Jafar untold

di ErdeneJeoung
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** El Almas, un diamante allo stato grezzo ***
Capitolo 2: *** Che Allah ti protegga ***



Capitolo 1
*** El Almas, un diamante allo stato grezzo ***


Capitolo 1 – El Almas, un diamante allo stato grezzo Questa è la storia di Jafar. Uno dei personaggi più famosi per la sua nomina e cattiva condotta. Più di chiunque altro ha pagato a caro prezzo la sua sete di vendetta, potere e successo. Più di tutti però ha dovuto celare il suo cuore, dapprima puro e poi lentamente e inesorabilmente corrotto e annerito dalla pece. Questa storia, non verrà mai raccontata. Tuttavia questi sono i fatti. Nudi e crudi senza filtri e senza che niente sia stato inventato. Ci troviamo a El Almas. In arabo vuol dire “il diamante”. Diamante come il suo aspetto sontuoso. Palazzi bianchi in stile arabo decorati di pietre blu e d'oro sorgono maestosi in mezzo alle case più umili in un clima pressoché normale. Ci sono mercanti che vengono ogni genere di prodotti. Tutto normale, direte voi. Invece no. Nel bel pacco regalo infiocchettato a regola d'arte si nasconde il marcio. La parte povera della città. Gente che campava con piccoli furti o con lavori poco lusinghieri. Il padre di Jafar era un soldato. Aveva servito con rispetto e devozione il sultano di el Almas. Morì in guerra lasciando la moglie e un pargoletto di neanche quattro anni. I ricordi di lui erano molto sbiaditi. Nonostante i servigi al sultano e nonostante un risarcimento piuttosto cospicuo, le spese erano più delle entrate. Zaira faceva molta fatica. Essendo vedova non era nemmeno un buon partito. Ben presto Jafar si mise a fare il ladruncolo. Vuoi per aiutare la madre, vuoi per la rabbia repressa, vuoi perché si era invischiato con delle cattive compagnie. Era sempre in quel luogo in cui la madre si era categoricamente raccomandata di non andare. Le guardie del sultano lo arrestavano e lo portavano a casa, rimproverando persino la madre. Zaira era stufa. Ormai la proverbiale goccia aveva fatto traboccare il vaso. All'ennesimo arresto, quando le guardie se ne andarono, chiuse la porta e fece un discorsetto al figlio. - Jafar? Jafar era con la testa china. Si vergognava. - Ditemi, madre. - Jafar, figlio mio… ti rendi conto di quello fai?- il suo tono di voce era fermo, severo e inflessibile. Cercava di non fare trasparire la rabbia, la tristezza e il rammarico che provava. Aveva pure gli occhi lucidi ma non voleva piangere. - Madre! Io volevo solo dare una ma…- disse Jafar con tono deciso. - Fa silenzio!- Zaira alzò la voce. Sì ricompose, fece un respiro profondo e dopo aver preso fiato, continuò - Jafar, sei sempre stato un bambino buono, nonostante tutto. A scuola andavi piuttosto bene. Ora sono più le volte che vai a bighellonare. È per questo che devo prendere una decisione drastica. Jafar aveva l'occhio lucido. Aveva paura che la sua adorata madre lo cacciasse di casa. - Madre, mi dispiace…- il suo tono di voce era sommesso. - Figlio mio, so che c’è comunque qualcosa di buono in te… hai quasi tredici anni. Non ti caccerò di casa, ma qui non potrai stare. Ti manderò da Fareed. È un professore molto facoltoso. Tu lo conosci di vista. È un amico di tuo padre e cerca un assistente. Tu lavorerai per lui e studierai. Ti aiuterà a rigare dritto e a farti una strada dignitosa. Jafar aveva fatto vergognare sua madre di lui fin troppo. Fino a quel momento non ci aveva minimamente pensato alle conseguenze. Ma non aveva idea che sua madre piangeva di nascosto quando dormiva. E se la sentiva, voleva cavarsi il rimorso e fare comunque il ragazzaccio, anche se non era nella sua indole. Da un lato era sollevato, da un altro aveva paura di lasciare sua madre. In cuore suo però sapeva che doveva risanare il buon nome della famiglia. La madre aveva già scritto una lettera (aveva studiato in una scuola femminile) da mandare a Fareed. La aveva già affidata al portalettere. Appena ricevuta risposta Jafar avrebbe cominciato una nuova vita. Doveva andare ad Agraba. Era a pochi giorni di cammino, ma il clima del deserto non era molto favorevole. Inoltre, c'era il rischio di trovare i predoni. La lettera di risposta arrivò. Jafar fece semine bagagli e partì. Sua madre li diede qualche risparmio. Arrivò una carovana. L'avventura aveva inizio. //Continua…

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Capitolo 2
*** Che Allah ti protegga ***


Che Allah ti protegga” Queste erano le parole che le disse la madre prima di vederlo partire. Era frastornato. Pensava alla sua vecchia casa. Era una di quelle case che il sultano dà ai suoi “dipendenti”. Non era molto lussuosa, ma almeno aveva tutto. Due stanze da letto, una cucina con una stufa e fuori vi era un cabinotto usato come toilette e per lavarsi. Chissà se avrebbe trovato una casa con il bagno in casa, come i ricchi. Guardava fuori dalla finestra, il paesaggio che cambiava. El Almas non si vedeva più. Era lontana. Lui era lontano. Con la mente vagava… Agraba non l’aveva mai vista. Non era mai uscito da El Almas. Il caldo si faceva sentire. Ormai erano passate due ore e il caldo del deserto era micidiale. Solo sabbia e il cielo terso, colore turchese in contrasto con le dune dal color marrone chiaro. C'erano solo cactus e qualche arbusto. Ad un tratto il cocchiere fermò il suo cammello. “Oasi! Ci fermiamo per riposare” urlò il cocchiere. Jafar uscì. Vide un piccolo laghetto. L'acqua era fresca e dissetante. Jafar riempì la borraccia. Ormai faceva buio, quindi era meglio rimanere lì. I due si accamparono per la notte. Grazie all'escursione termica il clima era più fresco. Troppo. Il cocchiere accese un piccolo falò con dei rami secchi. Da una borsa in cuoio estrasse una teiera, tipica mediorientale, la riempì d'acqua poi tirò fuori un sacchetto di stoffa. Emanava un inconfondibile profumo di tè nero. Versò un po’ di tè nella teiera. Quando l'acqua arrivò a bollore, tolse la teiera dal fuoco, prese due bicchieri e li riempì di tè caldo fumante alla maniera dei nomadi. L'odore sprigionato era così buono. Sapeva di casa. Quando sua madre zaira preparava il tè nero. Ricordava il profumo pungente e il sapore deciso e corposo. Il cocchiere lo distrasse dai suoi pensieri - Giovanotto? - Ditemi – sobbalzò Jafar - C’è qualcosa che non va? Jafar si fece cupo. - A breve la mia vita cambierà, ma lo devo a mia madre - L'hai combinata grossa, eh? - Diciamo che l'ho fatta vergognare di me - Ragazzo, ormai il passato è passato, ora devi pensare al tuo futuro e fare sì che tua madre non si vergogni di te. Jafar annuì. Aveva ragione. Non c'era tempo di piangersi addosso. Passarono i giorni. Agraba era sempre meno un miraggio. Tutto era andato per il meglio. Ad un tratto, due brutti ceffi a bordo di due cammelli si avvicinarono con aria minacciosa. Fecero fermare la carovana. - Dacci tutti i tuoi soldi – disse il primo predone . L'altro controllò nell'abitacolo. Vide Jafar. - Kerim? Qui c’è solo un ragazzino- Jafar era decisamente spaventato. Era terrorizzato. Non sapeva cosa diavolo fare. Era letteralmente pietrificato. - Aziz! Controlla meglio! - Il ragazzo sembra piuttosto povero - Bene, rapiscilo! Possiamo comunque usarlo come esca per derubare meglio le carovane! Il cocchiere intervenne. - Non vi permetterò di toccare il ragazzo!- Kerim lo guardò in cagnesco - Io faccio quello che voglio! Non interferire, insolente! Io sono kerim, il terrore dei deserti! Tirò fuori la scimitarra e la puntò al collo dell'uomo che si chinò. Poi la rimise nel fodero e gli diede un calcio e poi lo menò selvaggiamente. L'uomo cercò di difendersi, ma lui era magrolino mentre kerim era bello piazzato. Nel mentre lo scagnozzo strattonò Jafar. In quel momento i secondi sembravano eterni. Jafar era spaventato, ma doveva reagire. Non c'era la casa di sua madre in cui scappare. In quel momento una voce dentro li disse di reagire. Morse il braccio dell'aguzzino che urlò dal dolore poi si lanciò su kerim. - Ragazzino! In qualche modo Jafar riuscì a rubare la scimitarra (evidentemente era grazie alla sua abilità nei furti o era solo fortuna) a kerim e gliela puntò alla gola. - Lascia stare il mio amico! Aziz da dietro provò a cerchiarlo, ma lui si voltò con un’agilità solo dettata dalla paura e lo graffiò in volto. Poi Kerim cercò di prenderlo ma Jafar li diede un calcio nel basso ventre. Il cocchiere si riprese e prese un bastone trovato in giro e lo usò come arma. Con il bastone diede una botta ad Aziz talmente forte da fargli perdere del sangue. Dopo la colluttazione, il cocchiere intimò a Jafar di prendere molto velocemente il minimo indispensabile (prese un sacchetto coi soldi che li aveva dato la mamma) poi lo strattonò, lo prese e lo caricò sul cammello. I due corsero come dei fulmini verso Agraba. //Continua…

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