Questa è la mia storia...

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un colpo di fulmine ***
Capitolo 2: *** La mia vita in pugno ***
Capitolo 3: *** L'origine delle mie stranezze ***
Capitolo 4: *** La mia prima debolezza ***
Capitolo 5: *** Un fulmine a ciel sereno ***
Capitolo 6: *** Un gioco di sguardi ***
Capitolo 7: *** Una dolce paretesi di vita ***
Capitolo 8: *** Il nostro amore per....lo sport ***
Capitolo 9: *** Due boccioli che fioriscono ***
Capitolo 10: *** Mille fuochi d'artificio ***
Capitolo 11: *** Rossi raggi solari su rosse guance ***
Capitolo 12: *** Tirare fuori le unghie ***



Capitolo 1
*** Un colpo di fulmine ***


Eccomi qua, non so nemmeno da dove iniziare, sono Paola.
Partirò dicendo che in tutti i 23 anni della mia vita mi sono sempre considerata una ragazza decisa, che sa quello che vuole, estremamente sicura su cosa credere e su chi fidarsi, ma altrettanto insicura sulle faccende più semplici.
E’ un incubo essere me. Sono una frana nelle relazioni sociali, non capisco mai come relazionarmi con gli altri e non capisco mai se quello che sto facendo è il modo giusto.
Lo dico schiettamente, a 23 anni non ho mai fatto l’amore con nessuno e non sono mai stata innamorata di nessuno. Questo è un mio grande tabù.
Sono  terrorizzata dalle relazioni, sono terrorizzata da ciò che ne consegue come l’intimità sia fisica che emotiva, sono terrorizzata al pensiero di dovermi aprire con qualcuno e sono terrorizzata al pensiero che a questa persona possano piacere i miei pensieri. I miei pensieri sono l’unica cosa che nessuno è in grado di carpirmi, grazie al Cielo. Ho paura di tutto.
Questa è la triste realtà su di me, inadatta alle relazioni, ma solidamente decisa sulle mie convinzioni.
Esteticamente sono una ragazza comune, capelli castani, occhi verdi, piccolo seno e occhi grandi.
Ci sono 3 cose che cambierei di me: dalla vita in giù mi sento grassa, mi sento poco acculturata e sento che la mia vita sta prendendo una piega che non voglio che prenda.
Sono sempre stata una persona indipendente, mi affeziono difficilmente alle persone, ad eccezione di un unico punto debole 3 anni fa, e ora nuovamente un’altra breccia nella mia armatura.
Mia sorella mi chiama “Regina dei ghiacci” perché non patisco il freddo e perché tengo tutti a distanza.
Non sa nemmeno quanto è stata saggia il giorno in cui ha coniato quel soprannome.

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Capitolo 2
*** La mia vita in pugno ***


Non sono mai stata una persona molto romantica, ma a volte mi sono venuti in mente pensieri strani. Credo come a tutte.
Mi venivano in mente pensieri di rivincita su chi non mi ha voluto, pensieri di insopportabile sdolcinatezza su ciò che avrebbe potuto essere e strane situazioni tragicomiche in cui sarei potuta rimanere invischiata.
In questa fase della mia vita l’ “avrei potuto” è imperante, non avevo ancora acquisito abbastanza forza ber buttarmi io stessa nella mischia della vita, ero una silenziosa spettatrice che guardava gli altri andare avanti con le loro vite, con i loro amici e con la loro carriera.
Mentre io ero ferma lì, dietro ad una finestra, a guardare un intero mondo che si evolveva e dipanava i suoi intrecciati fili. Non ancora pronta a darci dentro.
In che modo una persona normale riesce a prendere il coraggio tra le mani e destreggiarsi tra mille sconosciuti e riuscendo a colpire qualcuno a tal punto da diventare amici o più?
Questo era il segreto che mi era precluso allora.
Non ancora matura, non ancora cresciuta abbastanza per sapere come va il mondo e quali leggi regolano le interazioni.
Questa è stata la mia situazione per molto tempo.
Cosa è cambiato? La “Regina dei ghiacci” ha preso in mano la sua vita. Che semplice soluzione! E nessuno aveva mai pensato di dirmelo?
Ho cominciato a pensare a dove volessi arrivare al termine della mia carriera scolastica, e se quella strada non avesse funzionato? Piano di riserva: cominciai a frequentare corsi extra scolastici per approfondire tematiche che mi appassionavano, avrei avuto abbastanza cultura per avere uno sbocco in qualsiasi campo mi sarebbe piaciuto.
Poi cominciai a pensare agli altri, mi sarebbe proprio piaciuto dare una mano, così cominciai a fare volontariato, prima 1 sola volta a settimana, poi andai sempre più assiduamente.
Mi tenni impegnata. Quante nuove sfide che mi proponeva il mondo, quante persone che mi faceva incontrare e quanti limiti avrei dovuto superare.
Presi al volo le opportunità, un fatica immane certo, ma alla fine diede i suoi risultati.
Ero una persona diversa, ora avevo l’esperienza, ora sapevo come fingere di essere realmente interessata a stringere relazioni con altri di cui non mi importava molto. Stavo imparando a rendere solida la mia corazza, a farmi beffe delle opinioni altrui.
Ero impegnata e stavo prendendo decisioni su me stessa, avevo la mia vita in pugno e avevo capito dove avevo intenzione di andare a parare.

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Capitolo 3
*** L'origine delle mie stranezze ***


E’ inutile dire che il liceo non sia stato un bel periodo per me.
Lungo tutto l’arco dei 5 anni i sono sempre sentita sminuita, bistrattate e insultata da un gruppo di ragazzi che si credeva simpatico nel fare ciò.
Continuando a prendermi in giro e dicendomi di stare zitta quando aprivo bocca hanno, pezzo dopo pezzo, demolito ogni briciolo di autostima in me. 
Dopo questo metodico lavoro di 5 anni sono arrivata al termine degli esami completamente frastornata e impossibilitata a crescere come persona a causa loro.
Ma sai una cosa? Durante tutta questa opera di smantellamento della mia personalità io ci tenevo alla loro opinione, volevo piacergli, avrei voluto avere un rapporto più stretto.
Ma loro di tutto ciò non si sono nemmeno resi conto di aver ferito i miei sentimenti in continuazione, giorno dopo giorno, mese dopo mese, per 5 anni consecutivi.
Per farvi capire meglio: immaginate di essere come un guscio di una chiocciola, vuoto e fragile, persino con le dita sarebbe facile romperlo. Ora immaginate di lanciare questo guscio in mezzo ai venti più impetuosi, ogni volta che il guscio va a sbattere contro qualcosa si crepa sempre di più.
Io ero quel guscio dopo 5 anni di bufere.
L’università è stata la mia salvezza.
I miei pochi amici sono stati la mia salvezza.
Ho imparato a vedermi come mi vedevano gli altri, a vedermi come vorrei essere e ora sto imparando a mostrare alle persone l’idea che ho di me stessa.
E’ stato un lavoro lungo, cercare di capire chi volevo essere e come volevo esserlo, è stato faticoso recuperare, ancora è così strano per me quando una persona mi fa un complimento.
Ancora è pazzesco se qualcuno prova interesse ad ascoltarmi parlare.
Se potessi riassumere la mia evoluzione e la mia rinascita in un’unica canzone sceglierei “I’m gonna love me again” di Sir Elton John, che parla di un uomo che si rialza da binari spezzati e impara ad amarsi nuovamente, sentendo un vento nuovo che gli soffia sulle vele spingendolo avanti.
Durante i primi anni di università ho conosciuto molte persone, non ho legato con molte di loro come mio solito, ma mi hanno fatto provare a comportarmi come una persona normale. Il verdetto? Normale magari non lo sarò mai, ma almeno non sono una persona insopportabile.

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Capitolo 4
*** La mia prima debolezza ***


Era novembre 2017, a casa di un amico stavamo bevendo e ridendo, quando ad un certo punto entrano gli ultimi 2 invitati della festa.
Uno di loro si sedette accanto a me e ci mettemmo a chiacchierare, fu come se una luce illuminasse il mio cervello disperdendo i fumi dell’alcool. Mi venne in mente un pensiero dopo il nostro breve dialogo, riuscii a pensare solo a quanto fosse sveglio.
Non era bello, era molto spallato, capelli con ciuffo, alto 170 cm e con una mascella ben pronunciata.
Lui fu il mio primo punto debole, la mia prima crepa nell’armatura. Sentii cedere piano piano tutto quello per cui avevo lavorato così duramente.
Dopo neanche qualche minuto, senza volerlo, già mi aveva ai suoi piedi. Lui nemmeno lo sapeva e nemmeno gli importava.
Cosa avevo da perdere? Se fosse andata male non avrei più rivisto una persona che nemmeno conoscevo fino a quella sera, ma se fosse andata bene?
Incrociai le dita, finii il mio bicchiere e mi misi accanto a lui per chiacchierare. Non mi ricordo nemmeno di cosa parlammo, mi ricordo soltanto che rimasi a guardarlo incantata dalle sue parole e dai suoi modi di fare. Mi sembrava ci fosse intesa.
Era sabato, mi scrisse 3 giorni dopo. Passai quei 3 giorni ad aspettare guardando il cellulare per vedere se un numero sconosciuto mi avesse scritto, aspettai con le farfalle allo stomaco e con un nodo alla gola.
Quando ricevetti il suo messaggio che gioia, il petto mi scoppiava, non riuscivo a trattenermi dal cantare.
Da quel momento le farfalle nello stomaco divennero un nido di calabroni arrabbiati, il nodo alla gola una morsa.
Per una settimana intera non riuscii più a mangiare. Un incubo dolce come il miele.
Non desideravo altro che la mia agonia cessasse, non desideravo altro che tornare alla normalità. Ma tenni duro, per la prima volta mi importava di qualcuno e dovevo buttare tutto all’aria? Giammai.
Resistetti, a quanto pare resistetti anche più di lui perché ad un certo punto mi disse che non mi conosceva abbastanza e secondo lui era meglio che tutto finisse.
Avevo sentito un feeling con lui quella sera, io sapevo che era come me e sapevo anche che aveva sentito la stessa morsa che avevo sentito io. Sapevo che tra i due lui aveva mollato per paura, mentre io per una volta ero riuscita a vincerle le mie paure.
Già, avevo vinto le mie paure, ma cosa ci avevo guadagnato? Un pugno di mosche.
Avevo perso la dignità? Ebbene si, e riconfermai questo fatto quando gli scrissi di nuovo. Ormai il mio orgoglio era sprofondato in un abisso. L’unica cosa che mi diede speranza fu che in qualsiasi caso il numero di volte in cui lo avrei rivisto si sarebbe contato sulle dita di una mano da lì in poi e fu proprio così.
Ogni volta che c’era lui io mi comportavo come una perfetta idiota, ridacchiavo e straparlavo.
Non mi sono mai sentita così prima di lui, mai sono stata così adorante e mai ho avuto una più alta opinione di qualcuno prima di lui.
La normalità, come ho già detto, non è mai stata il mio forte.

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Capitolo 5
*** Un fulmine a ciel sereno ***


La mia seconda debolezza mi colpì come un fulmine a ciel sereno, non era una persona sconosciuta, non era la persona che mi sarei aspettata.
Di solito chiunque sia la persona per cui provo un minimo di interesse è sicuramente un silenzioso nerd, magro come un osso, magari spallato o magari no.
Una persona serissima, che ride e scherza poco, ma mi dà senso di sicurezza. Questo è il mio tipo ideale.
La mia seconda scarica di adrenalina mi venne per un ragazzo completamente opposto, che dolci e nuove sensazioni che mi diede, ma quante incertezze.
Lui era la prova inconfutabile che io per prima ero cambiata.
Perché mai provare attrazione per qualcuno così diverso da come pensavo di essere io stessa?
La prima impressione che ebbi di lui fu quella sbagliata, perché mai un ragazzo che badava con così tanta cura al suo corpo avrebbe dovuto possedere l’intelligenza e la sensibilità che io cercavo?
(Inutile che mi facciate la predica, ma l’impressione è stata proprio quella, mai mi sbagliai così tanto).
Raggiunsi 2 amici in un bar e c’era anche lui, era febbraio, faceva freddo, aveva addosso un maglione, nonostante questo si intravedeva il suo statuario fisico al di sotto.
Non mi ha fatto una grande impressione al primo incontro, ci siamo visti poco, abbiamo parlato poco e di argomenti leggeri. Uscita dal quell’incontro non avevo opinioni.
Il secondo incontro avvenne in modo simile, e il fatto si ripeté ancora per qualche mese.
Una sera, non so cosa scattò in me, andammo a giocare a bowling poi a bere una cosa. Faceva caldo. Lui era in t-shirt.
Si sedette vicino a me nel bar e cominciammo a parlare del più e del meno, provai un’improvvisa attrazione verso di lui, una calore sulle guance e uno strano formicolio nella mia zona lobare. Incredibile avvenimento, forse il mio risveglio sessuale? Tutti i miei timori in quel momento scemarono all’improvviso davanti al suo sguardo.
Man mano che procedette la sera i suoi lineamenti del viso presero un carattere molto dolce, aprendosi con me in quel modo mi sembrava un cucciolo indifeso, una persona con un’intelligenza emotiva fuori dal comune e con molto tatto sulle questioni più spinose.
Non ricordo di preciso di cosa parlammo, ma ricordo bene che dentro di me fu come se un fuoco ardesse continuamente, come se mille lapilli di lava esplodessero e incendiassero ogni millimetro della mia pelle.
Andai in bagno per riordinare i pensieri, ma fu tutto inutile.
In quegli occhi giudicati frettolosamente come piatti, vi si leggeva una dolcezza inaudita e una profondità d’animo che nemmeno la fossa delle Marianne avrebbe retto il confronto.

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Capitolo 6
*** Un gioco di sguardi ***


I giorni successivi furono una tortura, la pelle mi bruciava, il mio spirito ardeva di voglia di rivederlo, volevo uscire, correre, spaccare il mondo a metà a mani nude.
Ma non si presentò l’occasione tanto presto. Sapete come vanno queste cose, appena vuoi uscire l’occasione non c’è più.
Quante settimane passai a pensare a lui, anche lui aveva provato quello che provavo io? No sicuramente! Ma forse aveva provato un po’ di interesse? Altrimenti non mi avrebbe riservato alcuna attenzione. No, le tue sono solo fantasie, assurdità.
Per molto tempo la mia testa sembrava in tempesta, quante speranze mi diedi e quante volte mi disillusi.
Su una cosa sola ero decisa, mai e poi mai avrei fatto io il primo passo, quante volte avevo rischiato? E come era andata a finire?
Incrociai tutte le dita che avevo.
Finchè una sera tornò da noi, gli lanciai sguardi furtivi tutto il tempo, ma alla fine non si presentò più un’occasione così magica, parlammo semplicemente nel mezzo del gruppo, con tutti gli altri….
Quella sera però vidi che anche lui mi guardava di sottecchi, era come un gioco, ci rincorrevamo senza mai incrociare lo sguardo.
Citerò un solo episodio di quella sera, l’unico importante, propose di andare a camminare perché era stanco di rimanere seduto e il percorso che si era prefissato di percorrere era di 10-15 km, ridendo io declinai l’offerta dicendogli che sarei venuta volentieri un altro giorno, ma quella sera non mi sembrava il caso, così anche gli altri si misero a ridere. La conversazione finì lì.
Inutile che vi dica i miei sentimenti il giorno dopo, mi sentivo soffocare, mi veniva voglia di ridere di gioia, saltai e cantai tutto il giorno, avevo guadagnato l’adrenalina alle stelle. Volevo urlare al mondo i miei sentimenti e raccontare a tutti ciò che provavo.
I giorni passarono e la morsa allo stomaco cominciò a scemare, tutte le aspettative dei primi giorni sparirono, sino a lasciarmi solo apaticamente vuota alle mie faccende e al mio studio.
Quelle fastidiose sensazioni che provavo all’inizio mi lasciarono come un ricordo, le avevo odiate in principio, mi facevano sentire strana, ma mi mancarono da morire quando non le ebbi più.

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Capitolo 7
*** Una dolce paretesi di vita ***


Successe qualcosa di inaspettato, dopo un mese circa ricevetti un messaggio su Instagram da parte sua, mi disse che si ricordava ancora della promessa che gli avevo fatto e che intendeva riscuotere il prima possibile, così mi chiese di andare a camminare insieme a lui, non 15 km, ma in montagna.
Accettai con il cuore a mille.
Fissammo la data e un sabato mattina mi alzai di buon ora per andare a quella camminata che tanto avevo agognato.
La mia reazione un po’ mi spaventò, ora che quel ragazzo era diventato così reale come potevo farmi mettere nel sacco così facilmente? Dopo tutto quello che avevo imparato sulle persone, che non gli importa di nessuno se non di sé stessi, mi faceva effetto pensare di aver anelato fino a quel punto della compagnia di qualcuno. Ero diventata dipendente da lui senza nemmeno il bisogno che lui facesse niente? Mi stavo per buttare a capofitto in qualcosa che mi avrebbe risucchiato?
Come lo vidi un po’ mi rincuorai, come poteva uno sguardo così dolce approfittarsi di me?
Non abbandonai i miei dubbi chiaramente, ma mi sentii protetta.
La giornata me la ricordo come una trance, passò veloce come un sogno, leggera e spensierata.
Ci inerpicammo per il crinale faticando, io più di lui, e arrivati in cima che panorama mozzafiato, mille altre cime svettavano in contrasto con quel cielo azzurro, non una nuvola solcava quell’aria frizzante, era un tripudio di colori. Nemmeno un rumore osò disturbarci, sperduti in una valle al cospetto di quei millenari giganti rocciosi.
Ridemmo e scherzammo a non finire, quando lui rideva 2 fossette gli si formavano sulle guance e questo tratto attribuiva ancora più innocenza al suo viso.
Aveva delle braccia molto forti, ricordo, e molto muscolose. E per quanto io ami guardare le braccia delle persone, non furono il mio tratto preferito.
Ciò che preferivo di lui era la sua spontaneità, la sua gaiezza e spensieratezza. Era una persona così genuina che rischiai di innamorarmi di lui già da quel primo appuntamento.
Ancora oggi non so nemmeno se lui lo considerasse tale, il primo appuntamento, so solo che per me lo fu.

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Capitolo 8
*** Il nostro amore per....lo sport ***


Lui fu il primo per il quale mi impegnai a cambiare qualcosa di me, cominciai a correre e mi misi a dieta. Desiderai davvero di prendermi cura di me stessa come lui faceva con me, perché capii che se non ho cura di me in primis perché qualcun altro dovrebbe averne? Questo era un altro “segreto” che mi aiutò andando avanti, anche con il procedere dei nostri incontri.
Prendermi cura di me stessa mi diede ancor più sicurezza e la mia autostima crebbe, da sotto i piedi mi arrivò almeno alle ginocchia.
Prendendomi cura di me stessa acquisii sicurezza maggiore anche davanti agli estranei e invece di fare sempre scena muta, cominciai a relazionarmi anche con adulti molto più grandi di me, ridevo e scherzavo con naturalezza.
Cominciai a piccoli passi e, man mano che il tempo passava, divenni una persona un po’ meno riservata e un po’ meno seria.
Riuscii quasi a diventare una persona equilibrata.
Lui era fantastico, dolce e molto carino, non uscivamo insieme, ma eravamo come dei “compagni di sport”, facevamo lunghe camminate confrontandoci, andavamo spesso in montagna o in bici, correvamo insieme sfidandoci (lui era molto più informa di me quindi vinceva tutte le sfide).
Al di fuori di queste piccole gioiose parentesi giornaliere la vita procedeva tranquilla, con me come protagonista. Io ero l’attore sul palco finalmente, io al centro delle attenzioni, io riuscivo a catturare l’interesse degli altri.
La mia qualità di vita era migliorata, e stavo alla grande.
Non era tutto rose e fiori, lo confesso, spesso c’erano screzi in famiglia, spesso anche con gli amici e l’università non stava andando alla grande, ma io avevo tutto ciò che mi serviva: la mia nuova sicurezza, una persona con cui aprirmi gradualmente e il controllo della mia vita.

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Capitolo 9
*** Due boccioli che fioriscono ***


I primi mesi di relazione furono romanticamente esasperanti, vedevo cuoricini e fiorellini ovunque.
Era solamente un’intesa platonica la nostra, non arrivammo mai a sfiorarci.
In effetti chiamarla relazione non è il modo più esatto per definire ciò che avevamo, entrambi sapevamo che volevamo dell’altro, ma entrambi faticavamo a farlo capire all’altro.
Così mentre aspettavamo un magico evento che desse una svolta alla nostra “amicizia” continuammo a confidarci e ad aprirci.
Come 2 rose che prima di sbocciare devono prepararsi con cura, noi aspettavamo la nostra fioritura aprendo poco a poco la nostra corolla, l’uno verso l’altro.
Avevo tre amiche molto affezionate, una di loro (Valeria) conosceva anche lui.
Io confessai a loro tutto ciò che provavo nei confronti del mio bel David di Michelangelo, loro continuarono a supportarmi durante i mesi, ma mai si immischiarono nella nostra storia. Finchè…
Finchè una sera, con un gruppo di amici lui mi si avvicinò da dietro, mi cinse i fianchi con le sue braccia forti, ma con un’irripetibile delicatezza. Mi strinse poco a sé.
Io mi irrigidii in un primo momento, ma poi mi lasciai andare contro il suo petto.
Era incredibile come il suo cuore battesse sulla mia schiena con un ritmo nemmeno troppo veloce, quando io non riuscivo ad ascoltare altro che il martellare del mio contro le mie orecchie.
Restammo così per un po’, forse qualche minuto? So solo che a me parvero ore intere.
Notai in mezzo a quel frastuono le occhiate sfuggenti dei miei amici e i sorrisini complici che si lanciarono, quei galeotti! Sapevo già che Valeria c’entrava qualcosa ma non indagai.
Decisi che non mi importava di null’altro all’infuori di me e di lui in meno di 1 decimo di secondo.
Il miele mi scorreva nelle vene e le mie gambe si sciolsero, ma per miracolo riuscii a rimanere in piedi come se nulla fosse.
Quando mi lasciò mi prese per mano discretamente, senza che nessuno lo notasse. La sua grande mano calda avvolse la mia e in quell’esatto momento, non prima e non dopo, un vulcano eruttò nuovamente dentro di me facendomi scottare come se avessi la febbre.
Quale contrasto di emozioni, quale inaudita potenza avevano su di me, quella sera me la ricorderò per il resto della mia vita.

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Capitolo 10
*** Mille fuochi d'artificio ***


Più tardi, quando gli altri se ne andarono, lui mi tirò per la mano portandomi in un parco e, in piedi in mezzo all’oscurità sotto gli occhi benevoli della luna, mi prese il viso con entrambe le mani, mi guardò, il suo sguardo sembrava voleri porre un quesito antico come il mondo, andava bene per me?
Senza indugio mi avvicinai, con ancora il suo profumo addosso mi sentivo inebriata, non avevo più il controllo delle mie azioni.
Anche lui si avvicino a me e ci scontrammo, dalle nostre labbra fresche come due petali divampò un fuoco caldo di passione, mille fuochi d’artificio esplosero intorno a noi e con un turbine ci avvolsero.
Spostò delicatamente le mani dal mio viso alla mia schiena, cingendomi come mai nessuno aveva fatto prima, e con quella stretta possente ma incredibilmente leggera sul mio corpo mi strinse ancor di più se possibile.
Io portai le mie mani sul suo collo e tra i suoi capelli, passandole avanti e indietro per quella folta chioma.
Ero fatta di adrenalina pura, solo dopo un tempo infinito ci staccammo, guardandoci con occhi luccicanti di gioia, senza dire una parola ci separammo e tornammo a casa.
Per tutta la strada non faci altro che rimuginare su ciò che era successo e su cosa significasse, la frenesia mi invase e mille pensieri ronzanti si affollavano pian piano.
Ancora palpitante mi misi a letto con gli occhi sbarrati.
Come potevo dormire? Come avrei potuto mai più dormire dopo tutto questo?
Ad un certo punto fui talmente sopraffatta che mi misi a piangere di gioia, e si sa che le lacrime agevolano la strada al sonno. Così piangendo mi addormentai soavemente.

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Capitolo 11
*** Rossi raggi solari su rosse guance ***


Appena sveglia il primo pensiero che mi balenò in testa fu di chiedermi se fosse tutto successo realmente o se fosse solo frutto della mia immaginazione.
Immediatamente mi trillò il telefono, era un messaggio del mio David che mi chiedeva se entrambi avessimo sognato lo stesso idilliaco momento.
Dolce amore mio, mi si sciolse il cuore, un dolce cucciolo mi chiedeva riparo e io non potei fare altro che accoglierlo a braccia aperte.
Lo rassicurai che il sogno era lo stesso. E che sogno ragazzi.
Subito dopo mi chiese di vederci. Di colpo mi raggelai.
Fissammo l’appuntamento per quella sera stessa. In meno di 12 ore avrei avuto il responso, come sarebbe andata? I numeri erano con me, ma la natura umana imprevedibile? Chi avrebbe potuto dire quali conseguenze avrebbe portato.
Mi arrovellai per la durata dell’intera giornata, si o no? Sarebbe andata bene o male?
I miei pensieri non si spensero nemmeno per un attimo, ma ormai erano settimane che convivevo con il cervello che lavorava a mille.
Contemporaneamente mi scrissero anche le ragazze ficcanasando, per chiedermi cosa avessimo fatto dopo che se ne erano andate, che care persone. Ma rimasi sul vago, non volevo montarmi la testa, soprattutto prima dell’incontro. Le lasciai sulle spine.
Dopo una giornata così intensa finalmente arrivò la sera e riuscii a mettere ordine ai miei pensieri: qualsiasi cosa mi avrebbe detto lui lo avrei preceduto, ci eravamo fatti trasportare ma qualsiasi fossero i suoi sentimenti per me non consideravo un unico bacio vincolante, non consideravo noi due vincolati ad un qualche tipo di relazione. Se lui avesse voluto che la cosa procedesse sarebbe stato grandioso, ma io non intendevo buttarmici a capofitto, ma piuttosto con i piedi di piombo.
Chissà cosa avrebbe risposto lui, ero sempre più in ansia. Non cenai nemmeno.
Arrivò il fatidico momento, mi incamminai per raggiungerlo e quando lo vidi entrambi ci salutammo imbarazzati.
Fortuna che il sole stava tramontando e il rossore sulle mie guance si confondeva con i suoi rossi raggi.

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Capitolo 12
*** Tirare fuori le unghie ***


Ci avvicinammo e ci sedemmo su una panchina.
Aprì la bocca per parlare, ma lo fermai.
“Scusami, ma devo dirti qualcosa io prima” gli dissi “non me la sento di partire in quarta per questa relazione fin da subito, tu mi piaci molto e ieri sera è stato magico, ma sappi che qualsiasi sia il tuo desiderio lo rispetterò. Se anche tu provi questo sono molto contenta, al contrario sarebbe meglio rimanessimo solo amici. Per favore non obbligarmi a fare qualcosa che non è nelle mie corde, lasciami vivere questa cosa nel modo più naturale per me”.
Ero fiera di me stessa, un discorso breve e coinciso. Già mi stavo congratulando con me stessa quando lui cominciò a parlare.
Mi raccontò una storia che non mi aveva mai raccontato prima.
Era stato fidanzato con una ragazza per oltre un anno e solo pochi mesi prima avevano rotto in modo abbastanza brusco. Lei lo aveva lasciato, lui non era riuscito a superarla del tutto perché era davvero innamorato.
Stava guarendo anche lui, pian piano, da alcune ferite interiori e gli ci voleva del tempo. Mi disse che nonostante tutto ciò io gli piacevo molto e che non avrebbe voluto usarmi per dimenticare Sandra (la sua ex), ma che procedere a passo lento come io avevo proposto gli sembrava un’idea grandiosa.
Provai un senso di sollievo, entrambi dovevamo recuperare i nostri pezzi perduti per strada, ed entrambi stavamo ricevendo giovamento da questa graduale frequentazione.
La compagnia dell’altro riusciva a rassicurare tutti e due.
Quante cose avevamo in comune.
Finimmo la serata parlando di noi, aprendoci come mai avevamo fatto, in una comunione di anime e menti che nessuno di noi aveva mai sperimentato.
Tornai a casa camminando ad un metro da terra.
Il mio senso di leggerezza però venne oscurato da una nuvola nera, aveva avuto una ragazza e ne era stato innamorato…questo significava competizione per me, avrei dovuto fare di tutto per essere alla sua altezza e superarla.
Decisi in quell’istante che una volta finito con lui, non avrebbe nemmeno ricordato il colore dei suoi capelli.
Ero decisa, così sarebbe stato e basta. Non c’erano discussioni.

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