Hogwarts Mystery

di DanielaE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


2 Maggio 1998

Il cielo era sereno e pieno di stelle quella notte, ma tempesta più grande in arrivo non poteva esserci. Il silenzio era cosi assordante da spaccarti la testa e mozzarti il respiro, tutto sembrava essersi fermato, ogni cosa sembrava in attesa, trepidante. Hogwarts si ergeva in tutta la sua magnificenza, fiera, austera e... magica... come sempre... Merlino! Sarebbe sopravvissuta a quella notte? E loro... loro sarebbero sopravvissuti a quella che si prospettava la battaglia più cruenta del mondo magico?
Il castello sembrava immerso nella solita quiete e immobilità, ma la magia di cui era impregnato, era in allerta, poteva sentirla in ogni fibra del suo essere, come avvertiva chiaramente la tensione, la voglia di sopravvivere e combattere per la propria libertà di ogni mago e strega presente. Erano tutti immobili, come statue, Auror, insegnanti, alunni... ragazzini pronti a combattere quella che poteva essere la loro prima e ultima battaglia, l'ultima notte... prima del sorgere dell'alba, il mondo sarebbe stato finalmente libero o tra le mani del mago più oscuro di tutti i tempi. Loro potevano solo combattere, dovevano solo resistere, il destino dell'intera umanità era tra le mani di un ragazzo di appena diciassette anni, ma non uno qualunque, Harry Potter, il bambino sopravvissuto; era lui che secondo la profezia poteva distruggere e fermare per sempre Lord Voldemort, dopotutto lo aveva già fatto una volta, e se quella lontana notte di Halloween ad aiutarlo era stato l'amore di sua madre, nella lunga notte che si prospettava davanti a loro, lo avrebbe aiutato l'intero mondo magico, lei stessa era li per quello, lo aveva promesso a Silente, lo aveva promesso a Piton...
Guardò ancora una volta quella che era stata la sua scuola per sette lunghi anni e sorrise mestamente, quanto aveva amato quel posto! Ricordava ancora distintamente la prima volta che aveva varcato l'immenso portone della Sala Grande e si era ritrovata con il naso all'insù insieme ad altre decine di testoline, per osservare la magnificenza e l'incanto di quel cielo stellato che li sovrastava: un complesso incantesimo, impossibile da riprodurre, che incantava anche chi alla magia ci era abituato da sempre. Ricordava bene la tensione, la paura e l'adrenalina che l'avevano assalita quando la McGranitt aveva chiamato il suo nome e lei titubante era andata a sedersi sullo sgabello di legno; la osservavano tutti, in attesa... la voce beffarda del Cappello Parlante aveva risuonato nella sua testa, l'esito di quell'intimo colloquio avrebbe condizionato tutta la sua vita, probabilmente, anche quando avrebbe terminato gli studi, aveva sentito spesso dire che l'appartenenza e l'orgoglio verso la tua casa ti restava dentro anche lontano da Hogwarts. Poi il Cappello aveva dato la sua sentenza e lei aveva sentito una morsa al petto e la testa subito leggera, mentre la voce proveniente dal pezzo di stoffa rimbombava per tutta la sala: «SERPEVERDE!». Non era riuscita a trattenere un sorriso, mentre un po' titubante si avvicinava al tavolo di quella che sarebbe stata la sua casa per sette anni. Rimase in silenzio, mentre il Cappello continuava a smistare nuovi studenti nelle diverse case, fra i ragazzi che si aggiunsero ai Serpeverde ci fu anche Rowan Khanna, una ragazza timida e amante dei libri che aveva conosciuto qualche settimana prima a Digon Alley, le era stata da subito simpatica,  quei legami che non sai come o perché ti entrano dentro come se fossero parte integrante del tuo destino. Rowan si sedette accanto a lei, sorridente e un po' confusa, forse non si aspettava di finire in quella casa, forse si sentiva spaesata almeno quanto lei, in quell'ambiente nuovo, circondate da eredi e discendenti di antiche e ricche dinastie magiche, ma se il Cappello Parlante le aveva assegnate alla casata verde/argento un motivo c'era e loro avrebbero fatto di Serpeverde la loro casa e l'avrebbero amata... Oh! Se l'avrebbero fatto!
Una presenza alle sue spalle la distolse da quei ricordi ormai lontani e la catapultarono nuovamente nel presente, come sempre sapeva fare la sua persona. I suoi passi sull'asfalto non avevano fatto il minimo rumore, eppure lei avvertiva la sua presenza, ogni cellula del suo corpo si ergeva e attivava istantaneamente quando lui era vicino, il suo profumo lo avrebbe riconosciuto fra mille, il calore della sua pelle lo avrebbe sentito anche a miglia di distanza, anche nella frescura di una notte come quella. Sentì il tocco leggero delle nocche della mano di lui che sfioravano la sua, si voltò a guardare quegli occhi che l'avevano fatta innamorare, ora ne era sicura, dal primo momento che li aveva incrociati fra quelle stesse mura che avrebbero difeso ad ogni costo, quando erano poco più che bambini e non sapevano ancora distinguere le emozioni, quando non sapevano ancora dare un nome a sentimenti importanti.
Non aveva paura di morire, aveva paura di vivere senza di lui, senza il suo odore ad inebriarle i sensi, senza il suo tocco a farle battere il cuore, senza il calore del suo corpo a scaldarla, senza il suo respiro che le sfiorava delicatamente le labbra prima di appropriarsi della sua bocca, delicato e prepotente allo stesso tempo, come solo lui sapeva essere. Gli sorrise e lo vide increspare leggermente le labbra per poi aprirsi in un sorriso appena accennato ma che gli illuminava sempre tutto il viso; gli aveva dato ogni cosa, anima, cuore e corpo e lo avrebbe rifatto altre mille volte. Merlino quanto lo amava! Eppure non riuscì a dirglielo, forse per paura che potesse essere l'ultima, forse per tenersi quelle parole per festeggiare la vittoria, forse perché fra loro le parole non erano ma servite a molto. La prima volta che avevano confessato i loro reciproci sentimenti lo avevano scordato, tutta colpa di Gilderoy Allock e la sua magia maldestra, ma neanche un Oblivion era bastato a farli dimenticare il loro amore e non sarebbero bastati neanche Voldemort e i suoi Mangiamorte.
Delle scintille rosse s'innalzarono numerose in cielo, per poi ricadere e infrangersi contro la barriera protettiva che come una cupola opalescente era stata innalzata per proteggere Hogwarts. Altre ne seguirono e dopo poco una piccola crepa si disegnò nel vuoto sopra le loro teste; sentì dita delicate che si intrecciavano alle sue, se ne era accorto anche lui. Come un fulmine nella notte, la crepa si diramò lungo la cupola invisibile.
La barriera stava cedendo.
Era iniziata.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


~~Elanor Aradia Blair era arrivata ad Hogwarts il 1 settembre del 1984 ed era rimasta subito ammaliata da quel posto impregnato di antica magia, affascinata da un mondo di cui faceva parte per diritto di nascita ma che le era stato privato per molto tempo; i suoi genitori infatti, nonostante fossero maghi purosangue di antica stirpe, avevano deciso di abbandonare il mondo magico e di vivere in quello babbano, impedendo ai loro figli di utilizzare qualsiasi forma di magia, e le cose erano state tenute più o meno sotto controllo, fin quando un gufo era atterrato sul terrazzo della loro casa recando con se una lettera firmata da Albus Silente in persona: suo fratello maggiore Jacob era stato ammesso alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

Inizialmente Jacob le raccontava degli incantesimi che aveva appreso a scuola, di quanto fosse bello il castello, del Quidditch, dei continui dispetti del poltergeist Pix ai danni sopratutto del custode Gazza... poi, le cose erano precipitate. Con il passare degli anni, suo fratello si era chiuso sempre più in se stesso, nei brevi periodi che trascorreva a casa, spesso lo sentiva parlare da solo, di notte, fra i libri, nella semioscurità della sua stanza, dalla quale usciva raramente. Un giorno arrivò una nuova lettera di Silente, ma quella volta non era una lieta notizia, il preside comunicava che Jacob aveva intrapreso la ricerca delle Sale Maledette a Hogwarts, mettendo in serio pericolo la sua vita e quella dei suoi amici, per questo motivo era stato espulso e la sua bacchetta ritirata e spezzata e che presto sarebbe tornato a casa senza la possibilità di poter far parte del mondo magico. Ma Jacob, non torno mai a casa, scappò quella stessa notte da scuola e di lui non si seppe più nulla; molti asserirono che fosse diventato un mangiamorte e che militasse fra le schiere di Voldemort in persona, cosa che Elanor non accettò mai di credere. Quando fu il suo turno di andare a Hogwarts, l'unica cosa che desiderava era imparare quante più cose possibili per diventare una grande strega e vivere la sua adolescenza in maniera spensierata, magari in compagnia di amici, ma le cose erano andate un tantino diversamente ed Elanor si era ritrovata quasi per caso sullo stesso cammino intrapreso da suo fratello, quando il ghiaccio maledetto aveva iniziato ad avanzare per i corridoi della scuola, lei non era riuscita ad esimersi dal cercare e infine trovare lei stessa una delle Stanze che tanto ossessionavano Jacob. Dopo tre anni le Sale Maledette erano ormai diventate un chiodo fisso per Elanor, portandola a coinvolgere anche i suoi amici alla ossessiva ricerca e alla vaga possibilità di riabbracciare suo fratello, scoprire finalmente la verità e ridare prestigio al loro nome.

L'aria fredda dei sotterranei era smorzata solo dall'enorme camino che troneggiava nel mezzo della sala comune di Serpeverde, l'unico segnale che facesse intuire la differenza tra il giorno e la notte era il colore verde che assumeva l'acqua fuori dalle grosse vetrate quando i raggi del sole vi si infrangevano, non uno spiraglio di luce trapassava fra le grigie e antiche mura, ma quel posto che poteva sembrare tetro ai più, per lei era casa e vedere di tanto in tanto un tentacolo della piovra gigante fra le acque del lago nero o qualche avvincino passare davanti ai vetri, la rilassava; anche se in quel momento decisamente la stavano distraendo e lei quel mattino si era svegliata di buon ora e invece di recarsi in Sala Grande per la colazione si era rifugiata nel silenzio mattutino della sala comune per terminare la ricerca di Pozioni assegnata da Piton, doveva ricomporsi e trovare la concentrazione se non voleva ritrovarsi con una bella punizione e una manciata di punti in meno per la sua casata. Un lamento frustrato attirò la sua attenzione, alzò lo sguardo e solo allora si rese conto di non essere sola: Barnaby Lee era seduto a qualche metro di distanza, con le larghe spalle ricurve su libri e pergamene sparse sul tavolo di legno e l'aria affranta di chi non sa dove sbattere la testa. Sembrava essere immune al gelo che regnava nei sotterranei, con le maniche della camicia e del maglioncino della divisa perennemente arrotolate sulle braccia muscolose, anche troppo per un ragazzo di tredici anni. Barnaby era sicuramente uno dei ragazzi più ambiti della scuola, le ragazze non facevano che sospirare al suo passaggio anche se lei si era sempre chiesta se il ragazzo si fosse mai reso effettivamente conto dell'effetto che faceva alla popolazione femminile di Hogwarts. Era un abilissimo duellante, forse uno dei maghi più forti della scuola, nonostante la giovane età. Un altro sbuffo uscì dalle labbra del giovane, accompagnato da un leggero borbottio.
«Sono sei!» sentì la sua stessa voce prima ancora di rendersi conto di aver parlato. Barnaby sollevò di scatto la testa, pareva essersi accorto anche lui solo in quel momento della presenza di Elanor.
«Come hai detto?»
«I pungiglioni di Billywig, nella Pozione Risvegliante, sono sei.»
«Oh! Grazie!» Sembrò incerto, ma le labbra si aprirono in un largo sorriso; molti lo definivano tonto ma lei aveva sempre pensato che ci fosse qualcosa di più in Barnaby, oltre ai muscoli e un bell'aspetto.
Lo osservò ancora per qualche secondo, non si era mai accorta che avesse gli occhi cosi grandi e così verdi. Merlino, tre anni nella stessa scuola, nella stessa casa e nello stesso dormitorio e non lo aveva mai veramente visto.
«Sei qui!».
Il viso ancora sconvolto di Rowan entrò nella sua visuale, la cravatta come al solito annodata in modo approssimativo e i capelli scuri leggermente arruffati facevano intuire che si fosse svegliata in ritardo e vestita in fretta. Si sistemò meglio gli occhiali sul naso, incitandola ad andare o avrebbero fatto tardi alla lezione di trasfigurazione, e attirato così l'ira della McGranitt, che era solo pari alla collera di Piton. Si affrettò a completare le ultime righe della ricerca di Pozioni e a seguire la compagna fuori dai sotterranei.
«Come mai parlavi con Lee?» chiese improvvisamente Rowan una volta da sole.
«Perché? È così strano?» Rowan era sempre molto diffidente quando ci si avvicinava a qualcuno di diverso dalla loro solita cerchia di amici.
«Beh... è amico di Merula, e poi... voi non parlate mai... perché... è amico di Merula!»
«Gia!» Sbuffò, sistemandosi meglio la tracolla della cartella sulle spalle che continuava ad impigliarsi nei lunghi capelli platino e incamminandosi a passo di marcia nei corridoi, non sapeva spiegarsi il perché, ma si sentiva particolarmente infastidita da quella banale discussione, forse perché aveva appena realizzato che Merula Snyde, ormai sua acerrima nemica dal primo anno, poteva condizionare il suo rapporto con le persone; in effetti Barnaby non le rivolgeva quasi mai la parola, in realtà la ignorava il più delle volte, ma in presenza di Merula, era tutta un'altra storia... troppe volte si era ritrovata la strada sbarrata dalle larghe spalle del ragazzo, che come uno scudo umano, si ergeva a difensore della Snyde. Eppure non riusciva a trovarlo spiacevole, molte volte lo aveva visto bearsi della compagnia di cuccioli di animali durante la lezione di Cura delle Creature Magiche o intorno alla capanna di Hagrid, era sicura che ci fosse del buono in lui.
Un uragano biondo fermò la sua marcia e i suoi pensieri: «Finalmente ti ho trovata! Dove eri finita? Non eri in Sala Grande per la colazione!»
«Dovevo finire un compito di Pozioni!»
«Oh!» Bastava quella parola... Pozioni, per entusiasmare all'inverosimile Penny Haywood: una delle ragazze più apprezzate della scuola, bionda con gli occhi azzurri destava interesse nei ragazzi, ma la sua passione per le pozioni l'avevano resa una delle migliori allieve della materia in questione, anche perché aveva in quel modo attirato la benevolenza del professor Piton, e quella era una cosa decisamente più unica che rara. Simpatica, sempre sorridente, spesso logorroica e un po' invadente, Penny destava allegria ed era sempre disponibile, poi era una Tassorosso e... insomma, non si può non amare un Tassorosso!
«Ho avuto un'idea!»
Elanor stava per rimangiarsi i suoi stessi pensieri e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. L'ultima volta che Penny aveva avuto una grande idea, lei si era quasi presa un bolide in faccia durante una partita di Quidditch, certo quello le era valso un provino per un posto nella squadra di Serpeverde ed era stato anche un bene, se quell'anno la Rath, gigantesca battitrice della squadra di Corvonero, non volesse spaccarle tutte le ossa del corpo per impedirle di vincere la coppa di Quidditch.
«Penny... »
«Ho deciso che farò la Pozione Animagus!» la bionda sprizzava allegria da tutti i pori solo all'idea.
«La...la che? Esiste una Pozione Animagus?» Elanor era decisamente confusa.
«Certo! Esistono animagus naturali, come la McGranitt, ma anche chi si trasforma con un piccolo aiutino. Pare che la miglior Pozione Animagus sia stata creata proprio qui a Hogwarts, qualche anno fa, da un gruppo di ragazzini. Nessuno ne parla perché pare che nessuno se ne fosse accorto a quei tempi, tranne Gazza, ma lo avevano preso per matto quando aveva detto di aver visto un gruppo di animali girovagare per il castello insieme a un lupo mannaro!»
Elanor si sentiva sempre più confusa, Penny faceva questo effetto molto spesso: quando parlava a raffica ti offuscava la mente e il peggio era che in stato confusionale finivi per fare quello che voleva lei.
«Sapevo saresti stata entusiasta!»
Ecco, appunto! Quando aveva palesato il suo entusiasmo proprio non lo ricordava.
«Signorina Haywood, mi raggiunga nel mio ufficio, subito!» E la professoressa Sprite da dove era spuntata fuori?
«Merda! Devo andare, credo che la Sprite si sia accorta delle piante che mancano nella sua serra! Ci vediamo oggi dopo le lezioni in biblioteca e porta tutto!»
«Tutto cosa?»
«Quello che ci serve!»
«E come faccio a sapere cosa ci serve?»
«Signorina Haywood!» La Sprite non sembrava promettere nulla di buono con il suo tono.
«Lui lo sa!»
«Lui chi?»
«Talbott Winger, trovalo!» Con la chioma svolazzante Penny sia avviò verso l'insegnante di Erbologia e sua direttrice di casa e forse verso il patibolo, ma dopotutto, Penny non era una Serpeverde o una Grifondoro, sarebbe almeno sopravvissuta.
Elanor si sentì osservata e solo a quel punto si ricordò della presenza di Rowan accanto a lei.
«Chi è Talbott Winger?» chiese, più confusa di Elanor.
«Non ne ho la più pallida idea!».

Aveva fatto appena in tempo a varcare la soglia dell'aula di Trasfigurazioni che subito era stata accolta dallo sguardo di odio misto a disgusto di Merula, prontamente imitato da quello semi nascosto dai capelli unticci di Ismelda Murk, detta anche "Figlia di Piton", chiudeva il loro piccolo corteo l'alta figura di Barnaby, che si voltò appena verso di lei prima di prendere posto nell'aula; le aveva appena sorriso o lo aveva immaginato? Probabilmente la seconda, ma non aveva il tempo di rimuginarci troppo, aveva altro a cui pensare: doveva scovare quelle dannate Sale Maledette e trovare suo fratello, poi c'erano i continui problemi che le dava Merula, il disgusto di Piton, la Rath e le sue minacce di morte, la coppa di Quidditch e... aveva già detto del disgusto di Piton verso la sua persona? Ah! E ovviamente c'erano anche le "splendide" idee di Penny e il tizio che doveva trovare. Merlino! A Hogwarts c'erano centinaia di ragazzi, divisi in sette anni diversi e appartenenti a quattro casate differenti, un castello immenso con ancora posti sconosciuti allo stesso Silente... come accidenti avrebbe fatto a trovare quel Talbott Winger?
«Ciao Elanor Blair!» un viso sorridente era appena entrato nella sua visuale. Tulip Karasu, un nome una garanzia, quella di farsi uccidere o espellere.
«Ciao Tulip! Cosa hai fatto ai capelli?» la ragazza di fronte a lei si toccò istintivamente una ciocca di capelli più scura e bruciacchiata e sorrise maggiormente: «Oh! Questo! Niente di particolare, questa mattina volevo sperimentare un nuovo tipo di caccabomba ma quella palla di pelo spennacchiata di Mrs Purr era in agguato, quindi mi sono dovuta nascondere nello sgabuzzino delle scope e... beh! La caccabomba è esplosa!» il tono della sua voce esprimeva effettivamente normalità, come se quello che avesse appena detto fosse la cosa più normale del mondo. Elanor si chiese come poteva essere possibile non avere neanche un amico sano di mente.
«Come farai a trovare Talbott Winger?» la voce di Rowan l'aveva riportata alla realtà, per l'ennesima volta quella mattina.
«Non lo so! Suppongo che chiederò in giro!»
«Come mai stai cercando Winger?» si intromise Tulip. «Perché, lo conosci?» chiese speranzosa. «Beh! Conoscerlo è dire davvero troppo quando si tratta di Winger, ma è un Corvonero del mio anno! Non dirmi che non lo hai mai notato? Eppure condividerai con lui almeno una lezione da tre anni!».
Si sentiva una persona orribile, come faceva a non conoscere almeno tutti i nomi dei suoi compagni di corso?
«È quel tipo schivo, sempre da solo... la gente parla spesso di lui per via dei suoi occhi... rossi!» continuò Tulip.
«Certo! Ora ho capito chi è. Dicono che sia un vampiro!» intervenne Rowan abbassando il tono di voce, ma non abbastanza: «Dubito che lo sia veramente, la notte dorme!» Andre Engwu aveva appena fatto la sua apparizione, con la sua uniforme perfettamente in ordine e di ottima fattura, era così appassionato di moda che riusciva a non sfigurare anche se indossava semplicemente la divisa scolastica; come al solito lanciò furtivo uno sguardo alla cravatta di Rowan, perennemente male annodata, e cercò di mascherare un certo disgusto che evidentemente lo stava cogliendo.
«Condividiamo la stessa stanza e la notte dorme, non mi sembra proprio che se ne vada in giro ad affondare i denti nel collo di fanciulle indifese!»
«Concordo!» intervenne nuovamente Tulip «Anche se personalmente lo trovo piuttosto... inquietante e... » «Sexy!» completò Andre, anche se dall'espressione che aveva Tulip, non era decisamente ciò che la ragazza voleva dire.
«E sta entrando in questo momento!» aggiunse la Corvonero, prima di sgranare gli occhi: «Con la McGranitt!». Nel tempo che l'insegnante impiegò per raggiungere a grandi passi la cattedra, gli allievi erano già perfettamente accomodati nei banchi. Elanor cercò con lo sguardo Winger e vide qualche banco avanti a lei, un ragazzo avvolto nel mantello nero della divisa, con il cappuccio a coprire il capo, se ne stava in un angolo, da solo, senza degnare nessuno di uno sguardo. Vide dita sottili e ambrate sfogliare delicatamente le pagine del libro di testo, per poi abbassare il cappuccio e mostrare capelli castano chiaro che risaltavano sulla pelle scura del ragazzo. Ora lo ricordava, aveva più volte notato quella presenza schiva e silenziosa ma non lo aveva mai degnato di attenzione, vero era che Winger sembrava a suo agio nella solitudine ma era anche vero che Penny sembrava comunque conoscerlo, forse era lei ad essere così insignificante da non essere presa minimamente in considerazione.
«SIGNORINA KARASU, COS'È QUEST'ODORE NAUSEABONDO CHE PROVIENE DAI SUOI VESTITI!» la McGranitt sembrava particolarmente adirata, gli occhi sgranati e le labbra sottili e tirate all'inverosimile non contribuivano a renderla qualcosa di molto diverso da un'acromantula inferocita. Tulip iniziò a sproloquiare scuse a caso come suo solito, da perfetta Corvonero quale era se la sarebbe cavata sicuramente alla grande. Elanor sentì un formicolio al collo, come se qualcuno la stesse fissando insistentemente, si voltò verso Winger, ma lui se ne stava tranquillo con gli occhi e l'attenzione rivolti verso la lavagna sulla quale l'insegnante aveva iniziato a disegnare con la magia particolari sequenze di trasfigurazione, forse stava semplicemente iniziando ad avere le manie di persecuzione.
Come di consueto, a fine lezione tutti si precipitarono in fretta fuori dall'aula, lei racimolò velocemente i libri e le pergamene e fece cenno a Rowan di incamminarsi, lei aveva una persona da avvicinare, ma in pochi secondi Winger si dileguò in uno svolazzo di mantello fuori dall'aula. Rimasta sola si affrettò a corrergli dietro prima che qualcosa di duro la fermasse, sicuramente qualcuno aveva ben pensato di chiuderle la porta in faccia, anche se più che odore di legno sentiva odore di... paglia! Aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi dinanzi uno sguardo di fuoco, letteralmente... Talbott Winger era lì davanti a lei, un ciuffo di capelli chiari gli ricadeva leggero sulla fronte, il viso affusolato era ombrato da un'aria severa e gli occhi... Merlino, non aveva mai visto occhi del genere, neanche nel mondo magico: due pupille rosso scuro la scrutavano immobili. Sentì una morsa al petto, non si aspettava certo di essere presa così alla sprovvista o forse erano quegli occhi che la mettevano in soggezione o forse...
«Se mi stai cercando, farai bene a rivolgerti direttamente a me, invece di chiedere in giro informazioni!» aveva parlato con voce calma ma più sicura di quello che si sarebbe aspettato Elanor.
«Io... io... » perché accidenti balbettava adesso?! «Mi stavi cercando?» chiese lui sarcastico. Certo che lo stava cercando! Perché lo stava cercando? Oh Merlino! Penny... certo... Penny e quella sua cavolo di Pozione Animagus.
«Beh! Mi hai trovato!» lui se ne stava tranquillo e austero a guardarla dalla testa ai piedi «Io sono... » iniziò Elanor, ma lui la interruppe subito: «Lo so chi sei, spezzaincantesimi!».
Si sentiva una stupida, una completa stupida... e anche imbranata. Ma che accidenti le prendeva?!
«Penny, lei... » cercò di riprendere almeno il controllo di se stessa, ma lui la interruppe nuovamente: «So anche questo! Dopo le lezioni, davanti alla Sala Grande, gli altri saranno a pranzo e avremmo la via libera!» Avrebbe voluto chiedergli la via libera per cosa, ma lui le voltò improvvisamente le spalle e uscì dall'aula a grandi falcate.
Elanor si sentì come riemergere da una lunga immersione, respirò a fondo e si incamminò per raggiungere l'aula per lezione successiva, riproponendosi di riappropriarsi delle sue facoltà mentali per ora di pranzo, quel Talbott Winger era veramente un tipo strano.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


~~L'ora di pranzo era arrivata anche troppo velocemente e normalmente sarebbe stata anche una cosa piacevole, ma Elanor doveva incontrare Talbott Winger e così si incamminò di malumore verso la Sala Grande trascinandosi la tracolla sempre troppo stracolma di libri, prima o poi avrebbe dovuto trovare un incantesimo per ovviare a quel problema.
Trovò il ragazzo con la schiena poggiata al muro accanto all'enorme portone di legno, le braccia incrociate e la solita aria troppo seria: «Sei in ritardo spezzaincantesimi!».
«Non mi hai dato un orario preciso, appena sono terminate le lezioni ti ho raggiunto subito!» aveva omesso della sosta per andare in bagno, non le sembrava il caso, era comunque orgogliosa di sé, aveva finalmente ritrovato il suo spirito combattivo, la mattina era stata presa in contropiede, non si aspettava certo che un ragazzo schivo e solitario come Winger potesse essere così sarcastico e irriverente; era sicuramente quello che l'aveva destabilizzata.
Lui si scostò dalla parete e iniziò ad incamminarsi nel corridoio diretto chissà dove, mentre lei rimase inchiodata al pavimento a guardare il mantello del ragazzo svolazzargli sulle spalle e allontanarsi sempre più. «Muoviti spezzaincantesimi... non abbiamo tutto il giorno!» la voce di Talbott rimbombò nel corridoio deserto, ridestandola dal torpore come un getto di acqua gelida; quella strana e forzata collaborazione era iniziata nel peggiore dei modi.
Si fermarono davanti alla porta dell'ufficio di Gazza, lui la incitò con lo sguardo ad entrare, ma Elanor era dubbiosa e confusa. «So che ti sei già intrufolata qui dentro l'anno scorso. Gazza è in Sala Grande ad ingozzarsi con gli altri, abbiamo il campo libero. Avanti! È il tuo momento, dimostra le tue doti, spezzaincantesimi!».
«Smettila di chiamarmi in questo modo!» 
«Credevo fossi una spezzaincantesimi?!» fece lui sarcastico, in risposta la ragazza sollevò la bacchetta e la puntò contro la serratura della porta: «Alohomora!».  Talbott strabuzzò gli occhi rossi: «Hai davvero aperto l'ufficio di Gazza con un semplice Alohomora?» sembrava sinceramente stupito. «Gazza è un magonò, non è in grado di sigillare la porta del suo ufficio con la magia!» rispose lei ovvia «Credevo fossi un "Corvonero"?!» la "frecciatina" non passò inosservata e sicuramente procurò un leggero fastidio al ragazzo, ma Elanor giurò di aver visto una leggera increspatura sulle labbra, simile ad un sorriso, ma forse lo aveva solo immaginato. Entrarono nella piccola stanza chiudendosi la porta alle spalle.
«Perché siamo qui?»
«Volevo vedere se riuscivi ad entrare!»
Elanor strabuzzò gli occhi, ma quella volta vide realmente le labbra di lui tirarsi in un sorriso appena accennato, prima di emettere un leggero sbuffo, come se avesse a che fare con una ragazzina sciocca che non capiva le battute; lei era una ragazzina, forse anche sciocca, ma di sicuro lui non sembrava il tipo da battute.
«Dobbiamo cercare la crisalide di una falena sfinge testa di morto!» specificò Talbott.
«La che?»
«La crisalide di una falena sfinge testa di morto!» scandì meglio lui.
«E la cerchiamo nell'ufficio del custode?»
«Si! Perché Gazza ne ha confiscate una manciata la settimana scorsa! E lui non getta mai nulla via, neanche quello che rompe!» spiegò il corvonero, afferrando il manico spezzato di una scopa che si trovava in uno scatolone. Elanor la osservò malinconica, sperando che il proprietario non sperasse di riaverla: «Fa così perché non può usare la magia, per questo ci odia così tanto!» Winger la osservò per un momento, sembrava confuso o forse pensieroso.
«E com'è fatta questa... insomma, quello che cerchiamo?» chiese Elanor iniziando a guardarsi intorno.
«È una falena con una macchia a forma di teschio! Ci occorre per la Pozione Animagus!» spiegò lui, era la prima volta da quando si erano incontrati al mattino che parlava apertamente della pozione.
«Accio falena!» Talbott la guardò con un sopracciglio alzato: «Adesso non esagerare!»
«Ci ho provato!» fece lei scrollando le spalle, per poi mettersi alla ricerca di ciò che cercavano.
Lo trovarono venti minuti più tardi: «È questa?» chiese lei mostrando ciò che aveva trovato. «Esattamente! Ora andiamo via, prima di farci beccare e non so te, ma io non sono propenso a subirmi una punizione!».
«Dobbiamo andare nella stanza dei manufatti!» fece Talbott, percorrendo a grandi falcate i corridoi deserti, effettivamente era l'orario ideale per aggirarsi furtivamente in giro per il castello, erano tutti, insegnanti e alunni, in Sala Grande per il pranzo.
Il corvonero borbottò un incantesimo sotto voce ed entrarono nello stanzino buio e stretto che si illuminò fievolmente tramite una fiaccola su una delle pareti.
«Qui invece cosa cerchiamo?»
«Devo solo prendere della rugiada!»
«E credi di trovare della rugiada in questa stanza?»
«Non credo, ne sono sicuro, visto che ce l'ho nascosta io. Mi occorreva un luogo che non vede mai la luce del sole e che non viene calpestato da piedi umani, almeno per sette giorni, e questo posto era perfetto!» annunciò il ragazzo soddisfatto.
«Non vorrei deluderti Talbott, ma io e i miei amici ci chiudiamo spesso in questo stanzino!» lui si girò di scatto a guardarla e per un momento Elanor pensò che doveva essersi in qualche modo offeso perché lo aveva appena chiamato per nome, ma lui sorrise beffardo, questa volta in modo palese, e lei si accorse troppo tardi di ciò che aveva appena detto: «Beh! No... nel senso... ci entriamo, ma solo perché abbiamo delle cose da fare... » sbuffò, stava peggiorando la situazione e lui non la smetteva di sorridere, anzi, inaspettatamente le labbra si aprirono sempre più finché il ragazzo esplose in una fragorosa risata, gettando la testa all'indietro e socchiudendo gli occhi. Merlino, aveva una risata magnifica, il suono, la postura che assumeva... avrebbe dovuto ridere sempre... ma l'incantesimo durò poco, Talbott riportò gli occhi su di lei, mentre le labbra erano ancora piegate in un leggero ghigno: «Non credevo che a serpeverde foste così... aperti!» Elanor scosse la testa frustrata «Quello che volevo dire... »
«Ho capito!» la interruppe lui «Stavo solo scherzando!» aggiunse come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «E comunque, nell'ultima settimana non è entrato nessuno qui dentro, ho sigillato la stanza e ti assicuro che non sarebbe bastato un alohomora per aprirla!». Elanor si accorse in ritardo che Talbott si era avvicinato e continuava ad avanzare, lentamente, passo dopo passo; lei indietreggiò fino a sentire le ante dell'armadio dietro la sua schiena, lui era così vicino che i loro nasi si sfioravano. Quell'odore di paglia che proveniva da lui la stava quasi stordendo e avrebbe certamente chiuso gli occhi e respirato a pieni polmoni se gli occhi del corvonero non l'avessero quasi ipnotizzata, così rossi, con sfumature arancioni, come un tramonto...
Talbott si scostò improvvisamente «Eccola!» disse semplicemente, allontanandosi definitivamente dalla ragazza. Fra le mani aveva un cucchiaino d'argento che Elanor non si era neanche accorta avesse estratto, al suo interno quello che era senza ombra di dubbio rugiada. Lei riprese a respirare, doveva uscire da quella stanza, l'aria rarefatta le stava facendo uno strano effetto, doveva essere per forza quello. «Allora usciamo! Si soffoca qui dentro!» non finì neanche di parlare che già si stava dirigendo verso la porta, ma Winger le bloccava il passaggio, anche se non aveva mosso un muscolo per fermarla: «Credevo fossi abituata a stare chiusa in questo stanzino?» di nuovo quel sorriso beffardo «È forse la mia presenza che ti innervosisce? Lo so cosa si dice di me in giro, credono che io sia un vampiro. Hai forse paura di essere morsa, spezzaincantesimi?»
«Certo che no! Non dire assurdità!» non gli diede il tempo di replicare, in un secondo fu fuori dalla stanza e fu come tornare a respirare.
«Abbiamo tutto?»
«Manca solo una foglia di Mandragola, ma quella posso raccoglierla tranquillamente dopo, a lezione di Erbologia!» rispose il giovane. «Ci vediamo più tardi in Biblioteca, Elanor.» il suo nome appena sussurrato le sembrò di averlo immaginato, ma quando alzò gli occhi a guardarlo, lui era già sparito.

«Elanor Blair ti rendi conto che questa potrebbe essere la posizione esatta della prossima Sala Maledetta?» Tulip la osservava confusa, sicuramente si aspettava una reazione più entusiasta in merito. Avevano appena trovato una pergamena con disegnata la Biblioteca di Hogwarts con una grossa X su una zona imprecisata del Reparto Proibito, erano giorni che cercavano incessantemente nuovi indizi in quella che ormai chiamavano "La stanza di Jacob", a quanto pareva suo fratello la usava come ufficio per indagare indisturbato sulle Sale Maledette durante il suo soggiorno a scuola.
«Me ne rendo conto e come, ma... » sbuffò, incerta «Merula mi sta con il fiato sul collo! Se sa che vogliamo entrare nel Reparto Proibito per cercare un'altra Sala Maledetta, farà di tutto per intrufolarsi o peggio, potrebbe denunciarci agli insegnanti, potrebbero espellerci!» Elanor era decisamente combattuta: da una parte voleva cercare assolutamente la prossima Sala, ogn'una di esse era un passo in più verso suo fratello, ne era certa, ma allo stesso tempo non voleva rischiare di essere espulsa da Hogwarts, i suoi genitori oltretutto non lo avrebbero sopportato nuovamente, oltre a mettere in serio pericolo anche i suoi amici.
«Lo so che cosa stai pensando, ma noi siamo con te! Tutti noi! Sono certa di poter parlare anche a nome degli altri. Ma devo ammettere che Merula è decisamente un problema!» dovette ammettere Tulip. «Abbiamo bisogno di aiuto, e so chi può darcelo!» Elanor la osservò con aria interrogativa, chi sarebbe mai andato contro Merula per aiutare lei? In tutta risposta l'amica corvonero le rispose: «Barnaby Lee!»
«Barnaby? Ma è amico di Merula!»
«Barnaby non è come lei, sono amici perché credo lo fossero da bambini, sai i loro genitori erano... erano... »
«Mangiamorte» terminò al suo posto l'altra.
«Gia! Ma lui è diverso, molte volte ho colto nel suo sguardo qualcosa, come se disapprovasse alcuni atteggiamenti della Snyde. Sono certa che potresti convincerlo ad aiutarti, Lee è un ottimo duellante, dicono che sia addirittura uno dei migliori, anche rispetto a ragazzi più grandi!»
«Ma come faccio a convincerlo Tulip? Ci rivolgiamo a stento la parola!» Elanor si ritrovò suo malgrado a ricordare l'espressione del compagno quella stessa mattina.
«Siete entrambi serpeverde, sono certa che troverai un modo per avvicinarlo!»
«Ci proverò!» il suo tono però era piuttosto sconfortato. «Ora devo andare, mi aspetta Penny!» salutò l'amica e si incamminò verso la Biblioteca e quella che sembrava una giornata interminabile.

La prima cosa che si notava appena si varcava la soglia della Biblioteca, era il silenzio tombale che vi aleggiava, era così che desiderava e pretendeva Madama Pince, regina incontrastata di quel regno fatto di scaffali pieni di libri antichi. I ragazzi del primo anno erano praticamente terrorizzati all'idea di varcare la soglia di quell'antro silenzioso, mentre i ragazzi più grandi ed esperti dei modi della Pince... anche. Un ragazzino di Grinfondoro tossì sonoramente, ma ad uno sguardo perforante di Madama Pince, il povero ragazzo cercò di trattenere l'eccesso improvviso di tosse, diventando di conseguenza color porpora. Elanor cercò di far meno rumore possibile, anche i passi sul vecchio e scricchiolante pavimento spesso infastidivano la bibliotecaria, mentre raggiungeva lentamente il lungo tavolo in fondo dove sedeva di solito con i suoi amici, soprattutto se dovevano confabulare su cose non propriamente lecite, tipo una pozione per trasformarsi in animali; mentre salutava gli amici e prendeva posto vide in lontananza il ragazzino rosso-oro diventare quasi cianotico, ma dopotutto era meglio soffocare che finire nel mirino dell'ira della Pince. Al tavolo erano già presenti Penny, Rowan e Talbott con aria circospetta, in un angolino era presente anche Ben Copper, Grifondoro che della dote principale della casata aveva ben poco, se ne stava infatti con il viso pallido e gli occhi sgranati ad osservare Talbott, probabilmente le stupide voci sul corvonero che si nutriva di sangue umano avevano raggiunto anche le sue orecchie perennemente terrorizzate come d'altronde il resto del corpo; infine, poggiata svogliatamente al tavolo a mangiare Api Frizzole, c'era Ninphadora Tonks, tassorosso del terzo anno perennemente in mezzo ai guai... e in punizione, girava voce che avesse fatto perdere una volta anche le staffe a Vitius in persona, andava lungamente fiera delle sue doti naturali di metamorfomagus e... guai a chiamarla Ninphadora!
«Siete riusciti a prendere tutto l'occorrente?» chiese Penny con voce appena udibile, rivolta a Elanor e Talbott. Quest'ultimo annuì con il capo e tirò fuori un sacchetto facendo appena notare gli ingredienti che avevano recuperato; la serpeverde notò che c'era anche la foglia di Mandragola. «Perfetto! Non mi resta che creare la pozione!» il sorriso della bionda non mascherava l'adrenalina per il misfatto.
«Dobbiamo decidere chi sarà a berla» Rowan continuava a guardarsi intorno preoccupata, o forse era semplicemente imbarazzata per le occhiate terrorizzate che Ben, seduto accanto a lei, continuava a lanciare a Talbott.
«Credevo l'avremmo bevuta tutti»
«No Elanor, non possiamo, è già rischioso così, se la beviamo tutti potremmo non riuscire a passare inosservati!» chiarì Penny «A me basta preparare la pozione, non mi interessa utilizzarla!» puntualizzò per poi guardarsi intorno.
«Io non ci tengo a diventare un qualche animaletto» Rowan si sistemò meglio gli occhiali sul naso, conoscendola bene, Elanor immaginò che stesse sudando copiosamente solo all'idea.
«Io ho già le mie metamorfosi! Non guardate me!» disse Tonks, mentre si infilava in bocca un'altra caramella.
«Io... io... io non... io non posso.. » Ben troppo terrorizzato non riusciva neanche a parlare. A quel punto tutti si voltarono a guardare Elanor «Tu saresti perfetta!» Penny sorrideva, mentre gli altri annuivano. Istintivamente Elanor guardò Talbott, era sicura che lui volesse provare la pozione, ma il ragazzo se ne stava tranquillo, senza neanche degnarla di uno sguardo.
«Se... nessun'altro vuole provare» disse incerta, aspettandosi una qualche reazione da parte del corvonero, che invece rimase impassibile.
«Perfetto! Allora siamo tutti d'accordo! La pozione una volta pronta deve fermentare per trenta giorni, durante i quali tu Elanor dovrai tenere per sette ore ogni notte, la foglia di Mandragola in bocca!»
«Tutte le notti? Per trenta giorni?»
«Si esatto! Se per qualche motivo dovresti perderla, dovremmo ricominciare tutto da capo»
Elanor cominciò ad essere meno entusiasta dell'idea di diventare Animagus.
«Fra trenta giorni, al primo temporale, berrai la pozione!» concluse Penny. Nessuno ebbe nulla da obiettare, così si congedarono per tornare alle loro faccende scolastiche, Ben in particolar modo scattò via come un fulmine fuori dalla Biblioteca.
Elanor si ritrovò a camminare con Penny in corridoio, anche per aggiornarla dei nuovi risvolti riguardo le Sale Maledette.
«Tulip ha ragione, credo che Barnaby Lee potrebbe esserci molto di aiuto. Fra noi tu sei l'unica brava a duellare, ma se sei impegnata ad aprire la Sala, chi fermerebbe Merula? Barnaby è bravo in quello!» asserì con convinzione la tassorosso.
«Lo so, devo solo trovare il modo di avvicinarlo, ma non credo sarà facile!»
Penny sorrise: «Tu puoi fare tutto Elanor! E tra un po' sarai anche un animagus, in che animale ti piacerebbe trasformarti?»
«Non saprei, forse un uccello, ho sempre desiderato poter volare»
«Ci riusciremo, vedrai!»
«Perché tu sei una brava pozionista!» asserì convinta Elanor, poi il suo tono cambiò: «A proposito della pozione Penny, credevo che Talbott volesse provarla! Dopotutto è stato lui ha procurarsi il necessario, io ho fatto poco e nulla»
«Talbott non vuole usare la pozione. L'ho convinto io ad aiutarmi perché è particolarmente serrato sull'argomento, sua madre era un animagus e lui conosce molte cose in merito, anche l'incantesimo che ti occorre»
«Quale incantesimo?»
«L'incantesimo necessario affinché la trasformazione abbia il giusto effetto! A quanto pare è molto complesso, ma avrai un buon insegnante, Talbott è uno dei migliori allievi di Hogwarts!»
«Ma... Penny... io, non posso, non con lui!» Elanor era sconvolta all'idea di trascorrere del tempo da sola con Winger, quel ragazzo non sapeva come o perché ma riusciva a metterla in soggezione.
«Accidenti è tardissimo! Il mio prefetto mi ucciderà se non mi sbrigo!» Penny era sempre particolarmente impegnata e il più delle volte la si vedeva correre da un'ala all'altra del castello divisa tra una faccenda e un'altra, ma se avevi bisogno di Penny Haywood lei c'era, sempre.
«Sta tranquilla, andrà tutto bene!» disse mentre si allontanava in tutta fretta «Lo so che Talbott è un po'... strano, ma sono sicura che alla fine vi troverete bene insieme!» Penny sembrava nutrire una grande fiducia nel ragazzo, mentre Elanor lo avrebbe certamente definito con una parola simile a quella ch aveva utilizzato l'amica, almeno le prime lettere, ma decisamente la parola che avrebbe utilizzato non era "strano".
Sbuffò, ormai rassegnata all'idea di aver aggiunto un nuovo problema al suo elenco già ben fornito. Guardò verso l'enorme arcata che dava sul cortile e notò, appollaiato sulla grigia pietra, una grossa aquila, che pareva guardarla anche in maniera piuttosto truce. «E tu? Cos'hai da guardare?» in risposta l'uccello sembrò affilare, se possibile, ancora di più lo sguardo. Elanor fece per avvicinarsi, quel pennuto aveva qualcosa di stranamente familiare... ma l'aquila con uno scattò volò via lontano. La ragazza scrollò le spalle e si incamminò verso i sotterranei borbottando tra sé: «Uccellaccio!».

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


~~La colazione ad Hogwarts era sicuramente il momento della giornata più silenzioso in assoluto, un po' perché la presenza degli alunni in Sala Grande era pressoché dimezzata, visto che molti preferivano saltare il primo pasto della giornata per guadagnare qualche minuto in più di riposo, altro motivo era che tutti erano troppo impegnati a cercare di non riaddormentarsi con la testa nel porridge per intavolare una qualche discussione con i loro commensali; di conseguenza spesso l'unico suono che si udiva era il rumore di stoviglie e lo sbattere delle ali dei gufi che sorvolavano i lunghi tavoli alla ricerca del destinatario della lettera che dovevano consegnare.
Tutt'altra storia era invece il pranzo, surclassato in termini di caos solo dalla cena, ma quella era una vera è propria baraonda degna di una rivolta di goblin. Durante i momenti del pasto centrale, la Sala Grande si trasformava in un unico e frastornante miscuglio di voci, dove a malapena si riuscivano a distinguere discorsi sul Quidditch da commenti sulle ultime notizie sulla Gazzetta del Profeta, da lamentele su punti persi e ingiustizie subite da parte degli insegnanti durante le lezioni mattutine a sproloqui di ragazze che si scambiavano consigli di trucco e abbigliamento, fino a veri e propri attacchi di panico per interrogazioni o esami che ci sarebbero stati nel pomeriggio e che a malapena si conosceva la materia di appartenenza.
Il tavolo di Serpeverde era sicuramente il più pulito e ordinato, ma non per questo meno rumoroso: qualche ragazzo dell'ultimo anno stava raccontando una barzelletta piuttosto spinta a un gruppetto di primini che li guardavano a bocca spalancata pendendo letteralmente dalle loro labbra, mentre Merula Snyde alzava gli occhi al soffitto disgustata dalla barzelletta spinta e annoiata per essere stata costretta ad ascoltarla per la centesima volta e infastidita per... beh... Merula era sempre infastidita, da tutto e tutti. Poco distante un'entusiasta Barnaby mostrava al prefetto Rosier l'asticello che gli aveva momentaneamente affidato il professor Kettleburn:
«Come farò quando dovrò restituirlo? Se mi affeziono e non riesco più a separarmene?» chiedeva Lee, di fianco a lui Ismelda nascondeva un sorriso languido dietro i lunghi capelli neri.
Elanor Blair spostò lo sguardo, come era solito fare, lungo tutta la Sala Grande: il tavolo dei Grifondoro era sicuramente il più caotico in assoluto, palline di molliche di pane, e forse anche di altro, volavano da un lato all'altro del lungo tavolo, le ragazze nel mezzo urlavano infastidite e spaventate che qualcosa finisse nei loro capelli, fra di loro c'era anche Ben, ma lui era solo spaventato, come sempre; allo stesso tavolo Charlie Weasley era intento a fregarsene di ciò che gli accadeva intorno mentre addentava una coscia di pollo, mentre suo fratello Bill, da buon prefetto, lanciava di tanto in tanto qualche sguardo ammonitore ai suoi compagni, ma piuttosto blandamente, dopotutto era vero che erano in una scuola ma erano comunque degli adolescenti e avevano diritto a divertirsi.
Il tavolo Tassorosso era invece il più colorato, sembrava praticamente impossibile per loro indossare la divisa senza ornarla con qualche sciarpa o cianfrusaglia dai colori accesi, per di più era anche il tavolo con la presenza maggiore di animali da compagnia, non era raro infatti che qualcuno si trovasse un topo o un rospo a nuotare allegramente nella minestra; in quel momento il tavolo pareva diviso in due: i ragazzi erano intenti in un dibattito sui diritti delle creature magiche, le ragazze invece pendevano completamente dalle labbra di Penny Haywood che sicuramente le stava deliziando con un nuovo pettegolezzo.
Al tavolo dei Corvonero le cose cambiavano radicalmente: l'atmosfera era sicuramente più tranquilla, tranne se spostavi lo sguardo sull'angolo sinistro del tavolo, dove era solita sedersi Tulip, che spesso era alle prese con qualche strano e sicuramente illegale esperimento, come in quel preciso istante, visto lo sguardo di concentrazione che aleggiava sul suo volto mentre trafficava con qualcosa sulla schiena della sua rana Denis, e doveva essere sicuramente qualcosa di altamente devastante se addirittura aveva scomodato la testolina rosa di Tonks, che dal tavolo Tassorosso aveva raggiunto la compagna di disavventure al tavolo dei corvi con un sorriso a trentadue denti. Elanor spostò lo sguardo, non voleva saperne nulla dei disastri che combinavano quelle sciagurate delle sue amiche, ma la sua attenzione fu nuovamente portata al tavolo Corvonero, quando una figura magra ed elegante entrò nella sala quasi di soppiatto e con lo sguardo basso, per andare a prendere posto per il pranzo, come al solito non aveva degnato nessuno di un solo sguardo e come al solito sedeva da solo, in disparte, quasi non volesse essere disturbato o non volesse disturbare nessuno con la sua sola presenza. Talbott Winger era per lei assolutamente irraggiungibile, era pur vero che in passato aveva a stento notato la sua esistenza, ma da quando si erano avvicinati per la prima volta i loro rapporti erano... nulli, niente di niente, lui era sempre schivo e lei non era riuscita neanche a dirgli un semplice "ciao". La cosa che preoccupava di più Elanor era l'incantesimo per diventare Animagus, Penny aveva ormai iniziato la pozione e in meno di trenta giorni avrebbe dovuto berla, ma senza quell'incantesimo nulla sarebbe servito e lei al momento non aveva neanche idea della eventuale difficoltà che avrebbe potuto incontrare nell'impararlo. Forse Penny si sbagliava, forse Talbott voleva diventare Animagus e si era offeso per non essere stato preso in considerazione, forse avrebbe dovuto affrontarlo direttamente, magari bloccarlo in un corridoio e parlargli faccia a faccia, occhi negli occhi, no... forse gli occhi era meglio lasciarli perdere. Un battito d'ali attirò la sua attenzione e per un momento Elanor osservando un gufo svolazzare sulla sua testa, si immaginò in forma Animagus a volare libera... fin quando il gufo in questione non atterrò dritto davanti a lei, quasi rovesciando il suo calice di succo di zucca, il pennuto le consegnò una piccola pergamena arrotolata e riprese il suo volo. La ragazza curiosa srotolò veloce il foglietto e lesse la missiva, era in una scrittura elegante e curata.

Credo sia arrivato il momento per te di imparare qualcosa che ti occorrerà a breve...
Ti aspetto alle 18:00 nell'aula di Trafigrazioni
Non tardare, non amo aspettare
                                                                                                       
                                                                                                             Talbott Winger

Elanor si stupì non poco, visto i recenti avvenimenti, del tutto nulli, non si sarebbe mai aspettata un messaggio da parte del corvonero; sollevò lo sguardo, lui la stava guardando. Si ritrovò istintivamente a sorridergli e si stupì nuovamente quando il ragazzo sorrise a sua volta. Forse, dopotutto, Talbott non era arrabbiato.
«A chi stai sorridendo?» la voce di Rowan la ridestò come da un sogno ad occhi aperti, quella ragazza aveva sempre un gran tempismo. «A nessuno! È per la questione Animagus!» disse abbassando la voce e sventolando il biglietto tra le sue mani. La compagna fece un cenno con la testa ad indicare che aveva capito, poi abbassò a sua volta la voce: «E invece... l'altra questione?» fece indicando il lato del tavolo occupato da Barnaby.
Elanor sbuffò impercettibilmente: «Ci sto lavorando!» disse poco convinta, la verità è che non aveva idea di come avvicinare il ragazzo, non avevano nulla in comune, tranne l'appartenenza alla stessa casata e lei non sapeva nulla di lui, tranne che era amante degli animali e che era un ottimo duellante, forse dopotutto aveva qualcosa a cui appellarsi per avvicinarlo. Si ripropose di tentare al più presto, ma al momento aveva altro a cui pensare: doveva diventare Animagus e l'unico che poteva aiutarla era un tipo asociale e solitario, e lei poteva tener testa solo ad un troll per volta.

Quando Elanor entrò nell'aula di Trasfigurazioni trovò Talbott poggiato mollemente alla scrivania, con le mani in tasca e l'aria come al solito seria. Si aspettava un qualche commento sarcastico, ma il ragazzo la salutò cordialmente per poi iniziare subito la spiegazione dell'incantesimo.
«Talbott, un momento, un momento... perché siamo qui?» il corvonero la osservò confuso: «Siamo qui perché devi imparare l'incantesimo che ti permetterà di diventare Animagus, lo hai scordato?»
«No! Intendevo, come mai siamo nell'aula di Trasfigurazioni? Insomma... se ci beccano?»
«Teoricamente stiamo studiando, e non è illegale neanche per le regole della scuola e comunque, ho chiesto personalmente il permesso alla McGranitt!» asserì Talbott tranquillo.
«La professoressa McGranitt ti ha permesso di usare la sua aula?»
«Precisamente! E sa anche perché siamo qui! Ma questo non dirlo a Penny, le piace pensare che sia qualcosa di assolutamente vietato!»
Lui le aveva appena confidato un segreto? Talbott? Talbott Winger aveva un segreto con lei?
«Perché ci permette di farlo?» le sembrava così assurdo che un'insegnante sapesse cosa stavano facendo e lo permettesse tranquillamente.
«La professoressa McGranitt è un animagus!» certo, che sciocca era stata, la loro insegnante era lei stessa un animagus e chi più di lei poteva comprendere l'entità della loro impresa, eppure le sembrava comunque strano che non fosse almeno presente per assicurarsi che tutto andasse secondo i piani, insomma... erano degli adolescenti non ancora esperti, potevano fare dei danni.
«Ora che ho eliminato i tuoi dubbi, direi che possiamo iniziare con la lezione. L'incantesimo è molto complesso, sia la formula che il movimento che occorre per realizzarlo correttamente. Prima iniziamo, prima imparerai a padroneggiarlo!».
Dopo un'ora chiusa in quell'aula Elanor si convinse che non sarebbe mai riuscita a trasformarsi, l'incantesimo era veramente complesso e la formula, assolutamente impronunciabile, avrebbe miseramente fallito e deluso tutti.
«Amato Animo Animo Anim... »
«No! Ripeti... Amato Animo Animato Animagus!» scandì Talbott. Il ragazzo da buon Corvonero ricercava la perfezione, ma era paziente e si prodigava diligentemente nella spiegazione dell'incanto. «Saresti un ottimo insegnante!» gli disse Elanor, suscitando una leggera risata nel giovane: «Preferisco diventare Auror!»
«Sul serio?» era piuttosto sorpresa, Talbott non sembrava una persona particolarmente interessata al pericolo, ma forse lei non lo conosceva abbastanza.
«Ti stupisci?»
«Da quando sono a Hogwarts non mi stupisce più nulla!»
Si sorrisero, prima che lui riprendesse il controllo della lezione: «Forza! Torniamo all'incantesimo, non distrarti!» più facile a dirsi che a farsi... "Ci pensano già i tuoi occhi a distrarmi" pensò Elanor, ma ebbe il buon senso di non dirlo ad alta voce, sarebbe stato decisamente imbarazzante; ma era vero, più volte era rimasta a osservare imbambolata gli occhi rossi del ragazzo, erano ipnotici. Si era soffermata anche su tutta la sua figura: indossava solo la camicia della divisa, perfettamente inamidata e candida che rifletteva particolarmente sulla sua pelle abbronzata, la cravatta annodata alla perfezione e la postura elegante, Andre sarebbe stato fiero di lui. Era bello Talbott, non una bellezza mascolina come quella di Barnaby, lui era molto più magro e decisamente meno muscoloso rispetto al serpeverde, ma aveva qualcosa di assolutamente attraente, che affascinava, o comunque sembrava avere una certa influenza su di lei che si sentiva come una falena attirata dalla fuoco... quello degli occhi di lui.
Si ritrovò il corvonero alle spalle senza neanche accorgersene, una mano sul fianco sinistro, mentre la destra andava lentamente a sollevarsi per poggiarsi sulla sua che impugnava la bacchetta «Movimenti lenti, non irrigidire il polso, cerca di rilassarti!» spiegò lui, mentre con dita sinuose circondava il polso della ragazza. Elanor si sentiva accaldata, eppure, sentì la mano di Talbott bollente come la morsa delle fiamme; uno strano formicolio le attraversò la schiena e le trapassò lo stomaco, perché le faceva quell'effetto? Per un attimo desiderò che la mano che lui teneva delicatamente sul suo fianco rafforzasse la presa, che la stringesse a se, ma subito arrossì violentemente e si sentì imbarazzata per aver anche solo pensato una cosa del genere, ma che cavolo le prendeva?
«Stai bene?» chiese Winger e lei si sentì avvampare maggiormente «Forse sei troppo stanca, sarà meglio fermarci qui per oggi!»
Quando lui si allontanò, tutto quel calore che aveva avvolto la ragazza cessò all'improvviso, lasciandola frastornata.
«La prima parte della pozione è quasi pronta, da domani notte dovrai dormire con la foglia di Mandragola, non dimenticartene!»
«Certo! Tulip Karasu ha infatti organizzato una sorta di pigiama party nel dormitorio Corvonero, una sorta di festa pre-pozione credo... è difficile capire le intenzioni di Tulip, non sapevo neanche che fosse a conoscenza della pozione Animagus.»
Talbott sorrise: «È difficile tenere qualcosa nascosto a Tulip, soprattutto se è qualcosa che potrebbe mandarci nei guai!» Elanor non riuscì a non essere d'accordo.
«Talbott, mi dispiace... per la scelta, insomma... gli altri hanno scelto me per bere la pozione... »
«E non potevano fare scelta migliore!» lui parve sul serio convinto e questo stupì non poco la serpeverde.
«Credevo che volessi trasformarti in animagus!» stava per aggiungere altro e scusarsi ancora, ma Talbott la precedette: «Ti sbagli! Non voglio bere quella pozione!». Molti pensieri a quelle parole iniziarono ad affollare la mente di Elanor, qualcosa nelle sue parole aveva destato la sua attenzione, poi lui le fece una domanda inaspettata: «In che animale ti piacerebbe trasformarti?»
«In un uccello!»
«Come mai?» il tono di voce del ragazzo sembrava essere diventato improvvisamente timoroso «Poter volare e sentirmi libera, credo sia una sensazione bellissima!»
«Non ti senti libera?»
«Non è questo, è che... poter volare via... senza pensieri... sarebbe bello!» era difficile per Elanor cercare di spiegare come spesso si sentiva, la morsa che l'attanagliava ogni volta che pensava alle Sale Maledette, a suo fratello Jacob, ai suoi genitori...
Quando sollevò lo sguardo e incrociò quello di Talbott, lui la stava guardando con gli occhi sgranati e la bocca leggermente aperta, come se stesse per dire qualcosa ma non riuscisse ad emettere un solo suono. Il giovane espirò forte, come per riprendere il controllo: «Sarà meglio andare, è anche ora di cena!». Detto ciò uscirono dall'aula e si incamminarono fino alla Sala Grande, in silenzio, prima di separarsi il ragazzo si voltò verso di lei e le sorrise tranquillo, in quel momento Elanor non seppe spiegarsi il perché quel ragazzo fosse così schivo e solitario, sapeva essere gentile e disponibile dopotutto.
«Allora, ci vediamo questa notte!»
Elanor sobbalzò a quella frase: «Cosa?»
«Il pigiama party a Corvonero, lo hai detto tu prima!» in quel momento si ricordò che lui era un Corvonero e che sicuramente lo avrebbe visto entrando nella torre designata alla sua casata.
«Certo! Certo!».
Si salutarono con un cenno della testa e ogn'uno andò a prendere posto alla propria tavolata, distanti, ma inconsapevolmente, un po' più vicini.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Buonsalve a tutti!!!!!!! Volevo ringraziare chi ha iniziato a leggere questa storia nata un po' per caso, cercavo una fan fiction su Hogwarts Mystery e avendone trovate veramente poche ho ben pensato di scriverla io. Erano anni che non scrivevo una fan fiction, da quando da adolescente mi allenavo con la scrittura, ma devo dire che tornare alle origini non fa sempre male, anzi...
Ad ogni modo grazie a chi è arrivato fin qui, a Farkas per la bellissima recensione (riguardo Piton e Silente ci vuole ancora un po' per delle delucidazioni) e anche ai lettori silenziosi, l'importante è esserci.
Ora Bando alle ciance, vi lascio al capitolo e "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni"

Capitolo 4


~~Tulip Karasu era sicuramente una delle ragazze più strambe di Hogwarts, magrissima e con una lunga chioma rosso fuoco si aggirava per il castello con la divisa sempre in disordine e scarpe, a dire di Andre Engwu, "assolutamente inguardabili e rasenti il disgusto", una delle cose che crucciavano maggiormente il suo compagno di casata era il fatto che le scarpe di Tulip fossero quasi sempre sprovviste di lacci, e non perché non ne fossero dotate, ma perché la ragazza continuava a sfilarli per legare una caccabomba sulla schiena della sua inseparabile rana per sfidare il malcapitato di turno a disattivare l'ordigno prima che esplodesse diffondendo il terribile puzzo per il quale era stata creata; questa situazione avrebbe anche potuto incolpare la corvonero di maltrattamento di animali, se la rana in questione non si fosse divertita più della padrona con quel macabro rito. Tulip era stravagante, folle, assidua frequentatrice del negozio di scherzi di Zonko e veniva considerata "strana" da molti, il suo essere spesso esclusa anche dai suoi stessi compagni di casa l'aveva ferita molto in passato, anche se lei avrebbe sempre negato, ma la verità è che era molto più allegra e sorridente da quando aveva fatto amicizia con Elanor e il suo gruppo di squattrinati amici ed era con un largo sorriso che l'avevano trovata le sue amiche davanti alla porta che conduceva alla torre dei Corvonero. L'idea del pigiama party le era venuto quando le sue compagne di stanza avevano annunciato che avrebbero partecipato ad una piccola e privata festa nella stanza di alcune ragazze del quinto anno, ovviamente non invitando Tulip, che non si era assolutamente scoraggiata, anzi aveva deciso che avrebbe organizzato una festicciola tutta sua, nella sua stanza che per quella sera sarebbe stata tutta a sua disposizione, visto l'assenza delle coinquiline.
«Dimmi che è vero!» disse subito Rowan alla rossa appena la vide «Dimmi che è vero che a Corvonero non c'è la parola d'ordine ma un indovinello da risolvere!»
«Certo che è vero! Credevo che Elanor te lo avesse detto, ad inizio anno era entrata in dormitorio con Skye Parkin»
«Sei entrata a Corvonero?» chiese prontamente Tonks, quasi offesa per essere stata esclusa da una tale malefatta.
«Si, per cercare la scopa, è successo quando Skye credeva che a rubarla fosse stata la Rath» si giustificò Elanor, guardandosi furtivamente intorno, caso mai ci fosse stata la battitrice nei dintorni.
«Ma non abbiamo risolto nessun indovinello. Avevamo minacciato un ragazzino del primo anno per entrare»
«Sembrava più facile» aggiunse un po' imbarazzata. In risposta Tonks esplose in una fragorosa risata che rimbalzò lungo le pareti di pietra del corridoio «Beh! È da serpi!». La serpeverde alzò le spalle, non ebbe nulla da obiettare, dopotutto era la verità.
«Forza, andiamo!» disse Tulip per poi rivolgere l'interesse alla porta scura e senza maniglia o serratura, che in risposta enunciò il suo dilemma: «La mia vita può durare qualche ora, quello che produco mi divora. Sottile sono veloce, grossa sono lenta e il vento molto mi spaventa. Chi sono?»
Tulip aggrottò la fronte, ripetendo sottovoce l'indovinello e rimuginandoci sopra, mentre Elanor pensò a quanto dovevano essere acuti e intelligenti gli appartenenti a quella casa, per riuscire a risolvere un indovinello diverso ogni volta che avevano necessità di entrare nel loro dormitorio.
«La candela!» annunciò Tulip a gran voce «Sei una candela!» non finì di parlare che la porta si spalancò permettendo alla ragazza e alle sue amiche di entrare e ammirare l'eleganza che regnava in quella casa dove l'intelletto dominava.
«Per fortuna il Cappello non mi ha smistata a Corvonero, credo che avrei finito con il dormire sempre sul pavimento del corridoio!» Tonks si sentì in dovere di esprimere il suo personale parere e, anche se nessuno commentò, ebbero tutte lo stesso esatto pensiero, ovviamente ad esclusione di Tulip, che invece avanzò tranquilla e sorridente.
Elanor aveva avuto già modo di ammirare quella sala comune, anche se la volta precedente l'ansia di essere scoperta non le aveva permesso a pieno di godere di quella vista: appena entrati si restava colpiti dalla maestosità della statua raffigurante Priscilla Corvonero, per poi restare incantati dalle immense vetrate ad arco e dalle numerose scaffalature ricolme di libri che circondavano interamente la stanza, fino a raggiungere la cupola con il suo spettacolare cielo stellato che si specchiava sulla moquette blu notte. La sala era decisamente più popolata rispetto all'ultima volta, decine di ragazzi e ragazze sostavano a chiacchierare sui divani o giocavano a scacchi magici, qualcuno si voltò incuriosito dallo strano gruppetto, molti si voltarono a salutare incuriositi Penny, quella ragazza conosceva veramente tutti. Rowan era rimasta praticamente imbambolata nel mezzo della stanza, aveva sempre desiderato entrare nella sala comune dei corvonero, mentre Tonks e Tulip iniziarono subito a coonfabulare con un ragazzo particolarmente tarchiato dall'aria sveglia ma intenzioni pessime, visto che stava facendo rovistare alle ragazze in una scatola colorata con una Z stampata sopra, Elanor distolse lo sguardo come era solito fare quando quelle due avevano lo sguardo complice e un sorriso sornione dipinto sul viso, ma in quel caso sarebbero stato meglio continuare ad osservare le sue amiche tentare di farsi espellere piuttosto che assistere alla scena che si aprì davanti ai suoi occhi: Talbott Winger era accanto alla scalinata che portava sicuramente ai dormitori, indossava il pantalone di una tuta e una maglietta a mezza manica grigia, al collo penzolava una collana con una piuma bianca, era a piedi scalzi e con i capelli leggermente scompigliati, era praticamente una visione, soprattutto perché sorrideva, non un sorriso appena accennato come aveva visto lei stessa altre volte, ma un vero sorriso, di quelli pieni, di quelli che non riserviamo a chiunque, ma solo a chi teniamo veramente e quel qualcuno era... Penny Haywood. In quel momento i pensieri di Elanor si affollarono di emozioni contrastanti: fu prima assalita dalla voglia di andare via e rinchiudersi nella sua stanza, giù nelle profondità dei sotterranei, la seconda fu una rabbia incontrollata nei confronti di quella che era una delle sue migliori amiche e in ultimo, dopo un profondo respiro, la certezza di essere una persona spregevole per aver anche solo pensato di far del male a Penny. In quel momento si accorse che Talbott la stava guardando «Ciao Elanor!»
«Ciao Talbott» lui la stava osservando, in silenzio, doveva sembrargli ridicola, per quale assurdo motivo aveva indossato la felpa serpeverde con i pantaloncini del pigiama con gli unicorni cicciottelli?! Persino Rowan le aveva chiesto se era sicura di indossare quelle cose. Stupida! Stupida! Stupida che non era altro! Osservò Penny con i suoi lunghi e sempre perfetti capelli biondi e la camicia da notte rosa confetto abbinata alla vestaglia leggera che indossava come una farfalla indossa le sue colorate e spettacolari ali. Stupida! Stupida! Stupida che non era altro!
Non disse nulla mentre si incamminavano verso la stanza di Tulip. Prima di varcare la soglia della porta, Elanor aveva capito di avere una terribile cotta per il giovane corvonero dagli occhi rossi; non sapeva cosa esattamente significava, non aveva mai provato sentimenti del genere prima d'ora, ma se erano vere tutte le cose che le avevano raccontato, allora decisamente si era presa una bella cotta. Merlino, come era potuto succedere?! Elencò mentalmente tutti i sintomi: le farfalle nello stomaco... c'erano e si davano anche piuttosto da fare quando lui era vicino, aumento del battito cardiaco... c'era e probabilmente il cuore prima o poi sarebbe schizzato fuori dal petto se lui si fosse nuovamente avvicinato a lei come nel pomeriggio, imbambolarsi senza sapere cosa dire... oh! Fatto, fatto e rifatto, anche pochi minuti prima.
Lei, Rowan, Penny, Tonks e Tulip presero posto sui letti nella stanza e lei prese nervosamente a torturarsi la lunga treccia platino, mentre Penny si sistemava sempre leggera come una farfalla e con i capelli biondi e lucidi che svolazzavano sulle sue spalle, Elanor pensò che avrebbe sicuramente dovuto imparare un incantesimo di memoria per porre rimedio a quel disastro o comunque doveva pur esserci una pozione adeguata per togliersi dalla testa qualcuno, perché lei di sicuro non poteva competere con la tassorosso.
«Quindi cosa si fa ad un pigiama party?» chiese Tonks con la sua voce squillante. Tulip parve pensarci su «In realtà non lo so, ma era un'idea carina!» sorrise.
La voce soave della Regina delle Falene (no! Non doveva pensare quelle cose!) si librò nell'aria: «Di solito ci si sistema i capelli, ci si trucca, soprattutto si chiacchiera!» Ci mancava solo che la biondina perfettina si sistemasse i capelli e si truccasse... (Merlino lo aveva rifatto! No, no, cattiva Elanor, cattiva!).
«Confidenze... bene! Mi piace... credo. Inizio io!» annunciò Tonks, che sembrava più che altro in attesa di fare qualcosa, qualunque cosa fosse andava bene, anche spettegolare.
«Vi piace qualcuno?»
«Qualcuno, nel senso di un ragazzo? Un ragazzo che ci piace come un ragazzo può piacere ad una ragazza e... » incespicò Rowan.
«Si Rowan, precisamente un ragazzo!» asserì la tassorosso.
«Oh!» la risposta di Rowan accompagnata dal consueto pulire degli occhiali fece nuovamente calare il silenzio.
«Io nessuno! Voglio dire, non mi piace nessuno e nella vita non voglio nessuno, un uomo mi rallenterebbe solo!» Tonks sembrava sicura delle sue parole. Tulip ed Elanor restarono in silenzio, la prima pareva riflettere su chi potesse essere pazzo quanto lei da suscitare il suo interesse, la seconda perché pensava alla formula per una corretta maledizione senza perdono, possibilmente fatale, da scagliare su se stessa.
«Barnaby Lee è un bel ragazzo, anche simpatico e amante degli animali ma, diciamo che non è molto... corvonero!» rifletté la rossa.
«Preferisci un ragazzo della tua stessa casa?» dolce, ingenua Rowan.
«Intelligente, preferisce un ragazzo intelligente!» schietta, diretta Tonks.
«Ultimamente, però... un certo serpeverde sembra guardarti spesso!» arguta, impicciona Tonks.
«Neanche ci rivolgiamo la parola!»
«Dovreste!» asserì Tulip, guardandola severa, ma fortunatamente la sua attenzione si incentrò subito su Penny, che era rimasta silenziosa e pensierosa. «Qualcuno sembra rimuginare su qualcosa... o qualcuno.»
«No! Beh... forse» Penny arrossì, mentre Elanor desiderò di sprofondare dalla torre di corvonero fin nei sotterranei, magari anche un po' più giù.
«Questo gioco è noioso!» meravigliosa Tonks!
«Potremmo giocare al gioco della Bacchetta!» maledetta Tonks!
«Ma quello non si gioca con i ragazzi?» meravigliosa Rowan!
«Dove li troviamo?» maledetta Rowan.
«Erano nella sala comune!» maledetta Penny.
«Vado a chiamarli!» maledetta Tulip! Maledette tutte!
La corvonero si precipitò giù nella sua sala comune, mentre le ragazze ridacchiavano fra loro. Quasi tutte. «Le finestre non sono come quelle nel nostro dormitorio, vero?» chiese Elanor sottovoce a Rowan. «A serpeverde non abbiamo finestre, sono solo vetrate, non si possono aprire o verremmo inondati dal lago nero...»
«Lo so! Queste invece si aprono, giusto?»
«Si, perché?»
«Buttarmi di sotto sembra una prospettiva allettante!» ma forse quella era una visione particolarmente tragica, forse i ragazzi erano andati tutti già a dormire. Neanche il tempo di formulare quel pensiero che Tulip spalancò la porta seguita da Andre, due ragazzi di cui non ricordava il nome e... Talbott. Impossibile, era assolutamente impossibile che lui avesse accettato di fare una cosa del genere.
«Pensavamo di fare il gioco della Bacchetta!» Tonks pensò subito a delucidarli.
«Pessima idea!» ecco, lei e Talbott viaggiavano sulla stessa linea di pensiero, se solo lui si fosse accorto che... insomma che lei era... una ragazza, perché di sicuro non lo aveva neanche notato, tanto doveva essere il poco interesse che aveva per lei.
«Oramai il danno è fatto amico!» dichiarò Andre mentre si accomodava sul pavimento seguito dagli altri, compreso Talbott che però lo guardò probabilmente  cercando di ricordare quando fossero diventati amici lui e il moro.
«Pronti?» Tulip mise la sua bacchetta nel mezzo del cerchio che avevano creato e toccato due volte il legnetto lo lasciò andare, questo iniziò a vorticare veloce, sprigionando scintille argentate tutte intorno, fino a quando perse velocità fermandosi dritto davanti ad Elanor. Lei impallidì pensando che quella sera Merlino doveva avercela proprio con lei. La rossa rifece lo steso rito precedente e quando la bacchetta rallentò la serpeverde pensò che forse anche Morgana ce l'aveva con lei e proprio non ebbe il coraggio di alzare la testa e guardare quegli occhi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


~~«Pronti?» Tulip mise la sua bacchetta nel mezzo del cerchio che avevano creato e toccato due volte il legnetto lo lasciò andare, questo iniziò a vorticare veloce, sprigionando scintille argentate tutte intorno, fino a quando perse velocità fermandosi dritto davanti ad Elanor. Lei impallidì pensando che quella sera Merlino doveva avercela proprio con lei. La rossa rifece lo steso rito precedente e quando la bacchetta rallentò la serpeverde pensò che forse anche Morgana ce l'aveva con lei e proprio non ebbe il coraggio di alzare la testa e guardare quegli occhi.

Penny Haywood la stava guardando con gli occhi azzurri e limpidi e l'aria serena di chi si trova davanti alla persona di cui si fida di più al mondo «Obbligo o segreto?» le chiese Tulip, mentre la bionda davanti a lei continuava ad osservarla «Non c'è nulla che Elanor non sappia di me!»
Ne sei sicura Penny?
La mente le suggeriva di scegliere obbligo e fare qualcosa di stupido su cui ridere insieme all'amica per il resto della serata, ma sentì la sua bocca pronunciare quella parola ancora prima di accorgersene: «Segreto!» il sorriso di Penny si spense all'istante, forse per l'imbarazzo di dover dire davanti a tutti qualcosa di compromettente, forse perché aveva davvero qualche segreto che voleva tenere per se, forse semplicemente per la delusione.
«Cosa vuoi sapere?» disse senza scomporsi più di tanto.
«Ti piace qualcuno?» ancora una volta la sua voce le apparve estranea e lontana.
Penny si prese qualche secondo, poi senza mai distogliere gli occhi da quelli dell'amica disse: «Credo di si!». Ci fu un momento di silenzio, durante il quale Penny avrebbe voluto chiederle chi fosse, ma non lo fece, aveva una sola domanda a disposizione e l'aveva già utilizzata e poi non era sicura di voler sapere la risposta, almeno non quella sera. Tulip fece nuovamente ruotare la bacchetta, Elanor aveva la mente intorpidita, a stento si accorse di Tonks che fu obbligata a ingurgitare qualcosa da Tulip e quest'ultima che fu costretta da Andre a indossare le scarpe e soprattutto allacciarle; sentì come attraverso una bolla uno dei ragazzi di cui non ricordava il nome fare una domanda all'altro «È vero che hai baciato Mary?» l'amico sgranò di poco gli occhi, sembrava aspettarselo «Si! È vero! Ed è anche stato orrendo se vuoi saperlo, bacia in modo strano e con gli occhi spalancati!» «Lo so! È inquietante, è uno dei motivi per il quale l'ho lasciata!» i due si guardarono seri per poi esplodere all'unisono in una risata che coinvolse anche gli altri, ma che arrivò come un'eco lontano alle orecchie della serpeverde che riusciva solo a pensare se l'amica fosse arrabbiata con lei o meno.
«Elanor!» la voce delicata di Rowan le giunse così lontana che a stento riuscì a sentirla, avvertì a malapena la piccola mano della compagna di casa che stringeva il suo polso come a richiamare la sua attenzione. «Tocca a te!» le disse, facendo un leggero cenno con la testa ad indicare la bacchetta che puntava verso di lei.
«Oh!» deglutì imbarazzata, mentre Tulip scrollava le spalle abituata alle stranezze dell'amica e faceva ripartire la bacchetta che riprese a vorticare fino a rallentare e fermarsi di fronte all'ultima persona che Elanor avrebbe voluto si fermasse: Talbott Winger.
Lui rimase impassibile come suo solito, era praticamente impossibile carpire i pensieri e lo stato d'animo di quel ragazzo, attendendo la decisione della ragazza.
«Obbligo!»
A quella parola tutti ulularono in sincrono, pare non aspettassero altro per assistere finalmente a qualcosa di "scabroso", ammettendo che un gruppetto di tredicenni sapesse il reale significato di quella parola.
«Bacio! Bacio! Bacio! Bacio!» iniziarono ad urlare, battendo le mani.
La decisione spettava ad Elanor, ma lei non avrebbe mai potuto baciarlo (O si?) insomma, era il ragazzo che piaceva ad una delle sue migliori amiche, "Ma è anche il ragazzo che piace a te!" suggerì la viscida serpe che era dentro di lei.
Talbott sollevò un sopracciglio: «Se sta bene a te... »
"Cosa?" la ragazza non ebbe il tempo di obiettare che il corvonero si era già sporto carponi verso di lei e aveva avvicinato il viso a quello di Elanor. Non riusciva a muovere un muscolo e forse neanche stava respirando, sentì il fiato sul collo di Talbott e poi le sue labbra calde e umide sfiorarle la guancia e fermarsi nell'incavo delle labbra. Merlino, il cuore poteva battere così forte senza ucciderla?
«E questo cosa sarebbe?» si lamentò uno dei corvonero «Non era neanche un bacio sulle labbra!»
«Era quasi sulle labbra!» la difese Tonks, ma lei avvertiva solo il freddo e il vuoto che lui aveva lasciato allontanandosi.
Se il gioco durò ancora tanto o poco non lo seppe mai, tenne per tutto il resto del tempo lo sguardo basso, troppo imbarazzata per guardare Talabott, troppo traditrice per posare gli occhi su Penny. Quando gli altri salutarono e lasciarono le ragazze da sole, ebbe solo la forza di annunciare che andava in bagno: aveva necessità di un momento di respiro, o forse voleva nascondersi per non incorrere nell'ira dell'amica, ma non fece in tempo a chiudere la porta alle sue spalle che sentì la voce di Penny e la sua presenza dietro di lei «Vengo con te!».
Non ebbe il coraggio di guardarla neanche quando chiusero a chiave la porta.
«Lo so cosa stai facendo!» alzò di scatto la testa per osservare finalmente il viso della tassorosso. Era serena e sorrise anche «Non volevo tenerti un segreto, solo... mi vergogno. Un giorno ti dirò di chi si tratta ma, voglio essere sicura, insomma... magari... »
«Oh! Penny!» Cara, dolce, meravigliosa Penny.
L'amica di slancio l'abbracciò e lei si sentì fortunata, forse non sarebbe mai stata ricambiata dal ragazzo che le piaceva, ma aveva un'amica insostituibile come Penny Haywood.

I giorni iniziarono a trascorrere velocemente e con loro anche le settimane, la sera dopo il pigiama party Elanor aveva iniziato a dormire con la foglia di Mandragola in bocca e come si aspettava non era una cosa particolarmente piacevole, ma con il tempo si stava abituando, come stavano diventano ormai una consuetudine gli incontri con Talbott, una volta a settimana alla stessa ora nella stessa aula, aveva anche scoperto che ammettere almeno a se stessa il suo interesse verso il corvonero l'aveva stranamente messa più a suo agio, come se prenderne consapevolezza rendesse meno imbarazzante i loro incontri, si era infatti convinta che quella fosse una normalissima cotta adolescenziale che come era arrivata sarebbe svanita, come un battito di ali, senza lasciare traccia.
Un tardo pomeriggio entrò come una furia nell'aula di trasfigurazioni, con ben dieci minuti di ritardo e sperando di non aver infastidito troppo il già difficile carattere di Talbott, ma questi era preso da una fitta e piuttosto confidenziale discussione con la McGranitt. Elanor, visto il viso sconvolto del ragazzo, sperò che l'insegnante non avesse cambiato idea sul loro "esperimento", ma il suo battito cardiaco riprese il consueto andamento, quando la donna sorridente le andò incontro: «Signorina Blair, il signor Winger mi ha appena detto dei suoi progressi con l'incantesimo animagus!»
«Beh! Ho un buon insegnante!» ammise Elanor lanciando uno sguardo al ragazzo che però sembrava immerso nei suoi pensieri.
La professoressa sorrise ancora di più ed Elanor si stranì non poco di vedere l'austera insegnante con le labbra sottili tirate in un'espressione compiaciuta. «Noto con piacere che ripone una certa stima nei confronti del signor Winger. Una tale fifucia dovrebbe essere... ricambiata.» rimarcò l'ultima parola rivolta verso Talbott che scattò come se gli avessero appena tirato uno schiaffo in pieno viso.
«Vi lascio al vostro lavoro allora. Buona serata!» così dicendo la donna uscì dall'aula chiudendosi la porta alle spalle con un incantesimo non verbale.
«Va tutto bene Talbott?» chiese Elanor una volta rimasti soli. Il ragazzo la osservò a lungo, in silenzio, sembrava combattuto dal parlare o restare in silenzio, alla fine scelse una via di mezzo: «Va tutto bene, iniziamo, siamo già in ritardo!» in pochi secondi riprese il pieno controllo di se stesso e qualunque cosa si fosse detto con la professoressa di trasfigurazioni, la tenne per sé. Il tempo passò velocemente e quando finirono la lezione si accorsero che ormai fuori era quasi buio.
«Sei pronta!»
«Cosa?»
«Sei pronta, ormai padroneggi l'incantesimo e sono sicuro che una volta bevuto la pozione, riuscirai anche a lanciare un buon incantesimo che ti permetterà di trasformarti in animagus!»
Passeggiavano sul lungo portico dalle cui arcate si poteva scorgere il cortile ormai buio e solitario. Elanor si ritrovò a sorridere osservando il cielo stellato e immaginando la sua trasformazione. «Chissà, magari tra qualche giorno sarò in grado di volare!»
Talbott si fermò di scatto, le spalle improvvisamente rigide, poi sospirò rivolgendo lo sguardo pensieroso verso il cortile.
«Sai mantenere un segreto Blair?»
«Certo!» rispose prontamente lei, chiedendosi che tipo di segreto poteva mai avere un ragazzo come Talbott e soprattutto perché avrebbe dovuto rivelarlo proprio a lei.
«Una volta mi hai chiesto perché non volessi bere io la pozione per trasformarmi in animagus... » si incamminò a passo lento nel cortile, Elanor lo seguì curiosa e confusa.
«La verità, è che non ne ho bisogno!».
In pochi istanti il corpo di Talbott parve accartocciarsi su se stesso, poi la pelle e i vestiti divennero piume e quello che era il corpo di un ragazzo si trasformò in un aquila.
Elanor restò sbalordita e senza fiato ad osservare il volatile dinanzi a lei, prima che questi riprendesse le sembianze di Talbott Winger.
«Sei un animagus!» la voce colma di stupore ma anche incuriosita.
«Non sono un animagus registrato»
«Perché?»
Il corvonero sospirò «I miei genitori si erano opposti a Tu sai Chi durante la Guerra Magica e lui li fece uccidere. La notte in cui morirono io riuscì a scappare perché mia madre mi aveva insegnato a trasformarmi in animagus. Anche dopo la fine della guerra, non ho mai avuto il coraggio di registrarmi, o sempre paura che loro possano trovarmi»
«I mangiamorte?»
«Si, se in qualche modo dovessero riprendere il potere, potrebbero trovarmi e uccidermi, così come fecero con i miei genitori, li trovarono tramite i registri animagus del Ministero»
«Mi dispiace Talbott» Elanor non sapeva cosa dire, troppo confusa da quella confidenza improvvisa.
«Forse un giorno avrò il coraggio di registrarmi, ma per adesso non deve saperlo nessuno!»
«Chi altri lo sa?»
«La McGranitt!»
«Nessun'altro?»
«Nessuno!»
«E Penny?» Talbott corrucciò le sopracciglia a quella strana domanda «Nessuno!» rispose con maggior fermezza.
«Manterrai il segreto?»
«Certo che lo farò! Mantengo sempre i segreti dei miei amici!» affermò lei con enfasi.
«Ma noi non siamo amici!» quella frase le arrivò come una stilettata dritta al petto, ma invece di ferirla, stranamente la rinvigorì.
«Perché? Perché mi hai confidato una cosa simile, se non mi reputi neanche tua amica?»
Il ragazzo parve pensarci un momento «Non lo so!» ammise infine «Mi destabilizzi!»
Le ultime parole rimbombarono nella testa di Elanor come all'infinito, cosa voleva dire? Che significava che lei lo destabilizzava? Senza accorgersene vide il suo corpo avvicinarsi velocemente a quello del ragazzo, i loro visi a pochi centimetri, occhi dorati in occhi di fuoco, una fusione di un perfetto tramonto.
«Manterrò il tuo segreto Talbott Winger!»
«Anche se non siamo amici?»
«Anche se non siamo amici! E poi chissà, magari un giorno cambierai idea!»
«Non sono uno che cambia idea facilmente!»
«Ma io sono una persona che sa come ottenere ciò che vuole!»
Le labbra di Talbott si incresparono in un ghigno quasi beffardo, si avvicinò ad Elanor, fino a sfiorarle l'orecchio con le labbra, il suo respiro caldo sul collo, quell'odore di paglia che impregnava sempre i vestiti di lui.
«Stai attenta Blair, le aquile mangiano i serpenti!».
La fitta che la ragazza provò alla bocca dello stomaco fu così intensa che dovette chiudere gli occhi e cercare di immettere nuova aria nei polmoni, quando li riaprì lui era sparito e lei si ritrovò a pensare che sicuramente lui poteva mangiarla e distruggerla, ma quello che probabilmente Talbott Winger ignorava, era che i serpenti potevano essere velenosi.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


~~Un timido raggio di sole stava debolmente illuminando il paesaggio che circondava il castello, era tenue ma riusciva comunque ad estendersi sulle acque del Lago Nero fino ai primi alberi della Foresta e soprattutto a scaldare gli animi dei giovani adolescenti che quel pomeriggio di inizio Marzo avevano lasciato di buon grado i freddi corridoi e i libri scolastici per godere dei primi raggi di un sole ormai quasi primaverile. Tutti tranne Elanor Blair. Era sbucata fuori dai sotterranei come un serpente dalla propria buca e con l'umore nero si era avviata verso il campo di Quidditch pronta per l'allenamento, trascinandosi dietro il borsone e maledicendosi per avere inesorabilmente sempre un peso eccessivo da trasportare in giro per la scuola. Il pessimo umore di quel pomeriggio era dovuto al poco riposo di cui riusciva a godere nelle ore notturne a causa di quella maledetta foglia di Mandragola con la quale era costretta a dormire e che con il passare del tempo diventava sempre più noiosa, non permettendole di dormire bene e procurandole, di conseguenza, un possente mal di testa, oltretutto man mano che la scadenza dei trenta giorni si avvicinava Elanor aveva sempre più paura che la foglia scappasse in qualche modo al controllo della sua bocca, costringendola a ricominciare tutto d'accapo.  Sbuffò sonoramente sperando di liberarsi al più presto di quella preoccupazione e potersi finalmente trasformare in animagus; si ritrovò distrattamente a pensare a come sarebbe stato trasformarsi in un uccello e volare libera nel cielo, magari in compagnia di Talbott, a quel pensiero le guancie si imporporarono, ma si costrinse ad assopire l'emozione che le attanagliava lo stomaco ogni volta che pensava al corvonero: se era vero che piaceva a Penny e che lui ricambiava, doveva toglierselo dalla testa. Il suo cattivo umore peggiorò ulteriormente quando in lontananza intravide un'esile figura ad attenderla sotto le arcate dell'ingresso del campo. Corpo esile, pelle bianca come la porcellana, lunghissime trecce nero corvino, un falso sorriso ad aleggiarle sul viso, la divisa perfettamente in ordine e soprattutto... cravatta rosso e oro e lo stemma dei Grifondoro bellamente in mostra sul mantello. Non ricordava mai il nome di quella ragazza, ma aveva perfettamente memoria della sua vocina acuta e fastidiosa.
«Ciao Blair!»
Appunto.
«Ciao... »
«Medison!»
«Medison, certo!»
«Ti aiuto a portare la borsa? Ti vedo affaticata» disse indicando l'enorme borsone che pendeva dalla spalla di Elanor.
«No, grazie! Ce la faccio da sola!» era certa che il mal di testa le sarebbe aumentato a dismisura.
«Bella giornata oggi, vero?»
Appunto.
«Perfetto per vedere un'allenamento di Quidditch!» la grifondoro aumentò l'estensione del suo falso sorriso, ma Elanor sapeva perfettamente quali erano le reali intenzioni della ragazza.
«Oggi si allena Serpeverde, tu sei una grifondoro»
«Appunto!» altro sorriso falso, forse anche con un pizzico di malizia.
«Devo andare, farò tardi all'allenamento! Buona visione... »
«Medison!»
«Medison, si!»
La ragazza stava per aggiungere altro, ma Elanor si fiondò all'interno del campo con la testa bassa e a passo di marcia.
La maggior parte dei suoi compagni erano già nel centro del campo, qualcuno chiacchierava, altri si passavano svogliatamente la pluffa; diede una veloce occhiata agli spalti, sapendo già cosa avrebbe visto: decine di ragazze di case diverse confabulavano tra sussulti e risatine giulive, erano lì per lo steso motivo della grifondoro Medison, e poco c'entravano le sorti nel campionato della casata verde/argento, tutte volevano la stessa esatta cosa; e quel qualcosa, o qualcuno, era mollemente adagiato con la schiena sulle travi di legno accanto all'entrata degli spogliatoi, le braccia incrociate sul petto e l'attenzione rivolta alla cercatrice davanti a lui tutta presa in una discussione su qualche tattica di Quidditch, visto il modo in cui lui annuiva pensieroso, le gambe, anch'esse incrociate, poggiavano sulla scopa che fluttuava ad un metro dal suolo, la solita espressione serena e rassicurante, le labbra corpose sollevate in un leggero sorriso e circondate da una leggera peluria, i capelli lunghi e scuri si muovevano delicati con la leggera brezza. Elanor sorrise osservando l'amico, anche al buio, anche in una tempesta, la sua aura avrebbe comunque brillato, era provvisto di una luce propria che andava ben oltre l'aspetto fisico, la sua personalità avrebbe potuto offuscare chiunque, le ragazze facevano follie per il Capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde, Orion Amari.
Lui intercettò lo sguardo di Elanor e sorrise maggiormente, lei ricambiò ma mentre si avvicinava si ricordò della ragazza incontrata all'esterno: «Orion, quella ragazza con le trecce di grinfondoro, mi ha fermata ancora!»
«Medison?»
«Si!» non sapeva se la infastidiva il fatto che lui ricordasse il nome di tutte le sue spasimanti, il che significava ricordarsi di quasi tutte le ragazze di Hogwarts, o che lui fosse sempre perennemente tranquillo, in qualunque situazione, mentre lei non lo era affatto: non le importava della vita privata e sentimentale di Orion, ma lui aveva la "cattiva" abitudine di cedere di tanto in tanto alle avance delle fanciulle e che queste diventassero particolarmente appiccicose e tentassero continuamente di approcciare qualunque membro della squadra che potesse in qualche modo farle nuovamente avvicinare al Capitano, di tanto in tanto qualcuna si lasciava anche andare a scenate isteriche; il peggio si era raggiunto un mese prima, quando una ragazza di Tassorosso del quinto anno aveva minacciato di gettarsi dagli spalti del campo da Quidditch al termine di una partita, perché Orion era l'amore della sua vita ma proprio non lo capiva. Elanor decisamente non voleva ripetere l'esperienza, anche perché se tutte le ragazze che lui circuiva con il suo fascino e poi mollava, volevano uccidersi per lui, la popolazione femminile di Hogwarts si sarebbe decisamente dimezzata.
«Le parlerò, non preoccuparti!» esordì Orion con la sua voce melliflua. Elanor sbuffò, indecisa se la cosa fosse positiva o potesse solo peggiorare la situazione. Si avviò all'interno degli spogliatoi sperando che la giornata passasse alla svelta, il mal di testa stava peggiorando sempre più, ovviamente non aveva ancora incontrato Skye Parkin. Sembrava la stesse aspettando, seduta su una panchina con indosso la divisa da Quidditch, si alzò di scatto quando la vide entrare e senza neanche salutarla andò dritta al punto: «Devo parlarti!» e quando Skye esordiva così c'era decisamente da preoccuparsi, voleva dire che il danno era ormai fatto ed era irrimediabile.
«Sarò diretta, senza fare troppo giri inutili di parole!»
Elanor sbuffò ancora una volta e iniziò a massaggiarsi le tempie.
«La Rath ha scoperto delle voci che giravano su di lei e sul fatto che sospettavamo che avesse rubato la Comet»
«Tu, sospettavi di lei!» precisò Elanor.
«Si, ma lei questo non lo sa. Crede... crede che sia stata tu!» Sky parve perdere un po' della sua freddezza e per qualche secondo abbassò lo sguardo, poi lo riportò velocemente sulla compagna: «Ha detto, parole sue, che vuole staccarti la testa con un bolide. Oggi pare l'abbiamo vista allenarsi a fare a pezzi i manichini di allenamento!»
A furia di sbuffare le sarebbe andata via tutta l'aria dai polmoni, possibile che in quella scuola non si potesse avere un attimo di pace?!

La doccia calda dopo la sessione di allenamento aveva spazzato via molta della tensione accumulata e alleviato leggermente il mal di testa, ma decise di correre in dormitorio al più presto e cercare di dormire un'oretta prima di cena. Sulla strada del ritorno si imbatté nuovamente in due lunghe trecce e un sorriso, ma quella volta i capelli erano biondi e il sorriso sincero: Penny Haywood la stava aspettando all'entrata della scuola.
«Stanotte ci sarà una tempesta e potrò ultimare la pozione!» una semplice frase che però ebbe il potere di cacciare via qualunque malanno e malumore avesse avvertito Elanor quel pomeriggio.
Sbuffò ancora, ma quella volta di sollievo, le pareva un sogno liberarsi della foglia di Mandragola e ritornare alla normalità.
«Domattina, all'alba, potrai trasformarti!» sorrise Penny ed Elanor sentì le labbra incresparsi per unirsi all'amica, poi l'espressione della tassorosso mutò improvvisamente, sembrò rigida e improvvisamente impacciata, lei che non lo era mai, ma quando Elanor si voltò notò che Orion e Skye le stavano raggiungendo in quel momento per rientrare al castello, quando la cercatrice di serpeverde discendente dell'omonima famiglia di famosissimi giocatori di Quidditch era nelle vicinanze, Penny, appassionata, ma non praticante, dello sport magico per eccellenza, perdeva lucidità.
«Skye mi ha riferito cosa è successo, ma sta tranquilla, uniti supereremo anche questo, non creare dispute che peggiorerebbero la situazione, batterai la Rath sul campo.» esordì Orion una volta avvicinatosi, la sua voce rassicurante e quasi soave aveva sempre il potere di rilassare chi l'ascoltava. Tranne Skye Parkin.
Con un grugnito soffocato la famosa giocatrice di serpeverde portò l'attenzione su di se, odiava gli sproloqui mielosi di Orion, come li definiva lei. Restò qualche secondo ad osservare il viso perfetto di Penny, per un attimo a Elanor le parve di cogliere un leggero disgusto nella compagna di squadra e questo le provocò non poco fastidio. La tassorosso era troppo gentile, troppo riflessiva e troppo dolce per essere compresa da una personalità come Skye. Quest'ultima si allontanò improvvisamente senza dire nulla, seguita da Orion che invece si prodigò di elargire un'altro sorriso gentile, come a compensare l'altra: «Ci vediamo più tardi in sala comune Elanor»
«Buona serata, Penny Haywood» concluse per poi avviarsi all'interno del castello.
«Penny? Penny?» Elanor richiamò più volte senza successo l'attenzione della sua amica, che sembrava essere vittima di una fattura stordente, poi questa si voltò di scatto ad osservarla, il viso improvvisamente pallido e le guance stranamente rosse.
«Stai bene Penny?»
«S... si, si, certo! Devo... devo andare a completare la pozione, ci vediamo più tardi!» Penny quasi scappò via, lasciando Elanor a chiedersi cosa accidenti le fosse preso.

Quella notte ci fu veramente una possente tempesta, anche nei sotterranei potevano essere uditi i tuoni che si riversavano nei dintorni del castello, dalle vetrate del suo dormitorio Elanor poté vedere le acque del lago agitarsi probabilmente per il troppo vento; la serpeverde, visto la giornata soleggiata, non ci sperava più di tanto e invece il tempo era stato clemente con lei e l'aveva accontentata scatenando una tempesta con i fiocchi, sperò vivamente che bastasse. Non aveva praticamente chiuso occhio tutta la notte, ma non per il fastidio della foglia, ma per l'adrenalina che sentiva scorrere nel suo corpo; alle prime luci dell'alba sgattaiolò fuori dal dormitorio che era ancora completamente al buio e raggiunse Penny nel campo di allenamento. Era rischioso, potevano essere beccate e non avrebbero avuto una scusa plausibile ma decisero di farsi forza della benevolenza che in teoria avrebbe dovuto avere la professoressa McGranitt nei loro confronti, visto che era l'unica a conoscenza delle loro intenzioni.
«Dammi la foglia!» Penny neanche la salutò, troppo concentrata a dividere lo sguardo tra l'ampolla con la pozione fra le sue mani e all'area circostante preoccupata che qualcuno le beccasse.
Elanor si sfilò la foglia di Mandragola dalla bocca con molto piacere e la infilò nella boccetta, mentre Penny senza troppe cerimonie le strappò qualche capello e lo aggiunse alla pozione.
«Ahi!»
«Mi occorreva anche un tuo capello, non te lo avevo detto?» si scusò la tassorosso per poi mescolare l'intruglio e porlo velocemente ad Elanor. Quest'ultima restò qualche minuto a contemplare la boccetta, poi lentamente la portò alla bocca e ne bevve il contenuto: il sapore era abbastanza acre, ma fortunatamente non particolarmente disgustoso, aveva sentito dire che la Pozione Pollisucco era terribile da ingerire; un leggero formicolio si diramò in tutto il corpo, seguito subito dopo da una leggera calura che andò man mano aumentando. Con la bacchetta recitò la formula che le aveva insegnato Talbott per poi puntarla su se stessa, la punta del legnetto si illuminò e lei sentì il calore aumentare, per un attimo le parve di prendere fuoco. La testa iniziò a girarle vorticosamente, vide le labbra di Penny muoversi, segno che le stava dicendo qualcosa, ma non riuscì a udire nulla, tutto intorno a lei sembrò perdere forma e consistenza, si sentì come accartocciare, non aveva più il controllo del suo corpo, che si piegava su se stesso senza che lei riuscisse ad impedirlo. Annaspò per riprendere aria, ma si sentiva in una bolla, una bolla in cui non poteva respirare, poi di getto sentì nuovamente i polmoni aprirsi e incamerare aria, l'ambiente circostante stava tornando reale e non girava più come una trottola impazzita, si sentiva meglio, si sentiva leggera, molto leggera, le pareva quasi... di volare. Ci volle un po' per rendersi conto che stava veramente volando, era una sensazione strana, come saltare restando sospesi nell'aria, il corpo le sembrava più leggero, quasi inconsistente, si domandò se fosse effettivamente un uccello e di che tipo; oscillò con quelle che pensava fossero ali per qualche minuto, prima che le forze le mancassero improvvisamente e cadde al suolo. Si sentiva spossata, ma stava bene. Riaprì gli occhi e incontrò quelli grandi e azzurri di Penny che sorrideva senza sosta.
«Ce l'hai fatta! Ce l'hai fatta!» ripeteva quasi in lacrime.
«Insieme, ci siamo riusciti insieme!» senza l'aiuto di Penny non ci sarebbe mai riuscita, subito il pensiero corse a Talbott, quanto avrebbe voluto che lui fosse li, ad assistere.
«Ero un uccello?» chiese titubante, l'amica subito assentì: «Si! Un falco!» Elanor sorrise e cercò di alzarsi da terra, ma le gambe parevano non collaborare, non si aspettava che fosse così faticoso trasformarsi in animagus.
«Piano, il tuo corpo deve abituarsi, non sarà sempre così, ci farai l'abitudine, ma ci vuole del tempo!» la rassicurò Penny, che poi si sfilò il mantello e lo adagiò sulle spalle della serpeverde. Elanor sentì il tessuto a contatto con la pelle e trasalì, si accorse solo allora di essere completamente nuda. L'amica esplose in una risata divertita: «Ci vorrà del tempo anche per questo!».
Elanor si guardò in giro imbarazzata, poi quando si rese conto che erano da sole, si unì a Penny in una risata allegra e liberatoria. Era finalmente un animagus.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


~~La tempesta alla fine aveva completamente intimidito il Sole che non si era più fatto vedere, anzi, aveva lasciato completo spazio a una fitta pioggia che sembrava non essere mai stufa di scrosciare, il tepore che aveva invaso dopo mesi le fredde mura del castello era scemato e al suo posto l'umidità aveva avvolto ogni cosa e costretto tutti a restare al chiuso alla ricerca di un po' di calore nei pressi dei camini.
Elanor se ne stava in biblioteca, raggomitolata nel caldo mantello e di tanto in tanto gettava uno sguardo furtivo fuori dalla finestra appurandosi della pioggia che ancora si infrangeva contro i vetri; dinanzi a lei sulla scrivania di legno un grosso tomo di Antiche Rune e una pergamena che era riuscita ad imbrattare con solo due righe di inchiostro, quel pomeriggio il suo cervello proprio non ne voleva sapere di permetterle di studiare, tutta colpa di un uccellaccio, un'aquila travestita da corvo o un corvo che si spacciava per aquila, poco importava, quello che sapeva è che era stata una stupida, si era illusa di poterlo avvicinare, ma lui... lui lo aveva detto dall'inizio che non erano amici e non potevano esserlo, ma a lei per capirlo non erano bastate le parole, doveva sentirsi umiliata per comprendere la realtà dei fatti, come era accaduto quella mattina stessa: Talbott non era al tavolo dei corvonero a colazione, lo aveva trovato poco più tardi seduto sul davanzale del portico che affacciava sul cortile, era da solo come al solito, guardava un punto indefinito davanti a lui, sulle gambe quello che sembrava un quaderno dalla copertina di pelle blu, appena la sentì arrivare lo trasse a sé come a proteggerlo per poi riporlo velocemente nella borsa ai suoi piedi.
«Ciao Talbott!»
«Ciao» rispose debolmente al saluto, sembrava faticare anche solo a guardarla, continuò a tenere lo sguardo basso, mentre si sistemava la cartella sulle spalle e la cravatta.
«Ci sono riuscita!» sorrise lei, riferendosi alla trasformazione in animagus.
«Bene, buon per te!»
«Sono un falco!» lo disse quasi urlando, con una punta di orgoglio ma anche di aspettativa, dopotutto lui era un aquila. Ma Talbott rimase in silenzio, Elanor notò solo un leggero irrigidimento delle spalle e della mascella, ma forse si era solo impressionata, lui continuò a non guardarla, trovando molto più interessante la punta delle sue scarpe.
«Non dici niente?»
«Cosa dovrei dirti? Brava!»
«Perché ti comporti così? Credevo... » ma lui la interruppe di colpo: «Cosa credevi di preciso? Sono stato chiaro Blair, noi non siamo amici e non lo saremo mai!» quella volta si girò a guardarla mentre le rivolgeva quelle parole dure, gli occhi parevano ancora più rossi.
«Ti sei trasformata, bene! Ora non hai più bisogno di me... e io non ho certamente bisogno di te, io non ho bisogno di nessuno!»
«Tutti abbiamo bisogno di qualcuno!» insistette Elanor.
«Non io, e certamente non di te!» fece per andarsene, voltandole le spalle, ma lei gli afferrò il braccio d'istinto. Lui si girò di scatto, per una frazione di secondo osservò con occhi sgranati la mano esile di lei stringergli il braccio, poi con uno strattone si scostò: «Lasciami in pace! Sei peggio di Penny!»
Elanor rimase immobile, mentre lui si allontanava velocemente; quella frase "sei peggio di Penny" le rimbombò nella testa, le aveva palesemente rivolto una sorta di insulto ma oltre questo l'aveva particolarmente colpita il paragone con la tassorosso.
Ripensò ancora una volta a quella frase, mentre osservava nuovamente le gocce che si infrangevano rumorose sui vetri, la pioggia era talmente fitta che non si riusciva a scorgere nulla dell'esterno.
Si girò di scatto verso il corridoio della biblioteca davanti a lei, come attirata da una forza invisibile e pochi istanti dopo intravide la figura alta e slanciata del prefetto dei Grifondoro avanzare con sicurezza, il portamento elegante anche se indossava scarpe da ginnastica ormai usurate e la cravatta della divisa leggermente slacciata riusciva a conferirgli addirittura un'aria sexy. Quando William Arthur Weasley, chiamato da tutti Bill, era nelle vicinanze, una sorta di elettricità statica si ergeva tutta intorno, Elanor riusciva ad accorgersi della sua presenza ancora prima di notarlo, bastava osservare l'ambiente circostante e lo sguardo dei presenti, tutti rivolgevano uno sguardo ammaliato al giovane, apprezzato dalle donne e rispettato dagli uomini, Bill era uno dei maghi più stimati dell'intera Hogwarts.
Una volta individuata Elanor, il giovane grifondoro si sedette di fronte a lei, sistemandosi con una mano una ciocca di capelli lunghi e rossi dietro l'orecchio.
«Cosa fai?» le chiese.
«Studio!» la serpeverde rispose come se la cosa fosse assolutamente ovvia visto che si trovavano in biblioteca, ma gli occhi di Bill gli caddero sulla pergamena appena intinta di inchiostro: «Lo vedo!»
Elanor voleva bene veramente a Bill, aveva una grandissima stima di lui, lo riteneva il mago più potente dell'intera scuola, ma ciò che la legava di più a lui era il grande affetto che avevano l'uno verso l'altra, era come un fratello per lei, la sosteneva a aiutava sempre, sostituendo egregiamente il consanguineo che invece era sparito chissà dove.
«Non è una buona giornata» disse lui, carpendo i pensieri della ragazza.
«È una domanda o un'affermazione?»
«Entrambe!»
«Per me o per te!»
«Entrambi!»
Elanor sorrise malinconica, mentre Bill protendeva un braccio verso di lei, la quale ci si accoccolò sopra.
«Cosa ti è successo?» le chiese con voce dolce.
«Ho litigato con un'aquila»
Bill rise, forse troppo forte e Madama Pince si vide costretta ad ammonirlo, ma blandamente, pareva che la vecchia arpia avesse un debole per la gentilezza e il fascino del bel grifondoro.
«A te invece cosa è successo?» chiese Elanor eludendo la possibilità che lui approfondisse quella che sicuramente aveva inteso come battuta.
«Emily» una sola parola bastò per disgustarla: «Quella ragazza non fa per te! Sei troppo perfetto per una come lei!»
Bill sorrise di nuovo, quella volta cercando di non farsi notare dalla bibliotecaria: «Così mi lusinghi Elanor Blair, finirò per abituarmi!» lei si unì alla sua risata leggera.
«Dico sul serio! Per te ci vorrebbe... una Veela!» esordì suscitando maggiore ilarità nel grifondoro. «Non credo che una Veela guarderebbe un Weasley, ma... non si può mai dire nella vita, magari un giorno ne sposerò addirittura una!» risero entrambi e quella volta nessuno dei due evitò lo sguardo truce della Pince, ma Elanor si sentì decisamente meglio, quel ragazzo riusciva sempre a farla sentire a casa.

Le scarpe di Elanor quasi affondavano nell'erba bagnata, producendo un fastidioso ticchettio attutito dal terreno inzuppato dall'acqua, la pioggia si era placata ma aveva comunque lasciato il suo ricordo nell'aria fredda e nell'odore di terra bagnata che sormontava ogni cosa; Elanor si strinse maggiormente nel mantello, cercando almeno un leggero tempore, osservò distrattamente l'arcobaleno che si infrangeva nel celo pallido mentre varcava la soglia del campo di allenamento. Aveva fatto solo qualche metro, quando lo vide: era tranquillo mentre l'aspettava, non indossava il mantello, nonostante il tempo poco clemente e l'aria quasi gelida, come protezione il solo maglioncino della divisa che gli fasciava le larghe spalle; Elanor restò a dovuta distanza qualora il ragazzo le avesse scagliato qualche fattura, ma lui se ne stette immobile e con lo sguardo curioso ad aspettare che lei parlasse delucidandolo su quell'insolito invito, era dubbiosa su cosa dirgli esattamente, ma doveva provarci, non poteva più attendere.
«Ciao»
«Ciao» rispose gentile Barnaby Lee.
«Credevo non saresti venuto!»
«Mi hai mandato un gufo dicendo di presentarmi al campo di allenamento e io l'ho fatto!» il ragazzo inclinò la testa come a cercare di comprendere meglio quella situazione bizzarra.
«Lo so! Dovevo parlarti!»
«Potevi farlo nella nostra sala comune, siamo entrambi serpeverde, ricordi?» la domanda retorica e un po' buffa fece sorridere lievemente Elanor, a quanto pareva per Barnaby non era poi così strano parlare e interagire con lei.
«Volevo parlarti in privato!»
Lui corrucciò le sopracciglia, segno che era sempre più confuso e forse anche incuriosito.
«Ho bisogno del tuo aiuto!» buttò fuori la frase di getto.
«Devo entrare in una sala maledetta, ma Merlula mi sta con il fiato sul collo, non mi lascerà entrare senza ostacolarmi.»
«Perché mi stai dicendo queste cose? Io e Merula siamo amici!»
«Lo so ma... tu non sei come lei, sei diverso»
Barnaby abbassò lo sguardo: «Non sempre mi piace il modo di agire di Merula, ma ci conosciamo da quando eravamo piccoli e... se io mi allontanassi da lei e Ismelda, resterei solo»
«No!» gridò quasi Elanor, avvicinandosi maggiormente al ragazzo «Non lo saresti!»
Lui la osservò per qualche istante pensieroso, con i suoi grandi occhi verde smeraldo «Dici così perché ti servo come alleato?»
«No, anche se tu non dovessi essere pronto per andare contro Merula, potremmo comunque provare ad essere amici»
Lee increspò le labbra in un sorriso e sembrò riflettere e valutare la situazione. Elanor era in tensione, non sapeva cosa aspettarsi e di certo non era pronta alla risposta che sentirono le sue orecchie: «Duelliamo!»
«Cosa?»
«Duelliamo! Se riuscirai a battermi, mi unirò al tuo gruppo!» non le diede il tempo di rispondere che subito afferrò la bacchetta e si mise in posizione, pronto per un duello.
«Adesso? Qui?» Barnaby si guardò intorno, cercando un motivo valido per cui non dovessero imbattersi in un duello in quel preciso istante e per tanto allargò le braccia in un chiaro segno di ovvietà.
Elanor imitò la sua posizione afferrando la bacchetta dal mantello e chiedendosi come era possibile che riuscisse a ficcarsi sempre in situazioni bizzarre e al limite della legalità; Merlino potevano espellerli! Due serpeverde fuori da Hogwarts in un colpo solo, Piton li avrebbe uccisi.
Neanche il tempo di prepararsi o di aspettarsi minimamente un attacco e subito sentì la voce di Barnaby urlare «Stupeficium!» lei ebbe appena la prontezza di sollevare la bacchetta e proteggersi a sua volta, sentì la forza dell'incantesimo di lui infrangersi contro la sua barriera e per poco non le scivolò la bacchetta dalle mani, tanto era potente. Il serpeverde era veramente il più forte duellante della scuola.
Elanor reagì lanciandogli un "Bombarda" che lui fermò con facilità; andarono avanti per qualche minuto, il ragazzo sembrava divertirsi molto, mentre lei sentiva sempre più le forze mancarle, gli incantesimi che lanciava il suo compagno erano troppo potenti e s'infrangevano contro di lei con una forza micidiale. Ad un certo punto però lui parve vacillare, attese qualche secondo di troppo prima di contrattaccare e lei ne approfitto per gridare: «Expelliarmus!» la bacchetta del ragazzo volò dalle sue mani come un razzo per atterrare a pochi metri da loro.
Lui sorrise compiaciuto, troppo, prima di andare a riprendersi la sua arma. «Hai vinto! Mi hai battuto!»
Elanor rimase in silenzio, non se lo aspettava e non seppe cosa dire.
«Ti aiuterò!» continuò infine Barnaby prima di darle le spalle e incamminarsi verso l'uscita del campo.
«Mi hai lasciato vincere, vero?»
Lui si fermò, restando comunque di spalle, poi lentamente si voltò a guardarla, un sorriso tranquillo aleggiava sul suo volto.
«Nessuno ti ha mai battuto in un duello!»
«E mai succederà!» affermò lui.
«Perché? Perché mi hai permesso di vincere?»
Barnaby si avvicinò lentamente, passo dopo passo, fino a restare a pochi centimetri da Elanor. Profumava di bucato appena lavato, un piacevole profumo che ricordava tutto ciò che è semplice e pulito. Sollevò una mano un po' goffamente e a pochi millimetri dal viso di lei quasi si arrestò e parve stesse per ritrarla, poi con dita delicate sfiorò una ciocca dei capelli della ragazza e leggero come il battito di ali di una farfalla, accompagnò il ciuffo platino dietro l'orecchio di lei.
«Mi piaci, Elanor Blair!»
La ragazza avvampò all'istante sentendo le dita leggermente ruvide di Barnaby a contatto con la sua guancia e a quelle parole trattenne istintivamente il respiro.
«Mi sembrava carino farti vincere, e poi... volevo dimostrarti che ti avrei sostenuto comunque, come tu hai detto che saresti lo stesso mia amica, anche senza il mio aiuto»
Elanor sgranò leggermente gli occhi, non si aspettava un simile ragionamento da Barnaby, lui parve carpire i suoi pensieri: «Lo so cosa pensano tutti di me, credono che sia stupido. Mi piace vedere l'espressione esterrefatta delle persone quando dico qualcosa d'intelligente, anche se non accade spesso. Il vantaggio di essere sottovalutati!»
«Forse nessuno conosce veramente Barnaby Lee!» disse Elanor, con le dita di lui che ancora sfioravano timide la sua guancia, prima di ritrarle.
«Avrai sicuramente freddo, sarà meglio rientrare!» aggiunse per poi incamminarsi con le mani in tasca verso il castello.
Percorsero uno accanto all'altra ma in silenzio la strada fino all'interno, dove finalmente il caldo li avvolse come un abbraccio, s'incamminarono verso i sotterranei per poi fermarsi davanti al muro che li avrebbe condotti alla loro sala comune.
«Quando ho ricevuto il tuo gufo, per un momento ho pensato ch volessi chiedermi un appuntamento!» esordì Barnaby improvvisamente ed Elanor si voltò di scatto verso di lui, imbarazzata per l'ipotesi del ragazzo.
«No! Io... non era decisamente per un appuntamento!» si sforzò di sorridere per nascondere la vergogna e il rossore delle guance. Lui senza neanche guardarla, con le mani ancora in tasca e un lieve sorriso mormorò la parola d'ordine per entrare a Serpeverde; nonostante il cigolio del passaggio che si apriva nella parete lei sentì Barnaby aggiungere altro: «Peccato!». Pronunciò quella parola così a bassa voce che Elanor si chiese se l'avesse solo immaginata.

Bentornati ad un nuovo aggiornamento, come avrete notato questo capitolo un corto dei precedenti, ma conto di rifarmi la settimana prossima con due aggiornamenti, anche perché per fine mese si concluderà il terzo anno; tranquilli... il quarto è già dietro l'angolo. Ringrazio Farkas per le sue recensioni sempre molto simpatiche (eh si! gli inizi sono sempre i più complessi da scrivere anche perché spesso decretano l'attenzione che il lettore avrà nei confronti della lettura, ma devo dire che sono anche quelli che preferisco, sia da leggere che da scrivere, l'aspettativa che sentiamo come elettricità fin nello stomaco, e come intraprendere un'avventura) ringrazio anche chi ha aggiunto la storia fra le preferite e le seguite e anche i lettori silenziosi.
Per chi non riuscisse a fare a meno delle mie storie, vi lascio il link alla pagina Amazon con le mie opere.
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Alla prossima ;)

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


~~Bentornati ad un nuovo aggiornamento, questa settimana ci sarà un nuovo capitolo Mercoledì in vista della conclusione dell'anno, mentre per agosto inizieremo con il quarto anno e... ne vedremo delle belle... sia per la questione delle Sale Maledette sia per le questioni ci cuore. Ora vi lascio alla lettura e se mi lasciate un commento sarà bene accetto, così capirò che state gradendo la storia e che... devo continuarla! A presto... e "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni".

Capitolo 8

I giorni erano trascorsi in fretta e immersi nella solita routine fatta di lezioni, allenamenti di Quidditch, crisi isteriche per gli imminenti esami, pettegolezzi... già... questi ultimi erano stati particolarmente fastidiosi per Elanor: da quando lei si era registrata al Ministero come animagus, le più svariate assurdità si erano diffuse a macchia d'olio per la scuola, tra ipotesi strampalate sulle più divertite forme di animale nel quale ipotizzavano si fosse trasformata, da un drago sputa fuoco a finanche un Molliccio ed era proprio questo ad aver comportato più problemi alla ragazza; da qualche mese in tutta la scuola c'erano stati diversi casi di avvistamenti di Mollicci, che prendendo la forma della paura più grande che una persona avesse, giravano indisturbati infiltrandosi un po' ovunque e terrorizzando l'intera Hogwarts. Qualcuno aveva accusato Elanor di essere lei il Molliccio che se ne andava in giro a spaventare il malcapitato di turno, ma dopo circa due settimane di sguardi ostili da parte di molti, la faccenda era stata risolta e archiviata come "impossibile" e soprattutto l'attenzione, grazie anche al grande contributo di Penny, si era catalizzata su un nuovo pettegolezzo: la presunta relazione tra il Capitano della squadra di Quidditch di Tassorosso e il prefetto di Corvonero.
Elanor quella sera se ne stava con la testa china sui libri in un angolo in disparte nella sala comune di Serpeverde, apparentemente stava studiando Storia della Magia, ma in realtà non faceva altro che osservare l'orologio in oro posto su uno dei camini. Avevano deciso che sarebbero entrati quella notte nella Sala Maledetta in Biblioteca; Barnaby si era alzato dal divano circa dieci minuti prima, biascicando delle scuse allo sguardo curioso che gli avevano rivolto Merula e Ismelda ed era uscito fuori dalla sala comune con le mani in tasca e il viso rilassato, a giudicare dall'espressione furibonda della serpeverde dai capelli sempre unticci, sospettavano avesse un appuntamento con qualche ragazza.
Rowan la raggiunse con lo sguardo preoccupato e una pergamena tra le mani: «Mi ha scritto Hagrid, ha bisogno di aiuto con un'animale, ti dispiace accompagnarmi?»
Elanor sollevò lo sguardo e le sorrise: «Certo! Dammi solo un momento!» richiuse i libri e li ripose accuratamente nella borsa con tutta calma, anche se dentro lo stomaco si contorceva per quanta adrenalina stava accumulando.
Sorrise ancora, rivolta all'amica: «Possiamo andare!». S'incamminarono fuori dai sotterranei, mentre la voce sprezzante di Merula la raggiungeva: «Cerca di non metterti nei guai Blair, non mi va di perdere punti a causa tua!» Elanor la ignorò, ma sapeva che l'altra non avrebbe desistito a lungo e l'avrebbe seguita, Merula era intelligente e astuta.
Una volta fuori si concesse un lungo respiro, mentre accanto a Rowan si incamminavano verso i piani superiori; nei pressi della Sala Grande intravidero Barnaby poggiato al muro con le mani in tasca, quando le vide si staccò dalla parete e le raggiunse unendosi a loro senza proferire parola.
Nel corridoio al primo piano incrociarono il cammino di Penny e Tonks e davanti all'entrata della Biblioteca c'erano infine Bill e Tulip. Volsero tutti lo sguardo a Elanor che fu invasa da un'imminente preoccupazione: se la Biblioteca fosse stata sigillata di notte?
«Alohomora!» sussurrò puntando la bacchetta verso la porta d'entrata, quando sentì la serratura scattare tirò un sospiro di sollievo e si ritrovò a sorridere: quella zona, riflettendoci, non necessitava di grandi protezioni, la maggior parte dei ragazzi si tenevano alla larga il più possibile da quel posto zeppo di libri, nessuno si sarebbe sognato di andarci addirittura di notte.
Con la punta delle bacchette illuminate si fecero strada all'interno, fino al reparto proibito.
«La zona stessa mette già ansia» dichiarò sottovoce Rowan e gli altri anche se non commentarono la pensavano quasi sicuramente come lei.
«La Sala Maledetta è da qualche parte lì dentro, dobbiamo entrare!»
«Avresti dovuto essere smistata tra i Grifondioti visto il tuo grande coraggio, Blair! Il cappello parlante deve essersi sbagliato!» la voce sdegnosa di Merula li raggiunse alle spalle, ma di certo non sbalordì Elanor che si aspettava l'intrusione da un momento all'altro; si voltò lentamente, pronta a fronteggiare la compagna di casa: «Ti aspettavo, Merula!»
«Piacere mio aver onorato alle tue aspettative!»
«È lì?» chiese ancora la Snyde, indicando il piccolo cancello che separava il reparto proibito dal resto della Biblioteca. Elanor fece un cenno affermativo con la testa.
«Bene! Ora spostati!»
«E come pensi di superarci esattamentte Snyde? Siamo in tanti e voi solo due, se proprio vogliamo considerare... com'è che si chiama?» Bill indicò Ismelda, con l'espressione dubbiosa e al contempo sprezzante e ricevette un grugnito in risposta da quest'ultima.
«Già! Come pensi di fare, Merula?» si intromise Barnaby, con la bacchetta già puntata contro le sue compagne.
Ismelda accartocciò il viso in una palese espressione di dolore, che però poteva tranquillamente essere scambiata per un improvviso attacco di mal di stomaco, mentre Merula lo guardò disgustata ma con un leggero sorriso: «Sapevo che prima o poi avresti fatto qualche sciocchezza Barnaby, che delusione! Lasciarti abbindolare da una chioma albina e un finto buonismo, perfino per un idiota, zucca vuota come te certe cose sono eccessive e denigranti!»
«Smettila!» si intromise Elanor «Se lo conoscessi veramente, non diresti queste cose di lui!»
«E tu lo conosci invece? Stupida gallina, non sai niente di lui!» strepitò Ismelda quasi sull'orlo delle lacrime.
«Ti spezzerà il cuore!» le parole di Merula fecero sgranare appena gli occhi a Barnaby, e anche ad Elanor che si chiese il perché di quella frase.
«Silencio!» all'incantesimo scagliato improvvisamente dal serpeverde, dalla bocca delle due ragazze non uscì più un suono. Ismelda si portò le mani alla gola, mentre Merula sollevò di scatto la bacchetta e scagliò una fattura su Barnaby che si fece scudo senza troppa fatica, ma la ragazza assottigliò gli occhi e senza abbassare la sua arma ci riprovò, ma puntando Elanor. Quest'ultima non ebbe il tempo di proteggersi che si sentì sbalzare quasi via e si ritrovò a terra senza sapere come, con il corpo di Barnaby addosso; la ragazza vide con la coda dell'occhio i suoi compagni prepararsi ad una battaglia a suon di incantesimi, mentre incrociava lo sguardo smeraldino del compagno ancora su di sé, prima che questi si voltasse si scatto e lanciasse un incantesimo sulle due serpeverde, pietrificandole.
Elanor lo sentì poi tossire mentre cercava di sollevarsi per rimettersi in piedi.
«Stai bene?» gli chiese premurosa.
«Si, sta tranquilla! Gli incantesimi silenziosi non sortiscono un grande effetto se non sei pratico!»
Elanor si ritrovò a sorridere a quel ragazzone con gli occhi verdi che la stupiva sempre più e quella sera addirittura si era intromesso tra lei e la fattura di Merula, per proteggerla.
«Andate, presto!» la voce di Bill la destò facendole distogliere lo sguardo da quello di Barnaby.
Elanor si avvicinò cauta a Merula ormai immobile, ma sapeva che poteva ancora sentirla: «Non basta il coraggio, serve anche l'astuzia. Il cappello non sbaglia mai!».
«Mi occuperò io di loro, sono un Prefetto! Ma voi andate, Gazza e Mrs. Purr potrebbero essere in giro!» continuò Weasley.
Senza farselo ripetere due volte, si addentrarono nel reparto proibito e raggiunsero un'altra porticina, quasi nascosta tra gli scaffali stracolmi di libri che era meglio non sfiorare neppure.
«La mappa di tuo fratello indica qui!» asserì Tulip con sguardo dubbioso, prima di varcarne la soglia incerta. La luce delle fiaccole li colpì improvvisa e trasalirono appena, ma si resero presto conto di essere in una piccola stanza con le pareti fitte di libri.
«E adesso? Cos'è uno scherzo?» chiese la corvonero.
«Beh! I miei scherzi sono decisamente più divertenti!» asserì Tonks, mentre gli altri erano in silenzio e piuttosto turbati dall'inconveniente.
«Forse uno di questi libri è in realtà una leva per aprire l'entrata della Sala!» Elanor voleva, doveva, essere propositiva.
«Già! Come nei film che guarda sempre mio padre!» tutti si voltarono a guardare Tonks, che di conseguenza sollevò le spalle con noncuranza: «È di origini babbane!». Elanor sospettò che la curiosità degli altri fosse piuttosto rivolta ai film, non avendo sicuramente idea di cosa fossero, tranne Penny.
«Mettiamoci al lavoro, non troveremo facilmente il libro giusto!» disse Rowan avvicinandosi ad uno dei libri e timorosa lo sfilò dalla mensola; si guardò intorno, ma non accadde nulla, così proseguì con il successivo. Dopo dieci minuti ancora non erano riusciti a trovare l'entrata ed Elanor cominciò a sospettare che forse in quel posto neanche ci fosse. Sbuffò frustrata, ma la sua attenzione fu catalizzata da Penny: «Qui manca un libro!». Si avvicinarono ad osservare, assurdamente speranzosi che quella piccola fessura potesse in realtà essere l'entrata della Sala Maledetta, poi ad Elanor venne un'illuminazione: l'anno prima quando aveva aperto la precedente Sala Maledetta, al suo interno aveva trovato la bacchetta spezzata di suo fratello e un libro, aveva portato entrambe le cose con se, in caso fossero servite. Sfilò il libricino dal mantello e lo incastrò nello spazio vuoto sulla libreria, seguì uno scatto secco e la parete di fronte a loro si aprì rivelando al suo interno un antro buio.
«Qualcuno dovrebbe restare a sorvegliare l'entrata» disse Penny sollevando la bacchetta davanti a lei. «Resto con te!» Tonks fece altrettanto. «Sbrigatevi! Mia madre mi uccide se vengo espulsa. Mio padre sarà anche di origini babbane, ma lei è pur sempre una Black!».
Elanor, Barnaby, Rowan e Tulip entrarono timorosi nella stanza, o qualunque cosa fosse, visto che all'interno era tutto completamente buio, l'unica luce proveniva dalle fiaccole della stanza alle loro spalle, ma ben presto anche quello spiraglio svanì, quando la porta si richiuse alle loro spalle.
«Merda!» esordì Tulip «Spero che ci sia un'altra uscita, se dovessi morire a Hogwarts preferirei poter andarmene in giro a spaventare tutti sottoforma di fantasma, invece che restare intrappolata in un buco per l'eternità!»
«Lumos!» la punta della bacchetta di Elanor si illuminò, ma la fievole luce non lasciava intravedere neanche i loro volti; sentì i suoi compagni sussurrare lo stesso incantesimo e un momento dopo altre tre piccole luci si unirono alla sua, ma il buio regnava ancora sovrano.
«Non è normale questo!» la voce di Rowan le arrivò da qualche angolo alla sua destra.
Sentì una mano calda sfiorare la sua: «Elanor?»
«Barnaby!»
Sentì la presa rafforzarsi sulla sua mano e avvertì accanto a sé la presenza del ragazzo che sentì spostarsi per mettersi davanti a lei.
Una risata stridula echeggiò sempre più forte tutt'intorno, raggiunta da un'altra e poi un'altra ancora, prima che una densa nebbia si condensasse dinanzi a loro, fino a  prendere forma definitiva: un clown alto due metri si stagliava davanti ai loro occhi, con una tuta larga e colorata e bon bon rossi come il naso e la bocca.
«Un clown?» la voce di Tulip spezzò quello strano silenzio che si era ricreato. Elanor non capiva, la figura se ne stava immobile e non sembrava intenzionata ad altro.
«È terrificante!» Barnaby sembrava terrorizzato, la sua mano ancora intrecciata a quella di Elanor tremava appena.
«È ridicolo non terrificante!» sentì la voce della corvonero avvicinarsi a lei e al ragazzo. Il clown voltò il capo verso la voce di Tulip ed Elanor riuscì a vedere gli occhi cambiare colore e da un giallo sbiadito divenire viola, e capì.
«Tulip fermati! È un Molliccio!»
«Cosa?» sentì chiedere all'amica.
«Barnaby, hai paura dei clown?»
«Decisamente si!»
Elanor sapeva per certo che la paura più grande di Tulip fosse la sua ex amica serpeverde Merula Snyde e quest'ultima aveva gli occhi viola, il Molliccio stava per trasformarsi in lei. D'istinto si fece avanti, andando incontro alla figura che man mano stava diminuendo in altezza. Quando i suoi occhi si puntarono in quelli di Elanor, questi da viola divennero rossi, circondati da una pelle sempre più pallida e malandata, dalla bocca spuntarono denti ormai marci, mentre il suo aspetto prendeva sempre più la forma di uno scheletro, con un lungo e lacero mantello scuro e unghie lunghe e rovinate. Non lo aveva mai incontrato da vicino, ma era assolutamente certa che quella figura fosse la degna rappresentazione di Voldemort.
Sentì le orecchie ovattarsi, mentre i suoi amici si perdevano in urla soffocate; capì il perché nel momento in cui sentì la gola stringersi e le forze mancarle. Stava soffocando. D'istinto si porto le mani alla gola, cercando di rompere funi invisibili che la stavano per strangolare e probabilmente facevano lo stesso con i suoi amici. Vide il Molliccio sfumare nei contorni, quasi stesse per ritrasformarsi, sentiva che la sua paura stava in qualche modo mutando e il Molliccio con sé e lei ebbe la certezza che in qualunque cosa stesse per prenderne le sembianze, sarebbe stato meglio Lord Voldemort. Con le ultime forze, mentre la vista quasi le si offuscava, portò la bacchetta dritta davanti a lei e scandì con l'ultimo barlume di lucidità e fiato: «Riddikulus!»
Intono al bacino dell'Oscuro Signore si formò un tutù rosa e le sue gambe si fasciarono di calzamaglie pallide e scarpe da danza classica. Sentì subito la morsa alla gola scemare e l'aria rientrare nei polmoni. Dopo un momento di silenzio sentì le risate timide dei suoi amici e un po' per la visione ridicola e sopratutto per il sollievo di averla scampata, si lasciò trasportare dalla goliardia anche lei e rise di gusto. Il Molliccio/Voldemort si portò le mani alle testa per poi esplodere in una bolla di fumo.
La stanza s'illuminò improvvisamente, si guardarono intorno un po' spaesati: erano in una stanza circolare con al centro un tabernacolo in vetro. Elanor si avvicinò e lo sfiorò, così come aveva fatto nella Sala precedente, ma quella volta non successe nulla: «L'altra volta mi è bastato toccarlo per aprirlo!»
«C'è una scritta qui!» disse Rowan aguzzando la vista su una scritta intarsiata sulla struttura: «Per aprirla, un mago deve compiere l'estremo sacrificio».
«Vuoi dire... morire?» chiese Tulip incerta. Rowan sembrò rifletterci su: «Per un mago... il sacrificio più grande è rinunciare ai suoi poteri!»
Elanor sfilò dalla tasca la bacchetta spezzata di suo fratello: «Jacob aveva già spezzato la sua bacchetta, non è stata rotta quando è stato espulso» sollevò quella che era stata l'arma magica del fratello e la poggiò su una delle lastre di vetro che componevano la struttura al centro della sala; quella prese a ruotare su se stessa e si aprì, rivelando al suo interno una freccia spezzata e una pergamena. Elanor le prese e le osservò.
«A tuo fratello piaceva spezzare le cose!» disse Barnaby. «E fare mappe!» aggiunse Tulip osservando la pergamena che aveva tutta l'aria di essere effettivamente una mappa: «Sembra la mappa della Foresta Proibita!» osservò la serpeverde.
«Beh! Ovunque sia la prossima Sala Maledetta, al momento l'unica cosa che voglio e uscire da qui!» ed Elanor non riuscì a non concordare con la corvonero.
«Sono d'accordo, non ho mai voluto uscire da una Biblioteca in tutta la mia vita come questa notte!» concluse Rowan e anche in quel caso la compagna non ebbe da obiettare.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


~~Elanor osservava Silente comodamente seduto alla sua scrivania, alle spalle i quadri dei suoi predecessori la guardavano curiosi e qualcuno con sguardo severo, mentre l'attuale preside la scrutava attento e silenzioso attraverso gli occhiali a mezza luna, con gli occhi azzurri puntati in quelli dorati della ragazza.
«Ti avevo pregato di non cercare ulteriori Sale Maledette signorina Blair» disse poi lui con voce melliflua.
Elanor deglutì, non le piaceva deludere quell'uomo «Mi dispiace professore, ma... una volta venuta a conoscenza dell'entrata, non ho saputo resistere, credevo di fare il bene della scuola»
«Ed è quello che hai fatto ed è per questo che assegnerò 100 punti alla tua casa, ma devo comunque insistere affinché ciò non si ripeta!»
Elanor strabuzzò gli occhi, si aspettava il peggio invece addirittura aveva guadagnato punti per Serpeverde «Grazie professore!»
«Non ringraziarmi! Non accadrà una volta ancora, devi promettermi che non cercherai più altre Sale Maledette!»
La ragazza si sentì spiazzata, non poteva certamente smettere di cercare suo fratello, ma non voleva neanche contraddire il preside: «Non cercherò più altre Sale Maledette, professore!» non era stata una promessa formulata così, ma a Silente parve bastare e sorrise sereno e soddisfatto «Bene! È tutto, puoi andare!». Elanor gli diede le spalle e s'incamminò verso l'uscita, ma lui la richiamò con voce leggera: «Elanor... » non l'aveva mai chiamata per nome «Quando cerchiamo qualcosa, dobbiamo mettere in conto che quando la troveremo potrebbe non soddisfare le nostre più fulgide aspettative» la serpeverde fece un cenno affermativo con la testa, in verità quelle parole l'avevano in qualche modo scossa dall'interno; si avviò nuovamente verso l'uscita e quella volta avrebbe tanto voluto mettersi a correre.
Appena si ritrovò nel corridoio fece un lungo sospiro di sollievo, ma fu subito quasi investita dal mantello nero di Piton, seguito dalla voce acuta di Vitius che pareva borbottare delle scuse verso il collega che era più adirato del solito. Appena la vide spostò veloce lo sguardo da lei all'entrata dell'ufficio di Silente: «Hai creato problemi Blair?»
«No professore!» si affrettò a rispondere lei.
«Bene! Allora vai in Sala Comune, che ho già altre rogne!» Elanor giurò di aver intravisto uno sguardo furente rivolto verso il piccolo professore di Incantesimi, ma non stette a tergiversare a lungo, preferì piuttosto scattare veloce verso i sotterranei.
Non li raggiunse visto che un uragano di nome Penny Haywood la investì, fisicamente e con mille domande: «Ti ha espulsa? Ti ha punita? Ci caccerà tutti?»
«Penny, Penny, Penny... calmati! Non verremo espulsi, anzi... ho guadagnato anche cento punti per la mia casa!»
«Wow! Cavoli e io che mi stavo preoccupando!» sorrise la tassorosso, prima di trasalire di colpo «Buon pomeriggio belle fanciulle!» Orion era appena comparso alle loro spalle, seguito da Marphy McNully che iniziò subito a fare ciò che gli riusciva meglio: parlare.
«Ho sentito quello che hai detto! C'era l'ottanta percento di possibilità che ciò accadesse!»
«Non credo che questo sia il momento più opportuno per le tue statistiche, McNully» disse Orion, per poi rivolgersi ad Elanor: «Stavi andando in infermeria?»
«Perché dovrei andare in infermeria?»
«Non lo sai?» dissero tutti e tre in coro.
«Sapere cosa?» la ragazza era confusa «Ovvio che non lo sa! Palese direi.» specificò Murphy.
«E di grazia, volete delucidarmi?» Elanor iniziava a spazientirsi, non prevedeva nulla di buono e infatti la cosa fu confermata dal Capitano: «Avevo convinto Skye a parlare con la Rath e lei è andata al campo di allenamento dove si stava esercitando la corvonero, ma a quanto pare appena l'ha vista la Rath le ha puntato un bolide contro!»
«Cosa?!»
«E ora è in infermeria!» concluse Murphy.
«È assurdo! Perché la Rath avrebbe dovuto fare una cosa del genere?» chiese Elanor, a dir poco esterrefatta.
«Sinceramente io non credo che sia andata esattamente così ed è per questo che sto andando in infermeria, oltre che per appurarmi dello stato di salute della mia cacciatrice!»
«Sei premuroso» la voce di Penny parve un sussurro, ma bastò per destarla come uno schiaffo in faccia «Io... io... devo andare!» disse, prima di sparire fra i corridoi. I tre ragazzi invece si incamminarono verso il regno di Madama Chips.

Skye era distesa su uno dei lettini, la Chips aveva riferito che la spalla della ragazza era stata fortemente compromessa e anche se lei era brava a sistemare le ossa, la Parkin non avrebbe giocato a Quidditch per almeno un mese. Ovviamente la notizia era stata accolta come il ritorno in vita di Lord Voldemort, quella stessa settimana si sarebbe disputata la partita finale contro Corvonero, che avrebbe decretato il vincitore della Coppa.
«La colpa è della Rath, dovrebbe essere espulsa!» ringhiò Skye, oltremodo furibonda per non poter partecipare alla partita più importante dell'anno.
«Tesoro, sono sicuro che non intendesse farlo, deve essere stato un incidente» iniziò Orion, riferendosi alla battitrice dei Corvonero.
«Non chiamarmi così, non sono il tuo tesoro! E comunque lo ha fatto apposta, voi non eravate lì. Sapeva che io ero l'unico ostacolo fra lei e la coppa!» urlò Skye. Fra lei e Orion era risaputo che non corresse buon sangue, erano troppo diversi, tuttavia il Capitano si era sempre mostrato gentile e cortese nei suoi confronti, mentre lei... beh! Lei era Skye.
«Sei proprio sicura di quello che dici, Skye?» chiese Elanor titubante.
«Certo che ne sono sicura!»
«Come eri sicura che lei avesse rubato la Comet?» il sarcasmo di Murphy non passò certo inosservato alla cacciatrice infortunata.
«Se Silente, Piton e finanche i miei amici non vogliono credermi... » iniziò, marcando con espressione quasi disgustata sulla parola "amici" «Lo farà Rita Skeeter!»
«Rita Skeeter? Quella Rita Skeeter?» chiese Murphy con sguardo allibito.
«Si! Proprio lei, vuole fare un articolo su di me!» specificò la ragazza.
«E tu mi dirai tutta la verità!» la voce suadente di una donna li raggiunse alle spalle, quando si voltarono videro la figura di una donna particolarmente affascinante, con una complessa capigliatura biondo acceso e labbra rosse; di fianco a lei un block notes sospeso nell'aria con accanto una piuma pronta a carpire e trascrivere ogni più piccolo e succulento particolare.
«Sono Rita Skeeter!» si presentò quella.
«Lo sappiamo, ma lei di solito non si occupa di sport, ma di pettegolezzi!» precisò Orion. La donna sorrise: «Mi occupo di tutto ciò che fa notizia, mio caro. Tu devi essere Orion Amari, il più giovane Capitano di Quidditch della storia di Hogwarts!»
«Se vuole definirmi così... quello è il mio nome ad ogni modo!»
«La signorina Parkin deve riposare, siete pregati di uscire, tutti!» la voce di madama Chips arrivò alle loro orecchie autoritaria come sempre e li costrinse ad uscire dall'infermeria, tuttavia Elanor fu bloccata appena fuori il corridoio.
«Signorina Blair, posso parlarle? In privato» chiese la Skeeter, osservando i due ragazzi.
«Ci vediamo dopo in Sala Comune!» gli disse la ragazza e i due giovani si incamminarono nei sotterranei.
«Di cosa vuole parlarmi esattamente? Può sapere tutto ciò che vuole della famiglia Parkin dalla diretta interessata!» fece Elanor, accennando alla porta dell'infermeria. Pertanto la donna sorrise malevola: «Cosa vuoi che importi al Mondo Magico di una ragazzina che non può disputare una partita di Quidditch, anche se il suo cognome è Parkin. Ciò che rende succulento un articolo di giornale è sapere, ad esempio, che la giovane e talentuosa Elanor Blair di fianco al bel Capitano di Serpeverde hanno portato la squadra ad un passo dalla Coppa, lei con il suo passato tormentato alle spalle e un futuro da spezzaincantesimi. Ho saputo che hai scovato e aperto una nuova Sala Maledetta!»
«A quanto pare sa già molte cose su di me, non credo ci sia bisogno che io aggiunga altro! Ora se permette, devo prepararmi per gli allenamenti!» detto ciò Elanor diede le spalle alla giornalista e senza aggiungere altro s'incamminò nel corridoio.

Alla fine, anche Piton si era convinto che le intenzioni della Rath non erano malvagie e si era infine concluso che la ragazza neanche aveva visto Skye al campo, in quanto quest'ultima si stava nascondendo probabilmente per spiarla. Inutile dire che tutta la situazione non aveva fatto altro che incattivire la cacciatrice di Serpeverde che aveva evitato qualsiasi contatto con la sua squadra negli ultimi giorni.
I pensieri di Elanor a riguardo furono interrotti dalla voce di Murphy che si addentrò negli spogliatoi di Quidditch spingendo le ruote della sua sedia a rotelle.
«Punto ceco!»
«Ma tu non dovresti essere nella cabina commentatori?» chiese la ragazza quando lo vide arrivare.
«Ci andrò tra poco! Ad ogni modo ribadisco "punto ceco"!»
«E sarebbe?» chiese Elanor confusa.
«La Rath ha un punto ceco, se ti trovi nell'angolo sinistro alle sue spalle, lei non ti vedrà, questo è il suo punto debole. Ecco perché non ha visto Skye!»
Elanor sorrise compiaciuta, quel ragazzo trovava sempre una soluzione a tutto.
«Ora sarà meglio che vada, il mio dovere da esperto di tecniche l'ho fatto, devo andare ad adempiere a quello di cronista sportivo!» esordì Murphy allontanandosi dagli spogliatoi.
Elanor si stava agganciando i parastinchi, la partita si sarebbe disputata fra qualche minuto e lei ormai sentiva l'ansia crescere a dismisura. Il suo operato tuttavia fu nuovamente interrotto da una voce familiare.
«Ho raccontato tutto alla Skeeter!»
Dinanzi a lei Skye Parkin la osservava con le mani nelle tasche.
«Bene! Farà un grande articolo menzionando sciocchezze sulla Rath!» Elanor non aveva nessuna voglia di trovarsi in altri casini gratuitamente offerti da Skye.
«Oh! Quello! Alla Skeeter non è minimamente interessato dei miei problemi con la corvonero, a dire il vero, non le interessava minimamente di me!»
Elanor corrucciò le sopracciglia, non capiva dove la compagna volesse arrivare.
«Voleva sapere di te! E io le ho raccontato tutto!»
Stava per chiedere "tutto cosa" esattamente, quando sentì la voce di Orion intervenire severa come non l'aveva mai sentito.
«Dovresti essere sugli spalti Skye!»
«Sono ancora un membro di questa squadra, ho accesso agli spogliatoi!»
«Si, ma non hai il diritto di innervosire la squadra prima di una partita importante!»
Lo sguardo della ragazza si assottigliò: «Sono il cacciatore della squadra di Serpeverde!»
«E io il Capitano! Ora esci dallo spogliatoio e vai a sederti sugli spalti!»
Skye grugnì, ma senza poter nulla contro l'autorità di Orion uscì come aveva ordinato lui.
Il Capitano restò qualche secondo ad osservare il vuoto, poi sorrise guardando la sua squadra: «Allora, siete pronti per il momento di vivificazione?».

Elanor cercava di regolarizzare il respiro, doveva mantenere la lucidità o non sarebbe stata in grado di aiutare la sua squadra. Di fianco a lei Orion sembrava tranquillo e sereno come suo solito, nel corridoio circondato da stendardi verdi e argento, sembrava stesse aspettando il Nottetempo piuttosto che l'inizio della partita che avrebbe potuto portarli alla vittoria del campionato.
«Qual è la prima cosa che ti ricordi dei nostri allenamenti all'inizio del campionato?» esordì lui improvvisamente rivolto ad Elanor. La ragazza in tutta risposta si ritrovò a sorridere suo malgrado: «Fiammagranchio, Vermicolo, Snaso e Kneazle! Mi avevi detto di non dimenticarmi di questi animali!»
Orion rispose al sorriso: «E vedo che non lo hai fatto! Abbiamo bisogno della pazienza di un Vermicolo mentre riposa sotto terra, della tenacia di uno Snaso alla ricerca dell'oro, dipendiamo gli uni dagli altri con la lealtà di un Kneazle, ma dobbiamo possedere il fuoco di un Fiammagranchio. Se riusciremo in queste cose, vinceremo la Coppa!»
Elanor osservò quel giovane che era stato scelto per governare quella squadra un po' per caso, ma il fato aveva avuto una grande intuizione: Orion poteva apparire strano il più delle volte, ma la sua filosofia e il suo modo di essere erano sicuramente la forza più grande che Serpeverde avesse, il loro più grande vantaggio.

La voce di Murphy echeggiava dalla sua cabina per tutto lo stadio da ormai una buona mezz'ora, la partita era stata fino ad allora piuttosto combattuta, tuttavia la vittoria era decisamente lontana, almeno per Serpeverde; ogni qual volta il loro cercatore sembrava avvistare il boccino d'oro, la Rath le scagliava contro un bolide e quella per deviare la palla che con tutta violenza le si gettava contro, finiva per perdere di vista la piccola pallida dorata.
«Il cercatore di serpeverde sembra aver avvistato nuovamente il boccino, ma il battitore di corvonero sembra non essere d'accordo!» la voce di McNully la ridestò come una doccia d'acqua gelida. Spostò velocemente lo sguardo sulla loro cercatrice, prontamente inseguita dalla Rath che con uno sguardo richiese un bolide ad un suo compagno.
Elanor si ricordò del punto ceco che le aveva spiegato Murphy e subito si mise in posizione per seguire la corvonero; non aveva però idea di come poter fermare a mani nude il bolide che in quel momento la Rath stava lanciando con tutta la violenza possibile contro la loro cercatrice che era ad un passo dal boccino e dalla vittoria. Senza pensarci due volte agì d'istinto.
Uscendo d'improvviso dal punto ceco della battitrice si scagliò contro il bolide, parandosi tra questo e la sua compagna alla rincorsa del boccino. Il bolide le colpì la spalla e il petto scaraventandola giù dalla scopa, fortunatamente non era a molti metri d'altezza e sentì il colpo attutito dalla sabbia del campo. Cercò di riaprire gli occhi e soprattutto riprendere fiato: prendere un bolide in petto le aveva mozzato il respiro. Mentre tossiva e ancora si trovava piegata in ginocchio nel mezzo del campo, sentì distintamente la voce di Murphy urlare: «Serpeverde mette fine alla partita e vince la coppa del campionato di Quidditch di Hogwarts!». Non riusciva a credere alle sue orecchie, avevano vinto.
«Stai bene, Elanor?» la voce di Orion la raggiunse e si sentì sollevare da terra e rimettere in piedi, il ragazzo la osservava con un largo sorriso: «Abbiamo vinto! Abbiamo vinto la coppa! Sei stata formidabile!». Un attimo dopo furono investiti dall'intera squadra, mentre dagli spalti gli altri Serpeverde giungevano nel campo per festeggiare.

Skye l'aveva raggiunta nella Sala Comune durante i festeggiamenti. «Alla fine l'allievo supera il maestro!» aveva esordito, ma sorrideva.
«Credevo fossi arrabbiata con me!»
«Con il destino più che altro, ma abbiamo vinto, questa è la cosa importante! Goditi questo momento, il prossimo anno non mi lascerò mettere in tribuna facilmente!» si allontanò continuando a sorridere benevola, tuttavia Elanor non seppe esattamente come interpretare quell'ultima frase.
La festa nella Sala Comune era durata fino a tardi e quella mattina Elanor aveva saltato la colazione per dormire qualche ora in più; avanzava a passo deciso per i corridoi, intenzionata a raccattare Rowan dalla Biblioteca nella quale si era rifugiata, quella non era la giornata per rinchiudersi fra quattro mura. Indosso aveva ancora la maglia incantata da Orion per la vittoria, con la coppa di Quidditch in bella mostra che scintillando si trasformava in un serpente. Il sorriso non riusciva a smorzarsi, si sentiva al settimo cielo: mancavano oramai appena due settimane prima della fine della scuola e poi avrebbe potuto godersi il sole estivo con i suoi genitori, aveva aperto una Sala Maledetta e sentiva di essere ad un passo dal ritrovare suo fratello Jacob e inoltre avevano vinto la coppa di Quidditch. Niente avrebbe potuto distruggere il suo buon umore.
Penny le si parò davanti piuttosto trafelata, il volto pallido e una ciocca di capelli era addirittura sfuggita ad una delle sue perfette trecce.
«Ho bisogno del tuo aiuto, Elanor!»
Beh! Quasi niente, dopotutto erano ad Hogwarts.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


~~Penny l'aveva trascinata dietro una colonna del corridoio al primo piano, si era guardata furtivamente intorno e dopo un profondo respiro si era finalmente decisa a parlare: «Talbott ha qualcosa che non va!» aveva esordito ed Elanor si era aspettata di tutto fuorché quella frase. «Gli è successo qualcosa?» chiese, cercando di non far trapelare l'ansia ma anche l'inquietudine che le dava parlare di lui.
«No, ma è strano!»
Stava per dire all'amica che non c'era nulla di cui preoccuparsi, visto che il ragazzo in questione era sempre strano, ma inspiegabilmente fu colta da strani e contrastanti sentimenti: le dispiaceva vedere Penny in quello stato, era sicuramente provata dalla preoccupazione che l'aveva in qualche modo invasa, ma Elanor si ritrovò suo malgrado anche a provare una punta di invidia verso quella ragazza che molto probabilmente godeva di un rapporto con il corvonero a cui lei non poteva minimamente ambire.
«Cosa ha fatto di preciso?» chiese la serpeverde titubante.
«Niente! Assolutamente niente, questo è il problema. Da ieri sera non si presenta in Sala Grande per i pasti e oggi non si trova da nessuna parte, neanche in biblioteca o nella guferia.»
«Beh! Talbott spesso si isola e... » Penny sbuffò sonoramente interrompendo l'amica «Non è la stessa cosa! Questi sono giorni difficili per lui e... ti prego Elanor, aiutami a trovarlo»
La ragazza guardò gli occhi azzurri e ansiosi della tassorosso e non riuscì a dirle di no: «D'accordo, Penny! Ti aiuterò!» si sforzò di sorridere, omettendo di confidarle dell'ultima discussione che aveva avuto con Talbott e di quanto lui sarebbe stato poco incline a farsi scovare proprio da lei.
Penny le gettò le braccia al collo stringendola in un abbraccio: «Grazie, grazie! Si può sempre contare su di te, sei una vera amica!»
"Noi non siamo amici", la frase che il ragazzo le aveva spesso rivolto le tornò alla mente, ma cercò di metterla da parte almeno in quel momento.

Aveva promesso a Penny che avrebbe chiesto in giro per scoprire se qualcuno avesse visto Winger; non conosceva molti corvonero e le ci volle una buona mezz'ora prima di scovare Andre. Il ragazzo era intento a insegnare un modo "decisamente alla moda" di indossare un foulard ad un ragazzino del primo anno, quando vide la ragazza le andò in contro sorridente: «Buongiorno spezzaincantesimi! O preferisci che ti chiami campionessa di Quidditch?»
«Andrà bene Elanor» rispose lei «Hai per caso visto Winger?»
«L'ultima volta che l'ho visto è stato un paio d'ore fa, è entrato in dormitorio particolarmente trasandato, e inoltre puzzava di stalla o qualcosa di simile. Ha trascorso tutta la notte fuori, secondo me era con qualche ragazza!» dopo l'ultima affermazione Andre esplose in una grossa risata, ma dopo poco vedendo l'espressione sconvolta di Elanor si fermò di colpo: «Oh! Scusa, forse tu, insomma voi due... »
«No! Assolutamente no!» lo fermò subito lei «Lo cercavo per... ha preso in prestito un libro dalla biblioteca, un libro che mi occorre e volevo sapere se aveva finito di utilizzarlo» improvvisò lei e al ragazzo sembrò bastare «Beh! A quest'ora forse è in Sala Grande, è quasi ora di pranzo!» esclamò guardando l'orologio da taschino.
«Darò un'occhiata lì, grazie!» disse Elanor prima di salutare e allontanarsi dal corvonero.
Ovviamente al tavolo della sua casa non c'era neanche l'ombra di Talbott, così Elanor decise di fare un ultimo tentativo prima di recarsi a pranzo.
Ormai erano tutti in Sala Grande pronti per il banchetto e il cortile era praticamente deserto, ad eccezione di due ragazze che ridendo e spettegolando su qualcosa stavano rientrando. La serpeverde si ritrovò da sola ad assaporare la strana tranquillità che aleggiava in quel luogo, chiuse gli occhi e lasciò che il leggero tepore dei raggi del sole le rigassero il volto regalandole un piacevole tepore in tutto il corpo, fino a quando una voce familiare non la fece sobbalzare.
«So che mi stavi cercando!»
Si voltò di scatto alla sua destra e mollemente adagiato ad un grosso ramo di un albero c'era Talbott Winger che la osservava con il volto rilassato e gli occhi grandi e rossi che la osservavano senza un'apparente emozione.
«Talbott!»
«Mi hai trovato! Avevi bisogno?» disse lui con voce neutra.
«Come facevi a sapere che ti stavo cercando?»
«Me lo ha detto un uccellino!» dichiarò lui lasciando trapelare un certo divertimento. Lei stava per chiedergli se infine lo avesse mangiato quell'uccellino, ma decise di mordersi la lingua e tacere.
«Stai bene?» chiese solo.
«Si, grazie e tu?»
«Questa non è una conversazione di circostanza! Penny è preoccupata per te!» sbottò Elanor, pertanto il ragazzo assottigliò lo sguardo: «Quindi è per questo che sei qui! Te lo ha chiesto Penny!» grignò.
«No! Cioè... si!» ammise lei «Ma sono preoccupata anche io... » Talbott non le permise di terminare la frase: «E perché dovresti, noi non siamo amici!»
«Smettila di dire così!»
«È la verità!» dichiarò lui tranquillo, gli occhi tornati imperscrutabili.
«Comunque puoi dire a Penny che sto bene, di non preoccuparsi e di farsi gli affari suoi, per una buona volta!» sbottò infine, prima di assumere la forma di un'aquila e di volare via con uno stridulo acuto.

Elanor era al tavolo serpeverde, con la forchetta giocherellava con il cibo ancora intatto nel piatto, quando Penny si sedette di fronte a lei come una furia, scostando a malo modo due ragazze del secondo anno che le rivolsero uno sguardo truce a cui lei neanche badò.
«Allora? Lo hai trovato?»
La serpeverde sollevò appena lo sguardo dal piatto: «Sì, l'ho trovato. Sì, sembra stare bene, almeno fisicamente e... no, non ha voluto dirmi cosa lo affligge e non ha nessuna intenzione di farlo, almeno in questa vita!».
«Beh! È già qualcosa, la prossima volta andrà meglio!»
«Non ci sarà una prossima volta, Penny! Talbott mi odia, non sono la persona adatta per questo» disse la ragazza affranta.
«Sciocchezze! Nessuno ti odia!»
«Lui continua a dire che non siamo amici, ed è la verità! Non siamo amici e non lo saremo mai!»
La bionda tassorosso sbuffò: «Talbott fa fatica a legarsi alle persone, credo abbia paura di affezionarsi a qualcuno e perderlo, com'è successo con i suoi genitori»
«Sai molte cose di lui, dovresti parlargli tu. Anche per... »
«Per?» la incitò Penny.
«Ho capito che è lui il ragazzo che ti piace!». L'amica in tutta risposta sgranò gli occhi all'inverosimile: «Cosa?» urlò, suscitando per qualche secondo l'interesse dell'intera tavolata.
«Non è assolutamente Talbott il ragazzo che mi piace. Insomma... ho insistito per diventare sua amica perché era sempre solo e ho scoperto un ragazzo molto sensibile e colto, ma... » Penny sospirò nuovamente, accennando un sorriso divertito: «Io sono logorroica e impicciona e Talbott... è Talbott. Siamo troppo diversi!»
Elanor era a dir poco confusa: «Ma allora... »
L'amica fece scorrere lo sguardo lungo il tavolo di serpeverde, Elanor ne seguì la traiettoria e per un momento si soffermò su Barnaby che tranquillo sorseggiava il suo succo di zucca, poi una risata spensierata e acuta attirò la sua attenzione un metro più avanti, dove Orion Amari rideva di gusto mentre sbocconcellava un pezzo di torta insieme a Murphy McNully. Si ritrovò ad osservare il sorriso piacevole e la dentatura perfetta del serpeverde e all'effetto che facevano su gran parte della popolazione femminile di Hogwarts, fino a commettere anche sciocchezze dopo un rifiuto. Chiuse gli occhi pentendosi di essere stata messa a conoscenza delle pene d'amore della sua amica: «Oh! Penny!» quasi sussurrò, per poi prendere una mano della ragazza fra le sue.
«Va tutto bene, Elanor! Lui quasi neanche si accorge della mia esistenza. È solo una cotta, mi passerà!» fece Penny accennando un sorriso lieve.
Essere adolescenti iniziava a prospettarsi un'impresa piuttosto ardua. Si ritrovò a pensare a Talbott e per un solo istante avvertì le farfalle svolazzare felici nel suo stomaco, all'idea di non avere come rivale una delle sue migliori amiche, ma subito quella piacevole sensazione fu soffocata da una morsa che parve spezzare all'istante le ali di quelle farfalle sciocche e illuse: il ragazzo non era particolarmente propenso a farsi avvicinare da lei.
Come richiamata da questi pensieri, Penny espresse il suo parere riguardo al corvonero: «Devi avere pazienza con Talbott! Sicuramente riuscirai a conquistare la sua fiducia e forse anche la sua amicizia. Dopotutto, è a te che ha confidato il suo più grande segreto!»
Elanor fece scattare subito lo sguardo in quello della ragazza di fronte a lei.
«Tranquilla, non so quale sia il suo segreto, ma è ovvio che un ragazzo schivo come lui ne abbia uno. Deve essere uno dei motivi principali che lo spingono ad isolarsi!»
«Credo... » continuò Penny «Che sia rimasto turbato dalla confessione spontanea che è riuscito a farti. Uno come lui che riesce ad aprirsi con qualcuno, deve averlo scosso.»
"Mi destabilizzi", la frase che le aveva rivolto molto tempo prima le ritornò alla mente.
«Penso anche che dopo la tua trasformazione in animagus, qualcosa lo abbia turbato, ma non so esattamente cosa, toccherà a te scoprirlo.»
Elanor sorrise all'amica, rinfrancata e carica di nuova energia :«Ci proverò!». Penny si alzò dal tavolo, ma prima di andare via avvicinò il viso a quello dell'altra «In caso ti fosse utile, sappi che nel tardo pomeriggio Talbott è solito sostare nel giardino accanto alla torre della guferia». Beh, sicuramente quell'informazione le sarebbe stata molto utile.
Fu al tramonto che si accinse a raggiungere la torre ovest dove solevano riposare i gufi della scuola e anche quelli degli studenti durante i mesi in cui alloggiavano nel castello. Il cielo si stava annuvolando, ma fra le nubi che offuscavano il celo spingeva l'amaranto del sole che ormai salutava il giorno e le cui sfumature erano così simili agli occhi del ragazzo che in quel momento sedeva tranquillo su di una panchina, lo sguardo rivolto verso il panorama dinanzi a lui e sul grembo il libricino blu che aveva già veduto un'altra volta e che lui richiuse velocemente appena sentì i passi alle sue spalle. Quando si voltò e la vide, mascherò lo stupore di rivederla così presto nonostante la discussione avuta poche ore prima.
«Chi ti ha detto dove trovami?» chiese il ragazzo senza alzare lo sguardo su Elanor, che increspò le labbra in un leggero sorriso: «Me lo ha detto un uccellino!» disse sprezzante. A quelle parole lui si ritrovò ad imitare lo stesso sorriso di lei: «Touché!».
Si alzò dalla panchina in marmo sulla quale sedeva e fece qualche passo verso la ragazza «Cosa vuoi, Elanor?» disse a metà tra il curioso e il rassegnato.
«Perché mi hai raccontato il tuo segreto? Perché hai rivelato proprio a me di essere un animagus?»
«Mi hai già fatto questa domanda!»
«E tu mi rispondesti di non saperlo. Non sai neanche perché mi hai allontanata?»
«Non ci siamo mai avvicinati!» disse lui, cercando di assumere il tono più sprezzante possibile.
«Stai mentendo, e lo sai!» sbottò lei «È perché mi sono trasformata in un uccello?» buttò fuori d'istinto Elanor e per un momento lui sembrò vacillare, forse aveva colto nel segno.
«Tu... io... » iniziò a balbettare lui e la serpeverde ebbe un moto di tenerezza nei confronti di quel ragazzo dall'aria così schiva, ma così terrorizzato dai sentimenti umani da ripudiarli anche quando ne provava involontariamente. Elanor fece qualche passo verso Talbott, ma improvvisamente lui corrucciò lo sguardo per poi afferrare la bacchetta dal mantello e issarla davanti a lui, per un attimo la ragazza si spaventò pensando che lui stesse per attaccarla, poi si accorse che il suo sguardo era rivolto verso l'entrata della guferia.
«Chi c'è lì?» chiese con voce severa. Per un lungo istante non ci fu risposta, poi si udì un applauso provenire dalle arcate della torre, prima che Merula Snyde palesasse la sua presenza con un sorriso beffardo dipinto sul volto.
«Merula!» esclamò Elanor.
«Hai origliato la nostra conversazione?»
«Non è colpa mia se confabulate davanti alla guferia!» rispose Merula con voce tranquilla «È un luogo pubblico questo!»
«Ma non è leale spiare le persone come facevi tu! Cosa hai sentito?» chiese la ragazza preoccupata.
«Abbastanza da capire che tu stai accalappiando l'ennesimo caso umano e lui è un animagus, sicuramente non registrato o lo avrebbero annunciato in pompa magna in Sala Grande come hanno fatto con te!»
Elanor strabuzzò gli occhi, non poteva crederci, voleva aiutare Talbott e invece aveva rovinato tutto. Il ragazzo dal canto suo teneva ancora la bacchetta puntata nella direzione di Merula.
«Il falco e l'aquila, che bella coppia!» affermò quella sprezzante. Elanor ebbe appena il tempo di chiedersi mentalmente come avesse fatto la compagna a sapere che Talbott si trasformava in aquila che Merula proruppe in una risata improvvisa.
«Sei proprio una sciocca, Blair! Credevi davvero che avessi capito tutto questo dalla vostra inutile e noiosa conversazione?»
«L'ho visto!» il tono di Merula cambiò repentinamente, velandosi quasi di rabbia e disprezzo.
«Non te lo ha detto, il tuo amichetto? Qualche giorno fa in questo esatto punto, l'ho visto da aquila riprendere le sue sembianze umane. Sarà divertente riferirlo a Silente, sono certa che per quanto sia un uomo dall'animo benevolo, non potrà disinteressarsi alla questione. Sono anche quasi certa che sia un reato non dichiarare il proprio status di animagus!» la ragazza rise ancora, prima di allontanarsi e lasciarli soli.
Talbott abbassò lentamente la bacchetta, pur restando in silenzio. Elanor invece cercava di calmarsi o la sua mente razionale non avrebbe trovato la soluzione migliore.
«È vero?» disse solo, rivolgendosi al ragazzo, che abbassò lo sguardo sull'erba.
«È per questo che eri più scostante del solito?» chiese ancora lei, riferendosi agli ultimi giorni in cui il ragazzo pareva essersi isolato maggiormente.
«Non solo!»
Elanor voleva chiedergli cos'altro lo turbasse, ma al momento riteneva la questione Merula di primaria importanza. Quella ragazza poteva essere pericolosa.
«Devo parlarle!» disse più a se stessa che a lui.
«Stanne fuori, Elanor!» per un momento le parole di Talbott le parvero più una supplica che un ordine.
«Non permetterò che tu vada ad Azkaban!» urlò Elanor e il ragazzo restò esterrefatto ad osservarla per qualche secondo, prima che lei si allontanasse per raggiungere il castello, blaterando qualcosa sul trovare Merula.

Elanor entrò nella sua stanza nel dormitorio di Serpeverde dopo circa quindici minuti; durante il percorso aveva ipotizzato diversi discorsi da rivolgere alla compagna per farla ragionare, ma appena aveva raggiunto i sotterranei l'unica cosa che aleggiava nella sua mente era "Oblivion". Far dimenticare l'accaduto alla Snyde era sicuramente la soluzione migliore, l'unico intoppo è che l'incantesimo in questione fosse piuttosto complesso e avanzato e lei non lo aveva mai provato, avrebbe potuto friggere del tutto il cervello di Merula.
La ragazza in questione le dava le spalle, intenta a ripiegare tranquillamente alcuni vestiti sul letto. L'aveva sicuramente sentita entrare, anche se fingeva di essere ancora da sola nella stanza.
«Sei prevedibile, Blair!»
Elanor avanzò lentamente, fino a raggiungere il suo letto, a pochi metri da quello della compagna.
«Cosa pensi di ricavare dal denunciare Talbott?»
«Divertimento!» scrollò noncurante quella le spalle. «E poi, pregusto già la tua espressione disperata nel vedere il tuo bel corvonero trascinato dagli Auror fino ad una cella squallida ad Azkaban!»
Ad Elanor si accapponò la pelle al solo pensiero, ma parte della sua mente non riuscì a non soffermarsi anche sulla nota di scherno sul suo interesse nei confronti di Talbott che Merula pareva avesse scorto. Quest'ultima si girò, guardandola per la prima volta da quando era entrata nella stanza «Stai attenta, Elanor! Più una cosa ci sfugge, più la desideriamo e spesso finisce per diventare un'ossessione!». La bionda strabuzzò gli occhi e si chiese se fosse un consiglio riferito solo al corvonero.
«Merula, devi mantenere il segreto» iniziò Elanor e l'altra solo in quel momento abbassò gli occhi rendendosi conto la compagna impugnava la bacchetta.
«Hai intenzione di affatturarmi, Blair? Magari... cancellarmi la memoria?» fece qualche passo verso di lei, pochi centimetri le dividevano.
«Quello che mi fa rabbia è sapere che non hai avuto il minimo dubbio che io andassi a spifferare tutto in giro. Se avessi voluto farlo, lo avrei fatto giorni fa!» sbottò quella, in preda alla rabbia.
«Quindi manterrai il segreto?»
«Il tuo amichetto è al sicuro, ma se hai il timore che possa tradirvi, allora obliviami!» disse Merula ed Elanor sentì le dita fredde della compagna stringersi sul suo polso, che ancora impugnava la bacchetta e sollevarlo fino a far combaciare la punta dell'arma con la sua fronte. La bionda sentiva la mano tremare, l'unico freno erano le dita rigide della compagna che ancora stringevano il suo polso.
«Avanti, cosa aspetti. Fallo! È l'unico modo che hai per essere sicura!» la incitò quella.
Elanor rilassò la mano quel tanto che bastò a far capire all'altra che non avrebbe fatto nulla. Merula solo allora lasciò la presa e lei fu libera di abbassare la bacchetta.
«Perché? Perché manterrai il segreto?» si ritrovò a chiedere.
«Pensi veramente che mi piaccia fare del male alle persone?» chiese l'altra in risposta e quando i loro occhi si incrociarono, Elanor ebbe quasi l'impressione che la compagna si stesse sforzando di trattenere le lacrime, che tempestivamente represse ingoiando rumorosamente.
«La notte in cui i genitori di Talbott morirono, c'erano anche i miei genitori. È non è un mistero da quale parte stessero» le parole di Merula la colpirono più di quanto avesse voluto. Il passato da Mangiamorte dei signori Snyde le fecero per un momento immaginare come dovesse essere vivere e sopravvivere in una società dove il tuo nome rievoca inevitabilmente orrore e morte.
«E tu, perché non mi oblivierai?»
«Perché voglio crederti, per una volta voglio fidarmi di te» si ritrovò a dire spontaneamente.
«E poi, non ho mai usato quell'incantesimo, avrei rischiato di cancellarti completamente la memoria» Elanor cercò con quella frase di smorzare un po' della tensione che si era creata, ma l'altra serpeverde parve come assentarsi improvvisamente, lo sguardo quasi vuoto.
«Che peccato. Sembrava allettante»
La bionda quasi pensò di essersi immaginata quelle parole, tanto Merula le pronunciò sotto voce. Poi come ridestata, le diede le spalle e uscì dalla stanza, lasciando Elanor da sola con una miriade di pensieri confusi che le opprimevano l'animo e una sola consapevolezza: nessuno conosceva veramente Merula Snyde.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Ed eccoci qui, lo so, lo so, sono in ritardo di una settimana, ma non ero a casa e non riuscivo ad aggiornare, anche adesso non sono a casa ma almeno ho un pc. Questo è l'ultimo capitolo per quanto riguarda il terzo anno. Ho scelto una colonna sonora per questo capitolo, il video lo trovate a questo indirizzo

https://www.youtube.com/watch?v=BATH_RQFt3Q

Ora vi lascio alla lettura...

 

Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”

 

Capitolo 11

 

La Sala Grande quella sera era come di consueto simile a un campo di battaglia, precisamente uno scontro cruento fra Giganti e Troll: le urla e gli schiamazzi erano di un tono talmente elevato da sovrastare di gran lunga il rumore delle stoviglie, i tavoli erano imbrattati di succo di zucca e ricoperti da molliche di pane alternate da qualche osso di pollo, fino a caramelle provenienti da Mielandia e figurine delle Cioccorane che in molti avevano iniziato a scambiarsi o confrontare.

Dal tavolo degli insegnanti il preside Silente si godeva il trambusto con sguardo sereno e soddisfatto, mentre alcuni insegnanti erano immersi in dimensioni sconosciute ai più, tipo la professoressa Cooman e il professor Ruf; altri ormai abituati a quel genere di caos, come la Sprite e Vitious, cercavano di ignorare la situazione e altri ancora, come Piton e la McGranitt, avevano un'espressione che rasentava il disgusto e il fastidio e di tanto in tanto socchiudevano gli occhi, probabilmente cercando di placare un'emicrania che con ogni probabilità li stava massacrando.

I tavoli più caotici erano, come di consueto, quelli di Tassorosso e Grifondoro, ma anche Corvonero e Serpeverde si impegnavano abbastanza. Alla tavolata di quest'ultimi sembravano tutti particolarmente intenti a raggiungere record di decibel, a tal punto che con molta probabilità neanche riuscivano ormai a comprendere le parole che si stavano urlando gli uni con gli altri. Nessuno si accorse del gufo che placidamente planò sul tavolo dritto dinanzi ad Elanor, la quale raccolse il piccolo rotolo di pergamena che il pennuto le porse con la zampina; al suo interno una semplice frase con scrittura elegante.

 

Seguilo

T.W.

 

La ragazza sollevò lo sguardo sul gufo che iniziò a svolazzare allontanandosi verso una delle arcate della Sala, fermandosi nei pressi di una colonna in attesa di essere seguito. Elanor ubbidì e lentamente si avvicinò all'uccello che riprese il suo volo fino a condurla fuori dalle mura del castello.

Si ritrovò in una zona di Hogwarts in cui non era mai stata, la pioggia aveva iniziato a picchiettare leggera, costringendola a issarsi sul capo il cappuccio del mantello; man mano che avanzata la pioggia aumentava ma non se ne curò, mentre osservava affascinata quei giardini incolti ma le cui colonne e perfino le mura erano completamente ricoperti di foglie e fiori colorati. Il gufo si fermò appollaiandosi su un muretto accanto ad un'arcata che affacciava su quella che sembrava una terrazza. La pioggia ormai ricadeva copiosa e donava un'aria ancora più affascinante e al contempo malinconica a quel luogo che in tre anni non aveva ma veduto: rami intrecciati si susseguivano ricoprendo interamente il parapetto della loggia, poggiato alla quale, di spalle, c'era Talbott. Incurante della pioggia che gli inzuppava il capo, i capelli e le vesti, se ne restava immobile, l'aveva sicuramente sentita arrivare, ma era rimasto in silenzio ed Elanor non era riuscita a fare altro che imitarlo; avrebbe voluto chiamarlo, attirare la sua attenzione, finanche riferirgli che poteva stare tranquillo riguardo la questione di Merula, ma le parole erano morte sulle sue labbra che avevano preferito onorare quel silenzio che in qualche modo sembrava esprimere tutta la frustrazione che quel ragazzo portava con sé.

Elanor non seppe mai per quanto tempo rimasero in quella posizione, lei al riparo dalla pioggia sotto le arcate e lui fradicio in ogni centimetro del corpo ancora di spalle, fino a quando lui parlò: «Sei qui!»

Lei tacque per minuti interi prima di aprire bocca: «Merula non dirà nulla!»

«Lo so!»

«Te l'ha detto un uccellino?» non riuscì ad esimersi dal pronunciare quelle parole, cercando di smorzare quella tensione ormai palpabile.

«No! Me lo ha detto una serpe!» poté avvertire una nota di divertimento dalle sue parole.

«Non avrebbe detto nulla. Ma apprezzo il fatto che tu ti sia prodigata per me!»

«Lo sapevi già, che non avrebbe detto nulla?»

«Sì!»

«Allora cosa ti turba, Talbott?» chiese lei dandogli appena il tempo di rispondere alla prima domanda.

«Oggi è l'anniversario della morte dei miei genitori!»

Elanor rimase pietrificata.

«In questi giorni, ogni anno, sono sempre... diciamo che tendo ancora maggiormente ad isolarmi. Di solito volo per ore, per assopire il dolore. L'altra sera ero distratto e non mi sono accorto della presenza di Merula mentre tornavo in forma umana. Ero così frustrato che solo una volta in dormitorio mi sono accorto di aver perso la collana»

«La collana?»

«Sì. La collana di mia madre. Lei era un animagus, si trasformava in un cigno. Avresti dovuto vederla, era magnifica. Qualche giorno prima di morire, mi regalò una collana con una piuma bianca, una sua piuma e mi disse che qualunque cosa fosse successa, lei sarebbe stata sempre con me»

«Non hai bisogno di una collana per sentire accanto a te la presenza di tua madre, Talbott!» affermò la ragazza sicura.

«Lo so! Ma è l'unica cosa che mi resta di lei e io l'ho persa!»

Ci furono lunghi minuti di silenzio, prima che la serpeverde riprendesse la parola: «È per via di tua madre che mi hai allontanata?» era sempre più certa che la motivazione fosse la sua trasformazione e lui dopo poco le diede finalmente la conferma: «Mia madre diceva sempre che l'animale in cui ci trasformiamo da animagus e il nostro patronus hanno significati profondi. Quando ti sei trasformata in falco, in un uccello come lei e me... ne sono rimasto turbato.»

«Perché?»

Lui sospirò profondamente: «Non mi ero mai sentito così, in tutta la mia vita. Tranne che con mia madre» si girò a guardarla per la prima volta da quando lo aveva raggiunto, la pioggia gli ricadeva sul volto inzuppandogli i capelli che gli si appiccicavano alla fronte, i vestiti grondavano, ma i suoi occhi parevano ancora più rossi, animati da un fuoco che lui sentiva bruciarlo dall'interno e questo doveva spaventarlo molto.

«Così come?»

Lui in risposta sollevò la mano destra e se la portò al petto, al lato del cuore «Non riesco a spiegarlo, ma so che se ti lascio entrare e tu poi andrai via, come hanno fatto gli altri, mi lascerai da solo e non posso più sopportarlo» disse con voce tremante.

Elanor si avvicinò a lui, lentamente, lasciando che la pioggia inzuppasse anche lei, ma non le importava, con la mano destra tesa in avanti sfiorò delicatamente la mano di Talbott che ancora sostava sul suo petto. Nonostante la pioggia scivolasse sul viso del ragazzo, lei ebbe la sensazione che quelle gocce d'acqua si stessero mischiando a lacrime amare che non venivano sfogate e versate da tempo. Le sembrava quasi che quelle stille che scivolavano leggere dai suoi occhi, fossero amaranto come le pupille che abbandonavano. Con la mano sinistra libera, Elanor mosse le dita leggere e le depositò sulla guancia del ragazzo.

«Non vado da nessuna parte».

 

Quando Elanor fece ritorno al suo dormitorio era ancora completamente zuppa e grondante acqua, le sue compagne di stanza dormivano profondamente, solo Merula sollevò il capo dal cuscino sentendola entrare, illuminandola con un flebile "Lumos" e sentenziando il suo parere: «Sei sempre più strana, Blair!» prima di rimettersi a dormire.

Il giorno dopo, come si aspettava, Talbott non si presentò alle lezioni del mattino, della sua persona non fu vista neanche l'ombra a pranzo e lo stesso valse per le lezioni pomeridiane. Quando tutti gli abitanti di Hogwarts si apprestarono ad interessarsi alle loro faccende personali, il corvonero avanzò sicuro fra gli scaffali della biblioteca dove, poggiata al muro, lo aspettava Elanor: «Sei in ritardo, Winger!»

«Io non sono mai in ritardo, Blair!»

«Perchè siamo qui?» chiese la ragazza sorridendogli appena.

«Ti sei offerta di aiutarmi a cercare la collana di mia madre, questo è uno dei posti che frequento di più!»

«Credevo fosse la Guferia!»

Talbott sollevò le sopraciglia, era quasi certo che quell'affermazione fosse più una presa in giro nei suoi confronti: «Quella l'ho già setacciata da cima a fondo!»

Elanor si avvicinò a lui e iniziò a guardarsi intorno, la biblioteca a quell'ora era ormai quasi deserta.

«E hai anche un posto preferito?»

Il ragazzo indicò un tavolo difronte ad una finestra poco distante da loro.

«Hai veramente un posto preferito?»

«Ti hanno mai detto che fai una marea di domande? E per tua informazione quella finestra dà sui giardini di Hogwarts e mi rilassa, mi aiuta a scrivere!» sbuffò Talbott spazientito.

Iniziarono ad osservare ogni centimetro della pavimentazione ed Elanor per la prima volta si sentì demoralizzata: «Forse l'hanno presa gli elfi ripulendo» ipotizzò lei timidamente.

«Ho già chiesto agli elfi e non hanno trovato nulla!»

«Come hai fatto a chiedere agli elfi?»

«Andando nelle cucine!»

«Sei andato nelle cucine? Come hai fatto ad andare nelle cucine?»

Talbott alzò gli occhi al celo e sbuffò sonoramente, quella ragazza prima o poi lo avrebbe mandato al reparto psichiatrico del San Mungo.

«Si entra dal ritratto della frutta, basta grattare la pera. Ti stupirebbe sapere quanto sono gentili e disponibili gli elfi domestici di Hogwarts e soprattutto silenziosi, non fanno domande a parte chiederti come possono offriti i loro servigi!»

Elanor assottigliò gli occhi, non era una corvonero ma non le era sfuggita la nota sarcastica.

«Prima hai detto che scrivi, non stavamo parlando di compiti, vero? Cosa scrivi esattamente?»

«Ecco, appunto!» borbottò il ragazzo, ripensando al paragone con gli elfi.

«Poesie!» rispose, immaginando che la ragazza avrebbe comunque insistito.

«Scrivi poesie?»

«Una passione tramandata da mio padre. Quando ero piccolo fece pubblicare su un giornale una mia poesia, io ero un bambino e la mia poesia orrenda!»

«Sono sicura che sei migliorato da allora!»

«Un po'» ad Elanor non sfuggì il sorriso che icrespò appena le labbra del ragazzo.

«Un giorno mi farai leggere le tue poesie?»

«Certo!» rispose lui continuando a sorridere, sorriso che si spense subito dopo: «Quando sarò morto!»

Elanor grugnì, era quasi certa di quella risposta, ma una come lei non mollava facilmente.

«Magari un giorno ne scriverai una per me!» sorrise beffarda, ma il sorriso le svanì sulle labbra quando si ritrovò il ragazzo con il viso vicinissimo al suo, talmente tanto che i loro nasi si sfioravano.

«Magari l'ho già fatto!»

Elanor rimase pietrificata, anche il respiro sembrava essersi mozzato, le uniche cose che sentiva erano il profumo di lui che le inondava le narici e il battito furioso del suo cuore che le faceva piombare addosso tutta la sua età adolescenziale e le prime scosse degli ormoni. L'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era chiudere gli occhi e aspettare e sperare che lui la baciasse. E così fece. Avvertì le palpebre calare lentamente, ma prima di riuscire anche solo ad avvertire un minimo movimento da parte del ragazzo, una voce stridula e severa le spaccò quasi i timpani: «Signor Winger, Signorina Blair, la vostra voce sta infastidendo i libri e me oltre ogni dire, uscite immediatamente dalla mia biblioteca!»

Talbott si voltò sconvolto ad osservare la donna e cercò di articolare qualche parola, probabilmente un ragazzo silenzioso come lui non era mai stato ripreso in quel modo dalla donna. Prima che potesse dire qualunque cosa, fu trascinato da Elanor fuori dalla biblioteca, mentre la ragazza accennava a delle scuse fra i denti indirizzate a Madama Pince.

In pochi minuti si ritrovarono nei giardini di Hogwarts, con Elanor che ancora trascinava Talbott per un braccio.

«Perché mi hai portato qui?» chiese il ragazzo.

«Perché mi sembra ovvio che la tua collana non è in biblioteca, dobbiamo perlustrare i giardini e il parco!»

Il corvonero sgranò gli occhi rossi guardando un punto non molto distante da loro: «Questo però al momento mi sembra il posto meno indicato, c'è Mrs. Purr ed è ora di cena, non dovremmo essere qui!»

Elanor diede una veloce occhiata alla gatta di Gazza, sembrava non averli notati, era piuttosto intenta a rovistare con gli artigli in una buca che si era creata sotto ad un albero.

«Aspetta!» un sospetto arrivò alla mente della ragazza, che con la bacchetta alla mano si avviò nella direzione dell'animale.

«Guarda in quella buca e tieniti pronto a scappare appena annullo l'incantesimo!» il ragazzo non ebbe il tempo di chiedere altro che Elanor pronunciò “Wingardium Leviosa” e in pochi istanti la gatta si ritrovò a fluttuare nel vuoto. Talbott non perse tempo e si avvicinò alla buca: «Eccola!»

Mrs. Purr soffiava e cercava di dimenarsi. La serpeverde sentì il ragazzo stringerle il gomito e sciolse l'incantesimo che faceva lievitare la gatta che, come si aspettavano, prese quasi subito a rincorrerli. Corsero fino al cortile e si rifugiarono sotto le arcate che portavano all'interno del castello. Talbott osservò la collana di sua madre fra le sue mani e dopo poco iniziò a ridere, così di gusto che Elanor non potè non accodarsi a lui.

«Tutto bene?» chiese la ragazza dopo un po', riferendosi allo stato della collana.

«Nulla che un reparo non potrà sistemare!»

«Farai meglio ad andare a cena. Vediamoci sulla terrazza, dopo!» aggiunse lui. E così fecero, Elanor raggiunse i suoi amici a cena e poco dopo raggiunse il corvonero dove l'aveva condotta il gufo la sera prima. Talbott era nuovamente di spalle, poggiato alla balaustra, ma quella sera non pioveva e il cielo era sereno.

«Talbott?» un flebile richiamo per palesare la sua presenza. Il ragazzo si voltò lentamente verso di lei, poi le tese la mano: «Vola con me!».

Non era una domanda, forse una richiesta, forse addirittura una supplica.

«Credevo che tu volassi da solo»

«Forse sono stanco di farlo»

Elanor poggiò la sua mano a quella di lui, le loro dita si intrecciarono in maniera quasi naturale e delicata, salirono sul muretto e lei quasi non ebbe un colpo quando vide il vuoto sotto di loro.

«Talbott, da quando mi sono trasformata la prima volta in animagus, ho volato poche altre volte» cercò di dire lei «Tranquilla, ci sono io!»

«Non lasciarmi!» si ritrovò quasi a supplicare lei.

«Neanche tu!»

Elanor lo guardò ancora una volta, prima di chiudere gli occhi e concentrarsi. Fu un attimo, si sentì cadere nel vuoto e un momento dopo l'aria della sera le sfiorava il corpo, si sentiva leggera, stava volando. Perse per un momento l'equilibrio, ma Talbott, ormai acquila, si posizionò davanti a lei, come ad indicarle il giusto modo in cui posizionare le ali. Non seppe dire per quanto tempo volarono, sorvolando i giardini che circondavano il castello e finanche la Foresta Proibita e il Lago Nero, Elanor si sentiva leggera, si sentiva bene e senza nessun pensiero come mai prima di allora. Planarono lentamente verso campo da Quidditch, lontano da occhi indiscreti. Ma mentre il ragazzo atterrò sicuro sul prato in forma eretta e umana, lei incespicò più volte, fino a rotolare per qualche metro. Si rese conto di essere tornata umana, quando vide i fili d'erba tra le sue dita delle mani.

«Ti sei fatta male?» chiese Talbott preoccupato.

Lei negò, poi guardando le sue gambe nude, terrorizzata controllò che avesse almeno un indumento ancora indosso e si tranquillizzò quando notò di avere alemeno la camicia della divisa.

Il corvonero notò il suo sguardo nervoso «Almeno questa volta non sei nuda!»

Elanor stava per chiedergli come facesse a saperlo, poi la mente le si illuminò: l'aveva vista.

«Mi hai vista! Hai visto la prima volta che mi sono trasformata e... mi hai vista... nuda!» la ragazza era a dir poco sconvolta e imbarazzata, a tali sensazioni si unì anche la rabbia, quando Talbott gettò la testa all'indietro ed espose in una risata fragorosa.

«Ero a distanza, non vedevo bene!» si scusò lui con le mani sollevate in posizione di difesa, ma continuando a ridere di gusto.

«Hai delle belle gambe comunque!»

La ragazza chiuse la bocca all'istante, bloccando tutte le imprecazioni che stava per urlargli contro.

«Solo, cerchiamo di non farle vedere a tutti!» disse lui, sfilandosi il mantello della divisa per poggiarlo sulle spalle di lei.

Si avviarono taciturni verso il castello, fin quando lei ruppe il silezio: «Verrai domani a lezione di Trasfigurazioni?»

«Può darsi» sussurrò quasi lui.

«Terrò un posto per te!»

Si salutarono con un cenno del capo, prima di avviarsi verso i rispettivi dormitori.

 

Il giorno dopo Talbott non era presente a colazione e neanche in aula per la prima ora di lezione, ma Elanor lasciò comunque vuoto il posto accanto a lei, come aveva detto. Poco prima che la McGrannit chiudesse la porta dell'aula, la videro increspare le labbra sottili in un leggero sorriso: «Signor Winger, sono lieta che abbia deciso di uniris a noi!»

«Mi scusi per il ritardo professoressa!»

Elanor sentì la voce del ragazzo e poco dopo avvertì la sua presenza accanto a lei. L'insegnate iniziò la lezione, mentre sul viso di due ragazzi aleggiava un sorriso sereno.

«Mi hai tenuto il posto!» sussurrò appena lui.

«E sempre stato tuo!»

 

Ed eccoci giunti alla fine, prenderò un po' di tempo prima di iniziare con il quarto capitolo, ma non temete, massimo a settembre.

Ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia e l'hanno aggiuta alle loro letture, in particolare Farkas con le sue immancabili recensioni, sempre graditissime (grazie anche dei complimenti, Badeea non lho inserita in quanto nel gioco ancora non la conosco, mentre la frase sulle serpi l'ho inventata io).

A presto e per il momento...

 

Fatto il misfatto”

 

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