Atto di fede di kamy (/viewuser.php?uid=60751)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto di fede ***
Capitolo 2: *** Scienziato irriverente ***
Capitolo 3: *** L’incontro ***
Capitolo 4: *** Prezzo di sangue ***
Capitolo 5: *** Daughter of lust ***
Capitolo 6: *** Peace and Love ***
Capitolo 7: *** La punizione del Boss ***
Capitolo 8: *** Oltre la nebbia ***
Capitolo 1 *** Atto di fede ***
Atto
di fede
Xanxus
camminava lungo il corridoio del Nono, le braccia incrociate sul petto.
Il colletto della camicia candida gli stringeva il collo, insieme al
nodo della cravatta nera, arrossandogli la pelle abbronzata.
Ombre
nell’oscurità lo indicavano e sentiva diverse voci
bisbigliare, i figli di Timoteo lo deridevano, additandolo. Uno degli
scagnozzi del Nono gli passò vicino, con la mano appoggiata
sul calcio della pistola.
Il
ragazzino lo raggiunse con un calcio al ventre, facendolo volare
all’indietro e digrignò i denti, corrugando le
doppie sopracciglia.
“Vedi
di salutare la prossima volta, feccia” abbaiò.
Proseguì lungo i tappeti di broccato rosso e
risalì la scalinata, dalle finestre non entrava la luce,
nascoste da pesante tende rosse di broccato.
Da
fuori, però, provenivano dei fragorosi rombi di tuono.
Una
ciocca di capelli di mori di Xanxus scivolò davanti al suo
occhio sinistro, dall’intensa iride bronzea.
Xanxus
si fermò davanti alla porta del Nono, la giacca che
indossava era di una mano più larga del suo corpo e nascose
il brivido che gli percorse la schiena. Strofinò la suola
dello stivaletto nero di pelle lucida, serrò le labbra e
appoggiò la mano sulla maniglia.
L’abbassò cautamente e si guardò
intorno.
Notò
un’ombra più piccola e ghignò, mentre
l’Arcobaleno si avviava verso di lui.
“Chaossu”
salutò, togliendosi il cappello e appoggiandoselo sul petto
in segno di rispetto. I suoi riccioli mori ondeggiarono intorno al suo
viso tondeggiante.
Xanxus
gli porse una mano.
“Salve,
hitman. Come va con Cavallone?” domandò.
Reborn
si rimise il cappello a falde larghe, facendo muovere le grandi basette
a ricciolo, e gli fece il baciamano, senza sfiorargli la pelle con le
labbra.
“BakaDino
è un disastro, però io sono il miglior tutor nel
mondo. Riuscirò a renderlo un ottimo boss per la famiglia
Cavallone, sarà un decimo che ricorderanno.
Tu
stai andando dal Nono?” domandò.
Xanxus
annuì con un movimento accennato del capo.
“Gli
porto i miei omaggi. Tu sei qui per portargli le ultime
notizie?” domandò.
Reborn
negò con la testa.
“Già
fatto. Il resto delle informazioni puoi dargliele solo tu”
disse.
Xanxus
sfiorò il colletto con l’indice, ma
abbassò istantaneamente la mano.
“Hai
ragione. Devo fargli sapere che con il pizzo è andato tutto
a buon fine” disse con tono diplomatico.
“In
bocca al lupo, principe” lo incoraggiò Reborn.
Chiuse gli occhi e fece un mezzo sorriso.
Xanxus
si voltò, abbassò la maniglia e
spalancò di botto la colpa.
Una
luce lo abbagliò, ma lui continuò ad avanzare
diritto, schivando a memoria gli oggetti nella stanza.
Al
contrario delle altre camere, illuminate dalla luce delle candele, la
sala del Nono era rischiarata dalla luce solare. Nonostante fosse una
giornata invernale, invadeva l’ambiente dalle grandi vetrate.
Timoteo
era seduto su una sedia, la schiena curva e lo sguardo assente, un
sorriso bonario sul viso e le mani nodose strette intorno alla sfera
che decorava il suo bastone.
Alle
sue spalle c’erano due dei suoi guardiani, immobili, con
espressioni arcigne.
Xanxus
lo raggiunse e s’inchinò al suo cospetto, il
braccio stretto spasmodicamente al petto.
“Nono…”.
Iniziò.
“Figlio
mio, dimmi che hai portato la mia pace” disse
l’uomo con voce strascicata.
Xanxus
si rialzò in piedi, non sollevando lo sguardo.
“Sì,
padre, la vostra pace è stata rispettata. Le altre famiglie
l’hanno omaggiata con i soldi per la protezione, in modo che
questo clima di serenità e prosperità possa
proseguire” disse.
Timoteo
gli fece cenno di allontanarsi con la mano, sospirando con aria stanca.
Il suo viso era una ragnatela di rughe e i suoi capelli erano grigi.
Xanxus
camminò lateralmente, raggiungendo un divanetto posizionato
davanti al caminetto, con alle spalle la grande finestra. Vi si
accomodò accavallando le gambe, guardando il ciocco di legno
spento.
“Figliolo,
tu devi sapere…”. Iniziò a dire Timoteo
con voce grave, raddrizzando le spalle.
Xanxus
strinse le braccia al petto, ingoiò uno sbadiglio e la testa
gli ricadde di lato, mentre si addormentava pesantemente.
Si
ridestò sentendo la mano di Timoteo passare dalla sua spalla
alla sua guancia.
“Mi
comprendi?” gli chiese Timoteo all’orecchio.
“Perfettamente”
mentì Xanxus.
Nono
Vongola tornò alla sua sedia, fingendo un passo strascicato,
ma con incredibile celerità e si sedette nella posizione in
cui era inizialmente.
Xanxus
accese la propria fiamma del cielo nella mano e si mise a fissarla,
notando una figura nell’oscurità. Sorrise,
riconoscendo Squalo, appoggiato alla parete accanto al caminetto.
“Ora,
come ti stavo dicendo molti si lamentano della tua crudeltà.
Mettono in dubbio la tua fedeltà a me”
spiegò Timoteo.
Xanxus
guardò intensamente la propria fiamma, il chiarore che
emanava si rifletté nei suoi occhi. Il ticchettio della
pioggia delle finestre si fece incessante.
“Desiderate
che venga fatto un atto di fede per dimostrare la mia
fedeltà a voi?” domandò.
“Sì,
provvedi pure tu. Riesci sempre a fare idonei spettacoli pubblici. Ora
lasciami con il mio Capitano dei Varia” ordinò
Timoteo.
Xanxus
si rialzò, facendo una smorfia.
Squalo
iniziò lentamente a camminare verso il Nono, Xanxus lo
squadrò da capo a piedi, rischiò di allungare la
mano verso i suoi glutei e strinse il pugno, accelerando il passo.
<
Il desiderio che sia solo mio si fa ogni giorno sempre più
incalzante. Leggo nei suoi occhi che questo vale anche per lui, che la
sua fedeltà va a me. Non lo voglio soltanto fisicamente, da
quando a quella festa mi ha fatto quel giuramento, lo bramo al mio
fianco. Lui mi appartiene in un senso profondo >
pensò, dilatando le narici in una smorfia d’ira.
Rifece
rovinosamente il corridoio e scese le scale. Arrivato in fondo,
dall’angolo a sinistra della scala, provenne un colpo di
tosse. Alzò il capo e riconobbe Levi, gli ombrelli sulla
schiena.
Un
fulmine si abbatté così vicino e fragorosamente
alla casa che le finestre tremarono, rischiando di andare in frantumi.
Levi
scese lentamente le scale e lo raggiunse, gli occhi
nell’oscurità si dileguarono, sibilando
mezze-frasi.
<
Se osassero sputare il loro veleno di fronte a Levi a Than finirebbero
carbonizzati. Potrò anche scherzare sulla sua debolezza, ma
se io non desidero che perda, e deve difendermi, diventa una furia
invincibile.
I
suoi ombrelli sono solo un gioco, per proteggermi, ma è la
sua frusta di fulmini il suo Armageddon > pensò
Xanxus.
“Hai
iniziato i preparativi per una punizione nella palestra,
vero?” domandò gelido.
Xanxus
annuì, distogliendo lo sguardo.
“Se
sei adesso uscito dalla stanza del Nono, come poteva averti dato prima
l’ordine?” chiese Levi, ritto in piedi davanti a
lui.
“Avevo
previsto la sua decisione. Sapevo che gli sarebbero arrivate quelle
voci che stanno girando. Prevedere i suoi ordini è mio
compito” borbottò Xanxus.
Levi
s’inginocchiò ai suoi piedi.
“Se
desiderate compiacerlo facendogli da galoppino, braccio destro,
schiavo, figlio, uomo di fiducia e sa solo Dio che altro, fatelo; ma
non dite che è compito vostro. Seguirò la vostra
scelta, vi resterò accanto nella vostra follia, ma il vostro
ruolo è ben altro.
Servus
tuus” giurò. Gli prese la mano nella propria e gli
baciò la punta delle dita, gli voltò la mano e
gli posò un coltello di sopra.
Xanxus
lo strinse in un gesto involontario e Levi vi poggiò contro
il collo.
Xanxus
deglutì pesantemente e impallidì,
indietreggiò e gli mise in mano il coltello.
“Lo
so, ma ora devo finire i preparativi. Per quanto io abbia agito
d’anticipo, c’è molto da fare per
rispettare gli standard del Nono” disse.
Si
allontanò, tremando appena, scuotendo il capo, i suoi occhi
erano arrossati.
*******
Una
pioggia di spade precipito dal soffitto della palestra, alle finestre e
alla porta si erano accalcati diversi uomini del Nono, alcuni esponenti
delle altre famiglie, i guardiani del Nono impedivano che si
riversassero all’interno.
Le
spade ai lati della stanza presero fuoco, conficcandosi nel pavimento.
Tutte le altre trafissero Xanxus, steso a terra, non in organi vitali.
Il
ragazzino aveva la pelle scuoiata sulle spalle, la schiena scorticata,
serrò gli occhi e le labbra per non urlare nel momento. Un
rivolo di sangue gli scivolò dalle labbra, gocciolando sul
pavimento di legno.
Xanxus
s’irrigidì, perdendo i sensi.
“Nooo!”.
L’urlo di Levi risuonò per la stanza, il fulmine
fece esplodere in una pioggia di fulmini tutte le spade che
gl’impedivano il passaggio. Spense le fiamme con delle
scariche verde smeraldo e lo raggiunse.
<
Non posso estrasse quelle che ha nel corpo, o morirebbe
istantaneamente. Posso tenerle ferme, in modo che impediscano un flusso
di sangue esagerato nell’immediato e portarlo da un dottore
> pensò.
Squalo
si fece largo tra la folla a spallate, scalciò la porta e
balzò dentro.
“Vooooi!
Lo spettacolo è finito, il Nono chiude le porte.
Chi
vuole fargli omaggi si affretta e chi non li farà
verrà passato a fil di spada per tradimento!”
gridò. Le persone iniziarono a camminarsi di sopra, a
spingersi, alcuni precipitarono schiacciati e i loro cadaveri rimasero
a terra.
Squalo
finse un sorriso, congelato sul suo volto, finché non se ne
furono andati tutti. Fece un giro di perlustrazione,
controllò, mentre Levi avvolgeva Xanxus nel suo giaccone.
Sputò
per terra e fece una smorfia.
“Merde,
li squarterei per quello che hanno fatto al boss. Però
serviranno al loro scopo di distrarre il Nono. Io mi occupo dei suoi
guardiani, tu cerca un medico…
Anche
se…” biascicò.
Levi
lo guardò con le labbra tremanti, il viso esangue.
“Se?”
esalò, raggiungendo la porta.
“Voooi…
Shamal
mi ha detto che il Nono ha dato ordine che nessun medico lo curi.
Queste sono dimostrazioni di fedeltà, perderebbero il loro
effetto in quel senso.
Non
si può, inoltre, portare ad un ospedale normale. Ti ricordo
che la polizia lo arresterebbe e verrebbe subito ucciso come pentito, o
probabilmente si ucciderebbe per non passare per traditore”
rispose Superbi.
Levi
assottigliò gli occhi.
“L’elicottero
del fulmine del Nono è ancora nascosto sul tetto di casa
Cavallone?” chiese.
Squalo
deglutì pesantemente.
<
Perché devo agire? Perché devo pensare alla
messinscena con il Nono quando vorrei soltanto tradirlo e staccargli la
testa? Non riesco a pensare sapendo quello a cui si è
sottoposto il ‘mio’ boss e che gli hanno permesso
di fare senza che ne sapessi niente.
Quando
mai so qualcosa?! >.
“Sì.
Ti accompagno, in fondo sto andando da BakaDino, però non
potrò fare niente di più. Mammon ha
già chiesto ai diversi dottori, ma non si può
fare niente.
Però
sai, Verde non è un dottore e al momento è nel
laboratorio di ricerca con il suo allievo” disse Reborn,
apparendo alla finestra. Era travestito da spada.
<
Il principe è davvero poco più di un bambino.
Anche se sembra più grande avrà nove anni al
massimo.
Iemitsu
dice di farci forza, i tradimenti stupidi finiscono con la morte,
quelli ben gestiti diventano tirannicidi con la morte solo ritardata,
quelli divini divengono nuove incoronazioni e una vita di potere
> pensò.
“Portamici”
disse Levi, seguendo l’Arcobaleno fuori dalla palestra.
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Capitolo 2 *** Scienziato irriverente ***
Chapter
Text
Scritto
per il #WeeklyPrompt di Febbraio! Il prompt di oggi è un
dialogo:
A: “Tu non hai il diritto di parlare!”
B: “E come faccio a risponderti?”
Scienziato
irriverente
Eric
si passò la mano nel ciuffo verde e socchiuse gli occhi,
sorridendo.
“Non
credi di essere piagnucolona all’Estremo?”
domandò. Il suo petto muscoloso premeva contro la maglietta
rosa che indossava ed i suoi pantaloni attillati risplendevano a causa
della luce elettrica delle lampade che si rifletteva nella ginocchiera
d’argento che indossava.
Iris
piegò di lato il capo facendo ondeggiare i riccioli mori.
“No,
ho assolutamente ragione a lamentarmi” disse. Sporse le
labbra piene e rosee, facendo intravedere i canini aguzzi.
“Non è possibile che gli scienziati che ci mandano
siano degli amanti così scadenti e si facciano ammazzare
così facilmente”.
“Magari
se tu non li seducessi solo per farli uccidere da quegli strani esseri
che crei… Che poi i muscoli mi piacciono, sono da veri
uomini, ma quegli abomini sono sproporzionati”
borbottò Eric.
La
luce azzurrina dei monitor si rifletté nelle lenti dei suoi
occhiali da vista, facendoli brillare, mentre lui se li premeva contro
il viso con indice e medio, in un movimento lento e studiato.
“I
miei ‘ragazzoni’ fanno parte della sperimentazione.
Se non riescono a sopravvivere contro di loro vuol dire che non sono
adatti a questo lavoro” borbottò lei. Si
piegò in avanti e fece ondeggiare i seni prosperosi,
lasciati intravedere camice bianco che indossava, mentre teneva una
mano sul fianco; lì dove aveva appeso un frustino a una
cintura di pelle. “Tu ad esempio sei bravissimo e padrone in
quello che fai, non riescono neanche a ferirti. Li metti a tappeto con
un solo calcio” disse con voce cinguettante.
Eric
scrollò le spalle e rispose: “Peccato che io
preferisca la perfezione delle doll di cui mi occupo a quei bruti. Ti
ricordo che mi affidano la migliore produzione mai esistita, quasi
divina”.
Eric
osservò Verde ticchettare su una serie di tasti del proprio
portatile, sullo schermo era raffigurata una figura umana formata da
linee azzurre. L’Arcobaleno stava in piedi su uno sgabello,
indossava degli spessi occhiali ed un camice bianco.
Eric
si passò la mano nella sua folta ciocca verde.
Avanzò nel laboratorio e guardò la tenda candida
davanti a lui; l’afferrò con una mano, dalle dita
affusolate, ma callose, e la tirò, scoprendo il cilindro di
vetro: contenente un liquido azzurro luminescente.
“Attento
con la nuova bambola. Il soggetto è ancora
delicato” gli disse Verde.
Eric
arrossì guardando il giovane ignudo immerso nella vasca. La
pelle del corpo era pallida, lattea, i corti capelli argentei.
“Si
chiama Squalo” spiegò Verde.
“Sembra
così superbo… così lontano da noi
comuni mortali” sussurrò Lussuria.
“ È
una doll sin da neonato ed è senza la gemella da poco,
pensano non possa sopravvivere fuori dal suo nucleo di contenimento. Ce
la mandano direttamente da Atlantide, dove Iemitsu la manda per dei
controlli, essendo la sua prediletta” spiegò
Verde, raddrizzandosi gli occhiali.
Hepburn
giocherellò con uno dei suoi grandi orecchini, facendolo
tintinnare.
<
Lo sa benissimo che il mio Deadly Stem Force in realtà non
è fatto in laboratorio, ma sono sperimentazioni che ho fatto
su quegli scienziati. Non sono morti, sono soltanto diventati oggetti
per il mio piacere.
Fa
finta di niente perché su di lui non funziona. La mia
nuvola, per quanto modificata, non intacca la sua fiamma del sole,
sicuramente ne nasconde un’altra più potente.
Io
lo voglio, lo desidero, ma per lui contano solo quelle bambole.
Così perfette, così intoccabili ai suoi occhi!
Oh,
ma me la pagherà. Sarà divertente quando la mia
vendetta sarà attuata. Se gli piacciono così
tanto delle doll fatte con dei morti, che abbracci la necrofilia
> pensò ed i suoi occhi viola brillarono.
“Cosa
ci trovi in quei ‘giocattoli?” sibilò
Iris.
Eric
fece un ghignò e gettò indietro la testa,
sparendo nella penombra della stanza.
“Sono
più veri e puri di una lupa mannara con i capelli
rasta” la derise.
“Tu
non hai il diritto di parlare!” sbraitò lei,
arrossendo e pestando il piede per terra, facendo risuonare il colpo
del suo tacco.
“E
come faccio a risponderti?” la derise lo scienziato, la vide
sbuffare ed andarsene con ritmo sostenuto, ancheggiando.
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Capitolo 3 *** L’incontro ***
L’incontro
Lo
studioso guardò il giovane steso sul lettino, si
passò spasmodicamente le mani nel morbido e ampio ciuffo
rosso, scuotendo lentamente il capo e sospirò pesantemente.
“Tu
sei fortunato che gli altri in questo momento non ci siano. Se lo
avessero trovato qui ne avrebbero approfittato per finirlo”
gemette.
Leviathan
sfilò la casacca che indossava dal corpo di Xanxus, mentre
Erik guardava le innumerevoli spade sporche di sangue rappreso che
uscivano dal suo corpo.
“Diciamo
che ho le mie fonti e sapevo che ti avrei trovato da solo. Allora,
posso fidarmi?” chiese il fulmine con un tono di urgenza
nella voce. Degli ombrelli scuri vorticavano intorno al suo capo, dai
capelli sparati a forma di stella marina.
Manichini
e arti protesici erano abbandonati sui diversi tavolacci di metallo,
corpi dall'aspetto umano erano immersi in lunghi cilindri pieni d'acqua
luminescente.
L’ambiente
era illuminato dalla luce degli schermi dei diversi computer, che si
rifrangevano sia sui vetri delle diverse boccette sia sul pavimento
lucido.
“Tu
devi essere impazzito per averlo portato qui”
sibilò Lussuria, mentre accendeva diversi macchinari e
attraverso aghi ed elettrodi vi attaccava Xanxus.
“Hai
anche tu paura della punizione del Nono?” chiese Leviathan, i
suoi baffetti aguzzi tremarono.
“No,
quel vecchio maledetto è il mio dannato
rapitore…” ringhiò lo scienziato,
mentre il bip prodotto dalla registrazione dei parametri vitali dalle
macchine risuonava nella stanza.
“Allora
cura il mio boss” lo supplicò Levi, congiungendo
le mani.
“Io
mi occupo di doll, non di esseri umani” gli
ricordò Erik, mentre collegava lo schermo di un computer al
nuovo flusso di dati.
“Sono
comunque ‘corpi umani’” tentò
Leviathan.
Erik
si sfilò gli occhiali, roteando gli occhi e
sospirò.
“Morti!
Sono corpi umani morti, io non sono un medico”
gridò e la sua voce rimbombò.
Alcune
bollicine si sollevarono verso l’alto nei cilindri, alcune
doll ebbero dei fremiti involontari, muovendo a scatti le dita delle
mani affusolate.
“Se
non lo curi presto sarà un morto anche lui” disse
Leviathan, facendo una smorfia.
“Al
diavolo! Lo farò, ora vattene” capitolò
l’elfo.
Leviathan
annuì e corse fuori, facendosi il segno della croce.
*******
Erik
posò le mani sulle spalle di Xanxus e lo fece stendere.
“Stai
giù, non dovresti neanche essere qui”
bisbigliò. Prese un contenitore di crema e lo
aprì, intingendoci le dita affusolate.
“Tu
lavori per i Vongola, posso sempre dire che ero venuto a prendere il
pizzo” rispose Xanxus. Rabbrividì sentendo la
sostanza gelida venirgli spalmata sulla pelle.
“Fai
poco lo spiritoso” brontolò Lussuria. Gli
spalmò la crema su tutte le ferite e prese delle forbicine,
iniziando a tagliare i fili delle suture.
“Sono
stato in coma parecchio, dottore” disse Xanxus.
Lo
scienziato avvampò, mordicchiandosi il labbro.
“Mi
stai prendendo in giro? Lo sai cosa sono?” lo
richiamò.
Xanxus
batté lentamente le palpebre, il sudore freddo gli aveva
fatto aderire le spesse ciocche nere al viso.
“Ma certo,
un medico” rispose.
Erik
sterilizzò le forbicine e sospirò profondamente,
rispondendo: “No, intendo davvero…”.
Xanxus
gli afferrò il polso, a fatica, e lo guardò negli
occhi.
“Non
mi interessa cosa la feccia vuole che tu sia. Mi hai salvato, te ne
intendi di anatomia e a quanto pare ti piace aiutare le
persone” disse con tono duro. Le sue iridi rosso tramonto si
rifletterono nei vetri degli occhiali dell’altro.
<
Come fa ad avere tutta questa forza? Sembra un fenomeno naturale
racchiuso in un corpo smagrito, ma possente > pensò
Erik e la punta delle orecchie, lì dov’era
tagliata, gli andò in fiamme.
“Parli
come se mi conoscessi” biascicò con voce rauca.
Xanxus
cercò di appoggiare i piedi sul pavimento, ma fu colto da un
capogiro.
“Come
ti chiami?” chiese, puntellandosi ritto con i gomiti.
“Erik”
rispose lo scienziato.
“Bene,
ora ti conosco” disse Xanxus, detergendosi le labbra secche
con la lingua, sapevano di sangue.
“Stai
giù”. Erik lo premette sul lettino, steso,
bloccandolo con le braccia.
“Sono
assolutamente in grado di alzarti…”
brontolò Xanxus.
“Ti
ho appena finito di ricucire, non voglio averlo dovuto fare per niente.
Perciò starai giù, Estremo!”
sbraitò Erik.
“Va
bene, dottore” rispose Xanxus, ghignando.
Erik
roteò gli occhi, capitolando: “Chiamami pure
dottore, basta che stai giù”.
“Non
ti avrei chiesto il permesso, dottore. Io obbedisco solo al
Nono” borbottò Xanxus. Si coricò su un
fianco, delle ciocche more larghe due dita gli finirono davanti al viso.
“Peace
and Love” gemette Lussuria. Si sfilò gli occhiali
con una mano e con l’altra si massaggiò il viso.
“Come
scusa?” domandò Xanxus inarcando un sopracciglio
doppio.
“Beh,
Xanxus… ti chiami così, giusto?” chiese
Lussuria, rimettendosi gli occhiali.
“Rispondo
a quel nome” bofonchiò Xanxus.
“Ecco,
dico quella frase quando devo mantenere la calma nei momenti di stress.
Non so neanche perché” gemette Erik.
La
risata gelida di Xanxus risuonò nel laboratorio.
“Allora
sarà una frase che si sentirà spesso. Io sono un
maestro a far saltare i nervi” si vantò.
“Lo
vedo” si lamentò Erik, lasciandosi cadere su una
poltroncina.
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Capitolo 4 *** Prezzo di sangue ***
Prezzo
di sangue
Il
cielo all’esterno si era tinto di un arancione intenso e
anche le nuvole si erano fatte di un colore aragosta, le ombre dei
pinnacoli su cui avevano nidificato le cicogne si stagliavano sullo
sfondo e lo stesso valeva per quest’ultime creature in volo.
Il
loro verso risuonava ovattato all’interno del laboratorio,
mentre automaticamente le saracinesce delle finestre si abbassavano,
sigillando l’ambiente.
Lo
scienziato abbassò lentamente la cornetta del telefono
bianco e chiuse la chiamata con un click, mentre le lacrime iniziavano
a scivolare copiose sulle sue guance. Il suo viso, illuminato dalla
luce elettrica degli schermi dei computer, era in parte coperto da una
voluminosa ciocca di capelli.
“Perché
stai piangendo?” gli domandò una voce alle sue
spalle, facendolo trasalire.
“Niente,
Xanxus” rispose Erik, la voce spezzata. Dei passi pesanti si
fecero più vicini e l’interlocutore lo
afferrò per un braccio.
“Dimmelo!”
ordinò Xanxus, facendolo voltare.
Erik
posò gli occhiali su una scrivania, stringe di dati di un
verde intenso passavano sullo sfondo nero di uno di uno degli schermi,
mentre dai macchinari venivano dei suoni ritmici.
“Ecco…
tu avrai notato la mia particolarità…”
gemette.
“Sei
un medico che nega di esserlo?” lo interrogò il
mafioso.
Erik
negò con il capo e giocherellò con la punta
tagliata delle orecchie.
“No,
i miei lati femminei” piagnucolò.
Xanxus
vide che si stava strattonando una ciocca di capelli e gli
fermò la mano, guardandolo in viso.
“Tu
sei la cosa più simile a un migliore amico per me.
Può solo farmi felice se accetti tutti i lati di te. Sei
solo uno splendido pavone a cui piace mostrare le piume”
disse, rendendo la sua voce più calda, ma il tono ferreo.
Erik
arrossì, asciugandosi le guance umide con il dorso della
mano.
“Ecco,
essendo un peccato, pensavo mi avrebbero preso tra i Varia”
rispose.
Xanxus
serrò un pugno, che fu avvolto da delle vigorose fiamme, un
bagliore illuminò i suoi occhi rossi e digrignò i
denti.
“Ti
hanno rifiutato?” ringhiò.
Erik
annuì grave, rispondendo: “Neanche loro hanno
spazio per gli omosessuali”.
<
Sembra un felino che sta per abbattersi sulle sue prede. Vedo
l’ira agitarsi in lui, forse non sono l’unico
peccatore in questa stanza > pensò.
Xanxus
lo afferrò per il bavero del camice bianco e lo fece
scendere alla sua altezza, il suo fiato bollente investiva il viso
dell’altro.
“Tu
da oggi sei Lussuria, il ‘mio’ peccato di
Lussuria” ordinò.
L’elfo
cadde carponi, tremante. “Tu non hai dei
varia…” balbettò.
“Sto
per diventarne il boss e tu sarai mio” ruggì
Xanxus. La sua voce risuonò nel laboratorio, la luce
saltò e i computer si spensero con dei fischi, che si
susseguirono dando vita a un frastuono sibilante.
Lussuria
sorrise.
“Sì,
Boss” mormorò. La sua voce si alzò
piano, mentre cadeva il silenzio nell’ambiente oscuro.
Xanxus
illuminò il luogo con la fiamma del cielo che avvolgeva
l’altra sua mano, la sollevò fino al viso di
Lussuria.
“Non
ho sentito bene” ordinò.
Lussuria
chiuse gli occhi, mentre iniziava a brillare tutto il suo corpo,
emanando sfere grandi l’unghia di un pollice di fiamme del
sole.
“Sì,
mio Cielo, da oggi siete il mio boss” rispose.
<
Lo sento, ho finalmente trovato a chi va la mia totale
fedeltà di guardiano > pensò.
Xanxus
ghignò, lasciandogli andare il bavero del vestito.
“Bruceranno
per aver osato rifiutarti. Piangeranno sangue per ogni tua lacrima
versata” giurò.
|
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Capitolo 5 *** Daughter of lust ***
Chapter
Text
Fandom:
KHR.
Coppia: Lussuria/Xanxus.
Ha partecipato al Giugnobaleno.
Prompt: Transexual
Daughter
of lust
Lussuria
indossò una parrucca dai lunghi capelli verdi, lasciandoli
ricadere sulle spalle ossute, infilò un reggiseno imbottito
che simulava il seno; si mise un lungo vestito rosso che con una
generosa spaccatura mostrava le sue gambe, che aveva depilato.
Iniziò
ad ancheggiare davanti ad un lungo specchio, si baciò
l’indice e, sorridendo, fece l’occhiolino alla
propria immagine.
“Sei
bellissimo”. Trasalì udendo una voce e si
voltò, trovandosi Xanxus davanti. Le orecchie gli divennero
vermiglie, scappò, nascondendosi dietro uno specchio.
“I-io…”
esalò.
“Hai
ragione, bellissima. Chiedo scusa” disse Xanxus.
Lussuria
si leccò le labbra, togliendo in parte il rossetto vermiglio
che indossava.
“Hai
scoperto il mio respiro” soffiò. Il suo battito
cardiaco era accelerato e le sue ciglia fremevano, mentre premeva il
mento ossuto sul petto. “Fino ad ora lo sapeva solo mio
padre, ed i miei rapitori. Persino Verde non so se ne sia a
conoscenza” mormorò.
Xanxus
avanzò.
“Segreto?
Meglio per me, tutta questa meraviglia sarà solo per i miei
occhi” disse.
Lussuria
alzò lentamente il capo.
“Non
è un problema per te che io sia transessuale? Omosessuale
è già una cosa complicata, ma
questo…” soffiò.
“Prima
che tu dica delle cazzate, facendo la feccia, dimmi se è
vero che ti hanno portato dei bambini per degli esperimenti”
disse secco Xanxus.
Lussuria
annuì lentamente.
“Ordini
del Nono… però non ho ancora iniziato”
mormorò.
-
Vederli mi ha fatto rendere conto di quanto vorrei essere una donna.
Vorrei occuparmi di un frugoletto come se fosse mio, tenerlo tra le
bracca e dire ‘guarda la mamma’ –
pensò.
“Sono
dei neonati. Da quando la pace del vecchio esige simili
prezzi?” domandò Xanxus.
Lussuria
lo raggiunse e si piegò, posandogli un bacio sulla guancia,
lasciandogli il segno del rossetto.
“Uno
di loro è così piccolo che non riesco a vederlo.
Mi aiuteresti ad occuparmene? Fino al momento in cui non
inizierò lo studio” disse.
“Me
ne occupo io” giurò Xanxus con voce baritonale.
Lussuria
prese degli occhiali e Xanxus fermò la sua mano.
“T’imbruttirebbero.
Ci vuole qualcosa più col tuo stile. Ti farò
avere degli occhiali da sole graduati, decidi tu il modello.
Più è colorato e scenico, più mi
andrà bene. Umphf”
abbaiò quest’ultimo.
Lussuria
soffocò un gridolino e saltellò sul posto. Mise
delle scarpe col tacco e gli prese le mani.
“Non
posso uscire da qui, devo cambiarmi, ma prima… ti andrebbe
un ballo?” propose.
“Senza
musica?” chiese Xanxus.
Lussuria
indicò un computer. “Posso mettere quella che
voglio”.
“Diavolerie
moderne…” disse Xanxus, negando col capo, facendo
ondeggiare le ampie ciocche more.
-
Parla come se non fosse solo un ragazzino – pensò
Lussuria.
“Va
bene, metti un neomelodico italiano, però”
ordinò Xanxus.
“Agli
ordini, boss” disse Lussuria, facendo partire: “Se
bruciasse la città”.
“Oh,
questa mi piace” disse Xanxus. Lo raggiunse, lo trasse a
sé passandogli un braccio intorno alla vita e gli prese una
mano nella propria. “Come mi piaci tu così, mia
Lussuria”. Aggiunse.
Lussuria
ridacchiò, mentre l’altro lo faceva ondeggiare.
Senza occhiali vedeva sfocato, ma il suo sguardo era calamitato dal
viso di Xanxus.
-
Tutto questo sembra un sogno – pensò.
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Capitolo 6 *** Peace and Love ***
Peace
and Love
La
porta sbatté, spalancandosi di colpo, Xanxus
abbassò la gamba tesa ed entrò con passo
marziale. La sua cravatta nera svettava sulla sua camicia immacolata e
i suoi pantaloni, perfettamente stirati, brillavano illuminati dalla
fiamma dell’ira tra le sue dita.
“Erik…”
chiamò con tono secco.
Lo
scienziato si premette gli occhiali contro il viso, le lenti brillarono
nell’oscurità, e alzò il capo. La
stanza in penombra era rischiata dalla luce azzurrina degli schermi del
computer.
“Sì,
Boss?” domandò.
Xanxus
assottigliò gli occhi, le iridi vermiglie gli brillarono di
riflessi color rubino, e aggrottò le doppie sopracciglia.
“Io
e te cresceremo quei marmocchi che ti hanno portato. Nessun
esperimento, saranno come figli nostri” ordinò.
Lussuria
piegò le labbra in un sorriso sardonico.
“Mi
stai chiedendo di avere dei figli con te?” chiese.
“Non
è una richiesta. Sono nostri e basta” disse
Xanxus. Incrociò le braccia al petto e schioccò
la lingua sul palato, ascoltando Lussuria fare dei gridolini, e
roteò gli occhi.
Lussuria
lo raggiunse, lo abbracciò e gli posò un bacio
sulla guancia.
“Così
non va” borbottò Xanxus.
Lussuria
inarcò un sopracciglio, mentre gli occhiali gli scendevano
sul naso.
Xanxus
estrasse un rossetto dalla tasca e glielo porse.
Lussuria
ridacchiò, se lo mise e scoccò un bacio sulla
fronte di Xanxus, lasciandogli il segno delle sue labbra.
“Ora
va meglio.
Sbrigati,
usciamo a comprare le cose che servono ai bambini. Biberon, ciucci,
pannolini e tutto il ciarpame.
In
fretta, non voglio che il Nono se ne accorga. E togliti
il camice, già che ci siamo ti compro qualcosa da metterti.
I
bambini si spaventerebbero a vedere loro ‘madre’
vestita da scienziato pazzo” ordinò Xanxus.
Erik
ridacchiò e si passò la mano tra i capelli verdi,
raggiunse i computer e diede l’ordine di mettersi in stand-by.
“Oh,
boss, non so cosa farei senza di te” disse. Si
sfilò il camice e lo lanciò,
quest’ultimo cadde sullo schienale di una delle sedie.
“Verde,
lo so che sei lì sotto terra. Esci”
ordinò Xanxus.
Si
aprì una botola di metallo e Verde fece scivolare fuori la
testa.
<
Non si può negare sia proprio un vero Vongola volitivo.
Quanto bisogna essere sciocchi per pensare che è un
trovatello? > pensò lo scienziato.
“Tu
occupati del laboratorio mentre non ci siamo. I bambini saranno qui al
più presto. Se dovessero arrivare prima del nostro ritorno
avverti immediatamente Lù.
Tutto
chiaro?” chiese Xanxus, fissandolo nelle lenti degli occhiali.
“Non
potevate essere più chiaro di così”
rispose Verde. La sua risata si fece via via più attutita
mentre ritornava sottoterra e si spense mentre richiudeva la botola.
<
Assomiglia così tanto al mio adorato Settimo, è
proprio tutto il suo bisnonno > pensò.
Xanxus
raggiunse un armadietto e lo aprì, recuperò dei
tacchi a spillo rosso fiammante, porgendoli a Lussuria.
“Cambiati
anche le scarpe. Non posso vederti conciato a quel modo,
Feccia” brontolò.
Lussuria
allargò le braccia e girò su stesso, le sue iridi
grigie si fecero più scure.
“Oh,
Boss, tu mi rendi il peccato più felice di questo
pianeta” disse. Prese le scarpe a spillo e se le strinse al
petto muscoloso.
“DATTI
UNA MOSSA” intimò Xanxus.
<
Certo. Tu sei il MIO peccato > pensò.
|
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Capitolo 7 *** La punizione del Boss ***
La
punizione del Boss
Il rumore di tacchi che risuonava nel negozio era coperto dal brusio di
voci tutt'intorno.
La
luce giallina del neon era resa soffusa da quella solare che filtrava
dalla vetrina.
“Vedrai,
ti piaceranno le cose che vendono qui, Boss” disse Lussuria
con voce trillante.
Raggiunse
la commessa e le sorrise.
“Vorremmo
vedere delle camicie” disse gentilmente.
Alcuni
clienti si allontanarono e uno, dai cappelli ingrigiti, si mise dietro
la donna. La commessa osservò i tacchi, spostò lo
sguardo sulla borsetta del Varia e arricciò il naso.
“Guarda
questo” bisbigliò con voce inudibile.
Notò Xanxus alle sue spalle e schioccò la lingua
sul palato riconoscendo una delle piume di pappagallo tra i suoi
capelli.
“La
prego di farsi indietro. La sua puzza mi fa scappare i
clienti” mentì con tono acido, rivolta a Lussuria.
Quest'ultimo
accentuò il sorriso, si portò una mano sul petto,
facendo ondeggiare la borsetta.
“La
stessa puzza che ha portato quel cliente lì a
occhieggiarmi?” domandò, indicando un uomo
seminascosto da un manichino.
Quest'ultimo
finse un colpo di tosse, arrossendo.
<
Non è colpa mia se sembra una donna facile > si disse.
L'uomo
dietro la commessa inarcò un sopracciglio.
“Certo
che ne dici di cose senza senso. Fai schifo conciato in quel
modo” sibilò indicando i pantaloni aderenti di
Lussuria.
“Hai
ragione, con questo caldo dovrei sfoggiare il mio fisico in
bikini” sussurrò Lussuria.
Mosse
il capo facendo ondeggiare il suo ciuffo verde.
“Perché
non ti curi, mostro?” chiese un giovane cliente.
Lussuria
batté il tacco per terra.
“Senti
gioia, se non moderi i termini ti sfondo la testa con il
tacco” minacciò con voce stridula.
“Non
abbiamo abiti per lei” ringhiò la commessa.
“Tesoro
cara, la camicia è per il mio Boss. Peace and love,
gente” rispose Lussuria, premendosi gli occhiali sul viso.
“Solo
delinquenti e accattoni depravati possono frequentare uno come
te” disse il cliente dietro la commessa.
Lussuria
impallidì, aggrottando la fronte. Xanxus voltò
lentamente il capo distogliendo lo sguardo da un manichino vestito di
bianco con ai piedi delle scarpe con i tacchi a spillo,
sollevò gli occhi cremisi sull'uomo dietro la commessa e
infilò le mani dentro l'enorme cappotto che gli ricadeva
largo sul corpo muscoloso.
“Feccia
... sto cominciando ad annoiarmi” avvisò.
Lussuria
giocherellò con la propria borsetta.
“Questi
inetti sperano di rientrare nei miei interessi senza essere ancora
sepolti e non rispettano i Vongola. Lo trovo estremamente
seccante” si lamentò.
La
commessa impallidì ed un uomo fece una smorfia disgustata.
Un giovane con la divisa della sicurezza si avvicinò a
Lussuria, gli mise la mano sulla spalla.
“La
commessa le ha già detto che quelli come lei non sono i
benvenuti. Lasci il negozio senza ulteriori resistenze”
minacciò.
Xanxus
strinse le labbra, le iridi cremisi brillarono.
“Se
sei seccato, vuol dire che questo posto non ti
mancherà” decretò.
Tirò
fuori di scatto la pistola e sparò al ragazzo in divisa,
forandogli il cranio con un proiettile da una parte all'altra.
Risuonarono diverse urla e la commessa corse verso l'uscita,
travolgendo un manichino.
“Lo
sapevo che doveva essere il suo protettore”
ringhiò l'uomo che si era trovato alle spalle della commessa
fino a poco prima.
Xanxus
poggiò la mano sul bancone tra lui e l'uomo, lo
rovesciò con uno scatto violento sul pavimento; alcuni
oggetti caddero in terra rotolando sul pavimento, coprendo il suono
delle urla. Xanxus puntò la pistola verso l'uomo che ora
aveva di fronte, ghignò cattivo piegando il capo di lato.
“La
tua colpa è aver insultato il mio migliore amico”
disse.
Sparò
dritto al centro della fronte dell'uomo, uno schizzo di sangue
bagnò i capelli grigiastri del cadavere mentre si accasciava
al suolo. Lussuria sorrise.
“E
il Cielo dei Vongola” bisbigliò.
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Capitolo 8 *** Oltre la nebbia ***
Oltre
la nebbia
Una
larga macchia di sangue nerastro si stava allargando sul pavimento.
Mammon si passò la crema sull'ematoma che aveva all'altezza
della guancia e sull’'occhio nero.
Infilò nuovamente il largo cappello e uscì dalla
stanza, un forte odore di fumo le pizzicò le narici.
Scese al piano di sotto, dirigendosi verso la porta. Del fumo proveniva
dal piano di sopra.
La donna aprì la porta e uscì, alzò lo
sguardo e sgranò gli occhi vedendo che il primo piano
dell'edificio era in fiamme.
Di fronte all'edificio stava Xanxus, gli occhi cremisi fissi sulle
fiamme e la casacca che ondeggiava alle sue spalle. Voltò
lentamente il capo verso di lei, scrutando il lungo vestito viola e il
largo cappello che la coprivano del tutto.
“Boss dei Vongola” esalò la donna.
Xanxus la raggiunse, le si fermò di fianco e
abbassò il capo per accostarlo all'orecchio della donna.
“Ucciderò chi ti ha fatto quei lividi,
Viper” disse, roco.
Scrollò le spalle facendo qualche passo oltre la donna, con
le labbra sporte in un broncio.
“E nessuno mi chiama in quel modo!”
ringhiò.
“Vi chiamerò Boss, se mi chiamerete
Mammon” lo pregò Viper.
Xanxus si voltò verso di lei facendo ondeggiare la casacca,
le iridi cremisi riflettevano le fiamme dell'edificio.
“Mammon” scandì.
Lasciò scivolare le mani all'interno della giacca nera,
sentendo le pistole sotto le dita.
“Potrai chiamarmi come ti pare, se mi dirai chi ti ha fatto
del male”.
“Niente che non mi sia cercata. Ho bisogno di
soldi” rispose la donna.
Xanxus le si piazzò davanti sulla strada, le fiamme alle sue
spalle accentuarono d'intensità brillando d'arancio con uno
scoppio che illuminò il cielo.
“C'è un solo tipo di persone che si cerca la
violenza: chi fa del male agli altri per primo”
dichiarò, duro.
Abbassò lo sguardo per guardare la donna che gli arrivava
poco sopra i fianchi, lasciò la presa su una delle pistole
per affondare la mano nella tasca.
“Vuoi soldi? Te ne darò io. Ma devi dirmi chi ti
ha fatto questo, e perché”.
“Ti darò i nomi, ma dovrai darmi un
lavoro” rispose la donna. La voce le tremava leggermente, una
vipera le era apparsa sul capo, arrotolata su se stessa, formava
un'aureola.
Xanxus si lasciò cadere pesantemente sul marciapiede di
fronte l'edificio, il fumo stava lentamente circondando anche i piani
inferiori e offuscava la visuale. Guardò la donna,
piegò il capo socchiudendo gli occhi cremisi.
“Hai ottenuto quei lividi con uno dei tuoi lavori?”
chiese, duro.
Mammon si sedette accanto a lui, accavallando le gambe.
“Questo succede quando non hai un protettore”
ammise piano.
Xanxus mugugnò, tirò fuori dalla tasca una
mazzetta di soldi annodati da un nastro nero e li porse alla donna.
“Questi sono per permettermi di essere il tuo
protettore” disse, atono.
Mammon li prese con le mani tremanti, una lacrima le rigò la
guancia, dove c'era un triangolo viola. Xanxus batté le
palpebre.
“Hai paura, Mammon?” chiese.
Arcuò la schiena in avanti, gli scricchiolii del piano in
fiamma risuonavano alle sue spalle.
“Ascolta, ci sono tre regole. Una, devi avere un'eccezione.
Qualcosa che non faresti mai, neanche per ordine. Due, devi essere
pronta a disobbedire se l'ordine potrebbe nuocermi. Tre, devi
protestare ogni volta che l'ordine è eccessivamente doloroso
o eccessivamente stupido”.
Sogghignò, piegando lentamente il capo, la coda di procione
che aveva tra i capelli scivolò lungo la sua spalla.
“Hai ancora paura, conoscendo le regole?”.
Mammon scosse vigorosamente il capo.
“Non ho paura. Sono abituata a nascondere i visi arrabbiati
degli altri con le mie illusioni. Nei combattimenti creo lava e morte,
ma per me sono paradisi. Mi chiedevo se tu sia una realtà
sicura. Se posso fidarmi” gli disse.
Xanxus infilò nuovamente la mano in tasca, ne trasse
un'altra mazzetta di banconote e la porse alla donna.
“Queste sono per mettermi alla prova, e dimostrarmi che mi
merito di essere considerato reale”.
“Mio marito era gentile e comprensivo con me. Mi consigliava
con quali vestiti era meglio non andare in giro. Esigeva rapporti
sfrenati dalle sue amanti. Mi teneva lontano da ogni decisione che
sforzasse la mia debole mente. Tu non sei gentile, ma sto meglio con
te” ammise Mammon.
Xanxus scrollò le spalle, si alzò dal marciapiede
e le porse la mano, le fiamme dell'edificio stavano diminuendo e il
fumo si stava diradando.
“Non sarò gentile, e non sarò
comprensivo. I miei ordini sono assoluti, tranne per le regole che ti
ho elencato prima” disse.
La guardò, socchiudendo gli occhi cremisi.
“Urlerò, e ti chiederò cose che ti
sembreranno impossibili. Pretenderò tu sappia scegliere, e
non accetterò dei semplici sì come risposta a
qualsiasi domanda” disse.
Sogghignò, mostrando i palmi delle mani.
“Però non ti farò mai del male.
Ucciderò chiunque oserà fartene, e chiunque mi
dirai di volere morto. Sarai completamente libera di farti picchiare,
se lo desideri, ma quelle persone moriranno, perché ora sei
sotto la mia protezione”.
Mammon gli sorrise.
“Agli ordini, boss” rispose.
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