In Time.

di JennyPotter99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II. ***
Capitolo 3: *** Capitolo III. ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV. ***



Capitolo 1
*** Capitolo I. ***


Orfanotrofio Wool, 2002.
 
La camera di Delphi era stretta ed angusta.
La bambina di appena quattro anni aveva pochi metri quadrati per dormire e giocare.
Gli altri bambini potevano giocare fuori, ma a lei non era stato consentito, non dopo che aveva tagliato il sopracciglio ad una ragazzina perché la prendeva in giro per via dei capelli.
Essi erano solitamente ricci e neri, tanto da farla sembrare sempre disordinata.
La pazza, così la chiamavano.
Era in quell’orfanotrofio sin da quando era una neonata: qualcuno l’aveva lasciata avvolta in una coperta, sulla soglia del palazzo, con solo un biglietto.
Il suo nome.
Delphini Lestrange.
Quasi nessuno era a conoscenza però, che la Mangiamorte Bellatrix aveva concepito la bambina con Tom Riddle, il mago più oscuro che sia mai esistito.
Come Tom, Delphi possedeva delle straordinarie capacità che non le erano mai state insegnate.
Quel posto cadeva talmente a pezzi, che dalle tubature dei lavandini uscivano piccole bisce con le quali Delphi, ogni tanto, parlava.
Le dicevano sempre di scappare, ma lei non aveva mai avuto il coraggio.
La sua autostima veniva distrutta quando Johnny, il maestro della scuola, la puniva per come trattava gli altri coetanei.
Solitamente si slacciava la cintura dai pantaloni, chiudeva la porta della sua stanza e con forza picchiava la povera bambina sulla schiena.
Forse nessuno sentiva le sue urla, oppure a nessuno importava.
Intanto, il potere cresceva dentro di lei, inesplorato e incontrollabile.
Tutto terminò in quella domenica piovosa, quando ricevette una visita.
Il Mangiamorte Theodore Nott era sopravvissuto alla battaglia di Hogwarts e con grande abilità, si era nascosto nell’ombra.
Era uno dei grandi alleati di Voldemort e quindi di Bellatrix, l’unico a sapere dell’esistenza di Delphi.
La donna a capo dell’orfanotrofio, aprì la porta della camera della bambina, mentre lei se ne stava a guardare fuori dalla finestra i bambini che giocavano.
-Delphini, hai una visita.- disse ella, lasciandoli soli.
Theo era un ragazzo giovane, della stessa epoca di Harry Potter, con un corpo secco e un mucchio di ricci.
La bambina non sembrava volergli rivolgere la parola, non sapendo chi fosse, così l’uomo si avvicinò a lei.
-Delphini è un bel nome.-
L’altra aggrottò le sopracciglia.- Preferisco Delphi.- borbottò. -Lei chi è?-
-Mi chiamo Theodore Nott e sono venuto per portarti via di qui.- rispose l’altro, estraendo la bacchetta: agitandola sul palmo della mano, creò un elastico rosso e glielo porse.
Delphi lo afferrò subito e se lo mise: finalmente i suoi capelli non sarebbero stati più tanto strani.
-Anche io combatto tutti i giorni con i miei.- commentò Nott, sorridendole.
-Non può prelevarmi se non è il mio vero padre e io so che i miei genitori sono morti.-
-Hai ragione, infatti, devo correggermi: sono qui per convincerti a scappare.- ripeté l’altro, prendendole le manine.
-Perché dovrei?- gli chiese lei, analizzandolo.
-Tu sei capace di fare cose, non è vero? Cose che gli altri bambini non fanno. Io lo so.- le disse, guardandola negli occhi marroni.
Tra se e se, Delphi si domandò come facesse a saperlo.
Che ci si potesse davvero fidare?
Era sempre stata una bambina più matura per la sua età.
-Faccio del male agli altri, anche solo pensandolo.- spiegò, iniziando a tremare. -M-ma ho promesso che non l’avrei fatto più, mai più.-
-Sssh.- sussurrò Theo, accarezzandole la nuca.- Non devi aver paura di me. Forza, fammi vedere.-
Con sguardo umiliato, Delphi si tolse la maglietta, mostrando le cicatrici che aveva sulla schiena.
-Credi di essere un mostro?-
La bambina annuì appena con la testa.
-Guarda cosa ti hanno fatto: loro sono i veri mostri.- affermò Nott, allontanandosi verso la porta.- Pensaci, bambina mia.-
-Parlo anche con i serpenti.- aggiunse Delphi, prima che andasse via.- E’ comune, per una come me?-
Nott si voltò a guardarla, con un accenno di sorriso, perché quello stava a dimostrare che era davvero la figlia di Lord Voldemort.- Assolutamente sì.-
***
Quella stessa notte, Delphi si rigirò nel letto, pensando che lo sguardo di quell’uomo pareva più che sincero.
Era stanca di venire rinchiusa e picchiata.
Se sarebbe scappata, forse avrebbe avuto una vita migliore.
Le porte delle camere venivano sempre chiuse a chiave dopo la cena, ma lei conosceva un trucchetto.
Scese dal letto, si legò i capelli, si mise le scarpe e andò verso la porta.
Posò entrambe le mani sul pomello e dopo aver chiuso gli occhi, si concentrò attentamente sull’altro lato della porta.
Focalizzò bene la chiave nella sua mente e con un cenno del capo, essa girò, aprendo la camera.
Silenziosamente, Delphi uscì: il guardiano notturno stava russando sulla sedia, come ogni sera.
A passo felpato, la bambina finalmente trovò la porta d’uscita, in fondo alle scale.
Però, scesi i primi gradini, sentì una presenza alle spalle.
-Dove credi di andare, ragazzina?- le domandò, accigliato.- Oh, sei scappata dalla tua stanza, sei stata proprio una cattiva bambina.- continuò, iniziando a slacciarsi la cintura.
No, non poteva permettergli di farle ancora del male.
Senza comando, la cintura volò via dalle mani dell’uomo.
-Ma che diamine…- borbottò Johnny, cercando di riprenderla, ma più tentava di afferrarla e più gli sfuggiva. -Adesso smettila, ragazzina!- esclamò con rabbia, prima di premere la levetta dall’arme che stava sul muro.
Improvvisamente si udì un rumore assordante che, non solo fece svegliare tutti, ma che entrò anche fastidiosamente nelle orecchie di Delphi.
Si accucciò a terra, stringendo gli occhi e coprendosi le orecchie.- Fatelo smettere.-
Senza che se ne accorgesse, la sua mente si concentrò talmente tanto, che la bambina si alzò da terra, vibrando in volo fin quasi sopra il soffitto.
Gli adulti furono immediatamente spaventati.
-Fatelo smettere!- gridò la bambina, facendo esplodere i vetri delle finestre.
Privo di controllo, gli occhi le si spalancarono, scoprendosi interamente neri.
E non solo quelli: attorno a lei si creò una nube oscura che presto esplose, colpendo l’intero edificio.
Theodore Nott, rimasto in un vicolo lì vicino, non appena sentì il boato, corse all’orfanotrofio.
Le tubature erano esplose, la scuola era stata distrutta completamente e tutti quelli al suo interno, anche i bambini, erano morti.
La bambina se ne stava, tremante, racchiusa su se stessa sul pavimento.
Nott si piegò su di lei, alzandole il mento: delle vene che per la rabbia le si erano create sul viso, stavano lentamente scomparendo.
Delphi lo guardò singhiozzando.- Cosa sono io?-
Theo alzò l’angolo della bocca in un ghigno soddisfatto.- Il loro peggior incubo.-

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Capitolo 2
*** Capitolo II. ***


Estate 2009
 
Il mondo magico regnava in una profonda tranquillità, dopo che Voldemort era stato sconfitto, nessuno guardava più se in giro ci fossero Mangiamorte.
Questo consentì a Nott di insegnare a Delphi come controllare i propri poteri.
La bambina stava crescendo potente, ma era ora di sapere del suo passato.
Delphi e Theo si smaterializzarono alla fine di una buia foresta, di sera, per non dare nell’occhio.
Proseguirono verso un cancello nero che con un cenno di bacchetta, Nott fece divenire polvere, così da poterlo oltrepassare.
Al di là di esso, ergeva un elegante villa che da fuori, stava cadendo a pezzi.
-Che posto è questo?- domandò lei, salendo i gradini fino al grande portone.
-E’ dove sei nata.- rispose egli, dando una forte spinta alle porte per aprirle.
Delphi notò che c’era incisa una lettera, cancellata per via delle troppe ragnatele.
Così la pulì, dandoci una soffiata: una grossa M.
-Benvenuta a Villa Malfoy.- aggiunse Theo e con uno schiocco di dita, fece riattivare tutti i lampadari spenti da tempo.
Ogni stanza era enorme e  più si guardava intorno, più la ragazza se ne meravigliava.
Osservò una parete morbida e vide che c’era l’impronta di qualcosa di quadrato che una volta vi era stato appeso.
Di fatti, facendo un passo avanti, inciampò in un quadro.
Tolse la polvere e ci vide disegnate quattro persone: tre adulti che stavano in piedi, un uomo dai lunghi capelli biondi, una donna vestita in modo elegante con a fianco un’altra dai lunghi capelli neri e ricci, proprio come lei.
Infine, seduto su una poltrona, un ragazzo che sembrava avere quasi la sua età, con una chioma biondo platino tutta ingelatinata.
-Questa è tua madre.- intervenne Nott, indicandole la Mangiamorte mora.- Era stupenda.-
Allora Delphi riattaccò il quadro alla parete e seguì l’uomo in un’altra stanza.
Theo staccò con forza una tegola del pavimento e ne estrasse un lungo scrigno, sorridendo.- Eccola qui.-
Quando l’aprì, gli occhi di Delphi brillavano: era una bacchetta bianca, con il manico che somigliava ad un artiglio.- E’ bellissima.-
-Era la bacchetta di tuo padre, ora sarà tua.-
La ragazza non ci pensò due secondi e la afferrò.
Tenendola in mano, fu come se potesse sentire tutto il suo potere e allo stesso tempo, tutte le urla delle persone che quell’arma aveva ucciso, le riempirono la testa.
-E’ fantastica.-
 
Autunno 2010.
 
La bacchetta era ormai sua, ma non la usava molto spesso.
Delphi era abbastanza potente da riuscir a fare incantesimi anche solo con le mani e usò questa tattica per rimettere in sesto l’intera villa, lavando, pulendo e spazzando in giro.
Al piano superiore, oltre le stanze da letto, c’era anche un enorme libreria.
Nei pomeriggi noiosi, Delphi leggeva qualche libro che l’aiutava a conoscere la magia e i maghi che facevano parte del suo passato.
Studiò di Harry Potter, di Albus Silente e della sua battaglia contro Gallet Grindelwald.
In particolare, il simbolo dei doni della morte: la linea, il cerchio e il triangolo non le usciva dalla testa.
Finito un libro, Delphi non esitava a prenderne un altro dalla pila.- Newt Scamander: Animali fant-
-No, buttalo via, quello è robaccia.- borbottò Theo, lanciando via il volume.
Delphi aveva preso la vecchia camera del ragazzo nel quadro: grande, con un letto a due piazze e un specchio.
Mentre curiosava tra i cassetti, notò un piccolo diario.
Non appena lo afferrò, ne cadde una foto.
Era una ragazza dal volto sorridente, dei bei capelli lisci e color rame.
Delphi pensò che fosse davvero bella e che avrebbe voluto avere i capelli come i suoi.
Lesse quel diario per tutta la notte.
Inizialmente erano pagine sprecate in una sola frase dolce scritta in grande.
Come Se so cos’è l’amore, è grazie a te.
O Vorrei poterti dare gli occhi per farti vedere come ti vedo io.
E nel leggere, la ragazza si chiese cosa significassero tutte queste parole, non conosceva l’amore.
L’ultima pagina era scarabocchiata, con una frase ripassata più volte di nero, datata 1996.
Mi guardo e mi chiedo che fine ho fatto.
Erano appena le otto di mattina quando Delphi finì di leggere.
Si soffermò a vedere la foto di quella ragazza e allo stesso tempo si guardò allo specchio.
Non si piaceva nemmeno un po', voleva che quei capelli scomparissero e sapeva anche come fare.
Esisteva una cosa che i babbani chiamano parrucchiere, anche per i maghi.
Theo dormiva come un ghiro sul divano, perciò Delphi gli rubò silenziosamente qualche galeone si smaterializzò alla città più vicina, Londra.
Quando entrò nel negozio, tutte le donne si voltarono a fissarla per il suo aspetto macabro: in effetti, la ragazza era solita vestirsi solo di nero.
-Accomodati pure cara, come posso aiutarti?- le disse la proprietaria, facendola sedere.
Delphi si era portata con se la foto come guida.- Li voglio così, per favore.-
***
Con la sua nuova acconciatura, tornò a casa, scoprendo che Theo era preoccupato.
-Ma sei impazzita?! Dove sei stata?! Che hai fatto ai capelli?!- esclamò, gesticolando.
Nonostante fosse uscita dall’orfanotrofio, Delphi continuava ad essere rinchiusa e non aveva nemmeno un amico.
-Non mi piacevano più e così li ho cambiati.- rispose lei, stringendosi nelle spalle.
Nott la guardò scuotendo la testa, come deluso.- Mi sbagliavo, non sei pronta.- commentò, voltandole le spalle.
Delphi fu stranita.- Pronta per cosa?- gli chiese, inseguendolo per tutta la casa, dato che lui non voleva rispondere.- Pronta per cosa?!-
-Per vedere tuo padre.-
-Mio padre? Se te lo sei dimenticato, mio padre è morto, tanti coriandoli, puff.-
-Ma se potessimo cambiare le cose?- mormorò Nott, stringendole le braccia. -Far sì che non perda i suoi poteri, che non crei quei maledetti horcrux, che non cerchi mai di uccidere quel Potter.-
La ragazza intuì subito il suo piano.- Vuoi tornare indietro nel tempo?-
Per risponderle, Theo tirò fuori una Giratempo dalla tasca.
Lei sgranò gli occhi.- Credevo fossero andate distrutte tutte nel 1995.-
-Oh, gli Auror sono troppo impegnati a fare i fanatici per accorgersi di quello che gli succede sotto il naso.- aggiunse l’uomo.
-Se sapessero che vogliamo fare una cosa del genere, ci ucciderebbero all’istante.-
-Infatti non saremo noi a farlo.-
Delphi aggrottò le sopracciglia. -E chi?-
-Qualche anno fa la famiglia Potter ha dato alla luce dei marmocchi.- rispose Nott, estraendo un libro dalla pila.
-E dei marmocchi ci aiuteranno a tornare al 1981?-
-No, non da bambini almeno, ma da adulti.-
L’altra ridacchiò, incrociando le braccia.- Sei uscito di senno, le Giratempo vanno solo indietro, non avanti.-
-E qui viene il bello.- le disse, sorridendo in modo furbo.- Esiste un’arma talmente potente che credo possa forgiare una speciale Giratempo capace di andare sia avanti che indietro. Forgiata dalla morte stessa.-
-La bacchetta di Sambuco.- capì Delphi: quel piano cominciava lentamente a prendere forma e iniziò ad attirarla.- Ma Harry Potter l’ha distrutta.-
-La bacchetta non è sempre appartenuta a tuo padre o a Potter.- disse Nott, mostrandole la pagina di un mago: c’era una foto, si trattava di un uomo dai capelli bianchi e due occhi di un colore diverso.
-Grindelwald.- lesse Delphi. -E’ morto. Che faccio? Vado a parlare con le sue ossa?-
-E’ qui che entra in gioco la Giratempo. C’è stata un’epoca in cui Grindelwald è stato all’apice del potere. E so che tu saresti in grado di convincerlo a farti creare la Giratempo. Dopotutto, lui e tuo padre condividono lo stesso pensiero.-
Era un piano molto rischioso e c’erano alte probabilità di fallimento, non che di pericolo.
Delphi si sentì talmente tante responsabilità addosso, che le mancò il fiato.- Ci devo pensare.- disse seccamente, prima di chiudersi in camera.
Era da quando si trovava nell’orfanotrofio che non aveva un attacco d’ansia e quella volta non riuscì a controllarla.
Senza fiato, si accasciò a terra e non appena poggiò le mani sul pavimento, gli oggetti nella stanza volarono e lo specchio si distrusse in mille pezzi.
Il diario di quel ragazzo le cadde davanti gli occhi e dopo essersi calmata, lo ripose nel cassetto.
In quel momento, notò un foglio strappato che non aveva mai visto e lo lesse.
Ho capito che quando sei innamorato di una persona, non è più la gravità a tenerti attaccato al suolo, ma il suo sorriso.
Credo di aver trovato l’altra metà di me.
Ed è bellissimo.
Chiedendosi come ci si dovesse davvero sentire ad essere innamorati, una lacrima di tristezza le rigò la guancia.
A notte fonda, con una candela accesa, passeggiò per il corridoio e si soffermò sul dipinto.
Ogni volta che ci passava davanti, sembrava sempre che il ragazzo seduto la guardasse con sguardo diverso.
Quella sera, la fissava con volto sereno, come a dire che sarebbe andato tutto bene.
-Dici che dovrei farlo? E se andasse male? Potrei morire e non poter incontrare mai i miei genitori.- disse, sospirando.- E se invece ce la facessi? Aiuterei mio padre a costruire il suo impero e allora non sarei più definita mostro o strana.- continuò, mentre la candela si consumava.
Lo sguardo del ragazzo rimase quello e anche se non sapeva chi egli fosse, sentì una strana sensazione dentro di se: era la cosa giusta.
Il fuoco si spense e il quadro rimase illuminato dalla luna.
Delphi avrebbe tanto voluto conoscerlo, o almeno avere un vero contatto umano.
Si avvicinò al dipinto e poggiò la fronte sul disegno del biondo.- D’accordo.-

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Capitolo 3
*** Capitolo III. ***


Primavera 2013
 
Delphi e Theo unirono le loro braccia e con la bacchetta, l’uomo li legò con un filo argentato.
-Giuri, tu, Delphini Lestrange, di usare ogni mezzo possibile, al massimo delle tue capacità, per consentire il ritorno del signore oscuro?- le chiese Nott, legandola a se tramite un voto infrangibile.
-Lo giuro.- affermò la ragazza.
Nott la guardò con un sorriso soddisfatto e slegò il nodo.- Molto bene.-
Successivamente, coperti bene da un mantello per non attirare nell’occhio, quella stessa notte si avviarono al porto di Londra.
New York sarebbe stata la prima meta di Delphi.
Theo le mise al collo la Giratempo e una borsetta.- Questa borsa è stregata con un incantesimo estensivo: ci sono vestiti, soldi e tutto l’occorrente.- le disse, guardandola con sguardo deciso.- Io mi fido di te, so che puoi farcela.-
Delphi aveva passato due anni a prepararsi per quel momento: era pronta.
Si aspettava qualche segno d’affetto da parte sua, dato che non l’avrebbe rivista per un po', ma la crudele verità era che un Mangiamorte non provava amore.
Delphi sapeva l’anno in cui sarebbe andata, perciò non appena Theo si allontanò, fece ticchettare la Giratempo quanto bastava.
Si guardò intorno come tutto cambiava, le persone si muovevano a scatti e il cielo cambiava velocemente.
Improvvisamente, il terreno davanti a lei iniziò a sgretolarsi.
Sgranò gli occhi e iniziò a correre dalla parte opposta, ma anche da quel lato la terra cedeva: sarebbe sicuramente caduta.
Infatti, molto presto, il suolo sotto i piedi scomparve, facendola cadere giù e giù per metri e metri.
 
 
 
 
New York, 1926.
 
Mentre gridava, notò un ammasso di legname alla quale si stava avvicinando e sopra cui sarebbe atterrata molto probabilmente di faccia.
L’atterraggio non fu dolce, ma nemmeno la uccise.
Il legno era umido e subito dopo si udì un boato, seguito da uno sbuffo.
Anche se le girava la testa, riprese conoscenza e si alzò lentamente.
Però, quando lo fece, notò che la Giratempo al collo si era rotta.
-Cosa?! No! No!- piagnucolò, senza lacrime, cercando di ricomporla, ma era impossibile.
Non sapendo ancora dove si trovasse, nascose i pezzi dentro la tasca.
Rizzò in piedi e in quel momento capì di trovarsi su una nave, in mezzo al mare.
Dopo essersi ricomposta, cercò qualcuno tra le persone presenti per chiedergli dove si trovasse.
Vide un curioso ragazzo seduto su una panchina, vestito di arancione, con un montgomery blu, che sembrava stesse sussurrando qualcosa al sua valigia.
Titubante, gli si avvicinò.- Scusami, sai dirmi dove siamo?- gli chiese, anche se pensava fosse strano.
Incrociò il suo sguardo: aveva delle dolci lentiggini, un paio di occhi azzurri e un ciuffo di capelli color castano chiarissimo.
-Oh, questo è traghetto che porta a New York.- le rispose, stringendo a se la borsa.
-E l’anno?-
-1926.-
-Bene, il luogo e la data almeno sono giusti.- mormorò Delphi tra se e se, ma lui riuscì a sentirla.
-Cosa?-
-Ehm, niente.-
-Sei qui da sola?-
Delphi doveva inventarsi qualcosa.- Sì, sono venuta a New York per trovare mia nonna, ma mi hanno perso i bagagli.-
-Mi spiace tanto, vuoi che ti aiuti?-
La ragazza non aveva ancora capito se quello era un mago o un babbano, ma poteva tornarle utile.
Ogni nazione del mondo aveva un’ambasciata magica, con il suo rispettivo presidente.
In particolare, quella americana, si trovava a Manhattan e in quell’edificio c’erano tutte le cartelle dei maghi presenti in città: l’unico modo per trovare Grindelwald.
-Se non ti disturbo.-
Il ragazzo rizzò in piedi in un attimo e con un inquietante sorriso, le porse la mano.- Newt Scamander, molto piacere.-
Il suo nome non le suonava nuovo, ma non ricordava dove lo avesse già sentito.- Delphi, piacere mio.-
Quando la statua della libertà fu abbastanza vicina, il traghetto attraccò e la ragazza rimase vicino al nuovo conoscente, mentre si fermavano alla dogana.
Un poliziotto gli sbarrò la strada e controllò i documenti del castano.- Come mai a New York?-
-Io e, ehm…- balbettò, guardando Delphi.- Mia nipote ed io siamo qui per trovare la nostra nonna.-
Lei alzò un sopracciglio: credeva che fosse così piccola?
-D’accordo, apra la valigia.-
Newt fu titubante a consegnargli la borsa: nell’istante prima di aprirla, premette un bottone sul bordo.
Delphi guardò attentamente cosa c’era scritto: lato per babbani.
Perciò era capitata proprio con un mago.
Dentro di essa, c’erano semplicemente una camicia pulita, un orologio da taschino e una sciarpa dai colori nero e arancione.
Delphi aveva studiato le casate della grande scuola di magia e stregoneria di Hogwarts: quei colori appartenevano a Tassorosso.
Ciò significava anche che quell’uomo era britannico.
Dato che non aveva niente di strano, i due oltrepassarono il vigile con facilità ed entrarono in città.
-Tu perché sei a New York?- gli chiese lei, per sapere se poteva contare su di lui.
-Un regalo di compleanno.-
Delphi non ci crebbe nemmeno un po', soprattutto perché Newt aveva qualcosa di sospetto.- Hai fatto tutto questo viaggio per un regalo di compleanno? Beh, questa persona deve essere proprio speciale.-
New abbassò la testa in modo buffo e imbarazzato.- E’ un regalo raro.-
Mentre attraversavano la città, passarono davanti ad una banca: sopra gli scalini, davanti all’entrata, c’era una calca di persone che ascoltavano una donna.
Aveva uno sguardo tetro e sembrava aver preso l’attenzione di tutti.
Dietro di lei, una bandiera che riportava il disegno di due mani che spezzavano una bacchetta magica.
-Non siamo soli e gli ultimi avvenimenti di questa città sono la prova!- esclamò ella.- Stiamo parlando di stregoneria! Unitevi a noi e smaschereremo questo abominio.-
Delphi non si aspettava che si sarebbe ritrovata in un secolo in cui i maghi erano ancora perseguitati.
Improvvisamente, mentre lei a Newt ascoltavano la donna, la mano destra iniziò a tremarle.
Erano anni che non le succedeva, da quando era scappata dall’orfanotrofio.
Da piccola non riusciva a controllare bene i suoi attacchi, ma grazie agli insegnamenti di Theo, aveva imparato come fare.
Inspirò lentamente e si aggrappò alla manica del montgomery di Newt.
-Ehi, stai bene?-
-Puoi farmi un favore?- balbettò Delphi, col fiato corto. -Puoi abbracciarmi?-
New arrossì come un peperone.- Come scusa?-
-Per favore!- esclamò, sentendo i nervi salire.
-Va bene, va bene.- rispose Newt, facendo per stringerla.
-N-Non così, da dietro.-
-Ah.-
Newt le si mise dietro e l’abbraccio delicatamente.
A quel punto, la ragazza si calmò.- Grazie, non so cosa sia successo.-
-Beh, sembrava un normale attacco di panico.-
Lei lo guardò strano.- Cos’è un attacco di panico?-
-Beh, è un po' lunga da spiegare, ma è come se improvvisamente ti mancasse qualcosa, come se ti sentissi spezzata a metà.- spiegò lui.
Delphi fu meravigliata: si era sentita esattamente così.
In quell’istante, un giovane ragazzo timido, gli si avvicinò con un foglio.- Volantino?- mormorò con voce così bassa che a malapena lo si sentiva.
Il disegno sul volantino era lo stesso della bandiera, quindi probabilmente egli faceva parte del gruppo.
Quando Delphi lo prese, notò delle brutte cicatrici sulla sua mano.
Somigliavano moltissimo a quelle che aveva sulla schiena.
Incrociò il suo sguardo per un secondo e ci vide disperazione.
-Oh no!- esclamò Newt, guardandosi attorno velocemente.
-Che succede?-
-Lo snaso è scappato!-
Delphi osservò che la valigia era mezza aperta.- Cos’è uno snaso, esattamente?-
-Somiglia ad un ornitorinco, ha il becco e del pelo nero lucido!-
-Cosa diamine è un ornitorinco?-
La ragazza si accucciò sulla folla, per vedere se l’animale fosse scappato da quella parte e in quel momento vide una figura cicciottella che rubava una moneta dal cappello di un barbone. -E’ quello?- chiese, indicandoglielo.
Newt lo rincorse, mentre l’animaletto fuggiva dentro la banca.
Delphi lo seguì, ma cercò di non dare troppo nell’occhio, altrimenti tutti l’avrebbero guardata male.
La piccola palla di pelo aveva adocchiato il carlino di una signora, che aveva sul collarino un diamante rosso ed era in fila per entrare nell’ufficio dei finanziamenti.
Così, i due si accostarono alla fila per cercare di raggiungerlo, continuando a fare i vaghi.
-Sembra che i gioielli gli piacciano molto.- commentò Delphi.
-E’ una caratteristica dello snaso, è attirato dalle cose che luccicano.-
Un uomo, davanti a loro, con un paio di baffoni neri e una valigia, si domandò di cosa stessero parlando.- Salve, come mai siete qui?-
-Ehm, per il suo stesso motivo.- rispose Newt.
-Cercare fondi per una pasticceria?-
-Esatto.- continuò Delphi.
-Oh beh, buona fortuna.-
Rubato il gioiello, lo snaso corse via e i due ragazzi dietro di lui.
Correndo, nessuno si accorse che qualcos’altro cadde dalla valigia.
Il grasso uomo baffuto raccolse da terra quello che pareva un uovo argentato.- Ehi, signore, gli è caduto questo!- gli gridò, correndogli dietro, per quanto veloce potesse riuscire ad andare.
Delphi e Newt seguirono lo snaso fino alle camere blindate, trovandolo all’interno, che racimolava tutti i lingotti d’oro.
La ragazza scoppiò a ridere, vedendo come la palletta di pelo si infilava quanto oro poteva dentro la sacca che aveva sulla pancia.
-Piccolo demonietto.- borbottò Newt, afferrandolo dalle zampe e iniziando a scuoterlo verso il basso.- Non si fa!-
Il signore della fila si presentò davanti a loro, col fiatone. -Ragazzi, avete perso questo.-
Proprio pochi secondi dopo, l’uovo iniziò a schiudersi.
Newt sgranò gli occhi.- Stia fermo, fermissimo.-
L’altro tenne tutti gli organi immobili.- C-così?-
Non appena l’uovo si ruppe, Newt aprì velocemente la valigia: da esso uscì un piccolo serpente dalla pelle blu, che volò dentro la borsa.
Quello doveva essere per forza un babbano, perché rimase di stucco.
Successivamente, apparve un uomo su tutte le furie, seguito da dei poliziotti.- Ehi voi!-
Senza pensarci, prima che li arrestassero, Delphi tirò fuori la bacchetta, puntandogliela contro.- Pietrificus totalus!-
Quando i loro corpi si bloccarono, tutti e tre si smaterializzarono fuori dalla banca.
-E’ un sogno, è decisamente un sogno.- ripeté il baffone, tra se e se.
-Cosa facciamo con lui?- domandò Delphi a Newt.
-Non lo so, cosa si fa in questi casi?-
Di scatto, l’uomo prese la propria valigia e fuggì via.
-Oh, beh, non c’è da preoccuparsene.- commentò lei.
Prima che potessero continuare a camminare, una donna afferrò il polso di entrambi e si smaterializzarono in un vicolo.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV. ***


La donna era vestita di nero, con un berretto, un naso a patatina e capelli a caschetto mori.
-Scusate, chi siete voi?- chiese.
Delphi si tolse dalla sua presa, aggrottando le sopracciglia.- Chi è lei?!-
L’altra evitò completamente alla domanda.- Cos’ha nella borsa?-
-E’ il mio snaso.- rispose Newt, cercando di non incrociare il suo sguardo mezzo minaccioso.
-Ha scelto il momento peggiore per liberare quella creatura, la situazione è delicatissima qui!- esclamò, sotto voce.- Devo portarvi dentro.-
-Portarci dentro, perché?!- continuò Delphi: stava solo perdendo tempo.
A quel punto, lei tirò fuori un tesserino, che riportava il nome di Tina Goldstein.- Magico congresso degli stati uniti d’America.-
Non appena udì quel nome, Delphi mise le mani in avanti, come aspettando che le mettesse delle manette.- Oh sì certo, andiamo!-
Il magico congresso degli stati uniti d’America, ovvero il MACUSA, era un organizzazione per governare i maghi e le streghe di New York, il posto giusto per cercare notizie su Grindelwald.
-Quindi è una specie di investigatore?- intervenne Newt.
-S-sì.- disse Tina, un po' incerta.- Almeno avete provveduto al no mag?-
Sia Delphi che Newt si guardarono confusi.- Al che?-
-Al non mago con la valigia!-
-Oh, il babbano.- capirono poi entrambi.
-Gli avete cancellato la memoria?-
All’unisono, scossero la testa.
Tina sospirò.- E’ un sezione 3A.-
Successivamente, li prese per i polsi e si smaterializzò davanti ad un grande palazzo al centro di New York, proprio il quartier generale del MACUSA.
-Come vi chiamate?- domandò Tina, oltrepassando un’entrata con i tornelli.
-Newt Scamander.-
-Delphini…- rispose la ragazza, ma non voleva usare il cognome Riddle, Black o Lestrange, nonostante i propri genitori non fossero ancora nati, erano comunque cognomi molto noti.-…Malfoy.-
Quando entrò dentro, ella si guardò intorno meravigliata: i muri erano di mattonelle luccicanti, volavano gufi ovunque, elfi pulivano le bacchette dei clienti e al centro della piazza, c’era un enorme orologio con la lancetta puntata verso Allarme.
Senza indugi, i tre salirono su un ascensore, per poi entrare dentro un piccolo ufficio dove, attorno ad un tavolo rotondo, alcune persone stavano parlando tra loro.
In particolare, la madama presidente, Seraphina, era preoccupata per un mago malvagio che stava creando caos in tutto il mondo.
Accanto a lei, il suo secondo, l’affascinante Percival Graves, con occhi penetranti e ciuffo moro ingelatinato all’indietro.
Quando la presidente si accorse di Tina, la guardò male.- Sono stata abbastanza chiara sul suo ruolo qui, signorina Goldstein.-
-Sì, ma..-
Seraphina la zittì subito.- Lei non è più un Auror. In questo momento questo ufficio è impegnato in delle indagini rilevanti. Esca.-
-Sì, madama presidente.-
Tina non poteva fare molto contro il capo, ma portò comunque i due dentro il proprio ufficio.
-Quindi ti hanno licenziato.- appurò Delphi, osservando dei documenti a forma di topolini che camminavano lungo la scrivania. Aveva anche notato, che i suoi superiori sembravano spaventati.- E cosa sta succedendo che impaurisce tutti?-
Tina le passò una copia di un giornale.
Delphi lesse che una forza oscura, che pochi erano riusciti a vedere, si aggirava incontrollata.
Girando pagina poi, ecco una foto ritratto di Gellert Grindelwald.
Sotto di essa, il titolo riportava che egli era libero e perciò poteva trovarsi ovunque.
-Dannazione.- borbottò tra se e se, sospirando.
-Signor Scamader, da dove viene?- gli chiese l’Auror.
-Guinea equatoriale, sono impegnato negli studi sulle creature magiche.- spiegò Newt.- Sto scrivendo un libro.-
-Su come sterminarle?-
-Oh no, su come crescerle e prendersene cura.-
D’improvviso, a Delphi venne un lampo di genio.- Ma certo, ecco dove ti ho già sentito!- esclamò.- Tu sei Newt Scamander! Di Animali Fantastici e dove trovarli!-
Newt la guardò stranito.- Non l’ho ancora finito, come fai a saperlo?-
Prima che la ragazza potesse rispondere, si presentò il signor Graves.- Dove sei stata Tina? Ancora sulle tracce di quei secondi saleniani?-
-Cosa sono i secondi saleniani?- domandò Delphi.
-Persone orribili che combattono l’esistenza della magia.- rispose Tina, con rabbia. -Signor Graves, questi sono Newt Scamander dalla Guinea Equatoriale e Delphini Malfoy da..ehm..in realtà, non lo so.-
L’Auror le si avvicinò, squadrandola dalla testa ai piedi.- E’ una ragazzina, dovrebbe occuparsene l’ufficio dei minori.-
Delphi alzò un sopracciglio.- Ragazzina? Ho 15 anni.-
-II signor Scamander ha una creatura nella valigia che ha creato scompiglio in una banca.- continuò Tina.
-Vediamo il piccoletto.-
Tina posò la valigia sulla scrivania e poi l’aprì, ma dentro non c’era quello che si aspettavano: dolci.
Delphi capì che la borsa era stata scambiata con quella del babbano.
Graves sospirò.- Tina...-
***
Dato che non c’era prove contro Newt e Delphi, Tina fu costretta ad accompagnarli fuori per lasciarli liberi.
-Non posso credere che non ha obliviato quel no mag.-
-Ma cosa avete contro i babbani in questa nazione? Li odiate e non potete sposarli.- intervenne Newt.
-Ma chi se lo sposa quello!- esclamò Tina.
Delphi ridacchiò.- Mio padre abbraccerebbe questo ideale.-
In quel momento, davanti ai loro occhi, volò uno strano animaletto blu, con una testa a palloncino che, appena vide Newt, fuggì via.
-Quello cos’era?- chiese la donna.
-Una falena, molto grossa.-
Newt seguì la strada da dove era venuta, scoprendo un palazzo cui metà era esplosa e i condomini se la stavano prendendo con la polizia.
Egli sgusciò via dentro di esso e Delphi lo seguì, fuggendo da sotto il naso a Tina.
-Non avevi solo uno snaso lì dentro, vero?- gli chiese la ragazza.
Una delle case era completamente distrutta e lo stesso uomo incontrato alla banca, giaceva svenuto per terra.
Con un cenno di bacchetta, Newt riparò la stanza.
Improvvisamente poi, da dietro un angolo, saltò fuori un maialino rosa, con dei tentacoli sul dorso e due denti appuntiti.
Addentò il suo mantello, strappandoglielo, mentre Delphi si dimenava.- Ehi, il mio mantello!-
Newt lo afferrò dalla coda prima che creasse altri danni e lo mise nella valigia.
-Che diamine era?-
-Un purvincolo.-
-Mi ha strappato tutto il mantello.-
-Signor Scamander!- urlacchiò Tina, notando la valigia.- Era aperta?-
-Solo un pizzico.- rispose Newt, facendo il vago.
Tina si piegò sul babbano svenuto, scuotendolo per svegliarlo. -Oh mio Dio, guarda come è ridotto!-
Non appena aprì gli occhi, Newt gli puntò la bacchetta contro, ma la donna lo fermò.- Non può obliviarlo!-
-Mi scusi, ma se mi ha urlato per mezza New York di farlo!-
-Sta male, gli sanguina il collo.-
-Dovrebbe essere il morso del purvincolo, ma non è grave. Insomma, se fosse grave, avrebbe…-
-Avrebbe?-
-Beh, il primo sintomo sarebbero fiamme dall’ano…-
-Che pasticcio! Aiutatemi!-
Delphi l’aiutò a tirare su il grasso uomo, che sembrava piuttosto confuso e sudato. 
-Mi scusi, signor?-
-Kowalski, Jacob.- borbottò l’altro, sull’orlo di vomitare.- E’ solo un brutto sogno, vero?-

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