Rhythm Extremely Dangerous

di Ino_Nara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Raccolgo le ultime cose ed esco dall'università, mentre cammino il mio cellulare comincia a squillare.
“Ciao Gaelle, dimmi, hai bisogno di qualcosa?”
“No, no, ma mi sembra di disturbarti… È tutto ok?”
“Si, scusami, è che sono appena uscita dalla facoltà, mi fermo un secondo in un bar e ti richiamo, sai che non mi piace parlare per strada!”
“Ok cara, fai con comodo!”
Mi sistemo meglio la borsa sulla spalla e infilato il cellulare in una delle tasche del cappotto, mi dirigo verso un bar, che si affaccia al bordo della strada. Appena entro vengo investita da un caldo tepore e dall'odore di brioche appena sfornata; nonostante siano le sei di sera il bar è stracolmo di gente. Cerco con lo sguardo un tavolo libero, e appena lo trovo mi ci avvicino, appoggiando la borsa sul tavolino, tirando fuori un libro ed un quaderno che apro davanti a me. Prendo il telefono e richiamo Gaelle mentre comincio a dare una sistemata agli appunti che ho preso durante la mattinata. Nonostante la confusione che viene a crearsi all'interno del bar, trovo estremamente rilassante stare seduta qui, con la schiena attaccata al muro e la visuale aperta a ogni angolo del bar; da qui potrei controllare ogni persona che entra o che esce, ma mi viene più che naturale sconnettere il cervello e pensare solo alla mia amica.
“Ehi cara, eccomi! Ho trovato un bar, scusa ancora per prima.”
“Ma và, lascia perdere, è tutto a posto! Dimmi, piuttosto, sbaglio o oggi torni a casa prima del solito? Non dovresti essere in biblioteca a sistemare le ultime lezioni e studiare già per esami che dovrai dare tra più di tre mesi?”
“Non prendermi in giro, dai! Comunque si, ma oggi avevo bisogno di staccare un po' dalla solita routine, nulla di grave.”
E mentre finisco la frase un ragazzo mi si presenta davanti, chiedendomi se si può sedere al mio tavolo. Alzo lo sguardo e gli faccio un cenno con la testa, mentre avvicino le mie cose a me.
“E dimmi Blanche, perché questo bisogno di staccare dalla routine?”
“No, nulla di che Gaelle, davvero, credo solo di averne avuto bisogno…”
Prendo a picchiare la matita che tengo tra le mani sul bordo del tavolo; lo sconosciuto mi sta fissando, me ne accorgo nonostante io stia tenendo gli occhi fissi sui miei fogli.
“Sicura? Ti sento irrequieta...”
“Si, davvero. Ma tu, piuttosto, di cosa volevi parlarmi?”
“Sinceramente nulla, volevo solo sentire la tua voce, è così tanto che non ti ho fai un giro con noi altri! E pensare che io dovrei essere la tua migliore amica, non ci vediamo da una vita!”
“Insomma, non esagerare dai! Vedrò come fare, ma sono impegnata, lo sai!”
“Impegnata a studiare cara mia, come sempre!”
“Avevi detto che mi avresti supportata, nonostante la scelta di proseguire i miei studi, qualcosa non va ora?”
Mi stavo innervosendo, e di certo il ragazzo che ancora mi fissava sorridendo non aiutava per niente.
“No, non è cambiato assolutamente nulla Blanche, lo sai! Solo, adesso ti propongo questa cosa; domani è sabato giusto? E il sabato le facoltà sono chiuse, vero? Pertanto, domani sera esci con me! Andiamo al compleanno del fratello di Nick, ha detto che ha cercato di contattarti, ma come tuo solito non hai risposto alla sua chiamata. Qualsiasi sia la tua risposta cara, domani passo a prenderti! Ciao bella!”
Gaelle mi attacca il telefono in faccia, senza nemmeno attendere una mia risposta. Sbuffo e lascio cadere la matita sul tavolo, che dopo aver sistemato il cellulare in tasca vado a cercare con la mano, senza ancora distogliere lo sguardo dai miei appunti. Il ragazzo è ancora lì, e io sono riuscita a non affrontare mai il suo sguardo, se non per fargli cenno di sedersi; non so nemmeno che faccia abbia.
Avanzo con la mano a tentoni sul tavolo cominciando a spazientirmi, dove cavolo è andata a finire questa matita? Quando sto per decidermi a guardare sotto il tavolo la mia mano urta qualcosa, deve essere la mano del ragazzo. Ora non ho più nessuna scusa per tenere il capo chino, sono obbligata a guardarlo. Ma poi, cosa vuole questo, che si è seduto qui e non ha detto niente per più di cinque minuti, limitandosi a fissarmi?
Prendo un respiro e tiro su la testa, mi sta porgendo la matita, un sorriso stampato sul viso.
“Cercavi questa?”
Mi è impossibile evitare di arrossire.
“Si, grazie….”
Prendo la matita dalle sue mani e proprio mentre sto per riabbassarmi sui miei appunti mi costringe a tornare con l'attenzione su di lui.
“Piacere Matthieu.”
Vedo quindi che mi porge la mano e gliela afferro.
“Beh, Matthieu, grazie della compagnia ma devo proprio andare.”
Rinuncio al mio attimo di pace e sistemo rapidamente le mie cose, alzandomi dalla panca e raggiungendo l'uscita.
“Ci vediamo!”
“Che faccia tosta quel ragazzo!”
All'improvviso mi trovo faccia a faccia con Elise, una mia compagna.
“Non me ne parlare! Ma tu che ci fai da queste parti?”
“Speravo di trovarti a dire il vero, hai lasciato un quaderno in università e venivo per riportarlo, ma poi ti ho visto dentro quel bar seduta di fronte a quel bel ragazzo, ma non mi pare fosse una cosa voluta. Sembravi arrabbiata, è successo qualcosa?”
“Non ne ho la minima idea Eli, a dire la verità neanche lo conosco quel tipo!”
Elise scoppia a ridere per un momento, poi mi porge il mio quaderno.
“Comunque grazie mille, davvero. Ma come hai fatto a trovare il mio quaderno che non ti ho visto a nessuna lezione oggi? Pensavo fossi malata!”
“No, decisamente no, ero a fare questo.”
Orgogliosa si tocca i capelli; noto in quel momento che li ha drasticamente tagliati.
“Oddio, come ho fatto a non accorgermene?! Ma Elise, cosa hai combinato?!”
“La strega si era stufata di possederne tanti, ho tagliato i capelli e ho fatto un trattamento lisciante per dire addio a quell'orrendo pagliericcio. Che ne dici?”
Fa una piroetta su sé stessa, e i suoi capelli rossi, ora più leggeri e ordinati, ruotano con lei, mostrando ogni sfumatura di quel suo meraviglioso colore naturale.
“Sei una figa, nulla da dire in contrario… Ma mi dispiace come ogni volta, avessi i tuoi capelli non li toglierei mai al mondo!”
“Ma và stupida, sai che ci voleva! Ora devo andare, ma ci vediamo domani al compleanno del fratello di Nick, ok?”
“Certo…”
Mi chiedo perché tutti siano cosi entusiasti di andare a questa fantomatica festa di 'compleanno del fratello di Nick', che peraltro è un epiteto abbastanza lungo, lo avrà un nome, no? Se non altro andrò alla festa solo per saperlo e per scoprire come mai siamo invitati praticamente tutti, ma nessuno conosce il festeggiato.
Mi incammino verso casa, e quando finalmente arrivo mi piazzo sotto la doccia.
Mentre il getto di acqua bollente mi investe e scaccia via ogni mio pensiero, la pace interiore che si è venuta a formare nella mia testa viene brutalmente interrotta; il campanello e successivamente mamma che urla. Pochi attimi dopo mio fratello bussa alla porta del bagno.
“Blanche, muoviti, Nick è venuto a trovarti e mamma l'ha mandato in camera tua.”
Prima ancora che mio fratello abbia richiuso la porta esco dalla doccia, bagnando tutto il pavimento. Mi asciugo rapidamente il corpo, mettendomi in fretta e furia una tuta addosso e raccogliendo i capelli che ancora infradiciati, stanno snocciolando ovunque. Faccio per correre in camera e all'ultimo devio per la cucina.
“Mamma?”
“Dimmi cara, che c'è? Nick ti aspetta su in camera.”
“Appunto, domani sera esco, d'accordo? Non ti devo aiutare con Claire?”
“No tesoro, esci tranquilla, domani io e tuo padre rimaniamo qui con i tuoi fratelli.”
“Perfetto, grazie mamma!”
È prima ancora di finire la frase riprendo a correre su per le scale, direzione: camera mia.
Mi fermo un secondo davanti alla porta, prendo una boccata d'aria e cerco di sistemarmi meglio i capelli; afferro la maniglia ed entro.
Nick è sdraiato sul mio letto, mi sta aspettando ad occhi chiusi. Mi lascio cadere sulla sedia della mia scrivania, girandola poi fino all'estremità del letto.
“Salve, piccola Blanche.”
“Salve, usurpatore di materassi.”
“Credo le sia giunta voce, sua maestà, di essere invitata alla regale festa di diciottesimo compleanno del mio piccolo Sam. Non è richiesta sua conferma, in quanto il numero è già stato registrato tenendola in conto.”
“Smetti di fare il cretino Nick! Ma seriamente, il 'piccolo fratellino' che mi hai sempre tenuto nascosto fa davvero diciotto anni domani sera?”
“Proprio domani!”
“E allora tutta questa segretezza nei suoi confronti? Tu e Josh ormai siete migliori amici, e non ti rifiuti di stare un po' con me nemmeno quando devo badare a Claire.”
“Ma è tutta un'altra cosa, non hai idea di come sia Samuel!”
“E certamente, non me lo hai mai presentato e mai prima di oggi lo hai mai nominato in mia presenza! Comunque dimmi, come mai siamo tutti invitati a questo fantomatico compleanno?”
“È un diciottesimo, no?”
“Quindi baldoria con gente che nemmeno conosce?”
“Mi pare giusto!”
“E allora siete sbandati di famiglia, davvero, non solo tu! Comunque mi tocca venire, Gaelle passa a prendermi anche contro volontà!”
“E fa davvero bene! Allora ci vediamo domani.”
Detto questo si alza, si passa una mano tra i lunghi capelli e mi si avvicina, lasciandomi un leggero bacio a fior di labbra.
“Buonanotte piccola.”

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Capitolo 2
*** 2 ***


“Salve signora, sono venuta a prendere Blanche, vado di sopra!”
Eccola, il fatidico momento è arrivato, e Gaelle è comparsa così, senza preavviso, senza precisare nessun'orario. Sale su per le scale come un uragano, e capisco dal rumore assordante delle sue scarpe che sono vestita in modo del tutto inappropriato. Entra in camera senza nemmeno bussare e senza nemmeno salutarmi mi squadra da testa ai piedi.
“Blanche sei un disastro! Come ti sei conciata?!”
“Non è affatto colpa mia, non so nemmeno a che ora saresti venuta e non ho la minima idea di dove passeremo la serata, come avrei potuto vestirmi in modo adeguato?”
“Tralasciando il fatto che è un diciottesimo e ad un diciottesimo non ci si presenta così, ma a parte tutto, hai i capelli neri che più scuri non si può, ti vestirai interamente di nero?! E poi, sti occhioni verdi che ti ritrovi, valorizzarli un po' no eh? Adesso ti spogli e facciamo a modo mio!”
Mezz'ora dopo esco dalla mia camera con un tubino monospalla bianco, dei tacchi vertiginosi e i capelli piastrati sulla schiena.
“Mamma, io vado!”
“Buona serata ragazze!”
Afferro il cappotto e usciamo di casa.
“Gaelle, dove hai messo la macchina?”
“Macchina, quale macchina? Sono venuta qui volando Blanche!”
“Sei un disastro, come credi che possa guidare con questi altissimi tacchi?! E in più non so nemmeno dove dobbiamo andare!”
“Blanche, diciottesimo, i diciottesimi si festeggiano in discoteca! Vai al Black Mamba, Nick non ha affatto inventiva, sai che va sempre lì.”
Sbuffando prendo le chiavi e saliamo in macchina.
“A proposito, tu hai mai visto Samuel?”
“Ah, quindi il suo nome è Samuel? Sarei stata in grado di chiamarlo 'fratello di Nick' per tutta la sera, sempre se avessi capito chi sia.”
“Deduco quindi che tu non sappia come sia fatto. Mi chiedo perché Nick lo abbia sempre tenuto nascosto!”
“Se non lo sai tu Blanche, che esci con lui…”
“Gaelle sai che non esco con lui, piantala!”
“Eppure ieri credo sia venuto da te…”
“Come diamine lo sai?!”
“Sai come si chiama il fratello, ma conoscendoti non gli hai risposto al cellulare. Pertanto deve essere venuto da te, e conoscendo lui non se ne sarà andato senza baciarti.”
“Guarda, lascia stare proprio! Ieri è stato un disastro, tra Nick e quell'altro tizio al bar, Marco, Mark, qualcosa di simile…”
“Di cosa stai parlando? Oddio Blanche raccontami tutto subito!”
E mentre guido le racconto di quel raffinatissimo ragazzo che ieri, mentre eravamo al telefono non ha smesso un secondo di fissarmi. Parcheggio la macchina e faccio per scendere, quando la mano di Gaelle afferra la mia.
“Ma ragazza, dimmi un po', perché tutti i ragazzi più belli vengono dietro a te?”
“Ma chi?!”
“Insomma Blanche, tanto per cominciare Nick, dall'alto della sua similitudine con Tom Cruise davvero ti fa schifo? E poi comunque tutti i ragazzi provano una certa attrazione nei tuoi confronti! Quindi adesso bambola andiamo là sotto e divertiamoci!”
Apre la portiera e scende dalla macchina, aspettandomi prima di costringermi a correre giù per le scale che portano all'entrata del Black Mamba.
“Siamo in ritardo, come al solito, solo perché tu non hai la minima idea di come valorizzarli un po'!”
“Oh, io credo che sappia benissimo come fare invece!”
In quel momento esce Nick, che si avvicina a me lasciandomi un bacio sulla guancia e passandomi una mano sul fianco.
“Nulla da togliere a te Gaelle, ovviamente.”
Cerco di staccarmelo di dosso, ma Nick non accenna nemmeno un secondo a lasciarmi andare; entriamo quindi in discoteca attaccati come sanguisughe.
Devo ammettere che questa volta ha superato sé stesso con questa festa, e tutto per un fratello che non ha mai voluto fare vedere a nessuno.
“Ma dimmi un po' Nick, come mai nessuno conosce tuo fratello?”
“Come ho già detto a Blanche, è un tipo del tutto particolare, e non ha necessariamente una buona compagnia con cui girare…”
“Non è che in realtà hai paura che a Blanche possa piacere tuo fratello più di te?”
“No, non ho nessun problema di questo tipo, soprattutto so che Blanche preferisce i ragazzi più grandi.”
“Allora perché mai dovresti piacermi tu? Hai la mia stessa età, non sei affatto più grande.”
“Oh, ma smettila piccola!”
Lascia scivolare la mano sul mio fianco e mentre Gaelle mi guarda sorridendo io non vorrei fare altro che ucciderlo; non dovrebbe toccarmi nemmeno in privato, se lascia scivolare ancora un po' la mano davanti a tutti giuro che lo seppellisco. Il mio volto deve essersi rabbuiato perché vedo Gaelle avvicinarsi a me e tirarmi via, lontano da Nick.
“Ehi bello, noi andiamo a farci un giro e vedere di riconoscere tuo fratello tra la massa.”
Sgattaiola tra la gente tirandomi dietro e finiamo in mezzo alla pista da ballo. La musica è assordante ma piacevole, le luci non fanno altro che aumentare la mia voglia di ballare. La mia titubanza nei confronti delle discoteche scompare e disinibita comincio a ballare con Gae. Dobbiamo andare avanti per qualche ora, perché quando finalmente ci fermiamo e ci ritiriamo dalla pista non mi sento più le gambe. Andiamo verso al bar e ordiniamo da bere, il trambusto però deve superare ogni altro rumore, perché la mia vodka alla menta diventa incredibilmente alla pesca. Io odio la pesca. Mando giù un sorso senza nemmeno gustare il sapore dell'alcool, bevo giusto per bere, così come non era mai successo.
“Torniamo a ballare tesoro?”
“Gae non mi sento le gambe, ma se vuoi…”
Per fortuna, in mio aiuto arriva il tanto atteso momento, finalmente tutti scopriamo chi è questo famoso e tanto nascosto Samuel. Infatti si sta portando al centro del palco, proprio sopra la console che ordina di spegnere per un attimo; senza una sola parola accennata o un minimo ringraziamento apre una bottiglia di champagne e ovunque vengono distribuiti bicchieri. Io e Gaelle nemmeno ci accorgiamo di avere il bicchiere stracolmo quando ce lo portiamo istintivamente alle labbra, svuotandolo in un solo sorso.
Torniamo a ballare, ma poco dopo ricompare il mio Tom Cruise dei poveri.
“Eccovi! Non vi trovavo più da nessuna parte! Balliamo piccola?”
“Io veramente… Stavo andando a prendere da bere, rimani qui con Gae, torno subito, d'accordo?”
Nick annuisce e io riesco di nuovo a scappare dalla sue grinfie. Nick mi piace, è un bel ragazzo e soprattutto un bravo ragazzo, ma la nostra relazione è estremamente complicata, sicuramente standomi sempre attaccato non aiuta. Sospiro sonoramente e vado a sedermi al bancone, ordinando da bere; questa volta vado sul sicuro, spero non sbaglieranno a preparare un mojito. Mentre bevo a piccoli sorsi mi sento osservata e mi giro, convinta di trovare poco lontano lo sguardo attento di Nick, che però non compare. Mi guardo attorno, ma non noto nessuno che guardi me, fortunatamente. Fino a quando scorgo due occhi azzurri posarsi su di me. Due occhi azzurri che stranamente mi risultano familiari. Uno sguardo intenso, quasi come quello di Nick, eppure molto diverso. All'improvviso lo vedo e arrossisco, butto giù tutto il mojito sperando che quella sensazione di ansia sparisca, danneggiata dell'alcool. Eppure quel disagio non sparisce, anzi cresce man mano che lo vedo avvicinarsi attraverso la folla. Mi alzo dallo sgabello e corro in mezzo alla pista, ballando da un angolo all'altro, passando tra le persone che si muovono attaccate le une alle altre. Finalmente raggiungo Gaelle.
“Nick, devo parlare un secondo a Gaelle.”
La prendo per mano e la tiro un attimo in disparte.
“Gae, c'è Matthieu!”
“Chi?”
“Il ragazzo che ieri al bar si è seduto di fronte a me! È qui!”
“Ne sei sicura?!”
“Ti dico che è qui è mi ha visto!”
“Stai calma cazzo! Vieni al bar e fammelo vedere!”
Senza rivolgere una sola parola a Nick, che rimane solo in mezzo alla pista, mi prende per mano e mi tira via verso il bar. Ordiniamo di nuovo da bere e mentre fingo di assaporare il mio drink lo vedo nuovamente e lo indico a Gaelle.
“Oddio, ma Blanche, è meraviglioso!”
Da questa posizione anche io ora posso vederlo meglio, forse addirittura più di ieri pomeriggio. È alto, più alto di me nonostante i tacchi, e ben proporzionato. A dirla tutta pare anche parecchio fisicato sotto la maglietta nera attillata. La barba gli marca la mascella più di quanto non fosse già pronunciata di natura e gli occhi azzurri gli conferiscono uno sguardo profondo, molto profondo. I capelli sono arrangiati con del gel o della cera, perché sono perfettamente sistemati: il ciuffo più lungo, tinto leggermente di biondo, trova il posto perfetto tra i capelli castani del ragazzo.
Ad un tratto mi vede e il mojito quasi mi va di traverso: mi sta sorridendo e sta venendo verso di me.
“Blanche, ha un sorriso stupendo, per non parlare di quelle possenti braccia ricoperte di tatuaggi. Non puoi tirarti indietro! E poi dai, neanche ti avesse letto nel pensiero, indossa una camicia a quadri rossa, la tua preferita, e devo ammettere che gli sta anche piuttosto bene! Cara, se non gli salti addosso tu, mi vedo costretta a farlo io al posto tuo, un manzo del genere non si lascia vagare cosi indisturbato!”
“Gaelle, sembri una malata! Michael dove lo metti? All'occorrenza ti dimentichi sempre di avere un ragazzo, non è che ieri sera ti ha lasciato sola?”
“È proprio cosi invece, cara! Allora, ti muovi o no? Anche perché ormai è arrivato!”
Mi tira per il vestito e mi costringe ad alzarmi.
“Gae, se non mi vedi tornare all'uscita prendi tu il mio cappotto, e soprattutto non dire nulla a Nick!”
Mi alzo dallo sgabello e in fretta mi infilo tra la gente che balla frenetica.
Matthieu mi sorride sempre di più, deve credere che io mi sia incamminata per raggiungerlo. Sono così vicina quando finalmente riesco a uscire dalla folla, e correndo raggiungo la porta del locale. Percorro gli scalini due a due, correndo nel parcheggio. Sento la porta sbattere dietro di me e mi volto indietro un solo secondo. Mi sta seguendo.
“Aspetta!”
Arrivo fino alla macchina e salgo al volante, mettendo in moto. Non so dove andare, e non so nemmeno perché sto scappando.
Forse sono troppo fifona per tutto questo, o forse voglio vedere fino a che punto è disposto a spingersi. Decido di guidare fino all'università, il primo posto che mi è passato per la mente.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Guido rapida, attenta alla strada anche senza mai distogliere lo sguardo dallo specchietto retrovisore. Non l'ho visto salirci di persona, ma una moto mi sta seguendo da quando ho lasciato il parcheggio del Black Mamba.
Decido di accelerare per l'ultimo tratto di strada, per poi curvare nel parcheggio sotterraneo della facoltà; parcheggio la mia macchina vicino ad alcune altre che sono rimaste li per chissà quale motivo e spengo motore e luci.
Ecco, la moto raggiunge il parcheggio, e fermatasi poco lontano dalla mia macchina vedo il ragazzo scendere, togliendosi il casco. Si guarda intorno, e nonostante il parcheggio sia leggermente illuminato credo che da quella distanza non possa vedermi. Lo vedo sorridere ed effettivamente Gaelle ha ragione, è un sorriso davvero niente male!
Viene incontro alla mia macchina e a colpo sicuro afferra la maniglia e apre lo sportello, sedendosi di fianco a me al lato passeggero.
Deglutisco a fatica e mi sento avvampare.
“È stato divertente, devo ammetterlo, ma ora non puoi più scappare.”
“Pare sia così….”
“Non credi sia un tantino scortese non presentarsi nemmeno? È una questione di principio.”
“Hai intrapreso un inseguimento stradale per una questione di principio?”
“Non esattamente, ma prima di passare alle domande prova almeno a fornirmi un nome.”
“Un nome qualunque?”
“Preferirei il tuo, ma poi vedi un po' tu, vedrò di adeguarmi, ma volente o nolente prima o poi saprò come ti chiami.”
Mi viene da sorridere, questo ragazzo ha tenacia da vendere, ma mi viene istintivo alzare gli occhi al cielo e sbuffare leggermente, per poi riprendere aria.
“Blanche, mi chiamo Blanche. Purtroppo non ho abbastanza inventiva per inventarmi una nuova identità.”
“E lo trovi un dispiacere?”
“Dovrei dispiacermi?”
“Non so, vedi un po' tu… A mia discolpa posso dire che ho avuto una buona ragione, ma forse sedermi di fronte a te in un bar e inseguirti in moto la sera dopo è stato un tantino avventato...”
“Forse un pochino, già!”
“Credi che quindi dovrei andarmene?”
Allunga la mano verso lo sportello e fa per uscire, quando non so per quale motivo, istintivamente lo fermo.
“Aspetta!”
“Si?”
Si gira verso di me e mi guarda sorridendo; blocca quelle pozze azzurre sul mio volto e ancora una volta arrossisco. È un vizio che devo perdere.
Abbasso gli occhi e non parlo, scacciando ogni pensiero dalla testa, cosa diavolo mi è saltato in mente?!
POV'S MATT
La osservo mentre sembra combattuta sul da farsi, non sostiene il mio sguardo. I lunghi capelli neri le ricadono dalle spalle, spezzando quella sorta di perfezione che il vestito bianco crea sul suo corpo. Perché diavolo ho inseguito fin qui questa ragazza?
Continua a tacere, allora ancora una volta faccio per uscire dalla macchina.
“Non volevo rovinarti la serata, Blanche. Penso che tu possa tornare alla festa, buonanotte bella.”
Scendo dall'auto e lascio cadere sul sedile un foglietto, di cui non credo si sia accorta. Rimane immobile mentre chiudo lo sportello e una volta raggiunta la mia moto la vedo ancora ferma, immobile con le mani sul volante. Mi metto il casco e faccio partire il motore, sgaso un po' e parto senza nemmeno pensare a dove andare; ho bisogno di aria. Pochi minuti dopo mi ritrovo davanti ad un parco, fermo la moto, scendo e mi metto a camminare tra gli alberi. Questo autunno è più freddo degli ultimi, decisamente.
Penso a cosa dire ai miei amici, Samuel non sarà contento del fatto che io abbia abbandonato la sua festa senza nemmeno avvisare, ma credo che spiegata la motivazione capiranno; tutto sommato sono stati i miei amici ieri a spingermi ad andare da lei.
Cerco nelle tasche dei pantaloni: chiavi, telefono ed eccolo, finalmente l'accendino. Prendo una sigaretta e la accendo, ispirando profondamente.
“Fumare fa male, lo sai?”
Ancora non è una voce che sono abituato a sentire, ma mi suona in qualche modo già familiare. Con una calma snervante mi volto verso dove proviene la voce.
“Ti stai preoccupando, piccola?”
Mi avvicino a lei, più di quanto non abbia mai fatto con una sconosciuta e apro la bocca, lasciando che tutto il fumo le finisca addosso.
“Mi hai seguito fin qui? Questo gioco si sta facendo sempre più interessante, dimmi, vuoi sfidarmi ad una corsa clandestina?”
“No, affatto, in moto vinceresti sicuramente tu e io non amo perdere.”
“Quindi, che ci fai qui?”
“Ho pensato che si vive una volta sola, e che conoscendomi non uscirò ancora di casa tanto presto, quindi…”
Mi si avvicina e mi guarda negli occhi; mi osserva, mi studia e io sono attento ai suoi movimenti. D'un tratto si alza sulle punte e tenendosi alle mie spalle si sporge per baciarmi. Rimango immobile, sorpreso da una tale reazione e quando finalmente i neuroni connettono, faccio per sorridere e ricambiare, ma lei si stacca e si allontana in fretta.
“Buonanotte Matt!”
La seguo, ma faccio appena in tempo a vederla salire in macchina e andarsene. Scuoto la testa e sorrido; sto per portarmi una mano alle labbra, quando mi ricordo che non sono una ragazzina, e non dovrei avere certi comportamenti.
Faccio un tiro alla sigaretta, ma non ha più lo stesso sapore, mojito e non viene dalle mie labbra; la getto a terra e la spengo, mi incammino verso la moto e ritorno al Black Mamba.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Suonano alla porta, e Claire comincia a piangere.
Questa volta giuro che se è Nick lo uccido, ci ho messo ore per fare addormentare quella peste.
“Josh, vai ad aprire per favore!”
“Non sei la mamma, vacci tu, sto giocando!”
“Josh, vai subito ad aprire quella porta o giuro che non ti faccio mangiare!”
“Ma non-
“JOSH!”
Dalla cucina lo sento sbuffare ed aprire la porta, in un attimo si zittisce e capisco che per fortuna non è entrato Nicholas.
“Ehi bel ragazzino, dove l'hai nascosta questa volta quel disastro?”
“Il disastro è qui!”
Esco dalla cucina asciugamani le mani e sorrido a Gaelle, mentre Claire ancora piange.
“Gae, io ti ammazzo, ero riuscita a farla dormire!”
Corro su per le scale, raggiungendo la camera dei miei genitori; la piccola peste  non ha intenzione di smettere di piangere, neanche un secondo. Rassegnata la prendo in braccio e torno di sotto.
“Che trambusto tesoro!”
“È domenica, sai che la domenica va così, almeno finché i miei non tornano.”
“Io so che la domenica è consuetudine andare a fare un giro in centro, veramente.”
“Era consuetudine un anno fa, quando ancora di Claire esisteva una minuscola parte e io non dovevo badare a lei.”
“Ma i tuoi rientrano nel pomeriggio, no?”
“Si, poco dopo pranzo.”
“Allora vorrà dire che aspetterò qui.”
“Ti sei appena auto invitata a rimanere a mangiare?”
“Certo.”
“E la cosa non ti crea problemi?”
“No.”
Gaelle rimane seria, fino a quando non inclino la testa guardandola male, allora scoppia a ridere.
“Dai scema, ti ho riportato il tuo cappotto, ieri sera sei sparita!”
“Poi ti racconterò.”
“Vorrei anche vedere, sono qui specialmente per questo!”
Mentre parliamo sento provenire dalla cucina un forte odore di bruciato.
Dannazione!
Porgo Claire a Gaelle e corro nella stanza accanto. Tutto bruciato, andato, perduto!
“Non so quanto tu sia felice di rimanere qui, il nostro pranzo è appena andato a puttane!”
Sono agitata da ieri sera, la testa mi rimbomba e poco mi importa che mio fratello possa avermi sentito.
Gaelle appare all' entrata della stanza, e mentre si lascia mangiare un dito dalla piccola, mi guarda con aria saccente.
“Prepara dei toast. Elise dice che sei così brava a prepararne in facoltà!”
“Ma perché mai Elise ti racconta certe cose?!”
“Forse perché giovedì scorso hai cucinato tu e hai fatto concorrenza alla mensa? Forse perché tutti i ragazzi che Elise definisce da favola erano tutti attratti dai tuoi toast? Chissà poi se erano lì solo per i toast…”
“Gaelle, piantala!”
“Non ho il vaso, mi dispiace. E poi dici così solo perché hai passato la serata con mister braccia sexy, altrimenti sono sicura che ne saresti contenta. A proposito, il pseudo Tom Cruise era decisamente preoccupato quando non ti ha più trovato, devo avergli detto che avevi avuto un imprevisto o qualcosa del genere, non ne sono neanche troppo sicura.”
“Devo dire che presti veramente molta attenzione a quello che fai! Senti, per cortesia, porta Claire di sopra e cerca di farla addormentare, vedo che te la cavi niente male!”
Gaelle scompare dalla mia vista facendo versetti a mia sorella e io cerco l'occorrente per preparare dei toast.
Quando torna giù sta sbadigliando e sembra di sicuro più addormentata lei di quanto credo che sia la piccola.
“JOSH! Vieni qui, è pronto!”
Ci raccogliamo tutti a tavola, e mentre Gaelle mastica, con la sua solita grazia mi tira un calcio da sotto il tavolo.
“Allora, con mister tatuaggi?”
“Zitta!”
Le indico con lo sguardo mio fratello; non credo sia il caso riferire quanto accaduto davanti alla piccola spia di Nick. Gaelle annuisce con la testa addentando un altro toast.
“Dimmi piccolo Josh, a che stavi giocando prima?”
“Stavo vincendo il campionato a F1, adesso devo tornarci!”
Finisce di masticare il suo toast e si alza.
“Erano buoni Blanche!”
Se ne va correndo in salotto, senza nemmeno lavarsi le mani.
“Ora che la piccola peste è andata, raccontami tutto!”
“L'ho baciato…”
“E te ne esci così?! Raccontami tutto, per filo e per segno.”
Le racconto quello che è successo ieri sera, e che l'ho baciato perché provavo uno strano senso di attrazione e di sicuro, per non rivederlo mai più in vita mia, sarebbe andato bene lo stesso e questo mio gesto non avrebbe avuto ripercussioni sulla mia vita.
“Il punto sta tutto nel non far sapere nulla a Nick.”
“Ti stai preoccupando per Nicholas, Blanche? Allora ammetti che è il tuo ragazzo!”
“Dannazione, Gaelle, aiutami a sistemare qui e vieni in camera mia, ti spiegherò tutto.”
Lavo i piatti mentre Gae sistema tutto in fretta a furia, per poi salire in camera mia correndo su per le scale.
“Blanche, muoviti!”
“Arrivo, ma stai calma, dannazione!”
Salgo le scale lentamente, sentendo l'ansia aumentare piano piano: non ho mai parlato a nessuno di me e Nick. Entro in camera e chiudo la porta a chiave, afferro il cellulare e mando un messaggio a mia mamma ‘sono in camera con Gae, Claire sta dormendo e Josh gioca alla play.’ Mi lascio cadere all'indietro sul letto, mentre Gaelle si avvicina con la sedia.
“Parla, sono tutta orecchie.”
“Non interrompermi, per me è già abbastanza difficile così.”
“Promesso, inizia pure.”
“Io e Nick ci conosciamo da anni, come immagino saprai. Al liceo ero follemente, e sottolineo follemente, innamorata di lui. Per anni mi aveva trattata come un'amica, e d'un tratto, in seconda, smise di parlarmi. Credo fosse successo qualcosa con il fratello, ma ancora oggi non ne so di più. Fatto sta che poi ebbe un periodo di assenza a scuola. Quando tornò era fidanzato con una ragazza che credo nessuno abbia mai visto: ci aveva detto che era più grande, e lo si poteva notare dai comportamenti che cominciava ad avere. Era sempre stato umile, ma questa nuova relazione gli aveva dato alla testa; non mancava minuto che non si vantasse di qualcosa, era cambiato. Così cambiato che piano piano smise di piacermi, ma rimanemmo comunque buoni amici. Poi mancò nuovamente a scuola, questa volta per molto più tempo; nessuno ebbe sue notizie per due mesi, e ancora per tutte le vacanze estive. L'anno dopo, quando tornammo a scuola eravamo entrambi persone diverse. Io mi ero finalmente sbarazzata del mio aspetto adolescenziale, o almeno è quello che spero tutt'oggi, lui era diventato definitivamente uno di quei ragazzi che sono belli e sanno di esserlo. Se la tirava da mattina a sera, cominciava a frequentare pub e discoteche; ogni ragazza a scuola stravedeva per lui. Accecato da questa sua nuova fama smise di rivolgermi la parola. Quando però le ragazze cominciarono a pretendere di più e ogni ragazzo ormai frequentava i suoi stessi luoghi, si ricordò della mia esistenza e mi guardò con occhi diversi. Da allora ci prova con me, senza successo. Almeno fino all'università. Ha cominciato ad essere molto più insistente, a venire sotto casa, e mia madre la conosci, lo ha sempre fatto entrare. Lui è convinto che ci stiamo frequentando, e io in un qualche modo sono legata a lui. È ovvio che mi piaccia, altrimenti non mi lascerei nemmeno avvicinare, ma lo trovo difficilmente sopportabile quando fa il possessivo e il geloso. Non sono di sua proprietà. Sinceramente non so nemmeno io cosa siamo.”
Prendo fiato e sbuffo, sistemandomi meglio sul cuscino.
“E questo Matthieu?”
“Ti ho detto, l'ho baciato perché non avevo nulla da perdere. Non è un atteggiamento che sono solita tenere ma insomma, lo hai detto anche tu che era così bello! Aveva tenacia da vendere, mi ha colpito e avevo bevuto qualche sorso di troppo.”
“Non te ne faccio una colpa Blanche, fossi stata io gli sarei saltata addosso subito. Intendevo solo farti notare che se Nicholas fosse qualcosa per te ti saresti sentita infastidita dalla presenza di quel ragazzo, non attratta.”
“È un modo carino per dire che sono una brutta persona?”
“Quanto sei stupida! Mamma mia! Se tutti questi ragazzi ti conoscessero come ti conosco io sono sicura che fuggirebbero a gambe levate.”
“Ti voglio bene Gaelle!”
“Anche io, ma cosa credi?”
“Per fortuna…”

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Capitolo 5
*** 5 ***


“Sicura di aver preso tutto tesoro?”
“Si mamma, ho le solite cose, cambiano solo i libri ormai, lo sai. E poi starò via solo due giorni, come al solito, è solo un parziale, dai.”
“Nel caso ci fossero problemi...”
“Mamma non ci saranno problemi, vado lì per studiare! Tu piuttosto, se hai bisogno non esitare a chiamarmi.”
Mi spingo verso di lei e le bacio la guancia.
“Ti voglio bene mamma!”
Esco di casa lasciando sbattere la porta, anche questa è fatta. Ora devo solo riuscire a prendere l'autobus in orario e arrivare in università prima che Michael si stanchi di aspettarmi.
Come per ogni esame o parziale vado a stare per due o tre giorni al collegio vicino alla facoltà: è un collegio maschile, ma durante il periodo di esami è aperto a tutti e sono solita andare a studiare, tenendomi lontani fratelli da badare o problemi in casa, specialmente per evitare inaspettate visite di Nick o Gae.
Sono in autobus quando il cellulare prende a vibrarmi in tasca, guardo l'ora, ma sono perfettamente in orario.
“Dimmi Michael, arrivo, ma non è tardi.”
“No Blanche, affatto, è che ho un altro impegno, in effetti… Ti lascio le chiavi all'entrata, la stanza è la tua solita. Potrai perdonarmi?”
“Ma certo Michael! Che problema! Grazie di avermi avvisato…”
“Allora ci vediamo in giro bellezza.”
Chiude la chiamata e sorrido, probabilmente il ‘bellezza’ di Michael mi fa stare bene, al contrario di quelli degli altri, almeno so che il suo è sincero e senza doppi fini.
Finalmente l'autobus si ferma e posso scendere. Cammino sul bordo della strada respirando l'aria fredda di fine autunno. Arrivo al collegio e entro, provando immediatamente una sorta di pace interiore: niente bambini che urlano o piangono.
Salgo le scale trascinandosi dietro la valigia e arrivo davanti alla mia camera. Entro e fortunatamente la trovo esattamente come l'ho lasciata l'ultima volta, pulita e ordinata. Lascio la borsa vicino alla porta e mi tolgo le scarpe, mi dirigo verso il bagno, con l'intenzione di farmi una doccia. Entro nel box, regolo l'acqua sul bollente e mi lascio avvolgere da una carezza calda; mi sto finendo di lavare i capelli quando da fuori la stanza proviene un gran frastuono. Decido di lasciare perdere ed esco dalla doccia, rivolgendomi nell'accappatoio e raccogliendomi i capelli; il rumore continua, ma si allontana progressivamente.
Comincio a riguardare i miei appunti mentre con una mano continuo ad asciugarmi i capelli, si stanno arricciando e dovrei fare qualcosa prima che diventino irrecuperabilmente gonfi; mi alzo e vado a cercare nella borsa qualche prodotto per capelli, sperando di averne portato qualcuno… Improvvisamente il frastuono diventa insopportabile e sento cadere qualcosa al piano di sotto: qualcuno sta urlando. Senza preoccuparmi dei capelli bagnati e della tuta che indosso esco dalla mia stanza in fretta, precipitandomi giù per le scale, seguendo il rumore fino allo scantinato che viene usato per le feste studentesche. Quando arrivo vedo solo gente di schiena che si portando mani alla testa. Mi avvicino e sento imprecare, mi faccio largo tra le persone che si sono raggruppate lì davanti e vedo un ragazzo di spalle che urla davanti ad una batteria che deve essere caduta per le scale, al termine di queste un altro ragazzo si sta scusando.
“Porca puttana Michael!”
Stringo gli occhi e mi scosto i capelli dal viso, effettivamente quello è proprio Michael.
“Dannazione, se si è rotta giuro che me la paghi!”
Vedo gli occhi di Michael illuminarsi e sorridere.
“Ma Matthieu!”
Non è possibile, non ancora lui. Faccio per girarmi e tornare indietro, quando una mano mi afferra il polso.
“Ehi, scusa, puoi aiutarci?”
Mi giro lentamente, tenendo la testa bassa.
“Blanche?!”
Sembra stupito di vedermi qui, ma anche incerto sul mio nome. Mi passa una mano sotto il mento e mi solleva il volto, incastonando i suoi occhi blu nei miei.
“Si, Blanche. Allora, mi dai una mano?”
Senza rispondere gli indico la mano che mi sta ancora stringendo. Mi sembra di vederlo arrossire.
“Allora, scendi da Michael e aiutalo a tenere su la grancassa.”
Scendo le scale mi avvicino a Michael, sorridendogli; lui mi si avvicina e mi sussurra all'orecchio.
“Bellezza, non stavi studiando, vero?”
Solleviamo insieme la grancassa e ci guardiamo nuovamente.
“Avevo appena finito la doccia, speravo di potermi rilassare e invece eccomi qui. Cosa state combinando esattamente?”
“Stiamo combinando che se vi muovete invece di fare le chiacchere, io porto la mia batteria di sotto, anche perché poi dobbiamo portare giù anche il pianoforte Michael.”
Guardo il mio amico e vedo che fa per sbuffare, quando ancora Matthieu lo interrompe.
“E non sbuffare, sei stato tu a esigere un certo repertorio, ti ricordo.”
“Ovvio, per ballare con Blanche!”
Iniziamo a camminare, ma poi l'ultimo discorso si decide a fare il giro del cervello.
“Cosa scusa? Ma quando? Io non ballo!”
“Tesoro, questa sera abbiamo la festa, DEVI venire!”
“Ma io sono venuta qui per studiare, non per fare serata.”
“Michael, con le ragazze proprio non ci sai fare neanche volendo, preferirebbe studiare piuttosto che stare con te, guardala!”
“Credi di poter fare di meglio? Guarda che è più che complicato staccare Blanche dai suoi libri, dal suo letto o dal suo pigiama!”
“MICHAEL!”
Non mi degnano nemmeno di uno sguardo e continuano il loro discorso.
“Certo, qualcosa mi fa pensare di partire avvantaggiato.”
Appoggiamo finalmente la batteria sul palco e senza dire una parola me ne vado; sto salendo le scale quando sento Michael urlare.
“Ti passo a prendere per le nove, mangia qualcosa!”
 

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Capitolo 6
*** 6 ***


Sento bussare alla porta mentre sto ancora fissando i vestiti che Gaelle mi ha portato in fretta e furia. Le avevo mandato un messaggio per avvertirla di avere rivisto il suo mister braccia sexy, e lei è accorsa portandosi dietro quello che a detta sua non mi sarei mai portata dietro per studiare; è arrivata come un tornado e ha cominciato a stirarmi i capelli, arricciandomi infine le punte, tirando poi fuori dalla borsa una quantità indescrivibile di abiti e scarpe.
“Devo solo stare un po' con Michael, non servirà tutto questo.”
Avevo provato a giustificarmi, ma non ha voluto sentire ragioni.
Bussano più forte e conoscendo Michael tra poco comincerà ad urlare. Sbuffo e infilandomi una camicia leggera faccio per andare ad aprire; sempre meglio camicie semitrasparenti piuttosto che uscire direttamente in intimo.
Mi avvicino strisciando i piedi alla porta.
“Arrivo arrivo!”
Ruoto in fretta la chiave nella toppa e quando apro non è esattamente Michael quello che mi trovo davanti. Lo vedo arrossire e io abbasso lo sguardo, guardandomi i piedi.
“Io…ehm…Michael è gay…”
“Credo sia evidente quello…”
Non sa cosa dire e si morde il labbro; se Gaelle fosse qui gli salterebbe in braccio senza nemmeno pensarci.
“Ormai il danno è fatto, entra.”
Mi ritraggo dalla porta ed entro nell'appartamento lasciandomi la porta aperta alle spalle; torno davanti all'armadio e lo sento entrare, chiudendo forte la porta. Mentre cerco di scegliere qualche abito decente lo sento fare avanti e indietro, poi si ferma.
“Quindi studi…medicina?”
Sta toccando i miei appunti.
Mi alzo di scatto dal letto e lo raggiungo.
“Si… Potresti lasciare stare, per cortesia?”
“Non faccio nulla di male.”
Prendo fiato.
“Odio che si tocchino le mie cose, non riesco proprio a sopportarlo…”
Mi guarda e chiude gli occhi prima di sbuffare.
“Michael mi ha chiesto di salire perché doveva finire di prepararsi... Se non fosse gay credo che sareste una bellissima coppia, quanto credi che ti manchi, ancora?”
Arrossisco quando vedo che i suoi occhi si soffermano sul mio corpo.
“Ehm, non ho idea di cosa mettere, la mia amica non mi ha portato abiti facilmente portabili…”
“Fa vedere dai.”
Mi segue fino all'armadio e si ferma un secondo a fissarlo, poi deciso fa scattare il braccio in avanti; mi fermo un attimo a guardarlo e Gae ha ragione, quei tatuaggi sono davvero belli.
Mi porge un vestito che non avevo neppure visto, eppure è quello che tra tutti copre di più, nonostante lo spacco sulla gamba.
“Credo che il bianco ti stia bene… ti aspetto fuori dalla porta.”
Senza una parola di più mi lascia sola ed esce dall'appartamento. Mi provo l'abito e nonostante non mi senta affatto a mio agio con quello addosso prendo un paio di decolleté bianche ed esco di casa mettendole.
“Possiamo andare.”
Lo dico mentre ancora mi sto sistemando le scarpe.
“Wow.”
Non si sbilancia e appena sono pronta mi prende sotto braccio, camminando contrariamente a quanto penso, non verso lo scantinato, ma al secondo piano.
“Aspettalo qui, Michael non dovrebbe metterci troppo, io devo andare a cambiarmi, non suono conciato così.”
Si volta e se ne va e mi perdo a guardarlo lungo il corridoio; non capisco cosa non vada nel suo abbigliamento, mi pare così normale e adeguato per suonare: indossa la stessa camicia di jeans che aveva quando si è seduto di fronte a me in quel bar, ma non gli sta male.
Lo sto ancora fissando quando la porta mi si apre addosso.
“Ehi bellezza! Fissi l'orizzonte?”
Si chiude la porta dietro, prendendomi sotto braccio.
“Dai sul serio, che guardi?”
“Matthieu… se n'è andato dicendo che doveva cambiarsi, che non avrebbe suonato così, ma non aveva nulla che non andasse…”
“Lo hai mai visto suonare?”
“L'ho incontrato venerdì per la prima volta, non sapevo nemmeno che suonasse!”
“Ma allora non lo conosci!”
“No, certo che no!”
“E allora vedrai, sarà una sorpresa con il botto.”
~~~~~~~~~~
Nello scantinato tutto rimbomba e Michael, dopo aver fatto apprezzamenti sul mio abito bianco e sullo spacco in particolare, mi trascina da un lato all'altro della stanza, saltellando dall'una e l'altra persona che conosce.
Non riesco a stargli dietro, e presto lo abbandono, mettendomi a sedere al bar. Mi guardo attorno, e non vedo nessuno che io conosca, se non Elise in lontananza che balla attaccatissima ad un ragazzo; il nuovo taglio ha avuto successo. Per un secondo lo scantinato tace e spontaneamente mi alzo dallo sgabello; l'attimo dopo ogni ragazza è in visibilio. Strillano e si spintonano verso il palco. A quanto pare devono essere entrati per suonare, e stando a come reagiscono i maschi, non deve essere salita una sola ragazza sul palco.
“Signorina, la vedo agitata.”
Michael mi ricompare alle spalle, passandomi una mano lungo i fianchi.
“Non vedo nulla.”
“Niente di speciale, sono entrati i ragazzi.”
“E tutto questo strillare?”
“Oh, ne hanno tutto il diritto, se li vedessi!”
“Ma sono conosciuti?”
“Hanno un discreto successo nei locali per giovani, ma nulla di esagerato. Vieni a vedere come si concia Matthieu!”
Mi prende per mano e mi trascina tra la gente, fin sotto il palco.
“Buonasera a tutti! Pronti a muovervi un po'?!”
La voce di Matthieu viene chiaramente amplificata dal microfono e accolta da gridolini estasiati di alcune ragazze.
Sbuffo e Michael mi sorride.
“Guardalo una sola volta mentre suona e finirai per ricrederti, tranquilla.”
Scuoto la testa sorridendo, non credo che basterebbe così poco per farmi impazzire.
E invece, come preannunciato da Michael, lo guardo e mi ricredo. Indossa dei semplici pantaloni neri, strappati sulle ginocchia, una t-shirt nera attillata sopra la quale indossa una giacca a quadri rossa, come quella che portava sabato in discoteca; sopra, una giacca di pelle. Tra i capelli, che cominciano ad arricciarsi dal sudore, una bandana. È dannatamente sexy.
Mi fermo ad osservarlo, ammirando incantata l'intensità che mette nel suonare, senza mai distogliere l'attenzione da quello che sta facendo.
Michael interrompe i miei pensieri.
“Bene bellezza, vuoi sbavargli dietro ancora per molto o vieni a ballare con me?”
“Subito Mich, ma non stavo sbavando!”
“No?”
“No.”
Mi volto un attimo indietro prima di portare le mani sulle spalle di Michael, In quel momento Matthieu alza lo sguardo e incrocia il mio; sorride e accenna un occhiolino: tutte strillano estasiate e lui distoglie lo sguardo, riportando l'attenzione alla batteria.
Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa, per poi cominciare a ballare con il ragazzo di fronte a me.
“Allora, decisamente meglio questo che lo studio, no?”
“Ho accettato di venire solo perché tanto sarebbe stato impossibile studiare con questo baccano.”
“Hai anche ragione, ma ti stai pentendo?”
“Suonano bene.”
“Come? Non sento? Con tutto questo baccano! Scopano bene?”
“MICHAEL!”
“Adesso si che ti sento!”
Scoppia in una gran risata è poco dopo la musica si ferma.
“Adesso… abbiamo una richiesta…”
La voce di Matthieu pare affannata.
“Michael ha espressamente chiesto…questa canzone…”
Mich mi prende per un polso e mi tira avanti, più vicino possibile al palco, che io fisso, incatenata.
Vedo Matthieu alzarsi e passare dalla batteria al pianoforte, mentre tutti gli altri rimangono fermi ai loro strumenti.
“Per te, Michael.”
Matthieu inizia a suonare e dopo qualche nota riconosco la canzone, mi brillano gli occhi.
Michael mi stringe a sé e comincia a ballare lentamente.
“È la mia preferita, sai?”
“E davvero All of Me è nel loro repertorio?”
“L'ho fatta aggiungere.”
Sorride come un bambino, innocente, e il suo viso si illumina ancora di più quando Matthieu comincia a cantare.
Volteggiamo lentamente tra la gente, e quando, in coincidenza dell'inizio del ritornello, appoggio la testa alla spalla di Michael, lo sento allontanarsi bruscamente.
POV'S MATT
Suono senza nemmeno guardare i tasti del pianoforte, mi viene automatico cercare Michael nella folla. Ha voluto espressamente questa canzone, e credo stia ballando con Blanche.
Finalmente lo riesco a raggiungere con lo sguardo, non è troppo lontano.
Faccio cenno ai miei compagni, che attaccano.
Mi alzo dallo sgabello e mi sfilo velocemente la giacca; tolgo anche la fascia e mi passo una mano nei capelli per ravvivarli.
Salto giù dal palco mentre tutti sono impegnati a ballare, uno avvinghiato  all'altro: le poche che si accorgono del mio spostamento o magari del cambio di ritmo, hanno l'accortezza di stare zitte.
Cammino spedito fino a Michael e lo prendo per le spalle proprio mentre Blanche sta appoggiando la testa a lui.
Lo stacco da lei senza tanti complimenti e prendo il suo posto.
Sento gli occhi di Michael trafiggermi la schiena, mentre quelli di Blanche si agganciano ai miei. Finalmente posso guardarli meglio di quanto non abbia ancora avuto occasione di fare, sono più verdi e profondi del previsto. Cerco di distogliere lo sguardo per non rimanerne attratto e noto che è restia a stringermi; la porto più vicina a me e lentamente le passo le mani sui fianchi.
Deve ballare con me, non ho abbandonato lo spettacolo per rimanere con le mani in mano.
La stringo e la sento sussultare, si lascia andare di poco. Appoggia una mano sulla mia spalla e fa scivolare l'altra sul mio collo; si sofferma sulla barba per un attimo, per poi proseguire la sua avanzata e fermarsi, tirandomi verso di lei, puntando poco con le unghie nella carne: quando se ne accorge allenta la presa, mentre io stringo di più la mia.
Finalmente si lascia andare e appoggia la testa alla mia spalla. Si abbandona a me, lasciandosi trasportare e cullare dalla dolcezza della melodia che fa da sottofondo. Per me al momento siamo soli, e io non devo riprende un'esibizione. Rimaniamo immobili fino a quando un movimento più brusco dei precedenti le scosta i capelli. Ho libero accesso al suo collo e mi avvicino, sfiorandole la pelle con la punta del naso.
“Cocco…”
“Si…”
La sua voce è flebile, sembra stanca, o particolarmente attenta.
La canzone sta giungendo al termine e mio malgrado inizio a sentire irrequietezza nelle persone che ci stanno accanto. Lentamente mi stacco da lei, lasciandole un bacio sulla guancia e facendomi largo verso il palco. Quando lo raggiungo, tempo di rimettermi la giacca, guardo tra la gente e non trovo Blanche.
Sperando di non averla turbata mi chiedo dove sia finita.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Da quella sera, dopo essere scappata via senza dire una parola, non ho più visto né Michael né Matthieu; spero non se la siano presa troppo.
Continuo a prepararmi per il mio esame, indosso una semplice camicia e dei jeans neri. Mi spazzolo rapidamente i capelli e scendo al piano di sotto.
Sto per uscire quando di nuovo proviene un gran baccano dallo scantinato. Sorrido e poi sbuffo, guardo l'ora dal mio orologio e vedo che sono leggermente in anticipo. Corro verso lo scantinato e mi fermo davanti alla porta, che è rimasta aperta. Mi affaccio, sporgendo la testa verso l'interno. Matthieu è dentro, girato di schiena, intento a sistemare la sua batteria, credo.
Mentre sto per andarmene si volta indietro e mi guarda.
“Mi pareva di aver sentito un rumore…”
“Strano, perché mi pareva che tra i due, quello che fa più rumore in questo scantinato ogni volta, sia tu.”
“Vorrei tanto farti ricredere…”
Il mio cervello capta questa frase come un non so che di perverso e arrossisco senza volerlo.
“Scherzavo piccola. Dove vai a quest'ora, perché non sei a pranzo?”
“Sto andando all'esame, sai, ero qui per studiare, non per partecipare a feste clandestine.”
“Non era una festa clandestina!”
“Non è clandestino che il capo della band, suppongo, scenda dal palco per ballare con un ospite?”
Si passa una mano tra i capelli, grattandosi dietro la testa.
“Un piccolo strappo alla regola… comunque spero tu ti sia divertita.”
“Certo, grazie mille.”
“Ah, se avessi bisogno di me non esitare a chiamarmi, davvero…”
“Anche volendo non potrei farlo. Adesso ti saluto, ho un esame da dare.”
Mi ritiro indietro e cammino lungo il corridoio, poco dopo sento urlare forte in lontananza il mio nome; mi volto e Matthieu mi sta correndo dietro. Quando mi raggiunge mi porge un pezzo di carta strappato.
“Il mio numero. Buona fortuna.”
Si volta senza aggiungere una parola e torna al seminterrato, mentre io, scuotendo la testa, esco dal collegio e mi dirigo verso la facoltà.
~
Sto parlando da ormai tre quarti d'ora, e il prof mi sta rivolgendo la fatidica ultima domanda, quando il mio cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni, comincia a vibrare.
Fortunatamente lo sento solo io, ma subito provo un grande stata l'angoscia pensando di aver staccato internet. Chi mi sta cercando?
Rispondo esaustivamente anche se un po' frettolosamente alla domanda del professore, sperando mi lasci andare presto.
“Perfetto signorina, può andare, ci vediamo alla verbalizzazione.”
Accenno un sorriso e dopo aver salutato diligentemente esco dall'aula.
Afferro il cellulare e si realizza quello che temo.
“Vieni a casa al più presto, ho bisogno di te.”
Guardo di nuovo l'ora, nessun autobus dovrebbe passare adesso o nei prossimi minuti.
Corro comunque fuori dall'università, e finisco per andare a sbattere contro qualcuno. Inizio a sperare fortemente che sia Matthieu.
Mi alzo in fretta senza mai alzare lo sguardo, e due braccia mi prendono per i fianchi. È lui.
“Matthieu ho bisogno di aiuto! Dimmi che sei venuto qui in moto o in macchina, in qualsiasi modo.”
“Si, sono venuto in macchina, perché?”
“Portami a casa mia, in fretta, è urgente!”
Mi prende per mano e mi trascina verso la sua macchina, una Chevrolet Camaro nera. Gli spiego per filo e per segno dove deve andare, per poi concentrarmi solo ed esclusivamente sul mio cellulare. Scrivo a mia mamma.
“Tra poco arrivo.”
Blocco lo schermo è chiudo gli occhi, espirando forte. Il cellulare vibra ancora, ci butto un occhio.
Messaggio da mamma, “Vieni all'ospedale.”
“PORCA PUTTANA!”
“Che succede piccola?”
“Non lo so, vai all' ospedale, in fretta.”
Mi guarda serio per poi svoltare senza nemmeno mettere la freccia, spingendo più forte sull'acceleratore.
Poco dopo siamo di fronte all'ospedale. Afferro la maniglia e quando sto per aprire lo sportello Matthieu mi blocca con una mano sulla coscia.
“Io ti aspetto qua sotto per un po', nel caso avessi bisogno. Sai come trovarmi, in ogni caso.”
Gli sorrido debolmente per poi uscire sbattendo la portiera e correre dentro l'ospedale.
Finalmente trovo mia mamma.
“Mamma! Che cazzo sta succedendo?!”
“Tesoro, calmati, stai tranquilla.”
“Non sto tranquilla per niente, dimmi cos'è successo!”
“Nulla di troppo, grave, tranquilla. Josh è caduto dalle scale, si è rialzato subito, come al solito, ma poco dopo è scoppiato a piangere. Piangeva e non la smetteva, diceva che aveva male ovunque. Ho provato a vedere cosa avesse, ma appena l'ho toccato ha cominciato a piangere più forte, allora l'ho portato qui… ma dovremmo rimanere per un po', potresti prendere tu Claire?”
Mi accorgo solo ora che tiene mia sorella stretta in braccio.
“Certo, non c'è problema… Mi avete fatto preoccupare parecchio…”
“Tesoro… l'esame? E come hai fatto ad arrivare qui tanto in fretta?”
“Credo sia andato bene, si. Mi ha accompagnato un amico…si….”
“Questo amico sarebbe così gentile da riportarti a casa, dici?”
“Oh, si, mi aspetta giù…”
“Allora vai cara…”
Mi passa una mano tra i capelli sorridendomi e poi mi lascia prender Claire.
“Tienimi aggiornata ma'.”
“Non preoccuparti.”
Mi sistemo meglio la bambina tra le braccia e prendo il cellulare, cercando poi in tasca il biglietto con il numero di Matthieu. Lo chiamo, sperando che sia ancora nel parcheggio.
“Pronto?”
“Matthieu, sei ancora giù? Puoi riportarmi a casa?”
“Certo, sono qui fuori, ti aspetto.”
Scendo le scale mentre faccio versetti a Claire, che mi guarda attenta. Non ha ancora pianto ed è strano, di solito piange sempre quando è fuori casa.
Scendo nel parcheggio e cerco con lo sguardo la macchina di Matthieu, poco dopo sento suonare il clacson, è dietro di me.
Mi volto e gli sorrido, andando nella sua direzione, lo vedo guardarmi storto.
Salgo in macchina e lo guardo.
“Qualche problema?”
Non dice nulla, ma lo vedo soffermare l'attenzione su Claire.
“Oh, è mia sorella.”
Lo dico con il tono più tranquillo possibile.
Mi sembra impallidire leggermente, e mette in moto, senza dire una parola. Continuo a giochicchiare con la piccola, fin quando non interrompe lo strano silenzio che si è creato.
“Posso chiederti quanti anni hai?”
“Oddio, era questo il problema?” mi viene automatico ridere, “ho 20 anni…”
“Ah…”
“Rimane un problema?”
Mi acciglio leggermente, tornando a guardare Claire.
“Beh, io ne ho 26…”
“Oh…”
“Ma non è un grave problema, siamo sempre lì.”
“Gira a destra, siamo arrivati.”
Si ferma sotto casa mia e spegne il motore.
“Senti… vuoi salire?”
“Se non è di disturbo…”
“No, no, tranquillo, ci dovremmo essere solo noi.”
Ci avviciniamo alla porta e cerco le chiavi nella tasca dei pantaloni, difficilmente dato il peso di mia sorella.
“Ehi, vuoi una mano?”
“Non ti potrei chiedere di cercare nei miei pantaloni, quindi se volessi tenere mia sorella un attimo.”
Mi sorride e la prende, titubante, in braccio.
Finalmente riesco a trovare le chiavi e ad aprire la porta, invitando Matthieu ad entrare. Rimane fermo, in corridoio, tenendo ancora Claire in braccio.
“Ah, scusa, dammela pure.”
Prendo mia sorella, portandola nel box in salotto.
“Stai qui senza capricci, ok?”
Quando mi volto vedo Matthieu appoggiato allo stipite.
“Sei così materna… Posso chiedere che è successo di tanto grave?”
“Di grave spero nulla, mio fratello è caduto dalle scale, quando io sono arrivata lo stavano visitando. Spero sia tutto ok, di solito non è un tipo che piange per una caduta.”
“Hai pure un fratello?! Ma si, vedrai che starà bene…”
“Eh sì, se vuoi vederla così i miei genitori hanno aspettato che io diventassi grande prima di ridarci dentro ecco.”
“E, i tuoi sono rimasti in ospedale?”
“Mio padre è partito ieri per un convegno di lavoro, credo. Non sono molto informata, sono stata molto tempo a studiare in questo ultimo periodo.”
“Ah, già, il tuo esame?”
“Credo sia andato bene, grazie, e scusa per averti costretto a scarrozzarmi in giro, stavi facendo qualcosa di importante?”
“Avevo appena finito di caricare le ultime cose in bagagliaio, dovevo solo chiudere lo scantinato, poi sarei tornato a casa. Ma fa lo stesso, Michael mi sgriderà e farà l'offeso per un po', ma nulla di irreparabile, non mi parla da ormai due giorni.”
“Se vuoi quando questa sera passo a riprendere le mie cose posso andare a vedere quella maledetta porta. Ma aspetta, perché non dovrebbe parlarti?”
“Si è parecchio offeso alla festa…”
“E perché mai?”
“Perché... perché sono sceso dal palco anziché continuare a suonare io stesso la canzone che mi aveva chiesto.”
“Ma solo per questo?”
“E perché... sono venuto a ballare con te…”
“Oh, oddio, sono stata un problema?”
“Il problema non sei tu, affatto, è che lui... beh, credo che abbia una cotta per me, e va bene, lo accetto, ma lui non accetta il fatto che a me piacciano le ragazze, ecco tutto.”
“Ah, cavolo… Quindi adesso ce l'ha a morte con me, giusto?”
“Credo proprio di si.”
“Come faccio a riportargli le chiavi, dannazione?!”
“Posso sempre farlo io, avevi preparato già le tue cose, vero?”
“Si, sono in una borsa vicino alla porta…”
“Allora le vado a prendere, così posso vedere se ho chiuso quella maledetta porta!”
“Ma non peggiorerà la situazione con Michael?”
“Non mi importa, dai, dammi queste chiavi, ti manderò un messaggio prima di venire a riportarmi le tue cose, d'accordo?”
“E va bene.”
Gli porgo le chiavi e mi dirigo verso la porta; quando l'ho aperta mi sento afferrare per il polso. Mi giro e lo guardo per una frazione di secondo, prima che si avvicini rapidamente a me. Un attimo dopo le sue labbra sono sulle mie e le sue mani tra i miei capelli. Si stacca, ed esce dalla porta, per poi girarsi con un sorriso innocente stampato sulla bocca.
“Dovevo ricambiare. Ci vediamo dopo, piccola.”

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Capitolo 8
*** 8 ***


Rimango immobile davanti alla porta che mi ha chiuso in faccia.
Mi ha baciato.
Devo chiamare Gaelle, subito.
Afferro il cellulare dalla tasca dei pantaloni e corro su per le scale; compongo il numero e mentre faccio partire la chiamata mi ricordo di mia sorella nel box. Torno di sotto, sempre a passo svelto, la prendo in braccio e afferro un peluche per le orecchie, poi di nuovo su per le scale.
Gaelle finalmente risponde.
“Ehi ehi, bellezza, l'esame è andato? Questa sera si festeggia?”
“No! Cioè, si, ma no! Gae, mi ha baciata!”
“Piccoletta, frena, chi?”
“Ma come chi, Matthieu!”
“BRACCIA SEXY?!”
“Si, lui, ha appena lasciato casa mia.”
“MA ARRIVO SUBITO!”
“No, NO. Deve tornare a portarmi delle cose, no.”
“Blanche, mi nascondi qualcosa.”
“Ma smettila, sai che non è nulla…”
“Si si, non sarà niente, ma intanto raccontami come bacia.”
“Ma dai, ma cosa pensi? Mi ha baciata sulla porta per "ricambiare" il mio scorso bacio, è stato qualcosa di rapido.”
“Ma insomma, come bacia?”
“La barba, che Nick si può anche sognare, è decisamente sexy, compete con le braccia hahahah”
“Eccola la mia migliore amica! Sei fantastica, poi mi racconterai tutto, per filo e per segno. Lo esigo.”
“Certo, ora stacco, devo andare, ci sentiamo.”
“Bye!”
Chiudo la chiamata e dopo aver lanciato il cellulare in qualche parte non precisata del letto sollevo il faccino di Claire, che è stata tutto il tempo ferma sulla mia pancia.
“Ehi topo!”
Mi guarda e sbatte gli occhioni, Josh a un anno non era calmo come lei.
La prendo in braccio portandomela al volto, per riempirla di baci.
“Ah piccola, sei stata presa in braccio da uno dei più bei manzi mai visti!”
Finalmente sento sbattere la porta, mia mamma e mio fratello sono tornati.
Lascio Claire in camera e corro giù per le scale.
“Josh, dov'è il mio Josh?”
“Qui…”
Sbuffa, e sento mia mamma ridere dietro di lui, quando finalmente li raggiungo in corridoio: Josh è ingessato e si muove a fatica con le stampelle, non ha idea di come vadano usate.
“Piccolo tesoro, come stai?”
“Zitta Blanche…”
“Partitina alla play?”
Il suo viso si illumina e mi sorride felice; pochi minuti dopo siamo installati sul divano, ognuno con un joystick in mano.
Rapidamente arriva l'ora di cena, e nostra madre ci chiama.
“Josh, forse dobbiamo smettere e andare a mangiare…”
“Lo dici perché stai perdendo!”
“Credi di poter battere tua sorella ad un picchiaduro?”
Mi guarda e gli sorrido beffarda, un secondo dopo il suo PG è al muro.
“Andiamo a mangiare!”
Prende le stampelle e si alza, lasciando il joystick sul divano e la play accesa.
Prima di recarmi a tavola corro di sopra, in camera, e prendo il cellulare dalla scrivania. Mentre scendo le scale sblocco il display; nove messaggi vocali da Gaelle, tutto nella norma considerando quello che le ho appena detto in chiamata.
Involontariamente ripenso a Matthieu, e la sua figura non mi abbandona per tutta la cena: mi concentro sui suoi occhi, così azzurri, puri, rasserenanti. I pensieri però si rabbuiano quando agli occhi di Matt si associano quelli di Nick; occhi severi, da cui guardarsi bene: impongono una certa serietà, nascondono qualche cosa di considerevole, qualcosa che forse dovrei sapere. Mi rendo conto, tristemente, di conoscere forse meglio uno sconosciuto di colui che pretenderebbe di essere il mio ragazzo.
Vengo riportata indietro, sulla terra e alla mia cena da mia mamma.
“Blanche, cara, non rispondi al cellulare?”
Improvvisamente, come appena uscita da una bolla, mi accorgo della mia suoneria e sento, tutto d’un tratto, che la tasca dei pantaloni continua a vibrare: due chiamate perse da Matthieu, e una in corso.
Ingoio a fatica l’ultimo boccone e rispondo, alzandomi da tavola.
“Pronto? Scusami…”
“Spero di non disturbarti, ti ho portato la valigia e riconsegnato le chiavi a Micheal.”
“Io, ehm, sei qui fuori? Scendo in un attimo.”
Faccio cenno a mia madre con una mano e lei annuisce, sorridendo. Esco di casa, ancora al telefono; fuori si gela e vedere Matt, stretto nel suo giubbotto di pelle, nonostante il morbido collo, mi mette ancora più freddo di quello che provo. Lui mi sorride e mi accorgo, imbarazzata, di essere uscita non solo in tuta, ma anche in ciabatte.
“Eh beh, grazie di questo favore, davvero. Forse però é meglio che io rientri ora…”
Mi guarda e accenna una risata.
“Si, forse é meglio hahaha”
“Allora, grazie ancora, ci vediamo in giro, credo…”
Mi volto e faccio per rientrare in casa, quando mi sento chiamare indietro.
“Blanche?”
Mi giro di scatto, forse mi aspettavo che mi richiamasse, o addirittura lo speravo.
“Si?”
“Posso chiederti già di ripagare il favore?”
“Cosa posso fare?”
“Uscire con me.”
Mi stringo ancora di più le braccia al petto, tirando sulla tuta: la sua domanda mi coglie alla sprovvista e qui fuori fa sempre più freddo.
“Ti chiedo solo di pensarci, fammi sapere, il numero lo hai. Buonanotte Blanche.”
Si gira e sale in macchina, sbatte forte lo sportello e dopo essersi allacciato la cintura accende il motore, per poi guardare dritto.
Senza pensarci sono rimasta ferma, davanti alla porta, con la valigia ai piedi, al freddo, illuminata dai fari della macchina.
Mimo un buonanotte con le labbra e faccio un cenno con la mano; dall'altra parte del vetro lui sorride, poi mette in moto e parte, lasciando il vialetto di casa libero.
Rientro in casa, trascinando la valigia, lasciandola vicino alla porta.
“Freddo, freddo, freddo!”
Corro in sala e mi fiondo vicino ad un termosifone, riscaldandomi le mani.
“Tesoro, é l'amico quello?“”
“Eh, si, perché?”
“E, all'amico, vuoi dire di si per l'appuntamento?”
“QUALE APPUNTAMENTO?!”
La saliva mi va di traverso, finendo per affogarmi con le mie stesse parole.
“Cara, é davvero un consiglio.”
Mi madre sorride, e presa Claire in braccio se ne va, lasciandomi sola. Josh deve essere scappato da tavola appena trovata l'opportunità.
Mi sento una ragazzina di dodici anni.
Cosa mi é preso?
Prima baciare uno sconosciuto, poi ballarci ad una festa clandestina, invitarlo ad entrare in casa, lasciarsi baciare. É già così assurdo e inverosimile, dovrei anche acconsentire ad uscire con lui?!
Comincio a sparecchiare, mentre mi sembra che la testa stia per esplodere; poco dopo arriva mia madre, che ancora mi sorride. Lascio la sala per salire in camera, ho bisogno di scrivere a Gaelle, ma ancora una voce mi segue dal corridoio.
“Accetta, obbedisci un po' alla mamma!”

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Capitolo 9
*** 9 ***


Arrivo in camera, e lasciandomi cadere all'indietro, mi sdraio pesantemente a letto.
Con ancora la faccia schiacciata dal cuscino cerco a tentoni sul comodino il cellulare. Tasto per un po', finché non mi accorgo di averlo lasciato nella tasca dei pantaloni.
Mi porto una mano sul sedere, e sfilando il cellulare dalla tasca, mi giro a pancia in su.
Apro la chat di Gaelle, e ignorando i suoi messaggi vocali, le scrivo.
B. “Gae, adunata speciale, non é un'esercitazione”
B. “Houston, abbiamo un problema.”
B. “Serio.”
G. “Blanche! Che succede?”
B. “Braccia sexy.”
G. “Dimmi tutto.”
G. “SUBITO!”
B. “È venuto a riportarmi le mie cose, quelle che avevo lasciato in appartamento.”
B. “Tra le altre cose ho qui anche i tuoi vestiti…”
G. “Non mi interessa, vai al sodo.”
B. “Gaelle, sicura di stare bene? Perché tu che non ti preoccupi dei tuoi vestiti…”
G. “Blanche, dimmi cosa é successo!”
B. “Mi mancano i tuoi scleri hahahah”
G. “CAZZO BLANCHE!”
B. “Mi ha chiesto di uscire.”
G. “E lo dici cosi?! Con leggerezza?”
B. “Non so se accettare o meno, anzi, ho una spiccata preferenza per il no.”
G. “Ma cosa dirai?”
B. “Gaelle, non siamo più ragazzine… Mi sembra così infantile incontrare un ragazzo, perderci la testa, baciarlo, uscirci insieme. É tutto così stupido! Capiscimi…”
G. “Ti capisco, si, anche io mi sono fatta prendere dal troppo entusiasmo, ma é un bel ragazzo, non lo si può negare!”
B. “No, quello no, assolutamente… Solo che... Mi sono già 'esposta' troppo, diciamo.”
G. “Lo so, lo so. Nel dubbio, se dicessi di no, sabato sera al cinema? Ho bisogno di svagarmi Bla, la settimana prossima ho un esame un po' tosto. Chi cavolo mi ha fatto iscrivere qui lo so solo io!”
B. “Ma smetti, hai sempre voluto fare biologia, adesso la fai; e poi, qui non siamo mica messi meglio con sta dannata medicina.”
G. “Un giorno mi spiegherai perché vuoi provare con la ricerca medica, ma per adesso, torno a studiare. Notte ragazza bella.”
B. “Notte Gae.”
Chiusa la chat spengo il cellulare, senza nemmeno pensarci, non voglio essere disturbata. Chiudo un attimo gli occhi e mi passo le mani tra i capelli, poi mi alzo risoluta.
Vado verso la mia scrivania, per poi cercare alla rinfusa nello zaino. Niente. Allora apro i cassetti e cerco nervosamente tra i mille libri.
“MAMMA! Hai visto da qualche parte una mia dispensa?”
“Ne ho vista una in macchina cara, l'ho già messa in garage, vai a vedere.”
“Grazie ma'!”
Esco dalla camera, passo nello studio a prendere le chiavi e poi corro per le scale, scendendo fino al garage.
Striscio le pantofole a terra, e stringendomi nelle braccia per il freddo, apro la macchina, salendo dal lato passeggero. Trovo la dispensa, e quando la sollevo noto che sul sedile é rimasto un foglietto. Credendo che sia uscito dalle mie cose lo raccolgo e noto una scrittura che non é di nessuno in questa casa.
Lo leggo: “Non volevo rovinarti la serata, spero non sia stato cosi. É stato un piacevole caso guardarti in quel bar. Questo è il mio numero. M.”
Sospiro e sto per accartocciare il foglio quando mi ricredo e lo infilo dentro la dispensa. Chiudo la macchina ed esco dal garage, facendo attenzione che la piccola Leukós mi segua. Se mia mamma mi beccasse di nuovo a dormire con il gatto mi ammazzerebbe, ma poco importa, ho bisogno di coccolarla mentre studio.
La faccio uscire dal garage e messa la dispensa sotto il braccio mi chino prendendola. Salgo rapida le scale e mi chiudo la porta dietro le spalle.
Seduta alla scrivania, con il gatto sulle gambe, che tengo incrociate, studiare risulta più semplice e meno stressante. Quando sento la stanchezza impossessarsi di me e capisco di non poter più tirare avanti, finisco di prendere gli ultimi appunti e raggiungo il gatto a letto.
Chiudendo gli occhi ripenso alle cose successe negli ultimi giorni. Anche il fatto che Nicholas non abbia insistito più di tanto per sapere dove fossi finita era strano, mi aspettavo di vederlo piombare in casa da un momento all'altro, invece erano passati giorni, e di lui nessuna traccia, per fortuna. Senza di lui a darmi preoccupazioni però ci si mettevano i miei ormoni, che improvvisamente avevano voglia di giocare un po' e sembravano essersi messi a ballare in lungo e in largo per il mio corpo.
Matt compare ovunque, fin nelle più piccole cose. É a dir poco uno strazio. Sono confusa, così confusa, che stretta tra le coperte e il gatto non mi accorgo che le lacrime cominciano a bagnarmi il viso.
Afferro il cellulare da sopra la scrivania, lo riaccendo e vengo abbagliata dalla luce. Sono solo le 22.30 e io non mi reggo in piedi; accendo internet e aspetto pazientemente che si azioni.
Il pannello delle notifiche si riempie.
Gaelle mi ha scritto altri messaggi, Nicholas mi ha chiamato 2 volte e scritto, e poi, qualche messaggio di Matt. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente. Mi si sono appena asciugata le lacrime e non ho intenzione di sapere nient'altro di quei due per questa sera. Apro la chat di Gaelle.
G. “Piccola, non riuscivo a concentrarmi sullo studio, quando poi d'un tratto mi ha chiamato Nick, sembrava molto arrabbiato. Non so cosa sia successo ma sta attenta.”
G. “E per Matt, non stare ad arrovellarti troppo il cervello, magari digli di si, una uscita può anche essere innocente, non trovi? Potreste conoscervi meglio e tutto qui.”
G. “Buonanotte tesoro”
B. “Buonanotte Gae”
Respiro a fondo. Non avrei dovuto aprire quei messaggi.
Ormai il danno é fatto, quindi visualizzo anche i messaggi di Nick.
N. “DOVE SEI FINITA?! Scappi dalla festa senza dire nulla, non fai ritorno e poi… POI NON DAI TUE NOTIZIE per cosa, CINQUE GIORNI?!”
N. “Giuro che se non mi rispondi vengo li da te ad assicurarmi che vada tutto bene!”
N. “Cazzo Blanche!!!”
Non faccio in tempo a finire di leggere che la rabbia mi pervade; frettolosamente digito una risposta, senza nemmeno riflettere.
B. “Innanzitutto ti dai una calmata.”
B. “Non ho nessuna responsabilità nei tuoi confronti, non devo per forza farti sapere cosa faccio o non faccio!”
B. “Però si, avrei potuto dirti che me ne andavo dalla festa, mea culpa.”
B. “Sono stata a studiare, avevo un esame di cui tu, carissimo, ti sei dimenticato.”
Chiudo la sua chat, premendo arrogantemente sullo schermo come se lui potesse risentirne. Non sono una bambina e anche se lo fossi non dovrei certo rendere conto di quello che faccio a lui. Il suo cervello paga il prezzo della sua bellezza. Mi crede, forse, proprietà sua?!
Non ha la minima idea…
Riprendo il cellulare e guardo cosa mi ha scritto Matt.
M. “La mia é stata una proposta azzardata, scusami.”
M. “Capisco che tu non voglia uscire con uno sconosciuto”
M. “Chissà come devo esserti sembrato hahaha”
M. “Buonanotte piccola.”
Sorrido.
B. “Sabato mi vieni a prendere tu a casa? Oppure, dove ci troviamo? Non preoccuparti, ho una mente elastica haha”

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Capitolo 10
*** 10 ***


Appena mi sveglio controllo il cellulare. È stata una settimana difficile: la festa clandestina nello scantinato del collegio, Josh che cade dalle scale, il mio esame, la corsa all'ospedale e i messaggi infuriati di Nick.
Sono le 11 del mattino, e i miei occhi faticano ad aprirsi; li spalanco quando noto il display illuminarsi per una nuova notifica, è Matthieu che mi risponde.
M. “Piccola, buongiorno! Sono contento che tu abbia accettato, passo a prenderti domani verso le 20.00”
B. “Buongiorno a te. D'accordo, grazie mille! A domani”
Poi scorro con le dita alcune notifiche; Gaelle mi ha taggato sotto qualche post di facebook e credo mi abbia mandato qualcosa come una decina di video in direct nei quali tenta in ogni modo di studiare: sdraiata sul divano, a gambe all'aria, penzoloni dal letto, con tre pacchi di biscotti diversi davanti a lei.
Poi eccoli lì, come una furia mi travolgono. Nick, sette nuovi messaggi: respiro a fondo, incamerando più aria possibile nei polmoni.
Apro la chat.
N. “Presumo che tu non debba ad ogni costo farmi sapere dove vai e cosa fai”
N. “Potevi avvisarmi però”
N. “O almeno dare tue notizie in tutto questo tempo”
N. “Scusami…”
N. “Possiamo vederci per un caffè oggi?”
N. “Potresti venire da me, devo sistemare delle cose per Samuel in casa, che ne ha combinata qualcuna delle sue”
N. “Fammi sapere appena puoi…”
In un certo senso mi sento impietosita, non mi sono comportata bene evitando di avvisarlo per giorni interi. Chissà come mi sentirei se la persona con la quale sto parlando ad una festa sparisse senza lasciare traccia…forse non nel migliore dei modi. Decido quindi, nonostante gli ultimi messaggi a dir poco scortesi che mi ha scritto, di dargli almeno questa chance, e forse per la prima volta in tutta la chat, rispondo.
B. “Sono io a chiederti scusa per il mio comportamento di sabato scorso, avrei almeno potuto avvisare, ribadisco.. Per oggi vedrò di passare da te, non so, per le 16.00 può andare bene? Ti dico già che non mi posso trattenere a lungo, ho molto da studiare.”
N. “Certo, ci vediamo alle 16 allora. Grazie mille Bla”
Nel frattempo mi accorgo di avere ricevuto altri messaggi da Gaelle e li controllo.
G. “Buongiorno raggio di sole!”
G. “Alla fine la notte ti ha portato consiglio? Cosa hai deciso di fare sabato?”
G. “Sarai mia?”
G. “O di Mister Muscolo, tatuaggi e gel?”
G. “Nel frattempo, io sto imprecando in tutti i modi contro quel dannatissimo professore di biologia! Non si capisce nulla delle sue slide!”
G. “Anni che spiega lo stesso argomento, e ancora non sa insegnare un cazzo!”
Decido di risponderle, dicendolo tutto quello che in questo breve tempo mi è successo. E per fortuna non ho ancora messo piede fuori dal letto. Chissà cosa succederà a quel punto.
Le invio uno screen della conversazione che ho avuto ieri sera con Nicholas.
B. “Alla fine ho deciso di uscire con lui, dopo aver visto i messaggi che Nick mi ha lasciato ieri sera. Domani passa Matt a prendermi a casa, non so nemmeno dove andremo o come dovrei conciarmi.”
G. “Per questo posso pensarci io tesoro hahah”
B. “Poi mi ha scritto Nick ancora questa mattina, e mi ha chiesto di vederci questo pomeriggio per un caffè”
B. “Ho accettato…”
G. “MA SEI IMPAZZITA?!”
G. “No, Blanche, sul serio, dopo quello che ti ha scritto?!”
G. “Ma ne sei sicura…?”
B. “Non ne sono sicura, ma cosa altro posso fare? È vero che non sono stata la persona piu gentile della terra a scomparire senza avvertirlo. Un caffè è il minimo che io possa fare, no?”
G. “Si… ma la cosa non mi piace Blanche. Cazzo, chi gli ha dato il permesso di parlarti in quel modo? Chi si crede di essere?”
G. “Se prima mi stava quasi simpatico mi è calato sotto zero, te lo dico eh”
B. “Dai, buono studio Gae, sarà ora che io faccia qualcosa di questa mattinata. Dopo ti faccio sapere come è andata”
G. “Promettilo.”
B. “Promesso, si”
G. “Allora a dopo Bla”
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Finisco di sistemare gli ultimi appunti e guardo il display del mio cellulare. Dovrei decisamente prepararmi se non voglio arrivare tardi da Nick.
Metto in ordine la scrivania e mi alzo dalla mia sedia da ufficio, infilandomi il cellulare nella tasca dei pantaloni; corro giù dalle scale, faccio una piccola deviazione in cucina per prendere le chiavi, e preso al volo il mio giubbotto esco di casa.
Poco dopo sono da Nick, per fortuna in ritardo di soli 5 minuti. Parcheggio nel vialetto, scendo dalla macchina e busso alla porta. Mi apre Samuel, che mi squadra dalla testa ai piedi, senza una parola, per poi sbloccare il passaggio lasciandomi entrare.
In quel momento vedo Nick sporgersi dal salotto, mentre sento la porta di casa sbattere e un motorino partire subito dopo.
“Ciao Blanche. Capiti nel momento giusto, Samuel se ne sta andando proprio ora”
“Ciao Nick…”
Il disagio è palpabile, sento le guance andarmi a fuoco e continuo a giocare con i miei anelli, rigirandomeli intorno alle dita.
“Accomodati, vieni qui in salotto, stavo giusto preparando il caffè.”
Al che mi lascia, andando in cucina, e io titubante mi siedo sul divano, composta, guardandomi circospetta intorno. Non sono quasi mai stata a casa sua e di sicuro non in salotto.  Ci sono molte fotografie di Nick e Samuel da piccoli, sempre insieme, al contrario di come si possa dire oggi.
Non faccio in tempo a esaminare ogni foto perché Nick arriva con due tazzine di caffe fumanti che appoggia sul tavolino di fronte al divano, per poi sedersi accanto a me.
“Allora, il tuo esame, come è andato?”
“Bene, bene, almeno spero, vedremo alla verbalizzazione.”
“Sarai andata bene come sempre”
Sorrido e sento ancora una volta le guance arrossarsi; non so cosa dire, mi sento tremendamente a disagio e non vorrei essere qui in questo momento. Improvvisamente l'odore del caffè mi riporta alla settimana scorsa, a quel bar, dove un uragano è entrato e ha sparigliato ogni mia carta; tutto d'un tratto sento puntati su di me, irremovibili, gli occhi azzurri di Matt, quelle pozze di cielo così limpido. Se mi potesse vedere ora, me le immaginerei in tempesta; la mia mente già immagina cose strane, lo vuole già possessivo nei miei confronti.
Sento il disagio impossessarsi di me ancora di più e senza pensarci due volte ribalto in una volta sola la tazzina di caffè che si trova davanti a me.
Devo ammettere che Nick sa fare un buonissimo caffè, ma che non è di certo in grado di far stemperare la pressione che si sta creando.
“Nick, ti ringrazio del caffè, ma devo andare, ho altre cose da studiare…”
Faccio per alzarmi ma la sua mano sulla mia coscia mi frena di colpo.
“Possono aspettare, non te ne andare”
“Nick, devo proprio, mi dispiace…”
E non me ne dispiace affatto. La mano di Nick ora esercita una leggera pressione, che basta però a non farmi muovere.
“Blanche…”
Si avvicina con il viso al mio e si sporge in avanti come per baciarmi. Faccio giusto in tempo ad evitarlo.
“Nick…”
Sono bloccata tra il suo corpo e lo schienale, impossibilitata in parte nei movimenti. Si sporge ancora e questa volta raggiunge le mie labbra. Rimango immobile, subisco senza ricambiare, sperando che finisca presto. Chiudo gli occhi per non guardarlo, ma nel mio pensiero si ricompone quel meraviglioso sguardo blu, questa volta severo, indignato.
Devo liberarmi dalla presa di Nick. Faccio forza sulle gambe e mi spingo in avanti con tutta la forza che ho.
“Dove vai?”
Mi afferra la mano con uno scatto.
“No, Nick, lasciami!”
“Lasciami? Dove devi andare?”
Si alza e si posiziona davanti a me, vedendomi incontro.
“Rispondi!”
Alza il tono della voce e io abbasso lo sguardo, evitando i suoi occhi.
“Tutta questa smania di parlare e poi sempre così, non una donna che risponda alle più semplici domande! Dove devi andare di così importante?!”
Questa volta urla.
“Nick, lasciami… devo andare…”
Continua a stringermi il polso, sempre di più, mi fa male e smetto anche di dimenarmi.
“Dove?!”
“A casa, Nick, a casa!”
“E tutta questa fretta di andare a casa?”
“Devo studiare…”
“I libri possono aspettare!”
“No…”
“No?!”
Mi tira il polso, facendomi male al braccio. Non rispondo. Urla ancora
“Non possono aspettare?”
“No…” biascico con un solo filo di voce.
Il suo braccio fende l'aria con un movimento rapido, e si schianta contro la mia guancia, con un suono secco. Sento ogni suo singolo dito a contatto con la mia pelle, gli anelli freddi che entrano in contrasto con il crescente bruciore che sento sul volto. L'occhio della parte colpita comincia a riempirsi di lacrime, e il mio orgoglio vacilla. Non devo e non voglio piangere, non davanti a lui. Prendo un grosso respiro mentre la sua mano si distacca dalla mia guancia e lui continua a guardami con occhi severi, cattivi.
Con tutto l'autocontrollo e la freddezza possibile, decido di proferire parole.
“Bene, ora DEVO PROPRIO andare. Grazie.”
E senza uno sguardo, lascio il salotto, per poi lasciare la casa, sbattendomi la porta alle spalle.

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Capitolo 11
*** 11 ***


Mi guardo allo specchio, la guancia sinistra leggermente gonfia. Ho il morale sotto i piedi, e nessuna voglia di uscire questa sera. Eppure ho promesso a Matthieu che sarei uscita con lui.
Seduta sulla mia sedia d'ufficio, con indosso una tuta e la mia vestaglia, guardo sconsolata l'armadio, nella speranza che dei vestiti adeguati prendano il volo e mi si dirigano incontro.
Ma più penso a cosa potrei mettermi più la testa mi gira e più il morale si fa basso: non so dove andremo, non so sarà un vero ‘appuntamento’ e più importante di tutto, fuori diluvia.
Sento le singole gocce cadere nella grondaia, e distinguo la scroscio d'acqua che ne esce; sento il vento che sferza la casa e le foglie degli alberi, che portate allo stremo delle loro forze, cercano ancora di rimanere attaccate ai loro rami.
E mi sento anche io parte di quel disastro della natura. Una piccola gocciolina, che scorre dove la vita la porta, per una strada che sembra essere perfetta, unica e costruita ad hoc, ma che poi si ritrova nel flusso, trascinata via, alla deriva, come tutti gli altri; una insignificante e piccola foglia, tra milioni di altre foglie identiche, che cerca ostinatamente di aggrapparsi con le ultime forze al ramo della salvezza, contro quel vento impetuoso, che la vuole scaraventare a terra con tutta la violenza possibile.
Il temporale come capolavoro della natura che porta alla distruzione, e un uomo, come esecrazione della vita, uccisore di donne?
Un forte boato mi riporta alla realtà del mio armadio, che sembra più che mai vuoto e l'ultimo pensiero mi sfiora prima di alzarmi a prendere una camicia e dei jeans: arriverà un fulmine nella mia temporalesca vita a illuminare la giusta via e riportarmi alla realtà con il suo assordante frastuono?
Mi vesto in fretta, sistemando la camicia bianca all'interno dei pantaloni a vita alta, abbinati al chiodo nero che mi infilo dopo aver sistemato i capelli. Mi guardo allo specchio e mi trovo estremamente inadeguata, ma l'orologio e le mie condizioni mentali non mi permettono di fare qualcosa di meglio. E con questo tempo, probabilmente, salterà tutto.
Scendo rapidamente le scale, scompigliando i capelli a Josh che sta salendo. Arrivo alla porta di entrata e prendo un gran respiro, prima di guardare fuori dalla porta finestra: Matthieu è già qui, la macchina parcheggiata nel vialetto, i fari ancora accesi. Sto ancora guardando la macchina, fissa e persa nei miei pensieri, quando il cellulare viene scosso dalla vibrazione scaturita dall’arrivo di un suo messaggio: “sono qua fuori”.
“Esco mamma, buona serata!”
Contrariamente a quanto faccio solitamente attendo la sua risposta che mio malgrado non tarda ad arrivare.
“Divertiti tesoro!”
Una parola, divertirsi, e mille ombre e paure che si insinuano nella mia testa. Non so cosa io stia combinando. Sto uscendo con uno sconosciuto che ho baciato e al quale ho dato il mio indirizzo di casa, oltre che il mio numero di cellulare. Prendo fiato l’ennesima volta e ora, esco di casa, per poi correre allo sportello della sua Camaro.
“Buonasera, Blanche!”
“Buonasera Matthieu!”
Si sporge verso di me con la guancia, nella speranza di ricevere un bacio che però stento a concedere.
“Dove avevi pensato di andare questa sera? Il tempo non è per nulla propizio per un’uscita…”
Spero con tutto il cuore che decida ancora di annullare l’appuntamento, non stante io sia già in macchina con lui e mi sia già allacciata la cintura.
“Ti interessa qualche film al cinema? Perché sarebbe meglio andare in un posto al coperto…”
Perspicace il ragazzo, ora però non so come uscirne, se c’è un posto che odio è il cinema: volume troppo alto, film che il più delle volte non valgono il prezzo del biglietto, odio verso il mondo intero che sembra essersi radunato in una sala , tutti con il comune intento di infastidirti: riassumendo, mal di testa assicurato.
“Non esattamente, poi non so bene cosa ci sia in programmazione, ma l’ultima non mi era proprio interessata…”
“Perfetto, perché a me il cinema non piace veramente tanto…”
Favoloso Blanche, un punto in comune lo avete! Vediamo ora dove andrò a finire.
“Allora cosa pensi di fare? Stiamo qui, in macchina, nel vialetto di casa mia?”
“Ti porto in un posto allora, poi mi dirai se ti piace oppure no.”
Mette in moto la macchina, che si accende con un rumore tonante, e un rombo che mi entra nella pelle. Mi guarda e sorride, fiero della sua macchina, come solo i ragazzi possono essere. Poi allunga una mano verso lo stereo e fa partire un CD inciso dalle basi musicali del suo gruppo, senza voce. Perplessa da questa scelta musicale e dall’assenza di lirica nei brani, mi ritrovo a guardare fuori dal finestrino, e poi le goccioline di pioggia che si infrangono e rincorrono su di esso. Qualche minuto dopo siamo fermi davanti ad un grande edificio.
“Allora?”
“Dove siamo?”
Lo guardo con sguardo confuso, chiedendomi quale siano le idee che corrono per la testa di questo ragazzo così eccentrico e particolare.
“Da un vialetto ad un altro, siamo a casa mia, possiamo guardare qualcosa su Netflix davanti ad una bella scodella di pop corn, giocare ad un gioco di società, qualsiasi cosa insomma, ti va?”
Rimango un attimo interdetta, guardando davanti a me, dritto, dove i miei occhi si vedono costretti ad incontrare una casa grande il doppio della mia, per poi scivolare attorno a noi, dove non sembra muoversi una sola mosca: nessuna via di fuga e inoltre, non riconosco la zona, favoloso!
Eppure, nonostante la paura mi stia assalendo mi dico che se Nick non mi avesse messo le mani addosso, avrei accettato l’invito di Matt senza esitazioni, e decido che l’accaduto non deve stravolgermi la vita. Mi ha schiaffeggiato, ok, ma non è la fine del mondo e di sicuro, un’azione di Nick non può e non deve compromettere nulla tra me e Matthieu. Allora mi riconforto, prendo fiato e gli sorrido.
“Va bene, fai strada!”
Spegne il motore, si slaccia la cintura e prende dal cruscotto il pacchetto di sigarette e l’accendino, poi si alza e lo seguo, uscendo dall’auto.
“Da questo lato la casa è un po’ buia, ma tranquilla, non ti ho portato in un luogo disperso, fidati di me!”
Lo dice con il sorriso, innocente e attento alla mia reazione: quando svoltiamo l’angolo ha proprio ragione lui, non è affatto un luogo disperso, ci troviamo immersi nel centro della città, dove nonostante il maltempo, le macchine si susseguono l’un l’altra lungo la strada, a velocità elevate, e i locali che si scorgono da qui sono animate di persone impegnate in discorsi importanti e allegre risate; il nero della notte entra in contrasto con le luci calde dei lampioni e dei luoghi di incontro giovanili, sembra giorno, un nuovo e diverso giorno, come se la città davvero e solo ora, prendesse vita.
Sorrido, e la mia attenzione viene riportata alla realtà, alla mia realtà, dalla mano di Matthieu che mi sfiora leggermente; di questo contatto non ho paura, ma sento le dita essere attraversate da una piccola scossa, che mi percorre fino al palmo, risalendo poi fino al polso  e arrestando fortunatamente la sua corsa. Con un tacito sguardo lo seguo ed entriamo in casa, che mi sembra immensamente grande, ordinata, pulita, ma vuota.
“Abiti solo in una casa così grande?”
“Tendo alla trentina, ma non mi sono ancora emancipato. Questa casa è troppo grande e bella per lasciarla ai miei genitori, che però non sono in casa in questo periodo…”
“Ah…”
Questa volta, prendendomi la mano e trascinandomi, mi conduce al piano superiore, coì velocemente che a malapena riesco a realizzare il nostro contatto. Come avesse già previsto tutto, il divano è posizionato davanti ad una televisione da uno schermo gigante e su un tavolino sono pronte delle bevande, e dei popcorn. Ha la premura di togliersi il giubbotto e poi prendere anche il mio, indicandomi poi il divano, facendo segno di accomodarmi.
“Vogliamo ordinare una pizza?”
“È una buona idea!”
“Allora dimmi che pizza vorresti, che chiamo il fattorino.”
Ordino la mia solita pizza, e insisto per potergli pagare almeno la mia parte. Finalmente, in attesa del fattorino, ci accomodiamo sul divano.
“Cosa vogliamo guardare?”
Accende la tv e accede a Netflix.
“Eh no Matthieu, non cominciamo con queste domande molto difficili, per carità!”
“Mi hai già fatto scegliere dove passare la serata e vuoi lasciarmi ancora la scelta?”
“Eppure mi farò un’illusione, ma sembra che fosse già tutto pronto per il mio arrivo.”
“Cosa ti fa pensare che magari invece non sia sempre pronto a ricevere ospiti?”
“Se devi ricevere altri ospiti posso prendere un autobus per ritornare a casa e lasciarti a loro…”
“Sbaglio o stai facendo la permalosa?”
“Sbagli.”
Lo guardo e sorrido, per poi sfilarmi le scarpe e accomodarmi meglio sul divano.
“Sua altezza desidera una coperta?”
In quello stesso momento il campanello suona, Matt si alza, ma con una parola lo fermo prima ancora che possa alzarsi.
“Sua maestà desidera ricevere del cibo, e una coperta non sarebbe male, stiamo pur sempre per fare cominciare una serata Netflix, pizza e pop corn, no?”

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Capitolo 12
*** 12 ***


Con una pizza calda sulle ginocchia e la coperta a riscaldarci il resto del corpo, io e Matt troviamo difficoltà a scegliere cosa guardare.
“Senti Matthieu, decidi tu, sono tua ospite!”
“Scontrosa la ragazzina!”
“Mi si raffredda la pizza!”
“E poi, “Matthieu”, smettila di chiamarmi così, nemmeno mia madre! Matt per cortesia!”
“E allora Matt, metti su un film, per cortesia”
Sbatto le ciglia con fare civettuolo, e gli sorrido, andando a strappare un pezzo della mia pizza.
“Va bene, allora decido io, nessuna storia poi eh”
“Promesso, sarò muta come una tomba!”
“Dovrò nascondere il corpo poi, mi metti nei problemi!”
Seleziona un film e poi, con lo sguardo pieno di soddisfazione, addenta la sua pizza, godendosi il suo film. Macchine, corse clandestine, sparatorie. Interessante devo dire. E io, come promesso, muta come una tomba.
“Stai bene?”
Lo guardo in quegli squarci di cielo che si ritrova al posto degli occhi, leggermente illuminati dalla televisione e null’altro; continuo a masticare il mio boccone di pizza, e sorseggio un po’ della mia bevanda.
“Muta come una tomba, eh?”
Annuisco.
“Dovrò farti parlare in qualche modo, almeno fiatare.”
Si libera dal cartone della pizza, e ha la premura di non sottrarmi il mio, ma con un rapido movimento si avventa su di me, iniziando a solleticarmi senza tregua. Lascio cadere il cartone vuoto a terra e cerco di scalciare per scostarlo da me. Non riesco a liberarmi dalla sua stretta e mi arrendo a dover morire dalle risate. D’un tratto si ferma sopra di me, le mani sui miei fianchi. I suoi occhi arpionano i miei e sembrano non volerli lasciare più andare. Si fa più avanti, fino a sporgersi verso le mie labbra. I miei occhi rimangono incatenati ai suoi, salvo poi essere distratti dalla mia mente, che mi riporta alla triste e dura realtà.
Non può, una ragazza di appena 20 anni, privarsi di avere un rapporto con qualcuno, sia esso appena conosciuto. Ho, mio malgrado, la testa ben salda sulle spalle, e mai ho deciso di lasciarmi andare con un estraneo eppure non riesco a considerare Matt come tale. Rimane sempre il problema Nicholas, che continua ad assillare ogni mio pensiero: una cosa alla volta, Blanche! Abbasso allora la testa, perdendo il contatto visivo con lui. Percepisco il suo sorriso e sento che rispetta la mia scelta, si abbassa comunque a darmi un bacio sulla fronte.
“In ogni caso” dice tirandosi su e portando me insieme a lui “non hai parlato, è vero, ma non sei stata muta come una tomba. Quindi, ho vinto!”
Sorride soddisfatto.
“Hai vinto, ok, cosa vuoi in cambio?”
“Penso che tu sappia cosa vorrei, quindi non chiederlo.”
Mi avvicino allora la suo viso, e spinta da non so quale forza, gli depongo un piccolo bacio all’angolo della bocca, poi, in religioso silenzio, continuo a guardare il film.

Quando mi risveglio, appoggiata alla sua spalla e quasi del tutto sdraiata su di lui, afferro prontamente il cellulare, per guardare per quante ore ho costretto il povero Matthieu a stare immobile sotto il mio peso. L’una passata, è decisamente tardi. Allora faccio per tirarmi su, presa dal panico e della poca autonomia di non essere venuta sola in macchina, ma qualcosa me lo impedisce. Se io ho appoggiato tutto il mio peso su di lui, impedendogli di muoversi per chissà quante ore, lui ha fatto lo stesso. Sposto allora lo sguardo fino alla televisione, dove il film è rimasto bloccato sulla schermata nera finale, in pausa, in attesa di un qualsiasi comando.
Quando la posizione comincia a risultarmi scomoda però, e sempre più agitata per l’orario, decido di muovermi, per cercare almeno di svegliarlo. Ad ogni mio movimento corrisponde un suo mugolio e piano piano comincia a sbattere le palpebre, fino a puntarmi poi quegli occhi azzurri addosso, incastonandoli ai miei.
Mi guarda, con fare interrogativo, ma non pronuncia una sola parola.
“Matt, è molto tardi…”
Un mugugno come risposta.
“Mi puoi riportare a casa?”
Mi guarda con un viso distrutto, e i suoi occhi si spengono nuovamente, poi, si decide a parlare, con voce roca, impastata dal sonno.
“Blanche non ce la faccio…”
“E come faccio io a tornare a casa?”
“Domani…”
Detto questo si lascia cadere sulle mie gambe, chiudendo gli occhi. Istintivamente gli porto una mano sul volto, accarezzandogli la guancia e la barba, di conseguenza.
“Matt, per favore, non so dove siamo e non so come fare a tornare vista l’ora.”
Nonostante i suoi occhi chiusi riesco a percepire come un’idea attraversi tutto il suo volto, culminando poi in una smorfia soddisfatta, come ne fosse compiaciuto.
“Non tornare, rimani qui.”
“Ma Matthieu…”
“Ti supplico, non riesco, vieni a letto con me.”
La frase rimane sospesa nel vuoto, io arrossisco e rimango impietrita sul posto; lui, improvvisamente, come svegliato da una secchiata d’acqua gelida, spalanca gli occhi.
“NON IN QUEL SENSO! No, non così, non è come pensi, no no no! Intendevo a dormire, a dormire, non riesco a mettermi alla guida, a dormire…”
La sua reazione quasi mi provoca tenerezza, ma sono riluttante a dormire con qualcuno e la cosa deve vedersi sul mio volto, perché subito dopo aggiunge:
“Posso dormire sul divano, se preferisci…”
Riprendo in mano il cellulare e guardo di nuovo l’orario. Sempre più tardi. Forse mi conviene accettare la sua offerta, e farmi riaccompagnare domani mattina.
“Mi riaccompagnerai presto domattina?”
“Quando vuoi, ma per favore, andiamo a dormire.”
Stanca a mia volta scuoto la testa, per scacciare i miei pensieri, e alla fine accetto.
“Va bene, ma tu dormirai sul divano!”
Sbuffando annuisce con la testa e alzatosi a fatica dalle mie ginocchia, attende un po’ prima di riuscire a mettersi in piedi, infine, mi porge la mano, abbozzando un sorriso. Allora la afferro e aspetto qualche secondo prima di sollevarmi.
“Dopo averti mostrato la mia camera dovrò ucciderti, ti avviso già.”
“Non venire a raccontarmi la cazzata del “nessuno prima di te ci ha mai messo piede”, perché non me la bevo, e non sarò nemmeno la prima ragazza che più o meno vestita entra nel tuo letto.”
“Ah, ma quindi oltre a bella sei anche intelligente? Eppure pensavo che andare all’università fosse per te solo un modo per postare foto di libri e appunti sui social!”
Si volta a guardarmi, poi chiude gli occhi e mi fa la linguaccia.
“Comunque si, ha ragione, ma non stavo per dirti quello… è che ho tutto quello che ho scritto in queste settimane sparso sulla scrivania”
“Oh…”
Questo mi interessa e improvvisamente mi faccio come più rispettosa dell’ambiente in cui mi trovo e della persona stessa; il mio comportamento di fronte alla musica si fa diverso. Ammiro molto quello che fa.
“Michael dice che siete abbastanza conosciuti nei locali per giovani…”
“Diciamo di si, anche se stiamo cercando di fare sempre meglio… ad esempio, tu non avevi mai sentito parlare di noi, ed è un cosa inaccettabile per noi, nonostante così piccola. Vorremo fosse il nostro mestiere, sentire dire di noi che si, ci siamo riusciti, abbiamo davvero fatto della musica, della nostra passione, la nostra vita. Ed è per questo che dovrò eliminarti prima che tu possa, uscita da quella camera, divulgare i nostri progetti segreti.”
Finalmente, dopo tanto parlare, siamo giunti alla fatidica camera e quando la porta si apre, le mie aspettative si infrangono in milioni di pezzi. La camera è semplice e occupata per la maggior parte da un pianoforte e dalla scrivania; tutto è semplice, e più ordinato di quanto credessi.
“Perché la scelta di un pianoforte e non della tua batteria?”
“Quando compongo, scrivo le melodie al pianoforte e sempre sulla base di questo strumento trovo le parole giuste: come ultimo passaggio, e dopo aver controllato che tutto fili per il verso giusto, sistemo gli accordi per gli altri strumenti.”
“Un processo lungo, quindi…”
Mi aggiro curiosa per la camera, toccando lievemente il bordo della scrivania, vedendolo annuire stancamente mentre si lancia a pancia in giù sul letto. Il mio sguardo di sposta allora sugli spartiti, sui fogli con la lirica di ogni canzone, sui cd posti in un angolo curato della scrivania: tutto ha il suo posto, il lavoro scrupoloso, effettuato metodicamente. Mi giro soddisfatta della mia indagine sulle sue cose e lo trovo inspiegabilmente sotto le lenzuola; non ha fatto il minimo rumore e sembra addormentato. Mi avvicino al letto quindi e lo osservo, il suo volto è angelico. Più lo guardo dormire, mosso dal regolare respiro, più il sonno colpisce anche me. Allora sorrido in direzione del suo volto, che si è fatto dolce, rilassato, e faccio per sdraiarmi con lui, sotto le coperte, ma un rumore, quasi impercettibile, lo sveglia.
Mi guarda con una strana espressione di panico dipinta sul volto, stranamente sveglio e reattivo; i suoi occhi sono fissi nei miei e sembra pensare a così tante cose che il cervello potrebbe esplodergli da un momento all’altro.
“Forse hai ragione tu, è meglio se ti riaccompagno…”
“No! Cioè, perché? C’è qualche problema?”
“Ho solo pensato che non sarebbe bello per i tuoi genitori non vederti rientrare dopo il primo appuntamento con uno sconosciuto e che probabilmente non ti lascerebbero più passare del tempo con me…”
“Matt, ho 20 anni!”
“E io ne ho 26 Blanche… non voglio passare per quello che non sono, specialmente ai tuoi occhi… e soprattutto, non voglio farti scoprire così presto che russo!”
Si alza e, dopo avermi baciato una guancia, mi afferra la mano trascinandomi al piano di sotto, dove racimolo le mie cose prima di uscire di casa, dove ancora sta imperversando il temporale.
Rimango zitta per tutto il viaggio, guardandole gocce d’acqua rincorrersi per tutto il parabrezza, così veloci e inarrestabili, animate da una qualche forza che desidererei trascinasse anche me nella giusta direzione, su un sentiero già saggiato da qualcuno.
“Ehi… te la sei presa?...”
La sua domanda rimane sospesa, come quasi si fosse pentito di averla fatta.
“Sono solo stanca, e convinta che tu mi stia nascondendo qualcosa.”
Al suo sguardo stranito aggiungo: “principalmente stanca…”
Giunti nel vialetto di casa mia ogni luce è spenta, segno che nessuno sta aspettando minimamente il mio ritorno; per un secondo mi sento come abbandonata e tradita dal mondo, vuota, prosciugata di ogni cosa, e non voglio più scendere dalla macchina.
“Beh, allora grazie per la serata, e grazie per avermi riaccompagnato…”
“Grazie a te, e scusa per la monotonia dell’uscita, ma con  questo maltempo ogni altro proposito era irrealizzabile… spero tu ti sia comunque divertita.”
“Altri propositi?”
“Non voglio svelarti subito ogni mia carta Blanche!”
“E chi ti dice che ci potranno essere altre occasioni per i tuoi propositi?”
“In un certo senso me lo sento…”
“Sei troppo sicuro di te!”
“Solo bei complimenti questa sera!”
“Grazie per oggi Matt… forse ci sentiremo ancora.”
“Grazie a te, anche se so che ci sentiremo.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Tu.
I tuoi occhi.
I tuoi modi di fare.”
La voglia di scendere da questa dannata macchina diminuisce vertiginosamente, sempre di più, non voglio lasciarlo, non voglio ritornare alla mia triste vita.
Mi sporgo verso il suo sedile e senza lasciarmi invadere dai pensieri lo bacio. Un bacio veloce, furtivo. Faccio per staccarmi dalle sue labbra, ma il suo braccio mi trattiene. Le nostre labbra si conoscono per la prima volta.

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