Iʟ sɪʟᴇɴᴢɪᴏ ᴅᴇɪ ᴘᴇɴsɪᴇʀɪ

di Kizuato
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ƥυzzℓє ***
Capitolo 2: *** Iηcυвσ ***
Capitolo 3: *** Aмσяє ***



Capitolo 1
*** Ƥυzzℓє ***


𝑻𝒉𝒆 𝒔𝒊𝒍𝒆𝒏𝒕 𝒐𝒏𝒆
La spada biancastra dell'insistente biondo tentò di raggiungerla, ma scansò facilmente il fendente diretto alla sua spalla facendo pochi e leggiadri passi a destra, e lasciando che Jaune Arc si sbilanciasse da solo per l'attacco andato totalmente a vuoto.
Un piccolo sorriso fece capolinea sul suo volto, mentre apriva il proprio parasole, pronta a difendersi dai successivi colpi del ragazzo.
Egli si era girato nuovamente verso di lei, stringendo i denti e la spada con forza, probabilmente programmando il suo prossimo attacco. 
Neo lo trovò davvero carino, nella sua ingenuità. Anche se tutti i suoi compagni erano stati messi fuori gioco, lui continuava a combatterla, seppur, probabilmente, sapesse quanto fosse futile.
Lei era più forte, più agile, più intelligente e più abile di lui.
Lo superava in tutto.
Se avesse voluto, avrebbe potuto facilmente farlo svenire - come aveva già fatto coi suoi amici -, prendere la strana lampada dal ragazzino di nome Oscar, o almeno era quello il nome che Cinder gli aveva riferito, e andarsene. 
Tuttavia, solo per quella rara occasione, decise di giocare per un pò con lui. 
Non sarebbe stato un problema, la differenza fra di loro era fin troppo per essere colmata anche dal più grande dei colpi di fortuna. 
《 Non ti lascerò prendere la Lampada della Saggezza, Neopolitan! 》Urlò il ragazzo, lanciandosi nuovamente alla carica in un attacco pregno di coraggio, cercando di colpirla alla sua sinistra. 
Neo si limitò a ghignare. Vedere tutta quella determinazione concentrata in un corpo così debole come quello del biondo era davvero uno spettacolo divertente.
Fece una semplice acrobazia aerea, arrivando alla destra del ragazzo. 
Probabilmente fu fin troppo veloce per Jaune Arc, tanto che egli sembrò incredulo e la vide con la coda dell'occhio solo dopo pochi secondi.
Goffamente, si rimise in assetto da battaglia, ma Neo notò che una goccia di sudore scorreva lungo la gote destra del ragazzo. 
Si stava chiaramente rendendo conto che non poteva farcela, eppure non pareva intenzionato a mollare.
Fu una cosa che le piacque molto, ma era il momento di terminare quel gioco.
《— Ho i bersagli sotto tiro, passo! 》Sia lei che il ragazzo si voltarono verso la fonte della voce e del forte rumore che seguì subito dopo. 
Un soldato di Atlas aveva sparato alla sua testa, e vide che i suoi compagni lo stavano raggiungendo.
Un tentativo inutile. 
Gli bastava pararsi con il suo fidato parasole, o schivare; aveva mille modi per evitare di essere colpita da quel proiettile.
Ma, ancor prima che potesse fare qualsiasi cosa, fu qualcun'altro ad agire per primo. 
Jaune Arc si era lanciato davanti a lei, facendo sì che il proiettile diretto verso di lei lo colpisse alla spalla destra, e subito dopo strinse il suo scudo e si mise a parare i proiettili che susseguirono il primo.
Per diversi secondi, Neo rimase sbigottita.
Quel ragazzo... aveva subito un proiettile in piena spalla, pur non essendosi ferito gravemente grazie alla sua Aura, solo per difendere lei? 
Solo per evitare che si ferisse? 
Perché? 
Qual era il vero motivo? 
Era impossibile che si curasse di lei.
Lei... lei era un suo nemico. 
Avrebbe dovuto odiarla a morte per quanto lo stesse prendendo in giro durante la loro lotta, deridendolo chiaramente e sottovalutandolo. Eppure ora era davanti a lei, a proteggerla dai colpi dei soldati di Atlas e a correre verso di loro. 
Le urla che il ragazzo gridò a pieni polmoni mentre si lanciava all'attacco la fecero tornare alla realtà. 
La missione... si, la missione. 
Doveva... doveva portare la Lampada della Saggezza da Cinder.
Quello era il suo compito, in fondo. 
Prendere la Reliquia e tornare da quell'odiosa donna, sbarazzandosi di chiunque si fosse messo sulla sua strada. 
Si... era quello il suo dovere. 
Scattò verso il corpo svenuto di Oscar, afferrò la Reliquia, e ignorò i deboli tentativi dei due ragazzi - Ren e Nora, se ben ricordava - di fermarla. Probabilmente erano rinvenuti da poco, il massimo che riuscivano a fare era cercare di afferrarle la gamba con le mani.
Inutile, visto che le bastò saltare per evitarli e correre via, mutando il suo aspetto in quello di una ragazza totalmente diversa, con la tenuta di Atlas e i capelli neri come il carbone.
Ce l'aveva fatta, la missione era compiuta. 
E allora... perché continuava a guardare dietro di sé?

Nessuna pacca sulla spalla, nessuna parola gentile per il lavoro ben svolto. 
Cinder le aveva semplicemente strappato la lampada dalle mani, e se n'era andata con un sorriso sulle labbra. Non che si aspettasse chissà cosa.
La detestava.
Avrebbe voluto trafiggere quella gracile schiena con la lama nascosta nel suo parasole, ma la corvina gli serviva ancora per un po'. 
E poi... era troppo assorta nei suoi pensieri per ingaggiare battaglia con lei in quel momento. 
Con i suoi passi tipicamente leggiadri ed eleganti, degni della miglior ballerina, si andò a sedere al margine del tetto su cui si trovava, lasciando che le gambe ciondolassero liberamente.
Fin da quando aveva preso la lampada, non riusciva a staccarsi dalla mente il ricordo di ciò che era successo poco prima.
Qualcuno si era interessato a lei... alla sua salute... al suo "stare bene".
Ed era stato un nemico, un ragazzo che aveva deriso lei stessa. 
Non sapeva come sentirsi, provava solo... vergogna? 
Non comprendeva nulla.
Era come un complesso puzzle in cui non riusciva a sistemare nemmeno il primo pezzo.
Solo un'altra volta si era sentita in un modo simile, quando Roman Torchwick era ancora in vita. 
E senza rendersene conto, i suoi occhi si fecero lievemente lucidi, e sorrise quando pensò al volto del ragazzo dai capelli biondi.
 
𝑻𝒉𝒆 𝑲𝒏𝒊𝒈𝒉𝒕 
Sospirò.
Lui e il suo team erano riusciti a portare in salvo Oscar, scappando dai soldati di Atlas, ma avevano perso la Lampada della Sagezza.
Avrebbe volentieri sbattuto la testa al muro più e più volte per la sua inutilità, ma così avrebbe attirato le guardie. 
Non era il piano di azione migliore, considerando che le avevano appena seminate. 
《 Jaune, perché lo hai fatto? 》 Sentì chiaramente la voce di Nora dietro di sé. 
Si girò, e la vide tenere sulle spalle il piccolo Oscar e guardandolo con confusione. 《 Hai difeso Neopolitan! 》
《 Non urlare, o ci sentiranno. 》Le raccomandò Ren, che aveva appena usato il suo Semblance per farli fuggire più facilmente.
Nonostante il semi-ninja sembrasse intento a lasciare la conversazione per un'altra volta, Jaune sentì di dover dare una spiegazione al suo comportamento. 
A dir la verità...
《 ... Non lo so neanche io. Rischiava di essere colpita alla testa, e... ho agito d'istinto. 
Mi dispiace... 》
I suoi compagni di squadra si guardarono, e poi sospirarono in sincronio.
Quasi lo spavento una tempistica così perfetta. 
《 Sei un idiota, Jaune, ma sei il nostro idiota. 》La ragazza gli fece un amichevole occhiolino, e si sistemò Oscar sulla schiena.《Andiamo, dobbiamo assicurarci che l'evacuazione di Mantle vada in porto!》
E iniziò a correre, con ritrovata energia. 
In effetti, era una cosa che ammirava della rossa.
Riusciva sempre a ritrovare la sua inesauribile energia, anche nelle situazioni più disperate.
《 Dubito che saremmo riusciti a proteggere la lampada, anche se non l'avessi protetta. 》Ren gli mise una mano sulla spalla, sorridendogli con calma.《 Ma la prossima volta, la recupereremo. Questo è certo. Perciò tieniti pronto, leader. 》
Finalmente, anche Jaune tornò a sorridere, e annuì al suo compagno.
Era un po' come il fratello che non aveva mai avuto. 
《 Avanti, lumache! Non vorrete stare lì tutto il giorno?! 》Li provocò la rossa, e il corvino sospirò. 
《 Cosa non avrà capito del "stare in silenzio"...? 》 
E anche lui si incamminò verso Nora, che aveva ripreso a correre. 
Avere i suoi amici con lui lo rendeva più forte. Senza di loro, non sapeva quanto sarebbe riuscito ad andare avanti.
Tuttavia, c'era una cosa di cui era sicuro: avrebbe incontrato di nuovo Neopolitan, e sarebbe riuscito a recuperare la reliquia.

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Capitolo 2
*** Iηcυвσ ***


𝑻𝒉𝒆 𝒔𝒊𝒍𝒆𝒏𝒕 𝒐𝒏𝒆
Lo stava vivendo di nuovo. 
Non voleva, ma non poteva farne a meno.
Ogni notte le ricapitava, e finiva per sognare di nuovo quel giorno, soffrendo sempre come la prima volta.
Il giorno in cui aveva perso tutto.

A quel tempo, era ancora una bambina.
Si vedeva correre spensierata verso casa, con un lungo oggetto alla mano.
Il suo Semblance non si era ancora sviluppato, perciò non era ancora in grado di cambiare a piacimento i colori degli occhi, e restava sempre con una pupilla rosa e l'altra marrone.
I capelli non avevano differenze sostanziali, eccezion fatta per la lunghezza; ovviamente, come ogni bambina che si rispettasse, al tempo portava i capelli corti. 
Tuttavia, ogni volta che la guardava, sembrava di guardare un'estranea. 
Fra loro c'era una discrepanza che si notava immediatamente. 
Ed essa era che...
《Mamma! Papà! Sono tornata!》... al tempo sapeva parlare.
Disse quella frase una volta spalancata la porta della sua piccola abitazione, trovando i suoi genitori, felici come sempre.
È passato così tanto tempo da quel giorno che, ormai, non ricordava molti dettagli su di loro.
L'unica cosa che continuava a ricordare era il loro volto e il loro lavoro. 
Come avrebbe potuto dimenticare ciò? 
Quel dannato sogno glielo ricordava costantemente.
Suo padre era un uomo alto, coi capelli corti e marroni come gli occhi, e portava degli occhiali quadrati. Non aveva nulla di particolare, eccetto un sorriso così dolce e gentile che gli illuminava il viso. 
Sua madre, al contrario, era alquanto bassa per essere un'adulta, e aveva lunghi capelli rosa, ovvero lo stesso colore degli occhi.
Al contrario dell'uomo, lei era molto più sicura di sé, non a caso era una cacciatrice.
《Grazie di essere andata a prenderla, tesoro.》Sua madre gli sorrise, avvicinandosi a lei mentre prendeva il lungo oggetto che teneva fra le mani: un parasole.《Il signor. Repaisol è davvero in gamba. L'ha riparato alla perfezione.》Parlava mentre toccava ogni parte della sua fidata arma, con una tale accuratezza che, al tempo, invidiava.
Aveva sempre voluto essere come sua madre: cacciare Grimm in abbondanza; essere l'eroina di qualcuno; sposare un uomo gentile a cui sarebbe importato qualcosa di lei.
Quelli erano i suoi desideri mai realizzati. 

E la scena del sogno cambiò.
In quel momento, divenne un incubo.
Le case del suo villaggio distrutte, le grida strazianti degli abitanti che si sentivano ovunque lei fosse, gli strilli raccapriccianti dei 𝘕𝘦𝘷𝘦𝘳𝘮𝘰𝘳𝘦, dei 𝘉𝘦𝘰𝘸𝘰𝘭𝘧, dei 𝘉𝘦𝘳𝘪𝘯𝘨𝘦𝘭e degli 𝘜𝘳𝘴𝘢.
Ogni notte pregava di non tornare in quella notte, e ogni volta finiva per rivederla.

I suoi genitori la stavano rassicurando, accarezzandola con dolcezza.
《Andrà tutto bene, tesoro...》La voce di suo padre era gentile come sempre, ma anche da bambina percepiva la paura dietro di essa.《Stai solo nascosta.》
Le disse, e la sua versione bambina obbedì con riluttanza, iniziando a infilarsi nell'armadio di legno della casa. 
Ma prima che entrasse lì dentro, sua madre le mise una mano al volto, guardandola con una serietà che le rimase sempre impressa.《Neo. Non parlare. Non devi parlare, intesi? Resta in silenzio.》
Sempre più impaurita, la sè bambina annuì, e vide sua madre sorridere per un'ultima volta.《Sei una brava bambina, figlia mia.》
Quando si infilò nel suo nascondiglio, la donna lo socchiuse da fuori.
Tuttavia, fin troppo curiosa e terrorizzata, la piccola aprì lievemente l'armadio, in modo da vedere qualcosa. 
Voleva osservare i suoi genitori.
《P-Pensi di farcela, cara...?》Chiese suo padre, che aveva perso il sorriso che lo aveva sempre contraddistinto. 
《... Naturalmente. Sono una Cacciatrice, ricordi?》Sua madre sembrava tentare di mantenere la calma. Si diresse verso il muro sinistro della casa, ove era appoggiato il suo parasole.《Molto bene. Voi due restate qui, io mi occupo dei—》
Un rumore assordante, e la porta della casa venne distrutta.
Successe tutto in pochi secondi.
Un enorme Grimm, alto almeno tre metri, caricò con tanta forza la parete esterna della casa da distruggerla, e suo padre, senza nemmeno rendersi conto di ciò che stesse succedendo, venne travolto dalle macerie e dal mostro. 
Vide il corpo di suo padre volare per la spinta verso di lei, sbattendo al muro, vicino all'armadio in cui era nascosta. 
Ormai si era abituata a quella visione, ma continuava a farle male.
Ricordava benissimo le sensazioni che ebbe: terrore, sgomento, incredulità. Avrebbe voluto urlare, ma rimbembrava le parole della madre.
𝘕𝘰𝘯 𝘱𝘢𝘳𝘭𝘢𝘳𝘦.
E così fece.
Gli Infiniti gridi che avrebbe voluto far uscire morirono nella sua gola, al contrario di sua madre. Ella si lanciò contro il mostro dal corpo da umano e il capo da toro, urlando furiosa e piangendo allo stesso tempo.
Per quanto fosse minuta, sua madre era un'abile cacciatrice.
Riusciva a colpire elegantemente l'enorme Grimm e a farlo urlare dal dolore, trafiggendo la carne nerastra di esso ed evitando i suoi colpi pesanti. 
La sfida sembrava svolgersi al favore della donna, ma ormai, Neo aveva imparato a memoria ciò che succedeva.
Proprio come ricordava, il mostro tentò di colpirla con un calcio dietro di sè, ma uscendo dalla casa, sua madre riuscì a evitarlo. 
Il Grimm cadde a terra, ferito e, quasi, sconfitto. 
Un ultimo colpo e sarebbe morto.
Anche sua madre pareva averlo capito, dato che pareva pronta a finirlo con un ultimo colpo. 
《Sparisci, bastard-》Prima che potesse finire la frase, il ventro di sua madre venne trapassato da un enorme pungiglione dorato.
Vide la triste incredulità nel volto di sua madre, il suo corpo tremante mentre veniva sollevato dal pungiglione del 𝘋𝘦𝘢𝘵𝘩 𝘚𝘵𝘢𝘭𝘬𝘦𝘳 arrivato silenziosamente dietro di lei.
Il parasole che, poco prima, sua madre stringeva saldamente era ora cascato a terra, e dalla bocca di lei cominciò a uscire sangue.
Tentò debolmente di liberarsi, ma non ne aveva minimante la forza.
Il Grimm simile a un minotauro si innalzò nuovamente, e lentamente si avvicinò a sua madre, coprendo la visuale della sè bambina. 
Seppur non potesse vedere, il rumore di qualcosa di staccato, e la testa di sua madre che rotolò a terra subito dopo, fu molto più eloquente di qualunque immagine. 
Cosa provava in quel momento?
Nulla. 
Non doveva provare nulla. 
Si disse solo di restare in silenzio, di non piangere, di non gridare con tutta la voce che aveva nel suo piccolo corpo.
Tuttavia, quando vide il grosso Grimm girarsi verso la casa, capì che era inutile.
Loro sentivano la paura, e non poteva nascondere la paura.
A passi lenti, il mostro si addentrò nella casa.
La piccola sè non tentò nemmeno di chiudersi dentro l'armadio. 
Forse, morire sarebbe stata la scelta migliore. 
Si sarebbe ricongiunta alla figlia.
Tuttavia, sua madre gli aveva dato un comando: non parlare, restare nascosta.
E così fece, aspettando la morte. 

... Tuttavia, il minotauro-grimm venne attirato da uno strillo. 
Il 𝘋𝘦𝘢𝘵𝘩 𝘚𝘵𝘢𝘭𝘬𝘦𝘳 aveva tirato un urlo, contorcendosi dal dolore e cadendo sul lato destro.
Appena il mostro si dirisse nuovamente fuori, la piccola poté vedere chi era stato a uccidere il grimm che aveva trafitto sua madre: un uomo alto, dai capelli neri e scompigliati, con un filo di barba sul mento. Aveva un fascino selvaggio, e l'enorme spada argentata con cui aveva trafitto il mostro tornò a essere stretta fra le sue due mani.《... Non ho mai visto un Grimm come te. Che diamine sei?》
Naturalmente, il mostro non rispose. Si limitò a preparsi per caricare l'uomo.
《... Molto bene, balliamo.》L'uomo sorrise, e passandosi la mano destra sui capelli nerastri, se li tirò all'indietro. 
Con il palmo sinistro, invece, parve attirare uno strano macchinismo alla sua arma.
E quando il Grimm cercò di travolgerlo, l'uomo corse contro di lui.
Stranamente, fu lui a sorpassarlo, mentre il minotauro si era fermato improvvisamente. Subito dopo, la testa da toro di quest'ultimo si rivelò tagliata, e proprio come quella di sua madre, ora rotolava per terra.
Il Cacciatore, che aveva immediatamente compreso essere uno di essi, non stringeva più una spada, ma una falce. 
Più rivedeva quella scena, più si convinceva di essere stata salvata da un angelo della morte.

《... Sono arrivato tardi.》Disse il corvino, mentre osservava la testa di sua madre.《... Possibile non ne sia rimasto nessuno...?! Sono un tale fallimento?!》
L'occhio dell'uomo iniziò a osservare la stanza, finché non arrivò all'armadio. 
I loro occhi si incrociarono, e la sè bambina chiuse immediatamente le ante dell'armadio. 
Era ovvio, aveva appena visto i suoi due genitori uccisi, era terrorizzata.
Nonostante ciò, l'uomo aprì l'armadio, e la guardò con serietà. Subito dopo, la afferrò, e la tirò fuori dall'armadio. 
Per quanto cercasse di liberarsi, spaventata, il Cacciatore non la lasciò minimamente, e, anzi, se la strinse con ancora più... dolcezza, se così si poteva chiamate. Stava probabilmente guardando il cadavere di suo padre, aveva pietà di lei.
《... È tutto finito.》
Erano le parole che voleva più sentire.
I suoi occhi divennero lucidi, ma non emise alcun suono.
𝘕𝘰𝘯 𝘱𝘢𝘳𝘭𝘢𝘳𝘦.

Da lì in poi, il sogno diventava più frettoloso, confuso.
Probabilmente non era ancora riuscita a metabolizzare il trauma al tempo, e la seconda parte le risultava meno importante. 
Ricordava che una squadra di cacciatori era arrivata al villaggio.
Non ricordava i loro volti, da bambina non ci aveva fatto molto caso.
Rimembrava che avevano coperto i corpi dei suoi genitori l'aveva presa sotto custodia, e che il loro capo si era messo a parlare con il suo salvatore.
Per fortuna non erano così distanti, perciò era riuscita a sentirli, e ricordava perfettamente il litigio.
《... Qrow, perché sei qui?》
《Ho visto i Grimm attaccare questo villaggio, e ho fatto quello che voi avreste dovuto fare.》
《Qrow... sei anche tu un cacciatore, cerca di ricordartelo. Solo perché sei legato a Ozpin, non-》
《Non parlo di uccidere i Grimm, idiota!》Sbottò improvvisamente l'uomo, e tutti si voltarono verso di loro.《Sto parlando di proteggere le persone!》
《Qrow...》
《Oh, si, certo.》Il corvino ridacchiò, ma sicuramente, tutti percepivano la sua rabbia.《Che cosa ve ne importa di questi villaggi? Sono piccolezze per grandi cacciatori come voi, vero?》
《Ascoltami. Siamo arrivati appena un viaggiatore ha visto i Grimm attaccare il villaggio. Capisco come ti senti, ma non possiamo proteggere tutti...》
《STRONZATE!》Urlò, premendo il dito contro l'altro uomo.《Non ci avete nemmeno provato! Sapete che gli attacchi dei Grimm stanno diventando sempre più recenti, sapete che questi villaggi non possono difendersi da soli! 
E al posto di mettere qualche vedetta che possa avvertirvi con uno scroll, o usare soldati di Atlas, preferite lasciare queste persone a morire! Pensavo che il dovere dei Cacciatori fosse proteggere le persone, ma a me pare che voi stiate facendo l'esatto contrario! Se non fosse stato per me, anche quella bambina sarebbe morta!》
Nessuno parlò. 
Persino quello che sembrava il capo di quel piccolo gruppo abbassò la testa.
《... La bambina.》Disse l'uomo di nome Qrow, parendo calmarsi.《Cosa ne farete di lei?》
《... È figlia di un'abile Cacciatrice... la manderemo a una scuola. Sicuramente ha talento.》
《Certo, sarà di sicuro felice di fare la Cacciatrice. In fondo, sono gli stessi eroi che hanno lasciato la sua famiglia a morire.》
《Qrow, stai esagerando! Ti sente!》
《Quella bambina ha appena perso tutto, e l'unica cosa a cui riesci a pensare è a farle fare la cacciatrice?! Siete feccia. Tutti voi.》
Il corvino spintonò il Cacciatore per passare, e si dirisse verso di lei.
Nella mano teneva il parasole di sua madre.
Si piegò sulle ginocchia quando la raggiunse, e le tese l'arma.《... Questo è tuo. Fai quello che ti pare. Finché sarai davvero sicura che quello che stai facendo è giusto, non sbaglierai mai.》
L'uomo si alzò. Rivolse un'occhiataccia a tutti i Cacciatori lì presenti, facendoli abbassare il capo, e lentamente se ne iniziò ad andare.
La piccola sè non disse niente. Tentò di allungare la mano verso il suo salvatore, ma il capo di quei Cacciatori gli si mise davanti. 
《Non ascoltarlo, è solo arrabbiato. I Cacciatori sono persone onorevoli, come tua madre. Ti terremo al sicuro.》
Ogni volta che il sogno arrivava quel punto, in Neo cresceva una forte rabbia.
L'unico Cacciatore che allora ammirava era sparito, e l'unica cosa che vide fu un corvo che svolazzava in cielo.
Quel giorno, comprese una cosa: la maggior parte dei Cacciatori erano esseri orribili.

... E si svegliò. 
Tentò di riprendere fiato, e anche se ci riuscì, non poteva ancora parlare. 
Da quel giorno non riusciva più a dire nulla.
Le parole morivano nella gola al ricordo dell'avvertimento di sua madre, perciò non tentava nemmeno di farlo. 
Cinder le aveva detto che, probabilmente, Salem sarebbe presto arrivata, adesso che ben due Reliquie si trovavano nello stesso regno. 
Eppure, lei riusciva a pensare solo a una cosa: voleva incontrare Jaune Arc.
Dopo gli eventi di quella notte, i Cacciatori l'avevano portata alla scuola di Heaven, ma lei era riuscita a scappare.
Era proprio in quell'occasione che aveva attivato il suo Semblance: lo aveva usato per ingannare le persone di quella scuola con un'illusione. Non si era nemmeno resa ben conto di quel che aveva fatto, aveva solo corso più lontano possibile, dopo che si era involontariamente trasformata in uno dei detestabili Cacciatori che aveva incontrato.
Fu Roman Torchwick a salvarla dalla sporcizia in cui si era nascosta per non diventare una bambola al servizio degli altri, per questo gli era tanto grata.
Ma ora che era morto, non aveva più nessuna luce che la guidasse, era spinta solo dal desiderio di vendetta.
Tuttavia, forse, Jaune Arc... poteva essere la sua nuova luce.

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Capitolo 3
*** Aмσяє ***


𝑻𝒉𝒆 𝒔𝒊𝒍𝒆𝒏𝒕 𝒐𝒏𝒆

Lei non era una brava persona.
Ciò era qualcosa di così ovvio che chiunque lo avrebbe capito.
Aveva ucciso.
Aveva rubato.
Aveva deriso.
Aveva collaborato con dei ricercati. 
Comunque la si guardasse, era chiaro che lei non poteva essere considerata una brava persona.
Tuttavia— alla ragazza non interessava. 
Non gli era mai importato del parere altrui. 
Nonostante fosse maggiorenne, la sua mente era ancora quella di una bambina. 
Si sentiva superiore a molti altri, e per questo si divertiva nel vederli disperarsi nel vano tentativo di sconfiggerla. 
Già solo per questo, era, senza dubbio, una brutta persona. 

Però— se anche a una cattiva ragazza fosse concesso almeno un desiderio nella vita, lei vorrebbe poter vivere con qualcuno di gentile.
Non desiderava altro.
Roman poteva essere considerato un criminale, ma lei si rifiutava categoricamente di vederlo come tale.
Per lei era un santo, uno dei pochi che si era mai interessato a lei.
Nessun Cacciatore l'aveva mai davvero vista come la ragazza qual era, ma solo come la figlia di un'abile donna.
E l'unico uomo di quel gruppo che gli sembrava una buona persona, Qrow— l'aveva abbandonata.
L'aveva salvata, e poi se n'era andato. 
Non lo odiava, poiché il calore che quell'abbraccio che egli gli aveva dato dopo aver ucciso il Grimm minotauro l'aveva fatto sentire al sicuro.
Ogni volta che pensava di detestarlo per averla lasciata in mano ad altri, si ricordava di quella dolce sensazione, e non poteva che piangere nel rammarico di non poterla più provare.
Chi altri avrebbe mai più abbracciato una cattiva? 
Era ciò quello che ella era diventata dopo essersi unita a Torchwick. 
Ma anche se desiderava provare nuovamente il calore di un abbraccio, non provava rammarico per la sua decisione. 
Qrow glielo aveva detto: "Fai quello che ti pare. Finché sarai davvero sicura che quello che stai facendo è giusto, non sbaglierai mai".
Era stata quella frase ad accompagnarla per il resto della sua vita.
In un certo senso, era la sua scusa per non sentirsi in colpa quando toglieva la vita a qualcuno.
In un certo senso— era una psicopatica, con la mente da bambina e il corpo da adulta.
Ogni volta che affondava la punta affilata del proprio parasole nella carne altrui, sperava solo che non si sporcasse troppo.
Non apprezzava uccidere, lo faceva e basta, quando era necessario.
E per sorridere durante quell'atto, gli bastava pensare alla frase di Qrow e al fatto che lo stesso che lo stesse facendo per il suo amato Roman.

—Ma adesso non sapeva più cosa fare.
Roman era morto, e nessun criminale avrebbe mai potuto sostituirlo.
Lui era unico nella sua gentilezza.
Non gli importava in quanti lo avrebbero criticato, per lei sarebbe sempre stata una delle persone più meravigliose che abbiano mai vissuto.
Proprio per questo, non poteva neanche immaginare qualcuno di simile a lui, con la stessa eleganza e lo stesso sorriso furbesco.

Forse, proprio per questo, si era innamorata del suo antipodo: Jaune Arc.
Aveva già capito il tipo di ragazzo che era.
Gentile, onesto, determinato, testardo.
Nessuno avrebbe potuto trovarci somiglianze con l'elegante criminale dai capelli rossi.
Ma a lei era bastato solo una cosa per innamorarsi di lui: il fatto che, nonostante fosse sua nemica, lui l'avesse protetta. 

—Sì, non c'era dubbio.
Persino lei se ne accorgeva. 
Lei non era sana. 
Probabilmente, poteva essere considerata persino pazza.
Si era innamorata di Roman perché l'aveva salvata dalla sporcizia pur non conoscendola, e ora si era innamorata di Jaune Arc perché l'aveva protetta pur essendo una nemica.
Azioni semplici, che forse per loro non erano state chissà cosa, ma che per lei rappresentavano tutto e di più. 

Dal profondo del cuore, desiderava che quel cavaliere in armatura splendente potesse contraccambiare i suoi sentimenti, ma sapeva bene che non c'erano molte possibilità.
Anche se era una rarità fra gli uomini che aveva fino ad ora incontrato - dopotutto, in pochi avrebbero aiutato una nemica -, lei era pur sempre una criminale. 
Sarebbe persino disposta a cambiare per lui, ma dubitava che il mondo stesso le avrebbe dato una possibilità.
O quantomeno— non ora.
Ma se si fosse fatta perdonare, in qualche modo? 


Quelli erano i suoi unici pensieri in quel momento, mentre finiva di sistemarsi i vestiti.
Cinder era accanto a lei, con il suo solito broncio.
La odiava davvero.
Non credeva che avrebbe mai detestato qualcuno così tanto in tutta la sua vita, eppure eccola là: la personificazione umana di tutte le cose che non sopportava.
Fin dall'inizio non si era fidata di quella donna.
Però, visto che a Roman stava bene lavorare con lei, non aveva mai cercato di dissuaderlo. 
Ciò che voleva il suo capo ed amato, per lei, era legge.

E ciò aveva portato alla morte dell'unica persona che aveva amato.

La colpa era di tre persone diverse: di Cinder, di Ruby Rose... e sua, che non aveva protetto Roman.

Tuttavia, aveva rinunciato a vendicarsi della "rossa", come la chiamava il suo capo.
Certo, la mente di Neopolitan era da bambina, ma non per questo era stupida.
Al contrario, si riteneva molto intelligente. 
Quel pettirosso non poteva aver ucciso Torchwick. 
Dubitava ne avesse anche solo la forza, sia di corpo che di volontà.
All'inizio aveva ugualmente desiderato affrontarla, per assicurarsi dei suoi sospetti, e quel volere non era sparito.
Semplicemente, era posticipato. 
Non poteva certo attaccarla, ciò le avrebbe tolto a proprio ogni possibilità che Jaune si affezzionasse a lei. Di conseguenza, aveva intenzione di assicurarsi personalmente del suo coinvolgimento nella morte del suo amato successivamente. 
Al momento, il suo unico volere era— 

« Sbrigati, ci stai mettendo troppo. » —l'odiosa donna poco distante da lei.

Non sapeva bene neanche chi fosse Salem e, onestamente, poco le importava. 
Non esisteva un nemico senza debolezze, e la sua voglia di vendicarsi era ben superiore a quella di scappare.

Annuì, probabilmente per l'ultima volta, alle parole di Cinder. 
Si sistemò il cappello di Roman, l'ultimo ricordo che possedeva di lui, sulla testa.
Adesso era proprio perfetta.

Appoggiando con eleganza il parasole sulla propria spalla destra, Neo si avvicinò con calma alla corvina, chiudendo le distanze fra di loro. 
Lei la osservava con sufficienza, ma ormai non le importava più. 

« Seguimi. C'è un odioso ammasso di latta con cui devo saldare i conti. »

Non comprese la frase che Cinder disse mentre usciva dal rifugio improvvisato che avevano trovato, ma fece come aveva detto, seguendola con un sorriso sulle labbra. 
Presto si sarebbe divertita.

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