ti osservo, ti percepisco

di EvilHel24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro. ***
Capitolo 2: *** le cicatrici ***
Capitolo 3: *** Il suo profumo. ***
Capitolo 4: *** Ti percepisco. ***
Capitolo 5: *** Non andartene. ***



Capitolo 1
*** L'incontro. ***


Boston,
l’aria è fredda in questa notte piena di stelle.
Sento il freddo sulla mia pelle mentre cammino per strada rientrando a casa. I rividi lungo la schiena mi fanno capire che è meglio indossare la giacca che ho poggiato sul braccio destro. Indosso la giacca mentre guardo in basso e inizio a pensare a quanto la mia vita sia cambiata negli ultimi anni…
 
Boston,
l’aria è fredda e i miei capelli sembrano come onde scure mossi dal vento su un cielo color rosso fuoco. Scesa dalla mia macchina mi dirigo con passo sicuro verso l’ingresso di una bellissima casa adornata in questo caso da nastri segnalatori del dipartimento di polizia di Boston. Mi avvicino all’ufficiale che si trova davanti la segnaletica e mi identifico.
“Salve Detective Jane Rizzoli, omicidi, Victor 825” dico spostando i capelli che mi ricadono sul viso. L’ufficiale segna sul foglio ciò che ho appena detto e mi lascia entrare sorridendomi.
In circostanze come queste un sorriso ha un non so che di confortante. Gli sorrido e passo oltre vedendo il mio nuovo collega vomitare tutta la cena nel grande giardino del proprietario della super casa che è stata segnata da una catastrofe.
Mi avvicino e gli chiedo se va tutto bene. “C-certo Jane, grazie” mi dice mentre gli poggio una mano sulla spalla e gli sorrido.
F: “Allora Frost, entriamo?”
J: “ Certo, ti mostro cosa abbiamo”
Ci incamminiamo verso l’entrata e sento un dolore lancinante alle mani così inizio a sfregarle cercando di non far notare questa cosa. Il dolore delle ferite che l’anno scorso mi sono state inferte continua a tornare di tanto in tanto. A volte ho proprio la sensazione del freddo acciaio che mi trapassa le mani e una miriade di brividi percorre la mia schiena. A distanza di un anno le sensazioni sono ancora devastanti, per non parlare di quanto le mie notti siano tormentate.
Entriamo e mentre indosso copri scarpe e guanti una figura mi si avvicina. Alzo il viso e mi trovo davanti Korsak che era in ferie. Lo guardo in modo strano così gli chiedo “che ci fai qui Vince? Non eri in ferie?”
K: “Le ho accorciate”.
J: “è così brutto” dico riferendomi all’omicidio.
K: “Vieni a vedere tu stessa” mi dice facendo pochi passi verso il salotto.
Lo seguo spostandomi i capelli e la prima cosa che vedo è una donna bellissima china sul corpo esanime. penso mentre continuo a far scorrere lo sguardo sul suo corpo. Oh non il cadavere. L’ho sempre vista in tv mentre si presentava in tribunale. Impassibile. Elegante e bella. In tribunale la temevano tutti. In nessun modo gli avvocati potevano, con i loro giri di parole, far passare le sue parole dalla parte sbagliate. Sono sempre rimasta affascinata da questa donna.
< Ragiona Rizzoli,  non sbavare. È una scena del crimine>. Ed ecco a voi la mia coscienza ragazzi.
penso mentre mi avvicino al divano.
K: “Lei è la dottoressa Maura Isles, medico legale capo del Commonwealth del Massachusetts” dice mentre la donna bionda appena presentata alza lo sguardo nella mia direzione. I suoi occhi verdi sono un colpo al cuore.
penso mentre cerco di domare i miei capelli ricci ribelli.
J: “piacere Jane Rizzoli, omicidi” riesco a dire mentre la osservo sorridermi.
È decisamente molto più bella dal vivo. Korsak nota il mio imbarazzo e con la coda dell’occhio lo vedo ridacchiare.
M: “piacere mio”
K: “la vittima è il dottor Yeager, un uomo benestante, la moglie è scomparsa”
M: “ un taglio netto ha reciso la carotide, l’assassino è una persona precisa”
Notando il taglio mi sfrego le mani e il viso di Korsak si incupisce e punta gli occhi sulle sue scarpe.
Korsak è il miglior compagno che si possa avere, è la spalla su cui posso contare sempre, anche se il nostro rapporto è mutato in questo anno.
Abbasso anche io lo sguardo notando però qualcosa…
Mi abbasso e dico “una tazza da thè” e guardo Korsak che con sguardo serio mi dice che l’uomo in questione è ancora in carcere quindi non può essere lui.
Inizia a mancarmi l’aria qui dentro così mi alzo di corsa e mi dirigo fuori. C’è troppa gente tra agenti e giornalisti. Mi dirigo sul retro della casa con la scusa di trovare indizi. Sul retro, la casa è ancora più bella. Un giardino con una mega piscina. Mi siedo sul bordo e cerco di respirare. Poggio i gomiti sulle ginocchia e le mani sul viso che poi scivolano tra i capelli. Guardo l’acqua muoversi leggermente manovrata dal vento. Sento un’ ondata di profumo femminile e forte entrarmi nelle narici. Mi volto e allora noto una figura poggiata sull’angolo della casa.
M: “Detective… scusi non volevo disturbarla”
J: “Non si preoccupi…” dico voltandomi di nuovo verso la piscina.
M: “Volevo informarla che la scientifica tra poco sarà pronta a portare via il corpo”
J: “Perfetto, la ringrazio”.
Ci furono parecchi minuti di silenzio mentre il mio respiro si regolarizzava e riuscivo finalmente a respirare. 
J: “Come mai è qui?” le chiedo mentre mi alzo e mi dirigo verso di lei.
M: “Una donna forte come te non dovrebbe scappare via in quel modo” dice con aria seria e guardandomi negli occhi.
Quella sua frase, arrivata alle mie orecchie, fece in modo di bloccare la mia camminata verso di lei.
J: “C-cosa?
M: “Nulla di importante… Mi metto al lavoro stanotte stessa se vuole può assistermi. So che è importante per lei avere i risultati prima possibile e avrei bisogno di una mano dato che prima delle 8 di domattina nessuno dei miei assistenti sarà reperibile.”
Ascolto il suo discorso e la guardo sorridermi. Rimango a guardarla mentre lei si aspetta una risposta. Sono come ipnotizzata. Lei si sta allontanando da me per dirigersi verso la parte anteriore della casa.
J: “Aspetta!” dico afferrandola per un braccio. Lei si volta verso di me leggermente irritata per la presenza della mia mano sul suo braccio. Stacco la mia mano dal suo braccio e abbasso lo sguardo.
M: “Dimmi” la sua voce è tranquilla così alzo gli occhi su di lei.
J: “Perché sei così con me? Nemmeno mi conosci”


Mi sorride e si avvicina a me, forse troppo. Riesco a sentire il suo profumo nelle narici. Riesco persino a percepire la morbidezza dei suoi capelli che mi sfiorano il viso.
M: “Perché sei più forte di quanto pensi” mi sussurra all’orecchio mentre si allontana continuando a dirmi “Ho seguito il caso di Hoyt anche se non ero il medico legale assegnata a quel caso” mi sorride e si volta dirigendosi verso la sua macchina.
Continuo a fissarla sbalordita mentre lei interrompe i miei pensieri dicendo “Jane?”.
J: “Si?” riesco a dire senza sembrare una completa idiota in balia del suo profumo.
M: “Seguo te e il tuo lavoro come detective da prima del caso” dice rimanendo sempre girata di spalle. Si volta leggermente e vedo che sorride. “Ti aspetto in obitorio tra una mezz’ora” dice per poi entrare in macchina con eleganza e sfrecciare nel viale.
Rimango li ferma a guardare la strada non so per quanto tempo fino a quando Vince Korsak si avvicina a me con fare compiaciuto.
K: “la regina dei morti ha fatto breccia nel cuore della detective più dura e testarda del dipartimento eh?” dice dandomi delle gomitate.
J: “dai Vince” dico tirandoli un leggero schiaffo sul braccio e scoppio a ridere.
K: “mi ha chiesto di te quando sei uscita, sai?”
J: “davvero?” dico tornando subito seria “e cosa ti ha chiesto?” dico di corsa.
Questa volta è Vince a ridere mentre Frost si avvicina a noi chiedendoci cosa ci fosse da ridere.
K: “Vedrai Frost, vedrai” dice prima di andarsene lasciandomi con i miei dubbi.
Decisa entro in macchina salutando Frost e sfreccio verso casa per preparare del caffè per la notte prima di raggiungere la dottoressa.
Mentre mi preparo il caffè e la scorta per la nottata in obitorio penso a quello successo questa sera con la splendida donna che ha deciso di donare il suo cervello e la sua intera vita a dare una voce a chi ormai non può più parlare. Perché quelle sensazioni? Quelle emozioni? Perché lei si comporta così con me? Non la conosco se non per la sua carriera e lei neanche conosce me.
Finisco di sistemare il caffè, entro in macchina e mi dirigo verso l’obitorio del tutto intenzionata a scoprire due grandi misteri stasera. Primo chi è quel folle che sta replicando il Chirurgo. Secondo, il mistero che ricopre la donna regina dei morti.

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Capitolo 2
*** le cicatrici ***


Parcheggio davanti al grande edificio e prima di scendere faccio un lungo respiro. So che magari sarà stata la mia folle immaginazione a percepire cose strane. Cerco di riacquistare il contegno che contraddistingue i detective e una volta montata su la mia armatura e la mia maschera, che permette di proteggere ciò che sono da ferite troppo profonde, scendo dall’auto. Mentre cammino verso l’edificio mi rendo conto che ormai non posso più fare a meno di indossarla, la mia maschera “dell’ironia”, in quanto è l’unica cosa che non permette alla vera me di uscire e di essere ferita. Mi fermo prima di entrare e mi giro a guardare il cielo completamente buio. Qualche anno fa il buio era confortante per me, era quel qualcosa che non riesci a spiegare. Quante volte d’estate sul balcone della mia camera mi sedevo a terra, spalle al muro, con la mia birra a guardare il cielo. Mi rilassava. Adesso invece assomiglia ad un uomo in nero che sfodera la sua arma per puntarla contro di me. Tutto il suo odio, tutta la sua rabbia. Il suo bisturi… I miei occhi scendono in picchiata sule mie mani tremanti e ferite. Quelle ferite sono rimarginate da mesi ormai… quelle cicatrici che rimangono lì a ricordarmi che solo io posso fare qualcosa affinché il buio torni ad essere il mio posto nel mondo. Decisa, e dopo aver fatto l’ennesimo respiro, entro nel palazzo. I poliziotti in servizio mi riconoscono tutti e salutandoli mi dirigo verso l’ascensore. Premendo il pulsante per scendere in obitorio spero con tutta me stessa che la mia maschera regga a ciò che accadrà questa notte. Arrivo davanti all’ufficio del medico legale e busso. M: “Entri pure, detective” sento dire da una voce magnetica nel sacro silenzio di quel luogo. Mentre entro nel suo ufficio la vedo infilarsi di fretta il camice, sistemarlo e spostare a sua volta i capelli rimasti incastrati sotto il colletto del camice. Quella scena mi ha come catturata e non riuscivo neanche più a parlare. Dannazione! Una semplice mossa, un semplice gesto e la mia maschera accenna ad andare in frantumi. Respira Jane! J: “le ho portato il caffè” le dico abbassando lo sguardo. Ma che diavolo mi esce dalla bocca. M: “Grazie davvero, ne avevo proprio bisogno”. Dice avvicinandosi a me. Le porgo il bicchiere con il caffè e le sorrido. J: “ha avuto modo di iniziare l’autopsia?” le chiedo nervosa. M: “no aspettavo lei, a dire il vero” dice mentre si avvicina alla scrivania. Sono nervosa e non posso continuare così. La tensione si percepisce. J: “Dottoressa Isles?” le dico mentre a poco a poco faccio dei passi verso di lei. M: “Mi dica detective” chiede mentre beve un sorso di caffè. Indecisa su cosa dire o fare, continuo ad avvicinarmi a lei fino a che non riesco a sentire il suo profumo, che in un ambiente come questo, con la totale sterilità di ogni singolo oggetto presente, stranamente risalta ancora di più. Le mie narici si dilatano e i miei polmoni respirano profondamente. Guardo la donna davanti a me e sorridendo le dico “Iniziamo allora”. Ricambia il mio sorriso e mentre si gira per poggiare il caffè mi dice qualcosa che mi lascia un po’ interdetta. M: “So che magari si starà chiedendo come mai abbia reagito in quel modo sulla scena del delitto, è strano ma la sua carriera e la sua forza mi hanno sempre colpito.” Si gira verso di me, facendo un passo e trovandosi davvero vicino a me, e continua a parlare “la sua storia mi ha colpito a tal punto che ho deciso di lavorare qui a boston, volevo conoscere la poliziotta che, con la sua forza, ha catturato l’attenzione della donna di ghiaccio che sono”. Abbasso lo sguardo e non capisco perché sono così imbarazzata. “ Si fidi dottoressa lei non mi conosce affatto” dico puntando i miei occhi su di lei. “la poliziotta che lei stima non sono io” dico sicura di me. La dottoressa sorridendomi alza il sopracciglio destro. “Non ne sarei cosi convinta” dice fissandomi negli occhi. Rimango sorpresa. “andiamo abbiamo un’autopsia da fare” continua mentre si dirige verso una porta alla sinistra della sua scrivania. Dopo due ore di autopsia e diversi sguardi da parte di entrambe, rientriamo nel suo ufficio. M: “Le manderò i risultati delle analisi domani mattina. Mi metterò a lavoro subito lei vada a dormire” J: “Non credo di riuscire a dormire in questo momento” dico strofinandomi lei mani, nervosa. La dottoressa si avvicina a me con calma e in silenzio. M: “ So che è una domanda personale ma…” fa una pausa mentre il mio sguardo finisce sui suoi occhi. “mi farebbe vedere le sue mani?” chiede titubante. Le mie mani si muovo ancor prima che io possa anche solo pensare di risponderle in modo poco educato. M: “le fanno male?” dice mentre posiziona le sue mani sotto le mie senza sfiorarle ne toccarle. J: “Solo quando cambia il tempo o mangio troppe schifezze” dico ironizzando mentre lei guarda le mie mani con… tristezza negli occhi. M: “Odio davvero le cicatrici, odio il ricordo che rappresentano” dice sfiorando le mie mani con le sue. Il mio battito aumenta e il suo profumo continua a destabilizzarmi. Il contatto con le sue mani si fa sempre più concreto fino a quando le mie mani sono poggiate sulle sue. I miei occhi cercano i suoi e nel preciso momento in cui si incontrano lei dice “lei ha qualcosa di raro”. Rimango in silenzio e penso che una donna del genere non può assolutamente essere attratta da una come me. J: “Sono soltanto una donna determinata a catturare questo dannato assassino” dico mentre mi giro verso la grande vetrata che da sul tavolo operatorio. M: “è una donna bellissima” dice osservandomi. Le nostre mani sono ancora le una sopra le altre. J: “Grazie” dico imbarazzata “Anche lei è bellissima”. L’imbarazzo che si percepisce nell’aria è solo proveniente da me, la dottoressa in tutta tranquillità mi sorride. È normale lei sarà abituata ai complimenti di uomini galanti e perfetti. J: “Credo sia meglio che vada” dico mentre ritiro le mie mani da sopra le sue. La mancanza di quel contatto la leggo negli occhi della dottoressa. Allora è il momento. “penso che sarei di più a mio agio se evitasse di darmi del lei” dico facendole l’occhiolino. Sorridendomi dice “D’accordo Jane, va a dormire tranquilla, domattina avrai tutto. Solo se mi chiami Maura”. J: “D’accordo Maura, io vado ma ti lascio il mio numero e per qualsiasi cosa anche la più piccola particella che ci porti a qualcosa devi chiamarmi” le dico avvicinando il mio biglietto da visita. M: “Va benissimo Jane, ora però devi riposare” J: “ti preoccupi per me? Ci conosciamo appena e ti preoccupi” dico M: “mi preoccupo si, ti conosco appena si, penso che tu sia attraente, si” dice guardandomi negli occhi “allora?” continua. J: “Allora ci vediamo domani, dottoressa” dico avvicinandomi e lasciandole un semplice bacio sulla guancia. E spostando lo sguardo su di lei noto compiaciuta che non mi ha mentito. Mi incammino verso la porta per uscire quando sento dei tacchi camminare verso di me. “Jane?” sento dire. “Si?” le dico girandomi. Passano un bel po’ di secondi di silenzio e la vedo torturarsi le mani. M: “Buonanotte” mi dice guardandomi negli occhi. I suoi stanotte risplendono. “Buonanotte, Maur” dico per poi andarmene. Esco dall’edificio completamente in trans e una volta entrata in auto il mio telefono vibra. Lo prendo al volo mentre le chiavi della macchina mi sfuggono e finiscono a terra. Mentre mi chino a raccoglierle leggo il messaggio. Cosa? E’ davvero una persona carina a comportarsi così nei miei confronti. È assurdo il fatto che sia soprannominata la regina dei morti. È intrigante, bella e sincera. Non riesco a capirla e questa cosa stuzzica il mio istinto da detective. Il cellulare mi squilla di nuovo. . Oh maura. Fidati che la tua compagnia farebbe del bene a tutti ma so che se mi lascio andare con te finirò con il ferirmi. . Invio il messaggio e mi dirigo verso casa. Entro in casa e lanciando i vestiti a caso, mi dirigo verso la mia camera buttandomi sul letto e crollando per la stanchezza. Mi sveglio qualche ora dopo sudata e in tachicardia. Sono le 4 del mattino. Dannazione! Questi dannati incubi! Prendo il telefono e noto il messaggio di risposta di Maura al mio ultimo messaggio. . Sorrido e decido di uscire a correre. Mi rilassa troppo correre così inizio a correre senza meta. Il vento freddo mi colpisce le guance fino a quando non mi fermo per riprendere fiato e voltandomi noto una grande casa con una grande terrazza, dove una donna nel buio della notte sorseggiava caffè. Mi avvicino a quella casa e noto sempre più particolari. Cavolo è Maura… Quando lei mi nota scende i pochi gradini della sua abitazione e guardandomi dice “Che ci fai qui?” J: “Non lo so” dico mentre lei continua ad avvicinarsi a me. Una di fronte all’altra, io con il fiatone e lei con il suo caffè in mano, sempre perfettamente in tiro, con un’eleganza da far paura alle 5 del mattino. Nessuna parola, solo i nostri occhi incatenati.

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Capitolo 3
*** Il suo profumo. ***


Una di fronte all’altra, io con il fiatone e lei con il suo caffè in mano, sempre perfettamente in tiro, con un’eleganza da far paura alle 5 del mattino. Nessuna parola, solo i nostri occhi incatenati. I colori dell’alba si proiettano sul volto della donna di fronte a me. Imprimo ogni singolo lineamento del suo viso, ogni singola sfumatura, il colore dei suoi occhi cambia in questa condizione di luce, il che li rende ancora più ipnotici. Siamo talmente tanto vicine che riesco, di nuovo, a percepire il profumo dei suoi capelli. La sua mano destra sfiora il mio braccio ma non riesco a distogliere lo sguardo dal suo viso. Dalle sue labbra. Possibile che lei sia così bella e ipnotica tanto da rendermi così dannatamente stupida da rimanere qui a fissarla. Questa luce rende tutto più bello, se possibile, anche lei più bella. Sento i brividi su ogni parte del mio corpo quando il mio telefono inizia a squillare. Prendo il telefono, è Korsak. Il mio sguardo torna su di lei che osserva a sua volta il suo cellulare. Rispondo. J: “Rizzoli” dico piano come se stessi disturbando qualcuno. M: “Isles” dice guardandomi e sorridendomi. Capisco quale sia l’emergenza e attacco. J: “Ora devo andare” dico di fretta allontanandomi. Mi incammino verso casa quando una voce mi richiama. Mi volto indietro quando sento solo dei tacchi correre sull’asfalto e una mano poggiarsi sulla mia guancia destra. Controluce la figura della donna rimane scura e solo quando si sposta di lato per lasciarmi un bacio sulla guancia mi rendo conto che è Maura. M: “ ci vediamo tra poco” dice sorridendomi e allontanandosi. Cammino confusa per le strade della città. L’avrei baciata se non fosse stato per quella chiamata. Oh eccome se lo avrei fatto. Dannazione! Arrivo a casa e faccio una doccia veloce. Indosso il mio solito completo e mentre cerco di domare i capelli ancora bagnati mi dirigo verso la macchina e sfreccio verso l’indirizzo mandatomi dalla centrale, pensando a lei, a cosa sarebbe potuto accadere. Dannazione ho voglia di bere! Arrivo in un grande parcheggio, lascio la macchina e mi dirigo a piedi verso l’agente che sta sorvegliando l’ingresso del bosco. J: “Rizzoli, Victor 825” dico sorpassandolo di corsa dirigendomi verso l’interno del bosco. Ho davvero delle strane sensazioni. È come se il mio istinto mi dicesse di scappare via da lì. Resisto al mio istinto e continuo a camminare. Dopo pochi metri, l’odore della morte mi arriva al naso. In lontananza vedo Maura inginocchiata vicino ad un corpo ed un gruppo di detective intorno a bisbigliare e a lanciare occhiate strane alla dottoressa. Come attratta da qualcosa la dottoressa alza lo sguardo fra i due detective piantando i suoi occhi chiari su di me. Mi avvicino abbastanza nervosa. M: “è la moglie del dottor Yeager” dice continuando a guardare il cadavere. Un detective poco dietro di me dice “Ah, finalmente scopriamo che voce ha la regina dei morti, non ha detto una parola da quando è arrivata”. Lo fulmino con lo guardo e lo vedo allontanarsi alzando le mani. Non ho ma sopportato tutto questo maschilismo presente nel distretto. Per fortuna non tutti gli uomini sono cosi e soprattutto non tutti i detective. A questo proposito, a fatica e scansando le mosche che ormai hanno preso il sopravvento in questo bosco a causa del corpo, arriva Korsak. È stato come un padre per me in questo anno. È stato proprio lui a salvarmi la vita l’anno scorso. È l’uomo migliore che io abbia mai conosciuto. Uno mio sguardo comprensivo lo raggiunge e lei mi sorride. Si avvicina e, mentre parliamo del caso, vedo Maura scrivere su una cartellina mentre chiudono il corpo in una sacca nera e lo portano via. K: “Jane?” dice mentre mi sventola davanti una mano. J: “Scusami Korsak… dicevi?” K: “Nulla di importante, che succede Jane?” dice guardandomi con un sorriso furbo. J: “Al momento niente di davvero importante” dico allontanandomi facendoli l’occhiolino. Mi avvicino alla dottoressa mentre mi sistemo i capelli. M: “Jan… detective Rizzoli farò l’autopsia in mattinata, se mi raggiunge in obitorio prima le darò le analisi dei campioni presi dalla precedente scena del crimine” dice guardandomi negli occhi e sento un brivido lungo la schiena. J: “Dottoressa certo, la raggiungo appena posso” dico sorridendole. Mentre sto per aggiungere altro si avvicina Korsak. K: “Jane ho bisogno della tua macchina perché sai ho quella cosa da fare..” dice con una voce un po’ strana “..a casa…” dice mentre gesticola con le mani. “ Dottoressa” dice mentre la diretta interessata alza lo sguardo. M: “Si?” dice mentre alza lo sguardo. K: “Potrebbe accompagnare la dottoressa alla centrale?” dice soddisfatto perché già consapevole della risposta della dottoressa. M: “Ovvio che si” dice sorridendoli, per poi guardarmi dritto negli occhi. K: “Perfetto, la ringrazio di cuore, le devo un favore” dice mentre io cerco di capire cosa sta succedendo. “Jane mi daresti le chiavi” dice facendo un sorriso enorme e guardandomi con aria divertita. J: “Te la farò pagare Korsak” gli sussurro mentre lascio le chiavi della mia macchina sulla sua mano. K: “Mi ringrazierai Jane, fidati del tuo vecchio” dice mentre va via e io rimango lì in imbarazzo. Mi volto verso la donna che mi procura tanto imbarazzo e rimango sorpresa dalla vicinanza a cui si trova da me. Troppo vicina, troppe sensazioni uguali a quelle provate qualche ora fa. Il mio sguardo percorre lentamente tutto il viso della dottoressa e ho bisogno di capire. M: “Andiamo? Io qui ho finito” dice mentre mi sfiora con la mano il braccio destro. J: “S-si andiamo” dico titubante. Ci dirigiamo alla macchina mentre la osservo camminare davanti a me. Cosa mi succede? Perché provo attrazione per questa donna? È davvero attrazione o cosa? La sua sola vista mi destabilizza. La sua bellezza, i suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo. Allontano questi pensieri e accelero il passo per raggiungerla. Entro in auto e l’intero abitacolo dell’auto è impregnato del suo profumo. Mi accascio sul sedile passeggero e vorrei sprofondare ancora di più. M: “Hey, Jane, tutto bene?” dice preoccupata non provando nemmeno ad accendere l’auto. J: “No, non va tutto bene. L’uomo che ha rovinato la mia intera vita giorno dopo giorno, notte dopo notte, ha un assistente e sta rovinando altre vite oltre la mia. Lui non sta distruggendo solo la vita della donna che uccide o della coppia che uccide. Lui distrugge psicologicamente le famiglie delle vittime, i detective che lavorano per prenderlo e poi gioca con me. Si diverte. Dannazione se si diverte!!” dico nervosa tirando un pugno sulle mie ginocchia. Maura mi guarda con compassione, odio quello sguardo. La compassione le si legge in faccia. J: “Lascia stare…” dico mentre metto una mano sulla maniglia e spingo la portiera per uscire. Lei si sporge verso il mio lato afferrando la portiera dell’auto ancora prima che io possa mettere il piede fuori. M: “Non muoverti Jane” dice guardandomi negli occhi. “Ho bisogno di parlarti” dice e io rimango immobile. J: “Dimmi” M: “Sei una donna talmente tanto forte che non credo che sia soltanto colpa del lavoro se stai così” piantona i suoi occhi nei miei ed io a tratti mi sento svenire. “Sei immensa, la tua grinta e la tua dedizione al lavoro sono delle qualità eccezionali, tu sei eccezionale e di certo riusciremo a prendere questo folle ma di certo questo non può minare il tuo essere. Quell’uomo chiunque sia, ovunque sia finirà in carcere, lo prenderai e poi farai il tuo bel sorriso che conquista tutti.” Dice per poi fare un sospiro. “Jane dimmi che altro c’è che non va” dice guardando le sue mani. Rimango sorpresa dalle sue parole e vorrei solo andare riuscire a parlare. J: “S-stamattina cosa stava per succedere?” dico nervosa. “tra di noi dico, cosa stava per succedere tra di noi?” dico mentre provo a guardarla negli occhi ma ha ancora gli occhi bassi, così le prendo le mani. “parlami Maura” dico puntando i miei occhi nei suoi. M: “Jane te l’ho già detto, sono da sempre attratta da te e se solo la chiamata di questa mattina fosse arrivata due secondi più tardi avrei fatto quello che sogno di fare da un anno” dice per poi aggiungere “ma è meglio se andiamo” dice sistemandosi la camicia e stirando un po’ la gonna con le mani. Afferra le chiavi e accende la macchina. J: “Maura?” dico quasi come un sussurro. M: “si?” dice voltandosi di scatto verso di me. Sorrido per il movimento che fanno i suoi capelli. Sono bellissimi. J: “Prima il caso poi stasera usciamo insieme e parliamo, ti va?” dico sorridendole. M: “Sei fantastica Jane” dice scoppiando a ridere mentre io sorrido alla sua risata. Sfrecciamo in auto verso il distretto. Nettamente in ritardo a causa della nostra chiacchierata e anche a causa del fatto che ho insistito tanto per fermarmi a prendere il caffè. Entriamo nel distretto ridendo e scherzando, fino a che non ci separiamo per prendere due ascensori diversi. J: “Maura ci vediamo tra un po’ e… occhio alle scarpe” dico sorridendo nel vederla puntare il suo sguardo sui suoi piedi. Maura alza lo sguardo con rimprovero e nel mentre io rido ancora più forte. Mentre le porte dell’ascensore si chiudono le dico piano come un sussurro “Sei fantastica”. Ma so bene che lo ha capito perché sorride e mi lancia un occhiolino. Durante la giornata più volte ci vediamo per parlare del caso, molte volte sale su per portarmi i rapporti o per prendere un caffè insieme. Scendo all’obitorio prima di tornare a casa. Busso alla porta del suo ufficio. “si?” sento dire da dentro. “Sono Jane. Posso?” dico. Sento il rumore dei suoi tacchi venire verso la porta. Apre la porta e mi sorride. “Jane, dimmi” J: “ Ci vediamo tra una mezz’ora va bene?” dico imbarazzata. M: “Certo, torno subito a casa, mi cambio e ti raggiungo al bar?” dice sorridendomi e inclinando la testa di lato. J: “No passo a prenderti io” dico non riuscendo a togliermi il sorriso dalle labbra. M: “Oh, va bene” si avvicina e mi lascia un bacio sulla guancia. “ a dopo allora”. Arrivo a casa e mi preparo. Faccio una doccia al volo e mentre resto ferma in accappatoio sul letto penso a tutte le prove trovate oggi, ai cadaveri, alle famiglie, ed improvvisamente la voglia di bere torna. Così mi alzo e mi vesto al volo. Entrando in macchina sale anche la voglia di vedere Maura. Arrivo davanti casa sua e, una volta scesa dalla macchina, raggiungo il portico. Questo è davvero bello. Busso e dopo pochi secondi una donna bellissima, più bella, se possibile, della donna con cui sto lavorando. J: “Wow” dico lasciando scorrere il mio sguardo lungo l’intera figura della donna davanti a me. M: “Ciao Jane” dice con voce pacata e dolce. J: “Ciao Maura, andiamo?” dico per evitare l’imbarazzo. M: “ Si andiamo” dice afferrando la borsa dietro la porta ed uscendo chiudendo la porta alle sue spalle. Continuo a guardarla e non riesco a muovermi così quando si volta me la ritrovo a pochi centimetri da me. Lei sorride e mi da un bacio sulla guancia che si prolunga un po’ e il mio corpo reagisce d’istinto. Le mie mani finiscono sui suoi fianchi e quando si allontana non riesce a non sorridere. Poggia la sua mano sulla mia spalla e si allontana dirigendosi verso la mia macchina. Accelero i passo e la raggiungo. “Dottoressa?” dico mentre faccio il giro della macchina per entrare. “Si?” risponde sorridendo. “Il primo giro lo offre lei” dico facendole l’occhiolino.

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Capitolo 4
*** Ti percepisco. ***


La strada sembra infinta, il tempo sembra infinito in questa macchina. Arriviamo al bar. Il suo profumo si è disperso ovunque nella mia macchina e la cosa non mi dispiace affatto. Iniziamo a parlare del più e del meno mentre i bicchieri di birra vanno e vengono al nostro tavolo. Molti uomini durante la serata non fanno altro che provarci con Maura mentre lei, con una classe mai vista, rifiuta ogni richiesta. Anche la proposta di un semplice drink al bancone. M: “Mi scusi davvero, ma sono già in ottima compagnia” dice all’uomo muscoloso che è qui davanti al nostro tavolo. Io rido un po’ per la quantità di alcol presente nel mio corpo un po’ per la scena molto esilarante. M: “Ridi? Seriamente? Dai Jane” dice all’inizio seria per poi scoppiare a ridere. J: “Dai fa troppo ridere questa cosa” dico trattenendo le risate. “Siamo a quota 10, scommessa vinta” dico alzando le mani in segno di vittoria. M: “Va bene, va bene” dice per poi indicare al cameriere un altro giro. In tutto questo nostro scambio il tizio è ancora qui in piedi a fissare Maura. J: “Dovrei arrestarlo per molestie?” dico sottovoce a Maura, la quale scoppia a ridere. La vedo alzarsi e il mio sguardo percorre ancora tutto il suo corpo. Mi sorride maliziosa e distolgo lo sguardo quando si avvicina all’uomo e gli dice qualcosa all’orecchio che non riesco a capire ma noto la reazione dell’uomo che, appena Maura si allontana da lui, scappa. A questo punto è lei a ridere. Ed io ne capisco sempre meno. J: “Cosa gli hai detto?” dico mentre memorizzo ogni piccolo particolare della sua discesa nel sedersi. M: “Te lo dico dopo” dice mentre continua a ridere. Dopo aver finito la birra lei mi dice ciò che non mi sarei mai aspettata. M: “ti va di continuare a bere a casa mia?” dice per poi aggiungere sottovoce “Ho bisogno di togliermi queste scarpe” e poi sorride. In questo momento non mi esce nemmeno una parola. Annuisco e mi alzo dirigendomi al bancone per saldare il conto ma quando sto per prendere il portafoglio per pagare la mia mano viene fermata da una mano delicata, ferma e decisa. La sua mano. Mi volto e la vedo attaccata a me. Letteralmente attaccata. Il suo petto è incollato alla mia schiena mentre la sua presa decisa non accenna a mollare. La sua mano libera passa una carta di credito al barista e sorride mentre io rimango a fissare il suo viso senza riuscire a muovermi né a dire una parola. M: “Jane? Andiamo?” mi dice mentre cerco di capire cosa mi succede e perché la sua vicinanza mi causa tutto questo. Sento la sua mano sulla mia quando mi strattona per uscire e d’istino la seguo. D’improvviso si ferma e sbatto sulla sua schiena, porto la mia mano libera sul suo fianco per evitare che cada e la vedo fissare qualcosa, qualcuno. Mi giro e vedo l’uomo che prima la stava infastidendo. Il mio sguardo torna sul suo viso che sorridente gli lancia un occhiolino prima di stringere la presa sulla mia mano ed uscire fuori, trascinandomi. Ci avviciniamo alla macchina mentre lei non fa altro che ridere. J: “Maura perché ridi?” dico nervosa. “E perché hai pagato tu?” aggiungo innervosendomi ancora di più. M: “Ma dai” dice continuando a ridere “ho pagato perché toccava a me” dice guardandomi. Poi torna a ridere. J: “Maura mi dici perché ridi?” le chiedo spazientita. M: “Quell’uomo” dice per poi scoppiare a ridere. J: “Okay sei ubriaca!” dico avvicinandomi alla macchina. M: “No assolutamente” dice per poi avvicinarsi pericolosamente. La osservo in modo strano mentre continua ad avvicinarsi. J: “Maura?” dico mentre fisso le sue labbra. M: “Jane andiamo o dovrai portarmi a casa in braccio perché non mi sento più i piedi” dice sorridendo e guardandomi negli occhi. J: “D’accordo” dico dubbiosa. “Ma sai che dovrai dirmi assolutamente cosa hai detto a quell’uomo?” dico e d’improvviso la sento scoppiare a ridere. La osservo e la sua risata è fantastica. È poggiata al muro con la testa abbassata. Non sentendomi più parlare, preoccupata alza lo sguardo verso di me. J: “Scusami” dico abbassando la testa. “Andiamo dai” aggiungo spostandomi per farla entrare in macchina. Entriamo in auto e lei non fa altro che guardarmi mentre avvio la macchina. Sento il suo sguardo glaciale addosso a me. I brividi percorrono il mio corpo, così decisa alzo lo sguardo puntandolo su di lei. M: “Jane sei bellissima” dice sfiorando con la sua mano destra i miei ricci ribelli. Non sapendo che dire mi limito a sorriderle timidamente. Se in questo momento il mio cervello riuscisse ad elaborare qualcosa, qualsiasi cosa, forse riuscirei a dirle che è la donna più bella che io abbia mai visto. Al momento però il mio corpo non reagisce, il mio corpo non reagisce. Completamente persa nei suoi occhi la vedo sorridere e poi dirmi sottovoce “Ho una voglia matta di baciarti”. Davvero perché tutto questo? Tra tutte perché proprio io? Cosa mi succede? Perché il mio corpo reagisce in questo modo quando la vedo? Quando la percepisco nella stanza, quando sento il suo profumo anche solo lontano io la percepisco. J: “Non so perché ma anche se non ti vedo, ti percepisco.” Dico abbassando lo sguardo. “Percepisco il tuo profumo e mi sento bene, percepisco il calore delle tue mani e del tuo corpo anche se non mi sfiori, anche se non ti conosco io ti percepisco. Tutto di te mi destabilizza. Io ho bisogno di capire” dico non riuscendo ad alzare lo sguardo. In quel momento una mano mi accarezza il viso e il mio corpo reagisce trattenendo il respiro. “Respira. Tutta questa tua fase io l’ho vissuta nel momento in cui ti ho vista la prima volta. Eri bellissima. Lo sei anche adesso ma la prima volta che ti ho vista per me è stato come respirare.” Dice prima di sistemarsi la gonna come se dovesse riprendere il controllo. M: “Andiamo a casa detective?” dice cacciandosi le scarpe nell’abitacolo della macchina. J: “Si andiamo, scusami” dice prima di accendere l’auto e dirigersi a casa di Maura. Durante il tragitto lei mi guarda e non smette un secondo. “Maura mi metti ansia se mi fissi così” dico sorridendo mentre lei inizia a scusarsi. J: “Dai smettila” dico aprendole la portiera della macchina una volta arrivata davanti a casa di Maura. M: “Sei stupenda e io non so come definirti. Sei bellissima” dice per poi aggiungere “Scusami” dice uscendo dall’abitacolo ma inciampa e afferrandola al volo mi ritrovo a sorreggerla con entrambe le mie mani poggiate sull’auto e la bellissima dottoressa incastrata tra me e l’auto. M: “Wow” dice mentre mi fissa. J: “Fa più attenzione sei ubriaca” dico cercando di allontanarmi per lasciarle lo spazio necessario ad andare in casa. Ma le sue mani finiscono sulla mi giacca, mi tira verso di lei e il suo viso si avvicina pericolosamente al mio mentre i miei occhi finiscono sulle sue labbra. M: “ricordi l’uomo nel bar?” dice mentre stringe la presa sulla mia giacca. J: “mh mh” dico non riuscendo a capire cosa c’entra. M: “Gli ho detto che è inutile che provi a conquistare una donna come me. Perché una donna come me è interessata ad una donna come te. È allo stesso tempo è inutile che provi a conquistare te perché io lo avrei ostacolato in tutti i modi possibili. Una donna come te non può appartenere ad un uomo squallido come quello” dice per poi aggiungere. “Gli ho detto anche altro ma non credo tu voglia sentirlo adesso” dice sorridendo. J: “Ah si?” dico guardandola. M: “Ma forse è meglio per te se diamo tutta la colpa alla quantità eccessiva di alcol nel mio corpo” dice allontanandomi e percorrendo quel piccolo viale di corsa come a rifugiarsi in quella casa. J: “Maura aspetta” dico correndo verso di lei quando ormai lei ha quasi aperto la porta. “Maura” aggiungo mentre con un piccolo salto riesco ad evitare i tre gradini e saltare direttamente sotto il portico. Afferro Maura per un braccio prima che possa entrare in casa. Lei si volta con il viso completamente rigato dalle lacrime. La tiro verso di me come se la conoscessi da una vita, dannazione è veramente bellissima. “Ho anche io v...” dico mentre le sue labbra si poggiano nulle mie impedendomi di finire il discorso. Reagisco d’istinto mettendo le mie mani sui suoi fianchi. La mia mano destra raggiunge la sua schiena e stringendola a me ricambio il bacio che si fa sempre più passionale. Lei con una forza che credevo fosse impossibile, con due passi mi spinge con le spalle direttamente sulla sua porta d’ingresso. Riusciamo a staccarci poco dopo, respirando a fatica. “Wow” dico fissandola. M: “Wow” dice sorridendomi. “scusami ti ho interrotto” dice accarezzandomi con la mano destra il viso, scendendo sul collo e fermandosi sulla mia spalla. Dei brividi percorrono la mia schiena e io provo a chiudere gli occhi mentre il suo tocco mi rilassa. M: “Vuoi una birra?” dice mentre continua ad accarezzarmi il viso ad un passo dalle mie labbra. J: “Si voglio una birra” dico ma non mi muovo e non le lascio spazio per entrare. Afferro la sua camicetta e la attiro a me per tornare di nuovo ad assaporare quelle labbra. Le sue labbra. Sono delicate e sanno di vaniglia. Quando la dottoressa si stacca dal nostro secondo bacio la vedo sorridere e sento del vento freddo sulle mie labbra. Porto le mani sulle mie labbra mentre sorrido e non capisco perché abbia fatto questa cosa. M: “Non pensare ti prego, con tutto quello che sta succedendo ti prego non pensare a niente” dice sotto voce a due millimetri dalle mie labbra. “Tu non pensare a nulla, fidati di me. Passa la notte qui ti prego domani parleremo di me e te, ma ti prego adesso entriamo e beviamo. Sempre se ti fidi di me” dice sfiorando ogni centimetro della mia pelle. I brividi lungo il corpo si percepiscono anche da sopra la mia giacca. J: “Io.. voglio… una birra” dico cercando di respirare regolarmente. Il problema sono le mani della dottoressa e tutto il calore che mi provocano. M: “Entriamo” dice mentre piano piano mi sposto di lato per permetterle di aprire la porta. “Sei bellissima” dice spostando la sua mano sulla mia guancia e avvicinandosi sulle punte dei piedi per darmi un bacio talmente tanto lento e dolce che i brividi sulla mia pelle aumentano. Entriamo in casa e dopo quarta birra ci godiamo la notte insieme. Una notte passata troppo velocemente per essere apprezzata e goduta al cento per cento. Ne servirebbero almeno altre e mille. Mi volto a guardare la donna distesa nuda sul letto coperta da un lenzuolo e la prima cosa che mi viene in mente è… “quanto sei bella Maura”.

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Capitolo 5
*** Non andartene. ***


Le luci del mattino entrano dalla finestra laterale e mi colpiscono il viso. Apro un occhio infastidita e mi giro con le spalle verso la finestra abbracciando la donna al mio fianco. La dottoressa mi stringe il braccio e mi tira a se mentre sposta la testa verso il mio collo e sentendo il suo respiro sulla mia pelle nuda, una marea di brividi percorrono il mio corpo. M: “Jane” dice sottovoce mentre io le accarezzo la schiena. Non so che fare ne cosa dire così le lascio un bacio tra i capelli. La sento sorridere sulla mia pelle e lasciarmi un bacio caldo e bello sul collo. Adoro il modo in cui lo fa. Mentre accarezzo la sua pelle chiara, i flash della notte passata con lei compaiono nella mia testa. Le sue carezze. Le reazioni del mio corpo. I miei orgasmi. Quando le sensazioni della sera precedente sembrano sempre più vere, la sento agitarsi nel sonno così mi allontano di poco per capire cosa succede ma mi trattiene allungando le sue mani. M: "non andartene" dice ancora ad occhi chiusi e penso a quanto sia dolce in quel momento. J: "non vado da nessuna parte" dico lasciandole un bacio tra i capelli. Ci addormentiamo di nuovo fino al momento in cui entrambi i nostri cellulari squillano. Mi alzo ancora stordita e stranamente felice mentre cerco il mio telefono tra i vestiti a terra. Trovando anche quello di Maura glielo porgo. In contemporanea rispondiamo. J: “Rizzoli” M:”Isles” Ci sorridiamo e capendo di dover tornare a lavoro una piccola parte di me inizia ad agitarsi. Il suo sguardo cerca il mio quasi a darmi forza e mentre mi sorride noto quanto sia bella nuda coperta solo per metà dal lenzuolo. Lei nota i miei sguardi e mi fa l'occhiolino. J: “dammi 20 minuti e ti raggiungo” dico a korsak prima di attaccare. Mi siedo sul letto mentre Maura controlla l'indirizzo del luogo del delitto. Mi sento davvero strana adesso. Sento Maura avvicinarsi e stringermi a me. M: “grazie per essere rimasta, sei stupenda” dice quasi sottovoce. J: “non devi ringraziarmi” dico rigida e fredda. M: “che succede Jane?” Chiede preoccupata. J: “non so come comportarmi, non so che dire o che fare, non so se tutto quello che è successo la notte scorsa sia reale o frutto di un sogno. Tu sei fantastica” dico mentre con le dita sfioro le sue braccia tracciando delle linee leggere. Il suo corpo reagisce a quel contatto minimo e dentro di me provo solo felicità. M: “sarai tu a decidere se quello che è successo la notte scorsa sia reale o un sogno” dice mentre cerca di controllare la sua pelle d'oca. "Io ho una gran voglia di baciarti adesso" aggiunge. “però sta sempre a te decidere ed io rispetterò te e le tue decisioni”. È davvero una donna bellissima. J: “non so davvero come una donna come te possa essere attratta da una donna come me” dico mente fisso il soffitto. M: “Ti ripeto Jane, niente domande ti prego” mi dice facendomi voltare verso di lei. “ho bisogno he tu stia tranquilla e serena, se hai voglia di baciarmi lo fai, se non hai voglia non lo fai. Sappi solo che potrei seriamente innamorarmi di te un giorno e se tu non dovessi ricambiare ti prego di dirmelo.” Rimango a fissarla per qualche secondo per poi abbassare lo sguardo, lasciarle un bacio sulla sua mano destra e un bacio sulla guancia. Mi alzo, prendo le mie cose e mi dirigo verso la porta. Con la cosa dell’occhio la vedo un po’ rattristata da questo mio silenzio. J: “Ci vediamo tra poco” dico prima di uscire per correre a casa a prepararmi. Apro la porta e l’odore del caffe caldo mi invade le narici. A: “Janie amore sono arrivata poco fa ma non eri a casa, dove eri?” mi dice mia madre mentre mi sorride e come sempre mi sottopongo al suo interrogatorio di corsa mentre mi preparo. Sto quasi per uscire dalla porta ma torno indietro per chiederle una cosa. J: “Mà?”dico incerta. A: “Si tesoro, dimmi” dice guardandomi. J: “Ho incontrato la dottoressa Maura Isles, ti ricordi quando ti parlavo di lei, di quanto fosse bella?” dico mentre abbasso lo sguardo. A: “Certo che mi ricordo tesoro, eri completamente e totalmente persa di quella donna anche se non avevi mai avuto il piacere di conoscerla.” Dice sorridendo, sa del mio interesse per le donne e si è sempre schierata dalla mia parte. J: “ Beh Mà, è più bella di quello che si crede” dico seria. A: “Janie che succede? Quali sono le tue preoccupazioni a riguardo? Lei non è interessata a te?” dice preoccupata avvicinandosi. J: “No Mà assolutamente, anzi, beh questa notte l’ho passata da lei e con lei” dico sorridendo. A: “Jane Clementaine Rizzoli” quasi urla. J: “va bene va bene la smetto” dico alzando le mani “il fatto è che lei vorrebbe me, vuole avere me nella mia vita.” Dico nervosa. A: “Ma è fantastico Jane” dice abbracciandomi. “è bellissimo, quando me la presenti” J: “Mamma no, dai” dico allontanandomi. A: “No, Janie non iniziare con le tue solite paranoie, ti prego. Per una volta, una sola volta metti tutte le tue insicurezze, le tue paure e paranoie in un cassetto e chiudilo. Vai a lavoro e se la vedi diglielo. Dille che per mesi e mesi ogni qual volta vedevi anche solo una pratica con il suo nome avevi la tachicardia” dice alzandomi la testa per guardarla negli occhi. “Fallo per te, fallo per il tuo futuro e la tua felicità.” Dice “Va da lei e prenditi la tua felicità” aggiunge prima di salutarmi con un bacio sulla guancia. Arrivo sul luogo del delitto e mentre parlo con Korsak del caso riconosco la macchina della dottoressa che si parcheggia davanti al furgone del coroner. Io rimango incantata dalla figura che scende dall’auto. È una visione bellissima. K: “Jane che ne dici di andare a salutarla invece di sbavare qui?” mi dice Korsak sventolandomi una mano davanti agli occhi. J: “Si hai ragione, ma smettila con le battutine” dico dirigendomi verso di lei. La vedo parlare con uno dei suoi assistenti e una volta arrivata vicino a loro chiedo gentilmente al suo assistente se può togliersi dai piedi. M: “Raccogliete i particolati vi raggiungo tra un attimo” dice al collega prima di girarsi verso di me e sorridere , alzando un sopracciglio destro. J: “Buongiorno dottoressa” dico sorridendo. M: “Buongiorno a lei, detective” sorride dolcemente prima di abbassare poco dopo lo sguardo e aprire la portiera della sua auto per afferrare la valigetta. J: “Maura ho bisogno di parlarti” dico giocherellando con i capelli. M: “Già so cosa vuoi dirmi… ed è colpa mia la fretta di voler stare con te ha solo fatto in modo che io ti perdessi.. sono sempre la solita, perdonami Jane, davvero… saremmo potute essere grandi amiche se solo non avessi voluto te, totalmente te” dice le ultime parole mentre poggia la sua mano sulla mia guancia. Ancora le sensazioni della sera prima mi invadono il corpo. J: “Maura veramente io…”. M: “amiche come se non fosse successo nulla lo so, tranquilla” dice interrompendomi. J: “Maura dannazione mi lasci parlare?” dico poggiandole una mano su un fianco e spingendola verso la sua macchina. M: “Oh… va bene…” dice mentre il suo sguardo percorre tutto il mio corpo e so cosa sta pensando. Mi avvicino a lei e non riesco a non baciarla. Le nostre labbra si sfiorano e la sento sorridere mentre la bacio. Ha già capito che ormai sono sua. Ha già capito tutto il mio discorso. La mia mano sfiora la sua guancia e i suoi capelli dorati. Il nostro bacio continua fino a che pochi secondi dopo sento Korsak ridere e Frost urlare. Mi stacco da lei e mi giro verso i due colleghi; vedo Frost dare a Korsak dei soldi. F: “Ho perso una scommessa per colpa tua Jane mi devi una birra”. Mi giro verso Maura e la vedo sorridere mentre infila le sue mani tra la camicia e la giacca e sembra che si nasconda dietro di me. J: “Scusami non avrei dovuto qui davanti a tutti” le sussurro. M: “No Jane no” dice avvicinandosi alle mie labbra. “Sai di noi” dice prima di baciarmi di nuovo questa volta in modo casto e dolce. Mi abbraccia e mi sussurra “Scusami”. “Grazie per non essertene andata dopo i modo in cui mi sono comportata stamattina” dico prima di lasciarle un bacio tra i capelli. Ci allontaniamo e ci dirigiamo verso una casa al cui interno un cadavere attendeva la sua dottoressa. La guardo salire le poche scale che ci sono prima del grande portico pensando a quanto sia bella. I miei occhi incontrano i suoi mentre sorrido, Korsak mi poggia una mano sulla spalla in segno di approvazione. Seguo il mio amico mentre Frost il piccolo della squadra tenta ancora di appellarsi a qualche strana regola per farsi ridare i soldi della scommessa.

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