Cinnamon Girl

di breezeblock
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cinnamon Girl ***
Capitolo 2: *** Soft Boy ***
Capitolo 3: *** Jo's Kids ***



Capitolo 1
*** Cinnamon Girl ***


Eccomi di nuovo!
Allora, questo è un esperimento, perché è la prima volta che scrivo su questi due personaggi. La storia, che fa sempre parte della serie di Muggle Studies, avrà solamente due capitoli e racconterà una storia un po' diversa da quella di Draco e Hermione. 
Spero vi piacerà come sta piacendo a me scriverla e che dire, al prossimo capitolo! 
Buona lettura. 
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Cinnamon Girl
 
 


A witch is just a girl who knows her mind
 
 
 


 
“Lu! Scendi sono arrivata!”
Lily Luna indugiava davanti allo specchio della sua cameretta. Non le ci volle molto a chiedere uno spazio tutto per sé lontano da Albus, con il quale aveva condiviso la camera fin quando lei non compì 11 anni. Di comune accordo, avevano intensificato le loro liti, aggiungendo anche dettagli completamente inventati per far capire ai loro genitori che era il momento di separarli e di farli crescere nell’intimità di due camere da letto separate. A volte Harry e Ginny rimpiangevano i giorni in cui i loro tre figli erano troppo piccoli per poter creare così tanto trambusto. Vederli crescere era al contempo dolce e straziante, perché quegli attimi, anche se sempre pieni di prese in giro, dispetti e bugie bianche, sarebbero finiti in un battito di ciglia. 
L’infanzia di Lily ad esempio era appena finita. 
In quello specchio, la ragazza stava passando in rassegna qualsiasi minuscolo dettaglio della sua pelle e del suo corpo, come se volesse a tutti i costi trovare un difetto. Gli occhiali tondi che indossava le davano un’aria da secchiona, una categoria in cui non voleva appartenere nemmeno per sogno. Le copiose lentiggini sul volto lo rendevano sporco, tanto che molto spesso si grattava il naso con insistenza nella speranza che magicamenteandassero via. Il corpo filiforme era appena entrato nella fase preadolescenziale, i seni si intravedevano appena sotto la maglietta ma non erano ancora abbastanza evidenti come lei li voleva. A volte aggiustava il suo reggiseno in modo tale che risultassero più pieni, più da donna, ma con scarsi risultati. 
L’unica cosa di cui andava abbastanza fiera erano i suoi capelli. Erano lisci come seta e rossi come il fuoco, adorava giocarci e sentirli tra le dita. Quando voleva attirare l’attenzione di qualche ragazzo li spostava sempre da un lato, inclinava la testa e mostrava il collo, passandovi sopra una mano con finta noncuranza. In realtà, ogni cosa di Lily era studiata, ma non per questo non riusciva a divertirsi, anzi. Insieme a Josephine e alle sue amiche di Casa, adorava attirare l’attenzione di qualche sfortunato malcapitato, che puntualmente cadeva nel bel mezzo delle loro macchinazioni e rimaneva sempre a bocca asciutta, o quasi. Lily aveva quattordici anni ed aveva perso la verginità prima delle vacanze estive al suo quarto anno con un ragazzo Corvonero più grande di lei di due anni che Jo le aveva presentato qualche mese prima. Le era piaciuto, per quanto fosse del tutto inesperta, ma dalla sua parte c’era che era abile con le parole. Sapeva farsi desiderare e sapeva flirtare. Non glielo aveva insegnato nessuno, aveva imparato da sola osservando le ragazze più grandi, anelando quello che avevano loro, sognando, di notte, che un giorno sarebbe riuscita ad attirare le attenzioni dell’unica persona che non riusciva nemmeno ad avvicinare. 
Lily e Josephine avevano compiuto quindici anni quell’estate, il loro quinto anno era ormai alle porte.
“Lu!”
“Arrivo!”
Indossò la prima maglietta che trovò tra la pila disordinata di vestiti sulla sedia della piccola scrivania e scese in fretta le scale.
“Ce l’hai fatta”, sbuffò Albus. Lei le rivolse un’occhiataccia a cui lui non replicò perché già scomparso dietro la copertina di un libro. 
“Dove andate ragazze?”
“A casa mia, Ginny”.
“Ah già, mamma stanotte dormo da lei, mi sono dimenticata di dirtelo”.
“Va bene, divertitevi”, Ginny era seduta sul tavolo da pranzo con ancora tanto lavoro del ministero da sbrigare. Diede una veloce occhiata alle ragazze e le congedò con un sorriso dolce.
“Salutami i tuoi, Jo”.
“Sarà fatto!”
Una volta fuori casa, Jo diede una spintarella amichevole all’amica. “Si può sapere che cosa hai fatto lassù? Ho aspettato una vita e tuo fratello è così noioso...”
“Non dirlo a me”. Glissò sulla domanda dell’amica. 
Jo ridacchiò neanche troppo velatamente e Lily la seguì. Indossava dei jeans chiari a vita alta e un paio di sneakers. Una volta giunte a casa, Hermione fu la prima ad accoglierle, e le ragazze si diressero subito in camera della piccola Malfoy. Lily adorava quella casa, c’era sempre un buonissimo odore di dolce che sembrava trasudare dalle pareti. Sembrava che i Malfoy vivessero in una torta.
Il Natale precedente era saltata la classica cena tra amici che ormai da tempo i loro genitori organizzavano con quelli di Josephine, perché questi erano impegnati con delle faccende di Hermione e del ministero e perché il marito senza di lei si ritirava praticamente a una vita da eremita passata a scrivere i suoi libri. L’anno prossimo però, visto che sarebbe stato l’ultimo anno di Scorpius e Albus ad Hogwarts le due mamme avevano in mente di festeggiare un Natale coi fiocchi. Di solito i preparativi iniziavano già da novembre.
“Ciao mamma, Ginny vi manda un bacio”, disse Jo distrattamente. La madre sorrise affettuosamente e salutò Lily altrettanto calorosamente. 
Prima di salire le scale per la camera dell’amica, Lily si sporse oltre la porta che dava in soggiorno, avendo sentito del vociare indistinto. Scorpius era avvolto in un maglione in cashmere blu ed era appoggiato alla finestra chiusa. Parlava con suo padre. Draco era seduto sulla scrivania e si stava godendo una sigaretta in tranquillità. 
“Ciao Scorp!”
I due Malfoy si voltarono verso quella piccola voce. 
“Ciao Lily” rispose il padre per primo, sorridendole appena dietro il fumo della sigaretta.
“Draco” Lily fece un cenno timido con la testa per ricambiare. 
Scorpius le rivolse un “Hey” tranquillo e poi riprese a parlare con suo padre.
Josephine comparve all’improvviso e la trascinò su per le scale, poi entrarono in camera sua e si chiuse la porta alle spalle.
“Si può sapere cosa speri di ottenere? Lo sai che non c’è storia”.
Lily si buttò sul letto dell’amica emettendo un grande sospiro. Josephine si sedette accanto a lei e le rivolse quella domanda ormai non più derisoria ma decisamente preoccupata. Non voleva che la sua migliore amica, che a tutti gli effetti poteva considerare una sorella, stesse male invano. Ma Lily sorrideva. Sembrava del tutto inscalfibile.
“Non preoccuparti Jo. È solo questione di tempo”.
 
 

La prima volta che Lily si accorse concretamente della presenza di Scorpius nella sua vita fu due anni prima. Non che le servisse molto per appurare l’esistenza del migliore amico di suo fratello, ma prima di allora lo aveva sempre trattato, appunto, come un altro fratello, l’ennesimo che non desiderava affatto. Quando era più piccola cercava sempre con scarsi successi di chiacchierare con lui, ma il ragazzino sembrava perennemente distratto o al contrario, fin troppo concentrato su altro per badare a lei. 
Però, a tredici anni, Lily aveva raggiunto una nuova consapevolezza. Era nel suo bagno privato, quello che condivideva solo con la madre ed era alle prese con le sue prime lenti a contatto. Non aveva intenzione di passare un altro anno ad Hogwarts con quegli stupidi occhiali. Tutti dicevano che era praticamente l’esatta copia del padre, e se questo da un lato le piaceva, perché come lui avevano tante cose in comune a cominciare dalla passione sfrenata per il Quidditch, c’erano però cose come quella, che non voleva fungessero da paragone con lui. Odiava quegli occhiali e ancora di più odiava la loro indispensabilità. Perciò quell’anno comprò delle lenti accompagnata da Harry e fu felicissima di provarle. Solo che la missione le sembrò subito più ardua del previsto.
Intanto, nella stanza di Albus, Scorpius ascoltava il suo migliore amico lamentarsi dei suoi soliti problemi di cuore. Albus era seduto sulla scrivania, con i piedi poggiati sulla sedia in legno, il biondino era sdraiato sul letto con gli occhi al soffitto.
Durante la conversazione però fu bruscamente interrotto da un urlo spaventoso. Albus rimase impassibile. 
“Che cosa è stato?”
“Che?”
“Quell’urlo, non dirmi che non l’hai sentito”.
“Sarà Lily con una delle sue stronzate da ragazzina”, sentenziò infine. Albus era il figlio del ragazzo che è sopravvissuto ma a confronto con la battaglia di suo padre contro le forze del male, Albus sopravviveva a di peggio tutti i giorni. E quel peggio erano proprio i suoi fratelli. 
Per questo adorava Hogwarts, perché durante la scuola poteva tranquillamente fingere di non conoscerli, seguire i suoi giri e non badare ai drammi familiari in cui veniva puntualmente trascinato quando tornava a casa. Agli occhi di Scorpius, Albus era la quintessenza di un Serpeverde, persino più di lui. In cinque anni di scuola forse lo aveva visto sorridere solo due o tre volte e se proprio lo avesse fatto era perché la questione doveva essere proprio divertente, altrimenti non c’era storia che lo potesse smuovere. La sua aria solo all’apparenza insensibile era bilanciata dalla sua totale assenza di coordinazione e dalla tenerezza che suscitava. E se prima questo lo intristiva tantissimo, adesso ne era diventato motivo di distinzione. L’unico figlio dei Potter ad essere un totale disastro. Ma che bel disastro che era. Andava fiero di non far parte della squadra di Quidditch perché in tal caso si sarebbe dovuto dividere la gloria con i suoi fratelli. Il suo regno era fatto di pozioni, libri ed incantesimi ed imparò ad andarne orgoglioso. 
“Accidenti!”, le urla erano scandagliate da queste ed altre esclamazioni a cui Scorpius non poté più rimanere indifferente. 
“Albus, non credi che dovresti andare a vedere?”
“Nah, vacci tu, ma te lo dico io, sicuramente sarà una cavolata”.
Scorpius si alzò e scosse la testa. “Che fratello esemplare”, commentò ironicamente, mentre usciva dalla stanza.
“Da che pulpito!” gridò Albus dalla porta chiusa.
Il biondino bussò più volte alla porta del bagno che si trovava sullo stesso piano.
“È aperto!”, la voce lamentosa.
“Va tutto bene?” 
Scorpius sbirciò cauto e rimase appoggiato alla porta incerto se entrare del tutto. Lily si voltò perché era sicura si trattasse di chiunque meno che di lui. Si dovette ricredere presto.
“Una lente si è incastrata e fa un male cane!”
Il ragazzo sorrise e abbassò lo sguardo ai suoi piedi. Sembrava molto più bassa di quello che era di solito senza pantofole. Indossava una maglietta molto più grande di lei, forse di suo fratello James e dei pantaloncini corti che quasi scomparivano sotto alla maglietta. I capelli erano sciolti.
Scorpius si fece avanti e la raggiunse allo specchio.
“Fa’ vedere”, le disse poi, il tono pacato e sicuro.
Lily si voltò verso di lui e rimase in attesa che il ragazzo capisse cosa fare. L’occhio destro era rossissimo e qualche lacrima sfuggiva lungo il viso. La ragazza non riusciva a tenerlo fermo perché la lente si era praticamente piegata in un modo inspiegabile. Praticamente ci vedeva solo dall’occhio sinistro e la testa cominciava a farle male.
“Sembra fastidioso”, constatò poi lui, cercando invano di mascherare il sorriso.
“Tu dici?”, rispose piccata lei.
“Okay, vediamo che si può fare”. 
Il ragazzo si avvicinò ancora, poi con una mano le sollevò delicatamente il mento, con naturalezza, come se l’avesse sempre toccata e non ci fosse mai stato niente di strano. Invece quella era la prima volta che la toccava ed era tutto molto strano.
“Oh”, esclamò Lily piano, colta impreparata da quella carezza fuori dall’ordinario.
Scorpius invece era serissimo, mentre ispezionava il suo occhio con una minuzia tale da farla arrossire violentemente.
Stava facendo una pessima figura lì davanti a lui, con l’occhio rosso e gonfio e le lacrime che scendevano incontrollate dal fastidio. 
Ridicola.
“Non guardarmi, altrimenti ti fa ancora più male”, le soffiò lui sul viso. Aveva abbassato il tono della voce dalla concentrazione. 
Lily in quel momento pensò che si stava facendo male comunque, anche senza guardarlo. Spostò lo sguardò alla sua destra e lo sollevò di poco, poi fece un respiro profondo perché quello che stava vivendo non poteva essere reale. 
Scorpius procedette ad allungare un dito verso l’occhio e riuscì a toglierle la lente e prima che lei si abituasse a quel contatto, lui si allontanò con ancora la lente sul dito.
Le pulì distrattamente il viso dalle lacrime con il pollice. “Ecco fatto”, sentenziò poi, e soffiò via la lente sorridendole.
“Dovrei togliere anche l’altra”, disse poi lei, ancora rossissima in volto. Non era vero, ma non voleva che quel contatto finisse. Era forse una delle prime volte in cui erano effettivamente soli. 
Scorpius non fece domande, le sorrise sghembò e procedette a fare la stessa cosa sull’altro occhio. Lily, che adesso non vedeva più nulla, ripassò in mente i dettagli che era riuscita a catturare del suo volto. Era concentrato, gli occhi verdi erano caldi e accoglienti. Le mani erano un po’ fredde, ma affusolate ed eleganti così come tutta la sua essenza. Scorpius sembrava non avere peso specifico sulla Terra, il modo in cui parlava, si muoveva, era una calamita, ma sembrava del tutto estraneo alla gravità del mondo su cui gli altri vivevano. Almeno questo agli occhi di Lily. 
“Serve altro?” chiese poi una volta finito con le lenti. Lily sorrise divertita. Non riusciva a distinguere i suoi contorni.
“Potresti passarmi gli occhiali? Dovrebbero essere nel cesto dei trucchi”. 
Il ragazzo iniziò a cercare e Lily si bagnò il volto con l’acqua fresca per far passare il bruciore agli occhi e quello sulle guance.
“Eccoli”, commentò lui. Si avvicinò di nuovo e glieli mise al suo posto. 
“Finalmente ti vedo” disse lei ridendo apertamente. Poi passò le mani sulla maglietta, imbarazzata. 
“Sempre stato qui”, scherzò. Il sorriso pieno avrebbe fatto invidia al sole. 
Ed in effetti, lui era sempre stato lì. Quello era solo uno dei tanti ricordi di Lily in cui Scorpius era il protagonista. Ce n’erano così tanti che forse avrebbe potuto fare un film solo con quei frammenti, se solo si fosse ricordata il modo in cui avvennero cronologicamente. Era come se qualsiasi misura del tempo sfuggisse quando si trattava di lui. E lo stesso Scorpius, le sfuggiva continuamente. Era sempre due passi avanti a lui e qui l’età non contava. Il ragazzo si perdeva nelle pieghe del suolo e del vento, volava libero nei cieli tersi e in quelli di pioggia con un entusiasmo mai disincantato. Durante le partite di Quidditch si trovavano da soli in qualche parte del castello in cerca del boccino. Spesso questo si divertiva a nascondersi ai loro occhi e passavano mezz’ore lunghe una vita in cui rimanevano sulle scope a parlare del più e del meno fino a che il boccino non si ripalesava. Ma ciò nonostante, Lily aveva come l’impressione che non avrebbe potuto godere di lui che solo in uno spazio e tempo limitato, perché Scorpius non le apparteneva. La verità era che sembrava appartenesse solo a sé stesso. Ed era anche questo che la attraeva di lui. Non era questione di un paio di begli occhi e di un bel corpo. Quello che sentiva Lily andava oltre una cotta adolescenziale e lei era abbastanza matura da averlo capito, anche se a solo quindici anni. 
Scorpius però non la vedeva mai. E non era questione di notarla per i corridoi o in Sala Grande. Lui proprio non la notava, era come se lei non esistesse. Non importava quanto si facesse bella, quanto elegantemente spostasse i suoi capelli da un lato e si sfiorasse il collo con la punta delle dita, quanto corta fosse la sua gonna, quanto toniche le sue gambe e piccole le mani (anche se un po’ ruvide per colpa della scopa). Avrebbe dato chissà cosa per entrare nella sua mente e leggergliela capitolo per capitolo. Desiderava perdersi in quelle iridi verdi, desiderava che acquisisse una definizione per lui, una qualunque, pur che cominciasse ad esistere anche per lui.
 
 

Tornata a scuola dopo le vacanze estive, al suo quinto anno Lily aveva deciso che si sarebbe presa quella definizione da sola o che comunque avrebbe dato una spintarella per accelerare le cose. Stava cercando di evitare le continue attenzioni di Malcolm Greene, il ragazzo Corvonero con cui aveva buttato al vento la sua virginità. Non le lasciava spazio di esistere senza che lui non le ronzasse intorno proponendole di rifarlo di nuovo. E non che a lei non le fosse piaciuto, ma quella sensazione pungente che aveva provato era stata forse l’unica sensazione in assoluto. Non che volesse trovare a tutti i costi un significato profondo dietro ogni minima cosa, anche perché se fosse stato così avrebbe sicuramente aspettato di trovare la persona giusta con cui lasciarsi andare, ma il fatto che non avesse provato assolutamente nulla la fece rimanere con l’amaro in bocca a chiedersi se fosse veramente tutta lì, l’esperienza di cui tutti parlavano.
In Sala Grande era presa da queste e altre considerazioni, fin troppo distratta per cenare. Josephine chiacchierava animatamente con le sue amiche Corvonero al loro tavolo. Scorpius e Albus come al solito inseparabili, erano seduti vicini e si stavano riempiendo il piatto con l’ennesima portata.
Dopo cena, Lily si apprestò salire le scale per raggiungere il suo dormitorio. Una volta sul letto attese che gli altri andassero a dormire, poi, ancora vestita, uscì dalla sala comune e riprese in fretta le scale diretta al dormitorio Serpeverde nei sotterranei. Aveva lasciato il mantello sul letto, convinta che non gli sarebbe servito. Non aveva nemmeno pensato a rubare il mantello dell’invisibilità che suo padre aveva dato a James convinto erroneamente che tra i tre fosse lui quello più responsabile. Quella sera Lily non aveva niente da nascondere e in ogni caso sarebbe riuscita tranquillamente ad evitare che le venissero sottratti punti dalla coppa delle case grazie alla sua innata parlantina. La ragazzina non aveva paura di niente, né si guardava mai indietro a vedere quanto effettivamente fosse lontana dalla sua Casa. I sotterranei le erano sempre piaciuti, le infondevano una strana calma, forse aiutata dall’oscurità. Era come immergersi in acque profonde e in effetti era un po’ quello che stava facendo. La sala comune si estendeva infatti lungo una parte del lago nero e dalle finestre dei dormitori si potevano vedere le sue profondità, dominate da creature fantastiche che nuotavano tranquille e indisturbate. Per questo c’era sempre una luce smeraldina che rendeva l’atmosfera ancora più magica. 
Riuscì ad entrare pronunciando la parola d’ordine, che conosceva a memoria. Albus parlava nel sonno e quando erano di nuovo insieme a casa Potter, Lily entrava sempre di nascosto in camera sua a fargli qualche scherzo di cui lui si sarebbe accorto solo il giorno seguente. Durante quelle missioni notturne la ragazza coglieva sempre qualche dettaglio interessante sulla sua vita che il fratello non avrebbe mai rivelato alla luce del sole e tra questi, un giorno pronunciò anche la parola d’ordine. 
La piccola Grifondoro entrò nella sala comune. Il fuoco che scoppiettava nel caminetto era l’unico rumore udibile, insieme a quello dell’acqua del lago che si abbatteva sulle finestre. Lily stentò a credere che fossero sul serio tutti a letto a quell’ora. Non erano neanche le undici. 
Scorpius fece il suo ingresso in sala comune uscendo dalla sua stanza. Stava finendo di abbottonarsi una camicia azzurra ma si fermò di colpò non appena la vide seduta sul divano in pelle, accanto al fuoco.
“Lily!”, esclamò. “Ti sei persa?”, continuò poi mellifluo, un vago sorriso sulle labbra.
“No, volevo chiederti una cosa”.
“A quest’ora?”, Scorpius si appoggiò con entrambe le mani allo schienale del divano di fronte a quello su cui era seduta lei. “Stavo per uscire”. Il ragazzo sorvolò sul fatto che fosse riuscita ad entrare con la loro parola d’ordine che, teoricamente, nessuno oltre ai Serpeverde avrebbe dovuto conoscere.
“Non ti toglierò molto tempo”, mentre gli rispondeva si alzò e lo raggiunse dietro al divano. La camicia era rimasta parzialmente sbottonata e con quella luce verdastra dell’acqua riflessa dalle finestre la pelle del ragazzo sembrava ancora più diafana. Gli occhi verdi erano dello stesso colore dell’acqua del lago e Lily si sentì annegare due volte.
“Quindi...” la incalzò lui bonariamente in attesa che lei parlasse.
Lily sospirò e poi si decise a parlare. O meglio, mentire.
“Volevo chiederti un favore”, disse tutto d’un fiato, non staccando gli occhi da lui. 
“Ti ascolto”, intanto riprese ad abbottonarsi la camicia con naturalezza. Sembrava del tutto estraneo al fatto che Lily lo avesse colto in quel momento così intimo.  
“Ecco, vedi…dovrei uscire con un ragazzo tra qualche giorno, solo che non ho assolutamente idea di come funzionino queste cose, infondo ho solo quindici anni”.
Scorpius corrucciò le sopracciglia divertito. 
“Che cosa mi stai chiedendo esattamente, Lily?”, sempre fin troppo composto, a tradirlo c’era solo quel sorriso pieno. 
“Beh, mi chiedevo se tu potessi darmi un bacio, solo per non essere impreparata per quando succederà”.
Scorpius rise sommessamente e sgranò gli occhi di fronte a quella richiesta. Lily sorrideva impertinente, ma non si era minimamente scomposta. Teneva le mani dietro la schiena, la camicetta bianca con quella luce smeralda sembrava quasi trasparente, i capelli scendevano selvaggi lungo la schiena. Il loro fuoco era forse più caldo di quello che danzava nel caminetto. Scorpius aveva le mani appoggiate in vita. La sua robustezza riusciva comunque a risultare delicata, composta, non c’era nessuna sbavatura nel suo look e nella sua essenza che lo sporcasse un po’. 
“Vuoi che io ti baci?”
“Si. Tutta accademia, ovviamente. Non voglio fare la figura di una sprovveduta”.
“Chi sarebbe il ragazzo con cui devi uscire?”
“Hey, non posso di certo dirtelo prima che io ci sia uscita”, continuava a sorridere, mentre si arrotolava una ciocca di capelli tra le dita. 
“E perché no?”
“Perché altrimenti non riuscirei più ad uscirci”. Se probabilmente suo fratello fosse venuto a saperlo avrebbe escogitato qualche trucchetto da schifoso Serpeverde che le avrebbe impedito di uscire. Ciò che premeva Lily però era capire se l’idea che lei uscisse con qualcuno avrebbe fatto ingelosire lui.
“Tuo fratello non approverebbe?”, Scorpius però era inscalfibile e impenetrabile. Le stava implicitamente chiedendo se fosse il caso che avvisasse Albus dell’evento. Sembrava non gli fosse minimamente passata per la testa la possibilità di essere geloso.
“È nella legge dei fratelli, non approvare questo genere di cose”, sentenziò saggiamente lei.
“Allora dimmi perché dovrei fare una cosa che lui sicuramente non approverebbe”, nel dire questo mise le braccia conserte sull’addome. Gli occhi verdi le sorridevano e la scrutavano insieme. 
Contraddittorio.
“Non dobbiamo mica dirglielo”, fece un passo verso di lui.
Scorpius si morse il labbro, dubbioso.
“Andiamo, non vorrai farmi fare una pessima figura che probabilmente finirà con il macchiarmi per sempre! Non potrò più uscire con nessuno, sarò la sfigata di turno che non sa nemmeno dare un bacio”. Iniziò a metterla sul plateale e Scorpius rise.
“D’accordo”, decretò alla fine lui, con fare arrendevole. “Ma solo perché così la smetti di dire sciocchezze”. Lily sorrise a quella risposta, quasi incredula che fosse riuscita nel suo intento. L’idea che lui le avesse confermato che non sarebbe mai rimasta sola, che quelle congetture fossero davvero sciocchezze la fece avvampare.
“Devo ancora baciarti e stai già arrossendo.” Constatò il ragazzo facendo un passo verso di lei e annullando la già precaria distanza. 
Lily non abbassò lo sguardo, al contrario, lo sostenne con quella sfrontatezza tipica del suo carattere grintoso, che non si tirava indietro di fronte alle sfide, nemmeno quella che riguardava il ragazzo intorno al quale orbitavano le sue più recondite fantasie.
Lei non gli rispose perché non sapeva cosa dirgli di fronte a quella verità che l’aveva smascherata parzialmente. 
Scorpius però non infierì ulteriormente, batté lentamente gli occhi e le prese il viso tra le mani.
Lily chiuse automaticamente gli occhi, mentre lui iniziava a piegarsi su di lei, un gesto che lo fece sorridere sul suo viso. Lei avvertì il suo respiro addosso. 
Il baciò che seguì fu lento. Dopo le ultime parole di Scorpius la sala comune era sprofondata di nuovo in quel silenzio tra il fuoco del camino e il rumore dolce dell’acqua sulle finestre. Le labbra di Lily combaciavano perfette con le sue, fino a che lui non le schiuse per approfondire l’esplorazione. Lily appoggiò le mani sul petto, le braccia erano strette in una morsa piacevolissima, per via di quelle di lui che definivano i contorni dei loro corpi avvinghiati. Le mani non si erano mosse dal suo viso e le fronti combaciavano perfette perché il ragazzo si era ulteriormente inclinato verso di lei che si sosteneva sulle punte e riversava lo sforzo sul suo petto. Un bacio lentissimo ma carico di una tensione a cui ogni fibra del loro corpo fu sottoposta per impedire di sbilanciarsi, di perdersi.
Lily gli morse delicatamente un labbro e in tutta risposta Scorpius iniziò a toccarla con la lingua, prima trattenuta per paura di esagerare, ma con Lily l’esagerazione aveva tutta una sua ragion d’essere che lui stava capendo solo in quel momento. Tutto di lei era esagerato, era al di là di qualsiasi costruzione logica. 
Scoprì che Lily sapeva di cannella.
Lei iniziò a seguirlo e aprì di più la bocca per non ostacolarlo in alcun modo. Scorpius però la metteva a dura prova con la sua lentezza esasperante. Più i suoi movimenti erano lenti e più le si imprimevano addosso senza darle possibilità di staccarsi e prendere fiato. 
Fu lui però a imporle una distanza. Si allontanò altrettanto lentamente, facendo scivolare le mani lascivamente lungo il collo per poi ritrarle definitivamente. 
Gli occhi lucidi di Lily intonavano una voglia inespressa e senza voce; la bocca arrossata era ancora umida. Lui la guardava serio, le labbra socchiuse e il petto che si alzava e si abbassava scandendo un ritmo regolare, in cui non si leggeva alcun segno dell’agitazione che stava invece vivendo lei nel suo cuore.
“Adesso devo andare”, le disse tranquillo lui, rompendo quel silenzio in cui si erano cullati per un tempo indefinito.
“Te l’ho detto che non ci sarebbe voluto troppo tempo”, gli rispose con un sorriso fugace. Si era già voltata in direzione dell’uscita, lui le camminava dietro. 
Una volta fuori dalla sala comune arrivarono al piano terra. Era deserto.
“Beh, allora divertiti alla festa”, Lily non smetteva di sorridere. Si morse il labbro inferiore.
“Lo farò”, rispose lui, lei era già di spalle. 
Ma prima che lui proseguisse verso l’uscita del castello lei si voltò di nuovo.
“Come sono andata?” gli chiese curiosa.
Scorpius si voltò e ridacchiò dolcemente, poi rimase alcuni secondi a guardarla torturarsi il labbro inferiore.
“Mordi un po’ troppo, magari a qualcuno potrebbe non piacere”, le rispose sinceramente lui. Il sorriso sornione stavolta era aperto, lo sguardo languido e giocoso come non l’aveva mai visto. Era bello.
Lily non fu minimamente toccata da quell’accusa dolce, anzi, ne fu eccitata se possibile ancora di più.
“A te piace?”, gli chiese senza troppi giri di parole. Era una domanda semplice e altrettanto accurata nella scelta del verbo al tempo presente. Lily non viveva mai nel passato, cercava strenuamente di godersi momento per momento. E voleva che il suo tempo con Scorpius nascesse e si perpetuasse in un presente infinito, quello che c’era stato doveva per forza ripetersi, non aveva senso parlare di passato.
Scorpius rimase spiazzato da quella domanda, ma era bravo a dissimulare le sue emozioni. E comunque, ne fu spiazzato in modo piacevole.
“Mi piace”.
Lily sorrise, lui sospirò. “Non sarà meglio che tu vada?” le chiese poi, provocandola ulteriormente.
Lily rise. “Decisamente no”, ultimò. Infine, sospirò e cominciò a salire le scale.
“Non pensarmi troppo!” alzò poco la voce affinché lui potesse sentire.
L’eco della sua risata le arrivò dritta al cuore.
 
 

 
Scorpius però ci pensò il giorno dopo a colazione. Gli capitò di buttare un occhio distratto al tavolo dei Grifondoro dove lei era seduta e sorseggiava un thè in tranquillità. A lezione di pozioni il compito del giorno consisteva nel ricreare la perfetta dose di un filtro d’amore. Un professor Lumacorno ormai ingobbito dal peso della vecchiaia spiegò alla classe l’effetto devastante di quella pozioncina e si assicurò che al termine della lezione ogni studente rompesse la sua fialetta, così che non avrebbero portato scompiglio nella scuola con il serio rischio di ammazzare qualcuno. Malcom Greene era al tavolo di lavoro accanto a quello di Scorpius, il quale non poté fare a meno di sentirlo parlare con un suo compagno Corvonero.
“Te lo dico io, questa sera ci riprovo, poi ti farò sapere”.
“Si, come no, non riusciresti a scopartela di nuovo neanche con quel filtro d’amore”.
“Questo lo dici tu, a proposito, tu che senti?”, domandò Malcom al suo amico, il quale allungò il naso sulla sua pozione.
“Cioccolato, tu?”
“Cannella”.
Scorpius sgranò gli occhi e sollevò lo sguardo su di lui. Non gli ci volle molto per capire che quel tizio stava proprio parlando di Lily. La cannella l’aveva sentita, assaporata anche lui la sera prima durante quel bacio. 
“Questa cosa dei filtri d’amore mi sembra una grande stronzata. Tu cosa senti?”, gli chiese Albus mentre mescolava sapientemente il suo calderone. Scorpius non gli rispose, ancora concentrato a rimettere insieme i pezzi di quel che era accaduto. Possibile che Lily lo avesse fregato?
“Io sento ciliegie, tu?”, riprese Albus, cercando di capire quando aveva sentito o mangiato ciliegie l’ultima volta. 
Scorpius si schiarì la voce, poi annusò il composto che aveva davanti agli occhi. 
Si, Lily lo aveva davvero fregato.
“Cannella”, ammise con disappunto.
 
 
 
Lily era in biblioteca insieme a suo cugino Louis Weasley. L’esame di trasfigurazione era imminente e lei aveva perso fin troppo tempo ad allenarsi a Quidditch invece che studiare. Scorpius Malfoy entrò in biblioteca sbattendo non troppo delicatamente la porta dell’entrata. Stava per inciampare su una rana che uno studente suo proprietario cercava disperatamente di catturare. 
Lily fu distratta da quel trambusto e non appena ne capì l’origine si voltò immediatamente sul suo libro e lo alzò sul viso, sperando di nascondervisi dietro.
“Hai un minuto?” 
Scorpius si appoggiò al tavolo, cogliendola in fragrante. Lily abbassò il libro lentamente.
“Ho tutta una vita, spero”, rispose lei ridacchiando e toccandosi il petto come per sperare di avere una vita ultracentenaria. Louis accanto a lei sghignazzò. 
Scorpius respirò spazientito e cercò di intimarla con lo sguardo a seguirlo.
Raggiunsero la sezione di pozioni, chissà perché sempre disabitata. Sembrava la sezione giusta per un interrogatorio o per una scappatella amorosa. Lily però in quel momento non riusciva a indovinare quale le sarebbe toccata tra le due possibilità.
“Perché mi hai mentito?” 
Se c’era una cosa che di Scorpius l’attirava era il fatto che sapeva sempre centrare il punto in qualsiasi situazione e che si perdeva poco in chiacchiere superflue. Solo che non avrebbe mai immaginato che un giorno quella schiettezza sarebbe stata rivolta proprio a lei e che l’avrebbe messa alle strette. Dire alle strette poi, era effettivamente pertinente, dato che era compressa tra uno scaffale pieno di libri polverosi e il corpo di lui. Il ragazzo aveva appoggiato un braccio allo scaffale per impedire che lei si dileguasse.
“Ma di che stai parlando?”
“Non fare finta di non aver capito. Sai bene di cosa parlo. Ma quello che mi chiedo è perché”.
“Guarda che non so davvero di cosa tu stia parlando”, continuò lei. Ostinata, come tutti i Grifondoro. Ostinato però lo era anche lui e non proprio come un Grifondoro, più precisamente come Hermione Granger.
“D’accordo, allora ti illuminerò io. Non sei vergine, ciò mi fa supporre che qualche bacio tu lo abbia dato, però mi hai detto che non lo avevi mai fatto. Perché?”
nessun tremore nella sua voce.
Lily a quel punto fu davvero messa alle strette.
“Chi te lo ha detto?”
“Greene non faceva altro che parlarne a lezione”. Era la verità, ma il ragazzo tralasciò il dettaglio che glielo fece capire.
Lily sospirò e distolse lo sguardo, che fino a un momento prima indugiava sul suo viso, alternandosi tra gli occhi e la bocca. Specie sulla bocca.
“D’accordo, è stata solo una bugia bianca”.
“Dimmi perché”.
Lily fece l’ennesimo respiro profondo. Salvo quel piccolo particolare odiava dire bugie, non portavano a niente. Solo questa invece stranamente la portò a qualche passo in avanti. Innanzitutto, Scorpius Malfoy si era accorto della sua esistenza e se n’era accorto in un modo diverso, più intimo, rispetto a chi se ne accorgeva passando distrattamente per i corridoi. 
“Perché mi piaci”, disse semplicemente. 
Scorpius batté velocemente gli occhi, visibilmente sorpreso. Ma non disse nulla, così Lily continuò.
“E l’unico modo che avevo per farti notare della mia esistenza era questo”, la voce la tradì un po’. Solo in quel momento, parlandogli chiaramente e ad alta voce, Lily realizzò ciò che gli aveva detto. Quell’esposizione la fece tornare seria, il sorriso impertinente che aveva perennemente stampato sulla faccia sembrava non esserle mai appartenuto.
“Ma io so che esisti”, le disse lui. Abbassò la voce, non c’era più traccia del tono vagamente accusatorio di poco prima. Il volto si era addolcito. Scorpius aveva davanti una Lily diversa, più insicura, spogliata da tutte quelle strutture che si cuciva addosso di solito.
“Se per esistenza intendi la mia identità di sorella del tuo migliore amico non conta. Io esisto anche in un altro senso. Non sono solo questo, non sai chi sono davvero, al di là di quella definizione”.
Scorpius non si aspettava quella dichiarazione aperta. Tolse la mano dallo scaffale e si appoggiò con la schiena a quello opposto, mettendosi di fronte a lei a braccia conserte.
Non sapeva cosa dire perché la ragazza davanti a lui aveva effettivamente detto come stavano le cose. Per lui non era mai stata nient’altro che la sorella di Albus, il che la rendeva un po’ come una sorella acquisita, dal momento che l’aveva vista praticamente in fasce. E sapeva bene che al di là di quello c’era ben altro, ma si era sempre detto che non stava a lui scoprirlo. Per lui non doveva esistere altro paradigma che quello.
“Tu non mi conosci, e quel che è peggio è che pensi di sì ma non sai niente e mai te ne importerà”. 
Doveva andare via da lì, sentiva quella sensazione pungente dietro gli occhi che era sicura l’avrebbe fatta esplodere in un pianto.
“Lily…”, Scorpius stava per parlare ma lei si voltò e si allontanò frettolosamente.
Lui la guardò andarsene, poi sospirò e appoggiò la testa allo scaffale.
 
 
 
Passarono due settimane. Lily spendeva il suo tempo tra gli allenamenti di Quidditch e qualche lezione privata di Josephine per recuperare in alcune materie che aveva lasciato indietro perché “tanto Pozioni non sarà di certo la mia vita”, le diceva. Josephine invece era molto più ligia al dovere della sua compagna e si faceva sempre trovare disponibile qualora le fosse servito aiuto durante gli esami. A volte facevano delle passeggiate spingendosi fino alle guferie per spedire ai loro genitori le novità, poi passavano alcune sere con amici comuni a bighellonare ad Hogsmeade. Di Scorpius, non ne parlarono più. Jo rimase sconvolta alla notizia del bacio e seppure l’idea che Lily avesse baciato suo fratello (“ma con la lingua?”, “certo, mica abbiamo due anni”, “ewww”), le faceva un po’ schifo si mostrò affettuosa nei confronti di Lily, e anche un po’ triste per come era finita.
Cercava di tirarla su in ogni modo, evidenziandole le mancate qualità di Scorpius nella vità quotidiana sperando di farle cambiare idea sul suo conto, ma non faceva altro che aggravare quello strano senso di nostalgia che le si era attaccato addosso e che non si decideva ad andar via.
Scorpius le mancava già e nemmeno lo aveva mai avuto.
Però cercò di spedire quel groppo in gola in un angolo buio della sua anima e provò a concentrarsi su altre prospettive. Per fortuna il Torneo Tre Maghi di quell’anno la distraeva un po’. Fortunatamente Scorpius anche se diciassettenne non aveva voluto partecipare, altrimenti quella per lei sarebbe stata l’ennesima fonte d’ansia e preoccupazione per un ragazzo che nemmeno la voleva come lei voleva lui.
Di Malcom non ne voleva più sapere, lui aveva smesso di insistere e aveva cominciato ad ignorarla nei corridoi. Josephine non aveva idea che fosse così insistente e melodrammatico, altrimenti non glielo avrebbe mai presentato. 
Scorpius invece passò quelle due settimane in totale apatia. Albus aveva già capito ci fosse qualcosa che non andava ma lui si rifiutava categoricamente di parlargli di quello che lo tormentava. Albus sarebbe stato l’ultimo a capire, e questo non solo perché si trattava di sua sorella, ma anche perché Scorpius era il primo a non aver capito nulla. E questo da molto tempo prima che lei gli dicesse quella bugia solo per riuscire a baciarlo. 
Con la verità svelata, quel suo tentativo gli parve ancora più dolce e struggente di quello che realmente era stato. Iniziò a sbirciare cosa combinava guardandola dal suo tavolo in Sala Grande, o per i corridoi, ripensando poi a lezione al modo in cui aveva acconciato i capelli. La curiosità lo stava tormentando ed era sicuro che prima o poi ci sarebbe rimasto secco. Voleva parlarle, sapere con chi stesse uscendo, cosa faceva nel tempo libero con i suoi amici, che libri stava leggendo, desiderava prenderla in giro e provocarla, come aveva sempre fatto da quando la conosceva, inconsapevole della bella e spigliata ragazza che era diventata. Nell’ultima partita di Quidditch lei lo aveva evitato. Non si erano fermati come al solito da qualche parte ad aspettare che il boccino comparisse. Lei lo prese ad un’ora dall’inizio della partita, soffiandoglielo praticamente davanti al naso e per tutta la durata della partita non lo considerò minimamente.
Era stanco di quei silenzi e di quel disagio, che a quanto sembrava provava solo lui. Voleva che tutto tornasse come prima, ma voleva anche che si muovesse qualcosa. 
Contraddittorio.
“Al diavolo”, esclamò steso sul letto. Scorpius era a conoscenza delle sue contraddizioni ma non voleva metterle a freno, non quel giorno.
Aspettò che tutti ritornassero nei dormitori, poi uscì dalla sala comune e fece le scale diretto verso la torre più alta dove risiedevano i Grifondoro.
La Signora Grassa era in uno stato di dormiveglia e cominciò ad inveire contro di lui incolpandolo di averla svegliata e scambiandolo temporaneamente per suo padre.
“Signor Malfoy ancora qui? Perché non chiede direttamente al cappello parlante di rismistarlo in Grifondoro se ci tiene così tanto?”
Scorpius decise di sorvolare su quella domanda, consapevole che quel quadro stesse parlando di ricordi che non gli appartenevano e che lo imbarazzarono un po’ nel sentirli rievocati.
“Signora, non sono Draco”.
“Oh, ma certo, scusami caro, che sciocca”, rispose lei dopo aver strizzato gli occhi cercando di mettere a fuoco la sua figura.
“Allora mi fa entrare?” chiese poi lui, cercando di imbrogliarla in pieno spirito Serpeverde.
“Mi dispiace, le regole sono regole”, sentenziò lei mentre si sistemava l’acconciatura.
Il ragazzo sbuffò e si sedette sulle scale, sperando che qualche Grifondoro si sarebbe fatto vivo prima o poi.
Solo che per una buona mezz’ora non arrivò nessuno, fino a che non distinse alcune risate provenire dalle scale. 
Lily aveva raggiunto il settimo piano insieme ad una sua amica di cui lui, appunto, non si era mai accorto.
“Scorp”, disse lei sorpresa.
La ragazza accanto a lei arrossì nel vederlo e ridacchiò nervosa.
“Che ci fai qui?”
“Volevo parlarti”.
Visto che le due ragazze non si mossero, lui precisò “Da soli”.
L’amica ridacchiò di nuovo e “Oh, si tanto stavo per rientrare, ci vediamo dopo Lu”.
Lei la guardò e annuì frettolosamente, cercando di sorvolare sullo sguardo eccitato dell’amica.
“Che cosa vuoi?”, il nervosismo trapelava dalla sua voce tremante. Non si aspettava di vederlo lì, specie perché aveva fatto di tutto per evitarlo e si era quasi convinta che ci sarebbe riuscita.
“Vorrei che tornasse tutto come prima, che tornassimo ad essere amici”.
Lily fece un sorriso amaro.
“Non siamo mai stati amici. Sei sempre e solo stato il migliore amico di mio fratello”.
Scorpius sospirò, si morse un labbro e poi continuò.
“Hai ragione. E questo non è quello che voglio”, fece un passo in avanti. Lei rimase immobile.
“E cosa vuoi?”
“Vuoi la verità o una bugia?”, le sorrise sornione sperando che lei cogliesse quella piccola stoccata.
“Preferirei davvero una bugia ma tu non sai mentire”.
“È vero. La verità è che voglio che tu mi insegni”.
Lily corrucciò le sopracciglia e rise imbarazzata.
“Cosa? Che vuoi dire?”
“Era solo un bacio quello che volevi da me?”, le rispose con un’altra domanda. Ma Lily sapeva perfettamente, al contrario di lui, ciò che lei voleva. E non le costava rispondere sinceramente.
“Avrei voluto il bacio, quello che viene dopo e quello che c’è nel mezzo”. Rispose calma, la voce sicura, gli occhi su di lui altrettanto.
Scorpius la guardò con una lussuria che lei non gli aveva mai visto in volto. 
“Beh, allora voglio che tu mi insegni”.
Lily rise, vagamente nervosa sia per via del suo sguardo che non lasciava niente all’immaginazione, sia per quella stupida affermazione.
“Non hai bisogno che ti insegni, stando a quanto si dice in giro”.
La sua risposta le arrivò con una naturalezza che le fece tremare le gambe. 
“Voglio che tu mi insegni a vederti nel modo in cui vuoi che io ti veda”.
 
 
 
La lezione numero uno fu che Lily Luna Potter, nonostante la sua aria spavalda e sicura, sotto sotto era ancora una giovane alle prime armi e che di fronte alla reale possibilità di avere uno come Scorpius si era praticamente sciolta come un ghiacciolo al sole. La sera in cui lui fece chiarezza sui suoi propositi poco casti, non fecero comunque nulla. Si salutarono come chi si saluta a seguito di un accordo formale, senza indugiare troppo sul da farsi. La ragazza scomparve dietro al quadro della Signora Grassa e lui fece le scale in fretta e furia per tornare nel suo dormitorio e cullarsi con la luce cristallina dell’acqua che si infrangeva sulle finestre. Quella sera il suo cuore vagamente scosso da quella nuova e del tutto inesplorata sensazione adrenalinica combaciava con la furia di quelle acque agitate. Era sicuro che la sua curiosità lo avrebbe prima o poi ucciso. 
Il giorno dopo la sala comune dei Serpeverde si sarebbe svuotata per via di un party organizzato dai Tassorosso, al quale tutte le case erano invitate. Lily sgattaiolò fuori dal dormitorio propinando a Jo una scusa che lei scelse di farsi andare bene. L’amica non indagò oltre e la coprì quando le altre della sua casa le chiesero che fine avesse fatto. Andarono al party senza di lei. Come la sera del loro primo bacio, Lily raggiunse la sua sala comune e questa volta Scorpius era esattamente dietro l’entrata ad aspettarla. Indossava ancora la camicia della divisa e i pantaloni grigi scuro. Non indossava le scarpe però, e quel dettaglio la fece sorridere. Lily si presentò esattamente come lui l’aveva osservata tutto il giorno. I capelli raccolti in una treccia morbida, la gonna della divisa che lei stessa era riuscita ad accorciare con un incantesimo, le parigine nere sollevate fino alle ginocchia e la camicia bianca attillata e alzata sui gomiti. Lo stemma dei Grifondoro sul petto. Lei però, del coraggio innato dei Grifondoro quella sera non aveva nulla. Si accomodarono sui due divani disposti uno di fronte all’altro. Scorpius aveva allargato entrambe le braccia sullo schienale, le gambe leggermente divaricate. Lily se ne stava dritta ed elegante senza toccare lo schienale, le mani intrecciate che si torturavano a vicenda. Rimasero a guardarsi per un momento che sembrava infinito, un perenne presente di cui Lily si sarebbe nutrita senza desiderare nient’altro. Scorpius però desiderava altro eccome, e nel suo sguardo non c’era nessuna maschera a nascondere quel suo desiderio irruento, quella curiosità che aveva tenuto sepolta per tutto quel tempo e che adesso stava letteralmente eruttando dalle sue guance arrossate, dagli occhi lucidi di lussuria, dal respiro profondo. 
“Ho dimenticato il quaderno degli appunti”. Lui ruppe il ghiaccio con quella battuta maliziosa che la obbligò a distogliere lo sguardo da lui e sorridere imbarazzata. Solo in quel momento Lily, che credeva fino a quel momento di avere il coltello dalla parte del manico e che fosse lui quello a non sapere come si giocava, realizzò di essere davvero una sprovveduta e una povera illusa convinta di avere il controllo delle situazioni e di sé stessa.
“Che cosa stai aspettando?”, gli chiese lei, cercando di ignorare il bruciore sulle guance esploso con la sua affermazione.
“Sto aspettando te”.
Scorpius voleva sul serio imparare a conoscerla. Voleva che fosse lei ad avere le battute iniziali solo per capire come si muoveva, come agiva in un contesto del tutto fuori dalle definizioni che si erano imposti. Voleva che fosse libera di essere quello che voleva essere, senza vincoli né pregiudizi, né costrizioni da parte sua. La seconda lezione fu che Lily Luna Potter era sé stessa quando volteggiava libera nei cieli di Hogwarts e ugualmente libera e sé stessa ora che si era alzata e avanzava verso di lui con lo stesso sguardo che aveva quando stava per afferrare il boccino d’oro. 
Lui non si mosse, la osservava avanzare verso di lui con le braccia lungo i fianchi e qualche ciocca di capelli che le era sfuggita dalla treccia. Gli occhi azzurri in tempesta. 
La ragazza aprì le gambe e si sedette su di lui, che non stava aspettando nient’altro.  La circondò subito con le braccia, passando le dita sulla schiena e facendo una leggera pressione. Lily avvolse le mani tra i suoi capelli folti e lo baciò con più foga rispetto all’ultima volta. Le lingue si incontrarono subito e si intrecciarono lascivamente mentre i fianchi di lei iniziarono a muoversi avanti e indietro su di lui come le onde facevano sulle vetrate. Scorpius emise un gemito sulla sua bocca e poi si sollevò tenendola in braccio. La sala grande seppur deserta era comunque molto rischiosa perciò si avviò per le scale a chiocciola che portavano al suo dormitorio. Fu solo in quel momento che Lily toccò nuovamente terra. Il ragazzo chiuse la porta a chiave con la bacchetta e poi la lasciò su un comodino li vicino, prima di tornare a lei. Lily nel frattempo aveva dato un’occhiata veloce alla stanza ma non aveva fatto caso a niente in particolare perché il ragazzo fu su di lei in pochi istanti. Si baciavano possessivamente, famelici di scoprire di più dell’altro e di loro stessi.
La prima lezione di Lily fu che Scorpius era nell’intimità tutto ciò che non era alla luce del sole. Sotto quelle ciglia spesse e quegli occhi dolci nascondeva uno spirito di iniziativa degno di un Grifondoro. La lasciava senza fiato, era famelico e insaziabile, capace di accendere anche gli angoli più bui e nascosti di lei.
La ragazza si appoggiò alla parete vicino al letto e gemette quando lo sentì abbandonare le sue labbra e inginocchiarsi di fronte a lei. 
Nessuno dei due parlò più dopo quello scambio malizioso di poco prima. Scorpius si inginocchiò e non allontanò lo sguardo dai suoi occhi nemmeno un secondo, mentre procedeva ad abbassare entrambe le sue parigine nere con la calma di chi sa che ha in pugno la preda. I ruoli si scambiavano continuamente, prima lo aveva assalito lei azzerando le distanze, adesso era il suo turno e se lo stava godendo tutto mentre passava le mani e poi la lingua sulla porzione di gambe ormai nuda. Arrivò alla gonna a pieghe; le sue mani si intrufolarono all’interno e le sfilarono l’intimo. La terza lezione di Scorpius fu che Lily seppur non più vergine sembrava del tutto disabituata a quel genere di cose. Il rossore e il respiro irregolare causati da come repentinamente si era inginocchiato e aveva iniziato a toccarla gli aveva lasciato intendere che quel tipo non l’aveva toccata come stava facendo lui. Scorpius era ancora ignaro della sua importanza agli occhi di Lily. La differenza poteva capirla solo lei, che adesso aveva buttato la testa indietro e cercava disperatamente un appiglio a cui reggersi. Scorpius ripercorse la lunghezza delle sue gambe e solo allora sollevò la gonna e iniziò ad esplorare quelle profondità sconosciute. Scorpius la stava baciando allo stesso modo in cui l’aveva baciata la prima volta, assaggiando ogni dettaglio di lei con la lingua con una lentezza che lei trovò esasperante e piacevolissima.
Non l’aveva mai fatto nessuno prima, con quel Greene non era stato così. Fu tutto più meccanico, senza troppo coinvolgimento, senza alcuna voglia di esplorare un piacere più intenso. 
Lily nel frattempo riuscì in uno sprazzo di lucidità a slacciarsi la camicetta. Non poteva negare a sé stessa, e nemmeno a lui, che la scelta di non indossare il reggiseno non fu casuale. 
Fu solo dopo che lei lo implorò di smetterla, che Scorpius si sollevò. Lily lo voleva in un altro modo, nel modo più intimo possibile. Scorpius nel rialzarsi rincontrò i suoi occhi ma lungo la scia di quel corpo levigato indugiò sul seno, che strinse e leccò lasciandovi i segni umidi dei suoi morsi leggeri.  
Lily poi gli bloccò le mani e continuò a spogliarlo lei. Lui si lasciò andare sul letto e ancora una volta lei gli fu sopra. Era rimasta con la gonna ma nessuno dei due ci fece troppo caso, troppo presi dal toccarsi e assaggiarsi. Lily gli passò le unghie dietro la schiena e gli morse le spalle e il collo. Scorpius respirava pesantemente e gemeva di quel dolore misto a piacere che era sicuro lo avrebbe fatto impazzire.
La sua quarta lezione fu che stare con lei lì, non era per niente sbagliato. 
Si sdraiò completamente e fu solo in quel momento che Lily si sistemò sopra di lui così da farlo entrare in lei. 
La ragazza riprese quel movimento ondulatorio avanti e indietro che aveva iniziato poco prima sul divano. La stanza si riempì dei loro respiri, dei loro gemiti e morsi. Scorpius si sollevò avvicinandosi a lei e riprese a baciarla con passione, Lily gli morse le labbra perché aveva imparato gli piacesse e lui sorrise sulla sua bocca perché si ricordò di quel dettaglio.
Si abbandonarono poco dopo l’uno sull’altra. Scorpius si era messo sopra di lei perché lei gli aveva detto che così lo voleva e lui le aveva detto che avrebbe imparato a farsi volere esattamente come lei chiedeva. Si persero entrambi in un groviglio di pelle e ossa e rimasero ad ansimare per qualche minuto, guardandosi per la prima volta in modo diverso.
“Finalmente ti vedo”, le disse lui e Lily si ricordò di quel giorno in cui provò le lenti la prima volta.
“Sempre stata qui”, gli rispose lei con le sue stesse parole. 
Gli sorrise sul petto e poi si lasciarono cullare dal ritmo dei loro respiri tornati regolari, dal suono dolce del lago nero. 

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Capitolo 2
*** Soft Boy ***


Bentrovate! Vi avevo detto che questo capitolo sarebbe stato l'ultimo, in realtà ho preferito spezzarlo e farne un terzo affinché la lettura di questo capitolo non sia troppo pesante e piena di informazioni. Spero vi piaccia! 
A presto.
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Soft Boy
 
 
Goddamn, man-child
You fucked me so good that I almost said "I love you"
You're fun and you’re wild
But you don't know the half of the shit that you put me through
 
 
 
 
Josephine Malfoy se ne stava seduta nel vialetto di casa assorta nella lettura di un romanzo babbano. A momenti lei e la sua famiglia si sarebbero diretti dai Potter per la consueta cena di Natale e quello fu il primo anno in cui non ne aveva nessuna voglia. 
Appena scesi dal treno avevano avuto solo modo di passare velocemente a casa e cambiarsi, perché la cena era stata posticipata a quello stesso giorno a causa del viaggio improvviso di Hermione che sarebbe seguito il giorno dopo. Se qualche anno prima Josephine soffriva molto per quelle partenze improvvise impostale dal ministero, ormai si era abituata, anzi chiedeva alla madre con molta curiosità di che creatura magica si stesse occupando al momento. Perciò la sera del venti dicembre se ne stava ad aspettare che il resto della famiglia fosse pronta. La portata principale quella sera sarebbe stata sicuro fatta di fuoco e fiamme. Quasi la divertiva quell’aria tesa che aleggiava fin da quando erano scesi dal treno e i suoi genitori squadrarono Scorpius dall’alto in basso in cerca di una spiegazione plausibile per ciò che gli era successo. E di sicuro l’interrogatorio non sarebbe finito lì, dal momento che suo fratello si rifiutò di parlare con loro. A volte le sembrava che l’unica con un minimo di cervello in quell’improbabile gruppetto Potter-Granger-Malfoy fosse solo lei. 
Indossava un vestito corto di velluto nero con le maniche lunghe che si aprivano ai polsi e dei collant altrettanto neri. I capelli castani scendevano selvaggi lungo la schiena e un filo di matita nera ornava quei suoi penetranti e freddi occhi grigi. Ai piedi indossava un paio di converse che aveva comprato con la madre qualche settimana prima al centro di Londra. Ad ornare il suo viso c’era un orecchino pendente a forma di luna e un chocker nero altrettanto di velluto che le incorniciava il collo sottile. 
Se non fosse stato per i capelli, il fisico snello e longilineo e per la passione smisurata per la conoscenza, la madre non avrebbe mai detto che le assomigliasse in alcun modo. Jo aveva lo sguardo un po’ impertinente e furbo di Draco. Il suo caratterino frizzante poi era una vera maledizione per Scorpius, anche se Draco ed Hermione riuscirono a constatare che con gli anni i due fratelli erano riusciti a trovare un modo di esistere senza calpestarsi i piedi a vicenda. Con il passare degli anni Jo divenne una ragazzina che preferiva osservare piuttosto che parlare a vuoto e sprecare del fiato per questioni che non richiedevano neanche la minima attenzione. Per questo agli occhi di molti era inavvicinabile. Per i corridoi di scuola si era addirittura sparsa la voce che fosse un animagus e che riuscisse a trasformarsi in un serpente in grado di stritolare i poveri malcapitati nelle sue spire e lei si divertiva da morire a sentire quelle voci, non cercava minimamente di metterle a tacere, perché Jo, come sua madre e suo padre prima di lei, era già un passo avanti a tutti, anche oltre le malelingue che nonostante ci provassero sempre, colpa del retaggio della sua parte Malfoy, non riuscivano a confinarla in uno stato di natura diverso da ciò che le era proprio.
“Sei pronta Jo?”, Draco varcò la soglia di casa mentre si infilava una giacca blu scura. 
“Arrivo al punto e ci sono”, le rispose lei con ancora lo sguardo sul libro.
A quasi 44 anni suo padre le sembrava sempre un ragazzino. Non aveva messo su nemmeno un chilo, i capelli biondissimi dissimulavano la presenza di quelli bianchi e il filo di barba tra il biondo e il bianco più che invecchiarlo lo rendeva al passo con i tempi. Hermione gli stava dietro, ed era seguita da Scorpius che procedette a testa bassa verso la macchina. Sua madre era splendida come sempre, il tubino bianco che indossava le evidenziava il corpo tonico e la giacca nera la rendeva se possibile ancora più elegante. I capelli li aveva raccolti in una coda alta e gli orecchini brillanti le illuminavano il volto. Il rumore dei suoi tacchi echeggiò in quella fredda serata invernale. 
Scorpius cambiò solo la sua camicia con una praticamente uguale e si coprì con un maglione blu abbastanza largo, i pantaloni erano dei jeans strappati sul ginocchio. 
Entrando in macchina, Jo capì che quella che le si prospettava davanti sarebbe stata una serata tutt’altro che divertente. Il silenzio era se mai possibile assordante. Entrambi i suoi genitori avevano il volto livido e continuavano ad osservare Scorpius dagli specchietti. 
Lei però, che lo aveva visto salire sul treno in quel modo partendo da Hogwarts, lo aveva praticamente costretto a dirle cosa fosse successo, perciò sapeva già tutto quello che c’era da sapere. Isolarono una cabina per parlare senza che nessuno li infastidisse e lui le spiegò tutto dal principio.
“Sinceramente sono colpita.” Scorpius le gettò addosso uno sguardo truce per la scelta accurata delle parole.
“Non lo credevo capace di una cosa del genere”, continuò lei facendo finta di non accorgersi dello sguardo del fratello.
Scorpius sospirò pesantemente. “Sono un idiota”.
“Su questo non dissentirò”, sentenziò lei.
Arrivarono a casa Potter in meno di quindici minuti. La prima ad entrare fu Hermione, che abbracciò Harry calorosamente e Ginny altrettanto, una volta entrata. Draco ed Harry si scambiarono un segno d’assenso con la testa e poi una leggera pacca sulla spalla.
“Scorp! Cosa hai fatto alla faccia? Stai bene?”
“Se tu ed Hermione riusciste a svelare questo arcano come i bei vecchi tempi ve ne sarei grato”, commentò suo padre. Harry lasciò entrare i ragazzi e chiuse la porta dando una veloce occhiata ad Hermione. Lei lo stava già guardando con il volto apprensivo, in cerca di risposte che però sapeva bene non avrebbe trovato nel suo migliore amico. 
 
 
 
Erano tre mesi che Lily e Scorpius stavano praticamente vivendo una seconda vita. C’era quella di sempre, quella in cui erano entrambi cercatori di due squadre avversarie, quella in cui Scorpius eccelleva in pozioni e in ogni altra materia (ma mai quanto Albus) e quella in cui Lily aveva qualche lezione da recuperare con Jo. I due avevano deciso di non dire nulla a nessuno, ma Lily non riuscì a tenere il segreto troppo a lungo con Josephine. Lei la capiva al volo, non aveva bisogno di starla a scrutare fino a che questa non cedesse, i suoi occhi erano uno specchio di acqua limpida in cui la piccola Malfoy si ritrovava sempre alla fine di quelle perle azzurre. Non c’erano segreti a frapporsi tra loro e di certo Scorpius non poteva diventare il primo. Era contenta per la sua migliore amica ma non riusciva a capire il motivo per cui i due volessero tenere nascosta la cosa. Una sera nella sala comune dei Grifondoro, Jo era accovacciata vicino al caminetto e la luce rossa delle fiamme si rifletteva nei suoi occhi di neve. Lily era seduta sul divanetto rossiccio di fronte a lei, fintamente assorta nella lettura di un romanzo preso in prestito in biblioteca. 
“Lo sai vero, che questo non porterà a nulla di buono?”, Josephine non aveva staccato gli occhi dalle piccole fiammelle che si inseguivano nel camino.
“Che intendi dire?”, Lily aveva ancora gli occhi sul libro.
“Che non capisco perché vi ostiniate a vedervi così, di nascosto, invece che godervi una relazione come farebbero dei normali adolescenti”. Non aveva tutti i torti.
“Perché è divertente”, fu la prima cosa che le venne in mente. Finse un sorriso. 
In realtà la ragione fondamentale era la paura di dover ammettere a tutti, ma soprattutto a loro stessi, che quello che stavano facendo aveva più importanza di quella che gli avevano dato quando era cominciato tutto. 
Si incontravano spesso nella Stanza delle Necessità, tra tutti il luogo forse più sicuro di Hogwarts, e se avevano voglia di provare quel brivido di trasgressione capitava si amassero in biblioteca, nella sezione proibita. Era evidente che entrambi possedessero una vena poetica che invece di consumarsi nei baci silenziosi e soffocati si accendeva ancora di più proprio grazie all’impossibilità, secondo la loro visione, di uscire allo scoperto. 
Scorpius non le aveva ancora parlato delle sue intenzioni, non che lei avesse le idee chiare, comunque. Quella sensazione di forte nostalgia aveva iniziato a presentarsi anche nei momenti in cui lui era con lei e le rimaneva attaccata addosso come un paio di jeans zuppi d’acqua rimangono attaccati alle gambe. Lily Luna aveva sempre avuto l’impressione che Scorpius, non lo avrebbe mai potuto avere del tutto. Quello che c’era nel mezzo dei baci e del sesso, era tutto ciò a cui di più aveva anelato, ma che al tempo stesso iniziava a temere perché si era convinta che da quel mezzo lei ne sarebbe uscita comunque perdente. 
Quello era il suo ultimo anno e il ragazzo non le sembrava avesse delle idee molto chiare sul futuro. Ogni volta che tentava di fargli domande, specie quando se ne stavano abbandonati su un letto o su un pavimento freddo, lui cambiava sempre discorso, spesso facendola sorridere per qualche stupida storiella del giorno o distraendola a suon di baci. Non che a lei dispiacesse poi, rimandare quel discorso. Se avesse potuto lo avrebbe rimandato all’infinito, beandosi nel limbo dell’incoscienza lì con lui. 
“Sai, a volte non bisogna per forza fare gli adulti, specie quando non lo si è”. 
Quello che Josephine le voleva dire era quello che infondo già sapeva. Lei cercava sempre di essere più grande di quello che era, cacciandosi in situazioni poco conformi al suo essere una giovane ragazzina spensierata. Quella storia con Scorpius andava avanti da tre mesi e si erano già complicati la vita rendendo le cose molto più difficili di quanto non lo fossero. 
Ma Lily sapeva altrettanto bene che la paura ingigantisce anche le ombre più piccole, rende complicate e contorte le cose semplici, distorce la verità e stende sulla realtà delle cose un filtro freddo, diverso. Questo lo sapeva anche Josephine, che infatti non si aspettò una risposta.
 
 
 
“Se dovessi scegliere tra il mondo magico e quello dei babbani, quale sceglieresti?”
Scorpius era sdraiato sull’erba alta vicino ad Albus, che invece era appoggiato a un albero con un libro aperto sulle ginocchia secche. 
Avevano deciso di godersi la bella giornata invernale durante quell’ora libera. Erano in pieno dicembre e anche se il sole splendeva alto in cielo, i suoi raggi non riscaldavano poi così tanto. 
I mantelli e i maglioni pesanti erano le uniche cose che contrastavano quel freddo. 
Albus fu distratto da quella strana domanda e sollevò solo per un secondo gli occhi dal libro per guardarlo accigliato. Il biondino aveva entrambe le braccia sollevate e piegate dietro il collo, le gambe incrociate che si muovevano a destra e a sinistra seguendo un ritmo sconosciuto al suo compagno.
“Dipende”, gli rispose infine. Il tono era concentrato. I capelli leggermente ondulati erano cresciuti dall’estate precedente e stando piegato su quelle pagine ingiallite gli scendevano sulla fronte e si muovevano un po’ selvaggi seguendo il vento. 
“Da cosa dipenderebbe?”, Scorpius sorrideva al cielo. Il suo amico riusciva ad appigliarsi a qualsiasi cavillo.
“Beh, se avessi qualcuno dietro la schiena a puntarmi una bacchetta minacciandomi con un Avada Kedavra allora penso proprio che una scelta la farei”.
“Se non ci fosse qualcuno a minacciarti non la faresti?”, Scorpius era divertito dalla fantasia dell’amico, e dal fatto che come il Serpeverde esemplare che era non avrebbe fatto alcuna scelta se non obbligato da forze maggiori che, nelle sue fantasie, cercavano sempre di torcergli qualche capello.
“E perché dovrei? Sono un mago e questo è il mio mondo”. Albus era un po’ contrariato per l’interruzione di Scorpius e il fatto che gli avesse fatto una domanda a suo dire stupida lo irritava ancora di più. 
Per Albus era parlare di ovvietà. Scorpius non parlò più per qualche minuto e lui tornò sul suo libro, che riprese a sfogliare con avidità. 
“Si, ma tuo padre ha passato molto tempo con i babbani, infondo è parte anche di te”. Il biondino lo interruppe nuovamente e Albus sospirò, alzando gli occhi al cielo. Scorpius continuava a fissare un punto indefinito sopra di sé e dalla sua insistenza l’amico capì che voleva sul serio parlare di qualcosa che lo stava turbando. Quindi chiuse il libro e mise tutto sé stesso in quel discorso che prima ascoltava svogliatamente solo da un orecchio. 
“Certo ma allora? Tua madre è nata babbana e adesso è viceministro della magia, direi che la sua scelta l’ha fatta comunque”. 
“Si, credo che tu abbia ragione. Ma non pensi mai che noi possiamo essere qualcosa di diverso da loro? Volere cose diverse?”
“Questo è auspicabile, non credi? Altrimenti io avrei già fallito da un pezzo”.
Scorpius rise di gusto. 
“Hai pensato a cosa fare finita la scuola?”
“Continuerò con le lezioni di pozioni per l’insegnamento. Quella cattedra ha già il mio nome sopra, non credo di voler fare niente di diverso. E tu?”
“Non hai mai pensato come sarebbe continuare a studiare nel mondo dei babbani?”
“Intendi l’università?”
“Esattamente”.
“No, certo che no, non credo mi serva l’università per ottenere la cattedra in Pozioni”. Albus gli rispose seriamente, perché la sua dedizione per quella materia era infinita. 
Scorpius sorrise di cuore e “No, certo che no”, gli rispose. 
Albus osservò l’amico mordersi nervosamente il labbro inferiore. Il suo sguardo si era spento da quando avevano iniziato quella conversazione. Solo che Albus non era molto bravo a sollevare il morale, era piuttosto la confortante spalla su cui piangere con cui era facile lasciare sfogare le emozioni senza turbarne il percorso. Lui aveva sempre creduto fosse infinitamente meglio assecondarle che reprimerle, perché era il modo più veloce per sbarazzarsene e andare avanti. In quel momento però, gli sembrò che Scorpius non desiderava nient’altro che una rassicurazione. 
“Penso solo che se è quello che vuoi fare, non dovresti temere il giudizio dei tuoi, mi sembrano comprensivi”.
“Non è di loro che mi preoccupo”.
“E allora di cosa?”
“Di me stesso.” Scorpius si sollevò con il busto, dandogli le spalle. 
Albus aggrottò le sopracciglia perché non aveva capito dove volesse arrivare.
“Voglio entrambe le cose. Non mi basta una casa a Londra per sentirmi parte del loro mondo. Voglio di più”.
“Beh allora credo che tu abbia già fatto la tua scelta”.
Scorpius inspirò ed espirò profondamente, chiudendo gli occhi di fronte al tempo inclemente d’inverno. Si sentiva come dilaniato ed entrambe le parti di sé stesso lottavano per prevalere sull’altra. Non si era mai vergognato delle origini di sua madre, al contrario aveva fatto crescere le sue radici su quel mondo, che infondo gli era sempre piaciuto. La magia era sbocciata in lui con naturalezza, perché era così che le cose dovevano andare, e da allora era sempre stato orientato ad esplorare quella parte di lui, sopprimendo l’altra. Ma c’era ancora molto che lo affascinava di quel mondo, molte erano le cose che voleva disperatamente imparare. La sua sete di conoscenza non si fermava agli incantesimi e alle pozioni, che comunque aveva imparato senza sforzarsi troppo, forse grazie alla sua preziosa eredità che si muoveva in lui ad ogni respiro. Voleva imparare di più, voleva trovare un equilibrio, un modo di esistere che fosse solo suo, che non seguisse le orme di qualcun altro. Fu solo nel momento in cui Albus gli rispose, che cominciò seriamente a capire che non ci sarebbe stato un modo di evitare la scelta, e che compierla avrebbe significato perdere qualcosa. 
Gli occhi di Lily gli si piantarono in testa e non lo lasciarono per il resto del giorno. 
 
 

Scorpius era appena uscito dall’aula di Rune Antiche e scendeva velocemente le scale diretto alla prossima lezione. La sera stessa si sarebbe incontrato con Lily nella Stanza delle Necessità e già la sua mente si proiettava qualche ora nel futuro. Gli sembrava che il tempo con Lily si dilatasse in un futuro sempre prossimo e mai del tutto realizzabile, come se anche i momenti passati con lei, fossero già nel passato e non vedesse l’ora di ricominciare tutto daccapo il giorno dopo. Non riusciva a godere del presente, perché perennemente distratto dall’unica paura che cominciò ad attanagliare le sue notti da quando aveva iniziato ad uscire con lei. Che poi, uscire è una parola grossa, che spesso presuppone che la relazione, se così la si vorrebbe chiamare, non sia un segreto da custodire gelosamente. Lui di fatto non usciva con Lily. Quello che stavano facendo era come se non esistesse agli occhi del resto della scuola, del resto del mondo. E se quella consapevolezza li accendeva ancora di più, c’era qualcosa nel retro della sua mente che lo faceva procedere con sempre più cautela anche quando erano insieme. Constatare che quello fosse il suo ultimo anno poi, era il fardello più pesante di tutti. 
Non riusciva a non pensarci, mentre la baciava e assaggiava ogni sua porzione di pelle di cui ormai conosceva tutte le sfumature, tutte le imperfezioni. Ogni bacio, ogni esalazione, ogni orgasmo era scandito dal ticchettio delle lancette nel suo cuore e non riusciva a farle tacere. Con lei c’era solo il passato, niente futuro.
Eppure, non poteva farne a meno. La curiosità che provò qualche mese prima, all’inizio di tutto, non si era estinta con quella prima volta. Dopo di allora, c’erano state una serie di prime volte che gli fecero capire che non ne avrebbe avuto mai abbastanza di lei e con questo anche la convinzione dolorosa di essersi perso molto in quegli anni, di non averle dato lo spazio nel suo cuore che si meritava, su cui comunque c’era da sempre scritto il suo nome sopra. 
Lily quello spazio se l’era conquistato a furia di stoccate di sorrisi, baci, morsi e risate e lui era rimasto a guardare. Come quando apprese la notizia della sua entrata nella squadra di Quidditch, come quando scoprì fosse una strega (perché si, lui era presente persino in quel momento). Lui l’aveva sempre guardata ma mai vista completamente. E aveva sempre più la sensazione che quell’esplorazione sarebbe potuta anche durare una vita. Ma c’erano anche altre cose che gli premeva di fare, che voleva scoprire. Non poteva e non voleva fermarsi lì. Per questo ad ogni passo che compiva per quelle scale, Scorpius iniziava a sentirsi un passo in più lontano da lei.
Arrivò al piano terra e lì ci trovò Malcom Greene con il suo solito gruppetto di amici Corvonero. Era al suo stesso anno e non è che non erano mai andati d’accordo, ma c’erano volte in cui le prime impressioni erano proprio quelle giuste. E Scorpius di impressioni su di lui ne aveva avute di pessime fin dal primo anno.  
Quando scoprì che fu proprio con Greene che lei perse la verginità non poté negare di aver provato appena una punta di fastidio. E non perché la sua prima volta non fu con lui, anche perché con lui c’erano sempre state una serie di prime volte se possibile ancora più profonde di quelle, ma perché Greene era proprio un coglione e forse lei non lo aveva mai realizzato del tutto.
“Scorp, hai intenzione di andare a lezione di Trasfigurazione oggi?”
“È quello che dovresti fare anche tu mi pare”, gli rispose secco. Scorpius non si era fermato, al contrario procedeva a passi sicuri e oltrepassò lui e i suoi amici. Greene alzò di poco la voce affinché potesse sentire. 
“Non ne ho molta voglia. Magari puoi passarmi gli appunti”. I suoi amici cominciarono a ridacchiare.
“Sai che non lo farò”, nel rispondergli si voltò e lo scrutò con sguardo truce. 
“Peccato, magari chiederò aiuto alla piccola Potter, o forse le darò io qualche ripetizione”. Malcom generò alcune risatine generali, e parlò più al suo gruppo che a lui, ormai di spalle. Ignorava che ci fosse del coinvolgimento tra loro perciò parlò senza pensare.
Senza pensare, appunto, fu quello che fece anche Scorpius, che si voltò repentinamente e lo raggiunse a grandi falcate, per poi non lasciargli nemmeno il tempo di muovere un muscolo. Gli diede un pugno in pieno viso che, preso alla sprovvista, lo fece cadere a terra e perdere del sangue dal naso. Scorpius sentì un dolore lancinante alle nocche, che subito si fecero livide. Malcom rimase a terra per qualche secondo, toccandosi apprensivamente il naso con la mano sinistra, che si sporcò di sangue.
“Se parlerai ancora una volta di lei o con lei giuro che ti faccio a pezzi”. Il respiro era affannato, gli occhi lucidi e lo sguardo stravolto per quel gesto che non pensava fosse capace di fare. 
Scorpius si allontanò quel poco che bastasse per concedergli di rimettersi in piedi. Malcolm lo guardò con un sorriso beffardo. Scorpius si aspettava che contrattaccasse invece il Corvonero lo squadrò. E siccome pochi erano intuitivi come i ragazzi blu e argento la realizzazione a cui arrivò lo fece scoppiare a ridere.
“Potevi dirmelo subito che vai a letto con lei, sai? Forse con le buone avrei capito di più”.
Scorpius si voltò di scatto e si allontanò.
Malcolm pensò che la vendetta in stile Corvonero doveva essere servita fredda.
La stessa sera Lily trovò il Serpeverde già nella Stanza delle Necessità, che aveva ricreato la camera da letto di Scorpius a Londra. Lily si guardò intorno incuriosita da quell'aspetto diverso e poi lo raggiunse sul letto, dove lui se ne stava seduto a gambe incrociate a fissare le lenzuola. La piccola Grifondoro si tolse tutti i vestiti e si sedette di fronte a lui. Scorpius notò solo in quel momento la sua completa nudità. Non si palesò nessuna voglia nel suo sguardo, solo affetto, vicinanza.
“Sei nuda”.
“Che occhio”, gli rispose con un sorriso malizioso.
“Non voglio attentare alle tue virtù, tranquillo. È che mi sento più vicina a te così”, riprese lei.
Scorpius la osservò per un istante, lo sguardo serio. Poi scese dal letto lentamente e iniziò a spogliarsi, per infine tornare seduto di fronte a lei.
“Cosa hai fatto alla mano?”
“Niente”.
Lily alzò un sopracciglio contrariata. “Sul serio credi ancora di potermi fregare?”
Qui l’unico ad essere fregato era lui, pensò.
La ragazza gli prese la mano e vide i lividi sulle nocche, poi lo guardò di nuovo in attesa di una risposta. Non aveva messo le lenti quella sera; in realtà erano giorni che non le metteva, inventando sempre scuse sul fatto che le avesse dimenticate. La verità era che aveva smesso di provare imbarazzo con gli occhiali quando lui era con lei. Specie perché un giorno erano sul punto di farlo e lei stava per toglierli.
“Che fai?”
“Tolgo gli occhiali”.
“Questo lo vedo, perché?”
“Perché sono scomodi e..brutti”.
“Preferisci non vedere nulla pur di credere di essere bella senza? Tu sei bella sempre.”
Sei bella sempre. Glielo disse come poteva dirle che aveva del dentifricio agli angoli della bocca. Sciolto e naturale come se stessero parlando di cosa avessero mangiato a cena.
“Sei bella sempre.”
Da quel giorno quasi non li tolse più.
“Ho dato un pugno a Greene oggi”.
“Cosa? Perché?” era scioccata. 
“Perché se lo meritava”.
Quella era una tipica frase da Serpeverde che la fece sorridere. Non chiese nient’altro, perché infondo aveva già capito tutto, o quantomeno poteva immaginarlo. 
“È questo che ti turba?”
Scorpius scosse la testa lentamente. “No, te l’ho detto, se lo meritava. Lo rifarei mille volte se necessario”.
“E allora cosa c’è? Sembri..distante”.
Scorpius sapeva che la ragazzina di fronte a lui avesse ragione. Però non era ancora pronto a rivelarle ciò a cui stava pensando, voleva rimandare al più tardi possibile il giorno del suo giudizio. 
Perciò respirò profondamente e per la prima volta nella sua vita riuscì a mentire. Si sporse verso di lei e la baciò a lungo, forte e poi piano, scivolando sul suo collo e sul petto, fino a che non si sdraiò completamente su di lei.
“E adesso, sono distante?”, gli chiese sulle labbra, mentre definiva i suoi contorni con le mani e le divaricò le gambe con dolcezza. Lily sorrise e inarcò la schiena per quel piacere che ancora non poteva essere suo ma che ormai aveva impresso nella memoria muscolare. 
“Molto distante”, scherzò e Scorpius, che nel frattempo era sceso più in basso sorrise sulla sua pelle facendola rabbrividire. Il ragazzo allora si sollevò sul busto e si sedette lasciando le gambe affusolate lungo le lenzuola e la condusse sopra di lui tenendola dalla schiena. Lily gli stava a cavalcioni e si ancorò con le mani sulle sue spalle. Il ragazzo incastrò i loro corpi in un’unione perfetta, iniziò a lasciargli baci umidi sul collo mentre lei dettava il ritmo di quella danza simbiotica. 
“E ora?”, la voce strozzata.
“Non sei mai troppo vicino”, era la verità e lui lo sapeva benissimo. Soffocò quel pensiero sulle sue labbra e non dissero più nulla. 
Solo che, quasi al culmine Scorpius mugugnò qualcosa che lei non riuscì a motivare del tutto, presa dal momento. Quella parola gli ronzò in testa per il resto della nottata e per i giorni a seguire.
“Scusami”.
 
 

Due giorni dopo Scorpius si trovava al campo di Quidditch per gli allenamenti. Era rimasto d’accordo con Albus che si sarebbero direttamente trovati al binario per tornare insieme a casa. Lily era con Jo, concentratissima a batterla in una partita agli scacchi dei maghi in Sala Grande insieme a Louis Weasley che controllava che le ragazze non barassero. 
Malcom Greene nel frattempo era diretto da Albus perché aveva deciso che quello era il giorno in cui avrebbe servito la sua vendetta.
Quello che successe dopo accadde tutto molto in fretta.
Albus sulle prime non ci credette. Ma chissà perché una voce nella sua testa lo convinse ad agire. Il giovane Potter non era un granché con le azioni. Preferiva molto spesso le parole o non parlare affatto. Agire poi, muoversi verso qualcosa o qualcuno con quella decisione, non era proprio da lui. Ma la rabbia cieca che lo assalì in quel momento era così incontrollata che le gambe si muovevano veloci senza nemmeno pensarci, e i suoi continui inciampi sul terreno sembravano storia vecchia. Scorpius stava rientrando dal campo ed era ormai in prossimità del ponte che lo collegava alla scuola.
“Albus!” era contento di vederlo. “Che ci fai qui? Non dovevamo vederci al binario?”
Il suo migliore amico non gli rispose. Si avventò su di lui in un secondo e Scorpius fu preso così alla sprovvista da scivolare e cadere a terra. 
“Che cazzo fai?” gli chiese il biondino ancora scioccato e dolorante dalla caduta. Albus non si schiodava però e lo bloccò a terra. 
“No! Tu che cazzo fai!”
Albus gli urlò praticamente addosso e cominciò a dargli dei pugni con una tale forza che stupì entrambi, la vittima e il carnefice. Scorpius avrebbe potuto tranquillamente invertire le posizioni e farlo calmare con una strattonata ma decise di non fare nulla. Rimase a subire i colpi del suo migliore amico che lo trattenne in una morsa quasi letale, come il piccolo serpente che era. 
Il biondino era sicuro di meritare tutto quell’odio e Albus era altrettanto sicuro. Non si sentì mai più tradito di così.
La squadra Serpeverde nel frattempo fu colta di sorpresa e per un momento non fece nulla, perché stentavano a credere che quel fuscello di Albus fosse capace di tanto. Poi però vedendo che Scorpius non reagiva intervennero e li separarono.
“Fai schifo!” fu l’unica cosa che Scorpius riuscì a sentire, ancora steso a terra con il volto tumefatto e il sangue che gli colava da un labbro.
 


Gli tremavano ancora le mani. Era nel corridoio e faceva avanti e indietro cercando invano di calmarsi. Alcune lacrime gli sfuggirono sul viso, aveva lo sguardo sconvolto.
“Albus! Che ci fai qui? Il treno partirà a momenti”. 
Leta Scamander si avvicinò a passi svelti verso di lui, incuriosita da quella presenza insolita. La scuola era già del tutto vuota. Non appena vide le sue nocche leggermente insanguinate spalancò gli occhi dallo spavento.
“Stai bene? Che è successo?”
Albus la stava guardando come un babbano avrebbe osservato un fantasma. Era ancora profondamente scosso. Leta era la figlia di Luna Lovegood e Rolf Scamander, il nipote di Newt. Tutti i Potter conoscevano la storia degli Scamander e conoscevano bene Luna, che era anche la madrina di Lily. Gli occhi della ragazza erano di un nocciola intenso e i capelli color miele sembrava che brillassero di luce propria. Era al settimo anno e apparteneva alla casa dei Tassorosso. L’unica cosa che Albus conosceva bene di lei era il profumo di ciliegie che si portava sempre dietro. Da quella vicinanza gli arrivò dritto nelle narici e solo in quel momento si ricordò del suo filtro d’amore.
“È stato un incidente”, si limitò a dire poi, ripresosi da quelle considerazioni illogiche.
La ragazza tirò fuori la bacchetta. “Certo...come si chiama questo incidente?”, sorrise lievemente. 
Albus rimase impassibile. 
Poi con un colpo di bacchetta, Leta pronunciò un incantesimo che Albus non aveva mai sentito prima e le mani tornarono come nuove. 
“Come hai...grazie”.
“Di nulla”.
Albus rimase ad osservarla attentamente, non sapendo bene cosa dirle. Non era abituato a tutte quelle emozioni tutte in fila e tutte in una volta. 
La ragazza gli sorrise e poi fece per allontanarsi e proseguire nel suo percorso, qualunque fosse stato prima di incrociare i suoi passi.
Forse fu perché quella era la giornata dei fatti e non delle parole, ma Albus più la osservava allontanarsi più non riuscì più a contenersi.
“Leta mi chiedevo se..” alzò un po' la voce per richiamare la sua attenzione e per farla voltare. Il viso era paonazzo.
La ragazza però lo colse nuovamente di sorpresa. Si voltò e lo sovrastò con il suono delicato della sua voce.
“Il primo sabato dopo le vacanze di Natale. Così magari mi racconti dell’incidente”, il suo sorriso era pieno e quasi non lo accecò.
“Si..certo..d’..d’accordo”.
“Buon Natale, Albus”, la ragazza era già di spalle quando glielo disse, ma lui era sicuro dalla sua intonazione che stesse ancora sorridendo.
“Buon Natale Leta”.
 
 
 
Al binario Lily e Jo rimasero sconvolte nel vederlo conciato in quel modo. 
“Scorpius Hyperion! Che cazzo è successo?” nel tono di Josephine Scorpius parve riconoscere sua madre. Erano davanti al treno, Lily quasi non riusciva a respirare.
“Chi ti ha ridotto così?” chiese solamente, con la voce rotta.
“Non adesso, Lily”, rispose lui a testa bassa. Poi salì sul treno. La ragazza fece per seguirlo ma Jo si frappose fra loro.
“No! Hai già fatto abbastanza, non credi?”, Josephine sputò del veleno che non credeva nemmeno di avere. Lily capì che non lo intendesse davvero e che la sua furia fosse dettata dallo shock del momento. E come biasimarla? Era sempre di suo fratello che stavano parlando.
Lily annuì e salì dopo di lei. Li vide scomparire nel corridoio del treno e si allontanò a cercare Albus. Quando lo trovò gli chiese se sapesse cosa fosse successo a Scorpius e tutto quello che lui riuscì a dire senza nemmeno guardarla in volto fu "Tu meglio di tutti dovresti saperlo".
Josephine seguì il fratello in una cabina. “Mi spieghi che è successo?”
“Non ora Murph…”, Scorpius sprofondò in una sedia con le mani sul viso ancora dolorante. 
“Non ti azzardare a chiamarmi Murphy, adesso dimmi cosa è successo. Dal principio”. Sua sorella chiuse la cabina a chiave con la bacchetta, poi si sedette di fronte a lui e attese che parlasse. 



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*Leta Scamander è un personaggio inventato, come lo è Malcom. 

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Capitolo 3
*** Jo's Kids ***


Eccomi di nuovo! Allora, questo è l'ultimo capitolo, mi scuso per il ritardo ma mi ci è voluto un po' per narrare tutti gli sviluppi nel modo più chiaro possibile. In questi giorni inizierò seriamente a definire un possibile sviluppo per un sequel di "Muggle Studies" in cui torneranno anche Lily e Scorpius. Ho qualche idea e spero non finirà tutto in fiasco :D Che dire, spero che il capitolo vi piaccia. Alla fine della pagina vi ho lasciato una piccola immagine che ho trovato e che ho adorato appena l'ho vista, i crediti  vanno a Kyrie
A prestissimo!
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Jo’s Kids
 
 
The way your hair comes up things falling at your neck
I guess it's best to keep from locking eyes with you
Yes, I know that love is like ghosts
Few have seen it, but everybody talks
 
 
 
 
La casa dei Potter era decorata a festa, come era stato facile immaginare. Ginny Weasley aveva occhio per tutti i pezzi di design in voga e sapeva altrettanto bene come valorizzarli a seconda della festa di turno. Anche se non era proprio la vigilia, la tavolata rossa e l’albero di natale illuminato nell’angolo del soggiorno erano abbastanza affinché lo sembrasse. Le candele a tema natalizio erano poggiate sulla tavolata, così come sulla libreria e sui comodini. Bastavano quelle ad illuminare tutto lo spazio senza la necessità di luci artificiali, che quindi creavano un bagliore ancora più festoso. Ginny indossava un tubino rosso lungo con un po’ di scollatura sulla schiena. I capelli erano avvolti in una crocchia elegante e gli occhi lasciati naturali. Sembrava brillasse di luce propria. Harry invece come al solito rimaneva abbastanza sobrio, ma quell’anno la moglie lo aveva convinto a mettersi una cravatta natalizia spiritosa che generò le risate soffocate di Hermione e quelle non proprio soffocate di suo marito.
“Te lo avevo detto che non era una buona idea”, disse un Harry impacciato a sua moglie non appena ebbero un momento di privacy in cucina. Ginny gli si avvicinò e cominciò a sistemargli il nodo affettuosamente.
“Invece era senza ombra di dubbio un’idea brillante”, gli sorrise.
Hermione e Draco avevano portato un dolce cucinato il pomeriggio stesso, quando dopo aver terminato l’interrogatorio a Scorpius, il quale rimase comunque in religioso silenzio, avevano cominciato ad impastare insieme. Josephine li poteva sentire dalla sua camera ridere e giocare, tant’è che immaginare quello che stessero facendo la fece arrossire violentemente e spazientire. Scese in fretta le scale ed entrò in cucina perché tutto quel rumore stava iniziando a preoccuparla e li trovò alle prese con frullatori e fruste. Il volto di Hermione era imbarazzato quanto quello della figlia, perché li aveva sorpresi a baciarsi sporchi di farina sul viso e sorridere tra abbracci ed effusioni.
“Non potevate usare la magia invece di fare questo casino?” gli chiese poi uscendo dalla cucina, ancora rossa in viso.
I genitori sghignazzarono e “Non ha tutti i torti”, ammise Draco sorridendo a trentadue denti.
“Non entrare in cucina se non vuoi essere traumatizzato a vita”, disse Josephine una volta entrata in soggiorno sospirando.
Scorpius però la ignorò e rimase a fumare silenziosamente affacciato alla finestra.
Lily fu ben attenta a non sedersi vicino a Scorpius, che le sembrò comunque dello stesso avviso. Lui si sedette accanto a Josephine, che senza volerlo si era piazzata proprio tra due fuochi. Albus infatti era accanto a lei, Lily invece tra Hermione e Ginny. Draco ed Harry vicini alle loro rispettive mogli. James era l’unico assente perché a cena a casa di amici. Avrebbe festeggiato con la sua famiglia e con il resto dei Weasley il giorno di Natale. 
Durante gran parte della cena parlarono solo gli adulti. Rievocarono alcuni ricordi in cui i loro figli non erano nemmeno parte della loro immaginazione più selvaggia e ridevano spensierati, di quella spensieratezza di chi ormai si è lasciato i peggiori incubi alle spalle. Niente a che vedere con i figli invece, che se ne stavano muti a fissare il loro piatto e a buttare giù qualche boccone ogni tanto.
Albus non aveva nemmeno sollevato lo sguardo quando i Malfoy erano entrati, Lily invece non faceva altro che osservare Scorpius di sottecchi.
“È tutto molto buono, Ginny”, Josephine ruppe quel silenzio religioso e si rivolse a quella che praticamente era quasi come una zia e le sorrise. 
“In verità”, Harry tossicchiò fintamente risentito “ho dato una mano anche io”. 
“Da quando cucini?” gli chiese divertita Hermione. Draco rise a quella domanda ma si contenne dal commentare.
“Da quando il mio viceministro mi ha dato più ferie”, rispose lui, suscitando la risata dei presenti. Albus, Scorpius e Lily erano in un altro mondo.
Seguì di nuovo un silenzio imbarazzante, che però durò solo alcuni istanti, perché il sopravvissuto aveva ancora un mistero da risolvere e lui non si tirava mai indietro di fronte alle sfide. Non aveva ancora affrontato Albus e Scorpius però, tra tutte la sfida forse più difficile.
“Allora ragazzi...ci dite cosa è successo?”, chiese bonariamente. 
Draco, Hermione e Ginny tornarono seri, ma i volti erano comunque addolciti forse dalle carezze dell’alcool e del buon cibo.
“Scorpius avanti, dicci cosa è successo”, lo invitò Albus. Il tono carico di disprezzo. Scorpius alzò lo sguardo su di lui ma non replicò.
“Al”, Lily lo ammonì. In treno il fratello si era categoricamente rifiutato di darle spiegazioni per quello che aveva fatto e Lily aveva smesso di insistere quasi subito perché sapeva che le rare volte in cui Albus si adirava per qualcosa c’era bisogno di lasciargli il tempo e lo spazio per calmarsi. 
“Non chiamarmi in quel modo”. Albus la incenerì con lo sguardo e le parlò con un tono che nessuno era abituato a sentire.
“Adesso stai esagerando”, la voce di Scorpius sembrava distante, quasi provenire da una caverna buia e fredda. L’ammonimento quindi sembrò ancora più perentorio. Josephine si voltò verso di lui preoccupata, perché sapeva che in quel modo Albus si sarebbe inferocito ancora di più.
I genitori nel frattempo li osservavano ammutoliti, incerti su quando intervenire e ancora più dubbiosi. Hermione nel frattempo aveva dato un’occhiata veloce a Lily accanto a lei, che se ne stava con lo sguardo basso a torturarsi le mani sotto al tavolo.
Le ci volle solo un’occhiata altrettanto fulminea a Scorpius per mettere insieme i pezzi. Sospirò pesantemente e nel tentativo di nascondere un sorriso imbarazzato e nervoso sostenne la testa con una mano per coprirsi il volto e si inclinò verso la spalla del marito. Draco invece aveva gli occhi fissi sul figlio. Non riusciva a credere che si fosse combinato in quel modo, e soprattutto che non si sia difeso. Doveva essere una questione davvero importante perché suo figlio non avrebbe potuto prenderle in quel modo se si fosse almeno un po’ protetto. Invece il padre era sicuro lui non avesse mosso un dito, il che gli rendeva ancora più difficile risolvere la faccenda. Desiderava con tutto il cuore che non fossero questioni di sangue, lui che pensava di aver risolto anni fa quella questione.
“Sto esagerando, dici? Qui mi sembra che l’unico ad esagerare sia stato tu”, Albus lo disse tutto d’un fiato, e Lily sembrava ulteriormente sprofondata sulla sedia, pronta a subire le conseguenze delle sue azioni. Odiava trovarsi in quella situazione, e odiava ancora di più il modo in cui suo fratello aveva reagito. Non lo credeva capace di tanto e non avrebbe mai immaginato che per lui fosse una questione così importante, con chi andava a letto. Non poteva essere davvero quello il problema, credeva che suo fratello fosse infinitamente più intelligente di così.
“Albus, ti prego”, mugugnò Lily.
Il fratello si alzò in piedi e abbandonò la tavola diretto in camera sua. 
Harry fece per alzarsi ma Josephine lo bloccò sulla sedia.
“Vado io”, disse, prima di rivolgere un’ultima occhiata a suo fratello e sparire al piano di sopra.
Draco era ancora più confuso di prima. Hermione seguì i passi della figlia con lo sguardo, continuava a sorridere.
 
 

“Si può sapere che ti prende?”
Albus era di spalle alla porta, lo sguardo alla sua finestra, le braccia conserte sull’addome asciutto. Josephine entrando chiuse la porta a chiave perché non ci teneva ad altre visite che avrebbero minato ulteriormente l’umore dell’amico. Era sicura che già la sua presenza bastava a farlo alterare.
“Che ci fai qui?”.
Ecco appunto.
“Salvo il culo a tutti, a quanto pare”, mormorò lei avvicinandosi al letto. Si sedette e aspettò che lui si fosse calmato prima di riprendere a parlare. Albus si era voltato verso lei, aveva messo le mani in tasca e si era appoggiato alla scrivania. 
“Che tu sia arrabbiato è evidente, ma cos’è che ti ha fatto arrabbiare in quel modo?”, chiese un po’ timorosa lei.
Albus respirò profondamente.
“Lily è liberissima di fare ciò che vuole, non sarò certo io a metterle i bastoni fra le ruote ogni volta che vuole uscire con un ragazzo”. Josephine capì che Albus era abbastanza maturo da intendere realmente quello che stava dicendo, perciò non le rimase alcun dubbio.
“È solo che..lui non me lo ha detto, capisci? Ci conosciamo da una vita e non mi ha detto niente. Studiamo insieme, siamo entrambi in Serpeverde, ci vediamo tutti i giorni e niente di niente”.
“Fammi capire”, Jo si accomodò meglio sul letto. “Sei più arrabbiato per il fatto che non ti abbia detto niente e non perché è proprio Scorpius il ragazzo con cui Lily ha scelto di uscire?”
“Il secondo motivo mi urta ma non così tanto. Ci sono abituato, lui ha sempre la strada spianata, con tutte. È tutto così semplice per lui”. Albus fece quella confessione perché non stava guardando Josephine negli occhi. Era a testa bassa e giocherellava con un pezzetto di carta trasformato in un aereo che faceva svolazzare con le mani. Josephine capì invece che quel dettaglio lo infastidiva eccome.
“Se è stato semplice per loro due non significa che lo sarebbe stato con qualsiasi altra ragazza”. 
“Non conosci Scorpius, allora”. 
“Ok, farò finta di non aver sentito quest’ultima frase.” Josephine era a dir poco schifata. “E comunque non puoi sapere com’è per loro, magari è solo una cosa passeggera”.
“Tu sai qualcosa di più?” a quel punto Albus la guardò negli occhi ma Jo non cedette.
“Non proprio, e se anche lo sapessi non te lo direi. Alcune cose devono rimanere private”.
Il ragazzo riconcentrò l’attenzione su quel pezzetto di carta e rimase in attesa che lei dicesse qualcosa. Lui aveva esaurito le parole, gli sembrava di aver parlato fin troppo.
“Non per difendere mio fratello, dal momento che è grande e grosso per farlo da solo, ma non credo che non te lo abbia detto per chissà quale motivo. Sei il suo migliore amico, e non c’è un modo semplice per dire queste cose”.
“Lo so, non lo avrei trovato neanche io”, ammise infine.
Josephine sorrise di fronte a quella sua ammissione. Probabilmente loro non avrebbero comunque saputo fare di meglio. 
“Ero così incazzato”, Albus buttò la testa indietro e sospirò pesantemente. 
“Sai, anche se sostieni che per lui la strada è sempre in discesa con le ragazze, questo non fa di te un fallito”.
Albus tornò con lo sguardo su di lei. Josephine lo sapeva leggere in un modo che non credeva possibile. Solo in quel momento lui realizzò il fatto che la ragazzina davanti a lui lo avesse visto crescere e che forse sapeva più di quanto lasciasse intendere.
“Dico solo che siete diversi. E se pure tu sei un disastro in quello in cui lui riesce, cosa ti importa?”
Albus stava sorridendo perché Jo aveva ragione, rendeva tutto più semplice. Stava sorridendo e non ci credeva nemmeno lui. 
“Come fa una come te ad essere ancora single?”
Jo scoppiò a ridere.
“Non lo sono infatti...cioè ho i miei giri, ma non stiamo parlando di me adesso”, disse sbrigativa lei. Albus colse del rossore appena accennato sulle guance. 
“E nemmeno di me, non più almeno, ho una fame da lupi”. 
“A chi lo dici, scendiamo?”
“Almeno mi vuoi dire se riesci davvero a trasformarti in serpente?”
Si stavano avviando verso le scale.
“Non ti dirò nemmeno questo”, gli rispose lei ancora sorridente.
Albus scese le scale dietro di lei con lo stesso sorriso. 
 
 
 
La cena proseguì tranquilla. Quando i due ragazzi tornarono a tavola gli altri erano passati al dolce e avevano disposto la loro porzione in due piattini. Non ci fu nessuno sguardo tra Albus e Scorpius, ma il fatto che il giovane Potter non perpetuò l’assalto contro di lui fu una prova sufficiente di come le acque si fossero placate, almeno temporaneamente. Jo diede una veloce occhiata a Lily e le fece un occhiolino; la sua migliore amica si rilassò subito dopo. 
Terminata la cena, Harry e Ginny sarebbero andati insieme ai Malfoy ad uno spettacolo teatrale che avevano prenotato giorni prima e che Hermione assolutamente non voleva perdersi. Era un evento babbano, ma ormai gli altri si erano abituati a quella piacevole vita tra due mondi. Draco poi, era assolutamente curioso di capire come i babbani riuscissero a creare gli effetti di scena per sopperire alla mancanza di magia; era una cosa che lo divertì e lo affascinò al tempo stesso, imparare che i babbani colmavano con una creatività sconfinata ciò che loro risolvevano sempre con la magia. In un certo senso, erano alcuni passi avanti rispetto alle invenzioni e le tecnologie del mondo magico. Ecco perché aveva intenzione di recuperare tutti quegli anni di avanzamento tecnologico persi comprandosi uno smartphone. Hermione non era estranea a “quell’arnese” come lo aveva definito lui la prima volta che ne prese uno in mano, e si divertiva da morire ad osservarlo tentare di capirci qualcosa. Da quel momento in poi il telefono era diventato quasi un’estensione del suo braccio e aveva risolto numerosi intoppi di comunicazione tra lui ed Hermione. Ricevere un suo messaggio al lavoro era sempre una continua, piacevole sorpresa. 
L’ex Grifondoro era al secondo piano, affacciata alla finestra, e aspettava che gli altri fossero pronti per uscire. Si stava sistemando i capelli quando Draco la circondò da dietro e guardò oltre il vetro seguendo lo sguardo della moglie.
Scorpius era seduto sulle scalette vicino all’entrata e Lily era al suo fianco. Da quella distanza era impossibile capire di cosa stessero parlando ma fu proprio quella vicinanza a comunicare tutto ciò che loro potessero mai intuire senza una parola dai ragazzi.
“Tutto bene?”
“A meraviglia”, Hermione si accoccolò meglio tra le braccia di Draco. Non smetteva di sorridere.
“Prima o poi mi dirai cosa passa per quella tua brillante testolina?”, chiese l’ex Serpeverde vedendola sorridere. Mise il volto nell’incavo del suo collo e cominciò ad accarezzare la pelle con le labbra. 
“Niente che tu non possa vedere anche da solo”.
Draco sollevò lo sguardo di sfuggita e notò i due ragazzi sfiorarsi le mani aiutati dal buio della sera.
“Ma non mi dire...” soffocò un sorriso nella sua pelle.
“Già” Hermione appoggiò la testa sul petto del marito.
“Scommetto che lo avevi già capito”.
“Questo è perché io riesco a vedere i dettagli”, Hermione si voltò verso di lui e gli mise le braccia intorno al collo. 
“Ma anche io noto i particolari, sai? Per esempio…” Draco iniziò a far scendere le mani lungo il suo vestito bianco, e con la punta del naso aveva iniziato ad indicare le leggere lentiggini sul viso, facendola ridere questa volta ad alta voce.
“Siamo pronti!” la voce di Harry in qualche stanza più lontana sopraggiunse in perfetto orario, secondo Hermione, decisamente in anticipo, secondo Draco, che sbuffò nel suo collo facendola rabbrividire. 
“Dici che dobbiamo dirglielo?” 
“In teoria non dovremmo nemmeno saperlo”, sorrise di sbieco Draco. Non sapeva nemmeno lui come era riuscito vincitore nel suo unico più significativo affare di cuore ma sapeva che lo zampino dei genitori non avrebbe di certo aiutato a velocizzare le cose.
“Hai ragione”, commentò Hermione appropinquandosi alle scale.
“Penso sia la prima volta che me lo dici”, Draco si sistemò meglio il maglioncino e la seguì.
“E sarà l’ultima”, scherzò lei dolcemente. 
“Menomale, amo quando mi contraddici”, Draco uscì dalla stanza e le diede un buffetto sul sedere accendendo le sue guance di un rosso intenso che sfumarono solo quando si riconfrontò con il freddo pungente invernale.
 
 

I ragazzi erano rimasti soli. Lily rimase a casa, lasciando che i due ragazzi uscissero per conto loro a risolvere i loro casini. Aveva fatto giusto in tempo a dirgli due parole fuori dalla porta, prima di venire bruscamente interrotti dai suoi genitori ancora ignari di quello che fosse successo. Scorpius le spiegò brevemente l’accaduto, ma al di là di quello rimase stranamente taciturno, e il suo sguardo perso nel vuoto le aveva suggerito che non fosse del tutto in pena per ciò che era successo con Albus. C’era dell’altro.
In ogni caso, rimase da sola con la sua migliore amica a sparlare di ragazzi e di gossip fino a tarda serata.
“Te lo volevo dire, te lo avrei detto”. Scorpius era seduto al bancone di un bar accanto ad Albus. Erano riusciti ad eludere i proprietari con una finta carta d’identità e si erano accomodati lontani dal chiacchiericcio. 
“Quando?”, il tono era più calmo rispetto a prima.
“Non lo so, volevo dirtelo, è che sono preso da così tante cose che...”
“È una cosa seria?” lo interruppe. Poi fece un lungo sorso di birra e restò in attesa.
“No, cioè..non ne abbiamo mai parlato.” Scorpius affogò il suo imbarazzo nel bicchiere di birra e senza farsi notare da nessuno lo riempì di nuovo con un movimento lesto della mano. “Mi dispiace aver tradito la tua fiducia, non era mia intenzione”.
“Lo so, sei pessimo”. Albus tossicchiò leggermente dopo un sorso e Scorpius lo guardò dal riflesso del bicchiere. Era letteralmente spalmato sul tavolo, i capelli che scendevano ribelli oltre la fronte e lo sguardo perso.
Scorpius sapeva che quello era il modo impacciato che aveva Albus per fargli capire di averlo perdonato. Non c’era molto altro da dire, restava però l’unico cruccio che continuava a tormentarlo senza dargli pace. Non credeva che Lily sarebbe stata così importante. Nel giro di poco tempo si era infiltrata nei luoghi di sé che non aveva mai esplorato, convinto che un giorno sarebbe appartenuto a chiunque meno che a lei, l’unica a cui forse era appartenuto veramente. 
“Se conosco Lu almeno un po’, forse ha già capito”.
“Cosa?” il biondino sollevò lo sguardo sull’amico, che nel frattempo era arrivato al terzo bicchiere.
“Che la stai lasciando”.
“Io non la sto lasciando”.
“Hai già parlato con i tuoi di quel progetto?”, Albus preferì non infierire in un discorso che non aveva ancora preso dei contorni precisi nemmeno nella mente di Scorpius. Era chiara la sua scelta, e forse anche a lui, ma il giovane Potter era abbastanza intuitivo da comprendere che a volte si è già scelto da un pezzo e si ha solo paura di parlarne ad alta voce. 
“Si. Erano stranamente contenti. Mio padre non fa altro che parlarmi di alcune università. È quasi snervante il fatto che abbia approvato così volentieri”.
“Beh, diciamo che Draco non ha tutta quell’aria intimidatoria di suo padre, almeno a quanto dice papà”.
“Ed è la verità, ma a volte preferirei che non fosse tutto così semplice per lui”.
“Scorp, sono sopravvissuti ad una guerra. Non credi che a confronto qualsiasi cosa sia semplice?” 
“La smetti di dire cose sensate?”. Anche il quarto bicchiere era finito e voleva uscire a prendere una boccata d’aria.
“Dico solo che”, Albus buttò giù l’ennesimo sorso. “I tuoi vogliono il meglio per te, e il meglio per te è ciò che tu pensi lo sia”.
Scorpius non parlò più. Continuarono a bere e cambiarono argomento almeno due volte, finendo a parlare del prossimo appuntamento di Albus quando ormai erano completamente ubriachi e non riuscivano nemmeno a smaterializzarsi a casa. Cominciarono a prendere la strada di casa Potter a piedi, barcollando e scherzando sul fatidico giorno in cui finalmente Albus sarebbe uscito con Leta. 
“È stata lei a guarirmi le mani”, ammise poi una volta sul vialetto. Scorpius sbarrò gli occhi facendo un’esclamazione plateale che suscitò la risata dell’amico. Il biondino non era riuscito a mascherare i colpi sul viso perché non conosceva l’incantesimo giusto, beccandosi così un interrogatorio infinito da parte dei suoi. Albus invece era riuscito ad eludere ogni sospetto con quel piccolo trucchetto.
“Piccolo bastardo”, commentò Scorpius tra una risata e l’altra. 
Albus ripeté l’incantesimo sul volto del suo migliore amico, che tornò come nuovo.
Lily aprì la porta perché li sentì fare chiasso. Non era minimamente sorpresa di vederli in quello stato. Scorpius sorrise lascivo e indugiò con lo sguardo su quel vestitino nero attillato. 
“Siete fortunati, non sono ancora tornati. Josephine è tornata a casa un’oretta fa”.
Albus entrò rischiando di inciampare ma non proferì parola. Scorpius rimase sul ciglio della porta e appoggiò pesantemente le mani sul collo di lei.
Lu, sei ancora sveglia?” il Serpeverde le sorrise pacato. 
“Mi pare evidente di si”.
Lily sorvolò sul fatto che l’avesse chiamata Lu in quindici anni che era al mondo e che il suo viso era tornato normale nemmeno non sapeva come. Poi fece un gesto per farlo entrare. 
“No.. vieni con me”.
Lily sbuffò leggermente in ansia. Non voleva problemi dai suoi, ma voleva ardentemente seguirlo. Anche perché era così ridotto male che avrebbe sicuramente necessitato di un aiuto. Si voltò verso Albus, che si stava accasciando sul divano con un pezzo di dolce in mano. Lui gli fece un cenno con la mano, invitandola ad andare.
“Stasera dormi da Josephine, lo so, lo so”, il ragazzo le sincerò che sapesse cosa dire ai suoi se avessero chiesto di lei e senza aspettare un secondo, si allungò verso l’attaccapanni, prese il suo cappotto e si chiuse la porta alle spalle.
L’aria di Londra a quell’ora di notte era gelida, ma l’elettricità che la inondava ogni volta che era con lui era d’intensità sufficiente a contrastare quel freddo. Camminavano mano nella mano senza una meta definita. Nessuno dei due voleva ancora tornare a casa e Lily era convinta che un po’ di quell’aria fredda gli avrebbe giovato per riprendersi dalla sbornia. Non fece domande, perché era felice che lui e Albus avessero sistemato le cose a modo loro. Camminare con lui per le strade deserte di Londra era una cosa insolita per lei, si confusero presto nella nebbia densa e in quel luccichio dei lampioni che rendeva l’atmosfera magica senza che si fosse reso necessario un colpo di bacchetta.
Arrivarono alla Torre di Londra e si sedettero su una delle panchine che affacciava sul Tamigi e sul Tower Bridge. Scorpius fu il primo a sedersi e a trascinare Lily sopra di lui. La ragazza si accoccolò sulle sue ginocchia e passò un braccio sulle spalle, cominciò ad accarezzargli i capelli, mentre lui aveva abbassato il viso e appoggiato la testa sulla spalla di lei.
“Va meglio?” chiese lei leggermente divertita, riferendosi alla sbornia.
“Adesso si”, rispose piano lui. Era ancora palesemente ubriaco, e questo lo sapeva benissimo anche Lily, che però fece finta di farsi andare bene quella risposta.
“Se dovessi scegliere tra andare e restare, che sceglieresti?” Scorpius ruppe nuovamente il silenzio. Sollevò di poco il viso trovandosi vicino al suo. Il respiro di Lily sapeva di cannella, e non c’entrava niente il dolce che avevano mangiato a cena.
“Senza nemmeno sapere di cosa si parla sceglierei di andare”, sorrise appena.
“E se si trattasse di me? Se fossi io quello a dover scegliere?”
Lily sollevò di più il viso così da guardarlo bene in quegli occhi smeraldi. Erano arrossati per via del freddo e dell’alcool, ma erano sempre gli stessi.
La piccola Grifondoro abbozzò un sorriso amaro, l’apprensione negli occhi di Scorpius si fece più viva.
“Sceglierei comunque di andare”, concluse poi. 
Il ragazzo trattenne il respiro alcuni secondi, poi tornò ad appoggiarsi sulla sua spalla, mettendo il naso nell’incavo del collo e stringendo più forte le braccia intorno al corpo minuto. 
“Piccola Luna...”
Lily si lasciò accarezzare dolcemente, il cuore cominciò a pompare sangue ad una velocità inusuale al suono di quelle due parole. Ma la curiosità e il dubbio la stavano divorando dall’interno e arrivò un momento in cui tutto ciò che continuavano a rimandare si scagliò su di loro dirompente.
“Dov’è che andrai?”
Lily cominciò a parlare al futuro perché il presente con lui capì che le fosse appena sfuggito, volato via con la brezza dell’inverno.
Lui emise un respiro profondo, poi parlò.
“Vorrei esplorare questo mondo. Voglio sentirmi completo”. 
Lily era innamorata persa di lui da ormai una vita. Ma mai avrebbe pensato di poter essere lei a renderlo completo. Sapeva, nella sua infinita precoce saggezza che non era questo che avrebbe potuto augurargli, che invece avrebbe fatto e dato di tutto purché lui si realizzasse nel modo in cui lo desiderava. Ma cavolo, se faceva male. 
Notando che la ragazza su di lui non emetteva un fiato, Scorpius riprese a parlare.
“Questo non vuol dire che abbandonerò la magia, non potrei mai. Voglio solo uscire ed esplorare un po’, vedere se riuscissi a cavarmela senza magia, se riuscissi ad essere comunque me stesso senza bacchetta in mano”.
Lily si alzò in piedi e prendendogli le mani lo fece sollevare. La sbornia sembrava passata visto il freddo cane che avevano cominciato a sentire standosene seduti. La ragazza gli circondò le braccia alla vita, il viso di lui era parzialmente illuminato dalla fioca luce di un lampione poco lontano. 
“Che farai?”
“Penso che andrò alla St. Andrews in Scozia. È una buona università e posso stare da mia nonna mentre trovo una sistemazione.”
“L’università? E che cosa studierai?”
“Lettere”
Lily soffocò un sorriso nel cappotto appoggiata al suo petto.
“Mi è sempre piaciuto leggere”, sorrise Scorpius imitando la reazione di lei.
“Oh, lo so. Non staccavi gli occhi dai libri quando eravamo bambini”.
“Già. Non l’ho fatto per molto tempo, vero?” Scorpius le diede un bacio veloce sulle labbra, ma Lily lo afferrò dal collo e lo costrinse ad approfondire quel contatto che avevano entrambi agognato da quando si erano separati sul treno del ritorno.
Il Serpeverde aveva alluso a tutte le volte in cui non aveva visto Lily per quello che poteva realmente rappresentare per lui, troppo preso dalla sua amicizia con Albus e James, dai suoi libri e dagli incantesimi.
“Si”, soffiò lei sulle sue labbra. 
Scorpius riprese a baciarla e nel mentre prese le sue mani da dietro il collo e se le riportò alla vita, dove se le avvolse strette intorno un secondo prima di smaterializzarsi in camera sua.
Lily rise nelle sue labbra. Quella era la prima volta che praticava la smaterializzazione. Secondo le leggi del mondo magico lei aveva ancora la traccia addosso e questo le impediva una serie di cose che invece erano permesse a Scorpius, ma nessuno vietava la smaterializzazione tra un mago senza e con la traccia. 
Nessuna regola era stata infranta, Scorpius era a tutti gli effetti figlio di sua madre.
Iniziarono a spogliarsi piano, senza far rumore per evitare di insospettire gli altri in casa. 
Si amarono lentamente, come se implicito ci fosse un addio che nessuno dei due aveva il coraggio di dire ad alta voce. Lily cercava di sopprimere il dolore intenso che sentiva soffocandolo sulla sua pelle, ancorandosi alle sue spalle con le unghie e mordendo e leccando ogni centimetro di lui. Scorpius non riusciva a staccare gli occhi da lei né a chiuderli; desiderava godere di lei in ogni secondo, senza perdersi nemmeno un dettaglio del suo volto contratto dal piacere. 
Si addormentarono poi, dopo alcune carezze distratte e alcuni racconti dell’uno e dell’altro di una vita vissuta prima che tutto ciò tra loro sbocciasse, una vita in cui erano sempre stati vicini ma anche terribilmente lontani. 
Lily si addormentò cercando di scacciare quella sensazione di nostalgia che era sicura avrebbe provato di nuovo, una volta lontani.
Il giorno dopo si svegliarono tardi. Draco ed Hermione erano usciti presto per la partenza imminente, Josephine era uscita per una corsa al parco più vicino.
Scorpius la svegliò con baci delicati sulle braccia e sul collo, poi tornarono da lei, stavolta senza smaterializzarsi. Da quel momento in poi ogni momento sarebbe stato fin troppo prezioso per essere accorciato da espedienti magici. 
Una volta sul vialetto di casa, Lily si voltò verso di lui, che procedeva a passi lenti poco più indietro.
“Qualunque sia la tua scelta, non credo che dovresti preoccuparti. Potrai sempre tornare, tutto questo è parte di te”. Lily glielo disse con le dita aggrappate al suo giaccone e un sorriso vagamente forzato. Si era promessa di non fare scenate né di creargli problemi che avrebbero tardato la sua partenza, non voleva frapporsi tra lui e le sue scelte. Ma non riuscì a dissimulare la voce un po’ rotta per l’emozione.
Scorpius la guardò intensamente e per alcuni secondi non disse nulla. Era piacevolmente sorpreso dalla sua maturità e da come aveva preso la notizia. Infondo però se la osservava bene, quei suoi occhi caldi e accoglienti si erano ingrigiti. Guardarla gli faceva male.
“Già...lo spero”, voleva dirgli, gridargli che se lei lo avesse aspettato sarebbe tornato solo per lei. C’era una parte di lui che l’affermazione di lei sperava intendesse dire questo, ma c’era poi la parte di lui più saggia che non voleva che lei lo aspettasse, che restasse indietro solo per sperare che un giorno sarebbe tornato. Voleva che Lily fosse felice, anche se nella sua felicità lui non ne avrebbe fatto parte.
 
 
 
I giorni ad Hogwarts passarono veloci, come quando si cerca disperatamente di sospendere il tempo prima di un avvenimento indesiderato e per tutta risposta sembra che questo provi gusto a velocizzare i suoi ritmi e affrettare il passo. In quei mesi che restavano prima delle vacanze estive, Scorpius e Lily uscirono allo scoperto. Capirono che non aveva senso continuare a rifugiarsi nella Stanza delle Necessità e perdere altri momenti significativi. Capirono che quel mezzo che entrambi agognavano era anche nelle piccole cose, nelle mani che si sfioravano sotto il tavolo in Sala Grande, negli sguardi furtivi e nei baci rubati in Biblioteca, nelle scappatelle di notte sulle scope, nelle serate passate alle feste avvinghiati davanti a tutti perché “che cosa te ne importa”, le disse una volta Josephine.
E aveva ragione.
Niente importava finché erano insieme.
L’estate arrivò. Sul Platano Picchiatore crebbero delle grandi foglie verdi che brillavano al sole. Gli esami finali suggellarono la fine della scuola per Scorpius e Albus, l’inizio di un nuovo anno per Lily e Josephine. 
Quell’anno Lily salì sul treno del ritorno con un groppo in gola che non si decideva ad andar via. Salì insieme a Scorpius, con la mano intrecciata nella sua, ma non fece a meno di guardarsi indietro prima di fare l’ultimo gradino che la separava dal treno, pensando che quell’anno segnava una piccola fine anche per lei.
Il giorno del suo compleanno, Scorpius festeggiò diciotto anni come quasi ogni anno, con poche persone oltre alla sua famiglia che avrebbe comunque potuto considerare come tale. I suoi genitori non facevano altro che parlare dell’università ai Potter, ugualmente entusiasti. Anche Lily spinta dal desiderio di agevolare Scorpius e di non rendergli ancora più difficili le cose si era dimostrata incuriosita dal mondo universitario e lui le promise che un giorno l’avrebbe portata a vederlo di persona.
Lily non credeva alle promesse però. Non voleva rimanere ancorata ad una speranza senza avere dei fatti in mano.
“È meglio soffrire sapendo la verità che soffrire con una bugia”, gli aveva detto un giorno, ancora nudi tra le lenzuola. 
Scorpius da quel giorno le promise che le avrebbe detto solo cose vere.
La prima cosa vera che le disse fu che l’amava. E che questo non sarebbe cambiato con la sua partenza. Lily scelse di credergli perché infondo, glielo disse, lo amava anche lei.
La seconda cosa vera fu che sarebbe partito alla fine di agosto e quindi a pochi giorni di distanza dal suo compleanno.
La macchina era pronta, il motore acceso. Dopo un breve sopralluogo fatto con i suoi genitori all’università, Scorpius aveva deciso di partire da solo e di salutare tutti quanti una volta sola, per non complicare troppo le cose. Salutò sbrigativamente Jo e il resto della sua famiglia, perché sapeva che in pochi secondi, se lo avessero voluto, sarebbero comunque stati da lui, quindi non gli sarebbero mai del tutto mancati.
Hermione trattenne a stento lacrime di felicità, Draco sorrideva ma era taciturno, gli diede il boccino che vinse alla sua ultima partita di Quidditch e una copia aggiornata di "Muggle Studies" perché “Potrebbe servirti” gli disse ingenuamente suo padre, anche se “Papà, lo conosco a memoria” gli rispose dolce lui. Comunque la prese lo stesso. 
Jo invece non faceva altro che ripetere quanto fosse sollevata perché da quel giorno stesso si sarebbe trasferita in camera sua.
Un abbraccio intenso con Albus gli fece realmente realizzare ciò che aveva deciso di fare. Ma non provava paura, al contrario. Era felice.
Ginny ed Harry lo abbracciarono calorosamente e si raccomandarono che sarebbe tornato da loro presto, perché Albus anche se non lo avrebbe mai ammesso avrebbe sofferto la sua mancanza terribilmente.
La terza cosa che Lily sperò con tutto il cuore che fosse vera fu:
“Tornerò in primavera, dopo i primi esami”. 
Gli altri erano tornati dentro in casa Malfoy. Hermione inventò la scusa più terribile di tutte, secondo suo marito, che comunque le fece da spalla per far sì che i due ragazzi restassero da soli. Jo ed Albus incentivarono i Potter ulteriormente.
“Quando il Platano Picchiatore tenterà di sbarazzarsi di tutti i suoi fiori?”, scherzò lei.
“Quando farà cadere l’ultimo” rise lui.
Scorpius le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e poi posò il palmo della mano sul suo viso, che si chinò assecondando la carezza. 
Il ragazzo stava per parlare ma Lily lo fermò.
“Lo so”, si limitò a dire. Scorpius le sorrise pacato, poi si chinò su di lei e le diede un lungo bacio, intensificato dal suo corpo stretto a quello di Lily, che con le braccia tentava disperatamente di tenerlo, di dirgli ciò non gli avrebbe mai detto a parole.
“Piccola Luna”, soffiò lui sulle labbra prima di allontanarsi.
Salì in macchina che era quasi il tramonto e Lily lo vide sparire oltre l’orizzonte.
Rimase a fissare un punto indefinito verso il tramonto per molto tempo, fino a che non sentì la porta di casa aprirsi.
Josephine uscì fuori e si fermò accanto a lei.
“Albus ha detto che domani vorrebbe fare un salto a Diagon Alley, ti va di venire con noi?”
Lily continuava a fissare il tramonto. 
“Si, perché no”.
Poi calò di nuovo il silenzio. L’amica teneva le mani in tasca e sembrava pensierosa.
“Adesso puoi smettere di fare l’adulta” le disse dolcemente Josephine abbracciandola dalla vita.
“Lo so”, sospirò Lily.
Le lacrime caddero sul cemento e l’eco dei suoi singhiozzi si perse nel cielo estivo.
 



 
 

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