Just Another Hunger Game

di crimsonthestral
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 -Wake Up- ***
Capitolo 2: *** 2 -Can nightmares be real?- ***
Capitolo 3: *** 3 -Not me, not him- ***
Capitolo 4: *** 4 -Bright lights, big city- ***
Capitolo 5: *** 5 -Training- ***
Capitolo 6: *** 6 -Brillant lies- ***
Capitolo 7: *** 7 –I hate this animal I have become- ***
Capitolo 8: *** 8 -The silence is deafening- ***
Capitolo 9: *** 9 -Massacre, the new Capitol dream- ***
Capitolo 10: *** 10 -The little kiss you stole, it held my heart and soul- ***
Capitolo 11: *** 11 -Time of dying- ***
Capitolo 12: *** 12 -So if you love me, let me go- ***
Capitolo 13: *** 13 -Ashes of Eden- ***
Capitolo 14: *** 14 - The flood- ***
Capitolo 15: *** 15- Into the black ***
Capitolo 16: *** 16 -Hold me close- ***
Capitolo 17: *** 17 -So you can throw me to the wolves- ***
Capitolo 18: *** 18 -The last stand- ***
Capitolo 19: *** 19 -Get out alive- ***
Capitolo 20: *** 20- Take me home- ***



Capitolo 1
*** 1 -Wake Up- ***


1  -Wake up-

 Mi sveglio all'improvviso. Spalanco gli occhi. Riconosco il soffitto della mia camera. Questo mi rassicura ma sento ancora nelle orecchie lo sparo del cannone che annunciava la mia morte. Quando ho questi incubi ricorrenti faccio sempre fatica ad alzarmi quindi resto per un po’ nel letto, come paralizzata. Oggi in particolare. Potrei davvero morirci nell’Arena. Ho diciannove anni e appartengo a una famiglia piuttosto agiata perciò il mio nome non dovrebbe essere presente molte volte nella boccia, ma ho comunque le mie probabilità di finire là dentro a giocarmi gli Hunger Games di quest’anno. Non si è mai pronti per alzarsi il Giorno della Mietitura.
-Jenna! Non ti sei ancora alzata!- urla mia madre entrando nella stanza e spalancando la finestra. Lei ha sempre questo modo “gentile” per farmi svegliare. Sa benissimo che non sopporto queste irruzioni e il passaggio istantaneo dal buio alla luce.
Mi alzo con calma, il pavimento è gelato quindi corro in punta di piedi verso il bagno dove mi lavo velocemente e mi guardo un po’ allo specchio. Sistemo i miei lunghi capelli neri che cadono perfettamente lisci sulle mie spalle e mi coprono un po’ la fronte con una frangia asimmetrica. Definisco con un po’ di matita i miei occhi azzurri e cristallini e accentuo la linea delle labbra con un rossetto tenue. Molti in paese dicono che io sia carina, ma oggi devo sembrarlo più del solito. Mi metto un vestitino nero con ricami floreali argentati poi scendo in cucina a mangiare qualcosa al volo. Prima di uscire papà mi stringe forte la spalla con la sua mano da macellaio e nonostante sia un uomo imponente e rude, so che in fondo è sensibile e vedo i suoi occhi lucidi. Sì, mio padre è un macellaio, in un distretto come il quattro in cui invece l’attività principale è la pesca. In un certo senso sono orgogliosa della diversità della mia famiglia. Questo è possibile perché ai distretti è stata permessa una maggior libertà negli scambi commerciali ed è consentito un tenore di vita migliore rispetto a quello di molti anni fa quando davvero Capitol City teneva tutto per sé lasciando i distretti nella totale miseria e servitù.  Non è ancora possibile tuttavia viaggiare da un distretto all’altro, mi piacerebbe molto ma purtroppo sono sempre stata costretta a vivere qui sulle coste del distretto 4, al massimo ho visitato alcune cittadine attorno alla mia. Non che il Distretto 4 sia brutto, ma io sono una sognatrice e vorrei tanto sapere cosa c’è oltre il confine.
Prima di dirigermi in piazza per la Mietitura e raggiungere il mio gruppo di amiche, vado a salutare il mare. Nel caso oggi andasse male e non dovessi più far ritorno, voglio toccare la sabbia bianca un’ultima volta e bagnarmi i piedi nell’acqua chiara del mare che si estende di fronte a me fino all’orizzonte. Il vento soffia leggero, mi scompiglia appena i capelli, vorrei fermare il tempo in questo istante. Guardo le onde che si infrangono ai miei piedi, inspiro ed espiro piano. Alzo gli occhi un attimo verso il cielo e poi li rivolgo lontano di nuovo verso il mare. Mi giro e vado verso la piazza che inizia ad essere gremita. Lascio al mare le mie preghiere e i miei desideri.

 

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Capitolo 2
*** 2 -Can nightmares be real?- ***


La piazza è già piena di ragazzi dagli undici ai vent’anni ma non faccio fatica a trovare le mie amiche Mag e Allison perché abbiamo il nostro punto d’incontro fisso. Ci registriamo e poi ci dirigiamo nel settore riservato alle ragazze della nostra età. Entra in scena sul palco la presentatrice per il nostro distretto, Giselle Burton. Quest’anno i suoi abiti lussuosi alla Capitol City sono davvero inguardabili. Indossa un vestito azzurro evidenziatore zebrato con dei bordi di pelliccia rosa fluo in tinta con le scarpe e i capelli raccolti in una coda bassa e voluminosa che le scende di lato su una spalla.
-Vedo che siete tutti eccitati per l’inizio dei venticinquesimi Hunger Games! Allora, possiamo incominciare!- esclama più entusiasta di tutti noi messi insieme e batte le mani.
Inizia il video storico, uguale ogni anno, stesse bugie, stesse stronzate. Nel video spiegano come si sia giunti alla situazione attuale: le imprese eroiche di Katniss Everdeen vengono di nuovo catalogate come alto tradimento verso Capitol, cercano di convincerci che il relativamente lungo periodo di pace seguito alla Rivolta non avrebbe potuto portare prosperità alla nazione e che solo sotto la  guida di Capitol City e della dinastia Snow ci sarebbe potuto essere un governo equo. Sciocchezze, la pace c’era ed era stata raggiunta. Un gruppo armato di sostenitori di tale idea e la corruzione dei distretti più influenti avevano riportato tutto indietro, avevano fatto rinascere Panem, e l’incubo degli Hunger Games, così mi aveva raccontato mio padre. Per questo mio padre teme così tanto di vedermi in quell’arena: perché la mia trisnonna aveva visto quelle crudeltà quando ancora accadevano, aveva perso un cugino e degli amici e ogni suo racconto era pieno di quelle storie, storie tramandate di generazione in generazione per non dimenticare.  Adesso i distretti sono aumentati a quindici, quindi i tributi mandati a morte sono trenta: un bel bagno di sangue. Per lo meno alcune regole sono meno restrittive, ad esempio possono esserci due vincitori nel caso ci sia l’amore particolarmente avvincente di una coppia di ragazzi dello stresso distretto o di distretti diversi. Evidentemente a Capitol City piace molto l’idea degli “sfortunati amanti dei distretti”. È  comunque il volere del pubblico a decidere della sorte di eventuali innamorati rimasti in vita. In ogni caso non è un evento molto frequente, l’amore dei ragazzi deve essere vero e per provarlo devono superare diversi ostacoli che predispongono gli Strateghi.
Il video sta finendo e mostra i consueti saluti da parte del Presidente Cassius Snow e della sua famiglia. Mi ricordano dei vampiri: pelle candida, occhi e cuore ostili e ghiacciati, nel corso degli anni non sembrano invecchiati di una virgola. Cassius Snow non sembra migliore del suo antico predecessore anzi segue con efferatezza le sue orme, come si è ben visto.
I ribelli avevano detto che la discendenza di Snow era stata annientata ma a quanto pare erano riusciti a scappare, si erano nascosti ed erano cresciuti nell’ombra e ora erano rinati tornando all’apice del loro potere.
-Bene! Bene! Ora possiamo scegliere la nostra fortunata ragazza!-
Fortunata, certo. C’è un silenzio tombale spezzato solo dal ticchettio della camminata frenetica di Giselle Burton. Si avvicina alla boccia con i nomi, vi immerge la sua mano con unghie che sembrano artigli fucsia e poi tira su veloce un biglietto. Lo apre con calma, come si fa con la carta di un cioccolatino, pregustando il momento di assaggiarlo.
-Janine Cooper.-

 

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Capitolo 3
*** 3 -Not me, not him- ***


Il mio nome! È il mio nome quello che è appena stato letto, non ci posso credere! Le mie amiche sembrano più preoccupate di me.  Inizio a farmi largo tra la folla e, quando due pacificatori si avvicinano per accompagnarmi al palco, do una scrollata con il braccio per fare intendere che posso andarci benissimo da sola senza che debbano tenermi.
- Abbiamo un caratterino deciso.- commenta con un sorrisetto compiaciuto Giselle Burton.   
-Avvicinati cara, andiamo a vedere quale sarà il tuo compagno!-
Si allontana ancheggiando per andare a scegliere il nome dalla boccia dei ragazzi.
-Kyle Mitchell.-
Alzo gli occhi di scatto. No, non lui. È appena stato chiamato uno dei miei migliori amici, lo individuo subito tra la folla, è più alto di molti coetanei, e lo vedo avanzare con la sua chioma biondo cenere, spettinata come al solito. Mentre sale sul palco i nostri sguardi si incrociano, poi distolgo lo sguardo e mi concentro su un punto indefinito della folla davanti a noi.
-Uhhh! C’è qualcosa tra voi! Lo vedo da come vi siete guardati!-
Cerco di negare con la testa ma Giselle non vuole scuse.
-Signorina, non me la conti giusta.-
Forse ha ragione. Tra me e Kyle potrebbe esserci qualcosa, lui è davvero un bel ragazzo ma ci siamo sempre considerati come dei fratelli. Forse se ci decidessimo a trasformare in qualcosa di più la nostra amicizia … forse se riuscissi a chiamare amore il nostro legame potremmo riuscire a tornare entrambi a casa. Non ci voglio pensare, tanto probabilmente moriremo tutti in quell’Arena.
- Ora che abbiamo i tributi per il Distretto 4, sono onorata di annunciare l’Inizio dei 25 esimi Hunger Games! Che la fortuna sia sempre a vostro favore!-


Prima di partire ci è consentito di salutare velocemente i nostri amici e i genitori. Mio padre è distrutto, tutto quello che sperava non accadesse si sta realizzando sotto i suoi occhi. Per anni mi ha preparato a questo momento, mi ha fatto diventare la ragazza tenace e coraggiosa che sono, mi ha addestrata in segreto a combattere, eppure ora non riesce a capacitarsi della mia partenza. Cerca di nascondere le lacrime e mi abbraccia forte e a lungo.
-Sarai sempre la mia bambina, però so che sarai forte.-
-Certo papà, ed è tutto grazie a te. Sono sicura che sai fiero di me. -
-Sì, mia piccola Jenni, non hai mai avuto paura e io sono sempre stato orgoglioso di te. -
Mi stringe le spalle, poi esce dalla stanza prendendo sotto braccio la mamma che appare così fragile al suo fianco, ma ora lo sembra ancor di più
 Nella stanza a fianco sento Mila, la sorellina di Kyle, piangere ininterrottamente, li vedo abbracciarsi, lui la protegge con le sue braccia, sapendo che probabilmente sarà l’ultima volta che potrà farlo.
Poi restiamo soli, le porte si chiudono con un tonfo, allontanandoci da tutto quello che è sempre stato il nostro mondo. Saliamo sul treno, mi siedo vicino ai finestrini. Bene, ho sempre desiderato viaggiare, questo è il momento, ma non avrei mai voluto che fosse in questo modo. Non avrei mai voluto che il mio primo viaggio fosse quello verso Capitol City, una città simbolo di morte per noi. Il mio nome è stato estratto, so di potercela fare. Mi è sempre stato insegnato ad essere forte. In questo momento però fa terribilmente male dover lasciare tutto, la propria casa e la propria vita tranquilla. Il treno mi porta via veloce, passano i visi tristi dei miei genitori e dei miei amici e vedo anche allontanarsi il mare, reso dorato dal sole all’orizzonte. Il mio amato mare. Mi chiedo se un giorno lo rivedrò. Chiudo gli occhi e mi sembra di sentire l’infrangersi delle onde, la brezza marina sul viso e persino il profumo di salsedine. Apro gli occhi. So bene che quel profumo non appartiene solo al mare ma anche a tutta la mia gente. Davanti a me si è seduto Kyle e prende le mie mani tra le sue, le stringe come se volesse trarne forza in questo momento così difficile. Io sono sempre stata la più forte, lo sa, e credo siamo diventati amici proprio per questa mia mancanza di femminilità in certi momenti. Sono felice di incrociare i suoi occhi chiari ma abbasso subito lo sguardo. Kyle è da diversi anni un mio caro amico, la sua presenza è rassicurante ma sapere che anche lui dovrà entrare nell’Arena mi strazia.
 

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Capitolo 4
*** 4 -Bright lights, big city- ***


Il treno rallenta, siamo quasi arrivati. Eccola Capitol che si staglia di nuovo in tutta la su bellezza. Bella e luccicante sì, ma tanto odiata dai distretti. Ho solo pochi istanti per ammirare dal finestrino tutto l’intrico di grattacieli perché poco dopo il treno si infila in una galleria sotterranea che credo porti alla stazione. Il treno ora procede molto lentamente, pian piano vedo che sugli altri binari arrivano i treni dagli altri distretti. Una volta di vetro azzurro si estende sopra di noi.
Le banchine sono gremite di gente in vesti variopinte, capitolini ovviamente. A parte in Tv e Giselle Burton alla mietitura, non avevo mai visto prima i vestiti della stravagante moda capitolina. Vederli alla Tv o sentirne parlare non è la stessa cosa che vederli in persona. Alcune mani toccano il vetro del treno ancora in movimento, mi ritraggo, mi sento già sopraffatta ancora prima di esser buttata nel bagno di folla, però cerco non darlo troppo a vedere. Metto su un sorriso finto e agito la mano in segno di saluto. Il treno si ferma, ci siamo.
Giselle arriva e guarda me e Kyle con un sorrisetto compiaciuto: - Tesori mie, siete perfetti! Adesso scesi dal treno raggiungeremo un mezzo che vi porterà al centro dove verrete preparati per la parata di stasera! Seguitemi e sorridete alla folla!-
Quindi le porte del treno si aprono, Giselle scende e noi facciamo come ci ha detto. Per fortuna che ci sono dei Pacificatori a farci strada e tenere a bada alla folla altrimenti ci sarebbero già tutti venuti addosso!
La folla ci chiama. “Janine” e “Kyle”, i nostri nomi urlati da ogni parte. Le mani si allungano verso di noi e qualcuno riesce anche a sfiorarmi il braccio. Questa cosa mi irrita, vorrei tanto assestare un bel pugno in faccia a chi i ha toccata, invece devo solo limitarmi a voltare la faccia nella loro direzione, un sorriso abbozzato, finto che mal cela il mio disagio.
Giselle avanza davanti a noi ticchettando sui suoi tacchi, anche quel rumore ora mi risulta fastidioso. È tutto così affollato, caotico e rumoroso qui. Vedo l’ora di andarmene.
Sento i mormorii e i commenti della folla.
“Guardate com’è bella!”
“E i suoi muscoli dove li mettiamo?”
“Che occhi penetranti!”
“Anche il suo ragazzo non è niente male!”
Mi scappa una risatina. Per favore, Kyle non è il mio ragazzo!
Per lo meno alla gente di Capitol piaccio già, se non lo fossi non sarebbero arrivati così numerosi alla nostra banchina.
Arriviamo alla camionetta, un Pacificatore ci fa salire e ci portano via.


Dopo che mi hanno dato una profonda ripulita, mi fanno accomodare in una stanzetta illuminata da luci al neon. Aspetto che arrivi lo stilista che si occupi di rendermi un bocconcino presentabile davanti a tutta Capitol City stasera. Sento un rumore dietro di me, mi giro di scatto e mi trovo di fronte a un uomo dalla pelle olivastra con capelli lisci e lunghi di colore rosso acceso che terminano in punte nere, e veste completamente in abiti argentati.
-Piacere, sono Kaspar.-
-Janine.-
Non smette di guardarmi, dal momento in cui è entrato mi guarda come rapito. Percorre con un dito tutta la linea del mio corpo snello e affusolato. Il suo tocco sul mio corpo mi infastidisce appena. Si sofferma sui miei tatuaggi, sembra apprezzarli, forse non si aspettava che una ragazza proveniente dai distretti potesse averne. Ebbene sì: ho una rosa con attorno dei tribali sul bicipite sinistro e un dragone cinese enorme che segue tutta la linea della mia coscia, sempre a sinistra, il mio lato fortunato.
-Sei attraente. Terribilmente.- mi sussurra in un orecchio scostando i miei capelli mori. -Farò in modo di renderti spettacolare, bella.-
Stringo appena le labbra, non voglio ammetterlo ma ricevere degli apprezzamenti è un piacere. Riguardo al suo commento non si sbagliava. Una volta pronti dopo lunghe preparazioni, io e Kyle sembriamo l’incarnazione delle onde. Ho un vestito azzurro con riflessi madreperla, molto aderente che poi si allarga in fondo in un pizzo finissimo che sembra la spuma delle onde. I miei capelli neri sono acconciati in modo elaborato insieme a una sorta di rete di perle e scendono in boccoli voluminosi sulle spalle. Devo essere davvero molto attraente perché quando scendiamo per la parata mi sento addosso gli sguardi di molti. In particolare incontro gli occhi di un ragazzo vestito di verde in fondo alla stanza. Un ciuffo di capelli mossi di un rosso ramato gli coprono appena dei vivaci occhi verdi con riflessi dorati. È il ragazzo del Distretto 7.
Ci fanno salire sui carri, il nostro è tirato da due bellissimi e potenti cavalli bianchi. Si parte, veniamo investiti dalle acclamazioni della folla enorme che si è radunata per vederci. Cerco di non badarci e mi concentro sulla presenza di Kyle al mio fianco. È bello come una divinità, sicuro di sé o almeno cerca di mostrarsi così. Giungiamo alla presenza del presidente Snow: è giovanissimo sembra un ragazzo della mia età eppure è il presidente in carica già da alcuni anni prima della mia nascita, da quando sono stati reintrodotti gli Hunger Games. La mia opinione su di lui non cambia: deve essere una specie di vampiro. Lo guardo un po’ di ostile mentre lui passa il suo sguardo gelido e sprezzante su ognuno di noi. Appena finisce il suo solito discorso, volta a tutti le spalle in modo composto e si ritira nei suoi appartamenti. Non mi è stato mai andato a genio, e a chi potrebbe stare simpatica una persona del genere?

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Capitolo 5
*** 5 -Training- ***


Il nostro Mentore, Samuel Murray, è stato il vincitore di una delle prime edizioni dei giochi, è un uomo molto schivo, maschera sempre un po’ le sue espressioni sotto la frangia corvina che gli scende sugli occhi, però credo sia un buon mentore perché fin da subito ci ha dato numerosi consigli e strategie, e ci prepara al meglio per le sessioni di allenamento. Gli racconto della mia abilità quasi infallibile nel lancio dei coltelli. Gli spiego che mio papà è macellaio e che, poiché io sono la sua unica figlia e non vuole perdermi, mi ha allenata sin da quando ero piccola a sgozzare animali vivi e scalpitanti,e lanciare coltelli con precisione. Samuel mi ammonisce di non dirlo assolutamente mai a nessuno, nemmeno nelle interviste; di non mostrare questa abilità negli allenamenti comuni e di giocarla solo come carta finale per sorprendere gli Strateghi quando ci valuteranno. Quindi solo noi sappiamo questo mio segreto, il mentore guarda Kyle in modo storto come per intimarlo a non svelarlo a nessuno e chiedendosi se non gli abbiamo appena mostrato qualcosa che non avesse dovuto conoscere di me. Non c’è pericolo, Kyle non mi tradirebbe mai ed eccome se conosce questa mia passione per i coltelli: una volta l’ho quasi ucciso. Siamo diventati amici per questo. Un giorno era venuto nella macelleria di mio padre, ma lui era con me ad allenarmi nel cortile sul retrobottega dove un altro muro di cinta poteva nasconderci da occhi indiscreti, quindi Kyle era venuto a cercarlo lì e per poco non gli trafiggevo il collo con un coltello che avevo appena lanciato e che si è andato a piantare a pochi centimetri da lui. All’inizio era rimasto spaventato da me ma poi ha deciso di conoscermi e diventare mio amico, anche lui attirato dal mio fascino insolito e da questa mia violenza nascosta.
Ci aspettano cinque giorni di allenamenti intensivi giù nelle palestre, devo dare il meglio ed essere ben in forma per il fatidico giorno dell’ingresso nell’Arena. Devo osservare bene i miei avversari: i Favoriti come sempre sono temibili e preferirei tenerli alla larga, il ragazzo del 12 è decisamente massiccio e sembra anche piuttosto pericoloso, c’è un ragazzo dai tratti asiatici molto bravo anche lui con i coltelli, gli altri invece non sono particolarmente rilevanti. Mi dispiace vedere che ci sono delle ragazzine molto piccole, praticamente delle bambine, forse non hanno nemmeno tredici anni, si guardano attorno disorientate senza riuscire a capacitarsi di essere lì, maneggiano incapaci alcune armi senza sapere bene come utilizzarle. Mi giro da un’altra parte, non vorrei davvero essere nei panni di una di quelle ragazzine. Il ragazzo del distretto 7 si sta muovendo in modo sorprendente nei percorsi a ostacoli. Questa volta è lui a colpire me, soprattutto quando rimane appeso alle reti sul soffitto reggendo con le braccia il suo corpo dal fisico asciutto. Cerco di non guardarlo e di concentrarmi sul mio programma: mi sto allenando con armi nuove e duelli corpo a corpo, uso i coltelli poche volte giusto per tenermi esercitata, mostrandomi comunque meno abile di quanto non sia in realtà. Ogni tanto vedo quel ragazzo cercarmi con lo sguardo per poi abbassarlo imbarazzato non appena io mi volto verso di lui. A un certo punto sento qualcuno che salta giù dalla piattaforma del percorso a ostacoli e si ferma dietro di me. Non ci vuole molto a capire che è lui.
-Ciao!- esclama.
-Ciao.- Rispondo io e mi giro verso di lui con le braccia incrociate.
- Edmund Palmer, ma preferisco venir chiamato Eddie.-
-Janine ma preferisco Jenna o Jenni, come vuoi tu.-
-Piacere di conoscerti- allunga la mano verso di me sorridendo. Gliela stringo e i suoi occhi si accendono di stupore: sembra sorpreso della mia stretta ferrea. Caspita se ha un bel sorriso, e poi ha sempre quella strana espressione sul suo viso un po’ lentigginoso. Mi è difficile non riconoscere la bellezza di quel ragazzo che sembra appartenere alle divinità dei boschi.
Sto armeggiando con dei nodi, materiale con cui non ho mai avuto molta dimestichezza.
-Insegni anche a me?-
-In realtà i nodi non sono la mia specialità, anche se vengo da un distretto dove tutti sono pescatori e maneggiano sempre reti da pesca. La mia famiglia di solito si occupa d’altro.-
-Cioè?-
-Più che altro è impegnata nel settore della vendita.- Non sto mentendo completamente, ho solo omesso informazioni più precise sul lavoro di mio padre.
-Capisco … ti va se durante la pausa mangiamo alla mensa anziché risalire nella residenza?-
-Ehm … ve bene, certo.- Non voglio sembrare una persona asociale, anche se in queste circostanze è meglio esserlo. Non ho ancora legato con nessuno dei tributi, non credo sia molto utile provare a stringere alleanze che nell’Arena verranno sicuramente infrante dopo poco tempo, conto solo nella mia amicizia fraterna con Kyle.
- A dopo allora, io torno ad allenarmi.- Mi sorride poi si allontana verso la zona con le macchine per tonificare i muscoli. Anche io ne avrei bisogno, magari ci vado dopo.
Dopo aver preso il vassoio e dei cibi prelibati che preparano solo qui, mi siedo con Edmund a uno dei tavoli.
- Non dovremmo essere amici.-
-Non mi sembra che sia un reato esserlo.- Risponde lui inclinando la testa e abbozzando un sorrisetto.
-Certo che no, ma ti ricordo che tra qualche giorno ci uccideremo tutti.-
-Possiamo sempre diventare Alleati!- dice sorridendo ancor di più. -Non potrebbe far altro che portare bene a entrambi!-
- E va bene hai vinto tu!- gli punto scherzosamente contro il coltello - Ma non ti assicuro niente, là dentro probabilmente perderemo tutti la testa e non ci sarà più niente da fare.-
-Eddai, non fare così tanto la pessimista!-
-Ok, allora cercherò di avere un occhio di riguardo per te.-
Si avvicina al nostro tavolo una ragazzina con due lunghe trecce castane e due grandi occhi nocciola un po’a mandorla.
-Posso sedermi qui?-
-Certo!- risponde Edmund.
-State creando alleanze? Posso unirmi a voi? Io sono Amina, distretto 9, e voi?-
-In realtà non stiamo creando un bel niente.- rispondo secca, è fastidiosa una ragazza che fa così tante domande però mi fa un po’ di tenerezza.
-Edmund, distretto 7 e questa è la mia amica Janine del 4, non fare troppo caso alla sua scontrosità.-
Stringo anche io la mano ad Amina e dico di rimando ad Edmund: -E io stavo dicendo al mio amico  che se lo incontro nell’arena non gli taglierò subito la gola se me lo trovo davanti..-
Amina è impressionata, ma non spaventata da me, diciamo che mi vuol tenere testa. Mentre mangiamo iniziamo a parlare della vita dei nostri distretti. Mi piace molto questo momento perché ho sempre desiderato conoscere quello che c’è oltre il confine del Quattro e sapere come vivono gli altri altrove.

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Capitolo 6
*** 6 -Brillant lies- ***


Ormai sono giunti i giorni in cui bisogna dimostrare chi si è davvero davanti alla giuria di strateghi e alla sera fingersi qualcuno che non si è pur di sembrare più appariscenti davanti al pubblico.
Appartenendo ai primi distretti, sono tra i primi ad essere giudicati, quando ancora l’attenzione degli Strateghi per noi è abbastanza alta.
-Janine Cooper. Distretto 4.- annuncia lo speaker metallico dell’altoparlante.
È il mio turno, mi alzo dalla panca della sala d’attesa ed entro sicura nella stanza: inizio dimostrando la mia velocità nei percorsi a ostacoli e finisco con quello che so fare bene veramente, proprio come mi ha consigliato il Mentore. Stupirli. Il mio obiettivo sembra raggiunto perché la mia mira infallibile non mi ha tradito e i coltelli che ho lanciato sono andati tutti a segno nei punti vitali dei manichini in movimento. Prima di uscire, ho notato che qualche stratega si è alzato in piedi e avvicinato alla balconata della tribuna per osservarmi meglio. Devo essergli sembrato un animale interessante, particolarmente agguerrito e adatto per i loro giochi. Proprio una bella bestia da combattimento.
Nel tardo pomeriggio vengono annunciati i punteggi: mi sono meritata un bel undici, Kyle invece ha ricevuto un nove. Sorrido compiaciuta, la mia preparazione ha dato i suoi frutti ma sono soddisfatta anche di Kyle, spesso si allenava con me nel retrobottega di mio padre rendendo più divertente gli esercizi per imparare a combattere. Come immaginavo il ragazzo asiatico dei coltelli, Toshiro, e il ragazzo del 12, Karl, hanno ottenuto punteggi piuttosto alti perciò dovrò prestare molta attenzione a loro. Mi sorprende anche la ragazza del 14, Shota, anche lei con un punteggio di undici, non avevo fatto troppo caso a lei durante le sessioni di addestramento ma ora vedendola sullo schermo mi si fissa l’immagine del suo volto squadrato e serio e una grande massa di capelli rossi ricci raccolta in una treccia.
Poi arriva il momento di prepararsi per la grande apparizione nello show di stasera. Kaspar sa davvero come rendermi ancor più attraente con i suoi vestiti. Innanzitutto mi applica una specie di pellicola argentata sopra ai miei tatuaggi che ne segue completamente il disegno ma lo impreziosisce. La pettinatura questa volta è semplice: capelli sciolti, piastrati lisci come spaghetti e adornati solo da un anello di diamanti che richiamano direttamente quelli che decorano il bordo del vestito e la fascia che stringe i fianchi. L’abito è senza spalline, lungo fino ai piedi, color blu notte punteggiato di diamantini: mi sembra di avere addosso un cielo stellato. E poi il gran finale: uno spacco molto ampio che a ogni passo lascia completamente scoperta la mia gamba sinistra e il tatuaggio: con quel rivestimento d’argento il mio dragone sembra prender vita e serpeggiare per davvero lungo la mia gamba.  
Quando sono pronta ed esco dalla mia stanza, Kaspar, Giselle, Samuel e Kyle mi guardano dicendo all’unisono: -Sei incantevole.-
Scendiamo nel backstage e aspetto di venir chiamata dalla voce squillante ed esaltata del Presentatore Scott Harris, quest’anno in tenuta color verde brillante. Tocca a me, avanzo abbastanza sicura sui tacchi a spillo argentei e salgo sul palco. Devo avere già un certo numero di ammiratori nel pubblico perché, non appena faccio la mia apparizione, sento chiamare il mio nome insieme alle consuete acclamazioni per i concorrenti.  Mi accomodo sulla poltroncina tonda di pelle nera e incrocio le gambe, come mi ha suggerito di fare Kaspar.In questo modo la mia gamba sarà ben visibile e il tatuaggio ben in mostra: i capitolini apprezzeranno sicuramente, e di certo costituirà un argomento interessante per l’intervista, sviando così possibili domande sul punteggio alto che mi è stato assegnato dagli Strateghi.
-Benvenuta cara! Vedo che ti sei già accomodata e mi sembri molto a tuo agio!- dice Scott Harris.
Sfodero uno dei miei sorrisi migliori. -Sì, questa poltrona è davvero comoda. Dovrei comprarne una così.- Il pubblico ride, bene, tutto secondo i piani.
-La prima cosa che mi ha colpito vedendoti arrivare stasera sono i tuoi tatuaggi. Particolari, davvero. Che mi dite, abitanti di Capitol City, non sono meravigliosi?- Il pubblico acconsente con un boato entusiastico. Qui a Capitol City i tatuaggi sono molto apprezzati, anche se usano delle tecniche particolari per farli solo temporanei. Si sa: qui la gente è molto volubile e deve essere sempre all’ultima moda.
-Vuoi parlarcene? Hanno un significato particolare per te?-
- I tatuaggi sono la mia passione ma quelli che ho in realtà li considero solo come motivi ornamentali. Se vincerò gli Hunger Games e guadagnerò abbastanza soldi, ne farò sicuramente altri e magari rappresenteranno qualcosa di significativo, ma al momento non l’ho ancora trovato.- Rispondo sorridendo.
-E cosa mi dici del tuo compagno? Kyle, giusto? Sembrate una coppia affiatata!-
Divento paonazza e scuoto la testa, sempre sorridendo. -Scott!-lo rimprovero -Non siamo una coppia!-
-Ma come!? Avrei giurato di sì. Davvero, stareste bene insieme!-
- Siamo solo amici di lunga data, però effettivamente potei farci un pensierino. Kyle è davvero un bel ragazzo.-  Con questa affermazione, rendo la situazione più accattivante, si scatenano subito tra la folla fischi ed applausi.
-Bene, allora come siete diventati amici? E … potresti descrivercelo a parole tue?-
-Allora, si va indietro molti anni, non ricordo bene. C’è sempre stata un po’ di rivalità tra noi, lui era affascinato dal fatto che una ragazzina si dimostrasse alla pari o superiore ai maschi. Facevamo spesso a gara: chi correva più veloce sulla spiaggia, chi nuotava nell’acqua più alta. Insomma cose così …- non ho mentito del tutto, del resto io e Kyle ci siamo sempre divertiti così. Adesso devo descriverlo, devo essere naturale, dire ciò che penso di lui, ma allo stesso tempo presentarlo bene al pubblico. Respiro, poi continuo. -Lui è sempre stato alla mia altezza, spesso dimostrando che è lui il migliore. È un ragazzo molto atletico e quando lo guardo non posso fare a meno di perdermi nei suoi occhi blu. Poi è dolce e si è sempre preso cura di me quando ne avevo bisogno. Non saprei che altro dire, se non che è davvero speciale.- Il pubblico è estasiato da quest’ultima affermazione.
-Signori, salutiamo ancora calorosamente questa guerriera proveniente dal Distretto 4, Janine Cooper!-
Torno nel backstage, mentre il pubblico continua ad acclamarmi. Prima di risalire alla residenza, aspetto che siano finite tutte le interviste: sono curiosa e magari si vengono a scoprire notizie interessanti sugli avversari. Non sono l’unica ad aver avuto questa idea infatti c’è un gruppo di ragazzi seduto ad ascoltare con attenzione quel che viene detto.
Sto prendendo l’ascensore quando Eddie si infila dentro prima che le porte si chiudano.
-Ehi aspetta! Salgo con te. -
Ho l’impressione che non sia stato un incontro casuale ma che in realtà lui si fosse appostato da qualche parte per aspettarmi e cogliere un momento per trovarmi da sola. Ci guardiamo per un po’ a vicenda. Lui è molto elegante, ha uno smoking color scarabeo: verde molto scuro con riflessi iridescenti, invece le rifiniture del vestito e la cravatta sono color oro.
-Quindi tu e il tuo amico … solo amici?-
-Siii! Basta con la storia della coppia! Che c’è? Sei geloso?!-
Abbassa lo sguardo, un po’ imbarazzato ma facendo un mezzo sorriso. Stiamo così ancora un po’, in silenzio. Ormai siamo quasi arrivati e le porte si stanno aprendo.
-Beh se non ci dovessimo più rivedere, buona fortuna per domani e sogni d’oro per stanotte, Jenni!-
Mi avvicina a sé e mi bacia lievemente su una guancia.
Mentre le porte si chiudono dietro di lui, vedo che mi fa un occhiolino e aggiunge: -Sei bellissima!-
Fisso le porte chiuse, mi tocco la guancia dove con un soffio si sono posate leggere le sue labbra calde. I gesti e le parole di quel ragazzo sono così genuini, mentre attorno a noi c’è solo una città costruita sulle apparenze e sulle bugie. E questa potrebbe essere l’ultima volta che lo vedo, con quel suo sorriso e la sua solarità.
 
 

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Capitolo 7
*** 7 –I hate this animal I have become- ***


Di mattina veniamo caricati sull’hovercraft, per fortuna sono seduta accanto a Kyle. Il viaggio è lungo e opprimente perché tutti i finestrini sono oscurati e siamo legati ai sedili in modo così stretto quasi da far male. È la prima volta che volo, i civili nei distretti non possono usare gli aerei e questa non è senz’altro la situazione più piacevole per provare il mio primo volo. Quando l’hovercraft si alza da terra mi sento come se le mie budella venissero risucchiate ma per fortuna dopo poco questa situazione passa. Io e Kyle ci stringiamo la mano per tutto il tempo, potrebbe essere l’ultima volta che possiamo stare così vicini.
-Ma che carini!- commenta sarcastica la ragazza del 2 che ci sta di fronte.
-Quasi patetici…tanto vi ammazzerete subito nell’Arena.- dice di rimando la sua compagna dell’1.
Non faccio caso a loro, nemmeno Kyle che mi lancia un sorriso preoccupato. Sta bene ma so benissimo che è in ansia, lui sempre più di me.
-Tracciatori! Esponete tutti il braccio sinistro, adesso vi mettiamo i chip di localizzazione.- ordina un uomo gigante dal fondo del corridoio.
Quando arriva a me guardo un attimo preoccupata la siringa: l’ago è enorme ma mi faccio forza, sono abituata agli aghi dei tatuaggi dopotutto. Il dolore è fortissimo come se mi avessero pugnalato un braccio, ma il massimo che faccio è una smorfia contraendo le labbra. Il braccio formicola per un bel po’, lo sento pulsare come se volesse rigettare quella roba che mi hanno iniettato dentro ma alla fine per fortuna passa.
Ci fanno scendere e prendiamo una navetta super veloce che ci porta alla zona sotto ai blocchi di partenza. Faccio due calcoli mentali: se l’hovercraft è atterrato ma servono delle navette vuol dire che la Cornucopia si trova al centro dell’Arena e che l’Arena è molto ma molto grande.

Kaspar mi aspetta nella stanza a me riservata e mi consegna la divisa. Nera fatta da pantaloni da corsa aderenti, una maglietta a mezza manica anch’essa attillata di materiale traspirante e scarpe da runner.
-Quindi ci sarà da correre un bel po’, eh? Non è che ste scarpe la prima volta che le metto e ci corro come una pazza mi distruggeranno i piedi?-
-Tranquilla, non ti daranno nessun problema sono fatte con un materiale super adattabile e la suola supporta la falcata facendoti andare più veloce. I vestiti invece sono tutti comodi ed elasticizzati per favorirti in ogni movimento.- mi spiega Kaspar con naturalezza e tecnicità.
-Bene a sapersi.- sogghigno.
Ha ragione, la divisa è davvero comoda. Mi guardo, c’è il numero del mio distretto in verde chiaro sia davanti che sul retro della maglia.
-Sarà meglio che mi leghi i capelli.-
Mi faccio dare un elastico e mi annodo i capelli ben stretti in una coda alta, non vorrei mai che mi si sciogliessero durante la corsa. E sì, immagino che ci sarà davvero tanto da correre.
-Bene, ora sei pronta.- dice mettendo le mani sulle mie spalle.
Una voce nell’altoparlante annuncia l’imminente inizio del countdown.
Kaspar mi stringe ancor di più le spalle, si allunga e preme forte le sue labbra sulle mie. Seriamente mi sta baciando?
Gli assesto un pugno in faccia e mi ritraggo, l’ho fatto barcollare ad alcuni passi di distanza, si massaggia la guancia colpita.
-Cavoli, se sei forte!- commenta stupito.
Chissà se le telecamere hanno trasmesso anche questo? Sicuro ho già fatto capire chi sono.
-Non ti permettere mai più!- lo minaccio puntandogli un dito contro poi mi giro sui tacchi voltandogli le spalle e mi infilo nel tubo di lancio.
Dieci. Nove. Otto.
Il tubo si chiude. È claustrofobico.
-Potrai contare sempre su di me, tiferò sempre per te!- urla Kaspar dall’altra parte del vetro.
Sette. Sei. Cinque.
Il tubo inizia a salire.
Quattro. Tre. Due.
La salita è interminabile. Cerco di stare calma ma il cuore è mille.
Uno.

Siamo su dei piedistalli, come se fossimo delle statue da ammirare. Attorno a noi c’è una siepe molto alta ma quello su cui mi concentro è al centro di questa grande spianata, la Cornucopia. In realtà si tratta di un edificio circolare in marmo bianchissimo, con un colonnato a cui si arriva con alcuni gradini: ricorda un tempio di qualche antica civiltà. Il countdown è iniziato, sono pronta a scattare, devo fare il più in fretta possibile, prima che quel marmo così bianco venga chiazzato di rosso e sui gradini scorra sangue. Finisce il countdown. Sono iniziati gli Hunger Games, sto già correndo verso il mio obiettivo. Quasi non sento il pavimento sotto i piedi, anche a correre sono brava, ricordo i chilometri di corsa sulla spiaggia delle coste del mio distretto. Ora non è il momento dei ricordi, devo pensare solo a quello che sto facendo adesso. Afferro al volo uno zainetto non troppo grande, poi arrivo all’edificio dove sono accatastate provviste e armi. Per fortuna quello che cerco è abbastanza a portata di mano: una cinghia che porta molti coltelli da lancio, me la butto in spalla. Prendo anche una specie di pugnale dalla lama ricurva, credo che così sia abbastanza: ora devo allontanarmi velocemente, prima che sia troppo tardi. Inizio a correre ma un ragazzino mi viene incontro con fare aggressivo, quasi senza neanche accorgermene, lo blocco, allungo il braccio e affondo il pugnale, poi tiro con un movimento netto squarciandogli completamente il collo. Estraggo la lama e sto già riprendendo a correre. Prendo un sentiero che si apre nel muro di siepi, corro, corro senza fermarmi, senza capire dove sto andando, tutto sfreccia confuso attorno a me. Le urla provenienti dalla lotta attorno alla Cornucopia si fanno sempre più lontane, mentre gli spari di cannone continuano. Non li ho contati quindi dovrò aspettare la sera per sapere il numero di vittime.  

Ripenso a quello che ho fatto, ho appena ucciso. Era solo un ragazzino. Il pugnale e le mie mani sono ancora sporchi del suo sangue. L’ho ucciso con la stessa freddezza con cui avrei ucciso uno degli animali da macello di mio padre. Ho ucciso tante bestie, ma pensavo che uccidere un umano sarebbe stato diverso. Invece è stato così facile. Mio padre voleva fossi preparata a fare anche questo, no? Ora però sono io a sentirmi una bestia. Non una delle vittime, ma un mostro assetato di sangue, macchiato dalle sue colpe. Ma ripensare ai propri peccati fa solo stare peggio, mi sento soffocare. Il mio corpo è stanco di correre, il sudore mi scende sulle tempie, sono accaldata e ho il fiato corto. Devo fermarmi un attimo, almeno per capire dove mi trovo: finora è come se fossi andata col pilota automatico, senza essere realmente lì. Mi fermo, faccio dei respiri profondi, abbracciandomi con le mani le costole laterali. Non c’è nulla attorno a me, solo un sentiero di terra battuta tra due muri alti e invalicabili di siepi. Faccio alcuni passi, il sentiero curva, poi si dirama, ma non c’è nessun altro cambiamento. Dunque l’Arena è un Labirinto. Non resta nient’altro da fare che girare a vuoto e sfidare a duello chiunque si incontri. Non c’è nessun posto per nascondersi. La cosa messa così sembra piuttosto noiosa, ma gli Stateghi sapranno di sicuro come animare la situazione. Chissà per quanto si estende il labirinto, deve essere molto grande dato che ormai ne è passato di tempo da quando ho iniziato a correre. Sicuramente le riprese dall’alto saranno molto scenografiche e affascineranno gli spettatori che guardano da casa.

Sta scendendo la sera ma il cielo è già abbastanza cupo: le siepi sono ormai del color della pece, i rami sembrano quasi piegarsi minacciosi per afferrarti o chiudersi su di te. Una nebbiolina sale dal terreno e serpeggia per i corridoi rendendo l’atmosfera ancor più inquietante. Se in questo posto non c’è alcun rifugio, sarò costretta a non fermarmi, a camminare tutta la notte. Non posso permettermi di sedermi o di chiudere gli occhi o farmi trovare impreparata. Non ne posso più di camminare, le gambe sono pesanti e la gola è bruciata dalla sete. Mi sembra un miraggio sentire il rumore di un gocciolio d’acqua: poco più avanti c’è uno spiazzo pavimentato con al centro una fontana di marmo piuttosto graziosa, l’acqua cristallina esce dalla bocca di alcuni angioletti. Apro lo zaino e trovo una borraccia, svito il tappo e vedo che c’è un filtro: questo mi fa pensare che l’acqua nell’Arena non sia potabile almeno che non venga prima pulita. Riempio la bottiglia e bevo avidamente, una, due volte. Mi guardo attorno, questa piazzetta sembra un paradiso, il candore del marmo della fontana e di alcune statue risplendono nel buio violaceo del crepuscolo. Lo scorrere dell’acqua è così rilassante. Mi avvicino a una delle statue poste agli angoli della radura: scopro con piacere che nel retro dei loro voluminosi piedistalli c’è un’ampia nicchia. Direi che può essere un ottimo rifugio per stanotte, ho le spalle protette dal muto di siepi, e se qualcuno entra nella radura dovrebbe notare solo le statue. Mi sistemo nello spazio un po’ angusto della nicchia e finalmente posso rovistare nello zaino e scoprirne il contenuto. Oltre alla borraccia, c’è una mini-torcia, un coltello a serramanico, un piccolo asciugamano di materiale superassorbente, una coperta ben ripiegata e chiusa da un elastico, alcune confezioni di carne e frutta secca ed energetica liofilizzata, direi ottime per sostenere lo sforzo di muoversi in continuazione. Perfetto!
Mastico un po’ di carne e mi avvolgo nella coperta. Sto per cedere al sonno quando parte l’inno di Capitol City e annunciano le vittime di oggi. Mi sporgo per osservare il cielo sopra di me. Con gioia vedo che le persone a cui tengo sono vive, ma la carneficina è stata terribile. Dodici morti nel bagno di sangue alla cornucopia. Quasi la metà dei tributi. E anche io vi ho contribuito. Rabbrividisco quando vedo passare il volto del ragazzino che ho ucciso, veniva dal distretto 6, aveva solo quattordici anni. Mi stringo nelle braccia e affondo la testa nelle ginocchia piegate al petto. Chiudo gli occhi, non ci voglio ancora credere che anche io ho partecipato a questa crudeltà.

 

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Capitolo 8
*** 8 -The silence is deafening- ***


Mi sveglio, è il secondo giorno nell’Arena. Non so quanto ho dormito; l’angolo di cielo sopra la mia testa che si intravede dalla siepe è di un bell’azzurro limpido, quindi il sole deve essere già alto. Vorrei poter stare qui rannicchiata nel mio angolino sicuro e aspettare che tutti gli altri tributi si uccidano tra loro, ma so benissimo che gli Strateghi non me lo permetterebbero mai. Non voglio scoprire in che modo cercheranno di farmi spostare da qui, perciò ci penso da sola e mi rimetto in marcia. Il percorso è sempre più o meno uguale: i corridoi sono costituiti da siepi intricate, in altri punti sembrano piuttosto dei muri ricoperti da intrecci di liane rampicanti. Il silenzio che c’è mi inquieta. Non pensavo che si potesse provare tanta solitudine. L’unico rumore che avverto è quello dei miei passi, ma in tutto questo silenzio sembra assordante. Mi sento terribilmente sola, come se fossi l’unica creatura viva qui dentro, vorrei sentire la presenza di qualcun altro ma qui non si può pretendere di avere compagnia; se si incontra qualcuno è per ucciderlo. A qualsiasi svolta, a qualsiasi incrocio si potrebbe venir colti alle spalle o di sorpresa.
Ogni tanto sento come se la terra sotto i piedi vibrasse e in lontananza si avverte un rumore sordo. Non so ancora spiegarmi cosa possa essere ma sicuramente non preannuncia nulla di buono.
Il silenzio è spezzato da un urlo di una ragazza. Non è lontano, faccio una breve corsa per avvicinarmi ma rallento prima di svoltare l’angolo e controllare cosa stia succedendo. La ragazza è da sola, ma il problema sono le pareti di liane. Probabilmente la ragazza voleva provare ad arrampicarsi in cima, ma forse era meglio non toccare i muri del labirinto perché quelle piante hanno letteralmente preso vita, le si stanno stringendo al corpo, soffocandola e trascinandola all’interno della siepe. Resto immobile a guardare la scena, potrei star lì a guardare una delle mie avversarie morire. Quando incrocio gli occhi color miele della ragazzina, ignoro quel che potranno pensare i capitolini del mio gesto ma non posso starmene ferma senza far nulla. Almeno devo provare a fare qualcosa, anche se temo che sia troppo tardi.
La ragazzina si dibatte ancora, scalcia ma i rami stanno iniziando anche ad avvolgerle le gambe. Non so bene cosa fare, se provo a tagliare le liane nei punti in cui la stringono rischierei di colpirle degli organi vitali, quindi cerco di reciderle dalla base. Questi rami sono terribilmente duri da spezzare, sembrano piuttosto dei cavi di ferro. Maledizione! Una liana si stinge anche attorno al mio braccio, così forte che mi sento come se mi stesse spezzando le ossa. Chissà quanto sta soffrendo la ragazza, provo con più vigore a liberarla. Mi giro a guardarla, i suoi lineamenti sono contratti dal dolore e gli occhi si stanno spegnendo, dentro di me la imploro “Resisti!”. Purtroppo sono io che non riesco a resistere, la pianta ci sta tirando entrambe dentro di sé quindi rischio pure io di fare una brutta fine. A questo punto se devo decidere di morire con quella ragazza, o salvare solo me, tanto ormai lei è in una situazione disperata; scelgo questa seconda possibilità. Con il coltello trancio con forza la liana legata al mio braccio e mi allontano, lasciando andare la ragazza. La vedo sparire inghiottita dai rami e dalle foglie, ormai era del tutto incosciente. Scompare per ultima la sua treccia di capelli ramati. Le foglie della siepe oscillano ancora per un po’ davanti a me, poi ritornano perfettamente immobili. Un secondo e arriva lo sparo di cannone. Abbasso lo sguardo. Non ho cercato veramente di salvarla. Come a ricordarmi la mia scelta egoistica c’è un taglio sul braccio che mi sono fatta accidentalmente nel liberarmi, e un grosso livido violaceo dove c’era la liana.
Mi allontano da lì. Ritorna il completo silenzio attorno a me.

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Capitolo 9
*** 9 -Massacre, the new Capitol dream- ***


Ieri ho camminato tutto il giorno e tutta la notte, senza fermarmi quasi mai e senza giungere da nessuna parte. Girare per il labirinto di notte mi ha messo una certa angoscia, la luna rischiarava appena il buio quindi ho dovuto accendere la torcia, avendo però un timore triplicato di incontrare qualcuno, o illuminare qualcosa di spaventoso e indesiderato. Il buio e la solitudine amplificano ogni tua singola paura. Mi sembrava di impazzire. Ora sono esausta e proprio in questo momento gli strateghi decidono di colpirmi. La terra sotto i miei piedi inizia a tremare, non è un’allucinazione data della stanchezza, si sta muovendo così forte che cado a terra in ginocchio. Alzo gli occhi e vedo le siepi spostarsi. Oh no! Un altro scherzetto delle siepi. Cerco di rimettermi in piedi in fretta e iniziare a correre nella direzione opposta perché poco più avanti il corridoio si sta restringendo fino a chiudersi. Di colpo, con un profondo boato, si crea un muro divisorio alla mia destra. Cerco di schivarlo, ma è spuntato talmente velocemente che mi colpisce nelle costole, provocandomi una terribile fitta di dolore… Mi stavo per trovar schiacciata tra due muri e per un attimo mi sono vista circondata solo da foglie. Annaspo, sposto quelle foglie con le mani, sgattaiolo via e continuo a correre: il labirinto non ha ancora finito di muoversi e cambiare il suo intrico. All’incrocio successivo sono costretta a svoltare bruscamente a sinistra perché dritto davanti a me si stava formando un nuovo muro. Dopo poco si apre davanti a me lo spiazzo della Cornucopia.  Il luogo sembra deserto, ma chi può saperlo?  Al centro, il colonnato attorno alla Cornucopia non è più candido ma, come immaginavo, è rigato da sangue rappreso di colore quasi nero, qui e là ci sono delle braci da cui si levano leggere volute di fumo, segno che qualcuno si è accampato qui, magari i Favoriti. Non posso stare qui, e attraversare uno spazio così ampio può essere pericoloso. Cerco di espormi il meno possibile, percorro il perimetro fino al primo corridoio che va di nuovo verso il labirinto e ritorno nei suoi meandri.


Mi sento la ragazza più felice della terra quando, dopo qualche ora, mi trovo in una piazzetta simile a quella dove ho trascorso la prima notte. Al centro al posto della fontana c’è un piccolo edificio di marmo, tetto spiovente con un timpano decorato a bassorilievo, alcuni gradini e un colonnato davanti alla massiccia porta d’ingresso. Mi avvicino con cautela, il pugnale in mano, non si sa mai che dentro ci sia qualcuno … Do un calcio alla porta per aprirla e mi ritraggo di lato. Aspetto un attimo poi provo a entrare a controllare. Per mia fortuna non c’è nessuno e quell’edificio è un posto molto accogliente. È una specie di rifugio, forse nell’Arena ce ne sono altri, e soprattutto ci sono molti scaffali e bauli pieni di scorte di cibo e oggetti utili. Riempio lo zaino con nuove scorte di cibo e  prendo un piccolo kit di pronto soccorso con cui darmi magari una sistemata al taglio sul braccio, per ora avevo solo arrestato un po’ l’emorragia con uno dei lacci del mio zaino. Questo rifugio sembra abbastanza tranquillo, mi siedo contro il muro e sto lì un po’ a riposarmi, almeno finché non sento dei passi di qualcuno che è appena entrato nella piazzetta e sta camminando sulle piastrelle della pavimentazione. Mi tiro su e mi nascondo dietro uno dei bauli, vicino all’ingresso. Quel qualcuno entra, è solo una di quelle ragazzine innocue, non credo si accorga della mia presenza perché è completamente assorta a guardare a bocca spalancata tutto il ben di Dio di cui è piena la stanza. Ne approfitto per strisciare verso la porta e uscire mentre lei è girata. Niente, passerò anche questa notte nascosta nella nicchia dietro una delle statue ai margini della radura. La ragazza chiude bene dietro di sé il portone dell’edificio, uffa mi sono fatta soffiare un comodo e sicuro nascondiglio per la notte. Oggi non ci sono stati morti. Ho da poco finito di formulare questo pensiero quando sento levarsi un urlo acuto, ancora alcune grida e un po’ di trambusto e poi il cannone. Venivano da dentro l’edificio … non capisco cosa sia successo, nessuno è entrato nella radura dopo la ragazza, l’edificio era vuoto e lei aveva pure chiuso la porta … Mi sporgo appena per vedere qualcosa, la porta si apre e ne esce il gruppo dei Favoriti … oddio. Mi ritiro nel nascondiglio, sperando che non mi abbiano vista, vorrei evitare incontri ravvicinati con loro. E qui dove mi trovo ora sono praticamente in trappola. Stanno ridendo tra fra loro e stanno decidendo che direzione prendere. Riesco appena a scorgerli, hanno in mano una specie di tablet che proietta un ologramma con la mappa del labirinto, spero solo che quell’aggeggio non rilevi anche l’eventuale presenza delle persone altrimenti per me è la fine. Devo stare calma, respirare piano e aspettare che se ne vadano. Sento il sudore freddo sulla schiena, il cuore batte piano come se volesse rallentare, eppure a ogni battito sembra che salti nel mio petto, e temo che possa tradire la mia presenza. Se ne stanno andando via, meno male. Aspetto un po’per essere sicura che siano abbastanza lontani e vado a vedere cos’è successo. La vista che mi riserva la porta spalancata del rifugio è orribile. L’hanno fatta a pezzi, letteralmente, c’è sangue ovunque, schizzi sui muri e una pozza ai miei piedi. Hanno colto la ragazzina di sorpresa: sono entrati da una botola aperta nel pavimento, nemmeno io l’avevo notata perché prima era coperta da un tappeto. Alcune scale portano a delle gallerie sotterranee: quindi c’è anche un altro labirinto sotto i nostri piedi, e i Favoriti sanno come utilizzarlo per spostarsi più velocemente in luoghi strategici come questo rifugio, senza perdersi. Meglio non avventurarsi lì sotto.  Esco di lì, il sapore metallico del sangue mi sta invadendo le narici e la scena che ho davanti mi sta disgustando. Ritorno nel mio nascondiglio là fuori. Nel cielo notturno appare il viso della ragazzina, praticamente era ancora una bambina con grandi occhi chiari e una frangetta bionda che la fanno sembrare ancor più innocente. Penso che ora la sua testa sta là dentro all’edificio, mozzata e in mezzo al suo sangue; devo trattenere un conato di vomito. Avrei potuto esserci stata io là dentro a fare la sua fine. Non so nemmeno ancora come sia riuscita ad addormentarmi dopo aver visto tutto questo, ma la mia notte è popolata dai peggiori incubi.


 

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Capitolo 10
*** 10 -The little kiss you stole, it held my heart and soul- ***


Mi allontano in fretta dalla piazzetta dove ho passato la notte, ancora un altro giorno nel Labirinto. Sto perdendo il conto del tempo lì dentro. Come al solito, cammino piano per non sprecare troppe forze e soprattutto per captare rumori che rivelino la presenza di qualcuno nelle vicinanze. Ed ecco che sento qualcuno che corre, inciampa e poi sembra azzuffarsi con qualcun altro. Mi fermo, tiro fuori dalla cintura alcuni coltelli da lancio, e guardo cosa sta succedendo dietro l’angolo. Oh no! C’è Eddie a terra, è sovrastato da Karl, quel ragazzo enorme del 12… Eddie cerca di ritrarsi ma dietro c’è quella maledetta siepe che sta già iniziando a prender vita. Devo fare qualcosa prima che venga massacrato di botte o inghiottito dalla siepe. Karl lo immobilizza senza troppa fatica e gli sferra pugni con una specie di guanto borchiato. Mi salta il cuore in gola quando vedo sferrargli un pugno fortissimo dritto nella pancia e Eddie piegarsi ed emettere uno strozzato gemito di dolore. Nessuno dei due mi ha vista arrivare. Mi preparo a prendere la mira, devo essere precisa, senza sbagliare. Mi concentro, fisso l’obiettivo, Karl si muove ma non dovrei rischiare di colpire Eddie, più che altro devo cercare di colpire un punto vitale dell’avversario. Il coltello va a segno nel fianco di Karl, che si ferma sorpreso, col pugno a mezz’aria. Ne approfitto di questo momento per lanciare un altro coltello che lo colpisce alla base del collo.  Si alza e inizia a venire verso di me, io però sono più veloce, lo rallento piantandogli un coltello nella gamba e poi lo colpisco al petto. Ormai l’ho quasi abbattuto, quando mi raggiunge riesco a schivarlo senza problemi, lo colpisco alla schiena col pugnale, più volte per sicurezza finché non rimane riverso a terra e il cannone spara.
-Eddie!- esclamo mentre corro verso di lui. Non posso permettermi di perderlo. Ho già perso dentro a quelle siepi la ragazzina con la treccia ramata, avrei potuto non tentare di salvarla … ma lui, non posso lasciarlo andare, è praticamente l’unica persona a cui mi sono affezionata lì dentro, a parte Kyle. Devo tirarlo fuori di lì, per fortuna i viticci si sono stretti solo attorno alle sue braccia, ma lo stanno già avvolgendo anche sui fianchi, tra poco gli impediranno di respirare.
-Eddie, non muoverti.- Dico ansimando mentre inizio col pugnale a recidere i rami.
Una volta che riesco a liberarlo, lo trascino a distanza di sicurezza dalle piante. Sono praticamente stesa sopra di lui, entrambi stiamo ancora respirando in modo irregolare, i nostri visi sono vicinissimi e ci guardiamo un po’ negli occhi. Poi lui si tira su a sedere e sorride.
-Allora ti sei ricordata di avere un occhio di riguardo per me!-
Lo abbraccio forte, stringendogli le braccia al collo.
-Ti voglio bene, Eddie. Non volevo perdere anche te.- Gli sussurro in un orecchio.
Lui mi scosta un attimo da sé per guardarmi in faccia.
-Ehi! Hai anche cominciato a chiamarmi Eddie!- dice ridendo mentre mi scompiglia i capelli con una mano. Sbuffo, e questa volta glieli scompiglio io i capelli.
-Stavi per morire, avrei potuto lasciarti lì, invece mi sono fermata e mentre io cercavo di salvarti, tutto quello a cui pensavi era se ti ho chiamato con il tuo nomignolo preferito, eh? Almeno un grazie potresti dirmelo!-
-Grazie.- Dice piano. Mi stringe a sé con le braccia e preme le sue labbra sulle mie, resta così un po’ prima di staccare il contatto. Lo guardo disorientata, mi ha baciata! Un bacio così non l’avevo mai provato. Per quanti spasimanti avessi avuto al mio distretto, non avevo mai ricevuto un bacio così. È stato speciale perché è arrivato come una sorpresa, prima leggero, poi lui ha aumentato la pressione delle sue labbra sulle mie e infine le ha allontanate con altrettanta leggerezza. È stato il modo migliore che potesse avere per ringraziarmi di esser stata lì al momento giusto e di essermi fermata a soccorrerlo. Ci guardiamo negli occhi, sappiamo entrambi che se ci amiamo, dico sul serio, abbiamo la possibilità di poter tornare entrambi a casa. Ci stringiamo ancora forte l’uno all’altro, mentre lui mi accarezza i capelli.
-Sei ferito?- chiedo preoccupata guardandogli il viso.
-Non credo, al massimo qualche graffio. Sono solo un po’ ammaccato … quello là stava facendo davvero un bel lavoretto!-
Mi alzo in piedi, vado verso il cadavere di Karl: estraggo i miei coltelli da lancio e li pulisco nei suoi vestiti, prendo il suo zaino e quei guanti borchiati.
Vedo che Eddie non ha nulla con sé, nemmeno uno zaino o qualche piccola arma.
-Prendi questi, almeno ti puoi difendere con qualcosa.- Eddie  prende lo zaino, uno dei miei coltelli e indossa i guanti, rimirandoli. -Mmm, non vedo l’ora di spaccare la faccia a qualcuno con questi! Ahah.- ride con un ghigno quasi malvagio.
Ce ne andiamo da lì, mano nella mano. Almeno non mi sento più sola perché c’è Eddie con me, di lui credo di potermi fidare.


Dopo un lungo cammino troviamo una piazzetta con la fontanella centrale a cui mi avvicino per prendere dell’acqua.
-Fermati, non berla!- dice Eddie trattenendomi per un braccio.
-Tranquillo lo so che è contaminata, ho una borraccia con il filtro.-
-Per fortuna, io il primo giorno ho bevuto da lì senza pensarci e sono rimasto per due o tre giorni  nascosto dietro una delle statue a vomitare anche l’anima, non è stato per niente bello. Credevo che sari morto così: mi sembrava che la testa esplodesse e non mi reggevo quasi più in piedi! Poi appena mi rimetto in marcia ho incontrato quasi subito Karl… -
-Meno male che sono arrivata io, non te la sei passata per niente bene negli ultimi giorni. Bevi con la mia bottiglia, ne hai sicuramente bisogno.- dico passandogliela dopo averla riempita.
Ci nascondiamo nella nicchia dietro una statua avvolgendoci bene nelle coperte, stiamo un po’ stretti ma non mi spiace affatto condividere questo spazio con lui. Gli passo un po’ del mio cibo.
-A te cos’è successo in questi giorni?-
-Tutto è stato terribile. Ho ucciso, non credevo sarebbe stato così facile, poi ho lasciato che una ragazza venisse divorata in modo orribile dalle siepi: è come se fossi stata io a ucciderla. Non potevo lasciar morire anche te in quel modo oggi.-
Eddie mi prende il viso tra le mani e mi bacia. –Non smetterò mai di ringraziarti, mi hai salvato la vita oggi. Allora siamo alleati?-
-Direi di sì.- dico rispondendo con un bacio che concludo mordendogli appena il labbro.
-Eddie, ho scoperto che c’è un labirinto anche sotto terra, ci si entra dai rifugi con le provviste. Ne hai trovati alcuni anche tu?-
-Sì, stamattina presto, ma non mi sono avvicinato perché avevo paura che fosse una trappola.-
-Beh io ho rischiato grosso, ero lì fino a poco tempo prima e poi sono usciti i Favoriti dal pavimento e hanno massacrato una ragazza entrata dopo di me. Per fortuna non sono venuti a controllare dietro alle statue altrimenti avrei fatto una brutta fine pure io … -
Eddie mi stringe a sé e mi bacia i capelli.
-Andrà tutto bene, adesso siamo in due. Riposati, faccio io per primo la guardia.-

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Capitolo 11
*** 11 -Time of dying- ***


Mi sveglio con lo sparo di un cannone nelle orecchie. È ancora notte fonda, mi giro e trovo Eddie che mi guarda allarmato.
-Un tributo in meno. Adesso faccio la guardia.-
Accarezzo i capelli di Eddie che si addormenta dopo poco tra le mie braccia. Quando è quasi mattina e sta sorgendo l’alba si sente un altro sparo di cannone, Eddie dorme così profondamente che non lo sente. Spero che nessuno dei due sia stato per Kyle, non l’ho più visto dall’inizio dei giochi. Guardo Eddie addormentato: ci siamo innamorati così velocemente, tra le mie braccia avrebbe dovuto esserci Kyle, è con lui che avrei dovuto cercare di tornare a casa e diventare la coppia che tutti nella nostra città si sarebbero aspettati. Invece ho scelto un ragazzo di un altro distretto che conosco appena, mi sento in colpa perché la mia scelta esclude per forza la possibilità di riportare a casa anche il mio migliore amico. È come se avessi già previsto la sua morte, di certo non voglio e non sarò io a ucciderlo. Gli Hunger Games ti portano a sentirti una persona orribile, mi sembra che con un sentimento così naturale come l’amore io stia tradendo il mio migliore amico.
-Ehi, tutto bene?- Eddie si è svegliato.
-Sì, sì sto bene, solo un po’ triste. Che dici se ci rimettiamo in marcia? Ho tutte le gambe indolenzite.-
Eddie mi guarda un po’ perplesso, so che vorrebbe chiedermi perché mi sento triste, ma capisce che è  meglio di no, e io sono grata che non mi abbia fatto domande lasciando cadere il discorso e alzandosi per andare via da qui.

Ormai ci siamo abituati a camminare accompagnati dai frequenti spostamenti delle pareti labirinto, i boati e le scosse del terreno che li accompagnano. A metà pomeriggio siamo abbastanza fortunati da trovare un’altra piazzetta, perciò decidiamo di fermarci. Dietro alla statua però troviamo due occhi nocciola allarmati e una figura che si ritrae ancor di più nell’angusto spazio della nicchia.
-Amina!- esclamiamo insieme.
-Ehi! Non ti vogliamo fare del male.- dice subito Eddie per tranquillizzarla. Amina esce dal suo nascondiglio. –Meno male che siete voi!-
-E meno male che c’eri tu e non qualcuno pronto a saltarci addosso.- dico io.
-Non credo, nessuno se lo aspetterebbe, questi nascondigli sono l’unico posto dove sentirsi sicuri nell’Arena.- dice Amina.
-Cosa dici? Nessun posto qui è sicuro. Devi stare attenta, potrebbero venirti a cercare anche qui. Ormai tutti i tributi in giro sapranno che esistono questi rifugi e potrebbero venir a controllare.-
-Noi stiamo qui in zona stanotte, domani vieni con noi?- dice Eddie per interrompere la discussione che stavamo iniziando.
-No, io non mi muovo da qui.- dice Amina scuotendo forte la testa.
-Vuoi restare qui nascosta tutto il tempo e aspettare che qualcuno ti trovi o che siano morti tutti gli altri? Sai sarebbe una bella strategia.- la canzono. Lei scuote la testa annuendo.
-Ho ucciso il mio compagno di distretto. Era con me poi stanotte abbiamo discusso, l’ho spintonato e la siepe l’ha divorato. Io non voglio più spostarmi da qui, non voglio più tornare tra quelle siepi.-
Io e Eddie ci guardiamo, ecco di chi era uno degli spari di cannone che abbiamo sentito.
-Non è colpa tua. Ci siamo noi ora, almeno saremo in compagnia. Volevi essere nostra alleata giusto?- le dice Eddie per confortarla. Annuisce ma non sembra troppo convinta.
-Se poi rimanessimo noi tre e basta, però voi mi dovreste uccidere.-
Io e Eddie ci guardiamo di nuovo, non sappiamo proprio come rispondere.
-Non ti preoccupare, noi ora penseremo a proteggerti.-


Al mattino successivo riusciamo a convincere Amina a venire con noi, ha preferito seguirci più che rimanere di nuovo da sola.
-Muoviamoci, sta arrivando qualcuno.- dico iniziando a camminare più velocemente.
-Ahhh.- grida Amina alle mie spalle dato che era rimasta un po’ indietro. Mi volto e la vedo cadere a terra con un coltello piantato nella schiena. Nel rettilineo che abbiamo appena percorso vedo solo Kyle, ma non può essere stato lui ad aver tirato il coltello contro Amina.
-Eddie, sta giù!- lo butto a terra insieme a me poco prima che venga colpito da un coltello. Cerco di capire da dove viene, ci deve essere qualcuna’altro qui e probabilmente Kyle lo sta inseguendo. Allora capisco, chi tira coltelli così può essere solo Toshiro, il ragazzo asiatico, ma dov’è? I coltelli non arrivavano dall’altro perciò deve essere da qualche parte davanti a noi. L’aria in una zona all’ombra della siepe sembra tremolare come quando si guarda in estate una strada asfaltata all’orizzonte. Toshiro deve avere addosso una tuta che lo mimetizza o lo rende invisibile eccetto che per poche parti scoperte. Incontro i suoi occhi a mandorla, allora scatto subito e provo a colpirlo con un coltello ma non sono sicura di averlo centrato. Kyle intanto ci ha raggiunti e si è buttato addosso a Toshiro atterrandolo.
-Jenni vai via! Andate, ci penso io a lui!-
-No, resto anche io.-
-Ti ho detto vai via!- mi urla Kyle di nuovo.
Vado verso Eddie e lo aiuto a risollevare Amina e tirarcela dietro mentre ci allontaniamo da Kyle e Toshiro che si rotolano a terra urlando.


Dopo poco sentiamo il cannone. Mi salta il cuore in gola, potrebbe essere lo sparo per Kyle, Toshiro con quei coltelli non è da sottovalutare. Non sarei dovuta andarmene così, sarei dovuta rimanere a combattere con lui. È come se avessi lasciato ancora il mio miglior amico andare incontro alla morte senza fare niente.
-Ragazzi, lasciatemi qui, non ce la faccio più.- sussurra Amina stremata.
La adagiamo a terra su un fianco, la ferita non è gravissima ma sta perdendo un sacco di sangue.
Arriva qualcuno correndo, mi alzo in piedi pronta ad attaccare nel caso fosse Toshiro a comparire dietro l’angolo. Invece è Kyle.
-Kyle!- urlo correndogli incontro e abbracciandolo forte, proprio come se avessi ritrovato un fratello.  –Ce l’hai fatta! L’hai ucciso!- Come faccio a dire questo con gioia? Sto esultando per la morte di un altro ragazzo nostro coetaneo.
-La ragazza colpita?- chiede lui.
-Amina è là, non abbiamo molto tempo per fare qualcosa.-
Ci avviciniamo, Eddie è inginocchiato accanto a lei e le accarezza la testa, ci guarda come per dire “la stiamo perdendo”.
Kyle si china anche lui, estrae lentamente il coltello e pulisce la ferita accompagnato dai gemiti di Amina. Guarda perplesso il bordo slabbrato della ferita che è circondato da un alone blu.
-Non c’è più nulla da fare. Il coltello doveva essere avvelenato. C’erano fiori velenosi sulle siepi di alcuni settori a Nord.- dice Kyle abbassando lo sguardo sulla ragazza sofferente.
-Mi spiace Amina.- riesco a dire debolmente. Avremmo dovuto rispettare la sua decisione di rimanere nel suo nascondiglio, ora forse sarebbe ancora viva. Amina ci guarda e lo so che ci sta perdonando perché non ha rancore nei suoi occhi. Il cannone spara.
Chiniamo la testa e rimaniamo un po’in silenzio attorno a lei. Ci allontaniamo per permettere all’hovercraft di ritirare il cadavere di Amina. Eddie mi cinge il fianco e mi appoggio a lui, ora sento sulla coscienza anche il peso di questa ragazza.

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Capitolo 12
*** 12 -So if you love me, let me go- ***


-Pensavo ti fossi unito ai Favoriti.- dico rivolta a Kyle.
-Effettivamente sì, poi sono scesi nel labirinto sotterraneo e da lì mi sono distaccato. Sapevo che mi tenevano con loro perché li portassi da te, e quando siamo andati in quei corridoi bui temevo che si sarebbero sbarazzati di me a sorpresa. Me ne sono andato senza farmi veder, ora saranno furiosi.-
- Com’è là sotto?-
-Molto buio e freddo, con poche lampade, solo negli incroci. Però il percorso è più geometrico, solo una rete di corridoi perpendicolari.-
-Una via più veloce per spostarsi.-
-Esatto, i Favoriti la usano per muoversi da un rifugio di provviste  all’altro e non si perdono perché hanno una mappa virtuale.-
-Sì. L’ho vista.-
-Hai incontrato i Favoriti?-
-Non proprio, ero nascosta ma non mi hanno vista. Se mi volevano, erano ad un passo dall’avermi.-
Parlando con Kyle ho abbassato la guardia e mi trovo di colpo qualcuno addosso. Veniva da un corridoio laterale e si è gettato su di me, in realtà è una ragazza muscolosa. La ragazza mi tiene a terra, incontro l’espressione dura e l’enorme treccia di capelli rossi di Shota, il tributo del 14.
-Dai, dov’è ora il tuo punteggio da 11?- sibila rivolta a me.
Mi divincolo, rotoliamo a terra, cerco il pugnale per colpirla ma lei domina la situazione e alza il suo machete per sferrarmi un colpo. Eddie e Kyle sono subito lì, mi tolgono di dosso la ragazza e la buttano di lato.
-Voi due andate. Lei è mia, abbiamo un conto in sospeso.-
-Kyle, questa volta non me ne vado.-
Kyle mi allunga una mano per rialzarmi in piedi e mi stringe a sé.
-Vai, davvero. Io me la cavo. Tu ed Edmund ce la potete fare. Si vede che a lui importa davvero di te.- Mi stringe ancora, mi bacia in fronte e poi scioglie l’abbraccio e va ad aiutare Eddie a lottare contro Shota.
-Eddie andiamo!- lo prendo per mano, lui sembra esitare un attimo ma poi  iniziamo a correre nella direzione opposta. La ragazza si dilegua e Kyle la insegue.
Non sono sicura che questa volta Kyle ritorni da noi. Gli sono grata perché oggi mi ha protetto due volte e da vero amico ha capito la mia scelta e mi ha aiutato comunque, mi ha fatta andare avanti rimanendo indietro  e mettendosi lui in pericolo al posto mio. Ho sempre rispettato Kyle per questo. Sono sollevata perché non si è sentito nessun cannone dopo che è trascorso molto tempo da quando ci siamo separati. Probabilmente Shota gli è sfuggita di mira e non si sono più scontrati. 

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Capitolo 13
*** 13 -Ashes of Eden- ***


Il mattino seguente il nostro cammino è accompagnato dal fruscio delle foglie delle siepi mosse da un vento assente nei giorni scorsi.
-Guarda laggiù!-
Osservo nella direzione indicatami da Eddie: in fondo al corridoio del rettilineo che stiamo percorrendo c’è qualcosa di diverso che non abbiamo mai incontrato prima, degli alberi da frutto. Arriviamo in un piccolo angolo di paradiso. In una grande vasca zampilla acqua purissima dalla bocca di una Medusa e viene poi distribuita in canali disposti a raggiera e intervallati da filari di alberi con grandi frutti viola scuro. I canali si gettano poi in un crepaccio nel terreno che ci separa da quell’angolo di florida vegetazione. In fondo al profondo crepaccio l’acqua ribolle perciò da esso di levano vapori caldi.
-Siamo arrivati in un angolo del perimetro del labirinto.- osservo. –Potremmo riposarci un po’.-
Prendiamo la rincorsa e saltiamo dall’altra parte del crepaccio e andiamo a sederci sotto un albero. L’erba è verde e soffice tanto da sembrare innaturale. Guardo in alto i frutti che pendono dai rami stracolmi.
-Dici che si potranno mangiare? Sono stanca di mangiare solo cibo inscatolato.-
-Non saprei.-
Mi alzo e provo a prenderne uno, la buccia è lucida e liscia, sembra una prugna delle dimensioni di una mela.
-Jenni è meglio di no, potrebbe essere velenoso.-
Lo spacco a metà, la polpa sembra invitante ma viene tradita da un odore misto tra il dolciastro e il marcescente. Istintivamente inorridisco e tiro il frutto nel crepaccio.
-L’acqua però è pulita, potrei farmi un bagno. Eddie sta di guardia, e non mi guardare!-
Vado dietro un albero e inizio a spogliarmi, nonostante il mio divieto so che Eddie sta sicuramente osservando il mio corpo nudo.
-Ehi, controlla che non arrivi nessuno invece di guardarmi il lato b!- dico scherzosamente immergendomi nell’acqua fresca. Mi sento rinata al contatto con l’acqua e soprattutto pulita dal senso di sporco che mi portavo addosso dai giorni scorsi. Mi passo più volte l’acqua sulla faccia. Avverto un leggero tremolio del terreno ma non ci bado troppo ormai.
-Janine, esci subito dall’acqua.- quando Eddie usa quel tono  serio e mi chiama col mio nome per intero vuol dire che sta succedendo qualcosa di importante.
-Che succede?- dico mentre esco dall’acqua, mi asciugo e mi rimetto velocemente i vestiti.
-L’acqua della fontana sta strabordando, quella del crepaccio si sta innalzando e soprattutto guarda lassù.- alzo gli occhi al cielo e oltre le siepi vedo profilarsi enormi nubi scure senz’altro piene d’acqua e sia avvicinano minacciose sospinte dal vento.
-Dobbiamo andarcene e possibilmente trovare riparo. Vogliono allagare l’Arena.- dico sconcertata.
 

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Capitolo 14
*** 14 - The flood- ***


Prendo Eddie per mano e iniziamo a correre, mentre dietro di noi l’acqua inizia ad allargarsi a macchia sul terreno. Il cielo si fa sempre più scuro, dalle nubi provengono forti tuoni e lampi squarciano l’oscurità. Dopo poco inizia a piovere, prima piano e poi una pioggia sempre più fitta, lo scroscio è assordante, è così battente da far quasi male quando ti colpisce. Correre diventa sempre più difficoltoso, il livello dell’acqua sale e a ogni falcata solleviamo spruzzi. Inciampo in una radice resa scivolosa dall’acqua limacciosa e cado a terra nel fango.
-Eddie continua a correre!- alzo lo sguardo e vedo che una parete sta per tagliarci la strada se non passiamo prima che si chiuda. –Oh no.- sussurro mentre mi alzo di scatto per raggiungere Eddie. Lo prendo di nuovo per mano e riusciamo a passare per un soffio lasciandoci un nuovo muro alle spalle. Corriamo un po’ alla cieca, tra l’acqua che cola sugli occhi e la cortina di pioggia che offuscano la vista. L’acqua arriva ormai al ginocchio, ci dobbiamo letteralmente trascinare anche se io sono abituata a correre nell’acqua mentre Eddie fa più fatica.
-Janine, io non so nuotare.- mi urla sopra il frastuono del temporale.
-Non preoccuparti, resta attaccato a me!-
-Ehi! Guarda!-
In fondo al corridoio sembra aprirsi una piazzetta con una torre d’avvistamento piuttosto alta con una scala chiocciola che porta in cima. Arranchiamo con l’acqua ai fianchi.
Arrivati lì, vedo Kyle sbucare da un corridoio alla nostra sinistra, lì sembra esserci meno acqua infatti Kyle riesce ancora a correre come se stesse cercando di sfuggire a un inseguimento.
-Kyle!-
-Sta arrivando un’ondata d’acqua!-
-Eddie, sali il più in altro possibile e tieniti forte!- gli ordino non appena vedo arrivare alle spalle di Kyle un muro d’acqua spumeggiante che si riversa nel luogo dove di troviamo. Vengo sbalzata via dall’acqua alcuni metri più avanti, per un attimo mi trovo sommersa poi riemergo annaspando con le braccia e cerco di contrastare la corrente che vuole sospingermi via da lì. Mi trovo vicina a una delle statue perciò con alcune bracciate riesco a raggiungerla e mi aggrappo alle gambe di questa divinità scolpita nel marmo.
La pietra bagnata è estremamente scivolosa, è difficile tenere la presa, mi incastro con un braccio: la corrente spinge forte, il braccio sembra piegarsi in una posizione innaturale sprigionando fitte di dolore, le gambe e il bacino sbattono spesso contro il basamento della statua o contro lo spigolo con altrettante esplosioni di dolore, sicuramente mi verranno dei lividi. Mi giro di scatto per individuare la torre ma non riesco a vedere se Eddie è riuscito a mettersi in salvo.
-Ehi! Kyle!- urlo verso il mio amico che si trova anche lui aggrappato a una statua pochi metri prima di me.
-Janine!- esclama lui di rimando sorridendomi nonostante lo sforzo di non perdere la presa, sarebbe la fine perché la corrente è sempre più forte, dei mulinelli cercano di trascinarti ancor più in basso. Se prima riuscivo a toccare il fondo, ora sono del tutto avvolta dall’acqua color terra, densa di fango. La superficie è scossa da onde che talvolta mi portano la testa sott’acqua, mi manca il respiro. Riemergo tossendo e riempiendo di nuovo d’aria i polmoni. Non vedo più Kyle.
-Kyle? Kyle, dove sei?- sussurro più a me stessa, mentre con lo sguardo percorro allarmata l’acqua attorno a me per individuarlo. È ancora abbracciato alla statua, riemerge la sua testa.  Scuote i capelli biondi bagnati e torna ad incrociare il suo sguardo con il mio. I miei occhi azzurri nei suoi ancor più cristallini, come il mare del nostro distretto, le cui onde non sono così crudeli con noi. Credo che sarà questa la mia ultima immagine di noi: aggrappati a queste due statue, con l’acqua fino al collo, l’ombra spezzata dai lampi e la pioggia che ci riga i volti contratti nello sforzo di resistere all’acqua travolgente.
Mi scivola una mano, il cuore mi batte all’impazzata perché ho paura di venir portata via, cerco subito di riafferrare la statua.
-Janine, resisti!- grida Kyle a denti stretti.
Si sentono due spari di cannone. Se fatichiamo a sopravvivere noi del distretto 4, come avrebbero potuto riuscirci i tributi di altri distretti?
- Prima o poi dovrà finire…- dice stremato, i suoi bicipiti contratti nello sforzo prolungato sembrano non resistere più. Un’altra onda ed è lui a cedere. Lo vedo staccarsi dalla statua e scivolare in acqua.
-Kyleee!- urlo disperata mentre allungo una mano per cercare di prenderlo. Dall’acqua emerge la sua mano e mi afferra il braccio. Riemerge con la testa e mi afferra anche con l’altra mano, mi sento trascinare in basso e grido per il dolore che si sprigiona dal braccio incastrato tra le gambe della statua.
-Non resisteremo a lungo entrambi.-
-No Kyle, non farlo. Non ti ho ancora ringraziato per avermi salvato ieri. Lascia che ti salvi ora.-
-Non possiamo sopravvivere, lo sai, non tutti e due. Lo sai quanto ti voglio bene Jenni.-
-Anche io Kyle, ti voglio bene come a un fratello.-
Mi guarda un’ultima volta sorridendomi, poi scivola lungo il mio braccio e viene inghiottito dall’acqua turbinosa.
-Kyle nooo!- urlo. Continuo a chiamare a vuoto il suo nome, ma non riemerge più nulla dalle onde battute dalla pioggia. Spara il cannone.
-Kyle! No, maledetti!- inizio a urlare la mia ira al cielo tempestoso e alla pioggia si aggiungono lacrime di dolore e rabbia a scorrermi sulle guance. Dopo lo sfogo iniziale, mi abbandono semplicemente al pianto, pur mantenendo la presa, non mi accorgo più del mio corpo intorpidito lasciato alla mercé delle acque. Aspetto che succeda qualcosa, che la pioggia passi.
Rain, rain go away
come again another day,
all the world is waiting for the sun.



La pioggia è terminata, le acque si sono calmate e sono tornate immobili, non so quanto tempo sia passato.
-Ehi! Janine!- sentire la voce di Eddie in questo momento è meglio di veder rispuntare la luce del sole. Almeno lui si è riuscito a salvare. Nuoto a fatica fino alla torretta al centro della piazzetta per raggiungerlo, appena tocco i gradini della scala mi abbandono letteralmente lì. Mi viene abbracciare e io lo stringo forte ricominciando a piangere e singhiozzare sulla sua spalla mentre lui mi passa un asciugamano sui capelli. Mi sento intirizzita e bagnata fino al midollo delle ossa, mi passo addosso l’asciugamano per cercare di togliere il fango dai vestiti per sentirmi meno sporca, anche se è un’operazione piuttosto inutile. Non posso fare nulla per togliermi questa sensazione di dosso.
Mi abbandono seduta su uno dei gradini della scala, mi copro il viso con le mani. Sento uno scampanellio, un tintinnio piacevole per le orecchie. Alzo appena gli occhi e c’è un paracadute argenteo impigliato nella ringhiera della scala. Non ho la forza di alzarmi a prenderlo, ci pensa Eddie per me.
-Janine, è per te, aprilo.-
Lo afferro con mano tremante, c’è un biglietto indirizzato a me da parte del Mentore: Ci uniamo nel cordoglio per il ragazzo caro a te e a tutto il distretto 4. Riscaldati con il calore e il sapore di casa. Un abbraccio, Samuel Murray.
Il contenuto del paracadute è una zuppa di pesce fumante con pezzetti di alghe, frutti di mare e bocconcini di pesce carnosi. Inspiro l’odore di quel pasto, chiudo gli occhi e mi sembra di sentire la brezza del mare, l’odore del mercato del pesce e il chiacchiericcio animato dei pescatori. Ricomincio a piangere. Assaporo avidamente alcune cucchiaiate, poi mi fermo ricordandomi di avere Eddie al mio fianco, senz’altro affamato, perciò decido di dividerla con lui.
-Prendine un po’.-
- Cos’è?-
-Cibo del mio distretto, pesce.-
-Non credo di averlo mai provato.- dice osservando circospetto il liquido nel recipiente.
-Prova, dai.-
Prende il cucchiaio e assaggia la zuppa, gli si illuminano gli occhi perciò sorrido compiaciuta.
- Delizioso.- dice prendendone un’altra cucchiaiata. Lo guardo di nuovo con intesa facendogli l’occhiolino.
 

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Capitolo 15
*** 15- Into the black ***


-Voglio andarmene via da qui.- dico guardando sconsolata la distesa d’acqua davanti a me.
-L’acqua non sembra defluire.-
-Non ci penso neanche a rimettere piede in acqua! Siamo bloccati qui!-
-Aspetta … - dice Eddie prendendomi per mano e portandomi in cima alla torre. –Vogliono che entriamo qui sotto.- indica una botola nel pavimento.
-Oh no …- dico spalancando gli occhi quando capisco le intenzioni degli Strateghi.
-Non abbiamo altra scelta, potremmo scendere solo il tempo necessario per riemergere in un rifugio e magari nel frattempo cala anche il livello d’acqua. Da quassù magari ne avvistiamo uno così capiamo in che direzione muoverci quando saremo là sotto.-
Mi guardo attorno, siamo abbastanza in alto per vedere oltre i muri. L’atmosfera non è ancora del tutto schiarita perciò non ho una chiara visione delle dimensioni complessive del labirinto ma posso dire che è enorme, si estende in ogni direzione attorno a noi, tutti i corridoi sono stati invasi dall’acqua. È uno spettacolo terribile e mozzafiato.
Noto davanti a noi un po’ sulla destra i tetti spioventi di uno dei rifugi.
-Là!- dico esultante. –Ora però ci tocca scendere.-
Apro la botola, un tubo illuminato da luci azzurrine scende nel terreno con una scala a pioli. Inizio a scendere i gradini di metallo freddo cercando di fare il meno rumore possibile. Le scarpe bagnate non aiutano infatti scivolo spesso sui pioli e infine cado con un tonfo sul pavimento gelido del corridoio sotterraneo. Maledizione! Sicuramente ci avranno sentito arrivare e presto qualcuno potrebbe esserci addosso. Anche Eddie mi raggiunge e mi aiuta a tirarmi su in piedi. Aveva ragione Kyle, è tutto estremamente buio qui sotto, e l’umidità arriva a ghiacciarti fino alle ossa. I corridoi sono larghi cunicoli bui a malapena illuminati dalle lampade giallastre appese ai punti di intersezione. Anche qui è tutto molto silenzioso, a parte qualche gocciolio dell’acqua che forma alcune pozze a terra.
- Non lasciarmi la mano per nessuna ragione, almeno che non sia necessario.- sussurro ad Eddie, il più piano possibile perché non ci sentano.
-Stai tranquilla, sarò sempre al tuo fianco e ti coprirò le spalle.- dice stringendomi a sé e accarezzandomi i capelli. Mi annusa anche se non devo avere un buon profumo, mi dà un leggero bacio sulla fronte, poi la sua mano scende a intrecciarsi con la mia. Sguainiamo i coltelli per essere pronti a rispondere a qualche attacco.
- Per di qua, seguimi.-
Ci muoviamo molto lentamente, addossati alle pareti. Ho paura che qualcuno ci attacchi nel buio, ma mi sale il cuore in gola negli incroci dei corridoi, l’unico punto illuminato, perché dobbiamo esporci allo scoperto. Sto per entrare nell’alone luminoso di un incrocio quando sento un trambusto di qualcuno che corre e delle voci concitate che si avvicinano. Tiro Eddie verso di me e mi addosso di nuovo contro la parete.
- Dividiamoci, sono passati di là. Felix, corri a prenderli.- sento una ragazza gridare. È del branco dei Favoriti. Quello che deve essere Felix, un ragazzo moro altissimo, corre come una saetta passandoci davanti nel corridoio che stavamo per attraversare. Non sembra minimamente averci visti, era fisso sulle sue prede.
- Non stanno dando la caccia noi.- dico sollevata in un filo di voce perché mi sento soffocare dal terrore. Credo stiano inseguendo la coppia del distretto 10, ormai non siamo ancora in molti rimasti.
Aspettiamo ancora un po’ finché non ci sembra che si siano allontanati abbastanza. Dobbiamo fare attenzione dato che i Favoriti sono comunque in zona. Mi sembra che ogni passo faccia un eco tremendo tale da attirare su di noi l’attenzione, ho paura anche solo a respirare o del battito del mio cuore, come se potesse esplodermi dal petto e indicare la nostra posizione. All’incrocio successivo mi sporgo a guardare e finalmente vedo che, ancora a distanza di quattro incroci, si vede la luce blu del tubo che sale al rifugio che avevamo visto prima dall’alto. Non mi sembra vero di avercela quasi fatta ad uscire di qui!  Ancora così poco, meno tre, meno due, ancora uno e poi potremo risalire. Qualcosa però ci deve essere sfuggito e ci ritroviamo sbalzati contro a un muro da qualcuno. Sicuramente i Favoriti, ma dov’erano? Credevo se ne fossero andati, o forse ci hanno visti in qualche modo e ci hanno raggiunti alle spalle. Mi trovo con la vista offuscata dopo aver colpito con la testa il muro, distinguo la sagoma di una ragazza davanti a me e la sua mano è stretta attorno alla mia gola. Mi sento soffocare, ma devo cercare di fermarla in qualche modo, almeno provare a staccarle la presa dal mio collo. Volto la testa per cercare Eddie, la vista annebbiata mi permette di distinguere un grosso ragazzo armato su di lui ma Eddie gioca in velocità e gli affonda il pugnale nell’addome, poi lo colpisce in faccia con le borchie del guanto tirapugni e con un calcio lo allontana da sé facendolo cadere riverso a terra. La ragazza si volta di scatto e mi lancia andare, mi accascio a terra cercando di riprendere fiato.
-Tullius, Tullius,no!- dice la ragazza dell’1 al suo compagno a terra, cercando di tamponare con la mano la ferita. Mostra i denti come un felino arrabbiato verso di noi, poi corre via. Era quasi del tutto disarmata, quindi vuol dire che è forte soprattutto nella lotta a mani nude, una vera bestia da combattimento …
-Felix! Octavia! Venite qui, c’è quella del 4!- urla mentre si allontana nell’oscurità. Provo a lanciarle dietro alcuni coltelli seguendo la sua voce. Sibilano nel buio, non sono certa di averla colpita, ho sentito un gemito ma non devo averla centrata in nessun punto vitale.
- Stai bene Jenni?- dice Eddie chinandosi su di me.
-Eddie.- dico con un fil di voce massaggiandomi la gola. –Dobbiamo andarcene subito di qui, ci saranno addosso di nuovo tra poco … -
Eddie mi aiuta a tirarmi su in piedi, tira un calcio a Tullius e poi corriamo verso la nostra meta, il tubo con le luci azzurre, sempre più vicina.
-Dobbiamo fare in fretta, ci saranno addosso in un attimo!- dico mentre corriamo verso il tubo.
Eccoci.
-Sali prima tu Ed.-
Mi guarda contrariato ma poi inizia a salire la scala a pioli. Il tubo è stretto quasi quanto quelli di lancio. Anche questo sembra terminare mai per quanto veloci cerchiamo di percorrerlo.
Arriviamo in cima e Eddie armeggia con la chiusura della botola che dà sull’esterno. Sento dei passi di corsa provenire giù dal labirinto sotterraneo.
-Muoviti!- impreco a denti stretti.
Li sento, sono ai piedi del cunicolo.
-Adesso vi veniamo a prendere!- ci deride Octavia dal basso e inizia ad arrampicarsi veloce nel tubo.
-Eddie! Dannazione! A che punto sei?-
-Quasi!- dice lui concentrato, la serratura sembra bloccata.
Nel momento in cui scatta e l’apertura della botola illumina l’interno del cunicolo, sento che Octavia mi ha preso la gamba.
-Eddie, esci e cerca qualcosa di pesante per bloccare la botola dopo il nostro passaggio!- urlo mentre dimeno la gamba per liberarmi da Octavia ma lei ha una stretta ferrea.
Rischio di scivolare anche con l’altro piede, diamine se sono umidi e scivolosi questi pioli!
Provo a spingere con forza la gamba contro la parete nel tentativo di schiacciare la mano di Octavia a indurla a lasciar la presa ma nulla. Cerco di arrancare con tutto il suo peso attaccato a me, ormai manca poco alla fine del tunnel e Eddie è già fuori pronto a prendermi. Mi tende una mano e mi aiuta a tirarmi fuori, Octavia avvinghiata a me. Appena anche lei esce dal tunnel però Eddie le tira un colpo col tirapugni dritto negli occhi. Octavia urla di dolore, momentaneamente accecata e mi lascia, giusto il tempo per potermi liberare e scansarmi di lato fuori dalla botola.
Eddie svelto la ferisce con il coltello e io completo il lavoro dandole un colpo in testa con il pomolo del pugnale e la rispingo dentro al tunnel addosso ai suoi compagni. Chiudiamo in fretta la botola e ci spingiamo sopra un pesante baule e per sicurezza blocchiamo con i bauli anche l’ingresso.
Dalla botola si sentono provenire alcuni colpi ma non sono in grado di aprirla con tutto il peso che ci abbiamo messo su.

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Capitolo 16
*** 16 -Hold me close- ***


Ci sediamo un attimo a terra a riprendere fiato e ci guardiamo complici. Non facevo Eddie un tipo così violento, ma dopo tutto siamo negli Hunger Games e chi non ne uscirebbe cambiato?
-Dobbiamo andarcene in fretta da qui, sanno dove siamo e ci daranno la caccia.- dico preoccupata.
-Dai, stiamo ancora un po’ qui, almeno il tempo per leccarci le ferite.-
-Non possiamo permettercelo.-
-Dai, scommetto che siamo ancora circondati dall’acqua.-
Mi metto in piedi su un baule per cercare di raggiungere la finestrella del rifugio e controllo: l’acqua non è ancora defluita.   
-Hai ragione, allora possiamo stare qui a riposare, almeno per stanotte, poi però si riparte.-
Eddie annuisce, mi si avvicina, mi cinge il collo e mi dà un bacio profondo.
-Ti fa ancora male il collo o la gamba?- chiede.
-No, no, tutto a posto. Tu invece? Non ho ancora controllato come stai.-
-Tullius mi ha colpito di striscio sulla schiena mentre mi scansavo per colpirlo.-
-Ah! Lascia che ti sistemi.-
Stendiamo una coperta per terra e ci adagiamo sopra. Poi cerco qualcosa per le ferite e di panni igienizzanti per pulirci un po’. Eddie intanto si è tolto la maglia e quando mi volto con l’occorrente riamango sbalordita: è la prima volta che lo vedo a torso nudo. È magro, il fisico è asciutto ma ha comunque dei bei muscoli scolpiti. Non so letteralmente cosa dire. Lui mi sorride.
-Mi curi là ferita o pensi di startene lì impalata ancora un po’?-
Mi sciolgo dall’incanto, vado verso di lui e lo faccio girare per controllare la ferita.
-Alla faccia del colpo di striscio!-
C’è un taglio bello largo che gli attraversa le spalle da scapola a scapola, almeno non sembra un taglio da lama avvelenata. Detergo la ferita, ci metto un unguento contro i veleni, non si sa mai, e l’unguento che favorisce la cicatrizzazione e poi faccio una fasciatura.
-Meglio?- chiedo.
-Sì, grazie!- dice mentre si gira, mi prende per i fianchi e mi fa seder sulle sue gambe. Inizia a baciarmi, sempre più forte, poi mi fa stendere a terra, è sopra di me e a malapena mi lascia il tempo di respirare.
-Che fai?-
-Secondo te?-
-Qui!?!?- dico allarmata.
-Sì, perché no? Ti va di farlo?- dice suadente.
-Ti ricordo che siamo in diretta Tv!-
-Vero!- abbassa il tono di voce per far sì che solo io lo senta-Possiamo farci vedere o possiamo solo farlo immaginare se oscuriamo le telecamere.- mi morde il lobo dell’orecchio.
Si alza, armeggia tra i bauli e trova alcuni indumenti scuri che fanno a caso nostro e poi si guarda attorno in cerca delle telecamere che per giunta sono abbastanza mal celate qui, dunque le copre, poi torna da me. Si toglie anche i pantaloni e io rimango assorta a guardarlo. Mi si avvicina e mi sveste piano, gustando ogni momento. Prende un panno umido e inizia a pulirmi e quando ha finito lo passo su di lui, con delicatezza. Anche un gesto così semplice e la sensazione di essere puliti negli Hunger Games sono un atto estremamente sublime e sensuale.
Mi bacia tutto il corpo, piano poi con voracità, soffermandomi sui seni. Gemo di piacere e lo bacio quasi mordendolo per non farli sentire troppo ma non posso evitare di esprimere la mia soddisfazione, urlo di dolore e di libidine quando lui entra in me, potente, con tutte le forze che gli rimangono. Non so per quanto facciamo l’amore, alla fine lui si accascia al mio fianco esausto.
Rimaniamo distesi fianco a fianco, ansimanti. È stato bellissimo, una gioia in mezzo a tutto quel caos.
-La prima volta più emozionante di sempre.- sussurra lui.
-Anche per me.- dico sorridendo.
Ci voltiamo a guardarci con il nostro sguardo d’intesa e il suo sorriso è la cosa più bella che mi potesse capitare.
-Io ho fame, mangiamo qualcosa, che dici?-
-Perché no? Qui ne abbiamo in abbondanza.- e si alza a cercare qualcosa voltandomi le spalle. Lo osservo: il bendaggio già tinto di rosso, la schiena lunga e perfetta, il sedere sodo e ancora contratto per lo sforzo, le gambe affusolate.
-Guarda! Prugne secche e cioccolata! Un banchetto!- esclama mostrandomi quello che ha trovato.
Si siede al mio fianco, mi imbocca passandomi una prugna soffice e ancora succosa. Poi spezza la stecca di cioccolato con uno schiocco, un rumore che non sentivo da una vita, e il sapore di cioccolato si spande nella stanza. Mi da un quadratino e poi ne prende anche lui. Mangiamo in un silenzio contemplativo e carico di soddisfazione.
Quando abbiamo finito ci rivestiamo in fretta, bisogna sempre essere pronti alle evenienze e ci siamo concessi già troppo tempo per noi. Raccogliamo quante più provviste e oggetti utili nei nostri zaini e poi ci prepariamo per riposare. La prima notte in cui possiamo dormire con meno timori, più protetti e anche più comodi. Ci avvolgiamo nelle coperte e ci abbracciamo stringendoci per scaldarci a vicenda.


Al mattino l’acqua è calata ma ce n’è ancora troppa per uscire quindi siamo costretti ad aspettare. Per lo meno il cielo si è rischiarato e non minaccia più di piovere ancora.
-L’acqua è scesa, è ora di andarcene!- dico quando al pomeriggio controllo il livello dell’acqua.
Apriamo la porta del rifugio, ed ecco che ci troviamo davanti alla ragazza dell’1. Come ha fatto a raggiungerci così in fretta? Deve essersi fatta largo a nuoto tra le acque…maledizione! Sinceramente non me l’aspettavo, infatti arretro un attimo sorpresa ma poi ci prepariamo ad affrontarla.
-Dove pensate di andare?- esclama quella dell’1 beffarda, ci stava già aspettando a braccia conserte poco distante dall’ingresso.
-Dov’è il tuo compagno Felix?- le chiedo di rimando.
-Se n’è andato, ci siamo separati, era ora di farlo…- dice secca, priva di emozioni.
-Sta attento alle spalle, potrebbe essere un blef.- avverto Eddie a bassa voce.
-E Octavia?-
-Oh! Lei non ci serviva più mezza morta come l’avete lasciata! L’abbiamo uccisa e mangiata, eravamo affamati là sotto…- scherza ridendo e mostrando i denti con una mossa quasi felina.
Non so se è vero o no ma gli spari di cannone si sono sentiti, tuttavia non sappiamo se per Octavia o per i ragazzi del 10 a cui stavano dando la caccia.
-Ora basta chiacchiere!- sibila e corre verso di me. Non faccio in tempo a sguainare nessun coltello che lei fa un salto in aria e mi tira un calcio in volo atterrandomi. Cado a terra pesantemente e rimango un po’ stordita, per un attimo ho la vista annebbiata e tutta la testa esplode di dolore. Dall’urlo di Eddie e dal tonfo successivo che sento, immagino che lo abbia colpito con una ginocchiata nelle palle facendolo piegare a terra. Mi riesco a tirare un po’ su e vedo che ha sbattuto la testa di Eddie contro il muro e con una mano stringe forte attorno al suo collo.  Lo vedo già boccheggiare, lei deve essere molto forte. Sta facendo esattamente quello che voleva fare a me giù nel tunnel del labirinto sotterraneo. Ha un ghigno terribile dipinto in faccia, il che mi fa pensare che spezzare il collo delle vittime non la soddisfi ma che preferisce farle agonizzare sotto i suoi occhi, vederle morire lentamente tra le sue mani. Deve essere esperta in arti marziali e corpo a corpo dato che non è praticamente armata se non per un piccolo coltello che le pende da un fianco ma che non sembra intenzionata a utilizzare, per ora. Vuole uccidere Eddie, insignificante ai suoi occhi, per poi vedersela da sola con me e prendersi tutti i meriti. No, non glielo permetterò!
Le lancio un coltello per distrarla sperando che lasci Eddie, la colpisco a una gamba, il sangue inizia a zampillare ma so che non l’ho presa in un punto vitale. Lei grida ma per il resto sembra non accorgersene, anzi stringe il collo di Eddie anche con l’altra mano! Questo mi fa imbestialire, se è il corpo a corpo che lei vuole, lo avrà! Mi lancio su di lei con tutto il mio corpo buttandola a terra, non lascia la presa perciò si trascina dietro Eddie con noi, quindi finiamo tutti e tre a rotolare a terra.
Le blocco a terra le sue gambe sedendomi sopra. Eddie è ancora boccheggiante ma è riuscito a frapporre le sue mani tra il suo collo e la presa di ferro della ragazza. Estraggo il pugnale, lo alzo e affondo nel petto della ragazza.
-È finita!- sibilo, mentre continuo a colpire finché le sue membra perdono di vitalità, gli occhi si spengono e sotto di noi si allarga una pozza di sangue scuro. Il cannone spara.
Mi allontano disgustata. Ho ucciso di nuovo e brutalmente, cerco di respingere quel senso di piacere e sollievo che sento montare dentro di me. È così innaturale provare gioia nell’uccisione.
Sono sporca di sangue, Eddie è ancora riverso a terra mentre riprende fiato, si sta macchiando del sangue di lei, giace nella sua stessa pozza di sangue. Vorrei vomitare ma mi trattengo. Gli allungo una mano per aiutarlo ad alzarsi. Si rialza e mi abbraccia, qualcosa bagna la mia spalla, le sue lacrime. Singhiozza in silenzio, lo stringo ancor più forte a me.
-Credevo mi avrebbe ucciso.- dice mentre piange.
Rimaniamo ancora abbracciati un po’ mentre il cielo si tinge di viola in un crepuscolo anticipato dagli Strateghi.
-Non possiamo stare ancora qui, non possiamo più passare la notte nel rifugio, dobbiamo andarcene.- dico passandogli la mano nei capelli con un panno per pulirglieli.   
-Felix sapeva che eravamo qui, magari viene a cercarci anche lui.- continuo – E credimi Felix è peggio della ragazza dell’1.-
-Beh, allora non sarà piacevole nemmeno se lo incontriamo in giro per il labirinto stanotte.- replica Eddie. Mi dà un bacio veloce, mi prende per mano e ci allontaniamo da quel luogo, dalla mia carneficina. Sguainiamo i coltelli e ci avviamo nella notte buia all’interno dei cunicoli del labirnito.
 

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Capitolo 17
*** 17 -So you can throw me to the wolves- ***


-Siamo rimasti solo noi due.- dico scrutando il cielo coperto di nubi striate di un innaturale rosso vermiglio. È angosciante, sembrano scie di sangue. Il sole arriva filtrato dalla coltre tingendo l’atmosfera di un grigio pallido.
-Ora cercheranno di farci uccidere a vicenda.- rabbrividisce Eddie. Lui è sempre quello più preoccupato nelle situazioni pericolose.
-Non glielo permetteremo.-
Gli stringo il viso tra le mani e col pretesto di baciargli la guancia gli sussurro nell’orecchio perché possa sentirmi solo lui. –Ora dobbiamo dimostrare tutto.-
Il silenzio del labirinto viene spezzato da una serie di ululati. Lupi? Cerco lo sguardo di Eddie altrettanto interdetto.
-Potremmo salire in cima alle pareti.- propone ma io lo fulmino con lo sguardo.
-Ma sei impazzito?!?!?-impreco –Non ti ricordi di quel che succede? Abbiamo rischiato già altre volte di morirci con queste siepi!- urlo. Subito mi pento del mio scatto d’ira e abbraccio Eddie.
-Scusami, non volevo urlare in questo modo. -
-Magari in alcuni punti la siepe si può scalare.-
-No Eddie, è categoricamente fuori discussione.- dico secca e la mia affermazione viene enfatizzata da uno sparo di cannone.
-Ora siamo solo noi due.- puntualizza Eddie.
Non sappiamo chi sia stato l’ultimo tributo morto, forse l’ultimo dei Favoriti, Felix, ma ora siamo certi che inizia la parte più dura per noi due. Gli ululati ora sono via via più vicini.
-Ci stanno cercando, non ci resta che correre.- constata Eddie.
Prendo in mano un coltello mentre l’altra mano la intreccio alla sua. –Non la lascerò mai andare, e se anche dovessero separarci ti ritroverò.-
Questa volta è Eddie a baciarmi, ma è un bacio veloce, come un addio o una promessa disperata, perché i latrati dei canidi ormai sono distinguibili nettamente e ci raggelano il sangue nelle vene.
-Corri! Non c’è più tempo da perdere!- grido.
Inizia la nostra corsa disperata, mano nella mano, inseguiti da un branco di lupi che ad ogni falcata sembra esserci ormai addosso.
-Di questo passo arriveremo alla Cornucopia, verremo massacrati e anche il nostro sangue imbratterà i muri. – si lamenta Eddie quasi senza più fiato per parlare. Arrivati in uno spiazzo ci viene bloccata la strada da altri lupi che vengono verso di noi e ben presto ci troviamo circondati. Sono grossi lupi neri con occhi viola penetranti, eppure sembrano esitanti a balzarci addosso. E poi alcuni partono, lanciandosi verso di noi.  Siamo costretti a combattere con entrambe le mani per difenderci. Fendo colpi ai lupi più vicini, intanto tiro coltelli per atterrare o rallentare altri che si avvicinano. Non sembrano particolarmente combattivi, ma sono semplicemente troppi per noi due. Volto lo sguardo verso Eddie, anche lui isolato al centro di un capannello di lupi, anche lui alle prese per tenerli lontano da sé. E allora capisco cosa sta succedendo, ma è troppo tardi.
-Maledizione! Eddie! Vogliono separarci!- urlo sopra il frastuono di ringhi e latrati. Eddie mi guarda con il panico dipinto sul volto, poi la terra trema e finiamo a terra. I lupi iniziano a dileguarsi velocemente senza quasi più badare a me. Con un boato una parete si inizia ad elevare tra noi due.
-Noooooo!!!!- grido con quanto fiato ho in gola mentre vedo sparire Eddie dall’altro lato.
Rimango sola davanti alla parete di rampicanti, mi rendo conto di essere ancora accasciata a terra, allora mi tiro su e inizio a sgolarmi chiamandolo per nome ma non riesco a sentire nessuna risposta dall’altra parte. Volto lo sguardo nella direzione che hanno preso i lupi, quasi come se si fosse spianata magicamente una via il tunnel conduce direttamente alla spianata della Cornucopia. È l’unica cosa che mi resta da fare, spero di ritrovare lì Eddie.
 

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Capitolo 18
*** 18 -The last stand- ***


Corro verso la radura ma la vista che trovo davanti a me è desolante. Mi trovo sola in un mare di piante di campo mosse dalla brezza. Sembra una savana abbandonata, al centro svetta solo la l’edificio della Cornucopia imbrattato di sangue e reso ancor più minaccioso dal cielo scuro che mi sovrasta. Speravo di trovare Eddie qui, ma io sono la sola figura che si erge in questo campo immenso, non avevo mai fatto caso alla sua ampiezza. Mi sento minuscola e la cosa peggiore è che le siepi d’accesso si stanno chiudendo imprigionandomi qui dentro, probabilmente insieme al branco di lupi. Prendo le armi alla mano e decido di acquattarmi e avanzare piegata nell’erba alta per essere meno visibile. Mi fermo in una specie di piccola trincea e osservo attraverso gli steli d’erba una chiazza di vegetazione bassa da cui ho sentito provenire dei rumori. Qualche fruscio, qualche ramo spezzato. La mia allerta è massima, stringo forte l’elsa del pugnale pronta ad attaccare e trattengo il respiro. Silenzio, non avverto più nulla. Probabilmente era un lupo, non saprei dire però se si sia allontanato o se invece abbia fiutato la mia presenza. Il silenzio di colpo è interrotto da un latrato, dalla vegetazione esce un lupo che con pochi balzi percorre quella decina di metri che ci separa e fa per balzarmi addosso, ma io sono più veloce, dalla mia posizione inginocchiata salto in piedi e col pugnale gli taglio la gola. Il lupo cade ai miei piedi, è ancora vivo e sofferente perciò gli assesto un altro colpo per finirlo ma la mia lama affonda nel vuoto poiché il cane si è già dissolto. Mi accuccio di nuovo, vedo degli occhi viola fissarmi dalla vegetazione di fronte a me, ma si ritirano, allontanandosi con degli ululati. Io però non tiro affatto un sospiro di sollievo, potrebbe essere un agguato. Continuo a fissare la vegetazione e ora ci sono degli occhi, non viola, ma quelli  verdi di Eddie. Aspetto, e se non fosse lui ma qualcos’altro creato dagli Strateghi? Viene verso di me e sembra proprio lui, col solito sorriso sul volto. Quando è praticamente di fronte a me però il sorriso diventa un ghigno che mostra una chiostra di denti affilati, gli occhi ritornano viola mostrandomi la sua vera natura. Lancio un grido e questa volta mi trovo a terra, schiacciata sotto il peso del lupo che mi atterra con le sue zampe. Scalcio sperando di levarmelo di dosso e con il pugnale cerco di tener lontano il suo muso dal mio viso. Non so cosa fare, non riesco a raggiungere le altre armi in mio possesso. Ad un tratto il lupo si scosta, vedo che è stato colpito con un coltello al fianco. Eddie deve essere qui! Ne approfitto per risollevarmi e uccidere il lupo.
Mi guardo attorno e lo vedo alzarsi in piedi per venirmi incontro. Gli lancio un coltello, non per colpirlo, ma abbastanza vicino per sventare un eventuale artificio degli Strateghi. Questa volta però credo sia proprio lui per davvero.
-Eddie? Sei proprio tu?- dico con un filo di voce.
-Sì, Jenni. Finalmente ti ho trovata.- Corre verso di me, mi stringe forte tra le braccia e mi accarezza i capelli.


È calata la notte e solo la luna piena illumina il buio. Ce ne stiamo appoggiati con la schiena a uno dei piedistalli di partenza.
-Ho freddo.- mi lamento.
-Potremmo accendere un fuoco.-
-Sì e magari prende fuoco tutta la radura e attiriamo l’attenzione dei lupi!- concludo la frase con una risata sarcastica.
-O magari li teniamo lontani. Guarda, sono già qui.- dice allungando un dito verso un punto del prato davanti a noi. Nell’erba alta e nel buio più completo brillano tanti occhi viola puntati su di noi.
-C’erano dei punti fuoco creati da qualcuno … però sono lontani.-
-Sì, e per raggiungerli dovremmo brancolare qui attorno e farci sbranare nel frattempo.- questa volta è lui a punzecchiarmi, ma poi mi schiocca subito un bacio sulla guancia.
-Ma certo! Potremmo metterci sopra al piedistallo! Lì non prende fuoco nulla, siamo sollevati da terra, però non abbiamo più le spalle coperte.-
-Dai Janine, smettila di pensare. Non eri tu ad avere freddo? Qui i lupi non ci salteranno addosso.-
-Va bene, accendiamo questo fuoco.-
Ci arrampichiamo sul piedistallo, e accendiamo un fuoco con le sterpaglie che troviamo attorno a noi. L’atmosfera si scalda, i lupi sembrano effettivamente essersi allontanati. Possiamo concederci anche il lusso di scaldare i marshmellows che avevamo trovato nel ben di Dio dell’ultimo rifugio che avevamo incontrato nel labirinto. Eddie mi passa la coperta attorno alle spalle e ci stringiamo insieme al caldo.
-Sono contenta che tu mi abbia trovata oggi.-
-Beh, le tue urla mi hanno senz’altro aiutato a rintracciarti.-
-Ehi! Non c’è nulla da ridere! Spiritoso come al solito … - rispondo secca e mettendo il broncio.
Lui inizia a baciarmi per sciogliere la mia tensione e inizia a mettermi una mano tra le gambe.
-Ehi!- gli sussurro in un orecchio. –Non qui e non ora, non voglio fare certe cose in diretta tv!-
-Mmm, ma c’è buio e siamo sotto una coperta. L’abbiamo fatto già nel rifugio.-
-No. Lì è capitato, era diverso.-
-Mmm, va bene … - sistema bene la coperta e continua a farmi eccitare, allora io mi stringo a lui e lo bacio con forza  sul collo per soffocare i miei gemiti di piacere.
Ci addormentiamo guardando il finto cielo stellato dell’Arena e le volute di fumo che si levano dal nostro misero fuocherello.


Mi sveglio tossendo a causa di un forte odore di bruciato, mi sembra improbabile che sia il fuoco acceso ieri sera, quando ci siamo addormentati era ormai spento. Alzo gli occhi e vedo sollevarsi colonne di fumo da diverse zone dell’Arena, sta anche soffiando un vento che sospinge verso di noi quella nube nera e quell’odore acre che fa lacrimare gli occhi. Inizio a scuotere Eddie per svegliarlo.
-Eddie! Eddie! Sveglia l’Arena sta andando in fiamme!-
Eddie è subito su, raccoglie le sue cose, mi prende per mano e inizia a correre verso la Cornucopia.
-Alla Cornucopia è più sicuro che restare qui, se la spianata prende fuoco brucerà tutto rapidamente.-
-Eddie! Guarda là! Piove fuoco dal cielo!-
Stanno cadendo letteralmente pezzi di rocce infuocate che accendono nuovi focolai nel labirinto.
-Muoviamoci!-
Arrivati sotto il riparo della tettoia, Eddie  si toglie la maglia, la strappa in due e la bagna, poi la lega attorno al naso e alla bocca a me e a lui.
-Eddie, ora cosa facciamo?-
-Stai tranquilla, nel 7 ci sono spesso degli incendi nei boschi. Dobbiamo cercare di creare una linea taglia fuoco che blocchi l’avanzare delle fiamme. Prendi una falce e inizia a tagliare l’erba qui attorno e coprila poi di terra.-
Iniziamo a sfalciare l’erba attorno alla Cornucopia e ricoprirla nella terra con una pala. L’aria si sta facendo sempre più calda e pesante, la pioggia di fuoco non ci ha ancora raggiunti invece cadono come neve dei pezzetti di cenere, il crepitio della vegetazione che brucia è sempre più intenso e vicino. Sembra l’apocalisse, piove fuoco e l’anello di siepi che circonda la radura della Cornucopia è in fiamme, un muro fiammeggiante. L’aria è sempre più calda e irrespirabile.
-Eddie non manca molto.-
-Ci vogliono arrostire.- riesce a scherzare lui mentre mi stringe a sé.
Ci stendiamo quasi nudi per il caldo su alcune coperte inumidite, beviamo le ultime gocce d’acqua che ci rimangono ma le labbra si seccano subito. Ci corichiamo abbracciati mentre il fuoco fuori dalla Cornucopia è sempre più vicino. Il mio viso è a un palmo da quello di Eddie, i suoi occhi sono fissi nei miei, siamo madidi di sudore, come perle bagna le nostre fronti e ci scende sugli occhi.
-Stanno aspettando, vogliono vedere cosa facciamo.- sussurro.
-Lasciamoli aspettare.-
-Eddie, non ce la faccio più.-
-Non sarò di certo io a ucciderti, non potrei mai.-
Mi bacia, premendo forte le sue labbra sulle mie.
-Mai e poi mai, ricordatelo.-
Sorrido debolmente, mi sento priva di forse, la pelle brucia.
-Prego che tutto questo finisca presto.-
-Su, resisti Jen.-
Purtroppo non ce la faccio, il fumo acre mi soffoca, ci soffoca, svengo perdo i sensi lentamente e scivolo nell’incoscienza, un grande vuoto nero.


Non so per quanto ho perso i sensi, mi desto quando sento Eddie che scuote il mio corpo.
-Abbiamo vinto!- cerca di gridare ma la sua voce è arrochita dal fumo. Tutta la gioia però la trasmette col sorriso e con gli occhi così di nuovo pieni di vita.
Sorrido appena, sono troppo stanca anche per esultare. Non mi sembra vero di essere arrivata fin lì. Sono troppo debole per reagire, mi sento svenire di nuovo. Reclino la testa e chiudo gli occhi.
Sento Eddie che mi sorregge la testa. -No! No! Non lasciarmi di nuovo! Prima mi hai quasi fatto morire di paura! Pensavo stessi per morire!-
Socchiudo gli occhi -Sono un osso duro a morire, più di quanto pensi.-
Si sente il rombo assordante di un hovercraft sopra lo scalpiccio del fuoco e dell’Arena in fiamme.
Eddie mi bacia, poi si stringe forte a me, una mano attorno ai fianchi e una attorno al collo a proteggermi la testa con la sua mano, le gambe intrecciate. Nello spazio della Cornucopia entra una gabbia metallica, si apre e si stringe attorno a noi. Le sbarre di ferro passano sotto i nostri corpi, sono di un gelido freddo ristoratore per la nostra pelle provata da quell’inferno caldo. Ci sollevano in aria, è un sollievo far quel percorso da viva e non da morta ma è comunque terrificante. Diamo un ultimo sguardo all’Arena, alle siepi ardenti, il fumo si sta sollevando e posso ancora vederne l’enorme vastità. Possente e terribile da mettermi addosso una grande paura, quasi maggiore di tutta quella che ho provato quando vi ero dentro. Mi stringo ancor di più a Eddie tremando.

Quando la gabbia raggiunge l’hovercraft veniamo scaricati come sacchi sul pavimento freddo, vado i piedi di qualcuno davanti a noi, alzo gli occhi e incrocio quelli di Giselle, poi quelli di Samuel Murray e quelli dei mentori di Eddie.
-Grazie, semplicemente grazie di averci portati fin qui.- è l’unica cosa che mi viene in mente di dire, poi mi abbandono tra le braccia di Eddie.
Giselle mi allunga una mano per aiutarmi ad alzarmi, poi ci fanno lavare, ci danno dei vestiti puliti. Per mangiare dobbiamo aspettare ma ci hanno promesso che alle nostre residenze ci sarà un buffet da re ad accoglierci. Non vedo l’ora perché non so da quanto non vedo un pasto decente, un pasto caldo, seduta a una tavola, con la possibilità di mangiare con calma, senza paura, senza il cuore in gola e senza saper di dover scappare da potenziali nemici da un momento all’altro.
 

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Capitolo 19
*** 19 -Get out alive- ***


Ci hanno dato tre giorni per riposarci e rimetterci in sesto. Sono stati giorni tranquilli in cui siamo stati seguiti dalle migliori equipe mediche e trattati come principi. Oggi è il giorno della Premiazione, sono molto in ansia perché mi troverò faccia a faccia con il Presidente Cassius Snow e il suo sguardo sprezzante.
Sento bussare e poco dopo entra nella stanza il mio stilista, Kaspar.
-Pronta?-
-Magari! Non riesco ancora a capacitarmene!-
-Dai, vieni che ti preparo, ho in serbo per te un vestito.-
Preme un pulsante e si apre un armadio nel muro mostrando il vestito. È delicato, ha una lunga gonna con strascico dalle morbide pieghe fatta di un materiale così leggero da essere quasi impalpabile. Il suo marchio per me è lo spacco sulla gamba sinistra. La gonna è di colore verde acqua marina con ricami argentati. Sorrido a quel dettaglio e Kaspar lo nota.
-Ho voluto richiamare il tuo vestito della Mietitura, era molto bello e credo tu ci fossi affezionata.-
Annuisco -Sì, il mio preferito.-
-Stai tranquilla, lo ritroverai tra le tue cose sul treno di ritorno.-
-Grazie Kaspar, e grazie per tutti i tuoi vestiti.-
Torno a guardare il vestito. Sopra alla gonna c’è un corsetto color indaco scuro con stecche, bottoni e i nastri intrecciati sulla schiena sempre di color argento. La scollatura è ampia e anche le spalle resteranno scoperte poi partono delle maniche lunghe e vaporose tipo ali dello stesso materiale, colore e motivi argentei della gonna.
Kaspar mi aiuta a vestirmi, lascia i miei capelli sciolti e naturali, poi sento qualcosa di freddo attorno al collo e d’istinto mi viene da toccarmi sorpresa. Mi guardo allo specchio e vedo una catena di perline d’argento con al centro una grossa goccia di acquamarina. Dietro di me Kaspar mi osserva raggiante.
-Questo è il mio ultimo regalo per te, almeno per ora.-
-Cosa intendi con “per ora”?-
-Sto già disegnando il vestito per il tuo matrimonio!-
-Matrimonio?- mi viene istintivo ripetergli di rimando.  
-Ma certo! Tu ed Eddie sarete la coppia più bella che Capitol City abbia mai visto negli ultimi anni!-
Mi viene un groppo alla gola e mando giù a fatica quella frase, il cuore mi balza nel petto. È vero amo Eddie ma non pensavo che tutto dovesse avvenire così in fretta dopo la vincita dei giochi. Dopotutto siamo ancora abbastanza estranei l’uno per l’altra, condividere l’esperienza dei giochi ci ha unito tantissimo però non so ancora tante cose di lui; il suo colore preferito, il suo cibo preferito, com’è la sua famiglia o il suo distretto, qual era la sua storia prima di incontrare me. Vorrei tanto avere più tempo per conoscerlo e imparare tutte queste cose, avere tempo per essere solo io e lui come una qualsiasi coppia e non avere tutti gli occhi di Capitol addosso, non avere l’obbligo di doverci sposare entro l’anno. Vorrei che io e lui fossimo una coppia normale, fidanzati, non marito e moglie da subito.
Devo aver cambiato espressione perché Kaspar mi sta guardando preoccupato.
-Tutto bene?-
-Sì,sì.- e decido di confidarmi con lui.- Solo non mi aspettavo che il matrimonio dovesse avvenire così in fretta.-
-Ti capisco, solo che non puoi fare nulla contro le regole di Capitol. Vedrai che andrà tutto bene.- dice poggiando una mano sulla mia spalla, ben sapendo che con me baciarmi non è adeguato.
-Adesso è ora, goditi il tuo momento.- e mi spinge fuori dalla porta.
Mi trovo di fronte Eddie ad aspettarmi. Indossa un completo verde scuro con ricami di foglie autunnali dorate, la camicia è color ocra attraversata da sottili linee dorate. Sembriamo complementari. Gli sorrido, lui è smagliante e sembrava non aspettare altro che la mia uscita dalla mia stanza. Sono sollevata ogni volta che vedo il suo viso di nuovo roseo, pulito e vivo. Non riesco a togliermi dalla testa gli ultimi momenti nell’Arena, il suo viso emaciato, smunto, provato dal caldo e annerito dal fumo che invadeva l’aria. Per quanto mi porterò avanti quelle immagini?
 
Scott Harris ovviamente presenta la serata, ci conduce al centro dl palco. Tutti sono in attesa. Di fianco a noi si solleva una pedana e fa ingresso il Presidente Cassius Snow. È così vicino, il cuore mi batte all’impazzata. È seduto su un trono nero, è elegante come sempre. Si alza in piedi e noi da protocollo pieghiamo il capo in segno di saluto.
-Panem oggi, Panem domani, Panem per sempre!- esordisce alzando un pugno e la folla risponde con un boato d’esultanza.
Ci fissa e poi ci fa segno di avvicinarci.
-Finalmente ci incontriamo.- esordisco.
-Pare di sì, guerriera tatuata.- mi risponde lui con uno sguardo gelido annuendo con un leggero movimento del capo.
-Molto piacere di conoscerla di persona.- dice molto più elegantemente Eddie facendo un piccolo inchino. Cassius Snow sembra più compiaciuto da quel saluto.
-Bene, giovani tributi. Vi incorono come Vincitori dei 25esimi Hunger Games. La fortuna è stata molto a vostro favore.- dice Snow, enfatizzando malignamente la parola molto. Poi prende delle coroncine d’argento da un cuscinetto di velluto nero sorretto da un bambino di Capitol. Incorona prima me e poi Eddie. Ci fa un sorriso un po’ affettato. 
-Popolo di Capitol City, miei amati cittadini lasciate che vi presenti le stelle di stasera: Janine Cooper dal Distretto 4, e Edmund Palmer dal Distretto 7. Uno strano amore li ha uniti, ora aspettiamo con ansia il matrimonio. Vogliamo congratularci tutti con loro. Applausi!-
Dopo la fine dello scroscio infinito di applausi, si inchina come saluto e se ne va lasciandoci alla visione del tradizionale video di commemorazione delle nostre gesta. Entra di nuovo in scena il presentatore Scott Harris che ci fa accomodare con lui su un grande divano di morbida pelle rossa. MI viene un groppo alla gola per la scelta di quel colore, sembra il sangue delle mie vittime.
Il video inizia ed è straziante per me, per noi sopravvissuti dei distretti mentre per i capitolini è puro divertimento rivedere tutte le scene migliori e più salienti dei nostri Hunger Games. Ho gli occhi lucidi ma non poso permettermi di piangere, rovinare il trucco e soprattutto far vedere che in fondo sono debole anche io. Se fossi sola, senza avere tutte le telecamere puntate sul mio volto a studiare ogni mia reazione, se non ci fosse davanti a me tutto quel pubblico di migliaia di capitolini, beh se non ci fosse tutto questo piangerei a dirotto, tantissime lacrime amare a rigarmi le guance. Lacrime di rabbia, lacrime di dispiacere per quelle morti, lacrime di dolore, lacrime di rimprovero verso me stessa. Però solo ora, rivedendo tutte quelle immagini terribili, oltre al dolore affiora veramente per la prima volta la consapevolezza di essere io la vincitrice, io con Eddie. Ce l’ho fatta fin qui, e mi sono portata lui con me. Questa è la cosa più importante e domani torneremo finalmente a casa.
Stringo per tutto il tempo del video la mano di Eddie e di tanto in tanto i nostri sguardi si incrociano.

 

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Capitolo 20
*** 20- Take me home- ***


Avevamo avuto entrambi il diritto di vivere anche se non era un granché la vita nei distretti sotto Capitol. Ora possiamo scegliere di vivere in una casa che ci spetta come vincita nel mio distretto e una nel suo, alternativamente. Io non potrei mai rinunciare al mio mare e lui ai suoi boschi. Per entrambi la natura del nostro territorio è essenziale. Trascorreremo un mese al mio distretto, un altro nel suo e poi ci sarà il famoso Tour della Vittoria e dopo ancora il matrimonio, sì.
Il treno ci sta riportando indietro, chi l’avrebbe mai detto? Eppure sono qui, tra poco riabbraccerò mio padre, e questo è il regalo più bello che gli posso fare, sono riuscita a mantenere la promessa,  sono tornata viva, sono tornata anche con un ragazzo che di lì a poco diventerà mio marito.
-Eddie?-dico un po’ distrattamente con lo sguardo perso fuori dal finestrino.
-Sì?- mi incoraggia lui a proseguire la frase.
-Non voglio avere figli.- davanti al suo sguardo contrariato però devo ritrattare  -Almeno non ora.-
Eddie si siede più vicino a me e mi cinge le spalle. -E perché pensi così?-
-Come potrei mettere al mondo dei figli qui? Schiavi di Capitol e costretti a morire giovani? Vederli venir uccisi sotto i miei occhi? Senza poter fare nulla per salvarli? Vedere i fratelli maggiori che abbracciano le sorelle per l’ultima volta prima di partire per la morte certa?-
Una fitta al cuore mi fa fermare il mio impeto di rabbia lasciando spazio a una tristezza che fino ad allora cercavo di tener nascosta. La perdita del mio miglior amico Kyle. Ricordo vividamente l’abbraccio che diede alla sorellina, senza esser certo di poterlo rifare un giorno. Quanto dolore. Quante sofferenze dovevamo vedere ogni giorno.
-Non sono la guerriera forte che tutti credono.- dico sconfortata.
-Ehi- dice Eddie guardandomi dritta negli occhi con i suoi occhietti verdi. –Lo sei invece, siamo tutti e due qui soprattutto grazie a te, hai combattuto per la tua vita ma anche per la mia.- e conclude la frase con un piccolo bacio.
-Non credo ci sarà un’altra Katniss Everdeen per molto tempo, né un’altra rivolta come si deve. Questo mondo è ancora troppo crudele.-
Eddie mi stringe tra le sue braccia e io lascio affondare la mia testa sulla sua spalla.
-Ma i nostri figli, loro sono il nostro futuro.- sussurra Eddie al mio orecchio.
Sorrido debolmente. In quell’abbraccio mi sento sicura e so che qualunque cosa accadrà in seguito andrà tutto bene. Osserviamo il cielo tingersi di rosso per il tramonto e ad un certo punto spalanchiamo gli occhi davanti al mare luccicante d’oro. Io perché finalmente rivedo il mio amato mare, lui perché è la prima volta che vede il mare per davvero.
-Siamo a casa!- dico mal celando la gioia. Sul viso di Eddie si dipinge quel suo sorriso meraviglioso.
-Ora sarà anche la mia. Ti amo Jenni.-
-Anche io Eddie.-
Mi prende delicatamente il viso tra le mani e mi bacia. È il bacio più vero che mi abbia mai dato e finalmente ha il sapore di casa e di una serenità che abbiamo raggiunto insieme.
 

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