Sogni d'oro

di therealbloodymary01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Imprevisto ***
Capitolo 2: *** Il Piano ***
Capitolo 3: *** Il Filtro d'Amore ***
Capitolo 4: *** La Cura ***
Capitolo 5: *** La Svolta ***
Capitolo 6: *** Il Nuovo Piano ***
Capitolo 7: *** L'Epilogo ***



Capitolo 1
*** L'Imprevisto ***


“Buongiorno sire!” – Merlino, quella mattina, entrò nelle stanze del principe con il suo solito fare allegro, il sonno aveva fatto miracoli e lui si sentiva completamente rinato. Trovò un Artù insolitamente già pronto che lo guardava intensamente, c’era nel suo sguardo qualcosa di inusuale, era… felicità?
Artù non era mai di buon umore al mattino, qualcosa non andava.
“Buongiorno a te, mio caro!”
“Siete vestito” sentenziò il giovane mago, ancora incredulo.
“Sono il futuro re di Camelot, ho delle capacità” replicò lui, sempre con quell’aria fin troppo felice, strizzandogli l’occhio.
“Sì, avete la capacità di dire agli altri ciò che devono fare”
“Quello è il tuo dovere, Merlino. Ma il mio dovere, oggi, è quello di corteggiare”
Il giovane mago si interruppe dal rifare il letto, e fissò il principe negli occhi, non sapendo se avesse capito bene. “Fare cosa?”
“Corteggiare” ripetè lui risoluto, fugando ogni dubbio del suo servitore. “Ho intenzione di corteggiare la persona che mi piace.”
“Mh capisco… e questa persona sarebbe?” si arrischiò a chiedere.
“Tu” rispose lui, come fosse la cosa più naturale del mondo, appoggiandosi contro lo stipite della porta e sorridendogli maliziosamente.
Ora sì che Merlino cominciava ad inquietarsi, il comportamento del principe era decisamente strano, poteva sentire che c’era qualcosa che non andava in lui. Poi però si ricordò della battutina che aveva fatto il giorno prima, e capì il suo gioco.
“Ahaha, molto divertente sire, ma non è il momento di scherzare, dovete fare colazione”
Il principe sembrò ferito a quelle parole e afferrò Merlino per le spalle, guardandolo con quei suoi occhioni azzurri. “Non sto affatto scherzando, Merlino, tu mi piaci, ed ora te lo dimostrerò”
Detto questo, il biondo si sporse in avanti protendendo le labbra, e il povero Merlino, realizzando quello che il principe aveva in mente di fare, si scansò prontamente, così che Artù finì per baciarlo su una guancia. Il principe sembrò comunque soddisfatto del suo gesto, e riprese a guardarlo con quello sguardo penetrante e pieno d’amore, che mai Merlino gli aveva visto negli occhi.
“Artù, non siete in voi in questo momento, forse dovreste riposare”
“No, non capisci, io ti amo Merlino” continuò lui senza darsi per vinto.
“No che non mi amate!”
“Sì invece!”
“E invece no!”
“Noi ci sposeremo!”
A quest’affermazione pronunciata dal principe, che aveva assunto un’espressione imbronciata, Merlino non potè trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata.
“Cos’hai da ridere? Non vuoi sposarmi?” disse lui sempre più offeso.
“È solo che… cos’avete intenzione di dire a vostro padre, scusate?”
“E che c’entra mio padre?”
“Beh, è un modo per affrontare la cosa…”
“Basta accampare scuse, Merlino, il nostro amore sarà più forte di tutto!”
Merlino ormai era più che certo che il suo principe fosse sotto l’effetto di qualche potente incantesimo, mai l’Artù Pendragon che conosceva avrebbe pronunciato certe frasi smielate, ancora meno se rivolte a lui! Decise quindi di assecondare le avances del principe per il momento, andando poi a chiedere aiuto a Gaius per questo… problema.
Notò in quel momento che Artù si era seduto sul letto vicino a lui e lo stava osservando sorridente, andandogli sempre più vicino, fino a stargli spalla contro spalla. Fingendo di stiracchiarsi, andò a cingere le spalle di Merlino con il suo braccio, ammiccando. D’improvviso, si lanciò verso di lui con l’intento chiarissimo di strappargli un altro bacio, quando qualcuno bussò alla porta, e Merlino, ringraziando tutti gli dei del cielo, ne approfittò per liberarsi dalla presa del principe e scappare via, prima di subire altri attacchi.
“Ci vediamo dopo, vero?” gli gridò dietro quella testa di fagiolo, ma il giovane mago non rispose, troppo intento a calmare i battiti accelerati del suo cuore. Il principe di Camelot lo aveva baciato! E aveva addirittura detto di volerlo sposare! Sapeva benissimo che era sotto incantesimo, ma non poteva nascondere che in fondo gli facesse segretamente piacere quell’attenzione particolare, anche se era piuttosto inquietante. Merlino, in quel momento, fu sicuro che quello sarebbe stato insieme il più bello ed il più brutto giorno della sua vita. Con questi e mille altri pensieri nella testa, si diresse all’esterno del palazzo, per svolgere le molteplici mansioni di cui era incaricato.
Quella era una giornata molto soleggiata, non c’era nemmeno una nuvola in cielo ed un venticello leggero sferzava nell’aria, ed era veramente un peccato che Merlino la stesse trascorrendo a pulire le stalle. Sbuffò amaramente, quando qualcuno lo colpì in testa.
Voltatosi di scatto, si trovò di fronte un Gaius decisamente contrariato.
“Cosa c’è? Sto lavorando, Gaius, se non è nulla di urgente ne parliamo  dopo…”
Il vecchio medico continuò a guardarlo torvo. “Non hai dimenticato nulla stamattina, Merlino?”
Il mago lo guradò perplesso, non riusciva proprio a capire cosa intendesse, del resto ieri era tornato a casa tardissimo e Gaius non poteva avergli detto niente, altrimenti ora se ne sarebbe ricordato. Ad un tratto gli tornò in mente uno stralcio di conversazione con il suo tutore. “Oh miseria, la vostra commissione! Dovevo consegnare la medicina per i reumatismi al bottegaio, giusto?”
“Esattamente”, confermò Gaius.
“Mi dispiace, me ne ero completamente dimenticato, vado subito!” disse, prima di inciampare su un forcone e finire con la testa in un pagliaio. Il medico di corte sorrise, non si sarebbe mai abituato alla goffaggine del suo assistente, ma in fondo lo trovava adorabile.
 
Merlino, quindi, si diresse nuovamente nel suo alloggio a prendere la consegna per Gaius, ma, una volta entrato, l’occhio gli cadde su un mazzo di fiori appoggiato sul tavolo, vicino ad un piccolo bigliettino. Pensò che se anche il vecchio medico riusciva ad affascinare più di lui, avrebbe dovuto farsi due domande, ma volle leggerlo comunque, spinto dalla curiosità su chi poteva essere la spasimante del suo anziano tutore. Aprì il piccolo foglietto, scritto con una calligrafia tondeggiante che gli parve di riconoscere, e lesse quanto vi era scritto: “Le barriere che ci separano sono niente in confronto alla forza del vero amore. Artù”
Il giovane mago per poco non ebbe un infarto. Dunque il principe non voleva proprio demordere, doveva assolutamente fare qualcosa per fermare questa pazzia. Anche perché, se la cosa si fosse venuta a sapere, e fino a quel momento di certo Artù non era stato un asso della discrezione, quando l’incantesimo – che il Cielo voglia! – si fosse spezzato, Merlino non l’avrebbe certo passata liscia per aver permesso al suo padrone di mettersi in ridicolo. Sapeva che Artù avrebbe dato la colpa a lui. Ma come spezzare un sortilegio che non sapeva neanche chi avesse provocato e perché? Tutta questa storia non aveva senso. Decise che, non appena avesse avuto un momento libero, ne avrebbe parlato con Gaius, e fino ad allora si assunse il compito di nascondere a tutti la sconveniente infatuazione del principe. Ripiegò il bigliettino e se lo mise in tasca, dopodiché uscì a fare la sua consegna.

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Capitolo 2
*** Il Piano ***


Quel giorno era di vitale importanza per il regno. Quel giorno avrebbe sancito una pace duratura tra i vari popoli o avrebbe portato ad una guerra distruttiva, che avrebbe condotto a sua volta alla fine di Camelot.

Uther ne era ben conscio, per questo aveva insistito per organizzare quell'incontro con i sovrani di tutti i regni nei dintorni, in modo da evitare altri sanguinosi conflitti. Quella mattina, si accinse a dare un caloroso benvenuto agli altri re, premurandosi di far avere loro un'accoglienza impeccabile, da parte della nobiltà, dei cavalieri e dalla servitù. In particolar modo, aveva a cuore il benessere di Lady Vivian, l'amatissima figlia del re Olaf, noto per il suo atteggiamento iperprotettivo nei riguardi della sua preziosa prole. 

"Che benvenuto è questo? Ci fai indugiare qui come le ultime rondini d'estate..." era stata questa la frase con cui aveva esordito re Olaf, avanzando a grandi passi verso Uther, scortato da una giovane Lady, che non poteva essere altri che la sua ben nota figlia, e dal principe Artù, che aveva assunto un'aria solenne e forse solo un po' annoiata.

"Sei davvero il benvenuto, Olaf", replicò il re di Camelot, sorridendo placidamente.

"Lasciate che vi presenti mia figlia", continuò Olaf, con evidente orgoglio. La giovane, dai lunghi capelli biondo platino, si limitò a progergli la mano, sorridendo freddamente. "Assomigliate molto a vostra madre" le disse Uther con il sorriso ancora sulle labbra, rammentando la sua genitrice, come lei delicata di lineamenti ma fredda di cuore, conosciuta dal re molti anni prima.

Il principe di Camelot fu incaricato da suo padre di accompagnare la principessa Vivian nelle sue stanze. I due si diressero verso l'ala est del castello, dove si trovavano le camere destinate alla nobiltà, senza proferire parola, guardandosi con celata diffidenza.

"Spero vi troviate bene qui" le disse Artù cordialmente.

"È...appropriato" replicò lei senza troppa convinzione nella voce.

Artù già cominciava a spazientirsi, non aveva certo tempo da perdere con una capricciosa principessa, lui.

"Molti dei nostri ospiti che sono stati qui si sono trovati più che bene."

"Io non sono TUTTI" ribatté Lady Vivian, con quel sorriso di scherno stampato sulla faccia.

"...certo che no" - il principe fece del suo meglio per non alzare gli occhi al cielo, ma gli riuscì veramente difficile trattenersi.

Proprio in quel momento sopraggiunse Ginevra, una serva di corte, e il povero principe poté sospirare di sollievo, vedendosi sollevare da quell'ingrato compito. "Vi presento Ginevra, mia signora, si occuperà di Voi per tutto il tempo, posso garantirvi che è una delle migliori di tutta Camelot" disse tutto d'un fiato.

"Allora povera Camelot" fu la secca risposta della principessa.

Artù e Ginevra si guardarono, entrambi con una parola in mente, sfortunatamente troppo colorita per poter essere pronunciata ad alta voce da qualcuno dei due senza subirne le conseguenze. Una volta usciti, si chiusero la porta alle spalle, guardandosi confusi. Dopo alcuni secondi di imbarazzato silenzio non riuscirono a trattenersi e scoppiarono in una risata fragorosa, ridendo degli assurdi capricci di quell'altezzosa ospite. "Buona fortuna Gwen" le disse il principe con un occhiolino, prima di sparire a prepararsi per il banchetto.

Una volta tornato nelle sue stanze, Artù trovò Merlino, il suo servo, intento a rassettare il suo letto. Si recò verso il paravento per cambiarsi, e stava quasi per infilarsi la camicia quando notò un gigantesco buco su una delle due maniche.

"Ehm...Merlino?" Chiamò il suo servitore.

Merlino, dal canto suo, si limitò a girare la testa senza parlare, con sguardo interrogativo. "Che effetto pensi che faccia questo?" Gli chiese ironicamente, mostrando l'evidente difetto sulla stoffa.

"Dimostra che abbiamo le tarme?" Scherzò lui con il suo solito sarcasmo, che Artù aveva imparato ad apprezzare, benché non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura.

Il principe accennò un breve sorriso e gli chiese di prendergli una camicia intatta.

Merlino si chiese il perché di tanto interesse per il suo aspetto esteriore, non aveva mai visto il suo padrone preoccuparsi per tali superficialità, quindi non esitò a palesare i suoi sospetti al principe, chiedendogli su chi intendesse fare colpo. Per tutta risposta, Artù gli ricordò della presenza di 5 re nella sala di sotto, in onore dei quali era stato dato il banchetto, il cui esito avrebbe deciso le sorti di Camelot.

Tuttavia il bel principe non era riuscito a convincere del tutto il suo amico.

"Sicuro che non sia Lady Vivian l'oggetto dei vostri desideri?...È molto bella" Si azzardò a chiedere. Artù, a quelle parole, assunse un'espressione vagamente alterata, e Merlino pensò che se solo i pensieri avessero potuto incenerire, sarebbe morto all'istante. D'altra parte, era innegabile la bellezza della giovane, chiunque ne sarebbe rimasto affascinato, ed anche lui se ne era reso conto, nonostante le ragazze non fossero la sua...area di competenza. Questo ovviamente non poteva saperlo nessuno, doveva tenerlo nascosto, come il fatto che fosse un mago. La corte di Camelot si era modernizzata negli ultimi tempi, non c'era dubbio, ma uno stregone a cui piacciono i ragazzi era un po' troppo da accettare, soprattutto per Uther ed i suoi sostenitori, molto ancorati alle tradizioni. Così il giovane servitore aveva imparato, fin da quando era giunto a Camelot, a nascondere ciò che era davvero. L'unica persona a conoscenza dei suoi segreti era Gaius, il medico di corte, che gli voleva bene come fosse suo figlio ed avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerlo. Fu riscosso dai suoi pensieri dalla voce del suo padrone.

"Chiunque corteggi Lady Vivian lo fa a suo rischio e pericolo" asserì il principe. "Olaf lo farebbe immergere in una tinozza di olio bollente prima che abbia il tempo di dire 'Salve'...e poi Lady Vivian non è il mio tipo", aggiunse con un tono che non ammetteva repliche.

"Certamente sire, so che in realtà siete segretamente innamorato di me" scherzò Merlino.

"C-cosa?" Gridò Artù esterrefatto.

Merlino non poteva negare che il principe fosse senza ombra di dubbio decisamente attraente, ed era capitato più volte che gli provocasse dei certi pensieri poco casti. Ma ovviamente sapeva che dall'altra parte non ci sarebbe mai stato alcun interesse, perciò quel giorno aveva deciso di divertirsi un po'.

Da parte sua, Artù lo stava letteralmente fulminando con lo sguardo, ed il suo servo, che cominciava ad inquietarsi, non si capacitava di come il principe potesse prendersela tanto per un semplice scherzo, di solito si limitava a guardarlo in cagnesco o a mandarlo elegantemente a quel paese. Poi lo notò. Non poteva credere ai suoi occhi: sua maestà, Artù Pendragon, stava arrossendo.

"Ma...state arrossendo??" Merlino dovette fare appello a tutte le sue forze per non scoppiare a ridere.

"No. Non è vero!"

"Sì invece! O Cielo, ma allora mi amate!" Disse sbattendo le ciglia come un'idiota.

"MERLINO! ANCHE IO HO UNA TINOZZA DI OLIO BOLLENTE" minacciò il principe, ancora incredulo per l'insolenza del suo servo. Con quella battutina lo aveva preso di sorpresa, soprattutto perché era uscita dalla bocca di Merlino, il suo servitore, il suo amico fedele. Anche se lo trattava sempre male in fondo gli voleva bene, ovvio...ma di certo non pensava a lui in quel modo - Bontà divina, no! -

Il principe decise di lasciar perdere, e si fece aiutare da Merlino per finire di vestirsi e dirigersi, finalmente, a quel maledetto banchetto.

Ciò che nè Artù nè suo padre sapevano era che uno dei sovrani che sedeva con loro al tavolo "in nome della pace", in realtà bramava ben altro. Re Alined, infatti, sapeva che l'unica speranza per la prosperità del suo regno risiedeva nella guerra, ma era anche consapevole che il suo esercito non era forte come quello di Camelot e che se avesse sferrato l'attacco per primo non avrebbe avuto alcuna speranza. Per questo motivo, sperava di trovare il modo di far dichiarare guerra a qualcun'altro, magari a re Olaf, sfruttando la sua indole protettiva verso la figlia. Aveva pianificato tutto: avrebbe usato il suo buffone di corte, Trickler, per incantare lo stupido principe e farlo innamorare di Lady Vivian, così Olaf li avrebbe colti in flagrante e avrebbe dichiarato guerra. Un piano infallibile.

Perchè l'incantesimo riuscisse, però, aveva assolutamente bisogno di qualcosa di appartenente alla ignara fanciulla. Una volta preparato il filtro d'amore infatti, sarebbe stato sufficiente versarne una goccia sugli occhi del principe e depositare l'oggetto appartenente alla principessa vicino al suo letto, e la notte avrebbe fatto il resto. Al suo risveglio, Artù sarebbe stato completamente alla mercé della bella Vivian. Ma Alined non aveva fatto i conti con il servo impiccione del pupillo Pendragon.

Non fu certo difficile per lui procurarsi l'ingrediente che necessitava, infatti sfruttò l'occasione del banchetto celebrativo, dove si erano tutti riuniti quella sera, per poter strappare a Lady Vivian qualcuno dei suoi biondissimi capelli, grazie ad uno spettacolino messo su da Trickler che, quando si trattava di intrattenere una folla, non aveva eguali.

Quando la cena ebbe fine e tutti quanti, pieni fino a scoppiare per il lauto pasto, si ritirarono nelle loro stanze, Alined seppe che era il momento di agire. Senza farsi notare, si diresse verso l'ala ovest, dove si trovava la camera del principe, e dopo aver distratto le guardie reali con la magia, vi si introdusse di soppiatto. Il principe Artù era già da un pezzo nel mondo dei sogni e sembrò non accorgersi minimamente dell'intruso. "È fin troppo facile!" sogghignò tra sé e sé Alined, accingendosi a bagnargli gli occhi con il suo sortilegio liquido. Prima di andarsene, depositò con cura la ciocca di capelli accanto al giovane, complimentandosi da solo per il suo geniale piano. "Sogni d'oro, principe Artù. Possano i vostri pensieri essere rivolti solo a Vivian".

Fatto ciò, tornò di corsa nelle sue stanze, soddisfatto di aver appena causato la fine di Camelot.

Quel giorno era stato veramente pesante per Merlino, dodici ore a sgobbare di qua e di la per preparare al meglio il banchetto del re, con Gaius che lo pressava per andargli a cogliere delle erbe rare, Artù che lo chiamava ogni dieci minuti per sistemargli la corona, pulirgli l'armatura, strigliare i cavalli – Cielo, non sapeva fare veramente nulla da solo quella testa di fagiolo! –

Il povero servitore non ne poteva veramente più, non vedeva l'ora di andare finalmente a dormire e non dover stare più a sentire nessuno per almeno otto ore. Era quasi arrivato agli alloggi del medico di corte, quando un ricordo lo fece sobbalzare: si era dimenticato di preparare i vestiti per il principe! Se il giorno dopo Artù si fosse malauguratamente svegliato prima di lui e non li avesse trovati, sarebbe stato in guai seri. Certo, le possibilità che quell'asino reale si svegliasse così presto erano esigue, ma non poteva rischiare, non aveva davvero voglia di perdere la testa, oltre che la dignità. Merlino si avventurò quindi nuovamente nelle stanze del re, pregando tutte le divinità esistenti che già dormisse. Per fortuna fu accontentato, il suo padrone dormiva profondamente nel suo grande letto a baldacchino, ovviamente mezzo nudo, come suo solito. Merlino si chiedeva come facesse a non avere freddo, dopotutto era Novembre, eppure il principe si era sempre ostinato a dormire in desabbillè. Non che il giovane mago si potesse lamentare, era una visione davvero niente male...

Fu distolto dai suoi pensieri poco appropriati dal movimento del braccio di Artù, che, nel sonno, si era girato di fianco, rivelando un oggetto misterioso accanto a lui. Merlino si avvicinò sommessamente, attento a non farlo svegliare – trovare il suo servo che lo fissava nella notte, del resto, non sarebbe stata una cosa facile da spiegare nemmeno per uno come lui, sempre con la scusa pronta – e afferrò quella che sembrava essere una ciocca di capelli biondi.

"Che si sia tagliato i capelli?" pensò Merlino, ma poi si ricordò del fatto che il suo amato principe non era in grado neppure di togliersi gli stivali da solo, figuriamoci tagliarsi i capelli!

"Sarà mica un pegno d'amore?" si chiese, e guardando da vicino, in effetti, vide che quei capelli erano di una tonalità decisamente troppo chiara per appartenere a lui. Potevano essere solo di Lady Vivian. Ma Artù non diceva di detestarla? E poi non lo faceva una persona da "dormire con la ciocca di capelli della sua amata". No, non aveva senso, l'unica spiegazione doveva essere che la viziata principessa si fosse invaghita del principe e fosse venuta a fargli visita nella notte per donargli il suo prezioso regalo.

"È disgustoso" pensò, prima di toglierla dal letto del suo padrone e depositarla sulla scrivania, dall'altro lato della stanza. Il giorno dopo ne avrebbe parlato con il principe e si sarebbero fatti due risate.

Decise quindi di sbrigarsi a scegliere i vestiti e poi levare le tende, non ci teneva davvero a incontrare la famosa tinozza di olio bollente che Artù aveva minacciato di fargli provare. Apri l'armadio regale e prese tutto l'occorrente, dopodiché si diresse nuovamente verso il principe, per poggiare il vestiario sul mobile a fianco del letto. Malauguratamente, la goffaggine del povero Merlino era nota in tutto il castello, ed anche quel giorno la sua reputazione non venne smentita: il potente mago inciampò graziosamente sul bordo del letto, cadendo a terra rovinosamente. Mentre si rialzava a fatica, nella testa del servitore si formulavano frasi che mai avrebbe osato ripetere ad alta voce, mentre osservava con terrore il principe che, sentendo tutto quel trambusto, si stava agitando. Merlino si stava trattenendo dal non emettere alcun verso, soprattutto perché dopo la sua meravigliosa caduta aveva sbattuto il braccio contro la maniglia appuntita del mobiletto, ed era sicuro che qualsiasi frase avesse pronunciato sarebbe stata poco consona, soprattutto per essere udita da orecchie reali.

Per sua fortuna, Artù si limitò a biascicare qualcosa di incomprensibile, prima di rigirarsi sul fianco sinistro e tornare a russare beatamente. Il povero Merlino tirò un sospiro di sollievo e finalmente uscì da quella stanza, stanco morto e dolente per la botta che aveva preso. Si accorse, per di più, che quella dannata maniglia gli aveva strappato la maglia all'altezza del gomito, e che presto gli sarebbe spuntato anche un bel livido. " Ma che bella giornata" pensò con sarcasmo, mentre si dirigeva verso la sua stanza, a godersi il meritato riposo.

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Capitolo 3
*** Il Filtro d'Amore ***


“Grazie molte, ragazzo, la mia schiena mi sta facendo impazzire in questo periodo.”
“Si figuri! Quasi dimenticavo, Gaius si è raccomandato di non berla tutta insieme, ma un po’ alla volta!”
Congedatosi dal bottegaio a cui aveva fatto la consegna, Merlino si rimise in marcia, doveva ancora finire di strigliare i cavalli ed abbeverarli, e forse dopo avrebbe potuto parlare a Gaius della sua situazione.
Non aveva fatto neanche due passi entrando nella Cittadella, che si sentì stranamente osservato. Voltando lo sguardo, vide uno dei cavalieri reali, sir Leon, parlare con il principe, quest’ultimo stava guardando insistentemente nella sua direzione. Notando l’espressione di Artù, carica d’intensità, Merlino seppe che quella conversazione stava sicuramente diventando scomoda. Doveva fare qualcosa.
“Oh. Ma il Cielo mi ha benedetto!” Artù aveva detto qualcosa di molto simile al cavaliere, che lo guardava senza capire.
Merlino, intanto, cercava di avvicinarsi per sentire meglio ed interrompere il principe qualora avesse confessato cose che era meglio che Leon non udisse.
“Guardalo. Non lo trovi ancora più bello di prima?”
“Ma di chi state parlando, sire?”
“Che domande, ovviamente di merl- ahi!” il principe fu bruscamente interrotto dal suo servitore, che gli diede un poco elegante schiaffo in faccia.
“Merlino!! Cos’è questo, il tuo modo per dirmi che mi am-“
“Che vi ammazzerei volentieri, esattamente sire, perché non vi sopporto più!” cercò di sdrammatizzare con una battuta di spirito. Ci fu un silenzio prolungato, poi il primo cavaliere scoppiò a ridere.
“Il tuo umorismo ti precede, Merlino, ma io starei attento a non esagerare con il futuro re di Camelot” lo rimproverò scherzosamente.
Artù, intanto, cercava di capire da quando il suo servitore fosse diventato così dannatamente attraente, e non si curava minimamente di celare i suoi sguardi, carichi di desiderio, in direzione del moro.
Sir Leon, che di quello che succedeva stava capendo poco, si limitò a guardare gli altri due con fare interrogativo.
“Leon! Voglio che tu sia il mio testimone.”
“Il vostro… testimone, sire?”
“Certamente. Voglio gridare a tutti il nome della persona che più di tutte vorrei al mio fianco. E tu, amico mio, sarai il primo a sapere che io, futuro re di Camelot, amo Me-“
“stesso! Amate voi stesso e solamente voi stesso, lo sappiamo… ora venite, è tempo che vi riposiate, date le vostre condizioni…” Merlino, deciso a porre fine a quell’assurda conversazione, cinse con un braccio le spalle del perplesso principe  e, in tutta fretta, lo trascinò verso i suoi alloggi. Sir Leon lo fissò senza capire, ma il giovane mago si limitò a scandire con il labiale le parole “troppo vino”, e questo sembrò bastare al cavaliere come spiegazione di quegli strani comportamenti.
 
“Potrei aver creato un problema” esordì poco dopo, rivolgendosi all’unica persona di cui si fidava ciecamente.
“… anche se non è stata tutta colpa mia”.
“Che c’è Merlino?” disse Gaius, conoscendo bene la tendenza del suo giovane assistente a cacciarsi nei guai più disparati.
“Artù è innamorato.”
“E tu che c’entri?”
“Beh… sono io colui di cui si è… invaghito”
“È chiarissimo…” asserì ironicamente il vecchio medico.
“Non capite, è completamente infatuato, non riesce più a concentrarsi su nulla, tutto ciò a cui pensa e di cui parla è… beh, me”
“Com’è potuto accadere così in fretta?”
“Oh andiamo, sapete che Artù mi sopporta a malapena, qualcosa non quadra. Solo ieri ho fatto una battuta su noi due insieme e per poco non mi fa tagliare la testa!”
“Non credo che il principe sia completamente immune al tuo fascino, mio caro Merlino. È fin troppo protettivo nei tuoi confronti” Gaius ora sembrava quasi ammiccante.
“Comunque non mi chiederebbe di SPOSARLO!”
L’anziano dottore sgranò gli occhi, tanto era sbalordito da quella rivelazione.
“Qui deve esserci di mezzo la magia” continuò il più giovane.
“Lo penso anch’io, Merlino”
“Ma perché fare innamorare il principe di un servo? A che scopo?” il povero mago sembrava disperato, camminava incessantemente avanti e indietro, con le mani nei capelli.
“Non lo so, ma deve avere qualcosa a che fare con la presenza dei cinque re qui al castello, non può essere una coincidenza. Forse il piano era un altro, ma qualcosa deve essere andato storto”
“Che intendete?”
“Beh, se la vittima designata per essere oggetto dei desideri di Artù fosse stata un’altra? Qualcuno di ancora più inopportuno di te, qualcuno che, se fosse stato colto ad amoreggiare con il principe, avrebbe fornito un valido motivo per scatenare una guerra!”
“Ma certo, Lady Vivian! La scorsa notte ho trovato sul letto di Artù una ciocca di suoi capelli, credevo fosse un pegno d’amore e l’ho riposta altrove! Come ho fatto a non pensarci?”
“Questa è una cosa seria, Merlino, sono sicuro che il colpevole sia Alined, ha sempre bramato la guerra, in fondo al suo cuore”
“Questo, però, non spiega il perché Artù si sia invaghito di me, tra tutti quanti!!”
“Tu sei sicuro di non aver lasciato nessun oggetto appartenente a te vicino a lui, l’altra notte? Questi incantesimi d’amore non sono di gran livello, hanno effetto su qualsiasi tipo di oggetto, in pratica qualsiasi cosa sia vicino alla vittima in quel momento, che appartenga ad un’altra persona, viene utilizzata per garantire lo scopo della pozione”
Merlino riflettè a lungo su tutto quello che era successo la notte precedente, e ad un tratto, ricordandosi del suo spiacevole incidente, sbiancò: il brandello della sua maglietta che si era strappato, cadendo, doveva essersi depositato sul letto regale! Non poteva crederci, ancora una volta la sua goffaggine lo aveva tradito.
“Cosa posso fare, Gaius? Continua a provare a corteggiarmi, e sapete che succederebbe se qualcuno, malauguratamente, lo sentisse!”
“Lo so bene, Merlino, per questo devi fermarlo”
Già, decisamente molto confortante.
 
Merlino promise a sé stesso che una volta risolta questa situazione si sarebbe licenziato. Beh, forse non proprio licenziato, ma almeno si sarebbe preso una lunga pausa. Questo lavoro lo estenuava! Dover fare il servitore di Artù, stare sempre in guardia perché nessuno scoprisse il suo segreto, era veramente troppo. Ed ora questo. Tu  guarda se tra tutti gli abitanti di Camelot una situazione del genere doveva capitare a lui. Era veramente basito.
Si mise in cerca del principe, sperando che non si trovasse in cima alla torre più alta del castello a declamare i suoi sentimenti o roba simile, ma non lo trovò da nessuna parte. Aveva anche chiesto ai cavalieri, ma nessuno sapeva nulla. “Sarà a caccia”, aveva detto sir Leon.
Merlino, allora, decise che quello era il momento di tregua che il cielo gli aveva concesso. Quindi tornò nella sua camera a pensare ad un piano d’attacco.
Era letteralmente sommerso da una montagna di libri da ormai più di un’ora, ma non aveva ancora trovato nessun incantesimo che somigliasse anche lontanamente a quello di cui il principe era vittima.
D’improvviso, qualcuno bussò alla porta.
Il ragazzo corvino si precipitò fuori dalla stanza e fece cenno a Gaius di dire qualcosa.
“Chi è?”
“Il destino, amore mio!” la voce inconfondibile di Artù Pendragon si propagò nello studio del medico. Merlino alzò talmente gli occhi al cielo da rischiare quasi di giocarsi le pupille, e si andò a nascondere sotto il tavolo da lavoro del medico.
Il principe di Camelot, non ricevendo alcuna risposta, pensò di dover alzare la posta in gioco. “Destino e… pollo?” chiese speranzoso.
Gaius, ridendo sotto i baffi per quell’assurda situazione, andò ad aprire la porta. Si ritrovò davanti il rampollo reale, con un vassoio pieno di cibarie in mano, tutto sorrisi e occhi dolci.
“Desidero vedere Merlino. Il tuo apprendista. La luce dei miei occhi”
“La vostra cosa??” replicò Gaius, scioccato da quell’insolito modo di fare.
“La gioia del mio cuore!” disse ancora il principe, prima di fiondarsi dentro la stanza senza neanche chiedere il permesso di entrare.
Gaius, intanto, pensava che in circa ottant’anni di vita quella era la situazione decisamente più strana in cui si fosse mai ritrovato.
“Lui dov’è?”
“Non è qui, sire” mentì il medico.
Il faccino di Artù si rabbuiò per qualche millesimo di secondo, ma ripartì presto alla carica.
“Lo aspetterò”
“Non credo che sia una buona idea, altezza…”
“Portamelo qui!”
“Non posso”
“Esegui i miei ordini, Gaius!”
“Vi prego, mio signore, sono impegnato a realizzare una medicina molto complicata”
“Ma io voglio vedere Merlino!!” ora il povero principe sembrava veramente sull’orlo di una crisi isterica, il vecchio Gaius non lo aveva mai visto in questo stato, e dire che lo conosceva da quando era in fasce.
Merlino, da sotto il tavolo, stava assistendo a tutta la scena, e si malediceva mentalmente per essere nato, essere andato a Camelot, essere diventato servitore di Artù in persona, di essersi pateticamente innamorato del suddetto principe e di aver provocato questo ingestibile casino. Non necessariamente in questo ordine.
Alla fine, dopo mille suppliche da parte del medico, l’inarrestabile spasimante si arrese, decidendo di andare a cercare la sua fiamma altrove. Gaius e il suo apprendista, uscito dal nascondiglio, si guardarono cercando di contenersi, ma il comportamento di Artù era decisamente troppo esilarante perché ci si potesse trattenere dal commentarlo.
 
Trickler era sicuro che quella volta il suo padrone gli avrebbe fatto tagliare la testa senza indugio. Il loro piano avrebbe dovuto essere rapido e senza alcun intoppo, eppure l’imprevisto che si era verificato era decisamente colossale. Il giullare di corte aveva passato tutto il giorno a seguire i movimenti del principe Artù per constatare l’effettivo successo dell’incantesimo, e quando lo aveva visto camminare spedito con un vassoio in mano ed un mazzo di fiori era stato quasi sicuro dell’esito positivo della macchinazione diabolica di Alined. Invece, con sua somma sopresa, il giovane reale si era diretto verso l’ala della servitù, dove aveva bussato nientedimeno che alla porta del suo servitore. Trickler doveva ammettere che, se non avesse avuto timore della reazione del suo iracondo padrone, avrebbe riso a crepapelle del giovane Pendragon andato completamente su di giri per un umile servo, trovava la cosa veramente spassosa, ma era sicuro che Alined non si sarebbe soffermato sull’aspetto ilare di quella vicenda, al contrario.
“Sei un idiota!” aveva infatti inveito contro di lui non appena gli ebbe raccontato tutto.
“Spera che Uther non si renda conto che ci siamo noi dietro tutto questo, o giuro che stavolta ti metto alla forca, maledetto!” disse furente di rabbia. Quella stessa sera si sarebbe tenuto l’incontro finale per la firma degli accordi, quindi ormai i piani del malvagio re potevano considerarsi ufficialmente andati in fumo. Alined stava continuando beatamente a sfogare la sua frustrazione sul giullare di corte, quando uno scricchiolio catturò la sua attenzione: qualcuno stava origliando. Voltatosi verso la porta della sua stanza, scorse un ragazzo dai capelli corvini, che non appena incrociò il suo sguardo si diede alla fuga con uno slancio poco elegante.
“E quello chi diamine era?” tuonò il sovrano in direzione di Trickler. Se qualcuno aveva sentito del loro piano fallito, sarebbero stati nei guai. Uther non era certo noto per la sua clemenza, del resto. Dopo svariate minacce e incalzamenti, finalmente il suo fedele scagnozzo si decise a sputare il rospo, confessando di aver riconosciuto nelle vesti della spia il servitore del principe in persona.
Alined dovette fare appello a tutte le sue forze per contenere la sua rabbia, ma prese una decisione drastica: quel servo ficcanaso andava tolto di mezzo. Non poteva permettersi il rischio di vedere quegli stessi re che aveva cercato di sabotare sotto il loro naso venire a conoscenza delle sue strategie, e l’unico modo per assicurarsene era sbarazzarsi dell’unica persona che ne era a conoscenza. Avrebbe anche fatto un favore a Uther, dato che senza l’oggetto dei suoi desideri a portata di mano, l’incantesimo fatto a suo figlio si sarebbe spezzato.

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Capitolo 4
*** La Cura ***


Gwen teneva in mano il vassoio con la colazione di Lady Morgana, sorellastra del principe, e si stava dirigendo a passo spedito verso l’ingresso del palazzo reale. Era una giornata decisamente fredda, più fredda del solito. Quella notte non era riuscita a dormire molto, si era dovuta alzare più volte per confortare la sua padrona, che soffriva spesso di incubi notturni. Gaius diceva che era una cosa normalissima e che non si trattava di altro che di brutti sogni, eppure Morgana si svegliava così sconvolta ogni qualvolta le capitava, e continuava a ripetere che più che sogni, quelli, le sembravano vere e proprie premonizioni. In effetti, più d’una volta era successo che ciò che la sua padrona sognava si avverasse, o che comunque ci andasse molto vicino, e Gwen cominciava a chiedersi se Lady Morgana non avesse sviluppato una qualche forma di veggenza. Anche se così fosse stato, avrebbe fatto ben poca differenza. Se Uther avesse potuto associarla anche solo alla più lontana cugina della magia, di cui era morbosamente ossessionato, neanche essere la sua preziosa pupilla le avrebbe risparmiato la sua ira. Da una parte Ginevra poteva quasi capirlo, la stregoneria gli aveva portato via sua moglie, ma era del parere che ciò che di brutto ti accade nella vita non debba essere usato come giustificazione dietro cui nascondersi per fare del male a tua volta. Fu distolta da queste sue riflessioni da qualcuno che, con una delicatezza degna di un branco di elefanti imbizzarriti, le precipitò addosso, mandando all’aria la colazione della sua padrona. Ovviamente – avrebbe dovuto aspettarselo – il delicatissimo sconosciuto era il servitore di Artù, nonché uno dei pochi amici che aveva al castello, Merlino.
“Dio, Gwen, mi dispiace così tanto! Aspetta, ti aiuto” disse, raccogliendo freneticamente quanto ancora vi era rimasto di commestibile. Ginevra lo guardò, non sapendo se ridere o piangere, da quando aveva conosciuto quell’impacciato ragazzo erano più le volte che lo aveva visto per terra che sulle sue gambe, al punto da chiedersi se gli avessero mai insegnato a camminare come si deve.
“Non preoccuparti, Merlino, tanto penso che Morgana non avrebbe comunque mangiato nulla. È ancora troppo sconvolta per gli incubi di ieri sera”
“Ah bene! Cioè no, volevo dire, mi dispiace per Morgana, ma almeno non si arrabbierà con te se non gli porti la colazione e tu non mi ucciderai per aver inciampato contro di te!” disse con la sua solita parlantina. Quando ci si metteva, Merlino era veramente come un fiume in piena, difficile da arginare. Ma oggi c’era anche dell’altro, Gwen poteva sentirlo. Era come se fosse ancora più agitato del solito, e ce ne voleva. Quasi come se potesse leggerla nel pensiero, Merlino la afferrò per un braccio prima che potesse andarsene. 
“Devo parlarti urgentemente”
“Che succede? Così mi fai preoccupare”
“Beh…diciamo che, in una scala da 1 a 10, il mio livello di preoccupazione è 11, quindi…”
“Dei del cielo, Merlino, vai al punto!”
“Va bene, va bene. Ecco…Artù è stato vittima di un incantesimo architettato da Alined per farlo innamorare di Lady Vivian, perché sapeva che se Olaf li avesse colti in flagrante avrebbe dichiarato guerra”
“Oh Cielo, ma è terribile! Dobbiamo avvertire Uther!”
“No, non capisci Gwen, il suo piano è fallito! Ed è fallito perché senza volerlo, l’altra notte, ho tolto l’ingrediente indispensabile dal letto di Artù…”
“Beh allora non c’è nulla di cui preoccuparsi, no?”
“Fammi finire! L’incantesimo non l’ha fatto invaghire di Vivian, ma di un’altra persona…”
“Ovvero?” ma la serva non aveva neanche finito di pronunciare la frase che collegò i pezzi di quell’intricato puzzle da sola. 
“Artù si è innamorato di TE?” disse con voce pericolosamente alta.
“Magari evitiamo un annuncio ufficiale, Gwen, ci tengo ancora ad avere la testa attaccata al collo, grazie”
“Certo, scusa…ma cosa pensi di fare ora?” gli sussurrò.
“Innanzitutto ho bisogno di un favore: mentre cerco con Gaius un modo per uscire da tutto questo, mi serve che tu mi sostituisca con Artù. Te lo chiedo in ginocchio! Non posso continuare a schiaffeggiarlo ogni volta che tenta di farmi una dichiarazione d’amore!”
Gwen, da parte sua, non trovava allettante l’idea di fare la servitrice del principe, ancora di meno se doveva fargli da balia per impedirgli di mettersi nei guai pronunciando frasi poco caste nei riguardi del suo amico. Ma Merlino sembrava veramente disperato ed era sempre stato gentile con lei, era suo dovere almeno provare ad aiutarlo.
“Cosa gli dico se chiede di te?”
“Quello che vuoi. Che sono indisposto, malato, quello che ti pare. Ma non dirgli che sono alla taverna! Sortilegio o no, sarei nei guai seri.”
“D’accordo. Spero che trovi una soluzione alla svelta, Merlino. Ci sono altre situazioni comicamente disastrose di cui dovrei essere a conoscenza?” chiese ironicamente.
“Credo che Alined mi abbia visto mentre spiavo lui e Trickler. Mi sa che vuole uccidermi”
“Le sorprese non finiscono mai. Sta attento, Merlino”
“Lo farò” le disse di rimando, mentre si allontanava correndo.

“Credo di aver trovato il modo di rompere l’incantesimo” annunciò Gaius al suo giovane apprendista, non appena quest’ultimo entrò nello studio. Il vecchio cerusico aveva passato tutta la notte sui libri per aiutarlo a risolvere il problema, anche se continuava a reputare il tutto molto divertente. Si era imbattuto, dopo numerose ricerche infruttuose, in un vecchio filtro d’amore che sembrava combaciare in tutto e per tutto a quello che, come aveva potuto vedere con i suoi occhi, stava attanagliando il principe di Camelot. Se aveva ragione, il modo per spezzarlo era solo uno, e non sarebbe stato affatto semplice.
“Dimmi che devo fare, Gaius” chiese Merlino, impaziente di porre fine a quel guaio.
“Secondo questo libro, l’unico modo per spezzare l’incantesimo è che la vittima riceva un bacio dalla persona che ama veramente” disse il medico, leggendo e traducendo simultaneamente l’antica lingua druida in cui era scritto il volume.
“Oh beh, perfetto, solo non capisco come possa baciarsi da solo, visto che l’unica persona che ama Artù è se stesso!” disse il mago esasperato, trovando quel rimedio completamente inutile, dal momento che quell’asino del suo padrone non aveva mai palesato un particolare interesse per nessuno.
“Sii serio, Merlino, sei sicuro che il suo cuore non abbia mai palpitato per nessuna fanciulla? O…fanciullo?”
“Non che io sappia! Scusate, sul libro non dice niente riguardo il caso in cui la persona vittima del sortilegio non sia innamorata? In quel caso come si risolve?”
“Qui dice che se la vittima non è sentimentalmente legata l’incantesimo non farebbe proprio effetto in primo luogo, perciò abbiamo la conferma, Artù deve essere innamorato di qualcuno per forza”
“Mi sembra ottimo, non dovrò far altro che farlo baciare da tutta la corte finchè non trovo la sua anima gemella allora, perché non ci ho pensato prima!” – anche nei momenti peggiori, Merlino non tardava mai a giocarsi la carta del sarcasmo, non poteva proprio farne a meno.
Preso dai suoi pensieri, si ricordò improvvisamente del compito che aveva assegnato a Ginevra, e si chiese come se la stesse cavando con quella testa di fagiolo del suo padrone. In quel momento ebbe una folgorazione.
“Gwen! Ma certo, deve essere lei! Artù è sempre gentile nei suoi confronti! Devo andare a cercarla.”
“Sei sicuro che sia lei la persona di cui abbiamo bisogno, Merlino?”
“Non posso esserne certo, ma che altra scelta ho? Devo perlomeno tentare.” 
Detto questo, schizzò fuori dalla porta, lasciando Gaius perplesso.

Ginevra non aveva mai preteso molto dalla vita. Si accontentava di ciò che aveva, stava sempre al suo posto, cercava di essere una buona amica per tutti. Ma niente la aveva mai preparata allo spettacolo che si ritrovò davanti quel giorno, quando entrò nella reale stanza di Artù Pendragon. Lo trovò sul suo letto, spensierato e felice, mezzo nudo e con la testa tra le nuvole, che canticchiava tra sé e sé. Da che ricordava, l’ultima volta che aveva visto l’erede al trono così allegro era…nemmeno lo ricordava, se fosse mai stato così di buon umore. Appena la vide, si palesò sul suo volto un’espressione interrogativa.
“Dov’è Merlino?” chiese sbirciando oltre la sua figura, come se si aspettasse di vederlo comparire da un momento all’altro.
“Non sta bene, sire, per questo mi ha chiesto di sostituirlo nelle sue mansioni, per oggi”
“Merlino è malato? Oh cielo, devo andare a curarlo!” disse precipitandosi verso la porta. Ginevra, lesta, lo trattenne per un braccio”
“Non potete visitarlo, mio signore, lui è…contagioso. Gaius ha specificato che nessuno deve stare a contatto con lui, per la sua e la altrui sicurezza” 
Il principe sembrava frustrato, come un cucciolo di cane a cui sia stato sfilato l’osso da sotto il naso.
“Credi che voglia evitarmi, Gwen? Dimmi, c’è qualcosa che non va in me?” le chiese, con una tale tenerezza che Ginevra dovette trattenersi dall’abbracciarlo. Chi l’avrebbe mai immaginato che all’arrogante principe sarebbe bastato un sortilegio d’amore per tirare fuori il suo lato dolce.
“Non vi preoccupate, mio signore, sono sicura che lo rivedrete presto” lo rincuorò, iniziando poi a fargli indossare l’armatura.
Era ancora alle prese con quel compito, quando dei passi spediti annunciarono l’imminente arrivo di qualcuno presso le stanze reali.
Trascorsero ben pochi secondi quando re Alined, seguito da un trafelato Trickler, palesarono la propria presenza irrompendo nella camera. “Lui dov’è???” gridò il sovrano. Stava cercando il servitore di Artù con il pretesto di chiedergli di rammendargli una camicia, così da poterlo togliere di mezzo ed evitare che spifferasse i suoi segreti. Il principe ereditario, non capendo a cosa si riferisse, si limitò a guardarlo interrogativamente. 
“Ma di che parla?” bisbigliò rivolto a Gwen, che alzò le spalle per dire che non ne sapeva niente.
“Se vorreste cortesemente esplicitarmi di cosa state parlando, magari potrei aiutarvi”, disse, iniziando a spazientirsi per quella brusca interruzione.
“Sto cercando il vostro servitore, Merlino. Immagino sia qui nelle vostre stanze. Mi occorre urgentemente il suo ausilio. Allora, è qui?”
“Ah, se solo fosse vero…” disse il principe con sguardo sognante, guadagnandosi un’occhiata furiosa dal sovrano, che credeva lo stesse nascondendo.
“Se solo fosse vero non sarei così tranquillo” intervenne in suo soccorso Ginevra, che aveva compreso le vere intenzioni di Alined con Merlino. Dopo alcune ricerche, che ovviamente non portarono a nulla, il famelico duo si arrese e si congedò, decidendo di lasciar perdere per il momento. Non appena furono usciti, Artù sospirò, e dalle sue labbra uscì una frase che riguardava delle certe cose che avrebbe volentieri fatto al suo ingenuo servitore, una frase che Ginevra finse di non aver sentito. La povera serva, sconvolta, decise che Merlino le avrebbe dovuto almeno dieci favori in cambio di una giornata passata con quello sboccato.

Intanto, il giovane stregone si stava letteralmente scapicollando su e giù per le scale del castello, in cerca della sua amica. La trovò mentre stava portando i vestiti del principe in lavanderia e senza fare troppe cerimonie la prese per un braccio, portandola al sicuro da occhi e orecchie indiscreti.
“So come curare Artù” le annunciò, sperando in cuor suo che la ragazza accettasse il compito che doveva svolgere.
“Ma ho bisogno di te per far sì che funzioni.”
“Di che si tratta?”
“Ecco, l’unico modo per risolvere la faccenda è che la persona che il principe ha davvero nel suo cuore lo baci”
“Non capisco come io potrei…oh. Se pensi che io sia il suo amore ti stai sbagliando di grosso. Sì, magari in passato ho provato qualcosa, ma lui mi ha sempre fatto capire che da parte sua non vi era alcun interesse, te lo posso assicurare.”
“Ma Gaius ha detto che se il principe non fosse innamorato non sarebbe caduto sotto l’effetto del sortilegio, deve pur voler dire qualcosa! E se la persona che ama non sei tu, non saprei veramente chi possa essere…dobbiamo almeno tentare” - proseguì lui - “Non posso continuare ad averlo intorno mentre…ci prova spudoratamente, non posso proprio Gwen, mi fa male. Sebbene all’inizio mi facesse piacere voglio che tutto questo finisca, non è giusto nei suoi e nei miei confronti” concluse amareggiato.
Ginevra lo guardò con compassione, non aveva mai visto Merlino, sempre allegro e sorridente, così frustrato.
“E va bene, ci proverò. Ma resta un problema: come faccio a baciarlo senza che nessuno ci veda? E poi lui è completamente preso da te, non sarà facile, dovrò coglierlo di sorpresa.”
 Il corvino, in risposta, accennò un sorriso. “Non ti preoccupare di questo, io e Gaius abbiamo un piano: questo pomeriggio si terrà un torneo per celebrare il prossimo viaggio di ritorno degli altri re, e Artù dovrà combattere. Quando entrerà nella sua tenda, noi saremo in posizione, pronti all’attacco. Tu lo bacerai, e ci butteremo tutto questo alle spalle” disse, senza nascondere una punta d’orgoglio per il suo piano, costruito ingegnosamente.
“Bene, allora ci vediamo al tramonto” disse Gwen, e i due si allontanarono, ognuno nella sua direzione, per sbrigare le loro faccende.

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Capitolo 5
*** La Svolta ***


La gigantesca arena del palazzo reale si stagliava maestosa all'orizzonte, bardata con gli stemmi dei valorosi cavalieri che avrebbero preso parte al torneo, appartenenti a ben cinque regni attigui, che avevano attraversato non poche fasi bellicose ed ora, finalmente, erano in pace.
Osservare quello spettacolo mozzafiato, un mosaico di colori accesi, stendardi araldici e intrepidi guerrieri a cavallo, avrebbe suggestionato gli occhi di chiunque avesse avuto l'opportunità di osservarlo. Certo, l'estasi sarebbe però irrimediabilmente scemata se a guardarla fosse stato uno sventurato servitore di corte che, mangiandosi nervosamente le unghie, seguiva con lo sguardo ogni mossa del suo padrone, il principe, per assicurarsi che non cadesse da cavallo o iniziasse a dedicargli una canzone in mezzo alla piazza.

Completamente soggiogato dalla magia di Trickler, Artù Pendragon sembrava a malapena rendersi conto di dove si trovava e di che cosa stava facendo, limitandosi ad imitare gli altri partecipanti e a sorridere candidamente ai suoi ammiratori, che lo incitavano dal pubblico.

Dall'alto del suo trono, affiancato dalla figliastra, Uther si ergeva fiero, declamando il suo discorso interminabile che, onestamente, nessuno si stava sorbendo più di tanto, impegnati com'erano a fare scommesse sui possibili vincitori.

Ogni cavaliere si diresse presto alla sua postazione, per indossare l'armatura e munirsi delle armi necessarie, secondo la propria abilità e preferenza. Merlino non aveva potuto declinare quell'incarico, sebbene ci avesse senz'altro provato, ma sfortunatamente Gwen era già stata richiesta da Lady Morgana per accompagnarla al torneo, perciò sarebbe potuta intervenire solo in un secondo momento, durante la pausa, per mettere in atto il loro piano. Artù arrivò al suo cospetto quasi saltellando – era del tutto adorabile in quello stato confusionario, doveva ammetterlo – e gli sorrise al settimo cielo, alzando le braccia per farsi vestire.

"Quindi sei guarito?" gli chiese con fare inquisitorio.

"Mai stato meglio, sire" gli disse il corvino di rimando, cercando di mantenere un tono quanto più distaccato possibile, per evitare fraintendimenti.

"Mi sei mancato, sai? Credevo volessi evitarmi." Continuò lui, mordicchiandosi il labbro inferiore. Merlino non sapeva se improvvisamente un ciclone fosse arrivato dall'Africa a surriscaldare le temperature di Camelot di almeno dieci gradi, o se fosse tutto frutto della sua perversa immaginazione. Ma non poteva certo lasciarsi distrarre dagli sguardi languidi del principe, doveva solo attenersi al piano. Facile, no?

Cercando con tutte le sue forze di non guardarlo negli occhi, finì di sistemargli per bene l'armatura, dopodiché gli consegnò l'elmo. Artù aveva assunto un'espressione imperscrutabile, e questo, nella mente del mago, non prometteva nulla di buono. Non era certo tipo da arrendersi, era sicuro che stava architettando qualcosa.

Nemmeno a farlo apposta, l'erede al trono decise che quello era il momento più opportuno per tentare, ancora una volta, di molestare il suo impavido servitore, appoggiandogli, poco carinamente e senza alcun pudore, una mano sul didietro.

"S-sire, che state facendo?"

"Nulla. Non so proprio di che stai parlando", rispose lui non nonchalance, continuando imperterrito a violare tutte le leggi di Camelot sulla morale e il buon costume. Merlino, basito come non mai, cercò di scostargli il braccio da quella poco consona posizione, ma nel farlo finì per scivolare su una macchia di bagnato – la sua sfortuna non aveva veramente limiti – e incontrarsi ancora una volta con il suo amico di una vita, il pavimento, questa volta però trascinandosi dietro nientedimeno che Artù Pendragon, campione in carica, che si ritrovò così disteso sopra di lui. Ovviamente, al principe non dispiacque affatto quella posa, e non evitò di aggiungere alla sua cocente umiliazione non pochi commentini osceni.

"Se volevi che mi sdraiassi con te, bastava dirlo" asserì maliziosamente, mandando completamente in tilt la mente del povero Merlino, che poteva anche essere uno dei più potenti stregoni del suo tempo, ma non era di certo preparato a battute di questo genere. Non se venivano da Artù mentre era candidamente adagiato su di lui, almeno.

In quel momento, qualcuno entrò nella tenda. Era Gaius, che assisteva al torneo in veste di medico, in caso di spiacevoli incidenti. Quando il cerusico fece il suo ingresso si ritrovò davanti il suo apprendista, con gli occhi sgranati e in uno stato di apparente semi incoscienza, e il principe di Camelot, avvinghiati l'uno all'altro. Per terra.
Gaius non era certo una persona che pensava subito male, ma quella scena lasciava spazio a ben poche interpretazioni. Si schiarì la gola, palesandosi, e i due giovani si tirarono su in tutta fretta, il corvino arrossendo leggermente e facendo finta di nulla, il biondo continuando a sorridere spudoratamente.
"Sire, credo che il vostro pubblico vi reclami" gli annunciò il medico, cercando di porre fine all'imbarazzo del suo giovane protetto.
Il principe non si scompose minimamente, si sistemò i capelli, scompigliati per la caduta, e si avviò verso l'uscita.
"Allora a dopo, tesoro" disse prima di precipitarsi fuori dalla tenda, pronto a duellare.
"Sbaglio o mi ha chiamato...ma che?" Merlino stentava a credere a cotanta sdolcinatezza. Gaius, invece, era più occupato ad ammazzarsi dalle risate.
Il mago lo fulminò con lo sguardo, lui non lo trovava così divertente. Magari giusto un po', ma niente a confronto dell'ansia che lo stava attanagliando.
"Sono preoccupato, Gaius" disse cominciando a camminare su e giù per la tenda. "Non è concentrato, potrebbe farsi veramente male a questo torneo"
"Io non credo, Merlino"
"Dite che ce la farà?"
"No, non credo proprio che combatterà, ecco"
"Cosa?"
"Ha lasciato qui la sua spada"
Il corvino si schiaffò una mano in faccia, pensando che se Artù fosse sopravvissuto a quella giornata e fossero riusciti a spezzare l'incantesimo, lo avrebbe ammazzato con le sue stesse mani per tutto quello che gli aveva fatto passare. Stupida, stupida testa di fagiolo.
Uscì dalla tenda in tutta fretta con la spada reale, per consegnarla al suo rimbambito padrone, ma i giocatori erano già tutti in campo e da lontano non riusciva a distinguerli bene. Ad un tratto lo scorse, in un angolino, che cantava sommessamente. Ma perché doveva sempre cantare? Che gli avevano fatto, il sortilegio musicale?
Comunque, cercò di chiamarlo senza farsi troppo notare.
"Ei, vostra altezza! Psst, Artù!" Sussurrò a denti stretti. Il principe, accorgendosi che il suo prezioso Merlino lo stava chiamando, non se lo fece dire due volte, andando felice verso di lui.
"Già ti manco?" Disse, facendogli l'occhiolino.
Il mago roteò gli occhi, maledicendosi mentalmente per la terza volta nel giro di dieci minuti.
"La vostra spada, sire, l'avevate dimenticata" disse semplicemente.
L'erede al trono fissò quel pezzo di ferro con sguardo interrogativo, poi, con un guizzo di lucidità, si ricordò che, effettivamente, per combattere serviva un'arma. La prese senza fare storie e guardò Merlino riconoscente.
"Come farei senza di te" soggiunse, cercando di fargli una carezza con la mano. Il servitore però, aspettandosi una mossa del genere, fu lesto a prendergliela con la sua mano sinistra, trasformando quel gesto di intimità in una normale stretta, un saluto decisamente più appropriato all'occasione.
"Augurami buona fortuna, Merlino" disse il principe prima di tornare sull'arena di combattimento.
Già, ne avrebbe avuto sicuramente bisogno.

Il torneo era iniziato ormai da buoni quindici minuti, molti cavalieri avevano combattuto valorosamente guadagnandosi un posto in classifica e qualificandosi per le semifinali, altri invece non ce l'avevano fatta ed erano stati sconfitti. Trattandosi di un evento amichevole, non era fino all'ultimo sangue, quindi anche chi non aveva la fortuna di vincere poteva almeno rallegrarsi di essere ancora in vita. Artù stava combattendo con un certo sir Regan, che sembrava essere uno spadaccino piuttosto abile. Non che il futuro erede non lo fosse, anzi, ma in quella particolare circostanza sembrava come se non gli importasse di nulla. Improvvisamente, il suo avversario lo colpì a tradimento sul fianco, e nel giro di pochi secondi lo stralunato principe era a terra, letteralmente parlando. Il re decise che quello era un buon momento per fare una pausa, notando che suo figlio non sembrava essere esattamente nel pieno delle sue forze. In realtà era da un po' che aveva degli strani comportamenti, ma Uther non era mai stato bravo ad interpretare la complessa psiche dei suoi figli, di solito quando avevano delle crisi adolescenziali preferiva stare loro lontano finchè non erano rinsaviti.

L'infortunato fu portato nella tenda, dove Gaius iniziò ad esaminare le sue ferite.

"Avete una costola rotta, sire" sentenziò il cerusico dopo una breve occhiata.

"Niente può ferirmi oggi. Sono invincibile!" fu la risposta che ottenne dal biondo, incurante del dolore che sicuramente stava provando senza neanche accorgersene. Poi, con un gesto deciso, prese il viso del vecchio medico tra le mani. "L'amore può conquistare ogni cosa, Gaius, è vero" sentenziò convinto, mentre il più anziano assumeva un'espressione tra il preoccupato e il divertito.

"Non si può andare avanti, il duello non è leale, Artù ha la testa fra le nuvole!" disse rivolto a Merlino, parlando a bassa voce per non farsi sentire.

"Io non so proprio che cosa fare!" rispose lui nervosamente.

"Allora trova qualcuno che lo sappia"

Mentre il principe tornava in campo a farsi massacrare con la mazza ferrata, il tutto con un sorriso ancora stampato sulla faccia, Gwen faceva del suo meglio per passare inosservata tra gli spalti, in modo da raggiungere la tenda dove si trovavano Gaius e Merlino e mettere in atto quel folle piano, che non era nemmeno troppo convinta che avrebbe funzionato. Quando arrivò, trovò i due intenti a confabulare.

"Sono pronta, voi?"

"Tutto secondo i piani. Dobbiamo solo sperare che Artù non si faccia ammazzare. Anche se il problema sarebbe comunque risolto in entrambi i casi"

Questa battutina ironica costò al giovane mago una schicchera da parte del medico. In quel momento, fece nuovamente il suo ingresso il giovane Pendragon, con addosso gli evidenti segni di un'altra sconfitta subita, sebbene di umore più che ottimo.

"Date una festa in mio onore?" disse, esaltato da tutta quella gente. I tre lo ignorarono, cercando di sembrare più normali possibile. Gaius e Merlino, lanciando occhiate allusive a Ginevra, iniziarono ad inventare scuse per lasciarli da soli, in modo che la serva potesse fare ciò che doveva fare.

"Vado un attimo a vedere se qualcuno ha bisogno di cure"

"Vengo con voi!" disse prontamente il corvino, accodandosi al medico.

Artù li stava guardando confuso, anche se era sotto incantesimo poteva ancora fiutare quando qualcuno gli stava nascondendo qualcosa.

Rimasto solo con Ginevra, cercò di capire cosa stesse succedendo. "Che ci fai qui? Volevi augurarmi buona fortuna? Non credo che ne avrò bisogno" disse sicuro di sé.

"No Artù, non sono venuta per questo"

Il giovane principe assunse un'espressione imbronciata. "Beh, è scortese da parte tua"

Ci fu un attimo di silenzio sospeso, poi Ginevra decise che era meglio farla finita il più presto possibile.

"Lasciate che vi chieda scusa", disse gettandosi su di lui, unendo improvvisamente le loro labbra. Il principe rimase perplesso, di certo non si aspettava che la ragazza avrebbe osato tanto. Il bacio durò pochi secondi, poi i due si staccarono, il volto del giovane reale pervaso da un'aria leggermente sconvolta per la rapidità con cui tutto era accaduto.

Intanto, il medico ed il suo giovane assistente stavano spiando tutto ciò che accadeva da fuori la tenda, e non appena li videro baciarsi si precipitarono dentro, sperando quell'assurda giornata fosse valsa la pena.

"Artù? Siete di nuovo voi?" gli chiese Merlino titubante.

"Che domande, certo che sono io" disse lui. 

Gli altri sospirarono di sollievo, aveva funzionato, l'incubo era finito.

"Quindi vi sentite bene? Non siete più sotto incantesimo?"

"Quale incantesimo, amore mio?" rispose Artù, non capendo a cosa si stesse riferendo il suo giovane servitore.

"C-come?"

"Ora devo andare, ho un torneo da vincere. E lo vincerò per te" asserì, puntando il dito verso un afflitto ragazzo corvino, che in quel momento avrebbe volentieri sbattuto ripetutamente la testa contro il muro.

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Capitolo 6
*** Il Nuovo Piano ***


Il principe di Camelot era ufficialmente del tutto fuori di senno. Nemmeno il bacio di Ginevra aveva potuto spezzare il sortilegio di cui era vittima, e Merlino ne stava pagando le amare conseguenze, giacchè lavorare tutto il giorno a stretto contatto con un pervertito reale, che non perdeva occasione per metterlo a disagio flirtando con lui, non rientrava certo nella lista delle migliori situazioni in cui ritrovarsi.
La cosa peggiore era riuscire in qualche modo a fargli lasciare la sua stanza il meno possibile. Ormai il giovane mago se le era inventate tutte con Uther: battute di caccia, partite dell’ultimo minuto, malattie varie, tutto ciò che fosse servito come scusa minimamente plausibile per la prolungata assenza dell’erede al trono, mentre lui e la sua squadra d’azione improvvisata – ovvero Gaius e Gwen – lavoravano freneticamente per cercare una soluzione alternativa a quel guaio.
Merlino, veramente arrivato al limite della sopportazione, si trovava nella sua camera, messa completamente a soqquadro a causa dei giorni passati a compiere innumerevoli ricerche riguardo ai filtri d’amore, leggendo libri polverosi che pesavano quanto lui, tutto per niente, dato che il piano era miseramente fallito.
Ginevra, che era con lui, era seduta sul bordo del letto del suo giovane amico, ancora intenta a sfogliare un piccolo volume intitolato “Magic spells in fairytales”. Ovviamente si trattava di semplici libri sulla mitologia o di storie per bambini, i veri libri di magia erano severamente banditi a Camelot e nei territori annessi da oltre vent’anni, e chiunque ne fosse stato trovato in possesso sarebbe andato incontro a morte certa. Gaius era l’unico a possedere ancora un librone di stregoneria, principalmente sugli incantesimi praticati dall’Antica Religione, che aveva regalato a Merlino perché imparasse a padroneggiare i suoi poteri. Sfortunatamente, in quel frangente si era rivelato pressoché inutile, dato che non diceva nulla sulle malie legate alla sfera sentimentale.
“Merlino!” – gridò Gwen, improvvisamente esaltata – “credo di aver trovato qualcosa” disse, leggendo ad alta voce la storiella della buonanotte nella quale si era imbattuta. “Qui dice che un giorno, un tale di nome Feryn, fu colpito da un sortilegio fattogli da una strega, che lo fece innamorare della sua amica Mira. Egli era promesso sposo di un’altra donna, la quale lo baciò per spezzare l’incantesimo, ma non funzionò. Sembra simile al nostro caso, no?”
“E come fecero a risolvere la faccenda?” le fece eco Merlino.
“Ecco, dice che all’inizio si disperarono, pensando che la magia della fattucchiera fosse troppo potente per essere spezzata. Mira, però, era stanca delle avances non richieste da parte di Feryn, che continuava a chiederle un bacio”
“Mi suona vagamente familiare” sospirò ironicamente il corvino.
“Comunque – continuò lei – un giorno Mira decise che non ne poteva più, prese Feryn e lo baciò, e indovina? L’incantesimo fu spezzato”.
“…Mi stai dicendo che l’unico modo per svegliarlo dall’incanto è che IO lo baci? Ma non ha il minimo senso, sono io quello di cui Artù deve smettere di essere innamorato! Che razza di magia è mai  questa?”
“Non hai capito il punto, Merlino. Feryn era veramente innamorato di Mira, in realtà non aveva mai amato la sua promessa sposa…di solito nei libri vengono elencati solamente due casi: quelli in cui il sortilegio non può fare effetto perché la vittima non è innamorata di nessuno e quelli in cui ama già qualcuno e la magia lo fa infatuare di un’altra persona; ma esiste anche un terzo caso, quello in cui, per ironia della sorte, il filtro fa innamorare il malcapitato della persona che già era nel suo cuore dal principio. In questo caso i suoi sentimenti repressi non fanno altro che emergere, esasperati certo, ma pur sempre sinceri”.
“Mi stai dicendo che Artù Pendragon mi ha palpato il deretano nel pieno possesso delle sue facoltà mentali?”
“Ovviamente no, Merlino. Dio solo sa quanto Artù sia restio ad esprimere i suoi sentimenti. Se non fosse stato per l’incantesimo non avrebbe mai fatto nulla di tutto questo. Ma se vuoi averne la conferma, sai cosa devi fare” disse, sorridendo maliziosamente.

Certo lo stregone tutto si era immaginato tranne uno scenario surreale come quello. Dover sopportare le angherie del suo arrogante padrone era un conto. Avere a che fare con le sue proposte indecenti era un altro. Ma scoprire che l’unico modo per risvegliarlo era dargli un bacio era veramente al limite del tragico. Per non parlare del fatto che tutto ciò significava che Artù provasse qualcosa nei suoi confronti. Non che gli dispiacesse, anzi, lo trovava…carino. E poi non si poteva certo negare che il principe non fosse ciò che si dice una gran gioia per gli occhi, con quei capelli, quel corpo, quelle mani perfette che alla sola vista lo facevano impazzire, il suo…no basta, non poteva lasciarsi illudere. Era pur sempre un Pendragon e tra loro non ci sarebbe mai stato niente. E poi il vero Artù, quello che non era sotto effetti di strani sortilegi, si sarebbe fatto torturare pur di non ammettere ciò che provava, ne era sicuro. Anche se doveva ammettere che non vedeva l’ora di risvegliarlo, per vedere come avrebbe reagito alla sua…beh, iniziativa. Che non provasse a lamentarsi, era l’unico modo per risvegliarlo dopotutto, e gliel’avrebbe detto subito. Se ci fosse stato un altro modo, qualsiasi cosa che non fosse quello, di certo ci avrebbe provato. Ma non aveva scelta. Poi c’era sempre la possibilità che Ginevra si sbagliasse, ovviamente, e che fallissero un’altra volta. In quel caso si sarebbe ritrovato con uno spasimante ancora più fomentato, e l’unica soluzione sarebbe stata fuggire in un regno lontano e cambiare identità.
Dopo queste allegre riflessioni, Merlino decise di mettersi subito all’opera e cercare l’asino reale, confidando che non sarebbe stato certo difficile per lui condurlo in un posto appartato. Sapendo che a quell’ora avrebbe dovuto avere la sessione di allenamento con i cavalieri, si diresse verso il cortile, scendendo rapidamente le scale del palazzo e superando diverse coppie di guardie. Una volta giunto nello spiazzo dove erano soliti tenere le lezioni di combattimento, si stupì nel vedere il principe che, fiero, agitava in aria la sua spada verso una delle giovani reclute dell’esercito reale, evitando per poco di staccargli un orecchio, mentre sembrava osservare tutto fuorchè il suo avversario. Senza farlo apposta, intento com’era a rimirare l’orizzonte, con un fendente inaspettato mandò a terra il povero cavaliere in erba. 
“Vedete? Lui ha sbagliato, perché non ha previsto la mia mossa. E questo semplicemente perché non si fa guidare dall’amore, come me! L’amore è tutto, compagni, non lo dimenticate”
Merlino non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, quello squinternato aveva appena fatto un discorso melenso degno di un unicorno in carne ed ossa. Decise che quello era il momento per portare sua maestà via da lì, prima che traumatizzasse ulteriormente i futuri difensori di Camelot.
“Sire, vi ho cercato ovunque!” disse, palesando la sua presenza. “Ho bisogno urgente del vostro aiuto”
Il viso di Artù, alla vista del suo amato, si allargò in un sorriso a trentadue denti, estasiato da quella visione angelica.
“Merlino! Sono felice che tu sia qui, puoi assistere all’allenamento se vuoi, ora non posso proprio venire”
“Ma sire vi prego!” – disse, avvicinandosi a lui il più possibile, perché potesse essere l’unico a sentirlo – “Pensavo…che potessimo stare un po’ da soli”.
Non poteva credere che lo stesse facendo sul serio, ci stava provando con l’erede al trono. Davanti a mezzo regno, per di più. Per fortuna, grazie all’ascendente che esercitava su di lui, il principe fu più che felice delle sue parole e, senza dare spiegazioni, si allontanò con il suo servitore, lasciando le reclute senza parole e piuttosto spaventate dai comportamenti del giovane Pendragon.
Giunti al castello, Merlino invitò il biondo nella sua camera, sapendo che Gaius era fuori per sbrigare delle faccende e che lì nessuno li avrebbe disturbati, al contrario delle stanze reali, dove c’erano fin troppe guardie. Artù era in trepidazione, aspettava con ansia di vedere la mossa che avrebbe fatto il corvino – chissà che idee si stava facendo! – mentre perlustrava la camera del suo amato con curiosità. Merlino, al contrario, era completamente nel pallone e non finiva di ripetersi che quella era senza dubbio l’idea più stupida che avesse mai avuto. Maledetta Gwen che lo aveva convinto! Lui, baciare Artù Pendragon? Chissà quante ne aveva baciate, lui, sicuramente era abituato a certi standard. Mentre Merlino…beh, lui non aveva alcuna esperienza nel campo. Il suo cuore stava battendo ad una velocità pericolosamente simile a quella di una mandria imbufalita, ma cercò comunque di darsi un contegno, ripetendosi che lo stava facendo per il bene di tutto il regno.
“Allora, cosa vogliamo fare?” disse Artù, volgendo lo sguardo verso il suo servitore. 
Merlino, incontrando gli occhi languidi del principe, che gli sembravano più azzurri del solito, si fece coraggio, avvicinandosi a lui molto lentamente. “Sire…io” incespicò sulle sue stesse parole, mentre pregava che le sue ginocchia, ormai ridotte ad un tremolio costante, non lo abbandonassero proprio nel momento del bisogno.
“Sì, Merlino?” rispose con voce appena percettibile il biondo, anche lui avvicinandosi lentamente verso l’altro, in attesa di una sua mossa. Si leccò le labbra, fissando lo sguardo su quelle del corvino, in un chiaro gesto di assenso per qualunque cosa avesse in mente di fare.
Merlino, estenuato da tutta quella suspense, decise che quella era l’occasione definitiva, e senza indugiare ulteriormente, afferrò il principe per il colletto della sua veste, lanciandosi con desiderio verso la sua bocca carnosa, realizzando un antico sogno che aveva da sempre cautamente custodito negli angoli più reconditi della sua immaginazione, tirandolo fuori occasionalmente durante certe notti, dove il subconscio aveva la meglio su di lui.
Dopo un tempo che gli sembrò infinito, si staccò da quel bacio che tanto aveva agognato, senza mai credere che si sarebbe potuto avverare, e che invece era sorprendentemente accaduto.
L’espressione di Artù era imperscrutabile. Lo stava fissando con una certa scintilla negli occhi, che poteva essere sorpresa o anche perplessità, mentre si portava una mano a toccarsi il labbro inferiore, come a voler rievocare ciò che era appena successo.
Merlino, ancora scosso, si trovava ancora decisamente vicino all’erede al trono, tanto che poteva sentirne il respiro affannato sul volto.
“C-che stai facendo?” disse Artù, che non aveva trovato nella sua mente, da giorni offuscata, una spiegazione verosimile per cui il suo servo doveva essere lì, praticamente appiccicato a lui. Aveva una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se fosse successo qualcosa di importante, qualcosa di impensabile. Stette lì immobile, continuando a fissare il suo giovane amico, quando, tutto d’un colpo, riaffiorò nel suo confuso cervello il ricordo di pochi attimi prima, del bacio che i due si erano poco castamente scambiati.
“O mio Dio!” esclamò esterrefatto. “Tu…IO…cosa…MI HAI BACIATO? È così inappropriato! Se qualcuno ci avesse visti…MERLINO!” continuò a sbraitare.
“Calmatevi, sire, lasciate che vi spieghi” cercò di replicare lo stregone, affannandosi affinché Artù non alzasse troppo la voce, mettendo tutti e due in una posizione scomoda.
“Calmarmi? Sono in uno stato confusionario, non ricordo niente dal giorno del banchetto in onore dei re, e tu per aiutarmi che fai? Mi baci?” asserì, sussurrando le ultime due parole per non farsi sentire.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, fermando momentaneamente la collera del principe ereditiero, mentre Gaius e Gwen entravano, curiosi di sapere l’esito del nuovo piano.
“Allora, è fatta?” disse Ginevra rivolta a Merlino, indicando con lo sguardo il giovane sovrano, che spostava gli occhi dall’uno all’altra, sempre più irritato.
“La buona notizia è che si è finalmente svegliato…la cattiva è che non ha preso molto bene il come si è svegliato” rispose il corvino.
“Cosa? Voi ne eravate al corrente? E avete lasciato che…questa cosa accadesse?”.
“Era l’unico modo, sire – intervenne Gaius – dovevate essere baciato perché l’incantesimo si spezzasse”
“Ero vittima di un incantesimo, quindi! Ma perché proprio da lui?” rispose Artù, quasi temendo di sentire la risposta.
“Perché Merlino è-“
“Il vostro migliore amico. Già, per rompere il sortilegio serviva la persona di cui vi fidate di più al mondo, che a quanto pare sono io. Quindi la prossima volta che direte che non vi importa nulla di me, non me la darete di certo a bere” disse il mago, sorridendo in direzione del biondo. Gaius e Ginevra lo guardarono interrogativamente, ma non osarono interferire.
Il principe non sembrava del tutto convinto, ma per il momento decise di prendere per buona quella spiegazione, allungando un’amichevole pacca al suo servitore.
“Oh, è veramente una gioia che siate tornato in voi, così non dovrò più fuggire dalle vostre melense avances” disse Merlino con un melodrammatico sospiro di sollievo.
“Aspetta cosa? Mi ero infatuato…di te?” esclamò, con palese panico negli occhi.
“Non…non ricordate proprio nulla?”
“Assolutamente no! Oh ti prego, dimmi che nessuno mi ha visto in quelle condizioni!” sbiancò. “Mio padre! Cielo, ditemi che almeno lui non mi ha visto”
“Calmatevi sire, mi sono assicurato che le vostre dichiarazioni rimanessero...segrete. Anche se non è stato affatto facile, e credo che abbiate detto a sir Leon che mi trovate bello, oh! Senza contare il discorso super sdolcinato che avete fatto ai cavalieri, e poi quando-“
“Merlino! Taci ora, e accompagnami nelle mie stanze, voglio riposare” disse il principe, estenuato dalle sue chiacchiere. Non poteva capacitarsi della sfortuna che gli era toccata, di tante persone il sortilegio doveva farlo innamorare proprio del suo fastidioso, irritante servitore. Anche se quel bacio…beh, era stato niente male davvero. Sentiva ancora il suo sapore, inspiegabilmente dolce, sulle labbra. Aspetta, che stava dicendo? No, niente da fare, Merlino non gli piaceva affatto e non gli era mai piaciuto. Anzi, non capiva perché avesse proprio dovuto baciarlo per farlo tornare in sé. Non bastava un abbraccio o una pacca sulla spalla? Eh no, sempre un bacio doveva essere il protagonista, quando si trattava di magia. Non aveva veramente parole, era tutta colpa di Merlino, con il suo stupido, stupidissimo, meraviglioso bacio. 
“Ma che sto dicendo!” pensò fra sé e sé, prima di buttarsi sul letto e cercare di dormire, nonostante fosse agitato per la quantità di nuove informazioni che doveva processare.

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Capitolo 7
*** L'Epilogo ***


Forse aveva sbagliato, e di grosso anche. Non avrebbe dovuto nascondergli la verità, lo sapeva, ma era andato completamente nel panico quando Artù aveva chiesto spiegazioni in merito agli accadimenti dei giorni passati. E certo il fatto di aver appena finito di slinguazzarlo non lo aiutava a concentrarsi. Dio, quelle labbra.
Ci aveva pensato per tutta la notte, non alle labbra ovviamente... beh, anche a quelle, ma principalmente a come comportarsi in presenza del principe. 
Non riusciva a decidersi: doveva dirgli che se era riuscito a risvegliarlo dall'incantesimo era perché, a quanto pare, i suoi sentimenti erano incredibilmente ricambiati? O avrebbe fatto meglio a lasciare le cose come stavano e pregare che quella situazione finisse nel dimenticatoio? 
Era una tortura psicologica.
Inoltre, anche se gli avesse detto come stavano realmente le cose e quell'asino reale avesse acceso l'unico neurone che gli era rimasto ammettendo ciò che provava, non c'era la minima possibilità che potessero stare insieme. Lui era di sangue blu e Merlino un umile servitore. Potente forse, ma a che serviva se questo non poteva aiutarlo?
L'unica cosa certa era che Artù era un idiota. Un reale idiota che gli aveva complicato la vita in modi che neanche immaginava. 
Agitato come non mai, si rigirò tra le coperte cercando di trovare una posizione consona, ma con un movimento troppo brusco finì per sbattere con eleganza la testa contro il muro, aggiungendo un altro aneddoto alla sua interminabile lista di spiacevoli incidenti.

Dall'altra parte del castello, nel suo enorme letto a baldacchino, giaceva il nobile Artù Pendragon, regalmente impegnato ad imprecare sottovoce.
Sentiva che i conti non tornavano, ci doveva essere un motivo se Merlino lo aveva dovuto baciare per risvegliarlo. E la scusa del migliore amico non aveva il minimo senso. Non aveva mai sentito di migliori amici che si baciavano sulla bocca. A ripensare a quel pomeriggio, il principe non poteva fare a meno di arrossire, persino adesso che era solo nella sua stanza. Eppure aveva baciato altre persone nella sua vita, ma mai nessuno gli aveva fatto un effetto simile. Si domandava il senso di tutta quella situazione. Che provasse veramente qualcosa per Merlino?
Merlino, che idiota. Prima che si separassero, il giorno prima, gli aveva confessato come l'incantesimo aveva avuto effetto: di come Alined avesse tentato di stregarlo per farlo invaghire di Vivian e di come lui fosse poco leggiadramente inciampato presso il suo letto mentre era intento a preparargli i vestiti. Era anche riuscito a strapparsi la maglietta, il genio, il cui brandello si era depositato vicino a lui, e per questo la pozione aveva scelto proprio il corvino come designato oggetto dei suoi desideri. Tutto questo in una sola notte, quanto poteva essere imbranato quel ragazzo? Artù non se ne capacitava.
Però era adorabile, e baciava sorprendentemente bene.
Il principe ereditiero non poteva credere di star pensando sul serio a certe cose, ma era tardi e si sa, la notte ti fa pensare. Anche se nel suo caso lo stava facendo pensare a cose un po' ambigue.
"Saranno gli effetti collaterali dell'incantesimo" pensò, anche se non troppo convinto.
Continuò ad arrovellarsi il cervello per quasi tutta la notte, riuscendo a chiudere occhio solo per qualche ora.
L'indomani avrebbe affrontato Merlino sulla questione, si disse, anche se al solo pensarci il cuore cominciava ad accelerare un po' troppo il suo battito.

Un raggio di sole trapelava dalle tende semitrasparenti, mentre il principe di Camelot, reduce da una notte tormentata, si premeva il guanciale sulla faccia, in un estremo tentativo di guadagnare qualche minuto in più di sonno. 
"In piedi fiorellino!" annunciò allegramente Merlino, non curandosi minimamente di moderare il tono della voce, sempre di un'ottava troppo alto per le orecchie di Artù.
In risposta al corvino, il principe ereditario emise dei versi poco identificabili e si rigirò sul fianco, sperando che il servitore capisse il messaggio e lo lasciasse stare.
Merlino, che era ben poco disposto ad arrendersi ed abituato alla pigrizia del suo padrone, non si fece problemi a prendere la rincorsa ed a buttarsi graziosamente sul biondo, facendolo precipitare dal letto. Tale incresciosa scena fu accompagnata dalla soave esclamazione di Artù - fine quanto un carpentiere ubriaco - che descrisse i vari modi in cui avrebbe posto volentieri fine all'esistenza del corvino.
"Che problemi ti affliggono, si può sapere?" sbraitò non appena poté togliersi di dosso il suo scriteriato servo e rialzarsi in piedi.
Merlino pensò che gli erano mancati quegli innocenti battibecchi, e che in fondo era felice che tutto fosse tornato alla normalità. 
"Molti, sire, credevo lo sapeste" rispose con ironia, trattenendo a stento un sorriso.
Il principe lo incenerì con lo sguardo, era veramente scandalizzato per ciò che aveva osato fare, ma con quella stupida espressione da ebete e quegli occhi dolci, Merlino riuscì a fargli scordare tutti gli omicidi che aveva progettato negli ultimi due minuti nei suoi confronti, facendolo scoppiare a sua volta in una risata fragorosa.
"Io ti odio, lo sai?" disse sogghigando.
"Nahh, io non credo".
"Merlino"
"Sire?"
"Possiamo parlare?"
Gli occhi di Artù lasciavano intuire che l'argomento della conversazione non sarebbe stato la pulizia delle stalle o cose di quel genere, bensì qualcosa di decisamente più importante. Il giovane mago, prevedendo già dove sarebbe andato a parare, si sedette lentamente sul bordo del letto, facendogli cenno di andare avanti.
"Riguardo l'altro giorno, ciò che hai fatto... grazie" disse il principe con malcelato imbarazzo.
"Figuratevi, avreste fatto lo stesso".
Merlino si rese improvvisamente conto della gigantesca gaffe che aveva fatto, e si affrettò a rimediare.
"Cioè non intendevo il bacio, sire, io... voi mi avreste aiutato a guarire se fossi stato vittima di un sortilegio ma ovviamente non mi stavo in alcun modo riferendo a-"
"Merlino, calmati per l'amor di Dio. Va tutto bene, non sono arrabbiato. Dopo tutto mi hai guarito, no?"
Il principe decise di togliersi il peso e fare la domanda che più di tutte temeva: "tu... non mi hai baciato perché sei il mio migliore amico, vero?"
"S-sire... io..."
"Dimmi la verità e basta"
"D'accordo. Per rompere il sortilegio serviva il bacio del vero amore e i-io... credevo fosse Gwen, così le ho detto di baciarvi, ma non ha funzionato"
"Aspetta un attimo, da quante persone sono stato baciato??"
"Solamente due, sire" rispose il corvino sorridendo leggermente, rompendo in parte la tensione che si era andata a creare nella stanza.
"Q-quindi, se tu sei riuscito a svegliarmi, questo vuol dire che..."
"Potrebbe voler dire molte cose, io... lasciate perdere Artù, davvero, se volete dimenticare tutta questa storia a me va bene, di certo non vi chiederei mai nulla in quel senso, so bene come funzionano le cose qui a corte e non voglio certo darvi dei problemi, inoltre voi siete l'erede al trono ed io-"
"Merlino vuoi tacere una buona volta? Ti giuro, certe volte sei insopportabile!" 
A queste parole Merlino tacque, sicuro di aver rovinato tutto e che Artù lo avrebbe licenziato.
Sorprendentemente, vide il principe ereditiero avvicinarsi lentamente a lui e, cosa mai accaduta in precedenza, cingerlo lentamente con le braccia.
"Grazie per quello che hai fatto per me" gli sussurrò il biondo all'orecchio.
Dopo qualche minuto di silenzio, i due si staccarono. 
Gli occhi di Artù erano fissi su quelli del corvino, come se cercassero di decifrarne i pensieri.
Da parte sua, Merlino si sentiva decisamente accaldato e sentiva la testa girare, perciò si stava limitando a fissarlo di rimando, senza osare proferire parola.
Il principe non era certo di ciò che avrebbe voluto dire, ma sapeva di dover dire qualcosa, quindi cercò di mettere insieme qualche frase di senso compiuto, o che almeno lo avesse nella sua testa.
"Merlino io... non so cosa provo per te. Cioè, non credo di averci mai pensato a fondo prima. T-ti voglio bene, anche se non sai quanto mi costi ammetterlo, ma... ora ho capito di sentire qualcosa di più. E so che questo rende le cose molto più difficili, ma non posso che essere sincero con te, te lo devo. T-tu... voglio dire... provi qualcosa anche tu... per me?"
Il biondo si maledì mentalmente per tutto quel discorso sconclusionato che aveva fatto, non era da lui. Inoltre adesso era completamente in balia del corvino e questa sensazione di sottomissione non gli piaceva per niente, lo faceva sentire debole, quasi malato. Lo stomaco gli si stava attorcigliando terribilmente. Che stupido era stato, in fondo non poteva nemmeno essere sicuro dei sentimenti di Merlino, che, per quanto ne sapeva, poteva anche non provare nulla ed averlo baciato solo perché era l'unica soluzione per risvegliarlo.
Mentre pensava freneticamente, l'erede al trono vedeva il corvino riflettere sulla sua risposta, come se avesse paura di dire qualcosa di sbagliato e rovinare il momento, già abbastanza teso.
Senza volerlo, spostò lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra, non poteva farci niente, vi era inevitabilmente attratto.
"Artù, io..." -incominciò finalmente lo stregone- "ecco, ad essere sinceri vi ho sempre trovato attr-... v-voglio dire di bell'aspetto e... io potrei provare qualcosa per voi, lo ammetto, ma so che non voglio essere illuso, non di nuovo. Più di una persona di cui mi ero imparato a fidare mi ha deluso e se per voi questo è solo uno sfizio da togliervi vi prego di non coinvolgermi fin da subito, preferisco essere ferito ora che in futuro" disse come sempre in un turbine di parole, di fronte ad un perplesso principe che non smetteva di fissarlo come se lo vedesse per la prima volta.
Merlino lo vide aggrottare la fronte e pensò che quando il principe si concentrava intensamente assumeva un'espressione che non lo lasciava affatto indifferente, era veramente uno spettacolo.
"Tu non sei uno sfizio per me. Credevo si fosse capito quando hai dovuto letteralmente baciarmi per rompere l'incantesimo. Dio, Merlino, fai due più due." Disse, prendendolo in giro con quell'espressione di scherno che i due usavano spesso quando si stuzziacavano a vicenda.
Il corvino accennò un sorriso, rallentando un po' il respiro, che negli ultimi minuti gli si era accelerato parecchio.
"Quindi che facciamo ora?" 
"Baciami"
"Sire?"
"Hai capito benissimo" gli rispose, ammiccando spudoratamente nella sua direzione.
Il povero Merlino pensò che se il cuore umano poteva vivere di vita propria allora quella era la volta buona in cui il suo gli sarebbe uscito definitivamente dal petto, trasferendosi in qualche altro reame lontano.
Si avvicinò lentamente al suo principe, circondandogli i fianchi delicatamente, mentre quest'ultimo gli allacciava le braccia al collo, nel suo sguardo l'evidente pregustazione delle sensazioni che avrebbe provato di lì a poco. Merlino unì presto le loro labbra, assaporando nuovamente quelle morbide e carnose del biondo, che non perse tempo e si dedicò subito ad approfondire quel casto bacio, esplorando ogni minimo particolare della bocca dell'altro con meticolosa accuratezza. Le loro lingue stavano combattendo per avere il predominio, in una dolce danza che sembrava non avere fine. Dopo alcuni minuti, purtroppo, furono costretti a staccarsi per mancanza di ossigeno.
Artù era sconvolto, mai si era sentito così in vita sua, o meglio nessuno aveva mai avuto il potere di avere un tale effetto che avvertiva fin nel profondo della sua anima. 
Merlino, praticamente in estasi, si beava ancora della visione del ragazzo davanti a lui, che considerava dannatamente vicino alla perfezione, ora che ci pensava bene. 
"Artù?" Chiese esitante.
"Sì?"
"Cosa siamo ora?"
"Tu un idiota sicuramente".
Il mago alzò gli occhi al cielo, non potendo però evitare di sorridere.
"Dico sul serio" aggiunse.
"Siamo amici... che si vogliono più bene del solito?" Provò il biondo.
Merlino sembrò abbastanza soddisfatto di quella risposta, sapeva che non poteva aspettarsi di più al momento. Forse un giorno, quando Artù sarebbe salito al trono, le cose sarebbero cambiate.
Ancora sotto shock per gli eventi recentemente accaduti, sorrise all'altro al settimo cielo, ma l'incanto fu spezzato dal ricordo delle faccende che aveva ancora da sbrigare. Non volendo offendere in alcun modo Artù, pensò di dirgli qualcosa come "è stato bellissimo" e "ora devo proprio andare a fare il vostro letto", ma nella confusione del momento finì per farfugliare "è stato bellissimo andare a letto".
Rendendosi conto di ciò che aveva detto, il corvino arrossì terribilmente, facendo piegare il principe in quattro dalle risate.
"Non è divertente" protestò Merlino, ancora costernato.
"Scherzi? Mi stai facendo sentire male!" Disse lui contorcendosi ancora dal ridere. Se c'era una cosa che adorava nel suo stupido servitore - o forse ora avrebbe dovuto dire ragazzo? - era la sua incredibile propensione a fare figuracce, sia fisicamente che verbalmente, come era appena accaduto.
"È meglio che ti lasci alle tue cose" proferì, calcando sull'ultima parola.
"Ci vediamo dopo, va bene?"
"Sì, sire" rispose Merlino dolcemente.
I due si scambiarono un ultimo, fugace bacio, sigillando il loro impegno reciproco ad amarsi, da quel giorno fino alla fine dei tempi.

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