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Non
era certo di che cosa fosse successo. Non era nemmeno una villan la ragazzina
che si stava scusando disperatamente con loro.
Continuava
a dire che non l’aveva fatto apposta, che faceva ancora fatica a controllare il
suo quirk, che era così strano. Che le avevano detto
milioni di volte che non poteva utilizzarlo, le era vietato, ma non era certo
facile quando l’attivazione era dettata dai suoi livelli ormonali.
Quelli
mica li poteva controllare.
O
almeno era una cosa simile che aveva detto, gli pareva.
Shinsou
l’ascoltava solo con un orecchio, l’altro era impegnato a capire se sentiva
qualcosa da quel fagotto di abiti. Tipo perché la coda che spuntava da essi
pareva un po’ più piccola di come avrebbe dovuto essere.
Idem
per Todoroki, che era inginocchiato accanto alla zazzera bionda che, incastrata
nella maglia nera troppo larga, stava lottando con uscire all’aria aperta.
Ma
forse era un gatto.
Più
o meno si comportavano così, i gatti.
Doveva
essere un gatto anche quello che si stava facendo strada dalla maglia bianca di
Ojiro.
“Mi
dispiace, mi dispiace tantissimo! Tornerà tutto normale da solo, ma non so bene
dirvi quando! Mi dispiace ancora, chiedo ancora scusa! Addio!”
Shinsou
allungò un braccio verso di lei, ma non riuscì a dire niente.
Non
che ci fosse niente da dire. O chiedere.
Lei
aveva detto tutto e la testolina bionda che era sbucata dai vestiti con l’aiuto
della codina rendeva impossibile confondersi ancora.
O
sperare.
Era
proprio Ojiro.
Un
piccolo, piccolissimo Ojiro.
“Dove
cacchio sono? Tu chi sei, vecchio?”
E
quell’altro era Bakugou.Preciso
spiccicato, magari un pelo meno sboccato solo perché certi termini ancora non
li conosceva. O almeno, se lo augurava.
“Vecchio?”
ripeté perplesso Todoroki, scambiandosi appena un’occhiata con Shinsou che, per
tutta risposta, scrollò le spalle.
“Beh
per lui sei vecchio, suppongo,” sogghignò Shinsou, squadrandolo dalla testa ai
piedi...piedini. Non ci mise molto.
Era
piccolo, magari se erano fortunati non aveva ancora manifestato il quirk e non sarebbero dovuti impazzire per stargli dietro.
Magari.
“E
perché sono senza vestiti? Rispondi, vecchio, o ti faccio saltare in aria!
Posso farlo, cosa credi? Il mio quirk è il più forte
di tutti, diventerò più forte di AllMight!”
“Sì,
sì, certo.”
No.
Il quirk ce l’aveva.
Quindi
aveva più di quattro anni. Forse cinque o sei.
Todoroki
lo guardò in cerca d’aiuto, “Cosa faccio?” chiese, indicando Bakugou in
miniatura con il capo.
Shinsou
inarcò un sopracciglio, “Ah, fidanzato tuo, problema tuo. Magari se gli congeli
la bocca sta zitto.”
“Ehm...scusi?”
Oh.
Abbassò
lo sguardo sull’altro bambino, che fino a poco prima era rimasto educatamente
in silenzio. Anche lui era piccolo, dovevano avere la stessa età, d’altronde si
toglievano solo un mese l’un l’altro.
La
coda così tanto più sottile se ne stava poggiata a terra e il piccolo lo
guardava col naso all’insù e gli occhioni neri
lucidi.
Se
Bakugou l’aveva presa con la sua filosofia, Ojiro decisamente sembrava sul
punto di piangere.
“Oh,
no!” sbottò Shinsou, forse un po’ troppo aggressivamente visto il sobbalzo di
Ojiro.
Se
lo era immaginato timido, ma sperava che non fosse uno di quelli che piangeva
per tutto, come Midoriya.
“Scusi...”
Gli
si inginocchiò subito davanti, quando lo vide chinare il capino
in quel modo, il pugnetto chiuso a stropicciarsi
l’occhio forse per non piangere.
A
Shinsou si strinse lo stomaco, mentre ingoiava il primo istinto di prenderlo in
braccio e non lasciarlo andare più.
Faceva
una tenerezza assurda, non come quell’altro che stava ancora lì ad urlare.
Povero Todoroki.
Meno
male che Ojiro pareva un bambino squisito.
“No,
piccolo, ti chiedo scusa io,” gli disse, pacatamente stavolta, “Non ce l’aveva
proprio con te, prima.”
“Okay.
Posso chiedere una cosa, allora? Anche io vorrei sapere le stesse cose di quel
bambino,” affermò poi, più fermo, indicando Bakugou, “E anche perché fa così.
Fa un po’ paura.”
“Sì,
vero? Fa proprio paura,” rise Shinsou, “Ma io e l’altro ragazzo siamo tuoi
amici, invece.”
“Però
io vorrei tornare dalla mia mamma.”
“Oh...”
okay. Allora avevano meno di sei anni, come aveva pensato.
Perché
Ojiro gli aveva raccontato una volta di aver perso entrambi i genitori in un
incidente quando non ne aveva ancora compiuti neanche sette, e che per questo
viveva con gli zii.
Quindi,
se quel piccino cercava la mamma, quel dramma terribile non era ancora avvenuto.
“Ecco,
sì. A proposito di questo...”
“Bakugou,
aspetta!” sbottò Todoroki, interrompendo qualsiasi meccanismo cerebrale col
quale stava cercando di trovare una scusa plausibile per quel piccolo Ojiro.
Alzò gli occhi per osservare l’altro. “Katsuki, non
puoi andare in giro così! Sei nudo! Shinsou, dammi una mano!”
“Io? Sei tu quello che ha un potere con cui puoi fermarlo.”
“Ma
non posso congelarlo!”
“Peccato.”
“Sei
un maledetto, Shinsou!”
“Eh,
Todoroki, io ti consiglio di correre perché guarda che non lo riprendi più,
sai?”
“Maledizione.”
Shinsou
non riuscì proprio a trattenere le risate, quando lo vide corrergli davvero
dietro. A quel punto era ovvio che si sarebbero rivisti direttamente a scuola.
Probabilmente davanti al professor Aizawa, che li
avrebbe massacrati per quell’ennesimo disastro.
Per
lo meno stavolta non era qualcosa di così tragico.
“Adesso
che quel confusionario se ne è andato,” riprese quindi, guardando Ojiro,
“Io...non ti posso portare dalla tua mamma, non subito. Però ti posso portare
da un eroe che ti porterà da lei,” aggiunse il più in fretta possibile, prima
che potesse mettersi a piangere o simile.
Ma
Ojiro si era solo lasciando andare ad un versetto dispiaciuto, le sopracciglia
arcuate e gli occhioni lucidi. Ma fermi. “Anche tu
sei un eroe?”
“Quasi.”
“Allora
okay,” esclamò Ojiro, alzandosi in piedi. Shinsou gli sistemò subito la maglia
addosso, anche se era troppo larga e gli arrivava ai piedi.
Scalzi.
“Ti
porto io, va bene? Così non ti fai male ai piedi,” fece subito, afferrandolo da
sotto le ascelle e tirandolo su. Era più leggero di quanto si aspettasse.
Adesso
che ci pensava, doveva pure portarsi dietro i vestiti di Bakugou, visto che
Todoroki glieli aveva mollati lì.
Accidenti a lui.
“Grazie,
signor eroe.”
“Non
sono ancora un eroe,” sorrise Shinsou, tenendolo su con un braccio solo. Con
l’altro tirò su i vestiti come meglio poteva, ma si rivelò più difficile del
previsto e continuava a cadergli tutto quanto.
Ojiro
allora si sporse subito, prima che i pantaloni gli cadessero di mano per
l’ennesima volta, e afferrò tutto quello che riusciva con le sue piccole
manine.
“Ti
aiuto!”
Shinsou
si sentì letteralmente sciogliere davanti quel faccino adorabile, e avrebbe
solo voluto riempirlo di baci.
Ma
si contenne.
“Grazie.
Dì, ti piacciono gli eroi? Visto che ti sei fidato subito di me.”
“Sì,
mi piacciono. A qualcuno non piacciono?”
“Mah.
Forse ai Villan, in effetti. E tu? Vuoi fare l’eroe, da grande?”
Il
piccolo Ojiro inclinò il capo, “Non lo so. Forse. Non ho deciso. Forse no.”
“Come,
no?”
Il
bambino alzò le spalle, la coda abbandonata a dondolare verso il basso, “Perché
non ho un bel quirk. Forse sarebbe meglio di no. Tu
che quirk hai?”
“Nemmeno
io ho un bel quirk,” esclamò subito Shinsou. Ora
capiva meglio. Quella storia del quirk troppo
normale, semplice e inadatto, doveva essere iniziata molto presto per il suo Monkey Boy. “Quando ero piccolo mi dicevano sempre che era
meglio se fossi diventato un Villan, più che un Eroe.”
“Perché?”
“Perché
ho un quirk ambiguo, strano. Più adatto ad un Villan,
forse...”
“Ma
non ci sono quirk adatti a fare il villan o l’eroe.
Non è il quirk che ti trasforma in un Villan, vero?”
Shinsou
sorrise, “Infatti è così,” disse, “Vedi? Ti sei risposto da solo. Devi
scegliere tu se vuoi fare l’eroe, non in base al Quirk
però. Quello viene poi. Perché se ti impegni puoi arrivare dove vuoi.”
E
Ojiro si era sempre impegnato al massimo, per farsi notare anche solo un po’.
Shinsou
lo capiva. Lui si era dovuto impegnare oltre i suoi limiti per riuscire a
convincerli che poteva, anche se aveva quel potere. Ma per Ojiro era lo stesso.
Lui doveva impegnarsi per farsi notare, per far vedere alla gente che c’era
anche lui.
E
dopotutto era per quello che aveva attirato tanto la sua attenzione, Ojiro. Si
era sentito...che poteva comprenderlo. Anche se all’inizio l’aveva odiato.
Ma
adesso sapeva che ci aveva visto giusto.
Ed
era felice di aver insistito.
Il
volto del bambino si illuminò, alle sue parole, “Lo farò!”
“Bravo.
E adesso andiamo alla Yuuei.”
“Alla
Yuuei? Alla scuola per eroi? Quella dove ha studiato AllMight?”
“Proprio
quella.”
“Wow!”
--
Aizawa incrociò le
braccia al petto, inarcò le sopracciglia. Fissava Ojiro seduto sul divanetto
della sala comune del Dormitorio degli Insegnanti, che sembrava abbastanza
intimorito dalla sua presenza.
“Cos’è,
uno scherzo?”
“Ecco...”
Shinsou si grattò la nuca, decisamente a disagio. Lo sapeva che si sarebbe
arrabbiato.
Ma
era successo e basta, non era colpa loro.
“Lascia
stare. Non sono nemmeno sicuro di volerlo sapere. E’ stato un Villan?”
“No,
professore. Un...incidente con una ragazzina delle medie, credo.”
“Delle
medie...”
“Sì.
Era molto agitata, sembrava spaventata. Volevamo aiutarla ma...non ho ben
capito come funziona il suo quirk. Dice che durerà
solo qualche giorno.”
“Giorni.”
“Così
ha detto. Beh...lui mi sembra tranquillo, per fortuna. E’ Bakugou che sembra un
po’ più complicato da gestire.”
“Bakugou?”
“Eh,
sì. Sta bene, professore? La vedo un po’ spaesato,” lo prese in giro, aprendosi
nel suo solito sogghigno sghembo.
Aizawa lo incenerì
immediatamente con lo sguardo, “Taci, Shinsou. Ti conviene. Trovate Bakugou,
perché non è qui con lui? Dov’è Todoroki?”
“Lo
sta cercando. E’ corso via.”
“Era
arrabbiato,” mormorò Ojiro, “L’altro bambino,” chiarì poi. Non era sicuro di
aver capito tutto il discorso. Forse no.
“Oh,
sì, era molto molto arrabbiato,” sogghignò Shinsou,
“E’ scappato via tutto nudo.”
“E
tu sei tornato qui da solo, giustamente,” sentenziò Aizawa,
ma sembrava più un’accusa.
Shinsou
sbuffò, “Beh, dovevo occuparmi di lui.”
“Certo.
E a proposito di questo, chiama Yaoyorozu, dille di
creargli almeno qualcosa da mettergli, e un pigiama. Stessa cosa per Bakugou
appena torna. Sappiate che appena torneranno normali, metterò in punizione
tutti e quattro.”
“Cosa?
Ma non abbiamo fatto niente!” esclamò Shinsou, “Volevamo solo aiutare!”
“E
guarda che fine avete fatto.”
“Ma...”
“Nessun
ma. Per punizione ti occuperai di lui. Dormirà con te e dì a Todoroki che se
perde di vista Bakugou un’altra volta lo espello.”
“Okay...”
“Ehm...”
abbassarono tutti e due gli occhi su Ojiro all’unisono, fissandolo così
intensamente che il piccolo si sentì subito in tremenda soggezione e, nervoso,
si portò le ginocchia al petto stringendole strettamente a sé, la coda a
circondare le caviglie.
“Cosa
c’è?”
“Ecco,
signor eroe, io...io vorrei tornare dalla mia mamma, veramente.”
Aizawa, per la prima
volta da quando Shinsou gli aveva piazzato il bambino davanti, addolcì lo
sguardo e si inginocchiò davanti a lui. “Hai ragione a voler tornare da lei,”
gli disse, “E tua madre ti starà sicuramente cercando. Ma non l’abbiamo ancora
trovata. Quindi, rimarrai con noi finché non la troveremo, poi ti porteremo
subito da lei.”
“Ma
io so dove abito. Ve lo posso dire.”
“Oh,
ne sono sicuro,” annuì Aizawa, “Ma qui siamo un po’
lontani da casa tua. Probabilmente è per questo che non ti ha ancora trovato,
capisci?”
“E
se vi do il numero di telefono? Lo so a memoria!”
“A
quest’ora è tardi. Dovremmo proprio aspettare domani. Non ti succederà nulla
qui. Stai tranquillo. Se mi lasci il numero, domani chiamerò tua madre e gli
diremo che sei qui. Allora aspetteremo solo che ti venga a prendere. Tu sai
quanto ci vuole da casa tua a qui?”
“No.
So solo che bisogna prendere il treno.”
Aizawa tirò
palesemente un sospiro di sollievo. Almeno così gli avrebbe impedito di dover
cercare una scusa diversa da dirgli ogni giorno. Alla fine rischiavano che si
allarmasse o spaventasse. Invece così andava bene.
“Esatto,”
disse infatti, “E quindi ci vorrà un po’. Uno o due giorni, forse. Il tempo che
arrivi qui.”
“Così
tanto?”
“Sì,
purtroppo.” Si chiese vagamente se anche con Bakugou sarebbe stato così
semplice. Ojiro era intelligente, ma peccava tantissimo di ingenuità e estrema
fiducia nel prossimo, come ogni bambino. Bakugou era tutto un altro paio di
maniche.
Tremava
solo all’idea.
La
voce di Yamada che gli rimbalzava in testa da quando
aveva visto Shinsou entrare con Ojiro in braccio e chiedere di lui era l’unico
motivo per il quale quel disgraziato era ancora vivo e con tutti e quattro gli
arti attaccati al busto.
Nonsi picchiano gli studenti, Shota. E non puoi nemmeno ucciderli.
“Ma
nel frattempo, qui c’è un’altra bambina più o meno della tua età con cui puoi
giocare. Ma domani. Adesso lei è già a letto.”
Ojiro
annuì, più mogio del previsto. Ma era naturale, temeva. “Va bene,” fece.
“Dovresti
andare a letto anche tu, adesso. Continueremo a parlare domani, okay? Quando
arriverà anche l’altro bambino, Bakugou.”
“Dove
dormo?”
Aizawa indicò Shinsou
col capo, “Con lui. E tu muoviti, e spera che Yaoyorozu
sia ancora sveglia.”
“Sì,
signore. Vado subito.”
“E
fa venire qui Todoroki, domani.”
“Sì,”
bofonchiò di nuovo Shinsou, poi si accovacciò davanti ad Ojiro e gli allungò le
braccia, ma senza fare movimenti bruschi. Tecnicamente non avrebbe dovuto
essere un problema, ma visto come se ne stava rintanato su se stesso, quasi
avesse paura, non voleva spaventarlo maggiormente.
Era
già troppo, tutto quello, per un bambino così piccolo. Almeno credeva.
Ojiro
invece non si fece troppi problemi, dopo il discorso con Aizawa
sembrava essersi calmato parecchio. Gattonò sul divano fino a lui e poi gli mise
le braccine al collo per farsi tirar su più
comodamente.
Shinsou
se lo sistemò ben bene fra le braccia, soffocando la voglia di coccolarlo quando
lui gli poggiò anche il capo sulla spalla. Non era da lui un pensiero simile,
ma non riusciva a contenerlo.
Si
sarebbe sciolto di tenerezza a continuare così.
“Ciao,”
mormorò il bambino, alzando la manina verso Aizawa
che, contro ogni immaginazione, rispose con lo stesso gesto.
Shinsou
rientrò nel Dormitorio della A quasi in punta di piedi.
Erano
le nove e gran parte dei suoi nuovi compagni probabilmente dormivano. Ma
sentiva comunque chiacchiericcio e alcune luci erano accese.
“Dimmi,
Mashi, vuoi un po’ di latte caldo? O tè verde? O
qualsiasi altro tè, penso che Yaomomo saprebbe
consigliarti meglio,” iniziò, guardandosi un po’ intorno.
Mashirao,
comunque, non gli rispose. La coda era abbandonata in tutta la sua lunghezza
verso il basso, il volto girato verso di lui con la bocca socchiusa e la guanciotta spiaccicata contro la sua spalla.
Si
era addormentato.
Shinsou
gli accarezzò la fronte con appena la punta delle dita, passandogli il
polpastrello su un segno rossissimo proprio all’attaccatura dei capelli.
Una
cicatrice fresca fresca.
Non
l’aveva notata nel Mashirao adulto, eppure se era lì i capelli la dovevano
coprire appena. Con gli anni doveva essersi schiarita tanto da non notarsi più.
“Buonanotte,
scricciolo,” soffiò, scoccandogli finalmente un bacio sulla fronte.
Era
già con un piede nell’ascensore, e al diavolo Momo, poteva chiederglielo domani
e farlo dormire con quella maglietta e senza mutande, tanto non era un grosso
problema. A meno che non se la fosse fatta addosso. Ma sperava che a sei anni
Ojiro non fosse quel tipo di bambino.
La
voce di Kaminari lo fece sobbalzare. “Cazzo!”
“Shinsou,
ma dove vai, arrivi e non saluti? Oh, ma com’è che sei solo? E Ojiro? Non eri
uscito con lui? Poi ancora non sono rientrati neanche Todoroki e Bakubro!”
“Ssh!” sbottò in sua direzione, girandosi nel modo meno
brusco possibile, “Tacete, smettetela di urlare!”
“Ma
che...e chi è quello?” chiese subito Kirishima,
affacciandosi oltre la spalla dell’amico, “Dorme?”
“Dorme
e se lo svegliate ve la faccio pagare cara!” ringhiò, “Lo vado a mettere a
letto e poi vi vengo a spiegare. Tacete.”
“Oh,
beh, noi...ma è proprio un bambino?”
“E
che cosa ti pare, Kaminari?” ridacchiò Sero, “Un orsacchiotto?”
Shinsou
li ignorò, lasciandolo ai loro battibecchi, ed entrò nell’ascensore, diretto
verso la sua stanza. Lì lo posò delicatamente sul letto, terrorizzato all’idea
che il cambio di posizione potesse svegliarlo, ma per fortuna non successe.
Ojiro
si limitò a brontolare, mentre si girava dall’altro lato, poi si strinse su se
stesso, con la coda in mezzo alle gambe e la punta fra le manine come se fosse
un cuscino o un peluche da stringere. E pareva davvero in pace coi sensi.
Trattenne
una risatina e lo coprì per bene con lenzuolo.
Aveva
tutta l’intenzione di togliersi di dosso le curiosità degli altri e tornare su
da lui. E guardarlo dormire tutta la notte.
Todoroki
aveva fatto il suo ingresso in dormitorio con uno scalciante Bakugou in braccio
e l’aria di chi era stanco morto.
“Lasciami
andare, vecchiaccio!” stava urlando. Todoroki lo teneva di peso sotto braccio
quasi come se fosse un sacco.
“Ah,
ci sei riuscito a prenderlo!” lo riprese con aria divertita Shinsou, fissando
poi il bambino, “Certo che ne ha di energie. Ojiro dorme già da un pezzo.”
“Beh,
spero che anche lui si addormenti in fretta,” sospirò l’altro. Si era tolto la
camicia blu che teneva sopra la maglia smanicata
bianca e l’aveva messa al piccolo Bakugou, giusto per non farlo stare completamente
nudo. Ma dai piedini probabilmente aveva corso parecchio prima che riuscisse a
fermarlo.
“Col
cavolo che mi addormento! Tu sei un vecchio maniaco, la pagherai cara! Lasciami
andare! AllMight verrà a
farti nero, vedrai! Lasciami o ti faccio saltare in aria!”
Todoroki
sospirò di nuovo, “Non voglio farti del male, Katsuki.
Sono tuo amico, credimi. Te l’ho detto, sono il figlio del numero Due.” Che
adesso era il numero uno, ma lui non lo sapeva.
“Bugiardo!
Non ti crederò mai, non sono mica stupido!”
“Non
l’ho mai pensato,” sorrise Todoroki, guardando con immensa gratitudine Kirishima che si avvicinava con la cassetta del pronto
soccorso.
“Questa
mi sa che ci serve. Hey, piccolino, ti va se ci
puliamo ben bene i piedini?”
Bakugou
spostò la sua attenzione su di lui, “Che vuoi anche tu? E che capelli strani
hai?”
Kirishima scoppiò a
ridere, “E’ incredibile quanto non sia cambiato per nulla con gli anni eh?!”
“Vuoi
dire che è spaventoso!” esclamò Kaminari, “Questo c’è
nato, così, ve l’ho sempre detto io!”
“Che
faccio, lo lego?” chiese dopo un po’ Sero, “Midoriya è già andato a letto? Poteva aiutarci.”
Bakugou
drizzò le orecchie, a quelle parole, con un movimento rapidissimo sgattaiolò
dalla presa di Todoroki e saltò subito contro Sero.
“Hai detto Midoriya? Cosa avete fatto a Deku? Quello è un debole quirkless,
siete dei vigliacchi a prendervela con lui!”
Todoroki
e Kirishima sgranarono gli occhi, a quell’attacco,
con Sero che faticava a staccarsi il bambino di
dosso.
Era
preoccupato per Midoriya? Allora quell’odio viscerale
non era innato in lui.
“Vi
faccio esplodere!”
“E
toglietemelo di dosso!”
Todoroki
sospirò per la terza volta in appena dieci minuti. Fortuna che le sue
esplosioni adesso erano piccole, o forse era stanco. Era tarda sera per un
bambino di sei anni, con un po’ di fortuna era sul punto di crollare
definitivamente.
“Buono,
buono!”
“Lo
lego come un tacchino e lo appendo al lampadario!”
“No,
Sero, per carità!”
“Un
po’ se lo meriterebbe...”
Fra
Shinsou che stuzzicava, Sero che stava per perdere la
pazienza e Kirishima e Kaminari
che non riuscivano a calmare né lui né Bakugou, Todoroki si avvicinò e lo prese
di peso per l’ennesima volta, facendo in modo che il bambino lo guardasse
dritto negli occhi spaiati.
“Ascoltami
bene, Katsuki. Smettila di urlare!”
Sorprendentemente,
Bakugou tacque. Chissà che forse non avesse capito che quella volta faceva sul
serio.
“Qui
siamo tutti eroi o aspiranti tali. Questa è la Yuuei,
la scuola dove studiò anche AllMight,
credi che accetterebbero dei villan, se fossimo davvero dei barbari come dici
tu?”
Bakugou
mise il broncio, “E come faccio a saperlo? Dov’è Deku?”
“Midoriya sta dormendo, ma sta benissimo. E forse dovresti
anche tu. Sei stanco, vero?”
“No.
Non dormo con gente che non conosco nemmeno!”
“Okay,
allora facciamo così. Adesso ti fai medicare i piedi, poi ti faccio fare un
giro veloce qui intorno, così vedi che siamo davvero alla Yuuei.
Ti farebbe sentire più tranquillo?”
“E
AllMight lo posso vedere?”
“AllMight non è qui...” mormorò
Todoroki, “Però puoi vedere dei video inediti in cui c’è lui, e che non ha mai
visto nessuno.”
“Neanche
Deku?”
“Neanche
Deku,” sorrise Todoroki. Ecco, adesso si stava
rivelando più facile del previsto. Avrebbe dovuto farlo prima.
Probabilmente
si sarebbe risparmiato un sacco di fatica.
“Va
bene,” acconsentì Katsuki, “Però non dormo comunque
con gente che non conosco...la vecchia si arrabbierebbe e mi annoia sempre un
sacco quando si arrabbia.”
“Ah
giusto. E allora...c’è un altro bambino su di sopra...”
“No!”
“Vuoi
dormire con lui? Ti andrebbe bene?”
Shinsou
gli fece cenno di no con la testa, stavolta senza dirlo a voce, ma Shoto lo ignorò nuovamente. Non aveva altre idee.
“Quello
che piagnucolava prima?”
“Piangeva
perché si era perso, come te.”
“Ma
io non ho pianto!”
“Verissimo.
Ma ognuno reagisce a modo suo. Allora, ti va bene così?”
“E
Deku? Anche lui è un bambino, quindi posso dormire
con lui.”
“Midoriya lo trovi già in stanza,” mentì, “Adesso facciamoci
quel giro, okay? Prima i piedi.”
Bakugou
annuì, e Todoroki tirò un sospiro di sollievo.
Se
era fortunato si sarebbe addormentato strada facendo, lo vedeva abbastanza
sfinito, così non avrebbe dovuto spiegargli il perché dell’assenza di Deku, non fino alla mattina.
Quando
l’avrebbe visto grande.
E
forse avrebbe capito.
Shinsou
gli si avvicinò con fare minaccioso, “Dovevi per forza mettere in mezzo Ojiro?”
“Non
mi è venuto altro per calmarlo. Ha ragione ad aver paura di adulti che non
conosce, no?”
Shinsou
storse la bocca, “D’accordo, dormono tutti e due nella mia stanza, ma non c’è
spazio per tutti e due noi così.”
“Mi
porto il futon dalla mia. Ci stringiamo.”
“Mi
tocca pure dormire con te, Todoroki-kun?”
“Fai
questo sforzo, almeno stanotte. Sono sicuro che vedere Midoriya
domani lo convincerà a stare tranquillo.”
“Me
lo auguro.”
Todoroki
lanciò appena un’occhiata a Bakugou, seduto sul divano, Kirishima
davanti a lui che puliva e disinfettava i piedini e metteva due cerotti su
alcuni graffi.
Bakugou
aveva già gli occhi socchiusi e forse si sarebbe addormentato lì, con la voce
pimpante di Kirishima a cullarlo, senza neanche che
dovesse realmente portarlo a fare un giro. Aveva ragione a dire che era stanco.
Già
l’adulto andava a letto alle otto e mezza, spesso, per quel bambino essere
sveglio alle dieci di sera doveva essere un record.
“Allora,”
gli stava chiedendo Kirishima, “Allora tu e Deku siete amici?”
“Sì,”
ammise Bakugou, probabilmente troppo sfatto per sforzarsi anche di mentire, “Le
nostre mamme sono amiche e giochiamo insieme. Ma lui è quirkless
e adesso mi annoio a giocare con lui. Perché non posso fare niente, sennò gli
faccio male subito.”
“Ma
giochi lo stesso con lui, no?”
“E’
un pappamolle e un piagnone. Ma è Deku, quindi va
bene.”
“E’
un pappamolle, dici?”
“Sì.
Deku vuole sempre aiutare tutti, però poi si fa male.
Perché è debole e non ha un quirk. Ma è okay se non
ce l’ha. Se ce l’avesse sarebbe più forte di me. Allora così lo tengo al suo
posto.”
“Oh,”
mormorò Kirishima, “Capisco.”
“Ma
perché dice che Midoriya è quirkless?”
curiosò Kaminari, lasciandosi cadere di peso accanto
a Todoroki che, per risposta, scrollò le spalle.
Stava
ascoltando anche lui, e non aveva senso.
A
sei anni Midoriya doveva averlo manifestato, il quirk. E visto che era un tipo di forza, Bakugou non poteva
non essersene accorto.
Forse
Midoriya l’aveva sviluppato dopo?
“E’
piccolo e ha sonno, chissà a che sta pensando,” ragionò Shinsou, alzandosi in
piedi.
“Mah,
forse hai ragione.”
“Beh,
io vado. Lascio la porta della stanza aperta, Todoroki, non fare troppo
rumore.”
“Okay.”
Angolino Autrice:
Lo stress lavorativo di questi due mesi mi ha fatto
impazzire.
La quarantena ha fatto male a tanta gente ma lavorare come
pazze vestiti come ghostbusters, o macellai a seconda
dei punti di vista, con la mascherina che ti uccide il naso e le orecchie, beh,
evidentemente ha fatto uscire matta anche me xD
Altrimenti non mi spiego QUESTO COSA. O meglio, la cosa
vive da un po’, ma il fatto che io la stia pubblicando è segno di insania
mentale profonda xD
Adesso le cose si stanno un po’ allentando, per giugno
spero davvero di riuscire a riavere la mia vita e di conseguenza ho anche
voglia di rimettere mano in Smash, per cui aspettate.
Stiamo tornando!
Nel frattempo, vi regalo questo! Una piccola, piccolissima
storia in 6 capitoli che per una volta vive di pucciosità
e tenerezza ma non temete, il mio tocco si sentirà comunque.
Todoroki
entrò in stanza in punta di piedi, Bakugou addormentato fra le braccia. Erano
passati appena dieci minuti da quando era salito Shinsou, quindi era abbastanza
evidente che non c’era stato bisogno della famosa passeggiata.
“E’
crollato?”
“Già,”
annuì Shoto, poggiandolo sul letto accanto a Ojiro.
Shinsou aveva avuto la premura di spostare il bambino poco più a sinistra in
modo di lasciare spazio anche per Katsuki. “Senti, ho
trovato nei suoi pantaloni la chiave della camera di Bakugou, qua accanto. Dormo
lì. Bussa, se serve.”
Shinsou
annuì, “Ottima idea.”
Lo
salutò appena con la mano, controllò un secondo i due bambini e poi si stese
sulla coperta che aveva buttato a terra per sé, dando le spalle ad entrambi.
Sperava
dormissero per tutta la notte, anche se credeva di non aveva molto sonno, a
dover essere sincero. Era anche abituato a star alzato fino a tardi.
Ma
doveva essersi stancato anche lui più del previsto perché quando riaprì gli
occhi, svegliato da un tonfo proprio alle sue spalle, l’orologio a parete
segnava già le sei della mattina.
Quindi
fra non molto si sarebbe comunque dovuto alzare per andare a lezione.
Ah.
Ma
non poteva andare a lezione, e chi si occupava dei bambini? Aizawa?
Forse
sì. Come faceva con Eri-chan.
A
proposito di bambini...uno dei due era caduto dal letto? Qualcosa lo aveva
svegliato.
Si
girò verso il letto, ma c’era solo Bakugou che dormiva ancora, stravaccato a
braccia e gambe larghe sul letto, prendendosi tutto lo spazio.
Ojiro
era sparito.
Per
un attimo fu colto dal panico.
Era
scappato. Si era svegliato –forse l’aveva svegliato
proprio quella bestiaccia di Bakugou, involontariamente-, non aveva capito
dov’era e se ne era andato chissà dove.
E
adesso come lo trovava? E se si faceva male, se finiva nei guai?
Accidenti
ai bambini.
Lui
odiava i bambini, questa cosa non faceva altro che confermare quel suo
pensiero.
Anche
se Ojiro era adorabile. Ma la cosa non cambiava.
Il
suono dell’acqua in bagno lo ridestò dai suoi pensieri.
Forse
non era scappato.
Si
alzò subito, andando verso il bagno della stanza e aprendo appena uno spiraglio
per guardare all’interno. In effetti, Ojiro era lì, che tentava di lavarsi le
mani ma, anche in punta di piedi e allungato verso il lavello, arrivava appena
al getto.
La
codina si muoveva ritmica a destra e sinistra.
Ah,
sì, lui i bambini li odiava. Ma Ojiro sembrava troppo un micetto.
“Mashirao?”
“Oh,”
quello sobbalzò, chiudendo subito l’acqua come riuscì, “Scusami, signor eroe,
non volevo svegliarti. Pensavo di aver fatto piano.”
“Hitoshi.
Mi chiamo Hitoshi,” gli disse, passandogli l’asciugamano. “No, non mi hai
svegliato tu. Hai dormito bene?”
“Sì.
Ho visto che è arrivato l’altro bambino. Bakugou, vero? Nella notte si muoveva
tanto...”
“Sì
e stiamo attenti a non svegliarlo. Finché dorme almeno non urla,” sogghignò
Shinsou.
Lo
guardò un po’, con ancora la maglia del giorno prima e scalzo. C’era proprio
bisogno di andare da Yaoyorozu e farsi creare dei
vestiti. Avrebbe aspettato Todoroki e poi sarebbe sceso. O Bakugou, se si
svegliava prima lui.
“Hai
fame? Con cosa fai colazione di solito?”
“Riso
e pesce!”
“Immaginavo,”
mormorò distrattamente, con già il cellulare in mano. Erano le sei e dieci,
Todoroki gli avrebbe perdonato la sveglia. In fondo, non poteva portare quei
due di sotto per fare colazione, davanti a tutti gli altri studenti, quindi gli
ordinò di andare a prendere qualcosa per entrambi, e di riuscire a farlo
possibilmente prima che l’orologio biologico di Bakugou si rimettesse in moto.
Ma
non fece in tempo.
Appena
dieci minuti dopo aver inviato il messaggio Bakugou riaprì gli occhi e si
guardò intorno.
“Dove
sono? Dov’è Deku? E il vecchiaccio di ieri? Tu chi
cavolo sei?” chiese a raffica.
Shinsou
sospirò.
Pazienza. Pazienza.
“Todoroki
arriverà fra un po’ con la colazione,” spiegò spiccio, “Stavamo aspettando che
ti svegliassi anche tu. Deku è già giù.”
“E’
sceso da solo? Allora vado anche io.”
“Buono,
buono! Così non puoi andare da nessuna parte!” lo fermò subito, “Prima
chiamiamo qualcuno per dei vestiti e le scarpe.”
“Non
me ne frega niente!”
“Ma
frega a me!” sbottò Shinsou, sempre più esasperato, piazzandosi davanti alla
porta.
Doveva
dire a Todoroki di portarsi dietro anche Momo. Così risolvevano subito il
problema.
“Non
mi dire cosa devo fare!”
“Mi
sa che invece è esattamente quello che farò.”
“Lui
è quasi un eroe,” intervenne la vocina di Ojiro dietro di lui, mentre
sgambettava sul letto, “Se dice che dobbiamo rimanere qui un po’ significa che dobbiamo!”
“E
tu chi cavolo sei? Nessuno ha chiesto il tuo parere!”
Shinsou
alzò gli occhi al cielo, “Riesci a non essere così aggressivo con tutti?”
“Ma
se non lo conosco nemmeno!”
“Mi
chiamo Mashirao,” sorrise lui, apparentemente indifferente all’ira del
coetaneo, “E tu?”
“Cavoli
miei!”
“So
che ti chiami Bakugou.”
“E
allora perché me lo chiedi?”
Ojiro
scese dal letto con un saltino e si avvicinò a lui, “Per presentarci, no?”
“Io
mi presento solo alle persone che mi interessano e tu sei noioso. Quindi non mi
interessa!”
Ojiro
mise il broncio, abbassando il capo con aria rammaricata e ferita. La punta
della coda toccava il pavimento, immobile. “Okay.”
“Bakugou!”
sbottò Shinsou, “Lascialo in pace. E chiedigli scusa!”
“Col
cavolo. Chi sei, mio padre?”
“Oh,
se fossi tuo padre a quest’ora ti avrei cambiato i connotati!” brontolò,
avvicinandosi invece ad Ojiro, “Non dargli retta, tesoro.”
“E’
okay,” mormorò mogio Mashirao, la coda
che ora andava a destra e a sinistra sfiorando il pavimento, “Lo so che sono
noioso.”
“Ma
non è vero...”
“Però
lo dicono tutti...”
Shinsou
arcuò le sopracciglia, carezzandogli i capelli biondi e cortissimi come sempre.
Non era cambiato tanto Mashirao negli anni, lo stile era rimasto lo stesso, se
non che adesso i capelli erano molto scompigliati.
Ma
anche così, normale, comune, Shinsou non lo trovava affatto noioso.
Non
ce l’aveva mai trovato.
“Non
dare retta a tutti. E’ a quelli che vedono quanto sei speciale che devi dare
retta, solo a loro.”
Ojiro
alzò pianissimo il capo, gli occhi neri lucidi e sgranati, “E come lo capisco?”
Shinsou
annuì, azzardandosi a dargli una piccola carezza sulla guancia piena e paffuta,
“Lo capirai quando li conoscerai. Vedrai, ci sarà tanta gente che ti vorrà
bene, da tempo al tempo.”
Con
la coda che scodinzolava alla follia, Ojiro si sporse verso Shinsou e gli buttò
le braccia al collo, lasciandolo per un attimo interdetto.
Oh,
non si immaginava potesse essere anche così espansivo. Da grande non lo era più
di tanto, lui ci aveva messo un sacco di tempo e pazienza per ottenere quel
risultato.
“Se
lo dici tu ci credo!” esclamò il bambino.
Shinsou
si sciolse nel sorriso più dolce di cui era capace. Di certo da grande avrebbe
trovato lui, che lo amava più di ogni cosa.
Bakugou
sbuffò sonoramente, interrompendoli, “Che pizza! Avete finito? Io me ne vado!”
“Non
dovresti uscire tutto da solo...” gli disse dietro Ojiro, mentre Bakugou era
già aggrappato alla maniglia per aprire la porta.
“Sei
una piccola peste!” grugnì Shinsou, ormai sul punto di perdere la pazienza con
lui. Ma quando la porta si aprì, per sua fortuna, dietro c’era già Todoroki.
Privo
della colazione che aveva chiesto.
“Alla
buon’ora, Todoroki.”
“Ah!
Sei il vecchiaccio di ieri!”
“Scusa
per il ritardo, Shinsou,” mormorò Todoroki, per poi abbassare gli occhi, “E tu,
Katsuki? Ancora non hai imparato il mio nome?”
“Certo
che l’ho imparato!”, urlò il bambino, “Ma non mi interessa di certo! E adesso
fammi passare!”
“Dove
devi andare Katsuki?”
Il
piccolo Bakugou, sorprendendo Todoroki per primo, arrossì di botto, “E-e non chiamarmi per nome!”
“Ah.
Scusami...”
“Ma
ti scusi pure?” scosse il capo Shinsou, alzando gli occhi al cielo. Si accorse
troppo tardi che il piccolo Bakugou era già sgusciato fuori e corso giù.
Mashirao
gli tirò appena la manica del pigiama che indossava ancora. “E’ andato via,”
rivelò.
Todoroki
annuì, “Non c’è problema, ho già spiegato a tutti la verità e poi vedendolo Yaoyorozu così potrà creare dei vestiti per loro. O delle
scarpe.”
“Ma
dico, sei scemo?” urlò stavolta Shinsou, “Se vede Midoriya
come glielo spieghi?”
“Ah...”
Non
ci aveva minimamente pensato.
Se
avesse visto Midoriya adulto, conoscendolo già da
bambino al piccolo Bakugou sarebbe sembrato senz’altro strano. Senza contare
poi che avrebbe potuto fare un sacco di storie, conoscendolo. Si sarebbe molto
arrabbiato di vedere Midoriya adulto e di non poterlo
raggiungere. Invece il problema era l’esatto contrario, e cioè che lui era
tornato piccolo e non sapevano come sopperire al problema.
Fortuna
che quello era principalmente un problema di Todoroki. Shinsou non aveva
intenzione di affaticarsi anche dietro a quel tipo che tutto sommato sopportava
solo per simpatia di Todoroki.
E
Ojiro per fortuna era di una tranquillità anormale.
“Possiamo
andare a fare colazione?”
“Certo,”
annuì, seguendolo che si dirigeva già fuori dalla stanza. Il tempo di voltarsi
per chiudere la porta e quando tornò a dirigersi verso le scale Ojiro era
ancora lì ad aspettarlo. Quando gli si avvicinò, gli porse la mano.
Non
se l’aspettava. Prendendola fra la sua tanto più grande, sembrava strano quanto
quella di Ojiro si perdesse adesso.
A
vederlo saltellare giù per le scale sembrava ancora più un cucciolo di gattino
di quanto lo sembrasse da ragazzo.
Era
adorabile.
“Mashirao?”
“Sì?”
“Toglimi
una curiosità, quanti anni hai?”
“Quasi
cinque!” esclamò, di buon umore.
Meno
di quanti pensasse lui. Quindi ad occhio Bakugou doveva averli appena compiuti.
“Quindi
non hai ancora iniziato le elementari?”
“No!
Io non ho tanta fretta di andarci, alle elementari! Tutti i miei compagni non
vedono l’ora, perché lì iniziano ad insegnarti ad usare meglio il quirk. Ma tanto il mio io lo so già usare bene!”
Shinsou
sorrise, “Perché ci sei nato, certo.”
“Sì!
Prima, quando ero piccolo, era piccola anche lei,” esclamò, e Shinsou fu
tentato di fargli notare che piccolo lo era ancora, ma tacque, “E poi, quando
ho compiuto quattro anni, si è allungata un po’, fino a qui,” spiegò ancora,
indicandosi le spalle, “Il dottore dice che crescerà insieme a me...io spero
che diventi sempre più forte! Così, almeno, potrò allenarmi anche io a
diventare eroe, se decido che voglio farlo!”
“Diventerà
più forte se l’allenerai.”
“L’allenerò
tantissimo!”
Arrivato
in sala, Ojiro rimase per un attimo fermo, tenendo ancora la mano di Shinsou.
Di gente ce ne era davvero tantissima.
Un
sacco di persone che non aveva mai visto.
Per
un momento si strinse a Shinsou, ancora scalzo e con solamente una maglia
troppo grande per vestito, quasi desideroso di tornare al sicuro in camera, di
sopra. Ma Shinsou non glielo permise.
Si
inginocchiò accanto a lui e gli mise una mano sulla schiena, “Cosa c’è? Sono
tutti aspiranti eroi anche loro, sai?”
“Sì,
però...”
“Stai
tranquillo, andrà tutto bene. E di sicuro tra poco tornerai a casa.”
“Pensi
che quel signore di ieri abbia già chiamato la mamma?”
“Sicuro!
Ma adesso...”
“Waah! Ma che bambino super adorabile!” la voce di Mina li fece
sobbalzare tutti e due, e Ojiro tentò di nascondersi di nuovo ma Mina, e subito
dietro di lei Hagakure, non gliene diedero modo. Lo
presero e lo strinsero a loro quasi fino a soffocarlo.
“A-aiuto!”
“Oh
scusa tesoro!”
“Vieni,
c’è la colazione!”
“Oh,
e poi Momo-chan ti ha preparato dei vestiti!”
“Lasciatelo
respirare, ragazze!” intervenne con enfasi Momo stessa, “Su, spostatevi!
Lasciatelo in pace!” fece, prendendolo per mano e trascinandolo più verso di
sé, “Ecco, vieni. Andiamo.”
Lo
portò alla tavola dove già gli altri erano a fare colazione, anche se con la
coda dell’occhio Shinsou notò subito l’assenza di Midoriya.
Non c’era.
Forse,
memore di com’era Bakugou da bambino, quando Todoroki aveva raccontato la
storia aveva pensato bene di sparire.
Non
che fosse servito a qualcosa.
Sentiva
comunque la voce di Bakugou che urlava, nella zona dei divani.
“Stanno
litigando?” domandò Ojiro, cercando di allungarsi a guardare cosa stava
succedendo.
“Non
te ne preoccupare,” sentenziò Shoji, prendendolo da
sotto le ascelle per tirarlo su e farlo sedere fra sé e Shinsou. Ochako aveva preparato in precedenza due sedie con due o
tre cuscini per permettere loro di arrivare al tavolo e mangiare, ma quella di
Bakugou era ancora vuota, ovviamente.
E
anche quelle di Todoroki e Kirishima lo erano, oltre
quella di Deku accanto alla ragazza.
“Ditemi
dov’è Deku? Che cosa gli avete fatto?!”
“Niente ti dico! Sta ancora dormendo!”
“Non mentire, capelli strani! Io lo conosco Deku,
quello scemo si sveglia sempre presto! Voi ve la siete presa con uno che non si
può difendere, altro che aspiranti eroi!”
“Ma
non è vero, Katsuki. Ti assicuro che...”
“Tu
zitto! Sei quello più sospetto di tutti!”
“Ma
io...”
“Zitto
ho detto! Liberate Deku altrimenti vi faccio saltare
in aria!”
“Non
credo che tu possa riuscirci.”
“Stai
a guardare allora, maniaco a metà!”
Kirishima non riuscì ad
evitarsi di scoppiare a ridere, così forte da piegarsi in due e non riuscire
neanche a irrobustirsi quando Bakugou gli tirò un calcio sullo stinco.
Ma
in verità quasi non se ne accorse comunque.
“Cos’hai
da ridere, capelli strani?!”
Kirishima scosse il capo,
“Accidenti se non sei cambiato per nulla crescendo!”
“Ma
che stai dicendo, tu?”
“Katsuki, per favore...” mormorò di rimando Todoroki,
“Andiamo dagli altri, fai colazione e mettiamo dei vestiti decenti...”
“No!
Prima portatemi da Deku!”
“Magari
vuole solo vedere se sta bene, kero” intervenne Tsuyu,
avvicinandosi con una tazza di latte in mano, “Ci inventeremo qualcosa per
spiegare il problema, no? Tanto crederà a tutto, è solo un bambino.”
“Ma...Tsuyu-san...”
“Prima
però finisci tutto il latte, Bakugou!”
“Non
prendo ordini da...cosa sei, un rospo? Ahia!”
La
lingua di Asui lo colpì in faccia prima che potesse
finire la frase, “Che impertinente, kero.”
“Ma
è vero che sembri una rana! Ci fai pure il verso!”
“Rane
e rospi sono molto diversi, kero!”
“Allora
sei una rana, fa lo stesso! Il latte non lo bevo! Dov’è Deku?”
“Midoriya sta dormendo, kero,” continuò Tsuyu, “Nell’aspettare che Todoroki va a svegliarlo, fai
colazione.”
Bakugou
rimase in silenzio per un po’, poi puntò il dito verso Tsuyu
quasi con fare minaccioso, ma l’unica cosa che ottenne fu di far ridere Kirishima ancora di più.
Non
era per nulla minaccioso come lo sarebbe stato il Bakugou adulto.
Era
solo...tenero.
“Va
bene, ragazza rana. Ma se quando ho finito non è sceso, lo vado a cercare io!
Capito?”
“Capito,
kero.”
Todoroki
sospirò “Allora...lo vado a chiamare,” mormorò. Non gli sembrava una buona
idea.
Come
avrebbero spiegato la differenza d’età?
Ritrovarsi
davanti Midoriya fu uno shock per Bakugou, Todoroki
lo capì dal modo in cui gli occhioni rossi si
spalancarono ancora di più e da come, d’improvviso, fece silenzio.
Guardava
Midoriya di continuo, e di sicuro riconosceva in lui
il suo piccolo amichetto, gli occhi verdi, i capelli scarmigliati e le
lentiggini non lasciavano spazio a dubbi.
Eppure
allo stesso tempo era diversissimo, essendo un adulto ora.
Bakugou
drizzò le spalle, “Non chiamarmi così! Solo Deku può
chiamarmi così!”
“Ma...Kacchan sono io, Midoriya. So
che...ti sembra strano ma....”
“Non
dire bugie! Deku è più piccolo di me. E’ alto così e
piccolo così! E’ una mammoletta e devo sempre stare
attento alle esplosioni quando gioco con lui! Non puoi essere tu!”
Midoriya sbatté le
palpebre, a quelle parole. Ecco perché non voleva scendere. Sapeva per certo
che poi sarebbe stato un problema far capire a Bakugou come stavano le cose.
Ma
per qualche motivo Todoroki era venuto a chiedergli di raggiungerli, che non
riuscivano a calmare il piccolo Katsuki.
E
adesso cosa poteva inventarsi?
“Ah,
Bakubro, vedi...”
“Com’è
che mi hai chiamato?!”
“Preferisci
piccolo, dolce Kacchan?”
“Ma
chi ti ha detto che puoi chiamarmi come vuoi, capelli strani? Smettila subito!”
Quando
lo vide far scoppiettare i palmi, Kirishima rise di
gusto, ma alla fine alzò le mani. Era meglio cercare di non scatenare un
putiferio. Non che temesse che Bakugou con quelle manine minuscole potesse
realmente fare danni, ma il suo orgoglio, se già l’aveva, ne avrebbe risentito.
“Ma
come, non posso?”
“No,
assolutamente no!”
“Ad
ogni modo, Bakugou,” intervenne pian piano Todoroki, “Quello è Midoriya. Ha solo, uhm...subito l’effetto di un quirk. Vero, Midoriya?”
“Ah, sì, sì, esatto!” esclamò subito Midoriya di
rimando, “E mi sono ritrovato grande d’improvviso! Che strano, vero?”
Bakugou
rimase fermo per qualche istante, le braccia conserte, “Al mondo ci sono Quirk davvero inutili,” decise, “Quindi è così che
diventerai da grande, Deku? Allora io sicuramente lo
sarò molto, molto di più!”
“Eh,”
la risata di Midoriya si fece vagamente isterica,
“Già...”
“A
tua mamma l’hai detto? Quella sicuramente è super preoccupata!” continuò
Bakugou, ora quasi annoiato, “Ma non ho capito, se è lui quello che s’è fatto
colpire dal quirk perché non posso tornare a casa?
Non ho voglia di sentire la vecchia che mi sgrida per colpa vostra!”
“Eh...”
ripetèMidoriya, “Bella domanda...”
“Allora?”
“Ecco...”
Lì
per lì anche Todoroki e Kirishima sembrarono in
difficoltà davanti a quella domanda tutt’altro che insensata. Ma non potevano
rispondere la verità.
O
meglio, avrebbero potuto anche, ma poi chi lo sentiva Bakugou che urlava che
non era possibile che si era fatto giocare in quel modo da un quirk stupido come quello? E se poi fosse scappato di
nuovo?
Todoroki
rabbrividì solo al pensiero.
Adesso
era anche tutto vestito e imbellettato e con tanto di scarpe, grazie a Momo, e
aveva anche la pancia piena. Non ci sarebbero state la stanchezza e il male ai
piedini a fermarlo, stavolta, come il giorno prima.
Dovevano
assolutamente impedire che scappasse.
Per
questo, non poterono che ringraziare la buon’anima di Shinsou che era andato a
chiedere a Aizawa dove dovevano mettere i bambini durante le lezioni, visto che
la cosa aveva fatto piombare Aizawa lì al dormitorio per venirli a cercare.
“Che
cosa state facendo ancora qui?” tuonò l’uomo, “Filate in classe tutti e tre,
disgraziati!”
“Ma...e
Bakugou e Ojiro...”
“Staranno
nel dormitorio dei professori insieme a Eri. Si occuperà AllMight di tenerli a bada.”
“AllMight?” tuonò Bakugou,
d’improvviso iper eccitato, “C’è AllMight? Dov’è? Deku, hai
visto AllMight senza di
me? Sei un traditore!”
“Ma...ma
no, Kacchan, AllMight non c’è qui...”
“Ma
quel tipo che non ho mai visto lo ha nominato!”
“Il...il
fratello!” esclamò subito Kirishima “Il fratello di AllMight ha detto, giusto
professor Aizawa?”
L’uomo
inarcò un sopracciglio, appena scettico, poi alzò gli occhi al cielo. “Immagino
di sì. E adesso voi filate in classe! Tu, Bakugou, vieni con me.”
“Ma
io neanche sapevo che AllMight
avesse un fratello, questo è impossibile! E poi perché io devo venire con te e Deku no? Deku, dove stai andando?”
“E-ecco...”
“Midoriya va a farsi controllare per vedere di eliminare gli
effetti di questo dannato quirk il più in fretta
possibile,” ribatté Aizawa, padrone della situazione, “Così tornerete a casa
insieme e non ci saranno problemi. Nel frattempo che aspetti, starai con
l’altro bambino che si è perso e...altri eroi.”
Bakugou
guardò Aizawa e poi puntò i suoi occhietti rossi e vispi su Midoriya,
“E va beh. Però sbrigati, Izuku.”
Midoriya si ritrovò a
sorridere. Era da un sacco di anni che non lo chiamava più per nome, ormai a
malapena lo chiamava per cognome.
Era...strano,
sì. Era strano riavere in mezzo quel bimbetto che già iniziava ad infastidirlo
per il fatto di essere un quirkless, ma che tutto
sommato ancora lo considerava suo amico e gli voleva bene.
Con
gli anni, poi, le cose erano cambiate tanto e in fretta.
Ma
a quel tempo lo chiamava per nome, giovano insieme, spesso e volentieri.
A
quell’età, Kacchan era ancora il suo migliore amico.
“Va
bene, Kacchan. Tranquillo!”
In
un primo momento, Kirishima né Todoroki commentarono
quello che avevano sentito. Un Bakugou tutto preoccupato per Midoriya, che lo chiamava per nome.
Più
la seconda cosa era davvero strana.
Che
Bakugou tutto sommato stimasse e apprezzasse, a modo suo, Midoriya
l’avevano capito negli anni. Ormai era chiaro a tutti.
Ma
quanto gli volesse bene da bambino, prima che qualsiasi cosa fosse successa li
cambiasse, quella era una novità assoluta.
“E
così...è proprio un caro bambino che si preoccupa per te, eh, Izuku?” lo prese in
giro Kirishima, divertito.
Midoriya si fermò a metà
strada, guardandosi le scarpe rosse sempre presenti.
Kirishima non ne aveva
neanche idea, di quanto fosse davvero così.
“Io
e Kacchan siamo cresciuti insieme fin da quando ne ho
memoria, perché le nostre mamme sono amiche. Poi, con gli anni sono cambiate un
po’ di cose, però...beh sì. Direi di sì, Kirishima-kun...”
Kirishima rise, “Pensa
che ieri sera diceva che eravamo dei mostri ad essercela presa con te, che eri un
quirkless piccolo e indifeso! Mi ha fatto un sacco
senso vedere Bakugou in miniatura minacciarci per difendere te!”
Midoriya rise, “Già...”
“Ma
perché diceva che eri un quirkless, Midoriya?” intervenne anche Todoroki, curioso, “Non lo eri,
giusto?”
“Ecco
io...io ho...” inventa, MidoriyaIzuku, inventa qualcosa.
Coraggio. “Io ho sviluppato il mio quirk un po’
dopo, rispetto al normale. Insomma, non proprio allo scoccare dei quattro anni,
ecco.”
Todoroki
lo fissò a lungo, come se non fosse del tutto convinto. Kirishima,
invece, pareva non essersi neanche posto il problema più del necessario. Come
se, in fondo, il fatto che Bakugou fosse così piccolo adesso già giustificasse
di gran lunga alcune follie che diceva.
Follie per loro, quantomeno.
“Capisco,”
annuì alla fine l’amico a metà, “Andiamo in classe adesso.”
“Mashi-chan!” All’urlo acutissimo di Ashido,
il piccolo Mashirao si girò, guardandola.
Aizawa
era ancora accanto a lui e a Bakugou, dopo averli riportati in dormitorio alla
fine dell’orario di lezione, e per qualche motivo per prima cosa alzò gli occhi
su di lui, come a chiedere il permesso di andare.
In
qualche modo, pur avendo tenuto i bambini da solo per appena un’ora e averli
mollati tutto il resto del tempo a AllMight e Eri, era comunque riuscito a far valere la sua
autorità.
Almeno
su Ojiro.
Bakugou
neanche lo calcolava.
Appena
entrato nel dormitorio, infatti, era corso verso Midoriya.
Non credeva, Aizawa, che avrebbe mai visto quella scena prima della sua morte,
Bakugou che va a cercare Midoriya e lo tirava per la
manica, per attirare la sua attenzione.
E
che gli parlava normalmente.
Ah, i bambini. Che creature
strane.
Fece
un cenno del capo a Ojiro e quello, dopo essersi aperto in un timido sorriso,
corse verso Ashido che ancora lo stava aspettando.
Appena
lo ebbe vicino, Mina lo prese da sotto le ascelle e lo tirò su, ad altezza
viso. Per qualche ragione Mashirao arrossì di botto, la coda che disegnava
piccoli cerchi nell’aria.
“Vuoi
giocare con noi, piccolo tenero Mashirao?”
“A-a che cosa?”
“Stavamo
per giocare a Uno, vero Tooru-chan? Giocate anche
voi, Momo-chan? Ochako-chan?
Tsuyu-chan? Kyoka-chan?”
“Sì,
va bene!”
“Perché
no.”
“Io
ci sono, kero.”
“Ashido, mettilo giù. Questa è violenza su minori!”
“Ah,
giustappunto! Visto che sei qui, Shinsou-kun, vieni vieni! Gioca con noi!”
“Non
mi interessa,” sospirò lui. “E Uno non è un gioco per un bambino di cinque
anni.”
“Perché
no?” mormorò il diretto interessato, ancora in braccio a Mina che pareva del
tutto intenzionata a non lasciarlo scendere, “Non ci posso giocare?”
“Sì
che puoi,” fece Shinsou, “Ma non penso che ti possa piacere. E’ un gioco di
carte e tu sei piccolo.”
“Però
posso provare lo stesso?”
“Oh,
Shinsou, ho un’idea!” trillò Hagakure, prendendolo
per il braccio, “Vieni vieni!”
Shinsou
sospirò, “Faccio a meno volentieri dalle vostre idee. Siete pericolose, tu e Ashido...”
Lo
fece sedere quasi a forza a capotavola e Shinsou, seppur controvoglia, seguì il
movimento.Una volta che fu seduto,
prima ancora che potesse lamentarsene, Ashido gli
piazzò sulle ginocchia il piccolo Ojiro e Tooru gli
passò le carte.
“Ma...”
“Così lo aiuti tu a giocare, no?”
“Non
è una cattiva idea,” rise Kyoka, continuando a
passare le carte anche alle altre ragazze, “Perché tu stai iniziando adesso a
leggere e scrivere, vero piccolo?”
Mashirao
annuì, “Sì,” disse, per poi alzare il capino verso
l’alto, per poter vedere come riusciva Shinsou, “Scusa fratellone...” mormorò,
quasi in imbarazzo.
Neanche
fosse stata sua l’idea e non di quelle due squilibrate.
Dio
solo sapeva come facesse Sero a stare insieme a
quella pazzoide di Ashido, anche se in effetti
neanche Hanta era sano di mente.
Sì,
a pensarci si somigliavano pure troppo.
Dio
li fa e poi li accoppia, si dice.
“Non
ti preoccupare,” sorrise, carezzandogli la testolina bionda e scarmigliandogli
tutti i capelli. L’adulto non glielo faceva fare, quindi perché non
approfittarne adesso. Il piccolo Ojiro non fece neanche caso di avere adesso
tutti i capelli alla rinfusa e invece fissava il piano di gioco come se ne
fosse davvero interessato.
Forse
lo era. In fondo le ragazze facevano sempre una gran confusione giocando e
sapevano come renderlo divertente.
“Tocca
a te, piccolo,” sorrise Ochako, “O un cinque o un
numero rosso,” lo aiutò.
Ojiro
abbassò gli occhi sulle sue carte, che era Shinsou a tenere su in modo che
fossero tutte alzate e le altre non potessero vederle. Non lo aiutò a
scegliere, ma sorrise quando Mashirao puntò il ditino su un cinque blu e alzò
gli occhi su di lui.
“Si,
quello va bene,” gli disse, prendendolo per la vita per evitare di farlo cadere
quando lui prese la carta e si allungò sul tavolo per poggiarla perfettamente
sopra le altre.
All’urlo
di Ashido, sobbalzarono entrambi.
“Ma
sei matta?!”
“Ma
io non ce l’ho il colore blu! Cattivi!”
“Scusa...”
“Non
devi chiedere scusa, Mashirao,” sogghignò Shinsou, “Queste sono le regole del
gioco.”
“Uffa!
Siete cattivi, così devo pescare!”
“Facciamo
così, pesca anche per me, Mina-chan!” esclamò Jirou, buttando giù un più quattro a cui Ashido rispose con un enorme gridolino.
“Mostro,
Kyoka-chan!”
“Ma
che avete da urlare tanto?” s’intromise Satou dalle
scale che stava ancora scendendo.
In
mano aveva un enorme vassoio con uno dei suoi famosissimi dolci e a Ojiro venne
subito l’acquolina in bocca.
“Mina
non ama perdere!”
“Ah,
capisco. Volete una fetta di plumcake?”
“Sì!”
Satou rise dell’entusiasmo
di Ojiro e ancora di più quando Shinsou starnutì uno, due volte di fila,
stuzzicato dalla peluria della coda di Ojiro che da quando Satou
era comparso con il dolce non faceva altro che scodinzolare.
“Ma
a proposito di dolci, io l’avevo fatto per i bambini,” esclamò Satou porgendo a Ojiro il suo piatto, “Dov’è finito
Bakugou?”
“Era
con Deku-kun prima,” rispose Ochako,
“Non so dove lo abbia portato...”
Midoriya tirò subito
fuori il cellulare, leggendo di sfuggita il messaggio di Shinsou e tenendo
d’occhio nello stesso momento Bakugou.
Era
più complicato del previsto.
Bakugou
era una peste, questo lo ricordava da sempre. Il problema era che l’idea di
essere alla Yuuei lo aveva anche reso iperattivo,
adesso, più del solito quantomeno, ed era tutto il pomeriggio, dal momento
esatto che era rientrato in dormitorio, che lo portava avanti e indietro per
tutta la scuola.
Voleva
vedere la palestra, la piscina, la mensa –per fortuna
vuota in quel momento- e tutti i luoghi dove anche AllMight aveva studiato. Anche lui era stato così i
primi giorni prima dell’inizio delle lezioni, elettrizzato all’idea di essere
così vicino al suo sogno e di vedere il luogo dove AllMight era stato formato per diventare il meraviglioso
eroe che era riuscito ad essere. Quindi lo capiva.
Ma
non riusciva a smettere di essere ansioso: era meglio se non si facevano
vedere, che succedeva se incontravano qualcuno della B –anche
se a quell’ora probabilmente erano tutti quanti in Dormitorio a studiare per il
giorno successivo- o se qualcuno li riconosceva? E poi, soprattutto, non
riusciva a smettere di pensare a Todoroki.
Quando
erano rientrati dalle lezioni, avevano trovato Bakugou, Ojiro, Eri e Aizawa
nella saletta. Aizawa se ne stava seduto placidamente annoiato sul divano,
palesemente voglioso di andare a fare altro, tanto che era Eri che si stava
occupando dei bambini. Ormai aveva quasi otto anni, era una bambina molto più
solare e serena adesso, stava imparando a controllare il suo reale potere a
piccoli passi, aveva anche iniziato ad andare a scuola con altri bambini
quell’anno –Aizawa non si era sentito di farglielo
fare prima per sicurezza, non volendo che il suo potere facesse erroneamente
del male a qualcuno- e questo si manifestava bene nel modo in cui riusciva a
gestire i due bambini più piccoli. Non tanto Ojiro, lui non era un problema, ma
anche Bakugou le dava retta –più o meno.
Almeno
finché non l’aveva visto.
“Ah,
Deku!” aveva sbottato, correndogli incontro, “Eccoti!
Ci hai messo un sacco!”
“Mi...dispiace,
Kacchan. Tu stavi giocando con Erichan?”
“Io
non gioco con le femmine! Ci ha fatto vedere come si fanno le mele caramellate
e adesso ci stava raccontando di come gli eroi l’hanno salvata. Bello, eh?Gli eroi sono proprio incredibili!”
“Ah,
ecco perché la stavi ad ascoltare...” aveva ridacchiato Midoriya,
spostando l’attenzione su Erichan che gli aveva
rivolto un gran sorriso, salutandolo con la mano libera mentre con l’altra
teneva quella di Ojiro.
Sarebbe
stata un’ottima sorellona, si era ritrovato a
pensare, prima che Bakugou se lo trascinasse via. O meglio, ci provasse, e lui
decidesse quindi di seguirlo.
Aveva
alzato solo gli occhi verso Todoroki, scusandosi in silenzio. Avrebbe anche
voluto vedere l’espressione dell’altro, ma non aveva fatto in tempo.
E
dopo un’ora era ancora lì che girava, su e giù, di qua e di là.
Almeno
Bakugou era tranquillissimo. Non l’aveva mai visto così. Cioè, saltellava
praticamente sul posto, ma per il resto non dava fastidio a nessuno.
Anzi,
era tenero a vederlo così.
“Kacchan, ti va se torniamo indietro? Non hai voglia di fare
merenda?”
Bakugou
alzò su di lui uno sguardo di estrema sufficienza. “Sei proprio scemo, Deku. Sei alla Yuuei e pensi solo
a mangiare! Non ci pensi che se giriamo per bene e guardiamo tutto potremmo
anche incontrare AllMight
in persona?”
Midoriya, per tutta
risposta, mosse le mani davanti al viso, agitato, “Ah, no, non è possibile che AllMight sia qui, Kacchan! E’ assolutamente impossibile! Vieni adesso andiamo
a fare merenda, coraggio, sono sicuro che la torta di Satou-san
ti piacerà. Cioè non che io sappia com’è la torta di Satou-san
eh cioè neanche che lui di solito faccia torte voglio dire...-”
“Deku, ma che stai dicendo? Parli troppo veloce, non si
capisce niente!”
“Perfetto
così, non importa se non hai capito nulla! Forza, forza, vieni a fare merenda!”
“Ma
io...Aspetta! Uffa, non vale che tu adesso sei più grosso e riesci a
trascinarmi! Deku!”
Ma
Midoriya lo ignorò volutamente, continuando a
camminare verso il dormitorio. Non era cattiveria né reale svogliatezza di
stare con Bakugou, anzi era contento e quella situazione gli creava tanta
nostalgia.
Ma
aveva davvero terrore di quello che poteva succede ad incontrare qualcuno...o AllMight. Non che Bakugou
potesse riconoscerlo, era impossibile, lui stesso non l’avrebbe mai
riconosciuto se non l’avesse visto con i suoi occhi.
E
poi era preoccupato anche per Todoroki. Gli dispiaceva per l’amico e non
avrebbe mai voluto che ce l’avesse con lui per quella storia.
A
lui Bakugou non interessava, era solo un caro, vecchio amico. Quasi un
fratello, non fosse che Bakugou non lo trattava affatto con lo stesso garbo.
Anche se era molto migliorato, negli anni, non era più un problema considerarlo
un suo caro, carissimo amico. E un buon compagno d’allenamento e combattimento.
Però
poteva anche capire che magari Todoroki rischiava di prenderla un po’ sul
personale.
Non
era così sciocco da non capire certe cose così ovvie.
“Allora
dov’è questa merenda? Mi hai trascinato fino a qui, adesso la voglio!” sbottò
Bakugou, entrando per primo di nuovo in dormitorio, Midoriya
al seguito.
Todoroki
era seduto sul divano ma neanche li guardò, almeno non sembrava lo stesse
facendo. Lo vide però stringere la presa sul libro che stava leggendo, o
facendo finta di leggere.
Povero
Todoroki. Doveva parlargli. Per forza. Solo che per dirgli cosa?
“Bakugou-kun, vuoi anche tu una fetta di plumcake?”
chiese cordiale Satou, avvicinandosi con il dolce già
affettato in mano.
“Sì,
adesso la voglio! La mia deve essere più grande, però!”
“Non
avevo dubbi,” se la rise Satou, mentre tagliava la
fetta richiesta.
“E
da bere?”
“Oh,
beh...posso farti una spremuta. Non ci avevo pensato...”
“La
spremuta va bene,” affermò Bakugou, sedendosi a terra al tavolino basso per
poter mangiare in santa pace.
Praticamente
davanti a Todoroki.
Avrebbe
voluto fare qualcosa per loro due, sul serio, ma con quel Bakugou tornato
bambino c’era poco da fare. Non si fidava granché neanche di Kirishima, maltrattava tutti. Non era questione di fiducia
o sfiducia, come poteva esserlo per il piccolo Ojiro.
Semplicemente
era Bakugou.
Che
lo conosceva da anni.
“S-senti, Todoroki-kun...”
“Mh? Che c’è, Midoriya?”
“Beh,
ecco...-”
“Smettila
di far tremare il tavolo, Mina-chan, kero!” la voce di
Asui lo interruppe prima ancora che potesse iniziare
a parlare.
Accidenti.
O
forse per fortuna.
Voleva
davvero consolare il suo amico, Midoriya, ma che
dire? E come?
“Oh,
ma siete davvero cattive, ve la prendete sempre con me! Non sono io!”
“Allora
se non sei tu chi è?” domandò anche Shinsou, ma stava già guardando la
bottiglia e l’acqua al suo interno che già aveva iniziato a ondeggiare.
In
pochi secondi quello che all’inizio sembrava solo un lieve tremore diventò
molto più forte. La bottiglia d’acqua si rovesciò a terra e a giudicare
dall’enorme botto dal piano di sopra, qualche mobile doveva aver ceduto. O
forse era caduto qualcosa da librerie e scrivanie.
“Il
terremoto!” urlò Uraraka, alzandosi in piedi.
“State
tutti quanti calmi!” tuonò la voce di Iida dai divani
dietro di loro, “Non succederà nulla! Il dormitorio della Yuuei
di certo non ci cadrà in testa!”
“Ma
le nostre stanze alla fine saranno ridotte un disastro!” gracchiò Tooru.
“Pensate
che dovremmo uscire?” chiese Sero, guardandosi
intorno, “Voglio dire, non ci cadrà in testa, ovvio, ma sembra bella forte...”
“Bakugou?!”
Todoroki alzò di scatto il capo, cercando Katsuki con
gli occhi. Se era da solo...ma non era da solo.Si era già avvicinato a Midoriya, come sempre
da quando era tornato bambino. E se non era con lui, era con Kirishima e Kaminari.
Lui
era troppo noioso per un bambino.
Ma quantomeno, era al sicuro. Non sarebbe crollato nulla ma, in caso, c’era Midoriya a proteggerlo.
Non
ci poteva fare nulla per quello, dopotutto Bakugou conosceva Midoriya fin da quando erano bambini e quindi, costretto in
un posto nuovo, era ovvio si attaccasse a qualcuno che già conosceva bene. Era
del tutto normale.
Per
questo non poteva proprio farci niente se Bakugou passava tutto il tempo con Midoriya e per lui non aveva che smorfie. Non poteva
trattarlo come trattava l’adulto.
Era
un bambino.
Solo
un bambino. E ancora di più adesso, in quella falsa tranquillità che non
riusciva a nascondere, non a lui, quegli occhioni
rossi e spaventati.
“Dura
anche tanto...” mormorò Midoriya, guardandosi
intorno. La tv sembrò sul punto di cadere, ma Shoji
era già lì a sorreggerla.
Sorprendendolo,
la mano di Bakugou, che era accanto a lui, cercò la sua e gli prese subito due
dita, stringendole forte nel pugnetto. A guardarlo,
però, si dimostrò già bravo a dissimulare la paura.
Ojiro
non sembrava intenzionato ad essere altrettanto fintamente coraggioso, invece.
All’ennesimo botto dal piano di sopra, infatti, aveva arpionato il braccio di
Shinsou con entrambe le mani.
Tremava
come una foglia, lo vedeva da lì.
Shinsou
si alzò in piedi, tenendolo fra le braccia e carezzandogli la schiena e i
capelli. “Va tutto bene, Mashi, è tutto apposto. Qua
siamo al sicuro.”
Mashirao
singhiozzò, stringendosi ancora di più a lui, “Ho paura...”
“No,
no, va tutto bene! E’ tutto apposto!”
Alla
sua età, ricordò Midoriya, anche lui aveva sempre
paura durante i terremoti. Piangeva sempre come un pazzo e solo sua madre
riusciva a calmarlo. Però per quanto piangesse, Bakugou non l’aveva mai preso
in giro, in quelle occasioni spaventose.
Erano
le poche volte che non lo chiamava piagnone o femminuccia.
Ma
da bambino non aveva mai notato quanto anche Bakugou avesse paura, per lui era
forte e coraggioso. E voleva essere come lui, lo ammirava tanto.
Adesso
che era grande, e si ritrovava quel piccolo Bakugou vicino, si rendeva conto di
quanto si fosse sbagliato. Ma non su tutto, però.
Lo
ammirava comunque, per il suo coraggio.
Bakugou
attirò di nuovo l’attenzione di Midoriya, tirandogli
la manica, “Scommetto che hai paura, Deku,” gli
disse, ma il tono era appena un sussurro. “La Yuuei
non...non crolla. Fifone.”
Midoriya sorrise,
abbassandosi alla sua altezza, “Hai ragione, Kacchan,
non crolla,” sussurrò, sforzandosi di non carezzargli i capelli solo per quieto
vivere, anche se era abbastanza certo che non gli avrebbe detto nulla sul
serio, stavolta.
Pareva
davvero spaventato. Tanto che, infatti, all’ennesimo tonfo dal piano di sopra
sobbalzò anche lui.
“E’
tutto apposto, Kacchan.”
“Lo...lo
so bene. Che...che credi?”
“Perché
non finisce?!” gracchiò Ojiro, che invece era sul punto di piangere nonostante
Shinsou cercasse di consolarlo come riusciva.
Ma
non era davvero in grado. Proprio no.
“Voglio
andare a casa!”
Bakugou
si morse il labbro, forte, “A-anche io...” pigolò.
“Oh,
no, no, no, Kacchan! Non...non...”
“Cavolo
non ci credo! Sta piangendo?!” la voce di Kaminari
risultò acuta come al solito, ma stranamente non troppo sul punto di ridere.
“I-io non piango!”
“No,
certo che no!” sorrise invece Kirishima, indicandogli
il soffitto, “E poi guarda, guarda, ha quasi finito. Il lampadario è quasi
fermo!”
Bakugou
alzò pian piano gli occhi, lucidi e sgranati, e come lui anche Ojiro fece lo
stesso gesto, ancora ancorato alla felpa di Shinsou.
“Ha...ha
finito?”
“Pare
di sì,” sorrise Shinsou, carezzandogli i capelli come poteva. La coda, infatti,
gli si era ben arpionata al polso. Non che gli impedisse troppo i movimenti, ma
aveva paura di fargli male, strattonandolo.
“V-vistoDeku? Che...che ti avevo
detto? Non...non crolla la Yuuei...”
“Eh,
già...”
Il
professor Aizawa aprì la porta di botto, in quell’esatto momento. Li guardò ad
uno ad uno e poi fissò i due bambini, uno ancora in braccio a Shinsou e l’altro
che teneva ancora la mano di Deku, ma adesso guardava
Kirishima che faceva le boccacce.
“State
tutti bene?”
“Certo
che sì, prof!” esclamò Sero, “E’ antisismica la Yuuei, no?”
“Ovvio,”
sbuffò Aizawa, “Ma la scossa è stata molto forte. Andate a controllare se ci
sono stati danni al piano di sopra e mettete tutto in ordine.”
“Sì,
professore!”
“Uffa,
ma subito?!”
Shinsou
stava per ribattere che lui ci sarebbe andato più tardi, perché non aveva
minimamente intenzione di lasciare il piccolo Ojiro da solo né portarselo di
sopra a vedere il caos della stanza, che sicuramente c’era stato.
I
libri, la sveglia, di sicuro tutto quello che aveva sulla libreria era venuto
giù. La scossa doveva essere stata poco profonda o molto vicina a loro.
Ad
ogni modo, non era sicuro che il piccolo Mashirao fosse abbastanza tranquillo,
gli tremava ancora fra le braccia e gli teneva ancora la felpa ben salda nei pugnetti.
Aizawa
lo guardò appena con la coda dell’occhio, lui e poi Bakugou, che era nella
stessa situazione e di cui pareva si stesse prendendo cura Kirishima,
e non sembrò avere nulla in contrario perché non aggiunse altro.
Anzi
annuì, a nessuno dei due in particolare, come se fosse soddisfatto ad ogni
modo.
Non
sapeva di cosa. Di lui non di certo, che si limitava a stare lì col bambino in
braccio e carezzargli la schiena.
Forse
era per Kirishima.
Lui
era bravo coi bambini. Di sicuro stava facendo un sacco di idiozie o facce
buffe, perché Bakugou rideva così di gusto che non si era neanche accorto che Midoriya si era allontanato.
In
effetti, con tutte le figures di AllMight che aveva nella stanza, doveva essere
preoccupato che si fosse rotto tutto. Con quello che costavano.
Qualcuno
gli picchiettò sulla spalla, ma non sentì voci a chiamarlo. Girandosi, vide che
c’era solo Koda.
Strano,
lui di solito gli stava ben alla larga. In effetti, era completamente la sua
antitesi, il timido Koda, nonché a pensarci bene il
suo perfetto rivale: non parlando, non avrebbe potuto usare su di lui il suo Quirk. Per fortuna non si era mai ritrovato contro di lui.
“Oh...”
la vocina di Ojiro tremava ancora, ma riuscì a staccargli la mano dalla felpa per
allungarla verso il compagno di classe. Si accorse solo in quel momento che in
braccio Koda aveva il suo coniglietto bianco. “Il
coniglietto sta bene?”
Koda annuì
ripetutamente.
“Ha
avuto paura anche lui?”
Koda annuì di nuovo,
più volte. Ojiro non sembrava fare molto caso al fatto che l’altro non
rispondesse mai a voce, invece fissava gli occhietti neri e vispi dell’animale.
“La
mamma dice sempre che gli animali sentono il pericolo prima di noi. Se è
tranquillo significa che va tutto bene?” chiese ancora Mashirao, fissando
stavolta Koda. Che neanche a dirlo, annuì di nuovo.
“Ma
certo che va tutto bene,” fece anche Shinsou, approfittandone subito.
Aveva
smesso di tremargli fra le braccia, quindi si era tranquillizzato anche lui.
Meno male.
Koda aveva avuto una
splendida idea a prendere quel coniglio e portarlo lì in salotto.
“Che,
alla Yuuei si possono portare anche gli animali?!”
gracchiò Bakugou, venendo verso di loro, Kirishima al
seguito, “Solo se hai il permesso di uno dei professori,” gli rispose al posto
di Koda.
“E’
così carino!” esclamò Ojiro, “Sembra soffice! Posso accarezzarlo?”
Shinsou
alzò gli occhi al cielo, anche se Koda aveva già
annuito e si era piegato per far arrivare il coniglio alla loro altezza.
Così
anche lui fece scendere subito Ojiro, “Certo che potresti essere un po’ più
educato, Bakugou,” sbuffò.
Osservò
Ojiro solo un po’, poi decise che andava bene. Sembrava tranquillo lì a giocare
con il coniglio e Koda si occupava di loro, quindi si
avvicinò a Kirishima.
“Dov’è
finito Todoroki? Perché molla quella bestiaccia a te e Midoriya
ogni volta?”
“Bella
domanda,” sussurrò Kirishima con lo stesso tono di
voce, concitato, “Credo che sia un po’ geloso. Forse? Insomma...Gira che ti
rigira Bakugou se ne sta sempre dietro Midoriya.”
“Per
forza, è l’unico che conosce qui!”
“Lo so, ma sai com’è: tu non
saresti geloso se fossi al suo posto?”
“Forse.
Salgo alla mia stanza e a quella di Ojiro a vedere se è caduto qualcosa,” fece
sapere, “Torno subito.”
“Okay.
Io salgo dopo, anche se stanno giocando resto qui un po’. Sai se Todoroki ha la
chiave della stanza di Bakugou?”
“Mi
pare di sì, ci ha dormito stanotte. Al massimo ci passi tu dopo.”
Shinsou
rimboccò le coperte a Ojiro, pienamente soddisfatto. Finalmente era riuscito a
togliersi di mezzo Bakugou, che era andato a dormire con Deku,
per l’infelicità di Todoroki.
In
realtà un po’ gli dispiaceva.
Quando
Bakugou aveva tirato un calcio sugli stinchi del povero Midoriya
e gli aveva detto che aveva sonno e che dovevano andare a letto, lo aveva
guardato. Non aveva potuto fare a meno di notare l’aria malinconica.
L’idea
iniziale di Aizawa, di punirli chiedendo loro di occuparsi dei bambini, era andata
in fumo. Lui non trovava affatto una punizione occuparsi di Ojiro e Todoroki
non ne aveva mai occasione, visto che Bakugou aveva affermato di non fidarsi di
lui e si era appioppato a Midoriya.
Ma
dopotutto era ovvio fosse così: lo conosceva e si fidava.
Solo
che, essendo il Bakugou adulto il suo fidanzato, Todoroki non doveva prenderla
molto bene, seppur stoicamente. Non se l’era mai presa con Midoriya
e non aveva neanche fatto troppe storie.
Ma
ogni tanto lanciava occhiate sospette.
Anche
lui sarebbe stato di cattivo umore al posto suo. Per sua fortuna Ojiro non era
come Bakugou. Stava un po’ con tutti ma, avendo sentito con le sue orecchie la
strigliata di Aizawa, alla fine era a lui che chiedeva di accompagnarlo a
letto, quando aveva sonno.
Come
quella sera, prima del solito, prima ancora del piccolo Bakugou, ma se lo
aspettava. Dopo la paura del terremoto si era dato da fare per giocare a tutto
spiano, saltellando e correndo dietro al coniglio che Koda
aveva lasciato libero in giardino, sempre con lui fuori a controllarli.
Bakugou
invece aveva giocato poco, poi era tornato dentro e si era scolato tutta la
spremuta che gli aveva preparato Satou, seduto
accanto a Midoriya.
Shinsou
aveva avuto la netta sensazione che bramasse di giocare e sfogarsi come stava
facendo Ojiro, ma si tratteneva perché Midoriya non
lo faceva. Evidentemente quella cosa di non sentirsi inferiore a lui ce l’aveva
fin da bambino.
Ritornò
al piano di sotto dopo essersi chiuso il più silenziosamente possibile la porta
alle spalle, ma nella sala comunque adesso c’erano solo Midoriya
e Todoroki.
Gli altri evidentemente erano tutti presi a sistemare la propria stanza dopo il
terremoto. Anche lui ci aveva messo un po’ a ritirare su tutti i libri e i dvd
caduti a terra, ma si era sbrigato per evitare che, tornato in stanza, Ojiro
trovasse il disastro.
Per
un attimo, Shinsou rimase sulla soglia delle scale. Quei due stavano parlando
così fittamente che non voleva disturbarli.
E
di solito non farebbe neanche la spia ma...era curioso.
“Non
devi scusarti, Midoriya. Sta facendo tutto Bakugou.”
“Sì,
è vero. Però...mi dispiace comunque.”
“E’
un bambino adesso, non è la stessa cosa che se fosse adulto. Questo riesco a
capirlo anche io.”
“Però
immagino che sia frustrante...”
“A
volte. Posso farti una domanda, Midoriya?”
“Sì,
certo. Dimmi pure.”
“Bakugou
sembra molto legato a te. Io credevo che il vostro rapporto fin da bambini
fosse stato poco idilliaco, invece ti cerca sempre, ti chiama per nome.
E’...strano. Che cos’è successo tra voi che ha rotto così il rapporto?”
Midoriya per un attimo
irrigidì le spalle, da dietro dov’era nascosto Shinsou lo notò perfettamente.
Si era teso come una corda di violino.
Come
se la domanda posta fosse scomoda e indesiderata.
Eppure
non c’era niente di strano nel volerlo sapere. Avevano notato tutti che
era...diverso da come se lo erano immaginato, il comportamento di quel Bakugou
bambino nei confronti di Midoriya.
Molto
più affettuoso, per quanto burbero. Protettivo, avrebbe detto.
“Ecco...”
Midoriya deglutì, cercando nella mente una risposta
utile da dare.
E
ce n’erano tante, ovvie e realistiche, senza neanche doverci stare troppo a
pensare.
Eppure,
l’unica cosa che gli veniva in mente adesso era di lui e Bakugou, bambini, che
giocavano insieme al parco.
Prima
che Bakugou clonasse per lui il soprannome di Deku.
Inutile, nullità.
Perché
non aveva un quirk e lui sì. Lo ricordava bene quel
giorno.
Fin
troppo.
“Izuku, che stai facendo?!”
Il piccolo Midoriya alzò sul suo amico uno sguardo carico di lacrime,
gli occhi verdi lucidissimi e le guance lentigginose ancora rigate.
Bakugou gli si
sedette accanto, schiena al tronco dell’albero dietro cui si era nascosto Izuku e gambe allungate sull’erba umida della pioggia di
quella mattina.
“Ho sentito la
mamma parlare con la tua,” gli rivelò.
Izuku incassò la testa ancora di più nelle spalle.
Aveva avuto così
paura quando aveva sentito le parole del medico. Non avrebbe mai più potuto
diventare un eroe, senza un quirk. E aveva anche
paura di come l’avrebbe presa Bakugou.
Lui ci teneva
tanto. Ogni volta si vantava del suo e veniva poi a chiedergli se aveva capito
quale avesse lui.
Non aveva mai
saputo come rispondergli, e adesso sapeva perché.
“La tua mamma
dice che non hai un quirk, tu. E’ vero?”
“Io...il dottore
ha detto così. Mi...mi dispiace, Kacchan...”
“Magari si è
sbagliato. Il fratello di uno in classe con noi ha mostrato il quirk a cinque anni e mezzo, sai, invece che a quattro.
Anche i dottori sbagliano.”
“S-sì, però...”
Bakugou si alzò,
costringendo anche Midoriya a fare altrettanto, “Dai
muoviti. Torniamo a casa altrimenti tua mamma rompe!”
“Kacchan...posso chiederti una cosa?”
“Che vuoi, Izuku?”
“Ecco...se non ce l’avessi davvero, tu mi vorresti bene comunque?”
“Che scemo sei!
Certo che ce l’hai. Muoviti dai!”
Ma
al secondo anno delle elementari, IzukuMidoriya era ancora un quirkless.
Bakugou
aveva iniziato ad avvicinarsi a chi poteva contrastare il suo quirk, chi ne aveva uno, con cui poteva giocare senza
doversi preoccupare più di tanto.
Si
era allontanato lentamente, poco per volta. Con scuse stupide per non andare da
lui a giocare, anche quando sua mamma veniva a trovare la signora Midoriya.
Ignorandolo
a scuola, a mensa, al parco.
Fino
al giorno in cui aveva davvero coniato quel soprannome.
“Kacchan! Kacchan...avevi detto
che anche se non avevo un quirk saremmo rimasti
amici!”
“Io non l’ho mai
detto! Figurati se sono amico di uno che non ha neanche un quirk!”
“Ma, Kacchan, non è colpa mia se non ne ho uno. Io lo volevo
tanto, qualcosa che mi permettesse di non sfigurare accanto al tuo...”
“Impossibile!
Quelli come te sono destinati sempre a sfigurare con me! Sei solo un inutile mammoletta, un piantagrane piagnone! Sei...un Deku! Sì, Deku! Da oggi ti
chiamerò così!”
“Beh,
credo sia normale, no, Todoroki-kun?” ridacchiò alla
fine, scuotendo appena il capo per ritornare alla realtà. “Voglio dire, si
cresce. Si cambia un po’. Kacchan ha sempre avuto me
intorno perché le nostre mamme erano amiche. Alla fine deve aver deciso che ero
troppo noioso, e mi ha messo da parte,” sorrise, “Ma io sono sempre stato
parecchio confuso. Ammiro ancora tantissimo Kacchan e
quando ero bambino era...quasi un idolo al pari di AllMight, per me. Volevo fare di tutto per non essere
lasciato indietro, e a lui questo dopo un po’ ha iniziato a non stare troppo
bene. Ero...appiccicoso, capisci?”
Todoroki
annuì, “Capisco, certo. Anche se secondo me non è così.”
“In...in
che senso, Todoroki-kun?”
“Ormai
credo di conoscere abbastanza Bakugou. E non credo che lui ti abbia mai trovato
appiccicoso o noioso. Adesso che l’ho visto bambino, così protettivo nei tuoi
confronti, ne sono ancora più convinto: ti proteggeva. Anche se non capisco da
cosa.”
Da se stesso.
E’
l’unica cosa che riusciva a pensare, Midoriya.
Lo
proteggeva dal suo stesso quirk, Bakugou, perché la
prima volta che aveva mostrato i suoi poteri, per sbaglio, era insieme a lui. E
Izuku si era fatto male, quella volta.
La
ricordava bene, Midoriya, la paura negli occhi di
Bakugou quando lui aveva urlato, iniziando a piangere. Ricordava che l’aveva
portato Katsuki dalle loro mamme, ferme più in là,
che la sua si era messa a piangere, ed era stata la signora Bakugou a prendere
in mano la situazione, portando entrambi i bambini in ospedale.
La
lieve ustione di Izuku era sparita in pochi giorni.
Bakugou portava ancora le sue cicatrici, sui palmi delle mani.
“Ti prometto che
diventerò forte, Kacchan! Sono sicuro che col mio quirk, anche se non so ancora qual è, potrò resistere alle
tue esplosioni!”
Bakugou annuì,
“Sì, però datti una mossa!”
Era
stata una promessa che non aveva potuto mantenere.
Pochi
mesi dopo aveva scoperto di essere un quirkless, e
mai sarebbe riuscito a resistere alle esplosioni di Bakugou, che si facevano
sempre più forti.
E
lui aveva così iniziato ad ignorarlo, a ritenerlo noioso e patetico.
Chissà
se era vero che voleva proteggerlo, per impedirgli di farsi male giocando
ancora insieme.
“E
poi c’è un’altra cosa, Midoriya.”
“C-cosa?”
“Credo
che Bakugou abbia sempre avuto una certa ammirazione nei tuoi confronti. Che si
è portato avanti per anni. Per questo è così fissato con te. E’ lui che non
vuole rimanere indietro, rispetto a te, che non vuole perderti di vista. E non
solo adesso. Credo anche prima. Ma è solo...una sensazione.”
Midoriya sbatté le
palpebre una, due volte.
Kacchan che
provava...ammirazione, per lui? Che non voleva essere lasciato indietro? E come
poteva mai essere possibile, considerando che era lui quello col quirk forte?
Todoroki
doveva essersi per forza sbagliato. Su questo, si era sbagliato.
“Beh,
adesso vado a dormire, Midoriya. Buonanotte e....non
ti preoccupare, per Bakugou. Anzi, grazie. Se non ci fossi tu, sarebbe un
disastro tenerlo a bada.”
“Ma
figurati, Todoroki-kun. Buonanotte.”
Shinsou
sgusciò via prima che potessero beccarlo ad origliare, di nuovo verso la sua
stanza.
Non
poteva però dire di non essere d’accordo con Todoroki.
Aveva
avuto anche lui quella stessa sensazione.
--
La
prima cosa che vide una volta rientrato in stanza, in punta di piedi, e che lo sorprese,
è la figura di Ojiro seduta sul letto, i piedini penzoloni e la codina dritta
sul letto che si muoveva leggermente a destra e sinistra.
“Hey,” mormorò entrando e chiudendo la porta, “Non ti avevo
messo a letto?”
Ojiro
sobbalzò, spostando l’attenzione dalla finestra a lui, “Sì, ma mi sono
svegliato.”
“Ho
visto. Hai anche aperto la finestra?”
Ojiro
annuì, “Da qui non si vedono le stelle,” pigolò, “Peccato.”
Shinsou
sorride, sedendosi accanto a lui sul letto, “E’ perché ci sono troppe luci
artificiali, sai. Dove abiti tu si vedono bene?”
“No,
perché io abito in centro!”, spiegò il bambino, tutto serio, dondolando i piedi
dal bordo del letto, “Però quando vado dalla nonna in montagna ogni volta se ne
vedono tantissime!” Per un po’ rimasero in silenzio, Shinsou guardava il nasino
a punta di Ojiro illuminato dalla luna, che non staccava gli occhi dalla
finestra.
Si
accorse solo in un secondo momento di quanto gli tremassero le labbra, come se
fosse sul punto di piangere.
“Hey...”
“Voglio
andare a casa! Dalla mia mamma! Perché non posso ancora?!”
Shinsou
trattenne il fiato. Già, perché? Come lo spiegava ad un bambino?
Non sei davvero
un bambino, in realtà hai diciassette anni e non puoi tornare a casa perché i
tuoi genitori non ci sono più.
No,
decisamente non era il caso.
Però
se non diceva subito qualcosa si sarebbe messo a piangere, sicuro.
Lui
non era bravo con i bambini. Nemmeno gli piacevano.
Preferiva
mille volte i gatti.
E
anche se questa volta le due cose quasi coincidevano, non era facile trattare
con quel piccolo Ojiro come lo sarebbe stato con un gattino.
Anche
se la piccolezza e il modo in cui muoveva la coda ricordavano un micio più che
mai.
Di
certo più di quando era adulto.
“Sono
sicuro che presto la tua mamma arriverà a prenderti,” gli disse alla fine,
inginocchiandosi davanti a lui per poterlo guardare negli occhi, “Forse è un
po’ in ritardo, ma di sicuro sta arrivando. L’aveva detto il professor Aizawa,
ricordi? Che forse ci volevano uno o due giorni.”
“Sicuro?”
“Ma
certo,” sorrise ancora Shinsou, scarmigliandogli i capelli, “E poi qui ti stai
divertendo, no?”
Ojiro
annuì, “Sì!” esclamò “Sono tutti gentili! Però voglio comunque tornare a
casa...”
“Presto,
vedrai,” assicurò, “Ma adesso, da bravo, si dorme. E’ tardi!”
Mashirao
tornò ad arrampicarsi sul letto, e mentre Shinsou si alzava per chiudere di
nuovo le tende e far calare la stanza nell’oscurità necessaria a dormire si
tirò le coperte fin sotto al naso. Nonostante fosse ben coperto, Shinsou andò
comunque a sistemargliele per bene sopra, poi spense la luce e tornò a
sdraiarsi sul futon che si era fatto prestare da Todoroki, per poter lasciare
il letto al bambino e farlo dormire con comodità.
Ma
Ojiro quella sera non sembrava di quella stessa idea.
“Posso
chiederti una cosa?” mormorò quindi, con una vocina sottile che faceva
tenerezza almeno quanto quegli occhietti neri che sbucavano dal bordo del letto
e che lui, con la poca luce della stanza, vedeva appena.
“Certo.”
“Secondo
te anche io posso davvero diventare un eroe? Davvero?”
Shinsou
rimase perplesso qualche istante, considerando che quel dubbio non c’entrava
nulla con il discorso fatto fino a quel momento, ma alla fine sorrise, “Ma
certo. Perché pensi che non sia così?”
Ojiro
mise il broncio, “Beh, il mio quirk è brutto. A volte
mi fanno i dispetti perché sono strano rispetto agli altri.”
“Sei
strano?”
“Di
aspetto.”
“Ancora
fanno queste cose?”
“Boh.
Con altri bambini non lo fanno, quindi forse è perché sono io...”
“Non
è assolutamente così. Non devi dare retta a quei bambini, sono solo dei bulli.”
Gli
risultava difficile credere che oramai ci fossero ancora bambini che prendevano
in giro chi possedeva dei quirk di mutazione come
quello di Ojiro, era quasi sicuro che lo facessero solo perché lo vedevano
fondamentalmente insicuro sulle proprie capacità. E anche quello era colpa
loro.
Forse
era per quello che adesso, da adulto, quando otteneva un risultato Ojiro ne era
orgogliosissimo e non permetteva a nessuno di farsi mettere i piedi in testa.
In primis a lui, com’era accaduto al festival sportivo del primo anno.
“Non
so. Però, senti. Hai detto che anche il tuo quirk è
strano. Anche a te trattavano male?”
Shinsou
sospirò, “Un po’. A volte. Ma adesso non più,” e poi con lui era diverso. Non
avevano tutti i torti a trattarlo male, un po’ per via del suo potere e un po’
per via del suo comportamento, per quanto fosse solo un modo per difendersi, il
suo.
“Non parlate con
lui,” sentì sussurrare, “Ignoratelo!”
Hitoshi mise il
broncio, incrociando le braccia sul banco. Non prestavano mai attenzione che
lui li potesse sentire o meno, non interessava a nessuno che anche lui potesse
restare male. Che potesse essere ferito da tutto quello.
“L’altro giorno,
quando Yasu gli ha chiesto una penna per scrivere,
gli ha fatto il lavaggio del cervello! L’ha costretto a fargli i compiti e ad
andargli a comprare il pranzo!”
Non era corretto,
ma tacque lo stesso. Perché era vero che gli aveva usato contro il quirk, ma solo per farlo tornare al suo posto e toglierselo
di torno, perché era stanco della sua insistenza.
Ma non gli
avrebbe creduto nessuno.
“Parola mia,
sicuro fra qualche anno lo vedremo al telegiornale per aver commesso qualche
crimine! Ci scommetto!”
Shinsou digrignò
i denti, alzando la mano. “Posso andare al bagno?” chiese all’insegnante.
Che rispose con
un cenno d’assenso.
Nemmeno loro
rispondevano, se non erano costretti.
Persino loro
avevano paura, e se non dovevano farlo a forza non gli rivolgevano parola.
Quanto odiava il
suo potere. Quanto avrebbe preferito non averne affatto uno, piuttosto.
“Hitoshi
Shinsou?”
“Sì?”
“Sei sicuro di
aver scritto bene la tua scelta per le scuole superiori?”
“Sì.”
“Ma...la Yuuei è una scuola per eroi molto prestigiosa.”
“Lo so.”
“Non è...”
l’uomo si bloccò, quando vide gli occhi di Shinsou ridursi a fessure. “Come
vuoi.” Concluse.
Qualcuno dei
suoi compagni rise, anche se sommessamente per non farsi sentire
dall’insegnante, ma senza temere lui che gli era seduto davanti.
“Tanto sicuro
non ci riuscirà. Se la Yuuei lo facesse entrare
sarebbero dei pazzi, mica sono così prestigiosi per niente! Figurati se uno
così può essere un eroe. Io non mi farei mai salvare da uno così!”
“Sì, sì
infatti!”
“E’ proprio
vero.”
Shinsou
li aveva odiati tanto, quella volta, ma sapeva che avevano ragione su una cosa:
non sarebbe mai riuscito ad entrare con il suo potere.
Per
questo aveva fatto domanda anche al corso Generale. Era stato previdente.
E
quando la notizia era uscita, del suo fallimento al test, aveva dovuto
sopportare le loro risate per nulla sommesse e le loro prese in giro.
Quanto avrebbe voluto vedere le loro facce adesso che ce l’aveva finalmente
fatta!
Ma
non si era mai informato su che scuola frequentassero ora e che fine avessero
fatto. Nemmeno gli interessava.
Era
ad un passo dal suo sogno, di loro non gli interessava più nulla.
“Come
li hai fatti smettere?” ritornò a guardare il piccolo Ojiro, che lo fissava con
gli occhi sgranati di stupore e ammirazione.
Shinsou
sorrise, alzandosi dal futon su cui era e infilandosi nel letto insieme al
bambino, che si fece piccolo piccolo contro il muro,
girato verso di lui ad aspettare che raccontasse la sua storia, probabilmente.
Non
sapeva perché aveva lasciato il futon per il letto, all’inizio aveva scelto il
contrario per paura di spaventarlo, ma adesso era così sereno che aveva voglia
di avvicinarsi.
Quindi
l’aveva semplicemente fatto.
“Sono
diventato più forte. E non mi sono arreso mai. Anche se significava non avere
amici,” spiegò. E avrebbe continuato così, se non si fosse innamorato.
Era stata un po’ la sua disgrazia, ma anche la sua fortuna.
“Mi
dispiace che non avevi amici.”
“Ma
adesso li ho. Quindi ne è valsa la pena.”
“E
sei quasi un eroe!”
“E
sono quasi un eroe, sì.”
“Nemmeno
io mi arrenderò!” esclamò Ojiro, gli occhi già a mezz’asta per il sonno “Diventerò
forte come te.”
“Molto
più di me.” Fece Shinsou, rimboccandogli per l’ennesima volta le coperte e
stendendosi a sua volta. “Non farti mai dire cosa puoi o non puoi fare.”
Ojiro sbadigliò, gli occhi già chiusi, “Prometto!”
A
svegliarlo la mattina dopo fu il gran baccano che sentiva provenire da fuori la
camera. In verità, probabilmente non veniva neanche da quel piano. Forse da
sotto. Le urla rimbombavano nel silenzio del dormitorio, la finestra aperta
gliele faceva percepire chiaramente, così si alzò.
Se
Bakugou si era svegliato col piede sbagliato e sbraitava alle cinque di mattina
non voleva dire che dovevano svegliarsi tutti quanti, compreso il piccolo
Ojiro.
Cos’avesse
poi da urlare, a quell’ora.
Sbadigliò
sonoramente, tirando pure le tende che la sera prima erano rimaste aperte.
Cosa
aveva poi da sbottare così? Di solito persino Bakugou alle cinque dormiva
ancora...aspetta.
No.
“Bakugou?!”
Si
girò di scatto, fissando la figura nel suo letto.
Non
aveva di certo più cinque anni, quell’Ojiro. Per nulla.
Era...era
tornato.
Oddio,
sì, era tornato!
Finalmente!
La
maglia che gli aveva creato Momo, e sicuramente anche i pantaloni, era completamente
distrutta. Non gli poteva stare, dopotutto, era impossibile. L’Ojiro di
diciassette anni aveva le spalle grosse il triplo del ragazzino, e non solo
quelle.
Quindi
questi significava che lì, sotto le coperte, era nudo.
Sì.
SI.
Si
avvicinò al letto in un balzo e lo scosse. “Mashirao? Mashirao!”
“Mh,” Ojiro brontolò, scacciandolo con la mano e girandosi a
pancia in giù. Rimase così pochi secondi, come sempre quando ci si metteva
durante la notte, poi il peso della coda lo costringeva a voltarsi altrove.
Stavolta gli diede le spalle.
Shinsou
alzò gli occhi al cielo, quindi si alzò di nuovo e lasciò la stanza.
Fuori,
le grida continuavano. Non era l’unico che si era affacciato a controllare.
Kirishima era sul piano, sporto
sulle scale.
“Che
succede?”
“Beh...sembra
Bakubro,” mormorò, “Ma non può, no? Voglio
dire...no?”
“Sì
invece,” annuì Shinsou, “Anche Mashirao è tornato normale.”
“Eeh?! Davvero?!”
“Sì,
davvero.”
“Cavolo,
allora ho capito perché sta tirando giù tutti i santi dal paradiso.”
Shinsou
inclinò il capo. “Perché?”
“Beh...è
da Midoriya. Cioè, stava dormendo con lui. Non deve
essere molto felice.”
Shinsou
annuì di nuovo. Poi, un lampo.
Era
da Midoriya. Nudo. E c’erano buone probabilità che
non ricordassero che cosa gli era successo.
Chissà
cosa aveva pensato nel risvegliarsi nudo nel letto di Midoriya.
“Kirishima-kun?”
“Sì,
dimmi.”
“Penso
che a Bakugou servano dei vestiti.”
Kirishima rimase immobile
a bocca aperta qualche secondo, come se il suo cervello stesse ancora
elaborando la notizia.
Poi,
cristallino, scoppiò a ridere, mentre Shinsou tornava nella sua stanza.
“Oh
cazzo!”
La
risata cristallina di Kirishima, praticamente piegato
in due adesso, lo seguì fino a che non si chiuse la porta della stanza alle
spalle. La luce che entrò dal taglio della porta, quel poco tempo che la tenne
aperta, gli mostrò subito la figura di Ojiro seduta sul letto, adesso sveglio.
Sorrise.
“Bentornato, Mashi.”
Mashirao
inclinò il capo, usando il pennacchio della coda per scostarsi dalla fronte i
capelli scomposti dal sonno, “Perché sono nella tua stanza?” sbadigliò.
Shinsou
sogghignò. Non era in imbarazzo, quindi era molto probabile che non si fosse
neanche accorto di essere nudo, ancora rimbambito dal sonno. Quindi non si fece
pregare troppo nell’avvicinarsi e costringerlo a stendersi di nuovo.
“Cos’è
l’ultima cosa che ricordi?”
“Tornavamo
dal cinema, no? E abbiamo incontrato Torodoki e
Bakugou...ma chi è che urla?”
“Bakugou.”
“E
perché?”
“Eh...ti
devo raccontare una cosa,” sussurrò, iniziando a passargli le labbra, in
piccoli baci, su tutto il collo, “Anche per prepararti alla sfuriata di
Aizawa...”
“Mh,” Ojiro brontolò, seguendolo sdraiato e inclinando il
collo per dargli più spazio d’azione, “S-sfuriata per
cosa...?”
Shinsou
gli lasciò un piccolo morso alla base del collo, a cui Ojiro rispose con un
brivido lungo la schiena e un piccolo gemito, “A tempo debito,” decise Shinsou.
Aveva
voglia di fare altro, prima.
Non
era possibile.
Quella
non era la sua stanza.
La
testa scompigliata accanto a lui non era quella dello stronzo a metà. La mano
fra i suoi capelli –perché cazzo c’era una mano fra i
suoi capelli? Non lo permetteva neanche a Shoto- era
piena di cicatrici e ben più tozza di quella di Todoroki.
Cosa. Cazzo. Ci.
Faceva. Nella. Stanza. Del. Nerd. Di. Merda?!
Perché
cazzo era lì?
Merda.
Merda secca.
Non
solo era nel letto del nerd di merda, era pure nudo come un verme.
E
perché cazzo non si ricordava come ci era arrivato? Dove cazzo era Todoroki?
Perché
quella era l’ultima cosa che rammentava. Erano usciti insieme, quel sabato.
Glielo aveva chiesto proprio Shoto, che doveva fare
acquisti per la scuola e voleva passare dalla madre, in clinica. Gli era
scocciato, ma alla fine aveva accettato.
Non
erano tante le occasioni in cui potevano uscire insieme dalla Yuuei. O meglio, alla Yuuei
stavano sempre insieme, spesso dormivano anche l’uno nella stanza dell’altro
fregandosene altamente di quello che pensavano gli altri, non come lo scimmione
che si faceva un sacco di problemi. Però Todoroki non tornava spesso a casa,
quando lo faceva andava solo in clinica dalla madre, e persino uno come lui non
voleva disturbare un momento così intimo, fra loro due.
Quindi
non era una cosa che succedeva puntualmente.
Non
come altre coppie.
E
a proposito di altre coppie e dello scimmione, erano lui e il suo
strizzacervelli che avevano incontrato a metà strada, di ritorno dalla Yuuei. Gli avevano anche detto perché erano usciti, ma non
li aveva ascoltati.
Comunque
quella era l’ultima cosa che ricordava.
Ora
era tutto chiaro!
Lo
strizzacervelli doveva morire. Subito.
Tirò
un calcio a Midoriya senza preoccuparsi troppo del
fattaccio e lo buttò giù dal letto, con il preciso intendo di svegliarlo.
Midoriya lanciò un urlo,
atterrando malamente sul sedere, prima di sgranare gli occhi.
“K-Kacchan, non mi ricordavo che da piccolo scalciassi così
tanto, accidenti,” brontolò inizialmente, massaggiandosi il sedere.
Ci
mise un po’. Due o tre secondi. Poi gli occhi verdi praticamente caddero fuori
dalle orbite, o poco ci mancò. Midoriya si tirò su a
sedere in un lampo, avvicinandosi alla scrivania.
“Iiih...K-Kacchan....p-p-posso spiegare!”
“Di
che cosa cazzo stavi parlando prima?” ululò Bakugou, tanto per cambiare, “Ti
ammazzo Deku, hai capito? Sei un uomo morto, ti
ammazzo! Te e gli scherzi perversi di quello strizzacervelli della malora!
Siete morti! Tutti morti! Vi ammazzo tutti!” continuò ad urlare, alzandosi a
sua volta, ignorando la nudità.
“Kacchan, senti...”
“Dammi
dei cazzo di vestiti! Datti una mossa, merdina! Vi
devo uccidere tutti!”
“Ma....Kacchan se mi facessi...”
“Datti
una cazzo di mossa!”
“Ih,
sì, sì okay!” gli passò una delle sue tute larghe, per essere certo che gli
entrasse, ben attento a non far neanche incontrare le loro mani, “Kacchan, ti prego, ascoltami...”
“No!
Morite tutti!”
“Aspetta,
Kacchan!”
La
porta gli sbatté in faccia prima ancora che potesse alzarsi da terra, quando lo
raggiunse in corridoio Bakugou era già a metà della scalinata, e stava
continuando a passo di marcia. Apparentemente, stava tornando nella sua stanza,
il piano era quello, e per un attimo lo sperò. Magari per prendersi i suoi
vestiti, qualcosa del genere.
Ma
dovette presto ricredersi quando sentì la voce di Kirishima.
“Ah,
Bakubro, allora è vero che sei tornato alla tua età!”
“Cazzo
significa alla mia età, capelli di merda? Togliti dalle palle!”
“Perché
vai da Shinsou? Non sarebbe meglio che tornassi nella tua stanza?”
“Ho
detto che ti devi togliere dalle palle!”
Midoriya rabbrividì,
continuando la scalata a due a due per arrivare il più in fretta possibile.
Altro
che la sua stanza.
Stava
andando a picchiare Shinsou, qualsiasi fosse il motivo. Forse tutto sommato
qualcosa lo ricordava? Anche se non sembrava ricordare, invece, di essere stato
bambino.
Quando
Midoriya arrivò al piano di quei tre, Shinsou aveva
appena aperto la porta, scarmigliato e trasandato. Forse stava dormendo, forse
non se ne era neanche accorto, lui, che Ojiro era tornato normale.
“Ho
da fare, Bakugou,” esclamò, piuttosto frettoloso.
No,
se ne era accorto eccome. E dalla risata di Kirishima,
e subito dopo la voce di Ojiro provenire dalla stanza con fare imbarazzato, Midoriya non poté che arrossire.
“Pensa
quando me ne frega a me, Strizzacervelli dei miei stivali!” sbottò Bakugou,
prendendolo per la maglia.
Midoriya drizzò la
schiena, prese il cellulare e subito contattò Todoroki.
Ci
volle un po’ perché, squillando, lo svegliasse.
L’ala
maschile del dormitorio della 3-A ormai era nel caos, ma Todoroki dormiva
ancora della grossa, perché la voce che gli rispose era parecchio impastata.
“Todoroki,
vieni! Kacchan è tornato grande ed è furioso! Non
riusciamo a calmarlo!” esclamò.
Todoroki
non rispose subito, ma rimase in ascolto di quello che sentiva intorno a Midoriya.
“Che
cazzo mi hai fatto, strizzacervelli di merda?!”
“Io?
Non ho fatto niente! Senti, non è che perché ti sei svegliato da Midoriya allora è per forza colpa mia!”
“Sei
l’ultima faccia che ricordo e sai dov’ero! Ti sei appena fregato!”
“T’assicuro
che c’è un motivo se lo so...”
“Sì.
Che dovete morire tutti. TU, il nerd di merda, quello scimmione la dietro e
pure lo stronzo a metà che non so dove cazzo è!”
“Appunto
a lui dovresti chiederlo!”
“Non
farmi incazzare ancora di più perché è la volta buona che ti strangolo!”
“Senti,
Bakugou, capisco tu sia confuso ma...”
“Non
capisci un cazzo! Tu e i tuoi scherzi di merda!”
Il
pugno lo colpì dritto sul naso e Shinsou precipitò a terra.
Kirishima saltò su,
afferrandolo per le spalle per fermarlo, “Bakubro no!
Non è stato Shinsou!”
“Lasciami,
Capelli di merda!”
“Toshi!” urlò la voce di Ojiro, che Midoriya
non vedeva da dov’era perché era coperto dalla porta, nascosto, “Stai bene?
Bakugou, falla finita! Non sei l’unico che non ricorda bene che cos’è successo
ieri! E comunque Shinsou non userebbe il brainwash su
di noi, l’ha promesso!”
“Questo
lo dici tu, scimmione! E poi non me ne frega un cazzo se anche tu non ricordi
niente, se ti fai soggiogare da lui e nemmeno te ne accorgi sono cazzi tuoi!”
La
voce di Todoroki arrivò limpida dal telefono, a quel punto. “Arrivo, Midoriya.”
La
discussione andò avanti ancora per qualche minuto, con Midoriya
e Kirishima che tenevano fermi in due Bakugou,
prendendosi pugni e imprecazioni, e Ojiro –un po’ stretto
in un paio di pantaloni del pigiama che non erano i suoi- tirava su Shinsou e
lo pregava di spiegare per fare in modo che Bakugou si calmasse.
“Beh,
intanto non è stato ieri ma due giorni fa! La ragazzina che abbiamo aiutato,
che aveva perso il cane, te la ricordi o no, pazzo squinternato?!”
“Di
che cazzo sta...” Bakugou si bloccò un attimo, poi schioccò la lingua, “Sì che
me la ricordo, e allora?!”
“Beh,
aveva un quirk strano! Che le permette di modificare
le età delle persone. E tu e Mashi siete tornati
bambini di 5 anni in un lampo.”
“Noi
cosa? Ma non dire cazzate!”
“Ti
assicuro che è vero. Vai a svegliare Kaminari, ha
fatto un sacco di foto.”
“E’
vero, Bakubro,” annuì anche Kirishima,
“Ci sono le prove, te lo assicuro.”
“Confermo
anche io, Kacchan,” fece Midoriya,
“E....e sei stato tu...cioè sei stato tu che volevi dormire con me.”
“Quando
mai! Una cosa simile non ha senso!”
“E’
perché ero l’unico che conoscevi!”
Bakugou
parve calmarsi un attimo, tanto da far tirare un sospiro di sollievo anche al povero
Shinsou che, nel frattempo, si stava ancora massaggiando il naso dolorante.
Con
un po’ di fortuna non era rotto.
“Toshi, stai bene?”
“Sì,
sì,” annuì lui, “Questo è quanto, comunque.”
“Quindi
è per questo che sono qui. Ti sei preso cura di me?”
“Per
forza,” sorrise Shinsou, “Non è stato male. Eri un bambino adorabile.”
Ojiro
arrossì appena, “Mica tanto. Da bambino ero un piantagrane, un piagnucolone.”
“Eri
adorabile,” sentenziò di nuovo Shinsou, “Almeno eri calmo, non come questa mina
vagante, qua.”
Ojiro
annuì, guardando con la coda dell’occhio Bakugou, “Ma perché Bakugou non era
con Todoroki-kun?”
Bakugou,
sentendosi di nuovo tirato in causa, buttò via il cellulare di Kirishima, dove il rosso gli stava mostrando le foto
scattate da Kaminari e messe sul gruppo di classe,
drizzando le orecchie.
Avrebbe
dovuto ammazzare anche lui, per averle messe pubblicamente sul gruppo. Ma non
adesso. Magari più avanti, con calma.
“Già,
dov’è il bastardo a metà, che lo uccido!”
“Ancora
non ti è passata la voglia di picchiare tutti?!”
“Tu
zitto, strizzacervelli, perché te ne do un altro!”
Shinsou
alzò le mani in segno di resa. Non ci teneva a prendersi un altro pugno.
Appena
Todoroki comparve dalla rampa delle scale, Shinsou si affacciò per vedere.
Era
arrivato, finalmente.
Sempre
troppo lento.
“Beh,
buona chiacchierata!” esclamò a quel punto, tirando dentro la stanza Ojiro e
chiudendo di botto la porta.
Aveva
una cosa da finire, visto che Bakugou li aveva interrotti.
Adesso
ne aveva ancora più voglia.
Bakugou,
invece, per contro si avvicinò a Torodoki a grandi
falcate, spingendo via Kirishima e Midoriya che rimasero, per un attimo, interdetti.
Ma
i due non si scambiarono neanche una parola, non lì sul pianerottolo. Invece,
Bakugou lo prese per il polso e se lo tirò via, molto probabilmente verso la
stanza di Todoroki stesso, lasciandoli lì, interdetti.
E
una volta in stanza, Bakugou lo piantò contro il muro.
“Dovrei
ucciderti.”
“Mi
dispiace che ti sia svegliato in questo modo, Bakugou. Ma...sono contento.”
“Certo,
contento. Perché cazzo ero con Midoriya?”
Todoroki
abbassò gli occhi, “Eri tu a volerlo. Non ti fidavi di me, dicevi che ero...un
maniaco. Eri...tranquillo solo con Kirishima e Midoriya, forse perché lo conoscevi. Hai detto tu che
volevi dormire con lui piuttosto che con me,” sbiascicò.
Bakugou
rimase per un attimo interdetto, “E tu mi ci hai fatto dormire sul serio?!”
“Beh,
ho pensato che fosse meglio. Conoscevi bene Midoriya,
siete amici d’infanzia. Io invece ero una faccia nuova e tu eri un bambino un
po’ irrequieto e...e parevi odiarmi davvero tanto,” mormorò Todoroki.
Sembrava...amareggiato.
Anche adesso che era tornato normale, Todoroki non poteva fare a meno di
pensare che forse, dopotutto, se il Bakugou bambino era così restio verso di
lui, forse un motivo c’era.
Forse,
tutto sommato, non era davvero la persona con cui Bakugou voleva stare,
intimamente.
“Che
ti frulla in testa, adesso?”
“No.
Niente.”
“Shoto. Ti conosco troppo bene. Dovrei essere io quello
incazzato nero, mi sono svegliato nudo come un verme nel letto del nerd di
merda, lo sai?”
“Sì.
Me l’ha detto Midoriya.”
“E
allora che cazzo hai tu, adesso?”
Shoto scrollò il
capo, “Niente. Solo...Il te bambino era...così attaccato a Midoriya.
E’ stato strano, all’inizio. Gli volevi bene davvero, da piccolo, vero?”
“Ma
figurati. Dovevo solo parargli il culo di continuo.”
“Immaginavo.
Anche se fai così, gli vuoi bene.”
Bakugou
inarcò un sopracciglio, “Oi, si può sapere dove vuoi
andare a parare?”
Shoto aggrottò le
sopracciglia. Non aveva negato, Bakugou. “Mi...mi chiedevo se...tu e io...” ma
lasciò morire la frase a metà. Pronunciandola anche solo fino a lì, gli era
sembrata subito stupida.
Ad
ogni modo a Bakugou bastò per capire dove stesse andando a parare.
“Ma
sei scemo? Ti fai influenzare da un bambino che non capisce un cazzo?”
“Ma
quel bambino eri tu...”
Bakugou
alzò gli occhi al cielo, “Ero comunque un bambino, bastardo a metà! Ovvio che
adesso amo te. Adesso sono abbastanza grande da scegliere, deficiente. E ho
scelto te.”
“Ah.”
Shoto riuscì finalmente a sorridere.
Alla
fine, tutto quello che aveva pensato era una sciocchezza. Logicamente lo sapeva,
ma emotivamente era difficile continuare a ripeterselo e capirlo fino in fondo.
Perché
era ovvio che un bambino così piccolo si attaccasse a persone che sapevano
farlo ridere o a persone che conosceva e di cui sapeva di potersi fidare. Lui
in fondo non era mai stato bravo coi bambini, anche il piccolo Ojiro per lo più
lo ignorava.
E
parlando di Ojiro, forse Bakugou si sarebbe comportato allo stesso modo se non
avesse conosciuto nessuno di loro: affidarsi alla persona a cui gli adulti lo
avevano messo in mano.
Era
ovvio quindi che l’unica opinione che avrebbe dovuto ascoltare era quella di un
adulto in grado di ragionare con la sua testa, di seguire istinto, cuore e
ragione con il giusto equilibrio.
E
come diceva Bakugou stesso, lui l’aveva scelto adesso. Aveva scelto di amarlo
adesso, come compagno. Il che non escludeva certo l’idea che si era fatto
Todoroki in quei giorni: Bakugou voleva bene davvero a Midoriya,
e lo rispettava.
Ma
amava lui.
E
lo sciocco era stato lui a dubitarlo anche solo per un
attimo.
Gli
passò quindi una mano fra i capelli, per poi stringerlo a sé. Un semplice
abbraccio che neanche Bakugou gli avrebbe negato.
Ed
infatti, ricambiò con uno sbuffo sul collo pallido, “Sei proprio uno stupido,
metà metà.”
“Scusa,
Katsuki, Hai ragione.”
“Certo
che sì. Io ho sempre ragione.”
“Mi
sei mancato.”
“Adesso
non dirmi che sei diventato smielato.”
Todoroki
abbozzò una risata, “No. Però sai, eri davvero un bel bambino.”
“Ma
stai zitto!” sbottò Bakugou, prendendolo di peso e sbattendolo in malo modo sul
letto, “Hai da farti perdonare un bel po’ di cose. Non mi è ancora andato giù
di aver dormito col Nerd di Merda!”
“Non
è che avessi molta scelta...”
“Ora
te lo faccio vedere io in cosa non hai scelta, stronzo a metà!”
Angolino Autrice:
E con questo la storia si
conclude.
Breve sì, ma spero vi sia comunque piaciuta.
Un bacione, Asu