Il tempo ritrovato

di sangueoro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 14: *** Capitolo Tredici ***



Capitolo 1
*** Prologo ***














A Camden Town c’era un via vai di persone, di ogni etnia, età e condizione sociale.

Dalle strutture prefabbricate, tutte molto simili, uscivano esalazioni di ogni sorta; i profumi delle spezie orientali si mischiavano all’odore del ragù alla bolognese, i noodles si vendevano nella casupola a fianco a quella del kebab e poi tacos, tortillas, empanadas e burritos… cous cous con pesce o carne… waffles o crepes… c’era davvero molta scelta e per tutti i gusti!

Bonnie e Caroline passeggiavano nell’area del mercato dedicata allo street food, con il loro cartoccio di cibo in mano sembravano due turiste americane che si stavano divertendo in una delle città più belle e cosmopolita del mondo: Londra.

«Si sta facendo tardi» sospirò Caroline, appallottolando il tovagliolo.

Aveva mangiato una sorta di polpetta di riso con un cuore di mozzarella filante, Supplì al Telefono, l’aveva chiamata la donna del banchetto di cibo italiano, una specialità della cucina romana.

«Quando è atterrato il loro volo?» domandò Bonnie, mentre si gustava dei mini pancake ricoperti di Nutella.

«Mezz’ora fa» rispose la vampira controllando l’orologio.

 

Il soggiorno della casa che avevano affittato in Fleet Street, era nel caos più totale. Antichi libri e grimori erano sparsi ovunque ma Caroline represse l’istinto di riordinare, in quella confusione c’era il lavoro di mesi di ricerche.

Le indagini erano state lunghe e le tracce le avevano condotte in giro per più di un continente…

Viaggiare era una cosa che Caroline aveva sognato di fare da quando qualcuno un giorno le aveva detto che lei non era fatta per una vita in provincia, che il mondo è pieno di cultura, arte e musica, di tanti posti da vedere e visitare.

Ma l’avventura che l’aveva portata fino a Londra non era stata un viaggio di piacere.

Un anno prima, la stessa persona aveva detto a Caroline che c’è sempre una soluzione, un antico libro dove trovare scritto come risolvere le situazioni, bastava trovarlo … ma quella volta non ce ne era stato il tempo, lui si era dovuto sacrificare per il bene della figlia.

Caroline non voleva correre rischi; le sue ragazze quando avrebbero compiuto ventidue anni, sarebbero state obbligate a fondersi e lei doveva trovare il modo per evitarlo.

Così insieme a Bonnie era partita per indagare sui Gemini; le origini della congrega, chi erano stati i primi gemelli e perché fosse necessaria la fusione.

 

Quando erano arrivate a Londra, Bonnie e Caroline avevano dovuto trovare un alloggio adeguato. Il loro “quartier generale“ doveva essere in un punto molto preciso, a metà strada tra la collocazione originaria e quella attuale della Temple Bar.

La Temple Bar era una delle otto porte che regolava l’accesso nella città, quella in particolare separava la City dal resto di Londra, il cuore economico da quello politico e religioso.

La porta venne innalzata durante il Medioevo, accanto alla Temple Church, la chiesa dalla quale prende il nome.

Originariamente era una pesante struttura in legno e sebbene enormemente danneggiata, fu l’unica delle porte che resistette miracolosamente al Grande Incendio del 1666. Proprio per questo motivo venne ristrutturata e ricostruita nella forma attuale, un arco in pietra bianca riccamente scolpito e decorato.

Nel corso dei secoli fu smontata e rimontata più volte, fino ad arrivare nella sua collocazione definitiva: ora la Temple Bar funge da portone di ingresso alla Paternoster Square, la piazza dove sorge la Cattedrale di St. Paul.

Caroline e Bonnie dovettero cercare un appartamento esattamente a metà strada tra la Temple Church e la Cattedrale di St. Paul, a ridosso del Quartiere del Tempio… sulla vecchia Temple Line ora rinominata Fleet Street… ovvero la strada della Flotta. Se si prende una guida turistica di Londra, magari una di quelle particolari dirette a quei turisti attirati dall’occulto e dal mistero, ci si troverebbero molte informazioni su questo particolare quartiere londinese.
Poiché nulla in questa zona è casuale, tantomeno i nomi delle vie e delle piazze, in molti hanno ipotizzato che si tratti di un occulto riferimento alla mitica Flotta Templare, che scomparve dal porto francese di La Rochelle dopo l'inizio della persecuzione dell'Ordine da parte del re Filippo il Bello.

Il Quartiere del Tempio si affaccia sul Tamigi, in uno dei suoi punti più larghi e navigabili, e la foce non è troppo distante da escludere l'ipotesi che i Cavalieri andassero e venissero per il fiume oltre che per terra.

Le navi templari, forse cariche del fantomatico tesoro mai ritrovato, di preziosi documenti e reliquie, presero vie diverse e secondo alcune teorie una parte di esse raggiunse la Scozia.

Janet Sinclair (nata Yeman) 1407-1483.

Era stato quel nome a dare una svolta decisiva alle indagini.

Dai documenti che avevano trovato avevano appreso che questa donna, nata nel 1407 aveva sposato nel 1470 William Sinclair, un Conte, la sposa aveva 63 anni… ma insieme al marito avevano avuto ben 9 figli.

In seguito, avevano scoperto che William era il nipote di Henry Sinclair, un nobile di origini norvegesi e scozzesi, che si diceva avesse preso parte alle spedizioni in Groenlandia e in Nord America quasi 100 anni prima di Cristoforo Colombo e, cosa ancora più interessante, William aveva fatto costruire la cappella di Rosslyn, una chiesa avvolta in miti e misteri come poche altre al mondo, basti pensare che la sua pianta è identica a quella del Tempio di Salomone e che in alcuni dei suoi fregi e sculture ci sarebbero le prove del viaggio in America del loro illustre antenato.
Ma soprattutto la Cappella Rosslyn fu costruita in onore dei Templari.

Facendo ricerche sulla storia di questa famiglia, Caroline e Bonnie arrivarono fino all’inizio del 1800, senza trovare niente di particolarmente interessante.

Poi si imbatterono in James St Clair, il secondo conte di Rosslyn.

Era un altro ramo della famiglia che avevano preferito la forma ortografica St Clair a quella più scozzese Sinclair ed erano delle persone un po’ strambe ed atipiche.

Normalmente i figli minori di un nobile, quelli che non avevano diritto al titolo e non dovevano sedere nella camera dei Lord, vivevano nelle residenze di campagna e si recavano a Londra solo durante la Stagione, per poi passare le loro giornate tra feste e ricevimenti.

I St Clair erano differenti, loro lavoravano.

Una cosa già di per sé molto disdicevole per una famiglia della nobiltà inglese, diventava assolutamente indecoroso se si considerava il loro tipo di affari, oggi si direbbe che si occupassero di import-export, avevano una numerosa flotta di navi che faceva continuamente spola tra le Colonie e l’Inghilterra trasportando merci e preziosi.


Quando Caroline e Bonnie decisero di indagare sui Gemini, iniziarono con il consultare gli antichi Grimori, sapevano che quella congrega per 2000 anni aveva controllato i “Viaggiatori” assicurandosi che non arrivassero mai ai doppelganger di Silas ed Amara e non spezzassero la loro maledizione.

Ma non trovarono niente.

Le prime tracce che i Gemini avevano lasciato erano intorno alla metà del 1800 a Portland in Oregon, nella stessa zona dove era nata anche Jo, la madre biologica di Josie e Lizzie.

Da dove venivano? E come ci erano arrivati lungo le coste dell’Oceano Pacifico?

A mettere le indagini sulla strada giusta fu una intuizione di Caroline.

La vampira era intenta a sistemare in ordine cronologico i carteggi, documenti, lettere e atti di proprietà che avevano trovato.

«Sono tutti scritti in inglese!» asserì tutto ad un tratto, fissando i fogli.

«Beh… ti lamenti?» chiese sarcastica Bonnie.

«No! Voglio dire… non sono in spagnolo, in francese o in qualche lingua morta!» continuò sbarrando gli occhi la vampira.

La strega la guardava confusa.

«Si vede che non hai convissuto per anni con un professore di storia!» sghignazzò Care. «L’Oregon è stato il primo avamposto britannico sulla costa pacifica!» spiegò.

«E… quindi?»

«Ci siamo imbattute in ogni sorta di rito!» spiegò Caroline allargando le braccia «Le cerimonie delle congreghe di New Orleans ad esempio! Alcune derivano dalla colonizzazione francese, altre da quella successiva spagnola ed altre ancora dagli schiavi che venivano dall’Africa! Questi sono COLONI BRITANNICI!» urlò sventolando i documenti.

«E quindi?» richiese la strega.

«Abbiamo sempre avuto la sensazione che i Gemini fossero venuti fuori dal nulla!» continuò sempre più agitata la vampira «E se… quelli di cui abbiamo traccia fossero solo gli “americani”?» domandò facendo il gesto delle virgolette con la mani. «Intendo dire… lungo la costa atlantica la nuova Nazione erano già nata! Gli Inglesi, dopo aver sconfitto tutti gli altri coloni, avevano già creato gli Stati Uniti! E’ anche se l’Oregon fu uno degli ultimi stati ad essere annesso, i britannici controllavano quella zona da molto tempo prima! Come abbiamo fatto a non pensarci?»

«Ero sempre distratta durante le lezioni di storia del Professor Saltzman!» scoppiò a ridere Bonnie.

Le ragazze misero da parte i grimori e si dedicarono ai libri di storia.

Studiarono come i coloni arrivarono in Oregon, cercarono ogni singolo dipendente della Pacific Fur Company, la compagnia che si occupava del commercio di pellicce e che aveva costruito Fort Astoria, il loro primo insediamento nel 1811.

Fu così che il nome St Clair venne scritto per la prima volta nei loro appunti, anche se la loro compagnia arrivò solo dopo il 1830, quando la situazione politica ed economica della zona si era quasi stabilizzata.

«Senti qua!» sghignazzò Caroline «Questa Janet Sinclair si è sposata a 63 anni!»

«Beh… allora c’è tempo anche per me!» commentò ridendo Bonnie.

«E ha avuto 9 figli…»

«NOVE?» strabuzzò gli occhi la strega.

«Ma ci sarà di certo un errore!» ridacchiò la vampira allungandole i fogli che aveva in mano «Se fosse vero, spero per lei che almeno un parto fosse…» Caroline si fece improvvisamente seria «gemellare…» continuò guardando l’amica.

Bonnie prese i documenti e li lesse per qualche minuto «Care… una donna a 63 anni nel 1400 che è ancora così fertile?»

«Potrebbe essere una… strega?» domandò in un sussurro la vampira.

Bonnie non le rispose, non la stava più ascoltando, era troppo impegnata a trafficare sugli appunti che avevano accumulato negli ultimi mesi.

C’erano due parti gemellari nella progenie di Janet Sinclair.

E anche in quelle dei suoi figli e dei suoi nipoti… e dei suoi pronipoti…

Lei stessa, aveva un fratello gemello… I Sinclair, poi St Clair, a quanto risultava avevano dei geni molto particolari, erano molto longevi e buona parte di loro nasceva in coppia.

Era stato facile arrivare a Janet e William Sinclair, erano antenati illustri, fu molto più complicato costruire tutto il restante albero genealogico e nonostante più volte furono impressionate dalle gesta di quella famiglia atipica ed avventurosa, le due donne erano sempre più frustrate dal fatto che buona parte dei St Clair vivevano in salute ben oltre i ventidue anni, gemelli compresi.

«NON E’ POSSIBILE!» sbraitò Caroline sbattendo sulla scrivania i fogli che aveva appena finito di stampare.

«Che succede?» chiese Bonnie.

«Proprio ora che ci avvicinavamo agli anni che ci interessano, questi tornano tutti in Inghilterra!» spiegò la vampira.

«Non è possibile! Sappiamo per certo che un Henry Francis St Clair intorno al 1830 è in Oregon!» replicò la strega.

«Ma sappiamo anche che lui non ha un gemello!» ribattè sconsolata Care.

«Perché tornano in Inghilterra?»

«A quanto pare la loro famiglia oltre al titolo di Barone… ha acquisito anche quello di Conte! Ma la persona che lo detiene è uno zio senza prole, tal Alexander Wedderburn, prima Barone ed ora primo Conte di Rosslyn…»

«Come la Cappella?»

Caroline annuì all’amica che le si era avvicinata per sbirciare i documenti.

«Così James St Clair, che si occupava degli affari di famiglia da questa parte dell’oceano… è stato richiamato in Patria, perché è lui il parente più prossimo ed erede del titolo.»

«E non è rimasto nessuno in America?» domandò Bonnie.

«Nessuno con quel cognome!»

«Ma tornano! Qualcuno poi torna! Continua a cercare…»

«E’ molto strano» borbottò Caroline «questo James St Clair ha quattro figli, il suo successore che si chiama come lui, Alexander, Lady Janet ed Henry Francis che dovrebbe essere quello di cui abbiamo traccia in Oregon, ma nessun gemello!»

«Non è possibile!»

«Aspetta… Lady Janet aveva una gemella, ma è morta venendo alla luce…»

«Mi stai dicendo che ora che ci avviciniamo al periodo fatidico i St Clair sono a corto di gemelli?» chiese Bonnie, strappandole i fogli dalle mani.

La vampira annuì sconsolata.

«E’ una bella notizia Care!» la scosse l’amica «Finalmente! Avevamo già trovato decessi prematuri, ma in tutte le ramificazioni della famiglia rimaneva sempre almeno una coppia che arrivava abbondantemente dopo i ventidue anni! Questa è la prima volta che ci troviamo di fronte ad una situazione come questa!»

«Cosa pensi sia successo?» domandò Caroline.

«Ci potrebbe essere qualche figlio illegittimo!» rise Bonnie «Ma qualcosa mi dice che ci siamo… nella famiglia di un fratello o una sorella di questo Conte… sento che troveremo senz’altro un gemello che risulterà deceduto esattamente a ventidue anni!»

E lo trovarono… Alleyne St Clair, morto il giorno del suo ventiduesimo compleanno.

Alleyne era uno dei figli del Barone Aidan St Clair, fratello minore del II Conte di Rosslyn, e di Lady Sybil, ed aveva una sorella gemella, Rachel.

Rachel era fuggita in America, quando aveva appena diciannove anni, con uno dei Capitani della flotta di famiglia.

Era una ragazza molto bella, ed era stata una delle stelle della sua Stagione di debutto, aveva ricevuto moltissime proposte di matrimonio e i suoi genitori avevano scelto per lei un giovane Visconte, ma al cuor non si comanda…

Il padre non le perdonò mai la fuga, licenziò anche il Capitano che era diventato suo marito, quest’ultimo trovò un lavoro presso la North West Company, la compagnia che nel 1813 aveva rilevato la Pacific Fur Company, diventando l’azienda di punta del commercio delle pellicce nella costa nord-est del Pacifico.

All’improvviso tutti i pezzi del puzzle si incastrarono alla perfezione, Rachel partorì due gemelle… una di loro morì il giorno del suo ventiduesimo compleanno, l’altra si sposò con Hazel Parker di Portland, Oregon.

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***









 

Una cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato, men che meno Caroline, era il rapporto che nel corso degli anni si era instaurato tra lei e i Mikaelson. 

Quando Vincent aveva diviso e canalizzato il vuoto nei quattro Vampiri Originali, loro erano dovuti restare il più lontano possibile da Hope, quindi Rebekah aveva preso l’abitudine di chiamare regolarmente la direttrice della scuola dove la nipote stava studiando.

Le prime telefonate erano state imbarazzanti, poi con il passare del tempo si erano fatte più distese e cordiali, si potrebbe anche osare “amichevoli”.

Dopo la morte di Klaus ed Elijah, il loro rapporto si era rinforzato ancora di più. Rebekah passava regolarmente alla Salvatore Boarding School e, tra un pranzo al Mystic Grill, una passeggiata tra le vie di quella cittadina che le aveva viste rivaleggiare e una camminata tra quei boschi che erano state teatro di scontri e combattimenti, le due donne si erano sostenute e confortate a vicenda.

Era stato durante quegli incontri che Caroline le aveva parlato del suo progetto di impedire la fusione delle figlie, di contro Rebekah le raccontava di sua sorella Freya e delle sue ricerche per riportare indietro i fratelli.

New Orleans e il Quartiere Francese erano state una delle prime tappe del viaggio di Caroline e Bonnie, Freya e sua moglie Keelin le avevano ospitate nella casa dei Mikaelson ed avevano preso l’abitudine di accompagnarle agli incontri con Vincent che si era offerto di aiutarle.

Dopo quel primo contributo alle indagini, si erano tenute in contatto, si erano passate informazioni, la collaborazione era iniziata in maniera spontanea e quando Caroline e Bonnie avevano trovato l’indizio giusto, già da tempo si potevano considerare un team e si erano affrettate a raggiungerle a New Orleans per metterle al corrente degli ultimi sviluppi.
 

«Tutto combacia alla perfezione!» aveva commentato Freya.

«Ora inizia la parte più difficile» le aveva risposto Bonnie «Capire cosa sia cambiato… perché al contrario dei loro antenati Rachel e Alleyne sono stati costretti a fondersi.»

«Non è sicuramente per il cambio di testimone da un ramo della famiglia all’altro, era già successo precedentemente» valutò Keelin.

«L’unica cosa che mi sembra degna di nota è il fatto che i due gemelli fossero separati da un oceano» chiosò Freya.

Caroline annuì «Non possiamo saperlo con esattezza, le informazioni sono frammentarie… ma siamo portate a pensare che precedentemente i gemelli non abbiano mai vissuto molto lontani gli uni dagli altri»

«Dobbiamo partire da questo presupposto» si era trovata d'accordo la Strega Originale.

La svolta decisiva era arrivata inaspettata e ad aiutarle era stata una persona che non pensavano di poter interpellare: la nonna di Bonnie.

La donna era apparsa in sogno alla nipote e le aveva dato uno strano appuntamento per il pomeriggio del giorno seguente, nella Cappella di Mezzo della Cattedrale di St. Paul a Londra.

Le quattro donne in quei giorni erano in Scozia a seguire una pista che si era rivelata un vicolo cieco.

«Ma davvero prenderemo un aereo per andare ad un incontro con una persona deceduta, che abbiamo concordato in un sogno?» domandò Keelin.

«Non è neanche un’ora e mezza di volo» le rispose Bonnie «e qui siamo bloccate!»

«Da donna di scienza dico che è un assurdità!» scosse la testa Keelin «Da licantropa che va in giro per il mondo con due streghe e una vampira, ammetto che “assurdo” è una parola che dovrei cancellare dal mio vocabolario!» aggiunse scoppiando a ridere.

«Non abbiamo niente da perdere» intervenne Caroline «se verrà fuori che Bonnie ha semplicemente mangiato troppo pesante a cena, vorrà dire che ne approfitteremo per fare un po’ di shopping!»

«Mi sembra un’idea geniale!» aveva concordato la Licantropa.

 

La vista dalla Cappella di St. Paul era meravigliosa, si vedeva tutta la città.

Improvvisamente Londra si fermò, mentre una luce soffusa si irradiava ed avvolgeva tutto.

«Benvenute… vi stavo aspettando»

Una donna non più giovanissima ma con dei bellissimi capelli rossi gli stava sorridendo affabile.

Freya si parò davanti a Keelin per proteggerla.

«Il mio nome è Morgan St Clair» si presentò la donna continuando a sorridere «La sorella di Alleyne e Rachel» aggiunse.

«Come è possibile?» chiese Caroline guardinga.

«Nella nostra famiglia, i gemelli non erano gli unici stregoni»

Morgan guardò Bonnie «Ho chiesto io a tua nonna di convocarvi qui».

«Siamo in una Chambre de Chasse?» chiese Freya.

«Esatto…»

«E cosa ci facciamo qui?» chiese la Strega Originale.

«Dovevo parlarvi… ma per prima cosa voglio farvi i miei complimenti! Ottimo lavoro! Non era semplice arrivare alla mia famiglia, siamo stati sempre molto attenti nel nascondere le nostre abilità» la donna sospirò «ma è anche vero che ci era proibito usare la magia per fini personali» aggiunse «ci era pure vietato sovvertire l’ordine delle cose e modificare il destino delle persone» Morgan scoppiò in una risata cristallina «praticamente non usavamo mai i nostri poteri!»

«Cosa succedeva se venivate meno alle regole?» domandò Freya.

«La magia scompariva, come se fossimo sempre sotto esame di una giuria che aveva la facoltà di decidere se eravamo o meno meritevoli di usarla»

«Niente mondi prigioni con fenomeni celesti?» chiese Bonnie.

La donna scosse la testa.

«E se vi rifiutavate di fondervi?» domandò Caroline.

Morgan sorrise «Dritta al punto… nessuno ha mai dovuto farlo, prima delle figlie di Rachel».

«Cosa è cambiato?» la sollecitò a quel punto la vampira.

La donna sospirò, poi si sistemò una ciocca dei suoi lunghi capelli rossi «La definizione esatta credo che sia maledizione… un anatema lanciato da un padre ferito per punire una figlia che gli aveva dato un dispiacere insopportabile».

«Io dovrò vedere morire una delle mie figlie… perché nel 1800 una ragazza ha preferito seguire il suo cuore invece di adeguarsi ad un matrimonio combinato?» Caroline era fuori di sé.

Morgan scosse la testa «Forse dovrai farlo, perché nel 1800 una ragazza ha provocato la morte di suo fratello e il loro padre è impazzito per il dolore…»

Care era rimasta senza parole.

«Come in tutte le cose, forse è meglio partire dall’inizio» ricominciò a parlare Morgan «All’incirca cento anni prima della nascita di Cristo, le persone che si erano scoperte dotate di poteri speciali si riunivano e si confrontavano. Alcuni pensavano che fosse giusto mantenere l'equilibrio della natura e non usare la magia per creare anomalie, altri ritenevano che fosse un loro preciso dovere usarla per grandi scopi, per migliorare le cose…

Poi alcuni esagerarono…

Come ben sapete Silas e Qetsiyah hanno creato l’incantesimo dell’immortalità, Inadu i Licantropi… e ovviamente Ester i Vampiri.

I miei antenati stavano dalla parte dei più conservatori e infatti erano tra chi, temendo i poteri dei Viaggiatori, gli lanciarono una maledizione per impedirgli di usare la magia, di radunarsi e di stabilirsi in un luogo. Dopo di che si assunsero il compito di accettarsi che non riuscissero mai a spezzarla.

Non è un caso che la mia sia una famiglia di navigatori, era una sorta di “copertura“ che ci permetteva di avere i mezzi e le risorse per andare ovunque servisse.

Tutto procedeva in tranquillità, non eravamo mai stati chiamati ad intervenire… i Viaggiatori non davano nessun tipo di problema.

Per quanto riguarda la magia, la mia famiglia si era data delle regole molto rigide, ma per quel che concerne il nostro stile di vita… eravamo molto meno conservatori!» Morgan rise di gusto, poi continuò «Viaggiare, scoprire nuovi luoghi, conoscere tante persone e tante culture, ci hanno nobilitato.

Siamo stati sempre molto cosmopoliti e di mente aperta e mano a mano che i secoli passavano, l’impegno che ci eravamo assunti ha cominciato ad avere una priorità sempre minore nelle nostre vite.

Alcuni perdevano i loro poteri perché avevano provato ad usarli in maniera non consona, altri preferivano ignorare che ce l’avessero perché non volevano essere coinvolti… eravamo arrivati ad un punto che c’era chi per tutta la vita non aveva neanche capito di avere facoltà particolari!

La situazione si stava facendo un po’ confusa e pericolosa, così decisero di correre ai ripari…

Ci serviva una guida, qualcuno che ci coordinasse, ma era contro la nostra ideologia dare quel tipo di autorità ad un’unica persona: la soluzione è stata molto semplice… visto che in famiglia nascevano moltissimi gemelli… avrebbero diviso il compito.

Furono creati questi due medaglioni» spiegò Morgan aprendo un cofanetto «due ametiste. La pietra originale, che simboleggia una propensione all’amore a discapito dell’egoismo, è stata divisa in due gocce che si intersecano. Incastonate l’un l’altra sono una fonte di magia molto potente ma che funziona solo se usate insieme.

Inoltre i due Gemini sarebbero stati solo i depositari del potere magico, non avrebbero avuto potere decisionale. Per quello scopo fu istituito un gran consiglio degli stregoni e delle streghe più anziane, anche quelle come me e mio padre… che non avevano un gemello.

Così, come ogni famiglia scozzese che si rispetti, abbiamo continuato a fare le nostre “Adunanze”, ma oltre a rendere omaggio al nostro Lord e rinnovare il giuramento di fedeltà, abbiamo usato queste riunioni per conservare e rinnovare la nostra magia.

Ci incontravamo ogni dieci anni e il rito era molto semplice.

I gemelli prescelti ricevevano i medaglioni al compimento del loro decimo anno di età e lo conservavano fino a quando arrivavano a compierne trenta, dopo di che lo passavano ad un altra coppia di gemelli e diventavano membri del collegio degli anziani.

Tutto è andato bene per secoli, generazione dopo generazione… fino a Alleyne e Rachel.

Mia sorella scappò all’età di diciannove anni e l’anno dopo non si presentò all’Adunanza.

Mio fratello era un ragazzo pieno di vita e in salute… ma cominciò ad indebolirsi e a stare male.

Il giorno del loro ventiduesimo compleanno Rachel tornò, anche lei non stava molto bene… ma Alleyne stava malissimo, erano mesi che non si poteva alzare dal letto.

Mia sorella e suo marito vennero a casa nostra ma mio padre non li fece entrare, così Rachel usò una porticina di servizio… andò in camera di Alleyne e prese il suo medaglione.»

Morgan non guardava più le sue interlocutrici, fissava l’esterno della cupola e ogni traccia di buonumore era svanita. «Mio fratello morì nel giro di un’ora e mio padre accecato dal dolore andò nella locanda vicino al porto dove alloggiava mia sorella, non riprese i medaglioni... si limitò a togliere una delle pietre…

Le disse che da quel momento era diventata la Leader della Congrega Gemini, che lo sarebbe stata fino al compimento dei ventidue anni dei suoi primogeniti, quando il gemello dominante avrebbe sconfitto suo fratello e avrebbe preso il potere di entrambi… e così sarebbe stato per ogni generazione futura.

A monito e punizione per quello che lei aveva fatto ad Alleyne…

I nostri antenati non intervennero… pensavano che quella fosse una giusta punizione.

Mio padre non fece più ritorno, è stato in un mondo prigione per più di un secolo… da solo, fino a quando gli anziani non decisero che avesse scontato la sua pena. Cominciò così ad invecchiare per poi morire…»

Caroline e le altre erano rimaste in silenzio per tutto il racconto. «Perché ci hai fatto venire qui?» chiese.

«Perché vi ho osservato e ho capito che eravate le persone giuste… tu… sei la persona giusta!»

«Per fare cosa?»

«Anche i Gemini hanno scontato la loro pena, è arrivato il momento di togliere la maledizione…» rispose Morgan.

«Nessuno meritava quel tipo di punizione!» intervenne Bonnie.

«La penso come te ma io all’epoca dei fatti ero solo una ragazza, non ero nel consiglio degli anziani e tantomeno in quello che prendeva veramente le decisioni, quello degli Antenati… ma ora ne faccio parte già da un po’ ed è giunto il momento di intervenire.»

«Perché non lo hai fatto prima?» domandò Freya.

«Abbiamo tentato» le rispose la strega più anziana «Ma non ci siamo riusciti… avevamo bisogno di lei…» spiegò facendo un cenno nella direzione di Caroline.

«Intendi dire di una vampira?» chiese la Strega Originale.

«Esattamente… sai bene quando può essere stato difficile per delle vecchie streghe ammettere di avere bisogno di una come lei e quando fosse impossibile trovarne qualcuno di cui ci potessimo fidare».

«A cosa vi servo?» volle sapere Care.

«Dobbiamo andare indietro nel tempo e per farlo ci serve una creatura che possa sopportare il viaggio, una che non può morire…»

 

Erano a Londra per un motivo ben preciso: Caroline doveva recuperare l’ametista che Lord Aidan, prima di sparire, aveva nascosto a Balogh Hall, la dimora dei St Claire. Finalmente è arrivato il momento di agire.

 

Il campanello suonò e Bonnie andò ad aprire la porta «Benvenute ragazze» salutò «avete fatto buon viaggio?»

«Lungo… come al solito, ma tutto bene» rispose Freya mentre entrava con Keelin.

«Si è lamentata tutto il tempo» sorrise la licantropa abbracciando Caroline.

«E tu come stai?» chiese la vampira.

Keelin si accarezzò la pancia «Sta andando tutto bene, le nausee sono passate e ho una fame da lupa! Vincent era un po’ nervoso all’idea di questo viaggio, ma poi ha capito…»

Freya aveva ascoltato rimanendo in silenzio, poi fissò la vampira e la strega «Siete pronte?» chiese.

Caroline annuì. «Non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto l’aiuto che ci hai dato»

«Non devi ringraziarmi» replicò la Strega Originale «Arriverà un giorno che capirò come salvare Klaus ed Elijah e tu verrai in mio soccorso»

«Ci puoi contare» l’abbracciò stretta la vampira.

Freya accettò un po’ impacciata la dimostrazione d’affetto «Ci dobbiamo sbrigare, perché è quasi l’ora…» tossicchiò imbarazzata.

 

 

Caroline si rimirò allo specchio, aveva i capelli acconciati in un morbido chignon e indossava un abito di mussolina di un tenue verde pastello.

«Sicura di non voler indossare un corsetto?» domandò Bonnie.

«Con un abito da giorno non era necessario» rispose la vampira «e poi io non ne ho bisogno!» aggiunse leggermente piccata sistemandosi la scollatura.

«Ha ragione» sghignazzò Keelin ricevendo un’ occhiataccia da Freya.

«Sei pronta?» domandò la Strega Originale

Caroline indossò la collana che Bonnie le stava passando, era una sottile catenina in oro bianco dalla quale pendeva uno smeraldo grezzo «Andiamo» annuì incamminandosi.

Entrarono in una stanza dove erano stati sistemati tre letti allineati uno di fianco all’altro, Caroline si sdraiò su quello centrale, Bonnie e Freya presero posto ai suoi lati.

«Buona fortuna ragazze» sussurrò Keelin.

«Preparaci la cena!» scherzò sua moglie facendole l’occhiolino «Torneremo in un baleno!»

 

La stanza nella quale le tre donne si risvegliarono era la stessa nella quale si erano coricate, c’era una luce diversa e un silenzio irreale.

Senza proferire parola, scambiandosi solo un segno d’intesa, uscirono dall’appartamento e si incamminarono lungo la strada deserta fino ad arrivare, qualche minuto dopo, alla Temple Church.

Entrarono nella chiesa dall'ingresso laterale, percorsero tutta la fiancata fino ad arrivare nella zona più antica e più sacra, la Rotonda.

Sei gruppi da quattro pilastri erano disposti a formare un esagono regolare attorno a un punto centrale, debitamente marcato da una lastra commemorativa di forma circolare.

Nella Rotonda c’erano dieci tombe, otto avevano un’ effige dei Cavalieri Templari ed erano poste all'interno del cerchio di colonne, le altre due tombe erano esterne al colonnato, quella sul lato destro non aveva nessuna attribuzione, l'altra rappresentava un altro cavaliere.

Bonnie, Freya e Caroline si avvicinarono alla tomba senza effige, l’Originale la toccò e questa si spostò rivelando degli scalini che scendevano.

Nell’area sotterranea c’era un vano identico alla Rotonda della chiesa, al posto delle tombe erano ammassati forzieri, casse e scrigni.

Accanto al grande altare che sorgeva la centro della stanza, le stava aspettando una donna dai capelli rossi.

«Stai benissimo Caroline!»

«Grazie Morgan»

«Sei pronta?»

«Credo di sì»

«Bene… hai memorizzato il percorso per Kensington? La Londra che troverai è ben diversa da quella che hai lasciato venendo qui!» sorrise la donna.

«Me ne rendo conto!» le sorrise di rimando Caroline.

«A quest’ora sono tutti in Hyde Park per la passeggiata pomeridiana» continuò la donna passando un foglio a Care «ti ho disegnato la pianta della nostra casa e ti ho segnato la porticina di servizio con la serratura difettosa, io e miei fratelli la usavamo per uscire ed entrare senza essere visti» aggiunse facendole l’occhiolino «i domestici dovrebbero essere tutti impegnati a preparare la cena, non dovresti avere problemi, tu muoviti velocemente e stai attenta».

Caroline annuì mentre studiava la mappa.

«La galleria è al secondo piano, dove ci sono gli appartamenti padronali… il ritratto di mio fratello è il quinto sulla sinistra» la voce della donna si era un po’ incrinata «la pietra è custodita dietro la tela in una piccola nicchia ricoperta dalla stoffa da parati, la troverai facilmente…»

Caroline annuì di nuovo.

«Se sei pronta, togliti lo smeraldo e mettilo qui» le disse indicando una coppa tempestata di pietre preziose, dentro c’era una versione molto più grande del ciondolo di Care.

«Noi lanceremo l’incantesimo» cominciò a spiegare Morgan «quando te lo dirò riprendi la collana e mettila al collo, sverrai… dopo che ti sarai ripresa ti basterà salire le scale e la botola si aprirà, quando avrai recuperato l’ametista sali sulla Cappella di Mezzo della Cattedrale di St. Paul, metti lo smeraldo nel vaso di alabastro… e farai il percorso inverso, quando ti risveglierai ci troverai ad aspettarti… è tutto chiaro?»

La vampira annuì di nuovo.

«Buona fortuna, tesoro»

«Stai attenta Caroline» le sussurrò Bonnie abbracciandola.

«Ce la farà senza alcun problema» sentenziò Freya, ma non riuscì ad evitare di abbracciarla a sua volta, stringendola un po’ più del dovuto.

Caroline mise lo smeraldo dove le era stato detto, le tre streghe si presero per mano, le pietre si illuminarono e poi tornarono normali, Care prese la sua collana, la indossò… e poi il buio…

 

Londra nel 1819 era decisamente diversa. Caroline si soffermò ad osservare il via vai delle carrozze, procedevano lentamente come se non avessero nessuna fretta, le persone erano abbigliate con colori sgargianti, le signore avevano dei cappellini con fiori e piume, gli uomini indossavano giacche strette e avvitate, pantaloni al ginocchio e lucentissimi stivali, i fiocchi che gli adornavano il collo erano annodati in maniera complessa, le punte del colletto delle camicie erano così inamidate che sembravano dovessero conficcarsi nel loro mento, questo faceva si che la loro postura apparisse rigida ed austera.

Caroline si sistemò il suo abito e sospirò un po’ delusa, dava l’impressione di essere più una cameriera che una Lady, ma forse era meglio così, non doveva dare troppo nell’occhio.

 

Come le aveva detto Morgan, tutti erano fuori e il piano degli appartamenti patronali di Balogh Hall era deserto, la pietra era esattamente dove le era stato detto.

Dopo qualche minuto era già sulla via del ritorno, camminando spedita verso la Cattedrale di St. Paul.

 

«E’ andato tutto liscio come l’olio» esordì Care, stiracchiandosi mentre lentamente si stava riprendendo.

«Brava!» si complimentò Freya.

«Dopo mi racconti tutto nei dettagli!» le sorrise Bonnie.

«Dove è la pietra, cara?» domandò Morgan.

Caroline tirò fuori l’ametista dalla tasca del suo abito e la porse alla strega più anziana.

Morgan St Clair iniziò una litania ed inserì la pietra nel suo alloggiamento e, come se fossero attratti uno dall’altro, i due medaglioni si unirono.

Care abbracciata a Bonnie sorrideva felice, poi vide l’espressione di Morgan «C’è qualcosa che non va?» domandò confusa.

La donna scosse i lunghi capelli rossi «Temo di sì… lo avevamo messo in preventivo, ma speravamo che non ce ne fosse bisogno…»

«Cosa succede?» chiese Freya.

«L’ametista non basta per completare l’incantesimo, quando lo fecero la prima volta usarono otto pietre, ognuna delle quali simboleggia i flussi di energia che attraversano il mondo e possono condizionare la vita umana. Abbiamo bisogno di quelle pietre… o le loro gemelle, perché ognuna di loro aveva una sua corrispondente, una pietra ricavata dallo stesso minerale…»

«E dove le troviamo?»

«Bella domanda» sospirò Morgan «Le dobbiamo cercare una per una… e non è escluso che per recuperarle tu non debba viaggiare di nuovo nel tempo».

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***









 

Il nervosismo, nella casa di Fleet Street, si poteva tagliare con un coltello.

Era passata una settimana dal viaggio di Caroline nel 1819 e ancora non avevano idea su come fare a recuperare le pietre che servivano a completare l’incantesimo.

Morgan gli aveva detto di stare calme e attendere istruzioni, appena ci sarebbero state novità le avrebbe contattate.

Il segnale concordato per incontrarsi nella Chambre de Chasse sarebbe stata una candela accesa, l
e ragazze l’avevano appoggiata in bella vista sullo scrittoio del soggiorno e passavano la giornata a tenerla d’occhio, nel frattempo avevano svaligiato la biblioteca di tutti i libri di gemmologia che avevano trovato, anche se erano consapevoli di cercare il classico ago nel pagliaio, non sapevano neanche che cosa dovessero cercare!

Finalmente un pomeriggio la candela si accese, tutte e quattro si precipitarono nella stanza dove avevano aggiunto un altro letto per Keelin.

«Due orecchie in più possono far comodo» aveva argomentato la licantropa «e io e il bambino non correremo nessun pericolo!»

Al loro risveglio Morgan le attendeva sorridente.

«Allora?« domandò Caroline senza troppi preamboli.

«Forse abbiamo trovato la prima gemma» rispose l’Antenata dei Gemini.

«Bene!» esclamò Bonnie.

«Non è così semplice» scosse la testa Morgan.

«Perché non possiamo semplicemente mandare Caroline nel momento che avete fatto l’incantesimo?» domandò stizzita Freya «Le pietre sono tutte li! Basterebbe prenderle!»

«Non si può fare…» replicò la strega più anziana «Non possiamo sconvolgere il corso degli eventi…»

«Che significa?» chiese Keelin.

«Ci abbiamo riflettuto moltissimo» rispose Morgan «E non vi nascondo che c'è stato un dibattito molto acceso, alcune delle Antenate volevano lasciar perdere».

Caroline sgranò gli occhi «Non possono farlo!» esclamò sconvolta.

«Sì, lo so… » la rassicurò la donna «ne abbiamo discusso e alla fine siamo giunti ad un compromesso. L’Antenata che aveva fatto materialmente il primo incantesimo è dalla nostra parte e si è resa disponibile a compierlo di nuovo, ma non può farlo con le pietre che ha usato quella volta, quelle gemme hanno avuto una loro storia dopo quell’evento e sottrarle ai loro legittimi proprietari comporterebbe uno stravolgimento nelle loro vite ed è una cosa che non possiamo fare».

«Non capisco!» scosse la testa sconfortata Care.

«Ti faccio un esempio. La pietra che abbiamo trovato e che tu devi recuperare è un topazio blu, l’originale e il suo gemello sono incastonati in una tiara che attualmente indossa la Regina Elisabetta… fa parte dei tesori della Corona! In qualunque epoca noi vorremmo sottrarla, ci sarebbe uno scandalo di proporzioni epiche! Ci sarebbe qualcuno che verrebbe accusato del furto… magari processato, incarcerato.. impiccato, cambieremmo la storia! Le conseguenze sarebbero imprevedibili!»

«E l’ametista che ha recuperato Caroline?» chiese Bonnie.

«Siamo stati fortunati, non ci sono state conseguenze… o comunque non tali da stravolgere il corso della storia, ma quella pietra era stata nascosta, probabilmente è andata perduta durante qualche lavoro di ristrutturazione, non lo sappiamo con esattezza…»

«Quindi cosa avete intenzione di fare?» volle sapere Freya.

«Rifare l’incantesimo da capo, e per farlo dobbiamo trovare otto gemme adatte che abbiano una pietra gemella e le giuste caratteristiche».

«Quindi basterà andare in una gioielleria!» fece con un’alzata di spalle Keelin.

Morgan scoppiò a ridere «Temo proprio di no, tesoro… quel tipo di pietre non si vendono nei negozi… e se anche fosse, non ce le potremmo permettere! Quel tipo di gemme sono nei musei, nelle casseforti di qualche magnate o sceicco, ma per nostra fortuna nel corso della storia alcune sono andate perdute, sepolte… dimenticate…» la strega si fece molto seria, poi continuò «come il topazio blu che Caroline deve andare a recuperare a Ekaterinburg, in Russia… nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1918.

La gemma era cucita nel corsetto della Granduchessa Olga Nikolaevna Romanov, i soldati che hanno trucidato lei e la sua famiglia l’hanno perduta per la strada mentre trascinavano i corpi nel bosco vicino. Alcuni corpi sono stati denudati, alcuni bruciati… e altri ancora fatti a pezzi e gettati nel pozzo di una vecchia miniera… questa volta non sarà facile trovarla, non sarà come entrare in una casa semi deserta e spostare un quadro…»

Caroline abbassò lo sguardo.

«Non ce la sentiamo di mandarti da sola, tesoro… è troppo pericoloso…» sussurrò Morgan.

«L’accompagno io!» esclamò risoluta Freya.

Keelin guardò la moglie spaventata «Tu non sei una vampira!» esclamò.

«Non solo…» le rispose Morgan «Caroline dovrà viaggiare in epoche in cui le donne non avevano nessuna considerazione… serve un uomo».

«Possiamo chiedere a Kol!» propose la licantropa.

«Lo abbiamo considerato» annuì l’Antenata dei Gemini «ma abbiamo pensato a qualcun’altro più adatto… Niklaus Mikaelson».

Le quattro donne guardarono la strega più anziana a bocca aperta.

«Ma cosa dici? Nik… è morto» mormorò Freya.

«Non nel 1819…» replicò Morgan «Caroline… la tua incolumità non è la sola cosa sulla quale abbiamo discusso, mandarti a Londra… in qualunque epoca è semplice, basta che usi la Temple Church per andare e la Cattedrale di St. Paul per tornare. Farti viaggiare in altri luoghi invece è molto più complicato… in alcuni posti come ad esempio la Russia del 1918 è quasi impossibile,così abbiamo creato questi…»

La Strega Gemini mostrò un medaglione e un orologio da taschino, poi li aprì…

«Sembrano gli ascendenti che si usavano per uscire dai mondi prigione!» esclamò Bonnie.

«Esattamente… all’interno hanno due smeraldi, con questi posso farvi viaggiare dove e quando voglio, tu… e un altro “passeggero“».

«Klaus…» mormorò Caroline.

Morgan annuì «Anche se non ha ancora spezzato la maledizione e non è ancora un ibrido, è la tua migliore possibilità… ha la forza e le competenze necessarie per accompagnarti in questa avventura».

«Ma lui nel 1819 non mi conosce!» allargò le braccia la vampira «Ammesso che non mi sbrani e non mi uccida appena mi vede… come faccio a convincerlo?»

«Gli racconti tutto» replicò l’Antenata Gemini «Tutto quanto! Compreso il fatto che per salvare la figlia si sacrificherà insieme ad Elijah… e gli dirai che quando avrete recuperato tutte le pietre, il tuo ultimo viaggio sarà a New Orleans durante la cena che organizzerà per dire addio alla sua famiglia, con la soluzione per intrappolare il Vuoto una volta per tutte… se ti aiuterà, potrà restare vicino a sua figlia e vederla crescere».

Freya stava tremando «Caroline…» sussurrò.

La vampira aveva le lacrime agli occhi «Ditemi quello che devo fare!» esclamò.

 

L’abito che indossava Caroline era molto più bello di quello che aveva usato per il viaggio precedente, era in broccato di seta color avorio, aveva lo scollo quadrato e le maniche lunghe, una cintura finemente decorata era allacciata appena sotto il seno, l’orlo era vivacizzato da piccole balze.

«Sei bellissima» l’aveva rassicurata Bonnie.

Come Londra, anche New Orleans era molto diversa da quella che avevano visitato durante le ricerche, tuttavia non le fu difficile orientarsi e trovare la casa dei Mikaelson.

Giunta davanti alla maestosa dimora aveva fatto un bel respiro e aveva suonato la campanella, quando però una domestica le aveva aperto il portone tutta la sicurezza ostentata era svanita.

«Vorrei vedere Niklaus Mikaelson».

«In questo momento il Signore non può riceverla»

Caroline ispirò profondamente, guardò negli occhi la donna, si presentò e riformulò la sua richiesta.

«Mi segua signorina»

La vampira varcò il cancello ed entrò nel cortile, sorrise nel constatare che nel corso degli anni era rimasto uguale a quello dove lei e Bonnie avevano passato molti pomeriggi a chiacchierare con Freya e Keelin. Salì la scalinata e si fermò per qualche secondo ad ammirare lo stemma della famiglia, poi seguì la domestica negli appartamenti padronali.

«La signorina Caroline Forbes per lei, Signore…».

Non appena la donna si scostò per farla passare, Care lo vide… sentì gli occhi inumidirsi e con un colpo di tosse cercò di liberarsi del groppo alla gola che la stava facendo soffocare, deglutì… respirò profondamente e raddrizzò le spalle per darsi un contegno, poi entrò nella stanza.

Klaus era dietro una scrivania, appena la scorse si alzò per andarle incontro.

Aveva i capelli più lunghi e un accenno di barba, mentre camminava Caroline non poté evitare di fissare le sue gambe fasciate da un pantalone aderente, una camicia di lino sbottonata, il panciotto in broccato era allacciato ed evidenziava il suo fisico asciutto ma imponente… anche vestito così non perdeva un briciolo della sua virilità.

Caroline aveva temuto che non sarebbe riuscita ad evitare di scoppiare a ridergli in faccia, abituata al suo abbigliamento moderno, invece aveva la salivazione azzerata.

Quando tornò a guardarlo negli occhi, vide il suo sguardo ironico… sulle sue labbra il sorrisetto che aveva visto tante volte.

«Ci conosciamo Milady?»

«In un certo senso… ho bisogno di parlarti… parlarvi» si corresse immediatamente.

Girò lo sguardo e solo in quel momento si rese conto che Elijah era nella stessa stanza. Care lo guardò e di nuovo la sua vista si offuscò, era vestito in maniera impeccabile e aveva la sua solita aria compita e distinta, anche lui la stava osservando attentamente, in piedi accanto ad un pianoforte dove era seduto un ragazzino di colore che la stava fissando curioso.

Caroline sorrise «Marcel…» sussurrò.

Klaus inarcò un sopracciglio, ora la sua espressione era meno divertita.

Care fece un piccolo inchino nella direzione di Elijah «Se vostro fratello e il vostro protetto potessero lasciarci soli per qualche minuto, gliene sarei infinitamente grata. Quella che vi devo riferire è una faccenda delicata e personale».

Il Vampiro Originale fece un impercettibile segno al fratello che si affrettò ad uscire dalla stanza portando Marcel con sé.

Caroline aveva sollevato il mento e stava sostenendo lo sguardo penetrante dell’uomo, erano uno di fronte all’altra e senza muoversi attesero che la porta si richiudesse, poi la donna prese qualcosa dalla retina del suo abito e la consegnò al vampiro.

«Cosa è?»

«Una fotografia…»

Klaus esaminò con attenzione la stampa che aveva in mano «Ho sentito parlare di questi studi sulla luce… dal greco phôs e graphè, “Scrittura della luce” ma non immaginavo una cosa così stupefacente».

Caroline annuì.

«Sono io… vestito in maniera un po’ bizzarra, ma sono io…» esclamò esterrefatto tornando a guardare Care «e la ragazza?»

«Si chiama Hope… ed è tua figlia»

Il vampiro sussultò… poi riacquistò la sua proverbiale impassibilità «Non è possibile… e per più di una ragione!»

«Sarà possibile dopo che avrai spezzato la maledizione del sole e della luna».

Klaus la sguardò scettico.

«Troverai la pietra di luna e la doppelganger della Petrova» aggiunse Caroline con uno sguardo compiaciuto, notando che il vampiro stava perdendo la sua imperturbabilità «e diventerai un ibrido… un licantropo che può procreare».

«Chi sei?» ringhiò Klaus avvicinandosi minaccioso.

«Mi chiamo Caroline Forbes e vengo dall’anno 2020… nella mia epoca io e te siamo amici».

Il vampiro scoppiò a ridere «Questa cosa è ancora più impossibile del fatto che io abbia una figlia!».

Anche la vampira sogghignò «Cosa? Che viaggio nel tempo o che siamo amici? Concordo che sono due cose molto difficili da credere… in effetti la seconda assai di più della prima! Ci abbiamo messo molto tempo a diventare amici! E’ nella mia cittadina, Mystic Falls in Virginia, che verrai a spezzare la maledizione, la metterai a ferro e fuoco per riuscirci! Farai del male e ucciderai parecchie persone alle quali volevo bene… »

«E mi perdonerai?» chiese sempre più scettico l’uomo.

«Sì, lo farò… perché farai anche del bene e aiuterai parecchie persone a me care…»

Klaus diede un’altra occhiata alla fotografia che continuava a tenere in mano «Sei sicura che siamo solo amici? Non è che questa è nostra figlia?» domandò sollevando maliziosamente un sopracciglio.

Caroline scosse la testa sorridendo «Come avrai di certo percepito, sono una vampira… io non posso procreare… o ameno non potrei, perché in effetti ho due figlie… due gemelle, Lizzie e Josie…»

Care raccontò tutta la storia, come aveva avuto le bambine, la fine della Congrega Gemini… la ricerca per impedire la fusione, cosa avevano scoperto, cosa avevano già fatto e cosa dovevano ancora fare…

L’uomo l’aveva ascoltata con attenzione «Sei venuta per chiedere il mio aiuto?» domandò alla fine del discorso «Se siamo così amici, perché non l’hai chiesto al Klaus della tua epoca? Oltretutto da quello che dici è una versione di me più evoluta e potente».

Caroline abbassò lo sguardo tentando di ricacciare indietro le lacrime «Avrei voluto… credimi, lo avrei voluto con tutto il cuore… ma non ho potuto…» la donna fece un respiro profondo e tornò a guardalo «Ti sei ucciso… tu ed Elijah vi siete sacrificati per tenere al sicuro Hope».

«Non è possibile! Siamo immortali!»

«Avete usato un paletto di quercia bianca»

Klaus si mosse all’improvviso, prese Caroline per il collo e la immobilizzò contro una parete.

«CE L’HAI CON TE?» ringhiò inferocito a pochi centimetri dal suo viso.

«Cosa?» riuscì a chiedere Care con la voce strozzata.

«La quercia» sibilò l’Originale.

«NO!» rispose la donna «Non sono venuta per ucciderti!» aggiunse dopo che l’uomo aveva allentato la presa.

«Se mi fai parlare ti racconto tutta la storia…»

Klaus si girò e si avviò verso la scrivania, Caroline lo seguì e si accomodò su una sedia di fronte, poi iniziò a parlare, fu un racconto molto lungo… partì dall’inizio, da quando lui arrivò a Mystic Falls.

Aveva provato molte volte quel discorso nel soggiorno di Londra, scegliendo con cura le cose che poteva riferirgli e quelle che doveva tacergli, non era sicura che lui l’avrebbe fatta parlare così tanto, invece Klaus era rimasto in silenzio per tutto il tempo, senza mai interromperla e apparentemente senza nessuna reazione.

«E così Elijah ha deciso di seguirmi, ha voluto assorbire la metà del Vuoto e dividere con me l’ultimo paletto di quercia bianca…» commentò alla fine del racconto.

Caroline annuì.

«Lo ha fatto perché si è sempre preoccupato di controllarmi, ma anche perché non riusciva a vivere con il rimorso per la sua parte di responsabilità nella morte dell’amore della sua vita, nonché la madre di quella che tu dici essere mia figlia…»

Caroline annuì di nuovo.

«Quindi Hope è rimasta sola!» esclamò l’uomo, era la prima volta che si rivolgeva alla figlia chiamandola per nome.

«E’ con me» rispose la vampira «tua figlia è una alunna della mia scuola. E poi c’è Rebekah, Kol… e Freya»

«La mia sorella strega che non ho mai conosciuto…» annuì l’uomo.

Care rimase in silenzio per dargli il tempo di assimilare la situazione, in attesa della sua reazione, che non tardò ad arrivare.

«Tu sei venuta a cercare il mio aiuto» cominciò a dire l’uomo guardandola freddo «ma io queste informazioni sul mio futuro potrei usarle per sistemare le cose…»

«E finirai per incasinarle del tutto» gli rispose la donna glaciale.

«Hai omesso delle cose importanti?»

«Assolutamente no! Ma con troppe informazioni potresti agire in maniera differente… magari non riusciresti più a spezzare la maledizione o non diventare mai padre… potresti sconvolgere tutta la storia, la tua e quella delle persone che ti sono accanto, compresa la mia… e non te lo posso permettere» chiarì la vampira sostenendo il suo sguardo.

«E come avresti intenzione di impedirmelo?» chiese sarcastico il vampiro.

«Se proverai ad uccidermi» rispose la donna «chi mi ha fatto arrivare in questa epoca mi riporterà nella mia e nel momento esatto che io tornerò nel 2020, tutte le persone che hanno interagito con me nel 1819, dimenticheranno di avermi conosciuta, dimenticheranno tutto quello che gli ho detto… io potrò ripiegare sul piano B, convincere tuo fratello Kol ad aiutarmi… tu rimarrai con un pugno di mosche in mano…»

«Un pugno di mosche? Incasinare... delle locuzioni moltro strane… ma efficaci» commentò con un sorriso ironico l’uomo.

«Se invece mi aiuterai… avrai una cosa in cambio»

«Ora si ragiona… sei venuta con un accordo?»

«Te l’ho detto… ti conosco bene, so perfettamente che Niklaus Mikaelson agisce solo se ha un tornaconto personale…»

Il vampiro fece una smorfia beffarda.

«Tu aiutami a recuperare tutte le pietre e io tornerò qui… qualche ora prima che tu ed Elijah decidiate di uccidervi, con la soluzione per intrappolare il Vuoto in maniera definitiva. Tu e tuo fratello potrete restare accanto ad Hope e vederla crescere… e credimi, tua figlia sente terribilmente la tua mancanza e ha bisogno di te…»

Klaus rimase in silenzio per un tempo lunghissimo «Va bene» annunciò con voce ferma.

Care inclinò la testa «Non vuoi sentire il piano prima di accettare?»

«Se mi conosci bene come dici, saprai che se voglio qualcosa non mi fermo davanti a niente»

«Va bene» annuì la vampira «Come ti ho detto io non posso tornare nella mia epoca. Dimenticheresti tutto e francamente non ho voglia di ripetere l’esperienza di venirti a spiegare la situazione».

«Ma se sono stato un gentiluomo!» la interruppe ridendo il vampiro «Impossibile non esserlo con te! Sei… sbalorditiva, Love»

Un brivido corse lungo la schiena della donna.

«Giusto per essere chiari fin da subito… sono troppo intelligente per essere sedotta da te»

«Bene, ecco perché mi sei piaciuta fin da subito!» sentenziò Klaus. «La prenderò come una sfida…».

Caroline per qualche secondo andò con la memoria ad una panchina davanti al Mystic Grill, poi tornò in sé…

«Stavo dicendo…» continuò a parlare quando riuscì a controllare il tono di voce «non posso tornare nella mia epoca, ma non posso restare neanche qui a New Orleans, devo risiedere a Londra… sarà più facile per le Antenate Gemini gestire i nostri viaggi nel tempo…»

«Dovrò viaggiare nel tempo?» la bloccò Klaus.

«Certo… come pensavi di recuperare le gemme?».

L’uomo soppesò la situazione «Beh… sarà interessante!».

«Non pensare neanche per un momento di poter chiudere qualche conto in sospeso o vendicarti di qualcosa!» lo ammonì perentoria Care puntandogli un dito contro «Non possiamo interferire con la vita delle persone!»

Klaus scoppiò a ridere «Mi conosci davvero bene, Love! Sempre più interessante…»

Caroline lo fulminò con lo sguardo «Come ti ho già spiegato, i primi Gemini sono di una famiglia della nobiltà inglese, per questo motivo noi dovremmo mischiarci con il “le bon Ton“ l’élite della nobiltà.

Dovremmo assumere delle identità di copertura, tu sarai Niklaus Bedwyn, Duca di Bewcastle».

«Perché non posso tenere il mio nome?»

«Perché non esiste nessun Duca Mikaelson che ha una casa in Grosvenor Square! Mentre esiste un Duca di Bewcastle, un Lord scozzese che ha preferito trasferirsi nelle Colonie invece di assumere il ruolo che il suo titolo gli garantiva. Raramente torna nelle Highlands dove sono le sue terre e per la loro gestione preferisce farsi raggiungere dai suoi amministratori nella tenuta che ha in North Carolina, ha molti rapporti d’affari con i St Clair e inoltre abbiamo la certezza che non tornerà in Inghilterra per i prossimi quindici anni.

Per il Ton il Duca di Bewcastle è un mito, nessuno lo conosce, nessuno l’ha mai visto… quando ha ereditato il titolo era solo un ragazzo e viveva in America. Prima di venire qui ho provveduto a far aprire la sua casa di Londra, i domestici stanno aspettando il Duca e la sua famiglia.»

Klaus fece una smorfia «Ho anche una famiglia?»

«Una moglie, due fratelli e una sorella…»

L’uomo la guardò ironico «Saresti tu la mia Duchessa?».

«Rebekah Bedwyn, la sorella minore del Duca deve essere presentata in società e fare l’inchino davanti alla Regina» continuò lei invece di rispondere «per questo vogliamo passare la Stagione a Londra»

«Perché dobbiamo portare anche i miei fratelli?» chiese l’uomo.

«Non è mio il piano, lo hanno studiato le Antenate Gemini, mi hanno detto di fare così… avranno le loro ragioni, io te lo sto semplicemente esponendo… se non vuoi accettare sei ancora in tempo per tirarti indietro!»

«Io non mi tiro mai indietro…» replicò il vampiro.

«Allora tra dieci giorni partirà una nave dal porto di Savannah in Georgia, abbiamo pochissimo tempo per organizzarci, dobbiamo spiegare ai tuoi fratelli cosa succede e metterci in viaggio immediatamente».

«Via terra ci vorrebbe almeno una settimana» considerò Klaus «Ma se facciamo parte del viaggio via mare, forse ce la possiamo cavare in cinque giorni».

Caroline annuì «E la Savannah è la prima nave ibrida della storia, non naviga solamente a vela ma ha anche un motore a vapore, ci metterà esattamente 29 giorni ad attraversare l’Atlantico e arrivare a Liverpool, dopo di che ci vorranno circa tre giorni per arrivare a Londra».

«Sbalorditivo…» commentò il vampiro.

«Già… » scosse la testa Care «Ci metteremo solo sei settimane a fare un viaggio che nel 2020 si fa in circa dieci ore!»

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***






 

Il battello stava prendendo il largo e la città si stava allontanando, Klaus era appoggiato alla balaustra e la stava guardando mentre si faceva sempre più piccola… aveva amato New Orleans dal primo momento, era una città viva e pulsante, ma da quando aveva appreso cosa lo aspettasse nel futuro, aveva anche capito meglio il perché si fosse sentito subito a casa.

Il vampiro aveva passato gli ultimi giorni da solo, tenendosi lontano il più possibile da Elijah che, da quando aveva saputo tutta la storia, lo scrutava senza proferire parola. 

Non aveva battuto ciglio neanche durante il racconto di Caroline, d’altronde era molto difficile stupire i Vampiri Originali, nella loro lunga vita avevano visto di tutto, i viaggi nel tempo, per quanto assurdi, erano solo un’ altra anomalia.

«Marcel!»

Klaus si girò e vide Caroline che stava chiamando il suo protetto, la donna non usava il nome che lui gli aveva dato, Marcellus, era la prima cosa che lo aveva messo in allarme il giorno che lei aveva bussato alla sua porta.

Tornò con la mente a quei momenti, non faceva altro da allora…

La cosa più assurda non era stata la sua storia… la cosa più stupefacente era stata che era riuscita a raccontargliela! 

Nessuno si presentava senza essere invitato a Casa Mikaelson e nessuno ci veniva per parlare con lui, tutti lo temevano e i pochi temerari che osavano venire a disturbarlo difficilmente riuscivano ad uscirne vivi per raccontarlo.

Ci aveva messo otto secoli, ma aveva imparato bene la lezione… mai fidarsi, mai abbassare la guardia… ciononostante nell’attimo esatto che aveva visto quella giovane ed elegante donna bionda il suo mondo si era capovolto.

Lo sguardo che Caroline gli aveva rivolto non era di paura, sembrava emozionata e felice di vederlo, la lunga occhiata che gli aveva riservato era difficile da descrivere…

Tutto si era fatto più chiaro dopo il suo racconto, a quanto pare si conoscevano bene… lui si fidava così tanto di lei da affidarle l’educazione e la sicurezza della sua presunta figlia…

Caroline, nella sua epoca, aveva rapporti con tutta la sua famiglia, aveva passato l’ultimo anno con quella che lei sosteneva fosse la sua sorella strega…

Poteva comprendere che trovarsi davanti lui ed Elijah ancora vivi era stato un momento emozionante per lei… ma non spiegava quello sguardo! 

Era un uomo, oltre che un vampiro! Lo capiva quando una donna apprezzava quello che stava guardando! Sembrava quasi volesse mangiarselo con gli occhi!

Eppure nei giorni che erano serviti ad organizzare il viaggio, lei si era tenuta a debita distanza, era sembrata quasi scostante… al contrario rideva e si divertiva con Kol e Rebekah, che dopo una iniziale diffidenza sembrava l’avessero presa in simpatia e la subissavano di domande sul loro futuro. 

Caroline alcune volte rispondeva, anche con dovizia di particolari… ma molto più spesso si limitava a sorridere… aveva un sorriso magnifico.

«Non sono più un bambino! Non mi dovete controllare, Milady»

«Marcel… la finisci di darmi del voi?»

«Il Signor Elijah mi ha detto che devo farlo!»

«Se permetti sono io che decido il modo con il quale devi rivolgerti a me!»

Marcel le riservò un enorme sorriso «Come vuoi tu, Milady»

«Caroline… il mio nome è Caroline, ma se vuoi puoi chiamarmi Care»

Il ragazzino fece un cenno di assenso, poi ricominciò a correre lungo il ponte del battello.

«Fai attenzione!» gli gridò dietro la vampira.

«Conosci anche lui nella tua epoca?» le domandò Klaus avvicinandosi.

La donna fece un profondo respiro «Qualche mese fa ero presente al suo matrimonio»

L’uomo annuì «Diventerà anche lui un vampiro» sussurrò.

Caroline non commentò neanche, vista l’ovvietà della risposta.

«Lo trasformerò io?»

«Sì»

Il vampiro restò in silenzio ad osservare il mare.

«Vorrei poterla cambiare questa cosa… vorrei tanto» mormorò Caroline dopo qualche minuto.

«Non vorresti che lo trasformassi?» le domandò Klaus guardandola.

«Più che altro vorrei che ti comportassi come il padre che lui vede in te, invece passerà duecento anni a cercare la tua considerazione, il tuo affetto… desidererà con tutto se stesso sentirsi parte del vostro “Always and Forever”, ma tu non glielo permetterai… nonostante questo ancora non si è ripreso dalla tua morte, gli manchi moltissimo…»

Caroline non gli diede nemmeno il tempo di replicare, si allontanò senza neanche un cenno di commiato.

 

La Savannah era bellissima, l’altissima ciminiera del motore a vapore la distingueva da tutte le altri navi ancorate al porto, mentre la stavano ammirando Caroline raccontava del viaggio inaugurale della nave da New York alla Georgia che era avvenuto soltanto qualche settimana prima.

«Viaggeremo da soli con l’equipaggio» aveva spiegato «perché nonostante abbiano fatto di tutto per assicurarsi dei passeggeri e della merce da trasportare, nessuno se l’è sentita di rischiare la vita e i loro averi su una nave così innovativa. Un vero peccato perché l’attraversata andrà bene, saliamo…» aggiunse incamminandosi verso il Capitano e alcuni ufficiali che li stavano aspettando sulla banchina.

Klaus la sera prima aveva accompagnato Care a soggiogarli «La Storia non si deve cambiare» aveva affermato decisa la donna «su tutti i libri c’è scritto che la nave farà il suo storico viaggio con un carico esclusivamente sperimentale e così lo studieranno i posteri!»

Il vampiro aveva portato a termine quel fastidioso e noioso lavoro in breve tempo, al contrario di Caroline che si era attardata a chiacchierare.

«Non serve tutta quella manfrina, Love!» aveva commentato stizzito l’uomo sulla via del ritorno «Faranno quello che gli dici!»

«Non serve neanche trattarli male!» aveva ribattuto la donna «Quindi preferisco la gentilezza e la cortesia»

 

«Prego Vostra Grazia, da questa parte» il Capitano si stava prodigando in mille inchini «Non posso credere al grande onore che ci fate».

Klaus gli passò davanti facendogli un vago cenno altezzoso.

«Non c’è che dire» commentò scuotendo il capo Caroline «E’ entrato completamente nella parte!»

«E’ nato per interpretare un Duca» sghignazzò Rebekah.

«Ovviamente Vi abbiamo riservato la cabina più bella che abbiamo» stava continuando l’ufficiale con un tono cerimonioso «ce ne sono ben trentadue tutte finemente ed elegantemente arredate. Nonostante siano predisposte in reparti separati per gli uomini e le donne, abbiamo pensato che Vi avrebbe fatto piacere che la cabina di Vostra moglie fosse comunicante con la Vostra»

«Non era necessario» intervenne Caroline.

«Non le date ascolto» la guardò storto il vampiro «avete pensato bene Capitano».

 

«Lo sai che esistono i domestici per quello?» Klaus era appoggiato allo stipite della porta che separava le loro cabine «Hai una cameriera personale!»

«Non mi serve» rispose Caroline continuando a mettere in ordine le sue cose.

«Sei la moglie di un Duca, comportati come tale»

«Sto fingendo di essere la moglie di un Duca, ma sono una donna del ventunesimo secolo! Ho il mio metodo e sono abituata così!»

«Quando saremo a Londra dovrai adeguarti» chiosò l’uomo chiudendo la porta.

 

La nave si stava preparando a staccare gli ormeggi e salpare, Klaus avvertì la presenza di una persona al suo fianco.

«E’ una pazzia» disse una voce in maniera autoritaria.

«Mi pare un po’ tardi per dei ripensamenti e se anche fosse vero la metà di quello che ci ha raccontato Caroline, ne varrebbe la pena»

Elijah lo guardò «Sapere che morirò, stranamente mi ha rassicurato»

«Farò di tutto per evitare che accada»

«Tu fai quello che devi, quando arriverà il momento sarà una mia scelta… potrei farlo in ogni caso»

Klaus guardò il fratello che si allontanava per raggiungere Rebekah e Kol che si stavano godendo la partenza, dopo qualche minuto furono raggiunti anche da Marcel e Caroline.

 

Caroline era semplicemente meravigliosa quella sera, Klaus si girò a guardarla mentre la stava scortando nel salone per la cena con il Capitano.

Prima di superare la soglia si chinò a parlarle in un orecchio.

«Ricorda, Love… in pubblico mi devi chiamare Vostra Grazia e darmi del voi…» le mormorò con un sorriso compiaciuto.

«Queste persone appena sbarcheremo non si ricorderanno di noi!» replicò piccata la donna.

«Non importa! Devi fare pratica per quando saremo a Londra!»

«Morgan mi ha assicurato che quella è un’usanza obsoleta, ultimamente non fa scalpore che moglie e marito si comportino e si parlino in maniera più informale in società…anzi, comportarsi da innamorati sembrerebbe di gran moda!»

Troppo tardi si rese conto di quello che aveva detto.

«Quindi saremo una coppia affiatata e innamorata… sempre più interessante!» commentò il vampiro facendo un bel sorriso che mostrava in pieno le sue fossette.

 

“Ha chiesto all’Antenata lumi su come comportarsi pubblicamente con me”, Klaus non riusciva a pensare ad altro mentre guardava la sua finta moglie che stava conversando amabilmente con il Capitano e con Elijah che gli sedevano a fianco.

Il vestito che la donna indossava le stava in maniera divina, era un abito di Rebekah, sua sorella lo aveva ordinato alla sarta e poi non le era piaciuto una volta terminato… aveva bauli pieni di vestiti che non aveva mai indossato!

A quanto pareva viaggiare nel tempo non dava la possibilità di portarsi dei bagagli, Caroline era arrivata dal 2020 con solo quello che aveva indosso e lui le aveva consigliato di chiamare la loro sarta per farsi cucire qualcosa per il viaggio, il resto lo avrebbero ordinato in Bond Street, la via dello shopping londinese per eccellenza. Quando però Care aveva visto gli abiti che Rebekah non usava, aveva preferito rinchiudersi nella sua stanza armata di ago e filo, si era rifiutata di farsi aiutare dalla domestica e non era uscita da quella camera neanche per mangiare!

Doveva ammettere che il risultato del suo lavoro era strabiliante.

La donna, sentendosi osservata, cercò di mettere una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ma la sua acconciatura era perfetta, non c’era niente da sistemare.

L’uomo sorrise prendendo il suo calice di vino e appena Care incrociò il suo sguardo, fece un brindisi «A noi…» mormorò divertito.

 

Il viaggio non finiva mai. Klaus si era divertito a stuzzicare Caroline per le prime due settimane, ma la donna sembrava seccata e il gioco gli era venuto a noia, inoltre in quello spazio così ristretto erano sotto la costante osservazione di tutti i suoi famigliari e il vampiro aveva cominciato ad infastidirsi dell’atteggiamento ironico di Kol che non la smetteva di provocarlo.

Verso la fine della terza settimana di navigazione, il vampiro voleva parlarle ma si era accorto che la porta che separava le loro cabine era stata chiusa a chiave, aveva sbuffato ironico e gli aveva dato una leggera strattonata facendo saltare la serratura.

«Ma che fai!» lo riprese la vampira, mentre si tirava su le coperte fino al mento.

«Io? Tu allora? Chiudi a chiave la porta… come se servisse a tenermi lontano»

«Sentito mai parlare di privacy?!»

Klaus la guardò aggrottando la fronte «No…»

«Significa che se vuoi entrare, bussi e io ti apro!»

L’uomo si appoggiò allo stipite e rimase per qualche attimo a fissarla con un sorrisetto beffardo.

«Che volevi?» gli chiese esasperata la donna.

«Ti ho visto aggirarti nella biblioteca oggi pomeriggio, ma ho notato che non hai preso niente… io ho appena finito questo» continuò mostrando un libro «Fa paura!» rise divertito «magari ti piace il genere»

Caroline scostò le lenzuola e si mise seduta sul letto.

«”Frankenstein o il moderno Prometeo” ne avevo sentito parlare» stava argomentando Klaus osservando la copertina «è una nuova pubblicazione».

Care gli si avvicinò «Ti è piaciuto?»

«Beh… il tempo non passa mai su questa nave, non è che ci sia molto altro da fare, ma sì mi è piaciuto… questo gentiluomo ha molta fantasia!»

«Lady…» lo corresse Care.

Klaus la guardò confuso.

«E’ stato pubblicato in anonimo perché non era concepibile che una donna scrivesse di un mostro assemblato con pezzi di cadavere, ma la scrittrice si chiama Mary Shelley e tra una ventina d’anni lo modificherà leggermente e lo ripubblicherà con il suo nome.»

L’uomo continuò a rigirarsi il libro tra le mani.

«Sì, lo so» sorrise Caroline «alcuni critici letterari quando seppero chi fosse il vero autore, valutarono che per un uomo fosse eccellente ma per una donna fosse straordinario, inoltre Mary Shelley aveva appena 19 anni quando lo scrisse… è considerato il primo romanzo di fantascienza»

«Fantascienza?»

«Un romanzo di fantasia che conservi un certo grado di plausibilità scientifica» spiegò la donna.

«Questo romanzo non è molto verosimile» commentò Klaus.

«Disse il Millenario Vampiro Originale » scoppiò a ridere la donna.

«… alla vampira che viaggia attraverso il tempo» si aggiunse alla risata l’uomo.

 

L’equipaggio della Savannah era galvanizzato, il Capitano aveva detto a tutti di tenersi pronti, avrebbero fatto l’ultimo tratto con il motore a vapore al massimo e sarebbero arrivati a Liverpool la mattinata del giorno dopo.

«Mancano ancora tre giorni!» bisbigliò Caroline all’orecchio di Klaus.

«Non glielo dire, Love» ridacchiò l’uomo.

La cena era appena terminata e le buone maniere avrebbero preteso che le donne si ritirassero in un’altra stanza per lasciare gli uomini ai loro sigari e a un buon bicchiere di Porto ma ovviamente Caroline e Rebekah non lo avevano mai fatto.

«Care… mi sento molto stanca, ti dispiacerebbe accompagnarmi nella mia cabina?» chiese quella sera la Vampira Originale.
«Ma certamente».

«Sentiremo terribilmente la vostra mancanza, Vostra Grazia» dichiarò il primo ufficiale facendo un elegante baciamano a Caroline, l’uomo trattenne la mano della vampira un po’ troppo a lungo «E’ la nostra ultima serata sulla nave» aggiunse lanciandole uno sguardo allusivo.

Klaus aveva osservato tutta la scena in silenzio.

«Quell’uomo quando ripartirà da Liverpool andrà in giro per i porti di mezza Europa a spiegare quanto è innovativa questa nave» gli sussurrò Care passandogli accanto «poi tornerà in America, diventerà un Comandate, si sposerà e avrà una vita molto lunga… vedi di non fare niente che modifichi questi eventi!».

Il vampiro sghignazzò «Cosa ti ha fatto pensare che volessi fargli qualcosa?».

«Ti si leggeva in faccia!».

 

 

Passarono tre lunghi giorni, l’equipaggio era infastidito e guardava il Capitano con scherno, le sue supposizioni si erano rivelate troppo ottimistiche!

Quella sera durante la cena Caroline aveva rincuorato tutti, dichiarandosi certa che il giorno dopo sarebbero arrivati in Inghilterra, poi aveva sollevato il suo calice e aveva fatto un brindisi, ringraziando tutti per l’ottimo lavoro svolto e la cortesia con la quale avevano trattato lei e la sua famiglia.

Klaus aveva osservato i volti degli ufficiali che pendevano letteralmente dalle labbra di sua “moglie“, quella donna aveva un qualcosa di speciale, era impossibile non cedere al suo fascino, era genuinamente e naturalmente amabile e seducente.

Il vampiro però, aveva visto anche il suo lato battagliero e tenace… più passavano i giorni e più si chiedeva come avesse fatto il se stesso degli anni duemila a resisterle…

Lui non ci riusciva…

Dopo cena si erano ritirati nelle loro cabine e la porta che li divideva lo aveva attratto come una calamita, la serratura era ancora rotta, l’aprì piano cercando di non fare rumore…

Caroline era sdraiata nella vasca che la sua cameriera personale le aveva fatto trovare nella stanza, era appoggiata al bordo e teneva gli occhi chiusi.

«Te ne vai che l’acqua sta diventando fredda?» mormorò infastidita dopo qualche minuto.

«Sei una visione, Love»

«Devo uscire!» ripetè la donna.

«Vuoi che ti passi un telo da bagno?» domandò impertinente il vampiro.

Caroline allungò la mano per prendere la campanella e chiamare la domestica, ma Klaus fu più svelto e l’afferrò prima che lei ci arrivasse.

«Non sei una donna del ventunesimo secolo che può fare a meno della cameriera?» chiese sarcastico.

«Klaus!» sbruffò la donna.

«C’è una cosa che non cambia mai, in nessuna epoca, Love»

Il vampiro si era accucciato vicino alla vasca «I pettegolezzi! I miei domestici non parlano» continuò abbracciando Care da dietro «ma quelli che ci hanno messo a disposizione sulla nave si chiedono come è possibile che il Duca non vada mai dalla Duchessa di notte»

Le labbra dell’uomo le solleticarono il lobo dell’orecchio e la donna rabbrividì.

«Ho una reputazione da mantenere» mormorò.

«Domattina li soggiogherò» dichiarò Caroline con un filo di voce.

«Sai… Love?» fece con voce roca Klaus, alzandosi «Ti stai dando un gran da fare per starmi lontana, sei proprio sicura che io e te eravamo soltanto amici? Da come reagisci al mio tocco… non si direbbe».

L’uomo con un sorriso si avviò verso la porta comunicante e se la richiuse dietro le spalle.

 

La colonna di fumo che usciva dalla Savannah, che stava entrando nel porto di Liverpool, era impressionante e parecchie persone incuriosite si erano precipitate lungo le banchine. 

Anche durante la traversata avevano attirato l’attenzione di altre navi che si erano avvicinate credendo che fosse in corso un incendio.

Caroline li aveva informati che sarebbe successo e, visto che non potevano correre il rischio di essere visti ed era impensabile soggiogare centinaia di persone, quella mattina salirono a bordo di uno dei tanti battelli che si erano avvicinati alla nave credendo che avesse bisogno di aiuto.

La famiglia Originale era sbarcata da più di mezzora e quando la Savannah fece il suo trionfale ingresso nel porto, stavano prendendo posto sulle carrozze che avevano noleggiato per raggiungere Londra.

 

La notizia dell’arrivo del Duca di Bewcastle e della sua famiglia, li aveva preceduti; quando il corteo ducale si fermò in Grosvenor Square c’era già una piccola folla che si era radunata per curiosare.

Klaus smontò dal suo maestoso purosangue nero senza attendere l’aiuto del domestico che si era affrettato ad andargli incontro, gli lasciò le redini e si avvicinò ad una delle carrozze, osservò il valletto mentre sistemava la scaletta e aprì la portiera.

Caroline si guardò intorno leggermente intimidita.

«Inizia lo spettacolo, Love» mormorò il vampiro mentre le porgeva la mano, la donna fece un sorriso di circostanza e lasciò che l’aiutasse a scendere. 

Lindsey House, la dimora londinese dei Bewcastle, era signorile… consona al blasone di un Duca, una tipica casa a schiera in uno dei quartieri più eleganti di Londra.

La facciata, a forma di mezzaluna, era in stucco bianco, l’ingresso era delimitato da colonne e anche se si affacciava sulla piazza, aveva un piccolo e curatissimo giardino privato circondato da un’elegante ringhiera in ferro battuto.

Qualche settimana prima del viaggio a New Orleans, Caroline aveva visitato la casa per predisporre le sistemazioni in vista del loro arrivo e ne era rimasta impressionata, come tutte le case cittadine si sviluppava in altezza e in profondità, ma solo le dimore più prestigiose erano dotate di giardini e cortili interni e Lindsey House poteva vantare addirittura una stalla per le carrozze e i cavalli.

«Benvenuto Vostra Grazia…» esclamò con voce impostata un uomo non più giovanissimo «Il mio nome è Francis e sono il vostro maggiordomo, mi permetto di presentarvi mia moglie Cora, la vostra governante».

Una donna uscì dalla fila dove si erano allineati tutti i domestici in ordine d’importanza e fece un profondo inchino «E’ un piacere enorme Vostra Grazia» poi incurante delle occhiatacce che le lanciava il marito aggiunse «E’ tutta la vita che aspetto questo momento, temevo proprio di non riuscire a fare la vostra conoscenza».

Caroline sorrise, quella donna le era stata simpatica fin dal loro primo incontro, quando, non avendo nessuna idea di chi fosse, si era rifiutata di farla entrare dal portone principale e l’aveva obbligata a servirsi della porta del seminterrato dove erano ubicate le cucine e altri locali di servizio.

Klaus passò in rassegna la servitù, limitandosi ad un piccolo cenno di saluto, Care invece si attardò a chiedere ad ognuno nome e mansione, l’uomo da prima infastidito si rassegnò ad attendere sua moglie.

«Il mio nome è Jennifer, Vostra Grazia e sono la vostra cameriera personale» si presentò una giovanissima ragazza bruna.

«Spero mi permetterai di chiamarti Jenny» replicò Caroline «ti renderai presto conto che non sono una vera Lady e che ho degli atteggiamenti poco convenzionali» aggiunse con un aperto sorriso, poi chinandosi con fare cospiratorio «è un rischio che Vostra Grazia ha dovuto prendersi quando ha deciso di sposare un’americana» spiegò.

La domestica abbassò lo sguardo intimidita.

«Ma sono sicura che saprai aiutarmi a sembrare una vera duchessa quando dovrò presenziare ad eventi mondani»

«Farò del mio meglio, Vostra Grazia!»

«Comprendo che convincerti a chiamarmi per nome e darmi del tu sia un esercizio inutile»

Jennifer la guardò inorridita.

«Come supponevo…» scoppiò a ridere Care «Che ne dici di un compromesso? Puoi chiamarmi Milady?»

«Come desiderate, Vostra Graz… Milady» si corresse all’ultimo la ragazza con un sorriso birichino.

«Credo proprio che io e te andremo d’accordo!» le sorrise Caroline di rimando.

«Hai finito?» le sussurrò Klaus.

«Mi ci vorrà qualche giorno per imparare i nomi di tutti… ma sì, per il momento ho finito… Vostra Grazia!»

«Grazie mille, Love!» mormorò prendendola saldamente sottobraccio e guidandola verso la scala che portava ai piani superiori «Secoli a terrorizzare a destra e manca e ora tutti i nostri domestici penseranno che sono un uomo anticonvenzionale, bonario e completamente soggiogato dalla sua incantevole moglie!»

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***



Grosvenor Square non si poteva definire una semplice piazza, era a tutti gli effetti un parco curatissimo con delle abitazioni che ci sorgevano tutt’intorno.

Molti dei nobili che lasciavano le tenute di campagna per la “Stagione” avevano la loro residenza cittadina a Mayfair, il quartiere più prestigioso di tutta Londra e quella piazza che appariva come un giardino ne era il cuore pulsante. 

La vita delle famiglie nobiliari inglesi era scandita da ritmi abbastanza precisi, i Lord tramandavano al primogenito maschio, insieme al titolo, la dimora principale del casato e i terreni annessi, dai quali derivavano la maggior parte delle loro rendite. 

La nobiltà trascorreva molti mesi dell’anno in campagna, specialmente in estate quando le attività agrarie erano più fervide. 

I Lord più coscienziosi seguivano da vicino i lavori dei campi e si assicuravano che i propri braccianti e fittavoli vivessero in condizioni adeguate e dignitose, in molti casi arrivavano a possedere interi villaggi, di cui erano responsabili per quanto riguardava manutenzioni e ristrutturazioni. 

L’autunno era la stagione che gli uomini dedicavano alla caccia, nelle dimore di famiglia ci si riuniva e ci si rimaneva fino a festeggiare il Natale, era solo col sopraggiungere dell’inverno che Londra si popolava e questo coincideva con l’apertura delle sedute del parlamento, che obbligava i Lord a riversarsi in città per adempiere ai propri doveri politici. 

Le donne di solito li accompagnavano, dovevano aprire le case, rinnovare l’abbigliamento, rinsaldare le vecchie amicizie e spettegolare sugli ultimi scandali: questo periodo veniva chiamato “la piccola stagione“ perché era solo con l’arrivo della primavera che le attività si facevano davvero frenetiche. 

La Stagione Londinese vera e propria coincideva con l’apertura della stagione teatrale ed era un susseguirsi di cene e serate danzanti, inviti a tè pomeridiani, passeggiate e incontri… 

Le giovani nobili in età da marito venivano presentate ufficialmente a corte, dove potevano fare l’inchino alla Regina, poi la sera stessa debuttavano in società con un ballo organizzato dalla famiglia. Da quel momento i loro impegni si susseguivano incessanti a ritmi frenetici e il tutto era finalizzato ad un solo ed unico scopo: contrarre un matrimonio soddisfacente… 

 

La strada che da Grosvenor Square portava alla Temple Church era breve, poco più di tre chilometri, Klaus e Caroline la percorsero in silenzio, seduti uno di fronte all’altra nella vettura presa a nolo, Care non aveva voluto usare la carrozza con lo stemma ducale, avrebbe attirato troppo l’attenzione. 

In una delle dimore della piazza era in corso un ballo e c’era un via vai impressionante di persone, tutte attirate dalla presenza all’evento di due ospiti d’eccezione: Lord Elijah Bedwyn e suo fratello Lord Kol, i fratelli minori del Duca di Bewcastle. 

La padrona di casa si era pavoneggiata con tutti gli altri invitati nonostante Sua Grazia e la sua consorte Lady Caroline, avessero deciso di non presenziare. 

Il Duca e la sua famiglia erano arrivati in città solo nel primo pomeriggio ma nel Ton già si era sparsa la voce che la bellissima Duchessa fosse in dolce attesa, altri invece sostenevano che non avessero accettato l’invito perché non volevano lasciare sola Lady Rebekah nella sua prima serata a Londra. 

La sorella minore del Duca era stata vista di sfuggita solo nei pochi attimi che erano serviti a scendere dalla carrozza ed arrivare all’ingresso di Lindsey House, ma in molti erano pronti a giurare che sarebbe stata la protagonista assoluta della parte restante della Stagione.

Le madri delle debuttanti che avevano già trovato un marito avevano tirato un sospiro di sollievo, le altre speravano di ricevere un invito a quello che già tutti consideravano l’evento principale per quell’anno, la festa di debutto di Lady Rebekah che era previsto nella settimana successiva. 

Caroline, avvolta in un lungo mantello con cappuccio, stava guardando la fila di carrozze davanti all’ingresso della casa dove si teneva il ricevimento e sorrise ripensando a Jenny, la sua cameriera personale, che mentre l’aiutava a prepararsi si era divertita a riferirle tutti i pettegolezzi che li riguardavano. 

La vampira sghignazzò attirando l’attenzione del suo compagno di viaggio, per fortuna nessuno del “Ton” aveva assistito alla sfuriata di Rebekah quando aveva capito che non poteva uscire con i suoi fratelli e che doveva stare reclusa una settimana, l’Originale era arrivata addirittura a suggerire di andare a soggiogare la Regina per fare quanto prima il suo inchino, ma Care le aveva spiegato che affrettare i tempi avrebbe messo in pericolo la loro copertura. 

 

Il vetturino sistemò la scaletta alla carrozza e aprì la portiera, poi notando lo sguardo accigliato del suo passeggero si dileguò all’istante. 

Klaus aiutò Caroline a scendere e le sistemò il cappuccio del mantello. 

«Ora sì che sembri una vera spia» non poté evitare di commentare divertito. 

La vampira gli lanciò uno sguardo infastidito e si avviò verso l’entrata della Temple Church, la chiesa era buia e silenziosa, apparentemente deserta. 

«Morgan…» sussurrò Care andando incontro ad una giovane donna che era sbucata da dietro le colonne della rotonda insieme ad un uomo. 

La ragazza abbracciò stretta la vampira «Ce l’hai fatta! Lo hai convinto!» 

«La conosco da poco… ma sono pressoché sicuro che voi e la mia presunta sorella non dovevate avere molti dubbi sulla sua riuscita!» commentò Klaus. 

«Avete ragione, Milord» sbottò a ridere la strega. 

Nel viaggio a Londra che aveva preceduto la sua partenza per New Orleans, la prima cosa che Caroline aveva dovuto fare era stato contattare Lady Morgan St Clair. 

Le antenate avevano preparato una collana con un cristallo di rocca, una pietra che simboleggia la sincerità e l’imparzialità, che rafforza la capacità di comprendere gli altri e al tempo stesso aiuta ad affermare la propria natura più profonda, una pietra che amplifica e illumina il pensiero. 

La giovane Morgan, non aveva mai visto Caroline prima di quel momento, ma le bastò dare un’occhiata alla pietra per indossarla spontaneamente… e da quell’attimo esatto aveva cominciato a sorriderle cordiale, non era stato necessario spiegarle nulla, era come se la Morgan che aveva incontrato nella Chambre de Chasse fosse entrata nella testa della sua versione più giovane. 

«Lui è mio fratello Wulfric» fece le presentazioni la strega «come potete immaginare non mi sarebbe stato possibile muovermi da sola, avevo bisogno di uno chaperon, quindi ho dovuto metterlo a conoscenza di tutta la storia». 

«Milord… Milady, è un piacere fare la vostra conoscenza» disse compito l’uomo facendo un formale inchino. 

«Chiamatemi Caroline» esclamò cordiale la vampira. 

Lord St Clair guardò sbalordito la mano che Care gli stava tendendo, poi galantemente la prese e se la portò alla bocca «Temo che sia impossibile per me, Milady» replicò cortese ma con un tono distaccato. 

«Chissà… magari dopo che vi sarete conosciuti meglio…» commentò maliziosa la sorella, ricevendo uno sguardo glaciale sia dal fratello che da Klaus. 

«Non farci caso Caroline» continuò la strega sempre più impertinente «nonostante i suoi modi bruschi, Wulfric è un vero gentiluomo ed è molto affezionato a me». 

«Il fatto che io sia qui e che abbia creduto alla vostra storia lo dimostra già ampiamente, sorella» valutò gelido il Lord «quindi consiglierei di procedere!». 

«D’accordo!» sbuffò Morgan «Da questa parte…» fece strada verso la tomba senza effige. 

«Dovete indossare quegli abiti» illustrò quando arrivarono alla cappella sotterranea, indicando dei vestiti che erano stati appoggiati sopra un baule. 

Caroline li prese in mano per esaminarli. 

«Non riesco a fare a meno di notare che le donne da qui ad un secolo perderanno il buongusto per la moda» giudicò inorridito Wulfric. 

«Sono delle uniformi!» replicò Morgan. 

«I Romanov erano prigionieri» spiegò anche Caroline andando dietro ad un paravento per potersi cambiare. 

«Ed io non posso fare a meno di notare che qualunque cosa indossi lo fai sempre con estrema eleganza, Love» commentò qualche minuto più tardi Klaus dopo averla esaminata con attenzione per un lungo momento. 

«Vai a cambiarti!» replicò la vampira imbarazzata. 

«Vi date del tu…» notò Morgan divertita. 

«A quanto pare nei tempi moderni si è persa ogni convenzione e cortesia» commentò Klaus sarcastico. 

«Volete farmi la gentilezza di andarvi a cambiare, Vostra Grazia?» riformulò infastidita la vampira. 

«E quando perdi la pazienza sei ancora più bella, Love» scoppiò a ridere l’Originale. 

 

Morgan prese per un braccio Caroline e l’avvicinò a Klaus che stava uscendo dal paravento sistemandosi la giacca dell’uniforme, poi fece un passo indietro e li esaminò «Perfetti…» annuì convinta.

«Caroline, hai indossato il tuo medaglione?» chiese la strega «Questo invece è il vostro smeraldo, Milord» spiegò passando un orologio da taschino al vampiro «Non sarò io a farvi viaggiare nel 1918, abbiamo pensato che prima di iniziare questa avventura vi avrebbe fatto piacere fare un salto da qualche altra parte… sareste così gentili da mettere le vostre pietre nella coppa?». 

Caroline e Klaus fecero come gli era stato detto. 

«Prendetevi per mano… ci rivedremo alla Cattedrale di St. Paul, buona fortuna…» 

«Non era necessario che lo facessero» commentò Morgan quando i due vampiri si dissolsero «Ma erano così carini mano nella mano!» chiosò scoppiando a ridere. 

 

Quando Klaus si riprese, la prima cosa che vide fu il volto rigato dalle lacrime di una donna che lo teneva tra le braccia. 

«Pensavo di non rivederti mai più» mormorò la donna con la voce rotta dall’emozione stringendolo a sé. 

«Vi prego di perdonarmi ma…» iniziò a dire imbarazzato «Freya?…» domandò poi. 

La strega annuì «Sì Nik… » 

Il vampiro guardò la sorella un po' confuso «Molto lieto di conoscerti, Sister» poi si guardò la mano che era ancora stretta in quella di Caroline che sembrava svenuta al suo fianco. 

«Ci mette sempre un po' a riprendersi» gli spiegò una bellissima ragazza «Io sono Bonnie» si presentò. 

«Onorato di fare la vostra conoscenza» dichiarò Klaus. 

BonBon scoppiò a ridere «E’ surreale!» commentò «Così educato e cerimonioso non sembra neanche lui!» 

«Ora gliela puoi lasciare la mano» sghignazzò una donna non più giovanissima. 

«Anche voi mi giudicherete troppo amabile se vi dico che il tempo non ha scalfito la vostra bellezza?» domandò il vampiro che sembrava essere tornato in sé. 

«Beh… devo ammettere che l’idea che mi ero fatta di te non ha trovato molti riscontri nei pochi attimi che abbiamo passato insieme nel 1819» rispose Morgan «e un uomo non è mai troppo amabile o galante quando fa dei complimenti ad una donna» aggiunse facendogli l’occhiolino. 

Klaus sospirò divertito tornando a guardare Caroline che sembrava si fosse mossa, l’attirò a sé e la prese tra le braccia alzandosi, poi la distese su due bauli affiancati. 

«Moglie mia adorata… non vi sembra che il vostro sonno di bellezza sia durato un po' troppo?» chiese alla donna che aveva aperto gli occhi. 

«Finiscila!» sibilò la vampira «BONNIE!» urlò. 

Care si alzò a velocità vampiresca per andare ad abbracciare l’amica. 

«Come sono felice di vederti tutta intera!» sussurrò la strega ricambiando la stretta «Non te lo avevo detto chiaramente, ma avevo il terrore che ti sbranasse non facendoti neanche parlare!» 

Klaus sollevò un sopracciglio. 

«Ma figurati se avrebbe fatto del male a Caroline!» intervenne Freya. 

«Beh… anche se calcolato, era un rischio! Visto che non la conosceva» valutò un’altra donna «In ogni caso io sono Keelin…» 

«La moglie di mia sorella?» chiese l’Originale «vi prego di perdonare la mia sfacciataggine, ma voi state aspettando un bambino… e non penso di sbagliare a sostenere che le modalità per renderlo possibile siano sempre le stesse dalla notte dei tempi e non cambieranno neanche in futuro…» 

«E invece sbagli…» rise la licantropa «e lo dico con cognizione di causa, visto che sono un medico! Ovviamente serve ancora la stessa “materia prima“ ma le modalità per far sì che possa arrivare nell’utero di una donna un pochino cambieranno… ora si può fare a meno dell’incontro carnale…» 

«E perdersi tutto il divertimento? Ora si spiegano molte cose… è così che sono potuto diventare padre…» 

«No!» lo interruppe stizzita Caroline «Tu lo hai fatto alla vecchia maniera!» 

«Che sia lodato il cielo!» sghignazzò Klaus. 

 

Il vampiro avrebbe ripensato a lungo a quel breve viaggio nel 2020 nei giorni a venire, avrebbe cercato di riportare alla mente stralci di conversazione intenzionato ad analizzarli e capirli meglio... c’era qualcosa che gli sfuggiva, un qualcosa di non detto che aveva la sensazione fosse di vitale importanza. 

Era stato volontariamente un testimone silenzioso ad ascoltare Bonnie che raccontava a Caroline quello che era successo nel presente durante il lasso di tempo che aveva trascorso nel passato, molti dei nomi erano ricorrenti e lui li ricordava anche nella storia che Care gli aveva rivelato quando era arrivata a New Orleans. 

Alaric non aveva nessuna difficoltà a gestire la scuola, le figlie di Caroline stavano bene, sua figlia Hope sembrava aver superato il momento più critico e appariva più serena, la gravidanza di Elena procedeva bene e suo marito Damon era impazzito di gioia arrivando a trascurare la sua attività, Jeremy era costretto a fare i salti mortali e dividersi tra il suo impegno come consulente della scuola e il lavoro al locale per non far fallire il cognato. 

Freya e Keelin intervenivamo di tanto in tanto, commentando e ridendo divertite, anche sua sorella aveva riferito di una situazione molto tranquilla a New Orleans: Vincent era molto impegnato, la comunità delle streghe e quella dei licantropi convivevano pacificamente e collaboravano con i pochi vampiri che avevano deciso di rimanere, Rebekah aveva fatto una breve visita in città insieme a Kol e sua moglie Davina. 

Freya aveva evitato di guardarlo mentre parlava, sembrava si stesse trattenendo per paura di lasciarsi sfuggire qualcosa, non aveva avuto il coraggio di incrociare il suo sguardo neanche quando aveva chiesto di Elijah, Caroline l’aveva rassicurata sostenendo che l’Elijah Mikaelson del 1800 era esattamente uguale a quello che aveva conosciuto in tempi più recenti. 

«Elena lo ha sempre sostenuto! Un vero gentleman… un uomo di un’altra epoca» aveva commentato divertita Bonnie facendo scoppiare a ridere l’amica. 

Era rimasto letteralmente sconvolto quando si era reso conto che Caroline e suo fratello avevano parlato molto durante il viaggio verso Londra, Elijah le aveva fatto delle confidenze, si era aperto con lei in una maniera che lui non aveva creduto fosse possibile, le aveva anche detto di non essere sicuro di voler essere salvato. 

«Come sarebbe a dire?» aveva reagito terrorizzata Freya «Care… fai qualcosa per fargli cambiare idea!» 

«Stai tranquilla farò tutto quello che è in mio potere». 

«Digli di quanto Hope ha bisogno di lui! Digli di quanto io ho bisogno di lui!». 

«Lo farò… non dubitarne». 

Caroline e sua sorella si erano fissate per un lungo momento, come se comunicassero in maniera non verbale, poi Freya aveva preso un lungo respiro e aveva raddrizzato le spalle 

«Basta con i convenevoli» aveva sentenziato «diamoci una mossa!» 

Klaus rimase affascinato a guardare quelle cinque donne che con piglio deciso iniziarono a discutere sul da farsi, viveva da secoli con sua sorella che si era sempre fatta rispettare e non si comportava come si conveniva ad una vera signora, ma quello spettacolo era ancora più stupefacente, ci mise qualche minuto ad inserirsi nella conversazione e una mezzora più tardi lui e Caroline erano pronti a partire per la missione. 

«Buona fortuna…» gli augurò Freya con gli occhi lucidi. 

«Ci rivedremo molto presto, sister…» replicò prendendo saldamente per mano Caroline. 

 

Ekaterinburg, la cittadina russa situata sul lato orientale dei monti Urali, aveva un clima ostile anche in quella stagione, era la tarda sera del 16 luglio 1918 quando Klaus e Caroline si risvegliarono in una zona in aperta campagna. 

L’Originale anche questa volta si era ripreso qualche minuto prima della sua compagna di viaggio e aveva fatto un breve giro di ricognizione «Non c’è nessuna forma di vita per qualche miglio» la mise al corrente tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi. 

«Meglio così…» commentò la donna. 

I due vampiri percorsero la strada che li separava della zona urbana in un battito di ciglia. 

«Dobbiamo cercare la "Casa a destinazione speciale”…» iniziò a dire Caroline riprendendo fiato. 

«La palazzina che è stata confiscata al mercante Ipat’ev…» la interruppe Klaus «ti ricordo che ero presente alla lezione di storia di Keelin». 

«Speravo che saremmo passati più inosservati, ci stanno fissando tutti». 

«Sei vestita con un’uniforme della Čeka, Love… non credo che sia una cosa così abituale…» 

«Abbiamo molte informazioni su donne che ricoprivano questo tipo di ruolo!» 

«Magari nella grandi città… non di certo in un posto di confine come questo, Sweetheart». 

«Si… hai ragione». 

«Queste parole… sono musica per le mie orecchie» sghignazzò Klaus ricevendo una piccola gomitata sul fianco. 

 

«Ci sono tre uomini al seguito dei Romanov» stava illustrando Caroline davanti alla palazzina dove erano custoditi in regime di prigionia lo Zar e la sua famiglia 

«Sì! Sono consapevole che ne sei a conoscenza anche tu!» esclamò piccata «Ma è il mio metodo per fare il punto della situazione». 

Klaus sorrise «Non preoccuparti, sentiti libera di darmi tutte le spiegazioni che ti aiutano a concentrarti!» 

Care annuì «Oltre al medico dott. Botkin… l'inserviente Trupp e il cuoco Charitonov» 

«Non dovrebbe essere difficile distinguerli, non credo che un dottore si vesta come un domestico e abbiamo visto molte foto dello Zar Nicola II… hai dimenticato che c’è un altro uomo nel quadro generale, Love» sorrise il vampiro facendole un occhiolino. 

«Sono comunque dei prigionieri… e se non avessero scelta?» 

Klaus assentì pensieroso «Potrebbe essere» 

«Come faremo ad essere sicuri di parlare con la persona giusta?» 

«Mi prendi in giro, Love? Siamo dei vampiri… » 

«E tu dimentichi che non dobbiamo interferire con il corso della storia! Non deve accadere niente che non sia successo in origine! Non ci possiamo comportare come elefanti in una cristalleria!» 

«Certe volte usi delle locuzioni assurde…» sghignazzò l’Originale «Elefanti in una cristalleria! Però rendono perfettamente l’idea!» 

Caroline sbuffò «Allora? Come procediamo?» 

«Direi di iniziare soggiogando le guardie all’ingresso, gli diremo che dobbiamo essere presentati al cospetto di Jurovskij, il commissario in capo, e che tutto deve essere svolto nella massima segretezza…» 

«Non era questo il piano… ci dovevamo intrufolare e parlare solo con il dottor Botkin, dirgli che eravamo del controspionaggio inglese, mandati direttamente dal Re Giorgio V che era preoccupato per loro…» 

«Non era prevista la presenza di tutte queste guardie…» 

«I libri di storia riportano che numerosi čekisti si rifiutarono di sparare sull'intera famiglia ed è per questo che sono dovuti ricorrere ad una squadra composta da ex prigionieri di guerra austriaci e ungheresi». 

«Questo non significa che avessero disertato, Love!» 

«Ora me ne rendo conto… ma non possiamo parlare con loro! Non conosciamo il russo!» 

«Tu non parli il russo, Love… quindi devi semplicemente startene zitta». 

Caroline lo fissò a bocca aperta. 

«E come lo giustifichiamo? Sono malata? Affetta da qualche forma di mutismo?». 

«No… saresti solo una donna che sa stare al suo posto!». 

Caroline lo guardò scandalizzata. 

«Non guardarmi in quel modo, Sweetheart… non le ho inventate io le convenzioni sociali! E questa volta giocano a nostro favore… io sarò un medico e tu la mia infermiera, siamo stati incaricati da Lenin in persona di redigere un referto sulla salute dei prigionieri, un documento riservato che necessita di agire con la massima discrezione… andrà tutto bene, Love». 

 

«Ha detto di aspettare qui. Ha fatto svegliare i prigionieri, lo Zar non ha idea che saranno giustiziati, credono che li vogliano spostare in un altro luogo, quindi stanno preparando i loro bagagli. Quando sarà tutto pronto ci faranno scendere nello scantinato dove potremmo esaminarli prima della sentenza». 

Caroline annuì. 

«Ora poi parlare, Love… siamo soli». 

La donna scosse la testa contrariata, l’uomo le si avvicinò con un sorriso abbracciandola. 

«Che fai?» sussurrò imbarazzata. 

«Siamo un medico e la sua bellissima infermiera, Jurovskij ha pensato dal primo minuto che fossimo amanti, me lo ha chiesto apertamente…» 

«E tu che gli hai risposto?» 

«Che lo eravamo… ovviamente!» 

«Ma come ti sei permesso?» 

«Avresti preferito che lo sbranassi? Ha fatto dei commenti molto inopportuni sulla tua persona e per come lo guardavi era sicuro che ne fossi molto infastidita!» 

«E’ una persona spregevole!» 

«Sì lo è, Love… e comunque non gli ho detto che sei la mia amante, gli ho intimato cortesemente di portare rispetto a mia moglie». 

Caroline lo guardò stupita «Cortesemente…» ripeté

«Ebbene sì, Love… hai una brutta influenza su di me, mai stato così paziente in vita mia». 

La vampira scoppiò a ridere. 

«Tu sei proprio sicura che questo tizio sia importante per il corso della storia?» 

«Temo proprio di sì.» 

«E’ un vero peccato.» 

«Hai proprio ragione…» 

 

Caroline passò l’abito alla Granduchessa Olga Romanov in modo che si potesse rivestire. 

Non aveva avuto difficoltà ad individuare con il tatto il grande topazio blu che era stato cucito all’interno del corsetto, la figlia dello zar lo aveva indossato durante molti ricevimenti e la vampira aveva potuto ammirarlo in una delle fotografie. 

Era molto importante che non rimuovesse nessuna delle altre gemme nascoste nel vestito, Jurovskij dopo l’esecuzione trovò nove chili di gioielli celati negli indumenti e altre pietre furono rinvenute settimane più tardi sul luogo della sepoltura, compreso un diamante a goccia di 12 carati. 

Care fece un cenno di assenso a Klaus che stava diligentemente annotando dei dati su dei fogli di carta con una penna stilografica. 

«Dici che mi posso portare via questa diavoleria? Avevo letto di un prototipo… ma dicono che non funzionasse a dovere» le sussurrò una volta che si era avvicinata. 

«No che non puoi!» le mormorò la donna in risposta. 

«Va bene, Love… chiamiamo le guardie per dirgli che abbiamo finito ed andiamocene da qui immediatamente». 

«Dobbiamo soggiogare tutti quelli con i quali abbiamo parlato, anche lo Zar e la sua famiglia…». 

«Nonostante moriranno tra qualche minuto?». 

«Si… è più prudente». 

«Come vuoi tu…». 

 

Jurovskij aveva ordinato qualcosa in modo brusco e Klaus con il volto tirato aveva annuito, poi si era avvicinato a Caroline e l’aveva scortata in un angolo del sotterraneo. 

«Mi spiace enormemente, Love» aveva mormorato in maniera impercettibile alle orecchie degli altri presenti nella stanza «ti avrei risparmiato con piacere questo spettacolo, ma vuole che siamo testimoni dell’esecuzione così che quando torniamo a Pietrogrado possiamo riferire a Lenin che tutto si è svolto secondo i suoi desideri». 

«Non c’è mai stata la certezza che Lenin abbia ordinato o anche solo approvato l'esecuzione della famiglia Romanov… ma d’altronde il pesce puzza sempre dalla testa». 

Klaus scosse la testa divertito «Me le devo annotare queste tue perle di saggezza… magari con la mia nuova penna provvista di serbatoio!». 

«Ti avevo detto di non prenderla!». 

«Questo posto sarà un caos tra qualche minuto! Non se ne accorgerà nessuno!». 

 

Jurovskij lesse la sentenza, Nicola II ex Imperatore e Autocrate di tutte le Russie non fece neanche in tempo a chiedere cosa stesse succedendo che il commissario diede l’ordine di fare fuoco, l’esecuzione durò venti minuti… il primo a cadere fu lo Zar, seguito da sua moglie e dai componenti del loro seguito, poi fu il turno dei loro cinque figli. 

I gioielli e i diamanti cuciti negli abiti fecero rimbalzare i proiettili sui corpi delle donne che, ferite e spaventate, non smettevano di dibattersi in preda al dolore e al terrore, furono scaricati interi caricatori ma per tre di loro fu necessario terminare il lavoro a colpi di baionetta. 

Caroline attese che Klaus soggiogasse tutte le persone presenti e poi si diresse con calma verso uno dei cadaveri, lo fissò per qualche attimo e uscì a velocità vampiresca. 

 

Non stavano percorrendo la strada come avevano fatto all’andata, Care camminava lentamente persa nei propri pensieri, Klaus l’affiancava in silenzio. 

«Penserai che sono una pazza… sapevo con esattezza cosa sarebbe accaduto». 

«Vederlo con i propri occhi, assistere a tutta la scena… è diverso dal leggerlo sulle pagine di un libro, Love…». 

La donna annuì. 

«La cosa più assurda è che dopo tutto l’orrore al quale ho assistito, non riesco a scacciare dalla mente il fatto più insignificante… ovvero che ho la certezza della morte della Granduchessa Anastasija». 

Il vampiro la guardò interrogativo. 

«Lascia perdere…» scosse la testa Caroline «E’ una cosa molto stupida!». 

«Non mi sembra… e abbiamo tempo». 

«C’è una leggenda legata alla morte dei Romanov. Quando l’Armata Bianca tra una settimana arriverà sul luogo della sepoltura non troverà tutti i cadaveri perché due mancheranno all’appello: il corpo del figlio minore il Granduca Aleksej e quello di una donna. 

Nonostante Jurovskij confesserà di aver bruciato due corpi con l’acido solforico lungo la strada proprio per impedirne l’identificazione, si penserà che una delle figlie si fosse salvata… Anastasija. 

Per decenni molte donne sosterranno di essere la figlia dello Zar sopravvissuta alla fucilazione, presentandosi ai vari parenti fuggiti all’estero, alcune di loro riuscirono anche a convincerli e questo alimenterà la leggenda… 

In tempi più recenti la scienza dimostrerà che i resti ritrovati dove Jurovskij aveva detto di aver bruciato i corpi, appartengono a Aleksej e a sua sorella Marija, chiudendo una volta per tutte la questione. 

Ma era troppo tardi… troppe voci, troppe storie… nella mente e nel cuore di tutti Anastasija era sopravvissuta. 

Ci sono molti film che raccontano la sua storia…» 

«Film?» 

Caroline sorrise. 

«Un film è… come uno spettacolo teatrale, ma tramite un macchinario che mette una dietro l’altra tantissime fotografie, tu le vedi prendere vita… le persone si muovono». 

«Deve essere una cosa strabiliante…» 

«Lo è… il mio preferito sulla vita di Anastasija è un film che invece di utilizzare delle fotografie, usa dei disegni… è un genere di film che amano molto i bambini, ma io, Elena e Bonnie, ce ne infischiamo, noi lo adoriamo!» 

«Tu sei proprio sicura che Anastasija sia morta?». 

«Si… prima di uscire mi sono avvicinata al suo cadavere… il suo cuore non batteva più, ne sono più che certa… il mio cervello razionalmente lo sapeva anche prima di venire qui, ma mi ero ripromessa di non cercarne la conferma, mi ero giurata di resistere alla tentazione di assicuramene! 

Anche una donna adulta ha diritto di credere alle favole una volta ogni tanto…» 

Klaus si avvicinò e l’abbracciò… poi le prese il volto tra le mani cercando il suo sguardo. 

«Che fa...fai?» balbettò Care. 

«Niente… è che tu mi sorprendi, Love». 

Per un momento si fissarono. 

Caroline tremò, non capendo se fosse per il fatto che lui la stava per baciare o per il timore che lui non lo facesse. 

«Siamo arrivati, Love…» mormorò lui a pochi centimetri dalle sue labbra «prendiamo gli smeraldi». 

Caroline annuì. 

 

«Bentornati» li salutò con un rassicurante sorriso Morgan. 

«Ce l’abbiamo… è andato tutto bene» replicò Caroline tirando fuori da una tasca il topazio. 

«E nulla è cambiato nel corso della storia, tutto è proseguito come doveva essere, ne abbiamo la certezza… siete stati molto bravi». 

Caroline tirò un sospiro di sollievo. 

«Ma sono curiosa di sapere nei dettagli la vostra avventura!» esclamò la giovane strega. 

Care e Klaus si alternarono dietro il paravento per cambiarsi d’abito e nel mentre riferirono come avevano portato a termine la missione. 

Morgan li interrompeva di frequente con esclamazioni di meraviglia e domande, anche Wulfric seguiva con attenzione il loro racconto. 

«Beh, possiamo di certo affermare che il primo viaggio è stato un successo!» commentò la strega mentre sottobraccio a Caroline scendevano dalla Cappella di Mezzo della Cattedrale di St. Paul. 

«E ti posso dire una cosa?» continuò «Sono felice che siate riusciti ad allontanarvi prima dell’esecuzione! Il mistero sulla morte della Granduchessa Anastasija continua!». 

«Te lo confesso» sorrise la vampira «Ne sono felice anche io!». 

Klaus le stava precedendo sulle scale, quello che Caroline non riuscì a vedere fu l’ombra di un tenero sorriso sul volto del vampiro millenario che aveva disseminato terrore in lungo e in largo per secoli.

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


L’aveva baciata…

Caroline non lo sapeva, ma lui l’aveva baciata… e poi l’aveva soggiogata per farglielo dimenticare insieme al ricordo dell’esecuzione della famiglia Romanov.

Come era stato possibile che lui, Klaus Mikaelson, avesse fatto una cosa così vile?

Da quando aveva paura delle conseguenze delle sue azioni?

Anche farle dimenticare di aver assistito alla morte della Granduchessa Anastasija così che potesse credere ancora nelle favole… era una cosa insolita per lui. 

Caroline sembrava sconvolta e gli aveva fatto tenerezza…

«Tenerezza…» borbottò irritato.

«Vi prego di perdonarmi Vostra Grazia… non ho capito cosa avete detto».

Klaus guardò il suo valletto che era indaffarato con il fiocco della sua camicia.

«Non stavo parlando con te!» rispose piccato.

«Vi chiedo perdono, Vostra Grazia».

«Basta con questo nodo! Va bene così… vai vai…».

Il valletto fece un profondo inchino e poi si dileguò alla velocità della luce.

 

«NIK!» urlò Rebekah vedendolo entrare nel salottino.

«Hai visto che cosa vogliono farmi indossare? Questa roba sembra uscita dal secolo scorso!»

«E la cosa dovrebbe minimamente interessarmi, Sister?».

«Mi hai messo tu in questa situazione!» replicò inviperita la sorella.

«Vostra Grazia» tossicchiò leggermente Caroline andandogli incontro «se me lo permettete vorrei presentarvi la Contessa di Rosslyn e sua nipote Lady Morgan St Clair».

«E’ un onore, Madame… Milady».

La Contessa dissolse il suo sguardo esterrefatto da Rebekah e face un formale inchino «L’onore è nostro, Vostra Grazia…»

«Vi prego di non badare al comportamento di mia sorella» le sorrise il vampiro «vi sono molto grato che abbiate accettato di presentarla a corte e spero che dopo averla conosciuta non vi farete scoraggiare da quella che sembra un’impresa immane».

La contessa ricambiò il sorriso «Come forse saprete anche io, come vostra moglie, sono americana e benché siano passati quasi venti anni dal nostro arrivo a Londra… c’è ancora chi mi fa notare le mie mancanze di etichetta. Non temete… sarò molto indulgente con vostra sorella, anche se devo ammettere che raramente ho assistito ad uno scambio verbale così… vivace».

«Questo mi rassicura, ve lo confesso» replicò cortese Klaus «mia sorella non è l’unica della famiglia poco avvezza alle buone maniere e ora sono certo che voi, con la vostra squisita cortesia, ci aiuterete a non sconvolgere tutto il bel mondo con i nostri modi da “selvaggi”».

La Contessa di Rosslyn scoppiò in una risata cristallina «Vi posso garantire che il vostro blasone vi mette al di sopra di ogni critica, Vostra Grazia… ma sono costretta ad ammettere che avete ragione, sono grata che Lady Crane, la sorella del Duca di Hasting, sia stata impossibilitata ad accompagnarmi.
Sapete… finge di essere una mia amica ma in realtà ha fatto della mia educazione la sua ragione di vita e non perde occasione per ricordarmi che è molto lontana dall’essere riuscita a fare di me una vera Lady!
Ha anche molta influenza sulle patronesse di Almack e se non vogliamo che vostra sorella debba attendere il suo ballo di nozze per danzare un valzer… è molto meglio ritardare il loro incontro ancora per un po’!».

Caroline fissò esterrefatta Klaus che si univa gioviale alla risata «Vostra Grazia…» sussurrò.

«My Love…» la bloccò il vampiro «credo che sia abbastanza evidente che la Contessa non si sconvolgerà se ti rivolgi a me come fai normalmente…»

«Lo penso anche io…» gli lanciò uno sguardo titubante la vampira «My… Dear…»

Klaus annuì compiaciuto ricevendo un’occhiataccia da Care.

«Ho sempre pensato che i modi artefatti con cui si cerca di dissimulare l’affetto che lega due persone siano di gran lunga più fastidiosi del palesarlo pubblicamente» commentò divertita Morgan «Non siete d’accordo Zia?».

 

 

Chi era quell’uomo?

Da quando Klaus era uscito dalla stanza, Caroline non faceva che pensare allo strano comportamento del vampiro.

Era stato socievole, cordiale… molto, troppo simile al suo di Klaus… quello che lei conosceva molto bene…. quello che le persone non vedevano mai, quello che tutti si rifiutavano di credere che esistesse davvero.

Caroline sospirò profondamente e cercò di concentrarsi sulle sue ospiti.

Rebekah sbuffava guardando una domestica che con un metro stava misurando lo strascico del suo vestito.

«Mi volete far credere che ci sarà una persona addetta a controllare la lunghezza? E’ assurdo!».

«Lady Rebekah!» la riprese spazientita Morgan «Lo strascico deve misurare esattamente un metro e ottanta, non un centimetro di più… né uno di meno! E’ la regola!»

«Ed è proibito appenderlo al braccio!» intervenne la Contessa «Ovviamente non potrete dare le spalle a Sua Maestà, quindi una volta che avete fatto l’inchino vi dovrete allontanare dal trono camminando all’indietro con grazia e dignità evitando di calpestarlo o di inciamparvi! E vi assicuro che non è una cosa semplice!»

«Come se non bastasse questa gonna così ampia, i cerchi che la sostengono e questo corsetto così stretto che non mi fa respirare!» continuò a lamentarsi l’Originale «Erano almeno cento anni che non indossavo niente di così ridicolo!».

Caroline sgranò gli occhi «Mia cognata è sempre così melodrammatica!» esclamò con una risatina nervosa.

Qualcuno bussò alla porta e poi con cautela l’aprì.

«Vostra Grazia mi manda a chiedere se vostra nipote può raggiungerlo nel suo studio» chiese Cora, la governate, rivolgendosi direttamente alla Contessa di Rosslyn.

La nobildonna rimase per un attimo interdetta non sapendo cosa rispondere ad una richiesta così inusuale.

«Ma certamente» la precedette Morgan «probabilmente mi vuole chiedere un consiglio sul gioiello da regalarvi per il vostro debutto… abbiamo più o meno la stessa età, non è vero Lady Rebekah? Gli dica che lo raggiungo immediatamente» concluse con un sorriso scambiandosi uno sguardo complice con la zia, che annuiva rassicurata.

 

«Non si invita una ragazza nubile nel proprio studio privato! Lo dovresti sapere!» lo redarguì Morgan dopo che il valletto personale del Duca aveva chiuso la porta.

Il vampiro sbuffò «Avevo bisogno di parlarti, possibilmente senza la presenza di Caroline».

«Cosa è successo?» domandò allarmata la strega.

«Niente… voglio parlare con Freya, da solo…».

«Vorresti andare nel 2020 per parlare con tua sorella?».

«Esattamente».

«Non posso farlo».

«Perché no?».

«Farvi viaggiare nel tempo richiede moltissima magia e mi serve l’aiuto di tutte le antenate! E se questo non bastasse… c’è una candela spenta nel soggiorno della casa londinese di tua sorella, quando l’accendo significa che mi devono raggiungere nella Chambre de Chasse. Se lo faccio… si precipiterebbero tutte e tre, il che significa che non incontrerai Freya da solo!
Non posso certo alzare il telefono e dire “E’ richiesta la presenza esclusivamente della Strega Originale!"».

«Il telefono?» domandò Klaus.

«Lascia stare…».

«Ma io devo parlare con Freya!» sbraitò il vampiro «Ci sono delle situazioni che non mi tornano! E se devo fare questa cosa devo avere dei chiarimenti!».

«Puoi domandare a me… magari posso aiutarti».

«E’ Caroline la madre di Hope?».

«No… la madre di Hope è Hayley Marshall Kenner, nata Andrea Labonair, Alpha del Clan dei Mezzaluna» rispose chiara e con dovizia di particolari Morgan.

Klaus la fissò per qualche secondo «C’è qualcosa che Caroline mi ha nascosto… lo percepisco».

«Vi conoscete da quasi venti anni, era impossibile raccontarti tutto! Ma se ha omesso qualcosa è perché non l’ha ritenuto rilevante, hai tutte le informazioni che ti servono… puoi credermi».

«Come ci siamo conosciuti io e Caroline?».

«Non ero presente» allargò le braccia Morgan «Quello che so me lo ha raccontato lei».

«Va bene… raccontami quello che sai…».

Come aveva fatto con Caroline, il giorno che era arrivata a New Orleans, il vampiro restò in silenzio ad ascoltare senza interrompere.

«Grazie…» si limitò a dire alla fine del racconto.

«Ti sono stata utile?».

Klaus annuì.

«Mi fa piacere» replicò Morgan «e ora chiama un gioielliere e compra un collier con uno zaffiro blu, è la pietra della saggezza e della calma, oltre a donare serenità e fiducia… e tua sorella ne ha proprio bisogno!
E poi starà benissimo con il vestito della presentazione a corte.
Mi spiace ma un consiglio sulla scelta di un gioiello da regalarle è stata la prima cosa che mi è venuta in mente per giustificare la mia presenza qui!».

 

Per Caroline era stata una settimana estenuante, Rebekah era stata insopportabile e aveva messo a dura prova la sua pazienza.

Per fortuna era intervenuto Elijah che aveva presenziato a tutte le prove degli abiti, dell’inchino e della camminata per allontanarsi dal trono.

Per fortuna era andato tutto bene, la Contessa di Rosslyn aveva riferito di una Rebekah elegante e raffinata che aveva ammaliato tutti con le sue ineccepibili maniere.

Care sospirò guardandosi allo specchio, non poteva credere che stava per presenziare ad un ballo dell’alta società londinese del 1800.

Il vestito era semplicemente meraviglioso: era composto da un organza in seta turchese interamente ricamata con motivi floreali ed era indossata sopra un abito di raso bianco, la scollatura era generosa e il corsetto dava risalto al decolleté.

Il tutto era completato da un diadema in perle e delle piccole piume bianche che erano state sistemate nell’elaboratissima acconciatura.

«Sei semplicemente meravigliosa, Love…».

Caroline si voltò per sorridere all’uomo appena entrato nella sua stanza.

«Ma manca qualcosa, Sweetheart» continuò Klaus mostrandole un cofanetto rettangolare identico a quello che avevano portato a Rebekah qualche ora prima.

«Non dovevi farlo! Sei impazzito?» sgranò gli occhi Care quando l’uomo lo aprì mostrandole il contenuto.

«Non sia mai detto che non vizi la mia bellissima Duchessa».

Caroline osservò dallo specchio il vampiro intento ad allacciarle al collo una magnifica collana di diamanti, poi sussultò quando lui si chinò per sfiorarle la clavicola con le labbra.

«Perfetta…» mormorò roco l’uomo «e poi stava benissimo con questo…» continuò tirando fuori dal taschino un bracciale.

Caroline fissò turbata il suo polso.

«Ma questo non lo hai comprato a Londra…» sussurrò.

«E tu come lo sai?» alzò lo sguardo Klaus.

Per un lungo attimo la donna lo fissò attraverso lo specchio «lo indossava Rebekah ad un ballo che avete dato a Mystic Falls per festeggiare il fatto che vi eravate riuniti dopo tanto tempo» spiegò abbassando il capo.

«Capisco…» annuì il vampiro continuando a guardala «l’ho comprato qualche anno fa a Firenze, in Italia… su un ponte che attraversa l’Arno ci sono moltissime botteghe di gioiellieri, tutto quello sfavillare lo rende un luogo magico, ci sono molto affezionato… anche perché il gioielliere mi ha assicurato che apparteneva ad una bellissima principessa…».

Caroline gli sorrise.

«Forse è il caso che prima di tornare nella tua epoca tu me lo renda» continuò Klaus «sia mai che… mia sorella si presentasse a quel ricevimento senza il suo bracciale».

«Certo…» mormorò la vampira.

 

Da più di un’ora e mezza il Duca e la sua famiglia era allineata all’ingresso del salone di Lindsey House ad accogliere i loro ospiti.

«Se non sapessi che una meravigliosa creatura che risponde al nome di Davina Claire mi sta aspettando nel mio futuro, sarei scappato a gambe levate da questo posto» mormorò Kol in maniera impercettibile «Mi sembra di essere ad una fiera del bestiame! La maggior parte delle madri mi vorrebbe far sposare la figlia!»

«Kol!» lo redarguì Elijah mentre impeccabilmente faceva i suoi omaggi ad una anziana nobildonna.

«Lord Bedwyn» cinguettò la donna «se mi permettete vorrei presentarvi mia nipote, sono sicura che nel suo carnet ha ancora posto per un ballo, magari un valzer.. visto che le patronesse di Almack le hanno permesso di danzarlo».

«Sarebbe un onore» rispose in maniera galante Elijah direttamente alla giovane nobildonna che abbassò pudicamente lo sguardo.

Kol cercò in tutti i modi rimanere serio. «Bisogna ammettere che la nipotina non è niente male… dai fratellone divertiti, prima di incontrare la tua anima gemella».

«Hayley è di una bellezza ineguagliabile» Caroline si intromise nel dialogo che nessun altro poteva percepire «Non c’è nessuno in questo salone che possa anche lontanamente competere».

«Su questo ho forti dubbi, Love… visto che qui ci sei tu…».

 

Nel salone era sceso il più assoluto silenzio, era finalmente arrivato il momento tanto atteso della prima danza della debuttante Lady Rebekah Bedwyn, che al braccio del Duca di Bewcastle procedeva regale nel suo candido abito bianco.

Lord Wulfric St Clair uscì dalle fila degli ospiti per andarle incontro al centro della sala «E’ un immenso onore farvi da cavaliere in questo vostro primo ballo, Lady Bedwyn» dichiarò con un inchino.

«Non mi è stata concessa nessuna alternativa» replicò piccata Rebekah, accettando la mano che l’uomo le stava tendendo.

«Vedrò di farmi bastare l’assoluta certezza di essere l’uomo più invidiato di tutta Londra, Milady».

«Nessuno in questo salone ha pensato anche per un solo istante che io, la sorella di un Duca, possa accettare la vostra corte, Milord»

«La condizione imprescindibile per far sì che voi possiate accettarla, è che io ve la faccia…Miss Mikaelson» dichiarò Lord St Clair iniziando a condurre la sua dama con altera eleganza.

 

Esattamente un minuto dopo che l’orchestra aveva iniziato a suonare, Klaus e Caroline si unirono alle danze, imitati dopo qualche attimo da tutti gli altri invitati.

Il salone scintillava illuminato da migliaia di candele, il Duca di Bewcastle non aveva badato a spese e i suoi ospiti erano deliziati dalla magnificenza delle decorazioni e degli addobbi.

La Contessa di Rosslyn aveva scelto personalmente e con attenzione tutti i cavalieri che nel corso della serata avrebbero potuto danzare con Rebekah, Lady Crane aveva espresso tutta la sua indignazione quando si era rifiutata di concedere l’onore del primo ballo a suo nipote, il Marchese di Hallmere, figlio ed erede del Duca di Hasting.

«Sono magnifici insieme» annuì convinta all’amica «forse devo riconsiderare la mia iniziale posizione e concedervi che avevate ragione Lady Rosslyn, il ballo che avete riservato a mio nipote è più significativo rispetto a quello che avete concesso al vostro, il Barone St. Clair… benché non abbia lo stesso prestigio di quello iniziale, il ballo che precede la cena gli da la possibilità di scortarla al ricevimento e dunque di poterle parlare con più tempo a disposizione… se il Duca di Bewcastle è scaltro come dicono, sua sorella sarà una Marchesa entro la fine della Stagione e diventerà la prossima Duchessa di Hasting!»

«Non vi sembra di correre un po’ troppo Lady Crane? Dategli il tempo di servirle almeno un piatto di antipasti… prima di organizzare le nozze!».

 

«Sparisci!» sibilò il vampiro Originale guardando negli occhi un Visconte che aveva ballato con Caroline e ora si accingeva ad accompagnarla ai tavoli del rinfresco, l’uomo si dileguò all’istante senza proferire parola.

«Non puoi fare così!» scosse la testa la vampira «l’etichetta prevedeva che mi facesse compagnia a cena!»

«Love… può venire anche il Re in persona a spiegarmi le regole che disciplinano questo tipo di eventi, ma non c’è la benché minima possibilità che io dia il permesso a qualcuno di questi smidollati di cenare con mia moglie!»

«Forse hai dimenticato come stanno realmente le cose…» rispose piccata Caroline «Io non sono tua moglie!».

«Invece lo sei… fino all’ultimo secondo che trascorrerai nel passato».

I due vampiri si fronteggiarono per qualche secondo senza parlarsi.

«In ogni caso, io avevo veramente fame…» spezzò la tensione la vampira.

«La convenzione che sia il cavaliere a servire la propria dama, la rispetto molto volentieri, Love…» sorrise Klaus porgendole il suo braccio «Ma ad una condizione… che mi riservi il valzer».

Caroline alzò gli occhi al cielo con un sospiro «Lo sai benissimo che non possiamo! Abbiamo già dato scandalo ballando il set di apertura! Sai perfettamente che il padrone di casa lo avrebbe dovuto ballare con la sua ospite con il titolo nobiliare più prestigioso!
Oppure… a titolo di cortesia, con la Lady che aveva presentato a corte sua sorella!
E a tal proposito ho motivo di credere che la Contessa di Rosslyn sia rimasta parecchio delusa… pende letteralmente dalle tue labbra».

«Sbaglio o colgo una lieve nota di gelosia in questo tuo commento?».

«Beh… se io sono tua moglie… tu sei mio marito…».

«Mi sembra giusto, Love».

«La finite di comportarvi come due piccioncini che tubano?» li raggiunse Morgan con un sorriso radioso «Vi stanno guardando tutti… domani sarete l’oggetto delle chiacchiere di ogni salotto londinese!».

«E allora diamogli un vero motivo per parlare» dichiarò l’uomo chinandosi a sfiorare le labbra di Caroline con le sue.

«Un Duca che bacia pubblicamente sua moglie ad un evento mondano!» scosse la testa la strega divertita «A qualche Lady verrà un mancamento!».

«Ti lascio in buone mani, Love… vado a porre rimedio alla mia scortesia» sorrise Klaus «devo andare ad invitare la Contessa di Rosslyn per il prossimo ballo».

«Mia zia ne sarà deliziata» annuì Morgan.

«E poi tornerò a reclamare il mio valzer…».

«Ma non puoi! Non è concesso a dei coniugi di ballare insieme per due volte ad un evento…» esclamò la donna.

«Prova a fermarmi, Lady St. Clair».

Caroline era profondamente turbata da quel lieve bacio, lui aveva agito più con un intento provocatorio che seduttivo, eppure aveva le labbra in fiamme.

La vampira si girò ad osservare Morgan che stranamente era rimasta in silenzio da quando Klaus si era allontanato, poi seguì il suo sguardo.

«Chi è?»

«Il Marchese di Hallmere, figlio ed erede del Duca di Hasting».

Caroline squadrò con attenzione l’uomo che stava conversando con Rebekah.

«Dobbiamo preoccuparci?» chiese «Potrebbe accorgersi che sta parlando con una vampira?».

«No tranquilla… Simon non ha poteri soprannaturali…».

«Simon? Chiami per nome un marchese, l’erede di un ducato?».

Morgan abbassò lo sguardo arrossendo.

«Raccontami tutto!» si animò Care.

«E’ una storia piuttosto breve» sospirò la strega gemini «Simon è semplicemente l’amore della mia vita…».

«E’ il tuo futuro marito?» domandò con un radioso sorriso Caroline.

«Sono la figlia di un Barone, la mia famiglia è accettata in società a malincuore, siamo dei nobili che lavorano… ma è proprio per il nostro giro d’affari che non possono permettersi di snobbarci… ma da qui a farmi essere idonea a sposare un Duca… ce ne passa… ».

«Mi spiace…».

Morgan annuì.

«Lo pensa anche lui che sei inadeguata?».

La strega abbassò di nuovo lo sguardo «Simon, neanche un’ora fa, mi ha fatto di nuovo la sua formale proposta di matrimonio… è la quinta quest’anno! Che si aggiungono a quella della scorsa stagione, quando è andato da mio padre per chiedere il permesso e lui gli ha detto che non poteva acconsentire, che era stato diffidato dal Duca di Hasting e da sua sua sorella Lady Crane a prendere in considerazione un’unione tra noi due, a costo di provocare uno scandalo, non lo avrebbero mai permesso».

Caroline sbuffò indignata «Questo periodo è un anomalia! Nessuno si ricorderà quello che è successo! Viviti la tua storia d’amore! E’ la tua chance Morgan!».

La donna sorrise «Qualcosa mi dice che potrei darti lo stesso consiglio…».

Care dissolse lo sguardo imbarazzata.

«Non sono cieca» continuò Morgan «è evidente che tra te e Klaus c’è qualcosa e l’avevo capito già da quando non hai avuto nessuna esitazione ad accettare questa follia… Caroline, ti sei trasferita nel 1800! In un’epoca senza elettricità, internet e cellulari!
La soluzione più semplice sarebbe stata coinvolgere Kol e tra una missione e l’altra farti rimanere con le tue amiche nel 2020, nel tuo mondo, con i tuoi affetti… dove potevi telefonare alle tue figlie!

Ma è bastato l’accenno a Klaus… è bastata l’ipotesi che potresti salvargli la vita e non ci hai capito più niente, hai detto di sì immediatamente… senza neanche chiedermi i dettagli, quando io mi ero preparata un lungo discorso per cercare di convincerti…».

Caroline sospirò, non sapendo cosa dire.

«Ma ti capisco… credimi che non c’è nessuno che possa capire come ti senti meglio di me… nessuno si ricorderà di questi momenti, di questa serata e di quello che accadrà nei giorni a venire… nessuno eccetto noi due…».

Care annuì.

«Io sono consapevole dei motivi che mi impediscono di lasciarmi andare… quali sono i tuoi?».

«E’ complicato…» scosse la testa la vampira.

Morgan annuì «Per me invece è molto semplice, devo preservare la mia vita, il mio futuro… non posso cedere ai miei sentimenti, anche se Simon e la Morgan St.Clair del 1819 non se lo ricorderebbero, gli effetti sarebbero indelebili sul mio corpo… e Gervase, il Visconte di Ashford, pretenderà che mi visiti un medico prima delle nostre nozze…».

Caroline si girò a cercare con lo sguardo il gentiluomo con il quale aveva danzato prima della cena, quello che Klaus aveva soggiogato affinché si dileguasse.

«Sono stata una donna molto fortunata, ho avuto una bella famiglia… dei figli e un marito che mi amava e che io, con il tempo, ho imparato ad apprezzare…
Simon verrà convinto dalla sua famiglia a sposare la stella più luminosa della prossima stagione londinese, la figlia di un marchese che è stata cresciuta ed educata per essere la moglie di un Duca… e io accetterò la proposta di matrimonio di Lord Ashford, a detta di tutti farò un ottimo matrimonio, il massimo a cui potessi ambire… e avranno ragione… perché da quel momento comincerò a vivere.
Una donna sposata non può ballare con il proprio coniuge, ma può farlo con il marito di un’altra… un matrimonio ti mette al riparo da tutte le chiacchiere ed io e Simon useremo quello scudo per tutta la nostra vita, finalmente liberi di amarci… il matrimonio è semplicemente un contratto che regola la società, nessuno si aspetta di farlo per amore.
Lady Lauren Crane avrà la sua posizione sociale, verrà chiamata Vostra Grazia, arriverà ad ogni evento mondano con la carrozza con lo stemma ducale e al braccio del suo potentissimo marito.
Lord Ashford avrà la donna che ama, il trofeo da esibire… ma soprattutto avrà il suo ufficio nella società della mia famiglia, che risanerà i conti della sua, che erano disastrosi prima di sposarmi, e conserverà le sue proprietà terriere dando di nuovo lustro al titolo che erediterà il nostro primogenito.
Non importa se tutti, compreso Gervase, hanno sempre saputo che mio figlio insieme alla straordinaria bellezza del padre, avrebbe dovuto ereditare anche il suo ducato…»

Caroline sgranò gli occhi.

«Non fare quella faccia, non è una cosa così inusuale… è come la polvere sotto al tappeto, l’unica cosa di vitale importanza è che il mobilio che ci metti intorno sia pulito e spendente».

«Non essere cosi cinica… quasi non ti riconosco…».

Morgan sorrise abbassando lo sguardo «Non è cinismo, è spirito di conservazione… io e Simon pagheremo caro ogni attimo di felicità… sarebbe molto più facile cambiare tutto… lo guardo e vorrei andare da lui e dirgli: non solo ti sposo, ma ti sposo subito! Stasera stessa! E scapperemo insieme… c’è una delle nostre navi in partenza, andiamo in America e viviamo la nostra vita! Lontano da tutti e da tutto… da questo mondo artefatto» Morgan scosse la testa «Ora, lo vedo anche con più chiarezza… ma non posso farlo, tutto si deve svolgere esattamente come la prima volta… e non solo per me, per lui o per le nostre famiglie… credimi quando ti dico che è di vitale importanza per tutti!».

Caroline annuì «Ti credo Morgan».

Le due donne si girano verso Lord Ashford che aveva tossicchiato in maniera garbata «Se non erro questo è il mio ballo, Lady St.Clair».

«Certamente, Milord» fece un piccolo inchino Morgan «Sareste così cortese da attendere che congedi la mia amica? Sarò subito da voi».

«Vi attenderò con ansia» replicò il nobiluomo.

«Caroline… grazie per avermi lasciato sfogare, non pretendo che tu faccia lo stesso con me, ma se tu pensi che sia importante non fare evolvere le cose tra te e Klaus, ti consiglio di mettere un freno alla situazione, prima che sia impossibile farlo… è un uomo molto perspicace» chiosò guardando il vampiro che stava raggiungendo il centro della sala con la Contessa di Rosslyn.

«Adorata cognata… ci scateniamo?»

Caroline divertita afferrò il braccio che Kol le stava porgendo, poi si girò verso Morgan e le fece un cenno di assenso «Hai ragione» sussurrò.

 

Le coppie si stavano disponendo per il valzer, Klaus percorse la strada che lo separava da Caroline tagliando a metà la sala, invece di usare il perimetro, come sarebbe stato più corretto e meno vistoso, tutti si fermarono a guardare l’uomo che con passo deciso raggiungeva la moglie.

«Credo, mia adorata Duchessa» esordì rivolgendole un inchino «che sia il mio ballo».

«Si, Vostra Grazia» rispose lei.

Fu soltanto quando le tese la mano, che Klaus si rese conto che la sala da ballo era quasi silenziosa, girò la testa e si guardò intorno, all’improvviso tutti ripresero in fretta a conversare.

«Te lo aveva detto Morgan! E’ un comportamento oltraggioso!» replicò la donna appoggiando la mano su quella di lui.

«Ed è una cosa che ci dovrebbe interessare, Love?» chiese l’uomo appoggiando la mano destra sulla vita della donna.

«Francamente no!» replicò la vampira mettendo la mano sinistra sulla spalla del vampiro.

Poi la musica cominciò e Caroline realizzò il perché molte persone considerassero il valzer indecoroso, al punto che le debuttanti per ballarlo dovessero attendere il via libera da un gruppo di aristocratiche.

Klaus la stava tenendo alla distanza corretta, ma lei avvertiva i muscoli sotto l’abito da sera , il suo odore, lo sguardo penetrante e le sembrava che il cuore le martellasse nel petto, l’uomo ballava con passi lunghi, decisi, facendola piroettare con fermezza.

Caroline comprese che non aveva mai saputo cosa fosse ballare il valzer, prima di quella sera… non lo aveva capito neanche quella volta a Mystic Falls… il loro primo ballo.

Era una pura festa dei sensi, la luce delle candele si fondeva in un unica macchia confusa, colori, profumi, calore dei corpi, il sapore muschiato della sua colonia da uomo, la musica, il pavimento liscio, appena scivoloso, la mano alla sua vita, la mano che teneva la sua, il piacere della leggerezza e del movimento del corpo.

Era un incanto puro…

La donna non si era resa conto che Klaus la stava avvicinando a sé sempre di più, che aveva appoggiato il palmo della sua mano contro il suo cuore, non si rese conto neanche quando nascose il viso tra le pieghe del suo fiocco, non avvertì neanche i suoi capelli che gli solleticavano il mento, tutto quello che riusciva a sentire era solo il suo corpo, forte, caldo, maschile, le sue cosce muscolose che si appoggiavano alle sue e si muovevano in perfetta armonia.

Sentì distintamente l’eccitazione crescere in lui.

Era passato così tanto tempo…

«Perché sei venuta a New Orleans, l’ultimo giorno della mia vita?» le sussurrò lui.

Caroline alzò il viso per cercare il suo sguardo, poi lo nascose di nuovo nel fiocco della camicia dell’uomo.

«Sono venuto da te a Mystic Falls» continuò Klaus «Sono venuto a cercare il tuo aiuto, sono state le tue figlie a trasferire il vuoto dentro di me… mi piace pensare che hai provato a dissuadermi, ma sono pressoché sicuro che abbiamo avuto tutto il tempo per dirci addio… ho compreso che le distanze nella tua epoca non sono un grosso limite, ma la Virginia e la Louisiana non sono vicinissime… perché hai sentito la necessità di venire da me, Caroline?».

«Sì… ho provato a dissuaderti, ma poi ho compreso che non avevi altra scelta» mormorò Caroline rimanendo nella sua posizione «non ero presente quando le mie figlie hanno fatto l’incantesimo, non volevo esserci… non volevo vederti morire…».

Il vampiro la strinse ancora più a sé.

«Ma non per la ragione che pensi tu, Klaus» continuò la donna guardandolo finalmente negli occhi «Ho compreso che mi stavo comportando come una codarda e ti sono venuta a leggere una pagina del diario di Stefan, mio marito… il tuo migliore amico».

«Sei sposata?» chiese in un sussurro il vampiro.

«Sono vedova» rispose Care « e tu mi sei restato accanto quando lui è morto… mi hai confortato e ti sei preso cura di me… e io ho fatto altrettanto quando è venuta a mancare la donna della tua vita…».

Klaus si immobilizzò, smettendo di danzare.

«Cam…» sussurrò Caroline «Camille O’Connell, ne eri profondamente innamorato».

«Perché non me ne hai parlato prima?».

«Perché hai sofferto moltissimo quando è morta… non volevo farti provare di nuovo quel dolore, non serviva che tu lo sapessi, ti voglio bene Klaus… e hai ragione, non sono riuscita a mascherare il profondo affetto che provo per te… e ho tentato, cercando di ricordarmi tutte le volte che mi hai fatto impazzire! Tutte le volte che abbiamo litigato…» cercò di alleggerire le cose la vampira.

«Come è morta?»

«Un uomo del tuo passato… che si è voluto vendicare».

Caroline si rese immediatamente conto del grave errore che aveva commesso e lo sguardo dell’uomo le diede la conferma.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***







 

Mentre stavano percorrendo la strada che da Grosvenor Square portava alla Temple Church, Caroline osservava il suo compagno di viaggio… 

Erano passati cinque giorni dal ballo di debutto di Rebekah e la donna era sicura che nessun altro avesse notato il cambio di atteggiamento dell’uomo nei suoi confronti. Klaus da quella sera si era mostrato sempre gentile ed affabile con lei, agli occhi del mondo niente era cambiato tra loro due… invece era cambiato tutto! 

Dagli occhi del vampiro era sparita la scintilla, quel modo tutto suo di guardarla che la faceva sentire speciale.

Era esattamente quello che Caroline voleva… era quello il suo intento quando, con il volto nascosto nel suo fiocco, aveva pensato a quella storia… a metà tra finzione e realtà. 

Era vero che Caroline era stata sposata con un uomo che amava e anche che tra Stefan e Klaus c’era stata una grande amicizia.

Da quello che le avevano raccontato, era vero che l’Originale si era innamorato di Camille e si era sentito responsabile per la sua morte.

Il resto erano solo bugie, però si fondevano così bene con la verità da sembrare plausibili… e infatti Klaus ci aveva creduto.

Allora perché non riusciva a dormire la notte?

Perché non faceva altro che pensare a quelle meravigliose labbra che sfioravano le sue davanti ai tavoli del rinfresco?

Alle spalle possenti sotto l’abito da sera, all’odore della colonia, ai capelli che gli si muovevano intorno al viso quando la faceva piroettare e che cambiavano colore a seconda di come venivano illuminati dalla luce delle candele, alle gambe muscolose che si muovevano in armonia con le sue, al palmo della mano appoggiato sul suo petto.

Alla erezione, forte, possente, vigorosa che aveva sentito crescere contro il suo corpo…

La vettura si era fermata sul sagrato della chiesa, Klaus non aveva voluto sentire ragioni, avevano usato la carrozza ducale e i valletti che ora si accingevano ad agganciare la scaletta erano i loro fidati servitori.

«Il Duca e la Duchessa hanno sentito la necessità di una preghiera serale, chi potrebbe trovare questa cosa sospetta, Caroline?».

Quella era un altra cosa che era cambiata, il vampiro aveva preso l’abitudine di rivolgersi a lei con il suo nome, evitando accuratamente di chiamarla Love … ed era la cosa che la feriva di più.

 

«Il mio ruolo oggi si limita a farvi viaggiare» stava spiegando Morgan mentre li precedeva nella cappella sotterranea «l’epoca che visiterete è molto recente, il 1993 e degli abiti se ne è occupata Bonnie. E’ stato sufficiente andare al mercatino dell’usato di Camden Town, vi spiegheranno tutto loro… ci vediamo tra pochi minuti nel 2020» terminò la strega facendogli segno di iniziare le fasi preparatorie per l’incantesimo.

 

«E’ buffo… ma in un qualche modo mi commuove».

Erano state le parole che Klaus aveva sentito ancora prima di aprire gli occhi e ritrovarsi davanti Rebekah che in piedi e con le mani sui fianchi lo stava guardando.

«Ma come ti sei vestita?» domandò sconcertato l’uomo.

«Ciao anche a te, Brother!» sghignazzò la donna prima di guardarsi il mini abito che la strizzava facendo risaltare ogni curva «E’ un piacere rivederti e starti a sentire mentre come al solito mi disapprovi!».

«Becca…» mormorò Caroline che si stava riprendendo.

«Rompiscatole!» gridò la vampira originale andandole incontro e abbracciandola con trasporto «Ma fatti guardare! Sei uno spettacolo vestita così!».

«Tu invece sei indecente» commentò Klaus.

«Quando si è accesa la candela ci stavamo preparando per andare a ballare» fece un’alzata di spalle Rebekah «La missione era prevista per domani…»

«Eravamo pronti, non aveva senso aspettare» spiegò Morgan.

«Ma che ci fai a Londra?» chiese Caroline che si era ripresa completamente e stava salutando le sue amiche.

«Sono venuta per passare un po’ di tempo con loro» spiegò gioviale Rebekah indicando con un cenno del viso le altre ragazze.

«Vogliamo procedere?» chiese infastidito Klaus continuando a guardare disgustato l’abbigliamento della sorella.

«Texas, Stati Uniti, 1993» iniziò ad esporre Keelin «il contesto è conosciuto a tutti come l’assedio di Waco».

«Mi pare di aver letto qualcosa a riguardo» commentò Caroline «Il guru che si era assediato con i suoi adepti…»

La licantropa annuì «David Koresh, pseudonimo di Vernon Wayne Howell, profeta e capo spirituale della setta dei Davidiani, costola della chiesa cristiana avventista del settimo giorno, dalla quale si erano separati quando lui ha proclamato di essere il messia.

E’ morto nell’incendio della loro fattoria, per l’appunto a Waco in Texas, insieme ad altri 53 adulti e 21 bambini, dopo 51 giorni di assedio da parte dell’FBI».

«Bene…» commentò il vampiro originale «Non ho proprio capito di che parlate! Cosa è una chiesa cristiana avventista del settimo giorno? E il Texas e l’efbiai?»

«Il Texas è uno degli stati federati americani» spiegò Freya «Non lo conosci perché è stato annesso nel 1845, fino a qualche anno prima era ancora una colonia spagnola… non è lontano dalla Louisiana».

Klaus annuì.

«FBI è un acronimo» continuò la strega originale «ovvero un nome formato con le iniziali di altre parole, in questo caso sta per Federal Bureau of Investigation, che per spiegartela in maniera semplice è una polizia che ha competenza in tutti gli stati federati americani… quindi con poteri più ampi rispetto ai poliziotti locali».

Il fratello annuì di nuovo «Per setta intendete un gruppo di persone… giusto?».

«Sì» rispose Caroline «i seguaci di un’idea, in questo caso una dottrina religiosa. Nel corso degli anni ne sono nate un’infinità, nella maggior parte dei casi studiando attentamente la bibbia e analizzando in maniera approfondita alcuni passi, ci leggono delle verità nascoste  e si convincono di aver avuto il dono di interpretarle nella maniera più veritiera, la chiesa cristiana avventista del settimo giorno è solamente una delle tante e David Koresh è uno dei tanti che si è autoproclamato un illuminato…».

«Praticamente un pazzo egocentrico…» ponderò Klaus.

«Non avevo dubbi che avresti compreso immediatamente la sua psiche» commentò Rebekah «tra simili ci si riconosce al volo».

«E non ho ancora cominciato a spiegare le sue idee!» sghignazzò Keelin ricevendo un’occhiataccia dal vampiro.

«Allora…» continuò la licantropa «Koresh sosteneva di essere stato scelto direttamente da Dio per procreare una stirpe quanto più ampia possibile al fine di creare una "Casa di Davide”. Tutte le donne che entravano nella comunità dovevano divorziare dai propri mariti con un rito ufficiato dallo stesso Koresh e si mettevano a disposizione per facilitare l'avveramento del disegno divino».

«Aspetta…» la interruppe Klaus «se ho capito bene… lui andava a letto con tutte le sue fedeli perché glielo ha detto Dio?»

«Si…» confermò Keelin «per tutti era proibito fare del sesso, solo lui poteva… ».

Klaus scoppiò a ridere «Non era un pazzo… era un genio!».

Le donne nella stanza lo fulminarono con lo sguardo.

«All’inizio del 1993» continuò il resoconto Keelin «il governo degli Stati Uniti cominciò ad indagare su Koresh e su quanto stesse accadendo davvero dentro al ranch. Un fuoriuscito della setta sosteneva che il leader fosse in possesso di armi illegali, dopodiché si formularono anche altre ipotesi di reato, come l’abuso di alcool, droga e anche di pedofilia, si decise quindi per una perquisizione dei locali.».

«Pedofilia?» chiese Klaus.

«Significa… »

«Dal greco… παῖς, bambino e φιλία affetto» la interruppe l’uomo «So perfettamente cosa significa, Caroline».

«Tra le "mogli" di David Koresh c’erano bambine di dodici anni…» mormorò Keelin in risposta.

Dopo qualche secondo di silenzio la licantropa tornò al suo resoconto.

«Il 28 febbraio 1993 una squadra di agenti federali giunse a Waco, al Mount Carmel Center, la fattoria dei davidiani, per iniziare la perquisizione… le cose però si complicarono e ci fu una sparatoria tra le due parti.

Morirono 6 davidiani e 4 federali e altre 16 persone rimasero ferite.

Gli agenti sopravvissuti si misero al riparo e chiamarono i rinforzi, da quel momento iniziò un assedio durato 51 giorni.

Il 19 aprile 1993 gli agenti dell'FBI e i reparti scelti della “Delta Force” utilizzarono veicoli corazzati e carri armati pesanti per circondare la setta religiosa, non lasciando ai suoi componenti nessuna possibilità di fuga. Furono usate anche un alto numero di granate contenenti Gas CS , un gas altamente infiammabile che sarebbe esploso con il successivo utilizzo di componenti incendiari. Tutti i palazzi che componevano il ranch bruciarono totalmente, morirono settantacinque persone tra uomini, donne e bambini, mentre nessun federale rimase ucciso.

All'interno della comune vennero rinvenute 305 armi automatiche di appartenenza della setta, tra cui AK47 e AR15 modificati.».

Tutte le persone presenti nella stanza avevano ascoltato il resoconto in assoluto silenzio, fu Klaus a spezzarlo con una serie di considerazioni.

«Presuppongo che Delta Force sia il nome di un reparto militare… veicoli corazzati e carri armati pesanti, con un po’ di fantasia riesco a immaginare cosa siano, ho abbastanza nozioni di fisica e termodinamica per sapere cosa sia un gas, benché non sappia cosa significhi Gas CS».

«E’ un gas urticante» gli rispose Bonnie «comunemente chiamato Gas Lacrimogeno e viene usato molto spesso dalla polizia per mantenere l’ordine pubblico, causa bruciori, lacrimazioni… senso di disorientamento».

L’uomo annuì «Ranch… credo sia un altro modo per chiamare una fattoria e tutte quelle lettere e numeri, reputo siano la tipologia delle armi trovate… automatiche?»

«Delle armi che posso sparare tanti proiettili uno di seguito all’altro» spiegò Caroline.

«Ok, ora la domanda è… perché ci interessa tutta questa storia?» chiese il vampiro.

«Justine Jensen, da tutti chiamata Stage» rispose Morgan «nata a Los Angeles, si è trasferita con la famiglia a Washington D.C a causa del lavoro del padre, un diplomatico che si occupava di politica estera, ma che in realtà era un agente della CIA, è un altro acronimo Klaus» si interruppe rivolgendosi al vampiro «Central Intelligence Agency, un’agenzia del tutto simile all’FBI ma che rivolge le sue attività all’estero…».

«Spionaggio…» asserì l’uomo.

«Esattamente» replicò la donna «Il padre è stato ucciso durante una missione non ufficiale, visto che era in territorio americano, pertanto la sua morte era avvolta in un alone di mistero e verità non dette. Stage ha trovato conforto nella preghiera per affrontare la sua morte … praticamente il quadro psicologico perfetto per essere attratta da un uomo carismatico come David Koresh… la cosa che ci serve da Stage è un regalo che il padre le ha portato da una missione in Afghanistan… una meravigliosa e preziosissima Kunzite rosa».

Morgan mostrò a Caroline e Klaus una fotografia che ritraeva una sorridente ragazza in abito da cocktail e che al collo aveva una lunga catenina con appesa una pietra rosata.

«Le persone che entravano in comunità» continuò la strega «non solo dovevano troncare tutte le relazioni personali e sentimentali ma dovevano donare anche tutti i loro beni, ma Stage non ha devoluto la Kunzite alla setta, ne siamo certi perché non è stata venduta e non è stata trovata nella cassaforte del Mount Carmel Center. Stage teneva moltissimo a quel dono del padre e aveva trovato la maniera di tenerla sempre con sé…»

Morgan mostrò un’ altra foto della ragazza.

«E’ una delle foto scattate dagli agenti federali durante le loro indagini» spiegò la strega «Come potete vedere Stage indossa un “Chiama Angeli”: si tratta di una collana molto particolare che protegge le donne in gravidanza e i loro piccoli, il ciondolo di forma sferica è grande abbastanza per celare la Kunzite.»

«E non è stata trovata sui resti di Stage?» domandò Caroline.

«La fotografia e il buonsenso» rispose Morgan «ci suggeriscono che la sfera doveva essere di un metallo non prezioso, probabilmente argento… ma forse addirittura in peltro, un metallo che alle alte temperature dell’incendio verosimilmente si è fuso addosso alla Kunzite. L’unica cosa certa è che non se ne è trovata traccia, potrebbe essere in qualche deposito federale… o sepolta».

«Ok…» annuì Klaus «possiamo andare» proclamò muovendosi.

Morgan sorrise «Con le antenate e poi con le ragazze qui a Londra, abbiamo discusso molto per trovare la data più opportuna per andare a recuperare la pietra».

«In un qualunque momento dopo che è arrivata…» allargò le braccia il vampiro.

«Come ben sai siamo molto attente quando si tratta di intervenire su eventi passati, abbiamo fatto molte congetture, immaginandoci gli scenari più improbabili… ad esempio Stage potrebbe aver confidato a qualcuno dell’esistenza della pietra, non parlo necessariamente delle persone all’interno della comune … ci siamo convinte che non si può sottrarre prima del giorno dell’inizio dell’assedio, la cosa più sicura sarebbe farlo pochi minuti prima dell’incendio… ma non possiamo farvi passare 51 giorni nel 1993!

Qualche attimo prima che si isolino dal mondo pensiamo sia un giusto compromesso…»

«Quale è il piano?» chiese Caroline.

«Arriverete il 27 febbraio, vi presenterete come dei nuovi seguaci, un fratello e una sorella… passerete la giornata e la nottata con loro, così avrete il tempo per prendere la pietra ed individuare queste persone»

Klaus prese un foglio con una lista.

«Sono i nove sopravvissuti al rogo» spiegò Morgan «e gli undici bambini che hanno fatto uscire durante l’assedio, ovviamente è più sicuro soggiogare tutti e dovrete farlo… ma le persone sono tante e potrebbe sfuggirvi qualcuno, chi è su quella lista invece è di vitale importanza che non si ricordi di voi.»

«Certo…» annuì Caroline.

«Alle 9,30 del 28 febbraio arriveranno i federali… dovete approfittare della confusione che si creerà quando li avvisteranno e andranno a prendere le armi, per uscire ed andarvene»

«Tutto chiaro» annuì Caroline.

«Klaus, dovrai passare un giorno nel 1993» si fece avanti Bonnie «al Mount Carmel Center vivono in un modo piuttosto spartano, ma ci saranno lo stesso un infinità di cose che non conosci e sarebbe il caso che tu ci prenda un po’ di confidenza. Io e Freya abbiamo girato in lungo e in largo moltissimi mercatini e qualcosa abbiamo trovato…»

«Sarà una cosa lunga e noiosa« si intromise Rebekah «e Caroline non ha bisogno di farla… io invece ho la necessità di parlarti, in privato…» si rivolse all’amica.

«Non vi potete allontanare troppo!» si raccomandò Morgan «so che la Chambre de Chasse sembra non avere confini, ma li ha…».

«Rimarremo nel paraggi.» promise la vampira Originale.

Caroline sembrava un po’ titubante.

«Vieni» la prese per un braccio Rebekah «non c’è niente in quella accozzaglia di reperti archeologici che tu non abbia già visto o usato…».

 

«Allora?» domandò Rebekah quando già stavano passeggiando da qualche minuto.

«Sto aspettando che mi dici quello che volevi dirmi» replicò Caroline «e non ti nascondo che sto cominciando a preoccuparmi, perché sembri riluttante ad iniziare il discorso!».

L’Originale la guardò di traverso «Sono io che sono preoccupata! A malapena ti guarda e a stento vi parlate!».

Care alzò gli occhi al cielo sbuffando.

«Senti!» attaccò di nuovo l’amica «Prima che arrivaste mi ero pregustata questo momento, mi dovevi raccontare nei dettagli cosa avevi provato quando lo hai visto… cosa vi eravate detti…».

«Certo che hai una bella faccia tosta!» la interruppe l’amica «Ti sembra quello il modo di reagire di fronte ad un fratello che è morto da un anno?».

«Non ti immischiare nelle dinamiche tra me e Nik!» scosse la testa Rebekah «Noi ci relazioniamo così! Si sarebbe sconvolto se lo avessi abbracciato in lacrime! E ti posso assicurare che le ho versate, copiose… in privato, nel momento esatto che Freya mi ha detto cosa avresti fatto per lui… per noi… grazie Caroline».

«Non devi ringraziarmi, salvare lui ed Elijah è semplicemente un incentivo in più… ovviamente la gioia di vedere crescere Josie e Lizzie era già uno stimolo sufficiente, ma riavere indietro lui sarà il mio premio… quello che mi aspetta alla fine di tutta questa difficile esperienza…».

«Esperienza che sarebbe molto meno difficile se gli dicessi cosa siete! Cosa lui prova per te… e tu per lui!».

Caroline scosse la testa «Mi sembrerebbe di tradirlo…».

«Chi?»

«Klaus!»

Rebekah si immobilizzò «Con chi? Con se stesso? Sono abbastanza sicura che ti perdonerebbe» scoppiò a ridere.

«Non se lo merita! Non ce lo meritiamo! Non dopo tutto questo tempo…»

«Perdonami Care, ma non ti seguo…»

«Non se lo ricorderebbe!» sbottò Caroline «E si merita di sentirmi confessare che aveva sempre avuto ragione… che mi nascondevo dietro i nostri battibecchi, che non ero terrorizzata da lui, ma soltanto dal biasimo delle persone che ci circondavano…».

«In effetti quando gli hai detto che lui non era mai stato il cattivo della tua storia, potevi essere meno vaga e più esplicita!» la rimproverò Rebekah «E potevi concedergli qualcosa di più di un semplice bacio come saluto prima che si uccidesse».

«Avremo una seconda opportunità e voglio che lui si ricordi ogni secondo, ogni singola parola… glielo devo…».

«Odio ammetterlo, ma ha un senso…».

Dopo qualche minuto di silenzio, mentre camminavano sulla via del ritorno, Rebekah parlò di nuovo.

«Quello che mi lascia sgomenta è che Nik non si sia innamorato di te alla prima occhiata, come gli era successo la prima volta che ti ha conosciuta… sono un po’ delusa da lui!»

«Non esserlo… » sospirò Caroline, dopo di che le raccontò come erano andate le cose e quello che aveva dovuto fare per tenerlo alla larga.

«Ma come ti è venuto in mente?» la sgridò la vampira originale.

«Mi devi raccontare di Camille… nel caso lui ritorni sul discorso».

«Ma sei impazzita? Non sono cose che ti riguardano! Non tocca a me rivelarti i particolari della relazione che Klaus ha avuto con un’altra! Lo farà lui se lo riterrà opportuno!».

«Per favore…» la supplicò Care.

«Ti somigliava!» la informò un po’ piccata Rebekah «E non solo fisicamente… aveva questo modo di fare un po’ da perbenista, che ti faceva sempre fermare a riflettere sulle tue azioni! L’unica differenza è che lei aveva una laurea che certificava di aver studiato per farlo, non si era improvvisata maestrina di vita come te!»

Caroline stava per ribattere a tono quando notò Freya che gli stava venendo incontro.

«Mi ha subissato di domande su Camille!» esclamò quando le raggiunse «Non eravamo d’accordo sul fatto che non dovevi parlargli di lei?».

«Ho dovuto farlo…» sussurrò Caroline.

Rebekah in maniera enfatica e irritata fece una sintesi delle rivelazioni che Care si era sentita in dovere di fare, sorvolando sui motivi.

«Ma sei impazzita?» le chiese la strega Originale.

«La stessa cosa che le ho detto io!» chiarì la sorella.

«Hai riflettuto sul fatto che Lucien Castle nel 1819 è in vita?» chiese Freya esasperata «E lo sono anche i fratelli De Martel? Hai idea di quanto ci metterebbe Klaus a capire tutto, se mai si incontrassero?».

«Come hai risposto alle sue domande?» chiese contrita Caroline.

«Mi sono dilungata sui particolari più romantici!» allargò le braccia Freya sempre più infastidita «Come si sono incontrati, dove la portava… cosa facevano insieme! Un infinità di fesserie! Per lo più frottole! Perché di certo io e lui non abbiamo mai avuto una conversazione su queste sciocchezze! Ma la cosa che mi fa arrabbiare di più …è che lui penserà che sono quel tipo di persona con la quale fare chiacchierate a cuore aperto parlando di problemi sentimentali!».

Rebekah cercò in tutte le maniere di impedirsi di scoppiare a ridere, anche Caroline nonostante la situazione aveva qualche difficoltà a restare seria «E non ti ha chiesto come è stata uccisa?».

«Certo che l’ha fatto!» replicò Freya «Gli ho raccontato sommariamente di questa società creata dai vampiri più antichi che volevano uccidere tutta la famiglia, ma gli ho anche detto che non abbiamo mai saputo con esattezza chi l’avesse trasformata in una vampira e neanche chi le avesse iniettato un veleno di licantropo che lui non era in grado di guarire… bisogna sempre rimanere il più possibile fedeli alla realtà quando si decide di raccontare una storia di fantasia! E se ci aggiungi tutta la filippica delle antenate sul fatto che non bisogna cambiare la storia… spero che se ne stia buono per un po’!».

Caroline annuì.

«Ma non durerà!» le puntò un dito contro la strega originale «E’ Klaus! Smonterà la mia favoletta pezzo per pezzo!».

Quando arrivarono a pochi metri dal portone Rebekah tirò per un braccio Caroline facendola fermare. «Hai bisogno di un’amica, mia cara… qualcuno con cui sfogarti, non puoi farcela da sola».

«Non voglio parlarne con Morgan…»

«Non stavo pensando a lei» ridacchiò Becca «ma ad una persona molto arguta, intelligente… dotata di senso critico e dell’umorismo, oltre ad essere bellissima e affascinate… ovviamente».

Caroline sorrise.

«Care, con lei non hai tutto il tempo che hai avuto con me per creare una connessione, ma sono sempre io… con tutte le maschere, le sovrastrutture e le scorze che uso per proteggermi, parla con me… ti garantisco che sono un’ottima ascoltatrice…».

Caroline annuì abbracciandola «Lo farò…» promise.

 

«Sei pronto?» esclamò Caroline.

«Finita la lezione di modernariato?» domandò nello stesso momento Rebekah.

«E voi due avete finito con i vostri segreti?» chiese beffardo Klaus.

«Una neo sposina ha bisogno di sfogarsi con la sua amica…» sorrise la vampira originale.

«Sposina?» chiese con voce strozzata Klaus

«Rebekah!» l’apostrofò nello stesso momento Caroline.

«Ops…» si portò una mano alla bocca la vampira originale sghignazzando «Non glielo avevi detto!».

Caroline scosse la testa con una smorfia.

 

«Mi porti sempre in luoghi molto suggestivi» valutò Klaus guardandosi intorno.

Una strada lunga e dritta tagliava in due una zona desolata, con pochissima vegetazione.

«Dove pensavi che vivesse una setta che predica la vita semplice ed essenziale? Al centro di Manhattan?» replicò insofferente la vampira «Sta arrivando una macchina, lascia fare a me» aggiunse slacciandosi un paio di bottoni della castigata camicetta che indossava sopra un paio di jeans.

«Ehi dolcezza» esordì il conducente che si era fermato sporgendosi dal finestrino.

Caroline gli sorrise maliziosamente, avvicinandosi un po’ ancheggiando ed abbassandosi per guardarlo negli occhi. «Sali…» mormorò qualche secondo dopo a Klaus che era rimasto stupefatto ad osservare la scena.

«Ma non ci serve!» fece il vampiro.

«Il paese più vicino è a 15 chilometri, pensi sia credibile che ci siamo fatti la strada a piedi? Più verosimilmente, ci siamo fatti dare un passaggio da questo simpaticone».

Klaus un po’ titubante passò davanti a Caroline che gli stava tenendo aperta la portiera del sedile posteriore.

«Non fare quella faccia» sghignazzò Care sedendosi accanto al conducente «Sembra quasi che non hai mai visto una macchina in vita tua».

«E tu allacciati quella camicia, ormai lo hai soggiogato» ribatté stizzito il vampiro.

 

 

L’atrio della struttura centrale del Mount Carmel Center era una baraonda, moltissimi bambini correvano eccitati lungo i corridoi.

«Siete arrivati in tempo per la preghiera che precede il pranzo» li informò Koresh.

Quando erano arrivati all’entrata del ranch, Caroline e Klaus avevano intercettato un uomo che stava caricando un furgone, si erano presentati e gli avevano riferito tutta la storia che avevano concordato a Londra: che avevano conosciuto David in uno dei locali dove lui amava suonare, che avevano avuto la possibilità di incontrarlo altre volte e che Koresh gli aveva parlato di quel posto, dei sette sigilli e dell’imminente quinta profezia invitandoli ad unirsi a loro. L’uomo li aveva scortati da David Koresh ed era bastato che Klaus lo guardasse negli occhi per qualche istante per far sì che il leader dei Davidiani li abbracciasse confermando la loro versione.

 

«E’ incredibile che credano davvero a tutte queste panzane…» parlò in maniera impercettibile Klaus.

«La cosa più incredibile è che qui ci sono laureati ad Harvard, ex imprenditori che avevano aziende con giri d’affari milionari!» replicò nella stessa maniera Caroline «Cosa li porta fino a qui?».

«A quanto pare il vero concetto di gioia, Love» scosse la testa il vampiro «Questa è bella!» sghignazzò «L’essere umano è troppo schiavo dei desideri sessuali!».

«Il bue che dice cornuto all’asino» chiosò la donna.

Klaus non si trattenne dallo scoppiare a ridere, attirandosi le occhiatacce di molti dei presenti.

«Vediamo di non farci cacciare prima di aver recuperato la Kunzite» lo ammonì Care facendo un sorriso angelico a Koresh.

 

Il vampiro si era dovuto sorbire un tedioso e lunghissimo giro turistico di tutta la proprietà, aveva anche perso di vista Caroline che doveva essere impegnata a fare la stessa cosa con le donne della comunità.

«Lo so, ti sembra incredibile che ancora usiamo questi tipi di attrezzi» stava dicendo il suo interlocutore «qui sembra di essere tornati indietro nel 1800!» scoppiò a ridere.

«Credimi, non è così!» replicò annoiato il vampiro.

 

«Cosa fai?»

«Preparo la cena»

«E lo devi fare tu?»

«Qui ognuno fa la sua parte!» rispose Caroline «E dato che ci sei, aiutami!» continuò mettendogli in mano una patata e un coltello.

«Ma neanche per sogno Love!»

«E allora renditi utile in un’altra maniera» sospirò la vampira «cinque bambini sono influenzati, oggi pomeriggio sono andata con delle mamme ad occuparmi di loro e li ho soggiogati, gli altri hanno appena finito la catechesi e sono nella stanza vicino alla cappella a guardare la televisione, forse non ne saranno entusiasti… perché è l’unico momento di vero svago che hanno, ma è anche la nostra chance di averli riuniti tutti in un unico posto! Tu vai lì… ti comporti in maniera carina e gentile, ci parli… ci chiacchieri un po’ e fai una bella compulsione di massa!»

«Forse è meglio il tubero…»

«Potevi pensarci prima!» gli diede una leggera spinta Care.

 

C’era un allegro vociare nella grande sala mensa, Caroline e Klaus avevano cenato al tavolino dove erano seduti anche David Koresh e il suo braccio destro Steve Schneider.

Una bambina stava cercando di mordere una crosta di pane ed era irrequieta in braccio alla mamma «Sta mettendo i denti» spiegò teneramente la donna.

«E’ bellissima» commentò Caroline «Come si chiama?»

«Mayannah» rispose Steve Schneider «e lei è mia moglie Judy…»

«Solo per la legge dell’uomo» lo corresse il Leader.

«Ovviamente David» annuì Steve.

«Caroline… forse è arrivato il momento che parliamo un po’» si alzò David Koresh tendendole una mano «in privato» aggiunse vedendo che Klaus si era alzato.

«Certamente» rispose la vampira «posso avere un attimo per parlare con mio fratello?» sorrise prendendo Klaus per mano e allontanandosi di qualche metro.

«Non avrai intenzione di andare con lui!»

«Non ho altra scelta!»

«Vuole fare sesso, Love!»

«E tu pensi che io glielo permetta? Ma sei impazzito?»

«Giurami che lo soggiogherai ancora prima che ti sfiori anche solo con un dito»

«Te lo prometto!»

«Ho detto giuramelo!»

«Te lo giuro…»

Caroline si stava allontanando quando Klaus la riafferrò «Nella compulsione devi fargli credere che ha tentato di fare sesso con te, ma che non c’è riuscito… problemi meccanici» mormorò.

Care si passò una mano sugli occhi cercando di rimanere seria.

«Non deve neanche immaginarselo come sarebbe, Love…» aggiunse il vampiro prima di lasciarla andare.

 

Quando Caroline uscì dalla stanza di David Koresh cercando di richiudere adagio la porta, trovò Klaus ad aspettarla appoggiato alla parete.

«E’ stata una lunga lezione di catechismo!» si affrettò a giustificarsi la donna.

«Lo so…» si limitò a commentare l’uomo, poi aprì il palmo della mano per mostrargli la Kunzite rosa.

«Ottimo lavoro» annuì la donna «Ora non ci resta che andare nei dormitori, io al piano delle donne, tu in quello riservato agli uomini e in maniera metodica, stanza dopo stanza soggiogarli tutti». 

Klaus annuì «Se penso che dovrò trascorrere la notte dormendo con altre persone mi vengono i brividi!» sbuffò infastidito.

«Ce la potete fare, Vostra Grazia!» lo prese in giro Care.

Il vampiro sospirando fece per allontanarsi.

«Non vuoi sapere che è successo prima che iniziasse a fare discorsi vaneggianti ed apocalittici?» gli domandò Caroline.

«Hai mantenuto il giuramento?»

«Certo…»

«Mi basta, Love»

«Lo sai come ha giustificato la sua debacle? Che Dio pensa che io non sono ancora pronta per diventare mamma!»

Klaus cominciò a sghignazzare sommessamente.

Caroline sgranò gli occhi divertita, intimandogli di fare silenzio, vista l’ora tarda e il silenzio che regnava nell’edificio.

Il vampiro le si avvicinò e abbracciandola nascose il volto tra i suoi capelli, tentando di soffocare le risate, Caroline fece altrettanto contro il suo petto.

Continuando a ridacchiare si avviarono per le scale.

«Buonanotte, Caroline» la salutò Klaus quando furono arrivati al piano riservato alle donne.

«Credevo che avessi ricominciato a chiamarmi Love» sussurrò la vampira.

«Mi viene più spontaneo…»

«Mi hai sempre chiamato Love…»

«Ed allora continuerò a farlo… Love».

 

Klaus camminava silenziosamente per il corridoio, gli ci eravamo voluti pochi minuti per soggiogare tutti e si era lasciato per ultima la stanza di Steve Schneider e David Thibodeau, uno dei pochi sopravvissuti al rogo.

«Prego, entra pure, la prima notte è sempre particolare» lo accolse Steve sollevando gli occhi dal libro che stava leggendo.

«Sono contento di non essere più il nuovo arrivato!» gli sorrise affabile David.

«Sei preoccupato per tua sorella?» domandò Schneider.

«Beh… un po’»

«Non devi, non è sesso… non riguarda il piacere, si tratta di concepire bambini che possono adempiere alla profezia biblica»

«E’ questo che ti racconti quando quel pervertito si chiude in una stanza con tua moglie? E’ questo che si dicono i padri e le madri quando gli permettono di approfittare delle loro figlie minorenni?»

«Sei appena arrivato e sei sconvolto! E’ normale che ancora tu non comprenda pienamente»

«L’unica cosa che non riesco a comprendere è come tu possa credere che un uomo che… ipoteticamente… sta facendo del sesso con la mia presunta sorella… non stia passando la notte più bella della sua vita!».

 

 

Erano le 9,30 del 28 febbraio, Klaus e Caroline si trovavano in una stanza del piano terra della struttura, quella più defilata e meno visibile dalla strada e appena sentirono i colpi di fucile e le raffiche delle mitragliette si presero per mano.

«Andiamo, Love».

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette ***





 

Marcel era immobilizzato sotto il corpo di Rebekah, che gli stava puntando la spada contro la giugulare.

«Vacci piano!» la rimproverò Caroline che stava assistendo all’allenamento.

«Anche perché dove lo trova un altro scriteriato che decida di prenderla in moglie» commentò in maniera impercettibile Klaus.

La vampira si girò a guardarlo.

«Non era così difficile, Love» le sghignazzò in faccia l’uomo «sulla nave mi hai detto di aver presenziato al suo recente matrimonio e mia sorella si è dichiarata una neo sposina» inclinò la testa il vampiro guardandola con il suo caratteristico sorrisetto insolente.

«E cosa hai intenzione di fare ora che lo sai?» chiese titubante Care.

«Onestamente, questa è una delle cose che sarò ben felice di dimenticare quando tornerai nella tua epoca» soppesò Klaus «e dalla tua reazione comprendo che avrò lo stesso stato d’animo quando lo scoprirò realmente…»

«I sentimenti che nasceranno tra loro saranno il motivo per il quale deciderai di trasformarlo» confessò la vampira «gli farai scegliere tra la sua immortalità, lontano da lei… e l’amore che prova per lei…»

«Questo non dovevi dirmelo, Love» cambiò atteggiamento l’uomo «Non mi piacciono le persone che si lasciano corrompere e non lottano per le cose importanti!»

«Non piacciono a nessuno» assentì Caroline «ed è il motivo per il quale si sono sposati solo un paio di mesi fa, ci hanno messo 185 anni a ritrovarsi e perdonarsi».

 

Hyde Park, nell’ora più alla moda, sembrava quasi scoppiare, così pieno di carrozze, cavalli e di persone che camminavano lungo i sentieri. 

Caroline e Rebekah ricambiarono il saluto del gentiluomo che gli si era passato accanto montando un maestoso purosangue scuro.

«Se potessi cavalcare normalmente e non fossi obbligata a farlo all’amazzone, avrei preferito anche io un cavallo, alla carrozza» si lamentò la vampira originale.

«Concordo»

«Per lo meno siamo sole! Come mai?»

«La Contessa di Rosslyn e Lady St Clair avevano delle commissioni»

«Meno male» alzò gli occhi al cielo Rebekah.

«Non essere così ingrata! Lo fanno per noi!»

«Morgan ha un motivo! Ma la Contessa?… E’ così asfissiante!»

«Nessuno si era mai affidato a lei per la presentazione a corte! Quindi ha preso l’incarico molto seriamente» ridacchiò Care «devi avere pazienza con lei»

«Molta pazienza!» sibilò l’originale «Loro non potevano esserci ma hanno mandato la cavalleria!»

Care girò la testa per seguire il suo sguardo. «Non essere sciocca! Sono tutti qui a passeggiare e a farsi vedere, è più facile dire chi non c’è!» la rimproverò sorridendo cordiale a chi si stava avvicinando.

«Vostra Grazia… Lady Bedwyn» salutò il gentiluomo togliendosi per un attimo il cappello.

«Buon pomeriggio Lord St Clair» rispose Caroline.

«Fate attenzione con il vostro cavallo, Milord» suggerì invece altezzosa Rebekah.

«Vi posso garantire che non correte alcun rischio, è un esemplare magistralmente addestrato, Milady» replicò alla stessa maniera il Barone.

L’uomo che gli era al fianco non riuscì a trattenersi dal ridere.

«Vostra Grazia, permettetemi di presentarvi il Marchese di Hallmere, un mio carissimo amico.»

«Ci hanno già presentati qualche sera fa, Vostra Grazia» lo corresse cordiale il nobile «ma in simili contesti è molto difficile fare realmente conoscenza.»

«Invece mi ricordo molto bene di voi» sorrise cortese Caroline.

Il Marchese ricambiò il sorriso «Lady Bedwyn…» si rivolse poi a Rebekah «siete incantevole con quel cappellino»

«La ringrazio, Milord» rispose gentile la vampira originale.

 

«Finalmente! Mi faceva male il viso a forza di sorridere!» esclamò Rebekah quando la carrozza si lasciò il parco alle spalle e prese un’ andatura un po’ più veloce.

«Di tanto in tanto un giro a Hyde Park è obbligatorio» commentò Caroline «Ma ti devo dare ragione, è snervante!»

Dopo qualche minuto di silenzio la vampira originale sospirò.

«E così l’uomo della mia vita è Marcel…»

Caroline si girò a guardala.

«Ce l’ho anche io l’udito super sviluppato sai?»

Care scosse la testa «Non avresti dovuto saperlo…»

«Perché no?»

«Converrai che è un po’ strano…»

«Perché ora è un bambino? Non lo sono stati tutti?» rise Rebekah.

«Non posso darti torto» si unì alla risata Care.

«Non sarebbe la cosa più strana che mi sia successa» valutò l’originale con un’ alzata di spalle «ora sto parlando con una persona che viene dal futuro!»

«Di nuovo non posso darti torto!»

«Quando avremo superato tutti i problemi… mi renderà felice?» domandò Rebekah in un sussurro.

«Sì» rispose Caroline risoluta, senza nessuna esitazione e guardandola negli occhi.

 

«Vostra Grazia!» le venne incontro Cora, tutta eccitata.

«Che succede?» le chiese Caroline entrando insieme a Rebekah.

«Un onore grandissimo! Vostra Grazia…» rispose la governante.

Cora attese che la Duchessa si togliesse il cappellino e lo passasse insieme all’ombrello parasole ad una delle domestiche, poi con mano tremante le consegnò una busta elegante.

«L’invito per domani» sorrise Care aprendolo «sapevamo già di avere l’invito per il ballo del mercoledì alla Almack’s Assembly Rooms».

Cora sgranò gli occhi «Vostra Grazia! Quello non è un invito qualunque! E’ firmato da Lady Dorothea Lieven!… la Contessa di Lieven!» aggiunse notando lo sguardo perplesso di Caroline «La moglie dell’ambasciatore russo!… Vostra grazia» cominciò a spiegarle come se stesse parlando con una bambina «tutte le debuttanti oggi stanno pregando di ricevere un invito per domani sera! Ieri le Patronesse si sono riunite e hanno deciso chi può partecipare, alle più fortunate verrà recapitata una busta con il voucher standard! Quello che avete in mano non è soltanto l’invito personale di una delle Patronesse… ma di quella più influente di tutte!»

 

Caroline bussò alla porta dello studio privato del Duca di Bewcastle, il segretario personale le aprì e rispettosamente uscì dalla stanza.

«Ne sai qualcosa?» domandò la donna appena rimasero da soli, sventolando l’elegante busta.

Klaus sorrise sornione «Oggi, a pranzo da White’s … potrei avere incontrato il Conte di Lieven, l’ambasciatore Russo… e sfoggiando la mia ineccepibile pronuncia della sua lingua madre, potrei averlo convinto a chiedere a sua moglie un invito un po’ più formale…».

«A sentire Cora è l’onore più grande che si possa avere…» commentò la vampira.

«Solo il meglio, per le mie ragazze» le fece un occhiolino il vampiro.

«Questo significa che domani non ci accompagnerai?»

«Love… ma tu lo sai che una delle Patronesse ha avuto l’ardire di mettere alla porta il Duca di Wellington? Reo di aver avuto un atteggiamento non in linea con l’alto il livello di rispettabilità di Almack’s, mi caccerebbero dopo qualche secondo!»

Caroline scoppiò a ridere.

«Mi manderai ad un ballo, senza la tua supervisione…»

«Ti mando alla Almack’s Assembly Rooms, senza la mia supervisione! Un luogo assolutamente rispettabile perché vigilato e organizzato da un manipolo di dame che conoscono ogni minimo dettaglio della vita dei loro ospiti, conoscono ogni scandalo e ogni più piccola macchia che possa esistere sulla loro reputazione, e loro non fanno neanche avvicinare sulla soglia d’entrata… chi non ce l’ha perfettamente immacolata!»

«Ah sì…» soppesò Caroline «Hai presente l’attuale Principe del Galles? Giorgio Augusto Federico di Hannover? Tra meno di un anno diventerà il Re Giorgio IV e si scoprirà che la sua amante più illustre fosse una certa Sarah Villiers, Contessa di Jersey … sono amanti da molto prima che salisse sul trono, quindi teoricamente potrebbero avere un incontro amoroso anche domani sera… in mia presenza, visto che Lady Jersey sarà impegnata a vigilare sulla rispettabilità del Ton, dall’alto della sua posizione di Patronessa di Almack’s!»

Klaus scoppiò a ridere «Come hai detto nel 1993? Il bue che dice cornuto all’asino?»

«Sì» rise anche Care «Ma qui ci sta molto meglio il “Predica bene e razzola male”»

«Come ti ho promesso, me le segno tutte le tue perle di saggezza!»

«Che hai in mano?» domandò Caroline sgranando gli occhi.

«La mia nuova penna! Guarda, Love… questa ha addirittura il serbatoio con un meccanismo che lo fa ritrarre, semplice ma ingegnoso, usa una molla come quella degli orologi astronomici! Ma la cosa più strabiliante è che non ha il pennino! C’è questa minuscola sfera che ruotando si imbeve dell’inchiostro… geniale!»

Caroline lo guardò a bocca aperta.

«E poi è leggerissima…»

«E’ una penna di plastica!»

«E’ la penna di una banca… la Central National Bank, Waco, Texas» lesse Klaus.

«Fammi capire, tu sei andato nel 1993… è la cosa più interessante che hai pensato di riportarti è quella?»

«Love, avrei voluto prendere l’automobile, la televisione, il personal computer o il telefono… ma non avrei potuto usarli»

«Ma una penna un po’ più bella non l’hai trovata?»

«Quando mi hai mandato a soggiogare i bambini ho preso anche questi» confessò divertito, tirando fuori dal cassetto della scrivania una piccola manciata di matite colorate. «Al momento di lapis si conoscono solo quelli con le graffiti nere…»

«Spero che non li hai chiamati “lapis” davanti a loro…»

«Non riesco proprio a comprenderti, Love» la fissò Klaus con uno strano sguardo «vieni da una epoca dove per illuminare una stanza non devi accendere candele o lumi a gas, in questi duecento anni ci sono state talmente tante invenzioni, puoi coprire grandi distanze in poche ore, parlare con persone che stanno a miglia di distanza come se fossero di fronte a te… eppure tu sei tranquilla e serena, non ti sei adattata… è come se… fossi nata in questa epoca…»

«Vivo in un bellissimo palazzo» rispose Caroline con un’ alzata di spalle «E’ una situazione piuttosto agiata» continuò sedendosi di fronte all’uomo «vado a feste, balli, ricevimenti… passeggio nel parco, sai… a Waco non li usavano, ma esistono telefoni ancora più innovativi che non hanno bisogno di essere attaccati con un filo ad una parete, si chiamano cellulari e possono essere usati ovunque… si tengono in tasca… e tu li odiavi!» rise «Non mi dispiace essermi presa una pausa da quelle cose, se qualcuno ha bisogno di me, viene qui e se non mi trova ripassa in un altro momento! Non mi chiama con il telefono chiedendomi come prima cosa “dove sei?” L’ho sempre trovato da maleducati!»

Klaus sorrise.

«Inoltre… » la donna ricambiò il sorriso «sono qui con voi, mi sento al sicuro… sono con degli amici, anche se non si ricordano di me… voi potete anche non sapere chi sono e quello che abbiamo condiviso… ma io ho tutto ben impresso nella memoria»

Caroline abbassò lo sguardo «Ti ho pianto per un anno, Klaus… insieme alle tue sorelle, a tua figlia e a tutte le persone che ti volevano bene, ma ora sto vivendo un piccolo miracolo, ti sto parlando… sei di fronte a me… e francamente non mi importa in che epoca avviene… »

La donna rialzò lo sguardo ed incontrò quello del vampiro, per qualche istante si fissarono in silenzio.

«Certo… non so che darei per una bella doccia calda!» tornò a parlare Care cambiando tono «Non l’ho potuta fare neanche in Texas! Quei pazzi dei davidiani ritenevano che fosse una cosa un po’ viziosa, un lusso superfluo».

«Una doccia… » annuì l’uomo assecondandola «Se David Koresh pensava che fosse una cosa peccaminosa… devo confessarti di essere curioso, Love!».

«L’ha inventata il medico di una prigione francese con lo scopo di garantire un’ igiene migliore ai prigionieri!» spiegò la vampira «Non può essere una cosa così licenziosa… non trovi?»

«Ma ti manca…»

«Sì, perché è piacevole il getto dell’acqua calda che ti viene addosso… è rilassante e al tempo stesso corroborante»

«Come se fosse una piccola cascata…»

«Esatto, non una troppo alta ovviamente, il getto sarebbe troppo violento… che c’è?» chiese Caroline notando lo sguardo ironico dell’uomo.

«C’è un piccolo fiume nel sud della Francia, il Le Céou… lungo il suo corso genera piccoli laghetti con delle cascatelle, mi sto immaginando la scena di te che ti immergi… e te lo devo dire, Love… mi duole molto ammetterlo, ma devo dare ragione a Koresh, è un pensiero piuttosto lascivo…».

Caroline scosse la testa, poi contagiata dallo sguardo divertito dell’uomo gli fece un radioso sorriso.

 

 

«E così questa è la famosissima Almack’s Assembly Rooms» sospirò Rebekah davanti all’edificio a tre piani in King Street, nel quartiere di St. James, uno dei migliori di Londra.

«Fra i primi club londinesi ad ammettere sia uomini che donne, un perfetto connubio tra i club maschili, dove gli uomini potevano incontrarsi e discorrere di caccia, affari, politica… e i salotti femminili in cui le signore parlavano di moda e di pettegolezzi.
Il terreno di caccia al marito per antonomasia, qui le debuttanti potevano interagire più liberamente con i gentiluomini…».

«Hai ingoiato un libro?» la interruppe Rebekah divertita.

«Sì!» sghignazzò Caroline «Morgan mi aveva dato delle cose da approfondire e studiare, questo posto era in cima alla lista!»

«Andiamo a vedere se è proprio come hai letto…» la prese sottobraccio la vampira originale.

Il salone di ricevimento, posto al piano terra era gremito, Caroline e Rebekah si avvicinarono alle stanze del guardaroba per lasciare i loro mantelli.

Ai piedi della scalinata che portava ai piani superiori c’erano delle donne allineate che venivano rispettosamente salutate da tutti gli avventori.

«Quelle sono…» sussurrò Rebekah.

«… le sette dragonesse…» rispose Caroline.

«Viste così… fanno davvero spavento».

«Non farti suggestionare… sono meno integerrime e morigerate di quello che si pensi…».

«Non darti pensiero! Io non ho provato deferenza neanche davanti alla Regina… figurati se mi faccio asservire da queste Lady che giocano con il futuro di centinaia di giovani donne, decidono dei loro matrimoni e sulla loro possibilità di entrare stabilmente nell’alta società e a che titolo?
Sono semplicemente mogli, figlie o sorelle di uomini di potere, di loro non ci hanno messo nulla, tranne il mostrarsi belle, educate ed eleganti… un po’ poco per avere il mio rispetto!»

Caroline sorrise «Ho incontrato Rebekah prima dell’ultima missione…» rise «o forse dovrei dire ti ho incontrato…»

La vampira originale scoppiò a ridere «E’ surreale!»

«Un po’ lo è… ma in effetti mi ha proprio ricordato che tu e lei siete la stessa persona e, dopo quanto hai detto ora… non posso che darle ragione».

Caroline si avvicinò ad un uomo in livrea e gli porse il loro invito.

«Sua Grazia la Duchessa di Bewcastle e Lady Rebekah Bedwyn» esclamò cerimonioso facendo un inchino.

Una donna uscì dalle fila delle patronesse «Sono lieta che abbiate accettato il mio invito.»

Caroline guardò la donna in silenzio, senza neanche l’accenno di un saluto.

«Vostra Grazia» si affrettò ad aggiungere la gentildonna.

«Lady Lieven, immagino, è un piacere fare la vostra conoscenza e vi sono grata dell’attestato di stima che avete avuto la compiacenza di rivolgere a mia cognata».

Rebekah fece una piccola riverenza, mentre Caroline era rimasta dritta, altera… nessuna delle patronesse aveva il suo rango, furono loro a farle un inchino e con un sorriso tirato augurarle di trascorrere una bella serata.

«Sei stata fantastica» sghignazzò Rebekah salendo le strade. «Si poteva vedere il fumo che gli usciva dalle orecchie».

«Una di loro era la Contessa Esterházy e nel 1833 diventerà una Principessa» mormorò Caroline divertita «ma noi non glielo diciamo e ci godiamo l’inchino che è obbligata a farmi!».

Rebekah stava per entrare nel salone al primo piano, Caroline la trattenne per un braccio.

«Sì, ma non sfidiamo la sorte» le sussurrò «saliamo direttamente al secondo piano dove ci sono le sale da ballo».

«Ma qui ci sono i tavoli da gioco! L’unico posto pubblico dove è permesso che giochino a carte anche le donne!».

«Ci verremo più tardi o la prossima volta… ammesso che ci invitino!».

 

«Questo posto è di una noia mortale» si lamentò Rebekah avvicinandosi dopo aver ballato una quadriglia con un attempato gentiluomo.

«Il decoro e l’alta moralità ha un prezzo» commentò sghignazzando Care.

«Ora capisco perché neanche Elijah e Kol ci hanno voluto accompagnare!» sbuffò Becca.

«Gli uomini che vedi qui sono quelli che hanno veramente desiderio di trovare una moglie» si intromise Morgan «messi alle strette dall’età che avanza, dalla famiglia… o da una situazione finanziaria da risollevare.
Gli uomini più interessanti in questo momento sono da White’s a fare scommesse su chi di questi poveretti presenti si ritroverà per primo con un cappio al collo».

«Beh… non tutti» commentò Caroline guardando alle sue spalle.

«Lady St. Clair…» sussurrò il Marchese di Hallmere con un elegante inchino «Voglio sperare che non siate già impegnata per il prossimo ballo»

«No Milord…» rispose Morgan guardandolo.

L’uomo le sorrise porgendole la mano.

«Quella… strega si è accaparrata l’unico decente» commentò Rebekah, quando si furono allontanati «o forse no…» aggiunse con uno sguardo ambiguo.

Caroline si girò per vedere chi stesse guardando «Pensavo che non lo sopportassi…» valutò stupita.

«Ed è così… ma ho un conto in sospeso con quell’uomo! Mi ha chiamata Miss Mikaelson»

«Lord St Clair sa tutto! Morgan è stata costretta a dirglielo… ti ha semplicemente chiamato con il tuo nome!»

«E’ stato per il modo» ponderò Rebekah con un’espressione sempre più sibillina «A noi due… Wulfric…» sussurrò con un sorriso diabolico.

«Dove vai?!» cercò di bloccarla invano Caroline.

 

«Lady Rosslyn…»

Caroline, che stava conversando con la Contessa e suo nipote, si girò per vedere chi avesse richiamato l’attenzione della gentildonna.

«Volevo informarvi che alla vostra protetta, Lady Bedwyn, è stato accordato il permesso di danzare il valzer» comunicò Lady Dorothea Lieven ad alta voce, con un tono stranamente cortese «Avete fatto un lavoro egregio e le Patronesse di Almack’s ritengono che questo sia il giusto riconoscimento per i vostro operato».

«V-vi ringrazio per l’apprezzamento, Milady» balbettò la Contessa stupefatta «Vi sono molto grata per l’inestimabile attestato di stima che avete voluto riconoscermi».

Lady Lieven fece un impercettibile movimento del capo e poi si congedò.

Caroline scrutò Rebekah che era stata tutto il tempo alle spalle della Patronessa con un sorriso sornione «Il prossimo set è per l’appunto un valzer» annunciò la vampira originale fissando Lord St. Clair.

L’uomo sostenne lo sguardo per dei lunghissimi secondi, poi prese un bel respiro « Lady Bedwyn… mi vorreste concedere l’onore del prossimo ballo?».

«Con piacere, Milord».

«Vogliate scusarmi» intervenne Care «devo parlare qualche minuto con mia cognata» spiegò con un sorriso prendendo l’originale per un braccio.

«Hai soggiogato le Patronesse?» chiese quando erano a qualche metro di distanza.

«Ovviamente…»

«Ma perché?»

«Non posso certo sedurlo con un reel o un minuetto!»

«Sedurlo?» sgranò gli occhi Caroline «Ma sei impazzita?»

«Tu e Nik avete la vostra missione» rispose con un’alzata di spalle «Me ne sono trovata una anche io!»

«E sarebbe?»

«Vendetta!» annunciò compiaciuta Rebekah «Preventiva!» aggiunse con un sorriso insolente.

Care la guardò confusa scuotendo il capo.

«Voglio far capitolare quel bellimbusto altezzoso che mi guarda dall’alto in basso! Sembra freddo e distaccato… ma non lo è! La nasconde molto bene… ma io l’ho vista la scintilla che arde in quegli occhi di ghiaccio e prima che ce ne andiamo da qui, la farò divampare!»

«E tutto perché ti ha chiamato Miss Mikaelson?»

«Non è di lui che mi voglio vendicare… ma di Marcel! Per tutto il male che mi farà!»

«Ma è poco più di un ragazzino! Che c’entra lui con il sedurre il Barone St. Clair?» domandò Care.

«Sai come funziona no? Corrispondenza segreta… appuntamenti clandestini, mi servirà uno chaperon e un emissario… sarà Marcel ad aiutarmi a farlo capitolare! Se lo merita no?»

«Ma neanche se lo ricorderà!» allargò le braccia Caroline «E neanche tu!»

«Quindi non avrà conseguenze, giusto?» chiese ironica Rebekah «Ma tu… gli racconterai tutto nel 2020! E con dovizia di particolari! Promettimelo Caroline!»

La vampira scosse la testa a bocca aperta «Se ti dico che lo farai penare moltissimo prima di accettare la sua proposta di matrimonio, accantonerai questo folle piano?»

«No… ma mi rallegra!» sogghignò Rebekah «Ma poi… guarda Lady Rosslyn quanto è felice! E’ la Regina del ballo! L’americana senza un briciolo di classe che sbaraglia tutte facendo fare una scalata vertiginosa alla sua protetta, talmente ben introdotta che ha conquistato le patronesse al primo colpo!».

Caroline sorrise guardando la Contessa attorniata da tutte le Lady «Si sta prendendo una bella rivincita».

«Lady Crane è in tinta con il suo orribile vestito verdognolo» sghignazzò Becca.

«L’allieva che batte la maestra» annuì compiaciuta Care. «E sai che ti dico? Rimetti al suo posto quel Barone! Colpirne uno per educarne cento!».

«Eh?»

«Niente… è un modo di dire della mia epoca, ricordami di spiegarlo a tuo fratello!».

«Unum castigabis, centum emendabis… è una locuzione latina, Love… tra l’altro uno dei miei motti!».

«E tu? Da dove spunti?»

«Mi annoiavo da White’s»

Rebekah spostò lo sguardo da Klaus a Caroline e viceversa «Ho il via libera cognatina?»

«Senza pietà!» annuì Care «Non dargli scampo!»

Becca le fece un occhiolino e si allontanò.

«Ho paura di chiederti cosa state architettando, Love»

«Non chiedermelo perché non te lo dirò, My Dear…»

Il vampiro sorrise.

Era bellissimo quando era rilassato, ed era magnifico in abito da sera, le gambe fasciate nel pantalone attillato al ginocchio non avevano bisogno di quelle imbottiture che molti dovevano usare per farle sembrare più muscolose.

Caroline si guardò intorno e passò in rassegna le donne in sala, qualcuna pudicamente da dietro un ventaglio, altre più sfacciatamente, se lo stavamo mangiando letteralmente con gli occhi.

La vampira sospirò contrariata.

Il vampiro la guardò di sottecchi.

«Invitami a ballare prima che salto al collo di qualcuno» mormorò Care.

«Che è successo, Love?» chiese Klaus porgendole il palmo della mano «Una persona ti ha fatto innervosire e hai pensato bene di scatenargli contro mia sorella?»

Caroline rise apertamente ancorandosi alle sue spalle con fare possessivo.

«Non che mi dispiaccia, Love…» la scrutò il vampiro «Ma credo che questa non sia la distanza corretta da tenere, specialmente qui!»

«Certo!» commentò nervosa «Da Almack’s queste cose non si fanno! Vorrei tanto ricordarlo a tutte le gran dame presenti» aggiunse piccata.

«Ma cosa hai?»

«Non potevi rimanere da White’s, con Elijah e Kol?»

«Cosa avevi intenzione di fare? Ti ho rovinato i piani?» la guardò infuriato il vampiro.

«Quali piani?»

«Non lo so… dimmelo tu, Love!»

«Non avevo nessun piano! Ce li ha qualcun’altro!»

«Chi?»

«Ogni donna presente in questa sala, che si sta rifacendo gli occhi, vista la scarsità di cose interessanti da guardare… prima che arrivassi!»

Klaus alzò un sopracciglio fissandola ad un passo dallo scoppiare a riderle in faccia.

«Smettila!»

«Sei gelosa… e sei adorabile, Love»

Caroline lo guardò minacciosa.

«Ti vorrei ricordare che sono un uomo sposato… non sono terreno di caccia»

«E questo ti rende perfetto per un altro tipo di caccia! Quella che non necessita di un anello al dito!» ribatté piccata la vampira.

L’uomo non replicò, si portò il palmo della mano della donna alla bocca e invece di distendere di nuovo il braccio se lo portò al petto, le loro mani intrecciate come unica barriera tra i loro corpi… al diavolo Almack’s e tutte le sue regole.

 

«La correttezza mi impone di avvertivi, Milady… ho preso l’abitudine di mettere qualche foglia di verbena nel the».

«E perché la cosa dovrebbe interessarmi, Milord?»

«Nel caso che vorreste disporre della mia mente, come avete appena fatto con le Patronesse, e vi trovaste a chiedervi il perché non siete riuscita nell’intento»

Rebekah lo fissò «Vi do la mia parola, Lord St Clair» sorrise insolente «Non userò le mie capacità sovrannaturali per togliervi la capacità di pensare lucidamente… ma questo non significa che non riesca a farlo in ogni caso» si avvicinò con uno sguardo malizioso «usando altri metodi…» aggiunse allusiva in un sussurro.

Per qualche istante gli occhi azzurri del Barone presero la colorazione di un mare in tempesta ma con una mossa repentina ed autoritaria la fece piroettare, riacquistando il suo aplomb.

 

Il valzer era terminato, Klaus stava scortando Caroline ai bordi della sala quando si immobilizzò.

«Sembra un plotone di esecuzione» mormorò divertito «Ora ci cacceranno, Love»

«Se salti tu salto anche io, Jack!» sghignazzò Caroline prendendolo per mano.

«Eh?»

«Niente… è la frase di un film» sorrise divertita la vampira «Significa uniti nella disgrazia! Fino alla fine!»

Klaus alzò gli occhi al cielo scoppiando a ridere «D’accordo, Love» mormorò «ma devo conoscere il nemico per batterlo!»

«La prima, con il vestito azzurro» replicò Care « Emily Lamb, Lady Cowper, sorella del Primo Ministro Lord Melbourne e moglie di un futuro Primo Ministro, Lord Palmerston»

Il vampiro annuì.

«Maria Molyneux, moglie del Marchese di Sefton… Amelia Stewart la Viscontessa di Castlereagh… Sarah Villiers, Contessa di Jersey…»

«L’amante del Principe del Galles.»

«Esatto… la Contessa Esterházy, moglie dell'ambasciatore austriaco, il principe Paul Anton Esterházy… Sarah Clementina Drummond-Burrell, Lady Willoughby de Eresby, suo marito erediterà il titolo di Barone tra un anno e passerà alla storia come uno dei dandy più ricercati ed eleganti, e nonostante la sua giovane età e il parere della nostra Cora… ti posso assicurare che è lei la Regina delle Patronesse! E a chiudere le fila Lady Dorothea Lieven, Contessa di Lieven…

«La moglie dell’ambasciatore che ho soggiogato…»

«Non fare quella faccia compiaciuta, tua sorella ti ha battuto… le ha soggiogate tutte e sette per ballare il valzer…»

Klaus si girò a guardarla e Caroline annuì.

«Vostra Grazia…» allungò entrambe le mani la Contessa di Lieven andandogli incontro «ci avete fatto l’onore della vostra presenza, ve ne siamo molto grate…»

«Ma dobbiamo sgridarvi per non aver condotto con voi anche i vostri fratelli» si intromise civettuola Lady Cowper.

«Sarà per il prossimo mercoledì» replicò Klaus gentile.

«Sarebbe magnifico, Vostra Grazia» si intromise Lady Willoughby de Eresby «Vedrò di riservare il ballo di apertura a due giovani nobildonne, che sceglierò con particolare cura»

«Sono sicuro che ve ne saranno grati, Milady»

«Kol farà i salti di gioia» mormorò impercettibilmente Caroline.

«Adoro questo minuetto» sospirò la Contessa di Jersey fissando il vampiro.

«Concordo con voi» annuì l’uomo «Il minuetto in Sol maggiore di Bach è uno dei miei preferiti, non so se lo sapete, ma la seconda parte sembrerebbe da attribuire al compositore Christian Petzold» ammiccò come se stesse svelando un segreto inconfessabile.

«My Love…» fece poi un sorriso alla moglie «gradite che vi accompagni al tavolo dei rinfreschi?»

«Con immenso piacere, My Dear»

«Però è gratificante che mi preferisca al Principe del Galles!» assentì compiaciuto quando si furono allontanati.

«Lo hai mai incontrato il futuro Re Giorgio IV?» commentò Caroline «Non si può certo definire un adone! Non è questa gran cosa che ti reputi più carino…»

«Carino?»

«Gradevole?» suggerì la vampira.

«A pensarci bene potrei chiedere a Morgan di accompagnarti ai tavoli del rinfresco!»

Caroline lo trattenne per un braccio, facendolo scoppiare a ridere.

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto ***


«Mi volevi dire qualcosa?»

«Sta arrivando anche Kol…» replicò Elijah mentre si accomodava su una delle due poltrone davanti alla scrivania che occupava Klaus.

«Eccomi…» esclamò il più giovane dei fratelli Mikaelson entrando.

«Ieri sera abbiamo scoperto una cosa» iniziò a parlare Elijah «Hai presente il famigerato libro delle scommesse da White’s? Beh… una riguarda Caroline»

«Due in effetti» lo corresse Kol, sprofondando nella poltrona libera.

«Hanno scommesso su chi sarà il primo a sedurla»

«Perché pensano che ce ne sarà più di uno a riuscirci?» domandò Klaus.

«L’ha presa bene…» soppesò Kol rivolgendosi al fratello che gli sedeva accanto.

«Nella scommessa principale hanno puntato su se stessi, ovviamente…» spiegò Elijah «In un altra hanno individuato i tre che secondo il parere comune, hanno più possibilità di farcela»

«E chi sarebbero questi purosangue della nobiltà inglese?» domando Klaus

«Il Marchese di Dain, il Conte Westcliffe e il Duca di Kingston» elencò Kol.

«Klaus!» esclamò Caroline irrompendo nella stanza..

I tre fratelli originali si girarono verso la porta.

«Scusate… avrei dovuto bussare» si rammaricò la vampira.

«Cosa è successo, Love?»

«Dobbiamo andare» rispose la donna mostrando un biglietto.

«In che epoca questa volta?» domandò Kol.

Care si strinse nelle spalle «Non ne ho la più pallida idea, ce lo diranno nella chambre de chasse del 2020»

«Vai a prepararti, Love… ti raggiungo immediatamente»

Klaus attese che Caroline richiudesse la porta «Voi due monitorate la situazione da White’s» ordinò.

«Non vorrei rimarcare l’ovvio, Brother» lo guardò ironico Kol «Ma se l’oggetto del contendere è a spasso nel tempo con te… non è che possano fare granché!»

«Ed allora suggeriscigli che dovranno impegnarsi a fondo… perché “l’oggetto del contendere” sarà sempre di fianco a me!»

 

«Rebekah!» esclamò Klaus salendo in carrozza e trovandoci la sorella.

«Vi accompagno alla Temple Church»

«Non se parla!» replicò il fratello.

«Sono curiosa! E tu sei noioso!»

«Lasciala venire» si intromise Caroline «E’ molto più verosimile che si esca insieme»

Il vampiro sospirò e annuì.

Rebekah fece un occhiolino a Care che le rispose scuotendo la testa divertita.

 

«E voi che ci fate qui?»

«Quello che ci fate voi» replicò alzando un sopracciglio Rebekah «Servo da copertura per l’uscita serale di mio fratello e mia cognata»

«Non ce ne era assolutamente bisogno» soppesò il Barone St. Clair infastidito.

«Non siete voi a doverlo decidere» chiosò Rebekah, seguendo Morgan verso i sotterranei.

«Che si è messa in testa?» mosse appena le labbra Klaus.

«E’ una lunga storia…» replicò Caroline.

«E tu non devi saperla…» aggiunse a voce alta Rebekah, che li precedeva.

 

«E ora?» chiese la vampira quando vide sparire Klaus e Caroline.

«Ora mi devo stendere» rispose Morgan indicando una divanetto.

«Per un certo lasso di tempo non sarò qui con voi ma nel 2020… non posso dirvi con esattezza per quanto sarò assente, dipende dal tempo che ci vorrà per mettere a punto la missione, dopo di che mi risveglierò e vi dirò come è strutturato il piano.
Forse potremmo dover andare direttamente alla Cattedrale di St. Paul, ma molto più verosimilmente ce ne andremo a casa ad aspettare le tempistiche che la missione richiede… mi spiace che non sia avventuroso come ti aspettavi, Rebekah»

La ragazza fece un’alzata di spalle «D'accordo… salutami…» si fermò un attimo a riflettere «In verità al momento non conosco nessuna di quelle persone» rise divertita.

«No, una persona la conosci alla perfezione» sghignazzò anche Morgan «Te stessa! Sei ancora a Londra con loro»

«E cosa si dice in questi casi?» domandò la vampira sempre più divertita «Salutami da parte mia?»

«Questa sera non sarò preoccupata per il tempo che ti lascerò da solo, Wulfric!» sorrise la strega rivolta al fratello «Ti lascio in buona compagnia!»

«Sarà esilarante, Sorella… permettimi di implorarti di fare il più in fretta possibile!»

 

«Mi sembra di aver capito che non serva che si tengano così» osservò Rebekah guardando il fratello e Caroline ancora addormentati.

Bonnie si avvicinò ai due amici distesi a terra e stretti in un abbraccio «No… mi sembra proprio di no» replicò «ma quando arriverà Morgan glielo chiederemo»

Klaus si stava riprendendo e con un riflesso incondizionato si strinse ancora di più Caroline contro.

«HEY!» esclamò Rebekah «Un po’ di decenza! Non siete mica soli!»

«Ciao, Sister» biascicò Klaus «Noto con piacere che sei vestita in maniera un po’ più decorosa questa volta»

«Beh insomma… questi jeans mi fanno un culo da urlo»

«Jennifer Lopez ti fa un baffo…» mormorò Care che si stava risvegliando.

 

«Che si fa?»

«Non possiamo fare altro che aspettare, Lady Bedwyn!» rispose il Barone senza neanche guardarla e mettendosi seduto a leggere un libro.

«Potremmo chiacchierare, conoscerci meglio!»

«Avete idea di quanto sia disdicevole una situazione del genere, Milady?» continuò l’uomo continuando ad ignorarla «E tutto per un vostro capriccio! Perché non siete voluta restare a casa vostra?»

«Disdicevole… addirittura!»

«Una giovane nobildonna e un gentiluomo in una stanza sotterranea? Da soli? Forse per ore?»

«La parola chiave è da soli, Milord! Non lo verrà a sapere nessuno, e quando usciremo… ammesso che vista l’ora ci sia qualcuno che possa notarci, saremo con vostra sorella! Tutto perfettamente appropriato e secondo l’etichetta!»

Wulfric St Clair alzò lo sguardo dalla sua lettura «Non riesco a comprendere come possiate essere così serena! Non siete preoccupata per la vostra reputazione?»

Rebekah sollevò un sopracciglio.

«Come potete essere sicura che io non mi approfitti di voi?» domandò l’uomo alzandosi e avvicinandosi lentamente.

«Nessuno si potrebbe approfittare di me!» rise Rebekah «A meno che… non sia io ad incoraggiarlo» aggiunse maliziosa.

Il Barone si fermò sgranando gli occhi.

«Sono una donna che ha vissuto per 800 anni, Milord!» rise ancora più apertamente la vampira «Se per tutto questo tempo mi fossi conservata casta e pura, sarei impazzita!»

«Anche questo tipo di discorsi sono inappropriati…»

«Facciamo un gioco, Lord St Clair» esclamò Rebekah incrociando le braccia sotto il seno, consapevole di avere attirato l’attenzione del gentiluomo sulle curve che fuoriuscivano dal suo abito scollato «Per il Ton, io sono una giovane debuttante alla sua prima stagione… è corretto?»

L’uomo annuì.

«Poniamo invece che io sia una giovane Lady e che mio fratello, il Duca… abbia concesso la mia mano ad un anziano gentiluomo che mi ha lasciato vedova dopo qualche mese di matrimonio»

La donna mosse qualche passo in direzione del Barone «Se fosse questa la storia di copertura che avessero scelto le vostre antenate, ditemi… Wulfric» sussurrò la vampira a pochi centimetri dal viso dell’uomo «quanto riterreste disdicevole questa serata?»

Rebekah incatenò gli occhi di Lord St Clair ai suoi per qualche secondo.

«Invece hanno deciso che io sia una giovane e pudica debuttante» esclamò con un’alzata di spalle, allontanandosi e cambiando il tono di voce «Sono impressionata dai tesori ammassati dentro questi bauli! La coppa dell’incantesimo ad esempio! E’ magnifica…»

«E’ la coppa che ha usato Nostro Signore Gesù nella sua ultima cena con gli apostoli» spiegò il gentiluomo sistemandosi il fiocco della camicia «E’ chiamata anche Santo Graal, ci sono molte leggende legate alla sua storia e quelli che si sono avvicinati di più alla verità sostengono che sia conservata nella Cappella Rosslyn…»

«Come il vostro casato?»

«L’ha edificata Lord William Sinclair…» annuì il gentiluomo.

«Raccontatemi tutto!»

 

«Bene! Se è tutto chiaro, mentre voi sistemate le differenze anacronistiche con Nik, io e Caroline ci andiamo a fare la nostra passeggiata!» annuì Rebekah alzandosi.

«Ma neanche per idea!» sbottò Bonnie «Finiscila di monopolizzare la sua attenzione! Mi manca terribilmente e mi sembra di non vederla da secoli!»

«200 anni» sghignazzò Becca.

«Vengo con voi!» la fulminò con lo sguardo BonBon.

«Le ho raccontato tutto» la informò la vampira originale, quando erano in strada.

«Cosa?» domandò Care.

«La tua mirabolante trovata per tenere a distanza Klaus!» rispose Bonnie.

«Ho…»

L’amica la fermò con un gesto infastidito «Condivisibile ma non giustificata!» sentenziò severa.

Caroline sbuffò «Raccontami delle mie ragazze e di Hope» chiese.

Per qualche minuto Bonnie parlò di Mystic Falls, della Salvatore’s School e di tutte le novità, compresa la gravidanza di Elena che procedeva normalmente.

«Kol e Davina sono felici e contenti, mio marito ha deciso di raggiungermi qui, la prossima settimana…» cominciò a riferire anche Becca.

«A proposito!» la interruppe Caroline «Lo sai che hai deciso di fare?»

Care spiegò il folle piano della Rebekah del 1819, la sua versione moderna era piegata in due dalle risate.

«Sono fantastica!» sentenziò.

«Una pazza vorrai dire!» commentò Bonnie.

Caroline sospirò divertita scuotendo il capo «E’ incontrollabile! Fa impazzire la Contessa di Rosslyn e quando ha soggiogato le patronesse di Almack’s mi volevo sotterrare…»

«Questo Lord Wulfric St Clair mi fa molta pena… non ha nessuna possibilità di salvarsi!» soppesò Bonnie.

«Ci puoi scommettere!» replicò la vampira originale. «Hai accettato il mio consiglio? Le hai raccontato la situazione? Ti sei sfogata con lei?»

«Ancora no… non è facile dire certe cose…»

«Se vogliamo essere proprio pignole…» fece Bonnie guardandola di sottecchi «Certe cose non le hai dette esplicitamente neanche nel 2020»

«Lo amo Bonnie… lo amo da impazzire»

«Era ora tesoro!» l’abbracciò forte l’amica «Finalmente lo hai ammesso!»

«Posso abbracciare anche io mia cognata?»

«Devi aspettare che lo confessi a lui per chiamarmi così» fece Care abbracciandola.

«Sono molto gelosa della mia versione del 1819, che già può farlo» le sussurrò l’originale stringendola forte.

 

Caroline rimase letteralmente a bocca aperta.

«Love lift us up where we belong

Where the eagles cry

On a mountain high» 

Cominciò a cantare Rebekah, spezzando il momento di tensione e dando a Care la possibilità di riprendersi.

Klaus le guardava confuso.

«E’… u-un film» spiegò la vampira «Ufficiale e Gentiluomo, il protagonista indossava un uniforme come quella…»

«E aveva i capelli così corti?» chiese il vampiro togliendosi il cappello «Keelin ha voluto tagliarmeli a tutti i costi, sostenendo che un militare non può portarli lunghi»

Caroline annuì «Se ti fa sentire meglio, ora sembri proprio il mi-nostro» si corresse subito «Klaus… è così che avevi i capelli in questa epoca»

«Ricresceranno…» sospirò poco convinto l’uomo.

«Questo è il tuo vestito Caroline, indossalo…» la richiamò all’ordine Freya.

 

«Te lo avevo detto…» sospirò Rebekah vedendola entrare nella stanza qualche minuto dopo «Su di lei starebbe stato perfetto!»

Bonnie annuì «Volevo prenderti un pinocchietto delizioso, il pantalone negli anni quaranta era sdoganato anche per le donne e saresti stata più comoda, ma Becca ha insistito per quel vestito»

Caroline si guardò il punto vita stretto da una cintura e l’ampia gonna midi «Lo adoro!» sussurrò.

«Sei un incanto, Love»

«Grazie…»

«Nik… mi faresti un favore? Potresti prendere Caroline in braccio?»

«Cosa?» esclamò Care.

«Voglio immortalare il momento» le fece un occhiolino la vampira Originale, prendendo dalla tasca del jeans il suo cellulare.

Klaus non se lo fece ripetere, si chinò e sollevò la donna che, colta di sprovvista, gli si aggrappò al collo.

«Caroline!» esclamò Rebekah «Il cappello! Glielo devi togliere e te lo devi mettere tu!»

La vampira alzò gli occhi al cielo, ma replicò perfettamente la celebre scena del film.

«Perfetti…» annuì Bonnie con un radioso sorriso.

 

Pearl Harbor, sull'isola di Oahu nell’arcipelago delle Hawaii, 6 dicembre 1941

«Sono impressionanti» commentò Klaus «la Savannah al confronto sembra una delle barchette del laghetto di Hyde Park»

Caroline rise «Sono navi da guerra, oltre a trasportare migliaia di soldati, devono risultare anche maestose e minacciose»

«Ma quante sono?»

«96…»

«E verranno affondate tutte?»

«Ne colpiranno 22, ma solo tre furono danneggiate in maniera irrimediabile…»

«E la persona che dobbiamo cercare era su una di queste…»

Caroline annuì « La USS Arizona, l’unica delle corazzate che non fu mai recuperata, il suo relitto è tuttora adagiato sul fondale della baia, al suo interno ci sono ancora i resti delle vittime…»

«Che furono?»

«1177… a bordo c’erano 1512 membri dell’equipaggio»

«Solo su quella nave…»

Care si girò a guardarlo «Sì, le vittime dell’attacco, tra militari e civili, furono 2403»

«Visto che non possiamo evitare che accada, ci conviene metterci al lavoro per recuperare il topazio»

Care annuì.

«Forza Love!» la sollecitò il vampiro dopo qualche secondo «Non mi fai il riassunto della missione come al tuo solito?» rise guardandola ironico.

«Sanka Raheem, detto Sonny, originario dello Sri Lanka» iniziò a dire la donna piccata «Il topazio Sherry è un cimelio di famiglia ed è montato su un anello… Sonny ha chiesto ai genitori di mandarglielo per fare la proposta di matrimonio a Leilani Mowry, una delle cameriere del Smith's Union Bar»

Klaus annuì.

«Non sappiamo se abbia già ricevuto il pacchetto» continuò Caroline «Quello che sappiamo è che è stato spedito e che non se ne è trovata più traccia. Leilani non ha ricevuto nessuna proposta e questa sera, come ogni sabato… Sonny è con i suoi commilitoni al bar dove lavora»

«Quindi» si intromise Klaus «ora io salirò sulla nave e andrò a perquisire la cuccetta del sottufficiale di terza classe Sanka Raheem, mentre tu andrai a prenderti un drink per capire se gli è mancato solo il coraggio e l’anello ce l’ha in tasca»

«Bene… buona fortuna, My Dear…»

«Anche a te, Love… e stai lontana dai marinai! Non mi piace l’effetto che ti fanno le divise!»

 

«Niente anello nella cuccetta» le sussurrò alle orecchie facendola sussultare.

«Ti pare il modo di arrivare? Mi hai fatto spaventare!» lo guardò storto Caroline.

«Eri così assorta… a cosa stavi pensando, Love?»

«Pensavo a questi ragazzi, a quanto sono allegri… pieni di vita»

«Beh in effetti faccio fatica a pensare che sono militari in periodo bellico!»

«Stanno alle Hawaii!» replicò Care «Lontano dall’Europa dove si combatte… in pieno Oceano Pacifico, equidistanti sia dalla costa americana che da quella asiatica… nessuno ha mai pensato che i giapponesi potessero davvero colpire quest’area… nonostante sia il punto più vicino a loro, è comunque una distanza abissale, ritenuta impossibile da coprire sia con gli aerei che con i sommergibili…»

«Invece ce l’hanno fatta con entrambi…»

Care annuì.

«Quando Keelin mi ha mostrato le fotografie e mi ha spiegato cosa fossero e come funzionassero» Klaus era sinceramente incredulo «Sganciano esplosivi dal cielo! Te li lanciano sotto il livello dell’acqua! Come ti difendi da una cosa del genere?»

«L’America aveva gli stessi armamenti» replicò Caroline « Se non si fosse trattato di un attacco a sorpresa, avrebbero contrattaccato… i giapponesi non si sarebbero neanche avvicinati, qui l’aeronautica ha una flotta dieci volte superiore ai caccia che sono decollati dalle loro portaerei»

«E perché non l’hanno fatto?»

«Perché erano le 7,55 di una domenica mattina e mentre alcuni bombardavano nel porto, altri si sono diretti agli hangar e hanno distrutto la flotta aerea americana… ma alle 9, più di un ora dopo l’inizio dell’attacco, da Wheeler Field, un piccolo aeroporto nella zona interna, sono riusciti a decollare due piloti… dei veri e propri eroi, sono riusciti ad abbattere sei aerei giapponesi…»

«Quando ormai era troppo tardi…» commentò l’uomo.

Caroline aveva smesso di rispondere e Klaus cercò di capire cosa stesse osservando.

«Il suo mondo sta per finire… e lei non lo immagina neppure» sussurrò la donna.

Il vampiro vide una donna sorridente avvicinarsi a Sonny Raheem, il sottufficiale prese le birre da sopra il vassoio e abbracciò la cameriera «Leilani, immagino» mormorò.

Caroline annuì «Sonny l’anello non ce l’ha» rivelò «Quella ragazza, doveva essere una promessa sposa e invece passerà la vita in un bar dove sono appese le foto delle tante serate come questa e della USS Arizona, la tomba dell’uomo che amava»

I due vampiri rimasero qualche istante in silenzio ad osservare la scena.

«Ma c’è di peggio» sospirò Care «alcune volte non hai neanche un luogo dove portare un fiore»

«Tuo marito non ha una sepoltura?»

Caroline si girò a guardarlo, «Sì…» sussurrò imbarazzata «nella tomba di famiglia a Mystic Falls»

La piccola orchestra, che fino a quel momento aveva suonato in sordina, attaccò “Jumpin Jive”. Care sorrise riconoscendo il brano, intorno a loro in molti si alzarono entusiasti, scegliendo una dama e cominciando a ballare intorno ai tavoli.

«Ma cos’è?» domandò Klaus ridendo.

«E’ una danza molto in voga in questo periodo, il Lindy Hop»

«Sembra divertente… proviamo?» il vampiro le sorrise gentile.

Caroline annuì, grata che il momento di impaccio fosse passato.

Passarono una bella serata, si divertirono, ballarono… bevvero parecchio.

«Alle patronesse di Almack’s, gli verrebbe un mancamento a vedere tutto questo!» commentò Klaus rilassato, una donna stava cantando un canzone più dolce e melodiosa e intorno a loro le coppie si godevano il contesto più intimo.

Caroline non rispose, aveva appoggiato il viso sulla sua spalla e sebbene assecondasse ogni suo movimento, sembrava fosse in un mondo tutto suo.

«Love?» la sollecitò in un bisbiglio l’uomo.

«Abbiamo già ballato questa canzone io e te…» sussurrò Care «era una serata a tema, un ballo anni venti» spiegò la vampira senza guardarlo e senza cambiare posizione.

«Io avevo un…. corteggiatore, Tyler… e a te non piaceva, mentre ballavamo mi hai detto che un ragazzo di provincia e una piccola cittadina non erano abbastanza per me»

Klaus sogghignò «Beh… avevo ragione a quanto pare, ma credo che ti suggerissi di viaggiare di più, non di farlo tra epoche diverse…»

Care rise «Non solo avevi ragione, ma stai mantenendo anche la tua promessa, ti eri offerto di farmi vedere tutto quello che il mondo aveva da offrirmi…»

«Che fine ha fatto il… corteggiatore? E’ diventato tuo marito?»

«No… avevi ragione anche su di lui»

Klaus la strinse di più a sè «Mi piace questa composizione… ha un nome?»

«The Man I Love» sussurrò Caroline.

 

«Non abbiamo altra scelta, Love!»

«Non possiamo salire sulla nave! E’ troppo pericoloso…»

«Sì, lo so!» sbuffò Klaus «Sono state tutte chiarissime! Al momento dell’attacco tutti si devono trovare nella stessa posizione originale, anche una differenza di pochi metri potrebbe significare la salvezza per chi è perito o la morte per chi si era salvato… ne sono consapevole, Love… ma ripeto non abbiamo alternativa.»

Caroline guardò l’enorme sagoma della USS Arizona, illuminata dalla luna sembrava ancora più grande.

«Sono le quattro del mattino e alle cinque iniziano i rifornimenti, facciamo in tempo ad entrare e nasconderci nel magazzino dove c’è la prima fase di smistamento. Dovremmo soggiogare solo poche persone e se saremo fortunati riusciremo a intercettare la pietra prima che venga consegnata nell’ufficio della corrispondenza. Ieri ci sono stato… e in effetti si trova in un punto della nave molto interno, sarebbe molto più complicato» cercò di convincerla l’uomo.

«Pensi che ce la faremo a scendere prima delle 7,55?»

«Dobbiamo farcela, Love»

«Vestita così attiro troppo l’attenzione» sospirò la donna.

«Aspettami qui…»

 

Caroline uscì da dietro uno degli edifici del porto cercando di nascondere i capelli biondi con un cappello, Klaus appoggiato al muro stava facendo da guarda affinché nessuno la disturbasse mentre si cambiava.

«Sei bellissima con qualsiasi cosa indossi, Love» rise il vampiro «ma devo ammettere che questo abbigliamento non ti dona»

«E’ tutto enorme!» replicò la donna allargando le braccia.

«Ho guardato in ogni cuccetta, per cercare il marinaio più piccolo di statura…» non riusciva a smettere di sghignazzare Klaus «ma l’esercito americano li recluta tutti abbastanza corpulenti»

«Andiamo» sbuffò Care incamminandosi.

«Ricordami di dire a mia sorella che non è il tipo di pantalone a rendere un… “culo da urlo”» fece il gesto delle virgolette l’uomo, inarcando un sopracciglio e fissando il sedere della donna «bisogna avercelo naturalmente…»

«Klaus!» esclamò la donna avvampando.

 

Caroline guardò fuori dall’oblò l’alba che pian piano stava rischiarando il cielo, preoccupata tornò a cercare nelle scatole ammassate.

«Chi siete?» tuonò un uomo entrando.

Klaus gli si avvicinò e un istante dopo il nuovo arrivato non li degnò di uno sguardo, tornando alle sue mansioni come se loro non fossero nella stanza.

Le attività si fecero con il passare delle ore sempre più frenetiche, l’equipaggio della USS Arizona si stava man mano risvegliando, tutti impegnati nell’esercizio delle loro funzioni sembravano non vedere quell’uomo e quella donna che aprivano ogni singolo pacco che veniva trasportato sulla corazzata.

«Avrò soggiogato centinaia di persone, Love» scosse la testa Klaus innervosito.

«Non c’è… qui non c’è!» replicò contrariata Caroline.

Il sole era ormai alto «Sono le 7,40, Love» mormorò il vampiro guardando l’orologio alla parete «Ci dobbiamo arrendere e scendere, il topazio potrebbe arrivare in un secondo momento e andare perduto nella confusione post attacco, potrebbe essere stato consegnato per errore su un altra nave… le variabili sono infinite.»

Care annuì «Andiamo…» sussurrò.

 

«Troveremo un altro topazio Sherry, Love» cercò di rassicurala Klaus mentre affiancati camminavano lungo la banchina del porto «In una situazione migliore… magari anche più prezioso, lucidato e messo in uno scrigno!»

Caroline si immobilizzò e lo fissò «Lucidato…» sussurrò «ASPETTAMI QUI!» urlò tornando indietro a velocità vampiresca.

Klaus la vide scomparire e sorpreso rimase a fissare il vuoto.

 

«Questi corridoi sono tutti uguali!» sibilò Caroline cercando di orientarsi, aveva studiato attentamente la piantina della nave e sapeva esattamente dove si trovavano gli alloggi degli sottufficiali di terza classe, ed anche quale era la cuccetta di Sanka Raheem, il problema erano le lancette dell’orologio che si muovevano imperterrite… 7,47.

«Sonny…»

L’uomo che stava rientrando nel dormitorio dopo aver fatto la doccia, sobbalzò vedendo una donna in divisa da marinaio, nascosta vicino al suo armadietto.

«Sonny, dove è l’anello?» mormorò Caroline guardandolo negli occhi

«Ce l’ha George Elliot» rispose monocorde il sottufficiale

«Chi è?»

«E’ il mio Tenente»

«Perché lo ha lui?» chiese Care.

«Ha un amico gioielliere» rispose Sonny «lo volevo far sistemare»

«Prima di darlo a Leilani» mormorò Caroline.

L’uomo annuì «Non ha fatto in tempo a portarmelo ieri sera, me lo renderà mentre facciamo colazione»

«Tu non mi hai mai visto Sonny» sussurrò Caroline con gli occhi lucidi «torna a fare quello che stavi facendo»

L’orologio in fondo al corridoio segnava le 7,54… Caroline forzò la serratura ed entrò «Tenente Elliot?» domandò all’uomo che si stava annodando la cravatta.

«Chi è lei?»

«Mi dia immediatamente l’anello di Sanka Raheem e torni a fare quello che stava facendo, lei non mi ha mai incontrato» ordinò Care guardandolo fisso negli occhi.

L’uomo obbedì senza proferire parola… poi sgranò gli occhi e corse fuori dalla stanza.

 

Klaus era immobile sulla banchina quando vide gli aerei con un disco rosso sulle ali avvicinarsi perfettamente allineati e in formazione, sotto di loro, ancorate in fila l’una accanto all’altra, le corazzate americane si presentavano come dei bersagli ideali.

In pochi istanti, la quiete sonnolenta della domenica mattina si trasformò in un inferno, nello sbigottimento dei marinai americani colti completamente di sorpresa.

La prima nave ad essere colpita fu la USS Oklahoma; la scafo venne squarciato in tre diversi punti, quasi contemporaneamente venne colpita in pieno anche la USS California.

Klaus vide il siluro che si avvicinava alla USS Arizona, colpendola sotto poppa, poi le diverse bombe che devastarono la coperta demolendo due delle quattro torri dei cannoni, ne vide una infilarsi nel fumaiolo della nave raggiungendo le sentine ed esplodendo dilaniando la chiglia. Seguì con lo sguardo una bomba lanciata da bassa quota, la vide centrare il deposito munizioni di prua provocando un’esplosione terrificante.

La nave venne orrendamente squassata da un’enorme palla di fuoco… i
l vampiro guardò annichilito la nave sventrata e in fiamme, calare a picco.

 

In molti, negli anni a venire, scrissero e raccontarono di questo uomo fermo sulla banchina del porto.

Intorno a lui il caos, il sibilo delle bombe, le esplosioni dei siluri, il fischio degli aerei in picchiata, le acque del porto in fiamme per l’incendio del carburante uscito dai depositi e dai serbatoi squarciati delle navi, persone che urlavano, scappavano… ma lui era incurante di tutto, era rimasto immobile per oltre mezzora, poi si era girato e aveva ripreso a camminare.

«L’ho recuperato…» si mosse velocemente la vampira per affiancarlo «mi hai sentito?»

«Stai zitta!… Non proferire parola, Caroline»

«Klaus…»

«HO DETTO FAI SILENZIO!» tuonò il vampiro con gli occhi fiammeggianti «Vorrei strapparti il cuore dal petto! Spezzarti l’osso del collo!» sibilò continuando a camminare «Vorrei sbranarti…»

Caroline si strinse nella sua divisa, non era più bianca come quando l’aveva indossata, era sporca di sangue e bruciata in più punti, grondava acqua e oli di carburanti, i suoi capelli sempre perfetti e profumati erano sudici e incollati al volto, nonostante non potesse avere freddo, la donna cominciò a tremare vistosamente.

«Non ero in pericolo… sono una vampira» sussurrò.

«Non eri in pericolo?» ringhiò l’uomo fermandosi e voltandosi a guardarla «E se ti avesse colpito qualcosa tramortendoti? Se in seguito ad una caduta ti fossi spezzata l’osso del collo? Quando la nave si è incendiata… il fuoco ti avrebbe avvolta! Ti avrebbe uccisa!»

Caroline abbassò il capo.

«Ripeto… fai silenzio!» le impose con un tono che non ammetteva repliche.

 

«Mio Dio…» Morgan si portò le mani sulla bocca appena li vide apparire.

Rebekah era rimasta senza parole a fissare il fratello e Caroline.

Klaus si riprese, come al solito, per primo… guardò la sua mano stretta a quella della vampira e la ritrasse.

«Vi racconterà tutto lei» annunciò prima di dileguarsi velocemente.

Lord Wulfric St Clair rimase esterrefatto a fissare gli scalini che il Vampiro Originale aveva disceso alla velocità della luce, poi si girò ad osservare sua sorella che si era chinata su Caroline e la stava prendendo tra le braccia.

«Cosa vi è accaduto, tesoro?» mormorò la strega.

«Il to-topazio…» balbettò Care prendendo una scatolina dalla tasca dei pantaloni, poi raccontò come si erano svolti i fatti.

«Vi siete messa in pericolo, Miss Forbes» commentò Lord St Clair «Non dovevate farlo, avreste dovuto parlarne con Sir Mikaelson e mettere a punto una strategia»

«Non c’era tempo!» si difese Caroline.

«Vista la sua velocità di reazione, ne dubito fortemente, Milady» contestò Wulfric «Avete agito d’istinto e mi spiace doverlo rimarcare, ma è stata una scelta pessima!
Avete messo a rischio la vostra persona, la riuscita della missione e dell’intero piano… vi consiglio di rifletterci meglio la prossima volta… vado a fermare una carrozza a nolo, sorella» aggiunse rivolgendosi a Morgan.

Rebekah attese che il Barone si allontanasse «Puoi immaginare quanto mi dia fastidio doverlo ammettere, ma Lord St Clair ha ragione, cosa ti è venuto in mente?»

Caroline abbassò lo sguardo.

«Non ti fidi di noi…» annuì la Vampira Originale «ha ragione Elijah… non ci hai detto tutta la verità».

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove ***


Caroline sospirò davanti alla porta dello studio. 

Erano passati tre giorni da quando erano tornati da Pearl Harbor e Klaus non le aveva ancora rivolto la parola, usciva anche raramente da quella stanza.

La vampira guardò sconsolata il vassoio del the, aveva intercettato Cora mentre si accingeva a consegnarlo al segretario del Duca e si era offerta di occuparsene personalmente, ora però, il coraggio le era venuto meno.

«Forse è meglio che ve ne occupiate voi» si rivolse al domestico che si teneva a qualche metro di distanza.

L’enorme biblioteca, che era situata accanto allo studio del padrone di casa, era la stanza preferita di Caroline e negli ultimi giorni si rifugiava molto spesso lì.

I rapporti non erano buoni neanche con gli altri componenti della Famiglia Originale: Rebekah molto probabilmente aveva riferito cosa fosse successo durante la missione e l’ostilità di Elijah e Kol era palese, solo Marcel continuava a trattarla come al solito.

Mai, in tutte le settimane che aveva trascorso nel passato, si era sentita così… sola.

 

Caroline chiuse il libro e tornò con la mente alla sera prima. Dovevano presenziare ad un ricevimento, a detta della Contessa di Rosslyn uno di quegli eventi a cui non si poteva mancare, un appuntamento fisso di ogni Stagione Londinese, una di quelle serate dove era invitata solo la crème de la crème dell’alta società, ma lei non aveva dato disposizioni a Jenny per la scelta dell’abito e dell’acconciatura, certa che avrebbero disertato il ballo.

Invece il valletto del Duca aveva consegnato alla sua cameriera personale un cofanetto con una fantastica parure e un biglietto «Pronta per le 21,30».

Conciso e perentorio…

All’orario prestabilito li aveva trovati tutti ad attenderla, eleganti ed alteri nei loro abiti da sera, i Mikaelson stavano rispettando la loro parte dell’accordo e lei non poteva essere da meno, avrebbe fatto altrettanto.

Era stata una serata terribile. 

Rebekah era irriconoscibile, ubbidiente e remissiva aveva seguito alla lettera tutte le direttive della Contessa di Rosslyn, ballato e conversato con ogni gentiluomo che la sua madrina le aveva presentato, Elijah aveva salvato le apparenze, danzando con Caroline il ballo di apertura e poi si era allontanato insieme a Kol… 

Klaus era stato tutto il tempo ai tavoli da gioco.

Care era stata separata dalla sua famiglia per tutta la sera, il suo carnet di ballo era tutto prenotato, sembrava che ogni gentiluomo presente al ricevimento volesse intrattenersi con lei, aveva perso il conto di quanti si erano offerti di portarle un bicchiere di vino o quanti premurosamente si erano preoccupati della sua salute…

Un Marchese aveva affermato che le sembrava leggermente affaticata e le aveva suggerito di andarsi a riposare in uno dei salotti… un altro gentiluomo, al contrario, si era dichiarato certo che avesse bisogno di una boccata di aria fresca. 

Era stato a quel punto che era intervenuto Lord St Clair, offrendosi di accompagnarla a fare una passeggiata nel parco.

«Vi devo dire una cosa, Caroline» le aveva sussurrato mentre la scortava su uno dei vialetti «anche se va contro tutti i regolamenti del club».

Caroline lo guardò con un sorriso «Mi avete chiamato per nome…»

«Vista la natura di quello che sto per rivelarvi, ho pensato di accettare il vostro suggerimento e affrontare la questione in una maniera più informale» replicò con un sorriso sincero il Barone.

«Ma dandomi comunque del voi…»

«Per quello, mi servirà ancora un po’ di tempo, spero vogliate concedermelo»

«Ditemi, Milord»

«Non siate scorretta, se io posso chiamarvi per nome… lo dovete fare anche voi»

«Mi sembra giusto, Wulfric»

L’uomo annuì «Prima di dirvi ciò che a malincuore devo confessarvi, vorrei chiedervi scusa per la mia reazione di due sere fa»

La vampira abbassò lo sguardo.

«Non ho cambiato opinione» continuò il Lord «Sono sempre dell’idea che avete agito in maniera sconsiderata, ma ammetto che avrei potuto condividere il mio pensiero in un modo meno arrogante e saccente, vi chiedo umilmente perdono, Caroline»

«Sincerità per sincerità… avevate ragione, riflettendoci sono arrivata alla vostra stessa conclusione»

Lord St Clair le sorrise e poi sospirò tornando molto serio «C’è un modo per trascorrere il tempo da White’s, che i gentiluomini ritengono molto divertente ed è fare delle scommesse, che vengono rese ufficiali scrivendone il regolamento su un apposito libro…»

«Ne ho sentito parlare» annuì Care.

«La partita più popolare in questi giorni… è su di voi Caroline»

La donna sgranò gli occhi.

«Hanno scommesso su chi, per primo, riuscirà a…»

«Fare sesso con me…»

«Stavo per dire sedurvi» ammise il Barone «anche se sarebbe stata più calzante la definizione “avere un incontro carnale con voi”, ma non avrei mai osato… dimentico sempre che nei tempi più moderni non si perde tempo con le circonlocuzioni e si va dritto al punto…»

«Devono solo sperare che non lo venga a sapere Klaus!»

«Temo che sia già troppo tardi, Sir Mikaelson ne è a conoscenza»

Se le avessero piantato un paletto in pieno petto avrebbe sentito meno dolore, Caroline guardò Lord St Clair letteralmente a bocca aperta.

«E’ una regola non scritta, ma si tende a far rimanere all’oscuro i gentiluomini con un vincolo di parentela con la Lady oggetto della scommessa, ma presumo che sia molto complicato quando questi sono dei vampiri. I vostri cognati lo hanno saputo ancor prima di me»

La donna annuì.

«C’è anche il mio nome tra i partecipanti» confessò il Barone «Ma spero non sia necessario spiegarvi che è solo un escamotage per avere la certezza di essere informato sull’andamento delle puntate e della partita, vi posso garantire che domani saranno in molti a vantarsi di essere vicini al dichiararsi vincitori»

«Tanto vale che lo faceste voi» dichiarò indispettita Caroline «Così smettono di provarci»

«Per il momento non credo sia necessario» la rassicurò Wulfric «Ma vi prometto che se supereranno il limite della decenza, valuteremo anche questa possibilità, in accordo con vostro marito… sia chiaro»

«Non è mio marito…»

«Come voi non siete una moglie avvilita dal fatto che, pur sapendo che sareste stata oggetto di attenzioni non desiderate, lui vi ha lasciata senza la sua scorta?»

Caroline lo fissò di nuovo a corto di parole.

«Voi avete una dote straordinaria, Caroline» le sorrise il Barone «suscitate simpatia alla prima occhiata, è impossibile non affezionarsi a voi… e in qualità di vostro devoto amico, vi rivelerò un altro piccolo segreto… il Duca è nel salone dei tavoli da gioco, ma non ha toccato una singola carta, in compenso credo che sia alla seconda bottiglia di scotch!»

L’ombra di un sorriso si fece largo sul viso di Caroline.

«Mr Mikaelson, al contrario di voi, non ispira benevolenza… ma sono costretto ad ammettere che mi dispiace molto per lui, ho motivo di credere che non esista abbastanza alcool in tutta Londra che gli possa permettere di dimenticare che vi ha vista quasi morire…»

La vampira sospirò.

«Dategli un po’ di tempo… »

Caroline annuì.

«Ed ora credo che sia meglio tornare indietro» le porse un braccio il gentiluomo «prima che qualcuno gli vada a riferire che la scommessa ha un vincitore… il mio sarà sangue blu, ma macchia i tappeti come quello di un borghese e la nostra ospite non gradirebbe».

 

Il clima londinese non aiutava a risollevare il morale, Caroline dalle finestre della biblioteca guardò rattristata il cielo plumbeo.

«Vostra Grazia» la chiamò Cora che, dopo aver bussato, non aveva atteso risposta ed era entrata «Lord e Lady St Clair chiedono di essere ricevuti, sembra una cosa di una certa urgenza… li ho fatti accomodare nel vostro salotto privato»

«Grazie Cora, li raggiungo immediatamente».

 

«Scusa il disturbo, Klaus…» esordì Caroline «Morgan ha una cosa importante da dirci»

Il Vampiro fece un cenno di assenso poggiando il bicchiere che aveva in mano sulla scrivania.

«E’ successo un fatto gravissimo» sospirò la strega dopo che lei e suo fratello erano entrati «Una persona che doveva morire sulla USS Arizona, si è salvata»

Caroline sgranò gli occhi.

Klaus rimase imperturbabile.

«Il tenente Cam Rohan» illustrò Morgan prendendo un foglio dal porta documenti che Lord St Clair le stava porgendo «secondo quanto ha scritto nel suo libro, dove racconta i fatti di quella mattina, dopo aver sentito le prime esplosioni è uscito dalla sua stanza e si è imbattuto…» la donna guardò Caroline desolata «in una donna, una bellissima ed eterea ragazza bionda con la divisa da marinaio, la definisce una visione… perché come gli era apparsa, improvvisamente è sparita…
L’ha rincorsa cercando di capire dove si fosse diretta e l’ha vista aprire, a mani nude, un varco tra le lamiere della nave… e buttarsi in acqua. 
Lo stesso foro è stato usato da lui per mettersi in salvo.
Per settimane l’ha cercata in ogni angolo dell’isola ma nessuno si ricordava di lei… nel suo libro la chiama “l’Angelo Biondo“ perché è convinto che sia stata una creatura celeste scesa sulla terra per mostrargli la via della salvezza.»

Caroline aveva ascoltato la spiegazione impietrita.

«Ed ora?» chiese Klaus.

«Ci eravamo dati delle regole ferree» rispose Morgan «Non dovevamo interferire con la vita delle persone, quest’uomo si è sposato con una donna che avrebbe dovuto sposare un altro uomo, hanno avuto figli che non sarebbero dovuti nascere… e non sono nate persone che avrebbero dovuto farlo, è un effetto a catena… con moltissime conseguenze che si moltiplicheranno con il passare degli anni».

«Volete ucciderlo?» chiese sbigottita Care.

La strega non rispose.

«Potrebbe essere una brava persona…» sussurrò la vampira ad un passo dalle lacrime.

«Non è questo il punto» scosse la testa Morgan «magari con l’esperienza ultraterrena che pensa di aver vissuto, è davvero un uomo buono e un padre di famiglia meraviglioso e i suoi figli delle persone amabili… mentre la progenie non nata della moglie, potrebbero essere degli individui abominevoli!
Il punto è che era il mondo che avevamo prima di fare questa cosa e che ci siamo ripromessi di lasciare invariato…»

«Andrò io…» dichiarò Klaus.

«Non serve!» si asciugò le lacrime con il palmo della mano Caroline «Non sono una bambina e posso accettare le conseguenze dei miei sbagli e porci rimedio»

«Andrò io» ripetè il vampiro.

«Ho detto che non serve!»

«Non è necessario che Caroline sia costretta a commettere un omicidio, ci penso io» spiegò Klaus rivolgendosi direttamente a Morgan, senza degnarla di uno sguardo.

«Non serve che mi proteggi!»

«E’ COMPITO MIO PROTEGGERTI!» le urlò contro rabbioso il vampiro.

«LORO» urlò puntando il dito contro Morgan «HANNO PENSATO A ME PER PROTEGGERTI… TU MI HAI CERCATO PERCHE’ AVEVI BISOGNO DI PROTEZIONE!»

Klaus andò alla sua scrivania e prese l’orologio da taschino «E che ti piaccia o no… ti proteggerò fino alla fine di questa storia!»

Nella stanza era calato il silenzio più assoluto.

«Vi aspetto alla Temple Church» si rivolse a Lord e Lady St Clair «e tu, Caroline… non osare avvicinarti a quella chiesa!»

Quando Caroline uscì dallo studio, aveva trovato Elijah, Kol e Rebekah che erano stati messi in allarme dalle urla del fratello, abbassò lo sguardo e gli passò accanto, dirigendosi verso le scale che portavano agli appartamenti patronali.

 

«Ti ho detto di non farlo!»

Caroline, che era distesa sul suo letto, sentì distintamente Francis, il maggiordomo, discutere sottovoce con sua moglie Cora.

«Sua Grazia la Duchessa lo deve sapere! Quelle persone non mi piacciono!» stava rispondendo piccata la governante.

«Li stanno ricevendo! Se Lord Elijah avesse voluto avvertire Sua Grazia ce lo avrebbe detto!» ribatté il marito «Inoltre sono giorni che vai ripetendo quanto la vedi triste cercando di capire il perché il Duca e la Duchessa hanno litigato! Lasciala riposare! Ne ha bisogno…»

Caroline poteva sentire le proteste di Cora mentre l’uomo la stava allontanando forzatamente dalla porta «Cosa sarà successo… sono così innamorati…» la sentì dire sommessamente.

 

Caroline sospirò prima di aprire la porta del salotto di rappresentanza, sperando che i suoi sospetti fossero infondati.

«Caro cognato, potevate avvertirmi che avevamo degli ospiti» esclamò riconoscendo immediatamente la donna che era seduta sulla poltrona e l’uomo che le stava accanto appoggiato ad un bracciolo.

«E questa chi è?» domandò indispettita Aurora de Martel.

Anche Lucien Castle la stava osservando incuriosito.

Caroline si era preparata a questa evenienza, con Freya avevano concordato cosa fare nel caso qualcuno dei vampiri trasformati dagli Originali si fossero presentati a Londra.

«Contessa de Martel» esordì con un sorriso «l’etichetta prevederebbe che vi rivolgeste a me con l’appellativo di Vostra Grazia, ma sia voi… che il vostro servitore Lucien, sapete perfettamente che io non sono la Duchessa di Bewcastle… quindi potete usare il mio vero nome, Caroline… Caroline Mikaelson…».

Lucien, che si era alzato innervosito quando Care lo aveva definito un servitore, sgranò gli occhi.

Aurora era rimasta letteralmente a bocca aperta «Mi-Mikaelson… » balbettò sconcertata.

Caroline si accomodò sul divano dopo essersi servita una tazza di thè.

«Siete fortunati…» ricominciò a parlare fissandoli severa «mio marito non è in casa, quindi vi consiglio di andarvene prima che ritorni e di andare lontano… molto lontano…»

«Come vi permettete?» si irritò Castle.

«Siediti Lucien!» replicò asciutta Caroline.

Elijah, Kol e Rebekah la stavano guardando disorientati.

«Se ve ne andate ora … non dirò a Klaus che eravate in città…» stava dicendo Care.

«Io sono venuta per incontrarlo!» ribatté Aurora.

Caroline sorrise «Per ricordare i vecchi tempi?» domandò ironica «La grande passione che era scoppiata… o quando lo hai definito un mostro?»

«E’ stata colpa sua! Mi ha soggiogato!» si difese la donna indicando Elijah.

«Ma la compulsione si è annullata circa 700 anni fa… ce ne hai messo di tempo per venire a cercare l’amore della tua vita» fece beffarda Caroline «hai avuto da fare? Dove è il terzo esponente della Trinità? I primi tre vampiri trasformati dagli Originali… che da secoli stanno cercando il modo per ucciderli…»

«KOL!» urlò Elijah parandosi davanti al fratello che stava attaccando i loro ospiti.

Caroline annuì guardandolo con gratitudine.

«Per cento anni siamo dovuti fuggire inseguiti da Mikael!» sbottò Lucien «Per cento anni ci hanno fatto credere di essere loro!»

«Un piccolo prezzo da pagare, se si considera quello che hanno fatto per voi!» replicò Caroline «Vi hanno resi forti, senza età, senza paura…»

Care soppesò in silenzio le loro reazioni «Lucien» annuì sarcastica fissando l’uomo «il primo vampiro trasformato da Klaus Mikaelson! Eri solo un umile servo! Vessato dai tuoi padroni! Ti ha salvato in tutti i modi possibili! E tu lo hai ripagato pugnalandolo alle spalle! Lo stai ripagando girando per il mondo alla ricerca di un arma per ucciderlo!»

L’uomo era ammutolito davanti alla vampira che lo stava accusando furente.

«E tu!» continuò Caroline rivolgendosi ad Aurora «Tu e la tua mente malata! Rebekah ti doveva lasciare morire dissanguata! L’hai ingannata! Ti sei tagliata le vene per essere curata e ti sei buttata da una finestra per trasformarti! 
Quando le vostre strade si sono incrociate, loro» continuò Caroline girandosi verso i vampiri Originali «non sapevano neanche in cosa la madre li avesse tramutati! Non conoscevano pienamente i loro poteri! Hanno fatto degli sbagli, non lo metto in dubbio… ma voi ve ne siete approfittati!
Ti avrebbero dovuto uccidere!» affermò tornando a guardare Lucien «Quel giorno che attaccarono le persone che stavi scortando, quando ti trovarono terrorizzato, quando hai chiesto pietà… quando hai giurato che li avresti aiutati! Alcuni di loro avrebbero voluto farlo, è grazie a Klaus che ti hanno risparmiato! E ora hai fondato la Kingmaker Land Development Inc…»

Lucien sgranò gli occhi.

«Perché vuoi diventare il Re! Vorresti spodestare Klaus Mikaelson!
L’unico, vero, ineguagliabile e legittimo sovrano di tutti i vampiri…

Ci proverai, non è vero Lucien? Ti hanno predetto che ci sarà una circostanza nella quale Klaus sarà più vulnerabile… e vorrai tentare, ma sai anche molto bene che non è questo il momento giusto… non è così? E allora perché sei qui? Come ti ha convinto? Non dirmi che dopo tutti questi secoli sei ancora innamorato di lei!»

«BASTA!» urlò Aurora.

Rebekah, prevedendo la sua mossa, l’attaccò per prima, scaraventandola contro un muro.

«Grazie cognatina…» le fece Care con un sorriso «Contessina de Martel, rinnovo il mio consiglio di lasciare questa casa e andarvene lontano! A meno che tu non voglia che contattiamo tuo fratello e gli diciamo che hai avuto un altro dei tuoi episodi! Da quanto tempo è che Tristan non ti sottopone ad una cura? Ad un bagno nel ghiaccio… o un dissanguamento, magari seguiti da un esorcismo…»

Aurora la stava guardando terrorizzata.

«Sono la donna di Klaus Mikaelson» le sibilò a pochi centimetri dal viso «Ho dei poteri straordinari… conosco il passato, prevedo il futuro… e hanno ragione le streghe che ha assunto Lucien, non è ancora il momento per la resa dei conti! Sarebbe controproducente per tutti! Quindi ora voi ve ne andate e non ci incontreremo più per un paio di secoli! Viaggiate! Divertitevi! Tra, diciamo ottanta anni, vi consiglio di andare a Parigi, ci passerete un periodo meraviglioso! E Lucien arriverà anche a pensare che ricambi i suoi sentimenti! Che hai dimenticato Klaus… ma io e te sappiamo che è impossibile dimenticarlo… non è vero?»

«Lui mi ama!» dichiarò Aurora sostenendo il suo sguardo.

Caroline sorrise «lo so cosa ti passa in quella mente malata, stai pensando che ti sto cacciando perché sono gelosa, perché ti temo… invece sono magnanima e ti sto solo salvando la vita. Probabilmente Klaus in passato può aver provato dei sentimenti per te, forse sei stata una dei suoi primi amori, ma io sono l’amore della sua vita, l’ultimo, quello definitivo… e mi pare di averti già detto che prevedo il futuro.»

Le due donne si fronteggiarono, sotto lo sguardo allibito dei presenti.

«Andatevene… IMMEDIATAMENTE!» ringhiò Caroline sfoderando i canini.

«Aurora…» mormorò Lucien «Non siamo ancora pronti per affrontarli…»

«Non finisce qui…» promise velenosa la Contessa de Martel.

«Ci vediamo tra duecento anni» replicò Care «Io sarò sempre al mio posto… accanto a mio marito!»

La Duchessa di Bewcastle suonò il campanello e dopo qualche attimo la loro governate entrò nel salottino.

«Cora, puoi gentilmente accompagnare i nostri ospiti alla porta?»

I tre vampiri Originali guardarono Lucien ed Aurora mentre uscivano dalla stanza, poi videro Caroline che dopo essersi lisciata la gonna del suo abito si accingeva a seguirli.

«Dove stai andando?» chiese Elijah indispettito.

«Non crederai di potertene andare senza una spiegazione!» gli diede man forte Rebekah.

«C’è poco da spiegare…» scosse la testa Caroline «semplicemente voi nel 1819 non dovevate essere a Londra, quindi non avreste dovuto incontrarli…»

«Nessuno di noi avrebbe dovuto» si intromise Kol «ma mi sembra che ti sia data un gran da fare per evitare che ci si imbattesse Nik»

«Rifletti bene su come rispondere, Caroline» l’avvisò Elijah «posso comprendere le omissioni, ma non tollero le menzogne!»

La vampira li guardò in silenzio, poi annuì «Verranno a New Orleans, creeranno un putiferio e non saranno da soli, arriveranno molti dei vampiri che avete creato nel corso dei secoli, alcuni si alleeranno… altri si fronteggeranno e sarà la vostra carta vincente, perché nonostante siano venuti con gli stessi intenti, loro saranno divisi… mentre voi sarete uniti, voi siete una famiglia… voi con il vostro “Always and forever” li sconfiggerete, ma non sarà semplice.
Molte delle persone che amate saranno coinvolte, alcune perderanno la vita… altre verranno trasformate in creature molto più potenti e letali…
Vi metteranno a dura prova, saranno ad un passo dal distruggervi, ma non ci riusciranno… ne uscirete più forti e più uniti di prima.
Il contesto vi sembrerà catastrofico, ma è il vissuto che creerà il mondo che ho lasciato prima di cominciare a viaggiare nel tempo ed è mio dovere proteggerlo, fare in modo che non venga modificato, perché non sarà una vita perfetta… ma è la nostra!
Avete visto cosa accade quando si modifica anche solo una cosa, anche quando sembra un’alterazione positiva, ho salvato un uomo! Come può essere una cosa negativa? Eppure lo è stata… perché scombina tutto…»

«Abbiamo tutto ben chiaro!» la interruppe Kol «E anche Klaus… »

«Assolutamente no, siete ben lontani dal capirlo veramente» replicò Caroline «ma non è una colpa… semplicemente non avete chiaro il quadro generale e per quanto io ve lo possa descrivere minuziosamente non sarebbe mai abbastanza dettagliato da farvelo comprendere completamente…»

«Ma lo hai appena fatto» rilevò Elijah «Con Lucien e Aurora hai reso noti particolari importanti, situazioni che potevano portarci ad attaccarli…»

«E bene o male ci siamo trattenuti» si inserì Rebekah lanciando un’occhiataccia a Kol «Lo avrebbe fatto anche Klaus, ne sono sicura…»

«Non potevo rischiare che si trattenessero oltre, dovevo spaventarli per costringerli a fuggire» chiarì Caroline.

«Fino a che sei arrivata tu con le tue profezie, era tutto tranquillo!» si inalberò Kol «Stavamo prendendo un tè! Sembrava una semplice visita di cortesia!»

Caroline sgranò gli occhi «Certo! Potevamo anche invitarli a cena, dato che ormai erano qui!»

«Non erano venuti per attaccarci! A quanto pare hanno delle streghe che gli diranno quando potranno farlo! Potevi lasciare le cose come stavano!»

«Era fuori discussione!» scosse la testa la vampira.

«Ma perché?» Kol si stava innervosendo sempre di più.

«Perché la prima cosa che Aurora avrebbe detto a Klaus, era il motivo per il quale lo aveva lasciato! Ovvero che Elijah l’ha soggiogata affinché lo considerasse un mostro!» sbottò Caroline.

Rebekah e Kol si girarono a guardare il fratello maggiore.

«Non siamo nella situazione di alimentare incomprensioni e liti!» spiegò Care «Abbiamo una missione da portare a termini e l’ultima cosa che ci serve è complicare il nostro quotidiano! Senza contare che in questo contesto più tranquillo, Klaus potrebbe addirittura perdonarla! Non lo farà quando lo verrà a scoprire per davvero!»

«Come hai potuto fare una cosa del genere…» chiese Rebekah ad Elijah.

«Non intendevo soggiogarla… non sapevo neanche che si potesse fare! Lei mi stava urlando contro e…»

«Elijah ha capito fin da subito che quella donna era disturbata mentalmente» lo interruppe Caroline.

L’uomo la scrutò attentamente, poi abbassò lo sguardo… comprendendo che la vampira era a conoscenza del fatto che era stato Klaus ad uccidere la loro madre e non Mikael come tutti pensavano, perché era di quello che stavano parlando lui ed Aurora quando l’aveva accidentalmente soggiogata.

«E come tutte le pazze è imprevedibile» continuò Care «frequentandola oltre il dovuto, forse non sarei stata in grado di agire lucidamente e dai miei atteggiamenti vostro fratello avrebbe potuto intuire delle cose…»

«Di che tipo?» domandò Elijah.

«E’ stata Aurora che, per gelosia, ha trasformato Camille in una vampira… e Lucien ha provocato la sua morte…»

Rebekah sgranò gli occhi.

«Beh…» valutò Kol «Devo ammettere che sarebbe molto difficile fermarlo dallo sbranarli, se capisse che hanno ucciso la donna della sua vita…»

«Già…» commentò Caroline abbassando lo sguardo.

«Ammesso che Camille lo sia…» soppesò Elijah che non aveva smesso di scrutare Caroline.

«Klaus era innamorato di lei!» reagì veemente la vampira.

«Ma era una dei suoi amori…» ponderò l’Originale «non l’ultimo, quello definitivo… quello della vita, non è così Caroline?»

La donna si girò dandogli le spalle.

«Mio Dio…» sussurrò Rebekah.

«Perché non glielo hai detto?» chiese Kol «Lo stai facendo impazzire…»

«E’ complicato…» sussurrò Caroline «Il fatto che ci amassimo non significa che fossimo una coppia…»

I fratelli Originali restarono in silenzio ad aspettare che la vampira si spiegasse, quando Care si girò a guardarli, i suoi occhi erano velati dalle lacrime.

«Non abbiamo fatto in tempo» mormorò «Quando finalmente ero pronta… quando ci siamo ritrovati, lui aveva deciso di sacrificare la sua vita per il bene di Hope e io a quel punto non potevo dirgli che ricambiavo i suoi sentimenti»

«Non era semplice essere la donna di Niklaus Mikaelson… il mostro odiato da tutti» annuì Elijah.

«Chi lo ritiene tale è perché non lo conosce!» reagì accalorata Caroline «ed io ho fatto in tempo a dirgli che lui non era mai stato il cattivo della mia storia… ma non potevo fargli passare gli ultimi istanti con sua figlia e con voi… con la consapevolezza che stava lasciando anche me, sarebbe stato da egoista…»

«Lo stai facendo per lui» ponderò Rebekah «… non parlo della missione ovviamente, ma del fatto che hai preferito rimanere qui tra una missione e l’altra, di certo le antenate Gemini potevano trovare un’altra soluzione! Quando Nik mi ha raccontato delle invenzioni del secolo in cui vivi, mi sono chiesta come facessi a fare a meno di quelle comodità… sei voluta rimanere nel 1819 per stare con lui!»

«Ho pianto la sua morte per un anno… non avrei sopportato di doverlo lasciare di nuovo, non importa in che epoca siamo, non importa neanche che lui sappia la verità… l’unica cosa che voglio è continuare a litigarci» sorrise Caroline «non tanto come negli ultimi giorni, ovviamente… volevo nuovamente le nostre schermaglie e i nostri battibecchi, me le sarei fatte bastare fino alla fine della missione…»

«Ma perché? Perché non vuoi dirgli quello che c’è tra di voi?» chiese Rebekah.

«Perché ci ho messo tantissimo ad accettare il fatto che sono innamorata di lui e vorrei che quando glielo dirò per la prima volta… lui se lo ricordi».

 

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Capitolo 11
*** Capitolo Dieci ***








Oranienburger Straße a quell’ora era deserta.

Da alcune delle finestre dei palazzi signorili che si affacciavano sulla strada arrivavano delle luci fioche, le famiglie avevano finito di cenare e stavano andando a dormire dopo una giornata di lavoro.

Caroline e Klaus erano in attesa che, in una altra città della Germania, un’ altra cena volgesse al termine.

A Monaco di Baviera, Hitler e altri funzionari di partito stavano festeggiando l’anniversario di un colpo di stato, tra l’altro fallito miseramente, che era avvenuto esattamente quindici anni prima.

Ad un certo punto della serata sarebbero stati informati della morte di un diplomatico dell’ambasciata tedesca a Parigi, un paio di giorni prima un ragazzo di soli diciassette anni, un ebreo di origine polacca, gli aveva sparato ferendolo gravemente.

Quell'omicidio sarà il pretesto che spingerà il ministro della propaganda Joseph Goebbels, ad indicare gli ebrei come il “nemico interno” responsabile di tutti i disastri economici e sociali della Germania.

Goebbels nel suo discorso chiese di lasciare libero sfogo alle manifestazioni di rabbia del popolo tedesco, affermò che il partito nazista non organizzava azioni antisemite ma, laddove fossero accadute in maniera spontanea, non le avrebbe ostacolate ed informò i presenti che avrebbe trasmesso subito le necessarie direttive affinché la polizia non intervenisse limitandosi a proteggere le proprietà dei non ebrei.

La quiete di quella strada nel cuore di Berlino, stava per essere sconvolta da un’orda di comuni cittadini e agenti delle SS in borghese, la stessa sorte di tante altre strade in altre città tedesche, austriache e cecoslovacche.

Sinagoghe, negozi e abitazioni stavano per essere distrutte, saccheggiate ed incendiate.

Stava per iniziare la “Notte dei Cristalli”, un modo beffardo per indicare l’infinità di vetri che avrebbero ricoperto le strade.

«Che ore saranno?»

«Circa le nove e mezza» sospirò Caroline in risposta.

«Ci siamo quasi…» replicò Klaus.

Erano una squadra e in nome della missione si erano sforzati di comportarsi normalmente, ma tutte nella Chambre de Chasse del 2020 si erano accorte della tensione tra loro due. 

Rebekah in un primo momento aveva tentato di allentarla, ma poi si era arresa all’evidenza.

Keelin aveva fatto la sua solita lezione di storia e Morgan gli aveva mostrato il gioiello che dovevano recuperare, una spilla in oro giallo e bianco con uno smeraldo centrale.

Klaus e Caroline avevano ascoltato tutto diligentemente, avevano fatto qualche domanda… e poi erano partiti.

«E così migliaia di persone vedranno vanificati i loro sforzi, il frutto del loro lavoro… solo perché professano un’altra religione».

«Non hanno neanche cominciato a soffrire» gli rispose Care senza neanche girarsi «Stasera sarà solo l’inizio…»

«Stanno per distruggere le loro vite…»

«Ufficialmente stasera moriranno 91 ebrei» replicò la donna voltandosi finalmente a guardarlo «ma saranno almeno 400 a perdere la vita, in 25.000 verranno arrestati e condotti in un Campo di Concentramento, uno dei primi di una lunga serie di prigioni che verranno costruite prima della fine della guerra. 
Si stima che tra il 1933 e il 1945 le vittime dell’Olocausto Ebraico siano state oltre 6 milioni di persone».

L’uomo la fissò sgranando gli occhi.

«Se si aggiungono i politici, altre etnie, gli omosessuali e i disabili… il totale delle persone che persero la loro vita come risultato diretto dei processi di "arianizzazione" promossi dal regime nazista è di oltre 16 milioni di persone»

«Arianizzazione?»

Caroline annuì «Proprio in questi mesi un gruppo di persone mandate da Heinrich Himmler, uno dei peggiori criminali di guerra del Terzo Reich, nonché il "delfino" del Führer, si sta avventurando sulle montagne sacre del Tibet con lo scopo di trovare le origini ancestrali del popolo germanico.
La razza Ariana! La una razza superiore! Che si riconosce per le sue peculiarità… “alta, con una testa lunga, zigomi pronunciati, occhi chiari, un naso prominente e diritto, capelli biondi e lisci, ma sopratutto un portamento imperioso e sicuro di sé».

«Dalle foto che ci ha mostrato Keelin, non mi sembra che Adolf Hitler rispondesse a queste caratteristiche…»

«Beh… a dirla tutta non era neanche tedesco ma austriaco»

«Uno che predica bene e razzola male?» chiese il vampiro inarcando un sopracciglio.

Care scoppiò a ridere «Ci sta meglio “Uno che si fa bello con le penne del pavone”! Ma il problema è che il mondo guardò la paglia e non vide la trave…»

«Bello…» annuì Klaus.

«Chissà se in uno di questi negozi troverai una penna provvista di serbatoio per annotartela, possibilmente più bella di quella che hai preso in Texas!»

«Alla fine dei nostri viaggi, mi mancherà quella di Pearl Harbor…»

«Te l’ho presa» confessò Caroline abbassando lo sguardo «nella cabina del Tenente Elliot… è una bella stilografica, ma non ho avuto modo di dartela»

«Tu, mentre la USS Arizona veniva bombardata, ti sei attardata a prendermi una penna?»

«Quanto pensi che sia grande la cabina di un umile tenente? La scrivania era lì! E la penna era proprio sopra a delle carte!»

«Grazie… sarei felice di poterla mettere insieme alle altre, Love»

Care gli fece un sorriso e annuì.

Delle persone armate di bastoni cominciarono ad uscire dai portoni, le prime vetrine vennero sfondate.

«Rimani accanto a me…» le ordinò Klaus guardandosi intorno.

«Tranquillo! Il messaggio è arrivato forte e chiaro!» rispose stizzita la vampira «Puoi evitare di provarmi ancora una volta che sei l’Uomo Alfa… sappiamo tutte e due che non ne hai bisogno…»

Il vampiro la fissò.

«E’ una cosa che mi chiarirai tra un paio di secoli! In un occasione in cui ti comporterai in maniera aggressiva facendomi innervosire! “Io non devo provare niente, Love! Io sono l’uomo alfa!”» lo scimmiottò facendolo sorridere.

«Se questo significa che sono pronto a tutto per proteggere le persone che amo, ci puoi giurare che lo sono… Love!» replicò Klaus prendendola per mano e trascinandola in un anfratto a ridosso del negozio che dovevano controllare.

Caroline guardava la sua piccola mano stretta in quella dell’uomo, si era reso conto di cosa le aveva appena detto?

Alle loro spalle c’era la Neue Synagoge Berlin, un gruppo di persone avevano sfondato il portone e aveva iniziato la sua opera distruttiva, Caroline socchiuse gli occhi «E’ terribile stare qui inermi mentre stanno compiendo questi scempi» sussurrò.

«Non possiamo fare diversamente, lo sai… non vorrai farmi tornare qui a finire il lavoro!»

Non avevano parlato di come Klaus avesse sistemato il problema che Caroline aveva creato a Pearl Harbor, l’uomo si era rifiutato di darle i dettagli.

Care aveva chiesto a Morgan, ma anche lei non si era soffermata sui particolari, limitandosi a dire che, come tutte le persone ripescate in mare, anche il tenente Cam Rohan era stato ricoverato nell’ospedale militare.

Il referto redatto dopo la sua morte, parlava di complicanze respiratorie che erano sopraggiunte qualche ora dopo il suo arrivo, il Tenente Rohan era diventato uno dei tanti che i medici non riuscirono a salvare.

Il suo corpo non era all’interno della USS Arizona, come lo era stato in origine, ma le sue ceneri furono sparse a ridosso della nave, come quelle degli altri marinai che erano deceduti nei giorni successivi il 7 dicembre 1941.

Il governo degli Stati Uniti aveva deciso che tutti i membri degli equipaggi delle corazzate bombardate a Pearl Harbor avevano diritto alla sepoltura in mare e anche ai militari che si salvarono, fu concesso di raggiungere i loro commilitoni, una volta che la loro vita terrena fosse giunta al termine.

«Ci siamo, Love»

Caroline si scosse dai suoi pensieri e tornò a concentrarsi.

«Sono entrati…» continuò Klaus rafforzando la stretta della sua mano e trascinandosela dietro.

Muovendosi velocemente i due vampiri si unirono al gruppo di persone che stava devastando la gioielleria, si guardarono intorno alla ricerca di un angolo dove potevano avere una visuale sufficiente per monitorare la situazione, passando di fianco ad una vetrinetta l’uomo adocchiò una collezione di penne stilografiche, la donna gli sorrise scuotendo la testa «Prendi quella verde, è molto bella»

Un ragazzo alto e con un cappello che gli nascondeva il volto, si era avvicinato al bancone, aveva rotto il vetro, aveva preso qualcosa e se lo era infilato in tasca.

«Ha preso solo la spilla e nient’altro» osservò Klaus.

«Seguiamolo» bisbigliò in risposta Caroline, quando vide il ragazzo uscire dal negozio.

«Ti sembra lui?» chiese il vampiro.

«Sì… credo proprio che sia Hans Wiedemann»

Klaus annuì «Ha preso solo la spilla, sapeva esattamente dove fosse… »

«Lui e sua madre l’hanno venduta soltanto pochi giorni fa» sospirò Care «come avevamo supposto è tornato a riprendersela, è un cimelio di famiglia…».

«Questo non lo giustifica» la guardò di traverso Klaus «Il gioielliere gli ha dato del denaro! Come sappiamo, tutta la sua famiglia si è potuta trasferire per ricominciare una vita altrove, quindi si può presumere che la valutazione è stata appropriata…»

«E’ una giovane recluta delle SS, è stato programmato per sentirsi superiore e odiare chi non è tedesco» mormorò con un’alzata di spalle la vampira.

«Dove sta andando con quella spilla?»

«Ci furono un po’ di malumori per come fosse stata gestita questa nottata» rispose la donna «un conto è lasciare che la popolazione bruciasse libri, suppellettili e mobili… tutta un’altra storia è permettere ai cittadini di trafugare gli oggetti preziosi. 
Hanno cercato di recuperare qualcosa, ma il bottino sarebbe stato di gran lunga migliore se avessero dato delle direttive più specifiche alla polizia, di certo gli uomini delle SS in borghese erano tenuti a consegnare tutto ai loro ufficiali…»

«E Hans non ha intenzione di farlo…»

«Quello smeraldo è molto prezioso» valutò Caroline «Una bella rendita per il dopoguerra, penso che lo stia andando a nascondere per recuperarlo a tempo debito…»

«Concordo, Love…»

Per qualche minuto continuarono a seguire il ragazzo in silenzio, poi lo videro entrare nel giardino di una casa con le finestre e le porte sbarrate.

«E’ casa sua?» chiese Klaus.

Caroline annuì «Potrebbe essere. I Wiedemann, fino alla morte del padre di Hans e il fallimento della loro attività, erano una famiglia piuttosto agiata»

«Sembra deserta» valutò l’uomo.

«Credo che la madre e i suoi fratelli minori siano già partiti per la campagna»

I due vampiri guardarono Hans Wiedemann mentre scavava all’ombra di un albero e sotterrava il suo bottino.

«Non tornerai a prenderla» sogghignò malefico l’Originale.

Caroline riuscì a stento a trattenere una risata.

Il ragazzo si pulì le mani, poi si guardò intorno e uscì da giardino.

Klaus e Caroline attesero qualche minuto e andarono a recuperare la spilla.

«Questa volta è stato tutto semplice, niente plotoni d’esecuzione, Guru psicopatici o bombe sulla testa» sospirò il vampiro compiaciuto.

«Già…» commentò la donna.

«Cosa c’è, Love? Se non rischi la vita non ti diverti?»

«Finiscila…» gli intimò Care.

 

«Bel lavoro» commentò Morgan.

Anche Wulfric St Claire sorrideva affabile a Caroline.

«Beh, se avessimo saputo che cosa ne avesse fatto Wiedemann della spilla, avremmo potuto recuperarla tranquillamente nel 2020» valutò divertita la strega.

«Credi che sarebbe stata ancora lì?» le chiese il fratello.

«La spilla era sparita, nessuno l’ha più vista da quella notte del 1938» gli rispose la sorella «Non eravamo neanche certi che fosse stato Hans a prenderla dalla gioielleria, era l’ipotesi più verosimile… ma non avevamo nessuna certezza»

«Che fine ha fatto il ragazzo?» domandò il Barone «Perché non è tornato a recuperarla?»

Morgan sospirò «Ha terminato l’addestramento e poi gli è stato chiesto di entrare nel Progetto Lebensborn»

Caroline sgranò gli occhi.

«Cosa è il Progetto Lebensborn» domandò Klaus vedendola turbata.

«Ti ricordi quando ti ho parlato del processo di “arianizzazione”?» le rispose Care in un sussurro «Beh… uno dei metodi che usarono fu l’eugenetica… ovvero favorire e sviluppare le qualità innate di una razza, giovandosi delle leggi dell’ereditarietà genetica.
I nazisti faranno propri degli studi che inizieranno qui in Gran Bretagna alla fine di questo secolo e che poi saranno sviluppati negli Stati Uniti.
Una sorta di "allevamento selettivo" della specie umana, per migliorarla e preservarla. Però, invece di sterilizzare i poveri, i disabili, i malati mentali e gli immorali, come faranno in America, loro preferiranno far accoppiare dei biondissimi e perfetti ufficiali delle SS con delle donne altrettanto bionde e perfette.»

«Tutto ciò è assurdo» commentò il vampiro.

«Ma non bastava» continuò Caroline «nei paesi che occuparono, rapirono bambini che avevano le giuste fattezze e reclutarono donne per fargli avere dei figli con i soldati tedeschi…»

Il Barone St Clair era inorridito «E i bambini che nascevano?»

«I neonati che superavano le selezioni entravano nell’ordine delle SS tramite una cerimonia …» iniziò a rispondere la vampira.

«Le SS erano un’organizzazione paramilitare della Germania… lo stato che noi conosciamo come Prussia» la interruppe Klaus notando lo sguardo dubbioso del nobile.

«Paramilitare?»

«Che non fa parte di un esercito ma che è strutturato come se lo fosse» rispose il Vampiro, mettendo a frutto le lezioni di storia di Keelin.

«E a cosa serve un esercito che non sia un “esercito”» domandò Wulfric facendo il segno delle virgolette.

«A fare il lavoro sporco» rispose con un ghigno Klaus «Le SS erano delle Squadre di Protezione e Salvaguardia, che operavano in nome e per conto dello Stato, senza che le loro azioni fossero riconducibili formalmente e ufficialmente a chi governasse la Germania»

Caroline guardò l’uomo con un sorriso, Keelin non si era spinta così nel dettaglio con le spiegazioni, quella era una elaborazione personale di Klaus.

«Giusto, Love?»

La vampira annuì.

«Più che uno studio scientifico, vogliate perdonare l’infelice scelta delle parole, mi sembra si tratti di bordelli d’alto bordo! Le donne erano almeno consenzienti?» chiese il gentiluomo.

«Le case e le cliniche erano lontane dalla città» rispose Caroline «sul progetto c’era il massimo riservo, non si è mai saluto esattamente come si agisse, ma nella maggior parte dei casi le perfette donne tedesche donavano volontariamente i loro figli alla Germania, che li cresceva e dava loro il sostentamento del quale avevano bisogno.
Se poi le madri si dimostravano anche moralmente ineccepibili li lasciavano alla loro custodia, in caso contrario sceglievano delle coppie selezionate, ovviamente sempre dell’Ordine delle SS».

Wulfric St Clair scuoteva la testa inorridito.

«Hans Wiedemann si è innamorato della donna con la quale ha concepito una meravigliosa bambina» intervenne Morgan, che era stata in silenzio ad ascoltare «ma la madre di sua figlia non si è dimostrata all’altezza delle aspettative e gli hanno negato il consenso a sposarla.
La ragazza risulta deceduta durante il parto, Hans durate una missione, ma la realtà è che sono stati uccisi mentre cercavano di scappare con la loro figlia…»

 

Erano scesi dalla cappella di mezzo della Cattedrale di St Paul in assoluto silenzio.

Caroline era turbata, non riusciva a smettere di pensare a quel ragazzo che aveva incontrato a Berlino.

Hans Wiedemann era un giovane uomo, indottrinato all’odio, che non si era fatto scrupolo di entrare in un negozio, metterlo a ferro e fuoco e trafugare un oggetto prezioso per un tornaconto personale.

Mentre lo guardava scavare nel suo giardino, Caroline lo aveva guardato con disprezzo.

Nonostante non condividesse assolutamente l’ideologia nazista, non poteva evitare di pensare che Hans in quel momento stesse calpestando tutti i valori che gli avevano instillato durante l’addestramento, anche se erano sbagliati e immorali, lui aveva giurato di vivere secondo quei dettami.

Durante il viaggio in carrozza verso casa, nella mente della vampira si era fatta prepotente un’altra storia, quella di un giovane uomo che stava lottando per conservare la sua identità.

La spilla che Hans aveva nascosto nel suo giardino era la sua via d’uscita, era la prospettiva di un futuro più roseo, che lo aveva spinto ad agire in quella maniera.

Cercava di immaginarsi il suo stato d’animo quando aveva varcato la porta di una delle cliniche del Progetto Lebensborn.

Durante la missione non era riuscita a vedere bene il suo volto, era buio e Hans aveva un capello calcato in testa, ma riusciva ad immaginarsi dei vispi occhi chiari, il mento volitivo e il naso dritto, lo aveva visto camminare ed era innegabile che avesse un fisico imponente.

Avevano dovuto convincerlo o la consapevolezza di appartenere alla razza migliore, la più valorosa e pertanto l’unica a cui spetta il diritto di dominare il mondo, lo aveva fatto sentire in obbligo di spargere il suo regale seme?

Aveva ragione il Barone St Clair? Voleva solo sfogare i suoi istinti sessuali dopo mesi di addestramento?

Riusciva ad immaginare perfettamente le risate e i commenti di tutti quegli uomini che erano stati dichiarati idonei al Progetto Lebensborn, non dovevano essere molto differenti dalle chiacchiere di spogliatoio che aveva ascoltato un giorno che era passata per caso vicino alla palestra del suo liceo.

Tutti gli uomini mirano a considerarsi invincibili, figurati chi se lo sente ripetere in continuazione, quei maschi tedeschi pensavano di essere degli Dei scesi in terra!

Cosa era cambiato? Come si era avvicinato alla ragazza che gli era stata assegnata?

Aveva scelto un approccio spavaldo o si era sentito intimidito?

Si era innamorato subito?

Era stato un colpo di fulmine o i sentimenti si erano rivelati a poco a poco?

Mille domande si sovrapponevano nella sua mente, comprese le due che non la facevano dormire la notte.

Esiste davvero una persona alla quale siamo destinati?

L’amore può nascere e resistere anche nelle situazioni più avverse?

Se c’era una cosa che aveva capito nei suoi viaggi nel tempo è che la vita di tante persone può cambiare modificando anche solo un dettaglio.

Cosa sarebbe successo se avesse salvato la vita alla granduchessa Anastasija?

Probabilmente non si sarebbe innamorata di Dimitri, un semplice domestico, come raccontava il film di animazione che amava tanto, più verosimilmente sarebbe andata in sposa a qualche monarca, la storia europea e mondiale sarebbe stata diversa.

Ma anche una singola decisione può cambiare per sempre il futuro di una persona.

Come sarebbe stata la vita di Stage Jensen se avesse affrontato la morte di suo padre in un’altra maniera, se non si fosse fatta indottrinare dalla profezie di un pazzo visionario…

Se Sonny Raheem quella sera al Smith's Union Bar, avesse avuto l’anello e avesse fatto la sua proposta di matrimonio a Leilani, il suo destino sarebbe stato diverso?

Probabilmente no, ma lei aveva cambiato la sorte del tenente Cam Rohan, involontariamente agendo con leggerezza.

Quando la carrozza si era fermata davanti a Lindsey House, Caroline si sentiva spossata ed esausta, l’unica cosa che desiderava era chiudersi nella sua stanza.

Klaus la stava aiutando a scendere e mentre appoggiò la mano sul suo palmo teso, incrociò il suo sguardo accigliato e solo in quel momento si rese conto che per tutto il percorso non aveva proferito parola, troppo persa nei suoi pensieri.

 

La dimora londinese dei Bewcastle era avvolta nel silenzio.

«Lord Elijah, Lord Kol e Lady Rebekah sono andati a teatro» li mise al corrente il maggiordomo «le Vostre Signorie gradiscono qualcosa da mangiare?».

Caroline scosse la testa «E’ molto tardi Francis» gli sorrise «preferisco ritirarmi»

«Portatemi un vassoio nello studio» ordinò Klaus.

 

Jennifer l’aveva aiutata a fare il bagno, poi le aveva spazzolato i capelli fino a renderli lucidi e setosi, Caroline l’aveva congedata ed era rimasta seduta a guardarsi nello specchio.

La vampira rimpianse la sua decisione di non andare a fare la solita passeggiata con Bonnie e Rebekah, l’avrebbero subissata di domande e lei non voleva parlare della sua lite con Klaus, ma ora avrebbe fatto di tutto per parlare con le sue amiche.

La missione era andata bene, perché si sentiva così triste?

Care sentì bussare alla porta «Entra pure… hai dimenticato qualcosa?» chiese senza neanche voltarsi a guardare.

«Beh… non ci eravamo dati la buonanotte, Love»

«Credevo fosse Jennifer» mormorò la donna allacciandosi meglio la vestaglia.

Klaus sorrise guardandola attraverso lo specchio «Gli abiti che portavi nel 1938 rivelavano molto di più, Love…»

Caroline si strinse nelle spalle.

«Ma erano abiti da giorno… e anche se più succinti, non è la stessa cosa…» continuò l’uomo fissandola.

La vampira annuì.

Stavano a qualche metro di distanza, lui in piedi che continuava a guardala, lei seduta sullo sgabello della sua toeletta, le mani a stringere i bordi della vestaglia.

«Volevo vedere la penna che mi hai preso a Pearl Harbor»

«Ha fatto un bagno nell’oceano» sussurrò dispiaciuta Care alzandosi «ma ho fatto del mio meglio per pulirla»

«Non importa se non funziona a dovere, la terrò per ricordo…»

Klaus sorrise guardando l’espressione della donna «Sono consapevole che non potrò tenerle, rischierei di disfarmene, non conoscendo il loro significato, le custodirai tu per me… e quando verrai a salvarmi, me le renderai»

«Credo che si possa fare» annuì la vampira appoggiando un fazzoletto sul suo letto, poi dopo essersi seduta cominciò ad assemblare i pezzi della stilografica che aveva smontato per togliere la salsedine.

Caroline si concentrò su quello che stava facendo senza mai sollevare lo sguardo, consapevole che l’uomo non le staccava gli occhi di dosso, quando ebbe finito gliela porse con un piccolo sorriso.

Klaus la osservò per qualche secondo «Grazie, Love… è bellissima»

«Spero che funzioni…»

«La proverò immediatamente»

Per qualche istante continuarono a fissarsi in silenzio, Klaus sembrava non avesse nessuna intenzione di lasciare la stanza.

«Devo chiederti un altro servigio, Love… quando tutto questo sarà finito, insieme alla mia collezione di ricordi di viaggio, ti darò un’altra cosa da custodire per me, da consegnare esclusivamente nelle mani del me stesso del futuro… un diario…»

Caroline lo fissò a bocca aperta.

«Dalla tua reazione, presumo che tu sappia che non è da me fare una cosa di questo tipo… beh ne sono consapevole!
Ma ho realizzato di averne bisogno, mettere per iscritto i miei pensieri mi aiuta a non impazzire, non capisco cosa tu mi abbia fatto, Love…
Magari in realtà oltre ad essere una vampira sei anche una strega e sono sotto l’effetto di un sortilegio!
Oppure sono questi sbalzi temporali a confondermi le idee!

Vorrei parlare con il me stesso del futuro!
Confrontarmi con lui!
Voglio chiedergli lumi su come ha fatto a starti vicino senza provare ad averti per sé …
Perché io non riesco a pensare ad altro… dall’istante che sei entrata a casa mia, a New Orleans…»

Tutto successe in un attimo… istinto puro.

Caroline si era alzata dal letto, lo aveva afferrato per il bavero della giacca da camera, lo aveva attirato a sé e lo aveva baciato.

Klaus per un secondo rimase interdetto, preso completamente alla sprovvista, ma poi ricambiò il bacio con passione.

«Ti prego… ti scongiuro, esci subito dalla mia stanza e non chiedermi mai il perché io l’abbia fatto» sussurrò Caroline guardandolo negli occhi.

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Capitolo 12
*** Capitolo Undici ***








La mattina seguente, a colazione, Caroline era silenziosa.

«No… non mi dire che hai fatto un pasticcio anche nell’ultima missione!» contemplò Rebekah dispiaciuta.

«Io non faccio pasticci!»

«E allora cosa hai?»

Care sospirò.

«Dai dimmelo… puoi confidarti»

Caroline prese un profondo respiro «Ieri sera non sono riuscita a controllarmi e l’ho baciato»

Rebekah sgranò gli occhi «E lui?»

«Beh, ha ricambiato…»

«Ci credo!»

«Non guardarmi così Becca!»

La vampira Originale addolcì l’espressione in un tenero sorriso.

«E’ così che ti chiamo nella mia epoca» le sorrise di rimando Caroline.

«Mi piace moltissimo…»

Elijah e Klaus entrarono in quel momento, entrambi diedero il buongiorno sorridendo cordiali.

«Kol è andato a fare una galoppata alla Serpentine» li informò la sorella.

«Lo invidio da morire!» aggiunse sbuffando.

Una domestica entrò silenziosamente con un vassoio dove erano appoggiati due bicchieri pieni di un liquido rosso scuro.

Come nutrirsi nel 1800, senza fare del male a nessuno, era stato il primo problema al quale Caroline aveva pensato, ma Rebekah l’aveva rassicurata dicendo che in quel periodo lei e i suoi fratelli si comportavano bene! 

Avevano al loro servizio un “guaritore” e uno stuolo di domestici che a rotazione, tramite un salasso, gli garantivano il sostentamento necessario. 

Care non aveva fatto salti di gioia al pensiero di usare delle “sacche di sangue umane” ma aveva dovuto convenire che le persone che avevano quella mansione, erano nutrite e curate a dovere.

Caroline sorrise bevendo l’ultima goccia di sangue che era rimasta nel suo bicchiere.

Rebekah la guardò sospettosa.

«Ero molto preoccupata per come mi sarei nutrita nel 1800» confessò «Non sono a mio agio a bere direttamente da una persona»

«Non avevo il minimo dubbio, Love»

Care si girò ad incrociare il suo sguardo per la prima volta da quando era entrato e ricambiò il sorriso che l’uomo le stava riservando, poi si girò per parlare di nuovo con Becca.

«E tu ti sei divertita parecchio a dipingermi scenari cruenti… solo in un secondo momento mi hai spiegato come eravate organizzati»

Rebekah scoppiò a ridere.

«Sì, non cambierai mai!» la ribeccò divertita Caroline.

«Peggiorerai!» infierì Klaus.

«Quando mi hai descritto il suo abbigliamento, la prima volta che l’hai vista nel 2020…» Elijah sospirò scuotendo la testa.

«Non mi hai detto che mi avevi incontrato!»

«Non ne volevo parlare! Correvi il rischio che ti sbranassi! Eri vestita in un modo indecente!»

«Doveva andare a ballare!» la difese Caroline «Anche in questa epoca gli abiti da sera sono più scollati e provocanti di quelli da giorno!»

Klaus rischiò di soffocarsi con il sangue che stava bevendo «Anche tu vai in giro agghindata in quella maniera nel 2020?»

Caroline gli scoppiò a ridere in faccia «Anche io vado a ballare! Spesso proprio con tua sorella! L’ultima volta che ho visto Kol, mi ha portata in un locale molto particolare di New York e ci siamo scatenati fino a notte fonda! Ma devo ammettere che il mio look è meno appariscente di quello di Becca» la donna guardava divertita le reazioni del vampiro «Ma se ci fai caso, anche in questa epoca… tendo a non osare troppo con le scollature e risultare più sobria della maggior parte delle gentildonne»

«Ma riesci comunque a calamitare l’attenzione su di te, Love»

 

«Dovevamo andare al ballo della Contessa di Sheringford!» sbuffò Rebekah.

«L’evento più importante è questo concerto… le persone che contano sono tutte qui» le mormorò in risposta Caroline.

«Una ragione in più per andare al ballo! Tra gli esclusi!» sibilò la vampira Originale «Più libertà… più divertimento!»

Caroline rise nascondendosi dietro il ventaglio «Lo ammetto… sono pessime!»

«Mi stanno sanguinando le orecchie, Love» si intromise Klaus che le sedeva accanto «Wolfgang Amadeus Mozart si starà rivoltando nella tomba!»

«Ma santo cielo! Ma un po’ di pudore? Un po’ di amor proprio?» scosse la testa Kol.

«Non si può esimersi dal presenziare al concerto annuale delle Lady Smythe-Smith» spiegò Morgan sottovoce che era seduta dietro di loro «E siete fortunati che Lady Honoria quando si è sposata, ha appeso il suo violino al chiodo!»

«Mi vorreste fare intendere che c’era qualcuna peggio di quella ragazza, che ha almeno la decenza di nascondersi dietro il suo violoncello?» domandò Elijah.

«In confronto a come Lady Honoria Smythe-Smith suonava il suo strumento, si potrebbe affermare che Lady Iris, sia talentosa come Jean-Baptiste Bréval» commentò Wulfric St Clair, senza distogliere neanche per un secondo la sua attenzione dal palco.

 

«Lady Bedwyn, permettete una parola?»

Wulfric si era avvicinato a Rebekah durante l’intervallo del concerto.

«Non è cortese venirmi a rubare la dama, St Clair!»

«Sopravviverai per qualche minuto, Hallmere…»

«Perché non lo chiamate Simon, se siete così tanto amici!» scosse la testa Rebekah mentre lo seguiva.

«L’omissione del titolo è già di per sé una chiara espressione di confidenza»

L’ampia terrazza, che si affacciava sul giardino curato, era illuminata ad arte, lasciando qualche punto in semi oscurità ed era proprio verso uno degli angoli più bui che il Barone, in maniera elegante ma decisa, stava conducendo la vampira.

«Mi spiegate a che gioco state giocando?»

«Non capisco a cosa vi riferite, Milord»

«Perché mi avete mandato un biglietto tramite il vostro garzone?»

«Marcel non è un nostro domestico! Fa parte della famiglia!» chiarì piccata Becca.

«D’accordo, riformulo la domanda… Perché, tramite il vostro protetto, mi avete mandato un biglietto, nel quale mi indicavate il colore del vostro abito di stasera?»

Rebekah lo guardava maliziosa, stava per rispondere quando sentirono l’invito ad accomodarsi per la ripresa del concerto.

«Ci conviene rientrare, Wulfric» mormorò la vampira «qualcuno potrebbe accorgersi che ci siamo appartati e sarebbe molto compromettente! Inoltre potrebbe notare che il vostro panciotto è della stessa sfumatura di verde del mio vestito…»

 

«Almeno il cibo è ottimo! Non è vero mia adorata cognata?»

«Concordo! Mai assaggiato un sorbetto così delizioso!»

«Sarà mia premura farvene arrivare una porzione tutte le sere, Vostra grazia…»

Caroline si girò e quasi si scontrò con un uomo che le sorrideva seducente.

«Perdonatemi l’ardire, ancora non ci hanno presentato e sono consapevole che rivolgervi la parola è contro ogni tipo di cerimoniale e buona creanza, ma il mio modo di comportarmi è esattamente il motivo per il quale non ci hanno introdotti» spiegò facendole un occhiolino «Il Marchese di Dain, per servirla Milady» aggiunse facendole un inchino.

Kol inarcò un sopracciglio «Quando si dice un approccio diretto» commentò ironico.

Uno scampanellio annunciò che era arrivato il momento di ritornare nella sala del concerto.

«Mi permettete di scortarvi al vostro posto, Vostra Grazia?»

«No, che non ve lo permette!» tuonò Klaus che era sopraggiunto alle spalle del Marchese «quello è compito mio»

 

 

Caroline e Klaus erano già scesi dalla loro carrozza per presenziare all’ennesima serata danzante, quando Rebekah si era fermata sul predellino, aveva visto che la Contessa di Rosslyn e Lady Crane erano già arrivate e stavano attendendo di essere annunciate.

«Non ce la posso fare!» sbottò «Un’altra sera a conversare e a danzare con dei gentiluomini insulsi, frivoli e scialbi… rischio di fare una strage! Io vi avverto!»

«Scalda il cuore l’opinione che avete della nobiltà inglese»

La vampira Originale si era girata a guardare il Marchese di Hallmere che la stava scrutando ironico, al suo fianco il Barone St Clair la fissava algido.

«Non tutti ovviamente! Ma l’etichetta mi vieta di danzare con voi due tutta la sera!»

Simon scoppiò a ridere «E’ innegabile, Lady Bedwyn, siete una ragazza straordinaria! In due parole siete riuscita a correggere il tiro e risultare deliziosamente impertinente!»

Morgan, che li aveva visti arrivare, aveva disceso la scalinata per andargli incontro.

«Lady St Clair, vi scongiuro! Datemi una serata libera… vi prometto che domani sarò brava e ubbidiente!»

Morgan l’aveva guarda accigliata non sapendo cosa dire.

«O mio Dio… il Marchese di Huntly sta parlando con tua zia!» sgranò gli occhi Rebekah «Vuoi vedere che è lui il mio cavaliere per il ballo di apertura? Con il suo accento scozzese non lo capisco quando parla! Ha due piedi sinistri… e passerò tutto il tempo a trattenermi dall’aggiustargli il parrucchino! Salvatemi!»

«Deliziosa!» commentò Simon continuando a sghignazzare.

«Vi hanno visto tutti Lady Bedwyn! Non potete andarvene» cercò di farla ragionare Morgan.

«Beh se il problema è questo…»

Becca si portò melodrammaticamente una mano alla fronte, poi si lasciò cadere stramazzando al suolo.

Kol scoppiò a ridere, Klaus ed Elijah trattennero a stento un’imprecazione.

Il Barone St Clair era stato il più veloce di tutti e si era chinato a soccorrerla, imitato immediatamente dal Marchese di Hallmere.

Tra le braccia di Wulfric, Rebekah aprì un occhio solo fissando Caroline che la stava guardando con le lacrime agli occhi, nel vano tentativo di trattenersi dal ridere.

«Andiamo a fare una passeggiata ai Vauxhall Gardens?»

Anche Morgan stava facendo una fatica immensa a contenersi, poi sforzandosi di assumere un’espressione preoccupata si girò verso Klaus.

«Vostra Grazia, fate richiamare la carrozza» esclamò a voce alta «vostra sorella ha avuto solo un leggero malore e si sta riprendendo, ma credo sia meglio ricondurla a casa»

 

 

«Questa sera ci divertiremo davvero!» sospirò compiaciuta Rebekah prendendo sottobraccio Caroline che era alla sua destra e Morgan che era alla sua sinistra.

Davanti a lei tutto brillava… sembrava un mondo fatato, illuminato da migliaia di lanterne colorate appese agli alberi.

Il loro arrivo non era passato inosservato, tutti i presenti si erano girati a guardarli non appena erano scesi dalle carrozze.

«Ribadisco che è stata una pessima idea, sorella» scosse la testa il Barone St Clair

«Mi dovevo far perdonare il concerto di ieri sera, Wulfric!»

«Ci vuole ben altro di una passeggiata ai Vauxhall Gardens per dimenticarsi di quel quartetto» rise di gusto il Marchese di Hallmere.

«Parole sante, Hallmere!» ribadì Kol.

«Infatti ci vuole anche una serata senza le vostre zie che mi tampinano!» esclamò Rebekah sempre più eccitata.

Simon scoppiò a ridere senza freni.

«Rebekah!» l’ammonì Elijah «Dovresti baciare il suolo su cui cammina la Contessa di Rosslyn! Il Ton è convinto che sei una giovane gentildonna!»

«E per quanto riguarda mia zia, mi pare di avervi implorato di non metterla al corrente del fatto che non avete nessuna intenzione di sposarmi!» la rimproverò mentre stava ancora sghignazzando il Marchese di Hallmere «Rischiereste davvero di farla passare a miglior vita!»

Morgan si girò a guardare Simon.

«Non mi sono proposto» si affrettò a chiarire il gentiluomo «Lady Rebekah è stata così gentile dal diffidarmi al farlo, sostiene che le sono troppo simpatico per farmi affrontare il suo rifiuto»

«Meno male!» commentò Klaus «Non ne posso più di mettere alla porta i pretendenti!»

«A che numero siamo arrivati?» domandò Kol

«34… trentaquattro uomini da internare immediatamente! Come si fa a volerla sposare?»

«NIK!» lo redarguì la sorella.

«L’uomo che sposerà la mia deliziosa cognata, sarà un uomo fortunato!» esclamò Caroline «Credimi, my dear»

«Cerchiamo di non disperderci!» li ammonì severo il Barone St Clair «e sopratutto rimaniamo in luoghi affollati»

«Ve l’ha mai detto nessuno che siete tremendamente noioso, Milord?»

«Vorrei evitare che siate costretta a sposarvi il primo gentiluomo che vi trascina in uno dei padiglioni!»

«Wulfric!»

Morgan guardava il fratello a bocca aperta, mentre Simon continuava a ridere divertito.

«E’ la prima volta che ti vedo così sgarbato, Clairy!» commentò stuzzicando l’amico.

«La colpa è vostra, sorella! Un conto era venire qui, tra qualche settimana! Quando ci sarà l’evento organizzato, selezionato… quando anche i viali più lontani ed appartati saranno illuminati! In serate come questa ci sono solo coppie clandestine e depravati!»

«Non può essere come dite, Lord St Clair» cinguetto Rebekah ancorandosi al suo braccio «Siamo qui anche noi e non siamo ne l’una ne l’altra cosa»

«Ah… per quanto mi riguarda non ci giurerei» esclamò Kol, poi rivolgendosi al fratello continuò «Andiamo?»

«Dove?» chiese Caroline.

«Avevo già intenzione di sgattaiolare dal ricevimento più tardi, una Viscontessa, rimasta prematuramente vedova, mi ha concesso di farle compagnia durante i fuochi d’artificio, porterà un’amica… quindi ho promesso di portare Elijah»

Il fratello maggiore alzò gli occhi al cielo.

«Beh divertitevi!» replicò Caroline.

«Non aspettateci, se la sorte mi sorriderà ci vedremo direttamente domani»

«E io tornerò con una carrozza a nolo!» chiarì Elijah.

«Non essere così pessimista fratello!»

Il Barone St Clair stava per dire una cosa, quando il Marchese di Hallmere lo precedette.

«Non fare quella faccia, Clairy! Siamo in numero sufficiente per far da cavalieri alle nostre dolci damigelle e per assicurarci che nessuno attenti alla loro virtù» sorrise porgendo il suo braccio a Morgan.

«E chi salverà Lady St Clair da lui?» chiese in maniera impercettibile Klaus iniziando a camminare con Caroline.

La vampira sorrise «Sfortunatamente la stessa Morgan!» replicò.

«Non vi hanno lasciato scelta….Clairy» bisbigliò Rebekah, stringendosi ancora di più al braccio del gentiluomo.

«Vi avverto, Milady… state giocando con il fuoco»

 

Una campana stava annunciando l'apertura della cascata artificiale, con un sistema di fogli di latta che si muovevano grazie ad un meccanismo, l’illuminazione e la musica che simulava l’acqua, sembrava quasi reale ed era uno spettacolo da non perdere.

Caroline era rimasta a bocca aperta.

«Ti piace, Love?»

«Non come se fosse vera… ma è impressionante»

«Sarebbe troppo alta, per una doccia…»

«Decisamente» arrossì Care.

«E’ tutto così finto!» scosse la testa Wulfric «I padiglioni cinesi, le false rovine! Templi, colonne e statue costruite e distrutte ad arte per farle sembrare antiche! Tutto questo ridere… bere e far finta di divertirsi!»

«Stasera sei proprio di cattivo umore, St Clair» lo rimbrottò il Marchese.

«Perché preferisco godere di cose concrete e reali e non sono attratto dall’effimero?»

«Perché oltre alle cose che hai elencato, ci sono anche delle belle passeggiate, le siepi curate, una buona musica e del cibo, ci si può anche rilassare e godersi la serata!» replicò l’amico.

«Se la vita vi offre dei limoni, la cosa migliore da fare è che impariate a fare le limonate, Milord» gli sorrise gentile Caroline.

«E anche questa me la sono mentalmente annotata, Love»

Klaus si chinò a darle un piccolo bacio sulla tempia, facendola arrossire.

«Sono bellissimi insieme» sussurrò Simon.

«E’ vero» gli rispose Morgan.

«E sia!» esclamò Wulfric «Presumo, Milady, che non avete voglia di una limonata… ma sono sicuro che apprezzerete un Arrack Punch» fece rivolto a Rebekah.

«E’ abbastanza forte?»

«Il giusto…»

«Non mi ubriaco facilmente»

«Ne sono al corrente»

Rebekah fece per seguirlo.

«Dove credete di andare?»

«A prendere da bere!»

«Ho deciso di assecondarvi, ma non sono completamente rincretinito! Non potete avvicinarvi ai chioschi! Voi aspetterete su quella panchina laggiù! Insieme a vostro fratello, mentre Hallmere viene con me!» ordinò risoluto.

Rebekah per qualche secondo lo fissò irritata, poi si girò e si incamminò verso il punto che il Barone le aveva indicato.

«Tuo fratello mi piace ogni giorno di più» scosse la testa divertito Klaus, scortando Caroline e Morgan.

 

«Che gradevole sorpresa, Vostra Grazia»

Caroline che stava conversando con Morgan e Rebekah alzò lo sguardo.

Il Marchese di Dain le fece un galante inchino.

«Milord…» lo salutò educatamente la vampira.

«I miei amici» continuò il gentiluomo indicandole degli uomini che lo accompagnavano «Mi avevano riferito che vostra cognata non si era sentita bene stasera, potete immaginarvi il mio stupore nel vedervi qui!»

«Si è trattato solo di un leggero malore, abbiamo pensato che una passeggiata all’aria aperta le avrebbe giovato»

«E’ la stessa cosa che ho pensato io, perché rinchiudermi in una sala da ballo se non avevo l’opportunità di danzare con voi? Incontrarci qui è una fortunata coincidenza… non credete?»

Klaus era stato trattenuto da un anziano Duca, che voleva discutere delle annessioni da White’s, a suo dire ultimamente la moralità delle nobiltà inglese stava progressivamente degenerando e dovevano porre un limite, non sarebbe dovuto essere sufficiente avere un titolo, per diventare soci del più prestigioso club londinese.

Nonostante le chiacchiere dell’anziano gentiluomo il vampiro Originale non si stava perdendo una virgola di quello che stava accadendo a pochi metri da lui.

Il Marchese di Dain stava sfoderando tutte le sue armi seduttive, ma Caroline lo stava tenendo a distanza in maniera ferma e decisa, sebbene gli sorridesse cortese e gioviale.

Klaus si guardò intorno. 

Quando erano arrivati aveva concordato con il Barone St Clair, quella sera gli avventori dei Vauxhall Gardens non sembravano essere particolarmente altolocati, ma con il passare dei minuti doveva ammettere che aveva notato parecchi gentiluomini, tutti in abito da sera, che passeggiavano nelle vicinanze, tanti piccoli gruppi di due o tre nobili.

«Vostra grazia! Ma che piacere incontrarla qui!» Simon si era avvicinato e si era trascinato via il Duca attempato.

«Dobbiamo andarcene…» sussurrò il Barone a Klaus.

Il vampiro si guardò di nuovo intorno sospettoso.

«Hanno triplicato la posta da White’s!» continuò Wulfric.

Klaus lo guardò di traverso.

«So che sapete, Bewcastle!»

«Li hanno avvertiti?»

«Qualcuno che ci ha visto arrivare è andato sicuramente al club a riferire che vostra moglie era qui, quale migliore circostanza? Non siamo ad un ricevimento o sotto agli occhi del Ton e delle loro mogli!»

Il vampiro stava per muoversi quando Lord St Clair lo bloccò.

«Non potete sbranarli! Non potete soggiogarli! Ogni Lord di Londra è a conoscenza della scommessa! Tutti hanno fatto una puntata!»

«Non possiamo andarcene!» sussurrò il Marchese di Hallmere, che dopo aver congedato il Duca era tornato indietro.

«Perché?» chiese Wulfric.

«Perché sembrerebbe che abbiamo qualcosa da nascondere!»

Klaus annuì.

«Amore mio… » si avvicinò verso Caroline allungando le mani «facciamo finalmente questa passeggiata?»

La vampira gli sorrise «Certo tesoro, non vedo l’ora…»

«E’ rinfrancante non è vero, Bewcastle?» esclamò Lord St Clair «Lontano dai salotti e le sale di ricevimento non dovete condividere vostra moglie con nessuno!»

«Esattamente, Clairy» stette al gioco Klaus «Qui posso avere più di due balli con la mia Duchessa!»

«Uno, Niklaus! Avresti dovuto averne solo uno! Ma ti sei sempre concesso delle libertà!»

«Puoi biasimarmi?»

«Assolutamente no!» scoppiò a ridere il Barone, sotto gli occhi di molti gentiluomini che avevano assistito allo scambio di battute.

«Un po’ di libertà ce la possiamo concedere tutti» esclamò Rebekah avvicinandosi con la mano tesa, che Wulfric baciò galantemente, poi l’uomo si chinò con fare seduttivo e una strana luce negli occhi «Siete una vipera!» mormorò continuando a sorridere.

«Poi mi spiegate cosa sta succedendo qui…» sussurrò di rimando Rebekah con lo stesso tipo di atteggiamento «Perché tutto ad un tratto vi date del tu e vi comportate come se foste fratelli di latte!»

«A quanto pare a noi tocca il ruolo di chaperon! Lady St Clair» si incamminò Simon.

«Temo proprio di sì, Milord» annuì Morgan accettando di seguirlo.

 

«Lo sapevi…»

«Che buona parte dei gentiluomini di Londra ha scommesso di portarmi a letto? Sono una vampira anche io… Tesoro!»

Klaus la guardò accigliato.

«Morgan…» esclamò a voce alta la vampira «Non ti sembra che il Marchese di Dain assomigli a quell’uomo che mi hai mostrato l’altro giorno in Bond Street? Tom Ellis… mi sembra si chiamasse!»

«Chi? Lucifero in persona?» sorrise la strega «Concordo mia cara… e mi pare di averti già detto che il Conte Westcliffe lo vedrei bene a fare la pubblicità di un profumo!»

«Si ricordo! Avevamo anche immaginato dove potrebbe essere ambientata! Su una barca… nel mar mediterraneo! Un qualcosa di Dolce!»

«E Gabbana…» scoppiò a ridere Morgan «Invece il Duca di Kingston, sarebbe un perfetto Thor!» aggiunse guardando divertita Simon che la fissava sconvolto.

«Assomiglia ad uno dei nostri domestici in America… aspetta come si chiamava? Hemsworth! Chris Hemsworth! Non sembra anche a te tesoro?» sorrise in maniera ironica a Klaus.

«Mi sembra di capire che non solo sai della scommessa, ma anche chi sono i cavalli di razza sui quali hanno puntato tutti!»

«Già… e con Morgan ci siamo divertite a trovare delle somiglianze con uomini famosi della mia epoca! Doveva descriverli alle ragazze …nel 2020!» gli sussurrò.

«E ti hanno dato dei suggerimenti su quale far vincere?»

«Beh… tua sorella ha detto che se davvero il Conte Westcliffe è il sosia di quello che fa la pubblicità del profumo, lei non avrebbe dubbi!»

Klaus scosse la testa infastidito.

«Non ci sarà nessun vincitore…»

Il vampiro la guardò di sottecchi.

«Ho degli standard piuttosto alti!»

 

«Che cosa era quella cosa?» chiese Simon.

«Un gioco che abbiamo fatto io e Lady Bewcastle»

«Mi sembra che tra voi sia nata una bella amicizia»

«Sì… è una persona adorabile!»

«Concordo…»

«Hai scommesso anche tu?»

«Di cosa stai parlando?»

Morgan inclinò la testa guardandolo con scherno.

«E tu come lo sai? Su certe cose c’è il massimo riserbo!»

«E allora dovete dire ai vostri soci di non ubriacarsi troppo! Qualcuno lo ha confessato direttamente a Caroline! Anzi voleva trovare un accordo per dividersi la posta!»

«Voglio il suo nome!»

«Non te lo dirò mai! Fino a quando ammetterete dei debosciati in quel vostro club esclusivo… noi donne non potremo entrare! Ma avremo sempre notizie di prima mano!»

Simon sorrise.

«Non ho scommesso, non potrei mai…» le mormorò guardandola negli occhi.

«Prima o poi dovrai…»

Il Marchese di Hallmere sospirò «E’ un vero peccato che Lady Bedwyn non voglia sposarmi!»

Morgan gli rifilò una gomitata e il gentiluomo scoppiò a ridere.

«Rebekah è tutto tranne che insignificante!» sibilò guardandolo storto.

«Tutte le donne in confronto a te sono insignificanti, amore mio…»

Morgan arrossì «Grazie… ma tua moglie lo deve essere per davvero!»

«Sposerò la più scialba delle donne… te lo giuro!»

«Non essere crudele!»

«La mia famiglia non vuole che sposi la donna che amo! Ho diritto ad essere crudele! Vogliono che mi sposi? Sceglierò la più altezzosa, la più odiosa e la più venale delle donne! Una che si atteggi a Duchessa ben prima di diventarlo e che li guardi dall’alto verso il basso… non importa! Non è affar mio! Quella donna da me avrà solo il titolo!»

Morgan annuì «Sono sicura che la troverai, quando ti metti in testa una cosa, riesci sempre nel tuo intento!»

«E tu sposerai il Visconte di Ashford»

La donna sbuffò.

«Questa cosa che hai scelto tu mio marito, non va affatto bene!»

«Ti ama… e non ti farà mai del male, e io ho bisogno di sapere che tu sia al sicuro»

«E avete entrambi gli occhi chiari e lo stesso colore di capelli…»

L’uomo sorrise impertinente «Beh questa cosa non guasta…»

«Io amerò per tutta la vita solo te… credimi Simon, è una cosa certa! Io amerò tutta la vita solo te…»

«Ed io te…»

«Sì, lo so…»

 

«E nessuno ha scommesso su di me?»

«Lady Bedwyn! Ma cosa dite!»

«Ma è demoralizzante che nessuno abbia pensato di sedurmi!»

«Nel vostro caso si parlerebbe di matrimonio!»

«E chi lo dice?»

«La buona creanza! Siete una debuttante!»

La vampira sbuffò.

«Allora è deciso! Dirò a Klaus di accettare la proposta del prossimo gentiluomo che chiederà la mia mano!»

«Voi siete completamente pazza!»

Il Duca di Kingston, stava arrivando dalla parte opposta, guardò Caroline che stava parlando con Klaus e non lo aveva degnato di uno sguardo, poi fissò Rebekah…. e le sorrise.

il Barone St Clair intercettò lo scambio di sguardi.

«Vedo che puntate in alto! Potete star più che certa che lui non si metterà mai in ginocchio dinanzi a voi!»

«Beh, una proposta forse no, ma in ginocchio ci si metterebbe di sicuro! Volete scommettere?»

«Certo che no!»

«Avete paura di perdere?»

«Sono sicuro di perdere!»

«Non lo soggiogherò! Se è quello che temete!»

«Lo so che non lo farete! Il problema è che so per certo che voi riuscireste ad irretire anche un santo! E Kingston è tutto fuorché un santo!»

«Al contrario di voi…»

«Non lo sono neanche io Rebekah… Fidati…»

 

Klaus aveva allungato un po’ il passo.

«Che stai facendo?»

«Metto un po’ di distanza tra noi e gli altri!»

Caroline sorrise.

L’uomo la sospinse verso un vialetto secondario «Abbiamo tutti bisogno di un po’ di privacy!»

«Non possiamo farlo!»

«Siamo sposati! Possiamo fare quello che vogliamo!» la prese per mano e continuò a camminare verso le siepi più interne e meno illuminate.

«Lo hanno capito tutti che non ho intenzione di tradirti!»

«Se vogliono vivere…»

«Promettimi che non torcerai un solo capello a nessuno di quei libertini!»

«E tu promettimi che non me ne darai motivo!»

«Puoi starne certo…»

Il vampiro la bloccò contro un albero.

«Ti avevo chiesto…» sussurrò Care.

«…di non farti domande… e ti posso garantire che l’ultima cosa che desidero è parlare…»

Klaus si chinò a baciarla e Caroline cedette immediatamente.

La vampira sentiva la corteccia contro la sua schiena, il suo corpo… e la sua mente volarono lontano…intensificò il bacio e si strinse contro l’uomo, avvertì le sue mani che le sfioravano il collo e che si insinuavano nella scollatura.

«Non puoi strapparlo questa volta! Non ho una giacca…»

Caroline smise di parlare, scosse leggermente la testa e chiuse gli occhi…

Klaus si era bloccato per qualche secondo, poi con delicatezza le aveva scoperto le spalle e si era chinato a baciarle, l’abito era sceso fino a scoprirle un seno, il vampiro lo aveva preso nel palmo della mano, mentre con le labbra era risalito sfiorandole il collo.

«Se non mi dici di fermarmi, rischio di perdere il controllo, Love»

Caroline ansimò, Klaus si scostò per guardarla.

La vampira era ad occhi chiusi, completamente abbandonata contro l’albero, tremava leggermente, alcune ciocche di capelli erano sfuggite all’acconciatura, aveva le zanne esposte e si mordeva le labbra.

«Caroline…» mormorò roco.

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Capitolo 13
*** Capitolo Dodici ***


Klaus stava centellinando il suo bicchiere di sangue.

Al tavolo della colazione Kol stava tenendo banco con il racconto della sua serata, Elijah lo ascoltava infastidito, al contrario Rebekah rideva divertita.

Il vampiro roteò il bicchiere, come se contenesse il più pregiato dei vini, era tutto così nitido nella sua mente…

Caroline abbandonata ad occhi chiusi… illuminata dalla luce delle lanterne appese ai rami, le ciocche dorate, uscite dall’acconciatura che le sfioravano le spalle, la testa leggermente all’indietro e il collo allungato verso di lui, per essere baciato… per essere assaggiato…

Il seno esposto, perfetto… che sembrava creato per le sue mani…

Le zanne conficcate nelle labbra rosse e gonfie… 

Il rivolo di sangue che le scendeva lungo il mento…

«Nik? Ci sei?»

Esattamente come la notte prima sentì delle voci in lontananza che ebbero l’effetto di ridestarlo.

Guardò di traverso la sorella e bevve l’ultima sorsata.

Anche Caroline aveva avvertito la presenza di qualcuno, tra le alte siepi dei Vauxhall Gardens, ma sembrava incapace di riprendersi, Klaus le aveva sistemato l’abito, aveva avvolto la ciocca di capelli e l’aveva fermata con una forcina, poi si era chinato a leccarle via il sangue dal viso.

Lei aveva tremato ancora una volta tra le sue braccia.

«Sei buonissima» le aveva sussurrato con voce roca.

Era impossibile non capire ciò che era avvenuto in quel padiglione e quando lui e Caroline incrociarono tre gentiluomini che si aggiravano nell’oscurità, ne ebbero conferma dallo sguardo che gli lanciarono.

«Bene! Ora tutti sapranno che sono perfettamente in grado di soddisfare mia moglie!» non era riuscito a trattenersi dal commentare Klaus.

Caroline arrossendo aveva abbassato lo sguardo.

«Chi tace acconsente, Love…»

 

«Mia moglie è ancora nelle sue stanze?» domandò Klaus a Cora che era entrata insieme ad una domestica.

«Sua Grazia è nel salottino privato con Lord e Lady St Clair, Vostra Grazia»

 

«Cosa ci fate qui fuori?»

«Mia sorella e vostra moglie in maniera gentile, ma inequivocabile, mi hanno fatto capire di voler restare sole.»

«Vostra Grazia, il Marchese di Hallmere chiede di essere ricevuto» gli venne incontro Francis dandogli un biglietto da visita.

«Fatelo accomodare nel mio studio, venite anche voi, St Clair»

 

«Non mi sento a mio agio» stava dicendo Caroline «Non posso e non voglio mentirgli»

«Ma lui non può venire con te questa volta»

«Questo non significa che glielo dobbiamo nascondere»

«Facciamo come vuoi tu Caroline»

 

Simon entrò nello studio, poi tentennò vedendo che c’era anche Wulfric.

«Morgan doveva incontrare Lady Bewcastle, l’ho semplicemente accompagnata» spiegò il Barone.

«Cosa eravate venuto a rifermi, Lord Hallmere?»

«Vostra grazia…»

«Niklaus… o se preferite Bewcastle, mi sembra che dopo ieri sera certi formalismi siano inutili»

Simon sembrò titubante. «Sono stato a colazione da White’s…»

«Ancora insistono con quella dannata scommessa?» lo interruppe Klaus infastidito.

Il marchese sorrise «Beh… sono tutti abbastanza demoralizzati, a dire il vero… è opinione comune che si può sedurre una moglie annoiata o che abbia contratto un matrimonio d’interesse, di certo non una donna che…» Simon si fermò un po’ in imbarazzo.

«Parlate liberamente, Hallmere…»

«Una donna che riesce a mantenere viva la passione, tanto da indurre il marito, per giunta un Duca, a isolarsi in un luogo pubblico.»

«Quindi ci hanno visto…»

«Ci sono molte versioni dei fatti, ma direi di sì…»

«Per amor di verità mentono… non possono aver visto una cosa che non è avvenuta»

Wulfric sollevò un sopracciglio.

«Per vostra informazione, mi infastidisce persino il fatto che voi possiate ipotizzarlo, St Clair! Siamo stati via solo qualche minuto! Vi posso assicurare che necessito di molto più tempo!»

«Sì… un argomentazione piuttosto valida, Bewcastle, devo convenire con voi» annuì il gentiluomo.

«Quindi hanno ritirato la scommessa?» chiese Klaus.

«Non esattamente» rispose Simon «il Marchese di Dain asserisce che può ancora farcela e il Conte Westcliffe vuole sondare il terreno prima di decidere il da farsi, sostiene che ancora non ha neanche cominciato a giocarsi le sue carte…»

«E il Duca di Kingston?» domandò Wulfric.

Simon guardò l’amico, poi si voltò verso Klaus «In effetti era proprio di lui che ero venuto a parlarvi, Il Duca si è dichiarato sconfitto, sostiene che tentare di sedurre una donna innamorata del marito è una causa persa… ma ha lanciato un’altra partita, che riguarda vostra sorella»

«Cosa?» quasi urlò il Barone. «Non può aver fatto una cosa del genere! E’ inammissibile… non è mai accaduto che si scommettesse su una debuttante alla sua prima stagione»

Il Marchese di Hallmere annuì.

«Ma neanche che si scommettesse su una ragazza nubile!» continuò infuriato Wulfric «Equivale a rovinarla per sempre!»

«Non è una regola scritta…»

«Perché basta il buon senso! La rettitudine!»

«Pensano che oltreoceano certe regole siano meno rigide e che la sorella di un Duca una volta tornata in America sia al riparo da voci e scandali… o comunque può contrarre un buon matrimonio con uno dei tanti nuovi ricchi che sono alla spasmodica ricerca di un titolo nobiliare»

«Ma è intollerabile! Niklaus non dite niente?»

«Mi sembra che ve la stiate cavando egregiamente, non ho niente altro da aggiungere… anche perché non me ne avete dato modo, Wulfric…»

Klaus sorrise al Barone che lo guardava torvo «E mi sembra anche inutile ricordarvi che mia sorella sa badare a se stessa»

«Esattamente come Caroline» ribatté il nobile guardandolo in cagnesco.

«Questa volta sono io a dover convenire con voi» annuì il vampiro «Cosa mi consigliate di fare?»

«Accettare una proposta di matrimonio, la mia… vi chiedo formalmente il permesso di sposare vostra sorella»

Il Marchese di Hallmere sgranò gli occhi.

«Un fidanzamento ufficiale è un vincolo sociale e giuridico, la renderebbe intoccabile» continuò Wulfric sostenendo senza nessun timore lo sguardo del vampiro.

Klaus annuì «E sia, avete il mio consenso»

«Ora non mi resta che propormi a Lady Bedwyn»

«Volete che interceda?»

Il Barone St Clair sorrise «Assolutamente no!»

 

«Elijah, Kol… il Barone St Clair deve conferire con nostra sorella»

Rebekah guardò i suoi fratelli lasciare la stanza.

«Stamattina siete ancora più serio del solito, Milord, è successo qualcosa?»

«Mi sono sentito in dovere di complimentarmi di persona… ora potete rallegravi perché per la prima volta dal 1693, anno della sua fondazione, sul libro delle scommesse di White’s si è ufficializzata una partita che prevede di sedurre una ragazza nubile, perlopiù alla sua prima stagione londinese… le mie più vive felicitazioni, Milady!»

Rebekah scoppiò a ridere divertita.

«Sapete, Milady… quando mia sorella mi ha messo al corrente di quello che stava accadendo, ve lo confido… ho valutato l’ipotesi di farla rinchiudere in un manicomio! Streghe? Vampiri? Viaggi nel tempo? Era tutto così assurdo…
Poi voi siete arrivati a Londra, ed io ho dovuto fare i conti con il fatto che la vita è imprevedibile e ti può sorprendere e che ci sono cose che non puoi controllare o comprendere.
Ma questo? Vi sembrerà strano, ma la vostra reazione mi sconvolge più delle rivelazioni di Morgan.
Perché l’alta società è il mio mondo e le regole che lo governano le conosco alla perfezione!
Quindi ora io vi spiegherò cosa vi accadrà nei prossimi giorni.
Da principio vi accorgerete delle occhiatine di sottecchi e delle risatine celate, poi con il passare dei giorni gli sguardi si faranno più persistenti e le risate più sfrontate, saranno degli uomini a comportarsi così e questo sconvolgerebbe qualunque debuttante, ma non voi, ne sono consapevole…
I veri problemi arriveranno quando se ne accorgeranno le altre Lady, chiederanno di conto… e vi posso garantire che troveranno parecchi gentiluomini pronti a riferire i particolari, e a quel punto, una partita ancora da cominciare, si trasformerà in una scommessa già vinta, per tutti sarà cosa fatta… e non importa se avete già ceduto o meno alle lusinghe del gentiluomo in questione, agli occhi del Ton sarete una reietta… una persona che non può essere ricevuta nei salotti»

Rebekah aveva ascoltato Wulfric in silenzio, a mano a mano la sua espressione si faceva sempre più seria.

«Vi ho osservato bene in questo periodo» continuò il nobile «non trovo difficoltà ad ammettere che mi intrigavate, siete una ragazza dalla bellezza sfolgorante e io sono un uomo…
La vostra espressione mentre camminavate al braccio di vostro fratello la sera del vostro ballo di debutto, mi ha fatto dubitare che voi foste realmente la ragazza viziata e scortese che ha fatto impazzire mia zia durante i preparativi.
In quel momento, nel vostro abito candido, voi eravate una debuttante che si stava godendo il suo momento» Wulfric sorrise «Poi io mi sono avvicinato e ci siamo accapigliati!
Sono stato scortese e rude, ne sono consapevole, ma dovete convenire che mi avevate provocato»

Rebekah sorrise abbassando lo sguardo.

«Dopo quella sera, ve lo devo confessare, mi sono interessato al vostro passato, ho domandato lumi a Morgan e ho scoperto molte cose.
La vostra vita è stata difficile, avete affrontato dei drammi inimmaginabili… e ad un certo punto ho compreso!
Ho capito una cosa che forse non volete ammettere neanche con voi stessa, ma che avete palesato, senza rendervene conto, nel momento in cui vi ho chiamato Miss Mikaelson: vi siete arrabbiata! Moltissimo… e sono sicuro che è stato per quel fatto che avete deciso di farmela pagare! Stuzzicandomi e cercando di farmi impazzire…»

«E ci sono riuscita?»

«Forse sì… o forse no, non saprete mai se sareste riuscita a farmi cedere…»

«Che volete dire?»

«Voi non volete essere Miss Mikaelson! In questi mesi… che saranno un anomalia, che saranno come se non fossero mai esistiti, voi volete essere Lady Rebekah Bedwyn, sorella del Duca di Bewcastle!
Volete fare acquisti in Bond Street e farvi vedere in Hyde Park mentre correte su un Phaeton, volete essere ricevuta nei salotti più esclusivi, volete riempire il vostro carnet da ballo… passeggiare nei Vauxhall Gardens e farvi rubare un bacio da un gentiluomo, volete essere ammirata dal vostro palco al Royal Covent Garden…
E io vi sto chiedendo di permettermi di farvi realizzare questi vostri desideri.»

Il Barone di St Clair si avvicinò prendendole una mano e se la portò alla bocca, poi sotto lo sguardo sbigottito di Rebekah si mise in ginocchio.

«Lady Bedwyn, vorreste farmi l’onore di considerarvi a tutti gli effetti la mia promessa sposa?»

«Mi state facendo una proposta di matrimonio? Ma siete impazzito?»

«Non riusciremo mai ad arrivare all’altare, Rebekah… le missioni di vostro fratello e Caroline giungeranno al termine e noi due torneremo alle nostre vite, ma se voi accetterete… io vi corteggerò, faremo insieme tutte le cose che vi ho elencato… non fingeremo di essere fidanzati, lo saremo davvero, fisseremo anche la data del matrimonio, in autunno… o all’inizio della prossima stagione e ci comporteremo come se tutto fosse reale… accettate?»

«Sì… accetto» sussurrò Rebekah.

 

«Klaus!» Esclamò Caroline entrando, seguita da Morgan.

Le donne si bloccarono quando videro chi fosse l’uomo appoggiato alla scrivania del Duca.

«Lord Hallmere… che piacevole sorpresa!» asserì sorridente Caroline.

«Milord…» lo salutò con un piccolo inchino Morgan, poi si guardò intorno «Mio fratello?» chiese.

«E’ impegnato… » rispose Klaus «sta facendo una proposta di matrimonio»

La strega lo guardò, poi scosse la testa «Volete ripetere, Vostra Grazia?»

«Lord St Clair ha chiesto la mano di mia sorella e io ho accettato, ora lo sta comunicando alla diretta interessata»

«MA SIETE IMPAZZITI TUTTI E DUE?» sbottò Morgan.

Simon la guardò esterrefatto, quello non era di certo il modo di rivolgersi ad un Duca, ma fu la risata senza freni di Klaus a lasciarlo senza parole.

«Dovresti vederti in questo momento, sweetheart…»

«E’ una pazzia… ve ne rendete conto?»

«Con poche conseguenze»

«Permettetemi di dissentire» si intromise Lord Hallmere «Un matrimonio mi sembra una cosa alquanto seria!»

Morgan e Klaus si guardarono in silenzio

«Si è venuta a creare una situazione» cominciò a spiegare in maniera più compassata il vampiro «Un gentiluomo ha avuto l’ardire di scommettere di riuscire a sedurre Rebekah…»

«Il Duca di Kingston!» batte il palmo della mano sulla scrivania Morgan, con un gesto di stizza.

«Ma come hai fatto a capirlo?» domandò Simon.

«Eh… lo so io come ho fatto!» alzò gli occhi al cielo Morgan.

«Vorrei che me lo spiegassi!»

La donna gli fece un cenno, come a significare di lasciar perdere.

«Insisto!»

Klaus sorrise di nuovo, scambiandosi uno sguardo di intesa con Caroline.

«Perché lo farà anche con me! Quando tutto il Ton capirà che mi hai chiesto in moglie e la tua famiglia ci ha rifiutato il consenso!
Mi dirà: “Non siete riuscita a sposare un futuro Duca, potete prendervene uno come amante!"»

«Sul fatto che avrai un Duca come amante ci puoi giurare! Ma di certo non lui! IO LO UCCIDO!»

Klaus scoppiò a ridere e anche Caroline si prese il volto tra le mani per cercare di dissimulare.

Il Marchese di Hallmere si girò a guardarli, poi si voltò verso Morgan.

«Quando hanno scoperto che non possiamo sposarci? E quando te l’ha fatta quella proposta?» domandò confuso.

«Caroline… ti prego…»

«Cosa?»

«Lo sai!»

«Ma sei sicura?»

«Ma di cosa state parlando?» chiese il nobile.

«Si! Fallo!» annuì la strega «Aspetta…»

Morgan si avvicinò a Simon, gli prese il volto tra le mani e lo baciò «Ok, procedi»

 

Il Marchese di Hallmere era uscito da un paio di minuti, quando Rebekah e Wulfric entrarono nello studio.

«Siamo fidanzati!» esclamò la vampira.

«Sì, lo sappiamo!» sbuffò Morgan «Festeggiamo lungo la strada per la Temple Church! Ci stanno aspettando!»

Klaus rise.

«Mi farete impazzire!» lo ammonì la strega.

«Sono contenta che tu sia di buon umore» sussurrò Caroline quando il vampiro le offrì il braccio «E’ una missione un po’ particolare…»

 

La strada era troppo breve per discutere della questione, ma Morgan riuscì ad esternare tutta la sua preoccupazione per gli ultimi avvenimenti, Wulfric non provò neanche a spiegarsi, lasciò che sua sorella si sfogasse ascoltando i suoi rimbrotti con rassegnazione.

 

«Sapete come funziona» fece la strega avvicinandosi al sofà dove si doveva stendere «questa volta vi lascio da soli con un po’ di apprensione! Comportatevi bene!»

«Fate buon viaggio, sorella!» replicò con un sospiro il Barone.

Wulfric osservò Morgan che scivolava in un sonno profondo, poi si girò verso Rebekah.

«Non mi avete dato tempo di fare una cosa» la rimproverò serio con il suo abituale aplomb «Siete corsa fuori dal salotto per dare la notizia»

«Avevo sentito dire che qui ha Londra non è d’uso regalare un anello…»

«In effetti è così, tra l’altro non avrei avuto il tempo per procurarmelo, ma se lo desiderate… me ne occuperò quanto prima»

«E allora cosa dovevate fare?»

«Suggellare il nostro accordo» disse prendendola tra le braccia «Mi sembra legittimo, non trovate?» mormorò chinandosi a baciarla.

 

Klaus aprì gli occhi, strinse a sé Caroline e sollevò lo sguardo per salutare le ragazze nella Chambre de Chasse.

Due uomini lo stavano fissando sorridenti.

«Ciao Klaus, mi ero preparato a questo momento, ma ora posso dire che non ero del tutto pronto» sorrise ancora più apertamente, uno di loro.

«Marcel…» mormorò Caroline cercando di aprire gli occhi «Vincent! Ci sei anche tu!»

«Eh sì… questo posto diventa sempre più affollato» commentò Bonnie divertita.

La vampira si era sollevata ed era corsa ad abbracciarli.

«Ti trovo in splendida forma, Caroline» esclamò lo stregone, poi dopo averla allontanata un po’ continuò «Sei bellissima! Il 1800 ti dona, ma non avevo alcun dubbio! Sei sempre stata una vera Lady!»

Klaus era rimasto in silenzio, Marcel continuava a sorridergli.

«Ti ho lasciato mezz’ora fa che eri un ragazzino… non so cosa dire»

«Se me lo permetti vorrei abbracciarti»

Rebekah, un po’ commossa, guardò i due uomini più importanti della sua vita che si lasciavano andare e si stringevano al centro della stanza.

Anche Caroline si stava godendo la scena con gli occhi un po’ velati.

«E tu sei il Reggente delle Congreghe di New Orleans» annuì Klaus rivolto a Vincent.

«Esattamente»

«Nonché il padre del nascituro»

«Anche questo è esatto, e un amico… aggiungerei»

«Evidentemente» commentò Il Vampiro.

«Sono contento che tu abbia deciso di venire ugualmente, desideravo incontrarti» affermò lo stregone.

Klaus lo guardò perplesso.

«Non abbiamo avuto tempo di parlare della missione» sospirò Caroline «Ancora non lo sa…» ammise.

Rebekah sghignazzò «Codarda!»

«Che succede?» chiese Klaus.

«Questa volta andrà Caroline da sola» intervenne Freya

«E’ fuori discussione» scosse la testa il vampiro.

«Non abbiamo scelta» replicò la sorella «Deve andare a New Orleans! Nel periodo in cui eri prigioniero di Marcel, non puoi farti vedere in città»

«Una pietra l’avevamo sotto il naso? A casa nostra?» chiese stupefatto il fratello.

«Questo viaggio non ha a che fare con i Gemini, questa volta riguarda te ed ad Elijah. Caroline deve andare a fotografare gli appunti di Vincent prima che il Vuoto si palesi, abbiamo motivo di credere che alcune di quelle formule muteranno o si cancelleranno quando tornerà a New Orleans»

«Non mi piace questa cosa! Sarà da sola!»

«Ci sarò io con lei» spiegò Vincent «Nello stesso modo in cui Morgan è con voi nel 1819»

La strega Gemini si avvicinò con un cristallo di rocca, identico a quello che lei portava sempre al collo.

«Sarà tutto molto semplice» spiegò lo stregone direttamente a Caroline «verrai da me, a Sant’Anna, ti presenterai… io avevo già sentito parlare di te» sorrise malizioso «quindi non fare caso se rimango un po’ stupito!» rise apertamente «Mi dirai che le antenate Bennet vogliono che indossi questa pietra, non farò obiezioni… perché penserò a Bonnie e a Mystic Falls e quindi ad un potenziale vostro problema da risolvere. 
Quando lo metterò al collo ci sarà il collegamento mentale e come ti è già successo con Morgan, non servirà che mi spieghi nulla! Saprò esattamente cosa devo fare…»

«E cosa è che devi fare?» chiese la vampira.

«Gli appunti sono conservati sotto gli assi del confessionale, dentro una cassaforte che si apre solo con il mio sangue, l’apriremo… tu fotograferai ogni pagina con il cellulare, la richiuderemo, ti ridarò il cristallo di rocca e potrai andartene!»

«E come lo giustifico il fatto che sono venuta da te?»

«Puoi dirmi che eri venuta a vedere la chiesa, che Rebekah ti aveva parlato di me e volevi conoscermi… basta che sei te stessa, mi sorriderai e io non avvertirò nessuna minaccia da parte tua, ne puoi essere certa»

Klaus grugnì infastidito.

Vincent alzò gli occhi al cielo «Lo sai meglio di me quanto il suo sorriso è rassicurante e sincero» commentò.

«Questa volta per l’outfit, siamo andate direttamente nel tuo armadio» rise Bonnie.

«Puoi indossare questi» fece Rebekah prendendo da un ripiano una pila di vestiti ripiegati.

Caroline sollevò una giacchetta corta, rifinita con bottoncini automatici e una chiusura lampo lungo tutto lo scollo, accarezzò una camiciola fiorata con le bretelle e un paio di jeans scuri.

«Non è divertente» sussurrò andandosi a cambiare.
 

Quando la vampira ritornò, Klaus la fissò a lungo… poi sorrise.

«Devo convenire con te, Love… i tuoi gusti sono decisamente più sobri di quelli di mia sorella! Sei semplicemente deliziosa…»

Care annuì abbassando lo sguardo e stringendosi contro la giacca.

L’uomo le si avvicinò ed incurante degli sguardi curiosi l’abbracciò.

«Continuo ad essere contrario a questa follia di mandarti da sola» asserì serio.

«Devi stare tranquillo, non mi succederà niente… ci serve per sconfiggere il Vuoto, per evitare che tu debba sacrificare la tua vita»

«Credimi, Sweetheart… la consapevolezza che lo stai facendo per me, aggrava ulteriormente il mio stato d’animo»

 

Era passata quasi un’ora da quando Caroline era partita, Klaus si era seduto su una sedia e da quel momento non aveva proferito parola, non aveva distolto lo sguardo da Vincent che era disteso su uno dei letti, neanche per un secondo.

Intorno a lui le persone parlottavano tra di loro, ma nessuno gli si era avvicinato e nessuno si era azzardato a tranquillizzarlo, perfettamente consapevoli che sarebbe stato inutile.

Lo stregone si mosse, poi aprì gli occhi.

«Tutto liscio come l’olio…» si rivolse direttamente a Klaus.

«E lei dove è?»

«Dalle qualche minuto per trovare un luogo isolato dove prendere il medaglione!» lo redarguì Morgan «Sai perfettamente come funziona!»

Klaus annuì.

Il tempo scorreva lentamente, nessuno osava dire una parola…

«E’ TUTTA COLPA TUA!» sbottò all’improvviso Bonnie rivolgendosi a Rebekah «Non dovevo darti retta!»

«Pensi davvero che sono stati quei vestiti?» rispose piccata la vampira Originale «Che lei non lo avesse già pianificato dal momento che Morgan gli ha detto cosa doveva fare?»

Bonnie sospirò infuriata.

«Praticamente me la sta facendo sotto il naso» asserì Marcel «Da dove passerà?»

«Conosce entrambi i percorsi» rispose Freya «Glieli ho mostrati una volta che siete venute a New Orleans, ma presumo passi da casa nostra… il bar è affollato»

Klaus si guardò intorno.

«AVETE CINQUE SECONDI PER SPIEGARMI COSA STA SUCCEDENDO!» ringhiò furioso «DOVE E’ CAROLINE?»

«Sta venendo da te, Nik…»

 

Caroline camminava in mezzo alle macerie e alla vegetazione incolta, le veniva da piangere a vedere la dimora dei Mikaelson ridotta in quello stato, persa nei suoi pensieri si ritrovò nei sotterranei senza neanche accorgersene, aprì la grata… e lui era lì.

«Klaus…» mormorò.

L’Ibrido alzò gli occhi e le sorrise «Hello, Love»

Care lo vide sfuocarsi davanti ai suoi occhi, le lacrime cominciarono a scendere senza che lei riuscisse a controllarle.

«Caroline…» la chiamò lui «Cosa stai facendo? Perché piangi?»

Care si asciugò le lacrime con la manica della sua giacca poi allungò un braccio e sorrise.

Un pomeriggio Freya aveva preso in giro Vincent, gli aveva dato dell’idiota e dello scansafatiche, aveva raccontato a Bonnie come era stato approssimativo nel blindare il cerchio di sale che impediva a Klaus di uscire dalla sua prigione e ai suoi fratelli di entrare.

Marcel doveva avere il libero accesso e Vincent per semplificare l’incantesimo lo aveva permesso a chiunque fosse della linea di sangue di Klaus.

«Ma come hai potuto essere così superficiale? Se fosse arrivata una squadra di salvataggio da Mystic Falls avrebbe potuto liberarlo!» si era fatta beffe di lui anche Bonnie.

«A saperlo!» aveva commentato Caroline.

Ed era esattamente così, constatò la vampira accucciandosi davanti all’Ibrido.

«Non sei sorpreso di vedermi qui?»

«Perché dovrei, Love… tu sei sempre qui»

Care gli prese il volto tra le mani e lo baciò «E faccio anche questo?» domandò.

«Certo… e sei vestita sempre così»

«E faccio anche così?» mormorò la donna cominciando ad accarezzarlo, per poi cominciare a baciarlo sul collo.

«Sì…» sussurrò roco lui.

«Bevi Klaus… bevi da me»

L’Ibrido si avventò sul suo collo candito, la morse e cominciò a succhiare… poi improvvisamente si arrestò e l’allontanò.

«Sei vera Love? SEMBRI VERA!» urlò prendendosi la testa tra le mani «Sto impazzendo! Sento il sapore del sangue! Sento addirittura le forze tornare!… ma tu non puoi essere vera!»

«Mi sogni?»

«Sempre, Love»

«E continua a farlo! Resisti! Perché non manca molto! Hayley sta per trovare l’ultimo veleno di licantropo e poi verranno a liberarti.
Tua figlia è meravigliosa e non aspetta altro che passare del tempo con te!
Sarai un padre straordinario e il tuo amore per Hope è così grande e forte che tutti capiranno che uomo sei!
Non dovrai più nascondere il tuo lato compassionevole… non lo dovrai più mostrare solo a me!
A me che ho solo finto di non notarlo… ho cercato con tutte le mie forze di vedere in te solo il Grande Lupo Cattivo, ma la verità è che ho sempre saputo che tu non sei mai stato il cattivo della mia storia, io ti vedevo Klaus… il vero te, io l’ho sempre visto»

Caroline lo abbracciò e ricominciò a baciarlo. «Ti amo…» mormorò.

Klaus la strinse forte «Ti amo anche io, Love…»

L’Ibrido le scansò i capelli «Perché il morso non guarisce?» le chiese.

«Perché io per vivere ho bisogno di te» gli sorrise la vampira prendendogli una mano, poi se l’avvicinò e morse «Visto?» piegò il collo per fargli vedere la ferita che si stava rimarginando.

Caroline gli riprese il viso tra le mani e lo fissò «Klaus… io sarò il tuo ultimo amore e tu sarai il mio… lo sai vero?»

«However long it takes…» mormorò l’Ibrido.

«Dovremo aspettare… ma succederà, te lo prometto!»

Klaus annuì.

«Devo andare…» mormorò la vampira «Altrimenti questa è la volta buona che mi sbranerai per davvero!» ridacchiò.

L’ibrido la fissò intensamente «Sei vera Caroline? Sei proprio tu?»

La vampira si rialzò… poi lentamente arretrò senza voltargli le spalle, gli sorrise e sparì in un battito di ciglia.

 

Klaus la vide apparire, chiuse gli occhi e sospirò, si avvicinò e la prese tra le braccia.

«Ti sbranerei!» le sussurrò.

«Dovevo andare a vedere come stavi, dovevo vederlo con i miei occhi…» biascicò Caroline ancora semi addormentata.

«Lo capisco, Love… e come mi hai trovato?»

Caroline scosse la testa «Non bene… ma quando ti ho lasciato stavi molto meglio»

«Cosa hai fatto?» chiese Marcel.

«L’ho nutrito ovviamente!» rispose la vampira piccata.

«Sei impazzita?» chiese Morgan.

«E’ LEGATO MANI E PIEDI! HA UN ANELLO INTORNO AL COLLO!» sbraitò Caroline liberandosi dall’abbraccio di Klaus.

«Spero solo di non dover parlare con lui! Non devo accorgermene!»

«Marcel… ti giuro! In questo momento ti sto odiando!» rivelò Care con gli occhi velati dalle lacrime.

L’uomo annuì «Lo so… mi sono odiato anche io»

 

Quando tornarono a Lindsey House, avevano cenato tutti insieme e avevano discusso su come annunciare il fidanzamento di Rebekah e Wulfric.

Terminato di mangiare le ragazze si spostarono nel salottino della musica e lasciarono gli uomini ai loro sigari e ad un bicchiere di Porto.

Morgan confessò a Rebekah che ci aveva riflettuto e che l’idea di divertirsi un po’ alle spalle del Ton le piaceva!

Un Duca che aveva accettato per sua sorella un semplice Barone, avrebbe provocato il finimondo! La strega scoppiò a ridere immaginando la faccia di Lady Crane, la zia di Simon, quando lo avrebbe saputo.

Caroline sorrideva e interveniva di tanto in tanto,

«Grazie per oggi Care!» le disse ad un tratto Rebekah.

«Gli appunti non manomessi funzioneranno» annuì la vampira.

«Lo so… Morgan me lo ha detto» rispose Becca «ma non mi riferivo a quello… mi riferivo al fatto che sei andata da Nik»

«Non devi ringraziarmi e lo sai perfettamente»

La vampira Originale si alzò e si accucciò ai piedi di Caroline.

«Non me lo dimenticherò mai legato in quel modo» singhiozzò sommessamente Care, nascondendo il viso tra le mani.

«lo volevo liberare… lo volevo con tutta me stessa… è stato devastante lasciarlo lì»

«Lo so tesoro…»

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Capitolo 14
*** Capitolo Tredici ***





Rebekah stava leggendo ad alta voce il giornale che Klaus le aveva passato… nell’articolo però non c’era solo la scarna nota ufficiale che il Duca di Bewcastle aveva fatto recapitare al quotidiano la sera prima per annunciare il suo fidanzamento.

«“Il glaciale e solitario Barone St Clair, aristocratico dalla punta dei capelli a quella dei piedi, e Lady Rebekah Bedwyn, la stella indiscussa della stagione nonostante sia cresciuta in America senza un briciolo di buona creanza e compitezza, annunciano il loro fidanzamento.
Ci avreste mai creduto? Avreste mai potuto immaginarvi una coppia peggio assortita?
Perché il Duca di Bewcastle ha acconsentito al matrimonio della sua unica sorella con un semplice, seppur affascinante, Barone?
Forse per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare che Sua Grazia bacia sua moglie durante i ricevimenti e non è in grado di mantenere la distanza corretta quando danza un valzer con la sua Duchessa.
Senza considerare cosa è accaduto ai Vauxhall Gardens, non ne voglio parlare, lo hanno già fatto tutti troppo profusamente. 
Lady e Gentlemen… non c’è altra spiegazione, siamo di fronte ad una cosa che si vede raramente nell’alta società londinese: un’unione d’amore!

Dove andremo mai a finire se anche i nobili cominciano a sposarsi spinti dai sentimenti?”»

«Dovrei essere arrabbiata ma mi fa troppo ridere» considerò divertita Rebekah.

«Le cronache mondane di Lady Whistledown» scosse la testa Elijah «Ovunque non si parla di altro, anche da White’s»

«Chissà chi è…» domandò Caroline perplessa.

«Qualcuno che è presente a tutti gli eventi più importanti» rispose Rebekah «E’ a conoscenza di troppi dettagli, ma io non credo che si tratti di un uomo… come tutti pensano»

«Sono d’accordo Becca, è chiaramente una donna, nota troppi particolari…»

«Vorresti sottintendere che un uomo sia troppo superficiale per farlo, Love?»

«E’ esattamente cosa volevo alludere, my dear»

«”..un semplice, seppur affascinante, Barone“» ripetè piccata Rebekah «Certo che è una donna!»

Klaus rise «In ogni caso concordo con voi, è una Lady… e se dovessi fare un’ ipotesi, direi una gentildonna che il Ton non considera particolarmente brillante e interessante, una persona che pur essendo perfettamente introdotta in società, rimane ad ascoltare ed osservare indisturbata nell’ombra.»

«Ha un senso» gli sorrise Caroline.

«Che vuoi farci, Love» le fece un occhiolino il vampiro «non tutte le menti degli uomini funzionano alla stessa maniera».

 

La famiglia originale aveva appena terminato di fare colazione quando arrivarono Morgan e Wulfric.

«Spero che non si tratti di un altro viaggio in solitaria» li accolse beffardo Klaus.

«No, questa volta si tratta di una pietra, dovete andare in Italia nel 1906»

 

Klaus e Caroline, camminando lentamente e in silenzio, stavano attraversando una pineta.

«Taci. Su le soglie

del bosco non odo

parole che dici

umane; ma odo

parole più nuove

che parlano gocciole e foglie

lontane.» cominciò a decantare all’improvviso Care.

«Ascolta. Piove

dalle nuvole sparse.

Piove su le tamerici

salmastre ed arse,

piove su i pini

scagliosi ed irti,

piove su i mirti

divini,

su le ginestre fulgenti

di fiori accolti,

su i ginepri folti

di coccole aulenti…»

Klaus la guardò perplesso «Cosa è?» chiese interrompendola.

«E’ la poesia che l’illustre ospite della Villa La Versiliana ha scritto qualche anno fa, ispirato da una passeggiata che ha fatto con la sua amata, proprio in questa pineta.

Lui nella poesia la chiama Ermione, ma in realtà era Eleonora Duse, l’attrice italiana più famosa e celebrata di questa epoca»

«Ermione è una figura mitologica greca piuttosto tragica» commentò il vampiro.

«Beh l’amore tra D’annunzio e la Duse è stato travolgente, di certo non una relazione tranquilla ed equilibrata» rispose Care «Vedrai… “il Vate“, come si fa chiamare Gabriele D’Annunzio, è una persona piuttosto particolare»

«Lo conosci?»

«Non personalmente!» rise Caroline «Sono molto giovane IO! Ma l’ho studiato con piacere, mi ha sempre intrigato… e a quanto pare piaceva anche a te, me lo ha detto Rebekah!»

«Hai una strana espressione, questa cosa ti risulta assurda?» chiese Klaus con un sorrisetto beffardo.

«A dire il vero in un primo momento sì! Poi devo dire che riflettendoci… D’annunzio era egocentrico, si considerava un essere superiore… a ben vedere, mi sembra che le affinità siano evidenti!» annuì la donna ricominciando a camminare e a decantare la poesia, lasciando l’uomo a fissarla divertito.

 

Villa La Versiliana era un’imponente costruzione a tre piani che sembrava un palazzo cittadino, nonostante non vi sorgesse niente intorno e fosse circondata dalla meravigliosa pineta che arrivava fino al mare.

Fu proprio nella bellissima spiaggia dorata, a pochi passi dalla villa, che i due vampiri incontrarono il Vate.

Caroline si era avvicinata e dopo qualche secondo Gabrielle D’Annunzio la stava abbracciando entusiasta.

«Avete fatto benissimo!» aveva esclamato «Non potevate tornare in Inghilterra senza aver visitato la Versilia! “Profumo della Versilia. Fatto di pini, d’acque incanalate, di ginepri, di cuora, di alghe, qual profondità tu davi al mio respiro!“» decantò.

Caroline gli sorrise affascinata.

«Nike! Voglio presentarti Niklaus e Caroline Mikaelson, una bellissima coppia inglese in viaggio di nozze in Italia. Li ho conosciuti a Roma qualche settimana fa al Teatro Costanzi e li ho invitati a passare qualche giorno qui da noi!»

Una donna si era alzata e gli stava venendo incontro «La Marchesa Alessandra di Rudinì» la introdusse il Vate.

«E’ un onore fare la vostra conoscenza, Milady» le fece un galante baciamano Klaus.

«Alessandra, vi prego» replicò la donna sorridendo «permettetemi di presentarvi i nostri ospiti, anche loro sono arrivati, inattesi… qualche giorno fa» continuò la nobildonna con una punta di ironia «il Conte Lorenzo Mancini e sua moglie Giuseppina»

«Gli amici mi chiamano Giusina» la corresse la giovane donna con un sorriso beffardo.

Caroline e Klaus si lanciarono uno sguardo complice.

Dopo qualche convenevole e commenti sulla meravigliosa spiaggia, i due vampiri ripresero la strada verso la villa preceduti da D’Annunzio e dalla Marchesa Rudinì, che volevano mostrargli la stanza dove avrebbero pernottato.

«Devo confessare che sono deluso» si lamentò sussurrando Klaus «la Contessa è già qui e la situazione potrebbe degenerare nel giro di qualche ora»

«Ma è perfetto invece!» replicò Caroline, continuando a parlare in modo che i loro ospiti non potessero ascoltare.

«Questo posto è incantevole, Love… non mi sarebbe dispiaciuto un soggiorno più lungo!»

La vampira scosse la testa sorridendo.

«E poi devi mettere in conto le nostre nuove identità di copertura…» le fece un occhiolino Klaus.

«Che vuoi dire?»

«Beh non siamo più semplicemente marito e moglie» spiegò l’uomo alzando un sopracciglio «ma addirittura dei novelli sposi in viaggio di nozze! E cosa ancora più importante, non sei più la moglie del Duca di Bewcastle, ma la mia… di Niklaus Mikaelson! E c’è una notevole differenza! Non trovi, Love?»

«Beh era quello che si era deciso nella Chambre de Chasse…»

«Non mi sembra, Love… Keelin ti ha solo consigliato il luogo dell’incontro, nel teatro di Roma, poi ti ha detto di inventanti una storia credibile…»

«Beh… un viaggio di nozze in Italia è credibile!» replicò la vampira «Visto che fingiamo già di essere sposati!»

«E per quanto riguarda il fatto che ora siamo i coniugi Mikaelson?» domandò sempre più strafottente il vampiro.

«Presentarsi come un Duca e una Duchessa inglesi, francamente, mi sembrava troppo!»

Klaus annuì «Se questa è la spiegazione che ti fa stare più a tuo agio, Love… d’accordo»

 

La stanza era ampia e spaziosa e dalla finestra si intravedeva il mare.

«Le vostre valigie?» domandò la Marchesa.

«Stanno arrivando da Firenze» rispose Klaus «c’è stato un problema con uno dei nostri bauli, ma eravamo già giunti in stazione e abbiamo preferito prendere ugualmente il treno, ci hanno garantito che arriveranno al più presto».

La loro ospite annuì trovando la spiegazione accettabile.

Il vampiro sorrise ripensando alla cura maniacale con la quale Caroline aveva assemblato il loro bagaglio, i bauli non potevano essere nuovi, dovevano sembrare “vissuti”, compatibili con il fatto di essere stati caricati e scaricati da un infinità di treni e carrozze nel loro viaggio tra Londra e l’Italia, e anche la loro biancheria e il vestiario non potevano sembrare appena usciti da quel negozio del centro di Firenze, sarebbe stato sospetto!

Klaus aveva cercato di spiegarle che erano dei vampiri e potevano soggiogare i loro ospiti per non fargli notare le incongruenze, ma Caroline non lo aveva neanche ascoltato, troppo presa ad organizzare e dare ordini.

L’aveva adorata!

Il Vate e la sua Marchesa si ritirarono, lui addicendo al fatto di dover sistemare i suoi amati cani e i cavalli, mentre la Rudinì doveva dare disposizioni per la cena. 

Caroline li osservò fino a che non si chiusero la porta alle spalle, poi con un respiro profondo spostò lo sguardo sull’enorme letto matrimoniale.

«Sono costretto a sottolineare un’ovvietà» le fece un sorriso sghembo Klaus «ci hanno riservato una sola stanza»

«Siamo degli sposini!» allargò le braccia Care «E poi solo i nobili inglesi hanno gli appartamenti separati! Perché marito e moglie non dovrebbero dormire insieme?»

«Concordo in pieno, Love!»

«Smettila! Tu dormi sul divano!»

«Ma neanche per idea!»

 

Cenarono in un bellissimo salone al piano terra, dalle finestre aperte arrivava l’odore di salsedine mischiato a quello dei pini, un orecchio più attento avrebbe sentito anche la risacca delle onde.

«Credo si stia alzando il libeccio» notò la Marchesa.

«Speriamo di no» commentò uno dei tre figli del Vate «Avremo dei giorni di vento e non potremo andare in spiaggia!»

«Il Libeccio soffia proprio dal mare, è da li che nasce» spiegò D’annunzio ai suoi ospiti «e non badate a quello che dice Veniero» continuò lanciando un’occhiata al figlio «bisogna fare un po’ di attenzione, ma è stimolante e rinfrancante fare un bagno tra i vortici e i flutti dei cavalloni, e poi il vento spingerà via tutte le nubi che si ammasseranno sulle Alpi Apuane! Donando a noi un bel cielo assolato e a loro la pioggia!»

I commensali risero divertiti e il Vate continuò a parlare e raccontare aneddoti.

Come era stato già evidente dalle foto d’epoca, Gabriele D’Annunzio era ben lontano dal poter essere definito un bell’uomo.

Liane de Pougy, una cortigiana della Belle Epoque, in un modo non proprio lusinghiero, lo descriveva come "uno gnomo spaventoso con gli occhi cerchiati di rosso, senza capelli, con denti verdastri, l'alito cattivo e le maniere di un ciarlatano”.

Caroline stava osservando il loro ospite, la signorina De Pougy aveva esagerato!

Non si poteva definire un adone, ma neanche un mostro di bruttezza!

Ma quello che si era allontanato di più di tutti dalla realtà era stato Ernest Hemingway, lo scrittore americano parlando di Gabriele D’Annunzio, lo aveva definito senza mezzi termini un”coglione”.

La vampira doveva dissentire nella maniera più assoluta, in quella stanza tutti pendevano letteralmente dalle sue labbra.

«Mia meravigliosa Caroline» le si rivolse il Vate, distogliendola dal flusso dei suoi pensieri «Mi permetto di consigliare a te e a tuo marito di andare a riposarvi, viaggiare è stimolante ma anche molto stancante!

Domani notte faremo un po’ tardi, in onore vostro e degli altri nostri ospiti, ho invitato degli amici, i proprietari di questa meravigliosa villa, i Digerini Nuti ed altri letterati, leggeremo, discuteremo… e vi prometto una conversazione corroborante e inebriante…»

«Ovviamente quando parla di letture… intende i suoi lavori!» intervenne la Marchesa.

« L’Arte! L’Arte! Ecco l’amante fedele, sempre giovine immortale» replicò D'Annunzio «ecco la fonte della gioia pura, vietata alle moltitudini, concessa agli eletti; ecco il prezioso Alimento che fa l’uomo simile a un dio.»

«Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte.» gli sorrise Caroline in risposta «Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui»

Gabriele D’annunzio la fissò ammirato. «La parola è una cosa profonda, in cui per l’uomo d’intelletto son nascoste inesauribili ricchezze.»

«Credo che il nostro sublime ospite abbia ragione, Love… abbiamo bisogno di ritirarci nella nostra stanza» si alzò Klaus senza nascondere il suo disappunto.

«Rosam cape, spinam cave» sorrise il Vate.

«Cogli la rosa, attento alla spina» soppesò il vampiro con uno strano sogghigno «Vi posso assicurare che definirmi una spina è un eufemismo»

 

«Devi mantenere la calma!» lo rimbeccò per l’ennesima volta Caroline, quando si chiuse la porta della loro stanza alle spalle.

«Vorrebbe cogliere il tuo fiore, Love! Mi è parso molto chiaro a riguardo!»

«Ti assicuro che la serra dove ho rinchiuso il mio bocciolo è inespugnabile!» scosse la testa la donna.

Klaus scoppiò a ridere «Sono un gentiluomo e faccio finta di non aver sentito, Love».

La vampira lo guardò storto imbarazzata.

L’uomo alzò una tuta a righe con una fila di bottoni sul davanti «Dovrei indossare questa cosa?»

Care gli sorrise divertita «Il commesso a Firenze mi ha assicurato che è l’ultima moda in fatto di pigiami da uomo!»

«Pigiama?»

«E’ il capo di biancheria che si usa per dormire»

«Io non indosso niente per dormire»

«Visto che non vuoi fare il galantuomo e usare il divano… non puoi infilarti nel letto in costume adamitico, sorry…»

 

Klaus l’aveva fissata in silenzio dal momento che era uscita da dietro il paravento, fino a quando si era infilata sotto le coperte.

«Sei di una bellezza che lascia senza parole, Love»

«Grazie…»

«Mi pare un giusto compromesso!» le sorrise il vampiro indicandole la camicia di lino «Non penso che i nostri ospiti possano accorgersi che dormo indossando la mia biancheria del 1800, invece di quella che va per la maggiore in questa epoca!»

«Concordo» annuì Caroline appoggiandosi ai cuscini, senza girarsi a guardarlo.

«Sei in difficoltà?»

«Un po’…»

«Perché?»

La vampira sospirò senza rispondere alla domanda.

«Non trattarmi come se fossi un estraneo…»

Care si volto verso di lui e gli sorrise «Buona notte…» sussurrò soffiando sopra la candela che aveva appoggiato sul comodino.

Per qualche minuto rimasero in silenzio, distesi uno accanto all’altra fissando il soffitto.

«Lo hai baciato?»

«Chi?» chiese Caroline girandosi a guardarlo.

«L’uomo incatenato nei sotterranei…»

«Sei tu quell’uomo!»

«No… non lo sono, lui è me… ma io non sono lui»

«E’ assurdo quello che dici!»

«Mi mancano due secoli di vita per essere lui! Ma cosa ancora più importante mi mancano gli anni vissuti con te! Lui sa esattamente cosa siete l’uno per l’altra!»

«Klaus… »

«Rispondimi… lo hai baciato?»

«Sì»

«Mi hai mentito»

«Sì» mormorò Caroline.

«Non siamo solo amici»

«No…»

«Buonanotte… Caroline» sussurrò Klaus girandosi e dandole le spalle.

La vampira si rintanò nel suo lato del letto, non cercò neanche di dissimulare il gemito che precedette le lacrime.

 

Non si erano neanche sfiorati, erano stati svegli per ore, senza rivolgersi la parola.

La sera prima, quando si stava svestendo dietro il paravento, la cosa che Caroline temeva di più era stata quella di non riuscire a tenerlo lontano.

Ora, la mattina dopo, mentre faceva colazione, l’unica cosa che riusciva a pensare era a quanto sarebbe stato bello dormire tra le sue braccia dopo aver fatto l’amore.

Non ci aveva riflettuto.

Per lei il Klaus che aveva conosciuto a Mystic Falls e il vampiro che ora le sedeva accanto, erano la stessa persona, non si era messa nei panni del Klaus del 1800, se guardava la situazione dal suo punto di vista, le faceva male il petto…

Aveva ragione… aveva stramaledettamene ragione ad essere arrabbiato con lei.

«Il rimpianto è il vano pascolo di uno spirito disoccupato, mia cara Caroline» le si rivolse il padrone di casa scrutandola «Bisogna soprattutto evitare il rimpianto occupando sempre lo spirito con nuove sensazioni e con nuove immaginazioni

«Perché mi state dicendo questo?»

«Perché mi pare evidente che non abbiate passato una notte tranquilla» le sorrise il Vate «Ma al contrario di tuo marito che è molto arrabbiato, tu mia adorata, sembri colpevole…»

Caroline sorrise.

«Ella si mise a ridere, d'un tenue riso che su quella bocca afflitta aveva una indicibile grazia e sorprendeva come un baleno inatteso.» decantò Gabriele D’annunzio con uno sguardo malizioso.

Klaus gli riservò un’ occhiataccia.

«Nulla vale a ravvivare e ad esasperare il desiderio d'un uomo, quanto l'udire da altri lodar la donna da lui troppo a lungo posseduta, o troppo a lungo vagheggiata invano.» chiosò divertito lo scrittore alzandosi.

«Ricorda Niklaus» si rivolse direttamente al vampiro «L'ideale avvelena ogni possesso imperfetto; e nell'amore ogni possesso è imperfetto e ingannevole, ogni piacere è misto di tristezza, ogni godimento è dimezzato, ogni gioia porta in sé un germe di sofferenza, ogni abbandono porta in sé un germe di dubbio; e i dubbi guastano, contaminano, corrompono tutti i diletti come le Arpie rendevano immangiabili tutti i cibi a Fineo»

Poi senza aggiungere altro il Vate uscì dal soggiorno lasciandoli soli.

«Ti chiedo scusa…» mormorò Caroline.

Per tutta risposta Klaus appoggiò sul tavolo il tovagliolo che teneva appoggiato sulle gambe ed alzandosi lasciò la stanza.

 

Care seduta su una sdraia stava fissando il mare.

«Tuo marito ha preso uno dei cavalli» le sorrise la Marchesa Rudinì «La Versilia è così bella, non mi sorprenderebbe se avesse perso la cognizione del tempo.»

La vampira annuì.

«Ci conosciamo da poco, ma ho avvertito da subito della simpatia per voi, mia cara» continuò a sorriderle cordiale la nobildonna «Quindi anche se sono consapevole che non sono affari che mi riguardano, mi voglio prendere la libertà di rassicurarti… la convivenza, specialmente nei primi mesi di matrimonio, è difficile… ma mi sembrate molto innamorati, non temere… tutto si sistemerà»

«Lo so» ricambiò il sorriso Caroline.

 

Klaus era stato fuori per tutto il giorno e quando era rientrato nella loro stanza, Caroline era già pronta per la cena.

«Soggiogherò tutti per fargli dimenticare questa giornata» le comunicò.

«Non serve, è normale che dei novelli sposi possano litigare… teoricamente non abbiamo ancora avuto il modo di conoscerci abbastanza a fondo» replicò Care con un’ alzata di spalle «tutti si sono prodigati a darmi dei consigli su come far funzionare un matrimonio!»

Il vampiro annuì e cominciò a spogliarsi.

«Puoi andare dietro il paravento?» lo riprese piccata Caroline.

«Abbiamo fatto sesso io e te?»

La donna abbassò lo sguardo.

«Come supponevo… a questo punto certi formalismi mi sembrano inutili, non trovi Love?»

 

Gli ospiti erano già arrivati quando Caroline e Klaus entrarono nella sala da pranzo.

Dopo le presentazioni, il Vate prese la vampira sottobraccio.

«Da questa parte, mia adorata… il tuo posto è al mio fianco» le sussurrò ad un orecchio.

Con la coda dell’occhio Care vide Klaus sorridere cordiale alla padrona di casa e sedersi alla sua destra, all’altro capo del lungo tavolo.

 

«Se quella non la smette di accarezzarti il braccio, la sbrano…» sibilò a denti stretti Care.

«Come se fino a qualche minuto fa, il nostro ospite non teneva una mano sulla tua gamba!» replicò Klaus senza neanche girarsi a guardarla.

Caroline lo guardò perplessa.

«Il rumore della stoffa del tuo vestito era assordante, Love»

«Gliel’ho fatta togliere!»

«Lo so…»

«Ti pregherei di fare altrettanto con gli artigli di quell’arpia!»

«Ci sono certi sguardi di donna che l’uomo non scambierebbe con l'intero possesso del corpo di lei» sussurrò D’Annunzio all’orecchio della vampira «Chi non ha veduto accendersi in un occhio limpido il fulgore della prima tenerezza, non sa la più alta delle felicità umane»

«Ridicolo!» sospirò Klaus.

«E’ passato così tanto tempo, da quando ho incontrato per la prima volta mio marito» replicò Caroline al Vate «ma nulla è cambiato da quel giorno, quindi spero che lui sia felice ogni volta che incrocia il mio sguardo»

«Non credo possa essere altrimenti» le sorrise il poeta accarezzandole il viso «siete di una bellezza senza pari, Caroline…»

«Gli uomini d’intelletto, educato al culto della Bellezza conservano sempre, anche nelle peggiori depravazioni, una specie di ordine» replicò la vampira sfuggendo al suo tocco, continuando però a sorridergli cordiale.

«Una parte di me è gratificata da quanto conoscete bene i mie lavori» rise D’Annunzio «ma mi sembra anche abbastanza evidente che preferirei non li citaste per rimettermi al mio posto»

Klaus aveva seguito tutto il dialogo fissando Caroline in silenzio, il profumo dell’ospite che gli sedeva al fianco lo infastidiva, lo stesso si poteva dire della voce stridula con la quale cercava di attirare la sua attenzione, strattonò il braccio al quale era ancorata e la fulminò con lo sguardo.

«Funziona sempre» sghignazzò Caroline dall’altra parte del tavolo «quando vuoi basta un’occhiata»

Anche se aveva fatto di tutto per evitarlo, l’ombra di un sorriso divertito si fece largo sul volto di Klaus.

 

Gabriele D’Annunzio, seduto su una lussuosa poltrona, sembrava un monarca circondato dai suoi sudditi, stava leggendo dei brani tratti da alcuni dei suoi libri, e di tanto in tanto accarezzava la schiena alla Contessa Giuseppina Mancini, che era seduta ai suoi piedi su un comodo cuscino.

«Sembra una cagnolina che brama le sue attenzioni» commentò Caroline.

«Finalmente!» rispose Klaus «Credevo che il Vate si fosse dimenticato di averla invitata per sedurla! Talmente era preso da te!»

La vampira lo guardò di traverso.

«Comunque… hanno copulato oggi pomeriggio» continuò il vampiro.

Care si girò a guardarlo.

«Ma lo sai che il grande poeta è solito cavalcare completamente nudo?» le domandò Klaus.

Caroline annuì divertita.

«Beh avresti anche potuto avvertirmi, non ero pronto per un tale spettacolo!»

Nessuno poteva udire la conversazione dei due vampiri, ma più di un ospite li guardò interrogativi, visto che sembravano divertirsi un mondo e il brano che D’Annunzio stava leggendo non avrebbe dovuto suscitare quel tipo di reazione.

«Qualcun’altro vuole leggere qualcosa?» chiese stizzito il Vate.

«Se me lo permettete, oggi pomeriggio avrei letto un passo che mi ha colpito moltissimo» rispose Klaus alzandosi e dirigendosi verso il tavolinetto dove erano appoggiati diversi tomi.

«Sì! Vi prego… avete un accento delizioso!» cinguettò la donna che gli era seduta accanto a cena.

Care sospirò infastidita.

Klaus si rimise seduto accanto a Caroline, non degnando neanche di uno sguardo la sua ammiratrice, poi aprì il libro e iniziò a leggere.

«Avere un pensiero unico, assiduo, di tutte l'ore, di tutti gli attimi; non concepire altra felicità che quella, sovrumana, irraggiata dalla sola tua presenza su l'esser mio;... vivere tutto il giorno nell'aspettazione inquieta, furiosa, terribile, del momento in cui ti rivedrò; ... nutrire l'immagine delle tue carezze, quando sei partita, e di nuovo possederti in un'ombra quasi creata; ... sentirti, quando io dormo, sentirti, sul mio cuore, viva, reale, palpabile, mescolata al mio sangue, mescolata alla mia vita; ... e credere in te soltanto, giurare in te soltanto, riporre in te soltanto la mia fede, la mia forza, il mio orgoglio, tutto il mio mondo, tutto quel che sogno, e tutto quel che spero…»

Il vampiro alzò lo sguardo per guardarla.

Care gli prese il libro dalle mani, lo sfogliò per qualche attimo e poi cominciò a leggere a sua volta.

«Non ricordo più nulla. Vi amo. Amo voi solo. Penso per voi solo. Vivo per voi solo. Non so più nulla; non ricordo più nulla; non desidero più nulla, oltre il vostro amore. Sono ora fuor del mondo, interamente perduta nel vostro essere. Io sono nel vostro sangue e nella vostra anima; io mi sento in ogni palpito delle vostre arterie; io non vi tocco eppure mi mescolo con voi come se vi tenessi di continuo tra le mie braccia, su la mia bocca, sul mio cuore. Io vi amo e voi mi amate; e questo dura da secoli, durerà nei secoli, per sempre. Accanto a voi, pensando a voi, vivendo di voi, ho il sentimento dell'infinito, il sentimento dell'eterno. Io vi amo e voi mi amate. Non so altro; non ricordo altro…»

Care alzò lo sguardo e come se fossero da soli gli prese il viso tra le mani.

«Noi ci amiamo, ma non ce lo eravamo mai detti, mi sembrava giusto farlo dire per primi ai noi del futuro, te lo dovevo… per tutti gli anni che mi hai rincorso, per tutte le volte che mi hai spronato a desiderare una vita piena e libera, per tutte le volte che mi hai incoraggiato ad accettare i sentimenti che provavo per te… ci sono riuscita pienamente solo dopo averti perso… ed è stato il rimpianto più grande della mia vita»

«Mi sono innamorato di te nell’attimo esatto che sei entrata nella mia casa di New Orleans…»

«Ti servirà qualche giorno in più nel futuro… non tantissimi… giusto il tempo per provare ad uccidermi due volte!»

Klaus scoppiò a ridere.

Nessuno aveva udito quello che si erano detti, ma nella stanza c’era il più assoluto silenzio e i presenti li fissavano incuriositi.

«Uno dei più alti piaceri nella conversazione non volgare, è sentire che uno stesso grado di calore anima tutte le intelligenze presenti.» chiosò il Vate con un sospiro «Allora soltanto, le parole danno a chi le profferisce e a chi le ode il supremo diletto»

 

Mentre si ascoltavano i brani e i versi, si era fumato e si era bevuto… il clima si era fatto più intimo e lussurioso, alcuni degli ospiti si erano appartati sul divano e privi di ogni inibizione si toccavano e si baciavano.

«Dobbiamo cercare di rimanere concentrati» sussurrò Klaus nel mentre faceva scorrere le sue labbra sul collo di Caroline «E’ molto difficile, ma dobbiamo» aggiunse roco.

«Hai ragione» ansimò la vampira «ci siamo distratti troppo…»

«Io almeno ho seguito i due amanti clandestini» le ricordò l’uomo «Anche se non mi capacito sul perché quella ragazza così giovane ed avvenente tradisca suo marito con un uomo del genere!»

«Il Conte Mancini è più piacente, ha denari e un titolo nobiliare» convenne Care «Ma ha la personalità di un pesce bollito! Gabriele D’Annunzio è una delle menti più brillanti della letteratura, dell’arte e della poesia, non c’è proprio paragone!»

«Smettila di decantare le sue lodi!» le ringhiò Klaus.

«Un uomo deve avere carattere, carisma, intelligenza» elencò la vampira afferrandolo per il colletto «ma anche senso estetico e un indole artistica» spiegò baciandolo « l’uomo che amo, oltre a tutte queste qualità è anche bellissimo e affascinate come nessun altro…» gli mormorò mordicchiargli un orecchio.

«Così mi fai impazzire!» cedette il vampiro facendola stendere su dei cuscini appoggiati a terra.

«Dove sono?» chiese Caroline divincolandosi dal suo abbraccio.

«Dove sono chi?» domandò infastidito Klaus.

«La Contessina e il Vate!» rispose la donna.

«Proprio ora dovevano sparire quei due!» sbuffò il vampiro aiutandola a ricomporsi.

«Dobbiamo cercarli» sghignazzò Care «Siamo qui per la missione e la pietra!»

«Come desidera, Milady!»

 

Non fu difficile individuarli, i due amanti stavano litigando furiosamente.

Erano sul Ponte del Principe, un piccolo gioiello architettonico del 1700, che attraversa un piccolo fiume a pochi passi dalla villa.

«Bisogna conservare ad ogni costo intatta la libertà, fin nell’ebrezza» stava dicendo D’Annunzio «La regola dell’uomo d’intelletto, eccola: “habere, non haberi”»

«Possedere ma non essere posseduti!» scosse la testa Klaus che insieme a Caroline era nascosto nella vegetazione della pineta «Che cretinata! L’amore è anche possesso!… E’ possesso perenne del bene»

Caroline lo guardò ironica.

«E’ Platone, Love!»

La vampira annuì compiaciuta.

«Infatti tu sei mia! E lo sarai per sempre…»

 

Successe tutto all’improvviso, la contessa aveva urlato che non poteva vivere senza l’amore del Vate e si era gettata dal ponte, D’Annunzio era stato a guardala inebetito, qualche attimo ed era stato ridestato dalle urla del Conte Mancini che stava sopraggiungendo con la Marchesa di Rudinì, il nobile si era gettato in acqua e nelle fasi concitate del salvataggio della moglie, non si era accorto che il medaglione si era impigliato, la catena si era rotta e il monile si era perso per sempre.

«Ed anche questa volta ce l’abbiamo fatta» sorrise Klaus qualche centinaio di metri più a valle, mentre raggiungeva la riva con in mano la pietra.

Caroline annuì compiaciuta ricambiando il sorriso.

«Ora torniamo indietro, diciamo a tutti che dobbiamo partire all’alba e che andiamo a fare i bagagli, invece ce ne torniamo subito a Londra, Love» si incamminò il vampiro «a meno che tu non voglia far sapere a tutti gli ospiti di Villa La Versiliana che abbiamo fatto pace…» aggiunse con un occhiolino malizioso.

«Certo, meglio farlo sapere a tutta Lindsey House! Dove alcuni dei residenti non li possiamo neanche soggiogare!» soppesò Care «Avrei un’idea migliore…»

«Quale, Love?»

«Io e te abbiamo fatto l’amore solo una volta…»

«Cosa?»

«Abbiamo vissuto separati per quasi venti anni!»

«Meno male! Per un attimo ho temuto per la mia libido!»

«Lo abbiamo fatto in un posto molto simile a questo, nel bosco che circonda Mystic Falls» esternò Caroline guardandosi intorno.

«Davvero?» stette al gioco Klaus avvicinandosi «Come è successo?»

«Mi hai chiesto di confessarti cosa provavo per te»

«E lo hai fatto?»

«No… ma ho ammesso che ti volevo»

«Me lo hai proprio detto?»

«No… ti ho baciato»

«Ed io?»

Caroline lo afferrò e lo sbatté contro un tronco, poi gli strappò la camicia.

«Hai fatto così» bisbigliò.

«Rude…» commentò roco l’uomo.

«Era esattamente quello che volevo, essere sbranata da te… erano mesi che volevo che mi saltassi addosso, grossomodo come ora… dall’attimo esatto che sono arrivata a New Orleans»

«E allora fammi rimediare» ringhiò invertendo le posizioni e avventandosi su di lei.

La luna si intravedeva dai rami dei pini sopra le loro teste, l’odore della resina si mischiava con quello salmastro del mare, si era alzato un leggero venticello e la musica ritmica delle onde che si infrangevano sulla battigia faceva da accompagnamento ai gemiti di Caroline e agli affondi impetuosi di Klaus, all’urlo liberatorio di lei e il ringhio feroce di lui.

«Ti amo» gli rivelò la vampira mentre lui aveva ripreso a spingersi dentro di lei, con un movimento più lento, assaporando ogni centimetro, sprofondava e la sentiva incunearsi verso di lui, arretrava ed avvertiva le sue carni che lo accarezzavano, per poi accoglierlo di nuovo.

«Lasciare quel bar senza voltarmi è stata la cosa più difficile che ho fatto in vita mia, avrei voluto supplicarti di non lasciarmi, avrei voluto dirti che avremmo trovato una soluzione, ma tu eri deciso, sembrava volessi dimostrare a tutti che per amore sei disposto a tutto… sembrava quasi che lo volessi chiarire in modo particolare a me… a me che sono sempre fuggita da te»

Klaus la fissò intensamente.

«Ho sbagliato… ho sempre sbagliato con te» gli confessò la vampira con le lacrime agli occhi «Tu invece sei sempre stato sincero e autentico, tu ti mostravi feroce… violento… perverso, con chiunque ti ostacolasse, mentre con me eri gentile, galante, affettuoso… divertente, mi amavi e non ne hai mai fatto mistero, tu sei stato l’unico che mi ha vista e capita dal primo sguardo, la maggior parte delle persone ci mette tantissimo tempo ad andare oltre il mio aspetto, alla mia indole pacata, al mio essere accomodante, pensano che io sia docile e gli viene naturale approfittarne… »

«Tu non sei così!» la interruppe Klaus «Tu sei forte! Decisa… coraggiosa, sei una luce accecante e potente che avvolge tutto, sei vitale… magnifica…»

«Esattamente come te, me lo hai detto tu una volta… io e te siamo uguali, siamo determinati, consapevoli delle nostre abilità, ben felici di essere dei vampiri… forti, immortali, senza paura…
Io sono più compassionevole e comprensiva, tu sei più intransigente e preferisci ricorrere alla forza fisica, ma questi sono modi di agire… non sono modi di essere, l’ho compreso tardi… ma ci sono riuscita e ti amo esattamente per come sei».

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