Un posto nel tuo cuore

di Demy77
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap. 1 ***
Capitolo 2: *** cap. 2 ***
Capitolo 3: *** cap. 3 ***



Capitolo 1
*** cap. 1 ***


Cos’è l’amore? Una proprietà da accumulare, o piuttosto una benedizione da condividere? Ha tradito il suo amore per te, offrendone una parte a me?”
Quelle domande continuavano a risuonare nella testa di Ross. Aveva trascorso una notte quasi insonne, rigirandosi nel letto e tormentandosi per ciò che Demelza non gli aveva detto e che lui, limitandosi ad abbracciarla in silenzio, aveva purtroppo intuito.
“Non domandarmi niente” – gli aveva chiesto. Eppure vi era stato un tempo in cui non era capace di nascondergli neppure la più piccola emozione che le agitava il cuore.
“Tieniti i tuoi segreti, io terrò i miei”, gli aveva urlato contro la mattina, prima di sparire per ore. Aveva davvero temuto di non rivederla più. Poi era tornata, e lui non aveva potuto fare altro che stringerla a sé, teneramente ma con disperazione, come aveva stretto Julia la notte in cui era volata in cielo, con la stessa paura di non poter trattenere accanto a sé qualcuno che amava più della vita.
“Sono tornata, eccomi qui”. Ma era davvero tornata? Era presente fisicamente a Nampara, ma il suo cuore dov’era? Ross strinse i pugni. Possibile che sua moglie fosse stata sul punto di gettare tutto all’aria per… quel damerino? Non sopportava il pensiero di loro due insieme e soprattutto, non sopportava l’idea di averla persa… La colpa era esclusivamente sua, non di Demelza. In fondo lei era stata onesta, come sempre: gli aveva addirittura confessato che provava qualcosa per Hugh, ma lui aveva sottovalutato il pericolo, aveva ritenuto di non dover far nulla, solo aspettare che quella infatuazione passasse. Demelza era una bella donna, dalla forte personalità, ed era abituato alle attenzioni degli altri uomini nei suoi confronti. Aveva confidato in lei e nel suo buon senso; forse aveva avuto anche la presunzione che Hugh non fosse in grado di competere con lui… e se invece avesse commesso un terribile errore?
Poteva rimproverare solo se stesso, pensò Ross. L’aveva quasi gettata tra le braccia del rivale. Aveva promesso che Elisabeth non si sarebbe più intromessa nella loro relazione, eppure aveva tenuto nascosto a Demelza il loro incontro nella chiesetta di Sawle  e quel bacio sulle labbra, che per lui non significava davvero nulla. Era stato un bacio d’addio, privo di passione, il definitivo saluto al sogno d’amore di ventenne in cui per troppo tempo si era cullato. Dio solo sa cosa aveva invece pensato chi li aveva visti, non trovando niente di meglio da fare che andare a spifferare tutto a Demelza!
Era stato uno stupido quando sua moglie lo aveva affrontato: non aveva saputo trovare le parole giuste per tranquillizzarla, e neppure l’aveva rincorsa per chiarire, lasciandola andare via arrabbiata e delusa. Solo qualche giorno prima, poi, le aveva gridato a muso duro di cercarsi pure un altro, se era quello che voleva, perché non sarebbe mai stato un cagnolino obbediente. Mossa decisamente insensata: sapeva che Armitage era innamorato di Demelza, e sapeva pure che lei aveva un debole per lui…
Ciò che gli faceva più male non era tanto il pensiero che Demelza potesse averlo tradito – in che termini e fino a che punto non lo sapeva e neppure voleva saperlo -: era devastato al pensiero di essere stato soppiantato da un altro nel cuore di sua moglie … Cominciava a capire, ora, come doveva essersi sentita Demelza quella notte di maggio anni prima. Anche lui avrebbe dovuto combattere contro un amore idealizzato, o imparare a conviverci, pur di tenere Demelza al suo fianco? Avrebbe dovuto mettere a tacere il suo orgoglio per amore? Sarebbero riusciti a ripartire nonostante tutto, come un tempo?
Sapeva che le risposte che cercava non poteva averle dalla bocca di sua moglie.
Sellò Seamus, montò a cavallo e partì a spron battuto.
***
Il vapore della tinozza fumante la avvolse. Sprofondò nell’acqua con le spalle e i capelli e chiuse gli occhi. Il delicato profumo dei sali da bagno le solleticava il naso. Prese a strofinare energicamente la pelle delle braccia e delle spalle e via via tutto il corpo, nella consapevolezza che un colpo di spugna non sarebbe bastato a cancellare tutto quello che era accaduto.
Demelza sospirò. Quello che era fatto, era fatto. Non si poteva piangere sul latte versato. Si era trattato solo di uno stupido momento di debolezza: lo sapeva lei e lo sapeva pure Hugh. Era tutto finito. Ma Ross, avrebbe capito? Non si erano ancora incontrati quella mattina, perché dormiva ancora quando lui era uscito. Per il momento egli aveva accettato e rispettato il suo bisogno di silenzio, non aveva preteso nulla, le era stato vicino come un bravo marito dovrebbe fare. Cosa sarebbe accaduto dopo? Quell’episodio avrebbe creato un baratro tra di loro? Sarebbero rimasti insieme come due estranei? Sarebbe peggio che morire, pensò Demelza…
Amava Ross da dieci anni ormai. Era sempre stato un uomo complicato, capace di farla passare in un attimo dal paradiso all’inferno, e negli anni trascorsi accanto a lui aveva conosciuto sia vette di insperata felicità che abissi di profonda disperazione. Non se ne era mai lamentata, lo aveva accettato come se fosse una verità indiscutibile, perché lui era fatto così. Poi era arrivato quel giovane, romantico poeta, che con la sua corte, gentile ma inesorabile, aveva fatto emergere l’insoddisfazione che serpeggiava nel suo matrimonio; aveva provato a resistere ai sentimenti che provava nei suoi confronti, ma alla fine si era arresa e non sapeva neanche bene spiegare il perché. 
Delusa e furiosa dopo la lite con Ross, si era trovata davanti Hugh che le dichiarava il suo amore. Durante quella passeggiata sulla spiaggia lui l’aveva implorata di regalargli un po’ di gioia prima di sprofondare nel buio della cecità; con i suoi discorsi forbiti quel giovane tenente l’aveva convinta che fosse possibile donargli un piccolo frammento di cuore senza sentirsi sleale nei confronti dell’uomo cui aveva giurato eterno amore. Lei era stata indotta a credergli, ma era davvero così? Se non c’era nulla di male, allora perché non aveva la forza di confessare a Ross cosa era successo su quel prato? Era rimorso quello che ora sentiva dentro di sé, o aveva solo paura delle conseguenze?
Proprio lei che aveva tanto biasimato Ross quando era tornato a casa all’alba dopo aver dormito a Trenwith. Ripensò alla rabbia con cui gli aveva assestato un pugno, alle urla, ai cocci rotti, agli sciocchi tentativi di lui di giustificarsi… non era forse quello che cercava di fare lei ora, autogiustificarsi e minimizzare? Di colpo si sentì triste, profondamente triste.
Dopo essere stata con Hugh aveva camminato tanto, cercando di calmare il tumulto che era nel suo cuore. Fin da subito aveva deciso che non poteva raccontare la verità a Ross: quello che era, in una certa misura, consentito ad un uomo non era scusabile in una donna, ed anche una persona dalle larghe vedute come suo marito non avrebbe potuto accettarlo. Il suo orgoglio ferito nel profondo gli avrebbe impedito di perdonare un atto simile.
Nonostante tutto era tornata a casa, perché il suo posto era quello: con suo marito e con i suoi figli. Non lo aveva fatto per dovere, solo perché Ross le aveva infilato una fede al dito, ma perché lo desiderava. Fin dal principio aveva saputo che Hugh non era una vera alternativa a Ross, ma gli era in un certo senso complementare. In ogni caso, quell’uomo apparentemente fragile aveva avuto la capacità di scardinare una fortezza che sembrava inattaccabile, e questo era ciò che più turbava Demelza.
Una lacrima le rigò le guance.
Si tuffò nuovamente nell’acqua ormai tiepida per sciacquare il viso. Nella stanza accanto Prudie sfaccendava, pronta a cogliere un suo cenno per portarle un telo da bagno. Era curioso che proprio la sua cameriera, che con faciloneria l’aveva incoraggiata più volte con Hugh lasciando intendere che Ross se lo meritava, avesse stampato in volto, quella mattina, uno sguardo tra la commiserazione e il disappunto. Probabilmente si sentiva in colpa per aver raccontato alla padrona di Ross ed  Elisabeth e per la superficialità con cui l’aveva spinta a “rotolarsi nei prati con quel bel ragazzo”, ora che era accaduto per davvero. Chissà poi che parole aveva trovato per spiegare a Ross la sua assenza la sera prima…
Era troppo dover affrontare anche Prudie. Demelza pensò che non voleva né sentire né spiegare nulla, doversi giustificare, mostrare pentimento. Se aveva sbagliato, era un errore solo suo e non voleva essere compatita. Le mura di casa la opprimevano: sentì il bisogno di uscire a cavallo e di non pensare, almeno per un po’.

 

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Capitolo 2
*** cap. 2 ***


“Capitano Poldark! Quale onore! A cosa debbo questa visita di prima mattina?” Caroline Penvenen era stupenda nel suo abito azzurro, una vera regina nel giardino fiorito di Killwarren. Ross le baciò la mano, e la donna, da perfetta padrona di casa, gli domandò se intendeva farle compagnia a colazione, informandolo che Dwight non era in casa poiché uscito presto per un consulto.
“Non cerco Dwight, è con te che voglio parlare. Mi scuso dell’ora inappropriata, ma si tratta di una cosa importante.”
Caroline, stupita, osservò con più attenzione l’amico, che in effetti sembrava abbattuto e meno incline alla battuta del solito. “E’ successo qualcosa, Ross?” – gli chiese.
L’uomo restò a capo chino per un momento. “Temo di sì” – rispose infine.  E continuò raccontando di come Demelza, dopo un litigio, fosse rientrata a casa molto tardi, senza dare spiegazioni e pregandolo di non farle alcuna domanda, dopo aver ricevuto la visita di Hugh Armitage.
“Ah” – si limitò a replicare la nobildonna. Versò una tazza di cioccolata e cominciò ad imburrare una fetta di pane. Ross, comprendendo il suo imbarazzo, la prevenne.
 “Non ti chiedo di tradire le confidenze di Demelza; del resto che Hugh fosse interessato a lei lo sapevo già; ho solo bisogno di capire se posso ancora rimediare in qualche modo… Caroline, ho paura di aver perso mia moglie!”
La giovane lo fissò. Era seria, quasi arrabbiata. “Il tempismo di voi uomini non finisce mai di stupirmi. Sono mesi che Armitage le scrive; quando siamo stati invitati a Tregothnan non faceva che pendere dalle labbra di Demelza ed accompagnarla ovunque; tua moglie ti ha addirittura confessato di avere un debole per lui… Cosa hai fatto per impedire che si arrivasse a questo punto? Credevi di essere l’unico uomo sulla faccia della terra , Ross Poldark?”
 “Pensavo di esserlo, per Demelza – replicò amaramente Ross - Sono stato un imbecille a credere che il suo amore per me fosse sufficiente ad arginare le avances di quel tizio… invece…. Vorrei tanto andare a spaccare la faccia a quel bastardo di Armitage!”.
“Questa è l’ultima cosa da fare, se vuoi conservare l’affetto di Demelza! Ascolta, Ross – continuò Caroline – sono giorni che non vedo Demelza, non so nulla di quanto accaduto ieri e non ho alcun segreto particolare da custodire. So solo che tua moglie era lusingata dalle attenzioni di Hugh: quale donna non lo sarebbe stata, del resto? La mia impressione è che si sia trattato di una semplice infatuazione e nulla di più, ma potrei sbagliare; non so dire se, come temi, Demelza sia arrivata al punto di tradirti. Sei venuto ad avere da me un consiglio per riconquistarla, un parere femminile per dir così? Allora lascia che ti dica la mia opinione: se ti interessa salvare il tuo matrimonio, più che di Hugh Armitage dovremmo parlare di Elisabeth Warleggan. Puoi dire in coscienza di non aver nulla da rimproverarti in proposito?”
Ross apparve contrariato che il discorso avesse preso quella piega. Si vide costretto a raccontare a Caroline dell’incontro con Elisabeth alla chiesa di Sawle, del bacio che si erano scambiati, della rabbia di Demelza quando lo aveva scoperto.
“Mio Dio Ross, com’è possibile? – chiese Caroline allibita – affermi di essere sinceramente innamorato di Demelza ma hai baciato un’altra donna, e non si bacia sulle labbra una semplice amica! Dopo tanti anni, dopo tante promesse, come puoi ricadere nello stesso errore?”
“Caroline, non è come pensi! Voi tutti sapete che ho amato Elisabeth in passato, ma le cose sono cambiate da allora. Le voglio ancora bene, ma in un modo del tutto diverso: con tenerezza. Mi dispiace di averla messa in una situazione difficile e per questo provo pena per lei. Questo è tutto. Non l’ho baciata per attrazione, desiderio o rimpianto. L’ultima volta ero stato un bruto: il bacio voleva essere una forma di riappacificazione, un modo per scusarmi e dirle addio, da amici. Non era mia intenzione avere segreti con Demelza, ma comprenderai che mi è difficile parlare con lei del mio rapporto con Elisabeth”.
“Avresti potuto cercare di spiegarle con calma, come stai facendo con me ora.”
“Santo cielo, Caroline! Non è mai bello avere segreti in un matrimonio, ma ci sono cose che per il bene dell’altro forse è meglio non rivelare. Ad esempio, sai cosa mi disse Elisabeth a quella festa qui a casa vostra, quando era ancora vivo Francis? Che si era resa conto che una parte di lei mi avrebbe sempre amato, così come una parte del mio cuore sarebbe stata sempre sua. Avrei mai potuto riferirlo a Demelza? Oppure, potrei mai raccontarle come andarono le cose a Trenwith quella maledetta notte, senza distruggerla?”
“Non stiamo parlando di riferire ogni minimo dettaglio Ross, ma di essere onesto sui tuoi sentimenti. Pensi che Elisabeth avesse ragione? Che anche se siete sposati con altri tra di voi non finirà mai, perché nel profondo del cuore vi appartenete ancora?”
Ross restò in silenzio, soppesando le parole prima di riprendere a parlare: “L’amore che provavo per Elisabeth è stato capace di infondermi speranza e ragione di vita mentre ero in guerra ed è rimasto immutabile nonostante i tre anni di lontananza; per questo ai miei occhi è sempre apparso perfetto ed intoccabile. Quando mi ha abbandonato per Francis ero convinto che non avrei mai amato un’altra con quell’intensità; poi Demelza è entrata nella mia vita, quasi per caso. La sua vitalità, la sua allegria, il suo ottimismo mi hanno restituito la voglia di vivere; giorno dopo giorno da semplice domestica è diventata una confidente ed amica, finchè la complicità tra di noi si è trasformata in qualcosa di ancora più profondo. Me ne sono innamorato, e sono stato davvero felice con lei. L’amore che provavo un tempo per Elisabeth si era ridotto ad un lontano ricordo. Quando però a quella cena Elisabeth mi confessò che mi aveva sempre amato e che in fondo mi amava ancora, le sue parole mi turbarono profondamente, devo ammetterlo… eppure mai, anche dopo la morte di Francis, mi è balenata per il cervello l’idea di abbandonare Demelza per lei, te lo giuro sui miei figli… mi sentivo solo in dovere di stare vicino alla vedova di mio cugino ed aiutarla per il buon nome della nostra famiglia.
Quando lessi la lettera con cui mi comunicava che avrebbe sposato Warleggan, non so dirti cosa scattò dentro di me… una rabbia cieca, la sensazione di essere da sempre un burattino nelle mani di quella donna, la gelosia per quell’arricchito di George formarono una terribile miscela esplosiva … Mi recai a Trenwith con l’unico obiettivo di impedire quelle nozze … Avresti dovuto vederla, Caroline: continuava a provocarmi, a ripetere che amava George alla follia e che io non avevo nulla da offrirle come alternativa … aggiungi quello che mi aveva detto solo un anno prima alla festa: quale uomo con un minimo di sangue nelle vene sarebbe restato lucido? Sono stato un idiota quella notte, è innegabile, ma solo grazie a quell’errore ho capito che un amore idealizzato non può sconfiggere un amore vivo e reale, nonostante le sue contraddizioni ed imperfezioni. Per rispondere alla tua domanda, può darsi che il ricordo di quel sentimento giovanile sia rimasto da qualche parte nel mio cuore, ma come un’eco sfumata, incapace di mettere in pericolo la mia relazione con Demelza. Elisabeth è stata il mio primo amore e questo non può cambiare, ma sono io ad essere cambiato. La persona con cui voglio svegliarmi la mattina, condividere gioie e dolori, l’unica capace di dare un senso alla mia vita non è Elisabeth, ma Demelza”.
 “Eppure mi stai dicendo che a lungo, nel tuo cuore, c’è stato spazio - anche se con intensità diversa – per due donne; hai appena ammesso che tuttora è così, in fondo; allora perché non accetti l’idea che nel cuore di Demelza ci sia posto per due uomini? Perché per lei dovrebbe essere differente, solo perché è una donna? Anche tu ci hai messo del tempo per capire di aver preso un abbaglio; se quell’errore a te è stato perdonato, non puoi cercare di fare altrettanto? Abbi pazienza, Ross, come Demelza ne ha avuta con te. Cerca di starle vicino, rassicurala sul tuo amore: Demelza ha bisogno di capire che la ami per ciò che è, perché è speciale ai tuoi occhi, e non solo perché hai bisogno di lei, come compagna fedele o brava padrona di casa”.
“Demelza per me non è solo quello, credevo fosse ovvio … So che mi ha perdonato molto in passato, e sarei anche disposto a superare il mio orgoglio pur di non perderla; ma temo di non saper trovare le parole giuste per superare questo silenzio fra di noi” – concluse Ross.
Caroline gli strinse le mani fra le sue. “Le troverai, se guarderai nel profondo del tuo cuore con sincerità e senza cercare sotterfugi. Hai combattuto tante battaglie Ross, ora hai l’occasione di dimostrare a Demelza che ti importa più di ogni altra cosa al mondo e che sei disposto a combattere per lei!”
Ross restò in silenzio. Se Caroline aveva ragione, non tutto era perduto, c’era ancora speranza. In fondo, aveva affrontato lotte che sembravano perse in partenza, appoggiandosi solo sulla sua testardaggine, sull’aiuto di pochi amici e su qualche colpo di fortuna. Forse, con gli stessi mezzi, anche questa volta la sua impresa avrebbe avuto successo, dopo tutto….
 
    ***
Il dottor Enys cavalcava a passo lento sulla scogliera. Era pensieroso e a disagio dopo la sua visita a Tregothnan, un po’ per il sacchetto di pelle che Lord Falmouth gli aveva infilato a forza in tasca (e che conteneva ben più dell’onorario che avrebbe normalmente richiesto, tanto più per visitare un amico), un po’ perché aveva trovato il suo paziente più sereno e di buon umore, ma nettamente peggiorato sul piano clinico. Beffardo il destino di Hugh: sfuggire alla morte in una lurida prigione francese per contrarre una male incurabile in patria, tra le accoglienti mura domestiche. La cosa più strana era che Hugh pareva malato più nello spirito che nel corpo, ed a volte sembrava che la guarigione non gli importasse neppure.
Il giovane medico aveva terminato la visita prima del previsto e gli restava del tempo prima di riprendere il turno alla miniera. Mentre passeggiava, notò un altro cavallo che pascolava sul crinale della scogliera e poco più in là una donna in piedi, i lunghi capelli rossi agitati dal vento.
Proseguì nel cammino finchè giunse abbastanza vicino a Demelza. “Mi sono fermato tante volte qui a conversare con Ross. È un posto incantevole” – commentò il medico, osservando le navi al largo e le onde che si infrangevano sulla spiaggia sottostante .
“Già – convenne Demelza – soprattutto se si ha bisogno di trovare un po’ di pace”.
“Se era quella l’intenzione, forse è meglio che ti lasci sola”– disse allora Dwight.
“No Dwight, mi fa piacere averti incontrato e poterti salutare” – rispose amabilmente Demelza - “Vieni da Truro?”
“Vengo da Tregothnan – replicò l’uomo, scendendo da cavallo – mi ha interpellato lord Falmouth, per visitare suo nipote”.
“Ah - fece Demelza – e come sta?”
“Non bene, purtroppo. Soffre di un male incurabile e temo che a breve comincerà a peggiorare”.
“Allora era vero…”- mormorò turbata Demelza.
“Lo hai visto di recente?” – domandò Dwight.
“Ieri. Mi ha detto che sta per diventare cieco.”
“E’ probabile, sì, a causa del….. Demelza, che cos’hai?” – chiese l’uomo, notando che gli occhi della moglie di Ross si riempivano di lacrime.
“Oh, Dwight!” – si limitò a rispondere la donna, cercando il suo abbraccio. Dwight la cinse per le spalle e cercò di confortarla, spiegandole con calma che non avrebbe potuto aiutarla se non gli avesse spiegato quale problema avesse. Tra i singhiozzi, Demelza si fece promettere da Dwight di non farne parola con Ross e di non giudicarla troppo severamente; poi prese coraggio e gli raccontò, senza mezzi termini, cosa era accaduto ad Hendrawna Beach il giorno prima.
Dwight parve sorpreso. Non aveva mai dubitato dell’amore di Demelza per Ross e gli sembrò davvero incredibile che potesse averlo tradito. Doveva essere accaduto qualcosa di  veramente grave per spingerla a tanto… Forse avevano litigato?
“Sì Dwight, ieri mattina avevamo discusso, ma non è quello il punto. Ross mi ha nascosto di essersi visto con Elisabeth e di averla baciata, ma il loro incontro è stato solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Non posso dire che sia stata colpa di Ross se l’ho tradito. Sono l’unica responsabile, e non posso negare di averlo voluto – ammise Demelza – Se mi chiedi il motivo, non lo so nemmeno io…. Forse ho ceduto perché avevo bisogno di sentirmi per la prima volta l’unica per qualcuno; Hugh mi ha sempre vezzeggiata, ricoperta di attenzioni e fatta sentire al centro dei suoi pensieri, importante, speciale. Forse, consapevole della sua triste condizione e dei sentimenti che prova per me, volevo donargli un pizzico di felicità ed indirettamente provare ad essere felice anch’io. Non ci si dovrebbe mai privare dell’amore.“
Dwight parve ancora più confuso: “Mi stai dicendo che ti sei innamorata di Armitage, Demelza?”
La donna emise un sospiro. “Non lo so, Dwight, e questo pensiero mi tormenta. Ho amato Ross fin dall’età della ragione, si può dire, non ho conosciuto altro amore che il suo, e ciò mi bastava. Dopo aver incontrato Hugh mi sono ritrovata a dubitare non tanto dei miei sentimenti per Ross, ma dei suoi per me… mi sono chiesta se l’affetto che egli nutre nei miei confronti sia davvero totalizzante come dice, oppure se ci sia una parte del suo cuore che non mi ha mai donato… quella parte che appartiene ad Elisabeth. Così ho cominciato a dubitare anche di me stessa , a pensare che forse è legittimo per una persona non accontentarsi di briciole di attenzione, ma di pretendere tutto da chi si ama. Non credo di essere innamorata di Hugh, ma dell’idea di amore assoluto che Hugh rappresenta”.
Dwight ascoltò con attenzione e riflettè prima di rispondere: “Ti ho promesso di non giudicarti e non lo farò. Credo però che tu debba essere sincera con te stessa e poi con loro due. Devi capire cosa vuoi veramente, Demelza.”
“Dwight, io ho già scelto! – esclamò Demelza – Ho detto chiaramente a Hugh che non potrà esserci altro tra di noi. Amo Ross, se possibile anche più di prima; lui  e i bambini sono la mia vita, mai li abbandonerei; però ho paura di essermi spinta troppo in là, di non poter essere più la stessa. Ho paura di quello che provo, di aver distrutto quell’amore che credevo incrollabile per una sciocca fantasia…” – e così dicendo si coprì il volto con le mani e continuò a singhiozzare.
“Demelza, io posso capirti più di quanto credi. Ricordi Keren Daniel? Anch’io in quell’occasione pensai: cosa sarà mai? Per una sola volta … eppure quella sola volta ha cambiato la vita mia, di Keren e di Mark per sempre… e sai cosa mi ha insegnato quella vicenda? Che è facile mostrarsi come l’ideale romantico di qualcuno quando non si ha nulla da perdere e tutto da guadagnare, né rendere conto a qualcuno delle proprie azioni. Keren si annoiava e si sentiva trascurata dal marito, che intanto si ammazzava di fatica in miniera pur di garantirle un tenore di vita più elevato. Venne a cercare un diversivo nel mio studio, senza capire quanto il marito la amasse. Alla fine chi ci ha rimesso di più è stata lei”.
“Cosa intendi dire?” – mormorò la giovane donna.
Dwight proseguì: “Non fraintendermi Demelza, stimo Hugh , sai bene che mi è stato di grande conforto durante la prigionia in Francia. Guardiamo però le cose con oggettività. Hugh si può permettere di essere sognatore e romantico perché ha un tetto sulla testa ed un piatto a tavola che gli arriva senza che debba fare nulla per guadagnarselo. Per Ross non è mai stato così: è un uomo d’azione, tutto ciò che ha lo ha dovuto conquistare; è un impulsivo e spesso fatica a comprendere il punto di vista altrui, ma questo non vuole affatto dire che sia arido o insensibile. Sai bene che per sentirsi vivo Ross ha bisogno di avere delle missioni; spesso ciò lo porta a mettere a repentaglio la propria vita ed i suoi affetti più cari, e talvolta sembra addirittura che li posponga a tutto il resto. In realtà, lui non partirebbe se non avesse uno scopo per cui ritornare. Quando abbiamo combattuto in Virginia quello scopo si chiamava Elisabeth; adesso invece sei tu. La strada che lo ha condotto fino a te non è stata diritta né priva di ostacoli, ma da questo cammino Ross è uscito cambiato, te lo assicuro. Non è bravo ad esprimere ciò che sente, ed il suo carattere irruento e cocciuto non lo aiuta, ma è evidente che tu sei l’essenza dei suoi giorni ed il faro che lo guida. Devi liberarti dall’idea malsana che tenga ancora ad Elisabeth, o che non ti ami con tutto se stesso, perché non è così.”
“Non è così? Io guardo i fatti, Dwight. Anche se Elisabeth ha sposato prima suo cugino e poi il suo peggior nemico, Ross non ha mai smesso di ammirarla e di sentirsi in dovere di proteggerla, forse molto più di quanto abbia mai fatto con me!”
“Demelza, non c’è bisogno che ti spieghi quanto tu ed Elisabeth siate diverse. Con te Ross non poteva recitare la parte del cavaliere senza paura che difende la donzella indifesa, perché non lo sei mai stata: lo hai messo di fronte ai suoi limiti, hai contestato le sue scelte in più occasioni, e lui ha dovuto accettarlo ed imparare un modo diverso di relazionarsi con una donna. Non deve essere stato semplice. Elisabeth rappresentava per Ross un sogno, un mondo ideale in cui poteva essere piacevole rifugiarsi per sfuggire dalla realtà. Il suo amore per lei ha smesso di avere valore quando Ross si è reso conto che quel mondo esisteva solo nella sua fantasia e non era fatto per durare. Secondo me è esattamente il contrario di quello che pensi tu: è Elisabeth che, a differenza tua, non ha mai avuto l’amore vero e completo di Ross, quello che ti prende l’anima e per cui daresti la vita”.
Anche Demelza rimase in silenzio, la fronte corrugata come ogni volta che era preoccupata. “Che devo fare ora, Dwight?” – domandò infine.
“Niente. Devi smetterla di tormentarti per ciò che è stato e guardare con fiducia al futuro. Lascia che Ross ti stia vicino, fidati di lui, impara a leggere anche nei suoi silenzi. E sta’ tranquilla: quello che ci siamo appena detti resterà fra me e te. Non lo racconterò a Ross e neppure a Caroline, se non vuoi.”
Demelza gli sorrise e lo abbracciò. Le aveva fatto bene confidarsi con Dwight… tante volte aveva riflettuto su quanto fossero affini, con il loro amore per le cose semplici e la difficoltà a muoversi a proprio agio nella società cui appartenevano i rispettivi coniugi. Ross e Demelza, Dwight e Caroline erano due coppie di amici con storie molto diverse, ma entrambe potevano testimoniare che il vero amore vince ogni ostacolo. Ne avevano già superati tanti… era solo questione di tempo, si disse Demelza, e sarebbe tornata la pace a Nampara.

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Capitolo 3
*** cap. 3 ***


Era stato facile non incontrarsi tutto il giorno.
Dopo essere stato a Killwarren Ross aveva trascorso un’intensa mattinata a Truro dedicata agli affari: prima era stato presso la banca di Pascoe per un resoconto finanziario su alcuni recenti investimenti, poi aveva pranzato al Red Lion con alcuni dei vecchi soci della Leisure, sulla via del ritorno si era fermato alla Wheal Grace per esaminare insieme a Zachy l’opportunità di effettuare scavi in cerca di un nuovo filone di rame, infine era rientrato a casa quando era ormai ora di cena.
Sia Ross che Demelza avevano pensato molto nel corso della giornata a cosa si sarebbero detti, ma quando si erano rivisti non vi era stato tempo di grandi conversazioni. La cena era stata servita appena Ross era rientrato; subito dopo entrambi i genitori erano stati monopolizzati da Jeremy, che aveva preteso di inscenare un teatrino con alcune marionette che il padre gli aveva comprato giorni prima ad una fiera. Clowance, che era troppo piccola per interpretare il personaggio che Jeremy aveva scelto per lei (una bionda principessa), vedendosi snobbata dal resto della famiglia aveva preferito mettersi a rincorrere Garrick per tutta la sala; così, tra risate e qualche ramanzina, si era fatta ora di andare a dormire. Prudie aveva afferrato di peso i due bambini, uno per braccio, per portarli a letto e Demelza li aveva seguiti per il consueto bacio della buonanotte.
Ross era rimasto accanto al camino, ma dopo un ultimo bicchiere di liquore era salito in camera da letto, in un silenzio irreale dopo il chiasso di poco prima.
Si era appena tolto la giacca, il foulard ed il gilet, quando sentì un tonfo tremendo provenire dal piano inferiore. Si precipitò di sotto chiedendosi cosa fosse accaduto e trovò Demelza riversa sul pavimento e dolorante. “Cosa è successo?” – chiese allarmato, inginocchiandosi di fianco a lei. Nel frattempo era arrivata anche Prudie, che domandò con apprensione alla padrona dove le facesse male. Demelza spiegò ad entrambi che era salita su una scala di legno - che, al pari suo, era lunga distesa per terra – per prendere un barattolo dalla dispensa e aveva messo un piede in fallo, cadendo rovinosamente per terra con il bacino.
“Ce la fai ad alzarti? Devo andare a chiamare Dwight?” – le chiese Ross. Demelza scosse la testa. “Penso di farcela. Non credo di avere nulla di rotto e non è il caso di disturbare Dwight per una sciocchezza”. Ross e Prudie la sollevarono per le braccia e Demelza rimase per un attimo in piedi, in equilibrio. Mosse anche un passo, zoppicando, con una smorfia di dolore sul viso. Nonostante le insistenze di Ross, Demelza gli vietò di uscire a cercare il medico, assicurandogli che stava bene. Ross dovette cedere, ma le impedì di commettere ulteriori imprudenze e se la caricò in braccio, trasportandola in camera da letto.
La adagiò delicatamente sulle lenzuola, ma al sentire i lamenti di lei non appena cercava di muoversi Ross perse la pazienza. “Perché devi essere sempre così incosciente? Cosa diamine dovevi fare con le aringhe sotto sale a quest’ora? Non potevi aspettare domani mattina? Non potevi chiedere aiuto a Prudie, o a me? Ora vuoi anche fare l’eroina e rischi di passare la notte in bianco per il dolore!”
“Ti ho detto che sto bene e che non ho bisogno di cure; è normale che mi faccia male il fianco, perché cadendo ho battuto con forza sul pavimento, ma vedrai che domani avrò solo un livido! – ribattè la donna – sono abituata a salire sulle scale da sola, non ho mai chiesto aiuto a nessuno e non era capitato nulla fino a stasera!”
“Abbiamo una donna di servizio, e potremmo assumerne anche un’altra più giovane ed efficiente, se tu non fossi tanto testarda da volerti occupare personalmente di certe faccende”! – replicò il marito.
“Sai com’è: una che è nata sguattera fa fatica ad abituarsi a trascorrere le giornate oziando, ricamando, bevendo il tè, suonando l’arpa o intrattenendo gli ospiti con gli ultimi pettegolezzi! Avresti dovuto cercare altrove, se volevi una moglie così…” – commentò lei con sarcasmo.
“Che assurdità vai dicendo, Demelza…” – mormorò Ross senza nemmeno guardarla, rovistando in un cassetto della scrivania.
“Eh già: quello che dico io sono assurdità! Non ti prendi neanche la briga di ascoltarmi, di comprendere il mio punto di vista! Mi liquidi sempre con queste frasi acide per troncare ogni discussione!”
Ross interruppe per un attimo la sua ricerca e la fissò. “Sei diventata brava anche tu, negli ultimi tempi, a troncare le discussioni, almeno con me… forse perché hai trovato qualcuno che ti capisce meglio?”
Quell’allusione alla sera precedente fece calare il gelo nella stanza. Ross si maledisse: stava comportandosi in modo esattamente opposto a quanto gli aveva suggerito Caroline. Demelza, dal canto suo, si era pentita di aver provocato Ross: in fondo le stava solo dimostrando preoccupazione per le sue condizioni di salute e non aveva tutti i torti, in quanto l’incidente si sarebbe potuto evitare con un po’ di accortezza.
Nel frattempo Ross aveva trovato quello che stava cercando nel cassetto e si avvicinò al letto con una scatolina in mano.
“Alza la gonna, fammi vedere cosa ti sei fatta”- le disse perentorio.
“Che cos’hai in mano?” – domandò lei, senza eseguire ciò che le era stato intimato.
“Un unguento che mi ha dato Dwight tempo fa, una volta che avevo fatto a botte con George. Penso che possa fare al caso tuo. Fammi vedere, su”.
Questa volta Demelza obbedì e sollevò le sottane. Ross la fece girare sul fianco che non era dolorante e cominciò a massaggiare la pomata sull’altro, finchè il medicamento non si fu assorbito.
Quel gesto intimo le scaldò il cuore. In fondo, quello era il modo in cui Ross si prendeva cura di lei, da sempre: prepotente, anche brusco a tratti, ma concreto e carnale. Ross da sempre rivendicava ciò che era proprio con i fatti, non con le parole; probabilmente, pensò Demelza, stava esercitando una grande violenza su se stesso trattenendosi dall’affrontare Hugh da uomo a uomo per aver invaso il suo territorio.
Nonostante la sensazione immediata di dolore dovuta alla pressione della mano sull’ematoma, quel tocco familiare sulla pelle era tutto ciò che Demelza poteva desiderare in quel momento. Sentì che Ross le aveva spezzato il cuore in passato, forse l’avrebbe fatta soffrire ancora, ma per nulla al mondo avrebbe potuto rinunciare alle sensazioni che le dava il solo averlo accanto. Con l’altro uomo non era stato lo stesso: Hugh aveva sfiorato il suo cuore, ma non lo aveva posseduto veramente.
“Sono stata una sciocca. Ti prego, perdonami” – gli disse tutto di un fiato, senza specificare se si riferiva al comportamento tenuto poco prima o a mancanze ben più gravi.
Ross non rispose subito. Fece il giro del letto per raggiungere il lato su cui avrebbe dormito e si sedette sul bordo per togliersi gli stivali. Per quanto fosse difficile, sentì che doveva trovare il coraggio di parlare, altrimenti quel silenzio avrebbe scavato un solco ancora più profondo tra di loro.  
“Prima di dire altro, c’è una cosa che devo raccontarti. Ieri mattina, subito dopo la nostra discussione, sono stato sul punto di dare ordine di sparare contro un gruppo di rivoltosi tra cui c’erano Tholly Tregirls, sua figlia, Paul Daniel, tuo fratello Sam…” – cominciò.
 “Sangue di Giuda, Ross!” – esclamò Demelza.
“Con un pretesto, Warleggan ha mandato la nostra brigata a difendere un suo magazzino di grano, facendoci credere che bisognava sventare un attacco nemico. In realtà, una volta giunti lì, ci siamo resi conto che non si trattava di francesi , ma di povera gente affamata”.
“Che cosa hai fatto allora?”
“Tholly mi ha accusato di essere passato dalla fazione sbagliata e mi ha sfidato , avanzando verso di me, mentre Dwight, Zacky e gli altri puntavano i fucili, pronti ad eseguire ogni mio ordine. Non sapevo come conciliare il compito di mantenere l’ordine pubblico affidatomi dalla Corona con la lealtà verso i miei amici. Allora mi sei venuta in mente tu, quello che avresti pensato se avessi sedato nel sangue quella rivolta, trasformandomi in un complice del potere malato di Warleggan. Avevi ragione…non posso più limitarmi a ribellarmi alle ingiustizie nel mio piccolo angolo di mondo, le cose devono cambiare non qui in Cornovaglia, ma nei corridoi di Westminster. Ho capito che, come dicevi tu, entrare in politica non deve significare necessariamente tradire i propri ideali…Tu lo avevi compreso molto prima di me, come sempre… Non è vero che non ti ascolto, Demelza, e che non tengo in considerazione le tue opinioni… solo che non sono sempre in grado di dimostrarti quanto sei importante per me… sei tu che dovresti perdonarmi per averti deluso e ferito, nonostante non lo meritassi affatto…  sappi però che da quando ti conosco mai ho agito per farti del male deliberatamente, te lo giuro.”
 “Neanche io ho mai voluto ferirti di proposito, Ross …” – mormorò Demelza con gli occhi velati di lacrime.
“Lo so” - rispose Ross fissandola teneramente, poi le chiese: “Posso darti un bacio?”
“E da quando devi chiedere il permesso per farlo?” – rispose lei asciugandosi gli occhi.
“Da quando ho capito che non devo dare per scontata la tua risposta positiva.”
“Oh, Ross! – sussurrò allora Demelza– Credi che torneremo ad essere quelli di un tempo? “
“Non penso sia possibile, amore mio, e forse neppure lo desidero;  preferisco ricominciare da qui, da questo preciso istante, da questo luogo in cui tutto è cominciato. Perché, al di là del male che ci siamo procurati a vicenda, non puoi dubitare della sincerità di tutto quello che ci siamo detti e di ciò che siamo stati l’uno per l’altra in questa stanza”.
La donna fissò Ross alla luce tremula delle candele e le sembrò di non averlo mai amato come in quel momento; poi avvicinò le labbra alle sue e gli si accoccolò accanto come aveva fatto la sera prima.
 “Stai meglio?” – le domandò Ross dopo un po’, e la risposta positiva che ottenne non era riferita solo ai postumi della recente caduta.
Rimasero abbracciati, Ross perso nel profumo dei suoi capelli e lei appoggiata alla sua spalla, finchè la cera non si fu completamente esaurita e l’ultimo filo di fumo esalò dallo stoppino.
Nel buio, stretti l’uno all’altra, ciascuno dei due si ritrovò a pensare che non tutte le nubi erano state dissipate, ma anche senza la luce del sole sarebbero stati sempre capaci di ritrovare la strada che conduceva al cuore dell’altro.

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