminali internazionali. Per quanto fossero abili, comportamenti del genere, li considerava decisamente discutibili.

 

«Senti un po’ tu...» - grugnì Lupin con gli occhi iniettati di sangue, davanti ad un KID visibilmente più rilassato. I ruoli si erano invertiti in fretta.

 

Ma altrettanto in fretta, era sopraggiunta la polizia, più di quattro auto erano dirette verso il molo a sirene spiegate, e due di queste erano occupate da due figure di conoscenza dei due ladri gentiluomini, che non persero tempo ad attirare la loro attenzione.

 

«LUUPIIIN!! Ti dichiaro in arresto!!!»

 

«KID Fermo dove sei!!!»

 

 

««Non va bene...»» - commentarono i due all’unisono.

 

Arsène desistette nel suo intento di trovare una soddisfacente rivalsa su KID, mise in moto la sua FIAT senza perdere un secondo, spegnendo la sigaretta nel portacenere dell’auto e con un sorriso, rivolse un cenno di saluto ai suoi compagni di disavventura.

 

«Va bene! Sarà per la prossima volta marmocchio, sei fortunato che abbiamo ricevuto visite così presto. Ci rivedremo anche con te genietto, una volta o l’altra. Ora se volete scusarmi...» - premette sull’acceleratore, sgommando in direzione del cancello del molo, unica via d’uscita e direzione da dove stavano arrivando le auto delle forze dall’ordine - «Devo aprirmi la strada verso la libertà!»

 

«LUPI… Eh?»

 

L’ispettore Zenigata sbiancò vedendosi piombare addosso l’auto del suo storico rivale - «Oh… indietro indietro!»

 

Il ladro riuscì nel suo intento dopo aver speronato la vettura dell’ufficiale dell’Interpol, praticamente costringendolo, quasi a collidere con l’auto guidata da Nakamori, per evitare di perdere la fiancata, la stessa manovra la dovette eseguire la pattuglia che sopraggiungeva alle loro spalle. Neppure i poliziotti in questione, si spiegarono come l’azione fu possibile senza delle conseguenze più gravi di una minima collisione. Quando Zenigata si sporse dal finestrino, si vide salutare con la mano da parte del ladro in giacca rossa.

 

«Luupiiin!!»

 

«Ciao Tottsan, quanto mi sei mancato! Ci vediamo presto d’accordo? Adieu!!»

 

Naturalmente Zenigata disse ai suoi di fare inversione, per seguire l’auto di Lupin, senza perderla di vista, facendo lui la medesima operazione. Quanto a Nakamori, intravide KID ancora sul pontile ed accelerò nella sua direzione.

 

«KID!!»

 

Il mago non attese oltre e tiro la cordicella, dando avviò al motore, l’elica cominciò a girare ed in poco tempo dopo una breve rincorsa, Kaitō volò sopra le loro teste facendo loro un cenno di saluto. Nakamori avrebbe volentieri ceduto all’impulso di imitare il collega dell’agenzia internazionale, se non avesse notato Conan che attirò la sua attenzione muovendo le breccia in aria. Sopraggiunsero poco dopo anche l’agente Satō e l’ispettore Megure. I due ladri avevano lasciato il compito al piccolo detective di relazionare l’accaduto alle autorità, essendo l’unico dei presenti in quel luogo in buoni rapporti con la giustizia.

 

Dunque il bambino delle elementari, il giorno seguente dovette saltare la scuola per fare rapporto alla polizia; la registrazione sul suo cellulare, fu la prova determinante di cui Benjamin Thomas, dovrà rispondere durante il suo processo per numerosi capi d’accusa, primi fra tutti: Furto, omicidio e tentato omicidio.

 

 

 

 

Conan: «Piuttosto… cos’era quella faccenda delle foto?»

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Capitolo 6
*** #EXTRA – Minaccia Velata ***


#EXTRA – Minaccia Velata

 

Un nuovo preavviso giunse al MoMA di New York, anzi non si trattava esattamente di ciò, bensì di una lettera di sfida, indirizzata a Mine Fujiko, con una data precisa indicata nel corpo del messaggio. L’obiettivo messo in palio – che ci si possa credere o meno – non si trovava neppure esposto in quel museo. Si trattava di una comune ossidiana, custodita in un piccolo museo alla periferia della grande mela, che di certo la donna non si sarebbe sognata di sottrarre a meno di ricevere un compenso esorbitante in cambio, tanto sarebbe stata una perdita del suo prezioso tempo, nonché una fatica sprecata. Però questa volta volle fare un’eccezione, a causa della firma apposta in calce alla lettera. Un sorriso malizioso piegò le labbra carnose ed evidenziate da un cupo rossetto rosso, che s’intonava perfettamente alla carrozzeria della sua Harley; dunque mormorò tra sé e sé:

 

«Phantom Lady, eh?»

 

Il rombo della motocicletta fece da scia al percorso della castana verso la sua destinazione. Ne aveva sentito parlare, era famosa a Parigi. Aveva uno stile molto particolare, per essere una ladra fantasma ed aveva molti nemici. Spesso compiva furti per svelare crimini più estesi o veniva presa di mira da diversi criminali, che invece lei riusciva ad ingannare, consegnandoli alla giustizia, mentre lei finiva con l’essere sempre ricercata. Sparì 18 anni prima, in concomitanza con la comparsa di un altro grande ladro.

 

«Se un’eroina del passato, mi convoca in questo modo, allora non posso proprio tirarmi indietro.»

 

Smontò dalla Davidson, che parcheggiò sul retro, per poi fare il giro con l’intenzione di aprirsi la strada corrompendo con le sue arti femminee, la guarda all’ingresso del piccolissimo museo in cui la pietra nera, era custodita, però al suo arrivo in guardiola, trovò il tale privo di sensi e sporco di quello che era effettivamente sangue finto. Proseguì come se nulla fosse, spiata dagli occhi delle telecamere, di fronte alle quali si dimostrò perplessa, come a dire ad eventuali spettatori: “È come se aveste lasciato la porta aperta, allora io entro!”. Il museo aveva tre piani ed il minerale era situato all’ultimo. Vi arrivò salendo le scale e senza il minimo intoppo, tutti gli agenti della sicurezza erano stati messi K.O. e Fujiko finì per dover fare slalom tra i corpi privi di sensi degli uomini in divisa. Giunse presto di fronte alla teca in cui era conservata l’ossidiana, ed una volta lì, si guardò intorno ponendo entrambe le mani sui fianchi.

 

«Come, tutto qui? Dove sarebbe la sfida… in pratica ho fatto una passeggiata. Possibile non ci sia nessun comitato d’accoglienza a darmi il benvenuto? Sono un po’ delusa dico davvero!» - sbuffò la donna, voltandosi quindi nuovamente verso la teca - «Bé, dato che sono qui, prenderò questa come souvenir.»

 

Proprio nell’istante in cui Fujiko si mise ad adoperarsi per tentare di aprire l’espositore con una forcina, qualcosa scattò e la donna si ritrovò di colpo, “attaccata” da un gruppo di garze che le vennero lanciate contro da dietro l’espositore, annodandosi attorno alle sue caviglie ed ai suoi polsi. Quando provò a dimenarsi si trovò a venir tirata invece verso l’espositore stesso, finendovi per premervi contro il corpo, come se qualcuno le avesse imposto di sdraiarsi a pancia in giù su quella teca.

 

«Ma-… da dove sono saltati fuori?!»

 

Mentre si adoperava per tentare di capirlo, sentì dei passi al suo fianco, dunque la ladra voltò la testa di lato per poter vedere chi fosse. Una donna che indossava una tuta nera aderente con un leggero motivo frastagliato verso il collo, delle bende poste a coprirle la parte superiore volto, le mani nonché il braccio destro, la pancia oltre al polpaccio sinistro; la metà inferiore era visibile e faceva intravedere un sorriso sottile accentuato da un rossetto viola scuro. La figura applaudì lentamente, quasi in modo canzonatorio.

 

≤Bienvenue!≥ - parlò una voce dal tono pacato e sensuale - «Ammetto che non ero sicura avresti accettato il mio invito. Ma a quanto pare mi agitavo per nulla.» - affermò camminando lentamente verso di lei ed il retro dell’espositore.

 

«Bé… difficile non cedere alla tentazione. Quando a sfidarti è una ladra scomparsa da anni.»

 

Fujiko, in quella scomoda posizione, tentò comunque di apparire beffarda e sprezzante. Era armata, ma in quella situazione non avrebbe potuto raggiungere la sua pistola neanche volendo. Intanto la Lady bendata, raccolse da terra sul retro dell’espositore, un paio di strumenti da una borsa. Prese un coltello affilato ed un groviglio di garze annodate tra loro, le stesse che per qualche artificio, stavano bloccando la castana.

 

«Oh, è così? Mi fa sentire importante, l’essere ricordata da una collega tanto famosa. Forse dovrei farti stare più comoda.»

 

Fujiko non vide chiaramente lo sguardo dell’altra, ma ebbe un brivido lungo la schiena, consapevole che le fosse stata lanciata un occhiataccia raggelante da sotto quelle bende.

 

«Huh? Waaaa!»

 

Phantom Lady, tagliò il groviglio di garze e Fujiko si ritrovò a venire sollevata bruscamente e sospinta all’indietro verso il centro dalla stanza. Dopo un brusco strattone, si ritrovò con il penzolare a qualche metro da terra, con le gambe divaricate e le braccia disposte simmetricamente, in modo che il suo corpo formasse una sorta di “X”, in quello spazio.

 

«Ehi! Cosa significa tutto questo?! Si può sapere qual è il tuo scopo?!»

 

Si ritrovò a chiedere con la voce ancora scossa dallo spavento la donna, intenta a dimenarsi, provando a liberarsi da quelle garze, che sembravano quasi più resistenti di un quanto lo sarebbero sembrate un gruppo di catene. La donna in tuta nera, si incamminò quindi verso di lei, brandendo quel coltello a lama larga, responsabile di averla messa in quell’ennesima scomoda situazione. La lama scintillava nell’oscurità illuminata dalla luce bluastra del cielo notturno.

 

«Già...» - sibilò Phantom Lady, avanzando ritmicamente, verso la sua preda, con un sorrisetto divertito - «Chissà quale sarà… perché non provi a pensarci.»

 

Non appena fu abbastanza vicina, la ladra bendata, passò la lama fredda del coltello contro la guancia della collega, standole ad un palmo dal naso. Fujiko gemette appena ed il suo corpo venne pervaso da brividi mentre la lama scivolò lentamente, seppur senza provocarle alcuna ferita, dall’interno della guancia lungo il mento della seducente ricercata internazionale.


«N-Non ho la minima idea… forse potresti darmi una mano a ricordare, non credi?»

 

«Mmm… capisco. Quindi non ricordi? Eppure è stato poco tempo fa… Non mi stupisce, dopotutto chissà quanti uomini avrai tentato di irretire da allora.» - Phantom Lady apparve farsi pensierosa, poiché la vide allontanarsi appena ed alzare la testa verso il soffitto - «Forse, qualche piccola ferita aperta potrebbe farti tornare la memoria.» - la testa della ladra scattò e la punta della lama andò a rivolgersi verso l’addome della sua vittima. La castana sbarrò dapprima gli occhi scuri, ricolmi di terrore, per poi serrarli con forza come una bambina che tenta di scacciare i mostri che si annidano nelle ombre della sua stanza.

 

«Oh no! Non farlo!!» - mugugnò con voce rotta Fujiko.

 

«Andiamo, non tremare in questo modo… così rischiò di emozionarmi sul serio.»

 

Ridacchiò Phantom Lady per poi procedere in un movimento fluido ad avvicinare la lama del coltello, Fujiko percepì un lieve pizzicore sulla pelle che la portò a piagnucolare nuovamente, cosa che evidentemente divertiva molto la sua aguzzina.

 

 

«Oh, questa sì è una bella vista, vi dispiace se mi unico a voi, signore?»

 

Una voce maschile, si palesò dal nulla, proveniva dalla zona delle scale, dunque la donna bendata allungò il collo per vedere chi potesse essere, senza neppure vederlo, Fujiko però la riconobbe al volo e si sentì dunque sollevata nel riaprire gli occhi ormai ricolmi di lacrime.

 

«Lupin! Oh meno male, ti prego librami! Non so cosa stia succedendo e non voglio finire affettata.»

 

Lupin che indossava una giacca blu, camicia nera, pantaloni grigi ed una cravatta rossa, aveva la mano sinistra nella tasca anteriore dei pantaloni, mentre reggeva con la destra la sua fida pistola.

 

«Solo un momento cara e ti faccio scendere da quell’intreccio di garze. Resisti ancora un po’, prima voglio sapere cosa significa tutto questo.»

 

Dunque estrasse dalla tasca sinistra un bigliettino bianco con sul retro incollata una piuma nera, mostrandolo in direzione della ladra avvolta dalle bende, la quale ebbe un sussulto.

 

«Cosa? Che significa?» - commentò Phantom Lady, in tono turbato.

 

«Oh dunque lei conosce, il mittente di questo preavviso che mi intimava di essere qui più o meno a quest’ora, perché avrei dovuto togliere Fujiko da una brutta situazione. Qualcuno voleva disperatamente sventassi i suoi piani, a quanto pa...»

 

Proprio in quel momento, una carta da gioco proveniente da di fronte a sé, colpì la mano con cui Lupin III reggeva la sua pistola, facendo sbalzar via l’arma, mentre la carta – un due di picche – si conficcò nel pavimento.

 

«-re? Ahi, ahi, ahi… ehi, ma chi diavolo è stato?!» - sbottò il ladro franco- giapponese, guardando attorno in cagnesco, nella speranza di individuare il responsabile, contro cui dirigere la sua collera.

 

Anche Fujiko aveva tentato di guardarsi alle spalle, naturalmente non riuscendoci, prima di capire che la carta era partita da di fronte a lei. Tornando a voltarsi, vide in contro luce una figura nera, con mantello ed una tuba alta, che prima non c’era. Si chiese da dove fosse venuta e la risposta le arrivò direttamente in viso: un sottile filo cadde dal soffitto spingendola a guardare per aria. Ce n'erano diversi appesi lassù, quindi la donna immaginò fosse rimasto appeso lì per tutto il tempo. La figura aveva ancora la pistola puntata verso Lupin e gli sorrise.

 

«È solo in parte come crede. Mi sono ripromesso di vegliare su questo scherzetto – le garze sono opera mia – evitando che diventasse troppo pericoloso; e volevo anche avere l’occasione di poter incontrare il famoso Lupin III di persona.»

 

«Oh… davvero? Sono io che devo dire di non aspettarmi di incontrare qui lei, Mr. Kaitō Corbeau.»

 

L’uomo con il mantello fece una sorta di lieve inchino, poi pose una mano sulla spalla di Phantom Lady per poi tirarla verso di sé, avvolgendola con un lembo del proprio mantello.

 

«Vi chiedo scusa, le piace molto terrorizzare gli altri. Non è il mio stile, però di certo è molto efficace. La qui presente Lady (signora), non ha apprezzato molto, il vostro ultimo lavoro in Giappone di qualche mese fa, in cui avete coinvolto una copia di me stesso. e voleva assicurarsi di dirvelo di persona. Direi che è stata fin troppo concentrata sulla messa in scena, per spiegarsi come si deve.»

 

Corbeau dette uno sguardo verso la Lady la quale scrollò elegantemente le spalle.

 

«Forse… ma volevo ci arrivasse da sola, piuttosto che accettare i tuoi hint. Potevi darmi ancora cinque minuti!’» - ribatté la donna bendata, mentre il ladro in nero, sparò quattro colpi ognuno per ogni benda che legava Fujiko.

 

Lupin si era avvicinato nel mentre, quindi la prese subito al volo quando i supporti vennero recisi.

 

«Non abbiamo tempo… la polizia arriverà qui tra poco. Sarà meglio lasciarli con il dubbio.»

 

L’uomo fece cadere dalle maniche una serie di sferette metalliche che al contatto con il pavimento brillarono di una luce accecante, costringendo la coppia dall’altra parte a coprirsi gli occhi. Dopodiché prese in braccio Phantom Lady e nel breve periodo in cui la luce travolse ogni angolo della stanza, Corbeau aprì una delle vetrate ed il suo deltaplano allontanandosi nella notte con la sua compagna, che si reggeva tenendogli le braccia attorno al collo. Dopo neppure qualche minuto di volo, gli rivolse un’occhiata infastidita.

 

«Uffa Darling! Perché ti sei intromesso, stavo proprio per cominciare a divertirmi! Non posso certo fargliela passare liscia per aver messo nostro figlio nei guai per una sciocca ripicca con il proprio amante! Imperdonabile…! Quando Aoko-chan me l’ha descritta, come la donna che si è presentata di fronte al loro liceo non potevo crederci…»

 

Sbuffò Chikage Kuroba, sciogliendo le bende fermate con una forcina sul retro della testa, lasciando che le garze fluttuassero sinuosamente prima di cadere ondeggiando verso il suolo che stavano sorvolando.

 

«Proprio per questo sono intervenuto… sai che non voglio tu ti metta più in gioco, del necessario, anche se il gioco lo porti avanti per un nobile principio. Non sto dicendo, tu non abbia ragione, ma ricorda che sei pur sempre una “Phantom” Lady ...» - un fine gioco di parole, per rimproverarla di essere tornata ad indossare il suo vecchio costume come se fosse la cosa più naturale da fare, dopo essere sparita dalle scene, di comune accordo

 

La donna ruotò gli occhi rassegnata - «D’accordo… hai ragione. Piuttosto, avranno capito il tuo messaggio?» - chiese, guardandosi indietro oltre la spalla del marito.

 

«Lo capiranno, non temere. A differenza loro, siamo una coppia affiatata.»

 

Lupin e Fujiko, dopo essersi ripresi dalla granata accecante, si scambiarono un’occhiata confusa.

 

«Hai capito cosa volessero Lupin?» - chiese la donna cercando conferme negli occhi del partner che ancora la teneva in braccio.

 

Arsène fece spallucce, dunque Fujiko fece un’altra domanda, ovvero cosa ci fosse scritto sul biglietto lasciatogli da quel ladro Kaitō Corbeau.

 

«Niente di che… solo che eri stata invitata qui e che avrei dovuto raggiungerti al più presto… se tenevo alla tua sicurezza.»

 

Mentre rileggeva il messaggio, la ladra si concentrò su ciò che era incollato sul retro del biglietto - «Una piuma nera?» - commentò ad alta voce, rivolgendo uno sguardo all’uomo in giacca blu, il quale alzò lo sguardo, proprio per effetto delle sue parole.

 

Ripensarono brevemente alle parole del ladro dal mantello nero. Un ladro molto simile a Corbeau, coinvolto in un colpo di qualche mese prima… Una piuma nera…

 

«Di' Lupin, per caso quelli erano...» - azzardò Fujiko.

 

«…Sì, più che probabile.» - ribatté Asène.

 

Fu l’unica supposizione che riuscirono a fare, anche mostrandosi piuttosto increduli, prima di dover mettersi in fuga a causa dell’arrivo delle forze dell’ordine, tra cui l’ispettore Zenigata, accorso appositamente, grazie ad una chiamata anonima, Ancora una volta Lupin, si trovò a venire quasi fregato, per mano di un Kuroba.








Angolo dell'Autrice:
Salve a tutti e benvenuti alla fine di questo ennesimo Cross-over! (Sembra abbia preso un mio andazzo stabile).
Che ci crediate o no, l'idea per questa Fict, è nata ormai diversi anni fa, ed i primi capitoli erano anche stati già scritti... ma ad un certo punto mi scoraggiai e non reputando buona, decisi di cancellarla. Questo periodo di forzata inattività tuttavia, ha fatto sì che ritrovassi la voglia di non lasciare incompiuta questa storia, portandomi dunque a riscriverla. Ed il risultato tutto sommato, non mi ha deluso. Ho tantato di rendere il gruppo di Lupin, il più possibile simile alla versione degli anni '90, per come me li ricordo, tranne forse che con Fujiko che preferisco sia un po' incline al filirt.  In ogni caso, spero di non aver rovinato troppo dei personaggi della mia infanzia, che mi hanno trasmesso la passione per i ladruncoli. Con ciò mi auguro vi abbia intrattenuto almeno un pochino. Un saluto ed alla prossima! -Irene_Violet.

Nota a margine: Non sapevo che segno grafico mettere per distinguere la parlata straniera, quindi ho optato per i simboli di minore/maggiore uguale (≤≥) cui mi ricordano le virgolette basse in un certo senso...

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