Le stagioni dei primi incontri

di LorasWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primavera ***
Capitolo 2: *** Estate ***
Capitolo 3: *** Autunno ***
Capitolo 4: *** Inverno ***



Capitolo 1
*** Primavera ***


Ciao!
Ed eccomi di nuovi qui con questa coppia che adoro.
Questa è una raccolta di 4 store non collegate assolutamente tra di loro, sono 4 modi diversi di primi incontri tra Francis e Arthur durante le quattro stagioni dell'anno.
Due di queste (estate e autunno) saranno con la FACE Family.
Spero che possiate apprezzare sia questa che le altre tre storie (che saranno decisamente più lunghe di questa).
Ultima precisazione di questa qui, ho dovuto fare Giappone donna per motivi di trama, quindi la citata Nichiko è lei.
A presto!
Deh
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Le stagioni dei primi incontri


Primavera
Francis era appena stato scaricato dalla ragazza che aveva invitato al ballo di primavera.
In realtà non è che gli importasse più di tanto, era stata lei ad andargli dietro per settimane e non avendo qualcun altro da portare Francis gliel’aveva chiesto.
Ma a due giorni dal ballo lei aveva scoperto che a Francis piacevano anche i ragazzi.
Non era una cosa che il francese nascondeva, ma non andava neanche in giro a dirlo come prima cosa in una conversazione.
Lei l’aveva sentito da voci di corridoio, quando poi era andata a chiedere conferma al diretto interessato e questo aveva confermato senza farsi problemi, lei aveva iniziato a urlargli contro che gli faceva schifo e che non voleva vederlo mai più.
Con le mani in tasca e la testa bassa stava camminando lungo il cortile durante l’intervallo, preferì evitare i posti affollati dopo che quella pazza aveva fatto una scenata davanti a tutti, probabilmente si stava solo parlando di lui.
Era diretto verso le fontanelle più nascoste sul retro della scuola, era quasi arrivato quando sentì le voci di due ragazzi che erano già sul posto e che stavano parlando tra di loro.
Francis si bloccò di scatto origliando cosa stessero dicendo.
-Ti ho già detto che non capisco, qual è il problema Arthur? Se proprio vuoi invitare un ragazzo fallo, siamo nel 2020, la gente non si sconvolgerà più di tanto.
-Ma non posso andare in giro a chiedere ai ragazzi se vogliono venire al ballo con me!
-Perché no?
-Perché sembrerei un disperato! E non so neanche chi è gay in questa scuola!
Ci fu silenzio, probabilmente l’altro ragazzo non sapeva più come rispondere.
Francis decise che era arrivato il suo momento di farsi vedere, girò l’angolo e si mostrò ai due ragazzi che subito portano lo sguardo su di lui.
Erano Alfred ed Arthur, Francis li conosceva di vista, erano abbastanza popolari per non sapere chi fossero, ma frequentavano gruppi totalmente all’opposto.
Erano seduti sul muretto della fontanella, lo salutarono con un cenno del capo.
Il silenzio sembrava pesante, ma Francis fece finta di nulla e si avvicinò per aprire l’acqua e sciacquarsi la faccio dopo averne preso qualche sorso.
-Bè- Alfred si lanciò giù dal muretto spazzolandosi i pantaloni –Devo ancora dire a Nichiko che viene con me al ballo, vado a cercarla!
Arthur fece per seguirlo, erano quasi fuori dalla sua vista, quando Francis si girò di scatto e chiamò il nome dell’inglese.
Sia Arthur che Alfred si girarono sorpresi.
Francis rimase in silenzio non sapendo che fare, non voleva chiamarlo, non sapeva perché avesse reagito d’istinto… ma la conversazione che aveva appena ascoltato gli era rimasta nella sua mente a vorticare.
Alfred spostò lo sguardo da Francis ad Arthur e viceversa, poi fece un gran sorriso e diede una pacca al suo amico –Io devo davvero andare prima che finisca l’intervallo, ci vediamo in classe!
Non che aspettò una risposta prima di scappare letteralmente via.
Arthur mise le mani in tasca in imbarazzo e abbassò lo sguardo facendo un colpo di tosse –Tu sei Francis, giusto?
-Si, sono io!
Arthur annuì, aspettando che l’altro continuasse, l’aveva pur sempre chiamato lui.
Francis stava combattendo una guerra nella sua mente, alla fine della quale sputò senza alcun tatto –Ho sentito la conversazione che stavate facendo.
-Ah- Arthur divenne viola mentre si stringeva le braccia al corpo per proteggersi –Io…
Non sapeva come difendersi da quella che sembrava a tutti gli effetti un’accusa, avrebbe voluto dirgli che non erano affari suoi e che poteva piacergli chi voleva, ma non sapeva neanche da dove iniziare.
Francis spalancò gli occhi quando capì che l’altro stava cercando di difendersi e che quindi aveva interpretato la sua frase come un’accusa nei suoi confronti.
Fece dei veloci passi in avanti eliminando quasi tutta la distanza tra di loro e precisò –No scusa, so che non avrei dovuto farlo ma… Senti, non è che ti andrebbe di venirci con me?
Anche Arthur spalancò i suoi occhi verdi e fece un passo indietro stringendosi di più contro se stesso –Ti stai prendendo gioco di me?- sibilò incazzato.
-No! Sono serio… Mi piacerebbe venirci con te.
-Ma se non mi conosci!
-Sono interessato a conoscerti se… per te va bene.
Arthur si morse il labbro, con lo sguardo basso sussurrò –Cos’è… una specie di pietà?
Francis allungò il braccio e con la mano afferrò il polso dell’altro, questo fece nuovamente alzare lo sguardo di Arthur su di lui, inoltre attraverso le dita che stringevano la vena riusciva a sentire il battito veloce del suo cuore.
-Sono stato appena mollato dalla ragazza che doveva venirci con me perché ha scoperto che mi piacciono anche gli uomini, non mi ha solo mollato, mi ha urlato che le facevo schifo.
Arthur deglutì incerto, lo scrutò per diversi secondi, poi fissò il punto dove le mani del ragazzo toccavano la sua pelle nuda.
Sentiva il calore propagarsi da quel punto a tutto il suo corpo.
Infine, con un sussurro impercettibile, annunciò –Si, mi piacerebbe andarci con te.

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Capitolo 2
*** Estate ***


Estate
Francis sistemò il telo sopra la sdraio all’ombra dell’ombrellone e posò lo zaino sotto questa.
Soddisfatto si aggiustò gli occhiali da sole e respirò a pieni polmoni l’odore salmastre.
Il mare era calmo, limpido.
Il sole brillava alto nel cielo, caldo, ma alla brezza fresca non si soffriva tantissimo, nonostante fossero ancora durante le ore più calme.
Francis aveva tutta l’intenzione di passare il pomeriggio a rilassarsi, aveva deciso di andare a mare subito dopo pranzo proprio per quel motivo.
C’erano pochissime persone e per la maggior parte dormivano o prendevano il sole, la calma era perfetta e avrebbe continuato così fino alle cinque, quando sarebbe iniziata l’animazione nel lido, ma mancavano ancora delle ore.
Tutti i suoi propositi vennero mandati in fumo dal leggero singhiozzo che sentì trasportato fino a lui dal vento.
Per un momento pensò di far finta di non aver sentito, ma quasi subito si girò alla ricerca di quella voce.
Non fu difficile notare quel piccolo bambino biondo, di cinque anni massimo, che piangeva con le mani di fronte al viso, il corpo scosso dai singhiozzi, se ne stava in mezzo agli ombrelloni chiusi, i piedi scalzi su una piccola striscia d’ombra.
Non c’era nessuno nelle vicinanze, nessuno che potesse sembrare un suo familiare.
E lui sembrava l’unico che se ne fosse accorto, per quei pochi altri che c’erano o non l’avevano proprio notato o erano troppo presi dai loro impegni.
Sospirò e senza pensarci due volte gli si avvicinò.
Il bambino lo sentì arrivare e si strinse più in se stesso spaventato, gli occhi rossi e gonfi che correvano in ogni direzione per cercare una via d’uscita.
Francis cercò di fare uno sguardo tranquillo e si inginocchiò per essere alla sua stessa altezza, non troppo vicino per non farlo preoccupare di più.
-Ciao- gli disse calmo e dolce –Come ti chiami?
Al bambino iniziarono a uscire nuove lacrime dagli occhi e non rispose a quella domanda.
Francis si rese conto che forse aveva solo peggiorato la situazione.
-Ti sei perso? Vuoi che chiamo qualcuno?
Solo a quel punto il bambino rispose piano e intervallato dai singhiozzi che si stavano facendo più potenti –Voglio il mio papà! Non lo trovo più! Mi sono girato un attimo e lui era scomparso!
Francis si morse un labbro, portò di nuovo lo sguardo tutto intorno alla ricerca di questo “padre” ma non vedeva nessuno.
Il bambino continuò il suo monologo –E ho provato a cercarlo, ma mi sto bruciando tutti i piedi nella sabbia. Mi ha abbandonato qui!
-Sono sicuro che tuo padre non ti abbia abbandonato qui, si sarà solo allontanato…
-E invece si…- il tono di voce del bambino si era fatto anche più basso –Mi ha abbandonato perché nessuno vuole stare con me, se n’è andato con Alfred… A lui vogliono bene tutti.
Quelle parole colpirono nel profondo il francese, il tono con la quale erano state dette, il dolore dietro. Si sentì in dovere di proteggere quel bambino.
Allargò le braccia –Vieni qui, adesso andiamo a cercare tuo padre.
Il bambino non accettò subito, Francis vide che stava pensando, l’indecisione dietro quei suoi grandi occhi azzurri.
Ma alla fine dovette rendersi conto che non aveva nessun altra possibilità e tremante accettò di farsi prendere in braccio.
Francis si rialzò da terra e tenendolo con un braccio gli asciugò le lacrime con la mano libera.
Si avviò verso la piattaforma in legno del lido dove stava il bar, i divanetti, i bagni e la reception.
-Adesso chiediamo se qualcuno ha visto il tuo papà, va bene? E mi dovrai dire il nome, okay?
Il bambino annuì tirando su con il naso, sembrava essersi calmato un po', nonostante le lacrime continuassero a uscire dai suoi occhi.
Salì i gradini della piattaforma in legno e mentre si avvicinava sempre di più alla signorina dietro il bancone per poco non si scontrò con uomo che uscì dai bagni in una corsa trafelata urlando il nome “Matthew”.
Il bambino si agitò nelle sue braccia e urlò a sua volta un “Daddy!” che fece bloccare l’uomo e lo fece voltare verso di lui.
Il padre del bambino era giovane, probabilmente avevano la stessa età lui e Francis, aveva i capelli biondi come il bambino ma gli occhi verdi.
Francis notò ogni suo particolare mentre questo neanche si accorgeva di lui, il volto pieno di sollievo non appena aveva notato il bambino.
Glielo strappò letteralmente dalle mani per stringerselo al petto.
E mentre il bambino tornava a piangere disperato per lo spavento e stringendosi convulsamente al petto nudo del padre questo lo tenne stretto baciandogli la testa e iniziando a mormorare frasi di rimprovero e di sollievo –Dio Matthew, pensavo che fossi venuto qui con tuo fratello, appena non ti ho visto mi sono preoccupato da morire!
A Francis si alleggerì lo stomaco a sentire e vedere quella scena, dopo il commento che aveva fatto il bambino, che a quanto pareva si chiamava Matthew, pensava che il padre fosse uno stronzo che non si interessava ai propri figli e si dimenticava di loro per andarsi a prendere una birra, ma era ovvio che non fosse così.
Fece un colpo di tosse per ricordare della sua presenza e solo a quel punto l’uomo alzò lo sguardo su di lui, aveva gli occhi lucidi e le guance rosse.
Lo scrutò, poi le sue guance divennero ancora più rosse.
-Oh, scusami… Ti ringrazio di aver trovato Matthew, io… noi… è così difficile essere da solo e stare dietro a entrambi i gemelli. Cerco davvero di fare tutto nel migliore dei modi, di crescerli bene, ma qualche volta…- arrossì ancora di più e si strinse il bambino di più contro, che nel frattempo aveva smesso di piangere e si stava stropicciando gli occhi rossi con le mani chiuse a pugno –Alfred è venuto urlando che doveva fare la cacca, e stava correndo qui verso il bagno, allora gli sono corso dietro prima che facesse qualche danno e pensavo che Matthew fosse con lui, sono sempre insieme, capisci? Ma poi lui non c’era e io… Ah! Scusami! Tu neanche sai chi è Alfred giustamente e io sto solo parlando a vanvera quando a te non importa sicuramente nulla!
Francis capì che era arrivato il momento di interromperlo, una risata spontanea affiorò dalle sue labbra e questo fece arrossire ancora di più l’uomo che aveva di fronte, Francis lo trovò adorabile e carino.
-Nessun problema, davvero, è stato spontaneo andare in aiuto di Matthew che piangeva.
L’altro annuì mordendosi un labbro, distolse lo sguardo quando chiese –Magari posso… offrirti un caffè? Per ringraziarti.
Il sorriso di Francis si aprì di più –Volentieri.
Anche l’altro ragazzo sorrise impercettibilmente, poi il suo sguardo si tramutò in uno di orrore quando lo spostò a qualcosa che si trovava vicino a lui.
Francis seguì il suo sguardo e vide un altro bambino, identico a Matthew, uscire soddisfatto dai bagni.
-Alfred! Non dovevi fare la cacca??
-L’ho fatta- rispose semplicemente il bambino alzando le spalle.
-E come ti sei pulito?
-Non mi sono pulito. Tanto ora vado a mare.
L’uomo esplose –TORNA SUBITO LI DENTRO.
Quando la porta dei bagni si chiuse con un rumore forte e secco non attirò molto l’attenzione, tanto già tutto quello che era successo aveva portato su di loro lo sguardo di quelle poche persone li vicino.
Francis, rimasto solo, sorrise per scusarsi in generale nonostante lui in quella faccenda non c’entrava assolutamente nulla.
 
Quindici minuti dopo i due uomini con i due bambini erano seduti intorno a un tavolino.
Francis aveva scoperto che l’uomo si chiamasse Arthur, era inglese e come aveva predetto era molto giovane, appena 24 anni e che i due gemelli, Alfred e Matthew avessero cinque anni.
Francis stava mescolando lo zucchero nel suo caffè con il cucchiaino, Arthur invece aveva preso un thè freddo mentre i due bambini mangiavano con gusto due gelati.
Stavano parlando un po' del più e del meno e solo quando i bambini finirono di mangiare e si allontanarono dopo aver chiesto il permesso al padre di poter andare a giocare li vicino senza allontanarsi troppo, Francis decise di fare quelle domande che gli avevano messo dei dubbi poco prima, ma che non aveva voluto fare davanti ai bambini.
-Quindi… li cresci da solo?- tastò il terreno, per capire fino a che punto si poteva spingere.
Arthur gli raccontò tutto a ruota libera, probabilmente non era una persona con molti amici, doveva avere una vita così caotica che era difficile mettere in mezzo della vita sociale.
-Si. È difficile il più delle volte, ma non riesco più a immaginare una vita senza di loro.
-E la loro madre?
Arthur rimase in silenzio e Francis si maledisse, convinto di aver chiesto troppo.
Invece l’altro rispose dopo un pò, gli occhi persi a inseguire un ricordo lontano.
La sua voce era bassa, come se si vergognasse di quello che stava dicendo –In realtà non mi sono mai piaciute le donne. L’ho sempre saputo. Ma alla festa di fine liceo ero totalmente ubriaco, i miei amici mi hanno voluto fare uno scherzo e non so come mi sono ritrovato chiuso in una stanza con questa ragazza.
Si morse un labbro, le guance rosse, l’imbarazzo evidente.
-Non capivo nulla, tanto che non mi ero reso subito conto che fosse una ragazza… il preservativo era l’ultimo dei miei problemi. Rimase incinta. Ma non li voleva, non li ha mai voluti. Voleva abortire, non glielo permisi, non era giusto che loro pagassero per un mio errore, non era giusto che la loro vita finisse ancora prima di iniziare. La convinsi solo quando le diedi la certezza che sarei scomparso dalla sua vita e che non la sarei mai andata a cercare. Non li ha mai neanche voluti prendere in braccio quando sono nati.
Si interruppe, poi cercò con lo sguardo i due bambini, era uno sguardo pieno d’amore il suo.
-Ogni giorno cerco di dargli tutto l’amore che meritano, anche quello che manca loro da una figura “materna”.
Francis abbassò lo sguardo, non era una cosa bellissima quella che stava per dire ma dopo quello che aveva ascoltato era giusto che Arthur sapesse.
-Quando ho incontrato Matthew piangeva credendo che tu l’avessi abbandonato, ha detto proprio che tutti preferiscono suo fratello a lui.
Arthur si oscurò –Lo so… lo pensa sempre. È complicato, hanno due caratteri completamente diversi e il primo di cui la gente si accorge è sempre Alfred. Anche a scuola ha problemi a interagire con gli altri bambini e la sua autostima è bassissima. Però credo sempre che con il tempo imparerà a capire che li amo entrambi allo stesso modo, deve per forza capirlo. Inoltre… non sono preoccupato che possa odiare Alfred un giorno, suo fratello è così protettivo nei suoi confronti e sono così uniti che sarebbe impossibile.
Francis gli sorrise, si perse sul suo volto e su quegli occhi verdi che nascondevano dietro una storia devastante.
Lo conosceva da mezz’ora ma gli sembrava di conoscerlo già da una vita, voleva aiutarlo, stare con lui e alleggerirlo del peso che teneva sulle spalle da troppo tempo.
Si sentì legato a lui, come se si fossero inseguiti per secoli e il destino avesse finalmente deciso di farli incontrare.
Non era stato un caso, Francis si rese conto che doveva conoscerlo. Ne sentiva la necessità impellente.
Qualcuno lo chiamò toccandogli il braccio, si girò e vide i due gemelli che gli sorridevano felici.
Matthew gli stava porgendo una pietra bianca, entrava perfettamente dentro il suo palmo, era liscia con delle venature grigie e solo quando il bambino mormorò “è a forma di cuore” il francese riuscì a vedere anche la forma abbozzata di un cuore girandola nel verso giusto.
Alfred continuò –È per te. Grazie per aver aiutato Matt.
Francis sentì qualcosa che gli si muoveva nello stomaco, sentì anche le guance calde, ed era uno che si imbarazzava molto raramente.
Lanciò uno sguardo ad Arthur, l’inglese stava fissando i due gemelli sorpreso, uno sguardo totalmente innamorato.
Sentendosi il suo sguardo addosso alzò gli occhi nei suoi e gli sorrise imbarazzato, un po' come a volergli dire “scusami, non avevo idea che avrebbero reagito così, ma sono felice che andiate d’accordo”.
E al nuovo peso di quello sguardo Francis capì che la sua vita era immancabilmente appena cambiata.
Forse aveva appena perso il suo pomeriggio di calma e relax, ma quello che ci aveva guadagnato ne valeva assolutamente la pena.

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Capitolo 3
*** Autunno ***


Autunno
Quando Arthur arrivò davanti la scuola i suoi ragazzi lo stavano già aspettando davanti l’ingresso.
Erano al secondo anno di liceo e tornavano a casa con l’autobus, ma quel giorno Matthew l’aveva chiamato dicendogli che c’era sciopero dei mezzi, quindi doveva passarli a prendere lui.
Arthur non sentì cosa i suoi figli stessero dicendo ma c’era Alfred che stuzzicava Matthew con un sorrisetto divertito in volto mentre il gemello aveva il volto rossissimo.
Attirò la loro attenzioni suonando il clacson della macchina e i due ragazzi si precipitarono da lui.
Alfred si sedette, come sempre, nel posto davanti mentre Matthew prendeva i posti posteriori senza lamentarsene.
Arthur partì e per prima cosa ricordò ad Alfred di mettersi la cintura.
Il ragazzo sbuffò ma fece come gli era stato richiesto, poi annunciò –Oggi Matthew è stato invitato ad un appuntamento. Per una festa di Halloween.
-ALFRED!- Urlò Matthew dai sedili posteriori spingendosi in avanti e schiaffeggiando il braccio del fratello con un piagnucolio.
Alfred rise divertito dall’imbarazzo dell’altro.
Arthur abbozzò un sorriso –Da chi?
Non lo chiese in modo severo, era solo per fare conversazione.
Nessuno dei due rispose, Arthur non capiva quale fosse il problema.
-Su Matt- continuò Alfred –Ti conviene dirglielo subito, tanto prima o poi lo scoprirà.
-Mi devo preoccupare?
La voce di Matthew era bassissima mentre diceva –Gilbert…
-COSA!?- si girò a fissare il figlio incredulo.
Questo alzò subito le mani in segno di resa –Non è come credi, lui è dolce con me e carino e…
-PAPÀ , STAI ATTENTO!
Alfred lo riportò a concentrarsi sulla strada ma era ormai troppo tardi per frenare e non prendere l’uomo che aveva appena deciso di attraversare senza aspettare che qualcuno si fermasse.
Lo prese di striscio facendolo rotolare a terra.
Il tempo sembrò fermarsi per alcuni secondi, poi Matthew pigolò –Forse dovremo vedere se non è morto…
-Giusto- Arthur si slacciò in fretta la cintura scendendo dalla macchina, la strada che stava facendo non era per niente trafficata, quindi nessuno sembrava ancora essersi accorto della cosa.
L’uomo che aveva investito sembrava avere la sua stessa età ed era molto carino, ma scacciò questi primi pensieri perché non era decisamente il momento per pensare a cose simili.
Era sveglio, aveva un piccolo graffio sulla fronte e le mani graffiate per quando aveva cercato di parare il colpo con il terreno sotto di lui.
-Oh mio dio, scusami tanto!- Arthur si gettò al suo fianco e gli scostò i lunghi capelli dalla faccia per capire quanto fosse grave il taglio che aveva.
L’uomo lo scrutò con i suoi occhi azzurri, poi provò a dire –Non c’è problema, la colpa è anche mia che ho attraversato senza guardare, ma sto bene, non è nulla di grave.
-Non puoi saperlo! Dobbiamo andare in ospedale! Potresti avere un trauma cranico o qualcosa di simile!
E nonostante le proteste dell’uomo, Arthur non volle sentire ragioni e mettendogli un braccio intorno alla sua vita lo aiutò ad alzarsi.
-Tutto okay?- chiese a quel punto Alfred affacciandosi dal finestrino.
Arthur annuì e lo fece salire dietro aiutato da Matthew, poi si rimise al suo posto di guida e partì spiegando –Dice che non si è fatto nulla di grave, ma per precauzione andremo in ospedale.
Alfred rise –Bè ovvio, hai ucciso tutti i nostri pesci, meglio prevenire con una persona.
Matthew soffocò una risata, anche l’uomo abbozzò un sorriso.
Poi Alfred si girò e curioso si rivolse direttamente all’uomo –Ciao! Come ti chiami?
Arthur lo rimproverò –Alfred! Non è un tuo coetaneo, porta rispetto.
L’uomo si intromise cercando di tamponarsi la fronte –Non c’è problema davvero, non sono così grande. Comunque io sono Francis. Francis Bonnefoy.
-Oh figo, sei straniero!
Francis rise –Sono di origine francese si, ma ormai vivo qui da qualche anno.
Alfred annuì curioso, poi si presentò –Io sono Alfred, questo è il nostro papà Arthur mentre lui è mio fratello gemello Matthew.
L’uomo sorrise riconoscente a tutti loro e accettò di buon grado il fazzoletto che Matthew aveva appena preso dal pacco nel suo zaino e che gli porse per tamponarsi la fronte.
 
In ospedale un’infermiera gli medicò il taglio alla fronte ma gli dissero che per controllare che non avesse un trauma cranico e fare dei controlli più mirati dovevano aspettare, a meno che non si sentisse male nell’immediato.
Così mangiarono velocemente dei panini per pranzo in un posto di fronte l’ospedale e tornarono ad aspettare dentro, Francis ed Arthur si sedettero in quelle sedie scomode e di plastica dove la gente attendeva e iniziarono a parlare.
Fu Francis il primo a prendere parola chiedendo qualcosa in generale sulla vita di Arthur, da li la conversazione non si era mai fermata ed entrambi ebbero quasi la sensazione di conoscersi da una vita, stavano così bene con la compagnia dell’altro che quasi speravano segretamente che nessuno li venisse a chiamare per interrompere quella giornata.
-Papà!- Alfred fece tornare Arthur alla realtà, quando si girò verso il figlio vide che questo lo stava fissando con le braccia incrociate, quando notò che aveva la sua attenzione il ragazzo allungò la mano verso di lui –Mentre tu flirti con Francis possiamo avere dei soldi così ci prendiamo qualcosa alla macchinetta?
Arthur spalancò gli occhi a quelle parole, balbettando disse –Ma che vai a dire Alfred! Smettila di…- sospirò, voleva davvero discutere con suo figlio per una cosa del genere?
Prese diverse banconote dal portafoglio e le mise sulla sua mano tesa, quando i due gemelli si allontanarono tornò a rivolgersi a Francis, aveva ancora le guance rosse e gli occhi bassi mentre mormorava –Scusami… Certe volte Alfred da aria alla bocca senza rendersi conto di quello che dice.
Francis rise –Non c’è problema, siete una famiglia interessante.
Arthur alzò lo sguardo sul suo per capire se l’altro lo stesse sfottendo o meno, ma Francis sembrava determinato e per un attimo il suo sguardo scivolò anche sulla sua bocca.
Arthur non aveva idea di quanto tempo fosse passato mentre stavano li semplicemente a fissarsi, si erano anche avvicinati tra di loro.
Non era stata solo questione di secondi per il semplice fatto che i due gemelli li avevano nuovamente raggiunti: Alfred stava sgranocchiando gli Smarties che aveva appena preso al distributore automatico, Matthew stava addentando una barretta al caramello.
Alfred scrutò i due uomini, si chiese come la gente intorno a loro non notasse la tensione sessuale che sprigionava da quei due, poi si sedette di fronte a Francis  e chiese –Sei fidanzato, Francis?
Francis sembrava sorpreso da quella domanda, Arthur strabuzzò gli occhi e sibilò il nome del figlio per ammonirlo, ma l’altro non ci diede peso e aspettò la risposta.
-No... Non sono stato molto fortunato con le relazioni ultimamente- abbozzò un sorriso.
Il ghigno di Alfred si aprì ancora di più –Anche nostro padre è single- continuò –se non hai impegni potreste andare a un appuntamento il 31 ottobre!
Che poi non era neanche una domanda, era più un ordine velato.
Arthur era diventato così rosso che Francis riusciva a sentire il suo calore nonostante non si stessero direttamente toccando, rise divertito da tutta la situazione.
L’inglese si alzò di scattò e avvicinandosi ad Alfred iniziò a minacciare suo figlio ma riuscì a mantenere una voce bassa ricordandosi di essere nella sala d’attesa d’ospedale, o forse perché semplicemente si vergognava a far sentire quella conversazione a tutti quanti.
Mentre Arthur era impegnato a rimproverare Alfred, Matthew si intromise nella conversazione rivolgendosi a Francis e continuando il discorso del fratello –Vi conviene andare fuori a mangiare, papà non è molto bravo a cucinare, già ti ha investito con la macchina, non vuoi tornare in ospedale per un’intossicazione alimentare, fidati.
Il francese scoppiò a ridere, Arthur stava per partire all’attacco con Matthew quando Francis zittì tutti con la sua successiva frase –Sembra divertente, che dici, vuoi uscire con me giovedì?
Arthur spalancò gli occhi incredulo, il suo volto era praticamente viola –Non devi stare li ad ascoltarli, stanno solo delirando e…
-Ma a me sta benissimo.
-Oh…
Arthur non riuscì a dire più nulla, sentiva come se potesse svenire da un momento all’altro.
Alfred sospirò mettendo un braccio intorno le spalle del gemello –Quello che papà voleva dire- specificò –è che si, accetta.
Francis sorrise loro divertito e stette al gioco –Allora mi date sempre voi l’indirizzo di casa, così posso passare a prenderlo?
-Certo!
Matthew aggiunse –Potresti venire a prenderlo prima delle 19? Non vorrei che uccidesse il mio… compagno… che mi verrà a prendere per andare a una festa.
Quello sembrò far svegliare Arthur dal suo imbarazzo –Non pensare che abbia dimenticato di Gilbert! Spiegami perché proprio lui?!
Alfred, stranamente, si intromise per salvare il gemello –è che in famiglia ci piacciono i cattivi ragazzi.
Arthur lo fissò storto –Cosa vorresti dire con questo…?
-Io ci vado con Ivan!
Arthur si accasciò sulla sedia dove era seduto fino a poco prima, entrambe le mani a coprirsi il viso con esasperazione.
-Vorrei solo svegliarmi e scoprire che tutto questo non sia mai successo.
I due gemelli ormai non gli stavano dando più importanza, si erano seduti nei sedili di fronte e stavano guardando qualcosa nel cellulare di Matthew mentre Alfred commentava quello che leggeva.
Arthur portò lo sguardo su Francis e si rese conto che erano seduti davvero vicini, il francese aveva un sorriso leggero in volto mentre lo fissava, la testa poggiata sulla sua mano chiusa.
-Vorresti dimenticare proprio tutto di questa giornata?- gli chiese piano per non attirare l’attenzione dei ragazzi, sapeva che Arthur si sarebbe imbarazzato ancora di più.
L’inglese ingoiò a vuoto, poi balbettando rispose –Bè… Magari proprio tutto no… Ma forse potevo evitare di investirti per incontrarti.
Francis rise e Arthur si chiese se ci si potesse innamorare in così poco tempo.

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Capitolo 4
*** Inverno ***


Inverno
-GILBERT! APRI QUESTA CAZZO DI PORTA! LO SO CHE ABITI QUI!
Arthur continuava a bussare insistentemente alla porta di quell’appartamento condiviso, non era mai stato a casa di Gilbert ma era certo di non aver sbagliato casa per tutte le volte che aveva accompagnato li Matthew.
Gli venne ad aprire un ragazzo biondo, non sembrava troppo infastidito dal suo tentativo di buttare la porta giù.
-Ciao, cercavi…- iniziò il ragazzo cercando di essere cordiale, ma Arthur lo interruppe subito sibilando il nome “Gilbert” con gelo, il suo sguardo che poteva ucciderlo.
Il biondo si fece da parte facendolo entrare in casa.
Arthur accettò l’invito senza neanche ringraziarlo, togliendosi dalla testa il cappello e godendosi il calore di quella casa.
Il biondo non riuscì a dire nient’altro, ebbe il tempo di chiudersi la porta alle spalle che Gilbert uscì dalla sua stanza attirato da tutto quel rumore.
Non appena lo vide Arthur gli saltò letteralmente addosso, lo sbatté contro il muro stringendo con entrambe le mani la sua felpa.
-TU! LURIDO PEZZO DI MERDA!
-Arthur?- Gilbert aveva gli occhi spalancati, di sicuro non si aspettava di trovare Arthur dentro casa sua.
-L’AVEVO DETTO A MATTHEW CHE ERI SOLO FECCIA E CHE DOVEVA LASCIARTI STARE! MA PER NON SO QUALE OSCURO POTERE RIESCI AD AVERE SU DI LUI, TI AMA INCONDIZIONATAMENTE.
-Oh…- Gilbert divenne rosso e abbassò lo sguardo prima di sussurrare –Anche io lo amo.
Arthur fece un sospiro e si staccò da lui ridandogli il suo spazio –E allora va subito da lui e fatti perdonare, che ormai ha consumato tutte le sue lacrime.
-Ora?
-SUBITO!
Gilbert trasalì, poi corse fuori da casa sua obbedendo.
Arthur chiuse gli occhi massaggiandosi la fronte, di sicuro quando si era svegliato quella mattina non aveva messo in programma di sistemare la storia del suo coinquilino con quella testa di cazzo del suo ragazzo, visto che lo odiava.
Un colpo di tosse lo fece trasalire, si era dimenticato di essere in compagnia.
-Quindi… ti chiami Arthur?
L’inglese si ricordò che Gilbert aveva detto il suo nome poco prima e il biondo l’aveva di sicuro sentito, annuì lentamente stringendosi in imbarazzo nel giubbotto che non si era ancora tolto.
-Si, scusa per l’entrata poco elegante, tu sei…
-Sono Francis- il ragazzo gli sorrise facendo un passo avanti per porgergli una mano, Arthur rimase trafitto da quel sorriso.
In effetti prima non l’aveva notato, ma il ragazzo era davvero carino.
Arthur era rimasto fermo e zitto a contemplarlo, così Francis si sentì in dovere di continuare –Sono il coinquilino di Gilbert, siamo tipo amici dall’infanzia.
Arthur accettò la sua mano stringendola, un toccò che durò più al lungo di quando avrebbe dovuto essere.
-Io abito con Matthew invece, non so se l’hai mai conosciuto.
Francis annuì –Si certo, Gilbert l’ha portato spesso qui e non fa altro che parlare di lui, è davvero innamorato.
Arthur rilasciò un nuovo sospiro –Lo spero per lui, se lo fa di nuovo soffrire potrei accidentalmente investirlo con la macchina. Più volte.
Francis rise.
Dopo qualche altro secondo di silenzio Arthur si mise le mani in tasca in imbarazzo dondolando sul posto –Forse dovrei andare adesso.
-Ma hai detto che abiti con Matthew- fece presente Francis.
Arthur corrugò la fronte non capendo dove l’altro volesse andare a parare.
-E hai appena mandato Gilbert a casa tua. Sicuro di voler tornare adesso?
-Oh- la consapevolezza lo colpì in pieno –Magari aspetterò in macchina.
-O potresti aspettare qui.
Arthur alzò subito lo sguardo su di lui in fretta, i suoi occhi verdi grandi per lo stupore –Come?
Francis sembrò imbarazzarsi, per la prima volta spostò i suoi occhi azzurri dallo sguardo dall’altro e alzò una mano per attorcigliarsi una sua ciocca di capelli lunga tra le dita –Bè, fuori ha iniziato a nevicare, fa freddo.
-Oh- Arthur si maledì internamente, perché la sua voce sembrava così delusa? –Si grazie, accetto volentieri.
E si tolse il cappotto per consegnarlo al padrone di casa.
Francis si girò per appenderlo all’appendiabiti che tenevano all’ingresso.
Mentre gli dava le spalle domandò –Arthur, posso farti una domanda?
-Mh?- l’inglese era curioso.
Francis continuò a dargli le spalle mentre chiedeva –Se ti dico che mi ha eccitato tantissimo vederti primeggiare su Gilbert in quel modo… è un problema per te?
Arthur trattenne il fiato, il suo volto che andava in fiamme, il cuore che iniziò a battere più veloce del normale.
La sua voce era stridula mentre rispondeva in fretta –No!
Le spalle del francese si allentarono, la tensione sparita, tornò a fissarlo con un sorriso in volto come se non avesse appena detto qualcosa di estremamente imbarazzante.
-Bene allora!- si avviò verso una stanza che l’altro suppose fosse la cucina, Arthur lo seguì per riflesso involontario –Vuoi un thè? Immagino che fuori faccia davvero freddo.
L’occhiolino era compreso nella frase.
Arthur si rese conto di non riuscire ad articolare una frase di senso compito e rispose in un mugolio da idiota.
Quello era decisamente uno dei migliori “primi incontri” della sua vita e forse Gilbert non era poi così tanto male se aveva amici del genere.

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