Quando tutto accadde: le origini del mito

di pin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lui e Lei ***
Capitolo 2: *** il primo incontro ***
Capitolo 3: *** Chissà se ci rincontreremo! ***
Capitolo 4: *** Semmai ci rincontreremo ***
Capitolo 5: *** Forse tra centanni! ***
Capitolo 6: *** Tra passato e futuro ***
Capitolo 7: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 8: *** addrestramento ***
Capitolo 9: *** Rivelazioni ***
Capitolo 10: *** Anche tu bruto... mio fratello ***
Capitolo 11: *** Ricordi passati parte1 ***
Capitolo 12: *** Ricordi passati parte2 ***



Capitolo 1
*** Lui e Lei ***


Capitolo 1- Lui e lei    1987 anno terrestre.
Infinito anno sul pianeta Gogeta.
 



Lui:
 

“Ben svegliato, Sire!” sento dire a colei che ieri notte ha occupato il mio letto.
Mi giro a guardarla; è già vestita ed intenta a pulire la mia stanza. Non ricordo bene il suo nome, ma non è importante; in fin dei conti è solo una serva.
 
Non è la prima volta che passo la notte con una della servitù; sono tutte belle ragazze, le ho scelte io personalmente.
 
Sento bussare alla porta, “Avanti” esclamo; devono essere di sicuro i miei servitori, puntuali alla stessa ora. Ed infatti, eccoli attraversare la porta, a fila indiana reggendo ognuno un vassoi tra le mani.
È arrivata la mia colazione, ben cinque portate ricolme di ogni ben di dio.
 
Depongono tutto sul tavolo della mia sala giorno, che si trova adiacente alla mia stanza notte; si inchinano al mio cospetto e se ne vanno. Subito dopo entra il mio fidato maggiordomo, anche lui si inchina e mi saluta dicendo: “Buongiorno Sire, ben svegliato! Vi elenco tutti i vostri impegni di oggi: la riunione con vostro padre, le udienze con I sudditi, e la riunione con il consiglio…...”
 
Lui continua a parlare, ma io non lo ascolto, perché queste parole, alle mie orecchie risultano un bla… bla... .
 
Odio questo lato della mia vita; fatto di obblighi e doveri.
 
Ok! Alfred puoi andare” gli dico, lui mi guarda, si inchina “Buona giornata! Sire” esclama e se ne va.
 
Finalmente in pace…
 
Mi alzo piano dal letto, e subito la ragazza, si avvicina con un’asciugamano  per coprirmi.
Vi serve qualcos’altro, Sire” mi dice, “No, puoi andare” la congedo.  Lei si inchina, mi saluta e se ne va.
 
Ora! Sono finalmente solo e in pace!
 
Ho una giornata dura da affrontare, e niente è meglio di un bel bagno caldo e in dolce compagnia.
 
Entro nella mia sala bagno, e al centro di essa c’è una grande piscina incastonata nelle mattonelle; con acqua calda e degli getti massaggianti.
 
Nell’acqua, ci sono le mie dame di compagnia, che mi stanno già aspettando; puntuali alla stessa ora.
 
Scendo il primo scalino, il secondo, il terzo e subito le mie dame, belle e sensuali, mi corrono incontro; sanno già cosa fare, ed io mi abbandono nelle loro mani. Conoscono a memoria i punti da massaggiare per allentarmi la tensione.
 




Lei:
 

Mi rigiro nel letto, il mio orologio segna le 13:00 passate; ieri sera ho fatto un po’ tardi al pub, dove di solito ogni sera mi esibisco.
 
Rimango distesa ancora qualche minuto, cercando di fare mente locale su quando accaduto la sera prima.
 
Il pub, i clienti, la musica, qualcuno mi ha offerto da bere, ed un cretino mi ha toccato il sedere. Tutte cose di normale amministrazione.
 
Dopo questi pensieri, mi alzo dal letto, pronta per affrontare un nuovo giorno.
Afferro una sigaretta dal mio pacchetto, la porto alle labbra, l’accendo ed inizio ad aspirare. Un male per i miei polmoni, ma un tocca sana per i miei nervi. Senza le mie sigarette, non saprei cosa fare, esse mi aiutano a rilassarmi.
 
Come ogni mattina esco fuori dalla porta per respirare una boccata di aria fresca.
 
Abito in una roulotte, nei pressi di un piccolo lago; sono sola, entrambi i miei genitori sono morti in un incidente un anno fa. I miei genitori erano gitani, io sono gitana.
 
Prima di quel giorno, la mia vita era molto felice.
Eravamo una normale famiglia gitana, con le nostre tradizioni, i nostri usi e i nostri costumi; fin quando il razzismo non prese piede nella nostra comunità.
 
Quell’incidente uccise i miei genitori, e portò me sul lastrico. Per guadagnare qualcosa, la sera mi esibisco in un pub.
 
Il canto e la danza gitana, sono il mio passatempo preferito. Ho talento, i miei genitori mi incoraggiavano sempre nell’inseguire i miei sogni.
 
“Sorridi!” mi diceva mia madre, “Sorridi alla vita”.
 
Mi piace pensare a loro ogni mattina, mi aiuta a sorridere, e ad iniziare la giornata di buon umore.
 
Spengo la sigaretta ed entro in casa; ho delle faccende da sbrigare.
 




Lui:
 

Esco dalla piscina, e le mie dame, sono già pronte con un asciugamano per asciugarmi e dei vestiti per vestirmi. A me tocca solo alzare le braccia, che al resto ci pensano loro.
 
Mi infilano la camicia rossa,  i pantaloni, gli stivali, la cintura, la spada nella custodia della cintura, ed infine il mantello rosso e l’armatura regale; raffigurante lo stemma di famiglia.
Lavato e vestito, apro la porta intendo ad uscire dalla stanza; ci manca poco prima della riunione con mio padre.
 
Ad attendermi fuori alla porta, ci sono le mie ancelle, con in mano dei cesti pieni di petali di rosa, da spargere davanti al mio cammino. Dietro di me, ho due guardie del corpo che mi seguono.
 
Arrivo davanti ad una porta, sorvegliata da due guardie posti ai suoi lati. Dietro a quella porta c’è mio padre che mi aspetta.
 
Appoggio le mie mani su di essa, “Pazienza non abbandonarmi” sussurro.
 
Con un gesto deciso spalanco le porte ed entro; mostrando tutta la sicurezza di cui sono capace.
 
“Finalmente Mikail, alla buon’ora” mi dice con voce alta ed autoritaria mio padre, “Sei in ritardo” continua con voce fredda.
 
In ritardo? Ma se sono in perfetto orario, ma è meglio non rispondere; non voglio iniziare a litigare già di prima mattina.
 




Lei:
 

Sono le due è ora di incominciare” cosa c’è di meglio di una bella canzone, per iniziare la giornata? “Prendo la scopa e spazzolo di qua e di là” eseguo il gesto cantando “Lavo! Stiro! Ma che bel pizzo!.  L’orologio però più veloce non va.  Afferro un libro o due dalla mia libreria e volo un po’ con la mia fantasia: maghi, streghe, miti, leggende e principi rinchiusi nei castellii. Aspetto quel che succederà? Tra la chitarra i ferri e la gastronomiaaaa. E allora! Aspetto! Aspetto! Aspetto quel che succederà!” Finisco di cantare, mi è tornato il buon umore.
 
Maghi, streghe, incantesimi, un principe misterioso, sarebbe un sogno vivere tutto questo, ma purtroppo è solo fantasia. La realtà è ben diversa!
 




Lui:
 

La sala delle riunioni, una delle stanze più sfarzose del palazzo. Rivestita di colonne d’oro ed arazzi di porpora, di armature di ottone.
Alle pareti ci sono dipinti raffiguranti i miei antenati. Al centro della stanza, c’è un grande tavolo quadrato.
Le finestre sono di vetro decorato con i bordi d'oro. E in piedi d’avanti ad una di essa c’è mio padre che mi aspetta.
Un uomo orgoglioso dal portamento austero, e fisico muscoloso. Dimostra meno degli anni che ha, anche se si intravedono dei capelli grigi, ma lui si giustifica dicendo che è colpa dei pensieri.
 
“Allora! Mikail, ci sono delle novità riguardo le sorti del nostro pianeta?” mi dice mio padre con voce severa guardando la finestra.
Non ci guardiamo mai in faccia quando parliamo.
Mikail è il mio vero nome, ma io preferisco farmi chiamare Michael, specialmente quando esco con gli amici a divertirmi su altri pianeti.
 
“Allora! Mikail sto aspettando!” mi ripete mio padre. All’improvviso mi riscuoto dai miei pensieri e spaesato gli rispondo: “No, padre, nessuna”.
 
“Cosa pensano gli stregoni del nord?” mi dice lui,
“Sono preoccupati almeno quando voi padre” gli rispondo io “Gli stregoni delle forze oscure diventano ogni giorno più forti”.
 
“Lo sapevo!” dice lui, “Dobbiamo tenerci pronti, può scoppiare una rivolta da un momento all’altro”.
 
Gli stregoni delle forze oscure sono coloro che hanno giurato fedeltà alla magia nera.
 
“In fin dei conti padre”, aggiungo io, “Giungeremo sempre al nostro crepuscolo, moriremo comunque; il nostro pianeta non ce la fa più, abbiamo sfruttato troppo le forze della natura, gli spiriti si sono indeboliti. Esso non resisterà per  altri 50 anni”.
Sussurro tra me e me “Speriamo anche prima”.
 
“C’è qualche altro pianeta dove potremo stabilirci?” mi chiede mio padre.
 
Ma quando cavolo ci vuole per passare un’ora penso io prima di rispondergli: “C’è la Terra padre, l’atmosfera e la gravità, non sono tanto diverse dalle nostre. L’aspetto di quegli abitanti è simile al nostro; potremo ambientarci senza problemi.”
 
“No! La Terra è fuori discussione, alcuni di noi, secoli fa ci sono andati, e non hanno fatto più ritorno; perfino tua sorella è viva per miracolo” mi dice lui con tono serio, laciando trasparire un pò di amarezza nella voce .
 
“Parliamo di secoli fa” gli rispondo a tono io, “Ora si sono evoluti, e poi noi potremo sempre adattarci, e vivere come persone normali”.
 
“NO! Mai!” grida lui, “Mi faccio tagliare un braccio, piuttosto che rinunciare ad essere quello che sono!”
Ecco mio padre, un re tiranno e conservatore, un uomo autoritario e severo. “Questo regno era di mio padre, che a sua volta l’ha ereditato da suo padre, che l’ha ereditato del padre di suo padre e via dicendo; ed un giorno sarà tuo”, continua dicendo: “E quindi è anche un tuo dovere preoccuparti della conservazione della nostra antica razza di maghi”.
 
“Avete oltre mille anni padre, non vi siete ancora stancato di vivere? Io si! Qui il tempo non passa mai, è eterno, infinito, facciamo sempre le stesse cose. Un giorno è mille anni, così come mille anni è un giorno.  Almeno sulla Terra, lo contano il tempo; contano le ore, assegnano ai giorni e ai mesi nomi diversi, ed ogni anno che passa è un avvenimento da festeggiare” gli dico ad voce alta.
 
Lui finalmente si gira e mi guarda, “Mikail” mi chiede, “Adesso quanti anni hai? Ho perso il conto”.
Io gli rispondo che ho sedici anni secondo il calendario terrestre.
“Hai ancora un‘eternità davanti!” mi risponde lui sadico ed ironico.
 
“Ma voi dopo mille anni padre, non cadete in un sonno come quello di Odino?”, gli restituisco la stessa ironia.
Detto questo me ne vado, sentendo mio padre urlare il mio nome: “MIKAIL, non abbiamo ancora finito?”…
 


Lei:
 


sono le 16:00, esco di casa per dirigermi alla scuola serale del paese. Mi piace andare a scuola ed imparare tante cose, mi piace leggere e scrivere le mie canzoni. Mi piace anche la cultura, perché essa rende liberi di pensare e di sognare.
 
Hola Deborah” mi saluta la mia amica, “Ehilà Julia, mi amigo” ricambio. “Stasera ti esibisci de nuevo en el pub?” mi chiede, “ Si!” rispondo io, “Pero primero, tengo pràctica de la banda”.
 
Chiacchierando ci dirigiamo in classe. Però prima mi accendo una sigaretta.
 


Lui:
 


Esco fuori dalla porta, camminando a passo veloce, senza aspettare le mie guardie del corpo e le mie ancelle che devono spargere i petali di rosa davanti ai miei piedi.
 
“Sire aspetti!” mi grida una di loro, “Sire sono ordini del re, se non adempiamo al nostro dovere, si arrabbierà” continua l’altra.
Mi fermo esasperato, mi volto e dico: “Dai, forza! Venite avanti, precedete il mio passo spargendo i fiori… Forza!”
 
Loro subito mi precedono, mettendosi d’avanti, e spargendo i petali che io poi dovrei calpestare.
 
Che cosa ridicola! Uno show per chi ci guarda.
 
Per il corridoio, mentre camminiamo incontro mio fratello maggiore, non ci salutiamo; i nostri rapporti sono cambiati, dal giorno della cosiddetta sfida.
 
Tale sfida, ha avuto il compito di decidere chi tra i figli maschi del re avrebbe ereditato il trono. Vinsi io, per pura sfortuna, ma non è di certo colpa mia se lui si è distratto, e così io sono arrivato per primo.
 
La sfida, consisteva nell’arrivare per primo alla fonte di Lazzaro; la stessa fonte che aveva permesso a Ra’s- Al - Ghul di vivere per quattrocento anni, immergere una bottiglia in essa e prendere l’acqua. Nel fare ciò bisognava intraprendere un percorso pieno di insidie, aiutandoti con la magia. Non c’erano regole. Io e mio fratello eravamo pari, entrambi a due metri dalla fonte, però lui abbassò la guardia e si distrasse; ed io ne approfittai per lanciargli un fascio di luce che si attorciglio intorno ai suoi piedi e lo bloccò. Io arrivai in anticipo e vinsi. Mio padre si complimentò e mi incoronò suo erede. Mio fratello non mi ha ancora perdonato. Siccome lui era più grande di me, il suo orgoglio brucia nell’essersi fatto battere da un ragazzino.
 
Ma non sa, quando io invidio lui che è libero di fare quello che vuole. Quando cammina non deve portarsi tutte queste persone avanti e indietro.
 
E ripeto, la giornata è appena iniziata, e sarà lunga ed interminabile.
 
Ho proprio voglia di andare a cercare una delle mie serve, per alleviare la mia tensione.
 




Lei:
 

“Dai! Forza ragazzi con estas herramientas, stasera dobbiamo a sacudir el ascenario” dico ai miei ragazzi durante le prove.
 
“Roul, mettici, màs energia suena cuando la baterìa. La gente està emocionada cuando ci sentono”. Così dicendo mi accendo una sigaretta per calmare i nervi.
 




Lui:
 

O cavolo, ci ho messo più del previsto, è già ora di pranzo, e i miei impegni sono tutti sfumati. Meglio così…
 
Preferisco pranzare nelle mie stanze, non voglio andare nella sala da pranzo, dove incontrerei mio padre.
 
Bussano alla porta, “Avanti!” rispondo, entrano i miei amici, li ho conosciuti alla scuola di magia di Hogwarts, ma ormai il preside è morto, e la scuola è sotto il dominio degli stregoni oscuri.
 
Ogni tanto pranzo con i miei amici; lo so che stanno con me solo perché sono un principe, ma non mi interessa.
 
Ci sediamo, iniziamo a mangiare e nel mentre chiacchieriamo: “Dove vuoi andare stasera Michael?” mi chiede Damon, “Non lo so, voi che proponete?” gli rispondo.
 
“Perché non andiamo su quel pianeta dove ci sono le prostitute? Così ci divertiamo come l’altra volta.” Mi risponde eccitato e malizioso Damon.
 
“Non ho voglia, per oggi ho fatto già abbastanza sesso” gli rispondo io.
 
“Allora perché non andiamo su Saturno, c’è un luna park bellissimo!” interviene Stephan, è sempre il solito simpaticone.
 
“Non ho voglia, è da bambini! Ci sono già stato una volta con mia sorella. Perché non andiamo sulla Terra? Proprio oggi ne ho parlato con mio padre” dico io, “Lui non vuole, ma io voglio disubbidirgli…” rivelo io con un sorriso furbo.
 
“Questa volta ti chiuderà nelle segrete del castello per una settimana” mi dice Damon, “E butterà la chiave!” aggiunge Stephan. “Sei sicuro!” mi dicono, io annuisco, “E allora cosa stiamo aspettando? La Terra è piena di belle ragazze" mi dice Damon con sguardo malizioso; non cambierà mai, è sempre il solito don giovanni.
 
Mi avvicino alla mia sfera di cristallo, per vedere in quale posto è più sicuro andare; “Mostrami la Terra!” dico, “Imastrom al Terras”.
 




Lei:
 

“Ok chicos, fra dieci minutos si va en el escenario , vi voglio carichi de energia, e menos diez, nueve, ocho, siete…”  
 



Lui :
 

Tiro fuori dall’armadio dei vestiti terrestri che mi ha regalato mia sorella, sono un po’ fuori moda; visto che li ha comprati nel diciassettesimo secolo. Ma non fa niente.
 
Esco fuori dal castello senza farmi notare; devo raggiungere i miei compagni alla base, così potrò usare il mio bracciale spazio temporale, che permette i viaggi. Non usiamo più le navicelle, ormai sono fuori moda!
 
Raggiungo i miei compagni, saliamo su una piattaforma a forma di cerchio, accendiamo i nostri bracciali ed inizia il conto alla rovescia: “meno dieci, nove, otto, sette…” ed un fascio di luce azzurra ci investe facendoci scomparire.
 



Angolo dell'autrice: Spero che sia di vostro gradimento, ogni recensione è bene accetta

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Capitolo 2
*** il primo incontro ***


Capitolo2 Il primo incontro

 

Lui:

Veniamo teletrasportati in una zona residenziale, all’esterno di un locale pieno di persone. Il fascio di luce azzurra che ci aveva investito prima scompare man mano sotto ai nostri piedi.
La gente intorno a noi; alcuni ubriachi, ed altri più o meno sobri, è rimasta a bocca aperta, e non fa che strofinarsi gli occhi pensando di aver avuto un’allucinazione a causa del troppo bere.

“Allora ragazzi, sincronizziamo i nostri bracciali; in modo da poter ritornare a casa. Vediamo di non allontanarci e di perderci, fra un paio di ore ci ritroviamo qui ed usiamo questo portale che si è creato per ritornare a casa” dico io ai miei due compagni di avventura.
All’esterno del locale, c’è una lunga fila per entrare, controllata da un uomo che decide chi può e chi non può passare.

“Ci manca solo il bodyguard che controlla chi ha l’invito” esclama scocciato Damon, “Andiamo, ho un’idea per accedere” dice poi rivolto a me e a Stephan.

Saltiamo la fila, tra le proteste e i mormorii delle persone, ci avviciniamo al butta fuori, che subito ci chiede se i nostri nomi sono nella lista. Gli occhi di Damon diventano di un marrone più intenso, mentre guarda fisso negli occhi il suo interlocutore, che come ipnotizzato si sposta per farci oltrepassare.

“Damon! L'hai soggiogato”, gli dico io con un sorriso divertito, lui mi guarda e fa spallucce, “ Michael, non eri tu che volevi entrare?” mi dice divertito, “Ti ho solo accontentato, mio Sire” continua ridendo con tono beffardo.

Resisto all’impulso di fargli crescere una coda da maiale, in fin dei conti ci sono troppi testimoni, ed è difficile soggiogarli tutti. Aspetto quando ritorniamo nel nostro regno, che lì queste ‘stranezze improvvise’ sono all’ordine del giorno.

Entriamo, e vediamo che il tavolo migliore, quello alle pendici del palco, è già occupato da un gruppetto di ragazzi.

“Adesso è il mio turno Damon!” esclama Stephan con tono divertito mentre si avvicina  con passo sicuro ed elegante agli occupanti del tavolo. I suoi occhi si fanno di colore più intenso, mentre guarda nelle pupille a uno ad uno i ragazzi, che si alzano e lasciano il tavolo libero.

“Come è bello! Quando le persone ubbidiscono senza fare storie!” esclama ridacchiando Damon.
“Veramente!”, esclamo io in maniera ovvia, “Ubbidiscono, perché li avete soggiogati”.

Detto questo ci sediamo in torno al tavolo e rivolgo il mio sguardo verso il palco ancora non illuminato, ma riesco comunque ad intravedere qualche movimento.
 
 
 
 
 
 
Lei:

Sono posizionata al centro del palco, le luci sono ancora spente. Attendo le parole del presentatore con il cuore in gola. Ogni qual volta che salgo su questo palco, mi sento sempre emozionata, e con il muscolo cardiaco che batte a mille. Anche i miei compagni si posizionano ognuno vicino ai propri strumenti.

Il primo ad iniziare è Roul, che fa vibrare il pubblico con il suo meraviglioso assolo di batteria, poi a lui si unisce Gabriel, ed insieme, creano un mix perfetto tra tamburello e batteria. Mandano il pubblico in eccitazione e in confusione.
 
 
 
 


Lui:

Finalmente le prime luci ci accendono emanando un flash al centro del palco. Il presentatore inizia a parlare: “Ragazzi! È venerdì sera, dobbiamo scatenarci e far tremare questo posto. Il momento tanto atteso è arrivato!”. Delle urla ed una grande confusione si levano  tra i clienti: “Deborah! Deborah!” Urlano “Si, avete capito bene!” dice il presentatore, “Ed ecco a voi Deborah e la sua band, la cui bravura e bellezza è senza paragoni” esclama alla fine.

“Speriamo che sia tanto brava e tanto bella come dicono, altrimenti abbiamo fatto tanta strada per niente” sussurra Damon al mio orecchio.

Lo guardo per un attimo, per poi riguardare il palco, tutte le luci ci accendono, rivelando una giovane ragazza. Vestita di un rosso accesso ricoperto di pagliette; corto sul davanti, lasciando in bella mostra le sue gambe, e lungo dietro. Ha dei  capelli lunghi, neri e ricci, tenuti semi  raccolti in una bandana. E tacchi vertiginosamente alti.

La fanciulla inizia a muovere le sue mani in modo sensuale, e a battere i piedi a terra, per dare il ritmo a colui che inizia a suonare la chitarra.
 
 
 
 
 

Lei:

Mi muovo, in modo leggiadro e sensuale, esibendomi in una coreografia di flamenco. La musica della chitarra accompagna i miei movimenti.

“Forza! Deborah, vai con il flamenco!” sento gridare tra i clienti. Mi guardo intorno e i miei occhi incrociano quelli di un ragazzo, ma caspita! È meglio di una divinità greca!
 
 
 
 


Lui:

I miei occhi incrociano i suoi, mi trasmettono mille emozioni. E devo dire che è davvero molto bella. Lei mi guarda e mi sorride; il sorriso più bello che io abbia mia visto. Anche io ricambio il sorriso.
 
“Balla! Balla! Il piede che batte, il palco risuona di tacchi impetuosi”, sento dire ad una voce di presentazione fuori campo, “Movenze sinuose, i sensi eccita, il sudore che cola e irrora la fronte. Hai rosso il vestito, colore che accende. Sicura ti muovi, il corpo che parla, passione che emana e tutto travolge”. Continua dicendo: “Sei guappa che incanta il sangue caliente, la musica incalza nel ritmo che prende. Finita la danza folklore di Spagna. La notte gitana la polvere alza” conclude dicendo la voce.

Pian piano anche la ragazza smette di ballare, e quando si conclude il monologo, anche lei si ferma, rimanendo per pochi secondi in una posa sensuale.

Si rimette diritta, e piano, si avvicina al microfono.

Nella sala cala il silenzio, e il pubblico si zittisce di colpo.
 
 
 



Lei:

“Ciao, vi è piaciuta questa mia presentazione? Volevo rendere anche voi partecipi delle mie origini gitane. Ma ora, iniziamo con lo spettacolo vero e proprio”.
 
 
 
 
 
 
Lui:

Le luci si spengono, per creare atmosfera, c’è un’ondata di fumo colorato, e vari effetti speciali. All’improvviso le luci si accendono, e si sente una voce, calda  e delicata accompagnata dalla chitarra e dalla batteria.


Entonces llegaste vos (Allora arrivasti tu)
con tus aires de señor (con la tua aria da signore)
y sin pedirme permiso (e senza chiedere il permesso)
me robaste el corazón. (mi rubasti il cuore)



Lei canta, con voce calda e passionale, riesce a trasmettermi mille emozioni, mentre muove il suo corpo in modo elegante e sinuoso.


No queda un solo rincón (non rimane un solo angolo)
sin invadir con tu olor (che non sia invaso dal tuo odore)
Me tocaste y ya sabías (mi hai toccata e io sapevo)
que en tus redes yo caía. (che sarei caduta nella tua rete)



Sembra come se flirta con il pubblico, li conquista e poi li lascia andare; i suoi movimenti sono così spontanei ed eccitanti.


No te importa (non ti importa)
que me muera de dolor, (che io muoia dal dolore)
que te mire y sienta que hoy sos (che ti guardi e senta che oggi sei)
el hombre de mi vida. (l'uomo della mia vita)



Dei gridi e dei fischi si alzano tra la folla, qualche cretino cerca di toccarle il sedere.


No te importa, (non ti importa)
y ya no lo niegues más (e non lo negare più)
vos no me podes cuidar, (tu non puoi prenderti cura di me)
nadie cura mis heridas, (nessuno cura le mie ferite)
nadie más, nadie más. (nessuno più)

Ya no hay sueños rosas, no. (Non ho più sogni rosa, no)
Cada día hay más tristezas. (ogni giorno provo più tristezza)
Que lejos estoy del cuento, (come sono lontana dalla favola)
ni príncipe ni princesa. (nessun principe ne principessa)

Quisiera escuchar tu voz (vorrei ascoltare la tua voce)
diciéndome con amor (dicendomi con amore)
que querés estar conmigo (che vuoi stare con me)
pero es sólo una ilusión. (però è solo una illusione)

No te importa (non t'importa)
que me muera de dolor, (che io muoia dal dolore)
que te mire y sienta que hoy sos (che ti guardi e che senta che oggi sei)
el hombre de mi vida. (l'uomo della mia vita)



È davvero brava; anche Stephan e Damon sembrano essere del mio stesso parere. Entrambi, li vedo rapiti dalla voce della fanciulla, e dalla sua bellezza.
 
 
 
 
 
 
Lei:

I nostri occhi si incrociano di nuovo, si attraggono come calamite, ma chi è quel bel ragazzo? Credo che non sia della zona. Ma chi gliel’ha dati quei vestiti che sembrano usciti dall’epoca di Maria Antonietta?


No te importa, (non t'importa)
y ya no lo niegues más, (e non lo negare più)
vos no me podes cuidar, (tu non puoi prenderti cura di me)
nadie cura mis heridas, nadie soy. (nessuno cura le mie ferite, non sono nessuno)



È vero, penso mentre canto, nessuno cura le mie ferite. Non esistono né principi e né principesse.


Extrañando tus besos (sentendo la mancanza dei tuoi baci)
y pensando sólo en eso, (e pensando solo in quello)
que no me deja olvidar, (che non mi lascia dimenticare)
que ésta es mi vida. (che questa è la mia vita)



Rivolgo meglio il mio sguardo a quel tavolo, e noto che insieme a quel tipo ci sono altri due ragazzi, altrettanto carini. Anche loro vestiti con abiti assurdi. Chissà, forse saranno reduci da un ballo in maschera. Mah!


Extrañando los días (sentendo la mancanza di quei giorni)
en los que me querías (in cui tu mi amavi)
y yo era tu amor. (ed io ero il tuo amore)

No te importa (non ti importa)
que me muera de dolor (che io muoia di dolore)
que te mire y sienta que hoy sos (che ti guardi e pensi che tu oggi sei)
el hombre de mi vida. (l'uomo della mia vita)



No anzi, il più carino, è il ragazzo che siede nel mezzo, colui che avevo paragonato ad una divinità greca.


No te importa, (non ti importa)
y ya no lo niegues más (e non lo negare più)
vos no me podés cuidar, (tu non puoi prenderti cura di me)
nadie cura mis heridas, (nessuno cura le mie ferite)
nadie más, nadie más. (nessuno più)

Finisco la mia canzone, la musica si acquieta, con un rapido gesto mi inchino al mio pubblico, beandomi dei loro applausi e della loro eccitazione.

 “Brava! Deborah! Brava!” il pubblico mi acclama mentre scendo dal palco.
 
 
 
 
 
 
Lui:

Davvero una bella esibizione, ho dovuto fare appello a tutto il mio auto controllo, per non fare rendere visibile la mia eccitazione.

La vedo scendere dal palco, e di istinto mi alzo per correrle in contro facendo zig–zag tra la folla.
Ed ecco che la vedo, se ne sta fuori appoggiata ad un muretto. 
 
 
 
 
 

Lei:
 
Mi disperdo tra la folla, mentre cammino per uscire dal locale. Esco dall’uscita secondaria, mi appoggiò ad un muretto, e mi accendo una sigaretta.
“Ciao” arriva alle mie orecchie una voce sconosciuta, alzo il mio sguardo ed incrocio i suoi occhi: è il giovane che ho visto prima.

Finalmente posso guardarlo meglio, e bearmi della sua bellezza.
Il suo fisico è palestrato e bene allenato; penso, mentre le mie gote si imporporano di rosso. I suoi capelli sono marroni, e suoi occhi sono di un nero molto intenso e magnetico. Devio il mio sguardo per pochi secondi, il tempo di riprendere la lucidità dei miei pensieri.

“Che cosa fai?” continua lui, con aria innocente e sguardo curioso.
“Fumo”  rispondo io, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Tu ne vuoi una?”gli chiedo, e tiro fuori dal pacchetto un’altra sigaretta per offrirgliela.

Lui mi guarda in modo incerto e dubbioso, e dopo un tentennamento iniziale prende tra le mie dita la sigaretta. Le nostre dita si sfiorano, ed io sento una elettricità attraversarmi il corpo.
 
 
 
 
 

Lui:

Mi porge quello che ha tra le dita, ma non so cos’è e né cosa farci. Ma comunque dopo un attimo di dubbio e di tentennamento,  colgo la sfida, e l’afferro. Nell’eseguire il gesto le nostre mani si sfiorano, ed io provo una sensazione nuova mai assaporata prima.

Mi porto quella cosa alla bocca, imitando i suoi gesti. Lei si alza e mi si avvicina, ha qualcosa in mano, da cui fuori esce una fiamma. Appoggia la fiamma alla mia sigaretta e l’accende.

“Ora” mi dice, “Devi aspirare ed inspirare, la prima volta è sempre la più difficile… Guarda come faccio io!” Con gesti lenti e decisi, mi fa vedere come fare, ed io subito la imito. Ma alla prima boccata il fumo mi va di traverso ed inizio a tossire, scatenando le sue risate. Ha proprio una bella risata melodiosa tutt’altro che fastidiosa.
 
 
 
 
 

Lei:

“Ahahahahha” non ce l’ha faccio a smettere di ridere, è stato troppo buffo vederlo tossire.

“Ma se non sai fumare, perché l’hai fatto?” gli dico come a rimproverarlo, usando però un tono divertito.
 
 
 
 
 
 
Lui:

“Piacere Michael!”  gli dico dopo essermi ripreso, “Deborah!” risponde lei con un sorriso “E sono una ragazza gitana” continua; si vede che è fiera delle sue origini.

Lo sai, sei stata davvero brava prima, hai fatto proprio una splendida esibizione” gli dico io mantenendo il mio sorriso da affabile conquistatore.
Lei mi ringrazia.

“Ti va di entrare dentro e bere qualcosa? Fuori fa un po’ freddo!” gli dico. Lei fa un cenno affermativo con la testa, e mi segue all’interno del locale.

“Sei andato ad una festa in maschera prima?” mi chiede ad certo punto lei mentre stiamo per sederci al bancone.

La guardo in modo incerto, non riesco a capire a cosa si riferisce.

“Guardati! Sembri uscito dalla corte di Francia. Ti manca solo una parrucca bianca pieni di boccoli e potresti fare invidia a Robespierre”. Mi dice con tono divertito, facendo cenno al mio abbigliamento.

A guardarmi bene, ha ragione, mia sorella ha comprato  questi vestiti, proprio in quell’epoca; ai tempi dei grandi nobili francesi.

 “Si! Era una festa in maschera” gli rispondo prontamente, per salvare l’apparenza, “Ed io sono vestito da Luigi XVI”  gli dico sorridendole.

“Non sei di qua?” mi chiede lei, “No, abito molto lontano” gli rispondo io.

“Quanti anni hai? Io ho 14 anni!” mi dice lei.

“16 terrestri” rispondo io automatico, lei mi guarda incerta e spaventata, per poi scoppiare in una risata, “Lo sai! Che sei un tipo strano?” mi dice.

Mi dice che sono un tipo strano, e per fortuna che pensa che io sono umano; perché altrimenti, se sapesse il contrario…

Ad un certo punto mi domanda: “Allora non puoi prendere da bere, visto che sei anche tu minorenne”

Lei crede che io sia umano, e mi sembra inutile soggiogare il barista, per farmi versare dell’alcool nei bicchieri, lei potrebbe insospettirsi ed accorgersi che io ho dei poteri.
 
 
 
 
 

Lei:

Mi sorride imbarazzato, ma quant’è carino, questi pochi minuti con lui, mi sono sentita a mio agio, e mi sono divertita molto; chissà se io gli piaccio.

Guardo l’orologio appeso alla parete, sono le 24:00 passate. “Michael” gli dico, “Ora si è fatto tardi, devo proprio andare”. Lui mi guarda un, po’ triste, ma mi saluta dicendomi: “Ciao Deborah!”.

“Ciao Michael!” gli rispondo io, mi faccio dare una penna dal barista, prendo il suo braccio, ci appoggio la punta della penna ed inizio a scrivere il mio numero. Posso toccare i suoi muscoli, e scoprire che sono belli sodi.  “Chiamami!” gli dico mentre sto per andarmene.
 
 
 
 
 

Lui:

Lei ad un certo punto, guarda l’orologio e mi saluta, dicendo che si è fatto tardi e deve andarsene.

Prima di andarsene, si fa dare una penna del barista, prende il mio braccio e ci scrive sopra un numero per poi scoccarmi un bacio sulla guancia. È stato il gesto più naturale e spontaneo che io abbia mai visto.

“Chiamami!” mi urla mentre se ne sta andando.

Rimango un altro po’ seduto sullo sgabello di fronte al bancone, facendo mente locale su quanto accaduto. Il suo bacio così senza malizia e spontaneo, mi ha spiazzato, mi ha lasciato senza parole. Penso mentre guardo quello che lei ha scritto sul mio arto superiore.
 
 
“Salve Mikail” sento dire ad una voce. La riconosco senza voltarmi.

“Zatanna, figlia di John Zatara; uno dei maghi del diciannovesimo secolo” dico, “Che piacere incontrarti qui!”. Le dico ironico; in realtà non l’ho mai sopportata.

“Tra un po’ mi devo esibire io, sono un’illusionista” mi dice lei in modo confidenziale. Mi giro a guardarla, e noto che indossa la giacca di uno smoking, canottiera e guanti bianchi, un cappello a cilindro, un body e calze a rete, con tanto di bacchetta.

“Lo sai Mikail, che posso esaudire i desideri delle persone”, mi dice con voce mielosa

“Cosa vuoi Zatanna!” gli rispondo brusco io, “Niente! Voglio solo esaudire il tuo desiderio più intimo” mi dice con voce calda  e sdolcinata; come un diavolo tentatore.

“No Zatanna, ti sbagli, sto bene così come sono” gli rispondo io di rimando con tono acido.

Lei mi  si avvicina in modo provocante, mi guarda negli occhi; i suoi occhi si fanno intensi e luminosi, ed io ho un impulso irrefrenabile di saltarle addosso.

Il mio corpo si muove da solo. Le mie braccia afferrano le sue, le mie labbra si posano sulle sue, e la bacio in modo passionale e frenetico; con tanto di lingua.
 
 
 
 
 

Lei:

Prima di andarmene, mi giro indietro, nella sua direzione, e non riesco a credere ai miei occhi.

Lui, il ragazzo di cui mi stavo innamorando, si bacia in modo passionale con quella gatta morta, tutta ossigenata! Come una sciocca, pensavo che anche lui si stesse innamorando di me.

Prima fa tutto il carino con me, e mi illude ed ora è affinghiato a quella! Lui, non è diverso dagli altri ragazzi!
Non doveva farmi questo, io mi fidavo di lui!. Ma in fin dei conti mi sono solo illusa; noi non siamo niente, e non saremo mai niente!.
 
 
 
 
 

Lui:

Finalmente, facendo ricorso a tutta la mia forza e a tutto il mio autocontrollo; riesco a liberarmi dal suo incantesimo.

“Brutta stronza” le grido, “Come ti sei permessa di soggiogarmi?”. Lei mi sorride maliziosa, e se ne va.

Mi pulisco le labbra disgustato, forse è meglio che me ne vado anche io, il mio bracciale sta iniziando ad illuminarsi, e i miei compagni mi staranno già aspettando al posto stabilito.

Giuro che questa me la paghi Zatanna! O non mi chiamo più Michael.
   

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Capitolo 3
*** Chissà se ci rincontreremo! ***


Lei:

Non doveva farmi questo, io mi fidavo di lui! Ma in fin dei conti mi sono solo illusa. Noi non siamo niente, e non saremo mai niente!
 
 
 


Lui:

Giuro che questa me la paghi Zatanna! O non mi chiamo più Michael.
 
In poche falcate raggiungo l’esterno del locale e mi accorgo che Damon manca all’appello. “Stephan, dove cavolo è Damon?” mi rivolgo al mio unico compagno presente, sempre preciso e puntuale.

“Non lo so, io l’ho lasciato a ‘parlare’ con una tizia” mi risponde lui, ed io capisco, che quel ‘parlare’ deve essere inteso in ben altro.

Rivolgo uno sguardo a Stephan, e lui mi fa ben capire che non ha nessuna intenzione di andare a chiamare Damon, per non incorrere in qualche spettacolo vietato ai minori.

E quindi, molto scocciato e molto arrabbiato, mi avvio di nuovo nel locale, imprecando tra me ogni sorta di maledizione; contro il mio amico don giovanni.

Spero solo, che quando lo incontro, lui già abbia finito con quella ragazza.
Per fortuna il locale si è quasi svuotato, e non impiego tanto tempo per setacciare il pub alla ricerca di Damon. Lo trovo in angolino, appartato con una mora da sballo, preferisco avvicinarmi senza far rumore.

Si stanno baciando in modo passionale, la mora gli sbottona la camicia in modo frenetico ed eccitato, “No qui bella. Andiamo a casa tua!” sento pronunciare a Damon.

 Ma è impazzito! O ubriaco! Non sa che noi dobbiamo ritornare nel nostro mondo prima che mio padre si accorga della nostra assenza?

Tossisco per informarli della mia presenza, e loro subito si staccano, guardandomi con imbarazzo.
“Damon! Forza dobbiamo andare!” gli dico, “No Sire, un altro po’, mi stavo divertendo” mi dice lui reggendosi in piedi a malapena.

Ora ho la conferma, Damon è ubriaco!

Lo tiro per un braccio, e lo guardo negli occhi, i miei occhi si fanno di colore più intenso, e lui subito saluta la ragazza “Ciao bella ci vediamo la prossima volta!” le dice.
Lui mi segue fuori dal pub, senza fare storie, perché l'ho soggiogato.

Raggiungiamo Stephan che ci aspetta con aria annoiata al posto stabilito, Damon, ormai non più sotto ipnosi, mi guarda in cagnesco, il suo sguardo è minaccioso. “Quando andiamo a casa ti trasformo in un rospo.” Mi dice arrabbiato.

 Ci mettiamo in cerchio, uno di fronte all’altro; ormai non c’è più tanta gente per strada, e quei pochi rimasti non sono tanto lucidi.
 “Vogliamo ritornare sul nostro pianeta” diciamo in coro: “omailgov eranrotir lus ortson atenaip”.

Chiudiamo gli occhi, veniamo investiti da una luce azzurra; meno tre, due, uno, arrivo…

Riapriamo i nostri occhi, siamo ritornati alla base del pianeta Gogeta; tutto ok, teletrasporto completato con successo. Usciamo da quella struttura, e ci dirigiamo in piazza, nei pressi del palazzo, sperando che nessuno abbia notato la nostra assenza.

Arriviamo in piazza, e proprio di fronte ad essa, ci sono degli scalini che conducono al mio palazzo.
Tale piazza è usata come luogo d’incontro tra persone, ma viene anche usata per le esecuzioni, e punizioni pubbliche.

Nemmeno il tempo di mettere il piede sul primo scalino, che si sente un urlo che squarcia il cielo e fa tremare la terra: “MIKAIL!” grida mio padre, io e i miei compagni sbianchiamo di colpo, e per poco non perdiamo l’uso delle gambe, tanto che esse ci tremano.

“Va be Michael ci si vede” mi saluta frettoloso Damon, “Ciao Michael alla prossima, avrai sicuramente tante cose da fare!” rincalza Stephan; entrambi velocissimi scappano via… Lasciandomi da solo alla furia di mio padre! Che begli amici che ho!

Mio padre, in poche falcate, esce dal palazzo, scende i gradini, e si ferma in piedi dinanzi a me.
“Mikail dove sei stato? Hai saltato tutte le tue riunioni” mi grida mio padre, io, anche se un po’ timoroso, decido di dirgli la verità e rispondo preparandomi a ricevere la mia punizione: “Sono stato sulla Terra padre”.

Lui in un impeto di rabbia, alza la mano e la apre, con il palmo rivolto verso di me; dal palmo della sua mano, riesco a percepire una forte elettricità.

Ahia! Mi porto una mano al petto, che male che sento. Poi il dolore passa nella testa, mi porto entrambi le mani su di essa, è come se mi stesse per scoppiare. La tensione che c’è nell’aria, si può tagliare con un coltello. Mio padre si sta concentrando al massimo, per entrare nella mia mente, ed infliggermi dolore. Non ce la faccio a rimanere in piedi, le mie gambe non mi sorreggono più, e pian piano mi accascio a terra “Vi prego padre abbiate pietà!” riesco a sussurrare tra i vari spasmi.

Lui riabbassa la mano, ed io inizio a sentirmi meglio. Non più sotto l’influenza del suo controllo; mi rialzo.
Lui mi guarda negli occhi, poi dice rivolto alle guardie: “Guardie! Portatelo nelle sue stanze, che nessuno per alcun motivo gli si avvicina. Chiudetelo dentro!”.
Mio padre, dopo aver letto i miei pensieri continua dicendo: “Riguardo agli altri due, Damon e  Stephan Salvatore, catturateli affinché  abbiano una giusta punizione pubblica”.

“NO padre, punisci solo me, è stata mia l’idea” dico io per cercare di salvare i miei amici, “Portatelo via!” esclama con tono duro mio padre rivolto a me e alle guardie che mi conducono nelle mie stanze.
 
 
 


Lei:

È da più di un ora che mi sono svegliata, non faccio altro che guardare il telefono in attesa di una sua chiamata. Sono proprio una sciocca, e pensare che ieri sera avevo giurato di non avere niente più a che fare con lui.
Purtroppo, non riesco proprio a togliermelo dalla testa…
 
 
 



LUI:

Mi muovo avanti e indietro per la stanza come un leone in gabbia, non so quando tempo sia passato da quando mi hanno chiuso qui dentro.

Sono solo e in trappola, mi è impossibile uscire. Mio padre ha creato all’esterno dalla mia stanza, una barriera magica, e quindi non si può né entrare e né uscire.
 
 
 


Lei:

Se ripenso alla scena di ieri sera: lui che bacia quella donna, io ci sto male, ma in fin dei conti non ne avrei motivo, noi non ci conosciamo. Io non so nulla di lui! E se quella ragazza è la sua fidanzata? Io mi sto facendo tante seghe mentali per niente.

Adesso basta Deborah, devi togliertelo dalla testa e continuare con la tua vita mi ripeto. Come se fosse facile!
 
 
 


Lui:

Sento dei rumori provenire dalla piazza, mi affaccio alla finestra e vedo molte persone riunite attorno ad un patibolo, e su di esso ci sono i miei due amici Stephan e Damon, in piedi, pronti a ricevere la loro punizione pubblica.

Poverini, non vorrei proprio essere nei loro panni; ed infatti gli spettatori, prendono da un cesto pomodori marci e bucce di banana e glieli lanciano.

In fin dei conti, la scena è comica e divertente, mi scappa un po’ da ridere; sicuramente quei due, non mi perdoneranno tanto facilmente.
 
All’improvviso sento la porta della mia stanza aprirsi, mi giro lentamente un po’ sorpreso. Chi mai avrà avuto il coraggio di sfidare mio padre?

Davanti all’entrata della porta, c’è mia sorella, che regge in mano un vassoio pieno di cibo.
“Che cosa c’è Zelda, nostro padre si è ricordato della mia cena?” le chiedo io ironico,
“Dai forza Mikail fammi entrare!” mi dice, ma che è scema, non sente la forza e l’energia che sprigiona la barriera?
“Zelda, qui nessuno può entrare, e tantomeno uscire, sono intrappolato qui dentro da un incantesimo di prigionia, altrimenti, a quest’ora non sarei qui!” le dico un po’ arrabbiato, ma lei mantenendo sempre quel sorriso mi dice: “Dai! Forza! Mikail, invitami ad entrare!” mi chiede. Io alzo gli occhi al celo, mia sorella è proprio una testarda.

“Puoi entrare Zelda” le dico sarcastico, “Vediamo se riesci ad entrare!”. Lei mi sorride, e come se niente fosse attraversa la barriera; credo di avere occhi e bocca spalancati, ma come ci è riuscita?
“Mikail non guardarmi così, tutti gli incantesimi hanno un punto debole, l’ho sanno anche i bambini!” mi dice lei con tono canzonatorio.

Colpito ed affondato, mia sorella è davvero un’ottima strega, conosce ogni forma di magia, arricchita con la sua esperienza. Imbarazzato mi rigiro a guardare la finestra.

 “Scusa Mikail, ma con questi vestiti sembri proprio il mio amato Robespierre” mi dice ridendo. Poi torna seria, “Peccato che il suo stesso popolo l’abbia ucciso!” sussurra infine dispiaciuta.

Ci guardiamo negli occhi in silenzio per diversi minuti, fin quando decido di smorzare la situazione con una battuta di pessimo gusto: “Oh mio Dio! Ma lui mica ci è morto dentro questi vestiti?” le dico sorpreso. Lei incomincia a ridere. Mia sorella è fatta così, ha dei sbalzi d’umore, molto rapidi ed improvvisi.

“Ma no! Dai! Te l’ho detto che li ho comprati nel diciassettesimo secolo, e non hanno niente a che fare con Robespierre; anche se la moda di allora era questa!” dice indicando il mio abbigliamento.

La sua risata mi contagia, e rido anche io ripensando alle parole di Deborah; anche lei inconsapevolmente mi aveva paragonato a Robespierre.

A proposito di Deborah, chissà se la rivedrò ancora…
Chissà cosa lei starà facendo in questo momento…
 
 
 


Lei:

Driiinn… driiinn… Sento il telefono squillare, afferro un asciugamano, esco in fretta e furia dal bagno e mi precipito nella stanza.

Forse sarà lui che chiama! Non l’ho poteva scegliere un momento migliore? Ha davvero un pessimo tempismo.

driiiin… Un attimo!

Afferro la cornetta e la alzo con il cuore che batte, la porto lentamente all’orecchio; in cuor mio spero che sia lui…

“Hola!” pronuncio piano, “Hola! Deborah, sono Julia” sento dire dall’altra parte della cornetta. Per poco non mi cadono le braccia, io che mi ero fatta tanti film mentali! Uffa!

“Ah! Sei tu Julia!” esclamo con tono piatto, “Perché Deborah, aspettavi qualche altra chiamata?” mi domanda la mia amica.

“Booh! Non so Julia, forse si! È così complicato!” mi sfogo con lei  

“Dai! Forza! Deborah non preoccuparti, piuttosto raccontami cosa ti è successo?”mi chiede lei.

Mentre racconto, il tono della mia voce, assume diverse sfumature; passa dall’euforico al malinconico. Le racconto delle mie fantasie e delle mie illusioni, andate in frantumi con quell’episodio.

Lei mi ascolta paziente, per poi dirmi in tono duro: “Deborah ma che sei impazzita? Come fai ad affezionarti ad uno che non conosci? Tu non sai nulla di lui, né l’hai mai visto! Se era un malintenzionato? Se quella donna è la sua fidanzata? Devi tenere gli occhi aperti! Non puoi innamorarti del primo che capita! Il colpa di fulmine non esiste, e né tanto meno il principe azzurro. Queste sono solo fantasie!”

L’ascolto in silenzio, forse lei ha ragione, devo davvero togliermelo dalla testa ed andare avanti con la mia vita. Non devo scervellarmi e torturarmi, se sarà destino, qualcosa succederà.

La ringrazio per il consiglio, perché so che le sue parole non sono dette con cattiveria, ma lei parla così per esperienza. Il suo ex ragazzo alla fine si era rivelato per quello che era; un bugiardo traditore.

La saluto e riaggancio la cornetta, sarà meglio che mi prepari, ho un miliardo di cose da fare.
 
 
 
 

Lui:

Sentiamo bussare alla porta, tratteniamo il fiato e ci guardiamo negli occhi.
La porta si apre ed entra un uomo, vestito con l’armatura e porta un bastone con sopra un cristallo magico in mano.
“Sire, vostro padre desidera vedervi!” esclama la guardia, che sbatte il bastone a terra e subito la barriera scompare.

“E riguardo a voi milady, è meglio che non stiate in questa stanza!” dice poi rivolto a mia sorella.

Lei annuisce ed esce dalle mie stanze per recarsi nelle sue, io annuisco e seguo l’uomo che mi conduce davanti alla porta della sala riunioni.

Stesso rituale di ogni giorno; appoggio le mani sulla porta, sospiro, “Santa pazienza aiutami!” sussurrò tra me e me, e dopo un attimo con un gesto deciso spalanco le porte.

Come ogni volta, mio padre è girato verso la finestra e non mi guarda in faccia.
“Mikail! Mi hai disubbidito!”esclama con tono alto, “Si padre avete ragione. Giuro di non farlo mai più” dico io alzando la mano destra, ma incrociando le dita della mano sinistra dietro la schiena.

Lui si volta ed annuisce soddisfatto della mia risposta, poi cambia discorso, e come ogni volta mi chiede: “C’è qualche altro pianeta dove potremo stabilirci?”
“Si padre, ci sono alcuni pianeti conquistati secoli fa dai sayan; come Vegeta-sei. Ormai i sayan si sono quasi tutti estinti.”
“No, è fuori discussione, con i sayan abbiamo un armistizio!” dice furibondo mio padre, “Si padre, conosco le antiche scritture: secoli fa, quando loro atterrarono sul nostro pianeta per conquistarlo, tu e gli altri stregoni del consiglio, li catturaste nel cerchio magico e li imprigionaste nel vaso di Pandora spedendoli chissà dove. Il loro re Vegeta si arrese e ti firmò l’armistizio; imprimendo su di esso il proprio sigillo reale.” Gli dico io, ormai conosco queste storie a memoria. Per il nostro regno sono un vanto, siamo stati l’unico popolo a non essere stato sottomesso dai sayan.
“Quell’atto fu firmato anche con il sangue, ed è eterno, niente può romperlo. Pena una grande maledizione per l’intero popolo!” mi ricorda mio padre.

Chissà perché, qualsiasi cosa io dica, per mio padre non va mai bene.

“Allora i sayan l’hanno rotto il patto visto la fine che hanno fatto; uccisi da un tale di nome Freezer, perfino il loro re è morto!” gli rispondo io di rimando.

Io e mio padre abbiamo due caratteri simili, e la maggior parte delle volte, o meglio tutte le volte, facciamo molta fatica a capirci.
 
Restiamo diversi minuti in silenzio, mio padre versa del liquido in un bicchiere, mi ordina guardandomi negli occhi di berlo, io eseguo essendo soggiogato.
“È verbena padre!” esclamo dopo averlo bevuto, “Si! Così terrà a bada i tuoi poteri per un po’!” mi dice lui ghignando.

La verbena è velenosa per i maghi e le streghe, ha la capacità di toglierci i poteri per un determinato periodo di tempo; e senza di essi non posso andare più sulla Terra per incontrare Deborah.

“E quindi per un po’ di tempo te ne starai senza i tuoi poteri, e senza di essi non puoi muoverti da qui!” mi dice freddamente mio padre.

“Puoi andare Mikail, e per l’amor del cielo togliti quei vestiti! Che sono orribili!”
Ancora un po’ stonato, lascio in silenzio la stanza.

Mi sono fatto spesso di verbena, il più delle volte, per vedere cosa si provava ad essere umano. Ma adesso i miei poteri mi servono!

L’unica cosa positiva è che non ci sono le mie ancelle a spargere i petali di rosa mentre cammino.
Che bella cosa!
 
 
 
 
 
Lei:

Sto in piedi, su questo palco, come ieri sera a cantare, ma di lui stasera nemmeno l’ombra.
Finita la mia esibizione, vado fuori come sempre a fumare. Ad un certo punto mi si avvicina una donna vestita con un cappello a cilindro, un body e calze a rete; è lei Zatanna.

“Ciao Deborah!” mi saluta con fare amichevole.  Ma chi la conosce!
“Salve Zatanna!” la saluto io sorridendo, meglio fare buon viso cattivo gioco.

Lei si avvicina e si siede sul muretto vicino a me, “Lo sai cara!” mi dice con voce angelica, “Io è Michael siamo grandi amici, un tempo eravamo anche fidanzati. Quel bacio di ieri sera, era così passionale, tra di noi credo che si sia riaccesa la fiamma!” mi dice con non curanza, come se si stesse confidando con un’amica, ma secondo me l’ha fatto a posta.

Confermando tale cosa, ha distrutto le mie illusioni, tra i due c’è davvero qualcosa.

Rimango in silenzio non sapendo cosa pensare, perché le parole di Zatanna mi fanno cosi male? Perché sento dentro di me un vuoto, come se il mio cuore si fosse spezzato?
La ragazza mi sorride maligna, sicuramente ha raggiunto il suo obbiettivo.
Non sopporto più quella situazione, e velocemente la saluto, mi alzo e me ne vado.

Per me questa storia è un capitolo chiuso!




Angolo dell'autrice: come vedete le cose si stanno complicando, entrambi provano dei sentimenti, e ad entrambi tali sentimenti vengono ostacolati.

Accetto qualsiasi tipo di commento, anche delle critiche fatte in modo educato.

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Capitolo 4
*** Semmai ci rincontreremo ***


Lei:
 
Mi alzo di scatto, sento le lacrime pungermi gli occhi; non voglio piangere di fronte a lei.
Ma poi perché piango? Io non sono innamorata, a me di quel ragazzo non me ne frega niente.
Allora perché non faccio che pensare a lui, perché immagino di vederlo per strada, di incontrarlo in ogni persona che incrocia il mio cammino?
Sono proprio una stupida! Penso, mentre lacrime salate mi scendono dagli occhi.
Basta Deborah!
 
 
 


Lui:
 
Sono stanco, il mio corpo non è ancora riuscito ad abituarsi alla nuova situazione. Sono disteso al letto, non so quando tempo sia passato. La mia unica consolazione è quella di fissare il mio avambraccio leggendo i numeri ormai quasi sbiaditi.
“Sire, possiamo fare qualcosa per voi?” mi chiedono le mie serve, “No potete andare! Non mi serve niente!” le caccio in mal modo.
Adesso sono stanco e non vedo l’ora che finisca questa giornata.
Se mai ritornerò sulla Terra, giuro che mi compro un orologio!       
 
Nemmeno il tempo di chiudere gli occhi che sento bussare alla porta, “Avanti!” dico a chiunque osa disturbarmi.
“Mikail come mai non c’è più la barriera?” sento domandare a mia sorella appena entrata. Solo lei mi ci mancava!
“Zelda!” le dico al limite della pazienza, “La barriera è inutile, visto che sono stato contagiato dalla verbena. Nostro padre avrà sicuramente pensato che essendo senza poteri, essa sarebbe stata inutile”.
La vedo aprire e chiudere la bocca, “La verbena?” grida in fine sorpresa, “Ma sei impazzito?”
Ma questa ci è o ci fa!
“Zelda è stata un’idea di nostro padre!” le dico arrabbiato.
“Va be, tanto l’effetto è temporaneo!” mi dice lei in tono calmo e moderato.
“Si Zelda, lo so che l’effetto è passeggero! Ma siccome qui il tempo è infinito, non so cosa si intende per momentaneo!” le dico stufo.
Possibile che lei non riesca a capire il mio problema?
 
 



Lei:
 
Dopo una notte passata a riflettere, posso dire con sicurezza che oggi per me inizia una nuova vita!
 
 
 
 

Lui:
 
“Perché ci tieni a ritornare sulla Terra?” mi domanda mia sorella, “No niente di importante” le dico io con noncuranza “Fatti miei!” ribatto in fine.
“Non centrerà per caso con i numeri che sono scritti sul tuo braccio?” mi domanda mia sorella sorridendo furbamente.
Colpito ed affondato, sto diventando fin troppo prevedibile!        
Passano minuti di  silenzio, io mi alzo, apro la finestra, raggiungo il balcone e mi appoggio alla ringhiera, preferisco non incrociare lo sguardo di mia sorella; potrebbe leggere i miei pensieri.
 
Lei mi raggiunge, si appoggia alla ringhiera vicino a me.        
“In fin dei conti ti capisco!” esclama all’improvviso mia sorella, “Gli umani sono dotati di grandi emozioni: gioiscono con poco, e si disperano per niente. Danno importanza ad ogni singolo giorno. Provano tante cose, che a noi sono estranee” conclude dicendo lei come assorta in chissà quale ricordo.
 
Altri minuti di silenzio in cui i nostri occhi si incrociano. Oh cazzo sono fregato. Distolgo il mio sguardo cercando di essere più naturale possibile, tanto lo so che è inutile, avrà già letto i miei pensieri.
 
Infatti, mi sorride, e mi domanda: “Come mai lei è così importante per te fratello?”
 
Sbuffo, alzo gli occhi al celo prima di risponderle: “Non lo so Zelda, non lo so! So solo che lei è diversa dalle altre ragazze, so solo che nei suoi occhi c’è un filo di tristezza, ma quando lei canta, essi si illuminano. Non riesco a leggere i suoi pensieri, e né a vedere il suo futuro”. È stato giusto dirglielo, conoscendola mi avrebbe perseguitato fino ad ottenere una risposta. Mi ha fatto piacere confidarmi con lei, è l’unica con la quale io vado d’accordo e posso fidarmi.
 
“Non fidarti degli umani fratello, sanno essere i peggiori traditori del mondo!” esclama lei all’improvviso interrompendo i miei pensieri.
La guardo per diversi secondi, so di cosa sta parlando.
“Ti ricordi di Robespierre, usò il mio amore per scoprire i segreti di Maria Antonietta ed usarli contro di lei.” Mi dice lei confermando la mia ipotesi.
 “Si, ricordo!” le rispondo io, ritornando a guardare il vuoto davanti a me, mentre dei pensieri mi ritornano alla mente.
 
All’epoca, prima della rivoluzione francese, un re di nome Luigi; figlio di Anna d’Austria e di Luigi XIII, era un uomo egoista, cinico e crudele, un tiranno peggiore di mio padre. Lui viveva nell’abbondanza, mentre il suo popolo soffriva la fame.
Luigi aveva un fratellastro di nome Filippo, nato in una relazione adultera. Costui per ironia della sorte, era identico al fratello, solo che era nato con il dono della magia.
A quei tempi, non era raro vedere la magia sulla Terra.
Siccome la nascita era illegittima, il bimbo appena nato fu allontanato dalla reggia da una serva, e d’allora per molto tempo non si seppe più niente di quel bambino.
 
Qualche anno dopo, Luigi diventato re, per paura di perdere il suo trono, ritrovò quel bambino cresciuto nel frattempo. Lo fece rinchiudere nella prigione della Bastiglia, e lo costrinse a portare una maschera di ferro.
Tale maschera, aveva il sottogola munito di molle d’acciaio che permettevano a Filippo di mangiare senza togliersi la maschera dal volto.
Questa situazione durò, fin quando i due non divennero giovani adulti.
un giorno, però, la crudeltà di Luigi XIV superò il limite, e a quel punto, i tre moschettieri decisero di fermare il re.
D’Artagnan, che era a conoscenza dei fatti accaduti a corte anni prima; e fu lui stesso a riferire ai tre moschettieri dell’esistenza di un gemello del re.
Così, liberarono Filippo, gli tolsero la maschera, e si rivelò essere la fotocopia fisica del re, ma non caratteriale. Infatti Filippo, era un ragazzo di animo buono, gentile ed umile.
Lo scambio avvenne durante una festa reale, in verità non trovarono molta difficoltà visto che nessuno amava Luigi. Lo catturarono, lo legarono, lo misero in un sacco, e lo portarono fuori dalle mura della reggia, e gli misero la maschera di ferro.
Filippo, istruito in precedenza su come essere un nobile, prese il posto di Luigi e divenne Luigi XIV; durante il suo regno la Francia raggiunse il suo massimo splendore, tanto che fu denominato il re Sole. Governò con bontà e giustizia.
Luigi, venne imprigionato, e dopo molto tempo ottenne il perdono reale, però venne allontanato dalla corte a vita.
 
Luigi XIV ovvero Filippo, possedeva il dono della magia, ma non lo sapeva.
 
Luigi si sposò con Maria Teresa di Spagna, sua cugina di primo grado, con la quale concepì Luigi duca di Borbone, ma il re ebbe anche molte amanti.
La più famosa di tutte fu Madame de Montespan, che fu accusata di praticare magia nera per riconquistare il re. Da lei il re ebbe sette figli. Tutti i figli del re inconsapevolmente nacquero con poteri magici. A quel punto, la corte di Francia, fu popolata da portatori di magia.
Alla sua morte gli successe il pronipote Luigi Duca d’Angiò, che dimostrò un disinteresse per la politica.
Luigi XV concepì Luigi Ferdinando, che a sua volta concepì Luigi XVI.
 
Mia sorella, venendo a sapere che la famiglia reale era strapiena di potenziali maghi e streghe, decise di andar a vivere anche essa nella reggia di Versailles.
Lì conobbe Maria Antonietta d’Austria, promessa sposa di Luigi. Le loro furono nozze combinate per interesse politico, e furono anche nozze infelici.
Erano troppo giovani e inadatti per governare un regno come la Francia.
 
La notte dopo il matrimonio i due non consumarono, solo dopo sette anni concepirono una figlia. Sotto una facciata di frivolezza e allegria, la regina celava la malinconia di una donna frustrata e insoddisfatta. In questo periodo, sentì la necessità di immergersi ulteriormente in costosi diversivi, quali i carissimi ed enormi abiti della modista Rose Bertin, le colossali acconciature di Léonard e anche il gioco d'azzardo.
Maria Antonietta si confidò spesso con mia sorella, entrambe divennero amiche.
 
Nell'estate dello stesso anno, Maria Antonietta conobbe Yolande de Polastron, duchessa de Polignac la quale, divenuta la sua migliore amica, fece entrare la regina nell'entourage della famiglia Polignac, che avrebbe dominato la corte per anni.
Maria Antonietta non fu mai apprezzata dal popolo francese, che la accusarono di molti scandali e molti sprechi di denaro, aumentando in malcontento del terzo stato.
 
In quel periodo, mia sorella conobbe Robespierre, un noto avvocato, uomo intelligente e carismatico.
Mia sorella si innamorò di Robespierre al primo incontro, si fidava di lui; gli raccontò dei suoi poteri e di quelli della famiglia reale.
Ma in realtà, quest’ultimo era un oppositore dell’antica religione, un cacciatore di magia, devoto alla setta degli illuministi.
Fu lui ad accentuare la scontentezza del popolo, e far scoppiare la rivoluzione francese. Tale rivoluzione aveva il compito segreto di liberare la Francia dalla magia.
 
Luigi XVI, Maria Antonietta, la famiglia reale e tutti i nobili furono ghigliottinati. Mia sorella fu risparmiata da Robespierre; forse per affetto.
Ma mia sorella non fu tanto caritatevole nei confronti di quell’uomo, dopo aver assistito alla pubblica esecuzione dei reali, fu lei stessa a denunciare Robespierre ai suoi nemici, e a farlo giustiziare.
Questo fatto la colpì maggiormente. Ricordo che quando ritornò a casa, pianse per un tempo indefinito. Da allora non mise più piede sulla Terra.
 
Ora capisco le sue parole e la sua preoccupazione!
 
 
 


Lei:
 
Oggi è lunedì, e sono pronta a ritornare alla mia vita quotidiana. Sono già tre giorni che non lo vedo; l'ho conosciuto venerdì sera e gli ho lasciato il mio numero, tutta la giornata di sabato lui non mi ha chiamato, poi la sera ho parlato con Zatanna che mi ha confermato le mie ipotesi. Domenica sera, non ho visto né lui e né lei al pub; sicuramente stavano insieme da un’altra parte.
Invece, oggi è lunedì e ricomincia la scuola.
“Hola Julia!” Saluto la mia amica che incontro per strada.
“Hola Deborah! Como està todo contigo?” mi saluta e mi chiede la mia amica, vuole sapere come mi vanno le cose.
“Eh Juls, a finale usted tenìa razòn!” le rispondo io, a finale aveva ragione lei.
“Io ho sempre ragione! Tu cerca di no pensar màs de él! Sempre incontrerai quello giusto!” mi dice lei.
Insieme ci incamminiamo verso la scuola.
“A proposito Deborah, ma oggi abbiamo il compito di storia?” mi domanda Julia ad un certo punto.
“Già è vero! Speriamo che sia facile, io non ho studiato niente durante il weekend!” esclamo un po’ preoccupata, anche se la storia è la mia materia preferita.
Entriamo in classe e ci sediamo, io e lei siamo vicine di banco.
Il prof ci porge il compito e c’è scritto: il settecento in Francia prima della rivoluzione francese.
Leggendo questa traccia, l’abbigliamento di lui che aveva la sera in cui lo conosciuto mi ritorna alla mente; mi aveva detto che era andato ad una festa in maschera ed era vestito da Luigi XVI. Lui mi ritorna alla mente.
Ma che è una persecuzione? Che sfiga! Proprio ora che avevo deciso di non pensarlo più!
“Deborah! Deborah! Psss… ma che ti sei incantata?” mi distoglie dai mie pensieri la mia vicina di banco.
 
 
 


Lui:
 
Mi ci voleva proprio una bella scopata, alla fine sono capitolato alle lusinghe della mie serve.
E mi sono anche divertito molto; prima nella stanza da bagno, poi nella camera da letto, e non abbiamo ancora finito! Ci stiamo solo riposando per il terzo round!
 
Deborah? E chi è Deborah? Ormai l’ho dimenticata!
 


Angolo dell'autrice: lo so che è un pò corto, e anche un pò noioso; ma mi serviva un capitolo di transizione.

Secondo voi, devo continuare a scrivere lui e lei per distinguere i loro pensieri? oppure no.

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Capitolo 5
*** Forse tra centanni! ***


Angolo dell'Autrice: in questo capitolo le cose si complicano, chissà se i due si rincontreranno!

Lui:
 
Aspetto che inizi il terzo round, nel frattempo mi metto comodo; mi posiziono a pancia in su, alzo le braccia sopra il cuscino, e chiudo gli occhi. Le coperte mi coprono metà busto.
Di fianco a me riposa la mia serva, che già sa cosa deve fare. Apre gli occhi, mi bacia l’incavo del collo in modo sensuale, si posiziona sopra di me, adagia bene il suo bacino con il mio. È lei che deve soddisfare me, e no viceversa.

È così che funziona, è la donna che deve appagare me, farmi raggiungere il culmine della gioia. Io devo solo distendermi e rilassarmi, che la mia sgualdrina pensa a tutto.

Forse sono cresciuto in un mondo maschilista, ma io sono il futuro re e devo essere accontentato dalle mie domestiche.

Quel contatto mi provoca dei gemiti di piacere, ma nemmeno il tempo che  si inizia a muovere, che…
Toc-toc… Toc-toc… Qualcuno bussa alla porta, ma questa è proprio sfortuna, sempre sul più bello mi devono interrompere?
“Un attimo!” grido io a chiunque ha osato bussare.

Faccio cenno alla mia serva di alzarsi e lei immediatamente si alza da sopra di me, scende dal letto e raccoglie i suoi vestiti sparsi sul pavimento, per poi rivestirsi.
Io nel frattempo, mi aggiusto meglio le coperte, cerco di coprire il più possibile con un cuscino l’evidente rigonfiamento delle mie parti basse.

Giuro, che  se è mia sorella che mi disturba, questa volta la strangolo! Ma sicuramente non è lei, conoscendola sarebbe già entrata senza bussare.

“Avanti!” dico a colui che ha bussato.  Entra il mio fidato maggiordomo Alfred, “Sire!” mi saluta inchinandosi, “Vostro padre desidera vedervi, per discutere con voi alcune questioni importanti!” aggiunge poi.
Nel frattempo, la mia serva è impegnata a mettere in ordine la stanza.

“Va bene Alfred, puoi andare!” gli dico un po’ scocciato, chissà cosa vuole adesso mio padre. Lui si inchina, e se ne va.
 Mi alzo piano dal letto, preparandomi mentalmente alla lunga e faticosa discussione che avrò sicuramente con mio padre.
 
 
 


Lei:
 
Cavolo! Proprio una traccia così  il prof doveva mettere nel compito?
Ora ho tutta la testa confusa, e non azzecco una nota.

“Ok ragazzi, per oggi abbiamo finito con le prove.” Dico alla mia band, tanto sarebbe inutile continuare visto che non ci sto con la testa.

Gli altri annuiscono ed iniziano a sistemare le loro cose. Anche io mi chino a prendere il mio zaino per metterci dentro le mie cianfrusaglie.

Mi si avvicina Raul, il batterista del mio gruppo, un ragazzo di un metro e settanta, capelli rossi ed occhi verdi. È il fratello gemello di Julia, mia amica d’infanzia.
Conosco Raul da quando era piccolo, e mi ha rivelato Julia, che ha sempre avuto una cotta per me.
Io gli sorrido, lui mi ricambia il sorriso.

“Ehi! Deborah, ti va se ci andiamo a prendere  un gelato insieme?” mi domanda il fratello gemello di Julia.

Lo guardo un po’ indecisa, non sono sicura di accettare, lui in fin dei conti ha sempre avuto una cotta per me, ed io non voglio approfittare dei suoi sentimenti ed illuderlo.

“Non è un appuntamento, puoi stare tranquilla, andiamo come due semplici amici. In questi giorni ti ho visto un po’ giù, e voglio risollevarti il morale. Ti prego, permettermi di farlo!” mi dice lui tutto d’un fiato e rosso in viso.

È sempre stato un ragazzo timido, mi chiedo dove abbia trovato il coraggio per chiedermi di uscire, sicuramente si sarà esercitato per ore davanti allo specchio.

“Ok!” gli rispondo in modo incerto, “Possiamo andare nella gelateria qui vicino” gli dico infine.

 
 
 

Lui:
 
Cammino per il corridoio, le mie ancelle precedono i miei passi spargendo i petali di rose, le mie guardie del corpo camminano chi alla mia destra e chi alla mia sinistra.
Giuro che discuterò con mio padre di questa situazione!

Da lontano vedo mia madre e mio fratello, intenti a chiacchierare e a bere il tè seduti intorno ad un tavolino.
Mia madre importò il tè qualche secolo fa dall’Inghilterra, durante il Boston Tea Party.
Lei mi vede e mi fa cenno di avvicinarmi, ed io l’accontento, mi avvicino e la saluto baciandola sulla fronte. 
Mio fratello smette di parlare, devia il suo sguardo per non incrociarlo con il mio.
Mia madre mi guarda in modo serio. Io sto ancora in piedi di fronte a loro.

“Arrivederci madre, io ora devo andare, ho un sacco di cose da fare. Buona giornata!” dice mio fratello rivolta a mia madre. Si alza dalla sedia, la saluta baciandola sulla guancia e se ne va. Mi ha ignorato completamente!

“Mikail siediti!” mi ordina con tono autoritario mia madre. Io eseguo; lo sguardo di mia madre è poco rassicurante.

“Lasciateci soli!” dice rivolta alle mie ancelle e ai miei bodyguard. Loro la guardano un po’ sorpresi, ma poi si inchinano e si allontanano.

“Madre, veramente mio padre mi sta aspettando.” Le dico io, “Allora aspetterà!” esclama lei in un tono che non ammette repliche.

Ci sono attimi di silenzio, fin quando mia madre non lo interrompe dicendo: “Allora Mikail, ho saputo della tua ultima bravata!”

Ah è per questo che è arrabbiata. Io credevo che avesse scoperto della mia vita sessuale; mi sono preoccupato per niente! Ora sono più rilassato e più tranquillo.

“Ma a voi chi ve l’ha detto madre?” le chiedo io per curiosità.
“Qui anche i muri hanno la bocca e le orecchie, ma dico io sei impazzito? Noi abbiamo un’immagine da difendere!”
mi dice mia madre colpendomi arrabbiata il braccio con un ventaglio.

Ahia… che male!

“Sulla Terra? Ma dico io, dopo tutto quello che i maghi e le streghe hanno passato a causa degli umani, tu che fai? Ti fai una scampagnata sulla Terra?” continua dicendomi colpendo di nuovo il braccio con il ventaglio.

“Ahia mamma! Mi fate male, non ho ancora i miei poteri!” le dico massaggiandomi il braccio.

“Sappi Mikail! Che sono pienamente d’accordo con tuo padre, almeno te ne starai buono per un po’!” mi dice lei colpendomi per la terza volta il braccio; sicuramente a breve si formerà un livido.

“Madre, lo sapete che state colpendo il futuro re?” le dico io con un sorriso beffardo.

“Futuro re? Futuro re un corno! Se non fosse stato per il protocollo, sarai venuta io personalmente a prenderti a schiaffi!”
mi dice lei ancora più alterata; conoscendola sarebbe venuta di persona a picchiarmi.

“Scusate madre!” sussurro sinceramente dispiaciuto, in fin dei conti, io e la mamma abbiamo un ottimo rapporto.
Mi sento in colpa per averla fatta preoccupare.
Io sono il suo cocco, perchè farla arrabbiare e distruggere tutto questo?

Lei respira un paio di volte, si calma e mi sorride dolcemente. Ora la sua rabbia è sfumata.

Mi guarda attentamente, prende il mio viso tra le mani, ed esclama in tono materno: “Cuore di mamma, ma sei così pallido, ed hai delle brutte occhiaie nere sotto gli occhi… Allora ti ha fatto davvero male quel cattivone di tuo padre?” la rabbia di prima si è trasformata in preoccupazione.
La mamma è sempre la mamma!


Annuisco e mi lascio viziare e coccolare da mia madre, credo che sia inutile dirle che le occhiaie derivano da tutt’altra attività fisica.
 
 
 


Lei:
 
“Ahahahahah” sto ridendo ad una battuta di Raul, sono più di due ore che stiamo chiacchierando seduti intorno ad un tavolino della gelateria.
Ormai abbiamo finito i gelati da un pezzo, e ci siamo messi a chiacchierare parlando di tutto e di più.

Non mi ero mai accorta che Raul fosse un ragazzo così divertente, a pensare che lo conosco da una vita.
Questo pomeriggio in sua compagnia, è davvero una scoperta, non mi sono mai divertita così tanto con una persona.
 
 
 
 

Lui:
 
Oh cavolo! Sono veramente in ritardo! Raggiungo di corsa la porta, entro di soppiatto tralasciando il solito rituale.

“Mikail! Sei in ritardo!” mi rimprovera come sempre mio padre.
Questa volta è seduto sul suo trono. Alla sua destra c’è un uomo.

“Scusate padre, avete ragione! Ma ho avuto un imprevisto” gli dico io abbassando lo sguardo e facendo un inchino.
Meglio non tralasciare le buone maniere in presenza di estranei.

Mio padre accetta di buon grado sia la mia risposta che il mio gesto; e mi sorride.

“Salve Sire!” mi saluta e si inchina quell’uomo, che è  uno dei più fidati consiglieri di mio padre.
“Consigliere!” ricambio io il saluto.
Tale consigliere, è Eragon il signore dei draghi, un uomo saggio, uno degli stregoni più potenti del regno; affiancò mio padre in varie battaglie.

Eragon è un mago di quasi mille anni, ha servito per secoli la famiglia reale, vestito dell’armatura da cavaliere dei draghi; con lo stemma reale. Ha capelli lunghi e barba nera.

“Mikail, ho riflettuto a lungo sulla tua situazione, e sono giunto alla conclusione che sono stato troppo severo.” Mi dice ad un certo punto mio padre.

Io lo guardo sorpreso, e penso: chi è quest’uomo? Che fine ha fatto mio padre?
“In fin dei conti sei ancora giovane, questa vita per te è troppo noiosa!” continua dicendo mio padre.

Non riesco a credere alle mie orecchie, è davvero mio padre costui che sta pronunciando tali parole? Ci sarà sicuramente sotto un trucco!

“Per tanto, inizierai il tuo addestramento con Eragon, in difesa contro le arti oscure quando la verbena nel tuo corpo si sarà esaurita, e aiuterai Gaius nel suo laboratorio. Così ti terrai impegnato!” dice infine mio padre.

Non ci posso credere, mio padre ha escogitato un modo più subdolo per tenermi bloccato a casa! Ma non sa che io ho sempre un asso nella manica!

“Seguitemi Sire! Andiamo a fare due passi, così chiacchieriamo un po’” mi dice Eragon, inchinandosi a mio padre e ad avviandosi alla porta.
Esco anche io dalla stanza e lo seguo.
 
 
 
 
 
Lei:

“Mi sono proprio divertita oggi Raul… Allora ci vediamo domani alle prove. Ciao!” dico a Raul, che si è offerto di accompagnarmi fino a casa.
“Ciao Deborah, anche io sono stato bene in tua compagnia. A domani!” mi dice lui.
Gli lascio un bacio sulla guancia, e mi avvio verso casa mia.
Mi sono fatta accompagnare fino a metà via, non voglio che lui veda la baracca dove vivo.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: In questi cinque capitoli sono stati citati vari programmi televisivi:
  • Fonte di Lazzaro di Ras-Al Ghu (Arrow)
  • Stephan e Damon (The vampire diary)
  • Prima canzone cantata da Deborah (Rapunzel)
  • Zatanna (appare in alcuni episodi di Smallville)
  • Seconda canzone cantata da Deborah (Non te importa cantata da Ninì)
  • Vaso di pandora
  • Gaius (Merlin)
  • La maschera di ferro ( film la maschera di ferro con Leonardo di Caprio)
  • Periodo del terrore
  • Zelda (zia di Sabrina in Sabrina vita da strega)
  • Verbena ( riferimento a Vampire diary)
  • Julia e Roul (gemelli di Beyblade)
 
 

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Capitolo 6
*** Tra passato e futuro ***


Lui:
 

Camminiamo ormai da diversi minuti, in silenzio tra i giardini reali. Tali giardini ospitano ogni sorta di piante ed erbe di ogni vegetazione. Mia madre ebbe questa idea, visitando il giardino inglese della reggia di Caserta nel diciottesimo secolo, al tempo dei Borboni.
Quest’ambio paradiso, farebbe davvero invidia alla famosa Reggia dei Borboni; mia madre raccolse e trasportò ogni pianta personalmente. Con sorpresa di tutti, tali erbe crebbero anche su questo pianeta; ed oggi possiamo vantare anche noi di un famoso ed ambio giardino reale.
 
“Venite a vedere Sire, questa è la belladonna; una pianta molto velenosa!” mi dice il signore dei draghi indicando una pianta e riscuotendomi così dai miei pensieri.  
Rivolgo la mia attenzione nella direzione indicata, “Si, la conosco.” Affermo, per non fare brutta figura, ma in realtà non sono molto istruito su questo argomento.
Mi rigiro guardandomi intorno; è la prima volta che passeggio in questo parco naturale, non conosco nessuna di queste piante ed erbe. Il mio sguardo si posa su una pianta che ha le foglie a forma ovale appuntite di varie misure. Cerco di provare ad indovinare ricordando gli insegnamenti di …
 Cavolo non ricordo nemmeno il nome… Chi era il professore di Erbologia alla scuola di magia di Hogworts? Booh!
 
Frequentai la struttura per un breve periodo; fino alla sua conquista avvenuta per mezzo degli stregoni oscuri. Prima di allora misi piede nella scuola, solo poche volte; preferivo di gran lunga divertirmi e viaggiare su altri pianeti con i miei soliti compagni di avventura.
A proposito di loro, chissà se mi hanno perdonato? Magari più tardi, li vado a trovare!
 
“Guardate questa Eragon!” dico io indicando la pianta su cui avevo posato lo sguardo poco prima, “Anche questa è una pianta velenosa.” Affermo, sperando di avere azzeccato.
Lui mi guarda impassibile, e scuote la testa, “Veramente Sire, questo è basilico; ocimum basilicum, ed è ottima per fare il sugo.” Dice lui con tono ovvio.
Resto di sasso. Io che volevo fare bella figura!
“Va be, consigliere, se usata in grande quantità può essere letale.” Dico con superiorità, sperando di essere credibile; accompagnando pure le parole con un gesto ovvio della mano. Cerco di salvare almeno la faccia.
Lui mi sorride, e mi dice in tono canzonatorio: “Per fortuna questo non è un mio compito, Gaius avrà molto lavoro da fare con voi. Io devo solo insegnarvi la difesa contro le arti oscure; sperando che con la pratica…” lascia la frase in sospeso; dubbioso muove la testa a destra e a sinistra, “…Siete più istruito” continua sussurrando tra sé sé.
 
Ma come si permette! È vero che sono ignorante teoricamente; ma con la pratica ci so fare. Ma preferisco non rispondere.
Continuiamo la nostra passeggiata in silenzio, inoltrandosi sempre di più nella serra.
“Eragon! Cosa avete in mente voi e mio padre?” domando, interrompendo ad un certo punto il silenzio. Era da quando avevamo iniziato a camminare, che questa domanda mi ronzava per la testa. Perché sono sicuro che mio padre l’abbia fatto a posta, che lui voglia di proposito tenermi lontano dalla Terra.
 
“Vostro padre si preoccupa per il regno e per voi. Presto succederà una rivolta tra i praticanti di magia nera e quelli di magia bianca, è giusto che voi siate preparato per difendervi contro le arti occulte. Vostro padre ha affidato questo compito a me, perché mi ritiene il migliore tra i suoi cavalieri.” Mi dice lui in modo duro. Ha risposto in parte alla mia reale domanda, credo che abbia fatto apposta a deviarla.
 
Ma io rincalzo essendo più preciso: “Perché mio padre ha un astio così profondo nei confronti della Terra?”
Lui mi guarda sorpreso, il suo sguardo è ovvio, riesco a leggerci dentro.
“Sono al corrente delle varie persecuzioni che gli umani ci hanno inflitto nel corso nei secoli: la caccia alle streghe nel medioevo, la persecuzione del 1300, la rivoluzione in Francia, la distruzione degli antichi popoli indigeni, come Maya, Aztechi, ecc… Ma io voglio sapere il vero motivo.”  Dico io ormai al limite della pazienza.
 
Dovete sapere Sire, che un tempo molto antico, Divinità, esponenti della magia ed esseri umani, vivevano in pace su un unico pianeta; la Terra.
Non era raro vedere i draghi celesti grandi e maestosi, sorvolare il cielo terrestre, e i druidi abitare le grandi foreste di quel splendido pianeta.
Avvolte le divinità scendevano sulla Terra e concepivano con i terrestri; dando vita ai semi dei.
 Le giornate scorrevano tranquille; gli umani servivano le divinità, gli dei guidavano e proteggevano il popolo umano, e noi offrivamo i nostri servigi ad  entrambi. Ogni corte reale aveva un mago come consigliere che gli prevedeva il futuro. Ogni tempio dedicato agli dei aveva come custode una sacerdotessa dell’antica religione per rendere culto ad essi.
 
Però successe che le divinità si montarono con la testa; divennero egoiste e cattive, iniziarono a giocare con la vita degli umani. Ricordate Illiade o Ulisse; un piccolo esempio per descrivere come erano diventate le divinità. Pochi uomini osarono sfidarli.
Il popolo umano soffriva, e con l’avvento della nuova religione; il Cristianesimo, le divinità persero sempre maggiore importanza. Man mano che gli anni e i secoli passavano, avevano sempre minore influenza nella vita dell’uomo, fino ad essere dimenticate, ed allora furono costrette a ritirarsi ed a scomparire.
Per quando riguarda noi esponenti della magia, abbiamo sempre abitato sulla Terra; le prime fonti storiche, si hanno sin dai tempi dei Sumeri e degli Egizi, che avevano una buona conoscenza di magia.
Però, la nascita della nuova religione causò anche a noi dei problemi: la magia fu dichiarata superstizione, gli uomini che prima ci erano amici ci voltarono le spalle, avevano paura di noi, ci accusavano di ogni disgrazia naturale, istituirono la caccia alle streghe. Nel corso dei secoli vari maghi e streghe sono stati bruciati al rogo o ghigliottinati come in Francia.
Dall’anno 1000 in poi non vivemmo più bene, l’antica religione fu proibita, o veniva praticata di nascosto. Questo durò, fin quando, ormai stanchi, creammo questa dimensione e ci ritirammo su questo pianeta per vivere in pace.
Da allora più nessuno, tra i maghi e le divinità mise piede sulla Terra. Giove, il padre degli dei, Il Supremo Dio degli umani, e il nostro re di allora; stipularono un veto che proibiva ad ogni singola persona di queste razze, di oltrepassare il confine.
Ecco Sire, come mai per vostro padre è così importante che voi non mettiate più piede sulla Terra.” Mi dice lui con voce grave alla fine del racconto.
 
Ora tutto ha un senso, ma io purtroppo sono testardo e non ho intenzione assecondare i voleri di mio padre.
Voglio ritornare e ritornerò sulla Terra! Ormai è una cosa di principio!
 
“Capisco Eragon, ora mi è tutto più chiaro!” dico io, lui mi guarda negli occhi e mi sorride, “Ora devo andare Sire, il dovere mi chiama. Ci vedremo nel campo di addestramento quando l’effetto della verbena sarà finito. Mi raccomando, sarò imparziale, e non avrete favoritismi.” Mi dice lui con voce dura, “D’accordo Eragon, potete iniziare col darmi del tu.” Gli dico io porgendogli la mano. “Affare fatto Sire, e voi potete iniziarmi a chiamare padrino.” Mi dice lui stringendomi la mano.
 
Per un attimo, rimane a bocca aperta, occhi spalancati assorti nel vuoto; sicuramente avrà avuto una visione.
Si riprende e scuote la testa, mi lascia la mano, mi saluta e se ne va.
“Aspettate Eragon! Ditemi cosa avete visto?” gli dico io a voce alta per farmi sentire; ma ormai è troppo tardi, già se ne è andato.
Va be, pazienza, in fondo io non credo che il destino sia già scritto. Il mio futuro me lo creo da solo!
 
 
 





Lei:
 

Purtroppo un’altra giornata scolastica è passata, mi piace tanto andare a scuola ed imparare nuove cose.
Mi accendo una sigaretta fuori dal cortile della scuola, aspettando Julia, che si è trattenuta in classe a parlare con il professore.
La vedo arrivare di corsa con il fiatone; si ferma davanti a me, si abbassa sulle ginocchia per riprendere fiato.
“Hola Deborah!” mi saluta dopo essersi ripresa, “Sei pronta? Andiamo! Vamos a ir!” mi dice avviandosi. “Hola anche a te Julia!” le dico io sarcastica, per poi seguirla.
“Deborah, ti va se ci facciamo un giro in piazza?” mi chiede lei, io accetto entusiasta, in fondo oggi non ho le prove con la band.
 
Percorriamo la strada chiacchierando del più e del meno. Ad un certo punto, Julia mi si avvicina e mi chiede: “Allora Deborah, sei uscita con Raul ieri pomeriggio?” mi domanda con tono malizioso, “Mi hermano era muy feliz, non ha fatto altro che raccontarmi la sua giornata tutto emozionato.” Continua dicendo lei in modo euforico.
 
“Si, ieri Raul mi ha sorpresa, ma non era un appuntamento, siamo usciti come due semplici amici.” Le dico io con tono avvio, meglio mettere subito le cose in chiaro anche con lei.
 
“Forse per te Deborah, ma per mio fratello era un appuntamento vero e proprio, lui ci tiene a te; le gustas! Se per te non è la stessa cosa Deborah, non illuderlo. Lui è un ragazzo così sensibile, non usarlo come diversivo per tenerti impegnata.” Mi dice lei in modo apprensivo, fermandosi di colpo. Si vede che vuole molto bene a Raul e si preoccupa per lui, ma di me, queste cose non le deve proprio pensare.
 
“Julia stai esagerando, io e Raul siamo solo amici, io gli voglio bene e non lo userei mai come diversivo per dimenticarmi di Michael!” le dico io un po’ alterata, fermandomi di fronte a lei; capisco che Raul è suo fratello, ma dubitare di me così è il colmo.
 
“Hai visto Deborah, L’hai nominato tu non io!” esclama lei di rimando.
Mi mordo le labbra, forse a ragione, ma quel ragazzo non riesco proprio a dimenticarlo.
Mi viene da piangere, la mia amica se ne accorge, e subito mi sorride e mi abbraccia per darmi forza. Non potevo desiderare una amica migliore.
“Non fa niente Deborah, al cuore non si comanda, ti chiedo solo di non fare soffrire mio fratello.” Mi dice lei in tono dolce, io annuisco, ed insieme continuiamo la passeggiata.
 
Ad un certo punto, in lontananza vedo Zatanna seduta vicino ad un tavolo, con sopra una sfera di cristallo e vari tarocchi. Vestita di strane vesti lunghe, con un copricapo in testa, ornata di bracciali, collane e grandi anelli.
Mi avvicino a lei.Ho proprio voglia di provocarla.
“Hola Zatanna!” la saluto con un sorriso furbo, “Come mai tutta sola? Non sei in compagnia del tuo amore ritrovato?” le dico io in modo provocatorio. Lei mi guarda perplessa, e poi con fare annoiato mi dice: “Sei proprio una bambina Deborah, qui c’è gente che lavora! Vieni! Siediti, ti leggo il futuro.” Mi dice invitandomi con un gesto della mano a sedermi di fronte a lei. Io scuoto la testa, non credo in queste cose; non sono superstiziosa.
 
“Vieni Deborah! Ti offre la casa” incalza lei. Va bene, mi ha convinto; tanto non ho niente da perdere.
Mi siedo sulla sedia di fronte a lei, “Vuoi che ti profetizzo il futuro con la sfera, le carte o vuoi che ti legga la mano?” mi dice lei frettolosamente.
“Puoi leggermi la mano” le dico io perplessa. In fondo non credo a queste cose.
Le porgo la mia mano, lei la prende tra la sua e la guarda assorta.
Perché ho il cuore in gola se non credo in queste superstizioni? Sono molto agitata.
“Shhhh! Non ti muovere, silenzio! Che non riesco a vedere” mi dice lei, io mi calmo ed ubbidisco.
“Non hai futuro!” esclama Zatanna quasi urlando in modo sorpreso.  
Ma che dici Zatanna, sei tu che non sai fare questo mestiere!” le rispondo io a tono.
Mi sta solo prendendo in giro.
“Zitta, fammi vedere meglio!” mi ordina lei chiudendo gli occhi.
Ma che mi sta prendendo in giro?
 
 
 
 
 



Zatanna:
 

Non riesco a vedere il suo futuro e questo mi preoccupa. Poi lei non fa che agitarsi e sospirare, riesco perfino a sentire il suo cuore battere a mille. Ma cavolo! Stai un po’ ferma! Che mi ci vuole concentrazione per queste cose.
 
“Non hai futuro!” esclamo sorpresa quasi urlando, e lei che fa, si arrabbia e dice che sono io e non capisco niente. Non sa che io sono una strega e queste cose sono il mio pane quotidiano?
“Zitta, fammi vedere meglio!” le ordino  chiudendo gli occhi.
Forse così riuscirò a trovare la concentrazione giusta.
Questa ragazza è strana, non mi era mai capitato di avere tanta difficoltà a leggere un futuro.
 
Oh mio Dio! Cosa vedono i miei occhi? Un’ombra nera avvolge questa ragazza; questo è un cattivo presagio!
 Riapro improvvisamente gli occhi spaventata, me l’ha ritrovo davanti che mi guarda con quell’aria da finta innocente, “Allora Zatanna, Cosa hai visto?” mi chiede ironica.
Riacquisto la mia lucidità e le dico: “Un’ombra nera si abbatterà sulla tua vita!”.
Lei mi guarda offesa, mi da dell’imbrogliona, si alza e se ne va seguita dalla sua amica.
Non devo perderla un attimo di vista, devo indagare più a fondo su questa storia.
 
 
 
 
 



Eragon:
 

Stringendo la mano al principe ho avuto una visione; in essa ho visto un’umana salire sul trono reale ed essere incoronata regina.
Ora mi è tutto chiaro! È quella umana il motivo per cui il principe vuole ritornare sulla Terra. Come ho fatto a non capirlo prima!
Per tutti gli dei, lo devo dire o no al re? Questa storia sarà una benedizione, o una maledizione?
 
 
 



Angolo dell’autrice: Finalmente, con grande attesa di tutti (sono ironica!) è rientrata nel cast Zatanna.
È entrato è far parte del Cast anche Eragon il Signore dei Draghi; lo stesso signore dei draghi che si prese cura di Gogeta nella sua infanzia.
Allora il vecchio mago e Michael si conoscevano già anni prima?
 
L’ombra nera nella vita di Deborah? Chissà cosa significa.
Cos’è la visione dell’umana che diventerà regina? Di chi si tratterà?
Spero di avervi incuriositi!
Mi raccomando leggete e recensite!
Come sempre ringrazio chi legge, chi commenta e chi ha aggiunto la storia tra le seguite, preferite e ricordate.

 

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Capitolo 7
*** Incontri e scontri ***


Incontri e scontri.


 


Lui:
 
“Va be ragazzi, come state? Facciamo come se non sia successo niente.” No così non va bene, non sono abbastanza convincente…

Ok riproviamo… “Ehilà ragazzi! Vi vedo ancora tutti interi.” No, così sono troppo sarcastico! E conoscendo Damon… Non oso immaginare la sua reazione!

E che cavolo, perché devo essere io a chiedere scusa? Io che sono un principe, di sangue nobile, il signore e padrone di tutti?

Ma purtroppo sono proprio io che devo cedere, Damon e Stephan sono stati categorici. Più il primo che il secondo. Se io non mi fossi scusato; entrambi non mi avrebbero più rivolto la parola! Ma dico io, dove è finito l’antico rispetto che c’era per i reali? Booh!

Ed ora, volente o nolente, mi trovo qui - dopo averli invitati a pranzare nelle mie stanze reali -  davanti allo specchio, ad esercitarmi su come chiedere scusa! Cose da pazzi, non ho mai chiesto perdono in vita mia!

Toc…Toc… sento bussare alla porta, devono essere loro; oh mio Dio già sono arrivati!

“Avanti!” dico. Aprono la porta, sono loro! Entrano lenti, calmi e tranquilli.

L’aria che si respira è tesa, i miei due compagni stanno in piedi di fronte a me.

“Allora Mikail non devi dirci qualcosa?” dice Damon con voce minacciosa.

Cavolo, ora inizia la parte difficile.

“Allora Mikail siamo tutt’ orecchie!” dice Stephan andandosi a spaparanzare sulla poltrona, appoggiando perfino i piedi sul tavolino.

Lì guardo un po’ sorpresi; chi sta seduto sulla poltrona, come se fosse sua, e  chi sta in piedi a braccia incrociate di fronte a me. Entrambi con un sorriso in volto che la dice lunga. Chissà cosa hanno in mente!

Odio chiedere scusa, ma purtroppo lo devo fare, perché anche io ho una cosa in mente, e questi due miei carissimi amici, mi servono.

Allora, cominciamo, respiro profondamente, 1-2-3 volte, prendo fiato ed…

“Allora… rag…gaz…zi!” cavolo com’è difficile “Vi… vi… chie…ddo…” cazzo le parole non mi vengono, dovevo esercitarmi di più. Prendo un po’ di respiro.

“Allora, pe…per…do…dono” concludo sussurrando.

“Scusa Michael, non abbiamo capito bene, potresti ripetere!” incalza Damon con un sorriso ironico.

Giuro che quando riavrò i miei poteri, lo trasformo in un topo e lo faccio mangiare da Salem.

Ok, ormai ho perso la pazienza, ma devo riuscire a controllarmi, quindi prendo un lungo sospiro profondo, e ripeto…

“Scusateragazzivichiedoperdono” dico io tutto d’un fiato.

“Come?” mi chiede Damon “Non abbiamo capito?” rincalza; credo che si stia togliendo molte pietre nelle scarpe. Lo sta facendo di proposito nel mettermi in difficoltà.

Ma io ormai sono al limite della pazienza e mi sono stancato.

“Addesso basta!” sono molto incazato, emetto fumo dalle narici; odio essere preso in giro.

“Calmati Michail, volevamo solo divertirci un po’, è il minimo dopo quello che abbiamo subito per colpa tua!” mi dice calmo e pacato Stephan.

Ok, respiro profondamente 1-2-3-4…10 volte e mi calmo, ristabilisco il mio solito auto controllo.

“Comunque, per vostra informazione, a me è andata peggio, visto che sono stato contagiato dalla verbena. E senza i miei poteri, il mio umore, non è molto stabile.” Dico io con tono minaccioso.

“E dai Michael, non farla molto tragica!” mi dice Damon dandomi una pacca sulla spalla.

Lo fa apposta a togliersi tutti questi sfizi. Si siedono ed iniziano a mangiare come se niente fosse, cose da pazzi! Sarà meglio che mi sieda anch’io e faccia finta di niente!

“Buon appetito amici!”
 
 
 





Lei:
 
Oggi mi sento più nervosa e più agitata del solito, è da ieri che non faccio che pensare alle parole di Julia. Sto vagando senza meta per la piazza del paese.

Forse ha ragione, sto illudendo troppo Raul, forse lo farò soffrire. Sarà meglio sistemare subito la situazione…

Ed ecco, che la fonte dei miei pensieri si avvicina a me.

“Hola Deborah! Che bella sorpresa, ti va un gelato?” mi dice lui. Mi sembra che abbia acquisito maggiore sicurezza rispetto all’ultima volta.

“Eh, mi dispiace Raul, oggi non ho proprio la testa. Scusami, sarà per un’altra volta” gli dico io cercandolo di liquidare; oggi non ce la faccio proprio a passare delle ore in sua compagnia.

Detto questo, me ne vado di corsa, e l’ho lascio li come un salame.
 
 
 
 
 
 
 
 
Lui:
 
“Zzzzzzzz!” che bellezza, “Zzzzzzzzzz!” che rilassamento. Un’altra notta passata in dolce compagnia. Sono tra il sogno e la veglia: mi giro per trovare una posizione più comoda… No aspetta! Meglio di lato!

“Mmmmh! Mmmmmh!” BOOM!

Cazzo che male e che figura! “Ahia!”

“Sire vi siete fatto male?” sento dire a colei che fino a due secondi prima dormiva beatamente nel mio letto; sicuramente il tonfo l’ha fatta sobbalzare.

Mugolo come risposta, mi alzo lentamente, mi siedo sulle ginocchia, e noto con sorpresa che dove io sono caduto, si sono formate delle crepe sulle mattonelle.

Sono sorpreso! Impossibile! “Io non ho ancora i miei poteri” bisbiglio, o forse si.

Mi guardo le mani,  sento una grande forza attraversarmi le membra.

Che bello! L’effetto della verbena; la mia prigionia finalmente è finita!

Sorrido tra me e me come un ebete; inizio a ridere sempre più forte.

La mia serva mi guarda preoccupata, sicuramente penserà che io abbia battuto la testa.

“Sire state bene?” mi dice.

“Si, mai stato meglio!” dico alzandomi ed incamminandomi verso il bagno.

Lei mi guarda per un attimo sorpresa, a bocca aperta, per poi alzarsi, vestirsi e corrermi dietro.

Secondo round sono pronto!

 
 
 
 
 


Lei:
 
 “Hola cara, dove stai correndo così di fretta?”.

Sento una voce richiamarmi alle mie spalle. La riconosco, mi giro lentamente con fare annoiato.

“Zatanna!” esclamo in modo freddo e distaccato. Tanto che ero distratta, non mi ero nemmeno accorta di essere passata davanti alla sua bancarella.

 
 
 
 
 
 

Zatanna:
 
ho passato tutta la notte a pensare a quella visione; a quell’ombra nera che avvolge questa ragazza.

All’inizio pensavo che avesse a che fare con la sua perdita; cosa molto probabile.

Io stessa, so per esperienza, che la perdita di un genitore diventa un’ossessione.

Ma il mio sesto senso mi dice che c’è dell’altro, qualcosa che mi è sfuggito.

“Zatanna!” pronuncia in modo distaccato e freddo distogliendomi dai miei pensieri.

Si gira e mi guarda; il suo sguardo è freddo. Mi vengono i brividi, rivedo quell’ombra nera avvolgerla.

Questa ragazza dai lineamenti così ingenui ed infantili, nasconde dentro di sé qualcosa di negativo. Sarà portatrice di disgrazia.

“Zatanna! Cosa vuoi?” mi richiama con tono che non le ho mai sentito prima.

Scuoto la testa e riacquisto il controllo della mia mente, pronta a sfoggiare la mia solita ironia ed impassibilità.

“Forza Deborah, avvicinati!” le ordino con tono freddo e sguardo impassibile. Lei si avvicina con sguardo minaccioso; l’aria è talmente tesa che si può tagliare con un coltello.

“Come ti vanno gli affari Zatanna?” mi dice lei ironica, sicuramente si vuole prendere la rivincita per la mia rivelazione di ieri.

“Bene. Ricordi quel ragazzo di cui ti avevo parlato l’altra volta? Quel mio ex…” la vedo irrigidirsi e mordersi il labbro inferiore. Io non mi faccio mettere i piedi in testa.

“Quel ragazzo… Michael” le rivelo in fine sorridendole. Lei guarda un punto indefinito della strada, si morde il labbro inferiore e si contorce le mani. È fatta, ormai ce l’ho in pugno, pende dalle mie labbra.

“Ieri abbiamo scopato alla perfezione!” addolcisco ed abbasso il tono della voce come se mi stessi confidando con una amica. Poi, scoppio a ridere all’improvviso, vedendo il suo sguardo infranto.
 
 
 
 
 
 


Lei:

“Forza Deborah, avvicinati!” mi ordina con tono freddo e sguardo impassibile. Eseguo l’ordine, mi avvicino a lei con sguardo minaccioso; io non ho paura di lei, non mi farò mettere i piedi in testa. Ho proprio voglia di raccogliere la provocazione.

“Come ti vanno gli affari Zatanna?” le dico con ironia e sarcasmo, dalla sua espressione capisco che l’ho punta nel vivo.

Ah che goduria!

“Bene!” mi dice freddamente, i suoi occhi emanano lampi e fulmini.

Si morde le labbra dal nervosismo e stringe i pugni, come per riacquistare il controllo della situazione.

“Ricordi quel ragazzo di cui ti avevo parlato l’altra volta? Quel mio ex…”  mi dice sorridendo maliziosa. Il mondo mi crolla a addosso, tanti flash back affollano la mia mente. Dio ti prego, fa che non parli di lui.

“Quel ragazzo… Michael”  mi rivela in fine sorridendomi. Guardo un punto indefinito della strada, mi mordo il labbro inferiore e mi torturo le mani. È lui, il mio cuore si ferma. Non mi muovo, voglio sentire il resto della frase; ormai pendo dalle sue labbra. Voglio ascoltare, ascoltare di quel ragazzo che vidi solo una volta, e che non ho ancora dimenticato.

“Ieri abbiamo scopato alla perfezione!” mi dice sadica e cattiva, addolcendo ed abbassando il tono della voce come se si stesse confidando con una amica.

Poi, scoppia a ridere all’improvviso, vedendo il mio sguardo infranto.

Il mio cuore si frantuma in mille pezzi, faccio fatica a trattenere le lacrime. So che è una cattiveria detta a posta per ferirmi, ma non posso fare al meno di crederci.

 
 
 
 
 


Zatanna:

Ora ho capito, ora mi è tutto chiaro, ora ho capito chi è l’ombra oscura che avvolge questa ragazza!

Ma come posso intervenire?


Angolo dell'autrice: eccomi finalmente sono tornata; non sono morta! Ringrazio quanti mi hanno seguita fino ad ora, e quanti continuano ancora a seguirmi.

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Capitolo 8
*** addrestramento ***


addestramento



Eragon:

Non faccio altro che pensare alla visione: un’umana salire sul trono reale ed essere incoronata regina.

Cammino avanti ed indietro con le mani dietro alla schiena, attendendo il principe nel campo di addestramento. È in ritardo!

E nel frattempo penso il come risolvere questa delicata situazione.

È quell’umana il motivo per cui il sire vuole ritornare sulla Terra. Come ho fatto a non capirlo prima?

Spero che sia solo un’infatuazione, sarebbe più semplice; un rapporto e via, e poi ognuno nel suo mondo.

Il guaio e se fosse amore, soffrirebbero entrambi, essendo di due mondi diversi.

Questa storia, sarà una benedizione o una maledizione?

Forse i nostri due universi si unirebbero e troverebbero l’antica pace di un tempo!

Devo mettere o no al corrente il re di questo nuovo possibile futuro?

“Che problema!” mormoro tra me e me. Il mio solito compagno di avventura, mi si avvicina e si accuccia vicino a me; anche lui vive il mio stesso stato d’animo, i miei pensieri e le mie preoccupazioni sono anche le sue. Non potevo desiderare un amico migliore; condivide con me ogni cosa.

“Hai ragione Drago!” gli dico accarezzandogli la testa, “Questa faccenda, non andrà a finire bene.” Sospiriamo entrambi sconsolati.
 
 
 
 
 

Lui:

Cavolo! Sono in ritardo alla prima lezione di magia; spero solo che Eragon chiuda un occhio.

Attraverso di corsa i corridoi reali, seguito dalle mie due guardie del corpo, e le mie solite ancelle che cercano di spargere tutte indaffarate i petali di rosa.

Sento una grande forza attraversarmi le membra, che bella sensazione! L’avevo dimenticata!

Ora sono invincibile con i miei poteri, più nessuno può fermarmi!

Dimostrerò al Signore dei draghi di cosa sono capace.

Ho giurato a me stesso di ritornare sulla Terra, e ritornerò su quel pianeta, costi quel che costi, nessuno mi farà cambiare idea.

E poi, ho ancora un conto in sospeso con Zatanna.

Giungo all’entrata del campo di addestramento, oltrepasso il cancello, vedo in lontananza il mio maestro, attendermi, con postura diritta e sguardo severo. Dietro di lui c’è un maestoso drago alato, con lo stesso umore del suo padrone.

Non mi piacciono proprio quelle bestie, in verità mi fanno paura, non le sopporto proprio!

Avanzo con passo più moderato, e portamento diritto, preceduto dalle mie ancelle ed affiancato dalle mie guardie del corpo.

“Sei in ritardo, Mikail!” mi rimprovera il mio addestratore; ha preso alla lettera la mia proposta di darmi del tu e senza favoritismi. Farò anche io la stessa cosa.

“Perdonatemi padrino!” gli dico abbassando il capo, sarà meglio mostrargli un po’ di rispetto, essendo lui più anziano, e mio addestratore. Io qui in questo momento, ricopro il ruolo di allievo.

E questa situazione mi piace molto!

Le mie ancelle sono intende a ricoprire il mio cammino e i mie piedi, di petali di rosa.
Il mio padrino guarda la scena sbalordito. Che vergogna!


Scosto i piedi e faccio finta di niente, sussurro alle mie serve di finirla, ma vengo ignorato.

All’improvviso sobbalziamo, sentendo un tonfo sul terreno; è Eragon con il suo bastone, ormai stufo ed arrabbiato.

“Adesso basta!” urla, “Questo è un campo di addestramento, non un prato fiorito!”

“Signore, sono ordini del re…” cerca di mormorare in vano una delle mie ancelle.

“Oltre quel cancello comando io, qui comando io, e da domani non voglio più vedervi varcare quella soglia!” dice con tono serio indicando il cancello. “Adesso andatevene!” urla poi sbattendo la punta del bastone sul terreno.

“Ma…” cercano di mormorare, “Andatevene!” urla ancora più forte, spaventa perfino me. “Parlerò io al re.” Dice infine.

Gli altri annuiscono, si inchinano di fronte a me e se ne vanno.

Io sorrido sotto i baffi, anche se non ho i baffi, e gli lancio uno sguardo riconoscente.

Finalmente mi sono liberato di quei scocciatori.

“Un uomo che non è capace di farsi rispettare dai propri sudditi, non è degno di diventare re.” Dice Eragon con voce severa e fredda; in un attimo svanisce tutto il mio entusiasmo, mi sento ferito.
 
 





Eragon:

Che mi tocca vedere, che mi tocca sopportare! Ma hanno scambiato il campo di battaglia per un giardino? Ma chi me l’ha fatto fare, io addestro soldati, guerrieri forti e coraggiosi, no un principino viziato che ha messo il broncio.

 Mi hanno già fatto arrabbiare di prima mattina, mi sento un fascio di nervi, se potessi sputerei fuoco.

Ma sarà meglio che faccio un bel respiro e mi calmo, perché il drago ha il mio stesso nervosismo, e non vorrei che si mettesse a sputare lui fuoco per me; non vorrei fare un principino arrosto…
 
 
 




Lui:

Mi sento ferito, stringo i pugni e mi mordo le labbra per non piangere, non darò questa soddisfazione a nessuno.

Chi non è capace di farsi rispettare dai propri sudditi, non è degno di diventare re, io allora non sano degno di diventare re!

Tanto non me ne frega di questo regno del cavolo, che sprofondasse negli inferi; e allora, perché mi sento così umiliato, perché queste parole mi hanno fatto così male?

Mi sento i suoi occhi puntati addosso, non ho il coraggio di alzare la testa; forse è vero, sono solo un ragazzino…

“Allora Mikail iniziamo con la prima lezione, abbiamo già perso molto tempo!” mi dice il mio addestratore.

“Alza la testa ed ascolta” dice, io eseguo l’ordine, e noto che non c’è più un’aria tesa; lui sembra calmo. Così rilasso anch’io i muscoli.

Sono intenzionato ad ascoltare, un giorno tutti vedranno di cosa sono capace… Ecco, ora riconosco me stesso, forte e determinato.

Inizia con lo spiegare di cosa si tratta questa materia: “Questa materia Mikail” mi dice, “Ha lo scopo di insegnarti ad affrontare creature ed arti oscure; imparerai a disarmare, schiantare, bloccare malefici,  ad evocare contro incantesimi e contro fatture”.

La sua voce è molto più calma e posata rispetto a prima, anche il suo drago alato sembra rilassato; se ne sta nello spiazzale a riposarsi a pancia in su.

“Nel programma è previsto lo studio delle creature oscure” mi dice, “Come mollicci, berretti rossi, marciotti , kappa, lupi mannari.  Studieremo, l’apprendimento di incantesimi per affrontarle. A livello avanzato si studiano le maledizioni tra le quali non mancano  naturalmente quelle senza perdono e gli incantesimi non verbali che prevedono che la formula venga solo pensata, senza pronunciarla, il che può mettere in difficoltà l’avversario” conclude dicendo il mio padrino.
 
 





Eragon:

Ora mi sono calmato, poso il mio sguardo sul ragazzo; è arrabbiato, e si vede, ma è anche  testardo e non si arrende di fronte alle difficoltà, è come la fenice; che ogni volta risorge più forte dalle sue ceneri.

Questa è una virtù che pochi hanno. Il mio compito è addestrarlo, e non mi tirerò indietro, ormai è una sfida che mi alletta, trasformerò questo principino in un grande re ed un valoroso guerriero.

“Allora Mikail, iniziamo con la prima lezione, abbiamo già perso molto tempo” gli dico, “Alza la testa e ascolta”. Lui esegue l’ordine e si guarda intorno, e rilassa i nervi.

“Questa materia Mikail ha lo scopo di insegnarti ad affrontare creature ed arti oscure; imparerai a disarmare, schiantare, bloccare malefici,  ad evocare contro incantesimi e contro fatture”.

Ora ho la sua attenzione, sembra interessato e rapito dalle mie parole.

“Nel programma è previsto lo studio delle creature oscure come mollicci, berretti rossi, marciotti , kappa, lupi mannari. L’apprendimento di incantesimi per affrontarle” gli dico

“ A livello avanzato si studiano le maledizioni tra le quali non mancano  naturalmente quelle senza perdono e gli incantesimi non verbali che prevedono che la formula venga solo pensata, senza pronunciarla, il che può mettere in difficoltà l’avversario” gli spiego

“Le maledizioni senza perdono sono una delle forme peggiori di magia oscura. Sono tre: la maledizione Mortale, che uccide la vittima prescelta immediatamente, lasciando il suo corpo intatto senza segni dell’avvenuto assassinio”. Mi guarda sconvolto, è ovvio che per lui queste sono cose nuove.

“Poi c’è la maledizione Cruciatus che viene utilizzata per torturare, per avere affetto immediato sulla vittima, si deve desiderare davvero di fare del male, e la sensazione che prova colui che è torturato, è quella di essere infilzato da coltelli bollenti”. Il suo sguardo si fa serio, “Questa è quella che ha usato mio padre contro di me” mormora a bassa voce.

“Ed infine c’è La maledizione Imperius che se scagliata con successo, pone la vittima sotto il totale controllo dell’autore della maledizione”. Concludo con la mia spiegazione.
 






Lui:

Cavolo! E chi le sapeva queste cose, sono sorpreso! Ma che mi hanno insegnato alla scuola di magia? Niente…

Ah è vero, le maledizioni senza perdono erano ancora proibite quando andavo io a scuola, ma ora, siccome la situazione è critica sono state legalizzate.

Che schifo! No anzi, che forza!

 Ma quando passiamo alla pratica, ho voglia di provare è di divertirmi penso sorridendo.

“Per oggi abbiamo finito Mikail, puoi tornare alle tue occupazioni” dice come a leggermi nella mente.

Uffa che delusione…

“Se l’argomento ti interessa così tanto, puoi approfondirlo con la lettura” continua dicendo con un sorrisetto sotto i baffi.

A me non piace leggere, mi viene da piangere...

Magicamente fa apparire un libro antico venti per trenta; un toma vecchio e pieno di polvere.

“Ecco sire, con questo potete istruirvi bene” mi dice come una presa per il culo

“Grazie Eragon” dico prendendo l’oggetto della discussione, dalle sue mani.

“Arrivederci Sire, a presto!” mi dice porgendomi la mano, sto per stringergli la mano. Ma aspetta! Ora è tutto chiaro!

“Mi dispiace Eragon, ma il mio futuro me lo creo da solo.”gli dico con un sorrisetto furbo, ritirando la mia mano.

Mi giro e me ne vado. Voleva leggermi il futuro, ma io non gliel'ho permesso.
 
 





Eragon:

“Mi dispiace Eragon, ma il mio futuro me lo creo da solo.” Mi dice sorridendo furbamente e ritirando la sua mano.

Ma che canaglia! Si gira e se ne va come niente fosse.

Ha capito subito le mie intenzioni, è un ragazzo così pieno di sorprese, speriamo che non si rovini.

Ho deciso, parlerò al re della mia visione, ed insieme prenderemo dei provvedimenti.

“Forza drago, andiamo! Abbiamo tante cose importanti da fare!”
 
 
 
 


Lui:

mi devo sbrigare, devo andare da Gaius; per la seconda parte del mio addestramento. Speriamo che non sia un vecchio noioso e rincitrullito.

Mannaggia! Ma quando pesa questo libro!
 
 
 
 



Regina:

“Sai caro, sono molto preoccupata per Mikail, sta in una fascia di età delicata” dico a mio marito mentre siamo nelle nostre stanze, fuori da occhi indiscreti, e da obblighi reali.

“Noi ti preoccupare cara, andrà tutto bene” mi risponde con sicurezza, io già mi sento risollevata, basta la sua presenza a darmi coraggio.

In questa stanza, nell’intimità di queste mura: siamo una coppia normale, una famiglia come tante altre che si preoccupano per i propri figli. Fuori da queste stanze, mio marito, è un re autoritario e severo. Qui dentro invece, è un marito, ed un amante adorabile e premuroso, un padre attento al futuro dei propri figli.

Peccato che Mikail non sia mai riuscito a capirlo, sono fin troppo simili.

 “Andrà tutto bene”, mi rassicura mio marito, vedendomi pensierosa


Angolo dell'autrice: Mikail è un principe dei maghi infelice, Deborah è una ragazza gitana con tanti sogni. un giorno si incontrano, ma entrambi vengono ostacolati Al prossimo capitolo, commentate in tanti, ed aiutatemi a migliorare

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Capitolo 9
*** Rivelazioni ***


Lei:


Signori e signore, ed ecco a voi l’incantevole Deborah! Dice il presentatore.
Sento applaudire e fischiare…

Eccomi ad esibirmi nello stesso luogo, in cui quasi un mese fa, vidi quel ragazzo, che non ho ancora dimenticato.

Da quel giorno non l’ho più incontrato, e ne più Zatanna ne parla. Sembra come scomparso nel nulla.

Al solo pensarlo, mi vengo ancora le farfalle; maledetto lui, che quel giorno mi rapì il cuore.

“Ehi! Pubblico” urlo avvicinandomi al microfono “Vi va di sentire un inedito della mia nuova canzona?”chiedo, ricevendo degli assensi positivi.

“Questa canzona la dedico ad una persona che come un fulmine a ciel sereno ha sconvolto la mia vita. Questa canzone la dedico a te!” sussurro guardando il vuoto.

Sos exactamente lo que quiero (Tu sei esattamente ciò che voglio)

te amo mas de lo que puedo esplica (Ti amo di più di quando posso spiegare)

te amo mas te amo mas (Ti amo di più, ti amo di più, )
no es un efecto fugaz (Non è un effetto fugace)

te amo mas te amo mas (Ti amo di più, ti amo di più,)
es como un amor de cine ( è come un amore di film )
cuando la chica sonrie al final ( quando la ragazza sorride alla fine)

te amo mas ( Ti amo di più).

È vero, più lo penso e più lo amo; come un amore da film.

Il resto della banda mi guarda sorpresa, nessuno sapeva che io stessi scrivendo una nuova canzone.

“Vi è piaciuto?” Urlò facendomi sentire dai miei fans, riscontrando clamore.

“Vi prometto che presto vi farò sentire anche il resto. Ma ora riscaldiamo questo posto, con lo spettacolo vero e proprio.




Lui:


Ci mancava solo che quel vecchiaccio della malora mi desse questo libro pesante da leggere…

Odio leggere… Non ho mai letto in vita mia…

Dannazione!

Vuole umiliarmi e prendermi in giro, ma io non gli darò questa soddisfazione!

Ecco il piano: Farò finta di cambiare, di impegnarmi ed adempiere ai miei doveri da principe.

E poi quando meno se lo aspettano, scapperò di nuovo, e andrò sulla Terra. Ho ancora un conto in sospeso con Zatanna… .

E devo ammetterlo, quella ragazza, così piena di vita; non l’ho ancora dimenticata…

Mi lascio trasportare al ricordo del nostro unico incontro, chissà quando tempo è passato, ormai i numeri sul mio braccio si sono tolti.

Detesto questo posto, dove il tempo è infinito.

Percorro i corridoi che portano alla mia stanza, l’unica cosa positiva, è che in questo momento, non ho nessuno che sparge i fiori come se fossi morto!

“Vieni qui micio, micio! Salem! Ma dove ti sei cacciato! Miao-Miao!” sento la voce inconfondibile di mia sorella distogliermi dal mio pensiero. Starà sicuramente cercando il gatto per darlo da mangiare.

Viene verso di me, e distrattamente, pensando a cercare il gatto, mi viene a sbattere contro facendomi cadere il libro, per di più sopra ai piedi.

Un tonfo… un dolore!...

Impreco contro tutte le divinità che conosco.

“Perdonami! Mikail, non ti avevo visto!” mi dice lei mortificata “Stavo cercando Salem, è l’ora della pappa… Per caso l’hai visto?” mi domanda.

Mi prendo brevi minuti di pausa, in cui ripeto a me stesso che quella è mia sorella; e quindi non devo trasformarla in un rospo…

“No, Non lo visto!” le rispondo in fine, riprendendo il mio libro e zoppicando verso le mie stanze.

Lasciandola sorpresa e a bocca aperta per il mio comportamento.

Non posso proprio rischiare che la mia cara sorella Zelda, legga i miei pensieri e venga a conoscenza dei miei piani.

Ma lei non demorde e mi segue, intenda a scoprire cosa c’è nel mio comportamento che non vada.

“Ma vuoi seguirmi anche in bagno?” sbraito rivolto a lei, “è stata già una brutta giornata; non rendermela peggiore!”continuo dicendo in modo severo.

Lei spalanca la bocca, sbatte le palpebre, incredula per il mio modo brusco; per poi scusarsi, e andarsene un po’ de turbante.
La mia reazione da finto offeso, è stata davvero drastica, un po’ mi dispiace….

Ma come ho già detto, non posso rischiare che i miei piani siano scoperti.





Eragon:


"Sire, posso parlarvi?" Chiedo al mio sovrano entrando nella sala delle riunioni ed inchinandomi al suo cospetto. Mentre siede sul suo trono sfarzoso.

"Certamente Eragon" mi invita a proseguire, con la sua espressione priva di emozioni.

"Ho avuto una visione riguardante il principe: ho visto un'umana salire al trono ed essere incoronata regina!" Riferisco al re, il quale rimane sbigottito delle mie parole.

I suoi occhi diventano di fuoco, "non accadrà mai!" Grigna tra I denti.

"Puoi andare Eragon" mi concede, "la tua lealtà verrà premiata" mi dice.
Eseguo un ultimo inchino, e lascio la sala.





Zatanna:


Sin dal giorno che ho avuto la visione, non l'ho persa mai d'occhio. Ho imparato a conoscerla; ormai so tutto di lei.

Sono nascosta dietro ad un palo del pub, dove Deborah si sta esibendo, ad osservarla. Non c'è che dire, è brava! Schifosamente brava!

Guardatela! Schizza allegria da tutti i pori, ma come fa? La sua vita è un disastro, ha perso tutto: entrambi i genitori, ed anche il suo primo amore.

Eppure gli si illumina il volto e conquista tutti con la sua euforia.
La odio! Giuro su me stessa che sarò io l'ombra nera che si abbatterà sulla sua vita.





Lei:


Per un attimo mi assale un brivido lungo la schiena, ma dura poco; l'entusiasmo e l'ilarità del pubblico mi travolgono.

Mi applaudono ed acclamano il mio nome: "Deborah! Deborah! " urlano in coro.

Sento la felicità che mi assale, mi sento libera da ogni pensiero e preoccupazione.





Zatanna:


L'aspetto all'uscita secondaria del pub, appoggiata ad un muretto; so che lei esce sempre per di qua a fumare una sigaretta.

La vedo uscire dalla porta. La saluto con un cenno del capo, lei si irrigidisce alla mia vista, ma non perde quel sorriso fastidioso che mi manda in bestia.

"Ciao Zatanna!" Mi saluta cercando di allontanarsi.

"Aspetta!" Le ordino; lei si blocca di colpo, e si gira lentamente.

"Volevo farti I complimenti per la tua esibizione, e per la nuova canzone" dico con finta voce mielosa, sforzando un sorriso tirato.

Lei annuisce sorpresa.

Mi avvicino a lei, sto a pochi centimetri dal suo orecchio. "Ti odio!" Le sussurro in modo gelido e serio, "faró qualsiasi cosa sia in mio potere per rovinarti la vita."

La oltrepasso e me ne vado, lasciandola immobile.





Lei:

"Ti odio!" Mi sussurra all'orecchio con voce gelida, ma non mi spaventa; non ho mai pensato di esserle simpatica.

"Faró qualsiasi cosa sia in mio potere per rovinarti la vita." Queste parole mi spiazzano, ho un sussulto, fino a quando può arrivare la sua cattiveria?

Se ne va lasciandomi sola, le gambe mi tremano, il modo in cui l'ha detto mi spaventa.





Lui:

Arrivo da Gaius per la seconda parte del mio addestramento; come sempre in ritardo.

Gaius è il nostro medico di corte, fidato consigliere di mio padre e membro del consiglio Reale.

È un uomo anziano, dai capelli lunghi e bianchi, e dagli occhi azzurri.

Ha una vasta conoscenza del campo della magia, e della sua storia; anche se ad essa preferisce la scienza.

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Capitolo 10
*** Anche tu bruto... mio fratello ***


Lui:


Arrivo da Gaius per la seconda parte del mio addestramento; come sempre in ritardo.

Ora, devo solo stare attento che i miei pensieri non siano scoperti. Devo assolutamente evitare che mi venga letta la mente.

È ovvio che mio padre abbia incaricato sia Eragon che Gaius di tenermi sotto controllo, e di informarlo sul mio andamento.

Non so ancora in che modo, ma io ritornerò sulla terra! A qualsiasi costo!

Varco la porta del suo laboratorio, lo trovo indaffarato su una scala in legno a sistemare alcuni libri su uno scaffale molto alto di una vecchia libreria.

Non si è accorto della mia presenza.
Tossisco per attirare la sua attenzione, perché non ho tutta la giornata a disposizione...

Si gira nella mia direzione, perdendo l'equilibrio e rischiando di cadere.
Con un battito di ciglia fermo il tempo, per una manciata di secondi, prima che lui si schianti a pochi metri dal pavimento.
Mi guardo in torno cercando qualcosa di morbido per attenuare la sua caduta.
Noto un letto e stendo la mano: i miei occhi si colorano di un marrone più intenso, il letto si muove, e il medico di corte fa un tonfo sul morbido materasso.

Ho evitato il peggio...

"La ringrazio Sire!" Mi dice abbassando il capo, acquistando un pó di contegno.
"Come mai siete da queste parti?" Mi domanda lasciandomi perplesso.

Ora ne ho la conferma, Gaius è un vecchio rincitrullito, altro che saggio...

"Per l'addestramento imposto da mio padre" dico in modo ovvio senza nascondere il mio imbarazzante sgomento.

"Capisco" mi dice annuendo, "accomodatevi!" Mi invita a sedermi, accompagnando il gesto con la mano, su una sedia vicino alla tavola.

Sposto la sedia e mi siedo, imitato da lui.
Rimaniamo alcuni minuti a guardarci in silenzio.

"Cosa posso fare per voi?" Mi ridomanda facendomi sbuffare.

Ma costui ci è o ci fa?

"Mio padre vuole che mi insegnate la difesa contro le arti oscure, è un suo ordine." Dico ormai esasperato stufo di quelle stupide domande.

Ma cosa vuole un disegnino?

"È solo questo il motivo?" Mi domanda guardandomi negli occhi, "siete sicuro che non ci sia altro?" Non capisco dove voglia arrivare con tutte queste domande inutili.

Chi me la fatto fare di venire da questo vecchio pazzo...
Ah già, dimenticavo, mio padre...

Cerco di mostrare un'espressione disinvolta, anche se dentro di me ammonto di rabbia.
Rimango in silenzio cercando di non far notare il tic nervoso all'occhio.

"Si!" Affermo deciso a voce alta alzandomi dalla sedia.
Altri minuti di interminabile silenzio, in cui anche Gaius si alza dalla sedia e arriva alle mie spalle.

"Ok, possiamo cominciare." Afferma lasciandosi sfuggire un sorriso.
Mi sta spaventando..
"Ho dei lavoretti per voi Sire" conclude, confermando le mie preoccupazioni.

Mi giro di scatto, per nulla d'accordo con lui, lasciandomi sfuggire un ringhio.

"Ci sarebbe da pulire il pavimento." Mi dice con tranquillità, facendomi intuire che lo sgradevole compito tocca a me; come se fosse la cosa più naturale del mondo.

"State scherzando vero?" Gli parlo tra I denti, a suon di minaccia, stringendo i pugni, fino ad affondare le unghie nei palmi; cercando di trattenere la rabbia.

"No, mai stato così serio." Afferma lui con una scrollata di spalle.

"No, è fuori discussione io sono il principe, erede al trono. Mi rifiuto di fare lavori di un umile servitore." Rispondo armai alterato camminando e gesticolando per la stanza.

Ma è impazzito? Dov'è finito il rispetto per I reali?

"Volete o no essere addestrato?" Ecco la fregatura...
"Fa parte dell'addestramento Sire, oppure avete paura a mettervi in gioco?"

Mi soffermo a pensare, indeciso sul da farsi, credo che la vena sulla fronte stia per scoppiare.

"Dov'è il secchio e il panno? allora!" Dico deciso raccogliendo tutta la mia pazienza, ed anche la sfida.
Che non si dica mai che io sia un codardo.
Mi fermo dinanzi al mio interlocutore, guardandolo negli occhi, in modo più minaccioso possibile.

"Vi giuro Gaius che se lo verrà a sapere qualcuno, vi impiccherò io stesso!" Concludo puntando il dito.
Mi da la sua parola d'onore, prima di lasciare la stanza.

A mio malgrado, mi inginocchio per lucidare il pavimento, di un mio servitore.


"Ahia!" Mi lascio sfuggire un'esclamazione sofferente.
Non mi sento più le ginocchia, e mi si è anche rovinata un'unghia.
E poi le braccia, le muovo stiracchiandomi, tra poco mi verrà la cervicale.

Ma come fanno i servi a fare questi spiacevoli lavori.
Mi rilasso sedendomi a terra.
Mi serve un'idea: il vecchio non ha parlato di non usare la magia.

Mi concentro fissando I miei strumenti, che da soli prendono vita e iniziano a pulire.
Mi appoggio con la schiena alla parete, con un sorriso soddisfatto guardando la scena.

Il cingolio della porta che si apre, mi distoglie dalla mia concentrazione, facendomi rovesciare il secchio di acqua addosso.

Sono bagnato fradicio.
Mi mordo le labbra trattenendo qualche imprecazione.

"Vedo che vi state riposando?" Dice Gaius appena entrato nella stanza.

Ma mi prende in giro?

"Comunque, avete fatto un attimo lavoro. Potete andare a cambiarvi, per oggi abbiamo finito." Mi concede.

Mi alzo, lo saluto con un cenno del capo ed esco dal suo laboratorio.





Re:


"Quel tuo figlio si è fatto una gita sulla Terra ed io non sono stato informato?" Urla mio figlio maggiore fuori di sè dalla rabbia, percorrendo le mattonelle a grandi falcate.

Avevo pensato di nasconderglielo, sapendo dei suoi rapporti con il fratello minore, ma la situazione è più grave del previsto e quindi ora ho deciso di parlargli.

La visione dell'umana salire su questo trono, ed essere incoronata regina, mi ha spiazzato, innervosito.

Ora non si tratta più di una bravata da ragazzini, ne vale della nostra conservazione, del nostro futuro.

Bisogna intervenire ad ogni costo, e per farlo ho bisogno di tutto l'aiuto possibile.

"Calmati, Mondred!" Lo richiamo severamente.
"L'erede al trono di questo pianeta, se la fa con le prostitute, e voi mi chiedete di calmarmi? Assurdo!" Continua ancora più inviperito.

Non c'è che dire, è proprio arrabbiato.

"Quel tuo figlio ci condannerà tutti alla rovina!" Urla per poi zittirsi di colpo quando la fonte dei nostri discorsi spalanca la porta...





Lui:


Mi dirigo verso le mie stanze stizzito per l'esperienza di prima.
"Sire il re vuole vedervi nella sala del trono." Mi dice una guardia venutami incontro.

Sospiro preparandomi mentalmente ad un altro scontro con mio padre.

"Immediatamente!" Aggiunge non lasciandomi nemmeno il tempo si rendermi presentabile.

Percorro i corridoi che ormai conosco a memoria, fino a raggiungere la sala.
Appoggio le mani alla porta, prendendomi un attimo di pausa per raccogliere tutta la mia pazienza, preparandomi ad un imminente scontro.

"Quel tuo figlio ci condannerà tutti alla rovina!" Le parole vengono urlate con rabbia, mi avvolgono come un vento gelido procurandomi un brivido.
Conosco questa voce, è di mio fratello maggiore.
Riesco a percepire tutto il suo disprezzo nei miei confronti.

Con un gesto deciso spalanco le porte ed entro, cogliendoli di sorpresa.
Mondred si azzittisce all'improvviso, mordendosi le labbra per trattenere la rabbia.
Mi fissa in modo truce, I suoi occhi mi gelano il sangue nelle vene.

"Volevate vedermi padre?" Domando rivolto al re seduto sul trono sfarzoso d'oro, cercando di non farmi intimorire dalla presenza di mio fratello in piedi alla sua destra.

"Come osi presentarti così al cospetto del tuo sovrano?" Mi accusa Mondred sputtando tutto il suo disgusto.

Il suo tono mi provoca tristezza, un tuffo al cuore. Sono le prime parole che mi rivolge dopo anni, le immaginavo diversamente.

A guardarmi bene, ho la camicia inzuppata d'acqua spiaccicata sui pettorali, lasciandoli intravedere, e capelli bagnati e gocciolanti.

"Perdonatemi padre, non ho avuto il tempo di rendermi presentabile."
Dico tutto d'un fiato evitando il suo sguardo.

Ecco mio fratello maggiore Mondred, primogenito della nostra famiglia.
Capelli scuri, occhi neri, alto muscoloso nella sua sfolgorante armatura raffigurante lo stemma di famiglia.
Al capo delle armate di mio padre, cavaliere d'elitè, ma in cuor suo aspira al trono di nostro padre.

"Mikail! Parlami un pò della Terra?" Mi chiede a bruciapelo il mio genitore, riscuotendomi dai miei pensieri.
"Hai incontrato o conosciuto qualcuno in particolare? Diciamo...una ragazza?" Continua dicendo con il suo sguardo indagatore.

Dove vuole andare a parare, non capisco?
E poi, cosa ci fa Mondred qui?

"Ah!" Esclamo, "non ci posso credere ancora con questa storia!" Dico facendo notare la mia amarezza.
"Non è la prima volta che vado con gli amici a divertirmi chissà dove... non avete mai fatto un dramma, dopo la solita ramanzina, era tutto finito. Ora ne state facendo un fatto personale." Rispondo con sfrontatezza aggiungendo un pizzico di insolenza.

Perché oggi proprio non è giornata, sono stufo!
Voglio essere lasciato in pace di vivere la mia vita.

Vedo avvicinarsi Mondred all'improvviso, a pochi centimetri dal mio viso mi tira un forte schiaffo, facendomi piegare sulle ginocchia.
Del liquido rosso fuori esce dalle mie labbra, un sapore amaro si impossessa della mia bocca.
Il suo gesto inaspettato mi ha preso in contro piede, non lasciandomi nemmeno il tempo di reagire.

"Come osi parlare così al tuo re" urla tenendo ancora la mano alzata, per poi abbassarla.

Tante volte ho immaginato il giorno in cui avremo di nuovo parlato nella stessa stanza, guardandoci negli occhi da fratelli, ma mai mi sarei aspettato così tanto odio da parte sua nei miei confronti.

La ferita non è grave, mi ha solo spaccato il labbro, ma la sofferenza peggiore in questo momento è quello che ho dentro l'anima.

"Questo inetto padre, passa il suo tempo a intrattenersi con prostitute, disperdendo I vostri averi e sputando nel piatto in cui mangia. Costui è il disonore della vostra stirpe, l'erba cattiva che va estirpata." Continua puntandomi il dito contro afferrandomi per il colletto della camicia.

"Di la verità Mondred, saresti capace di vendere l'anima al diavolo in cambio del trono." Rispondo alle sue provocazioni con lo stesso veleno, asciugandomi con la mano una goccia di sangue.

Rosso di rabbia, alza un pugno per colpirmi ancora.

Mi stringo nelle spalle, socchiudo gli occhi pronto a ricevere un altro colpo.

"Adesso basta, Mondred!" Lo richiama nostro padre. Si ferma di colpo con la mano a mezz'aria, lascia la presa della mia camicia, abbassa il braccio e stringe I pugni.

"Non hai l'autorità per compiere un gesto simile." Una doccia fredda...
Non osa alzare lo sguardo verso il suo interlocutore che continua a parlargli.
"È colpa tua, ti sei lasciato battere da un moccioso il giorno della cosidetta sfida." Conclude in tono duro ed autoritario indicandomi.

Ecco il padre che conosco, sempre pronto ad accentuare la nostra rivalità.

"Perdonatemi padre! Ho perso il controllo." Risponde Mondred abbozzando un inchino, lasciando la sala con la coda tra le gambe.

"Ora a noi due Mikail." Dice rivolto a me aspettando una risposta.

"Padre, per me questa storia è un capitolo chiuso. Sono stato punito abbastanza, ho imparato la lezione." Annuisce soddisfatto delle mie parole.

Spero di averlo convinto!

"Comunque continuerai con I tuoi allenamenti." Mi dice prima di invitarmi a lasciare la stanza.





Re:


Mi soffermo a guardare il punto dove I miei figli sono andati via.
Vedere Mondred così pieno di odio mi ha turbato, sarebbe davvero stato capace di uccidere il fratello?

Mikail, mi auguro per te che questa sia davvero una vicenda chiusa.
Non vorrei essere costretto a prendere una decisione drastica.





Lui:


Ho una grande rabbia che mi sale al cervello, a grandi passi raggiungo le mie stanze, ed entro.

Con una manata butto a terra tutti I candelabri, posti sopra al tavolino d'ingresso.

"Sire! Vi sentite bene?" Sento dire alla mia serva di turno, venuta per farmi compagnia.
"Cosa vi è successo?" Continua guardandomi spaventata.

"Vattene!" Le urlo, "andatevene tutti, lasciatemi da solo." Alzo ancora di più la voce.

Intimorita si inchina e se ne va.
Con un calcio capovolgo il tavolo, rombo vari oggetti e statue poste per la stanza.
Strappo quelle odiose tende, con un pugno spacco I vetri delle finestre.
Tolgo le coperte dal letto e le getto a terra, volano cuscini.

Odio questo posto, detesto questo luogo, non sopporto più questa vita.
Voglio andarmene al più presto da qui, e non tornare più.

Scateno tutta la mia furia, polverizzando quasi tutto.

Pian piano dopo la sfuriata, mi calmo ed riacquisto lucidità.
Mi siedo a terra con la schiena appoggiata ai piedi del letto.
Mi porto le mani al viso, in uno stato di confusione ed angoscia.
Calde lacrime salate, sfuggono al mio controllo, e mi bagnano il viso.
Penso a mio padre, a mio fratello, al suo disprezzo.

Rivoglio il Mondred dei vecchi tempi, colui che mi medicava quando da piccolo mi sbucciavo le ginocchia.


"Ho la soluzione a tutti I tuoi problemi... miao!" Sento una voce, un essere che si avvicina furtivo.

"Non ho tempo per le tue stupidaggini Salem!" Dico rivolto al gatto di mia sorella, ex stregone che mi gironzola intorno.

"Ho un piano per farti evadere, miao!" Continua, ha catturato la mia attenzione.
Alzo il capo, mi asciugo le lacrime e riacquisto contegno.

"Ti ascolto!" Gli dico incurvando le labbra in sorriso furbo.

"La pozione polisucco, miao!"esclama lasciandomi sconvolto.




Angolo dell'autrice: in questo capitolo ho voluto sottolineare il rapporto tra I due fratelli.
Come tutti sappiamo Mikail ha sia una sorella maggiore:Zelda, con la quale c'è molta complicità.
E un fratello più grande che in questo capitolo viene anche specificato il nome: Mondred.
Il quale non nasconde il suo odio e disprezzo verso il fratellino, per aver vinto la cosiddetta sfida ed avergli rubato il diritto di erede al trono.
Chissà Gaius cosa ha voluto insegnare al principe Mikail facendogli pulire il pavimento come un comune servitore: sicuramente l'umiltà.
Ringrazio chi legge, e recensisce. Mi scuso per gli eventuali errori, ma purtroppo il t9 del cellulare mi fa penare.
Recensite in tanti aiutandomi a migliorare.

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Capitolo 11
*** Ricordi passati parte1 ***


Lui:


"Ho la soluzione a tutti I tuoi problemi...miao!" Sento una voce, un essere si avvicina furtivo.
"Non ho tempo per le tue stupidaggini Salem!" Dico rivolto al gatto nero di mia sorella, ex stregone che mi gironzola intorno.
"Ho un piano per farti evadere... miao!" Continua ruffiano. Ha catturato la mia attenzione.
Alzo il capo, mi asciugo le lacrime e riacquisto contegno.
"Ti ascolto!" Esclamo incurvando le labbra in un sorriso furbo.
"La pozione polisucco." Dice lasciandomi sconvolto.

Tale pozione è proibita, essendo un preparato illegale, ed è bandita da secoli.
Andrei contro tutti I principi del regno, contro tutte le regole di mio padre.

Anche se ormai me ne infischio altamente.
In modo particolare, andrei contro tutto quello in cui credo; siccome è una pratica oscura.
Non voglio assolutamente raggiungere la Terra con le sembianze di un'altra persona.

"Ma sei impazzito? È fuori discussione!" Ribatto alzandomi di scatto in piedi.
"È un incantesimo proibito" affermo quasi urlando, non riuscirà a corrompermi.
"Dipende quando sei disposto a rischiare per raggiungere I tuoi obbiettivi...miao!"
"Vattene gattaccio, non ho bisogno di te!" Dico in modo gelido.
"Guardie?" Urlo, subito accorrono nelle mie stanze.
"Cosa è successo Sire? State bene?" Dicono guardando il caos che alberga in essa.
Annuisco. "Riportate il gatto a mia sorella e fate venire qualche serva a sistemare." Ordino, e loro subito ubbidiscono e se ne vanno, prendendo Salem e chiamando la serva che avevo cacciato poco prima.

Ho proprio bisogno di una scopata, per rilassarmi!

Vedo la mia ancella varcare la porta un po' timorosa.
Si abbassa ed inizia a raccogliere i candelabri sul pavimento.
Mi siedo sul letto, ed istintivamente mi tocco la casacca, riscontrando che è ancora un po' bagnata.

"Avvicinati!" Le ordino, "spogliami! Ho bisogno di un bagno caldo." Dico senza guardarla.
Non presto mai attenzione alle mie serve, e non mi disturbo nemmeno a domandare il loro nome.
Con questa già sto perdendo fin troppo tempo, e sto parlando troppo.

Doveva già sapere lei cosa fare!
Sarà sicuramente nuova, non ricordo di averla mai vista.
Mi si avvicina, e un po' impacciata, con un leggero rossore sulle gote inizia a spogliarmi.

Mi ci mancava solo una timida verginella alla prima botta!

Mi avvolge con un asciugamano per coprire le mie nudità.
Mi dirigo nel mio bagno personale, dove c'è una grande piscina ovale, incastonata nelle mattonelle.

"Seguimi!" Le comando, ma devo proprio dirle tutto?

Lascio cadere l'asciugamano, poggio il piede sul primo scalino, il contatto con l'acqua mi provoca un brivido al tallone, poi il secondo, ed il terzo fino ad immergermi completamente in acqua.

L'acqua calda è un tocca sana rilassante.

"Non restare lì impalata, ho bisogno che mi insaponi la schiena!" Dico alla mia serva.

La sento trasalire e la vedo imbarazzarsi.
Si, è proprio una stupida verginella.
Ho proprio voglia di punzecchiarla e metterla in difficoltà.

"Il tuo compito è quello di esaudire i miei desideri. Per quel che mi riguarda puoi anche buttarti in acqua vestita, ma dopo siccome bagni la tua veste, saresti costretta a girare nuda... nell'armadio non ho abiti femminili..." sogghigno vedendola in difficoltà.

Anche se un po' incerta inizia a spogliarsi sotto il mio sguardo attento.
Rimane però in biancheria intima: è proprio una santarellina del cazzo.

La vedo entrare velocemente nella mega vasca.
Mi giro appoggiando i gomiti a bordo piscina, dandole le spalle.
Lei prende una spugna, ed inizia a insaponarmi le spalle.
Sento la sua mano tremare a contatto con i miei muscoli.

"Toglimi una curiosità!" Domando dopo minuti di silenzio. "Ma sei ancora vergine?"
Rimane in silenzio confermando i miei sospetti.
"Non mi sembra che sia una delle caratteristiche con cui vengono scelte le mie serve." Voglio vederci chiaro, per quale motivo mi trovo una vergine al mio servizio.

Quando sono sempre stato chiaro a dire che le voglio spigliate e con esperienza. "Hai mentito!" Mormoro in fine, pensando che possa essere l'unica soluzione.

La sento sospirare, e con la coda nell'occhio la vedo mordersi le labbra.

"Puoi parlare liberamente, non avrai ripercussioni." Le dico a mo di comando, non ammettendo repliche.
Mi giro a guardarla negli occhi.
Il mio sguardo le mette suggestione.

"A dire la verità Sire" inizia balbettando, "ho fatto le selezioni come aiutante in cucina, ma..." si interrompe per qualche minuto.
"Ti hanno vista carina e ti hanno affiliato a me!" La interrompo bruscamente.
"Non c'erano posti liberi, l'unico libero era come serva al vostro servizio, e mi hanno mandato da voi. Ho bisogno di lavorare!" Mi dice infine riprendendo parola.

"Capisco!" "Per oggi sei perdonata, ma alla prossima verrai affiancata da una serva più esperta, per imparare e fare il tuo dovere."
La vedo annuire come risposta.

Credo di essere stato fin troppo buono e giusto.

"Andiamo, ho finito!" La richiamo uscendo dalla piscina, "ora ho voglia di dormire." Le dico dirigendomi in stanza. Si veste e mi segue.

Può stare senza pensiero, non mi abbasso a saltare addosso ad una sguattera, ho ancora la mia regale dignità.



Lei: (NB: alcune sue parole nei dialoghi li farò pronunciare in spagnolo)


Purtroppo un'altra giornata di scuola è finita, sistemo i libri nello zaino e mi avvio all'uscita.

Come sempre aspetto la mia amica Julia nel cortile.

"Hola Deborah!" mi saluta "perdón il ritardo, mi sono fermata a parlare con el profesor." Si giustifica dopo essersi ripresa dal fiatone.
"Hola Julia!" La saluto, "no te preocupes sono appena arrivata." Le dico mentre ci incamminiamo.
"Le interrogazioni mi stanno destruyendo!" Si lamenta, "e poi ogni giorno un compito in classe diverso. Es tortura! No puedo esperar a que termine." Si lagna la mia amica in modo drammatico.
"Es normal! Tra qualche mese usciranno le pagelle. Spero di essere promovida!"

Ultimamente non mi sto impegnando molto, ho altro per la testa, o meglio qualcun altro; colui che ancora, al solo pensarlo mi vengono le farfalle allo stomaco.

"Com'è andato il compito de matemáticas?" Dice riscuotendomi dai miei pensieri.
"Creo que fue bien..." non è la mia materia preferita, però me la cavo.

"Hola Deborah! Hola julia!" All'improvviso sentiamo una voce familiare.
Ci giriamo e vediamo Raul correre verso di noi gesticolando, con uno zaino sulle spalle.
Ci fermiamo ad aspettarlo.

"Hola Raul!" Lo saluto dopo che ci ha raggiunte.
"Oggi abbiamo le prove con la banda, te gusta si caminamos insieme?" Mi dice un po' imbarazzato, con un leggero rossore sulle gote.
Sotto lo sguardo accigliato di sua sorella che sbuffa.

Annuisco come risposta con un sorriso, per sciogliere la tensione.
"Che bello chicas! ancora un paio di mesi e la scuola ha terminado. Non ce la faccio più a estudiar como un mulo!" Ne parla Raul come se fosse un lavoro.
"Me gusta la escuela, mi dispiace che sta per terminar." rispondo con tranquillità, mi guardano sbigottiti per poi ridere.
"Sei l'unica adolescente a cui gusta estudiar en todo el universo" dicono scoppiando in una grande risata.

Ridendo, scherzando e chiacchierando raggiungiamo la piazza del paese.

Istintivamente mi guardo in torno per cercare con lo sguardo colei che una settimana fa, ha ammesso apertamente di odiarmi: Zatanna.

La vedo, è al solido posto dietro la sua bancarella, con vesti lunghe, adornata di gioielli e con uno strano copricapo come il genio della lampada di Aladin.

Si accorge della mia presenza, alza il suo sguardo e i nostri occhi si incrociano.
I suoi sono freddi, glaciali come il ghiaccio, mi provocano la pelle d'oca.
Mi mettono in suggestione, non riesco a reggere il confronto, distolgo guardando altrove.

Non capisco il perché mi odia tanto; non le ho mai fatto niente di male.
Prima di quel giorno al pub, di quando l'ho vista baciare per la prima volta quel ragazzo, che avevo appena incontrato, non la conoscevo neanche.

E poi è successo tutto all'improvviso, Zatanna si è insediata nella mia vita con prepotenza, e tutto si è stravolto.

La mia vita è cambiata, non mi sento più tranquilla e spensierata.
Non riesco in alcun modo a dimenticare Michael, mi ha come stregata: mi piace ancora e credo, anche se può sembrare strano di esserne innamorata.

Posso solo sperare che sia una cotta passeggera.
Zatanna non ha fatto altro che perseguitarmi in questo tempo, non ce l'ha faccio più!
Che sia gelosa perché ad entrambe piace lo stesso ragazzo?





Zatanna:


I nostri occhi si incrociano, sento una scarica elettrica attraversarmi.
Non ci posso fare niente la detesto!
Detesto che nonostante la sua perdita dei genitori, sia ancora così benevola verso la vita.

Anche io ho perso mio padre, era un grande stregone, fidato servitore per secoli della corte reale, fin quando il re non gli si rivoltò contro esiliandolo per sempre dal pianeta Gogeta.

Secondo il sovrano mio padre era diventato una minaccia, faceva un uso troppo eccessivo della magia nera.
Spedito sulla Terra al tempo delle persecuzioni, fu catturato e poi giustiziato.

Da allora non trovo più pace, la sua dipartita mi ha logorato dentro.
Quando sono diventata abbastanza grande, sono venuta a conoscenza della verità su mio padre.

E così, come a cercare risposte, ho abbandonato il mio pianeta d'origine e mi sono trasferita sulla Terra per vedere con i miei occhi e ripercorrere i luoghi in cui lui ha camminato.

Da allora sono passati decenni, le mie abilità sono aumentate, la mia magia si è fortificata.

Nel frattempo, le leggende su mio padre sono cresciute.
Esse narrano che il potente stregone John Zatara, possedeva un libro, in cui era racchiusa la fonte del suo potere, e gli antichi misteri della vita e della morte.

Venderei l'anima al diavolo pur di riavere mio padre qui con me, ero piccola quando lui è scomparso, e non ho molti ricordi di lui, ma so che mi voleva bene.

Cerco quel libro da anni ormai, e ho intenzione di trovarlo e desidero anche riportare in vita mio padre.
Farò tutto quello che è in mio prestigio per farlo.

Ma ho bisogno di un aiuto, dell'appoggio che inconsapevolmente mi darà il principe.

Lo so che ritornerà sulla Terra, lo sento, lo vedo nei miei sogni premonitori. Gli avvenimenti futuri sono già scritti.

Lo aspetto con ansia!

Ma questa umana nella quale non vedo futuro, mi preoccupa, sono sicura che sarà il mio intralcio più grande, la mia inconsapevole spina nel fianco.





Mondred:


Maledetta sfida, inetto di un fratello, su quel trono un giorno dovrei sedere io.
Impreco lanciando pugni al muro una volta giunto nelle mie stanze.
Le parole di mio padre severe ed autoritarie mi rimbombano nella testa: "É colpa tua, ti sei lasciato battere da un moccioso il giorno della così detta sfida!"

Doveva proprio ricordarmelo?

Non ho mai trasgredito ad un comando di mio padre, non ho mai contraddetto un suo ordine, in centinaia e centinaia di anni.

Ho combattuto per secoli al suo fianco, dalla guerra dei cent'anni fino alla guerra fredda.
Sono sempre stato un figlio perfetto.
Sono stato paziente, forse fin troppo, ma quando vivi in un mondo senza spazio e tempo, impari ad esserlo.

Credevo di essere l'unico, il solo e l'indiscusso erede al trono, ma le mie aspettative sono andate in frantumi...

Sono furioso! Odio Mikail, anzi no, lì detesto entrambi!
Ma non è stato sempre così...






Angolo dell'autrice:

in questo capitolo ho voluto riprendere le abitudini di Mikail, la routin quotidiana di Deborah.
Ed ho voluto anche approfondire un po' il personaggio di Zatanna, introducendo il suo ruolo che avrà negli ultimi capitoli della storia.
Ed ho voluto dare anche uno spazio a Mondred, per spiegare le ragioni el suo odio, che verrà poi approfondito nel prossimo capitolo.
Questo capitolo: ricordi passati, ho deciso di dividerlo in due parti, per non farlo essere troppo lungo e noioso.
NB: il pov di Mondred apre uno spiraglio per una prossima serie.
Mi scuso per gli errori, ma come sapete, scrivo da cellulare.

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Capitolo 12
*** Ricordi passati parte2 ***


Mondred:


Maledetta sfida, inetto di un fratello, su quel trono un giorno dovrei sedere io.
Impreco lanciando i pugni al muro una volta giunto nelle mie stanze.
Le parole di mio padre, severe ed autoritarie mi rimbombano nella testa: "É colpa tua! Ti sei lasciato battere da un moccioso il giorno della cosiddetta sfida."

Doveva proprio ricordarmelo?

Sono furioso! Odio Mikail, anzi no, lì detesto entrambi!
Ma non è stato sempre così...


Un tempo volevo bene a Mikail, ricordo che quando era piccolo e correndo si sbucciava le ginocchia, io ero sempre lì a medicarle.
Poi, dal giorno della cosiddetta sfida tutto è cambiato.

Ricordo quel giorno come se fosse ieri:

ero impegnato a giocare con Mikail, che all'epoca era un ragazzino vivace e combina guai, che si avvicinava alla pubertà; gli stavo mostrando un semplice incantesimo.
All'improvviso nostro padre, ci fece chiamare nella sala del trono, al suo cospetto, per parlarci.

Percorremmo i lunghi corridoi, spalancammo il grande portone ed entrammo nella sala, dove c'era mio padre seduto sul suo trono sfarzoso, e tutta la corte riunita in torno a lui.
Ci inginocchiammo di fronte a lui in segno di rispetto.
Io ero abituato a questo genere di cose, essendo già un suo cavaliere d'elite, invece Mikail non faceva altro che guardarsi attorno tutto spaesato.

"figli miei!" disse invitandoci con un gesto a rimetterci in piedi, "è giunto il tempo di designare il mio erede!"

Lo guardai negli occhi, il mio sguardo era sconvolto. Perché credevo di essere l'unico, il solo e l'indiscusso erede al trono.

"C'è una legge, o meglio una tradizione: il mio successore sarà chi tra i miei figli maschi riuscirà per primo a raggiungere la fonte di lazzaro, che si trova al centro della foresta oscura, a prenderne l'acqua e a portarmela.
Non ci sono regole, potete aiutarvi anche con l'uso della magia."

Avevo sentito parlare di quel luogo, sapevo cos'era la foresta oscura, una terra maledetta e tenebrosa.
Un luogo popolato da creature magiche e malvagie, posto in cui le ossessioni, i brutti ricordi, le ansie e i segreti più intimi possono materializzarsi ed uccidere.
Una prova per dimostrare al popolo e a mio padre che il vincitore sarebbe capace di governare.

"Mikail è ancora un bambino, non ce la farà mai!" mi sentii di dire.
"Un punto in più a tuo favore Mondred!" mi disse prima di concederci.
"Mikail ritirati finché sei in tempo, è troppo pericoloso!" gli dissi una volta giunto in cortile, con preoccupazione.
"Voglio partecipare, così nostro padre si accorgerà finalmente di me, e chissà, gli dimostrerò anche il mio valore". sorrisi, e come dargli torto, io ci avevo messo quasi cent'anni per entrare nelle grazie di nostro padre.

"Sia ben chiaro, nel campo di battaglia saremo nemici, non potrò aiutarti!"

In posizione!

Pronti, partenza, via!

Con uno schiocco di dita arrivammo alla foresta oscura, essa era avvolta da una fitta nube grigia velenosa che ci impregnò i polmoni, facendoci smorzare il respiro.

Con il mantello mi coprii la bocca, deciso a continuare il mio cammino e a non arrendermi al primo ostacolo.
Istintivamente mi girai nella direzione di mio fratello, e lo vidi piegato a terra intendo a tossire.
Mi avvicinai a lui, perché non potevo lasciarlo da solo in quelle condizioni.

"Mikail, arrenditi e ritorna a palazzo." gli sussurrai.
"No!" fu la risposta secca, detta tra i vari spasmi di tosse. Era proprio testardo.

La nebbia velenosa si fece più fitta. Lo sollevai, e lo portai al riparo.

Alzai gli occhi al cielo e un braccio. Sparisci nebbia recitai nella lingua dell'antica religione: "aibben icsiraps" e subito essa scomparve e l'aria ritornò pulita e respirabile.

Corsi da Mikail e decisi di portarlo con me, a patto che lui non intralciasse il mio destino: ovvero, ereditare il trono di nostro padre.

Poco dopo, Mikail si riprese, ed insieme continuammo il nostro cammino.
Il mio sesto senso era in allerta, avevo come la sensazione che qualcosa ci stesse osservando, nascosto nell'ombra.
All'improvviso, fecero la loro comparsa le scimmie ibrido, le cui zanne da tigri, affilate come coltelli, straziavano la carne con un morso.

Corremmo a perdifiato tra i vari arbusti, diretti al lago inseguiti da quei mostri, fin quando sfoderai la spada deciso a combattere.
Tenni Mikail dietro di me al sicuro. Ne uccisi un paio, ma spuntavano come funghi, ne erano a centinaia.

Una bestiaccia saltò da dietro e mi morse la spalla; sentii i suoi denti infilzare la mia carne. Con la mano del braccio libero, la pugnalai e la scrollai di dosso.

Ero ferito e sanguinante, Mikail mi si avvicinò a chiedere come stessi.
Eravamo circondati, le scimmie erano in cerchio intorno a noi, pronte a saltarci addosso.

Raccolsi tutta la mia energia spirituale e formai un vortice di vento, simile ad un uragano che spazzò via quelle creature ibride.
Dopo lo sforzo fui esausto ed affaticato, sentivo le ginocchia tremare.

Gocce fitte di sangue come pioggia caddero dal cielo, erano le mie paure e angoscie che prendevano forma.
Finita la pioggia tinta di rosso, sentimmo un ronzio sempre più forte.

Insetti velenosi, simili ad api giganti volavano nella nostra direzione, venendoci incontro e sovrastandoci.
Scappammo veloci e corremmo a perdifiato tra la fitta vegetazione, diretti al lago per trovare un po' di fresco ristoro.
Riuscimmo a seminarli buttandoci nell'acqua e bagnandoci da capo a piedi...

Sentii un urlo, mi girai nella direzione di mio fratello minore, e mi accorsi che era scosso da varie convulsioni.
Si contorse fino a perdere i sensi, prontamente lo afferrai per evitare che annegasse.
Era stato punto dal pungiglione di quelle api.
Pregai la dama del lago di salvarlo, o di dare a me la forza.
Portai alla riva opposta il suo corpo inerme, lo adagiai sul terreno.

Raccolsi della legna ed accesi un fuoco per riscaldarci.
Raccolsi anche delle erbe che potevano essere curative, gli appoggiai una mano sul suo petto, pronto a recitare un incantesimo di guarigione.

In un istante i miei occhi divennero più intensi e cambiarono colore, sentii una forza attraversare la mia mano, e una luce gialla entrare nelle sue membra.

Vidi le sue labbra pallide ridiventare rosse, la sua pelle bianca riprendere colore. La vita era ritornata in lui.
Ma questo incantesimo mi costò uno sforzo immenso, sfinito caddi di fianco a lui.

Non so dopo quando tempo, ma mi rialzai, non potevo mostrarmi debole agli occhi di mio padre e del popolo.
Avevo ancora una missione da completare e una corona da indossare, ormai mancava così poco alla mia meta: la fonte di Lazzaro.

Mio fratello aprì gli occhi pochi istanti dopo, confuso si guardò intorno, toccò vari punti del suo corpo per costatare la loro integrità.

Nel frattempo erano calate le tenebre, il buio aveva preso il sopravvento.
Decidemmo di accamparci in quella radura, seduti intorno al fuoco, fino al sorgere della nuova luce.
Ma si sapeva, le tenebre nascondevano ancora più mostruosità.
Sentimmo dei versi disumani, per istinto afferrai la spada.

"Che cosa è stato?" Chiese Mikail tremante.
"Non lo so, ma dobbiamo stare allerta." Gli risposi.
Punti rossi si intravedevano nel buio, un fruscio di foglie si udii, ringhii feroci sempre più vicini.

Eravamo circondati.
Creature mostruose, sbucarono dal nulla, avanzavano ringhiando pronte all'assalto.
Erano degli ibridi lupo, con artigli da falco, zanne da lupo, due teste e tre occhi come i cerberi.
Avanzavano minacciosi verso di noi, presi un pezzo di legno dal fuoco, su cui ardeva una fiamma; lo sventolai cercando di fare retrocedere i nemici.

Essi non si mossero che di pochi passi, ringhiando ancora più inferociti di prima.
Pregai il Dio del fuoco di imprimere su di me il suo sigillo, in modo da darmi la forza per sovrastare i miei nemici.
Chiusi gli occhi in modo da accumulare più energia spirituale possibile.
Sentii un avvampata di calore attraversarmi il corpo, la mano che reggeva il pezzo di legno la sentii ardere di una nuova forza.
"Bruciali!" Recitai nella lingua dell'antica religione "Ilaicurbs" e il sacro fuoco prese vita, riducendo in cenere quei mostri.

Avevo vinto. Ma ormai esausto le forze mi abbandonarono, e inginocchiato ricaddi al suolo.
Mi rialzai, e mi andai a sedere alle pendici di un albero, desideroso di un po' di ristoro.
In mal modo scansai Mikail che voleva aiutarmi.

Ci rimase male, ma non mi importò; dovevo essere forte da solo, e rendere mio padre e il popolo orgogliosi di me.
Stavo compiendo la più grande impresa della mia carriera, anzi di tutta la mia vita.

Mikail si sedette di fianco a me, rimanendo in silenzio alcuni minuti. Lo vidi pensieroso.
"Wow!" Esclamò ad un certo punto, scuotendo il capo, abbozzando un sorriso amaro.
"Sei stato fantastico, nostro padre sarà orgoglioso di te, hai dimostrato il tuo valore; mentre io..."
Concluse in un sussurro, mordendosi le labbra.
Lo osservai con la coda nell'occhio, lo lasciai continuare, aveva bisogno anche lui di sfogarsi; questa impresa stava mettendo a dura prova entrambi.

"Ho deciso di partecipare alla sfida per riuscire ad attirare l'attenzione di nostro padre, ed invece rimarrò per sempre nella tua ombra." Disse invece affondando le mani nei capelli.
Era sconvolto, un po' mi fece pena, ma non volevo che commettesse qualche pazzia.
"Non osare ostacolare il mio destino Mikail, altrimenti te ne farò pentire.
Lo minacciai nel tono più brusco di cui fossi capace; non potevo rischiare di compromettere il mio fato.

"Se è davvero il tuo destino, non dovrai preoccuparti degli ostacoli." Detto questo, lo vidi scappare all'improvviso, per istinto scattai anch'io e mi lanciai al suo inseguimento.

Lo richiamai più volte, ma non si girò, correva spedito verso uno spiraglio di luce, intravisto nelle tenebre.

Forse era quella la fonte di Lazzaro.
Dovevo impedire che lui arrivasse prima di me.

A mio malgrado fui costretto a lanciargli una sfera di energia, per ostacolare la sua corsa.
Funzionò, lo rallentai di parecchio, fino a raggiungerlo. Ma io ero esausto, mentre lui era fresco come una rosa.
Sorpreso vidi in lontananza la fonte di Lazzaro, una sorgente di acqua incastonata nelle pietre, al centro di una lauda deserta.

Pochi metri, mi separavano dal mio sogno di potere, avrei fatto carte false per riuscire ad arrivare per primo; anche uccidere il mio stesso sangue.

Ingaggiai un duello senza esclusione di colpi.
Lanciai altre sfere di energia con l'intento di colpirlo ed indebolirlo.

Ma sentivo ormai le forze abbandonarmi, gli spiriti della natura mi stavano voltando le spalle.

Mio fratello approfitto di un mio attimo di debolezza, mi lanciò un fascio di luce che andò ad attorcigliarsi a torno alle mie gambe, fermando la mia avanzata.

Era l'unico incantesimo che conosceva, glielo avevo insegnato io. Mi sentii ferito, tradito dal mio stesso fratello.

Lui raggiunse per primo la fonte di Lazzaro, ed intinse l'acqua.
Nostro padre scese dal cielo, in groppa al suo drago alato, si congratulò con Mikail, e lo incoronò suo erede.
In una sfarzosa cerimonia, nella sala reale, alla quale io non volli partecipare.
Mi sentii deluso, tradito ed umiliato.

Un rancore che porto ancora oggi nel cuore.
Ed ancora oggi sarei disposto a tutto in nome della corona che all'ora mi fu negata.






Lui:


Dei raggi di luce mi solleticano il viso, destandomi dal mio sonno; mormoro infastidito.
Sollevo piano la testa dal cuscino, scosto le coperte, tirando fuori il braccio, con la mano tocco l'altra metà del mio letto, scoprendolo vuoto.

La serva non è stata con me, a farmi compagnia.
Apro un occhio, e la scorgo intenda a pulire il mobile con il piumino mentre canticchia una stramba canzoncina.

Sbuffo tra me e me.

La porta si apre all'improvviso con irruenza, mugolo versi incomprensibili, probabilmente un insulto, rivolto a colei che ha osato disturbarmi.
Non ho bisogno di girarmi per capire che si tratta di mia sorella.

La sento correre con aria allegra, spalanca le tende ed apre la finestra.
"Svegliati pigrone! Il sole è già alto da un pezzo!" Mi fa notare.
Sbuffo stizzito, affondo di più la testa sotto il cuscino.
Si avvicina con l'intendo di strapparmi le coperte di dosso, per poi arrossire di colpo, rendendosi conto della situazione.
"Ma sei nudo li sotto?" Farfuglia imbarazzata saettando lo sguardo tra me e la mia serva.

Decido di assecondare i suoi sospetti.
Anche perché sarebbe inutile spiegarle che quella verginella incallita, non me l'ha data!
"É andata proprio come pensi." Le rispondo annuendo "se prendi la mia mano, ti mostro in modo dettagliato com'è avvenuto il fatto." Sorrido furbamente mettendomi seduto sul letto.
Guardando di sottecchi ogni sua minima reazione, vedendola divenire rossa come un peperone.

Se ho un po' di fortuna, scappa via togliendosi dai piedi.
Ed invece no! Si ricompone, riacquistando tutto il suo autocontrollo.
"Lasciaci soli." Ordina rivolta all'ancella in un tono che preannuncia guai, fulminandomi con un'occhiataccia.
Lei ignara dei nostri sguardi, ed un po' confusa, si inchina al nostro cospetto e se ne va.

Mi aggiusto meglio le coperte, mettendomi comodo, preparandomi alla sua solita ramanzina.
Non è raro che vengo da lei rimproverato per il mio essere fin troppo maschilista per i suoi gusti.

Un ceffone improvviso mi distoglie dai miei pensieri.
Il suo gesto inaspettato mi ha colto di sorpresa, lasciandomi confuso, ed a bocca aperta.

Mi porto la mano sulla guancia massaggiandomi la parte lesa; non che io abbia sentito dolore, ma il significato di quel gesto, mi ha ferito molto, scombussolando il mio stato d'animo già in bilico.
Mai nessuno, fino ad ora, ha osato punirmi.

Alzo lo sguardo a fatica, la vedo di fronte a me, con il braccio alzato e la mano tesa, ma leggermente arrossata.
La sua espressione è seria, e i suoi occhi emanano scintille.

D'istinto abbasso lo sguardo, concentrandomi su un punto indefinito del pavimento; non riesco a sostenere il suo modo di guardarmi.
Nervoso mi mordo le labbra, sentendo solo il fastidioso bruciore alla guancia.

Rimaniamo una manciata di minuti in silenzio, che sembrano un'eternità.
Con la coda nell'occhio la vedo abbassare le membra e distendere i muscoli.

La sento sospirare e calmarsi.
Delicatamente mi prende il viso tra le mani, accarezzandomi con le dita, la guancia arrossata.
Invitandomi silenziosamente con sguardo pentito a guardarla negli occhi.

"Mi dispiace!" sussurra alzandomi delicatamente il viso, sedentosi di fianco a me.
"Non ti riconosco più Mikail. Che ti succede?" pronuncia dolcemente in tono materno.
Cercando il mio sguardo, ed accarezzandomi la fronte.
"Sei destinato ad essere il re, di cui il popolo ha bisogno." Continua con gentilezza cercando di leggere i miei pensieri.

Dannato destino!
Maledetto regno!
Voglio andarmene da qui!

"Di me sai che puoi sempre fidarti..."conclude guardandomi con i suoi occhi profondi.

Calma, calma! Non posso rischiare che i miei reali progetti vengono scoperti.

Rilasso i muscoli della mascella e la guardo negli occhi.
Pensa a qualcosa di positivo... ci sono! Ad un elefante rosa.
Incurvo le labbra in un sorriso sarcastico.

Lei incrocia il mio sguardo, stringe la mia mano, chiude i suoi occhi; per poi riaprirli sorpresa.
"Non ci posso credere! Pensi ad un elefante rosa!" Esclama sconvolta. "Mi hai tagliato fuori dalla tua mente?" Continua indispettita, lasciando la mia mano.

Annuisco come risposta.
"Sai Mikail, penso che tu abbia bisogno di ritrovare te stesso." Conclude risentita, alzandosi dal letto su cui è seduta, sbattendo la porta e lasciandomi solo.

Confuso nei miei pensieri, mi porto le mani alla tempia, indeciso su cosa fare.
Non ho mai litigato così pesantemente con lei!






Lei:


Un altro pomeriggio all'insegna della musica è trascorso.
Anche oggi le prove con la mia band sono andate alla grande, ogni giorno che passa diventiamo sempre più bravi.

"Deborah!" Una voce mi fa sobbalzare, mentre sono immersa nei miei pensieri intenda a sistemare le mie cose nello zaino.
"Deborah! Hai un minuto?" Mi chiede Raul con voce profonda, provocandomi un brivido lungo la schiena.

Mi giro piano nella sua direzione, con un sorriso lo invito a parlare.

"Questo è per te." Mi dice all'improvviso rosso in viso mostrandomi una scatolina.

Rimango sorpresa alla vista di quell'oggetto; mi porto una mano alla bocca per l'emozione, rimanendo senza parole.
Apre la scatolina e mi mostra un laccetto con un ciondolo.

Sbatto le palpebre più volte "è bellissimo!" Sussurro.
"Ti piace?" Mi domanda prendendo la collanina tra le dita.
Per istinto mi giro di spalle e con una mano raccolgo i miei capelli, invitandolo silenziosamente ad allacciarla al mio collo.
Le sue dita al contatto con la mia pelle mi provocano dei brividi di piacere.

Ma cosa mi sta succedendo?

Possibile che un tipo timido come Raul sia un ragazzo così pieno di sorprese?

Credo di essere anche arrossita colpita dalla sua gentilezza.

"Raul io..." farfuglio, cercando di non illuderlo e ferirlo.
"Non preoccuparti Deborah, prendilo come il simbolo della nostra amicizia". Mi dice speranzoso.

"É un ciondolo di verbena, serve ad allontanare gli spiriti, e le cattive presenze.
O almeno è quello che mi ha detto la commessa del negozio" Continua dicendo agitato cercando di non balbettare.

"Ho visto che ultimamente stai giù di morale e volevo fare qualcosa per te." Mi dice accennando ad un timido sorriso.
"Grazie di cuore." Gli rispondo aprendomi in un sorriso a trentadue denti.

Gli stampo un bacio sulla guancia, facendolo avvampare ancora di più.

"Ti aspetterò Deborah!" Mi sussurra all'orecchio "ti aspetterò!"
Se ne va lasciandomi sola con il cuore che batte come un tamburo, immersa nei miei pensieri.

Come gli spiego che la nuova canzone non è rivolta a lui?






Lui:


"Salem! Salem!" Chiamo a gran voce il gatto di mia sorella.
Lo sto cercando in tutte le stanze del Palazzo.
Giungo davanti alla porta delle stanze di Zelda, la apro piano sperando che lei non ci sia.

Mi guardo intorno con aria furtiva, accertandomi che mia sorella non ci sia, e per fortuna di lei nemmeno l'ombra.

"Salem!" Richiamo aprendo tutti gli stipi, guardando in ogni angolo, sotto ad ogni tavolo e letto.

"Guarda chi si rivede... miao!" Sento la sua voce inconfondibile dietro di me.
Da dove è sbucato fuori?

"Salem!" Lo richiamo con tono duro voltandomi di scatto.

"A cosa devo la vostra presenza, sire?" Mi domanda ironico lanciandomi un'occhiataccia.
"Ho deciso!" Ribatto convinto, "sono pronto a rischiare per quello in cui credo."

Il dialogo con mia sorella, mi ha fatto capire che non posso più rimanere qui in stallo, a rodermi il fegato.
Aspettando che il mio destino si compia.

Devo andarmene e trovare la mia strada, e crearmi da solo il mio futuro.

"Accetti il mio piano?" Mi domanda come ad essere sicuro della mia lealtà.
"Si! Ti ascolto!"'gli rispondo abbassandomi per essere alla sua altezza.

La pozione polisucco, la mia unica via di uscita: costi quel che costi.




Angolo dell'autrice: mi scuso per il ritardo.
In questo capitolo ho voluto dare uno spazio maggiore a Mondred, sperando che il personaggio sia di vostro gradimento. Chissà se decida di riproporlo anche nei prossimi capitoli. Deborah inizia ad avere un po' di simpatia per Raul, e Mikail cede alle tentazioni di Salem. Al prossimo capitolo!

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