«T-Ti affido questa...»

di Sian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ascoltami, Takagi. ***
Capitolo 2: *** Non tenerti tutto dentro. ***
Capitolo 3: *** Come quella volta. ***



Capitolo 1
*** Ascoltami, Takagi. ***


«T-Ti affido questa...»

Capitolo Uno - Ascoltami, Takagi.
Wataru Date e Wataru Takagi


«E ora che abbiamo finito... Andrei a mangiare volentieri della carne. Devo riprendere le energie consumate da questo appostamento.» L’uomo parlava con uno stuzzicadenti in bocca. La stanchezza della giornata si faceva sentire. Prese lo stuzzicadenti tra le dita e si lasciò scappare un grande sbadiglio.

«Date-san, i locali sono chiusi a quest'ora del mattino!» L’altro controllò l'orologio, segnava le 5:47. Si strinse nella giacca per ripararsi dal freddo e dal vento che soffiava. Faceva piuttosto freddo, ma sarebbe stato strano il contrario: era la mattina del 7 Febbraio.

«È sempre l'ora per una buona bistecca. Ti farebbe bene mangiarne un po' di più, Takagi.» L'agente Wataru Date si mise a ridere. Se la sarebbe sicuramente cucinata appena rientrato a casa.

«Ascoltami, Takagi. Volevo spiegarti una cosa.» Ritornò serio, guardando il ragazzo che era stato assegnato sin da subito alle sue cure dopo essere arrivato da meno di un anno nella polizia metropolitana di Tokyo.

«Se è la ricetta di come cucinare delle ottime costine, me l'hai già spiegata la settimana scorsa.» Lo informò Wataru Takagi, allievo del suo collega omonimo più anziano. Aveva ancora tanto da imparare da lui, sia sul modo in cui svolgere le indagini, sia su certi valori morali. Date era un uomo molto ligio al suo lavoro, alla giustizia. Aveva inoltre tantissime altre qualità, come il timbro di voce molto profondo, o ancora la sua stazza e la sua forza fisica.

Se non lo avesse conosciuto, avrebbe detto che incuteva timore, quando invece era una delle persone più gentili che aveva conosciuto finora nella sua vita. Takagi si considerava fortunato ad essere stato affiancato a Date. Anzi, questa collaborazione sul lavoro si era trasformata in amicizia, tanto da scambiare quattro chiacchiere su certe ottime ricette culinarie che Takagi sperimentava, o sul miglior tipo di penna per prendere appunti solo perché Date ne disintegrava almeno una a settimana.

Rise con molta energia, nonostante avessero passato la notte in appostamento. «No, volevo farti sapere cosa ho deciso di fare.»
Estrasse la sua agendina dal taschino interno della giacca.


In quel momento una folata di vento imperversò nel viale. Preso alla sprovvista, Date allentò la presa sulla sua agendina, la quale volò aldilà del marciapiede, adagiandosi in mezzo alla carreggiata. «Diamine!»

«Vado a prenderla!» Takagi, che si trovava più vicino alla strada, si precipitò verso il bordo del marciapiede. Stava quasi per toccare l'asfalto, quando Date lo fermò.

«Lascia, vado io.» L'agendina era la sua e lui l'aveva fatta volare via, doveva recuperarla prima che qualche macchina ci passasse sopra distruggendo il prezioso contenuto che aveva custodito con molta cura fino a quel momento.

Controllò che non arrivasse nessun’auto, prima di attraversare la strada. Fortunatamente a quell'ora del mattino non c'era traffico, nemmeno in quella zona solitamente così caotica. Raggiunse l'agendina e si chinò per raccoglierla.

Non sapeva di cosa si fosse trattato, se del suo destino, o se fosse stato solamente un momento di sfortuna, si ritrovò addosso una macchina che sfrecciava a tutta velocità verso la sua direzione. Ormai era troppo tardi per evitarla.

«Date-san!!!» Takagi accorse subito in suo aiuto raggiungendo la carreggiata e constatando la gravità della situazione. Il suo collega perdeva abbondante sangue dalla testa e dall'addome. L'automobile si era fermata poco più avanti, andando a sbattere contro un muretto.

«Date-san...!» Takagi era nel panico più totale. Da dove era sbucata fuori quella macchina?! Perché doveva finire in quel modo?!
Se solo fosse andato lui a prendere l'agendina... Forse avrebbero risparmiato quei secondi che sarebbero stati vitali.


Digitò immediatamente con mani tremanti, il numero di emergenza, fornendo la maggior parte dei dettagli al centralino. Se aveva imparato qualcosa in quell'anno con il signor Date, era appunto l'auto controllo. Di primo impatto aveva avuto paura, ma non aveva perso nemmeno un secondo, proprio perché quei secondi erano vitali. Certo, non che la sensazione di panico fosse scomparsa, ma era il compito di un poliziotto rimanere sempre obiettivo.

«Non muoverti per nessuna ragione.» Gli ricordò appena si accorse che era ancora cosciente. «Ho già chiamato i soccorsi. Saranno qui in pochissimi minuti.»

Nonostante fosse un uomo forte e robusto, non era di certo immune ad un investimento a quella velocità, anzi. La sua stazza gli aveva permesso di essere ancora vivo mentre chiedeva chiaramente aiuto con lo sguardo, mentre si sentiva svuotare dal suo stesso sangue.

L'emorragia era troppo grave per essere fermata in tempo.

Era successo così velocemente. Il dolore era acuto, ma non poteva credere che sarebbe finito tutto in quel modo. Avrebbe voluto fare tante cose ancora nella vita.


Il suo primo pensiero andò alla sua ragazza, Natalie Kuruma. Proprio quella sera... avrebbe voluto conoscere i genitori di lei. Avrebbe voluto portare anche i suoi genitori, cosicché si conoscessero. Le avrebbe voluto dare l'anello di fidanzamento. E avrebbe voluto chiederle di sposarlo. Perché lei era la persona con cui avrebbe voluto condividere ogni momento della sua vita.

La stessa vita che sentiva che presto avrebbe abbandonato il suo corpo.

«T-Takagi, ascoltami» Aveva ancora pochi secondi. Era una sensazione stranissima sapere di non avere più tempo da un secondo all'altro. Lui, che si era fatto forte più di tutti per affrontare al meglio i criminali. Ora tutta quella forza gli stava venendo a mancare.


Lo spaventava sapere che non ci sarebbe stato più un dopo? Ne era più dispiaciuto, per tutte quelle persone a cui voleva bene e con cui non avrebbe più potuto parlare.
Non avrebbe più sentito la risata della sua bellissima ragazza dai tratti occidentali.
Non sarebbe più andato a trovare suo padre e sua madre, che avevano fatto tanti sacrifici per lui.
Non avrebbe più mandato nessun messaggio al suo unico amico rimasto dei tempi dell'accademia di polizia.
Non avrebbe più indagato a nessun caso di omicidio con il suo allievo che in quel momento lo stava squadrando disperatamente.


Ma era sicuro che sarebbe diventato un ottimo agente, aveva parecchio talento e sicuramente non gli mancava il giusto intuito e le ottime conoscenze. Sarebbe stato affiancato da qualcun altro al suo posto. Chissà, magari proprio lei. L'aveva notato che il suo allievo si comportava in modo strano ogni volta che la loro collega si avvicinava a loro; Miwako Sato, doveva piacergli davvero molto. Ma lui aveva negato, senza sapere che non era stato per nulla credibile, soprattutto ai suoi occhi che erano abituati a stanare le bugie dei criminali. Non glielo disse ma gliela si leggeva in faccia, la verità.
Già. Era proprio un ottimo ragazzo, sperava il meglio per lui, per questo gli avrebbe affidato le sue ultime parole.

Stringeva in mano l'agendina che aveva recuperato da terra, e anche la causa per cui in quel momento si trovava in quella brutta situazione. La porse, con immenso sforzo, a Takagi, disobbedendo a ciò che il ragazzo gli aveva chiesto di fare, ovvero restare immobile.
«T-Ti affido questa...» Quell'agendina conteneva il tesoro più grande, fino a quel momento, della sua vita, che stava ormai giungendo al termine. L'anello che avrebbe voluto dare a Natalie era ben fermo nel fodero della copertina nera dell'agenda. Il suo cognome, scritto in lettere occidentali, era in rilievo su un lato interno, colorato in oro. Natalie adorava quel cognome, come ogni parte di lui e del suo animo. Avevano sin da subito deciso di chiamarsi a vicenda per nome, proprio per evitare equivoci.

Era arrivata la sua ora. Lasciò andare la presa sull'agenda, che era ormai nelle mani di Takagi. La forza anche solo per tenere il braccio teso gli era venuta a mancare. Guardò ancora una volta il suo collega, guardò per l'ultima volta quel mondo che si apprestava ad abbandonare.


Gli sarebbe piaciuto salutare tutti un'ultima volta. Ma non gli era possibile. Il tempo era scaduto. Chissà cosa gli sarebbe aspettato dopo la morte. Avrebbe sicuramente atteso molti anni per riabbracciare chi stava lasciando su quella terra.

Ma al tempo stesso aveva tre amici da salutare che l'avevano abbandonato qualche anno prima.
I pensieri correvano così veloci. Forse per quel tempo il suo cuore aveva già smesso di battere. Gli impulsi della vita erano giunti al termine. Il respiro si era bloccato. Il corpo era ormai morto. Ma ancora vi era qualche reazione nel suo cervello.
Giusto il tempo di salutare definitivamente ciò che era stata la sua vita.


Addio, Natalie.

Così abbandonò questo mondo, consegnando la sua prova d'amore nei confronti di Natalie, ad uno degli uomini di cui si fidava di più.

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Capitolo 2
*** Non tenerti tutto dentro. ***


«T-Ti affido questa...»

Capitolo Due - Non tenerti tutto dentro.
Wataru Takagi e Juzo Megure

«Date-san...! Date-san!!!» Teneva l'agendina tra mani che non volevano smettere di tremare. Non era possibile. Non voleva crederci. Il suo mentore si era spento così velocemente. Era assurdo morire così, per un incidente di qualche pazzo al volante. No. Non era per nulla giusto. Aveva ancora tutta una vita davanti.
Sentì la sirena dell'ambulanza avvicinarsi rumorosamente. Avrebbe dovuto fare segno di dove si trovava. Ma non riusciva a staccare gli occhi da tutto il sangue che proveniva dal corpo di Date.
Se solo fosse andato lui a prendere l'agendina... In qualche modo si riteneva responsabile di quanto successo. Le lacrime avevano incominciato ad annebbiargli la vista.

«Siamo arrivati.» Annunciò il medico mentre accorreva con strumenti preparati in precedenza assieme alla sua squadra di medici.
Takagi rivolse finalmente lo sguardo a qualcosa che non fosse il corpo esanime del suo collega. «È spirato pochi secondi fa...» Lasciò lo spazio alla squadra medica per accertare la morte e fare i primi rilievi dell'incidente.

No. Non era affatto giusto. Avrebbe dovuto imparare ancora molto dal suo collega. Avrebbero dovuto divertirsi ancora nei loro giorni liberi. Avrebbe dovuto indagare ancora a tanti casi con lui. Era una delle persone più buone che avesse mai conosciuto. Ed era proprio vero che ad andarsene erano sempre i migliori.
Guardò l'agendina che Date gli aveva affidato. Quell’agendina doveva essere importante per lui. Ma non se la sentiva di dare un'occhiata, in quel momento, al contenuto dell'unico oggetto che Date aveva potuto lasciare prima di abbandonare questa vita. Era qualcosa di così importante che l'avrebbe sicuramente esaminata in solitudine appena avrebbe avuto il coraggio di affrontare la situazione.

«Ragazzo, raccontaci cos'è successo.» Uno dei paramedici, raggiunto dalla polizia stradale che si occupava degli incidenti avvenuti in strada, gli si avvicinò chiedendo la sua testimonianza e offrendogli un bicchiere d'acqua.
Era chiaramente sconvolto per ciò che era appena successo, eppure Takagi fornì loro ogni dettaglio, in qualche modo aveva trovato la forza per raccontare tutto. Lo doveva per lui. Non avrebbe voluto farsi trascinare dal panico, e come poliziotto doveva esserne in grado. Gliel'aveva ribadito anche Date. Doveva essere forte. Certamente le lacrime non poteva fermarle, ma restava disponibile a qualsiasi domanda sull'accaduto.
Sarebbe stato un lungo giorno. La stanchezza dopo un appostamento notturno si faceva sentire ormai. Ma non sarebbe riuscito a riposare nemmeno un po' in quelle condizioni. Il bicchiere d'acqua era ancora pieno. Dubitava di riuscire anche solo a ingerire qualsiasi cosa. I suoi occhi pieni di lacrime erano fissi sul corpo immobile del suo amico. A breve sarebbe stato portato in camera mortuaria dell'ospedale, per gli ultimi saluti da parte di tutti i suoi parenti e conoscenti prima del suo funerale il giorno seguente.

La cerimonia funebre era terminata. Tutto il corpo della polizia metropolitana di Tokyo vi aveva partecipato in memoria del loro collega Wataru Date, il giorno successivo all’incidente.
Takagi si reggeva miracolosamente in piedi. L'intenzione di abbandonare il luogo in cui aveva appena dato l’ultimo saluto al suo amico era pressoché inesistente. Non riusciva a realizzare la sua morte: era stato una persona forte, coraggiosa e generosa. La sua vita non avrebbe dovuto spegnersi così presto. Ci sarebbero state così tante cose da fare ancora, tantissime cose che avrebbe voluto dirgli. Gli serviva del tempo per realizzare che tutto ciò era sfumato via. Gli occhi dolevano stanchi: non dormiva da più di ventiquattr'ore, incapace di addormentarsi, i suoi pensieri gli impedivano di dormire. Non poteva realizzare che ciò che aveva vissuto era la realtà.

Non erano rimaste molte persone nei paraggi, e quelle poche avrebbero voluto fare qualcosa per lui.
Miwako Sato era rimasta lì più a lungo. Capiva cosa potesse provare il suo collega, un vuoto incolmabile che nemmeno il silenzio avrebbe potuto riempire. Avrebbe voluto dirgli qualsiasi cosa, confortarlo, soprattutto essendo a conoscenza della decisione dell’ispettore Megure. Da quel momento in poi Takagi sarebbe stato nella sua squadra di indagini, e questo spostamento non sarebbe mai avvenuto se Date non fosse morto.
Lei più di tutti aveva il dovere di parlargli.
Lo osservò, senza commentare nulla. Forse voleva stare da solo con i suoi pensieri. Avrebbe dovuto accontentarlo? D'altronde non le veniva in mente nemmeno mezza parola da potergli rivolgere.
Come si poteva trovare le parole giuste quando si aveva a che fare con la morte?
Lo lasciò solo allontanandosi dal luogo della cerimonia, senza più girarsi a guardarlo. Stava sicuramente ancora osservando il punto ormai vuoto in cui un attimo prima si trovava la bara.
Forse da solo si sarebbe sfogato da tutta quell'ingiustizia.

L’ispettore Megure le fece un cenno e le sillabò «Ci penso io.»
«Takagi.» Megure gli si avvicinò, poteva capire quanto stesse soffrendo in quel momento. Aveva gli occhi rossi dal pianto, ma nel momento in cui Takagi aveva riconosciuto che ad avvicinarsi era il suo superiore, aveva cercato, in qualche modo bizzarro, di sembrare forte, di essere all'altezza del suo lavoro. «Sai già che puoi dirmi tutto. Non tenerti tutto dentro, ti farebbe solamente del male.»

Già. Quante volte gli aveva ribadito di riferirgli qualsiasi cosa che non andava, di chiedergli consiglio in qualsiasi momento... Lo rispettava veramente molto, lo riteneva un ispettore valido, comprensivo, umano. Capiva il pericolo del lavoro che veniva svolto, ma capiva anche le personalità dei suoi agenti, proprio per sapere chi era il più adatto in determinate indagini.
Forse doveva ascoltare il suo consiglio. Era un suo superiore, ma per quel momento poteva anche dimenticare di essere solamente un agente della polizia metropolitana di Tokyo trasferitosi da meno di un anno. Si ricordava ancora del primo giorno del trasferimento, si ricordava del suo primo incontro con Wataru Date. Certo che ne avevano combinate parecchie insieme, i Wataru Brothers.
Ora che ci pensava, aveva trascorso tutti quei mesi assieme al suo mentore. Erano stati accoppiati bene per svolgere le indagini. Inoltre, Date aveva uno stile tutto suo per condurre le indagini, che Takagi ammirava.

Ma ora... era tutto finito. Non sarebbe più uscito la sera libera insieme a lui solamente per chiacchierare di un po' di tutto, dal calcio alle ragazze, oltre che a bere un po'.
Si ricordava quanto l’argomento ragazze fosse delicato per Takagi. Ogni volta che Date ne accennava, l’amico sapeva già dove volesse andare a parare. Voleva spronarlo a farsi avanti alla ragazza che gli piaceva, perché era ovvio che gli piacesse la viceispettrice Sato. Date lo riteneva parecchio timido, e proprio per questo ci avrebbe pensato lui a ricordargli di provarci ogni tanto.
Gli ripeteva sempre che non bisogna aver paura della vita, proprio perché ne abbiamo a disposizione una sola e bisogna essere felici in ogni momento di essa. Dunque, perché non provare a farsi avanti? Ma era difficile, soprattutto da quando aveva potuto constatare che Sato piaceva a tantissimi altri suoi colleghi. E per peggiorare la situazione quella ragazza sapeva il fatto suo, e non si faceva avvicinare da nessuno degli uomini che pendevano dalle sue labbra. Non sarebbe mai riuscito a farsi avanti.

Ma Date aveva proprio ragione, e lo aveva dimostrato a sue spese. La vita era una sola.
«Ispettore... Tutto ciò non sarebbe accaduto se fossi andato io a prendere l'agendina.» Si sentiva tremendamente colpevole dell'accaduto, nonostante si fosse trattato di coincidenze assurde. Avrebbe sicuramente risparmiato qualche secondo se solo Date gli avesse permesso di andare a recuperarla.

«Non darti nessuna colpa, Takagi. Soprattutto quando non è stata per nulla colpa tua. È stato un incidente, e il colpevole addormentato al volante è già stato arrestato.» Megure gli diede una sonora pacca sulla spalla.
Certo con quelle parole non voleva di certo dire che era giusto che fosse morto. «Inoltre, sono sicuro che Date ti abbia istruito su come ci si deve comportare in casi del genere. Ora che lui non c'è più, devi mantenere alti i suoi insegnamenti.»

Quelle parole sembrarono illuminare Takagi. «D'accordo, ispettore. Mi impegnerò per seguire le sue orme e diventare un ottimo detective come lo era lui. Grazie per il supporto.» Fece un breve inchino di riconoscenza. Forse aveva ragione. Doveva farsi forza. Avrebbe continuato ad indagare nei casi di omicidio, per mettere in pratica tutti gli insegnamenti di Date.

«D'ora in poi lavorerai nella squadra investigativa della viceispettrice Sato. Avrò bisogno del tuo aiuto sulle indagini condotte da me personalmente. Sono sicuro che non ci deluderai e sarai un ottimo agente.» Megure sapeva quanto fosse importante tenere alto il morale dei suoi sottoposti, non era di certo un lavoro facile. Le emozioni, molto spesso negative, avrebbero potuto portarlo sulla via errata. Era suo dovere indirizzarlo a chi sapeva che lo avrebbe capito e lo avrebbe distratto da tutto ciò che era successo.

«Grazie per la fiducia!» Nonostante fosse in quel dipartimento da poco meno di un anno, doveva ringraziare l'ispettore Megure per l'opportunità datagli. Non che in quel momento si sentisse particolarmente stimolato per lavorare. C'erano tante che gli frullavano in testa e sicuramente il lavoro ne occupava una minima parte. Avrebbe voluto evitare il lavoro, isolarsi e restare con sé stesso a rimuginare su ciò che era successo.

Ma sapeva che non era possibile. Non avrebbe preso nessun giorno di ferie, non poteva farlo. Non poteva mancare al senso di giustizia. Soprattutto in quel momento. Non poteva mandare all'aria tutti gli insegnamenti che Date gli aveva confidato. Avrebbe dovuto continuare a cercare i criminali: questi ultimi non si fermano solo perché qualche poliziotto era in lutto.


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Capitolo 3
*** Come quella volta. ***


«T-Ti affido questa...»

Capitolo Tre - Come quella volta.
Wataru Takagi e Miwako Sato


La sezione omicidi decise di lasciare in ordine il suo armadietto e la sua scrivania. Wataru Date sarebbe sempre rimasto con loro ad indagare in prima linea, qualsiasi cosa fosse successa da quel momento in poi.
Nella stessa sezione durante quei giorni c'era stato un po' di trambusto. Tre donne erano morte nella notte tra il 7 e l'8 Febbraio, ancora da stabilire la causa di morte.

«Takagi-kun» Sato lo chiamò. In quei giorni il ragazzo aveva lo sguardo un po' perso nel vuoto, ma come biasimarlo... Capiva esattamente cosa stesse provando. Quella vocina che ti vorrebbe gettare in un baratro di disperazione, ma al tempo stesso il senso di giustizia che ti suggerisce di essere presente a lavoro. Quando invece l'unica cosa di cui avresti bisogno è distrarti e non pensare alla disgrazia vissuta.
Sato non sopportava vedere così tanta sofferenza sul viso di uno dei membri della sua squadra, gli dispiaceva vederlo scosso quando la caratteristica migliore che aveva imparato di lui era la gentilezza. Non era lo stesso Takagi che credeva di conoscere.
Per qualche motivo ancora a lei sconosciuto, si era presa l'impegno personale di non lasciarlo solo, di aiutarlo, di farlo tornare sé stesso: quel sé stesso che lei apprezzava.

La fortuna non era stata dalla sua parte nemmeno con lui. Si assomigliavano molto sotto quel punto di vista. Forse era una sciocchezza della sua mente, ma in quel momento cercare di stargli il più vicino possibile, trovandogli qualcosa da fare per distrarsi, era la migliore delle idee.
Aveva giurato a sé stessa di non lasciarlo in balia di tutti quei ricordi che avrebbero suscitato emozioni negative.
«Vieni con me ad indagare sulle tre morti?» Si avvicinò alla sua scrivania. In un momento del genere la cosa peggiore che ci potesse essere, era rimanere da soli a rimuginare su ciò che era successo. «D'altronde ora fai parte della mia squadra investigativa.»


Takagi alzò lo sguardo per incontrare quello di Sato. Conosceva bene la sensazione che provava ogni volta che si ritrovava a guardarla, ma quella volta non provò nulla nell’osservarla. Chiaramente la sua testa era da tutt'altra parte. Gli aveva proposto di indagare insieme? Come avrebbe potuto farlo in quelle condizioni? Ma lui stesso non vedeva alternative: sarebbe andato a lavorare, era il suo dovere; sicuramente era un modo per cercare di non restare a casa a chiedersi perché fosse successa una tale tragedia. «Ok.»

Si alzò dalla sua scrivania, vicina a quella che era stata di Date. Avrebbero dovuto raccogliere informazioni sulle circostanze delle tre morti. Non gli era chiaro perché avesse scelto proprio lui tra tutti i membri della squadra. Ne faceva parte solo da un giorno, e non era di certo nelle condizioni per poter indagare al massimo delle sue forze.
Forse... voleva stargli vicino?

«Andiamo, non vorrai mica star qui tutto il giorno!» Si incamminarono fuori dagli uffici per raggiungere l'automobile di Sato.

Takagi le sorrise. Un sorriso forse un po' tirato, un sorriso forse un po' stanco come suggerivano i suoi occhi. Le occhiaie erano inevitabili. Ogni volta che in quei due giorni aveva cercato di dormire gli tornava in mente il sangue, le ultime parole, l'agendina.
L'agendina... l'aveva riposta all'interno del taschino del suo completo. Date gliel'aveva affidata. Quell’agendina era stata la causa di tutto, Date avrebbe voluto mostrargli un oggetto custodito al suo interno.

Inizialmente non aveva avuto il coraggio di aprirla, ma la notte appena trascorsa, l’ennesima passata insonne, l’aveva ispezionata: nel fodero della copertina vi era incastrato un anello. Doveva essere qualcosa di molto importante a giudicare dall’aspetto.
Non avrebbe mai saputo a chi era destinato. Ma poteva immaginarlo. C’era una ragazza, la sua fidanzata, di cui a volte gli raccontava del loro primo incontro. Probabilmente sarebbe stato l’anello per la proposta di matrimonio.

Chissà se la sua fidanzata era presente al funerale del signor Date.

Sull’agendina c’erano anche delle annotazioni in cui diceva di andare a trovare i suoi genitori, e poco più sotto una foto di una donna, non l’aveva mai vista in fotografia.
Quei pensieri lo stavano divorando mentre osservava con uno sguardo totalmente perso la strada che passava. Si trovava in macchina con la donna che, dal primo momento in cui l’aveva vista, gli causava delle emozioni mai provate prima. Ma in quel momento era come se fosse un’estranea.


Sato era concentrata a guidare, ma non riusciva a non essere preoccupata per Takagi. Forse aveva peggiorato le cose? Avrebbe voluto rivolgergli la parola ma decise di lasciarlo tranquillo per tutta la durata del viaggio. A volte il silenzio era l’unica cosa che bisognava ascoltare.

Erano arrivati al luogo dove era stata ritrovata la prima vittima. La scientifica aveva isolato tutte le prove trovate. Le prime indagini erano assegnate al loro dipartimento, ma era abbastanza chiaro che non fosse un omicidio di loro competenza. La casa molto in ordine e la lettera trovata ai piedi della donna suggeriva che si fosse trattato di un suicidio.
«Takagi, che ne pensi?» Sato si avvicinò a Takagi che rimase ad osservare altri dettagli in quella casa.


Stava esaminando una piccola scatola in legno, contenente dei gioielli. Non sembravano essere usati da molto tempo. Forse quella donna non era tipa da indossare qualsiasi tipo di accessorio.
Cosa significava un anello? Perché quei gioielli erano riposti in una scatola, quasi come dimenticati? Se la fidanzata di Date avesse ricevuto quell’anello, molto probabilmente l’avrebbe indossato.
Notò che Sato si era avvicinata a lui e lo stava osservando, attendendo forse una risposta. «Mi hai chiesto qualcosa?»


Sato gli sorrise. Era ancora una volta perso tra i suoi pensieri. Si era proposta di aiutarlo, ma non sapeva nemmeno lei come avrebbe potuto farlo. «No.»
Che sciocca, pensare di poterlo aiutare portandolo ad esaminare delitti, quando era proprio ciò che faceva in squadra con Date. Era normale che fosse sovrappensiero.
Portò avanti le indagini. Da qualsiasi lato si guardasse, era chiaro che si trattava di suicidio. L’avrebbe dunque passato ai suoi colleghi di competenza.

La seconda vittima si chiamava Natalie Kuruma. Apparentemente si era suicidata per motivi d’amore, o almeno così Sato aveva dedotto leggendo l’ultima mail inviata dal suo cellulare, e il calendario della sua camera, ispezionato come primo oggetto. Aveva tutti gli elementi per passare anche quel caso alla sezione suicidi.

Non restò a lungo ad ispezionare altro, era preoccupata per Takagi. Appena arrivati sulla scena, le aveva detto di voler andare a prendere una bottiglietta d’acqua al negozio lì vicino, ma non era ancora tornato nonostante fossero passati più di venti minuti. Girò l’angolo e lo trovò appoggiato alla barriera parapedonale, intento ad osservare un punto impreciso della strada, con la bottiglietta d’acqua completamente intatta tra le mani.

«Takagi... Ho già finito di ispezionare anche questa scena del crimine, abbiamo quasi finito per oggi.» Sato gli si avvicinò, ma Takagi non reagì in alcun modo, forse troppo concentrato. «Posso capire cosa provi mentre guardi la strada, sai...? Sempre così frenetica di macchine.» Si perse anche lei ad osservare quel tratto di strada.

«È bastato proprio un attimo di coincidenze assurde, già. Come quella volta.» Cercò di raccontargli un pezzo della sua vita, di quando era ancora una bambina. Ma forse non era il caso di rattristarlo ancora di più.
Non era decisamente un buon fattore in comune aver perso una persona cara per un incidente stradale.


Takagi ascoltando quelle parole si riprese, mettendo finalmente a fuoco cosa stava accadendo intorno a lui. Cosa voleva dire con quella frase? Suonava come se fosse inconclusa, come una frase che volesse raccontare di più. Rivolse lo sguardo a Sato, non gli sfuggì il suo viso rabbuiato durato solo per un battito di ciglia. «Come quella volta...?»

Sato gli sorrise celando la malinconia che le aveva portato il vecchio ricordo di suo padre. «Bene... Possiamo rimetterci al lavoro.»

Anche il caso successivo non necessitò di ulteriori indagini: si era rivelato un suicidio. La giornata di indagini era terminata, dovevano solo tornare in centrale a fare rapporto e passare tutto alla sezione suicidi.
Accese il motore della macchina e si allacciò la cintura di sicurezza, dall’ultimo luogo alla centrale ci sarebbe voluto almeno un’ora di strada, considerando il traffico dell’orario di punta forse anche qualcosa di più.

Ora avrebbe potuto chiacchierare un po’ con Takagi per farlo svagare, forse poteva raccontargli di quella volta che aveva provato a cucinare una torta di mele, con scarsi risultati.
«Takagi-kun, visto che te la cavi in cucina, volevo chiederti un consiglio.» Sato attese una risposta per svariati secondi, non che fosse strano il suo silenzio, ma era veramente troppo silenzioso. Rivolse lo sguardo verso di lui distraendosi per qualche secondo dalla strada.

Lo vide addormentato. Gli occhi chiusi e la testa inclinata verso la spalla, alla ricerca di una posizione comoda per riposare.
Riprese a guardare la strada. Forse aveva trovato un po’ di pace in quella situazione. Nonostante Sato non fosse riuscita a non fargli pensare a ciò che era successo, vederlo addormentato la rassicurava. Aveva bisogno solamente di riposarsi, ed era inevitabile che prima o poi sarebbe crollato.

Sembrava dormire senza troppi pensieri. Sarebbe stato un peccato svegliarlo all’arrivo, ora che sembrava aver accantonato tutta quella situazione per recuperare un po’ di energie. Ma se lo conosceva almeno un pochino, sicuramente avrebbe rifiutato di tornare a casa e riposarsi per almeno una giornata.

Pur di farlo riposare il minimo necessario, non tornò subito alla centrale. Era ancora presto, e avrebbe potuto restare anche fino a tardi a fare rapporto. Avrebbe aspettato sicuramente l’orario di fine turno di Takagi, cosicché sarebbe tornato a casa, dove forse finalmente sarebbe riuscito a riposarsi a dovere.
Alla fin fine non gli aveva fatto male uscire un pochino. Arrivò in centrale dopo due orette abbondanti, parcheggiando l’auto. Spense il motore.

«Takagi-kun. Siamo arrivati.» Lo chiamò e gli sfiorò la spalla per svegliarlo. «È meglio se vai a casa a riposarti come si deve.»


Aprì gli occhi. Aveva veramente dormito per tutto il tragitto? Con Sato di fianco mentre guidava? Non ci poteva credere. Forse davvero avrebbe dovuto dormire e recuperare le energie, per evitare scene di questo genere. L’imbarazzo era immenso, le guance che man mano diventavano rosse.
Poteva sentire di nuovo quelle sensazioni che lo travolgevano ogni volta che si ritrovava al suo fianco. Forse era stata proprio Sato a fargli realizzare ciò di cui aveva bisogno in quel momento disperato.

Non sapeva cosa gli avesse causato quella sicurezza: doveva provarci. Si sarebbe messo in gioco, avrebbe cercato di esprimerle i suoi sentimenti, non che non fossero abbastanza evidenti anche solo guardandolo in viso.

Le guance rosse si mossero in un sorriso sincero verso quella ragazza. «Grazie.»

Sì, doveva ringraziarla, per avergli fatto tornare il calore delle emozioni.

Una volta a casa decise di tenere con sé l’agendina di Date. Era sicuramente un oggetto a cui Date teneva molto, su cui ci scriveva qualsiasi appunto sia di lavoro sia di altro. Le pagine erano ancora vuote, ma decise di conservare quell’agendina nella sua libreria. Sfilò solamente il fodero, riponendo l’anello al sicuro assieme all'agendina. Quel fodero, l’avrebbe usato come guida, come se Date fosse sempre con lui per fargli intraprendere la strada giusta.

Avrebbe preso in considerazione il consiglio del suo mentore: la vita è una sola e bisogna essere felici in ogni momento di essa.




Note Autrice:

Grazie a tutte le persone che hanno letto questa fanfiction e che seguono le mie storie.
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere cosa ne pensate! :3

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