Il terzo sigillo

di Rubysage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Intermezzo ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 32 - prima parte ***
Capitolo 35: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 34 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Prologo

 

 

Il vento soffiava senza sosta mentre sulle pendici di Dol Guldur cominciava a scendere la notte. Eredhil si strinse tremando nelle falde del suo mantello, ma decise di continuare a salire, ripetendo a se stesso che non sarebbero stati né il vento né l’oscurità a fermarlo.

Mentre arrancava lungo lo stretto sentiero di montagna, l’elfo pensò a cosa avrebbe detto il Re, se avesse saputo fin dove aveva osato spingersi.

Il Re...non suo fratello, il Re.

No, sinceramente non sapeva cos’avrebbe detto, né gli importava. Eredhil era abituato a disobbedire regolarmente agli ordini del fratello maggiore sin da quando si era reso conto che per tutta la sua vita sarebbe sempre stato il secondo. Il secondo nell’affetto dei genitori, nella stima del popolo...nel diritto al trono.

Legolas era amato.

Legolas era saggio.

Legolas era un eroe, uno dei Nove.

Legolas aveva una splendida sposa e un figlio di cui era orgoglioso.

Legolas aveva avuto tutto per il solo fatto di essere il maggiore, mentre a Eredhil toccava accontentarsi delle briciole...

Io meritavo di più...molto di più...

Quando Thranduil era infine partito per le Terre Imperiture e aveva ceduto il comando al suo primogenito, Eredhil aveva visto rinchiudere la sua vita in una gabbia d’oro dalle sbarre di cristallo, e aveva capito che niente per lui avrebbe mai potuto cambiare. E Legolas rappresentava tutto questo, il suo involontario fallimento, tutto ciò che lui non avrebbe mai potuto essere. Per questo lo odiava, l’aveva odiato per tutta la vita senza che lui se ne accorgesse. Dietro ad ogni sorriso di Eredhil si trovava solo un folle desiderio di eliminare per sempre quell’ostacolo posto dal destino, ma sapeva che non ne sarebbe mai stato capace perché era più vigliacco che furioso, e la frustrazione cresceva senza sosta mentre l’elfo era costretto ad aspettare il momento giusto per riscattarsi.

Ma l’attesa non era stata vana, perché quel momento era giunto.

Finalmente.

Eredhil si fermò ansimando, giusto il tempo necessario per riprendere fiato, poi si rimise in cammino, immergendosi nella completa oscurità.

Sto arrivando...

Sogghignò, pensando che si stava facendo beffe del divieto imposto dal suo stesso padre migliaia di anni prima ; a chiunque era proibito avvicinarsi a Dol Guldur e ai resti della fortezza che Sauron aveva costruito quando era ancora il Negromante, perfino dopo che ne era stato cacciato. Divieto pressochè inutile dal momento che gli abitanti del Bosco Atro se ne tenevano volontariamente alla larga. Si diceva che la malvagità dell’Oscuro Signore aleggiasse ancora intorno a quella montagna maledetta, ma all’elfo non importava. Non gli importava nemmeno di non riuscire a vedere dove metteva i piedi, ciò che contava era che nessuno vedesse lui.

Eredhil era impaziente, troppo impaziente di raggiungere la vetta.

Il suo cuore era colmo di una gioia perversa, la stessa che aveva provato il giorno in cui, al ritorno da un viaggio solitario al Lago Lungo, aveva notato uno strano luccichio provenire da una nicchia scavata nel tronco di un’enorme ed antichissima quercia, e dopo avervi frugato con attenzione, aveva rinvenuto quel piccolo tesoro...una gemma perfetta, grande come una noce e tanto luminosa che Eredhil aveva dovuto ripararsi gli occhi con una mano per non esserne accecato.

Un Silmaril...una delle tre mitiche pietre che racchiudevano in sé la luce degli alberi dei Valar, Laurelin e Telperion.

Ma quelle gemme erano scomparse da millenni, e nessuno le aveva mai trovate.

Perché lui ne era stato capace, nonostante migliaia di persone avessero percorso il suo stesso sentiero molte volte prima di allora ?

La risposta era una sola.

La gemma aspettava lui.

Solo lui.

Perché gli avrebbe parlato, altrimenti ?

Eredhil sentì di nuovo quel sussurro nella sua mente.

Dol Guldur...

Per un istante era rimasto senza parole, incredulo davanti a quell’inspiegabile fenomeno.

Dol Guldur...

Poi aveva capito.

Aveva capito che afferrando il Silmaril avrebbe afferrato anche l’ultima possibilità di cambiare il suo destino.

Dol Guldur.

La cima.

Finalmente.

Sorridendo, Eredhil si asciugò il sudore dalla fronte e bevve una lunga sorsata d’acqua vuotando la borraccia. Si guardò intorno nel buio, e quando intravide le mura dell’imponente fortezza stagliarsi di fronte a lui gli si bloccò il respiro.
E ora ?

L’elfo non aveva la minima idea di cosa cercare, ma sapeva che l’avrebbe trovata, qualsiasi cosa fosse, perché lui l’aveva guidato fin lassù, e lui non poteva sbagliare.

Strinse con una mano la borsa che aveva legato alla cintura per assicurarsi che la preziosissima gemma fosse ancora al suo posto. Poi, titubante, oltrepassò un enorme arco di pietra, facendo il suo ingresso all’interno delle mura diroccate.

Chiunque tu sia, guidami, implorò l’elfo, disorientato, mentre avanzava in mezzo agli sterpi e alle pietre cadute. Ma non ebbe alcuna risposta.

Continuò a camminare nell’oscurità fino a quando il suo piede urtò qualcosa che era pesantemente ancorato al suolo e che lo fece cadere a terra. Imprecando, Eredhil cercò di rialzarsi, ma lo strano oggetto che gli aveva fatto perdere l’equilibrio catturò la sua attenzione. Si trattava di un grosso anello di ferro arrugginito ; con il cuore in subbuglio, l’elfo frugò tra le sterpaglie fino a quando riuscì a definire, attorno ad esso, una scanalatura quadrata.

- Eccola ! - esclamò con gioia. Con tutte le sue forze tirò l’anello di ferro finchè la grossa pietra quadrata si spostò scoprendo una botola che dava accesso ad una lunga e oscura scala di pietra che conduceva in basso, fin nelle viscere della montagna.

Senza esitare, Eredhil iniziò a scendere i gradini fino a quando l’oscurità fu troppo fitta per proseguire. Allora, con l’assoluta sicurezza che nessuno avrebbe mai potuto vederlo, prese dalla borsa il Silmaril e lo tenne alto in modo che la sua luce si diffondesse lungo l’umida galleria.

Continuò a camminare lungo quel cunicolo per un tempo che gli parve infinito, e si fermò solo quando fu giunto dinnanzi ad una massiccia porta di pietra, tanto grande che si chiese come avrebbe potuto aprirla. Tenendo ben alto il Silmaril, l’elfo la esaminò attentamente, e si accorse che un foro delle dimensioni di una noce si trovava pressappoco all’altezza della sua mano.

- Forse... -

Fallo, risuonò la voce misteriosa nella sua mente.

Lentamente, con il cuore che batteva all’impazzata, Eredhil abbassò la mano che stringeva il Silmaril e lo avvicinò al foro. La sua luce si fece più forte, e, in pochi istanti, la gemma venne risucchiata all’interno del foro stesso.

Con la bocca spalancata dallo stupore, Eredhil vide l’enorme porta aprirsi lentamente davanti ai suoi occhi, e quando l’elfo, quasi impaurito, varcò la soglia, trovò il Silmaril ai suoi piedi, sul freddo pavimento di pietra.

Eredhil raccolse la gemma e osservò l’enorme sala vuota.

No...non del tutto vuota...

Ad un tratto la sua vista acuta scorse, sulla parete opposta, uno strano blocco di marmo sul quale era posato un oggetto dai contorni indefiniti.

L’elfo corse verso di esso, arrestandosi a pochi passi di distanza, il cuore che gli martellava nel petto, sempre più forte...

Immobile, Eredhil rimase ad osservare con timore e cupidigia ciò che si trovava su quella specie di altare : una corona di ferro a tre punte, con un incavo vuoto su ogni punta.

- La...la corona di Morgoth...la corona portatrice dei Silmaril... -

Spezza il primo sigillo, disse la voce, facendo sobbalzare Eredhil.

- Cosa...cosa devo fare ? -

Liberami.

- Come ? ! - gridò con furia Eredhil - Dimmi come ! ! -

Lo sai, rispose la voce, per questo ti ho chiamato.

Eredhil cominciò ad inquietarsi.

- Chi...chi sei ? -

Sai anche questo.

Per un attimo che sembrò durare un’eternità, Eredhil tenne lo sguardo fisso sulla corona, incerto sul da farsi.

Io so cosa vuoi, Elfo, continuò la voce, e ti dirò come ottenerlo. Ma prima devi liberarci...spezza il primo sigillo.

In quel momento Eredhil vide tutta la sua vita balenargli davanti agli occhi...tutta la sua infelicità, la sua frustrazione...

Con una luce di vendetta nello sguardo, Eredhil allungò la mano e pose il Silmaril nel primo incavo della corona, e la luce della gemma sembrò affievolirsi per un istante.

Poi, improvvisamente, una potentissima colonna di luce esplose dalla gemma, inondando la sala. Eredhil, terrorizzato, si coprì gli occhi con una mano fino a quando la luce tornò ad affievolirsi, e il Silmaril divenne una semplice pietra bianca incastonata nella corona di ferro, che ora sembrava circondata da un tenue alone rossastro.

- Cosa...cosa mai ho fatto ? - sussurrò l’elfo, quasi pentito di quell’azione - Ho spento il Silmaril... ? -

Hai spezzato il sigillo, disse la voce, ora prendila.

Deglutendo, l’elfo obbedì a quell’ordine e, dopo aver afferrato la corona, se la pose sul capo.

Nel momento stesso in cui il ferro della corona toccò i suoi biondi capelli, Eredhil sentì un fulmine attraversargli l’intero corpo, mentre una spirale rossa usciva dalla gemma e dava origine ad una strana figura. L’elfo urlò dal dolore e si accasciò al suolo, mentre terribili immagini entravano e uscivano dalla sua mente.

Poi, quando il dolore fu passato, Eredhil si rialzò, ma nei suoi occhi brillava una nuova luce e sorrise nell’assaporare quella sensazione di potere che non aveva mai provato prima.

Ora so, si disse. ORA SO !

- Quale sei ? - domandò, stavolta senza alcun timore, all’indistinta sagoma rossa che era apparsa davanti a lui.

- Sono il Primo dei Tre - rispose con voce roca e tenebrosa - Armagh, la Lingua. Lui ti ha condotto qui e tu mi hai liberato. Hai spezzato il sigillo che mi teneva prigioniero, e ora il Silmaril che mi incatenava non è altro che un sasso senza valore. Trova gli altri due e avrai il potere completo. -

- Lo farò - disse Eredhil - Ma non voglio attendere troppo a lungo la mia ricompensa. Ciò che voglio ora è certamente a portata delle tue capacità. Mi obbedirai ? -

- Sì, se mi lascerai entrare. -

Eredhil sorrise, e i suoi occhi fiammeggiarono mentre pregustava la sua vendetta.

- E ALLORA VIENI ! - gridò, spalancando le braccia.

Armagh si trasformò in un turbine di fuoco e, roteando, si tuffò nel petto dell’elfo che scoppiò in una terribile risata abbandonando la testa all’indietro.

Quando tutto fu finito, Eredhil inspirò profondamente, senza perdere il suo inquietante sorriso di compiacimento. Strinse i pugni e chiuse gli occhi per sentire tutto il potere del demone scorrergli nel sangue.

A Elbereth Gilthoniel, avrebbe esclamato Legolas.

Ma lui non era Legolas, anche se presto avrebbe preso il suo posto.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


1

1.   L’ultimo raggio di sole

 

 

 

Quando Legolas lasciò la sua stanza, Anìrwen dormiva ancora.

La prima cosa che aveva fatto dopo essersi svegliato era stato alzare la testa verso di lei, che gli volgeva le spalle, i lunghi capelli biondi sparsi sul cuscino, per verificare se i suoi occhi fossero chiusi. Poi le aveva rivolto un amaro sorriso mentre la sua mano le accarezzava con dolcezza il braccio nudo sopra il lenzuolo, e si era infine chinato verso di lei per sussurrarle in un orecchio : - Namarië, mia dolce Regina. Io parto, ma il tuo cuore è con me. -

Il sovrano del Bosco Atro pronunciava quella frase ogni volta che era costretto a lasciarla, anche per brevi periodi. Una frase triste in tempi di guerra, scherzosa e spensierata in tempi di pace. Come risposta, Anìrwen sorrideva e baciava a lungo il suo sposo.

Ma non ci sarebbe stato nessun bacio, quella mattina.

Vista la condizione di Anìrwen, Legolas aveva preferito lasciarla riposare.

Dopo essersi assicurato che dormisse veramente, le aveva sfiorato delicatamente i capelli con le labbra, si era alzato dal letto e, dopo essersi vestito, era uscito in punta di piedi dirigendosi verso la stanza del piccolo Galien.

Legolas chiuse piano la porta alle sue spalle, si avvicinò silenziosamente al lettino in cui dormiva il figlio e si accucciò accanto a lui. Il sonno di Galien era inquieto come al solito, e il bambino si rigirò più e più volte nel letto, facendo accartocciare le lenzuola intorno al suo corpo.

Sorridendo, Legolas lo sollevò con la maggior delicatezza possibile, e dopo aver sistemato le lenzuola, vi ripose il bambino, rimboccandogliele. L’elfo rimase immobile, temendo che persino il suo respiro potesse turbare il sonno del figlio. Ma il sonno di Galien sebbene inquieto, era estremamente profondo, e nemmeno le manovre del padre erano riuscite a svegliarlo.

Con un lievissimo gemito, il bambino si girò su un fianco.

- Adar... - borbottò.

Il viso di Legolas si illuminò. Nel sonno, Galien stava chiamando suo padre...stava chiamando lui.

L’elfo gli accarezzò una paffuta guancia rosata e, scostandogli i capelli dalla fronte, gli baciò una tempia, poi uscì piano dalla stanza.

Si appoggiò con la schiena alla porta richiusa, un’espressione malinconica e pensierosa negli occhi persi nel vuoto.

Non era felice di partire. Non lo era mai. Oscuri timori affollavano ogni volta la sua mente, sebbene non avessero alcun fondamento. Sapeva che anche stavolta si sarebbe trattato solo di pochi giorni, ma non poteva evitare di farsi prendere dalla preoccupazione.

Voltò lentamente la testa verso il corridoio quando sentì avvicinarsi i passi rapidi e leggeri del Capitano Nestir, ma non si mosse dalla sua posizione.

- Va tutto bene, mio Signore ? - domandò il soldato, notando l’aria cupa del suo Re.

- Sì, Nestir. E’ solo che lasciarli soli ogni volta...è estremamente doloroso. - rispose Legolas - E avrei preferito restare accanto ad Anìrwen in questo periodo...potrebbe avere bisogno di me, mentre io sarò lontano. -

- Il Principe e la Dama sono in ottime mani, mio Signore - disse Nestir - E il figlio che attendete non nascerà che tra qualche mese. Qualunque cosa accada potrai tornare in poco tempo. Minas Tirith non è così lontana. -

Legolas annuì. - Hai ragione - disse - Dimentica le mie parole. Sono solo quelle di un marito e di un padre preoccupato, non quelle di un Re. I soldati sono pronti ? -

- Da poco meno di un’ora. Attendiamo solo te per partire. Il tuo cavallo è già stato sellato. -

- Arod ? -

Nestir annuì.

- Preferirei che lui restasse qui. - disse Legolas, pensando al fedele compagno in sella al quale aveva gloriosamente combattuto, sette anni prima, durante la terribile Guerra dell’Anello - E’ troppo vecchio, ormai, per sostenere un viaggio del genere. E poi Galien gli è affezionato, potrebbe cavalcarlo durante la mia assenza. Ormai Arod è abituato a portarlo in sella. -

- Come desideri, mio Signore. - disse Nestir inchinandosi - Farò preparare immediatamente un altro cavallo. -

Con un cenno del capo, Legolas pose una mano sulla spalla del soldato. - Non ce n’è bisogno, mio buon Nestir. Me ne occuperò personalmente. -

Detto questo, seguì il fedele Capitano verso le scuderie.

Ma, mentre camminava, il suo pensiero tornò alla sera precedente.

 

Anìrwen era in piedi davanti alla finestra, le braccia conserte, e, sebbene avesse sentito Legolas fare il suo ingresso nella stanza, non si voltò ma continuò ad osservare le foglie degli alberi del Bosco Atro riflettere il colore del sole al tramonto.

- Si è addormentato ? - disse.

- Sì, ma non ne aveva nessuna voglia. Mi ha chiesto di narrargli due volte la storia di Lùthien Tinùviel...ma alla fine il sonno ha avuto la meglio. - rispose Legolas avvicinandosi a lei.

Anìrwen sorrise. - Si addormenta solo con la tua voce. - disse - Hai il potere di incantarlo ogni volta che gli parli. Resterebbe ad ascoltarti per ore... -

- Peccato che non faccia lo stesso con il suo istitutore. - disse Legolas abbracciando la sua sposa e baciandole una guancia - Il povero Enchilion mi ha detto che stamani ha dovuto inseguirlo per l’aula urlando come un pazzo...gli ho dovuto promettere che avrei preso provvedimenti, ma ancora non so che fare ! -

La Dama rise e voltò il capo verso quello del suo sposo per ricevere un leggero bacio sulle labbra.

Legolas fece scorrere le sue mani su quelle di Anìrwen, fino a quando le loro dita si intrecciarono sul ventre di lei.

- Lo senti ? - le chiese accostando il viso ai suoi capelli.

- E’ troppo presto... -

- Mi domando cosa dirà Galien quando verrà a saperlo... -

- Lo sa già. -

Sorpreso, Legolas alzò la testa. - Davvero ? - disse - E chi glie lo ha detto ? -

- Nessuno. L’ha sentito. -  rispose Anìrwen. Poi si girò verso Legolas, e solo allora l’elfo potè vedere il timore che si celava negli occhi della sua sposa.

- Galien ha il Dono, Legolas. - disse - Era di questo che mi premeva parlarti. -

Legolas rimase a bocca spalancata.- Ne sei certa ? - disse senza lasciare le mani di Anìrwen.

- Purtroppo sì. -

- Perché dici così ? - disse Legolas con un’esclamazione di stupore - Tu stessa lo possiedi, fa parte dell’eredità dei tuoi avi del Bosco d’Oro...cosa c’è di male in esso ? -

Anìrwen sospirò e si diresse lentamente verso il centro della stanza, fissando il pavimento. - Il mio Dono è molto debole. - disse - Io mi limito a leggere nei cuori, mentre Galien è in grado di penetrare nelle menti....e non solo. - Alzò la testa e guardò il suo sposo negli occhi. - Può vedere nel passato dei luoghi in cui si trova, Legolas. -

L’elfo scosse il capo, incredulo. - Com’è possibile... ? -

- Ne ho avuto oggi la prova. - continuò Anìrwen - Stavamo passeggiando nel Giardino, quando, ad un tratto, ha esclamato ridendo “Com’eri bella, Naneth, quando Adar ti ha presa in sposa !”. Quando gli ho domandato cosa volesse dire, ha descritto nei minimi particolari tutti coloro che erano presenti il giorno del nostro matrimonio... -

- Glie ne avrà parlato Enchilion ! - esclamò Legolas alzando le spalle.

- Anche del bracciale che tenevo nascosto sotto una manica del vestito e che ti avrei donato la prima notte di nozze ? -

Legolas si avvicinò alla finestra, stupefatto, guardando il sottile cerchio intrecciato di mithril che portava al polso. - Allora è proprio vero... -

- Poi mi ha chiesto quando sarebbe nato il suo fratellino, perché non vedeva l’ora di avere qualcuno con cui giocare...sono preoccupata per lui, Legolas. - disse Anìrwen riavvicinandosi all’elfo e prendendolo per un braccio - Io ho scoperto di avere il Dono quando ero già adulta...ma Galien non è che un bambino, non è ancora in grado di controllarlo ! Per lui è solo un gioco...senza contare che, se qualcuno lo scoprisse, potrebbe approfittarsene ! -

Legolas scosse il capo. - L’unica cosa che possiamo temere è che Galien abusi del suo potere. E’ vero, è ancora un bambino, ma imparerà presto, e purtroppo a sue spese, che dovrà ben tenerlo sotto controllo. E poi vedrai, se imparerà ad usarlo gli tornerà senz’altro utile in futuro. Nel frattempo, se te la senti, cerca di spiegargli quello che è lecito e quello che non lo è. Ad ogni modo - Legolas prese dolcemente Anìrwen per le spalle e la guardò negli occhi - glie ne parlerò senz’altro quando tornerò. Sarà un discorso piuttosto lungo, ma è un bambino intelligente e capirà.-

Senza abbandonare la sua espressione preoccupata, Anìrwen si rannicchiò nelle braccia di Legolas, appoggiando la testa contro il suo petto.

- Vorrei tanto che tu non andassi a Minas Tirith... - disse.

Legolas sospirò, stringendo a sé la sua sposa. - Nemmeno io lo vorrei - disse - Ma purtroppo devo farlo. Da quando Sauron è stato sconfitto, l’equilibrio nella Terra di Mezzo si è dimostrato estremamente fragile...Per questo ogni anno i sovrani dei Popoli Liberi devono radunarsi e rendere conto delle situazioni interne ai loro Paesi. Anche se non lo sembra, è estremamente importante, soprattutto per la faccenda di Esgaroth...-

- Ti preoccupa molto ? -

- Sì. - rispose Legolas con aria grave - Non riesco proprio a capire il motivo per cui i signori di Dale stiano interrompendo i commerci con il Bosco Atro... -

- Non pensarci, per ora.  Pensa solo che rivedrai i tuoi vecchi compagni d’avventura... - disse Anìrwen cercando di apparire più tranquilla. Ma non lo era affatto, e Legolas se ne accorse.

- Non starò lontano per molto - disse - Una settimana, due al massimo. Tu e Galien siete al sicuro, ho dato a Eredhil tutte le disposizioni necessarie per... -

Nel sentire quel nome, Anìrwen si sottrasse bruscamente dall’abbraccio di Legolas e tornò verso la finestra, stringendosi nelle braccia.

- Anìrwen... - disse tristemente Legolas. Sapeva benissimo cos’aveva turbato la sua giovane sposa, e ciò lo addolorava.

- Non mi fido di lui, Legolas. Non mi è mai piaciuto il suo sguardo, soprattutto da quando è tornato da quel viaggio sul Lago Lungo, tempo fa...una luce strana brilla nei suoi occhi, e sento che il suo cuore non è trasparente... - 

- Mia cara, sono trascorsi solo tre anni da quando ho preso il posto di mio padre, ed ogni volta che ho affidato dei compiti a Eredhil lui li ha sempre svolti degnamente. D’accordo, è ancora molto giovane e inesperto, ma ha numerosi consiglieri ad affiancarlo, pronti a rimediare ai suoi errori e a prendere in mano la situazione. E poi...è mio fratello, Anìrwen. Nelle sue vene scorre il mio stesso sangue. Sebbene i nostri rapporti non versino nelle migliori acque...io mi fido di lui. -

Anìrwen non rispose e continuò a guardare fuori dalla finestra ; Legolas le si avvicinò e la fece voltare piano verso di lui.

-  Non devi temere nulla, amore mio. - le disse guardandola negli occhi - Ti prometto che non accadrà niente di male, né a te, né a Galien...né al piccolo che arriverà presto. E io non ho mai mancato ad una promessa. Se qualcuno, chiunque sia, dovesse tentare di farvi del male, lo farò a pezzi con le mie stesse mani. -

Anìrwen alzò lo sguardo verso gli occhi di Legolas  e gli sorrise dolcemente.

- Mi credi ? - domandò Legolas sorridendo a sua volta.

La Dama tacque per un istante, con aria pensierosa, poi prese le mani dell’elfo tra le sue. - Sai perché ti amo, Legolas ? - disse - Perché so che tu ami me. Nient’altro conta. -

- E’ una mossa scorretta, leggere nel pensiero...credevo lo sapessi ! - rispose Legolas in tono scherzoso.

- Non ho bisogno di leggerti nel pensiero. - disse Anìrwen prendendo il viso del suo sposo tra le mani - Perché dovrei farlo, se mi basta guardarti negli occhi per capire cosa senti ? -

Il Re e la Dama si scambiarono un lungo bacio mentre il sole cedeva il suo posto alla luna e alle stelle.

- Questa sarà la nostra ultima notte insieme per molti giorni... - disse languidamente Anìrwen.

- E’ vero - rispose Legolas sollevando la sua sposa tra le braccia e portandola verso il loro letto - Rendiamola indimenticabile, allora... -

 

Mentre sellava il suo cavallo, Legolas sorrise ripensando al corpo sottile di Anìrwen che aveva accarezzato e stretto tra le braccia fino a poche ore prima. Tuttavia una strana inquietudine si era impadronita del suo cuore, rievocando le parole che la sua Dama aveva pronunciato.

Aveva fatto tutto il possibile per cercare di tranquillizzarla, ma non era riuscito a fare lo stesso per sé. Eppure non era la prima volta che lasciava soli i suoi famigliari, e, sebbene ogni volta provasse gli stessi timori, Legolas sentiva che questa volta era diverso.

Scosse la testa cercando di levarsi quei pensieri dalla mente.

C’era ancora una cosa che poteva fare.

- Nestir. - chiamò, dirigendosi a passo spedito verso il Capitano della Guardia che stava impartendo gli ultimi ordini ai soldati che avrebbero dovuto scortare Legolas a Minas Tirith.

- Comanda, mio Signore. - rispose Nestir voltandosi non appena ebbe sentito la voce di Legolas.

L’elfo sospirò, sperando di fare la cosa giusta. - Voglio che tu rimanga qui e che vegli costantemente su Dama Anìrwen e sul Principe Galien. -

- Ma...mio Signore, sei certo  di quello che dici ? - ribattè Nestir, sorpreso.

- Perfettamente. - rispose Legolas - Come hai detto tu stesso, il viaggio è breve e il percorso è sicuro ; i cinquanta soldati della scorta saranno più che sufficienti ; preferisco che tu resti a vegliare su chi mi è più caro. Qualsiasi cosa accada, e ripeto qualsiasi cosa, manda immediatamente un messaggero a Minas Tirith, e io tornerò il più presto possibile. So che non è un’incombenza che ti compete, ma non ho altri di cui fidarmi. Accetti questo incarico ? -

- Ho giurato di servirti fedelmente, mio Signore - rispose Nestir - La tua stima mi ripaga di qualsiasi sacrificio, ma spero che tu sappia che obbedire ad un tuo ordine non è affatto un sacrificio per me, bensì un onore. -

Legolas sorrise e si sentì più sollevato. - Ora posso davvero partire. - disse.

 

Mentre si allontanava in testa alla sua scorta, Legolas volse lo sguardo verso le finestre del palazzo e, con sorpresa, vide Anìrwen appoggiata alla balaustra di una delle terrazze. Con un sorriso triste, la Dama sollevò una mano per salutarlo e, in quel momento, il sole, che si stava alzando, fece risplendere uno dei suoi raggi sui suoi capelli d’oro.

A Legolas si strinse il cuore di fronte a quella visione, e tutto ciò che potè fare fu ricambiare lo stesso gesto per salutare quel raggio di sole.

Il suo raggio di sole.

L’ultimo.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


2

2.Due servi e due padroni

 

 

 

 

Non fu solo Anìrwen a guardare Legolas allontanarsi dal Bosco Atro con la sua scorta, quel mattino. Dalla sua finestra anche Eredhil osservava il fratello prendere la strada per Minas Tirith e scomparire in mezzo agli alberi.

Ti auguro di fare presto ritorno a casa, mio caro fratello, pensò sogghignando. Ci sarà una bella sorpresa ad attenderti...

Dopo aver inspirato profondamente, il principe scoppiò in una risata tanto diabolica quanto innaturale ; incapace di contenersi, si sedette sul bordo del letto, sentendo il corpo scuotersi in maniera spasmodica, e questo lo turbò notevolmente.

A poco a poco riuscì a riacquistare il controllo di sé e a frenare le risa convulse.

Maledizione, si disse, è più forte di quanto immaginassi.

Ad un tratto, un fulmine gli attraversò il cervello.

Io sono pronto, risuonò una voce dentro di lui, quando mi farai uscire ?

- Presto, mio fedele Armagh - rispose Eredhil, asciugandosi il sudore dalla fronte - Devi solo avere pazienza. Del resto io ho atteso per più di duemila anni questo momento...non saranno certo pochi giorni a rovinare tutto il mio progetto. -

Ho fame, continuò Armagh con voce roca e glaciale, ho bisogno di cibo. Quello che hai intenzione di fare non mi interessa. Procurami un pasto, se non vuoi diventarlo tu stesso.

Eredhil rabbrividì. - Cerca di resistere... - disse - Si tratta solo...di poco tempo...presto potrai avere nutrimento in abbondanza e io... -

NUTRIMI ! gridò Armagh, facendo sussultare violentemente il corpo del principe elfo. SUBITO, O SARA’ PEGGIO PER TE !

- Non...non oseresti... -

Mettimi alla prova.

Eredhil si alzò tremante dal letto, ansimante, e con occhi febbricitanti si portò una mano alla testa. Deglutì, cercando di regolarizzare il respiro. Dopo essersi calmato, voltò lo sguardo verso la preziosa cassapanca intarsiata che si trovava ai piedi del suo letto ; corse verso di essa, spalancandola di colpo ed estraendone un pesante sacco di tela. Con mani tremanti, aprì il sacco e ne tirò fuori la corona di ferro, adornata con il primo Silmaril, e rimase a guardarla con gli occhi pieni di timore e odio.

- Che...che cosa vuoi fare... ? - disse, stringendo i denti, il volto coperto da gocce di freddo sudore - Non avrai intenzione di ritorcerti contro di me, maledetto ? ! -

Io servo a te e tu servi a me, sibilò Armagh in tono ancora più minaccioso, e lo sapevi fin dall’inizio...io non posso stare senza di te e tu non puoi stare senza di me...non se vorrai ottenere il tuo scopo. Abbiamo stipulato un patto, e ormai è troppo tardi per tornare indietro. Allora, ti chiedo cos’hai tu intenzione di fare, principe...ti stai forse pentendo della tua decisione ?

Eredhil rimase ancora un momento a guardare la corona.

- No - rispose con freddezza - Non me ne sono affatto pentito. Vuoi sapere cosa farò ? -

Il principe ripose la corona nel sacco e la rinchiuse nella cassapanca. - Farò quello che dici...ti metterò alla prova. In fin dei conti è questo che vuoi, no ? -

Non te ne pentirai, rispose Armagh mentre Eredhil usciva dalla sua stanza.

Con passo spedito, l’elfo si recò verso le scuderie reali e vi fece il suo ingresso con circospezione. Il silenzio che vi regnava era rotto solamente dal tramestio degli zoccoli e dagli sbuffi dei cavalli. Ad un tratto, una voce famigliare fece sobbalzare il principe, che si nascose dietro ad una delle poste. Lo stalliere, un giovane elfo di nome Caerlind, apparve con un secchio di biada in mano.

- Ecco la tua colazione, Arod ! - disse con voce limpida e gioiosa, accarezzando il muso dell’anziano destriero del Mark - Allegro ! Doppia razione di biada, oggi ! So che ti senti tradito perché il tuo Signore è partito senza di te...ma non temere, tornerà presto ! E, nel frattempo, sarò io ad occuparmi di te...ti farò passeggiare e baderò che il Principe Galien non ti faccia galoppare troppo a lungo... -

- I tuoi propositi sono eccellenti, Caerlind ! - esclamò Eredhil uscendo dal suo nascondiglio - Il Re sarà orgoglioso di te, vedrai... -

Lo stalliere sobbalzò dallo spavento, mentre il principe gli si avvicinava sorridendo.

- P...principe Eredhil... - balbettò - Ti...ti prego di perdonarmi...non intendevo mancare di rispetto a... -

Eredhil rise. - Lo so benissimo, non temere...ma dimmi, Caerlind, sei soddisfatto di ciò che fai ? -

- Certo che lo sono, mio Signore ! - esclamò il giovane, sorpreso da quella domanda - Amo i cavalli, e per me è una gioia occuparmene ! E poi il Re mi permette spesso di cavalcarli...mi ha anche promesso che un giorno potrò aggiungermi alla sua scorta, durante le battute di caccia , e io non aspetto altro ! -

Nel sentire quelle parole, il sorriso di Eredhil mutò in una smorfia di disgusto.

- Certo che hai delle ben misere ambizioni...quando potresti ottenere molto di più... -

Caerlind aggrottò la fronte. - Non ti capisco, mio Signore...cosa intendi dire ? -

Eredhil gli si avvicinò e gli pose le mani sulle spalle. - Solo che tra breve avrai un immenso privilegio...quello di essere il primo dei miei fedeli servitori ! -

Il giovane stalliere spalancò la bocca dal terrore nel vedere una minacciosa fiamma accendersi negli occhi di Eredhil, ma non riuscì ad emettere alcun suono. Mentre cercava di divincolarsi, vide una lingua di fumo denso e rossastro uscire dalla bocca del principe ed introdursi nella sua. Sentì i visceri contorcersi mentre i suoi pensieri scomparivano, inglobati e sostituiti dalla malefica presenza che sembrava divorarlo dall’interno. La sua mente si fece sempre più leggera, fino a quando non sentì più nulla.

Eredhil rimase con trepidazione ad osservare il giovane elfo barcollare nelle sue mani e chiudere gli occhi ; poi, quando li riaprì, il principe esultò nel vedere il vuoto che contenevano.

- Obbedirai ad ogni mio ordine, giovane Caerlind ? -

- Sì - rispose l’elfo con una voce spenta che non gli apparteneva.

- Anche a costo della tua vita ? -

- Sì - ripetè.

- Perfetto... - disse Eredhil, soddisfatto - Ora torna nella tua stanza, ti chiamerò quando mi servirai. -

Muovendosi come un fantoccio, lo stalliere obbedì a quell’ordine e si recò fuori dalle scuderie.

Le labbra di Eredhil si aprirono in un inquietante ghigno. - Sei soddisfatto ora, Armagh ? - disse - La tua fame si è placata ? -

Solo in parte, rispose la voce, ho bisogno di ben altro che di quell’anima semplice...hai visto quello che posso fare, Principe. E posso fare ancora di più, se mi darai di più.

- Non temere - rispose Eredhil, stringendo gli occhi - Non è certo finita qui...tra breve avrai un pasto ben più ricco, Armagh. Te lo prometto. -

Quando ?

- Presto, ti ho detto. E’ necessario attendere che Legolas sia lontano. Allora tu avrai il tuo pasto...e io la mia vendetta. -

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


3

3. Amore e vendetta

 

 

May your strength give us strength

May your faith give us faith

May your hope give us hope

May your love give us love

 

                        Bruce Springsteen, “Into the fire”

 

 

 

Erano ormai trascorsi tre giorni dalla partenza di Legolas per Minas Tirith.

L’inquietudine di Anìrwen, sebbene non fosse scomparsa del tutto, si era affievolita grazie alla costante ma discreta presenza di Nestir che vegliava notte e giorno su di lei e suo figlio. Eredhil si faceva vedere poco, e Anìrwen faceva tutto il possibile per tenerlo lontano da Galien. Nonostante non lo reputasse giusto, era arrivata al punto da usare tutto il potere del suo dono per sondare l’animo del principe, ma tutti i suoi sforzi erano stati inutili ; sembrava che tra la sua mente e il cuore di Eredhil si trovasse una corazza impenetrabile, e questo le faceva paura perché non sapeva assolutamente cosa aspettarsi da lui.

Quel pomeriggio, Anìrwen si trovava ad assistere ad una delle solite lezioni che il saggio Enchilion era solito impartire al piccolo Galien, il quale, malgrado la presenza della madre, non tentava minimamente di dissimulare la sua noia, sbuffando di tanto in tanto e alzando gli occhi al soffitto.

- Naneth - disse ad un tratto, interrompendo il racconto dell’imbarazzato istitutore nel punto più cruciale della battaglia di Dagorlad - Devo proprio imparare tutto questo ? Mi sto annoiando... -

Enchilion arrossì fino alla punta delle orecchie. - Ma...Principe Galien... -

- La storia è fondamentale, Galien. - lo rimproverò dolcemente  Anìrwen - Un giorno sarai il Re di questo paese, e non potrai mai governare il tuo popolo senza conoscerne a fondo le radici. Studiare gli avvenimenti del passato aiuta a non ripetere gli stessi errori in futuro, ricordatelo. Inoltre... - la voce di Anìrwen assunse un tono più fermo - ...un buon sovrano deve imparare ben presto ad ascoltare chiunque si rivolga a lui e a valutare attentamente le sue parole... -

- Va bene...ci proverò. - disse Galien, poco convinto, tormentandosi una corta ciocca di capelli biondi. Aveva colto perfettamente l’allusione della madre, ma intanto la sua mente di bambino continuava a vagare.

Che barba, pensò, come vorrei che Adar fosse qui...magari mi avrebbe portato a cavalcare o ad osservare gli scoiattoli nel bosco...quanto mi piacerebbe giocare con uno scoiattolo tutto mio ! Mi seguirebbe dappertutto e mangerebbe dalla mia mano...gli darei un nome e verrebbe da me quando lo chiamo...dunque, qual è il nome più adatto ad uno scoiattolo ?

Anche se Galien pensava a tutt’altro, fingendo il massimo interesse, l’intervento della Dama fece comunque tirare un sospiro di sollievo al povero Enchilion, che si apprestò a continuare la sua lezione.

- Dunque, stavamo dicendo...l’esercito dell’Ultima Alleanza era schierato sul campo di battaglia... -

- Galien non ha tutti i torti a lagnarsi, mia cara. Le lezioni di Enchilion sono veramente una noia mortale. -

Anìrwen, spaventata, alzò gli occhi verso la porta, dove si trovava Eredhil, le mani sui fianchi e il solito sorriso di scherno dipinto sulle labbra. Galien guardò il fratello del padre come se fosse la prima volta, scrutandolo a fondo con i suoi chiarissimi occhi azzurri.

- Non è forse così, piccolo ? Non preferiresti essere nel Giardino a giocare con gli altri bambini invece di restartene qui ad ascoltare queste inutili sciocchezze ? -

Galien non rispose e continuò a fissarlo.

- Principe Eredhil... - balbettò Enchilion, sempre più imbarazzato e rosso in viso - Non intendo mancarti di rispetto, ma...io sto solo eseguendo il compito che mi è stato assegnato...e in questo modo...le tue parole non mi aiutano affatto... -

Eredhil lo ignorò e si diresse lentamente verso Anìrwen, che lo fissava inquieta.

- Cosa stai facendo qui, Eredhil ? - disse Anìrwen.

L’elfo sorrise e alzò le spalle. - Non ho forse il diritto di informarmi sui progressi nell’istruzione di mio nipote ? - disse.

Anìrwen gli lanciò un’occhiata glaciale. - In tutti questi anni non ti sei mai interessato una sola volta a lui. Per te è come se Galien non fosse mai esistito. Come mai tante attenzioni proprio adesso ? -

- Le persone cambiano con il passare del tempo, Anìrwen. - rispose Eredhil piantandosi davanti alla Dama e incrociando le braccia - In bene o in male, comunque cambiano. I sentimenti possono spegnersi... -

- ...o crescere. - lo interruppe Anìrwen - Ma non credo che i tuoi sentimenti verso Galien...o verso di me si siano evoluti in meglio. -

Eredhil rise. - Hai ragione. Potrei dire che le tue parole mi hanno ferito, ma non lo farò...perché non è così. Hai centrato perfettamente il problema, Anìrwen, mia cara. -

In quel momento, Galien si sentì scuotere da una strana sensazione che non aveva mai provato prima. Spaventato, corse a rifugiarsi nelle braccia di sua madre.

Non è lui, si disse, c’è ma non è solo...

- Te lo domando ancora una volta, Eredhil. Cosa vuoi ? E stavolta esigo che tu mi risponda, altrimenti vattene. Non tollero che le lezioni di Galien vengano interrotte. -

- E’ bello dare ordini, non è vero, mia Signora ? Il potere è una sensazione meravigliosa e inebriante che ti riscalda l’anima come il vino la gola. Le regole del mondo si reggono su questioni di statura ; chi è più in alto vince sempre... -

- Naneth... - sussurrò Galien, gli occhi spalancati dal terrore, mentre il suo piccolo cuore iniziava a battere sempre più velocemente.

- A meno che chi si trova in basso non lo faccia crollare, rovinosamente, al suolo. -

Eredhil schioccò le dita e, immediatamente, due soldati irruppero nella stanza. Anìrwen sussultò mentre Galien, incapace di staccare gli occhi dalla figura dello zio, si stringeva ancora più forte a lei. Ma ciò che spaventava di più Anìrwen erano gli occhi delle guardie che avevano affiancato Eredhil...non c’era nulla in essi, erano freddi e spenti e sembravano aver perso tutta la luce che da sempre colmava lo sguardo di ogni appartenente alla razza degli Elfi.

Enchilion si parò davanti ad Anìrwen, per difenderla.

- Principe, che scherzo è questo ? ! - esclamò - Richiama subito le guardie altrimenti... -

- Altrimenti cosa ? - lo interruppe Eredhil - Non hai imparato la lezione, Enchilion ? Sono io a dare gli ordini, ora. Tu ti trovi sul gradino più basso. - L’elfo fece un cenno con la mano e uno dei due soldati si mise di fronte all’istitutore che, sebbene spaventato, non retrocedette di un passo.

Anìrwen sentì il panico impadronirsi di lei. - E’ così che ripaghi la fiducia di tuo fratello, Eredhil ? Non ti stai comportando affatto come dovresti. Legolas ti ha affidato il regno durante la sua assenza e tu , invece di proteggere il tuo popolo, ti sei fatto trasportare dall’ambizione e dalla cupidigia per un titolo di cui non conosci nemmeno il significato ! Non è così che si deve comportare un Re ! -

- E tu che cosa ne sai ? ! - tuonò Eredhil - Non hai mai provato a stare per un momento dall’altra parte ? A rimanere indietro mentre tuo fratello, solo grazie alla primogenitura, si accaparra il rispetto e la stima del suo popolo, e tu sai che non avrai mai l’occasione di dimostrare quanto vali, perché vedi l’indifferenza dipinta sul volto di chiunque ti guardi, dagli estranei, quei popolani che potresti mettere a morte con un solo gesto della tua mano...a tuo Padre e tua Madre...ma ora loro sono lontani, così come è lontano Legolas...e finalmente, per la prima volta nella mia vita, posso fare ciò che voglio. -

- Tu stai farneticando... -

Eredhil ignorò le sue parole. - Sono stufo, Anìrwen. - disse - Stufo di essere trattato come l’ultima ruota del carro quando potrei essere io a condurlo. E sarò io a condurlo, stavolta, che ti piaccia o no. Il tempo di Legolas sta per giungere. Ora ho chi mi obbedisce... -

Il principe si voltò verso la guardia che si trovava di fronte ad Enchilion e la fissò negli occhi. Senza dire una parola, il soldato aggirò l’istitutore e lo afferrò per le spalle. L’elfo iniziò a tremare, ma non disse una parola.

- Entra pure, mio caro Caerlind. - disse Eredhil. Quando il giovane stalliere fece il suo ingresso e si fermò a fianco del principe, Anìrwen vide il nulla anche nei suoi occhi e si sentì perduta.

- E’ vero che farai tutto ciò che ti dico, Caerlind ? - L’elfo annuì.

- Bene - continuò Eredhil - Allora uccidi Enchilion. Subito. -

- NO ! - gridò Anìrwen, senza alcun successo.

Con un movimento fulmineo, Caerlind estrasse un lungo pugnale e lo conficcò nel petto di Enchilion, prima ancora che questi potesse accorgersi di ciò che stava succedendo. Con un gemito soffocato, spalancò la bocca e guardò per l’ultima volta il viso sogghignante di Eredhil. Poi si accasciò al suolo e morì, mentre il suo sangue scorreva verso i piedi di Anìrwen e Galien, che lo guardavano inorriditi.

- La dimostrazione è stata sufficiente, mia Signora ? -

Prima che Anìrwen potesse aprire bocca, Galien puntò il dito contro il principe.

- Non è solo, Naneth ! - gridò - C’è qualcuno dentro di lui a comandarlo ! E’ rosso come una grossa lingua di fuoco, e cattivo ! Ci farà del male, Naneth, a noi e ad Adar ! Io... - Lo sguardo gelido e stupefatto di Eredhil trapassò gli occhi del bambino. - ...io lo vedo ! -

Il principe face un passo in avanti. - Tu... - disse.

- Non avvicinarti ! - esclamò Anìrwen stringendo a sé il figlio e indietreggiando verso il muro. Eredhil non la degnò di uno sguardo.

- Com’è possibile che tu, moccioso, abbia potuto...ma certo... - Sorrise. - Tu hai il Dono...avrei dovuto immaginarlo. Molto interessante. Credo che questo mi renderà le cose molto più semplici. - Si voltò verso l’altra guardia. - Prendilo e portalo immediatamente a Dol Guldur. Mi aiuterà a trovare gli altri Due, che ne abbia voglia o no. -

- No ! - gridò Anìrwen cercando di lottare mentre il soldato le strappava il bambino dalle braccia - Lascialo ! Prendi me, piuttosto, ma lascia stare Galien ! Ti prego, Eredhil ! -

Il principe, impassibile, le si mise di fronte, prendendole il mento con una mano. Galien, terrorizzato, smise di divincolarsi dalla presa del soldato e tenne gli occhi fissi sulla madre.

Naneth...

- Tempo fa mi sarebbe piaciuto, mia cara... - disse Eredhil in tono lascivo - In fin dei conti ho sempre desiderato tutto ciò che mio fratello possedeva. E ora che potrei prenderti davvero...beh, non ci trovo più gusto. Le cose hanno più sapore quando le si ottiene con qualche difficoltà. Ad ogni modo, tra poco il mio caro fratello perderà tutto quello che ha...tutto.- Lasciò andare il viso di Anìrwen, e le posò la stessa mano in grembo. - Sai, mi sono spesso detto che avrei potuto prendere questo bambino sotto la mia protezione, per aiutarlo a capire quanto sia triste e doloroso essere il secondo per tutta l’eternità...e per evitare che lui andasse incontro al mio stesso destino... - 

Molto lentamente, Eredhil prese il pugnale che portava alla cintura e lo tenne dritto davanti agli occhi di Anìrwen.

- Sfortunatamente, non potrà essere così. -

Con un colpo rabbioso, Eredhil tagliò la gola della Dama davanti agli occhi sbarrati di suo figlio.

- Naneth ! ! NO ! ! - gridò il bambino, guardando la madre accasciarsi lentamente a terra.

Con una smorfia di disgusto, Eredhil afferrò il vestito di Anìrwen e vi pulì la lama insanguinata. Poi uscì dalla stanza, seguito da Caerlind e dai due soldati.

- Portalo via. - disse alla guardia che stringeva tra le braccia il piccolo Galien - Io ho ancora alcune faccende da sbrigare, vi raggiungerò più tardi. -

Stesa sul pavimento, Anìrwen sentì spegnersi lentamente per prima la piccola vita che portava dentro di sé. Poi, con le sue ultime forze, tese una mano tremante verso suo figlio che urlava e si dimenava senza sosta, mentre veniva condotto lontano da lei.

- Galien... - mormorò mentre sentiva le forze venirle meno.

Grande Ilùvatar, fa’ che Galien viva...almeno lui...che il mio amore e quello di suo padre lo aiutino a non soccombere al male che sta prendendo il sopravvento...

Guardò un’ultima volta il corpo di Enchilion, steso a pochi passi da lei, morto senza nemmeno sapere perchè, e le lacrime le offuscarono la vista già appannata. Poi volse gli occhi alla porta, quasi nella vana speranza di vedere suo figlio e suo marito tornare da lei.

In un lampo, tutta la sua lunghissima vita le balenò davanti agli occhi, arrestandosi nell’orribile momento in cui Eredhil le aveva dato la morte, e pianse a dirotto mentre rivedeva per l’ultima volta il viso del suo sposo...Legolas che la guardava sorridendo il giorno delle nozze...la sua gioia quando lei gli aveva annunciato di aspettare il loro primo, desideratissimo figlio...e poi il secondo...

Il secondo. Eredhil.

Anìrwen gemette, sentendosi avvolgere dall’oscurità.

Non doveva finire così, Legolas...morire in questo modo...mentre tu sei lontano...e Galien è in pericolo...

Trasse un faticoso respiro.

Che il tuo amore protegga nostro figlio da questo orrore, Legolas...mio unico adorato sposo...e che il mio protegga voi...per sempre...

Così pensava Anìrwen mentre i suoi lunghi capelli biondi venivano bagnati dal suo stesso sangue.

Poi non vide più nulla.

 

 

 

Nestir stava effettuando la solita ronda lungo i corridoi del palazzo quando sentì il grido di Galien.

- Naneth ! ! NO ! ! -

Naneth... ? Grande Ilùvatar...

Maledicendosi per aver lasciato sole le persone che avrebbe dovuto custodire a vista, il Capitano della Guardia corse verso le aule in cui Enchilion stava tenendo la sua lezione, il cuore che gli martellava nel petto per l’ansia.

- Mia Signora ! Principe Galien... -  gridò, ma le parole gli morirono in gola quando, arrestandosi bruscamente davanti alla porta, vide con orrore Enchilion e Anìrwen stesi a terra in un lago di sangue, il petto e la gola squarciati.

Con gli occhi spalancati dalla disperazione, Nestir ispezionò la stanza, ma senza avere il coraggio di fare un solo passo all’interno di essa.

- Cercavi qualcuno, Nestir ? -

Il Capitano si voltò di scatto e vide, dietro di sé, Eredhil, con un sorriso malvagio sulle labbra e le mani sui fianchi.

- Principe Eredhil ! - gridò, gettandosi in ginocchio davanti a lui mentre le lacrime gli rigavano il viso - Non...non ho parole per giustificarmi...Ciò che è accaduto...io... -

- Alzati, Nestir. -

L’elfo alzò piano la testa e guardò incredulo il suo principe mentre pronunciava quelle parole con noncuranza.

- Ti ho detto di alzarti. Avanti, obbedisci al tuo Signore. -

In un attimo, Nestir capì.

- Il mio Signore... - disse, alzandosi e fissando Eredhil con i suoi occhi castani - Il mio unico Signore è Legolas, figlio di Thranduil...e solo a lui obbedirò. Tu...tu ti sei macchiato di un delitto orribile...e io te la farò pagare, dovesse costarmi la vita ! -

Nestir sguainò la spada e la puntò contro il principe, che rimase impassibile.

- Sei uno sciocco, Nestir... - disse facendo un passo verso di lui - Vuoi rimanere un servo per tutta la vita ? Non capisci che io ti sto offrendo la libertà ? -

- Forse è come dici, ma se per affrancarmi da questa servitù dovrò sottostare ad una sorte ben peggiore...allora preferisco seguire il mio destino ! -

Con un urlo selvaggio, Nestir si avventò contro Eredhil brandendo la sua spada, ma il principe parò il suo colpo, immobilizzando il suo avversario.

- Dov’è il Principe Galien, maledetto ? ! -

- Dove nessuno lo troverà mai, Capitano. Ma perché non ci segui, invece di cianciare ? -

Eredhil aprì lentamente la bocca lasciando uscire Armagh, nella sua consueta forma di lingua di fumo rosso.

- No ! - gridò Nestir dibattendosi per impedire che il demone entrasse in lui, ma Armagh lo avvolse in una stretta spirale.

- Non hai via di scampo, Capitano. - disse Eredhil ridendo - Tanto vale che tu ti arrenda. Vedrai, sarà un grande onore far parte del mio esercito. -

Nestir sentì che per lui era la fine. I suoi pensieri si stavano offuscando, mentre la malefica presenza prendeva piano il sopravvento.

Mio Signore...io...non mi arrenderò...

- NO ! ! ! -

Con uno sforzo sovrumano, Nestir riuscì a liberarsi dalla morsa del demone, lasciando Eredhil stupefatto mente Armagh, sconfitto, si ritirava volteggiando sopra la sua testa.

- Sei più duro di quanto pensassi, Nestir... - disse Eredhil - Per ora ce l’hai fatta, ma sai bene che non potrai farlo per molto tempo. Ad ogni modo non ho mai amato i dissidenti. -

L’elfo fece un cenno con il capo alle spalle di Nestir, che si girò di scatto, ma non fu abbastanza veloce da evitare che Caerlind gli piantasse il pugnale nel petto.

Gemendo per il dolore, il Capitano della Guardia cadde pesantemente sulle ginocchia.

- Stupido idealista... - disse Eredhil a denti stretti - Non mi servono quelli come te. Resta pure qui a marcire fino a quando tornerà il tuo Signore...perché ben presto ti raggiungerà. - Poi si rivolse a Caerlind. - Vai a dare le disposizioni ai soldati perché si preparino per il trasferimento a Dol Guldur. Annuncerò io personalmente alla popolazione...che il nuovo Signore sta arrivando. -

Detto questo, si allontanò, lasciando Nestir accasciato al suolo.

Il soldato rimase a guardare Eredhil che se ne andava, ma, quando il principe fu sparito dalla sua vista, l’elfo raccolse tutte le sue forze e si rialzò.

Posso farcela...devo farcela...si disse mentre, arrancando, si dirigeva verso le scuderie.

Nestir non riusciva ad immaginare cosa fosse successo ad Eredhil, ma non aveva intenzione di lasciare che un folle invasato da un demone si impadronisse del Bosco Atro.

Legolas gli aveva ordinato di proteggere le persone che aveva più care, e lui aveva fallito. Ora non poteva morire senza aver portato a termine l’ultimo compito che il suo Re gli aveva affidato : recarsi a Minas Tirith e informarlo di quei terribili avvenimenti.

Pazzo...non ce la farai mai, si disse, non troverai mai un cavallo più veloce della morte...

Poi, mentre avanzava tra le poste, alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Arod, e vide che in essi brillava ancora quell’ardore che aveva sempre caratterizzato il piccolo destriero del Mark.

No...esiste uno che può farcela...

Nestir fece uscire faticosamente il cavallo grigio dalla posta, ed esso lasciò docilmente che l’elfo gli salisse in groppa senza nemmeno farsi bardare.

- Noro lim, Arod... - sussurrò Nestir spronando il destriero che uscì dalle scuderie al galoppo.

Mentre galoppava sul dorso di Arod, Nestir sentì l’aria che gli sferzava il volto ridargli un po’ della vita che stava perdendo. Udì le voci e le grida degli altri soldati che cercavano di fermarlo mentre usciva dalle mura della città, ma non gli importava. Sapeva che non sarebbero mai riusciti a raggiungerli. Legolas aveva sempre detto che quel cavallo era nato per correre.

E ora lui l’avrebbe riportato dal suo padrone, da quel Re che amava, che aveva giurato di proteggere a costo della sua stessa vita e che si trovava lontano, a Minas Tirith.

E non poteva perdere tempo, perché il suo tempo stava fuggendo via...

 

 

 

 

Ehm...so che Bruce Springsteen con Tolkien c’entra come i cavoli a merenda...ma mentre scrivo ho costantemente nelle orecchie il suo meraviglioso “The Rising”, da cui è tratta la citazione all’inizio del capitolo (e ce ne saranno altre di citazioni, non solo del Boss ! Io sono fissata con le colonne sonore, che ci volete fare, abbiate pazienza !).

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


4

4. Il prezzo della libertà

 

 

Oh, oh, helpless and slow,

and you don’t have anywhere to go...

                       

                        Fairport Convention, “Genesis Hall”

 

 

 

Non devo piangere, non devo piangere, non devo piangere, pensava Galien mentre veniva portato a cavallo verso Dol Guldur. Il braccio con cui il soldato lo cingeva a sè stringendolo alla vita gli faceva male, e il dolore, insieme alle terribili emozioni del momento, gli toglievano quasi il respiro.

Sua madre e suo padre dicevano sempre che i coraggiosi non devono mai piangere, e lui voleva dar loro quell’ultima dimostrazione, anche se non potevano vederlo. Ma Galien aveva solo sei anni, e i suoi genitori gli avevano insegnato a sopportare il dolore che si prova quando si cade da un albero o ci si sbuccia un ginocchio, e per lui non era facile distinguere tra il dolore fisico e quello mentale. E ora sua madre non c’era più, e suo padre era lontano, chissà dove, e non ci sarebbe stato più nessuno a proteggerlo.

Naneth, Adar...pensò, con un nodo alla gola.

Un incubo, doveva essere un incubo da cui Galien voleva solo svegliarsi per trovare suo padre e sua madre accanto a lui per consolarlo con le loro dolci parole.

- Mi fai male... - disse al soldato, cercando di cacciare indietro le lacrime.

L’elfo non gli rispose e aumentò ancora di più la presa, facendo gemere Galien per il dolore.

Un conato di vomito lo assalì. Non ce la faceva più, era stanco e voleva tornare a casa.

Casa...quale casa ?

- Dove mi stai portando ? -

Il soldato sbuffò. - Non deve interessarti. Ora sei anche tu un servitore del Signore di Bosco Atro. - disse, con una voce che non gli apparteneva.

- No ! - esclamò Galien - Solo mio Padre è il Signore del Bosco Atro, e quando tornerà vi imprigionerà tutti per quello che avete fatto e... -

- Vuoi tacere ? ! - lo interruppe bruscamente il soldato - Tuo padre non farà assolutamente nulla, anche ammesso che riesca a trovarti. Non vuoi capire che la dinastia dei Sovrani del Bosco Atro ha avuto fine, e una nuova epoca sta prendendo inizio ? Legolas non potrà mai più fare un passo nelle mura della città, perché se dovesse farlo non ne uscirebbe vivo. -

- Allora...lo lascerete andare ? -

- Dipende. Sarà il mio Signore a deciderlo. Ma qualunque sarà la sua scelta, tu non vedrai mai più tuo padre. Il tuo potere serve al mio Signore per trovare gli altri Due. -

Il nodo che Galien sentiva alla gola si fece più stretto.

- Voi...voi lo ucciderete, come avete fatto con mia madre...e poi ucciderete anche me, quando non vi servirò più... -

Il soldato non rispose.

- E’ davvero così forte ? - disse il bambino.

- Non capisco di cosa parli. - rispose freddamente l’elfo.

- Di quello che è dentro muinadar* Eredhil...e che ora è anche dentro di te...non lo senti ? Io sì, e mi fa paura... -

- Ora basta, mi hai stufato ! - esclamò il soldato con voce fredda e alterata - Fai silenzio fino a quando saremo arrivati a Dol Guldur, altrimenti sarò costretto ad imbavagliarti ! -

Galien tacque e guardò avanti. Dol Guldur...

Ricordò che aveva chiesto spesso a suo padre cosa si trovasse là, e perché fosse proibito andarci, e ogni volta che ne parlava, Legolas rabbrividiva.

- Là si trovava un Nemico terribile che io ho visto da vicino, Galien. Per questo tuo nonno, mio padre, ha vietato di avvicinarvisi. E io lo vieto anche a te, figlio mio, perché, anche se è scomparso, il Male lascia segni indelebili su qualunque cosa tocchi... -

Quando, infine, furono in vista delle pendici del monte, Galien sentì l’aura che lo circondava, grigia, pesante e crudele come una cappa di piombo, mentre terribili immagini del passato si insinuarono nella sua mente. Cominciò a tremare.

Non è scomparso, Adar...il Male c’è ancora, anche se il Nemico non è più lo stesso...e adesso mi ci stanno portando, Adar...

Il suo respiro si fece più frequente e affannoso. - Non voglio andarci... - sussurrò debolmente con voce impaurita.

- E invece ci andrai. Stai zitto, ora. -

Galien volse disperatamente lo sguardo in tutte le direzioni, come per cercare un’impossibile via d’uscita, fino a quando i suoi occhi si posarono sul pugnale che il soldato portava alla cintura. Cercando di non farsi notare, lanciò un’occhiata al volto dell’elfo, e, quando lo vide fisso in lontananza, decise. No, non mi ci porterai...

Veloce come un fulmine, sguainò il pugnale e con esso pungolò il collo del cavallo, il quale scartò di lato sgroppando e impennandosi, imbizzarrito. Galien si tenne forte alla criniera per non cadere.

- Cosa... ? ! - esclamò il soldato lasciando per un attimo la presa intorno alla vita di Galien per cercare di controllare l’animale.

Il bambino non aspettava altro. Più forte che potè, diede una gomitata nello stomaco del cavaliere, facendolo cadere a terra, mentre lui prendeva le redini e colpiva con le gambine il ventre del destriero.

- Noro lim ! NORO LIM ! - gridò Galien, galoppando lontano, senza sapere dove.

- Fermati, maledetto ! - esclamò il soldato, rialzandosi da terra e cercando di raggiungere il bambino. Ma ormai Galien era già lontano, ed egli non potè fare altro che rimanere a guardarlo scomparire oltre gli alberi, respirando affannosamente.

- Non andrai lontano ! - gridò - Ti troveremo, prima o poi, dannato moccioso ! Vuoi cercare tuo padre ? E allora vai a morire con lui ! -

 

 

 

Dopo essersi assicurato che il soldato non lo stesse più seguendo, Galien fermò il cavallo e scese. Il suo piccolo viso era paonazzo e gli occhi azzurri luccicanti e spalancati dal terrore.

Accarezzò il muso del destriero per calmarlo, poi si sedette per terra e cercò di riprendere fiato.

E adesso... ?

Con la mente e il cuore in subbuglio, si guardò intorno, per valutare quale fosse la strada migliore da seguire.

Era terribilmente difficile a dirsi, soprattutto per lui che non era mai andato così lontano. Non vedeva altro che alberi e sentieri sterrati, non avrebbe mai saputo dire quale fosse la strada giusta...

...per andare dove ?

Sconsolato, si cinse le ginocchia con le braccia e chinò la testa, mentre sentiva calde lacrime affiorargli agli occhi. Deglutì, cercando di ricacciarle indietro.

Già, dove sarebbe potuto andare ? Era libero, sì, ma ormai non aveva più nessuno ad aspettarlo a casa...aveva avuto la libertà, ma ad un prezzo troppo alto...

- Naneth è morta, cavallino... - disse al destriero che aveva chinato il muso a brucare l’erba accanto a lui - E Adar...non so dov’è... - Sospirò dolorosamente. - Cosa faccio adesso ? -

Non poteva certamente tornare a palazzo, dato che non aveva la minima intenzione di finire nelle mani di Eredhil. Ma non sapeva dove altro andare...da quando era nato non era mai uscito dai confini del Bosco Atro, e tutti i territori che si trovavano fuori da esso li aveva visti solo disegnati sulle mappe che Enchilion gli mostrava.

Cercò di ricordare quando suo padre gli raccontava dei meravigliosi luoghi che aveva visto durante la sua avventura con la Compagnia dell’Anello...Gran Burrone, Lothlorien con il suo bosco d’oro...se solo gli Elfi non se ne fossero andati per sempre nelle Terre al di là del mare, forse avrebbe potuto trovare rifugio là...

Gli Elfi del Bosco Atro erano rimasti soli.

Lui era rimasto solo.

Galien si alzò in piedi, stringendo i pugni per cacciare la rabbia e il dolore.

No, non era solo. Suo padre era lì fuori, da qualche parte, e lui doveva trovarlo ad ogni costo.

Si guardò intorno un’ultima volta, poi si avvicinò al cavallo che brucava placidamente nell’erba. - Mi dispiace, amico, ma dobbiamo dividerci. So che tu potresti portarmi lontano, ma questi sentieri sono più agevoli a piedi, e poi mi troverebbero facilmente se seguissero le tue tracce...torna a casa, là nessuno ti farà del male. -

Detto ciò, gli colpì il fianco con la mano e gli disse alcune frasi in elfico, per incitarlo ad andare, e rimase a guardarlo trottare via fino a quando non fu scomparso nella foresta.

Poi trasse un altro, profondo sospiro.

- Forza, Galien. - si disse - Non sai dove andare, ma ci andrai lo stesso... -

E così si incamminò senza sapere dove, facendosi strada tra rami e cespugli, sentieri scoscesi ed impervi, e, per farsi un po’ di coraggio, aveva solo la sua voce e una canzone che sua madre gli aveva insegnato tanto tempo fa...

 

 

“Come i pini che fiancheggiano strade tortuose

Io ho un nome, io ho un nome !

Come il passero canterino e il ranocchio che gracida

Io ho un nome, io ho un nome !

E lo porto con me come fece mio padre

Ma io vivo il sogno che lui teneva nascosto...

Dritto per la mia strada, dritto per la mia strada,

Dritto finchè la vita mi porterà...

Come il vento del nord che soffia nel cielo

Io ho una canzone, io ho una canzone !

Come il canto del canarino e il pianto del bambino

Io ho una canzone, io ho una canzone !

E la porto con me e la canto forte

E dovunque mi porti, ci andrò a testa alta

Dritto per la mia strada, dritto per la mia strada,

Dritto finchè la vita mi porterà...

E ci andrò libero...

Come il matto che sono e sempre sarò,

Io ho un sogno, io ho un sogno !

Potete cambiare le vostre idee ma non cambierete me

Perché io ho un sogno, io ho un sogno !

E possiamo condividerlo se tu lo vuoi,

Se fai la mia strada, verrò con te...

Dritto per la mia strada, dritto per la mia strada,

Dritto finchè la vita mi porterà...”

 

 

 

 

- E così te lo sei lasciato scappare.... - disse Eredhil, assiso sul trono che non gli apparteneva.

- Sono desolato, mio Signore. Mi ha colto di sorpresa e... -

Eredhil ghignò, e per un attimo la corona di ferro che aveva sul capo brillò di una fredda luce.

- Certo, ti ha colto di sorpresa... - disse, alzandosi e dirigendosi verso il soldato - Dimmi, come può un ragazzino di sei anni farla in barba ad una guardia più che esperta ? -

- Io...io non so che dire, mio Signore... -

- Non sai che dire perché non c’è niente da dire. Sei un idiota, e questo è sufficiente. -

Eredhil stese una mano verso l’elfo, e da essa si sprigionò una spirale di fumo rosso che avvolse la gola del soldato.

- Non ho bisogno di gente come te...di validi soldati ne ho a bizzeffe. - disse mentre l’elfo soffocava e crollava a terra morto, il respiro bloccato dal demone che, nutrendosi dell’anima delle sue vittime, stava diventando sempre più forte.

- Portalo via, Caerlind - ordinò, seccato, tornando a sedersi. - Dannazione, questo complica tutto...senza il potere di Galien mi sarà decisamente più difficile trovare gli altri due Silmaril... -

- Non rattristarti, mio Signore - disse Caerlind con voce fredda e vuota - Tu puoi tutto, se lo vuoi... -

Senza guardare in faccia l’elfo, Eredhil aprì le labbra in un inquietante sorriso.

- Hai ragione...potrò benissimo fare a meno di lui. L’unica cosa che mi dispiace è di non averlo potuto ammazzare con le mie mani, come ho fatto con sua madre...ma anche a questo si potrà rimediare. Il Bosco Atro non avrà certo pietà di lui. A quest’ora, con ogni probabilità, sarà già morto. -

E se non lo fosse ? disse la voce di Armagh nella mente del principe.

- Non importa - rispose Eredhil, stringendo gli occhi verdi che brillarono per la nuova, crudele idea che aveva appena avuto - Ciò che conta è che sia Legolas a crederlo... -

 

 

 

 

*”Zio”, letteralmente “fratello del padre” (padre = Adar ; madre = Naneth)

La canzone che canta Galien è “I got a name” di Jim Croce.

Ultima cosa : forse le parole di Galien non sono proprio adatte ad un bambino di sei anni...ma considerate che è un elfo, quindi avrà avuto un’educazione un po’ diversa... (seee...trovatene un’altra di scusa ! NdTutti)

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


5

5. L’Assemblea è interrotta

 

 

 

 

- La delegazione del Bosco Atro è arrivata, Sire. -

Aragorn sorrise. Mentre usciva, lanciò un rapido sguardo fuori dalla finestra della sua stanza ; una magnifica giornata di sole avrebbe accolto l’ultimo dei partecipanti all’Assemblea, nonché il suo più caro amico.

Erano trascorsi molti anni, ormai, da quando la Compagnia si era divisa, ma i sentimenti che univano i suoi membri non erano affatto cambiati, sebbene le loro occasioni di incontro fossero sempre più rare. La grande Assemblea delle Nazioni era una di queste ; e, sebbene le discussioni durante il suo svolgimento vergessero su argomenti piuttosto gravi, il solo fatto di ritrovarsi di nuovo insieme era comunque fonte di gioia per i vecchi compagni d’avventura, ognuno dei quali aveva sempre qualcosa da raccontare.

Uscendo dal palazzo, Aragorn vide Legolas e i soldati della sua scorta scendere dai loro cavalli e consegnarli agli stallieri di corte. Ridendo, corse incontro al Re del Bosco Atro, allargando le braccia.

- Bentrovato, amico mio ! - disse, mentre l’elfo, stanco ma felice, contraccambiava il suo abbraccio - Spero che tu abbia fatto un buon viaggio ! -

- Non poteva essere migliore - rispose Legolas - Così come la tua accoglienza, Aragorn...dimmi, gli altri Rappresentanti sono già qui ? -

- Sono già arrivati tutti - rispose Aragorn - Ora stanno riposando nelle loro stanze. -

- Mancavo solo io, dunque. -

Aragorn sorrise, appoggiando una mano sulla spalla dell’elfo mentre lo conduceva nel grande cortile all’interno della reggia. - Averti finalmente qui dopo tutto questo tempo farà certamente perdonare il tuo ritardo ! - esclamò - Gimli non ha fatto altro che lagnarsi perché non arrivavi...voleva a tutti i costi mostrarti i suoi progressi con arco e frecce prima dell’inizio dell’Assemblea ! -

- Legolas, finalmente ! Ora potremo tornare a cavalcare insieme, amico ! -

Legolas e Aragorn voltarono il capo e videro, con gioia, farsi loro incontro il buon vecchio Gimli, che sfoggiava un enorme sorriso. Al suo fianco, ugualmente felice, si trovava Sam Gamgee, ora sindaco di Hobbiville.

- Che bello rivedervi, Mastro Legolas !...ehm volevo dire... - si corresse Sam.

L’elfo sorrise dando un’amichevole pacca sulla schiena dello Hobbit. - Per voi tutti resto Legolas, amici, dovreste saperlo ! - disse ridendo - Allora, Gimli, spero che, oltre ad un buon arciere, tu sia finalmente diventato anche un bravo cavaliere ! -

- Se non altro ha imparato a rimanere in sella da solo... - disse Sam prima che il nano potesse aprire bocca.

- Farai bene a starmi lontano prima che mi venga voglia di farmi un paio di stivali di pelle di Hobbit, caro il mio Samvise ! -

Sam scoppiò a ridere, segno che non aveva decisamente preso sul serio la minaccia di Gimli.

- Molto bene ! - esclamò Legolas unendo le mani - Ora la Compagnia è di nuovo riunita ! -

- Solo in parte, purtroppo. - sospirò Sam - Merry e Pipino non potranno raggiungerci. Merry è malato, e Pipino ha deciso di prendersi cura di lui...e questo vale a dire che, vista l’esperienza del nostro Tuc nell’arte della guarigione, non so se e quando riusciremo a vedere Merry di nuovo sulle sue gambe... - continuò lo Hobbit in tono ironico.

- Non saranno gli unici a mancare, allora. - disse Legolas guardando in lontananza con un velo di tristezza negli occhi.

- E’ vero. - aggiunse Aragorn pensando a Frodo e Gandalf, partiti ormai da molto tempo per le Terre Imperiture. I quattro amici sapevano benissimo che non li avrebbero più rivisti, e nonostante questo li ricordavano ancora con affetto e malinconia.

Ma non era solo il pensiero dei due amici lontani a gettare un’ombra sul cuore di Legolas. Oltre il mare si trovavano anche tutti gli Elfi di Lothlorien e Gran Burrone, che avevano voluto seguire i loro signori, Elrond e Galadriel, in quell’ultimo viaggio, e lo stesso era stato per Cìrdan dei Porti Grigi...e per suo padre, Thranduil. Lui e la sua gente erano rimasti gli ultimi rappresentanti degli Elfi in tutta la Terra di Mezzo...almeno fino a quando non avessero ceduto anche loro al richiamo del mare.

- Capisco quello che stai pensando. Siamo rimasti soli, Legolas. -

Con un sorriso dolce e sereno, nonostante le sue parole, Arwen si avvicinò alla piccola compagnia, prendendo la mano di Aragorn.

- La tua mente e il tuo cuore sono rivolti al nostro popolo, non è vero ? - disse Arwen - Perché tutti gli Elfi hanno un’unica mente e un unico cuore che li unisce gli uni agli altri. Io, ormai, ho dei legami ben più saldi con un uomo e una terra che ora amo più di me stessa, ma sento che, presto o tardi, anche tu cederai alla voce del tuo sangue. E allora sarò io a rimanere veramente sola... -

Legolas guardò Arwen senza dire nulla.

- Ciò che dici è vero - disse infine Legolas - Sento che il momento in cui anche noi lasceremo la Terra di Mezzo si avvicina sempre di più, anche se so che quello non sarà affatto un momento di gioia. Ma non passa giorno senza che io pensi alla nuova vita che attende me, la mia famiglia e la mia gente al di là del mare...forse l’ultimo erede della Casa di Oropher* non vedrà mai il suo regno. -

La sua voce si ruppe, e l’elfo abbassò lo sguardo. Notando il turbamento nei suoi occhi, Arwen gli portò una mano al viso. - Le mie parole ti hanno rattristato e mi dispiace. - disse - Perdonami, figlio di Thranduil, e sorridi per me, per Elessar e tutti coloro che sono felici di averti qui, ora ! Bando alla malinconia, abbiamo ben altro a cui pensare ! Ma dove sono tua moglie e tuo figlio ? Non li hai portati con te ? -

Il volto di Legolas si illuminò mentre apriva le labbra in un radioso sorriso. - Temo che Anìrwen non sarà in grado di viaggiare per i prossimi mesi... -

Sam spalancò gli occhi per la sorpresa. - Vuoi dire che... ? -

- Esatto, Sam. La nostra vita sarà riempita ben presto dal pianto di una altro bambino...e Galien ne è felice quanto noi ! -

Aragorn batté una mano sulla schiena dell’elfo. - Congratulazioni, amico mio ! E’ davvero una bellissima notizia. Spero che, non appena nascerà, ci informerai, così potremo unire la nostra gioia alla vostra ! -

- E’ davvero splendido - disse Gimli sorridendo - Solo mi dispiace che il piccolo Galien non sia qui...avevo una gran voglia di prenderlo sulle ginocchia e raccontargli le favole del regno dei Nani... -

- Ti assicuro che ne avrebbe davvero avuto piacere. Galien mi chiede spesso di te. -

Gimli si accarezzò la barba gongolando dalla gioia.

- Prenderlo sulle ginocchia, dici ? - disse scherzosamente Sam - Quel bambino sarà cresciuto tanto che potrà essere lui a prendere in braccio te, Gimli ! -

Il nano corrugò la fronte e lanciò un’occhiataccia allo Hobbit. - Attento, Sam...cominciano a prudermi le mani... -

Ridendo, Aragorn invitò gli amici a farsi strada verso il palazzo. - Ora è meglio che andiate tutti a riposare. - disse - Ti accompagnerò io alla tua stanza, Legolas. Ho bisogno di parlarti un momento. I miei attendenti si occuperanno della tua scorta. - 

Legolas annuì, ed entrambi congedarono Gimli e Sam, che tornarono nelle loro stanze, mentre Arwen seguiva i due Re all’interno del palazzo.

- Che cosa ti preoccupa, Aragorn ? - disse Legolas, turbato da ciò che il Re di Gondor aveva detto.

Aragorn tacque per un attimo, cercando le parole.

- Ti avevo detto che eri stato l’ultimo ad arrivare - disse infine - Ma non è così. Manca ancora uno dei Rappresentanti all’Assemblea. -

Legolas sospirò e tenne lo sguardo dritto davanti a sé. - Il Signore di Dale. - disse.

- Esatto. Non si è ancora presentato e non ha nemmeno fatto avere sue notizie. Io credevo che Garn di Esgaroth fosse venuto con te, ma... -

- Non so nulla di quanto sta accadendo a Dale, Aragorn, credimi. - lo interruppe Legolas - E la cosa mi preoccupa. Da circa un mese Esgaroth ha chiuso la frontiera con il Bosco Atro e interrotto il flusso delle merci da Pontelagolungo. E io non capisco perché. Ho provato più volte a chiedere un incontro con Garn in territorio neutrale, ma mi è stato sempre rifiutato senza spiegazioni. Non sono tranquillo, Aragorn ; è come se la gente di Esgaroth volesse isolarsi... -

- O isolarvi. -

Legolas non rispose. - Non so cosa fare, Aragorn. -

- Ti capisco. Questa situazione non ci voleva in un momento come questo. -

- No che non ci voleva...non ci vorrebbe in nessun momento, a dire il vero. I rapporti tra gli Elfi del Bosco Atro e la gente di Dale sono sempre stati pacifici...ed ora su di essi si pone un grosso interrogativo che non riesco a risolvere. -

I tre si fermarono davanti alla porta della stanza di Legolas.

- Forse domani potrai trovare una risposta alle tue domande. - disse Arwen - L’Assemblea delle Nazioni prenderà sicuramente una decisione in proposito. Ma ora è meglio che ti conceda un sonno ristoratore. -

Legolas sorrise e ringraziò i Sovrani di Gondor, che si congedarono rapidamente da lui.

Ma, nel calore della sua stanza, avvertiva comunque un oscuro timore farsi strada dentro di lui come un serpente...

 

 

Corri, Arod, non fermarti, pensava febbrilmente Nestir mentre galoppava senza sosta verso Minas Tirith. Il coraggioso Capitano della Guardia sentiva la vita uscirgli dal corpo, e non aveva intenzione di lasciarsi andare prima di essere giunto dal suo Re.

Aveva corso per tutto il giorno e avrebbe continuato per tutta la notte, finchè non avrebbe visto le bianche torri della capitale di Gondor. Con un po’ di fortuna avrebbe potuto anche raggiungere la scorta di Legolas ; il fatto di essere solo e di non voler effettuare soste (l’unica era servita ad abbeverare il buon Arod) gli avrebbe dato un po’ di vantaggio, e, anche se si trovava in pessime condizioni, sicuramente ci avrebbe messo meno tempo ad arrivare.

Respirando a fatica, si aggrappò tenacemente alla criniera dell’instancabile destriero del Mark, che non sembrava avvertire il minimo segno di stanchezza.

Nestir, invece, sentiva la vista offuscarsi sempre di più, e il gelo invadere il suo corpo. Non si voltò mai, ma sapeva di aver lasciato dietro di sé una lunga scia di sangue.

Grande Ilùvatar, fa che me ne resti abbastanza per fare ciò che devo...

 

 

Il primo a prendere la parola durante l’Assemblea fu Gimli. Non aveva molto da raccontare, a dire il vero, salvo illustrare il procedimento dei lavori di ristrutturazione delle Miniere di Moria, molto interessante dal punto di vista tecnico quanto terribilmente noioso. Così Legolas approfittò dell’intervento del nano per riordinare le idee su ciò di cui avrebbe dovuto parlare, e, nel frattempo, dare un’occhiata alle persone che lo circondavano.

La sala era rotonda, e rotonda era anche la tavola attorno alla quale i Rappresentanti dei Popoli Liberi erano seduti. Esattamente di fronte a Legolas, su un trono di legno intarsiato, stava seduto Aragorn, Signore di Gondor e moderatore dell’Assemblea. Alla sua sinistra era seduta sua moglie, Dama Arwen Undòmiel, e alla sua destra Faramir, Sovrintendente di Gondor. Intorno alla grande tavola erano poi seduti molti Uomini e Nani provenienti da tutte le regioni della Terra di Mezzo, ma nessun altro Elfo oltre a Legolas e Arwen.

Il Re del Bosco Atro scrutò con attenzione i volti di chi lo circondava, e non potè fare a meno di scorgervi note di preoccupazione ; come aveva detto ad Anìrwen, la condizione di pace che si era instaurata dopo la caduta di Sauron era estremamente precaria, e qualsiasi soffio di vento rischiava di farla crollare. Qualsiasi soffio di vento...proprio come quello che iniziava a spirare da Esgaroth.

- Io ho finito. - disse ad un tratto Gimli sedendosi - Lascio la parola al prossimo. -

Legolas si scosse dai suoi pensieri.

- Legolas Verdefoglia, Signore del Bosco Atro - disse Aragorn facendo un cenno con la mano nella sua direzione - Vuoi essere tu a prendere la parola ? -

Legolas si alzò. - Sarò breve. - disse - Come tutti sapete, il Bosco Atro confina con la regione di Esgaroth sul Lago Lungo, con la quale il mio popolo da secoli intrattiene fruttuosi scambi commerciali, soprattutto per via fluviale. Da poco tempo, però, il Signore di Dale li ha interrotti bruscamente, rifiutando qualsiasi spiegazione e chiudendo le porte della sua città in faccia agli ambasciatori che avevo mandato per proporgli un incontro. Speravo di poter risolvere la questione durante l’Assemblea, ma vedo che Re Garn non si è presentato. Chiedo quindi consiglio ai Rappresentanti. -

- Il sedile vuoto di Garn indica una grave mancanza ad un patto stipulato per la salvaguardia delle Nazioni Libere. - intervenne Faramir - Pertanto propongo che una delegazione si rechi a Dale per ricevere una spiegazione immediata a tale comportamento. -

Imrahil di Dol Amroth alzò una mano. - Parli come se il torto giungesse da una sola parte. Ma se, invece... -

- Gli Elfi del Bosco Atro non hanno mai mancato ai trattati commerciali stipulati con Esgaroth. - lo interruppe Legolas - Non cercare in questo il motivo di questa mancanza, Imrahil, perché non si trova lì. Posso illustrarvi tutti gli accordi che abbiamo sottoscritto, e vedrete con i vostri occhi che sono sempre stati più che onesti per entrambe le parti. -

- A maggior ragione la nostra richiesta di spiegazioni è legittima. - aggiunse Faramir.

- Ma non credo sia opportuna in questo momento. Garn potrebbe far equivalere un’ingiunzione del genere con una rottura dell’equilibrio... - disse Aragorn.

- Ma quale equilibrio ! - esclamò Gimli - E’ stato Garn il primo a solcarvi una crepa. Io sono d’accordo con Faramir. -

La questione sollevò le voci di tutti i rappresentanti dell’Assemblea, chi più chi meno d’accordo con l’opinione del Sovrintendente di Gondor, generando una gran confusione.

Ad un tratto, una guardia spalancò il portone della sala e fece il suo ingresso, la preoccupazione dipinta sul volto. - Mio Signore - disse, rivolgendosi ad Aragorn - Perdona la mia intrusione, ma un Elfo del Bosco Atro chiede di parlare urgentemente con il suo Re. Si tratta del Capitano Nestir ; l’abbiamo trovato ferito davanti alle porte della città. L’abbiamo portato alle Case di Guarigione, ma temo gli rimanga poco tempo... -

Legolas impallidì, e un terribile presagio balenò nella sua mente.

Nestir...

Si alzò di scatto. - Chiedo di lasciare momentaneamente l’Assemblea. Temo sia successo qualcosa di molto grave. - disse.

- Non hai bisogno di chiedere il permesso, Legolas. - rispose Aragorn - Va’ pure. Ti raggiungerò quando la discussione sarà terminata. -

Legolas si chinò davanti al Re di Gondor e agli altri Rappresentanti, e uscì di corsa dalla sala, seguendo il soldato che gli faceva strada.

Sentiva il cuore battergli nel petto all’impazzata, mentre ripensava alle parole che aveva detto a Nestir prima della sua partenza.

“Qualsiasi cosa accada manda immediatamente un messaggero a Minas Tirith...”

Ma il messaggero era lui.

Ferito a morte.

Lui che avrebbe dovuto rimanere a proteggere la sua famiglia...

Legolas conosceva bene Nestir, e sapeva che sarebbe morto piuttosto che abbandonare il suo incarico. E ora stava morendo veramente...

- Nestir, che cos’è successo ? ! - esclamò Legolas entrando nella stanza in cui l’elfo, agonizzante, era vegliato da due guaritori.

- Mio...mio Signore... - sussurrò Nestir con l’ultimo filo di voce che gli era rimasto.

- Ti sento, mio fedele Capitano, cerca di non affaticarti... - disse Legolas chinandosi sul suo letto.

Nestir deglutì dolorosamente. - E’ stato il Principe Eredhil, mio signore...è stato lui...io...io non sono arrivato in tempo... -

- Cos’ha fatto Eredhil... ? - sussurrò Legolas con voce tremante.

- Devi tornare, mio Signore...tornare subito...Eredhil...la Dama...il Principe... -

Legolas sentì il suo sangue diventare ghiaccio. - Nestir...ti prego, dimmi cos’ha fatto Eredhil alla Dama e al Principe... -

Nestir spalancò gli occhi pieni di lacrime. - Dol...Dol Guldur... -

- Dol Guldur ? ! -

- Io...non ho potuto fermarlo...perdonami...è colpa mia... -

Legolas si passò una mano sul viso, la mente e il cuore in subbuglio.

- Nestir... -

- Dovevo avvertirti, mio Signore...stai attento...io...io ho fallito... -

- Non parlare più, Nestir... -

- Perdonami...-

Dagli occhi del soldato scese l’ultima lacrima ; poi rimasero aperti mentre la vita sfuggiva definitivamente dal suo corpo.

- Che Mandos abbia pietà della tua anima, mio fedele Capitano...e che la tua attesa nelle sue Aule sia breve... - disse Legolas chiudendo gli occhi di Nestir.

- Legolas... -

L’elfo si girò, il viso sconvolto, e vide Aragorn in piedi, dietro di lui. Arwen, Sam e Gimli l’avevano seguito.

- Devo tornare a casa, Aragorn. - disse - Ti prego di spiegare la situazione ai Rappresentanti...e di dare una degna sepoltura al mio valoroso Capitano. -

Aragorn annuì preoccupato, vedendo che, nonostante Legolas avesse cercato di mantenere un tono di voce ferma, all’elfo tremavano le mani.

- Sella i due cavalli più veloci. - disse alla guardia - Legolas, io vengo con te. Dammi solo il tempo di dare qualche disposizione a Faramir. -

- Aragorn, io... -

- Niente discussioni, Legolas. Io ho preso la mia decisione. -

Legolas trasse un profondo respiro per cercare di mantenere la calma, ma inutilmente. - D’accordo. Vado a convocare i soldati della mia scorta. Noi andremo avanti e loro ci seguiranno, così non ci rallenteranno troppo il viaggio. -

Detto ciò, uscì di corsa dalla stanza senza badare agli amici che lo guardavano preoccupati.

- E noi ? ! - esclamò con ansia Sam.

- E’ meglio se restiamo qui, Sam - rispose Gimli posandogli una mano sulla spalla - Temo che in questo momento la nostra presenza non gli sarebbe di alcuna utilità. -

- Gimli ha ragione. - disse Arwen - L’unica cosa che possiamo fare ora è aspettare...aspettare e pregare... -

 

 

 

In breve, Legolas e Aragorn furono pronti per partire.

- Allora è tutto chiaro ? Se non avrai nostre notizie entro una settimana, sai cosa fare. - disse Aragorn.

- Sì, mio Re. - rispose Faramir - Partirò immediatamente con lo squadrone dei lancieri, lasciando di guardia la cavalleria e i fanti. Non temere, non accadrà nulla a Minas Tirith. Intanto penserò io a dare il comunicato ai Rappresentanti. -

- Molto bene. Sciogliere l’Assemblea è l’unica cosa giusta da fare in questo momento. - 

- Aragorn... -  disse Legolas. Il Re si girò a guardarlo, e vide dipinti nei suoi occhi l’ansia e il terrore.

- Sì, Legolas - disse congedando Faramir - Sono pronto. Andiamo. -

 

 

*Padre di Thranduil e nonno di Legolas, NdR.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


6

6. Sangue su sangue

 

 

 

 

...deceit and betrayal’s bitter fruit

it’s hard to swallow,

come time to pay

that taste on your tongue

don’t easily slip away...

 

                        Bruce Springsteen, “Lonesome day”

 

 

 

Legolas e Aragorn cavalcarono per un giorno e una notte senza mai fermarsi. Il cavallo dell’elfo schiumava dalla fatica, ma sembrava avere le ali ai piedi, e correva tanto veloce, spronato com’era dal suo cavaliere, che Aragorn stesso faticava a stargli dietro. La scorta di Bosco Atro, nel frattempo, li seguiva a breve distanza.

Quando finalmente giunsero al confine del Bosco Atro, Legolas fermò di colpo il suo cavallo e tenne alta la testa, annusando l’aria e tendendo le orecchie per captare ogni minimo rumore.

- Cos’hai sentito ? - domandò Aragorn affiancandolo.

- Fuoco... - rispose l’elfo senza voltarsi - Fuoco e legna bruciata...piante abbattute... -

I due si fecero strada tra gli alberi fino a quando il bosco si aprì, lasciandoli alla piena vista di Dol Guldur.

- Per Ilùvatar... - esclamò Legolas spalancando gli occhi nel vedere ciò che stava accadendo.

Molti elfi carpentieri stavano terminando di erigere un’enorme e larghissima palizzata attorno alle pendici del monte, una sorta di provvisoria muraglia ottenuta dagli alberi che circondavano Dol Guldur, ormai ridotti a ceppi bruciati e senza vita. I carpentieri lavoravano senza sosta, tenuti costantemente sotto controllo dagli stessi soldati del Bosco Atro. Sulla cima della montagna la fortezza che era appartenuta a Sauron sembrava essere tornata all’antico splendore, e sulla sua torre sventolava una bandiera nera che portava uno stemma sconosciuto : una corona grigia a tre punte, ognuna delle quali portava una pietra bianca.

- Chi...chi può essere l’artefice di tutto questo ? - disse Aragorn. Legolas tacque, ma dentro di sé conosceva la risposta a quella domanda. Ed essa non si fece attendere.

- Ben arrivato, mio caro fratello ! -

Legolas e Aragorn alzarono la testa e videro Eredhil che passeggiava nell’alto corridoio che si trovava dietro la palizzata.

Legolas scese da cavallo e gli andò incontro, gli occhi pieni di rabbia e paura.

- Ti piace la mia nuova fortezza, Legolas ? Queste mura di legno sono solo temporanee, verranno presto sostituite da pietra robusta. Sarà un’opera grandiosa... -

- Cos’hai fatto, Eredhil ? ! - esplose Legolas - Hai violato il divieto e ora stai costringendo con le armi il nostro popolo a costruirti un castello là dove nessuno avrebbe mai dovuto mettere piede ! Come risponderai di tutto questo, ora ? ! -

- Rispondere ? - disse Eredhil ghignando - Io non devo più rispondere di nulla a nessuno. Ho solo fatto quello che avrei dovuto fare molto tempo fa...prendere ciò che mi spettava. Sei arrivato tardi, Legolas. O forse troppo presto...del resto aveva ragione Anìrwen a dire che non avresti dovuto andare a Minas Tirith ; ma non avrebbe fatto alcuna differenza, con te o senza di te avrei comunque ottenuto ciò che volevo. Guardati intorno, fratello... - Eredhil stese il braccio descrivendo un semicerchio davanti a sé. - Tutto ciò che vedi mi appartiene. Ti chiederai certamente come sono riuscito ad ottenerlo ; diciamo solo che ho un alleato molto potente...ed estremamente persuasivo. -

Detto questo, Eredhil prese la corona ferrea e se la mise sul capo.

- Che cosa... ? - disse Aragorn, confuso.

- Per tutti i Valar ! ! - esclamò Legolas - Quella è la corona di Morgoth ! ! Come puoi averla tu ? ! -

- Mi ha semplicemente chiamato, fratello. Era destino che giungesse nelle mie mani, così com’era destino che trovassi il Silmaril...ed ora, grazie a questa corona e a quello che essa contiene, tutto quello che era tuo è finalmente diventato mio. Il momento del mio riscatto è giunto. Oh, dimenticavo...ho ancora qualcosa che ti appartiene... - Eredhil fece un cenno con la mano e, accanto a lui, apparve un soldato che sorreggeva per le spalle una figura femminile.

- Anìrwen ! ! - gridò Legolas precipitandosi verso la palizzata - Lasciala andare, maledetto ! ! -

- Ogni tuo desiderio è un ordine, fratello. -

Eredhil voltò il capo verso il soldato che gli stava accanto, e questo sollevò il corpo della Dama scagliandolo oltre le mura di legno.

- NO ! ! - gridò disperatamente Legolas.

Ma il suo strazio non era ancora finito, poiché vide con orrore il corpo della sua sposa penzolare dalla cima della palizzata con un cappio al collo. In quel momento gli parve che il suo cuore si fosse fermato.

- A... a Elbereth Gilthoniel... - sussurrò con voce tremante, gli occhi spalancati, incredulo di fronte al terribile spettacolo che gli si presentava, mentre tendeva disperatamente le braccia come per raggiungere la moglie.

- In nome di Ilùvatar... - disse Aragorn, correndo al fianco dell’elfo - Legolas... -

- Tuo figlio ha fatto la stessa fine, fratello ! - disse Eredhil - Vuoi vedere anche lui ? -

Legolas strinse forte i pugni e gli occhi gli si riempirono di lacrime di rabbia e dolore. Incapace di distogliere lo sguardo dal corpo senza vita di Anìrwen, si morse un labbro e gridò : - Perché, cane maledetto ? ! Perché loro ? ! Perché non hai ucciso me se ero io la fonte del tuo odio e del tuo rancore ? ! -

Il malvagio sorriso scomparve dalle labbra di Eredhil. - Sarebbe stato troppo semplice, Legolas...la vendetta va gustata a poco a poco, e per ora mi basta vedere la disperazione nei tuoi occhi. Voglio vederti soffrire, una lunga e lenta agonia come quella che ho dovuto subire io per più di duemila anni ! -

- Tu...tu non sai nemmeno cosa significhi soffrire veramente... -

- Perché, tu sì ? Hai sempre avuto una vita perfetta, mentre io dovevo accontentarmi delle briciole ! ! Ma ora non resterò più indietro, nella tua ombra, fratello ! Ho un popolo da comandare, e se non mi obbedirà ci penserà l’esercito ad insegnargli la devozione ! L’attesa è stata lunga ma fruttuosa...ho potuto tramare alle tue spalle con la massima tranquillità senza che tu te ne accorgessi ! Allora dimmi, Legolas...l’Assemblea ha forse risolto il tuo dilemma riguardo ad Esgaroth ? -

Legolas non sentì nemmeno le sue parole. Tutta la sua esistenza stava lentamente crollando a pezzi, le sue certezze erano in frantumi, sbriciolate.

- L’Assemblea ? - esclamò Aragorn - Allora c’eri tu dietro a tutto ciò, maledetto ! -

- Naturale ! - rispose Eredhil - E chi altri ? Per mesi ho lavorato nell’ombra, cercando prima di convincere Garn a rompere i legami che lo univano al Bosco Atro, e invece poi l’ho portato dalla nostra parte...anzi, dalla mia parte...ormai Garn, come questi soldati, non è altro che un fantoccio nelle mie mani ! Signore di Gondor, dì pure addio ad uno dei membri dell’Alleanza...molti altri lo seguiranno, a poco a poco ! -

- Lurido verme... - disse Aragorn a denti stretti - Se solo riuscissi a capire come ha fatto a... -

- Avanti, Legolas ! - continuò Eredhil - Hai riavuto tua moglie, ora non vuoi tuo figlio ? Vieni pure a riprenderlo ! Anzi... - Il ghigno perverso sul suo volto si allargò. - Te lo manderò io stesso...un poco alla volta. Dimmi, quale pezzo preferisci avere per primo ? La testa ? Una mano ? Sono tutti pronti... -

Legolas alzò la testa verso il fratello, lanciandogli uno sguardo carico d’odio, e fece un passo avanti. - Hai avuto la tua inutile vendetta, vigliacco. - gridò con la voce tremante dal dolore - Mi volevi distrutto, finito, e mi hai portato via tutto quello che amavo di più. Hai ottenuto quello che volevi, e lasciandomi in vita potrai godere della mia disperazione. Ma non potrai difenderti da essa...perché ti dico che tutto ciò che hai conquistato spargendo il sangue del mio sangue ti si ritorcerà contro ! La tua fortezza diventerà la tua tomba...e quando la terra ti si spalancherà sotto i piedi e le fiamme del suo abisso ti inghiottiranno io sarò lì, Eredhil, e sputerò sulla mano che mi tenderai per salvarti ! ! -

Eredhil tacque per un istante, e i suoi occhi fissarono quelli del fratello.

- Vedremo chi di noi due precipiterà nell’abisso, Legolas. - disse, ed estraendo un pugnale tranciò di netto la corda che reggeva Anìrwen, lasciandola precipitare al suolo. Legolas corse verso di lei, e abbracciò il suo corpo insanguinato. Aragorn lo seguì.

- Credo che ci incontreremo di nuovo, fratello. - disse Eredhil allontanandosi. Un’aura rossastra sembrò avvolgerlo. - E forse, se ne avrò voglia, metterò fine al tuo tormento...per sempre. -

Aragorn rimase immobile a guardare Eredhil scomparire oltre le mura. Poi abbassò lo sguardo verso Legolas, che stringeva forte il corpo della sua sposa singhiozzando convulsamente, e vide il lungo taglio che le solcava la gola.

- Era già morta, Legolas. - disse posando una mano sulla spalla dell’amico - L’aveva uccisa molto prima. Non avresti...non avremmo comunque potuto salvarla. -

L’elfo lo ignorò e guardò il volto cereo della Dama, bagnandolo con le sue lacrime, e accarezzandole i lunghi capelli.

- Perdonatemi... - sussurrò baciandole la fronte per l’ultima volta - Anìrwen, Galien...perdonatemi... -

 

 

 

Legolas restò a vegliare il corpo di Anìrwen per tutta la notte, fino a quando arrivarono i cavalieri della sua scorta. Affranti, aiutarono il loro Re a seppellire la Dama, e Legolas piantò in cima al tumulo alcuni boccioli di elanor.

Aragorn non abbandonò l’elfo nemmeno per un istante, sebbene Legolas non avesse più detto una sola parola.

E per molto tempo ancora rimase lì in piedi, in silenzio, gli occhi fissi sul tumulo sotto il quale giaceva la sua sposa.

Anìrwen, mia Anìrwen...

La rivide bella e sorridente come sempre al suo fianco, e si maledisse per non averla potuta salutare il giorno della sua partenza, per dirle quanto l’amava e che sarebbe morto per lei...che avrebbe preferito essere lui al suo posto sotto quel cumulo di terra...al posto di sua moglie e del suo bambino mai nato.

E Galien...

Non aveva neppure potuto riavere il corpo del suo amato primogenito. Non aveva nulla su cui piangerlo, se non i suoi ricordi.

Così piccolo...

Strinse i pugni, tremando.

Eredhil, vigliacco, schifoso bastardo, come hai potuto...come hai potuto fare questo a mio figlio...ai miei figli...e alla loro madre...

Gli occhi gli facevano male, ma non aveva più lacrime per piangere.

Come... ?

COME HO POTUTO PERMETTERTELO ? !

Trasse un profondo respiro.

- Non mi aveva mai detto niente, Aragorn... - disse infine con voce spenta, senza voltare lo sguardo verso il Re - Credevo fosse mio fratello, e invece non lo conoscevo affatto. Per tutti questi anni ho allevato una serpe nella mia casa senza nemmeno sapere chi fosse...ed ora che l’ho scoperto è troppo tardi. -

Chiuse gli occhi, come per cacciare indietro il terribile dolore, e alzò la testa verso il cielo. - Tu non puoi immaginare quello che sento, Aragorn...perché nemmeno io lo posso concepire. E’ una sensazione che non ho mai provato prima ; un odio così profondo che mi stringe i visceri...mi sento contorcere e bruciare dentro, e non posso urlare per lenire il mio dolore... -

- Perché ? - disse piano Aragorn - Perché non puoi ? Tormentarti non servirà a nulla... -

Legolas deglutì, e voltò di scatto la testa verso l’amico, fissandolo con i suoi occhi profondi. Ma ciò che Aragorn vide in essi lo spaventò. Una rabbia muta e terribile li colmava...

In quel momento Aragorn capì che qualcosa, nel profondo dell’animo di Legolas, era cambiato per sempre.

- Tu lo credi ? - disse - Le persone che amavo più della mia vita sono morte e il mio regno è in mano ad un infame. La responsabilità di tutto questo è mia... -

- La tua unica colpa è di aver dato fiducia a chi non la meritava affatto, Legolas. - lo interruppe Aragorn.

L’elfo scosse il capo, senza togliergli lo sguardo di dosso. - Odio Eredhil per ciò che ha fatto, ma non posso evitare di odiare anche me stesso per averglielo permesso. La mia vendetta è doppia, Aragorn ; contro Eredhil e contro di me. -

Aragorn rabbrividì. - E io temo fortemente la seconda, Legolas...a cosa ti servirebbe, ormai ? Non hai bisogno di vendetta contro di te, perché non hai nessuna colpa. Solo tu hai il diritto di rivalerti sul sangue di tuo fratello, ma non potrai, se continuerai a farti del male...ricorda che Eredhil ha l’appoggio di qualcuno o qualcosa di estremamente potente, altrimenti non sarebbe mai riuscito a fare ciò che ha fatto. E per sconfiggerlo avrai bisogno di tutte le tue forze... -

Un improvviso rumore di zoccoli sul terreno lo interruppe. - Cosa... ? - disse Aragorn. Le guardie di Legolas si misero in posizione di difesa, ma tornarono tutte al loro posto quando videro di chi si trattava ; tutti i Rappresentanti erano giunti dinnanzi a Dol Guldur, e Faramir era alla loro testa.

- Spero che tu abbia una spiegazione per tutto questo, Legolas ! - esclamò Imrahil indicando il monte e ciò che lo circondava.

- Per la barba di Durin, Legolas ! Cos’è successo ? - disse Gimli scendendo dal cavallo di Arwen, seguito da Sam che era giunto fin lì in groppa al suo fedele pony Bill.

- Perdonami, mio Sire - disse Faramir - Sono stati loro ad insistere perché li portassi qui. Ho provato a farli desistere, ma... -

- Non importa, Faramir. - disse Aragorn spostando lo sguardo verso Legolas, che continuava a fissare il tumulo in silenzio ignorando i nuovi venuti - Alle spiegazioni penserò io. -

- E spero che siano convincenti, Aragorn, perché quello che vedo non mi piace affatto ! - disse Imrahil.

Mentre Aragorn spiegava l’accaduto ai Rappresentanti, Gimli si avvicinò a Legolas e si inginocchiò acanto al tumulo.

- Anìrwen... ? - disse piano.

- E Galien. - rispose Legolas senza guardare in faccia il nano - Anche se lui non è qui sotto... -

A Gimli si strinse il cuore e riuscì a malapena a trattenere le lacrime. Cercò le parole per consolare l’amico, ma appena aprì bocca fu subito bloccato da Imrahil.

- Sono addolorato per quanto è accaduto a tua moglie e a tuo figlio, Legolas - disse - Ma il dovere di un sovrano va oltre i suoi legami personali. A causa della tua sventatezza hai perso il comando del tuo regno, e l’Alleanza ha perso uno dei suoi membri più preziosi. Senza contare la defezione di Garn di Esgaroth...mi dispiace, Legolas, ma dovrai rispondere di tutto questo davanti all’Assemblea. - Alcuni dei Rappresentanti annuirono, spalleggiando Imrahil, ma Legolas non disse nulla e nemmeno si voltò verso di loro.

Aragorn si fece paonazzo dalla rabbia. - Come puoi dire una cosa del genere in un momento come questo ? ! - esclamò - Legolas ha subito un terribile tradimento, perpetrato alle sue spalle dal suo stesso fratello, colui al quale aveva affidato la guida del suo regno durante la sua assenza e che invece ha corrotto l’esercito per impadronirsi del potere ! -

Imrahil accennò un sorriso di sfida e guardò Aragorn dritto negli occhi. - Se un esercito si ribella al suo Signore significa che non è soddisfatto della sua guida. Se io fossi in Legolas, comincerei a riflettere sulle mie mancanze. Ad ogni modo ora l’equilibrio è spezzato e le nostre terre sono in pericolo per colpa sua. - Il Re di Dol Amroth risalì a cavallo, imitato dai suoi seguaci. - Appena tornato nel mio regno preparerò una mozione contro di lui, Aragorn, e la metterò al voto dei Rappresentanti. Conosco bene l’amicizia che ti unisce a Legolas, ma non puoi impedirmelo; sei il moderatore, ma non l’Assemblea. -

Detto questo, partì al galoppo e scomparve tra gli alberi.

Arwen, preoccupata, corse dal suo sposo e lo prese per un braccio. - Non lascerai che faccia una cosa del genere, vero Elessar...? -

Aragorn non rispose e, pensieroso, prese la mano di Arwen tra le sue. Poi si rivolse a Legolas.

- Non preoccuparti, nessuno prenderà provvedimenti contro di te, Legolas. Imrahil ha dalla sua parte molti Rappresentanti, ma anche tu ne hai altrettanti. -

- Noi non voteremo mai a tuo sfavore, Legolas. - disse Sam - Sappiamo benissimo che tu non hai nessuna colpa. E poi Imrahil dev’essere davvero senza cuore per prendere una decisione del genere in un momento come questo... -

- Imrahil ha ragione, amici. -

Tutti i presenti spalancarono gli occhi nel sentire le parole dell’elfo.

- L’equilibrio è stato infranto a causa mia, anche se non so come avrei potuto impedirlo...ed ora anche i legami all’interno della stessa alleanza sono sempre più fragili. Imrahil si sta comportando da sovrano responsabile ; anche se non capisco dove, ho sbagliato e pagherò. -

- Quel fanfarone potrà prendere tutti i provvedimenti che vorrà - sbottò Gimli - Ma vorrei vedere cos’avrebbe fatto se si fosse trovato al tuo posto ! -

Legolas sorrise amaramente. - Vi ringrazio per il vostro appoggio. Non sapete quanto sia importante per me in questo momento. Ma per ora c’è solo una cosa che posso fare. -

L’elfo si avvicinò ad Aragorn e, quando gli fu di fronte, sguainò la spada e la tenne dritta davanti a sé. Faramir portò la mano alla sua, pronto ad estrarla, mentre la piccola compagnia rimase con il fiato sospeso.

- Per la barba di Durin, cosa vuoi fare ? ! - esclamò Gimli.

Legolas non prestò attenzione agli amici che lo circondavano, e, dopo aver capovolto la spada, ne conficcò la lama nel terreno. Poi si inginocchiò.

- Ora sono un Re senza regno e un soldato senza armi. - disse - L’unica cosa che ancora possiedo è la mia vita...e la metto al tuo servizio, Signore di Gondor. Ti chiedo solo di poter combattere al tuo fianco il nemico che per causa mia ora minaccia la Terra di Mezzo. Se i miei soldati vorranno seguirmi, saranno anch’essi a tua disposizione, altrimenti saranno liberi di prendere la loro strada. -

Gli elfi della scorta di Legolas si scambiarono uno sguardo tra loro e annuirono. Poi uno di essi si avvicinò al suo Re e parlò.

- Quando giurammo di servirti a costo della nostra vita giurammo anche di non infrangere mai questa promessa. Tu ci hai sempre guidati con saggezza, e noi non ti lasceremo se non sarai tu a decidere il contrario. Siamo con te. -

Dopo queste parole, tutti i soldati si inginocchiarono chinando il capo. Legolas li guardò con gratitudine.

Aragorn, sbigottito, guardò prima Arwen, poi Faramir, Sam e Gimli, e infine posò i suoi occhi su Legolas.

- Alzati, amico. - gli disse porgendogli una mano - Anche se non mi avessi detto tutto questo, sarei sempre stato più che certo della tua fedeltà. E anche tu potrai sempre contare sul nostro appoggio. Fino a quando sarai un esule, saremo lieti di accogliere te e i tuoi fedeli guerrieri a Gondor, e lì nessuno potrà mai danneggiarti ; l’aiuto che ci potrai dare per sconfiggere questo nuovo nemico sarà estremamente prezioso. -

Legolas prese la mano di Aragorn e la strinse. - Farò tutto ciò che mi sarà possibile, Aragorn, te lo prometto. - disse. Poi alzò la testa e il Re vide che nei suoi occhi duri e freddi brillavano rancore e disperazione.

- Ma ti chiedo solo un’ultima cosa... - continuò - Quando quel verme sarà nelle nostre mani, ti prego...lascia che sia io a schiacciarlo. E’ l’ultima cosa che posso fare per Anìrwen e Galien. -

Aragorn annuì.

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


7

7. La “Locanda dei Tre Passi”

 

 

 

All your life you’ve never seen

A woman - taken by the wind

Would you stay if she promised you heaven

Will you ever win...

 

            Fleetwood Mac, “Rhiannon”

 

 

 

 

Rhiannon guardò fuori dalla finestra. Si stava facendo buio, ma gli ultimi avventori della “Locanda dei Tre Passi” non sembravano avere intenzione di andarsene. Sbuffando, pose sulla mensola l’ultimo bicchiere appena asciugato.

- E’ inutile che ve ne restiate lì a guardare, i vostri bicchieri non si riempiranno da soli. - disse, seccata, ai quattro uomini seduti al bancone.

Il primo dei quattro, un individuo dai lunghi capelli neri che evidentemente non vedevano l’acqua da molto tempo, rise. - Ci stai forse invitando gentilmente ad uscire, Rhiannon ? - disse - Non credo di essere in grado di trovare la strada da solo...perché non mi aiuti tu, mia cara ? Potremmo tenerci compagnia a vicenda per un po’... -

La ragazza lo guardò storto. - Scordatelo, Frey. - disse - Non mi piacciono quelli che puzzano di birra. Piuttosto che sentirmi il tuo fiato sulla faccia preferisco tagliarmi un dito...con questo. - Con un sorriso di sfida, la ragazza afferrò un coltello da cucina e lo tenne dritto davanti a pochi  centimetri dal naso dell’uomo.

Frey ammiccò. - Uhm...mi piacciono le donne audaci... -

- Rhiannon, piantala di giocare con i coltelli e finisci di riordinare. - disse sbrigativamente Potter Mayne, il proprietario della locanda, rovesciando gli sgabelli sui tavoli. - Quanto a voi, sarà meglio che le diate retta, prima che ci pensi io a buttarvi fuori con la scopa. Sbrigatevi a finire la vostra birra, è ora di chiudere. -

- Vuoi buttare fuori i tuoi ultimi clienti, Potter ? - disse Frey - E non dico ultimi per questa sera...se non sbaglio gli affari non vanno affatto bene per questo posto. -

Rhiannon guardò Potter raddrizzare la schiena e mettersi una mano su un fianco, appoggiandosi ad un tavolo con l’altra. Le piaceva quando faceva così ; lo immaginava giovane, quando il suo viso liscio e abbronzato doveva aver riscosso un grande successo con le donne. Ma con il passare degli anni la fatica e le sofferenze della vita gli avevano reso la pelle sottile e le guance cadenti, e i corti capelli bianchi delimitavano una fronte molto ampia e solcata da profonde rughe, uno strano contrasto con gli occhi nerissimi e vivaci, in cui sembrava che l’ardore della gioventù convivesse con la saggezza della vecchiaia.

Dagli una bella lezione, Potter, pensò la ragazza. Fagli sentire una delle tue frasi famose, quelle con cui hai vinto più di una discussione ed evitato più di una rissa !

Ma l’aspettativa di Rhiannon fu delusa. Il vecchio sospirò e tornò a testa bassa dietro al bancone, con gli occhi della ragazza che lo seguivano passo dopo passo.

- Che c’è, ti sei mangiato la lingua per la fame ? - disse l’uomo dai capelli neri in tono provocatorio. Il più giovane dei quattro, un ragazzino ancora imberbe ma già iniziato ai piaceri della birra, si lasciò sfuggire una risata.

Potter sospirò e si appoggiò al bancone, guardando l’uomo negli occhi. - Facciamo così, Frey... - disse - Se non ti prendo a schiaffi non è solo perché non ho voglia di ripulirti la faccia dal lerciume che la ricopre... - Frey arrossì, mentre il giovane scoppiò a ridere buttando indietro la testa e lasciando ondeggiare i capelli bruni. - ...ma perché preferisco dirti che hai ragione. Sì, per la prima volta nella tua miserabile vita hai ragione...cosa ne dici ? -

- Dico che non avrei mai immaginato che ti saresti ridotto a dar corda ad un ubriacone solo per il quieto vivere, Potter ! - esclamò Rhiannon aggrottando le sopracciglia.

- A parte il fatto che non stavo parlando con te - puntualizzò Potter - Questo ubriacone ha detto una sacrosanta verità. Forse non te ne sei mai accorta, o forse non hai mai voluto dirmi niente per non ferirmi...ma le cose stanno andando decisamente male in questi ultimi tempi. I viaggiatori che fanno sosta da queste parti continuano a diminuire. Io speravo che la fine della Guerra dell’Anello riportasse la prosperità che la guerra stessa ci aveva tolto...e invece la paura continua a dilagare come una macchia d’olio. Ma avrei dovuto saperlo, Rhiannon. La guerra e tutto ciò che la segue non portano bene a nessuno. Temo che prima o poi la più vecchia locanda dei dintorni di Aldorath dovrà chiudere per sempre...ma tanto meglio così. Comincio ad essere stanco. - Nel sentire quelle parole, Rhiannon impallidì.

Frey ridacchiò. - Tanto meglio davvero ! - esclamò - E’ ora che questa topaia chiuda i battenti ! Così non potrai più propinare ai tuoi poveri clienti questo ignobile piscio di vacca invece delle squisitezze che ti scoli tu nel retrobottega, Potter ! -

- Parli proprio tu, che sei il mio miglior cliente ! - ribattè Potter - Ma dove credi di andare, se questa bettola chiuderà ? Insulti la mia birra e te ne scoli almeno tre boccali ogni sera ! Sei proprio un idiota ! -

- Lo sai perché questa si chiama “Locanda dei Tre Passi”, Frey ? - intervenne un vecchio dai lunghi capelli bianchi legati in una treccia - Perché quando ti alzi dal tavolo fai tre passi e ti ritrovi steso per terra ! E’ la birra di Potter, Frey...il vero “piscio di vacca”, come lo chiami tu, non fa quest’effetto, credimi ! -

Frey borbottò qualcosa di incomprensibile e ingurgitò l’ultima sorsata di birra, sbattendo il boccale sul bancone. Potter sorrise e inarcò un sopracciglio.

- Questa sera voglio essere generoso. Vi offro l’ultimo giro, amici, in nome dei bei tempi che non torneranno più... - disse. Poi raccolse i boccali dei quattro e si apprestò a riempirli di nuovo, ma si fermò quando si accorse che uno di essi era ancora mezzo pieno. Alzò la testa e guardò il proprietario del bicchiere ; era un giovane di nemmeno trent’anni, dai corti capelli castani, la barba incolta e un triste sguardo fisso nel vuoto.

- Che c’è, Val ? Non hai più sete ? - disse Potter. Il giovane non gli rispose e sospirò.

- E’ malato d’amore... - lo punzecchiò il vecchio - ...per la nostra bella locandiera dai capelli rossi. Non è vero, Rhiannon ? - Il ragazzino bruno scoppiò nuovamente a ridere, ma era talmente ubriaco che non sapeva nemmeno perché.

Persa nei suoi pensieri, Rhiannon non prestò la minima attenzione a quelle parole.

- Fatti gli affari tuoi, Finbar. Quanto a te, imbecille... - ribattè Val dando uno scappellotto al ragazzino che smise immediatamente di ridere - stasera hai bevuto anche troppo. Fila a casa. - Barcollando, il ragazzo uscì dalla locanda.

- Quello non sa nemmeno dove sono i suoi piedi, Val... - disse Finbar.

- Allora che si arrangi. Non ho certo intenzione di riportarlo a casa a spalle. -

- Non sei davvero un buon fratello maggiore, Valerius... - disse Potter - Di questi tempi un ragazzino rischia di fare brutti incontri, andandosene in giro da solo... -

- Yain è grande abbastanza per cavarsela, Potter. E poi siamo a due passi da Aldorath. Di certo non si perderà. -

- Sarà... - disse Potter, dubbioso - Ma io, se fossi in te, non sarei del tutto tranquillo. Qui siamo troppo vicini al Bosco Atro, e ultimamente corrono strane voci sugli Elfi... -

- Che c’entrano gli Elfi ? - domandò Rhiannon scuotendosi e interrompendo il flusso dei suoi pensieri - Viviamo tra Bosco Atro e Lothlorien da anni e nessun elfo ci ha mai dato grane. Abbiamo avuto problemi ben peggiori con certi clienti che si rifiutavano di pagare... -

- I tempi sono cambiati, Rhiannon... - disse Finbar - E le voci di cui parla Potter sono vere. Qualcosa di subdolo si è insinuato tra gli Elfi del Reame Boscoso...in giro si parla di un Re decaduto in cerca di vendetta e dell’orrore che sembra stia risvegliandosi a Dol Guldur... -

- Tu devi smetterla di frequentare altre bettole che non siano questa, Finbar. - disse Rhiannon - Chissà cosa ti hanno propinato per farti credere a queste idiozie... -

- Può darsi che lo siano, ragazza mia... - intervenne Potter - Io so solo che quando si tratta degli Elfi c’è poco da scherzare. Sono un popolo tanto meraviglioso quanto crudele... - La voce del vecchio si fece più cupa e profonda. - Ho combattuto sui Campi del Pelennor durante l’ultima, terribile battaglia contro Sauron, sette anni fa...ero lì, tra le schiere degli uomini di Gondor, e non dimenticherò mai quello che ho visto. Quegli enormi eserciti scontrarsi e massacrarsi senza pietà... -

Nella locanda non volava una mosca, e gli occhi di Rhiannon e dei tre uomini erano fissi su Potter Mayne.

Il vecchio locandiere rabbrividì.

- Augurati di non vedere mai un elfo in battaglia, Rhiannon. - disse.

Per qualche istante, nessun parlò.

- Vuoi sfuggire a tutto questo, Rhiannon ? Metterti al sicuro ? Io conosco il modo... - disse infine Val sospirando. Il giovane alzò gli occhi e incontrò quelli della fanciulla. - Sposami...io potrei portarti via da questo buco e... -

- E mi faresti finire in un buco peggiore ? - lo interruppe Rhiannon. La ragazza si appoggiò al bancone e si sporse verso Val, fissandolo con i suoi occhi verdi come l’acqua.

-  Val - disse - Quante volte mi hai chiesto di sposarti ? -

- Credo di aver perso il conto... -

- E quante volte ho accettato ? -

- Nessuna. - disse Val facendo spallucce e sorridendo amaramente.

- Quindi, cosa ti fa pensare che stavolta io possa cambiare idea ? -

- Beh, tentar non nuoce... -

- E invece nuoce ! - rispose seccamente Rhiannon sbattendo un mano sul bancone e raddrizzandosi - Non mi piace ripetere sempre le stesse cose. Un solo uomo ha avuto posto nella mia vita, e non ho intenzione di sostituirlo, chiaro ? -

- Oh, andiamo, Rhiannon ! - sbottò Val allargando le braccia - Non dirmi che stai ancora aspettando il ritorno del tuo bel principe in sella al suo cavallo bianco...qualsiasi posto è meglio di questo per una ragazza come te ! -

Potter guardò la sua aiutante, cercando di prevederne la reazione.

Era davvero bella, Rhiannon ; nonostante i suoi capelli fossero una nuvola rossa che le incorniciava il viso ovale e perfetto e i suoi occhi fossero chiarissimi, non aveva una pelle bianca e diafana, ma dorata e ricoperta di lentiggini che sembravano illuminarla. La sua bellezza era fiera, ma anche un po’ triste. Potter la conosceva bene, e sapeva quando era il caso di scherzare con lei. E quello non era decisamente il caso.

Rhiannon squadrò il giovane e strinse gli occhi. - Vorresti essere tu il mio principe, Val ? - sibilò.

- Lo sai.... -

- E allora torna quando sarai padrone di un regno...o quantomeno di un cavallo bianco. -

Detto questo, gli volse le spalle e tornò a riordinare i bicchieri.

Frey e Finbar risero, ma Potter non lo fece. Stava ancora guardando il viso di Rhiannon, i suoi occhi brillanti di rabbia. Quella sera, la ragazza non aveva proprio voglia di ridere.

- Fai come ti pare, Rhiannon - disse Val alzandosi e sbattendo sul bancone alcune monete - Resta pure qui ad asciugare bicchieri per tutto il resto della tua esistenza... -

Detto questo, se ne andò.

- Voialtri potreste imitarlo, che ne dite ? - disse Potter.

Finbar si alzò sospirando e batté una mano sulla spalla di Frey. - Andiamo, amico. E’ ora di tornare a casa. - Detto questo, i due pagarono e uscirono.

Potter prese uno straccio e finì di pulire il bancone, mentre Rhiannon sbatteva furiosamente caraffe e bicchieri puliti in un piccolo armadio.

- Quello tornerà alla carica, vedrai... - disse Potter, alludendo a Val.

- Che torni pure. Saprò bene come accoglierlo. -

Potter si fermò a guardare la ragazza muoversi a scatti, come per sfogare la rabbia che portava dentro di sé.

- Prima o poi dovrai deciderti, Rhiannon... - disse il vecchio locandiere sospirando - Non avrai davvero intenzione di passare qui dentro tutta la tua vita... -

- E’ la mia vita, Potter ! - sbottò Rhiannon voltandosi di colpo - E tu non sei mio padre, quindi non dirmi cosa devo o non devo fare ! -

Sbattè gli sportelli dell’armadio e andò a chiudere gli scuri delle finestre.

- Non ti servo più ? Se vuoi che me ne vada non devi fare altro che dirmelo. -

- Oh, per il cielo... -

La ragazza si mise le mani nei capelli e si accucciò per terra traendo un profondo respiro. Potter scosse il capo e andò a sedersi accanto a lei.

- Non dico queste cose per me, Rhiannon...le dico per te... -

Rhiannon si prese le ginocchia tra le braccia e guardò Potter con disappunto.

- Val è un bravo ragazzo. D’accordo, forse è un po’ troppo insistente, ma ti vuole bene e potrebbe darti una vita migliore. E poi ha anche un bell’aspetto...insomma, preferiresti uno come Frey, capace di uccidere le mosche con una fiatata ? -

Rhiannon si concesse un fugace sorriso, che cancellò immediatamente.

- Non voglio uno come Frey, ma non voglio nemmeno Val. Sto bene qui, Potter, non mi importa di trascorrere il mio tempo cucinando o lavando pavimenti ! E’ la mia vita, ormai. Ogni volta che provo a cambiarla non faccio altro che peggiorare le cose...pensavo che tanto valesse rimanere al punto di partenza, così nessuno avrebbe potuto portarmi via quel poco che avevo guadagnato. E invece adesso mi toccherà ricominciare da capo...per l’ennesima volta. -

Potter sospirò e appoggiò la testa al muro.

- Mi dispiace, Rhiannon. - disse.

- Oh, dispiace anche a me, e non sai quanto... - ribattè la ragazza.

- Dico davvero. Ma non ho altra scelta, dannazione ! I clienti sono pochi e gli affari vanno male. Non posso contare solo su gente come Finbar e Frey... -

- Per loro questo posto è come una casa, Potter. Qui trovano calore e comprensione, non si limitano ad annegare i loro dispiaceri in un boccale di birra ! Che ne sarà di loro ? -

- Non avranno difficoltà a trovare un altro posto come questo, puoi starne certa. Ad Aldorath ci sono bettole in ogni angolo. -

Rhiannon si alzò. - D’accordo, Potter. E io ? Cosa farò io ? Dove pensi che possa andare ? - Levò una mano e indicò fuori dalla finestra. - Lui non tornerà a prendermi, Potter...se n’è andato per sempre, ormai ; l’ho capito e mi sono stancata di aspettarlo. E anche Roslyn se n’è andata. Se anche tu mi mandi via, cosa mi resta ? -

Il vecchio locandiere si alzò a sua volta. - Non ho mai avuto molto da offrirti, Rhiannon, lo sai. E adesso posso fare ancora meno. Se tu ti decidessi a trovare un marito... -

- Oh, maledizione, finiscila ! - lo interruppe la ragazza - Non ho bisogno di nessuno, quante volte te lo devo ripetere ? ! -

Potter la guardò, rassegnato. - Non sei ancora riuscita a dimenticarlo, vero ? -

Rhiannon tacque e respirò profondamente, senza staccare i suoi occhi da quelli del vecchio.

- Sono affari miei, Potter. - disse - E non devo renderne conto a nessuno, tantomeno a te. -

La ragazza afferrò il secchio che si trovava vicino alla porta.

- Dove vai ? - disse Potter.

-  A prendere l’acqua. - rispose Rhiannon aprendo la porta e sbattendola dietro le sue spalle.

- Adesso ? - disse Potter cercando di fermarla - Ma è già buio, Rhiannon, aspetta... -

La ragazza lo ignorò e lui non potè fare altro che restare a guardarla mentre si allontanava verso la foresta. Era preoccupato per lei, ma d’altro canto non poteva impedirle di sfogarsi.

E di questo Rhiannon aveva veramente bisogno.

 

 

Galien aveva camminato per quasi due giorni ed era veramente esausto. Si sedette dietro ad un grosso cespuglio, ansimando, e capì che non sarebbe stato in grado di proseguire oltre ; le sue gambe erano deboli per la fame, e il sonno si stava impadronendo di lui.

Si guardò intorno, incapace di riconoscere il luogo in cui si trovava ; del resto, aveva girovagato a caso per tutto quel tempo, e non aveva nemmeno la più pallida idea di dove stesse andando, né di dove sarebbe potuto andare. In quei due giorni aveva cercato di evitare le strade più frequentate, per non rischiare di imbattersi nei soldati di Eredhil, ed era più che deciso a continuare a farlo fino a quando non fosse stato ben lontano dai confini del Bosco Atro. Poi avrebbe pensato a cosa fare. Forse avrebbe cercato la strada per Erebor, il regno dei Nani, alla ricerca di Gimli, il grande amico di suo padre...o forse avrebbe chiesto aiuto a Re Elessar, di cui ricordava il viso severo ma buono. Sì, forse poteva ancora contare su qualcuno...se solo fosse riuscito a trovarlo...

Ma, in quel momento, era solamente stanco, sporco e affamato, e non riusciva a pensare ad altro che al suo stomaco che brontolava. Tutto ciò che aveva potuto mangiare erano stati alcuni frutti e un pezzetto di pane, rubato dal davanzale di una finestra sul quale era stato messo a raffreddare, mentre attraversava furtivamente i villaggi di confine con il Bosco Atro.

Si frugò nelle tasche per verificare se contenessero ancora qualche frutto che aveva tenuto da parte, ma le trovò desolatamente vuote. Represse un singhiozzo e si accoccolò tra le fronde del cespuglio.

Dove sei, Adar... ? Ho paura...ti prego, vieni a prendermi e riportami a casa...

Si sfregò gli occhi con le manine graffiate e si strinse nelle braccia.

Poi si addormentò.

 

 

Si svegliò poco più tardi, sentendo uno strano rumore di rapidi passi e di ramoscelli spezzati. Galien si sedette di scatto e si accucciò dietro il cespuglio, mettendosi in ascolto e cercando di non fare il minimo rumore.

Ai passi seguì ben presto un borbottio rabbioso, ed apparve tra gli alberi una fanciulla dai capelli rossi come il fuoco e dall’espressione furibonda che imprecava mentre camminava speditamente reggendo il manico di un secchio che ondeggiava avanti e indietro.

- Dannazione a Valerius... - disse tra sé e sé la ragazza a denti stretti - E anche a Potter ! Che si facciano gli affari loro una buona volta ! ! “Se tu ti trovassi un marito...” Stupidi idioti ! Un marito è l’ultima cosa di cui ho bisogno, adesso ! Non mi serve nessuno che pensi per me, sono abbastanza grande per cavarmela da sola ! ! -

Nonostante i continui improperi, Galien si sentì istintivamente più tranquillo alla vista di quella strana ragazza che parlava per conto suo. Incuriosito, il bambino tese le orecchie e continuò a seguirla con lo sguardo mentre lei gli sfrecciava davanti a testa bassa.

Certo che, se continua così, andrà a sbattere contro un albero... pensò Galien.

Infatti non si sbagliò. Persa nei suoi mugugni, la fanciulla prese male le misure e non si inchinò abbastanza per evitare di picchiare la testa contro un ramo un po’ troppo basso.

- Ahi ! Maledizione, MALEDIZIONE ! Anche tu ce l’hai con me, stupida foresta ? ! - esclamò Rhiannon portandosi una mano alla fronte.

Galien si lasciò sfuggire una risata, ma si tappò subito la bocca con una mano, temendo di essere scoperto. Troppo tardi, però.

Dopo aver sentito quello strano rumore, Rhiannon si azzittì e si guardò intorno, quasi spaventata.

- Chi...chi è là ? ! - disse con voce incerta.

Galien, terrorizzato dall’idea che la ragazza lo vedesse, restò immobile a guardarla.

- Chiunque tu sia, vieni fuori ! Non mi fai paura ! -

Galien smise di respirare e si guardò disperatamente intorno alla ricerca di una via d’uscita. Si girò piano per scappare, approfittando della copertura che il cespuglio gli offriva...

- E tu chi saresti ? ! -

Galien sussultò nel trovarsi di fronte il viso di Rhiannon, che lo guardava sorpresa. Con un’esclamazione di stupore, il bambino ricadde seduto e, con le gambe tremanti, cercò di indietreggiare. Ma dietro di lui si trovava il cespuglio che gli impediva la fuga, così Galien, con il cuore in gola, rimase a guardare la misteriosa ragazza con gli occhi spalancati dal terrore.

- Non preoccuparti, piccolo, non ti farò del male... - disse Rhiannon, confusa, cercando di assumere un tono di voce pacato. Galien deglutì, incapace di staccarle gli occhi di dosso.

- Sei un elfo... - aggiunse la ragazza, notando le piccole orecchie a punta che sbucavano da sotto i capelli del bambino - Vieni dal Bosco Atro ? Che cosa ci fai fuori dai confini da solo, ti sei perso ? - Il bambino tacque e non si mosse.

- Beh, non aver paura, vedrò di portarti a casa in qualche modo. -

- NO ! -

Stupita da quell’esclamazione, la ragazza vide gli occhioni azzurri del piccolo elfo riempirsi di lacrime disperate.

- Per favore...non portarmi indietro...mi faranno del male...per favore... -

Rhiannon lo guardò senza capire, turbata dalla sua espressione. Mille interrogativi le turbinavano in mente, ma capì che, in quel momento, l’unica cosa da fare era tranquillizzare quel bimbo spaventato.

- Non ti porterò indietro, se non lo vuoi. - disse - Te lo prometto. -

Galien non rispose, ma qualcosa, nel suo cuore, gli diceva che la ragazza non stava mentendo.

- Io mi chiamo Rhiannon. - gli disse con voce calma, senza avvicinarsi a lui - E tu ? -

- Galien... - sussurrò il bambino.

Rhiannon sorrise. - Dov’è tua madre, Galien ? -

- Morta. -

- Oh...mi dispiace. - La ragazza lo guardò con dolcezza, sinceramente addolorata per ciò che poteva essere capitato al piccolo. - E tuo padre ? -

Galien alzò le spalle. - Non lo so... -

L’espressione di Rhiannon si fece pensierosa e confusa. Cosa poteva essere capitato di così terribile a quel bambino per essere costretto a fuggire dal suo regno ? Lo guardò di nuovo ; respirava affannosamente ed era quasi incapace di muoversi ; aveva i capelli spettinati, i pantaloni strappati e la tunica macchiata, e il suo visetto era sporco di fango e polvere. Per un momento le ricordò la piccola Roslyn, quando la guardava con i suoi occhioni da cerbiatta impaurita, e lei non poteva fare altro che prenderla tra le braccia e stringerla a sé, per farle capire quanto le volesse bene...

Ma Roslyn non c’era più, e al suo posto si trovava quel piccolo elfo, un altro cucciolo spaventato che non aveva più nessuno che si prendesse cura di lui.

Sentì che doveva assolutamente fare qualcosa...

- Hai fame, Galien ? - domandò.

- Un po’... -

- Allora vieni con me. Forse è rimasto ancora un po’ di pane e latte nella dispensa...e magari qualche biscotto. Ti piacciono i biscotti ? -

Galien annuì, e nei suoi occhi sembrò riaccendersi un po’ di speranza.

- Forza, allora. Andiamo a casa. -

Il bambino rimase immobile ancora per un momento, mentre scrutava la ragazza nei suoi occhi color del mare. Rhiannon non sapeva perché, ma lo sguardo di Galien, in quel momento, la inquietava. Non poteva immaginare che l’elfo stava leggendo nel suo cuore...

Piano piano, Galien tese una manina tremante verso la ragazza, e lei, sorridendo, la prese nella sua, aiutando il bimbo ad alzarsi.

- Credo che tu abbia bisogno di un bel bagno e di qualche vestito pulito...vedrò cosa posso fare. Riesci a camminare ? -

Galien le sorrise e annuì. Sì, forse aveva trovato qualcuno di cui potersi fidare...

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


8

8. Tra volti amici

 

 

Son, he said, grab your things,

I’ve come to take you home...

 

                        Peter Gabriel, “Solsbury Hill”

 

 

- Niente da fare - disse Potter - Il marmocchio non può rimanere qui. Con tutti i problemi che abbiamo, quello è l’ultimo che ci serve. -

Galien non aveva ancora toccato cibo ; la tazza di latte e le grosse fette di pane imburrato che aveva davanti a sé erano il primo vero pasto che si fosse concesso dal giorno della sua fuga, eppure il bambino non sembrava di averlo degnato della minima attenzione. Seduto su uno sgabello quasi più alto di lui, faceva dondolare le gambe e tendeva le orecchie per captare la concitata discussione tra il vecchio e la ragazza, nella stanza accanto.

Rhiannon sbuffò. - Benissimo. Dimmi cosa devo fare, allora. -

- Rhiannon... -

- Devo buttarlo fuori ? -

- Maledizione, io non... -

- Darlo in pasto ai lupi ? Venderlo a qualche bottegaio senza scrupoli che lo ammazzerà di lavoro ? Conosci la gente di Aldorath, Potter...non sa nemmeno cosa significhi provare pietà per una donna...figuriamoci per un bambino. -

Potter sospirò. - Non sarebbe molto più semplice riportarlo dai suoi genitori ? - disse.

- Quali ? Ha detto che sua madre è morta, e non sa dove sia suo padre. -

- Ma avrà pure qualcuno che si prenda cura di lui, dannazione ! Dammi un solo motivo per cui non hai intenzione di riportarlo indietro ! -

- Vuoi un motivo ? Guardalo. - Rhiannon indicò Galien, seduto al tavolo, che osservava con attenzione lo strano posto in cui era capitato. - E’ un elfo, Potter...un bambino. E, dai suoi vestiti, non mi sembra un bambino qualsiasi. Potrebbe essere un nobile, o qualcosa del genere, ma questo non mi interessa. Se un elfo ha paura di tornare tra la sua gente, un motivo ci sarà. -

Il vecchio tacque, guardando Galien.

- Ha davvero paura, Potter...glie l’ho visto in faccia. Non immagini il terrore che c’era nei suoi occhi mentre mi supplicava di non riportarlo indietro...forse qualcuno lo cerca e vuole fargli veramente del male... -

- E’ proprio questo che mi preoccupa, Rhiannon... - ribattè Potter - Non hai sentito quello che ha detto Finbar poco fa ? Se qualcuno cerca questo bambino e lo trova qui, noi potremmo passare dei guai seri. Non si scherza con gli elfi, mi sembrava di essere stato chiaro. Meno che mai quando non sono animati da buone intenzioni. E questa è una locanda, Rhiannon...la gente che la frequenta, anche se è poca, ha la lingua svelta, dopo il secondo boccale di birra...e se qualcuno lo vedesse... -

- Non mi dire che hai paura di proteggere un bambino che ti chiede aiuto... - disse Rhiannon, con un filo di disgusto nella voce, incrociando le braccia.

Potter sbuffò. - Sì, ho paura. - disse - Ma non per me, se è questo che intendi. -

Rhiannon lo guardò con aria interrogativa. - Cosa diavolo vuoi dire ? -

- Io sono vecchio, ormai. Non temo più niente, perché so che la campana sta battendo gli ultimi rintocchi per me. E’ quello che sarò costretto a lasciare che mi spaventa. - Camminò lentamente verso la finestra, mentre Rhiannon lo seguiva con lo sguardo. - E’ per te che ho paura, Rhiannon. -

La ragazza alzò gli occhi verso il soffitto. - Per il cielo, Potter...risparmiami la predica da saggio padre di famiglia ! -

L’uomo la ignorò. - Hai già passato abbastanza guai per andarti a cacciare in altri ancora più grossi. La gente come noi non ha grandi possibilità di difendersi dagli attacchi di chi è più potente...e non parlo solo in senso fisico. - 

- Ti capisco sempre meno... -

- Parlo di sentimenti, Rhiannon. Dei tuoi sentimenti. E un pochino anche dei miei. -

Rhiannon tacque e abbassò lo sguardo, mentre qualcosa iniziò a bruciare nel suo petto.

- E’ a Roslyn che ti riferisci, vero ? - disse con voce bassa. Potter annuì.

- Credi che io non l’abbia ancora superato ? E’ questo che credi ? -

- Non l’ho superato nemmeno io, Rhiannon...come puoi averlo fatto tu ? E’ ancora troppo presto, e io penso che la vicinanza di questo bambino possa... -

- Roslyn era mia figlia, Potter, non tua. - lo interruppe bruscamente Rhiannon - Capisco quanto tu ti fossi affezionato a lei, ma non puoi comunque capire quello che ho provato...e che provo tuttora. Tu pensi che io voglia tenere qui quel bambino per...per sostituirla ? Come puoi credere ad una cosa simile ? -

Potter non rispose. Rhiannon gli si avvicinò, tirandosi indietro i capelli con una mano.

- Può darsi che tu abbia anche ragione...che io mi stia prendendo a cuore Galien per dare sfogo al mio “desiderio” di tornare madre ancora per un po’...ma dimmi, Potter... - La ragazza si piantò davanti all’uomo e lo fissò con i suoi occhi verdi. - E’ così sbagliato cercare di dare un po’ d’amore e protezione a qualcuno che ne ha davvero bisogno ? -

Potter distolse il suo sguardo, non riuscendo a reggere quello profondo e inquisitore della ragazza. Non aveva ancora capito come, ma con gli occhi Rhiannon riusciva a scavare nella sua anima e a ribaltare tutti i suoi stati d’animo. Si era sempre detto che quegli occhi non appartenevano al popolo degli Uomini...probabilmente qualcuno dei suoi antenati era un elfo...ma questo non aveva importanza.

- Non lo vedrà nessuno, Potter, te lo prometto. - disse Rhiannon - Anche se siamo vicini ad Aldorath, restiamo comunque fuori dal villaggio. Il bambino non dovrà fare altro che restarsene nel retrobottega durante gli orari d’apertura. Baderò io a lui, non ti preoccupare. Non darà alcun fastidio. -

Il vecchio sbuffò con le narici e lanciò un’occhiata alla ragazza. Poi, senza dire nulla, uscì dalla cucina e andò da Galien, mettendosi di fronte a lui, dall’altra parte del tavolo, a braccia conserte.

Il bimbo alzò gli occhi, e guardò Potter con aria tranquilla.

- Senti un po’, piccoletto - disse l’uomo - Non so quali siano le tue abitudini, ma sappi che qui non siamo in una reggia. Al mattino ci si alza presto, si fa colazione alla svelta e si dà una mano a fare le pulizie ; quello che avrai intenzione di fare per il resto della giornata non mi interessa, basta che tu non ti cacci nei guai o, peggio, ci faccia finire anche noi. Finchè resterai qui, queste sono le regole. Siamo d’accordo ? -

Galien sorrise. - Sì. - disse.

- Molto bene. Ora sbrigati a finire il latte, i bambini come te devono andare a letto presto, la sera. -

Rhiannon incrociò le braccia e guardò Potter sogghignando, mentre il vecchio saliva le scale e si dirigeva nella sua stanza.

- Grazie, Potter... - disse ad un tratto Galien. L’uomo si fermò a metà scala e rimase un momento interdetto.

- Prego. - rispose poi, ricominciando a salire.

Rhiannon scosse la testa e si avvicinò a Galien, che aveva finalmente cominciato a mangiare di gusto. - Non preoccuparti, piccolo. - disse sorridendo - Potter fa sempre del suo meglio per sembrare un vecchio scorbutico con tutti, e forse un po’ lo è...ma io lo conosco bene, ed è un uomo buono. -

Galien si voltò verso la ragazza. - Lo so. - rispose.

Rhiannon sorrise e gli scompigliò i capelli.

 

 

- Beh, è un po’ grande, ma in mancanza di meglio... - disse Rhiannon guardando Galien con aria perplessa. Non avendo altro a disposizione, aveva fatto indossare al bambino una vecchia camicia che Potter gli aveva ceduto ; ma l’orlo e le maniche gli arrivavano sotto le ginocchia, e Galien era così buffo che la ragazza riuscì a malapena a reprimere una risata.

- A me piace - disse il piccolo elfo, serio, guardandosi allo specchio - E’ morbida e comoda. -

- Sicuramente più dei tuoi vestiti, almeno per dormire... -

Rhiannon guardò la camicina color avorio, la tunica ricamata e i pantaloni chiari che aveva in mano, ora sporchi, sgualciti e strappati. - Ora darò una bella lavata alla tua roba e la metterò ad asciugare davanti al camino, almeno domattina la troverai pulita...poi vedrò di rimediarti qualcosa, va bene ? - disse.

Galien non rispose e rimase un momento a guardarsi allo specchio.

- Mi piace questa. Profuma di buono. - disse. Poi si voltò verso la ragazza e sorrise. - Anche questo posto ha un buon odore...non l’avevo mai sentito prima. Quando ero a casa mi piaceva il profumo dei fiori e della rugiada sull’erba...ma questo odore è ancora migliore... -

Rhiannon lo guardò, sorpresa. - Un buon odore, dici ? E io che non vedo l’ora che arrivi il momento di chiudere per non sentire più la puzza della birra e del fumo... -

- Non è quello che intendo. E’ un odore caldo, che ti avvolge come una coperta...è l’odore del vecchio legno grezzo, delle braci nel camino, delle pietre che potrebbero raccontare tutte le storie che hanno visto svolgersi tra loro... -

- In effetti questo posto ha visto tempi migliori... -

- Forse. Ma mi piacerebbe che i muri potessero parlare per raccontare di quei tempi. Sai... - Galien sbadigliò. - Mi sento al sicuro, qui... -

Rhiannon sorrise amaramente, domandandosi cosa potesse aver passato quel povero bambino.

- Forza - disse prendendolo in braccio e mettendolo a letto - E’ ora di dormire. Se avessi bisogno di qualcosa, non devi fare altro che bussare alla parete dietro il letto...io dormo nella stanza accanto. Sarò da te in un baleno. -

- Grazie. - disse Galien mentre Rhiannon gli rimboccava le coperte.

- Di niente... - rispose la ragazza baciandogli la fronte - Dormi bene, cucciolo d’elfo. -

Poi si alzò e si diresse lentamente verso la porta.

- Rhiannon... - chiamò timidamente Galien.

- Cosa c’è ? -

Il bambino si strinse nelle spalle, raggomitolandosi sotto le coperte. - Non...non potresti cantarmi una canzone ? Adar lo faceva sempre per farmi addormentare... -

Rhiannon lo guardò, intenerita, ma i suoi occhi si velarono improvvisamente di malinconia, come se un ricordo troppo vicino tornasse piano alla superficie lacerandole il cuore. Tornò verso il letto e accarezzò i capelli del bambino.

- Ti mancano molto i tuoi genitori, vero ? -

Galien annuì.

- Ti aiuterò a cercare tuo padre...e lo troveremo, vedrai... -

Il piccolo elfo, quasi tranquillizzato da quelle parole, socchiuse gli occhi. Poi Rhiannon inspirò profondamente e iniziò a cantare con voce dolce e sommessa :

 

Un vecchio e un bambino si preser per mano

E andarono insieme incontro alla sera,

La polvere rossa si alzava lontano

E il sole brillava di luce non vera,

L’immensa pianura sembrava arrivare

Fin dove l’occhio di un uomo poteva guardare,

E tutto d’intorno non c’era nessuno

Solo il tetro contorno di torri di fumo.

 

Rhiannon non si accorse della presenza discreta di Potter ; nascosto dietro ad uno stipite della porta, l’uomo ascoltava la malinconica canzone che lui stesso aveva insegnato alla ragazza, e il suo cuore si strinse. Rhiannon aveva amato quella canzone fin da quando lui l’aveva cantata la prima volta alla piccola Roslyn, e anche per la bambina era stato lo stesso...

 

I due camminavano, il giorno cadeva

Il vecchio parlava e piano piangeva

 

Anche in quell’istante il vecchio Potter sentì le lacrime affiorare ai suoi occhi...

 

Con l’anima assente, con gli occhi bagnati

Seguiva il ricordo di miti passati...

 

Non avrebbe voluto rivivere quei momenti, la ferita era ancora troppo fresca...e Rhiannon come doveva sentirsi ?

 

I vecchi subiscono l’ingiuria degli anni,

Non sanno distinguere il vero dai sogni,

 

E’ vero, Rhiannon...per tutta la vita ho rincorso sogni che non si sono mai avverati...e quando ormai credevo che nemmeno nei miei sogni avrei potuto avere una vita felice, ecco che siete arrivate tu e Roslyn. Non avevate niente quando bussaste alla mia porta...eppure mi avete donato una gioia che mai avrei immaginato di provare...

 

I vecchi non sanno nel loro pensiero

Distinguere nei sogni il falso dal vero.

 

...ma Roslyn non c’è più, Rhiannon...se n’è andata per sempre. E tu non puoi cercarla in questo bambino...

 

E il vecchio diceva, guardando lontano,

Immagina questo coperto di grano

Immagina i frutti, immagina i fiori

E pensa alle voci, e pensa ai colori,

 

E se fosse un segno del cielo ?  si disse poi il vecchio asciugandosi le lacrime che, quasi senza che lui se ne accorgesse, avevano cominciato a scendere, bagnandogli il mento ruvido e cadendo sulla sua camicia. Se fosse stata proprio Roslyn a mandarlo, per ricordarti di non perdere mai la speranza... ? Per ricordarti che, anche quando credi di aver perso tutto, puoi sempre scoprire di avere ancora qualcosa da dare...perché ci sarà sempre qualcuno ad aver bisogno di te...ed è questo che ti tiene in vita, Rhiannon...che ci tiene in vita...

 

E in questa pianura, fin dove si perde,

Crescevano gli alberi e tutto era verde

Cadeva la pioggia, segnavano i soli

Il ritmo dell’uomo e delle stagioni.

 

Ma forse sono solo un vecchio sciocco, Rhiannon...io non posso leggerti nel cuore e nemmeno lo voglio...perché ho paura di cosa potrei trovarci. A cosa pensi, ragazza, mentre canti la canzone di tua figlia a quel bambino ? Cosa pensi che provi lui di fronte a versi che non può capire perché non gli appartengono ?

 

Il bimbo ristette, lo sguardo era triste

E gli occhi guardavano cose mai viste

 

Potter scosse il capo e cacciò quei pensieri, mentre tornava stancamente nella sua stanza.

Rhiannon vide che Galien aveva chiuso gli occhi e che il suo respiro era diventato profondo e regolare. Allora la sua voce si abbassò, fino a quando divenne un lieve sussurro...

 

E poi disse al vecchio, con voce sognante,

Mi piaccion le fiabe, raccontane altre...

 

La ragazza baciò di nuovo la fronte del bambino e si allontanò senza fare rumore. Nella piccola stanza non si avvertiva più alcun suono se non quello dei grilli che, fuori dalla finestra, lasciavano che le loro canzoni si alzassero sopra gli alberi e raggiungessero la luna.

- Buonanotte, Galien... - sussurrò malinconicamente, chiudendo la porta.

E buonanotte anche a te, mia piccola Roslyn...

 

 

 

Spero che i fans di Francesco Guccini non si offendano troppo per lo scempio che ho fatto della sua splendida “Il vecchio e in bambino”, ma è una canzone legata ad un piccolo, vecchio ricordo.

Il capitolo e la canzone sono dedicati a Cristina.

 

 

 

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Capitolo 10
*** Intermezzo ***


Intermezzo : voci nella notte

 

Intermezzo : voci nella notte

 

 

 

But you’re missing,

When I shut out the lights you’re missing,

When I close my eyes you’re missing,

When I see the sun rise you’re missing...

 

                        Bruce Springsteen, “You’re missing”

 

 

 

Legolas non riusciva a prendere sonno. Quella era la sua prima notte trascorsa a Minas Tirith, e sicuramente ne sarebbero seguite molte altre, ma probabilmente non ci si sarebbe mai abituato, così come non si sarebbe mai più abituato all’idea di dormire da solo per il resto della sua vita immortale...

L’elfo si alzò dal letto e si diresse verso la finestra ; la luna splendeva alta nel cielo, illuminando di un pallido riflesso argenteo le bianche torri della capitale di Gondor. Aprì i vetri e si sporse sul davanzale, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente per permettere alla leggera brezza notturna di entrargli nei polmoni ; poi la espirò completamente, fino all’ultimo soffio, come per permettere a quell’aria di portare con sé tutto l’odio, il dolore...e la terribile sensazione di solitudine che si erano impadroniti di lui.

Ma non gli servì.

Legolas sentì un forte singhiozzo salirgli dal petto verso la gola e non potè reprimerlo come avrebbe voluto, come si era ripromesso di fare perché lui doveva essere forte e mantenere tutta la sua lucidità per trovare il modo di fermare Eredhil, riportare l’ordine nel suo regno e nella parte di Terra di Mezzo che quel pazzo stava sconvolgendo...e liberarla per sempre da quella tara vergognosa di cui lui non si era mai accorto...ed esisteva un solo modo per farlo...solo uno...

Cercando di fermare le lacrime che cominciavano ad affiorargli agli occhi, Legolas alzò una mano tremante e la strinse forte davanti a sé ; con quella mano avrebbe afferrato il collo del fratello e l’avrebbe stretto fino a sentire le sue vertebre spezzarsi tra le dita, e mentre lo guardava morire avrebbe riso, avrebbe riso nel vedere gli occhi di Eredhil riempirsi di terrore e nel sentirlo implorare pietà...

Pietà...

Pietà...

Legolas crollò. Riaprì la mano e se la portò al volto ; poi scoppiò in un pianto disperato e sentì il suo corpo, chino sul poggiolo, sussultare dai singhiozzi che era ormai incapace di trattenere.

Mio fratello...mi ha portato via tutto...eppure è mio fratello...

Alzò il viso rigato di lacrime e guardò in lontananza, verso un luogo in cui nemmeno la sua vista da elfo poteva arrivare. La sua casa...

Poi si voltò lentamente a guardare il suo letto, quasi temendo di vederlo vuoto. Andò verso di esso e tornò a sdraiarsi, tenendo lo sguardo fisso verso il soffitto, la mente persa nei ricordi, l’unica cosa che gli rimaneva...

Improvvisamente si scosse e si girò su un fianco, immaginando di aver vissuto solo un incubo, e sperando di trovare Anìrwen sdraiata accanto a lui come un tempo, pronta ad accoglierlo tra le sue braccia e stringerlo a sé, accarezzargli i capelli...

Sciocco, si disse,  dimentichi che l’hai appena sepolta ? Non ricordi che non l’avrai più vicina, che le sue labbra ormai non ti appartengono più e la sua voce è persa per sempre nel vento della notte ? Non ricordi ?

Chiuse nuovamente gli occhi e li strinse più forte che potè.

Anìrwen, Galien...come vorrei avervi ancora qui tra le mie braccia...se solo il mio pensiero potesse giungere fino a voi...se solo potessi dirvi quanto sento la vostra mancanza e chiedervi perdono...

Un’ultima lacrima, una piccola perla lucente, scese dai suoi occhi.

...ma sono io che non potrò mai perdonarmi...perché non so ancora se sarò in grado di fare quello che devo...

Poi la stanchezza prese il sopravvento su di lui, facendolo sprofondare in un sonno tormentato.

 

 

Lontano, ai limiti del piccolo villaggio di Aldorath, Galien si svegliò di soprassalto. Istintivamente si guardò intorno per accertarsi di essere ancora nella locanda. Non sperava nemmeno più di aver vissuto in un brutto sogno e di risvegliarsi nella sua stanza ; conosceva bene la cruda realtà dei fatti e stava iniziando ad accettarla.

Ma in quel momento, una voce risuonò nella sua mente...dapprima confusa, poi sempre più chiara...fino a quando nel suo cuore si riaccese una fiammella di speranza...

Il bambino saltò giù dal letto, corse a prendere uno sgabello che mise accanto alla finestra e vi salì, appoggiando i palmi delle mani ai vetri.

Il suo cuore batteva forte, mentre continuava ad ascoltare in silenzio quella voce, e non aveva paura come quando aveva sentito la presenza demoniaca che albergava in Eredhil, perché quella era la voce di suo padre...

Suo padre gli stava parlando...gli parlava, parlava a lui e a sua madre e piangeva...

Perdonatemi...

- Adar... - sussurrò Galien, spalancando gli occhi mentre guardava fuori dal vetro, senza sapere dove - Io sono vivo e sto bene...ho trovato delle persone buone che hanno promesso di aiutarmi e portarmi da te...ti prego, non tormentarti più... -

Tacque per un momento, cercando di captare il più possibile di quelle parole, come se potessero avvolgerlo in quell’abbraccio che tanto desiderava da quando l’orrore e la follia l’avevano strappato dalla sua famiglia. Ma a poco a poco la voce si spense e Galien tornò di nuovo solo nel buio di quella piccola stanza.

- Non so dove sei, padre mio... - disse - E nemmeno tu puoi sapere dove sono io...ma un giorno ci ritroveremo e torneremo a casa...insieme... -

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


9

9. Domande e risposte

 

 

 

 

La prima cosa che Rhiannon fece dopo essersi svegliata, il mattino successivo, fu andare da Galien per controllare che stesse bene. Ma quando aprì la porta e vide la stanza vuota, il suo cuore sussultò.

- Per il cielo...Galien ! - si disse, sgomenta, scendendo le scale.

Ancora scarmigliata e in camicia da notte, la ragazza corse in cucina, ma Galien non era lì. E non era nemmeno nella taverna, né nel magazzino, né da nessun’altra parte nella locanda...

- Se n’è andato...ed ora... ? - disse mettendosi le mani nei capelli.

Ad un tratto Rhiannon udì delle voci provenire dall’esterno ; con il cuore che batteva all’impazzata, uscì dal retro della locanda e vide, con sua grande sorpresa, che Potter stava seduto su una pietra nel piccolo orto in cui coltivava verdure, erbe e fiori diversi, e ascoltava attentamente Galien descrivere le diverse pianticelle su cui stava chino.

- Queste altre le chiamiamo Athelas - disse il piccolo - Messe su una ferita fermano il sangue, ma servono anche a tante altre cose. E queste invece si chiamano... -

- Galien ! - esclamò la ragazza.

- Si chiamano Galien ? - disse Potter.

Rhiannon lo ignorò e si precipitò dal bambino che si era girato a guardarla, sorpreso.

- Buongiorno, Rhiannon ! - disse Galien ridendo.

- Maledizione, mi hai fatto spaventare ! Che state facendo qui ? -

- Non ci crederai mai, ragazza ! - esclamò Potter - Sono anni che coltivo queste erbacce e solo adesso scopro che non sono buone solo per lavare i panni o preparare tisane digestive ! Certo che il piccoletto se ne intende di queste cose ! -

- E’ un elfo, Potter...neanche immaginiamo tutto quello che sa. - rispose Rhiannon - E comunque mi stupisce trovarti qui con lui... -

- Beh, nessuno di noi due aveva voglia di dormire, stamattina...così ci siamo fatti una bella chiacchierata... -

- Fuori dalla locanda. Non eri tu quello che aveva paura che qualcuno lo vedesse ? -

Nel frattempo, Galien, stufo delle solite discussioni tra il vecchio e la ragazza, si era seduto nell’erba e giocava con un piccolo oggetto di legno.

- Qua dietro ? Stai scherzando ? - continuò Potter - Qui viene al massimo qualche coniglio selvatico a mangiarmi le carote...e poi non vorrai tenerlo rinchiuso notte e giorno tra quelle quattro mura ! Lo sanno tutti che gli elfi amano gli spazi aperti e... -

- Non rigirare il discorso come al solito, Potter ! Non...un momento ! - La ragazza si interruppe di colpo ; la sua attenzione era stata catturata dal giocattolo che Galien aveva tra le mani...un piccolo cavallo di legno.

- Dove hai preso quel cavallino, Galien ? - domandò, avvicinandosi a lui.

- Questo ? - rispose distrattamente l’elfo alzando la testa - Me lo ha dato Potter. -

- Cosa ? ! Ma... - La ragazza volse il capo verso il vecchio, che si strinse nelle spalle e assunse l’espressione di un bambino che sa di aver combinato qualcosa di grosso.

- Potter, come hai potuto... ? ! -

- Su, Rhiannon...è così grazioso...era un peccato che stesse ad ammuffire in un armadio ! -

- Non posso giocarci, Rhiannon ? - disse Galien dispiaciuto, alzandosi in piedi e tendendo il giocattolo verso la ragazza - Te lo ridò se vuoi. -

Rhiannon gli prese il cavallino dalle mani, gli occhi freddi e duri.

- Avresti dovuto almeno chiedermi il permesso, prima. - disse la ragazza, rivolgendosi a Potter.

- Rhiannon... -

- Mi dispiace. - disse Galien. Il bambino indicò una piccola area, nell’orticello, in cui crescevano solo fiori colorati. - E’ della bambina che sta lì sotto, vero ? -

Rhiannon e Potter si scambiarono uno sguardo sgomento.

- Giuro che non gli ho detto niente ! - esclamò Potter alzando le mani, trafitto dallo sguardo di fuoco della ragazza.

- No, non me l’ha detto Potter. - disse Galien con la massima naturalezza - L’ho vista. Ho visto quando l’avete messa sottoterra. Eri così triste, Rhiannon... - Prese una mano della ragazza e la guardò con tenerezza. - Era la tua bambina, vero ? -

Rhiannon non rispose, gli occhi fissi nel vuoto.

- Va’ in casa, Galien. - disse infine.

- Ma... -

- Ti ho detto di andare in casa. -

Il piccolo elfo si strinse nelle spalle, dispiaciuto, e lentamente si avviò verso l’ingresso posteriore della locanda, ma si fermò pochi passi prima, girandosi di nuovo verso la ragazza. Rhiannon voltò piano gli occhi verso quelli di Potter, che ora la guardavano con aria severa.

- Credo che tu abbia dimenticato quello che ci siamo detti ieri sera. - disse l’uomo - Se vuoi affogare nei tuoi ricordi, fa’ pure. Ma se cerchi qualcuno che ti commiseri, non contare su di me. - Quindi girò i tacchi e seguì il bambino.

Rhiannon tacque per un istante ; poi chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro.

- Mi dispiace, Galien. - disse voltandosi - Puoi tenere il cavallino, se ti piace... -

- Rhiannon... - disse Potter con voce tremante. La ragazza guardò il vecchio, le mani sulle spalle di Galien, che teneva gli occhi fissi verso la porta ; due giovani si stavano dirigendo verso di loro, gli sguardi rivolti verso il bambino.

- Valerius, Yain...cosa state facendo qui ? - disse, sorpresa.

- Cosa facciamo qui ? Cosa ci fa lui qui ! - disse Valerius indicando Galien, stupefatto - Non credevo che i tuoi rapporti con gli Elfi fossero tanto amichevoli...c’è forse qualcosa che non ci hai detto, Rhiannon ? - aggiunse in tono malizioso e allo stesso tempo seccato.

- Non sono affari tuoi, Val. - rispose Rhiannon raggiungendo il vecchio e il bambino.

Valerius continuò a guardarla freddamente, mentre il fratello minore, incuriosito, si avvicinò al piccolo Galien e si accucciò davanti a lui.

- Mae govannen ! Im Yain... - disse il ragazzo, portandosi una mano al petto.

- Im Galien. - sussurrò timidamente l’elfo a quello strano ragazzo dai lunghi capelli bruni e le guance ancora lisce come quelle di un bambino - Mae govannen... -

Rhiannon guardò i due, sorpresa. - Da quando tuo fratello parla la lingua degli Elfi ? - disse.

- E’ una lingua meravigliosa, non trovate ? - rispose Yain sorridendo - E’ così musicale...e poi non è tanto difficile da imparare. Qui siamo al confine con il Bosco Atro, e gli Elfi passano spesso per Aldorath... -

- Mai da queste parti, però... - obiettò Valerius - Quello da dove salta fuori ? -

Yain ignorò le parole del fratello e cercò di imbastire un dialogo con le poche parole elfiche che conosceva. Galien e Potter rimasero ad ascoltarlo, divertiti.

- Cosa vuoi, Val ? - ribattè Rhiannon.

Il giovane sbuffò. - Volevo solo...darti questo. - Si tolse dalla tasca un fagottino che porse a Rhiannon. La ragazza lo prese, guardando Valerius con sospetto, e quando lo ebbe aperto lo stupore riempì il suo viso.

- Val...sapevo che eri pazzo, ma non fino a questo punto... - disse, tenendo tra le mani un ciondolo costituito da una pietra verde e levigata avvolta da una spirale di metallo luccicante.

- Non preoccuparti...è ferro, non argento. Lucido finchè vuoi, ma ferro resta. E di pietre più belle di quella ne ho mille... -

Rhiannon sorrise amaramente. Valerius era il miglior fabbro del villaggio ; sapeva lavorare il metallo come pochi, e si dilettava spesso a creare piccoli gioielli di scarso valore commerciale ma di grande bellezza. La ragazza sapeva anche che Valerius disprezzava gli Elfi, ma in fondo al suo cuore ne invidiava l’arte...un’arte che aveva sempre cercato di imitare, perfezionandosi giorno dopo giorno.

- Lo sai che non posso accettare, Val. -

Valerius la guardò, sconfortato. - Non ti chiedo nulla in cambio, Rhiannon... - disse - Voglio solo chiederti scusa per quello che ho detto ieri sera, tutto qui. E’ solo una piccola cosa senza valore...ne posso fare quanti ne voglio. -

Potter sorrise nell’udire quelle parole ; aveva capito benissimo che quel ciondolo era un pezzo che Valerius aveva creato esclusivamente per la ragazza che amava...e che quella pietra aveva lo stesso colore dei suoi occhi.

- D’accordo, Val. - disse infine Rhiannon - Ti ringrazio comunque, anche se non ce n’era affatto bisogno. Sai che in me la rabbia viene e se ne va in fretta. Ma non farti venire strane idee. -

- Beh, potresti darmi almeno una spiegazione... - disse Valerius, indicando Galien.

Rhiannon sospirò. - Val - disse - Non devi parlare con nessuno di questo bambino, chiaro ? -

- Ma... -

- Si è semplicemente perso. - mentì Rhiannon - Lo riporterò a casa prima possibile, ma nessuno deve sapere che si trova qui. -

- Viene dal Bosco Atro ? Posso accompagnarlo io, allora. La strada non è molto battuta, per una ragazza può essere un viaggio pericoloso... -

- Insomma, Val ! - sbottò Rhiannon - Ho detto che mi occuperò io di lui ! Tutto ciò che devi fare è tenere a freno la lingua ! -

Stupito da quell’esclamazione, Valerius guardò la ragazza negli occhi.

- Tu non lo riporterai affatto a casa. - disse - Ti conosco, Rhiannon, e capisco quando hai in mente qualcosa...che hai intenzione di fare ?

- Te lo ripeto, Val. - rispose seccamente Rhiannon - Non sono fatti tuoi. Se vuoi fare qualcosa di utile, taci. -

- Hai deciso di adottarlo ? E’ questo che vuoi fare ? -

- Grande Eru... - disse Rhiannon stringendo i denti.

- Val, piantala... - lo avvertì Potter.

Il giovane ignorò entrambi.

- Ti porterà solo guai, Rhiannon... guai e altre sofferenze. Rimandalo indietro. Lo porterò a casa io... -

- HO DETTO DI NO ! -

Il grido di Rhiannon atterrì tutti i presenti.

- Dannazione, è mai possibile che non ci sia qualcuno che deve dirmi come devo comportarmi ? ! Ne ho abbastanza di tutti voi ! So benissimo quello che devo fare, e non ho bisogno dei vostri stupidi consigli né delle vostre prediche ! Quindi piantatela e lasciatemi in pace tutti quanti ! -

Detto questo, afferrò Galien per la mano e lo trascinò in casa.

I tre rimasero per un attimo a guardare la giovane donna dai capelli rossi dirigersi in fretta e furia verso la locanda con il piccolo elfo costretto a seguirla, e sbattere la porta dietro le sue spalle.

- Se io fossi in te seguirei il suo consiglio, Val. - disse Potter - Rhiannon è impulsiva, ma sa anche troppo bene quello che fa. - Detto questo tornò nella locanda.

Yain voltò lo sguardo verso il fratello, che fissava il vuoto con aria pensierosa.

Prima Roslyn, adesso il marmocchio elfo...si disse il giovane fabbro. Rhiannon si sta solo facendo del male...e non lo capisce...

Ma non erano solo i sentimenti che la ragazza doveva provare verso quel bambino a turbarlo...

- Val - disse Yain tirandogli una manica - Ce ne andiamo ? -

- Sì - rispose Valerius - Adesso ce ne andiamo. -

 

 

 

Per tutta la giornata Rhiannon fu di cattivo umore, e Potter sapeva che, quando la ragazza era arrabbiata, sembrava che una nuvola aleggiasse intorno a lei, pronta a scoccare fulmini verso chiunque la circondasse. Cercò di rasserenare il piccolo Galien prendendola in giro senza che lei se ne accorgesse, ma nemmeno lui era tranquillo.

Le parole di Galien nell’orto lo avevano lasciato di sasso. Possibile che sapesse davvero di Roslyn... ? E come accidenti aveva fatto ? Gli elfi erano creature speciali, d’accordo...ma non immaginava che potessero giungere fino a quel punto.

No, non riusciva più a trattenere quella domanda. Gettò sul bancone lo straccio che stava usando per asciugare i bicchieri e andò nel retrobottega, dove Galien stava giocando con il suo cavallino di legno.

- Dimmi un po’, Galien. - disse Potter avvicinandosi al bambino - Quello che hai detto prima riguardo alla bambina...ecco...tu non l’hai vista sul serio, vero ? -

Galien alzò la testa e guardò l’uomo negli occhi. - Certo che l’ho vista - disse tranquillamente - E l’ho vista anche giocare. Aveva dei bei riccioli biondi e le guance rosse...ma non erano più rosse quando l’avete messa sottoterra. -

Potter era rimasto a bocca  aperta. - Come...come accidenti puoi farlo ? ! -

- Mia madre diceva che è un dono. Anche lei lo poteva fare, ma non come lo so fare io. Lei poteva solo leggere i pensieri. Mio padre, invece, non ne era...non ne è capace. -

- Come sarebbe a dire ? ! - esclamò Potter.

Galien rimase un momento a guardare l’uomo senza dire una parola. - Sarebbe a dire che in questo momento tu non sai se essere meravigliato o avere paura di me. Giusto ? Beh, non vedo perché dovresti avere paura...non potrei farti proprio niente di male, e nemmeno lo vorrei, dato che mi sei simpatico. -

Potter si lasciò andare ad una risatina isterica. - Ah, no ! - esclamò - Non mi incanti, piccolo ! Io credo che tu sia solo molto furbo e pensi di aver capito con chi hai a che fare ! -

- D’accordo. Guarda. - Senza fare una piega, il bambino si alzò e si diresse verso la porta che dava verso la taverna, acquattandosi dietro uno stipite per poter vedere gli avventori senza che nessuno si accorgesse di lui. Molto lentamente, fece scorrere lo sguardo su tutti i presenti.

- Quello - disse indicando un uomo che rideva sguaiatamente in compagnia di altri - sembra felice ma non lo è affatto. Suo figlio è morto sul campo di battaglia, sua moglie è tanto triste che non gli rivolge più nemmeno la parola e lui si sente terribilmente solo. Quell’altro, invece - indicò un uomo seduto in un angolo, con gli occhi persi nel vuoto - fa finta di niente, e invece sta ascoltando attentamente quello che si dicono i suoi vicini di tavolo. Crede che stiano ridendo di lui, ma non è così ; stanno solo parlando di una donna molto bella e di quanto piacerebbe a tutti ricevere una cosa da lei...ma non ho capito cosa. -

- Lascia perdere... - disse Potter, arrossendo -  E quell’altro, invece ? Quello con i capelli neri a cui Rhiannon ha appena portato un boccale di birra ? -

- Quello ? - disse Galien, sorpreso - Perché ti interessa proprio quello ? Non credo che ti piacerebbe sapere cosa sta pensando... -

Potter sospirò. - Allora vuol dire che sta ancora pensando a lei... -

Galien lo guardò di sottecchi e incrociò le braccia. - Se non ti ha ancora perdonato, devi averla combinata proprio grossa, Potter... -

- Lui certamente non mi ha perdonato. Lei, forse, sì...ma è una vecchia storia. E ora smettiamola con questo giochetto, non è carino spiare i clienti... - Potter si allontanò dalla porta.

- Allora, ho indovinato ? - cinguettò Galien seguendo l’uomo.

- Su tutta la linea, piccoletto. -

- E adesso mi credi. -

- Accidenti, non si può più pensare liberamente in questo posto ! - esclamò ironicamente Potter allargando le braccia.

- Ma non posso mica farlo sempre. Solo quando voglio. - rispose il bambino, serio.

- Ah...e come faccio a sapere quando vuoi ? -

Galien rise.

 

 

Rhiannon non sapeva cosa dire, quella sera, quando mise a letto Galien, ma ci pensò il bambino a spezzare la tensione.

- Mi piace Yain. - disse - Parla la mia lingua. Almeno, ci prova... -

- Yain ha l’animo dello studioso, non del guerriero, come invece vorrebbe suo fratello. Uno come lui è assolutamente sprecato in un posto del genere. -

- A Val invece piaci tu... -

- Di questo me n’ero accorta da un pezzo, saputello ! - disse Rhiannon corrugando la fronte e ridacchiando - Non c’era bisogno che tu gli leggessi nel pensiero ! -

Galien sussultò e spalancò la bocca, sorpreso.

- Niente paura, me l’ha detto Potter ! - disse Rhiannon notando la reazione del bambino - Per conto mio puoi leggere nella mente di chi ti pare, basta che non diventi un vizio... -

Galien sorrise e annuì, avendo capito l’allusione.

- Val è buono. -

- Lo so. -

- E ti vuole davvero bene... -

- So anche questo. E ora chiudiamo questo discorso, d’accordo ? -

Rhiannon baciò la fronte del bambino.

- Mi dispiace per oggi. - disse Galien mentre la ragazza gli rimboccava le coperte - Non volevo ferirti, scusa. -

Rhiannon sospirò e si sedette sul letto. - Non importa. - disse - Solo che quando ti ho visto con il suo giocattolo preferito in mano...beh, non sono riuscita a controllarmi. -

- E’ un cavallino bellissimo. - disse Galien, gli occhi luccicanti di gioia - Sembra quasi che debba partire al galoppo da un momento all’altro...l’ha costruito Potter ? -

La ragazza scosse amaramente la testa. - Potter non sarebbe capace nemmeno di tagliare un ramo d’albero, figurati intagliare un cavallino nel legno...E’ stato...il padre di Roslyn. -

- E lui dov’è ora ? -

- E’...è morto da tempo. -

Galien tacque per un momento, poi si mise a sedere e guardò Rhiannon con aria interrogativa.

- Rhiannon...dove andate voi quando morite ? -

- Cosa ? ! - La ragazza spalancò gli occhi, stupita da quella domanda

- Voglio dire...vi ritrovate anche voi nelle Aule di Mandos ? -

- Le aule di chi... ? -

- Mandos, il Vala dei morti... - ripetè Galien, stupito dal fatto che la ragazza non conoscesse quel nome.

- Ah, sì. Perdona la mia ignoranza, piccolo, ma dalle mie parti mi hanno insegnato che, quando si muore, si finisce semplicemente sotto un buon palmo di terra e nessuno ti vede più. I Valar non si ricordano di quelli come noi. -

- A me invece hanno insegnato che quando un Elfo muore la sua anima torna nelle Aule di Mandos e lì attende il giudizio...ma non so quanto si debba aspettare. Nessuno è mai tornato per raccontarlo. Ma vorrei che Naneth lo facesse... - disse amaramente il bambino.

Rhiannon gli accarezzò i capelli. - Tua madre ti aspetta lì ? -

- Dovrà aspettare ancora per un bel po’, temo. Noi Elfi abbiamo una vita molto, molto lunga, sai. A meno che... -

Galien rabbrividì, sentendo i ricordi affiorare alla pelle e farla accapponare.

- Non pensarci. - gli sussurrò Rhiannon in un orecchio - Tu sei qui e sei vivo, è tutto ciò che conta. Lascia che arrivi domani, per pensare al domani. -

Il bambino annuì e chiuse gli occhi, sperando di riuscire a dormire.

 

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


10

10. Un aiuto inatteso

 

 

 

 

Trascorsero i giorni, e cattive notizie giungevano spesso a Minas Tirith, portate dai viaggiatori e dagli esploratori mandati in ricognizione da Aragorn.

Gli Elfi del Bosco Atro tentavano frequenti sortite oltre il confine, e alcuni erano così temerari da essersi spinti addirittura fino ai limiti delle terre di Gondor. Non era semplice ricacciarli indietro ; essi avevano una conoscenza del territorio molto più vasta di quanto potesse averla il migliore dei Cacciatori del Re e si muovevano con estrema semplicità perfino nelle foreste più inestricabili.

- La situazione è esasperante, Sire. - disse il Capitano dei Cacciatori - Si muovono ad una velocità troppo elevata ; appaiono all’improvviso e scompaiono prima che possiamo intervenire...in piccoli gruppi attaccano interi villaggi durante la notte, travolgendo chiunque si trovi sul loro passaggio. Pensiamo che le loro azioni abbiano uno scopo puramente intimidatorio ; bruciano piccoli campi, trafiggono con le loro frecce le insegne delle botteghe, tagliano i rami degli alberi...non fanno grossi danni, ma la gente ha comunque paura. -

- E’ come se volessero dimostrare che, se sono in grado di seminare il terrore da soli, potrebbero fare molto peggio radunati in un esercito... - disse Aragorn, cupo.

Il Capitano annuì, e, turbato, guardò Legolas, che durante tutto questo discorso, era rimasto accanto alla finestra, lo sguardo fisso in lontananza. Anche Aragorn volse gli occhi verso di lui ; sapeva che l’elfo aveva ascoltato ogni frase e che, molto probabilmente, il fuoco del rancore lo stava divorando. Le sue parole non tardarono a venire.

- Sta trasformando la mia gente in un’orda di assassini - disse, senza voltarsi - e quello che mi fa infuriare di più è che non capisco come ci sia riuscito. Gli Elfi sono i custodi delle meraviglie della Terra di Mezzo, non un popolo di distruttori. Amano la vita, non la morte... -

Con un gesto della mano, Aragorn congedò il Capitano dei Cacciatori, che uscì dalla sala dopo essersi chinato al cospetto del suo Re. Poi si alzò dal trono e, con passo deciso, diresse verso uno dei suoi consiglieri, che avevano seguito la discussione accanto alla porta.

- Convoca immediatamente i miei Generali - disse - e anche i Rappresentanti che non sono ancora partiti per le loro terre. Di’ loro che si preparino per un Consiglio straordinario...è estremamente urgente. -

Il Consigliere fece un profondo inchino e uscì.

- Mi dispiace per tutto quello che stai subendo, Legolas - disse Aragorn avvicinandosi all’elfo - So che temi per il destino del tuo popolo, ma Eredhil va fermato prima che sia troppo tardi... -

Legolas si voltò lentamente verso l’amico, e nei suoi occhi tristi e spenti vi era solo rassegnazione.

- E come pensi di farlo, Aragorn ? - disse.

Aragorn tacque, turbato. Sapeva che Legolas non aveva tutti i torti, dato che Eredhil aveva dalla sua parte un potere oscuro e terribile di cui lui stesso ignorava la natura...

- Troveremo il modo, vedrai. - rispose, posandogli una mano sulla spalla. Ma quelle parole furono di scarso sostegno per Legolas.

 

 

 

- Mi sembra che sia tutto anche troppo chiaro. - disse Gimli dopo che Aragorn ebbe spiegato la situazione ai Rappresentanti rimasti e ai maggiori condottieri del suo esercito - Arriviamo subito al punto ; quel pazzo dispone di un potere troppo grande anche per lui, e inoltre ha l’appoggio di Garn di Esgaroth. Può muoversi come e quando vuole nel suo territorio e fuori da esso, e l’abbiamo visto tutti. Non sarà per niente facile bloccarlo. -

Un brusio si levò dai partecipanti al Consiglio, mentre Legolas lanciava ad Aragorn uno sguardo carico di timore.

- Di cosa avete paura ? - intervenne Sam - Eredhil è solo, mentre noi siamo tanti. Uniamo le nostre forze e lo sconfiggeremo ! -

- Non credo sia così semplice, Messer Samvise - disse Faramir - Eredhil ha nelle sue mani un oscuro potere di cui non sappiamo nulla ; qualsiasi nostro tentativo potrebbe avere esiti estremamente tragici... -

- Le tue parole sono sagge ed accorte, mio Sovrintendente. - disse Aragorn - E’ vero che i nostri eserciti riuniti potrebbero facilmente aver ragione di quello degli Elfi del Bosco Atro...ma a quale prezzo ? Rischieremmo di mettere inutilmente in pericolo le vite dei nostri soldati...oltre a quelle del popolo di Legolas. -

- E credi che questo sia un problema per noi ? - esclamò il rappresentante dei Dùnedain, alzandosi di scatto dal suo sedile - Credi forse che gli Elfi pensino alle conseguenze di ciò che stanno facendo ? A nessuno di loro è mai interessato nulla di ciò che si trova al di fuori dei loro confini, sono un popolo chiuso ed egoista ! Dove sono, adesso che abbiamo bisogno di loro ? Se ne stanno al di là del mare, incuranti di quello che i loro congiunti stanno tramando contro al terra per cui un tempo anche loro avevano combattuto ! -

- Modera le tue parole, perché in esse non si trova una briciola di verità e si smentiscono da sole! - esclamò Legolas con voce dura - Se non fosse stato per gli Elfi e per il loro contributo, avreste tutti invano combattuto per una terra malata che non sareste mai riusciti a difendere da Sauron ! Ringrazia la mia stirpe per l’erba su cui cammini, Dùnadan, e non condannare un popolo intero per gli errori di uno solo dei suoi figli ! -

Il Ramingo si sedette pesantemente. - Ci penserà Dol Amroth a zittirti, Elfo... - sibilò con rabbia.

- Non credo che Dol Amroth prenderà alcun provvedimento, ora che la situazione è così grave e l’Alleanza ha bisogno dell’accordo tra tutti i suoi componenti. - disse Aragorn - Confido nella saggezza di Imrahil, sebbene sia assente, e di tutti coloro che approvano la sua iniziativa. Vedo comunque che non è stato affatto colto il significato delle parole di Faramir e delle mie. -

Il Re di Gondor si alzò dal suo sedile e si mise a camminare lentamente intorno al tavolo, le mani dietro la schiena.

- Il pericolo a cui ci riferivamo non si può sconfiggere con un esercito...abbiamo visto tutti che Eredhil ha la corona di Morgoth, e certamente sta usufruendo del suo potere. Ma qual è questo potere ? Cosa è in grado di fare ? -

Tutti i presenti tacquero, turbati, finchè una voce roca ruppe il silenzio che regnava nella sala con uno strano canto...

 

“Chi mai mi porterà

una freccia spezzata ?

Chi mai mi porterà

una bottiglia di pioggia ?”

 

- Cosa... ? - disse il rappresentante dei Dùnedain, alzandosi di scatto e afferrando la spada.

Uno strano vecchio fece lentamente il suo ingresso nella sala. La logora veste marrone arrivava fino a terra, mentre una lunga barba grigia gli copriva le guance rugose ; in mano teneva un bastone nodoso la cui sommità era avvolta a spirale attorno ad un brillante globo di vetro color del cielo.

- Uhm...credo di essere arrivato al momento giusto. -

Tutti i presenti erano sbalorditi da quella strana apparizione ; Legolas e Aragorn, increduli, non riuscivano a distogliere lo sguardo dal vecchio.

Possibile che...

- Gandalf ! ! - esclamò Sam - E’ Gandalf, Gramp...Aragorn ! -

- Gramparagorn ? Un nome piuttosto insolito per il Signore di Gondor... - disse il vecchio con aria svanita.

- Ora basta ! Dicci immediatamente chi sei e come hai fatto ad entrare qui, altrimenti... -  disse il Rappresentante dei Dùnedain brandendo minacciosamente la sua arma.

- Posa quella spada, amico mio ; sono venuto ad aiutarvi a risolvere i vostri problemi, quindi vi consiglio di non crearne a me, come hanno tentato di fare le guardie che ora stanno placidamente dormendo là fuori. -

Il vecchio alzò lentamente una mano, e, all’improvviso, uno schianto fece sobbalzare tutti i presenti.

- Per Ilùvatar... - disse Legolas, vedendo che il vetro di una delle finestre era ridotto in mille pezzi, e che ora, su una spalla del vecchio stava tranquillamente appollaiato un piccolo tordo, intento a ripulirsi le ali, come se nulla fosse accaduto - Tu sei... -

Nessun altro fiatò.

- Mi dispiace, mio giovane Hobbit - disse il vecchio rivolgendosi a Sam - Non sono Gandalf, anche se un tempo l’ho conosciuto e apparteniamo alla stessa stirpe. Lui ora è lontano, e non può fare nulla per voi. Ma io, forse, posso ancora esservi di qualche aiuto. -

Il vecchio si avvicinò lentamente ad Aragorn, che lo guardò senza capire, e fece scorrere lo sguardo su tutti i partecipanti al Consiglio.

- Il mio nome è Radagast il Bruno, e sono il terzo degli Istari, i saggi Maghi mandati dai Valar a sorvegliare le terre ad Est. E ora lasciate che vi spieghi qualcosa di cui, forse, non siete a conoscenza... -

Quando fu certo che l’attenzione dei presenti fosse interamente rivolta a lui, Radagast continuò a parlare.

- Di certo sapete chi era Morgoth, il più crudele dei Valar, e conoscete le sue nefaste imprese. Tra esse ricorderete senz’altro il furto dei Silmaril, le preziosissime pietre che racchiudono in sé la luce degli alberi dei Valar. Egli rubò le tre gemme e le incastonò in una corona di ferro, dalla quale non si separò mai, fino a quando, alla sua caduta, gli fu tolta dal capo e i Silmaril recuperati. Secondo la leggenda, poi, le gemme andarono perdute, e non si seppe più nulla né di loro né di Morgoth...ma le cose, in realtà, non andarono esattamente così. -

Il vecchio abbassò lo sguardo e respirò profondamente, quasi temendo ciò che doveva dire.

- Morgoth non era solo...si avvaleva di due terribili demoni, due “propaggini” del suo essere malvagio, troppo potenti per essere imprigionati da semplici catene ; Armagh, la Lingua, che appare in forma di nube color del fuoco, e che possiede il dono della persuasione, e suo fratello Fermanagh, il Braccio, un essere grigio come metallo brunito, che invece possiede il dono della distruzione. Questi esseri mostruosi erano parti di lui, come i rami sono parti di un albero. Ma Morgoth, l’albero, era marcio, e la sua linfa velenosa...e i suoi figli non potevano essere da meno. Grazie a loro riuscì a portare dalla sua parte numerosi alleati, e gli oppositori a poco a poco caddero sotto il potere dei Tre che formavano il Tutto...

Ma i suoi crudeli piani erano desinati a fallire, e così fu...Morgoth venne sconfitto e imprigionato, ma bisognava trovare il modo per imprigionare anche gli altri due. Così, per mezzo dei Silmaril, su di loro vennero gettati potenti incantesimi, i Sigilli. Tre erano i Silmaril, e tre furono i Sigilli, come tre erano le creature che dovevano custodire...e per lungo tempo i tre demoni non furono in grado di nuocere. -

- Un momento ! - esclamò Aragorn - Ci stai forse dicendo che ora...i Sigilli hanno ceduto ? -

- Lasciami finire, Signore di Gondor. - lo apostrofò Radagast. Poi continuò il suo racconto.

- L’unico modo per spezzare quell’incantesimo era riunire i tre Silmaril e incastonarli di nuovo nella corona di ferro. Per questo motivo le gemme vennero nascoste e fu sparsa la voce che esse fossero andate perdute. -

- E la corona ? - disse Gimli - Perché non venne anch’essa distrutta ? -

- Perché chi avrebbe dovuto farlo, non lo fece, come avvenne per l’Unico Anello. Forse per cupidigia, per sete di quel potere che derivava dai tre demoni...fatto sta che la corona sopravvisse insieme ai Silmaril, nascosta chissà dove...fino a quando Sauron la trovò e la portò a Dol Guldur. -

Legolas spalancò gli occhi. - Vuoi dire che la corona è rimasta nel Bosco Atro per tutto questo tempo ? ! -

- Sì, Legolas. Voi l’avete custodita senza saperlo. E nemmeno noi Istari lo sapevamo, quando fummo mandati ad Est dalle terre al di là del mare. Il nostro compito consisteva nel proteggere la Terra di Mezzo e sorvegliare l’Oscuro Signore ; i Valar temevano infatti che avrebbe tentato ciò che, alla fine, fece. -

- Parli dell’Unico Anello - intervenne nuovamente Aragorn - Cos’ha a che fare Sauron con i tre Sigilli ? -

- Molto più di quanto tu possa immaginare. - rispose Radagast - L’Unico Anello era solo uno dei mezzi con cui Sauron cercò di prendere il sopravvento sulla Terra di Mezzo, ma gli servì anche ad altro...con il potere dell’Anello e la corona, Sauron cerò di indebolire i Sigilli, e in parte vi riuscì. Ma non trovò mai i Silmaril, quindi non potè completare il lavoro. Sauron, poi, finì come tutti sappiamo...ma ora qualcun altro sta proseguendo la sua opera. Eredhil del Bosco Atro ha trovato la corona ferrea e uno dei Silmaril, ed è riuscito a liberare il primo dei Tre. Da quanto ho potuto capire, dovrebbe trattarsi di Armagh, almeno così si spiegherebbe la defezione di Garn di Esgaroth... -

Legolas era sconvolto. Come avrebbero potuto sconfiggere Eredhil, ora che possedeva quel potentissimo e crudele alleato ?

- Radagast - disse - Cosa succederebbe se Eredhil trovasse gli altri due Silmaril... ? -

Lo stregone lo fissò negli occhi e scosse la testa.

- Non deve trovarli, Legolas. - disse - Se Eredhil riuscisse a spezzare tutti e tre i Sigilli, sarebbe la fine per tutti...e anche per lui, sebbene non possa saperlo. Morgoth, Armagh e Fermanagh non accettano il dominio di nessuno. Voi - Alzò il bastone e lo fece girare, indicando tutti i presenti. - dovete arrivare prima di lui. -

Gimli si batté le mani sulle cosce e si alzò in piedi. - Parli come se fosse la più semplice delle soluzioni ! - esclamò - Secondo te dovremmo trovare delle pietre nascoste chissà dove e distruggerle per... - 

- Io non ho mai parlato di distruggerle, figlio di Gloin - lo interruppe Radagast - anche perché i Silmaril non possono essere distrutti. Anche se Eredhil dovesse trovarne un’altra, una sola delle gemme sarà sufficiente a ripristinare tutti e tre i Sigilli e a cacciare nell’ombra i tre demoni. Ma se Eredhil spezzasse anche il secondo sigillo, le probabilità di riuscita di quest’impresa diminuirebbero notevolmente... -

- Resto della mia opinione. - continuò Gimli - Quest’impresa è una follia. Non sappiamo dove sono i Silmaril, né come fare a ripristinare i sigilli. E oltretutto non mi è nemmeno chiaro il tuo ruolo in questa storia, vecchio. Come fai a sapere tutte queste cose ? -

Radagast sorrise e si portò una mano verso la spalla, lasciando che il tordo salisse su di essa.

- Chiedilo al vero Re del Bosco Atro, Gimli. - disse - Lui conosce la risposta. -

Tutti i Rappresentanti si voltarono verso Legolas, che, stupefatto, vide lo stregone tendere il braccio verso di lui e lasciare che il tordo volasse sulla sua spalla.

- Io... - disse, con voce incerta - Io so chi sei, Radagast...sei da sempre il custode delle creature che vivono sopra la terra...e di quelle che affondando le loro radici nella terra stessa... -

- I Kelvar e gli Olvar. - disse Radagast annuendo - Dici bene, Signore del Reame Boscoso. Dalla mia dimora di Rhosgobel, nelle vallate dell’Anduin, proteggo ogni creatura, animale o pianta che sia, con l’aiuto dei saggi Elfi, coloro che più hanno a cuore tutte le forme di vita. Ma non ho saputo svolgere degnamente il mio compito...perché non sono stato capace di impedire, Legolas, che il tuo malvagio fratello si impadronisse del primo Silmaril e della corona, pur sapendo quali potevano essere le conseguenze di quel gesto. Sono involontariamente venuto meno al mio compito, e ora devo riparare in qualche modo, dando il mio contributo a questa causa che ci riguarda tutti. -

- Una causa persa in partenza, sembrerebbe. - disse Faramir - Eredhil non impiegherà molto a scoprire i nostri piani...anche se per ora non ne abbiamo. -

- Forse no, Sovrintendente, forse no...io so dove trovare delle risposte, ma da solo non posso farlo. Ho bisogno di uno di voi, colui che riesce a muoversi più velocemente e con maggior destrezza tra i boschi...il tempo che abbiamo è estremamente limitato. -

Legolas si alzò. - Verrò io. - disse - Questa situazione è frutto anche delle mie mancanze. Ma dove pensi di trovare le risposte che cerchi, Radagast ? -

Lo stregone sorrise. - Lothlorien. - disse - Interrogheremo lo Specchio di Galadriel. -

- Cosa ? ! - esclamò Sam - E come pensi di fare ? Lo specchio di Galadriel può essere usato solo da Galadriel ! -

- E’ quello che pensi tu, mio buon Samvise. Sono o non sono uno degli Istari ? Avrò pure qualche potere... - disse Radagast ammiccando - Ma avremo bisogno anche del contributo di Gondor e degli altri Popoli Liberi... -

Aragorn annuì. - Capisco cosa vuoi fare, e ho un’idea. Con il mio esercito mi sposterò a nord, verso Dol Guldur, e ci fermeremo a breve distanza dal confine, in modo tale da distrarre l’attenzione di Eredhil mentre tu e Legolas vi recherete a Lothlorien. Nel frattempo gli altri eserciti, se lo vorranno, si porteranno anch’essi verso i confini meridionali del Bosco Atro. Temo che gli scontri saranno inevitabili, ma forse, in questo modo, riusciremo almeno ad arginare le sortite da parte degli Elfi e a controllare i loro movimenti. -

Gimli sembrava titubante. - Quali garanzie abbiamo ? -

- Il fatto che nemmeno Eredhil sa da che parte cominciare la ricerca. E’ poco, ma sarà abbastanza se riusciremo a batterlo sul tempo. - disse Radagast.

Legolas aprì le labbra in un piccolo sorriso. - Forse abbiamo davvero qualche speranza... -

- Certo ! - esclamò il nano alzandosi e avvicinandosi a Legolas - Non ricordi le parole di Galadriel ? “La speranza rimane finchè la compagnia sarà fedele”...e stavolta sarai tu ad avere la mia ascia, amico. -

L’elfo lo guardò senza capire.

- Vengo a Lothlorien con voi. -

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


11

11. Ritorno a Lorien

 

 

 

 

Legolas galoppava veloce in sella al suo fedele Arod, il mantello grigio che gli svolazzava dietro le spalle mentre teneva lo sguardo dritto davanti a sé, voltandosi di tanto in tanto per controllare che Gimli, in sella al suo pony, lo seguisse. Radagast il Bruno li precedeva con il suo possente destriero morello, e a Legolas sembrava di rivedere Gandalf in sella ad Ombromanto, quando lui, Aragorn e Gimli galoppavano per le praterie di Rohan.

L’elfo non sapeva a cosa stesse andando incontro, ma la sua disperazione e il suo istinto l’avevano convinto a seguire il vecchio stregone nella sua impresa. Quell’uomo aveva una traccia...e quella traccia, forse, era l’unica possibilità di salvezza per la Terra di Mezzo.

Ripensò al giorno della partenza da Minas Tirith.

 

 

 

Erano partiti all’alba, appena terminati i preparativi.

- Sei proprio certo di volerci seguire, Gimli ? - disse Legolas guardando l’amico nano sellare un tozzo e vigoroso pony grigio.

- Non temere, non vi rallenterò il passo. - rispose Gimli - Non puoi immaginare i progressi che ho fatto ; sono finiti i tempi in cui la sola idea di salire in groppa ad un cavallo mi provocava le vertigini ! E poi senza le mie mani aggrappate alla tua schiena, sarai certamente meno impacciato...ci muoveremo tutti più velocemente. -

- Non mi preoccupa affatto di procedere più lentamente. - disse Legolas - Quello che temo è farti correre dei rischi inutili...ho già perso troppe persone a cui tenevo, e non voglio perderne un’altra. -

Gimli alzò gli occhi e sbuffò sonoramente. - Mi prendi per un bambino ? Proprio io che al Fosso di Helm ho tagliato la testa a quarantadue Orchetti ? Uno più di te, se non ricordo male... -

Legolas sorrise, guardando l’espressione corrucciata del nano.

- E poi io non abbandono gli amici in difficoltà. E tu sei ben più di un amico, dovresti saperlo. Quello che hanno fatto a tua moglie e a tuo figlio...beh, è come se l’avessero fatto a me, perché ti considero un fratello... ma ora basta parlare in questo modo, la malinconia poco si addice ad un Re dei Nani ! Sella il tuo cavallo, ti mostrerò le prodezze di cui è capace il figlio di Gloin ! Arriverò a Lothlorien prima di te...peccato solo che non ci sia Dama Galadriel ad attenderci. -

- Se i Galadhrim fossero rimasti nel Bosco d’Oro, forse questa situazione non si sarebbe verificata...è proprio vero, gli Elfi hanno esaurito il loro compito di custodi. Ora tocca ad altri proteggere la Terra di Mezzo. - disse amaramente Legolas - Comunque ti ringrazio per le tue parole, amico mio...anche se avrei preferito che l’occasione fosse diversa, non vedevo l’ora di poter tornare a cavalcare insieme a te. Nessuno ci fermerà, vedrai. -

 

 

 

L’elfo era più sereno. L’idea di avere i più cari amici al suo fianco gli aveva alleggerito il cuore dal tremendo peso che lo stava schiacciando.

I tre si erano da poco divisi dall’esercito che Aragorn stava conducendo verso il Bosco Atro, coprendo il loro percorso, e avevano iniziato a seguire a ritroso il fiume Nimrodel, a partire dal punto in cui esso sfociava nell’Anduin, mentre le schiere di Gondor si erano dirette più ad est. Legolas aveva messo a disposizione tutta la sua conoscenza del territorio per condurre l’armata lungo una via sicura e schivare le zone in cui gli Elfi avrebbero potuto facilmente tendere loro un’imboscata. Tuttavia un esercito in marcia non poteva passare inosservato, per cui i soldati di Gondor erano stati preparati a qualsiasi evenienza.

Sam non aveva voluto sentire ragioni, e aveva deciso di marciare alla testa della schiera insieme ad Aragorn e Faramir, mentre alla saggia Arwen era stato affidato il governo del paese.

- Non temere, Estel - aveva detto la Stella del Vespro al suo sposo, prima della partenza - Al nostro regno non accadrà nulla che io non possa impedire. E poi non sarò sola in questo compito ; i tuoi saggi consiglieri e la coraggiosa Eowyn mi saranno di grande appoggio. - 

Rincuorato da quelle parole, Aragorn aveva baciato la  fronte della sua sposa ed era partito, ma dopo quanto era successo ad Anìrwen, il suo animo era ancora inquieto.

Terribili cose stanno accadendo nella Terra di Mezzo, pensava. Il Male è stato risvegliato a nord...riusciremo noi a rimetterlo a dormire prima che dilaghi nelle nostre terre ?

 

 

 

- Non ricordavo che il percorso per Lothlorien fosse tanto lungo ! - disse Gimli ansimando, mentre era sballottato sulla sua sella, stanco per il viaggio - Sono tre giorni che cavalchiamo ! Non mi sento più le gambe e ho la schiena a pezzi...non potremmo fermarci solo un momento ? -

- Abbiamo fatto anche troppe soste, Gimli. - rispose Legolas affiancandosi al nano - Possiamo permetterci solo di perdere il tempo necessario per abbeverare i cavalli e farli riposare, cosa a cui abbiamo già provveduto. Cerca di resistere, ormai non manca molto. -

- Meno di quanto pensiate, amici... - disse Radagast fermando il suo cavallo e guardando in lontananza. Gimli e Legolas lo imitarono, e l’elfo lanciò uno sguardo davanti a sè, riparandosi gli occhi con una mano.

Dall’alto delle colline brumose, vide il sole pallido splendere su un’enorme distesa di alberi dalle chiome brillanti, la cui estensione si perdeva oltre l’orizzonte ; in mezzo ad essi il Nimrodel scompariva, come inghiottito da quella foresta d’oro e d’argento.

- Lothlorien... - disse Gimli con voce tremante ; perfino il suo duro cuore di Nano si sentiva smarrito di fronte a tanta bellezza.

- Non possiamo fermarci proprio ora che siamo arrivati. - disse Legolas spronando il suo cavallo - Andiamo. -

- Aspettate ! -

La voce di Radagast costrinse bruscamente l’elfo a fermarsi. Con sguardo interrogativo, Legolas vide lo stregone tendere un braccio e permettere al piccolo tordo, che l’aveva seguito fin da Minas Tirith, di salire sulla sua mano. Dopodichè gli sussurrò qualche parola in una lingua che né Gimli né Legolas poterono capire, e lo lasciò volare via verso il Bosco d’Oro.

- Radagast... ? - azzardò Gimli, non comprendendo le intenzioni dello stregone.

Il vecchio non rispose e continuò a tenere lo sguardo fisso nella direzione in cui l’uccello si era allontanato.

Trascorsero alcuni minuti, durante i quali i tre compagni rimasero in assoluto silenzio. Infine videro il tordo tornare e posarsi cinguettando sulla spalla di Radagast.

- Bene - disse lo stregone spronando il suo cavallo - Il campo è libero. Possiamo andare. -

 

 

 

I tre avanzarono a piedi nella foresta, guardandosi intorno come se non riuscissero a riconoscere quel luogo. Gli elfi avevano abbandonato Lorien da anni, ormai, e i segni della loro partenza erano evidenti ; nel bosco regnava un silenzio quasi innaturale, molto diverso da quello garantito dai suoi stessi abitanti, spezzato solo dal canticchiare sommesso di Radagast. Quando gli Elfi c’erano nessuno li vedeva, eppure si poteva benissimo percepire la loro presenza. Questo, invece, era un silenzio diverso, un silenzio che spezzava il fiato, come se la foresta avesse smesso di respirare...

Gimli si decise a parlare, sperando di spezzare quella strana tensione.

- Come hai fatto a trovarci, Radagast ? -

Lo stregone proseguì il suo cammino senza voltarsi. - Ho i miei messaggeri. - disse. Legolas e Gimli si scambiarono un’occhiata d’intesa e guardarono il piccolo tordo che rimaneva appollaiato sulla spalla di Radagast, come una strana appendice pennuta.

- Ad ogni modo era il posto più ovvio in cui avrei potuto cercare aiuto... - continuò - Gli elfi di Lorien e Rivendell se ne sono andati, e, quanto a quelli del Bosco Atro...beh, scusami tanto, Legolas, ma non credo fosse il caso di rivolgermi a loro. -

L’elfo annuì amaramente.

- Sapevo che il Signore di Gondor era l’unica persona che avrebbe compreso la gravità del problema - continuò Radagast - e il fatto di aver trovato a Minas Tirith i Rappresentanti dei Popoli Liberi mi ha decisamente aiutato, anche perché, a quanto ho capito, ne erano già in parte a conoscenza... -

- Per la barba di Durin, vedo che nutri una grande stima nei nostri confronti, Radagast ! Perdonami se non ti ringrazio ! - disse Gimli con una punta di indignazione nella voce.

Radagast non battè ciglio. - Non prendertela per le mie parole, Messer Nano - disse - E’ noto che il vostro popolo ha più interesse per ciò che si trova sottoterra che per  ciò che vi sta sopra. Gli Hobbit, invece, è noto che non amino immischiarsi in tutto ciò che possa fargli saltare l’ora del tè. Quanto agli Uomini...non credo ci sia bisogno di grandi spiegazioni. Si sono già rovinati abbastanza con le loro mani. -

- Mi dispiace, ma non sono d’accordo con te. - intervenne Legolas - La Guerra dell’Anello è stata orribile per tutti, eppure in quel periodo ho imparato molte cose. Ad esempio che in certe situazioni la gente può rivelare risorse davvero imprevedibili e mostrarsi molto diversa da come appare. La Terra di Mezzo ha un enorme debito con i pacifici Hobbit della Contea ; quanto ai Nani, ne hai accanto a te uno che reputò una ciocca dei capelli di Dama Galadriel estremamente più preziosa di tutte le gemme di questo mondo. - Gimli sorrise, compiaciuto. - Gli Uomini, poi, da tempo hanno riscattato la debolezza del loro sangue. Dobbiamo conoscere, prima di giudicare, Radagast...ma non credo che dovrei essere io a dirtelo. -

Radagast sospirò. - Ammetto di aver generalizzato troppo. - disse - E forse sono rimasto per troppo tempo fuori dal mondo, avendo a che fare con chi non è in grado di capire certe sottigliezze. - Accarezzò, sorridendo, le piume del suo tordo. - Comunque, la gente non matura mai al punto giusto per certe cose. O resta acerba o cade dall’albero ; per tutto il tempo in cui sono stato in  queste terre, non ho mai trovato una via di mezzo...spero comunque di non avervi recato un’eccessiva offesa. Ma ora guardate...siamo arrivati. -

Scostando i rami di un grosso cespuglio che gli ostruiva la vista, lo stregone mostrò ai due compagni di viaggio uno spettacolo terribile e grandioso ; le meravigliose dimore dei Galadhrim, avvolte come nastri di seta attorno ai tronchi d’argento dei maestosi Mallorn...erano ormai cadute in rovina. Di esse erano rimaste le lunghe scale, ora distrutte, ricoperte da edera e foglie morte, i tetti dei talan caduti a pezzi, le preziose statue di pietra segnate dal tempo e dalla pioggia...

Legolas si sentì stringere il cuore, mentre Gimli si guardava in giro con gli occhi pieni di malinconica meraviglia. Radagast continuava a cantare la sua strana canzone.

 

“Chi mai mi porterà

una freccia spezzata ?

Chi mai mi porterà

una bottiglia di pioggia ?”

 

Questa potrebbe essere la mia casa, si disse Legolas. Questo è ciò che rimarrà del Bosco Atro quando anche noi lo avremo abbandonato... Per Ilùvatar, è così buffo...lottare per una terra che poi lascerai a se stessa...

- Legolas. - La secca voce di Radagast interruppe i suoi pensieri.

Gimli guardò l’elfo con aria interrogativa. - Tutto bene ? - disse il nano.

- Perdonatemi - rispose Legolas continuando a guardarsi intorno - Ma è così difficile immaginare...di essere rimasti soli... -

- Capisco. - disse Radagast - Ma ora ti prego di mantenere tutta la tua concentrazione. Ci siamo. -

L’elfo e il nano seguirono lo stregone che aggirò gli alberi e li condusse in una piccola radura, al centro della quale si trovava un bacile in pietra sorretto da una colonna scheggiata.

- Lo Specchio... - disse Legolas, affrettandosi a raggiungere Radagast. Quando vi fu accanto, notò che anche lo Specchio di Galadriel aveva subito l’ingiuria del tempo. L’elfo allungò una mano per togliere dal fondo del bacile le foglie secche che vi si erano depositate in spessi strati, ognuno dei quali rappresentava un autunno trascorso senza che nessuno lo consultasse...

- Fermo, non toccarlo ! - esclamò Radagast. Legolas ritrasse di scatto la mano e guardò lo stregone senza capire.

Radagast si avvicinò ad un Mallorn, ai piedi del quale giaceva una brocca d’argento finemente lavorata e ora sporca e incrostata.

- Non puoi nemmeno immaginare il potere che si trova in quel catino incrostato, Signore del Bosco Atro... - disse lo stregone prendendo la borraccia che portava alla cintura e versando nella brocca l’acqua che in essa si trovava. Poi avanzò lentamente verso il bacile di pietra e vi versò l’acqua.

- Yenillor morne... - bisbigliò, mentre l’acqua riempiva piano lo specchio, facendo crepitare le foglie secche e rompendo il silenzio.

Gimli guardò lo stregone senza capire.

- Cosa sta dicendo... ? - domandò a Legolas, sottovoce.

L’elfo non riusciva a distogliere lo sguardo da Radagast, rapito dall’espressione concentrata e dalle strane parole dello stregone.

- ...tulinte I quettar... -

Legolas si sentiva come stranito...qualcosa in lui, la più antica delle sue radici, avrebbe voluto unirsi allo stregone mente pronunciava quelle parole in una lingua che non gli apparteneva...

- Insomma, si può sapere cosa sta dicendo ? - sussurrò Gimli.

- “Dagli anni Oscuri...giungono le Parole...” - disse Legolas. Anni Oscuri...il suo pensiero tornò alla Guerra dell’Anello. Ma l’oscurità stava tornando a stendersi sopra di loro, minacciosa...

- Quali parole ? ! - domandò Gimli, senza riuscire ad afferrarne il significato.

Legolas lo ignorò. - Sta parlando in Quenya...l’antica lingua degli Elfi... -

- Hlasta !  Qyetes... - continuò Radagast, con un tono che fece sobbalzare il nano. Legolas, ormai avvolto dalla musicalità di quell’antico linguaggio, continuò a seguire i movimenti delle labbra dello stregone.

- “Ascolta...esse parlano...” - Ma fu l’ultima frase a far rabbrividire l’elfo.

- Hfirimain... -

Legolas tentennò.

- “...parlano a...a coloro che non nacquero per morire...” -

L’ultima goccia d’acqua cadde nel bacile, ormai colmo.

- Presto, ora ! - esclamò Radagast, abbandonando a terra la brocca e tendendo la sommità del suo bastone verso lo specchio d’acqua. La sfera che portava in cima al bastone si illuminò.

Legolas e Gimli si sporsero verso lo Specchio, ma non videro nulla in esso se non il riflesso azzurro creato dalla verga di Radagast. Ad un tratto, però, il liquido cominciò a turbinare creando uno strano miscuglio di luci e colori.

- Ascoltate - disse lo stregone rivolgendosi a Legolas e Gimli - Non potrò mantenerlo a lungo. Concentratevi più che potete sui Silmaril e sul luogo in cui dovremo agire per ripristinare i Sigilli. -

- Luogo ? - disse Legolas sorpreso - Ma non ci avevi parlato di... -

- Non era la cosa più urgente, ti sembra ? - sbottò Radagast chiudendo gli occhi per non finire abbagliato dalla sua stessa luce - Sbrigatevi ora, non so per quanto potrà durare... -

Legolas e Gimli tornarono a guardare lo Specchio, quasi sbigottiti. I colori che prima avevano creato un vortice luminoso ora iniziavano a formare delle immagini sfuocate. Nel più assoluto silenzio, i due mantennero lo sguardo fisso su di esse, finchè...

- Cosa... ? - sussurrò Legolas.

L’immagine che si era appena creata nello Specchio rappresentava lui...

Lui, lo stesso Legolas, che sembrava tendere una mano davanti a sé...come per afferrare qualcosa...

L’elfo ebbe quasi l’impressione di vedere un altro se stesso tentare di prenderlo alla gola, e si ritrasse d’istinto, ma Gimli lo afferrò per un braccio.

- Non perdete la concentrazione ! - esclamò Radagast, gli occhi ancora chiusi.

Esitante, Legolas tornò a guardare nello Specchio, e vide l’immagine cambiare.

La seconda visione era ancora più inspiegabile della prima ; sembrava un’immensa macchia verde, prima uniforme, poi sempre più chiara finchè i due capirono che si trattava di una distesa erbosa...un prato, forse. No, una collina...una collina sulla cui sommità ardeva un fuoco impetuoso, che però non sembrava danneggiare l’erba... Poi il verde del prato e il rosso della fiamma si unirono in un turbine e, davanti agli occhi pieni di stupore del nano e dell’elfo, l’immagine cambiò di nuovo.

Questa volta il colore era il bianco. Tutto era bianco, tranne una minuscola macchia nera al centro esatto dell’immagine. Ad un tratto la macchia si ingrandì, fino a quando al suo interno apparve una strana figura : due lucidi coni, uno con la punta rivolta verso l’alto, l’altro al contrario sopra il primo. Le loro sommità sembravano toccarsi, ma Gimli e Legolas poterono definire, tra esse, uno spazio di piccole dimensioni. Poi la macchia nera che inglobava quella stana forma si rimpicciolì di nuovo, e il bianco tornò a predominare...ma il punto nero non scomparve, bensì si fermò al centro di un’immagine frastagliata, che pareva formare una riga sottile che divideva il bianco di fondo in due parti, quasi fossero i denti digrignati di un drago. La macchia nera si trovava esattamente a metà altezza della punta centrale, la più aspra e appuntita.

L’elfo e il nano si guardarono negli occhi, esterrefatti. Tre visioni, una più incomprensibile dell’altra...

I due amici stavano per ritrarsi dallo Specchio quando Radagast esclamò : - Fermi ! Non sono finite ! Sento che qualcos’altro sta per giungere... -

Gimli e Legolas tornarono ad affacciarsi sulla superficie dell’acqua, e quello che videro...

Legolas sentì il suo cuore fermarsi.

- A Elbereth Gilthoniel... - bisbigliò.

Un bambino...un bambino biondo che giocava e rideva serenamente accanto ad un vecchio...

- Galien ! - esclamò Legolas, tendendo una mano verso lo Specchio.

- No ! Non toccare l’acqua ! -

Nel momento stesso in cui le dita dell’elfo sfiorarono la superficie del liquido, un’esplosione di luce lo scaraventò indietro, e lo stesso accadde a Radagast e Gimli. Poi la luce si spense e il magico Specchio di Galadriel tornò ad essere un semplice bacile di pietra scheggiata.

- Per la barba di Durin ! Che accidenti è successo ? ! -  esclamò Gimli, alzandosi goffamente. Vedendo che Radagast era ancora a terra, dolorante, corse ad aiutarlo a rialzarsi.

- Ahimè... - disse lo stregone, una volta in piedi, recuperando il suo bastone e spolverandosi via le foglie secche dalla veste bruna - Le mie povere, vecchie ossa non sono più quelle di un tempo... -

Gimli guardò Legolas ancora sdraiato su un fianco, ansimante, gli occhi spalancati e fissi nel vuoto.

- Legolas...va tutto bene ? - disse il nano avvicinandosi all’amico e tendendogli una mano. Ma l’elfo non la prese, e rimase ancora in quella posizione ; sembrava che tutto ciò che lo circondava fosse scomparso, e nel suo sguardo si trovava ancora quella visione, indelebilmente impressa...

Galien.

Suo figlio.

Vivo...

- Era lui, Gimli... - sussurrò mentre il cuore gli galoppava nel petto - L’hai visto anche tu, vero ? Era Galien, non posso sbagliarmi... -

Il nano tentennò, non sapendo che dire.

- Vi dispiacerebbe informare anche me su quello che avete visto ? - disse Radagast. Gimli gli descrisse le visioni, mentre Legolas si rialzava, ancora sconvolto.

- Uhm...davvero strane ed enigmatiche, non c’è che dire... - disse lo stregone, pensieroso - Legolas che tende una mano...verso di sé, fuoco che non brucia l’erba, un misterioso disegno bianco e nero... -

- E mio figlio ! - esclamò Legolas, guardando lo stregone con occhi febbricitanti - Quello era mio figlio, ne sono sicuro... -

Radagast non disse nulla e continuò a rimuginare su ciò che gli aveva raccontato il nano.

- Io stento ancora a credere a ciò che ho visto... - disse Gimli - Ma se quel bambino era veramente Galien, cosa può voler dire ?-

- Non lo so. Ma ora mi sento ancora più confuso...ricordi ciò che Galadriel disse a Frodo ? “Lo Specchio mostra cose che furono, cose che sono e cose che devono ancora essere”. Ma quell’immagine non apparteneva al passato di Galien, ne sono certo...e se appartiene al suo presente o al suo futuro, significa... -

- Che è ancora vivo ! - esclamò Gimli prendendo un braccio all’elfo - E se è così, allora possiamo ricominciare a sperare, amico mio ! -

- Tutto è perduto solamente quando lasciamo morire la speranza, Gimli. - disse Legolas scuotendo la testa - E io non l’ho mai persa del tutto. Nel profondo del mio cuore non l’ho mai voluto. Se solo avessi la certezza che Galien è davvero vivo e sta bene... -

Radagast continuava a rimuginare. Una freccia spezzata...una bottiglia di pioggia...

- Tu cosa ne pensi, Radagast ? - disse Gimli.

Lo stregone smise di borbottare, ma mantenne lo sguardo fisso nel vuoto, segno che non aveva interrotto il flusso dei suoi pensieri.

- Che le prime due visioni dovevano indicare i luoghi in cui trovare i Silmaril, la terza quello in cui ripristinare i Sigilli. - rispose con noncuranza - Forse conosco il terzo luogo...se solo riuscissi a ricordare... -

- E la quarta ? Cosa c’entra il bambino in tutto questo ? - domandò Gimli, corrugando la fronte e incrociando le braccia.

- Questo dovrà scoprirlo Legolas. - disse Radagast fissando l’elfo con i suoi occhi scuri - Forse lo Specchio ha avvertito la tua speranza di ritrovare il figlio che, se non ho capito male, credevi morto, e ha voluto in qualche modo aiutarti...eppure sono convinto che non te l’abbia mostrato per caso. Galien deve avere molto a che fare con questa storia, ma ancora non capisco come... -

Detto questo, lo stregone si diresse a passo spedito verso il suo cavallo, che lo attendeva legato ad un albero poco distante.

- E adesso dove vai ? ! - esclamò Gimli.

- Credo di aver capito il significato della terza visione - rispose Radagast - Ma prima devo verificare una cosa. Voi raggiungete le schiere dell’esercito di Gondor ; so dove sono, ci troveremo là. -

Lo stregone balzò in sella, lasciando interdetti i due amici.

- Un’altra cosa - disse poi Radagast dopo essere balzato in sella - Se mai doveste trovare i Silmaril, state molto attenti...poiché essi accendono terribili desideri in chiunque li possieda. -

- Aspetta un momento, Radagast ! Anche se trovassimo i Silmaril, come faremo a ripristinare i Sigilli ? - disse Gimli.

- Oh, non ne ho la minima idea ! - esclamò lo stregone spronando il cavallo - Ma è quello che ho intenzione di scoprire con l’aiuto delle visioni. A presto, amici. -

L’elfo e il nano rimasero a guardare il vecchio allontanarsi al galoppo saettando tra gli alberi.

- Quello stregone è ancora più pazzo di Gandalf...bell’affare abbiamo fatto a seguirlo. E ora cosa facciamo ? - disse Gimli, sbuffando.

- Torniamo indietro. - rispose Legolas dirigendosi a sua volta verso i cavalli con passo sicuro - Raggiungiamo Aragorn e portiamogli il nostro aiuto. E poi, dato che abbiamo bisogno di risposte, cerchiamo di riflettere su quanto abbiamo visto... -

- Ho l’impressione che tu non ci sarai di grande aiuto... - borbottò Gimli guardando l’elfo di traverso e sorridendo sotto i baffi. Legolas capì le parole del nano e gli restituì il sorriso.

- E’ vero, amico. - disse, il cuore istintivamente più leggero e il viso più luminoso - Sento che ora ho qualcos’altro a cui pensare, e un altro motivo per sperare...e per vivere... -

 

 

 

 

 

 

 

Le parole di Radagast in Quenya fanno parte del brano “The prophecy”, tratto dalla colonna sonora del film “La compagnia dell’Anello”, pezzo che ho usato come sottofondo...non ho reso affatto l’idea, ma è un brano che mi fa rabbrividire !

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


12

12. Le buone intenzioni

 

 

 

 

Yain alzò la testa bagnata e guardò il sole che stava tramontando su Aldorath. Mentre tornava a casa con il suo cavallino pezzato alla mano pensò che era stata davvero una giornata splendida e fruttuosa.

Cercando di non farsi notare dai pochi passanti (comunque troppo impegnati a farsi gli affari propri per badare a lui) estrasse piano dalla tasca una delle molte pietre brillanti che aveva recuperato durante l’ennesima immersione nel letto dell’Anduin ; erano ancora sporche e incrostate, ma con una bella ripulita sarebbero tornate a splendere di nuovo come meravigliose gemme colorate. Il fiume ne era pieno ; da quando le aveva trovate per la prima volta, Yain era tornato spessissimo a cercarle, e ora ne aveva accumulato un bel mucchietto.

Sospirò e sorrise, pensando ai consueti rimproveri che gli avrebbe rivolto Valerius ; secondo lui c’era il rischio che gli Elfi del Bosco Atro (quelli di Lothlorien se n’erano andati da tempo, ormai) considerassero il piccolo interesse di Yain come una profanazione del Grande Fiume o, peggio ancora, un furto, e gli aveva categoricamente vietato di recarcisi. Ma il ragazzo, testardo come un mulo, se n’era sempre infischiato e, senza farsi scoprire, era tornato più volte al fiume, portandosi regolarmente a casa un piccolo bottino.

D’altronde, che cosa ne sapeva Val degli Elfi ? Non più di quanto ne sapesse lui...

Yain si strofinò la testa con il mantello, cercando di asciugarsi un po’ di più i capelli bruni. Se tornava a casa con i capelli ancora bagnati, Val avrebbe sicuramente capito che era tornato al fiume, e magari l’avrebbe punito...

Il ragazzo fece spallucce. Beh, chi se ne importava. Si sarebbe fatto perdonare regalando al fratello una delle pietre più belle della sua collezione, come quella verde con cui Val aveva fabbricato il ciondolo per Rhiannon.

Chissà se Rhiannon l’aveva indossato. Doveva esserle piaciuto di sicuro, l’aveva capito dal suo sguardo, ma forse, dopo la discussione che i due avevano avuto quel giorno, l’aveva gettato via...

Yain ripensò alla ragazza dai capelli color del fuoco ; era passato parecchio tempo da quella malaugurata giornata, e lui era tornato ancora diverse volte con Val alla “Locanda dei Tre Passi”, ma il fratello e Rhiannon non si erano più parlati. Sembrava quasi che fosse calato un velo di imbarazzo, più che di collera, tra i due. Certo, dopo l’ennesima proposta e l’ennesimo rifiuto, Val avrebbe dovuto rassegnarsi...e invece Yain sapeva che il fratello conservava ancora dentro di sé la speranza che la ragazza cambiasse idea. Ma con Galien di mezzo, ora, Val era quasi certo di non avere più nessuna possibilità di conquistare il cuore di Rhiannon...perché se l’era già accaparrato qualcun altro.

Yain sospirò di nuovo.

Affari loro, pensò, sono adulti e sapranno uscirne da soli.

E poi a Yain piaceva Galien. Quando andava alla locanda, con o senza Valerius, riusciva sempre a sgattaiolare nel retrobottega per chiacchierare un po’ con il bambino. Da quando l’aveva conosciuto, aveva migliorato molto la sua conoscenza della lingua e delle usanze degli Elfi ; e anche se Val la giudicava una perdita di tempo, lui era convinto che prima o poi gli sarebbero tornate entrambe utili, soprattutto in quegli ultimi tempi, in cui con gli Elfi bisognava stare molto attenti...

Mentre camminava per le strade del villaggio si domandò cosa potesse essere successo per sconvolgere un popolo così pacifico. Nessuno aveva mai avuto problemi con gli Elfi, eppure in quegli ultimi tempi le cose sembravano essere molto cambiate...

Yain pensò che, magari, avrebbe potuto parlarne con Galien...meglio se di nascosto a Rhiannon, però. Alla ragazza non piaceva che si facessero domande al piccolo elfo, e anche lo stesso Galien era molto restio a parlarne ; anche se non sapeva quasi nulla del suo passato, Yain sapeva comunque che doveva nascondere qualcosa di molto triste dietro a quegli occhioni azzurri.

Sì, quella sera sarebbe andato alla locanda. E avrebbe regalato una bella pietra colorata al bambino, magari quella grigia con i riflessi azzurri...gli sarebbe piaciuta tantissimo...

- Toh, guarda...siamo già arrivati ! - disse, alzando la testa, e portando il cavallo nella stalla che si trovava dietro la piccola bottega di fabbro di Valerius, sopra la quale i due fratelli vivevano. Liberò il cavallo dai finimenti e gli diede un secchio di biada, poi aggirò il piccolo edificio e sbirciò l’ingresso principale. Le imposte erano chiuse anche se non era ancora sceso completamente il buio, segno che forse Val era uscito. Ma quando aprì lentamente la porta si trovò davanti il fratello che lo guardava con aria severa e le braccia conserte.

- Ehm...Val, cosa stai facendo qui ? - disse Yain, sorpreso.

- E’ la mia bottega e ci lavoro. - rispose seccamente Valerius - Tu, piuttosto...sei andato un’altra volta al fiume, vero ? -

Yain fece un sorrisetto imbarazzato, i capelli ancora umidi incollati alla fronte. - Cosa te lo fa pensare ? - disse.

- Non fare il furbo con me, ragazzino ! - sbottò Valerius - Ti ho detto un’infinità di volte di piantarla con questa sciocchezza delle immersioni nell’Anduin ! Per colpa di quelle stupide pietre finirai per cacciarti nei pasticci una volta o l’altra, e scordati che ci pensi io a tirartene fuori ! Niente grane con gli Elfi, Yain...sono stato chiaro ? -

Yain sbuffò. - Andiamo, Val...cosa vuoi che importi agli Elfi di quattro sassi ? E poi non dirmi che non ti ha fatto piacere quando ti ho regalato le ultime che ho trovato...il ciondolo che hai regalato a Rhiannon era veramente bellissimo. -

Nel sentire nominare la ragazza, il viso di Val divenne freddo. - Lascia perdere Rhiannon, d’accordo ? - disse, voltando le spalle al fratello - Lei non ha tempo per pensare ai miei doni. Ha occhi solo per quel bamboccio elfo, crede di potergli fare da madre come ha fatto con Roslyn, ma... -

Val si interruppe bruscamente.

- Ma... ? - lo incalzò Yain.

Val alzò una mano. - Zitto. - disse, correndo verso la finestra e aprendo uno spiraglio tra le imposte. Yain affiancò il fratello e sbirciò a sua volta dallo stretto pertugio, e capì cosa aveva attratto la sua attenzione. Non era stato un rumore particolare tra quelli che risuonavano nel villaggio, ma...l’improvviso silenzio che si era creato. Sembrava che nemmeno una mosca avesse il coraggio di ronzare nell’aria di Aldorath.

- Guarda guarda... - disse ad un tratto Valerius. Yain si spinse ancora di più contro il fratello e, dalla fessura, vide un elfo a cavallo avanzare nell’oscurità che era ormai scesa. Normalmente quella visione non gli avrebbe provocato nessuna particolare sensazione, ma in quel momento c’era qualcosa di strano... Forse erano state tutte le voci che stavano circolando in quei giorni sugli Elfi a suggestionarlo, ma quel cavaliere biondo dallo sguardo gelido non gli diceva niente di buono...tutta la sua figura emanava qualcosa di inquietante...qualcosa che toglieva il fiato...e Yain non riusciva a spiegarsi cosa fosse...

All’improvviso, lo sguardo incuriosito dei due fratelli mutò in un incomprensibile timore quando videro l’elfo guardare verso di loro e spronare il cavallo in direzione della bottega.

Valerius spinse indietro Yain e chiuse di colpo le imposte.

- Ci ha visti, maledizione ! - disse, passandosi una mano sul viso - Che sciocco, era ovvio... -

- Cosa facciamo, Val ? - disse Yain, agitato.

Valerius si diresse di corsa verso il banco di lavoro e afferrò il primo pugnale che gli capitò sotto mano, infilandoselo nella cintura.

- Vai di sopra, Yain - disse - E nascondi le pietre. -

- Ma... -

- Vai di sopra, ho detto ! -

Il ragazzo non riuscì ad obbedire a quel secco ordine perché la porta della bottega si spalancò all’improvviso. Valerius si mise davanti al fratello minore per proteggerlo, portando una mano al pugnale ma senza sguainarlo. Attenzione alle mosse false, si disse.

Il cavaliere elfo fece il suo ingresso guardandosi intorno, senza apparentemente badare all’atteggiamento ostile e spaventato dei due.

- Cosa vuoi ? La bottega è chiusa a quest’ora. - disse Valerius, cercando di mantenere un tono di voce fermo mentre suo fratello, dietro di lui, tremava dalla paura.

L’elfo passò oltre e si diresse verso il banco. Davanti ad esso si fermò e si voltò verso i due, guardandoli con occhi di ghiaccio.

Potrebbe essere un cadavere che cammina, pensò Yain, non ha niente di vivo...e niente di elfico...

- Mi hanno detto che sei un fabbro. - disse il misterioso cavaliere.

Valerius si mostrò piuttosto irritato da quella domanda. - Ma no...sono un fornaio, invece. Questa ferraglia mi serve per impastare il pane... - disse.

L’elfo non parve nemmeno sentirlo. - Mi hanno detto anche che sei il migliore nella zona. - continuò.

Val tacque e si guardò i piedi, quasi imbarazzato. - Dipende...dipende da chi te l’ha detto. Ripeto, cosa vuoi ? -

Con una mossa fulminea, l’elfo estrasse la spada e la tenne dritta davanti a sé. I due fratelli balzarono indietro per lo spavento.

- E’ scheggiata. - disse il visitatore con il consueto tono glaciale - Me ne serve un’altra. La migliore che hai. -

Lentamente, Valerius si diresse verso l’elfo ed esaminò la sua arma, senza toccarla.

- E’...è una spada molto bella... - disse - La fattura è squisita...non so se tra quelle che ho fatto posso trovartene un’altra uguale... -

- Devi trovarla. - replicò l’elfo.

Valerius non ebbe bisogno di rispondere. Con il cuore che batteva forte per la paura si diresse nel retrobottega. L’elfo rimase davanti al banco, gli occhi fissi su Yain, che non aveva il coraggio di muovere un muscolo. Dalla stanza accanto poteva udire il rumore di oggetti metallici che sbattevano uno contro l’altro, segno che Valerius si stava dando da fare per cercare un’arma che fosse adatta allo sgradito visitatore.

Già, e quando l’avrai trovata cosa pensi di fare, Val ? si disse Yain. Non credi che questo bel cliente vorrà saldare il conto a modo suo ? Sarà anche troppo se respireremo ancora quando sarà uscito da qui...

- Ecco, forse ho trovato qualcosa che fa al tuo caso. - disse Valerius tornando indietro a passo spedito. Tra le mani teneva una lunga spada dalla lama dritta, non così sottile e stretta come le spade degli elfi, ma ugualmente robusta e maneggevole. La porse all’elfo che la afferrò senza esitazione. - Non potrà mai competere con quella che avevi, naturalmente...ma è la spada che mi è riuscita meglio. Speravo quasi di poterla tenere per me. La lama è così forte e affilata che potrebbe tagliare in due il tronco di un albero... -

Valerius si morse la lingua, rendendosi conto di aver detto una frase profondamente infelice ; sapeva benissimo, infatti, quanto gli Elfi rispettassero la natura in tutte le sue forme...

Chiudendo gli occhi, il giovane fabbro sembrò quasi aspettare il colpo di grazia, che però non giunse mai. Quando riaprì gli occhi, Valerius vide l’elfo osservare attentamente la fattura dell’arma e soppesarla tra le mani.

- Hai fatto un buon lavoro. - disse quest’ultimo con il suo solito tono di voce freddo e distaccato, gettando sul banco un sacchetto di monete d’oro. Incredulo, Valerius guardò Yain che ricambiò il suo sguardo. Nel frattempo, il cavaliere stava lentamente guadagnando l’uscita.

- Un’ultima cosa. - disse l’elfo voltandosi verso i due. Val e Yain lo fissarono senza muoversi.

- Sto cercando un bambino. Un elfo, che deve certamente essere da qualche parte nei paraggi. Se lo trovate, portatelo a Dol Guldur, e il mio Signore vi ricompenserà ; ma non provate a nasconderlo, altrimenti sperimenterete la sua collera. -

Galien.

Yain sentì un tuffi al cuore. Guardò suo fratello, ma vide che Valerius teneva gli occhi fissi sul pavimento.

Non dirglielo, pensava Yain. Se tieni davvero a Rhiannon, non dirglielo, ti prego...

Dal canto suo, Valerius stava facendo lavorare freneticamente il suo cervello.

Non sapeva perché quell’elfo stesse cercando Galien, né era riuscito a capire perché Rhiannon insistesse per nasconderlo anziché riportarlo a casa. L’unica conclusione che aveva trovato era che la ragazza temesse per l’incolumità del bambino. Ma perché ? Perché non farlo tornare tra la sua gente ?

Certo, quello strano elfo dallo sguardo di ghiaccio non gli piaceva per niente...come non gli piacevano le voci che giravano nel villaggio sul nuovo Signore di Dol Guldur...ma come potevano dei miserabili come lui e Rhiannon opporsi al volere di un Re degli Elfi ? Con il terribile rischio di incorrere nella sua vendetta, se non gli avessero consegnato Galien...

Ma Rhiannon si stava affezionando troppo a quel bambino...come avrebbe reagito se glie l’avessero strappato ?

Lo perderà comunque, prima o poi, pensò Valerius.

E quando sarebbe successo, Rhiannon avrebbe avuto certamente bisogno di qualcuno che le stesse vicino e le desse tutto l’affetto necessario ad aiutarla a dimenticare e a superare il dolore...per la prima volta da quando si era innamorato di lei, Valerius avrebbe potuto restare al suo fianco per sostenerla...avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, perché tutto ciò che desiderava era la felicità di quella ragazza...

Il giovane fabbro alzò gli occhi e incontrò quelli del fratello.

Yain scosse il capo, tremante, pregando che Valerius non facesse ciò che lui temeva.

Val fissò suo fratello e annuì, con espressione fiduciosa, sperando quasi nella sua approvazione.

In fin dei conti lo sto facendo per Rhiannon, pensò.

Ed era sincero. Lo era davvero.

- Credo di sapere dove si trova quel bambino. - disse.

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


13

13. Cacciatori e prede

 

 

Chased you out of this world, didn’t mean to stop

I turned around and suddenly you were gone

like some bird from paradise, the fire and ice

we turned around and suddenly you were gone, gone, gone...

 

            Simple Minds, “Street fighting years”

 

 

- Pioverà. - disse Potter. Rhiannon smise per un attimo di pulire i tavoli e si voltò a guardare il vecchio che stava accucciato a sistemare i piatti in un armadietto sotto al bancone. Galien ignorò i due e continuò a giocare con il suo cavallino di legno.

- Cosa te lo fa pensare ? - domandò la ragazza.

- La mia schiena. Una stilettata nelle reni significa tempesta in arrivo, puoi scommetterci. -

- Ne sentirai di stilettate, se continui a restare in quella posizione ! - esclamò Rhiannon ridendo.

Il vecchio si rialzò a fatica e si stiracchiò con una smorfia di dolore.

- Comunque è strano... - aggiunse la ragazza guardando fuori dalla finestra - L’aria è calma e non c’è una nuvola in cielo...guarda quante stelle, Galien ! -

Il bambino si alzò e raggiunse la ragazza accanto alla finestra, alzandosi sulla punta dei piedi per guardare fuori.

- Come si chiama la vostra stella più luminosa ? - domandò Rhiannon, affascinata dalla vista di tutti quei punti luminosi nel cielo nero.

- Eärendil - rispose Galien.

- Già, Eärendil...vuoi sapere cosa diceva mia madre a proposito delle stelle, Galien ? -

Il bambino annuì.

- Mi raccontava spesso una vecchia favola...parlava di un uomo che aveva deciso di percorrere la via delle stelle perché aveva sentito che esse indicavano il destino di ogni persona, ma il suo viaggio non terminava mai, perché le stelle formano infinite strade...e così lui non si fermò mai e diventò vecchissimo... -

- E morì ? -

- No, non morì. Continuò a seguire le stelle e attraversò tutti i paesi del mondo...i boschi degli Elfi, le grotte degli Orchi, le montagne dei Nani, le città degli Uomini...ed è diventato l’uomo più saggio che fosse mai esistito. Tutti lo incontrano prima o poi, nella loro vita. -

- Non ho capito niente. - disse Galien - Perché è diventato saggio ? E com’è possibile che tutti lo incontrino ? -

- E’ una favola, Galien - intervenne Potter - E le favole, in genere, non significano un bel niente, salvo per chi le racconta... -

Rhiannon sbuffò. - Ignoralo, piccolo. - disse - La fantasia di Potter non riesce nemmeno ad uscire da questa locanda... Lascialo perdere e pensa alle stelle. Esse formano milioni di strade che si incrociano tra loro all’infinito ; tu puoi seguirne una, ma essa ne incrocerà un’altra e un’altra, e un’altra ancora...e così incontrerai tutte le persone che percorrono quelle strade, fino a quando non smetterai di seguire la tua, perché il nostro destino è legato a quello di tutti gli esseri che vivono su questo mondo...alla fine, ci incontreremo tutti, più avanti, lungo la strada...questo aveva imparato l’uomo delle stelle. Per questo era saggio. Avete capito ? -

- No - dissero all’unisono Galien e Potter.

Rhiannon alzò gli occhi e le mani al soffitto. - D’accordo...ci rinuncio ! - disse - Comunque mangerò un gatto se scenderà una sola goccia d’acqua, qualsiasi cosa dica la tua schiena ! -

Potter corrugò la fronte. - Non parlavo necessariamente di una tempesta di pioggia. Non so perché, ma i miei acciacchi non mi dicono niente di buono... -

- Dovrai farci l’abitudine, se vuoi trascorrere una serena vecchiaia, Potter ! Se non sbaglio, i dolori fanno parte dell’affare ! -

- Chissà se incontrerò anch’io l’uomo delle stelle... - disse Galien riemergendo dai suoi pensieri.

- Oh, se non l’hai ancora incontrato lo farai di certo ! - esclamò Rhiannon prendendo in braccio il bambino - Anche se forse non te ne accorgerai...bisogna essere molto saggi per riconoscerlo. -

- E come farò a diventare saggio ? -

- Andando a letto presto, dando ascolto agli anziani e...bevendo molta birra ! - disse Potter.

Rhiannon e il vecchio sorrisero, ma la loro espressione cambiò quando videro che il bambino era rimasto serio e fissava il vuoto alle spalle del vecchio.

- Stavo scherzando, Galien...lo so che la mia birra non ti piace ! - disse Potter, tentando di nascondere la preoccupazione.

Il piccolo elfo non si mosse. L’uomo e la ragazza si guardarono l’un l’altra in silenzio senza capire, quando, ad un tratto, Potter spalancò gli occhi e, voltandosi, comprese.

- La porta... - disse il vecchio - Sta guardando la porta... - 

All’improvviso Rhiannon sentì il respiro del bambino farsi più affannoso. Istintivamente lo strinse al petto.

- Stanno arrivando... - sussurrò impercettibilmente Galien.

- Chi... ? -

- DEGYD ! DEGYD O ERYN LASGALEN ! ! ! -

Potter e Rhiannon si scambiarono uno sguardo allarmato, e la ragazza strinse ancora più forte il bambino.

- La botola ! - disse, spingendo la ragazza verso il retrobottega - Presto ! ! -

Vogliono me...vogliono me...pensava febbrilmente Galien mentre Potter faceva entrare lui e Rhiannon nello stretto cunicolo che si apriva nel pavimento della piccola stanza.

- Non muovetevi da qui, qualsiasi dannata cosa debba accadere. - disse Potter tenendo sempre d’occhio la porta d’ingresso - Il tunnel sbuca dietro la stalla ; se capite che è il caso di farlo, prendete i cavalli e correte ad Aldorath. -

- Ma...Potter ! - gridò Rhiannon allungando una mano verso il vecchio mentre questo chiudeva la botola sopra la testa della ragazza e del bambino - Cosa vuoi fare ? ! Vieni con noi, almeno  ! -

L’uomo scosse la testa. - No. - disse.

- Perché ? ! -

- Chiunque ci sia là fuori, è meglio che trovi qualcuno qua dentro ad aspettarlo...e non voglio che trovi voi. -

- Potter ! ! -

Il vecchio non rispose e, con un colpo secco, chiuse la botola e si precipitò nella sala da pranzo, afferrando la vecchia ascia arrugginita che teneva sotto il bancone.

- Ora sono pronto... - disse il vecchio, sentendo il suo cuore battere come impazzito.

In quel momento, la porta della locanda venne abbattuta da un calcio poderoso, e due elfi armati di lunghe spade fecero il loro ingresso, minacciosi.

- Indietro ! - gridò Potter brandendo l’ascia verso i due sconosciuti che non si curarono delle sue parole.

- Vogliamo il bambino. - disse uno dei due, continuando ad avanzare - Sappiamo che è qui. Consegnacelo e forse ti risparmieremo. -

- Non c’è nessun bambino qui ! - disse Potter scuotendo la testa - Andatevene subito ! -

- Le tue bugie sono pietose, vecchio. In questo modo non farai altro che procurarti una morte lenta e dolorosa...avanti, consegnaci il bambino ! -

Potter strinse l’ascia e lanciò uno sguardo di fuoco ai due elfi. - Dovrete passare sul mio corpo, maledetti... - disse.

- Stupido uomo ! - esclamò uno dei due afferrando velocemente un pezzo di legno in fiamme dal camino - Credi forse che per noi sia un problema ? ! -

 

 

- Ho paura, Rhiannon... - sussurrò Galien con voce tremante stringendosi forte alla ragazza.

Rhiannon alzò la testa nel buio di quello stretto cunicolo. Anch’io, avrebbe voluto rispondere ; ma dalle sue labbra uscì solo un flebile : - Andrà tutto bene, vedrai... -

Ma la ragazza non ne era affatto convinta, e Galien lo percepì.

- Sono venuti per me... - disse, stringendo i denti - Vi ho messo nei guai...mi dispiace, Rhiannon... -

- Non parlare più. - disse Rhiannon abbozzando un debole sorriso e accarezzandogli i capelli, senza riuscire però a dissimulare il terrore e l’angoscia che stava provando.

Tese le orecchie, cercando di percepire ogni suono che proveniva da sopra le loro teste ; sentiva voci confuse, rumori di passi pesanti, clangori di armi. Cosa stava succedendo a Potter ? Chi c’era di sopra con lui ?  Elfi, forse...sicuramente qualcuno che voleva Galien. Ma chiunque fosse, lei non gli avrebbe mai permesso di portare via il bambino...mai. Lei l’avrebbe protetto, come Potter stava proteggendo loro.

Poi udì un grido strozzato e un tonfo sordo. La ragazza chiuse gli occhi.

Potter.

- E’ morto... - disse Galien, gli occhi spalancati dal terrore e dalla disperazione.

Rhiannon inspirò più profondamente che potè per calmare il suo cuore che sembrava impazzito.

I cavalli. Aldorath.

- Vieni - disse, prendendo in braccio il bambino - Usciamo da qui. -

 

 

Non ci volle molto perché Galien e Rhiannon arrivassero in fondo al tunnel. La ragazza aveva gli occhi gonfi di lacrime, e non riusciva a distogliere i suoi pensieri da ciò che poteva essere successo a Potter.

Forse non era morto...forse non era nemmeno lui ad essere caduto...forse...

Forse.

Non c’è tempo per i “forse”, si disse Rhiannon, continuando a correre nel buio. Doveva uscire dal cunicolo e portare Galien in salvo ad Aldorath. Sicuramente Valerius li avrebbe aiutati ; si sarebbero nascosti da lui fino a quando le acque non si fossero calmate, poi lei sarebbe tornata alla locanda per capire cos’era successo.

All’improvviso, un pallido raggio di luna ruppe l’oscurità che circondava la ragazza e il bambino, e anche l’aria si fece meno soffocante.

- Adesso usciamo, Galien. - disse Rhiannon, cercando di rassicurare il bambino che ansimava sempre di più. Alzò una mano e, a tentoni, afferrò il chiavistello che teneva chiuso lo sportello in legno forato che chiudeva l’apertura per l’esterno, e lo tirò di lato con tutta la sua forza. Poi sollevò piano lo sportello e si guardò intorno.

I suoi occhi erano all’altezza dell’erba, e non vide né udì nulla di strano. Solo il silenzio della notte e il fruscio del vento tra le fronde degli alberi.

- La strada è libera. - disse sottovoce aprendo del tutto la botola. Con un piccolo sforzo si issò sull’erba, poi si chinò a prendere il bambino.

Galien continuava ad ansimare e si guardava intorno, spaventato.

- E’ tutto finito, Galien - disse Rhiannon accucciandosi davanti a lui - La stalla è qua dietro e c’è un bel cavallino baio che ci aspetta. Cavalcheremo insieme, d’accordo ? -

Senza aspettare la risposta del bambino, la ragazza si rialzò e lo prese per mano.

- Corri, ora ! - disse, precipitandosi con lui verso la stalla.

- Cyth tollen ! - gridò ad un tratto Galien.

- Cosa... ? -

Improvvisamente, la ragazza sentì un dolore lancinante e, quasi senza accorgersene, si ritrovò accasciata a terra con una freccia conficcata nella spalla sinistra.

Si girò piano, confusa, e vide due elfi avvicinarsi con aria minacciosa e Galien, terrorizzato, chino su di lei.

- Ai na vedui, Principe Galien - disse uno dei due con un sorriso inquietante - Ti abbiamo cercato a lungo...è ora di tornare a casa...a Dol Guldur. -

Il bambino vide negli occhi del soldato lo stesso sguardo di fuoco e ghiaccio che si trovava in quelli di Eredhil.

- Andate via ! - gridò.

Rhiannon, gemendo per il dolore, si rialzò lentamente, appoggiandosi al bambino, ma la ferita le doleva troppo e ricadde seduta.

- Rhiannon ! - esclamò Galien mentre i due elfi si avvicinavano. La ragazza si strinse la spalla ferita, da cui il suo sangue sgorgava copiosamente.

- Scappa, Galien... - disse con un filo di voce mentre, stringendo i denti, si estraeva lentamente la freccia dalla spalla. Il bambino guardò la ragazza, poi i due elfi, quindi di nuovo la ragazza.

- No...non ti lascio qui...non da sola... -

- Scappa ! - gridò Rhiannon - E’ te che vogliono ! Non mi faranno niente, ma non permettergli di prenderti... -

Galien lanciò un ultimo sguardo ai due elfi e alla ragazza. Poi le diede un rapido bacio su una guancia e corse via più veloce che potè.

- Scappa... - disse debolmente Rhiannon. Ma un attimo dopo sentì il bambino gridare, e vide i due elfi, che lo avevano raggiunto con facilità, sollevarlo per la vita e portarlo verso uno dei loro cavalli.

- Lasciatemi andare ! ! - strillò Galien scalciando e dimenandosi nel vano tentativo di liberarsi - Non voglio tornare da muinadar Eredhil ! Non voglio ! Rhiannon ! ! -

La ragazza non si mosse, intontita e priva di forze, e restò a guardare i due Elfi issare Galien su un cavallo e allontanarsi al galoppo.

- Rhiannon ! -

Il dolore e la paura le avevano fatto perdere lucidità ; non riusciva quasi a rendersi conto di ciò che era appena accaduto, e credette che da un momento all’altro si sarebbe svegliata da quell’incubo. Ma quando l’acre odore del fumo e della legna bruciata le penetrò nelle narici, mischiandosi all’odore del suo stesso sangue, capì che non si sarebbe svegliata.

Rhiannon... 

Fu allora che tutto si chiarì, come se la nebbia che avvolgeva e offuscava la sua mente si fosse dissolta all’improvviso, rivelando una realtà terribile e desolata.

Potter era morto.

La “Locanda dei Tre Passi” stava bruciando.

Galien era stato portato via.

Le era stato portato via.

Aveva perso tutto. Di nuovo. Di nuovo per colpa sua.

E, stavolta, per sempre.

Con il cuore in gola, la ragazza iniziò ad ansimare e scoppiò in un pianto disperato, sola, avvolta dal manto nero della notte e dal rosso delle fiamme che divampavano dalla locanda, alle sue spalle.

 

 

- Non so le tue, ma le mie idee sono ancora più confuse di prima, Legolas. - disse Gimli, galoppando al fianco dell’amico sul suo robusto pony - Quelle dannate visioni non hanno senso ! Niente ha senso, in questa storia ! Oltre tutto, non mi hai ancora detto cos’hai intenzione di fare... -

Legolas non rispose e continuò a cavalcare.

- E poi io non lo capisco, Radagast... - continuò Gimli ignorando il silenzio dell’elfo - Lui e tutto il suo parlare di frecce spezzate e bottiglie di pioggia...dice di volerci aiutare e ci pianta in asso nei momenti meno opportuni ! Comincio a dubitare che lo rivedremo... -

Questa volta il nano attese qualche istante la risposta di Legolas, ma si rese presto conto che l’amico non gli stava affatto prestando attenzione.

- Legolas... -

L’elfo voltò di scatto la testa verso il nano. - Scusami, Gimli...cosa stavi dicendo ? -

Gimli alzò gli occhi al cielo. - Bentornato tra noi ! - sbuffò, corrucciato.

Legolas capì ciò che il nano intendeva e fermò il cavallo.

- Perdonami, amico - disse l’elfo - Ma non riesco proprio a pensare a nient’altro che a quello che ho visto...non riesco nemmeno a pensare, a dire la verità. Ho sempre sperato, in fondo al cuore, che tutto quello che è successo fosse solo un incubo...ed ora che scopro che Galien potrebbe essere vivo...vorrei aggrapparmi a questa speranza con tutte le mie forze. Ma non so cosa succederebbe se si rivelasse del tutto infondata. Quella visione mi ha lasciato in bilico tra la vita e la morte, Gimli ; perché se ora ritrovassi mio figlio tornerei a vivere, ma se questo non dovesse accadere...se Galien fosse davvero morto...allora preferirei morire anch’io, piuttosto che sopportare di nuovo tutto quel dolore. -

Gimli guardò l’amico, ma non parlò.

- Mi sto chiedendo se sono davvero pazzo, Gimli... - continuò Legolas sorridendo amaramente.

- Non sei pazzo, amico mio - rispose il nano scuotendo la  testa - Altrimenti lo sarei anch’io, dato che condividiamo la stessa speranza. Ma per ora cerca di rimanere con i piedi per terra e ragionare con la testa, anziché con il cuore ; non farti più male di quanto non te ne sia già fatto. -

Con un sorriso, Legolas ringraziò l’amico per la comprensione, ma, ad un tratto, alzò la testa e si guardò intorno con quell’inquietante attenzione tipica di quando avvertiva qualcosa di strano.

- Non senti niente, Gimli ? -

Il nano annusò l’aria. - Fumo. - disse.

- Come quella volta, a Dol Guldur... - disse Legolas, ripensando al terribile giorno in cui aveva scoperto l’amara verità su suo fratello.

- C’è qualche villaggio, qui vicino ? - domandò Gimli.

- Aldorath - rispose Legolas - L’odore viene da quella direzione... -

Gimli spronò il suo pony.  - Andiamo. - disse, temendo il peggio.

 

 

Arrivarono alla “Locanda dei tre passi” quando, ormai, l’incendio aveva quasi completamente distrutto il piccolo edificio, e le fiamme erano troppo alte per tentare di soffocarle.

I due amici scesero velocemente da cavallo e si avvicinarono il più possibile a ciò che rimaneva della locanda. Legolas la aggirò e si mise in ascolto, cercando di captare un’eventuale richiesta d’aiuto.

- Dubito fortemente che ci sia ancora qualcuno, là dentro - disse Gimli - Qualcuno di vivo, per lo meno...per la barba di Durin, che fine orribile... -

Ad un tratto, una flebilissima voce giunse alle orecchie di Legolas.

- Elfi.... -

Legolas si voltò di scatto. - L’hai sentito anche tu ? - disse a Gimli, fissando nell’oscurità.

- Cosa ? - rispose il nano, allarmato.

L’elfo continuò a guardarsi intorno fino a quando, improvvisamente, sbarrò gli occhi.

- Per Ilùvatar ! - esclamò.

Appoggiata ad un albero, si trovava davanti a loro una ragazza con la spalla sanguinante e il viso sporco e sconvolto.

- Elfi... -

La ragazza tentò di fare un passo in avanti, ma crollò in ginocchio sull’erba. Legolas si precipitò da lei  e cercò di aiutarla a rialzarsi, ma qualcosa lo trattenne, quando vide da vicino il suo sguardo...

- Stai...stai bene ? - balbettò tenendola per le braccia, accucciato davanti a lei. Non sapeva che dire, era completamente perso di fronte al vuoto che si trovava in quegli occhi che lo fissavano.

Legolas aveva visto un simile vuoto solo una volta prima di allora...nei suoi stessi occhi, guardandosi allo specchio, dopo la morte di Anìrwen...

A poco a poco negli occhi verdi come l’erba della fanciulla l’espressione mutò prima in paura, poi in collera, una collera furibonda e incontrollabile, più terribile del fuoco che aveva divorato la locanda.

- Assassini... - sibilò, stringendo le braccia dell’elfo al punto da conficcargli le unghie nella carne, sebbene fosse quasi priva di forze - Me li avete portati via...me li avete portati via ! ! -

 

 

 

 

L’ultima frase del contorto discorso di Rhiannon sulle stelle viene da “Further on (up the road)” del solito Bruce Springsteen...il resto dei deliri è opera mia (vi rifornirò di Aulin, non preoccupatevi !).

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


14

14. Destini incrociati

 

 

 

 

- Me li avete portati via ! ! - continuava a gridare Rhiannon, tempestando di pugni il petto di Legolas che, sbigottito, cercava di trattenerla.

- Stai calma ! - esclamò Legolas - Sei ferita ! Non ti farò niente, ma cerca di non agitarti ! -

L’elfo ottenne esattamente l’effetto opposto.

- Lasciami stare, maledetto ! - gridò la ragazza. Cercò di alzarsi in piedi, ma per l’estrema debolezza ricadde pesantemente sull’erba.

- Sanguina troppo...Gimli, trovami dell’Athelas. - disse Legolas soccorrendo la ragazza.

Il nano rimase fermo per un attimo, confuso, poi corse verso alcuni cespugli che si trovavano poco lontano, mentre Legolas si strappava una striscia di stoffa dal mantello.

- Ora ucciderete anche me, vero ? Come avete fatto con Potter...e ora che vi siete ripresi il bambino...siete soddisfatti ? - disse Rhiannon con voce roca, la mente offuscata dal dolore.

Bambino ? pensò Legolas mentre tamponava la profonda ferita della ragazza.

- Sapevo che prima o poi l’avrei perso...ma non così... - continuò Rhiannon piangendo ininterrottamente - Non così... -

- Sta’ ferma - disse Legolas - Devo farti una fasciatura provvisoria, altrimenti non ti resterà più una goccia di sangue... -

Rhiannon non sembrò nemmeno sentirlo.

- Galien... -

Legolas sentì un tuffo al cuore e si bloccò di colpo. Voltò piano gli occhi verso quelli della ragazza, vuoti e arrossati dal pianto.

- Cos’hai detto ? - disse - Ripeti quello che hai detto ! -

Inspirando profondamente, Rhiannon fissò Legolas con odio.

- Cosa vuoi ancora da me ? Non pensi di aver fatto abbastanza ? Avete ucciso Potter e portato via Galien con la forza...avete ottenuto quello che volevate, ormai non vi servo più a nulla... -

- Galien... - disse tra sé e sé Legolas, sconvolto, portandosi una mano alla bocca.

- Non vi servo più a nulla, hai capito, Elfo ? ! - ripetè la ragazza - Uccidimi pure, adesso...non avrai una parola di più da me... -

Legolas la ignorò. - Dunque era con te...? -

Ansimando, Rhiannon lo guardò senza rispondere.

 - Ti prego, dimmelo...era con te ? -

La ragazza gli rivolse un sorriso glaciale. - Chiedilo ai tuoi compagni...lo sapranno meglio di me... -

Legolas abbassò lo sguardo mentre sentiva il sangue salirgli alla testa.

- Allora, cosa aspetti ? Uccidimi... - ripetè Rhiannon.

Rosso in viso, Legolas scosse il capo.

- Guardami...guardami negli occhi... - disse.

- Uccidimi... - continuò Rhiannon, ignorando le sue parole - Sono stanca di soffrire... -

L’elfo la afferrò violentemente per le spalle. - Maledizione, guardami ! ! - gridò, costringendo la ragazza ad incontrare i suoi occhi.

Rhiannon si sentì mozzare il fiato, incapace di reggere lo sguardo con cui quella tanto splendida quanto letale creatura dagli occhi di cielo la stava trafiggendo. Ma capì subito cosa si celava in esso, perchè era esattamente quello che lei stava provando in quel momento...un’angoscia e una disperazione che l’avrebbero reso pronto a tutto, come una bestia selvaggia a cui fossero stati strappati i cuccioli...

- Tu... -

- Il mio nome è Legolas Verdefoglia - disse l’elfo con voce tremante, senza smettere di guardarla - E sono...ero il Re del Bosco Atro. -

Rhiannon si portò una mano alla fronte e sentì che le forze stavano per abbandonarla del tutto.

- Io sono il padre di Galien. -

 

 

- Svelto, Gimli ! - gridò Legolas mentre il nano, trafelato, correva a portargli una manciata di erbe. Sorreggendo delicatamente la ragazza con un braccio, le avvicinò la borraccia alle labbra e la costrinse ad ingurgitare un sorso del liquore che essa conteneva. Rhiannon lasciò che il liquido le scivolasse in gola, fresco e leggero, ridonandole una piccola parte delle forze che aveva perduto.

- Avrei...avrei dovuto capirlo dai tuoi occhi... - sussurrò, mentre una lacrima le rigava la guancia.

- Legolas, cosa... ? - disse Gimli. L’elfo non rispose e gli strappò le erbe dalle mani.

Non puoi morire, si disse, non adesso...non adesso che ho bisogno di sapere...

Si sentì un egoista, ma non gli importava. Il suo destino e quello di suo figlio erano legati a quella sconosciuta dai capelli di fuoco, e se lei fosse morta sarebbe morta anche la sua ultima speranza di ritrovare Galien. E allora sarebbe davvero morto anche lui.

- I tuoi occhi....sono uguali ai suoi... - continuò Rhiannon mentre Legolas applicava le foglie di Athelas sulla sua ferita e la bendava alla bell’e meglio con brandelli del suo mantello - Ad occhi del genere...è impossibile mentire...ti penetrano nell’anima...sono così... -

- Sta perdendo forze ! - esclamò Gimli - Falla tacere, o si indebolirà ancora di più ! -

- ...così puri e trasparenti... -

- No, Gimli, deve continuare a parlare. - rispose l’elfo cercando di mantenere la calma - Se perde conoscenza è finita... - 

- ...come l’acqua... -

Legolas deglutì e si asciugò il sudore dalla fronte con il dorso della mano.

- Puoi sentirmi ? - disse. La ragazza annuì, e l’elfo si chinò su di lei.

- Non so chi sei - le disse piano - Ma se davvero hai conosciuto mio figlio, ringrazio i Valar per averti messa sulla mia strada... -

- E aver messo te sulla mia... - disse Rhiannon con un filo di voce, sorridendo debolmente - Ma io non ho più il tuo bambino con me...cosa farai, ora ? Mi lascerai qui, a bruciare insieme a Potter...nella nostra locanda...? -  

- Non permetteremo che tu muoia, non temere. - continuò Legolas - Non l’avremmo mai fatto, in nessun caso. Ma non possiamo rimanere qui. -

L’elfo lanciò uno sguardo a Gimli, che capì all’istante e corse a prendere i cavalli. Poi aiutò Rhiannon ad alzarsi.

- Non voglio andarmene. - disse la ragazza indicando la locanda che ormai stava finendo di bruciare - Potter è ancora là dentro... -

- Non possiamo fare più nulla per lui, ora. - rispose Legolas - Ma tu puoi ancora salvarti. Ti porteremo in un luogo sicuro, dove potremo curare la tua ferita. -

- La mia vera ferita non potrà mai essere curata, Legolas... -

L’elfo tacque per un istante, mentre Gimli si avvicinava tenendo Arod e il suo pony per le redini. - So cosa significa. - disse poi amaramente - Ma tu puoi ancora aiutarmi a trovarlo...e lo troveremo, vedrai. -

La ragazza afferrò la tunica dell’elfo e lo costrinse a guardarla negli occhi. - Lui...lui non voleva andare, Legolas... - disse - Ha detto che non voleva che lo portassero da muni...muandar... -

- Muinadar - la corresse l’elfo - Eredhil, mio fratello. Non avevo dubbi. -

- Proprio così, Eredhil. Ha detto quel nome...non so cosa significhi, ma Galien aveva paura... -

- Significa traditore del suo sangue, ecco cosa significa. Ha ucciso mia moglie e mi ha fatto credere che Galien fosse morto. Ma ti giuro che non avrà mio figlio, dovessi morire. -

Rhiannon sospirò dolorosamente.

Aiutato da Gimli, Legolas fece salire la ragazza in sella ad Arod, poi balzò a sua volta in groppa al cavallo, dietro di lei.

- Sai, Legolas - disse Gimli salendo goffamente in sella al suo pony - Credo che il significato della quarta visione stia diventando più chiaro... -

- Lo sarà se lei sopravviverà, Gimli - rispose Legolas - Ma dobbiamo raggiungere Aragorn, e in fretta. -

L’elfo stava per spronare Arod ma qualcosa lo trattenne.

Un rumore di passi veloci, forti e chiari. Anche Gimli lo sentì, ed afferrò la sua ascia senza esitazione mentre Legolas, lasciate le redini, incoccava una freccia sul suo arco.

- Rhiannon ! - gridò una voce.

La ragazza alzò la testa e vide due giovani spaventati correre verso di loro.

- Val... - sussurrò.

Vedendo i due cavalieri, i ragazzi si fermarono di colpo. Legolas abbassò istintivamente la sua arma.

- Per tutti i Valar, cos’è successo ? ! - esclamò Valerius guardando le macerie di quella che fino a poco prima era stata la “Locanda dei Tre Passi”.

- Abbiamo visto il fumo... - disse Yain con un nodo alla gola - Abbiamo chiamato aiuto, ma nessuno ci ha ascoltati...dicevano che non era successo niente...e invece...invece avevano paura, come al solito... -

Valerius guardò Legolas con occhi pieni d’odio. - Lasciatela andare ! - gridò, estraendo un corto pugnale dalla cintura - Non avete trovato quello che cercavate ? ! Cosa volete ancora da lei ? ! -

Legolas guardò il giovane senza capire, ma Rhiannon, invece, afferrò al volo il significato di quella frase piena di preoccupazione. Sebbene intontita, alzò la testa e fissò Valerius con occhi increduli.

- Sei stato tu... - disse.

Val tentennò. - Cosa...? -

Yain guardò il fratello e capì che era finita davvero.

- Glie l’hai detto tu...hai detto a quegli elfi di Galien... -

Legolas lanciò uno sguardo rovente a Valerius, che tacque, impaurito. Gimli strinse la sua ascia con tanta forza da farsi sbiancare le nocche.

- Val... - disse Rhiannon mentre lacrime di rabbia le affioravano agli occhi - L’hanno portato via...e hanno ucciso Potter...tu l’hai condannato a morte...tu... -

Il giovane si portò le mani al viso, raggelato da quella frase.

- Io...io non potevo immaginare... -

Rhiannon indicò Legolas alle sue spalle. - Questo è il padre di Galien... - disse - Poteva ritrovarlo...potevano tornare entrambi ad essere felici...e invece tu glie l’hai impedito... -

- ...consegnandolo a colui che ha assassinato sua madre. - continuò Legolas in tono glaciale.

Valerius chinò la testa. - Perdonatemi...io...io non pensavo...non potevo sapere... - balbettò.

- Vattene, Val... - disse la ragazza, tremando.

- Rhiannon... -

- VATTENE ! ! -

Senza distogliere lo sguardo dagli occhi del ragazzo, Legolas spronò Arod, facendolo camminare nervosamente in cerchio attorno ai due fratelli.

- Augurati che questa donna si salvi e che mio figlio viva ancora, uomo - sibilò rabbiosamente l’elfo - Altrimenti giuro che ti verrò a prendere...e non ti servirà a nulla nasconderti, perché la mia collera non ti risparmierà... -

Detto questo, Legolas partì al galoppo, seguito da Gimli, mentre Valerius e Yain, allibiti, guardavano Rhiannon scomparire per sempre dalla loro vita.

- Lo sapevo ! - esclamò Yain, la voce rotta dal pianto - Stupido imbecille, perché l’hai fatto ? ! Maledetto ! Maledetto ! ! -

Le parole di Yain echeggiarono nelle orecchie del fratello come un rumore lontano ; nella sua mente stravolta Valerius non vedeva altro che quell’elfo dal volto di ghiaccio a cui aveva venduto Galien nella speranza di riconquistare l’affetto di Rhiannon...e poi quell’altro elfo, il padre del bambino. Così diverso...nel suo sguardo, nella sua voce si trovava il fuoco della collera...e dell’amore...l’amore che l’elfo provava per uso figlio e che lui, Valerius, provava per Rhiannon...

Il ghiaccio e il fuoco.

Il fuoco.

Per colpa sua Potter era morto tra le fiamme, ucciso dagli elfi, e Rhiannon lo odiava e l’avrebbe odiato per sempre.

Grande Ilùvatar, cos’ho fatto ?

Sconvolto, Valerius cercò disperatamente una giustificazione a quanto era avvenuto, ma non riuscì proprio a trovarla.

Perché non ci sono giustificazioni per la mia colpa.

Il giovane inspirò profondamente e cercò di recuperare almeno in parte la lucidità. In un lampo la situazione si chiarì davanti ai suoi occhi.

C’è ancora una cosa che posso fare, si disse.

E in quel momento prese la decisione che avrebbe cambiato il corso della sua esistenza.

 

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


15

15. Presenze

 

 

 

 

- Molto soddisfacente. - disse Eredhil camminando lentamente avanti e indietro - Molto, molto soddisfacente. -

Galien non aprì bocca, gli occhi fissi sul fratello del padre che lo guardava a sua volta con un ghigno dipinto sul freddo e bellissimo volto elfico. Eredhil assomigliava davvero molto a Legolas, gli stessi capelli biondi, gli stessi tratti delicati, gli stessi occhi azzurri...ma a differenza di Legolas, gli occhi del fratello erano uno schermo ingannevole che nascondeva la sua meschinità. Impossibile leggere negli occhi di Eredhil. Solo Galien poteva. E vedeva benissimo cosa vi si trovava.

- Non pensavo nemmeno più di ritrovarti, lo sai, caro nipote ? - disse Eredhil con una nota di scherno nella voce. Galien non rispose. - Invece i miei soldati hanno svolto un ottimo lavoro. E adesso che sei qui... - si chinò verso il bambino, rivolgendogli un sorriso malvagio - ...qui resterai, finchè mi servirà il tuo aiuto. -

Eredhil si rialzò.

- Perché il tuo aiuto mi serve, e tu me lo darai, non è vero ? - Indicò la corona che portava sul capo, un’unica gemma incastonata sulla punta di destra. - Ho cercato le altre per tutto questo tempo, ma non sono mai riuscito a trovarle. E sai perché ? Perché non riuscivo a sentirle... - Si interruppe un istante, volgendo lo sguardo altrove. - Vagavo nell’ombra, cercando disperatamente la luce. E mi sarebbe bastato sentire il suo bruciante calore per trovarla...ma io non ne sono in grado. Non ancora, almeno. Ma con il tuo potere e quello che già possiedo...non avrò più la minima difficoltà. -

Galien non smise nemmeno per un attimo di fissare l’elfo negli occhi. Infastidito, Eredhil strattonò il bambino per un braccio e lo attirò verso di sé.

- So perché mi guardi in questo modo. - sibilò - Io ti faccio paura, non è vero ? Ho ucciso tua madre, ti ho strappato da tuo padre. E’ logico che tu abbia paura di me. Beh, d’ora in poi dovrai averne molta, molta di più. -

- Io non ho paura di te. -

Eredhil spalancò gli occhi. - Cos’hai detto ? ! - disse.

- Ti sbagli se credi di spaventarmi. Non mi fanno paura le bambole vuote. Dici di avere un grande potere, e invece è quel potere che possiede te e ti manovra a tuo piacimento ; quelli come te sono burattini, e i burattini non spaventano nessuno. Ma forse questo non lo sai. -

Eredhil sbattè il bambino a terra e lo colpì con un calcio.

- Piccolo insolente ! ! - gridò - Ti insegnerò a rispettarmi come devi ! ! -

- Io...non ho paura di te...ASSASSINO ! ! -  gemette Galien.

- Ah, no ? - disse Eredhil facendo rialzare il bambino a forza.

- No. -

- Ne sei così sicuro ? -

- Sì... -

- Lo vedremo. -

Eredhil trascinò Galien fuori dalla stanza, costringendolo a percorrere un interminabile corridoio. L’ultima cosa che il bambino riuscì a vedere fu un portone scuro che si aprì e si richiuse con un tonfo subito dopo il suo passaggio.

Poi, il buio.

 

 

Buio.

Un’oscurità così fitta che nemmeno gli occhi di un elfo avrebbero potuto penetrarla.

Galien sforzò tutti i suoi sensi per riuscire a capire dove si trovasse. Un penetrante odore di muffa gli chiuse la gola ; si chinò a terra e sentì il freddo della pietra sulle sue mani. A malapena riusciva a vederle, le sue piccole mani bianche...

Il piccolo elfo alzò piano la testa e sobbalzò dallo spavento quando vide, nel buio, due punti luminosi, come minuscole perle, puntati su di lui ; le pupille di Eredhil, che risplendevano delimitando i contorni della sua sagoma nera.

Un elfo avrebbe brillato perfino nella notte più scura...ma la luce di Eredhil si era spenta da tempo, ormai, e quella di Galien era troppo debole per contrastare quella notte maledetta.

- Come ci si sente, quando si è avvolti dall’oscurità, mio caro nipote ? -

Eredhil sorrise lasciando intravedere il tenue luccichio dei suoi denti, che, insieme ai suoi occhi, disegnavano un’espressione demoniaca sul volto invisibile dell’elfo. Galien rabbrividì.

- E’ inutile che tu resista, Galien. Tutti dicono che noi Elfi non siamo fatti per vivere nell’ombra, che  portiamo la luce dentro di noi...ma quando essa ci viene tolta, non sappiamo più chi siamo veramente. La luce ci confonde, mio piccolo Principe. La Notte è la risposta. Sai dirmi chi sei, ora ? -

- Io so chi sono. Sei tu che non lo sai. - rispose Galien cercando di nascondere il tremore della sua voce - E non accoglierò la menzogna dell’Ombra come hai fatto tu, che ora ne sei parte. E’ solo la luce che ci rivela la verità, la nostra salvezza... -

- Posso garantirti che quando uscirai da qui non sarai più di quest’opinione. - disse freddamente Eredhil - Riceverai presto una visita, e non so quanto la gradirai. Ma sono certo che implorerai l’Ombra che tanto detesti di lenire la tua sofferenza...per sempre. -

Detto questo, gli occhi dell’elfo scomparvero dalla vista di Galien. Il bambino sentì i suoi passi allontanarsi e vide il portone aprirsi e lasciar filtrare un tenue raggio di luce, che scomparve una volta che il portone si fu nuovamente chiuso.

Il bambino si strinse nelle spalle, tremando dalla paura. Non sapeva cosa significasse la vera oscurità, quella che gli penetrava nei polmoni togliendogli il respiro, che lo avvolgeva come la tela di un ragno soffocandolo nella sua morsa.

Avrebbe voluto piangere, ma sapeva che non doveva farlo. Doveva dimostrare a suo padre tutto il suo coraggio ; sarebbe stato orgoglioso di lui...

Ad un tratto, Galien percepì un suono indistinto, come un lieve sussurro. Spaventato, girò la testa per capire da dove provenisse, ma la sua paura crebbe quando si rese conto che quello strano rumore giungeva dalla sua stessa mente.

- Cosa...cosa c’è ? - gridò, con il cuore in gola.

Non avere paura, disse la voce.

C’era qualcosa di indefinibile in quella voce che il bambino riusciva appena a sentire ; qualcosa di lontano e al tempo stesso calmo e rassicurante. No, non poteva essere il demone che si era impadronito di Eredhil.

- Ma chi sei... ? -

Sta per arrivare, continuò la voce, ignorando la domanda del bambino, ma non devi avere paura. Non ti succederà niente, se lascerai che sia io ad occuparmi di lui.

- E’...è quel demone, vero ? E’ lui che sta arrivando ? Vuole prendere anche me ? - disse Galien. Ma che voce era ? Uomo, donna...non riusciva proprio a capirlo...era solo un fruscio, come di vento nell’erba..

Fingi, Galien. E’ importante che tu finga. Devi farlo, se vuoi uscire da qui.

- Mi...mi porterai via ? -

Sì, se mi ascolterai.

Galien chiuse gli occhi e inspirò profondamente, senza smettere di tremare.

Quando arriverà, pensa ad Elbereth.

- Elbereth... ? -

Elbereth. La sua luce non potrà entrare in questo posto, ma entrerà dentro di te. Ti aiuterà a non sentirlo.

Elbereth, la Semprebianca...Galien conosceva bene l’invocazione a quella stella. Mentalmente, ringraziò i suoi genitori per avergliela insegnata.

- Perchè mi stai aiutando ? -

Perché tu puoi aiutare me.

Il bambino riaprì gli occhi e, in quel momento, si sentì istintivamente al sicuro. Quel “puoi aiutarmi”, anziché “devi aiutarmi”...

Era poco, ma gli era bastato per convincerlo che quella presenza lo avrebbe davvero protetto. E, se avesse dovuto fare qualcosa in cambio, l’avrebbe fatto più che volentieri, qualsiasi cosa fosse, bastava solo che lo portasse via da quell’incubo...

Improvvisamente un altro suono trapassò la mente del bambino, che si accasciò a terra, dolorante. Con il terrore nello sguardo, vide una piccola spirale di fumo rosso prendere forma davanti a lui e diventare sempre più grande...

E’ arrivato, disse la voce. Fai come ti ho detto.

Dopo aver udito queste parole, il bambino vide materializzarsi davanti a lui una sottile colonna luminosa, attorno alla quale si avvolse la spirale rossa. La testa cominciò a dolergli, come se qualcosa, o qualcuno, stesse cercando di entrare in lui...

Elbereth, Galien. La luce di Elbereth...

Galien chiuse di nuovo gli occhi, e, dentro di sé, cominciò a recitare l’invocazione alla stella, mentre i due colori, bianco e rosso, si intrecciavano senza mai fondersi, come in una lotta tra pari.

A Elbereth Gilthoniel

silivren penna miriel...

Una preghiera, un’invocazione perché la luce non abbandonasse anche lui. Quante volte l’aveva udita durante le celebrazioni festose alla Signora delle Stelle...

O menell aglar elenath !

Na-chaered palan-diriel...

Galien sentì il dolore alla testa affievolirsi, come se quell’intruso ne fosse stato scacciato. Scacciato, ma non allontanato...era ancora intorno a lui, ma non poteva entrare...

O galadhremmin ennorath...

...come se qualcuno avesse innalzato uno scudo attorno al bambino, e la forza malefica non riuscisse né ad abbatterlo né ad aggirarlo.

Fanuilos, le linnathon

naf aear, si nef aearon ! 

Aprì piano gli occhi, senza mai smettere di ripetere quei versi. La lotta tra quelle misteriose entità stava infuriando...erano strette l’una all’altra come due facce della stessa medaglia...

Improvvisamente ricordò le parole di suo padre.

- Bene e male sono la stessa cosa...non possono esistere l’uno senza l’altro. Siamo noi a lasciare che uno dei due prenda il sopravvento. E questo non significa che l’altro se ne sia andato per sempre...continuerà ad esistere negli angoli più bui della nostra anima, preparandosi a riemergere, quando meno ce lo aspettiamo. La vittoria del male o del bene non è mai definitiva... -

Il pensiero del padre scaldò un poco il cuore del bambino, già rinfrancato dalla luce di Elbereth, che stava tornando a splendere dentro di lui.

Improvvisamente, le due forze misteriose si separarono in un fragore di colori, illuminando a giorno la tetra prigione in cui Galien si trovava. Poi la colonna di fumo rosso tornò a riavvolgersi su se stessa a spirale, e rimpicciolì fino a scomparire del tutto.

Ricordati di fingere, Galien, tornò a dire la strana voce, prima che la luce azzurra scomparisse a sua volta. Fingi, e salverai la tua vita.

- Ma...anche tu mi hai chiesto aiuto ! - esclamò il bambino - Cosa devo fare ? -

Non temere, rispose la voce, svanendo piano piano, lo farai senza nemmeno rendertene conto.

- Aspetta ! - esclamò Galien. Ma il silenzio era tornato a regnare in quella stanza buia.

- Non...non lasciarmi di nuovo solo... -

Il piccolo sospirò e si rannicchiò su se stesso, guardandosi di nuovo intorno. Ora la sua prigione sembrava meno scura, riusciva perfino a distinguere i contorni delle pareti spoglie e umide.

- Che la luce di Elbereth sia tornata per me... ? - si disse piano.

Un lieve tepore gli diede un po’ del conforto che tanto desiderava. Possono imprigionare il mio corpo, si disse, ma non la mia mente, né il calore di una stella.

Il bambino chiuse gli occhi e lasciò che il suo pensiero attraversasse le mura di quella prigione e volasse via, lontano e libero dalle catene della paura, verso le stelle che, nel suo cuore, poteva ancora vedere...

- Ma guarda ! E tu cosa ci fai in un posto come questo, piccolo ? -

Nel sentire quella strana vocina, Galien sobbalzò.

- Sei...sei tornato ? - domandò con gioia ansiosa.

- A dire la verità non me ne sono mai andato, purtroppo ! Sono mesi che cerco di uscire  da qui ! -

Deluso, Galien capì che quella non era la voce che gli aveva parlato e che l’aveva protetto dal demone rosso, ma fu comunque lieto di non essere solo nell’oscurità. Si guardò di nuovo intorno per capire da dove venisse la voce, quando, ad un tratto, i suoi occhi si fermarono su un topolino grigio, dritto sulle zampe posteriori, a pochi centimetri da lui. Lo guardava, e sembrava che sorridesse.

- No...non puoi essere stato tu a parlare... - disse il bambino, incredulo.

- Vedi qualcun altro, qui in giro ? - disse il topo, incrociando le braccine - Comunque io ti vedo adesso per la prima volta... -

- Ma...come fai ? -

- A fare che ? -

- A parlare ! -

- Esattamente come fai tu, credo - rispose il topino indicandosi la boccuccia - Muovendo le labbra...così... -

Galien sorrise. - Ma sei un topo ! -

- Ora sono un topo. Ma prima ero un grande mago... - continuò l’animaletto allargando le braccine per enfatizzare la frase.

- Un mago ? -

- Un mago. -

- E allora perché non torni normale ? -

Il topo sospirò. - Se ci riuscissi non sarei certo qua dentro... -

Galien lo guardò, dubbioso. - Scusa se te lo dico, ma non devi essere proprio un grande mago se non riesci a riprendere la tua forma... -

- E a te non ha insegnato nessuno l’educazione, ragazzino ? ! Abbi almeno un po’ di rispetto per chi è più anziano di te ! - esclamò. Poi il suo sguardo da topo si fece perplesso. - Oh, già, ma tu sei un elfo...potresti avere già, che so, centomila anni... -

- Veramente ne ho solo sei. - rispose Galien.

- Ah, beh, allora...ma via, lasciamo perdere questa storia ! Come ti chiami, piccolo ? -

- Galien - rispose - E tu ? -

- Felice di conoscerti, Galien ! Io mi chiamo Polo. -

- Polo ? ! -

- Polo. -

- Ma...che nome è ? ! -

- E che nome sarebbe Galien ? - disse il topo, contrariato.

- E’ un nome elfico. - rispose il bambino.

- Bene. Polo è un nome Hobbit. Polo Tronfipiede di Lungacque, per essere precisi. -

- Tu sei uno Hobbit ? - disse Galien, sorpreso.

- Lo ero, ti ho detto. -

- Ed eri un mago ? -

- Esattamente. -

- Un mago Hobbit. -

- Proprio così. -

- E come hai fatto a ridurti in questo stato ? -

- Incantesimo sbagliato. Qualcosa è andato storto...se solo riuscissi a capire cosa ! ! Ma è una lunga storia... Tu, piuttosto, non hai ancora risposto alla mia domanda ! Che ci fai qui al buio ? Hai combinato qualche guaio e ti hanno punito ? -

Galien sospirò, e il suo sguardo si fece triste. - Anche la mia è una lunga storia. - disse - Vorrei solo poter uscire da qui e tornare da mio padre... -

- Tuo padre ? - disse Polo - Quell’elfo biondo con la corona in testa ? Da quando sono qui non l’ho mai visto sorridere una sola volta. Non fa altro che starsene per conto suo a mugugnare su qualcosa che non riesce a trovare e a prendersela con le guardie...sempre al buio, mai una volta che esca a guardare il cielo...oh, beh, è un po’ che nemmeno io vedo il cielo, a dire la verità ! Comunque è un elfo ben strano... -

- Quello non è mio padre. - rispose seccamente Galien, stringendosi le ginocchia al petto - E non vorrei mai nemmeno che lo fosse. E’ suo fratello ; ha ucciso tutti quelli a cui voglio bene...mia madre, Rhiannon, Potter... -

- Oh, perbacco, mi dispiace davvero... - intervenne Polo, sgranando i suoi piccoli occhi da topo.

- Mio padre è lontano, e forse non sa nemmeno che sono vivo. Devo uscire da qui, Polo...per favore, aiutami ! Tu sei piccolo, potresti... -

Il topino scosse la testa. - Se credi che io conosca qualche cunicolo segreto che conduca all’aperto, ti sbagli, purtroppo...sono finito qui una settimana fa, almeno credo...questo posto è sempre buio, il tempo non sembra passare mai...e comunque nemmeno io riesco ad uscirne. Ogni volta che imbocco una galleria, anche una semplice fessura in un muro, ritorno sempre al punto di partenza. Ormai credo che ci morirò, qua dentro. -

- Bel topo sei - disse Galien.

- Lo so, ma che posso farci ? Beh, se non altro ci terremo un po’ di compagnia... -

Galien tirò su con il naso. - Non credo che resterò qui dentro ancora per molto. Ho paura che Eredhil abbia altri programmi per me. -

Il muso del topolino sembrò illuminarsi. - Allora potrei venire con te ! Sono piccolo, potrei nascondermi nella tua tasca...guarda ! -  Detto questo, Polo si arrampicò velocemente lungo la gamba di Galien, e scomparve nel taschino della sua casacca. Il bambino rise per il solletico che la bestiolina gli aveva provocato durante la sua corsa.

- Eccomi qua ! - disse, facendo spuntare la testolina dalla tasca - Non sono molto pesante, vero ? Chi mai potrebbe notarmi ? E poi - Polo si fece serio - potrei sempre proteggerti...anche se sono un topo ho mille risorse ! - 

- Certo, come no... - disse Galien sorridendo.

Ad un tratto si udì un rumore di passi e il portone della prigione si aprì di nuovo.

- Stai giù ! - disse Galien sottovoce. Polo non se lo fece ripetere e si rannicchiò sul fondo della tasca.

Il bambino si alzò in piedi dopo che Eredhil ebbe fatto il suo ingresso e richiuso il portone alle sue spalle.

- Spero che tu ti sia divertito a giocare con Armagh, mio caro. - disse l’elfo con un sorriso malvagio sulle labbra.

Armagh, si disse il bambino, così è questo il suo nome...

- Allora, ti sei deciso a collaborare o vuoi un altro assaggio del suo potere ? E bada che stavolta non avrà nessuna pietà... -

Galien aprì la bocca ma si fermò un istante prima di parlare. Mentre Polo tremava in fondo al suo taschino, il bimbo ricordò ciò che gli aveva detto poco prima la voce misteriosa.

Fingi e avrai salva la vita.

Doveva fingere, adesso ? Era quello, il momento ? Cosa sarebbe successo ?

E, soprattutto, poteva davvero fidarsi di quelle parole ?

- Allora ? - lo incalzò Eredhil - Un topaccio ti ha mangiato la lingua ? -

- Topaccio a chi, brutto... - disse Polo cercando di riemergere in superficie. Galien lo trattenne portandosi piano una mano alla tasca. In un istante, decise di fidarsi di quella voce che, in fin dei conti, lo aveva protetto da Armagh.

Deglutì. - Sì - rispose a voce bassa, senza guardare Eredhil negli occhi.

- Molto bene. - disse Eredhil ghignando. L’elfo si tolse la corona dal capo e la porse a Galien.

- Avvicinati. -

Il bambino tentennò.

- Avvicinati, ho detto ! ! -

Galien obbedì a quell’ordine e, sempre più spaventato, avanzò piano verso lo zio.

- Avanti - disse Eredhil - Dimmi dove sono. -

Lentamente, il bambino allungò una mano verso la punta centrale della corona. Nel momento stesso in cui la toccò, gli sembrò che un fulmine attraversasse il suo corpo e il suo calore lo fondesse con il metallo della corona maledetta.

Un turbinare di immagini sempre più confuse gli entrò e gli uscì dalla mente senza sosta, una serie di particolari indistinguibili l’uno dall’altro.

Il dolore era insopportabile ; Galien stava per urlare, quando, ad un tratto, vide qualcosa, anzi, qualcuno, che gli sembrava di conoscere...

Spalancò gli occhi. - No... -

Polo fece sbucare la testolina dalla tasca, guardando il bambino con preoccupazione, ma sapeva bene di non poter fare nulla per lui.

Quell’immagine fissa tormentò per un istante il cuore di Galien rendendogli impossibile decidere cosa fare ; ma la soluzione giunse insieme alla visione successiva, sempre più chiara.

Il bambino gridò e staccò le mani dalla corona, crollando a terra. Polo rotolò fuori dal taschino, squittendo, ma ci tornò di corsa cercando di non farsi notare da Eredhil.

- Allora ? - disse l’elfo con impazienza, rimettendosi la corona sul capo - Dove sono ? -

Ansimando, Galien alzò la testa. - Ne ho visto...uno solo... -

- Per il momento basterà. - disse Eredhil - Dimmi dov’è. -

Il bambino deglutì e pregò che quella che stava facendo fosse la cosa giusta.

- A Lothlorien -  rispose.

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


16

16. La via delle stelle

 

 

 

I’ve walked too long in this lonely lane,

I’ve had enough of this same old game,

I’m a man of the world and they say that I’m strong

But my heart is heavy and my hope is gone...

 

            Queen, “Mother love”

 

 

 

Rhiannon dormì per un giorno intero. Aveva perso i sensi poco dopo la partenza, e non si era ancora svegliata, ma il suo riposo non fu  affatto tranquillo.

Le immagini dell’orrore che aveva appena visto turbavano il suo sonno, costringendola a muoversi e agitarsi sotto le coperte come se in questo modo potesse scacciare le presenze che affollavano la sua mente.

- Basta... -

Eppure non voleva che se ne andassero...perché tra quelle presenze che la tormentavano ce n’erano ancora alcune da cui non voleva separarsi, perché la facevano sentire viva, viva e felice come raramente era stata. Piccoli sorrisi, sguardi pieni di affetto, braccine tese verso di lei, sembravano chiamarla e incitarla a raggiungerli una volta per tutte.

Ma Rhiannon sapeva di non poterlo fare, perché era ancora legata al mondo dei vivi, e quel sogno in cui sembrava aver finalmente trovato la pace le avvelenava l’anima.

- Roslyn... - borbottò.

Il viso della bambina le si ripresentò davanti agli occhi facendola piangere nel sonno. Ora le immagini si erano mescolate tra di loro diventando confuse e grigie.

- Non ti vedo più...dove sei, Roslyn... ? -

La cercava, sapeva che era da qualche parte in mezzo a quella folla, ma non la trovava più, non riusciva a trovarla...

- ROSLYN ! ! ! -

Le lacrime continuarono a scendere senza interruzione.

- Non ...non lasciarmi... -

Ad un tratto, la ragazza sentì una mano, leggera e calda, posarsi sulla sua fronte.

Non ti lascio, sussurrò una voce. Poteva essere quella della bambina...o era Galien ? Il piccolo Galien che le aveva fatto riscoprire cosa significava essere di nuovo madre ? Possibile che fosse tornato... ?

Non ti lascio...

Invece era lei, Roslyn. La stava guardando e sorrideva con quelle fossette sulle guance che Rhiannon adorava...

Grande Ilùvatar...perché deve essere solamente un sogno ?

Lentamente, la ragazza sollevò la mano e se la portò alla fronte, e in quel momento sentì qualcosa che, se si fosse effettivamente trattato di un sogno, non avrebbe dovuto esserci.

Proprio una mano. Posata davvero sulla sua fronte. Leggera e calda...ed estremamente rassicurante.

- Svegliati - disse dolcemente una voce.

Rhiannon aprì piano gli occhi stanchi, svegliandosi del tutto, e per un istante si sentì accecata da ciò che vide.

In tutta la sua vita non aveva mai visto nulla di più bello. Un viso liscio e perfetto, circondato da lunghi capelli biondi e due occhi di zaffiro che brillavano come stelle. Sorrideva. Tanto meraviglioso che la sua figura sembrava emanare un tenue bagliore luminoso. Non poteva essere reale.

- Sei...una creatura del cielo ? - domandò la ragazza, incredula.

- No, i miei piedi sono ben saldi sulla terra... - rispose quella figura eterea scostando la sua mano dalla fronte di Rhiannon.

In quel momento, la fanciulla riconobbe quella voce, e la sua vista e la sua mente si snebbiarono.

- Dove sono ? - domandò.

- Al sicuro. - rispose Legolas - Questo è l’accampamento dell’esercito di Gondor ; e tu trovi nella tenda di Re Elessar in persona. -

Rhiannon si guardò intorno e si vide circondata di drappeggi rossi e dorati. Fece scorrere una mano sulla pesante e morbida coperta che la avvolgeva ; fattura elfica, senza dubbio.

- Credevo di essere morta... - disse.

- E invece, per fortuna, non lo sei. - rispose Legolas sorridendo nuovamente - Dovresti ringraziare Elessar per questo. -

Lo sguardo della ragazza si fece grave. - Avrei preferito essere morta nella mia casa, insieme a Potter, piuttosto che trovarmi qui, ora...viva. -

- Non dovresti parlare in questo modo. - replicò Legolas.

- No ? - disse sarcasticamente Rhiannon - Sai cosa significa perdere la tua casa ? Le persone che ami e quel poco che hai in un colpo solo ? -

L’elfo la guardò dritta negli occhi. - Sì. - rispose - Lo so benissimo. -

Quella risposta colpì la ragazza come uno schiaffo in pieno viso. Abbassò gli occhi, imbarazzata, ma qualcosa, forse il suo sciocco orgoglio, le impedì di chiedere scusa.

- Non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami. - disse Legolas, dopo un istante di silenzio.

- Rhiannon - rispose la ragazza con voce spenta.

- Rhiannon - ripetè Legolas - E’ un bel nome. Cosa significa ? -

- Non significa nulla. Ma mia madre diceva sempre che suonava bene. Per lei tutto era musica... -

- E lei come si chiamava ? -

- Roslyn, come... - La ragazza si interruppe bruscamente, e la sua voce si fece più triste. - ...come mia figlia. -

- Tu hai una figlia ? - chiese Legolas, stupito.

Rhiannon non rispose, e Legolas capì.

- Così era lei che hai chiamato per tutta la notte... - disse l’elfo.

- Ho dormito molto ? -

- Esattamente da ieri a quest’ora. Ti fa molto male la spalla ? -

La ragazza inspirò profondamente. - No, non mi sembra. Così ho dormito per un giorno intero...eppure mi sento come se non avessi dormito affatto. Credo di aver sognato troppo... -

Legolas si alzò in piedi e iniziò a camminare lentamente nella tenda. - Sai, non cercavi solo lei, nel sonno. Hai chiamato molti nomi... -

- Tu hai vegliato su di me... ? -

- ...e uno di questi era Galien. -

Rhiannon chiuse gli occhi e si portò una mano alla fronte. - Sono molto stanca. - disse con voce tremante - Ti prego, lasciami sola, ho bisogno di riposare ancora un po’... -

Legolas ignorò le sue parole e tornò a sedersi accanto a lei. - Perdonami se te ne parlo proprio ora...ma non riesco a smettere di pensarci. Tu sei stata l’ultima persona che ha visto mio figlio vivo... -

La ragazza inspirò profondamente e tornò a guardare gli occhi dell’elfo, che ora brillavano di speranza...quella speranza che a lei era stata strappata per sempre.

Il suo viso si fece freddo e duro.

- Cosa vuoi che ti dica, che già non sai ? E’ tuo figlio, lo conosci meglio di me. E’ un bambino meraviglioso, e gli ho voluto bene come se fosse stato mio. Ma ora l’ho perso, e non avrò pace fino a quando non l’avrò trovato e lo saprò al sicuro. -

Legolas la guardò senza capire.

- “L’avrò trovato”... - ripetè.

Rhiannon guardò l’elfo negli occhi con un atteggiamento di sfida, e sorrise.

- Perdonami, volevo dire “lo troverai”... - disse - E io lo perderò di nuovo. Per sempre. Lasciami in pace, Legolas. -

L’elfo si alzò in piedi di scatto. - Stiamo parlando di un bambino, non di un oggetto ! - esclamò - E si dà il caso che quel bambino sia mio figlio...e aveva una madre, mettitelo bene in testa, che nessuna donna potrà mai sostituire ! Nessuna, hai capito bene ? ! -

Legolas era furioso. - Levati  qualsiasi idea dalla mente. - sibilò con rabbia, stringendo i pugni fino  a farsi sbiancare le nocche - Ti sei presa cura di Galien per tutto questo tempo, e hai tutta la mia gratitudine, ma non osare nemmeno sperare di strapparmelo di nuovo...quando tutto sarà finito, mio figlio tornerà a casa. Con me. -

I due rimasero per qualche istante in silenzio, a fissarsi negli occhi, entrambi fiammeggianti per la rabbia e la frustrazione.

- Non ho mai pensato di portartelo via. - disse infine Rhiannon, con voce spenta - Galien ha avuto una sola madre, e io una sola figlia. Il nostro scontro può finire qui. Ma non potrai mai, tienilo a mente, mai impedirmi di ricordarlo e volergli bene. -

Legolas strinse gli occhi e cercò di ricacciare indietro la rabbia che stava esplodendo dentro di lui.

- D’altronde è giusto... - continuò Rhiannon, con le lacrime agli occhi - Ognuno di noi ha un destino al quale non può sfuggire...e il mio è di perdere tutti coloro che amo. Ma va bene, davvero, va bene così. Ci sono abituata, ormai. -

Legolas ricadde nuovamente seduto. - No, non è giusto... - disse, prendendosi il viso tra le mani tremanti - Perdonami...non volevo farti del male. -

- No - disse Rhiannon con occhi spenti - Sono io che ti devo chiedere perdono. Stiamo provando gli stessi sentimenti ma non ce ne rendiamo conto... -

Legolas alzò la testa, il viso pallido e stravolto. - Ti è mai capitato... - disse - Ti è mai capitato di fare un sogno meraviglioso e di svegliarti desiderando ardentemente che fosse reale ? E di scoprire, invece, di essere di nuovo te stessa e non avere niente di più di quello che avevi quando ti eri addormentata ? A me capita ogni notte, da quando Anìrwen è stata uccisa e Galien portato via. Da allora non dormo più, Rhiannon...perché quei sogni meravigliosi sono diventati incubi per me, perché so che non potranno mai avverarsi, e prego i Valar perché mi facciano tornare da loro...dalla mia sposa e dal mio bambino. -

Rhiannon inspirò profondamente. - So cosa significa, perché l’ho provato anch’io questa notte...e tante altre notti addietro, quando ho perso per sempre Roslyn. Quando Galien è entrato nella mia vita, mi sembrava che il tempo fosse tornato indietro e mi avesse restituito ciò che avevo perduto, ma mi sbagliavo. Avrei dovuto immaginare che non sarebbe durato molto, e, ripeto, è giusto così. Tuo figlio tornerà da te, ne sono sicura. Solo...spero che non mi dimentichi. -

- Galien dovrà dimenticare molte cose, ma tu non sarai certamente tra quelle. - disse gravemente Legolas - Dovrà dimenticare il tradimento, l’odio e il rancore, tutte cose che non ha mai conosciuto, e che ha dovuto sperimentare di colpo sulla sua pelle, come un fuoco impazzito. La sua innocenza è stata messa a dura prova. -

- Credo che nulla potrebbe scalfire l’innocenza di tuo figlio, Legolas. - continuò Rhiannon, guardando l’elfo negli occhi.

I due rimasero ancora un attimo in silenzio.

- Vuoi sapere una cosa, Legolas ? - disse poi la ragazza - Tutte le persone a cui ho voluto bene sono entrate ed uscite dalla mia vita in un baleno. Ma ho goduto ogni singolo istante in cui ho potuto averle accanto. -

Legolas la guardò con tristezza. - Come hai perso Roslyn ? - disse.

- Era andata a giocare sul retro della locanda, come al solito. Là cresceva un vecchio melo che Roslyn adorava. Ci si arrampicava sempre, quando non la vedevo. Sapeva che non volevo che lo facesse, ma penso che disubbidire ai genitori sia il gioco preferito da molti bambini, quindi io facevo finta di arrabbiarmi e lei faceva finta di ascoltare. Ma quando, quel giorno, la trovai ai piedi del melo con il collo spezzato... -

Legolas voltò la testa con una smorfia di dolore.

- Potter abbattè la pianta quel giorno stesso. Né io né lui parlammo più per giorni. Era burbero e scontroso, ma voleva molto bene a Roslyn, anche se non era suo padre. E a modo suo ne voleva anche a Galien, ne sono sicura. Quei due si divertivano un sacco, insieme. -

Legolas non disse una parola, ma stava facendo i conti con il nodo che aveva in gola e che stava minacciando di sciogliersi.

- Ricordo che un giorno Galien innaffiò le piante di Potter con la birra...la birra, ti rendi conto ? - disse poi Rhiannon.

Legolas sorrise, gli occhi lucidi. - Potter gli chiese cosa gli era saltato in mente, e sai lui cosa gli rispose ? “Hai visto i tuoi clienti che pance hanno ? Se la tua birra li ha fatti crescere così tanto, perché non dovrebbe far crescere anche le piante” ? E...ci crederesti ? -

Legolas annuì.

- Quelle pianticelle sono fiorite prima delle altre...il risultato che Potter cercava da anni l’aveva ottenuto quel bambino nel giro di un giorno...Era straordinario. L’ho sempre detto, dal primo momento in cui l’ho visto. Straordinario. -

- E’ sempre stato un bambino curioso. - disse Legolas cercando di nascondere un lieve tremolio nella voce.

Rhiannon rise tra sé e sé, lo sguardo perso nel vuoto.

- La birra alle piante...non è pazzesco ? -

Legolas si asciugò rapidamente una piccola lacrima, mentre cercava di rivedere suo figlio nelle parole di quella strana ragazza. - Parlami ancora di lui. - disse - Ti prego...parlami ancora di lui... - 

Rhiannon annuì, ed entrambi parlarono e piansero a lungo quella notte, confidandosi i dolori, le paure e i ricordi che li accomunavano.

Poco prima dell’alba, quando la ragazza sentì che i suoi occhi si erano fatti pesanti, disse :

- Sono stanca...stanca...e non riesco più a sperare in niente... -

- Riposa, ora. Avremo il tempo di ricominciare a sperare. E’ un segno del destino, che io e te ci siamo trovati proprio adesso. -

Rhiannon socchiuse gli occhi. - Come dite voi Elfi... ? “Una stella brilla sull’ora del nostro incontro”... -

L’elfo annuì sorridendo dolcemente. - Sono felice di averti incontrata, Rhiannon. -

La ragazza sorrise a sua volta. - Tu...conosci la storia dell’uomo delle stelle ? - disse.

- No - rispose Legolas scuotendo la testa.

- Non importa - disse Rhiannon prima di addormentarsi - Non importa. -

 

 

 

Era molto tardi quando Legolas lasciò la tenda in cui riposava Rhiannon. Aveva ancora gli occhi gonfi per il lungo pianto, ma il suo cuore si era alleggerito dall’angoscia.

Nell’oscurità vide Aragorn farglisi incontro.

- Non riesci a dormire ? - gli disse l’elfo.

- No, ma non importa. Sta meglio ? - domandò il Re - Ho preferito non disturbarvi. Credevo... - si interruppe, tentennando - ...che aveste molte cose da dirvi. -

- Infatti - rispose Legolas stancamente - Ancora non riesco a crederci...Galien era così vicino, e l’ho perso per un soffio. -

- Ma hai trovato lei - aggiunse Aragorn - E ti aiuterà ad arrivare da lui. -

Legolas scosse la testa. - Lei ha molto più bisogno d’aiuto di me. A quanto sembra, il suo cuore sta sanguinando da molto, molto tempo. -

Aragorn capì che non era il caso di andare oltre.

- Cos’hai intenzione di fare, ora ? - disse.

L’elfo sospirò, guardando nel buio. - Non lo so. Radagast non è ancora tornato ? -

- Te l’avrei già detto. - rispose Aragorn - Ma arriverà presto, ne sono sicuro. E’ come Gandalf, ricordi ? Se ne andava all’improvviso e ricompariva quando meno te lo aspettavi. Non ha mai mancato alla sua parola. Tornerà, vedrai. E porterà con sè delle risposte. -

- Lo spero ; ma non riesco ancora a fidarmi del tutto di lui. Quanto vorrei che fosse davvero Gandalf... -

L’Elfo e l’Uomo si diressero verso il grande falò che era stato acceso al centro dell’accampamento, e vi si sedettero accanto.

- I soldati non sono tranquilli. - disse Aragorn - Temono un’incursione improvvisa, ma, a mio avviso, non dovremmo correre rischi. Abbiamo le spalle ben coperte e ci sono dieci cavalieri pronti a correre a Minas Tirith in qualsiasi momento, per far intervenire il grosso dell’esercito. Tu... - si interruppe per un istante - ...credi che Eredhil possa tentare una sortita a sorpresa ? -

Legolas scosse la testa. - Lo escludo. Non ora, almeno. Mio fratello potrà essere audace, ma non sciocco ; aspetterà, per lo meno fino a quando non avrà messo le mani su un altro Silmaril, per sentirsi al sicuro. -

Un altro breve momento di silenzio calò tra i due.

- Ho provato anch’io a riflettere sul significato delle visioni. - disse poi Aragorn - Ma non sono riuscito a venire a capo di nulla. Credo che nessuno ci riesca, per la verità...perfino il povero Gimli ci si sta ancora arrovellando. Non so se riuscirà a dormire, questa notte ! -

- Io non ho nemmeno avuto il tempo per pensarci, Aragorn. - rispose Legolas - In questo momento, l’unica cosa che vorrei fare è correre lassù in cima - Alzò una mano, indicando un punto nel buio, in cui solo i suoi luminosi occhi da elfo potevano vedere in lontananza Dol Guldur, il monte due volte maledetto - a riprendermi Galien. Solo questo vorrei. -

Aragorn scosse la testa. - Comprendo i tuoi sentimenti, Legolas, ma sarebbe un rischio troppo grande e inutile da correre. Eredhil non farà mai del male a Galien, semplicemente perché gli serve vivo, altrimenti non si sarebbe dato tanta pena per riprenderlo, non credi ? Ma se tu cadessi nelle sue mani, tuo fratello non avrebbe alcuna pietà per te. -

Legolas, gli occhi fissi sulle braci, aprì la bocca, ma Aragorn, con un cenno della mano, gli impedì di parlare. - So quello che stai pensando - disse - Ma se non vuoi farlo per te, pensa almeno a tuo figlio. Non lasciarlo solo per sempre, Legolas. -

L’elfo voltò piano la testa e i suoi occhi color del cielo incontrarono lo sguardo rassicurante dell’amico, e gli sorrise debolmente in segno di gratitudine. Sapeva che Aragorn non l’avrebbe mai abbandonato, così come Gimli, Sam e gli altri. Era una sorta di patto di sangue stipulato in silenzio durante l’incredibile avventura che aveva avvicinato i membri della Compagnia dell’Anello gli uni agli altri. Potevano essere lontani migliaia di miglia, come lo erano ora Frodo e Gandalf, ma non si sarebbero mai separati veramente.

Aragorn si alzò e si allontanò verso le sue tende, dopo aver dato una pacca affettuosa alla schiena dell’elfo.

Legolas decise di rimanere accanto al falò ancora un po’ a riflettere, con l’unica compagnia delle guardie silenziose che sorvegliavano l’accampamento. La notte si stava facendo fresca, e l’elfo si strinse con un mano il mantello, tendendo l’altra verso il fuoco. Restò per un attimo a guardare la sua pelle chiara, illuminata dai bagliori dorati delle fiamme, e fu piacevole per lui avvertire quel calore risalirgli il braccio e raggiungere il suo cuore.

Anche il mio cuore sta diventando di ghiaccio ?  si domandò Legolas.

Senza staccare lo sguardo dalla sua mano, tese ancora di più il braccio verso il fuoco e si immaginò avvolto da esso. Ricordò che Gandalf poteva dominarlo, il fuoco, come aveva fatto durante la terribile lotta contro il Balrog, al ponte di Khazad-Dûm. Doveva essere una sensazione incredibile, afferrare il potere delle fiamme, vedere se stessi in esse e...

Un momento.

Lo sguardo dell’elfo mutò di colpo, mentre osservava il suo braccio teso verso il falò.

- Dannato stupido ! - esclamò colpendosi la fronte con la mano. Poi si alzò di scatto e corse via.

- Aragorn ! - gridò.

Il Re di Gondor uscì di corsa dalla sua tenda, spaventato. - Cosa c’è, Legolas ? Cos’è successo ? -

- Sveglia Gimli - disse l’elfo, ansimando, dopo aver raggiunto l’amico che lo guardava con aria interrogativa. - Credo di aver capito dove si trova il secondo Silmaril ! -

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 17 ***


17

17. Una nuova partenza

 

 

 

Pochi minuti dopo, Sam, Gimli e Faramir erano stati convocati al cospetto di Aragorn e Legolas, il quale rivelò ai compagni d’avventura l’illuminazione che lo aveva folgorato.

- Sei proprio sicuro che si trovi lì ? - domandò Aragorn.

- No - rispose l’elfo, facendo dipingere un’espressione delusa sul volto speranzoso del buon Sam - Non del tutto, almeno. Ma ho una sensazione che non mi abbandona...Gimli, ricordi la visione che si è presentata per prima ? -

- Come no - rispose il nano - Eri tu che tendevi la mano dritta davanti a te...sembrava quasi che volessi afferrare qualcosa che si trovava fuori dallo specchio. -

- Ma questo significa tutto e niente ! - esclamò Sam aprendo le braccia - Per conto mio potrebbe semplicemente voler dire che tu, Legolas, troverai uno dei Silmaril...ma come non si sa ! -

L’elfo sorrise. - E invece l’indicazione che ci è stata data è estremamente utile, mio buon Sam ; e l’ho capito solo poco fa, guardando il falò. Ho teso un braccio verso il fuoco per scaldarmi, e sono rimasto un po’ ad osservare le fiamme. Ad un certo momento ho provato ad immaginarmi riflesso in esse...ed è stato allora che ho capito. -

- Molto bene ! - mugugnò Gimli incrociando le braccia - E ora ti spiacerebbe spiegarlo anche a noi ? -

Legolas tacque per un istante, facendo scorrere lo sguardo sui volti perplessi dei presenti.

- Mi è tornata in mente la visione, Gimli. Ero più che certo che in essa ci fosse qualcosa che non riuscivo ad afferrare. E quella cosa era proprio lì davanti ai miei occhi, chiara ed estremamente semplice ! -

L’elfo sollevò la mano destra. - Nella visione io tendevo una mano verso qualcosa...e la mano che tendevo era la sinistra. Io non sono mancino, lo sapete bene. Al momento non ho dato la minima importanza alla cosa, ma quando, prima, ho guardato la mia mano tesa verso il fuoco, ho capito. L’immagine era rovesciata, come... -

- Come in uno specchio ! - esclamò Gimli.

- Esattamente ! - esclamò Legolas sorridendo - Quella visione era tanto realistica e determinata che sembrava quasi voler balzare fuori dall’acqua per afferrare qualcosa. Ma quella cosa non si trovava fuori dallo Specchio, bensì nello Specchio stesso. Ma te ne rendi conto, Gimli ? Gli eravamo così vicini... -

- Questo discorso non ha senso. - disse Faramir scuotendo la testa - Non riesco proprio a capire dove vuoi arrivare. -

- Io sì. - disse Aragorn - Pensavamo che la visione avesse qualche strano significato simbolico...e invece era molto più semplice e concreta di quanto pensavamo. -

- Cosa vuoi dire ? - domandò Sam corrugando la fronte.

Aragorn sorrise a sua volta. - Che il secondo Silmaril è nello Specchio di Galadriel. - disse - Quello che Legolas ha visto era se stesso, riflesso nello Specchio, nell’atto di prenderlo. -

L’elfo annuì, davanti allo sconcerto di tutti i presenti.

- Non potrebbe essere ? - disse in tono speranzoso.

- Potrebbe essere - rispose Gimli.

- Finora è l’unica pista che abbiamo - disse Aragorn - Sarebbe sciocco non seguirla, vi sembra ? -

- Quando si parte ? - esclamò Sam, ora entusiasta per quella rivelazione.

Legolas sospirò, e la sua espressione speranzosa mutò in ansia. - Sono estremamente combattuto, amici. - disse - So che non possiamo permetterci di perdere tempo, e che dobbiamo assolutamente arrivare ai Silmaril prima di Eredhil...ma ogni minuto che passa è un minuto in più in cui Galien sarà costretto a rimanere nelle mani di quell’infame... -

Aragorn guardò l’amico con comprensione. - Sai bene che hai tutto il mio appoggio, ma questa volta credo che non sia il caso di lasciare attendere il destino. Lo Specchio non mente, se gli si dà ascolto, e dobbiamo assolutamente sfruttare ogni minima possibilità per evitare che Eredhil commetta l’irreparabile. Ricordati che anche tuo fratello è sulle tracce dei Silmaril, ed è assai probabile che abbia Galien con sé. Troviamo le pietre e troveremo anche il bambino. -

Legolas sospirò. - D’accordo - disse - Ma facciamo in fretta. -

Aragorn annuì. - Possiamo partire anche subito. Faramir, tu resterai qui e ti occuperai dell’esercito in mia assenza. Non credo che avremo bisogno di portare con noi dei cacciatori ; ci muoveremo meglio da soli, come abbiamo fatto un tempo. Sam, vuoi seguirci anche stavolta ? -

- Certo che sì ! - esclamò lo Hobbit, felice di essere coinvolto in quella nuova impresa - Non sarò venuto fin qui per restarmene con le mani in mano ! -

- Non avevamo dubbi che saresti stato dei nostri, Sam Gamgee ! - disse Gimli - Le tue instancabili gambette da Hobbit ti hanno sempre portato lontano. Non potevamo volere di meglio ; siamo pochi ma buoni. E poi il quattro è un buon numero, checché si dica. -

- Ma cinque è ancora meglio, Nano. - disse una voce - Anch’io sono della partita. -

I presenti si voltarono, spalancando gli occhi. Rhiannon fece un passo e uscì dall’oscurità in cui era rimasta nascosta fino ad allora.

Legolas era allibito.

- Credevo dormissi. - disse freddamente - Non ti conviene andartene in giro con la spalla in quelle condizioni. -

- Sto bene - rispose la ragazza - E vengo con voi. -

- Credo che tu non abbia capito... -

- Ti ho detto che sto bene. E poi non ho più niente da perdere, salvo Galien. -

- Questo discorso non ti riguarda, Rhiannon. - disse l’elfo, incredulo e irritato dalla decisione della ragazza - Torna nella tua tenda e dimentica quello che hai sentito. -

- Oh, mi riguarda eccome, invece ! - ribattè la ragazza - Ti ho detto che quel bambino è sotto la mia responsabilità e non ho intenzione di restare in ansia fino al vostro ritorno. Io, da sola, non posso fare nulla, ma ho delle risorse che non immaginate. E quando voglio ottenere una cosa la ottengo, in ogni modo possibile. Vi tornerò utile, non dubitate. -

Legolas cercò di protestare, ma la ragazza lo interruppe ancora prima che potesse aprire la bocca.

- Non temere, Legolas, non ho intenzione di portartelo via. Abbiamo già discusso su questo punto e siamo stati abbastanza chiari, mi pare. Non ho ben capito cosa avete intenzione di fare, ma se riguarda anche Galien, allora riguarda anche me. Non voglio nulla, solo aiutarvi a trovarlo, dopodiché mi leverò dai piedi e non sentirete mai più il mio nome, ve lo giuro sulla mia testa, che è l’unica cosa che mi rimane. -

Legolas rimase interdetto di fronte alla determinazione della ragazza. Guardò Aragorn, come per chiedergli un parere, ma l’uomo rispose semplicemente : - Sei tu ad essere maggiormente interessato dalla cosa. La decisione spetta solo a te. -

L’elfo tornò a guardare i freddi occhi verdi di Rhiannon, e capì che non sarebbe arretrata di un solo passo.

- Non so chi di noi due sia il più cocciuto. - disse - Se è proprio questo che vuoi, non te lo impedirò. Ma sappi che non ho intenzione di sprecare tempo per toglierti dai guai, per cui sarai solamente tu la guardiana di te stessa. -

Rhiannon sorrise. - Affare fatto. - disse.

Gli occhi di Legolas rimasero fissi in quelli della ragazza, mentre i due sembravano lanciarsi una sfida vicendevole su chi di loro non sarebbe riuscito a mantenere i suoi propositi.

- Bene. - disse infine l’elfo - Allora partiremo all’alba. -

 

 

I cinque si misero in marcia non appena il sole ebbe tinto di arancio il cielo nuvoloso.

Ma nello stesso momento in cui la piccola compagnia era partita per Lorien, un’altra compagnia aveva lasciato Dol Guldur per raggiungere il medesimo posto...

 

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 18 ***


18

18. Incontri e scontri

 

 

 

My heart’s dark but it’s risin’

I’m pullin’ all the faith I can see

From that black hole on the horizon

I hear your voice calling me...

 

            Bruce Springsteen, “Mary’s place”

 

 

 

Il viaggio dei cinque verso Lorien, sotto la guida di Aragorn, trascorse in relativo silenzio.

Rhiannon non parlava e continuava a guardarsi intorno con un’espressione quasi nostalgica negli occhi, e cavalcava con sicurezza.

- Sembra quasi che tu conosca la strada meglio di noi - disse ad un tratto Legolas affiancandosi al cavallo della ragazza.

- Ho percorso molte volte questi sentieri - rispose Rhiannon senza degnare l’elfo di uno sguardo - Mai fino a Lothlorien, però. Erano Val e Yain che conoscevano bene la strada... -

Il viso di Legolas si adombrò. - Val ? - disse - Non mi meraviglia che un idiota del genere osi spingersi tanto vicino alle terre degli Elfi ignorando il pericolo che corre... -

Rhiannon capì l’irritazione dell’elfo al pensiero di ciò che la sventatezza del ragazzo aveva provocato. Inghiottì il rancore e lasciò che la rabbia passasse da sé.

- Val non è cattivo. - disse - Ha solo il vizio di essere innamorato di me. Per questo a volte agisce senza pensare. -

- E in questo modo si è giocato il tuo amore - disse Legolas - Per non parlare del resto...o mi sbaglio ? -

- Voglio bene a Val, ma non ho mai corrisposto i suoi sentimenti, se è questo che intendi. -

- Non ne dubitavo. - disse Legolas - Se non fosse stato così, forse non sarebbe successo quello che è successo. -

Rhiannon si voltò di scatto e il suo sguardo trafisse l’elfo con odio. - Stai dicendo che se Potter è morto e tuo fratello ha rapito Galien la colpa è mia ? E’ questo che vuoi dire ? - La ragazza tornò a guardare davanti a sé. - Mi meravigli, Legolas...non credevo che gli Elfi considerassero l’amore come merce di scambio... -

- Come al solito non hai capito niente. - ribattè Legolas - Le cose più preziose, come l’amore, non si possono comprare, ma si trovano semplicemente lungo la strada, e guai a non essere pronti a raccoglierle...io intendevo solo dire che è curioso come il destino di molte persone dipenda dalle azioni di una sola. -

Rhiannon sorrise amaramente. - E’ questo il significato dell’ultima favola che ho raccontato a Galien... - Il viso della ragazza tornò serio. - Chissà, forse ora ha capito cosa voleva dire... -

Legolas sentì nuovamente il suo cuore farsi pesante. - Credo sia meglio tacere, ora. - tagliò corto - Ci stiamo addentrando nel fitto della foresta e non ho idea di quello che potremmo trovarci davanti. -

Detto questo, l’elfo spronò il suo cavallo e trottò avanti per raggiungere Aragorn.

- Hai toccato un nervo scoperto, ragazza. - disse Gimli, dietro di lei - Quando Legolas parla di Galien tutte le sue ferite si aprono contemporaneamente. -

- E credi che le mie non lo facciano ? - ribattè Rhiannon voltandosi verso il Nano. Gimli spostò lo sguardo altrove, imbarazzato. - Qualunque cosa accada, il dolore è sempre lo stesso, Gimli...ciò che cambia è il modo di affrontarlo. -

Ad un tratto Aragorn fece fermare la piccola compagnia con un gesto della mano. Legolas scese velocemente da cavallo, guardando con attenzione davanti a sé.

- Ci siamo. - disse Aragorn.

 

 

 

- Quanto manca ? - sussurrò Polo facendo capolino dalla tasca di Galien.

- Poco - rispose sottovoce il bambino.

- Meno male...ho lo stomaco in gola ! belle bestie, questi cavalli, ma per niente comodi ! -

Galien si girò piano e guardò di sbieco il soldato che lo portava a cavallo con sé, sperando che non avesse sentito le sue parole e quelle del topino, e notò con sollievo che i suoi occhi guardavano dritti di fronte a sé e non avevano espressione.

Più avanti Eredhil conduceva il gruppo di cavalieri, i capelli biondi che gli ondeggiavano sulle spalle. Senza la corona di ferro, lasciata a Dol Guldur per non rischiare di perderla, si sentiva meno sicuro, come se il potere di Armagh dentro di lui fosse diminuito. Ma non doveva aver paura, perché, grazie a Galien, il secondo Silmaril sarebbe stato presto nelle sue mani, e Fermanagh avrebbe aggiunto il suo potere a quello del fratello.

Fermanagh...o Morgoth.

Sì, con l’aiuto di quei demoni sarebbe stato davvero invincibile.

- Proseguiremo a piedi, ora. - disse Eredhil fermando il gruppo e scendendo da cavallo. Fece un cenno al soldato che scortava Galien, il quale gli si avvicinò e, sollevato il bambino, lo posò a terra accanto ad Eredhil, per poi scendere lui stesso da cavallo. Nel taschino, Polo si aggrappò alla stoffa interna del taschino per non esserne sbalzato fuori.

- Bene. - disse Eredhil mettendosi di fronte al nipote e afferrandogli il braccio - Ora sarai tu a guidarci. Il Secondo è qui, giusto ? Allora portaci da lui. -

Galien tentennò per un istante, mentre il suo cervello iniziava  a lavorare furiosamente, alla ricerca di una via d’uscita. Si guardò intorno ; i soldati lo circondavano da ogni lato, era impossibile fuggire. Oppure no...forse un modo c’era...

Il bambino guardò dritto davanti a sé, con espressione concentrata, e, avanzando lentamente ma con sicurezza, condusse lo zio fuori dal cerchio degli altri soldati.

Eredhil diede loro ordine di lasciarli passare, e Galien continuò a camminare verso un gruppo di altissimi alberi di Mallorn, un tempo splendide dimore dei Galadhrim. Quando il bambino non ebbe più nessuno davanti a sé, abbassò gli occhi verso il taschino da cui Polo lo stava guardando, e gli sussurrò velocemente alcune parole. Il topolino annuì e Galien sorrise. Quindi condusse il gruppo sempre più vicino agli alberi, e, quando ritenne che fosse il momento giusto, fece a Polo un lievissimo cenno con il capo.

Fulmineo, il topo schizzò fuori dal taschino, morse la mano di Eredhil e si tuffò nella tunica del bambino. Lanciando un grido di dolore, l’elfo ritrasse velocemente la mano ; in quello stesso istante, Galien scattò avanti e corse più veloce che potè verso la scala che avvolgeva il Mallorn più grande.

Gli occhi di Eredhil si riempirono di rabbia, mentre i suoi soldati, dopo un attimo di esitazione dovuto alla mossa a sorpresa, correvano all’inseguimento del bambino.

- Fermi ! - gridò l’elfo, tenendo lo sguardo fisso sulla piccola figura di Galien che saliva velocemente la scala a chiocciola - Lasciatelo a me ! ! -

Tendendo una mano in avanti, lasciò che Armagh uscisse dal suo corpo e si lanciasse all’inseguimento del bambino ; ma la spirale di fumo rosso compì solo un breve tratto, fermandosi, quasi esitante, a pochi passi dall’albero su cui Galien stava salendo.

Tu non lo avrai, disse una voce che nessuno poteva sentire. Non l’hai avuto prima...e non lo avrai nemmeno adesso !

Armagh percepì le sue parole e cercò di forzare la sua resistenza, ma invano.

Era come se una forza invisibile stesse facendo da scudo al piccolo elfo, e ad un tratto sembrò quasi essere più forte del demone, visto che, compiendo un semicerchio nell’aria, Armagh tornò da dove era venuto.

- Cosa ti sta succedendo, maledizione ? ! - sbottò Eredhil mentre il demone tornava a rifugiarsi dentro di lui - Il moccioso è là, non riesci a vederlo ? Dov’è finito tutto il tuo potere ? ! -

Qualcosa mi sta ostacolando, disse Armagh. Non capisco cos’è, ma lo sta proteggendo resistendo ai miei attacchi.

- Hai paura di qualcosa che nemmeno vedi ? - lo canzonò Eredhil - L’inattività ti ha infiacchito fino a questo punto ? -

Non mi fa paura. Non vuole attaccarmi perché si indebolirebbe, invece deve resistere per proteggere il bambino. La batterò, non temere, ma mi occorre tempo.

- Non abbiamo tempo - disse Eredhil. Poi si rivolse ai suoi soldati.

- Trovate il bambino ! - esclamò -  Sparpagliatevi per il bosco, ma fate attenzione : queste dannate piante hanno scale e passerelle che portano dove meno ve l’aspettereste, e Galien lo sa bene. Qualsiasi pertugio sarà un nascondiglio perfetto per lui ; non tralasciate il minimo passaggio ! Voi - disse poi a quattro arcieri, mentre gli altri sparivano tra gli alberi - restate con me. Questa faccenda non mi piace affatto. -

Il Principe del Bosco Atro e le sue guardie camminarono per qualche minuto, fino a quando alcune strane voci attirarono l’attenzione di Eredhil...

 

 

- Così è questo... - disse Rhiannon - ...lo Specchio di Galadriel... -

I cinque si trovavano attorno al bacile di pietra coperto da foglie secche in cui Gimli e Legolas avevano, pochi giorni prima, visto il loro futuro senza rendersene conto. Nessuno rispose alle parole della ragazza ; tutti tenevano gli occhi fissi sullo Specchio, titubanti e incapaci di decidere cosa fare.

- Radagast ci aveva detto di non toccarlo per nessun motivo... - disse Gimli.

- Di certo non si aspettava che saremmo stati costretti a farlo. - replicò Aragorn - Ma ora lo dobbiamo fare, Gimli, anche se... - Alzò gli occhi su Legolas. - ...non so cosa potrebbe accadere. -

L’elfo non rispose, né staccò lo sguardo dallo Specchio, il pensiero che correva alle parole di Radagast. Anche un solo Silmaril sarebbe stato sufficiente a ripristinare i Sigilli, questo aveva detto lo stregone. E forse quella pietra si trovava proprio davanti a loro...

- Tu conosci la leggenda dei Silmaril, Aragorn ? - disse infine l’elfo.

Aragorn annuì.

- Credi che sia vero...che scatenino desideri inconfessabili in chiunque li possieda ? -

Il Re di Gondor sospirò. - Temo che sia proprio quello che è capitato a Eredhil, Legolas. - disse - Ascolta, capisco quello che stai pensando. Io non so cosa potrebbe succedere quando toccherai quel bacile...né cosa accadrà se troverai veramente il secondo Silmaril. E’ vero che la visione mostrava te, ma sappi che non sarai costretto ad affrontare questa prova, se non te la senti. -

L’elfo sorrise e scosse la testa. - Lo Specchio mostra solo la verità, Aragorn. Quello che ho visto è solo una parte del mio futuro e di quello di noi tutti, e non sarò certo io a cambiare ciò che è scritto. Qualsiasi cosa debba accadere, è un rischio che intendo correre. -

Rhiannon fissò intensamente Legolas mentre quest’ultimo avanzava lentamente verso il catino, e l’unico suono che le parve di poter percepire fu quello delle foglie secche scostate dalla mano tremante dell’elfo e il battito del suo cuore spaventato.

Tum.

La ragazza si domandò per quale motivo si sentisse così turbata.

Tum tum.

Forse perchè da quel gesto all’apparenza insignificante dipendeva il destino della sua terra ? No, certe considerazioni erano troppo complicate per il suo spirito ingenuo. Eppure qualcosa la spaventava.

Tum tum.

Fu forse il tenue fascio di luce che si levò quando Legolas, incredulo, scoprì il fondo dello Specchio rivelando una grossa gemma dai brillanti riflessi azzurri, perfetta nella sua semplicità ? Era quella che la spaventava ? O ciò che implicava quella pietra ?

Non riuscì a trovare una risposta ; quando Legolas sollevò tra le mani il Silmaril, un lampo divampò dal suo contenitore, abbagliando la piccola compagnia, liberandolo da tutto il potere di cui era permeato. Dopodichè, lo Specchio di Galadriel tornò ad essere un semplice bacile di pietra coperto di muschio.

E, stavolta, per sempre.

Rhiannon continuava a non capire, mentre Gimli, Sam e Aragorn guardavano stupefatti Legolas, il quale, a sua volta, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla gemma che teneva tra le dita. Il bagliore del Silmaril era molto tenue, tuttavia la sua luce illuminava gli occhi dell’elfo facendoli brillare in maniera inquietante.

- E così il Silmaril è sempre rimasto qui...il potere dello Specchio dipendeva da lui... - disse Sam - Ma perché, quando sono partiti, i Galadhrim non l’hanno portato con loro ? -

- Forse hanno voluto lasciare un ultimo custode - disse Aragorn - Qualcosa che portasse avanti il compito che era affidato a loro. Probabilmente immaginavano quello che sarebbe accaduto...forse l’avevano visto, e avevano visto anche come sarebbero andate le cose... -

- Beh, quello che conta è che abbiamo trovato quella maledetta pietra. - disse Gimli tirando un sospiro di sollievo - Ora dobbiamo solo aspettare che Radagast torni con qualche indicazione sul luogo in cui la dovremo portare e finalmente ci saremo liberati da questo incubo. Giusto, Legolas ? Legolas... ? -

L’elfo non rispose e continuò ad ammirare la gemma che stringeva quasi con cupidigia.

E’ così bella...perché mai dovrei liberarmene ? disse tra sé e sé. Posso sentire il suo calore...mi sta penetrando nell’anima...era da troppo tempo che non provavo una sensazione tanto inebriante...è...è come se...mi ridesse tutto quello che ho perduto...io non posso... NON POSSO...

- Legolas ! -

La voce e lo strattone di Gimli fecero scuotere l’elfo dai subdoli pensieri che si stavano insinuando lentamente dentro di lui. Portandosi una mano alla fronte sussultò. Boromir, si disse. E’ esattamente quello che è successo a Boromir...per l’Anello...Radagast aveva ragione... Strinse gli occhi cercando di ritrovare la lucidità che stava perdendo.

- E’ tutto a posto, Gimli - disse, tremando al pensiero di quello che gli stava accadendo - Tutto a posto, davvero... -

Ma Rhiannon capì che non era affatto così. Lo sguardo dell’elfo l’aveva spaventata perché, come lei stessa non riusciva a capire il terribile potere che il Silmaril portava dentro d sé, così anche Legolas non aveva la forza e il potere per farlo, né per resistergli.

- Allora possiamo andarcene da qui ! - disse Sam - Quando siamo giunti qui la prima volta mi sembrava di stare sognando...ora, invece, questo posto mi mette i brividi ! - 

- Sì, Sam, ora ce ne... -

- Un momento ! -

L’esclamazione di Legolas costrinse tutti a voltarsi verso di lui. L’elfo aveva alzato di scatto una mano, e il suo sguardo penetrante sembrava perlustrare ogni angolo della foresta che lo circondava.

Aragorn capì che qualcosa non stava andando per il verso giusto ; fece cenno ai cinque di stringersi tra loro e impugnò la sua spada.

D’istinto, Sam prese Pungolo con mani tremanti. - Non si illumina... - sussurrò.

- Questo non significa che non ci siano nemici nei paraggi. - rispose Gimli.

- State vicini. - disse Aragorn impugnando Andùril.

D’istinto Legolas, che aveva appena messo mano al suo arco, si voltò verso Rhiannon, che tremava dalla paura.

- Sai usare la spada ? - le disse.

- Io ? ! ? - rispose la ragazza - Vuoi scherzare ? ! ? -

- Allora prendi questo - disse Legolas porgendole il suo pugnale dalla lunga lama intarsiata, che la ragazza si rigirò goffamente tra le mani - E stai nel gruppo. -

Appena terminata la frase, una figura avvolta in un lungo mantello scarlatto, seguita da altre, armate di archi, frecce e spade, uscì dal fitto della foresta e si mostrò ai cinque sbigottiti compagni.

- Sapevo che i sentieri del destino hanno strani percorsi, ma non avrei mai creduto che ci avrebbero portati dritti allo stesso punto, fratello ! -

- Eredhil ! - esclamò Legolas - Maledetto bastardo ! Cosa... ? -

- Arriviamo subito al punto. - lo interruppe Eredhil - Tu hai il Silmaril e io ho tuo figlio, e penso che tu abbia capito dove voglio arrivare. -

Legolas sentì un tuffo al cuore. - Allora era vero - disse - Galien è vivo... -

- Lo è. Ma non so per quanto tempo ancora. Tutto, inclusa la vostra vita, dipenderà dalla collaborazione che mi darete. -

- Non mi sembri nella posizione migliore per dettare condizioni ! - esclamò Gimli stringendo la sua ascia - Siamo cinque contro cinque, e ti consiglio di non sottovalutarci ! -

Eredhil rise. - Sottovalutare voi ? Un Elfo, un Uomo, un Nano e uno stupido Hobbit, oltre ad una ragazza che non sa nemmeno da che parte impugnare un coltello ? Non siate ridicoli ! -

- Lurido verme... - sibilò Rhiannon a denti stretti. Eredhil non la sentì.

- Evidentemente ignori le nostre risorse. - disse Aragorn - Sette anni fa abbiamo sgominato nemici ben peggiori di te contando solo sulle nostre forze... -

- Oh, lo so bene... - disse Eredhil ghignando - La Compagnia dell’Anello...chi non è a conoscenza delle vostre gesta ? Ma credetemi, il vostro stupido coraggio non vi servirà a nulla contro di me. Ho quattro arcieri al mio fianco, e altrettanti, ben nascosti alla vostra vista, pronti a colpire... -

- Vedremo subito chi sarà più veloce ! - esclamò rabbiosamente Legolas incoccando rapidamente una freccia e mirando al cuore del fratello, il tutto senza lasciare la gemma.

Eredhil alzò una mano. - Non ti conviene fare mosse avventate, fratello. Se io non torno, Galien muore, sappi solo questo. -

Legolas sentì una morsa allo stomaco. Continuò a fissare Eredhil con odio, mentre le sue mani tremanti facevano vibrare la corda dell’arco.

- Legolas... - disse Aragorn.

Lentamente, l’elfo allentò la corda e la freccia gli cadde a terra. Poi aprì la mano che impugnava l’arco, lasciando cadere anche quest’ultimo, ma con l’altra continuò a stringere il Silmaril con tutta la sua forza. C’era suo figlio in gioco...eppure, anche se la cosa lo ripugnava, non poteva rinunciare alla pietra...

Rhiannon retrocedette di un passo, calpestando un ramoscello secco. Eredhil voltò di scatto la testa verso di lei e allargò le labbra in un malvagio sorriso.

- Tu devi essere la sguattera a cui i miei cacciatori hanno strappato il moccioso... - disse, e, avanzando verso la ragazza, le si piantò davanti. - Credevo che avessero ammazzato anche te come quel pezzente del locandiere...però...sai, credo che abbiano fatto bene a risparmiarti... -

Allungò una mano verso il viso di Rhiannon, che tremava dalla paura, e le strinse il mento tra le dita.

- Sei bella...chissà se saprai essere una buona amante, oltre che una buona schiava... -

Rhiannon si ritrasse all’istante, inorridita, e, nello stesso momento, la mente di Legolas si snebbiò del tutto.

- Lei non sarà la schiava di nessuno ! - esclamò - Vuoi il Silmaril ? Prenditelo ! -

Con una mossa istintiva e fulminea, Legolas scagliò con forza la pietra contro Eredhil, colpendolo ad uno zigomo. Quel che accadde poi, fu questione di un attimo.

Aragorn estrasse velocemente il pugnale che portava alla cintura e lo conficcò dritto nella gola di uno degli arcieri, che non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi di quanto era successo. Lanciando un grido furibondo, Sam e Gimli si lanciarono in una lotta corpo a corpo con altri due elfi, anche loro colti di sorpresa dal gesto di Legolas, il quale, a sua volta, si era lanciato addosso al fratello.

Solo Rhiannon, nella confusione che era venuta a crearsi, restava immobile a guardarsi intorno, terrorizzata e incapace di agire.

- Attenta ! - gridò ad un tratto Aragorn.

La ragazza voltò la testa verso di lui giusto in tempo per vedere un elfo correre verso di lei brandendo la spada.

- Scappa, Rhiannon ! ! - gridò il Re - Scappa ! ! -

La ragazza non se lo fece ripetere due volte, dato che il soldato elfo le era ormai addosso. Gettandosi da un lato, senza lasciare il pugnale, riuscì ad evitare il suo fendente e, dopo essersi rialzata, corse a perdifiato nella macchia degli alberi, scomparendo alla vista di amici e nemici.

 

 

 

Nel frattempo, Galien continuava la sua fuga da un albero all’altro, con i soldati di Eredhil perennemente alle calcagna.

Essere più piccolo e leggero gli dava un certo vantaggio ; aveva già seminato una delle guardie, il cui peso era stato fatale ad un vecchio ponte sospeso tra due Mallorn, che era crollato al suo passaggio costringendo i rimanenti inseguitori del bambino a tornare sui loro passi e cercare un’altra strada.

- Non...non ce la faccio...più... - disse Galien ansimando, mettendosi a sedere su un talan mezzo sfondato e coperto da rami e foglie secche.

- Se ne sono andati ? - disse Polo uscendo dalla tunica del bambino e correndo verso il bordo del talan.

- No - rispose Galien - E non se ne andranno mai, finchè non ci avranno trovato...e ci troveranno, vedrai... -

- E perché dovrebbero ? - disse Polo - Questa foresta è più fitta di un campo di grano, e ogni albero...beh, parola mia, non è un albero...è un vero labirinto... -

- Appunto ! Secondo te come faremo noi ad uscirne ? -

- Vuoi dire che... -

- Esatto ! - esclamò Galien, prendendosi la testa tra le mani - Non ho la più pallida idea di dove andare ! Anche ammesso che i soldati di mio zio si stanchino di inseguirci e se ne tornino a Dol Guldur, noi due moriremo certamente di fame prima di riuscire a trovare la strada che ci porti fuori da questo bosco ! -

- A questo punto tocca a me dire “bell’elfo sei” ! - esclamò Polo incrociando le zampine anteriori - Credevo che conoscessi ogni angolo di questo posto ! -

- Conosco questo posto, ma non so coma fare ad uscirne...accidenti alla mia idea ! Oh, se solo i Galadhrim non se ne fossero andati...ci sarebbero loro ad aiutarci ! -

- Se i Galadhrim non se ne fossero andati, forse noi non saremmo nemmeno qui... - sospirò Polo - Comunque non preoccuparti, non moriremo di fame...io conosco bene qualsiasi tipo di erba, procurerò tutto il cibo di cui avremo bisogno e, chissà...magari riuscirò anche a tornare normale ! -

- Magari ! - esclamò il bambino sorridendo - Se devo essere sincero, ne dubito molto... -

- Ora la smetterai di farci impazzire, dannato marmocchio ! -

Galien cacciò un urlo mentre una mano lo afferrava per il collo e un’altra lo sollevava prendendolo per la vita. Polo schizzò verso il braccio del soldato che aveva catturato il bambino e gli morse una mano. L’elfo gridò di dolore e lasciò andare Galien, che cadde a terra e cercò di saltare su un ramo vicino, ma l’elfo gli fu di nuovo addosso prendendolo per i piedi. Polo cercò nuovamente di morderlo, ma il soldato se ne liberò con uno schiaffo, facendo sbattere il povero topolino contro il tronco del Mallorn sul quale si trovavano.

Il soldato afferrò Galien per una spalla e lo costrinse a voltarsi verso di lui, facendogli sbattere la schiena contro il pavimento del talan.

- Potrei anche ucciderti per quello che stai combinando - ruggì l’elfo - Ma al mio Signore non piacerebbe, quindi ora te ne starai buono mentre ti riporto da lui... -

Improvvisamente, una strana spirale di fumo bianco, come una nuvola allungata, avvolse la testa dell’elfo e la cinse sempre più strettamente fino a quando quest’ultimo perse i sensi e cadde svenuto. Galien si rialzò in fretta, guardando sbalordito ciò che era successo.

Vai, disse la voce che lo aveva già protetto a  Dol Guldur, mentre un filo di fumo rosso usciva dalle narici dell’elfo svenuto e si dissolveva nell’aria. C’è qualcuno che ti aspetta ; vai da lui, baderò io agli altri.

Ancora confuso, Galien raccolse Polo, ancora dolorante per il colpo, e corse verso il bordo del talan.

- Chiunque tu sia, grazie ! - disse. Poi spiccò un balzo e si aggrappò ad un ramo che sporgeva da un Mallorn vicino, e, arrampicandosi lungo esso, risalì su un altro talan.

- Per tutta l’erba-pipa del Decumano Sud, che botta ! - esclamò Polo, scivolando fuori dalla solita tasca, sfregandosi con una zampa il bernoccolo che gli era spuntato in mezzo alla fronte. - Che...che accidenti era quella cosa ? -

- Non lo so - rispose Galien, ancora sbigottito - Ma è già la seconda volta che mi toglie dai guai. -

- La seconda... ? -

- La prima credevo fossi stato tu. -

- Oh, bella ! - esclamò Polo - E quando ? -

- Nella prigione di Dol Guldur. Ha impedito che Armagh, quell’orribile mostro rosso, si impossessasse di me e... -

Galien si interruppe bruscamente.

- ...e ? - lo incalzò Polo.

Il bambino non gli badò e gattonò fino al bordo del talan, guardando giù.

- Arriva qualcuno. - disse.

 

 

 

Correva, Rhiannon, correva a perdifiato senza mai voltarsi indietro, senza nemmeno sapere dove andare. Inciampò in una radice, rotolò tra l’erba e le foglie e si rialzò senza nemmeno chiedersi se fosse tutta intera. Non sentiva altro che i suoi passi sul terreno e il suo cuore impazzito dalla paura ; la stavano ancora inseguendo ? Non lo sapeva e non aveva il tempo di fermarsi a verificarlo. Solo quando fu troppo stanca per proseguire che si fermò ansimando e crollò in ginocchio nell’erba. Voltò piano la testa e non vide traccia del suo inseguitore ; allora si rialzò piano e, ansimando, si appoggiò al tronco di un albero, cercando di riflettere su quanto era appena accaduto.

Si sentiva una vigliacca ; non avrebbe dovuto abbandonare la compagnia, anche se il suo aiuto sarebbe stato pressochè nullo in quel frangente, ed era certa che gli altri se la sarebbero cavata egregiamente. Anzi, forse aveva fatto la cosa giusta, liberandoli di un impiccio, ma ora cos’avrebbe fatto lei ? Non conosceva la strada...non sarebbe mai riuscita a tornare indietro. Così come nemmeno sapeva se Legolas, Aragorn e gli altri avevano avuto la meglio o la peggio sui loro nemici. No, decisamente la sua non era stata la mossa migliore.

Ansimando, gettò indietro la testa. - Grande Ilùvatar...fa’ che per una volta, nella mia vita, riesca a fare la cosa giusta, qualunque essa sia... -

Poi abbassò la testa e si accorse di avere ancora in mano il pugnale di Legolas.

Torno indietro, si disse. Se devo morire in questo maledetto bosco, tanto vale che lo faccia combattendo.

Ad un tratto, Rhiannon sentì un fruscio provenire dalla sua destra. Sgomenta, voltò il capo giusto in tempo per vedersi piombare addosso un elfo che la gettò a terra. Gridando, la ragazza cercò di divincolarsi dalla presa del soldato e, quasi senza volerlo, gli conficcò la lama elfica nel collo. Rhiannon gridò ancora più forte quando un fiotto di sangue caldo le investì il viso ; cercò di divincolarsi dalla presa del soldato morente e si rialzò, terrorizzata, incapace di distogliere lo sguardo dal corpo agonizzante dell’elfo che spirò dopo pochi istanti. Rhiannon pianse forte, ma quasi senza accorgersene ; aveva visto la morte molte volte, ma così da vicino mai.

- Spargi le tue ultime lacrime, ragazza, perché sarò pietoso e ti darò una morte rapida. -

Tremando, Rhiannon voltò la testa e, quando vide un altro soldato elfo, in piedi accanto al grande albero, puntare arco e freccia contro di lei, capì che i suoi colpi di fortuna erano finiti. Inspirò profondamente aspettando il peggio, ma il peggio non avvenne. Un istante prima che l’elfo scoccasse la sua freccia, un grosso ramo gli cadde dritto in testa, facendolo svenire sul colpo. Nello stesso istante, una lunga corda calò dall’albero proprio davanti alla ragazza, che non riusciva ancora a credere ai propri occhi.

- Rhiannon ! Pssst ! Rhiannon ! -

La ragazza alzò la testa e sentì un tuffo al cuore.

- Presto, Rhiannon, sali ! -

- Galien ! ! - gridò, felice. La ragazza si arrampicò sulla robusta coda più in fretta che potè e, con l’aiuto del bambino, si issò sul talan.

- Stai bene ? Per fortuna gli Elfi hanno lasciato qui questa corda che... - fu tutto ciò che Galien riuscì a dire prima che Rhiannon lo stringesse nell’abbraccio più forte che potè dargli.

Felice, il bambino si strinse a sua volta alla ragazza, che singhiozzava convulsamente per la paura e l’emozione.

- Quasi non riesco a crederci !- cinguettò Galien - E non sai quanto sono felice ! Credevo che fossi morta anche tu... -

- Nemmeno io riesco ancora a crederci... - disse Rhiannon asciugandosi una lacrima - Come hai fatto a scappare ? -

- Qualcuno mi ha aiutato - rispose Galien - Anche se non so chi... -

- Come sarebbe ? ! E io chi sarei ? ! -

Polo si arrampicò velocemente sulla spalla del bambino. Rhiannon lanciò un grido più per il disgusto che per la sorpresa e, con una mano, cercò di scacciarlo.

- No, ferma ! - esclamò Galien proteggendo il topolino - Non fargli del male, è mio amico ! -

- Amico ? - disse Rhiannon - Sei diventato amico di un ratto schifoso ? -

- Non sono un ratto schifoso, madama, sono un topo campagnolo. C’è differenza. - disse Polo, serio.

Rhiannon guardò Galien, sconvolta.

- Sì, parla. - disse il bambino, intuendo i pensieri della ragazza - E non è nemmeno un topo campagnolo...è uno mago Hobbit... -

- Un mago Hobbit ? - disse Rhiannon, perplessa - Questa non l’avevo mai sentita ! -

- Quando riuscirò a tornare normale te lo dimostrerò, ragazza diffidente ! - disse Polo incrociando le zampine anteriori.

- Prega i Valar di riuscirci al più presto ! Io detesto i topi... - disse Rhiannon.

Galien ignorò quest’ultima frase. - E tu come mai sei qui ? Val è con te ? -

- Lascia perdere Val - disse Rhiannon - Anche se devo ammettere che, se non fosse stato per lui, forse non avrei mai incontrato tuo padre... -

- Mio padre ? ! - esclamò Galien.

Rhiannon sorrise. - E’ stato lui a salvarmi. E ora ti porterò da lui, ma dobbiamo sbrigarci... -

Galien era fuori di sé dalla gioia. - Hai sentito, Polo ? - esclamò, stringendo forte a sé il topolino - Mio padre è qui ! -

- E non è solo. Ma ora dobbiamo sbrigarci, tuo zio e i suoi quattro sgherri l’hanno già trovato, anche se Aragorn e gli altri gli daranno pane per i loro denti. - Rhiannon raccontò brevemente al bambino i fatti accaduti tra la morte di Potter e il ritrovamento del secondo Silmaril.

Terminato il racconto, Galien, eccitato e timoroso allo stesso tempo, guardò giù dal talan.

- Quanti erano i soldati che vi hanno attaccati ? - disse il bambino.

- Quattro più Eredhil. -

Galien sbuffò. - La scorta era di otto soldati - disse - E due sono fuori combattimento. -

- Sperando che tuo padre e gli altri riescano a resistere a quelli che sono rimasti. Vieni, scendiamo da qui. -

- Voi non andrete da nessuna parte. -

Quella voce fece gelare il sangue nelle vene dei tre. Rhiannon si voltò e vide che alla sua sinistra si trovava un altro elfo armato di arco e frecce ; guardò poi a destra, alla ricerca di una via d’uscita, ma anche quella era bloccata da un secondo soldato. Adesso erano veramente in trappola.

- Fate troppo chiasso - disse il secondo elfo - Vi avremmo sentiti anche dall’altra parte del bosco. Ora venite con noi. -

- No - ribattè il primo puntando la freccia contro Rhiannon - La ragazza resta qui. -

L’elfo tese la corda dell’arco e si preparò a scoccare.

- No ! - gridò Galien. In quel momento Polo schizzò verso il soldato e gli si arrampicò lungo la gamba, mordendolo forte al basso ventre. L’elfo urlò per il dolore e si accasciò a terra, mollando la corda dell’arco e sganciando la freccia. Rhiannon si gettò su Galien per proteggerlo, mentre la freccia volava sopra la testa dei due e si conficcava nel petto dell’altro soldato. Quest’ultimo spalancò gli occhi per la sorpresa, guardò la sua ferita e, senza dire una parola, cadde morto.

Rhiannon, quindi, approfittò della situazione che si era creata e, alzandosi di scatto, colpì con un calcio l’elfo che si contorceva ancora dal dolore per il morso di Polo e lo fece cadere sull’erba, molti piedi più in basso, con un tonfo sordo.

Con il cuore che batteva ancora all’impazzata, Rhiannon si sporse dal talan e controllò che nessuno degli elfi che si trovavano ai piedi dell’albero si muovesse.

- Sembra che la fortuna sia dalla nostra, per il momento ! - esclamò.

- Può darsi - disse Polo - Ma se alla fortuna non si dà una mano... -

Rhiannon e Galien sorrisero. - Hai ragione - disse la ragazza - Anche un topaccio come te può essere di grande aiuto ! -

Polo aggrottò la sua piccola fronte da topo. - Su, non prendertela ! - disse Galien rimettendosi Polo in tasca - Ti sei comportato da vero eroe ! Chiederò a mio padre di nominarti Salvatore del Popolo Elfico e di scrivere il tuo nome negli Annali del Bosco Atro ! Sarai ricordato come un eroe, messer Polo ! -

Rhiannon rise e scosse la testa nel vedere il topolino gonfiarsi tutto dall’orgoglio.

- Ora dobbiamo davvero andare, messer topo - disse, porgendo a Galien l’estremità della corda che aveva usato per salire - Non credo che i tuoi denti aguzzi possano servire a qualcosa contro Eredhil... -

 

 

 

Nel frattempo, la situazione sembrava volgere al meglio per gli alleati di Gondor. Un elfo era già caduto sotto i colpi dell’ascia di Gimli ; il nano era poi corso ad aiutare il buon Sam che, brandendo Pungolo, stava egregiamente tenendo a bada il suo avversario, mentre Aragorn, con movimenti agili e rapidi, era impegnato in un’estenuante schermaglia con l’ultimo rimasto.

Ma la furia con cui Legolas e Eredhil lottavano uno contro l’altro non aveva uguali.

- E’ tutto qui il tuo valore in battaglia, fratello ? - disse Eredhil sogghignando, parando i colpi di Legolas con la sua spada - Legolas, figlio di Thranduil, l’eroe del popolo elfico... -  

- Le tue parole non mi toccano, Eredhil ! - ribattè rabbiosamente Legolas - Parla pure a vanvera, perché non potrai mai più farlo, quando ti avrò tagliato la lingua ! -

Con un colpo ben assestato, Legolas riuscì a disarmare il fratello. La spada di Eredhil volò lontano, ma l’elfo non perse il suo sorriso malvagio.

- Non vorrai uccidermi sul serio...se non sbaglio, nostro padre ci ha insegnato ad avere pietà per il nemico sconfitto...e nemmeno la dolce Anìrwen te l’avrebbe permesso... -

- Non osare nemmeno pronunciare il suo nome, maledetto ! - gridò Legolas puntando la sua spada alla gola di Eredhil - E’ una bestemmia nella tua bocca...per quello che hai fatto meriteresti una punizione ben più atroce della morte... -

- Perché, non credi che io sia già stato punito abbastanza...per quello che non ho fatto ? -

- Taci, miserabile ! - disse Legolas. Ma Eredhil non tacque.

- Credi che non abbia mai visto il disprezzo negli occhi di nostro padre quando mi guardava e capiva che non avrei mai potuto eguagliare il suo primogenito ? -

- Nostro padre ti amava esattamente quanto amava me ! - ribattè Legolas - E tu hai avuto tutto quello che ho avuto io, ricordatelo ! -

- Ti sbagli, fratello...una cosa io non l’ho mai avuta...l’amore dei nostri genitori, quella stima per te così abbondante e che a me è sempre stata negata, qualsiasi...maledetta...cosa...facessi. Mi hanno sempre lasciato indietro portando avanti te, perché tu dovevi essere l’erede al trono, e non mi hanno mai permesso di dimostrare che anch’io potevo valere qualcosa...perché non glie n’è mai importato niente. Per anni ho dovuto fingere di rispettarti e mostrare ammirazione per tutte le tue...eroiche gesta...Hanno mandato te al Consiglio di Elrond, tu sei partito con la Compagnia dell’Anello e sei tornato vincitore...ma credimi...se non fossi tornato, se ti avessero riportato indietro a pezzi...io avrei ballato sulla tua tomba... -

Detto questo, Eredhil afferrò la lama della spada di Legolas sotto i suoi occhi esterrefatti e glie la strappò di mano, lanciandola lontano.

- Molto bene. Cosa abbiamo, qui ? - disse Eredhil. Legolas guardò rapidamente in basso e spalancò gli occhi ; suo fratello stava raccogliendo il Silmaril, che giaceva a terra accanto a lui, con la mano sanguinante. Eredhil guardò la gemma con occhi cupidi, tenendola tra due dita.

- Non avrebbe potuto andare meglio ; liberarmi di te e trovare questo piccolo tesoro in un colpo solo...la buona sorte ti ha finalmente abbandonato per passare dalla mia parte, fratello ! -  disse.

- Io mi sono fidato di te, Eredhil. - disse Legolas, il viso paonazzo per la collera - Ho affidato alle tue mani le persone che amavo di più, proprio perché credevo che tu fossi degno di questo compito. La fiducia è rispetto, prima di qualsiasi altra cosa, quel rispetto che dici di non aver mai avuto...ma tu sei stato tanto ottuso da non riuscire a vederlo. E in questo momento mi rammarico solo di non averti ucciso prima che mi vomitassi addosso il tuo stupido egoismo... -

Eredhil ghignò e alzò una mano. Una spirale rossa iniziò a roteare sul suo palmo, ingrandendosi sempre di più.

- Oggi verrà versato sangue reale, fratello - disse Eredhil - Ma non sarà certo il mio. -

Poi la spirale si sollevò sopra la testa di Eredhil, e si diresse verso Legolas, che la guardava sbigottito, temendo il peggio. Invece, una saetta bianca si interpose tra l’elfo e il demone che stava tentando di impadronirsi di lui, costringendolo un’altra volta a ritirarsi dopo una breve lotta tra luci bianche e vermiglie.

- No ! - esclamò Eredhil stringendo forte il Silmaril - Maledizione, non di nuovo ! -

In quel momento, Aragorn, Gimli e Sam riuscirono a sbarazzarsi dell’ultimo soldato rimasto.

- Legolas ! - esclamò Aragorn.

Approfittando della disattenzione del fratello, Legolas si gettò sul suo arco e sulla freccia che aveva abbandonato poco prima, incoccandola velocemente e mirando al cuore di Eredhil.

- Questa volta è davvero finita, miserabile verme. - sibilò Legolas con rabbia, stringendo i denti. Ma la sua espressione tradiva la sicurezza che ostentava, e Eredhil se ne accorse.

- Cosa aspetti ? - disse - Uccidimi...è la tua ultima possibilità. Mantieni fino in fondo la promessa che hai fatto. -

Le mani di Legolas cominciarono a tremare, mentre tutt’intorno, nella foresta, cadeva il silenzio più assoluto.

- Legolas... - disse Aragorn, avvicinandosi all’amico. L’elfo lo ignorò, e continuò a fissare il fratello con odio

- Ho assassinato tua moglie e rapito tuo figlio...avanti, fratello mio...uccidimi... - continuò Eredhil - Uccidimi, e Galien morirà con me... -

Fratello mio...

- Io non ho più nessun fratello - disse Legolas con voce tremante, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. Ma non erano solo lacrime di rabbia e di rancore, quelle che rigavano il viso contratto dell’elfo ; nessuno seppe mai dire cosa provasse Legolas in quel momento, mentre le sue dita non si decidevano a lasciare la corda dell’arco.

Eredhil sorrise e lanciò un fischio acuto. Poi, nel silenzio del Bosco d’Oro risuonò un rumore di zoccoli che colpivano il terreno, e in meno di un attimo un cavallo sauro apparve galoppando tra gli alberi, e si arrestò, impennandosi, al fianco dell’elfo.

- Tu non lo farai. - disse, balzando in groppa al suo destriero, tenendo ben alto il Silmaril nella sua mano in modo che tutti i presenti lo vedessero - Non hai abbastanza coraggio per farlo. Il grande figlio di Thranduil è così vigliacco da aver paura di colpire un uomo disarmato ! -

Nel sentire quelle parole, Sam estrasse fulmineamente Pungolo dal suo fodero, pronto ad avventarsi contro il cavaliere, ma Gimli lo trattenne.

- Ci rivedremo, Legolas. E sarà davvero per l’ultima volta. -

Detto ciò, Eredhil spronò il cavallo e sparì al galoppo in mezzo agli alberi.

- Vigliacco ! Come ha potuto rivolgersi in quel modo a Legolas dopo tutto ciò che ha fatto ? - esclamò Sam - Io non sarei stato tanto generoso da risparmiargli la vita ! -

- Ma tu non sei lui, Sam. - disse semplicemente Gimli. Poi il nano si voltò verso l’amico elfo, che aveva lasciato andare lentamente la corda dell’arco lasciando cadere la freccia. Poi la sua mano aveva allentato la presa sull’arco stesso, facendolo scivolare a terra, e Legolas era caduto in ginocchio, il viso sgomento e lo sguardo fisso e incredulo sull’erba sotto di sé.

Aragorn si avvicinò lentamente all’amico e gli pose una mano sulla spalla.

- Stai bene ? - gli disse.

- Non sono ferito. - rispose Legolas. Quelle parole gli uscirono di bocca senza quasi che se ne accorgesse, mentre il suo pensiero era rivolto a tutt’altro. Dentro di sé si maledisse.

- L’ho lasciato andare - disse con un filo di voce - Potevo vendicare la mia Anìrwen...e invece l’ho lasciato andare. -

- Hai fatto quello che ritenevi giusto - disse Aragorn - Se l’avessi ucciso, avresti condannato a morte Galien. Almeno ora sai che è vivo... -

- E come posso esserne sicuro ? Eredhil mi ha già mentito una volta, potrebbe averlo fatto di nuovo...per tutti i Valar, cosa devo fare ? -

Legolas sospirò stancamente, poi girò lentamente il capo verso Aragorn, che trasalì nel vedere il suo sguardo.

- Aragorn...io volevo solo uccidere Eredhil in quel momento...te lo giuro, lo volevo con tutte le mie forze, e l’avrei fatto, anche se avesse significato la morte per mio figlio, tanto ero fuori di me. Ma non ho potuto...qualcosa ha fermato la mia mano prima che gli trafiggessi quel cuore marcio con la mia freccia. E non è stata la pietà...nonostante tutto il male che ha fatto...nei suoi occhi ho visto mio fratello, capisci, Aragorn ? Mio fratello ! -

Il Re di Gondor strinse l’elfo, tremante, il respiro affannoso, in un forte abbraccio, che valse più di tutte le parole che avrebbe potuto pronunciare.

- L’hai detto tu stesso, Legolas, Eredhil ti ha sempre mentito. - disse Aragorn - Pensa solo a questo. Non l’hai ucciso perché, in fondo al tuo cuore, non lo volevi ; ma se lui fosse stato al tuo posto ti avrebbe eliminato senza alcun rimorso. -

Legolas non sembrò nemmeno udire le parole dell’amico e, inspirando profondamente, si sciolse dal suo abbraccio.

- E poi...e poi quella dannata pietra...non so cosa mi sia successo...non volevo lasciargliela...sarei morto pur di tenerla per me. -

Gimli scosse la testa, preoccupato. - Radagast ci aveva avvisati, ricordi ? Il potere dei Silmaril è troppo grande perché lo si possa dominare. E’ stata la pietra a dominare te, anche solo per un momento. Temo che, se mai riusciremo a trovare il terzo Silmaril, avremo dei grossi, grossissimi problemi a liberarcene... -

- Se mai riusciremo a trovarlo, Gimli. - disse Aragorn - Ora abbiamo un problema in più ; adesso che anche questo Silmaril è nelle mani di Eredhil, non credo proprio che riusciremo a riprenderlo prima che abbia liberato il secondo demone. -

Legolas sospirò. - Mi dispiace, amici, è stata tutta colpa mia. -

- Non dire sciocchezze ! - esclamò Sam - Credo che nessuno di noi avrebbe potuto resistere con quella pietra fra le mani ! E’ già stato un buon risultato che tu abbia reagito alle minacce di Eredhil nei confronti di Rhiannon... -

- Un momento ! - disse Gimli - E Rhiannon dov’è ? -

- Qui... -

La ragazza apparve dalla boscaglia, sporca e scarmigliata, tenendo per mano un bambino stanco e spaventato.

Aragorn, sbigottito per la sorpresa, lasciò cadere la sua spada.

Lo sguardo di Rhiannon, che tremava ancora per la paura, scorse sul Re, poi su Gimli, Sam, e infine su Legolas. Ma gli occhi dell’elfo non incrociarono i suoi ; erano fissi sulla piccola figura che si trovava al fianco della ragazza.

- Adar ! - gridò Galien felice, lasciando all’improvviso la mano di Rhiannon per correre verso Legolas. Il Re del Bosco Atro rimase immobile per un istante, incapace di ragionare.

- Galien... -

Poi i suoi piedi sembrarono muoversi da soli, prima piano, poi sempre più veloci, verso il piccolo elfo biondo che gli correva incontro. Si mosse goffamente, come se i suoi passi fossero troppo corti e lenti, perché la distanza che lo separava da suo figlio sembrava incolmabile e il tempo che si ostinava a separarli era eterno...e lui doveva raggiungere quel bambino, stringerlo a sè, per avere la certezza che fosse veramente lui, che non gli sfuggisse mai più, mai più...

- Adar ! ! -

Galien si gettò tra le braccia del padre, che barcollò e cadde seduto, le gambe che non lo sorreggevano più per l’enorme emozione che gli stava facendo scoppiare il cuore.

- A Elbereth Gilthoniel... ! -

 Legolas era incapace di frenare le lacrime che gli scendevano dagli occhi mentre, ancora incredulo, abbracciava suo figlio, stringendolo al petto, e accarezzandogli i capelli.

Stava bene ? Cosa gli aveva fatto Eredhil ? Come era riuscito a fuggire ?

Mille domande affollarono la mente confusa dell’elfo. Ma il visetto sorridente del bambino era l’unica risposta.

- A hên nìn...mail hên nìn... -

Tutto ciò che circondava Legolas era scomparso. Non esistevano più morte, paura, tradimenti, nemici da sconfiggere. Non esisteva più niente, solo suo figlio...

Padre e figlio allentarono il loro primo abbraccio dopo così tanto tempo e si guardarono negli occhi.

- Non piangere, Padre... - disse Galien, asciugando con una manina il viso di Legolas, bagnato di lacrime - Io non l’ho fatto, sai ? Avevo promesso di essere coraggioso, ma è stato tanto difficile... -

Legolas annuì. - E’ stato tanto difficile anche per me... - disse. Poi baciò la fronte e una guancia al bambino e lo strinse nuovamente a sé, lasciando che Galien affondasse il viso nell’incavo del suo collo, cullandolo dolcemente.

- Io ti ho sentito, Padre... - disse Galien - Ho sentito che mi chiamavi per nome, ho sentito i tuoi pensieri e sono stato felice perché ho capito che eri vivo e che non mi avevi abbandonato... -

- Non ho mai smesso di pensarti, Galien...né di sperare, anche se tutto sembrava perduto. E averti qui, ora...mi riempie il cuore della gioia più grande. -

Aragorn non riuscì a dire nulla davanti a quell’immagine commovente, e non potè fare a meno di sorridere mentre gli occhi grigi gli brillavano di gioia. Sam si soffiò rumorosamente il naso nel suo fazzoletto rosso, ma nessuno parve sentirlo. Condividevano tutti la gioia di Legolas, ma non ebbero il coraggio di interrompere il dialogo tra padre e figlio, perché sapevano che quel momento era importante per entrambi, e così avrebbero aspettato...d’altronde avrebbero avuto tempo per festeggiare quell’evento, quel raggio di sole che era riuscito ad attraversare la fitta coltre di nubi che si erano addensate sulla loro terra. Avrebbero aspettato ancora un po’ a mostrare quanto fossero tutti felici...tutti tranne Rhiannon.

Fu Gimli il primo ad accorgersene. Tirando su col naso, alzò lo sguardo verso la ragazza, aspettandosi di vederla sorridere, e invece era seria e guardava nel vuoto faticando a trattenere le lacrime. Era quell’immagine che le stava spezzando il cuore ? Padre e figlio finalmente riuniti a ricordarle che avrebbe dovuto accontentarsi di partecipare dall’esterno a quella gioia, perché non avrebbe mai più potuto viverla di persona ?

Istintivamente, Gimli prese la mano di Rhiannon, così piccola e delicata nella sua, larga e callosa, e la strinse più forte che potè, senza mai smettere di guardare la ragazza negli occhi.

Rhiannon si voltò lentamente verso il nano, lasciando, impassibile, che una lacrima scendesse dai suoi grandi occhi verdi, ora ancora più chiari, e le solcasse la guancia. Poi si chinò e strinse Gimli nell’abbraccio più forte che lui avesse mai ricevuto, tornando a volgere lo sguardo verso Legolas e Galien.

- Oh, Gimli... -

Imbarazzato, il nano la ricambiò.

Ad un tratto, entrambi gli elfi si voltarono verso di lei. Rhiannon vide le labbra di Legolas aprirsi in un grande sorriso mentre Galien gli sussurrava qualcosa all’orecchio. Poi, con gli occhi colmi di gratitudine, Legolas disse qualcosa che Rhiannon non avrebbe più dimenticato.

- Grazie... -

Fu una semplice parola, ma pronunciata con una tale sincerità che nessuna frase ampollosa avrebbe potuto essere più efficace.

- Ha fatto tutto da solo - disse Rhiannon sciogliendosi dall’abbraccio di Gimli e cercando di dissimulare il suo malinconico imbarazzo con un sorriso.

- Non ce l’avrei mai fatta senza il tuo aiuto e quello di Potter. Sarei morto di fame, sete e freddo molto prima ! - disse Galien stringendosi al padre.

Ora bisogna ricordare che, per tutto quel tempo, il povero Polo era rimasto nascosto nel taschino della tunica di Galien. Ma i continui abbracci lo stavano letteralmente stritolando e soffocando, per cui decise finalmente di uscire allo scoperto, consapevole della protezione che comunque Galien gli avrebbe offerto contro qualunque malintenzionato, come quella strana ragazza dai capelli rossi.

- Ouff ! Aria ! - esclamò facendo capolino dalla tasca.

- E questo cos’è ? ! - esclamò Legolas, spalancando gli occhi.

- Un amico ! - rispose Galien mentre Polo si arrampicava velocemente sulla sua spalla.

- Un topo che parla ! - disse Aragorn, sorpreso - Che diavoleria è mai questa ? -

- E’ un topo Hobbit - disse Rhiannon.

- Non un topo, un mago Hobbit, prego. - disse.

- Di’ che sei un topo e farai una figura migliore, amico ! - disse Rhiannon - Questo tuo strano aspetto non è forse frutto di un incantesimo malriuscito ? -

- Incantesimo ? - disse all’improvviso Sam, guardando Polo con sospetto - Aspetta un momento... -

Nel sentire la voce dello Hobbit, Polo drizzò le orecchie.

- Dimmi un po’, come ti chiami, mago dei miei stivali ? - disse Sam acciuffando il topo un attimo prima che si rituffasse nella solita tasca.

- Ehm...squit, squit ! ! - disse Polo, facendo spallucce (come può fare spallucce un topo).

- Che c’è, l’incantesimo che ti ha dato la parola ora non funziona più ? - continuò Sam.

- Squit ! Squit ! -

- Non fargli del male, Sam ! - lo supplicò Galien.

- Oh, non gli farò proprio niente...per ora ! - rispose lo Hobbit, scuotendo il topolino mentre lo teneva per la collottola.

- Insomma, Sam, si può sapere perché ti ostini a prendertela con questo povero animale ? - intervenne Aragorn.

- Animale ? Questo topaccio mi ricorda stranamente qualcuno...ma ci penserà lui a dirvi chi è ! Sai, amico - disse poi Sam rivolgendosi a Polo - Ho visto un bel gattone selvatico nei paraggi...non sarebbe bello se faceste amicizia ? -

- No ! Ehm...squit ! ! -

- Ah, vedo che ti è tornata la parola... -

- Si chiama Polo ! - intervenne Galien, temendo il peggio per il suo piccolo amico.

- Polo ? - disse Sam, voltandosi di scatto - Polo Tronfipiede di Lungacque ? -

Galien annuì, e Polo impallidì (come può impallidire un topo, per quanto umano).

- Ecco dov’eri finito, disgraziato ! ! - esclamò Sam continuando a scuotere Polo avanti e indietro - Ti ho cercato in lungo e in largo per...per non so più nemmeno quanto tempo, e ora che ti ritrovo non posso nemmeno darti le sonore bastonate che ti spettano ! -

- Adesso basta ! - intervenne Gimli, strappando Polo di mano a Sam, sotto gli sguardi stupefatti di tutta la compagnia - Vuoi spiegarci una buona volta che cosa ha combinato questo...topo parlante ? -

- Ve lo dico subito ! - esclamò Sam - Avete davanti a voi il peggiore imbroglione di tutta la Contea ! -

Legolas sorrise. - Beh, direi che ha subito una degna punizione... -

- Punizione ? Aspetta di tornare normale, poi vedrai ! ! -

- Ehm...ascolta, Sam, vecchio mio, parliamone...forse riusciremo ad appianare le nostre...ehm...divergenze ! - disse Polo, sentendosi al sicuro tra le mani di Gimli.

- Non cercare di fare il furbo come al solito ! - disse Sam Poi si girò verso i compagni. - Questo furfante ha fatto sparire un intero servizio da tè, un annaffiatoio, il vaso di cristallo che avevo regalato a Rosie per il suo compleanno e i miei attrezzi da giardino ! Che fine hanno fatto, eh ? Te li sei rivenduti come l’ombrello che ti avevo prestato e che ho rivisto, non più di tre mesi fa, al braccio di Edelgardo Serracinta da Pietracasa ? -

- Se tu mi lasciassi spiegare... -

- Giusto, Sam, lascia che si spieghi... - disse Aragorn, visibilmente divertito.

Polo sospirò. - Ti avrei restituito tutto, giuro... -

- Certo, come no. -

- Dico davvero ! La faccenda dell’ombrello è stato solo un...ehm...increscioso incidente ! -

- Perché, si è trasferito da solo a casa di Edelgardo ? L’hai fatto diventare un ombrello volante con i tuoi dannati intrugli ? -

- No...ehm...avevo un piccolo debito da saldare con Edelgardo...solo un paio di sacchi di farina, ma GIURO CHE TE L’AVREI RISCATTATO ! -

- Tanto sai benissimo che non l’avresti fatto. Continua, prima che perda del tutto la pazienza. -

Polo deglutì. - Quegli oggetti mi servivano per i miei incantesimi, appunto...sono ancora nel mio laboratorio segreto, a Lungacque, e se avrò la fortuna di tornare a casa te li restituirò tutti, davvero. L’avrei già fatto se nono fosse stato per...l’inconveniente. -

- Quale inconveniente ? -

Il topolino tacque per un momento, poi sospirò e disse, con voce malinconica : - Sam, amico mio...sai benissimo quanto desiderassi diventare un mago, un vero mago... -

- Mago ? - disse Gimli, sorpreso - Per gli Hobbit la magia è sinonimo di disturbo...nessuno Hobbit vorrebbe mai fare veramente il mago ! -

- Io sì ! - ribattè Polo, stizzito - Sapessi, Sam...ogni volta che Gandalf veniva a trovare Bilbo per me era una festa ! I suoi fuochi artificiali erano uno spettacolo grandioso...per non parlare di tutti quegli strani giochetti che sapeva fare con il suo bastone ! Era incredibile, in quel mantello grigio come la nebbia e il cappello a punta...faceva paura a guardarlo, se ti imbattevi in lui in una notte buia e non lo riconoscevi ! Avrei tanto voluto essere come Gandalf... -

- Nientemeno. - disse Sam.

- ...fino a quando, un disgraziato giorno, ci ho provato. -

- Come sarebbe a dire ? ! - esclamò Sam.

- Accadde qualche tempo dopo il vostro ritorno a Hobbiville. Frodo era malato e Gandalf venne a trovarlo. Io lo vidi arrivare da Lungacque, e lo seguii fino a Hobbiville, nella speranza di convincerlo ad insegnarmi qualcuna delle sue magie...ma non ne trovai il coraggio. Però, quando vidi che aveva lasciato il bastone fuori dalla porta di casa Baggins, non riuscii a resistere... -

- Polo - disse Aragorn - Non avrai osato... -

- L’ho solo toccato ! Non glie l’avrei mai rubato, lo giuro ! Ma...questo è stato il risultato ! - disse Polo con voce piagnucolosa.

- E quel mago non ha fatto niente per aiutarti ? - domandò Rhiannon.

- Oh, tutto ciò che disse fu che mi ci sarei abituato in fretta, e che sarebbe stato meglio che rimanessi topo ancora per un po’...fatto sta che, dopo essere stato scacciato da tutte le rispettabili case di Hobbiville e, dopo una serie di traversie che non vi racconterò, arrivai a Dol Guldur...dove, per fortuna, ho incontrato Galien ! Temevo di crepare in quella galera ! -

- Poverino... - disse Galien, sinceramente dispiaciuto.

- Una punizione piuttosto crudele da parte di Gandalf ! - disse Legolas.

- Non credo proprio - disse Sam - se provi ad immaginare cosa ti avrei fatto io se ti avessi pescato con le mani nel sacco ! ! -

Detto questo, lo Hobbit afferrò il topo e se lo sbattè in tasca. - Sequestro il tuo amico, Galien. - disse - Sarà meglio che tenga d’occhio io questo furbacchione...non si sa mai cosa potrebbe combinare di nuovo ! -

- Ma...non esiste un modo per farlo tornare normale ? Un destino da topo è un destino terribile ! - disse Galien.

Aragorn sorrise. - Forse ti sei imbattuto nelle persone giuste, Polo. - disse - Per tua fortuna, gli Stregoni come Gandalf non hanno ancora abbandonato la Terra di Mezzo, e, tra breve, ne incontreremo uno molto, molto potente  ! -

- Stregone ? Se è come Gandalf, allora posso anche mettermi il cuore in pace...qualcuno ha un po’ di formaggio ? Sarà bene che mi abitui a pensare davvero come un topo ! - disse Polo, sconsolato.

Tutti i membri di quella piccola compagnia scoppiarono in una risata liberatoria ; Gimli, Rhiannon, Sam, Aragorn...e infine Legolas, che, dopo tanto tempo, poteva finalmente tornare a ridere insieme a suo figlio.

 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 19 ***


19

19. Fermanagh

 

 

 

Radagast non pensava a frecce spezzate né a bottiglie di pioggia mentre cavalcava instancabilmente verso sud. Era già in viaggio da alcuni giorni e sapeva che né il vento né la neve che aveva cominciato a cadere avrebbero potuto fermarlo.

Nella sua mente la descrizione della terza visione era stata trasformata in una vivida immagina...l’immagine di un luogo che conosceva bene.

Una linea spezzata su fondo bianco ; come denti di drago luccicanti e minacciosi...e un punto nero che si allargava, mostrando una strana figura...

Lui sapeva cosa significava.

Gli Emyn Muil, la catena montuosa ad ovest di Rohan, l’ultimo ostacolo da superare prima di addentrarsi nelle oscure terre di Mordor. Era quella la risposta al terzo degli enigmi dello Specchio, Radagast ne era certo ; e quella misteriosa macchia nera doveva certamente essere una caverna. Ma ciò che doveva trovarsi all’interno di essa...questo lo ignorava.

Ma lo avrebbe scoperto al momento opportuno. Ora, per prima cosa, bisognava ovviamente trovare la caverna.

Finalmente giunse ai piedi della catena montuosa e arrestò il suo cavallo ; fece poi scorrere il suo sguardo sulle cime innevate che si stagliavano, alte e aguzze, contro il cielo bianco. Riflettè brevemente, quindi spronò il cavallo verso uno stretto sentiero che saliva costeggiando il più centrale dei monti.

Lo stregone non sembrava sentire il freddo pungente che avrebbe ghiacciato le ossa a chiunque, come lui, si fosse avventurato in quell’aspra regione con la sola protezione di un mantello e un largo cappello appuntito.

Quando il sentiero divenne troppo impervio per poter proseguire a cavallo, Radagast scese di sella.

- Aspettami qui - sussurrò al suo destriero in una lingua che solo lui conosceva - E stai attento ai lupi. -

Detto ciò si strinse nel mantello marrone e, con l’aiuto del suo bastone, proseguì con sicurezza.

Il suo pensiero tornò a Legolas e Gimli, che aveva lasciato all’improvviso per recarsi a cercare una conferma alla sua ipotesi. Avevano trovato anche loro una risposta ? E, soprattutto, avevano trovato i Silmaril...e sarebbero stati capaci di resistere al loro potere ?

Inciampò in una radice sporgente, ma si rialzò subito con l’aiuto del suo bastone.

Sicuramente i rimanenti membri della Compagnia dell’Anello sarebbero stati meno sprovveduti di lui, soprattutto ora che conoscevano i loro veri nemici. Dentro di sé, Radagast si maledisse  per la leggerezza con cui aveva preso il suo compito di guardiano ; durante gli anni della guerra contro Sauron non aveva fatto altro che rimanere a Rhosgobel e preoccuparsi che la mano dell’Oscuro Signore non riuscisse a giungere nei territori che sorvegliava, mentre Gandalf si occupava di tutto il resto. Ma ora Gandalf era al di là del mare, nelle Terre Imperiture, e non c’era più nessun altro che potesse prendere il suo posto. Saruman era caduto miseramente, e l’ultimo custode della Terra di Mezzo rimaneva lui. Un grande peso per le sue vecchie spalle, ma ormai quali nemici avrebbero potuto mettere nuovamente le terre ad Est in pericolo ? Certo che ormai tra gli ultimi Elfi regnasse la pace a la serenità, non aveva compreso la vera natura di Eredhil del Bosco Atro, e non aveva sufficientemente sorvegliato i suoi movimenti...e quello era stato il risultato.

Il Bosco Atro perduto, la corona ferrea di Morgoth riesumata da Dol Guldur, il primo dei Sigilli infranto.

Non poteva accusare il figlio di Thranduil di sventatezza, quando il primo ad essere sventato era stato lui.

Quando vide il sentiero dividersi in due, Radagast si scosse dai suoi pensieri ; si guardò intorno per un momento, poi scelse con sicurezza la strada alla sua sinistra, mentre la neve continuava a cadere sempre più fitta spolverando di bianco il suo cappello a punta.

Guardò più in alto e capì che il suo percorso sarebbe stato ancora molto lungo quando vide che la parete della montagna sembrava traforata da grotte e gallerie ; come avrebbe fatto a trovare quella giusta ?

Sbuffando, si rimise in marcia, e per consolarsi pensò che se Gandalf aveva guidato la Compagnia fino al passo di Caradhras, per di più ostacolato da Saruman, lui non avrebbe potuto essere da meno.

Avrebbe percorso l’intera circonferenza della montagna fino alla cima e sarebbe tornato indietro, se fosse stato necessario.

 

 

Lo stregone camminò per un giorno e una notte senza mai fermarsi, senza lasciare che la fame e la stanchezza annebbiassero la sua mente. La neve e il vento gli sferzavano il viso, trasformando al sua lunga barba grigia in un bizzarro mosaico di cristalli di ghiaccio, ma lo stregone continuava a camminare riparandosi con un braccio.

Ad un tratto le sue gambe cedettero, e Radagast si ritrovò bocconi nella neve, ansimando, il viso e le mani rosse ed intirizzite per il gran freddo. Lentamente, avvicinò a sé la punta del suo bastone, e avvicinò l’altra mano alla pietra azzurra che si trovava in cima ad esso. In un istante, la pietra cominciò ad emanare una luce prima fioca, poi sempre più intensa e calda ; lo stregone parve trarre conforto da quella piccola sorgente di calore, e dopo qualche minuto si rialzò. La pietra azzurra non smise di splendere.

- Ora tocca a te. Io posso fare ben poco, ora. - disse Radagast.

Lo stregone chiuse gli occhi e si concentrò sulla pietra, mormorando qualche parola incomprensibile. Poi inclinò il bastone e lo orientò in diverse direzioni. La luce emanata dalla pietra sembrò affievolirsi, ma Radagast non la potè vedere, perso nella sua strana litania e continuando a girare lentamente su se stesso.

Improvvisamente dalla magica pietra esplose una luce abbagliante, e in quello stesso momento Radagast riaprì gli occhi.

- Eccola ! - esclamò con un grido di soddisfazione, tenendo il bastone rivolto verso una macchia scura e irregolare, molti piedi più in alto. Ma il suo sorriso si spense quando vide che il sentiero che stava percorrendo si interrompeva bruscamente dopo un breve tratto ; l’unico modo per raggiungere la caverna consisteva nello scalare la parete rocciosa, sperando di non scivolare sul sottile strato di ghiaccio che la ricopriva...oppure...

- Mio caro Gandalf - disse lo stregone colpendosi la fronte con una mano - Ora metterò a frutto ciò che ho imparato dalle tue imprese... -

Detto questo, lanciò uno strano fischio acuto e attese, scrutando il cielo, e temendo che quel rumore improvviso potesse provocare una valanga.

Invece non accadde quanto Radagast temeva, bensì ciò che auspicava di cuore ; in breve vide all’orizzonte una sagoma alata farglisi incontro e diventare sempre più grande man mano che gli si avvicinava, finchè quella sagoma assunse la forma di una gigantesca aquila che prese a volteggiare sopra la sua testa, in cerca di uno spazio in cui atterrare.

Radagast non perse tempo e, spiccando un balzo, si aggrappò tenacemente agli artigli dell’aquila, arrampicandosi poi faticosamente sul suo dorso.

- Quanto vorrei averci pensato prima ! - esclamò con sollievo - Grazie per aver risposto al mio richiamo, Gwaihir. Il nostro debito con te continua ad aumentare. Ed ora, da quella parte. -

 

 

 

In meno di un attimo, Radagast si ritrovò all’altezza giusta e, scivolando lentamente lungo il corpo dell’aquila, saltò a terra proprio davanti all’ingresso della misteriosa grotta che cercava.

- Resta nei paraggi, ti chiamerò quando sarò pronto. - disse. L’aquila si alzò nuovamente in volo e scomparve tra le nuvole.

Poi lo stregone lasciò che la pietra sul suo bastone si illuminasse e, guardingo, entrò nella caverna.

Dall’ingresso si dipartiva un lungo cunicolo buio, tortuoso ed estremamente umido ; dalle pareti e dal soffitto cadevano ritmicamente piccole gocce d’acqua che si raccoglievano ovunque in stalattiti e stalagmiti ostacolando il cammino dello stregone.

Radagast avanzò lentamente per lungo tempo, addentrandosi fin nelle viscere della montagna, chinandosi man mano la galleria si faceva più bassa e stretta.

- Spero solo di non rimanere incastrato qui dentro, altrimenti non mi troveranno mai... - disse lo stregone, preoccupato.

Ma ecco che, dopo l’ennesima curva, il cunicolo tornava ad allargarsi e, stranamente a, farsi più luminoso. Alzando la testa, Radagast si ritrovò in un’ampia caverna dalle pareti assai lisce, al centro della quale si trovavano due enormi coni di ghiaccio, uno attaccato al soffitto, il secondo appoggiato al pavimento, perfettamente levigati, uniti per i vertici. Su di essi si rifletteva la luce del bastone di Radagast, illuminando la grotta con un’innaturale bagliore azzurro.

Radagast si avvicinò alla strana costruzione senza toccarla e vide che tra i vertici dei due coni di ghiaccio si trovava un piccolo incavo ovale non più grande di una noce.

- Molto bene ; allora non mi sbagliavo affatto. Ecco la terza visione. - disse, sorridendo compiaciuto.

Chiudendo gli occhi, lo stregone tese entrambe le mani verso i due coni, senza toccarli ; un turbinare di antiche immagini fluì nella sua mente, catapultandolo nella storia di quel luogo misterioso...

 

 

All’interno della grotta si trovavano dieci persone ; Radagast non poteva vederle in faccia, ma sapeva bene che si trattava di coloro i quali, tra Elfi, Uomini e Nani, erano i più esperti nel padroneggiare la magia.

Erano tutti disposti a semicerchio attorno alla costruzione di ghiaccio, che in quel momento brillava in maniera del tutto innaturale, e uno di loro, che Radagast non riconobbe, volgeva la schiena agli altri. Lo sconosciuto tese le mani verso l’incavo che si trovava tra i due vertici e vi pose qualcosa che Radagast non riuscì a vedere, ma che potè facilmente immaginare. Lo fece lentamente, con mani tremanti, come se temesse di portare a termine quel gesto.

Radagast si sentì inquieto ; le pareti stesse della caverna sembravano traspirare la tensione che i presenti emanavano. I loro sguardi erano lucidi, consapevoli di ciò che sarebbe accaduto di lì a breve, eppure sui loro volti era dipinta la paura...ma era la paura del fallimento...o del successo ?

Quando, infine, le mani dello sconosciuto posero la pietra all’interno dell’incavo, una luce fortissima divampò da esso, accecando tutti i presenti. Un urlo agghiacciante rimbombò nella grotta, e infine un turbine multicolore venne risucchiato nell’esatto punto d’incontro dei due vertici.

- L’ultimo incantesimo - dissero più voci dal gruppo - Il terzo Sigillo...il Male è stato imprigionato per sempre... -

Per sempre... ?

Quando il potente bagliore cessò, i presenti si lanciarono l’un l’altro sguardi di sollievo, tutti tranne uno ; dello sconosciuto che aveva posto la pietra nell’incavo non c’era traccia.

Radagast si incupì. - Questo non mi piace, e temo che non piacerà nemmeno agli altri...ma, almeno, so cosa deve essere fatto... -

 

Radagast spalancò improvvisamente gli occhi, interrompendo bruscamente l’incantesimo e ritornando nel suo tempo. Si portò una mano alla tempia, cercando di capire cosa avesse scosso la sua mente in quel modo così violento.

Diede un’ultima occhiata alla strana costruzione, di cui aveva capito perfettamente l’utilizzo, ma i suoi pensieri non erano rivolti ad essa.

- Cosa...ah ! ! -

Un nuovo fulmine attraversò la sua testa, e il dolore questa volta fu insopportabile. Con una smorfia di dolore Radagast riaprì gli occhi e guardò la punta del suo bastone.

- E’ qui...maledizione, è qui ! ! - gridò, sgomento, notando che la pietra azzurra non brillava più. In un istante si lanciò fuori dalla grotta e corse lungo il cunicolo buio, incespicando sui suoi passi.

Radagast si arrestò ansimando appena fu giunto all’aperto, e si guardò velocemente attorno mentre, nel frattempo, imperversava una bufera di neve, e poi rimase immobile, come in ascolto. Per un lunghissimo istante lo stregone non mosse un muscolo ; ma, nell’esatto momento in cui tentò di fare il primo passo, una saetta grigia lo investì, facendolo cadere a terra.

D’istinto, Radagast strinse ancora più forte il suo bastone, e si girò su un fianco sputando la neve che gli copriva il volto. Quando vide chi si trovava davanti a lui, gli si fermò il cuore per un istante ; era un’alta e massiccia figura dal contorno indistinto, grigia e luccicante come metallo brunito...

- Fermanagh, il Braccio - disse lo stregone - Ti riconosco. Così sei stato liberato anche tu... -

Il demone non rispose.

- E so anche perché sei qui...ti hanno ordinato di fermarmi, non è vero ? Oppure hai semplicemente sentito la mia presenza in questo posto...in cui troverai la tua fine ? -

Radagast sorrise, mentre Fermanagh rimaneva zitto e immobile a guardarlo con occhi invisibili.

- No... - disse - Tu non sei qui per me...è stato solo un caso che tu sia finito sulla mia strada... -

Improvvisamente, dal corpo grigio di Fermanagh uscì una lunga propaggine, come una sorta di tentacolo che puntò dritto su Radagast. Lo stregone rotolò nella neve e, per un soffio, riuscì ad evitare che il tentacolo si abbattesse su di lui come un colpo di frusta. Poi si alzò di scatto, brandendo il suo bastone.

- ...ma non ti libererai di me così facilmente ! - gridò, mentre una nuova propaggine usciva dal corpo del demone e cercava nuovamente di colpirlo. Radagast tese il suo bastone verso di esso e dalla pietra uscì un lampo azzurro che si scontrò con il tentacolo di Fermanagh. Dall’impatto scaturì una violenta fiammata grigio-azzurra che immediatamente divenne ghiaccio e spinse lo stregone all’indietro. Puntando fermamente i piedi, Radagast riuscì a non cadere, ma da Fermanagh uscì un nuovo tentacolo che si attorcigliò attorno alla caviglia dello stregone, trascinandolo nella neve : Radagast, però fu abbastanza rapido da colpirlo con la sua fiamma ghiacciata, inducendolo a lasciare la presa. Una volta libero, lo stregone si rialzò, giusto in tempo per colpire il demone prima che un quarto tentacolo gli si avvinghiasse intorno al collo.

Questa volta fu Fermanagh a barcollare, mentre il ghiaccio che usciva dal bastone di Radagast lo avvolgeva completamente. Lo stregone si concesse un sorriso.

- Sei debole, Fermanagh - disse - Non sarai di grande utilità a chi ti ha convocato, se non recupererai le tue forze...e come pensi di fare, se sarai costretto a rimanere qui, intrappolato sotto questa montagna di ghiaccio ? -

- Io...non sono...debole... -

Le parole di Fermanagh, pronunciate con una voce così cupa e profonda che fece tremare la montagna, colsero Radagast di sorpresa.

- ...e tu...sei...MORTO ! ! -

Fermanagh sembrò esplodere in una pioggia di ghiaccio che investirono in pieno lo stregone, il quale si riparò creando, con la mano, una sorta di scudo luminoso che lo protesse.

- Torna dal tuo padrone ! - gridò, dirigendo un nuovo lampo di ghiaccio verso il demone. Ma questo, con uno scatto fulmineo, si levò in aria, sopra Radagast, assumendo la forma di una spirale grigia. Lo stregone rimase ad osservarlo, sconcertato, temendo il peggio ; ma il demone, anziché tornare a combattere, si srotolò come un serpente e si diresse verso sud, scomparendo rapidamente alla vista.

- No... - disse Radagast, asciugandosi il volto dalla neve - Tu non sei venuto per me... -

Lanciò un fischio acuto, e dopo pochi istanti riapparve Gwaihir, che lo riportò velocemente ai piedi del monte, dove il suo cavallo lo attendeva.

- Vai, Signore del Vento, e sta’ in guardia. - disse Radagast all’aquila - Di’ ai tuoi compagni di prepararsi ; ciò che temevo si è verificato, e ora non abbiamo più tempo da perdere. -

Quindi attese che Gwaihir scomparisse nuovamente oltre le nubi, poi balzò in sella, ma prima di spronare il suo destriero lanciò un nuovo sguardo preoccupato oltre gli Emyn Muil, verso il punto in cui Fermanagh era scomparso ; sapeva al di là di quella cima innevata correva il fiume Anduin, e, oltre l’Anduin, c’era Gondor...

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 20 ***


20

20. La quiete è interrotta, il percorso è deviato

 

 

 

Arrivò la notte, e Legolas e Galien non avevano ancora terminato di dirsi tutto ciò che dovevano. Alla fine il bambino si addormentò, esausto e felice, tra le braccia del padre, finalmente al sicuro, mentre i rimanenti membri della compagnia, inclusa Rhiannon, che per tutto quel tempo era rimasta in disparte, si prepararono per dormire.

Gimli avrebbe preferito tornare subito all’accampamento, ma Aragorn non era della stessa opinione.

- Con il buio rischieremmo di farci sorprendere sul nostro cammino - disse - I soldati di Eredhil conoscono sicuramente meglio di noi questo posto ; in fin dei conti, è anche il loro territorio. Accampandoci qui, almeno avremo la possibilità di riposare, e ne abbiamo veramente bisogno tutti quanti. Stabiliremo dei turni di guardia ; farò io il primo, se nessuno preferisce altrimenti. -

I compagni non ebbero nulla da obiettare e andarono a coricarsi, mentre Aragorn si sedette accanto al tronco di un albero, si avvolse nel suo mantello scuro e accese una lunga pipa.

Ben presto Gimli iniziò a russare sonoramente, disturbando Sam che, seccato, si girò bruscamente su un fianco, voltandogli le spalle e schiacciando il povero Polo, che si era addormentato nella tasca della sua giubba. Con un gemito, il topolino si trascinò fuori e si guardò intorno, cercando un posto più confortevole in cui dormire. Quindi sgattaiolò  verso un ciuffetto d’erba poco lontano, un giaciglio morbido e comodo, ma non appena vi si fu accoccolato sopra si accorse che lo sguardo arcigno di Rhiannon lo sovrastava.

- Non pensarci nemmeno ! - disse la ragazza fulminandolo con gli occhi.

- ...prego ? -

- L’ultima cosa di cui ho bisogno è svegliarmi con un topaccio schifoso davanti al naso, quindi, eroe o non eroe, vattene a dormire da qualche altra parte ! -

Polo sbuffò. - Parli così solo perché sono più piccolo di te... - disse, tornando da dov’era venuto - D’accordo, tornerò a farmi spiaccicare dal pancione del mio caro, vecchio amico Samvise, così Sua Signoria non dovrà affrontare spaventosi incubi su enormi e ferocissimi ratti ! -

- Ci mancherebbe altro ! - esclamò Rhiannon.

La ragazza non perse d’occhio Polo fino a quando non lo vide acciambellarsi in mezzo alla folta barba di Gimli, che dormiva a pancia in su con le mani incrociate sul ventre. Poi alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono quelli di Legolas, seduto poco lontano.

Rhiannon arrossì. - Non posso farci niente se detesto i topi ! - disse, facendo spallucce.

Con grande sorpresa per la ragazza, Legolas sorrise, divertito. Era la prima volta che Rhiannon vedeva il Re del Bosco Atro concedersi un vero sorriso ; il suo viso era ancora stanco, ma non più teso e preoccupato com’era da quando si erano incontrati, e i suoi chiarissimi occhi parevano aver ritrovato la serenità.

Con un cenno della mano, invitò Rhiannon ad avvicinarsi a lui. La ragazza accolse l’invito, pur con un certo imbarazzo ; senza sapere cosa dire, guardò il piccolo Galien, rannicchiato contro il petto del padre.

- Dorme bene, vedo... - sussurrò.

- Era distrutto - rispose Legolas, accarezzando dolcemente i capelli del bambino - E lo sono anch’io...lo siamo tutti, credo. -

- E’ stata una giornata troppo ricca di emozioni. -

- Sì. -

Entrambi tacquero ; mentre Legolas guardava le stelle, che si riflettevano nei suoi occhi, Rhiannon, sempre più imbarazzata, pensava ad una frase adatta alla circostanza, senza riuscire a trovare le parole.

Maledizione, se Potter fosse qui...si disse. Lui riusciva sempre a dire la cosa giusta al momento giusto...

Dopo aver pensato e ripensato per qualche istante, Rhiannon si voltò verso Legolas, ma, nello stesso momento in cui stava per aprire la bocca, l’elfo le disse :

- E adesso, cosa farai ? -

La fanciulla restò così, a bocca aperta, momentaneamente incapace di rispondere a quella domanda. Perché, se pronunciata in un altro modo, quella frase avrebbe potuto significare “Bene, le nostre strade si dividono qui”, Rhiannon capì che ciò che Legolas aveva omesso di dire era “Perché io, io non so ancora cosa fare...”

Rhiannon si prese le ginocchia tra le braccia, guardando nel vuoto. - Credo...sì, credo che tornerò ad Aldorath. D’altronde, che altro potrei fare ? Ho ancora qualche amico, laggiù. Forse mi aiuterà a ricominciare da capo, anche se non so come... -

- Quello è l’unico modo, Rhiannon. - disse Legolas, voltandosi a guardare la ragazza - Torna ad Aldorath, torna a casa, tu che puoi, mettiti al sicuro...resta fuori da tutta questa pazzia, lo dico per te. Salvati almeno tu. -

- Non mi resta molto da salvare, ormai. - sospirò Rhiannon.

- Non è vero. - ribattè Legolas - Ci sei tu, e sei preziosa quanto basta. Tu e la tua storia, la nostra incredibile storia. Risparmiala per i tuoi bambini. -

La ragazza sorrise. - Bambini ? Non so se avrò ancora questa benedizione... -

- E perché mai ? Sei ancora giovane e forte, Rhiannon. E sei molto bella. Sono certo che non faticherai a trovare qualcuno che si innamori di te ! -

- Parli come se tu fossi così vecchio... - disse Rhiannon, pensando, poi, che, in effetti, Legolas doveva essere decisamente più vecchio di lei, forse di qualche migliaio d’anni, anche se non lo dimostrava affatto...

- Forse lo sono - rispose l’elfo, guardando nel vuoto - per questo posto...per questa terra...il nostro mondo sta cambiando, Rhiannon, e io non posso impedirlo. Resterò apparentemente giovane per l’eternità, a guardare la mia terra morire e rinascere e morire di nuovo...e io sono stanco. Sono davvero troppo stanco per questo. Ho bisogno di andare. -

- Così seguirai la tua gente ? -

- Credo che lo farò, se e quando sarà possibile. E’ da molto tempo che ci penso. Non c’è più posto per gli Elfi, nella Terra di Mezzo ; il nostro compito di guardiani si è esaurito con la distruzione dell’Unico Anello. Per una vita come la nostra, non ha più senso rimanere qui. -

Rhiannon scosse la testa. - Possibile che non ci sia un’alternativa... ? -

- L’alternativa - rispose amaramente Legolas - Sono le Aule dell’Attesa...dove potei riunirmi con la mia Anìrwen. E ti assicuro che terrei vivamente in considerazione quest’opportunità...se non fosse per Galien. E, una volta che saremo nelle Terre Imperiture, sarà impossibile tornare indietro...ma, prima di partire, ho ancora molte cose da portare a termine. -

- Capisco. - disse Rhiannon - Vorrei...vorrei tanto poter fuggire anch’io da tutto questo... -

- Noi non stiamo fuggendo, Rhiannon ; vi stiamo lasciando un’eredità piuttosto pesante e difficile da mantenere. Vi lasciamo il vostro futuro da proteggere... -

- A noi ? - sbottò Rhiannon - A me ? Una stupida sguattera che non ha...nemmeno gli occhi per piangere ? Io non ho più niente, Legolas...sono inutile per tutti, compresa me stessa...e non sono coraggiosa, se è questo che vuoi dire. Non potrò mai farcela da sola. -

- Ce la farai, invece. - disse Legolas sorridendo - Perché sei molto più coraggiosa di quanto tu non creda. Hai preso di petto la vita allevando tua figlia da sola, dandole tutto il tuo amore, e hai impedito che un bambino morisse, cercando di proteggerlo fino all’ultimo. Se questo non è coraggio... Hai così tanto da dare, Rhiannon ; non gettarti via in questo modo. -

Rhiannon sospirò. - Mi piacerebbe tenere queste parole per quando ne avrò ancora più bisogno...ma allora tu non ci sarai... -

- Può darsi. - disse Legolas - Ma sappi che non dimentico mai uno sguardo sincero. -

La ragazza capì e sorrise tristemente.

Entrambi tacquero per un momento.

- Sai una cosa ? - disse Rhiannon.

- No. - rispose Legolas.

La ragazza sorrise. - Ci siamo incontrati pochissimo tempo fa, non abbiamo fatto altro che scontrarci e credo anche di averti odiato...eppure mi sembra di conoscerti da sempre... -

Legolas le mise un braccio attorno alla vita e la attirò a sé, lasciando che appoggiasse la testa contro la sua spalla.

- Pensa a noi, quando sarai ad Aldorath. - le disse.

Rhiannon sorrise e chiuse gli occhi, abbandonandosi al sonno.

 

 

- Rhiannon, svegliati ! -

La ragazza aprì lentamente gli occhi e vide, sopra di lei, il volto teso di Sam, che la stava scuotendo per un braccio. Legolas non le stava più accanto, ma stava preparando i cavalli, mentre Aragorn parlava con Gimli. Sembravano tutti molto preoccupati.

- Che c’è, Sam ? - domandò, sbadigliando - E’ ancora buio... -

- Dobbiamo andarcene subito. - rispose lo Hobbit.

Rhiannon si alzò e si guardò in giro, cercando Galien. Lo vide accanto ad un cespuglio, con Polo su una spalla, gli occhi fissi e spaventati verso il padre. In un attimo, la ragazza gli fu accanto.

- Cos’è successo ? - domandò.

Galien scosse la testa. - Non lo so. Ci sono degli strani rumori, nella foresta... -

Prima che il bambino potesse aggiungere una parola, Aragorn e Legolas si avvicinarono ai due. L’elfo lanciò uno sguardo inquieto alla ragazza, poi prese in braccio suo figlio e lo issò su Arod.

- E’ ora di partire - disse Aragorn a Rhiannon - Il tuo cavallo è già pronto. -

Rhiannon si guardò intorno per accertarsi che Galien fosse abbastanza lontano da non sentirla.

- Perché tutta questa fretta ? - sussurrò - Hai detto tu stesso che non era sicuro viaggiare con il buio. Cosa ti ha fatto cambiare idea ? E’ successo qualcosa ? -

Aragorn non rispose e porse alla ragazza un piccolo fagotto insanguinato. Rhiannon lo fece cadere a terra non appena lo ebbe aperto, lanciando un’esclamazione d’orrore.

- Per il cielo ! Sembra... -

- Non sembra, Rhiannon. E’. - disse Aragorn raccogliendo in fretta il fagotto e nascondendolo tra le pieghe del suo mantello - Un orecchio d’elfo. Un elfo morto. E questa - disse, mostrando a Rhiannon una piccola spilla d’argento - viene dalle uniformi dei soldati del Bosco Atro. -

- Dove...dove li avete trovati ? -

- Strani rumori, nella notte. - sussurrò Aragorn - Forse passi, forse altro... Li ha sentiti Gimli durante il suo turno. Mi ha svegliato e abbiamo fatto un piccolo giro di ricognizione qui attorno, e, poco lontano, ho trovato questo. - Soppesò di nuovo il fagotto nella sua mano, sotto il mantello. - Legolas ha subito riconosciuto la spilla. Devono averli lasciati come avvertimento ; ma chi li abbia lasciati, non lo so. -

Rhiannon tremò. - Eredhil... ? -

Aragorn scosse la testa. - Così stupido da uccidere i suoi stessi soldati ? No...gli servono tutti vivi, dal primo all’ultimo. -

Rhiannon pensò che quell’orecchio avrebbe potuto appartenere a uno degli elfi che aveva ucciso lei stessa, con l’aiuto di Polo...ma restava comunque il dubbio : che senso aveva quella messinscena ? Ci pensò Aragorn a rispondere alla sua domanda.

- Qualcuno sta dando la caccia agli elfi del Bosco Atro, Rhiannon, e vuole dimostrarcelo. Chiunque sia, è qui intorno e non possiamo vederlo, né conosciamo le sue vere intenzioni. -

- Galien lo sa ? -

- No. Questo è un altro motivo per cui ce ne andiamo. E’ quasi giorno, ormai ; sia che ci muoviamo, sia che restiamo, non conosciamo comunque il pericolo che ci attende. Se ci fossimo trovati di fronte i soldati di Eredhil, almeno avremmo saputo come affrontarli. -

- Capisco... - disse Rhiannon.

La ragazza si strinse nelle spalle, spaventata, e d’istinto guardò Legolas, che era già in sella assieme a Galien. Quasi le avesse letto nel pensiero, l’elfo disse :

- Non aver paura, Rhiannon. Ti accompagneremo noi fino ad Aldorath. -

Galien si voltò di scatto verso di lei, spalancando gli occhi. - Aldorath ? ! - esclamò - Te ne vai... ? -

La fanciulla annuì, con un triste sorriso sulle labbra. - Temo di sì, Galien. -

- Io...credevo che venissi con noi... -

- Sarebbe troppo rischioso per lei rimanere, piccolo. - intervenne Legolas.

- Ma... -

- Galien - Rhiannon si avvicinò ad Arod e tese le mani prendendo quelle del bambino tra le sue. - Fin dal giorno in cui ti ho trovato, nel bosco, sapevo che prima o poi avrei dovuto separarmi da te. E ora quel momento è giunto. Hai trovato tuo padre, e io non posso più rimanere. Devo tornare a casa, Galien, e devi farlo anche tu. -

- No ! - strillò il bambino - Voglio che resti...Padre, ti prego...non farla andare via... -

- Fino ad Aldorath, Galien. - disse Legolas, con voce ferma - Fino a quando saremo arrivati là, non la lasceremo. Ma poi dovremo seguire le nostre strade, e potrebbero essere strade pericolose. Lei non potrà venire dove andremo noi, questo lo sai... -

Galien annuì, con gli occhi più tristi che mai.

- ...ma il suo ricordo non lascerà mai il tuo cuore. -

- Né il tuo lascerà il mio. - disse Rhiannon stringendo forte le manine del piccolo elfo - Te lo prometto. -

Galien sottrasse le sue mani alla stretta di Rhiannon ; quindi restò un momento a guardarla e infine si sporse verso di lei per stringerla in un caldo abbraccio.

- Non è ancora il momento dei saluti. - disse la ragazza.

- Mi porto avanti - ribattè Galien, raddrizzandosi - Così dopo non sarà troppo triste. -

Legolas guardò suo figlio e sorrise dolcemente. Ma uno strano suono gli fece alzare la testa di scatto.

- Che c’è ? - disse Gimli, allarmato.

Il rumore sembrò avvicinarsi sempre di più, fino a quando tutti poterono udire il suono distinto di zoccoli sul terreno.

Aragorn estrasse fulmineamente la spada, avvicinandosi a Rhiannon. Gimli, Sam e Legolas fecero lo stesso.

- Tieni giù la testa. - disse Legolas a Galien. Spaventato, il bambino obbedì e si accucciò contro il collo di Arod.

I cinque erano pronti a difendersi da un eventuale attacco, quando, all’improvviso, quattro cavalieri si fecero largo tra gli alberi e girarono in cerchio attorno alla compagnia, guidati da un uomo dal viso famigliare.

- Faramir ! - esclamò Aragorn, abbassando la spada - Perché hai lasciato l’accampamento ? Non erano questi i miei ordini ! -

Il Sovrintendente di Gondor scese da cavallo e si inchinò al cospetto del suo Re.

- Perdonami, mio Signore. - disse - Ma proprio questa notte ci hanno raggiunto questi messaggeri da Rohan. - Indicò i tre cavalieri alle sue spalle. - Hanno urgente bisogno di parlare con te...e con Legolas. -

Uno dei tre cavalieri scese da cavallo. - Portiamo notizie dall’Assemblea delle Nazioni, Sire. - disse. Legolas si incupì.

L’Assemblea.

Imrahil.

Sapeva cosa significava.

- Il Re di Dol Amroth, insieme a molti altri Rappresentanti, ha deciso di convocare una nuova Assemblea in territorio neutrale, per deliberare sulla situazione contingente, oltre che sui provvedimenti da prendere contro Esgaroth, il Bosco Atro...e il suo Re. -

- Non mi pare proprio il momento migliore ! - esclamò Aragorn.

- Potrebbe esserlo, invece. All’orizzonte si profila una nuova guerra, e dobbiamo essere preparati. Perciò vi preghiamo di seguirci ad Edoras. L’Assemblea ha bisogno del suo Moderatore. -

E del capro espiatorio, si disse Legolas.

Aragorn si voltò verso i compagni, colti alla sprovvista da quella notizia. Anche Rhiannon appariva stranamente nervosa.

Edoras, si disse, ma guarda dove mi porta il destino...

Il cavaliere che aveva parlato si rivolse poi a Sam. - Tu devi essere Samvise Gamgee, il sindaco di Hobbiville. -

Sam annuì.

- Il tuo voto varrà per tre. Peregrino Tuc e Meriadoc Brandibuck ti hanno nuovamente delegato come unico rappresentante della Contea. -

- Almeno questa è una buona notizia ! - disse.

- Beh - disse Gimli, sbuffando - se proprio dobbiamo andare, andiamo. Mostrateci la strada. -

Aragorn guardò Legolas.

- Andiamo. - disse l’elfo - Non mi tiro indietro di fronte alle mie responsabilità. -

Galien osservò il viso preoccupato del padre. - Dove dobbiamo andare, Adar ? - disse.

Legolas sorrise, sforzandosi di non mostrare il suo timore. - A Rohan. - rispose - Vedrai dei cavalli meravigliosi, Galien. -

- Ma... e Rhiannon ? - 

I compagni si voltarono a guardare la ragazza. Non ci avevano proprio pensato...non potevano lasciarla tornare ad Aldorath da sola, con quell’oscura minaccia che vagava per Lorien...

La ragazza sorrise, mentre i suoi occhi verdi brillavano come il ghiaccio.

- Non vi preoccupate - disse - Penso proprio che verrò ad Edoras con voi. Ho qualcosa da sistemare, là. -

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 21 ***


21

21. Un segreto svelato

 

 

Il primo giorno di viaggio Rhiannon non aprì bocca se non per mangiare. Seguiva i cavalieri di Rohan, che avrebbero scortato la piccola compagnia a Edoras, con la mente occupata da mille pensieri, quasi senza accorgersi che Legolas, che cavalcava al suo fianco, la osservava con sguardo interrogativo, ma senza chiederle nulla. Anche lui era parecchio preoccupato per ciò che lo attendeva, sebbene cercasse di non darlo a vedere. Ma, come Aragorn e gli altri, non temeva solo le deliberazioni dell’Assemblea, ma un pericolo invisibile e ignoto ; poco prima di uscire dai confini del Bosco d’Oro, infatti, il cavaliere che viaggiava in testa al piccolo gruppo scorse qualcosa di strano in mezzo alla boscaglia ; e la qual cosa si rivelò essere il cadavere di un soldato elfo del Bosco Atro, mutilato di un orecchio. La compagnia ripartì in fretta, ma ben presto si imbatté in un altro elfo, sgozzato e appeso per i piedi ad un ramo d’albero.

- La scorta di Eredhil - disse piano Aragorn, guardando Legolas per ottenere conferma alle sue parole - Quello che ne era rimasto, per lo meno... -

- Evidentemente sì - rispose l’elfo, stringendo a sé suo figlio per evitare che vedesse quell’orribile spettacolo.

Mentre i cavalieri si lasciavano alle spalle la foresta di Lorien, si chiesero, rabbrividendo, chi mai avesse potuto commettere un gesto del genere, e, soprattutto, perché ; ma queste domande erano destinate a rimanere senza risposta per qualche tempo ancora...

 

 

 

Il gruppo fece la prima sosta quando ormai il sole era già sceso da alcune ore ; i Rohirrim accesero il fuoco e si prepararono per i turni di guardia.

Mentre Aragorn raccontava a Faramir ciò che era accaduto, e viceversa il Sovrintendente informò il suo Re circa l’organizzazione dell’esercito che aveva lasciato al confine con il Bosco Atro, gli altri membri della compagnia si concessero un po’ di riposo.

Sam si sedette accanto al fuoco, prese dalla sua borsa una manciata d’erba-pipa e iniziò a fumare, sospirando di tanto in tanto e sbuffando fumo dalle narici mentre pensava con nostalgia a casa Baggins e alle adorate persone che lo stavano aspettando laggiù, nella Contea. Ma i suoi pensieri furono improvvisamente interrotti da uno strano movimento che proveniva dalla sua tasca ; vi guardò dentro e vide Polo grattarsi furiosamente il collo con una zampa.

- Senti un po’, topaccio ! - esclamò, seccato - Cerca di tenere per te le tue maledette pulci, chiaro ? -

- Non è colpa mia se ho buon sangue e cattivo pelo ! - ribattè Polo, senza smettere di grattarsi - Vorrei proprio vederti al mio posto ! Se fossi ancora uno Hobbit ben lavato, rassettato...e pasciuto come te, forse non avrei questo problema ! -

- Tu sei sempre stato pulcioso, anche da Hobbit... -                                                            

- Beh, non mi sembrava che Rosie fosse di questa opinione... -

Sam diventò paonazzo. - Rosie ? ! ? - tuonò - Cosa c’entra mia moglie ? ! ? -

- Oh, nulla... - rispose Polo con un sorrisetto malizioso.

Senza pensarci due volte, Sam afferrò il topo per la collottola e se lo tenne dritto davanti agli occhi.

- Non provare a fare il furbo con me - disse - E ricordati bene delle tue dimensioni. Se l’idea non mi disgustasse, potrei anche mangiarti in un sol boccone. - 

Polo incrociò le zampette e guardò lo Hobbit dritto negli occhi. - Insomma, credi di essere stato sempre tu l’unico amore di Rosie ? Ma se non sapeva nemmeno chi fossi fino al giorno della festa di Bilbo ! Non avrei mai dovuto permetterti di ballare con lei, quella sera...”Sam qua, Sam là”...mi hai fatto fare la fine del povero ebete, scaricato come un barile di birra vuoto in una legnaia ! Ma prima che la signorina Cotton si invaghisse di te, il suo cuoricino batteva per qualcun altro ! -

Sam lo guardò torvo. - Per te, suppongo - disse - E suppongo anche per Fastolfo Soffiatromba, Cornelio Paffuti e per il nipote di Will Piedebianco...come si chiamava ? -

- Odo - rispose Polo, scornato.

- Esatto ! Credi che Rosie non mi abbia mai parlato di tutti i suoi pretendenti ? Ma se me lo rinfaccia ogni volta che bisticciamo ! E poi sapevo anche di te, bestia che non sei altro...solo temevo che, con i tuoi stupidi filtri d’amore, avessi provocato un...ritorno di fiamma senza che io me ne fossi accorto ! Ma ora posso stare tranquillo. Sai, purtroppo sono stato piuttosto impegnato, ultimamente. -

- Non abbastanza. - mugugnò Polo prima che Sam lo sbattesse di nuovo nel suo taschino. Per vendetta riprese a grattarsi più forte di prima.

Seduto poco lontano dal falò, Legolas osservò divertito quella scena. Poi trasse un profondo sospiro e guardò Galien, seduto sulle ginocchia di Gimli, intento ad ascoltare per l’ennesima volta le avventure del nano e di suo padre durante la Guerra dell’Anello.

- ...e poi Gandalf, dopo aver gridato “Fuggite, sciocchi !” precipitò nell’ombra assieme al Balrog... -

- Ma poi Gandalf tornò, vero ? - disse Galien, tirando piano la barba di Gimli.

- Certo ! - rispose il nano - Più potente che mai ! Lo riconoscemmo a stento... -

Legolas sorrise. Gimli voleva molto bene a Galien, e anche il bambino adorava la compagnia del nano, il quale, per quella sera, si era offerto di badargli per permettere a suo padre di riposare un po’...pur sapendo che, a causa delle sue preoccupazioni, non l’avrebbe fatto.

L’elfo si voltò verso Rhiannon ; la guardò mentre mangiava in silenzio un frutto che le era stato offerto da uno dei Rohirrim e poi le si avvicinò, pensando che un po’ di compagnia  avrebbe certamente giovato ad entrambi.

- A cosa stai pensando ? - le domandò, sedendosi accanto a lei.

Rhiannon continuò a masticare il frutto, senza nemmeno guardare l’elfo in faccia.

- A Potter. Gli ho pensato molto, in questi giorni. Mi manca, sai. Ma forse sta bene dove sta, visto che non deve più preoccuparsi per me. -

- Gli volevi molto bene ? -

- Era il padre che non ho mai avuto. -

Legolas tacque dispiaciuto per aver scavato di nuovo nel dolore della ragazza.

- Cosa devi fare a Edoras ? - chiese poi, cercando di cambiare discorso.

- Incontrare una persona...ammesso che voglia ricevermi. E tu ? -

- Oh, solo farmi accusare di tradimento, inettitudine al comando e qualsiasi altra cosa passi per al testa del Re di Dol Amroth... -

Rhiannon si voltò e guardò Legolas negli occhi. - Non credo di capire. - disse.

L’elfo le spiegò brevemente tutto ciò che era accaduto prima del loro incontro ; l’Assemblea, il tradimento di Eredhil, culminato con l’assassinio di Anìrwen e del figlio che portava in grembo, la corruzione di Esgaroth e l’accanimento di Imrahil nei suoi confronti.

- Quell’uomo non ha pietà... - disse Rhiannon.

- Purtroppo non esiste pietà quando si tratta di potere...e di guerra. - disse amaramente Legolas.

- Ma tu ne hai avuta per Eredhil. Gimli me l’ha raccontato. Mi domando perchè tu abbia lasciato andare quel miserabile... -

- Perché quel miserabile, nonostante tutto, è mio fratello. -

Legolas prese un ramoscello secco e lo gettò nel fuoco, che lo bruciò in un istante.

- No, non so perché l’ho lasciato andare. Lo odiavo con tutto il cuore e lo odio tuttora...eppure sento che Eredhil non è sempre stato così...qualcosa deve aver corrotto la sua mente... -

- Parli dei Silmaril ? -

- Può darsi. Ma ciò che Eredhil cova dentro di sé ha radici molto più profonde. Non ha fatto altro che rinfacciarmi l’invidia che provava nei miei confronti, per l’affetto che, secondo lui, ho rubato ai nostri genitori, che l’hanno sempre tenuto in secondo piano. E, a volte, mi domando se non abbia ragione...se non siamo stati noi, con il nostro comportamento, e farlo diventare quello che è...i Silmaril, forse, non hanno fatto altro che rinforzare l’odio che già provava verso di me... -

Rhiannon tacque e fissò il fuoco.

- Sai una cosa ? - disse Legolas - Avrei tanto voluto che il mio secondo figlio fosse un maschio...per non ripetere con lui gli stessi errori che io e i miei genitori abbiamo commesso con Eredhil. -

Rhiannon sorrise.

- Magnifico. - disse con sarcasmo - Davvero magnifico. In questo modo tuo fratello ha ottenuto esattamente quello che voleva. Ti ha portato via tua moglie, tuo figlio, il tuo regno e ha anche cercato di ucciderti, e nonostante questo ti stai convincendo che la vittima è lui. Complimenti, davvero. -

Legolas la guardò, incredulo. - Rhiannon, non puoi capire che... -

- No, ho capito benissimo, Legolas. - lo interruppe la ragazza - Sei così stupido e ingenuo da cercare una giustificazione per il suo comportamento, ma non riuscirai mai a trovarla perché non ci sono giustificazioni. Eredhil è marcio, marcio dentro ; e non lo è diventato, lo è sempre stato. Un’anima nera è e resta un’anima nera, ricordatelo. -

- Come puoi parlare in questo modo ? - sbottò Legolas - Tu non conoscevi Eredhil come lo conoscevo io ! -

- Infatti - disse Rhiannon - Guarda a cosa ti ha portato il fratello che conosci tanto bene. -

Legolas tacque per un istante, gli occhi luccicanti di rabbia.

- Non hai nient’altro da dire ? -

- Sì. - continuò Rhiannon - Tutti noi commettiamo degli errori, ma è solo perché siamo noi stessi a scegliere di commetterli. Nessuno ci spinge a farlo. Eredhil aveva molte strade da seguire, ma ha scelto quella sbagliata. E l’ha scelta lui. Credimi, ha avuto la possibilità di tornare indietro prima che fosse tardi, ma non l’ha fatto. Non ti chiedi perché ? Io lo so, perché. E lo sai anche tu, Legolas ; deciditi ad ammetterlo, una buona volta. -

Detto questo, la ragazza gettò nel fuoco i resti del frutto ; quindi si alzò e andò a coricarsi poco più in là, accanto ad un cespuglio.

Legolas restò a guardarla senza dire nulla, profondamente ferito dalle sue parole. Eppure sentiva che, in fondo, Rhiannon non aveva affatto torto. Ma le cose non erano molto semplici per lui ; pur sapendo che presto o tardi sarebbe successo, continuava a temere ciò che sarebbe accaduto quando lui e Eredhil si sarebbero di nuovo scontrati. Perché non sapeva, né riusciva ad immaginarsi, quello che avrebbe potuto accadere.

- Rimarrà uno solo di noi due. - si disse - Ma chi ? -

 

 

 

Il viaggio verso Edoras durò altri tre giorni, durante i quali Rhiannon e Legolas si parlarono molto poco.

Infine, il gruppo raggiunse la capitale di Rohan ; mentre i compagni attraversavano le mura della città con la massima disinvoltura, come se conoscessero perfettamente quel posto, Rhiannon rimase a bocca spalancata nel vedere risplendere alla luce del sole i tetti d’oro di Meduseld, la dimora dei Re del Mark.

Ma non erano d’oro i capelli della donna che li accolse nel palazzo, avvolta da un abito scarlatto ; erano neri come la notte, e neri erano anche i suoi occhi, così profondi che la ragazza, guardando in essi, temette di sprofondarvi dentro.

- Strane figure stanno varcando quest’oggi la soglia di Meduseld. - disse - Un Re degli Uomini che non avrebbe voluto divenire tale e il suo fidato Sovrintendente, un Re degli Elfi che non lo è più, un Signore dei Nani che ama gli Elfi. E un piccolo Hobbit che non è Re di nient’altro che della sua casa...ma che, forse, di tutti è il più felice. Non è forse così, amici miei ? Perché, anche se oggi il sole splende alto, vedo ombre minacciose oscurare i vostri volti...alcuni dei quali credo di non conoscere. -

Rhiannon chinò la testa, incapace di reggere lo sguardo gelido e penetrante della dama. Per un istante la folle paura e l’immensa rabbia che provava, confuse dal terribile desiderio di incontrare la persona per cui era giunta fin là, le fecero credere che la donna, in qualche modo, sapesse.

Poi, quando Rhiannon fu quasi sul punto di balbettare il suo nome, la dama spostò all’improvviso lo sguardo su Galien, e i suoi occhi parvero addolcirsi.

- E tu, meraviglioso cucciolo dai capelli di miele, sembri il più stanco e addolorato di tutti... - disse in tono mellifluo ma sincero, chinandosi verso il bambino e tendendogli una mano. Istintivamente, Galien si strinse alle gambe di Legolas, turbato da un lampo che aveva colto nello sguardo della donna. Anche lui, come Rhiannon, ebbe paura della strana maschera imperturbabile adagiata sul suo viso.

- Ithildis... - disse all’improvviso una voce. La dama retrasse la mano e si raddrizzò, e il sorriso scomparve dalle sue labbra pallide e sottili.

Eomer, figlio di Eomund, Re del Mark, apparve sulla soglia di Meduseld, accompagnato da due soldati in alta uniforme. Ithildis chinò la testa e si fece da parte, mentre Eomer, lo sguardo stranamente inquieto, accoglieva il piccolo gruppo.

- L’erede della Casa di Eorl da’ il benvenuto al Signore di Gondor - disse ad Aragorn, il quale aveva fatto un passo avanti e gli aveva rivolto un profondo inchino - E anche a voi, Gimli, figlio di Gloin e Sam Gamgee della Contea. Ricordo i giorni in cui combattei l’Oscuro Signore al vostro fianco ; sono certo che il tempo abbia mantenuto inalterato il vostro valore, così come vi ricordo. Legolas Verdefoglia - disse poi - Anche tu hai un posto molto vivido nella mia memoria ; sappi che, prima che ci si pronunci in qualsiasi modo per te o contro di te, sono partecipe dell’immenso dolore che ti ha recentemente colpito. -

- Ti ringrazio - rispose Legolas - tuttavia non credo che sarà sufficiente a lavare tutto il disonore di cui sono stato coperto senza averne colpa. -

Legolas chinò il capo e, senza accorgersene, strinse la spalla di Galien, che era al suo fianco.

Lo sguardo di Eomer incrociò quello di Galien. - Dunque questo bambino è tuo figlio. - disse, sorridendo - Sono lieto che anche tu sia qui, piccolo. Sii fiero di tuo padre, perché è degno d’onore, nonostante le vicissitudini che si sono verificate. -

Galien tacque e si nascose dietro a Legolas.

Eomer sorrise nuovamente e si avvicinò alla dama dai capelli corvini, cingendole la vita con un braccio. - Questa è Ithildis, la mia Signora. La gemma più preziosa del mio regno. Credo che alcuni di voi non l’abbiano mai vista... -

- Lo credo anch’io - ribattè la dama - Ma abbiamo rimediato prima del tuo arrivo. Se a questi valorosi combattenti non dispiace, preferisco ritirarmi. Sono piuttosto stanca, oggi ; la luce della luna mi ha disturbata per tutta la notte. - 

Detto questo, voltò le spalle alla compagnia e scomparve, con passo veloce e portamento altero, lungo il corridoio che conduceva agli appartamenti reali.

Eomer abbassò lo sguardo, cercando di nascondere il misterioso turbamento che gli si leggeva negli occhi.

- Ma ora è tempo di riposare. - disse infine - Le mie guardie vi mostreranno le stanze riservate ai Rappresentanti...e ai loro accompagnatori. -

Detto ciò, lo sguardo del Re cadde su Rhiannon, seminascosta dietro ad Aragorn. La ragazza non disse nulla e si limitò a ricambiarlo con un’occhiata indecifrabile, mentre il cuore batteva sempre più rapidamente nel suo petto, quasi temendo che l’enigmatica Ithildis, Dama di Rohan, tornasse sui suoi passi e, leggendo nei suoi occhi, scoprisse la menzogna che vi si trovava ben nascosta.

Legolas non si rese conto di quello che stava accadendo, ma Galien era concentrato sulla tensione che si era creata tra il Re e la locandiera dai capelli rossi, e che nessuno, tranne lui, aveva avvertito.

- Galien - sussurrò Legolas, indicando Eomer - Hai capito chi è quell’uomo, vero ? -

- Certo che l’ho capito. - rispose il bambino, guardando di sfuggita la ragazza che si stava allontanando insieme agli altri - E’ il padre di Roslyn. -

 

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 22 ***


22

22. La Dama Nera

 

 

Darlin’ give me your kiss

only understand

I am the nothing man

 

            Bruce Springsteen, “Nothing man”

 

 

Legolas era rimasto senza parole. Sbalordito, seguì Galien e gli altri mentre si dirigevano verso le stanze che erano state loro assegnate, incapace di pensare ad altro che a quella strana ragazza dai capelli rossi, che il destino aveva voluto fargli incontrare.

Galien non poteva essersi sbagliato ; Legolas sapeva perfettamente che, grazie al Dono, suo figlio poteva portare alla luce anche i pensieri più nascosti.

Rhiannon ed Eomer.

Eomer, padre di Roslyn...

Era semplicemente incredibile.

Non assurdo, sicuramente possibile, ma incredibile.

Per tutta la sera non pensò ad altro fino a quando dovette raggiungere i suoi compagni per la cena.

Eomer aveva riunito tutti i Rappresentanti alla stessa tavola, e non appena Legolas fece il suo ingresso nella sala tenendo per mano Galien, si levò un fastidioso brusio. Si guardò in giro ; tutti gli occhi erano puntati su di lui, da quelli freddi e apertamente ostili di Imrahil a quelli grigi e rassicuranti di Aragorn, che, con un cenno del capo, lo invitò a sedersi accanto a lui.

Gimli e Sam avevano già preso posto e parlottavano tra loro sussurrando, o almeno questo parve a Legolas, qualche maligno commento sui presenti. Galien si augurò che Polo fosse con loro, ed ebbe la conferma di ciò quando vide Sam che, furtivo, si cacciava in tasca un pezzetto di pane e formaggio, sperando di non essere visto.

Anche Rhiannon era già seduta e guardava il suo piatto in silenzio, apparentemente incurante della situazione. Ma di tanto in tanto Legolas vedeva la ragazza alzare lo sguardo e incrociare per un brevissimo istante gli occhi castani di Eomer, che sedeva a capo della lunga tavola accanto alla sua sposa, la quale, invece, non sembrava curarsi di nessuno degli ospiti.

Quello strano e silenzioso gioco di sguardi inquietò profondamente l’elfo ; Imrahil, lui, Rhiannon, Eomer, Ithildis...Galien.

Perché in realtà la Dama di Rohan seguiva la situazione molto meglio di lui, e Legolas ne ebbe la certezza quando vide il suo sguardo balenare da Eomer a Galien e posarsi su di lui, fisso e penetrante.

Istintivamente ebbe paura. Paura per suo figlio, che mangiava tranquillamente, ignaro di tutto tranne che della più pericolosa delle verità.

Poi lui stesso si ritrovò a fissare intensamente  Ithildis, quasi per cercare di capire fino a che punto si sarebbe spinta ; finchè, ad un tratto, lo sguardo della Dama incontrò il suo.

Per un istante Legolas non percepì più alcun rumore alzarsi nella sala. Sembrava che il silenzio più totale avesse inghiottito i suoi commensali e li avesse trascinati altrove, lasciandolo solo a fronteggiare Ithildis.

Anche se in quel momento desiderò ardentemente di possedere lo stesso Dono di Galien, capì che non gli sarebbe servito, perché, anche se fosse riuscito a penetrare lo sguardo della Dama, sarebbe sprofondato inesorabilmente nell’abisso che esso nascondeva e nel quale si sentiva trascinato a poco a poco...

Colto da un improvviso senso di vertigine, Legolas si portò una mano alla fronte e chiuse gli occhi.

- Legolas ! -

Si sentì scosso per un gomito e riaprì gli occhi. Alla sua destra, Aragorn lo guardava preoccupato. Istintivamente l’elfo si voltò verso Galien, e vide che stava chiacchierando allegramente con Gimli. Tese le orecchie, e si sentì sollevato nell’udire nuovamente i rumori di fondo rimbombargli in testa.

- Cos’hai ? - domandò Aragorn.

Legolas tornò a guardare Ithildis. La Dama ora aveva spostato lo sguardo ed era tornata a concentrarsi unicamente sul suo piatto, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata sfuggente verso Rhiannon.

- Tu...l’hai mai vista, Aragorn ? - domandò l’elfo.

Il signore di Gondor scosse il capo. - E’ la prima volta. Eomer non l’ha mai portata con sé in nessuna occasione. Non so perché, ma quella donna ha qualcosa di inquietante... -

Legolas tornò a guardare Galien, che mangiava tranquillo, e non potè fare a meno di rabbrividire nel pensare agli occhi di Ithildis fissi su suo figlio.

Improvvisamente Faramir si alzò. - Se non c’è bisogno di me, io andrei a riposare. - disse ad Aragorn. Dopo che il suo Re lo ebbe congedato, Faramir si diresse verso la porta, passando accanto a Legolas. Quindi si fermò un istante e si chinò verso di lui, in modo che Galien non potesse sentirlo.

- Eowyn mi ha parlato di lei, Legolas. - sussurrò - Secondo lei, Ithildis è stata la scelta peggiore che Eomer potesse fare. Qualcosa, in quella donna, non funziona come dovrebbe... - Si interruppe per un istante, rabbrividendo. - Tieni tuo figlio lontano dalla Dama Nera, Legolas. -

 

 

 

Il sole stava calando sui monti che circondavano Edoras, donandogli un innaturale colore rosa e arancione.

Rhiannon era salita sulla terrazza del palazzo e stava ammirando quello sterminato paesaggio, così diverso dai boschi in cui era immerso il suo paese natale. Chiuse gli occhi, lasciando che la brezza le scompigliasse i capelli, facendola sentire quasi libera di raggiungere quelle cime perennemente innevate, lontano da tutti gli affanni che la schiacciavano a terra e che le impedivano di spiccare il volo verso la sua libertà.

Ma c’era ancora qualcosa, o meglio, qualcuno che la teneva ancora legata al suolo.

- Rhiannon. -

La ragazza non si voltò nemmeno ; aveva riconosciuto i passi dell’uomo prima ancora della sua voce.

- Perché sei venuta fin qui ? - disse Eomer avvicinandosi a lei.

A Rhiannon parve che quelle parole le strappassero il cuore dal petto.

Si girò piano, gli occhi lucidi dalla rabbia, ma quando incontrò quelli di Eomer vide che in essi non c’era altro che malinconia e rassegnazione.

- Speravo di vederti, così ho colto la prima occasione che mi si è presentata. Non sapevo nemmeno dove fosse Edoras ; sapevo solo che esisteva perché me ne avevi parlato tu. -

- Hai fatto bene. Anch’io desideravo da tempo vederti...e parlarti. -

- Bene. Ora sono qui ; parliamo, dunque. -

Eomer sospirò e si diresse verso la balaustra, guardando le montagne con aria grave.

Rhiannon sentì la collera crescere mentre guardava l’uomo che aveva amato e che amava ancora allontanarsi piano da lei.

Quanto ti odio, Eomer...pensò. Vorrei strangolarti con le mie stesse mani e gettarti dalle mura, così pagheresti una volta per tutte per il male che mi hai fatto...e per quello che hai fatto a Roslyn.

Ma non era questo che intendeva veramente, perché il suo cuore bruciava ancora per il desiderio che quell’uomo la prendesse tra le braccia, che la stringesse a sé come aveva fatto un tempo...voleva solo che lui la amasse di nuovo, perché era solo del suo amore che aveva bisogno...ma sapeva che non era più possibile.

Avanti, si disse, cosa aspetti ? Parla...di’ quello che devi dire...

- Rhiannon, io... -

Tu... ?

La ragazza allungò una mano tremante verso il braccio dell’uomo.

- Non potevo lasciarla, Rhiannon. -

La ragazza tenne la mano sospesa a mezz’aria, mentre le sue più segrete e irrealizzabili speranze si sgretolavano lentamente.

- Io non ti ho mai chiesto questo... - disse piano Rhiannon.

Bugiarda, non era forse quello che hai sempre sperato ?

- Io lo sapevo, Eomer - continuò Rhiannon - Sapevo che non saresti tornato. Non ho mai voluto ammetterlo, ma ero certa che non ti avrei mai più rivisto. Perché avresti dovuto tornare, del resto ? Io ero solo una sguattera da quattro soldi, tu il sovrano di un regno lontano... -

- Rhiannon... -

- ...davvero, non posso biasimarti per questo. Ma ti amavo sul serio, credimi... -

- Rhiannon. - Eomer la interruppe bruscamente, prendendola per le spalle e fissandola negli occhi. - Sarei tornato, te l’assicuro. Sarei tornato davvero se non fosse stato per Ithildis. -

Ithildis...

- Ithildis mi è stata imposta, Rhiannon. Se avessi potuto scegliere in quel momento non avrei avuto dubbi. -

- Perché, ora ne avresti ? -

Eomer non rispose. Rhiannon abbassò lo sguardo.

- Voglio solo sapere se la ami davvero. Ti prego, dimmelo. E’ l’unica certezza di cui ho bisogno. -

Eomer sospirò e spostò lo sguardo alle spalle della ragazza. - Non posso descrivere quello che provo per Ithildis ; è una sorta di miscuglio di pietà, senso di responsabilità e...perché no, anche amore. Mi ha unito a lei con un filo invisibile, Rhiannon, e mi tiene sempre più stretto. Non posso lasciarla...e nemmeno lo voglio, ora. -

- Non ti capisco. -

Il Re tornò a guardare Rhiannon negli occhi. - Ithildis è pazza, Rhiannon. Mi accorsi che la sua mente vacillava all’incirca un anno dopo il nostro matrimonio. Ithildis... - Si interruppe un momento, guardandosi intorno con aria circospetta, come per assicurarsi che non ci fossero orecchie indiscrete nei paraggi. - ...non può avere figli. E questo non fa altro che precipitarla nella disperazione più nera...e tra la disperazione e la follia non c’è che un passo. Ben presto cominciò ad assumere strani atteggiamenti, che sono peggiorati di giorno in giorno. La notte urla e strepita nel sonno, quando non si alza e vaga per il palazzo fingendo di tenere un bambino tra le braccia...di tanto in tanto scende in città, da sola, nel suo mantello nero che si confonde con il buio, e spia le donne che stanno per partorire...per portare via i loro neonati. -

Rhiannon rabbrividì.

- Li nascondeva sotto la veste, e li portava a palazzo. - continuò Eomer - Riuscì a farlo più di una volta. Con l’aiuto dei miei cortigiani riuscii sempre a restituire i bambini alle loro madri, ma uno di loro morì. Non fu facile mettere a tacere la cosa. La gente ha paura di lei ; a corte la chiamano la Dama Nera... -

- E tu - disse Rhiannon - Tu non hai paura ? -

- Non immagini quanta. Ma non per me, se è questo che intendi. Io riesco a controllare Ithildis, lei si fida di me. Quando stiamo insieme diventa un’altra persona. E’ felice, basta poco per capirlo. Negli ultimi tempi sembrerebbe anche migliorata...si agita meno la notte, ride, è più serena. Ma quando è da sola si trasforma. L’hai vista oggi, Rhiannon ; hai visto con che occhi guardava il figlio di Legolas. Tremo al solo pensiero di quello che potrebbe fare se non la tenessi sotto controllo. Non posso nemmeno partecipare di persona all’Assemblea delle Nazioni perché non so cosa succederebbe se rimanesse sola a lungo. Ithildis non è affatto malvagia...ha solo bisogno di qualcuno che le stia accanto. Ho promesso a me stesso di farlo e non tornerò indietro. Non lo voglio nemmeno. -

Rhiannon spostò lo sguardo altrove e strinse i pugni, tremando.

- Capisci perché non la posso lasciare, Rhiannon ? - disse Eomer - Capisci ? -

Ma Rhiannon non capiva. O forse aveva capito anche troppo bene dove Eomer voleva arrivare.

- Non credo che tu ti sia semplicemente votato ad una vita da guardiano. - disse - La ami, vero ? In qualche modo devi amarla. Non faresti tutto questo se non fosse così... -

- Rhiannon... -

- ...altrimenti non avresti rinunciato così facilmente a... -

...a tua figlia ?

No, non poteva dirglielo. Non prima di aver saputo, almeno. Ma anche quando lo avesse saputo...a cosa sarebbe servito ? L’unica cosa che la legava ancora a lui era Roslyn ; e la bambina non sarebbe tornata indietro.

- ...a ? -

Rhiannon scosse la testa.

- A niente, Eomer. Vai, torna da lei. -

- Mi dispiace, Rhiannon... - disse Eomer con sincerità.

- Vai, Eomer. - continuò la ragazza stringendosi nelle spalle e voltandosi verso le montagne.

Il Signore di Rohan chinò la testa, senza sapere più cosa dire, e tornò sui suoi passi mentre Rhiannon continuava a  massaggiarsi le braccia intirizzite.

Comincia a fare freddo.

Respirò profondamente, cercando di cacciare indietro le lacrime. Si era resa conto di aver appena detto addio all’uomo che amava ; e in quel momento, mentre Eomer si allontanava lentamente, desiderò di tornare da lui, di chiamarlo ancora per nome...

Eomer...

...di essere per lui quello che era stata un tempo...

Un rumore di passi leggeri alle sue spalle le fece balzare il cuore in gola.

- Eomer ! - disse, voltandosi di scatto.

Ma dietro di lei, le braccia conserte e un’espressione dubbiosa dipinta sul viso, non c’era Eomer.

C’era Legolas.

Rhiannon impallidì.

- Hai sentito... ? - balbettò la ragazza.

Legolas scosse la testa. - Non ce n’era bisogno. So già tutto. -

- Tutto...quanto ? -

- Tutto. - confermò l’elfo fissando la ragazza - Me l’ha detto Galien. -

- Te l’ha detto...ah, già. - ripetè Rhiannon, capendo - Beh, qualcuno avrebbe dovuto insegnare la discrezione sia a te che a tuo figlio. -

- Rhiannon... -

- Qualsiasi cosa tu voglia dire - lo interruppe la ragazza con un cenno della mano - non dirla. Non ho bisogno di sentire altre prediche. -

- Ma io... -

- E’ mai possibile che a questo mondo tutti vogliano impicciarsi dei miei affari ? ! - esclamò Rhiannon, furiosa - Cos’ho fatto di male per... -

- Io non ti ho chiesto nulla - la interruppe, stavolta, Legolas, alzando inaspettatamente la voce - Quindi tu non devi dirmi nulla. Sono...sono solo sconcertato...ti rendi conto ? Roslyn poteva essere l’unica erede al trono di Rohan... -

- Certo, la principessa degli straccioni. - ribattè seccamente Rhiannon - E poi prima di essere l’erede al trono di Rohan era mia figlia...nostra figlia, mia e di Eomer. Non dimenticartelo, Legolas. -

- Scusa, non intendevo affatto... -

- Lo so che non intendevi. Nessuno intende mai dire quello che dice. Però lo fa. -

Entrambi tacquero per un istante che sembrò eterno.

- E poi... - continuò Rhiannon, quando la rabbia si fu un po’ calmata - Cosa dovevo aspettarmi ? Che tornasse a prenderci ? Nemmeno lo sapeva. -

- Non lo sapeva ? - disse Legolas, stupito - E tu non glie l’hai detto ? -

Rhiannon scosse la testa. Legolas stava per chiederle perché, ma si bloccò quando incontrò il suo sguardo.

- Sarebbe cambiato qualcosa ? - disse Rhiannon.

- No, suppongo di no. -

- Non ho intenzione di tormentare Eomer  con sensi di colpa...ammesso che ne abbia nei miei confronti. Sapevo benissimo che sarebbe finita così. Roslyn non c’è più, io tornerò ad Aldorath e lui resterà il Re del Mark...con una moglie malata di mente. -

Legolas guardò Rhiannon allontanarsi verso l’interno del palazzo.

- Allora perché sei venuta qui ? -

Rhiannon si voltò e sorrise amaramente. - Perché volevo vederlo un’ultima volta. - disse - E guardare in faccia la verità. E sai di cosa mi sono resa conto, Legolas ? ...Che abbiamo pagato entrambi per il nostro errore. -

- Può darsi. Ma non credo che tu ti sia pentita di averlo commesso. -

Il triste sorriso scomparve dalle labbra di Rhiannon. - No - disse - Non me ne sono affatto pentita. - disse. Dopodichè se ne andò, lasciando il Re degli Elfi solo e pensieroso nell’oscurità che stava abbracciando la città di Edoras.

 

 

 

Rhiannon camminava a testa bassa lungo i corridoi di Meduseld, cercando di ricordare da che parte fosse la sua stanza. Si sforzò inutilmente di far uscire Eomer dai suoi pensieri, sapendo bene che nemmeno il tempo avrebbe potuto cancellarlo dalla sua mente e dal suo cuore.

Si accorse troppo tardi, quindi, della donna dal vestito scarlatto e dai lunghi capelli neri, a cui la luce delle torce donava una parvenza quasi spettrale, che la attendeva in fondo al corridoio.

Rhiannon si fermò a pochi passi da lei, e, quasi senza accorgersene, si ritrovò a fissarla negli occhi.

Il fuoco nello sguardo di Rhiannon contro il ghiaccio che si trovava in quello della Dama Nera.

Quale dei due elementi avrebbe sopraffatto l’altro ?

Fu Ithildis a parlare per prima.

- Non so quale sia stato il tuo ruolo nella vita di Eomer e non voglio saperlo - disse - Anche se lo posso immaginare. -

- Non ho più nessun ruolo da molto tempo, ormai. - rispose Rhiannon senza abbassare gli occhi.

- Meglio così. - continuò Ithildis - Ma voglio dirti lo stesso una cosa : vattene finchè sei in tempo. Non mettermi alla prova. -

Rhiannon si sentì attanagliare il petto da una sensazione di gelo mentre guardava la Dama Nera scomparire lungo il corridoio.

Per ora poteva aver vinto il ghiaccio, ma il fuoco non aveva comunque ceduto.

 

 

 

 

 

Si saprà di più sulla faccenduola di Eomer e Rhiannon nel prossimo capitolo. Bye !

 

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 23 ***


23

23. Luci ed ombre

 

 

 

O night, thou was my guide,

o night, more loving than the rising sun,

o night that joined the lover

to the beloved one

transforming each of them into the other...

 

            Loreena McKennitt, “The dark night of the soul”

 

 

 

Sembrava che nemmeno il sonno riuscisse a dare pace a Rhiannon, quella notte, poiché ogni volta che chiudeva gli occhi le si presentava davanti il viso fiero di Eomer a ricordarle che ormai avrebbe potuto vederlo solo in sogno.

Il sogno.

 

Cammini sul selciato, non alzi la testa per non incrociare gli sguardi della gente che ti vede passare.

Te li senti addosso, appiccicosi e pesanti come la pece.

Rhiannon la sguattera.

La bettola che ti dà da vivere è diventato il tuo mondo, da quando tua madre è morta e tuo padre si è accorto che può fare a meno di te.

Raccogli la biancheria, prendi l’acqua al pozzo, porta la legna senza che nessuno finga nemmeno di volerti aiutare.

Sì zia, sì zia, vado zia, tornerò subito e anche se non dovessi tornare sarebbe lo stesso, non è vero, zia ?

Non hai bisogno di nessuno, nessuno ha bisogno di te.

Passi sul selciato, poi nell’erba del bosco.

Rumori diversi.

Hai paura e non puoi nasconderti. La legna ti cade dalle braccia.

Cavalli.

Ti piacciono i cavalli, Rhiannon ? domanda il mercante che vorrebbe averti tutta per lui.

E’ lui ? Ti sta seguendo ?

Non puoi nasconderti.

Cavalli.

Resti ferma a guardarli, cavalli e cavalieri, uniformi mai viste, una più bella di tutte le altre.

Lui si china verso di te e ti guarda, e lo guardi anche tu.

Cerco Owler, il mercante di cavalli, dice.

Dal primo istante sai che i suoi occhi resteranno per sempre nei tuoi.

Poi parole, un turbine di parole, parole, nel bosco, sul suo cavallo, al tavolo dove guarda le tue mani porgergli il bicchiere, sotto la luna, parole, parole, le sue mani, le tue mani, i suoi occhi, le sue labbra.

Non sei più una sguattera, sei una regina.

Per quanto tempo resti la sua regina ?

Un giorno, tutti i  giorni.

Fino alla fine.

Parte, ti dice, ma non ti dice che non tornerà, anche se questo tu lo sai, sai che resterai di nuovo sola.

Ti ama, dice, non ti potrà mai dimenticare, e nemmeno tu potrai dimenticarlo perché una parte di lui ti è rimasta in grembo.

Liberatene.

No, zia, no.

Liberatene, o non potrai rimanere qui.

No, no.

Allora vai.

E tu vai, con un fagottino tra le braccia.

Vai, ma non sai dove.

Tutte le porte sono chiuse.

Non quella ai limiti del bosco.

Il vecchio ti guarda, guarda la bambina, ma non sorride.

Il padre di Roslyn è morto, gli dici, desiderando quasi che fosse morto veramente.

Lui non ti crede, lo leggi nel suo sguardo. Un giorno mi racconterai la verità, ti dice. Ma ora seguimi, c’è del lavoro da fare.

E tu sai che hai trovato casa.

 

Rhiannon si svegliò di colpo e si alzò a sedere sul letto, gli occhi sbarrati e il cuore a pezzi.

- Potter... -

Il buon vecchio locandiere che aveva accolto lei e sua figlia se ne andò in poco tempo, anche se lei voleva che rimanesse, perchè se lui se ne fosse andato sarebbe tornato Eomer a perseguitarla con il suo volto fiero e i suoi occhi castani che le bruciavano ancora la pelle.

Rhiannon si maledisse per essere stata tanto sciocca.

Se solo fossi tornata ad Aldorath, si disse, se solo non avessi dato retta al mio stupido cuore...forse ora avrei cominciato a dimenticare...avrei ricominciato un’altra vita senza le persone che amo...Roslyn, Potter, Galien...e Eomer.

Scosse la testa.

Ricominciare l’ennesima vita fasulla...perché nessuno di loro mi è mai appartenuto, tantomeno Eomer...e nessuno mi apparterrà mai, sono solo passati in un lampo lasciandomi delle vecchie cicatrici come ricordo...

Sospirando, si alzò dal letto e guardò la finestra. Ithildis aveva detto che la luce della luna la infastidiva...forse era il suo candore a dare risalto alla notte che la donna portava dentro al cuore.

Ithildis.

Ithildis e Eomer.

Eccolo di nuovo...

Rhiannon non ce la fece più. Aprì la porta senza far rumore e, assicuratasi che non ci fosse nessuno nei paraggi, uscì dalla stanza e si incamminò lungo il corridoio, lasciandosi guidare dai suoi pensieri. Non sapeva dove stesse andando, né cosa stesse cercando ; era un burattino senza fili, e i suoi passi erano semplicemente fatti muovere dal suo cuore.

Aria, si disse, ho bisogno di aria...

Avrebbe potuto camminare per tutta la notte, percorrendo tutti i passaggi della grande reggia, e il mattino successivo non si sarebbe nemmeno resa conto di dov’era stata.

Ma non fu così, perché, avvicinandosi ad una porta socchiusa, udì una voce calda e melodiosa intonare un canto sommesso...

Rhiannon si fermò di colpo, riconoscendo quella voce, e sbirciò dallo spiraglio per avere conferma di ciò che immaginava.

La prima cosa che la colpì fu la luce.

La stanza doveva essere completamente buia come tutte le altre, eppure era come se una luce soffusa risplendesse in essa...una luce calda, che emanava dalla figura dell’elfo seduto accanto al letto, la pelle chiara come la luna.

Legolas accarezzava piano i capelli di Galien, profondamente addormentato, e cantava per lui.

Rhiannon avrebbe pagato oro per capire le parole di quella canzone ; era come quella di Roslyn, su vecchi e bambini persi tra il sogno di un vecchio ricordo e una triste realtà ? No...era un canto elfico...quel popolo aveva la capacità di rendere struggente e meravigliosa anche la cosa più semplice. Era il canto del vento che agita le foglie, accarezza l’acqua e porta la loro voce fin sulle montagne innevate, dove nessuno lo può fermare...

Sarebbe rimasta ad ascoltarlo per tutta la notte.

Ma quel canto si interruppe prima.

- Puoi entrare, se vuoi. - disse Legolas, senza voltarsi.

Rhiannon si irrigidì, imbarazzata. Sebbene, per la vergogna, avrebbe preferito tornare di corsa nella sua stanza, decise di accettare quell’invito. Socchiuse la porta, entrò e la richiuse piano alle sue spalle, avvicinandosi al letto.

- Non serve che cammini in punta di piedi. - disse l’elfo - Galien non si sveglierebbe nemmeno se crollasse il palazzo... -

Rhiannon sorrise. - E’ una fortuna, non trovi ? - disse.

- Vorrei avere anch’io questa fortuna... - disse Legolas restituendole il sorriso.

Rhiannon si sedette piano sul letto di Galien, di fronte a Legolas.

- Non riesci a dormire ? Il viaggio è stato lungo e faticoso, credo che gli altri siano nel mondo dei sogni da un bel pezzo... -

- Anche tu dovresti esserlo. - disse Legolas - E invece sei qui a parlare con me. - 

Rhiannon guardò l’elfo negli occhi. - Io non dovrò affrontare un’Assemblea che deciderà del mio destino, domani mattina. -

- Tu hai già affrontato una prova piuttosto dura, oggi. Domani toccherà a me. -

- Hai paura ? -

- Un po’. - rispose Legolas accarezzando dolcemente una guancia al suo bambino - Ma non tanto per me. -

Rhiannon non disse nulla, rapita da quel semplice gesto che rendeva l’elfo ancora più luminoso. Il suo sguardo risalì la mano di Legolas, il suo braccio, fino al viso e agli occhi in cui doveva brillare la luce di Eärendil...la stessa che splendeva negli occhi di Galien.

Bellissimo. Il bambino sarebbe diventato bellissimo come suo padre, un giorno ; quella bellezza eterea e fiera, così tipica degli Elfi, inquietante e affascinante al tempo stesso.

Ma anche Roslyn era bellissima.

Era bellissima perché era figlia di un uomo meraviglioso.

Un uomo meraviglioso che l’aveva abbandonata senza nemmeno sapere di averlo fatto, perché Rhiannon non aveva mai avuto il modo di dirglielo...

Si può amare e doverlo nascondere ?

Lei aveva dovuto farlo. Aveva amato Eomer, lui aveva amato lei ed ora l’aveva respinta.

L’aveva respinta.

Non avrebbe più potuto stringerlo tra le braccia, baciare le sue labbra, lasciare scorrere le dita tra i suoi capelli...l’avrebbe fatto un’altra donna al suo posto.

No, non resterò di nuovo sola, pensò Rhiannon con rabbia. Aveva perso l’uomo che amava, ma non sarebbe rimasta sola, mai più.

Mai più.

Avrebbe trovato qualcun altro che avrebbe spezzato la sua solitudine ; che Eomer restasse pure con quella pazza, se ne sarebbe pentito ben presto. Ma, quando sarebbe tornato indietro, non avrebbe più trovato Rhiannon ad aspettarlo.

Ti farò pentire amaramente della tua scelta, Eomer...Io posso avere chi voglio...perché ne ho bisogno...ne ho DISPERATAMENTE bisogno...

Di chi ?

Qualcuno...qualcuno solo come me...

Ad un tratto Rhiannon si accorse che Legolas la stava guardando, un’espressione interrogativa dipinta sul viso. La ragazza spostò rapidamente lo sguardo altrove, imbarazzata, mentre l’elfo si alzava e si dirigeva verso la finestra.

- Non è vero, sai... - disse Legolas, riprendendo il discorso - Ho molta paura, invece. Imrahil ha dalla sua parte molti Rappresentanti, riuscirà facilmente a convincere gli altri...tranne quei pochi che mi sono ancora fedeli...i miei unici amici. -

Sospirò amaramente, mentre Rhiannon si avvicinava a lui.

- Cosa temi, ora ? - disse la ragazza appoggiandogli una mano sulla spalla - Hai già perso tutto quello che potevi perdere. Non potranno toccarti finchè Eredhil è al tuo posto. E tu avrai molte occasioni per riscattarti... -

- Credi ? -

Rhiannon annuì. - Certo. Possono prenderti quello che vogliono, ma non ti porteranno mai via il tuo onore... -

- Del mio onore non mi importa nulla. -

Rhiannon sorrise mentre i suoi occhi incontravano lo sguardo deciso dell’elfo.

- Lo so - disse la ragazza - E non ti porteranno via nemmeno Galien. -

Legolas sospirò. - Lui è tutto per me... - disse debolmente.

- So anche questo. -

Ma lui non sarà sufficiente a riempire la tua vita...anche tu sei solo...come me...

Senza distogliere gli occhi da quelli dell’elfo, Rhiannon alzò una mano e gli scostò delicatamente una ciocca di capelli dalla fronte.

E se volessi...

Istintivamente, Legolas si irrigidì quando percepì il tocco di Rhiannon sulla pelle e gli occhi della ragazza puntati nei suoi.  Quanto tempo era passato da quando le mani di una donna lo avevano sfiorato... ? E da quando non riceveva più uno sguardo del genere ?

Anìrwen...

L’elfo rimase immobile, senza capire cosa, in quegli occhi verdi, gli impedisse di ragionare.

Forse un ricordo ?

O forse era qualcosa di cui da tempo sentiva il bisogno, senza volerlo ammettere a se stesso ?

Senza smettere di guardarlo, Rhiannon lasciò che le sue dita scorressero lentamente lungo la tempia dell’elfo, quindi gli tracciarono lo zigomo alto e liscio, infine la linea del collo.

Io voglio...

Legolas chiuse gli occhi mentre un brivido gli percorreva la schiena.

...te...

La mente gli si svuotò all’improvviso da tutte le preoccupazioni per riempirsi di ricordi.

Quelle carezze..

Rhiannon pose una mano sulla guancia di Legolas, mentre le sue labbra sfioravano quelle dell’elfo.

Quelle carezze mi portavano...così in alto....

Legolas sentì il fuoco invadere il suo corpo, la sua bocca sentiva il sapore di quella della ragazza che ora era stretta a lui. Ma sarebbe stato lo stesso ?

Potevo sentire la musica...

Quasi senza accorgersene, l’elfo sollevò una mano e la portò alla nuca di Rhiannon, accarezzando i suoi capelli e stringendola a sé nell’estasi che precedeva l’abbandono, ogni muscolo del suo corpo attanagliato dal desiderio.

...la musica degli Ainur...

- Anìrwen... - sussurrò, mentre le labbra di Rhiannon scendevano piano sul suo collo e una mano di lei, insinuata attraverso la tunica slacciata, gli accarezzava il petto.

Anìrwen... ?

Come se si fosse risvegliato da un sogno, Legolas spalancò improvvisamente gli occhi.

Anìrwen non era lì...non era lì come lui sperava...e come era quasi arrivato a credere. E non ci sarebbe stata, mai più.

Per Ilùvatar...cosa sto facendo ? ! COSA STIAMO FACENDO... ? !

Abbassò la testa, sgomento, mentre Rhiannon continuava ad accarezzarlo e baciarlo.

- Basta, Rhiannon, ti prego... - disse, tremando - Basta... -

La ragazza non sembrò nemmeno sentirlo.

Nonostante tutto, Legolas non riusciva  a muoversi, ancora sconvolto da ciò che aveva fatto.

Aveva baciato Rhiannon e si sarebbe lasciato andare a ben altro...e stava dimenticando lei...

- Ho detto basta ! ! - esclamò prendendo la ragazza per i polsi.

Rhiannon non alzò nemmeno la testa ; cadde lentamente in ginocchio ai piedi di Legolas. I suoi capelli rossi le coprivano il viso, ma Legolas vide il suo corpo scuotersi lentamente.

- Stai...stai ridendo ? ! - esclamò, il viso livido di collera verso di sé e verso la fanciulla.

Ma quando vide una lacrima cadere a terra ai suoi piedi capì che Rhiannon non stava affatto ridendo ; il suo corpo non era scosso dalle risa, ma da singhiozzi convulsi.

Con gli occhi spalancati dallo stupore, Legolas le lasciò andare i polsi, e la ragazza si portò le mani al viso.

- Rhiannon... -

- Stupida...che stupida sono.... - disse la ragazza con voce rotta, senza avere il coraggio di guardare l’elfo in faccia.

Legolas si chinò piano verso di lei, posandole una mano sulla spalla, ma Rhiannon si alzò di scatto.

- Perdonami ! ! - esclamò. Quindi spalancò la porta e corse fuori, scomparendo lungo il corridoio.

 

 

 

Rhiannon corse a perdifiato, accecata dalle lacrime, fino a quando non riuscì a vedere la luce della luna spezzare l’oscurità del palazzo attraverso una grande finestra. Istintivamente la spalancò e si ritrovò sulla stessa terrazza in cui aveva incontrato Eomer quella sera.

Si fermò accanto alla balaustra, ansimando, a guardare nuovamente i monti.

- Non ne posso più... - disse piano, accucciandosi a terra e stringendosi le ginocchia contro il petto - Devo andarmene da qui...devo andarmene da qui... -

Nascose il viso tra le ginocchia e continuò a piangere.

Ad un tratto sentì il tocco leggero di una mano sul braccio e una voce chiamarla per nome.

- Rhiannon... -

La ragazza alzò piano la testa e vide Legolas accucciato davanti a lei, che la guardava sorridendo dolcemente.

- Vattene, Legolas... - disse Rhiannon con voce tremante - Come puoi pretendere riesca a guardarti di nuovo in faccia dopo quello che ho fatto ? -

- La colpa è stata anche mia. - disse Legolas - E’ stato...un momento di debolezza. Avrebbe potuto succedere a chiunque. -

- Non a me. - replicò Rhiannon - A me non doveva succedere. E nemmeno a te. Oh, per tutti i Valar, perdonami...perché riesco solo a fare del male a tutti coloro che mi circondano ?-

- Non hai fatto del male a nessuno - disse Legolas - Solo a te stessa. Non chiedermi perdono e dimentica quello che è successo, Rhiannon ; io l’ho già fatto. -

La ragazza voltò lentamente il capo, gli occhi ancora colmi di lacrime e di vergogna.

- Pensavi ad Eomer, vero ? - disse Legolas, sorridendo mentre asciugava con una mano le lacrime di Rhiannon - Non stavi baciando me, ma lui...avrebbe potuto esserci chiunque altro, al mio posto, non è così ?  -

Rhiannon annuì. - Che sciocca...credere di cancellare tutto buttandomi tra le braccia di un altro... -

- Certi sentimenti non si possono cancellare, Rhiannon. - disse Legolas sedendosi accanto a lei.

- Cosa...cosa ne sai tu dei miei sentimenti ? - disse la ragazza con rabbia - Tu non sai niente, Legolas... -

- So anch’io cosa significa perdere qualcuno che ami. - rispose Legolas - E mi sembra che ne abbiamo già parlato. -

Rhiannon tacque e si guardò intorno, respirando profondamente. Poi, tra le lacrime che continuavano a scorrere sulle sue guance, raccontò all’elfo tutta la sua storia, fino all’incontro con Ithildis e la fine dei suoi sogni.

- Io non amo Eomer, Legolas. - disse infine - Io lo odio, e tu non puoi nemmeno immaginare quanto... -

- Tu credi di odiarlo. - disse l’elfo - Ma amore e odio non sono altro che due facce della stessa medaglia, anche se spesso l’amore fa terribilmente male e il dolore è ad un passo dal piacere...non puoi odiare qualcuno che ti è entrato nel sangue, Rhiannon. E penso che nel profondo del suo cuore, anche Eomer ti ami ancora. -

- Amarmi ? - disse Rhiannon - Mi ha lasciata, Legolas. Ha lasciato me e sua figlia. E’ amore, questo ? No...lui non ama me. Non più, ormai. La Dama Nera ha preso il mio posto. -

- Come puoi esserne certa ? -

- Non farebbe quello che sta facendo, se non la amasse. - rispose Rhiannon - Si sta annullando per lei...ma, scegliendo di sacrificare la sua vita, ha sacrificato anche la mia. E me lo ha forse chiesto ? No, ha semplicemente deciso al mio posto. E ora non posso fare altro che rassegnarmi e lasciare che la sua strada si allontani per sempre dalla mia... -

Legolas scosse il capo. - Tu puoi ancora sperare, Rhiannon. - disse.

- Sperare ? Sperare cosa ? Hai idea di chi sono io, Legolas ? Di chi è Ithildis ? Queste cose succedono solo nelle stupide favole che raccontavo a Roslyn... -

- Ma tu sei qui, ora. - insistette Legolas - L’avresti mai creduto ? Accadono molte più cose di quante ne possiamo immaginare, Rhiannon, e continueranno ad accadere finchè avremo vita...e finchè avremo speranza. -

L’elfo si rialzò e guardò la ragazza con i suoi occhi luminosi ma tristi. - Io ho perso quella speranza, ormai. Vivo solo per avere la mia vendetta...e per vedere mio figlio crescere. Non ci sarà nient’altro per me, fino ad allora. Ma tu puoi ancora farcela, se davvero lo vorrai. -

Rhiannon tacque per un momento.

- Tu la ami ancora, vero ? Ami ancora Anìrwen ? -

- Sì. - rispose Legolas con voce sicura.

- E continuerai ad amarla anche se è morta ? -

Legolas sorrise amaramente. - L’amore, il vero amore, non muore, Rhiannon. Continua a vivere nelle persone che hanno amato, come te, Eomer...e me. Io sono legato ad Anìrwen per tutta la vita...e oltre. -

Rhiannon guardò l’elfo, incredula. - Non immaginavo che si potesse amare così...ho sempre creduto che una vita fosse più che sufficiente a lenire qualsiasi dolore... -

Legolas tacque e continuò a tenere i suoi occhi fissi in quelli di Rhiannon.

- Sai quanto può durare la vita di un elfo ? - domandò - Puoi concepire l’eternità ? Qualsiasi legame per noi dura per sempre. Siamo eterni, Rhiannon ; per noi il tempo non può far appassire i sentimenti più puri. Io e Anìrwen siamo parte l’uno dell’altra, ormai ; quando lei è morta, è morta anche una parte di me, così come una parte di lei vive ancora dentro di me, e non morirà fino a quando io avrò vita. Nessun’altra donna potrà mai prendere il suo posto, fino alla fine. -

- Fino alla fine... - ripetè Rhiannon.

- Suppongo che per voi sia difficile da capire. -

- No - rispose la ragazza, pensierosa, lo sguardo perso nel vuoto - Meno di quanto tu creda. -

I due rimasero in silenzio per un lungo istante, lasciando che la brezza notturna rischiarasse le loro menti e lenisse il bruciore dei ricordi.

Poi Rhiannon parlò di nuovo.

- Raccontami di lei. -

Legolas guardò la ragazza senza capire.

- Cosa vorresti sapere ? - domandò.

- Tutto. -

- La storia è lunga... -

- Anche la notte è lunga. Raccontami tutto. -

Legolas sorrise e cominciò a parlare.

 

 

- La guerra dell’Anello era terminata da poco ; il Male era stato sconfitto ma aveva lasciato delle profonde ferite in tutti coloro che l’avevano combattuto.

La visita alle Caverne Scintillanti insieme a Gimli non era stata sufficiente a sollevare il mio cuore dal peso che portava, ora gravato ancora di più dalla consapevolezza che molte cose, troppe, sarebbero cambiate per sempre.

Mio padre si era reso conto della malinconia che mi pervadeva ma non riusciva a trovare il modo di consolarmi ; decise quindi di portarmi con sé in visita a Lorien, presso i Signori del Bosco d’Oro, sperando che la vista di quei luoghi mi portasse un po’ di serenità. Non immaginava di certo che lì avrei ritrovato la luce che mi stava abbandonando.

Giungemmo al cospetto di Celeborn e Galadriel dopo due giorni di viaggio, e i Signori di Lothlorien ci ricevettero con grandi onori.

Li sentivo dare il benvenuto a me e mio padre, ma non ascoltavo le loro parole ; ascoltavo invece il sussurro dell’aria che scuoteva le foglie degli alberi del Bosco d’Oro, sperando che portasse con sé la mia profonda stanchezza. I Signori dei Galadhrim non erano altro che ombre davanti a me, ombre di cui non desideravo la vista.

Ma quando voltai il capo e vidi lei...

Quasi non riuscivo a credere che fosse reale ; la sua pelle era candida come la sua veste e lunghi capelli d’oro le cadevano sciolti sulle spalle. Ne ero abbagliato e allo stesso tempo non riuscivo a distogliere i miei occhi dai suoi ; in quel momento pensai che il sole avesse abbandonato il cielo per scendere sulla terra.

Arien...” dissi, quasi paralizzato. Mi sentivo uno sciocco.

Ad un tratto, quella visione mi si avvicinò e sorrise.

“Lei è mia nipote Anìrwen, della casa di Orodreth.” disse Galadriel.

Non la ascoltai nemmeno, perso nei suoi occhi azzurri come il cielo. Non riuscivo a dire una parola.

Ad un tratto, Anìrwen tese lentamente una mano di seta verso il mio viso e mi accarezzò dolcemente la fronte, indugiando poi sulla mia guancia.

“Il tuo sguardo è sereno” mi disse “eppure leggo nel tuo cuore un profondo turbamento. Non lasciare che avvizzisca il tuo animo nobile ; vieni con me.”

Come in un sogno, lasciai che quella splendida creatura mi prendesse per mano e mi conducesse via.

Mi parve di vedere l’erba fiorire sotto i suoi piedi, e le fronde degli alberi chinarsi mentre lo squillante canto degli uccelli accompagnava il suo cammino.

Giunti in riva ad un ruscello, mi invitò a sedermi sull’erba accanto a lei.

“Chiudi gli occhi” mi disse, immergendo un mano nell’acqua. Io obbedii, e poco dopo sentii le sue dita fresche posarsi sulle mie palpebre.

“Il Male non può entrare in questo luogo.” mi disse dolcemente “Lascialo fuori dai tuoi pensieri.”

“I miei pensieri sono pesanti come montagne, mia Dama.” risposi “Mi stanno schiacciando e non riesco a rialzarmi. Intorno a me non vedo altro che desolazione.”

“Allora lascia che ti aiuti a sopportare questo peso.”

Detto questo, intonò il canto più dolce che mi fosse mai capitato di udire da quando mia madre cantava per me, quand’ero bambino, per farmi addormentare.

Non so dirti quello che provai quando il canto finì e io riaprii gli occhi, ma desiderai ardentemente che durasse per sempre.

Guardai il viso sorridente di Anìrwen, e mi scoprii a desiderare di potere accarezzare quelle guance vellutate.

“La tua mente è più leggera, ora ?” mi domandò.

Io annuii, restituendole il sorriso.

Quindi ci rialzammo e gli sguardi lasciarono il posto alle parole. Conversammo fino al calare del sole, ma il mio sole non tramontò quella sera, quando ci congedammo ; continuò a splendere nel viso di lei, nella sua figura esile e delicata che mi accompagnò nei miei sogni, regalandomi una dolce notte.

Io e mio padre restammo a Lothlorien per cinque giorni ; all’alba del sesto, quando ci accomiatammo dai nostri ospiti, sentii il mio cuore riempirsi di malinconia al pensiero di non vederla più.

Ma quando andai da lei per porgerle i miei saluti, prese le mie mani tra le sue e mi disse : “Tornerai.”

Io la guardai, confuso.

“Non era una domanda” disse poi “Io so che tornerai. Aspetterò quel giorno.”

 

Quando tornai a Bosco Atro mi sentivo rinato, e mio padre se ne accorse e ne fu felice.

Eppure qualcosa mi mancava ; era come se avessi lasciato qualcosa a Lothlorien, qualcosa che non avrei mai potuto ritrovare in nessun’altra parte della Terra di Mezzo.

Ogni notte vedevo il viso di Anìrwen in sogno e ricordavo le lunghe conversazioni a cui ci lasciavamo andare. Piano piano il sonno mi abbandonò, costringendomi a vagare per la foresta cercando i suoi occhi nelle stelle...

Era come se mi avesse rapito l’anima per costringermi a tornare da lei, ma non era un obbligo per me...era un desiderio disperato che non riuscivo a placare.

Avrei dovuto tornare ? E l’avrei ritrovata ? Sapevo che gli Elfi stavano abbandonando le terre dell’Est, e i Galadhrim sarebbero stati tra i primi a farlo, mentre noi del Nord eravamo ancora riluttanti a lasciare le nostre foreste.

Ma io dovevo rivedere Anìrwen, ne avevo bisogno, e nel frattempo ero quasi spaventato da quella ridda di emozioni che mi sconvolgevano il cuore e la mente.

Poteva essere amore ? E se non era amore, cos’era ?

Tornai a Lorien con il cuore in subbuglio, cavalcando giorno e notte, più confuso che mai. E fui ancora più confuso quando, giunto a Caras Galadhon, mi si fece incontro Galadriel in persona.

Mi guardò negli occhi con aria grave e capii che ciò che doveva dirmi riguardava me, riguardava Anìrwen, riguardava noi due.

“Lei non verrà con noi” mi disse “Ti sta aspettando, Legolas ; il suo destino non si compirà nelle Terre Imperiture.”

Capii appieno quella frase solamente molto tempo dopo. In quel momento ebbi una sola certezza : che la mia parte mancante mi era stata restituita.

Quando la vidi, mi parve di nuovo un sogno. Con il cuore ormai impazzito la strinsi a me, e lei si lasciò andare al mio abbraccio e ai miei baci, e ogni istante in cui ci allontanavamo le nostre labbra si cercavano disperatamente...

“Sposami.” le dissi.

Ma non era un ordine, era una supplica...la stavo implorando di darmi il sole ogni giorno della mia vita. Anìrwen, la Desiderata...e io, quanto la desideravo...

Non sapevo cosa aspettarmi da lei ; una parola, un sorriso, un gesto...qualsiasi cosa purchè non mi lasciasse a tormentarmi in quell’attesa...

“Sì.” Mi disse, semplicemente.

Allora la presi tra le braccia, la feci salire sul mio cavallo e, senza pensare ad altro che a noi due, partimmo al galoppo verso la mia terra, che sarebbe divenuta ben presto anche la sua.

 

Le nostre nozze furono celebrate immediatamente, e solo dopo allora potei dire di aver conosciuto la più grande felicità...

Anìrwen era come l’avevo sempre ricordata ; splendida e raggiante. Il suo solo pensiero mi riempiva la vita, e la mia vita era finalmente completa.

Ma la vita di un Elfo non conosce solo gioia, ma anche la più grande delle sofferenze.

Era trascorso poco meno di un anno dal nostro matrimonio, quando, una notte, il mio sonno fu tormentato da qualcosa di peggiore degli incubi. Era una sensazione di devastante dolore, che non riuscivo a placare perché non mi apparteneva...

Mi svegliai di colpo, il viso bagnato di lacrime, incapace di scacciare ciò che avevo provato ; quando, ad un tratto, mi accorsi che quelle lacrime non erano mie.

Mi alzai a sedere sul letto, e vidi che Anìrwen non era più accanto a me. Turbato, la cercai per tutto il palazzo, e infine, dopo averla a lungo chiamata, la trovai in cima alla torre più alta, immobile, a guardare in lontananza. Mi avvicinai a lei e la presi dolcemente per le spalle.

Quando si voltò a guardarmi, vidi che stava piangendo.

Non dimenticherò mai i suoi occhi, in quel momento...

“Stanno partendo...” mi disse.

Capii.

In breve preparai due cavalli e partimmo alla volta di Lothlorien, senza mai fermarci.

Quando arrivammo, ci si presentò una visione desolata ; i Galadhrim stavano dirigendosi verso i Porti Grigi, per recarsi nelle Terre Imperiture, da cui non sarebbero mai più tornati.

Anìrwen aveva sentito il dolore che accompagnava quella partenza...o forse le fu comunicato. Non mi fu dato saperlo.

Ma il suo addio a Galadriel e Celeborn mi straziò l’anima.

Fu come se una parte di lei le venisse strappata per sempre...

Mi sentii un egoista. Ero stato io ad impedirle di seguire la sua gente in quell’ultimo viaggio, io l’avevo strappata alla sua terra in nome del mio amore.

In quel momento non mi importò che il suo amore per me fosse meno grande di quello che provava per il suo popolo ; tutto ciò che volevo era solamente che non soffrisse più. Che fossi io a soffrire per lei, non mi importava.

“Vai con loro.” le dissi infine, cercando di nascondere la mia profonda tristezza “Se il tuo legame con questa terra ti rende infelice, non ti costringerò a restare. Vai con loro.”

In quel momento mi guardò, gli occhi pieni di un’innocente e malinconica meraviglia, e mi disse : “Per la mia felicità...rinunceresti a me ?”

“Lo farei, anche se potrebbe sembrare folle...se tu lo volessi.”

Lei tacque per un momento, poi mi prese una mano e la pose sul suo ventre.

“E rinunceresti anche a tuo figlio ?” disse.

Quella frase mi colpì come un fulmine. La guardai senza sapere cosa dire, completamente senza parole. Volevo solo stringerla a me, per mostrarle tutta la mia gioia. Ma avevo il diritto di farlo, in quel momento ? Mio figlio...nostro figlio...

Ero più confuso che mai.

“Cosa...cosa devo fare ?” dissi, con un filo di voce, prendendola per le spalle sottili.

“Tu mi hai chiesto cosa voglio” disse “E io voglio rimanere. Se partissi con la mia gente, il mio cuore resterebbe comunque con te. E mi consumerei nell’attesa del tuo arrivo, mentre il nostro bambino crescerebbe senza aver mai conosciuto suo padre.”

Poi sorrise e mi accarezzò dolcemente le guance con le sue mani di velluto.

“La mia felicità è qui, Legolas.” disse “E’ qui, accanto a te e a nostro figlio, quando arriverà. E’ solo questo che desidero.”

Lentamente le sue labbra si avvicinarono alle mie.

“Io resterò qui.”

Forse piansi mentre la baciavo, ma non me ne resi conto. La felicità mi stava facendo scoppiare il cuore.

 

Galien nacque pochi mesi dopo il nostro ritorno a Bosco Atro, quando ormai le navi degli Elfi erano partite dai Porti Grigi portando con loro anche il Portatore dell’Anello. Fummo felici per sette anni...un periodo lungo per un uomo, estremamente breve per un Elfo, durante il quale il veleno ribollì nelle vene di Eredhil senza che nessuno di noi se ne accorgesse. E infine, quando anche mio padre lasciò la nostra terra, cedendomi la corona, proprio quando credevo che nulla avrebbe potuto essere più perfetto... -

 

La voce di Legolas tremò.

- E’ assurdo come la realtà non sia mai come vorremmo che fosse ; ero convinto che avrei ridato la vita ad Anìrwen...e invece le ho dato la morte. L’ho sepolta con le mie mani, Rhiannon. -

- Non è tua la colpa di quello che è successo. - disse Rhiannon, comprendendo di quanto poca consolazione fossero le sue parole.

- E invece lo è. - continuò Legolas - Se non avessi portato con me Anìrwen, se fosse rimasta a Lothlorien... - 

- Se tuo padre non ti ci avesse portato, a Lothlorien, se tu non fossi partito con la Compagnia, se Bilbo Baggins non avesse trovato l’Unico Anello... - lo interruppe Rhiannon alzando inaspettatamente la voce.

Legolas guardò la ragazza, stupito.

- Ci sono troppi “se” nella vita di chiunque. - continuò Rhiannon - Lo sai ? Basta schioccare le dita e ti ritrovi catapultato in qualcosa che non avresti mai immaginato. Sono scherzi del destino, Legolas, e non c’è modo di impedirli perché sono del tutto imprevedibili e assurdi... -

Questa volta fu la voce di Rhiannon a tremare. La ragazza cercò di nasconderlo con un sorriso forzato.

- ...e invece un senso ce l’hanno...devono averlo. E se c’è una cosa di cui sono convinta è che alla fine lo scopriremo. -

- Vorrei poter essere d’accordo con te. - disse amaramente Legolas - Io non ho ancora trovato un senso in tutto questo, e credo che non lo troverò mai. -

- Nemmeno io l’ho ancora trovato - ribattè Rhiannon, alzandosi e avvicinandosi all’elfo - Ma ho trovato te. E mi stai aiutando a capire, anche se forse non lo sai...perché sei come me, anche se sembriamo appartenere a mondi separati. Siamo soli nonostante tutto, Legolas. E’ questo che ci unisce. -

Legolas sorrise. Lo sguardo sincero di quella strana ragazza in un certo senso lo rincuorava ; Rhiannon non aveva più nessuno, mentre lui poteva contare ancora su molti amici sinceri...ma nessuno di loro poteva comprendere del tutto quale peso portasse sulle spalle. Rhiannon poteva farlo, invece, perché lo stesso peso gravava anche su di lei.

- Qualunque senso abbia tutto questo, lo troveremo insieme. - disse l’elfo - E torneremo alla luce. -

Rhiannon annuì sorridendo, gli occhi lucidi, e lasciò che Legolas la stringesse a sé, appoggiando il viso contro il suo petto e lasciandosi avvolgere dalla luce che l’elfo aveva dentro di sé, e che, ne era certa, nulla avrebbe mai potuto offuscare.

E la ragazza fu felice, perché in quell’abbraccio trovò l’affetto e il sostegno del fratello che non avrebbe mai avuto.

Com’erano calde quelle braccia...tanto calde quanto freddo e penetrante era lo sguardo di Ithildis, che li spiava di nascosto da dietro una colonna.

Ma dietro al ghiaccio che copriva i suoi occhi come un velo bruciava un fuoco indomabile, che non desiderava altro che nutrirsi della disperazione di quella strana ragazza.

Doveva distruggerla del tutto, anche solo per quanto sapeva.

E l’avrebbe fatto, ma lentamente...e nel modo più atroce e doloroso in cui avrebbe potuto farlo...distruggendo quelle poche persone che la amavano.

Non ci avrebbe certo impiegato molto...

Silenziosa come un gatto, Ithildis tornò di corsa nella sua camera, dove aveva lasciato il suo sposo addormentato, ed entrò sbattendo la porta alle sue spalle.

Eomer si svegliò di colpo.

- Dove sei stata ? - domandò, sorpreso e preoccupato.

- La tua servetta si è consolata alla svelta, vedo...tra le braccia dell’elfo. - disse Ithildis.

Eomer la guardò senza capire, mentre Ithildis si sedeva sul letto fissandolo negli occhi.

- Cosa vuoi dire ? -

- Sai, mio adorato sposo...credo che tu sappia molte meno cose di quanto credi. -

- Per esempio ? -

- Per esempio, che io so tutto di te e quella sgualdrinella...l’ho sempre saputo. Sei stato un ingenuo a credere di potermelo nascondere. -

Eomer sospirò e tacque. Istintivamente si avvicinò ad Ithildis e le prese una mano.

- Se ti riferisci a Rhiannon, non so perché sia venuta qui. - le disse, cercando di rassicurarla - Ad ogni modo, qualsiasi cosa ci sia stata tra me e lei ora non c’è più, credimi. Forse non c’è mai stato nulla. Quello che è successo è stato solo un errore. Tu sei la mia sposa, solo questo conta ; Rhiannon se ne andrà, e tu resterai con me. Non c’è nulla che mi leghi a lei. -

- Credi ? -

La Dama Nera si alzò e fronteggiò il suo sposo, incrociando le braccia e guardandolo con atteggiamento di sfida.

- No, mio caro, forse ignori che, quando l’hai abbandonata, le hai lasciato un ricordo molto prezioso... - Si chinò verso di lui, avvicinandogli le labbra ad un orecchio. - Una figlia...ciò che io non ti posso dare l’hai avuto da una patetica serva che credeva di farsi regina. -

Eomer impallidì, incredulo. - Cosa... ? -

Il Re del Mark alzò lo sguardo e si chiese come avrebbe dovuto sentirsi. Alla fine di tutto aveva quello che desiderava tanto...ma non avrebbe mai potuto goderne. Si domandò come si sentisse Ithildis, e provò per lei un’immensa pietà.

- Sei contento ? Buon per te. Ma la questione è più seria di quanto tu immagini. -

- Io... - balbettò Eomer, incapace di ragionare.

- Perché credi che sia venuta fin qui ? Certamente non per darti questa bella notizia, altrimenti ci avrebbe certamente pensato prima. Hai visto come si guardano, lei e l’elfo ? Forse no...ma tu non li hai visti insieme...come li ho visti io. -

Eomer fissò intensamente la sua sposa negli occhi.

- Non senti vacillare il trono sotto di te, Eomer figlio di Eomund ? Non capisci che te lo porteranno via ? -

Eomer scosse il capo e capì, o almeno credette di capire. - Stai farneticando, Ithildis. - disse - Devi riposare un po’. Ti farò portare un infuso d’erbe che ti aiuterà a ritrovare la calma... -

- Io non ho bisogno di niente, Eomer - disse Ithildis con voce sicura - Ma tu avrai ben presto bisogno di un cavallo che ti porti lontano da qui. Rhiannon rivendicherà il trono di Rohan in nome di sua figlia, e il suo amante, Legolas, il Re senza terra, la aiuterà...il popolo non sarà dalla parte di un sovrano adultero, mio caro. Te en andrai, e qualcun altro sarà abbastanza furbo da insediarsi al tuo posto. -

Eomer tacque e distolse lo sguardo. Nel suo cuore sapeva benissimo che le parole di Ithildis erano pura follia, eppure il tarlo del dubbio iniziò a rodere la sua anima...

E se fosse stato veramente così ? In fin dei conti, per quali altri motivi Rhiannon avrebbe dovuto seguire Legolas fin là ? E se la notizia che la ragazza gli aveva dato una figlia si fosse diffusa, come avrebbe reagito il popolo ?

Scosse la testa. Conosceva Legolas, si fidava di lui fin dai tempi della Guerra dell’Anello. Ma molte cose erano cambiate. Doveva continuare a fidarsi ?

Ithildis si chinò nuovamente verso di lui, ponendogli una mano sui una spalla e accarezzandogli una guancia con l’altra.

- Ascolta le mie parole, Eomer - sussurrò con voce suadente - Devi liberarti di loro...ma prima devi liberarti di lui... -

 

 

 

Piccola nota : soprattutto in questi ultimi capitoli, la storia sta prendendo una decisa piega da alternate-universe, e me ne vergogno profondamente, soprattutto dal momento che ho appena finito di rileggere ISDA dopo parecchi anni...molte cose non le ricordavo affatto come sono, quindi prego i puristi di Tolkien di prendere la storia semplicemente per quello che è : il parto della mia fantasia in un mondo creato da un uomo geniale. Spero di riuscire, nei prossimi capitoli, a riportare la storia sui binari canonici. In ogni caso, confido nella vostra clemenza e nel fatto che la verdura costa cara, quindi sarebbe uno spreco enorme tirarmi dietro cesti di pomodori e cavolfiori, seppure via Internet!

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 24 ***


24

24. Il verdetto

 

 

 

Dal seggio del Moderatore, Aragorn volse gli occhi su tutti i presenti, seduti dietro a due lunghe tavole rettangolari poste una di fronte all’altra.

Alla sua destra, il fidato sovrintendente Faramir.

Alla sinistra, Eomer, figlio di Eomund, Re del Mark.

Di fronte a loro, seduto tra le due tavole, schiacciato dagli sguardi dei Rappresentanti e degli altri spettatori, soldati e cortigiani, stava Legolas, in attesa del giudizio dell’Assemblea che avrebbe deciso del suo destino e di quello del suo popolo.

Un compito ingrato, quello che spettava ad Aragorn : giudice di un tribunale che avrebbe giudicato uno dei suoi amici più fidati, e che secondo lui non aveva alcuna colpa di nulla. E ancora più ingrato doveva essere il compito dei giurati che gli erano ancora fedeli ; Gimli, Sam...lui stesso.

Perché anche Aragorn si sarebbe pronunciato quel giorno, ovviamente in suo favore.

Ma quanti altri lo avrebbero fatto ?

Il Re di Gondor continuò a guardare i volti dei partecipanti a quell’Assemblea straordinaria, fino a quando i suoi occhi grigi si posarono su un visetto curioso e spaventato, vicino al pesante portone d’ingresso, e sorrise.

Legolas aveva accettato il sostegno di Rhiannon, ma non voleva che Galien assistesse all’Assemblea. Invece il bambino non aveva voluto sentire ragioni ed era riuscito ad intrufolarsi nella grande sala luminosa, stretto alle gambe della locandiera dai capelli rossi.

- Ehi, fai vedere anche me ! - squittì Polo facendo, come al solito, capolino dalla tasca di Galien - Accidenti, ho troppe teste davanti...se una di loro mi ospitasse non sarebbe male ! -

- Guai a te se ti muovi da qui ! - rispose Galien afferrando il topolino, pronto alla fuga, per la collottola - E sta’ zitto ! Non c’è niente da vedere ! -

- State zitti tutti e due ! - sussurrò Rhiannon - Voi non dovreste nemmeno essere qui ! Queste non sono cose per bambini ! -

- E’ di mio padre che parleranno - ribattè Galien - E io ho il diritto di sapere cos’hanno intenzione di fare di lui ! -

- A me, invece, piacerebbe tanto sapere chi ti ha insegnato a parlare in questo modo... - disse Rhiannon scuotendo la testa - Avresti dovuto studiare un po’ meno e giocare un po’ di più con i tuoi coetanei ! -

- Io avrei imparato un sacco di cose se fossi stato lassù nel Bosco Atro ! - disse Polo con aria sognante.

- Al massimo avresti imparato a non farti mangiare dai ragni... - ribattè Rhiannon.

- Silenzio, adesso ! - disse Galien, terminando la discussione - Cominciano a parlare ! -

Rhiannon e Polo sospesero le ostilità nel momento in cui Aragorn prese la parola.

- Legolas Verdefoglia, alzati. - disse, cercando di nascondere l’angoscia che lo tormentava. Legolas obbedì.

 -  Sei qui per rispondere degli avvenimenti che hanno recentemente scosso le fondamenta dell’Alleanza dei Popoli Liberi…- fece una pausa, quasi vergognandosi per le parole che stava pronunciando. - I Membri Querelanti esporranno ora i provvedimenti che riterranno più opportuni e che saranno messi al voto di tutti i Rappresentanti. -

Ma, anche se stava ascoltando quelle parole, il cuore di Legolas era altrove. Mentre il suo sguardo vagava per la grande sala alla ricerca dei pochi volti che gli erano rimasti amici, incontrò gli occhi di suo figlio, colmi di preoccupazione. Sorrise, cercando di rassicurarlo, pur sentendosi lui stesso profondamente turbato; ma il timore che lo opprimeva si sciolse un poco quando vide Rhiannon.

La ragazza taceva, e, apparentemente, sul suo viso non era dipinta nessuna espressione; eppure Legolas sentì ciò che gli occhi della ragazza gli stavano comunicando in quel momento.

Sono con te, diceva, fino alla fine.

Ma quanto ancora avrebbe tardato ad arrivare, la fine?

L’elfo tornò al presente quando udì Imrahil di Dol Amroth prendere la parola.

- Non sarebbe nemmeno necessario esporre il grave pericolo a cui le nostre terre sono esposte a causa della sconsideratezza del Re del Bosco Atro. - disse - Una terribile potenza si sta risvegliando, e noi non abbiamo i mezzi per contrastarla. Riconosco che Legolas Verdefoglia è sempre stato uno dei nostri alleati più fedeli, eppure ora il Male marcia a grandi passi dalla sua Terra, e noi abbiamo tutto il diritto di fermarlo. -

- Arriva al punto, Imrahil!- ruggì Gimli - Ne abbiamo abbastanza dei tuoi inutili preamboli. -

Il Signore di Dol Amroth fulminò il Nano con lo sguardo, quindi riprese la parola.

- Vedo che hai molta fretta di fare giustizia, figlio di Gloin. - disse - Dunque, questa è la mozione proposta dai Membri Querelanti per arginare il più possibile il pericolo. Chiediamo che l’Alleanza muova guerra contro il Bosco Atro affinché ogni possibilità di azione venga soppressa; che l’usurpatore del trono sia messo immediatamente a morte ; l’interruzione immediata di qualsiasi commercio con il Reame Boscoso e il regno di Esgaroth, del quale ci occuperemo in un secondo tempo; la proibizione dell’uso della lingua elfica nelle Nazioni Libere; infine, per il popolo dell’Eryn Lasgalen …l’esilio, e la consegna di tutte le terre. -

Legolas impallidì, mentre più voci si levavano da ogni angolo della sala.

Aragorn scosse il capo.

- Il provvedimento che richiedete è molto duro… - intervenne Faramir - Siete certi di volerlo veramente? -

- E’ semplicemente ciò che è necessario. - rispose Imrahil - Il ritorno dell’Ombra non deve essere solamente impedito, deve essere fermato per sempre. Se il Male sopravvivrà, ancorché incatenato, chi ci potrà garantire che un giorno non riesca a liberarsi? No, la sua resurrezione dev’essere stroncata con ogni mezzo a nostra disposizione. -

Aragorn respirò profondamente e si apprestò a parlare, ma fu bloccato da Legolas, che gli tolse semplicemente le parole di bocca.

- Come puoi credere che, semplicemente allontanando un popolo dalle sue terre, il Male non si ripresenterà più? Sei un ingenuo, Imrahil! Il Male è in ognuno di noi, te compreso, e aspetta solo che ci riconsegnamo a lui! Se Eredhil non l’avesse accolto, avrebbe certamente trovato qualcun altro al suo posto! Ma forse ti consideri tanto forte da non cedere alle sue lusinghe… -

- Le tue parole mi spezzano il cuore, Legolas… - disse Imrahil con sarcasmo - Dimmi, il tuo popolo avrà forse una cattiva permanenza nelle Terre Imperiture, proibite a noi mortali? O trovate che la Terra di Mezzo sia tanto più accogliente? Elrond e Galadriel sarebbero felici di riavervi tra loro; in fin dei conti siete gli ultimi della loro stirpe che non abbiano ancora preso la via dei Rifugi Oscuri. -

- Le tue parole non hanno senso. - ribatté Legolas, accecato dall’ira.

- No, sei tu che non capisci…qui non c’è più nulla per voi, ma non volete arrendervi all’evidenza che le vostre terre stanno morendo e il controllo dei loro cicli vitali non è più in mano vostra. Voi non siete fatti per vivere in questo mondo; la vostra permanenza nelle terre ad Est vi consumerà nel desiderio di riportare le cose a com’erano prima che l’Unico Anello fosse distrutto. Dimmi, Legolas, cosa sareste disposti a fare pur di arrestare il tempo? Costruireste nuovi Anelli di Potere? Vi consegnereste ad un nuovo Signore Oscuro? -

Mentre il brusio si faceva sempre più forte, il cuore di Legolas batté sempre più velocemente e la voce gli morì in gola, perché sapeva che, dietro alla tracotanza di Imrahil si celava un fondo di verità. Avrebbe avuto davvero ragione un giorno, il Re di Dol Amroth? A cosa avrebbe portato il suo popolo l’eccessivo amore per la propria terra?

Poi, la voce di Imrahil si levò di nuovo sopra le altre.

- Le nostre richieste non sono affatto finite. – disse – A causa del pericolo in cui ora si trova la sua gente, e di conseguenza tutta la Terra di Mezzo, chiediamo che Legolas, Sovrano del Bosco Atro, non resti impunito; che sia quindi imprigionato e il suo potere sia delegittimato fino a quando sarà ritenuto opportuno. -

Le voci crebbero, in toni di stupore e sdegno.

- Sei un ipocrita, Imrahil! – sbottò nuovamente Gimli – Perché non dici le cose come stanno veramente? Una volta che gli ultimi Elfi avranno perso la loro guida e saranno definitivamente costretti ad andarsene, voi tutti non avrete che guadagno da ciò che verrà dal Bosco Atro! Avrete eliminato un rivale, non un colpevole! -

A Legolas la terra sembrò spalancarsi sotto i piedi. Incapace di parlare, volse lo sguardo verso Rhiannon, anche lei incredula di fronte a ciò che aveva appena udito. Galien si strinse forte alla ragazza.

- Gli faranno del male…? - sussurrò.

- No, stai tranquillo…non potranno fare nulla a tuo padre. Non fino a quando Aragorn sarà con lui… -

In quel preciso istante, il Signore di Gondor si alzò dal suo seggio, furibondo.

- Non ho intenzione di sprecare una parola su quanto ingiusta e illegittima sia la mozione che hai presentato, Imrahil - disse - Mi opporrò ad essa con ogni potere che mi è concesso, stanne certo! -

- Per ora è sufficiente che tu svolga il tuo compito, Sire. - disse Imrahil, ancora indignato per le parole di Gimli - L’Assemblea è un organismo libero di decidere, e la parzialità non è una dote degna di un moderatore. -

- Il mio compito è distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è. Mi rimetterò ai voti dell’Assemblea, ma sappi che non tollererò altre parole d’arroganza da parte tua, Imrahil. - lo zittì Aragorn. Imrahil si sedette. - Legolas, puoi prendere la parola. Cosa vuoi dire a tua discolpa? -

L’elfo sospirò e scosse la testa. – Non ho molto da dire. La mia colpevolezza deriva solo dall’aver nutrito eccessiva fiducia in mio fratello e nel non aver mai sospettato quale fosse la sua vera natura. Se dovrò pagare per la mia ingenuità, allora così sia, ma non accusate il mio popolo di essermi complice. Nei miei anni di regno non ho fatto altro che operare per il suo bene, ma il Male è sottile e può insinuarsi ovunque voglia. La protezione che noi Elfi potevamo dare alla Terra di Mezzo è svanita con la distruzione dell’Unico Anello. La punizione non mi spaventa; ho già perso tutto quello che potevo perdere. Decidete quello che volete, solo… - Tentennò, e gli si strinse il cuore. - …solo abbiate pietà per mio figlio. Lui non ha colpe. -

Detto ciò, si sedette in silenzio.

Aragorn pensò ad Arwen, che lo aspettava a  Minas Tirith. Le parole di Imrahil riguardavano anche lei; sebbene il Re sapesse che non avrebbe mai lasciato né lui né Gondor, il suo cuore era comunque legato al popolo di Legolas, gli ultimi Elfi che ancora soggiornavano nella Terra di Mezzo. E se loro fossero stati costretti ad andarsene, una parte di lei li avrebbe comunque raggiunti…

- Che la mozione sia messa ai voti. - disse infine, sospirando. - Io, Aragorn, figlio di Arathorn, Signore di Gondor, mi dichiaro contrario a quanto proposto. - Quindi, partendo dalla sua destra, interrogò tutti i presenti.

- Faramir, figlio di Denethor, Sovrintendente di Gondor. Come ti dichiari in merito? -

- Contrario. - rispose Faramir.

- Barahad, Capitano dei Dunedain, come ti dichiari in merito? -

- Favorevole. -

Piano piano toccò a tutti gli altri.

- Contrario. -

- Favorevole. -

- Favorevole. -

- Favorevole. -

- Contrario. -

- Contrario. -

- Favorevole. -

Legolas inspirò profondamente mentre osservava i volti di chi lo stava giudicando; era certo che molti ritenessero eccessivamente rigida la proposta di Imrahil, ma avrebbero comunque votato a favore di essa…che gli Elfi abbandonassero le loro terre poteva essere una situazione estremamente vantaggiosa, che la giudicassero giusta o meno. Ma sapeva che non era certamente quello lo scopo di Imrahil; conosceva il Signore di Dol Amroth dalla Guerra dell’Anello, ed era un uomo d’onore, per quanto la devozione per la sua terra fosse portata all’eccesso. Imrahil non aveva secondi fini, poteva leggerglielo nel cuore; ma gli altri…

Rhiannon stringeva forte la spalla di Galien, che non riusciva a distogliere gli occhi da suo padre.

Li avrebbero separati di nuovo e lui non avrebbe più potuto vederlo…no, non poteva andare così…non di nuovo…non ora che si erano ritrovati…

- Favorevole. -

- Contrario! -

Gimli gridò il suo voto, indignato, balzando quasi in piedi sul suo sedile.

Aragorn si concesse un sorriso, pensando all’affetto che il Nano provava per Legolas, e a quello che anche lui provava. Nessuna mozione avrebbe mai potuto distruggere quei sentimenti; avrebbero difeso Legolas fino in fondo.

Faramir interruppe i suoi pensieri.

- Mancano pochi voti, mio Signore - disse il Sovrintendente con aspetto preoccupato - E la maggioranza è in favore della mozione… -

- Lo sarà ancora per poco, Faramir. - rispose Aragorn - Tra i mancanti ci sono persone dotate di buon senso, non temere. -

Aragorn non sbagliava; gli ultimi cinque voti riavvicinarono il risultato alla parità, ma la speranza si era già allontanata dal cuore di Legolas e dei suoi compagni, sostituita dalla rassegnazione, poiché mancavano due soli voti e i favorevoli superavano i contrari di tre…

- Samvise Gamgee, sindaco di Hobbiville. Come ti dichiari in merito? -

- Io sono contrario, ma avrei qualcosa da dire. - disse lo Hobbit alzandosi. I presenti lo guardarono con aria interrogativa. - Alcuni dei Rappresentanti sono assenti, e tra loro vi sono Meriadoc Brandibuc e Peregrino Tuc della Contea. Io raccolgo le loro deleghe…e dico che per entrambi il voto è contrario! -

Voci di sorpresa per alcuni, sdegno per altri, si levarono dall’Assemblea.

Legolas chiuse gli occhi e sorrise.

- Diavolo di uno Hobbit! - esclamò Gimli - Non avrei mai immaginato che la tua accortezza potesse arrivare a tanto! - 

Rhiannon trasse un profondo sospiro di sollievo. - Ora è veramente finita, Galien. - disse, abbracciando il bambino. Ma Galien non rispose.

Qualcosa non va, si disse.

Rhiannon non si accorse di nulla, e tenne gli occhi fissi sull’ultimo dei Rappresentanti che avrebbe votato.

- Eomer, figlio di Eomund, Re del Mark, come ti dichiari in merito? - disse Aragorn, ormai certo del buon esito della situazione. Favorevoli e contrari erano in parità e il voto di Eomer avrebbe deciso; Legolas e la gente del Bosco Atro erano salvi.

Eomer non disse nulla, ma il suo pensiero era rivolto a ciò che Ithildis gli aveva detto la sera precedente.

Ti toglieranno tutto…

No, non poteva essere così. Legolas non avrebbe mai potuto farlo. E nemmeno Rhiannon.

Fai ciò che ti dico, amore mio…non avrai speranza, altrimenti. Noi non avremo speranze…

Ithildis era pazza. Come avrebbe potuto darle retta? Eomer sapeva cos’era giusto in quel momento; e non era certo ciò che gli aveva proposto la sua sposa.

Eppure…

I pazzi spesso vedono oltre le apparenze, oltre il muro che ci divide da ciò che può ucciderci…forse per questo sono pazzi…perché vedono l’orrore oltre quel muro…

Ma non poteva comunque condannare un innocente…perché Legolas e il suo popolo non avevano colpe…

Si voltò piano e incrociò lo sguardo di Ithildis.

- Fai ciò che devi. -  gli sussurrò - Fallo per noi. -

Doveva salvare il suo trono…doveva salvare Ithildis…perché era pazza, ma lui lo era ancora di più, perché la amava…

Non posso…non posso…

Riportò una mano tremante al viso.

- Come ti dichiari in merito? - ripetè Aragorn, guardando Eomer con aria dubbiosa.

Il Re di Rohan si voltò di scatto verso di lui, gli occhi febbricitanti e il cuore impazzito, ma non parlò.

Rhiannon alzò lentamente la testa e sentì il suo sangue gelarsi nelle vene.

No, pensò, non farlo…non farlo…

Eomer deglutì e chiuse gli occhi.

Il trono da un lato, i sentimenti dall’altro…o entrambi dalla stessa parte?

Che i Valar mi perdonino, si disse, ho preso la mia decisione.

- Favorevole. - disse.

 

 

Aragorn e Faramir impallidirono, mentre i vincitori esultavano.

- Chiediamo che la mozione abbia decorrenza immediata, secondo quanto dettato dalla Legge! - gridò Imrahil.

- Decorrenza immediata! - fecero eco gli altri.

Nei pensieri dei perdenti, invece, regnava la confusione.

- Silenzio! - esclamò invano Aragorn, cercando di riportare l’ordine.

- Aragorn! - gridò Gimli - Fa’ qualcosa, non permettere che lo portino via! -

Aragorn guardò il Nano con un’infinita tristezza. - Ho le mani legate, Gimli. - disse - La Legge prevede decorrenza immediata per le delibere dell’Assemblea…Legolas dovrà restare qui in attesa di una nuova Assemblea che decida del suo destino. Io non posso fare nulla, ma ti prometto che veglierò su di lui perché non gli accada niente. Farò quanto mi è possibile per aiutarlo, ma nemmeno io posso discutere la Legge. -

Nel frattempo Rhiannon lasciò Galien e si fece largo tra la folla.

- Eomer!! - gridò mentre le guardie la fermavano - Eomer! Pazzo! Perché l’hai fatto?! Perché?! -

Eomer voltò piano gli occhi verso di lei, e la ragazza non vide in essi altro che rassegnazione e pentimento.

- Perché…? - disse un’ultima volta Rhiannon prima di cedere alle lacrime.

Eomer, invece, sentiva su di sé lo sguardo di Legolas, greve come un macigno.

L’Elfo si era alzato di colpo non appena aveva udito il Re di Rohan decretare la sua condanna. La collera stava per sopraffarlo, quando udì le risa della Dama Nera alzarsi sopra le voci dei presenti.

In quell’istante, tutto gli fu chiaro.

Eomer non era un traditore…era prigioniero delle volontà della sua sposa.

- Mi dispiace, Legolas. - disse Eomer.

- A me dispiace per te, Eomer… - rispose l’Elfo.

Sospirando, Eomer fece un cenno alle guardie, che si diressero verso Legolas.

- NO! - esclamò Rhiannon - Legolas!! -

L’elfo si voltò di scatto verso il Re di Dol Amroth, mentre i soldati lo circondavano.

- Potrai prendere tutti i provvedimenti che vorrai, Imrahil - gridò - Ma non potrai impedirmi di soccorrere il mio popolo!! -

Galien non riusciva a capire quanto era accaduto.

- Adar! - gridò disperatamente mentre il sangue gli martellava nelle tempie.

Legolas udì la voce del bambino e si guardò disperatamente intorno senza riuscire a vederlo.

- Galien! - lo chiamò - Avo gaer, hên nìn!! -

Non aver paura, figlio mio…

- Adar!! -

All’improvviso, Galien si immobilizzò, sentendosi avvolgere da una strana vampata di calore, che gli si insinuò lentamente nel cuore, e una voce conosciuta risuonò nella sua mente.

E’ il momento, Galien.

- Sei tu…? -

- Galien, cosa ti succede? - disse Polo-

In quel momento Rhiannon, accortasi di aver lasciato solo il bambino, corse da lui e gli si accucciò davanti, prendendolo per le braccia.

- Galien, sono qui, non temere…Galien? -

Il piccolo non rispose e, sempre immobile, chiuse gli occhi.

- Galien! - gridò Rhiannon, impaurita, scuotendolo.

Ma quando Galien riaprì gli occhi non era più lui.

Lentamente avanzò fino al centro della sala, mentre i Rappresentanti, tacendo incuriositi da quello strano comportamento, lo seguivano con lo sguardo.

Legolas, spaventato, cercò di avvicinarsi al bambino, ma le guardie glie lo impedirono.

Ad un tratto, Galien parlò con una voce che non gli apparteneva.

- Vedo molte persone in questa stanza - disse - E tra loro c’è qualcuno che conosco. -

Rhiannon impallidì e sentì le gambe tremare.

- Non è possibile… - disse - Non è possibile…non è possibile…  -

- Qui vedo mio padre, il Re - disse, guardando Eomer - E là in fondo vedo mia madre, che non è la Regina. -

Rhiannon scoppiò in lacrime, riconoscendo quella voce e quello sguardo quando si posò su di lei.

- Roslyn… - balbettò la ragazza, incapace di muoversi.

Eomer si sentì quasi mancare, mentre Ithildis restava immobile come una statua di ghiaccio, quando gli occhi di Galien si posarono su di lei.

- Per la barba di Durin, cosa sta succedendo? - disse Gimli, ma nessuno gli prestò attenzione.

- E là, nascosta tra uomini valorosi ma ciechi, vedo la vera Regina…che per amore di mio padre mi ha spezzato il collo. -

In quello stesso istante una spirale di luce bianca abbandonò il corpo di Galien che crollò a terra. Legolas spinse via le guardie e corse da lui, prendendolo tra le braccia.

- E’ tornata.. - disse prima di perdere del tutto i sensi - E’ tornata per avere giustizia… -

Rhiannon sentì la sua vita crollarle addosso.

- Tu… - disse, voltando gli occhi verso Ithildis, nel medesimo istante in cui lo fece anche Eomer, sconvolto. Barcollando, si fece largo tra la folla verso la Dama Nera. - …hai ucciso mia figlia…HAI UCCISO MIA FIGLIA!!! -

Ithildis non si mosse e non parlò, mentre Rhiannon le si avventava contro, pazza di rabbia e dolore.

- Rhiannon, no! - esclamò Aragorn, trattenendo la ragazza.

- ASSASSINA!! - gridò Rhiannon tra le lacrime - EOMER, HAI SPOSATO UN’ASSASSINA!!! -

Ithildis volse lentamente lo sguardo verso Eomer, uno sguardo diabolicamente innocente. Eomer scosse lentamente il capo, incredulo e sgomento, incapace di dire una parola.Avrebbe voluto urlare, unirsi alla disperazione di Rhiannon perché Ithildis gli aveva mentito, e la figlia che in cuor suo avrebbe sperato di poter stringere tra le braccia era morta, uccisa dalla follia della donna che amava…

- Portala via. - mormorò ad un soldato che gli stava accanto, indicandogli Ithildis - Portala nella sua stanza e bada che non possa nuocere a nessuno…tantomeno a se stessa. -

Poi si guardò in giro, tentando invano di frenare le lacrime che gli rigavano le guance, ma non riuscì a sentire nessun rumore. Non potè sentire Legolas chiamare suo figlio svenuto, mentre gli accarezzava il viso, né Aragorn discutere animatamente con Imrahil e gli altri Rappresentanti, né le grida e i singhiozzi di Rhiannon mentre Gimli e Sam la stringevano a loro e cercavano di calmarla.

Tutto ciò che sentì fu il suo cuore che agonizzava mentre qualsiasi speranza lo abbandonava a se stesso, lasciandogli solo un immenso vuoto che nulla avrebbe più potuto colmare.

Non era finita come lui aveva invano sperato.

Non era finita affatto…

 

 

 

Capitolo un po’ troppo politico, sorry! Ad ogni modo nei prossimi capitoli ci saranno diversi sviluppi…

La faccenduola di Galien, momentaneamente posseduto dallo spirito di Roslyn è basata sulla splendida  canzone “The bonny swans” di Loreena McKennitt

 

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 25 ***


25

25. Senza tregua

 

 

Blood on the streets,

Blood flowin’ down

I hear the blood of my blood

Cryin’ from the ground

 

            Bruce Springsteen, “Empty sky”

 

 

Legolas continuava a camminare nervosamente avanti e indietro nella stanza in cui era stato relegato, sempre più confuso e inquieto. Si sentiva la testa pesante e un senso di oppressione gli soffocava il cuore; diede un rabbioso calcio al pavimento della sua lussuosa cella, poi si sedette pesantemente sul letto, pervaso da un inutile senso di rancore nei confronti della guardia che gli aveva strappato suo figlio dalle braccia e ora lo sorvegliava fuori dalla porta.

Ripensò agli avvenimenti di poco tempo prima, ma era ancora troppo stordito per riuscire a capire cosa fosse accaduto. Si portò le mani alle tempie, cercando quasi di impedire ai pensieri che lo tormentavano di fargli esplodere la testa, quando una voce famigliare che proveniva dal corridoio lo fece voltare di colpo verso la porta.

- A Elbereth Gilthoniel ! - esclamò vedendo Aragorn entrare nella stanza tenendo Galien per mano.

L’elfo corse verso suo figlio e lo sollevò da terra, in un caloroso abbraccio. Galien sorrise ma non parlò, ancora scosso da ciò che era accaduto, e Legolas, assicuratosi che stesse bene, si guardò dal tormentarlo di domande.

Poi, senza smettere di stringere il suo bambino, l’elfo volse gli occhi stanchi e angosciati verso il Signore di Gondor, che non aveva ancora detto una parola.

- Come stai? - gli domandò Aragorn.

- Meglio, ora. Almeno, credo. -

- Devi stare bene. Lui ne ha bisogno. - continuò Aragorn accennando con il capo a Galien.

Legolas inspirò profondamente e accarezzò i capelli di suo figlio, che tremava nelle sue braccia.

- Non riesco ancora a credere a ciò che è successo. A niente di ciò che è successo… -

- Nemmeno io. E’ tutto così confuso… -

Aragorn si sedette sul letto, prendendosi il viso tra le mani.

- Come sta Rhiannon? - domandò Legolas.

- Ha pianto a lungo; adesso dorme, ma il suo sonno non è affatto sereno. Gimli e Sam sono con lei… per impedirle di commettere sciocchezze. -

Legolas non disse nulla e il suo sguardo si fece cupo.

- La situazione è pessima, amico mio. - continuò Aragorn - Rhiannon rischia di impazzire per il dolore ed Eomer è incapace di dire una parola. La verità lo ha sconvolto più di quanto potessi immaginare; ha fatto sorvegliare Ithildis e si è chiuso nelle sue stanze, cercando un po’ della pace che non avrà. E, per aggiungere male al peggio, tra i Rappresentanti regna il caos, per via dello scandalo di Ithildis e del comportamento di Eomer nei tuoi confronti. -

- Roslyn… - sospirò Legolas stringendo ancora più forte Galien al suo petto - Decisamente non è stato il momento migliore per il suo breve ritorno. -

- Quella povera bambina voleva solo un po’ di giustizia, Legolas. - disse Aragorn - Per sè e per Rhiannon. Questa era la sua unica occasione per mettere sua madre e suo padre di fronte alla verità, per quanto crudele potesse essere. Era la sua unica occasione e ha dovuto coglierla. -

- La verità…quale delle mille? - intervenne Legolas - La verità su questa storia ha molte facce…troppe, forse. E sono tutte terribilmente dolorose. - L’elfo sospirò nuovamente, pensando ai poteri di suo figlio, troppo grandi perché persino lui potesse capirli, ora definitivamente messi allo scoperto.

Come se avesse letto i pensieri del padre, Galien si sciolse dolcemente dal suo abbraccio e lo guardò negli occhi.

- Non accusate Roslyn - disse - Lei è sempre stata con me, mi ha protetto da Eredhil…se non ci fosse stata lei forse io non sarei qui. Dovevo aiutarla, dovevo fare qualcosa per lei...perché nessuno l’ha mai fatto. Nessuno pensa mai ai più deboli. Ora può davvero riposare in pace. -

L’Elfo e l’Uomo tacquero per un istante.

- Sarai un buon Re, Galien. - disse Aragorn.

- Come mio padre? -

- Come tuo padre. - ripetè il Signore di Gondor, accarezzando i capelli del bambino.

Legolas sorrise, il miglior ringraziamento per il suo vecchio amico, ma quel sorriso fu rapido a spegnersi.

- E adesso? - disse - Cosa succederà adesso? -

- Non lo so, credimi. - rispose Aragorn - Non riesco nemmeno ad immaginarlo. Ma prima che accada qualche altra diavoleria troverò il modo per toglierti da questa situazione. Fidati di me, Legolas. -

Legolas sorrise di nuovo.

- La fiducia in te è tutto quello che mi resta, Elessar. In te, in Rhiannon e tutti gli altri…fiducia e speranza. Nient’altro. - 

 

Rhiannon si girava e si rigirava nel letto, attorcigliandosi le coperte attorno al corpo sottile, scosso dai brividi, mentre gli occhi vigili di Gimli e Sam vegliavano su di lei.

- Non credo che stia dormendo. - sussurrò lo Hobbit, preoccupato.

- Io credo di sì, invece. - rispose Gimli - Le erbe che le hanno somministrato avrebbero addormentato un olifante. Ma non mi preoccupa tanto che stia dormendo o meno: mi preoccupa quello che accadrà quando si sveglierà. -

Sam rabbrividì. - Non sarà più la stessa. -

- No, Sam. Non sarà più la stessa. -

- Povera Rhiannon…- squittì Polo che, spaventato dalla confusione, si era rifugiato in tasca allo Hobbit - Anche se non siamo mai riusciti ad andare d’accordo, mi ci stavo quasi affezionando, sapete? Non era cattiva…non meritava tutto questo. -

- No, non lo meritava affatto. - disse Gimli - Nessuno meriterebbe una cosa del genere. - 

La ragazza si girò per l’ennesima volta tra le coperte, borbottando delle parole incomprensibili.

- Secondo voi sta sognando? - continuò Polo.

- Non fare domande idiote. - sbottò lo Hobbit - Certo che sta sognando. E non credo sia un bel sogno. -

Difatti Rhiannon sognava. Sognava la risata stridula di Ithildis che sovrastava lo schiocco delle fragili vertebre di Roslyn, e il terribile momento in cui lei aveva trovato la bambina accanto al melo, inconsapevole di quanto orribile fosse la verità. Quanta sofferenza, quanta paura doveva aver provato prima di morire, il suo piccolo tesoro…e Rhiannon non era con lei, a proteggerla. Non era con lei, nell’unico momento in cui avrebbe dovuto esserci.

Non c’era.

Era questa la verità che, balenando nella mente della ragazza, la fece alzare di scatto sul letto urlando.

- Per la barba di Durin, Rhiannon!! - esclamò Gimli afferrandole la mano - Va tutto bene? -

La ragazza guardò il Nano e lo Hobbit, ansimando. No, non andava tutto bene. Niente andava bene, niente. A partire da lei.

- Cosa ci fate qui? - disse con voce gelida.

- Volevamo solo… -

- Fuori. -

- Cosa…? -

- Ho detto fuori! -

- Ma … -

- Non sono stata abbastanza chiara? Uscite di qui!! -

Gimli scosse la testa. - Vogliamo solo aiutarti, Rhiannon! Non sei in grado di… -

- Di fare cosa? Di accettare la verità che mi è stata sbattuta in faccia? Di sopportare il lurido cumulo di miseria e orrore che me l’ha tenuta nascosta fino ad ora? E’ questo che non sono in grado di fare? -

Gimli e Sam si scambiarono uno sguardo incredulo, senza sapere cosa dire né cosa fare.

- Posso sopportarla benissimo, se è questo che vi preoccupa. Ho sopportato il peggio da sola per tutti questi anni, posso farlo ancora. Non ho bisogno delle vostre spalle per piangere, non ho bisogno di voi né di nessun altro. E adesso, ripeto, FUORI!! -

Sam sospirò, buio in viso. - D’accordo, se è questo che vuoi. -

- E’ questo che voglio. -

- Sam, Polo, andiamo. - disse Gimli dirigendosi verso la porta. Poi si voltò verso Rhiannon. – Di sicuro avrai bisogno di stare da sola, e ne hai tutto il diritto. Ma non credere di poter restare da sola per sempre. Ad ogni modo, quando cambierai idea, basta che ci chiami. -

Rhiannon restò seduta sul bordo del letto, gli occhi fissi sul muro, mentre la porta si chiudeva piano alle spalle dei suoi amici.

La solitudine non la spaventava più, ormai. Ciò che la terrorizzava era l’idea di affrontare il terribile abisso che si trovava dentro di lei…

La sua mano strinse la coperta, tanto forte da farle sbiancare le nocche.

Roslyn era stata uccisa dalla moglie di suo padre…ci sarebbe stata una giustizia per lei? No, a questo avrebbe dovuto pensare Rhiannon.

Non ho più nulla da perdere, ormai, si disse. E della mia vita non mi importa nulla…

Si alzò di scatto dal letto e, con le mani tremanti per la collera e il dolore, iniziò a frugare tra le poche cose che aveva con sé.

Lungo la strada per Edoras, Aragorn le aveva donato un pugnale dalla lama sottile con l’impugnatura in avorio…un’arma poco appariscente ma letale all’occorrenza. Quella lama avrebbe bevuto il sangue di Ithildis, lo giurò sulla sua testa. Non sapeva come, ma avrebbe certamente trovato un modo.

- Dove l’ho messo, maledizione?! - esclamò la ragazza ribaltando il suo bagaglio sul pavimento.

- Cercavi questo, forse? -

Rhiannon si immobilizzò, sentendosi puntata alla gola la fredda lama di un pugnale…il suo pugnale.

Ed era Ithildis brandirlo.

- Ti avevo avvertito. - disse la Dama Nera costringendo la fanciulla ad alzarsi - Nessuno può permettersi di sfidarmi sul mio terreno e vincere.  -

Rhiannon si guardò disperatamente intorno, troppo spaventata da quell’improvvisa apparizione per reagire.

- Non gridare - disse Ithildis - Abbrevieresti solo la tua fine, e io non voglio che sia troppo rapida. Ora vieni con me. -

Ciò detto, afferrò Rhiannon per un braccio e la trascinò verso la parete accanto al letto, sulla quale si apriva il passaggio segreto attraverso il quale la Dama Nera era silenziosamente entrata.

 

 

- Legolas, svegliati. -

L’elfo aprì lentamente gli occhi, la vista ancora appannata dal sonno, e si trovò davanti il volto preoccupato di Aragorn.

- Aragorn…cosa…? - disse, spaventato da quella visita inattesa.

Aragorn scosse la testa senza parlare, e volse lo sguardo verso il Re di Rohan, in piedi alle sue spalle, il volto pallido e teso. Legolas lo guardò senza capire.

Eomer fece un passo verso di lui. – Devi venire con noi. – disse – Subito. –

- E’ successo qualcosa a Galien? – disse Legolas.

- No, tuo figlio sta bene. – rispose Aragorn – Ho incaricato delle persone fidate di vegliare su di lui.  Ma… -

Eomer inspirò profondamente e chiuse gli occhi, cercando di non apparire più terrorizzato di quanto già non fosse, ma un lieve tremore nella sua voce lo tradì.

- Ithildis è scomparsa - rispose - E nemmeno Rhiannon è nella sua stanza. -

 

 

- Quando ve ne siete accorti? – domandò Legolas seguendo Eomer e Aragorn lungo i corridoi del palazzo.

- Poco fa. - rispose Eomer - Avevo bisogno di parlare con mia moglie, ma quando ho aperto la porta della sua stanza l’ho trovata vuota. Eppure la guardia mi ha assicurato che era chiusa a chiave, e che nessuno è entrato né è uscito… -

- E Rhiannon? -

- Sono corso da lei appena ho scoperto la fuga di Ithildis. E quando ho visto che nemmeno lei era nella sua stanza... -

Eomer si fermò davanti  all’elfo e lo guardò negli occhi.

- E’ successo qualcosa, Legolas, lo sento. Ma sento anche che possiamo impedire l’irreparabile…e l’unica persona che possa aiutarmi sei tu. -

- Vorrei farlo con tutto il cuore, ma non vedo come… -

- Il tuo udito, la tua vista…i sensi di un elfo sono molto più acuti di quelli di un uomo. - intervenne Aragorn - E anche il tuo cuore può avvertire cose di cui noi non ci rendiamo conto. Ithildis e Rhiannon non possono essere lontane; abbiamo sguinzagliato le guardie per tutto il palazzo…ma se la loro esperienza dovesse fallire…solo il tuo istinto potrebbe farcela. Lascia che il tuo legame con Rhiannon ti porti da loro. - 

L’elfo guardò il suo vecchio amico, perplesso.

- Legolas… - disse all’improvviso Eomer - Trovale, ti prego. Trovale prima che sia tardi. -

- Ammesso che non lo sia già. - rispose Legolas.

 

 

Nell’oscurità del tunnel in cui Ithildis l’aveva fatta introdurre, Rhiannon incespicò e cadde a terra, le gambe deboli e tremanti, sbattendo una guancia contro il pavimento in nuda roccia. Nella sua bocca sentì il sapore del sangue, troppo simile a quello della paura che stava prendendo il sopravvento su di lei.

La Dama Nera la afferrò bruscamente per un braccio, stringendola tanto da farle male, e la costrinse a rialzarsi.

- Non farmi perdere tempo. - disse - La strada è ancora lunga. -

Rhiannon non rispose e si rimise in cammino, sotto la minaccia del suo stesso pugnale.

 

 

- E’ impossibile che siano scomparse nel nulla… -

Legolas si mosse lentamente nella stanza di Ithildis, che fino al suo arrivo era rimasta sbarrata e sorvegliata da due guardie.

- Ma è altrettanto impossibile che sia uscita da qui senza che nessuno l’abbia vista! - ribattè Eomer - Le guardie non si sono mosse e non hanno sentito né visto nulla di sospetto… -

Legolas si guardò intorno per un momento, quindi si diresse deciso verso la finestra e guardò fuori, appoggiando una mano sul pesante infisso in legno scuro.

- No, non da lì. - disse Aragorn intuendo il pensiero dell’elfo - E’ chiusa dall’interno. -

Legolas non parve ascoltarlo e tornò al centro della stanza, dove rimase immobile, come in ascolto. Poi, lentamente, si riavvicinò alla parete e lasciò scorrere una mano sul muro, percorrendo in questo modo il perimetro della camera.

- Eomer, ci sono passaggi nascosti che collegano le varie ali del palazzo? – domandò.

- Non credo proprio. Anche se non lo appare, Meduseld è un inestricabile labirinto di corridoi. Un passaggio segreto non avrebbe nessuna utilità, qui dentro…ad ogni modo è un’ipotesi che anch’io avevo preso in considerazione, ma le pareti sono ben salde… -

Ad un tratto, Legolas volse di scatto la testa verso Eomer.

- Sento freddo. - disse.

- Può darsi, il vento è molto forte… -

- Non si tratta del vento. -

Legolas corse verso il grande specchio e fece scorrere il palmo della sua mano intorno alla cornice intarsiata, fino a quando le sue dita indugiarono su un fregio ovale piuttosto profondo. Poi inspirò profondamente e premette l’intarsio con decisione.

- Grande Ilùvatar! - esclamò Aragorn quando vide lo specchio ruotare attorno ad un perno e scoprire un cunicolo che, dopo pochi gradini, si approfondiva nella solida roccia entro al quale erano state gettate le fondamenta del Palazzo d’Oro.

Senza indugiare, Legolas si tuffò nello stretto passaggio e scomparve nell’oscurità.

Aragorn seguì l’elfo incitando Eomer a fare lo stesso.

- Legolas, dove sei? – gridò nel buio.

- Qui…-

Ben presto i due uomini trovarono l’elfo fermo ad un intricato crocicchio di corridoi nei quali il cunicolo di partenza si sfioccava.

- E’ uscita da qui - disse Eomer - E’ sempre uscita da qui, quando si allontanava dal palazzo, la notte…ma dov’è andata? -

- A prendere Rhiannon – disse Aragorn - Il passaggio porta sicuramente anche nella sua stanza. Ma ora il problema è un altro: dove l’ha portata? -

Legolas si guardò intorno, e i suoi occhi luminosi risplendettero nell’oscurità mentre i suoi sensi erano all’erta, alla disperata ricerca di qualsiasi segno che lo potesse condurre dalla ragazza.

Poi, ad un tratto, tese le orecchie e fece un passo avanti.

- Stanno scendendo. - disse.

 

 

- Dove vuoi portarmi? – disse Rhiannon con un filo di voce, strascicando i piedi per la stanchezza ma senza fermarsi.

- Sei così impaziente di saperlo? Tra poco lo vedrai con i tuoi occhi. – rispose la Dama Nera.

Le due donne camminarono ancora per qualche minuto, quando una luce fioca illuminò debolmente il freddo cunicolo.

- Puoi ritenerti fortunata. – disse Ithildis – Sei una delle uniche due persone che conoscono l’esistenza di questo passaggio segreto. L’altra, ovviamente, sono io. -

Rhiannon non disse nulla.

- Pensa, fu fatto costruire secoli fa da Eorl il Giovane in persona, il primo Re del Mark…doveva servire a favorire la fuga della famiglia reale in caso di necessità, ma non ce ne fu mai bisogno. Inutile dire che la sua esistenza fu dimenticata da tutti fino a quando io non ne scoprii il progetto nella biblioteca del Palazzo d’Oro…i libri sono un’ottima compagnia quando devi rimanere isolata dal resto del mondo. Ci si possono scoprire cose davvero interessanti. -

- E’ questa la strada che hai preso quando sei andata ad uccidere Roslyn, vero? – disse Rhiannon disgustata.

Ithildis sogghignò. – No, non questa. Per di qui si va in un’altra direzione. Ma ora lo vedrai da te…siamo arrivate. –

La luce si fece un poco più intensa, abbastanza per illuminare la fine del passaggio che si allargava in un’enorme grotta dalla volta altissima, sorretta da alte e possenti colonne dalla forma irregolare, scolpite nella pietra, mentre il pavimento era attraversato da uno stretto e limpidissimo corso d’acqua. Qua e là giacevano armi e pezzi d’armatura arrugginiti di foggia diversa, ormai dimenticati da anni. L’illuminazione era fornita da poche torce attaccate alle pareti.

Rhiannon sarebbe stata sbalordita da quel posto, se solo non fosse stata terrorizzata.

- Ci fu una grande battaglia, qui – disse Ithildis – E una grande vittoria, anche se furono in molti a morire. Questo luogo resistette a malapena, e ora il tempo e l’oblio stanno solo portando a termine ciò che la guerra aveva iniziato anni fa. -

Si voltò verso Rhiannon, che la guardò senza capire.

- Ovviamente non sai di cosa sto parlando, vero? Ma certo…sei solo una povera piccola ignorante che non è mai uscita dalla sua catapecchia, come potresti saperlo? -

Ithildis sorrise con cattiveria e allargò le braccia.

- Benvenuta al Fosso di Helm, Rhiannon! -

 

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 26 ***


26

26. Nel baratro della follia

 

 

 

…Will you walk with me out on the wire

‘cause baby I’m just a scared and lonely rider…

 

                                                 Bruce Springsteen, “Born to run”

 

 

- Sì, Rhiannon. Questo è il Fosso di Helm. - disse Ithildis ruotando su se stessa, le braccia alzate - Non senti l’odore della morte che aleggia qui dentro? Non vedi i corpi dei soldati di Rohan e dell’Ovestfalda cadere sotto i colpi degli Uruk-hai, prima di massacrarli a loro volta? Non senti le loro grida disperate, mentre nei loro occhi si dipinge il terrore di vedere scorrere il loro sangue? -

La ragazza scosse il capo, rabbrividendo, mentre la Dama Nera interrompeva la sua danza vorticosa e alzava il capo verso il soffitto di nuda roccia.

- Ma forse solo io sono in grado di sentirlo… - disse - Del resto, tutti dicono che sono pazza. Ma comunque conosco cose che voi sani di mente non potreste mai immaginare…ma ora non parliamo di questo. Vieni, Rhiannon. Sono sicura che tu tieni molto a visitare questa fortezza. -

- Voglio solo sapere perché. - rispose Rhiannon senza muoversi.

- Perché…cosa? -

- Perché l’hai uccisa. -

Ithildis fissò la ragazza negli occhi e le sorrise con odio. - Hai anche il coraggio di chiedermelo? - disse - Pensavo che tu fossi abbastanza intelligente per arrivarci da sola. -

- La mia bambina non aveva fatto niente… - disse Rhiannon con gli occhi colmi di lacrime di rabbia e paura - Se la tua collera era così terribile dovevi uccidere me, non lei…se davvero volevi trovare un colpevole… -

- Un colpevole? - la interruppe Ithildis - Non c’è un solo colpevole, in questa storia. Tutti sono colpevoli, nessuno è innocente. Avrei dovuto uccidere Eomer per primo, ma come avrei potuto? Non sarebbe stata una vendetta abbastanza dolce…e poi io…io amavo il mio sposo… -

- Anche lui ti ama, non l’hai ancora capito? Eomer ha scelto te e abbandonato me…sei stata tu a vincere. -

Ithildis voltò le spalle a Rhiannon, senza ascoltare una sola parola. - Quando Eomer è rientrato da quel viaggio al nord, ho capito che qualcosa era cambiato…glie lo leggevo negli occhi. Mentre prima mi guardava con la stessa tenerezza con cui una madre guarda il suo bambino, ora lo faceva come se io fossi un peso da scaricare...io ero la sua catena, Rhiannon. Non poteva correre da te perché io lo tenevo legato a me… -

La Dama strinse forte il pugnale, e, girandosi di scatto, lo brandì contro Rhiannon. - Ogni giorno lo osservavo mentre guardava lontano, fuori dalla finestra, oltre le montagne…cercava te, Rhiannon, ma non ti vedeva. E invece io potevo farlo, dentro di me potevo vederti, la volgare sguattera che aveva rubato il cuore al Signore del Mark. Ti vedevo, Rhiannon…per anni ho letto nella tua mente, ho visto come trascorrevi le tue giornate e ho rimpianto di non poter essere al tuo posto…perché se fossi stata al tuo posto, Eomer sarebbe corso da me… -

- Potevi…vedermi? - disse Rhiannon - Eomer ha ragione. Sei completamente folle. -

- Vero? - confermò Ithildis senza la minima reazione - E’ stata la mia follia a rendermi lucida…a permettermi di vedere più lontano di quanto potessero fare i miei occhi. A gettarmi in faccia una squallida realtà in cui io avrei fatto tutto per guadagnare l’amore di Eomer, tutto…tranne ciò che lui voleva veramente…e che era l’unica cosa che non potevo concedergli. Un figlio, Rhiannon…un brandello della mia carne e della sua. Te ne rendi conto, Rhiannon? Io ero la Regina…e non ero in grado di assolvere il compito di una qualsiasi popolana. Ma allora, se io non potevo…nessuna avrebbe più potuto. -

Il tono della sua voce fece rabbrividire Rhiannon per il terrore. Le orecchie le ronzavano e la testa le girava vorticosamente.

- Sai come mi chiamano, non è vero? Sai che mi chiamano la Dama Nera, perché non sono altro che un’ombra di morte per chi mi sta accanto. Ma non sono solo morte…sono anche vendetta. Vendetta contro tutti coloro che mi hanno strappato un pezzo della mia vita, confinandomi nella pazzia. Ho giurato che avrebbero pagato, e stanno pagando, credo che te ne sia accorta. La prima è stata Roslyn, per il solo torto di esistere. Ho costretto un servo dirmi tutto e a portarmi in quel miserabile villaggio, e quando ho visto il tuo adorabile mostriciattolo…beh, non è stato difficile capire. E decidere. Sai, gli assomigliava davvero molto.  -

- Maledetta… -

- Poi c’eri tu…tu che ti sei arrogata il mio posto nella vita di Eomer. Strappandomi lui, mi avevi strappato tutto. Dovevi provare esattamente quello che avevo provato io, dovevo distruggerti a poco a poco, demolire il tuo mondo, con tutte le persone che ti erano vicine…e penso di esserci riuscita, non credi? -

- E ora sei convinta di sentirti meglio? - disse Rhiannon reprimendo un conato di vomito.

- Io sì - rispose Ithildis - Ma tu no. Anzi, tra breve non sentirai più nulla…per sempre. -

La Dama Nera afferrò Rhiannon, terrorizzata, per un braccio, e la spinse davanti a sè. - Andiamo. Ti porterò a visitare il Trombatorrione. Faremo suonare un’ultima volta il corno di Helm Mandimartello…per annunciare la tua morte. -

Rhiannon sgranò gli occhi e cercò invano di divincolarsi dalla presa di Ithildis.

- Cosa c’è, non vuoi sentire il suono del corno di Helm? - disse Ithildis, conducendo la ragazza lungo una stretta scala tortuosa - E’ semplicemente meraviglioso…io l’ho udito, sai? Ho udito il suo richiamo di morte per gli orchi di Saruman, anche se quel giorno non ero presente. Risuona ogni notte nella mia mente, e ho tento desiderato di poterlo ascoltare davvero, un giorno…è così potente che scuote le viscere della terra e tutte le creature che vi si nascondono fuggono terrorizzate… - Si voltò a guardare negli occhi Rhiannon. - Il che significa anche che nessuno ti potrà sentire, quando urlerai. -

 

 

Il percorso che portava dai sotterranei del Fosso di Helm al Trombatorrione era breve, ma a Rhiannon parve infinito. Con il sangue che le pulsava nelle tempie, incapace di reagire in qualsiasi modo, sentiva i passi di Ithildis, che la seguiva, rapidi e leggeri, come se avessero già percorso quella via migliaia di volte. Tenendosi in piedi a fatica, chiuse gli occhi quando vide la tenue luce lunare illuminare la terrazza del Trombatorrione, l’aria immobile della sera che le portava via il respiro. Con un stretta morsa allo stomaco, pensò alle persone che avrebbe raggiunto tra breve: Roslyn, Potter, i suoi genitori…

Finalmente avrò pace, pensò, ma allora perché ho così paura?Nessuno si preoccuperà per me…

O forse no.

Galien, Legolas…

Lei significava qualcosa per loro. L’abbraccio di Legolas, le lacrime di Galien. Non poteva lasciarli.

Non poteva permettere che quella donna li separasse ancora per colpa sua.

Non poteva permettere che li distruggesse.

- Ci siamo.  - disse Ithildis costringendo la ragazza a sporgersi dalle mura, verso il fossato - Saluterai il mondo imparando a volare, Rhiannon. -

Improvvisamente la nebbia che avvolgeva i pensieri di Rhiannon si diradò.

- NO! - gridò, e con tutte le sue forze spinse Ithildis a terra, correndo di nuovo verso le scale.

Ma la Dama Nera si rialzò rapidamente e inseguì la ragazza.

- Scappa pure! - gridò - Non avrai altro che una fine più lenta! -

Rhiannon non la ascoltò, ma continuò a correre nell’oscurità fino a quando una mano la afferrò per i capelli. La ragazza lanciò un grido, subito soffocato dal contatto di una lama con la sua gola.

- Mi hai decisamente stancato. Non ho più voglia di giocare con te. - disse Ithildis - Facciamola finita qui, subito. -

Rhiannon chiuse di nuovo gli occhi, aspettando il colpo di grazia. Che non venne, perché una voce famigliare risuonò nelle sue orecchie e in quelle della Dama Nera.

- Ithildis! Dove sei? Rispondi!! -

- Eomer… - sibilò la donna, mentre il panico si accendeva suo volto.

- Siamo qui!! - gridò Rhiannon, cogliendo l’occasione - Aiuto! -

 - Resisti, Rhiannon! Stiamo arrivando! - esclamò un’altra voce lontana, la voce di Legolas.

Improvvisamente, Ithildis sorrise, un sorriso folle e insano, mentre nei suoi occhi di tenebra si accendeva la luce della disperazione. - Bene, molto bene - disse, spingendo di nuovo Rhiannon verso il Trombatorrione - Ora vedremo. Ora vedremo chi vincerà di noi due. -

 

 

- Sei sicuro che siano andate da questa parte? - domandò Eomer, il cuore in gola mentre, insieme ad Aragorn, seguiva Legolas che correva come il vento nel buio.

L’elfo non rispose a quella domanda, troppo concentrato nel seguire quel filo di voce che solo lui riusciva a sentire, l’unico suono che si era imposto di percepire oltre al battito del suo cuore che era diventato incontrollabile. Nel silenzio spezzato dai rapidi passi dei tre, Legolas seguiva la voce delle due donne, i sussurri sibilanti di Ithildis e le parole disperate di Rhiannon, seguiva il loro cammino, la loro paura…

- Sono vicine, lo sento. - disse infine, mentre saliva verso la pallida luce che si trovava in fondo alla lunga scala che conduceva sulla cima del Trombatorrione.

Aragorn si guardò rapidamente alle spalle, mentre si lasciava indietro la fredda e umida grotta, e con essa i suoi terribili ricordi; la pioggia, i tuoni, i mostruosi ruggiti degli Uruk-hai, l’angoscia e il terrore di venire spazzati via in un soffio…e infine la speranza che si era riaccesa nel suo cuore all’arrivo di Gandalf e degli Ucorni. Dopo l’ultima, terribile battaglia su campi del Pelennor aveva giurato che quel sangue sarebbe stato l’ultimo ad essere versato; ma avrebbe potuto mantenere quel giuramento?

Giunsero sulla cima del Trombatorrione senza nemmeno accorgersene. Eomer si guardò in giro, ma non riusciva più a vedere; la pallida luce che filtrava per le scale sembrava scomparsa e la luna tentava invano di farsi strada tra le nubi che sovrastavano i monti e soffocavano le stelle.

- Ithildis…- chiamò, con voce tremante.

- Sono qui. -

I tre amici impallidirono quando videro la Dama Nera, vicino ai merli della torre, stringere Rhiannon per un braccio e puntarle il lungo pugnale alla gola.

- Vieni avanti, Eomer. - continuò la donna - Hai portato degli amici? Falli avvicinare, non riesco a vedere i loro volti. -

- Sai benissimo chi siamo - disse Legolas facendo un passo verso di lei - E sai anche perché siamo qui. Lasciala andare, Ithildis. -

La donna sorrise con crudeltà. - Lei?  E perché mai? -

- Ithildis - disse Eomer - Ti prego, non fare sciocchezze. Lascia andare la ragazza e vieni da me. -

- La ragazza… - Ithildis rise. - Perché ora non la chiami per nome, mio caro? O vuoi dire che non la conosci affatto? -

Eomer tacque.

- Sai, Eomer, credevo che tu mi amassi…e invece in tutti questi anni non hai fatto altro che raccontarmi bugie. -

- Non è vero, Ithildis. Non ti ho mai mentito. - Ma Ithildis non lo ascoltò.

- Eri la mia luce, Eomer…e ora è tutto buio. Mi hai sepolto mentre ero ancora viva, amore mio…sei stato tu ad uccidermi, giorno dopo giorno. Avevi paura di me? - Avvicinò lentamente la punta del pugnale alla gola di Rhiannon.

- Ti prego… - mugolò la ragazza.

- Ma non sono ancora morta, Eomer…forse ora ce la farò a prendermi la mia vendetta, l’unica cosa che è riuscita a tenermi in vita. Scegli, Eomer: o me o lei. Ma sappi che quando uscirai da qui una di noi due sarà morta. -

Eomer trasse un profondo respiro e richiamò a sé tutta la sua lucidità.

- Se uccidi Rhiannon non avrai più nessun motivo per vivere, Ithildis. Se la vendetta era la tua unica ragione di vita, una volta che l’avrai ottenuta non ti resterà più nulla. E allora sarai morta veramente. Vuoi morire, Ithildis? -

La Dama Nera non riuscì a rispondere.

- Vuoi davvero lasciarmi, amore? -

Ithildis spalancò gli enormi occhi neri, lucidi di pazzia, e una lacrima le rigò la guancia.

- Amore… - sussurrò - Dove c’era l’amore non c’è più niente. -

- Non è vero, Ithildis - continuò Eomer avanzando lentamente, le braccia tese verso di lei - Lasciala andare e permettimi di asciugare le tue lacrime… -

- Non avvicinarti!! - gridò la Dama tirando indietro la testa di Rhiannon e facendola sporgere oltre le mura - Non avvicinarti o la getto dal Trombatorrione, Eomer!! -

In quel momento, Legolas lanciò un rapido sguardo d’intesa ad Aragorn, e, senza farsi notare, strisciò accanto ai merli della torre, riparato dalla loro ombra.

- Le mie lacrime sono solo pioggia per tutte le menzogne che mi hai raccontato… - continuò Ithildis, la mente ormai definitivamente annebbiata - Per tutto il dolore, per tutta la vergogna…io ci ho provato, Eomer…ho provato…ma nessuno è venuto da me…nessuno… -

- Ithildis… -

- E così siamo alla fine, Eomer…sarà quel che sarà. Dì pure addio…dì pure che non ho provato…- continuò a farneticare Ithildis mentre Legolas era ormai a pochi passi da loro.

- Vieni da me, Ithildis. -

La donna scosse la testa. - Ora è tardi…tieniti le tue lacrime e riprenditi le menzogne, il dolore e la vergogna…è ora di affrontare la fine…da sola. -

Con uno sforzo inatteso e sovrumano, afferrò Rhiannon per la vita e la scaraventò dalle mura.

- NO!!! - urlò Eomer mentre Aragorn si precipitava verso la donna.

Rhiannon gridò mentre sentiva il vuoto sotto i suoi piedi e pregò che la morte la prendesse rapidamente. Ma, invece della morte, fu Legolas ad afferrarla per una mano e ad impedirle di sfracellarsi nel fossato sottostante.

- Non lasciarmi!! - singhiozzò la ragazza, resasi conto della situazione - Per il cielo, non lasciarmi!! -

- Non ci penso nemmeno! - rispose Legolas stringendo i denti e cercando di tirare Rhiannon verso di sé. Ma non ce l’avrebbe mai fatta se Aragorn non fosse corso in loro aiuto.

- Tenete duro! - esclamò - Rhiannon, dammi l’altra mano! -

Nel frattempo, Eomer e Ithildis si fronteggiarono a breve distanza l’uno dall’altra.

- Vieni, Ithildis... -

- E’ tardi - disse lei, stringendo ancora il pugnale nella mano tremante.

- No, non è tardi - disse Eomer cercando di nascondere la sua paura e tendendo sempre di più  le mani verso la sua sposa  - Non è successo nulla. Ti riporterò a casa e tutto tornerà come prima, te lo prometto. -

- Non posso tornare, Eomer… -

L’uomo si avvicinò ancora di più, e la sua mano sfiorò quella di Ithildis.

- Perché non puoi? -

- Perché mi sono persa - rispose la donna, con una voce da bambina - Mi sono persa…e non potrò mai più tornare a casa… -

- Ti aiuterò a trovare la strada - disse piano Eomer, sfilandole il pugnale di mano.

- Non la vedo più... - disse Ithildis lasciando che il suo sposo la abbracciasse, e guardando nel vuoto oltre le sue spalle - E’ tutto buio…non riesco a tornare indietro… -

- Non temere…rivedrai la luce molto presto… - sussurrò Eomer, piangendo, mentre le conficcava il pugnale nella schiena.

Rhiannon, appena tratta in salvo da Aragorn e Legolas, gridò con tutto il fiato che aveva in gola.

- Per Elbereth, Eomer!! - esclamò Legolas, inorridito da quell’azione.

Ithildis spalancò gli occhi e si sottrasse lentamente dalle braccia del suo sposo, mentre un rivolo di sangue le colava dalla bocca, e lo fissò incredula.

- Mi dispiace, amore mio… - disse Eomer accarezzandole il viso - Ma l’ho fatto solo per te… -

La donna non rispose e crollò a terra senza un lamento.

Aragorn, Legolas e Rhiannon si avvicinarono piano ad Eomer, che si era chinato a chiudere gli occhi senza vita della sua sposa.

- Perché…? - disse Aragorn, ancora sconvolto, mentre Rhiannon piangeva tra le braccia di Legolas - Perché l’hai fatto? -

Eomer rialzò lentamente lo sguardo verso i tre e sorrise amaramente, gli occhi ancora umidi di pianto.

- Perché era l’unico modo per salvarla - rispose.

Rhiannon si sciolse dall’abbraccio di Legolas e si chinò verso Eomer, e quando guardò nei suoi occhi, e vide in essi l’amore, il terribile, disperato amore che quell’uomo provava per Ithildis, capì che stava dicendo addio anche a lei.

L’uomo distolse rapidamente lo sguardo dalla ragazza.

- Scappa, Legolas. - disse.

- Come…? -

- Salvati. Vattene da qui, finchè sei in tempo. Nessun altro innocente dovrà pagare per colpe che non ha, d’ora in poi. Prendi tuo figlio e scappa. -

- Eomer… -

- Ti sto offrendo la salvezza che meriti, Legolas. Tu non dovevi essere condannato per niente. Mi assumerò la responsabilità di quello che accadrà, è ora che lo faccia; non temo l’Assemblea. Torna indietro e trova l’uscita dietro le mura orientali; sono le più sguarnite. Nessuno si accorgerà della tua fuga. Ma ora vai, presto! -

Legolas guardò prima Rhiannon, il capo chino a terra, come se non avesse sentito nulla, poi Aragorn, che gli sorrideva, speranzoso.

- Vai! - lo incitò.

Legolas era ancora confuso, l’unica cosa che riuscì a capire era che non aveva tempo da perdere.

- Abbiate cura di lei - disse ai due uomini indicando Rhiannon, che non si era minimamente mossa.

- Non temere - rispose Aragorn.

 Detto questo corse via, ma il suo cuore era ancora gonfio di rammarico.

 

 

 

 

La stanza di Galien non doveva essere lontana. Sapeva che si trovava accanto a quella di Rhiannon, e che non avrebbe faticato molto a trovarla. Ma mentre correva nel buio, i sensi all’erta per capire dove si trovasse suo figlio al minimo segno che gli venisse offerto, Legolas non riusciva a smettere di pensare.

Pensava a Rhiannon, che stava abbandonando nel momento in cui forse aveva più bisogno di lui, mentre Eomer si stava sacrificando per concedergli la salvezza. Ma Rhiannon non era affatto sola..Aragorn, Gimli e Sam erano con lei…mentre Eomer se la sarebbe certamente cavata con i rimproveri dell’Assemblea per non essere riuscito ad impedire la fuga di Legolas…

Ma ciò che tormentava di più l’elfo era il pensiero di Galien.

Tutto quello che lui doveva fare, ora, era recarsi a Dol Guldur e regolare i conti con suo fratello; ma era giusto che portasse Galien con lui?

Era giusto che esponesse di nuovo suo figlio ad un pericolo mortale?

Se fosse successo qualcosa al bambino sarebbe stato tutto inutile, tanto valeva che morisse anche lui...

No, aveva deciso: avrebbe salutato Galien un’ultima volta, ma non l’avrebbe portato con sé.

Non ci volle molto perché Legolas riuscisse a trovare il passaggio che conduceva nella stanza di suo figlio; riusciva perfino a sentire il suo respiro e a distinguerlo da quello degli altri cortigiani addormentati.

Si chinò piano sul bimbo che dormiva serenamente e gli accarezzò piano i capelli.

- Addio, figlio mio. - sussurrò - La tua vita vale mille volte la mia. Devo andare, ma non smetterò di pensarti un solo istante. -

All’improvviso, il piccolo elfo spalancò gli occhi, facendo sobbalzare il padre dalla sorpresa.

- Dove devi andare, Padre? - domandò, con voce assonnata.

Legolas si sentì preso alla sprovvista, ma decise di dire tuta la verità a suo figlio.

- Torno indietro, Galien, a casa. Ma non potrò portarti con me. Devo affrontare Eredhil da solo. -

Galien si drizzò a sedere, gli occhioni spalancati.

- Ma…avevi promesso… -

- Non posso, Galien. - disse Legolas con un nodo alla gola, prendendo delicatamente il figlio per le spalle - Non posso. Se mi succedesse qualcosa,che ne sarà di te? -

- Me la caverò - disse il bambino saltando giù dal letto - L’ho già fatto. -

- E…se succedesse qualcosa a te…che ne sarà di me? -

Galien non rispose e fissò negli occhi suo padre.

- Devi salvarti, piccolo mio…non lasciare che il sacrificio di tua madre sia stato vano…e che non lo sia nemmeno il mio… -

- Tu non vuoi lasciarmi qui. -

Legolas rimase sbigottito dall’affermazione netta di Galien.

- Lo sento nel tuo cuore. Hai paura, ma vorresti che io venissi con te. -

Legolas sospirò. Il Dono…una maledizione…

- E anch’io voglio venire con te. Qualsiasi cosa succeda, la affronteremo assieme. Io non avrò paura di nulla, se sarai con me. Ma se io rimanessi qui, mi sentirei solo per sempre… -

- Galien… -

L’elfo abbracciò suo figlio e lo strinse a sé, sospirando profondamente.

- Andiamo. - disse infine, conducendolo verso il passaggio segreto.

 

 

 

Quando padre e figlio uscirono dalle mura orientali, coperti dal buio della notte, videro alcune sagome  stagliarsi contro il cielo scuro.

Legolas dovette sforzare parecchio la sua vista elfica per riconoscere in esse Aragorn, completamente ammantato di nero, che teneva per le redini due cavalli, uno dei quali era Arod. Dopo essersi guardato attorno con circospezione, prese in braccio Galien e corse verso l’amico.

-Tutti dormono. Nessuno si accorgerà della loro sparizione prima di domattina, quando sarete già lontani. - disse l’uomo alludendo ai due destrieri.

Legolas sorrise e mise Galien in sella ad Arod.

- Non correre rischi inutili, Estel - disse - Un solo cavallo sarà sufficiente per entrambi. -

- Chi ti dice che sarete solo in due? -rispose Aragorn.

In quel momento, dall’oscurità avanzò un’altra figura avvolta in un lungo mantello. A stento Legolas trattenne un’esclamazione di sorpresa quando la riconobbe.

- Rhiannon! - intervenne Galien.

Legolas era esterrefatto . - Sei impazzita? - esclamò - Sai dove stiamo andando? -

- Non me ne importa un accidente. Se viene lui, posso venire anch’io. - replicò duramente la ragazza, alludendo a Galien.

- Ho cercato di farle cambiare idea, ma non è servito a niente… - disse Aragorn.

Legolas sospirò. - Ma…perché? Qui sei al sicuro, e mi sembra che tu abbia già avuto abbastanza guai per cercarne altri! -

Rhiannon lo fissò negli occhi. - Non resterò qui, Legolas. - disse - Non resterò qui a guardare Eomer mentre si consuma per la donna che amava e che l’ha distrutto. Qui non c’è posto per me, non ce n’è mai stato. Voglio tornare a casa, Legolas; se nemmeno tu mi vuoi con te, almeno accompagnami fino ad Aldorath, così potrò morire nella mia terra. -

- Stai soffrendo terribilmente, non è vero? - disse Legolas con dolcezza.

Rhiannon non rispose, ma i suoi occhi erano lucidi quando lo guardò.

- Allora vieni con noi. Correremo nel vuoto, ma almeno avremo qualcuno con cui dividere la paura e il coraggio. -

Quelle parole furono sufficienti a far tornare un fugace sorriso sulle labbra della ragazza, che balzò in sella senza esitazione.

- Sono pronta a dividere qualsiasi cosa con voi! - esclamò - Qualsiasi cosa! -

Galien sorrise, il cuore traboccante di felicità, e così fece anche Legolas.

Poi l’elfo si voltò verso Aragorn.

- Dille di tacere, altrimenti vi scopriranno ancora prima che partiate! - disse il Re di Gondor.

Legolas guardò l’amico negli occhi e lo strinse in un forte abbraccio.

- Non ho paura. - disse.

- Lo so. - rispose Aragorn.

- Abbi cura di te e degli altri. -

- Lo farò, non temere. -

- E grazie di tutto. -

Quindi Legolas sospirò e si sciolse dall’abbraccio dell’amico, montando in sella.

- Namàrië, mellon hìn… - disse, spronando Arod e scomparendo nell’oscurità, seguito da Rhiannon.

- Non è un addio - rispose Aragorn, alzando una mano - Ci rivedremo presto, lo sento! Che Elbereth vi protegga, amici miei…sempre… -

 

 

Radagast, ormai al termine del suo lungo viaggio, fermò il suo cavallo mentre scendeva il fianco della collina, vedendo passare al galoppo i due destrieri che portavano tre cavalieri nella piana sottostante.

Sorrise, mentre il tordo, il suo piccolo messaggero piumato, si appollaiava sulla sua spalla.

- Corri, Legolas…corri verso la tua terra. I Valar ti proteggeranno, e sono certo che avrai grande aiuto da chi ti accompagna, chiunque sia… -

Detto ciò spronò il suo cavallo e ripartì al galoppo verso la sua destinazione.

 

 

I guardiani del Palazzo d’Oro si meravigliarono nel vedere quello strano vecchio dalle vesti marroni bussare allo porte di Meduseld ad un’ora così tarda, tuttavia, memori della saggezza di Gandalf, e che quel vecchio sembrava portare dentro di sé, lo lasciarono entrare e lo condussero al cospetto di Eomer.

Il Re del Mark era nella sua stanza, seduto accanto alla finestra in silenzio, e Aragorn era con lui.

- Radagast! - esclamò il Signore di Gondor, stupefatto, andando incontro allo stregone - Finalmente! Come ci hai trovato? -

- Me l’hanno detto il vento e gli uccelli, i miei migliori messaggeri. - rispose Radagast, dando una fugace occhiata all’affranto Eomer - Ma ora ascoltatemi. Sento che è successo qualcosa di molto grave, qui dentro, ma qualcosa di peggio è già avvenuto non lontano da qui. -

- Cosa vuoi dire? -

- Il Secondo è stato liberato. - rispose Radagast - Ora dobbiamo davvero sbrigarci. -

 

 

 

 

 

 

Sicuramente ve ne sarete accorti…comunque parte delle folli parole che Ithildis dice a Eomer vengono dalla bellissima “Gollum’s song” dalla colonna sonora di “Le due torri”, pezzo che ho tenuto come sottofondo. Come sempre, lode a Howard Shore!

 

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 27 ***


27

27. Minaccia ad est

 

 

Mio fratello è debole, lo sento. Perché mi hai impedito di andare da lui?

Eredhil sorrise mentre la voce di Armagh risuonava cupa nella sua mente.

- La missione che gli ho affidato non gli richiederà un grande sforzo. E poi tu mi servi qui a tener a bada l’esercito. – rispose.

L’elfo si avvicinò ad una stretta finestra, l’unica che permettesse ad un pallido raggio di luce di illuminare la grande sala che aveva fatto costruire nella sua nuova fortezza. La luce del giorno lo infastidiva, lo indeboliva…lo rendeva consapevole della sua fragilità, della debolezza che cercava invano di nascondere. Anche se non poteva rendersene conto, Eredhil stava morendo, l’odio che l’aveva travolto come un fiume in piena lo stava consumando così come si stavano consumando le torce appese alle pareti, mentre il sole non poteva essere consumato né fermato dalle spesse mura di pietra.

Se almeno tu avessi aspettato, Fermanagh avrebbe potuto nutrirsi, diventare più forte. La prigionia l’ha indebolito e il contatto tra le nostre menti potrebbe non funzionare a dovere…

- Funzionerà, funzionerà. A Minas Tirith non esiste nessuno in grado di fermarlo né di percepire la sua natura. Non avrà alcuna difficoltà a prendere possesso del corpo della mente della persona più insospettabile, né a trovare ciò che cerco. Dopodiché, nulla ci potrà più fermare. –

Sei certo che si trovi ancora là?

- Non del tutto. Secondo le cronache andò perduto durante il rogo di Denethor II, al termine della Guerra dell’Anello. Ma nella mia ricerca ho trovato fonti attendibili secondo cui fu salvato e messo al sicuro nella Torre di Echtelion. Ed è lì che attende… - Il sorriso di Eredhil si allargò mentre guardava nel vuoto che lo circondava. – Il Palantìr di Minas Tirith…l’ultima rimasta delle perdute Pietre Veggenti dopo che Gandalf si fu impadronito di quella di Orthanc. –

L’elfo si incamminò lentamente verso un blocco di marmo che si trovava al centro della sala. Era lo stesso sul quale aveva trovato la corona di Morgoth, e che si trovava ancora là, una sola delle tre punte vuota, in attesa dall’ultima gemma che avrebbe finalmente liberato il suo antico padrone. Eredhil accarezzò piano l’ultima punta.

- Non sarà necessario che lo porti qui. Fermanagh guarderà nel Palantìr e vedrà il Silmaril. Tu raccoglierai i suoi pensieri e li convoglierai a me. In questo modo avremo più tempo per trovare la gemma. –

Lui non ce la farà. E’ forte, ma non abbastanza intelligente. Avresti dovuto mandare me al suo posto…

Eredhil scoppiò a ridere.

- Sei geloso di tuo fratello, Armagh? Hai paura che quando sarà tornato a Dol Guldur io gli ceda il tuo posto e tu non ti possa più nutrire come fai ora? E’ così, Armagh? Hai paura di lui? –

Una forte scossa attraversò la mente dell’elfo, che a stento trattenne un grido di dolore.

Io temo mio fratello molto meno di quanto tu tema il tuo. Bada, Eredhil, senza di me tu non saresti più nulla. Potrei liberarmi di te in un attimo...

- …ma non lo farai. – lo interruppe Eredhil stringendo i denti – Io vi ho liberati, ricordalo. E’ solo grazie a me che hai recuperato i tuoi poteri. Ciò che vi chiedo non è molto in confronto a ciò che mi dovete. –

La Lingua e il Braccio non hanno creditori, rispose Armagh. Ricordati di quello che ti dico: ti ho creato dal nulla, e nel nulla ti posso ricacciare. E ti garantisco che per te o chiunque altro avrà intenzione di ostacolarm, sarà atrocemente doloroso pronunciare il mio nome e quello di mio fratello.

 

 

 

- Fermanagh… - disse Aragorn – Sei proprio certo che fosse lui? –

Il Re di Gondor cavalcava insieme ai compagni di sempre e la loro scorta, in parte composta da alcuni Rohirrim che Eomer aveva messo a loro disposizione, alla volta di Minas Tirith. Con loro si trovava anche il piccolo Polo, piuttosto risentito dall’improvvisa partenza di Galien, del quale stava diventando un buon amico, e si teneva in disparte, ben protetto dal freddo nel taschino del panciotto di Sam.

- Ne sono assolutamente sicuro Aragorn. – rispose Radagast – Anche se è debole è lo stesso estremamente potente. Dobbiamo fermarlo prima che recuperi del tutto le sue forze. –

- Non mi spaventa tanto dover combattere contro quel demone, quanto il fatto che si stia dirigendo verso Gondor. Mi aspettavo che Eredhil lo liberasse da un momento all’altro sin dal maledetto istante in cui ha messo le mani sul Silmaril, e ora che la mia terra è in pericolo… -

Radagast si voltò di scatto verso Aragorn, negli occhi un lampo di curiosità e stupore forse fuori luogo in quel momento. – Dunque hai visto il Silmaril? – disse – Ci sono troppe cose che la nostra frettolosa partenza ti ha impedito di raccontare. Com’era? –

- Una pietra come tante, solo molto più luminosa. Ma non tanto quanto mi sarei aspettato dopo aver sentito i racconti degli Elfi. –

Radagast scosse il capo. – Un tempo la sua luce ti avrebbe accecato. Oltre alla luce degli alberi dei Valar, essa era anche una manifestazione della  potenza delle creature che imprigionavano. Ma il loro splendore ha cominciato ad attenuarsi con la liberazione di Armagh, e ora che anche Fermanagh ha abbandonato la sua prigione sarà veramente un’impresa per noi distinguere il terzo Silmaril da una pietra qualsiasi. –

- Ammesso che quel maledetto demone non lo trovi prima – disse Gimli – E non sto parlando solo di Fermanagh. E’ ovvio che Eredhil l’ha sguinzagliato perché cercasse la pietra per lui; se Fermanagh si è diretto a Gondor, forse… -

- Non è detto, mio buon Nano, non è detto. – lo interruppe Radagast – Non credo che il Silmaril si trovi tanto ad Est. Penso piuttosto che Eredhil, nella sua mente contorta, abbia deciso di servirsi di Fermanagh per altri scopi. –

Aragorn non disse nulla ma si voltò istintivamente indietro verso Faramir, che non aveva ancora aperto bocca. Notando lo sguardo turbato del suo Sovrintendente, rallentò il passo e gli si affiancò.

- Comprendo quanto tu sia preoccupato, Faramir – disse – perché lo sono anch’io, credimi. Ma… -

- So cosa stai per dire, mio Signore – lo interruppe Faramir – Il Male ha già minacciato il nostro popolo da vicino una volta, ma non è riuscito a toccarlo. E non ci riuscirà nemmeno stavolta, ne sono certo; eppure in fondo al mio cuore sento che ciò che ci minaccia è estremamente più subdolo delle forze che assediarono Gondor durante la Guerra dell’Anello. Più subdolo e pericoloso. –

Faramir alzò di scatto la testa e fissò Aragorn negli occhi. Il Re non poté reprimere un brivido accorgendosi dell’inquietudine che in essi si celava.

- Temo che ci renderemo conto di chi è il nostro nemico solo quando ce lo troveremo di fronte, mio Signore. E allora potrebbe essere troppo tardi... –

 

 

 

Il sole stava tramontando su Minas Tirith, tingendo d’oro la bianca torre di Echtelion.

Arwen Undòmiel, Dama di Gondor, era appena rientrata in città dopo la consueta cavalcata in compagnia di Eowyn, la Bianca Dama di Rohan, e teneva rivolti a terra gli occhi velati di malinconia.

- Sei taciturna oggi, mia Signora – disse Eowyn dissellando il suo cavallo – Eppure le giornate si stanno facendo più lunghe e assolate. L’arrivo della primavera non allieta il tuo cuore? –

- Il mio cuore è lontano da qui. – rispose Arwen sospirando.

- Capisco – disse Eowyn – Sire Aragorn manca da diversi giorni… -

- …e la brezza della primavera, che ho mandato a chiamarlo, torna muta e carica d’angoscia. Tempi cupi stanno tornando, Eowyn…lo sento. – Accortasi del turbamento che stava velando il viso della donna, sorrise. - Ma dimmi, tu non senti la mancanza di Faramir? A volte mi rammarico quasi che la sua devozione ad Elessar lo tenga lontano da te. –

- Faramir morirebbe piuttosto che tradire la fiducia del suo Signore, ne sono certa. E non solo la sua. – rispose Eowyn arrossendo – Non temo la sua lontananza, perché so che ovunque vada tornerà da me. –

Arwen sorrise nuovamente e posò una mano sulla spalla di Eowyn mentre rientravano nel grande palazzo. – Un tempo non avrei mai creduto che questa sarebbe stata la mia vita . – continuò Eowyn camminando per i lunghi corridoi – Il Palazzo d’Oro mi era stretto, mi soffocava, tutto ciò che desideravo era la libertà, era vivere una vita di cui fossi padrona, e l’unico modo in cui potevo realizzare il mio desiderio era sognare di galoppare per le praterie di Rohan brandendo una spada e mettendo in fuga terribili nemici venuti dall’Est. Credevo che solo quella potesse essere la felicità per me, ma ora capisco che non lo era. Ora ho trovato la vera felicità, la vera libertà, e non le cambierei con una vita da guerriera. La mia vita è qui, accanto a Faramir. Io… -

Fu un istante. Eowyn non fece in tempo ad accorgersi del lampo grigio che le aveva colpito la schiena e che stava diffondendo la sua essenza malefica in ogni parte del suo corpo.

La fanciulla barcollò e chiuse gli occhi.

- Eowyn! – esclamò Arwen, spaventata, sorreggendola per un braccio – Eowyn, cosa ti succede? –

La Bianca Dama si portò una mano agli occhi. – Sì…tutto…bene… - farfugliò – Devo tornare…tornare… -

- Sarà meglio che ti accompagni nella tua stanza. – disse Arwen – Chiederò a Ioreth di prepararti una bevanda che… -

- No! – rispose Eowyn sottraendosi di colpo dalla presa di Arwen che la fissò, stupefatta – Conosco la strada…devo andare… -

- Come preferisci – disse Arwen, preoccupata, osservando la Dama di Rohan allontanarsi lungo il corridoio.

Trovalo…trovalo… continuò a borbottare tra sé e sé Eowyn mentre Fermanagh guidava i suoi passi verso la torre di Echtelion.

Sapeva benissimo cosa cercare, e ora sapeva anche dove cercarlo.

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 28 ***


28

28. La porta proibita

 

 

Eowyn salì le scale della torre più veloce che poté. La testa le girava vorticosamente, le sue gambe si muovevano da sole, governate dalla terribile forza che Fermanagh donava loro. Ma la sua mente non era morta, era solamente prigioniera del suo corpo e si sforzava invano di lottare per uscire, mentre il demone d’acciaio aveva preso il suo posto.

Quante volte aveva percorso quella scala, per arrivare in cima alla torre e rimanere, anche per pomeriggi interi, fino a quando non scorgeva Faramir e la sua Compagnia comparire all’orizzonte, prima punti scuri sulla terra bruciata, poi figure sempre più distinte, e quindi scendeva, sempre di corsa, per poter essere la prima ad aprire le porte della Cittadella e dare il benvenuto al suo sposo.

Ma ora non era il momento di restare ad osservare; non avrebbe potuto farlo, nemmeno se lo avesse voluto. Doveva aprire la porta proibita, cosa che nessuno, ad eccezione del Re, poteva fare. Nessuno avrebbe potuto comunque farlo, dato che la chiave della robusta serratura che la chiudeva era stata gettata nel fiume Isen da Re Aragorn in persona.

Eowyn non sapeva cosa si trovasse dietro quella porta, ma aveva sempre rispettato il divieto che era stato imposto senza nemmeno domandarsi il perché di quel divieto.

Ma era ormai giunto il momento di infrangerlo, benché non lo volesse.

Con espressione sofferente, la Bianca Dama pose una mano sulla pesante porta di legno che si trovava sul lato opposto della piccola terrazza; quindi, dalla sua stessa mano, scaturì un violento lampo metallico che sbriciolò le grate d’acciaio che la sostenevano, e la porta si aprì da sola, cigolando lievemente.

La stanza era completamente buia, ma al centro di essa Eowyn riuscì a distinguere un lieve bagliore rossastro scaturire da una forma sferica, appoggiata su un pilastro di pietra.

- Finalmente…finalmente!! – esclamò la fanciulla con una voce che non poteva controllare.

Tremando, pose piano una mano sul Palantìr, concentrandosi su di esso; un fulmine attraversò il suo corpo e la sua mente, e all’improvviso seppe cose di cui mai avrebbe immaginato l’esistenza, vide un turbinio di immagini sfuocate, orrori senza nome dibattersi in oscuri meandri che non erano altro che le menti di coloro che avevano osato guardare dentro la pietra nera e che in essa erano rimaste intrappolate.

Poi, quando il dolore fu scomparso e le immagini si furono fatte più chiare, Eowyn seppe.

E anche Fermanagh, e Eredhil che lo controllava da Dol Guldur, seppero dove si trovava il terzo Silmaril. La visione era stata chiara, questa volta. Molto, molto più chiara.

 

A miglia e miglia di distanza, Eredhil esplose in una folle e incontrollabile risata, la stessa che riecheggiò nella torre, facendo scuotere violentemente il corpo di Eowyn, che, con gli occhi spalancati e febbricitanti allargò le braccia stringendo i pugni, esultante in un tripudio di malvagità.

- Chi avrebbe mai detto che fosse così semplice… - disse l’elfo – Troppo semplice! E’ come se il Silmaril fosse già mio! E’ già mio!! –

 

- E’ già mio!! – gridò Eowyn, contorcendosi dal dolore che il contatto con la mente perversa di Eredhil e lo spirito di Fermanagh le provocava.

- Eowyn! Cosa…cosa stai facendo qui?! –

La Bianca Dama si voltò; Arwen era immobile dinnanzi alla porta, e il suo sguardo sconvolto si spostò lentamente dal Palantìr al volto di Eowyn, deformato dalla malvagità del demone.

-  Nessuno ha il permesso di aprire questa porta, tranne il Re!! Sai cos’hai fatto, Eowyn? Lo sai?! -

- Certo che lo so, mia Signora – rispose la voce metallica di Fermanagh – So benissimo quello che sto facendo…ma tu…tu non sai cos’hai fatto, venendo qui!! -

Improvvisamente Eowyn sollevò una mano e da essa scaturì un lampo grigio che avvolse il corpo di Arwen prima ancora che lei potesse accorgersene. Senza emettere un suono, la Signora di Gondor crollò a terra svenuta.

Con un ghigno demoniaco dipinto sul viso, Eowyn si chinò su di lei e le avvicinò una mano alla gola; ma prima che le sue dita si stringessero su di essa, un gran trambusto catturò la sua attenzione. Si diresse verso la terrazza e, guardando in basso, vide un gruppo di soldati dirigersi verso il Cancello, attraverso cui stava facendo il suo ingresso una piccola compagnia di cavalieri piuttosto eterogenea, in testa alla quale si trovavano il Sovrintendente e il Re. Scesi da cavallo, i due uomini si guardarono intorno, come per cercare qualcuno che non vedevano.

- Hai scelto il momento sbagliato per tornare, Elessar… - sibilò Eowyn con disappunto – Adesso dovrò perdere del tempo prezioso per liberarmi anche di te… -

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 29 ***


                        29. Sempre più vicino

 

 

…if there’s one guy, just one guy

who’d lay down his life for you and die

it’s hard to say it, I hate to say it

but it’s probably me…

 

            (Sting, “It’s probably me”)

 

 

Legolas fermò il cavallo, mentre la notte cominciava a calare sui confini meridionali del Bosco Atro. Avevano cavalcato senza quasi fermarsi per un giorno intero, ed ora la stanchezza cominciava  veramente a farsi sentire.

- Per tutti i Valar, non mi sento più le gambe… - disse Rhiannon rimettendo, finalmente, i piedi per terra.

L’elfo si accostò l’indice alle labbra, zittendola; poi si mise in ascolto. La ragazza non si mosse fino a quando l’elfo, espirando profondamente come per rilasciare tutta la tensione che aveva accumulato, non le ebbe fatto segno di avvicinarsi; quindi Legolas prese tra le braccia Galien, che dormiva profondamente accoccolato contro il suo petto, e lo mise in quelle di Rhiannon, che lo cullò dolcemente accarezzandogli i capelli.

- Credi che siamo al sicuro, qui? – domandò la ragazza mentre Legolas legava i cavalli al tronco di un albero.

- Non saremo mai al sicuro, vicini a Dol Guldur. – rispose – Ma non abbiamo altri posti in cui andare. Forse la foresta ci proteggerà, ma dobbiamo stare molto attenti. –

- Vuoi dell’acqua? – disse Rhiannon dopo aver fatto sdraiare Galien sull’erba.

- Ti ringrazio. – Legolas prese la fiasca che la ragazza gli porgeva e si rovesciò parte del suo contenuto in gola e parte sul viso per sciacquare via la stanchezza. – Aldorath non dovrebbe essere molto distante, ma non possiamo continuare a cavalcare. Dobbiamo riprendere un po’ di forze, non sappiamo ancora cosa ci aspetta. -

Rhiannon si massaggiò una spalla, prese del pane dalla sua borsa da sella.

- Non mangi nulla? –

- Non ne ho bisogno. Non ora,almeno. –

- Storie – disse Rhiannon addentando il pane – Tutti hanno bisogno di mangiare. O forse voi elfi vivete d’aria? –

Legolas sorrise e guardò il suo bambino. – Galien ne avrebbe bisogno – disse – Ma non me la sento di svegliarlo. E’ distrutto... –

- Anche tu lo sei – disse Rhiannon guardandolo negli occhi – E lo sono anch’io, a dire la verità. Ma non tanto per il viaggio…direi che questa cavalcata è stata una bazzecola confronto a quello che è successo in questi ultimi giorni. –

- O in questi ultimi anni… -

- O in questi ultimi anni. – Rhiannon abbassò lo sguardo e sospirò. – Quando…quando credi che finirà? -

Legolas le pose una mano leggera sulla spalla e Rhiannon si sentì subito rincuorata da quel tocco.

- Presto, Rhiannon. In un modo o nell’altro finirà molto presto, vedrai. -

Un fruscio improvviso fece sussultare l’elfo.

- Che hai sentito? – disse Rhiannon, allarmata.

- Stai vicina a Galien – disse Legolas alzandosi di scatto e afferrando il pugnale.

L’elfo mosse qualche passo in direzione di una macchia d’alberi, fissando nell’oscurità. Rhiannon si avvicinò a Galien e lo prese tra le braccia.

Ci hanno trovato, continuava a ripetere tra sé e sé, il cuore in gola, gli occhi sbarrati fissi sull’elfo che scompariva lentamente dalla sua vista.

Non lasciarci soli…ti prego, non lasciarci soli…

Ad un tratto, Legolas alzò di scatto la testa e si immobilizzò.

- Heruamin!! – esclamò, gettandosi di lato. Rhiannon gridò, mentre qualcosa di grosso e nero precipitava dalle fronde dell’albero e si schiantava a terra, immobile.

- Adar!! – esclamò Galien svegliandosi di colpo – Mani…?

Legolas non parve prestare attenzione alle grida della ragazza e del bambino; si alzò e, con cautela, si avvicinò alla forma contorta che giaceva sull’erba.

- Elbereth Gilthoniel … - disse a denti stretti, rivoltando la figura con un calcio.

- Per il cielo, Legolas! Cos’è successo?! – esclamò Rhiannon correndo verso l’elfo con Galien in braccio.

- Non avvicinatevi! – gridò Legolas, ma inutilmente. Rhiannon soffocò un’esclamazione di disgusto e paura, stringendo il viso di Galien al petto, in modo che il bambino non vedesse quella carcassa informe.

- Per Ilùvatar…cos’è? –

- Cos’era, vorrai dire. – rispose Legolas scoprendo il volto del cadavere che si trovava ai loro piedi – Posso anche dirti chi era, se preferisci. –

L’elfo si portò una mano alla fronte e bisbigliò una breve preghiera elfica.

Rhiannon, sconvolta, non riusciva a staccare gli occhi da quel corpo sfigurato; i tratti del viso erano deformati in un orribile ghigno, entrambe le orecchie tagliate, gli arti mutilati.

- Elearion? – disse ad un tratto Galien, senza voltarsi.

- Sì – disse Legolas guardando il bambino, ormai incapace di stupirsi per il suo potere – Il Secondo Capitano dei miei cavalieri. –

Rhiannon tremava, coprendosi la bocca con una mano quasi per impedire a se stessa di gridare.

- Di nuovo. Come a Lothlorien… - disse – Ma…chi può aver fatto una cosa del genere? –

- Non ne ho la minima idea e non voglio nemmeno saperlo, ora. –

- E’ vicino, sempre più vicino…ci troverà, ne sono sicura! Come ha ucciso tutti loro ucciderà anche noi!! – Rhiannon era sconvolta. – Ti prego, andiamocene… -

- Dove? – sussurrò Legolas, spostando gli occhi qua e là per la boscaglia – Chiunque sia, non potremo sfuggirgli a lungo. Tutti questi cadaveri sono avvertimenti…tutto sta a vedere per chi. –

L’elfo, seguito da Rhiannon, tornò verso i cavalli e li sciolse, sussurrando qualche parola elfica nelle loro orecchie. Poi prese Galien dalle braccia di Rhiannon, lo avvolse nel suo mantello e lo fece sdraiare sull’erba, in mezzo ai cavalli. Le bestie rivolsero un placido sguardo al bambino , nuovamente addormentato, e ricominciarono a brucare l’erba, senza muoversi da quel piccolo accampamento improvvisato.

- Chiunque sia, non ci faremo trovare impreparati. – disse Legolas porgendo a Rhiannon la sua spada – Se vuole noi, dovrà venire a prenderci, e ti assicuro che non saremo prede facili. –

La ragazza, ancora spaventata, si sentì un po’ rincuorata da quelle parole, e si sdraiò contro il tronco di un albero, sperando di non addormentarsi, mentre Legolas ammucchiava alcuni rami per accendere un piccolo fuoco.

- Sei impazzito?! – esclamò Rhiannon – Così ci troverà di certo! –

- E’ esattamente quello che voglio. – disse Legolas – Così gli risparmieremo la fatica di venirci a cercare. E a noi risparmieremo quella di scappare; si combatte male, in fuga. –

- Tu sei pazzo… -

- Può darsi, lo devo essere per forza se ti ho permesso di seguirmi. Ad ogni modo, fidati di me. –

Rhiannon sospirò e chiuse gli occhi, piombando, pur senza volerlo, in un sonno profondo.

 

 

Quando il fuoco fu del tutto spento, nel bosco scese un profondo silenzio. Il passerotto che guardava le tre figure addormentate si alzò in volo dal ramo e sorvolò per un attimo la sagoma nera, immobile, acquattata dietro l’albero su cui era posato. Anche quell’ombra osservava i tre viandanti, e lo stava facendo da un pezzo. Forse era il momento di uscire allo scoperto; la brace era spenta, le ceneri, ormai fredde, avevano appena smesso di fumare. L’oscurità era totale, a malapena riusciva a distinguere le sue stesse mani.

Fiutò l’aria immobile, alzando un poco la testa, e decise di avvicinarsi ancora un po’. Sapeva che non era prudente, gli elfi erano pronti a tutto, ed era dell’elfo che non si fidava, ma voleva, doveva vedere quella donna. Ne aveva bisogno, un disperato bisogno...

Non potevano essersi accorti di lui; li stava seguendo da quando si erano inoltrati nella foresta, tenendosi bene alla larga in modo da non farsi scoprire, ma avevano trovato i suoi “avvertimenti”…ora sicuramente sarebbero stati molto più in guardia.

Non ci sarebbe voluto molto, comunque.

Lo sconosciuto si alzò e uscì silenziosamente dal suo nascondiglio. La mano che stringeva il pugnale gli tremava, non sapeva perché, ma questa volta aveva paura.

E aveva ragione ad averne perché, dopo pochi passi, si sentì piombare addosso qualcosa di molto pesante che lo fece cadere in avanti.

Rhiannon si svegliò di colpo, lanciando un grido. Legolas si sedette sulla schiena dello sconosciuto, afferrandogli la gola con una mano e puntandogli il pugnale alla nuca con l’altro, ma questi lo colpì al costato con una gomitata e lo fece cadere a terra, avventandosi poi su di lui. Ma l’elfo fu più veloce e rotolò su un fianco, lasciando il suo aggressore con un pugno di mosche.

- Gli elfi vedono perfettamente al buio, non lo sai? – disse poi Legolas rialzandosi di scatto e colpendo con un calcio il volto dello sconosciuto, disarmandolo e lasciandolo dolorante a terra. Quindi gli strappò il cappuccio e lo bloccò tenendogli un piede sul petto.

- Tutto a posto, Rhiannon! – disse – Vediamo un po’ la faccia di questo sterminatore di elfi! -

- Cosa…? – bofonchiò lo straniero, cercando di coprirsi con le braccia il volto tumefatto.

Rhiannon raggiunse di corsa Legolas, mentre Galien si svegliava.

- No…aspettate… - disse il bambino, ancora intorpidito.

Preso dalla disperazione, lo sconosciuto cercò di divincolarsi, ma Legolas lo sbatté ancora più violentemente al suolo. Poi lo prese per i capelli e lo fece rialzare con un forte strattone.

- Voglio essere clemente; ti darò il tempo di dirmi il tuo nome e raccomandare la tua anima a Mandos o chi per lui, prima di tagliarti la gola. – disse Legolas.

Con le poche forze che gli rimanevano, lo straniero sputò a terra con rabbia.

- Crepa, maledetto elfo. –

- Per Ilùvatar…!– esclamò Rhiannon, vedendo il viso dell’uomo.

- Volentieri. Tu mi precederai, però. – disse Legolas, premendo la lama del pugnale contro la gola del suo aggressore.

- Per l’amor del cielo, Legolas! Lascialo! –

L’elfo e l’uomo si voltarono, entrambi sorpresi, verso la ragazza.

- No…ti prego, non guardarmi… - disse lo sconosciuto.

- Legolas! Ti prego!! -

- Rhiannon, si può sapere cosa ti prende?! – disse l’elfo, senza però allentare la presa.

La ragazza lo afferrò per un braccio, sconvolta, senza staccare gli occhi dal volto dell’uomo.

- Lascialo andare!! E’ Val!! –

 

 

- Non mi aspettavo di certo un benvenuto, ma fino a questo punto... – disse Val, sciacquandosi la bocca con un po’ d’acqua che Rhiannon, furibonda, gli aveva passato.

Legolas si asciugò il sudore dalla fronte. – Diciamo che non hai fatto molto per meritarti una buona accoglienza. Oltretutto non ti avevo nemmeno riconosciuto. –

- Non avresti nemmeno potuto farlo. – rispose Valerius, sorridendo amaramente. Un lieve tremolio nella voce rivelava che l’uomo era ancora spaventato. L’uomo…sì, perché il giovane Val sembrava improvvisamente invecchiato. – Ci siamo visti per la prima ed ultima volta in una circostanza piuttosto spiacevole. Credo che allora tu avessi in mente ben altro che far caso alla mia faccia… E poi anch’io sono parecchio cambiato da allora, anche se non è passato molto tempo. Ad ogni modo, hai fatto solo quello che avresti dovuto fare allora. Credo di essermelo meritato. –

- Sei fortunato che ultimamente le cose abbiano cominciato a girare per il verso giusto, altrimenti non so davvero cosa ti avrei fatto; ma bada a non fare un solo movimento di troppo, perché ora so anche troppo bene cosa fare. – disse Legolas.

Val rivolse uno sguardo a Rhiannon, che lo fissava tenendosi in disparte.

- Vuoi dirmi anche tu quanto mi odi? -

Rhiannon tacque.

Val sospirò. – Potrei avere ancora un po’ d’acqua? –

Rhiannon gli gettò un’altra borraccia. – Strozzatici. – disse.

- Sei crudele – disse Val.

- Cosa vuoi che ti dica? Che sono felice di vederti? – ribattè la ragazza. Val scosse la testa. – Ci hai fatto morire di paura!! Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in testa? Volevi ucciderci come…come hai fatto con gli altri? –

- Io volevo solo proteggervi!! – sbottò Valerius.

- Un bel modo per proteggerci, senza dubbio! Ci hai aggrediti nel buio, armato di coltello. Se Legolas non ti avesse fermato, chi avresti sgozzato per primo, Val? Me o Galien? Volevi finire il lavoro che hai lasciato incompleto… -

- Smettila, Rhiannon… -

- …la sera in cui Potter è morto? –

- Ti ho detto di smetterla!! –

Val scattò in piedi e la sua reazione fece sobbalzare Rhiannon. Legolas, invece, non si mosse di un passo, ma la sua mano si chiuse sull’elsa del pugnale.

– Il pugnale mi serviva solo per difendermi. Non vi avrei fatto niente di male. – disse Val – Vi avevo riconosciuti, tutti e tre. Volevo solo vederti un’ultima volta, Rhiannon…poi vi avrei lasciati andare. -

- E il cadavere che ci siamo trovati sui piedi? Era un regalo d’addio? – disse Rhiannon.

- No. L’avevo ucciso da tempo. Era solo un avvertimento, ma non per voi. –

- Per chi, allora? – disse Legolas avvicinandosi all’uomo e guardandolo negli occhi – Chi dovevi avvertire? Quello era il mio Secondo Capitano. Un guerriero valoroso e fedele. L’hai ucciso senza un motivo, come hai fatto con tutti gli altri. Perché? Per vendetta, forse? –

Valerius sogghignò. – Quello non era più nessuno, Legolas. – disse – Non era più un elfo…non era più niente. Solo fuoco e magia nera, come gli altri. Erano già morti, tutti quanti, ancora prima che io gli tagliassi la gola. E’ stato Eredhil di Dol Guldur a farlo…lo Stregone Rosso. –

- Lo Stregone Rosso? – disse Legolas – E’ così che lo chiamate, adesso? –

- E’ lui a farsi chiamare così. Ha rubato l’anima a tutti i tuoi soldati, Legolas. Li sta usando come marionette; quando non gli serviranno più, li butterà in pasto ai suoi nemici. I tuoi elfi hanno perso tutto, credimi. Si aggirano come spettri per il Bosco Atro, guardando ma non vedendo altro che morte e oscurità. Eredhil ha il pieno controllo su di loro, ma non gli importa del loro destino. Li manda allo sbando, come bestie randagie. Sono anche troppo facili da eliminare. -

- Mi sarei aspettato tutto ma non una cosa del genere… -

- Abbiamo…ho organizzato delle squadriglie ad Aldorath – continuò Valerius – Conosciamo questa foresta come le nostre tasche. Li prendiamo di sorpresa, li uccidiamo e lasciamo in giro i loro pezzi, come monito. Siamo perfino riusciti a spedire un paio d’orecchie al tuo fratellino; non so quanto abbia gradito la sorpresa… -

Rhiannon era rimasta senza parole.

- Direi che abbiamo avuto abbastanza prove della vostra efficienza – disse Legolas – Mi auguro, però, che non abbiate lasciato il vostro quartier generale ad Aldorath…mio fratello è pazzo, ma non stupido né ingenuo. –

Valerius sorrise e si alzò. – Non temere, non lo siamo nemmeno noi. Se ora volete seguirmi, farò prima a mostrarvi il nostro piccolo esercito clandestino che parlarvene. –

Rhiannon e Legolas si scambiarono uno sguardo dubbioso.

- Restate vicini a me e non abbiate paura. Nessuno vi farà del male; garantisco io per voi. – disse Valerius.

- Vuoi dire che ti farai uccidere al nostro posto se i tuoi prodi soldati prendessero l’iniziativa? – disse sarcasticamente Rhiannon.

Lì per lì Val non rispose, ma fissò intensamente la ragazza negli occhi, aggrottando le sopracciglia. Ci pensò Galien, che per tutto il tempo era rimasto zitto, a rispondere.

- Sì. – disse il bambino.

 

 

- Legolas, stiamo camminando da un pezzo – sussurrò Rhiannon, stanca e nervosa – Se il mio senso dell’orientamento non sbaglia, direi che avremmo dovuto uscire dalla foresta da parecchio tempo, ormai… -

L’elfo guardò Valerius, che gli faceva strada discostando cespugli e bassi rami d’albero dal loro cammino. – Non preoccuparti – disse – Sta solo cercando di confonderci le idee. In modo piuttosto maldestro, direi; non abbiamo fatto altro che girare in tondo, sarei in grado di ritrovare la strada in un baleno. –

- Sarà – disse Rhiannon – Ma la cosa non mi rassicura molto. Non so cosa tu stia pensando, ma io non mi fido ancora del tutto di lui. –

- Nemmeno io – rispose Legolas – Ma mi fido di Galien. E ho imparato a fidarmi anche delle sue sensazioni, ormai. Guardalo, sembra che sappia perfettamente dove sta andando. –

L’elfo indicò suo figlio, che era corso un poco avanti e si guardava intorno con occhi attenti come per imprimersi nella memoria ogni minimo particolare di quella foresta.

Ad un tratto, Valerius si fermò, bloccando con un cenno della mano i suoi compagni di viaggio. Restò zitto e immobile per un momento, quindi emise un fischio acuto che riecheggiò in mezzo agli alberi, zittendo il canto degli uccelli.

- Finalmente, Val! cominciavamo a preoccuparci! – esclamò una voce.

Rhiannon sobbalzò per lo spavento, mentre Legolas e Galien, per nulla turbati, si voltarono lentamente. Poi, dai loro nascondigli dietro ai cespugli e gli alberi sbucò alla spicciolata una decina di uomini i tutte le età, con abiti vecchi e logori, ma armati di tutto punto.

Un uomo di mezza età, con lunghi capelli neri e la barba incolta si avvicinò al piccolo gruppo.

- Sei in ritardo. Ti aspettavamo per il rapporto…Rhiannon?!? –

- Il rapporto Rhiannon? – disse ironicamente Legolas. L’uomo lo ignorò.

- Per tutti i Valar, ragazza mia! Ti credevamo morta da un pezzo! Mai e poi mai avremmo immaginato di trovarti a spasso per il Bosco Atro con un elfo! –

- Se sono ancora viva lo devo a lui, Frey – rispose la ragazza, seccata, notando gli sguardi di disprezzo e stupore che gli uomini, che ormai li avevano circondati, rivolgevano a Legolas – Se fosse stato per qualcun altro, a quest’ora sarei cenere spazzata dal vento. –

- Lui non è un nemico – disse Val, avvertendo il risentimento che Rhiannon provava nei suoi confronti – E’ il vero Re del Reame Boscoso, Legolas Verdefoglia. –

- Il fratello dello Stregone? – disse Frey.

- Sì – rispose Legolas con un sorriso sarcastico – ma ti assicuro che lui non riceverà trattamenti di favore per questo. –

- Lo spero. – ribattè Frey – Ad ogni modo lo vedremo. Ignoro ciò che fate qui, ma deduco che vi dobbiamo scortare all’accampamento, giusto Val? –

- Esattamente – rispose Valerius – Hanno bisogno di cibo e riposo, almeno per questa notte. Dopodiché se ne andranno per la loro strada, se lo vorranno. –

- La nostra strada corre molto vicino alla vostra, Val. – disse Legolas – Noi andiamo a Dol Guldur…per l’ultima volta, forse. –

 

 

L’accampamento non era molto lontano da Aldorath. Tendendo bene le orecchie, forse Rhiannon sarebbe riuscita a sentire i rumori del piccolo ma indaffarato villaggio, avrebbe potuto sentire l’odore del pane e della carne arrostita che ora aveva quasi dimenticato.

Casa…

- A cosa stai pensando? – domandò Legolas, notando l’espressione assorta della ragazza.

- A niente – rispose, secca, Rhiannon – Anzi, che i piedi mi stanno facendo impazzire. Quando arriviamo? –

Ad un tratto un ragazzino corse fuori dalla boscaglia, incontro al gruppo.

- Rhiannon! –

- Yain! – rispose la ragazza, facendoglisi incontro a sua volta.

- Come sono felice, Rhiannon! – esclamò Yain abbracciandola – Avevo paura di non rivederti più! –

- L’avevo temuto anch’io, Yain – disse piano Rhiannon, accarezzando la testa del ragazzo – L’avevo temuto anch’io… -

Senza staccarsi da Yain, la ragazza alzò gli occhi e incontrò quelli di Valerius. Erano occhi spenti e tristi, quasi senza speranza, ma ancora pieni di orgoglio e dignità. Rhiannon abbassò lo sguardo, incapace di mascherare l’imbarazzo con la rabbia che provava. La vista di Val la lasciava in subbuglio; sembrava così cambiato, in quel breve periodo…l’aveva lasciato ragazzo e lo ritrovava uomo, più maturo di lei, sebbene avessero la stessa età. Il terribile errore che aveva commesso doveva averlo cambiato molto…

- Guarda, Yain – disse quindi la ragazza scuotendosi dai suoi pensieri – Guarda chi c’è. -

Galien fece capolino dietro le gambe del padre; quando ebbe riconosciuto il ragazzo, gli corse incontro, felice nonostante la stanchezza.

- Mae govannen, Yain! – esclamò il bambino, abbracciando l’amico.

- Galien! – esclamò, gli occhi che gli brillavano per la gioia – Sei…sei vivo! –

Il bambino annuì, sorridendo.

- Ho ritrovato mio padre, Yain – disse. Yain guardò oltre le spalle di Galien e vide Legolas avanzare lentamente fuori dal gruppo. Con un tuffo al cuore si sciolse dall’abbraccio del piccolo elfo e scattò in piedi, spalancando gli occhi.

- Hîr…hîr nìn… - balbettò, incerto. Legolas gli faceva paura; per tutto quel tempo, Yain non aveva potuto dimenticare la sua figura stagliarsi, splendida e terribile, contro il cielo nero, rischiarato appena dalle fiamme scarlatte che divoravano la “Locanda dei Tre Passi”, la notte in cui Val aveva consegnato Galien ai soldati di Eredhil. Eppure quella figura sembrava così diversa, ora…

L’espressione di Legolas, pur stanca e preoccupata, era rasserenante; non poteva essere altrimenti, dato che padre e figlio si erano riuniti. Ripensò al volto dell’elfo che era entrato nella bottega di Val cercando notizie di Galien, e di quelli che suo fratello e gli altri avevano ucciso; loro non avevano la stessa luce, erano involucri svuotati e colmati di malvagità. Era bello, finalmente, rivedere il viso di un vero elfo, di una di quelle splendide creature a cui lui e tutti gli uomini tanto dovevano…

- Oio nae elealla alasse' – disse di slancio, quasi senza ricordare il significato delle sue parole.

Legolas sorrise. - Ta nae amin saesa – rispose – Ma non avresti detto la stessa cosa, la prima volta che ci incontrammo. Allora, non fu certo una gioia. –

Yain abbassò lo sguardo, ma il battito del suo cuore in tumulto si tranquillizzò.

- Non aver paura – continuò Legolas – I miei propositi di vendetta ora sono solamente contro mio fratello. Lo sono sempre stati. Dimentica ciò che ho detto quella notte; era la mia collera a farmi parlare. Voi siete stati vittime di Eredhil quanto noi. –

- Yain. –

Il ragazzo sussultò a quel richiamo secco e si trovò addosso lo sguardo severo di Valerius.

- E’ tardi e non hai ancora cenato. Vai. –

- Ma Val… -

- Muoviti. –

Yain borbottò qualche frase confusa e si allontanò. Valerius lanciò un’occhiata sprezzante a Legolas e lo seguì.

- Val è arrabbiato con te, Adar? -  disse Galien.

- Lascialo perdere – intervenne Rhiannon – Tuo padre ha molto più diritto ad essere arrabbiato con lui. -

- Ma…perché? –

Rhiannon avrebbe voluto rispondere ma venne preceduta da Legolas.

- E’ anche colpa di Valerius se Eredhil ti ha rapito, Galien – disse.

- Oh… - disse il bambino spalancando gli occhi. Ricordava perfettamente la terribile notte in cui Potter aveva perso la vita e lui era stato portato a Dol Guldur. Sarebbe stato impossibile dimenticarla.

- …ma, in un certo senso, se ci siamo ritrovati è stato anche merito suo. Il destino ha giocato degli scherzi crudeli a tutti noi, figlio mio…e non è stato molto più clemente con Valerius. –

Come se si fosse sentito chiamato in causa, Val chiamò la piccola compagnia.

- E’ meglio che vi  sbrighiate, se volete qualcosa da mangiare. Abbiamo preparato i vostri giacigli; almeno stanotte non dovrete temere di essere sorpresi nel sonno… -

Rhiannon incrociò le braccia e lanciò uno sguardo seccato a Legolas, il quale, come risposta, le sorrise con un’immensa stanchezza dipinta sul viso.

- Coraggio, Rhiannon – disse, prendendo in braccio suo figlio – Abbiamo fame e sonno, e non ho intenzione di accettare discussioni, stanotte! –

- Come vuoi - disse la ragazza alzando le braccia. Diede un rabbioso calcio alla terra e si incamminò verso Valerius, che li stava aspettando. – Io non ho fame, credo proprio che me ne andrò dritta a dormire. Ah, Legolas…tienilo lontano da me, per favore – disse, indicando Val.

Legolas sospirò con amarezza.

 

 

Rhiannon non riuscì a mantenere il suo proposito, dato che la struttura circolare  dell’accampamento prevedeva che anche i giacigli si trovassero tutti attorno al fuoco, in modo che nessuno fosse completamente isolato.

Mentre il piccolo Galien raccontava la sua terribile avventura, la ragazza, imbronciata, non aprì bocca nemmeno per mangiare, nonostante le insistenze dei membri della squadriglia e degli sguardi severi di Legolas.

- Smettila di comportarti come una bambina – le sussurrò l’elfo – Non sappiamo quando vedremo un altro vero pasto, quindi mangia e non fare storie. Devi rimetterti in forze. –

Rhiannon sogghignò. – Sbaglio o eri tu che non volevi che ti facessi da balia? – disse  - Lasciami in pace, Legolas, per favore. –

L’elfo sospirò. – Portare rancore non ti servirà a niente, Rhiannon. Loro stanno correndo nel vuoto esattamente quanto noi. So che è difficile, ma ti prego, cerca di superare questo scoglio… -

- Mi dispiace, Legolas, ma non ce la faccio. – Rhiannon si alzò e si scosse i vestiti. – Tu non sei come me. Sei più forte di me. –

Legolas non potè fare altro che seguire con sguardo triste la ragazza che abbandonava il suo posto attorno al fuoco e si allontanava dalla radura.

- Ehi! Dove sta andando quella matta? Vuole farci scoprire? – esclamò Frey.

- Lasciala stare – disse Legolas – Non è stupida, non se ne andrà. Ha solo bisogno di stare in pace. -

- Anch’io ho bisogno di un po’ di pace – disse all’improvviso Valerius – E c’è un solo modo per ottenerla. –

Val si alzò, e, con passo deciso, seguì la ragazza.

- Val! – chiamò Frey, alzandosi di scatto – Dannazione, non cominciare anche tu! -

- Rassegnati, amico mio – disse Legolas – Quei due hanno parecchie cose da chiarire, e non avranno pace finchè non l’avranno fatto. –

- Prima di tutto non ho ancora deciso di essere tuo amico, elfo – disse sgarbatamente Frey, agitando l’indice verso Legolas – E poi anch’io ho tutto il diritto di avere un po’ di tranquillità! Quello sventato di Valerius finirà per cacciarsi in qualche brutto guaio, prima o poi, e io sono stufo di preoccuparmi per lui! –

Galien guardò suo padre e rise, divertito dalla tono burbero di Frey.

- Credo che Val abbia cominciato a cacciarsi nei guai da quando si è innamorato di Rhiannon – disse Legolas – E temo che la questione non sia ancora conclusa... –

 

 

 

Ancora prima di uscire dall’accampamento, Rhiannon si era accorta che qualcuno la stava seguendo, e sapeva anche chi era.

- Ti ho detto di lasciarmi stare, Val. – disse, allontanandosi verso la boscaglia.

- Non hai mangiato niente. Affrontare Eredhil di Dol Guldur a stomaco vuoto potrebbe essere una cattiva idea, non credi? -

- Pensi di essere divertente? –

- No – rispose Valerius – Solo realista. –

- Non ho bisogno che tu ti preoccupi per me – ribattè acidamente Rhiannon – L’hai fatto anche troppo. -

Valerius incassò il colpo senza, apparentemente, battere ciglio.

- Veramente non mi sto preoccupando per te – disse – Sono anni che dici di non aver bisogno di nessuno, anche se non ti ho mai creduta. Tu hai tutto il diritto di vivere la tua vita, ma non di rovinarla a chi ti sta vicino, come stai facendo ora. –

Rhiannon scoppiò a ridere. – Complimenti, Val, hai davvero un bel coraggio! Come ti permetti, proprio tu, con tutto quello che hai fatto, di parlare di vite rovinate? Come diavolo ti permetti?! –

Valerius la ignorò. – E tu, Rhiannon? Non hai mai sbagliato? Certo…così come non hai mai avuto bisogno di nessuno. Ce l’hai sempre fatta da sola, e tutti quelli che volevano intromettersi nella tua vita erano semplicemente dei seccatori, perché solo tu sapevi come affrontare le difficoltà, come no…dannazione, possibile che tu non ti sia mai accorta che hai ottenuto quel poco di serenità solo perché qualcun altro te l’ha concessa? –

- Avrei dovuto lasciare che Legolas ti uccidesse, prima. Almeno avresti evitato di dire bestialità! – esclamò in tono acido.

- Già, ma non l’hai fatto. Come mai? –

Rhiannon tacque.

- Allora, adesso rispondi alla mia domanda; credi di non aver mai sbagliato, Rhiannon? –

La ragazza si morse un labbro, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime di rabbia.

- Lascia stare Roslyn – disse con voce tremante – Se concepire quella bambina è stato un errore, sono più che felice di averlo commesso. Lascia stare Roslyn... –

- Per il cielo, Rhiannon… - disse Val scuotendo la testa.

- …se vuoi prendertela con qualcuno, fallo con me, ma tieni mia figlia fuori da tutto questo! – esclamò la ragazza, alzando gli occhi fiammeggianti verso quelli di Valerius. Ma quando incrociò lo sguardo del giovane uomo, triste, mite e ormai privo di speranza, qualcosa dentro di lei si incrinò.

- Non parlavo di Roslyn. Quella bambina è stata una benedizione per tutti, me ne rendo conto. Ma nessuno merita soffrire per te, renditene bene conto. Né Legolas, né suo figlio…e nemmeno Yain, o il povero Potter lo meritavano. E nemmeno tu meriti di soffrire per colpa mia… -

Rhiannon abbassò la testa, tremando non per la rabbia ma per l’immenso dolore che la stava distruggendo da tempo.

- …quindi risolviamo questa maledetta faccenda tra noi, senza mettere in mezzo chi non c’entra nulla. L’abbiamo già fatto abbastanza…non credi? –

La voce di Valerius tremò e Rhiannon si lasciò andare ad un abbraccio disperato, singhiozzando convulsamente con il viso affondato sul petto del ragazzo.

- Mi dispiace tanto, Rhiannon… - disse Val accarezzando i capelli della fanciulla – Tutto quello che ho fatto…l’ho fatto solo per te… -

- Non ne posso più, Val – disse Rhiannon con voce spezzata – Tutta la mia vita è stata un fallimento… -

- Non è vero, Rhiannon… -

- Sì che lo è! Perché credi che stia correndo nel nulla? Ho bisogno di darmi un senso, ma non ci riesco! Non mi resta più nulla…spero solo di rendermi utile e togliermi di mezzo prima che questa dannata storia finisca… -

- E Legolas, allora? E Galien? Credi di non contare nulla nemmeno per loro? –

- Loro se ne andranno, prima o poi, Val. Io non faccio parte del loro mondo, né loro del mio, per quanto bene gli voglia…e loro ne vogliano a me…ma prima o poi se ne andranno, lasceranno questa terra come hanno fatto quelli della loro stirpe. E a me non resterà che invecchiare da sola, marcendo trai ricordi…è meglio che me ne vada prima, non credi? -

Valerius la strinse ancora più forte a sé, ingoiando lacrime amare.

- Se è questo che vuoi, allora sia – disse – Ma sappi che non ti lascerò da sola allora, né in nessun altro momento. Te lo giuro, lo giuro sulla mia testa. -

Rhiannon alzò il viso rigato di lacrime e, per la prima volta dopo molto, molto tempo, guardò negli occhi quel ragazzo diventato uomo troppo in fretta.

- Non ti sto chiedendo di perdonarmi, Rhiannon. So che sarebbe troppo. Ma almeno, non mandarmi via di nuovo… -

- Forse ti ho già perdonato, Val – rispose piano la ragazza, accarezzando la fronte abbronzata di Valerius – Forse l’ho già fatto, non lo so. Non so più niente. Ma ti ringrazio per quello che hai detto, davvero. –

Gli occhi di Valerius si illuminarono e, per la prima volta dopo tanto tempo, sulle sue labbra comparve un vero sorriso. Ma quell’attimo di gioia non durò molto, perché, all’improvviso, alle orecchie dei due giunse un rumore di passi affrettati e una voce affannata.

- Val! – gridò un giovane, raggiungendo i due – Val, presto! Aldorath è stata attaccata! –

 

 

 

- Quando? – disse Valerius, con il fiato corto, appena fu rientrato nell’accampamento insieme a Rhiannon. I componenti delle squadriglie di guardia stavano già raccolto le loro armi e stavano spegnendo il fuoco, pronti a partire.

Gli occhi di Rhiannon si posarono prima su Legolas, che si stava a sua volta preparando per la partenza, dopo aver issato Galien sul suo cavallo. L’elfo non disse nulla, ma, dopo aver incrociato lo sguardo della ragazza, fece un cenno con il capo ad una ragazzina spaventata a morte, rannicchiata a terra con le ginocchia contro il petto; Yain le abbracciava le spalle tremanti e le sussurrava qualche inutile parola di conforto.

Rhiannon le si avvicinò e si chinò davanti a lei, accarezzandole i capelli.

- Per tutti i Valar… - disse, sconvolta – E’ la nipote di Finbar… -

Valerius si girò verso di lei.

- E’ successo poche ore fa – disse Frey – Ha corso come una pazza per la foresta finchè non ci ha trovato. Ha detto che i soldati dello Stregone hanno messo a ferro e fuoco il villaggio, massacrando chiunque gli capitasse a tiro. –

- Dovevamo aspettarcelo – disse Valerius scuotendo la testa – Ha fatto una sortita improvvisa per costringerci a rientrare. Sa che non siamo preparati ad uno scontro diretto…siamo condannati, ormai. Maledizione, maledizione…quel mostro si è procurato la sua vendetta! Per ognuno dei suoi soldati, ucciderà dieci di noi…abbiamo sbagliato tutto! –

- Aspetta, Valerius – intervenne Legolas – Forse abbiamo ancora qualche speranza. Un’armata dell’esercito di Gondor si trova ad est, lungo la strada per Esgaroth; manda dei messaggeri. Con loro abbiamo qualche possibilità. –

Valerius scosse la testa e sorrise nervosamente. – Non arriveranno mai in tempo. Aldorath è troppo piccola, l’avranno rasa al suolo prima ancora che un messaggero possa giungere al cospetto del Capitano di Gondor. No, dobbiamo rientrare, anche se è una pazzia. –

- No! – si oppose Frey – Sarebbe una pazzia farlo, invece! Ascolta l’elfo, se è vero che l’esercito di Gondor non aspetta altro che un segnale, mandiamoglielo! –

- Frey… -

- Stanno cercando qualcosa. –

I tre si voltarono verso la ragazzina, che ora li stava guardando con occhi pieni di terrore.

- Stanno cercando qualcosa, ne sono sicura. Non se ne andranno finchè non l’avranno trovata. E continueranno ad uccidere… -

Legolas e Rhiannon si scambiarono uno sguardo atterrito. Possibile che…?

- Fermateli, vi prego…fermateli… -

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 30 ***


30

30. Il Terzo

 

 

 

 

Now the sweet bells of  mercy

Drift through the evening streets

Young men on the corner like scattered leaves,

The boarded up windows, the empty streets,

While my brother’s down on his knees…

 

            (Bruce Springsteen, “My city of ruins”)

 

 

Quando arrivarono ad Aldorath, la tempesta era già passata.

Rhiannon, Valerius e i loro compagni a stento riconobbero il paese che avevano lasciato da poco; i pochi sopravvissuti piangevano i loro morti tra le misere macerie delle loro case, molte delle quali erano ormai ridotte in cenere fumante. Un cane uggiolava mentre scavava tra le rovine sotto cui erano sepolti i suoi padroni, cercando invano di raggiungerli. Con passo faticoso, un’anziana donna dagli occhi spenti si aggirava tra i vivi e i morti chiedendo notizie del figlio.

- No…no! – esclamò Rhiannon correndo in mezzo all’abitato, mentre l’acre odore del sangue dei suoi compaesani le serrava la gola. Yain la seguì con le lacrime agli occhi, cercando la sua casa, disorientato in mezzo a quel disastro. Gli altri uomini della squadriglia si sparpagliarono, cercando disperatamente notizie dei loro famigliari.

Valerius non cercò nemmeno di fermarli; restò fermo in mezzo a quella che fino a poche ore prima era stata la piazza del mercato e si guardò intorno, attonito. Una lacrima gli solcò il viso privo di espressione, come se quel tremendo spettacolo gli fosse rimasto pietrificato negli occhi.

Strinse forte i pugni. Era troppo per lui; sentirsi addosso la responsabilità della morte di Potter, e della distruzione del suo villaggio per rimediarla, era veramente troppo.

Volse la testa altrove, sperando che nessuno lo vedesse crollare, ma scorse lo sguardo di Legolas.

- Di chi credi che sia la colpa di tutto questo? – disse.

- Non tua, qualunque cosa tu stia pensando. – rispose l’elfo avvicinandosi a lui e posandogli una mano sulla spalla.

- Oh, smettila… - disse Valerius scostandosi – Finiamola di prenderci in giro. –

- Perché, credi che avresti potuto evitarlo? –

- Avrei potuto aiutare la mia gente, se fossi rimasto. Avrei potuto morire con loro, maledizione! E invece li ho mandati a morire…come ho mandato a morire Potter. –

- Non è il momento per i rimpianti – ribattè Legolas – Non siamo padroni del nostro destino, tantomeno di quello degli altri. Se avessi immaginato cosa sarebbe successo, non avrei mai lasciato la mia sposa in balia del suo assassino. Forse è questo che ha scatenato tutto...in tal caso sarebbe colpa mia. Ma che importanza ha, adesso? Anìrwen è morta, Potter è morto, Aldorath è distrutta. Non possiamo più tornare indietro, Val, anche se ci assumiamo la colpa di tutto. Lasciamo in pace i morti, non possiamo fare più nulla per loro; i vivi hanno bisogno di noi, adesso. –

Valerius trasse un profondo respiro, ma non ebbe la forza di alzare gli occhi verso quelli dell’elfo, che lo fissavano con intensità.

- Dov’è andata Rhiannon? – disse ad un tratto Galien, afferrando il bordo della tunica del padre.

 

 

I tre raggiunsero la ragazza mentre vagava senza una meta, guardandosi intorno sconvolta.

- Hanno distrutto tutto…tutto! – esclamò, allargando le braccia, mentre lacrime di rabbia le rigavano le guance – Maledetti assassini!! Perchè?! –

Legolas non riusciva a togliersi dalla mente le parole di quella ragazzina; stanno cercando qualcosa…

C’era solo una cosa che Eredhil poteva cercare, per mettere a ferro e fuoco un villaggio, ma rifiutava perfino a se stesso di ammettere che si trattasse di quello.

Il terzo Silmaril.

Ad Aldorath?

No, non aveva senso. Non spiegava il significato della terza visione.

- Val! Rhiannon! Venite, presto! –

La voce trafelata di Yain scosse l’elfo dai suoi pensieri; prese in braccio Galien e corse, con i compagni, nel luogo in cui si trovava il ragazzino.

Tre uomini avevano appena disseppellito dalle macerie di una vecchia casa un uomo piuttosto anziano, dai lunghi capelli bianchi scompigliati e macchiati dal suo sangue, sgorgato da una profonda ferita alla testa. A Rhiannon si spezzò il cuore quando capì che si trattava del vecchio Finbar, uno dei clienti più affezionati della “Locanda dei Tre Passi”*; era vivo, ma non lo sarebbe rimasto ancora a lungo.

La ragazza si chinò sul corpo del vecchio, che respirava faticosamente, tossendo sangue.

- Finbar…puoi sentirmi? – disse, accarezzandogli la guancia barbuta.

L’uomo voltò lentamente la testa verso di lei, e le sue labbra si aprirono in un sorriso tremante.

- Rhiannon…sei…sei viva… -

La ragazza annuì. Sapeva che avrebbe dovuto dirgli addio, ma un nodo le stringeva la gola e non voleva che lui la vedesse piangere.

- Dove…dov’è mia nipote? –

- Kayla sta bene, non preoccuparti. –

- Povera…povera piccola…abbiate cura di lei, vi prego… -

- Certo, Finbar. Non sforzarti, adesso…-

L’uomo sospirò con un immenso sforzo.

- Sono felice di rivederti adesso…così…potranno dire…che sono morto tra le braccia di una bella donna… -

- Non riesci a non dire sciocchezze nemmeno ora, vecchio mio? –

L’uomo socchiuse gli occhi, e il suo volto si deformò in una smorfia di dolore.

- Ti stanno cercando, Rhiannon… -

- Me?! Ma…che stai dicendo?! – esclamò la ragazza. Valerius e Legolas si guardarono senza capire.

Finbar annuì faticosamente. – Torneranno…torneranno per te…per la ragazza dai capelli di fuoco… -

– Non è possibile. – disse Rhiannon scuotendo la testa - Perché dovrebbero volere me? Io non ho nulla per loro! Finbar… -

L’uomo le prese una mano; la sua vista stava svanendo e il suo sguardo si perse nel vuoto.

- Sta morendo, Rhiannon. – disse Valerius.

- Lo vedo da me, idiota – ribattè la ragazza, stringendo i denti.

- Rhiannon – sussurrò Finbar - Cantami quella canzone, ragazza -

Rhiannon inghiottì le lacrime. – Quale canzone? –

- Lo sai  - disse l’uomo – Quella che detesti… -

La ragazza si asciugò il viso, incapace di trattenere il pianto.

- E’ una canzone triste, Finbar. – disse.

- Anche questo…è un momento triste… -

Rhiannon tacque per un istante mentre Valerius voltava la testa dall’altra parte. Galien si strinse forte a suo padre, che osservava i tre accarezzandogli i capelli, non riuscendo a provare altro che un sentimento di pietà e impotenza. Aveva assistito innumerevoli volte a situazioni del genere, ma non era mai riuscito a farci l’abitudine.

Era impossibile farlo.

Era impossibile abituarsi alla morte.

Per un momento gli balenò in mente il ricordo degli avvenimenti di Amon Hen, anni prima; Aragorn che teneva tra le braccia il corpo di Boromir, trafitto dalle frecce degli Uruk-hai.

Una scena così diversa, eppure così simile…

Tutti sono uguali davanti alla morte…i vivi e i morti.

 - Sì, vecchio zuccone – disse infine Rhiannon – Anche questo è un momento triste. –

Poi si schiarì la voce ed intonò una dolce canzone, che risuonò sopra il silenzio di tomba che sovrastava il villaggio distrutto.

 

Ma adesso che viene la sera ed il buio

Mi toglie il dolore dagli occhi

E scivola il sole al di là delle dune

A violentare altre notti…

 

La voce della ragazza tremò per un istante, e la canzone si interruppe. Legolas sorrise con tenerezza nel vedere Rhiannon stringersi nelle spalle e gettare la sua nuvola di riccioli rossi all’indietro. Quanta forza e quanta debolezza combattevano dentro di lei…

Poi ricominciò il canto, stavolta in tono più alto e deciso…

 

E io nel vedere quest’uomo che muore,

madre, io provo dolore…

 

come se volesse lasciarlo innalzare nell’aria, insieme all’anima che stava abbandonando Finbar.

 

…nella pietà che non cede al rancore,

madre, ho imparato l’amore.

 

La canzone finì. Rhiannon lasciò cadere una lacrima sulla guancia del vecchio, mentre gli chiudeva per sempre gli occhi con una dolce carezza. Ma ciò che provava in quel momento non era amore, ma una terribile collera e un odio profondo verso chi aveva potuto commettere un gesto del genere nei confronti di quella povera gente.

Valerius le si avvicinò e le strinse le spalle; il corpo della ragazza tremava ma lei non si mosse e continuò a tenere gli occhi fissi sul corpo di Finbar, mentre lacrime di rabbia e dolore le solcavano le guance.

- Kayla è con Frey? – domandò con voce rotta, asciugandosi le lacrime.

- Sì – rispose Valerius.

- Che ci resti. Non voglio che veda suo nonno in questo stato. Forza, aiutami a seppellirlo. –

Poi si voltò e i suoi occhi incontrarono quelli di Legolas; i due restarono così, immobili, per qualche istante, e non ci fu bisogno di parlare perché entrambi capirono perfettamente cosa stavano provando. Era tutto negli occhi di Rhiannon, quegli occhi verdi come l’erba in cui bruciava il fuoco dell’orgoglio, un fuoco così impetuoso che nemmeno le lacrime più amare potevano spegnere.

Le lacrime.

Il fuoco.

L’erba.

Per tutti i Valar…allora è proprio vero…

L’espressione di Legolas cambiò. Volse di scatto la testa verso suo figlio, che lo guardava fisso, e nemmeno allora ebbe bisogno di comunicargli il suo pensiero, il suo dubbio, la sua folgorazione, perché Galien li conosceva già.

- Tu…pensi che sia possibile? –

Il bambino annuì. – Credo di sì, Padre. -

- A Elbereth Gilthoniel… -

L’elfo andò dalla ragazza, che lo guardò, dubbiosa, quando vide sul suo viso quell’espressione stupefatta.

- Legolas, cosa…? –

- Io…io non riesco a credere che fosse così semplice… -

- Ma di cosa stai parlando? – disse la ragazza, quasi spaventata, alzandosi di scatto.

L’elfo la prese per le spalle, sorridendo, incredulo.

- Che diavolo ti salta in mente?! – esclamò Valerius senza capire – Lasciala andare! –

Legolas non gli obbedì.

- Ma non capisci? – disse – Questa è la soluzione di tutto! Rhiannon…Finbar diceva che i soldati di Eredhil stavano cercando te… -

- Finbar delirava – disse Rhiannon sciogliendosi dalla presa dell’elfo – Stava morendo, non sapeva quello che diceva. Perché avrebbero dovuto cercare me? –

- Ma non lo capisci? –

Rhiannon si irrigidì e fece un passo indietro mentre Yain si avvicinava a Valerius. Il giovane uomo scambiò uno sguardo con il fratello minore; nel vederli, Galien sorrise, perché Yain, al contrario di Val, aveva perfettamente capito di cosa Legolas stesse parlando.

- Non volevano te. Volevano qualcosa che tu hai. – disse Yain.

- Ah, sì? E’ buffo, credevo di non avere più un accidente. Insomma, volete spiegarvi meglio? – ribattè Rhiannon, stizzita.

L’elfo le prese una mano. – Tu hai il terzo Silmaril, Rhiannon. Non c’è altra spiegazione. –

- Cosa?! – esclamò Valerius.

Rhiannon sentì il suo sangue ghiacciarsi nelle vene. Arretrò di un passo, togliendo bruscamente la sua mano da quelle dell’elfo.

Non credeva ad una sola delle sue parole, eppure sentì la paura stringerle lo stomaco.

- Non dire sciocchezze. Come diavolo potrei averlo io? Non so nemmeno come sia fatto, un Silmaril. E poi…non c’ero io, nelle tue visioni… Non c’ero, non è vero? Ti sbagli, Legolas… -

L’elfo non rispose, e Rhiannon si sentì ancora più spaventata nel sentire i suoi profondi indagatori fissi su di lei.

- Legolas, ti prego…ti stai sbagliando, vero? –

- Il fuoco che non brucia l’erba, Rhiannon. Avrei dovuto capirlo subito. – disse l’elfo dolcemente, accarezzandole una guancia – Avrei dovuto capire che parlava di te. E l’ho fatto quando guardavi Finbar morire. Lo Specchio parla per enigmi; nemmeno le altre visioni erano chiare. –

- Io continuo a non capire – disse Valerius – Come fai ad esserne così sicuro? –

- Non lo sono, non ancora almeno  - ripose Legolas ridendo – Solamente Rhiannon potrà risolvere questo dilemma. Io credo che sia lei il fuoco che non distrugge l’erba. La rabbia e l’orgoglio che bruciano dentro di lei non possono distruggere la purezza che i suoi occhi custodiscono. Occhi verdi, come un prato di primavera… -

Rhiannon si portò una mano alla fronte. Era appena sfuggita ad un terribile incubo e ora stava piombando in uno peggiore.

- Molto romantica come spiegazione – disse Valerius – Ma mi sembra un po’ vaga, Legolas. Rhiannon non può avere quel dannato Silmaril, qualsiasi cosa sia. –

- E’ una pietra, Val – insistette Legolas – Una gemma luminosa e splendente, dotata di immensi poteri, persa migliaia di anni or sono. Ne esistevano tre; due si trovano nelle mani di mio fratello, che, evidentemente, ha scoperto anche dove si trova la terza. Finbar non delirava affatto! E anche sua nipote ha detto che gli elfi di Dol Guldur stavano cercando qualcosa…e cos’altro avrebbero dovuto cercare in questo minuscolo villaggio? Eredhil non ha agito affatto per vendetta, credimi! -

- Una pietra…come queste? –

Yain fece timidamente un passo in avanti, porgendo a Legolas alcune delle pietre che aveva trovato sul fondo dell’Anduin e che non si era mai tolto dalla tasca, il suo piccolo tesoro.

Legolas le guardò per un istante, poi sorrise al ragazzino e gli pose una mano sulla testa.

- Sono molto belle, Yain, ma nessuna di esse è quella che sto cercando. –

- Nemmeno questa? –

I quattro si voltarono verso Rhiannon, pallida e sconvolta. La ragazza teneva tra le mani il ciondolo che Valerius le aveva regalato il giorno dopo che Galien era arrivato alla locanda.

- Ce l’hai ancora… - disse Val, stupito – Credevo te ne fossi disfatta. –

Rhiannon scosse la testa e guardò il monile, sorridendo tristemente. – Non so perché l’ho tenuta. Forse ho perfino dimenticato di averla con me. –

Valerius le restituì il sorriso, ma né Legolas né Galien vi badarono. Gli occhi dell’elfo erano fissi su quella luminosa gemma verde, che non brillava come avrebbe dovuto. Tese una mano tremante verso di essa, e mentre le sue dita le si avvicinavano, una pallida luce sembrò avvolgerla sempre di più.

Legolas non ebbe più dubbi.

Afferrò lentamente il Silmaril e lo osservò. Era lui, ne era più che sicuro. Eppure di fronte a quella pietra non provò le stesse sensazioni che gli aveva dato quella trovata a Lothlòrien. All’elfo parve che qualcosa gli stringesse il cuore, costringendolo a sputar fuori delle sensazioni e desideri inconfessati e dolorosi.

Una smorfia di sofferenza comparve sul suo volto.

- Dallo a me, Adar – disse Galien, prendendo delicatamente il Silmaril dalle mani del padre

- Cosa… - disse Legolas, avvolto dal torpore di quelle sensazioni.

- Potrebbe farti del male. – disse il bambino, stringendo la pietra.

Legolas si scosse e si portò una mano alla tempia, quasi stordito.

- Che ti prende, Legolas? – disse Valerius.

L’elfo rimase un momento in silenzio. – E’ il Silmaril, Val – disse – Non…non capisco cosa mi sia successo, ma non credo sia stata la stessa cosa che ha fatto a Eredhil. –

- C’è qualcosa di molto forte qui dentro, Padre. – disse Galien – Ma è diverso dagli altri, lo sento. –

- Io…io l’ho sempre avuto con me…e non ho mai sentito nulla… - disse Rhiannon.

- Tu non sei un’elfa. Non puoi percepire il suo potere, perché non ti appartiene. Ed è un bene che sia così, credimi…se non l’avessi avuto tu, Eredhil l’avrebbe già trovato di sicuro. - 

Legolas sospirò profondamente. Nessuno, tranne Galien, si accorse che stava tremando, e lo faceva perché l’idea del potere di quella pietra e di ciò che avrebbe potuto fare Eredhil per averla lo spaventava a morte.

- Legolas… -

L’elfo alzò la testa e vide Rhiannon terrorizzata come lui. La ragazza si strinse le mani al petto e, prima di scoppiare nuovamente in lacrime, corse a rifugiarsi tra le braccia dell’elfo.

- Eredhil tornerà…sa che io ho il Silmaril…cosa faremo, allora? -

Legolas prese Rhiannon per le spalle e la guardò negli occhi, deciso.

- Dobbiamo tornare indietro – disse – Prima che sia troppo tardi. Non abbiamo tempo da perdere; raggiungeremo le schiere di Gondor oggi stesso, quindi torneremo a Minas Tirith, dove ci aspetta Aragorn. E preghiamo che i Valar siano con noi… -

- E noi? – disse Valerius – E Rhiannon? Cosa faremo? –

- Verrete tutti con noi, almeno fino all’accampamento dei gondoriani – rispose Legolas – Qui non siete al sicuro. E nemmeno il Silmaril lo è, per lo meno finchè resta nelle sue mani… -

- Non lo è nemmeno nelle vostre – ribattè Valerius – Ti ho visto prima, quando lo guardavi…quella maledetta pietra potrebbe corrompere anche te… -

I due continuarono a discutere su quale fosse la cosa migliore da fare e non si accorsero che Rhiannon, ancora sconvolta, si era allontanata verso il limite del villaggio, dove un tempo si trovava la “Locanda dei Tre Passi”, né che qualcuno la stava seguendo.

 

 

Cercava solo un po’ di conforto, nient’altro. Solo qualcosa che le ricordasse chi era.

Nella sua mente offuscata dagli avvenimenti, Rhiannon aveva quasi dimenticato che la “Locanda dei Tre Passi” era stata distrutta e con essa aveva perso anche l’ultimo brandello della sua identità.

Smarrita nei suoi pensieri, nei suoi ricordi, si fermò a pochi passi dal luogo in cui un tempo era situata la sua unica, vera casa, e non sentì nemmeno i passi leggeri della minuta figura che l’aveva seguita in silenzio.

- Rhiannon… –

La ragazza sussultò. – Yain – disse – Mi hai spaventata… -

- Mi dispiace, scusami. –

Rhiannon rivolse di nuovo lo sguardo verso le macerie della locanda, senza badare alla strana tensione che traspariva dal volto del ragazzino.

- Che ci fai qui? – gli disse – Non avresti dovuto allontanarti da tuo fratello. Soprattutto per seguire me. –

Yain la ignorò. – Ho paura, Rhiannon – disse – Non voglio che accada di nuovo ciò che è successo quella notte… -

- Nemmeno io, te l’assicuro – rispose la ragazza – Ma sono stanca di fuggire, anche se capisco benissimo che è l’unica soluzione. Sono così stanca…se potessi, butterei questa dannata pietra nel fiume e chiuderei qui la faccenda. Ma non posso, Yain, lo capisci? Non posso…e non ci sono altre vie d’uscita. Cosa credi che potrò fare quando mi troverò davanti Eredhil pronto a reclamare il Silmaril in cambio della mia vita…e della vostra? Io non sono una guerriera, Yain. Ho combattuto come ho potuto, e ora non ce la faccio davvero più. –

Yain le si avvicinò lentamente e le pose una mano sulla spalla.

- Ho avuto un’idea, Rhiannon – sussurrò – Non vale molto, ma forse ci permetterà di guadagnare un po’ di tempo. –

 

 

L’idea di Yain poteva funzionare; almeno, Rhiannon se l’augurava. E si augurava anche che il ragazzino non avesse le stesse idee sconclusionate del fratello. Ma, d’altronde, non c’erano altre soluzioni.

Sospirò e pregò i Valar che non succedesse nulla nemmeno a lui, mentre correva da Valerius, e lei frugava tra le macerie della locanda rasa al suolo. Potter era ancora lì sotto, lo ricordava bene, e se fosse stata fortunata avrebbe trovato i suoi miseri resti da seppellire.

Rabbrividì a quell’idea, ma continuò a cercare con tutte le sue forze, tra i frammenti delle suppellettili scampate all’incendio e alla razzia degli sciacalli di Aldorath.

Avrebbe tanto voluto un oggetto da portare con sé, come ricordo di Potter e Roslyn. Si chiese se anche il cavallino di legno con cui giocava Galien fosse bruciato. Che sciocca, certo che lo era! Il fuoco non risparmiava nulla, nemmeno i sentimenti.

Ad un tratto, un passo leggero fece scricchiolare le macerie.

- Aiutami, Yain, dev’essere qui sotto. – disse Rhiannon senza voltarsi – Dobbiamo togliere queste assi per tirarlo fuori…da sola non ce la faccio. –

Ma chi le rispose non era Yain.

- Non c’è più niente lì sotto, ragazza. Solo cenere. –

Rhiannon raggelò nel riconoscere quella voce, e il cuore le si fermò nel petto quando, dopo essersi voltata lentamente, vide che i suoi incubi avevano preso forma.

- Sono davvero contenta di rivederti, ragazza dai capelli di fuoco…e tu non lo sei? – disse Eredhil,  con un crudele sorriso sul volto.

Rhiannon non riuscì ad emettere altro che un’esclamazione strozzata. Cercò una via di fuga, ma le travi incenerite la fecero inciampare e cadere goffamente all’indietro.

- Vattene! – gridò cercando di rialzarsi, mentre Eredhil avanzava lentamente, ma con sicurezza, verso di lei. Con la mentre svuotata per la paura, afferrò un’asse annerita dal fuoco e la brandì verso l’elfo.

Eredhil scoppiò a ridere. – No, mia cara…tu possiedi qualcosa che io sto cercando da tempo, e non me ne andrò a mani vuote. –

Veloce come un fulmine, l’elfo afferrò Rhiannon per la gola, mentre la ragazza si maledisse per non aver chiamato aiuto. Ma dov’erano Val e Legolas? Perché non la stavano cercando?

- Io…io non ho niente per te… -

- Oh, sì che ce l’hai – disse Eredhil – Non avrei sprecato il mio tempo con questi straccioni se non fossi stato sicuro di trovare quello che cerco. Dammi il Silmaril, ragazza…dammelo subito, e forse avrai salva la vita. –

La sua mano si strinse ancora più forte sulla gola della ragazza.

- La…lasciami, ti prego!! –

Eredhil avvicinò il suo viso a quello di Rhiannon; in quell’istante, per lei, il tempo parve fermarsi.

Se fosse stata Galien, avrebbe saputo leggere ciò che si trovava oltre quei lineamenti così freddi eppure delicati; avrebbe visto una spietata lingua di fuoco che parlava alla mente del suo schiavo-padrone, e lo avvertiva che qualcosa non stava andando per il verso giusto…ma Eredhil era troppo eccitato per dare ascolto alle parole di Armagh, in quel momento. Vedeva solamente il proprio potere affermarsi ancora una volta su una creatura più debole di lui, e questa sensazione lo inebriava.

- No – disse – Ho in mente altro per te, piccola sgualdrina… -

Una vampata di fuoco scaturì dalla sua mano, e Rhiannon crollò a terra priva di sensi.

 

 

-AH!! –

Galien cadde in ginocchio, stringendosi la testa tra le mani per il dolore.

- Galien! – esclamò Legolas, chinandosi sul bambino e prendendolo tra le braccia – Cosa ti succede?! –

Il piccolo non rispose subito; ansimando, afferrò il braccio del padre, mentre i suoi occhi si riempivano di terrore.

- Adar… - disse – Lui è qui…lo sento! -

A Legolas si mozzò il fiato e si guardò intorno, scorgendo solo il volto di Valerius, anche lui preso dal panico.

- Dov’è Rhiannon? – disse.

- E’ in pericolo… - disse Galien.

Valerius sentì una morsa attanagliargli lo stomaco.

- Yain… -

In quel momento il ragazzino raggiunse i tre, trotterellando come se nulla fosse accaduto.

- Yain! – esclamò Valerius andando incontro al fratello e prendendolo per le spalle – Dov’eri finito? E dov’è Rhiannon? -

- E’ alla locanda…almeno, quello che resta della locanda. Voleva rimanere un po’ da sola. –

- Da sola?! – esclamò Legolas – Rhiannon non deve assolutamente restare da sola! –

- Ma… -

- Valerius, corri a prendere i cavalli – ordinò Legolas.

- Volo –  rispose il ragazzo allontanandosi di corsa.

- NO!!! –

Galien si portò nuovamente le mani alla testa, contorcendosi tra le braccia del padre.

- Hen nîn! – esclamò Legolas – L’hai sentito di nuovo?! –

Galien annuì, con gli occhi pieni di lacrime, incapace di parlare.

- Yain, portaci da lei, presto! – esclamò Legolas.

Il ragazzo annuì e corse via, seguito dai due elfi. Non ebbe il tempo di metterli al corrente della sua idea, anche perché non avrebbe potuto immaginare che qualcosa sarebbe andato storto.

Ma la corsa dei tre fu presto interrotta da un cavallo al galoppo, che tagliò loro la strada. Yain cadde di lato, colpito leggermente ad una spalla da uno zoccolo dell’animale, mentre Legolas prese velocemente in braccio Galien e si tolse dalla strada.

- Cosa…? – disse l’elfo, ma dopo aver visto chi trasportava quel cavallo non riuscì più a pronunciare una sola parola.

Dopo aver visto i tre, il cavaliere arrestò il cavallo e lo fece voltare, con un’impennata, in modo che loro lo potessero vedere bene in faccia.

- Tu! – esclamò Legolas.

Eredhil sorrise. – Guardami, Legolas! – esclamò in un tripudio di gioia perversa, sollevando una mano che stringeva una pietra luminosa – Guarda la tua sconfitta! –

- Rhiannon!! – gridò Yain, vedendo la ragazza, priva di sensi, seduta scompostamente in sella davanti ad Eredhil.

Veloce come un fulmine, senza nemmeno pensare, Legolas afferrò il suo arco ed incoccò una freccia.

- Provaci – disse Eredhil puntando un coltello alla gola di Rhiannon – E lei muore. –

Legolas non si mosse, ma la mano gli tremò. Non di nuovo, si disse, non un’altra volta…

- Non la passerai liscia – disse, stringendo i denti – Dovessi inseguirti fino alla fine del mondo, questa volta te la farò pagare cara, Eredhil…te lo giuro! -

- Risparmia il fiato– disse Eredhil spronando il suo cavallo – Ti servirà per gridare, quando lui verrà a prenderti, e sai bene di chi parlo…allora implorerai di morire in fretta! –

Detto questo, ripartì al galoppo, lasciando Legolas, Yain e Galien sconcertati e travolgendo Valerius, che stava correndo loro incontro.

- Dannazione! – esclamò il giovane rialzandosi – Chi era quel pazzo?! –

Preso dalla collera, Legolas sbatté a terra il suo arco e la freccia incoccata.

- Padre! – esclamò Galien.

- Eredhil – disse l’elfo con voce tremante – Era Eredhil. Ha preso Rhiannon…e il Silmaril. –

- Cosa?! – esclamò Valerius – No…non è possibile… -

- Questa volta è davvero la fine – disse Legolas chinando il capo – Per Rhiannon, per noi…per la Terra di Mezzo… -

- No!! –

I tre si voltarono a guardare Yain, che, con  le guance rigate di lacrime, stringeva una mano davanti a sé, ansimando.

- Yain, cosa…? – disse Valerius, prendendo per le spalle il fratello.

- Io non volevo…credevo che sarebbe stata una buona idea…non avrei mai immaginato che lui l’avrebbe portata via… -

- Ma cosa stai dicendo…? –

- Perdonatemi!! –

Il ragazzo aprì la mano; sul palmo ruvido e sporco, giaceva una pietra splendente, circondata da un alone diverso da tutte le altre.

- Ma questo è… -

- E’ il Silmaril – disse Yain, singhiozzando – Quella di Rhiannon è solo una delle mie pietre. Le abbiamo scambiate, prima che Eredhil la portasse via… -

- Stai dicendo che Eredhil non ha il vero Silmaril? – esclamò Legolas – Ma come ha fatto a non accorgersene?! -

- Non lo so – disse Yain – Ma ho condannato a morte Rhiannon…appena Eredhil si accorgerà dello scambio la ucciderà! –

- Non permetterlo, Adar, ti prego… - disse Galien con voce supplichevole.

Legolas rimase un istante in silenzio.

- No – disse infine – Rhiannon non morirà, ve lo prometto. Ora abbiamo qualche speranza in più; è giunto il momento di andare incontro al nemico…a Dol Guldur. –

- Tu sei pazzo – disse Valerius – Non usciremo vivi da lì… -

- Uscirò, vuoi dire – ribattè Legolas – Tu porterai tuo fratello e Galien all’accampamento dei soldati di Gondor, e da lì a Minas Tirith. Più lontani starete da questo posto, meglio sarà. Le vostre vite sono già state messe abbastanza a repentaglio, e io ho una questione personale da regolare con Eredhil, in un modo o nell’altro. –

- Non se ne parla nemmeno – disse Valerius scuotendo la testa – Io vengo con te. –

- Dammi solo un buon motivo per farti ammazzare insieme a me! – disse Legolas, mettendosi le mani sui fianchi.

- Te ne do tre – rispose il giovane – Primo, io tengo alla vita di Rhiannon quanto voi, e il solo pensiero di lasciarla nelle mani di quel verme mi fa accapponare la pelle. Secondo, ci penseranno i miei uomini a scortare Yain e Galien verso le schiere dei Gondoriani; sono combattenti fidati, e anche se io fossi con loro potrei fare ben poco. E terzo… -

Valerius fece una pausa, fissando Legolas dritto negli occhi.

- …io so come entrare a Dol Guldur. Ed è una bazzecola, credimi. –

- Ma se prima avevi detto… -

- Ho detto che è impossibile uscirne vivi – disse Val – Ma entrare, quello è semplicissimo. Molto più di quanto tu non creda. -

 

 

 

 

 

 

 

 

*Vedi capitolo 7

 

(La canzone che Rhiannon canta per Finbar è, ovviamente, “Il testamento di Tito”, del grande Fabrizio De Andrè.)

 

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Capitolo 33
*** Capitolo 31 ***


31. L'orizzonte degli eventi

 

 

It was one of those great stories

That you can't put down in a night

The hero knew what he had to do

And he wasn't afraid to fight

The villain goes to jail, while the hero goes free

I wish it were that simple for me

 

David Crosby, “Hero”

 

 

 

La prigione.

Legolas sperò ardentemente che Valerius non sbagliasse.

- La prigione dovrebbe essere il luogo più sorvegliato in una fortezza. Com'è possibile che l'accesso sia così facile? - chiese a Val aiutandolo a spiegare la pianta della fortezza di Dol Guldur.

- Di solito chi sorveglia una prigione si preoccupa che nessuno esca, non che qualcuno entri – rispose Valerius. Il giovane aveva fatto scorrere un dito sulla carta, indicando un punto ad ovest.

- L'ingresso è su questo lato, alla base della montagna. L'ha scoperto tempo fa uno dei miei esploratori. Il cunicolo parte dal fondo di una piccola caverna; compie un percorso piuttosto tortuoso e si restringe sempre di più, continuando a salire. Immagino che un tempo fosse un canale di scolo. -

- Sei sicuro che Eredhil non ne sappia nulla? -

- No. Ma dallo stato in cui l'abbiamo trovato potrei dire che è inesplorato da anni, ormai. Comunque sia, arriva diretto a quelle che un tempo dovevano essere le prigioni di Dol Guldur. Ora Sono adibite a magazzino, immagino che tuo fratello non abbia bisogno di fare prigionieri... -

- Certamente non con la forza – constatò amaramente Legolas – Ha a disposizione un popolo intero da sottomettere per mezzo di quell'essere diabolico che sta dalla sua parte. -

Osservò ancora la pianta, pensieroso. Valerius scrutava impaziente il viso dell'elfo, illuminato dalla spettrale luce del falò.

- E dimmi, se è davvero così semplice raggiungere l'interno della fortezza da qui, perchè non avete mai tentato un'ingresso a sorpresa? Una semplice azione di disturbo sarebbe potuta bastare a disorientarli... -

Valerius sospirò. - Il condotto è troppo stretto. Abbiamo allargato il cunicolo alla base, ma non possiamo lavorare più di tanto sulla feritoia che permette l'ingresso vero e proprio, se ne accorgerebbero. Non possiamo far passare più di un uomo alla volta, una ritirata sarebbe impossibile. E poi, anche se ormai è un semplice magazzino, le guardie sono armate fino ai denti e, quel che è peggio, sono Elfi. Sempre all'erta al minimo rumore, e non hanno pietà. Sarebbe un massacro. Abbiamo pensato più volte ad un sabotaggio, ma non abbiamo i mezzi per metterlo in pratica. Un rude uomo di Aldorath non passerebbe certo inosservato in mezzo agli eterei soldati Elfi del Bosco Atro... -

- Un uomo di Aldorath sicuramente no – disse Legolas alzandosi – Ma un altro Elfo del Bosco Atro sì...forse. -

Valerius tenne gli occhi fissi sul volto dell'elfo, più che mai impenetrabile come in quel momento. Legolas aveva alzato la testa verso il cielo, la pelle bianchissima e i capelli biondi sembravano risplendere contro il cielo nero, incorniciando di pallida luce quello che doveva essere il volto di un Re, e che il giovane non aveva mai visto davvero prima di allora, e chiudendo gli occhi trasse un profondo respiro. Rimase così, immobile a testa alta per un lungo istante; poi si diresse verso la tenda in cui dormiva il piccolo Galien, e allora Valerius capì.

Capì che l'ultimo Signore degli Elfi stava chiedendo ai Valar il coraggio di dire addio a suo figlio.

Entrato nella tenda, Legolas osservò la sagoma del bambino, profondamente addormentato su un pagliericcio. Un sorriso triste comparve sulle labbra dell'elfo, che pose una mano sulla fronte del bambino e mormorò una breve preghiera.

- Questa volta non verrai con me, piccolo mio – sussurrò dolcemente – La fine di tutto sta per arrivare, ma non è in mio potere sapere cosa accadrà. Ma ti prometto che se dovessi raggiungere tua madre al cospetto di Mandos, il nostro amore non ti abbandonerà mai. -

Una piccola lacrima lucente cadde dalle sue ciglia, posandosi come una piccola perla sulla guancia del bambino; il padre glie la asciugò con un bacio leggero e uscì dalla tenda, dove Valerius lo stava aspettando.

Si diresse verso Arod, che brucava placidamente l'erba, e gli pose una mano sul collo. Rimase immobile per un istante, con lo sguardo adombrato. - Dovrò separarmi anche da te, amico mio, lo sai? - disse, sorridendo debolmente. Poi si volse gli occhi luminosi e tristi verso Valerius.

- Non dite a Galien che suo padre tornerà – disse – Non ditegli niente. Solo di ricordarmi. -

Valerius scrutò il volto dell'elfo, mentre un nodo gli saliva alla gola.

- Cos'hai in mente? - disse.

- Ancora nulla – rispose Legolas, balzando in sella – Aspetterò che Eärendil guidi i miei passi...e la mia mano. - Ma prima che potesse spronare il suo cavallo al galoppo, Valerius gli afferrò le redini.

- Lo sai che non ti lascerò andare da solo, vero? - disse.

Legolas sospirò e sorrise. - Lo so, Valerius. Avrò bisogno di te per trovare l'ingresso. Che aspetti? Prendi il tuo cavallo e andiamo. -

 

 

I due cavalcarono in silenzio fino a Dol Guldur, e quando furono in vista della fortezza Arod sembrò non voler proseguire oltre, come se riuscisse a percepire il male rinchiuso tra quelle mura.

Legolas scese di sella e accarezzò dolcemente il muso del suo inseparabile compagno, sussurrando alcune parole che Valerius non capì.

Il giovane smontò a sua volta da cavallo. - Possiamo proseguire a piedi, se vuoi. La grotta da cui si apre la galleria è oltre quegli alberi. -

Valerius passò oltre Legolas, tenendo Arod per le redini, e si diresse verso una parete di roccia in cui sembrava che fossero inglobate alcune pietre parzialmente erose dal vento e dalla pioggia. Scostò un fitto muro d'edera rossa e fece cenno a Legolas di avvicinarsi.

L'elfo prese una torcia e un acciarino dalla borsa da sella.

- Aspetta – disse il giovane – C'è ancora una cosa che mi serve. -

Si guardò intorno, avvicinandosi alla brulla parete, e dopo aver scostato alcune pietre con il piede si chinò e ne soppesò una sulla mano.

- Questa ci servirà per tracciare il percorso – disse. Legolas gli lanciò uno sguardo interrogativo, mentre Valerius rabbrividiva.

- Uno di noi due potrebbe non tornare. E non è detto che non sia io. - disse.

Legolas scosse il capo e prese la pietra dalle mani di Val. - Questa servirà a Rhiannon, se dovesse tornare da sola. -

Valerius tentennò.

- Forse non l'hai ancora capito – disse Legolas – Tu non verrai con me. Non ho intenzione di farti rischiare la vita. All'accampamento hanno un disperato bisogno di una guida, e quella guida puoi essere solo tu. Ho visto quello che hai fatto, come hai organizzato la resistenza. Non possono perdere anche te. Arod resterà qui – aggiunse, accarezzando la groppa del suo cavallo – Conosce la strada per Aldorath, riporterà indietro Rhiannon se io non dovessi tornare. -

- Ma... -

- Rhiannon tornerà da voi, te lo prometto – lo interruppe Legolas portandosi una mano al petto – Dovesse costarmi la vita, sono due le cose che devo fare in quella maledetta fortezza e questa è la più importante. Lei tornerà, con me o senza di me. E avrà bisogno di te. -

Valerius si adombrò. La notte era buia e senza luna, ma Legolas poteva benissimo scorgere un lampo di malinconia e rimorso negli occhi del giovane uomo.

- E ti chiedo ancora una cosa – continuò l'elfo – Manda Yain e Galien a est, alle schiere di Gondor. -

Il cuore di Valerius gli balzò nel petto. - Yain? Perchè? -

- Lui ha il vero Silmaril, Val. Se io dovessi fallire l'ira di Eredhil sarebbe tremenda e si abbatterebbe prima di tutto su di voi. Galien e Yain si devono salvare; mandali da Re Elessar prima che mio fratello si accorga di avere tra le mani una pietra senza valore. Promettimelo. -

Il giovane uomo non si mosse. - Anche tuo figlio avrà bisogno di te. Cosa gli rimarrà se anche tu lo lascerai? -

- Prometti, Valerius. -

L'elfo guardò un'ultima volta il giovane negli occhi; il suo sguardo era duro e determinato, e Val capì che sarebbe stato irremovibile.

- Vuoi proprio tornare da lei? -

Legolas guardò Val senza capire.

- Vuoi tornare da lei, da tua moglie. L'ho capito, sai? E' per questo che non ti tiri indietro di fronte a nulla. Sai che stai andando incontro alla morte e vuoi andarci da solo. -

- Non sai quanto lo vorrei, a volte – rispose cupo Legolas – Ma non sono più padrone del mio destino; altri lo sono per me. Se Mandos lo vorrà, allora così sia. Non spero più in niente, ormai. -

- E Galien? Perchè non hai voluto nemmeno dirgli addio? -

Legolas chinò la testa.

- Perchè non mi avrebbe lasciato andare – rispose.

- Ma avrebbe capito! - gridò Valerius.

- Sì, questo è il problema. Avrebbe capito perfettamente. Val – Legolas prese il giovane per le spalle e lo guardò negli occhi lucidi di rabbia. - Questa non è una di quelle favole in cui l'eroe sa quello che deve fare e non ha paura di combattere. E nemmeno una di quelle in cui torna a casa dalla sua amata e vivono tutti felici e contenti. No, questa è una di quelle in cui l'eroe credeva di salvare la fanciulla e invece l'ha uccisa con un bacio. E io non voglio che mio figlio mi ricordi così. -

Val sentì il nodo alla gola premere più forte. - Hai paura? -

- Sì – disse dolcemente Legolas – Perchè non so cosa mi attende, lì dentro. Ciò che temo di più sono i miei spettri e dovrò essere solo ad affrontarli. Capisci, Valerius? -

- Io capisco solo che tu e Rhiannon siete maledettamente simili. - rispose il ragazzo digrignando i denti – Non potete affrontare tutto da soli... -

- Questa volta sì – rispose Legolas – Questa volta è necessario. -

Valerius emise un ruggito di rabbia e diede un calcio ad una zolla di terra. - Dannati gli Elfi e la loro caparbietà! - esclamò.

Legolas sorrise. - Ho già sentito queste parole – disse – E chi le ha pronunciate è diventato il mio più grande amico. Ora spiegami il percorso e torna ad Aldorath, ma in fretta: il tempo non è dalla nostra parte. -

 

 

 

L'oscurità non era amica degli Elfi. Non lo era dai tempi in cui Melkor aveva imprigionato i priminati nelle tenebre di Utumno, trasformandoli in Orchi, malvagie ed infelici creature che odiavano la luce più di ogni altra cosa. Ad ogni passo, Legolas si sentiva soffocare da quel buio che pareva voler crescere anche dentro di lui. Ricordò quando aveva seguito Aragorn lungo i sentieri dei Morti, unico a non temere le profondità sotterranee né gli spiriti degli Uomini; ma ora la pallida luce della torcia che reggeva non bastava a rischiarare il suo cuore in quel momento, e allontanare le ombre che se ne stavano impossessando. Avrebbe tanto voluto che Aragorn e Gimli fossero di nuovo al suo fianco, era quella la luce di cui aveva bisogno. La luce portata dall'affetto dei suoi più cari amici, dall'amore della sua adorata compagna. Quella era la luce di cui aveva davvero bisogno e che ora non riusciva a vedere, nemmeno scrutando nel profondo del suo cuore.

Continuò a guardare avanti, un passo dopo l'altro, aggrappandosi alla parete di roccia con la mano libera. Il pungente odore di muffa e umidità si fece sempre più forte man mano saliva, ma cercò di non badarci troppo. Il sentiero era abbastanza sicuro: Val e i suoi uomini dovevano averlo percorso numerose volte, ormai, cercando inutilmente il modo di introdursi nella fortezza. Da quanto tempo si trovava là dentro? Tempo...l'oscurità e il silenzio ne avevano fatto perdere a Legolas la cognizione. Ad un tratto, una debole luce, così fioca da essere visibile solamente agli occhi di un elfo, parve accendersi in fondo a quel cunicolo buio, segno che la strada era finita.

L'elfo inspirò profondamente, ma l'odore di chiuso gli serrò la gola. Spense la torcia e, dilatando le pupille come quelle di un gatto, si lasciò guidare da quella luce fioca, muovendosi con tutta la leggerezza di cui era capace, fino a raggiungere una stretta fessura nella parete. Valerius aveva ragione, era davvero troppo stretta, forse ancora più di quanto gli avesse detto. Per un uomo di una certa stazza, e pure armato, sarebbe stato impossibile passarci; ma Legolas era snello e agile, ed era solo. Non avrebbe avuto grosse difficoltà nemmeno se fosse riuscito a portare con sé Rhiannon.

Senza fiatare, osservò con attenzione tutto quello che riusciva a vedere attraverso quella feritoia; al di là della parete rocciosa si apriva una larga stanza ricolma di botti e casse gettate alla rinfusa. Non c'erano finestre, e la luce che la illuminava proveniva da una torcia appesa alla parete, unico segno di una presenza vivente. Legolas tese le orecchie ma non riuscì a percepire nessun rumore di passi; così, molto lentamente, si insinuò attraverso la feritoia e andò a nascondersi dietro ad una grossa botte polverosa.

Aspettò qualche istante, cercando di captare un qualsiasi rumore; Val aveva detto che le guardie erano armate fino ai denti, quindi lui e i suoi uomini dovevano averle viste in giro da quelle parti. Considerando che Legolas non aveva altra arma che il suo lungo pugnale elfico, forse valeva la pena aspettare un po' prima di uscire allo scoperto.

 

Non dovette attendere a lungo. Un pesante rumore di passi, molto poco elfici, cominciarono a risuonare sempre più forti nella sua direzione. Passi sicuri, i passi di chi aveva compiuto lo stesso percorso centinaia di volte senza il minimo sospetto: una ronda, quasi certamente.

Legolas si mosse in assoluto silenzio per controllare, attraverso una fessura tra le botti, di chi si trattasse. Ovviamente era uno dei suoi soldati, che indossava ancora l'uniforme degli arcieri del Bosco Atro, sebbene la sua grazia fosse stata completamente cancellata dal potere di Armagh.

A Legolas si strinse il cuore pensando a quello che avrebbe dovuto fare.

Al momento opportuno balzò fuori dal suo nascondiglio e sgozzò la guardia, maledicendosi per il suo gesto; ma non poteva permettere che questi lanciasse un allarme nel momento meno opportuno. Quindi le tolse il mantello, l'elmo e la leggera armatura e la lunga spada ricurva e si vestì di tutto punto, dopo aver nascosto il cadavere dietro alla botte. Poi, con il cuore che gli martellava nelle tempie, si incamminò lungo il corridoio imitando quella calma innaturale che pervadeva i suoi soldati, completamente svuotati da qualsiasi tipo di emozione, i sensi all'erta e la spada in pugno, pregando che Eärendil guidasse i suoi passi.

 

Rhiannon riprese i sensi a causa del vento gelido che le sferzava il viso e capì subito di trovarsi nella torre più alta della fortezza di Dol Guldur. Con la vista ancora appannata alzò la testa verso il cielo rabbrividendo, e vide la luna sopra di lei avvolta da nubi rossastre; cercò di alzarsi ma una fitta di dolore ai polsi fece sì che si accorgesse di averli legati da una stretta cinghia di cuoio. Innanzi a lei, una figura indistinta, snella e bionda le volgeva le spalle, apparentemente circondata da una leggera spirale di fumo dello stesso colore delle nubi.

- Legolas... - chiamò istintivamente. La figura si voltò e a Rhiannon si gelò il sangue nelle vene alla vista del ghigno demoniaco dipinto sul suo volto.

- E' curioso – disse Eredhil muovendo un passo verso di lei – Nessuno mi aveva mai scambiato per mio fratello prima d'ora. Non ci siamo mai assomigliati molto. -

Rhiannon respirò profondamente. - Perchè mi hai portato qui? - disse.

- Tu cosa ne pensi? - rispose Eredhil. In quel momento Rhiannon si rese conto dell'oggetto che l'elfo teneva tra le mani: una corona di ferro con due gemme luminose incastonate nelle sue punte.

- Forse non ti rendi conto di quanto sei fortunata ad essere qui stanotte – continuò Eredhil – Sarai l'unica persona a poter assistere al mio trionfo definitivo prima di diventare mia schiava. -

- Io non sarò mai schiava di nessuno – ribattè Rhiannon – Piuttosto preferisco morire. -

Eredhil rise. - Non dirlo due volte, ragazza! Lo farai sicuramente, dopo che mi sarò stufato di te. D'altronde nessuno sentirà la tua mancanza...o meglio, nessuno sarà ancora vivo per sentirla. -

Detto ciò, prese dalla tunica la pietra incastonata nel ciondolo di Rhiannon.

- Questa sarà l'ultima notte per i Popoli Liberi...domani sorgerà un nuovo giorno, in cui gli Elfi rialzeranno la testa e saranno i padroni di tutta la Terra di Mezzo! -

La ragazza strinse i denti: era indispensabile prendere tempo per evitare che Eredhil si accorgesse troppo presto di aver esultato per un sasso senza valore, anche perchè era terrorizzata dalle reazioni che l'elfo avrebbe potuto avere.

- Elfi? - disse, con voce tremante - No, tu non sei più un elfo. Guardati, guarda il posto in cui vivi; gli elfi amano la vita e la luce, tu ti circondi di fuoco e di morte...-

Eredhil scosse la testa. - Tu e mio fratello eravate molto intimi, vero? Dici le stesse sciocchezze che direbbe lui... -

- Lavati la bocca quando parli di Legolas, verme – sbottò Rhiannon a denti stretti – Lui è tutto ciò che tu non sei e non potrai mai essere... -

- Morto, ad esempio? - la interruppe Eredhil con una risata – E dimmi, mia cara, dov'è Legolas adesso? Perchè non è qui a salvarti? Si è dimenticato di te o ha capito di aver perso la guerra e sta battendo in ritirata dai suoi vecchi e malconci compagni d'avventura? -

Rhiannon si alzò di scatto, barcollando. - Lui verrà a salvarmi!! - gridò, ma senza troppa convinzione. La paura si stava facendo strada dentro di lei, ma non la paura di morire, la paura di essere abbandonata al suo destino senza che nessuno le venisse in soccorso.

- Lui verrà – disse poi, con voce tremante – Perchè io credo in lui. Perchè è fedele al suo popolo e a coloro che ama e morirebbe piuttosto che tradire la loro fiducia. Io credo in lui... -

Non perdere tempo con parole inutili, ruggì all'improvviso Armagh, stringendo la sua spirale rossa attorno alla corona ferrea.

- No, non perderò altro tempo – continuò – Credi in quello che ti pare, il tempo di mio fratello è finito. Era finito il giorno in cui ho ucciso la sua sposa e portato via il suo regno, condannandolo ad un'esistenza da spettro. Legolas è morto allora...che venga pure, avrò il piacere di seppellirlo con le mie stesse mani. E ora...il momento che aspettavo... -

Con un movimento lento, quasi solenne, incastrò, quasi a forza, la pietra nell'incavo che le spettava. Rhiannon trattenne il fiato e chiuse gli occhi nel terrore di ciò che sarebbe accaduto, e in effetti qualcosa accadde, ma non esattamente ciò che Eredhil si sarebbe aspettato.

- Non è possibile...la visione non può aver mentito... -

Non è stata la visione a mentire, ruggì Armagh.

Nel vedere che la corona era rimasta completamente inerte, l'elfo capì immediatamente di essere stato ingannato e la sua esplosione di collera fu terribilmente violenta.

- Tu...TU!! - esclamò rivolgendosi a Rhiannon, mentre Armagh roteava sulla sua testa in forma di spirale sempre più densa di fumo. L'ira di cui era pervaso il demone sembrava aver assunto una forma solida, fondendosi con quella del suo schiavo-padrone.

La ragazza si rannicchiò contro il muro mentre Eredhil si avvicinava a grandi passi verso di lei, imprecando.

- Dov'è?! Dov'è il Silmaril?! - urlò, chinandosi sulla ragazza e afferrandola per la gola e lasciandola quasi senza respiro – Non crederai di essere stata così furba da vanificare il mio piano, stupida ragazza! Ti sei preparata la tomba con le tue mani...se non mi dirai immediatamente quello che voglio sapere ti farò soffrire così tanto da implorarmi di darti la morte!! -

Rhiannon cercò di deglutire, tremando. E' finita, pensò, prima di notare, con uno sguardo fugace, la figura che si trovava alle spalle di Eredhil.

- Il tuo vino, mio signore... -

- Non ho chiesto vino, maledizione! - disse Eredhil voltandosi di scatto. Ma solo per vedere suo fratello assestargli potente pugno in faccia e scaraventarlo da parte.

- Sapevo che saresti arrivato – sussurrò la ragazza ansimando, mentre Legolas si affrettava a tagliarle il laccio che le stringeva i polsi.

- Scappa, Rhiannon – disse Legolas – Scendi da qui, prendi il primo corridoio a destra e percorrilo fino in fondo, al magazzino delle botti. C'è una feritoia che porta all'esterno... -

- E le guardie? -

Legolas le mostrò, con sguardo grave, la spada insanguinata.

- Tu verrai con me, vero? Non resterai qui a... - disse la ragazza.

Legolas scosse la testa rassegnato, cercando di non incrociare lo sguardo di Rhiannon, che aveva capito benissimo perchè non l'avrebbe seguita. Ma una frazione di secondo più tardi la sua espressione cambiò e i suoi occhi si spalancarono in un'espressione di stupore e dolore. Crollò in avanti, un pugnale conficcato con forza nella schiena, attraverso la leggera armatura, e Eredhil in piedi, dietro di lui, fiammeggiante d'odio.

Rhiannon gridò, prendendo Legolas tra le braccia e cercando di sorreggerlo.

- Ricordi cosa ti avevo detto durante il nostro ultimo incontro, fratello? - disse Eredhil tendendo una mano verso di lui. Una nube di fumo rossastro si alzò dal suo palmo e iniziò a roteare, prima piano, poi sempre più vorticosamente. - Siamo giunti alla fine...e sarà un piacere restare a guardare la tua agonia mentre lui ti ucciderà lentamente! -

Rhiannon scoppiò in lacrime e strinse Legolas a sé. Erano veramente giunti alla fine del viaggio, ma ci sarebbero giunti insieme.

- Non ti lascio – gli sussurrò in un orecchio – Non ti lascio, qualunque cosa accada. -

L'elfo, con una smorfia di dolore, le si sottrasse delicatamente. - Ho giurato che saresti tornata, con o senza di me – disse, sorridendo debolmente – Fuggi e non voltarti indietro. Mai. Fallo per me. -

Tossendo sangue, si sfilò il coltello dalla schiena e si mosse incespicando verso Eredhil.

- Nessuno di noi due uscirà vivo da qui oggi, fratello – disse – Anch'io avevo fatto una promessa, tempo fa, e stavolta la manterrò. -

- Oh no, Legolas. Sarò io a decidere il mio destino, non tu. -

Ruggendo, Eredhil richiamò a sé tutta l'energia distruttiva di Armagh, risucchiandola da tutti coloro di cui il demone si era nutrito. Lampi di fuoco tinsero il cielo sopra le teste bionde dei due fratelli, e lampi di sangue confluirono in una spessa nube che si assottigliò sempre di più, prima turbinando sora la testa di Eredhil, poi saettando verso Legolas.

L'elfo gridò di dolore mentre le propaggini del demone lo stritolavano e lo trafiggevano da parte a parte, e Rhiannon gridò con lui, incapace di muoversi.

- Avrei potuto darti ancora una possibilità, fratello – esclamò Eredhil, pazzo d'ira – Avrei potuto farti diventare come me e ci saremmo divisi il dominio della Terra di Mezzo. Ma il tuo inganno merita una punizione severa! -

Legolas non sentì nemmeno quelle parole, tanto insopportabile era il dolore che stava provando, come se milioni di lame sottili lo stessero trafiggendo in tutto il corpo.

Valar, ho fallito. Lasciatemi morire, pensò, lasciatemi raggiungere Anìrwen a Mandos.

L'elfo cercò di rievocare il dolce viso della sua sposa, come per lenire parte della sua sofferenza, ma ciò parve solo renderla ancora più acuta. In un lampo gli passarono davanti tutti i giorni convulsi a partire dalla sua morte, la perdita e il ritrovamento di Galien, Rhiannon, la fedeltà dei suoi compagni, Val, la distruzione di Aldorath, la morte dei suoi soldati per la sua stessa mano. Tutto questo perchè non aveva compreso la portata del rancore e della falsità che albergavano nel fratello che, nonostante tutto, amava, e per cui aveva provato fin troppa pietà. Quanti avevano sofferto inutilmente per le ambizioni di Eredhil, e quanti avrebbero continuato a soffrire...fino alla fine del loro mondo.

- Legolas!! - gridava Rhiannon tra le risa convulse di Eredhil.

In quel momento, nel cuore dell'elfo iniziò a farsi strada un sentimento che aveva provato di rado e che cresceva sempre più forte man mano Armagh lo prosciugava dalle poche energie rimaste.

Non poteva, non doveva finire in quel modo. Non per mano del suo stesso sangue.

E nel sangue di Legolas iniziò a ribollire rabbia, che mutò in ira, che mutò nella collera tremenda e potentissima rimasta sopita fino ad allora nei figli di Thingol e Melian.

Se Rhiannon avesse potuto vedere oltre la spessa nube rossa che avvolgeva l'elfo, l'avrebbe visto risplendere di una nuova, effimera vita e di una grande e terribile bellezza mentre alzava la testa verso il cielo e urlava con tutta la forza distruttiva che aveva potuto richiamare a sé; invece tutto ciò che vide fu il dissolversi di Armagh in polvere rossa che fece tremare la fortezza dalle fondamenta mentre uno stridore acuto decretava la fine del demone della parola, e lo vide anche Eredhil, la bocca spalancata dallo stupore e dal terrore che lo stava pervadendo. Quando Legolas riemerse dalla nube di polvere ormai dissolta i suoi occhi luminosi e febbricitanti, splendenti della luce dei Primi Nati, riempirono Eredhil di terrore. Sangue vivo continuava a sgorgare dalla ferita sulla sua schiena e un sottile rivolo rosso gli colava dall'angolo della bocca. Rhiannon gli corse incontro per sorreggerlo, ma l'elfo le fece cenno con la mano di restare lontana, senza staccare gli occhi da quelli di Eredhil e, continuando a stringere il pugnale che il fratello gli aveva conficcato tra le scapole, avanzò verso di lui.

Eredhil scosse la testa e indietreggiò fino a ritrovarsi con le spalle al muro.

- Non vorrai uccidermi... - farfugliò - Non ora che sono disarmato e impotente, non è vero, fratello? Sei troppo nobile per farlo... -

Legolas lo ignorò.

- Abbi un po' di compassione in quest'ultima notte! Hai ucciso le mie guardie, i tuoi soldati, per arrivare fin quassù...e ora vuoi uccidere tuo fratello, il tuo stesso sangue...sei davvero cambiato così tanto? E' così grave la pena per chi ha sbagliato per rabbia? -

Legolas scoppiò in una risata roca. - Sei esattamente il vigliacco che ricordavo – disse – Perchè non hai parlato in questo modo anche prima...quando avevi un demone al tuo fianco? -

- E' stato lui! E' stato lui a farmi fare tutto questo! Lui mi ha spinto a commettere tutti questi crimini terribili, lui! Ti prego, risparmiami! - gridò, allungando un braccio davanti a sé, come per proteggersi.

Legolas rimase immobile per un istante; un sorriso balenò sulle sue labbra per spegnersi in uno sguardo d'odio profondo.

- Questo è per Anìrwen – disse. Poi, con un movimento fulmineo, tranciò di netto la mano che Eredhil gli aveva teso.

L'elfo urlò, mentre un fiotto di sangue schizzava dal moncherino. A Legolas non bastò.

- Questo è per Rhiannon – disse dopo avergli afferrato l'altro braccio e tagliato anche la mano rimasta.

- E questo è per me. -

Rhiannon chiuse gli occhi mentre l'elfo conficcava il pugnale a fondo nel ventre del fratello. Eredhil si accasciò a terra e Legolas ci chinò su di lui.

- Non morirai subito – gli sussurrò in un orecchio – Non meriti una fine rapida. Il sangue ti abbandonerà molto lentamente, mentre tu avrai il tempo di meditare su come hai condotto te stesso alla tomba. -

Legolas si rialzò barcollando e Rhiannon corse a sorreggerlo. Il viso dell'elfo era pallido e tirato per la sofferenza e ogni respiro gli costava un'enorme fatica.

- E' finita davvero – disse Rhiannon tra le lacrime mentre Eredhil imprecava rabbiosamente contro il fratello e gemeva per il dolore – Andiamocene da qui. -

I due avanzarono lentamente verso le scale, ma ad ogni passo un crepitio sinistro echeggiava dai piani inferiori.

- Grande Eru...cos'è questo odore? - disse Rhiannon.

- Dol Guldur sta bruciando – disse Legolas con una smorfia di dolore – La fine di Armagh ha decretato anche la fine di ciò che era stato creato per mezzo del suo potere... -

- Allora muoviamoci prima di finire arrosto anche noi... -

- Legolas! -

L'elfo si voltò a guardare Eredhil che, perdendo copioso sangue dall'addome, tendeva un moncherino verso Legolas, come per afferrarlo con la mano che non aveva più.

- Legolas, maledetto, finiscimi! Finiscimi! Dov'è la tua pietà adesso?! -

Legolas strinse gli occhi. - Hai detto di essere padrone del tuo destino? - disse – E allora salvati da solo. -

Eredhil sibilò e sputò dalla rabbia. - Vai, vai, fratello! - esclamò – Lasciami qui a morire come un cane! Io ti ho distrutto con le mie mani, ma tu non osi sporcare le tue fino in fondo...chi è il peggiore di noi due adesso, Legolas?! Legolas!! -

Ma mentre si allontanava zoppicando, l'elfo ignorò le urla rabbiose di Eredhil, che cercava di seguirlo trascinandosi verso l'uscita in fiamme, ma che sarebbe presto rimasto sepolto in una tomba di fuoco.

 

 

A Dol Guldur si era scatenato l'inferno. Braceri e torce erano caduti a terra nel momento in cui, alla morte di Armagh, la terra aveva tremato e ora l'intera fortezza era in fiamme. Legolas e Rhiannon arrancarono a fatica fra travi in legno bruciate e i cadaveri dei soldati morti nel'istante in cui il demone aveva abbandonato i loro corpi, cercando di raggiungere lo stretto cunicolo d'uscita.

Ad un tratto una fitta di dolore mozzò il fiato a Legolas, già debolissimo per la ferita infertagli dal fratello. L'elfo si arrestò e si accasciò a terra, scivolando via dalle braccia di Rhiannon che si chinò immediatamente su di lui.

- Vai Rhiannon, sbrigati... - disse.

Rhiannon scosse la testa. - Legolas, devi resistere, siamo quasi all'uscita... - disse, aiutandolo ad appoggiarsi al muro.

Ma quando l'elfo, romai esanime, girò la testa verso di lei, Rhiannon capì che le loro strade si sarebbero irrevocabilmente separate.

- Quando ho detto che nessuno di noi due sarebbe uscito vivo da qui, stanotte, parlavo sul serio – sussurrò Legolas, quasi senza voce – Ma tu devi tornare. O... - strinse i denti, mentre sentiva le forze abbandonarlo - ...o il mio sacrificio sarà stato inutile. Il mio cavallo ti aspetta all'uscita. Torna ad Aldorath più in fretta che puoi. E dì a tutti che non dovranno più temere lo Stregone Rosso... -

Rhiannon prese una mano del'elfo tra le sue e la strinse forte. - Anch'io avevo fatto una promessa - disse, cercando inutilmente di cacciare indietro il pianto – Avevo promesso che non ti avrei lasciato. E io sono molto più testarda di te. -

- Lo so – disse Legolas sorridendo debolmente – Ma stavolta l'avrò vinta io...anche se avrei tanto desiderato il contrario. -

- Non può essere – singhiozzò Rhiannon – Non può essere un addio... -

L'elfo chiuse gli occhi e voltò la testa dall'altra parte, per impedire alla ragazza di vedere una lacrima argentea scorrere lungo la sua guancia sporca di fumo e sangue. - La vita mi sta abbandonando, Rhiannon...migliaia d'anni svaniti in un soffio. Ma non sarà così doloroso. Lei mi aspetta...nelle Aule di Mandos. -

Rhiannon baciò la mano di Legolas e se la portò al viso, lasciando che lui le accarezzasse dolcemente una guancia, asciugandole le lacrime.

- Avrei tanto voluto poter essere amata come lei – disse.

- Lo sei stata – rispose Legolas sorridendo – E continuerai ad esserlo...rimpiango solo di non avere un'altra vita per dimostrartelo. Ti avrei mostrato il mio regno, a passeggiare sotto un cielo di foglie e di diamanti. Insieme avremmo cercato il mare... -

Tossì. - Vai, ora. Che i Valar ti proteggano...sempre. -

Rhiannon chiuse gli occhi e, tremando, baciò delicatamente le labbra dell'elfo.

- Non ti dimenticherò mai, Legolas – disse, alzandosi e dirigendosi verso l'ingresso del tunnel – Con te sarei andata ovunque. - E sparì nel tunnel, scossa dai singhiozzi, incapace di pronunciare la parola “addio”.

 

 

Raccogliendo le poche energie che gli rimanevano, Eredhil era riuscito a strisciare lungo la scalinata che scendeva dalla torre fino al corridoio, ormai pieno di macerie e di fumo, insozzando i gradini, già sporchi e ricoperti di fuliggine, con il sangue che usciva copiosamente dai suoi polsi monchi.

Era vivo, ferito, distrutto ma ancora vivo e più impaurito che mai. E finchè era vivo, nel suo corpo e nella sua mente c'era ancora spazio per collera e speranza.

Un rumore di passi lenti risuonò lungo il corridoio; l'elfo non aveva forze nemmeno per alzare la testa ma nel suo cuore nero esultò, certo di averla vinta di nuovo, per l'ultima volta, quando una figura avvolta dal fumo gli si fece incontro, camminando lentamente. Tutto ciò che Eredhil riusciva a distinguere di essa erano gli stivali di cuoio annerito, ma per lui furono sufficienti.

- Legolas? Sapevo che saresti tornato, fratello... - disse faticosamente, quasi con gratitudine, quando la figura avvolta dal fumo si fermò di fronte a lui. - Non mi avresti mai lasciato qui a morire, vero? Ormai tutti mi hanno abbandonato...ma io sono tuo fratello, il tuo stesso sangue...andiamo, aiutami ad uscire da qui, non riesco a reggermi in piedi... -

La figura non rispose.

- Legolas...? -

- Non sono Legolas – disse infine lo sconosciuto – Purtroppo per te. -

Eredhil non potè far altro che cogliere il rapido luccichio di una lama e un istante più tardi la sua testa rotolò sul pavimento, gli occhi per sempre spalancati in un'espressione di sorpresa e vana speranza.

 

 

 

 

 

Ehi, non è ancora finita!!! Per mettere la parola “fine” a tutto questo serviranno ancora un paio di capitoli, forse (ma spero di no) tre. Perchè, dopo dieci anni in cui questa ff è rimasta “nel cassetto”, non sarà facile riprendere i fili di tutto...ma la conclusione è ormai vicinissima! Cosa succederà ai nostri amici rimasti ad Aldorath? E ad Arwen e Eowyn? Riusciranno i nostri eroi a ripristinare i sigilli? E soprattutto...Legolas???

Ok, torniamo a noi. Ho aggiornato per l'ultima volta questa storia nel 2004, esattamente dieci anni fa. Avevo cominciato a scriverla nel 2003, mentre stendevo la mia tesi di laurea, sparandomi per consolazione Springsteen, Loreena McKennitt e Howard Shore a ruota continua. E buttare giù i miei cattivi sentimenti all'epoca mi aveva aiutato davvero molto. Poi, come spesso capita, la mia vita è cambiata del tutto: ho conosciuto quello che adesso è mio marito, ho trovato lavoro, ho cambiato città e cambiato lavoro (ma non marito ^_^) e quella cosa strana chiamata ispirazione, che in me è sempre stata ballerina, se n'è andata. Ho scritto altre storie, ma di questa non ne volevo più sapere, ogni volta in cui mi mettevo davanti alla tastiera e aprivo l'ultima pagina il blocco era completo. Perchè non se n'era andata solo l'ispirazione, se n'erano andate anche le idee. Questa è una storia complicata, quasi come me, e ammetto che quando l'ho cominciata non sapevo nemmeno come sarebbe finita. Era bello farsi guidare dall'ispirazione del momento, imboccare nuove strade, complicare quelle già prese, ma non mi ha portato a nulla.

Poi, dieci anni dopo, mi sono capitate due cose.

Ho guardato “Lo Hobbit – La desolazione di Smaug” e improvvisamente mi si sono parate davanti le facce di Eredhil e Val, che erano solo contorni sfumati nella mia testa.

E ho riascoltato “The rising”, l'album che mi ha portato a butar giù questa storia.

Sono andata su EFP e ho visto che la storia era ancora lì, non aggiornata da dieci anni esatti (e ringrazierò mille volte Erika per questo). E mi sono sentita in colpa per tutti coloro che avevano seguito la storia ed erano rimasti con l'amaro in bocca, sospesi sul (forse) più bello.

Ero nel mood giusto; ci ho riprovato.

So che rimarrete delusi da quest'ultimo capitolo e lo sarete dai seguenti; la mia intenzione oiginale, visti i mille errori (e orrori) cronologici, di distanze ecc. era riprenderla in mano e correggerla, ma ci sarebbe voluto troppo tempo. Prima dovevo finirla in qualche modo.

Per cui spero che mi perdonerete per l'attesa e per questo calo qualitativo (se mai una buona qualità c'è stata) ma in dieci anni anche il mio modo di scrivere è cambiato parecchio, non so se in meglio o in peggio.

Ma ve lo dovevo.

Per cui, se tra coloro che bazzicano nel fandom di ISDA c'è ancora qualcuno che aspetta il finale di questa storia, sappia che arriverà e sarà solo per lui (o lei) ^_^

Vi chiedo perdono, ma ora vedo la luce in fondo al tunnel (e spero non si tratti di un treno!). Ce la posso fare. E' il mio “rising”. Perchè tutto inzia e finisce con Bruce Springsteen ^_^

Vi voglio bene, a presto

Ruby

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 32 - prima parte ***


32. La fine di ogni cosa

- prima parte -

 

 

 

I sink 'neath the water cool and clear
Drifting down, I disappear
I see you on the other side
I search for the peace in your eyes
But they're as empty as paradise

 

Bruce Springsteen, “Paradise”

 

 

 

Legolas chiuse gli occhi e attese, mentre tutto intorno a lui crollava tra le fiamme ed il fumo.

Non aveva paura della morte; non ne aveva avuta nemmeno attraversando il Sentiero dei Morti con Aragorn e Gimli. Per un elfo la morte non significava fine ma rinascita a nuova vita, un apparente privilegio da cui qualsiasi altra creatura era esclusa. Ma Legolas sapeva benissimo, anche se non avrebbe voluto ammetterlo nemmeno a se stesso, che la sua riunione con Anìrwen nelle Aule di Mandos sarebbe stata temporanea; ben presto sarebbero stati separati e destinati a nuove vite, probabilmente lontani l'uno dall'altra.

Riunione, rinascita, separazione.

Un privilegio a cui, in quel momento, avrebbe rinunciato volentieri.

Ignorò il dolore e il sangue che lo abbandonava portandosi dietro le poche forze che gli rimanevano e, trattenendo il respiro, cercò rifugio tra i ricordi che albergavano nel suo cuore, troppi anche per una vita lunga come quella di un elfo, che sarebbero presto andati perduti.

Lo sommersero dolcemente, come una marea che si sollevava portandolo in un mondo ovattato in cui l'unico rumore che poteva udire era il battito del suo cuore.

Quindi è così che si muore, si disse.

Ma ciò che lo stupì fu il pensiero che si alzava sopra tutti gli altri e che lo trasportava con sé più del viso della dolce Anìrwen, del profumo della sua terra o della risata di suo figlio...il pensiero di qualcosa che era sempre rimasto nascosto dentro al suo cuore, inconfessato perfino a Legolas stesso.

Più che un ricordo, un rimpianto inespresso.

Insieme avremmo cercato il mare, erano state le sue ultime parole per Rhiannon.

Il mare.

Radagast aveva detto che i Silmaril potevano scatenare i desideri più oscuri e inconfessati in chiunque li possedesse. Ma come poteva l'oscurità farsi strada nei desideri di una creatura fatta di luce?

Immaginò se stesso nel corpo di un gabbiano, alzarsi in volo lasciandosi accarezzare dal vento e percorrere quell'infinita distesa brillante su cui il sole si specchiava, e vedere la sua luce tornare in alto, riflettendosi in mille pezzi di vetro...potè quasi sentire le sue grida di gioia scorgendo in lontananza i foschi contorni della terraferma, l'Ovest, le Terre dei suoi padri...

E sulla riva, ad aspettarlo, lei.

Legolas sentì il cuore stringersi in una morsa di dolore.

- Anìrwen... -

Perchè, se il desiderio era grande, l'amore lo sopraffaceva.

- Torno da te per lasciarti di nuovo, amore mio... - sussurrò - Perchè ci hanno fatto questo? Perchè i Valar l'hanno permesso? -

Una lacrima gli rigò il viso mentre l'unico vero amore della sua vita gli si faceva sempre più vicina, splendente nella luce del sole che portava tra i capelli, e socchiuse piano gli occhi mentre lei tendeva lentamente una mano verso il suo viso accarezzandogli la guancia. Legolas si lasciò andare a quel morbido tocco, sperando in cuor suo di poter morire in quel momento, conservando quella carezza come l'ultimo e il più prezioso dei suoi ricordi, troppo reale, dolce e doloroso per essere un'illusione.

Quindi lei parlò.

- Sai bene che ti ho amato più di ogni altra cosa fin dal primo momento in cui i nostri sguardi si sono incrociati – disse Anìrwen chinandosi sul suo sposo. La vista di Legolas era annebbiata, ma poteva avvertire il calore, il respiro, le labbra dell'amata vicine alle sue. – E che ho giurato che non ti avrei mai lasciato, né in vita né nella morte. Ciò che è accaduto non doveva accadere...e non si ripeterà. -

- Perchè parli per enigmi? – disse Legolas – Cosa stai cercando di dirmi? -

- Che non è giunto il momento di riunirci – continuò Anìrwen - Perchè non ci siamo mai separati. Le Aule di Mandos sono lontane per entrambi. -

- Ma tu sei morta – disse Legolas - Eredhil ti ha uccisa...sei viva solo nella mia mente e nel mio cuore...e tra poco anch'io morirò... -

Anìrwen scosse la testa sorridendo dolcemente.

- C'è un confine che possiamo attraversare, amore mio - disse - E sconfiggere il tempo per sempre. -

La fanciulla prese le mani di Legolas tra le sue, sottili e diafane. L'elfo sorrise guardando i begli occhi calmi della sua sposa.

- Ho tanto desiderato di poter stringere le tue mani ancora una volta... - disse.

- Le stringerai di nuovo, come stai facendo in questo momento - disse Anìrwen attirando delicatamente l'elfo a sé.

- Vivi, ora – disse.

Legolas inspirò profondamente e si sentì sollevare, ma non dalle mani delicate della sua sposa.

Qualcuno, molto più robusto, si stava issando il suo corpo, ormai quasi inerte, sulle spalle.

- Anìrwen... - disse con un fil di voce.

- Non sono Anìrwen – disse quella voce ormai famigliare - Sono parecchio più brutto. Non credo che ti dispiaccia, però, se provo a farti uscire da qui vivo. -
Legolas sorrise debolmente. - Ero sicuro che non mi avresti ascoltato, Valerius... - disse mentre il giovane imboccava lo stretto cunicolo che avrebbe condotto entrambi alla salvezza.

- Era ora che qualcuno mi riconoscesse, oggi. E ora andiamocene da questo inferno. Là fuori c'è un cavallo che ci aspetta. - disse Val.

Ma Legolas non lo potè sentire.

 

 

Era sospeso tra ricordi e desideri, come se avesse fatto un balzo indietro nel tempo e fosse rimasto invischiato in una ragnatela tesa nel buio. Anìrwen pareva non averlo abbandonato; Legolas si ritrovò tra le sue braccia, come nella notte precedente la sua partenza da Bosco Atro, e poteva sentire il calore del corpo della sua sposa mentre la stringeva a sé e si donavano l'uno all'altra con passione. Ma ogni brivido di piacere si trasformava sulla pelle dell'elfo in un colpo di coltello, in un taglio profondo, come se fosse sdraiato su un tappeto di schegge di vetro.

Il dolore divenne insopportabile. Cercò di divincolarsi dall'abbraccio di Anìrwen, sempre più stretto e soffocante, ma inutilmente; i capelli della fanciulla gli ricadevano sul viso, avvolgendolo come un serpente con le sue spire, impedendogli di vedere e di respirare. Quando, finalmente, riuscì a scostarseli dagli occhi, si accorse, con orrore che al posto di Anìrwen si trovava Ithildis, la Dama Nera, un ghigno demoniaco dipinto sul volto, le unghie piantate nella sua carne.

Urlò e lei scomparve, ma il dolore non cessò. Tornò il buio. E, nel buio, una voce che lo chiamava da lontano.

Legolas...fratello...

Conosceva anche troppo bene quella voce.

Un solo sangue...una sola carne...una sola morte...

E, ad ogni richiamo, una pugnalata.

Per tutti i Valar, perchè lo stavano torturando in quel modo?

Legolas sentì le sue tempie pulsare in modo irregolare mentre il suo corpo si contorceva dal dolore infertogli...fino a quando un'altra eco lontana giunse al suo orecchio.

Non ci siamo mai separati.

No, Anìrwen non lo aveva abbandonato. Ma quelle parole...

C'è un confine che possiamo attraversare...

Non riusciva a comprenderne il significato, ma erano tutto ciò a cui poteva aggrapparsi in quei terribili istanti.

...e sconfiggere il tempo per sempre.

Una falsa speranza, forse un'illusione, ma così vivida...

Meleth nìn, cercò di dire, ma le sue labbra non volevano saperne di aprirsi e le parole gli morirono in gola, in un'urlo silenzioso.

Torna...

E ora parevano due voci riunite in una, le voci di chi aveva amato e continuava ad amare con tutto se stesso. Una lo implorava di tornare, l'altra glie lo comandava dolcemente. E lui non potè far altro che obbedire.

Torna...

Il battito del suo cuore accelerò e divenne sempre più regolare.

Ora basta.

Eredhil era morto, Ithildis era morta. Lui era ancora vivo e doveva continuare a vivere. Lo doveva a quanti non l'avevano abbandonato.

Una debolissima luce si fece strada in lontananza; il dolore si attenuò, i tagli sulla pelle sembrarono chiudersi con un leggero prurito.

Non avrebbe mai capito quanto tempo quell'apparente agonia era durata.

Lentamente, nell'oscurità che si diradava, Legolas distinse il contorno di un viso famigliare e, su quel volto, un sorriso.

Una piccola, morbida mano toccò la sua; istintivamente, le sue dita si mossero tremanti verso di essa, e allora capì di essere tornato alla luce.

- Adar! - esclamò Galien, facendo tornare un ricordo la liscia e suadente voce di Eredhil.

Legolas aprì lentamente gli occhi; la sua vista era ancora sfuocata ma riuscì, nel tenue bagliore di un braciere, a distinguere il sorriso e gli occhi luminosi di suo figlio che lo guardavano colmi di gioia.

- Hên nìn... - disse debolmente mentre Galien prendeva la sua mano e se la portava al visetto, cercando una carezza a lungo desiderata. Sorridendo debolmente, lasciò scorrere la mano dalla guancia ai morbidi capelli di suo figlio: come aveva potuto essere così egoista da pensare di abbandonarlo per seguire l'amore nella morte?

Cercò di chiedergli perdono, ma la sua voce fu poco più che un sussurro; ogni parola, ogni movimento erano per lui una stilettata nel costato.

- Va tutto bene Padre...non affaticarti. Polo, svelto, vai a chiamare gli altri! - disse Galien, eccitato.

Legolas strinse gli occhi, inspirando profondamente.

Polo?

Ricordava di averlo lasciato a Edoras insieme ad Aragorn e gli altri compagni...dove si trovava ora?

Spossato, cercò di aguzzare la sua vista da elfo, ancora sfuocata, per distinguere i contorni del luogo che lo circondava: sicuramente una tenda, dati i pesanti panneggi di tela grezza tutt'intorno a lui. Valerius l'aveva tratto in salvo, quindi, ragionevolmente, doveva averlo riportato all'accampamento; si trovava ancora lì? E per quanto tempo era rimasto privo di coscienza?

Richiamando a sé tutta la sua lucidità cercò disperatamente di alzarsi da suo giaciglio, ma ogni movimento era così doloroso da levargli il respiro.

- Calmati. Va tutto bene, ma non ti devi agitare. Sei ancora troppo debole. -

Sentendo quella voce, l'elfo provò un'immenza sensazione di sollievo.

- Rhiannon... –

La ragazza lo sorresse, aiutandolo a mettersi seduto, mentre Galien stringeva forte la mano destra del padre tra le sue, temendo quasi di vederlo alzarsi e lasciarlo solo un'altra volta.

- Sapevo che saresti tornato – disse Rhiannon.

Lentamente, Legolas mise a fuoco prima la folta chioma rossa, poi il volto della ragazza, pallido e teso nonostante gli stesse sorridendo con tutto il cuore, e ciò che vi lesse lo inquietò perchè non si trattava né di gioia né di sollievo, ma di paura e rassegnazione.

Rhiannon distolse rapidamente lo sguardo da quello dell'elfo, ma troppo tardi.

- Bevi questo – gli disse, accostando alle sue labbra una ciotola piena di un liquido tiepido e profumato. Legolas pose la sua mano sinistra su quella della ragazza, come se la stesse aiutando ad aiutarlo, e bevve una lunga sorsata di quell'infuso che sembrò riportare immediatamente calore ed energia nel suo corpo.

- Siamo...siamo ad Aldorath? - domandò, riprendendo lentamente le forze.

Rhiannon annuì. - Siamo sempre all'accampamento. Hai dormito per due giorni. Deliravi. -

- Ho avuto incubi terribili – sussurrò Legolas – Un'atroce tortura...nel corpo e nell'anima... -

Rhiannon si incupì. - Ne sono sicura. La lama con cui Eredhil ti ha colpito era avvelenata – disse in tono grave – I guaritori di Aldorath hanno fatto tutto ciò che era possibile per loro...per il resto ci è voluta la tua tempra da elfo. La forza per combattere non ti ha mai abbandonato. -

- E nemmeno noi ti abbiamo abbandonato! - aggiunse Galien.

Legolas sorrise, stringendo la manina di suo figlio nella sua. Avrebbe voluto dirgli che ora non doveva più temere nulla, che Eredhil non sarebbe mai più tornato, che il sangue di suo zio aveva lavato quello versato da sua madre, da Potter e da tutti coloro che si era portato via per sempre, ma non ci riuscì. Non si sentiva orgoglioso del suo gesto, né pensava di aver fatto semplicemente ciò che doveva. Se solo ci fosse stato un modo per evitarlo, l'avrebbe trovato. Semplicemente, non era stato possibile.

- E'...è finita? - fu tutto ciò che riuscì a pronunciare. Ma lo sguardo di Rhiannon, il suo volto teso, incapace di sorridere con sincerità, gli rese facile immaginare quale potesse essere la risposta a quella domanda.

Rhiannon si scostò dal giaciglio di Legolas, lasciando scorrere la mano dalla spalla al petto dell'elfo.

- No, Legolas – disse una voce conosciuta – Non è finita. -

L'elfo si voltò. Una sottile lama di luce avanzò all'interno della tenda, aiutandolo a distinguere una sagoma scura, avvolta in un logoro mantello marrone.

- Radagast...? - disse Legolas, sorpreso. Un'ombra di inquietudine si impadronì del suo cuore.

Lo stregone, impassibile nella penombra, sollevò il suo bastone e la pietra azzurra che si trovava alla sommità di esso iniziò ad emettere una tenue luce azzurra, cosa che aiutò Legolas a distinguere le fisionomie di coloro i quali stavano facendo il loro ingresso nella sua tenda e si avvicinavano al suo giaciglio: Valerius, Yain e Galien, con il piccolo Polo sulla spalla. Rhiannon non si mosse dal fianco del'elfo, gli occhi gelidi e rivolti verso il basso.

- Sono lieto di ritrovarti vivo, Signore del Bosco Atro. Abbiamo temuto fortemente per te. - disse Radagast.

- Alla luce delle tue parole...vorrei poter dire la stessa cosa – ribattè debolmente Legolas – Dove sono Aragorn, Gimli e Sam? Credevo foste partiti per Gondor... -

- E ci siamo arrivati, tutti – rispose Radagast – Ma qualcosa non è andato come avrebbe dovuto. Mi dispiace, Signore del Bosco Atro, ma non porto buone notizie. -

Si sedette accanto all'elfo e cominciò il suo racconto.

 

 

 

 

Rieccomi! Innansi tutto, devo precisare che una piccolissima parte del dialogo tra Legolas e Anìrwen è mutuato dalla splendida e commovente canzone “Wolfe” degli Albion Band...non vi dico quale, ascoltate e scoprite ^_-

Ah, nel capitolo precedente avevo dimenticato di precisare che una parte del dialogo tra Valerius e Legolas veniva da “Hero” di David Crosby, stra le mille cose che avevo in testa mi ero dimenticata di scriverlo!

In secondo luogo mi scuso per il mostruoso ritardo nell'aggiornamento e per aver pubblicato questo capitolo un po' monco. Il motivo per cui ho deciso di sdoppiarlo forse è stupido, ma rientra in una delle mie fissazioni, in questo caso la citazione iniziale. Se questa storia dev'essere un omaggio a “The rising”, che lo sia fino in fondo! Ma capirete con il prossimo capitolo ^_-

Terzo, confermo che mancano ancora due capitoli alla conclusione, la seconda parte di questo e il gran finale, poi BASTA. Questa parte non è granchè, la prima parte del prossimo capitolo l'ho ODIATA e vi spiegherò poi perchè. Quello che mi dispiace più di tutto è di non riuscire a finire tutto entro la fine dell'anno...avrei tanto voluto entrare nei dieci anni esatti dalla pubblicazione del primo capitolo, e invece niente da fare. Da qui ho deciso che, come buon proposito per l'anno nuovo, non farò più buoni propositi. E, soprattutto, mai più long-fic.

Ringraziandovi ancora per la pazienza, vi auguro buonissime feste!

Un abbraccio,

Ruby

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 33 ***


33. La fine di ogni cosa

- seconda parte -

 

 

 

Left the house this morning
Bells ringing filled the air
I was wearin' the cross of my calling
On wheels of fire I come rollin' down here…

 

(Bruce Springsteen, “The rising”)

 

 

 

 

Quando Gimli si svegliò non si rese conto di dove fosse. Gli ci volle qualche minuto per trovare la forza di alzarsi dal pavimento sul quale giaceva riverso, gli arti intorpiditi dal freddo e un soffocante odore di muffa nelle narici. Un pallido e freddo raggio di luce illuminava l'ambiente ma non a sufficienza perchè la vista ancora offuscata del nano potesse distinguere ciò che si trovava intorno a lui. Il silenzio era rotto solo dal ritmico cadere di una goccia d'acqua, ma era momentaneamente impossibile capire da dove provenisse quel suono.

- Sam...? - chiamò, stringendosi la testa dolente fra le mani - Aragorn? -

Lentamente, si alzò sulle gambe traballanti e si appoggiò al muro, cercando invano di ricordare cos'era successo, come aveva potuto finire lì dentro, ovunque si trovasse.

Ricordi disordinati si affollarono nella sua mente: la torre di Ecthelion al calar del sole, i cancelli della Città Bianca che si chiudevano alle loro spalle, Eowyn che attendeva la piccola compagnia all'ingresso della Cittadella, sorridendo...

Poi il buio.

Il nano strinse gli occhi cercando di adattare la sua vista, già avvezza all'oscurità delle miniere, all'ambiente che lo circondava. Un dolore pulsante gli attanagliava la testa, rendendogli difficile anche solo restare in piedi e guardarsi intorno, ma doveva trovare i suoi compagni, o quantomeno capire cosa gli fosse successo. Chiamò nuovamente Aragorn, ma invano; la sua voce si spense tra mura che non riusciva a vedere.

- Maledizione! - disse, appoggiandosi di peso ad una parete umida. Era sfinito; rimase in quella posizione per un tempo indefinito, scandito solamente dal rumore lento della goccia che cadeva e che sembrava trapassargli il cranio, come nelle peggiori torture.

-Basta...basta!! - esclamò, stringendosi la testa tra le mani – Sam, Aragorn...dove siete?! -

Improvvisamente un’ondata dolciastra gli penetrò nelle narici, provocandogli un moto di nausea. Si scostò bruscamente dal muro, andando a sbattere contro una massa informe che pendeva dal soffitto e che gli rimbalzò contro, gettandolo a terra. Il nano imprecò cercando di alzarsi per la seconda volta, ma qualcosa in quella sagoma appesa catturò la sua attenzione.

Tese le orecchie; il silenzio era totale, anche quella dannata goccia aveva cessato di cadere, ma non fu un sollievo. Quando il nano riuscì finalmente a distinguere quella sagoma capì anche che il misterioso liquido che aveva ormai formato una piccola pozza sotto di essa non era acqua.

-Che Aulë ci protegga – disse con voce tremante, paralizzato dal terrore.

Davanti a lui, Sam dondolava appeso al soffitto, le mani legate ad una corda, le braccia e il volto rigati di sangue che continuava a scorrere dalle ferite.

Una goccia dopo l'altra, plic, plic, plic.

-Sam!! -

Il nano si lanciò verso l'amico, ma l'unico risultato fu di finire riverso sul pavimento con un'esclamazione soffocata. Una spessa corda assicurava la sua caviglia sinistra ad un anello di ferro incastonato nella parete.

-E' vivo, non temere – disse ad un tratto una fredda voce nel buio – Morto, non mi servirebbe a nulla. -

Eowyn fece un passo fuori dall'ombra, un gelido e inquietante sorriso dipinto sulle labbra. - Non che mi sia servito a molto, comunque – aggiunse – Benvenuto nelle segrete di Minas Tirith! Spero che la sistemazione sia di tuo gradimento. -

Gimli si mise faticosamente a sedere e guardò la fanciulla immobile davanti a lui, sbalordito.

-Che i Valar ti maledicano, Dama!! - esclamò infine – Perchè hai fatto questo ad un amico onesto e sincero? Che ne è degli altri? -

-Le domande spettano a me, Nano. Eravate in cinque, quando vi siete presentati ai Cancelli. Alla vostra compagnia manca un membro. Dov'è lo stregone? -

-Radagast? Vorrei saperlo anch'io...per ucciderlo con le mie mani, se ci ha abbandonato nel momento del pericolo! -

-Oh, mi dispiace, ma sarò io a togliermi quella soddisfazione. Mi è già sfuggito una volta, non ho intenzione di farlo accadere di nuovo. -

Un lampo metallico balenò negli occhi della fanciulla, e fu solo in quel momento che Gimli ritrovò del tutto la propria lucidità.

-Tu non sei Eowyn - disse, quasi in un sussurro - Avrei dovuto immaginarlo subito. Sei Fermanagh. Radagast aveva ragione... -

-I miei complimenti per la sagacia. Mi chiedevo quando ci saresti arrivato. -

-Te lo domando di nuovo...che ne è degli altri?! - tuonò Gimli – Aragorn, Faramir... -

...e Polo. Ma il nano si arrestò prima di pronunciare quel nome. Fermanagh aveva parlato di cinque compagni. A meno che tra loro non si celasse un traditore, all'appello mancava proprio lui.

Eowyn ghignò e spalancò del tutto la porta della cella. - Vuoi vederli?- disse - Sono qui. -

Gimli deglutì nel vedere il Sovrintendente e il Re di Gondor fare il loro ingresso a passi lenti, come marionette in mano ad un'entità più potente, negli occhi ormai vuoti la stessa luce metallica che illuminava quelli della Dama di Rohan.

Gimli impallidì. - Oh, no... - disse.

-Oh sì - ribattè Eowyn - Credo che ormai tu non possa fare altro che collaborare. L'Elfo è fuggito da Edoras, così mi ha detto il tuo inutile amico prima di perdere i sensi, vsto che al Re e al suo Sovrintendente non è rimasta molta memoria...loro mi servono per altro. Ora voglio sapere dov'era diretto e voglio saperlo subito. Bada, ho la stessa capacità di persuasione del mio sciocco fratello, ma utilizzo metodi molto più efficaci. -

Gimli deglutì e pregò che il demone non si accorgesse del topolino che era schizzato fuori dalla cella passando tra i piedi di Aragorn.

E così la nostra ultima speranza è riposta nella piccola gente della Contea, pensò, chiudendo gli occhi. Di nuovo, come allora.

 

Il percorso che divideva le segrete dall'uscita dalla Città Bianca sembrava infinito per le piccole zampe di Polo, che correva a perdifiato cercando di orientarsi in quello spazio così grande e di schivare tutto ciò che poteva costituire un pericolo per un topo.

Il suo cuore era gonfio di paura e angoscia.

-Tieniti vicino alle mura e non fermarti – disse Radagast.

Polo annuì. Non poteva vedere lo stregone né sentirne il peso, rimpicciolito com'era alle dimensioni di una pulce, ed era terrorizzato all'idea di farlo cadere.

Fai esattamente ciò che ti dirò e non temere di perdermi perchè non succederà, gli aveva detto Radagast.

Lo stregone aveva percepito il pericolo appena Eowyn gli si era fatta incontro e aveva capito che le sue forze non sarebbero mai state sufficienti per combattere la creatura che si era impossessata di lei. La fuga era la soluzione forse meno onorevole, ma di certo più utile.

Polo oltrepassò il cancello con un solo balzo, il più lungo consentitogli dalle sue minuscole zampe, le forze amplificate dalla paura e dall’angoscia, e continuò a correre a perdifiato nell’arida pianura, lasciandosi guidare da Radagast, aggrappato al suo pelo.

-Aldorath è troppo lontana! - squittì – Non riusciremo mai ad arrivare in tempo, nemmeno se corressi senza sosta...e non credo di reggere ancora per molto! -

-Non temere – rispose lo stregone - Abbiamo più alleati di quanti tu non immagini. Ora continua a correre e non temere, qualsiasi cosa accada! Fidati di me! - E lanciò un fischio acutissimo, che provocò quasi un moto di dolore alle orecchie di Polo, costringendolo a rallentare l’andatura.

-Corri! - lo esortò Radagast – Corri e non fermarti! -

Polo obbedì, ma il suo piccolo cuore rischiò di fermarsi quando all’improvviso un enorme corvo nero si gettò su di loro in picchiata e lo sollevò da terra con i suoi artigli acuminati.

-No!! Non può finire in modo così stupido!!- esclamò.

-E non finirà, infatti! - disse Radagast, sorridendo – Perchè credi che il mio vero nome sia Aiwendil, “amico degli uccelli”? Grazie Aranac, nipote di Roac – disse infine rivolgendosi al corvo – A debito si aggiunge debito, ma sapremo ripagarlo al momento opportuno. E ora, verso Aldorath! -

-Non esiste alcun debito – gracchiò in risposta Aranac, continuando a volare sicuro – Dobbiamo tutti giocare la nostra parte nella ricerca della salvezza, se non vogliamo che l’oscurità si abbatta nuovamente su tutti noi. -

 

Così si concluse il racconto dello stregone. Legolas lo guardò attonito, come se le poche speranze che erano cresciute nel suo cuore al suo risveglio si fossero sbriciolate in un istante.

-Mi dispiace, Signore del Bosco Atro – disse Radagast – So che speravi di essere giunto all’epilogo di questa storia. Invece, prima di mettervi la parola “fine” qualcuno dovrà ancora giocare la sua parte...ai Denti del Drago. E avrà tutto il mio aiuto. L’ultimo Silmaril va portato là e incastrato in una sottile colonna di roccia. Quel che accadrà dopo...non è ancora in mio potere dirlo. -

A quest’ultima notizia Legolas si lasciò cadere sui gomiti, come colto da un’improvvisa debolezza portata dallo sconforto. Guardò negli occhi tutti coloro che lo circondavano, Rhiannon, Val, Galien con il piccolo Polo sulla spalla, soffermandosi su quelli profondi e senza età dello stregone, implorando una risposta alla domanda che temeva di fare.

Radagast lo precedette.

-So cosa vorresti sapere – disse – Ma questo compito non cadrà di nuovo sulle tue spalle, troppo deboli per sopportare oltre in questo momento. Qualcun altro combatterà quest’ultima battaglia. -

Legolas trattenne il respiro per un istante. Dal suo risveglio, quando credeva che ormai tutto fosse finito, gli era parso invece di precipitare di nuovo nel vuoto. Qualcun altro dovrà giocare la sua parte. E lui che parte aveva avuto? A cosa era servita tanta sofferenza se ora qualcun altro doveva caricarsi sulle spalle quel fardello? E soprattutto, a chi sarebbe toccato adesso?

Val si alzò in piedi, indovinando il pensiero dell’elfo. - Andrò io, Legolas – disse – E Polo verrà con noi. -

Rhiannon uscì dalla tenda senza dire una parola.

L’Elfo e l’Uomo si guardarono per un tempo che sembrava infinito, cercando, senza riuscirci, di intuire i pensieri l’uno dell’altro.

Infine Legolas parlò.

-Per favore, lasciateci soli un momento. -

-D’accordo, Signore del Bosco Atro – rispose Radagast – Ma ricordate che non ci resta molto tempo. Non sprecatelo con parole inutili. -

-Non lo saranno – ribattè Legolas mentre Radagast e Galien lasciavano la tenda.

 

Legolas si raddrizzò faticosamente, mettendosi a sedere sulla branda e continuando a fissare Valerius negli occhi. Lo sguardo dell’Elfo l’aveva sempre inquietato, a partire dalla terribile notte del loro primo incontro; eppure questa volta il giovane non percepì nessuna tensione, come se Legolas stesse scavando con delicatezza nel profondo della sua anima. L’unica cosa di cui aveva paura era di ciò che vi avrebbe potuto far emergere. Senza rendersene conto, Val trattenne il respiro.

-Elen sìla lumenn’ omentielvo – disse quindi Legolas rompendo il silenzio – Sai cosa significa? -

Val scosse la testa.

-Significa “una stella brilla sull’ora del nostro incontro”. Ma sul nostro primo incontro non ha brillato nessuna stella. Ammetto di aver avuto una pessima opinione su di te, ma forse ero troppo cieco per non vedere la luce di quella stella...e la strada su cui ci ha portato. Ti ho giudicato molto male e ne sono addolorato, ora più che mai. Questa responsabilità non avrebbe dovuto ricadere su di te. -

Il giovane scosse la testa. - E su chi avrebbe dovuto ricadere? Sui miei uomini? Su di te, che sei appena scampato alla morte? Su tuo figlio? -

-Non credere che non senta quello che provi – disse Legolas fissando il giovane negli occhi. - So che hai paura, come tutti noi. Ed è normale, perché un condottiero non deve mostrar paura, ma ha tutto il diritto di averne. Questa decisione ti fa onore, ma ora devi dirmi perché l’hai presa e voglio la verità. Lo fai per lei? O per me? Tu non hai più debiti con nessuno, ricordatelo. -

Val distolse lo sguardo e il suo pensiero corse velocemente a Rhiannon. - L’ho fatto perché ho qualcuno per cui combattere. E a cui lasciare questa terra. Continui a giudicarmi male, Legolas, non sono un egoista. Non fino a questo punto, anche se mi sono comportato spesso da tale. Da egoista e sventato. -

-Senza la tua sventatezza forse non sarei qui, ora – disse Legolas sorridendo. - Credo...credo di doverti ringraziare per avermi disobbedito. -

-Senza di te nemmeno Rhiannon sarebbe qui. - ribattè Valerius – Comunque...in un certo senso sì, ho preso questa decisione anche per voi. E per me. -

La sua voce si incrinò. - E’ come se mi fossi reso conto...di non essere più un ragazzo. Di essere diventato uomo all’improvviso, quando credevo di esserlo già. Oh, grande Eru...tu sei una creatura millenaria...non so nemmeno se puoi capirmi… - disse chiudendo gli occhi, e prendendosi la testa tra le mani si chinò in avanti come se un forte dolore l’avesse attraversato all’improvviso.

Legolas allungò il braccio e gli pose una mano sul capo, in modo quasi paterno. - Posso capirti, invece. Per me si è trattato di molto, molto tempo fa. Il momento in cui ho capito di non essere responsabile solamente di me stesso... Ma il prezzo che tu rischi di pagare è molto alto, te ne sei reso conto? -

-Non sarò solo, lo sai. -

Legolas tacque. Lo sarai, avrebbe voluto dirgli. Quando ti troverai faccia a faccia con il nemico sarai solo ad affrontare la tua paura, la tua insicurezza, la tua debolezza...solo come chiunque altro. Elfi, Uomini, Nani...fatti di carne e di sangue, fallibili, fragili. Ed è proprio questo che ci rende fratelli…

Lo pensò, ma non lo disse.

-Nemmeno io ti lascerò solo, anche se non potrò venire con te. O ra passami quello – disse poi, indicando un lungo oggetto avvolto in un pesante panno verde, appoggiato al suolo vicino all’ingresso della tenda. Val lo depositò con attenzione nelle braccia dell’elfo che lo svolse con cura, svelando in tutta la sua maestosa bellezza l’arco che aveva ricevuto in dono da Dama Galadriel. Legolas lasciò scorrere lo sguardo su quell’arma tanto letale quanto splendida, accarezzandone lentamente gli intarsi come per imprimersi quel raffinato disegno nella memoria. Come se lo stesse guardando per l’ultima volta.

Valerius era un abile artigiano, ma alla vista di quell’arco capì che mai avrebbe potuto eguagliare la maestria degli Elfi.

-E'...è meraviglioso – disse.

-Mi fu donato dalla Dama del Bosco d'Oro. E' stato tutt'uno con le mie mani e i miei occhi durante la Guerra dell’Anello. Ora è tuo. Ti sarà di grande aiuto, come lo è stato per me. -

Valerius trattenne il respiro dallo stupore. - Non posso. Non ho le mani né gli occhi di un elfo. Non sono degno di possedere né di utilizzare un'arma del genere. -
-Ti sbagli. Tu sei l'unico ad esserne degno, ora. -

Legolas serrò le mani di Valerius intorno al suo prezioso arco, allontanandolo da lui, poi prese la testa del giovane tra le sue mani, costringendolo a guardarlo negli occhi.

-Non rifiutare mai l'aiuto di chi trovi sul tuo cammino – disse – Anche se l'aiuto più grande verrà da ciò che porti nel tuo cuore, dal tuo coraggio...ma potrebbe non bastare. A questo proposito, abbi cura di Polo. Tende un po' troppo a confondere l'incoscienza con il coraggio. Ma tu non commettere gesti sventati. Nessuno qui ha bisogno di un eroe morto, ricordatelo.-

Valerius aprì le labbra in un sincero sorriso. - Lo farò – disse, sollevando l'arco di Galadriel – Anche perchè ho intenzione di riportarti indietro questo. Lo considero un prestito, chiaro? -

Legolas sorrise a sua volta e appoggiò la sua fronte a quella di Val.

-Possa la tua forza darci forza...e possa la tua speranza darci speranza. - disse - Addio, Valerius di Aldorath...benedetto dagli Elfi. -

Valerius chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel tocco forte e delicato allo stesso tempo, ricevendone sicurezza e calore, ma soprattutto fiducia. Non avrebbe fallito; lo doveva a Legolas, a Rhiannon, alla sua gente, ma soprattutto a se stesso.

 

Valerius uscì a passo deciso dalla tenda di Legolas, e quasi non si accorse che Rhiannon lo stava aspettando fuori da essa.

-Sei sicuro di volerlo fare?-

Val si voltò di scatto, distinguendo a fatica la figura della ragazza avvolta in un mantello scuro, nella prima luce dell'alba.
-Ho scelta?- rispose.

Rhiannon tentennò, cercando di reggere lo sguardo stanco ma deciso del giovane.

-Sì. Non sei costretto a farlo. Puoi cambiare idea quando vuoi, nessuno ti biasimerà per questo.-

-Perchè mi stai dicendo questo? Vuoi che resti? -

Rhiannon tacque, stringendosi nelle braccia.
-L'avrei fatto, sai? - continuò Valerius - Per te l'avrei fatto, se tu me l'avessi chiesto. Avrei preferito di gran lunga aspettare la fine accanto a te. Ma come posso tirarmi indietro dopo aver visto cosa restava di Aldorath, del posto in cui sono nato e cresciuto? Li hai visti anche tu...le case distrutte, gli alberi bruciati...e tutti quei morti. Non avresti fatto la stessa cosa, al mio posto? E anche se non so come potrebbe finire...sono certo che è l'unica cosa giusta da fare. – disse, stringendo forte l'arco di Galadriel tra le mani.

Rhiannon lo guardò, meravigliata, e lasciò scorrere le dita di una mano sull'intarsio che faceva risplendere quella preziosa arma di riflessi argentati. - Te l'ha dato lui? - domandò.

Valerius annuì. - Mi ha dato molto di più – disse – Mi ha dato la forza di andare avanti. Credo di aver capito perchè lo ami così tanto. -

Rhiannon scosse la testa e fece qualche passo, voltando le spalle a Val.

-Non lo amo come credi tu. Pensavo di amarlo quando ho temuto di perderlo, forse perchè temevo di perdere chi mi aveva fatto riemergere dall'ombra alla luce, dividendo con me il suo dolore e la sua paura, e mi aveva offerto un braccio a cui aggrapparmi quando ero sul punto di cadere, esattamente come ha fatto Potter. Ma ho capito che l'amore ha molti volti e molte forme, e quello che c'è tra noi è diverso da quello che lui prova per la madre di suo figlio. Il suo cuore apparterrà per sempre ad un'altra e io non ho intenzione di prenderglielo. Sei soddisfatto adesso? Era questo che volevi sapere? -

-No – rispose Val – Perchè lo sapevo già. Ed è la stessa cosa che sto provando io in questo momento; non si può non amare chi non ti biasima per aver paura ma ti aiuta a capire...che è una sensazione come un'altra, come aver caldo o freddo, o sete. Non si può non amare chi ti aiuta a trovare te stesso. -

Rhiannon si voltò e i suoi occhi verdi incontrarono quelli scuri e profondi del giovane.

-Se Potter ti avesse sentito mi starebbe implorando di sposarti – disse, ridendo.

Val non si risentì; il suo cuore era calmo e sereno, pronto per la missione che stava per compiere, anche se sapeva che sarebbe bastato poco per rompere quella serenità.

-A proposito...tieni, questa è per te – continuò Rhiannon porgendo al giovane una fiaschetta di pelle che teneva sotto il mantello. - Ti scalderà e ti darà un po' di forza...e di incoscienza. Di coraggio ne hai già anche troppo. -

Val stappò la fiasca e la portò al naso; l'effluvio alcolico, dolce ma stordente, del liquore gli fece retrarre la testa.
- Ricetta di Potter, vero? -
Rhiannon annuì. - Era un maestro nel preparare queste cose. -

-Spero che non sia quella con cui ha steso Frey con un solo bicchiere... -

Rhiannon rise. - Oh no, quella era un segreto perfino per me! E comunque erano tre bicchieri. Ci voleva ben altro per stendere Frey... -

-Come quella volta in cui gli rovesciasti un secchio d'acqua gelata in testa? -

-Ho sviluppato delle buone tecniche per far capire ai clienti quando esagerano – disse Rhiannon ridendo – E lui stava schiamazzando un po' troppo. Dava fastidio alla gente...e anche a me. E' stata la prima e l'ultima volta in cui ha provato a mettermi le mani addosso! -

Ora toccò a Valerius ridere. - I tuoi metodi sono stati sempre molto convincenti! -

-Frutti di anni di esperienza... -

Val sorrise di nuovo e lanciò uno sguardo timido e malinconico alla ragazza.

-Sai... ricordo ancora la prima volta che ti ho vista. Ero entrato alla locanda mentre stavi raccogliendo i cocci di una caraffa di vino che qualcuno aveva fatto cadere. E mentre pulivi imprecavi contro tutti i Valar, anche quelli che non esistono... -

Risero entrambi.

-Sì, sì, eri proprio furibonda. Però...una ciocca di capelli ti scendeva sul viso, proprio in mezzo alla fronte. Ho pensato che eri bellissima. -

-Io invece devo aver pensato che avresti potuto anche darmi una mano invece di startene lì a guardare... -

-Ah, probabilmente me l'avevi anche detto! -

I due giovani risero di gusto, ma la loro spensieratezza durò poco.

-Sai, riesco a credere di poter ridere in una situazione come questa – disse Valerius.

-Nemmeno io. Ma abbiamo già pianto tanto e non è servito a niente. -

Valerius si rabbuiò e le sue risa parvero spegnersi in un singhiozzo sommesso.

-Mi dispiace, Rhiannon. Non riesco proprio a credere che debba finire così... -

-Val... -

-Ti prego ricordati di Yain e prometti... -

-Val! -

-...che ti prenderai cura di lui... -

-Val!! -

Rhiannon fissò Valerius negli occhi.

-Non è ancora finita. Non farmi rimangiare quello che ho detto prima. Anch'io sto morendo di paura, cosa credi? Ricordati che non sei solo. -

-Ad avere paura? -

-Anche. -

Valerius tacque per un istante. - Promettimi lo stesso che lo proteggerai. Promettimelo. Se io non torno, non gli rimane più niente. -

Rhiannon scosse il capo. - Non avevi nemmeno bisogno di chiedermelo, Val, lo sai. -

I due giovani tacquero per qualche istante, finchè un rumore di passi leggeri sull'erba non ruppe il silenzio che era caduto tra loro.

-Valerius – disse Radagast – E' ora di andare. -

Il giovane annuì e si rivolse a Rhiannon.

-Allora addio, Rhiannon. Grazie per questa – disse Val sollevando la fiaschetta, un sorriso triste sulle labbra – La berrò alla tua salute. Ricordami qualche volta. -

Rhiannon non disse nulla, ma i suoi occhi verdi tornarono fissi sul volto del ragazzo; Valerius abbassò lo sguardo e trattenne il respiro, incapace di dire ciò che la ragazza sapeva benissimo.

Dimmi di andarmene, ti prego, pensò. Perchè se tu mi dicessi di restare io lo farei, ma mi sentirei un vigliacco per il resto della mia vita. Grande Ilùvatar, che sciocchezza innamorarsi...

- Val - disse infine Rhiannon.

Il giovane si immobilizzò e trattenne il respiro.

- Io non voglio ricordarti. Voglio rivederti. -
E corse via.

 

Valerius, incredulo, tenne gli occhi fissi sulla ragazza finché non fu scomparsa dalla sua vista, incapace di sentire altro che il battito del suo cuore. Per lui, in quel momento, l’aria che gli sferzava il viso era solo il vento del nord che cominciava a soffiare, sempre più forte, scuotendo le fronde degli alberi. Perciò ebbe un sussulto quando si accorse della gigantesca ombra che stava calando sulla radura, sopra di lui.

-Ben ritrovato Gwaihir, Signore del cielo – disse Radagast, chinandosi per porgere il suo saluto all’enorme aquila che stava atterrando con tutta la grazia che le sue dimensioni le concedevano. -Ora più che mai abbiamo bisogno di te. E molto probabilmente sarà per l’ultima volta. -

Val spalancò la bocca e fece un passo indietro, impressionato. Il piccolo Polo, fino ad un attimo prima fermo ai piedi di Radagast, schizzò nel taschino della sua casacca, tremando come una foglia.

L’aquila non rispose ma si chinò per permettere allo stregone e ai suo compagni di montarle sul dorso.

-Coraggio, sali – disse Radagast rivolgendosi a Val. Il giovane deglutì e afferrò la mano che lo stregone gli porgeva. Polo si accoccolò ancora più in profondità nel taschino, tenendosi più stretto che poteva alla stoffa.

-Non avrei mai creduto di poter volare, un giorno – disse il giovane, ancora incredulo – Forse nei miei sogni. Ma erano sogni molto diversi da questo. -

-Se fosse un sogno sarebbe tutto molto più semplice – ribattè Radagast. - Ora tieniti forte. -

-A cosa…? - disse Valerius, traballando sul dorso ricoperto dalle morbide piume dell’aquila.

-A tutto quello che ti rende sicuro – rispose Gwaihir con voce tonante, facendo sussultare i suoi passeggeri – Ma non temere: non permetterò a nessuno di voi di cadere. -

 

Val non potè vedere il viso di Rhiannon rigato dalle lacrime mentre lo guardava partire, forse per l’ultima volta, ma mentre si alzava in volo sopra la foresta sentì il suo cuore farsi più leggero.

Sì, sarebbe tornato a casa. Doveva tornare a casa.

Ora aveva un buon motivo per farlo.

 

 

It's a fairytale so tragic

there's no prince to break the spell

I don't believe in magic

but for you I will, for you I will

If I'm a fool, I'll be a fool

darlin' for you

 

(Bruce Springsteen, countin' on a miracle)

 

 

 

 

Note: questa storia è stata aggiornata per l’ultima volta nel 2014. Sei anni fa. Ho riletto le note finali del capitolo precedente e giuro che NON ricordo perché ho odiato l’inizio di questo capitolo, ma suppongo fosse per la fatica nella stesura e per la mancanza di ispirazione, che andava a pezzi. La cosa più faticosa è stato metterli insieme, questi pezzi. Ma alla fine, eccoli qua. Sei anni, durante i quali io sono cambiata perché la mia vita è parecchio cambiata, sono cambiato i miei sogni, la mia ispirazione, che c’è ancora anche se il tempo per buttare giù qualsiasi cosa ormai è ridotto all’osso. Ma va bene così :) Manca un capitolo, un capitolo solo. Non so se i lettori che hanno iniziato a seguire questa storia staranno ancora spettando seguito e finale o se l’avranno dimenticata. Io non l’ho dimenticata. Per loro forse sarà una delusione ma per me avvicinarmi alla fine è una piccola conquista. Speriamo di non dovervi far aspettare altri sei anni. Ovunque siate, grazie per esserci stati <3

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 34 ***


34. Rinascita

 

 

Can't see nothin' in front of me
Can't see nothin' coming up behind
Make my way through this darkness
I can't feel nothing but this chain that binds me

 

(Bruce Springsteen, “The Rising”)

 

 

L’aria gelida che, sopra le montagne, sferzava il volto di Radagast era così pungente che lo stregone faticava a tenere aperti gli occhi. Con una mano reggeva il bastone, sulla cui punta la pallida luce azzurra cresceva di intensità con l’avvicinarsi alla meta, con l’altra stringeva più forte che poteva il folto e morbido piumaggio di Gwaihir. Radagast adorava volare, ma non era mai riuscito ad abituarsi alla sensazione di vuoto allo stomaco che gli provocavano le improvvise planate e le velocissime ascese che il Signore delle Aquile compiva senza preavviso. Si voltò verso Valerius, che si teneva stretto al suo torace al punto da bloccargli il respiro; a giudicare dal suo colorito verdognolo, il giovane se la stava passando decisamente peggio di lui.

-Cerca di coprirti un po’ di più – disse ad alta voce lo stregone, temendo che Val non udisse le sue parole – Non manca molto e se arriverai a destinazione già congelato temo che non ci sarai di grande utilità! -

Valerius non si mosse e borbottò qualcosa sull’allacciarsi meglio il mantello, che ora gli svolazzava alle spalle. Radagast non comprese le sue parole ma gli bastarono per capire che era ancora vivo. Lo stregone annuì e tornò a guardare davanti a sé, gli occhi ridotti ad una sottilissima fessura tra le palpebre. Lentamente si guardò intorno, sperando che il nemico non gli fosse già addosso; di certo Fermanagh, che ormai disponeva di poteri molto più grandi di quanto lui poteva immaginare, non avrebbe impiegato molto a capire dove erano diretti. Un mezzo di trasporto più discreto forse li avrebbe aiutati a passare inosservati; del resto lo stesso Gandalf aveva evitato di proporre alle Aquile di condurre Frodo a Monte Fato per lo stesso motivo, un essere così grande e potente avrebbe potuto essere molto più facilmente intercettato rispetto ad una piccola compagnia di viandanti. Ma il tempo era ormai contro di loro ed ogni minuto che passava rischiava di avvicinarli alla fine.

La luce azzurra del bastone si fece ancora più intensa.

- Tieniti forte, ora scendiamo – disse Radagast mentre Gwaihir planava curvando verso una parete rocciosa coperta di neve.

Val annuì senza che lo stregone potesse vederlo e strinse forte gli occhi. Il gelo gli bruciava la pelle del viso, ma in quel momento era il minore dei suoi problemi; l’essere sospeso nel vuoto lo terrorizzava e gli provocava dei violenti spasmi allo stomaco che riusciva a trattenere a fatica. Oltretutto era preoccupato per Polo, che sperò fosse ancora rannicchiato nel suo taschino, ma non aveva il coraggio di staccare una mano dalle morbide piume dell’Aquila e portarsela al petto per assicurarsene. Fortunatamente per entrambi, Polo pensò bene di appallottolarsi il più possibile sul fondo del taschino, artigliandone la stoffa con una zampa. Quel movimento rincuorò un po’ il giovane che cercò di concentrarsi il più possibile sulla missione che avrebbe dovuto compiere. Radagast, prima della partenza, gli aveva spiegato tutto: la grotta, le punte di ghiaccio, il Silmaril. Il tutto più velocemente possibile poiché il nemico non avrebbe tardato molto a trovarli, e il pensiero gli provocò una stretta al petto che gli mozzò quasi il respiro.

Chiuse gli occhi e cercò di richiamare alla mente l’unica immagine che gli potesse essere di conforto in quel momento: il viso di Rhiannon, con la sua tipica espressione corrucciata che veniva sbugiardata dallo splendere dei suoi occhi brillanti e pieni di vitalità.

Non voglio ricordarti. Voglio rivederti.

-Ci rivedremo, te lo prometto – sussurrò tra sé Valerius – In questa vita o nell’altra, se ne esiste una... -

Sorrise pensando a quelle parole, a quanto avrebbe voluto trovare il coraggio per dirgliele di persona; ma quel sorriso, come era nato, si spense con un improvviso scossone che rischiò di fargli perdere l’equilibrio. Un lampo d’acciaio si era abbattuto contro il fianco di Gwaihir, che aveva perso la direzione inclinandosi pericolosamente di lato. Val si strinse ancora di più contro la schiena di Radagast spingendolo in avanti; lo stregone soffocò un’imprecazione e, dopo essersi rapidamente guardato intorno, sollevò il bastone creando rapidamente una scudo luminoso per proteggere l’Aquila e i suoi passeggeri dal secondo colpo, che arrivò altrettanto improvvisamente.

-Là!! - gridò Radagast indicando una stretta apertura nella parete rocciosa – Gwaihir, avvicinati il più possibile! E tu, Val, preparati a saltare! -

Il giovane, ancora scosso, recepì a malapena le parole dello stregone. Questa volta l’istinto gli fece portare una mano al taschino stringendo nella fodera il corpicino tremante di Polo, quasi per proteggerlo, ma un terzo, violento scossone gli fece perdere l’equilibrio. Il giovane si aggrappò, urlando, al mantello di Radagast, sbilanciandolo verso un fianco e costringendo Gwaihir ad inclinarsi per non far cadere i suoi passeggeri. Il tutto complicato dal fatto che il Signore delle Aquile era costretto a schivare i numerosi colpi che, in forma di lampi color acciaio, arrivavano da ogni parte.

-Ci siamo! - gridò infine Radagast – Val, quando ti dico di saltare, salta!! -

-Cosa?! - rispose Valerius. Il giovane, che capiva a malapena dove si trovasse, aveva la vista completamente appannata e la testa che gli girava vorticosamente.

-Ora! SALTA! -

Aiutato dall’ultima planata di Gwaihir, molto vicina al punto in cui dovevano dirigersi, Radagast balzò a terra, tirandosi dietro il giovane che gli era rimasto aggrappato come un fagotto, mentre l’aquila si allontanava. Entrambi rotolarono sull’ampio spiazzo ricavato sulla roccia, fermandosi al limite del bordo, e lì rimasero un istante ansimanti per il dolore. Stordito, Val si rimise in piedi barcollando tra il sottile strato di neve ghiacciata e le rocce. Si portò una mano al petto: il ciondolo con il Silmaril era ancora appeso al suo collo. Poi si guardò intorno e vide le frecce sparse tutt’intorno e l’arco di Legolas, fortunatamente intatto, a pochi passi da lui.

-Polo? - disse Radagast rialzandosi a fatica mentre il giovane recuperava le sue armi.

Val si portò di scatto una mano al taschino, terrorizzato all’idea di aver schiacciato con il suo peso, durante il salto, il povero topo. Ma il taschino era vuoto.

Il giovane impallidì. - Polo!! - gridò, guardandosi intorno con gli occhi spalancati.

Un debole squittio gli giunse alle orecchie da dietro un sasso. Barcollando nella sua direzione, il giovane si chinò per raccogliere il topolino, giusto in tempo per evitare l’ennesimo colpo da parte di Fermanagh, che si schiantò sulle rocce circostanti. Val si rannicchiò dietro un masso, stringendo Polo, tremante, tra le mani. Radagast gli fu accanto in un istante.

-Vedi quell’apertura nella parete rocciosa alle nostre spalle? - sussurrò lo stregone ansimando - E’ lì che dovrete andare. Uscite da qui esattamente quando ve lo dirò io. -

-Ma… -

-Ora!! -

Radagast diede un forte spintone a Val che rotolò via da dietro il masso che lo proteggeva e balzò oltre con un’agilità inimmaginabile, stringendo il bastone con entrambe le mani.

Poi tutto accadde in un istante.

Non appena i suoi piedi toccarono terra, lo stregone lanciò un grido selvaggio e puntò il bastone dritto davanti a sé; dalla pietra che portava sulla sommità si sprigionò un cono di luce azzurra che fece da scudo contro cui il lampo d’acciaio di Fermanagh si schiantò, venendone respinto. Radagast venne spinto all’indietro ma non cedette.

Valerius giaceva bocconi, incapace di rialzarsi dalla paura e dallo stupore.

-Che accidenti stai facendo?! Muoviti!! - urlò Radagast, trattenendo il bastone con uno sforzo quasi inumano.

-Ma...dov’è?! - esclamò Val.

Radagast indietreggiò senza abbassare la guardia finché fu di nuovo accanto al ragazzo. I due si guardarono intorno con circospezione; Val si rialzò lentamente in piedi e rimise Polo, tremante di paura, nel taschino. Il silenzio che li circondava gli parve quasi innaturale.

-...Se n’è andato? - bisbigliò il topolino.

-No – rispose Radagast – Ma voi dovete farlo prima che… -

Non riuscì a terminare la frase. Da un punto imprecisato all’orizzonte il lampo d’acciaio schizzò nella loro direzione e improvvisamente si divise in due parti, ognuna delle quali atterrò a breve distanza dai tre compagni.

Come rocce sottili conficcate nel terreno, le due propaggini di Fermanagh si modellarono lentamente in due figure umane.

Radagast raggelò e imprecò tra sé appena ebbe capito di chi si trattava.

- Maledetto! – gridò con voce tremante dalla rabbia - Qual è il tuo gioco adesso?! Parla!! -

Val non riusciva a staccare gli occhi dai due uomini che ora li fissavano con sguardo vitreo, immobili come statue.

-Chi diavolo sono?! - disse, stringendo una spalla allo stregone che taceva.

-Hai davanti a te Aragorn, figlio di Arathorn, Signore di Gondor, e il suo Sovrintendente Faramir, figlio di Denethor – disse infine Radagast a denti stretti - O meglio, quelli sono i loro corpi, i loro involucri...interamente posseduti da Fermanagh, che ne farà ciò che vorrà. E’ andato a prenderli ed è tornato...in un lampo, letteralmente. Temo che quel maledetto non sia ottuso come credevo...e che si voglia divertire con noi, prima di finirci. -

Val sbiancò in volto e capì. Avrebbero dovuto combattere contro i loro stessi alleati. Non avrebbero potuto uccidere Fermanagh a meno di non uccidere chi invece gli era amico: avrebbero potuto solo difendersi.

-Ascoltami – disse Radagast afferrando Valerius per una spalla – Io cercherò di coprirti come meglio potrò. Tu pensa a ripristinare il Sigillo...e non voltarti mai indietro, qualunque cosa mi accada. -

Val annuì, facendo appello a tutto il suo coraggio, senza riuscire a staccare gli occhi dal Sovrintendente e dal Re che avanzavano lentamente verso di loro sguainando le spade.

-Non avete nessuna possibilità – dissero ad una sola voce, quella metallica e stridente di Fermanagh – Quindi penso che mi divertirò un po’ con voi...prima di distruggervi. -

- Vai ora – sussurrò Radagast stringendo il bastone fino a farsi sbiancare le nocche.

Val lo guardò come se non avesse capito le sue parole.

- VAI!! -

Lo stregone puntò il bastone contro Aragorn cercando di colpirlo con la sua luce azzurra, ma il Re lo evitò piegandosi di lato ad una velocità mai vista e gli corse incontro urlando di rabbia. Nello stesso istante Faramir si lanciò verso Valerius, che era fuggito verso l’apertura della grotta. Il Sovrintendente gli fu addosso in un attimo ma Val lo colpì alla tempia con l’arco di Legolas, facendolo cadere di lato. Poi si rifugiò dietro ad un masso, ansimante, con le gambe che gli tremavano, mentre Faramir si rialzava come nulla fosse. Poco più in là, Radagast lottava incessantemente contro Aragorn, che gli si faceva sempre più vicino.

-Cosa credi di ottenere? - disse Faramir – Io posso cadere e rialzarmi ogni volta che voglio...al contrario di te! -

La mente di Valerius lavorava in maniera furiosa per trovare una via d’uscita da quella trappola. Le sue uniche armi erano la sua corta spada e l’arco e le frecce di Legolas: tutte perfettamente inutili, le armi erano inutili se voleva risparmiare la vita sia al Sovrintendente di Gondor che al suo Re, o a ciò che ne restava.

Ma se falliremo, che ne sarà di loro?

Era tutto troppo veloce per lui.

Con mani tremanti incoccò una freccia all’arco e ne tese con fatica la corda di capelli elfici: poi trattenne il respiro e mirò alla mano con cui Faramir impugnava la spada. La freccia partì sibilando e centrò l’elsa, lasciando stupefatto lo stesso Val; se quell’arma non era magica, ci andava molto vicino. Ma nemmeno le frecce di Lothlòrien potevano qualcosa contro la forza sovrumana di Fermanagh: Faramir barcollò ma non cadde, né mollò la presa.

Valerius ripose l’arco imprecando e portò la mano al fianco cercando la spada, ma la mano gli finì sulla fiaschetta di liquore che Rhiannon gli aveva donato prima della partenza.

Un’idea gli attraversò la mente come un fulmine.

Non funzionerà mai, pensò il giovane, ma ci devo provare.

Più velocemente possibile prese la fiasca e ne rovesciò una parte del contenuto sulla punta di una freccia; poi, con un unico, forte colpo, sfregò la stessa punta contro il masso, a mo’ di acciarino, e le scintille a contatto con la forte bevanda la fecero prendere subito fuoco. Incoccando la freccia all’arco, Val fece un rapido calcolo mentale della distanza che lo separava da Faramir.

Valar, fate che questa pazzia funzioni, pregò il giovane.

Quindi lanciò in aria la fiasca con ciò che rimaneva del liquore e appena credette che si trovasse nel punto giusto incoccò e scoccò la freccia infuocata, che trapassò la fiasca di pelle proprio sopra la testa di Faramir.

In un attimo il liquido si incendiò e cadde come una pioggia infuocata sulla testa del Sovrintendente, appicandosi ai suoi vestiti.

Faramir si guardò attorno senza capire cosa gli stava succedendo e colpendosi con le mani i vestiti che stavano prendendo fuoco.

Val sorrise e trasse un sospiro di sollievo ringraziando i Valar per averlo ascoltato, ma soprattutto l’arco di Legolas che sembrava aver guidato la sua mano, e per un breve istante gli vennero in mente gli strani versi che Radagast canticchiava tra sé e sé la sera precedente.

-Frecce spezzate e bottiglie di pioggia...forse ho trovato un senso a quella stupida canzone! - disse, sperando quasi che lo stregone, troppo impegnato in una lotta senza quartiere con Aragorn, lo potesse sentire.

Ma il senso di sollievo durò poco; il giovane sapeva che quel poco tempo guadagnato non era sufficiente.

Doveva prendere una decisione, e doveva prenderla in fretta. Faramir, che si stava già rotolando nel

sottile strato di neve per spegnere le fiamme che lo avevano avvolto, avrebbe recuperato presto i suoi poteri.

Troppo presto, pensò Val.

Doveva prendere una decisione, e la prese.

Si slegò il ciondolo con il Silmaril dal collo e, dopo aver tirato fuori dal taschino un Polo terrorizzato e tremante, glie lo legò addosso.

-Mi dispiace, piccolo. Avrei voluto risparmiarti tutto questo. Ma ora tocca a te. – disse.

Polo capì. - Non ho scelto di venire per restarti nascosto addosso – disse, facendo appello al poco coraggio che gli era rimasto.

Val sorrise amaramente. - Sai cosa devi fare. Loro pensano che lo abbia io – disse, indicando il Simaril – Farò in modo che continuino a crederlo fino alla fine. Ma tu corri. Corri più veloce che puoi. -

Polo annuì con la sua testolina. L’aveva già fatto, nella fuga da Minas Tirith; ci sarebbe riuscito di nuovo. Ma mentre scendeva di corsa dalla mano del giovane e schizzava velocissimo in direzione della grotta, il topolino sapeva in cuor suo che non avrebbe mai più rivisto né Val né gli amici che aveva trovato in quell’ultimo, terribile periodo.

Arrivato all’ingresso, prima di imboccare la galleria che gli si apriva davanti, si fermò e si voltò un’ultima volta a guardare Valerius, che usciva dal suo nascondiglio e, spada in pugno, si preparava per l’ultima volta ad affrontare la seconda incarnazione del demone d’acciaio.

Scosse la testa e continuò la sua corsa nell’oscurità del tunnel.

Non doveva finire così, pensò. Perchè proprio noi? Perchè proprio io?

Ad un tratto l’oscurità del tunnel parve diradarsi, ma non cancellò quel pensiero cupo.

Polo continuò a correre.

Quanto vorrei che nulla di tutto questo fosse successo...vorrei tanto essere a casa, nella Contea, a fumare della buona erba-pipa invece di sognare di giocare al grande mago…E che il piccolo Galien fosse al sicuro con sua madre e suo padre, e Rhiannon…

Al pensiero della ragazza aggrottò la sua piccola fronte da topo. Non le era mai piaciuto, ma a lei non sembrava piacere mai nessuno. In ogni caso, aveva sofferto anche troppo. Aveva ritrovato Val, e ora lo stava perdendo di nuovo.

Non è giusto!

Ad un tratto, ciò che Polo cercava apparve davanti ai suoi occhi. La galleria si allargò in una caverna illuminata dal bagliore di una sorta di clessidra di ghiaccio fatta da due coni appuntiti e uniti per i vertici, tra i quali però si trovava un piccolo spazio fatto apposta per accogliere il Silmaril.

Polo si fermò, senza fiato, ad osservare quella strana costruzione. Rabbrividì, ma non per il freddo; sapeva di essere giunto alla fine della sua missione.

Si drizzò sulle zampe posteriori e, con le anteriori, tastò la pietra che Val aveva legato al suo corpo. Era grande quasi come la sua testa e, con la corsa, era arrivata a penzolargli sul petto. Poi guardò i coni di ghiaccio, la loro superficie liscia e lucente: come arrivare lassù? E come mettere al suo posto il Silmaril, visto che non sapeva nemmeno come slegarselo di dosso?

Il suo cuore accelerò il battito e il suo respiro si fece più affannoso nella paura. Si guardò intorno finché vide uno spuntone di roccia staccarsi dalla parete della grotta.

Deglutì.

Era abbastanza vicino.

Poteva farcela. Doveva farcela.

Avrebbe voluto chiudere gli occhi mentre si arrampicava velocemente sulla parete rocciosa e prendeva la rincorsa, avrebbe voluto chiuderli durante il salto da quella piattaforma improvvisata e lo fece, alla fine, mentre si afferrava alle punte di ghiaccio e incastrò il Silmaril, ormai tutt’uno con il suo corpicino, tra esse.

Avrebbe voluto pensare ai capelli di Rosie Cotton, alla birra del Drago Verde, agli alberi sotto cui si sdraiava al tramonto a fumare la pipa.

Non doveva succedere, pensò invece. Vorrei che non fosse mai successo niente di tutto questo.

Poi ci fu un’esplosione di luce e tutto scomparve.

 

 

 

...sky of memory and shadow

(a dream of life)

your burnin’ wind fills my arms tonight...*

 

 

 

Rhiannon ebbe una strana sensazione, come se qualcuno le avesse ordinato di svegliarsi dopo un lungo sonno. Si sentiva la testa leggera, quasi galleggiante nel vuoto, ma forse era solo l’emozione del momento, pensò.

Quale momento?

Ebbe un brevissimo istante di consapevolezza che scomparve come era giunto e tornò definitivamente nel presente.

O in quello che pensava fosse il presente.

I ricordi andavano e venivano. Volti amati, volti odiati, volti che non avevano più un nome. E che da un momento all’altro avevano smesso di esistere, almeno nella sua mente.

Il sogno era finito.

Se solo ricordassi quale…

Valerius era dritto davanti a lei e la guardava, ancora più confuso.

-Anche tu eri nel mio sogno – gli sussurrò Rhiannon, seria.

-Sì... – rispose Val. Poi sembrò scuotersi dal torpore e riprendere coscienza di sé. – Sì. Hai detto di sì… - aggiunse.

Rhiannon aggrottò la fronte, come se cercasse di ricordare. Quelle parole avevano un senso, ma in quel momento le sfuggiva. La sua mente era un rompicapo in cui quasi tutti i pezzi erano al loro posto tranne uno, quello fondamentale.

Si guardò intorno: nella Locanda dei Tre Passi il tempo sembrava quasi essersi fermato. Cercò la sua solita sicurezza negli occhi di Potter, che la fissava a sua volta attonito e immobile, appoggiato al bancone come se faticasse a reggersi in piedi; gli altri pochi avventori, Finbar, Frey e Yain, sembravano partecipare a tutto quel complicato gioco di sguardi sorpresi.

-Potter…? - disse la ragazza.

L’uomo trasse un profondo respiro e le rivolse un sorriso rassicurante.

-Beh, ragazza mia...questa sì che è una sorpresa! - disse.

Rhiannon si portò una mano alla tempia. - Sopresa..? -

Tornò a guardare Valerius, che, a differenza di tutti gli altri, non sorrideva, ma sembrava ancora più confuso di prima.

Il giovane scosse leggermente la testa. - Non chiedermi niente – sussurrò. E Rhiannon capì che Val era confuso quanto lei.

-Qualcuno vuole spiegarci cosa sta succedendo?! - sbottò infine la ragazza.

Finbar scoppiò a ridere. - Non dirci che hai già cambiato idea! - esclamò.

-No! - disse Val, quasi con disappunto, ma si bloccò all’istante, come se avesse di nuovo perso e ritrovato la consapevolezza del momento che stava vivendo.

Potter alzò una mano che tremava impercettibilmente. - Rhiannon – disse – Forse non te ne sei accorta, ma si dà il caso che il qui presente Valerius ti abbia chiesto per l’ennesima volta di sposarlo. E fin qui niente di strano, è una scena a cui ormai siamo tutti abituati. Se non che…-

I due giovani trattennero il fiato.

-...stavolta hai detto . -

Sì.

E la mente dei due giovani si snebbiò del tutto, lasciando che il turbinare di vaghi ricordi e volti senza nome che aleggiavano intorno a loro svanisse per sempre.

Certo, pensò Rhiannon, cosa c’è di strano?

Era giunto il momento di mettere un po’ di ordine nella sua vita. Non sapeva come, ma all’improvviso aveva lasciato andare tutto il suo passato; Roslyn era morta e il suo grande amore non sarebbe tornato da lei, mai più. Perchè farsi del male con false speranze?

E poi, in fin dei conti, voleva bene a Val, anche se era sempre stata così stupidamente orgogliosa da non volerlo ammettere nemmeno a se stessa. E lui ne voleva a lei, da sempre.

Lo guardò nei suoi brillanti occhi neri e le parve di aver condiviso con lui molto più di quello che aveva condiviso con Eomer.

Il ragazzo le sorrise, con il cuore sulle labbra.

-Sì – disse Rhiannon – Ma a due condizioni. -

-Quali..? - disse Val sospirando e alzando gli occhi al soffitto.

Rhiannon tornò a guardare Potter, l’uomo che era stato tutta la sua famiglia, la sua luce guida negli anni più bui; non aveva smesso di sorridere, come per incoraggiarla ad andare avanti.

-Primo, scordati che ti faccia da serva: in famiglia dovremo aiutarci tutti quanti, chiaro? Soprattutto quando avremo dei figli. -

Figli?!

Val spalancò gli occhi e soffocò un’esclamazione di sorpresa. Le aveva semplicemente chiesto di sposarlo, immaginando l’ennesimo rifiuto e lei gli stava già parlando di figli?

-E mi lascerai tornare qui alla locanda ogni volta che vorrò. Potter è vecchio, non ce la farà mai a mandare avanti la baracca senza di me. Chiaro? -

-Vecchio?! - protestò Potter.

I due lo ignorarono.

-Ogni volta che vorrai – rispose Val sorridendo. Ecco la Rhiannon che conosceva, la sua Rhiannon. Prese delicatamente una mano della ragazza e intrecciò le sue dita con quelle di lei.

Rhiannon le strinse forte, ricambiando il sorriso.

E’ ora di tornare ad essere felici, pensò.

 

 

...sky of longing and emptiness

(a dream of life)

sky of fullness, sky of blessed life...*

 

 

E’ ora di tornare ad essere felici, pensò.

Legolas si svegliò con quella frase in mente e un dolore lancinante nel petto, come se qualcuno gli stesse dilaniando l’anima con un coltello, un contrasto di emozioni che non riusciva a capire né affrontare.

Una mano leggera gli accarezzò la guancia; d’istinto, l’elfo sussultò e si ritrasse da quel tocco mettendosi a sedere di scatto, con il cuore che batteva all’impazzata.

-Legolas…? -

Inspirando profondamente cercò di calmarsi e mettere a fuoco la figura che gli stava accanto nel buio della stanza, illuminata solamente dalla pallida luce della luna.

Anìrwen lo guardava preoccupata: era la prima volta che il suo sposo si sottraeva da una sua carezza.

Anìrwen.

Legolas non sapeva perché, ma si sentì sollevato nel vederla lì, vicino a lui, nel loro letto. Perchè era là che si trovavano, dove se non nella stanza che condividevano da anni, anche se per un breve istante l’elfo aveva provato l’inquietante sensazione di non doversi trovare lì in quel momento.

O meglio, la sensazione che lei non avrebbe dovuto trovarsi lì. Nè lui né lei avrebbero dovuto trovarsi lì, nudi, nel loro letto...

-Un incubo? - disse dolcemente Anìrwen.

-Non lo so. Ma fa male – rispose lui, tremando – Troppo male. -

-Cosa ricordi?-

-Nulla. Come...come un salto nel vuoto. -

Lei non disse nulla ma il suo volto, dapprima teso, si rasserenò. Sorrise e lasciò nuovamente scorrere le dita sul viso confuso di Legolas, che questa volta glie lo permise, indugiando sulla sua fronte.

-Domani ci aspetta un lungo viaggio; e questo, per te, è stato un periodo molto impegnativo, carico di preoccupazione e di aspettative. - disse poi, incapace, nonostante il suo Dono di percepire l’origine del turbamento del suo sposo.

Legolas annuì e, pian piano, la sua mente tornò a tutto ciò che era accaduto nei giorni precedenti.

 

Era stanco, stanco da tempo. Il matrimonio con Anìrwen, la nascita di Galien e l’ascesa al trono del Bosco Atro avevano portato una ventata di novità nella sua vita ma non erano mai riusciti a cancellare quel senso di vuoto e fragilità nascosto in fondo alla sua anima e che di tanto in tanto si ripresentava, al mutare delle foglie in autunno, al morire degli alberi, al trascorrere delle stagioni.

Il periodo della bellezza immortale era finito; Legolas si trovava immobile in un mondo che mutava in continuazione, incapace di rassegnarsi all’idea di non appartenervi più, lacerato tra il desiderio che gli albergava nel cuore, il disperato desiderio di andarsene verso il mare, di raggiungere infine suo padre, e il suo dovere di sovrano.

Inoltre, per quanto solo la spumeggiante vivacità del figlio e la pazienza e dolcezza della sua sposa riuscissero a portargli un po’ di serenità, si era reso conto che anche Anìrwen doveva provare la sua stessa inquietudine. La trovava spesso a vagare con lo sguardo perso ad ovest, il pensiero sicuramente rivolto a quel che rimaneva della sua famiglia e di quella tanto agognata luce divina nella quale essi ora camminavano, ma anche se ne avevano spesso discusso lei non aveva mai voluto ammetterlo apertamente.

Doveva prendere una decisione, per il bene della sua famiglia e di coloro che, nel loro popolo, provavano il medesimo desiderio.

E la prese.

Con quanti avrebbero voluto seguirli, si sarebbero diretti verso l’Ithilien, e lì, con il permesso di Aragorn, avrebbero soggiornato almeno fino alla nascita del bambino che Anìrwen portava in grembo, elevando ad ulteriore splendore quella regione selvaggia. Poi, al momento opportuno, avrebbero fatto vela lungo l’Anduin fino al mare, esaudendo finalmente il suo desiderio, e da lì nelle Terre Imperiture. Il secondogenito di Legolas e Anìrwen non avrebbe mai conosciuto la sua terra di origine, ma non avrebbe nemmeno sofferto nel vederla sbriciolarsi sotto i suoi occhi. Forse nemmeno Galien l’avrebbe fatto, sperò Legolas.

Comunicarlo alla sua sposa e al loro figlio fu più semplice di quanto aveva previsto: contrariamente a quanto temeva, furono estremamente felici di quella decisione, lo avrebbe letto anche nei loro occhi durante i giorni successivi.

Più difficile fu comunicare ad Eredhil che gli avrebbe ceduto il trono del Bosco Atro.

-Solo se non vorrai seguirci anche tu – aveva aggiunto Legolas, sentendosi quasi in colpa per non aver consultato il fratello nel prendere quella decisione. Ma del resto lui e Eredhil si erano allontanati da tempo, nonostante il figlio minore di Thranduil si fosse sempre adoperato al meglio nell’eseguire gli ordini che il fratello gli impartiva, e nonostante Legolas avesse sempre una parola di elogio per lui.

Eredhil era rimasto completamente ammutolito, come se tutte le sue aspettative fossero tutto d’un tratto svanite e rinate. Tremando, aveva portato una mano chiusa a pugno sul cuore in un solenne giuramento e fissato il fratello negli occhi.

Quanto orgoglio e quanta gratitudine aveva letto Legolas nel suo sguardo, in quel momento...

I giorni successivi erano stati frenetici e privi di riposo, tra i preparativi per la partenza e le discussioni con Eredhil circa le direttive di governo del loro paese; infine, la sera prima di quella strana notte, la notte prima della partenza, lo aveva convocato, solo, nella sala del trono. Gli si era presentato ammantato d’argento, come amava vestirsi il loro padre, in testa la corona di foglie autunnali che invece lui non aveva mai voluto indossare, come se sentisse che non era quello il suo posto.

Prima aveva ceduto al fratello lo scettro di quercia, poi si era tolto la corona e, sorridendo, glie l’aveva posta sul capo con un sospiro, come se si fosse finalmente liberato da un peso troppo gravoso.

Eredhil, con gli occhi umidi dall’emozione, si era inginocchiato al suo cospetto, ma Legolas gli aveva stretto le mani tra le sue e costretto ad alzarsi.

-Il nostro mondo è nelle tue mani, adesso, solo nelle tue - gli aveva detto – Prenditene cura. -

-Non dubitarne – aveva risposto Eredhil, tenendo a freno le lacrime.

-Non lo farò. Non ho nessun motivo per farlo. -

Legolas sapeva di avere ragione. L’aveva veramente, lo sentiva nel profondo della sua anima.

Quindi aveva lasciato la sala con il cuore che gli batteva più forte che mai, la mente finalmente lucida e serena, aveva controllato che Galien dormisse tranquillo e infine aveva raggiunto Anìrwen nelle loro stanze.

-Siamo liberi – le aveva detto mentre la stringeva a sé, e si erano concessi un’ultima notte d’amore in quella che l’indomani non sarebbe più stata la loro casa.

E si erano infine addormentati l’uno nelle braccia dell’altra fino a quando…

 

...fino a quando si era svegliato con quel terribile malessere nel corpo e nella mente, un malessere che nemmeno il dolce viso della sua sposa riusciva a scacciare.

-Credo che tu abbia semplicemente bisogno di riposare. Forse avremmo dovuto farlo entrambi invece di… - Anìrwen si interruppe e abbassò lo sguardo sorridendo timidamente; poi si portò il lenzuolo al petto, un gesto di ingenuo e inconsapevole pudore che suscitò nel suo sposo un’immensa tenerezza.

Legolas conosceva bene quel corpo che lei tentava invano di coprire e che stava sbocciando in tutto lo splendore della gravidanza; la pelle luminosa, i seni più colmi, la lieve rotondità del ventre.

Le sorrise dolcemente e la guardò con lo stesso amore con cui la guardava fin dal primo giorno, ma non riusciva comunque a nasconderle il suo turbamento.

D’istinto prese la mano della sua sposa, appoggiata al letto.

Ho tanto desiderato di poter stringere le tue mani ancora una volta…

Scosse la testa. Cosa significava tutto questo?

-Conosci quella sensazione che ti prende quando svanisce un incubo? Tu non lo ricordi già più, ma il malessere che lo accompagna rimane e non capisci perché, né da dove provenga...ma lo senti così reale fino a quando sparisce anch’esso, facendoti perfino dubitare che sia mai esistito, se non fosse per il suo ricordo. Ti è mai successo? -

Anìrwen lo guardò negli occhi,tolse la mano da sotto la sua e glie al pose, leggera, sul petto. Immediatamente il cuore in subbuglio di Legolas si calmò e il suo respiro tornò regolare.

-Solo in parte – rispose poi la fanciulla – Perchè al mio risveglio c’eri sempre tu accanto a me. -

Allora l’Elfo sentì il suo cuore traboccare d’amore per la sua sposa, e capì quanto era sciocco.

Gli tornò in mente la frase che gli si era fissata nella mente al suo risveglio; era vero, sarebbero stati di nuovo felici, ma quando mai lui era stato veramente infelice?

Accarezzò il viso di Anìrwen e la rivide in tutto ciò che era stata per lui.

Lei, che per amore di Legolas aveva lasciato tutto e l’avrebbe fatto di nuovo.

Lei, che gli aveva dato uno splendido figlio, luce dei suoi occhi, e ne portava un altro in grembo.

Lei, che era l’unica persona al mondo a cui bastava uno sguardo per riportare la pace nel suo cuore e nella sua mente.

Lei, era lei la sua pace.

Bosco Atro, Ithilien, Terre Imperiture, non importava dove purché Anìrwen fosse al suo fianco.

E Legolas capì anche da dove proveniva il dolore che aveva provato: dall’idea, inconsapevole e devastante, che un giorno avrebbe potuto perderla, che non non l’avrebbe potuta rivedere mai più.

No.

Non doveva succedere, non a lei, non a loro, mai.

E non sarebbe successo.

Pose la mano su quella di Anìrwen e se la strinse al petto. Era un gesto che condividevano da sempre; il mio cuore ti appartiene, significava, e non me lo riprenderò.

Poi la abbracciò e lasciò che lei si rannicchiasse nelle sue braccia; baciandole la fronte la strinse a sé, per sentire la pelle della fanciulla contro la sua, fremendo in una sensazione di appartenenza reciproca.

-Ti amo. Ti amo, ti amo, ti amo… - le sussurrò poi sulle labbra, prima che lei glie le chiudesse dolcemente con un bacio.

 

 

A dream of life comes to me

like a catfish dancin’ on the end of my line...*

 

 

L’immagine turbinò e si dissolse, mentre Radagast sollevava la punta del suo bastone dallo Specchio di Galadriel, lasciando che l’acqua tornasse immobile.

-Bene – disse lo stregone, raddrizzando la schiena – Direi che ora possiamo concedere ai nostri amici un po’ di discrezione. -

Il giovane hobbit riccioluto al suo fianco arrossì e si ritrasse, imbarazzato.

-Andiamo, Polo – disse Radagast sistemando i finimenti del suo cavallo, ma Polo non lo seguì.

-Radagast… - disse lo hobbit, incapace di distogliere lo sguardo dal bacile di pietra – Ehm...perchè credi che lo Specchio ci abbia voluto mostrare proprio quelle immagini? Voglio dire… -

Lo stregone sorrise. - Capisco cosa intendi. Beh, lo Specchio non sceglie cosa mostrare, lo fa e basta, a volte ascoltando il cuore di chi vi guarda. Credo che abbia voluto farci vedere quello che hanno provato i nostri compagni nel momento della loro...rinascita, se mi passi il termine. -

-Quindi quello che abbiamo visto appartiene al loro passato? -

-Al loro passato, al loro futuro...o al loro presente, questo ancora non possiamo saperlo. Ricorda: lo Specchio mostra cose che furono, cose che sono e cose che devono ancora essere, ma noi non siamo in grado di stabilire a quale periodo appartenga ciò che vediamo. -

-E Aragorn? Faramir, Eowyn…? Come possiamo essere sicuri che tutto sia tornato al suo posto? - lo incalzò Polo raggiungendolo e tirandolo per il mantello.

Radagast gli pose una mano sulla spalla. - Non possiamo essere sicuri di niente. Credo che lo Specchio non abbia voluto mostrarceli perché nel loro cuore sono stati meno colpiti da ciò che è accaduto. Ma credo che la dimostrazione più evidente che le cose sono cambiate sia che tu sei qui, Polo. E che non sei più un topo. -

Lo hobbit sorrise, grattandosi i disordinati capelli neri. - Mi sembra ancora impossibile. E’ come...essermi svegliato da un brutto sogno. -

-E hai svegliato anche tutti gli altri, permettendone il ritorno alla normalità. Tu hai desiderato che nulla fosse successo e nulla è successo, inclusa la tua trasformazione. Ancora una volta il piccolo popolo della Contea ha avuto una parte fondamentale nella salvezza della Terra di Mezzo... -

Polo parve ignorare quest’ultima frase, anche se in cuor suo lo sapeva e ne era orgoglioso.

-Ma io non ho avuto la stessa reazione di Rhiannon e Legolas. Io ricordo tutto, perché loro no? -

-Perchè, per quanto la loro vita sia stata sconvolta dal potere del Silmaril, tu ti sei trovato a strettissimo contatto con il suo potere nel momento in cui hai ripristinato il Sigillo. Ne sei stato completamente investito. E forse è un bene che sia stato così, perché il ricordo di quello che hai passato ti impedirà di commettere la stessa sciocchezza in futuro… -

-Come hanno fatto gli altri? -

-Quello che gli è successo è dipeso da loro in minima parte, Polo. -

Lo hobbit si incupì. - Eredhil… -

-Lui ha avuto quello che desiderava fin dall’inizio. Non possiamo essere certi che non asseconderà mai più la sua ambizione e il suo desiderio di potere, ma di certo Legolas, abdicando in suo favore, li ha decisamente placati. Ha reso immotivato il suo desiderio di rivalsa, annullando, di fatto, il potere che il Silmaril ha esercitato su di lui. Sempre ammesso che, in questo presente, passato o futuro, l’abbia trovato. Vedi, le nostre azioni dipendono sempre da noi stessi, ma spesso sono altri a guidarle… -

-Allora il pericolo è scongiurato? -

Radagast sospirò e salì a cavallo. Polo montò in sella al suo pony.

-Possiamo solo sperarlo, Polo – disse lo stregone mentre si allontanavano. - Quanto a te, sei proprio certo della tua decisione? -

Lo hobbit abbassò lo sguardo.

-Sai, la magia mi ha sempre affascinato più di ogni altra cosa...ma non mi apparterrà mai. Ma credo che l’unico modo per avvicinarmisi sia...studiarla da vicino. Vedere come funziona, senza interferire. Per questo sono venuto a cercarti, lo sai. -

-Sì, l’avevo capito...ma spero che tu abbia capito anche che la vera magia si trova in tutto quello che ci circonda, e che ciò che farò sarà semplicemente insegnarti ad apprezzarla. -

Polo annuì, convinto.

-E...tutte quelle altre cose adorabili della Contea... birra, erba pipa, tè e dolcetti, pennichelle sotto le fronde degli alberi? -

-Oh, c’è bel di meglio nel vasto mondo! - rise Polo - E poi...non credo che qualcuno sentirà la mia mancanza, nè che la mia presenza sia così gradita nella Contea. Oh, maledizione, sono un eroe e non posso nemmeno raccontarlo a nessuno! -

Radagast scoppiò a sua volta a ridere. - Meglio così, amico mio! Meglio così… -

 

I due compagni si allontanarono, sollevati, lasciando lentamente alle loro spalle il cuore di Caras Galadhon.

Ma quando lo Specchio di Galadriel fu lontano dalla loro vista, un vento freddo e leggero iniziò a soffiare tra gli alberi, spazzando via le foglie cadute e incurvando i fiori.

Quindi la superficie liquida dello Specchio si increspò e iniziò a turbinare di nuovo...fino a quando vi apparve la figura chiara di un elfo dai lunghi capelli biondi che portava sulla testa una corona di foglie. Si aggirava smarrito in una grande sala vuota e silenziosa, guardandosi intorno come se non la riconoscesse sebbene l’avesse desiderata a lungo.

Si sedette sul trono, lo sguardo perso nel vuoto, e dopo aver inspirato profondamente aprì una mano tenendone il palmo rivolto verso l’alto, per osservare ciò che conteneva.

Una pietra liscia e luminosa…

L’elfo rimase ad osservarla per un tempo indefinito, con lo sguardo di chi è roso dai dubbi e dai desideri.

In quel momento, tra i possenti alberi di Mallorn parve risuonare una voce lontana...

 

Lo Specchio mostra cose che furono, cose che sono e cose che devono ancora essere…

 

Eredhil, sovrano del Bosco Atro, socchiuse gli occhi e strinse di nuovo la mano intorno alla pietra.

Poi l’immagine tremò e svanì.

 

 

 

FINE

 

 

 

 

 

* Bruce Springsteen, “The Rising”

 

 

Fine. O no? Beh, indubbiamente per me lo è, ed è stato talmente difficile arrivarci che non ho intenzione di rimettere in discussione questa parola :D

Duuunque, dopo la bellezza (o meglio, bruttezza) di DICIASSETTE ANNI arrivo al momento a cui speravo di arrivare: quello delle scuse e dei ringraziamenti. E siccome sono ancora confusa all’idea di aver chiuso per sempre questo capitolo della mia vita (perché di questo si è trattato, indipedentemente dalla bellezza – o bruttezza – di questa storia, che è QUASI OOC, QUASI AU, QUASI song-fic...insomma, non ho ancora ben capito cos’è ma le ho comunque voluto molto bene) credo che partirò con ordine.

LE SCUSE: sempre troppo poche… Innanzi tutto per il tempo che ho impiegato a finire questa storia. Purtroppo, come capita a tanti, molti fattori (lavoro, famiglia, altre cose per la testa, mancanza di ispirazione ecc.) hanno concorso nel ritardarne mostruosamente la conclusione. E’ banale, banalissimo, ma è così. Per cui mi cospargo il capo di ceneri, mi scuso veramente con chi l’aveva amata e se l’è trovata abbandonata. Non so se qualcuno dei vecchi lettori sia ancora in fedele attesa (dopo tutto questo tempo non credo proprio) ma se fosse ancora davanti al pc vorrei dirgli: questa conclusione è per te. Scusa se non è quello che avevo in mente all’inizio (il finale che avevo pensato in origine era totalmente diverso, ma è cambiato esattamente come sono cambiata io, che non sono la stessa di 17 anni fa) e che forse non ti piacerà perché, se inizialmente doveva essere praticamente un massacro, alla fine mi sono sentita in colpa per come avevo trattato i miei “ragazzi”. Scusa per gli svarioni tolkieniani (tra i tanti: Thranduil non è mai partito per le Terre Imperiture, e nemmeno Celeborn; il palazzo di Thranduil non ha finestre perché è costruito in un insieme di grotte; la distanza tra Edoras e il Fosso di Helm non è decisamente un tiro di schioppo, e così quella tra il Bosco Atro e Minas Tirith, gli Elfi non hanno mai combattuto ai campi del Pelennor ecc. ecc.) veramente terribili, di cui mi sono resa conto mano a mano che rileggevo “Il signore degli anelli” e le altre opere correlate. Spesso, troppo spesso, sono una lettrice frettolosa e distratta, anche se alcuni di loro sono stati funzionali allo svolgersi della storia. Mi riprometto (ma lo scriverò più vanti) di fare una bella correzione.

I RINGRAZIAMENTI: eh, qua ci dovrei perdere le ore…

Grazie a chi ha letto la storia in passato e l’ha amata e si è sentito tradito e deluso dalla sua incompiutezza. Se ci siete ancora...l’ho detto sopra <3

Grazie ai nuovi lettori, pochi o tanti che siano, quelli che hanno aspettato a lungo tra un aggiornamento e l’altro (ma non 17 anni :D), soprattutto Attemptastic che ha lasciato delle recensioni che mi hanno quasi commosso, e che spero abbia resistito ai mesi passati tra il penultimo e l’ultimo aggiornamento (e soprattutto che non sia rimasta delusa da questo finale).

Grazie a Erika, la webmistress , e ai suoi preziosi collaboratori per aver mantenuto questa storia sul sito per tutto questo tempo...fiducia ripagata :)

Grazie a Cowgirl Sara, che ho conosciuto grazie a questa storia (e che mi ha regalato delle bellissime fanart *_*) e con cui abbiamo costruito un’amicizia che dura ancora <3

Grazie a Hareth, che scriveva favolosamente e che ora è scomparsa da EFP...se qualcuno ne avesse notizia gli sarei grato se mi dicesse che fine ha fatto. Ovunque tu sia, ripenso ancora alle tue storie e a quanto mi piacerebbe rileggerle <3

E ora, grazie alla mia musa...la musica.

Quasi song-fic, dicevo all’inizio, ma avrei voluto che lo fosse davvero, perché senza la musica non sarebbe mai nata.

Quindi grazie, in ordine sparso, a Peter Gabriel, Fleetwood Mac, Jim Croce (che Dio mi perdoni per lo scempio che ho fatto con la traduzione della meravigliosa “I got a name”), David Crosby, Loreena McKennitt, Albion Band, Sting, Francesco Guccini, Queen, Fairport Convention, Simple Minds, Fabrizio De Andrè, Howard Shore (la colonna sonora dei film di Jackson è stata fondamentale) ma soprattutto a lui. Bruce Springsteen. E al suo MERAVIGLIOSO “The rising”. Questa storia non sarebbe mai nata senza quel disco; dentro c’è tutto, in un modo o nell’altro, ve lo garantisco, e la title-track DOVEVA essere nel finale.

Ecco, una delle cose che mi piacerebbe accadesse è che qualche lettore provi ad ascoltare le canzoni che ho usato come sottofondo per la storia. E che magari mi dicesse “Non c’entrano un tubo ma sono bellissime” <3

E infine, grazie a mio marito e al mio bimbo, mie principali fonte di ispirazione. Perchè, come per la musica, per scrivere devo amare quello che scrivo, ma prima di tutto devo amare <3

Ora vado a postare questo capitolo e a cliccare sul tasto “storia completa”.

Non ci credo ancora.

Grazie a tutti.

Ovunque siate, grazie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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