Seeking freedom

di villainsarethebest
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



«Megatron.»

Una voce squillante e decisa lo sorprese nel mezzo del suo rimuginare, lì seduto sul suo trono. Lo avevano avvertito che una femme, una neutrale, aveva richiesto di vederlo quella mattina, quando si era presentata ai confini di Kaon indifesa e con un'aria che non ammetteva repliche.

Tanto per vedere qualcosa di nuovo in un giorno come tanti di quella guerra, aveva acconsentito a vederla. E ora era lì davanti a lui, a fissarlo con le sue penetranti iridi dorate.

«Chi sei femme?»

Quella si inchinò con eleganza, abbassando le ali in segno di sottomissione. «Io sono Firestorm mio signore e vengo a voi con una richiesta.»

«E in cosa posso assisterti, Firestorm?» pronunciò in suo nome con malizia, ma la femme non si scompose.

Come Firestorm aveva richiesto, erano completamente soli nella stanza. Megatron aveva riflettuto a lungo sul motivo che poteva spingere una neutrale — probabilmente civile per di più — ad avvicinarsi alla capitale Decepticon con tanta noncuranza. Si aspettava che le avrebbe chiesto di condividere il letto con lui e avesse ben pensato di presentarsi nella sua fortezza per chiederglielo di persona. Il solo pensiero lo fece ghignare divertito.

«Chiedo protezione in cambio dei miei servizi alla causa Decepticon.»

«Protezione» assaporò quella parola con una punta di curiosità. Studiò l'armatura fiammante della seeker, dilungandosi sulle sue scintillanti ali prostrate. «Protezione di che tipo?»

La seeker alzò lo sguardo e incontrò le ottiche rosse dell'ex gladiatore, sostenendone lo sguardo maligno. «Da qualcuno.»

Rilasciò una pesante ventata frustrato. «Parla chiaro, femme. Non mi piacciono i giochetti.»

«Essere più specifica non vi beneficerebbe in alcun modo, mio signore. Se nascerà mai motivo per concedervi ulteriori spiegazioni, ve le darò. Forse non si presenterà mai l'occasione, a dire il vero.»

La seeker lo scrutava con un'espressione calma e con un velo davanti alle ottiche. Che cosa voleva tenergli nascosto?

«E sentiamo, perché correre ai ripari se non c'è alcuna minaccia a perseguitarti?»

«Potrebbe però. Preferisco non rischiare» chiarì Firestorm.

Bene, tieni per te i tuoi segreti. Non lo saranno ancora a lungo. «E cosa puoi fare per me che i miei Decepticon già non fanno?» Quali servizi poteva offrigli se non giacere nel suo letto e riscaldarlo per lui?

«Ho un'abilità molto particolare.»

«E quale sarebbe?» I suoi artigli graffiarono i braccioli del suo trono. Quel suo modo di fare lo stava irritando non poco, Megatron aveva di meglio da fare che perdere tempo dietro chiacchiere vuote.

«Se vuole saperlo, mi arruoli.»

Irritante e pure sfacciata! C'era già Starscream a occupare quel posto nel suo esercito, un'altra come lui non la avrebbe sopportata.

«Bene, continua pure a fare la misteriosa. Io però non sono così paziente» dichiarò alzandosi, guardandola dall'alto della sua statura, ma questo non le suscitò nemmeno un brivido e questo lo irritò ancora di più. Sollevò il bracciò col cannone e glielo puntò contro. «Parla adesso o taci per sempre.»

«Prego, spari pure.»

Cosa? Era pazza, i suoi sistemi erano per caso invasi da un virus? Non poteva essere venuta fin lì e aver sprecato il suo tempo solo per farsi ammazzare. O forse era proprio quello il suo fine?

Non ha importanza. Poteva fare a meno di un'aspirante recluta che non avrebbe fatto altro che istigarlo.

Megatron fece fuoco. Il colpo non arrivò mai alla femme.

Sgranando le ottiche per lo stupore osservò Firestorm, in piedi e senza un solo graffio a intaccarle la bella corazza, con un braccio proteso in avanti. Firestorm lo fissava fieramente, le sue ali dritte, senza un segno di paura o incertezza.

«La mia abilità» ruppe il silenzio Firestorm. A quanto sembrava, non poteva tirare la corda con l'irascibile signore della guerra. Rispondere era dunque l'opzione più saggia. Disgustoso. «Io posso creare scudi, invisibili ed estremamente resistenti, di qualunque grandezza io voglia, a patto di avere sufficienti riserve di energon. Lo consumo molto in fretta quando creo scudi» spiegò con voce calma e ferma.

Megatron abbassò il braccio, ripetendo le sue parole nella sua mente finché non le ebbe memorizzate. Scudi. Impenetrabili. Difesa assoluta. I suoi pensieri stavano già vagando verso tutte le possibili applicazioni militari e scoprì i denti affilati in un sorriso distorto.

Firestorm lo osservò impassibile e muta, aspettando il suo verdetto mentre il suo campo EM la investiva e le sue ottiche brillavano di una luce sinistra. Non le piaceva per niente. Non voleva tutto questo. Non voleva combattere in quella guerra non sua, ma che scelta aveva? Se sarebbe affondata, se in qualche modo il suo passato l'avrebbe rincorsa, avrebbe fatto in modo che i Decepticon affondassero con lei. Li aveva osservati, così come aveva fatto per gli Autobot. Il loro leader, Optimus Prime, non era affatto come i suoi ultimi predecessori; lui aveva la scintilla al posto giusto.

All'opposto, i Decepticon non erano nemmeno l'ombra di quello che erano all'inizio. Megatron in primis era uno squilibrato, un tiranno al pari di quelli che aveva giurato di estinguere per liberare Cybertron. Non provava che disgusto e orrore per quel mech, ora più che mai che si stava sottomettendo a lui. Ma che scelta aveva?

«Avrai la tua protezione» la riscosse la sua voce aspra e pungente e represse una smorfia. «Considerati in prova da oggi. Dimostrami la tua lealtà e avrai la protezione di cui hai bisogno.»

Lealtà. Doveva mostrarsi leale a quel mostro?! «La vostra benevolenza non sarà mai dimenticata, Lord Megatron. Vi dimostrerò di essere una degna servitrice.»

Ne vale davvero la pena?

Si, è la scelta migliore. Per ora.

Devo solo resistere e sopravvivere.
 


Le giornate da allora erano passate prima lente, poi veloci, poi di nuovo lente.

Firestorm aveva ubbidito ciecamente a ogni ordine pronunciato da Lord Megatron senza mai discutere, compiendo qualsiasi incarico gli ordinasse senza esitare e con una calma indescrivibile. Lei era sempre calma quando si trattava di eseguire gli ordini del suo signore, sembrava che non aspettasse altro che compiere la sua volontà.

Aveva provato la sua lealtà al suo signore e si era guadagnata la sua simpatia. Era nelle sue grazie esattamente come sperava, una servitrice ubbidiente e fedele quasi da rivaleggiare con Soundwave, che aveva avuto l'onore di conoscere quello stesso giorno in cui si era prostrata a Megatron.

Aveva attirato simpatie e antipatie, tutte irrilevanti per lei. Non le importava nemmeno delle voci di corridoio che mormoravano di come si fosse comprata il favore del loro signore andandoci a letto insieme. Chiacchiere e giudizi che non le facevano né caldo né freddo. Potevano sparlare di lei quanto volevano, lei non avrebbe reagito; nessuno la aveva mai vista né sentita smentire o difendersi da qualsiasi accusa.

Quelle voci arrivavano anche alle orecchie di Megatron, che non aveva mosso un solo dito per zittirle, non che gliene importasse. Contava solo che i suoi soldati obbedissero, i loro dissidui potevano risolverseli fra di loro fintanto che non danneggiavano la sua causa. Peccato però che alcune di quelle voci non fossero vere; trovava la femme molto graziosa, inoltre era docile seppur decisa. Megatron ricordava ancora il giorno in cui l'aveva incontrata, quel velo a coprirle le ottiche, a celare i suoi segreti e, ne era sicuro, il suo temperamento. Firestorm era davvero una brezza leggera o era una vera tempesta di fuoco, come il suo nome voleva far credere? Ma allora perché trattenersi, era chiaro fosse immune al giudizio altrui, ma nemmeno ribattere alle accuse più spregevoli?

Un po' di quel fuoco era emerso col passare dei secoli. Il suo carattere puntiglioso era conosciuto fra tutti i Decepticon, nessuno le si avvicinava per non rischiare che la sekeer cavasse ottiche o strappasse lingue, anche se quelli erano casi estremi che solo pochi sfortunati avevano avuto il dispiacere di provare. Megatron ne era estasiato. La tempesta era lì, ma la conteneva, per suo disappunto. Poteva solo immaginare che spettacolo avrebbe inscenato se solo si fosse lasciata andare.

Firestorm era una combattente mediocre e costituiva un semplice assetto difensivo. I suoi incarichi passavano dalla sorveglianza delle miniere durante l'estrazione dell'energon a eventuale rinforzo messo in campo per evitare inutili ritirate dal campo di battaglia.

Non così eccezionale.

Megatron non rimpiangeva di averle permesso di unirsi alle sue schiere, ma non era nemmeno soddisfatto. Inizialmente le aveva dato il beneficio del dubbio sperando che si dimostrasse talentuosa in molti altri campi, ma si era presto ricreduto. Così le aveva assegnato nuovi incarichi: prestare servizio al centro medico e rivelarsi utile lì, fintanto che non avesse imparato a combattere come si deve. Come sempre, aveva ubbidito senza aggiungere parola.

Occasionalmente Megatron si prendeva il disturbo di supervisionare lui stesso le sue sessioni d'addestramento, e Firestorm non faceva una piega nemmeno quando le ordinava di battersi con lui per verificare i suoi miglioramenti, anche se sapeva di non avere alcuna chance di battere il Campione di Kaon o anche solo riuscirne a graffiarne l'armatura, ma lei non demordeva e si rialzava dopo ogni botta, soffocava i lamenti e tornava all'attacco finché non decideva che per quel giorno fosse abbastanza. Questo lo soddisfava.

Sebbene Firestorm fosse di dimensioni molto inferiori alle sue e non indossava spesse protezioni, era molto resistente e non si lamentava per il dolore, nonostante quando si avviava alla baia medica per tendere alle sue ferite era chiaro che Megatron le avesse rotto qualcosa. Semplicemente, sembrava immune a provare dolore tanto quanto alle malelingue. A Megatron stava bene, in fondo aveva sempre mostrato dei miglioramenti decenti ogni volta che la vedeva in azione.

Non era un fallimento.

Lo stesso non poteva dirlo di altri blateranti, fastidiosi, traditori seeker di sua conoscenza. Firestorm si era rivelata una serva più fedele di Starscream nonostante tutto, anche se per superare il seeker ci voleva poco, ma erano i fatti a contare, non certo le parole.

Megatron si era pure illuso che l'intaccabile dedizione di Firestorm alla causa Decepticon e i suoi modi quieti potessero influenzare il petulante Starscream, ma quest'ultimo era cocciuto come pochi e aveva rinunciato presto a credere un simile miracolo possibile.

Anche se...

Per poter permettersi di avvicinarsi a Firestorm era risaputo che bisognava rientrare nei suoi criteri di sopportazione. Le piaceva chi non girava attorno ai discorsi e non cercava scappatoie: voleva che si arrivasse dritti al punto. Guai a chi si mostrava troppo audace nel chiedere e nel fare: quelli che osavano finivano dritti in infermeria, spesso per danni inferti con le mosse che gli aveva visto fare in allenamento. Questo lo faceva sogghignare compiaciuto.

Apprendeva in fretta. Conosceva il suo ruolo e stava sempre al suo posto. Era una risorsa utile.

Dal canto suo, Firestorm stringeva i denti e non fiatava nemmeno quando avrebbe voluto urlare. Stava al suo posto come Megatron si aspettava e voleva. Il dolore, le umiliazioni, i rimproveri e le grida che tratteneva erano il suo pane quotidiano. Non poteva fiatare, aveva visto le conseguenze del più minuscolo spiraglio di insubordinazione e anche delle azioni più impensabili e meschine; Starscream era una vera fonte di conoscenza per quanto riguardava il tradire la fiducia di Megatron, per quanto si potesse parlare di fiducia con lui. Era un tiranno fatto e finito, di quelli che Cybertron aveva già visto e lui non se ne accorgeva nemmeno!

Avrebbe voluto rinfacciare al suo Lord tutto il male e la distruzione che aveva sparso, gridargli in faccia quanto fosse stupido e idiota e stupido! Tuttavia, non lo faceva, teneva quei rimproveri nella sua mente e cercava di non pensarci per non finire di rendere il suo disprezzo palese; non aveva un visore dietro cui nascondersi come Soundwave.

Era diventato il suo tormento, voler dire ciò che voleva ma non potendolo fare, perché le serviva la sua protezione. Meglio con lui che contro di lui. Come dicevano gli umani: tieniti stretti gli amici e ancora più stretti i nemici. Ah, gli umani la sapevano lunga! Erano una vera ispirazione, quando non si comportavano da stupidi s'intende.

Il pianeta Terra non era Cybertron, ma aveva i suoi aspetti positivi. Il suo preferito era sicuramente l'aurora boreale, seguito a ruota dal sorgere e dal calare del sole sulla distesa ghiacciata del paese chiamato Groenlandia.  E avere la simpatia del suo Lord conferiva a Firestorm più libertà, cosa assai invidiata, ma come ormai tutti sapevano il favore del proprio signore andava guadagnato lottando con le unghie e coi denti.

Adesso si trovava in Norvegia, comodamente seduta sul bordo di una scogliera a godersi il panorama notturno, migliaia di migliaia di anni dopo essersi unita ai Decepticon.

Quando era da sola – lei era quasi sempre da sola –  rifletteva su quanto facesse schifo la sua vita, si ripeteva che non poteva cambiarla e che doveva accontentarsi. Non avrebbe avuto di meglio altrove.

Certo, c'erano gli Autobot, anche loro lì sulla Terra, seppur così pochi da contarli con le dita. Avrebbe dovuto chiedere di unirsi alle loro schiere, ma il trattamento sarebbe stato diverso. Tutti si sarebbero interessati dei suoi affari, di chi era e di cosa l'aveva spinta a unirsi alla causa. Avrebbero fatto troppe domande e questo non le andava bene. I Decepticon invece pensavano ognuno ai fatti propri, l'individualità era l'essenza della vita Decepticon, e con questo ci poteva convivere. Non voleva interrogatori, non voleva parlarne, non voleva ricordare; su questo i Decepticon erano stata la scelta migliore.

Doveva solo trattenere le urla, sopprimere i ricordi e il dolore e tutto sarebbe filato liscio; sarebbe stata una dei tanti seguaci del Campione e nessuno avrebbe fatto domande insidiose.

Resisterò. Posso farcela. Resisterò.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



Le persone non cambiavano mai. Era un dato di fatto. Megatron era l’esempio più lampante che a Firestorm venisse in mente, preceduto forse da Starscream, quel pazzo col titolo di “pugnalatore alle spalle” ufficiale. Non sarebbero mai cambiati.

E lei sarebbe cambiata? Tornata a essere quella di prima? No, non c’è un prima, si rispose mentre mandava giù un altro sorso di energon non raffinato, una manna per chi come lei desiderava dimenticare e lasciare che l’inebriante bevanda le annebbiasse la mente, ma era ancora troppo lucida e i pensieri ancora troppi e insistenti. Bevve in un sorso l’intero contenuto del cubo e subito ne prese un altro sotto lo sguardo attento e curioso del mech seduto davanti a lei.

«Giornata pesante?» domandò Knock Out civettuolo osservando i tre cubi già vuoti che occupavano il tavolo tra di loro.

«Il solito» rispose Firestorm con lo sguardo perso a guardare l’energon cristallino.

«Via, non fare quella faccia, non ti si addice!» la rimbeccò il medico.

«Quale faccia? Non è che la cambio mai…»

«Esatto! Sai, non ti farebbe male sorridere un po’» disse lui bevendo un sorso del suo raffinato energon.

«La vita fa schifo, perché sorridere?»

«Non posso dire che non hai ragione – lo sappiamo tutti che hai sempre ragione – ma pensa positivo! Potrebbe andare peggio!»

«Touché» chiosò occhieggiando il cubo che il medico stava sollevando, facendolo scontrare col suo.

«Cin cin!»

Firestorm rilasciò una ventata. Il medico aveva ragione: poteva andare peggio. Dopotutto Megatron non si faceva vivo da tre anni – i migliori da quando si era unita ai Decepticon – andato a zonzo per l’universo e solo Primus sapeva il perché. Vivere sotto lo stesso tetto dei Decepticon era divenuta un’esperienza sempre meno tediosa e snervante. Starscream era al comando e non era nemmeno così pessimo come tutti si aspettavano: la Nemesis era ancora integra e funzionale, solcava i cieli senza problemi e non c’erano intoppi se non minori complicazioni ogni tanto.
L’egocentrico seeker se la stava gestendo tutto sommano bene.

«Allora, quale pensiero negativo ti ronza per il processore questa sera?» la riscosse il collega.

«Il solito direi.»

Knock Out sbuffò esasperato. «Rispondi sempre così, eppure nessuno sa ancora che cosa davvero ti fa fumare il processore. Andiamo, perché non condividi i tuoi segreti col tuo buon dottore? Non fa bene alla salute sovraccaricarsi la mente in questo modo.»

«Forse non sono pensieri da condividere» mormorò Firestorm nascondendo il viso dietro il cubo di energon. Con Knock Out era sempre così, sempre curioso e in cerca di gossip, come se di chiacchieroni ne mancassero su quella nave.

«Ooh mia cara Firestorm, cosa sta immaginando la tua bella testolina in questo momento?» domandò gongolando con un sorriso sardonico in viso.

La femme si decise ad alzare le ottiche su di lui. Finì in un lungo sorso anche quel cubo e si concesse qualche secondo per trovare la migliore risposta. «Perché invece che parlarne non lasci che te lo mostri?» replicò concedendogli un’occhiata maliziosa e un sorriso appena accennato.

Knock Out sorrise. «Con immenso piacere.»

Se solo sapesse…

Aveva avuto le sue avventure in tutti quegli anni e non se ne lamentava. Aveva bisogno di distrarsi dal peso che le gravava ogni giorno sulla scintilla e un po’ di compagnia in fondo non le dispiaceva, fintanto che poteva scegliere con chi divertirsi. Non che avrebbe ricevuto dei no: era una femme molto attraente e la sua sola visione stuzzicava la libido di tutti i mech che incrociava. Il problema era che non era così audace da andare a chiedere al primo che aveva a tiro se volesse passare un po’ di tempo con lei nel suo letto. Era timida. Di contro, riteneva una mancanza di rispetto chi la approcciava per chiederle nel modo meno romantico possibile di entrare nel suo letto e soddisfarlo. Se il fine era quello, che le offrissero almeno un cubo di energon non raffinato e le chiedessero almeno se avesse passato una bella giornata. Avrebbe risposto sinteticamente come sempre, ma per lei avrebbe significato un minimo di riguardo nei suoi confronti.

Questo Knock Out lo sapeva molto bene. A volte le parlava solo per parlare, senza secondi fini, magari solo per distrarla; lo faceva quando non se lo aspettava e segretamente gli era grata per questo. Non le importava essere sola, ma Knock Out comprendeva che aveva bisogno di cambiare la sua routine ogni tanto e questo le bastava. La sua compagnia non era pessima.

Anche con Breakdown aveva avuto dei momenti okay. Era un buon compagno di bevute e se Firestorm sentiva di voler dire qualcosa, lui ascoltava e non si azzardava a ripetere una sola sillaba di ciò che aveva detto. Come se entrambi ricordassero una sola cosa di ciò che si erano detti da ubriachi, ma tanto meglio.

Starscream… era Starscream. Di solito si ritrovavano insieme perché lui aveva bisogno di compagnia e di essere ascoltato, cosa per cui non si sarebbe mai sognata di prenderlo in giro. Se avesse voluto parlare, anche lei avrebbe desiderato qualcuno ad ascoltarla. Era diventata il supporto morale del seeker. «I seeker restano uniti» aveva spiegato la prima volta che il Vosiano si era aperto con lei. Da allora era diventato una specie di rito: lui parlava anche per ore, lei ascoltava e interveniva ogni tanto, aggiungendo qualche consiglio frutto delle sue esperienze passate. Più volte aveva sorpreso Starscream con le sue parole e pian piano si era fatta strada nella sua scintilla, traguardo raggiunto da pochissimi. Non era poi una compagnia sgradita come molti ritenevano, ma a volte blaterava davvero troppo e le toccava zittirlo.

Soundwave era Soundwave. Firestorm non parlava praticamente mai con lui, ma sapeva bene di avere le sue ottiche puntate contro così come tutti gli altri, meno di molti però. Non aveva mai dato problemi e al mech silenzioso stava più che bene; lei non era una minaccia. Come Megatron anche Soundwave aveva sperato che l’atteggiamento subdolo di Starscream si appianasse in sua compagnia – qualsiasi cosa facessero ogni qualvolta che si isolavano nelle stanze personali di uno dei due o fuori dalla Nemesis, lontani dalle sue ottiche e orecchie – ma naturalmente il seeker non si era mai contraddetto.

«Mi massaggi la schiena?» chiese Firestorm al compagno, già sdraiata sulla pancia e con le ali spiegate.

«Se me lo chiedi così gentilmente non posso certo dirti no!» rispose con la sua consueta vena ironica. «Ma dopo tocca a te, se ti va ovviamente» aggiunse speranzoso.

«Va bene» rispose la femme incrociando le braccia e appoggiandovi il capo. Knock Out aveva le mani magiche, i massaggi post sesso erano praticamente un obbligo. In realtà, lo erano tutti i giorni. Era sempre tesa e stressata, i suoi massaggi alleviavano un po’ la sensazione di soffocamento.

Knock Out esultò. Aveva l’onore di poter avanzare certe pretese alla seeker senza venir preso a calci in culo l’istante stesso in cui la frase veniva formulata. Sapeva decisamente come prenderla. In fondo Firestorm non era cattiva, certo, l’aveva vista mettere in atto comportamenti alla Megatron di tanto in tanto, ma era in realtà una persona gentile. Ricambiava sempre i favori e teneva conto dei torti subiti e dei pagamenti non rispettati. Una delle cose su cui non transigeva, anche se non la peggiore.

La femme odiava chi origliava quando era nella sua stanza e li riduceva a rottami ambulanti. C’era chi andava in giro dicendo di aver sentito dei singhiozzi provenire da là dentro, chi un canticchiare sommesso ma molto melodioso. Conoscendola – o meglio, non conoscendola abbastanza – Knock Out si aspettava di tutto, ma senza la conferma di Firestorm (cose che nessuno avrebbe mai ottenuto) il tutto sarebbe rimasto avvolto nel mistero, esattamente come voleva lei.

Bella e furba.

Anche il medico un paio di volte si era soffermato davanti alla porta chiusa della sua stanza spinto dalla curiosità, ma si era subito ritirato consapevole che, se l’avesse sgamato in stile Soundwave – eventualità assai realistica – lo avrebbe distrutto e poco importava che fossero amici. Lui almeno si definiva suo amico, uno dei pochi che avevano l’ardire di affermarlo in pubblico anche in presenza della femme, però lei non lo aveva mai confermato ovviamente. Non lo aveva nemmeno mai smentito.

Non cercava mai la compagnia di nessuno, ma se Knockout la raggiungeva per scambiare quattro chiacchiere non veniva mai scacciato via in malo modo, se non qualche volta con un secco «ho da fare», e di solito aveva davvero da fare. Lei non mentiva mai, a sorpresa di tutti, considerando quanto tempo passasse col Secondo in Comando. Firestorm era un tipo di persona di tutt’altra categoria. In un certo senso potevi contare su di lei, perché sapevi che non sarebbe mai cambiata.

Comunque, come medico aveva accesso a informazioni riservate circa lo stato di salute di tutti i Decepticon, Firestorm inclusa; aveva dunque accesso a più segreti di chiunque altro sul suo conto, come ad esempio una serie di cicatrici nascoste sotto la sua corazza cremisi, incise sulla sua sensibile protoforma e apparentemente molto vecchie. Knock Out aveva controllato tante volte i registri: nessuna di quelle ferite le era stata inflitta sul campo di battaglia o in allenamento. Ovunque se le fosse procurate, era stato prima di unirsi ai Decepticon. Quelle che più lo destabilizzavano lasciandogli un senso di orrore che raramente provava erano i perfettamente mimetizzati segni alla base delle ali. Qualcuno gliele aveva tolte e qualcuno gliele aveva riattaccate, facendo un ottimo lavoro.

Knock Out non ne aveva mai fatto parola con nessuno, nemmeno con Breakdown e tantomeno con Lord Megatron. Ogni tanto diventava paranoico e cominciava a chiedersi se Firestorm sapesse che lui sapeva e cosa gli avrebbe fatto in quel caso. Ancora oggi si domandava se avrebbe reagito alla Megatron, minacciandolo a suon di botte di non rivelare mai, per nessuna ragione al mondo, niente a nessuno. Ne sarebbe stata davvero capace?

No, ricordava a se stesso, lei non è come Megatron.

«Lo sai» ruppe il silenzio risvegliandola dal torpore in cui l’aveva cullata. «Ultimamente mi sembri di umore migliore del solito.»

Firestorm mugugnò in risposta, desiderosa di lasciarsi assopire dalle mani del medico che vagavano sulla sua schiena, massaggiandole abilmente le spalle e poi le ali con un tocco delicato ma deciso.

«Fammi indovinare…» riprese il mech, prendendo quel suono come un assenso. «Nostalgia di Big M?»

«Non hai idea» si concesse dell’ironia perché, come aveva detto lui, ultimamente era di buon umore e le sue mani stavano contribuendo molto.

Sentì le mani bloccarsi sulla parte più bassa della sua schiena all’improvviso e piegò il capo per osservare il medico, perfettamente immobile, con la bocca spalancata e un’espressione paonazza.

«Cosa c’è?»

La sua voce parve riscuoterlo. «Ti sei accorta che hai appena fatto del sarcasmo, e su niente di meno che Lord Megatron, vero?»

«Sì. Faccio mai qualcosa per caso?» sbuffò e stirò le labbra in un piccolo sorriso.

«Hai – è un sorriso quello?»

«Se dico si riprendi a massaggiarmi?»

«Oh oh oh, cosa odono le mie orecchie!» esclamò Knock Out piegandosi su di lei per sussurrarle all’orecchio. «Hai per caso altre sorprese in serbo per me? Perché in tal caso è meglio che mi avvisi, finirò per morire dallo stupore se continui così.»

Ne aveva?

Chiuse gli occhi e riappoggiò la testa sulle braccia incrociate. «Taci e massaggiami.»

Knock Out ridacchiò. Non cambierà mai.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



Primus, dammi la forza.

«Ben tornato Lord Megatron.»

«Firestorm, cordiale come sempre.»

«Ovviamente mio signore. Fatto un bel viaggio?»

«Decisamente, ma ne parlerò nel dettaglio quando saremo tutti riuniti.»

Splendido, davvero splendido.

Il periodo di tranquillità era terminato. Megatron era tornato con una sostanza assai strana tra le mani e un luccichio sinistro negli occhi che non prometteva nulla di buono. Firestorm era quasi tentata a credere che fosse la solita routine, ma aveva la sensazione che così non fosse e l’istinto – e il modo in cui la stringeva possessivo tra gli artigli – l’aveva portata a pensare che centrasse quella sostanza.

Nel giro di una mezz’ora terrestre gli ufficiali si erano radunati nella sala riunioni. Firestorm e Soundwave erano impassibili come sempre, Knock Out con quel suo sorrisetto di convenienza in volto, Breakdown indifferente e Starscream ovviamente nervoso come era ogni volta che si trovava in presenza di Megatron.

«Lord Megatron, è davvero un piacere riaverla qui assieme a noi. Vedo che si è portato un souvenir, di cosa si tratta esattamente?»

«Ti trovo stranamente cordiale. Cosa mi stai nascondendo Starscream?» domandò mantenendo un tono composto. Era appena tornato e non aveva voglia di gridargli contro dal primo secondo. La sua scatola vocale non era stata in così buone condizioni da millenni.

«Ha preso lezioni di bon ton da me, Lord Megatron. Ovvio che è più educato» proruppe col suo tono pacato Firestorm prima che il seeker potesse aprir bocca e iniziasse a scavarsi la fossa da solo come suo solito.

Megatron si apprestò a nascondere lo stupore, chiedendosi mentalmente se fosse seria o se invece avesse appena fatto una battuta.

«E ammetto, io invece ho preso lezioni di comicità da Knock Out» aggiunse con un sottile sorriso, avendo visto quella frazione di secondo in cui gli occhi di Megatron si erano sgranati all’inverosimile.

«Questa si che è una sorpresa» commentò l’ex gladiatore.

«Spero benvenuta.»

«Assolutamente» si ritrovò ad ammettere. Aveva sempre trovato Firestorm fin troppo seria e le occasioni passate in cui si era espressa nei modi più colorati si potevano contare sulle dita e rivedere registrate in loop, specie quando metteva da parte i suoi modi tranquilli e diventava la femme più schietta che avesse mai incontrato. Era uno spasso da vedere. «Bando alle chiacchiere.
Come Starscream ha fatto notare sono tornato dal mio viaggio con un oggetto tanto prezioso quanto pericoloso: energon oscuro.»

Megatron non aveva aggiunto altro, pretendendo di vedere coi suoi occhi il lavoro svolto da Starscream durante la sua assenza, con il seeker assieme a lui. Soundwave aveva aperto loro un ponte verso il più importante giacimento di energon che avevano individuato e Firestorm aveva umilmente chiesto il permesso di unirsi a loro, aggiungendo che comunque più tardi avrebbe dovuto ugualmente recarsi lì per il suo consueto turno di supervisione dei lavori. Megatron non aveva avuto nulla da ridire e adesso erano tutti e tre nella profonda miniera, Megatron mostrando un cristallo viola stretto fra le sue micidiali mani.

«È quello l’energon oscuro?»

«Esatto. Splendido, non è vero?»

Firestorm scrollò le spalle. «Ha il suo fascino, non c’è che dire. Preferiscono però limitarmi a guardarlo da lontano.» Quello era un altro vantaggio di aver servito bene Megatron: poteva permettersi di dare opinioni sincere seppur contrastanti quando voleva, bastava non superare quel limite non detto ma evidente. La nota fastidiosa era che Megatron aveva preso l’abitudine di chiedere il suo parere sugli argomenti più vaghi. Come se volessi chiacchierare con te.

«Grazie a questo potrò materializzare il mio esercito nel modo più intrigante» disse ghignando.  «La forma solidificata della materia che i testi antichi chiamano il sangue dell’Unicron.»

Ora capisco perché non mi piaceva.

«Parla dell’Unicron il Distruttore?» intervenne Starscream studiando il cristallo fra le mani del mech più grande e tenendosi a debita distanza. «Ma signore, si narra che il suo sangue sia anti-spark*.»

Notando il volto pensieroso di Firestorm, Megatron si rivolse nuovamente a lei. «Parla, Firestorm.»

«È una cosa sicura avere una simile sostanza così vicina?» domandò quieta.

«Ti assicuro che non ci saranno conseguenze spiacevoli fintanto che resterà nelle mie mani.»

Firestorm era sicura che quelle parole fossero rivolte anche all’altro seeker con un messaggio ben chiaro. Lei annuì e tornò in silenzio.

«In base alla leggenda dovrebbe avere il potere di resuscitare i morti» riprese parola Starscream.

«Ci serve soltanto un cadavere per esserne sicuri. Saresti disposto ad affrontare il sacrificio supremo?»

Firestorm trattenne un sospiro esasperato. Ecco che ricominciano.

Starscream, anziché mostrarsi spaventato e iniziare con la sua solita manfrina, rise cupamente attirando l’attenzione di entrambi. «Lord Megatron, potrebbe non essere necessario. A questo proposito vorrei mostrarle qualcosa.» Fece cenno ad alcuni vehicon di avvicinarsi portando con loro il prigioniero Autobot che Starscream aveva precedentemente ucciso. «Lo consideri un regalo di bentornato.»

Il sorriso di Megatron si allargò. «Ora vedremo se l’energon oscuro è capace di riaccendere la scintilla.»

Le ali di Firestorm furono scosse da un tremito. Guardò da un’altra parte mentre Megatron piantava il cristallo nel petto del cadavere. Il frammento brillò intensamente e venne interamente assorbito nel corpo, diffondendosi velocemente nel suo organismo. Pochi istanti dopo quello produceva lamenti e versi irriconoscibili e si divincolava per essere liberato dalle manette che lo immobilizzavano a un tavolo di metallo.

Firestorm trattenne un singulto, orripilata dalla scena davanti ai suoi occhi.

Cliffjumper, ora rianimato, aveva così tanta forza da strappare le manette e liberarsi completamente. I vehicon reagirono subito, preparandosi a far fuoco al comando del loro signore. Fulmineo più di quanto fosse mai stato, l’Autobot si lanciò ferocemente contro i soldati massacrandoli uno dopo l’altro con una forza sovrumana.

Starscream, ora spaventato, invocò il nome del suo signore. «Lord Megatron! Sarebbe questo il piano? Riportare in vita gli Autobot perché possano attaccarci?» domandò preoccupato.

«Quello non è più un Autobot, è soltanto una bestia privata della mente, pronta a distruggere ciò che trova lungo il cammino.»

Firestorm tremò. Questo è troppo. Ne aveva viste tante, era passata sopra tutte le azioni riprovevoli di Megatron, ma creare uno schiavo da un cadavere, privandolo della vita oltre questa, svuotato di coscienza e libertà d’azione era inammissibile.

Quando lo zombiecon cambiò bersaglio dirigendosi verso lo stesso Megatron questi lo tagliò in due. «Avete visto? Questo è il potere che darà nuova linfa al mio esercito, l’arma estrema.»

La metà con la testa del rianimato si era aggrappata alla sporgenza, tentando di risalire e proseguire la sua opera di distruzione, ma Megatron con un calcio lo buttò di sotto, sul fondo della miniera.

 «Quando saprò controllarla sarò invincibile!»

Sempre più disgustoso.

Per suo enorme sollievo Megatron se n’era poi tornato sulla Nemesis, sospesa sopra la miniera.

Prima che potesse dedicarsi ai suoi compiti Firestorm fu affiancata da Starscream. «Non sembri molto contenta.»

«Tu dici?» disse aspramente.

«Decisamente, non sei contenta. Ti ho vista prima, e devo dire che non si vede tutti i giorni un’espressione sul tuo volto che non sia il nulla. Eri semplicemente orripilata» chiosò squadrandola tra il divertito e l’intrigato.

La femme mosse le ali a disagio. «La sono.»

Starscream la studiò qualche momento, poi rivolse gli occhi al punto dove era caduto lo zombiecon, poi nuovamente su di lei. «È per l’Autobot? Non dirmi che ti dispiace per lui!»

«No, brutto idiota! Neanche lo conoscevo!» proruppe seccata. «Sperimentare sulle persone, anche cadaveri, lo trovo disgustoso» sussurrò così che solo lui potesse sentire. «Segreto fra seeker, va bene?»

«Ma certo! Ci guardiamo le spalle a vicenda.»

«Bene. E se scopro che ne hai fatto parola con Knockout le prendi. Mettiamoci al lavoro.»


 
«Sire che cosa stai facendo?»

«La mia principessina curiosa! Sto facendo un esperimento, vuoi vedere?»

«Che esperimento?»

«Guarda. Questo minicon è rimasto senza scintilla. Qui invece» disse il mech adulto sollevando un cilindro di un materiale trasparente con all’interno una sfera luminosa  «ho un frammento molto speciale di una scintilla molto speciale.»

«Quella è la scintilla di qualcuno? Qualcuno è morto?»

«Oh no piccola mia. Solo il minicon è dovuto morire affinché potessi riportarlo in vita. Ora ammira, il potere della vita!» Il mech prese con delle pinze il frammento, reggendolo con delicatezza e inserendolo nella camera spark vuota e fredda del minicon.

«Ma se è morto perché dargli nuova vita?»

«Perché è un esperimento. Gli scienziati non hanno limiti quando lavorano.»

«E come fai a sapere di non star sbagliando?»

«Non ti preoccupare. So molto bene ciò che sto facendo. Il tuo caro sire sa sempre cos’è meglio e giusto fare.»
 


«Voi, iniziate ad accumulare qui l’energon senza sbatterlo. Voi altri, passate al prossimo settore.»

So sempre cos’è meglio fare.

Il tuo sire non sbaglia mai.

«Avevo detto senza sbatterli, volete innescare una reazione e mandarci tutti all’altro mondo? Riprendete e non sbagliate più.»

«Si Comandante!»

Firestorm sospirò. Non c’era giorno che passasse senza che i ricordi restassero al loro posto. Erano più invadenti di un’infestazione di schegge. Avrebbe volentieri preferito quest’ultime all’assiduo e involontario rimuginare cui il suo processore la sottoponeva; era snervante e la stancava, ma soprattutto la faceva infuriare.

Era passata solo una manciata di minuti da quando Megatron li aveva lasciati nella miniera che era sorto un problema firmato Autobot. Come avranno trovato la miniera? Come sono entrati?

Torna Megatron e tornano i problemi. Che assurda coincidenza.

«Soldati, andate incontro al nemico e annientatelo» ordinò a una squadriglia che aveva ubbidito all’istante. «Starscream, contatta Lord Megatron.»

«Già fatto, ha ordinato di far saltare la miniera» rispose quello visibilmente infastidito.

«E l’energon?» chiese perplessa.

«Farà da combustibile e la miniera sarà la loro tomba. Andiamocene!» ordinò facendosi sentire dai minatori e dai soldati rimasti di guardia nell’ingresso.

«Molto bene.»

Dopo aver augurato una buona dipartita agli Autobot deridendoli un’ultima volta, Starscream aveva raggiunto Firestorm sulla pista di atterraggio della Nemesis. La femme era rimasta ad aspettarlo per poi far rapporto assieme al collega ammirando la nube di polvere ed energia turchina prodotta dalla massiccia esplosione.

«Dici che ne usciranno vivi anche questa volta?» le chiese scettico il più alto.

Firestorm distolse lo sguardo dal paesaggio sottostante e guardò con indifferenza l’altro. «Sono schifosamente fortunati. Quindi si.» La sua risposta portò Starscream a borbottare fra sé e sé, una brutta abitudine che numerose volte lo aveva cacciato nei guai perché finendo per esprimere anche pensieri che avrebbe fatto meglio a tenere segreti. «Stai di nuovo parlando ad alta voce.»

«Oh» sussultò quello sgranando gli occhi e abbassando le ali imbarazzato. «Grazie. Come ci riesci tu a non…»

«Abitudine.» Schifosa dannata abitudine.

«Tutto qui? Sul serio, come fai ad avere tutto questo autocontrollo?»

«Ho un processore che funziona meglio del tuo.»

«Ah ah. Sul serio, qual è il segreto? E non dirmi cieca devozione o roba del genere!» ribatté seccato mentre percorrevano i corridoi della Nemesis.

«Nessun segreto» replicò placida.

«Come no, tu sei un concentrato di segreti!»

«Io so stare zitta» disse guardandolo. «Tu no.»

Varcarono la porta e si fermarono poco più avanti; Megatron dava loro le spalle, intento a contemplare l’enorme cristallo di energon oscuro.

«Ho distrutto la miniera come mi aveva ordinato Lord Megatron, ma Firestorm pensa che non sia servito a niente» lo informò Starscream con quel suo noioso, viscido fare da lecchino.

«E perché mai? Hai una così alta opinione degli Autobot ?» la interpellò il suo signore voltandosi a guardarla. Inchiodava sempre le sue ottiche fulgide con quelle dei suoi sottoposti perché sapeva che avrebbe scatenato una esilarante e soddisfacente reazione, ma come Soundwave la femme non si scomponeva mai. Non mi teme abbastanza?

«Ritengo abbiano il fattore fortuna dalla loro parte, Lord Megatron. Non sarebbe la prima volta che riescano a salvarsi da una situazione altrettanto complicata» lo illuminò imperterrita.

«Già. Optimus ha fin troppa fortuna» convenne il signore della guerra. Sempre la risposta pronta.

Starscream fece una smorfia. Le darebbe ragione anche se lo offendesse. «Mmh. Forse dovrebbe concedersi un po’ di riposo. Non vorrei che il contatto prolungato con l’energon oscuro e le sue proprietà avesse, come dire, un effetto negativo su di lei.»

«Al contrario Starscream» lo contestò con voce pregna di desiderio. «Mi sono reso conto che il contatto non è mai abbastanza!»

«Cosa sta facendo?!» esclamò Firestorm internamente sconvolta guardando il possente guerriero spezzare una scheggia di energon oscuro dal più grande blocco alle sue spalle.

«Aspetti! No Lord Megatron, no! Non la camera spark, non ha idea di che cosa può fare!» tentò di dissuaderlo Starscream.

«Dia retta a Starscream! Sta facendo una pazzia!» Razza di stupido, se muori chi renderà fede all’accordo?

Ignorando le proteste dei due seeker, Megatron inserì il cristallo nel proprio petto; l’energia oscura lo pervase e le sue ottiche divennero viola.
 
 
 


*dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 2 della prima stagione “La rimonta delle tenebre, parte 2”

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



«Hai sentito Lord Megatron. Smettila di strisciare. E io ti consiglio di fermare subito il tuo pianificare. Non ti porterà a nulla di buono.»

«Come sei premurosa a ricordarmi che cosa ha detto Megatron! Ma sbaglio o avverto una certa preoccupazione nei miei confronti?»

«Finirai per farti ammazzare sicuramente e Lord Megatron poi non avrà più il suo sacco da boxe preferito. Da chi credi che andrà poi?» puntualizzò Firestorm.

«Quanto sei simpatica» commentò Starscream roteando le ottiche. «E comunque non hai da preoccuparti, Megatron non alzerebbe mai un pugno contro di te. Semmai alzerebbe qualcos’altro.»

«Lo dici tu. E risparmiami certe battute» disse Firestorm tagliente.

Starscream fece per ribattere, ma l’arrivo improvviso del Terzo in Comando alle loro spalle lo fece sobbalzare dallo spavento. «Soundwave!» lo nominò apprestandosi a celare la sua reazione.

Firestorm invece non aveva battuto ciglia, come sempre. Ma cos’è, la avvisa in anticipo? «Temo che girovagando tra le stelle per così tanto tempo il padrone sia ritornato con un pizzico di pazzia» disse mal velando il suo diletto. Un Megatron pazzo era un Megatron umiliabile e sovvertibile. «Da quando è rientrato Lord Megatron ha dimostrato di non avere più capacità di giudizio. Aumenta la sorveglianza globale!*» impose al mech silenzioso.

«Smettila di strisciare e aspetta i miei ordini» riprodusse Soundwave estrapolando le parole dalla precedente conversazione con loro.

«È quello che gli ho detto anch’io. Io torno al lavoro, ho ancora dei rapporti da stilare. Contattatemi se ci sono novità» disse Firestorm ricevendo un cenno d’assenso da Soundwave, ignorando completamente lo schiamazzare profuso di Starscream contro l’ex gladiatore.

Lasciò i suoi superiori sul ponte a discutere il da farsi, o per essere più precisi, lasciò Soundwave ad ascoltare e memorizzare ogni assurdità e probabile insubordinazione dell’altro. Anche se lo aiuto finisce sempre e comunque per scavarsi la fossa da solo, rifletté la femme entrando nelle sue stanze e raccogliendo dei datapad.

Passò il resto del giorno vagando da una miniera all’altra, appuntandosi le quantità di energon estratte, quante risorse rimanevano da raccogliere e direzionando verso nuove vene di energon i minatori, così da non lasciare sprecato un solo cristallo. Nel suo lavoro la femme era sempre precisa, nessun altro oltre a Soundwave pareggiava con la sua meticolosità ed era sempre stata meritevole di lodi per questo – il che corrispondeva ad altra invidia e rancore; ciò che le mancava in combattimento lo bilanciava con tutto il resto. Era probabilmente la Decepticon più competente in una così vasta gamma di ambiti, e francamente Firestorm avrebbe di gran lunga preferito non essere così brava ed efficiente, ma a lavorare per Megatron non si era mai troppo cauti. Era scesa tempo fa a patti con se stessa, lasciando che il tiranno avvolgesse intorno a lei catene invisibili, ma allo stesso tempo legandosi le mani dietro la schiena da sé quanto bastava da risultare utile, talvolta indispensabile, ma non eccezionale. Brillare di luce propria era un male e l’obiettivo era restare nella sicura ombra del suo leader. Già aveva dovuto barattare la preziosissima informazione della sua abilità per ottenere la protezione del tiranno, tirare troppo la corda e mettersi in mostra era la cosa peggiore che potesse fare da quel giorno in poi.

Anche l’essersi sempre mostrata disponibile a conversare con Megatron aveva fatto la sua parte, sebbene odiasse ogni istante di quelle chiacchierate dovendo tra l’altro fingere di apprezzarle minimamente; era una bugiarda più grande di Starscream, solo che lei sapeva recitare a dovere. Comunque, occhio e orecchio attenti della femme erano sempre allerta anche e soprattutto durante quelle occasioni, in cerca di qualsiasi informazione che potesse rivelarsi utile in futuro, ma Megatron era assai attento a ciò che si lasciava sfuggire, nonostante si fidasse ciecamente della seeker. Ciò che quindi Firestorm aveva memorizzato erano piccoli gesti, espressioni sul viso del tiranno, fluttuazioni del suo campo elettromagnetico, sprazzi della sua intelligente quanto contorta mente. Particolari innotabili e di poco conto per chiunque, ma non per lei. In mezzo alla palude di orrori e demoni che era la sua scintilla, Firestorm aveva scorto un barlume di normalità, un lascito del vecchio Megatron sepolto in profondità e di cui il mech non si curava, anzi ne era sicuramente ripugnato, ma era ciò che faceva la differenza. Era ciò che tutt’oggi Optimus Prime sperava di riportare alla luce.

Povero ingenuo. Il Prime era testardo, dopo tutti quegli anni non aveva ancora accettato che Megatron non voleva tornare indietro. Ed era ciò che Firestorm teneva sempre a mente.

Riordinando i suoi pensieri, scrisse i dati relativi all’ultima miniera che avrebbe visitato quel giorno, riponendo nel suo sub-spazio il datapad e avvisando le guardie che aveva finito. Uscì dalla miniera scavata nel fianco di una montagna, percependo il vento soffiarle contro freddo. Si trasformò e, come aveva raggiunto ogni luogo in quelle ore, scelse di spostarsi in volo anziché richiedendo un ponte terrestre.

Come tutti i seeker Firestorm amava volare, toccare le nuvole con le ali e lasciarsi trasportare dalle correnti d’aria; da lassù aveva una visione d’insieme del mondo che le dava una flebile sensazione di controllo. Sentiva di poter abbracciare il mondo con le ali quando era in cielo. Quando volava la sua mente riusciva a schiarirsi un po’ e a riordinare i pensieri, accantonando temporaneamente quelli più molesti. Peccato che non fosse in grado di rilassarsi e semplicemente godersi l’attimo: anche quando non aveva alcun compito Firestorm non si concedeva il lusso di avere delle pause, i suoi circuiti non si fermavano mai. Quei brevi momenti di svago che ogni tanto comparivano li prendeva al volo – andare a letto col bel dottore per esempio – ma il flusso di pensieri non poteva essere interrotto e le turbolenze nella sua scintilla non la lasciavano mai, nemmeno volando. C’era sempre quel peso sulla sua scintilla, che gravava su di lei come uno stormo di schegge pronto a divorarla, ed era così da eoni ormai. Per questo era sempre più attenta di tutti, più prudente di tutti, più reattiva di tutti. Doveva stare costantemente allerta. Non poteva permettersi di riposare.

Quando tornò alla Nemesis con i datapad compilati erano passate diverse ore; aveva ispezionato otto miniere sparse in tutto il continente americano. Andò sulla plancia per consegnare i rapporti personalmente a Megatron, ma lui non era ancora rientrato. Soundwave intanto stava lavorando a un monitor in tutta tranquillità.

«Novità?»

Il mech si voltò verso di lei e fece partire un video assai curioso: un essere umano era in catene, tenuto sospeso a diversi metri da terra con Strarscream al suo fianco.

«Un prigioniero» comprese la seeker. «Bene. Aspetterò che Lord Megatron ritorni per fare rapporto.» Con Soundwave stava sempre attenta alle parole che diceva, perché quello avrebbe potuto usarle contro di lei spifferando tutto a Megatron; per questo non mancava mai di motivare le sue azioni, e come sempre ricevette un segno d’assenso dall’altro.

Firestorm passò nella sua camera al piano inferiore del vascello per lasciare lì i datapad, dopodiché andò a sbirciare cosa stava combinando il Comandante dei Cieli sul ponte. La porta automatica si aprì con un sibilo, rivelando la sua presenza a Starscream.

«Firestorm, già di ritorno! Permettimi di presentarti il nostro ospite, l’agente speciale Fowler» enunciò Starscream con fare teatrale.

«Fantastico, un altro con! Qualcun altro vuole unirsi alla festa?» biascicò Fowler.

Firestorm studiò l’umano mentre questo la guardava astioso, ma era chiaramente annebbiato. Spostò lo sguardo sul suo interrogatore e notò il pungolo nelle mani del SIC. Con un solo sguardo fece capire a Starscream che attendeva una spiegazione. A volte tendeva a comportarsi proprio come Soundwave.

«Il caro Fowler non voleva collaborare, così ho dovuto prendere misure più drastiche. Gli ho chiesto gentilmente di condividere con noi la posizione della base degli Autobot, ma non si è ancora deciso a cooperare. Magari tu puoi fargli cambiare idea.»

«Non rientra tra le mie mansioni» si giustificò apatica. «Attento a non esagerare Comandante, l’umano è fragile.»

«Ehi! Io non sono una fragile donzella, sono puri muscoli di integrità americana e che il vecchio Sam mi sia testimone!» sbottò con ritrovato vigore.

Starscream ridacchiò. «Attento agente Fowler, questa fragile donzella potrebbe decidere di dimostrarti il contrario. Sappi che Firestorm è fra le più capaci guerriere che Megatron ha a sua disposizione!» la vezzeggiò guardando la subordinata lezioso.

«Tsk, vorrei proprio vedere!»

«Adesso basta! Le tue ciance mi hanno stancato!»

In tutto questo Firestorm non aveva aggiunto parola, limitandosi a fare da spettatrice a quello scambio di battute. Non trovando interessante l’interrogatorio, Firestorm decise di andarsene.

Era già alla porta quando l’umano le rivolse nuovamente la parola. «Ehi, tu con i dread, perché non resti a farci compagnia?»

Firestorm si fermò e si voltò; il suo sguardo era così intenso e magnetico che calamitò l’attenzione di prigioniero e interrogatore. «Mi dispiace agente Fowler, ma io sono più un lupo solitario» e se ne andò, ben sapendo di avere ancora i loro occhi puntati addosso.

Si ritirò nel suo alloggio e si sdraiò sul letto; aveva svolto ogni incarico assegnatole e non sapeva come occupare il resto del tempo in attesa della prossima follia di Megatron. Un bagno sarebbe l’ideale, pensò conscia del sottile strato di polvere che le ricopriva la corazza e le ali, segno delle ore passate in miniera. Si alzò ed entrò nella piccola stanza collegata a quella principale e adibita a cabina doccia e zona rinfresco; lì teneva un lucidatore regalatole da Knock Out e diversi unguenti per la cura del corpo, sia quelli essenziali che alcuni extra sempre gentilmente concessi dal vanesio dottore. Knock Out tendeva a rimbeccarla di continuo per la poca attenzione che prestava al suo aspetto e Firestorm ricordò alcune delle volte in cui, oltre alla consueta revisione dei sistemi, ne approfittava per lucidarle l’armatura piena di graffi insignificanti mentre era in stasi. Glielo aveva ribadito ogni volta, non è una mia priorità – anche perché raramente riuscivano a ferirla in combattimento, dopotutto la sua specialità era la difesa – ma quello era sordo alle sue proteste e prenderlo a calci per una simile sciocchezza non ne valeva la pena.

Forse è perché non gliele ho mai date che continua a rifarlo.

Rimosse il diadema che le teneva lontani dal viso le componenti attaccate alla sua testa, che l’umano aveva chiamato dread. In effetti, potevano richiamare le escrescenze cheratinose che ricoprivano le teste della maggioranza degli umani. Aveva notato che le femmine terrestri tendevano a portarli di varia lunghezza e le più giovani preferivano lunghezze maggiori, mentre gli uomini per lo più li avevano corti, come l’agente Fowler. Firestorm era incuriosita da tutte le varianti bizzarre che potevano comparire nella genetica umana e occasionalmente si domandava che aspetto avrebbe avuto se fosse stata una di loro. Gli umani avevano tutti le sclere bianche; le sue sarebbero rimaste nere o si sarebbero adattate? E la sua pelle sarebbe stata scura come la sua protoforma, similmente all’agente Fowler?

Che idiozia.

In generale evitava di avvicinarsi ai terrestri e a tutto ciò che li riguardava, come la loro cultura, la loro storia, la loro filosofia; non che fossero banali o che non trovasse genialità in essi, ma non voleva averci niente a che fare. Off-limits, tabù, proibiti: la Terra e i suoi abitanti erano tutto questo per lei.

Aprì il getto di solvente e cominciò a lustrarsi con una spugna di materiale liscio e inorganico. Non era sicura di quanto tempo avesse a disposizione, tuttavia le piaceva lasciarsi cullare dal ticchettio sul suo metallo e concentrarsi unicamente su quello. Era uno dei pochi momenti in cui riusciva a distaccarsi un po’ dalla realtà, assurdamente meglio persino di volare, chiudendo le ottiche e rivedendo la splendente Cybertron, la sua amata città, Vos, gli alti palazzi che riflettevano la luce del sole e i cieli pieni di vita, le risate dei bambini e il borbottio degli adulti, che vivevano le loro vite come più gli andava…

Riaprì le ottiche stancamente. Non doveva farsi trascinare dalla nostalgia o sarebbe sprofondata nel baratro sempre di più fino a non riuscire a riemergerne. Rilasciò una ventata e appoggiò la fronte alla parete, percependo il tiepido liquido scivolarle tra i dread e lungo la schiena. Pulì con cura le sue belle ali cremisi dalle finiture dorate, l’unica parte di lei che riceveva un trattamento di bellezza periodicamente. Aveva altri dettagli dorati sul petto, sulle braccia e lungo le cosce fino al ginocchio, abbinati alle sue ottiche e che le conferivano un aspetto regale. Lo riconosceva a se stessa, era una bella femme; era slanciata, aveva un’altezza nella media al contrario della nanerottola Arcee e delle curve attraenti. Firestorm, nonostante all’apparenza fosse decisamente attraente, sapeva di essere orribile dentro e dopo tutti quei millenni ancora si chiedeva se doveva addossarsene o meno la colpa.

Chiuse il getto e si asciugò frettolosamente. Indossò nuovamente il suo diadema cremisi; ricordava uno dei caratteri di scrittura umana, la lettera dell’alfabeto “M”, con gli angoli appuntiti e affilati. Poteva fungere come arma se necessario – lo aveva già appurato in passato. Il centro le copriva parte della fronte, mentre il resto le incorniciava il viso; il tutto creava un insieme armonico che faceva cadere le ottiche di tutti sulla sua persona. Gli umani lo avrebbero definito “cerchietto” molto probabilmente. Non voleva saperne del pianeta sul quale si trovava, eppure non poteva fare a meno di restarne influenzata almeno un minimo, una sconfitta che la rattristava.

Dovresti curare di più il tuo aspetto!

Disattivò la presa magnetica del diadema e se lo rigirò tra le mani. Magari potrei modificarlo giusto un po’…

Ci lavorò sopra per quasi un’ora, interrotta da un messaggio di uno dei vehicon di turno al centro comunicazioni, che non mancò di annunciarsi come RO-817, avvisandola del rientro di Megatron. Risistemò l’ornamento sul capo, prese i datapad con i rapporti e si avviò verso il piano superiore, dov’era certa avrebbe trovato il Lord dei Decepticon.

Appena varcata la soglia della sala di monitoraggio, accanto al centro di comando, non rimase affatto stupita dello spettacolo in corso; sarebbe stato insolito non vedere Megatron che rimproverava e torreggiava su Starscream con i suoi modi da selvaggio. Affiancò Soundwave e alcuni vehicon che si erano fermati a osservare la scena, ignorando il sobbalzo che fecero quando finalmente si accorsero di lei, diversi secondi più tardi, e aspettò che il tiranno finisse di strapazzare il Vosiano.

Megatron si voltò con una smorfia sul viso deturpato da più di mille battaglie. «Firestorm, non ti ho sentita entrare.»

«Era piuttosto impegnato, non la biasimo per non avermi notata mio signore. Ho i resoconti sull’andamento delle miniere dalla D-2 alla D-9; gli scavi procedono bene e le consegne sono regolari.»

«Ottimo.»

«Posso chiederle dov’è stato nelle ultime ore?» domandò la femme tenendosi pronta a qualsiasi brillante progetto avesse concepito.

«A testare il potere del sangue dell’Unicron: decisamente promettente. Con la capacità di risuscitare i morti potrò assemblare un esercito imbattibile; i nostri fratelli Decepticon torneranno presto a combattere al nostro fianco.»

Ma che diamine…? «Come intende procedere Lord Megatron?» indagò, conscia che il piano del suo signore le avrebbe dato la nausea.

«Grazie al ponte spaziale spediremo il restante energon oscuro su Cybertron e la mia armata ci raggiungerà qui per schiacciare una volta per tutte Optimus Prime! Soundwave» contattò il TIC «portaci alle coordinate del ponte» comandò.

Di male in peggio, meditò Firestorm contenendo il ribrezzo. Il piano di Megatron era ripugnante. Deturpare il sonno dei soldati caduti. È proprio caduto in basso.

Mentre Firestorm e Starscream seguirono poi Megatron sulla plancia nella vicina stanza, Soundwave lasciò la sua postazione dopo che il SIC gli aveva ordinato di raggiungere una qualche località terrestre da cui direzionare il ponte spaziale, dato che il sistema di puntamento della nave era stato danneggiato durante la precedente infiltrazione degli Autobot sulla nave.

«Signore, gli Autobot sono qui!» li avvertì un vehicon.

Tutti si voltarono verso il monitor, che ritraeva i cinque nemici sul ponte spaziale con i cannoni carichi e sguardi ardenti di determinazione.

Megatron rise divertito. «Optimus Prime, riesce sempre a non deludermi; al contrario di te Starscream!*» ringhiò.

«Non ha alcun motivo di preoccuparsi signore, Soundwave si sta allineando alle coordinate di Cybertron, del resto come da mie istruzioni, signore» rispose con un sorriso affilato il SIC.

«Lord Megatron, sono a sua disposizione: vuole che intervenga?» si offrì Firestorm, più che per fame di energon per allontanarsi dal Kaoniano e dalla sua mente malata.

Quello ci rifletté un attimo sopra ispezionandola, poi si voltò unendo le mani dietro la schiena. «Non ancora» rispose flemmatico.

Il Lord tornò a dare le spalle ai due ufficiali mentre questi gli si avvicinarono pronti a eseguire qualsiasi suo ordine. Il centro di comando principale della Nemesis cadde nel silenzio. Da lì avevano una più ampia visuale dell’esterno della nave, in particolare dell’enorme costruzione circolare che si estendeva all’orizzonte immersa in un mare di stelle. Sopra di essa, delle minuscole figure colorate attendevano con trepidazione la loro mossa.

«Ne sono quasi certo Lord Megatron, credo che gli Autobot stiano tramando qualcosa» chiosò Starscream per riguadagnare l’attenzione del suo maestro.

Le sue parole come sempre irritarono il Lord, che avvicinò pericolosamente la faccia a quella del seeker. «Sei quasi certo, Starscream?» rimarcò acido e si ritrasse sdegnato, schiacciando un pulsante sulla console davanti a lui e inviando le truppe all’attacco.

Forse avrebbe più fortuna se si ammutolisse come Soundwave, pensò Firestorm evitando di roteare le ottiche esasperata.

Soundwave, dal posto sperduto del pianeta sottostante dal quale stava manovrando il ponte per allinearlo alle coordinate del loro pianeta natale, riuscì nell’intento, ma il compiacimento del SIC durò poco perché gli Autobot stavano tentando di sviare il suo lavoro facendo dannare Starscream, ma in pochi minuti Soundwave riottenne il controllo e stabilizzò il ponte. Megatron lasciò i due seeker sfoggiando un ghigno sinistro.

«Questa è la fine per gli Autobot!» gongolò Starscream pieno d’aspettativa sfoggiando una delle sue maschere cariche di sicurezza.

«Aspetta a esultare; potrebbero avere già pronto il contrattacco» smorzò il suo entusiasmo Firestorm.

«Che cosa? Ma perché diavolo – ah già, perché sono schifosamente fortunati. Quando imparerai a essere un po’ più ottimista?»

«L’esito non è ancora stabilito, per quanto le probabilità di vittoria tendano a nostro favore.»

«Ecco, già meglio» commentò Starscream. «Immagina Firestorm, stasera la guerra potrebbe essere finita e noi saremo i padroni indiscussi della nuova Cybertron! Berremo fino a ubriacarci e faremo la bella vita per sempre!»

«Evita di delirare e concentrati sul presente» replicò la femme annoiata.

Il seeker roteò platealmente le ottiche sbuffando. «Primus, quanto sei pessimista!» chiosò osservando assieme all’altra il ponte spaziale venir attivato e l’enorme blocco di energon oscuro attraversarlo. Il SIC si voltò a guardare Firestorm. «La cosa ti turba?» domandò ben ricordando la reazione che lo tesso atto le aveva provocato nella miniera.

«Ormai è fatta» rispose scrollando le spalle, ben celando il suo disappunto e sopprimendo la furia che le stava montando dentro. Si chinò verso di lui e gli sussurrò: «Taci ora, potrebbero sentirci.»

«Sono muto come un pesce!» asserì con un sorrisetto e facendole l’occhiolino.

Firestorm tornò a focalizzarsi sulle forze Autobot, intente ad abbattere come birilli i loro soldati, non perdendo di vista gli spostamenti del suo leader. «Lord Megatron si è buttato nella mischia» disse, convinta che Starscream non stesse tenendo d’occhio gli eventi in corso sulla struttura, ma lei sapeva meglio di chiunque altro che bisognava essere sempre vigili e non distrarsi come faceva lui. Il solito menefreghista.

«Lasciamo che si diverta; magari è la volta buona che riesce a spegnere la scintilla di Prime» disse l’altro gesticolando, indifferente alle azioni del suo leader, ma poi sgranò le ottiche esterrefatto alla visione davanti a lui. «Guarda che roba! Il nostro esercito è arrivato!»

Firestorm assottigliò lo sguardo. «Che stanno combinando i sottoposti di Prime?»

«Uh? Oh no!» Starscream contattò immediatamente Megatron. «Signore?»

«Si può sapere che cosa vuoi?»

«Non per mettere in dubbio la sua saggezza onniveggente, ma credo che gli Autobot si stiano inventando qualcosa, sotto il ponte questa volta!»

Non passò neanche un minuto che Megatron richiamò. «Starscream, l’armata è in avvicinamento. Appuntamento al ponte per il prelievo.»  

«Ricevuto Lord Megatron. A più tardi Firestorm, quando festeggeremo la nostra vittoria!»

Convinto tu.

Rimase a studiare la battaglia e i movimenti degli Autobot, finché le sue ottiche non scorsero delle anomalie prima che il SIC facesse in tempo a lasciare la stanza. «Il ponte…» disse vedendo la struttura iniziare a sgretolarsi. «Lo hanno manomesso!»

«Che cosa?!» strepitò Starscream fuori di sé ritornando alla postazione fulmineo.

«Lord Megatron, vada via da lì, è pericoloso» disse Firestorm attraverso il comm-link, ma venne completamente ignorata.

Starscream nel frattempo aveva fatto allontanare la Nemesis e questo fece arrabbiare Megatron, ma ormai non c’era più niente da fare. Il ponte esplose con una violenza inaudita; l’onda sprigionata investì in pieno la Nemesis e tutti i cybertroniani al suo interno barcollarono e persero l’equilibrio, ad eccezione dei pochi che si aggrapparono a console, pareti e tavoli pur di non cadere.

«Ahia che botta!» si lamentò il SIC massaggiandosi la testa. «È tutta colpa tua e del tuo dannato vizio di avere sempre ragione! Ora, Megatron non può essere sopravvissuto all’esplosione, dico bene?» schiamazzò Starscream con sguardo truce.

Firestorm lo guardò torva. «Assai improbabile» sentenziò e le sue parole furono musica per le orecchie del più subdolo seeker, che si ritrovò a sorridere malevolo. Firestorm avrebbe volentieri sottolineato che improbabile non corrispondeva a impossibile, ma nell’eventualità in cui Megatron fosse misticamente riapparso – come terrorcon o meno, sano di mente non lo sarebbe stato in entrambi i casi – decise di restare in silenzio e vedere con le proprie ottiche come gli eventi da lì in poi si sarebbero evoluti.

«Decepticon» iniziò il discorso Starscream davanti ai vehicon che si erano radunati nella sala subito dopo la distruzione del ponte spaziale, «è con sommo e profondo dolore che sono costretto ad annotare sul diario di bordo che la scintilla vitale di Megatron purtroppo oggi si è spenta. Porgete il vostro saluto a Starscream.»


 
 
 
* dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 2 della prima stagione “La rimonta delle tenebre, parte 3”

* dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 2 della prima stagione “La rimonta delle tenebre, parte 5”
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Firestorm non pensava di aver mai sospirato con tanta esasperazione prima di allora.

Seduta davanti alla scrivania nella sua stanza, aveva appena riguardato la registrazione dell’esplosione del ponte spaziale ed era a tanto così dall’imprecare e ribaltare il tavolo, ma si limitò a sbattervi forte la fronte soffocando le parole che avrebbe volentieri urlato.

Quanto stupidi bisogna essere per fare questa fine?! Stupido, stupido, stupido…

Sbatté il pugno sul metallo, deformandolo. Non sapeva per cosa essere più incazzata: per aver permesso agli Autobot di manomettere il ponte spaziale, per non essere intervenuta nello scontro, per aver lasciato che Megatron compisse un’azione tanto ignobile quanto idiota, o forse perché il tiranno si era una volta per tutte unito all’Allspark nella maniera più stupida possibile lasciandola scoperta?

Stupido, STUPIDO!

Ringhiò frustrata. Ringraziò di essere sola, perché altrimenti non sapeva come avrebbe spiegato la sua reazione così… megatroniana. Sollevò il capo dalla scrivania, distese le mani sulla superficie e si impose di calmarsi, prendendo dei respiri profondi.

«Ma porco l’Un-»

«La scomparsa di Megatron, leader assoluto della grande rivolta dei Decepticon, è stata una grave perdita per la nostra causa» la interruppe la voce raspante di Starscream. Sul monitor fino a un secondo prima spento si era aperto un video in diretta e il viso allungato del seeker dominava l’inquadratura. «Tuttavia non dobbiamo lasciarci vincere dalla disperazione amici. Al contrario, dobbiamo onorare il suo estremo sacrificio e costruire sulle fondamenta che lui ha gettato e con una determinazione ancora maggiore!*»

La sua ottica si contrasse in un tic involontario, ma decise di lasciar perdere. Non valeva la pena scaldarsi tanto; lei non aveva colpa per ciò che era successo e francamente non le importava nemmeno. Anzi, avrebbe volentieri accettato il drink che sicuramente il seeker argentato le avrebbe offerto per festeggiare la sua promozione a nuovo Lord dei Decepticon.

Un cubo me lo berrei volentieri, pensò rilassandosi sullo schienale della sedia e molleggiando le braccia nel vuoto. Al diavolo, ha ricevuto quel che si meritava. Speriamo sia morto davvero perché se ritorna e ripropone un’altra stronzata mando a monte l’accordo e tanti saluti!

Firestorm decise che quel cubo poteva berselo anche da sola, così si alzò e andò nel vano ristoro. Lungo il tragitto superò diversi vehicon intenti ad ascoltare il discorso di Starscream, i quali non si accorsero di lei quando li sorpassò per via del suo passo leggero, un’altra caratteristica che la accomunava a Soundwave. Sfortunatamente per il Vosiano, il suo avvincente discorso aveva suscitato numerosi mormorii e perplessità: Starscream non emanava l’aura di autorità di Megatron, ma c’era da dire che negli ultimi tre anni i Decepticon avevano prosperato come non accadeva da secoli, accumulando vittoria dopo vittoria contro gli Autobot e mantenendo la supremazia contro il nemico per merito suo. Possibile che tutti se ne fossero già scordati? C’era persino un Autobot di meno grazie a lui, avrebbero dovuto essere sollevati.

Al diavolo!

Si sedette al tavolo più vicino al distributore di energon, riempiendosi un cubo con quello non raffinato e mandandolo giù d’un fiato, coprendo uno sbuffo.

«Comandante Firestorm, che piacere vederla!»

La seeker alzò lo sguardo sul nuovo arrivato, riconoscendolo e salutandolo con un cenno del capo. «Robin.» Fece per alzarsi e riempire nuovamente il cubo, ma il vehicon la precedette.

«No no, stia pure seduta Comandante, ci penso io!»

Firestorm evitò di roteare le ottiche. Con Robin era sempre così: le rendeva la vita non facile, pigra, e il più delle volte lo lasciava fare perché le sarebbe dispiaciuto sbraitargli contro per il suo essere disponibile e gentile. Se solo non lo facesse esclusivamente con lei, lo avrebbe accettato; invece era chiaro che il vehicon avesse una cotta colossale per lei.

Almeno non balbetta più, si ritrovò a pensare mentre quello le porgeva il cubo.

«Ehm, posso sedermi qui con lei?» Il visore lo nascondeva, ma Firestorm era certa che in quel momento fosse azzurro come la superficie di Urano.

«Accomodati» concesse accompagnando la sua voce con un elegante gesto della mano.

«G-grazie!»

La femme notò che fra le mani il subordinato non avesse nulla. «Non bevi?»

«No, ho già preso la mia razione oggi» rispose prontamente. «Ecco, se posso chiederle, ehm…»

Scorgendo la sua incertezza, lo invitò a esprimersi liberamente. «Parla pure Robin.»

«Ecco, come mai sta bevendo? Cioè, l’energon è la nostra fonte di vita, ma lei ha preso il non raffinato, anche se non è insolito vederla berlo – non le sto certo dando della ubriacona ovviamente! Non c’è nulla di male di scolarsi un bicchierino ogni tanto, anche se la vedo bere un giorno sì e uno no…»

Sorrise davanti al suo incespicare nelle parole. Per quanto fosse risaputa la sua intolleranza per i giri di parole, non aveva mai rimproverato il vehicon. Lo trovava quasi adorabile quando si imbarazzava e le dava una sensazione che all’inizio non era riuscita a descrivere, ma dopo tutti quegli anni aveva compreso però perché non vi avesse rinunciato: sapeva di casa.
«Pensieri» interruppe il suo farneticare.

«Oh» sussultò sorpreso. «Il solito dunque.»

«Già» mormorò la femme prendendo un altro sorso.

Robin picchiettò con le dita sul tavolo. «Beh, si sa che bere in compagnia è più bello! Torno subito!» disse scomparendo alle sue spalle e ritornando velocemente al suo posto. Rimosse la parte inferiore della sua maschera inespressiva così da avere la bocca scoperta e poter bere. «Allora. Lord Megatron non c’è più. Lei cosa ne pensa?»

Di solito dava una risposta precisa, ma con Robin era diverso; conversare con lui era diverso che con ogni altro mech presente su quella nave, perciò non si trattenne dal rispondere: «Non lo so.»

«E questo come la fa sentire?»

Firestorm scrollò le spalle. «Non saprei. Indecisa?»

«Nah, lei non è mai indecisa o confusa o insicura, per questo è così strepitosa!»

Indifferente ai complimenti, accavallò le gambe sotto il tavolo e gli chiese: «Tu che ne pensi invece?» Normalmente nessuno chiedeva ai vehicon la loro opinione su qualsiasi cosa; erano stati costruiti per ubbidire e lavorare, non per pensare. Tuttavia Firestorm non era il tipo di Decepticon che si fermava alle apparenze o che si conformasse con i loro modi di fare: ecco perché Robin la stimava tanto, così come molti altri di loro avevano imparato a rispettarla – ovviamente era considerato solo il parere dei suoi fratelli e sorelle, tutti gli altri Decepticon erano gelosi marci dei successi della bella femme. A lei importava di loro, che lo mostrasse o meno. Questo l’aveva sempre distinta dalla massa di barbari e burberi ufficiali che li chiamavano continuamente droni. Droni. Quanto odiavano quell’appellativo!

«Boh» mugugnò scrollando le spalle. «Francamente mi sembra assurdo che Lord Megatron non ci sia più. Non so dire cosa ne sarà di noi… Starscream sarà all’altezza?»

«Ti ricordo che negli scorsi tre anni è stato lui a gestire la baracca. Non mi pare ci siano state lamentele prima, non vedo perché dovrebbero essercene adesso.»

«Ma Megatron è Megatron. Starscream non può competere con lui.»

«Io dico che farà un eccellente lavoro!» si intromise una terza voce.

«Gah!» strillò Robin saltando sulla sedia. «Steve, ma che cazzo!»

Il vehicon appena comparso alle spalle del compagno in risposta lo schiaffeggiò sulla nuca. «Attento al linguaggio davanti alla Comandante!» gli bisbigliò.

Come folgorato, Robin si ricompose sulla sedia irrigidendosi. «Chiedo scusa Comandante, non volevo essere volgare.»

«Non fa niente» lo rassicurò. «Dunque, Steve, mi pare di capire che tu sia pro alla nuova catena di comando.»

«Esatto!» confermò annuendo energicamente.

In quel momento le arrivò un messaggio da Starscream sulla sua linea privata: -Io e Soundwave siamo fuori in missione, occupati del ponte in mia assenza. Augurami buona fortuna-.

Firestorm districò le gambe e annunciò: «Perdonatemi, mi è appena stato assegnato un incarico. Uno di voi ha turno sul ponte?»

«Pattuglia su questo piano» dichiarò il vehicon di nome Steve.

«Guardia al deposito di energon» rispose Robin risultando più rattristato di quanto volesse. Il deposito era situato al piano inferiore del vascello; al momento si trovavano al secondo, dove oltre alla sala in cui erano attualmente c’erano i dormitori dell’intero equipaggio e alcune stazioni di comunicazione. Firestorm aveva turno sul ponte, dunque si sarebbe dovuta dirigere al piano superiore.
«Buon lavoro Comandante.»

«Altrettanto» replicò terminando l’energon e dirigendosi al ponte di comando.

Non capitava spesso che i due più alti ufficiali uscissero insieme in missione e questo incuriosì Firestorm. Con tutto il lavoro che c’era da fare e i possibili discorsi di incoraggiamento da inventare, cosa poteva aver spinto Starscream a perdersi il primo giorno come leader dell’armata Decepticon? Si aspettava di vederlo pavoneggiarsi tutto il giorno e tutta la notte, o quantomeno che brindasse alla dipartita del suo odiato padrone.

Ne starà combinando una delle sue, concluse.

Quei cubi di energon e la compagnia seppur breve di Robin l’avevano aiutata a calmare i bollenti spiriti. Ora che aveva la mente più lucida e lo stomaco pieno di inebriante alcool rifletté sulle parole di Robin. E questo come la fa sentire? Firestorm odiava il tiranno con tutta la sua scintilla all’insaputa di tutti e la lista dei motivi era più lunga della barba di Alpha Trion. Da una parte avrebbe preso l’altro seeker in disparte e avrebbe fatto festa assieme a lui, dall’altra c’era quel piccolo particolare del loro accordo. Richiedo la sua protezione. Diamine, era l’unico motivo per cui si era unita a quell’immonda banda di mostri! Non era solo arrabbiata e incredula per il livello di stupidità raggiunto, ma nel profondo sentiva crescere un moto di nervosismo. Lui mi serviva vivo.

Firestorm raddrizzò la testa e le ali. Avrò tutto il tempo per lamentarmi con me stessa sul ponte, decise riacquistando la sicurezza persa. Andrà tutto bene, non sono sorti problemi in millenni e sono sempre stata al sicuro. È solo una situazione di stallo, si sbloccherà presto e certamente Megatron risorgerà dai morti; figuriamoci se Primus ammetterà la scintilla di quel mostro nell’Allspark! Che possa lasciar Starscream baciarmi se così non fosse!

Fece finta di non averlo pensato. Meglio non fare scommesse così azzardate in assenza di sufficienti dati e certezze, rifletté raggiungendo la sua postazione.

C’erano alcuni vehicon assieme a lei, ognuno a una propria stazione intenti a mantenere la nave sulla rotta prestabilita, a tener d’occhio i propulsori e l’afflusso di energon al motore e altre mansioni. Firestorm dava loro le spalle, eretta davanti a una singola console all’estremità opposta della porta. Normalmente era Megatron a stare lì in piedi come uno stoccafisso, a meno che non si trovasse al piano inferiore del vascello nella sua ridicola sala del trono.

Quant’è pieno di sé, si disse Firestorm nascondendo un sorriso divertito.

Se fosse stata sconsiderata e non avesse avuto bisogno di essere lì, avrebbe rinfacciato di cuore tutte le azioni riprovevoli, l’energon versato, la distruzione che lo stesso Megatron aveva causato; lo avrebbe schernito, se lo meritava, gli avrebbe sputato in faccia tutto il suo odio, non come Starscream: quello blaterava tra sé e sé alle sue spalle e Soundwave registrava e spiattellava al suo padrone il tutto. No, lei gliele avrebbe dette in faccia tutte quelle cose, senza vergogna e senza pentimento. Peccato che dovesse tener la bocca cucita o addio al posto per il quale aveva faticosamente lavorato.

Si ma a che serve star qui se Megatron non c’è più?


 
«Sei rimasta sola, chi ti proteggerà adesso?»

«Non mi serve protezione da nessuno! Posso farcela da sola!»

«Sei solo una ragazzina, cosa speri di fare da sola? Arrenditi, non puoi fare nulla!»

«Oh, non ne hai idea…»


 
NO. Posso farcela. Troverò una soluzione.

Si rimproverò mentalmente per aver pensato di essere finita in un vicolo cieco. Se la strada era chiusa, avrebbe trovato un percorso alternativo. Si era già trovata in situazioni difficili prima di allora ed era sempre riuscita a uscirne; il fatto che Megatron potesse essere morto non significava che mancassero alternative: c’erano gli Autobot su quel pianeta e Firestorm sapeva bene che il Prime aveva sempre avuto un’alta considerazione di lei. Se necessario, c’era una buona probabilità che l’avrebbe accolta fra i suoi ranghi, o quantomeno rinchiusa in una cella assieme alla sua dignità e nascosta al mondo intero.

Se servirà, si disse. Non è ancora detta l’ultima parola. Vediamo come andranno le cose da qui a qualche giorno.

Se l’era dovuta cavare da sola in più occasioni in passato, senza Megatron dietro a cui nascondersi. Era forte, era resiliente; doveva solo aspettare e vedere, continuando nell’attesa a ricoprire la sua consueta parte come Decepticon, il cui marchio era tatuato sulla sua spalla destra. Quante volte aveva immaginato di strapparlo via con le sue stesse mani? Aveva perso il conto. Cosa non si fa per…

«Comandante, i sensori hanno rilevato una traccia di energon.»

Si voltò verso il vehicon che aveva parlato, interiormente felice che avesse interrotto il suo frenetico rimuginare. «Mostrami dove.»

Il vehicon aprì una mappa della Terra, poi ingrandì un quadrante nel continente australiano da cui proveniva il segnale. «È qui, nella parte occidentale. Coordinate 29°30'29.5" Sud, 124°14'26.4" Est.»

«Quanta attività umana è presente nella zona?»

«È una località turistica abbastanza visitata, ma in questo momento è notte da quelle parti, Comandante» spiegò guardandola dal basso della sua postazione.

«Molto bene» asserì con un profondo cenno del capo che il sottoposto ricambiò. Era il suo modo per dire che aveva fatto bene il suo lavoro e che doveva esserne felice. Non perse tempo e contattò subito Knock Out: «Ho un compito per te e Breakdown: dovete ispezionare la zona a queste coordinate – istruì mentre inviava la posizione – in cerca di energon. Porta dei minatori e vehicon di copertura. Non fate troppo rumore, laggiù è notte e non dovete attirare l’attenzione.»
«Très bon mon radieux Commandant» rispose gioviale il medico. «Partirò non appena la squadra sarà radunata.»
«Bene. Appena trovate qualcosa informatemi» disse infine e riagganciò.
Megatron potrà anche essere morto, ma le cose procedono come sempre. Non è cambiato niente, non cambierà niente…

 

 
«Chi ti proteggerà?»

 

 
Andrà tutto bene.

 

 
«Sei rimasta sola…»

 

 
Sono capace di difendermi da sola. Andrà tutto bene, andrà tutto bene…
 
 

Firestorm non sapeva quanto tempo fosse passato e quante volte si era ripetuta in quel lasso di tempo le stesse tre parole in loop per rassicurarsi; sta di fatto che Soundwave era entrato nella stanza avvisandola di dirigersi con lui alla med-bay, dove Starscream e Knock Out li attendevano.

Quando è rientrato? Mi sono estraniata troppo, si rimproverò la femme. Aveva ricevuto il messaggio inviato dal medico come da suo ordine, ma era talmente assorta nei suoi pensieri da leggerlo senza essere totalmente presente. Mentre raggiungeva la destinazione a fianco del TIC rilesse il messaggio e si appuntò di riferire a Starscream degli scavi e di riportare la locazione della nuova miniera anche nel database della nave.

Rilasciò un sospiro più pronunciato degli altri, che attirò l’attenzione di Soundwave. «Qualcosati turba?» domandò sfruttando le voci di Knock Out e Starscream.

«Sono sovrappensiero, tutto qui.»

«Il solito» replicò la sua stessa voce.


«Già» annuì stirando le labbra in un timido sorriso, velando però l’emozione di avvilimento trasmessa con le ottiche.

«In cosa posso assisterti?» la sorprese la voce di Megatron, riconoscendo che l’aveva estrapolata dalla sua primissima conversazione col despota.

Bella domanda. Firestorm non avrebbe saputo cosa rispondergli, perché nemmeno lei sapeva di cosa avesse bisogno al momento, ma ringraziò ugualmente il compagno per l’interessamento, sia per cortesia sia perché almeno parzialmente sapeva essere una premura genuina, cambiando però argomento per evitare di rispondergli. «Dove siete stati tu e Starscream?»

Per il resto del tragitto Soundwave le mostrò le riprese della loro avventura, di come avevano risvegliato un dormiente guerriero Decepticon, Skyquake, e di come gli Autobot lo avevano eliminato; tutto questo perché Starscream voleva che le truppe lo servissero fedelmente e aveva pensato che un modello da seguire fosse la strategia ideale per raggiungere i suoi scopi.

«Un tentativo infruttuoso e una perdita inutile. Altro?»

Soundwave annuì ma non le spiegò, lasciando che vedesse con le proprie ottiche. Una volta raggiunta l’infermeria la condusse nella stanza più grande, in fondo all’ambulatorio, e varcata la soglia sgranò le ottiche sconvolta davanti alla vista che le si parò davanti.

Santissimo Allspark!

«Ah, eccovi finalmente» gracchiò un inasprito Starscream.

Si avvicinò alla branda che sosteneva Megatron, intero ad esclusione del foro all’altezza del petto. «È vivo?» si apprestò a chiedere la femme apprensiva.

«Sì e no» le rispose Knock Out mentre collegava dei cavi di sostentamento al corpo privo di coscienza. «A una rapida scansione risulta vivo, ma è incosciente e non conosco l’estensione dei danni. Avrò bisogno di sottoporlo a ulteriori esami.»

Finalmente, dopo ore di trastullamento e agitazione, Firestorm rilassò la sua postura rigida, che non si era neanche accorta di avere. Soundwave fu l’unico a notare questo cambiamento, piccolo com’era, e ipotizzò che l’essere sovrappensiero della femme era dovuto all’ignoranza sulla sorte del loro signore e che ora che aveva risposte si era tranquillizzata. Il mech silenzioso approvò mentalmente questo comportamento, il quale provava ancora una volta che la femme teneva alla vita del suo vecchio amico, a differenza di altri Decepticon lì presenti.

Che bastardo fortunato; fortunata pure io per aver avuto ragione, pensò Firestorm. Megatron era un po’ morto, ma l’importante era che fosse al contempo un po’ vivo. Il karma lo ha colpito per una buona volta. Firestorm occhieggiò il seeker al suo fianco, il cui campo EM irradiava rancore misto a disprezzo e, ben trattenuta, contentezza. O forse è opera di Starscream, si domandò trattenendosi dall’inarcare un sopracciglio.

«Le nostre truppe saranno molto felici di sapere che siamo riusciti a riportare Lord Megatron in fase di stasi. Speriamo solo che il nostro signore possa riprendersi*» asserì il seeker trattenendo a stento una smorfia.

Sperare anche che rinsavisca è chiedere troppo immagino. «Le sue condizioni non sono delle migliori, ma conosciamo tutti la sua forza. Si rimetterà» dichiarò Firestorm risoluta.

«Ha parlato la voce della ragione» commentò Starscream guadagnandosi l’attenzione di Firestorm e Soundwave. Dalla sua espressione, era chiaro che avesse solo voluto pensare quelle parole.
«Beh, si, insomma, è risaputo che il tuo giudizio è sempre azzeccato Firestorm. Se tu credi che tornerà a camminare con le sue gambe allora non abbiamo da temere. Sarebbe un vero peccato che ti fossi sbagliata proprio quando il nostro padrone ne ha più bisogno.»

L’aiuto occasionale che riceveva dalla femme non impediva a Starscream di comportarsi in maniera subdola anche nei suoi confronti. Dopotutto erano in guerra e ogni azione era lecita pur di sopravvivere e vincere, e Starscream aveva tutta l’intenzione di uscirne vincitore.

«Il tempo ci darà tutte le risposte. Non ci resta che aspettare e vedere quanto reagirà alle cure di Knock Out» replicò impassibile facendo ricadere l’attenzione – e la colpa di un crimine ancora non commesso – sul dottore.

Preso alla sprovvista, Knock Out sobbalzò alzando le mani in un gesto difensivo. «Beh, date le sue condizioni posso solo fare supposizioni, ma è messo piuttosto male e pertanto consiglierei caldamente di prepararci al peggio.»

Firestorm e Soundwave annuirono in sincrono ed entrambi si ritirarono per lasciar lavorare il medico.

«Firestormopinione?»

«Difficile a dirsi» ammise la seeker. «Più tardi gli darò un’occhiata da me e ti farò sapere.»

L’altro annuì in segno di approvazione e andò per la sua strada e Firestorm restò sola nel corridoio. Non avrebbe saputo dire se fosse un bene o un male che Megatron fosse vivo, seppur in condizioni terribili, tantomeno dire come si sentisse a riguardo. Per lei era meglio averlo vivo, ma per Cybertron era di gran lunga meglio che cessasse di vivere.

Sospirò, concludendo che un buon cubo di energon era quello che le ci voleva al momento.
 
 
 
LEGENDA PER LE VOCI REGISTRATE DI SOUNDWAVE:
Megatron
Knock Out
Firestorm
Starscream
Breakdown
 

 
 
 
*dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 6 della prima stagione “Maestri e allievi”
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



«Tesoro, cosa stai facendo?»

La giovane seeker si voltò, accogliendo con un sorriso il mech appena rientrato. «Un esperimento» rispose entusiasta sollevando un vassoio. «Dolcetti all’energon! Assaggia» lo invitò a prendere uno di quei biscotti che splendevano come gemme.

Il mech ne prese uno, lo ispezionò con occhi curiosi, lo annusò e infine gli diede un morso. «Mmh, è non raffinato quello che sento?»

«Sì! Ti piace?»

«Biscotti alcolici, come si fa a non amarli?» le si avvicinò, chinandosi per posarle un bacio sulla tempia. «La mia ingegnosa principessa. Ora però ho bisogno che lasci stare la dispensa. Vorrei che mi assistessi per un esperimento.»

«Mi farai vedere il tuo laboratorio?» domandò emozionata la piccola.

«Oh, no, è più una cosa pratica… ma vedrai una volta arrivati.»

 

«Dove credi di andare? Torna qui!»

«Stai lontano da me mostro!»

«Firestorm, alle tue spalle!»

All’improvviso fu come se la sua schiena e le sue ali stessero andando a fuoco; il dolore la stava divorando, ma tenne lo sguardo fisso sul suo nemico anche una volta caduta in ginocchio.

«Non puoi più fuggire ormai.»

«Tsk» mugugnò sputando a terra energon. «Questo lo dici tu.» Si rialzò, non senza sentire fitte lancinanti in ogni parte del corpo, ma non le importava. Sarebbe fuggita, sarebbe stata libera da quell’incubo, ma per riuscirci non doveva arrendersi. Poteva ancora farcela, solo un ultimo sforzo…
 


«Che cosa faremo adesso?»

«Non abbiamo altra scelta. Dobbiamo nasconderci.»

«E dove? Ci troverà ovunque tenteremo di nasconderci!»

«E con la guerra appena scoppiata non riusciremo a farci aiutare da nessuno. Siamo soli, come sempre del resto.»

«E noi stessi ci siamo sempre bastati» disse Firestorm. Rilasciò una ventata, stanca. «Credo che dovremmo separarci.»
 
 

Firestorm riaprì le ottiche di scatto, il trillo della sveglia a rimbombarle nella testa. Fu grata per essere stata svegliata, come ogni mattina, prima che altri ricordi le invadessero la mente; averla impostata alle quattro del mattino (secondo il meridiano di Greenwich) era la cosa migliore che le fosse venuta in mente. Erano sempre là in agguato dietro ogni angolo della sua mente, pronti a palesarsi nei momenti meno opportuni – ovvero sempre. La notte era il momento peggiore di tutti: non aveva alcun controllo sul suo processore e quello faceva di testa sua, facendole rivedere scene di un passato lontano contro la sua volontà. Voleva solo sbarazzarsene, eppure ritornavano ad angosciarla senza sosta, tormentando la sua scintilla già di per sé stressata.

Si mise seduta, portandosi le gambe al petto e stringendole tra le braccia. Appoggiò la fronte sulle braccia, sentendosi stanca e non per le scarne ore di sonno che si concedeva, che erano decisamente troppe poche, ma per tirare avanti l’intera giornata normalmente bastavano. Se poi accadevano imprevisti ed era costretta a scendere in campo… di solito si faceva bastare le energie che aveva. Un altro modo per limitarsi, alla fin fine: se era troppo stanca per combattere non avrebbe fatto l’esibizionista, saltando da un lato all’altro del campo di battaglia abbattendo un nemico dopo l’altro in una danza mortale, veloce come un fulmine e con la ferocia di un uragano.

Sbadigliò, chiudendo le ottiche e facendo una lista delle cose che avrebbe dovuto fare quel giorno: una mattinata tranquilla senza impegni seguita, nel primo pomeriggio, dall’addestramento col blaster delle truppe, che l’avrebbe intrattenuta fino a sera. Se era abbastanza fortunata, nessuno l’avrebbe infastidita quel dì; non era in vena di scherzi o cose del genere. Sarebbe volentieri rimasta in camera sul suo letto a cercare di evitare di pensare, specialmente a quello che era successo negli ultimi disastrosi giorni.

Dopo qualche minuto si alzò dal letto e uscì dal suo alloggio, muovendosi silenziosamente lungo i corridoi ancora semi illuminati. Sapeva che i vehicon addetti al turno notturno di sorveglianza l’avrebbero vista attraverso le minuscole telecamere nascoste ovunque sulla Nemesis, ma non se ne preoccupò: lei si alzava sempre a quell’ora e stava fuori per diverse ore. Non aveva mai raccontato a nessuno dove andasse e non ci teneva. Erano fatti suoi e soprattutto non voleva rischiare che a qualcuno venisse la brillante idea di seguirla.

Salì sulla pista di decollo della nave e si lasciò cadere nel vuoto, trasformandosi in un fiammante Lockheed SR-71. Attualmente la Nemesis era stazionata nell’esosfera del pianeta, lontana dagli occhi indiscreti degli umani.

Si fermò a osservare la Terra, metà illuminata dal Sole e l’altra avvolta nell’oscurità della notte. Le tornò in mente la miniera scoperta il giorno prima; ricordò il vehicon affermare che si trattasse di una zona turistica. Abbandonò lo stallo e si diresse alle coordinate, sorvolando l’oceano Indiano diretta verso l’Australia.

Sorvolò l’immensa isola a lungo, planando verso lo sconfinato deserto e volando a raso terra per chilometri, sollevando un polverone dietro di lei. Riprese quota e velocità, piroettando nell’aria con grazia e rituffandosi verso il suolo, ripetendo il ciclo dozzine di volte senza mai stancarsi. Sebbene l’orizzonte fosse libero da interferenze od ostacoli di qualsiasi natura, fu come volare in mezzo alla nebbia: non vedeva niente di ciò che la circondava, era assolutamente confusa e non sapeva in quale direzione proseguire.

Aveva così tanti pensieri per la testa e la sua scintilla era un tumulto che non riusciva a sedare.

Megatron era vivo e la cosa aveva i suoi lati positivi e negativi. Era in condizioni pietose, forse non si sarebbe mai ripreso, oppure Starscream glielo avrebbe impedito… ma diamine, le serviva vivo!

E adesso?

Era a corto di idee.

Megatron ha un piede nella fossa, Starscream è al comando, c’è un Autobot di meno, Megatron è risuscitato dei morti, l’energon oscuro esiste, il ponte spaziale è distrutto… che diamine dovrei fare adesso?

Cambiò direzione spingendo sui propulsori e risalendo velocemente verso l’alto fino a quando non sentì più la presa della gravità tirarla verso il basso. Si ritrasformò, lasciandosi fluttuare nel vuoto mentre guardava la Terra e le sue immense distese d’acqua. Era così incantevole da lassù, la Terra sembrava così pacifica e serena…

Firestorm sospirò. Pro e contro, ragionò. Non devo perdere la testa. Lei era forte. Aveva superato sfide ben peggiori, sia fisicamente che mentalmente. Doveva smetterla di divagare e iniziare a essere analitica. Pro e contro, si ripeté con maggiore convinzione.  

Pro: non dovrò sorbirmi i deliri di Megatron ancora per un po’; contro: non può rispettare l’accordo nelle sue condizioni. Pro: la guerra finirà in stallo fintanto che Starscream continuerà a comportarsi come suo solito; contro: la guerra non terminerà fintanto che Starscream continuerà a comportarsi come suo solito. Sospirò nuovamente. Pro: Megatron non mi coinvolgerà più in spiacevoli chiacchierate; contro: nessuna possibilità di scoprire qualcosa di nuovo su di lui e nessuna chance di manipolarlo. Pro: Soundwave si concentrerà molto di più su Megatron e sulle mosse di Starscream che su tutto il resto; contro: potrebbe rivelarsi nervoso.

Si ritrasformò, frantumando il sottile strato di ghiaccio che aveva iniziato a rivestirla, abbandonando la tranquillità dello spazio per dirigersi verso la Groenlandia. Voleva ammirare gli ultimi stralci dell’aurora boreale prima che il sole sorgesse e volò alla massima velocità, infrangendo con un boato tremendo la barriera del suono. Se fossero stati altri tempi, avrebbe davvero goduto degli incantevoli paesaggi che la Terra proponeva, ma tentare nonostante fosse ben cosciente di non riuscirci non le costava nulla. Sempre meglio della tetra Nemesis.

Atterrò elegantemente sul terreno ghiacciato. La temperatura era incredibilmente bassa e non c’era un soffio di vento. Era ancora notte in quella zona e l’assenza di luci artificiali permetteva di godersi appieno il paesaggio; il candido bianco della neve contrastava con l’oscurità del cielo, attraversato dalle luci del nord, danzanti nel cielo come foglie nel vento.

Pro: avrò più tempo per gustarmi questo posto.

Gli umani li evitava come la ruggine, ma il pianeta in sé… era semplicemente stupendo, pieno di meraviglie dietro ogni angolo.

Si sdraiò con le mani dietro la testa, sentendo i suoi sistemi raffreddarsi mandandole un piacevole brivido lungo le ali. Erano passate poco più di due ore, sprecate scervellandosi fiaccamente anziché a farsi coinvolgere dal brio dell’esplorazione, perciò aveva ancora tempo prima di rientrare. Tanto per quella mattina non aveva incarichi, sempre che non l’avesse contattata Starscream per qualche assurdità a cui non voleva neanche provare a pensare.

Robin si sbaglia, non sono così perfetta come crede; infatti non credo di essere mai stata più confusa…

Conosceva un modo per liberarsi dei tanti pensieri che la stavano incasinando, capace di spazzare via la confusione, l’unico che avrebbe avuto effetto…

NO.

La femme rabbrividì, ignorando l’improvvisa sensazione di nausea e stropicciandosi le ottiche con una mano. Quant’è difficile…

Un metodo meno efficace c’era, ma ubriacarsi già di prima mattina non le sembrava il caso, inoltre che esempio avrebbe dato? Non che sarebbe importato a molti. Tanto Megatron era fuori dai giochi, non poteva riprenderla, e fintanto che assolveva i suoi doveri senza intoppi nessuno avrebbe avuto da ridire.

Prese tra le mani la neve, setacciandola con le dita semplicemente perché le piaceva la sensazione, giocandoci ancora qualche minuto prima di ripartire.

Ai poli del pianeta il campo magnetico era così intenso da interferire con le comunicazioni, perciò una volta allontanata abbastanza contattò la Nemesis per farsi dare la sua posizione. Volò veloce e in men che non si dica stava atterrando sul ponte superiore del vascello. Al contrario di come si era mossa fino ad ora, camminò lentamente lungo i corridoi verso i suoi alloggi, decisa a farsi un bel bagno d’olio che sperava l’avrebbe rilassata un po’.

I bagni d’olio erano rari per tutti, compresi gli ufficiali; non c’erano abbastanza risorse per periodici bagni ed era condiviso il pensiero che non era la stessa cosa farlo lontano da Cybertron.

Patetici. Dovevano pensarci prima di distruggerlo.

Riempì l’ampia vasca e ci si infilò dentro finché ancora non era piena. Appoggiò le braccia sul bordo così come la testa, ascoltando il rumore generato dal flusso.

Quel giorno non aveva voglia di fare niente. Ogni tanto le capitava: si svegliava e organizzava come sempre la sua giornata ma senza la forza di muovere un muscolo, troppo stanca o stressata per andare incontro a ciò che l’attendeva quel dì. Solo il desiderio di sprofondare la testa nel cuscino e non aprire le ottiche restava. Qualche volta l’aveva fatto: era rimasta chiusa in camera per diverse ore, lontana dal caos che la guerra comportava, in compagnia di qualche cubo di non raffinato e il silenzio. Poi il silenzio era diventato troppo e si era seduta in bagno ad ascoltare lo scroscio della doccia, sempre con un cubo in mano.

Era depressa? Probabile. Sicuramente era stanca, e se qualcuno le avesse chiesto di cosa fosse stanca avrebbe risposto di tutto e tutti, specialmente di quel caprone. Ovviamente nessuno avrebbe capito di chi si riferisse; ipotizzandolo, la risposta più logica sarebbe stata Starscream. Quasi le faceva pena quanto il seeker venisse denigrato, deriso e disprezzato, però quello non aveva mai provato a fare qualcosa di diverso per cambiare il pensiero della gente, non cambiava mai e quindi era un problema suo. Firestorm non era mica lì per risolvere i problemi altrui; non riusciva a risolvere nemmeno i suoi!

Ma questo nessuno lo sapeva. A volte immaginava come sarebbe stato cambiare qualcosa, provare a comportarsi diversamente, vedere come ci si sentiva e come gli altri avrebbero reagito a lei e subito gettava nel dimenticatoio quei pensieri. Non aveva certezze che sarebbe andata meglio, che sarebbe stata meglio. Era più sicuro continuare come stava già facendo.

Quel giorno però aveva impegni improrogabili – Starscream non permetteva a nessuno di cambiare la propria agenda se non la sua e Firestorm si affidava sempre ai suoi programmi – così, dopo aver controllato l’ora e aver scoperto di essere rimasta lì una buona mezz’ora, si asciugò e sistemò il bagno. Aveva ancora tempo; lo avrebbe speso finendo i ritocchi al suo diadema.

I primi solitamente si svegliavano intorno alle sette, con uniche eccezioni lei e Starscream; erano seeker, ce lo avevano nel CNA l’essere mattinieri. Poi c’erano alcuni vehicon con le loro quotidiane attività: José risistemava il suo bar e faceva l’elenco dei liquori finiti o scarseggianti dopo l’ultimo party “segreto” in una delle sale al piano inferiore; Jeremy dava da bere alle piante del suo giardino – un hobby davvero bizzarro – riempito di fiori esotici di rara bellezza; poi c’era il duo di fanboy composto da Steve e Robin, ognuno a spiare da lontano la routine mattiniera di Starscream e Firestorm. Assieme a pochi altri c’era Breakdown, che si alzava presto quando aveva intenzione di cucinare biscotti per chiunque ne volesse. Firestorm a volte si domandava da dove provenisse quella passione.

Rompendo invece la sua routine a sorpresa di tutti, Knock Out era già in piedi ben trentasei minuti prima dell’inizio del suo turno di lavoro, un record che non teneva a superare. Lui non era per niente un tipo mattutino. Assolutamente. Avrebbe volentieri dormito altre quattro ore, ma il suo letto si era alleggerito all’improvviso e l’accogliente tepore con cui si era addormentato sparito. Non poteva restare ancora un po’? Perché diamine doveva alzarsi? Tanto non c’era Megatron a riprenderli per il ritardo, anche se Starscream sapeva essere davvero fastidioso...

Sbuffando, tentò di allungare più che poté il braccio per lucidare ogni centimetro di schiena, con scarsi risultati.

«Andiamo… ma dov’è Breakdown quando ne ho bisogno?»

Lo sapeva bene dov’era, e se non fosse che dopo ne avrebbe beneficiato anche lui non gli avrebbe permesso di lasciare il letto. I suoi biscotti erano i migliori, specie quando ci aggiungeva quel pizzico di zinco… Si leccò le labbra al pensiero.

«Oh vabbé, finirò di sistemarmi quando avrà finito» decise il dottore. Tanto, con Megatron fuori dai giochi per un tempo che si sarebbe assicurato lui stesso restasse indefinito il più a lungo possibile, i Decepticon sarebbero rimasti in pausa per un po’, o almeno lo sperava. «Quanto vorrei una vacanza.»

Sospirò e uscì dalla stanza, raggiungendo la mensa per prendere un cubo di energon per sé e forse per il suo partner, se si sentiva abbastanza gentile. Dopotutto, la gentilezza aveva il suo prezzo e Knock Out aveva prezzi molto elevati. Breakdown lo sapeva, Knock Out lo sapeva, così si decise a prendere un secondo cubo per lui.

Quando varcò la porta non fu sorpreso di vedere davanti al distributore la femme fatale per eccellenza. «Ma buongiorno mon maravelleux! Dormito bene?»

Adorava appellare la gente con nomignoli divertenti o caratteristici, ma per la seeker tirava fuori il meglio dei complimenti; i vehicon erano troppo intimoriti per farlo e qualcuno doveva pur ricordarle quanto fosse bella! Era sua credenza che la femme scarseggiasse in autostima, altrimenti perché mai tralasciava sempre di curare quelle seducenti curve?

Firestorm mugugnò in risposta, prendendo il suo cubo ora pieno e avviandosi fuori.

Ahi, brutto segno. «A quanto pare il malumore è tornato, eppure avrei detto che con Megatron in quelle condizioni…»

«Mi stai disturbando per un motivo in particolare o solo per infastidirmi?»

Knock Out fece prudentemente un passo indietro. «Non oserei mai, mi conoscete Comandante! Vi vedo stressata, permettetemi…»

«Non ora Knock Out!» disse con foga e il dottore sarebbe volentieri corso via; non era buona cosa far arrabbiare la femme, poteva reagire davvero male. «Ho da fare» aggiunse più calma.

«O-ovviamente. Se vi serve qualcosa, il mio numero privato lo avete» replicò cercando di mantenere i nervi saldi. Si è svegliata con la luna storta.

Odiava quando era così scorbutica; non solo perché si intestardiva e non lo lasciava operare la sua calmante magia, ma soprattutto perché correva il serio rischio di rovinare le sue finiture. Fu attraversato da mille brividi al pensiero.

Fortunatamente Firestorm se ne andò senza toccarlo. Chissà quale circuito le si era sconnesso per essere così irritata. Knock Out scrollò le spalle: non era un suo problema. Se più tardi però sarebbe venuta da lui per sbollire non glielo avrebbe negato; dopotutto i dottori devono sempre prendersi cura dei loro pazienti.

Passarono alcune ore di pura calma prima che accadesse ciò che Firestorm aveva previsto.

Con un sospiro, Firestorm lasciò la tranquillità della sua stanza per raggiungere Starscream sul ponte. Arrivata le fu riferito che Soundwave aveva appena intercettato una comunicazione Autobot e come al solito Starscream era deciso a metterci le mani sopra.

«Firestorm, a te l’onore» Starscream le concesse un sorriso radioso.

«Agli ordini Comandante.»

Firestorm radunò immediatamente una piccola squadriglia di seeker e la mandò a intercettare la navicella nemica, seguendoli a distanza per supervisionare l’attacco. Nel giro di pochi minuti i soldati riuscirono ad abbattere il mezzo, che si schiantò su una piana deserta, e da questa uscì un’indenne Wheeljack. Lei sapeva che fosse un combattente tenace e distruttivo; dopotutto era un membro del gruppo dei Demolitori, e Firestorm non dubitava delle sue capacità. Restò in attesa dell’occasione propizia sopra il campo di battaglia, innotata dall’Autobot.

È piuttosto agile e scattante; dovrò ricorrere alla forza, rifletté osservandolo in azione.

Quando restarono solo due seeker ancora in piedi si portò esattamente sopra l’Autobot e si ritrasformò, sfruttando la gravità per prendere velocità e avvicinandosi silenziosamente al nemico. Firestorm atterrò su di lui con una forza tale da schiantarlo al suolo frantumando il terreno sottostante; si spostò muovendosi nella nube di polvere che si era innalzata e verificò che il ‘bot fosse incosciente.

«Soundwave, rientro con il prigioniero» avvisò via comm-link.

Immediatamente a pochi metri da lei si aprì un ponte da cui uscì Makeshift, già pronto con le sembianze dell’Autobot appena steso. Il falso Wheeljack le sorrise facendole un cenno col capo che Firestorm ricambiò. Attraversò poi il ponte trascinando il prigioniero per un braccio, che consegnò ai vehicon che l’attendevano dall’altro lato per rinchiuderlo in una cella.

«Un lavoro rapido e pulito» squittì Starscream alle sue spalle annuendo compiaciuto. «Non potevo aspettarmi niente di meno da te.»

«Grazie Comandante.»

«Voi, portatelo in cella. A breve ci riuniremo a lui per interrogarlo, fate in modo che non possa muoversi!»

«Sissignore!»

«Soundwave, Firestorm, con me. Andiamo ad accogliere il nostro prigioniero» ordinò il seeker guidandoli attraverso quel labirinto che era la Nemesis. «Immagino che tu non abbia avuto problemi nella cattura.»

«Nessuno» confermò la femme. «Abbiamo quattro soldati feriti e il Jackhammer da ispezionare, se Makeshift non lo sposta.»

«Non ha importanza. Lascia Makeshift fare il suo lavoro e vedrai che a fine giornata avrai tutto il tempo per ispezionare quella navicella» Starscream si lasciò a una cupa risata. «E per lo stesso tempo avremo anche la testa degli Autobot ad abbellire la prua della Nemesis. Oppure la sala del trono? Dove credi che starebbero meglio?»

Ma che mi importa? «Sala del trono» rispose Firestorm.

Starscream mugugnò qualcosa, perdendosi nelle sue elucubrazioni che riuscì magistralmente a non esplicare – una volta su un milione. Quando Starscream aprì la porta della cella dove era stato rinchiuso Wheeljack non si trattenne dal congratularsi nuovamente con lei.

«Impeccabile come sempre Firestorm!» disse sfregando le mani. «La nostra talpa è già riuscita a introdursi*.»

«Di’ a Megatron che è un ingenuo se crede che Bulkhead non sappia fiutare un impostore» si fece sentire Wheeljack, ripresosi.

«Forse tu non hai ancora capito: ci sono io ora a capo dei Decepticon!» puntualizzò con un tono arrogante il SIC.

«Tu? Ah!»

La sua reazione fece infuriare Starscream che tentò di colpirlo, ma il suo braccio venne trattenuto da Soundwave. «Oh, si, sì! Forse potrebbe ancora tornarci utile» rifletté per poi rivolgersi al prigioniero. «Makeshift è molto bravo in questo genere di trucchi. Deve solo convincere i tuoi amici quel tanto che basta affinché aprano il ponte dall’interno, così finalmente riuscirò a localizzare la posizione della loro base. Ci penserà poi la squadra d’attacco a dipingere le pareti con l’energon perso da Optimus Prime.»

Dovrebbero dargli un Oscar per questi monologhi.

Wheeljack voltò il viso verso Firestorm. «Ma guarda chi abbiamo qui, la fiammante Firestorm. Immagino che debba a te il piacere della mia cattura.»

«Niente di personale» asserì lei.

«Tsk, non sei cambiata affatto in tutti questi anni. Lo sai, considerato il tuo nome avrei detto che fossi una tipa più focosa e irruenta, invece sei un blocco di ghiaccio. Non ti farebbe male scioglierti un po’.» Wheeljak aspettò che la femme replicasse e rimase deluso quando non ricevette altro che la sua espressione imperturbabile. «Come sei noiosa! E andiamo, fammi sentire il dolce suono della tua voce!»

«Basta cincischiare!» si intromise Starscream. «Se non sbaglio devi supervisionare l’addestramento delle truppe, dico bene?» continuò voltandosi verso la femme.

«Sì» confermò lei.

«Allora vai, al caro Wheeljack ci penserò io. Sia mai che si dica in giro che non sappia come trattare gli ospiti.»

Firestorm avrebbe dovuto aspettarsi che la cosa sarebbe finita male. I soliti bastardi fortunati.

Era già tanto che solo Makeshift ne fosse uscito offline assieme a qualche anonimo vehicon; ma comunque, non le faceva né caldo né freddo. Quella missione era stata come un salto nel vuoto, sebbene avesse avuto la sua percentuale di probabilità di successo. Tenendo però conto degli Autobot e della loro attitudine – nonché del fatto che Wheeljack li aveva avvisati che Makeshift sarebbe stato smascherato – il fallimento era previsto.

Firestorm scrollò le spalle. Starscream avrebbe avuto altre occasioni per eliminare gli Autobot. Lei avrebbe avuto altre occasioni per infischiarsene e pensare a salvarsi le ali.

La femme aveva anche previsto che qualcuno avrebbe bussato alla porta a fine giornata e sapeva perfettamente di chi si trattasse, perciò inserì il codice di sicurezza alla porta senza pensarci e lo lasciò entrare.

«Ma perché le cose non vanno mai come dovrebbero andare?»

Starscream si lasciò sprofondare nel suo letto a pancia in giù, le ali abbassate amareggiato e il suo campo EM una mistura di emozioni corrosiva. Firestorm si sedette accanto a lui, poggiandogli una mano sulla spalla rassicurante. «Ci saranno altre occasioni.»

«Si, certo» sbuffò. «Pensavo che questa fosse la volta buona. Ero sicuro di farcela! Dove ho sbagliato?»

«C’è sempre qualcosa che ci sfugge. Le variabili sono infinitesimali, nemmeno il grande Prowl riuscirebbe a prevedere tutto.»

«Lo dici solo per consolarmi.»

La femme portò le mani sulla sua schiena, tra l’attaccatura delle ali, e passò la mano in dolci movimenti circolari. «Non fissarti su questa missione-»

«Questo fallimento vorrai dire.»

«Non interrompermi. Forse non avremo vinto questa battaglia, ma la guerra non è ancora perduta.»

«Sembra tanto una frase fatta» borbottò Starscream. «Ma cosa vuoi che cambi? I miei piani non funzionano mai!»

«Questo non è vero, semmai il merito non ti viene sempre riconosciuto.»

«Per te è facile parlare! Tu sei Firestorm, non sbagli mai, sei perfetta!»

«Sono tante cose, ma di certo non perfetta» replicò pacatamente Firestorm.

«Tsk, ma chi vuoi prendere in giro? Megatron ti ha tenuta vicino a sé per tutto questo tempo non certo perché glielo hai chiesto e sicuramente non perché hai aperto le gambe per lui!»

«Sei tu lo stratega, il Comandante dei Cieli e attuale Lord dei Decepticon, non io.»

«Ma potresti esserla. Non sono stupido, so che nascondi più di quel che lasci trasparire. Potresti avere molto di più.»

«Ma non lo voglio» ammise massaggiandogli le ali, sentendolo rilassarsi sotto il suo tocco. «Lo sai che ho poche pretese.»

«E che mi dici di Megatron?» ribatté Starscream voltando il capo quanto bastava per guardarla. «Ti ricordo che c’ero quando Cliffjumper è stato rianimato, so che quello che Megatron ha fatto ti
disgusta. Lui ti disgusta.» Riposizionò la testa sulle braccia, pensieroso. «Solo che non capisco perché ti ostini a fingere il contrario.»

«Mai sentito dire “fare buon viso a cattivo gioco”? I benefici sono maggiori che mostrarsi apertamente ostili nei suoi confronti.»

«Almeno io sono onesto!»

«E con un pozzo di metallo fuso col tuo nome inciso sopra.»

«Se è il prezzo da pagare per ottenere ciò che voglio, ben venga.»

Firestorm sospirò. «Ti farai ammazzare. Non riuscirò a coprirti le spalle sempre.»

«E allora non farlo!» sbraitò il mech.

Firestorm fermò il suo lavoro, afferrò la spalla del seeker ancora disteso e lo girò, ottenendo un gridolino sorpreso dal mech. «Ascoltami bene Starscream: qualsiasi pensiero stupido ti stia annebbiando il processore in questo momento tu sai bene che hai bisogno di me, che vuoi il mio aiuto, anche se sei troppo orgoglioso per ammetterlo.»

«Se davvero volessi aiutarmi a quest’ora Megatron sarebbe solo un lontano ricordo!» ribatté quello strattonandosi dalla sua presa.

«Se anche riuscissi a ucciderlo finiresti comunque ammazzato o da Soundwave o da Lugnut o da Tarn o da chiunque altro gli è fedele. Fattene una ragione: non puoi farcela.»

«Questo lo dici tu! Ho passato i peggiori anni della mia esistenza a cercare di prendermi ciò che è mio di diritto e sono stato vicinissimo alla vittoria un’infinità di volte! Ora Megatron è alla mia mercé più che mai e degli Autobot non resta che una manciata di nullità, ormai nulla può separarmi dal trono!»

«È già capitato che ti mancasse poco per sopraffare Megatron e tutte le volte quando eri più vicino a farcela i tuoi schemi ti si sono ritorti contro» puntualizzò Firestorm.

«Visto che sei in vena di precisare quando sbaglio, perché non mi dici anche che cosa sbaglio? A quest’ora dovrei già essere il leader da un pezzo!»

Solitamente a questo punto cercherebbe di volgere l’argomento verso altro, perché discutere con Starscream dei suoi complotti e di come migliorarli non rientrava tra i suoi obiettivi, ma Firestorm era stanca di vederlo entrare e uscire dall’infermeria per mano di Megatron e per sua stessa mano. Con il suo complottare si tirava la zappa sui piedi, uno spettacolo angosciante che era stufa vedersi ripetere.

«Il tuo problema è che non ti adatti. Ogni volta che vieni punito non cambi condotta, non cambi il tuo modo di pensare ma ritorni sui tuoi passi e li ripercorri. Questo ti condanna. Sei testardo, lo capisco, ma devi accettare che non puoi fare diversamente.»

«E arrendermi? Non se ne parla! Io voglio far valere le mie idee, sono assai migliori di quelle di Megatron e se solo ne avessi la possibilità glielo farei vedere a tutti!» disse ostinato prendendo a gesticolare.

«Ma non ce l'hai, finché Lord Megatron non te lo permetterà» gli fece notare. «È lui ad avere il controllo.»

«E a te sta bene così?! E smettila di chiamarlo Lord, non mi pare che abbia mai fatto nulla per guadagnarsi quel titolo, anzi se l'è dato da solo!»

«Perché, tu non ti sei autoproclamato Lord quando credevamo che fosse morto?» lo rimbeccò lei.

«Beh, ho solo seguito il protocollo, la catena di comando è quella, io sono il suo diretto successore… ma non è quello il punto! Megatron non si merita niente, niente! Meno di tutto la mia devozione: non fa altro che picchiarmi brutalmente anche quando non me lo merito affatto, solo perché non sa reggere il peso della sconfitta e allora si riversa su di me senza motivo! È un'ingiustizia bella e buona!»

«Ammetto che ha reagito erroneamente diverse volte, punendoti anche quando non centravi nulla» disse la femme «tuttavia, altrettante volte te la sei cercata.» Che cosa le toccava dirle. Te la sei cercata. Nessuno cerca mai di autodistruggersi, specialmente non attirando l'ira di Megatron. Cosa mi tocca dire per farlo ragionare e calmare... mi faccio schifo da sola. «Hai tentato di ucciderlo quante volte ad oggi?»

«Beh...»

«Ti piacerebbe se qualcuno cercasse di uccidere te per sostituirti?»

«Certo che no! Quale miserabile verme oserebbe- oh» le ottiche di Starscream si sgranarono all’inverosimile.

La femme incrociò le braccia guardandolo stoicamente. «Non fare agli altri quelli che non vorresti venisse fatto a te.»

«E questa dove l'hai sentita?» sbuffò Starscream incrociando a sua volta le braccia.

«Non importa la fonte, concentrati piuttosto sul contenuto» lo interruppe bruscamente. «Capisci cosa voglio dirti? Non cacciarti nei guai solo perché-»

«Perché inseguo i miei sogni?»

«La tua risolutezza è ammirabile, ma devo farti un appunto: cosa vuoi esattamente tu, Starscream? E non dire essere a capo dei Decepticon» aggiunse vedendo che l’altro stava già per rispondere. «Cosa aspira la tua scintilla, che cosa brami?» Le sue parole misero un freno al vociare del seeker. Firestorm sperava davvero di riuscire a farlo ragionare, perché non aveva alcuna intenzione di vederlo crollare. Non poteva abbandonarlo a se stesso; lo sentiva sbagliato. «Cosa non vuoi?»

Seguirono diversi minuti di silenzio. Starscream vagò con lo sguardo ovunque tranne che sulla femme, come in cerca della risposta a quella domanda scritta sulla parete o sul lenzuolo arrotolato tra le sue gambe. Che cosa non voleva? Erano tante le cose che non voleva. «Non voglio perdere» disse incerto. «Non contro Megatron. E non voglio che mi faccia del male» ammise stringendo il morbido tessuto fra le mani. Non avrebbe mai osato rivelare informazioni, emozioni così personali a nessuno; ma qui si trattava di Firestorm. Erano entrambi seeker, entrambi costretti a quella vita dalle circostanze, entrambi – anche se non ne era sicuro al cento per cento – a pezzi. Lei lo ascoltava. Lei probabilmente capiva.

E Firestorm capiva veramente. Non le serviva la telepatia come Soundwave per empatizzare con Starscream. «Non tenerti dentro niente, butta tutto fuori, parla. Ti ascolto.»

Starscream accettò l’invito. «Sono stufo di questa vita. Non voglio essere debole. Non voglio sottomettermi» prese un profondo respiro. «Io sono padrone della mia vita, delle mie scelte, o quantomeno dovrei esserlo.»

Firestorm gli posò una mano sulla spalla, sentendo il dolore irradiato dal seeker risuonare nella sua scintilla. «Credimi, ti capisco fin troppo bene. È per questo che devi adattarti e accettare tutto questo, perché purtroppo non hai possibilità di scegliere.»

Starscream chinò il capo, nascondendo le ottiche lucide. «Mi sembra di essere in catene.»

Firestorm abbassò le ottiche. «Lo so.»

Altro silenzio. Questa volta carico di sconforto e amarezza, che li avvolse come rovi.

«Quindi… chino la testa, sto zitto e annuisco? Come un… bravo cagnolino?»

NO! «Sì.»

«Tsk, che stronzata!» non mancò di commentare.

«La vita è una stronzata» rimarcò l’altra col tono di chi la sapeva lunga.

Starscream si abbandonò nuovamente al comodo letto, sfinito. «Eggià.»

Firestorm abbassò le ali. Non le piaceva mentire e manipolare Starscream quando parlavano di quello. La faceva sentire un verme. La sono, si ricordò. Le lasciava l’amaro in bocca, ma cos’altro poteva fare per aiutare il seeker? Di certo non se ne sarebbe lavata le mani, non dopo tutti quei millenni a lavorarci assieme per cercare di tirare fuori il meglio di lui, per resettare ciò che quella lunga ed estenuante guerra aveva seminato in lui, per aiutarlo a far riaffiorare la sua vera essenza. C’era ancora tanto da lavorare, ma lo Starscream di un tempo era vivo dentro la sua scintilla. Gli serviva solo il giusto aiuto. Firestorm non era certa di essere quell’aiuto, ma voleva tentare.

Ma se la guerra non si concludeva al più presto tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani.

Con quel pensiero in mente, le venne da dire l’unica cosa che avrebbe fatto scomparire almeno temporaneamente quel senso di nera angoscia che li assillava. «Andiamo a sbronzarci?»

«Ma sì.»
 
 
 
 
 
* dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 8 della prima stagione “Raggiro”
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Quel giorno Firestorm era di guardia in infermeria. Aveva appena controllato i parametri vitali – quei pochi rimasti – di Megatron e si stava ora apprestando a ripulire la sua armatura dalle incrostazioni e dalla ruggine, già sapendo di dover in seguito applicare un gel protettivo per impedire ulteriori arrugginimenti sulla sua debole forma. Avrebbe di gran lunga preferito lasciarlo arrugginire, ma con Soundwave che controllava spasmodicamente le sue condizioni non poteva permettersi di mostrarsi negligente verso di lui.

Megatron era stato posto nella sala più spaziosa della baia medica, nonché la più lontana dall’ingresso, così da non permettere a nessuno di vedere in che condizioni versasse e cominciassero a girare voci inopportune circa la sua sorte. Firestorm decise che sprecare ulteriore tempo sull’ex gladiatore le avrebbe permesso di non svolgere altri lavori utili alla causa Decepticon per quel dì e soprattutto di sfuggire allo sproloquiare irritante di Starscream, che da qualche tempo si era accentuato. Si diresse nell’ala principale per prendere il lucidatore di Knock Out, abbandonato su di una mensola in attesa del suo proprietario, per usarlo sul quasi defunto Campione. In quel momento entrò un vehicon e si voltò verso di lui.

«Comandante Firestorm! Siete voi di turno?» chiese incerto. Knock Out era il medico primario di bordo e aveva molta più preparazione ed esperienza, ma quasi nessuno lo preferiva alla femme, semplicemente perché il mech narcisista, messe da parte le sue conoscenze, non aveva affatto l’attitudine da medico. Firestorm era di gran lunga più attenta al benessere dei pazienti, sebbene si atteggiasse costantemente con indifferenza. E poi era un bel vedere: se dovevano morire sul tavolo operatorio, meglio farlo dando un’ultima accurata occhiata alla femme.

«Sì. Di che cosa hai bisogno?»

Firestorm fu certa di averlo sentito mormorare «grazie a Primus», ma sorvolò sul dettaglio. «La mia articolazione mi da’ qualche problema da stamattina. Non è che potrebbe darle un’occhiata?» chiese esitante.

«Stenditi, arrivo tra un attimo» disse tornando da Megatron e lasciando il lucidatore nella sua stanza. Knock Out lo avrebbe sicuramente voluto usare quando sarebbe rientrato ed era uno spettacolo piuttosto esilarante vederlo perdere le staffe perché non trovava più l’arnese nel posto in cui avrebbe dovuto essere.

Ritornata nell’altra stanza, afferrò un datapad e lo accese. «Nome?»

«ME-427.»

Trascritto il nome lasciò il file aperto e si avvicinò per studiare meglio la ferita, toccando, spostando coperture e circuiti quanto bastava per osservare meglio la giuntura – stabilizzatore sinistro, articolazione centrale – e fare una diagnosi. «Hai della ruggine nei circuiti. Il danno non è esteso, gratterò via quanto più possibile e il resto del lavoro lo farà il gel antiruggine in una settimana di trattamento» annunciò con tono professionale.

Si mise subito al lavoro, pulendo i circuiti interni del vehicon con uno scalpello, un panno e un piccolo aspiratore per evitare che i frammenti si accumulassero sul sito. Fu precisa e rapida. Da parte sua, il vehicon evitò il più possibile di muoversi, e non fu difficile dato che la femme sapeva come evitare i cavi più sensibili e maneggiare con il sistema idraulico senza danneggiarlo minimamente ed evitando così di causargli dolore, eccezione per qualche minuscolo fastidio ogni tanto. Firestorm era un bravo medico ed era grato di essere sotto le sue cure. Knock Out parlava in continuazione di sé quando riparava qualcuno, al punto da desiderare di essere messo in stasi piuttosto che sentirlo vaneggiare. Un vero strazio.

Una volta finito Firestorm applicò il gel e istruì il soldato di applicarlo la mattina appena svegliato e la sera prima di coricarsi per sette giorni, dopodiché avrebbe dovuto sottoporsi a un check-up per controllare la guarigione. Dimesso il suo paziente, Firestorm si apprestò a compilare la sua cartella clinica appuntando diagnosi e terapia per poi tornare da Megatron.

Certo che è messo male, pensò ripetendo a mente i risultati degli esami. Ma se l’è meritato.

Si fece quasi sfuggire un sorriso sadico. Soffri come hai fatto soffrire Cybertron.

Era assai tentata dall’iniettargli qualcosa per incrementare il dolore ma purtroppo, sbuffò internamente, non poteva rischiare di aggravare la sua situazione perché gli serviva vivo. E che diamine però!

Quando finì di lucidare Megatron e dopo aver nascosto da qualche parte il lucidatore dell’Aston Martin si diresse al vano ristoro, dove sapeva gli altri ufficiali erano riuniti insieme. Arrivata non fu sorpresa dell’assenza di Soundwave, dato che si riforniva sempre in privato assieme a Laserbeak. Al solito tavolo dove si sedevano c’erano Breakdown, Starscream e Knock Out intenti a chiacchierare e mangiare dei biscotti cucinati dall’ex demolitore. Notò che anche su atri tavoli erano disposti vassoi parzialmente vuoti e vehicon intenti a gustarseli tra una chiacchiera e l’altra.

Firestorm si avvicinò silenziosamente alle spalle del seeker, osservando come quello muovesse freneticamente la mano che reggeva un biscotto a destra e a sinistra nel mezzo di uno dei suoi raptus di lamentele e non le sfuggirono le occhiate annoiate e infastidite degli altri due mech. Ancora innotata dal Vosiano, allungò un braccio e gli strappò di mano il biscotto, ficcandoglielo senza troppa gentilezza in bocca.

«Grazie!» esultò il medico. «Credevo non avrebbe più smesso di parlare.»

Si sedette accanto al SIC e prese un biscotto per sé dal vassoio in mezzo al tavolo.

«Sei stata in infermeria tutto questo tempo?» domandò Breakdown.

«Sì.»

«E Megatron? Novità su di lui?»

«No.»

«Ma a chi importa?» proruppe Starscream ingoiando. «Non è che si rimetterà tanto presto, tanto vale dimenticarlo completamente!»

«Starscream?»

«Sì?»

«Sta zitto.»

«Comunque» intervenne Knock Out prima che Starscream potesse esplodere, «bello l’aggiornamento al tuo diadema! Quei ghirigori sono un incanto, anche se io avrei aggiunto qualche gemma qua e là per farlo brillare.»

«Come una corona?»

«Esatto! Le starebbe un amore, non trovi Breaky?»

«Non credo che aggiungerò altro. Ho apportato queste modifiche per noia.»

«Che perdita di tempo.»

«Sempre meglio che pianificare continuamente un assassinio» replicò la femme afferrando un altro dolcetto.

«Sempre meglio che…»

«Qualcuno vuole un altro biscotto?» proruppe Breakdown prima che potesse scoppiare l’ennesimo battibecco tra i due seeker, che tra l’altro era sempre la femme a vincere con la sua logica, sentendosi sollevato quando Firestorm spostò subito la su attenzione sui manicaretti ignorando le proteste del SIC.

«Mmh, ehi Firestorm, hai saputo dell’ultimo gossip?»

«Credo di no.»

«Beh» Knock Out masticò in fretta l’ultimo boccone contento di essere la fonte di informazione della femme. «A quanto pare fra di noi c’è un artista.»

Firestorm sollevò le ottiche su di lui. «Spiegati.»

«Stamattina ho sentito alcuni vehicon blaterare di un qualcosa di strano al piano di sotto, in uno dei corridoi più in fondo, sai, quelli meno percorsi, così sono sceso a dare un’occhiata e ho trovato un murale gigantesco di Megatron, ed era pure ben fatto!»

«Vuoi dire che qualcuno gli ha dedicato un dipinto?!» schiamazzò sconvolto Starscream.

«Proprio così. Geloso?»

«Pff, semmai il contrario! Significa che le truppe comprendono che ormai Megatron non ha più speranze e questo è solo un pacchiano tentativo per rendere omaggio alla sua memoria» ribatté sbattendo le ali frustrato.

«Lo idolatrano» commentò la femme. «È il leader, non ci vedo niente di strano.»

«Niente di strano? Spero tu stia scherzando! A nessuno è mai passato per il processore di imbrattare una sola superficie di questa nave, anche se devo dire che è proprio un bel dipinto, ma chiunque sia stato deve essere un pazzo. Appena Megatron lo verrà a sapere probabilmente strapperà la scintilla dal petto di quello sciagurato» dichiarò Breakdown.

«Oppure lo ricoprirà di elogi e lo incaricherà di immortalarlo in un dipinto più grande, più bello e più appariscente, se è un buon vedere come dite» ribatté pacatamente Firestorm. Il suo ego sarà ancora più grande una volta risvegliatosi. «Magari più tardi passerò a dargli un’occhiata» aggiunse vaga. Sperando che per allora Starscream lo avrà imbrattato, pensò sopprimendo un sorriso. Non voleva che si cacciasse nei guai, ma diamine, certe volte aveva delle trovate tanto stupide quanto esilaranti! Magari gli aggiungerà un paio di baffi… Voltandosi di colpo finse un colpo di tosse per non mostrare il sorriso che le era spuntato.

«Tutto bene?»

«Ho masticato troppo poco e mi è andato di traverso un pezzetto» si giustificò tossendo credibilmente. «Comunque non l’ho solo adornato» riprese cambiando argomento «ma ho aggiunto un visore retrattile e un paio di programmi che mi torneranno utili.»

«Metallico o a energia?»

«Energia. Sto ancora lavorandoci su per aggiustare il colore» rispose al dottore.

«Come lo vorresti? Azzurro standard? Ti assicuro che stonerebbe!»

«Potresti farlo rosso, già che è il tuo colore primario. Dorato sarebbe troppo… troppo.»

«Nah, poi ci sarebbe troppo rosso e, nessuna offesa ovviamente, ma a differenza mia il rosso non è l’unico tuo colore Comandante, perciò opterei per…»

«Scuro come la tua protoforma» intervenne Starscream. «Così l’effetto visivo nel complesso rimarrebbe lo stesso.»

«È quello che pensavo anche io» ammise Firestorm. «Se non funziona, cambierò lo schermo con un altro tipo di maschera» disse scrollando le spalle. Afferrando una manciata di biscotti si alzò e si separò dal gruppo, ringraziando Breakdown per i dolci.

Camminando ne addentò uno distrattamente. Breakdown aveva indubbiamente talento nel cucinare e assaporare il dolce gustandoselo lentamente la mandava in visibilio. Chissà cos’altro sapeva cucinare. Magari poteva condividere con lui alcune delle sue vecchie ricette…

Abbassò gli occhi, mordendo nuovamente il dolce. Si allontanò in fretta lungo il corridoio, ritirandosi nelle sue stanze.

Pensare al passato faceva male. La intristiva. La faceva infuriare. La deprimeva e finiva sempre per mettere su un broncio. Cucinare era stata una delle prime attività in cui si era lanciata. Si era divertita un mondo, era una scienziata in cucina quando suo padre lo era nel suo laboratorio, lui a maneggiare con provette e acidi e lei con minerali, energon e alcool per creare nuove composizioni ogni giorno. Erano giorni lontani che conservava nella sua scintilla. Nonostante tutto, la sua infanzia era stata bella.

Peccato aver dovuto scambiare l’euforia della creazione per il delirio della distruzione.

Quel pensiero le strappò un sospiro intriso di melanconia.

Per quanto fossero stati belli quei tempi, non era il caso di riviverli. Non sarebbero mai tornati e in cuor suo Firestorm sapeva che era meglio così. Ciò nondimeno, il dolore era allucinante.

La giornata passò, per una volta, veloce come un battito di ciglia, o almeno la sensazione per lei fu quella. Non sapeva quando, ma a un certo punto Starscream, Knock Out e Breakdown erano usciti per… non si era curata di ascoltarli, ma non aveva dubbi che fosse per combattere contro gli Autobot. Un po’ le dispiaceva che non l’avessero coinvolta, aveva proprio voglia di scaricare un po’ di tensione, ma scrollò le spalle e lasciò perdere. Se avessero perso lo scontro, la volta prossima si sarebbero degnati di chiamarla all’azione; se avessero vinto – molto, molto improbabile – si sarebbe sorbita il delirio di onnipotenza di Starscream una volta tornato e il suo buon umore le avrebbe garantito carta bianca per alcuni giorni. Ci avrebbe guadagnato in entrambi i casi.

Bighellonando nei suoi alloggi per tutto il giorno i suoi pensieri sviarono inevitabilmente su Megatron. Ancora non le era chiaro come avrebbe dovuto agire e girarci intorno per guadagnare tempo era solo rimandare l’inevitabile. Cosa doveva fare? Ucciderlo? Lasciare a Starscream il lavoro sporco? Ammutinarsi? Trovare il modo per riviverlo?

Mi sarebbe più utile da vivo, dunque dovrei concentrarmi per capire come rimetterlo in sesto, ragionò stendendosi sul letto e abbracciando un cuscino. L’energon oscuro è stato capace di resuscitare quell’Autobot, ma era completamente andato, inoltre diventerebbe una belva incontrollabile e tanto varrebbe ucciderlo. Però l’idiota se lo è iniettato, non è che impazzirà ugualmente? Forse è meglio ripulirlo dalla sostanza… Meglio sentire Soundwave.

Trovò il TIC alla sua solita postazione intento a digitare sulla console, Laserbeak appollaiato su di una spalla. Ad annunciare la sua presenza fu lo scorrere della porta, che spinse il mech a fermarsi per voltarsi verso di lei. Avvicinandosi a lui osservò il suo riflesso nel visore dell’altro ingrandirsi fin quando non fu a pochi metri da lui.

«Soundwave» lo salutò con un breve cenno del capo «avrei bisogno di consultarmi con te per quanto riguarda la salute di Lord Megatron.»

Questo attirò immediatamente la sua completa attenzione. «In cosa posso assisterti?»

«Riguarda l’energon oscuro che il nostro signore si è iniettato. La sostanza, abbiamo appurato, è capace di rivivere i morti rendendoli mostri senza coscienza e senza controllo. Lord Megatron al momento è vivo, ma temo gli effetti che il sangue dell’Unicron potrebbe avere sul suo corpo incosciente.»

«Hai già qualcosa in mente?» le chiese la voce di Knock Out.

«Dovrò consultarmi anche con Knock Out a riguardo, ma ritengo che l’opzione più saggia sia depurarlo dalla sostanza estranea completamente. In questo modo, quando si risveglierà avremo un’alta percentuale di probabilità di assenza di ripercussioni» terminò Firestorm. «Tu cosa ne pensi?»

Soundwave non rispose subito, soppesando le possibilità nella sua mente. La salute di Megatron era tutto per lui, non poteva rischiare di danneggiarlo in alcun modo. Mentre Soundwave rifletteva sul problema sollevato dalla femme, questa non poté non domandarsi cosa ne pensasse nel profondo il TIC di tutta quella situazione. Come si sentiva Soundwave?

Firestorm non era un’egoista; si preoccupava per gli altri, fino a una certa estensione e fino a certi soggetti, ma l’unico vero fine era la sua sopravvivenza. Ciononostante le si strinse la scintilla per il mech di fronte a lei. Soundwave conosceva Megatron da sempre, era il suo più vecchio e forse unico amico. Ma si trattava pur sempre di Megatron: se l’era meritato. Ma Soundwave? Lui aveva davvero colpe?

Nessuno dovrebbe mai soffrire, si disse guardandolo. Ma non è un mio problema.

Soundwave avrebbe potuto starle a frugare nella testa in quello stesso momento, ma la possibilità era più che remota: primo perché la mente di Firestorm era quasi completamente impenetrabile grazie ad anni di allenamento e a una ferrea volontà; secondo, usare la telepatia troppo a lungo gli causava mal di testa, perciò si limitava a usarla solo lo stretto indispensabile; terzo, non aveva un reale motivo di farlo. Era una leale servitrice di Megatron, non aveva motivo di leggere i suoi pensieri; si poteva dire che Firestorm avesse il suo rispetto.

«Quello che dici è… logico» proferì dopo un paio di minuti.

Ah, da quanto non usava una delle registrazioni di Shockwave. «Bene. Al suo rientro mi confronterò con Knock Out circa la procedura e poi conferiremo con te e Starscream per informarvi sui dettagli dell’operazione» dichiarò soddisfatta.

Si voltò e fece per andarsene. Adesso aveva una preoccupazione in meno, e se era abbastanza fortunata – e se pure Megatron lo era – ripulirlo dal veleno avrebbe favorito la sua guarigione.

Laserbeak cinguettò. Firestorm si girò e raggiunse Soundwave, conscia che il simbionte l’aveva richiamata per lui. «Cosa c’è Soundwave?»

Il mech premette alcuni pulsanti e sullo schermo apparve un’icona.

«Un segnale? Riesci a identificarlo?»

Soundwave negò con la testa.

«Sai almeno se appartiene a uno di noi o degli Autobot?»

Negò di nuovo.

«Bizzarro» le sfuggì osservando l’impronta energetica di una navicella superare Saturno.

A Soundwave bastarono pochi altri secondi per ottenere una scansione della misteriosa nave riscontrando la firma vitale di due cybertroniani mentre scorreva il database della Nemesis in cerca del nome del vascello senza però ottenere risultati, ma in compenso riuscì a stabilire un contatto con esso.

Una finestra video si aprì e Firestorm – Soundwave non avrebbe aperto bocca – annunciò: «Nave sconosciuta, qui vascello Decepticon Nemesis. Sappiamo della presenza di due cybertroniani a bordo, rendete noto nome, fazione e proposito del transito nel settore.»

Subito non accadde nulla, la comunicazione rimase unidirezionale così come il riscontro video. Poi comparve l’immagine della cabina di pilotaggio del mezzo e un viso raggiante fece capolino nell’inquadratura.

«Oh che bello rivederti Firestorm! Uuh, e chi è lo splendore accanto a te, il tuo sparkmate per caso?»

Firestorm sentì l’energon nelle vene congelarsi.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


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Laserbeak cinguettò. Firestorm si girò e raggiunse Soundwave, conscia che il simbionte l’aveva richiamata per lui. «Cosa c’è Soundwave?»

Il mech premette alcuni pulsanti e sullo schermo apparve un’icona.

«Un segnale? Riesci a identificarlo?»

Soundwave negò con la testa.

«Sai almeno se appartiene a uno dei nostri o degli Autobot?»

Negò di nuovo.

«Bizzarro» le sfuggì osservando l’impronta energetica di una navicella superare Saturno.

A Soundwave bastarono pochi altri secondi per ottenere una scansione della misteriosa nave riscontrando la firma vitale di due cybertroniani mentre scorreva il database della Nemesis in cerca
del nome del vascello senza però ottenere risultati, ma in compenso riuscì a stabilire un contatto con esso.


Una finestra video si aprì e Firestorm – Soundwave non avrebbe aperto bocca – annunciò: «Nave sconosciuta, qui vascello Decepticon Nemesis. Sappiamo della presenza di due cybertroniani a bordo, rendete noto nome, fazione e proposito del transito nel settore.»

Subito non accadde nulla, la comunicazione rimase unidirezionale così come il riscontro video. Poi comparve l’immagine della cabina di pilotaggio del mezzo e un viso raggiante fece capolino nell’inquadratura.

«Oh che bello rivederti Firestorm! Uuh, e chi è lo splendore accanto a te, il tuo sparkmate per caso?»

Firestorm sentì l’energon nelle vene congelarsi.

 
*******

 
Le stava salendo la nausea. E una certa voglia di sguainare la spada e decapitare teste.

Senza dire una sola parola, Firestorm si voltò e uscì con passo spedito dalla stanza. Soundwave la seguì con lo sguardo, perplesso e – segretamente – preoccupato. Le emozioni che erano fluttuate nel suo campo EM prima che lo ritraesse… soppresse un brivido. Soundwave era sicuro che in tutti quei millenni la femme non avesse mai provato simili emozioni, o almeno non apertamente. C’era rancore; c’era disgusto, e anche un sottile senso di vulnerabilità; ma soprattutto, aveva percepito un indescrivibile odio. Sentimenti che leggeva ogni giorno nel campo EM di un altro.

Erano millenni che non si permetteva di leggere la mente della seeker, non era necessario, era fedele al suo amico; tuttavia la curiosità che quella situazione gli faceva provare lo stavano tentando a rintracciare la femme e a scoprirne i segreti. Ciononostante, non lo fece. Non avrebbe usato la sua abilità su Firestorm. Forse più tardi sarebbe andato a parlarle, ma prima, c’erano dei turisti di cui doveva occuparsi.

Inquieto, si voltò verso lo schermo. I due seeker dall’altro lato apparivano sorpresi dalla reazione della Decepticon, ma Soundwave aveva eoni di esperienza alle spalle in manipolazione: erano bravi, ma non potevano ingannare il suo intuito.

«In cosa posso assisterti?» riprodusse il TIC.

«Oh cielo, che imbarazzo! È sempre stata una così ben educata ragazza da giovane, non mi sarei mai aspettata un simile comportamento da parte sua!» Era stata la femme a parlare. La sua corazza era un insieme di cromature dorate e cerulee distese sulla sua pallida protoforma.

Accanto a lei, il suo compagno fece una smorfia. «Con la compagnia che frequenta, che ti aspettavi? È diventata una delinquente!»

«Sono sicura che è solo un malinteso, non sarebbe la prima volta che inizia la giornata di cattivo umore… e poi l’abbiamo senz’altro sorpresa venendo a trovarla, e forse anche imbarazzata… mi dispiace se abbiamo interrotto il vostro momento, e poi è sempre stata tanto timida…»

Soundwave era seccato. Il blaterare di quella femme gli stava dando sui circuiti, e aveva a che fare con Starscream da eoni. Perché pochi minuti in presenza di questa sconosciuta lo stavano irritando tanto?

«… per non parlare del fatto che l’Airlord di Vos è qui anche lui! Che disgrazia, la nostra razza ridotta a così meri numeri…»

«Che disgrazia? Sono loro le disgrazie! Che direbbero i nostri padri se vedessero come si sono ridotti, a servire schiavi e minatori!»

A quelle parole Soundwave si sentì incendiare. NOI NON SIAMO PIÙ I VOSTRI SCHIAVI!

Non ci pensò due volte. Attivò i cannoni esterni e fece fuoco. In pochi colpi, l’astronave dei due schiavisti precipitò avvolta da una nube scura e da sprizzi di fuoco. Sfortunatamente, le telecamere esterne ripresero la coppia abbandonare la nave ben prima che esplodesse, ma ormai avevano segnato la loro sorte.

Quei seeker, quei nobili, non potevano che essere schiavisti, membri del partito Funzionalista che lo aveva oppresso per millenni assieme a tanti altri, assieme a tutti i suoi minicon, assieme a Megatron. Nobili, mech e femme di ogni dove che li avevano incatenati e costretti a versare energon nelle arene dei gladiatori per il loro divertimento.

Aveva giurato che li avrebbe uccisi tutti, e così aveva dato battaglia assieme a molti altri per far valere i suoi diritti, per riprendersi la sua libertà… ma come le schegge, qualcuno riusciva sempre a scamparla.

Adesso però non c’era più un esercito corrotto pronto a sacrificarsi per loro, oh no… quei funzionalisti erano già morti.
 

 
Firestorm era in subbuglio. L’energon aveva preso a bollirle nei circuiti dalla rabbia, un’impeto d’ira che la stava colmando come non accadeva da millenni. Era l’occasione che aspettava da tempo, che sognava da tempo! Poteva farla pagare a quei Vosiani, avrebbero finalmente sentito la sua furia!

Con una cieca determinazione si precipitò sulla rampa di lancio e si buttò, trasformandosi e volando verso l’obiettivo. Uno scudo già l’avvolgeva e stava caricando a tutta velocità verso la nave nemica; la durezza del suo scudo e la velocità a cui stava accelerando avrebbero assicurato che trapassasse la nave da parte a parte, come in passato aveva fatto per distruggere i vascelli Autobot, con la differenza che nel farlo questa volta avrebbe goduto.

I suoi pensieri si interruppero bruscamente quando vide il trasporto perdere quota ed esplodere prima che lo raggiungesse, e sentì il suo umore declinare, ma, alzando lo sguardo, scoprì che la Nemesis aveva fatto fuoco contro i seeker. Vedendo i due in questione allontanarsi in volo verso terra, Firestorm li seguì, decisa a finire il lavoro.
 

 
«Che branco di pazzi! Che ti avevo detto? Non dovevamo venire!»

«Ma Firestorm…»

«Dimenticala! È una traditrice, si è scavata la fossa da sola» ribatté con disprezzo il mech. La sua bella sparkmate, l’affascinante Starnova, era stata troppo ottimista. Lui sapeva che sarebbe finita così, che Firestorm non li avrebbe lasciati avvicinarsi, ma aveva ceduto alle preghiere dell’altra metà della sua scintilla.

Windburst fu costretto a virare bruscamente a sinistra quando i suoi sensori intercettarono un oggetto in arrivo da dietro, e poco ci mancò che venisse travolto. Davanti a lui ora si ergeva Firestorm, aveva la spada sguainata e stava caricando verso di loro!

«Starnova, va via di qui! A lei ci penso io!»

«Non farle del male!»

«Che cosa?!»

«È pur sempre la nostra bambina, non-»

«Taci tu!» urlò Firestorm accanendosi contro la seeker. Finalmente, sì finalmente poteva fargli provare la sua furia! Creò uno scudo alla sua destra per bloccare Windburst che le si era lanciato contro, anche lui con una spada tra le mani. «Credete davvero che mi fermerò? Finché la vostra scintilla non sarà spenta io vi perseguiterò.»

«Firestorm, ti prego…» supplicò Starnova.

«No! Non hai il diritto di supplicare.»

«Tsk, sei solo una ragazzina viziata. Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te, ti abbiamo cresciuta, dato un tetto sotto cui dormire, tutto ciò che desideravi!» derise Windburst.

«Bugie, tutte bugie! Voi non avete fatto un bel niente per me! Mi avete solo usata!»

«Abbiamo fatto ciò che credevamo giusto, non volevamo farti del male, solo proteggerti!»

«Bugiarda» la accusò nuovamente Firestorm. «Lo avete fatto solo per voi stessi. Per colpa vostra Vos è bruciata» dovette trattenere un singulto. «Non siete altro che schifosi Funzionalisti.»

«Ora basta!» proruppe Windburst. «Non ti permetto di insultarci così! Le nostre azioni avrebbero riportato alla gloria Vos, e con lei l’intera Cybertron – »

«E invece l’hai fatta radere al suolo!» gridò straboccante di collera. «Non meriti altro che la morte!» e si avventò su di lui, su colui che un tempo aveva chiamato sire, per il quale non provava che odio, odio, odio. Le loro lame si scontrarono e una danza letale ebbe inizio nei cieli del pianeta Terra. A ogni incontro delle loro armi riecheggiavano fragori e scintille, seguiti dalle fiamme dei loro propulsori.
 

 
Soundwave li seguiva con lo sguardo, la sua scintilla traballante di molte emozioni differenti. Firestorm era la figlia di quei Funzionalisti, ma era ripugnata da loro, dalle loro azioni… allora non aveva preso parte nell’imprigionamento di milioni come lui, non aveva riso delle sue disgrazie? No, lei non si era mai permessa di farlo. Aveva un’anima troppo gentile. Dunque, cos’era successo?
Conosceva una buona parte delle vicende che avevano portato alla distruzione della città dei seeker, la splendente Vos. Erano davvero quei due seeker i responsabili per la fine della loro stessa capitale?

Firestorm ne sembrava sicura…

E Firestorm ha sempre ragione.
 

 
Dalla rampa di lancio, un altro stava osservando lo scontro col fiato mozzato. Vedere Firestorm combattere, così fluida nei suoi movimenti, così selvaggia in ogni attacco, era sempre da mozzare il fiato. Ma non era quello il motivo. Lui era il successore di suo padre, lui era il nuovo Airlord del niente, perché era salito al trono quando ormai la città non era che un cumulo di macerie. E se quel che Firestorm diceva era vero, i responsabili erano proprio lì…

Tornò a focalizzarsi sullo scontro. Non c’era amore perso tra Firestorm e lo straniero. Erano entrambi pronti a combattere fino all’ultima goccia di energon. Le loro velocità si rivaleggiavano a vicenda. Il mech era più robusto, simile a Skyquake, mentre Firestorm era più agile e aveva una forza non comune per una della sua stazza; la differenza in dimensioni non sembrava essere un problema per la femme, la quale sembrava in vantaggio. Dove lei mostrava solo poche ammaccature e graffi superficiali, Windburst stava perdendo energon a palate.

Stava tremando dalla rabbia, e una smorfia gli squarciò il viso. La sua amata città era caduta per colpa dei suoi stessi sudditi? E per tutto questo tempo Firestorm lo sapeva e non aveva detto niente a lui, che lo aveva chiamato amico, al suo comandante, al suo re?

«Questo è per Vos» mormorò Starscream lanciando due missili contro il nemico.
 

 
Firestorm sapeva di essere superiore a Windburst, il suo intenso allenamento e gli anni di guerra l’avevano resa più che pronta, ma voleva farlo soffrire, era il suo turno di gridare. «Come ci si sente a essere quello che sanguina?» non poté che chiedergli con un sorriso soddisfatto.

Windburst sputò dell’energon e si ripulì la bocca, oscillando precariamente in aria. Le sue riserve di energon si stavano esaurendo rapidamente, tra le ferite e il mantenere accesi i propulsori costantemente. Doveva portare lo scontro a terra e velocemente. «Perché non lo chiedi ai tuoi amici schia – » un’esplosione e un grido lo interruppero, a cui fece eco un lancinante dolore al petto.

«No!» Guardandosi attorno vide la sua sparkmate precipitare a terra e si lanciò dietro di lei. Tuttavia fu intercettato da Firestorm. Tentò di aggirarla, ma la femme iniziò a placcarlo con tutte le sue forze deviandogli la traiettoria. «Sparisci! Devo salvarla!» implorò infine sopprimendo l’orgoglio.

«No» rispose Firestorm. Lasciò che la sorpassasse e, quando le diede le spalle, con un colpo fulmineo e preciso gli tagliò una delle ali ambrate.

Windburst non sentì il dolore della perdita dell’ala, perché nel petto sentiva la scintilla bruciare e gelare contemporaneamente. Starnova non stava rispondendo ai suoi richiami e nemmeno al comm-link. Era ormai troppo vicina a terra, ancora un paio di chilometri… chiuse le ottiche e pregò che Primus avesse pietà di lei e l’accogliesse come tutti i suoi figli e le sue figlie.

Non seppe quando, ma pian piano si accorse che il vento non gli sferzava più la faccia e che non stava più precipitando in una spirale incontrollata, e che dolcemente i suoi piedi toccarono terra.

«Guardami» ordinò una voce autoritaria, e la freddezza del tono lo fece rabbrividire. Sapendo di non avere vie di fuga aprì le ottiche e guardò la guerriera di fronte a lui. Non era più il burattino di un tempo. Non aveva catene addosso, né alcun legame nei suoi confronti che potessero farla esitare.

«Hai vinto» ammise stremato. La sua Starnova era morta e presto l’avrebbe raggiunta.

«Non ti chiederò di scusarti per tutto il male che hai causato, perché non provi alcun rimorso» dichiarò Firestorm. «Ma starò a vedere mentre la tua scintilla si spegne.»

«Co – ah» si morse la lingua per non gridare dal dolore. Quella bastarda lo aveva violentemente spinto a terra, e ora stava squarciando la sua corazza. Tentò di difendersi, ma era troppo debole. Non poté impedirle di esporre la sua scintilla, e cercò di chiudere le ottiche per non guardarla sopraffarlo, ma anche quello gli fu impedito quando gli forzò le ottiche aperte.

«Guardami mentre muori. Sarò l’ultima cosa che ricorderai prima di trovarti al cospetto di Primus.»
 
 

Morì velocemente. Non aveva davvero sofferto, non quanto meritava. Voleva prolungare lo scontro, magari iniettargli qualche virus tossico, oppure iniettarlo a Starnova e lasciarlo guardare mentre lei impazziva. Ma era già morto, perché Starnova era stata colpita nel mezzo del loro scontro, mentre fuggiva come la codarda che era.

«Dovrei sentirmi in colpa, ma non mi sento di porti le mie condoglianze.»

«Non servono» rispose Firestorm. Intenta com’era a fissare la carcassa di Windburst, non si era accorta dell’arrivo di Starscream. «Stavi ascoltando.»

«Ogni cosa» confermò Starscream, e allora Firestorm lo guardò nelle ottiche. Restò intrappolata così per interi minuti, nessuno dei due sapeva cosa dire. «Tutto questo tempo…» mormorò indeciso.

La avrebbe attaccata? Lei non aveva fatto niente! Aveva cercato di fermarli, li aveva supplicati, e loro la avevano rinchiusa in casa, e allora lei aveva preso a interferire di nascosto –

«Tu lo sapevi! Tutto questo tempo, Vos in fiamme, tu lo hai sempre saputo! Hai sempre saputo chi fossero i criminali che lo avevano fatto e non hai detto niente!»

Oh. È vero. Non l’ho mai detto a nessuno, tranne… «Mi dispiace» offrì sinceramente. «a quel tempo tentai di impedirglielo, ma fu in vano» ammise tristemente. «Non avevo idea dei loro piani, mi avevano completamente esclusa dai loro progetti, feci quel che potei… non sapevo-» dovette distogliere lo sguardo. Prese un profondo respiro. Non è il momento di essere sentimentale, a Starscream servono fatti. «Non sapevo dei loro piani di guerra. Non credo avessero intenzione di distruggere Vos.» E perché mai avrebbero dovuto? Vivevano là, era la loro casa da millenni, da generazioni, come dei seeker prima di loro. «Non ero un soldato, ero solo una stupida e un’ingenua.» Ma non più. Era cresciuta, era cambiata.

Osò incrociare nuovamente le ottiche, e celò il sussulto che le ottiche incandescenti di Starscream le scatenarono. La stava guardando con così tanto… rabbia. Rabbia. Tanta, infinita, profonda rabbia. Questa volta non riuscì a nascondere il sussultò che provò mentre Starscream la massacrava con lo sguardo, e le sue ali tremarono, per poi abbassarle remissiva e fu costretta a distogliere ottiche.

Starscream non disse nulla, non riuscì a leggere il suo campo EM perché ben contenuto quando solitamente era libero e indomito come le sue emozioni. Il seeker prese il volo e si allontanò silenziosamente verso la Nemesis.
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Firestorm lasciò un respiro, ne prese un altro e rilasciò una ventata pesantemente. Si trasformò e prese il volo, allontanandosi dalla Nemesis. Aveva bisogno di stare sola, di riflettere, di processare tutto ciò che era accaduto negli ultimi istanti.

O erano state ore? Quanto tempo era passato? Non ne era sicura.

Devo riflettere. Devo essere razionale. È tutto a posto, ora sono morti. Starscream è arrabbiato con me. No. Va tutto bene. Pensare. Devo pensare. Non è successo niente. Lo posso usare a mio vantaggio. Pensa positivo. Devo pensare devo essere razionale devo calmarmi devo VIRARE-

Firestorm virò bruscamente e la sua ala collise con la parete rocciosa di una montagna. Si ritrasformò e precipitò fra gli alberi.
Sdraiata nel fango, prese una profonda ventata, e poi un’altra e un’altra ancora. La sua ala doleva e si accorse che la punta era sbeccata e piegata. Qualsiasi seeker sarebbe stato piegato in due dal dolore lancinante, ma non lei. Sbuffò contrita.

Quella giornata era iniziata bene ed era finita in disastro. Certo, due delle sue spine nel fianco erano finalmente un tutt’uno con l’Allspark, ma la situazione si era dis-evoluta. Windburst e Starnova morti… non poté trattenere un sorriso, che crebbe in una risata incredula.

«Sono andati. Sono davvero andati» mormorò meravigliata. Si inginocchiò e alzò il volto al cielo, dipinto di rosa e rosso. Prese un respiro. «E possa Primus accogliere le vostre scintille come quelli prima di voi e possa confortarvi e offrirvi la pace nel riposo eterno che vi attende.»

Rimase lì finché non calò la notte e solo le sue ottiche illuminavano il bosco dove si era schiantata. Odiava quei due seeker con tutta la sua scintilla e nel profondo sperava che non trovassero mai la pace perché avevano sparso solo distruzione e dolore, ma credeva che tutti meritassero un’ultima occasione per redimersi, almeno nella morte. Se Firestorm non poteva perdonarli, forse Primus l’avrebbe fatto al posto suo.

Finalmente, dopo ore immersa nel fango, si alzò. Era sporca e stanca.

«Va tutto bene?»

Si voltò di scatto e puntò i blaster contro l’intruso, e subito si arrestò sgranando le ottiche dalla sorpresa.
 
 

Starscream stava rimuginando e camminando in cerchi da ore sul ponte. Soundwave lo guardava silenzioso. Molti nuovi fatti erano venuti alla luce quel giorno e giravano intorno a Vos, Firestorm e quei due stranieri. Chi erano? Perché avevano sconvolto Firestorm in quel modo? Cosa le avevano fatto per farle bramare il loro energon? Non era mai stata una guerriera sanguinaria. Firestorm era analitica, pacata, gentile seppur violenta. Non aveva mai prolungato la vita di qualcuno solo per farlo soffrire, mirava sempre alla scintilla così velocemente che non registrassero il dolore prima di spegnersi. Con Windburst e Starnova era stato diverso. Firestorm aveva chiaramente voluto far loro del male ed era questo a turbare il TIC.

Credevano che fossero sparkmate e si erano rivolti a lei con una famigliarità che Firestorm aveva subito disprezzato. Le avevano fatto qualcosa. Centravano con la caduta di Vos. E poi c’era Starscream, che come lui aveva assistito allo scontro e ascoltato le loro parole e il suo glitch stava inesorabilmente degenerando.
La situazione stava degenerando. Dov’era Lord Megatron quando serviva?
 
 

Breakdown stava sfornando dei biscotti al rame quando sentì i cannoni della Nemesis fare fuoco. Appoggiò con delicatezza il vassoio sul tavolo più vicino e poi corse verso il ponte, dove non fu sorpreso di vedere Soundwave. Rimase però stupito vedendo le riprese delle videocamere esterne.

«È Firestorm quella? E chi sono quei due?»

Soundwave aumentò l’audio e Breakdown si avvicinò per seguire meglio lo scontro che stava avvenendo tra i cieli. Come Soundwave, rimase esterrefatto dal comportamento della femme scarlatta e si lasciò stupire un’esclamazione sorpresa.

«Ma è davvero lei?»

Soundwave, sorprendentemente, annuì.

Vedendo Firestorm uccidere il mech, Breakdown decise di tornare ai suoi dolci. Meglio fare una partita di non raffinato, pensò iniziando a mescolare gli ingredienti. Quando li ebbe infornati, estrasse dal suo compartimento interno una bottiglia datata qualche secolo prima di un particolare rum estratto da una qualche pianta organica del non molto lontano Sienwol VII e miscelato attraverso un lungo processo con energon e metalli vari e poi lasciato fermentare. Gli era costato caro, era una bevanda alquanto pregiata e aspettava solo la giusta occasione per essere aperta.

Meglio usarla per calmare Firestorm, decise saggiamente.
 
 

«Soundwave!» Imbarazzata, Firestorm ritrasse le armi. Si era lasciata cogliere di sorpresa dal TIC. Quel maledetto ha usato la mia voce per riuscirci, pensò con non poca frustrazione.

«Va tutto bene?» ripeté la registrazione.

Firestorm dapprima non rispose. Era ovvio che non stesse bene, non era difficile da intuire. «Starò meglio» promise, a chi non lo sapeva.

Soundwave trattenne un sospiro. Deve sempre essere così… lei!

Sapendo che Starscream non avrebbe fatto che peggiorare, Soundwave aveva concluso che l’unico rimedio era Firestorm, perché solo lei riusciva a calmarlo e in qualche modo a contenerlo. Se non fosse stato per la femme, il SIC sarebbe già morto da tempo, condannato dai suoi stessi folli piani. Per qualche motivo che non riusciva ancora a spiegarsi, i due seeker avevano legato. Non era sicuro di quale fosse l’entità del loro rapporto, ma sapeva che la femme era l’unica in grado di avvicinarsi a Starscream e a farlo tornare in sé.

Le mostrò il video che aveva fatto del SIC poco prima. Firestorm lo guardò con le sopracciglia aggrottate. «Da quanto va avanti così?» domandò atona, ma il suo tono non poteva nascondere che fosse preoccupata.

Soundwave ingrandì due orari sul suo visore e Firestorm drizzò le spalle. «Portami da lui.»

E perché era sempre così che Soundwave sapeva che sarebbe intervenuta, perché dopotutto Firestorm non sarebbe mai cambiata.

Starscream non era più sul ponte quando rientrarono sulla Nemesis, e una veloce ispezione confermò che non fosse più a bordo.

Firestorm era tesa. Mai come allora desiderò indossare un visore come Soundwave per nascondersi. Non si sentiva di festeggiare per la morte dei suoi defunti caregiver, perché le sue azioni avevano spezzato il rapporto col SIC. In tutto l'esercito Decepticon, Starscream era l'unico con cui aveva stretto un legame onesto. Sentiva sempre di doversi nascondere da Knock Out, da Soundwave, da Megatron, ma il seeker si sarebbe allontanato davanti ai suoi sotterfugi e aveva iniziato ad aprirsi. Non conosceva la sua storia, ma la conosceva come persona; Firestorm non aveva lasciato avvicinare nessun altro.

In quell'angolo di universo, aveva solo Starscream. Le sembrò che la scintilla le stesse per scoppiare e le venne da piangere. Sussultò quando un tocco leggero come una piuma le sfiorò l’ala sana. «Soundwave?» sussurrò e pregò che non suonasse patetica come si sentiva.

«Adesso prendi un bel respiro» istruì il Knock Out della registrazione e la femme seguì i comandi del mech che si era avvicinato per carezzarle dolcemente le ali. Un respiro tremulo le scappò dalle labbra e abbassò le ali atterrita, lasciandosi cullare dalle premure di Soundwave.

Non seppe quanto tempo restò vulnerabile davanti al silenzioso mech, ma non poté che essere commossa dal suo gesto. Non ricordava l’ultima volta che qualcuno l’avesse consolata e il pensiero le strappò il fiato. «Grazie» disse sinceramente.

Soundwave annuì. Dopo essersi accertato che stesse meglio, indietreggiò per restituire alla femme il suo spazio. Non dubitava che Firestorm portasse ancora un peso sulla scintilla, ma almeno adesso aveva la mente lucida e pronta per reagire anziché crollare. Assicurandosi che lo stesse guardando fece comparire un punto interrogativo sul suo visore assieme a una foto dei due seeker deceduti quel giorno. Vide il volto di Firestorm perdere colore e fece per avvicinarsi per calmarla ulteriormente, ma la seeker rispose con voce spezzata: «È complicato.»

Soundwave dimostrò la sua confusione attraverso il suo visore, come sempre.

Faticò a trovare le parole, ma perdendo Starscream aveva compreso quanto sola fosse realmente. Non aveva amici, solo conoscenze. Nessuno con cui confidarsi. Era abbandonata a sé ed era stata la sua decisione di non avvicinarsi a nessuno a renderla vulnerabile. Era sola ed era una sensazione orribile. Perciò si fece coraggio e cercò di parlare, incespicando a suo malgrado nelle parole.

«È complicato» ripeté e si bagnò le labbra con la lingua. «Loro… Starnova e Windburst… non sono i miei creatori» conscia di avere la completa attenzione di Soundwave crebbe incerta, ma sapeva che se si fosse fermata non ci sarebbe più riuscita. Prese un profondo respiro. Ora o mai più. «Quegli infidi bastardi mi hanno rapita. Loro… io non ricordavo nulla per colpa loro, nulla, il vuoto totale se non degli echi nella mente che mi confondevano e loro facevano i vaghi! Mi trattavano come un’invalida, ero così confusa, ogni giorno mi sentivo fuori posto, io non…» singhiozzò stringendosi nelle braccia. «Sapevano dei miei poteri. Non so come, ma sapevano. Volevano un’arma e ci stavano riuscendo, ma quelle voci nella testa era insistenti. E così pian piano ho ricordato ogni singola cosa – oh, e quanto era stata furiosa quando accadde – ma stavano complottando per attaccare il Senato e ho provato a fermarli ma non ce l’ho fatta e poi Vos era in fiamme –» si interruppe bruscamente sentendo delle braccia stringerla forte.

«Oh» esclamò realizzando che Soundwave la stava abbracciando.

«Tu non sei sola.»

Firestorm non registrò immediatamente quella voce roca e sconosciuta e le si mozzò il fiato quando comprese che Soundwave non aveva usato una registrazione per esprimersi. Commossa e stremata ricambiò l’abbraccio, lasciando infine scendere le lacrime che aveva trattenuto per secoli.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Dopo quello sfogo, Firestorm si rintanò nelle sue stanze.

Quello è stato decisamente qualcosa, pensò mentre osservava il soffitto e mentre decisamente non si nascondeva dal mondo.

Mai nella sua carriera come Decepticon si era lasciata andare emotivamente come pochi istanti fa ed era sconvolgente. Chiuse le ottiche e prese a decidere se si sentisse più leggera o se invece fosse meglio sotterrarsi dalla vergogna. Si era aperta a Soundwave, tra tutti. Gli aveva raccontato una parte del suo passato. Era così assurdo, così illogico!

Però…

Quell’abbraccio non era stato male, ammise stringendo a sé il cuscino, ma non aveva lo stesso calore trasmessole dalle braccia del TIC. Si era sentita bene a sfogarsi. Era stato pesante, difficile e davvero umiliante; per non dire che mentre parlava si sentiva morire.

Non sembrava un’attività salutare e non era stato assolutamente piacevole.

Ma adesso, nuovamente sola e al buio, nel più profondo della sua scintilla sentiva di stare meglio.

Firestorm sospirò e chiuse le ottiche, sperando disperatamente di essere altrove, in un altro tempo, circondata dai suoi cari.

Quando si svegliò erano passate diverse ore. I suoi pensieri erano alquanto caotici e avrebbe voluto farsi un giro per schiarirli, ma si sentiva completamente vulnerabile. Doveva prima ricomporsi e rialzare le ali. Nel suo subconscio una voce sussurrò che sarebbe stato piacevole ricevere un altro abbraccio, ma non aveva quel lusso.

Ponderando le sue possibilità, immaginò che forse comportarsi come se nulla fosse accaduto e riprendere la sua routine la avrebbe distratta abbastanza e fece rotta per l’infermeria. Una volta lì, dove scoprì di essere sola col debilitato Megatron, prese a fare un controllo totale dei suoi sistemi e poi lo lucidò, pensando nel frattempo a quanto il mech fosse una creatura vile e mostruosa che meritava di essere terminata.

Riuscì a far passare il tempo fra un insulto e l’altro, ma si perse così tanto nel suo monologo interiore – dannato Starscream che le aveva passato il vizio! – che per la seconda volta in meno di un giorno si fece prendere alla sprovvista.

«Comandante Firestorm!» la voce di Knock Out era così gagliarda che poteva vomitare.

Voltandosi notò che col medico ci fosse anche Soundwave e distolse immediatamente lo sguardo. «Cosa c’è?»

«Ah, Soundwave qui mi ha informato di alcuni fatti, rilevanti la tua salute, e pensa che tu abbia bisogno di un check-up completo.»

«Ma davvero?»

Sentì Knock Out tossire. «Si, quindi, se venissi a stenderti potrei cominciare…»

Firestorm si voltò e guardò Soundwave. -Non avere paura. Non sei sola.- le inviò il mech vedendola esitare e capì che la sua presenza non era una tattica intimidatoria, ma un supporto morale. O forse voleva impedirle di sgattaiolare fuori da quella situazione.

«Non ho nulla che non va» affermò restando piantata al capezzale di Megatron.

«Lascia che sia io a deciderlo. Sono il medico di bordo dopotutto» disse Knock Out con un sorriso che non la tranquillizzò affatto. «E, prima di cominciare, è bene che precisi che condurrò degli esami profondi e in parte invasivi sui tuoi sistemi – a questo Firestorm aggrottò la fronte – e mi scuso in anticipo, e ti chiedo di non prendertela con me, ma visto il quadro che Soundwave mi ha descritto mi sento in dovere di usare la mia autorità come Capo Medico della Nemesis per sovrascrivere la tua... riluttanza.»

Firestorm lo linciò con lo sguardo. «Vuoi costringermi?»

Knock Out alzò le mani per difendersi, indietreggiando. «Come ho appena spiegato, ho l’autorità per sottoporti a esami anche senza il tuo consenso» soggiunse, conscio che Soundwave non avrebbe lasciato che la femme lo colpisse, e il suo sguardo cadde sul lucidatore che quella stringeva, perché era fin troppo simile a quello che aveva perso la settimana scorsa. «È il mio lucidatore quello?» Firestorm lo fissò nelle ottiche e spezzò in due l’arnese. «No! Che razza di carogna» borbottò e saltò dietro l’altro mech notando che la femme lo stava ancora fissando irritata. Rise nervosamente. «Ehm, ebbene, detti i convenevoli direi che potremmo procedere con l’esame?»

Sbuffando, la seeker camminò verso uno dei tavoli e si stese. Era meglio levarselo velocemente dalle calcagna, perché sapeva che con il TIC lì presente avrebbe insistito parecchio. «No troverai nulla di diverso dalle altre volte.»

«Le altre volte non stavo cercando nulla di particolare e mi sono limitato a curare le ferite visibili» replicò il medico.

«Sto bene, i miei sistemi sono pienamente operativi» la mano che Soundwave poggiò sulla sua spalla la silenziò istantaneamente. Rimasero così per un bel po’, la presenza di Soundwave la teneva ancorata e calma mentre Knock Out si intrufolava nei suoi circuiti e la collegava ai monitor.

«Mmh. Sembra che non ci siano problemi. Detto ciò...» dichiarò il medico prendendo alcuni datapad da una mensola chiusa a chiave, ne scartò alcuni e porse altri a Firestorm. «Quello che resta da esaminare è la tua mente.»

«Come prego?»

Knock Out scambiò un’occhiata con Soundwave. «Beh, mi pare ovvio che fisicamente tu sia in piene forze, tuttavia la tua psiche è sommersa dallo stress, le tue capacità sociali fanno semplicemente schifo e non voglio nemmeno commentare l’incidente tra te e Starscream.» Subito il suo collo fu stretto in una morsa letale e si trovò ad annaspare.

«Hai oltrepassato il limite» sibilò Firestorm furibonda. Ma chi si credeva di essere per farle la ramanzina? Pensava di potersi prendere certe libertà perché avevano condiviso il letto più volte? Si sbagliava di grosso. Con una forza inaudita lo scaraventò contro il muro, felice di avergli provocato delle ammaccature e rovinato la vernice.

Abbandonò velocemente l’infermeria, arrabbiata con i due mech per averla messa all’angolo e aver sottolineato apertamente fatti che non li riguardavano. Interruppe quella corrente di pensiero; lei si era aperta con Soundwave, volontariamente. Ma contava davvero considerato che era sopraffatta dalle sue emozioni?

Non avrei dovuto aprire bocca, pensò tetramente aprendo le porte che aprivano sulla piattaforma di lancio inferiore, ma si bloccò quando vide Starscream, apparentemente appena rientrato.

«Oh, sei tu» disse Starscream con una smorfia.

Firestorm sentì la scintilla stringersi sentendo quanto non fosse ben voluta la sua presenza, quanto odio portassero quelle semplici parole. Decise di non pensarci ulteriormente e si lanciò di sotto.
In quel momento odiò la sua vita.

Vagò senza meta per diverse ore, sfrecciando lentamente fra le nuvole e le onde, finché sorvolando una zona montana i sensori rilevarono presenza di energon proprio sotto di lei. Abbassandosi pian piano di quota il radar captò nuovamente il segnale, che pareva essere in movimento, e lo seguì dall’alto. Trasformandosi momentaneamente, scorse con le ottiche dei familiari veicoli sulla strada.

Non aveva nessuna intenzione di rientrare sulla Nemesis e affrontare i Decepticon, perciò affrontare gli Autobot sembrava un’ottima idea.

-Firestorm a Nemesis. Ho avvistato gli Autobot e li sto seguendo. Richiedo rinforzi- disse concisa nel comm-link.

-Qui ponte di comando. Ricevuto Comandante, una squadriglia è in partenza per le sue coordinate.-

«Perfetto» mormorò quando il ponte terrestre si aprì alle sue spalle e i suoi rinforzi si misero in formazione dietro di lei. Una bella battaglia era quello che le serviva. «Attaccate!»

Firestorm si tenne in disparte e fuori dalla portata dei radar del veicolo umano che stava tallonando gli Autobot. Non voleva essere notata per il momento e lasciò che le truppe colpissero a loro piacimento i ‘bot. Quando li misero all’angolo in una radura prese velocità e colpì il loro ricognitore, facendolo cadere qualche centinaio di metri più in basso.

«I decepticon!»

«Bando ai convenevoli» disse ed estrasse le sue lame gemelle, iniziando uno scontro con Arcee.

«È passato un pezzo dall’ultima volta che ti ho dato una lezione» commentò l’Autobot.

«Peccato che abbia vinto sempre io» replicò e tentò un affondo. Entrambe erano agili e scattanti, con Firestorm che torreggiava sull’altra, ed erano entrambe determinate a vincere.

In quel momento non le importava che le sue truppe stavano perdendo o che il ricognitore avesse scalato il dirupo e si fosse unito alla battaglia, perché l’unica cosa che contava era dar sfogo alla sua rabbia; la povera Arcee stava per essere massacrata.

«Forza Arcee, fagliela vedere a quella Decepticon!»

Conosceva quella voce. «Agente Fowler, quanto tempo.»

«Mi ricordo di te! Hai lasciato che quel verme mi torturasse!»

Un pugnò sprofondo nel suo addome e riuscì a parare il secondo, afferrando il braccio della sua avversaria e storcendolo, costringendola a piegarsi. La colpì in faccia con un calcio scaraventandola contro una roccia.

«Non doveva impicciarsi negli affari di Cybertron» rimbeccò senza entusiasmo.

«Lascialo stare!»

Evitò facilmente l’attacco di Bulkhead e Bumblebee quasi la sfiorò. Tutti i droni erano stati sconfitti e non c’era traccia di Optimus Prime. «Tre contro uno? Adesso sì che è una sfida.»

«Tsk, piccola arrogante.»

Elettrizzata, si preparò a combatterli. Si lanciarono contemporaneamente su di lei, mentre l’umano tifava in sottofondo. Si diede una spinta con i propulsori e mentre era sospesa a mezz’aria colpì con un calcio rotante Arcee, scagliandola contro il colosso e distraendolo. Si avventò poi sul ricognitore e si scambiarono una serie di pugni, ma il giovane Autobot era un novizio paragonato a lei e in poche mosse riuscì ad atterralo. Fece lo sgambetto a Bulkhead, che cadde con un tonfo, e afferrò il piede di Arcee quanto tentò di calciarla in faccia. La fece roteare e la lanciò lontana contro il crinale della vicina montagna.

«Sei rimasto solo tu in piedi. Spero tu mi offra una vera sfida» commentò riponendo le spade.

Bulkhead ritrasformò la palla demolitrice in mano e girarono in tondo, non perdendosi di vista. «Ti colpirò così forte da farti vedere le stelle.»

«Lo vedremo.»

Partirono insieme. Bulkhead era più grosso di lei, ma Firestorm si era allenata con Megatron, che era ancora più grosso e pure un ex-gladiatore.

Formò degli scudi attorno ai pugni, schivò un colpo e colpì il muso del ‘bot. Sfruttò la sua superiore velocità per batterlo, evitando ogni suo colpo e stando attenta che i suoi compagni non comparissero per prenderla alle spalle, finché con un pugno ben assestato riuscì a stordirlo abbastanza da fargli venire le vertigini. Avendolo avvicinato al dirupo, un colpo di blaster al terreno sotto di lui lo fece franare di sotto, sommergendolo di detriti.

«Ho vinto» mormorò con un sorrisetto soddisfatto. Si sgranchì, piacevolmente indolenzita dallo scontro. Si sentiva un po’ meglio.

«Come… come diamine hai fatto?» strepitò l’umano.

«Anni di esperienza» rispose con indifferenza.

«E li sprechi al servizio dei Decepticon?»

«Non sono affari suoi.»

«Lo sai, non sei così cattiva. Potresti cambiare squadra. Li hai battuti, ma non hai dato a nessuno il colpo di grazia. Sono tutti vivi, mentre i tuoi…»

«Sono una Decepticon, agente Fowler. Farebbe meglio a ricordarselo» proferì minacciosa.

«Allora sparami!» gridò quello. «Su, che aspetti? Sono solo un insignificante moscerino per te, no? Fammi fuori! Dimostrami che mi sbaglio!»

Sapeva che la stava provocando solo per distrarla, per salvarsi la pelle, ma la stava irritando. «Come vuoi» disse afferrandolo e avvicinandosi al dirupo.

«Cosa? No aspetta, non farlo!»

Lo lasciò cadere nel vuoto.

Si sporse e non si scompose quando vide Optimus Prime con l’umano sicuro tra le sue mani che la guardava corrucciato.

«Arrivederci, Autobot.»

Si allontanò, vagando nuovamente senza meta.

Se sapeva che l’umano sarebbe stato salvo, restò un segreto solo per lei.
 
 

«Beh, è andata meglio di quel che pensavo» commentò Knock Out massaggiandosi il collo dolorante. Firestorm lo aveva strangolato così forte che temeva gli avrebbe fatto scoppiare dei cavi o addirittura distrutto l’impianto vocale. Si limitò a sospirare sapendo in che stato fosse ridotta la sua vernice; se l’era aspettato e aveva preparato vicino un lucidatore nuovo –  che avrebbe assolutamente nascosto in camera sua, e della vernice.

Soundwave si voltò a guardarlo. Sì, Firestorm aveva lasciato che la esaminasse, ma quando più importava che rimanesse si era infervorata ed era dipartita per chissà dove.

Knock Out studiò i dati che aveva scaricato dalla femme. Non sembrava ci fossero lesioni e la sua scheda madre sembrava pulita. Nessun bug o virus. Nessuna traccia degli abusi che aveva subito. Come aveva fatto a riempire il buco mnemonico che quei due seeker le avevano lasciato? Come aveva recuperato la memoria? A meno che non avessero scaricato i suoi ricordi e tenuti in una console esterna, al sicuro, non si spiegava come avesse fatto. Nella registrazione che Soundwave gli aveva mostrato Firestorm aveva raccontato di echi nella sua mente; i loro processori non funzionavano così, ad eccezione di amnesie indotte da traumi, ma da come lo aveva spiegato sembrava che le avessero proprio cancellato i ricordi.

Non aveva alcun senso.

Un dito entrò nel suo campo visivo, puntato sulle onde cerebrali che stava analizzando. «L’attività del suo processore è ottima. Il suo sistema è pulito, non c’è assolutamente nulla fuori posto, ma se ha recuperato completamente i suoi ricordi come dice allora non vedo di che preoccuparmi. C’è solo una cosa che mi da’ pensiero…» ammise inquieto. «E se avesse usato i suoi poteri per ingannarci? Voglio dire, non conosciamo davvero quali siano i suoi limiti, di cosa sia davvero capace. Tutte le abilità che vengono da Primus sono bizzarre e spesso nemmeno i possessori ne conoscono la vera potenzialità. Insomma, conosciamo a fondo quelle di Skywarp e Tarn, ma Firestorm? È sempre così elusiva! Magari è un meccanismo inconscio, però potrebbe aver generato uno scudo per proteggere non il suo corpo ma i suoi sistemi interni.»

Soundwave piegò il capo.

«Va bene, è un po’ surreale, ma possiamo davvero escludere la possibilità? È la prima volta in eoni che finalmente abbiamo informazioni personali su di lei e guarda che cosa scopriamo: i suoi caretaker hanno causato la distruzione di Vos e per farlo hanno dovuto trasformarla in un’arma.» Knock Out sospirò. «Comprendo la sua reticenza a non parlarne, ma il modo in cui si è isolata è completamente ossessivo e innaturale, specie per i seeker che per CNA sono tra i più socievoli della nostra razza.»

Soundwave annuì. Avevano rispettato il suo silenzio per eoni, ma se ne dipendeva la sua salute allora avrebbe trovato il modo di farla parlare. Firestorm era stata fedele a Megatron senza discussioni e li aveva aiutati anche quando era restia a farlo, al massimo delle sue forze.

Era arrivato il momento che i Decepticon aiutassero lei.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Rientrando sulla Nemesis, Firestorm fu sorpresa di trovare Starscream dove si erano separati.

«Che cosa credevi di fare, ordinando le mie truppe contro gli Autobot?» strepitò il seeker argentato.

Firestorm si paralizzò.

«Allora? Il gatto ti ha mangiato la lingua per caso? Rispondi al tuo signore!» la incalzò furente. «Come hai osato inviare i miei soldati senza il mio permesso? Io sono Lord Starscream, il tuo leader, ogni ordine deve partire esclusivamente da me! Perciò Firestorm» sibilò il suo nome con veleno «cosa stavi pensando mentre ignoravi la corretta linea di comando?»

Le spezzò la scintilla essere trattata con tanta freddezza da Starscream. Tutti quei secoli che gli aveva guardato le spalle non contavano nulla? Tutte le volte che lo aveva subito curato e consolato dopo una delle punizioni di Megatron? Tutte le volte che aveva coperto le tracce di ogni suo folle progetto? Solo perché non gli aveva mai raccontato ciò che sapeva di Vos?

Inaccettabile.

«Sarai anche il mio superiore, ma non ho giurato fedeltà a te.» Solo per un istante, sperò che Megatron si riprendesse velocemente, ma schiacciò subito il pensiero. Niente nell’universo valeva il prezzo di vedere Megatron sorgere nuovamente, nemmeno la rabbia che provava in quel momento verso Starscream.

«Come osi!» gracchiò esterrefatto. «Non parlarmi in questo modo! Megatron è andato, perciò io sono il tuo Lord adesso e pretendo rispetto!»

«Avrai rispetto solo quando ti deciderai a ricambiarlo» proferì Firestorm seccata. Ripensò a tutte le volte che il SIC aveva attirato l’ira di Megatron col suo comportamento e come era stato brutalmente punito: non voleva essere come lui. Lei era migliore di così. Non si sarebbe abbassata allo stesso livello di Megatron né a quello di Starscream.

Le sue parole colpirono nel segno e Starscream si ritrovò a boccheggiare. Cogliendo l’occasione, Firestorm si allontanò usando tutta la sua volontà per tenere ottiche e ali alte.

Rifugiandosi nelle sue stanze, espirò esausta. Si complimentò per aver retto così bene di fronte a Starscream e ancora di più per non aver iniziato uno scontro con lui. Le sue parole l’avevano ferita profondamente e non aveva dubbi del perché: per lei era un amico, anche se non lo aveva mai annunciato apertamente. Forse però lui non la considerava un’amica; forse per lui era solo un altro scudo vivente da usare contro gli altri. Firestorm sapeva bene quanto fosse egoista, però credeva di valere qualcosa per lui.

Strinse i pugni per la rabbia. Lei non era un’oggetto o un’arma. Era viva e stava soffrendo e diamine, Starscream per una volta avrebbe dovuto essere quello a consolarla, invece quando ne aveva avuto bisogno lui non c’era. Invece, era stato Soundwave ad aiutarla. Knock Out pure, riflettendoci bene; non si era messo a giudicarla più di tanto – quella frecciatina sul SIC avrebbe anche
potuto risparmiarsela – e le aveva offerto aiuto a modo suo. Quindi c’era qualcuno a cui importava.

Non aveva bisogno di Starscream.

Un messaggio di Breakdown interruppe il suo rimuginare. Lesse con trepidazione l’offerta di una bella sbronza e si precipitò dal mech nel loro rifugio, un vecchio magazzino pieno di spazzatura dove nessuno entrava mai, eccetto loro. Il posto perfetto per bere e non farsi beccare.

«Che brutta faccia che hai» la salutò Breakdown allungandole un cubo già riempito. L’energon all’interno aveva una sfumatura rossastra e l’odore pungente le fece intendere che fosse roba forte. Proprio quello che le serviva.

«Sai sempre come trattare una signora» ribatté divertita buttandosi pesantemente nello spazio libero di fronte a lui. Bevve un sorso e le scappò un brivido. «Questo sì che è non raffinato! Dove lo tenevi nascosto?» domandò in giubilio.

Breakdown nascose il sospiro di sollievo che gli scappò vedendo la femme non di malumore come aveva immaginato. «Una rarità di Sienwol VII.»

Firestorm rimase stupita. «Sono passati quasi quattrocento anni da quando abbiamo messo piede in quel sistema. Quando pensavi di stappare la bottiglia?»

Il mech fece spallucce e prese un sorso. Il liquore era così forte che probabilmente un solo cubo lo avrebbe steso e si diede una pacca sulla schiena per il buon acquisto.

Bevvero in silenzio, lasciando che l’energon scaldasse loro i circuiti e annebbiasse la mente. Per Breakdown almeno fu così. Firestorm, finito il primo cubo, non esitò a riempirsene un secondo. Il mech sembrava completamente andato, come la volta che assieme a Knock Out aveva sniffato per sfida microcristalli di energon. Che coppia di imbecilli.

«Pensi…» ruppe il silenzio Breakdown con voce strascicata «pensi che a Knock Out io piaccia?»

«Senza dubbio» rispose prontamente con la mente ancora lucida.

Il mech sorrise sognante, sdraiato sul pavimento. «Io lo amo.»

«Lo so.» Bevve un altro sorso. Non era così ovvio che ci fosse affetto tra medico e assistente, ma non le erano sfuggite le occhiate profonde che Breakdown rivolgeva a Knock Out. Il tutto mentre Knock Out riempiva costantemente il letto di conquiste, non che Breakdown fosse escluso. «Perché non glielo dici?»

«Eh?»

«Digli che l’ami prima che sia troppo tardi.»

«Lui… è uno sprito libero. Non volgio, uh, voglio…» si sollevò a fatica e si mise seduto, guardandosi perso le mani per diversi minuti. «Lui corre» biascicò infine. «Io no.»

Firestorm soppesò la situazione. «Credo che per te sarebbe disposto a rallentare» sussurrò con sincerità. Perché come Breakdown guardava il rosso, Knock Out guardava l’altro. Non sapeva cosa li avesse trattenuti tutti quei millenni, ma più di uno nell’armata Decepticon che non conosceva personalmente i due credeva che fossero già Conjunx Endurae.

Il sorriso che attraversò il volto di Breakdown era più che trasognante: sembrava che avesse visto Primus in persona. L’energon aveva ormai riempito i suoi sistemi e non disse una parola; restò lì imbambolato con un’espressione beata e si addormentò con lo stesso sorriso in viso.

Firestorm iniziava ad essere brilla. Tracannò il resto del cubo e afferrò la bottiglia, prendendo a bere da lì. Quel liquore era uno dei migliori che avesse mai assaggiato e se lo gustò lentamente.
Decise in quel momento che poteva considerare Breakdown un tentativo amico, assieme a Soundwave e Knock Out. Forse anche Robin e Steve; quei due almeno non erano palle al piede.

Ascoltò Breakdown russare per un po’. Si chiese se le cose fossero state diverse se si fosse unita agli Autobot tutti quei millenni fa. Al tempo si era detta che si sarebbero impicciati dei suoi affari, ma era davvero una qualità negativa? Non la avrebbero ignorata e sarebbe stata trattata come una loro pari. I Decepticon invece giudicavano tutto e tutti.

«Quel che è fatto è fatto» mormorò bevendo ancora. Ripensarci non sarebbe servito a nulla, ormai era passato.

Alzandosi, uscì dal magazzino inviando un messaggio a Knock Out per informarlo dove trovare il suo partner e barcollò per i corridoi della Nemesis sorseggiando la bottiglia a ogni passo. Acuendo la vista notò uno spruzzo di colore sulle scure pareti dell’astronave. La sua mente non capì cosa avesse davanti per via dell’alcool, ma quando gli fu di fronte ricordò dell’imbratto commemorativo a Megatron e storse la bocca. Quei poveri soldati erano giovani, droidi costruiti per servire e non pensare; non conoscevano davvero il loro Lord, solo le informazioni ficcate nei loro processori quando venivano costruiti. Idolatravano una disgrazia e neanche lo sapevano.

Osservandolo bene notò dei profondi graffi rovinare il viso del dipinto; Starscream era certamente passato di lì. Sbuffò contrita ripensando al seeker. Era un idiota ed era lui ad aver bisogno di lei, non il contrario. Lei se l’era sempre cavata benissimo da sola, lui invece era stato rimesso insieme dalla sottoscritta più volte. Faceva i capricci come uno sparkling. Non esitava a pugnalare alle spalle nessuno e a quanto pare nemmeno lei era esente dalla regola. Era uno stupido e un illuso. Era un miracolo che fosse ancora vivo dopo tutto quel tempo – no, Firestorm era il miracolo che lo aveva tenuto vivo tutto quel tempo. Con il resto della sua trine dispersa in una galassia o l’altra, da solo non era stato capace di far nulla. Doveva tutto a lei. E uno come lui avrebbe dovuto regnare su Vos? La città stava meglio com’era: inesistente.

Si vergognò all’istante per quel pensiero.

Miserabile, riporse ciò che restava del liquore nel suo sub-spazio e si trascinò verso la più vicina rampa di lancio. Ignorando il fatto che non avrebbe dovuto volare ubriaca com’era si tuffò, lanciando un’esclamazione scioccata quando l’assenza di gravità la fece galleggiare vicino alla Nemesis. A quanto pare avevano portato la nave fuori dall’orbita terrestre. Restò lì per ore, attivando ogni tanto i propulsori per stare vicino alla Nemesis, lasciando che il freddo dello spazio le raffreddasse i circuiti e incurante del ghiaccio che velocemente la ricoprì.

A una certa – non sapeva quanto tempo fosse passato – fu raggiunta da Soundwave.

-Non mi serve una balia- gli scrisse irritata.

-In cosa posso assisterti?- lesse la sua risposta con la voce di Megatron.

-Lasciami stare.-
 
 
«Sei rimasta sola, chi ti proteggerà adesso?»
 
 
-Non voglio lasciarti sola.-

Guardò Soundwave sbigottita. -Perché?-
 
 
«Non mi serve protezione da nessuno! Posso farcela da sola!»
 
 
-Perché stai soffrendo.-

Esitante, prese la mano che il mech le stava porgendo e si lasciò trascinare a bordo del vascello, dove la gravità artificiale la rimise con i piedi per terra. Soundwave non mollò la sua mano e la portò con sé attraverso i corridoi della Nemesis, il cui sistema di riscaldamento sciolse velocemente la brina sulla sua corazza.

Non era mai stata vicina a Soundwave. Il mech era distaccato con chiunque e aveva una parvenza di vivacità solo quando i suoi minicon erano nelle vicinanze. Firestorm non riusciva a capire da dove sbocciasse l’improvviso interesse nei suoi confronti.

«Perché vuoi immischiarti nei miei affari?»

Entrarono nelle stanze private di Soundwave. Sul letto, Rumble e Frenzy stavano dormendo accoccolati; Ravage apparentemente gli stava facendo da babysitter. Ratbat e Laserbeak erano invece ancorati a Soundwave, mimetizzati come parte della sua armatura. Soundwave indicò i minicon sul letto.

-Hai protetto la mia famiglia a costo della tua vita. Sono in debito con te.-

«Non l’ho mai considerato un debito. Li ho protetti perché potevo e volevo.»

-E questa è la differenza che conta. La tua compassione e il tuo altruismo li hanno salvati- scrisse voltandosi verso di lei. -Ora voglio essere io ad aiutare te.-

Era certa che non avesse mai scambiato così tante parole col TIC, ma adesso capiva un po’ di più i suoi motivi. «Non puoi fare niente per me» disse fermamente. «Grazie per essere venuto a cercarmi.» E uscì.

Stranamente, sentì un senso di pace invaderla.
 
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Da quel giorno Firestorm prese a ignorare Starscream e a rivolgergli la stessa indifferenza che fino a quel momento aveva riservato solo per Megatron. Starscream voleva essere il Lord dei Decepticon? Allora lo avrebbe trattato come il suo predecessore.

La disperazione dovuta al muro che si era innalzato tra di loro aveva lasciato posto alla rabbia. Lei non aveva colpe per quello che era successo; aveva fatto tutto in suo potere nella situazione sfavorevole in cui si trovava, ma il destino di Vos non era certo dipeso da lei. Non aveva colpe. Se Starscream voleva trattarla come una nemica, si sarebbe difesa con gli artigli.

Erano passate settimane. Dopo un po’, Starscream aveva iniziato a parlare quando erano nella stessa stanza. Non più gli amichevoli battibecchi che si scambiavano precedentemente, ma commenti e lamentele sproloquiati ad alta voce esattamente come era solito fare quando credeva di essere solo, come se stesse ignorando che fosse lì con lui. Era detestabile, ma almeno non era più arcigno con lei.

Dopo un bel po’ di tempo smise di fingere che non esistesse. Probabilmente si era stufato di aspettare una reazione da parte sua – ancora una volta, comportarsi con mite indifferenza lo aveva sbaragliato. Adesso si rivolgevano la parola. Firestorm non dubitava che fosse ancora sulla sua lista nera e, nonostante fosse ancora tremendamente arrabbiata con lui, non poté che iniziare a sperare che la loro amicizia non fosse perduta. Era l’unico amico che aveva avuto per secoli e non voleva abbandonarlo per un’incomprensione, ma in fondo era stato lui ad abbandonare lei. Era Firestorm ad aver diritto di essere furente, non lui.

Così restò distaccata ma cordiale, esattamente come con Megatron. Fu osservandolo che si accorse però che stava diventando sempre più irrequieto. Aveva beccato Starscream più volte vagare nei pressi dell’infermeria, entrando e uscendo quatto, conscio delle telecamere di sorveglianza. Non sapeva cosa avesse in mente, ma aveva tutta l’intenzione di coinvolgere Soundwave. Se stava architettando qualcosa, per una volta avrebbe lasciato che compisse i suoi misfatti e ricevesse la sua punizione una volta scoperto. Non gli avrebbe coperto le spalle, esattamente come faceva lui. Lo avrebbe ricambiato con la sua stessa medicina.

Fu quando si diresse in infermeria per tendere a Megatron che ovviamente lo beccò, proprio vicino all’ex-gladiatore, e non esitò a indagare. «Che cosa stai facendo?»

Il SIC sobbalzò urlando. Si voltò di scatto attivando i blaster e glieli puntò contro. «Firestorm! Dannazione a te, mi hai quasi fatto venire un infarto! Si può sapere cos’è questa mania tua e di Soundwave di arrivare di soppiatto alle spalle delle persone?»

«Se eri così distratto dal tuo monologare non è colpa mia» replicò scrutandolo. Notò che il seeker teneva un braccio dietro la schiena e lo trovò sospetto. «Cos’hai in mano?»

«Oh ma quanta gente che c’è qui! Mancano solo Breaky e Soundwave e il gruppo sarebbe al completo» chiosò Knock Out entrando, per por affiancarla. «Il nostro futuro Lord stava rendendo omaggio al suo predecessore?»

Starscream ridacchiò. «È una tragedia quello che gli è capitato, ma dobbiamo voltare pagina. Non possiamo restare ancorati per sempre al passato, è ora che i Decepticon mirino al futuro!»

Firestorm osservò prima l’uno poi l’altro. «Cosa state architettando?»

«C-che? Noi? Non stiamo architettando proprio nulla! Giusto Knock Out?»

«È così, te l’assicuro. Soltanto rivangando i vecchi tempi quando Megatron era, ecco… vivo.»

Firestorm lo guardò scettica. «Lo è.»

«Firestorm, guardiamo in faccia la realtà: quello è solo un guscio vuoto che continua a respirare solo grazie a un macchinario.»

«Non pensi che sarebbe ora di un cambiamento? Andiamo, non dirmi che lo apprezzavi davvero!» sbraitò Starscream.

«Io sono devota alla causa e al nostro signore. È tempo che ve lo ricordiate anche voi.»

«Non rivolgerti a me in quel modo! Io sono un tuo superiore chiaro?!»

Firestorm gli sorrise benevola. «Sono certa che Soundwave sarà lieto di prendere parte alla discussione. Adesso lo chiamo e affrontiamo insieme l’argomento, che ne dite?»

Il solo nominare il TIC fece scorrere mille brividi lungo la schiena di Starscream. «Ora, non perdiamo la testa. È chiaro che hai frainteso il succo del discorso. Quello che io e Knock Out cercavamo di farti capire, cara Firestorm, è che il nostro padrone è in una situazione assai precaria e senza precedenti e io sono disposto a prendere in mano la situazione per il bene di tutti i Decepticon.»

«Ovviamente» rispose Firestorm guardandolo impassibile.

Starscream tirò un sospiro di sollievo. «Bene, ora che abbiamo risolto…»

«Continuerai a pensare a voce alta fuori di qui» impose la femme facendo drizzare le ali al seeker. «Lord Megatron deve essere sempre al meglio anche nelle peggiori situazioni» continuò avvicinandosi al mech incosciente con un lucidatore.

«Spero che quello non sia il mio. Ultimamente continuano a sparire!» si lamentò il mech dalla rossa corazza. Firestorm si voltò verso di lui con un’espressione stoica da rivaleggiare con lo stesso Optimus Prime, scrutando il medico con le sue ipnotiche ottiche dorate. «Dicevo per dire!» si difese subito facendo un passo indietro. «È stato sciocco da parte mia insinuare che…»

«Fuori.»

Knock Out e Starscream si precipitarono fuori spintonandosi a vicenda, ben sapendo di non dover far innervosire la femme quando aveva già preso una decisione.

Doveva ammettere che, tralasciando qualsiasi cosa stessero complottando, quei due avevano ragione. Megatron aveva un piede nella fossa. La sua attività cerebrale era nulla. Il suo corpo non si sosteneva da solo.

Sarebbe così facile…

Firestorm sapeva bene di non poterlo fare. Era sicura che la mente del SIC fosse stata attraversata dallo stesso pensiero, solo che lui avrebbe agito senza ulteriori ripensamenti. Lei era diversa da lui. Ed era diversa da Megatron.

Non cadrò così in basso. Quando la sua scintilla si spegnerà, sarà sul campo di battaglia.

Non sapeva se trascurare il fatto che Knock Out stesse aiutando Starscream. Il medico era un’opportunista e senza dubbio la sua ambizione lo aveva spinto a stringere un patto col seeker.

Quei due insieme sono un concentrato di stupidità, pensò scuotendo la testa. Non capivano che qualsiasi complotto bramassero non avrebbe avuto buon fine? Come se Soundwave non avesse nascosto delle micro telecamere a sorvegliare le condizioni del suo più vecchio amico! Specie dopo l’ultima bravata degli Autobot: avevano utilizzato la connessione psico-corticale – uno dei più grandi successi scientifici di Shockwave – su Megatron e attentato alla sua vita. Peccato che avessero fallito.

In quel momento Firestorm ricevette un messaggio da Soundwave che la intimava a raggiungerlo sul ponte, dove si trovava anche il SIC, e si diresse subito da loro.

«Soundwave, imposta la rotta!» sentì Starscream ordinare al TIC.

Si avvicinò al duo. «Dove siamo diretti Comandante?»

Non era certa che le avrebbe risposto, ma a quanto pare il seeker argentato era piuttosto distratto da qualsiasi idea avesse e non esitò a risponderle.

«Al Polo Nord. Sai, neve e ghiaccio. Là sotto si trova il più grande giacimento di energon del pianeta e sarà mio!» esclamò gesticolando, sopraffatto dalla sua sete di potere. Poi parve realizzare con chi stesse parlando. «Immagino che ti dedicherai ancora alla cura del corpo di Lord Megatron» le chiese stizzito.

«Sì» confermò. Velocemente studiò lo schermo dietro Starscream, dov’era visualizzato un deposito di energon classe ND-7, non estraibile.

Starscream la squadrò un attimo credendo che avesse altro da aggiungere, ma ricevette solo silenzio. «Molto bene, puoi andare» la dimesse dandole nuovamente le spalle.

Non si trattenne oltre e tornò in infermeria. Voleva finire velocemente il suo compito per non perdersi nulla, anche se non dubitava che Soundwave l’avrebbe tenuta aggiornata. Era tra l’altro pronta a scommettere che gli Autobot si sarebbero fatti vivi molto presto.

Fu colta alla sprovvista quando il ricognitore Autobot fece capolino da oltre la porta e gli lanciò contro il lucidatore. Ma come è entrato, si chiese guardandolo schivare l’arnese. Bumblebee fissò intensamente il corpo immobile alle sue spalle e subito la seeker si portò davanti ad esso.

«Provaci» asserì trasformando il braccio in una spada e puntandogliela contro.

L’Autobot non se lo fece ripetere e con un’espressione determinata si lanciò contro Firestorm. Tentò di sferrarle un pugno alla testa che schivò facilmente, afferrando in contemporanea l’altro pugno che la stava per colpire all’addome. Velocemente Bumblebee si abbassò e tese la gamba per farla inciampare, ma la femme saltò alle sue spalle e mosse la sua spada contro di lui. Quello si abbassò in tempo e mandò a segno una raffica fulminea di pugni all’addome e un calcio alla tempia che la spinse di lato. L’Autobot non le diede nemmeno il tempo di voltarsi che le afferrò il braccio senza spada e lo torse bruscamente.

Da quando i suoi riflessi sono così pronti?

Firestorm creò uno scudo attorno a lei per allontanarlo e si liberò dalla sua presa, osservando per un istante le ammaccature sul braccio.

E da quando è così brutale?

Anche il suo sguardo sembrava diverso. Se era venuto a terminare la vita di Megatron, perché non aveva usato i blaster per sbarazzarsi prima di lei e poi puntando a lui?

Ci fu un momento di stallo nel quale i due cybertroniani si guardarono nelle ottiche, studiandosi a vicenda. La mente di Firestorm lavorava veloce in cerca di risposte, e subito si ricordò che
Bumblebee era uno dei due Autobot intrufolatisi sulla nave precedentemente, del cavo che avevano scoperto collegato a Megatron e al ricognitore…

«Può essere che…» La connessione psico-corticale funziona in entrambe le direzioni… e da allora la sua attività cerebrale è pari a zero. Firestorm abbassò l’arma. «Lord Megatron?»

Bumblebee annuì.

Ma perché non l’ha detto subito invece di farmi perdere tempo? «Intrappolato nel corpo del ricognitore. Mi permetta di assisterla» offrì recuperando il cavo necessario alla connessione mentre l’altro estraeva dal suo sub-spazio un frammento di energon oscuro e lo piantava nella camera spark del suo vero corpo. «Avviamento della procedura. Si rilassi, ci vorrà qualche minuto» avvisò Firestorm una volta collegato il cavo alla base della nuca di entrambi.

Non voleva pensare a cosa stava per succedere e agì disinvolta come un automa.

«No Ratchet, non fargli del male!*»

E adesso che altro succede, pensò seccata Firestorm voltandosi. Fantastico, si è fatto seguire.

«Questo non è Bumblebee!»

Prima che potesse colpirlo, Firestorm generò una barriera che mantenne i nemici isolati nell’altra metà della stanza. «Non avvicinarti» lo avvertì con tono grave.

«La serva fedele di Megatron! Sempre pronta a proteggerlo» disse il medico Autobot con uno sbuffo.

«È il mio compito.»

«Bumblebee, ricordati chi sei! Ricordati di me!» la sorprese una voce squillante proveniente dal basso. «Mi hai sempre dato retta in ogni situazione!»

Un bambino umano?

Le parole dell’umano scatenarono una reazione nel ricognitore, le cui ottiche si focalizzarono sul bimbo.

«Rafael, sei tu?» domandò Bumblebbe nuovamente consapevole.

«Esatto amico, sono proprio io!»

Sta riprendendosi il controllo!

Firestorm costrinse la barriera contro l’umano, spingendolo contro il muro mentre quello gridava spaventato e confuso.

«Ratchet, cosa sta succedendo?»

«È Firestorm! Maledetta Decepticon, lascialo stare!» gridò Ratchet prendendo a pugni la barriera con tutte le sue forze.

«È inutile e lo sai. Non può essere penetrata» asserì la femme con compostezza.

«Ma non puoi tenerla attiva per sempre, le tue riserve di energon presto si esauriranno!» 

«Per allora non ne avrò più bisogno.»

«Bumblebee!» lo chiamò disperato l’umano.

L’Autobot dalla corazza gialla si voltò verso di lui con un’espressione tutt’altro che amichevole. «Bumblebee non può più sentirti ormai» dichiarò Megatron attraverso il corpo del ricognitore.

«No! Restituiscigli il suo corpo!»

«Come desideri» acconsentì e Bumblebee cadde a terra stordito, contemporaneamente le ottiche rosse di Megatron si riaprirono.

Il Campione si erse in tutta la sua statura, torreggiando sugli intrusi. Firestorm disattivò lo scudo restando in disparte, occhieggiando un gruppo di vehicon raggiungerli dopo che li aveva contattati.

«Decepticon! Il vostro capo e vostro padrone è tornato!»

Che gioia.

«Distruggete questi microbi. Io devo occuparmi di qualcun altro. Firestorm, con me!» ordinò il titano.

«Ai suoi ordini, Lord Megatron.»

Megatron era più che infuriato e Firestorm non osò chiedere il perché. Dopo tanti eoni, aveva imparato che la risposta era sempre e comunque una. Attraversarono i corridoi della Nemesis con una certa fretta finché l’intera nave non venne scossa da cima a fondo.

«Cos’è stato?» domandò il suo signore ringhiando come un animale.

«Posso solo ipotizzare, mio signore. Come c’era un Autobot dentro, ce ne saranno anche altri fuori nel pieno di un combattimento.»

Megatron digrignò i denti e strinse i pugni, contenendo a stento la collera. «Aspettami sulla plancia e di’ a Soundwave di portarci via da qui.»

«Sarà fatto Lord Megatron.»

Si ritrovò nuovamente sul ponte e si avvicinò al mech silenzioso. «Lord Megatron è di nuovo tra noi» lo informò e lo vide sussultare. «Vuole che tu diriga altrove la Nemesis finché si occupa di altre faccende.»

Si voltò. Sul suo visore apparve l’immagine di Megatron com’era poche ore prima e comprese la domanda.

«Visibilmente non sembra aver più ferite. Il buco che aveva nel petto si è completamene rimarginato.» Firestorm sospirò. «Ha nuovamente usato l’energon oscuro su sé stesso.» E pensare che avevano iniziato a detossificarlo dalla sostanza.

Alle sue parole Soundwave rilasciò un sospiro e scosse la testa. Si scambiarono uno sguardo esasperato.

Mentre aspettavano, contattò Robin dicendogli di portare dei cubi di energon sul ponte. Non ci volle molto prima che Megatron li raggiungesse. Nessuno dei presenti commentò l’assenza di Starscream.

«Finalmente l’ordine naturale delle cose può essere ristabilito» dichiarò occupando la sua postazione. «Spero che in mia assenza Starscream non abbia causato danni irreparabili.»

«Ci siamo tutti impegnati per controllarlo, Lord Megatron» chiosò Firestorm inchinandosi. «Ancora una volta, ben tornato.»

Il mech ghignò compiaciuto. «Per fortuna posso sempre contare sulla tua lealtà Firestorm.»

«Dovere, mio signore.»

«Lord Megatron, Comandanti» salutò formalmente Robin porgendo l’energon.

«Prenda, mio signore. Dopo il lungo periodo in stasi ha bisogno di prendersi cura più che mai del suo corpo.»

«L'energon oscuro mi ha già rinvigorito, ma apprezzo il pensiero» disse afferrando un cubo.

 «Inoltre vorrei sottoporla a un check-up completo per accertarmi che tutti i suoi sistemi siano perfettamente funzionali.»

«Non ho dubbi che insisterai finché non accetterò» commentò l’ex-gladiatore. «Molto bene Firestorm, gustiamoci insieme quest'energon» decise avviandosi e facendole cenno di seguirla. «E intanto vorrei che mi aggiornassi su quello che è successo durante il mio periodo di riposo forzato.»

 «Forzato, mio signore?»

Digrignò i denti. «Quel verme di un seeker ha nuovamente attentato alla mia vita, e come puoi immaginare ha già pagato il prezzo della sua stupidità.»

«Eravamo tutti convinti che fosse colpa dell'esplosione del ponte spaziale» disse nascondendo lo scetticismo.

«L’originale frammento di energon oscuro che avevo nella scintilla, me lo ha tolto impedendomi di rimettermi.»

Si trattenne dall’alzare un sopracciglio. «Se posso, è già un miracolo che sia sopravvissuto all'esplosione in sé. Se ha retto quella, poteva benissimo reggere un po' di riposo forzato.»

Megatron rise divertito. «Deduco che tu abbia intuito fin da subito l'esito. La tua capacità di giudizio è sempre stata la più affidabile.»

«Lei mi lusinga» disse guardandolo. «Lei conta su di me, io conto su di lei Lord Megatron.»

«Già, già. Ricordo bene il nostro accordo, come se fosse ieri. Tuttavia sono rimasto piacevolmente stupito dall’impegno con cui ti sei dedicata alla causa Decepticon.»

Firestorm non rispose. Avevano raggiunto l’infermeria e indicò al mech di sdraiarsi su un tavolo.

«Cerca di fare in fretta.»

«Sì Lord Megatron.»

Forse avrei dovuto ucciderlo, fu l’unico pensiero che la attraversò.
 

 
 
*dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 14 della prima stagione “Fuori di testa”
 
 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Megatron ci era andato giù pesante con Starscream. Firestorm si era rifiutata di mettere piede nell’infermeria finché il seeker fosse degente lì e francamente non voleva sapere come stava, ma Knock Out l’aveva informata comunque. Erano decenni che non lo puniva così violentemente, ma la femme aveva la coscienza a posto. Aveva avvertito il seeker fin da subito di non fare passi falsi perché Megatron si sarebbe ripreso, ma quando mai si smentiva? Non dava mai retta alle sue parole e per l’ennesima volta ne aveva pagato il prezzo.

Il suo stato debilitato non aveva però intaccato la sua testardaggine: infatti era stata avvisata da Knock Out che se n’era andato e con la scusa di farsi un giro Firestorm lo aveva seguito a distanza, decisa a tenerlo d’occhio. Se avesse causato ulteriori problemi Megatron non lo avrebbe risparmiato. La femme si domandava spesso come mai non lo avesse terminato già alla seconda, alla terza, alla decima insubordinazione, permettendogli invece di allungare la lista a non finire. Era nella sua natura ed era chiaro che non sarebbe mai cambiato, dunque perché non terminarlo? Che ci fosse qualcosa che non conoscesse? Anche fra capo e vice c’era un accordo?

Starscream si stava dirigendo verso un canyon a lei sconosciuto. Vide il SIC atterrare nella valle e lei restò sull’altopiano a guardarlo accovacciata. Distratto com’era, non si era accorto di lei. Acuendo la vista scorse un cristallo viola tra i suoi artigli, che spezzò lanciandone metà su un cumulo di rocce e l’altra… fu come rivivere la stessa scena due volte.

Ma è stupido?

«Alzati Skyquake, adesso!» ruggì pieno di sé.

È stupido all’ennesima potenza.

Firestorm si trattenne dallo sbattere la testa sul terreno. Captò un rumore. Sotto nel canyon notò alle spalle di Starscream un ponte terrestre dal quale uscirono gli Autobot guidati da Prime, che osservarono il Decepticon pronti all’azione.

Devono aver intercettato la firma energetica dell’energon oscuro, realizzò appiattendosi sul terreno per non farsi vedere. A differenza di Starscream, il Prime non era affatto un tipo distratto. Firestorm non era da meno: aveva già scoperto tre piccoli umani appostati su un cumulo di rocce, non notati però dagli Autobot.

Di nuovo quell’umano. Devono averli seguiti di nascosto, pensò ricordando lo sguardo di puro terrore del bambino, Rafael.

Un’esplosione seguita da un colpo di blaster la fece riportare l’attenzione sul combattimento appena cominciato, in particolare su Starscream, ora senza un braccio. Un’istante dopo la luce abbagliante di due portali quasi la accecò. In un attimo sia Starscream sia i bambini umani erano spariti, ma l’energia contigua dei due ponti stava entrando in conflitto e questo la preoccupò. Si ritrasse più che poté quando un’onda di energia partì dai ponti sovraccaricati scaraventando lontani gli Autobot e quasi anche lei.

Pochi minuti dopo era tornato il silenzio; gli Autobot se n’erano andati non accorgendosi di Firestorm, che aveva ascoltato la loro conversazione. I terrestri non erano tornati alla loro base nonostante avessero attraversato il ponte prima del sovraccarico.

Strano. Scese di sotto per osservare più da vicino. Cos’ha causato il sovraccarico? Non è la prima volta che due ponti vengano aperti da entrambi. Cosa c’era di diverso questa volta?

Firestorm rivisse attentamente l’intera sequenza di azioni: Starscream che atterrava e sghignazzava tra sé e sé, l’arrivo inaspettato degli Autobot, i due ponti che si aprivano contemporaneamente vicini tra loro…

Firestorm capì: si erano aperti alle stesse identiche coordinate, per questo le energie si erano incrociate generando un feedback e poi quel rilascio di energia! Ma gli umani? Il feedback di corrente doveva aver disturbato la loro operosità prima che riuscissero ad attraversarlo. Ma allora perché non sono stati scaraventati fuori? No, devono averlo attraversato. Ma dove sono?

Firestorm fermò il flusso di pensieri. Se gli umani erano scomparsi, forse valeva lo stesso per Starscream. Attivò il comm-link e lo chiamò. «Starscream, mi ricevi?»

«Firestorm, a cosa devo il piacere della chiamata?» le rispose burbero.

«Dove sei? Knock Out mi ha detto che sei uscito dall’infermeria» replicò con lo stesso tono indifferente che ormai gli riservava.

«Sulla Nemesis, dove sennò?»

Anziché ribattere, chiuse la comunicazione prima che il seeker aggiungesse altro. Il SIC era tornato senza problemi, escluso forse per il braccio mancante, e questo complicava le cose. Perché lui ce la aveva fatta e i terrestri no? Non centravano niente con quella guerra. Sarebbero diventate altre casualità?

Firestorm espirò. E se magari…

Mandò giù un grumo di saliva. C’era una cosa che poteva provare, un’ipotesi da confermare sulla base di un ricordo molto, molto lontano. Per una volta non aveva la certezza di aver visto giusto e sentì la scintilla pesarle un po’ di più ogni secondo che passava. Estrasse dal suo sub-spazio ciò che restava del liquore di Sienwol VII di Breakdwon e bevve un sorso per darsi coraggio, poi lo riporse.

Si concentrò e chiuse le ottiche. Espanse lentamente uno scudo attorno a lei, conformandolo man mano che si allargava alle pareti infossate del canyon finché non avvertì delle vibrazioni attraversare lo scudo in uno dei sentieri a est dalla sua posizione, come sassi che infrangono una corrente d’acqua. Riaprì le ottiche e si ritrasformò in un Lockheed SR-71 volando rapidamente al punto individuato. Riatterrò e generò nuovamente lo scudo, percependo distintamente tre minuscole entità scontarsi contro di esso e attraversandolo, distanziate da una immensamente maggiore. Firestorm si focalizzò su quest’ultima, cercando di delinearne la forma e riuscendo finalmente a farsi un’idea dell’intera situazione.

 
«Esci dalla zona fantasma, subito!»

 
«Sono su un altro piano dimensionale» realizzò e la sua espressione si fece indecifrabile. Si sentì travolta da un insieme di emozioni e quasi dimenticò il perché si trovava in quel canyon in mezzo al deserto.

 
«Forza, giochiamo! E niente sottodimensioni, quello è barare!»
 

Ricacciò indietro le lacrime. «No!» gridò perdendo il controllo del suo potere, creando uno scudo che si ingrandì rapidamente e senza controllo intorno a lei, deformando le pareti rocciose del canyon. Si ritrovò ad affannare e si strinse tra le braccia. «Andatevene. Non ho tempo da perdere con voi.»

Si prese qualche minuto per calmarsi. Ricreò lo scudo un’ultima volta e raggiunse l’origine delle vibrazioni, che la sua mente registrava come un suono distorto e profondo, un assolo di violoncello scordato. Dal suo sub-spazio estrasse un vecchio paio di binocoli. Li accese e li puntò in basso; attraverso le lenti dello strumento vide ciò che le sue ottiche non vedevano: i tre bambini umani erano ora davanti a lei e correvano terrorizzati. Spostò il binocolo in alto e si stupì; Skyquake, rianimato dall’energon oscuro, li stava inseguendo.

«Questa poi» mormorò esterrefatta. «Terrestri, so che potete sentirmi. Adesso vi trovate in una sottodimensione di questa realtà in cui siete entrati a causa dell’energia distorta dei due ponti» disse e li vide fermarsi e voltarsi stupiti verso di lei. «Le chiamate non funzionano, ma i messaggi scritti possono essere ricevuti anche da lì.» Subito il più alto dei tre estrasse il cellulare dalla tasca, pronto a scrivere. «Per tornare indietro servirà aprire nuovamente il ponte con il giusto canale di feedback. Annuite se avete capito.»

I tre annuirono e ripresero a correre con Skyquake alle calcagna. Finché si trovava in quella dimensione i suoi scudi non sarebbero serviti a nulla. Firestorm proseguì, determinata a far uscire i terrestri da quella situazione sani e salvi. Non trattenne un sorriso divertito quando incrociò il braccio mancante di Starscream, finito anch’esso nell’altra dimensione.

«Usatelo contro di lui. Piegate l’indice per sparare il missile» istruì e i tre eseguirono, colpendo Skyquake e causandogli la perdita del braccio.

Restò di stucco quando il braccio prese a sua volta vita e iniziò a muoversi rapidamente verso gli umani, che non esitarono a correre. A quel punto, Firestorm non poté che sperare che gli Autobot si sbrigassero. Fu allora che il suo radar interno captò l’avvicinamento di un Decepticon, ma non c’era tempo né luogo per nascondersi e si limitò a riporre il binocolo.

Starscream atterrò di fronte a lei. «E tu che ci fai qui?» gracchiò sorpreso.

Firestorm incrociò le braccia. «E tu? Dovresti essere in infermeria.» Non poté evitare di studiare le nuove lesioni che lo ricoprivano. «E che fine ha fatto il tuo braccio?»

Il seeker divenne paonazzo. «Beh, ecco, mi è… caduto» borbottò seccato.

«Nel mezzo di questo canyon?»

«Sì, cioè no!» lanciò un grido esasperato. «Ma perché non ti fai gli affari tuoi?»

La femme borbottò qualcosa tra sé e sé.

«Come? Che hai detto?»

«Perché sei un idiota!» rispose veemente. «Un idiota che non sa badare a sé stesso! Torna alla Nemesis, ci penso io al tuo stupido braccio! E se ti becco un’altra volta a zonzo lo dirò a Megatron!»

Di fronte alla minaccia, Starscream scappò.

Probabilmente era la prima volta che urlava contro di lui. Quantomeno era stato efficace.

Dove saranno finiti gli umani e Skyquake?

Espanse nuovamente lo scudo, li individuò e li raggiunse proprio mentre un portale si apriva davanti a loro. Ci si tuffò dentro, volando rapidamente per raccogliere il braccio di Starscream e fece appena in tempo ad uscire prima che il ponte si chiudesse. Impennò e sfrecciò via, sapendo che i terrestri erano salvi. Non sapeva se gli Autobot l’avessero vista, ma non avrebbe fatto alcuna differenza: gli umani avrebbero sicuramente raccontato tutto.

Richiese un ponte per rientrare sull’astronave Decepticon. Una volta entrata si diresse verso l’infermeria, sperando di incrociare Starscream; stringeva fra le mani il suo braccio mancante. Come
poteva credere di essere invincibile nelle sue condizioni? Perché non voleva fermarsi una buona volta? Non capiva che sarebbe sempre finita così?

Trovò il seeker proprio dove sperava, zoppicante verso la sua meta. Lo girò con forza e gli piantò nel petto il suo pezzo mancante.

«Ecco il tuo braccio. E se ti becco a giocare ancora con l’energon oscuro te la vedrai con Lord Megatron.» Un pazzo basta e avanza.

Se ne andò non lasciandogli il tempo per ribattere. Era fin troppo seccata dal suo comportamento. Non era mica uno sparkling! Non dovrebbe aver bisogno della balia e lei era stufa di raccogliere i suoi pezzi per strada. Che imparasse a badare a sé stesso, come aveva fatto lei. Se voleva affrontare il mondo come se fosse un suo nemico, era tempo che si adattasse.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Adesso era Firestorm a ignorare Starscream. Non lo scherniva, non lo insultava, non lo umiliava. Lo trattava come un moscerino sul parabrezza: molesto ma insignificante.

Aveva iniziato a passare più tempo con Breakdown, trovandosi spesso per uno scontro amichevole in palestra. Dopo l’ultima bevuta insieme, il mech non ricordava una sola parola di quel che si erano raccontati, ma Firestorm non si era dimenticata delle sue pene d’amore. Essendo piombata in un nuovo periodo di noia, dove nemmeno le stramberie che accadevano sulla Nemesis riuscivano a smuoverla, decise che la coppia in questione potesse diventare la sua nuova fonte di distrazione.

L’intera equipe medica si trovava in infermeria; stavano discutendo di alcuni aggiornamenti operativi da applicare nel caso di infezioni da ruggine. I testi medici, anche in tempo di guerra, venivano costantemente aggiornati, e grazie a una rete intergalattica gestita da una colonia neutrale potevano scaricare le informazioni necessarie a restare al corrente dei nuovi sviluppi scientifici, come il nuovo gel che forse avrebbero iniziato a testare sui prossimi pazienti.

«Il trenta percento di velocità in più di guarigione? Baggianate» commentò DA-151.

«E vogliamo parlare della composizione chimica? Vogliono guarirci o avvelenarci?» incalzò JE-554. Come DA-151 e HO-762, era una delle poche femme vehicon presenti sulla Nemesis e le loro voci erano facilmente distinguibili.

«Ragazze, calmatevi» le interruppe Knock Out. «Concordo in pieno che questa roba sembra una schifezza a prima vista, ma c’è scritto che è stata testata su innumerevoli casi e che i benefici prevalgono sugli effetti collaterali» lesse il medico dal suo datapad.

«Guardate però le classe di cybertroniani che hanno usato come soggetti prova» soggiunse Firestorm. Aprì il file sullo schermo più grande e individuò la sezione che cercava. «Tutte classi boulder. Costruttori, minatori, carpentieri, demolitori… Vedete il denominatore comune? Non un seeker. Non vehicon. Nessun mech o femme di minori dimensioni.»

«Lo studio allora è fallace» chiosò HE-714. «Peccato però, sembrava molto promettente. Invece i nostri circuiti non reggerebbero l’aggressività della formula» aggiunse scorrendo l’elenco delle sostanze di cui era formato.

Firestorm annuì. Quelle sessioni di brain-storming erano sempre dilettevoli ed erano un ottimo modo per istruire i loro assistenti. Sebbene fosse Knock Out l’Ufficiale Medico, il vero e proprio dottore, Firestorm aveva studiato per così tanti secoli che ormai era solo un passo dietro a lui.

TR-011 sbuffò. «Ma che razza di idiota ha pubblicato l’articolo? È chiaro che ha fatto un lavoro frettoloso e superficiale.»

«Più che altro avrebbe dovuto specificare che questo prodotto non era adatto a tutti» aggiunse dolcemente HO-762.

DA-151, o Daisy come tutti la chiamavano, borbottò fra sé e sé. «Voglio proprio vedere chi è l’incapace che l’ha creato…» scorse diverse pagine sul suo datapad, finché non trovò il nome dell’autore all’inizio del file e sbuffò frustrata. «Ci credo che questa crema miracolosa non vale una goccia di energon! L’ha inventata Blitzspear!»

Tutto il gruppo gemette esasperato.

«Ugh!» esclamò TR-011. «E fra le tante schifezze che compongono questo obbrobrio ci sono pure elementi organici, piante, fiori, pelli di animali…? Ma che gli è passato per il processore?»

Knock Out fece una smorfia disgustato. «Non avvicinerei questo schifo ai miei circuiti neanche se pagato.»

Firestorm scosse la testa rassegnata. Non capiva perché quel mech si ostinasse a provare a inventare medicinali se poi non erano efficaci e nemmeno sicuri da usare. A pensarci bene, Starscream era molto simile a Blitzspear. «Tutti d’accordo sull’inutilità del gel?»

Il gruppo rispose all’unisono e ognuno cancellò dalla memoria del proprio datapad il file in questione, e Firestorm lo eliminò anche dal computer principale dell’infermeria.

Knock Out batté le mani per richiamare l’attenzione. «Direi che per oggi è tutto. Visto che non c’è nulla di nuovo da aggiungere nei nostri database possiamo concludere qui la riunione. Ci vediamo lunedì prossimo!»

I vehicon uscirono e rimasero solo Firestorm e il dottore.

«Beato Breakdown che non ha dovuto sprecare il suo tempo come noi» commentò il mech.

«Sai dov’è andato?»

«Oh, semplice ricognizione da qualche parte… ha detto che avrebbe perlustrato zone molto polverose, perciò sono rimasto qui.» Iniziò a lucidarsi l’armatura, faticando a raggiungere la schiena. «Ora che ci penso è passato un bel po’ da quando è uscito…»

«Sei preoccupato?»

«Beh, certo, è il mio assistente! Non che tu non sia in grado, ma sei ormai lontana dall’essere una semplice assistente…»

«Mi hai fraintesa» lo interruppe pacata. «Sei in pensiero per lui.»

Knock Out assottigliò lo sguardo. «Non capisco a cosa tu ti stia riferendo.»

Firestorm roteò le ottiche e sorrise divertita, stupendo il medico. «Non sono stupida né cieca Knock Out. Sai anche tu quali voci girano sul vostro conto.» Gli si avvicinò a un palmo dalla faccia, trafiggendolo con le sue iridi dorate. «Quando hai intenzione di renderlo ufficiale?»

Knock Out spalancò la bocca sbigottito.

La seeker trattenne un sorriso tronfio. Non tutti i giorni il mech restava senza parole. «Non negare l’ovvio Knock Out. Ho visto come lo guardi e ho visto come ti guarda Breakdown. C’è più che semplice affetto tra di voi.»

«Questi non sono affari tuoi!» sbottò il mech inviperito, stupendo sé stesso.

«Non lasciare a domani ciò che puoi fare oggi, dicono gli umani. Voi avete aspettato millenni. Se aspettate ancora, potreste non avere più l’occasione.»

«Che vuoi dire?» domandò preoccupato.

Lo guardò seria. «Siamo in guerra. La gente muore in guerra» disse con tono saccente ma severo. «I prossimi potreste essere voi» concluse e lo lasciò a meditare sulle sue parole.

Firestorm non aveva impegni per il resto della giornata. Decise che poteva raggiungere Breakdown e tirarlo fuori da qualunque guaio in cui si era probabilmente cacciato. Aprì il ponte terrestre sulle ultime coordinate che aveva inserito e iniziò a cercarlo, aspettandosi di trovarlo in un corpo a corpo con Bulkhead.

Volò velocemente percorrendo vaste zone in breve tempo, ma i suoi scanner non individuarono il mech e iniziò a impensierirsi quando le sue chiamate vennero deviate.

Quando finalmente captò dei segnali di energon fu sorpresa di trovare gli Autobot. Atterrò non molto lontana da loro, mostrandosi inoffensiva. Se necessario, i numerosi edifici in rovina che li circondavano sarebbero stati la sua prima difesa.

«Non sono qui per combattere» annunciò mostrando le mani disarmate.

Vide il loro leader interrompere con un gesto qualsiasi obiezione i suoi sottoposti stessero per vociare. «Firestorm. Immagino tu sia sulle tracce di Breakdown» intuì il Prime. Vedendola annuire, offrì ciò che sapeva. «Breakdown è stato catturato da un’organizzazione di umani chiamata MECH.»

Umani che danno la caccia ai cybertroniani? «Che cosa puoi dirmi su di loro?» domandò perplessa.

«Sono interessati nello sviluppare tecnologia molto avanzata, compresa quella cybertroniana per farla loro. Sono una minaccia per gli umani quanto per noi.»

«Scienziati?»

«E militari» aggiunse Optimus.

Firestorm rifletté velocemente. «Concordo che questi umani costituiscono una possibile minaccia, specie se non si fanno scrupoli a catturare uno qualsiasi di noi.»

«Pensi che Megatron sarebbe disposto a unire le forze per debellare la minaccia prima che divampi?»

«No» asserì secca. «Considera tutti i terrestri inferiori, al pari di insetti. Non vi aiuterà mai in questo.»

Il Prime la osservò stoico. «Ma tu non sei Megatron.»

Firestorm lo guardò silenziosa per qualche attimo. «Io non sono lui» confermò quieta. Sapeva istintivamente che da dietro la maschera il Prime le stava sorridendo.

«Che ne pensi di una temporanea alleanza? Breakdown dopotutto è un tuo commilitone e noi non vogliamo che la MECH entri in possesso di tecnologie cybertroniane.»

«Accetto.»

«Bene, tolti i convenevoli…» si introdusse bruscamente Ratchet, il medico Autobot. «Sto ricevendo un debole segnale di energon, livello 3, a nord-ovest*.»

«Quel segnale non si riceve a meno che…»

«A meno che non stia perdendo energon» concluse il medico cupamente.

Il gruppo proseguì cautamente seguendo il segnale.

Firestorm non sapeva in che condizioni avrebbero trovato Breakdown e soppresse quel senso di colpa che le stava divampando nel petto ripensando alle parole che aveva detto a Knock Out. Voleva che si sbrigassero a convolare a nozze prima che fosse troppo tardi, non si aspettava certo che tardi sarebbe stata questione di ore.

La preoccupava questa cosiddetta MECH. Non importava che fossero umani. Megatron sbagliava a sottovalutarli solo perché lui era grande e grosso. Firestorm conosceva numerose specie nella galassia che avrebbero dato filo da torcere alle flotte cybertroniane, primi fra tutti i Quintessiani. Organico non significava esclusivamente debole.

Il suo rimuginare fu spezzato dalla voce di Arcee. «Lo sapevi che Airachnid è sulla Terra?»

«No. Che disgrazia» commentò aspramente.

«Puoi dirlo forte.»

Avanzarono ancora per diversi minuti, finché non raggiunsero un piazzale.

«Sembra che il segnale stia arrivando più o meno da qui» proclamò Ratchet guardandosi attorno.

Firestorm fu la prima a scorgere il frammento appoggiato al centro di una fontana, come su un piedistallo. «Quella è l’ottica di Breakdown.»

«Temo di sì» mormorò il medico, prendendo in mano l’organo e incastrandolo al suo scanner, cercando di connetterne i recettori ottici allo strumento.

Quello che videro le fece gelare l’energon nelle vene, ma la scena fu interrotta bruscamente e un umano col viso pieno di cicatrici riempì l’inquadratura.

«Lei dovrebbe essere Silas» disse Optimus con uno sguardo che alcuni avrebbero descritto come truce.

«In carne e ossa. Dal momento che il prigioniero non è uno dei vostri devo confessarvi che mi aspettavo di vedere Megatron.»

Che sfrontato.

«In questa particolare occasione gli Autobot e i Decepticon condividono un comune nemico.»

«La MECH è tutto fuorché un’entità comune» rispose l’umano.

«Quanta arroganza per un esserino così piccolo» commentò Firestorm seccata.

«Allora c’è anche un Decepticon lì presente. Bene. Come puoi vedere, il tuo compagno ci sta fornendo molte informazioni sulla vostra bio-meccanica.»

Firestorm voleva trucidarlo. La freddezza con cui stava vivisezionando Breakdown le ricordò un mech che conobbe molto, molto tempo addietro. Odiava gli scienziati come lui.

«Non abbiamo paura di voi!»

«Dovreste averla invece» ribatté Silas. «Anzi vi consiglierei di non restare troppo arroccati sulle vostre posizioni.» Grazie alle sue parole notarono le bombe nascoste.

«È una trappola!» esclamò il Prime.

«Ci hanno attirati qui di proposito» commentò Arcee.

Firestorm reagì prima che il Prime potesse aprir bocca e racchiuse le bombe in uno dei suoi scudi. Quando esplosero, non ebbe difficoltà a trattenere l’esplosione, che sarebbe stata altrimenti massiva.

«Scommetto che questo Silas non se lo aspettava» mormorò il ricognitore.

Mentre gli Autobot iniziarono a decidere come procedere, Optimus ricevette una chiamata e la cosa venne subito notata dal resto del gruppo.

«Bulkhead ha trovato Breakdown, hanno bisogno di aiuto. Per di qua» disse facendo loro strada.

Firestorm si trasformò, conscia che sarebbe stata molto più veloce volando. Già vedeva alcuni elicotteri non molto lontani dalla sua posizione quando venne affiancata da alcuni Decepticon, capitanati da nientemeno che Starscream.

«E tu che ci fai qui?»

«Potrei farti la stessa domanda» rispose stupita.

«Sono qui per salvare Breakdown, ovviamente! Visto che il nostro illustro leader non ha ritenuto necessaria una missione di soccorso, sono venuto a risolvere la situazione per conto mio!»

«Megatron ha esplicitamente detto di lasciare Breakdown a questi parassiti?»

Starscream rise malizioso. «A quella vecchia ferraglia non importa niente di nessuno di noi! Pensavo fosse ovvio» sibilò sdegnato.

«Lo è» asserì Firestorm. «Non mi aspettavo che annunciasse apertamente la sua noncuranza per le sue stesse truppe. È una mossa stupida da parte sua.»

«Beh, che ci vuoi fare? È sempre stato un po’…»

«Basta cincischiare. Raggiungiamo Breakdown e riportiamolo alla base» lo interruppe la femme, accelerando bruscamente e tranciando di netto un elicottero, per poi sparare a raffica sugli altri e abbattendoli.

Starscream e la sua squadriglia atterrarono in formazione, ma i terrestri si erano già dispersi. Firestorm atterrò poco più in là, scrutando furiosa il buco nel viso del mech dove prima c’era un’ottica.
Per non dare occasione al SIC di fare una scenata Firestorm ordinò subito l’apertura del ponte terrestre e trascinò Breakdown oltre il portale.

«Forza, in infermeria.»

Quando entrarono Knock Out era ancora lì che si lucidava e se non fosse stato già bianco in viso, sarebbe sbiancato. «Breakdown! Che ti è successo?»

«Sta tranquillo, è solo un graffio.»

«Solo… solo un graffio? Ti manca un’intera ottica! E guarda la tua corazza, è ricoperta di graffi, come se…»

«Come se una trivella avesse cercato di aprirmi in due?»

Ancora una volta, Knock Out rimase senza parole. Firestorm lesse nel suo campo EM quanto fosse sconvolto e si chiese se sarebbe stato in grado di operare. «Stenditi, ti faccio un po’ di anestesia e ti sistemo» decise la femme.

«No!» sbottò Knock Out. «Ci penso io a lui.»

Firestorm lo studiò per un attimo. Poi annuì, lasciando che il medico si occupasse del suo amante. Non le restava che confrontare Megatron.

Il tiranno aveva consapevolmente abbandonato uno dei suoi Decepticon, cosa che non la stupiva, ma lo aveva fatto in uno spazio pubblico. Soundwave non era l’unico sempre in ascolto. Per quanto li considerasse semplici droni, i vehicon non erano sciocchi e soprattutto non erano sordi: la voce che il loro prezioso leader abbandonava così facilmente uno dei suoi maggiori ufficiali si sarebbe diffusa velocemente, con la consapevolezza che le loro vite erano ancora più insulse agli occhi dell’ex-gladiatore. Solo perché erano programmati in un certo modo, leali, sacrificabili, non significava che fossero semplici burattini.

Rischiava di scoppiare una rivolta, non che Firestorm fosse contraria. Non la avrebbe neppure impedita in circostanze diverse, ma purtroppo aveva un ruolo da coprire. I vehicon potevano mostrarsi sleali e disertare; lei non aveva quel lusso.

Trovò il titano sulla plancia. Soundwave era ad una delle console intento a lavorare, ma con ottiche e canali uditivi ben aperti.

«Mio signore.»

«La riunione è stata più lunga del solito o sbaglio?» domandò Megatron voltandosi.

«In realtà è stata piuttosto breve. Abbiamo discusso di un altro dei capolavori di Blitzspear.»

«Ah, capisco» disse comprensivo. Il mech in questione aveva provato a unirsi ai Decepticon qualche millennio prima, ma tutti quelli che lavoravano nella med-bay avevano protestato indignati.

Blitzspear non era altro che un ciarlatano che avrebbe finito per avvelenarli tutti. Era stata pura fortuna che gli aveva permesso di andarsene illeso: i cannoni della Nemesis erano fuori uso per via di un precedente scontro con una nave Autobot e non si erano ancora ricaricati. C’è da dire che da allora il mech aveva preso a nascondersi sporadicamente su mille e più mondi diversi, restando sempre in movimento per paura di essere trovato dai Decepticon e fatto fuori. Stupidamente, firmava ancora tutte le sue ricerche col suo nome. Prima o poi lo avrebbero scovato.

Megatron ritornò al presente. «E che cosa hai fatto nelle ultime ore?»

«Sono uscita per affiancare Breakdown nel suo giro di ricognizione» rispose con casualità. «Immagini la mia sorpresa quando mi sono imbattuta negli Autobot e non crederà mai cosa mi hanno detto.»

«Che cosa?» sbraitò il mech.

Firestorm non esitò ad alzare uno scudo e parare il pugno che altrimenti la avrebbe colpita. Si limitò a inarcare un sopracciglio confusa. «Qualcosa non va, mio signore?»

«Certo che qualcosa non va! Tu, Starscream, quest’intera nave!» vaneggiò quello.

Firestorm notò che tutti sul ponte si erano fermati per guardare di sottecchi il tiranno e che Soundwave lo guardava apertamente.

«Avevo ordinato di lasciarlo perdere! Che se la sbrigasse da solo con quei microbi umani!»

«Temo di non sapere di cosa stia parlando» disse pacatamente la femme. Dopotutto aveva saputo da Starscream la brillante decisione del suo leader. In quegli istanti, dovette ricorrere a tutta la sua pazienza. «Stavo raccontandole di come mi sono imbattuta negli Autobot, che questi mi hanno informata della situazione di necessità in cui versava Breakdown e come ci siamo messi alla sua ricerca… Mio signore, sapeva già che Breakdwon avesse bisogno di soccorso?»

«Certo che lo sapevo, io so sempre tutto!»

«Oh. Immagino che avesse già inviato delle…»

La risata crudele di Megatron la interruppe. «Se Breakdown si lascia sconfiggere da dei deboli umani, allora non è degno di essere un Decepticon!»

«Fortuna che non ha avuto bisogno di aiuto» sancì la seeker.

«Eh? Cosa hai detto?»

«Breakdown si è liberato da solo. Quando sono arrivata stava sparando contro gli umani, schiacciandoli sotto i suoi piedi» mentì schietta.

Megatron assunse un’espressione dubbiosa. «Ma davvero?»

«Mi sta dando della bugiarda?» chiese sfrontatamente. Era un azzardo, ma sapeva che non avrebbe avuto problemi a difendersi né ad atterrare Megatron.

Il tiranno la studiò a fondo. «No. Tu non mi hai mai mentito» rispose calmandosi. Solo allora si rese conto che tutte le ottiche erano fissate su di lui. «Che state facendo? Tornate immediatamente al lavoro!»

Firestorm fu congedata. Si diresse verso le sue stanze e poco dopo Soundwave la raggiunse. Si scambiarono un’occhiata.

«Era completamente fuori di sé» disse la femme esterrefatta. Soundwave annuì. «Che sia l’energon oscuro ad influenzarlo?»

Megatron non era un idiota, al contrario di Starscream. Era un politico. Sapeva come incantare le masse per avvicinarle a sé e piegarle alla sua volontà, con intelligenza, carisma e scaltrezza. Quelle qualità erano completamente sparite durante la loro conversazione. Non era la prima volta che l’ex-gladiatore scoppiasse d’ira, ma questa volta aveva la sensazione che fosse diverso.

Soundwave piegò il capo, pensieroso. Non aveva mai visto Megatron comportarsi in modo così selvaggio. Era un’anomalia che non gli piacque per niente.

«Credo che dovremmo tentare di detossificarlo nuovamente, ma temo che non ce lo permetterà. È diventato dipendente dall’energon oscuro e ogni nostro sforzo per rimuoverlo sarà soppresso con violenza.»

Soundwave annuì concorde; se Megatron continuava su quella strada, lo avrebbero perso. Mostrò alla femme alcune immagini sul suo visore, consapevole che la seeker avrebbe compreso facilmente.

Infatti, dopo un minuto gli chiese: «Aggiungere sedativo al suo energon, forzare una stasi e depurarlo? Ci vorrebbe un miracolo perché non noti il farmaco, che non è proprio inodore e privo di gusto.»

Il mech annuì, consapevole del problema.

«Potrei cercare in rete altri composti abbastanza potenti e difficilmente scovabili, ma ci vorrà del tempo» ponderò Firestorm. Non era certa che avrebbero avuto successo. Stavano dopotutto pianificando di drogare Lord Megatron; avrebbe avuto le loro teste se ne fosse venuto a conoscenza. «Inoltre dovrai assicurarti che non resti traccia online del nostro passaggio, sia mai che decida di guardare la cronologia del database. Per il momento assicuriamoci che non tocchi più neanche una goccia di energon oscuro.»

Ancora una volta Soundwave approvò del piano con un cenno del capo, per poi lasciarla sola.

Firestorm sospirò. Megatron stava diventando sempre più pazzo e ora le toccava pure fargli da balia. Ancora una volta, non poté evitare di pensare che sarebbe stato meglio se fosse rimasto morto.
 
 
 
 
* dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 16 della prima stagione “Operazione Breakdown”

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Breakdown si era ripreso bene dall’incontro con quella MECH. Aveva coperto il bulbo oculare vuoto con una benda e Knock Out aveva personalmente lucidato la sua corazza fino a farla risplendere. Il dottore aveva preso a ronzare costantemente attorno al suo assistente, non lasciandolo mai solo nemmeno per dormire. Firestorm sapeva che avevano iniziato a condividere il letto ogni notte, perché Soundwave li aveva ripresi uscire insieme dalle stanze del medico tutte le mattine quella settimana.

Knock Out era chiaramente agitato e la femme pensava che centrassero anche le sue parole. Breakdown aveva rischiato di morire prima che potessero confessarsi l’uno all’altro.

«Allora, quanto pensate ci metteranno a fare l’annuncio?» domandò Daisy mentre sistemavano l’inventario della med-bay. Knock Out e Breakdown erano stranamente assenti.

«Mmh… tre giorni?» disse HO-762, detta Honey.

TR-011 sbuffò. «Macché. Sono passati millenni da quando stanno insieme non ufficialmente, ora che diventeranno Conjunx ne passeranno altrettanti.»

«Non essere così pessimista Troy!»

«Sono semplicemente realista Daisy» replicò TR-011 scrollando le spalle.

«Comandante, lei che ne pensa?» le chiese JE-554. «Crede che aspetteranno ancora?»

Firestorm rispose senza distogliere lo sguardo dal groviglio di cavi che le era capitato tra le mani. «Dopo aver detto a entrambi di darsi una mossa, spero proprio che non ci facciano attendere oltre.»

Honey sussultò stupita. «Si è messa a giocare Cupido?» Squittì imbarazzata quando la seeker le lanciò un’occhiata indescrivibile.

«Una specie.»

«Wow! Beh, speriamo che funzioni! Mi piacerebbe vedere la cerimonia!» esclamò Jessica, marcata JE-554.

In quel momento Knock Out entrò in infermeria e il gruppo riprese silenziosamente a riordinare; stranamente, era da solo. Firestorm avrebbe scommesso che Daisy, Honey e Jessica stessero spettegolando sui comm-link.

Improvvisamente un messaggio le arrivò da Soundwave: Breakdwon si era offerto di recuperare un’antica arma Decepticon per recuperare l’onore perduto venendo catturato dai terrestri. Firestorm pregò che non gli accadesse niente. Il TIC le assicurò che stava vegliando su Breakdown attraverso il satellite e che l’avrebbe informata per qualsiasi intoppo, ovviamente omettendo a Megatron qualsiasi azione avrebbero segretamente preso.

Megatron era diventato instabile. Firestorm pensava che Starscream fosse il più volatile mech che avesse mai conosciuto, ma l’ex-gladiatore lo stava superando di grosso. Dovevano sbrigarsi a curarlo o sarebbe peggiorato; quantomeno avevano installato telecamere nel magazzino dov’erano stipate le ultimissime scorte di energon oscuro e finora Megatron non vi si era avvicinato.

Razza di folle, iniettarsi il sangue dell’Unicron…

La seeker rabbrividì al pensiero. Ma cosa gli era passato per la mente? Dove lo aveva trovato poi? Firestorm sapeva che i miti ispirati alla loro storia non erano solo leggende; in fondo il nucleo stesso di Cybertron era la scintilla di Primus, anche se ormai si era spenta a causa della guerra.

Diamine, avevano ucciso Primus! Perché ancora volevano combattere? Volevano che Unicron sorgesse al posto di Primus? L’unica salvezza era la Matrice del Comando che il leader degli
Autobot possedeva assieme all’All-spark che Prime aveva nascosto tra le stelle. Senza di quelle, erano destinati all’estinzione.

Se solo avesse ucciso Megatron quando ne aveva avuto l’occasione.

Se solo Megatron non avesse fatto scoppiare la guerra.

Se solo il Senato avesse ascoltato la voce del popolo.

Se solo il male non esistesse.

Le utopie purtroppo non esistono, si disse Firestorm finendo di sistemare. Ciò che poteva fare era estinguere il male corrente, Megatron; ma lui le serviva vivo. Perciò si recluse nelle sue stanze e iniziò a cercare ossessivamente un sedativo adatto ai suoi scopi. Se Unicron era il male, lo avrebbe espulso dal tiranno, anche se purtroppo non avrebbe reso Megatron buono. Un cambiamento così profondo era impossibile e non poté che pensare che ucciderlo sarebbe stato assai più benefico per tutti.

Passarono diverse ore prima che Soundwave la avvertisse del rientro di Breakdown. Con lui, aveva portato compagnia molesta.

Firestorm represse un gemito irato quando raggiunse gli altri sul ponte.

«Oh, Firestorm! Non sei cambiata affatto!»

«Airachnid» riuscì a dire con voce placida, facendosi forza per non sbattere le ali irritata.

«Non sei contenta di vedermi?» domandò quella con voce melliflua.

«Affatto.»

«Sempre così fredda, così mi ferisci!»

«Tanto meglio» borbottò Starscream.

Firestorm detestava l’insecticon. Era viziosa e crudele, scaltra, egoista e approfittatrice: tutte le varie qualità che rappresentavano i maggiori ufficiali della Nemesis, racchiuse in un unico ripugnante essere.

«Come mai non ci hai contattati non appena arrivata sulla Terra?» domandò Firestorm puntigliosa. «Sei arrivata diversi mesi fa o sbaglio?»

«Airachnid, ti conviene spiegarti!» ordinò irato Megatron.

L’insecticon le rifilò di soppiatto un’occhiata truce, per poi sfoderare l’espressione più gentile che avesse nel repertorio. «Mio signore, purtroppo sono rimasta appiedata a causa degli Autobot, che hanno distrutto la mia navicella, e così non avevo più mezzi per contattarvi.»

«Questo non è vero!» proruppe Starscream, squillante come una cornacchia. «Sebbene primitive le tecnologie terrestri sono abbastanza avanzate nel campo delle telecomunicazioni. Collegarsi
alle loro reti e trovare la giusta frequenza utilizzata dalla Nemesis è un gioco da ragazzi.»

Soundwave assentì concorde sotto lo sguardo del loro leader. Firestorm dovette sopprimere l’istinto di agitare le ali divertita.

«Ebbene, che hai dai dire a tua discolpa?»

Messa all’angolo, Airachnid maledisse mentalmente tutti i Decepticon. «Sono mortificata mio signore. Ho evitato gli umani come schegge credendo che fossero solo una sottospecie a malapena capace di camminare su due piedi-»

«Allora sei cieca! Lo si vede da lontano un miglio che non sono così indietro!» sbottò nuovamente il SIC. «Ammettilo, sapevi benissimo quel che stavi facendo: evitandoci!»

«Basta così» asserì Megatron. «Airachnid, ti trovi in una posizione assai precaria. Dovrai lavorare duramente per dimostrare nuovamente la tua lealtà ai tuoi compagni Decepticon e a me.»

«Non la deluderò Lord Megatron» rispose quella con un inchino.

Furono congedati. Knock Out, Breakdown, Firestorm, Soundwave e Starscream si riunirono in segreto nel magazzino che la femme e Breakdown utilizzavano per sbronzarsi.

«Allora… vogliamo buttarla di sotto?» fece il dottore.                  

«Io ci sto!»

«Sarebbe inutile, ha scannerizzato un elicottero» rispose Breakdown.

Starscream mugugnò frustrato. «Perché non ce ne sbarazziamo e basta? Andiamo, chi fra di noi la vuole a bordo?» Le espressioni seccate che lo circondavano erano la risposta che cercava.

«Esatto! E dubito che Megatron la vorrà a bordo ancora per molto.»

«E perché?» domandò Knock Out.

«Perché commetterà un errore così madornale da volerla terminare con le sue stesse mani.»

«Airachnid non è una sprovveduta. È abituata ad avere tutti contro, non sarà facile metterla all’angolo» dichiarò saggiamente Firestorm.

Soundwave mostrò l’immagine di una miniera, poi di un’esplosione.

«Non funzionerebbe, quella sa scavare sotto terra.»

«Potremmo avvelenarla» propose Starscream.

«O potrei installarle un virus con la scusa di un check-up completo» suggerì Knock Out.

«Ricordatevi che non dobbiamo farci scoprire. Se riusciamo ad ucciderla, è meglio che Megatron non lo venga a sapere» soggiunse la femme. Se volevano fare una pazzia, dovevano essere cauti e razionali o avrebbero fallito.

«Chissà quali menzogne starà propinando a Megatron per farsi piacere!» chiosò il SIC.

«Beh, se vogliamo dirla tutta, quel ragno è ambizioso e subdolo, perciò quello più a rischio sei tu Starscream» commentò Knock Out.

Il seeker sobbalzò. «Cosa? E perché?»

«Perché sei il Secondo in Comando, una posizione troppo ghiotta per lei, e perché ti trova insopportabile.»

«Io non sono insopportabile!» il suo sguardo scorse sui suoi compagni, ma quando le sue ottiche incrociarono quelle fredde di Firestorm, tentennò. «Andiamo Stormy, non sono poi così male, vero? In fondo siamo stati amici per tantissimo tempo.»

La femme scosse le ali al soprannome, mandando giù il nodo che le si formò in gola. «Strano, ero convinta di essere una tua nemica.»

Il gruppo si ammutolì. Sulla Nemesis non c'era bot che non sapesse che i due seeker avessero preso strade diverse per la prima volta dopo eoni – tranne Megatron, che era incosciente durante l'evento e che nessuno aveva voluto informare. Si evitavano come peste cybonica.

Starscream esclamò stupito. «Noi nemici? Oh andiamo, non essere sciocca! Lo hai sempre detto tu che noi seeker ci guardiamo le spalle a vicenda, perché ora dovrebbe essere diverso?»

Il gruppo raggelò quando la femme espanse il proprio campo EM, rovente come la lava.

«Perché tu non hai mai guardato le mie spalle» rispose quella inviperita.

Tutti sapevano che era vero. Era sempre Firestorm a tenerli insieme, a fare l'unico sforzo, e alla prima occasione Starscream aveva pugnalato anche lei.

Knock Out, Breakdown e Soundwave si sentirono improvvisamente di troppo e si allontanarono mentre i due seeker si lanciavano sguardi affilati come lame.

«Dite che se le daranno?» chiese il medico.

Il suo partner scosse le spalle. «Non credo che Firestorm gli farebbe del male, ma uno schiaffo in faccia glielo potrebbe anche mollare. Non è mica Megatron.»

E d'un tratto urla incomprensibili risuonarono dal magazzino che avevano appena lasciato.

«Ma che roba è?»

«Vos - lingua» spiegò Soundwave.

«È vosiano? Stanno cinguettando in vosiano?» strepitò Knock Out appiattendosi sulla porta per ascoltare. «Non sapevo suonasse così...» sobbalzò all'indietro udendo un forte tonfo. «Mi sa che sta ammazzando Starscream.»

Sentirono uno strillo, che attribuirono a Starscream – quando mai Firestorm avrebbe urlato in quel modo? – seguito da un altro tonfo, più forte del precedente.

«Meglio preparare la med-bay» sospirò Knock Out, allontanandosi con Breakdown.

Soundwave restò per qualche minuto, poi anche lui si allontanò.

 
 

«Questo non è vero! Ci sono sempre stato per te!»

«Sei solo un verme e un bugiardo, tu non hai fatto mai niente per me!»

«Beh, e anche se fosse? Tu sei Firestorm, l’invincibile, l’intoccabile, l’inamovibile! Nulla può mai ferire la più grande guerriera Decepticon allenata personalmente da Lord Megatron. Sei solo un pezzo di ghiaccio, senza cuore proprio come Megatron» sibilò ridendo roco. «Chi mai potrebbe amare una come te?»

Gli tirò uno schiaffo così forte da farlo sbattere contro delle casse. Sbigottito, Starscream si portò una mano alla guancia ferita. Alzando le ottiche per guardare l’altra e insultarla nuovamente, si bloccò vedendola con le lacrime pronte a bagnarle il viso.

«Lo so benissimo che sono un mostro» disse con voce tremolante. «Ma ci sto provando ad essere buona.»

Non l’aveva mai vista piangere. La sua voce non aveva mai tremato così.

Ma non poteva dimenticare Vos avvolta dalle fiamme.

«Ma fammi il piacere!» sbottò sulla difensiva. «Tu, buona? Con tutto l’energon che hai sulle mani ti credi buona? Sei il pupazzetto di Megatron, a ogni suo ordine scatti come la serva ubbidiente che sei!» Strillò quando la femme le lanciò contro una delle casse, che evitò per un soffio. «Ma sei fuori di testa?»

Firestorm strinse i pugni dalla rabbia. Avrebbe tanto voluto strangolarlo finché le ottiche non gli fossero esplose, ma non lo fece. Lei non era solo uno strumento di violenza. «Io non sono la schiava di nessuno.»

«Non mi pare che-»

«Che altra scelta avevo?» gridò allora Firestorm, zittendo all’istante Starscream. Annaspò senza fiato. «Se non mi fossi unita ai Decepticon e piegata a Megatron…»

«Cosa? Saresti morta?» sbuffò sarcastico il SIC.

«Non l’ho fatto per me.»

Il seeker strabuzzò le ottiche sbalordito. «C-come?»

«Non l’ho fatto per me» ripeté stanca. Si sedette su una cassa, nascondendo il viso tra le mani. «Non sei l’unico con una famiglia da proteggere.»

A quello, Starscream non aveva nulla da ribattere. Quando fece per parlare, la femme si alzò, asciugandosi meglio che poteva il viso ma priva della forza per sollevare le ali. La vide camminare moscia fuori da lì e istintivamente levò un braccio per fermarla, ma ci ripensò e lo riabbassò.

Conscia di quello che stava per succedere, Firestorm corse verso le sue stanze, fortunatamente non incrociando nessuno. Chiuse le porte dietro di sé e scoppiò a piangere.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***



Fu ferita come non mai dalle parole del vosiano, taglienti e velenose come le lame che spesso l’avevano trafitta in passato. Con la mente invasa da brutti ricordi, Firestorm prese a evitare completamente il seeker argentato per paura che la attaccasse nuovamente. Dopotutto, non erano mai state le ferite fisiche a spaventarla.

Ovviamente la sua nuova attitudine non passò inosservata agli altri ufficiali, che si domandarono cosa fosse successo. A Knock Out e Breakdown pareva di star camminando su cocci di vetro ogni qualvolta fossero in sua presenza, mentre Soundwave prese a tenerla d’occhio e a farle silenziosa compagnia, che scoprì ben accetta quando Firestorm, ultimamente silenziosa quanto lui, iniziò ad appoggiarsi alla sua spalla in cerca di conforto.

Tutti cercarono di tenere Megatron all’oscuro, per paura che gettasse altra benzina sul fuoco. Soundwave temeva che la femme non avrebbe retto la discussione che ne sarebbe seguita e che si sarebbe scagliata contro il loro leader per sfogarsi.

Non poté fare nulla se non guardare quando la seeker fu chiamata sul ponte per parlare con Megatron, dove il TIC lavorava in disparte sulla sua console. Era presente anche Airachnid. Soundwave tremò quando sentì che stavano parlando proprio di Starscream.

«Ultimamente è troppo silenzioso, la cosa non mi piace» sentì Megatron dire.

«Uno Starscream che non complotta è uno Starscream con troppi pensieri per la testa» asserì Firestorm, che aveva un’idea precisa di quali pensieri gli ronzassero per il processore in quei giorni.

«Significa che non riuscirà a inventarsi nulla di lontanamente decente per eliminarmi» dedusse l’ex-gladiatore.

Firestorm esitò un momento, ma poi aggiunse: «Ma sarà anche troppo distratto.»

Megatron la guardò torvo. «Credi che non riuscirà a svolgere il suo lavoro?»

«Sì.»

«Se è solo un peso, tanto vale liberarsene. Giusto, Lord Megatron?» intervenne Airachnid.

«Tu che ne pensi Firestorm?»

Doveva scegliere con attenzione le sue parole. Nonostante tutto, non voleva che Starscream morisse. «Ognuno di noi è un circuito che fa funzionare un meccanismo più grande. Tutti i pezzi devono essere in buone condizioni per lavorare efficientemente.»

«Se un pezzo è guasto va sostituito» incalzò Airachnid malignamente.

«Sostituire Starscream?» fece Firestorm con fare ingenuo. «Non vedo nessuno in grado di farlo da queste parti.»

«Io sono più che capace di-»

«Basta così» la interruppe Megatron bruscamente. Si rivolse a Firestorm. «Cosa mi suggerisce la mia consigliera di fiducia?»

«Parlerò con Starscream e cercherò di rimetterlo in funzione.» Più facile a dirsi che a farsi, visto che lo stava evitando.

«E se non ci riuscissi?»

«A volte un po' di tempo è quello che ci vuole. Starscream alla fine torna sempre» rassicurò Megatron, ma non credeva alle sue stesse parole.

Starscream non sarebbe tornato da lei.

Il tiranno assentì con un cenno del capo, poi cambiò completamente discorso. «Ascoltate, voglio che entrambe organizziate più squadre per raccogliere questi materiali» disse porgendo alla seeker un datapad. «Firestorm sarà a capo dell’intera operazione, il che significa che dovrai rispondere a lei, Airachnid.»

«Sono certa che faremo faville insieme.»

Firestorm la ignorò. «Quando vuole che iniziamo?»

«Immediatamente.»

La seeker si inchinò e raggiunse la console libera più vicina. Rapidamente lesse il contenuto del datapad, non rimanendo sorpresa; si meravigliò che Megatron avesse aspettato così tanto a dare l’ordine. Accese la console e aprì l’elenco dei vehicon presenti sull’astronave e iniziò a comporre le squadre nel modo più equilibrato possibile, mischiando minatori, scavatori e soldati. Trattenne una smorfia quando l’altra femme l’affiancò.

«Allora, Comandante Firestorm, come intende procedere?»

«Team di quindici. Sette soldati, sei minatori e due al volante degli scavatori. Raccoglieremo subito i materiali più facili da trovare.»

«Non sarebbe meglio-»

«No.»

«Ah, capisco» mormorò saccente. «Tu hai paura di me.»

Firestorm non si degnò di guardarla né interruppe il suo lavoro.

«È così ovvio» proseguì l’altra. «Dopo tanti secoli non sei più l’unica femme a bordo di questo vascello e la cosa ti intimorisce.»

«Ci sono altre femme a bordo.»

«Ti riferisci a quei vehicon? Per favore, sono solo semplici droni!» Airachnid era completamente ignara delle orecchie tese ad ascoltarla, o forse non le importava. «Noi invece siamo di tutt’altra classe. Da donna a donna, credo che in tutto questo… caos, manchi il tocco di una femme. Non sei d’accordo?»

Un mugugnare distratto fu la sua risposta.

«Sapevo che parlavi la mia lingua! Perciò, che ne dici di unire le forze? Non sarebbe male avere il potere tutto per noi? Due potenti femme come noi a capo dell’intera armata Decepticon?»

«Airachnid.»

«Sì?»

«Taci e mettiti al lavoro.» Il suo ordine fu seguito da qualche risata mozzata.

Con la coda dell’occhio la vide guardarla truce, un’espressione alquanto frequente in quei giorni.

«Agli ordini, Comandante.»

Finalmente, la lasciò in pace. Appena arrivata e già pianificava tradimento, più veloce di quanto avesse mai fatto il SIC. Deglutì e scacciò il pensiero del seeker. Il compito che Megatron le aveva affidato, compreso sorvegliare Airachnid, la avrebbero distratta per un po’, ma sapeva che avrebbe avuto presto a che fare con Starscream. Megatron lo voleva tenere d’occhio ed era sempre stata lei a occuparsene in passato. Se non si fosse offerta di parlarci, sarebbe stato sospetto. Non voleva che Megatron andasse a impicciarsi nei suoi affari personali.

Compose velocemente la prima squadra e ordinò ai vehicon di raggrupparsi entro mezz’ora nella sala riunioni 8. Non ce la faceva più a stare rinchiusa sulla Nemesis con Starscream, Megatron e Airachnid tutti assieme; era una tortura alla quale non si sarebbe più sottoposta, non era una masochista.

La sala riunioni 8 non era per nulla grande; non aveva finestre, né tavoli o sedie. Le uniche cose di nota erano il grande schermo col suo proiettore – spesso utilizzati in gran segreto per guardare qualche film terrestre, anche se la pratica era andata in disuso col ritorno di Megatron – e la console appostata a una parete dalla quale si poteva attivare il ponte terrestre. Firestorm supponeva che anche lo scomparto nascosto dietro la console e riempito di energon grezzo scadente era degno di menzione.

Per quanto volesse bersi un sorso non lo fece. Aveva già assaggiato quell’energon ed era pessimo. Certo, le restava ancora un po’ della bottiglia acquisita da Breakdwon, ma decise di risparmiarla per la giusta, disastrosa occasione.

Per come le cose stanno andando ultimamente, mi sa che la finirò presto.

Il primo dei vehicon ad arrivare fu Robin. «Comandante Firestorm!» trillò quello con la solita esuberanza. Se fosse stato un cucciolo di cane, starebbe scodinzolando felice.

Quando anche il resto del team arrivò, spiegò in pochi termini i dettagli della missione. Avrebbero in primis raccolto le materie prime presenti nella natura terrestre, ergo la presenza di minatori e scavatori.

Megatron non aveva dato un tempo limite per completare l’incarico: era superfluo. Considerato il suo atteggiamento volatile peggiorato dall’energon oscuro, avevano circa dieci giorni per raccogliere energon e metallo a sufficienza e doveva farseli bastare. Per questo messaggiò Airachnid e sottolineò l’importanza del fattore tempo e non ricevette alcun rimbecco dall’altra; a quanto sembrava si era accorta dell’instabilità di Megatron e non voleva correre rischi.

Partì con la prima squadra e li indirizzò al raccoglimento del metallo; dopo due ore decise che la squadra era ben assortita e compose da remoto altri gruppi, ordinando loro di mettersi immediatamente al lavoro. Diresse tre squadre in Brasile, quattro in India, altre quattro negli Stati Uniti e due in Cina; Airachnid fece altrettanto in altre zone. Se gli Autobot si fossero accorti dell’incremento di attività, sarebbero stati forzati a dividersi e in quel caso li avrebbe intercettati prima che interrompessero gli scavi. Avevano una scadenza stretta che non permetteva ritardi.

Dopo sei giorni di lavoro congiunto con l’Insecticon avevano raccolto abbastanza metallo e anche tonnellate di riserve. Con pochi giorni ancora a disposizione secondo la loro tabella di marcia, era tempo di raccogliere montagne di energon. Dispose le truppe a prosciugare tutte le miniere del Nord America, partendo da quelle più vicine alla costa orientale e procedendo man mano verso la cosa opposta, aumentando la sorveglianza di queste grazie alla collaborazione di Soundwave. Nel mentre che le miniere venivano prosciugate, ordinò a Breakdown e Knock Out di capitanare una squadra di ricerca per nuove fonti di energon. Non potevano rischiare di rimanere a secco per uno degli stupidi progetti di Megatron.

Il tempo stringeva e tutti erano impegnati a lavorare fino a consumarsi per soddisfare il loro signore; le truppe quanto gli ufficiali sapevano che dispiacere l’ex-gladiatore avrebbe comportato gravissime conseguenze.

Quando quelle prime miniere furono completamente svuotate trattenne un sospiro; non c’era ancora abbastanza energon. Fece scavare il prezioso minerale nelle piccole miniere in Canada e nelle più grandi presenti in Europa.

Fu la squadra in Polonia che infine andò incontro a problemi.

Firestorm raggiunse la loro posizione e osservò uno degli Autobot ingaggiare battaglia con i soldati, tenendosi a distanza dal colosso come aveva insegnato loro. Bulkhead preferiva combattere a distanza ravvicinata, era dotato di grande forza ma piuttosto lento. I vehicon invece avevano poco nulla in forza, ma erano più veloci di lui e riuscirono a schivare i primi colpi sferrati dal nemico.

«Soldati, ritiratevi assieme al resto della squadra. Raggiungete il gruppo a nord» istruì Firestorm a gran voce.

«A nord? Che cosa c’è a nord?» squittì una voce ai suoi piedi.

Firestorm abbassò lo sguardo e vide una piccola umana.

«Miko, va via di lì!» gridò Bulkhead.

Quando l’umana ebbe preso riparo dietro alcuni alberi, Bulkhead le si avvicinò minaccioso. «Non so che cosa stiate combinando voi Decepticon, ma non lascerò che continuiate!»

Firestorm come al solito lo guardò impassibile. «Raccogliamo risorse, energia per i nostri corpi, come voi Autobot.»

Le sue parole gli diedero un attimo di pausa. «Si, certo.»

L’Autobot fece per proseguire, ma poi ci ripensò. Lo vide spostare il peso da un piede all’altro con fare indeciso.

«Posso aiutarti in qualcosa?» gli domandò allora, beandosi del suo imbarazzo.

«Cosa, aiutarmi? Ma che stai dicendo! Tu… Io, uh… ecco…»

«Bulkhead voleva sapere come sta Breakdown!» intervenne l’umana a gran voce.

«Miko!»

Firestorm guardò prima l’una poi l’altro. «Sta bene» rispose pacata.

«Davvero? Che gran sollievo!» enunciò il mech e una fragorosa risata lo fece sobbalzare. «No, non è quello…! Intendevo… e smettila di ridere Miko!»

Mentre quelli bisticciavano, contattò uno dei soldati che avevano assistito agli scavi lì prima di essere interrotti. -Qui Firestorm, rapporto della situazione.-

-Sissignora! La nostra squadra è riuscita ad estrarre il 68% dell’energon presente nella miniera partendo dai tunnel più in superficie. Quando l’Autobot è arrivato, i minatori hanno fatto crollare i tunnel ancora da setacciare. Per gli Autobot sarà molto difficile scavare là sotto.-

-Ben fatto. La tua squadra continuerà ad aiutare dove siete ora, dopodiché potrete rientrare alla Nemesis per una pausa. Firestorm, chiudo.-

-Ricevuto, Comandante.-

Nella loro distrazione l’Autobot e l’umana non si accorsero che Firestorm si era allontanata.

La seeker contattò Airachnid per sapere a che punto erano le sue squadre, concentrate in Australia, Russia e Africa meridionale.

-Se non le dispiace aspettare Comandante, sono nel mezzo di uno scontro.-

-Sto arrivando.-

-Non serve, lasci che mi diverta un po’!-

-Airachnid.-

-Oh beh, se insisti…-

Ricevette le sue coordinate e sfruttò il ponte terrestre per raggiungerla. Airachnid era una buona combattente, ma tendeva a distrarsi per le cose più insulse, come Arcee.

Firestorm atterrò ad alcuni metri dall’insecticon e la vide intrappolata nella sua stessa ragnatela. Non curandosi di essere discreta, prelevò una fotocamera dal suo sub-spazio e immortalò l’attimo.

Airachnid lanciò un grido aimalesco. Firestorm la guardò giudiziosa. Airachnid sbuffò e distolse lo sguardo, strattonò le braccia cercando di liberarsi ma senza successo.

L’insecticon accennò un ghigno impacciato. «Comandante Firestorm, se potesse cortesemente liberarmi, le sarei molto grata.»

Firestorm le sorrise magnanima. «Visto che l’hai chiesto così gentilmente…» Sguainò la spada e in pochi fulminei scatti il ragno fu liberato.

Airachnid si schiarì la voce e fu salvata dal rumore di un’esplosione. «Se permette Comandante, vorrei finire ciò che…»

«Arcee ha iniziato?»

«Ma come osi! Voglio dire…»

«Muoviamoci. Non voglio che la miniera cadi in mano agli Autobot» ordinò autoritaria.

Combinando le forze riuscirono a intrattenere Arcee abbastanza a lungo da far crollare la miniera e ritirarsi con le truppe. Firestorm lasciò la scena sotto lo sguardo sempre attento di Optimus Prime.

Due miniere sono andate, ma almeno ne abbiamo ricavato abbastanza.

In realtà era sorpresa che gli Autobot ci avessero messo tanto a notare le loro operazioni, considerato quanto fossero attivi in tutto il pianeta in quei giorni, ma come si suol dire: a caval donato non si guarda in bocca.

Dei dieci giorni a disposizione ne restavano due.

Grazie a Primus non ci furono altre interruzioni. Le truppe erano visibilmente stressate, ma il duro lavoro fu un’ottima valvola di sfogo. Aiutò che Robin tirò fuori delle casse stereo e prese a ravvivare l’ambiente con della musica; anche altri team fecero lo stesso, come Robin chiedendole il permesso. Sembravano trovare un po’ di sollievo e pian piano si alzarono cori sommessi e i minatori iniziarono a picconare al ritmo della melodiosa voce di Songbird.

Se li aiuta a lavorare meglio, ben venga.

Tra litanie e picconate, passarono anche quei due giorni.

Allo scoccare del suo timer interno, Firestorm ricontrollò un’ultima volta il bottino raccolto.

Si voltò verso tutti i vehicon che erano stati impiegati per completare la missione, ammassati sulla piattaforma di lancio, davanti ai quali si ergevano gli ufficiali.

«E allora?» domandò Starscream irritato.

La femme vide antenne drizzarsi e ottiche ricalibrarsi.

«Abbiamo raccolto metallo ed energon più che a sufficienza. Possiamo dormire tranquilli stanotte.»

Un coro di acclamazioni squarciò la calma di quel cielo nuvoloso.

Soundwave le si avvicinò.

«Riferirai a Lord Megatron dei progressi fatti?»

Luì annuì e uno smile sorridente comparve sul suo visore, poi si dileguò.

Internamente, tirò un sospiro di sollievo. Megatron non sarebbe stato dispiaciuto.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Era notte fonda sulla Nemesis. Breakdown era di guardia sul ponte come ufficiale maggiore; Firestorm semplicemente non riusciva a chiudere ottica. Si era rintanata nella palestra personale di Megatron, a cui solo pochi favoriti avevano accesso e dove le più strabilianti armi erano custodite in attesa di essere sfoderate in battaglia. Là era lontana da sguardi indiscreti e l’unico che avrebbe avuto il coraggio di interromperla era Megatron stesso, che stava riposando indisturbato nei suoi alloggi.

Teneva saldamente la spada in mano, studiando i droidi da allenamento che la circondavano, tutti più grossi di lei, pronti a distruggerla. Veloce come un lampo attaccò il droide alla sua sinistra impalandone la testa e disattivandolo per sempre. Non guardò il suo corpo cadere a terra, impegnata a schivare la raffica di colpi di blaster. Si protesse con la lama il collo e il volto e ricambiò il fuoco. Attaccò il seguente droide e si perse in quella familiare danza, schiva, affonda, salta, taglia. I suoi movimenti erano fluidi e sicuri. Combattere era una cosa che conosceva fin troppo bene.

Per quanto vincere uno scontro era facile, altrettanto non era superare una crisi come quella che stava vivendo. Sospirando, rientrò nelle sue stanze e come altre volte si lasciò cullare dalla melodia del getto di solvente. Con Starscream aveva toccato il fondo e non sapeva come risalirne. Non era sicura che lo volesse, ma odiava restare bloccata in quel limbo senza far nulla. Ma cosa fare…

Sospirando ancora una volta, pregò affinché Primus le desse delle risposte.


 
La piccola cybertroniana era rannicchiata su se stessa, piangente. Il suo sire le si avvicinò con passo leggero per non spaventarla.

«Che succede piccola mia? I grandi guerrieri non versano mai lacrime.»

«Ho litigato con Vector» singhiozzò quella. Ecco, adesso si stava rendendo ridicola davanti al suo sire. Che imbarazzo.

«E cosa ha fatto tuo fratello per farti versare un fiume di lacrime?»

«Continua a barare per vincere!» strepitò la giovane seeker.

L’adulto socchiuse gli occhi. «E allora bara anche tu e vinci.»

La piccola lo guardò spaesata.

«Principessa, dovresti averlo ormai imparato che vincere spesso richiede dei sacrifici. Devi sforzarti e oltrepassare i tuoi limiti. Non farti trattenere dalle regole. L’importante è vincere, no?»

Lei annuì, guardandolo con grandi ottiche scintillanti.

«Allora fa tutto ciò che è in tuo potere per avere successo. Se cadrai, non avere timore di rialzarti. Può capitare di commettere errori, ma bada bene che il fallimento porta a gravissime conseguenze.»

«Credo di capire» mormorò la sparkling. «Devo vincere ad ogni costo, e per vincere non devo mai arrendermi!»

«Brava la mia principessa» disse il mech con la voce piena di orgoglio. Le baciò dolcemente la testa. «Solo perseverando diventerai la più forte, ricordatelo sempre.»
 

 
Intontita, Firestorm si risvegliò con quelle parole che le rimbombavano insistentemente nella mente. Ancora oggi ricordava bene quella lezione. Era cresciuta ed era diventata più forte. Aveva ucciso Starnova e Windburst. Presto sarebbe toccato a Megatron, ne era sicura, doveva solo pazientare ancora un po’. In un modo o nell’altro, da quella guerra ne sarebbe uscita vincitrice.
 
Le parole del sire non la avrebbero però aiutata in quella situazione. Vagando per i corridoi della nave, udì dei rumori sospetti. Spiò dietro l’angolo. Starscream stava rovinando il graffito commemorativo di Megatron ancora una volta, brontolando come se non ci fosse un domani.
 
Che cosa dovrei fare con lui?
 
Scuotendo le ali frustrata, lasciò il corridoio. Si diresse alla pista di lancio e si gettò nel vuoto. Le prime luci dell’alba stavano rischiarando i cieli d’oriente. Si trasformò e volò senza meta sopra l’Oceano Indiano, sperando che fra i suoi pensieri confusi balenasse presto anche un’idea per sfuggire al caos che era la sua vita.
 
Ripensò distrattamente agli ultimi importantissimi elementi che ancora dovevano raccogliere, ora che avevano accumulato sufficienti riserve di energon e metallo: l’iniettore di plasma, uno scudo a neutroni, il tesseract e una fonte di energia di portata ampia. Inviò una copia della lista a Soundave e insieme decisero saggiamente di procedere velocemente e lasciò al TIC il coordinamento delle squadre di assalto e recupero. Molti di quei pezzi erano in mano agli umani e sebbene non avrebbero avuto difficoltà ad appropriarsene, non c’erano dubbi che gli Autobot si sarebbero accorti in breve tempo delle loro razzie.
 
- Mon radieux Commandant! Posso invitarla a godersi questo radioso tramonto assieme a me ?- gongolò la voce di Knock Out sul comm-link.
 
-Perché no? Inviami le tue coordinate.-
 
In un attimo lo aveva raggiunto. Erano sulla cima di una collina e dinanzi a loro si estendeva una valle boscosa, mentre montagne così alte che sembravano sfiorare il cielo li circondavano come ad abbracciarli. «Dove siamo?» domandò Firestorm meravigliata.
 
«Queste sono le Alpi. Benvenuta in Italia Comandante!»
 
«Uno strano posto, per uno come te» notò pensierosa. «Hai partecipato a una gara qui vicino?»
 
«Beccato, lo ammetto» rispose il mech alzando le mani. «Mi chiedevo se per caso avesse escogitato un piano per sbarazzarci di un fastidioso insetto di nostra conoscenza.»
 
Sedendosi accanto a lui, si concentrò sul sole che calava oltre la valle. Da quello si rese conto che aveva trascorso l’intera giornata a bruciare combustibile volando come una pazza dall’altro lato del globo; in effetti, quando l’aveva contattata poco prima, era notte fonda. Non mi sono nemmeno accorta di quanto tempo fosse passato, pensò amareggiata.
 
«Non ho pensato a nulla. Ero… distratta.»
 
Lo vedo, pensò Knock Out mordendosi la lingua, sia mai che lo blaterasse ad alta voce! Vedendo lo sguardo assente della femme, decise di parlare a vanvera sperando di riscuoterla. Notando che mugugnava in risposta a ogni domanda, accettò che anche se poco interessata a parlare, quantomeno lo stava ascoltando. Infine chiese: «Posso azzardare una domanda, Comandante?»
 
«Spara.»
 
Sopprimendo un sussulto eccitato – finalmente aveva aperto bocca! – continuò: «Mi sono sempre chiesto perché lei odiasse tanto Airachnid. Abbiamo certamente tutti un ottimo motivo, ma proprio non riesco a cogliere il suo.»
 
La seeker non rispose subito. Ci meditò su. Poi recuperò dal suo sub-spazio la bottiglia di liquore di Sienwol VII e la tracannò fino all’ultima goccia, lasciando che il calore si diffondesse per bene in tutto il corpo prima di rispondere. «Sarei potuta diventare come lei e il solo pensiero mi disgusta. Esseri come lei non dovrebbero esistere» affermò con un’insolita rabbia.
 
«C’è da dire che Lord Megatron non è poi migliore di lei» osservò il medico, sorpreso e molto incuriosito dalle sue parole. Dopotutto, si sapeva quasi nulla del passato di Firestorm.
 
«Ne sono consapevole.»
 
Knock Out per un attimo non aggiunse altro. Poi assottigliò le ottiche. «Ma non può andargli contro.»
 
Firestorm annuì. Regnò il silenzio per alcuni minuti, poi sorprese nuovamente Knock Out dicendo: «Ho i miei motivi.»
 
«E quali motivi aveva di restare al fianco di Starscream per tutto questo tempo? Lo sanno tutti che tipo di mech sia, non è stata poi una sorpresa vederlo pugnalare anche te Firestorm, eppure non lo hai ancora abbandonato.»
 
La femme sorrise mesta. «Sei più perspicace di quel che ti si dà credito.»
 
La sua scintilla apparteneva già ad un altro – ormai non poteva più negarlo – ma Knock Out poteva riconoscere quale rara bellezza fosse al suo fianco: i raggi del sole facevano risplendere le sue ottiche come metallo incandescente e la sua corazza cremisi sembrava ardere come fuoco.
 
Knock Out riportò lo sguardo sul volto della seeker, e la scoprì con un sorriso volpino in viso. «Ah, merde!»
 
Firestorm si voltò verso il sole, perdendosi nel suo splendore. «Starscream può sembrare crudele e spietato fino alla scintilla, ma è solo un figlio del suo tempo, come la sono io.»
 
«Solo che…?» la spronò Knock Out percependo al sua esitazione.
 
«Io mi sono creata la possibilità di cambiare. Lui non era in una posizione che gli permetteva di scegliere» proseguì la femme. «Ho voluto essere al suo fianco per mostrargli che invece poteva ancora decidere un’altra strada, che il potere di scegliere era nelle sue mani, come lo è tutt’ora.»
 
«La gente spesso sottovaluta che la libertà ha un suo prezzo, che non sempre è dovuta ma va guadagnata lottando. Non tutti sono così fortunati da nascere liberi. Spesso invece quella libertà è un’illusione.»
 
«Non ne hai idea.»
 
«È l’esperienza a parlare?»
 
«Non farfuglio mai a caso, Knock Out.»
 
Il dottore le riservò una lunga occhiata. «Centrano per caso quei due seeker comparsi non molto tempo fa?»
 
Firestorm sospirò. La mia è una storia troppo lunga e turbolenta con cui appesantirti l’anima Knock Out. «Cosa dovrei fare con Starscream?» chiese per cambiare argomento.
 
«A me lo stai chiedendo?!» strepitò incredulo il mech. «Oh, beh…» Faticò a risponderle. Dopo l’ennesimo minuto di incomprensibili brusii, con voce piccola disse: «Non potreste semplicemente provare a parlare?»
 
Firestorm non perse un battito e stoicamente rispose: «Vale la pena provare.» Nel petto, la sua scintilla tremava incontrollabile. Voleva tanto, tantissimo, sbattere la testa contro la roccia più dura che ci fosse su quel miserabile pianeta. Per evitare di perdere la sua nota flemma – aveva una reputazione da difendere – prese il volo scomparendo tra le nuvole. Anziché evitare Starscream come la peste cybonica, doveva semplicemente parlargli.
 
Semplice.
 
Ma forse…
 
Mi sto trattenendo, ma perché? Gli ho parlato tantissime volte, non dovrebbe essere diverso, pensò irrequieta. Ma lo è. Questa volta è diverso perché è arrabbiato con me perché… perché è arrabbiato con me?
 
Quell’epifania non portò altro che confusione; quantomeno adesso si sarebbe decisa a parlare col seeker per sfittire le domande che stavano martellandole il processore. Ogni scusa era buona per non farla tirare indietro come una codarda.
 
Andiamo femme, sei Firestorm! Una grande guerriera, non una vigliacca!

Accelerò e con un boato rinvigorente ruppe la barriera del suono. Schizzò nel cielo in piena euforia e più risoluta che mai. Il fallimento non era un’opzione. Non avrebbe perso e non si sarebbe arresa. 

Lei era Firestorm e avrebbe vinto anche questa battaglia.

Tornata sulla Nemesis si diresse frettolosamente sul ponte, dove chiese a Soundwave di rintracciare Starscream. Il mech silenzioso si voltò lentamente verso di lei e segnalò che il seeker si trovava nella med-bay. Un istante dopo, Megatron entrò a sua volta con pesanti falcate e si appostò alla plancia principale con un inquietante ghigno stampato in volto.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***



Megatron era il male fatto metallo ed energon. Firetorm glielo leggeva in viso. Sentì la scintilla venire stritolata nel petto, faceva male ma non poteva mostrarlo.

«Mio signore» salutò inchinandosi rigidamente.

«Firestorm, come procede la missione che ti ho affidato? Come si sta comportando Airachnid?»

«Eccellentemente, lord Megatron. L’insetto, dal canto suo…»

«Disubbidisce ai tuoi ordini? Forse dovrei scambiare due parole con lei, faccia a faccia» promise il tiranno.

Firestorm annuì concorde, nessuna pietà risparmiata per l’insecticon. «Posso chiederle come mai è ricoperto di polvere e la sua corazza è ricoperta di graffi? A Knock Out verrà un colpo» domandò.

«Io e Starscream abbiamo avuto una lunga, riflessiva chiacchierata» rispose quello sorridendo malignamente. «Devo dire che è piuttosto resiliente.»

Megatron le dava le spalle e non vide l’espressione inorridita della seeker e nemmeno come essa tramutò in puro odio. Muori, muori verme! Muori!, prese a risuonarle in testa come una cantilena.

Si congedò bruscamente, ignorò i richiami di Soundwave e si precipitò alla med-bay.

Entrando, le sue ottiche percorsero velocemente ogni centimetro metallico della stanza, trovandola vuota ad eccezione per Knock Out. «Dov’è?» domandò la femme, facendo sobbalzare il medico.

«Che diavolo, non potevi mica bussare? Mi hai fatto prendere un colpo!» si lamentò quello, che notò subito l’espressione accigliata della seeker. «Va tutto bene?»

«Dov’è Starscream?»

Oh. Knock Out respirò profondamente. «È vivo, ma un po’… ammaccato?»

Oh Primus. Knock Out iniziò a pregare silenziosamente mentre davanti a lui la femme si faceva sempre più cupa e inferocita, con le ali vibranti dalla collera e lo sguardo posseduto, come una bestia pronta a fare una strage. E io sono l’unico bersaglio nelle vicinanze.

«Non c’è nulla da temere, sappiamo tutti com’è Starscream, eh, in un batter d’occhio sarà di nuovo in piedi a tramare un altro piano di usurpazione – ti prego non uccidermi! Ho appena rifatto la verniciatura!»

Firestorm si stagliava sopra di lui come una dea assetata di energon. Faceva paura. Sembrava invincibile.

«Dov’è andato?» domandò in un sussurro, come se potesse distrarlo dalla furia omicida che il suo campo EM stava diffondendo.

«N-nelle sue stanze» balbettò il medico. Non si rilassò finché la femme non fu uscita dall’infermeria, accasciandosi infine a terra stremato.

«Ehi Knocky – che ci fai a terra?»

«Oh Breaky» mormorò il medico mentre il compagno lo raggiungeva e si inchinava al suo fianco. «Credo che qualcuno morirà molto presto.»

«Uh? Perché?» domandò l’altro confuso, aiutando Knock Out ad alzarsi, le cui gambe tremavano e faticavano a reggerlo.

Il dottore levò un profondo sospiro. «Firestorm.»

«Oh.»

«Già.»
 

Come una guerriera in missione, Firestorm attraversò i corridoi della Nemesis. Non c’era esitazione mentre si muoveva; era stata una scelta incredibilmente facile quella di raggiungere il vosiano.
Non sapeva dove lui e Megatron fossero stati, ma non aveva dubbi su ciò che avrebbe trovato una volta raggiunta la destinazione: un’anima in pena. Già lo immaginava, fragile, rannicchiato su se stesso per proteggersi dal mondo e non fare avvicinare altre minacce, vulnerabile e suscettibile, come anche lei era stata in passato. Com’era ancora adesso.

La loro litigata sembrava così lontana e così stupida adesso. Se solo gli avessi parlato prima, se solo… Prese un respiro, sentendo mancarle il fiato.

Firetorm sapeva che sarebbe successo prima o poi, che Megatron lo avrebbe punito ancora e ancora senza mai smentirsi. Allora perché averlo saputo non aveva alleviato la stretta sulla sua scintilla?

È sbagliato. Non è normale tutto questo, non dovevo lasciarglielo fare, è sbagliato, così sbagliato..., continuò a ripetersi mentre raggiungeva le stanze di Starscream.

Camminava a grandi passi, con le ali spiegate alte, il campo EM appiccicato alla sua corazza e una maschera imperturbabile a coprirle il viso. Le sue ottiche dorate erano lucide, lasciando trasparire il malessere che l’attanagliava. Era dannatamente preoccupata per il seeker, e non tanto per le ferite fisiche, cui Knock Out aveva già provveduto, ma per quelle mentali.

Non voleva vederlo a pezzi. Non voleva doverli raccogliere. Non poteva sopportare di vederlo in quello stato.

Aveva vissuto sulla propria corazza quella storia, alla mercé del suo aguzzino personale. Era riuscita a salvarsi a malapena e a risollevarla dalle ceneri era stata la sua famiglia. Starscream adesso era solo, la sua trine lontana e inaccessibile. Era solo, proprio come lei.

Ricordava com’era il seeker: Starscream si stava già sgretolando quando lo aveva incontrato la prima volta, peggiorando anno dopo anno finché, raggiunta la posizione stabile nell’armata in cui si trovava adesso, si era decisa a intervenire. In tutti quei millenni non lo aveva mai perso di vista, era stata la sua ombra e il suo angelo custode, perché diamine se gliene serviva uno, e non era da lei far finta che nulla stesse accadendo, specie quando la realtà le veniva sbattuta in faccia ogni singolo giorno.

Era straziante. Ingiusto. Sbagliato.

Non era potuta restare in disparte come si era promessa. Non avrebbe voluto intromettersi più di quel che serviva al suo scopo, ma non aveva potuto lasciarlo in balia dei suoi incubi. Starscream aveva avuto bisogno di un amico e lei, inizialmente restia, non aveva esitato.

Senza chiedere l’accesso inserì il codice ed entrò nella stanza. Le luci erano spente e le sue ottiche automaticamente slittarono alla visione notturna, individuando la forma rannicchiata sul letto.

Non poteva lasciarlo solo. Non era giusto che soffrisse. Era tutto sbagliato.
 
E nella sua scintilla ormai c’era una certezza, così semplice eppure così devastante, che le era sfuggita per millenni. Lei era sola, Starcream era solo; potevano essere soli insieme.

«Starscream?» pronunciò il suo nome sussurrando appena, cauta, offrendo una dolcezza che aveva abbandonato da tempo. Spaventarlo era l’ultimo dei suoi pensieri e non poteva lasciare che l’allontanasse. Starscream aveva bisogno di lei.

Un borbottio confuso e appena percettibile fu la sua risposta. Starscream era suonato esausto.

La femme si avvicinò al letto e si inginocchiò, appoggiando le braccia come sostegno sul bordo. «Sono venuta a farti compagnia» rispose allungando una mano verso la sua testa, intenzionata ad accarezzarlo.

Il suo braccio fu afferrato a mezz’aria, non inaspettatamente. «Non ho chiesto il tuo aiuto.»

Non lo chiedi mai. «È quando non lo fai che so che ne hai più bisogno» replicò portando la mano libera su quella che le stringeva il polso, accarezzandone il dorso con il pollice. «Non spingermi via, lascia che ti aiuti.»

Con uno scatto Starscream si mise seduto, strattonò il braccio e poi la spinse via. «Fuori di qui, vattene! Non ho bisogno di te né di nessun altro! Per quel che mi riguarda potete anche andare a farvi fondere!»

«Starscream...»

«No, zitta, zitta! Non voglio ascoltare una sola parola! Lasciami in pace!»

«Non starai meglio da solo-»

«Smettila di parlare! Smettila di preoccuparti e fatti gli affari tuoi!»

Firestorm trattenne un sospiro frustrato. Era una testa dura, ma non poteva mollare, perché sapeva cosa stava passando, conosceva profondamente l’abisso in cui stava precipitando e lei si era salvata per un soffio. Perciò avrebbe continuato a insistere finché non fosse stato ad ascoltarla. Dopotutto, si era già trovata altre volte in questa situazione. Doveva aver pazienza ed essere forte per resistere ai suoi insulti. «Hai bisogno che qualcuno si preoccupi per te. Là fuori non importa a nessuno, e peggio ancora, non importa a te, quindi continuerò a farmi gli affari tuoi finché non vedrò con le mie ottiche che starai meglio.»

«Stare meglio? Come faccio a stare meglio?! Non dire stronzate! Non posso stare meglio se Megatron continua a picchiarmi! Sono un completo fallimento, un inutile ammasso di ferraglia che non riesce nemmeno a far fuori un mech quando questo è praticamente già morto!»

Starscream si alzò, torreggiando su Firestorm, ancora seduta sul pavimento. «E peggio ancora Megatron deve sempre ricordarmelo, sempre sbattermelo in faccia mentre mi prende a pugni o a calci, anche davanti alle truppe e a quello stupido di Soundwave che sta sempre lì immobile a guardare e a registrare ogni singolo colpo e parola! Quei disgustosi insetti la pagheranno, gli strapperò la scintilla dal petto nel sonno, qualsiasi cosa, ma gliela farò pagare! Pagheranno per tutto il male, per le umiliazioni, per tutto! Io non sono un fallimento, glielo farò vedere a tutti, eccome se lo vedranno...»

E mentre Starscream parlava e parlava, perso nella sua follia, Firestorm realizzò che aveva fatto passi indietro di secoli. Il seeker era instabile e delirante e ciò fece attraversare la mente della femme da un pensiero che la fece rabbrividire.

È rotto.

Non andava bene. Non stava bene per niente.

Zoomando le ottiche individuò il seeker dall’altro lato della stanza, ancora perso nel suo monologo, che gesticolava e zoppicava avanti e indietro per la stanza. Starcream stava male e lei non sapeva che fare, non voleva ascoltarla ma doveva fare qualcosa prima che fosse troppo tardi. Sapeva come si sentiva, lo aveva provato anche lei, ma come poteva far star meglio Starscream?

Andiamo, pensa! Come me la sono cavata l’ultima volta? Devo ricordare…

 
 
Vos in fiamme. Cadaveri e rottami ovunque. La sua corazza era tinta di blu. Era tutto finito ma lei piangeva e le lacrime non smettevano di scendere.

 
«Sei rimasta sola, chi ti proteggerà adesso?»

«Non mi serve protezione da nessuno! Posso farcela da sola!»

 
«E chi proteggerà loro?»

«Non toccarli!»

 
«Ehi Stormy, mi senti?»

«Sono qui.»

«Che cosa faremo adesso?»

«Non abbiamo altra scelta. Dobbiamo nasconderci.»
 

Il giovane mech negò prontamente. La piccola femme iniziò a singhiozzare. Firestorm era così stanca, ma lei era la sorella maggiore. Spettava a lei proteggerli.

«Venite qui» li intimò aprendo le braccia ed entrambi accolsero l’invito fiondandosi su di lei. «Andrà tutto bene. Non sarete mai davvero soli. Lo avete già sentito quello sfarfallio nel petto, quella melodia che vi rasserena la notte quando dormite, l’onda di emozioni che vi travolge senza farvi affondare. È il nostro legame. Siamo una famiglia. Le nostre scintille sono legate per l’eternità.» Li strinse a sé, sentendo i loro battiti e sollevandosi nel sentirli così vivi. «Sarà dura. Forse mi odierete, ma almeno sarete al sicuro. Dovete nascondervi lontani da Cybertron, fra le stelle più lontane. Portatemi nei vostri ricordi e nei vostri sogni, e quando ne avrete bisogno, cercatemi nel profondo della vostra scintilla. Non sempre risponderò. Più gli anni passeranno senza ravvivare il legame più questo si assottiglierà» rivelò con amarezza. «Vi amo con tutta me stessa.»

Li abbracciò ancora più forte. La separazione li avrebbe feriti ma sarebbero sopravvissuti. Se la sarebbero cavata, ne era sicura. Doveva solo creare un diversivo e loro sarebbero stati salvi. Un’ultima missione prima di tornare a casa.
 

 
Firestorm ritornò al presente, non riuscendo a trattenere le lacrime che silenziose le solcavano il viso. Sarebbe annegata nei ricordi più tardi – o anche mai più. Starscream adesso aveva bisogno di lei.

 
Starscream non si accorse di Firestorm avvicinarsi di soppiatto alle sue spalle, non si ricordava nemmeno che fosse lì, ma si interruppe quando due forti braccia lo avvolsero e qualcosa di caldo aderì alla sua schiena.

«Lo so che stai soffrendo, ma non lasciare che loro abbiano la meglio su di te. Sii forte abbastanza per rialzarti. Ti prego, Star.»

Star. Nessuno lo aveva chiamato Star da quando... e lo aveva pregato? Firestorm? Quella Firestorm? La fredda e solitaria femme che girava come un’ombra sulla Nemesis?

«Non voglio vederti crollare, ma da sola non posso farcela.»

Perché suonava così dispiaciuta? Per lui? Cosa le importava di lui? Certo, c’era sempre quando aveva bisogno, lei sapeva sempre quando fargli compagnia... Perché? Perché non era indifferente come tutti gli altri? Perché si comportava diversamente da loro?

Perché adesso si stava mostrando così amichevole?

«Io sono Starscream, Secondo in Comando dell’armata Decepticon. Io non crollo» sbottò astioso stringendo i pugni.

Firestorm prese un profondo respiro. «Tu sei già a pezzi.»

Ecco. Lo aveva detto ad alta voce. Perché doveva avere sempre ragione? Perché doveva conoscerlo così bene? Cosa le importava?

«Mi importa perché sono tua amica e gli amici non si abbandonano, specialmente quando ne hanno più bisogno.»

Sua amica? Da quanto non aveva un amico? Tutto questo tempo lei era sempre stata... un momento! Firestorm aveva appena ammesso di essere sua amica? A nessuno lo ha mai detto, ne era sicurissimo, lui era il primo!

«...amica?»

«Sì Star, sono tua amica.»

Sentì il suo corpo allontanarsi e quel tepore rilassante svanire, ma non sentì crescere il dispiacere quando incontrò il sorriso e le ottiche sprizzanti compassione e sincerità della femme. Lei non sorrideva mai! Che stava succedendo?

«E tu sei mio amico.»

«Si, ha senso» mormorò Starscream annebbiato. Non ci stava capendo niente! Che le prendeva a quella diavolo di femme?

«Star. Ehi, Star» lo richiamò Firestorm vedendo il suo sguardo perso. Portò una mano sulla guancia del seeker e le sue ottiche di rifocalizzarono su di lei. «Va tutto bene, ci sono io accanto a te.»

E diamine, nonostante tutto quello che aveva visto, passato e subito, nonostante quello che era, chi era, Starscream voleva crederci davvero. La femme- Firestorm sapeva sempre cosa fare; lo conosceva e lo capiva, ma soprattutto non lo lasciava mai davvero solo, neanche quando combinava qualcosa di assolutamente stupido.

Annuì, mordendosi il labbro tremolante e lasciando che lo stringesse a sé, che gli accarezzasse le ali e lo avvolgesse nel suo campo EM facendogli sentire tutto l’affetto che provava per lui, nascondendo il viso oltre la sua spalla per nascondere la lacrima che gli aveva rigato il viso.

«Tu non sei solo. Noi non siamo soli» mormorò Firestorm nel suo canale uditivo.

Starscream si staccò appena per guardarla in faccia e le offrì un sorriso timido. «Ci guardiamo le spalle a vicenda» disse, credendoci per la prima volta.

Firestorm ricambiò il sorriso. «Sempre.»
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***



I due seeker restarono stretti l’uno all’altra nel buio per molto tempo, ricevendo e offrendo parole di conforto nella loro lingua madre, aggrappandosi all’intimità di quel momento.

Sapevano che qualcosa di fondamentale era cambiato. Entrambi ne erano rasserenati.

«Non possiamo fidarci di nessuno, tranne che di noi» proclamò Starscream senza mai allentare la presa su di lei.

«Per ora» commentò Firestorm. Su quella nave la sua diffidenza era legittima – anche se la sua mente traditrice portò a galla alcuni visi familiari – ma fra le stelle, a centinaia di migliaia di anni luce, la loro famiglia li attendeva. «Ci siamo chiusi in noi stessi per troppo tempo.»

«Ma adesso le cose cambieranno no? Almeno, fra noi due intendo. Non- non credo che potrei…»

«Siamo amici Star, e non intendo abbandonarti» disse la femme facendo incontrare le loro fronti. «Tuttavia, credo sia meglio che gli altri non sappiano quanto vicini siamo realmente, specialmente Megatron. Che brancoli nell’ignoranza quel vecchio rottame.»

Le sue parole strapparono una risata al vosiano. «Se sapesse quali dolci soprannomi gli riservi, penso gli partirebbe un neurone o due!»

«Come purtroppo sappiamo, la sua mente è malata già da tempo» mormorò Firestorm. «Io e Soundwave stiamo progettando in segreto di detossificarlo dall’energon oscuro» confessò d’un tratto.

«Eh? Cosa?»

«Speravo che divenisse più stabile e meno prono a…» guardò Starscream in tutta la sua figura.

Sbuffò e le sue ottiche rosse rotearono nell’oscurità. «Ma fammi il piacere! Quello è sempre stato un mostro violento e senza cuore fin dalla sua creazione, non è mai cambiato.»

«E mai cambierà.»

«Dunque…» sussurrò Starscream improvvisamente eccitato. «Lo facciamo fuori?»

Firestorm non riuscì a trattenere una risata incredula. «Il tuo processore è per caso settato su un solo binario? Non possiamo semplicemente terminarlo. Non senza un buon alibi e tu non ce l’hai.
Saresti ovviamente il primo sospettato e Strika oppure Tarn ti truciderebbero senza pensarci due volte» spiegò pazientemente. «La cosa più semplice è lasciare che la guerra prosegui…»

«E poi?»

«E fare in modo che siano gli Autobot a vincere.»

I giorni passarono. Tutto era immutato, tranne che i due seeker. A Soundave non sfuggì l’assenza di tensione fra i due e ne fu segretamente sollevato. Adesso le cose potevano tornare com’erano e la guerra contro gli Autobot proseguire senza altri intoppi.

Firestorm poteva affermare con la più totale sincerità che, per la prima volta dopo millenni, stava veramente bene. Un enorme peso si era levato dalla sua scintilla. La sua mente era lucida e si sentiva sprizzare di vitalità. Era una sensazione ormai estranea, ma Primus, quanto le piaceva. Si sentiva leggera e invincibile. Per tutto quel tempo avrebbe potuto averlo, ma se l’era lasciato sfuggire dalle mani per un piano mezzo costruito; si era dannata l’esistenza con le sue stesse mani, non che le fosse importato granché all’inizio. La monotonia e la solitudine erano una strada sicura; era lo stesso motivo per cui aveva scartato l’idea di unirsi alle schiere Autobot. Tutti quei sentimenti sarebbero stati fuorvianti, e formare legami nulla più che una distrazione.

Eppure non rimpiangeva questa nuova situazione, anzi ne era grata. Era l’opportunità che sia lei che Starscream non sapevano di aver bisogno.

Nulla però vietava che doveva fermarsi lì.

Firestorm era rimasta intrappolata in se stessa troppo a lungo. Era tempo che le cose cambiassero. Dopotutto, sono cambiata così tanto da quando ero solo una sparkling, pensò mentre sorseggiava un cubo di energon, racchiusa tra le mura delle sue stanze. Questi cambiamenti non sono poi malvagi come temevo.

Il suo comm-link si accese all’improvviso. «Tutti sul ponte, adesso!» ringhiò Megatron, decisamente di pessimo umore. Spero che non rovini il mio di umore, la giornata era iniziata così bene.

Soundwave ovviamente fu il primo ad arrivare, seguito a ruota da Firestorm. La seeker occhieggiò la ghignante Airachnid, indicandone la presenza a Soundwave. I due si scambiarono un’occhiata interrogativa, ma nessuno dei due fece domande. Presto Megatron si sarebbe spiegato. Poco dopo entrò Starscream, corazza lucida e ammaccature guarite.

«Guarda chi si vede*» fu il saluto del leader Decepticon al suo Secondo quando questo oltrepassò le porte del ponte di comando.

Il SIC si schiarì la voce. «Lord Megatron, la prego di scusare la sua impertinenza» disse rivolgendosi all’insecticon, la quale aveva un’espressione fin troppo soddisfatta per i suoi gusti. «Allora, quale sarebbe l’informazione che avrei tralasciato di riferire?»

Starscream è di nuovo nel mirino del ragno e del mostro, pensò Firestorm seccata. Sai che novità.

«Harbinger» sibilò Megatron linciando Starscream con le ottiche.

«Harbinger? Davvero? E che cosa centra?» domandò il seeker paonazzo.

«Eoni or sono un mezzo di trasporto Decepticon si schiantò su questo pianeta» iniziò a spiegare Airachnid.

«Lo sappiamo» la interruppe Firestorm, guadagnandosi un’occhiata velenosa dall’altra femme. «Fummo io e Starscream ad ispezionare la nave.»

«Bene, allora avrai recuperato il prototipo dell’arma sperimentale che l’Harbinger trasportava.»

«L’abbiamo cercata senza successo. I computer di bordo non erano accessibili e la nave era spezzata in due. È possibile che l’arma si sia dispersa nello spazio» spiegò Firestorm cautamente.

«Dove è avvenuto lo schianto?» volle sapere Megatron.

«Non hanno mai inserito i dati nel suo database» chiosò con un ghigno l’insecticon.

«Mi credi una stupida?» domandò Firestorm. «Certo che ho registrato le coordinate. Soundwave ha poi criptato le informazioni per tenerle più sicure.»

Megatron guardò il suo TIC, che annuì. Si voltò poi verso l’ultima traditrice arrivata. «Ebbene?»

«Guardi lei stesso Lord Megatron, quelle coordinate non ci sono.»

Irritato, Soundwave si avvicinò a una console e iniziò a cercare nella banca dati freneticamente. Odiava che stessero dubitando delle sue superiori capacità, ma dopo qualche minuto di ricerca dovette inaspettatamente ammettere di essere sorpreso: i dati erano spariti. Si voltò verso il suo vecchio amico e scosse la testa.

«Dunque non ci sono. Che situazione interessante.»

«Qualcuno li avrà cancellati» suggerì Firestorm, lanciando una lenta e per nulla subdola occhiata ad Airachnid.

«Mi domando chi possa essere stato» disse quest’ultima guardando apertamente Starscream.

«Chi, io? Ma come osi!»

«Basta!» ringhiò Megatron. «Ne ho abbastanza della vostra incompetenza.»

«Non si preoccupi Lord Megatron, le coordinate potranno non essere più scritte, ma ricordo perfettamente dov’è quel posto» gli assicurò il SIC.

«Allora puoi accompagnarci Airachnid, forse lei riuscirà a recuperare quel prototipo.»

«Potrò contare su una visita guidata! Ma quale onore» commentò divertita la femme.

Quando i due si furono allontanati Firestorm approcciò Soundwave. «Il ragno ci ha tirati un brutto tiro» commentò grave. «Che ne dici di ripagarle il favore?»

Soundwave proiettò sul suo visore l’emoticon di un diavolo che sorrideva malignamente.

«Cerca di recuperare i dati e scoprire come li ha cancellati, io intanto risponderò alla sua offesa.»

Airachnid poteva essere malefica, ma Firestorm indossava la crudeltà con maestosità, e si sarebbe assicurata che l’insetto fosse assolutamente miserabile.

Fu a quel proposito che inviò messaggi a Robin e Steve e mise in moto il piano di vendetta.

-Diamine, com’è presuntuosa! Possibile che non faccia che parlare di sé?- la messaggiò Starcream.

-Sii paziente, Star. So che sarà difficile, ma non terminarla.

-Cosa? E perché?

-Prima voglio che soffri.

-Ah, già, mi sembra corretto. Ma ci crede davvero degli stupidi? Certo che abbiamo ispezionato da cima a fondo questo relitto, non c’è niente qua sotto!

-Penso che nasconda qualcosa. Ha tirato in ballo l’Harbinger per una ragione, ne sono sicura.

-Dici che conosce davvero l’ubicazione di quel prototipo? Ammesso che esista.

-Sì, e se c’è davvero dev’essere ben nascosto. E se noi non abbiamo trovato niente e il ragno è convinto di trovarlo, significa che sa perfettamente dove si trova. Forse uno scomparto segreto accessibile solo con una chiave, un codice o impronte genetiche.

-Pensi che l’abbia nascosta lei a bordo? Ma significherebbe che è lì da millenni! E perché mai quell’insetto schifoso lo sa e neanche uno di noi alti ufficiali ne è a conoscenza?

-Forse ce l’ho a messo lei per rubarlo. Ha sempre avuto dei passatempi questionabili.

-Non me ne parlare. Sono contento che la sua nave sia esplosa, solo a vedere i rimasugli che la circondavano mi veniv- che razza di idiota!- scrisse il TIC interrompendosi.

-Che succede?

-Questa imbecille ha riattivato l’intero sistema! Presto gli Autobot se ne accorgeranno.

-Lascia che vengano. Scommetto che l’insetto ti lascerà indietro. Coopera con loro e non dire nulla che possa comprometterti. Ti raggiungerò a breve.

In men che non si dica era in volo, diretta verso Star. Sperava che quando sarebbe arrivata, ci sarebbero stati solo loro e gli Autobot, preferibilmente Optimus Prime.

-Stormy?

-Si?

-Mi ha ragnatelato.

-Non posso dire di essere sorpresa- replicò volando rapidamente.

Firestorm arrivò di soppiatto, sorvolò di poco la zona e notò Airachnid parlare con Arcee e iniziare uno scontro con la stessa. Solo un accordo temporaneo, eh?

Si ritirò nella boscaglia, aspettando l’occasione giusta per intervenire. Osservò Airachnid fuggire con l’arrivo del Prime, seguito poco dopo dal resto degli Autobot e da un prigioniero Starscream. Si ritrasformò e raggiunse lentamente il gruppo. Arcee fu la prima a scorgerla e a puntarle contro i cannoni.

«Non sono qui per combattere» affermò alzando le mani.

«Allora sei qui per arrenderti?» domandò astiosa la piccola femme.

«Qualcosa di più pratico» replicò avvicinandosi a pochi metri da loro. Optimus la stava già squadrando, poteva quasi vedere le rotelle girare nel suo processore. «Desidero solo parlare. Prima però, potreste liberare Starscream dalle ragnatele?»

«Neanche per sogno!»

«Te lo puoi scordare! Ci hai preso per degli sciocchi?»

Starscream roteò le ottiche. «Basta con queste lagne, siete fastidiosi! Se vi può rincuorare, resterò legato fino a quando avremo finito. Ora bando alle ciance e-»

«Ma fammi il piacere, come se ascoltassimo qualunque assurdità voi Decepticon avete da brontolare!» esclamò Bulkhead.

«Ci stanno solo facendo perdere tempo, Airachnid sta scappando» incalzò Arcee.

Firestorm e Starscream si scambiarono un’occhiata. Starscream scrollò le spalle, deciso a lasciare alla femme il comando.

«Starscream, digli dove è diretto il ragno.»

Il TIC ubbidì senza discussioni, stupendo i ‘bot.

«Avete idea di quale sia questo prototipo?» domandò Optimus placido.

«No. Francamente, solo Airachnid sembra essere a conoscenza della sua esistenza e da come si è precipitata là, deduco che ci sia davvero qualcosa» rispose Firestorm.

«Non vi credo. Non tradireste mai i Decepticon» proferì Arcee.

Starscream scoppiò in una cruda risata. «Ne sei sicura? E che cosa avrebbero fatto per me ultimamente a parte umiliarmi, spiarmi e denigrarmi? Megatron mi avrebbe volentieri spento la scintilla! Per quale ragione non dovrei tradirli?»

«È vero, Megatron ha tentato di spegnerlo» confermò Arcee deponendo finalmente le armi.

«Non vi stiamo chiedendo di fidarvi» aggiunse Firestorm.

«E allora di che cosa si tratta?»

«Di una tentativa alleanza, con me e Starscream.»

Gli Autobot erano stupiti e scettici. Fu il Prime a spezzare il silenzio. «Cosa è cambiato per spingervi ad abbandonare i Decepticon?»

«A parte i continui abusi, l’incremento di pazzia di Megatron, quella schifosa di Airachnid, il mancato rispetto per la mia vita e per i miei sforzi, il dovermi continuamente guardare le spalle da Megatron perché è completamente ammattito, eccetera eccetera?»

«Ehm, si?» balbettò Bulkhead esterrefatto. Scambiò uno sguardo con Bumblebee, spiazzato come lui.

Optimus stava guardando Firestorm. «Era tempo di cambiare strada» mormorò la femme. «Non chiediamo di diventare Autobot, ma di raggiungere la neutralità tra le nostre squadre.»

«Non funziona così. Siamo in guerra, o sei con noi o sei contro. Voi volete solo una scappatoia per non dover pagare per quello che avete fatto a Cybertron!» sbottò Arcee veemente.

Firestorm la guardò freddamente. «Come dici tu, in guerra ci sono due lati. Cybertron è il risultato delle azioni di entrambi.»

Prima che potessero dire altro, Optimus si frappose tra loro. «Firestorm, Starscream, non possiamo garantirvi nulla senza poterne discutere fra di noi, e questo non è né il luogo né il momento. Airachnid sta per entrare in possesso di un’arma potenzialmente letale per tutti noi e dobbiamo impedirglielo.»

Arcee fu la prima a rinunciare a discutere con la promessa di correre dietro all’insecticon ed esortò i suoi compagni a muoversi. I seeker andarono con loro, restando indietro con Bumblebee mentre il resto degli Autobot si affrettava a trovare Airachnid.

«Volete davvero tradire i Decepticon? Dopo tutto questo tempo?» chiese Bumblebee quasi timidamente, nonostante avesse i cannoni carichi puntati contro di loro.

«Non posso dire niente per Firestorm, ma io personalmente sono stufo di come vengo trattato da quei balordi! Dopo tutto quello che ho fatto per loro mi ripagano mortificandomi e ferendomi. Non c’è mai giustizia per me, se non…» esitò un istante, guardando l’altra seeker di soppiatto. «A loro non importa nulla di me, perciò a me non importa più un fico secco di loro! Fondeteli pure tutti per quel che mi importa.»

«Se saranno gli Autobot a vincere, anche tu verrai processato per i tuoi crimini passati mentre eri un Decepticon

«Non è quello il punto» rivelò Firestorm. «Ma lasciare quell’ambiente tossico per guarire e liberarci.»

La sua risposta ammutolì il ricognitore.

In quel momento Airachnid volò sopra di loro. Furono raggiunti dai ‘bot, che confermarono la presenza dell’Immobilizzatore e della sua distruzione.

Starscream ridacchiò soddisfatto. «Megatron non sarà per niente contento del suo fallimento!»

Firestorm lo guardò pensierosa. «E se tu non dovessi tornare con lei penserà che ti ha lasciato alla mercè degli Autobot.»

«A cosa stai pensando?» interrogò il Prime.

«Starscream non vuole tornare dai Decepticon» il seeker in questione annuì ripetutamente. «Ma qualcuno deve tenere d’occhio la situazione dall’interno.»

«Cosa? Vuoi tornare in quel postaccio? Ma sei matta?!» squittì Starscream sconvolto. «Pensavo che-»

«Chiaramente diffidate di Star – udendo il suo soprannome, il TIC si tranquillizzòe non suggerisco di invitarlo nella vostra base, ma di restare in contatto.»

«Volete spiare per noi?» fece Arcee sbigottita. «Questa è bella.»

«Pensateci. Ci rincontreremo presto» concluse Firestorm. Si avvicinò al vosiano e lo prese in disparte. «Starscream, questa è la tua via di fuga. Lascia credere a Megatron che sei in mano degli Autobot, per te sarà come una lunga vacanza.»

«Pensavo che ce ne saremmo andati insieme» disse imbronciato.

«A tempo debito. Per ora devo sorvegliare tu sai chi. Voglio essere sicura che non ti verrà dietro. In questo modo potrò avvisarti di qualsiasi loro mossa in anticipo e non ci prenderanno in contropiede come oggi. Non preoccuparti, funzionerà.»

Starscream non sembrava completamente convinto, ma la prospettiva di non avere più alcun padrone era troppo allettante. «Mi fido di te» affermò stupendo se stesso e la femme.

Con un ultimo sorriso al seeker e un cenno del capo al Prime, Firetorm partì di ritorno alla Nemesis. Come sperava, Megatron rimproverò duramente l’insecticon al suo rientro.

«Hai lasciato Starscream con gli Autobot? Ma ti rendi conto delle conseguenze che avrà questo tuo clamoroso errore?» lo sentì gridare avvicinandosi al duo.

«Signore, è stata l’incompetenza di Starscream a farci perdere l’Immobilizzatore!» protestò Airachnid.

«Cosa vuoi che me ne faccia di quel giocattolo? Il mio Comandante in Seconda è prigioniero dei nemici, il che significa che tutti i nostri dati più sensibili sono a portata di mano degli Autobot!»
ruggì quello sferrandole un pugno in pieno viso e atterrandola.

«E io che credevo che la stupidità di Starscream fosse insuperabile. A quanto pare mi sbagliavo» asserì Firestorm comparendo alle spalle di Airachnid. Incrociò lo sguardo con Megatron e quello annuì appena. «Vieni, facciamo due chiacchiere tra donne.»
 

 
 
* dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 20 della prima stagione “Compagni”

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