capinera

di Vulpes Fennec
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap-1 ***
Capitolo 2: *** Cap•2 ***
Capitolo 3: *** Cap•3 ***
Capitolo 4: *** Cap•4 ***
Capitolo 5: *** Cap•5 ***
Capitolo 6: *** Cap•6 ***
Capitolo 7: *** Cap•7 ***
Capitolo 8: *** Cap•8 ***
Capitolo 9: *** cap 9 ***



Capitolo 1
*** cap-1 ***


Cap•1

 

 

Appena vent'anni e già ero nel giro della ricca borghesia Parigina, il periodo era sfarzoso e ricordato per sempre nel libri come Belle époque. Si potrebbero raccontare storie dai mille colori su quest'epoca, ma io ve ne racconterò una semplice che mi ha cambiato profondamente, sono Adrien Agreste e vi racconterò la storia del più bell'uccellino che io abbia mai visto, la Capinera.

Ero appena diventato il proprietario di una graziosa villetta in un quartiere calmo, aperto e, cosa più importante, lontano dalla confusione centrale di Parigi concentrata sotto l'ombra dell'arrogante ricchezza del patriarca della mia famiglia, Gabriel Agreste.

Mio padre era un uomo d'affari, sorto delle ceneri dei quartieri poveri, grazie ad un occhio per la moda che faceva acquolina a tutte le dame di Francia.

Io, nato tra i balocchi più pregiati, non feci fatica ad entrare a far parte degli investitori sulle nuove scoperte per poi far fortuna i breve tempo.

Parigi si crogiolava nel piacere del sapere nei salotto da caffè, ma comunque non molto lontano dalle luci delle vertine di profumi c'erano gli affamati alla ricerca di un soldo.

 

 

Mi ricordo che passeggiavo in una via di Parigi, quale non lo so, dopo un'accesa discussione con mio padre sul mio isolazionismo, avendo comprato una casa lontana dalla sua rigida ombra .

I monelli giocavano per strada, e tra di loro una bambina  dalla chioma corvina cercava di riprendere un nastro cremisi, che faceva coppia con uno che le teneva metà dei capelli raccolti in un codino.

La bambina mi osservò sorridendomi, dimostrava si e no dodici anni, coperta con un vestitino logoro e a piedi nudi.

Mi si avvicinò, il viso era scarno e ceruleo.

«Signore mi scusi! Avrebbe un soldo da darmi? La prego, ho fame» disse tendendomi una mano.

Davanti a quelle parole dolci, ma disperate, vidi una parte della vita che non mi era mai toccata e che mi incuriosiva stringendomi il cuore.

Non potevo però abbassarmi dal mio rango, perciò in maniera ferma ma gentile cercai di allontanarla.

«Guarda che i tuoi amici se ne stanno andando via con il tuo nastrino

«Ma a me non interessa il nastrino, io ho bisogno di un soldo per prendermi del cibo» disse lei sorridendomi.

Un nodo mi serrò lo stomaco davanti a quella richiesta.

«Non hai dei genitori che provvedono a te?»

Lei chinò lo sguardo scuotendo la testa.

«Una casa?»

Lei alzò lo sguardo, e trattenendo una lacrima disse «No. Sono sola a questo mondo. Mio padre non l'ho mai conosciuto, morto quando ero piccola e mia madre...»

In quel momento la lacrima trattenuta scese, ma lei sorrise «...sta meglio ora che non c'è più neanche lei su questo modo. Io ora sono libera, ma la libertà richiede almeno un soldo per mangiare»

La piccola iniziò a giocherellare con un lembo del vestito che si era strappato, cercando di scacciare i dolorosi ricordi.

Mi attaccò una stretta al cuore alla visione di quella piccina smunta ma con una forza immane.

Mi abbassai leggermente, così da guardala meglio occhi.

«Non hai più nessuno da cui tornare? Una zia?Un nonno? Un parente alla lontana? L'orfanotrofio?» lei a ogni mia domanda scosse la testa guardandomi dritto negli occhi.

Non so cosa mi passò per la testa quel giorno, ma non me ne pento affatto.

Una scelta azzardata e su due piedi, ma sicura e piena di bontà per una bambina senza possibilità.

«Ti piacerebbe vivere in una bella casa, con bei vestiti, una camera per te e cibo sempre pronto in tavola?»

Era davvero una scelta presa su due piedi, ma a ripensarci il secondo dopo era perfetta. La mia casa nuova era vuota e piena di stanze, e abbastanza isolata da far comparire la bambina nella mia vita senza troppi giudizi.

La bambina scoppiò in lacrime, singhiozzando.

«Perché mi prendete in giro? Perché mi offrite a parole una cosa che in realtà non mi dareste?»

Tirai fuori il fazzoletto dalla tasca.

«Come mai potrei prendere in giro una così bella fanciulla?» chiesi porgendogli il fazzoletto ricamato.

«Dice sul serio? Oh, sarebbe così meraviglioso. La prego non mi prenda in giro, perché accetterei volentieri la sua proposta» disse tirando su con il naso.

Le misi la mia giacca sulle spalle, dovevo portarla a casa mia senza inciampare in conoscenze troppo giudiziose perciò mi allontanai piano, senza perderla di vista, chiamando una carrozza poco lontana.

Gli aprii la porta.

«Principessa la carrozza l'attende» dissi   sorridendogli e accennando un inchino.

Salii sulla carrozza e dopo aver dato indicazioni al cocchiere partimmo.

«Marinette» disse lei guardando fuori dalla finestra della carrozza.

«Cosa?» le chiesi non avendo capito bene cosa aveva detto.

«Mi chiamo Marinette signore..»

«Ti prego chiamami solo Adrien, il "signore" mi fa sentire simile a mio padre» dissi concentrandomi sui particolari del viso della bimba.

Aveva due occhi come zaffiri e i capelli corvini le incorniciavano il viso di origini orientali.

«Suo padre?» disse riportandomi al discorso

«Gabriel Agreste, indosserai i vestiti del suo marchio appena arrivati»

La bambina rimase zitta, con gli angoli della bocca inclinati in un sorriso leggero, era luminosa.

Scendemmo dalla carrozza fermatasi davanti alla villetta.

I colori della primavera avevano iniziato a farsi largo nel prato verde che la circondava, un'edera aveva iniziato la sua arrampicata sulla facciata della casa colorata di rosso e giallo , con grandi finestre,  circondata da un cancello di ferro semplice.

Lo sguardo della ragazzina era indescrivibile, illuminato da una felicità e da uno stupore mai visto.

«Ti piace?» le chiesi sorridendogli facendogli cenno, aprendo il braccio, di andare avanti.

«É...É una reggia» disse sottovoce, come se il pensiero fosse uscito dalla bocca direttamente dalla memte.

Le sue labbra avevano una forma morbida precisa, delicate come boccioli di rosa, leggermente rovinate dalla povertà che le aveva sottigliate dalla fame.

Le aprii la porta, ma lei non entrò.

«Non so quali sono le sue intenzioni, se realmente é dolce con me offrendomi una  possibilità, o mi vuole solo sfruttare a suo indicibile scopo. Ma tanto non ho più niente da perdere, perciò mi sto fidando di lei, qualsiasi cosa mi riservi il futuro lo scoprirò solo varcando questa soglia.» disse guardandomi negli occhi facendosi seria.

«Non potrei mai. Ho sempre vissuto in un mondo sfarzoso e ricco, e ora che mi sostengo sulla mia fortuna e non più su quella di mio padre ho deciso di dare questa possibilità a qualcuno, te, che al contrario non l'hai avuta.» dissi ricambiando lo sguardo.

Feci un passo avanti, varcando la soglia.

«Vuoi entrare quindi?»  mi girai leggermente porgendogli una mano, che lei afferrò senza indugi.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Cap•2 ***


Cap•2

La sua voce cinguettava per tutta la casa, canticchiando storie tristi su amori perduti, ma lo faceva con una felicità tale che la tristezza di quelle parole spariva sulle dolci note della sua voce.
Aprii un baule verde, con delle cinghie di pelle e le giunture d'ottone, ne tirai fuori stoffe, cucite in vesti preziose.
Scelsi un vestito color panna di una vecchia collezione di abiti firmati Agreste.
Tra quei vestiti sfarzosi ce n'erano alcuni di mia madre, e al ricordo triste una lacrima voleva scendere, ma la fermai prima che potesse solcarmi la guancia.

«Marinette, sei presentabile?» chiesi bussando alla porta del bagno al terzo piano.
«Solo un secondo Adrien» rispose lei dall'altro lato della porta.
Ascoltai con orecchio teso lo scroscio dell'acqua che si muoveva, stava uscendo ora dalla vasca.
Pochi secondi dopo la porta si aprì, mostrando il bagno avorio illuminato dalla luce della finestra.
Mi dovetti girare all'istante per la scena scostumata, Marinette aveva aperto a
la porta con solo un asciugamano addosso, lasciando gambe, braccia e spalle scoperte, con i capelli bagnati appiccicati alla pelle imperlata da gocce d'acqua.
«Alya! Ti prego, puoi venire un attimo qui a dare una mano alla nostra ospite?» chiamai la governante, che in pochi secondi era già lì a dare una mano.
Si presentò con un sorriso divertito e subito riportò nel bagno, prendendo il vestito, Marinette.
Aspettai nella camera affianco, controllando che andasse bene per l'ospite.
«Adrien abbiamo dei vestiti più piccoli e comodi?La ragazzina é minuta e non credo si trovi a suo agio con un corsetto, senza esserne abituata»
«Tutti quelli che ho sono del marchio Agreste, e sono i classici col corsetto, hai qualcosa tu?»
«Credo di si» rispose andando al piano dove c'era la sua camera.
Io scesi di un piano, rifugiandomi nel mio studio a pensare a come e quando avrei potuto far entrare Marinette nella società.
Sentii bussare alla porta un'ora e mezza circa dopo , e la figura di una giovane fanciulla fece capolino nella stanza.
I capelli corvini sciolti ricadevano sulle spalle coperte da un vestito rosato, semplice, decorato con merletti e pizzi bianchi.
Mi alzai dalla scrivania, stupito di quella semplice bellezza, era come una pietra preziosa, aveva bisogno solo di essere pulita.
«Sei stupenda, e il vestito ti va alla perfezione»
Lei arrossì leggermente sulle gote «Emm...grazie, l'ho fatto io con delle stoffe trovate al piano di sopra, il vestito di Alya mi era lungo e scomodo, perciò ho chiesto la scatola del cucito e mi sono data da fare con i rotoli di tessuto...» disse lei sorridendo leggermente, mentre io non riuscivo a fare altro che stare in silenzio incredulo per la sua bravura.
«...spero non fosse un problema» abbassò il capo colpevole, pensando di aver sbagliato.
Mi avvicinai a lei, sprofondando nella bellezza dei suoi occhi quando alzò lo sguardo, notando il persistente e delicato colore sulle sue gote.
«Tranquilla, erano lì solo a fare polvere»

Scendemmo nel salotto, dove Alya aveva apparecchiato per noi tre.
Alya non era solo una domestica, era un'amica per me, era la figlia della governante a casa di mio padre, e io ero cresciuto con lei, perciò mi veniva spontaneo quasi trattarla come di famiglia, anche se lei manteneva il suo lavoro e il suo umile posto.
Marinette era affamata, si vedeva, eppure si tratteneva e si comportava il più raffinatamente possibile secondo il suo ridotto sapere sul bon-ton.
Marinette arrivò a fine pasto sazia e soddisfatta e mentre Alya rassettava il tavolo e la cucina, mentre io mostrai alla giovane ospite la casa chiacchierando.
«Quindi hai sempre vissuto in strada?»
«No no, fino al mio dodicesimo compleanno ero con mia madre, in una catapecchia all'estremità di Parigi, cucivamo i vestiti per i vicini, così da risparmiare sulle stoffe, e per arrotondare vendevo i fiori in città...» disse facendosi seria, mentre le mostravo il giardinetto 
«...poi mia madre si é ammalata di polmonite lo scorso inverno e io rimasta sola mi dovetti arrangiare. Trovai un lavoro per un po' di tempo, cucivo per un piccolo negozietto di stoffe in un paese vicino, però me ne andai poco dopo .»
Notai il suo sguardo che iniziava a farsi scuro in volto per quei ricordi.
« Sembri più piccola di quanto dici sai?»
Lei rise leggermente mentre chiedeva scherzosa «Quanti anni mi daresti?»
In verità non avrei saputo dire, era piccina, minuta e i tratti orientali che aveva la facevano sembrare più giovane, ma non avrei saputo dargli un'età precisa.
«Sinceramente non saprei, poco meno di dodici forse, ma da quello che hai detto prima gli hai superati. Di quanto hai detto?»
«Non l'ho detto, ma poco più di tredici» disse lei sorridendomi con gli occhi socchiusi e il volto illuminato dalle ultime luci della sera.
Alya ci raggiunse, domandandoci se volevamo il thè.
Ci avviammo di nuovo verso il salottino, illuminato dal lampadario decorato da gocce di cristallo, e la tavola già pronta con  la teiera al centro fumante.
Marinette alla vista dei pasticcini e dei biscotti si coprì la bocca con le mani, stupita.
Presi dei barattoli di metallo da una credenza piena di porcellane e le posai sul tavolo.
«Che aroma volete?» chiesi aprendo i barattoli colmi di thè sfusi.
Marinette si ammutolì indecisa.
Io glieli avvicinai e lei inalandone il profumo ne scelse uno alla cannella.
Restammo lì ore nel salotto a parlare delle nostre vite.


Angolo autrice:
*Coff coff coff!!!
Emm...che dire...grazie per i commenti lasciati nell'altro capitolo, spero che anche questo vi sia piaciuto,anche se piuttosto vuoto, e prometto qualche disegno associato ai prossimi capitoli. (se riuscirò a capire come metterli )

Comunque, nel caso non si fosse capito, proverò ad aggiornare sempre ogni martedì o mercoledì.
Spero di non incontrare intoppi nella lavorazione dei prossimi capitoli (cosa che sto leggermente avendo).
Perdonatemi per eventuali errori, fatemeli notare così da poi poterli aggiustare il prima possibile.
Un bacione Vulpes Fennec ^ ^ 

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Capitolo 3
*** Cap•3 ***



Cap•3

Le dita si muovevano quasi inconsciamente sui tasti bianchi e neri del piano.
Ad occhi chiusi, senza spartito, la mia mente era unicamente concentrata sulle note che viaggiavano nell'aria.
Aprii gli occhi, suonando l'ultima nota.
« Che bella musica.»
La voce di Marinette era soave e colmava quel silenzio appena lasciato dal pianoforte muto.
« Vuoi provare?» le chiesi facendo spazio a lei sullo sgabello in mogano.
« Non so suonare, mi dispiace» disse facendo un passettino indietro.
Era vestita con lo stesso vestito del giorno prima, ma i capelli erano raccolti in una treccia che le ricadeva su una spalla.
Mi alzai per prenderle la mano, portandola al mio fianco, vicino al piano.
Si sedette affianco a me, e io iniziai a spiegarle le note.
Marinette capiva tutto e velocemente, era curiosa e allo stesso tempo vuota di conoscenze che voleva imparare. Perciò fu semplice insegnarle un piccolo brano.
Non credo che avesse capito bene le note e tutto quello che ci stava dietro, aveva solo imparato pappagallescamente.
« Sai leggere?» ovviamente lei a una domanda simile scosse il capo.
Fu così che passai la giornata a farle da istruttore. Leggere, scrivere, tutte cose nuove per lei, eppure riusciva ad assimilare e a comprendere velocemente ciò che le insegnavo.
Le nostre giornate,nei mesi successivi, passarono così, spesso sul prato a leggere un libro o a conversare, parlando di bon-ton, storia e filosofia davanti ad un buon thè.
Un libro in testa per reimparare a camminare, due sotto le braccia per la postura a tavola e il corsetto sempre addosso per abitudine.

« Marinette, riscrivi tutto l'alfabeto, devi essere più sicura quando scrivi sennò le lettere non saranno mai precise»
La dizione era perfetta, il portamento aggraziato e il bon-ton lo padroneggiava, ma la calligrafia le era ancora un problema.
Intinse il pennino classico nella boccetta di vetro scura.
Una macchia di inchiostro cadde dalla punta, sporcando il foglio intonso.
« S..Scu..scusa» mi guardò fuggente.
Ma che le prendeva?
« Non balbettare, devi essere sicura di quello che dici. Comunque non tu scusare, capita.» le feci un sorriso, in fondo se lo meritava, era una brava allieva, anche se spesso sbadata.
Durante le prove di portamento in casa inciampava, eppure quando uscivamo assieme era sicura e perfetta.
Il pendolo scandì l'ora.
« Marinette, fammi un piacere, oggi pomeriggio leggi e allenati a scrivere. Io devo andare ad uno incontro con un mio amico» dissi alzandomi dalla sedia per andare a prendere la giacca dall'armadio decorato.

« Adrien! Caro amico» i saluti di Nino erano sempre calorosi nei miei confronti.
Entrammo in un salottino da caffè vicino a Notre Dame, il luogo era confortevole e idoneo al discorrere.
Nino non era uno da etichetta e bon-ton quando era in mia compagnia, ormai eravamo abbastanza in confidenza per parlarci spigliatamente. Eravamo entrati assieme nel mondo degli investimenti, anche se lui era specializzato più su quelli edilizi e i suoi hobby dilagavano nel sapere musicale.
« Che mi racconti di nuovo? La dolce Marinette?» Disse con fare curioso, non li avevo ancora fatti incontrare ma glie ne avevo parlato tanto, soprattutto su come migliorava di giorno in giorno.
« Sta crescendo velocemente e ogni giorno diventa sempre più istruita e aggraziata. Per il resto ho i soliti problemi con mio padre, é così autoritario e io...»
« E come al solito non riesci a tenergli testa. Mi sbaglio forse?» finì lui la mia frase, capiva tutto e subito di me.
Era una figura importante, riusciva sempre a darmi buoni consigli e io infondo ne avevo bisogno.
« Si, hai ragione. Anche se me ne sono andato via di casa continuo ad essere sottomesso al suo volere.» ce l'avevo con me infondo, ero senza spina dorsale.
« Parlando d'altro. Quand'è che mi farai conoscere la giovane fanciulla che tieni segregata in casa?» disse scherzoso.
« Non la sto tenendo "segregata in casa" usciamo spesso per le vie di Parigi»
« lontani dai posti affollati. » disse lui scherzando, anche se infondo aveva ragione.
«E poi devo ancora trovare una storia per cui lei abita da me ed é comparsa da un momento all'altro, senza farla passare per un'amante.»
«Facciamo così, siete invitati domani da me per colazione »
«Nino, non mi sembra pronta ancora, le mancano ancora delle conoscenze pratiche sul bon-ton e...»
«È lei a non essere pronta o tu che sei spaventato? E poi se inizia conoscendo qualcuno che non la giudica e non la mette sotto pressione credo che sia meglio»
Ci pensai su qualche secondo.
«Hai ragione»
«Perfetto! Quindi domani da me all'ora di colazione per quattro chiacchiere e incontrare la misteriosa fanciulla»
Non mi lasciò nemmeno il tempo di rispondergli che si alzò. Lo vidi uscire dal caffè, attraverso le vetrate, e prendere la prima carrozza di passaggio.
Mi incamminai anche io. Passai davanti a vetrine sfarzose e una mi colpì, era un negozio di balocchi, colma di bambole di porcellana e di cavalli a dondolo dalle selle rosse.
Tornai con un pacchetto a casa, un regalo per Marinette.
Era nel giardinetto a giocare, stava componendo una coroncina di fiori, quando mi vide mi corse incontro e me la mise in testa.
«Sei buffissimo » disse ridendo di gusto.
Tirai su leggermente la coroncina che mi stava cadendo da un lato.
«Questo é per te» le porsi il pacchetto rosa nelle mani e lei curiosa disfò il nastro rosso che c'era sopra.
Era stupefatta, tirò fuori dalla scatola una bambola dai capelli chiari, gli occhi scuri e un vestitino rosso a puà.
Schiuse leggermente la bocca, come per dire qualcosa, ma non proferì parola.
In pochi secondi i suoi occhi blu strariparono di lacrime, mi si tuffò addosso, abbracciandomi.
«È...è...è magnifica»
Quella sera Marinette rimase ore a giocare con quella bambola, infondo non era mai stata davvero bambina era dovuta  crescere in fretta e vederla con quella luce negli occhi, così accesa mi riempiva il cuore di gioia.
«Adrien vieni a giocare con me?» ad una domanda simile non potevo dire di no, perciò mi avvicinai.
Le mi fissò negli occhi, sembrava quasi leggermi nell'anima, il suo sguardo si spostò poi sui miei capelli e scoppiò a ridere.
«Cosa c'è?» dissi tastandomi la testa.
«Sta...sta fermo» mi si avvicinò e mescolando le dita ai miei capelli ne tirò fuori una margheritina, probabilmente rimasta lì dalla coroncina, che avevo tolto prima.
«Ancora? Ho passato ore a togliermi i fiorellini dai capelli e ce n'è ancora uno? Ahahah» scollai i capelli.
«Aspetta, ora sei tutto spettinato» iniziò a sistemarmi i capelli.
Notai una velatura di rosso sulle sue gote, mi sentii leggermente a disagio standogli così vicino, perciò con una scusa tornai in casa.

«Siete così carini» la voce di Alya squittì mentre diceva quel commento.
«Non starai mica sottintendendo un sentimento vero? Perché nel caso ti dico che voglio bene a Marinette, ma non nel modo che cresi tu, é solo un'amica e mia protetta » Alya quasi si spaventò per il mio tono serio e glaciale e per poco non mi spaventai anch'io.


Angolo autrice:
FRIENDZOOOOONEEEE!!
Okay! Non uccidetemi!! Vi preeegooo!!
Qualcosa mi dice che siete già sotto casa mia con lanterne e forconi  ahahaha

Che dire? Beh, il solito! Grazie mille per i commenti al capitolo precedente e spero che anche questo vi sia piaciuto.

Ps. Sapevate che si fa una fatica assurda a scrivere una FF dal telefono? In più io, stupida, mi sono appiccicata delle unghie finte, quando mai l'ho fatto!! Che casino!!

Sono sicura che ci siano errori, vi prego fatemeli notare e prometto di aggiustali il prima possibile.
Perdonatemi se non ho ancora allegato qualche disegno, ma sto avendo qualche problema nella loro pubblicazione.
Grazie della pazienza.
Un bacione Vulpes Fennec  ^^

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Capitolo 4
*** Cap•4 ***


Cap•4

Mi svegliò la luce che penetrava da uno spiraglio della tenda.
Ero annebbiato dopo una notte movimentata, turbato da sogni che già al momento del risveglio erano spariti, portati via dalla notte per dare spazio alla luce e all'allegria di un mattino di fine estate.
Marinette, la pensai e quasi a comando, in quel momento, iniziai a sentire il suo leggero cicaleccio con Alya.
Le voci erano ovattate dai due piani che ci separavano eppure ero certo che fossero in cucina in quanto sentii una porcellana rovinare a terra.
Corsi giù per le scale preoccupato per l'accaduto, tirando un respiro di sollievo nel vederle incolumi, ma in un secondo la mia preoccupazione riprese nel vedere un rigolo di sangue solcare la mano  di Marinette.
«Mio Dio Marinette!» raccolsi la sua mano tra le mie, la sua pelle, più delicata della porcellana, si era ferita, così come il piatto a terra.
«Adrien tranquillo non è niente, solo un taglietto» il che era vero, eppure la mia preoccupazione non si fermava neanche al vedere che era poco profondo e della lunghezza di pochi centimetri.
«Cos'è successo?» domandai cercando di uscire da un' apnea creata dallo sgomento.
«Solo una disavvedutezza, perdonami» si strinse nelle spalle come in attesa di una sgridata.
«Vai a medicarti e poi mangiamo okay? » sfiorai con la punta di un dito la ferita fresca e ciò le fece ritrarre leggermente la mano, per poi voltarsi verso Alya ed essere accolta dalle sue mani con un piccolo bendaggio.
Nel bon-ton vigeva ancora la buon usanza che se si andava a mangiare da qualcuno non bisognasse arrivare lì a stomaco vuoto per poi rimpinzarsi di cibo, soprattutto per quanto riguardava le fanciulle, perciò ci rifocillammo a dovere prima di uscire.
Io mi avviai  prima di Marinette verso la dependance ove tenevo la mia automobile coperta da un telo, siccome la utilizzavo di rado.
Era un gioiello moderno, quattro posti di pelle fiammante e la vernice nera metteva in risalto le inserzioni e i fanali d'ottone, eppure non era niente messo in confronto   alla bellezza di Marinette, che riparata sotto un parasole, sfoggiava un abito azzurro decorato da un nastro rosa alla vita.
Si avvicinò alla vettura e l'aiutai a salire.
«Posso guidare?»
«No!» ero quasi spaventato all'idea che Marinette volesse guidare, dato che la sua goffaggine si faceva sentire sempre al momento sbagliato.
Ripensando alla sua sbadataggine guardai la mano ferita che ora era bendata e nascosta da un leggero guantino azzurro.
«Daaii! Ti prometto che sto attenta» mi guardò languida, con gli occhi come acqua,  mentre provava a rompere gli argini della mia rigida corazza.
Neppure io riuscivo a liberarmi di quella mia inflessibilità, eppure lei c'era riuscita, quella volta, il giorno del nostro primo incontro.
«La prossima volta e poi non é bello vedere una donna guidare»non riuscii a dirle "sì".
«E poi ora é tardi, dobbiamo fare in fretta» dissi guardando l'orologio.
Sfrecciammo per la strada e in poco tempo ci ritrovammo al centro di Parigi, davanti ad una villa di medie dimensioni.
Nino avrebbe potuto permettersi una villa tre volte più grande, ma non amava farsi notare. Ad aprirci il portone fu una delle domestiche ma poi fummo subito accolti da Nino.
«Adrien!»
Mi abbracciò, come se non ci vedessimo da una vita.
«Tu invece sei la graziosa Marinette» disse porgendole un baciamano,  come se la conoscesse da una vita; lei invece sembrava leggermente stupita da quella sua spigliatezza nei suoi confronti.
«Voi invece dovete essere Nino» disse ridendo leggermente.
A quello spettacolino non riuscii a trattenere una risata  
«Marinette, ti prego, dammi del "tu" e che ne dite di un buon thè e pasticcini? » chiese Nino
Io alla sola idea dei dolci mi illuminai, facendo così ridere Marinette.
«Cosa c'è? » chiesi guardandola
«N...Niente ahahah»
«Credo si riferisca al rigolo di bava che ti viene ogni volta che pensi ai dolci» completò Nino il pensiero di Marinette, toccandosi l'angolo della bocca.
«Non é vero che sbavo» dissi tra le risate dei due mentre mi tastavo l'angolo della bocca.
Ci sedemmo ad una tavola rotonda, imbandita di croissant e macarons colorati, nella serra decorata da mille piante diverse.
Marinette si tratteneva dal mostrare le mille sfaccettature della sua emozione in quel momento così magico ai suoi occhi.
Perdemmo la mattina in chiacchiere e dopo il pranzo ci riposammo nel salotto.
«Adrien mi ha detto che suoni il piano» disse Nino rivolgendosi a Marinette.
Appoggiata al divano sembrava volesse sprofondarci.
«Non direi di saperlo suonare...» mi guardò.
«Però ho saputo da Adrien che voi invece siete molto bravo»
«Sì, sono abbastanza bravo, ma mai quanto Adrien, io sono più portato a questo» disse prendendo un violino che stava appoggiato ad un pianoforte a muro.
Nino mi fece segno di andare da lui vicino al piano, mi posò uno spartito, io al piano e lui al violino. Iniziammo a suonare.
Marinette, nel sentire la combinazione dei due strumenti sembrava persa, vagante in una miriade di colori e sensazioni che le si accesero in testa, e quando finimmo sembrò risvegliarsi da un sogno.
Messi via gli strumenti e ci sedemmo nuovamente, io sul divano con Marinette e Nino davanti sulla poltrona.
«Ora dobbiamo trovare una spiegazione plausibile alla tua presenza qui Marinette...» riportai tutti alla realtà.
«...c'è bisogno che ti si inserisca in società senza dare una cattiva impressione»
Si fece piccola e serró le labbra, leggermente a disagio.
«L'altro giorno é andata a fuoco la casa dei Moreau» sentenziò Nino
«...non ho capito» risposi io
«Claude Moreau, uno dei più grandi donnaioli di Francia, e tutta la famiglia sono morti nell'incendio»continuò lui
Sgranai gli occhi, continuando a non  capire.
«Credo che abbia avuto talmente tanti figli illegittimi da farne un esercito e se una di quelle fosse una mia cara amica, di cui suo padre mi ha chiesto esplicitamente di prendermi cura?»
«Continuo a non seguirti mio caro amico, chi sarebbe questa ragazza?»
«Questa ragazza» disse indicando Marinette
«Come se darle della bastarda aiutasse la sua immagine>»
«Adrien, é sempre meglio di una ragazza di strada »
Marinette si alzò, offesa da quel commento.
«Io credo che andrò ad osservare i fiori nella serra, appena voi due gentil uomini avrete finito di mettere su la mia recita teatrale vi prego di venirmi a chiamare» ci fulminò con lo sguardo e sia io che Nino provammo un brivido lungo la schiena.
Noi non facemmo altro che annuire e lei se ne andò.
Restammo in silenzio qualche minuto, scambiandoci sguardi misti tra paura e colpevolezza.
Fu Nino per primo a parlare
«Non volevo offendere»
«Tranquillo, lo capirà. Però Marinette ha ragione, dobbiamo finire di mettere su la recita> dissi massaggiandomi la base del setto nasale.
«Dove eravamo rimasti?...Sì! Marinette figlia illegittima di Moreau. Può andare» sentenziai
«Davvero? Ma non avevi detto…»
«Lo so, solo che non mi viene idea migliore» dissi appoggiandomi meglio alla schienale, come se quel gesto rilassante potesse portarmi ad un'idea migliore.
Guardai l'orologio e notai che il tempo era volato.
«Meglio se torniamo a casa, vado a chiamare Marinette»
Arrivammo alla serra e trovammo Marinette dormiente su un divanetto sotto una cascata di fiori e circondata da piante, così addormentata sembrava una ninfa, quasi mi dispiaceva svegliarla.



Angolo autrice:
OH MIO DIOOO!! SCUSATE!!! Ho fatto tardissimo! Davvero scusatemiii!!! Con i due giorni di vacanza sono finita in culo ai lupi senza pc e non vi ho nemmeno avvertito.
CHIEDO PERDOONOO!!! sono un verme, un verme verminosooo

Okay ciurmaglia dopo sta scenetta alla Pena (Hercules) passiamo alle cose serie.
Per la seconda volta non sono riuscita a postare disegni, ma prima o poi capirò come diavolo si fa, lo so ! sono stupida
Bene, non ho nient'altro da dire se non il solito, se avete qualche cosa da farmi notare non siate timidi a lasciare un commento, o anche solo per fare domande, anche stupide(tanto la mia vita è noiosa e sono spesso online, anche solo per fissare i numeri delle persone che entrano o escono dal sito…la mia vita è così emozionante YUPPI!) ringrazio ancora tantissimo per i commenti lasciati al capitolo precedente, spero che questo non vi abbia deluso(così come per i prossimi)
Al prossimo episodio Vulpes Fennec ^^

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Capitolo 5
*** Cap•5 ***


Cap•5


La musica stuzzicava l'aria nel salotto di Nino e Marinette, aggraziata, danzava.
Ultimamente le nostre giornate passavano così, in quella casa, tra i thè e la musica del grammofono.
Nino non era un gran ballerino, eppure, stretto a Marinette sembrava perfetto.
Era da un po' ormai che me ne stavo seduto sulla poltrona ad osservarli, perciò decisi che a quel punto era arrivato il mio turno di danzare con la fanciulla.
Gli occhi sgranati di Marinette, le sue gote arrossate... come facevo ad essere così cieco ? Non mi ero ancora accorto di ciò che provava nei miei confronti, né tanto meno, ero riuscito a decifrare quello strano sentimento che mi faceva sentire tanto connesso a lei. Io non so cosa provavo per lei. Le volevo un gran bene, e sentivo che dovevo proteggerla, certo, ma c'era anche qualcos'altro. Qualcosa che non sapevo spiegare, né definire, ma che mi stringeva il petto. Nasceva lì, alla bocca dello stomaco e risaliva, rimanendo poi bloccato tra il cuore e la gola, senza trovare voce.

La giornata passò languida, surreale, come in un sogno. Il giorno dopo mi vidi ancora con Nino, ma questa volta da soli, per passeggiare per le vie di Parigi.
«Adrien? Tutto bene?» chiese d'un tratto Nino, facendomi rinsavire
«si si, tutto bene, stavo solo pensando»
«Marinette? No, perché se é per questo lei é perfetta, l'hai educata bene e ora sembra proprio una ragazza dell'alta società.» Aveva ragione, Marinette ormai sembrava una ragazza di buona famiglia, nata e cresciuta nell'alta società, ma se qualcosa fosse andato storto?
A un tratto una voce acuta e cantilenante alle mie spalle mi chiamò.
«Adriiiiiiieeeeenuucciiiiiiiioooo!!!!» Al solo sentire quell'irritante vocetta mi venne voglia di sparire.
Io e Nino ci girammo terrorizzati all'idea di ciò che ci aspettava... e infatti una pimpante e altezzosa ragazzina ci veniva incontro velocemente, seguita da un povero domestico sommerso dalle scatole dei recenti acquisti e da Sabrina, una tirapiedi senza rispetto per se stessa.
«Adrien! Che bello vederti» squittì
«Che bello vedere te, Chloé» dissi sforzandomi in un sorriso di cortesia.
«Salve anche a te Nino» disse liquidando subito i convenevoli con un gesto della mano.
«Signorina, la prego non corra così.»
«Sta zitta Sabrina!» la fulminò Chloé.
«mi scusi signorina Chloé» disse abbassando lo sguardo.
Mi ero sempre chiesto come quella ragazza dai capelli rossi riuscisse a stare alla mercé di quella acida e viziata, io a malapena riuscivo a sopportarla per cinque minuti.
Chloé Burgeois, aveva un anno in più di Marinette ma il suo comportamento era più infantile di quello di una bambina di 5,e di certo il padre non aiutava, sempre pronto ad accontentare ogni suo capriccio.
Lanciai una supplica silenziosa con lo sguardo a Nino.
«Scusaci Chloè ma siamo in ritardo e abbiamo un ospite che ci aspetta» -grazie Nino che mi salvi tutte le volta da questa rompiscatole- pensai.
« Uh, chi è? » fu la domanda scortese e da ficcanaso che ci rivolse.
«Non credo tu la conosca, è un'amica di Nino che non ama molto i convenevoli da salotto o le grandi feste» risposi io cercando di placare la sua curiosità.
«Devo averne sicuramente sentito parlare, dai dimmi di chi si tratta» non demordeva, convinta di conoscere ogni persona in Francia degna di nota. Nino mi guardava.
«Adrien…non mi terrai mica nascosta una donna» disse con tirato sbigottimento.
«Anche se fosse non credo siano cose che ti riguardino»rispose Nino. Gli rivolsi uno sguardo severo poiché con quella frase aveva sicuramente acceso chissà quale paranoia nella testa di Chloè.
«Allora è così!?» disse stizzita. Era lì pronta a dire qualche cattiveria, quando fortunatamente arrivò il domestico di poco fa, seguito tranquillamente dall’auto, il cui autista sembrava evidentemente annoiato.
«Signorina, la prego è tardi, bisogna andare... suo padre la starà sicuramente aspettando» disse il domestico aprendo la portiera per le signorine.
«Bene! Andiamo Sabrina! Ma prima…» un brivido mi percorse la schiena all'idea di come quella frase avrebbe potuto concludersi «…vorrei farvi un invito diretto, non sia mai che il biglietto si perda... siete tutti cortesemente invitati al thé che darò tra due giorni a casa mia... e quando dico tutti ovviamente intendo anche la vostra cara ospite» e non feci in tempo a dare risposta che lei salì in auto e partì.
« Vipera» feci scivolare tra i denti.
« Adrien, se pensi che lei non sia ancora pronta basta dire che era indisposta e…»
«Nino! non lo capisci!? non ci é possibile nascondere ancora Marinette, oppure quella vipera troverà un modo per infangarci tutti: me, te e la piccola Marinette!» sputai quelle parole, non ci vedevo più dalla rabbia, eppure non potevo sottrarmi a quell'incontro... Quella stupida imposizione che rischiava di mandare all'aria tutto il futuro che avevo cercato di costruire per Marinette. Ero certo che Chloè, vedendo in lei una pericolosa rivale per via della sua bellezza e della simpatia che ispirava alla gente, avrebbe architettato un subdolo piano per liberarsi di lei.
«Sei molto protettivo con Marinette, si vede, ma non ti preoccupare, se la saprà cavare anche da sola»
«Io non ho paura per Marinette, ma per la reazione che avrò»
«Se non ti conoscessi bene direi che ne sei innamorato, ma ti conosco»
«Nino davvero non ti capisco»
«Tranquillo, non ti alterare, dico solo che ti sei affezionato»

Era vero? Ero solo affezionato?
Le volevo bene.
Mi tornò in mente mia madre.
Chissà come mai quel pensiero... a volte me la ricordava, quando se ne andava in giro per casa canticchiando, o quando fantasticava guardando fuori dalla finestra verso l’orizzonte come quando rientrai.
« Sei tornato!» mi corse incontro.

Il suo sorriso era così caldo.

Ora invece è tutto così freddo e il ricordo del tempo passato così effimero…le cose belle e soprattutto i ricordi a esse legati sono sempre le prime a sparire.

Dei giorni seguenti ricordo la preoccupazione che mi attanagliava lo stomaco non facendomi quasi dormire, mentre lei era così felice ed emozionata per l’entrata nella società. La capisco: si era stufata di restare invisibile... Un fiore appassisce se lasciato al buio.
«Adrien, che ne pensi?» disse piroettando su se stessa, così da  mostrare tutta la sua giovane bellezza contenuta in un vestito rosa e nero.
Era così bella, così solare…era l'unica persona in grado di scaldarmi il cuore.



Angolo autrice:

PERDONATEMI!! Davvero!! Mi scuso infinitamente…ma la tecnologia mi è avversa. Sembra una scusa, ne sono consapevole, ma è vero. Ho dovuto riscrivere tutto il capitolo perché il telefono mi ha abbandonato e già in quel momento ero in ritardo a causa di un trasloco in casa che mi ha occupato tutta una settimana. Avrei potuto farmi perdonare con un capitolo più lungo, ma tra verifiche, possibili interrogazioni(perciò pomeriggi passati sui libri) e le festività…beh, avete capito.

Parlando di cose più importanti, perdonatemi(ancora), ma questi capitoli non mi stanno prendendo molto in quanto guardo lontano, ai prossimi e spero di riuscire a farli meglio di questi ultimi due che ho scritto(almeno quelli spero si salvino dalla mia scrittura indecente).

Come piccolo dolcetto per farmi perdonare della mia inettitudine vi ho portato uno scarabocchio acquerellato del capitolo 3
Dal testo:
-«Sta…sta fermo» mi si avvicinò e mescolando le dita ai miei capelli ne tirò fuori una margheritina, probabilmente rimasta lì dalla coroncina, che avevo tolto prima.
«Ancora? Ho passato ore a togliermi i fiorellini dai capelli e ce n'è ancora uno? Ahahah» scollai i capelli.
«Aspetta, ora sei tutto spettinato» iniziò a sistemarmi i capelli.
Notai una velatura di rosso sulle sue gote…-

http://www.deviantart.com/art/Miraculous-LadyBug-e-Chat-Noir-Capinera-EFP-654731393

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Capitolo 6
*** Cap•6 ***


Cap•6

Marinette non vedeva l'ora che arrivasse il thé con Chloé, ma io sapevo bene che era meglio non star tranquilli: ero sicuro che quella vipera ci avrebbe giocato qualche brutto tiro.
Vederla così felice mi faceva quasi male, non avevo il coraggio di dirle che qualcosa sarebbe potuto andare storto.

«Adrien, che ne pensi?»
Aveva un sorriso così dolce, raggiante; come avrei fatto poi a vedere il suo bel viso rigato dalle lacrime se Chloè avesse mostrato il peggior lato di se stessa?
«Marinette, vieni qui. » lei si avvicinò, mi abbassai leggermente così da guardarla dritta negli occhi.
Lei ricabiò il mio sguardo e mi sentii sprofondare in quell’oceano che aveva al posto degli occhi.
«Sei una ragazza buona e intelligente... Ecco, Cloé non lo é. »
«Adrien non è carino dire queste cose » scostò leggermente lo sguardo, per poi tornare subito su di me.
L’avrei protetta.
«Hai ragione, ma quello che voglio dire è… lascia stare, ma se non ti senti a tuo agio possiamo tornare subito a casa. Va bene? » annuì, ma comunque non mi sentivo tranquillo.

«Ehi! Ma guarda un po’ che splendore che sei Marinette! »
«Ninò! Grazie, alcune modifiche le ho fatte io » fece ondeggiare leggermente la gonna, sembrava un fiore delicato smosso dal vento.
«Hai talento piccina » rispose Nino facendole l’occhiolino
«non si bussa più? » dissi io ridendo
«Mi ha aperto la domestica…a proposito ,è davvero molto graziosa » l’ultima parte la disse a bassa voce avvicinandosi al mio orecchio così da non farsi sentire da Marinette.
«Già, Alyà è molto carina » disse ella invece (evidentemente Nino non aveva usato un tono di voce abbastanza basso)
Detta quella frase uscì dalla stanza ridacchiando leggermente, lasciando il povero Nino paonazzo. Iniziai a ridere anche io, ma venni fermato da una piccola gomitata scherzosa del mio amico

Arrivammo a casa dei Burgeois in orario. Guardai Marinette e notai che uno dei quattro nastrini con cui si era legata i capelli si stava sciogliendo.
Le presi la mano e me la avvicinai, poi passai a sfiorarle i capelli per stringerle il nastrino allentato. Le rivolsi un sorrido dolce, rassicurante.
«Tranquilli » disse Nino suonando il campanello.

In pochi secondi ci ritrovammo nel salotto da thè e subito, senza degnare di uno sguardo gli altri ospiti, Chloè si catapultò verso di me abbracciandomi e strillando il mio nome…facendomi quasi perdere l'udito
«Non vedevo l’ora che arrivassi Adrienuccio! » la scostai leggermente, e mi ricomposi con atteggiamento freddo e formale.
«Si si, è sempre un piacere vederti Chloè> la liquidai in fretta.
«Bene, tu e Nino vi conoscete già e lei invece è Marinette, la mia ospite » mi girai di lato e vidi che non era più al mio fianco, ma si era nascosta dietro di me; le misi una mano dietro la schiena così da spostarla in avanti, di nuovo accanto a me.
Lo sguardo di Chloè era indescrivibile, verde d'invidia per la raggiante bellezza vagamente asiatica dell’altra, e ribollente di rabbia perché viveva sotto il mio stesso tetto e sotto la mia protezione.
Ricomponendosi squadrò Marinette dall’alto verso il basso, come per studiare la sua avversaria e subito dopo si rivolse a me e Nino
«Voi ragazzi accomodatevi nel salottino privato di mio padre, che vorrebbe tanto parlarvi di...politica, o delle altre cose noiose di cui parlate voi maschi... io mi occuperò di presentare Marinette anche alle altre ospiti » e così dicendo ci indicò il salottino e accompagnò la mia piccola amica nel salotto di fronte al nostro.
La sala dove stavano le fanciulle era senza porte, aperta, e illuminata da grandi vetrate.
Mi sedetti in un posto strategico che mi permetteva di non perdere di vista Marinette. Era contentissima a dir poco di fare nuove conoscenze.
Alcune di loro le conoscevo, mi erano state presentate in altre circostanze, spesso obbligate dai genitori durante lunghi e tediosi banchetti in cui si parlava unicamente di politica o affari.
Una di loro ero certo fosse Juleka Couffaine, una ragazza dall'aspetto cupo ma con cui é possibile fare interessanti conversazioni.
Costei era spesso accompagnata da Rose Lavillant, che non conoscevo bene, ma di cui era facile notare la bizzarra passione per il colore rosa.
Ovviamente al fianco di Chloè c'era il suo zerbino dai capelli rossi, Sbriana Raincomprix che però a quanto pare stava per essere spodestata dalla nuova venuta.
«Ehi! Tranquillo Adrien. Non le accadrà niente, Chloè non è così stupida da farle qualcosa a così poca distanza da te... » Non credevo molto alle parole di Nino, non mi sarei sorpreso se Chloè si fosse dimostrata ancora più stupida e infantile di quanto già non srmbrava.

Non riuscivo a staccare lo sguardo dal vetro che separava i due salottini (che sembrava allungare l'effettiva distanza che c'era tra noi e la stanza accanto), quando una figura imponente mi divise da quel mondo                        
Il signor Andrè Burgeois entrò nella stanza distraendomi dal mio vigilare. Il padre di Chloè era un uomo corpulento la cui massima ambizione era di arrampicare la vertiginosa piramide sociale francese, per quanto fosse già nobile di nascita. Coccolava troppo la figlia fin da piccola, finendo per crescere una ragazza viziata.

Lo seguii con lo sguardo per la stanza, accorgendomi solo dopo della presenza di un meraviglioso piano. Lo sfiorai con le dita. Sentivo il desiderio di suonarlo e poter così rompere la barriera fisica che divideva e me le ragazze.
«Signori, che piacere vedervi. » il signor Burgeois si avvicinò al banco degli alcolici, ne tirò fuori tre calici e bottiglie piene di bevande
« Brendy e soda per ingannare l’attesa delle signorine? »
«Preferirei vino bianco e selz»
«Certamente, e tu Nino?» chiese tirando sù una bottiglia da un cassetto in basso.
«Cosa? Oh no. Grazie lo stesso»
«Ti vedo distratto» dissi io rivolgendomi al mio amico
«No no, affatto»
«Parlando di cose più importanti: sì è venuta a conoscenza della mancata autorizzazione dello stato per l’insegnamento da parte delle scuole cattoliche…> era così tedioso il padre di Chloè; sempre a parlare di politica con una monotonia tale che solo altri dieci bicchieri del delizioso vino che mi stava versando avrebbero potuto trasformare quella tortura in un’esplosione di risate e diletto.

Sentii una porcellana frantumarsi a terra dall'altra stanza. La parlantina dell'uomo si fermò grazie al cielo, ma appena accorsi nella camera il vestito di Marinette era madido del contenuto della tazza.
La scena rasentava il sovrannaturale: Chloè Burgeois si stava scusando vivamente per l'accaduto e sembrava che Marinette non fosse offesa.
Che stessero diventando amiche?! Ero pietrificato da quella scenetta amichevole, tale da assomigliare a un rapporto che potevano avere una principessa e una duchessa come dama da compagnia.
«Ti prego Marinette vieni con me, ti presto uno dei miei vestiti» Chloè stava per prenderla e portarla al piano di sopra, ma inaspettativamente venne fermata da Nino.
«Chloè, non ti scomodare ti prego, andrò io a prendere un vestito a casa per Marinette» era perso nei suoi pensieri, eppure, convinto, prese la giacca e uscì senza nemmeno aspettare che qualcuno ribadisse.
«Adrien ci delizieresti con un po' della tua dolce e magica musica ?» Chiese Chloè prendendomi a braccetto e trascinandomi nella salotto con il pianoforte.
Quando le mie dita sfiorarono i tasti non mi riuscii più a fermare. Chloé continuava però a disturbare le mie note con la sua voce irritante e i suoi complimenti.
Mi fermai innervosito, ma incontrai lo sguardo di Marinette che si era appena ripresa da un bellissimo sogno che aveva fatto seguendo le mie note.
Perché era così bella? Eppure ero sicuro che fosse solo all'inizio della sua fioritura.
Tra gli applausi feci cenno a Marinette di mettersi al mio fianco.
«Canteresti per me?» gli sussurrai all'orecchio.
Iniziò a balbettare guardandosi intorno imbarazzata.
Io non le prestai attenzione e iniziai a suonare un arrangiamento di una delle canzoni che cantava più spesso.
Le parole strazianti si facevano largo nel cuore di tutti.
La storia parlava di una bambina e che come tutti i bambini desiderava i giocattoli, ma la madre concentrata solo ai suoi desideri rigettava il volere della figlia. Al capezzale della piccola morente la madre fece un esame di coscienza e svuota tutta la vetrina del negozio di giocattoli, ma la madre arrivò troppo tardi per accontentare la piccola. Una lacrima solcava le guance di tutti i presenti commossi.

Con la mente mi fermai. Mi sembrò di essere rimasto da solo con Marinette per un istante. Prima di essere ricatapultato nella realtà. Le ragazze erano tornate al loro thè e io dovevo sorbirmi il signor Burgeois e il suo tedioso discorso.

Un dejavù: accorsi nel salotto affianco dopo aver sentito un certo vociare. La più irritante delle due voci sentenziava con false accuse la povera Marinette. Non mi importava ciò che aveva da dire Chloè e schermai Marinette.
«Visto!?» Urlò la ragazza viziata
«E’ ovvio che tra di loro ci sia qualcosa! E sicuramente un'illegittima come lei sta approfittandosi di un buon di cuore come quello del mio Adrienuccio» concluse la bionda. Mi sentii afferrare la camicia da dietro; era Marinette in lacrime che con voce sommessa mi disse
«Adrien…ti prego andiamocene…»

In pochi minuti io e Marinette eravamo fuori da quella casa e io mi ritrovavo alle prese con una lotta interiore: la ragione da un lato e la voglia di tornare indietro a lasciare un manrovescio sulla faccia di quell’arrogante di Chloè dall'altro lato. Marinette mi parlava ma la sua voce mi giungeva ovattata. Si parò davanti a me e mi prese il volto tra le mani. Mi sentii annegare nel blu dei suoi occhi e ciò mi tranquillizzò.                        

Tornammo a casa con una carrozza di passaggio siccome Ninò non era tornato dalla sua missione.
«Mi dispiace. Ti ho fatto fare  brutta figura» disse la piccola abbassando lo sguardo
«No, non tu. Chloé ha fatto una pessima impressione, come pensavo si è comportata in maniera infantile e maleducata, con me, te e con le altre ospiti» dissi carezzandole il volto e asciugandole un lacrima.
La tenni stretta al mio petto.
Mi distruggeva il fatto di aver abbassato la guardia e di aver lasciato che qualcuno la trattasse in quel modo.

Arrivammo a casa e a quanto pare Nino era ancora lì, in fatti l'automobile era parcheggiata nel vialetto di fronte a casa.
Era strano, avrebbe dovuto solo prendere il vestito e tornare, era si e no un  compito da meno di un'ora, e dalla partenza di Nino ci eravamo trattenuti dai Burgeois più di quanto pensassimo.
Aprii la porta di casa e la giacca del mio amico era appesa lì, all'attaccapanni che c'era all'ingresso.
«Nino sei in casa?» chiesi ad alta voce.
«Oh merda!»
Non era la risposta che mi sarei aspettato
Mi avviai in salotto, seguito da Marinette e non appena vidi cosa stava succedendo le coprii gli occhi con una mano.
Nino e Alyà erano sul divano ad amoreggiare, o meglio si stavano sistemando dopo aver sentito il nostro arrivo.
«Davvero!?» chiesi stupito
«Eddai amico! Ci siamo solo baciati tranquillo ahahah...ma come mai di ritorno così presto?>
«A te potrà anche sembrare che sia passato poco tempo dato che eri...occupato, ma per noi è stata un'eternità. E poi," come c'era da aspettarsi, Chloé ha dato il peggio di sé. Ma non parliamone per favore»
«Adrien!! Non ci vedo basta!» Disse Marinette ,cercando di liberarsi dalla mia mano.
«Ma ti sembra? Non ho mica sette anni» mi sgridò.
«non mi sembrano cose che tu debba vedere piccolina» dissi ridendo
«"Piccolina"!? » disse arrabbiata.
«Sì, lo sei.»
Mi incenerì con lo sguardo e prendendo Alyà per mano se ne uscì dalla stanza, pochi minuti dopo si sentirono le loro risate.
Io e Nino ci guardammo e scoppiammo a ridere.


Angolo autrice:
Piccola curiosità hippopotomostrisquipidaliofobia è la fobia delle parole lunghe, ironico non  trovate.
E' una parola che mi viene semplice da dire e da fare lo spelling, eppure non riesco a consegnare mai un capitolo il giorno giusto.
Colpa mia? A volte, lo ammetto.
Mi sento mai in colpa? Ovviamente.
Come mai non  consegno il giorno giusto? Semplice, sono umana e mi perdo nello scandire del tempo.

Piccola domanda da porre a voi stessi e se la trovate davvero interessante rispondetemi pure.

Non trovate uno spreco di tempo pensare al tempo in quanto è solo un'inutile convenzione creata da noi stessi? Che secondo dopo secondo ci fa pensare alla nostra utilità al modo?

Un utilità evanescente, il tempo ce lo ricorda. poco rimane di noi e solo di pochi.


Come sempre spero che il capitolo vi sia gradito, lasciate un commento e al prossimo capitolo…e direi di finirla di dire il giorno in cui posterò perché tanto è inutile ahahah
 

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Capitolo 7
*** Cap•7 ***


Il tempo passato con lei sembra essere stato pochissimo e ora, che mi ritrovo qui a scrivere di lei, piccoli brandelli di dolci ricordi mi rimembrano. 
Ci sono così tanti aneddoti su di lei eppure ora, che guardo il presente e la penna che scrive su questo foglio, potrei riassumere tutto in poche e dolcissime parole "il mio grande amore".
Mettiamo in chiaro, la differenza d'età, che infondo sarebbe sparita con la crescita di entrambi, mi ha portato a pensare per tanto tempo che fosse un amore simile a un imprinting in quanto mi sentivo in dovere di tenerla al sicuro e protetta... tra le mie braccia. 
Sono troppi i racconti che vorrei elencare eppure credo che questo mi farebbe divagare enormemente sulla storia principale, perciò cercherò di non perdermi troppo tra le storielle che pian piano mi hanno sempre più portato ad amarla, amarla per davvero.

Quel mattino di dicembre fu lei a svegliarmi saltando sul mio letto come una bambina di dieci anni in meno di quelli che aveva, ma come biasimarla questo sarebbe stato il suo primo natale festeggiato assieme.
-Marinette ma che diavolo fai?- dissi stringendomi di più nelle coperte e aprendo un occhio in quanto l'altro era troppo stanco per svegliarsi.
-Adrien!!! Oggi è natale! È natale! - disse scuotendomi.
-E appunto per questo credo che sia sacro santo anche fare una bella dormita- dissi prendendola e trascinandola in un abbraccio tra le coperte.
-Noo!!!Daaaiii!!- disse perforandomi i timpani.
-Ahia! Il mio udito!- esclmai.
La guardai severo come se avesse esagerato, ma rilasciai quella serietà immediatamente iniziando a farle il solletico. 
La lasciai libera solo dopo un paio di minuti in cui mi supplicava di smettere.
-Allora non ne sono sicuro, ma credo che giù da basso ci siano dei regali infiocchettati ad aspettar..-
Ancora prima di finire la frase la vidi sparire mentre usciva dalla mia camera nella nuvola della sua camicia da notte.
-Allora muoviti che la colazione è già pronta e le croissant sono ancora calde- alla sola idea dei dolci che mi aspettavano al piano inferiore mi fiondai giù dal letto, mi misi la vestaglia e scesi le scale. 
La vidi seduta vicino l'albero decorato da piccole palline di vetro colorate e i regali incartati.
-Quale apro per primo?- disse guardandomi languida.
-Direi questo- le passai un pacchetto appena nascosto dietro l'albero.
La sua accuratezza nello spacchettare quella carta decorata e il fiocco di raso, sembrava avesse paura di strappare la carta.
In pochi secondi si ritrovò sommersa dalla carta colorata e la velina che ricopriva il regalo. 
Inspirando profondamente tirò fuori dal pacchetto un magnifico vestito di taffetà colore nude decorato sulla chiusura da piccole roselline di un tenue rosa venezia e con le maniche semidiafane.
-Ti piace?- le chiesi in attesa di una risposta. Notai Marinette boccheggiare alla ricerca delle parole adatte, anche se non servirono quando notai il luccichio nei suoi occhi.
Mi saltó al collo con un abbraccio, risi a quel gesto e le dissi -Che aspetti? Va a provarlo sù-. 
La vidi sparire sulle scale, verso camera sua e quando tornò giù teneva i capelli raccolti con una mano mentre con l'altra sorreggeva il vestito dalla scollatura e le spalle le cadevano larghe sulle braccia.
-Non arrivo alla chiusura- si fece velata di rosa sulle gote e poi si girò rivelando la schiena coperta dalla lingerie bianca con il vestito aperto in una profonda scollatura a V.
La osservai un secondo per poi scuotermi e riprendermi per allacciarle l'abito.
Lasciò cadere i capelli sulla schiena e glieli sistemai pettinandoglieli facendo passare le dita affusolate tra le ciocche corvine.
-Fatti vedere- le ordinai, forse troppo autoritario.
Si girò lentamente ed era come guardare la luna piena, splendente e affascinante.
Il vestito le calzava a pennello e sentivo, guardandola negli occhi, un magnetismo che mi portò ad avvicinarmi a lei.
Le accarezzai le guance, valate di un virgineo rossore, spostai la mano passandola tra i suoi capelli.
Lei piegava sempre più la testa per mantenere quel contatto visivo, in quanto più bassa di me di parecchi centimetri, vedevo il mio sguardo riflesso nei suoi occhi chiari.
L'avvicinai ancora un pochino a me e le posai un casto bacio sulla fronte pallida.
-Sei magnifica-
Lei si scosse leggermente -Grazie-

La colazione era fantastica, un po' strana senza più la presenza di Alya con noi a tavola.
Ninò a quanto pare si era messo a fare sul serio con lei e convivevano da un paio di mesi e mi mancava la sua presenza in casa, ma grazie a Marinette la casa non ne risentiva. 

Sali nella mia camera per prepararmi all'arrivo degli ospiti.
Fissai la busta aperta sulla mia scrivania per pochi secondi e poi la buttai nel cestino.

L'acqua calda sulla mia pelle era estremamente piacevole e mi aiutava a concentrarmi. 
Pensai a quella busta di pregiata filigrana chiusa da uno stemma in ceralacca rosso e ad il suo contenuto, un invito alla festa di natale di questa sera nella regale villa di mio padre.
Era la prima volta a cui non partecipavo e la prima volta che disubbidivo a mio padre o a un suo invito.
Il cigolio rimbombante del rubinetto mi svegliò da quello stato di trans nei miei pensieri.
Uscii dalla doccia, mi coprii la vita con un asciugamano e uscii dal bagno accolto con un brivido nella mia camera fredda. Mi preparai velocemente e quando tornai giù Alya e Nino si stavano già togliendo i cappotti cosparsi di piccoli fiocchi di neve.
Il pomeriggio lo passai suonando al piano allegre canzoni natalizie e aiutando le fanciulle che armeggiavano in cucina mentre Ninò ci intratteneva con racconti fantasiosi e barzellette che di conseguenza facevano riempire l'aria del suono più dolce, la risata melodica di Marinette.

Eravamo tutti seduti in salotto a sorseggiare del Rare Cognac e spiluccando dolcetti e biscotti.
-Adrien posso un goccio pure io?- Marinette mi si avvicinò indicando il liquido ambrato nella bottiglia.
-Mi sembra troppo forte per una fanciulla che non ha mai bevuto-
-Ma lasciaglielo assaggiare, credo che abbia un'età un cui possa iniziare- Il commento non richiesto proveniva da Nino accoccolato ad Alya il quale guardai male però accettai il suo punto di vista - .. solo un assaggio piccolo- ... quasi.
Le porsi il mio bicchiere in quanto conteneva si e no mezzo centimetro di cognac.
Quando tutto il contenuto del bicchiere finì giù per la gola di Marinette, il suo volto fu abbastanza esaustivo.
-Ma è fortissimo!- 
-Appunto, non è roba per la tua età- sentenziai.
-Fa caldo non trovate?- disse sventolandsi la mano per farsi un po' d'aria.
-E non lo reggi nemmeno- notai le sue gote farsi più rosee per il caldo provocato dall'alcolico.
Sentii il campanello suonare e mi avviai alla porta. Ad aspettarmi oltre la soglia c'era un uomo alto spigoloso e impettito.
-Salve padre- dissi timoroso di una sua risposta.
-Sei solo?-
-No, sto festeggiando in compagnia di alcuni miei amici- 
Il suo sguardo era freddo e arido.
-Una buona motivazione per non passare il natale con tuo padre- disse sarcastico. Ero terrorizzato eppure mi sforzai a non farlo notare.
-Non mi fai entrare?- disse. 
-Non hai una festa a cui tornare?-
-Ovviamente, ma credo che gli invitati possano sopravvivere un'ora anche senza il padrone di casa- e senza aspettare un mio invito mi scavalcó avviandosi verso il salotto.
A metà del corridoio venne fermato dalla piccola figura barcollante di Marinette che per poco non gli finì addosso.
-Tutto bene Adrien? Noi...- sembrò pietrificarsi davanti alla figura che le si stagliava avanti.
Mi avvicinai a lei e le appoggiai una mano sulla schiena, il suo cuore batteva forte nel petto e il suo respiro era accelerato, proprio come il mio.
-Padre, lei è un'amica di vecchia data di Ninò ed ospite qui da me- improvvisamente la gola mi si fece secca a pronunciare quella mezza bugia.
-Ma certamente, Marinette...- il sangue mi si raggeló nelle vene -...Chloè mi ha parlato di te- disse scrutandola dall'alto in basso.
-Chloè non sa niente di lei, siamo andati da lei per un thé un po' di mesi fa e ha iniziato a sputare sentenze senza nemmeno conoscerla, perciò le sue critiche nei suoi confronti non mi sembrano una buona base da cui partire per fare la sua conoscenza.- dissi stringendola al mio fianco. In quel momento notai che il suo profumo era coperto da un odore ancora più forte, Rare Cognac, il suo respiro era pesante e respirava nuvolette intrise d'alcol. Eppure io le avevo dato solo il fondino che era rimasto dal mio bicchiere.
-Bene, allora credo che mi tratterro un po' con voi così da poterla conoscere meglio.- ci superò ed entrò nel salotto, ove uno sbronzo e infatuato Ninò scherzava con Alya in modo provocante mentre, sul tavolino, la bottiglia di Rare Cognac poggiava vuota.
Guardai Marinette arrossata e barcollante al mio fianco che mi tirò leggermente la manica richiamandomi a se.
-Non mi sento tanto bene- mi disse con voce incrinata e con il respiro appesantito dall'alcol.
Le gambe le cedettero ma la risollevai in fretta appoggiandola sulla poltroncina vicino al pianoforte e velocemente presi mio padre per le spalle.
-Siamo quasi al fine della serata, abbiamo bevuto e ci siamo divertiti, ma purtroppo sei arrivato tardi, ora siamo stanchi e non saprei quanto sia possibile intrattenere un discorso lucido.- 
Ci ritrovammo di nuovo davanti alla porta, lui scuro in volto e sbigottito per il mio comportamento sgarbato.
-Va bene, vado. Ma sappi che non mi importa quello che fai con quella ragazza, l'importante è che rimangano cose tue private, qui va in gioco la reputazione della famiglia.-
-Marinette è solo una mia ospite sotto la mia tutela e non ti permetto di insinuare certe cose senza sapere come stiano realmente. In più sono sempre stato piuttosto riservato e credo che sia meglio che tu non tragga conclusioni affrettate. Ma ora basta, è natale e non ho la minima voglia di discutere. Perciò ti saluto e buon natale padre.-
Non ribadí in alcun modo, semplicemente mi squadró, fece un lieve cenno con il capo e se ne andò senza convenevoli.
Tornai nel salotto stanco, Ninò e Alyà erano mezzi addormentati sul divano fusi in un abbraccio e Marinette sulla poltrona assonnata. 
Mi sedetti sul bracciolo della poltrona dove stava accasciata. Era silenziosa e la testa le oscillava un poco per l'effetto dell'alcol e non feci neanche in tempo a chiederle come stava che si alzò in fretta e furia per correre al bagno inciampando nei suoi stessi piedi ogni metro.

Mezz'ora dopo eravamo ancora lì, io che le sorreggevo i capelli e la fronte mentre lei rimetteva tutto l'alcolico nella porcellana.
-Scusa- mugugnó piano scossa dai brividi.
-Shhh, tranquilla, non è mica colpa tua. Bevi un po' d'acqua- le posai un bicchiere d'acqua sulla labbra aride. -Hai finito?-
Lei annuì leggermente mugugnando un velato "si".
L'aiutai a mettersi in piedi, ma le gambe non le ressero.
La presi in braccio e lei si raggomitolò come un gattino al mio petto, la posai sul mio letto e la scoprii dai vestiti madidi di sudore lasciandola solo con la biancheria di seta bianca.
Non mi scoposi alla visione di Marinette con quel semplice vestito intimo e meticolosamente la coprii con le lenzuola pesanti.
Il suo respiro era pesante e io inutilmente preoccupato mi sdraiai sopra le coperte affianco a lei vegliando per tutta la notte.

Angolo autore
NON PREOCCUPATEVI, SONO VIVA! 
Dopo la batosta presa nel mio post precedente mi sono rimessa, lentamente, in moto. 
Mi spiace per essere così lenta, ma ho anche un sacco di altri progetti per la testa.
Ho dei calorosi ringraziamenti di fare a due mie amiche che mi sostengono nel progetto di questa fanfiction Althe e Gaia.
E anche voi dovreste ringraziarle, perché prima di postare , le signorine qui sopra nominate decifrano, modificano e correggono lo schifo che in realtà scrivo prima di servirvelo bello caldo su questo sito.

Ci si sente alla prossima e spero di riuscire a completare questa storia prima della fine del millennio.
Bye bye 😘

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Capitolo 8
*** Cap•8 ***


Il mattino seguente, al mio risveglio, mi ritrovai ad un palmo di naso con il candido viso di Marinette ed ai miei occhi sembrava un angelo sceso in terra. 
Osservarla era sempre un sobbuglio di emozioni e rimproveri nella mia testa.
Baciai dolcemente le sue labbra che erano come boccioli di rosa.
Era un magnifico sogno ad occhi aperti, poco opportuno e magnifico, ma non avrei rovinato il nostro rapporto per questo ed anche se i miei sentimenti fossero divampati mi sarei trattenuto pur di non perderla per un momento di  avventatezza.
Mi alzai dal letto, onde evitare di inciampare nuovamente in fantasie simili.
Accorsi nel bagno degli ospiti così da ricompormi e darmi una sistemata.
-Mon amí, ci sei tu in bagno?- la voce squillante di Nino fu la miglior sveglia.
Aprii la porta del bagno accolto dalla "gradevole" vista del mio amico in un post sbronza di primo ordine. I capelli erano arruffati in una massa scompigliata, i pantaloni pendevano aperti di qualche bottone da un lato e dall'altro sorretti da una sola bretella, la camicia era sgualcita e abbottonata alla rinfusa, ma come stupirsi dopo la notte di follia che aveva passato con Alyà.
-Dormito bene? - chiesi ironico, appoggiandomi allo stipite.
-Chiudi la bocca, credo mi stia per esplodere il cervello.-
-Dopo tutto quello che ti sei scolato mi stupirei se non ti sentissi nulla- 
-Ti prego, sta zitto e fammi entrare in bagno che mi do una ripulita-
-L' antipatia fa parte del post sbornia? - non mi rispose nemmeno e mi sorvoló prendendo il mio posto.
Mi diressi verso la cucina e mi cimentai ai fornelli e dopo pochi minuti Nino mi raggiunse sistemandosi i capelli con le dita e  si accasció su una delle sedie accostate al tavolo in mogano. 
-Che odore nauseante, che diavolo stai facendo ribollire?- mi guardò schifato e io senza rispondergli tirai su con un mestolo il brodo maleodorante e lo versai in una tazza.
-Bevi!- gli ordinai porgendogli la tazza sul tavolo, proprio sotto il suo naso.
-Va te faire foutre! Quello schifo non lo bevo!- 
-Come ti pare, è una vecchia ricetta di famiglia per postumi di serate fuori di testa-
-Si, lo sento il vecchio della ricetta! - disse storcendo il naso.
Ne riempii altre due tazze ed una la posai sul tavolo -Dalla ad Alyà se sta male pure lei- 
-Sì signor Agreste! - 
Mi impietrii, sapeva che avevo un rapporto controverso con me stesso e il mio modo di comportarmi, dalla morte di mia madre mio padre era diventato gelido e io ero cresciuto da solo con lui per cinque anni e purtroppo la parte più glaciale di mio padre si era insinuata anche dentro me e mi odiavo per questo.
Mi ripresi in un brivido, presi la seconda tazza e la portai su nella camera di Marinette.
Lei era ancora lì come l'avevo lasciata, raggomitolata sotto le calde coperte invernali e il respiro leggero.
Non mi ero mai davvero soffermato su come era cresciuta in meno di un anno. Il suo fisico che inizialmente era magro e da bambina ora era rinvigorito e con un accenno di formose curve degne di una vera donna. 
Mi avvicinai e pensai per la seconda volta di baciarla e per la seconda volta mi sgridai mentalmente. Continuai a guardare quelle labbra per poi pensare alla guancia, un bacio casto, ma sempre troppo sfacciato. Una carezza lungo la guancia, perfetto per scosterle quella ciocca corvina che le scorreva lungo il volto.
Come un gatto si stiracchió lentamente prima di aprire gli occhi. 
-Buon giorno principessa- 
-Ma quale principessa? Credo che un cavallo mi abbia travolto -
-Una principessa rimane graziosa anche se travolta da un cavallo e tu non sei da meno. Ti ho preparato un vecchio rimedio per i postumi della scorsa notte, bevi tutto- 
Si sedette, stropicciandosi la faccia stanca, in maniera non proprio principesca, poi le porsi la tazza e senza nessuna opposizione bevve tutto d'un fiato.
-Non è buona, ma spero faccia bene. Ma quindi ieri sera la serata com'è finita? Io credo di essermi persa al terzo bicchiere- disse coprendosi ancora di più con le coperte notando di essere solo in biancheria.
-Nulla di che.. una veloce visita di mio padre, delle presentazioni barcollanti e tranquilla, se n'è andato subito prima che tu inizassi la tua corsa al bagno per rimettere tutta la cena e...-
-Mi hai aiutato tu a mettermi a letto?- 
-Da sola non ci saresti riuscita di sicuro-
Venimmo interrotti da Alya che entrò in stanza tutta pimpante.
-Buon giorno tortorine, passata bene la nottata accoccolati? -
-Alya, noi non...-Non finii la frase che Marinette divenne bordeaux e inizió ad agitarsi.
-...noi abbiamo?...cioè io e te...non ricordo...abbiamo dormito insieme! ?- mi guardò sgomentata e con il volto pieno di rossore.
-No! Cioè sì, ma non è successo nulla, tu ti sei addormentata e io sono rimasto a controllare che tu stessi bene. Nulla di inappropriato!- 
L'avevo messa a disagio, era tutta nascosta tra le coperte che cercava di non guardarmi negli occhi.
-Scendo giù, mentre voi vi preparate- ero contrito, avevo sbagliato con Marinette, l'avevo troppo a cuore e quel troppo mi avrebbe fatto male, d'altronde io per lei ero una figura autoritaria, nulla più.
Raccolsi il mio set da tabacco e uscii senza giacca incurante della neve.
A ogni boccata di fumo mi sembrava che i pensieri potessero essere condensati e cacciati via semplicemente espirando.
Ma a quanto pare non bastava fumare, i miei pensieri mi perseguitavano nella vita reale. Un'auto s'accostò davanti al vialetto e da essa ne scese un maggiordomo, inamidato da giacca a guanti senza la minima traccia di sentimento sul volto.
L'auto portava lo stemma Agreste e ciò voleva dire che il maggiordomo non portava notizie ben volute.
-Signorino Adrien, le porto un messaggio da suo padre.- li feci cenno di continuare -Signorino, lei, la signorina Marinette Moreau, Alyà Césaire e Nino Lahiffe site stati invitati alla festa che suo padre da ogni anno per festeggiare il capodanno. E mi ha pregato di aggiungere che sarà l'incontro perfetto per conoscere la signorina Moreau, se non altro questo tipo di feste sono talmente grandi e piene di gente da diventare intime e sono stato incaricato di portare io stesso la risposta a suo padre-
-Sempre paziente sulle scelte altrui- dissi ironico. Frustrato mi presi il setto nasale tra le dita, cercando di fare chiarezza tra i miei pensieri. 
-Digli che accetto. Può andare!- con le spalle al muro non potevo dare diversa risposta e senza aspettare che l'auto se ne fosse andata me ne tornai in casa. 
Nino era sdraiato sul divano a guardare il soffitto, il salotto era in disordine e la mia testa era lo stesso. 
Mi misi al piano e con la testa poggiata iniziai a suonare un motivetto di poche note che mia madre mi insegnò quando ero piccolo mettendo le sue mani sulle mie. 
-Adrien, non cambiare le note, seguimi. Un, deux, trois, quatre, cinq, six, sept, huit, neuf.- la voce dolce di mia madre, calda e confortevole mi risuonava in testa come una melodia.
-Adrien, tutto bene?...Adrien!- 
Mi risvegliai dai ricordi, Marinette era al mio fianco.
-Si si, tutto bene. - mi tirai su con la schiena 
-Mi sembravi un pó perso- 
-Tutto bene- le parole mi si fermarono in gola -spero di non averti messo troppo a disagio stamani-.
Il suo viso tornò a velarsi di cremisi -No no, affatto, solo...non me l'aspettavo, tutto qui- cercava di non incrociare il mio sguardo, mentiva. Mi sentii in colpa, era mia ospite e aveva diritto ai suoi spazi ed io ero stato troppo apprensivo. 
Mi schiarii la gola, così da cercare di sorvolare l'argomento.
-Siamo stati invitati a passare il capodanno da mio padre che come ogni anno da una sfarzosa festa con le persone più altolocate di Francia e dintorni-
Ci fu un attimo di silenzio, poi Ninò si alzò e ridendo mi diede una pacca sulla spalla.
-Buona fortuna- 
Gli diedi un occhiata di rimando -Guarda che sei stato invitato anche tu con Alyà- 
La risata gli si spense in gola e la casa piombò nel gelo.

Sfilammo sul lungo viale, ricco di luci e decorazioni, verso la sfavillante villa illuminata fino alla cantina.
Era una delle varie proprietà di mio padre, la più grande, situata poco fuori dalla città e dalla rovinata povera periferia come per farsi beffe della povertà altrui, anche se a vista di mio padre era uno sprono per la gente povera a mirare in alto e a conquistare la propria ricchezza come aveva fatto lui.
Marinette era seduta al mio fianco, presa a martoriare il suo fazzoletto contorcendolo da una parte all'altra. 
Le presi una mano - Tranquilla, andrai alla grande.- negli ultimi quattro giorni ci eravamo movimentati parecchio per la sua farsa e pregavano con tutte le forze che andasse bene.
Quando entrammo venimmo subito accolti da mio padre e qualche membro del personale, che ci tolse il soprabito. Marinette aveva messo il vestito che le avevo regalato a natale che le stava d'incanto, ma la cosa che mi stupiva davvero era il suo sguardo che era di un calore mozzafiato e quando ti guardava negli occhi emanava la promessa che non desiderava vedere nessun altro al mondo quanto te.
La festa era divisa tra: politici, imprenditori e grandi artisti che conversavano tra di loro fumando grandi sigari di marche pregiate accompagnati dalle loro mogli che spettegolavano sui mariti e i loro figli che pensavano solo a divertirsi ballando, ammiccando a dolci conquiste e crogiolandosi nei piaceri dell'alcol.
Io e Marinette decidemmo di iniziare la serata divertendoci, entrammo nella sala da ballo e attirammo parecchia attenzione. Sapevo di essere una preda ambita dalle fanciulle ma Marinette non era da meno con il suo dolce viso dai tratti orientali. 
Un fiore prezioso tra mille fiori di campo. 
Le mie lezioni di ballo erano servite, eravamo in perfetta sincronia sulle note di un allegro valzer, una piroetta di lei e il mio cuore fece un sobbalzo.
-Mi gira un pó la testa, andiamo a bere qualcosa-
Non facemmo in tempo ad arrivare al rinfresco che Chloè ci bloccó la strada, ovviamente seguita da Sabrina.
-Adrien, ma che piacere vederti qui!- disse prendendomi sottobraccio, incurante della presenza di Marinette 
-Già, infondo è solo casa di mio padre- 
-Su Sabrina vacci a prendere qualcosa di fresco da bere - era una dittatrice senza cuore, questo era poco ma sicuro.
-Scusami Chloè, ma ci stavamo già andando da soli io e Marinette- mi staccati piano da Chloè, non si sa mai, con gli animali rabbiosi bisogna fare parecchia cautela.
-Ah, Marinette, la tua amichetta. Si è già trovata una sistemazione? Sai, non è vista di buon occhio una ragazza come lei ospite da sola in casa con un ragazzo come te più grande, senza nemmeno un fidanzamento.-
-Come scusa?- chiesi allibito.
-Ma si, infondo tutti ormai ci spettegolano, un disonore per la fatica di tuo padre, "ospitare" una ragazza di dubbia provenienza e senza mai essere stata riconosciuta dal proprio padre. Poverina.- ormai avevo il sangue al cervello. 
-Adrien, non si tiene una ragazza da sola in casa, a meno che non ci sia una storia, ed è quello di cui tutti noi sospettiamo-.
Mi sentii osservato da tutti i presenti. Una presenza schiacciante. 
Ripresi lucidità a grandi respiri.
-Chloè, non è carino spettegolare alle spalle delle persone- divenne rossa di vergogna e rabbia -e per sfamare questi pettegolezzi ti posso confermare di persona che non c'è nulla tra me e Marinette, anche perché se ci fosse sai che sarei il tipo da chiedere subito la mano della persona amata.- mi girai per cercare Marinette ma lei a quanto pare era sparita tra la folla. Non potei andarla a cercare perché venni fermato da mio padre.
-Adrien, vedo che ti stai divertendo con Chloè e che la tua accompagnatrice vi ha lasciato finalmente soli.-
-Non direi che mi stavo divertendo.- Chloè alle mie spalle sbuffó, ma approfittó dell'occasione per riprendermi sotto braccio. Non avevo scampo ero un povero coniglio, paralizzato, puntato da due volpi fameliche. 
-Su Adrien,  non mi sembra carino. Se non ti dispiace Chloè ora vorrei parlare da solo con mio figlio.- Si lanciarono piccole occhiate d'intesa e la mia paura aumentò.
Seguii mio padre fino il suo ufficio.
Chiuse la porta, non avevo più vie di fuga, se non forse la bottiglia di wisky che sapevo stare nel mobile vicino la scrivania.
Con nonchalance lo tirai fuori dal mobile, insieme a due bicchieri, se non altro quella era anche casa mia. 
Ne riempii solo uno, il mio, non credevo che mio padre avesse voglia di bere, ma per educazione glielo proposi.
Mi sedetti su una magnifica poltrona da salotto e dissi -Quindi, cos'hai di così privato da dirmi? Sai, ho un accompagnatrice da cui tornare-  Dovevo essere stoico, se avessi mostrato anche un solo granello di  emozione mi avrebbe avuto in pugno, qualunque cosa mi volesse dire. 
-Già, la graziosa Marinette, davvero bellissima. -
-Se ci parlassi vedresti che è anche molto simpatica e intelligente -
-Dopo molto volentieri, devo ammettere che ne sono parecchio incuriosito. Comunque, tornando a noi, cosa ne pensi di Chloè Burgeois? - 
Inspirai, esasperato al solo pensiero di quella ragazza.-emm.. come dire, è una fanciulla carina, ma assai appiccicosa e ha una lingua avvelenata, ogni volta che deve aprire bocca lo fa per dire cattiverie velate. ... ma perché questa domanda?-
-Vedrai che crescendo al fianco della persona giusta diventerà più mansueta.-
-Povero santo quello che se la sposa- bevvi il un lungo sorso di whisky.
-Su, non esagerare. Sono certo che ci vorrà tanta pazienza con lei ma credo  che le cose andranno meglio dopo  all'annuncio del fidanzamento.-
-Beh, congratulazioni, chi è il fortunato tributo?-
Mio padre mi tolse la bottiglia con cui stavo di nuovo riempiendo il bicchiere. 
-Tu-
Ci fu un minuto di silenzio, avevo capito bene  o avevo bevuto troppo? Meglio bere ancora un pó,  ripresi la bottiglia e riempii fino all'orlo il bicchiere per poi bere tutto d'un fiato.
-Come hai detto scusa!? No, sai com'è, credo di aver capito male- piano piano la mia voce si era alzata e cercai subito di ricompormi.
-Lasciami spiegare, è un matrimonio di convenienza e sei fortunato che Chloè straveda per te. Con il vostro matrimonio Chloè sarà felice e tu, grazie a suo padre e alla sua posizione politica, avresti un occhio di riguardo nella società.-
-Ma papà,  non capisci? Le classi sociali stanno sparendo e già per la nostra ricchezza abbiamo un occhio di riguardo. E poi scusa, ma Chloè mi sembra troppo giovane per un matrimonio.-
-Sciocchezze! La differenza di età si sentirà di meno tra qualche anno e così voi avrete il tempo di conoscervi meglio-
-Mi ascolti!? Non ci serve a nulla questo matrimonio! Siamo ricchissimi e poi...- 
-Ormai è tutto deciso!-
-...Come scusa? Con quale permesso? Senza chiedermi nulla? -
-So io cos'è meglio per noi!- 
-Per te vorrai dire!- feci per uscire 
-Un ultima cosa, Marinette dovrà andarsene da casa tua appena annunciato il fidanzamento, non è vista bene una cosa simile.-
-Decido io cosa fare e Marinette non se ne andrà!- uscii dalla stanza e mi mescolati tra i festeggiamenti alla ricerca di una fuga.
Un groppo in gola, non dovevo piangere.
I miei piedi mi portarono in giardino, ogni passo era uno scricchiolio sulla neve. Mi fermaii ad osservare i piccoli fiocchi di neve cadere e sciogliersi al contatto del mio palmo, era tutto così rilassante. Le voci inquiete della festa erano ovattate e la calma della neve mi circondava
Mi sentii chiamare, era Marinette e aveva in mano i nostri cappotti. 
-Ti ho visto uscire e ho pensato che con questo freddo il cappotto potesse servirti.-
L'abbracciai, come se fosse l'unica cosa che potesse tenermi coi piedi saldi sulla terra.
Qualche minuto più tardi tornammo alla festa che passò velocemente, soprattutto dopo il ritardo di Ninò e Alyà. 
Mio padre si avvicinò a me e Marinette durante la festa ed ogni passo che faceva diventavo sempre più teso. Il nostro discorso nello studiolo mi rimbombava in testa, ma appena vidi un sorriso solcargli la faccia durante un leggero scambio di battute con Marinette pensai.. "Cambierà idea".

Eh sì gente! Dopo tanto tempo "atteso" sono tornata con un nuovo e succulente capitolo...credo che ormai vi siate rotti le palle di stare a leggere la FF di una che posta ogni morte di Papa.
Lo so, me lo dicono in molti, faccio schifo.
Grazie di aver letto un altro mio merdoso capitolo(anche se credo che nella vita non  potrei mai scrivere niente di meglio, il che è un disastro) e ringraziamo la nostra cara Gaia che dietro le quinte rilegge i miei scritti prima di pubblicarli, sennò sarebbero davvero illeggibili perchè sembrano scritti da un cercopiteco senza mani.
Credo di essermi smerdata abbastanza per oggi. 
Ciao.

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Capitolo 9
*** cap 9 ***


"Adrien! Adrien! Dove sei?"

Ero a pochi metri da lei,non volevo farmi trovare da nessuno, ma forse solo lei poteva davvero trovarmi e stanarmi. Se mi avesse trovato non mi avrebbe dato davvero fastidio, avevo voglia di sentire il suo caldo abbraccio, il suo profumo rassicurante e la sua morbida voce.

"Eccoti quì" Mi aveva trovato. "Cosa ci fai qui sotto?" Non risposi, non volevo,avevo un nodo alla gola, un ansia profonda o un capriccio infantile."Non vieni a ballare con me? Mi serve un bel principe che mi faccia da cavaliere" Iniziai a singhiozzare, non so nemmeno io il perchè. Avevo gli occhi annebbiati da grossi lacrimoni. Cosa mi tormentava? Non lo ricordo, eppure ricordo lei che si era accucciata con me sotto il tavolo della sala da pranzo, ignorando gli invitatinell'altra sala, e mi cullava. I suoi capelli biondi mi solleticavano il viso.

Poco dopo quel il nodo che avevo in gola iniziò a sciogliersi.

I suoi occhi, che erano come i miei, mi guardavano con amore profondo e compassione, come se avessero sofferto anche loro lo stesso dolore che provavo io.

 

La percezione del dolore cambia a seconda delle esperienze vissute. Ricordo quel dolore provato come se fosse stato il peggiore di tutta la mia vita, ma in effetti cosa ne sa un bambino di 5 anni di dolore? Eppure, anche sequel dolore poteva essere senza senso per un adulto , per lei non lo era, ogni mio dolore lo viveva come suo, se non altro ero parte di lei, ero frutto del suo grembo. L'amavo, e mi era stata portata via pochi anni dopo.

Mia madre era affascinante, e il suo fascino era indelebile nelle memorie altrui.Mio padre era stato così ossessionato da quella bellezza da averla cresa la sua musa.

 

Il bicchiere nella mia mano era troppo leggero, avevo finito tutto il whisky.

Ne versai dell'altro.

La mia testa era una confusione unica. Dovevo rallentare i pensieri, non riuscivo più a stargli dietro, troppo veloci, confusi e mescolati l'uno con l'altro.

Il bicchiere era tornato leggero. Però mi fermai.

Mi sentii chiamare.

Marinette si avvicinava, a passo di danza attraversando la pista da ballo, Che visione affascinante.

"Adrien, smettila di cercare il fondo del bicchiere e vieni a ballare"

"Marinette!" la rimproverai "le buone maniere, per favore"

"Tu rimproveri me?" mi squadrò con tono accusatorio, non sembrava la solita Marinette, era ferma, decisa. "Sei tu che mi hai abbandonato con tuo padre. Grazie al cielo poi è arrivato il signor Bourgeois a prendere il mio posto nella conversazione"

Quel nome mi riportò alla realtà. "Mio padre e il padre di Chloè stanno parlando ora?"chiesi allarmato. Non la lasciai rispondere, mi alzai e li cercai con lo sguardo, ma non li vidi. Purtroppo incrociai lo sguardo con quello di Chloè che effervescente mi saltellò incontro facendosi spazio tra la gente, ignorandoli completamente. Appena notò Marinette che era al mio fianco il suo sorriso prese una strana piega, era inquietante, era un sorriso soddisfatto, superiore, sadico.Terrificante. Evitando i convenvoli presi per mano Marinette e fuggii con lei, e mi girai solo per vedere quel sorriso raccapricciante spegnersi sulla faccia di Cholè.

La portai sulla pista da ballo. Così circondati da gente, troppo presa dal proprio partner e dal non farsi calpestare i piedi, eravamo in totale intimità. La strinsi a me, come se al mondo non esistesse la gravità e lei fosse l'unica cosa che poteva tenermi coi piedi saldi per terra.

Il mio cervello si calmò e iniziai a pensare lucidamente, forse prima avevo bevuto troppo e ora stavo riprendendo lucidità.

"Adrien, che cos'hai?"Mi guardava negli occhi, e io mi sentii annegare in quel mare. Sentii quel nodo alla gola, una sofferenza inconcreta, come un bambino di 5 anni e il suo capriccio.

Come potevo dirgli la verità? Come potevo io sfuggire da quella realtà?

Avevo vent'anni eppure mi sentivo costretto a seguire la strada data da mio padre.

"Nulla di cui preoccuparsi Marinette, mio padre non ha ancora capito che non sono più sotto il suo potere"

"E' successo qualcosa per cui dovrei preoccuparmi?"

"No, ho tutto sotto controllo"

"Me ne dovrò andare?"

Mi girava la testa, ci fermammo in mezzo la sala da ballo, dando non poco fastidio alle altre coppie.

Camminammo fuori dalla sala. Abbastanza lontani da tutti, ripresi il contatto visivo diretto con lei, e i suoi occhi fatti di oceano puro stavano straripando dai suoi deboli argini.

"Marinette, non te ne dovrai andare. Tranquilla. Non voglio che tu te ne vada, voglio che tu possa restare sempre con me" a quelle parole lei arrossì e iniziò a balbettare frasi senza senso. Eccola lì, la mia Marinette. Non riuscii a non ridere. Poi ripresi le mie parole mentalmente e mi resi conto di quello che avevo detto e iniziai ad incespicare con le parole pure io. Le uniche parole di senso compiuto che riuscii a mettere in fila furono " Credo di essere ancora sbronzo" e lì il nostro buffo balbettio si fermò e si fece serio.

"Già, lo credo pure io"disse lei cercando di colmare il silenzio teso e imbarazzante che avevo creato.

"Si, emm...infatti, non volevo dire..." mi fermai, inspirai e mi ricomposi "Mi sono spiegato male, scusa Marinette. Sei una persona a me carissima e un'amica fantastica e condividere la mia casa con te mi fa solo piacere"

Mi sorrise, ma aveva un non so chè di spento nei suoi occhi.

"Ti porto a fare un giro per la casa " dissi cercando di sviare il discorso, così dicendo la presi per mano e la portai via con me, su per le scale.

 

Le parlai della mia famiglia, della crescita di mio padre come stilista e così raccontando la portai nel suo laboratorio, uno spazio enorme dalle vetrate ampie, che mostravano in ogni piccolo dettaglio il giardino e il cielo stellato, e pieno di tessuti e manichini. Marinette ne era affascinata, si avvicinava alle creazioni e le contemplava. Faceva per avvicinarsi con una mano a toccarle, ma a pochi centimetri dai tessuti e le cuciture si fermava,e tracciava con essa una piccole danze nell'aria.

Cercai di capire cosa trovava di affascinante il quei manichini mezzi vestiti, ma con lei affianco non riuscivo proprio.

Continuando quello strano balletto, in cui lei si faceva largo tra i manichini e le stoffe  apprese, trovò un enorme scrivania, la scrivania di mio padre.

C'era una cornice sul tavolo, in bella vista, sempre a disposizione di colui che si prestava a lavorare, Marinette la contemplò, io sapevo già cosa ritraeva.

Lo sguardo di Marinette iniziò a passare dalla foto a me, squadrandomi, incredula. "Siete uguali" disse lei sussurrando, come se quella somiglianza fosse un qualcosa di mistico.

"Ha i tuoi occhi, cioè,tu hai i suoi occhi, e anche capelli e il sorriso e...e....è..."trattenne il fiato "E' bellissima" fini io per lei. "Sì sì,lo siete, cioè, lo sei. No! Si!, lei no, Cioè lei, si" iniziò ad incespicare talmente tanto con le parole che non potei fare altro se non scoppiare in una fragorosa risata.

"Allora sai ridere ogni tanto" disse una voce alla porta.

"Sei arrivato finalmente!" dissi rimproverando Ninò.

"Sempre elegantemente in ritardo caro mio. E voi invece? Siete scappati dalla festa per imboscarvi?"

Marinette iniziò, come suo solito un arringa difensiva senza capo ne coda, composta da frasi sconclusionate.

"Calma Marinette, stavo solo scherzando" la fermò Ninò

In quel momento entrò anche Alyà nella stanza, aveva la faccia scura, mortificata.

"Possiamo andarcene?"

"Alyà cos'è successo?"Le si avvicinò Marientte abbracciandola.

"Chloé mi ha preso di mira mentre prendevo qualcosa al buffet. Non me la sento di parlarne,voglio solo tornare a casa" disse singhiozzando.

Marinette lasciò il posto alle braccia di Nino e lei si fiondò a seguirmi giù dalle scale.Non ci vedevo più dalla rabbia. Quella era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ero talmente adirato che ricordo a malapena ciò che successe appena  trovai Cholè, circondata dalle sue amiche,vicino la sala da ballo.

Ricordo il suo sguardo che da superiore, mentre chiacchierava con le amiche, che si accigliò appena la strattonai per un braccio, fino a riempirsi di puro terrore quando alzai la voce e le iniziai a stritolare le braccia per non farla andare via.

Un flusso di pensieri mi uscì dalla bocca, tutto quello che pensavo su di lei, quanto mi disgustasse il suo comportamento inaccettabile e quanto mi ripelleva l'idea di un matrimonio combinato con lei.

Mi fermò di forza Ninò, che a sentirmi imprecare contro Cholè si scapicollò giù dalle scale.

Quando vidi lo sguardo di Marinette mi risvegliai. Mi vergognai. Lei era terrorizzata, con le braccia al petto, come per proteggersi da un momento all'altro. Non staccava gli occhi spaventati dai miei, i miei erano carichi di ira e i suoi di lacrime.

Mi divincolai dalle braccia di Ninò, che però non sembrava sicuro di voler mollare la presa.

Tutta la gente era rivolta verso di noi ad osservare la scena. Chloè fu accolta dalle sue amiche e i nostri genitori si misero tra di noi.

Lo sguardo di mio padre era terrificante, ma gli tenni testa.

"Adrien, fa subito le tue scuse "

Non dissi una parola e rimasi fermo sul suo sguardo, nella speranza che vacillasse.

"Adrien! Fa subito le tue scuse a Chloè, a suo padre e a tutti gli ospiti" Alzò leggermente i toni. Vacillai con lo sguardo nel vedere tutti gli sguardi puntati addosso. Marinette era ancora lì, tesa, ma meno impaurita.

Tornai con lo sguardo su quello di mio padre.

"Non è così che ti ho educato"

Marinette fece un passo titubante in avanti. La fermai con un semplice gesto della mano.

"Non sono io che dovrei fare le mio scuse, non pensi? Tutte quelle cose che ho detto le penso davvero. E Chloè non è l'unica colpevole di questa situazione."

Poi con gesto teatrale mi guardai intorno "Mi scuso con tutti i presenti per la scenata di poco fa. Buona serata"

Presi per mano Marinette,diedi una pacca di intesa sulla spalla di Ninò, raggiungemmo Alyà e ce ne andammo.

Prendemmo due auto separate, entrambe dirette a casa mia, lontane da quella prigione di luci e convenevoli.

Il silenzio che ci accompagnò fino a casa era tombale. L'auto di Ninò si fermò subito dopo dietro la nostra, ma non scesi subito.

"Marinette, mi spiace per quello che hai visto"

Lei era pensierosa eppure rispose con un semplice "Non ti preoccupare, io sto bene. Tu invece?"

La dolce Marinette, che con un sorriso e parole confortevoli metteva sempre davanti gli altri a se stessa.

Non feci in tempo a rispondere che un esaltato Ninò mi aprì la portiera.

"Non ci posso credere che hai risposto così a tuo padre. Finalmente! Era ora che tu dessi una svolta simile alla tua vita! Ci avevi provato con le buone e non ci era arrivato quel palo in cul..." "NINO'!" Lo ammonì Alyà. Lo guardammo tutti sotto shock e scoppiammo in una fragorosa risata.

Entrammo in casa e festeggiammo per conto nostro, tra alcolici, scherzi e balli scalzi.

Dopo qualche ora Marinettesi addormentò su una poltrona e Ninò sul divano. Presi in braccio Marinette che profondamente addormentata non fece storie e la posai sul letto.

Mi raggiunse Alyà sull'uscio della camera

"ci puoi pesare tu a metterle il pigiama?"

"Certo"

Mentre Alyà pensava a Marinette io uscii in giardino.

Tra una boccata d'aria e una di tabacco i pensieri mi affollavano. La carica di adrenalina della lite era ormai scemata e si faceva largo l'ansia per ciò che avevo fatto. Rispondere così a mio padre non era decisamente nei miei piani di bravo figlio. Eppure altre frasi, più articolate,meglio formulate e dal significato più forte presero possesso dei miei pensieri.

Però non gli diedi tanta attenzione. La storia non è fatta né dai sé nei da ma.

"Cosa ti turba ?"chiese Alyà alle mi spalle.

"Niente, stavo ripensando a ciò che è successo. Che giornata"

"Sei preoccupato?"

"Sempre, come non potrei? Ho paura della risposta di mio padre. Ora come ora vorrei solo andarmene via."

"Fallo" Guardai Alyà negli occhi, aveva un espressione serissima e io non riuscii a fare altro se non aprire la bocca per dire qualcosa, ma rimasi muto.

 

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