O me - o quei deficienti lì

di lizardiana
(/viewuser.php?uid=1084041)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quella sera in discoteca ***
Capitolo 2: *** I bar son quasi tutti chiusi ***
Capitolo 3: *** Almeno ci siamo noi ***



Capitolo 1
*** Quella sera in discoteca ***


Disclaimer: I personaggi di Slam Dunk non mi appartengono, ma sono proprietà del genio di Takehiko Inoue - sommo Sensei -. Questa storia non è a scopo di lucro.
 
Ciao a tutti! Continua la serie ispirata dalle canzoni degli 883 iniziata con “Fattore S (?)”. 
In questa storia si incrociano due canzoni: “O me (o quei deficienti lì)” e “Non ti passa più”.
Spero sia di vostro gradimento!
Enjoy!




 
1. Quella sera in discoteca
 
 
“Venerdì è il compleanno di Noma”.
Hanamichi guardò il suo migliore amico e pensò che fosse davvero una persona speciale. Era sempre in grado di riportarlo sulla terra, tenerlo legato alle cose importanti. La famiglia, in questo caso. La famiglia che si era scelto.
Quel pomeriggio Yohei aveva il turno di riposo dal distributore, ultimamente faceva spesso lo spezzato approfittando delle vacanze estive da scuola - una scelta massacrante anche se altamente redditizia-, così lui e Hanamichi avevano deciso di fare due passi nella zona commerciale di Fujisawa.

“Ha deciso come festeggiare?” chiese Hanamichi, schivando una flyer-girl di una kissaten e lasciandole un sorriso di scuse.
“Credo voglia andare alla festa sulla spiaggia, mettono musica e ci saranno i soliti banchetti di cibo”. “Spero ci sia Yukichan” disse Hanamichi con occhi sognanti “i suoi Okonomiyaki sono una bomba”.
“Eehh.. Hiroshima-style…” sospirò Yohei con una faccia goduta “dovrebbe esserci, l’ho vista spesso quest’estate”.

Il lungomare che andava da Enoshima a Inamuragasaki ogni estate diveniva il paradiso del goloso; uno a fianco dell’altro si stagliavano banchetti di street food con carne e pesce alla griglia, korokke, fritti. Tutto ciò che stava su un bastoncino, una ciotola o in un cartoccio.
 
Hanamichi si passò una mano sullo stomaco che brontolava “Yo mangiamo qualcosa” disse, guardandosi intorno per cercare un posto alla portata delle sue tasche.
“In stazione c’è quel tipo che vende anpan” disse Yohei, ma Hanamichi fece una faccia contrariata. “Niente contro quel tipo ma fratello ho bisogno di cibo serio. Ramen?”
Yohei annuì. “Ramen sia"
 
Scelsero un localino in una via laterale, all’ingresso c’era un bancone dove una piccola signora prendeva le ordinazioni. Hanamichi ordinò due piatti diversi per  'tenersi leggero' mentre Yohei optò per un dolce. Una volta pagato si voltarono per cercare un posto a sedere.
"Guarda là"disse Yohei, indicando con un cenno del capo. Hanamichi seguì il suo movimento e vide che tre tavoli più avanti si trovavano due sue conoscenze.
"Toh guarda un po', il porcospino con il suo amico nervosetto!" Disse con il suo solito megafono incorporato "uscire con le comparse ti fa sentire più importante?" Continuò raggiungendoli e lanciandosi a sedere al tavolo proprio di fianco al loro.
Koshino emise un grugnito di protesta e qualche insulto che Hanamichi ignorò bellamente, mentre Sendō ridacchiava rigirando il bicchiere di acqua ghiacciata tra le mani. "Sei sempre il solito, Sakuragi! Quasi mi sto affezionando a queste tue sparate".
"Non affezionarti troppo, porcospino, il tensai non è interessato, non è certo il tritapalle".
"Tritapalle?" Commentò Sendō.
"Cioè quest'idiota parla di sé in terza persona e tu gli stai pure dietro?" Si intromise Koshino, venendo immediatamente zittito da Hanamichi con un gesto della mano.
"Il tritapalle sarebbe Mitsui" spiegò Yohei "Hanamichi è il tensai dei soprannomi".
Sendō rise imbarazzato "Allora Mitsui vi ha raccontato del nostro incontro hot".
Hanamichi guardo Yohei interrogativo "cosa?" Dissero in coro.
"Cosa cosa?" Disse Koshino con crescente imbarazzo.
Sendō scoppiò a ridere e bofonchiò un 'lasciate perdere', trangugiando poi quello che restava della sua fetta di torta.
 
"State facendo shopping?" Chiese Yohei indicando le loro buste colorate.
Koshino annuì e indicando il suo amico disse "quest'uomo qui ha l'incontro con i futuri suoceri  domenica.. urgevano vestiti nuovi".
Sendō protestò ma senza troppa convinzione. Era seriamente innamorato di Tsubasa e sì, per quella domenica era stato invitato a partecipare al pranzo di famiglia. Era la prima volta che una sua storia diventava così seria da arrivare alle presentazioni.
"Allora fai sul serio con quella dell'altra sera" disse Hanamichi, ringraziando subito dopo la signora che aveva depositato il suo cibo sul tavolo.
"Mai visto così serio" rispose nuovamente Koshino.
"Sei loquace oggi, comparsa" lo prese in giro Hanamichi "sembri anche simpatico, non come quando giochiamo".
Hiroaki ruggì un velato fanculo e si portò il suo té verde alle labbra.
Sendō intanto continuava a ridacchiare. Si accorse di avere lo sguardo di Yohei su di sé e gli regalò un sorriso ammaliante, ricambiato da un leggero sbuffo.
 
"E invece Rukawa come sta?" Chiese Sendō dopo qualche secondo di silenzio "l'altra sera sembravate culo e camicia, eppure in partita sei sempre lì a dire che lo odi"
Yohei scoppiò a ridere, Hanamichi iniziò a fumare dalle orecchie e a berciare riguardo volpi subdole e ingannevoli, attirando l'attenzione di tutto il locale.
Yohei bevve un sorso del suo té "se vuoi vedere Rukawa lo trovi tutte le domeniche al campetto dietro lo Shohoku a giocare con questo qui" disse indicando Hanamichi.
Sendō lo guardò mentre si irrigidiva in modo esagerato.
"Yohei, traditore!!" 
Yohei sorrise. "Dai Hana non c'è niente di male"
"Sí, siete una bella coppia" affondò Koshino, facendo ridere gli altri due e schivando abilmente il lancio di bacchette del rosso.
"Dai Kosh andiamo! Mi mancano le scarpe!" Sendō si alzò, le mani appoggiate sul tavolo a fare leva. "Ci si vede ragazzi" salutarono, lasciando Hanamichi alla sua ciotola di ramen fumante.
 
Il venerdì arrivò in un battere di ciglia, il tempo d'estate scorre a modo suo fregandosene delle leggi della fisica. Quella sera sulla spiaggia un miliardo e due di teste, erano tutti lì. Hanamichi e la sua truppa stavano vivendo uno di quei momenti di euforia dove ti senti ubriaco ma non puoi esserlo, perché non hai toccato alcool: ridevano come degli stupidi prendendosi in giro mentre ballavano, cercando di approcciare qualsiasi essere femminile si avvicinasse entrando nella zona di ricezione del loro radar. Ovviamente, ricevendo parecchie facce schifate alla vista delle loro camicie hawaiane sudate, bermuda coordinati, infradito di plasticaccia che potrebbe fare prendere fuoco ai piedi. Ogni dieci minuti circa qualcuno della truppa urlava gli auguri di buon compleanno al festeggiato, che per l'occasione si era fatto costruire una corona di palloncini -viola, rosa e gialli- da un artista di strada incontrato vicino alle bancarelle.
 
Decisero di prendere fiato e di rinfrescarsi con qualche bevanda ghiacciata, si ritagliarono il loro spazio vicino a uno dei chioschetti bar e Yohei si premurò di procurare qualcosa da bere per tutti.
Nel frattempo il gruppo si guardava attorno alla ricerca di conoscenti o di ragazze carine con le quali provarci.
"È inutile, non ci fila nessuno" disse Okusu.
"Parlate per voi sfigati, io ho una bella prugnetta che mi sta guardando" disse Takamiya.
"See, sogna!" Rispose Noma
"Hey ma sta veramente guardando di qua!" Esclamò Okusu "Certo non guarda te, panzone".

Hanamichi individuò il gruppo di cui stavano parlando e così la vide.
Era la più alta del gruppo, un bel caschetto castano con una frangia corta, perfettamente dritta, che metteva in risalto degli occhi enormi quasi occidentali. Indossava una tutina blu tipo salopette di cotone, corta sopra al ginocchio e sotto non aveva altro che il top del costume. Hanamichi sentì il sangue corrergli al viso e per un attimo ebbe paura di sperimentare una imbarantissima epistassi (si vide sparare sangue direttamente nel bicchiere della ragazza in questione e perdere i sensi), ma con un'incredibile capacità di autocontrollo, spostò lo sguardo e iniziò a ridere sguaiatamente.
"Hana sta guardando te!" Disse Okusu "magari ha un fetish per i capelli rossi"
"Già, oppure conosce qualcuna che ti ha scaricato" ipotizzò Takamiya, ricevendo una manata dritta in faccia e una sbraitata da parte di Hanamichi. "Volete tutti una testata? Almeno stasera lasciatemi stare! Non siamo qui per festeggiare?".
"Allora visto che è il mio compleanno, Hana, voglio che ci provi con quella ragazza!"
 
Hanamichi si rabbuiò, ma durò solo un istante. "Credi che il tensai non possa riuscirci eh?" Disse poi con una apparente spavalderia. In realtà, sentiva già lo stomaco stringersi. Ogni approccio al sesso femminile era stato difficile, ogni rifiuto sempre di più. Ogni volta, davanti a colei che lui pensava potesse davvero essere 'quella giusta', un leggero senso di nausea lo colpiva come un'ondata, la bocca diventava amara e lui si sentiva perso. Nonostante questo, lui era ancora affamato di amore, di attenzione. Del tocco di un’altra persona.
Mentre la truppa si occupava di prendere in giro Hanamichi, la ragazza e le sue amiche si spostarono verso il chiosco bar. Hanamichi si aggiustò i capelli e partì a grandi falcate verso di lei. E fu come guardare un film.
 
 Lo videro approcciarsi senza indugio, offrirle da bere e scambiare qualche parola con lei, che mostrava un atteggiamento accogliente e intimo, cercando il contatto con le braccia abbronzate e forti del rosso. Ridevano come fossero stati due amici di vecchia data. Poi, lo videro strozzarsi con una sorsata di bibita e iniziare a tossire fino alle lacrime, mentre lei gli batteva dei colpi sulla schiena.
Scoppiarono a ridere come un branco di scimmie e la ragazza gli lanciò uno sguardo torvo mentre indicandoli con un cenno della testa, gli stava sicuramente chiedendo se fossero suoi cari amici. Hanamichi annuì imbarazzato.
Per Yohei fu abbastanza e decise di incanalare la sua attenzione su altro.
 
Quella ragazza già non gli piaceva.
 
“Indovinate chi ha un appuntamento!” urlò Hanamichi lanciandosi in mezzo al gruppo e abbracciando le spalle di Noma e Okusu.
“Non ci credo!” urlò Takamiya, seguito da versi di supporto da parte degli altri.
I ragazzi si erano allontanati una mezz’ora prima, lasciando Hanamichi con la ragazza con la tutina blu. Si erano seduti sulle scalinate a sorseggiare le birre che Yohei era riuscito a farsi dare sottobanco dalla loro amica degli okonomiyaki e avevano continuato a osservare le tante persone che quella sera erano accorse alla serata.
“Si chiama Yumi” disse “ed è proprio un sogno!".
Yohei voltò il viso verso il mare per non far vedere la sua espressione schifata. Questa volta sarebbe stato più difficile per lui far sì di non perdere il suo amico.



Akira guardò l’orologio al suo polso. 12.59.40.

Venti secondi dopo stava bussando alla porta della piccola villetta della famiglia Ohiya.
Tsubasa aprì la porta e Akira si sentì avvolgere dal suo meraviglioso profumo.
“Che.. che cosa ti sei messo?” disse squadrandolo ed evitando il suo tentativo di baciarla sulla guancia facendo due passi indietro.

Akira si guardò senza capire “Non ti piaccio?” chiese. Fece un giro su sé stesso, mostrandole bene il suo fondoschiena fasciato dal pantalone elegante che aveva comprato con Hiroaki in una piccola boutique a Fujisawa. Aveva abbinato quel capo color antracite con una giacca dello stesso colore, una camicia bianchissima e una cravatta sottile.
“Sembri un salariman pronto per un colloquio, Kami, Akira sei uscito di testa?”
“Dici che ho esagerato? volevo fare bella figura..” rispose lui aggrottando le sopracciglia.
Ci teneva tantissimo a fare bella figura con i genitori di Tsubasa e ora quasi si pentiva di aver seguito i consigli di Hiroaki e della commessa..
“Non importa, sorridi e non si accorgeranno di come sei vestito.. ma togli giacca e cravatta ti prego!”.


La Signora Ohiya mantenne un primato quella mattina: riuscì a non sorridere neanche una volta. Neanche quando Akira provò a complimentarsi per il cibo dicendole ‘Signora, sa, un kareeraisu così non l’ho mangiato mai’.
D’altro canto, il padre aveva deciso di aprire bocca solo per fare qualche domanda stile interrogatorio.
“Con mia figlia tu che intenzioni hai?” tuonò mentre Akira aveva appena ingoiato la prima cucchiaiata di riso inzuppato di curry. Lui nel panico ci mise qualche secondo per masticare e ingoiare quella poltiglia di riso gommosa e bere mezzo bicchiere di acqua perché la bocca si era prosciugata tipo Sahara dato che il curry era di una piccantezza estrema, oltre che salatissimo.
“Papà, sai che Akira è il capitano della squadra di basket, ti ricordi?” Tsubasa parlò mentre versava dell’acqua ghiacciata nel bicchiere del padre “è un ragazzo che sa prendersi le sue responsabilità e vedrai che non mi tratterà senza rispetto”.

Akira guardò con occhi sognanti la sua ragazza gestire con maestria quell’uomo burbero. Chissà quante volte si era presa gioco di loro, che la credevano una principessa con un onore da difendere. Eppure lui la conosceva davvero e poteva dire che lei tutto poteva essere tranne una donzella in cerca di un principe azzurro che la difendesse da un cattivissimo drago. Era lei infatti ad avere in mano la loro relazione e ne era totalmente consapevole. Consapevole del fatto che Akira avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei pur di avere il privilegio di stare con lei.
Il pranzo continuò senza ulteriori intoppi, con Tsubasa che gestiva la conversazione dimostrando di essere bravissima a girare le situazioni a suo favore.

Pochi minuti dopo aver sparecchiato la tavola la famigliola si preparò per uscire e andare a effettuare la pulizia mensile delle tombe di famiglia, Akira riuscì a svicolarsi con maestria grazie al sostegno di Tsubasa che gli fornì l’assist per un incontro con l’allenatore Taoka.
Il padre della ragazza lo accompagnò alla porta e lo guardò dritto negli occhi “Ragazzo. Mia figlia ha bisogno di un ragazzo serio. Spero non ci deluderai”.
 
Non seppe come, ma i piedi l’avevano portato proprio lì, davanti all’ingresso di quel campetto da basket proprio dietro il liceo Shohoku.

Già da qualche metro prima di riuscire ad avere la visuale libera sul campetto le sue orecchie avevano percepito il tipico rumore del pallone arancione che rimbalzava sul terreno.
Era accaldato e sudato per via del suo stupido abbigliamento, la camicia gli si appiccicava addosso come una seconda pelle, per non parlare dei pantaloni che erano ormai diventati una tortura. Ma nonostante questo, il suo primo pensiero non era stato di tornare a casa a cambiarsi e di uscire con la canna da pesca per andare sul suo solito molo. I suoi piedi l'avevano portato davanti a quel campetto. E come immaginava, loro erano lì.
 
Kaede aveva raccolto da bordo campo una manciata di ghiaia e stava lanciando i piccoli sassolini uno a uno dritti sul sedere di Sakuragi, che appeso al canestro penzolava canzonando il suo avversario.
"Te l'ho fatta kitsune questo giro ti ho battuto!" disse mentre ancora dondolando cercava di colpire il moro con un calcio "finiscila di prendermi a sassate e levati che devo scendere!"
Kaede si scostò giusto per raccogliere il pallone e lanciarglielo in testa, scatenando l'ira di Hanamichi che decise di rincorrerlo per rifilargli una craniata.
Akira scoppiò a ridere di fronte a quella scenetta e per qualche secondo si dimenticò di tutto lo stress di cui si era caricato in quel pranzo terribile.
Il primo ad accorgersi della sua presenza fu Rukawa, che piantò i piedi inchiodando e venendo così travolto dal suo avversario.
"Teemeee kitsune!!"
"Doaho finiscila. Guarda"
Hanamichi volse lo sguardo verso Akira e pensò che se in quel momento il giocatore del Ryonan sembrava un bimbo di ritorno dal primo giorno di scuola mentre saluta la mamma sventolando piano piano la manina. Lo fregava solo l'altezza.
 
Scoppiò in una fragorosa risata con tanto di lacrime "Porcospino come diavolo sei conciato!!" disse tenendosi la pancia. "Kitsune, l'hai visto? Sembra un salariman" continuò, puntellando il fianco del moro con il gomito.
Akira sbuffò bonariamente e li raggiunse "nessuno capisce la mia eleganza".
Hanamichi fece il gesto di tirargli una pacca sulla schiena ma con una faccia schifata si fermò emettendo un suono disgustato "uuh elegante quanto vuoi ma ti staranno sudando anche le palle amico".
Kaede roteò gli occhi sussurrando qualcosa che Akira non riuscì a interpretare, poi gli lanciò il suo borsone. "Cambiati idiota numero due. Giochiamo"
 
Akira trovò una maglietta e un paio di pantaloncini, decise di disfarsi delle sue nuove scarpe di finta pelle e di giocare scalzo, decisione condivisa anche dagli altri due per ‘fair-play’ dissero.
 
Cinque minuti dopo tutti e tre si erano già pentiti della malaugurata idea e decisero così di sdraiarsi all'ombra del grande albero che si ergeva al lato del campetto.
Kaede si sedette composto a gambe incrociate, con il pallone tra le mani. Hanamichi invece aveva deciso di mostrare il suo portamento da nobiluomo e si era sdraiato con le cosce spalancate, una mano dietro la testa a mo' di cuscino e l'altra a grattarsi la pancia.
"Copri le macerie doaho"
"Aaaah kitsune mollami"
 
Quei due non facevano altro che battibeccare, ma Akira, per la prima volta da quando li conosceva, vide qualcosa di strano in loro, che non riusciva a definire.
Si perse a cercare di elaborare le sue osservazioni, finché non si accorse di avere degli occhi puntati addosso. Kaede lo stava fissando e si sentì scavare un solco dentro.
“Stai meglio?” disse ad un certo punto.

Akira si stupì di quella domanda. “Ti ho dato l’impressione di non stare bene?” chiese, con un sorriso.
Kaede mosse leggermente un lato della bocca “Chiaramente..”
Akira chiuse gli occhi e abbandonò la testa dondolandola, rilassando collo e spalle. “Sì” disse “è stata una mattinata pesante e spero ne sia valsa la pena”.

“Che hai dovuto fare vestito così?” Chiese Hanamichi curioso “Ah già! il pranzo! era oggi” continuò tirandosi su con un colpo di addominali e portandosi a una distanza minima da Akira.
“Già il pranzo” disse “pesante! I suoi mi hanno fatto il terzo grado e mi sono chiesto più volte se davvero saprò gestire a lungo questa situazione.."
Kaede guardò Hanamichi annuire.
"Beh porcospino.. se vuoi la bicicletta sono fatti tuoi poi pedalare!" disse. "E con dei suoceri così stai salendo sul monte Fuji, devi trovare la marcia giusta, ascolta il Tensai"
"Ma che ne sai te doaho" lo riprese Kaede "non mi risulta che tu abbia avuto tutti questi suoceri.."
"Che ne sai te maledetto Rukawa? Sei messo peggio di me!"
Kaede roteò gli occhi e guardò Sendō ridere.
"Finché passate le domeniche tra di voi sarà impossibile che troviate dei suoceri" li stuzzicò "a meno che non vogliate già passare alle presentazioni delle vostre famiglie..".
I due pugni in testa in contemporanea non si fecero attendere un secondo di troppo. Akira emise un verso strozzato a metà tra il dolore e il divertito massaggiandosi la parte lesa mentre i due continuavano a insultarlo.
In quel momento notò qualcosa che lo fece meravigliare: erano entrambi arrossiti, ma mentre il rosso starnazzava riguardo porcospini malpensanti, il moro si era chiuso nel silenzio, spostando lo sguardo lontano da loro.
"Molto interessante" disse Akira con un sorriso, al che Kaede lo fulminò con lo sguardo, inchiodando gli occhi nei suoi. Si guardarono per un istante e Akira capì.
Intanto Hanamichi stava continuando a parlare e gli altri due riportarono la loro attenzione alle sue parole quando lo sentirono dire "e comunque il qui presente Tensai ha un appuntamento con una ragazza!"
 
 
.. continua ..

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I bar son quasi tutti chiusi ***


Ciao a tutti, eccomi con la seconda parte di “O me - o quei deficienti lì”.

Per questo capitolo devo ringraziare metformin_86 che nella sua storia Kanagawa generation ha descritto il luogo che ospiterà l’appuntamento di Hana (si vedrà un font diverso per la citazione..)! Grazie Doc!
E grazie a chi mi ha dedicato il suo tempo leggendo e commentando :)

Enjoy!!



 

2. I bar son quasi tutti chiusi


 

“Allora, quanto sei cotto?”

Kaede guardò Akira con indifferenza “Non so di cosa parli” rispose, afferrando la maglietta che l’altro gli stava restituendo.

“Certo, non sai di cosa parlo..“ riprese ridendo “allora dovresti migliorare ancora di più il controllo delle tue espressioni facciali perché era lampante. È bastato che nominasse quella ragazza per vederti sprofondare negli abissi”. Hanamichi era appena andato via dal campetto e Akira non aveva atteso a lungo prima di partire con il terzo grado.

Kaede fece spallucce e si alzò caricandosi lo zaino sulla spalla “Domenica saremo di nuovo qui stessa ora” disse solo. Poi si incamminò verso la sua bicicletta.

“Lui domani esce con una ragazza e tu ti accontenti di vederlo la domenica a giocare?”

Kaede lo ignorò.

“E pensi che domenica sarà qui se domani va bene?”
Kaede perse il passo per un istante, quasi impercettibilmente. Ma continuò imperterrito verso la bicicletta.

“Non intendi dirglielo, vero?”
Kaede sbuffò, trafficando con le chiavi. Quel maledetto lucchetto arrugginito gli dava sempre problemi, perché diavolo aveva ascoltato l’idiota e si era fatto convincere a legarla? Niente da fare, la cazzo di chiave non girava rimaneva bloccata lì a metà, né a destra né a sinistra né scendere né salire e cazzo bruciavano gli occhi e prudeva un poco lì dietro al collo perché diavolo quella merda di chiave non girava e voleva solo “CHE COSA STRACAZZO STAI ANCORA A FISSARMI?” 

Akira incrociò le braccia e arricciò il labbro inferiore. “Tasto dolente eh.”

Kaede inspirò profondamente. “.. Lasciami perdere ok?” disse, riuscendo finalmente ad aprire il lucchetto.

“Non c’è niente di male..” disse Akira provando ad appoggiare una mano sulla spalla di Rukawa. Che lo guardò. O meglio, che provò a incenerirlo con lo sguardo.

“Non c’è niente di male dice lui” rispose, con un guaito divertito “supponiamo, per assurdo,che io sappia di che cosa stai parlando. E supponiamo sempre per assurdo che questa cosa sia come la stai dicendo. Secondo te, Sendō, una persona maniaca del controllo come me, che programma la sua vita da quando era piccolo per diventare il giocatore numero uno, che non ama il casino, il rumore, il berciare e le perdite di tempo. Secondo te, potrebbe mai… dirglielo?”. 

Akira lo guardò con sguardo serio. “Si?” disse poi sorridendo come un bambino.

“Non so di cosa tu stia parlando. A me basta che ci sia per giocare. E poi, non è la prima e non sarà l’ultima. Ci vediamo, idiota numero due”.


 

Hanamichi compose il numero di casa di Yohei. Dopo quattro squilli la voce del suo amico risuonò nel ricevitore, dando al rosso un immediato sollievo.

“Fratello aiutami. Dove porto Yumi domani? È lunedì e la kissaten dove volevo andare fa chiusura aaaah perché devono chiudere di lunedì!”

Yohei ridacchiò. Quel gigante poteva proclamarsi genio indiscusso di ogni cosa ed era in grado di portarsi via delle scarpe di immenso valore da un negozio per pochi yen, ma di fronte a una ragazza perdeva completamente la testa.  

“Ma che ne so, fate due passi a Fujisawa e entrate da qualche parte.. Hana, non è importante dove, lo sai no?” disse cercando di tranquillizzarlo.

Hanamichi sospirò “Yo, ho bisogno di avere un programma in testa, non posso andare nel panico! Tu lo sai, tu mi conosci davvero..”
“Lo so Hana, però davvero tranquillo..” ‘Non è importante questa ragazza’  voleva dire. Ma l’avrebbe ferito. Tanto meglio sfruttare l’occasione, pensò.

“Senti, portala al bowling. Al pomeriggio c’è poca gente e i tavolini del bar sono sempre liberi. Offrile qualcosa e poi beh se vuole giocare bene altrimenti state alle macchinette e le puoi vincere qualcosa”. Dall’altro capo del telefono Yohei sentì solo il respiro del suo amico per qualche secondo.

“Il Tensai è infallibile con l’artigliooo. Ora chiamo per prenotare!” disse.

Yohei si schiarì la voce “conosco uno che lavora lì e che deve un favore al mio vecchio. Se vuoi ci penso io” disse

Hanamichi si illuminò “Yo, fratello sei grande. Te ne devo una” 

Si salutarono e Yohei appese la cornetta. Si mordicchiò un labbro e passò una mano tra i capelli. Per un attimo fu indeciso sul da farsi. Di fronte a sé aveva una scelta molto importante da prendere.. sostenere il suo amico in una situazione nuova, tutta da scoprire, che l’avrebbe probabilmente reso felice.. oppure cercare di preservare la sua famiglia.

Era la prima volta che Hanamichi non riceveva un due di picche da una ragazza e anche per lui questo era una novità. Per la prima volta si sentiva spaventato dall’idea di poter perdere davvero il suo migliore amico.

Alzò la cornetta e compose il numero di Ōkusu.


 

Quando Hanamichi alzò lo sguardo e vide i suoi enormi e dolci occhi castani, sentì lo stomaco fare un salto. Alla luce del sole Yumi era ancora più bella, i capelli sembravano luccicare e sul suo viso si intravedevano delle leggere lentiggini che le donavano un aspetto fanciullesco. Già. Se non fosse stato per il resto del corpo che invece sembrava aver già intrapreso un viaggio in Shinkansen verso pubertà city.
Quel pomeriggio indossava una maglietta smanicata dal taglio che ricordava una uniforme di basket e un paio di shorts giallo canarino che le fasciavano le cosce e rendevano giustizia alle sue lunghe gambe. 

“Ciao Hanamichi-kun!” Disse allegra, appoggiandogli una mano sul bicipite. Fu avvolto da un dolcissimo profumo di cocco che gli fece vorticare la testa.

Quando la vide guardarlo con aria interrogativa si rese conto di non aver ancora aperto bocca, limitandosi a fissarla come un pesce lesso. “CIAO YUMICHAN” disse, quasi urlando e fallendo nel tentativo di contenere l’imbarazzo. Lontano dall’ondata di adrenalina dell’altra sera che l’aveva spinto ad approcciare la ragazza, ora si sentiva spaesato, disarmato.
Non incasinare tutto si disse. È il momento per il Tensai di dimostrare quanto vale davvero.

Si diede una scossa, gonfiò il petto e tirò indietro le spalle scacciando la paura e ricercando la complicità che si era creata in poco tempo venerdì sera. Con un gesto elegante della mano le mostrò la strada.


 

Yohei aveva detto di cercare un certo Harada, che avrebbe tenuto un tavolino per lui e che non avrebbe dovuto preoccuparsi di pagare la pista. Si sentì fortunato di avere un amico così.

Quando misero piede nell’ingresso del Shonantokyu il ghiaccio della conversazione era ormai sciolto e tra i due si era già instaurato un rapporto notevolmente intimo e fisico. Yumi era molto interessata alle sue gesta da atleta e sembrava cercare ogni occasione per toccarlo, provocandogli un innalzamento della temperatura corporea. Gli sembrava quasi impossibile di essere lì, con quella ragazza così bella, audace e così interessata a lui..

Ripensò ad Haruko e a tutte le ragazze prima di lei. Era la prima volta che approcciava una ragazza così estroversa, così lontana dall'essere una yamato nadeshiko, caratteristica che aveva accomunato tutte le ragazze alle quali si era dichiarato in quegli anni. Già con Haruko e la sua buffa goffaggine aveva spezzato la consuetudine, ma ora, di fronte a quella bomba di estroversione, Hanamichi si trovava quasi spiazzato. Quasi.. a disagio? Ma no, che stava pensando! Sei solo agitato, respira e cerca di non combinare casini.

Nonostante fosse pomeriggio, l’interno del bowling era un’esplosione di luci e suoni. Superate le porte a vetri, passarono accanto a una fila di giostrine elettroniche e di claw crane, arrivando alla zona ristoro. Guardò a destra, trovando le quindici piste da bowling lucide e quasi tutte occupate da gruppi di ragazzi, sullo sfondo un’immagine di una spiaggia tropicale. 


 

Commentarono il locale con stupore, Yumi non aveva mai giocato a bowling ma era eccitata dall’idea di provare. Hanamichi individuò Harada che li accolse con un caldo sorriso. “Venite da questa parte, la vostra pista è la 13.. i vostri amici vi stanno aspettando”.
Hanamichi lo guardò stralunato “a..amici?” disse, guardando poi con agitazione verso Yumi.

“Sì, avete fatto bene a prenotare perché le piste sono tutte piene oggi, sai, è il nostro anniversario di apertura e ci sono parecchie promozioni”
Hanamichi si sentì frastornato vedendo nella pista 13 la sua banda al completo che gesticolando vistosamente faceva segno di raggiungerli.

“Merda..” disse Hanamichi e Yumi lo guardò sollevando il sopracciglio.

“Hai invitato i tuoi amici?” disse, guardandoli con diffidenza e arricciando le labbra in un piccolo broncio.

“Io.. no ecco.. ha prenotato Yohei e beh forse non ci siamo capiti” disse lui. “Senti, proviamo a fare un paio di lanci e poi andiamo ok? Così provi..” provò a mediare.

Yohei questa volta gli aveva giocato un brutto scherzo, pensò. Non seppe dirsi se fosse curiosità o gelosia, in quel momento. Sapeva solo che non voleva fare brutta figura con lei, e avere loro lì significava mettersi a nudo molto più di quanto fosse pronto a fare.

“Va behe Hana-kun, voglio vederti mentre colpisci quei tubetti” rispose lei, accarezzandogli il braccio.
“Birilli.. sì penso si chiamino birilli, ma per te da oggi li ribattezzerò tubetti” rispose lui arrossendo dall’agitazione. Voleva in tutti i modi riuscire a dirle sempre qualcosa di carino. Era tra i suggerimenti che aveva trovato qualche giorno prima in una delle riviste per ragazze che aveva sua cugina, insieme a "se vai in bagno durante l'appuntamento non schiacciarti i punti neri perché torneresti tutto arrossato". No, non avrebbe mai ammesso di averle chieste chieste in prestito, no, il tensai non faceva di queste cose!!


 

“Ciao piccolo fiore di montagna” disse languido Takamiya, approcciandosi a Yumi scivolando sul divanetto rivestito in finta pelle rossa.
Lei lo guardò disgustata “Piccolo fiore.. di montagna” disse, guardando poi Hanamichi “notevole..” commentò.

“Levati, sei fastidioso” disse il rosso spingendolo indietro al suo posto. "Siamo qui per stracciarvi e farvi vedere come si gioca!" Disse spavaldo.

Yumi ridacchiò, prendendo posto all'estremità del divanetto. Con il suo viso ovale ben poggiato sulle sue candide mani, che elegantemente lo incorniciavano donandole un aspetto angelico, fissò gli occhi in quelli cioccolato di Hanamichi. "Hana-kun sarai sicuramente un Tensai anche in questo.." gli disse.

Hanamichi deglutì faticosamente. Con quello sguardo si era sentito messo a nudo. Era un po' come quando lo guardava Rukawa, pensò. Quando quella volpe fissava i suoi occhi di ghiaccio si sentiva scavare dentro e se inizialmente quella situazione lo metteva a disagio ora aveva iniziato a viverla come un segno della profondità che la loro amicizia stava acquisendo. Certo che il fortunato che si metterà con lui dovrà fare i conti con quel suo sguardo, pensò.

Al che ebbe un fremito. Non era certo il momento di pensare a quella stupida volpe! Fortunato, poi! Che scelta sbagliata di termini, sfigato avrebbe dovuto dire!!

“Hana-kun?”
Yumi aveva poggiato le sue dita affusolate sulla sua coscia e Hanamichi tornò dallo spazio nel quale stava viaggiando, atterrando in quella prefettura, in quel chōme, in quel bowling, a quel tavolo, con la mano di Yumi pericolosamente vicina al suo inguine.


Si alzò di scatto e propose di iniziare la partita. Yumi sorrise e lo seguì con lo sguardo andare verso la zona di lancio, perse i suoi occhi sul suo fondoschiena mentre si piegava per raccogliere la boccia viola e fece un segno di incitamento quando lui si girò a guardarla per dedicarle quel tiro.
Piegò il braccio portando la boccia all’altezza del suo petto. Fece aderire bene la sua superficie a quella del palmo della sua mano. Un passo. Due passi. Tre passi verso la pista. Mirò e calibrò la forza del suo tiro, sentendo piano la boccia lasciare il contatto con le sue dita.

Vai fai uno strike! pensò.

La palla iniziò a rotolare veloce, scivolando sulla pista e dirigendosi verso il pin deck. Hanamichi si immaginò centrare uno strike, voltarsi verso Yumi e trovarla con uno sguardo innamorato mentre con le labbra mimava le parole sono tua.


Ma la palla finì nel canale laterale a circa ⅔ del percorso.
Hanamichi si pietrificò iniziando a sentire le urla scimmiesche della sua banda iniziare a percularlo.

Yumi scattò in piedi e raggiunse Hanamichi, prendendogli entrambe le mani tra le sue.
“Ora tocca a me. Voglio un bacio di incoraggiamento però..” disse, con una leggera stretta.
Hanamichi strabuzzò gli occhi “ba..bacio?” disse.
Lei portò la sua mano all’altezza delle labbra del rosso, indicandola con lo sguardo.
Hanamichi si sporse con il viso fino a far combaciare la sua bianca pelle con la sua rosea delle labbra.
Yumi sorrise, buttò uno sguardo compiaciuto verso Yohei e con una mezza piroetta si portò a raccogliere la boccia arancione che si trovava al fondo della fila.
Hanamichi era ancora imbambolato alle sue spalle mentre lei con un movimento fluido lanciò la boccia riuscendo a fare uno split 7-10.

Esultando con un saltello, si girò sorridente verso Hanamichi. “Come sono andata Hana-kun?” gli disse dolcemente.

“Wooow Yumichan!” disse lui incredulo “sembravi una professionista!”

Lei ridacchiò. Con il secondo tiro non riuscì neanche a sfiorare uno dei due birilli, ma comunque soddisfatta tornò verso il divanetto, passando accanto ad Hanamichi e poggiando una mano sul suo petto, facendola scivolare nella sua scia.

I turni di gioco si alternarono permettendo a tutti di effettuare qualche tiro. Nel frattempo Hanamichi aveva provveduto a ordinare le bevande per lui e la ragazza. Un tè alla pesca dolcissimo, come quelli che piacevano a Rukawa, pensò.


“È arrivato il momento!” Ōkusu lanciò il menù di plastica sul tavolo come se stesse scartando un +4, si alzò e si diresse verso la penisola bar, intenzionato a ordinare qualcosa.
Hanamichi intanto era stato preso in mezzo da Noma e Takamiya e stava raccontando a Yumi le sue gesta di Tensai durante il campionato Nazionale appena finito. Mentre lui cercava di darsi un tono, gli altri due non facevano altro - come al solito - che prenderlo in giro per questo o quell’altro episodio dove si era reso ridicolo.
Il loro rapporto era così, in fondo. I ragazzi erano probabilmente tra le persone più orgogliose dei progressi di Hanamichi e delle sue vittorie, ma sicuramente non l’avrebbero mai detto in modo esplicito. Perché tra loro non c’era altro modo che quello.
La ragazza non sembrava apprezzare i commenti degli amici e di tanto in tanto provava a chiedere al rosso se quello che le stavano raccontando fosse vero, facendo espressioni infastidite ogni volta che lui confermava le sue sparate.

“Penso che gli atleti debbano essere degli esempi di serietà” disse “non che ci si debba annoiare, certo, ma un po’ di contegno non fa male”.

Con un rumore sordo, Ōkusu scaraventò sul tavolino un cestino formato famiglia di gamberetti fritti. “Solita sfida!” disse indicando i compagni uno a uno. “Chi riuscirà oggi a mettere in bocca più gamberetti vincerà un premio a sua scelta!”

Erano tutti entusiasti delle sfide offerte da Ōkusu. Principalmente i premi consistevano in gelati o partite offerte al pachinko.

Takamiya non si fece attendere e iniziò a posizionarsi i gamberetti in bocca, seguito da Ōkusu. Noma stava bevendo un sorso d’acqua prima di gettarsi nella sfida, così Yohei si avvicinò all’orecchio di Hanamichi sussurrando “Hei Hana.. se vinci potresti chiederci di andarcene..”

Hanamichi lo guardò. I piccoli ingranaggi del suo cervello iniziarono a girare cigolando.

“Passami quel cestino!” disse.
Yumi si alzò dal tavolo. “Hana-kun, andiamo?” disse, guardandolo immobilizzarsi con un gamberetto tra le dita. Hanamichi rilanciò il crostaceo dentro al cestino e partì per seguirla, salutando velocemente i suoi amici. Che rimasero così, con le bocche piene di gamberetti e le mani a mezzavia.


 

Una volta fuori dal Shonantokyu, Yumi aveva un’espressione seria, infastidita.
“Yumi-chan.. sei.. sei arrabbiata?” disse lui. “Mi dispiace per.. sì insomma sono casinisti ma sono la mia famig..”
“Casinisti è dir poco” lo interruppe lei “non hanno rispetto per te, ti prendono in giro e sono imbarazzanti. Tu mi hai dato l’impressione di essere di più di così. Io ho sempre pensato che gli atleti dovessero essere un esempio di serietà”.
Gli si avvicinò, poggiando i palmi delle mani sul suo petto e sussurrando “Sai, ho sempre sognato che.. sì.. la mia prima volta fosse con un atleta, sai..” disse sollevando il viso a guardare il suo.

Hanamichi sentì il sangue affluire violentemente al suo viso.

“Se tu vuoi essere la persona che mi fa esaudire questo desiderio.. beh.. penso tu abbia le potenzialità per farlo ma.. devi volerlo e soprattutto evitare situazioni come quella”.
Hanamichi si sentì frastornato. Non si aspettava certo che Yumi facesse discorsi di quel tipo. Ma in fondo, dal primo momento si era dimostrata subito molto audace.

“Io.. sì voglio essere quella persona” disse sorridendo, al che lei ricambiò il sorriso e prendendogli la mano lo attirò a sé.

Hanamichi sentì il cuore iniziare a trottare dall’agitazione. Yumi era lì di fronte a lui, con gli occhi socchiusi avvicinando il viso al suo.
Ok Tensai pensa, come ha fatto la volpe quando ti ha baciato?

Il ricordo delle sue labbra calde, la mano leggera dietro la nuca, tornarono a scuoterlo.
Posò le mani sulle sue spalle e si chinò verso di lei, poggiando le sue labbra ad accarezzare quelle di lei, gli occhi chiusi e un fastidioso fischio nelle orecchie - forse sarebbe esploso da lì a momenti.
Si separarono e la ragazza lo guardò con intensità “Questo è solo l’inizio Hana-kun…”.


 

C’era un piccolo neo che faceva capolino a circa due dita dal suo ombelico, e lui si perdeva a guardarlo, desiderando di poggiarci le labbra, accarezzarlo con la lingua e inglobarlo nella sua bocca.

Ma sapeva che si sarebbe beccato una manata in faccia, perchè Tsubasa soffriva particolarmente il solletico e dunque Akira sapeva che il suo sogno non avrebbe visto la luce.

Il sabato pomeriggio era il giorno in cui i genitori di Tsubasa erano entrambi impegnati al golf club, così da circa 8 mesi a quella parte i due ragazzi passavano quelle ore tra le lenzuola senza rischiare che la ragazza fosse richiamata a casa.
Akira non poteva che esserne contento. Tsubasa era tutto fuorché pudica e in quelle situazioni si trovava spesso a realizzare strane fantasie.
Un po’ come quell’altra sera con Mitsui. Già, un vero peccato fosse corso via sul più bello. Già solo toccare il suo corpo lo aveva acceso e ora gli rimaneva un poco di amaro in bocca.

Soprattutto perché nell’ultimo periodo le cose con Tsubasa non andavano un granchè a gonfie vele e lei era riuscita a incolparlo per la fuga del moro dello Shohoku. Spesso, ultimamente, si trovavano a litigare, principalmente perché a detta della ragazza lui non era abbastanza attento nei suoi confronti.
Non che lui riuscisse a capire dove stesse sbagliando. Per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa. Era arrivato ad abbandonare quasi tutto ciò che faceva nel suo tempo libero, pur di vederla contenta. A volte, però, sembrava che il suo “tutto” non fosse abbastanza. Altro che bicicletta qui. Era una bicicletta da spinning settata su Monte Everest.

Tsubasa sfogliava una rivista sdraiata al suo fianco, ogni tanto iniziando un discorso per raccontare gossip o novità dei loro compagni di scuola. Akira ascoltava svogliatamente, carpendo qua e là qualche parola per non farle capire che non stava seguendo il discorso.
“Ah non ti ho detto poi che Yumi è uscita con quello della festa sulla spiaggia” disse.
Akira provò a concentrarsi e a ricordarsi i dettagli della storia, ma non gli sovveniva né il viso di Yumi né il racconto della serata sulla spiaggia.
“Non ti ricordi vero?” disse lei “Yumiko Nori, della 3-7, il tipo alto e muscoloso con i capelli rossi..”
Akira vide la lampadina accendersi nella sua testa. Possibile che Hanamichi fosse uscito con la loro compagna di scuola?
“Guarda che questa non me l’avevi raccontata” disse lui “forse mi confondi con il tuo amante”.

Tsubasa sbuffò. “La finisci con sta storia? Comunque non importa, Yumi ha incontrato un figo in spiaggia e ha organizzato un appuntamento, sono usciti lunedì e mi ha raccontato.. Insomma, lui è ben piazzato e ha un sacco di potenziale ma a quanto pare ha dietro un branco di amici deficienti che lei non sopporta. Pensa che ha dovuto portarlo via da loro perché si sono presentati sul luogo dell’appuntamento, ma ti pare?”

“Beh dai non sai come ragionano le persone, magari aveva bisogno di un sostegno..”
Tsubasa lo guardò come fosse scemo “Un sostegno? Bah pensala come vuoi, ad ogni modo ha già messo in chiaro ‘o me o quei deficienti lì’ ha praticamente detto. E lui l’ha seguita quindi..”
Akira deglutì a fatica. “Non condivido quello che stai dicendo” disse “perché mai deve separarli, le cose devono funzionare tra loro no? E poi se ha quegli amici è perché lui è così non credi?”

Tsubasa scoppiò a ridere “tu parli così perché non ne hai di amici e non ti rendi conto di quanto possano influenzare una persona. Fidati che se Yumi vuole che il suo ragazzo sia come lo desidera lei, non ci sono forze che tengano”.

Akira si alzò a sedere “Se Yumi vuole.. ma cosa stai dicendo?”

Tsubasa roteò gli occhi “Akira ma che ti prende oggi? Non sei contento di come va il mondo?”

“No, non sono contento di come va il mondo secondo Yumi” rispose. E neanche secondo Tsubasa, in realtà. Le sue parole ancora gli ronzavano in testa ‘non ne hai di amici’ aveva detto. Era vero, ed era tutto per colpa sua.

Tsubasa si accigliò. “Sei pesante Akira. Non sei lo stesso che eri un anno fa!”
“Ci risiamo..” sospirò alzandosi. “Non sono più lo stesso, ero più romantico bla bla!”

Tsubasa si zittì. Non era mai successo che Akira si rivolgesse a lei in quel modo.
Come si permetteva! 


 

“Come ti permetti, parlarmi così!” disse, alzandosi a sua volta “basta, sento che non durerà se vai avanti così”.

Akira scosse la testa. “Anche se non siamo d’accordo su qualcosa non vuol dire che non possiamo avere una relazione, Tsubasa. Se vuoi un pupazzo patetico per essere felice, beh, non andrai lontana con me!”.

Tsubasa si mordicchiò il labbro inferiore, i denti stringevano con forza la sua pelle.

“Me ne vado” disse. “E tu lasciami stare”

Akira la guardò rivestirsi velocemente, tenendo fisso il suo sguardo su quello della ragazza. “Ne riparleremo quando ti sarai calmata” disse “non è possibile che a ogni litigio te ne vai o mi dici di andarmene cacciandomi come un cane pretendendo poi le mie scuse. Questa volta no, Tsubasa, io non mi scuso”.


 

La mattina dopo, Akira compose il numero di casa di Tsubasa per scusarsi e chiederle di vedersi.

Non che pensasse di essere nel torto, ma l’idea di non vedere più quel sorriso e di passare il tempo con lei lo stava uccidendo. Avrebbe fatto in modo di farle capire il suo punto di vista, pensava. Avrebbero parlato, fatto pace, fatto l’amore e sarebbero andati avanti.
Ma dall’altro capo del telefono non rispose nessuno per un paio d’ore, finchè Akira decise di uscire di casa per andare direttamente a parlare con lei.
Si tirò la porta alle spalle - era sua abitudine non chiudere mai per paura di perdere le chiavi e di non riuscire a rientrare in casa - e quando fu sul marciapiede antistante il cancello, si accorse di una figura femminile ferma ad attenderlo.


 

“Sendō” lo chiamò.
Akira la guardò e cercò nei cassetti della memoria un nome da associare a quel viso ovale, quel caschetto castano e quegli occhi da occidentale.
“Ehm….” disse.

“Sono Yumi, allora è vero che non ti ricordi di me” lo rimbeccò la ragazza.

“Ah Yumi. Sssì scusa” cercò di disinnescare.

“Tsubasa mi manda a dirti che non vuole più vederti o sentirti” disse.
Akira aggrottò le sopracciglia. “Scusami?”

Lei scosse la testa facendo danzare i suoi capelli “Hai sentito. Non vuole più vederti.”
Akira la fissò. Poi scosse la testa e sorrise amaro. “Finchè non me lo dice lei può scordarselo” disse.
E senza salutare, iniziò a correre verso casa di Tsubasa.
Ma nonostante l’insistenza al campanello, le manate alla porta e i richiami, nulla.
Tsubasa non intendeva farsi vedere.

Sconsolato, decise di andare nell’unico posto dove avrebbe trovato almeno mezz’ora di tranquillità. 

 

doaho..”

“DOAHO dovecazzohailatesta!” Rukawa tirò un calcio sul culo di Hanamichi.

Il rosso sospirò e si passò una mano tra i capelli “sono qui rompicoglioni, dammi tregua”.

“Non prendermi per il culo idiota, è una palla giocare con te oggi. Nonpensavochel’avreimaidetto ma quasi mi manca l’idiota numero due” disse sospirando con fare melodrammatico. Per quanto una volpe fosse melodrammatica, ovvio.
Hanamichi roteò gli occhi. “Ho pensieri, Kitsune, ma tanto non puoi capirmi".

"La finisci con sta storia che non posso capirti? Pensi mica di essere così complicato.."

"Dai Kitsune hai capito cosa intendo! Mica posso chiederti consigli su come trattare le ragazze.."

Kaede si mise a sedere a gambe incrociate “Siediti idiota” disse “qui, sitz”.

Hanamichi ridacchiò e si sedette di fronte al moro. “Dovrei prenderti a testate per il trattamento da cane..” disse, venendo completamente ignorato.

“Allora, qual è il problema, mi dica” 

Hanamichi lo guardò dritto negli occhi. Pensò a quanti passi avevano fatto in avanti per arrivare a quella situazione così intima e cameratesca. Ora come ora, non avrebbe saputo rinunciare alla sua amicizia.
Iniziò a raccontare l’appuntamento, la bellezza della ragazza, lo stupore di trovare la sua banda nel luogo dell’appuntamento, le vicissitudini dentro il bowling.

“I miei amici mi dicono che Yumi è una arpia e che non mi vuole per quello che sono. Ho litigato con Yohei dopo l’appuntamento di lunedì. E pensare che nonostante l’inizio disastroso ci siamo addirittura baciati e” si zittì arrossendo violentemente. Stava raccontando a Rukawa del loro bacio e l’unica cosa che in quel momento gli tornava in mente era che aveva ripensato al loro di bacio.

Kaede prese un respiro profondo e guardò le nuvole bianche che li sovrastavano.

“Perché dicono che non ti vuole per quello che sei?” disse dopo qualche secondo.
Hanamichi pensò “Forse sono invidiosi del tensai?” disse.
Kaede gli tirò un pugno in testa “Idiota. Qual è il motivo? Pensaci stupida scimmia anche se hai solo due neuroni ce la puoi fare”
Hanamichi protestò giusto per abitudine.
“Probabilmente mi hanno visto diverso da come sono con loro. Ma non è naturale? insomma, soprattutto appena ti conosci, non conviene mostrare il meglio e tenere il peggio da parte?”.
Kaede lo guardò. “Perché, hai del meglio da offrire?”

“Kitsuneeee lo vedi che non mi puoi capire!!” Disse Hanamichi balzando in piedi.

Kaede sorrise “Idiota scherzo..”

E per Hanamichi fu come vederlo per la prima volta. Aveva già visto Kaede sorridere, ma mai in quel modo così semplice e così.. famigliare.
Rimase come imbambolato per qualche secondo. Finché i loro occhi non si incrociarono e si incollarono.


“Disturbo?”
Akira comparì alle spalle di Hanamichi facendolo saltare in aria dallo spavento.
“Maledetto porcospino cosa fai gli agguati??” disse grattandosi la nuca nervosamente.
Kaede nel frattempo si era rialzato, per mettere un po’ di distanza tra lui e il rosso prima di decidere di lasciare stare tutto il suo self-control e di lanciargli la lingua in gola. Così andò a recuperare uno dei due palloni che era rimasto al fondo del campo.
Akira sorrise, ma si accorse che Hanamichi lo guardava con una strana espressione.

“Sei strano. Niente vestito di merda oggi?”
Akira sospirò. Poi con i riflessi pronti, afferrò la palla ultrasonica che Kaede gli aveva lanciato. “Ouch andateci piano tutti e due che brucia..”
Preoccupati dalla sua espressione, i due dello Shohoku si avvicinarono e, seduti in cerchio, iniziarono ad ascoltare il suo racconto. Parlò della sua storia con Tsubasa, di quanto si rendeva conto fosse tossica ma che non riusciva a lasciare andare. Parlò anche di Yumi e delle parole di Tsubasa su di lei. Ad ogni parola, Hanamichi si accigliava sempre di più, mentre Kaede manteneva una espressione impassibile e indecifrabile.
Quando finì, Akira si sentì svuotato. Ma ancora terribilmente ferito. Hanamichi si era chiuso nel mutismo. Possibile che per una volta che trovava una ragazza carina che lo ricambiasse, quella fosse un mostro mangia amici? Ripensò alle parole di Yohei e si sentì una merda per averlo trattato male.

Kaede prese un respiro.
"Siete due idioti” disse. “Non potete ridurvi così per delle ragazze che chiaramente non vi vogliono per quello che siete. Oh certo, potete decidere di vivere con delle maschere per compiacerle. Oppure potete smetterla di fare gli idioti e di perdere tempo che magari nel frattempo vi state perdendo qualcosa di meglio. E con questo chiudo, pagatemi la consulenza”.

Calò il silenzio.

Kaede pensò che forse era stato troppo diretto, in fondo quei due erano degli idioti.
Fece per alzarsi quando Akira gli si gettò al collo piantadogli un bacio sulla guancia.

“Meno male che ci sei tu che ci ami!!” disse ridendo e stringendosi a lui.

Kaede emise un verso di disgusto “Dei, levati che schifo” disse, facendo scoppiare a ridere gli altri due.
“Ora vogliamo giocare o no?”


 

.. continua ..

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Almeno ci siamo noi ***


Buongiorno a tutti :) Grazie per i bellissimi commenti e per il sostegno! Siamo al termine anche di questa canzone, si sono scoperti gli altarini e ora.. chissà cosa succederà!

Enjoy!


 

3. Almeno ci siamo noi

 

Quella domenica mattina si erano trovati solo loro due. Giocavano ormai da un paio d’ore. I corpi madidi di sudore, i muscoli tesi, ma i visi rilassati e soddisfatti. Giocare a basket per loro era la pace. Era sfogarsi, spingersi al limite, darsi al 100%. Il basket era aria. Era luce, cibo, felicità, carne, sangue, sesso, piacere, dolore. Il rosso si piazzò davanti al suo acerrimo avversario, intenzionato a non lasciargli uno spiraglio. Il moro saltò per effettuare un tiro in sospensione, ma Hanamichi l’aveva previsto, riuscendo a stoppare il pallone proprio appena aveva lasciato le sue dita. Urlò di soddisfazione “Ahh ti ho stoppato!!” disse felice. “Il genio colpisce ancora!”. Il moro lo guardò accigliato. “Non vantarti adesso..” Hanamichi rise e allungò una mano a toccare il suo fianco tonico e magro. “Non pensi che sia stato bravo?” disse, avvicinandosi. “Non.. pensi che il tensai meriti un premio?”. Fuochi d’artificio esplosero nel cielo limpido. I loro corpi si avvicinarono ulteriormente. Hanamichi si leccò le labbra, poi si sporse fino a soffiare su quei freschi petali di pesco che lo attendevano inermi, tremanti. “Eh, che ne dici.. Akira?”


Kaede si svegliò di soprassalto urlando terrorizzato.

Il cuore gli batteva a mille. Un cazzo di incubo! Che cazzo di incubo di merda! Inconscio di merda che gli faceva immaginare cose improbabili! Si prese il suo tempo per tornare in sé. Si guardò attorno cercando di tornare anche cosciente dell’ambiente che lo circondava.
Ok era metà Agosto, era pomeriggio, si era addormentato sul prato a fianco del campetto dopo aver giocato per due ore con la scimmia, che ora dormiva placidamente accanto a lui. Forse aveva mangiato pesante a pranzo.
"Che stronzi" sussurrò, sapendo benissimo di non potersi incazzare per un incubo nato dalla sua mente. Si passò una mano tra i capelli. Sottili fili scuri che gli incorniciavano il viso. Avrebbe mai cambiato pettinatura? Forse no, perché sotto quel ciuffo alla fine ci si trovava bene. Era protetto. Si voltò a guardare Hanamichi. Nonostante il suo urlo gracchiante quella scimmia non si era svegliata. E poi sarei io il dormiglione.
Guardò il suo corpo dorato, muscoli tonici e pelle coriacea. I pantaloncini che indossava oggi gli si aderivano perfettamente ora che era sdraiato. Kaede si impose di non fissare il suo uccello e continuò l'ispezione verso gli addominali scoperti - Hanamichi si era addormentato con una mano infilata proprio sotto il bordo della maglietta, sollevandola-, il petto ampio, le spalle tornite, il collo così massiccio e quel viso dalle espressioni più che decifrabili. Dire che Hanamichi fosse un libro aperto era un eufemismo.
Ripensò alla domenica precedente e alla sua espressione delusa e contrariata quando Sendō aveva raccontato gli altarini della sua fidanzata - e di quella del doaho, se così la si può chiamare-.

Fece una smorfia ripensando al fatto che alla fine, due giorni dopo, la scimmia era di nuovo uscito con quella ragazza. L'appuntamento era stato un disastro, considerando che lui si sentiva rigido come una pietra di Stonehenge. Maledetta scimmia cagasotto. Non aveva il coraggio di mandarla a cagare, mentre lei continuava imperterrita a lavorare subdolamente sui fianchi per portarlo via dai suoi amici e dai suoi interessi. Anzi, si era addirittura stupito di vederlo arrivare quella mattina.
Si sporse verso il suo viso. Dormiva beatamente, con una specie di sorriso sornione. E così stavi per baciare Sendō, eh bastardo? Gli venne voglia di stringere la sua guancia in un pizzicotto, ma poi si sarebbe pentito di aver interrotto quella vista meravigliosa.

Sì, il doaho quando dormiva era meraviglioso.

Sospirò. Quei sentimenti stavano diventando sempre più forti. E non era un bene. Non si sarebbe mai dichiarato alla scimmia, era fuori questione! Quel poco che aveva.. la sua amicizia.. avrebbe dovuto farsela bastare. L’America. Sì L’America.
Si coricò su un fianco, così da avvicinarsi al suo viso. Guardò le sue labbra. Poi si alzò e gli tirò un calcio per svegliarlo.

“Mmm kitsune come sei dolce” disse Hanamichi stiracchiandosi.
“Fottiti doaho fatti svegliare dolcemente dalla tua fidanzata”
Hanamichi si stropicciò gli occhi “Volpe acida. Senti perché non ti metti con Sendō almeno vi addolcite entram..”
Un calcio rotante lo colpì in pieno. Hanamichi rise - se lo aspettava vista la cagata che aveva appena detto.

“Time out Kaede, scherzavo!” disse mostrando i palmi delle mani in segno di pace. Kaede spalancò gli occhi e Hanamichi lo seguì a ruota, arrossendo.
“AHAHAHHA sì cioè.. va beh dai potrò anche chiamarti per nome no??” commentò con un sorriso smagliante “Che poi il tuo nome è Kaede o è volpe? ahaha”.

Rukawa pregò tutti i kami che Hanamichi non si accorgesse di quanto fosse arrossito. Sentirsi chiamare da lui era stato come scoprire il proprio nome per la prima volta. Cercò di dissimulare dichiarando che fosse già diventato tardi e che se volevano arrivare in tempo all’appuntamento con Sendō in spiaggia avrebbero dovuto muoversi.
“Poi vorrei capire come mai ti sei convinto a venire in spiaggia” disse il rosso.
“Nh ha puntato sulla pena di essere stato mollato in tronco senza dire neanche ‘bah’. E poi, offre aperitivo e cena fuori..”
“Ah già. Avevamo approvato all’unanimità.”
“Unanimità. Siamo in due, idiota”.


Passarono il tempo del percorso tra il campetto e la spiaggia di Kugenuma a parlare di basket e dell’ultimo libro che si erano scambiati, Tabineko Ripōto. Hanamichi non era mai stato un gran lettore, ma durante l’anno passato ad allenarsi insieme, aveva spesso trovato Kaede immerso nella lettura (quando non dormiva ovviamente). Così si era incuriosito e si era fatto prestare qualche libro. Alcuni erano molto scorrevoli, altri dei mattoni polacchi, minimalisti di scrittori morti suicidi giovanissimi.

Quando arrivarono, gli altri erano già in campo nel bel mezzo di uno scambio di passaggi.  Come alcune sere prima, le squadre erano concentrate e cariche di agonismo. Kaede si accorse che Sendō si era unito alla squadra di Ayako e dopo averle alzato il pallone per un attacco che la ragazza aveva portato fruttuosamente a buon fine segnando il punto, l’aveva presa per la vita e fatta volteggiare sotto rete, facendola ridere.
“Mm prevedo problemi” disse Hanamichi, guardando l’espressione di Ryota. Kaede fece spallucce. Ayako non era stupida e finalmente si era accorta di quanto Miyagi la amasse davvero. Era improbabile anche solo prendesse in considerazione di guardare Sendō.

“.. certo che il porcospino è proprio figo”

Kaede spalancò gli occhi e si voltò a guardare il rosso. “Guarda che fisico! Sei sicuro non ti piaccia?”
Il moro gli tirò un calcio sul culo “La finisci coglione?” Hanamichi scoppiò a ridere “dai volpe voglio vederti felice!”
“E credi che quell’idiota possa rendermi felice?” rispose fissandolo negli occhi.
Hanamichi sorrise. “Per te sono tutti idioti, no? Prima o poi lo troverai un idiota che ti farà cambiare idea”. Kaede si morse il labbro “Finiscila con sta storia, non mi serve nessuno. E lui non mi interessa”. Lo lasciò lì sul marciapiede e saltò giù dalle gradinate.

Tre set e un bagno a bomba dopo, quando il sole stava già iniziando a calare, i ragazzi si buttarono sui loro teli per asciugarsi un poco prima di cambiarsi per la serata e spostarsi alle sempre presenti bancarelle sul lungomare, a farsi offrire il cibo promesso da Akira.
Kaede si accorse con la coda dell’occhio che gli amici dell’idiota erano intenti a confabulare e a trafficare con qualcosa. Con i suoi sensi di volpe amplificati e settati sul fight-or-flight, chiuse gli occhi e si assopì.

Hanamichi si guardava intorno attento. Sapeva che Yumi quella sera sarebbe andata in spiaggia con un gruppo di amiche e ora che si trovava nel al suo mondo, a suo agio, tranquillo e libero, iniziava a preoccuparsi del suo possibile arrivo.
Kaede lo chiamava doaho e forse aveva ragione. Sapeva benissimo che quando era con Yumi non si sentiva libero di essere sé stesso. Si sentiva incatenato, legato, sotto pressione. Lei era così lontana dal suo mondo! Sapeva benissimo che la cosa migliore fosse lasciare stare, ma non trovava il coraggio di rinunciare a una così bella ragazza che mostrava interesse nei suoi confronti. Andiamo, poi, come poteva rinunciare a quei baci bollenti che si erano scambiati nei giorni passati? E alle sue mani che esploravano il suo corpo, facendolo sentire apprezzato almeno da quel punto di vista.

Guardò Yohei confabulare con il resto della banda. Sapeva che volevano aspettare che la volpe si addormentasse per riempirlo di gavettoni e farlo incazzare, dicevano che ultimamente era troppo tranquillo e volevano rivederlo menar le mani. Oltretutto si chiedevano quanti cambi avesse in quello zainetto, ogni volta forniva capi di vestiario a mezzo mondo. Tutti esaltati aspettavano il momento propizio, ma la volpe sembrava dormire con le antenne alzate, ad ogni minuscolo movimento nella sua zona apriva un occhio e Hanamichi poteva giurare di aver visto le sue orecchie drizzarsi e muoversi verso le fonti di rumore. Scosse la testa facendo segno a Yohei che forse non era il caso di iniziare da lui, quel giorno la volpe sembrava un po’ scossa, chissà magari l’ultimo sonnellino non l’aveva soddisfatto!

“Guarda un po’ laggiù”. Takamiya si sistemò gli occhiali sul ponte del naso e attirò l’attenzione di tutti sul gruppetto di ragazze che stava scendendo i gradoni per raggiungere una zona ancora libera di spiaggia abbastanza vicina a loro.
Vestite di tutto punto per la serata sulla spiaggia, alcune di loro sembravano uscite da una rivista vintage. “Ma quella è l’arp… la fidanzata di Hanamichi” disse Ōkusu. “Come diavolo è vestita” aggiunse Ryota.
Hanamichi focalizzò il suo sguardo fino a riconoscere Yumi tra le altre ragazze. Indossava un abito da sera che faceva a botte con la freschezza della spiaggia, pesante e antiquato. Pesante quasi come il suo sguardo quando si posò sul loro gruppo.

Hanamichi sentì il gelo sulla sua schiena. Si voltò e trovò Rukawa sdraiato sui gomiti a fissarlo.
Eccolo lì, quello sguardo che lo agitava, che gli rivoltava le budella.

Si incamminò per raggiungerla. Da lontano lei lo vide e lo accolse con un sorriso affettuoso e orgoglioso, le sue amiche iniziarono a bisbigliare tra di loro guardandolo.
Hanamichi con quel costume rosso sembrava un bagnino di baywatch, forte e fiero nelle sue falcate sulla sabbia nera vulcanica, con il sole al tramonto che baciava il suo corpo dorato.

Non fece in tempo a raggiungere Yumi per salutarla che sentì delle urla quasi isteriche riempire l’aria. Takamiya e Ōkusu alle sue spalle erano partiti come gli unni, due secchielli pieni d’acqua alla mano, correndo verso il gruppo di ragazze. Yohei fece un sorrisino malefico e raccolta una pistola d’acqua si unì a loro, seguito immediatamente da Noma e Ryota. Il rosso non riuscì a far girare il cricetino e a rendersi conto di cosa stesse succedendo che le ragazze si trovarono completamente zuppe, da capo a piedi.

I loro bei vestiti - zuppi.

Le loro acconciature accurate - distrutte.

Le scarpe delicate - piene di sabbia bagnata.

Ayako scoppiò a ridere tenendosi la pancia, seguita da tutto il gruppo. Hanamichi si accorse che non stava respirando. Riuscì a sbloccare il suo corpo incatenato a terra e corse verso Yumi, che nel frattempo stava cercando di pettinarsi i capelli con le dita, togliendo i fili di alghe che si erano attorcigliati.
“Yumi-chan…”
La ragazza lo fulminò.
“Tu!! Tu e quei deficienti lì! Non vali la pena, Sakuragi! Lo sapevo che in realtà sei un deficiente!”
Hanamichi si zittì, rimanendo con una mano a mezz’aria, partita con l’intento di darle una carezza. Ma quella frase era come una frustata di filo spinato.

“Oi”.

Hanamichi alzò lo sguardo nel momento in cui sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Voltò la testa e trovò Rukawa dietro di lui.
“Sei tu a non valere la pena” disse, rivolto alla ragazza. “Non meriti questo idiota qui”.
Hanamichi lo guardò.
“Ma chi ti credi di essere tu!” disse lei tirando uno spintone al moro. Lui si voltò e la fulminò con lo sguardo.
“Avvicinati ancora a lui e ti disfo. Muoviti doaho, ho fame”.

Hanamichi lo seguì, sotto lo sguardo stupito di tutti.
Non sentiva più niente. Le orecchie erano ovattate ed era come sentire un fischio continuo. La vista offuscata, il passo incerto. Metteva i piedi uno dietro l’altro automaticamente, seguendo con i sensi la figura diafana del volpino al suo fianco. Si sedettero sui loro teli, mentre la banda aveva ripreso a giocare con le pistole d’acqua e i gavettoni: sembrava avessero iniziato una battaglia scemi contro stupidi.

“Riprenditi, scimmia” disse dopo qualche secondo il moro. “L’hai capito ora quanto è stronza?”.
Hanamichi sospirò. Avrebbe voluto dire molte cose, in quel momento. Avrebbe voluto dirgli che quelle attenzioni che lei gli dava lo facevano sentire utile, importante, apprezzato. Ma che si rendeva conto che in realtà era solo una costruzione della sua mente: era quello che desiderava, ma non quello che lei veramente gli dava. Lei non voleva lui per quello che era.
Prese un respiro e calmò i sensi. Il tensai non poteva certo buttarsi giù per un rifiuto! Aveva tante cose: gli amici, il basket, la volpe. Si alzò, si tirò uno schiaffo in faccia con la mano piena e corse verso Takamiya a rubargli il fucile ad acqua.

“Largo al tensaiii!!”


Akira si sedette di fianco a Kaede.
“Bel discorsetto” disse sornione battendo le mani.
“Fottiti idiota numero due” rispose l’altro. “I suoi amichetti han giocato un brutto scherzo. Poteva cadere in pezzi”.
Akira sorrise “Una bella attenzione da parte di uno che lo vuole solo vederlo la domenica per giocare”.
Kaede fissò lo sguardo verso il mare e per qualche minuto rimasero in silenzio.
“Non.. non posso..”
Akira si alzò. “Andiamo a mangiare… idiota numero tre”

Raccolsero tutte le loro cose e si spostarono come una mandria di cavallette verso il banchetto di Okonomiyaki di Yuki-chan. La ragazza preparò con gioia i suoi ottimi piatti riempiendo le pance di tutti quanti. Passò anche delle birre sottobanco, guadagnandosi un bacio da parte di Yohei. Mangiavano e bevevano facendo un gran casino e prendendosi in giro.

Yohei si avvicinò a Hanamichi, porgendogli una birra.
“Hey fratello.. grazie” gli disse il rosso.
“Di che, offre Yuki..”
“Non.. intendevo per questa” disse scuotendo leggermente la bottiglia di birra.
Yohei gli poggiò una mano sulla spalla. “Sai come dico sempre no? ‘Almeno ci siamo noi’.. non sarà tanto, ma ci basterà..”
Hanamichi sorrise “Già.. ci basta sì”.


Akira era poggiato con il busto alla ringhiera che separa la passeggiata lungomare dalla spiaggia, di fronte a lui Ayako gli stava raccontando della sua sessione di surf della mattinata. Con la coda dell’occhio Akira si accorse della figura di Tsubasa passare a pochi metri da loro.
Ayako si voltò e la vide. Con un vestitino rosa pastello, risaltava tra la folla per la sua innata eleganza. facendo girare più di una testa nella sua direzione.
Camminava a braccetto con un uomo che chiaramente avrà avuto dieci anni più di loro. Indossava un completo chiaro, un paio di occhiali da sole con le lenti azzurre e teneva un braccio attorno alle spalle della ragazza, una sigaretta fumante tra le dita.

“Hey Sendō.. tutto ok?”
Lui scosse la testa come se stesse scacciando via i pensieri “Tsubasa odia le sigarette..” disse. Poi sorrise “Bella.. così non ti passa più”.


Fine.. ma continuerá :p


Note:

Grazie Cathy Black per l’ispirazione iniziale.. te lo dicevo di non mettermi strane idee in testa XD

Tabineko Ripōto è un libro molto carino tradotto come Cronache di un gatto viaggiatore. È un refuso temporale che mi sono concessa per una necessità futura :)

Il mattone polacco minimalista di scrittore morto suicida giovanissimo è ovviamente una citazione di Aldo Giovanni e Giacomo, tra l’altro non è l’unica citazione presente nella storia.

Yukichan è una ragazza giapponese simpaticissima, ha una nonna spagnola e ha un negozietto sullo Shonan, precisamente dietro il tempio Koyurugi. Fa degli Okonomiyaki da urlo https://www.instagram.com/okoyukichan/


Grazie a chi ha letto fin qui :) vi aspetto alla prossima canzone!



 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3913792