Mi sono innamorata di...

di satakyoya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: il mio primo bacio ***
Capitolo 5: *** capitolo quattro: inizia l'avventura! ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque: un po' di febbre e l'incontro con il Bakebi ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei: il villaggio Dowai ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto: un villaggio distrutto da aiutare ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove: una gara di giochi ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci: quel che si sa dell'Organizzazione Hana ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici: due villaggi e una madre da aiutare ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici: il triste passato della piccola Shinren ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici: il Gashadokuro, Shido e Jil ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici: un nuovo villaggio e l'incontro con Dana ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici: il capo villaggio e la decisione di Aki ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici: Yahiko ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette: Yuki Onna ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Buon pomeriggio,
Nella città in cui vivo, a Tokyo, si narrano moltissime storie, leggende, superstizioni, credenze e racconti. Vi sono anche diversi libri che trattano di queste cose, ma ve né una che nessuno conosce. Mio nonno prima di morire me la raccontava sempre e ora io vorrei condividerla con voi.
Questa storia è ambientata in un periodo storico non ben definito, nell’odierna città di Wake, e narra di una ragazza che da semplice e povera cameriera vive un’avventura e diventa qualcosa di più, un ragazzo che, pur avendo un una vita fatta di ricchezze ed appartenente alla famiglia Fujiwara, decide di viaggiare per il suo regno e delle persone che viaggeranno con i protagonisti.
Vi ho messo un po’ di curiosità? Beh, per scoprire cosa succederà e per potervelo raccontare dovrò mettermi nei panni della protagonista.

Siete pronti? Bene, iniziamo.

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Nel villaggio in cui vivo, a Wake, la vita è tranquilla. Vi sono molte cose che sono normali, come gli abitanti che lavorano e la famiglia, ma ve ne sono altre che non lo sono, come la gerarchia sociale e il modo in cui le persone vengono considerate.
Che ruolo copro? In passato era quello di una serva del castello che governa il villaggio in cui io vivo, ma adesso qualcosa di più alto. Chi sono? Io sono Iris, una ragazza alta un metro e 70 cm, magra, capelli neri e occhi castani. Per capire meglio ciò che vi sto dicendo devo tornare indietro di cinque anni, quando appunto ero ancora una serva.
Dunque, a quel tempo io avevo 13 anni ed ero di famiglia molto povera. Il castello si trovava molto lontano da dove abitavo e per andarci dovevo svegliarmi molto presto in modo da essere là prima che i padroni si alzassero, lavoravo là insieme ad altre tre ragazze e una donna di mezza età, con capelli e occhi castani, di nome Sara, che ci dava gli ordini. Facevo quella vita da quando avevo otto anni e  mi ci ero abituata.
Il proprietario del castello era Hiroshi Fujiwara, un uomo sui 65 anni, paffuto e con barba e capelli bianchi, molto severo e rigido quando prendeva delle decisioni. Non era ben visto da coloro che controllavano i territori intorno a suo, ma da quando lavoravo là lui mi era sempre sembrato un bravo padre che riusciva sempre a gestire molto bene tutto ciò di cui era responsabile. in più vi erano tre giovani (io e le altre cameriere li chiamavamo sempre padroncini)che erano figli di Hiroshi e si chiamavano Inari, Isao e Jun. Noi pensavamo che uno di loro fosse il vero figlio di Hiroshi ma non si era mai capito con certezza chi fosse, anche se credevamo fosse Jun.
Era pomeriggio tardi e ciò che stavo facendo in quel momento era pulire tutti i vetri del castello da sola. O meglio, tutti quelli che riuscivo a in quella giornata. Avevo iniziato alla mattina presto e non mi sembrava possibile non aver ancora finito. Fuori c’era molto caldo e il sole batteva proprio contro la finestra che stavo facendo.
Passai una mano sulla fronte e ripresi a pulire i vetri di un corridoio del primo piano quando all’improvviso vidi venire verso di me i tre padroncini. Al loro passaggio io mi fermai, mi girai verso di loro e mi inchinai in avanti. Erano tutti e tre molto affascinanti e molto intelligenti. Al contrario di me loro erano molto ricchi, molto istruiti e molto conosciuti, mentre io non sapevo leggere e dovevo lavorare per poter vivere. Inari era un ragazzo alto 10 cm in più di me, era magro, aveva i capelli neri e gli occhi marroni. Isao era un ragazzo alto come Inari e aveva i capelli biondi e gli occhi verdi. Jun invece aveva i capelli bianchi, gli occhi azzurri ed era alto come me. Inari e Isao avevano 14 anni mentre Jun ne aveva 15 ed avevano tutti e tre indosso dei vestiti bellissimi e molto aderenti.
Quello che ame piaceva tra i tre era Jun perché anche se all’apparenza non sembrava, lui era persona molto tranquilla, gentile e disponibile. Dopo che tutti e tre mi passarono davanti io tornai a lavorare, ma quando mi girai sentii una strana sensazione. La percepii per un paio di secondi, ma quando mi girai per controllare non vidi nessuno.
“Che strano… credevo che qualcuno mi stesse fissando…” dissi tra me e me.
Vidi che nella stessa direzione da cui i padroncini erano arrivati stava arrivando, con passo veloce, il padrone Hiroshi. Aveva in volto un’espressione molto felice, come se fosse successo qualcosa di molto bello ed importante. Lui mi passò davanti ed io mi inchinai, ma non si accorse di me e continuò a camminare velocemente fino ad entrare nella stessa stanza in cui erano i padroncini.
“Inari! Isao! Jun! Dove siete!” disse Hiroshi camminando. Arrivato davanti alla porta disse: “Oh eccovi. Ragazzi ho una grande notizia per voi.”
Dopo quelle parole non riuscii più a capire ciò che lui e i padroncini stavano dicendo, percepii solo le voci ma non ci diedi molta importanza. Il pomeriggio passò ma nessuno di loro si spostò da quella stanza fino a quando non fu ora di cena. Misi lo straccio che stavo usando dentro il secchio e smisi di pulire per andare in cucina a preparare la cena. Scesi le scale e quando arrivai in cucina notai che altre due ragazze avevano già iniziato a preparare da mangiare. La cucina era piccola ed era composta da un mobile lungo due pareti, il lavandino, i fornelli e il forno in fondo al mobile, un tavolo in legno al centro della stanza e delle sedie ai fianchi del tavolo.
Una ragazza si chiamava Emma, era alta come me, magra, capelli castani raccolti in una coda e occhi marroni. L’altra ragazza si chiamava Aiko, era bionda, alta, magra e occhi verdi. Io e loro due indossavamo un’uniforme nera con grembiuli bianchi per lavorare e avevamo indosso delle scarpe basse e comode.
“Ragazze che cosa preparate?” chiesi io.
“Sara ci ha ordinato di cuocere delle patate, tagliare dei pomodori e cuocere della carne. Aiko sta già tagliando le patate per poi cuocerle.” Disse Emma.
“Bene, allora io vi aiuterò tagliando i pomodori.” Dissi io.
“Certo, trovi tutto ciò che ti serve sul tavolo.” Disse Aiko.
Dato che alla sera fuori c’era freddo, mettevamo sulla finestra del cibo. Da lì Emma prese la carne che avrebbe usato per stasera. In un paio di minuti io tagliai i pomodori e una volta finito io mi allontanai dal tavolo e dissi: “Dato che ho finito di tagliare vado a prendere l’acqua e il vino per stasera. Torno subito.”
Uscii dalla porta e mi diressi in giardino per andare a prendere l’acqua dal pozzo quando, sotto un portico che collega due porte del castello, non appena uscii da una delle due porte vidi alla mia sinistra Inari e Jun nel bel mezzo di un giardino che guardavano il cielo. O almeno così sembrava. Rimasero così per una decina di secondi quando si accorsero che io li stavo guardando. Loro mi fissarono e io inchinandomi dissi: “Padroncini, mi dispiace se vi interrompo, ma vi chiedo di rientrare e di andare nella stanza dove vi sarà servita la cena.”
“Oh sì, giusto. Vieni Inari, andiamo.” Disse Jun girandosi e iniziando a camminare.
Inari rimase qualche secondo a guardarmi, ma poi girò la testa e iniziò a camminare. Dal momento in cui iniziò a guardarmi io sentii di nuovo una strana sensazione in corpo. Una sensazione difficile da spiegare e da definire con precisione. Ci vollero un paio di minuti prima che io mi riprendessi da quella sensazione, ma poi attraversai la porta che avevo davanti e dopo alcune stanze mi trovai in giardino. Lo attraversai e andai dritto davanti al pozzo. Essendo molto profondo impiegai uno o due minuti per tirare su il secchio con l’acqua. Tolsi il secchio e ce ne misi uno vuoto che era li vicino, poi mi spostai in cantina e presi una bottiglia di vino. Con il secchio in una mano e la bottiglia di vino nell’altra tornai in cucina dove vidi Emma e Aiko con la cena pronta sul tavolo.
“Oh, giusto in tempo. Abbiamo appena finito di preparare e Sara ci ha dato l’ordine di portare tutto nella sala grande al primo piano dove ci so padroni. Dacci una mano per favore.” Disse Emma.
“Sì certo, eccomi. Ditemi cosa devo portare.” Dissi io.
“Oltre al bere prendi questo piatto di carne. Noi porteremo il resto.” Disse Aiko.
Io annuii, verse l’acqua in una bocca e tenendo in una mano sia la bottiglia sia la brocca, presi con l’altra mano il vassoio pieno di carni di diversi tipi.
“Sono pronta. Andiamo?” dissi io. Emma e Aiko annuirono.
Ci mettemmo l’una dietro l’altra e salimmo le scale, poi attraversammo un lungo corridoio e salimmo altre scale. Proprio lì ci raggiunsero Sara e Miko, l’altra cameriera. Miko era alta, magra, capelli neri, occhi marroni e indossava anche lei l’uniforme nera e il grembiule bianco.
“Aspettate, vi aiuto.” Disse lei avvicinandosi a noi.
Prese dalla mia mano la bottiglia di vino e da Emma il cestino di pane che teneva in mano.
“Grazie. ”dissi io. Lei mi sorrise per un attimo e poi tutte e quattro facemmo metà del corridoio del primo piano.
Entrammo nella sala grande e notammo che Hiroshi e i padroncini erano seduti davanti ad un lungo tavolo da 10 posti. Il tavolo era proprio in mezzo alla stanza. sul soffitto sui trovavano due grossi lampadari e ai lati della stanza vi erano diversi mobili, ognuno con sopra degli oggetti di diversi tipi e diverse dimensioni. Tutte e quattro ci mettemmo ai loro fianchi e appoggiammo tutto ciò che avevamo nelle nostre mani al centro della tavola. Io mi trovai a servire a fianco di Inari.
“Grazie.” Disse lui con tono molto basso.
In quell’istante mi sentii di nuovo il cuore battere forte ed ebbi di nuovo la stessa sensazione che provai per ben due volte. Una sensazione che mi toccava il cuore e che per tutto il tempo della cena non se ne andò.
Una volta appoggiato tutto sul tavolo, noi cameriere ci allontanammo e ci allineammo a fianco a Sara. Restammo lì nel caso in cui qualcuno di loro avesse avuto bisogno di qualcosa. Non successe praticamente nulla se non per il fatto che Inari rimase a fissarmi per tutto il tempo della cena. la cosa mi sembrava strana e cercai di non darci grande importanza comportandomi nel modo più normale possibile. Inari però non staccò lo sguardo nemmeno per un secondo. Ognuno stava mangiando un pezzo di carne, alcuni i pomodori e altri le patate.
“Ehm… un attimo di attenzione. Ho indetto una festa per domani sera in cui saranno presenti diversi nobili di tutte le età. Gli invitati saranno circa centocinquanta e tutto dovrà essere preparato in tempo. Quella serata sarà fatta in modo che ognuno di voi potrà ballare con qualche ragazza e avere la possibilità di trovare una donna di cui innamorarsi.” Disse Hiroshi.
“Papà ancora con questa storia. Ne abbiamo già parlato prima.” disse Isao.
“Gli do ragione. Anche perché in teoria non dovremmo essere noi a capire chi sarà la persona di cui vogliamo innamorarci?” disse Jun.
“Siete ancora giovani per capirlo, ma ho deciso di farlo domani assicurandomi che ciò avvenga presto e che avvenga con una donna nobile. Non con un qualcuno che potrebbe essere inferiore.” Disse Hiroshi.
“Fammi indovinare, lo fai con il solo scopo di avere dei nipoti e di capire a chi affidare il trono quando tu non ci sarai più, non è così? Non ha senso perché tu sei ancora troppo giovane per morire.” disse Isao.
“Sono d’accordo con lui, non puoi ancora morire.” Disse Jun un po’ preoccupato.
“Inari tu che ne pensi?” chiese Hiroshi. Inari però non li stava nemmeno ascoltando, aveva lo sguardo fisso su di me.
“Eh? Di che parlavate? Oh sì, giusto.  Beh, io sono contrario a questa tua decisione di trovare qualcuno adesso. Però ormai hai deciso di organizzare una festa domani e non si può andare contro a una tua decisione. Quindi domani sera io parteciperò anche se non ne avrò molta voglia.” Disse Inari staccando gli occhi da me.
“Sono molto contento di sentirtelo dire. Proprio per questo domani sera tutti voi parteciperete alla festa.” Disse Hiroshi contento. Isao aveva il volto imbronciato, Jun era tranquillo che mangiava e Inari tornò a fissarmi negli occhi mentre mangiava.
Una volta finito di mangiare noi quattro cameriere ci affrettammo a prendere tutto quello che potevamo e ci allontanammo dalla stanza il più velocemente possibile. Le prime ad andare furono Sara ed Emma, seguite Aiko e Miko. Io fui l’ultima ad andare e ad abbandonare la sala grande. Quando fui nel corridoio riuscii a fare solo qualche passo che mi sentii chiamare.
“Iris!” disse una voce dietro di me. Mi voltai e vidi che dalla porta della sala grande c’era Inari che mi guardava.
“Sì?” dissi io girandomi e inchinandomi in avanti cercando di non far cadere nulla dalle mani. Lui si avvicinò a me e iniziai a chiedermi di che cosa avesse bisogno.
“Alzati per favore. Non mi piace che stai in quella posizione.” disse Inari.
“Sì, subito.” Dissi io alzando la schiena.
“Vorrei chiederti una cosa.” Disse lui.
“Si?” chiesi io.
“vorrei che tu fossi la mia cameriera personale domani sera.” Disse lui.
“Scusa ma non capisco.” dissi io non capendo che cosa volesse dire.
“Beh, ecco… ci saranno circa duecento persone domani e io vorrei qualcuno di cui fidarmi per poter chiedere consiglio nel caso ne avessi bisogno.” Disse lui.
“Capisco cosa vuole dire, ma sfortunatamente noi cameriere non possiamo farlo perché dobbiamo essere a disposizione di tutti gli ospiti.” Risposi io.
“Oh, capisco… allora fai finta che non ti abbia chiesto nulla.” Disse lui girandosi.
“Però se avesse bisogno posso lo stesso aiutarla.” Dissi io.
“Davvero? Grazie mille. Allora a domani.” Disse lui girandosi verso di me. Poi se ne andò tutto contento.
“Certo.” Risposi io girandomi indietro e tornando in cucina. Una volta arrivata aiutai le altre ragazze a pulire e mettere a posto tutto ciò che era stato usato.  Sara andò a controllare che i padroncini non avessero bisogno di qualcosa e dopo alcuni minuti tornò dicendo che era tutto a posto e che una volta che finito potevamo andare a casa.
Quando finimmo era ormai notte fonda fuori e tutte noi uscimmo per una porta laterale del castello che solo a noi cameriere era concesso di usare. Fortunatamente la strada principale davanti al castello era illuminata e in poco tempo andai verso il centro del villaggio. Notai che tutto intorno a me era vuoto, non c’era nessuno.
Nel centro della piazza centrale del villaggio notai che c’erano diverse persone vicine l’uno all’altro che guardavano in alto. Non capii che cos’era successo così mi avvicinai. Mentre mi avvicinavo udii le voci di diverse persone parlare e vidi che tutti stavano guardando delle persone appese a delle croci di legno. Ce n’erano quattro, due uomini (uno giovane e uno di mezza età) e due donne di età tra i 40 e i 45. Tre di loro erano morti, il ragazzo più giovane invece stava solo urlando pregando che qualcuno lo ascoltasse e lo facesse scendere da dove si trovava. Si era persino messo a piangere dalla disperazione. Vi erano i genitori e i parenti delle persone sulle croci che piangevano e che si disperavano sperando di trovare conforto da qualcuno, ma sentirono soltanto le voci delle persone parlare di loro e questo li faceva sentire ancora più male di come erano già.
“Cavolo, ma cosa è successo?” disse un uomo.
“Questo è il terzo caso in quattro giorni. Com’è possibile?” disse un altro uomo.
“Non lo so, ma sicuramente devono essere andati incontro a una qualche decisione del padrone del castello.” Disse una donna.
“Oppure ad una regola del villaggio.” Disse un’altra donna.
“Di sicuro deve essere stato grave.” Disse un uomo.
Più passava il tempo mentre li guardavo, più queste persone mi mettevano tristezza. Rimasi ad ascoltare le voci e aspettai uno, due, tre, cinque minuti, fino a che non riuscii più a sopportare di vederli in quelle condizioni.
Mi avvicinai ad una donna tra di loro e dissi: “Ti do una mano a portarli giù. Voglio poterti aiutare.”
“Davvero?” chiese la donna.
“Sì.” Dissi io. Mi guardai intorno alla ricerca di una scala per poter salire  e ne vidi una alla mia sinistra contro un muro.
“Aspetta un attimo.” Dissi io. Mi allontanai e andai a prendere la scala, poi tornai indietro. Appoggiai la scala contro la croce del ragazzo più giovane e lui smise di urlare. Ci salii e gli slegai i polsi. Poi scesi dalle scale e la appoggiai contro quella dell’altro uomo. Ci salii di nuovo e slegai anche lui. La stessa cosa lo feci con le due donne. Mentre facevo questo la gente iniziava a guardarmi male. Io provai una strana sensazione simile a solitudine. Ma non ci diedi molta importanza e quando finii non ricevetti nemmeno dei ringraziamenti da parte delle persone che erano intorno a chi avevo appena fatto scendere.
Dato che tutti mi stavano guardando molto male e sembravano sia odiarmi sia disprezzarmi per ciò avevo appena fatto, me ne andai a casa con la testa bassa.
Una volta arrivata entrai in casa e mi preparai una zuppa veloce. La mangiai dentro una ciotola e con un cucchiaio mi sedetti su una sedia a fianco ad una finestra e mi misi a pensare ciò  che era appena successo. Il tempo passava e notai che nulla era cambiato, stessa strada, stesse persone che ci abitavano. Ma poi improvvisamente vidi una figura da lontano. Era la figura di una persona che barcollava verso casa mia. Io non avevo idea di chi sia e che cosa ci facesse lì, ma fece alcuni passi  e poi cadde a terra. Non ci diedi molto importanza e non mi spostai. Vidi che lui pochi istanti dopo si alzò in piedi e riprese a camminare barcollando. Altri passi e poi cadde di nuovo a terra. In quel momento appoggiai sulla finestra la ciotola di zuppa e uscii di casa. Guardai a destra e a sinistra per vedere se qualcun altro sarebbe andato a soccorrerlo, ma non vidi nessuno così decisi di andarci io stessa. Era a pochi metri di distanza e gli corsi incontro.
“A – acqua…” disse lui non appena io arrivai. Mi guardai di nuovo intorno e non vidi nessuno.
“Acqua…” disse di nuovo lui. Decisi di alzarlo e di portarlo con me in casa.
Aprii la porta e lo feci sedere su una sedia, poi presi una ciotola e ci misi dento della zuppa. Presi anche un bicchiere e lo riempii quasi del tutto di acqua. Mi avvicinai a lui e lo aiutai a bere.
Quando finì l’acqua lui si riprese e mangiò velocemente tutta la zuppa.
“Ah… grazie.” Disse lui.
Lo guardai meglio e capii che era alto qualche centimetro in più di me ed era piuttosto magro. Aveva gli occhi marroni, i capelli neri ed era vestito di stracci. Erano vestiti molto sporchi. Aveva anche delle scarpe molto sporche, quindi non capii di cosa erano fatte.
“Chi sei?” chiesi io.
“Questa zuppa… è molto  buona…” disse lui.
“Ho detto chi sei? E come ti chiami?” chiesi io.
“Oh, io sono un abitante di  villaggio vicino. Mi chiamo Aki e ho 14 anni.” Disse lui.
“Che ci fai qui, nel mio villaggio?” chiesi io.
“Io sono alla ricerca di qualcuno.” Disse lui.
“Qualcuno? E chi?” dissi io.
“Non lo so di preciso. So solo che sto cercando qualcuno con cui fare un viaggio. Hai per caso dell’altra zuppa?” Disse lui allungando la ciotola che teneva in mano.
“Che tipo di viaggio?” chiesi io.
“Mmmh… ancora non lo so. Ma ci sarebbero alcuni villaggi che mi piacerebbero vedere. Vorrei esplorare il mondo e vedere che cosa c’è al di fuori del mio villaggio. Ci sono molte cose che non so e che potrei scoprire. Cibi che non ho mai assaggiato. Come questo, per esempio.” Disse lui. Io ne rimasi colpita e affascinata dalle sue parole talmente tanto che mi immaginai tutto ciò che diceva.
“Ti andrebbe di venire con me? Potremmo arricchirci di conoscenze e vedere persone che non sapevamo esistessero.” Disse lui. io mi ripresi e versai della zuppa nella ciotola che mi aveva dato.
“Bellissimo, ma non posso.” Dissi io.
“E perché?” chiese lui.
“Devo lavorare al castello laggiù.” Dissi io indicando il castello di padron Hiroshi. Dalla finestra che Aki aveva vicino si riusciva a vedere benissimo.
“Beh, non puoi non andarci per un po’ di tempo?” mi chiese Aki. Ma io non risposi.
“Capisco… Forse detto così velocemente non hai avuto il tempo di ragionarci. Quindi ti lascio due giorni per pensarci e decidere. Quando verrò la volta prossima vorrei sapere da te una risposta definitiva. Accetterò sia un sì sia un no, ma pensaci attentamente.” Disse lui. mentre lo diceva io lo guardai attentamente, ma poi notai che lui si mise a guardarmi intensamente e a lungo con la testa appoggiata alla mano. Dopo un po’ sbadigliò.
“Scusami ma sono quasi tre giorni che non dormo. Posso riposare un po’?” chiese lui.
“Ah… sì. Dietro quella porta c’è la mia camera. Mettiti pure sul letto, io dormirò per terra.” Risposi io indicando la porta.
“Grazie.” Disse lui. poi se ne andò. Io invece rimasi lì e pulii la mia e la sua ciotola pensando a ciò che aveva detto. Lui ormai se ne era andato via.
“Che strana persona…” dissi tra me e me a bassa voce. Una volta finito misi da parte le ciotole, appoggiai su una sedia la divisa di uniforme che avevo indosso e poi andai a dormire coricandomi per terra e coprendomi con un lenzuolo che avevo messo da parte.

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


Mi svegliai all’alba e vidi che sul letto Aki non c’era. Andai a vedere in cucina ma non vidi nemmeno una ciotola sporca. Mi cambiai i vestiti e misi l’uniforme da cameriera che avevo appoggiato su una sedia e camminai il più velocemente possibile verso il castello entrando per la porta laterale.
Mangiai mezza pagnotta di pane, misi la parte rimasta sulla finestra, preparai il secchio e lo straccio per poi tornare a pulire. Andai al primo piano e continuai a pulire dove ieri mi ero fermata e lo feci per tutta la mattina.
“Iris!” disse una voce. Io non l’avevo sentita perché stavo pensando a ciò che mi era successo ieri sera.
Poco dopo finii di pulire che sentii di nuovo quella voce chiamarmi. Quando mi girai vidi che era Sara.
“Iris!” disse lei.
“Sì?” chiesi io.
“Che fai qui? E come sei messa?” chiese lei.
“Ho appena finito di lavare tutti i vetri e stavo per andare giù in cucina.” Dissi io.
“Beh, non stare ferma. Muoviti a portare giù questa roba e vai alla Sala di Consultazione ad aiutare le altre  ragazze.” Disse lei.
“Eh? Ma che cosa devo fare?” chiesi io.
“Aiutare a sistemare ovviamente. Non hai dimenticato che questa sera arriveranno 150 persone per la festa, vero?” disse lei.
“Ehm… no signora.” Risposi io.
“Cos’è quella esitazione? Ah, lascia stare. Adesso muoviti e vai dalle altre.” Disse lei con tono un po’ scocciato.
“Sì, subito.” Dissi io prendendo velocemente il secchio d’acqua sporca e correndo in cucina.
Una volta arrivata là cercai di mangiare il pezzo della pagnotta di pane che mi era rimasto senza che nessuno mi vedesse. Poi feci le scale e corsi il più velocemente possibile nella Sala di Consultazione. Quella stanza era definita così sia per le sue dimensioni, sia perché molto spesso il padrone Hiroshi la usava per consultare qualcuno, ordinare come agire su qualcosa o per sentire le richieste della gente. A metà strada fui fermata da una voce dietro di me.
“Iris!” disse la voce.
Inizialmente pensai fosse di nuovo Sara, ma in realtà non era così. Mi girai e vidi Jun corrermi incontro e fermarsi davanti a me. Il mio cuore iniziò a battere molto forte, più di quando ero davanti a Inari. Non riuscivo in alcun modo a calmarmi.
“Sì?” chiesi io.
“Vorrei chiederti un favore.” Disse lui.
“Che tipo di favore?” dissi io.
“Ecco… vorrei che tu fossi la mia cameriera personale stasera.” Disse lui.
“Eh?” chiesi io un po’ confusa.
“Avrò bisogno del consiglio di qualcuno stasera. E tu tra tutte le persone mi sembri la più affidabile. Quindi per favore, sii la mia cameriera personale.” Disse Jun.
Dopo quelle parole il cuore mi batteva fortissimo. Mi sembrava un sogno poter essere la cameriera di Jun e non avevo mai immaginato potesse accadermi un’occasione come quella. Dovevo coglierla. Dovevo assolutamente coglierla perché non sapevo se mi poteva capitare di nuovo.
Però c’era un problema: non potevo permettermi di essere la sua cameriera per via di una regola stabilita da Sara.
Io abbassai lo sguardo e dissi: “Mi piacerebbe molto ma non posso. Per noi cameriere vige la regola che dobbiamo servire tutti gli ospiti e non possiamo concentrarsi su una sola persona. Avrei voluto tanto poterlo essere.”
“Non è un problema, tranquilla. Almeno spero che tu mi possa dare dei consigli in certi momenti.” Disse Jun.
“Ne sarei felice.” Dissi io.
“JUN!” urlò Isao camminando verso di noi con passo veloce. Era distante qualche metro ma ci raggiunse in poco tempo.
“… Isao… ma che ci fai qui?” chiese Jun.
“Che ci fai tu qui! Non lo sai che non si devono disturbare le persone che lavorano? Forza, vieni con me.” disse Isao.
“Ma io…” disse Jun.
“Su vieni. Scusa ma noi dobbiamo andare.” Disse Isao.
“Ci vediamo stasera.” Disse Jun.
Io mi inchinai in avanti e li salutai con un arrivederci. Poi mi rialzai e girandomi mi diressi nella Sala di Consultazione. Una volta arrivata notai che una ragazza stava pulendo dei mobili, una un’altra stava pulendo i vetri e un’altra ancora stava spazzando per terra.
La stanza era grandissima ed altissima, composta da alcuni mobili in diversi punti della sala e con diverse rifiniture in oro sulle pareti. In un lato della sala si trovava un piccolo palco alto una decina di centimetri usato da dei musicisti, dal lato opposto invece vi erano quattro troni molto elaborati e alle rifiniture dorate. Tre erano per i padroncini Inari, Isao e Jun, mentre il quarto era per padron Hiroshi. Fino a qualche anno fa ce n’era un altro a fianco a quello di Hiroshi, con le stesse dimensioni, che era quello della moglie, ma un paio di anni fa lei morì e così venne deciso di rimuoverlo, insieme ad altre decisioni che Hiroshi prese.
Sopra i mobili vi erano degli altri oggetti piccoli, molto raffinati e di grande valore.  Inoltre vi erano tre lampadari di diverse dimensioni e altre candele appoggiate uno strumento su un muro dove si dovevano accendere le candele per fare luce.
Mi fu detto da Emma di pulire il palco in cui ci sarebbero stati i musicisti e di pulire i quattro troni. Io lo feci e mi ci volle almeno un’ora per poter finire il palco ed iniziare con il primo trono quando improvvisamente entrarono quattro signori piuttosto paffuti che portavano sulle spalle degli oggetti molto voluminosi. Loro li appoggiarono a terra e poi se ne andarono via lasciando la stanza per circa due ore. Passai un’ora e mezza a pulire nei minimi dettagli i quattro troni e poi, non appena finii, incuriosita mi avvicinai a uno degli strumenti, lo toccai e questo emise un suono sottile e leggero.
Non avevo idea di che strumento fosse, ma ero così curiosa che provai a toccarne un altro che era in verticale davanti a me. questo fece un rumore un po’ più forte rispetto all’altro e notai che era un strumento più grosso nella parte in basso. In quel momento mi sarebbe piaciuto sapere che strumenti avevo toccato, ma per saperlo dovevo aspettare la sera, quando ci sarebbe stata la festa e avrebbero suonato.
Mi guardai intorni per paura di essere vista da qualcuno, ma le cameriere erano concentrate a lavorare e non vedevano ciò che stavo facendo o da dove provenivano i rumori emessi dagli strumenti.
Ne vidi un altro che era dietro al secondo che avevo toccato e anche quello era messo in verticale. Aveva le stesse dimensioni del secondo e io avvicinai alla mano ma a pochi centimetri qualcuno mi parlò dalla mia destra.
“Ehi signorina, ti andrebbe di vederlo e di provarlo?” disse una voce.
Era uno dei musicisti. Era paffuto, capelli neri, occhi marroni, portava delle scarpe che gli stavano aderenti ed era vestito in camicia, giacca e cravatta. Beh, a dirla onestamente, era talmente paffuto che mi sembrava di vedere i bottoni della camicia saltare via da un momento all’altro. Io, dopo le sue parole, mi spaventai e così tirai indietro la mano.
“Eh?” chiesi io.
“E dai, non ti andrebbe di scoprire cos’è questo strumento e di provare a toccarlo almeno una volta?” disse il signore.
“Se mi dai la mano ti aiuto e ti dico dove puoi toccarlo.” Disse il signore dopo un attimo di pausa.
Poi lui prese la mia mano destra e la alzò avvicinandola allo strumento. A un certo punto un’altra mano mi strinse il polso, ma era messa nella direzione opposta a quella del musicista. Iniziai a spaventarmi perché pensai che quella mano fosse di Sara o di un altro musicista, ma non poteva essere possibile perché non era una mano paffuta e non mi stringeva forte il polso. Era una mano sottile e dal tocco apparentemente morbido. Girai la testa e vidi padroncino Inari.
“Le donne di questo castello non si toccano.” Disse lui con voce seria.
“Ah, ehm… mi dispiace. Me ne vado via subito.” Disse il musicista.
Io rimasi colpita dal vederlo a fianco a me, mentre il musicista era quasi sconvolto di vederlo. Inari lasciò andare la mano dell’uomo e lui se andò via subito.
“Tutto bene?” chiese Inari.
“Eh? Oh, sì. Grazie.” Risposi io. Ci fu un attimo di silenzio tra noi due.
“Beh, se non c’è altro bisogno io me ne vado.” disse lui.
Si avvicinò al mio orecchio e disse: “Ci vediamo stasera.” Poi se ne andò.
Io non risposi e tornai a lavorare spazzando il tappeto rosso che era davanti ai troni. Una volta finito mi guardai intorno e notai che non c’era nessuna delle cameriere che lavoravano prima. Pensai che avessero finito prima di me così mi diressi in cucina.
A più di metà corridoio mi passò di fianco Isao con espressione arrabbiata. Non ne sapevo il motivo ma mi passò a fianco senza nemmeno guardarmi negli occhi. Io andai avanti fino ad entrare in cucina dove c’erano le altre cameriere insieme a Sara. Lei se ne andò una decina di secondi dopo che io entrai con espressione scocciata e schioccando la lingua.
La metà delle volte che lei mi vedeva durante le giornate sembrava seccata, infastidita dalla mia presenza, mentre nell’altra metà si rivolgeva a me con espressione seria o arrabbiata. Ma in quel momento decisi di non dare importanza a ciò che lei pensava di me e decisi di concentrarmi solo su quello che dovevo fare per la serata.
“Ragazze, ecco dove eravate.  Cos’è successo mentre io non c’ero? Che cos’ha detto Sara?” chiesi io.
“Niente di che, le solite cose su come comportarsi stasera con gli ospiti e con i padroncini.” Disse Emma.
Improvvisamente tutte e tre si avvicinarono a me e iniziarono a farmi molte domande.
“E tu invece, cos’hai da dirci riguardo a prima?” chiese Emma.
“Eh?” dissi io non riuscendo a capire.
“Come mai Inari si è comportato in quel modo? Che ci stai nascondendo?” chiese Aiko.
“Ma di che state parlando, non riesco a seguirvi.” Dissi io.
“Non fare finta di niente, tutte e tre abbiamo visto cos’è successo prima.” Disse Miko.
“Ragazze, non è nulla. Ho solo avuto un problema a causa di un musicista e niente di più.” dissi io, ma loro non mi stavano dando ascolto.
“Deve sicuramente esserle successo qualcosa.” Disse Emma.
“Ragazze…” dissi io ma venni ignorata.
“Sì certo. Padroncino Inari non si comporta così con noi di solto. E lei è piuttosto strana…” disse Aiko.
“Ragazze! Davvero, non c’è niente. State tranquille.” Dissi io. Si guardarono tra di loro per qualche istante poi tornarono a guardarmi.
“Mmmh…  mi sembra sospettoso, ma per adesso ti crediamo.” Disse Miko.
“Ma scusate, com’è possibile che voi l’abbiate visto se stavate lavorando.” Chiesi io.
“Beh, per due volte è venuta a vederci Sara stando davanti alla porta. Tu non te ne sei mai accorta perché una volta eri impegnata a lavorare e l’altra volta eri con Inari. Ma non appena lei è andata via abbiamo visto, anche se per qualche minuto, ciò che ti è successo.” Disse Aiko.
“Esatto. La cosa ci ha incuriosito, ma non abbiamo detto perché ti abbiamo vista abbastanza presa dal tuo lavoro.” Dissi Miko.
“Oh…” dissi io. Ci fu un attimo di silenzio.
“Ma adesso è ora di preparare il cibo per gli ospiti di stasera. Forza, dividiamoci le mansioni.” Disse Emma.
Così tutte e quattro iniziammo a lavorare. Io andai a prendere quanta più carne possibile e la portai in cucina per poterla cuocere. Emma creò diversi tipi di dolci, alcuni a due o tre piani, e dei pasticcini di diversi colori. Aiko lavorò sulle verdure che aveva a disposizione, mentre Miko dava una mano procurando tutti gli ingredienti di cui Emma e Aiko avevano bisogno.
Lavorammo ininterrottamente per poco più di due ore e in quel lasso di tempo non eravamo mai state disturbate da nulla. Non venne nemmeno Sara che di solito monitorava e controllava ciò che noi facevamo. La prima a finire fu Aiko che aveva tagliato, cucinato e messo su dei piatti le verdure che lei stessa aveva usato. Aveva fatto cinque o sei piatti e non ce ne era uno che era uguale all’altro.
“Vado a vedere dove posso sistemare questi piatti e quanti tavoli ha preparato Sara. Torno subito.” Disse Aiko incamminandosi verso la porta.
Lei se ne andò e noi tre riprendemmo a lavorare. Io, mentre lavorai, pensai a ciò che mi aveva detto Aki ieri sera. Pensai che forse non era una pessima idea andare con lui a viaggiare per i diversi villaggi e poter scoprire cose nuove. È sempre stato uno dei miei sogni poter visitare posti nuovi quindi forse grazie a lui avrei l’occasione di poterlo fare.
Una decina di minuti dopo che lei se n’è andata Aiko tornò da noi e disse: “Ragazze, Sara ha preparato diversi tavoli in cui possiamo appoggiarci i piatti non appena le abbiamo finite. Sono anche tornati i musicisti.”
“Allora ci conviene portare su tutto ciò che abbiamo fatto.” Disse Emma.
“Sì, giusto.” Risposi io.
“Vi do una mano a portare su tutto.” disse Miko.
Io avevo preparato quattro piatti con tipi di carni diverse e Miko mi aiutò a portarli, mentre Emma aveva fatto due torte a un solo piano, due torte a due piani e qualche pasticcino su un piatto. Ci mettemmo in fila una dietro l’altra e poi iniziammo a camminare fino alla sala di consultazione.
Una volta entrata vidi i musicisti e otto tavoli sistemati ai due lati della sala, quattro da una parte e quattro dall’altra e attaccati l’uno all’altro, e iniziammo ad appoggiarci ciò che avevamo in mano.
“Vado a prendere ciò che è rimasto insieme a Miko.” Disse Aiko.
Fecero entrambe due giri per portare tutto e una volta tornate, Sara si avvicinò e venne a complimentarsi con noi per il lavoro fatto.
“Ottimo lavoro ragazze. Per ora siete libere di andare dove volete fino all’arrivo degli ospiti. Anche se saranno qui a minuti.” Disse Sara prima di girarsi per andare via.
Lei però non fece in tempo a fare quattro passi che iniziarono ad entrare dalla porta alcune coppie di uomini e donne. Gli uomini erano in giacca e cravatta, mentre le donne avevano vestiti bellissimi e tutti di colori diversi. Alcuni persino brillavano. In più alcune signore avevano delle collane bellissime e luccicanti alla luce. Loro si misero in diversi punti della sala e si misero a chiacchierare tra di loro senza badare a noi.
“io… vado a prendere da bere per gli ospiti.” Disse Emma. Sia lei che Miko se ne andarono.
I musicisti tirarono fuori i loro strumenti e si prepararono a suonare. Uno era in piedi con uno strumento a corde molto grosso e una cosa mi fece divertire di lui. Il fatto che sia lui sia il suo strumento erano grossi e visti vicini mi facevano ridere, ma io cercai in tutti i modi di non mostrarlo. Gli altri due musicisti invece suonavano seduti, uno aveva appoggiato lo strumento sulla coscia e l’altro su una spalla.
Tutti e tre impiegarono due o tre minuti per mettersi a posto e poi suonare. Non appena iniziarono io mi feci coinvolgere dalla musica, chiusi gli occhi e immaginai. Immaginai me stessa ballare con quella musica e un abito diverso dalla divisa che stavo indossando. Mi immaginai di muovermi secondo la musica in tondo e con le braccia aperte, come se lo stessi facendo con qualcun altro davanti a me che mi guidava. L’abito che immaginavo di indossare era bellissimo, rosa, stretto sul petto e aperto dai fianchi in giù. Provavo una sensazione bellissima e a me era sempre piaciuta la musica, anche se non sapevo ballare.
Non so dire per quanto tempo io la provai, forse per un quarto d’ora o forse per mezz’ora, però qualcosa mi toccò le spalle e io dovetti aprire gli occhi. Una volta aperti notai che colei che avevo a fianco e che mi aveva toccato era Aiko. Sara mi stava guardando con uno sguardo tra l’indignato e il disgusto e a fianco ad Aiko vidi Emma e Miko capendo che erano tornate da tempo. Sui tavoli infatti c’erano diversi bicchieri e diverse bottiglie di acqua e vino.
Poco tempo dopo entrò dalla stanza un uomo vestito in giacca e cravatta, si avvicinò ai musicisti e gli ordinò di smettere. Poi tornò a fianco alla porta e suonò per una decina di secondi uno strumento piccolo e di colore molto luccicante e simile all’oro.
“Annuncio l’ingresso di padrone Hiroshi e dei suoi figli, Inari, Isao e Jun.” Disse l’uomo.
Infatti tutti videro Hiroshi e i tre padroncini entrare nella stanza e camminare fino ai tre troni su cui si sedettero. Hiroshi era davanti, seguito da Isao, Inari e Jun. Io li seguii con gli occhi mentre loro percorrevano tutta la sala fino ai troni e Jun aveva quasi sempre lo sguardo fisso su di me. Quando si sedettero però la cosa cambiò perché Jun aveva lo sguardo da un’altra parte e Inari aveva lo sguardo in certi momenti su di me con il gomito appoggiato al trono e il palmo di una mano appoggiata a una guancia.
Rimanemmo così per alcuni minuti e lui non smetteva di guardarmi. Alcune volte persino chiudeva gli occhi e mi sorrideva. Io per diverse volte cercai di non darci importanza al suo continuo guardarmi dato che questo mi dava un po’ fastidio, ma quando io guardavo lui mi fissava.
Improvvisamente entrarono tutte le altre coppie di uomini e donne arrivando a 150 persone e alcune di loro si misero davanti ai troni e si inchinarono.
“Buonasera signor Hiroshi, grazie per averci invitati. Alcuni di noi hanno avuto un problema durante il tragitto, ma in pochissimo tempo siamo stati in grado di venire qui.” Disse una donna.
“Buonasera anche a voi. Mi fa piacere che voi siete riusciti ad essere qui, spero vi divertiate.” Disse padron Hiroshi.
“Certo, vi ringrazio.” Disse la donna raddrizzando la schiena. Poi si girarono e si misero in centro alla stanza dove ballarono con tutti gli altri.
Tutti sembravano divertirsi e questo mi piaceva perché mentre loro ballavano avevano dei sorrisi sulle loro facce. Si vedeva che si stavano divertendo. Ma poi notai che Sara, Emma ed Aiko si erano spostati dall’altra parte della sala, vicino ai tavoli, e vidi che i tre padroncini si erano alzati dai loro troni. Inari e Jun camminavano ai  due lati della sala, mentre Isao si era messo a ballare tra le ragazze alternandole continuamente.
Alcune delle coppie che ballavano a un certo punto smisero di farlo e per riposarsi si misero ai lati, esattamente come i padroncini. Infatti in certi momenti loro si erano messi a parlare con i padroncini, ma quei discorsi durarono un paio di minuti, se non un po’ di meno.
“Belle vero?” disse una voce vicino a me.
“Ah! Oddio, mi ha spaventato padroncino Inari.” Dissi io.
Non mi aspettavo di vedermelo vicino perché in quel momento ero concentrata a guardare la gente che ballava a ritmo di musica.
“Ho detto, sono belle, vero?” disse lui.
“Che cosa?” chiesi io.
“La musica, le coppie che ballano. Insomma, tutto.” Disse lui.
“oh, sì padroncino.” Dissi io.
“Per favore non chiamarmi così. Non mi piace.” Disse lui scuotendo le mani davanti a sé.
“Come desidera.” Dissi io. ci furono un paio di secondi di silenzio.
“Perché stai sorridendo?” chiese lui.
“Eh? oh, niente.” Risposi io.
“è per via della musica?” disse lui.
“Sì.” Dissi io.
“Ti piace?” chiese lui.
“Beh, sì. Mi piacciono tutte le musiche che al momento hanno suonato. Se no ho contato male ne hanno fatte tre e sono molto belle.” Dissi io.
“Hai ragione, sono davvero belle.” Disse lui.
“Quei musicisti sono già venute? I volti mi sembrano famigliari, ma non ricordo dove li ho visti…” dissi io.
“Oh si, sono venute anche in altre feste in passato, ma questa volta hanno deciso di cambiare le melodie.” Disse lui.
“Capisco...” dissi io.
Pochi secondi dopo si avvicinò a noi due una ragazza molto bella, con i capelli biondi, gli occhi marroni, dei tacchi ai piedi e un vestito molto bello e rosso acceso. Aveva anche una semplice collana intorno al collo e aveva un grande sorriso sulla faccia. Il nome non lo sapevo perché non lo aveva detto.
“Ehi, Inari, ti andrebbe di ballare?” disse lei.
“Oh, no grazie.” Disse lui.
“Dai, vieni con me.” disse lei. Inari mi guardò per qualche secondo, poi ci pensò su  e le rispose.
“Mi dispiace, ma devo finire di parlare con lei. E poi al momento non me la sento di ballare.” Disse lui. Ma le non accettò quella risposta e prendendogli la mano destra lo trascinò verso il centro della sala.
Lui prima di andarsene mi disse: “Mi dispiace ma torno più tardi.”
Io guardai Miko che era a fianco a me e lei stava ridendo coprendosi la bocca con una mano.
“Che c’è? Perché ridi?” chiesi io.
“Oh niente.” Disse Miko.
“E allora perché stai ridendo?” dissi io.
“Niente, niente.” Disse lei.
“Mmh… certo come no. vado a fare un giro e servire un po’ di cose.” Dissi io. poi presi un piatto con una mano e con l’altra presi un vassoio con dei bicchieri mezzi pieni e iniziai a girare per la sala offrendoli agli ospiti. Mentre giravo sentii qualcosa di strano. Sentii come se mentre servivo qualcuno mi stesse costantemente osservando con lo sguardo. Io mi girai per vedere se davvero qualcuno mi stava osservando, ma nessuno lo stava facendo perché tutti erano concentrati a ballare. Anche i tre padroncini stavano ballando.
Probabilmente me lo ero soltanto immaginata, ma dopo che girai la testa provai di nuovo quella sensazione. Aspettai qualche secondo e mi girai, ma di nuovo nessuno mi stava guardando.
Quando finii di servire tutti tornai allo stesso posto di prima e pochi secondi dopo iniziai a ricordare ciò che mi era successo la sera prima. Ricordai ciò che mi aveva detti Aki e pensai a ciò che mi aveva detto. A fianco a me avevo Miko mi stava guardando e si stava preoccupando.
“ehi cosa succede?” chiese lei.
“Eh? cosa? Non è niente.” Dissi io.
“Non mentire. Anche oggi pomeriggio lo hai detto. Forza, dimmi che cos’hai.” Disse lei.
“ecco… ieri sera è venuta una persona a casa mia e abbiamo parlato.” Dissi io.
“Di che avete parlato?” chiese lei.
“Lui mi avrebbe proposto di andare con lui viaggiando per i diversi villaggi. Io non ci ho dato nessuna risposta, ma sarebbe bello andarci. Insomma, a me sarebbe sempre piaciuto viaggiare, ma non l’ho mai fatto. Ho pensato di dirgli che sarei andata con lui, ma questo vuol dire che non dovrei più venire qui e la cosa mi dispiacerebbe un po’. Se invece gli dicessi di no…. non ho idea di cosa lui mi potrebbe dire e di che risposta posso dargli.” Dissi io guardando in basso.
“Io ti consiglierei di andarci.” Disse lei.
“Però in quel modo io non verrò più qui a lavorare!” dissi io.
“questo è vero, però è una buona occasione per te di scoprire cose nuove. Se non sbaglio tu hai sempre voluto viaggiare, quindi è ancora meglio.” Mi disse lei.
“Ma questo significa non lavorare! E non potrò nemmeno stare a fianco a Inari, Isao e Jun.” Dissi io.
“Per quello ci possiamo pensare noi tre insieme a Sara. Anche se in tutti questi anni non ho capito la ragione per cui tu continui a lavorare qui e a vivere qui vicino…”
“Perché quella è casa mia e dei miei genitori e con i pochi soldi che guadagno qui riesco a viverci. Comunque ciò che ti ho detto deve restare un segreto tra noi due, quindi non dirlo a nessun altro, nemmeno alle ragazze e ai padroncini.” Dissi io.
“Va bene. Comunque ti consiglio di andare con questa persona. Potrebbe essere una buona occasione di fare nuove conoscenze e conoscere nuovi piatti.” Disse lei.
“Se lo dici tu…” dissi io pensandoci sopra.
“Adesso vado a fare un giro e servire un po’ di cibo agli ospiti. Ci vediamo più tardi.” Disse le. Poi se ne andò.
Notai che dall’altra parte della sala, dove c’erano Aiko e Emma, c’erano due signori piuttosto paffuti che si erano messi a mangiare tanta carne e tanti pasticcini. Cercavano di non farsi notare chiacchierando tra di loro, ma erano sporchi intorno alla bocca e ogni volta che ne finivano qualcosa iniziavano a prenderne ancora. Io ero felice perché con tutto lo sforzo che avevo fatto a prepararla, vidi che a loro piaceva. Alcune delle coppie che erano ai lati della sala avevano dei bicchieri di vino o di acqua e stavano chiacchierando tra di loro.
Poco dopo vidi Jun mettersi vicino a me. Aveva il fiatone a forza di ballare ed era un po’ sudato sulla fronte.
“Ehi, finalmente ti ho trovata. Ti ho cercato per la sala e non ti ho vista, ma per fortuna sei qui.” Disse lui.
“Padroncino Jun vuole un bicchiere d’acqua? La aiuta a stare meglio.” Dissi io preparandoglielo.
“Sì, grazie mille.” Disse lui prendendolo in mano e bevendolo tutto d’un sorso.
“AH, ci voleva proprio. Avevo la gola secca.” Disse lui.
“oh.” Dissi io.
“Che ne pensi della festa?” chiese lui.
“Beh, è molto bella. Ricca di gente, colori e musica. Anche se non conosco nessuno di questi ospiti, sono contenta che a loro piace ciò che noi ragazze abbiamo fatto.” Dissi io. sorridendo.
“Sì, certo. Io no ho ancora assaggiato nulla eppure tutto ciò che c’è qua sembra molto invitante.” Disse lui.
Io mi guardai intorno e notai che dall’altra parte della sala c’erano Aiko ed Emma che mi stavano guardano molto incuriosite e c’era Sara a fianco a loro invece che mi stava fissando negli occhi con espressione seria e disgustata. Questo non mi piaceva, anzi mi rendeva triste, perché mi sentivo come se fossi l’unica a non dover fare niente. Jun si accorse della mia espressione triste.
“Che cosa c’è? Perché sei triste?” mi chiese lui.
“eh? oh… non è niente.” Risposi io.
“Non è vero. c’è qualcosa altrimenti non saresti così.” Disse lui.
Io non volevo dirgli che era a causa di Sara, così dovevo inventarmi una scusa. La guardai un attimo, ci pensai per qualche secondo e trovai quasi subito una scusa che mi sembrava buona per quel momento.
“Ehm… sono triste perché ancora lei non ha assaggiato niente di ciò che io ho cucinato.” Dissi io.
“Davvero? Allora rimedio subito. Lo faro mangiando ciò che hai fatto tu.  Ma aspetta, cos’è che hai fatto tu?” disse lui.
“La carne.”
“Scusami un attimo.” Disse lui allontanandosi da me. Tenne con una mano un pezzo di carne che era su un piatto tenendo con l’altra mano il piatto.
“Forse è troppo cotta? Oppure troppo poco? Ci manca del sapore o si sente troppo? La prego, mi dica la sua opinione padroncino Jun.” Dissi io preoccupata. Solo dopo aver sentito la sua risposta riuscii a rilassarmi.
“è buonissimo!” disse lui entusiasto.
“Davvero? Non sta mentendo?” chiesi io.
“e perché dovrei mentire? Non ho mai mangiato una carne così. È davvero molto buna, credimi.” Disse lui.
“Sono contenta. Meno male.” Dissi io felice della sua risposta. Ci fu un minuto di silenzio tra di noi e lui si pulì la bocca con un fazzoletto che era sul tavolo. L’unica cosa che si sentiva era  la musica che era cambiata da poco. Era musica leggera, molto bella ed orecchiabile.
“In realtà no sono qui per questo, ma per chiederti un consiglio su una cosa.” disse lui.
“Ah sì? La ascolto. Di che si tratta?” chiesi io.
“Beh, ecco… ci sarebbe una persona che mi piace, ma non ho idea di come posso approcciarmi a lei. tu cosa mi consigli?” disse lui.
“potresti andare da lei con una rosa.”
“Ma dove la trovo? Qui non c’è e in giardino non le abbiamo.” Disse lui.
“Sai qualcosa di lei?”
“no se non il fatto che è molto bella, magra ed è in questa stanza.” disse lui.
“Allora potresti chiacchierare con lei o portarla a fare un giro fuori. Oppure puoi ballare con lei.” Dissi io.
“Beh, io sono una persona timida, ma ci posso provare.” Disse lui. poi fece due passi avanti e poi si bloccò. Mi guardò e disse: “ma se non ci riesco? Come faccio?”
“Non saprei. Ci provi e poi vedrà.” Dissi io. lui scosse la testa  annuendo e poi si allontanò ringraziandomi.
Rimasi a guardare e notai che fuori si era già fatta notte fonda e che c’era molta gente che si era messa a mangiare e a bere del vino. Alcune coppie stavano ballando da quando sono arrivate ed ero stupita dalla loro resistenza. Padrone Hiroshi si era alzato dal trono in cui era seduto e si era messo a parlare con della gente in centro alla stanza. I musicisti avevano messo una musica molto leggera e padroncino Isao era un po’ stanco così rallentò nel ballare. Stranamente lui non aveva cambiato ragazza da diversi muniti, però più il tempo passava più lui sembrava annoiato. Inari invece non aveva mai cambiato la ragazza con cui ballava e, dato che era del tutto stremato a forza di ballare, affidò la ragazza ad un ragazzo che aveva lì vicino e che era in giacca e cravatta  e poi venne a mettersi vicino a me.
“Tutto bene padroncino Inari?” dissi io.
“Mi fermo a ballare, sono stanco.  Ma sto bene. E poi ti avevo chiesto di non chiamarmi in quel modo.” Disse lui con il fiatone.
Si versò da solo dell’acqua in un bicchiere e poi lo bevve tutto d’un sorso. Lo fece per due o tre volte. Era così stanco che sulla fronte e a fianco agli occhi si vedeva il sudore scendergli dalla faccia.
“Mi scusi. È l’abitudine.” Dissi io.
“oh, non è colpa tua. Piuttosto, quando ballavo ho notato che parlavi con una ragazza  e che eri triste. Va tutto bene?” chiese lui.
“Oh sì, non è nulla di che. Solo un mio pensiero su una cosa che mi è accaduta ieri sera, niente di più.” dissi io cercando di non approfondire.
“Mi hai incuriosito. Ti va di dirmelo?” mi chiese lui.
Io gli dissi le stesse cose che avevo detto a Miko e lui non reagì e non mi diede neanche una risposta per alcuni secondi. Non sapevo se avevo fatto bene o no a raccontarglielo, ma la sua reazione non aveva nulla di strano. Rimase in silenzio a sentire tutto ciò che dovevo dire senza mai pronunciare il nome Aki e quando io finii la sua faccia aveva un’espressione sconvolta.
“Uao, se non me l’avessi detta tu di persona io no ci avrei creduto. Avrei pensato che tutto questo era un qualcosa di inventato.” Mi disse Inari.
“Non è inventato, mi è successo davvero!” dissi io.
“Ora devo capire come rispondergli perché se domani lui viene a casa mia di sicuro vorrebbe conoscere la risposta.” continuai io.
“Questo posto se tu non ci fossi non sarebbe lo stesso. Voglio dire, tu sei brava in molte cose e sei disponibile se ci fosse bisogno di consigli.”
“Ti ringrazio. Ma se io non ci sono le altre ragazze possono aiutarvi.” Dissi io.
“Tu però fai le cose diversamente e sei molto più brava. Sarebbe un vero peccato se tu non potessi più venire.” Disse lui.
“Infatti sto pensando cosa fare… è difficile per me scegliere.” dissi io.
Ci fu un minuto di silenzio in cui nessuno dei due disse nulla. Nessuno dei due sapeva cosa dire quando io iniziai a parlare di qualcos’altro. Inari e Isao continuarono a ballare a tempo di musica e secondo me erano molto bravi.
“Mi dispiace se lo chiedo, ma chi era la ragazza che ha ballato con lei prima?” chiesi io.
“Non è un problema se fai questa domanda. Lei è Akemi e appartiene a una famiglia nobile di nascita di uno dei villaggi che confina con il territorio che la nostra famiglia controlla.” Disse Jun.
“Oh…”
“Quasi tutte le ragazze che si trovano qui provengono da famiglie molto importanti e molto ricche. Alcune di questo però io credo che loro sono qui solo per potersi mettere con noi e fare in modo che l’unione con noi possa rendere le nostre famiglie in pace. Ma per mio padre questo è molto importante.”
“E lei che ne pensa?”
“A me non piacciono queste cose. Se volessi avere qualcuno allora deve essere qualcuno in cui sono io a decidere la persona di cui mi innamoro. E non mio padre o una cosa fatta per forza pero ordine di qualcuno. E poi sono troppo giovane per avere qualcuno.” Disse lui.
“Anche io la penso così.” Risposi io.
“Tu che ne pensi di quella ragazza là in fondo?” mi chiese lui indicandone una alla mia sinistra e dall’altra parte della sala.
“Ha un bellissimo vestito azzurro e tutto luccicante, ha una bellissima collana ed è molto bella.” Dissi io.
“Oh… Avrei un’altra cosa da chiederti. Io mi sono innamorato di una persona.”
“Sono contenta per lei! e com’è questa persona?”
“Beh, veramente no so nulla di lei. A parte il fatto che lei lavora qui, è molto bella, magra e di recente le ho parlato spesso. Tu cosa mi consigli di fare?”
“Non lo so. Parlare con lei?” dissi io.
“Ma se io le parlo molto poi qualcuno potrebbe sospettare che ci sia qualcosa e questo non è consentito a noi che siamo così diversi.” Disse lui.
“Potete parlare anche per poco tempo.” dissi io.
“sì, questo è vero… però anche se parlassimo non saprei cosa dirle.” disse lui.
“Non so cosa consigliarle, provate a parlarle di qualunque cosa.” dissi io.
“Va bene, ci proverò domani.” disse lui.
Rimanemmo in silenzio alcuni minuti e notai che una decina di coppie si avvicinarono a due a due a padron Hiroshi. Loro si inchinarono, lo salutarono e poi si incamminarono verso la porta dove l’uomo in giacca  e cravatta che a inizio festa aveva annunciato i padroncini li accompagnò alla porta. anche altre coppie dopo un po’ di tempo fecero la stessa cosa. Gli ospiti così arrivarono a dimezzarsi, ma i musicisti continuarono a suonare.
“Che peccato, se ne sta andando via molta gente.” Disse lui.
“Già. Però questa è una bella musica.” Dissi io. La musica che si sentiva era una musica leggera ma era bellissima.
“Si, piace anche a me. ora però devo andare a salutare gli ospiti che se ne stanno andando scusami tanto.” Disse lui.
“Certo, arrivederci.” Dissi io inchinandomi in avanti.
Lui si allontanò da me per avvicinarsi a padron Hiroshi. Altre persone se ne andarono inchinandosi e se ne andarono via. Notai che nei tavoli dall’altra parte della sala il cibo era del tutto finito e nel tavolo che avevo dietro di me c’era rimasto veramente poco. Persino le torte a due e tre piani erano letteralmente finite.
Dopo diversi minuti non c’era rimasto più nessuno nella stanza, a parte me, Miko, Aiko, Sara, Emma, i tre padroncini e padron Hiroshi. Sara chiamò noi cameriere e ci disse: “Bene, ragazze, per oggi è finito. Potete andare a casa se volete. A mettere a posto la stanza e ripulire tutto questo ci potete pensare domani mattina.”
“Sì, certo.” Dicemmo tutte e quattro in coro. Poi lei se ne andò e si avvicinò a noi i tre padroncini. Jun e Inari in momenti diversi avevano lo sguardo fisso su di me.
“Ciao ragazze, vi ringrazio per la serata e per il buon cibo.” Disse Isao.
“Avete fatto tutte un ottimo lavoro e vi auguro la buona notte.” Disse Jun.
“Ci vediamo domani.” Disse Inari. Isao e Inari se ne andarono, ma Jun rimase davanti a me.
“Ecco… vorrei ringraziarti per i consigli che mi hai dato prima. Mi sono stati davvero d’aiuto. Da domani potrò parlare molto di più con la ragazza che mi piace e che ho conosciuto oggi.” Disse Jun.
“Mi fa piacere, ma ora devo andare via. Mi dispiace non poter restare.” Dissi io.
“Certo, a domani.” Disse lui, poi se ne andò.
Io salutai tutti e poi uscii dalla porta laterale del castello insieme alle ragazze. Un pochi minuti arrivai a casa e una volta arrivata mi sedetti sulla poltrona a fianco alla finestra per rilassarmi. Riuscii a rilassarmi per tutto il tempo, Aki per tutta la serata non si fece vedere e io mi rilassai al punto tale da addormentarmi senza accorgermene.

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Capitolo 4
*** Capitolo tre: il mio primo bacio ***


 
Il giorno dopo mi svegliai molto tempo dopo l’alba e corsi il più velocemente possibile verso il castello. Entrai e cercai di andare nella Sala di Consultazione ma venni beccata da Sara che mi fece un lungo discorso sgridandomi per il ritardo con cui ero arrivata e arrabbiandosi con me per aver chiacchierato troppo a lungo con i padroncini ieri sera durante la festa. Lei credeva che io non avessi seguito la sua regola e mi fossi concentrata solo sui due padroncini eseguendo solo i loro ordini, ma io in realtà sapevo che non era così.
La sgridata di Sara durò qualche minuto e non appena lei finì camminai più veloce che potevo verso la Sala di Consultazione. Quando entrai vidi Emma, Aiko e Miko prendere delle cose che c’erano sui tavoli che erano stati usati ieri sera. Emma stava prendendo in mano i bicchieri usati dagli ospiti, Aiko aveva in mano dei piatti e delle posate e ne stava aggiungendo altre, mentre Miko stava prendendo i tovaglioli e i piatti usati per le torte. Loro presero quelle cose e passando per la porta che era dietro di me andarono in cucina.
La prima cosa che feci non appena entrata era chiedere se avevano bisogno e Aiko mi disse di aiutarle a portare tutto ciò che c’era sui tavoli giù in cucina e così io feci. Ma c’era così tanto casino per la stanza, così tanta roba sparpagliata  e così tante cose da portare via che ci impiegammo tutta la mattinata fino all’ora di pranzo.
Una volta portato le ultime cose io mi appoggiai al tavolo e sospirai per un attimo e poi tutte e quattro ci mettemmo a chiacchierare mentre pulivamo ciò che avevamo portato aiutandoci a vicenda. Improvvisamente sentii dei passi venire verso di noi e alcuni secondi dopo entrò padroncino Inari.
Noi ci fermammo di pulire e lui aveva il fiatone. Io gli diedi un bicchiere d’acqua e lo bevve tutto d’un sorso.
“Grazie. Scusate ma posso parlare con Iris per qualche minuto?” disse Inari.
Le ragazze mi guardarono con occhi stupite ma non dissero nulla.
“Ragazze scusatemi, ma mi sposto per un po’. Non ci impiegherò molto tempo.” dissi io e lo seguii.
Uscimmo dalla cucina, facemmo le scale e lui mi portò nel corridoio del primo piano. Ci fermammo a un paio di metri di distanza dalle scale.
“Iris, ehm… non so come dirtelo ma devo ringraziarti.” Mi disse lui.
“Ringraziarmi per cosa?” chiesi io.
“Ringraziarti per il suggerimento che mi hai dato ieri sera.”
“Eh?” chiesi io.
“Stamattina ho scritto una lettera alla persona che mi piace. Mi sono sentito molto felice mentre la scrivevo e nella lettera io le ho chiesto di uscire per poterle parlare. Ma ancora non ho ricevuto una risposta.” disse lui.
“Sono contenta per lei, ma non capisco come posso esserle utile.” dissi io.
“Beh, non so cosa dirle, come comportarmi e cosa risponderle nel caso mi facesse delle domande.” Disse lui.
“Nemmeno io so come posso aiutarla su questo, provate a parlarle di voi.” Dissi io.
“Certo, ma ho paura di non riuscire a dire e a fare nulla davanti a lei. E ho paura che possano non uscirmi le parole di bocca.” disse lui.
“Lei ce la farà. O almeno così penso io.” dissi io.
“Capisco…” mi disse lui. Fece un’espressione pensierosa per una decina di secondi e poi mi guardò facendomi una domanda che non mi aspettavo.
“Iris, scusa se te lo chiedo, ma tu ce l’hai il ragazzo?” chiese Inari.
“No mai, ma come mai lei mi fa questa domanda?” chiesi io.
“Beh, mi dai dei consigli molto utili e adatti per ogni momento. Mi chiedevo come  fosse possibile una cosa del genere.” Disse lui.
“Non lo so, forse è una mia sensazione. Io provo soltanto a mettermi nei panni della persona che mi parla e provo a dare il mio consiglio. Tutto qui.” Dissi io.
“Oh… capisco. Avrei un’altra domanda da farti.” Disse lui.
“Mi dica.” Dissi io.
“Io ho un grande desiderio: poter viaggiare per i villaggi controllati da mio padre. Mi piacerebbe tanto esaudirlo. E tu?” disse lui.
“Io ne ho tre: avere una famiglia, di potermi innamorare di qualcuno e quella di poter viaggiare al di fuori del mio villaggio.” Dissi io.
“Uao, sono bellissimi. Ora devo andare, ma ti auguro di esaudirli.” Disse lui andandosene via.
Dopo che lui se ne andò io tornai giù in cucina e continuai a lavorare insieme alle altre cameriere. Loro erano a metà del lavoro però io le aiutai lo stesso. Mentre lavorai mi venne in mente la proposta che mi aveva fatto Aki. Dopo aver sentito l’opinione di Emma e di Inari ieri sera durante la festa, ero decisa ad accettare la sua proposta.
Però accettare così facilmente non mi piaceva, dovevo trovare una condizione o un qualcosa che lui doveva rispettare. Ma quale poteva essere? E dovevo metterci una o più condizioni?
Dovevo certamente mettercene più di una, perché non potevo sapere che cosa mi sarebbe successo dal momento in cui avrei accettato. Ci impiegai tutto il pomeriggio e alla fine riuscii a trovare alcune clausole, ma quando smisi di pensare e tornai a ciò che stavo facendo vidi di essere nella stanza in cui i padroncini stavano mangiando.
Forse ero arrivata lì senza accorgermene e facendolo in automatico, ma non appena loro finirono noi quattro prendemmo i piatti su cui avevano mangiato e li portammo in cucina. Lì mangiai del pane e me ne andai a casa lasciando le cose a Emma e Aiko.
Uscii dalla porta laterale del castello a cui abbiamo accesso solo noi cameriere, percorsi la strada alberata lungo qualche centinaio di metri e arrivai nel mio villaggio. Per andare a casa mia mi fermai nella piazza centrale del villaggio dove vidi tanta gente di nuovo uno vicino all’altro, proprio come due giorni fa.
Feci solo alcuni passi verso la gente che notai in quel momento una cosa che mi sconvolse e che non avevo mai immaginato fosse possibile. C’erano tre croci con appese tre persone e nella croce centrale c’era mio padre legato molto stretto. Lui era pieno di lividi e di tagli, aveva i pantaloni ma non aveva la maglia e aveva gli occhi chiusi con la testa inclinata a destra.
“No… non ci credo. Papà! Papà!” dissi io correndo verso la sua croce.
Quando arrivai ai piedi della croce notai che tutta la gente intorno iniziava a parlare male delle tre persone appese alle croci. Io ero così disperata che stavo piangendo davanti a mio padre e nello stesso tempo sentii alcune delle cose che dicevano le persone e non mi piaceva.
“Cavoli, un altro caso di persone appese alla croce.” Dissi un uomo.
“Questo perché non bisogna mai andare contro le regole imposte dai padroni del villaggio e perché bisogna pagare le tasse.” Disse un altro uomo.
“Già, non vorrei essere al posto loro. Per fortuna che noi paghiamo le tasse al contrario di loro.” disse una donna.
“Signori, signore, aiutatemi vi prego! Aiutatemi a portarlo giù, per favore!” dissi io guardandomi intorno. ma sembrava che nessuno volesse aiutarmi.
“Quella ragazza è la figlia di quell’uomo?” disse la donna di prima.
“Che orrore e che disonore.” Disse un’altra donna.
“Io sicuramente non la aiuto.” Disse un uomo.
“nemmeno io. Lui ha una brutta reputazione e io non voglio averci niente a che fare.” Disse un altro uomo. Poi calò il silenzio per almeno due secondi.
“Signori, vi prego, aiutatemi. Io e mio padre siamo sempre state delle buone persone e vi abbiamo sempre aiutato. Vi prego, datemi una mano.” Dissi io.
Mi guardai intorno e vidi che per terra lontana da tutti noi c’era una scala lunga tra i 30 e i 40 centimetri. Nessuno sembrava interessato a prendere la scala e tutti sembravano rifiutarsi di darmi una mano.
Io ero disperata perché non potevo chiedere a nessuno e stavo piangendo dalla disperazione. Mio padre sembrava svenuto dal dolore e dalle ferite.
“Papà! Papà come ti senti? Rispondi! Rispondi per favore!” dissi io. ma da lui non ottenni nessuna risposta.
“Vi prego signori, aiutatemi! Vi scongiuro! Io vi ho sempre aiutato quando erano i vostri parenti ad essere sulle croci in passato, quindi vi prego, aiutatemi!” dissi io e di nuovo nessuno si fece avanti.
“Ti aiuto io.” disse una voce lontana.
Le persone si spostarono e vidi una persona giovane in lontananza. Si avvicinò e riconobbi che era un maschio con occhi marroni e capelli neri. Stava tenendo con una mano una scala in legno. La stessa scala che io avevo visto poco fa per terra. Quella persona era Aki. Ma cosa… che ci faceva lì? Cosa era venuto a fare? Perché era lì? E da dove era venuto?
Non sapevo rispondere a quelle domande e non era nemmeno il momento di fargliele. In quel momento ero felice che lui era venuto e che si era offerto di aiutarmi.
“Oh, grazie al cielo. Ti prego, vieni ad aiutarmi! Per favore.” Dissi io in tra le lacrime e la gioia.
Lui si avvicinò a me e a mio padre, appoggiò la scala alla croce e slegò mio padre. Io cercai di prenderlo non appena venne giù ma era talmente pesante che caddi a terra dal gra che era pesante. Aki slegò allo stesso modo anche gli altri due che erano appesi, ma nessuno tra quelli presenti si avvicinò a loro.
Una volta che lui finì scese dalla scala e mi aiutò a portarlo via mettendo il braccio destro di mio padre intorno al suo collo mentre io misi il braccio sinistro intorno al mio.
“Dovreste vergognarvi a comportarvi in questo modo con una ragazza che vi ha sempre aiutato.” Disse lui con tono ed espressione arrabbiata verso la gente che c’era dietro di noi.
Mi aiutò a portarlo in casa dove gli chiesi di coricarlo sul letto della camera di mio padre, che era a fianco alla mia, mentre io riempii un secchi di acqua e ci misi uno straccio bagnato dentro. Una volta riempito il secchio a metà camminai il più velocemente da mio padre dove mi sedetti al suo fianco e, dopo aver bagnato lo straccio, lo mossi delicatamente più volte sul corpo di mio padre.
Lui aveva una struttura corporea robusta, aveva i capelli neri, grandi muscoli e quando era un piedi era alto un metro e 75. Era sempre stata una brava persona e capace di difendersi, ma vederlo in quelle condizioni mi metteva ancora più tristezza di quella che mi sarei aspettata di provare fino a quel momento. Ero così triste che a un certo punto appoggiai la mia testa contro il petto di Aki e iniziai a piangere moltissimo.
“Mi dispiace davvero tanto per tuo padre.” Disse Aki.
“Grazie. Vorrei chiederti una cosa: cosa ci facevi là nella piazza e come sapevi come arrivarci se io non te l’ho mai detto?” chiesi io.
“Beh… ho notato che era tutto deserto, così ho iniziato a girare per le diverse strade. Girando delle volte a destra e delle volte a sinistra, mi sono ritrovata in una piazza e lì ho sentito una voce disperata. Dopo alcuni secondi ti ho riconosciuta e sentendo dalla voce quanto eri disperata, ho deciso di aiutarti.” Disse lui.
“Cosa eri venuto a fare là? E perché eri lì?” chiesi io.
“Io stavo cercando te, ero venuto davanti a casa tua ma tu non mi avevi risposto. Così ho iniziato a cercarti. E come ti ho detto prima, sono arrivato nella piazza per caso. Però non mi aspettavo che nel tuo villaggio potesse accadere qualcosa come quello che ho visto.” Disse Aki.
Io non gli risposi subito perché diventai ancora più triste di prima e ripresi a trattare i lividi di mio padre.
“Perché… perché è successo questo a mio padre. Io non riesco a capire che cosa può essere successo  per avergli causato tutti questi lividi. Come non riesco a capire il motivo per cui tu mi hai aiutato e sei venuto proprio da me. Voglio dire, tu non sai nulla di questo villaggio perché tu provieni da un altro posto.” Dissi io.
“Sì, è vero, io provengo da un altro villaggio. Però a me non piace vedere le persone trattate nella stessa maniera in cui è stato trattato tuo padre. E non hai nemmeno risposto alla mia domanda di prima.” Disse lui.
“Beh, qui la gente viene appesa ad una croce se non rispetta le regole, alle imposte da pagare e alle decisioni imposte dai padroni del castello che controllano questo villaggio. La gente è sempre legata al rispetto delle norme chiunque non la rispetti viene prima picchiato per varie volte per vedere se lui si arrende e rispetta tutto ciò che deve rispettare. Se la persona, dopo che è stata picchiata, non rispetta ciò che gli è stato imposto, allora viene appesa a una croce e picchiata ancora in base alla quantità di denaro o alla tipologia di problemi che la persona ha causato. Sono anni che esistono queste regole e nessuno può evitarlo. Solo che non riesco a capire come sia potuto capitare a mio padre.” Dissi io.
“Capisco. È davvero una brutto. Ma adesso avrei io una domanda per te.” Disse lui.
“Mh…” dissi io tra le lacrime.
“ti ricordi che due giorni fa sono venuta qui da te e ti  ho proposto quella cosa riguardante il viaggio che vorrei fare?” chiese lui.
“Sì, ma dove vuoi arrivare?” chiesi io.
“Beh, vorrei sapere la tua risposta. Che cosa hai deciso di fare?” disse lui.
“Mio padre è stato appeso a una croce ed è appena venuto a casa e tu mi chiedi che cosa ne penso di viaggiare con te?”
“lo capisco che adesso non è un buon momento, ma io vorrei saperlo.” Disse lui molto tranquillo.
“Al momento vorrei poter assistere mio padre fino a che non si sentirà meglio adesso. Puoi chiedermelo più tardi?” chiesi io.
“Va bene…” rispose lui.
Passai un’ora ad asciugare mio padre dal sudore che aveva sul corpo e cercando di coprirgli le ferite. Ne aveva diverse su di lui e io tolsi quanto più sangue possibile. Ogni volta che lo facevo lui fece un’espressione molto sofferente e respirava a fatica. Vederlo in quelle condizioni mi costrinse a correre in cucina dove vomitai nel lavandino e quando finii mi sciacquai la bocca con dell’acqua e tornai subito dopo a fianco di mio padre. Passai un’altra ora a pulire tutte le sue ferite, pulire lo straccio ogni volta e lui riuscì a respirare un pochino meglio di prima. Questo mi fece rilassare i muscoli mi preoccupai un po’ meno per lui.
“Iris, adesso potresti rispondere alla domanda che ti avevo fatto prima per favore?” mi chiese lui con tono molto rilassato.
“Sì, viaggerò con te.” Dissi io dopo un respiro profondo.
“Davvero? Che bello!” disse lui saltando per la stanza tutto felice. Saltò per tre o quattro volte ed era felicissimo.
La sua espressione sorridente mi fece venire in mente di averla già vista, ma non riuscivo a ricordare dove poteva essere. Forse era un ricordo recente, o forse era lontano…non riuscivo a ricordare. Ma quell’espressione divertita mi era già famigliare, non era una qualunque.
“Partiremo domani mattina presto subito dopo aver mangiato.” Disse lui una volta che si era calmato.
“Va bene, però avrei delle condizioni che vorrei tu rispettassi. Se le rispetterai tu, lo farò anch’io. Ma non devi dimenticarle.” Dissi io alzandomi in piedi e spostandomi in cucina dove avevo la sedia a fianco alla finestra. Lui si sedette sula sedia e io camminandogli davanti gli spiegai ciò che volevo.
“Condizioni? Che genere di condizioni? Spiegati meglio.” Disse lui.
“Beh, come condizione numero uno non ci devono essere bugie tra di noi. Quindi mai nascondere nulla. Condizione numero due: aiutarsi sempre nel momento di bisogno. Nel caso uno dei due si trovasse in difficoltà, l’altro dovrà andare ad aiutarlo. Numero tre… ancora non ce l’ho in mente.” Dissi io.
“Va bene!” disse lui sorridendo.
“Scusa ma hai sentito ciò che ho detto?” chiesi io.
“Non vedo l’ora di partire. Chissà che cosa vedremo, che villaggi scopriremo, che cibi mangeremo, che gente incontreremo. E poi chissà se ci saranno dei templi e delle feste. Vorrei che fosse già domani mattina. Senti, posso abbracciarti?” disse lui.
“Eh? Ma che cosa stai dicendo? Perché dovrei abbracciarti?” chiesi io.
“Le uniche persone qui dentro siamo io, te e tuo padre. Dato che tuo padre è malato e non riesce a muoversi e parlare e non considerando me, rimani solo tu. Quindi vorrei abbracciarti per poter condividere la mia felicità con te.” Disse lui.
“Ehm… si certo. Come no.” dissi io.
“Stai ferma e lasciati abbracciare.” Disse lui allargando le braccia e avvicinandosi a me lentamente.
“Tu sei un tantino strano, ma stai lontano da me. ho detto stai lontano, lontano.” Dissi io. ma lui era  a una ventina di centimetri da me e continuava ad avvicinarsi.
“Non avvicinarti! Stammi lontano! Stammi lontano ho detto, lon-…” dissi io.
Venni fermata da una sensazione improvvisa, inaspettata. Le sue labbra stavano toccando le mie e le mie toccavano le sue. Io mi feci trascinare da questa emozione e chiusi gli occhi. Una sensazione bellissima e perfetta, come la cosa più dolce e buona mai creata fosse messa insieme. Come se il mio corpo si stesse sciogliendo tutto in un momento. Era la prima volta nella mia vita che mi sentivo così. Era il mio primo bacio.
Non riuscirei a dire quanto quella sensazione e quel bacio era durato, a me era sembrato moltissimo ma non avevo idea di quant’era in realtà. Quando lui si staccò da me mi ci volle qualche secondo per poter tornare alla normalità e non sentirmi più come prima, ma lui si staccò e mi abbracciò per una decina di secondi poi si allontanò. Io ne rimasi sconvolta da quel bacio e non riuscivo a spiaccicare parola.
“Ah, scusami, non volevo farlo apposta. Io… ehm, non volevo farlo. Tutto questo è successo all’improvviso e il mio corpo ha reagito da solo.” Disse  lui.
“Il mio… primo… bacio…” dissi io.
“Eh? Non ho capito cos’hai detto. Che cos’hai? Ti senti bene?” chiese lui.
Io mi toccai le labbra perché non credevo a ciò che avevo provato e a ciò che mi era successo. Era la prima volta che venivo baciata in quel modo da qualcuno. Sicuramente non mi aspettavo che fosse una persona conosciuta due giorni fa a farmi provare una cosa del genere.
“Quello era… il mio primo bacio.” Dissi io ancora un po’ sconvolta.
“Oh… non lo sapevo. Scusami tanto, il mio corpo ha agito da solo. Mi dispiace.” Disse lui.
“Sono stata baciata da un ragazzo conosciuto due giorni fa… il mio primo bacio. Io… non riesco a crederci.” Dissi io.
“Lo so che sei sconvolta, e per questo mi dispiace molto. Ti ripeto che non l’ho fatto apposta. Il mio corpo ha agito da solo, mi dispiace. Possiamo fare finta che questo non sia mai successo? Ti prometto che non succederà più!” Disse lui tutta preoccupato per me. Io però rimasi in silenzio per quasi un minuto.
“Okay. Ehm… adesso io vado a letto perché sono stanca. Ci vediamo.” Dissi io ancora sconvolta. Mi spostai verso camera mia con la mente molta confusa e leggermente dolorante.
“Certo, capisco. Scusami ancora per prima, eh?” disse lui.
Arrivata in camera mia cercai di dormire, ma da quel bacio tutto mi sembrava più strano e diverso. Cercai di dare un ordine alle cose e agli avvenimenti, ma era tutto molto difficile. Anzi, tutto era diverso.

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Capitolo 5
*** capitolo quattro: inizia l'avventura! ***


Quella notte cercai in tutti i modi di dormire ma per metà della notte non ci riuscii. Alcune volte andai nel lavandino a lavarmi la faccia, altre volte andai a vedere le condizioni di mio padre che sembrava essere un pochino migliorato, altre volte ancora rimasi coricata sul letto a pensare. Ma la mia mente non si era allontanata da due immagini: una era mio padre appeso alla croce  e l’altra era il bacio di ieri sera.
L’ultima volta che mi svegliai mi trovavo con il corpo appoggiato al lato destro e sentii che un braccio era appoggiato sopra il mio bacino. Il braccio era quello di Aki che il giorno prima si era coricato e dormiva per terra mentre in quel momento era esattamente dietro di me e il suo corpo era appoggiato al mio. Cercai lentamente di alzarmi dal  letto facendomi sentire il meno possibile e  quando mi alzai mi spostai in cucina dove mi preparai una scodella di zuppa. La stessa zuppa che mi era rimasta due giorni fa e in cui avevo soltanto aggiunto delle verdure.
Mi misi a fianco a mio padre con la scodella in mano, la appoggiai a terra e in certi momenti la bevvi mentre mi prendevo cura di mio padre. Lo feci per un bel po’ di tempo, non saprei definire quanto, ma forse era per tutto il tempo che ho impiegato a bere la zuppa, se non di più.
“Ecco dov’eri. Buongiorno.” Disse Aki.
Io non guardai nemmeno dove si trovava, ma dalla voce capii che era alla porta. Io avevo gli occhi fissati su mio padre e le mani che tenevano la scodella.
“Buongiorno.” Dissi io.
“Come sta tuo padre?” chiese lui avvicinandosi a me.
“Fortunatamente meglio di ieri. Mio padre è una persona forte, in poco tempo tornerà in forze.” Dissi io.
Ci fu un minuto di silenzio tra noi due. Mi alzai in piedi e mii spostai in cucina dove lavai la scodella che avevo in mano. Aki mi seguì in cucina e si sedette sulla sedia a fianco alla finestra.
“Sei pronta a partire? Io non vedo l’ora!” disse lui.
“Oh, giusto. In realtà non mi sento molto pronta, però credo che mi faccia bene fare questo viaggio. Potrei scoprire delle cose che non avrei mai immaginato.” Dissi io.
“Benissimo! È proprio questo che volevo sentire! Allora partiamo?” disse lui.
“Va bene.” dissi io.
“Sìììììì! Finalmente si parte!” Disse lui contento ed eccitato.
Entrambi ci mettemmo un mantello addosso, uscimmo di casa e ci dirigemmo verso la piazza principale. Mi guardai intorno e vidi che non c’era nessuno alle finestre delle case che avevo intorno.
“Allora Aki, ce l’hai una mappa?” chiesi io.
“Una che?” chiese lui.
“Una mappa, una cartina. Insomma qualcosa che indichi il posto e i villaggi qui intorno.” dissi io.
“Ah quella! Si, ce l’ho. Eccolo.” Disse lui tirando fuori da una tasca un rotolo di carta arrotolata. La aprì e la guardammo insieme.
“Dove siamo?” dissi io.
“Noi siamo qui.” disse lui indicando un punto al centro della mappa.
“E in che direzione dobbiamo andare?” dissi io.
“Dobbiamo andare verso Nord, poi a un certo punto dovremo cambiare. Ma per ora dobbiamo uscire dal villaggio.” Disse lui. Poi chiuse la mappa e continuammo a camminare.
Mentre parlammo avevamo già attraversato tutta la piazza principale e dopo qualche minuto eravamo arrivati alla fine di una strada.
Ai miei fianchi c’erano delle case con alcune finestre chiuse e altre finestre aperte con la gente che ci fissava, dietro di me la strada che portava sulla piazza e davanti a me c’erano diversi alberi. Io mi fermai di scatto e iniziai a chiedere ad Aki.
“Bene, siamo fuori dal mio villaggio. E adesso che facciamo?” chiesi io.
“Dobbiamo andare sempre a nord e dovremmo affiancare un fiume. Disse lui.
“Un fiume? Cos’è il nord? Dove si trova?” chiesi io.
“Non sai dov’è il nord?” mi chiese lui.
In quel momento lui iniziò a muoversi in avanti e io decisi di seguirlo curiosa di quello che stava dicendo.
“No. dov’è?”
“È sempre davanti a te.”
“A me? Che significa, non capisco.” Dissi io. Lui camminò sempre dritto ma improvvisamente iniziò a spostarsi verso sinistra. La cosa mi sembrava un po’ strana e volevo saperne di più.
“Non ne ho idea. Mio padre mi ha insegnato che di giorno devo seguire il sole e di notte devo seguire una stella precisa. Questo è quello che mi ha insegnato mio padre quando ero piccolo sul nord.”
“Uao, è davvero interessante. Ma ho un’altra domanda adesso: come mai ci stiamo spostando a sinistra? È per caso successo qualcosa?” chiesi io.
“No. dobbiamo camminare a fianco al fiume, te l’ho detto prima.”
“OH, giusto.” Dissi io.
 Ci fu qualche minuto di silenzio. Nessuno di noi due parlò e camminammo per tutto il tempo. A un certo punto notai lontano qualche centinaio di metri una enorme quantità di acqua. Non riuscivo a capire come mai ci fosse tutta quell’acqua, ma più mi avvicinavo più notavo che l’acqua era sempre di più e andava in una direzione.
“Ehi Aki, che cos’è quello?” chiesi io.
“Quello è il fiume che ti dicevo! Hey, facciamo una gara. Vediamo chi arriva per primo al fiume!” disse lui. Dopo averlo detto si mise a correre verso il fiume.
“Aki aspetta! Aki! Cavoli, ma che gli è preso?” dissi io.
Poco dopo che lui iniziò a correre lo feci anche io ma lo persi di vista molto velocemente. Lui aveva le gambe molto magre e forse per questo corse molto velocemente. Ma così velocemente che per quanto cercavo di andare veloce non riuscivo mai a raggiungerlo. Mentre correvo continuavo a spostarmi a destra e a sinistra evitando gli alberi che incontravo.
Però una ventina metri dopo aver iniziato a correre io rallentai la corsa perché non ce la facevo più a mantenere il ritmo. Non ero abituata a fare una cosa così e non avevo la sua resistenza. Rallentai fino ad arrivare a camminare e quando mi fermai avevo davanti a me il fiume che aveva detto Aki.
“uff… uff… Cavoli Aki… ma che ti è preso? sei stato così veloce… che non riuscivo a starti dietro. Ehi, ma dove sei?” dissi io guardandomi intorno. Subito non vidi nessuno a parte il fiume e tantissimi alberi che mi circondavano, ma poi udii una voce dalla mia destra.
“Sono qui!” disse Aki scuotendo le mani. Lui era lontano da me soltanto qualche metro.
“Ah, eccoti. Stai fermo lì che ti raggiungo” dissi io. Camminai velocemente e in un paio di metri arrivai da lui.
“è stata una bellissima corsa. Domani lo rifaremo, vero?”
“Ma scherzi? Già faccio fatica a starti dietro e poi non sono abituata a queste cose.”
“oh…” disse lui con espressione triste e riprese a camminare a lato del fiume. io lo seguii e notai davanti a me una cosa strana.
“Guarda Aki, là in fondo c’era qualcosa.” Dissi io.
“Dove?” mi chiese lui.
“Proprio là.” Dissi io indicando davanti a me con una mano.
Indicai un punto poco lontano da noi in cui la riva del fiume in cui ci trovavamo era diversa dal solito. Più ci avvicinammo e più notai che il terreno in quel punto andava verso il basso fino a che, quando eravamo lì, notai che l’acqua del fiume in quel punto formava delle piccole onde. io inizia a correre fino a quando l’acqua non mi toccò i piedi e mi sentii così felice che sorrisi diverse volte mentre avevo i piedi nell’acqua.
“Vieni Aki! Guarda, l’acqua è freschissima e molto pulita!” dissi io.
“Eccomi, arrivo!” disse lui. Si allontanò per qualche istante e quando ritornò aveva un bastoncino di legno in entrambe le mani. I bastoncini erano piuttosto sottili ma sembravano resistenti ed erano lunghi una ventina di centimetri.
“Che cosa vuoi fare con quelli? E da dove li hai tirati fuori?” chiesi io.
“Li ho presi da terra vicino ad un albero e voglio usarli per poter prendere da mangiare. Non so te ma io ho un po’ fame. Tieni, questo è per te.” Disse lui allungandomi un bastone che aveva in una delle due mani.
“Cosa devo fare con questo?” chiesi io.
“Prendere i pesci ovviamente.”
“E come si usa?”
“mio padre mi ha insegnato come si fa e adesso te lo faccio vedere. Ai tuoi piedi se guardi ci sono dei pesci e quando i pesci si avvicinano ai tuoi piedi e non appena ti senti pronta infilzi quanti pesci vuoi. Così, vedi?” disse lui facendo vedere le cose nello stesso momento in cui lo diceva.
Io ci provai a farlo ma subito non ci riuscii. Allora riprovai e dopo aver aspettato qualche secondo fui in grado di prendere ben due pesci in una sola volta. Io ero contentissima di avercela fatta ma quando guardai Aki notai che lui stava ridendo.
La sua risata mi piaceva ma allo stesso tempo mi spaventava un po’ perché mi faceva ricordare i volti di alcune persone che abitavano nel mio villaggio e che in certi momenti ridevano di me quando mi vedevano camminare vicino a loro. cercai di pensarci il meno possibile anche se era difficile. Lui notò che c’era qualcosa in me che non andava e si avvicinò subito a me.
“Ehi, va tutto bene?” mi chiese lui mettendomi una mano su una spalla.
“Eh? oh sì, tutto a posto.”
“Ne sei sicura?”
“Sì, certo. Piuttosto guarda, ho preso due pesci!” dissi io sorridendo.
“brava, ma io ne ho presi quattro.” Disse lui facendo un’espressione da ebete e sorridendo nello stesso tempo.
A me non piaceva ciò che aveva detto e fingendo di essermela presa lo spinsi all’indietro e lui cadde nell’acqua. Subito dopo scoppiai a ridere perché era tutto bagnato ma ci fermammo dal mio stomaco che faceva rumore.
“Tu resta qui e tieni questo. Arrivo subito.” Disse lui dandomi il
Aki se ne andò per un paio di minuti e quando tornò aveva le mani con una decina di pezzi di legno di lunghezze diverse ma tutti sottili. Si avvicinò a me, gettò a terra il legno che aveva nelle mani e iniziò a lavorare con quelli.
“Che stai facendo?”
“creando il fuoco così possiamo cuocere i pesci che abbiamo preso.”
“Ti posso aiutare?”
“no grazie. Abbi un po’ di pazienza e poi potremo cuocere quei pesci. Ce l’ho fatta!” disse lui sorridendo.
“grandioso! Non vedo l’ora di mangiare, c’ho una fame.” Dissi io.
“Aspetta! Dobbiamo prima cuocere i pesci.” Disse lui mettendo una mano davanti a sé.
“Oh, giusto…” dissi io.
Misi i due bastoncini con i pesci in obliquo e aspettammo solo un paio di minuti. Giusto il tempo che la pelle dei pesci diventasse più scura e più  guardavo i pesci più la mia fame aumentava.
“Bene, i pesci sono pronti. Buon appetito.” Disse Aki prendendo in mano un bastoncino.
“Buon appetito anche te.” Dissi io.
Prima di mordere uno dei pesci, lo guardai per capire come lo dovevo mangiare. Io ero abituata che nel castello tagliavo in due e lo pulivo dentro, lui invece lo stava mangiando così com’è. A quel punto decisi di mangiare nello stesso modo che faceva lui, ma non avendolo mai fatto andai molto più lenta di lui che in pochissimo aveva quasi finito tutto il primo pesce.
“Che strano modo che hai di mangiare.” dissi io.
“è una cosa che mi ha insegnato mio padre. Mi ha sempre detto che facendo così non va sprecato nulla e si riesce a gustarlo meglio.” Disse lui.
“Oh…” dissi io mordendo due volte il pesce che avevo avviato prima. Poi continuai: “Tuo padre deve sapere davvero tantissimo.”
“Sì, lui sa molte cose. Alcune di quelle me le ha insegnate e con il tempo te le mostrerò.” Disse lui.
“Ad esempio?” dissi io.
“Beh, come prendere i pesci e cuocerli, i riferimenti per il nord che ti ho detto prima. Anche questa mappa apparteneva a lui prima che me la lasciasse. Bene, io ho finito di mangiare ed è finito persino il fuoco.” Disse lui alzandosi in piedi.
Anche se non avevo finito di mangiare il secondo pesce mi alzai in piedi e, visto che lui si era messo a camminare, lo seguii anche io. stavamo camminando in mezzo agli alberi e a una decina di metri di distanza dal fiume in cui ci trovavamo poco prima.
“Cosa vuol dire te la lasciasse? Non capisco. Gli è successo qualcosa?”
“Beh, io… non ho più i genitori.” Disse lui con espressione triste. Solo guardandolo capii che qualcosa in lui non andava e che qualcosa era successo. Ero curiosa di sapere che cosa era successo ai suoi genitori, ma non mi sembrava il momento giusto.
“oh… capisco.” Dissi io.
Camminammo per altre diverse centinaia di metri senza dire una parola. Gli unici rumori che si sentivano erano gli uccellini e gli insetti che ci circondavano. Alcuni di loro si erano appoggiati sulle mie spalle o sulla testa o sui vestiti sporchi che portavo, ma io avevo paura e tutte le volte che succedeva io mi mettevo ad urlare. Fino a quel momento non ho mai visto e non ero mai stata toccata da degli insetti ed era per questo che urlavo e mi nascondevo dietro Aki quando vedevo qualcosa muoversi. Lui molto gentilmente mi toglieva gli insetti di dosso, mi sorrideva, come se non fosse successo nulla, e io ogni volta lo ringraziavo.
Improvvisamente però notai qualcosa di piccolo, grigio, alla mia destra e lontano una decina di metri. Più ci avvicinavamo e più si poteva capire che cos’era: una piccola statuetta di un santo buddista grigio.
“Ehi, guarda! Una piccola statuetta!” dissi io.
“Dove?” disse lui.
“A destra e là in fondo.” Dissi io.
“Oh sì.” Disse lui.
“Senti, va bene se ci fermiamo là? Vorrei fare una cosa.” Dissi io.
In un paio di minuti arrivammo là e fui io la prima a fermarmi. La statuetta era alta da terra fino alle mie ginocchia, aveva le mani una appoggiata all’altra e davanti a sé in segno di preghiera e gli occhi chiusi. Una cosa che a me piaceva tanto di quella statuetta erano le sue orecchie grandi e i lobi delle orecchie molto più grandi del normale.
Io unii le mani, le misi vicino a me, chiusi gli occhi e pregai per diversi minuti. Pregai che mio padre tornasse in salute il prima possibile e che l’avventura che avevo appena iniziato a vivere fosse ricca di scoperte e di emozioni. Pregai anche che a mio padre non succedesse nulla e non gli capitasse di essere di nuovo in fin di vita com’era prima che partissi.
Non appena distaccai le mani aprii gli occhi e guardai alla mia sinistra, dove c’era Aki. Lui aveva gli occhi chiusi e li tenne così ancora per qualche minuto. Mentre aveva  gli occhi chiusi io lo guardai e mi affascinava il modo in cui mi stava vicino e stava fermo nella stessa posizione in cui ero io un attimo prima. Ero davvero molto curiosa di capire e sapere che cosa stesse pensando o che cosa stava chiedendo alla statuetta davanti a noi. Quando aprì gli occhi lui girò la testa verso di me e mi sorrise. Il suo sorriso era molto bello e guardandolo mi rilassava e mi toglieva tutti i problemi e le preoccupazioni che mi passavano per la mente.
“Forza riprendiamo a camminare.” Disse lui.
“Certo.” Dissi io.
Mi passò dietro dirigendosi verso la mia sinistra e continuò a camminare molto tranquillamente. Da quando avevamo ripreso a camminare la strada sembrava composta da piccoli sassolini e lungo il sentiero non c’era neanche un filo d’erba che circondava i sassolini. La strada era larga circa 50 centimetri, circondata da alberi di diverse dimensioni e la percorremmo per qualche centinaio di metri.
“Va bene per te se ci fermiamo qui per stanotte?” chiese lui.
“Va bene, ma perché?” chiesi io.
“Beh… ho paura del buio. Ho paura a camminare nel buio.” Disse lui. io mi misi a ridere.
“Che c’è da ridere?” chiese lui.
“oh no, niente. È solo che non mi aspettavo e non ho mai sentito che un ragazzo come te avesse paura del buio.” Dissi io ridendo.
“anche mio padre aveva paura del buio. Si vede che ho preso da lui.” disse lui. poi si alzò in piedi e disse: “adesso vado a prendere dei pesci e poi torno. Ci impiegherò poco tempo.”
“sì, certo.” Dissi io continuando a ridere.
Lui se ne andò mentre io rimasi lì intorno e grazie a dei ramoscelli  e a delle piccole rocce che erano lì vicino riuscii ad accendere un fuoco. Una volta acceso decisi di starci vicino in modo da tenermi al caldo. Misi le mani in avanti, vicino al fuoco, e le lasciai in quella posizione per molto tempo.
‘Che strano… Aki ha paura del buio. Non ne avevo idea. Ma chissà come stai mio padre. Me ne sono andata via senza nemmeno dirgli nulla. E non gli ho lasciato neanche un biglietto. Anche i padroncini Inari, Isao e Jun e padrone Hiroshi. Chissà che cosa stanno facendo e che cosa staranno mangiando…’ pensai io.
Non appena alzai la testa vidi arrivare Aki da lontano. Smisi di pensare e notai che lui nelle mani aveva due bastoncini di legno con due pesci in ogni bastoncino.
“Eccomi, sono tornato. Hai visto che ci ho impiegato poco?” disse lui venendo verso di me.
“Già, ho visto. Però mentre tu non c’eri io ho acceso il fuoco e ho iniziato a riscaldarmi.” Dissi io.
Lui si sedette per terra a fianco a me e appoggiò i bastoncini con i pesci davanti a noi due.
“Hai fatto bene. Però adesso vorrei saperne di più di te.” Disse lui.
“E che cosa vuoi sapere? Sono una ragazza povera e semplice.” Dissi io.
“Sì, però voglio conoscerti meglio. Ad esempio che cosa facevi prima e com’è la tua famiglia.” Disse lui.
“Beh, prima lavoravo nel castello che c’era nel mio villaggio. L’interno del castello era molto bello e lì ci vivono quattro persone: Padrone Hiroshi e i padroncini Inari, Jun e Isao. In realtà fino a qualche anno fa ce n’erano cinque, ma poi tristemente una è venuta a mancare. Sono tutte persone molto gentili e disponibili, soprattutto Inari e Jun.” Dissi io.
“oh… aspetta. Prima di continuare vorrei chiederti una cosa che non mi hai mai detto. Il tuo nome.” Disse lui.
“Giusto. Il mio nome è Iris e ho tredici anni. Tu invece quanti anni hai?” Dissi io.
“Io ne ho quattordici. Bene, adesso però vorrei che tu mi parlassi della tua famiglia.” Disse lui.
“Beh, non so te ma la mia è una famiglia molto semplice. è composta da due persone, io e mio padre. Io lavoro al castello mentre lui lavora in una miniera dall’altra parte del villaggio rispetto a dove vivo io e dove si trova il castello.” Dissi io facendo un’espressione piuttosto triste.
“Che succede? Perché quell’aria triste?” chiese lui.
“Beh, ecco… sono un po’ preoccupata per mio padre. Non ho notizie di lui e della sua salute da quando siamo partiti. Potrebbe stare meglio o stare peggio, o potrebbero anche avergli fatto qualcos’altro.”
“Chi potrebbe fargli del male?”
“Non lo so… però non mi piace molto l’idea che lui resti da solo e che possa succedergli qualcosa. Qualsiasi cosa.” dissi io.
“Tranquilla che non succederà nulla. Tu stessa hai detto che è una persona molto forte. Piuttosto, come mai solo voi due? E tua madre?” chiese lui incuriosito.
“Mio padre mi ha sempre detto che mia madre era morta facendomi nascere. Quindi non ricordo praticamente nulla di lei e mio padre non me ne ha quasi mai parlato.”
“Quasi? Che vuol dire?”
“Mio padre una volta mi ha detto che lei prima di stare con mio padre si era innamorata di un uomo di grande importanza e molto ricco e insieme a lui ha avuto un figlio. Soltanto due o tre anni dopo decise di lasciarlo per iniziare a vivere con mio padre e poi sono nata io.” dissi io.
“E tu cosa ne pensi?” mi chiese lui.
“Questa è soltanto una storia che mio padre mi aveva raccontato e quindi non so se tutto questo sia vero. Ma sicuramente vorrei sapere se questa cosa è vera oppure no.” dissi io. Ci furono una decina di secondi di silenzio e nessuno dei due parlò, ma poi io interruppi quel silenzio.
“Onestamente non cerco di pensare sempre meno a ciò che ti ho detto perché se lo facessi  mi verrebbero in mente un gran numero di domande che vorrei fare a mio padre.” Dissi io un po’ triste.
“oh… capisco. Mi dispiace molto per te.” Disse lui.
“ma adesso voglio sapere di più di te.” Dissi io curiosa.
“Eh? Su cosa?” disse lui.
“Voglio sapere su tuo padre. Prima mi hai detto che tuo padre ti ha lasciato la mappa che mi hai fatto vedere prima. Ma cos’è successo ai tuoi genitori?” chiesi io. In quel momento fu lui ad avere un’espressione molto triste e rimase in silenzio per alcuni secondi.
“Cos’hai?” chiesi io.
“Sono entrambi morti in uno scontro  che c’era stata nel mio villaggio.” Rispose lui.
“che peccato… com’è successo?” chiesi io.
“Beh... era successo due o tre anni fa, ma li ricordo come se fosse stato ieri. Un giorno stavo giocando con dei ragazzi in un parco poco fuori dal villaggio quando all’improvviso vidi alcuni soldati su dei cavalli si avvicinavano nel mio villaggio. Avevano in una mano un’arma mentre nell’altra avevano in mano un oggetto di legno con in alto del fuoco. Entrarono con passo rumoroso e ognuno di loro si avvicinò a delle case che, essendo di legno, iniziarono ad incendiarsi e a rovinarsi. Vedevo tutte le persone uscire e urlare disperatamente dalle loro case e correre da una parte all’altra. Io, spaventato dalla situazione, corsi più veloce che potevo a casa mia attraversando diverse strade e vedendo diverse persone disperarsi e cercando di salvarsi.  Sfortunatamente arrivai troppo tardi. La mia casa era stata bruciato e avendo paura di trovare i miei genitori dentro ci entra per provare a salvarli. Entrai ma non li trovai così corsi dietro casa e lì trovai tre uomini incappucciati. L’uomo di mezzo aveva una mano con una lama affilata appoggiata al collo di mia madre mentre lei aveva gli occhi bendati e mio padre inginocchiato sempre davanti a lui tremolante e con gli occhi coperti. Io ero esterrefatto da ciò che avevo davanti, ma in quel preciso momento a mia madre venne fatto un taglio molto profondo sul collo. Così profondo che la sua testa si staccò da resto del corpo. Subito dopo successe la stessa cosa a mio padre. Mi ci volle quasi un anno per riprendermi e nessuno mi ha mai aiutato.” Disse lui.
Mentre mi raccontava questa cosa in alcuni momenti gli veniva le lacrime agli occhi e io ne rimasi sempre più sconvolta della sua spiegazione.
“Cavolo… che brutta cosa. Mi dispiace molto per ciò che ti è successo, non ne avevo idea che potesse succedere una cosa simile. Ma hai un’idea di chi siano queste tre persone?” chiesi io.
“No, però mio padre prima di morire è stato in grado di dire due parole: Organizzazione Hana.” Dissi io.
“Hana? Mmh… è un nome particolare e mai sentito. Sai qualcosa di questa organizzazione?”
“Quando mi ripresi dallo shock subito con la morte dei miei genitori feci tutto il possibile per potermi informare di questa organizzazione. Ciò che scoprii era che si tratta di un’organizzazione composta tra uno e quattro persone, non si è mai capito quale siano i nomi e i sessi delle persone che ne fanno parte e che il capo è uno solo.” Disse lui.
Sia io che lui improvvisamente ci mettemmo sbadigliare.
“Oh scusami, mi sono messa a sbadigliare davanti a te.” Dissi io.
“anch’io… credo di essere stanchissimo.” Disse lui.
Così entrambi ci salutammo dandoci la buona notte e poi ci addormentammo.

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque: un po' di febbre e l'incontro con il Bakebi ***


[Intanto nel castello si era fatto buio e tutti erano nelle loro stanze. Tutti a parte le cameriere che giravano per i corridoi e Isao che camminava per un corridoio che portava alla stanza di padrone Hiroshi. Però poco tempo dopo vide Jun camminare dalla parte opposta ed entrare nella stanza di suo padre. Isao all’inizio si nascose dietro il muro di una porta ma quando Jun entrò lui appoggiò un orecchio alla porta e si mise ad origliare.
“Papà! Papà ho una grandiosa notizia da darti!” disse Jun.
“Oh ciao Jun. Forza, dimmi questa buona notizia. Sono proprio curioso di sapere di cosa si tratta.” Disse Hiroshi. Jun si avvicinò molto a lui e mise le mani vicino al petto.
“Papà, ti ricordi la festa che avevamo tenuto un paio di giorni fa?” disse Jun.
“Sì, certo che lo ricordo. Ma cosa c’entra questo?”
“Beh, in quella festa ho conosciuto una persona. Una ragazza per essere precisi. E dopo avergli parlato un po’ ho capito di essermi innamorato di lei.”
“Fantastico! Sono molto contento per te. In questo modo potrei metterti davanti ai tuoi fratelli per l’eredità del trono.”
“Eh? cosa vuoi dire con questo?” disse Jun. Isao in quel momento aprì lentamente la porta e si avvicinò a padron Hiroshi senza farsi né vedere né sentire.
“Vedi, io ormai sono piuttosto vecchio per poter continuare e devo decidere tra voi tre. Inizialmente avevo pensato a Inari, ma è sparito il giorno dopo la festa e, nonostante io abbia ordinato ai miei soldati di cercarlo, ancora non ci sono riusciti. Questo vuol dire che dovrei decidere tra te e Isao, ma avendo tu trovato una ragazza e Isao ancora no significa che, pur essendo tu il più giovane di tutti, potrò lasciare il controllo di queste terre direttamente a te.” Disse Hiroshi. Lui era troppo concentrato a parlare per vedere che dietro di lui c’era Isao.
“Papà ma ne sei sicuro?” chiese Jun.
“Ne sono sicurissimo. Questa potrebbe essere un’ottima…” disse padrone Hiroshi.
Tristemente non finì di parlare che gli usciva del sangue dalla bocca e dal petto. Pochi secondi dopo lui si accasciò a terra, dietro di lui c’era Isao con le mani davanti a lui e sulla schiena di padrone Hiroshi c’era un coltellino taglia carte che aveva in un tavolo vicino al letto. Jun ne rimase sconvolto e non si mosse per alcuni secondi.
“I-Isao… Papà è ferito. Sbrigati a… chiamare… un dottore… Lo si può ancora salvare se ci sbrighiamo.” disse Jun.
“Lui non aprirà mai più gli occhi. Lui è morto. L’ho ucciso io.” disse Isao.
“Che cosa stai dicendo? Tu… tu  no avresti mai fatto una cosa come questa.”
“Tu non lo sai. Ti ho sentito parlare prima con papà e volevo ribellarmi.”
“Ma… ma perché? Papà ti ha sempre voluto bene e ti ha cresciuto con noi sin da quando eravamo bambini.” Disse Jun.
“Prima ho ascoltato il vostro discorso e il fatto che ha scelto te al posto di me non mi piace affatto. Inari non c’è e questo non mi crea problemi al momento, anche se sto progettando di eliminarlo definitivamente. Se lo facessi verrei presto incoronato al posto di papà.” Disse Isao.
“Ma questo vuol dire che Inari morirà. E io…” disse Jun guardando in basso.
“Tu dovrai stare in silenzio, lasciare che Inari venga ucciso e che io venga eletto come nuovo padrone di tutte le terre che papà e i nostri antenati avevano conquistato.” Disse Isao.
“Io… io questo non lo posso fare. Non posso lasciare morire mio fratello e non mi piace che tu salga sul trono e venga incoronato re con questo tuo modo di agire.” Disse Jun.
“Bene. in questo modo hai stabilito la tua condanna. Guardie!” disse padroncino Isao.
“Eh? Che… che cosa vuoi farmi? Isao cerca di ragionare, ciò che stai facendo non ha alcun senso!” disse padroncino Jun.
Ormai due guardie piuttosto muscolose e con un’arma affilata da un lato si erano messe ai due lati dietro Jun ed entrambi con una mano avevano preso le braccia di Jun. Isao, che invece gli stava davanti, si girò e iniziò a camminare in avanti uscendo dalla stanza. Jun venne spinto in avanti e così fu costretto a uscire dalla stanza seguendo Isao. Attraversarono tutto il corridoio e poi scesero di tre piani rispetto a dove si trovavano prima e dalla parte opposta a dov’era la strada per le cucine che le cameriere usavano. Imboccarono un corridoio buio ma illuminato un po’ da delle torce di fuoco che si trovavano ai lati e lo percorsero per diversi metri.
Quando si fermarono Isao ordinò alle due guardie di mettere Jun dentro la cella che c’era alla loro sinistra. Era un luogo molto buio, con solo una luce che proveniva da una finestra. Dall’interno si avvicinò una donna che, a volte tossendo, si rivolse a loro con voce disperata.
“Vi prego liberatemi! Lasciatemi andare! Io non vi ho mai fatto niente! Perché mi avete rinchiusa qui dentro? Che cosa volete da me!?” disse la donna.
Nessuno però le rispose e le due guardie aprirono la porta e lo spinsero dentro. Subito dopo chiusero la porta e rimasero fermi mentre Isao disse qualcosa.
“Isao stai commettendo un errore! Non puoi chiudermi qui dentro. Io sono tuo fratello!” disse Jun.
Ma Isao con espressione seria e impassibile disse: “Mi dispiace ma dovrai restare qui.”
“Ma perché!? E fino a quando dovrò starci?” chiese Jun.
“Fino a un mio futuro ordine. Fino anche a vita se ce ne sarà bisogno.” Dissi Jun.
Dopo quelle parole lui e le guardie se ne andarono via lasciando sia lui sia la donna da soli in quella cella. Una volta che Isao e le guardie se ne erano andati fece allontanare le guardie e sorrise.
“Bene, ora posso dare inizio al mio piano. Ma prima devo riunire il consiglio dei territori per parlare con loro e farli venire qui domani mattina.” disse Isao.
Era però un sorriso maligno e per questo prevedeva qualcosa che alcuni non si sarebbero mai aspettati.]
Il giorno dopo mi svegliai un po’ di tempo prima dell’alba e notai in mezzo agli alberi una piccola luce rotonda venire da molto lontano. La luce iniziò ad incuriosirmi molto così mi alzai in piedi e iniziai a camminare evitando gli alberi. Camminai per diversi minuti fino ad arrivare davanti al fiume. Ma la luce sembrava trovarsi dalla parte opposta del fiume e non si era mai mossa da quella posizione.
“Che strana luce… mi piacerebbe andare vicino per vedere da dove proviene.” Dissi io.
Mentre parlavo abbassai lo sguardo a terra e vidi che a sinistra, a trenta o cinquanta centimetri di distanza, c’era una piccola discesa in cui si poteva toccare l’acqua, proprio come ieri. Girai la testa a destra e vidi un’altra luce, molto simile alla prima e nel mio lato del fiume, ma non mi avvicinai perché il punto in cui potevo toccare l’acqua mi attirava molto di più.
Una volta che mi ero avvicinata all’acqua controllai da entrambe le parti che non ci fosse nessuno che mi guardasse, né Aki né nessun altro passante, poi mi tolsi tutti i vestiti di dosso ed entrai in acqua. L’acqua era pulita, fresca, molto rilassante e avanzai fino a che non mi arrivava ai fianchi. Mi allontanai poco dalla riva e non appena mi inchinai per mettere tutto il corpo dentro l’acqua riuscii a rilassare i muscoli. Però mi accorsi di due cose: quando ero con Aki la mia mente era rilassata mentre quando lui non era con me mi sentivo più preoccupata e pensierosa e che provavo qualcosa nei suoi confronti.
Anche se tra gli alberi vedevo il sole crescere, io non mi mossi da dov’ero e continuai a godermi e a rilassarmi nell’acqua. Guardando alla mia sinistra notai ancora per poco la luce che avevo visto da lontano e che era sul mio stesso lato del fiume. Intorno a me ci fu pace e silenzio per alcuni minuti poi sentii qualcosa di strano che mi fece alzare in piedi. Poco dopo Aki venne fuori dai cespugli mentre sbadigliava.
“Buongiorno Iris. Hai dormito… bene…” Disse lui guardandomi.
Io mi spaventai molto e lanciai un urlo fortissimo. Si spaventò anche Aki che corse subito dietro un albero lì vicino.
“Sei un pervertito!” dissi io mentre lui corse a nascondersi.
“No, hai sbagliato! C’è… c’è stato un malinteso. Non volevo assolutamente guardare!” disse lui.
Ci furono alcuni secondi di silenzio in cui lui rimase dietro l’albero e io, spaventata diventai tutta rossa in faccia e rimasi completamente immobile.
“Io… io me ne resto qui fino a quando non ti sarai vestita! A… aspetterò che tu mi dica qualcosa.” Disse lui.
Rimasi ferma ancora per alcuni secondi poi, una volta che tornai normale, uscii dall’acqua e mi misi i vestiti il più velocemente possibile. Avevo paura che Aki si potesse spostare da quell’albero e che lui mi vedesse mentre mi vestivo. Ma fortunatamente non avvenne e riuscii a vestirmi tranquillamente.
“Ho fatto. Puoi uscire da lì.” Dissi io.
Lui si spostò da dietro l’albero facendosi vedere e io avevo la faccia ancora un po’ rossa per l’imbarazzante situazione in cui mi trovavo poco fa.
“Ecco… Mi dispiace per prima. Non era assolutamente mia intenzione spiarti. Veramente ero venuto per salutarti e chiederti se ti andava di ripartire.” Disse lui con una mano dietro la testa e gli occhi che guardavano a volte me e a volte per terra. Più li guardavo e più i suoi occhi marroni mi affascinavano e mi ricordavano qualcosa.
“Allora? Partiamo?” disse lui.
“Eh? Oh sì, giusto.” Gli risposi io.
Subito dopo lui camminò fino ad andarmi vicino e io lo seguii. Camminammo continuamente a fianco al fiume e per i primi minuti ci fu silenzio tra noi due, riuscendo a sentire solo gli uccellini tra gli alberi e i miei pensieri. Pensieri che mi riportavano a quello di cui avevamo parlato ieri sera. Io lo guardai e notai nei suoi occhi che anche lui stava pensando o immaginando qualcosa, ma mi sarebbe piaciuto sapere cosa.
“Ehi Aki, che ti succede? Perché hai quell’espressione pensierosa?” chiesi io.
“Non ho nulla davvero. Pensavo solo a quello che ci siamo detti ieri sera.” Disse lui.
“Riguardo a cosa?” chiesi io.
“Su ciò che ti ho detto dell’Organizzazione Hana. Sai, c’è una cosa mi spaventa un po’.” Mi disse lui.
“Cos’è che ti spaventa?”
“Provo a spiegartelo con parole semplici. Se i membri dell’Organizzazione Hana ricevono l’ordine di uccidere un villaggio loro lo fanno senza ribattere. Ma se vengono a scoprire che c’è anche un solo sopravvissuto a uno sterminio di un villaggio, loro si metteranno ala ricerca fino a quando non l’avranno trovato  e non l’avranno ucciso. Se vengono a sapere che io sono il sopravvissuto del mio villaggio, faranno di tutto pur di cercarmi e di uccidermi.” Disse lui.
“Che brutta cosa. ma non c’è un modo per potersi salvare dai loro massacri?” chiesi io.
“Io non ne conosco, anche se ho sentito di un villaggio che si è salvato creando dei passaggi sotto terra in cui potersi rifugiare. Non ho idea se questo sia vero oppure no, ma vorrei davvero scoprirlo.” Disse lui.
“E se questo modo esistesse tu che faresti?”
“ovviamente lo userei per proteggere altri villaggi e per proteggere me stesso.  Se posso farei qualsiasi cosa per aiutare le persone in difficoltà ed evitare che quello che è successo ai miei genitori si ripeta.” Disse lui.
Ci fu un attimo di silenzio e mi piaceva pensare a quanto lui era intenzionato ad aiutare gli altri. Ma c’era anche un altro pensiero che mi passava per la mente ed era l’incendio dei genitori di Aki.
“Senti, Aki, mi dispiace molto per quello che è successo ai tuoi genitori. Presumo che tu abbia un po’ paura del fuoco.” dissi io.
“Infatti è così, ma solo quando ne vedo tanto. Le piccole dimensioni come quelle di ieri sera non mi fanno paura, ma se ne vedo un molto grande mi spavento e rischio di non essere in grado di fare nulla.” Disse lui.
“Però adesso ci sarò io ad aiutarti, quindi non avere paura. Ti aiuterò nel momento del bisogno, come tu dovrai fare con me.” dissi io. all’inizio lui sembrava molto contento di ascoltarmi ma poi diventò triste.
“Sai, quello che dici non mi convince affatto ma per ora mi fiderò di te. Sei d’accordo?”
“V- va… va bene…” dissi io iniziando a sentirmi molto strana, accaldata e svenendo a terra.
“Ehi Iris! Che ti sta succedendo? Per favore resisti!” disse lui.
Riuscii a udire solo una parte di quelle parole poi chiusi gli occhi e per qualche ora non fui in gradi di riprendermi. Per un momento riuscii con le poche forze che avevo ad aprire gli occhi e a notare che avevo un braccio intorno al collo di Aki, che mi stavo trascinando le gambe e che lui camminava molto lentamente. Circa un’ora dopo sentii la voce di Aki parlare a qualcuno, ma non avevo idea di chi fosse.
“Scusate, posso avere un letto per lei?” disse Aki.
“Mi dispiace, ma io non voglio avere a che fare con degli stranieri.” Rispose un signore.
“Scusate, posso avere un letto per lei?” chiese Aki a una donna.
“Oh sì, certo. Venite dentro.” Disse lei aprendoci la porta.
Sentii che  il mio corpo veniva appoggiato su un qualcosa di un po’ duro sia sotto la schiena sia da un lato de corpo. Sentii che il mio corpo diventava sempre più caldo e non ne sapevo il motivo. Le uniche cose che sentivo erano i battiti del mio cuore e le vocii di Aki.
“Cavolo sei ancora molto calda. Deve pur esserci qualcosa che posso fare.” Disse Aki.
“Il metodo migliore sarebbe mettere un panno bagnato di acqua fredda sopra la sua fronte e bagnarlo spesso. Prova a vedere se funziona.” Disse la donna.
“Grazie.” Sentii dire da Aki.
Subito dopo sentii una cosa molto fredda che mi ricopriva a fronte e gli occhi. Rimasi ferma in quelle condizioni per un’ora o forse di più, non saprei dirlo con precisione. Pochi minuti dopo iniziai a sentire che il mio corpo stava tornando normale, non era più caldo come prima. Quando fui finalmente in grado di aprire gli occhi vidi che a fianco a me c’era Aki che stava mangiando qualcosa che era dentro una ciotola che teneva tra le mani.
“Aki…” dissi io.
“Oh, ti sei svegliata! Meno male!” disse lui fermandosi di mangiare e  sorridendomi.
“Ehi Aki, dove mi trovo? Che posto è questo?” dissi io.
Mi guardai intorno e stranamente non riuscivo a capire dove mi trovavo. Vidi che le pareti erano molto alte e fatte di legno, ma non c’era nessun altro oltre a noi due, una piccola statuetta molto luccicante e un tavolino che Aki aveva davanti a lui. io ero coricata contro un muro con una coperta sul corpo e lo straccio bagnato sulla testa. Mi tolsi lo straccio e cercai di alzarmi in piedi.
“Non alzarti in piedi!” disse lui correndo da me e fermandomi.
“Ma cosa mi è successo e dove ci troviamo?” chiesi io.
“Questo è un tempio. Sei svenuta e io ti ho portato in braccio al posto più vicino che ho trovato. Poi ho chiesto a qualcuno di farci entrare e di aiutarmi a farti stare meglio.” Disse lui.
“Grazie, ma adesso vorrei alzarmi.”
“Oh no! non puoi farlo! Devi finire di metterti in sesto.”
“Ma io voglio alzarmi. Vorrei vedere il posto e ringraziare chi ci ha aiutato.”
“Va bene, però ti aiuto.” Disse lui.
Così mi aiutò ad alzarmi e mettendo un braccio intorno al suo collo riuscì  a stare in piedi. In fondo alla stanza c’era una porta ed essendo io curiosa dissi ad Aki che volevo andare fino alla porta. Lentamente noi ci arrivammo e vidi due ragazze giovani, una magra e una un po’ più cicciottella. Le due ragazze erano rilassate e stavano parlando tra di loro in una stanza di legno e davanti a loro c’era una pentola grossa ma non molto alta con del fuoco sotto. Loro indossavano dei kimoni rossi dai fianchi ai piedi e bianco dalla testa ai fianchi, come delle sacerdotesse.
“Scusate se vi disturbiamo, ma vorrei ringraziarvi.” Dissi io.
Entrambe ci guardarono inizialmente con sguardo un po’ strano, ma solo una di loro mi rispose.
“Oh,  salve signorina. Per fortuna si è svegliata, venga qui. Come ti chiami?” mi chiese la ragazza. Con l’aiuto di Aki mi avvicinai a loro e mi sedetti per terra. Alla mia sinistra si era messo lui, davanti c’era la pentola e a destra avevo entrambe le ragazze.
“Io sono Iris e lui è Aki. Come ho detto prima vorrei ringraziarvi per avermi aiutata a farmi sentire meglio. Ma voi chi siete?” Dissi io.
“Io sono Sachi e lei è Sawako, siamo le due sacerdotesse di questo tempio, il tempio Chokujiro. Viviamo qui  insieme a un uomo, padrone di questo luogo, chiamato Chiriku. Siamo entrambe molto contente che tu sia tornata in salute.” Disse Sachi.
“Oh si. Grazie sia a voi sia ad Aki sono riuscita a riprendermi. Mi piacerebbe sapere che cosa mi ha fatto sentire male all’improvviso…” dissi io.
“Scusate se lo chiedo, ma per caso voi avete fatto un bagno o qualcosa qui vicino prima di sentirvi male?” chiese Sawako.
“Stamattina, poco prima dell’alba, ho fatto un bagno nel fiume qui vicino, ma poi venni vista da lui e quindi ne rimasi un po’ sconvolta. Rimanemmo un po’ a parlare e abbiamo camminato per alcuni minuti lungo la riva del fiume. Fu lì che mi sentii male.” Dissi io.
“Capisco… avete fatto male a fare il bagno in quel fiume perché è sporco. Si dice che un villaggio qui vicino abbia come tradizione quello che quando una persona muore, la sua anima va in cielo e il suo corpo viene bruciato per poi versare le ceneri nel fiume. Alcune delle persone erano morte per malattia, per questa ragione alcuni non consigliano di fare il bagno con l’acqua di quel fiume.” Disse Sawako.
“Noi due veniamo da villaggi lontani e per questo non lo sapevamo. Ma ti ringrazio per avermelo detto, la volta prossima  ci starò attenta.” Dissi io.
“Aspetta, hai detto che c’è un villaggio qui vicino? E dove si trova?” chiese Aki.
“Sì, è a qualche centinaio di metri da qui andando verso nord. Si chiama Dowai. Però vi consiglio di restare a dormire qui e poi potrete ripartire domani.” Disse Sachi.
“Veramente? Non è che vi creiamo del disturbo restando qui?” chiesi io.
“Assolutamente no. Ci potrebbero essere dei lievi problemi con Chiriku, ma su quello ci penseremo noi, state tranquilli.” Disse Sachi.
“Allora accetteremo volentieri.” Dissi io.
Entrambe si guardarono e poi ci sorrisero. Io invece mi alzai in piedi e quando volevo muovermi in avanti venni fermata da Aki che mi prese la mano. Io gli sorrisi e gli dissi che stavo bene e che sarei riuscita a cavarmela da sola, così lui mi lasciò e mi incamminai verso la porta.
Una volta aperta vidi davanti a me un giardino bellissimo e ben curato con un pozzo in centro e dei sassolini che indicavano la strada che portavano al pozzo. C’erano anche dei cespugli in un angolo del giardino. Ai miei piedi c’era una passerella che affiancava il tempio ed era lungo una cinquantina di centimetri finendo proprio davanti a una porta e quando la porta si aprì vidi un uomo intorno ai cinquant’anni , alto un metro e cinquanta, con un po’ di barba e dei capelli ad entrambi i lati della testa. La sua espressione era seria e disgustata e per questo non  mi piaceva.
“Quello è Chiriku-sama. Può sembrare serio, ma in realtà la sua espressione è sempre la stessa.” Disse Sachi dietro di me. Chiriku si era incamminato per il giardino verso il pozzo e una volta arrivato stava tirando una corda all’interno del pozzo dove dal fondo saliva un secchio d’acqua. Potevo capirlo grazie allo scricchiolio che veniva dalla corda.
“Chiriku-sama?” chiesi io.
“Sì, è il nome con cui noi lo chiamiamo. È stato lui a permetterci di far parte del suo tempio.” Disse Sachi.
“Far parte? Che significa?”
“Sia io che Sawako siamo delle povere ragazze rimaste senza una casa e senza una famiglia. Eravamo affamate, assetate e completamente sporche. Siamo state trovate in due momenti diversi, io sono stata la prima e pochi giorni dopo arrivò Sawako. Siamo state accolte da Chiriku e grazie a ciò ora siamo in debito con lui e siamo in grado di vivere molto serenamente. Eravamo molto piccole, ma io me lo ricordo benissimo e non lo scorderò mai.” Disse Sachi.
“Uao, non pensavo potesse accadere una cosa di questo genere. Sono molto contenta per voi.” Dissi io.
“Grazie. Noi siamo disposti a fare qualsiasi cosa pur di essere d’aiuto a Chiriku-sama, anche se in certi momenti abbiamo paura di parlargli a causa della sua espressione troppo seria. Però vorrei chiederti un favore.” Disse Sachi.
“Se posso aiutarti volentieri. Di che si tratta?” chiesi io. Lei si guardò intorno e non essendoci nessuno si confidò a me.
“Questa è solo una mia impressione, ma credo che lui sia un Bakebi notturno.”
“Che cos’è un Bakebi notturno?” chiesi io incuriosita.
“è una creatura di questo posto che di giorno assomiglia a un uomo e di notte assomiglia a un fuoco fatuo. Non mangia mai di giorno ma di notte e gira per il luogo per mangiare poco cibo che c’è qui  e nei cespugli che vanno verso il villaggio Dowai. Lo si può vedere girare quando ci sono le notti nuvolose, come stanotte, e non quando si vede chiaramente la luna. Quello che non riesco a capire è se Chiriku sia una persona normale o un Bakebi e ti chiedo di aiutarmi.” Disse Sachi.
“io… vedrò cosa posso fare.” Dissi io.
Ma in realtà mi chiedevo che cosa potevo fare. Non avevo nemmeno idea di come poteva essere un Bakebi né avevo mai visto un fuoco fatuo nella mia vita. Pensando a ciò che Sachi mi aveva detto capii che non era granché. Mi sarebbe piaciuto chiedere altre informazioni su questi fuochi fatui, ma quando mi girai per parlare a Sachi vidi che non c’era più. Era come sparita.
Rimasi ferma per qualche istante a guardarmi e poi, dato che ero in grado di camminare benissimo, girai intorno al tempio per visitarlo. Il tempio era molto grande ed interamente fatto di legno con le porte che si aprivano spingendole ai lati. Passai davanti a diverse stanze e mi fermai davanti a ognuna per un paio di minuti. In una c’era Aki che si rilassava guardando il giardino, in un’altra c’era Sawako che aveva delle pentole accese davanti a lei e stava preparando la cena,  mentre vidi Sachi spazzare nelle stanze. Una volta finito di visitare il tempio mi misi nella stessa stanza di Aki e mi addormentai coricata per terra.
Quando arrivò la sera io venni svegliata da Aki ed insieme andammo nella stanza accanto dove c’era la stessa pentola di oggi pomeriggio sopra del fuoco e con intorno Sachi e Sawako.
“Oh, mi fa piacere vedervi.” Disse Sachi.
“Venite e mangiate con noi.” Disse Sawako.
“Gazie, accettiamo volentieri.” Dissi io.
Anche noi due ci sedemmo davanti alla pentola e Sachi ci allungò una ciotola spessa e di legno con dentro una zuppa presa dalla pentola stessa.
“Questa zuppa è buonissima!” disse Aki.
“È vero! È deliziosa! Ma cosa c’è dentro?” chiesi io.
“È una zuppa fatta con verdure ed erbe medicinali che si trovano qui vicino. Erbe che aiutano a stare meglio il corpo, rilassano la mente e migliorano la salute.” Disse Sachi.
“buonissimo. Posso averne un altro?” disse Aki mentre mangiava.
“sì certo.” Disse Sachi.
“mi piacerebbe proprio conoscere quali erbe sono.” Dissi io entusiasta.
“Se vuoi dopo te li faccio vedere. non sono tanti e puoi trovarli facilmente qui vicino. Se vuoi appena abbiamo finito di mangiare mi puoi aiutare a pulire e poi ti farò vedere quali erbe ho usato.” Disse Sawako.
“Davvero? Mi piacerebbe molto! Però potrò solo aiutarti a pulire…” dissi io.
“Va bene lo stesso. Dopo ti porterò in cucina.” Disse Sawako tutta contenta.
Dopo quelle parole passammo diverso tempo a mangiare nel più completo silenzio godendoci il buon gusto della zuppa. Potevo riconoscere molto bene il gusto delle patate, dei pomodori e delle carote.
Io e Sawako fummo le prime a finire di mangiare e pochi minuti dopo di noi anche Sachi finì. Sawako prese la sua ciotola e mi chiese di seguirla. Per prima cosa andammo entrambe al pozzo che c’era in giardino, lei tirando la corda tirò su un secchio pieno d’acqua che a fatica riusciva a portare con una mano. Decisi quindi di aiutarla e insieme tornammo dentro al tempio per la porta in cui nel pomeriggio avevo visto Chiriku uscire.
La stanza era grande e senza fermarci andammo sempre dritto fino ad entrare in una seconda stanza più piccola e con due mobili alle pareti laterali, delle pentole e un lavandino al centro di un mobile. Mettemmo insieme l’acqua del secchio dentro il lavandino e poi mettemmo nell’acqua le tre ciotole. Arrivò subito dopo Sachi che ci portò la ciotola di Aki e la pentola grande.
“Prendete anche questa. Aki è andato a dormire nella sua stanza e tra poco ci vado anche io. Vi auguro buonanotte.” disse Sachi.
“Certo, buonanotte.” Dissi io. lei rimase ferma a guardarmi solo per qualche altro secondo, come se volesse ricordarmi qualcosa, poi se ne andò. Rimanemmo solo io e Sawako inizialmente in silenzio, ma poi io ruppi quel silenzio.
“Ho sentito da Sachi ciò che ti è successo.” Dissi io.
“Eh?” disse lei.
“Ho detto di aver sentito da Sachi ciò che ti è successo da piccola.” Dissi io.
“Oh sì, quello. È una cosa del passato e non mi piace pensarci, anche se a volte mi capita.” Disse lei.
“Volevo dirti che è stata una fortuna esser stata trovata da Chiriku.”
“Sì, lo è stato. E ne sono grata di questo perché grazie a lui sono riuscita a cambiare.” Disse lei con espressione contenta.
“Cambiare? In che senso? Non capisco…” dissi io un po’ confusa.
“In passato ero povera e giravo per le case alla ricerca di cibo e di soldi, ma pochissime persone mi offrivano qualcosa. Così in alcuni casi, durante delle feste o ai banchetti, ero costretta a rubare da mangiare. Ma ci fu un giorno in cui da quasi quattro giorni non mangiavo nulla ed io mi ero riparata sotto la grondaia di una casa a causa della pioggia. Rimasi ferma, bagnata fradicia e lo stomaco che mi brontolava molto. All’improvviso arrivò davanti a me Chiriku-sama che mi disse di dargli la mano e di seguirlo, così mi portò qui e mi offrì da mangiare dicendomi che da quel momento in poi io avrei fatto parte di questo tempio e della sua famiglia.” Disse lei.
“È davvero toccante.” Dissi io. poco tempo dopo mi venne da sbadigliare.
“Ti vedo stanca. Vuoi andare a riposare?”
“Oh, scusa se ho sbadigliato. Credo che mi convenga andare a riposare. Ma sicura di non avere altro bisogno qui?”
“No, figurati. Anche io ho finito quindi sarei andata a dormire subito dopo di te.” Mi disse lei asciugandosi le mani.
Entrambe ci spostammo e notai che sia lei che Sachi dormivano nella stanza accanto a quella in cui dormivamo io e Aki. Avevo pensato di invitare a dormire nella stanza insieme a noi, ma non ci riuscii perché le parole non mi uscirono di bocca. Così ci dividemmo ed entrammo ognuno nelle proprie camere dove vidi Aki sistemare i sacchi a pelo che avremmo usato per dormire.
Una volta che lui finì, si coricò e andò subito a dormire mentre io, anche se ero coricata, non riuscii in nessun modo a chiudere occhio. Rimasi per diverso tempo ferma a pensare a mio padre e alla sua salute pregando che lui stesse  meglio. Aki dormiva talmente pesante che russava e in quell’istante sentii uno strano rumore provenire da un’altra stanza. Un rumore simile a dei passi. il rumore sembrava fare movimenti lenti e spostarsi verso l’esterno.
Incuriosita cercai di alzarmi in piedi e senza fare rumore mi diressi verso la porta. La spostai da una parte e guardando verso il giardino vidi uscire da una porta alla mia destra e poco lontano da me il signor Chiriku. Lui si guardò intorno, ma sembrava non essersi accorto della mia presenza. Fece due passi in avanti poi una strana nube bianca iniziò ad avvolgerlo poco per volta partendo dai piedi e arrivando fino alla testa. La nube bianca durò pochi istanti e quando se ne andò vidi che i suoi piedi erano spariti. Sparirono anche i vestiti, il busto e tutto il resto del corpo. Al suo posto vi era una piccolo fuoco azzurro a fianco al pozzo che non toccava terra ed era composto da due piccole linee verticali nella parte più alta di quel fuocherello.
Quel piccolo fuoco rimase fermo a fissarmi senza dire nemmeno una parola. Io chiusi la porta dietro di me e appoggiando a una trave di legno del tempio provai a parlargli.
“Voi siete Chiriku-sama, vero?” dissi io.
Ma il fuoco fatuo non disse nulla e si avvicinò lentamente a me.
“Io no voglio farvi nulla e spero che anche voi non mi vogliate fare del male.” Dissi io un po’ spaventata. Non mi si avvicinò molto ma fui in grado di sentire qualcosa.
“Pace…” disse il piccolo fuoco pronunciando di più il le vocali. La sua voce era sottile e leggera, ma allo stesso tempo pura.
“Tu- tu mantieni la pace qui dentro non è così? Io… io rispetto questa tua scelta e sono d’accordo con te.” dissi io.
Ma di nuovo non mi disse nulla. Io mi inchinai in avanti e improvvisamente mi sentii il corpo non più in grado di muoverlo. Fui costretta a chiudere gli occhi e per diversi secondi non potei nemmeno aprirli.
“S-senti… se ti ho fatto qualcosa mi dispiace. Ero soltanto curiosa di vedere com’era un fuoco fatuo. Io e Aki domani ce ne andremo e poi io vi rispetto, Chiriku-sama. Con questo io vi lascerò tornare alla pace che avevate prima del nostro arrivo.” Dissi io.
“Siete di cuore puro… Io manterrò la pace… e proteggerò questo posto…” Disse il fuoco fatuo allontanandosi da me. Passò qualche secondo tra una frase e l’atra.
Mentre lui si allontanò io tornai a muovere il corpo e potevo aprire gli occhi. Alzai lo sguardo e vidi il fuoco fatuo a fianco al pozzo poi sparì, senza lasciare alcuna traccia. Solo in quell’istante capii che quando avevo iniziato a parlare con Chiriku era mezzanotte ed avevo passato una ventina di minuti a comunicare con lui.
Il sonno non mi arrivò subito, così rimasi ferma e seduta per terra per diverso tempo a fissare la luna e a pensare a ciò avevo visto e avevo detto. Mi coricai per terra a fissare la luna per diverso tempo poi, senza accorgermene, mi addormentai.

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Capitolo 7
*** Capitolo sei: il villaggio Dowai ***


[Alle prime luci dell’alba sei carrozze di legno trainate da due cavalli ciascuno stavano percorrendo la strada che portava al castello del mio villaggio. La stessa strada che io percorrevo prima di partire per questa avventura. Isao, che indossava uno yukata tutto bianco, ordinò ad Emma e Aiko di portare un tavolo basso e sei cuscinetti per terra per potersi sedere nella sala in cui vi erano i troni e così loro fecero e dalle carrozze uscirono sei persone, uno per ogni carrozza. Ognuno di quelle persone indossava uno yukata che era lungo dalle spalle ai piedi e iniziarono a camminare l’uno dietro l’altro. Vennero accompagnati da Sara al piano terra e attraversando tutto il corridoio entrarono nella stanza che si trovava alla loro destra. Dentro la stanza li stava aspettando Isao girato di spalle.
“Benvenuti, prego accomodatevi.” Disse lui girandosi e sorridendo. Fece poi un segnale a Sara che significava di andare via chiudendo la porta.
Le sei persone erano tutti uomini, tre anziani e tre di mezza età. Avevano un’espressione un tantino seria e stressata.
“Isao, cosa significa questa lettera urgente che abbiamo tutti ricevuto ieri? Che cos’è che vuoi dirci, eh?” disse un uomo anziano.
“Si calmi consigliere, si calmi. Vi ho convocati per comunicarvi una cosa importante.” Disse Isao.
“E allora dillo. Stiamo aspettando.” Disse un altro uomo più pacato.
“Come tutti sapete due giorni fa abbiamo tenuto una festa qui dentro, ma quella stessa notte mio padre è morto. Qualcuno lo ha ucciso.” Disse Isao con una finta espressione finta. Questa notizia iniziò a scombussolare la cosa e tutti iniziarono a sussurrare tra di loro qualcosa che non sempre era facile capire.
“Ma com’è possibile? Chi è stato a fare una cosa come questa?” chiese un uomo di mezza età.
“Questo non lo so. Ma purtroppo non è tutto.” Disse Isao con espressione molto triste. Ovviamente anche lì lui stava fingendo.
“Che cosa?” disse un uomo anziano.
“Sfortunatamente mio fratello Inari è sparito dal castello e dal villaggio una volta che la festa finì, quindi non ho idea se sia vivo oppure no, ma spero che lo sia. Jun invece è gravemente malato.” Disse Isao.
“Cosa? Ma non è possibile, insomma lui è sempre stato in ottima salute.” Disse un consigliere anziano. Tutti in quel momento stavano bisbigliando tra di loro e sembravano sbalorditi da questa notizia.
“Ma che cos’ha il signorino Jun? Possiamo vederlo per fargli i nostri auguri i guarigione?” chiese un consigliere.
“Non sappiamo che malattia abbia e nessuno ancora è riuscito a capirlo, ma per sicurezza sarebbe meglio che non vi avviciniate. Nel caso in cui la malattia sia infettiva.” Disse Isao con un finto sorriso.
“Oh, che peccato. Ma in questo modo chi può salire al trono? Chi può garantire pace e benessere per il futuro per le terre controllate da questo villaggio?” chiese un consigliere.
“Mio padre voleva che il suo successore fosse Jun, ma dato che si è ammalato e con il rischio che la malattia possa portarlo alla morte, consiglierei di affidare a me quel compito.” Disse Isao.
I consiglieri si guardarono tra di loro e sembravano perplessi.
“Secondo una norma stabilita da Hiroshi un erede al trono deve essere innamorato o fidanzato con una persona, ma per quel che mi risulta voi non avete nessuno. O mi sto sbagliando?” chiese un consigliere.
“è vero, non ho qualcuno al mio fianco. Però io penso di essere una persona più che adatta per questo ruolo, a meno che voi non abbiate qualcun altro da suggerire.” Disse Isao con sguardo serio. In quell’istante cadde il silenzio per qualche secondo tra di loro, nessuno aprì bocca e nessuno alzò lo sguardo dal tavolo. Ci stavano tutti pensando.
“Nessuno di noi sembra avere qualcuno da consigliare. Da adesso avrete la possibilità di governare, ma per poter esserlo veramente dovrete aspettare il giorno dell’incoronazione. Siete tutti d’accordo su questa scelta?” disse un consigliere anziano. Tutti dissero di sì, l’uno dopo l’altro.
“Bene, allora è deciso. Tra alcuni giorni torneremo e celebreremo la tua incoronazione.” Disse il consigliere più anziano tra tutti i presenti.
“Mi fa piacere. Intanto vi ringrazio per essere venuti e per la decisione che avete preso, signori del consiglio. Una cameriera qui vi accompagnerà alle carrozze.” Disse Isao sorridendo.
Poi tutti i consiglieri si alzarono in piedi e uscirono dalla porta. In fondo al corridoio ad aspettarli c’era Sara che li fece uscire dalla porta principale e li accompagnò alle carrozze. Una volta saliti tutti fecero ripartire i cavalli e attraversarono la strada di fronte al castello.
Da una delle finestre della sala c’era Isao che li aveva visti andare via. Lui stava sorridendo, come enormemente soddisfatto del risultato che aveva appena ottenuto.
“Fantastico, ci hanno creduto. Sono davvero dei sempliciotti a credere a tutto ciò che ho inventato. Il che significa da domani avrò il potere su tutto il territorio e la libertà di fare tutto ciò che voglio.” Disse Isao sorridendo.
Lui si girò, mise le mani sotto le maniche dello yukata che indossava, uscì dalla sala e dal castello e andò da dei soldati (che erano lì vicino) dove gli si avvicinò subito una persona incappucciata. Quella persona si inchinò a terra davanti a Isao e mise una mano a terra.
“I vostri ordini signore.” Disse l’essere incappucciato. Aveva una voce forte e maschile e sentendola sembrava essere molto giovane, ma non saprei definire quanto giovane.
“Voglio che tu prepari un esercito e che lo tieni pronto per ogni occasione.” Disse Isao.
“Dovete fare una spedizione mio signore? In quel caso li farò partire subito.” disse l’essere incappucciato.
“No. Tienili fermi qui e pronti nel caso avessi bisogno. Domani ci sarà la mia incoronazione e dovrai mettere alcuni uomini a sorvegliare il castello e controllate che fatemi da guardie del corpo a distanza. Restate di guardia fino al mio prossimo ordine. E mandate alcuni uomini a cercare mio fratello Inari. Appena saprete qualcosa venite a comunicarmelo all’istante.” Disse Isao con sguardo molto freddo e serio.
“Certo. Ora vado a fare ciò che mi avete chiesto.” Disse la persona sotto il cappuccio.
Subito dopo la persona si girò e corse via più veloce che poteva. Isao invece tornò nel castello, ordinò a Sara di comunicare a tutte le cameriere che dovevano preparare la stanza per domani mattina con cibo, bere e ornare la stanza con tutto ciò che serve per renderla una perfetta cerimonia. Loro si misero subito al lavoro e, dato che io non c’ero, Sara aveva lavorato al posto mio, mentre Isao passò l’intera giornata a progettare la giornata seguente.]
Alle luci dell’alba io mi svegliai e notai che non si era ancora svegliato nessuno. Nemmeno Sachi e Sawako si erano svegliate. Così rimasi ferma a guardare il sole che tramontava per un’ora o un’ora e mezza, poi arrivò Sawako che mi salutò.
“Buongiorno Iris. Cosa ci fai qui?” disse Sawako.
“Buongiorno Sawako. Beh ecco, ieri sera ero venuta per prendere una boccata d’aria fresca e senza accorgermene mi sono addormentata qui. Stranamente ho fatto un sogno strano.” Dissi io.
“Oh capisco… che genere di sogno? Ti va di parlarmene?” mi chiese lei sedendosi vicino a me.
“Certo. Nel mio sogno io ero nel mio villaggio e stavo correndo verso casa mia. Quando entrai vidi mio padre in ottima salute, mi salutò e mi diede un bacio poi se ne andò a lavorare nella miniera. Uscii poco dopo anche io dalla porta e vidi Aki vestito come un principe davanti a casa mia che mi diede la mano e mi portò via.” Dissi io.
“Non capisco che cosa ci sia di strano.” Disse lei.
“La cosa strana è che mio padre è ferito a casa che l’ho medicato prima di andare via, quindi non può essere in salute come nel mio sogno. Invece Aki nel mio sogno era un principe ma nella realtà lui è un ragazzo semplice e povero come me. Per questo non capisco che cosa significa il mio sogno.” dissi io.
“Potrebbe essere una previsione futura, una cosa che avverrà nel futuro e che è legata a ciò che tu hai di più caro, come tuo padre.”
“tu dici?” chiesi io.
“Certo, basta credere nel tuo sogno. Ora, se vuoi scusarmi devo andare a preparare la colazione per tutti.” Disse lei alzandosi in piedi.
In quell’istante arrivarono sia Sachi sia Aki solo che lui si fermo da me, lei ci passò davanti ed entrò in una stanza.
“Buongiorno Iris. Dormito bene?” disse lui
“Si bene. e tu?” dissi io.
“Anch’io. Ma che ci fai qui?” disse lui.
“Niente di che, stavo guardando il sole sorgere mentre pensavo ad alcune cose.” dissi io guardando il cielo.
“Oh capisco… io invece ho dormito benissimo ed erano da alcuni giorni che non dormivo così bene. Che ne dici se ripartiamo per il nostro viaggio?” Disse lui sorridendo.
“Va bene, ma prima vorrei poter mangiare qualcosa insieme a loro. Solo per mettere  qualcosa nello stomaco.” Dissi io.
“Ottimo! Già non vedo l’ora di ripartire!” Disse lui tutto contento.
In quel momento una porta si aprì e da lì uscì Sachi dicendoci che era pronto da mangiare. Lui mi aiutò ad alzarmi ed entrambi ci dirigemmo nella stanza in cui avevamo mangiato ieri. Quella con la pentola sul fuoco e i cuscinetti su cui sedersi intorno ad essa. Sawako era già seduta che stava riempiendo le ciotole con la zuppa, la stessa zuppa di ieri sera, Aki andò a sedersi vicino a lei mentre io e Sachi ci spostammo solo di alcuni passi e capii dal suo sguardo che lei mi voleva parlare di questa notte.
“Iris, prima di andare di là a mangiare vorrei sapere se stanotte sei riuscita a vedere e a parlare con Chiriku.” Mi disse lei.
“Sì, l’ho visto e gli ho parlato.” Dissi io.
“Ti va di dirmi cos’è accaduto?” chiese lei.
“Lui era uscito da questa porta, si era guardato intorno e successe una cosa strana. in poco tempo si trasformò in un fuoco fatuo e dopo un lungo mio discorso parlò lui.” dissi io.
“Che ti ha detto?” disse lei incuriosita.
“Mi ha detto che sono una ragazza dal cuore puro. Che resterà qui per mantenere la pace e per proteggere questo posto.” Dissi io.
“Oh capisco… ti ringrazio per ciò che hai fatto.” Disse lei.
“Di nulla, figurati. Io credo che lui sia una persona che non comunica con voi attraverso la voce, ma comunica e mostra il suo affetto nel proteggere voi e questo posto.” Dissi io.
“Grazie mille.” Disse lei commuovendosi.
Dopo ciò andammo entrambe nella stanza in cui si trovavano Aki e Sawako. Lei ci allungò le ciotole che aveva preparato e dentro c’era la stessa buonissima zuppa di ieri sera. Era così buona che anche quella volta Aki chiese una seconda porzione.
“Diteci, quando intendete ripartire?” chiese Sawako.
“Vorremmo partire non appena abbiamo finito di mangiare.” Dissi io.
“Oh, ma allora è prestissimo. È un vero peccato.” Disse Sachi.
“Già… ” dissi io.
In pochi minuti Finimmo tutti di mangiare e nel completo silenzio. Una volta finito io aiutai Sawako a portare tutto ciò che avevamo utilizzato e poco dopo Sachi venne da noi e mi disse che Aki era pronto per partire. Io lo raggiunsi nella stanza da letto che avevamo usato la notte e lo trovai parecchio contento ed eccitato.
“Iris, sei pronta a partire? Io non vedo l’ora!” disse Aki con le mani vicino al petto.
“Sì certo, però volevo aiutare Sawako prima di partire.” Dissi io.
“Oh, lascia stare lei. Andiamo.” Disse lui.
“Va bene…” dissi io.
Entrambi ci incamminammo verso l’entrata del tempio e quando eravamo lì entrambe le ragazze ci fermarono chiamandoci.
“Aki, Iris, aspettate!” disse Sachi.
“Noi vorremmo darvi questo. È una piccola borsa che puoi tenere su una spalla. Dentro ci ho messo due futon per voi, così da ora in poi potrete riposare comodi.” Disse Sawako. Aki prese la borsa e se la mise sulla spalla.
“Grazie mille.” Dissi io.
“Bene, ora si parte!” disse Aki girandosi e iniziando a camminare.
Io rimasi ferma ancora per un po’ e notai che da lontano, dietro a Sachi e Sawako, vi era Chiriku-sama che mi fissava. Lui era inespressivo eppure se ne stava fermo a guardarmi con il corpo rivolto da un lato e lo sguardo fisso su di me. poco dopo anche Sachi e Sawako si girarono e lo videro, così tutte e tre ci inchinammo in avanti per un paio di secondi e poi raddrizzammo la schiena.
“Iris, che stai facendo? Andiamo!” disse Aki dietro di me.
“Sì, arrivo. Grazie mille ancora per tutto ciò che avete fatto per noi.” Dissi io.
Mi girai e andai a fianco ad Aki dove riprendemmo a camminare.
“Ehi Iris, a che cosa stavi pensando stamattina?” chiese Aki. Io però non lo stavo ascoltando perché ero immersa nei miei pensieri.
“Iris!” disse Aki.
“Eh?” chiesi io.
“Che cos’hai?” mi disse lui.
“Oh niente. Che mi stavi dicendo?” dissi io.
“Ti ho chiesto a cosa stavi pensando stamattina.”
“Oh, a varie cose.”
“Quali sono queste cose? eddai, voglio sapere di che si tratta.” disse lui venendomi davanti e camminando all’indietro.
“Ehi, attento che camminando così rischi di farti male.” Dissi io ridendo.
“Ma che dici, io sono forte e robusto. Stai…” disse lui.
Si fermò di parlare quando con la schiena prese contro un albero. Io mi misi a ridere mentre lui si lamentava del dolore alla schiena.
“E tu che dicevi di essere in grado di non farti nulla.”
“Okay, forse ho un pochino esagerato. Però voglio sapere a cosa stavi pensando stamattina.”
“Va bene, te lo dirò.”
“Evvai!! Dimmi pure che ti ascolto.” Disse lui tutto contento.
Riprendemmo a camminare normalmente mentre io avevo un’espressione seria e preoccupata nello stesso tempo.
“Beh, stamattina pensavo a due cose: mio padre che è a casa da solo e ferito e di cui non ho notizie, e un sogno che non riesco bene a capire ma dove anche tu ne sei coinvolto.” Dissi io.
Gli raccontai tutto ciò che avevo detto a Sawako sul mio sogno e la sua espressione diventò sbalordita. Anche lui, come aveva fatto Sawako, cercò di tranquillizzarmi, ma la mia mente era sempre più preoccupata per mio padre. Per la salute e per le cure che lui non aveva.
“Stai tranquilla, vedrai che non gli è successo niente.”
“Se lo dici tu… comunque io pensavo anche a quali avventure e quante persone incontreremo da qui in avanti. Chissà se saranno tante o poche e chissà chi saranno quelli che faranno parte del nostro gruppo.” Dissi io.
“Questo non lo so nemmeno io, ma mi piacerebbe davvero tanto scoprirlo. Per scoprirlo dobbiamo andare avanti nel nostro viaggio.” Disse Aki, seguito da un paio di secondi di silenzio.
“Anche io stanotte ho fatto un sogno.” Disse di nuovo lui.
“Ah sì? Di che cosa parla questo sogno?” chiesi io.
“Veramente non è un sogno granché bello dato che riguardava noi due e dei soggetti incappucciati dell’Organizzazione Hana. Le stesse persone che mi stanno cercando perché sono sopravvissuto al massacro del mio villaggio e della mia famiglia. Ma tristemente non lo ricordo molto bene.” dissi io.
“Oh… capisco. Peccato perché mi sarebbe piaciuto sapere di cosa parlava.” Dissi io guardandolo negli occhi.
Rimasi a guardarlo ancora per un po’ di tempo e quando si sentì osservato, si girò verso di me e co fissammo negli occhi. Entrambi diventammo rossi sulle guance e spostammo lo sguardo dritto davanti a noi. Il mio cuore batteva molto forte e vicino a lui mi sentivo bene, ero tranquilla. Guardando davanti a me e vidi delle case in legno a una ventina di metri lontano da noi. Subito non ci diedi importanza perché pensai che erano delle famiglie che vivevano lontano da tutto ma poi notai che le case erano più di due. Anzi più di sei.
“Hey, quello non è il villaggio di cui parlavano Sachi e Sawako?” chiesi io.
“Non lo so. Proviamo a chiedere a qualcuno.” Disse Aki.
Arrivammo in poco tempo davanti alle prime case e camminando notammo che la strada era piuttosto affollata con molta gente che camminava a fianco a noi. Io ne rimasi stupita per il fatto che tutti coloro che ci passavano attorno non mi guardavano con espressione disgustata e non parlavano male di me. Iniziai però ad a provare un po’ di paura, strinsi le mie mani attorno ai vestiti di Aki e mentre camminai mi avvicinai ancora di più a lui.
“Iris, che succede? Perché mi stai tenendo la maglia?” chiese lui.
Ma io non gli risposi perché ero troppo concentrata a guardarmi intorno. proprio mentre avevamo passato tre case in entrambi i lati sbattei contro la schiena di Aki. Senza che me ne accorsi lui si era fermato e si era girato verso di me.
“Iris dimmi, che succede? Perché hai quello sguardo spaventato negli occhi? Ehi Iris, rispondimi. Che cos’hai?” mi disse Aki preoccupato.
“La gente…” dissi io.
“Che c’è? Hai paura delle persone? Se è per questo non devi avere paura. Nessuno potrà farti nulla finché ci sarò io quindi stai tranquilla.” Mi disse lui abbracciandomi forte.
Quello che mi spaventava erano dei ricordi che mi venivano in mente. Ricordi di quando ero al mio villaggio, tutti parlavano male di me e mi guardavano male. Alcuni mi fissavano con espressioni indignate o di odio nei miei confronti pur sapendo che io non avevo mai fatto nulla a loro che potesse ferirli. Ricordando i loro volti io mi spaventai e, temendo di vedere qualcuno di quelle persone, io  irrigidii il mio corpo.
Mi ci volle qualche minuto prima che io potessi lasciare la maglia di Aki e riuscire a tornare come prima. In tutto quel tempo lui mi continuava a ripetere la parola “tranquilla”  e nel momento in cui gli lasciai la maglia lui staccò il corpo da me.
“Iris stai tranquilla, non devi aver paura di nulla. Va tutto bene. Non c’è nessuno del tuo villaggio qui. Ti terrò la mano mentre camminiamo per il villaggio così potrai stare tranquilla. Va bene per te?” mi disse lui unendo la sua mano sinistra con la mia mano destra e iniziando a camminare. In questo modo lui era alla mia destra e riprendemmo a camminare. Riuscii a rilassare il mio corpo e di tornare a camminare tranquillamente.
A pochi passi da dove ci trovavamo noi, alla destra di Aki, vi era una signora di mezza età che stava spazzando davanti a casa sua. Noi ci fermammo da lei e chiedemmo informazioni, ma sembrava un tantino arrabbiata così riprendemmo a camminare. Dopo una quindicina di passi entrambi notammo una ragazzina di 10-12 anni correre dietro al suo cagnolino.
“Scusa ragazzina, possiamo chiederti se questo è il villaggio Dowai?” chiese Aki.
“Sì esatto, questo è il villaggio Dowai.” Disse la ragazzina.
“Grazie mille.” Dissi io.
Riprendemmo a camminare e tutto intorno a noi sembrava tranquillo. Le persone camminavano senza guardarci  e senza darci molta importanza. Tutto sembrava molto bello e tranquillo quando, a poca distanza da noi, vidi un uomo con la testa coperta e una borsa in mano scappare velocemente via da una casa e un attimo dopo vidi uscire una signora che urlava.
“Aiuto! Per favore, aiutatemi! Vi prego, qualcuno mi aiuti!” disse la signora.
Corremmo subito dalla signora e decidemmo subito di aiutarla.
“Signora, mi dica, che succede?” chiesi io.
“Per favore aiutatemi,  una persona ha preso degli oggetti dal mio negozio ed è scappato.” disse la donna con tono disperato.
“Stia tranquilla signora, la aiuterò io. Iris, resta qui che io torno subito.” Disse Aki.
“Eh? Ma che stai dicendo? Dove vai?” chiesi io tenendogli la mano.
“Che domande, vado a prendere l’uomo che ha rubato le cose a questa signora.” Disse Aki.
“Ma se non conosci questo villaggio, come fai?” dissi io.
“Non lo so, ma anche se mi ci volesse tanto tempo e anche se dovessi girare per tutto il villaggio, io troverò questa persona e riporterò qui ciò che appartiene alla signora. Tu resta qui e aspettami. Vedrai che tornerò presto.” Disse lui.
Poi lui lasciò la mia mano e iniziò a correre per la strada allontanandosi sempre di più. io invece rimasi ferma vicino alla signora che gentilmente mi fece entrare e facemmo entrambi una lunga chiacchierata. Il suo negozio era grande, semplice, pulito e composto da oggetti per la casa. Oggetti come piatti, bicchieri, vassoi e altri piccoli strumenti che si potevano mettere sui mobili. Io mi sedetti su una sedia di legno quasi al centro di una stanza e lei si mise davanti a me, a una trentina di centimetri di distanza.
“Voi due non siete di questo posto, vero?” chiese la signora.
“Sì esatto, ma come ha fatto a capirlo?” dissi io.
“Beh, non vi ho mai visto qui intorno e poi, secondo il discorso che avete fatto poco fa, non conoscete questo villaggio.” Disse lei.
“questo è vero… noi siamo delle persone che viaggiano per scoprire ciò che c’è all’esterno dei nostri villaggi.” Dissi io.
“Oh capisco… Scusa se te lo chiedo ma tu e quel ragazzo di prima state insieme?” chiese la signora un po’incuriosita.
“Eh? che cosa intende?” chiesi io.
“Voglio dire, voi due siete innamorati e vivete insieme?” chiese lei.
“No no, noi siamo dei semplici viaggiatori.” Dissi io sorridendo.
“capisco. Però lui ti piace?” mi chiese la signora. Io per un paio di secondi non dissi nulla e mantenni lo sguardo in basso.
“Io questo non lo saprei dire. Quando sono con lui mi sento bene, mentre quando lui non c’è mi sento diversa.” Dissi io.
“Ma sembra che a lui piaci.” Disse la signora.
Io la guardai e ne rimasi sorpresa di ciò che aveva detto. io non credetti a ciò che lei aveva detto perché non poteva essere possibile. Rimasi convinta dell’idea che lui era una persona semplice e non era innamorato di me.
“Mi dispiace, ma credo che questo non sia vero. è vero che lui mi ha baciato una volta, ma non credo che lui sia innamorato di me.” dissi io. lei rimase in silenzio e non disse nulla per alcuni secondi.
“Posso chiederle una cosa?” continuai io.
“Sì certo.” Rispose lei.
“E’ vero che in questo villaggio sono morte molte persone e ogni giorno i loro corpi vengono gettati nel fiume qui vicino?” chiesi io.
“Cosa? No, qui sono diversi giorni che non muore qualcuno. L’ultima persona morta era un’anziana dieci giorni fa, ma da quel giorno in poi più nulla.” disse lei.
Fuori dal negozio vidi sei giovani ragazzini che stavano correndo da sinistra a destra. Uno di loro, quello davanti a tutti, si era fermato davanti alla porta del negozio e si era girato verso gli altri. Era un bambino di cinque o sei anni.
“Ehi voi, andiamo a giocare al parco! Vediamo chi tra di noi arriva per primo.” Disse il bambino con un braccio alzato.
Gli altri urlarono e lo seguirono correndo verso destra. il fatto di aver sentito parlare di un parco mi incuriosiva, così decisi di chiedere alla signora delle informazioni su questo parco.
“Scusi se lo chiedo, ma qui vicino vi è un parco?” chiesi io.
“Sì esatto. per la precisione in questo villaggio ce ne sono tre, uno al centro, uno qui vicino e uno dalla parte opposta del villaggio rispetto a qui.” disse lei.
“Come ci si arriva al parco più vicino?”
“Oh questo è semplice. Quando esci dal negozio devi tenere la strada che hai alla tua destra, cammini fino a passare davanti a quattro case, dopo la quarta casa prendi la strada alla tua destra  e avanti una decina di metri ti troverai il parco di cui ti ho parlato. Non so quanto ti convenga andare là visto che ci sono solo giochi per bambini e poi quel ragazzo di prima avea detto che dovevi aspettarlo qui. Che intendi fare?” chiese lei dopo la sua spiegazione.
“Vorrei andare là. Se viene qui a cercarmi digli che sono a quel parco e che una volta finito lo aspetterò là. La ringrazio di tutto ciò che a fatto e che mi ha detto ma ora vado.” Dissi io.
Poi mi alzai in piedi, uscii dal negozio e seguii esattamente le indicazioni che lei mi aveva dato. Bastarono solo un paio di minuti e io mi trovai proprio davanti al parco che aveva detto lei dove vi erano dei giochi per bambini. Alcuni di loro giocavano con dei pezzi di legno, altri giocavano con la terra e altri ancora giocavano con le mani o a rincorrersi. Tra di loro vi erano gli stessi bambini che avevo visto prima correre davanti al negozio della signora.
Io entrai nel parco e mi sedetti su un seggiolino appeso a due funi su un bastone di legno. Rimasi seduta per molto tempo a pensare e nello stesso tempo oscillai avanti e indietro. Pensai a mio padre a cui non avevo notizie e che speravo di sentirne al più presto, pensai anche a quello che mi aveva detto prima la signora del negozio riguardo ad Aki. Cercai di capire se ciò che aveva detto avesse un minimo di verità, ma non riuscivo a trovarla. Continuavo a farmi diverse domande come: perché Aki dovrebbe essere innamorato di me? Che cos’è che gli potrebbe piacere di me? Quand’è che io avrei iniziato a piacergli? E a me lui piace? A queste domande io non riuscivo a trovare una risposta.
Il tempo passò così in fretta che non mi accorsi che era ormai arrivata sera. Tutti i bambini se ne stavano andando via con i loro genitori e io vidi venire verso di me Aki.
“IRIS!” urlò lui mentre si avvicinava. Corse così veloce che in poco tempo mi raggiunse nonostante avesse il fiatone.
“Aki, ci hai messo molto tempo. ma hai ricevuto il messaggio che ho chiesto di darti dalla signora?” dissi io.
“Messaggio? … Di che messaggio stai parlando? … Io non ne ho ricevuto nessuno.” Disse lui.
“Che strano… io avevo chiesto di dartelo il messaggio. Però dimmi, sei riuscito a riportare gli oggetti che sono stati rubati alla signora?”
“Oh sì, certo. Due strani uomini con un cappuccio e un mantello nero sulle spalle hanno preso l’uomo e lo hanno portato fuori dal villaggio. Non hanno detto nemmeno una parola e ho idea di cosa gli vogliano fare. Ma lei mi ha ringraziato e mi ha detto che possiamo dormire da lei per stanotte.” Disse lui con il fiatone.
“Incappucciati come quelli dell’organizzazione Hana? E come fai a dire che sono uomini?” chiesi io cercando di capire.
“Adesso che ci penso sì. Entrambi avevano delle mani grandi e forti quindi credo che fossero maschili. Ma perché tu sei venuta qui?” Disse lui prima pensando e poi guardandosi intorno.
“Volevo pensare un po’ ad alcune cose.” dissi io.
Seguii un attimo di silenzio tra noi due. Io lo guardai negli occhi e mi sembrava quello di una persona felice. Non mi stava dicendo nulla che i potesse aiutarmi a rispondere alle mie domande.
“Capisco… guarda, sta scendendo il sole.” Disse lui.
“Lo vedo. È bellissima.” Dissi io spostando lo sguardo verso il cielo.
“Dici che è ora di andare dalla signora che ci ospita per la notte?” mi chiese lui.
“Certo, vengo con te.” Risposi io.
Ci incamminammo per la strada e insieme percorremmo la stessa strada che io avevo fatto per andare nel parco. Non dicemmo praticamente nulla durante tutta la strada, circondati dal rumore delle persone che camminavano e che chiacchieravano. Stranamente non ebbi più alcuna paura  di tutto ciò che mi circondava, soprattutto degli adulti. Nessuno mi stava guardando, nessuno mi conosceva e nessuno mi aveva mai visto prima di oggi. Io ero molto contenta e rilassata, per questo io e lui non ci tenevamo le mani e non gli tenevo neanche la maglia.
Una volta arrivata davanti al negozio vidi che a destra di essi c’era una piccola stradina. Proprio davanti alla stradina vi era la signora che avevamo aiutato.
“Venite da questa parte. Seguitemi.” Disse lei muovendo le mani davanti a sé.
Noi due ci guardammo per un attimo e poi decidemmo di seguirla. Dopo essere entrati nella strada che affianca il negozio percorremmo solo una decina di metri e dopo aver fatto delle scale entrammo in casa della signora. La stanza che ci trovammo davanti era grande, aveva un tavolo basso al centro e un mobiletto alto solo qualche centimetro appoggiato a una parete. Sopra di esso c’era un rotolo di carta lungo la parete e messo in verticale con la scritta ‘speranza’ e c’era anche una piccola statuetta buddista. Mi soffermai per un po’ di tempo lo sguardo su quel mobiletto e il fatto che ci fosse quella scritta mi incuriosiva molto.
“Come mai vi è quella scritta?” chiesi io.
“Oh, quella ce l’ho messa alcuni anni fa, quando ho aperto il negozio e l’ho lasciata da quando mio marito non c’è più.” disse lei. tutti e tre in quel momento ci sedemmo sui cuscinetti che c’erano per terra.
“Che vuol dire non c’è più?” chiesi io.
“Mio marito è morto alcuni anni fa e io per alcune settimane sono stata male. Poi con molto coraggio decisi di aprire il negozio che ho qui sotto e da allora diverse persone mi rubarono dentro. Era stato ucciso proprio da quell’uomo che mi aveva rubato oggi pomeriggio e di questo sono in debito con voi.” Disse lei.
“Si figuri non è nulla.” Disse Aki sorridendo.
“Mi dispiace per suo marito, deve essere stato bruttissimo.” Dissi io.
“Sì, ma per fortuna sono riuscita a riprendermi presto.”
“Vorrei chiederti se è questo il villaggio in cui…” disse Aki. Ma io lo fermai perché capii che voleva fare la stessa domanda che avevo fatto io tempo fa alla signora.
“Aki gliel’ho già chiesto. Non è questo il villaggio con tutti quei morti.” Dissi io.
“Esatto, è il villaggio Bakin, ma si trova molto lontano da qui. Verso est e vicino al monte Terataniyama. Ma quel monte è a molti giorni da qui. c’è però un altro villaggio che ha una situazione simile a quella di Bakin ed è poco lontano. Quel villaggio si chiama Konan.” Disse la signora.
“Bene! Domani mattina partiremo e andremo ad esplorare quel villaggio!” disse Aki saltando in piedi e tutto eccitato.
Noi due rimanemmo in silenzio per un attimo e quando lui si accorse che io lo guardavo in modo strano tornò a sedersi.
“Permettetemi di offrirvi un posto in cui riposare stanotte e di offrirvi qualcosa da mangiare e bere per stasera.” Disse la signora.
“Oh sì, grazie. Sarebbe veramente una bella cosa dato che non abbiamo mangiato da stamattina.” Dissi io.
“Allora vado subito. Ci impiegherò poco.” Disse la signora alzandosi in piedi e spostandosi verso un’altra stanza.
“Aki, che cos’era quell’affermazione che hai fatto poco fa?” dissi io.
“Beh, sono contento di aver capito qual è il villaggio con tutti quei morti e sono felice di essere riuscito ad aiutarla.” Disse lui
“Ah sì? Eppure mi sembravi troppo felice.” Esclamai io pensierosa.
“Sono felice perché domani avremo la possibilità di partire per un nuovo villaggio in cui faremo un’altra avventura.” Disse lui.
“Sì, anch’io non vedo l’ora.” Risposi io.
“Scusate l’attesa, sono tornata.” Disse la signora venendo verso di noi.
In una mano aveva una borraccia di acqua e nell’altra un grosso vassoio dove sopra  cerano tre ciotole piene di riso e tre ciotole con una zuppa molto dolce e guardandola sembrava fatta con pochi ingredienti. Era completamente diversa da quella che io avevo mangiato ieri con Sachi e Sawako perché era composto da pasta, brodo e salsa di soia. Appoggiò prima le ginocchia e la borraccia a terra e poi diede ad entrambi il cibo che aveva portato. Ci augurammo buon appetito prima di iniziare e poi provai a mangiare ciò che c’era nella zuppa con le bacchette che ci aveva messo a disposizione.
Era veramente deliziosa. La pasta era semplice e un pochino spessa, ma molto buona, come lo era il brodo. Il riso lo assaggiai e sentii subito che era cotto molto bene e che era ben preparato. Io capii sin da subito che lei aveva fatto quel cibo da molto tempo e molte volte. Probabilmente lo aveva fatto anche per suo marito in passato...
Quando finii spostai lo sguardo verso Aki vidi che lui aveva finito molto prima di me di mangiare e aveva la schiena spostata all’indietro e appoggiata a un braccio che aveva messo dietro di lui. Mise una mano sulla pancia e picchiettandola appena un pochino disse: “ah, sono pieno. Però vorrei farle i complimenti perché è veramente molto buona.”
“Anche io vorrei complimentarmi perché è delizioso.” Dissi io.
“Sono contenta che vi piaccia. Se volete potete averne dell’altro.” Disse lei.
“Oh no, sono pieno.” Disse Aki raddrizzando la schiena.
“Anch’io, ma grazie comunque.” Dissi io.
“Come volete. Dato che fuori c’è ormai buio, vi lascio soli e vi auguro buonanotte. Porto via queste cose.” disse la signora alzandosi in piedi e portando via tutto ciò che abbiamo usato.
“Certo.” Dissi io.
Aki in quel momento stava aprendo la borsa che Sachi ci aveva dato e tirò fuori i sacchi a pelo. Notai che sulla parete di una stanza c’era una finestra. Mi avvicinai e in cielo potevo vedere la luna circondata da tantissime stelle, alcune più visibili di altre. Il cielo mi sembrava bellissimo anche se non era limpido a causa di alcune nuvole che in certi momenti coprivano la luna. Rimasi solo un paio di minuti a fissarle a poi io venni chiamata da Aki.
“Iris, che stai facendo?” chiese lui.
“Nulla, guardavo la luna.” Dissi io.
“La luna? E perché?” chiese lui.
“non lo so. Però mi piace e guardandola riesco a rilassarmi.” Dissi io.
“Va bene. però adesso vieni qui che ho preparato i sacchi a pelo.” Disse lui.
Infatti dietro di lui c’erano i sacchi a pelo stesi per terra e attaccati l’uno all’altro. Vedendoli così vicini mi venne da arrossire. Arrossii così tanto che le mie guance diventarono rossissime.
“Hey, che ti prende?” mi disse Aki avvicinandosi e baciandomi sulla fronte. non solo le guance ma anche tutta la faccia diventò completamente rossa.
“Non hai la febbre, eppure sei diventata più rossa di prima.” Disse lui.
“N - non è nulla, stai tranquillo. Forza, andiamo a dormire. Ho davvero sonno.” Dissi io.
Mi avvicinai a un sacco a pelo e lo spostai dall’altro di alcuni centimetri. Mi infilai sotto e chiusi gli occhi cercando di addormentarmi. Sentii però dietro di me Aki avvicinare il suo sacco a pelo, coricarsi e addormentarsi subito dopo.
Era la prima volta nella mia vita che mi coricavo vicino a un maschio che non era mio padre, ma stranamente stare con lui mi faceva stare bene. Persino in quel momento riuscivo a rilassarmi e non pensare a nulla. Chiusi gli occhi e cercai di godermi quella bellissima sensazione, ma senza accorgermene mi addormentai.

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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***


Mi svegliai pochi minuti prima dell’alba e nessuno era sveglio. Aki, che era a fianco a me, stava ancora dormendo e mi piaceva l’espressione che aveva in quel momento. Era la prima volta che lo vedevo così rilassato e mi sarebbe piaciuto rimanere molto più tempo a guardarlo.
Ma rimasi a osservarlo solo per poco dato che mi alzai in piedi e andai alla finestra. Da lì riuscii a vedere la luna risplendere nel cielo, anche se era visibile solo per metà, mentre vidi a terra e in lontananza vidi una piccola luce. Quella luce era la stessa della notte prima e si stava spostando da sinistra a destra.
Quella stessa luce dopo una decina di secondi iniziò ad aumentare. Partì da uno e arrivarono a quindici mettendosi in fila. Quei piccoli bagliori mi incuriosivano così tanto che decisi di uscire dalla stanza senza fare rumore e mi diressi verso quei bagliori. Più mi avvicinavo, più capii che quelle che sembravano piccole luci in realtà diventavano sempre più grandi e più vicine e mi accorsi di aver attraversato tutto il villaggio.
A un certo punto mi nascosi dietro ad un cespuglio e a una trentina di centimetri di distanza vi erano quelle luci che mi avevano tanto attirato.
‘ecco da dove provengono quelle luci che ho visto nel villaggio.’ Pensai io.
Davanti a me c’erano una ventina di persone di diverse età e alcuni di loro tenevano in mano un bastone di legno piuttosto spesso, messo in verticale e acceso su un lato. Tutti loro guardavano in basso con un’espressione triste in faccia. Non riuscivo a capire il motivo della loro tristezza e mi sarebbe piaciuto chiederglielo, ma non lo feci, rimasi ferma dietro al cespuglio mentre loro camminavano. Quattro uomini in fila per due e distanti una trentina di centimetri tenevano con entrambe le mani il bastone che avevano appoggiato a una spalla. I bastoni erano due, erano lunghi come la distanza tra le persone ed insieme sostenevano un telo sottile.
Tra di loro c’erano una donna e due bambini di cinque e sei anni di cinque e sei anni, tutti e tre con i capelli castani, che camminavano vicini al telo e piangevano. Piangevano tantissimo. Io rimasi in silenzio mentre quella di persone mi passarono davanti e quando furono abbastanza lontani…
“Che stai guardando?” chiese una voce vicino a me.
“Oddio Aki, mi hai spaventato.” Dissi io.
“Che stavi guardando? E chi erano quelle persone di prima?” mi chiese lui.
“Non lo so chi siano. Ho solo seguito delle luci che si muovevano e ho scoperto provenire da dei grossi bastoni che alcune di quelle persone avevano in mano. Ma tu come hai fatto a capire che ero qui?” dissi io.
“Beh, non avendoti vista  nella stanza, decisi di mettere i futon dentro la sacca che Sachi ci aveva dato e iniziai a cercarti ovunque potevo. Alla fine ti ho trovata qui ed è una fortuna perché ero preoccupato per te.” Disse lui.
Io rimasi colpita dalle sue parole perché non avevo mai pensato che lui potesse preoccuparsi per me.
“Non preoccuparti. Adesso mi hai trovato e sto bene.” dissi io.
“Sono contento. Ti va se torniamo nel villaggio e andiamo a salutare la signora che stanotte ci ha ospitati?” disse lui.
“Oh sì, certo.” Dissi io.
Così entrambi ci girammo e ci dirigemmo verso il villaggio. In poco tempo arrivammo davanti al negozio della signora e, dato che era aperto, decidemmo do entrare. La signora stava canticchiando e nello stesso tempo stava spazzando per terra vicino a un mobile non molto alto.
“Scusate…” dissi io.
“Sì? Avete bisogno di qualcosa? Oh, ma siete voi! Dove eravate finiti stamattina? Quando mi sono alzata questa mattino non c’eravate nessuno dei due.” Disse lei.
“Beh, è una lunga storia. In realtà noi siamo venuti per salutarla visto che non vorremmo partire subito.” Dissi io.
“Dovete andarvene così presto? Almeno restate per pranzo.” Disse lei.
“Mi dispiace ma proprio non possiamo restare.” Disse lui.
“Oh, capisco. È un peccato, ma a questo punto vi ringrazio per l’aiuto e per la compagnia che mi avete fatto ieri.” Disse lei.
“Noi la ringraziamo per averci lasciato dormire qui stanotte. Ora dobbiamo andare.” Disse Aki.
Dopo quelle parole noi ci girammo e uscimmo dal negozio. Percorremmo due o tre stradine e poi ci trovammo davanti a tantissimi alberi. Ci dirigemmo verso est e mentre camminammo nessuno disse nulla. Stare vicino ad Aki mi faceva sentire tranquilla, ma ero anche preoccupata per mio padre. Mi sentivo così tanto tormentata dal quel pensiero che Aki la vide e forse aveva capito di cosa si trattava.
“Non dirmi che sei ancora in pensiero per tuo padre. O è così?” Disse lui.
“Sì…” dissi io facendo un sospiro profondo.
“Ti ho già detto che devi stare tranquilla. Lui sarà già guarito e adesso sarà a casa che aspetterà il tuo ritorno.” Disse lui.
“Però lui è l’unico della famiglia che mi è rimasto! Dopo mia madre non voglio perdere anche lui.” dissi io.
Ci fermammo e lui mi abbracciò forte. Mentre eravamo abbracciati lui mi disse: “Ti capisco, però devi pensare che lui sta bene e concentrati sull’avventura che stai vivendo con me.” disse lui.
Avendo il cuore che mi batteva fortissimo, allontanai Aki da me e calmandomi decisi di farmi coraggio.
“Hai ragione, proverò a farmi coraggio e concentrarmi su quest’avventura. Anche se vorrei tanto avere delle notizie su di lui, sulla sua salute e su ciò che sta facendo…” Dissi io.
“Tranquilla che prima o poi le avrai. Ne sono sicuro.” Disse lui.
“Certo, però adesso voglio sapere qualcosa in più su di te.” Dissi io.
“Di più? Che vuol dire?” chiese lui.
“Sì. Tipo che cosa facevi prima di incontrarmi, che cosa ti piace e che cosa non ti piace.” Dissi io.
“Prima di incontrarti e di conoscerti vivevo con mia madre e i miei due fratelli più piccoli. Ero sempre io a dovermi occupare di loro, però era divertente. Ciò che non mi piace sono le persone che non fanno nulla.” Disse lui.
“Due fratelli, eh? Come si chiamano? Quanti anni hanno?” chiesi io.
“Esatto, due fratelli. si chiamano Inari e Keiji e hanno 5 e 7 anni. Adesso sono loro due che si prendono cura della casa e di nostra madre. Sono molto simili a me come aspetto ma come comportamento sono un po’ più tranquilli e adorano sia me sia nostra mamma.” Disse lui.
“Me ne parli così bene che mi piacerebbe tanto conoscerli.” Dissi io.
“Se passeremo nel mio villaggio lo farò sicuramente.” Disse lui sorridendo.
Dopo quelle parole il mio stomaco brontolò una volta. Fece un attimo di silenzio e poi brontolò ancora una volta. Entrambi ci fermammo e anche la pancia di Aki brontolò così ci mettemmo a ridere per un paio di minuti.
“Ehi, dato che entrambi abbiamo fame, ti va se ti faccio vedere come catturare un animale?” disse Aki.
“Davvero? E come si fa?” chiesi io incuriosita.
“beh, mio padre usava un’arma appuntita e affilata come quello di un coltello, ma noi non ce l’abbiamo. Mmmh… possiamo usare quello là!” disse lui indicando con il dito di una mano un bastone piccolo e molto lontano da noi.
Si allontanò per andarlo a prendere e poi tornò indietro. Spezzò i tre ramoscelli che c’erano attaccati e poi lui si guardò intorno, come se stesse cercando qualcosa.
“Che stai cercando? Non dirmi che abbiamo perso qualcosa lungo la strada.” Dissi io.
“No, ma fai silenzio.” Disse lui continuando a guardarsi intorno.
“Travato! Tu nasconditi dietro un albero e guarda ciò che faccio.” Disse lui dopo alcuni secondi.
Aki aveva lo sguardo fissato in avanti dove c’era un animale che lo fissava. Dopo alcuni secondi fermi a fissarsi, io mi spostai lentamente dietro un albero, così da non spaventare l’animale. Aki iniziò a correre l’animale, mentre lui scappava lontano. Vidi Aki correre lontano, fino a quando non lo vedevo più, poi udii qualcosa simile a un pianto.
Rimasi ferma ad aspettare il ritorno di Aki e dopo alcuni secondi lui sbucò da dietro un cespuglio muovendosi verso di me con passo veloce. Più si avvicinava, più notai che lui aveva sulle sue spalle qualcosa che diventava più grande poco per volta. Io ero così curiosa di capire cos’era che mi avvicinai a lui. La mia espressione cambiò da incuriosita a contenta, esattamente come lo era Aki in quell’istante.
“Iris guarda! Sono riuscito a prenderlo!” disse lui.
“Grandioso! La volta prossima voglio farlo anch’io! ma che animale è?” dissi io.
“Mio padre lo chiamava cerbiatto e così per me è sempre stato.” Disse lui.
“Fantastico! Ma perché non si muove?” domandai io.
“Mi dispiace dirlo, ma questo animale è morto.” Disse lui.
“Poverino…” dissi io diventando triste.
“forza, accendiamo il fuoco da qualche parte e prepariamoci a mangiarlo.” Disse lui.
Poco lontano da noi e alla nostra destra c’era uno spiazzo libero, senza alberi e cespugli. Mentre camminammo io raccolsi diversi ramoscelli e un sassolino e ci andammo a seder nello spiazzo che avevamo visto. Facemmo una preghiera in silenzio e unendo le mani poi lui tagliò l’animale.
Mangiammo senza dire nulla e sentendo solo il rumore degli uccellini e degli alberi mossi dal vento. Una volta finito camminammo per una ventina di minuti poi davanti a noi davanti a noi trovammo una lunga fila di case l’una in fila all’altra e c’era tanta gente che camminava lungo la strada.
“Guarda Iris, c’è un villaggio là davanti! Forza, vieni con me!” disse Aki.
Mentre lo diceva lui mi prese la mano e mi trascinò con lui avvicinandosi sempre di più al villaggio. Mentre avevo il polso stretto da lui io arrossii molto e avevo il cuore che batteva un po’ più forte rispetto a prima.
Una volta entrata notai che c’erano molte più persone rispetto al villaggio in cui ci trovavamo ieri. Anche qui nessuno stava prestando attenzione a noi due. Continuammo a camminare per una trentina di metri quando vidi delle persone correre e trasportando qualcosa e venivano verso di noi. Ci spostammo da una parte, cercammo qualcuno a cui chiedere informazioni e non appena riuscimmo a trovarlo lo fermammo. Tutte le persone si spostarono e fecero strada alle persone che correvano verso di noi.
“Scusi, come mai stanno scappando?” chiesi io.
“è meglio che ve ne andiate da qui. non è sicuro restare.” Disse un uomo sui quarant’anni.
“Perché? Che succede?” chiese Aki a fianco a me.
“Dall’altra parte del villaggio è appena stato trovato il corpo morto di un ragazzo.” Disse l’uomo.
Notai che intorno a noi c’erano un grano numero di persone di diverse età. A fianco a me c’era il signore con cui avevo appena parlato, a fianco ad Aki c’era una ragazza più o meno della sua età, mentre dietro di noi c’erano due donne di una certa età che parlavano.
“Cavolo, anche oggi una vittima.” Disse una delle due donne.
“Già. Ieri era un padre di due figlie, mentre stanotte è toccato a un ragazzo giovane.” Disse la seconda donna.
“che peccato… deve essere stato un duro colpo questa scoperta per la madre.” Disse la prima donna.
“Lo penso anche io. si dice che lui abbia tredici anni e che adesso ne avrebbe fatti 14.” Disse la seconda signora.
Io  e Aki stavamo ascoltando la loro conversazione e ne rimanemmo sconvolti. Aveva la nostra età e lui era stato ucciso. Entrambi ci guardammo negli occhi, io non riuscivo a credere a ciò che stava succedendo e che stavano dicendo le due signore.
“Ormai è un anno e mezzo che avvengono cose di questo tipo.” Disse una signora.
“è vero. sono tutte avvenute nello stesso luogo e nello stesso modo.” Disse l’altra donna.
“Scusatemi, ma come è successo questo?” chiesi io.
“Lo vedete il braccio del ragazzo che stanno portano?” chiese una delle due donne.
“Sì, certo.” Risposi io
“Beh, la mano del ragazzo è appoggiato sulla pancia. In quel punto qualcuno ha messo un una benda per coprire il più possibile la grossa ferita. Si dice che quel ragazzo non abbia il braccio destro, ma non ho idea se sia vero oppure no.” disse una donna dietro di me.
Gli uomini che portavano il ragazzo si fermarono e gli andò incontro una donna. Lei piangeva tantissimo a fianco al ragazzo che mi chiesi se lei fosse sua madre. Notai anche che lei aveva i vestiti sporchi e usati come li avevo io, aveva i capelli castano ed era molto magra.
Quando il corpo del ragazzo venne appoggiato a terra vidi che davvero non aveva il braccio destro. Io ne rimasi più sconvolta di prima e tutti quelli che erano intorno a me rimasero immobili e nel più completo silenzio, con solo le urla della donna che riecheggiavano ovunque. Tutti erano a testa bassa in segno di rispetto e di preghiera.
Nessuno disse nulla per qualche minuto poi io sentii tremare leggermente la terra e dei rumori di passi in lontananza. Di scatto alzai la testa e la girai alla mia destra.
“Iris, che cos’hai? Che succede?” chiese Aki.
“Rumori di passi… non li percepisci anche tu?” dissi io.
“Passi? Devi essertelo immaginata perché io non sento nulla.” Disse lui.
In realtà avevo sentito bene. dalla parte opposta in cui io e lui eravamo arrivati vidi qualcosa avvicinarsi. All’inizio sembrava un puntino lontano, ma quando iniziarono ad avvicinarsi di più vidi che erano quattro uomini che correvano più che potevano verso di noi.
“Presto! Scappate tutti! Rifugiatevi ovunque potete! Stanno arrivando gli assassini!” disse uno degli uomini che correva.
La cosa mi stupiva e nello stesso tempo non riuscivo a capire che cosa stesse succedendo, ma notai che dietro a quei quattro uomini vi erano tre teste che volando in cielo li seguivano. Io non riuscivo a credere che stessero volando e che avessero una testa ma non un corpo.
Rimasi immobile mentre la gente intorno a me correva da una parte all’altra della strada ed entrando nelle case.
“Iris, che sta facendo? Andiamo a nasconderci, non voglio essere ucciso.” Disse Aki a fianco a me.
Io non lo stavo ascoltando e per questo non gli risposi. Restai immobile mentre quelle teste si avvicinavano sempre di più e tenendo la bocca aperta.
“Iris, per favore, spostiamoci da qui! rischiamo di essere uccisi se restiamo fermi! IRIS!” disse Aki con tono preoccupato.
Intorno a noi in quel momento non c’era più nessuno e poco lontano da me si trovavano le tre teste che si misero a parlare.
“L’abbiamo trovata… l’abbiamo trovata ed è davanti a noi!” disse una delle teste.
“Hai ragione Akugoro, quella è Hizaki!” dissi la seconda testa volante.
Tutti e tre mi stavano a fissare e pronunciavano quel nome muovendosi lentamente. Poi due di loro si fermarono di scatto, mentre uno si mosse verso di me a tutta velocità con la bocca aperta e urlando disse: “Non mi sfuggi Hizaki!”
Io non riuscivo a muovermi ma fortunatamente Aki si gettò verso di me ed entrambi cademmo a terra senza essere toccati. Io non venni presa da quella testa che mi stava venendo addosso e riuscii a riprendermi.
“Eh, cosa?” chiesi io.
“Iris, stai bene?” chiese Aki.
“Oh, si grazie. Ma che mi è successo?” dissi io.
“Non lo so, ma stavi per essere uccisa. Ora dobbiamo fare qualcosa con questi esseri.” Disse Aki.
“Eh? AH! Ma che cosa sono! Che… che facciamo!” dissi io.
Ero sconvolta nel trovarmeli davanti e ma non potevo stare ferma, dovevo fare qualcosa.
“Stavolta non ci sfuggi Hizaki!” dissero tutte e tre le teste contemporaneamente.
Tutte si stavano avvicinando a me e stavano cercando di fare la stessa cosa di prima. Io e Aki facemmo appena in tempo ad alzarci e a spostarci da una parte. Però dovevamo trovare un modo per salvarci e proprio in quel momento mi venne in mente un’idea.
“Hizaki, è inutile che scappi!” disse una delle teste.
“Ehi Aki, mi è venuta un’idea. seguimi e corri più veloce che puoi.” Dissi io.
“Qual è la tua idea? Iris, dimmelo! Hey!” disse Aki iniziando a correre.
“Tu corri e lo capirai!” dissi io correndo insieme a lui.
“Smettila di sfuggire! Non hai scelta!” disse una testa.
Io e Aki corremmo con tutte le nostre forze e facemmo del nostro meglio per tenerli lontani, ma non sembrava per niente facile. In poco tempo mi venne il fiatone anche se cercai di correre e di resistere. Dopo un paio di strade dissi ad Aki di cercare degli oggetti che avrebbero potuto aiutarci e mentre lui lo fece io corsi per diverse strade cercando di allontanarmi dal luogo in cui ero prima.
Senza accorgermene percorsi quasi tutto il villaggio, mi guardai indietro e non vidi più le tre teste. Girai la testa in avanti e notai in lontananza una casa con davanti una scritta messa che non sapevo leggere ma da dietro sentii la presenza delle tre creature.
“Noi non ti lasceremo scappare ancora a lungo!” disse una testa avvicinandosi a me più delle altre.
Mi sentivo terrorizzata e spaventata. Mi fermai di scatto e mi abbassai facendo in modo che le ginocchia toccassero il petto. Per fortuna mi abbassai così tanto da non essere toccata da nessuno di loro perché sentii un leggero tonfo vicinissimo a me. visto che non mi ero mossa doveva essere stato qualcos’altro. Aprii gli occhi, con le mani alla testa, guardai in alto e vidi che Aki aveva tutte e due le mani che afferravano un oggetto lungo e appuntito da una parte.
“Aki!” dissi io.
“Forza, scappiamo! Andiamo dentro quella casa!” disse lui indicando la stessa casa in legno che io avevo visto poco fa.
Corremmo con tutte le forze che ancora avevamo, ma una volta entrati trovammo quasi tutto buio. Vi erano solo degli spiragli di luce che provenivano dal soffitto ed erano lontani l’uno dall’altro. Girammo a sinistra, a destra, di nuovo a sinistra e a destra.
Ci trovammo in un lungo e buio corridoio e non avendo altra scelta essendo inseguiti, decidemmo di percorrerlo tutto. A un certo punto però mi fermai, girai la testa a destra e mi trovai in una stanza molto grande illuminata in cinque punti. Ci entrai e mentre ripresi fiato mi guardai intorno. La stanza era completamente vuota, non c’era praticamente nulla se non dei buchi nel soffitto da dove veniva la luce, ma sono a guardarla mi venne un’altra idea.
Poco dopo vidi Aki tornare indietro dal corridoio e fermarsi davanti alla porta della stanza in cui mi trovavo.
“Iris che stai facendo! Perché hai smesso di correre?” chiese Aki.
“Aki vieni qui, mi è venuta un’idea in mente.” Dissi io.
 Lui si avvicinò a me e mentre lo fece disse: “ma perché ti sei fermata! Ti ricordo che siamo inseguiti da tre teste volanti e che se ci fermiamo verremo uccisi da quei tre nello stesso modo in cui è morto quel ragazzo di oggi pomeriggio. Non so te ma io non ci tengo a finire come lui.”
“Nemmeno io, ma è proprio per questo che vorrei fare un tentativo.” Dissi io.
“E quale sarebbe questa idea? Fare in modo che loro vengano qui e provare a parlarci?” chiese Aki.
“Esattamente. Ma tu devi mettere giù quegli oggetti che hai preso.” Gli risposi io.
“Cosa? Tu sei matta. Non può funzionare perché ti mangeranno ancora prima che tu inizi a provarci.” Disse lui.
Sentii di nuovo le tre teste chiamare il nome di Hizaki, ma stavolta erano più vicino di ciò che mi aspettavo. Quando furono davanti alla porta mi salii in corpo molta paura e mi tremavano in po’ le gambe. Aki si nascose dietro di me dalla paura e non si mosse da lì.
“Ti abbiamo trovata Hizaki! Ora non puoi più scappare!” disse una testa.
“Aiuto, qui moriamo entrambi!” disse Aki.
“Fermi, io non sono Hizaki! Vorrei fare una domanda per tutti voi: chi è questa Hizaki e perché volete ucciderla?” chiesi io.
“Hizaki era una sacerdotessa che ci aveva incatenati fino a due anni fa. Noi vogliamo ucciderla per fare in modo che nessuno della sua generazione possa più fermarci.” Disse un’altra testa.
“Basta parlare e torniamo all’attacco!” disse un’altra testa.
Tutti e tre puntarono dritti verso di me ma si fermarono alla mia domanda.
“Ma voi chi siete e perché avete ucciso tutte quelle persone fino ad oggi?” chiesi io.
“Io sono Akugoro e loro sono Kosanta e Matashige. All’inizio noi abbiamo ucciso tutti quelli che entravano in questa casa e poi lo abbiamo fatto per chi entrava nel villaggio e voleva distruggerlo.” disse Akugoro che era la testa al centro.
“Essendo tu Hizaki adesso noi ti uccideremo!” disse Kosanta. Aki mi raccontò anche di ciò che avevano fatto in questi anni e del perché avevano ucciso le persone.
“No, vi sbagliate! Io non sono Hizaki! Il mio nome è Iris e anche se siamo di questo villaggio, ma non vogliamo fare del male a nessuno.” Dissi io.
“Iris, per favore, andiamocene. Non voglio venire ucciso da loro.” disse Aki.
“Aspetta ancora un po’.” Gli dissi io.
Mi rivolsi alle tre teste e dissi: “Quello che avete sempre fatto è uccidere degli abitanti di questo villaggio e di far soffrire e spaventare tutti. Ogni giorno qualcuno in questo villaggio deve dire addio ad un parente o un amico, o qualcuno di una famiglia perché è morto a causa vostra e questo non è per niente una buona cosa. Ogni singola persona è spaventata e ha paura che possa capitare a loro da un momento all’altro. Io vorrei chiedervi di smettere di uccidere da adesso in poi anche se so che sarà difficile.”
“Facendo così com’è che noi possiamo continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto?” disse Akugoro.
“Non lo so. Ma vorrei chiedervi di non uccidere più nessuno e altrimenti tutti si spaventeranno ancora di più di ciò che hanno già.” Dissi io.
“Io non voglio. Non ha…” disse Kosanta.
“Noi accettiamo. C’è una condizione però ed è quella di fare in modo che nessuno venga più qui a disturbarci.” Disse Akugoro.
“Bene, mi fa piacere saperlo. Questo significa che voi non ci mangerete e ci lascerete uscire da qui in pace?” chiesi io.
“Sì certo.” Disse Matashige.
Sia io sia Aki eravamo molto felici di sentire ciò che avevano detto. entrambi ci inchinammo in segno di gratitudine e poi raddrizzammo la schiena e ce ne andammo nel più completo silenzio. A metà strada tra la stanza in cui eravamo fino a poco fa e la porta dove eravamo entrati, mi accorsi che per tutto questo tempo Aki aveva in una mano un oggetto lungo e appuntito e aveva sulla schiena un altro oggetto sottile, in legno e con una corda insieme a una sacca.
“Aki, adesso che guardo meglio, che cos’è quella strana cosa che hai sulla schiena?” chiesi io.
“Dici questa? Non ne ho idea ma le ho prese alla veloce quando me ne sono andato. Non ho badato a ciò che avevo davanti, ho solo preso qualcosa e sono corso via. Tieni, questo è per te.” Mi disse Aki.
Lui mi allungò la sacca e l’oggetto in legno composto da una corda, mentre tenne in mano lo strumento appuntito.
“Ma cosa devo farmene di questo? E come si usa?” chiesi io.
“Non lo so, ma tu intanto tienilo.” Disse lui.
“Però nono possiamo tenere questi oggetti, non ci appartengono. Dovremo darli a qualcuno del villaggio.” Dissi io.
“Tu dici? A me sarebbe piaciuto tenerlo ancora un po’…” disse lui.
Riprendemmo a camminare e poco dopo raggiungemmo la porta in cui eravamo entrati. Davanti a noi c’erano un gran numero che non appena ci affacciammo fuori, iniziarono a gioire e a ringraziare. Io non iniziavo a capire perché loro si stavano agitando così tanto.
“ti ringraziamo!” disse un uomo.
“Ci hai salvato!” disse un altro uomo.
“Grazie per averci salvato!” disse una donna.
“Avete salvato il villaggio!” dissero un uomo e una donna contemporaneamente.
“Siete mitici!” disse una donna.
Si avvicinarono a noi dei bambini. Io avevo paura di questo arrivo improvviso e che potesse succedere qualcosa così mi avvicinai ad Aki e strinsi con le mie mani la sua maglia.
“Grazie per aver salvato il nostro villaggio.” Disse una bambina.
“Ehi, avete usato quelli per sconfiggerli?” chiese un bambino.
“Beh, in realtà noi…” disse Aki ma dovette fermarsi di parlare.
“Che cosa vi hanno detto?” chiese una bambina.
“Come sono?” chiese un maschio.
Capii che non potevano farmi alcun male essendo dei bambini così mi rilassai e parlai con loro.
“Non erano nulla di che se non delle grosse teste volanti che volevano mangiare tutti. Però loro non faranno più nulla se voi non entrerete mai più in questa casa.” dissi io.
Alcuni bambini rimasero stupiti mentre altri si preoccupavano. Tra le persone si avvicinò una donna che aveva intorno ai 50 anni, capelli castani, occhi scuro e le mani unite. In quel momento tutte le persone diventarono silenziose.
“Salve, io sono Konan e insieme a mio marito siamo i capivillaggio. Vorrei ringraziarvi da parte di tutto io villaggio e vorrei chiedervi come siete riusciti a salvarvi da quelle creature spaventose che hanno ucciso tante persone.” Disse lei con tono contento.
“Oh no, non è nulla di che.” Disse Aki.
“Ditemi, che ne è stato di quelle creature e che hanno detto?” chiese lei.
“Non abbiamo fatto nulla e loro hanno detto che faranno più niente se verranno lasciati in pace e se nessuno entrerà più qui dentro. Inizialmente voleva mangiare tutti, persino noi due, ma adesso no vogliono più farlo.” Dissi io.
“Questo è un sollievo. Sentite, dato che è sera, vi andrebbe di venire a dormire a casa mia per stanotte?” chiese la donna.
“Non, dormirete a casa mia.” Disse un uomo.
“No, dormite da me!” disse una donna.
“No, da me!” disse un’altra donna.
Molte altre persone dissero frasi simili. Io non sapevo chi scegliere visto che non volevo ferire i sentimenti di nessuno ma ci pensai per un po’.
“Va bene, accettiamo di venire a dormire da lei per stanotte.” Disse Aki.
“Aki!” dissi io.
“Ottimo. Vi ringrazio per aver accettato.” Disse Konan che era davanti a noi.
Tutti coloro che si trovavano dietro di lei ci rimasero male e la cosa mi dispiaceva. Lo avevo capito guardando le loro facce tristi.
“Ehm… scusate se non possiamo accettare le vostre richieste, ma siete così in tanti che non saremmo in grado di accontentare tutti. Scusateci tanto.” Dissi io rivolgendomi a tutte le persone.
Loro si misero a parlare e fecero così tanto rumore che non riuscivo a capire ciò che dicevano.
“Va bene, va bene. Fate largo! Gli eroi devono passare!” disse la donna.
A quelle parole tutti si spostarono da una parte creando una piccola strada. Io ne rimasi stupita per come avevano seguito le parole che la signora ha detto. passammo in mezzo alla gente e loro continuavano a lodarci. Ero molto felice di sentire tutte quelle parole da loro perché per la prima volta ho potuto aiutare qualcuno.
Percorremmo un centinaio di metri in mezzo a delle stradine fino ad arrivare nel centro del villaggio dove c’era la casa di Konan.
“Ecco, siamo arrivati. Entrate pure e benvenuti.” Disse lei.
Era una casa semplice e spaziosa, era ricca di mobili e mensole sui muri. Lei mi portò in cucina dove mi chiese di aiutarla. La cucina era semplice e al centro di una parete c’era una finestra chiusa.
Mentre io stavo aiutando Konan a preparare la cena e Aki era davanti alla porta che mi guardava, passò proprio vicino ad Aki un signore dell’età simile a Konan e con i capelli scuri.
“Eccoti, bentornato! Ragazzi, questo è mio marito Chojuro.” Disse Konan.
“è un piacere conoscerla.” Dicemmo io e Aki insieme.
“Chojuro, questi sono i ragazzi che hanno salvato il villaggio da quelle creature spaventose. Ho chiesto loro se volevano venire a dormire qui e loro hanno accettato. Non è fantastico?” Disse Konan.
“Oh, ma allora siete voi! Ora capisco perché c’erano così tante persone che correvano in un’unica direzione. E ditemi, come avete fatto?” disse Chojuro.
Io e Aki ci guardammo negli occhi per un paio di secondi e poi io mi rivolsi a lui.
“In realtà le creature erano tre teste volanti e noi gli abbiamo soltanto parlato.” Dissi io.
“Parlato, eh? qualunque cosa abbiate fatto va benissimo, anzi è meraviglioso che tutto ciò si sia risolto bene. restate qui quanto volete e sentitevi pure come se foste a casa vostra.” Disse Chojuro molto contento.
Aiutai Konan a cucinare e poco lontano da me vidi un tavolo alto una ventina di centimetri. Lei disse di mettere lì il cibo che preparavamo di volta in volta, ma Aki disse di volerci pensare lui. E così fu.
Dopo alcuni minuti ci mettemmo tutti a tavola a mangiare e Chojuro era già seduto  ancora prima che arrivassi. Avevamo a disposizione una ciotola di riso e una ciotola più piccola a testa e c’era un piatto al centro del tavolo pieno di pezzi di carne.
“Itadakimasu!! (buon appetito in giapponese)” dicemmo tutti in coro.
Aki fu il primo ad iniziare e si abbuffò subito mangiando tanta carna e tutto il riso tutto insieme, mentre io mangiai solo il riso e la salsa che avevo non avendo granché fame. Di Konan e Chojuro non saprei dire perché mangiai senza badare a loro.
Una volta finito di mangiare e dato che io e Konan fummo le prime a finire portai tutto in cucina dove lei mi disse di volerci pensare da sola. Mentre tornai indietro mi fermai prima di entrare nella stanza in cui eravamo prima e sentii Aki parlare con Chojuro.
“Certo che le voglio bene, anzi io provo qualcosa per lei, anche se siamo solo compagni di viaggio. Iris è una persona che sa veramente poco del mondo esterno, però è coraggiosa, bella e gentile.” Disse Aki.
 Io rimasi molto colpita dalle sue parole e arrossii molto, ma non feci neanche un singolo rumore.
“è bello sapere che provi dei sentimenti così forti verso di lei. la stessa li provo io per mia moglie, a parte il fatto che lei conosce il mondo.” Disse Chojuro.
“Ditemi, voi avete figli?” chiese Aki.
“Noi avevamo due.  Un maschio di 20 anni, ma è morto alcuni mesi fa per mano delle creature che avete affrontato oggi. All’inizio non riuscivamo a sopportare il dolore che provavamo, ma con il tempo ci siamo lentamente abituati e cerchiamo di andare avanti nonostante tutto. Il secondo figlio ha da poco fatto 15 anni, ma lui è ormai da quattro o cinque anni che fa il soldato nel castello del villaggio Wake e di lui non abbiamo notizie.” Disse Chojuro.
“Mi dispiace molto. Spero che avendo sconfitto le creature, lui possa riposare in pace.” Disse Aki con voce triste.
“Lo speriamo anche noi.” Disse Chojuro.
Io rimasi appoggiata al muro mentre li ascoltavo parlare e la mia espressione diventò triste non riuscendo a credere a ciò che lui aveva detto. Pensai per un attimo a quanto loro due si erano sentiti soli e tristi.
Mentre io ci pensai c’era Chojuro che, dopo un attimo in silenzio, si alzò in piedi e si allontanò. Si alzò in piedi anche Aki, solo che lui uscì dalla stanza dove ero io.
“Iris.” Disse Aki. Io ero così persa nei pensieri che non lo sentii.
“Iris!” disse di nuovo Aki.
“Eh? cosa?” chiesi io.
“Iris tranquilla. Piuttosto, che ci fai qui?” disse lui.
“Oh, nulla. Pensavo ad alcune cose.” Dissi io.
“A cosa? a cosa? eddai, dimmelo!” disse Ali molto curioso.
“Ho detto nulla.” Dissi io con un sorriso.
Mi spostai ed andai in cucina dove c’era Konan e insieme ed Aki le chiedemmo dive potevamo andare a riposarci.
“Ma come, mio marito non ve lo ha ancor fatto vedere?” chiese lei.
“eh no…” dissi io.
“Nessun problema, ve lo mostro subito. Venite.” Disse lei mostrandoci la strada per arrivarci.
Uscimmo dalla cucina, attraversammo la stanza  in cui avevamo mangiato poco prima ed entrammo in un’altra stanza in cui c’era già un futon grande disteso per terra. Entrambi ci guardammo negli occhi un attimo e poi le nostre facce diventarono rosse.
“Questa è la vostra stanza, spero possiate essere a vostro agio. Il bagno lo trovate qui a fianco e se avete bisogno non esitate a chiedere. Beh, vi auguro una buona nottata.” Disse Konan prima di andarsene.
“Lo auguro anche a voi.” Dissi io. ma lei non mi ascoltò perché se ne era già andata via.
Aki appoggiò per terra in un angolo gli oggetti che aveva preso questo pomeriggio e poi ci sedemmo per  terra sopra i futon. Ci coricammo da un lato del corpo, ci augurammo buonanotte e cercammo di dormire.
Io però all’idea di dormire nello stesso futon di Aki mi emozionava. Quando ero piccola non avevo mai dormito nello stesso futon con mio padre e pensare che in quel momento lo stavo condividendo con una persona che conoscevo da poco mi spaventava. Ma cercai di rilassarmi e, anche se era molto difficile, provai a non pensare a nulla ripetendomi nella mente di stare calma.
Quando lo ripetevo già da una decina di volte, sempre con gli occhi chiusi, senza accorgermene  e dopo poco tempo mi addormentai profondamente.

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Capitolo 9
*** Capitolo otto: un villaggio distrutto da aiutare ***


[All’alba, mentre Sara era intenta ad accogliere gli uomini del consiglio, Isao stava facendo un bagno in una stanza del castello. Emma e Aiko andarono ad avvisarlo dell’arrivo degli uomini del consiglio insieme a Miko.
“Padroncino Isao, mi dispiace disturbarla, ma sono arrivati i signori del consiglio.” Disse Sara.
“Perfetto.” Disse Isao.
Lui uscì dall’acqua e Miko lo avvolse con un asciugamano bianco che aveva sul braccio. Una volta arrivato in camera sua, tutte e tre lo aiutarono a mettere uno yukata con i fiori e i bordi con una striscia di due colori. Lui si mise a guardare il cielo con uno sguardo pensieroso.
‘Speravo che in un giorno importante come questo i miei fratelli fossero a fianco a me a gioire di tutto questo. Ma vabbè, tanto peggio per loro.’ pensò lui.
“Padroncino, ora siete pronto per andare. Vi stanno tutti aspettando nel cortile del castello.” Disse Aiko.
“Ottimo, grazie.” Disse Isao.
Mise una mano sotto le maniche dello yukata e da dietro una porta spuntò fuori metà corpo a persona completamente coperto da un cappuccio e un mantello nero.
“Andate a prendere mio fratello Jun e fategli vedere la mia cerimonia da un luogo lontano.” Disse Isao.
“Sì signore.” Disse lui.
“Quando lo fate dovete tappargli la bocca in modo che non si possa sentire nulla.” disse Isao.
“Certo. Sarà fatto esattamente come voi avete detto.” disse la persona.
Subito dopo l’uomo sparì e Isao camminò per un lungo corridoio fino a fermarsi davanti a una grandissima porta tutta decorata da dei riccioli. Solo restando fermo si riusciva a sentire il rumore delle persone che parlavano dalla parte opposta della porta.
Il sorriso che aveva prima diventò serio mentre Emma e Aiko si misero ai lati della porta. lui fece un profondo respiro poi le ragazze gli aprirono la porta. Davanti a lui c’era una folla di gente del villaggio e tra di loro c’era mio padre. Quelle persone non appena lo videro rimasero in silenzio mentre a fianco a lui c’erano gli uomini del consiglio, le cameriere del castello e due soldati per lato.
Sara teneva in mano un cuscino quadrato dove c’era sopra una corona dorata e con solo quattro diamanti, il più grande era davanti. Un uomo del consiglio si avvicinò a lei prendendo la corona con le mani per poi avvicinarsi a Isao e gliela mise sulla testa.
Jun, dalla finestra di una stana e con le mani legate dietro la schiena, cercava di dimenarsi mentre guardava suo fratello. Cercò anche di parlare, ma la sua bocca era tappata da un fazzoletto e non riuscì mai a liberarsi.
“Oggi siamo qui per celebrare un evento speciale ed importante.” Disse l’uomo con la corona tra le mani. Si girò verso Isao e, mentre lui aveva gli occhi chiusi, continuò dicendo: “Da questo momento in poi dichiaro Isao il nuovo sovrano del villaggio Wake e di tutti i terreni che ne fanno parte.”
Isao, dopo quelle parole, aprì gli occhi con sguardo serio guardò dritto davanti a lui dove tutti gli uomini del consiglio si inchinarono in avanti giurando fedeltà a lui. dopo che tutti lo fecero la folla di gente di fronte a lui iniziarono a urlare e a lodarlo.
“LUNGA VITA AL NUOVO RE! LUNGA VITA A ISAO!” disse ro tutti in coro.
Ripeterono quelle parole diverse volte e poi calò il silenzio e lui fece un passo in avanti.
“Giuro di proteggere e di governare questo posto nella pace e proteggere le terre da ogni guerra. Prometto anche di governare in serenità ascoltando le esigenze di tutti gli abitanti che ne avranno bisogno.” Dissi Isao a voce molto alta.
La gente esultò ancora per un paio di minuti, poi lui fece cinque passi indietro tornando dentro il castello. La porta venne chiusa e un uomo tutto coperto e incappucciato spuntò poco lontano da lui.
“Vostra maestà, vorrei congratularmi con voi, avete fatto un ottimo discorso.” Disse l’uomo.
“finalmente è finito e adesso ho ottenuto ciò che mi aspettava di diritto. Jun ha assistito all’evento?” chiese Isao.
“Sì vostra maestà. Non appena finito l’abbiamo riportato dove si trovava prima.” Disse l’uomo.
“Ottimo. E avete trovato Inari?” disse Isao.
“non ancora vostra maestà. Però…” disse l’uomo.
“Però cosa?” chiese Isao.
“Però abbiamo intravisto un giovane ragazzo nel villaggio Dowai che assomiglia al signorino Inari. Solo che lui ha i vestiti di una persona povera e va in giro con una ragazza di cui non conosciamo il nome.” Disse l’uomo.
“Cosa?” disse Isao con sguardo molto serio.
“Dobbiamo prenderlo e portarvelo vivo oppure lo volete morto? Cosa dobbiamo fare?” chiese l’uomo.
“No, non fate nulla. Seguitelo solo da lontano e comunicatemi ogni loro movimento.” Disse Isao.
“Sì signore. Come desiderate.” Disse l’uomo andandosene via in un lampo.
Isao si spostò nella sala in cui c’erano i troni di tutti e si sedette su quello più grande che apparteneva fino a pochi giorni prima a Hiroshi. Trascorse la giornata seduto lì e la sera stava nella sua stanza pensando sempre a Inari.
Jun, invece, una volta finita la cerimonia di incoronazione, venne portato di nuovo in prigione dove c’era la stessa donna di prima che continuava a chiedere di essere liberata e dicendo di non avere fatto nulla di male con tono disperato.]
Durante la notte feci un sogno che riguardava mio padre, ma mi svegliai nel bel mezzo della notte senza ricordare nulla. Mi rimisi subito a dormire e dopo alcune ore mi svegliai, questa volta senza fare alcun sogno. Mi svegliai dal lato destro del corpo, mentre in quello sinistro c’era Aki che dormiva tranquillo a pancia in su. Era così rilassato che mi piaceva vederlo e, anche se pochi secondi dopo si girò proprio verso di me, potevo vederlo e stare ad ammirarlo ancora di più. Ma durò poco perché si svegliò e mi guardò sorridendo.
“Buongiorno Iris, dormito bene?” chiese lui.
Tutta la faccia diventò rossa come un pomodoro e, colta alla sprovvista e dall’emozione, non riuscii subito a spiaccicare parola.
“Ehi, cos’hai? Perché non mi rispondi?” chiese lui sedendosi.
“Eh? ehm… non è niente.” Dissi io dopo essermi ripresa.
Rimanemmo un paio di secondi in silenzio.
“Senti Iris, tu inizia a prepararti che io devo fare una cosa. non  ci impiegherò molto.” Disse lui.
“Oh, okay.” Gli risposi io.
Lui uscì dalla stanza mentre io rimasi a tirare su il futon e a metterli nella sacca che Sachi ci aveva dato. Ci impiegai solo qualche minuto e, visto che lui non era ancora arrivato, uscendo dalla stanza trovai davanti a me Konan che stava mettendo sul tavolo una ciotola di riso e delle bacchette per tutti e quattro.
“oh buongiorno Iris. Come stai? dormito bene stanotte?” chiese lei.
“Buongiorno Konan. Ho dormito bene e mi sento molto bene oggi, grazie per avermelo chiesto. Tu invece come stai?” dissi io.
“Bene grazie. La colazione è quasi pronta.” Disse lei con espressione felice.
“Ieri ho sentito Aki che parlava con Chojuro e parlavano dei vostri figli. Mi dispiace molto per ciò che avete passato.” Dissi io.
Lei si fermò di scatto per qualche istante e diventò molto triste. Abbassò la testa e non disse nulla per un paio di secondi, ma quando si girò vidi che aveva le lacrime agli occhi.
“È passato diverso tempo, ma con la morte di uno dei miei figli si fa fatica sia a dimenticare sia a cercare di sentirsi meglio.” disse lei.
“Se c’è qualcosa che posso fare per far sentire meglio te e Chojuro, io lo farei subito.” Dissi io.
“L’unica cosa che vorrei sapere è se mio figlio che fa il soldato è vivo oppure no. Non ho nessuna notizia di lui e questo mi preoccupa. Ma questa è una cosa che né tu né nessun altro può fare, quindi posso solo pregare e sperare che lui sia ancora vivo.” Disse lei guardandomi con sguardo speranzoso.
Subito dopo entrarono Aki e Chojuro. Aki veniva dalla stanza in cui avevamo dormito, mentre Chojuro veniva dalla porta dove eravamo entrati ieri.
“Buongiorno.” Dissero entrambi in contemporanea.
“Buongiorno a voi. Sedetevi pure che la colazione è pronta.” Disse Konan.
“Ottimo, ho una gran fame.” Disse Aki tutto felice.
Tutti e quattro ci mettemmo seduti e mangiammo il riso che ognuno di noi aveva davanti. Era molto buono, ben cotto e in ogni ciotola ce n’era così tanto che sembrava una montagna di riso. Mentre lo mangiavo scoprii che all’interno c’erano nascosti dei pezzi piccoli e quadrati di salmone.
“C’è del salmone dentro al mio riso!” dissi io.
“Io invece ho due pezzi di carne!” disse Aki stupito.
“Esatto. Ho voluto provare una ricetta nuova. Di solito faccio solo ciotole di riso, ma oggi ho voluto provare a inserire il salmone in mezzo al mio e al tuo, Iris, mentre a voi due ho messo due pezzi di carne. Spero sia buono.” Disse Konan.
“È buonissimo!” disse Aki.
“È vero, molto buono.” Dissi io scuotendo la testa dall’alto al basso per un paio di volte.
“Grazie mille, ne sono felice.” Disse Konan sorridendo.
“Sentite, vi va se dopo mangiato noi due vi mostriamo qualcosa del villaggio? Saremmo molto felici di poterlo fare.” chiese Chojuro.
Aki aprì la bocca per dire qualcosa quando lo interruppi e parlai io al posto suo.
“Ci piacerebbe molto ma non possiamo farlo. Dobbiamo partire non appena possibile per vedere altri villaggi.” Dissi io.
“Oh, che peccato. Almeno lasciate che vi mostri la piazza centrale visto che dovete passare di là per uscire dal villaggio.” Dissi io.
“Certo.” Dissi io.
“Evvai!” disse Aki tutto contento.
Poco tempo dopo finimmo tutti di mangiare e io aiutai Konan a portare in cucina tutto ciò che c’era in tavola. Sentii uno strano rumore provenire da fuori. Non le dissi nulla e rimasi ad ascoltare per qualche minuto quel rumore che veniva da fuori e che mi incuriosiva.
Poco dopo si avvicinò a noi Chojuro che disse: “siete pronte che andiamo?”
“Io lo sono! Ho preso tutto ciò che avevamo in camera.” disse Aki tutto contento e con la borsa dei futon e gli oggetti che lui aveva preso ieri.
“Non vedo l’ora di partire!” continuò Aki.
“Bene, allora possiamo andare.” Disse Chojuro.
Konan si asciugò le mani che erano bagnate, si avvicinò a me e insieme andammo alla porta. Lì ci aspettavano Aki e Chojuro. Appena la porta venne aperta, scendemmo le scale e trovammo un gran numero di persone, adulti e bambini. Molte più del giorno prima.
“BUONGIORNO EROI!” dissero tutti in coro non appena ci videro.
Guardai Aki e lui sembrava più contento di prima mentre li guardava. Lui stava sorridendo e per qualche secondo pensai che quel sorriso era bellissimo ed era molto simile a qualcuno che conosco. Ma non riuscii a ricordare nessuno che potesse averne uno simile.
Konan fece un passo avanti e disse a tutte le persone di farsi da parte per farci camminare e poter uscire dal villaggio. Così tutti si spostarono  e noi riuscimmo ad andare avanti. Non appena passammo tutti, continuammo a camminare e dopo circa cinque passi tutti loro ci seguirono. Continuarono a parlare tra di loro lodandoci per ciò che avevamo fatto ieri. Io mi sentii molto felice e provai una sensazione mai provata prima.
Attraversai due o tre strade senza nemmeno accorgermene arrivando davanti a un posto molto ampio e circondato da case con le finestre aperte e le persone affacciate. Chojuro disse a me e ad Aki che questo posto era la piazza principale del villaggio.
Tutta la gente che ci aveva seguito si era messa nella piazza mentre io, Aki, Konan e Chojuro continuammo a camminare per una decina di metri. Konan si fermò improvvisamente davanti a me e ad Aki, si girò e ci disse qualcosa con voce molto triste.
“Da qui in poi uscirete da villaggio. Mi viene da piangere vedendovi andare via.” Disse Konan.
“Su, non fare così.” Disse Chojuro stringendola a sé.
“Ci dispiace non poter restare, davvero.” Dissi io.
Guardai Konan piangere e mi ricordai di quegli oggetti pesanti che portavo sulla schiena.
“Ti prego Konan, non piangere. Piuttosto, io e Aki volevamo darvi questi oggetti. Li avevamo presi durante lo scontro contro le tre teste volanti di ieri, ma adesso non ci servono più e vorremmo ridarveli.” Dissi io.
Mi tolsi dalla schiena i due oggetti che portavo e li allungai a loro due. Aki invece tirò fuori da un fianco un oggetto lungo e appuntito.
“Non ce n’è bisogno. Anzi è tutto il villaggio che li da a voi come ringraziamento per averci salvato da quelle creature.” Disse Chojuro.
“Sì… Grazie davvero…” disse Konan tra le lacrime.
“Scusate, ma questi oggetti che cosa sono?” chiese Aki incuriosito.
“Quella è una spada, molto affilata e secondo alcune persone nel villaggio è molto difficile da distruggere. Mentre quelli sono un arco e delle frecce. Li ha creati un uomo del villaggio, ma non sono mai stati usati fino ad ora.” Disse Chojuro.
“Bellissimo!” disse Aki tutto contento e sorridendo.
Rimanemmo per un minuto circa in silenzio dove si sentiva solo Konan che piangeva.
“Ci dispiace ma adesso dobbiamo andare. Konan, non piangere, per favore.” Dissi io.
“Ci addolora lasciarvi andare via, ma speriamo che voi vi siate trovati bene a casa nostra. Speriamo di rivedervi presto.” Disse Chojuro.
“Certo. Grazie per ciò che ci avete dato.” Dissi io.
Dopo quelle io e Aki ci girammo e uscimmo dal villaggio entrando in mezzo a tanti alberi. Mentre camminai mi girai indietro e guardai per un po’ gli occhi pieni di lacrime di Konan. Più la guardavo e più lei mi metteva tristezza. Avrei tanto voluto fare qualcosa per farla stare meglio, però sapevo di non essere in grado di fare nulla, così mi voltai in avanti e continuai a camminare.
“Mi mette tristezza al pensiero che Konan piangeva quando siamo andati via.” Dissi io.
“Anche a me è venuta un po’ di tristezza, però glielo avevamo detto che non potevamo restare.” Disse Aki.
“Già… anche se mi chiedo come mai lei stava piangendo.” Dissi io.
“Me lo chiedo anch’io. Ma guarda il lato positivo, adesso stiamo andando in un nuovo villaggio!” Disse lui.
Io non gli risposi però… Avevamo appena passato solo alcuni alberi quando guardai per terra e vidi poco davanti a me un fiore bianco e molto bello. Mi fermai di scatto e mi avvicinai per raccoglierlo.
“Iris perché ti sei fermata? Che succede?” mi chiese Aki.
“Aki, tu resta qui. vorrei fare una cosa. Torno presto.” Gli risposi io.
Avvicinai il fiore al petto e, mentre con una mano lo proteggevo e con l’altra lo tenevo stretto, iniziai a correre verso il villaggio più veloce che potevo.
In poco tempo raggiunsi il villaggio e vidi Konan e Chojuro camminare non molto lontano dal punto in cui eravamo poco prima.
“KONAN! CHOJURO! PER FAVORE FERMATEVI!” urlai io.
Lei si girò indietro e mi sorrise. Mi fermai davanti a loro con un gran fiatone.
“Iris che ci fai qui? Non eri partita con Aki? Per caso hai cambiato idea e hai deciso di rimanere qui?” mi chiese lei.
“No, non è quello. Ieri mi hai parlato del figlio che avete perso … a causa di quelle creature. Prima guardando questo fiore mi era venuto in mente lui, così l’ho raccolto e volevo portarvelo. Consideratelo un pensiero da parte mia in suo onore.” Dissi io finendo per inchinarmi in avanti mentre glielo allungavo.
Konan lo prese in mano e se lo strinse a sé mentre Chojuro mise una mano sulla spalla di lei. Entrambi erano molto felici, così tanto che a Konan vennero fuori le lacrime agli occhi.
“Grazie mille Iris, grazie!” dissero loro due in coro e inchinandosi in avanti.
Io sorrisi e gli risposi dicendo: “Di nulla, figuratevi. Adesso però devo andare da Aki che mi sta aspettando poco lontano da qui.”
“Capisco… beh, grazie mille ancora.” Disse Chojuro.
“Certo.” Risposi io.
Poi mi girai e me ne andai via correndo. In poco tempo tornai da Aki e ripresi a camminare con lui. Il cuore mi batteva molto forte per la corsa  che avevo fatto, ma poi il battito tornò normale.
“Che cos’è successo? Perché ti eri fermata ed eri andata via?” chiese Aki.
“Oh niente. Ho solo fatto una piccola cosa per una persona che è stata gentile per me.” dissi io sorridendo.
“Chi è questa persona? E che cos’hai fatto? Eddai, dimmelo!” disse lui.
“Okay, ho portato un fiore a Konan.” Dissi io.
“Perché lo hai fatto?” disse lui.
“Beh, mi era venuto in mente quando lei ieri mi aveva parlato figlio che non c’è più. così volevo darle un piccolo pensiero da parte mia.” Dissi io.
Ci fu quasi un minuto di silenzio mentre continuammo a camminare togliendomi il pensiero che avevo sul figlio di Konan e Chojuro.
“Uao, non ho parole.” disse Aki.
“Eh?” chiesi io.
“Sei stata gentilissima e grandiosa!” disse lui.
“Grandiosa? Per cosa?” chiesi io.
“Sì, grandiosa perché sei riuscita a pensare a un modo per aiutare il villaggio. Prima hai avuto l’idea di portare lontano dal villaggio le tre teste e poi hai parlato con loro.” disse lui tutto contento e gesticolando con le mani.
“Ma che dici, ho solo cercato una soluzione per non coinvolgere nessuno.” Dissi io.
“Non ci credo, non può essere per questo. Voglio dire, ci deve essere un motivo perché una persona qualsiasi non lo farebbe mai.” Dissi io.
Io rimasi in silenzio per un po’ e, mentre camminavo, guardai in basso e ci pensai. Mi venne in mente la faccia di mio padre e le espressioni disperate che alcuni abitanti del villaggio potevano avere.
“Beh, all’inizio ho avuto paura e cercavo un modo per non morire, ma poi ho pensato che se fosse successo a me, mio padre ne sarebbe rimasto sconvolto e questo non vorrei che succeda mai.” Dissi io.
Lui ne rimasi stupito dalla mia risposta. Forse perché non se lo aspettava.
“io ehm… non ci avevo pensato. Io penso lo stesso che tu sia stata fantastica con quelle creature.” Disse Aki.
“Ma se tu hai avuto paura e sei scappato.” Gli dissi io sorridendo.
“Non… non sono scappato! Sono semplicemente andato a prendere le frecce, l’arco e la spada che abbiamo!” disse lui un pochino imbarazzato.
“Sì sì, certo. Però te ne sei andato.” dissi io.
“Sono andato a prendere ciò che ti ho detto e sono tornato non appena potevo.” Disse lui.
“Okay… Senti Aki, ce l’hai la mappa di tuo padre?” chiesi io.
“Eh? Oh sì, eccola qui.” disse lui fermandosi e tirandola fuori.
Lui aprì la mappa e la appoggiò a terra. Io notai tanti nomi di villaggi che prima non ci avevo fatto caso, mentre lui iniziò a segnare con un dito la strada che avevamo percorso.
“Questo è il tuo villaggio, mentre questo è il villaggio Dowai. Ci siamo spostati e prima eravamo in questo villaggio chiamato Konan.” Disse lui.
“Konan come la donna che ci ha accompagnati fuori dal villaggio insieme a Chojuro?” chiesi io.
“Sì, ma adesso non siamo più in quel villaggio e siamo qui. Credo.” Disse lui.
“E come si chiama il villaggio in cui stiamo andando?” chiesi io.
“Non lo so, non so leggere questi ideogrammi. Però non sembra molto lontano.” Disse lui.
Lui la chiuse, si alzò in piedi riprendendo a camminare e io lo seguii subito dopo. Dopo alcuni minuti iniziai a sentire una strana sensazione, simile all’affaticamento.
Quella sensazione saliva ad ogni passo che facevo e mi sembrò strano. Guardai Aki per sapere se anche lui si sentiva come me, ma lui non sembrava avere nulla se non la bocca leggermente aperta.
“Aki non ti senti un po’ strano?” chiesi io.
“Ho un po’ di fiatone, ma non mi sembra nulla di strano. Perché lo chiedi?” disse Aki.
“Io mi sento un po’ di fatica e non so come mai.” Dissi io.
“Vuoi che ci fermiamo per un po’?” chiese lui preoccupato.
“No, posso continuare.” Dissi io.
“Sicura?” chiese lui.
“Sì, continuiamo pure.” Risposi io.
“Se non ti senti bene dimmelo che ci fermiamo. Okay?” disse lui.
“Okay.” Dissi io.
Girai la testa all’indietro e vidi che il terreno sembrava spostarsi verso il basso arrivando a non vedere gli alberi e i cespugli che erano lontani. Ad una ventina di passi di distanza davanti a noi gli alberi sembravano non vedersi più e questo mi sembrava strano. Percorremmo tutta la distanza nel più completo silenzio e una volta arrivati trovammo uno spazio grande e senza nulla.
Non appena vidi quello spazio, iniziai a correre e a girare su me stessa, contenta di essere arrivata lì. Non sentii più quella sensazione di fatica che fino a poco prima provavo. Mi coricai per terra, chiusi gli occhi e feci un profondo respiro.
“Che stai facendo?” chiese Aki mettendo la testa sopra la mia.
“Coricati a fianco a me.” dissi io.
Lui esitò e mi guardò male per qualche secondo si coricò a fianco a me.
“Come ti senti?” chiese lui.
“Molto bene, non mi sento più male.” Dissi io.
“Ma perché ti sei messa così?” disse lui.
“Volevo rilassarmi un po’ prima di riprendere.” dissi io.
“Come ti senti stando così a guardare il cielo?” chiese lui.
“Rilassata.” Dissi io.
Guardando il cielo vidi una cosa piccola e nera passare proprio sopra di noi.
“Aki che cos’è quella cosa lontana?” dissi io indicando il punto nel cielo.
“Non lo so, è troppo lontano per vederlo bene.” disse lui guardandomi.
Lui mantenne lo sguardo nella mia direzione, ma non stava guardando me. Non saprei di preciso cosa poteva essere, sembrava di guardasse un cespuglio o un albero. Poi però, tenendo lo sguardo fisso, alzò la schiena da terra.
“Aki, cosa stai guardando?” chiesi io.
“Tu non hai fame?” disse lui.
“Beh, sì, un pochino…” risposi io.
“Bene, allora resta ferma qui.” disse lui.
Lui si alzò in piedi e iniziò a correre proprio nel punto in cui aveva sempre guardato. Quando non lo vidi anche io mi alzai in piedi e rimasi immobile preoccupandomi e chiedendomi che cosa fosse successo.
Un paio di minuti dopo lui tornò e, avendo la spada nel lato sinistro del corpo, in una mano lui aveva un animaletto piccolo e bianco.
“Guarda che cosa ti ho portato!” disse lui sorridendo.
“Grandioso! Ma che cos’è? E perché non si muove?” chiesi io.
“Non so perché non si muove. Mio padre lo chiamava coniglio, ma non mi ha detto molto e non sono nemmeno sicuro che sia questo che si riferiva. Anche se me lo aveva descritto come un animale piccolo e bianco.” Disse lui.
“Uao!” dissi io stupita.
Il mio stomaco brontolò due volte, così Aki appoggiò a terra l’animale. Ci inchinammo anche a noi a terra, unimmo le mani davanti a noi e con gli occhi chiusi facemmo una preghiera in modo che l’anima del povero animale possa riposare in pace.
Aki mi disse di tenere gli occhi chiusi ancora per un po’ anche se io non ne capivo il motivo. Aspettai solo qualche istante, poi potei aprire gli occhi e davanti a me vidi 8 pezzi di carne separati dalla pelle dell’animale. Lui mi guardò tutto contento e sorrise.
“sei pronta a mangiare?” disse lui.
Io gli sorrisi e unendo le mani al petto dissi insieme a lui: “BUON APPETITO!”
Mangiai sono 3 o 4 pezzi di carne mentre lui mangiò tutti gli altri. poi si alzò in piedi e iniziò ad agitarsi. Si fermò dietro di me con il corpo e lo sguardo fissato verso la mia sinistra e un espressione un po’ spaventata.
“Aki che cos’hai?” chiesi io.
“Iris guarda là. Non ti sembra strano?” disse lui puntando il dito dritto davanti a sé.
Mi alzai in piedi e guardai nella direzione che lui diceva. Vidi in lontananza un villaggio composto da molte case in legno. Sembrava esserci molto movimento in quel villaggio e della strana gente sembrava muoversi nella direzione opposta a quella di tutti gli altri. Vidi anche diversi punti nel villaggio in cui c’era una strana luce.
“Aki, cos’è quella luce là?” chiesi io.
“Non lo so. Forza, andiamo a vedere.” disse lui.
Mi strinse il polso desto con la sua mano e mi fece correre insieme a lui aumentando sempre di più la velocità. Nella corsa mi sentivo il corpo alleggerirsi e il peso spostato in avanti.
Cercai in ogni modo e con tutte le forze che avevo a tenere il suo ritmo, ma non ci riuscii e il mio polso scivolò via dalla sua mano. Io fui costretta a fermarmi mentre lui continuò a correre senza riuscire a vederlo.
“Uff… uff… come al solito… sei troppo veloce.” Dissi io riprendendo fiato.
Ripresi a camminare a un passo tranquillo e dopo alcuni minuti vidi Aki che mi stava aspettando con le braccia incrociate.
“Sei lenta!” disse lui.
“Non è vero! Sei tu ad essere troppo veloce per me.” dissi io.
“Che ne dici se ne facciamo un’altra?” Disse lui.
“Di corsa? Spero tu stia scherzando, io sono già stanca.” Dissi io.
“Non puoi essere già stanca, non abbiamo fatto neanche tanta strada.” Disse lui.
“Lo so, ma tu sei troppo veloce per me.” dissi io riprendendo a camminare.
“Uffa… La prossima volta però voglio correre con te e ti sfiderò.” Disse lui.
“Certo! Ma che cos’è una sfida?” chiesi io.
“Me lo ha insegnato mio padre, ma te lo dirò solo quando la faremo.” disse lui.
Dopo una ventina di metri ci trovammo davanti alle prime case di un villaggio. Le case però erano fatte a pezzi e c’erano alcune persone davanti ad esse che le guardavano piangendo. Altre persone invece si stavano spostando verso una direzione ben precisa. Iniziamo a camminare davanti a noi entrando nel villaggio e guardandomi intorno vidi sempre più persone piangere. Questo mi faceva sentire una sensazione di tristezza e mi dispiaceva per loro.
Improvvisamente Aki si fermò davanti a me fissando un punto molto lontano e con gli occhi sbarrato, come quelli di una persona sconvolta. Guardai anch’io nella sua stessa direzione e vidi una casa circondata dal fuoco.
“Aki vieni, proviamo ad avvicinarci.” dissi io.
Ci avvicinammo per una decina di metri girando prima a destra e poi a sinistra. Lui stava stringendo un lato della mia maglia con una mano mentre il corpo non lo muoveva. Sembrava essersi immobilizzato alla vista del fuoco. Subito non riuscivo a capire come mai fosse immobile, ma poi ricordai che qualche giorno fa mi aveva detto di avere paura del fuoco.
“Aki, che cos’hai? Perché non ti muovi?” chiesi io.
Lui però non mi diede alcuna risposta. Se ne stava fermo con espressione spaventata e sconvolta. A fianco a noi due c’era una donna inginocchiata a terra che con tono disperato chiedeva aiuto.
“Lasciatemi andare! Quella è casa mia! C’è mia figlia la dentro! Vi prego, qualcuno spenga il fuoco! Salvate mia figlia!” disse la donna.
Nessuno sembrava volerla aiutare, nessuno si era nemmeno avvicinata a lei. Nessuno a parte me. volevo tanto poter fare qualcosa per lei, ma come potevo farlo se Aki non mi avrebbe aiutato? Avrei avuto assolutamente del suo aiuto.
“Aki! Aki riprenditi! Ho bisogno del tuo aiuto! AKI!” dissi io aumentando sempre di più la voce.
Di nuovo nessuna risposta. Decisi di non aspettare più e feci per la prima volta nella mia vita una cosa che non mi sarei mai aspettata di fare. Avvicinai le mani alle sue guance e gli diedi uno schiaffo su entrambi i lati. Grazie a questo lui si riprese e cercò di capire cosa fosse successo.
“Iris…” dissi io.
“Finalmente ti sei ripreso! Eri diventato immobile e non sapevo cosa fare, ma adesso puoi…” dissi io.
Mi fermai di parlare non appena vidi passare davanti a noi un ragazzo giovane che si avvicinò al fuoco. Lui, in completo silenzio, si fermò un attimo, gli uscirono due grosse ali nere dalla schiena ed entrò dalla casa. Le persone intorno a noi non dissero una parola.
Un paio di minuti dopo intravidi una strana sagoma uscire dal fuoco. Aveva la parte un alto di colore nero e la parte in basso era di colore blu. Si avvicinò a noi, si fermò e riconobbi che era il ragazzo di prima.
Aprì le ali e potei vedere il corpo di una bambina tra le sue braccia. Quando la appoggiò a terra lei accorse da sua madre mentre nessuno disse una parola al ragazzo. Nessuno lo ringraziò o si complimentò con lui per ciò che aveva fatto. Il ragazzo se ne andò via con gli occhi che fissavano terra e in silenzio, esattamente come era arrivato.
“Darute! Darute per fortuna sei viva!” disse la donna gioendo e abbracciando forte la bambina.
Io iniziai a correre nella stessa direzione del ragazzo e Aki mi seguì.
“Iris, dove stai andando?” chiese Aki.
Io continuai a correre senza dire nulla. Girai a destra, a sinistra, poi di nuovo a destra. Mi fermai di scatto non appena sentii il pianto disperato di qualcuno poco lontano da me.
Percorsi una decina di passi, poi alla mia destra sentii la voce di prima provenire da una casa già fatta a pezzi. Sul lato destro della casa vi era un piccolo giardino che portava sul retro. Nel bel mezzo del giardino c’era un ragazzo di età intorno ai 10 anni che piangeva moltissimo. Io mi avvicinai lentamente cercando di farmi sentire il meno possibile. il ragazzino aveva lo sguardo puntato davanti a lui e, quando girai la testa nella sua stessa direzione, vidi i corpi di un uomo e una donna accasciati a terra e ricoperti di sangue.
Io non avevo mai visto una scena simile e non l’avrei mai voluta vedere. Volevo assolutamente fare qualcosa, così mi avvicinai a lui.
“Ehi piccolino, che succede? Perché stai piangendo?” dissi io.
Il ragazzino subito non mi rispose e mi strinse forte la maglia.
“Aiutami… la mia mamma e il mio papà sono… sono…” disse lui guardandomi.
“ma chi può aver fatto questo?” chiesi io.
“io… io non lo so… ma loro…” disse lui tra le lacrime.
Subito dopo arrivò Aki che si fermò a fianco a me.
“Alla fine ti ho raggiunta. Dove stavi andando? E perché ti sei fermata qui?” chiese Aki.
“Aki guarda.” Dissi io guardando verso le due persone accasciate a terra.
Lui appena li vide fece un passo indietro con sguardo scioccato, si gettò a terra e si spostò all’indietro per tre o quattro volte.
“Aki, che cos’hai?” dissi io.
Poco dopo arrivò il ragazzo che aveva salvato la bambina dalla casa che era bruciata, si avvicinò al ragazzo che piangeva.
“Oh sei arrivato al momento giusto. Vorrei aiutarlo ma non ho idea di cosa posso fare. se lo sai, ti prego dimmelo.” Dissi io.
Il ragazzo non disse una parola. Sollevò con le braccia il ragazzo, aprì le grosse ali nere fissandomi per qualche secondo.
“Ehi aspetta! Almeno dimmi come ti chiami e dove stai andando!” dissi io.
Lui ancora non disse nulla e volò via con le ali. Guardai Aki e vidi che era ancora scioccato, ma tornò subito normale.
“Iris” disse lui.
“bene, sei tornato normale.” Dissi io.
“Ehi, dov’è finito il ragazzo di prima?” chiese Aki.
“è stato portato via dal ragazzo che abbiamo visto in quella casa bruciata.” Dissi io.
“Che ragazzo? A chi ti riferisci?” chiese lui.
“Oh, niente, lascia stare.” dissi io ricordandomi che lui non lo aveva visto.
Ci alzammo entrambi in piedi, uscimmo dal giardino e girammo alla nostra destra. arrivati in fondo alla strada girammo a sinistra, a destra e di nuovo a sinistra. Proprio in quella strada c’erano tre bambini che ci guardarono per alcuni secondi, poi corsero dentro una casa.
“Aspettate!” dissi io. Ma ormai loro se ne erano già andati.
Io e Aki ci guardammo per qualche secondo ma, presi dalla curiosità, ci avvicinammo alla casa in cui i bambini erano entrati. La porta era in legno e un po’ bruciata in alcuni punti.
Aki aprì la porta e davanti a noi ci trovammo in una stanza molto grande, tante persone coricate per terra con espressioni sofferenti e parti del corpo avvolta da qualcosa di bianco. Notai i tre bambini di prima seduti a fianco a tre diverse persone con occhi impauriti.
Vi erano altri bambini in altri punti della stanza e tutti loro sembravano impauriti. Una donna giovane e vestita con maglia e pantaloni grigi un po’ mal ridotti si avvicinò a noi.
“Scusate, ma chi siete voi? E che cosa siete venuti a fare qui?” chiese lei.
“Noi siamo Iris e Aki veniamo da un altro villaggio. Non vogliamo fare del male a nessuno, ma vorremmo sapere se per caso qualcuno ha visto un ragazzo giovane che ha salvato due bambini e ha due grandi ali sulle schiena.” Dissi io.
“Ti riferisci a Urushi? È uscito poco fa, ma non so quando tornerà. Perché lo state cercando?” disse la donna.
“Vorrei ringraziarlo per una cosa che ha fatto. Ma come mai ci sono così tante qui?” chiesi io.
“Tutti noi siamo persone terrorizzate da, spaventate e ferite per ciò che ci è appena capitato.” Disse la donna.
“E cosa vi è successo?” chiese Aki.
“Erano arrivati degli uomini in nero nel villaggio e noi li abbiamo accolti. Solo che alcuni di loro avevano in mano del bastoni con il fuoco sopra e iniziarono a incendiare le nostre case mentre altre le distruggevano. Tutti noi ci siamo rifugiati qui e alcuni di noi stanno cercando le persone ferite.” Disse lei.
Mentre la ascoltai mi venne paura e strinsi forte le mani. Con la mente riuscivo ad immaginarmi cosa era successo. Spinsi Aki all’indietro con la maglia e uscimmo dalla stanza.
“Ci scusi solo un attimo signora.” Dissi io alla donna prima di uscire.
“Aki, io… io ho avuto paura quando lei parlava.” Dissi io.
Lui mi strinse a sé dicendomi: “Stai tranquilla, è tutto passato. E poi ci sono qua io per proteggerti.”
Il suo abbraccio era meraviglioso perché potevo sentire il calore delle sue mani che mi stringevano il corpo. Però non era quello il momento giusto per lasciarmi prendere da quella bellissima sensazione, volevo aiutare in ogni modo le persone là dentro.
“Aki, voglio fare qualcosa per queste persone.” Dissi io.
“E cosa puoi fare? Queste perone sono messe così male che ormai non si può fare molto.” Disse Aki.
Mi guardai intorno e vidi molte case a pezzi e  distrutte, delle persone a terra che piangevano. Mi venne in mente ciò che avevo assistito oggi davanti alla casa che bruciava.
“Forse non posso fare nulla, però non voglio che queste persone restino così. E non voglio vedere nemmeno situazioni come ho visto prima. Aspetta, forse possiamo fare qualcosa.” Dissi io.
Non appena finii di parlare vidi passare Urushi con un bambino ferito tra le braccia. Lui entrò nella casa ed io, presa dalla curiosità, mi avvicinai alla porta e mi misi ad origliare. Lo sentii parlare con qualcuno ma non ero in grado di capire che cosa dicevano. Pochi secondi dopo Aki spalancò la porta con le mani venendo così scoperta.
“Signora, ho una cosa da dirle!” Disse Aki.
“Ah ehm… non è come sembra! Voglio dire, non ho sentito nulla. E poi non parlare così forte, Aki!” Dissi io.
Notai che tutti nella stanza rimasero immobili e ci guardavano. Lui mise le mani a fianco al corpo e si avvicinò alla donna con cui avevamo parlato prima. Mi avvicinai anche io a loro notando la sua espressione e i suoi occhi molto convinti. O così pensavo io.
“Signora, io e Iris abbiamo deciso di aiutare tutti voi a ricostruire il villaggio.” Disse Aki con tono alto e deciso.
“Eh?” chiese la donna.
“Aki ti ho detto di non parlare così forte.” Dissi io.
“Ah, scusa. Noi abbiamo deciso di aiutarvi nel costruire le vostre case.” Disse Aki.
“Scusate, ma non capisco.” Disse la donna.
“Abbiamo visto che ci sono molte case qui fuori che sono distrutte e molte persone che piangono. Così pensavamo che ricostruendole vi avremmo aiutato a stare meglio.” dissi io.
“Non ce n’è bisogno. Insomma, non serva che voi facciate una cosa come quella.” Disse lei.
“Però noi vorremmo aiutarvi.” Dissi io.
Si fermo da noi per un attimo una signora vestita tutta di bianco, alta come me, occhi e capelli marroni e , con le mani al petto, si rivolse a noi.
“In realtà abbiamo bisogno di persone che possano aiutare i nostri uomini.” Disse questa donna. Poi si allontanò.
“Capisco… abbiamo pochissimi uomini in questo momento quindi se volete potete aiutarci.” Disse la donna vicino a noi.
Io e Aki ci guardammo per un attimo, gli sorrisi e mi rivolsi alla donna che avevo davanti dicendo: “Certo! Diteci in cosa possiamo esservi utili!”
Urushi iniziò a camminare andando dietro di noi con gli occhi bassi. Io mi girai e lo fermai prendendolo per il posto.
“Tu sei Urushi, non è così? Ci aiuterai? Perché te ne stai andando?” chiesi io.
Ma lui con uno scatto tolse il suo polso dalla mia mano e se ne andò senza rispondermi. Io ne rimasi un po’ stupita.
“Lui parla poco, ma fareste meglio stare lontano da lui.” disse la donna.
Uscii dal luogo in cui ero e vidi che fuori c’erano diversi uomini che stavano lavorando su una casa, mentre Aki e altre persone camminavano portando sulle spalle delle lunghe e spesse travi di legno.
Una signora si avvicinò a me, mi diede un secchio d’acqua completamente vuoto e, dicendomi la strada da percorrere, mi chiese di andare a riempirlo in una fontanella del villaggio.
Così io mi girai e iniziai a camminare quando a pochi passi notai davanti a me Urushi muoversi con espressione seria. Decisi di seguirlo girando prima a destra, poi a sinistra. Poco dopo lo vidi giocare con altri tre ragazzi in un piccolo spazio verde alla mia destra.
Rimasi ferma a guardarli mentre loro si prepararono a correre. Urushi in quel momento non aveva le ali sulla schiena.
“Bene, il primo che raggiunge quella casa là in fondo vince. Pronti? Partenza… via!” disse un ragazzo.
Tutti e quattro iniziarono a correre non appena disse la parola via. Andarono alla stessa velocità e molto veloci. Sembravano veloci quasi quanto Aki.
A un certo punto però dalla schiena di Urushi uscirono le sue grandi ali nere e, iniziando a sbatterle sempre di più, superò tutti velocemente. Raggiunse il traguardo in un attimo mentre gli altri stavano ancora correndo. Io ne ero felicissima del suo risultato.
“Basta, mi sono stufato di giocare con te. È la decima volta che giochiamo con te e ogni volta vinci sempre tu.” disse il ragazzo che aveva parlato prima.
“Già, anche io mi sono stancato.” Disse un altro ragazzo.
“Sai che ti dico? Me ne vado e non giocherò mai più con te.” Dissi io.
“Anche io.” dissero i due ragazzi.
Poi tutte e tre se ne andarono passandomi a fianco con delle facce arrabbiate. Questo mi sembrò strano ma ero più contenta del fatto che lui aveva vinto. Visto che loro se ne erano andati via, io mi avvicinai a Urushi e iniziai a gioire e a complimentarmi.
“Uao, sei stato bravissimo! Sei stato velocissimo e hai superato tutti arrivando primo!” dissi io contentissima.
“Grazie.” Disse lui tirando in dentro le ali.
“Ah, hai parlato!” dissi io sorpresa.
“Certo che ho parlato. Perché ne sei sorpresa?” chiese lui. Ma io non gli risposi.
“Allora, perché ne sei sorpresa?” disse lui.
“Ah, ehm… tu non hai mai detto una parola quando cercavo di parlare con te e questo mi era sembrato strano. Ma tu sei Urushi, giusto?” dissi io.
“Sì, esatto.” disse lui.
“Oh perfetto! Forza,  vieni con me ad aiutare il villaggio e far parte della nostra avventura!” dissi io.
“Non voglio aiutare nessuno e non ho idea di cosa tu stia parlando. Ma tu chi sei?” disse lui.
“Io sono Iris e insieme ad Aki stiamo viaggiando per i diversi villaggi. Quando siamo venuti qui abbiamo deciso di aiutare queste persone e con il tuo aiuto possiamo aiutarle ancora di più.” dissi io.
“Non so chi sia questo Aki, non intendo aiutare nessuno e non voglio andare da nessuna parte.” Disse lui.
“Ma perché quelle persone hanno bisogno di te! E anche noi abbiamo bisogno di te.” Dissi io.
“Perché non voglio e perché qui non mi vuole nessuno.” Dissi io.
“Noi invece ti vogliamo!” dissi io.
Urushi si fermò di scatto e alzò la testa. Io mi avvicinai e gli parlai.
“Tre giorni. Ti lascio tre giorni per pensarci. Ma vorrei chiederti una cosa.” dissi io.
“Cosa?” chiese lui.
“Vieni con me ad aiutare il villaggio.” Dissi io.
Poi mi incamminai restando in silenzio e guardando dritto davanti a me. Feci un passo… due passi… tre passi… quattro passi… cinque passi… un attimo prima di alzare il piede per fare il sesto passo, lui venne dietro di me e mi fermò con una mano alla spalla.
“Va bene. lo farò.” Disse lui.
“Grazie! Ah, però dove si trova la fontanella del villaggio?” chiesi io.
Lui mi sorrise. Con il secchio in mano, mi portò fino alla fontanella. Lì in un attimo riempii il  secchio d’acqua e insieme percorremmo la stessa strada fino ad arrivare alla casa in cui Aki stava lavorando insieme ad alcuni uomini.
Lo chiamai, gli dissi che Urushi voleva aiutare a costruire il villaggio così entrambi si misero al lavoro. Io invece entrai nella casa di fronte in cui c’erano le persone ferite. Mi si avvicinò la donna tutta vestita di bianco che ci aveva parlato un po’ di tempo prima.
“Ecco a te, l’ho riempito come mi hai chiesto.” Dissi io.
“oh sì, grazie. Senti, ti va ancora di aiutarci?” chiese lei.
“Sì, certo.” Dissi io.
“Allora tienilo tu il secchio, avvicinati a una persona ferita e cerca di medicarla più che puoi. Vieni che ti faccio vedere come si fa.” Disse lei.
“Grazie, molto gentile.” Le risposi io.
Facemmo circa sei o sette passi, poi ci fermammo e ci girammo a sinistra. Ad entrambi i lati vi erano delle persone ferite e a fianco c’erano altre persone che erano al loro fianco a medicarli. Alcuni avevano le bende intorno al corpo, mentre altri avevano un panno bianco e li curavano. Erano messi malissimo e il solo pensiero che mi veniva in mente era che queste persone non avrebbero dovuto subire nulla di tutto questo.
La donna si rivolse all’uomo che avevo a sinistra, si inchinò a terra, prese un panno che era appoggiato a terra e lo bagnò nel secchio d’acqua che io avevo riempito. Mise il panno sulla fronte della persona che aveva davanti e gli disse di farsi forza.
“Questo è ciò che devi fare. Spero sia tutto chiaro. Ah, io sono Emma e se hai bisogno basta che mi chiami.” Disse lei.
“Va bene, grazie ancora.” Risposi io.
Io medicai la persona che avevo dietro di me e poi lo ripetei per l’intera giornata. Ogni volta che mi prendevo cura di una persona il mio cuore si sentiva più leggero e felice. Ero contenta di poter fare qualcosa per loro. A tarda sera le donne misero del fuoco su delle candele e le misero a fianco a quasi tutti i feriti, mentre gli uomini entrarono dalla porta e si addormentarono in diversi posti nella stanza. Io mi misi in un angolo e, dopo che Aki si avvicinò a me, ci addormentammo appoggiandoci l’uno all’altro.


Angolo autrice: Nell'augurare a tutti coloro che leggono una Buona Pasqua e una Buona Pasquetta, vi pubblico questo capitolo. Spero che vi piaccia e se vi va lasciatemi un commento!

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Capitolo 10
*** Capitolo nove: una gara di giochi ***


Io e Aki ci svegliammo molto presto e, mentre lui andò subito a lavorare insieme a tre uomini, io passai tutta la mattinata ad aiutare e a curare le persone che c’erano nella stanza. in alcuni momenti mi allontanai per andare a cambiare l’acqua che c’era nei diversi secchi che usavo.
Ogni volta che aiutavo qualcuno mi sentivo contenta perché riuscivo a capire quanto queste persone avevano bisogno di tornare alle loro case e alla vita che avevano prima.  Lo capii quando a quasi fine mattinata, dopo aver curato quattro persone in poco tempo, stavo per alzarmi in piedi per andare a cambiare l’acqua quando un uomo che avevo appena curato ed era al mio fianco iniziò a soffrire tanto.
“Ahi… che male. Che male!” disse l’uomo.
Io mi trovai in difficoltà dato che non sapevo cosa fare. poco dopo so avvicinò a me Emma che si accasciò a fianco all’uomo e gli prese il suo corpo avvicinandolo al suo. Iniziò a dondolarsi per diverso tempo in modo da rilassarlo mentre lui era preoccupato.
“Casa... Dov’è casa mia? E com’è? Voglio vederla. Per favore, fatemi vedere casa mia.” Disse l’uomo tutto preoccupato.
Emma cercò di calmarlo continuando a dondolarsi e tranquillizzandolo con delle parole gentili. Rimasi ferma a guardare per un paio di minuti e vedere quell’uomo ridotto così mi faceva sempre più tristezza. Emma a un certo punto mi disse che potevo andare a fare qualcun altro perché lì ci pensava lei, così mi misi subito a curare altre persone.
Mi avvicinai a una persona quando, prima di iniziare a curarlo, mi venne vicino una donna vestita nello stesso modo di Emma, mi siede un po’ di riso arrotolato su se stesso e se ne andò. Io mangiai il riso e tornai subito al lavoro anche se ero leggermente stanza.
Dopo un’ora o un’ora e mezza mi sentivo più stanca di prima e mi sentii un po’ mancare il fiato dal gran lavoro che ho fatto, così uscii dalla stanza. una volta uscita vidi che in cielo non c’era nessuna nuvola e tutte le case intorno a me erano tutte state ricostruite completamente.
Poco lontano da me e alla mia sinistra vidi alcuni uomini in fila l’uno dietro l’altro. Tra di loro vi era Aki. La cosa mi stupì talmente tanto che mi avvicinai per capire come mai quelle persone erano lì.
“Aki, che stai facendo?” chiesi io.
“Buongiorno Iris, come stai?” mi disse lui mettendo una mano dietro la mia schiena e avvicinandomi a lui.
“io sto bene, che fai qui? Pensavo fossi andato ad aiutare le persone del villaggio nel costruire le loro case.” Dissi io. Entrambi facemmo due passi avanti.
“Infatti è così, però…” disse lui.
“Però cosa?” chiesi io.
“Li stavo aiutando, quando due  uomini mi chiamarono e mi chiesero di venire qui a vedere. così mi sono messo fila e all’inizio c’erano diverse persone, ma adesso ne ho solo quattro.” Disse lui.
Infatti davanti a lui c’erano solo quattro persone e più rimasi lì più diventai curiosa di capire.
“Oh…” dissi io incuriosita.
Facemmo altri due passi in avanti trovandoci solo due persone. Di fronte a me vi era un grosso telo azzurro dove provenivano delle voci molto basse. Aspettai ancora qualche minuto poi io e Aki passammo sotto il grosso telo. L’atmosfera intorno a me cambiò completamente: passai dall’avere la luce del giorno ad avere un gran buio e una persona seduta davanti a un tavolino quadrato. Non riuscii a capire come mai quella persona si trovasse lì e che cosa stesse facendo, quindi presi con la mano sinistra la maglia di Aki e mi avvicinai alla persona. Guardai meglio e notai che era coperta dalla testa ai piedi con strani vestiti neri, talmente coperta che si vedevano solo le mani, il mento e la bocca.
“Benvenuti da Suzuki, la persona che può vedere in luoghi molto lontani. Prego, sedetevi.” Disse la voce proveniente da sotto i vestiti.
Quella voce mi fece capire che si trattava di una donna. Noi ci sedemmo e sul tavolo davanti a noi c’era una strana sfera di un azzurro chiaro di cui non ne capii l’utilizzo finché non iniziò a farci circolare le mani sopra.
“Benvenuti, ditemi cosa volete sapere e io proverò a vederlo attraverso la mia sfera.” Disse Suzuki.
Io e Aki ci guardammo per un po’ e non capivo cosa voleva dire, però decisi di provare chiedendo informazioni su mio padre che ormai non avevo da diversi giorni.
“Ti chiami Suzuki, giusto? Posso chiederti una cosa?” chiesi io stringendo con tutte e due le mani la maglia di Aki.
“Certo, chiedimi ciò che vuoi.” Disse Suzuki.
“Io sono Iris e provengo dal villaggio Wake e vorrei che mi dicessi come sta mio padre, dove si trova e che cosa sta facendo. Dimmi tutto ciò che puoi su di lui, ti prego.” Dissi io stringendo tantissimo le mani.
Lui mi abbracciò e mi strinse a sé mentre io avevo paura di una sua risposta. Paura che potesse dire qualcosa di triste o di peggio. Lei girò le sue mani sulla sfera per quattro o cinque volte quando si fermò di scatto. Vedevo solo la bocca e il mento di lei, ma aveva un’espressione seria  e molto silenziosa.
“allora, cosa mi dici?” chiesi io.
Non riuscivo a stare calma. Ero molto agitata e preoccupata di cosa mi avrebbe detto. Il sorriso che assunse poco dopo e il tono della sua voce mi fecero capire che stava per darmi una buona notizia.
“Tuo padre sta benissimo e in questo momento sta lavorando, anche se su di lui percepisco un po’ di preoccupazione, forse dovuto alla tua assenza o a quella di qualcun altro.” Disse Suzuki.
Solo a sentire quelle parole mi entrò in corpo una felicità talmente grande che mi sarebbe impossibile descriverne la grandezza. Ero così felice che dall’emozione non riuscii a contenermi e abbracciai fortissimo Aki. Senza che me ne accorgessi mi scesero delle lacrime dagli occhi.
“Hai sentito Aki, non è grandioso? Mio padre sta benissimo! Mamma mia, sono così contenta di saperlo.” Dissi io.
“Sì, è grandioso. Adesso vorrei provare a chiedere qualcosa anche io.” disse Aki contento.
“Va bene, chiedimi qualunque cosa vuoi sapere.” Disse Suzuki.
“Io sono Aki e abito in un villaggio poco lontano dal suo e vorrei che mi dicessi come stanno mia madre e i miei fratelli, cosa stanno facendo e dove si trovano.” Disse Aki.
Suzuki girò le mani sopra la sfera e rimase in silenzio per quasi due minuti, tempo che sembrava interminabile per noi due. Sembrava durare tantissimo e noi eravamo in forte attesa di una sua parola. Si fermò, tolse uno strano cappuccio nero che le copriva la testa e riprese a muovere le mani.
“Suzuki, ti prego dimmi qualcosa di loro.” disse Aki.
Rimanemmo ancora in attesa ma non disse nulla per circa un minuto. Un minuto di attesa per entrambi e di speranza di una parola da parte sua. In quel minuto lei sembrava molto concentrata e noi non dicemmo nulla quando a un certo punto abbassò le mani. Proprio lì noi capimmo che ci stava per dire qualcosa. Peccato però che la sua espressione era molto triste.
“Ehi Suzuki, che succede? Perché quell’espressione?” chiese Aki più preoccupato di prima.
“È molto strano, non ho visto praticamente nulla.” Disse Suzuki.
“Ma come! Com’è possibile?” disse Aki.
“Non lo so, è la prima volta che mi capita. Sia per tua madre sia per i tuoi fratelli non riesco a vedere praticamente nulla. E questo può significare soltanto una cosa.” disse Suzuki.
“Soltanto cosa? Cosa?” disse Aki preoccupato.
“Vuol dire che forse loro stanno vivendo un qualcosa di brutto.” Disse Suzuki.
Quelle parole mi sconvolsero e mi fecero preoccupare. Ma colui che ne rimase più sconvolto fu Aki che, non aspettandosi parole come quelle, si alzò in piedi e fece alcuni passi indietro fino ad uscire con espressione spaventata.
“Aki! Ehi, dove stai andando! Aki!” dissi io.
Ma lui non mi rispose, così decisi di uscire e andare da lui per vedere come stava. Lo trovai fuori, a pochi passi da me, inchinato a terra e con le mani tra i capelli.
Non mi era mai successo di vedere una persona così preoccupata come era lui in quel momento. Mi avvicinai e cercai delle parole per tranquillizzarlo.
“Aki, mi dispiace per ciò che hai sentito. Se c’è qualcosa che posso fare per farti stare meglio chiedimi pure.” Dissi io.
Aki sembrava sconvolto e per un paio di secondi non disse nulla rimanendo immobile. Alzò la testa e poi si alzò in piedi dandomi la schiena.
“Iris, stai tranquilla. Non c’è niente che tu possa fare per aiutarmi. Io invece devo fare una cosa.” disse lui.
“Ma che stai dicendo, io voglio aiutarti!” dissi io.
“Mi dispiace ma devo andare da loro. Tu resta qui finché non ritorno, per favore.” Disse lui.
“Dove vai? Chi sono loro? e poi io voglio venire con te ovunque stai pensando di andare!” dissi io.
Lui si avvicinò a me e, senza che me lo aspettassi, mi baciò sulla bocca. Provai una bellissima sensazione che mi attraversò tutto il corpo e che mi fece sentire rilassata. Una sensazione durata solo una manciata di secondi.
“Devo andare dalla mia famiglia. Sono preoccupato per loro.” disse lui dopo essersi allontanato da me.
“Però io…” dissi io un po’ triste.
“Tranquilla, tra due giorni sarò qui. promesso.” Disse Aki sorridendomi.
Dopo quelle parole si mise a correre velocissimo. Andò talmente veloce che io lo vidi solo per un attimo e poi sparì. Averlo sentito parlare in quel modo e le parole che mi aveva detto mi fecero preoccupare. Avrei tanto voluto andare con lui e sapere com’era la sua famiglia, ma non potevo. Mi aveva detto che me l’avrebbe presentata, che mi avrebbe fatto vedere dove aveva sempre vissuto, ma ancora non lo aveva fatto. Avrei tanto voluto scoprire dell’altro insieme a lui, ma come potevo se lui non era con me. Tante domande a cui non sapevo rispondere e che tante cose che volevo sapere… Il suo allontanamento improvviso mi faceva preoccupare ogni minuto di più. Ma non potevo starmene ferma a non fare nulla.
Tornai dentro la casa dove c’erano tutti i feriti, mi avvicinai ad Emma e le chiesi se potevo rimanere altri due giorni ad aiutarli mentre Aki non c’era. Lei, con un sorriso grandissimo e abbracciandomi, accettò e mi ringraziò per l’aiuto che gli davo. Così passai l’intero pomeriggio e l’intera giornata successiva a curare le persone. Gli unici riposi che facevo erano quando uscivo per cambiare l’acqua che c’era nel secchio e che usavo per disinfettare le ferite della persone e durante la notte.
La notte successiva però, la seconda senza Aki, non riuscivo a chiudere occhio neanche per un minuto e decisi di uscire. Mi sedetti per terra davanti alla porta con le gambe vicino al petto e lo sguardo fisso verso il cielo. Guardando il cielo mi veniva da pensare ad Aki. Mi chiedevo dove poteva essere, che cosa stava facendo, come stavano sua madre e i suoi fratelli. Era la prima volta nella mia vita che mi sentivo in pensiero per qualcuno e che non ero con Aki da quando eravamo partiti.
Abbassai lo sguardo e vidi Urushi dandomi le spalle, con le ali aperte e portando una lunga trave di legno. Lo fece per due volte e io non gli dissi nulla rimanendo stupita dell’impegno che ci stava mettendo. Quando si ritrovò davanti a me, mi guardò un attimo e si sedette a fianco a me.
“Ehi Iris, che ci fai qui?” chiese Urushi.
“Oh nulla, non riuscivo a dormire.” dissi io con sguardo un po’ triste.
“Solo questo?” disse lui.
“Beh, Aki se n’è andato via ieri e sono un po’ preoccupata. Lui è andato dalla sua famiglia e anche a me sarebbe piaciuto andare da loro per conoscerli, ma lui non me lo ha permesso. E adesso mi piacerebbe sapere dove si trova e come sta la sua famiglia.” Dissi io.
“vedrai che tornerà.” Disse lui.
“Sì… e tu invece? Hai deciso se vuoi venire via con noi? Oppure resti qui?” chiesi io.
Lui arrossì e non mi disse nulla. Capii che lui non ci aveva pensato.
“Capisco… beh, non preoccuparti, hai ancora tempo per pensarci. Finché non torna Aki io non vado da nessuna parte. Ora però vado dentro per dormire, a presto.” Dissi io sorridendogli.
Lui non disse nulla mentre io tornai dentro. Una volta rientrata andai nell’angolo più lontano della stanza e mi addormentai appoggiata al muro. Dopo poche ore mi svegliai e, come le altre giornate, mi misi subito a curare le persone che c’erano nella stanza alternando ogni tanto con l’andare a prendere l’acqua nella fontanella del villaggio.
Dopo qualche ora di lavoro nel curare le persone nella stanza, la donna che ieri mi aveva portato il riso si avvicinò a me e me ne allungò la stessa quantità di ieri, ma io la rifiutai perché non avevo fame in quel momento. Subito dopo si avvicinò Emma che mi disse qualcosa di particolare.
“Iris scusami, c’è qualcuno fuori che sta correndo qua verso e che continua a pronunciare il tuo nome.” Disse lei.
Le sue parole mi incuriosirono così tanto che lasciai il panno bagnato che avevo in mano, mi alzai in piedi, uscii dalla stanza e mi guardai intorno.
“IRIIIIIIIIIIIIS!!!!” disse una voce in lontananza.
Guardai a destra e non c’era nessuno, a sinistra e non c’era nessuno. La voce che avevo sentito veniva da una sagoma molto lontana davanti a me. Non avevo idea di che cosa fosse eppure si stava avvicinando.
“IRIIIIIIIIIIIIIIIIS!!!!” disse di nuovo quella voce.
La sagoma che vedevo diventò quella di una persona e quella voce lontana riuscii a riconoscerla. Era la voce di Aki che si avvicinava.
“Aki? Aki sei tu?” dissi io.
Non riuscivo a credere di aver sentito la voce di Aki, non mi sembrava possibile. Mentre iniziai a correre verso di lui mi uscirono le lacrime di felicità dagli occhi. Correvo più veloce che potevo come stava facendo lui. Ero così contenta di vederlo che non vedevo l’ora di abbracciarlo e di poter stare con lui. Anche se erano passati solo due giorni, avevo sentito la sua mancanza e un gran voglia di vederlo e di sapere come stava la sua famiglia.
Quando fui davanti a lui lo abbracciai più forte che potevo e anche lui mi strinse molto forte. Un abbraccio importantissimo che riuscì a sollevarmi da qualsiasi preoccupazione che avevo. Un abbraccio che durò circa un minuto poi ci allontanammo.
“Aki, sei davvero tu, non è così? Non sto sognando vero?” dissi io.
“Non stai sognando, sono davvero io. mi sei mancata molto.” disse Aki sorridendo.
“Anche tu mi sei mancato. Ma dimmi, come sta tua madre? E i tuoi fratelli?” dissi io.
“Loro stanno benissimo ed erano contentissimi di vedermi.” Disse lui.
Riprendemmo a camminare verso il centro del villaggio.
“Quanto è lontano il tuo villaggio da qui?” chiesi io.
“è lontano solo qualche ora e sono andato là correndo e senza mai fermarmi.” Disse lui.
“Raccontami della tua famiglia, voglio sapere tutto.” Dissi io.
“I miei fratelli stanno bene, sono felici e si prendono cura della terra che c’è intorno a casa. alcune volte si divertono a giocare tra di loro, ma quando ieri io ero con loro ci siamo divertiti a giocare a nascondino e ad acchiapparci. Mia madre invece è sempre a prendersi cura di tutta la famiglia e della casa. Non appena sono arrivato ho abbracciato forte tutti e abbiamo mangiato insieme. Mi viene da ridere a pensare che i miei fratelli non si staccavano da me, soprattutto Inari.” Disse lui.
“Davvero? Dev’essere davvero bello riabbracciare la propria famiglia.” Dissi io.
“sì, è bellissimo.” Disse lui sorridendo.
Rimanemmo per qualche secondo in silenzio e senza accorgercene ci fermammo proprio davanti alla casa in cui c‘erano le persone ferite.
“Bene Iris, adesso che ne dici se ce ne andiamo da questo villaggio? Io sono pronto per ripartire già adesso.” Disse lui.
“Eh? Adesso? Ma non è un po’ presto?” dissi io.
“e perché no, io non vedo l’ora di ripartire. Mi piacerebbe proprio sapere quale sarà il prossimo villaggio.” Disse lui.
“A me sarebbe piaciuto rimanere ancora un po’ qui ad aiutare… però prima di andare vorrei salutare delle persone. Tu aspettami qui che torno subito.” Dissi io.
Entrai nella casa, mi avvicinai ad Emma e le comunicai che me ne stavo andando. A lei e ad altre persone che mi avevano ascoltato dispiaceva moltissimo, ma fu solo Emma ad accompagnarmi fuori.
Appena usciti notai che c’erano diversi uomini che avevano smesso di lavorare per venire a salutarci. Anche loro sembravano dispiaciuti che noi due ce ne stavamo andando. Tra di loro riuscii ad intravedere Urushi, anche se lui non si avvicinò e non si fece vedere molto.
“È un vero peccato che ve ne dovete già andare e vi ringrazio per l’aiuto che ci avete dato.” Disse Emma.
“Grazie a voi per averci permesso di aiutarvi. Spero che possiate riprendere presto le vostre case e tornare alla vita che avevate prima.” Dissi io.
Io e Aki ci girammo e iniziando a camminare ci allontanammo sempre di più da loro. io mi guardai indietro e vidi che gli uomini se ne stavano andando mentre Emma era ancora là che ci salutava. Vederla mentre mi allontanavo mi rese in un po’ triste e pensavo a cosa potevo fare per tirarla su di morale, ma non potevo tornare indietro. Guardai in avanti e continuai a camminare a fianco ad Aki.
Uscimmo dal villaggio e attraversammo alcuni alberi nel completo silenzio. Continuammo a camminare in silenzio quando a un certo punto iniziai a suonare una strana canzoncina con la voce e ad avere un grande sorriso sulla bocca.
“Iris perché stai sorridendo?” disse Aki.
“Eh? Oh, niente.” Dissi io.
“non può essere niente. Dai, dimmi perché stai sorridendo.” Disse lui.
“È solo che sono felice che sia la mia famiglia sia la tua famiglia stanno bene.” dissi io.
“Anche io sono felice per quello. Piuttosto, come mai eri così felice di vedermi oggi?” disse lui.
Io arrossii e gli dissi: “Beh, erano passati due giorni e non sapevo nulla di te e così avevo iniziato a preoccuparmi.”
“Tu preoccupata? Per me?” disse lui ridendo.
“Si perché? Che c’è di strano?” dissi io.
“No, niente. Davvero nulla.” Disse lui.
“Non è vero perché stai ridendo!” dissi io.
“Okay, va bene. Smetto di ridere.” Disse lui.
Poco dopo sentii una strana presenza provenire da dietro di me e la cosa mi spaventò. Mi fermai di scatto, mi girai indietro per vedere se c’era qualcuno ma non vidi nessuno. Né davanti né ai miei fianchi vidi qualcuno, a parte Aki.
“Iris, che succede? Perché ti sei fermata?” chiese lui.
“No… non è niente.” Dissi io riprendendo a camminare.
“Oh… okay.” Disse lui.
“Aki, come sono i giochi che hai fatto con loro?” chiesi io.
“Giochi? Di quali giochi stai parlando?” chiesi io.
“Prima mi hai detto che quando eri con i tuoi fratelli hai giocato con loro. Mi chiedo… che giochi sono? E come funzionano?” chiesi io.
“Ah, tu dici acchiappiamoci e nascondino! Il primo è quando una persona corre dietro ad un’altra fino a quando non la tocca, mentre nascondino è un gioco dove una persona conta e le altre persone devono nascondersi e cercare di non farsi trovare.” Disse lui.
“Sembrano divertenti…” dissi io.
“Non dirmi che vuoi provare a giocarci? Se è così allora io sono pronto ad iniziare anche subito.” Disse lui.
“Ma ci vuole qualcuno che sappia contare e noi non abbiamo nessuno che lo possa fare.” Dissi io.
Proprio in quel momento sentii di nuovo una strana presenza dietro di me, insieme a un fruscio di foglie. Mi fermai di scatto, mi girai e mi guardai di nuovo intorno per capire da dove poteva provenire.
“Ehi Iris, ma che cos’hai? Che cosa stai guardando?” chiese Aki.
Vidi la figura di una persona in mezzo a un cespuglio poco lontano da me e alla mia sinistra, ma non dissi nulla e feci finta di niente riprendendo a camminare.
“Nulla. Dicevo che per provare a fare i giochi che hai detto serve qualcuno che possa contare e noi non abbiamo nessuno.” Dissi io.
“Questo è vero… però possiamo giocare lo stesso ad acchiappiamoci!” disse lui.
“Eh? adesso?” chiesi io.
“Certo!” disse lui.
“Però io non me la sento granché farlo… anche perché non sono brava.” dissi io.
“Oh, peccato… E pensare che mi sarebbe piaciuto fare quei giochi con te. Pensa che li abbiamo creati nel nostro villaggio. Io e altri ragazzi della mia stessa età ci giocavamo sempre e per tutta la giornata. Io venivo preso pochissime volte anche se spesso correvo dietro alle persone. E poi…” disse lui.
In quell’istate mi fermai  e mi girai di scatto. Proprio dietro un albero vidi Urushi venire colto di sorpresa e cercare di nascondersi dietro un albero.
“Urushi sei tu? Perché ti nascondi dietro un albero?” dissi io. Ma lui non mi rispose e non si mosse.
“Ma mi stai ascoltando? Ohi! Con chi stai parlando?” disse lui.
“Urushi so che sei lì dietro, non nasconderti.” Dissi io.
Lui si spostò dall’albero e si avvicinò a noi due. Il suo sguardo era diretto da un’altra parte.
“Urushi, che bello rivederti! Che ci fai qui? Non dirmi che vuoi venire con noi per i diversi villaggi?” dissi io.
“Beh… in realtà vorrei stare con voi per un po’ in modo da vendicarmi contro quelle persone vestiti di nero  che hanno distrutto il mio villaggio.” Disse Urushi.
“Ma allora sa parlare!” disse Aki molto stupito.
“Certo che sa parlare!” dissi io.
“E allora perché prima non lo aveva mai fatto!” disse Aki.
“Mh, va bene! resta pure insieme a noi quanto vuoi. Ma cosa significa vendicarmi?” dissi io.
“è quando vuoi punire tanto una persona per qualcosa che ti ha fatto.” Disse Aki.
“Oooooh! Ma per uomini vestiti di nero vuole dire le persone dell’Organizzazione Hana?” chiesi io riprendendo a camminare. Subito dopo mi seguirono tutti e due.
“Forse…” disse Aki.
“E chi sarebbe?” disse Urushi.
“Sappiamo solo che sono un gruppo di persone vestite di nero con qualcuno al di sopra che gli dice cosa fare. non abbiamo idea di chi sia questa persona, ma alcuni di loro hanno distrutto il tuo villaggio e altri hanno ucciso il papà di Aki.” Dissi io.
“Già…” disse Aki un po’ triste.
“capisco...” disse Urushi.
Urushi era un ragazzo alto come me, aveva gli occhi marroni, i capelli erano marrone chiaro e sparati verso il cielo, mentre indossava una maglia a maniche corte e un po’ strappata e dei pantaloni lunghi.
Guardai davanti a me e vidi le prime case in legno di un villaggio. Anche se ancora non ne sapevo il nome e non avevo idea di che cosa potevo trovare là, la curiosità mi spinse ad incitare gli altri ad andare sempre più vicino.
“Ragazzi guardate là! C’è un villaggio! Forza, andiamo!” dissi io incitandoli.
“Aspettami!” disse Aki correndomi dietro.
Corsi per 200 o 300 metri trovandomi di fronte alle prime case con un enorme fiatone. Mi fermai di scatto e mi guardai intorno. Pochi secondi dopo mi raggiunsero gli altri ed intorno a me, al contrario del villaggio dove eravamo appena venuti via, le case non erano distrutte. Ma oltre a noi non c’era nessuno.
Non c’era neanche una persona e questo mi sembrò strano. Continuai a camminare guardandomi intorno, anche se non vedevo nessuno. A poca distanza da me vidi delle persone e più mi avvicinavo più notai che loro mi stavano dando le spalle.
“Oh, ecco dov’eri. Pensavo di averti perso.” Disse Aki.
Spingendo appena un pochino riuscii ad arrivare davanti a tutti dove si vedevano delle persone saltare su loro stessi. Poi si sentì una voce comunicare qualcosa.
“BENVENUTI SIGNORE E SIGNORI! BENVENUTI IN QUESTA SFIDA COMPOSTA DA TRE GIOCHI! IL VINCITORE  POTRA’ AVERE QUALSIASI COSA!”
“Giocare? Ehi Iris, partecipiamo a questo gioco! Eddai!” disse Aki contentissimo.
“Eh? però io…” dissi io.
“E dai che ti diverti. Senti, io vado a giocare e se io vinco in cambio voglio una cosa da te.” Disse lui tenendomi la mano e facendo un paio di passi in avanti.
“Che cosa?” chiesi io.
“Questo lo scoprirai.” Disse lui.
“SIETE PRONTI?? SE LO SIETE CHIEDO AI PARTECIPANTI DI METTERSI AL CENTRO DELLA STRADA!!” disse di nuovo la voce.
Aveva un tono maschile e non era chiaro da dove proveniva, ma si poteva sentire da molto lontano. Rimase un paio di minuti in silenzio e, mentre Aki andava a posizionarsi, io mi misi in un punto in cui lo riuscivo a vedere. La persona che parlò a gran voce si spostò poco lontano da me.
“BENE SIGNORE E SIGNORI, LA PRIMA SFIDA È LA CORSA! CHI ARRIVA PER PRIMO AVRÀ UN GRANDE VANTAGGIO NELLA PROSSIMA SFIDA!” disse la voce.
“Chissà di quale vantaggio si tratta… e chissà cosa significa vantaggi.” Dissi tra me e me.
“È un qualcosa di positivo che viene dato per distanziarsi dagli altri quando si gioca.” Disse Urushi a fianco a me.
“Oh Urushi, sei tu. Grazie per avermelo detto.” dissi io sorridendogli per qualche secondo.
“BENE SIGNORI E SIGNORE CHE PARTECIPATE! VI CHIEDO DI METTERVI IN RIGA UNO A FIANCO ALL’ALTRO COSÌ VI SPIEGO LA STRADA DA PERCORRERE! ALLORA, DOVRETE ANDARE IN FONDO ALLA STRADA, GIRARE A DESTRA E SUBITO A SINISTRA, IN FONDO ALLA STRADA CHE VI TROVATE DOVRETE GIRARE A SINISTRA. PERCORRERETE LA STRADA PER ALCUNI METRI E ALLA SECCONDA STRADA CHE AVRETE ALLA VOSTRA SINISTRA DOVETE GIRARE. VERRETE FUORI NELLA STRADA DIETRO DI VOI E IL PRIMO CHE ARRIVA QUI VINCE! SIETE PRONTI? PARTENZA… VIAAAA!!” Disse la voce.
Con quell’unica parola tutte le persone che erano vicini l’uno all’altro, partirono di scatto e iniziarono a correre. Tutti andavano molto veloce e tra i primi vidi davanti a tutti vidi Aki concentrato.
“FORZA AKI!” gli urlai io.
“Non credo che ti abbia sentito. È così lontano...” disse Urushi.
“Può darsi… ma è andato così veloce che non lo vedo più.” dissi io.
Infatti avendo girato a destra non lo vedevo più. Mossi la testa a destra e a sinistra, ma non lo vidi. passò il tempo e il fatto di non vederlo mi fece preoccupare.
“Ehi Iris, che succede? Perché continui a guardarti intorno?” chiese Urushi.
“Eh? Niente, mi guardo Intorno.” dissi io.
“Non è vero, sei preoccupata per lui. Vorresti vederlo, non è così? Sai, io ho un modo per farlo.” Disse lui.
“Di che parli? Qual è questo modo?” chiesi io.
“Vieni con me e te lo farò vedere prima che lui passi di nuovo di qui.” disse Urushi.
In quel momento lui prese il mio polso e mi allontanò dalle persone. Mise le sue mani nei miei fianchi, gli uscirono le ali nere dalla schiena e iniziò ad alzarsi in cielo. All’inizio ebbi un paura, ma si alzò solo fino al tetto delle case intorno a noi.
Un po’ per volta si spostò a destra e fino a che riuscimmo a vedere Aki correre molto veloce. Aveva appena girato a destra e io chiesi ad Urushi di avvicinarmi a lui. Così lui si abbassò fino a farmi toccare terra con i piedi. ci mettemmo in una strada laterale e notai una cosa particolare nella strada che stava percorrendo.
Aki stava arrivando a grande velocità mentre dall’altra parte della strada vidi tre strani bambini giocare tra di loro e mettere degli oggetti appuntiti per terra e mettere una corda da un lato a un altro della strada. Non avevo idea del perché loro stavano facendo quelle cose ma mi era sembrato brutto non dire nulla ad Aki. Proprio in quel momento lui mi passò davanti e si fermò davanti a me per poco tempo.
“Iris, ma che ci fai qui?” chiese lui.
“Sono venuta per sostenerti. Ma piuttosto, stai attento che più avanti degli strani bambini che hanno messo degli oggetti appuntiti per terra.” Dissi io preoccupata.
“Capisco, grazie. Però adesso devo continuare a correre.” Disse lui dandomi un bacio sulla fronte e riprendendo a correre. Io arrossii molto.
Quando arrivò dove c’erano gli oggetti appuntiti, con dei piccoli saltelli lui riuscì a passarli senza problemi e dove c’era la corda tesa in mezzo alla strada, con un salto lungo lui la saltò. Era stato bravissimo e veloce. Chiesi a Urushi di riportarmi dove eravamo prima e lui mise le sue mani sui miei fianchi per poi portarmi in aria e spostarsi.
Mentre mi spostavo notai di nuovo quegli strani bambini in una strada non molto lontano da dove erano prima che stavano mettendo altre corde non molto alte da terra e in mezzo alla strada. Avrei tanto voluto dire ad Aki di stare attento perché c’erano altri ostacoli simili a quelli che aveva appena passato, ma non sarebbe stato in grado di sentirmi.
Tornai dov’ero prima mi rimisi davanti a tutti in attesa di vedere Aki. Solo dopo un paio di minuti vidi comparire Aki e correre dritto verso di me. sembrava essere molto distante da tutti gli altri e lui arrivò primo. Era la prima volta che lo vedevo con un po’ di fiatone.
“E QUESTO RAGAZZO È ARRIVATO PRIMA RISPETTO A TUTTI! COMPLIMENTI GIOVANE RAGAZZO! FRA 5 MINUTI CI SARA’ LA SECONDA SFIDA QUINDI STATE PRONTI!” urlò la voce.
“Bravissimo Aki!” dissi io.
Al suo arrivo tutti si misero ad applaudire e lo fecero a lungo. Io applaudii insieme a tutti mentre Urushi che era a fianco a me non fece nulla. Aki invece si avvicinò a me sorridendo e mi abbracciò forte.
“Hai visto Iris? Sono arrivato primo! Sono riuscito a superare tutti e ad arrivare primo!” disse lui contentissimo.
“Sì, sono contenta anch’io. sei stato bravissimo.” Dissi io sorridendo.
“Non vedo l’ora che inizia la prossima sfida. Chissà come sarà…” disse lui.
“Già… ma guarda, sono già tornati tutti.” Dissi io.
Infatti erano arrivati tutti, ma erano molti di meno rispetto a quelli che erano partiti.
“È vero.” disse lui. Facemmo entrambi un minuto circa di silenzio.
“Dobbiamo pensare a ciò che possiamo chiedere nel caso noi vinciamo tutte le sfide.” Dissi io.
“Giusto. L’unica cosa che mi viene in mente di chiedere è qualche informazione su quell’Organizzazione, però non so se è una buona idea  farlo.” Disse lui.
“E perché no? Può essere una buona possibilità di sapere di più.” dissi io.
“BENE SIGNORI E SIGNORE, È IL MOMENTO DELLA SECONDA SFIDA! LA SFIDA SI CHIAMA TIRA LA CORDA! IN QUESTO GIOCO DOVRETE DIVIDERVI IN DUE GRUPPI E PRENDERE UN LATO DI QUESTA CORDA. NON APPENA SARETE PRONTI VI DARÒ IL VIA PER TIRARE CON TUTTA LA VOSTRA FORZA!” Disse l’uomo con un tono di voce molto forte.
“Oh, è ora che vada a giocare. Vedrai, vincerò anche questa volta. Tu e Urushi rimanete qui e guardatemi.” Disse Aki.
Le persone davanti a noi si divisero in due gruppi e Aki si mise in quello di destra. la corda che l’uomo aveva in mano era molto lunga e arrotolata su se stessa. Aprì la corda e ne diede le due estremità a due persone a caso appartenenti ai due gruppi.
Aki guardò le altre persone che stavano tenendo con entrambe le mani la cora e così lo fece anche lui mettendosi in mezzo agli altri.
“Forza Aki!” dissi io. Lui mi guardò e mi sorrise.
“OKAY, ORA FARÒ IL CONTO ALLA ROVESCIA PER POTER INIZIARE. PRONTI? PARTENZA… VIAAAA!!” Disse l’uomo.
A quelle parole tutti si misero a tirare molto forte verso di loro, compreso Aki. poco tempo dopo il gruppo di persone che erano di fronte a quelli in cui era Aki sembrava in forte vantaggio dato che tiravano molto di più rispetto agli altri.
“OH GUARDATE, C’È QUESTO GRUPPO CHE SEMBRA STIA VINCENDO! NESSUNO DEI DUE SEMBRA INTENZIONATO A FERMARSI! MA GUARDATE CON CHE DETERMINAZIONE QUEST’ALTRO GRUPPO SI STA RIFACENDO!” Disse l’uomo indicando per ultimo il gruppo di Aki.
“Forza Aki, forza! Metticela tutta!” dissi io tutta tesa.
Infatti il gruppo che era insieme ad Aki avevano iniziato a mettere ancora più forza dell’altro gruppo e facendo alcuni passi indietro mentre tiravano la corda sembravano avere la meglio. Diventai molto tesa e iniziai a preoccuparmi quando vidi che Aki stava iniziando a sudare. Capii che lui ci stava mettendo un grande sforzo e che era molto concentrato e io ogni tanto lo incitavo.
“Forza Aki, ce la puoi fare! Ehi Urushi, perché non dici nulla ad Aki?” dissi io.
“Non sono bravo in queste cose, così preferisco guardare e basta.” Disse Urushi.
“Però per una volta potresti farlo. Insomma, devi abituarti a noi.” Dissi io.
Lui rimase in completo silenzio e con lo sguardo fisso in avanti. Guardai anche io davanti a me e vidi che il gruppo di Aki era molto forte. Così forte da essere andato indietro di almeno 4 passi rispetti a prima e il gruppo dall’altra parte erano andati molto in avanti.
“Forza Aki, puoi farcela!” dissi io con il corpo piuttosto teso.
“ANCORA POCO TEMPO E IL GIOCO SARA’ FINITO! A QUANTO PARE GIA’ ADESSO QUESTO GRUPPO STA AVENDO UN FORTE VANTAGGIO RUSIPETTO ALL’ALTRO, ANCHE SE TUTTO PUÒ CAMBIARE VISTO CHE IL TEMPO NON È ANCORA FINITO!” disse l’uomo con tono forte e molto divertito.
Subito dopo il gruppo di Aki tirò molto forte, ma così forte che alcune persone che erano nell’altro gruppo caddero a terra. Aki invece aveva la testa e lo sguardo rivolto verso il cielo, la voce leggermente aperta e il corpo immobile. Era la prima volta che era messo in quella posizione.
“BENE SIGNORI E SIGNORE, ABBIAMO I VINCITORI! QUESTO RAGAZZO DEL GRUPPO VINCENTE INSIEME AL GIOCO DI PRIMA VINCE UN VANTAGGIO DI QUALCHE MINUTO RISPETTO A TUTTI GLI ALTRI! E ORA QUALCHE MINUTO DI PAUSA PRIMA DI RIPRENDERE CON L’ULTIMA SFIDA! LA SFIDA DECISIVA CHE DECIDERÀ IL VINCITORE E CHE POTRÀ CHIEDERE QUALSIASI COSA.” dissi io.
Dopo quelle parole io mi avvicinai ad Aki correndo e, anche se lui era immobile, io lo abbracciai forte sorridendo. Lui rimase per circa 10 secondi immobile poi lentamente abbassò la testa e appoggiò le sue mani sulla mia schiena iniziando ad abbracciarmi forte.
“Iris ce l’ho fatta… ce l’ho fatta.” Disse Aki.
“Sei stato bravo Aki.” disse Urushi.
“Aki sei stato bravissimo. Bravissimo.” Dissi io piena di gioia. Ero così contenta per lui che mi scesero le lacrime dagli occhi.
“Iris perché stai piangendo? Sei triste per qualcosa?” disse Aki.
“No, è solo che… solo che sono felice per te. Così tanto felice che non mi sembra possibile.” Dissi io.
“Anche per me, ma ho vinto. Ora non resta altro che fare l’ultimo gioco.” Disse Aki dandomi un bacio sulla fronte e sulle guance.
“Sì, giusto. Sai Aki, grazie a te sono riuscita a imparare cosa significa la parola sfida. Grazie.” Dissi io sorridendogli.
“Di nulla. Oh giusto, c’è una cosa che voglio ricordarti.” Disse lui.
“Che cosa?” chiesi io.
“Quello che voglio da te se vincerò nel prossimo gioco.” Disse Aki.
“E che cosa vuoi?” chiesi io.
Lui aveva lo sguardo puntato in alto e con un’espressione pensierosa per un paio di secondi. Poi mi guardò e sorridendomi di avvicinò al mio orecchio destro e mi disse qualcosa.
“Un bacio.” Disse Aki con tono basso. Quelle parole mi fecero arrossire molto.
“SIGNORE E SIGNORI, È GIUNTO IL MOMENTO PER L’ULTIMO GIOCO! QUESTO GIOCO SI CHIAMA ACCHIAPPIAMOCI! PER FARE QUESTO GIOCO DOVRETE METTERVI IN GRUPPI DI DUE PERSONE, UNO SARETE VOI E L’ALTRA PERSONA DEVE ESSERE QUALCUNO DEL PUBBLICO A VOSTRA SCELTA! AVETE UN MINUTO DI TEMPO PER DECIDERE CON CHI GIOCARE!” Disse l’uomo con una forte voce e rivolgendosi a tutti quelli che erano alle sue spalle.
“Hai sentito Iris? Puoi giocare anche tu!” disse Aki.
“Ma perché dovrei giocare! Io non sono brava e non so come funziona… per questo preferirei di no.” dissi io.
“se non puoi tu allora verrà Urushi a giocare.” Disse Aki.
“Eh? io? ma io non voglio, è più adatta lei.” disse Urushi.
“Vedi, anche Urushi dice che devi giocare.” Disse Aki.
“Però te l’ho detto prima che io non sono brava…” dissi io.
Lui mi prese entrambe le mani e facendomi camminare in avanti mi disse: “Forza, vieni. Vedrai che ti diverti.”
“SIGNORI E SIGNORE AVETE DECISO IL COMPAGNO PER IL GIOCO? BENE, A QUESTO PUNTO VI DIRÒ COSA DOVETE FARE NEL GIOCO.” Disse l’uomo.
“Stai attenta Iris, adesso spiega cosa si deve fare. Questo è il mio gioco preferito.” Dissi io.
“NEL GIOCO UNA PERSONA DOVRÀ CORRERE MENTRE L’ALTRA DOVRÀ CERCARE DI STARE A DIETRO E PROVARE A TOCCARLO. UNA VOLTA CHE ENTRAMBI VI SIETE TOCCATI UNA VOTA DOVETE FERMARVI IN QUALSIASI POSTO VOI SIETE. IL RAGAZZO CHE HA VINTO LE DUE SFIDE DI PRIMA HA IL VANTAGGIO DI DIMOSTRARE A TUTTI COME SI GIOCA!” Disse l’uomo.
“Cos’è che devo fare?” chiese Aki.
“Devi far vedere a queste persone come si gioca.” Disse l’uomo avvicinandosi a noi.
“mh, facile. Iris, tu devi correre e io ti correrò a dietro.” Disse Aki.
“Però tu sei troppo veloce. Mi prenderai subito.” Dissi io.
“Tranquilla, farò in modo di starti dietro. Appena sei pronta inizia a correre.” Disse lui.
Io ero un po’ dubbiosa riguardo alle sue parole ma iniziai a correre con una lenta andatura. Conoscendo la sua velocità lui sicuramente non andrebbe mai piano come mi ha detto.
Aumentai un po’ per volta la mia corsa e guardandomi indietro vidi che Aki riusciva a starmi dietro. Girai la testa in avanti e pochi secondi dopo sentii una mano toccarmi una spalla. Io mi fermai e vidi che era Aki.
“Bravissima Iris, hai capito come funziona il gioco.” Disse Aki sorridendomi.
“BEH, SPERO ABBIATE VISTO TUTTI COME SI FA IN QUESTO GIOCO! DA QUANDO VI DIRÒ DI PARTIRE DOVRETE CORRRERE E GIOCARE! L’UNICO PUNTO DEL CORPO CHE POTETE TOCCARE È LA SPALLA! E I PRIMI CHE ARRIVANO QUI SARANNNO I VINCITORI DI QUESTO GIOCO! SIETE PRONTI? PARTENZA… INIZIATE IL GIOCO!” Disse l’uomo con gran voce e un gran entusiasmo.
“Beh, è meglio che mi sposto. Ci vediamo dopo.” Disse Urushi.
“Forza, è il momento che corri.” Disse Aki.
Io ero felicissima di essere riuscita a capire come funzionava quel gioco e iniziai a correre più che potevo. Pur avendo il fiatone corsi velocissimo e nello stesso tempo ridevo. Era bellissimo e mi godevo ogni istante. Mi stavo divertendo come non mi ero mai divertita prima di quell’istante in cui stavo giocando. Aki mi stava dietro e correndomi dietro anche lui mi sorrideva.
Continuai a correre veloce per un paio di minuti al massimo senza avere la minima idea della strada che facevo, poi venni toccata alla spalla da qualcuno dietro di me. Mi fermai, mi girai e vidi Aki.
“Ti ho presa. Adesso tocca a me e tu mi dovrai toccare.” Disse Aki sorridendo.
“Va bene!” dissi io.
Era bellissimo il sorriso che aveva. Un sorriso che mi affascinava e mi colpiva ogni momento di più. Un sorriso che ogni volta che lo vedevi mi ricordava qualcuno, ma stranamente non ero in grado di capire chi fosse.
Aki iniziò a correre. Dopo poco tempo corse talmente veloce che non ero capace di stargli a dietro. Mentre correva lui girò a destra ed io lo seguii, ma quando lo feci lui non era da nessuna parte. Sembrava sparito. Smisi di correre e iniziando a camminare lo chiamai, ma non ebbi mai una risposta. Così mi misi a cercarlo intorno e dentro le case che avevo in entrambi i lati. Le case erano del tutto vuote visto che erano andati a vedere i giochi.
Lo cercai e provai a chiamarlo in tutte le strade e sembrava non riuscissi a trovarlo. Alla quinta o sesta casa entrai e guardandomi attorno chiamai Aki. solo il tempo di tre o quattro passi in avanti che una mano davanti a me mi prese e qualcuno mi spostò alla mia destra. inizialmente pensai che fosse qualcuno che fosse rimasto in casa o qualcuno che era venuto a rubare, ma lo scatto così veloce non poteva essere nessun altro che Aki.
“Aki, mi hai fatto prendere uno spavento!” dissi io.
“Scusami, ma volevo coglierti di sorpresa. E poi ti ho toccata.” Disse lui.
Entrambi ci mettemmo a ridere per un po’ poi uscimmo dalla casa.
“Mi sono divertito tanto. Facciamolo ancora!” disse Aki.
“Va bene.” dissi io sorridendogli.
“Tocca prima a me.” disse lui.
Così iniziai a correre più veloce che potevo e nello stesso tempo ridevo. Dietro di me c’era Aki che ridendo continuava a dirmi che presto mi avrebbe preso. Infatti feci in tempo solo a girare a sinistra che venni toccata da lui poco dopo.
“Adesso tocca a me!”  dissi io sorridendo.
“Va bene. allora io inizio a correre.” Disse Aki.
Iniziò a correre molto veloce, forse più di prima. Corse così veloce che io in un attimo lo vidi correre e sparire davanti a me. corsi per una decina di metri poi mi fermai e, come prima, mi misi a chiamarlo. Aki non mi rispose mai e così iniziai di nuovo a cercarlo.
Entrai nelle diverse case e lo vidi poco dopo nascosto dietro un muro. Io non dissi nulla e, cercando di non farmi sentire e vedere, mi avvicinai lentamente a lui. quando fui al suo fianco venni abbracciata da Aki che si trovava dietro di me.
“Ti ho toccata!” disse Aki.
Entrambi ci mettemmo a ridere per un po’. Aki disse che dovevamo tornare indietro e così facemmo ridendo tra di noi. Una volta arrivati nel punto di partenza notai che non c’era praticamente nessuno delle persone che partecipavano al gioco.
“SIGNORE E SIGNORI ECCO I NOSTRI VINCITORI!” disse un uomo con una voce molto forte.
Tutti coloro che erano ai lati della strada prima si misero ad applaudire e qualche secondo dopo si avvicinarono tutti a noi. Una volta vicini ci presero, ci alzarono verso il cielo e iniziarono a gioire.
“COMPLIMENTI A VOI DUE! SIETE STATI BRAVISSIMI. DATO CHE AVETE VINTO I GIOCHI AVETE LA POSSIBILITA’ DI CHIEDERE QUALSIASI COSA VOLETE. QUINDI FATE PURE LA DOMANDA CHE VOLETE.” Disse l’uomo.
Entrambi venimmo messi a terra, ci guardammo per qualche secondo tra noi due e poi Aki fece la domanda su cui aspettavamo dei chiarimenti.
“Beh, noi vorremmo sapere se potete dirci qualcosa sull’Organizzazione Hana.” Disse lui.
Tutti rimasero nel più completo silenzio e nessuno disse nulla. Io in lontananza notai i tre strani bambini che avevo notato durante i giochi. Da tre però ne spuntarono fuori altri sei a fianco e si misero a giocare tra di loro.
“Io ne so qualcosa.” disse un uomo vicino a noi.
“Dicci che cosa sai. Per favore.” Dissi io.
 L’uomo si guardò intorno e poi disse: “Venite con me.”
L’uomo, che era alto poco più di me, ci invitò a seguirlo.

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci: quel che si sa dell'Organizzazione Hana ***



“Io ne so qualcosa.” disse un uomo vicino a noi.
“Dicci che cosa sai. Per favore.” Dissi io.
 L’uomo si guardò intorno e poi disse: “Venite con me.”
L’uomo, che era alto poco più di me, ci invitò a seguirlo. Aveva circa cinquant’anni, i capelli neri, gli occhi marroni e indossava i pantaloni corti e la maglia a maniche corte. Durante la strada che percorrevamo vi erano degli ostacoli creati dai nove strani bambini. Erano strani perché continuavano a ridere mentre facevano gli scherzi e ogni tanto cambiavano aspetto, anche se durava un paio di secondi. Insieme a lui attraversammo tre o quattro strade un po’ strette fino ad entrare in una casa.
“Oh, scusatemi, non mi sono presentato. Io sono Taro e vivo in questa casa insieme a mia moglie e mia figlia. Prego entrate e benvenuti nella mia semplice casa.” disse Taro.
“Grazie.” Dissi io mentre entrambi ci sedemmo per terra.
“Voglio complimentarvi con voi. Siete stati bravissimi nei giochi di prima e nel gioco della corsa non mi aspettavo che foste così veloci.” Disse Taro.
“Grazie, ma adesso dicci cosa sai dell’Organizzazione Hana.” Disse Aki.
“Oh sì, giusto.” Disse Taro.
“Scusate, ma l’Organizzazione Hana sono quelli vestiti di nero che mi avete detto?” chiese Urushi.
“Tutto quello che so e che vi dico vengono da dei discorsi che ho sentito nel villaggio. L’Organizzazione Hana ha tra le due e le sei persone, ma solo uno di loro è a capo e dice che cosa fare. Sono tutti uomini e hanno un tono di voce molto forte, anche se non li senti quasi mai parlare. Sono sempre vestiti di nero e le uniche cose che alcune volte si vedono sono delle mani, ma accade pochissime volte. Nessuno di noi però ne è entrato in contatto direttamente perché qui da noi non si sono mai mostrati, per fortuna.” Disse Taro.
“Come mai per fortuna? Che cosa vuol dire quella parola?” chiesi io.
“Vuol dire che è una cosa positiva.” Mi disse Urushi.
“Ooooh…” dissi io.
“Diversi giorni fa è morto il signore Hiroshi del villaggio Wake mentre alcuni giorni fa c’è stata l’incoronazione del figlio di Hiroshi, Isao. Ma da dopo la sua incoronazione diverse cose sono cambiate e l’Organizzazione Hana ha iniziato ad agire di più rispetto a prima.” Disse Taro.
Io ne rimasi sconvolta quando lui disse della morte di Hiroshi. Negli anni in cui ho lavorato per padrone Hiroshi e anche se lui non mi considerava più di tanto, io ero affezionata a lui. Anche se lui non era mio padre, io gli volevo bene. Il sapere che era morto mi rese molto triste e mi fece sentire una sensazione di vuoto nel cuore.
“Ma sai com’è morto questo Hiroshi?” chiese Urushi.
“Nessuno lo sa di preciso. Alcuni dicono che sia stato ucciso, altri che si è ucciso lui stesso.” Disse Taro.
“Non può essersi ucciso lui, io ho lavorato per lui e so che non lo avrebbe mai potuto fare.” dissi io.
“Mi dispiace.” Dissero Aki e Taro. Ci fu un attimo di silenzio.
“Sentite, vorrei fare qualcosa per potervi ringraziare.” disse Taro.
“Ringraziare? Di cosa?” chiese Urushi.
“Per aver dato queste notizie a voi e per avermi fatto divertire nei giochi di prima. Ditemi cosa posso fare per voi.” Dissi Taro.
“Sarebbe perfetto se potessimo stare qui a dormire stanotte.” Dissi io.
“Certo!” disse Taro.
Spostai lo sguardo verso la finestra che era poco distante e vidi due dei bambini che avevamo visto prima proprio davanti alla finestra che ci guardavano girando le loro teste da una parte all’altra. Di si alzò in piedi e si spostò da un’altra parte della stanza, mentre io uscii di casa e mi avvicinai lentamente ai bambini che si trovavano dall’altra parte della strada.
“Iris! Iris aspetta!” disse Aki dietro di me.
Io però non gli diedi importanza e continuai ad avvicinarmi ai bambini. Quando fui a due passi di distanza, loro si nascosero dietro a degli oggetti che c’erano nella strada davanti a me.
“Ah, aspettate! Non voglio farvi del male, voglio solo farvi alcune domande.” Dissi io.
“Iris, che cosa stai facendo? E perché prima non mi hai minimamente considerato! Ma con chi stai parlando?” disse Aki.
Due bambini iniziarono ad uscire da dove si erano nascosti e si avvicinarono lentamente a noi due. Avevano circa cinque anni, erano alti da terra al mio ginocchio e il loro aspetto cambiò diventando da normali bambini a creature con un occhio, una bocca con denti appuntiti, il naso ce l’avevano ma si vedevano solo le narici, la pelle tutta verde e avevano i capelli solo sulla parte alta della testa.
Poco dopo uscirono tutti gli altri sette e cambiarono il loro aspetto diventando come tutti gli altri. Si misero ai nostri piedi e iniziarono a guardarci girandoci intorno.
“Ma che cosa sono?” disse Aki.
“Non ne ho idea… però sono carini.” Dissi io.
“Grazie.” Disse una voce.
“Prego Aki.” dissi io.
“Io non ho detto niente.” Disse Aki.
“E allora chi è stato?” chiesi io.
“Ho parlato io. E grazie.” Disse una voce sotto di me.
Quella voce veniva da uno dei bambini davanti a me e mi stava fissando. Io non mi sarei mai immaginata che nella mia vita avrei parlato con un bambino di cinque anni tutto verde.
“AAAAAAAAAAAAAH!!!!!!” urlai io.
 “Iris che cos’è successo? Perché stavi urlando?” chiese Urushi.
“Iris calmati, che cosa ti è successo.” Disse Aki.
“Ah… scusatemi ma non riesco a credere di parlare a dei bambini verdi…” Dissi io.
“Eppure noi parliamo, ma non siamo dei bambini.” Disse uno dei bambini.
“E allora che cosa siete?” chiese Aki.
“Noi siamo Seiko e viviamo da diversi secoli.” Dissero tutti e nove insieme.
“Seiko? E che cosa sarebbe?” disse Aki.
“Siamo creature piccole ma di grande importanza e ci divertiamo a fare i dispetti a queste persone.” Disse uno di loro sorridendo.
Tutti gli altri erano dietro a lui e sghignazzavano molto. io mi abbassai fino a sedermi per terra e mi misi a chiacchierare con loro.
“Siete simpaticissimi. Come vi chiamate?” dissi io.
“Siamo Kentaro, Keichi, Koichi, Eishi, Makoto, Hisashi, Naoki, Sen e Toki. E voi?” disse il bambino al  centro indicandoli mentre li diceva.
“Io sono Iris e loro sono Aki e Urushi. Perché fate i dispetti a queste persone?” chiesi io.
“Ci divertiamo tanto a farlo. Loro non ci vedono e quindi noi possiamo farlo quanto vogliamo.” Disse Eishi.
“Sì, ma non pensate che siano brutti questi dispetti per loro?” chiesi io.
“No, perché noi ci divertiamo tanto.” Dissero due di loro contemporaneamente.
“Mmmh… volete far parte del nostro gruppo?” dissi io.
Tutti e nove i Seiko si guardarono tra di loro e si misero a bisbigliare.
“COOOOOOSA? Iris ma che stai dicendo! Non possono venire con noi perché ci darebbero solo dei problemi! Dillo anche tu Urushi.” Disse Aki.
“Io non lo so.” Disse Urushi.
“Urushi! Non è giusto, almeno tu dovresti dire che io ho ragione.” Disse Aki.
“Dai Aki, che c’è di male se loro stanno con noi?” chiesi io dopo essermi alzata in piedi.
“Che c’è di male? Che c’è di male? Forse non lo hai capito, ma loro ci creeranno dei problemi ovunque noi andremo!” disse Aki tutto agitato.
“Tranquillo Aki, se creano qualcosa basterà dire di non farlo.” Dissi io.
“Abbiamo deciso di no.” disse uno dei bambini.
“Cosa ti avevo detto Iris!” disse Aki.
“Noi non andremo con voi, ma se avrete bisogno di noi saremo felici di aiutarvi.” Disse uno dei Seiko.
“Capisco… è un peccato ma grazie.” Dissi io.
Se andarono via i Seiko per primi e poi io mi girai indietro dove vidi Taro fuori casa. Lui alzò la mano e si mise a muoverla a destra e a sinistra mentre ci chiamava.
“RAGAZZI, VENITE DENTRO CHE TRA POCO LA CENA E’ PRONTA E RIENTRANO MIA MOGLIE E MIA FIGLIA!” disse Taro.
“ARRIVIAMO!” dissi io.
“A me sta venendo molta fame solo a sentirlo dire.” disse Aki tutto contento.
Tutti e tre ci incamminammo verso la casa fino a poi entrarci. Prima di entrare girai la testa a destra e vidi due ragazze venire nella mia direzione. Erano una ragazza intorno ai vent’anni vestita di jeans e una maglia rossa e una donna intorno ai quarant’anni vestita di maglie e pantaloni grigi.
Aki e Urushi entrarono per primi, seguiti poco dopo da me e dalle altre due donne. Una volta entrati Taro ci accompagnò in una stanza in cui c’erano già de tavolini alto dieci centimetri da terra e ce ne erano sei. Io, Aki e Urushi ci sedemmo per terra mentre Taro e la signora più anziana tra tutti noi andarono in una stanza a fianco per poi tornare poco tempo dopo.
Loro due avevano in mano dei piatti quadrati con sopra del riso intinto in un brodo e nella salsa di soia con sopra striscioline sottili di alga di nori. Sul piatto vi erano anche una piccola ciotola di salsa di soia e una ciotola con il wasabi. Lo assaggiai ed era molto buono finendo per mangiarlo tutto poco per volta. Urushi ne mangiò metà mentre Aki lo mangiò tutto molto velocemente.
 “È buono.” Disse Urushi.
“Sì, è buonissimo. Ma che cos’è?” chiesi io.
“Si chiama Zaru Soba. È tipico del nostro villaggio ed è fatto con diverse cose che coltiviamo qui vicino.” Disse Taro.
“Beh, vi faccio di nuovo i complimenti perché è davvero buonissimo.” Dissi io.
“Grazie. Ah scusate, non ve le ho presentate. Lei è mia moglie Hanako mentre lei è mia figlia Mari.” Disse Taro.
“Piacere di conoscervi.” Dissero entrambe.
“Voi siete le persone che avete vinto i giochi di oggi pomeriggio?” chiese Mari.
“Sì esatto.” dissi io mentre Aki sorrideva.
“Uao, che bello! Sono felicissima avervi qui a casa mia!” disse Mari tutta contenta.
“Grazie.” Disse Aki.
Hanako si alzò in piedi e rimanendo in silenzio prese i piatti che ognuno di noi aveva davanti, li mise tutti uno sopra l’altro e li portò via. Anche Mari se ne andò via per un paio di secondi poi tornò con tre oggetti in una mano. Si sedette davanti a noi e mise intorno al mio collo, quello di Aki e di Urushi un oggetto a testa.
“Che cos’è questo?” chiesi io.
“questa è la collana che volevamo mettervi quando ve ne siete andati via.” Disse Mari.
Le collane che ci misero al collo erano fatte di tre o quattro tipi di fiori diversi e grandi. Erano dei fiori bellissimi e con colori chiari.
“Collana? E Perché?” chiesi io.
“Ogni anno noi facciamo questi giochi e come segno di ringraziamento noi diamo questa collana insieme a rispondere alle domande che il vincitore può fare. i giochi quest’anno sono facili, ma di solito sono molto difficili e in pochissimi sono riusciti a vincere. Ma per fortuna voi ci siete riusciti, siete stati grandiosi! Ditemi come avete fatto, per favore!” disse Mari.
“Noi non abbiamo fatto nulla se non giocare.” Disse Aki.
“Ehi Mari, calmati adesso. No c’è bisogno di fare così. Per loro è stata una lunga giornata, lasciali stare.” Disse Taro.
“Uffa…” disse lei alzandosi in piedi e andandosene.
“io, ehm… vorrei andare a riposare.” Dissi io.
“Oh, sì. Certo. La vostra stanza è qui a fianco.” Disse Taro.
Noi tre ci alzammo in piedi e ci spostammo. Un passo dopo essere entrati nella stanza io venni fermata di scatto da Aki.
“Iris,  fermati un attimo.” Disse Aki.
“Che c’è?” chiesi io girando la testa.
Quando girai la testa Aki appoggiò le sue labbra sulle mie e mi baciò molto intensamente. Nel suo bacio sentii una gran gioia per i giochi di oggi e un gran desiderio. Non so come sia possibile ma il desiderio che percepivo in lui sembrava grandissimo e mi trasmetteva una strana sensazione. Una sensazione che non sapevo spiegare.
Era una sensazione meravigliosa, ma allo stesso tempo era una cosa inaspettata. Era così bello che anche il mio corpo poté rilassarsi e godersi quel breve momento. Breve perché durò circa un minuto e poi si staccò da me.
“Questo è ciò che mi avevi promesso se avessi vinto.” Disse lui.
Io rimasi ferma e un po’ stupita mentre lui entrò nella stanza e iniziò a preparare i futon che avevamo.
“Lo so che era improvviso, ma lo volevo così tanto che non sono riuscito più ad aspettare.” disse lui.
Io ero stupita da quello che aveva fatto e per la seconda volta da quando ho conosciuto Aki mi toccai le labbra cercando di capire ciò che lui aveva appena fatto. Anche se sembrava strano, non riuscivo a credere di aver sentito una sensazione così bella e di essermi lasciata andare in quel bacio. Poco dopo mi ripresi e mi accorsi che avevamo soltanto due futon.
“Aki, come facciamo per Urushi?” chiesi io.
“Che vuoi dire?” chiese lui.
“Beh, abbiamo solo futon mentre lui non ce l’ha.” Dissi io.
Guardai prima Urushi che si stava togliendo la maglia e poi Aki. Vederlo togliersi la maglia mi fece arrossire un po’ le guance e mi venne spontaneo coprirmi la faccia con le mani. Poco dopo però me le tolsi e vidi la sua schiena.
“Oh, non è un problema per me. Io posso dormire appoggiato al muro.” Disse Urushi girando la testa.
“Però prendi freddo così. Senti, io… ti lascio il mio futon, così potrai stare meglio.” dissi io.
“No, preferisco che la usi tu. Io ci sono abituato a dormire così.” Disse Urushi.
“Capisco…” dissi io.
Urushi si sedette contro il muro mentre io e Aki ci coricammo dentro il futon dormendo pesantemente per tutta la notte. Il giorno dopo mi svegliai con il corpo girato da un lato, un braccio sopra la mia vita e un corpo appoggiato alla mia schiena. Capii subito che si trattava di Aki e per questo non mi mossi. Guardai davanti a me per vedere se c’era Urushi, ma non lo vidi. Mi guardai intorno come potevo ma proprio non c’era.
Aki stava emettendo uno strano rumore con la bocca e spostò il suo bracco un po‘ più alto toccando con una sua mano il mio petto. Questo mi fece arrossire non poco, al punto che mi coprii la faccia con le mani e rimasi immobile per circa un minuto. Ero troppo imbarazzata dalla situazione in cui mi trovavo che non avevo idea di cosa potevo fare. Ci pensai e passato quel minuto mi agitai come potevo e senza fare troppo rumore e cercai di spostarmi da Aki.
Dopo 3 o 4 movimenti riuscii a spostarmi, mi alzai in piedi e mi misi alla finestra della stanza. Guardando fuori notai che davanti a casa c’erano diverse persone che camminavano e in mezzo a loro c’erano i Seiko con cui avevo parlato il giorno prima che facevano i dispetti alle persone che camminavano. Mentre lo facevano si mettevano a ridere e questo non mi piaceva tanto così decisi di andare a parlare con loro. Passai nella stanza a fianco e vidi Hanako mentre preparava qualcosa da mangiare.
“Buongiorno Iris, come stai?” chiese lei.
“Io bene, ma gli altri dove sono?” chiesi io.
“Ah, Taro è andato a prendere delle cose da un amico mentre Mari sta facendo una cosa dietro casa. ma tu dove stai andando?” chiese lei.
“Io devo uscire per un po’. Aki sta ancora dormendo ma io ci metterò poco.” Dissi io.
Subito dopo mi spostai e uscii dalla casa. Quando uscii vidi subito i Seiko che continuavano a fare i dispetti e quando loro mi videro iniziarono a correre in giro nascondendosi da me. camminai per una strada davanti a me. Girai a destra e dopo un paio di passi mi fermai. Nella strada in cui ero non passava nessuno, ma c’erano diversi oggetti per terra ai fianchi di alcune porte delle case.
“So che ci siete. Venite fuori!” dissi io.
A quelle parole tre Seiko alzarono la testa da dietro delle scatole di legno. Si avvicinarono a me e si misero a guardarmi con occhi molto incuriositi. Erano talmente uguali che non riuscivo a capire chi erano tra quelli che avevo conosciuto ieri.
“Voi siete…” dissi io.
“Keichi, Sen e Naoki.” Disse Keichi che era al centro. Sen era quello alla sua destra mentre Naoki era quello a sinistra.
“Oh sì, scusatemi ma non vi avevo riconosciuto.” Dissi io.
“Nessun problema.” Disse Keichi.
 Mi inchinai a terra e gli chiesi: “Che facevate prima?”
“Ci divertivamo a far cadere le persone. È divertente e visto che loro non ci vedono, non ci possono dare la colpa e noi ci divertiamo ancora di più!” disse Naoki.
“E questo è davvero così divertente per voi? Perché per me non lo è.” chiesi io.
“Sì, tantissimo!” disse Naoki.
“Vuoi vedere?” disse Keichi.
Io dissi di no ma venni trascinata in avanti anche se la cosa mi sembrò strana. Uscì da dietro una scatola di legno un altro Seiko, si avvicinò agli altri poi tutti e quattro mi presero i pantaloni e mi tirarono in avanti. Percorremmo due stradine tornando nella strada da cui eravamo partiti prima. Loro lasciarono i miei pantaloni, fecero un grosso sorriso e poi si misero a correre lungo la strada raggiungendo gli altri Seiko.
Dopo un paio di secondi tutti e nove si divisero in gruppi di tre e si dispersero lungo la strada iniziando a dare fastidio a quasi tutti coloro che passavano. Ogni volta che qualcuno cadeva, risero per alcuni secondi e poi corsero via mettendosi a dare fastidio a qualcun altro mentre io corsi dalle persone cadute e mi scusai per quello che era successo. Mentre quelli davanti a me mi sgridavano per l’accaduto, solo io sapevo che non ero stata io a creare tutti quei problemi ma erano stati i Seiko.
Continuai a scusarmi per diverse volte e per diverso tempo con i passanti quando notai che loro creavano problemi solo agli adulti. Me ne accorsi perché quando passò un gruppo di bambine, di età intorno ai 10 anni, loro le ignorarono completamente andando a disturbare altre persone. Poco dopo, mentre camminai, venni fermata da qualcuno che mi prese il polso. Raddrizzai la schiena sbattendo contro qualcosa, girai la testa e vidi che era Aki. Vederlo così vicino alla mia faccia mi fece arrossire tantissimo e per un po’ non fui in gradi di dirgli nulla.
“Buongiorno Iris, ma… che stai facendo?” mi disse lui sorridendo.
Io non dissi nulla essendo tutta rossa in faccia e molto imbarazzata.
“Beh, perché non mi dici niente? Perché correvi da una parte all’altra della strada scusandoti con tutti?” chiese lui.
“Eh? No, niente, tranquillo.” Dissi io.
“Non ci creo. Eddai, dimmelo!” disse lui.
“Okay. Hai presente i Seiko che abbiamo visto ieri sera?” dissi io.
“Certo che me li ricordo. Ma perché me lo chiedi?” Chiese Aki.
Guardai dritto davanti a me e con la mano destra indicai tre punti davanti a me. in quei tre punti c’erano i Seiko che continuavano a fare i dispetti alle persone. Continuavano a divertirsi e questo continuava a non piacermi. Sembrava non piacere nemmeno ad Aki che aveva un’espressione molto seria.
“Dannazione a quei bambini. Ora vado da loro e gli do una bella lezione.” Disse lui.
“Aki non farlo! Non serve a niente.” Dissi io mettendogli una mano davanti al petto.
“Ma perché! Perché non dovrei fermarne uno e dirgli di non farlo! Perché dovrei rimanere ferma a guadarli fare quelle cose che fanno del male alle persone.” Disse Aki arrabbiato.
“IRIS! AKI! VENITE CHE È PRONTO IL PRANZO!” urlò Taro dalla porta di casa sua.
“Arriviamo tra poco!” dissi io.
Vidi una cosa che non mi piacque affatto. In quel momento due Seiko si misero ai due lati della strada tenendo in mano le due parti di una corda mentre un altro era a metà strada che teneva tesa la corda distante solo qualche centimetro da terra. Passarono proprio al centro della strada due signore anziane quando improvvisamente entrambe caddero a terra facendosi male.
Quello che avevo appena visto non mi era piaciuto. Io e Aki ci guardammo per un attimo poi entrambi corremmo in soccorso alle anziane. Le aiutammo a rialzarle ma loro continuarono a lamentarsi per i dolori che provavano. Una signora aveva una gonna lunga e una maglia verde mentre la seconda aveva una gonna e una maglia blu. Entrambe avevano le mani dietro la schiena in segno di sofferenza.
“Ahi ahi ahi. Che male!” disse una signora.
“Ah, scusatemi signore! Dove vi siete fatte male? Posso aiutarvi?” dissi io.
“Sì, ci siamo fate male. Ma chi lo ha fatto e come abbiamo fatto a cadere? Ahi, che male.” Disse l’altra signora.
“Mi dispiace se siete cadute, ma prenderò la persona che ha fatto questo e gliela farò pagare.” Disse Aki con espressione molto arrabbiata.
“C’è qualcosa che possiamo fare per aiutarvi?” chiesi io.
“Beh, una cosa ci sarebbe. Noi due stavamo andando verso casa mia che è quella là, a tre case di distanza da qui. Se foste così gentili da accompagnarci sarebbe perfetto.” Disse la signora davanti a me.
Io e Aki ci guardammo per un attimo e poi io sorridendo dissi loro: “Certo!”
Così entrambi mettemmo un braccio di una delle signore attorno al mio collo e lo stesso lo fece Aki. lentamente facemmo un passo per volta e, con molta pazienza, riuscimmo ad arrivare davanti alla loro casa. aprimmo la porta e le accompagnammo dentro facendole sedere nelle sedie in legno che loro ci avevano indicato.
“Grazie ragazzi, siete gentilissimi. Ho solo un ultimo favore da chiedervi, se possibile.” disse la signora con la maglia verde.
“Certo. Di cosa avete bisogno?” chiesi io.
“La stanza qui a fianco è la mia cucina. Sul mobile a fianco ci sono delle piante di consolida dentro una ciotola. Potrebbe portarmela per favore?” chiese la signora.
“S-sì, subito.” Dissi io.
Andai nella stanza a fianco, presi la ciotola contenente delle strane piante con i fiori rosa e bianchi e tornai nella stanza di prima in cui mi stavano aspettando tutti e dove allungai la ciotola alla signora con la maglia verde.
“Grazie.” Disse lei.
“Scusate, ma questa pianta come si chiama e a cosa serve?” chiesi io.
“beh, non è una pianta, ma sono un insieme di foglie di un’erba chiamata Consolida. La coltivo nel mio giardino e mi serve a guarire dal dolore alla schiena che ogni tanto mi viene.” Disse lei.
“Interessante…” dissi io.
‘Questo me lo dovrò ricordare. Mi potrà essere molto d’aiuto quando tornerò a casa e a lavorare nel castello di padron Hiroshi.’ Pensai io.
 “Oh, giusto. Signore, se non avete altro bisogno io andrei via.” Dissi io.
“Ma sì, certo. Grazie ancora per ciò che avete fatto per noi.” Disse la signora con la maglia blu.
“Grazie.” Disse l’altra signora.
Io e Aki ci inchinammo in avanti per un paio di secondi in segno di gratitudine, poi raddrizzammo la schiena e uscimmo di casa.
“Voglio andare a cercare quei bambini e fargliela pagare.” Disse Aki con tono serio.
In quel momento in strada i Seiko stavano giocando molto liberamente continuando a fare i dispetti ai passanti. Vedere quello che facevano fece preoccupare me e arrabbiare Aki che iniziò a correre veloce da una parte all’altra della strada prendendone quattro in una volta sola. Subito dopo con passo veloce si spostò in una stradina seguito dagli altri cinque Seiko che non aveva preso. Io lo seguii e vidi che a metà della stradina si fermò e mise a terra quei quattro che aveva tra le mani.
“Aki ma che stai facendo?” dissi io.
“Sentitemi voi, non dovete mai più andare a fare del male a queste persone. Per colpa vostra due signore anziane si sono fatte male alla schiena e le abbiamo dovute aiutare!” disse Aki.
“E con questo? Noi ci divertiamo sempre a far cadere le persone.” Disse Makoto.
Aki si arrabbiò molto, talmente tanto che era la prima volta che lo vedevo così arrabbiato e serio da quando lo conobbi. Aki era talmente irritato che stringeva fortissimo i pugni e stava per fare un passo avanti quando io stesi un braccia davanti a lui per fermarlo.
“Aki che cosa vuoi fare a loro? perché ti stai comportando così?” chiesi io preoccupata.
“Voglio dare una lezione a tutti loro. voglio farlo adesso.” Disse lui.
“Non Farlo! Sono sicura che ci deve essere un modo per farli smettere.” dissi io rivolgendomi a lui.
Poi girai la testa, mi sedetti per terra verso i nove piccoli bambini davanti a me e chiesi loro: “Sentite, noi non vi faremo del male se voi ci dite cosa possiamo fare per farvi smettere di ferire la persone.”
“Beh, una cosa ci sarebbe.” Disse Keichi.
“Davvero? E qual è?” chiesi io.
I nove Seiko si guardarono tra di loro per un po’ bisbigliando qualcosa che non riuscivo a capire. Poi si girarono tutti verso di me e tutti insieme dissero: “Dovete giocare con noi tutto il pomeriggio.”
“Se non lo farete noi continueremo ad importunare tutti quelli che cammineranno nella strada davanti a noi.” Disse Eishi.
Quella loro richiesta mi sembrò alquanto strana, ma più strano del fatto che parlavo a dei Seiko alti come dei bambini di 5 anni e con la pelle verde. Dopo averci pensato un attimo su accettai.
“Va bene, giocherò io con voi. Ma ad una condizione.” Dissi io.
“EEEEH? Iris, ma che ti è preso! Cos’è questa tua idea di accettare?” disse Aki.
“Condizione? Quale condizione?” chiese Makoto.
“Dovrete permetterci di andare a mangiare adesso e dovrete stare tranquilli finché non torniamo. Va bene?” dissi io.
“Sì!” dissero tutti e nove in coro.
Io e Aki ci avvicinammo alla casa, guardai per un attimo quei bambini fissarci dalla parte opposta della strada e, con uno sguardo un po’ preoccupato, entrai in casa e andammo subito a mangiare. Eravamo tutti davanti al tavolo, compreso Urushi che non vedevo da ieri sera.
Stare seduta  così vicino ad Aki mi venne da arrossire pensando alla scena in cui mi ero trovata stamattina presto.
Taro e sua figlia Mari poco dopo portarono il pranzo che era lo Zaru Soba, come ieri sera. Sia il riso sia l’alga di nori erano buonissimi.
“È tutto buonissimo, complimenti.” Dissi io.
“Grazie.” Dissero Taro e Mari insieme.
Mari raccolse i piatti e li portò nella stanza a fianco dove c’era la cucina e nel fare questo io la aiutai. Avendoci impiegato pochissimo tornai nella stanza in cui c’erano tutti e vidi Urushi e Aki alzarsi in piedi dirigendosi verso la porta.
“Urushi aspetta!” dissi io fermandolo un attimo prima che lui uscisse dalla porta.
“Sì?” chiese lui girandosi verso di me e guardandomi negli occhi.
“Dove stai andando?” chiesi io.
“Faccio un giro qui intorno per rilassarmi un po’. Starò via per poco.” Disse lui.
Fece un passo avanti e aprì le sue ali nere volando via. Io guardai davanti a me e vidi i Seiko fissarmi con un enorme sorriso. Sorrisi anch’io, attraversai la strada e mi fermai proprio davanti a loro. Aki mi seguii  rimanendomi a fianco.
“Eccomi qui, scusate l’attesa. Ora sono pronta per giocare con voi.” Dissi io.
Così passai tutto il pomeriggio a giocare con tutti loro e mi divertii tantissimo mentre Aki se ne rimase seduto da qualche parte a vederci giocare. Era passato molto tempo da quando mi sentivo così felice. Probabilmente da quando avevo cinque o sei anni, ovvero prima di lavorare per padrone Hiroshi. Uno dei migliori momenti che ricordavo era quando mio padre mi guardava giocare nel giardino di casa pieno di fiori e mi sorrideva. Ero così felice che quando giravo in giro per il villaggio tutti mi parlavano e mi salutavano senza alcun problema, non come il momento in cui ero partita. Mi salutavano persino coloro che camminavano davanti a casa mia.
Era davvero una sensazione di gioia che non sentivo da tempo…
Mi divertii a giocare con i Seiko in diversi modi: con una palla trovata a terra vicino a noi, tracciammo dei segni per terra e provammo a saltare stando in equilibrio lungo la linea che avevamo tracciato, facemmo un gioco in cui io dovevo prendere uno di loro poi loro dovevano prendere me. giocammo fino a quando io, senza forze, mi accasciai a terra. Ero stanchissima e con un po’ di fiatone. Aki, preoccupato che io non stessi bene, corse subito vicino a me.
“Iris! Iris che cos’hai? E come stai?” chiese Aki.
Io non gli risposi. Feci una grossa risata per un po’ di tempo poi mi alzai in piedi.
“Iris, perché ridi? È successo qualcosa?” chiese lui.
“No non è nulla. Va tutto bene.” dissi io.
“Ohhhh…” disse lui.
“Giochiamo ancora?” chiesero due Seiko che avevo davanti a me.
“mi dispiace ma sono stanchissima. Guarda Aki, è già sera.” Dissi io rivolgendomi prima a loro e poi guardando il cielo.
Ci girammo all’indietro e iniziammo a camminare quando i bambini con occhi tristi si misero a chiamarci e a farci delle domande.
“Ve ne state già andando via?” chiese uno di loro.
“Dove andate?” chiese un altro.
“Andiamo a riposarci. Possiamo continuare a giocare domani, che ne dite?” dissi io.
Loro non dissero nulla e noi ce ne andammo verso la casa di Taro. Prima di entrare in casa Urushi si mise dietro di me ed entrammo tutti insieme. Mari poco dopo ci disse di andare a prepararci perché era pronta la cena così ci sedemmo davanti al tavolo e lei servì a ciascuno di noi una ciotola di riso buonissima e ben cotta e sopra un po’ di l’alga di nori.
“Complimenti, questo riso è buonissimo!” dissi io.
“Davvero? Grazie!” disse Mari.
“Sembra cotto così bene che ti si scioglie in bocca.” Dissi io.
“Sono davvero contenta che vi piaccia.” Disse Hanako.
Una volta finito di mangiare il riso che avevo davanti aiutai Mari a portare in cucina ciò che avevamo utilizzato. Le dissi che sarei andata a riposare così mi allontanai e mi andai a coricare nella stanza in cui avevamo lasciato i futon.
Mentre ero coricata mi venne da pensare a cosa stava facendo mio padre, padron Hiroshi e i padroncini. Erano passati diversi giorni da quando io me ne ero andata e non avendo neanche una notizia di loro. I padroncini erano molto giovani e dato che c’erano le cameriere ad occuparsi di loro non mi preoccupava, ma Hiroshi avendo una certa età mi veniva da pensare a come stava e dove si  trovare.
Pensai anche a mio padre che, pur sapendo che lui era in buona salute, lavorava tanto riposando poco e mi mancava non avendolo visto da quando ero partita. Mi chiesi che cosa faceva, dove si potesse trovare e se fosse già rientrato a casa. oramai non lo vedevo da diversi giorni e sapere che lui era a casa senza di me deve essere spaventato e preoccupato.
Proprio mentre io avevo questi pensieri entrò nella stanza Aki che si coricò a fianco a me e mi fissò.
“Che c’è?” chiesi io.
“Che ne dici se domani ce ne andiamo?” chiese lui.
“Perché? È per caso successo qualcosa?” chiesi io.
“no, niente affatto.” disse lui.
“E allora perché mi hai fatto quella domanda?” dissi io.
“Vorrei vedere un nuovo villaggio. Vorrei andarci subito, però voglio farlo con te.” Disse lui.
“Sì però io non posso andarmene senza averlo detto a Taro e ali altri. Per non parlare del fatto che ho già promesso ai Seiko di andare a giocare con loro domani.” Dissi io.
“Puoi dirgli che non puoi più giocare con loro e diciamo a Taro che dobbiamo andare via per esplorare nuovi villaggi.” Disse lui.
“Mi dispiace molto per loro… però va bene.” dissi io.
“Grandioso! Allora che ne dici se ce ne andiamo domani mattina?” disse lui tutto contento.
“Va bene. però adesso vorrei riposarmi.” Dissi io.
“Oh, giusto. Allora ci vediamo domani.” Disse lui.
Si addormentò a fianco a me con un sorriso. Mi piaceva stare a guardarlo, con quell’espressione così rilassata sul suo viso. Guardai soprattutto i suoi occhi chiusi, il suo naso, le sue labbra e il suo mento. Non riuscivo a capire che cos’era quella sensazione che provavo ma era molto simile a un senso di leggerezza e mi permetteva di non pensare a nulla. Mi rilassava sapere che lo avevo al mio fianco in ogni momento.
Passai diversi minuti a guardarlo con il corpo disteso da un lato finché, senza accorgermene, non mi addormentai. Non mi accorsi nemmeno dell’arrivo di Urushi che entrò in silenzio e si addormentò seduto contro il muro.

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Capitolo 12
*** Capitolo undici: due villaggi e una madre da aiutare ***


La mattina dopo mi svegliai molto presto dalla sete che avevo. Sia Aki sia Urushi stavano dormendo. Mi alzai e mi diressi in cucina e anche se era tutto buio intorno a me, stesi in avanti le braccia e toccai intorno a me per non andare a sbattere in qualcosa. Toccai con le mani qualcosa davanti a me che era piano e dritto, ma all’improvviso sentii le mie mani andare in basso di qualche centimetro e toccai un oggetto molto simile a un piatto usato ieri sera.
‘Eh? che cosa ho toccato?’ pensai io.
Percepii con le mani qualcosa di piccolo e rotondo, molto simile a una ciotola, ma con il buio in cui mi trovavo facevo fatica a capire che cosa stavo toccando. Poi vidi una luce venire dalla mia sinistra avvicinarsi poco per volta verso di me. Questo all’inizio mi spaventò perché non sapevo chi fosse.
Quella luce si fermò ad un passo da me e si alzò facendomi vedere una faccia. Io mi misi a urlare dalla paura rischiando di svegliare quasi tutti.
“AAAAAAAAH!” urlai io.
Nello stesso tempo urlò anche la persona che avevo davanti. Subito non ero in grado di distinguere a chi appartenesse.
“Chi- chi sei?” chiesi io.
“Iris, sei tu?” disse la voce davanti a me.
“Questa voce… Hanako?” chiesi io.
“Oh, allora sei tu. Ho preso un gran spavento.” Disse Lei.
“Scusami, non volevo spaventarti. Mi era venuta sete e sono venuta a bere cercando di non fare rumore.” dissi io.
“Oh, tranquilla, non è un problema. È raro che ci sia qualcun altro sveglio a quest’ora della mattina.” Disse lei.
“Ah sì?” chiesi io.
“Sì, ma non c’è mai nessuno. Guarda, ci sono già le prime luci del sole.” Disse lei indicando la finestra dietro di me.
Mi girai e guardai fuori. Il cielo era bellissimo, tutto colorato di rosso e di arancione e appena un pochino di giallo. Non si vedeva il sole però si poteva ammirare la bellezza del cielo e della luce che si diffondeva.
“Oh, ehm… c’è una cosa che vorrei dirti.” Dissi io.
“Certo, di che si tratta?” chiese lei.
“Beh, io e Aki dobbiamo andare via più tardi. Vogliamo partire per scoprire altri villaggi.” Dissi io.
“Oh che peccato, mi sarebbe piaciuto potervi avere ancora un po’ qui con noi.” Disse lei.
“Ve ne andate via?” chiese Mari che era davanti alla porta.
“Buongiorno. Io e Aki vogliamo scoprire quanti più villaggi possibili così vorremmo partire presto.” dissi io.
“Io però non voglio che ve ne andiate via, non mi hai ancora detto come avete vinto i giochi di due giorni fa.” Disse lei.
“I-io non lo so…” dissi io.
“Buongiorno.” Dissero Aki e Taro.
Aki Si mise a sbadigliare mentre io guardando fuori notai i diversi Seiko alla finestra che mi fissavano. Mari e Hanako si misero subito a fare la colazione, Taro andò a preparare il tavolo della colazione, mentre Urushi passò davanti a me dirigendosi verso l’uscita della casa. Io lo fermai proprio davanti alla porta chiamandolo.
“Urushi aspetta.” Dissi io.
“Sì?” chiese lui.
“Io e Aki abbiamo deciso di partire più tardi per vedere un altro villaggio. Pensavo di partire non appena abbiamo mangiato. Ma tu dove stai andando?” dissi io.
“Non vado da nessuna parte, mi sgranchisco solo un pochino.” Disse lui.
Lui dopo quelle parole se ne andò via mentre io tornai dagli altri.  Dopo qualche minuto lui tornò ed entrambi andammo a mangiare. Aki, Taro e Mari erano già seduti davanti al tavolino e Hanako stava mettendo le nostre colazioni quando noi entrammo nella stanza. Mangiammo una ciotola piena di riso con sopra della salsa di soia, un piatto semplice ma molto buono.
“Noi partiremo non appena avremo finito di mangiare.” Disse Aki.
“Aki, ma è troppo presto!” dissi io.
“Lo so, però io non vedo l’ora di vedere quale sarà il prossimo villaggio.” Disse Aki.
“non lo sapevo. È un vero peccato che ve ne andiate via.” Disse Taro con tono triste.
“Anche a me dispiace ma, come ho detto prima ad Hanako, vogliamo scoprire e conoscere nuovi villaggi. Così pensavamo di partire non appena possibile.” dissi io.
Io e Aki fummo i primi a finire il riso che avevamo, così mi alzai in piedi e mi diressi nella stanza dove avevamo dormito. Sistemai i futon avevamo utilizzato durante la notte dentro la borsa che Sachi giorni fa ci aveva dato, la misi sulle spalle, presi in mano la spada, arco e frecce che avevamo messo in un angolo della stanza e tornai dove si trovavano tutti gli altri.
Tutti nella stanza erano in piedi e Aki stava parlando con Taro quando entrai io. Aki mi guardò e si avvicinò a me con sguardo preoccupato.
“Iris ma che fai con tutte queste cose in spalla! Sono troppo pesanti per te. Lascia che le porti io.” disse Aki.
“No, tranquillo. Riesco a portarli e sono pronta ad andare.” Dissi io.
Aki mi sorrise e mi fece cenno di sì con la testa mentre Taro dietro di lui aveva un’espressione triste con lo sguardo rivolto verso terra.
Mi avvicinai a Taro e gli dissi: “non essere triste, non c’è motivo di esserlo.”
Urushi, Mari e Hanako si avvicinarono a noi e tutti insieme uscimmo di casa. Girammo a destra e ci incamminammo lungo la strada per diversi metri. Quando davanti a noi c’erano tantissimi alberi  ci fermammo, Urushi venne a fianco a me e io mi girai verso Taro e gli altri. Vederli così tristi un po’ mi dispiaceva però non ci potevo fare nulla visto stavamo per andare via.
“Vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto per noi.” Dissi io inchinandomi in avanti.
“Ma no, anzi, siamo noi a dovervi ringraziare per averci fatto divertire durante i giochi dell’altro giorno e per essere stati con noi in questi due giorni.” Disse Taro.
A fianco a Taro c’era Mari con un’espressione molto triste. Vederla così non mi piaceva, per questo mi avvicinai a lei e le misi una mano sulla spalla.
“Non essere triste Mari. Se lo desideri, in futuro potrete venire tutti a trovarmi nel villaggio Wake dove vivo.” Dissi io sorridendole.
“Davvero?” chiese Mari.
“Certo! Oh, c’è una cosa che vorrei chiedervi.” Dissi io.
“Che cosa?” chiese Mari.
“Mi piacerebbe sapere come si chiama questo villaggio e se sapete qual è il villaggio più vicino.” Dissi io.
“Questo villaggio si chiama Achu mentre quello più vicino si chiama Asato e si trova a est di qui.” disse Hanako indicando dietro di me.
“Iris, andiamo?” chiese Aki.
“Sì, solo un attimo. Mari, a casa tua ho lasciato le collane che tu ci hai dato ieri. Puoi tenerle come pensiero da parte nostra.” Dissi io.
“Grazie.” Disse Mari.
“Beh adesso noi andiamo via. Grazie ancora di tutto.” Dissi io.
Mi girai e, insieme ad Aki e a Urushi, iniziammo a camminare verso gli alberi quando proprio davanti a noi ci furono i nove Seiko che ci bloccarono la strada. Erano tutti uno a fianco all’altro e sembravano tristi. A prima vista non riuscii a capire come mai si trovavano lì e che cosa potevano volere da noi, così ci avvicinammo e io mi inchinai a terra.
“Ve ne state andando via?” disse un Seiko al centro.
“Sì, stiamo andando via.” Dissi io.
“Perché?” chiese uno di loro.
“Dove andate?” chiese un altro.
“Andiamo in un altro villaggio per scoprire cose nuove.” Dissi io.
“Oh… però ci avete promesso ieri che avremmo giocato di nuovo insieme.” disse uno dei Seiko.
“Lo so, ma non possiamo proprio farlo. Mi dispiace.” Dissi io.
“Beh, noi adesso andiamo.” Dissi io. Mi alzai in piedi e ripresi a camminare insieme a Urushi e ad Aki. tutti loro sembravano molto tristi.
“Tornerete qui?” disse il Seiko al centro.
“Non credo…” dissi io.
“Se in futuro avrete bisogno di noi, noi ci saremo e vi aiuteremo!” urlò uno dei Seiko.
Peccato che dalla distanza in cui eravamo non si poteva sentire benissimo. Mentre me ne andai mi sentii anche io un po’ triste. Non capivo se era perché avevo lasciato Taro e la sua famiglia o se era perché non ero rimasta a divertirmi di più con i Seiko come avevo promesso. Avevamo deciso ieri sera così in fretta che non mi sembrava possibile che mi stavo allontanando da quel villaggio in cui mi ero trovata così bene. Sulla mia faccia c’era un’espressione triste che venne notata subito da Aki.
“Ehi Iris, perché sei così triste?” chiese lui.
“Eh? io, triste? Non è possibile!” dissi io.
“Non è vero. Si nota dalla tua faccia. Dimmi che cos’hai.” Disse lui.
“non ho niente, davvero. Stai tranquillo.” Dissi io.
“E io ti dico che non è vero. Eddai dimmelo!” disse lui mettendosi davanti a me e camminando all’indietro.
“E dai dimmelo. Dimmelo, dimmelo, dimmelo! Perché non me lo dici?” disse lui.
‘Quando fa così a volte sembra un bambino…’ pensai io mentre lo guardai.
“Va bene, mi arrendo. Te lo dico.” Dissi io.
“Evvai!! Allora, di che si tratta?” chiese lui.
“Prima ero triste perché mi dispiaceva aver lasciato tutti in quel modo e così presto… però sono contenta di essere in viaggio con voi due per vedere un nuovo villaggio.” Dissi io.
Lui si sposto a fianco a me e camminò esattamente come feci io. nello stesso tempo lui sorrise e senza rendermene conto la sua espressione felice mi piaceva e mi attraeva. Rimasi a guardarlo mentre camminai per una decina di secondi.
“Iris, sei troppo gentile con lui.” disse Urushi.
“Che cosa hai detto?” disse Aki arrabbiandosi.
“Aki calmati. Non aveva intenzione di offenderti, non è così? Ma che cosa vuoi dire con questo?” dissi io girando la testa verso Urushi.
“Beh, non appena lui insiste su qualcosa che vuole sapere tu glielo dici subito e questo non mi sembra giusto.” Disse Urushi.
“COSA HAI DETTO?” disse Aki.
Io mi fermai esattamente dove mi trovavo e, girandomi verso Urushi, gli dissi: “Aki, ho detto di calmarti. Urushi, possiamo parlare di questo più tardi?”
Non ottenni alcuna risposta alcuna risposta da parte sua e riprendemmo a camminare restando un silenzio per un paio di minuti.
“Ehi ragazzi.” Dissi io.
“Sì?” chiese Aki.
“Grazie a voi due sono riuscita a imparare e a scoprire nuove parole che non conoscevo. Parole che non avrei mai imparato se non fosse stato per voi e ne sono felice. Quindi grazie ad entrambi.” dissi io sorridendo.
Urushi rimase a guardarmi senza dire nulla, mentre Aki diventò rosso come un pomodoro in faccia e aveva gli occhi sbarrati, come se ne fosse rimasto stupito per ciò che ho detto.
“Perché fai quella faccia stupita?” chiesi io.
“Ah, ehm… niente.” disse Aki.
“Aki, so che è presto dirlo, ma grazie per avermi fatto vivere quest’avventura con te. Lo so che abbiamo visto pochi villaggi, però mi sono divertita tantissimo. Per questo ti ringrazio.” Dissi io sorridendogli.
“N-non c’è di che…” dissi lui arrossendo e guardando in basso.
Quella sua espressione mi piaceva molto, come mi piacevano tutte quelle che aveva fatto negli ultimi giorni. Abbiamo vissuto tante emozioni e ogni volta lui reagiva diversamente. Ogni volta mi mostrava un lato di lui che non conoscevo stupendomi sempre di più.
Inoltre lui aveva un aspetto molto simile a una persona che conoscevo e, anche se non ricordavo a chi potesse essere, il suo aspetto mi affascinava. I suoi lineamenti di profilo e il suo colore di capelli mi ricordavano qualcuno, ma non essendone sicura cercai di non pensarci.
“Hey Iris.” Disse Aki. Io non risposi dato che ero assorta nei miei pensieri.
“Iris!” disse di nuovo Aki.
“Eh?” dissi io.
“Sembri distratta. Che cos’hai?” chiese lui.
“Oh, niente. Stavo solo pensando, ma non è nulla di cui preoccuparsi. Ma tu avevi bisogno?” dissi io.
“Sì, ti va se oggi facciamo due villaggi?” disse lui.
“Perché vuoi farne due? Non è meglio uno solo?” chiesi io.
“Beh, ho una gran voglia di scoprire come sono fatti e che cosa vedremo nei prossimi villaggi. Per questo vorrei farne due in un giorno.” Disse lui.
“Ci può stare…  vedremo se riusciamo a farli.” Dissi io.
“Fantastico! Grazie Iris. Guarda, là in fondo c’è un villaggio. Forza, andiamo a vedere.” disse Aki tutto contento.
Camminammo tutti e tre in silenzio per una ventina di metri quando entrammo nel villaggio che avevamo davanti a noi. C’erano tante persone che camminavano oltre a noi e che venivano da entrambe le direzioni. Erano sia uomini che donne, sia coppie sia persone da sole.
Mentre camminavo tutto mi sembrava bellissimo. Poter essere in quel villaggio e vedere tutte quelle persone che nemmeno conoscevo e avevo mai visto. Ogni cosa era nuovo per me e ogni sensazione che provavo erano come nuove.
Intanto che procedevo a fianco ad Aki e ad Urushi notai da un lato della strada sei bambini  intorni ai cinque anni che giocavano saltando avanti e indietro. Sembravano divertirsi molto. Guardai Aki e notai su di lui un’espressione molto felice.
“Ehi Iris, andiamo a giocare con quei bambini là?” chiese Aki.
“E perché? Non è meglio se continuiamo a camminare?” dissi io.
“E dai, che c’è di male a giocare un po’ con loro. E poi, sembra si stiano divertendo.” Disse Aki iniziando ad avanzare verso i bambini. Loro smisero di giocare e iniziarono a guardarci incuriositi.
“Aki, torna qui!” dissi io.
Ormai era troppo tardi e chiamarlo era stato inutile. Lui ormai si era avvicinato ai bambini e si era inchinato a terra. Mi avvicinai anche io per sapere che cosa si stavano dicendo.
“Hey bambini, va bene se gioco un po’ con voi?” chiese Aki. Loro non risposero.
“Aki, perché ti sei fermato? Non dobbiamo incamminarci per vedere i villaggi?” dissi io.
“Che strano, non mi rispondono… forse non capiscono ciò che stiamo dicendo.” Disse lui.
“Aki ascoltami!” dissi io.
“Ti sto ascoltando. Però non credo ci siano problemi se per qualche minuto ci fermiamo a giocare con loro.” disse lui.
Io feci una faccia scocciata guardando alla mia destra. proprio in quella direzione udii delle urla di rabbia provenire da una casa poco lontano da dove mi trovavo, vidi un uomo uscire e allontanarsi e vide una donna disperata uscire da casa e chiedere aiuto a chiunque passasse davanti a casa sua.
“Vi prego aiutatemi. Aiutatemi, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti.” Disse la donna con voce disperata e con le mani davanti al corpo.
Io, presa dalla curiosità mi avvicinai alla donna e potei notare meglio il modo in cui era vestita. Era una donna capelli castani, occhi scuri, magra, alta qualche centimetro in più di me, i piedi scalzi e portava una maglia e un paio di pantaloni molto malridotti e di colore verde chiaro. L’uomo che era uscito poco prima aveva vestiti malridotti e di colore grigio molto sporco.
“Ah! Ehi ragazza, ti prego aiutami!” disse la donna.
“Eh?” dissi io.
“Ti prego, aiutami! Mio marito se n’è andato via e non ho idea di come posso fare.” disse lei.
“Eh? Di che cosa sta parlando? Non riesco a capire…” chiesi io.
“Vedi, mia madre abita poco lontano da qui e lei questa mattina ha bisogno di me. Però non posso andarmene via senza qualcuno che mi controlli i miei figli e mio marito non c’è per tutta giornata. Per questo motivo mi devi aiutare, ti prego!” disse la donna finendo per prendermi le mani.
“Però io non ho idea di cosa devo fare e come si faccia…” dissi io un po’ imbarazzata.
“Là dentro ci sono i miei tre figli, ma prima di presentarteli vorrei sapere se accetti aiutarmi.” Disse la donna.
“Certo che la aiuteremo signora!” disse una voce dietro di me.
Girai la testa e dissi: “Aki! Ma che ci fai qui? Non eri a giocare con i bambini là dietro?”
“Non l’ho fatto. Mi sono divertito a guardarti per un po’, ma non ho resistito e ho risposto io al posto tuo.” Disse Aki sorridendo.
“Mi aiutate davvero?” disse la donna con un’espressione contenta.
“Certamente!” Disse Aki.
“Oh, meraviglioso, grazie mille! Grazie, grazie davvero! Mi avete salvato da un momento di enorme difficoltà. Prego, entrate in casa che vi presento i miei figli.” Disse la donna enormemente felice.
Entrammo in casa e la stanza in cui ci trovammo davanti non era molto spazioso. Intorno a noi c’erano alcuni mobili e davanti a noi c’erano tre bambini. Avevano all’incirca sei anni, avevano tutti e tre i capelli corti e castani e indossavano solo i pantaloncini. Non appena li vidi arrossii molto e diventai immobile, finchè…
“Fumio, Akuni e Kichi, mettetevi subito le vostre maglie! Non vedete che ci sono ospiti!” disse la signora sgridando i bambini. Loro con un’espressione un po’ triste si misero le loro maglie, tutti e tre di colore bianco.
“Beh, loro sono i miei figli e hanno cinque anni. Dovrete prendervi cura di loro finché non torno. Ora che li conoscete sono costretta a lasciarvi. Io mi chiamo Ulma e se avete bisogno potrete trovarmi poco distante da qui.” disse Ulma.
“Ah, aspetta!” dissi io. ma lei ormai se ne era già andata via lasciando me, Aki e Urushi da soli.
“Complimenti Aki. Hai accettato di aiutare quella signora ma né tu né io abbiamo idea di come si faccia.” Dissi io.
“È vero che non sappiamo come si faccia, però ormai non ci si può fare nulla. Prova a pensarla come una cosa divertente.” Disse lui sorridendo.
“Non c’è niente da ridere e non è affatto divertente! Io… Io non ho idea di …” dissi io finendo per girarmi verso i bambini.
Notai proprio in quel momento che loro tre erano in piedi mentre Urushi era seduto e chiacchierava con loro. Vederlo così non mi sembrava normale. Voglio dire, era la prima volta che lo vedevo parlare con qualcun altro che non fossero noi due e questo mi stupì molto.
“Noi non sappiamo leggere e scrivere. Non lo abbiamo mai imparato.” Disse Fumio che si trovava a sinistra.
“Esattamente come me…” dissi io con tono molto basso.
“Eh? hai detto qualcosa?” chiese Aki. Io mi avvicinai a loro e ascoltai ciò che stavano dicendo.
“Eeeeh? È un peccato non sapere cosa si legge. Ma vostra mamma lo sa fare?” dissi io.
“Sì, e anche papà lo sa fare.” disse Fumio.
“Ti va di giocare?” disse Kichi mentre mi teneva con una mano la maglia. Io sorrisi e dissi di sì.
Lei era contentissima e prese dal tavolo due  bambole molto semplici e fatte di stoffa. Ne presi in mano una e notai che era morbidissima e mi piaceva molto.
“Lei si chiama Katy e questa qui è Alice. Lei è la mamma e la mia è la figlia.” Disse lei sorridendo. Aveva un sorriso grandissimo e, come me, si notava che si stava divertendo.
Vidi Urushi camminare indietro fino ad arrivare contro il muro, mentre i due bambini si avvicinarono ad Aki e gli chiesero: “Giochiamo insieme?”
“Certo!” disse Aki.
Così anche loro giocarono con delle macchinine fatte di legno sporco. Si divertivano a correre per casa facendo correre molto velocemente le macchinine che avevano in mano. Loro passarono tutta la mattina in quel modo mentre io e Kichi ci divertivamo tanto e la passammo a giocare. Passarono una, due, tre ore, forse di più, ma nessuno di noi nella stanza si accorse che era passata la mattina finché non arrivò Ulma.
Lei entrò in casa, chiuse la porta e ci si appoggiò sedendosi per terra. Tirò un lungo sospiro e quello mi fece incuriosire. Così mi fermai di giocare con Kichi e mi avvicinai a lei.
“Ulma, va tutto bene?” chiesi io.
“Eh? Oh sì certo. Sto benissimo. Mi sto solo riposando un attimo dalla mattinata che ho avuto.” Disse lei.
“capisco… allora va bene.” dissi io.
“Sì. Ah, vorrei ringraziarvi per avermi tenuto i bambini! Ditemi cosa posso fare per ripagare il favore che mi avete fatto!” Disse lei prendendomi le mani.
“E-ecco…” dissi io un po’ imbarazzata.
“Beh, potresti darci qualcosa da bere? Abbiamo molta sete.” Disse Aki super contento e sorridendo.
“Aki, non si chiedono queste cose in quel modo!” dissi io.
“Ah…” disse lui calmandosi.
Ci fece sedere davanti al tavolino in cui io e Aki avevamo giocato con i bambini. Rimanemmo fermi per un paio di minuti al massimo, mentre Ulma si era spostata in una stanza a fianco. Tornò esattamente un paio minuti dopo essere andata via con un vassoio in legno in mano e sopra al vassoio c’erano quattro bicchieri. Mise un bicchiere davanti a ognuno di noi e si sedette dall’altra parte del tavolo. Dentro il bicchiere si trovava del tè verde molto dolce.
“Non sapete quanto vi sono grata per ciò che avete fatto. Spero che i miei figli siano stati bravi.” Disse lei.
“Sì, abbiamo giocato tutto il tempo ed è stato divertente.” dissi io.
“Meno male. oh, ehm… mi dispiace se casa nostra non è ricca di oggetti. È solo che siamo poveri e, come altre famiglie, non possiamo permetterci granché.” Disse lei mentre si teneva vicino i bambini.
“Che peccato… c’è qualcosa che possiamo fare per aiutarvi?” dissi io.
“Sfortunatamente no, ma grazie comunque. Io e mio marito siamo ancora in grado di andare avanti anche se non possiamo insegnare molto ai nostri figli. E voi invece, vi andrebbe di rimanere qui durante il pomeriggio e questa sera?” disse lei.
Aki con espressione felice stava per aprire bocca quando lo fermai parlando io al suo posto.
“Mi dispiace ma non possiamo farlo. Dobbiamo andare appena possibile.” Dissi io.
“oh che tristezza… mi sarebbe piaciuto molto se voi aveste accettato. Avreste potuto aiutarmi ancora un po’…” Disse lei.
Rimanemmo in silenzio mentre io e Ulma finimmo il bicchiere di tè che avevamo davanti. Lei aveva un espressione un po’ triste anche se non disse praticamente nulla.
“Beh, noi adesso dobbiamo andare. Forza Iris!” Disse Aki.
“Aki, ma che cosa…” dissi io. Non feci in tempo a finire la frase che lui mi prese il braccio e mi sollevò facendomi alzare in piedi.
“Dobbiamo andare, no? Allora andiamo!” disse Aki.
“Sì però…” dissi io.
“Se ve ne state andando lasciate che vi accompagno alla porta e vi ringrazio ancora per come mi avete aiutato.” Disse Ulma.
Dopo solo tre passi arrivammo davanti la porta. Lei la aprì e, ringraziandoci di nuovo e salutandoci con la mano, ci lasciò andare via. Così, dopo essere usciti di casa, girammo alla nostra sinistra.
Restammo di nuovo in silenzio fino a quando non uscimmo dal villaggio, cioè per circa cinque minuti. Durante quei cinque minuti mi guardai intorno e vidi tanta gente camminare. Alcune persone chiacchieravano mentre dei bambini si divertivano correndo lungo la strada. Una volta usciti dal villaggio Aki si stirò la pelle e fece un’espressione felice.
“Ehi Aki, perché sei così felice?” chiesi io.
“Beh, stiamo andando in un nuovo villaggio. Non posso non essere contento di andare a scoprire e provare qualcosa di nuovo. E poi mi sono divertito tantissimo a giocare con quei bambini. Mi sembrava di tornare bambino anche io.” Disse Aki.
“Ah sì? Però prima mi hai fatto male.” dissi io.
“Prima? Quando ti ho alzato per andare via?” chiese lui.
“Sì, mi hai fatto male.” dissi io.
“Oh mi dispiace. Sono stato frettoloso perché non riuscivo ad aspettare di andare via e scoprire qualcos’altro.” Disse lui.
“Frettoloso? Che significa?” chiesi io.
“È una persona che agisce di fretta.” Disse Urushi.
“Grazie Urushi…” disse Aki con tono un po’ scocciato.
“Aki rilassati. Adesso stiamo andando in un nuovo villaggio a anche io non vedo l’ora di sapere che cosa ci aspetta.” Dissi io.
Camminammo per qualche decina di metri in silenzio mentre io pensai al buon tè che avevo bevuto in casa di Ulma. Era un normalissimo tè verde, ma era molto più dolce di quello che bevevo alcune sere in cui tornavo a casa molto tardi da lavoro. Ero riuscita a godermelo quel tè e mi era piaciuto molto.
“E tu perché sei felice?” disse Aki.
“Pensavo solo che anche se siamo andati via di fretta il tè che ci ha dato era buonissimo.” Dissi io.
“è vero, è piaciuto anche a me.” disse Aki sorridendomi.
“Per un attimo mi ha fatto ricordare una cosa che mi capitava spesso.” Dissi io.
“E cos’hai ricordato?” chiese Aki molto curioso. Anche Urushi lo era dato che aveva girato la testa verso di me e mi stava guardando.
“è un ricordo di alcuni anni fa, ma non è nulla di che.” Dissi io.
“Non hai detto nulla.” Disse Urushi.
“Non mi piace tanto dirlo, ma lui ha ragione. Vai avanti che voglio sapere.” Disse Aki curioso.
“Ecco… alcune volte tornavo a casa dal castello di Padron Hiroshi molto tardi. Mio padre non era ancora rientrato a casa ed ero così stanca che non avevo minimamente voglia di mangiare nulla, così in quei casi mi facevo una tazza di tè verde. Il tè che abbiamo bevuto a casa di Ulma era lo stesso che bevevo io in quegli anni, solo che il suo era molto più dolce.” Dissi io.
“Oh, questo non lo sapevo!” disse Aki.
Io mi sentii felice di poter condividere questi ricordi con loro due ed ero felice di stare con loro. poco dopo Urushi mi toccò la spalla per due volte e indicò con una mano davanti a lui delle case appartenenti a un villaggio.
“Iris guarda, c’è un villaggio!” disse Aki.
“Lo vedo, lo vedo…” dissi io.
Camminammo verso il villaggio per poi girare per il villaggio. Tutto sembrava tranquillo e normale e le strade erano affollate di persone. C’erano anche alcune bancarelle di legno sparsi in diversi punti della strada e distanti l’uno dall’altro. Le bancarelle vendevano frutta, verdura, pupazzi e giochi per bambini oltre a molte altre cose che non conoscevo. Tutti quelli che si trovavano dall’altra parte erano persone di diverse età, alcuni di loro erano molto molto giovani, altri erano di mezza età e altri ancora erano anziani.
Mi piaceva camminare in mezzo a tutta quella gente ed era bellissimo vedere tutte quelle cose intorno a me. Ma tutto mi sembrava troppo tranquillo.
Pochi secondi dopo qualcuno o qualcosa mi prese contro la spalla e il braccio destro, ma per fortuna non caddi a terra.
“Iris stai bene?” chiese Aki.
“Sì, sto bene. Ma che cosa è stato?” chiesi io con la mano sulla spalla.
Girai la testa e vidi che era un bambino di sette anni. Indossava un kimono verde scuro, aveva i capelli neri, gli occhi marroni e la pelle chiara. Non appena notò che aveva sbattuto contro di me, mi guardò e si scusò.
“Oh, scusatemi tanto, ma sono di fretta.” Disse il ragazzo inchinandosi in avanti. Poi alzò la testa e disse: “Scusa, ma tu non sei la nostra maestra Yuuki?”
“Huh? M-mi dispiace ma credo che tu mi stai scambiando per qualcun altro.” Dissi io.
“No, devi essere proprio tu. Te ne sei andata via diversi giorni fa per cercare delle persone e da quel giorno noi ti abbiamo aspettato. Finalmente sei tornata da noi e adesso puoi tornare ad insegnarci. Non è così?” disse il ragazzo.
“Ti ripeto che mi stai scambiando per qualcun altro. E chi sono questi ‘noi’ di cui parli?” dissi io.
“Ma siamo i tuoi studenti e tu sei la nostra insegnante!” Disse lui.
“Eh?” mi chiesi io.
“Aaaah, ora non c’è tempo per spiegare. Vieni con me, Shinren ha subito bisogno di te!” disse il ragazzo prendendomi la mano e trascinandomi con lui.
“A-aspetta! Ehi!” dissi io.
Ma lui continuò ad andare in avanti e a non ascoltarmi. Aki e Urushi continuarono a seguirmi e insieme camminammo per una decina di metri con passo veloce. Non riuscii a capire che cosa stava succedendo e dove stavo andando fino a quando non ci fermammo di scatto. Poco più avanti rispetto a noi c’era alla nostra destra una bancarella di oggetti ricchi di colori. Notai che da un lato c’era una bambina di otto anni mentre dalla parte opposta c’era un uomo di mezza età con espressione e tono arrabbiato che si lamentava con la bambina.
“Cosa? Quest’oggetto costa così tanto? Ma sei pazza!” disse l’uomo molto arrabbiato.
“P-però…” disse la bambina.
“Niente però! Io non pago per questa forcina per capelli, costa troppo. Me ne vado.” disse l’uomo scocciato.
“Oh… e adesso come posso fare.” disse la bambina con espressione triste.
Vedere quella bambina mettersi a piangere mi dispiaceva e per questo mi avvicinai a lei.
“Ehi, va tutto bene?” chiesi io.
“Sì, va tutto bene.” disse la bambina piangendo.
“Però se piangi vuol dire che c’è qualcosa.” Dissi io.
Lei si asciugò un pochino le lacrime con una mano e ci fece segno di girare intorno al bancone in legno che ci separava e su cui c’erano le diverse forcine per capelli. Facemmo tutti e tre ciò che ci aveva chiesto e avvicinandomi notai che i suoi occhi erano molto rossi. Quando le fui davanti, la bambina si appoggiò a me e per un paio di minuti riprese a piangere stringendomi la maglia. Non appena si fu calmata riprendemmo a parlare.
“Che cosa sono tutti questi oggetti? E a che servono?” chiesi io.
“Quelle sono forcine per capelli, quelli lì invece sono delle treccine di paglia per legare i capelli e questi sono dei piccoli oggetti colorati. Sono tutti utilizzati per fermare i capelli.” Disse la bambina.
“Oh… perché stavi piangendo?” chiesi io.
“Beh, questa è la bancarella dove io e mia madre vendiamo gli oggetti che facciamo. Solo che ieri e oggi mia madre è ammalata e io non posso stargli vicino perché devo stare qui a vendere queste cose e non abbiamo abbastanza soldi per poter prendere la medicina.” disse la bambina.
“Ti chiami Shinren, giusto? Che cos’ha tua madre?” chiesi io.
“Non lo so, l’ultima volta che l’ho vista era questa mattina. Lei era coricata a letto ed era calda sulla testa e sulle mani. Ma io non posso spostarmi di qui…” disse Shinren.
“Ci pensiamo noi!” disse Aki.
“Eh?” chiese Urushi.
“Aki!” dissi io.
“Davvero mi aiuterete?” chiese Shinren.
“Sì certo!” disse Aki.
“Oh, grazie! Grazie mille maestra! Tornerò più tardi per vedere come sta andando!” disse lei finendo per correre via.
“Aspetta, io non sono la tua… maestra.” dissi io. purtroppo quando finii di parlare lei si era già allontanata ed era entrata in una casa a una decina di metri di distanza da noi.
“Beh, se né andata via.” Disse Aki.
“Io vado a fare un giro. Tornerò più tardi.” Disse Urushi. Subito se ne andò aprendo le sue ali e prendendo il volo.
“Aki, che cosa significa vendere?” chiesi io.
“Penso che voglia dire di scambiare una cosa per un’altra.” Disse lui.
“Oh… Tu sai come si fa a vendere questi oggetti?” chiesi io.
“No. neanche un po’.” Disse Aki.
“COSA? Ma se non sai come si fa perché hai accettato!” dissi io. lui si mise a ridere.
“Non c’è nulla da ridere! Cavolo, adesso come facciamo se nessuno dei due sa come fare.” dissi io preoccupandomi.
“Tranquilla, vedrai che sarà facile. Guarda.” Disse lui.
Notai che proprio davanti a noi c’era una donna alta, magra e con i capelli lunghi e marroni che si avvicinò al tavolo che avevamo davanti e si mise a guardare tutti gli oggetti che c’erano. Aveva una mano sul mento ed era molto incuriosita da ciò che vedeva. L’altra mano la avvicinò lentamente a una forcina per capelli ma la tirò subito indietro senza nemmeno toccarla.
“Salve signora, le va di provare questa forcina?” disse Aki.
In mano aveva una forcina tutta rossa e a forma di fiore. Al centro del fiore c’era una perlina grigio chiara.
“Oh, ma che bel ragazzo che sei e che strano che non c’è Shinren. Le è successo qualcosa?” chiese la donna.
“No, ci ha solo chiesto di aiutarla. Le va di provare questa forcina?” disse Aki.
“Sì, vorrei vedere come mi sta.” Disse la donna.
Aki si girò e mi disse: ”Forza, mettilo nei suoi capelli.”
“Eh?” dissi io.
“Devi metterlo tra i capelli.” Disse lui.
Io, sentendomi un po’ in difficoltà, presi in mano la forcina e avvicinando di due o tre passi alla donna glielo misi tra i suoi capelli. Non appena spostai le mani la signora iniziò a girare la testa a una parte all’altra per due o tre volte. Mentre girava la testa, la sua bocca fece un sorriso.
“È bellissimo! Prenderò questo.” Disse la donna.
“Ah, grazie mille!” disse Aki.
“Beh, adesso hai visto come si fa.” Disse Aki.
La signora ci diede cinque monete color grigio e Aki gli lasciò la forcina che io le avevo messo. Subito dopo le se ne andò via felice e si avvicinarono a noi altre donne. Tutte loro volevano che io mettessi una forcina o una treccina di paglia tra i loro capelli. Io lo feci per tutte le donne e in circa due ore finimmo tutto ciò che avevamo davanti.
Così eravamo rimasti senza oggetti da vendere e con tante monete davanti a noi due. Li dividemmo in due parti ed entrambi li prendemmo con le mani, camminammo davanti a due case per poi trovare Shinren davanti alla terza casa. Non appena ci vide ci chiamò e ci fece entrare nella casa.
“Entra pure maestra! Grazie mille per l’aiuto che mi hai dato!” disse La bambina.
“Di nulla, ma io non sono la tua maestra.” Dissi io.
“Shinren, con chi parli?” disse una voce proveniente da un’altra stanza.
La bambina ci portò nella stanza a fianco. Quello che trovammo erano alcuni mobili negli angoli della strada e una donna seduta per terra con le gambe coperte da un lenzuolo. Aveva i capelli neri e indossava un lungo vestito bianco.
“Ci dispiace per l’intrusione.” Dissi io.
“Chi sono queste persone?” chiese la donna.
“Mamma loro sono la maestra e i suoi compagni! È tornata da noi insieme a quelli che ha conosciuto durante il viaggio!” disse Shinren.
“Ehm… mi dispiace, ma credo che tu mi abbia confusa per qualcun altro. Io non sono chi tu pensi che io sia.” Dissi io. La signora seduta per terra mi guardò per un po’ di tempo restando in silenzio.
“Shinren hai sbagliato, lei non è la maestra Yuuki.” Disse la signora.
“Eh?” disse Shinren.
“Scusate se mia figlia vi ha scambiato per la maestra e i suoi compagni. È solo che ci assomigliate talmente tanto che le è venuto spontaneo farlo.” Disse la signora.
“N-nessun problema.” Disse Aki.
“Shinren ci ha detto che lei non stava bene e cosi l’abbiamo aiutata. Vorrei sapere… come si sente adesso?”  chiesi io.
“Oh, ero solo stanca per aver lavorato molto la notte e per non essere riuscita a riposare abbastanza. Ma adesso sto un po’ meglio rispetto a prima. Grazie per il pensiero.” Disse la signora.
“C’è una cosa che vorremmo darle.” Dissi io.
Guardai un attimo Aki per poi appoggiare a terra tutte le monete che entrambi avevamo tra le mani. Lei ci guardò un po’ confusa, ma poi io dissi: “Prima siamo riusciti a vendere tutto ciò che c’era nella bancarella e questo è quanto abbiamo ottenuto.”
“Eh?” disse la signora.
“Shinren ci ha anche detto che non avete abbastanza soldi per prendere le medicine. Con questi pensiamo che sarete in grado di farlo.” Dissi io.
“Davvero?” chiese la signora felicissima.
“Sì, davvero!” disse Aki.
“Oh grazie! Grazie moltissimo! Con questo potremo comprare le medicine che ci servono! Sentite, perché non rimanete qui a dormire stanotte?” disse la signora felicissima.
“Grazie signora! Accettiamo volentieri!” disse Aki.
“Aki!” dissi io.
“Che c’è! La sua richiesta mi è sembrata buona e così ho accettato.” disse Aki.
“Mi fa piacere che avete accettato. Più tardi ci sarà la cena e subito dopo andremo tutti a letto. ehm… per voi non è un problema se dormiremo tutti nella stessa camera?” disse la signora.
“No, nessun problema. Ehm… c’è un’altra persona insieme a noi.” Dissi io.
“Quindi saremo in cinque. Perfetto.” Disse la signora.
Aki la aiutò ad alzarsi in piedi mentre Shinren se ne andò nella stanza in cui eravamo andati prima. Anche noi lo facemmo e trovammo in mezzo alla stanza un tavolino basso con cinque ciotole di riso e cinque ciotole più piccole di salsa di soia. Nella stanza c’era Urushi che se ne stava a guardare fuori dalla finestra finché io non gli parlai.
“Urushi, che ci fai qui? E quand’è che sei arrivato?” chiesi io.
“Poco fa.” Disse Urushi.
“È ora di mangiare. Sedetevi pure.” Disse Shinren.
Io mi sedetti in un lato del tavolo, a fianco a me si mise Aki, davanti a noi due si sedette Urushi. A fianco a me c’era Shinren e vicino ad Aki c’era la madre di Shinren. Sia io sia Aki versammo un po’ di salsa di soia sopra le nostre ciotole di riso, aspettammo un paio di secondo e poi lo mangiammo tutto. Noi fummo i primi a finire mentre tutti gli altri erano solo a metà della ciotola che avevano davanti.
Mi alzai in piedi e dissi: “Vado a preparare i nostri sacchi a pelo per la notte.”
Così mi spostai nella stanza a fianco, misi in un angolo arco, frecce e spada e in pochi minuti sistemai i sacchi a pelo che si trovavano dentro la sacca che ci aveva dato Sachi diversi giorni fa. Una volta finito mi coricai sopra di loro e mi rilassai. Mi rilassai da una giornata molto impegnativa. A fianco a me si coricò Aki e con lo sguardo fisso verso il soffitto.
“È stata una giornata intensa, vero?” chiese Aki.
“Sì, non mi aspettavo di riuscire a fare due villaggi in un giorno. È stato molto divertente.” Dissi io.
“Anche io mi sono divertito tanto. Ehi Iris, che ne dici se lo facciamo un’altra volta?” disse lui.
Io però non potei rispondergli perché mi ero addormentata proprio prima che facesse la domanda. Dormii talmente pesante che non mi svegliai fino alla mattina dopo.

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici: il triste passato della piccola Shinren ***


La mattina dopo mi svegliai presto e mi trovai in su e con le braccia e le gambe distanti l’una dall’altra. Sentii qualcosa di pesante appoggiato al mio petto e qualcos’altro che mi soffiava in un orecchio. All’inzio mi spaventai perché non sapevo che cosa potesse essere, ma girai la testa e notai che era Aki. Era messo con il corpo girato verso di me. sul petto avevo il suo braccio sinistro che mi stringeva e mi spingeva verso di lui.
Lo guardai in viso e notai come lui stesse dormendo e come lui era così rilassato. Alzai leggermente la schiena, mi misi da un lato appoggiando il corpo sul gomito e lo guardai mentre dormiva.
‘Sembra così carino e rilassato quando dorme… Mi piacerebbe tanto sapere che cosa sta sognando in questo momento. Aspetta , e se stesse sognando di me?” pensai io finendo per diventare tutta rossa.
Guardai per la stanza e vidi soltanto Shinren che dormiva. Non mi preoccupava il fatto che potevo essere vista perché lei dormiva dandomi le spalle. Scossi la testa per un attimo e tornai a guardare Aki che aveva un viso così sereno.
‘Non è possibile che lui possa sognare di me. Però a guardarlo meglio sembra davvero carino…’ pensai io.
Mi avvicinai lentamente a lui per guardarlo meglio quando lui aprì gli occhi e mi vide.
“Volevi baciarmi?” chiese lui.
Io mi immobilizzai per un attimo, mi allontanai per una ventina di centimetri da dove mi trovavo diventando tutta rossa in faccia.
“N-n-n-no! Ma che ti è saltato in mente!” esclamai io.
“Peccato perché lo avrei accettato volentieri.” Disse lui sorridendo.
Io rimasi scioccata da ciò che aveva detto e diventai più rossa di prima.
“Tranquilla Iris, stavo scherzando.” Disse lui sorridendo e sedendosi.
Nella stanza entrò la madre di Shinren che vedendoci svegli ci disse  di andare a mangiare.
“Oh, buongiorno ragazzi. Prego, venite di qua che ho preparato la colazione e vorrei parlarvi.” Disse lei.
Io e Aki ci alzammo in piedi e, seguendola, andammo nella stanza a fianco. Al centro della stanza c’era il tavolino che avevamo usato ieri per mangiare con sopra una ciotola di riso, tre onigiri su un piatto più piccolo per ognuno di noi e delle bacchette di legno a destra.
Noi due ci sedemmo esattamente dove eravamo ieri sera mentre lei si era messa davanti a noi, ovvero dove Urushi si trovava ieri sera. Urushi entrò nella stanza e si sedette a fianco a me.
“Buongiorno Urushi.” Dissi io.
“Buongiorno.” Mi rispose lui.
“Allora, di cosa ci voleva parlare?” chiese Aki.
Lei inchinò la testa in avanti e disse: “vorrei scusarmi di nuovo con voi per ciò che ha detto ieri Shinren. Io l’avevo capito non appena vi ho visto ieri sera che non potevate essere la sua maestra anche se le assomigliate moltissimo.”
“Non si preoccupi, può capitare a tutti di sbagliare e scambiare una persona per qualcuno che si conosce. Vero Aki?” dissi io all’inizio un po’ imbarazzata.
“Sì si.” Rispose lui.
“Ma perché pensava fossi Yuuki? Le è successo qualcosa?” chiesi io incuriosita.
Volevo sapere di più di Yuuki, chi fosse lei. Soprattutto volevo tanto sapere se potevo fare qualcosa per lei, per Shinren e per gli altri bambini di questo villaggio.
“Yuuki era l’insegnante di Shinren e degli altri bambini della sua età di questo villaggio.” Disse lei.
“Era?” chiesi io.
Lei guardò in basso, mise in bocca un po’ di riso e disse: “Yuuki aveva vent’anni e da alcuni anni si prendeva cura dei bambini insegnando loro a scrivere. Però alcuni giorni fa lei se ne andò via dicendo solo che partiva per cercare delle persone e che sarebbe tornata presto. Ma dal giorno della sua parenza lei non tornò mai. I bambini da allora hanno smesso di imparare, giocano tra di loro e aspettano con ansia il ritorno di Yuuki.”
“Perché hanno smesso di imparare a scrivere?” chiese Aki.
“Ho provato a chiederlo a Shinren e a dei suoi amici, ma loro mi hanno detto che non vogliono farlo se non è lei ad insegnare.” Disse lei.
Ci fu un minuto di silenzio tra di noi. In quel minuto pensai a ciò che lei aveva appena detto e a ciò che Yuuki aveva fatto. Come le era venuto in mente di andare via e lasciare questi bambini da soli? E perché lo ha fatto? Domande che io no sapevo rispondere e che mi sentivo un po’ in imbarazzo a chiedere.
Provai a mettermi nei suoi panni, se fossi stata io non me ne sarei andata lasciando da soli dei bambini. Poi mi venne in mente una cosa che mi aveva incuriosito sin da quando ero entrata in questa casa.
“Scusa se lo chiedo, ma dove si trova il papà di Shinren? Non l’ho mai visto…” dissi io.
Lei fece un’espressione triste e mise in bocca un po’ di riso. Guardandola capii che forse avevo fatto una domanda che non dovevo fare.
“Scusa se ho fatto una domanda che non dovevo dare.” Dissi io.
“Ah no, non è un problema. Lui è morto l’anno scorso. La sua scomparsa ha sconvolto e spaventato sia me che Shinren e quando Yuuki se n’è andata, pensai che era uno shock per lei perdere due persone  nel giro di un anno. Io impiegai un paio di mesi prima di riprendermi del tutto. Per Shinren invece non fu così perché, dopo qualche settimana e pur aspettando Yuuki, lei continua a pensare che ci siano tantissime cose che la aspettano in futuro.” Disse la signora.
Rimanemmo tutti in silenzio e non appena lei finì di parlare, una luce del sole entrò dalla finestra che c’era alle mie spalle. Notai che né io né Aki avevamo toccato il riso o gli onigiri che avevamo davanti.
“Oh, è già mattina. Aspetta, ma per quanto abbiamo parlato?” chiesi io.
“Un paio d’ore credo…” Disse Aki.
“Ehm… so che è una richiesta che forse non dovrei farvi, ma vi andrebbe di restare qui con noi a pranzo?” chiese lei.
“Beh, in realtà noi stavamo pensando di andare via. Non vorremmo disturbarvi più di quello che avete già fatto.” Dissi io.
In quel momento corse verso di me Shinren, mi abbracciò forte e disse: “non andare via! Non andare via!”
Io non sapevo cosa fare e come reagire a ciò che lei aveva detto. non sapevo nemmeno cosa risponderle dato che non mi aspettavo un suo abbraccio. Mi sentivo anche un po’ in imbarazzo.
“Shinren, per favore, calmati. non se ne vanno via, resteranno con noi ancora per un po’.” Disse la madre di Shinren.
Lei si staccò da me e si avvicinò alla porta.
“Non andare troppo lontano che a breve pranziamo.” Disse la madre.
La bimba non la ascoltò e aprì la porta per poi andarsene via. Il tutto senza dire nulla.
“Mi dispiace per come lei ha reagito. Le parlerò io più tardi e la cercherò di convincerla della situazione.” Disse la donna.
“Nessun problema. Piuttosto, c’è qualcosa che possiamo fare per farvi stare meglio?” chiesi io.
“Sfortunatamente nulla in particolare. Anche perché non credo che siate in grado di portare in vita mio marito o portare indietro Yuuki.” Disse lei.
“Quello non possiamo farlo, ma se possiamo fare qualcos’altro, qualsiasi altra cosa per aiutarvi, non esitate a chiederlo.” Dissi io.
“Beh, una cosa ci sarebbe.” Disse lei.
“Che cosa? Che cosa?” chiese Aki.
Si spostò in un mobile appoggiato a un angolo della stanza, aprì un cassetto molto lungo e si sentì il rumore di monete. Vidi il braccio muoversi da una parte all’altra per due o tre volte, poi si chiuse il cassetto e si girò verso di noi.
Io, Aki e Urushi ci alzammo in piedi e notammo che la sua mano destra era piena di monete. Le stesse monete che io e Aki le avevamo dato ieri sera. Prese le mie mani, le mise vicine e ci mise sopra tutto quello che aveva nella sua mano. Subito non mi fu molto chiaro il perché lo avesse fatto, ma quello che disse dopo mi aiutò a capire.
“Ecco, prendete questi. Quello che vi chiedo di fare è di andare a comprare del riso e della frutta nel negozio qui vicino.” Disse lei.
Ci disse la strada gesticolando con le mani: dovevo uscire di casa, girare a destra, andare dritto finché non mi trovavo sulla sinistra una stradina piccola tra due case e dovevo percorrerla finché non arrivavo davanti a una più grande. Lì dovevo girare di nuovo a destra e camminando per una decina di passi, mi sarei trovata a destra a destra una bancarella come quella che aveva Shinren ieri, solo che quella vendeva da mangiare.
“Okay, allora seguiremo ciò che hai detto. Torneremo presto.” dissi io.
“Grazie.” Ci disse lei tutta contenta.
“Iris, Urushi, voi andate pure. Io devo fare una cosa e poi vi raggiungo.” Disse Aki.
“Eh? che cosa devi fare?” chiesi io.
“A-al momento non posso dirtelo. Incamminatevi pure che io vi raggiungo tra poco.” Disse Aki.
“Oh… okay. Andiamo Urushi.” Dissi io.
Uscii dalla porta, girai a destra e feci solo qualche passo quando percepii una presenza dietro di me che mi seguiva. Feci finta di nulla e continuai a camminare. Eppure dopo alcuni passi la presenza dietro di me diventò più forte.
Mi fermai di scatto e mi girai per vedere chi mi stava seguendo, ma non notai nessuno a parte una strana figura nascosta dietro l’angolo di una casa. Era una sagoma nera, ma era troppo lontano per capire di chi si poteva trattare. Cercai di non dargli importanza e ripresi a camminare con un passo più veloce di prima. Percorsi alcuni metri, girai la testa per vedere la sagoma e la vidi spostarsi di casa in casa mantenendo però la stessa distanza. Continuai a camminare velocemente finché alla mia sinistra non vidi una piccola strada. Mi fermai, guardai per un attimo all’indietro, vidi la sagoma nera spostarsi da un casa e avvicinarsi a noi. Questo mi spaventò così presi il polso di Urushi e ci incamminammo per una stradina.
Percorsi tutta la strada camminando velocemente e senza mai guardare indietro finché non arrivai in una strada più grande. Mi guardai intorno e vidi una sagoma molto in lontananza. Feci un respiro profondo, mi rilassai e iniziai a camminare insieme ad Urushi. Dentro la mente contai dieci passi e vidi alla mia destra una bancarella con un uomo di mezza età dall’altra parte di un lungo tavolo in legno. Metà del tavolo era occupato da frutta di diverso tipo, mentre dall’altra parte c’erano sia frutta sia verdura. Distesi per terra invece c’erano diversi sacchi di riso molto grandi.
Ci avvicinammo al tavolo e parlammo con l’uomo.
“Signore, mi scusi, vorremmo un po’ di frutta e del riso.” Dissi io.
“Oh, delle facce nuove in questo villaggio. Ditemi, siete di qui? Dove abitate?” chiese il signore.
“No, non siamo di qui. veniamo da lontano, ma al momento siamo a casa di Shinren e di sua madre.” Dissi io.
“Ah, la piccola Shinren! Una bambina adorabile e sempre di buon umore.” Disse lui mettendo le mani nei fianchi e scuotendo la testa dall’alto al basso. Poi continuò: “Anche sua madre è fantastica, ma io preferisco la piccola Shinren. Allora, cosa vi serve?”
“Come ho detto prima, vorremmo un po’ di frutta e del riso.” Dissi io.
“Che tipo di frutta volete? Io ne ho di diversi tipi.” Chiese lui.
Io guardai per un po’ Urushi dato che né io né lui avevamo idea che frutta volesse la madre di Shinren.
“Dalle vostre facce capisco che non ne avete idea. Beh, conoscendo Shinren e sua madre vi darò ciò che di solito loro pretendono e preferiscono.” Disse il signore.
L’uomo prese un pezzo di tessuto quadrato e iniziò a riempirlo con diversi tipi di frutta di diversa dimensione. Alcuni di quelli sul tavolo li avevo già visti quando lavoravo nel castello di padron Hiroshi, ma non ne conoscevo i nomi. Ci impiegò pochissimo a riempire il tessuto, lo chiuse tenendo gli angoli e formando una borsa e ce lo allungò.
“Ecco a voi, ci ho messo solo quello che piace a loro.” disse lui.
“Grazie. Ma cosa c’è dentro?” chiesi io prendendo in mano la borsa che aveva fatto.
“Ci sono pesche, prugne, mele e fragole bianche. E qu c’è il sacco di riso.” Disse lui.
“Oh grazie.” Dissi io.
Mentre io tenevo in mano ciò che il signore aveva dato, Urushi prese uno dei sacchi che erano per terra e lo mise su una spalla. Mi girai e mi guardai intorno per vedere se c’era quella sagoma che prima ci seguiva. Infatti c’era, ma era molto lontana e non si era avvicinata a noi.
“Andiamo Urushi.” Dissi io iniziando a camminare alla mia sinistra.
Lui non disse nulla e mi seguì. Percorremmo gli stessi dieci passi di prima, girammo a sinistra e andammo sempre dritto. Tornammo così sulla stessa strada da cui eravamo partiti e proprio in quel momento ci fermammo. Davanti a noi c’era Aki che ci stava aspettando.
“Oh, ecco dov’eravate. Finalmente vi ho trovati. Iris, che cos’hai in mano?” disse Aki.
“Questa è una borsa con dentro…” dissi io.
“Una borsa eh? Sembra pesante… lascia che la porti io.” disse Aki allungando le braccia e prendendo ciò che tenevo tra le mani.
“Ah… attento a come li metti.” Dissi io.
“Tranquilla ci starò molto attento.” Disse Aki.
Camminai fino ad arrivare a casa di Shinren insieme agli altri e guardai Aki che aveva un sorriso stampato in faccia. Sembrava molto felice.
Mi guardai intorno una volta mentre camminavo e una volta quando ero davanti alla porta con la paura di vedere quella figura nera che mi seguiva. Non vidi nessuno né a destra né a sinistra e questo mi tranquillizzò.
“Iris, che cosa c’è? Perché ti guardi intorno?” chiese Aki.
“No… non è nulla.” Dissi io.
Entrammo in casa e subito ci corse incontro Shinren che subito si attaccò a me abbracciandomi forte.
“Maestra Yuuki! Maestra Yuuki!” disse Shinren tutta contenta.
Aki si inchinò e le disse: “Senti piccolina, fatti entrare in quella testolina che lei non è la tua maestra. Lei si chiama Iris, non Yuuki.”
Lei come risposta gli fece la linguaccia e lui ne rimase scioccato. Io invece mi misi a ridere della situazione finché non arrivò la madre con indosso un grembiule dai fianchi fino alle ginocchia.
“Siete arrivati al momento giusto. Sto finendo di preparare gli onigiri per tutti, ma se volete potete intanto sedervi. Mi ci vorrà un attimo.” Disse lei.
Aki mi diede la borsa che teneva tra le mani, poi io e Urushi portammo ciò che tenevamo in cucina. Appoggiammo tutto su un tavolo e ci spostammo nella stanza a fianco dove Aki era già seduto, pronto a mangiare. Facemmo giusto in tempo a sederci che la madre di Shinren portò prima le ciotole di riso per tutti, poi i piattini con sopra gli onigiri. C’erano le stesse quantità di cibo che lei ci aveva dato stamattina.
Una volta che tutti eravamo seduti, unimmo le mani e in coro dicemmo: “Buon appetito.”
Poi iniziammo a mangiare. Mangiai con calma il mio riso e quando io finii vidi Aki a fianco a me che aveva già finito tutto. Mi era rimasto un po’ di riso nella ciotola, avvicinai le bacchette e iniziai a raccoglierle, ma vidi delle altre bacchette passarmi davanti. Guardai da dove provenivano: era Aki a fianco a me che, avendo finito tutto, cercava di prendere e mangiare i miei onigiri. Aveva gli occhi fissi sul piatto, la mano con le bacchette stesa in avanti e la punta della lingua fuori dalla bocca. Sembrava affamato.
Non feci in tempo ad intervenire che lui si era già preso un onigiri e se lo era avvicinato alla bocca lo mangiò con un’espressione molto soddisfatta.
“Aki, me ne hai preso uno! Non è giusto!” dissi io.
“Tu non lo stai mangiando.” Disse lui a bocca piena.
“Lo avrei fatto tra poco…” dissi io. poi sbuffai e dissi: “Vabbè dato che lo hai già mangiato te lo concedo. Ma solo quello!”
Lui come risposta annuì muovendo la testa dall’alto al basso e tenendo chiusi gli occhi.
Mentre io mangiai gli altro due onigiri rimasti, Urushi finì di mangiare che aveva senza dire una parola. Non appena finito vidi Shinren alzarsi in piedi e spostarsi nella stanza accanto.
Pensai di cogliere l’occasione per andare via senza che lei se ne accorgesse e per questo guardai Aki cercando di trasmettergli la mia intenzione. Lui capì subito e mi fece cenno di sì con la testa.
“Mi dispiace doverlo fare ma è il momento per noi di andare via.” Dissi io alzandomi in piedi.
“Capisco. È un vero peccato che non possiate restare con noi, ma vi auguro buona fortuna e buon viaggio, ovunque voi state andando. Lasciate che vi accompagno alla porta.” disse la signora.
“Certo.” Disse Aki.
Aki si mise sulle spalle arco e frecce e su un fianco la spada e in pochi passi ci ritrovammo davanti alla porta. La aprì e uscimmo restando ancora per un po’ a parlare la signora.
“La ringrazio per tutto ciò che lei ha fatto e… beh, mi dispiace non essere la maestra che Shinren aspettava. ” Dissi io.
“Tranquilla, ci vorrà un po’ di tempo ma lo capirà. Ah, per uscire da questo villaggio dovete andare sempre dritto.” Disse lei.
“Grazie.” Disse Aki.
Tutti e tre ci inchinammo in avanti per un paio di secondi, rialzammo la schiena e girandoci a sinistra iniziammo a camminare. Dopo circa 5 minuti uscimmo dal villaggio e ci addentrammo tra gli alberi che c’erano davanti a noi. Camminammo senza dire una parola per diverso tempo, anche se la mia mente stava pensando ad altro.
Da quando eravamo partiti in certi momenti mi girai indietro per vedere se eravamo seguiti da qualcuno, ma più ci allontanammo dal villaggio e più riuscii a rilassarmi perché non c’era nessuno. Pensai anche a Shinren e al suo stato d’animo. A come lei si sentiva nell’aver perso sia il suo papà sia la sua maestra in poco tempo. anche se lei era sempre di buon umore, l’assenza nel suo cuoricino e l’importanza che avevano quelle persone per lei rimarrà sempre.
“Ehi Iris.” Disse Aki.
Io, assorta nei miei pensieri, non gli risposi. Lui mi toccò con una mano la spalla destra per due o tre volte.
“Eh? Cos’è stato?” Chiesi io guardandomi intorno.
“Tranquilla, sono stato io.” disse lui.
“Cosa c’è?” chiesi io.
“A cosa stai pensando?” chiese lui.
“Nulla, perché?” chiesi io.
“Non ci credo. Sembravi così tanto concentrata nei tuoi pensieri che mi chiedo che cosa stavi pensando.” Disse Aki.
“Beh sì, in realtà stavo pensando a qualcosa. Pensavo a come si era sentita Shinren quando aveva perso suo padre. Anche se è passato del tempo, lei doveva essersi sentita molto triste e sola.” Dissi io.
“Sola? Non è possibile perché ha sua madre vicino a lei.”
“È vero, ma io non intendevo in quel senso. Volevo dire che aveva provato una sensazione di vuoto o di mancanza di una persona importante.” Dissi io fermandomi di scatto.
“Uao, che parole profonde.” Disse Aki.
“Guarda che sono seria.” Dissi io.
Lui mise una mano sopra la mia testa, la mosse per un po’ e, sorridendo, mi disse: “Tranquilla lo avevo capito.”
Poi tolse la sua mano dalla mia testa e riprendemmo a camminare.
“Aki, ciò che ho detto prima su Shinren, beh… vale lo stesso per sua madre. Sai, stamattina mi sembrava triste. Forse era per ciò che abbiamo parlato prima di partire o forse a causa di ciò che lei ci ha detto…” disse io.
“Ti stai preoccupando troppo. Ho visto anche io che lei era triste, ma non può essere per quello che lei ci ha detto. Voglio dire, l’idea di parlarcene è stata sua.” Disse Aki.
“È a causa della solitudine che ha provato.” Disse Urushi.
Io non risposi e continuai a camminare pensando ancora per qualche minuto a Shinren e sua madre, poi mi venne da pensare alla strana sagoma nera che avevo visto stamattina. Quella cosa mi aveva seguito e non ne capivo il motivo. Per diverse volte, da quando eravamo partiti, guardai indietro per vedere se ancora mi seguiva, ma per fortuna non vidi mai nessuno.
“Iris che cos’hai? Perché guardi indietro? Hai perso qualcosa?” disse Aki fermando tutti.
“Fa così da quando siamo andati a prendere il cibo per la signora.” Disse Urushi.
“EH? Ma cosa pensate entrambi! Guardate che non è nulla di cui preoccuparsi.” Dissi io cercando di non parlarne.
“Non è vero.” disse Urushi.
Io mi spaventai un attimo temendo che Urushi lo dicesse, mentre Aki si avvicinò alla mia faccia con espressione molto curiosa e sospetta. Mentre lui si avvicinava, io diventai tutta rossa e feci molta fatica a resistere nel non dirlo.
Ma dopo una decina di secondi mi arresi e, dopo un respiro molto profondo, glielo dissi.
“E va bene, te lo dico. Mentre stamattina siamo andati a comprare delle cose per la madre di Shinren, ho sentito una strana sensazione dietro di me. mi sono girata e ho visto una strana figura nera. Non ho idea di chi sia, ma di sicuro mi sono spaventata molto e ho fatto tutto più veloce che potevo.” Dissi io.
“Nera?” chiese Aki.
“Sì.” Risposi io.
“Non è che per caso è qualcuno dell’Organizzazione Hana?” chiese Aki.
Quelle parole stupirono tutti e tre. Io e Aki sentimmo dentro di noi che era scattato qualcosa. Un qualcosa che non era mai successo prima e che era difficile da spiegare. Non avevo però idea di cosa poteva essere.
“Ma che cosa ci faceva una persona dell’Organizzazione Hana qui? E come poteva sapere dove ci trovavamo?” chiesi io.
“Non ne ho idea… è veramente strano…” disse Aki.
Era la prima volta che vedevo uno dell’Organizzazione così da vicino. Questo mi sconvolse e mi fece pensare molto. Passai il resto del pomeriggio a pensarci su, ma sfortunatamente non riuscivo a rispondere a diverse domande. Non capivo a capire che cosa potessero volere da noi quelli dell’Organizzazione. D’altra parte, siamo tre persone semplici e povere che non avevano mai fatto del male a nessuno. Avevamo sempre aiutato gli altri e non fatto del male. per questo non riuscivo a capire.
Verso sera, quando il sole stava calando ed io ero ancora intenta a pensare, andai improvvisamente a sbattere contro la schiena di Aki. alzai lo sguardo per capire perché sci eravamo fermati e vidi lo sguardo di Aki e Urushi fisso davanti a loro. ciò che fissavano era un grande campo a pochi passi da noi.
“Che cos’è? E dove ci troviamo?” chiesi io.
“Non lo so… ma di sicuro questo posto mi piace!” disse Aki sorridendo.
Non avevo idea di cosa ci stessero coltivando, ma era un campo molto, molto grande. Ci camminammo in mezzo e tutto intorno a me c’era una enorme distesa di giallo che da terra arrivava a metà delle cosce.
Per me, che non avevo mai visto nella mia vita un luogo del genere, trovai tutto bellissimo e mi sentii molto felice. Talmente felice che mi misi a correre per alcuni metri davanti a me per poi girare intorno e sorridere.
“Ehi, guarda che stai lasciando il segno dove passi!” disse Aki. Ma ero troppo lontana per riuscire a sentirlo bene.
“Eh? Che cosa hai detto?” Chiesi io.
Aki e Urushi camminarono verso di me, uno dietro l’altro, mentre io mi trovavo esattamente al centro del campo.
“Iris, che ne dici se dormiamo qui stanotte?” disse Aki.
“Tu dici che si può?” chiesi io.
“Non lo so, ma visto che qui ci siamo solo noi, credo che possiamo. E poi è sera e a me sta venendo un po’ sonno.” Disse Aki.
“È vero, ci siamo solo noi, ma rovinare un posto così bello…” dissi io.
“Se non vuoi puoi dormire vicino ad un albero.” Disse Aki.
Mi immaginai la scena. Urushi che avrebbe dormito su un ramo di un albero, Aki che avrebbe dormito in mezzo al campo ed io che mi sarei ritrovata a dormire a fianco ad un albero da sola e lontana da tutti. Questa idea non mi piaceva affatto e scossi forte la testa cercando di tirarmi via questa idea.
“No, non voglio dormire sotto un albero! Dormirò qui.” dissi io. Aki sorrise.
Nessuno di noi tre tirò furi i sacchi a pelo che avevamo. Ci andava benissimo dormire per terra e senza nulla. Urushi non disse nulla, tirò fuori le sue ali nere dalla schiena e le aprì. Iniziò a muoverle fino a volare un paio di metri sopra di noi e si spostò vero un albero. A quel punto lui appoggiò i piedi su un tronco rivolto verso di noi, si sedette e incrociò le braccia. Ci guardò per un attimo, chiuse gli occhi e si addormentò in quella posizione.
Io e Aki invece ci sedemmo per terra, appoggiammo arco, frecce e spada vicino ai nostri piedi e, con le gambe incrociate restammo fermi. Entrambi eravamo imbarazzati e guardavamo in due direzioni diverse. Nessuno dei due sapeva cosa dire o cosa fare in quel momento. Restammo così per qualche minuto poi lui, che si trovava alla mia sinistra, si coricò per terra e avvicinò le gambe al corpo.
“Ehm… buonanotte.” Disse lui.
Anche io mi stesi per terra girata nella direzione opposta a lui e, con la faccia un po’ rossa, dissi: “Buonanotte.”
Chiusi gli occhi e cercai di dormire. Per due o tre ore ci riuscii e riposai benissimo, ma poi udii un rumore.



Angolo autrice:
Ehilà, ecco il mio dodicesimo capitolo! che tristi cose sono successe alla piccola Shinren, non me lo sarei mai immaginata. Per fortuna tutto si è risolto nell'aver aiutato la madre di Shinren e nell'aver pranzato con loro. Aspettate, ma chi era quella figura nera di cui si parla? Era davvero dell''Organizzazione Hana? e quel rumore che Iris ha sentito quella notte? Da chi o cosa proveniva?
Capirete qualcosa nel prossimo capitolo. A presto e, se vi va, commentate!

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Capitolo 14
*** Capitolo tredici: il Gashadokuro, Shido e Jil ***



Chiusi gli occhi e cercai di dormire. Per due o tre ore ci riuscii e riposai benissimo, ma poi udii un rumore. Un rumore simile ad un fruscio che durò una decina di secondi. Feci finta di nulla e, senza essermi mossa, tornai a dormire.
Ma tempo cinque o sei minuti e tornai a sentire lo stesso rumore. Così mi sedetti e mi guardai intorno per capire da dove proveniva. Vidi in lontananza una scia nel campo muoversi da una parte all’altra e più questa scia si spostava, più questa non lasciava alcun segno dietro di sé. La situazione mi sembrò molto strana e mi feci una strana domanda: com’era possibile che dov’ero passata io la traccia era rimasta, mentre quello che stavo vedendo non lasciava traccia? Non lo sapevo.
A un certo punto la scia di prima si fermò ed io, impaurita, presi in mano la spada di Aki e mi alzai in piedi rivolgendola nel punto in cui si era fermata. Le mani mi tremavano e la paura mi saliva sempre di più, non avevo idea di cosa fare.
Nel punto in cui la scia si era fermata udii un rumore di ossa che, non sapevo se era per magia o per altro, alcune si misero una sopra l’altro ed altre a fianco. Questo lo vidi per circa un minuto e non riuscivo a capire che cosa stavo vedendo finché non si venne a creare enorme scheletro.
Questo scheletro era alto cinque metri, sul lato sinistro del teschio c’era un occhio, mentre su quello destro  non c’era un occhio ma l’orbita era attraversata da una canna di bambù.
Tutto ciò che avevo appena visto sembrava sia strano sia spaventoso. Abbassai il corpo e toccai Aki per diverse volte cercando di svegliarlo.
“Aki! Aki svegliati!” dissi io.
“Mmmh… ma cosa ti è preso. Lasciami dormire…” disse lui scuotendosi e senza aprire gli occhi.
Dato che non si svegliava non insistetti tanto e, guardando dritto davanti a me, vidi che l’enorme scheletro si spostava da una parte all’altra emettendo un gran pianto.
“Aiuto! Aiuto! Aiutateci! Qualcuno ci salvi! Aiuto!” dissero diverse voci provenire dallo scheletro.
All’improvviso si fermò di fronte a me e continuava a lamentarsi. Vedere uno scheletro lamentarsi non mi era mai capitato e il tutto mi sembrò molto strano.
“Aki! Aki, dai svegliati!” dissi io scuotendolo di nuovo.
“Mmmh… Iris, ti ho detto di lasciarmi dormire.” Disse lui.
“No, devi alzarti! Forza, alzati e guarda là!” dissi io.
Lui alzò la testa, guardò nella mia stessa direzione per una decina di secondi e si appoggiò di nuovo a terra.
“Non c’è niente, quindi torna a dormire.” Disse lui.
‘Uffa, perché non mi da ascolto…” pensai io.
Mi alzai in piedi e poco per volta mi alzai allo scheletro. Avevo paura e non capivo bene che cosa stava succedendo. Ogni tre o quattro passi mi fermai, guardai lo scheletro per qualche secondo poi avanzai ancora. Questo lo feci per 6 volte, finché non ci arrivai davanti. La paura che mi potesse succedere qualcosa era altissima e sentivo il mio cuore battere fortissimo. Vidi che lo scheletro era ricolmo di tantissime luci gialle e verdi.
“Chi c’è oh, una ragazzina.” Disse lo scheletro.
“t-t-t-tu ci sei? C-che cosa sei?” chiesi io.
Dalle scheletro uscirono diversi nomi con diverse voci: “Irina… Naoki… Satoshi… Akemi… Shido… Shiro…Yoshido…” Ne sentii anche altre ma non ero in grado di capirli e non riuscivo a ricordarli tutti.
“A-a-aspetta, non ci sto capendo nulla. C-chi o c-che cosa siete?” dissi io.
“Tranquilla, non avere paura. Io sono un Gashadokuro, ma chi parla è Shido. Chiamami semplicemente Shido.” Disse lo scheletro.
“Shido… ancora non capisco. Che cos’è un Gashadokuro?” chiesi io.
“Siamo il Gashadokuro. Siamo un insieme di tante anime di diverse persone che sono state uccise.” Disse Shido.
“Uccise? Da chi? E perché uno scheletro?” chiesi io.
“In realtà queste sono le ossa del mio corpo unito a quello di tanti altri. Maschi e femmine di età simile alla mia.” Disse lui.
“Ancora non riesco a capire… età come la tua? Ma tu quanti anni hai? E come sei morto?” chiesi io.
“Io avevo vent’anni, ma oramai sono passati quindici anni da quando sono morto.” Disse lui.
“Vent’anni? Eri molto giovane. Ma cosa ti è successo?” Chiesi io.
“Sono stato ucciso alle spalle da mio zio e i corpi sono stati portati qui per poi essere abbandonati. Nessuno è mai venuto cercarmi, nemmeno i miei genitori, così con il passare del tempo il mio corpo si è ridotto a uno scheletro. Da quel giorno mio zio continuò ad uccidere altre persone e ogni tre settimane altri corpi vennero portati qui e si sono uniti al mio. Ecco cosa è successo.” Disse Shido.
“Che cattiveria… Ma come mai hai una canna di bambù in un occhio?” Chiesi io.
“Un paio di anni fa, gli abitanti del villaggio in cui abbiamo vissuto e che si trova qui vicino ci coltivavano il bambù. Una di quelle canne cresceva sotto di me e ha continuato a crescere vicino al mio occhio. Anche se ormai hanno cambiato, da quando ce l’ho ne soffro molto e per questo mi servirebbe l’aiuto di qualcuno per potermelo togliere.” Disse lui.
Mentre lo ascoltai rimasi un silenzio e poi dissi: “Ti aiuterò io! che cosa devo fare?”
“È molto semplice. io mi abbasserò alla tua altezza mentre tu dovrai prendere con le mani la canna di bambù e tirare più forte che puoi verso di te.” Disse Shido.
“Io non ho molta forza… Va bene, ci proverò.” Dissi io facendomi coraggio.
Guardai per qualche secondo nel punto in cui si trovava Aki, per vedere se si era svegliato. Non fu così e girai di nuovo la testa davanti a me. Shido invece abbassò la testa e una parte del corpo verso di me, mentre io tremai come una foglia.
“Non avere paura, va tutto bene.” disse lui cercando di farmi coraggio.
Mi avvicinai lentamente alla canna di bambù fino a prenderla con le mani. Strinsi forte e iniziai a tirare. Tirai davvero tanto ma i miei piedi grattarono la terra per 5 o 10 metri. Ci misi tutta la forza che avevo ma non sembrava cambiare nulla. Mi fermai un attimo, stesi le braccia, strinsi di più la canna di bambù e ripresi a tirare.
Per i primi 5 o 10 secondi i miei piedi tornarono a grattare la terra nello stesso modo, ma poi iniziò ad uscire qualcosa dal suo occhio. Uscì poco per volta mentre io stavo facendo una fatica enorme.
All’improvviso, con l’ultimo tiro da parte mia, riuscii a far venire fuori tutta la canna di bambù. Ben 35 centimetri della canna era incastrata in mezzo al teschio e avevo un gran fiatone dovuto allo sforzo che avevo fatto.
Lui si alzò in piedi e mosse la testa in tutte le direzioni.
“Grazie mille per avermi liberato. Ora sto molto meglio.” disse lo scheletro con la voce di Shido.
“Grazie… Grazie…Grazie… Grazie… Grazie…” dissero diverse voci, sempre provenienti dallo scheletro.
“Voglio fare in modo che la vostra morte non sia vana. Vorrei che lo zio di Shido la paghi per tutto ciò che ha fatto.” Dissi io.
“Lo vorremmo anche noi, ma l’unico modo sarebbe quello di coglierlo mentre uccide qualcuno. In quel momento bisognerebbe prenderlo e fargliela pagare, però è molto difficile coglierlo sul fatto perché lui sta attento a qualsiasi cosa.” Dissero una voce maschile e una voce femminile.
“Sì, ma devo fare lo stesso qualcosa. Come si chiama il villaggio più vicino e quanto tempo ci vuole per arrivarci?” Chiesi io.
“Il villaggio più vicino si chiama Taisho e ci vuole circa un’ora di camminata per arrivarci. Si trova in direzione di quegli alberi.” Disse una voce femminile indicando nella direzione di Aki.
“Okay… Adesso vado a dormire e vedrò di trovare un modo per poter incastrare lo zio di Shido. Grazie per tutto ciò che mi avete detto.” dissi io.
Mi girai a destra  e iniziai a correre verso Aki. a metà strada mi fermai e mi girai a salutare lo scheletro. Una volta arrivata dove si trovava Aki, mi sedetti per terra e mi coricai su un lato del corpo cercando di dormire. Ci riuscii anche se durò poco.
Dormii solo  ore e venni svegliata dalla luce del sole. Mi ritrovai con il corpo steso a pancia in su, con la mano destra sugli occhi, l’altro braccio e le gambe erano distese per terra.
Spostai in alto la mano e, dopo un primo bagliore agli occhi, vidi diversi uomini di diversa età fissarci. Subito mi spaventai e alzai di scatto la schiena. Con una mano scossi forte Aki finché lui non si svegliò girandosi verso di me. Guardò davanti a sé e anche lui si spaventò e si sedette di scatto.
Gli uomini che avevamo davanti avevano diverse età e tra le mani avevano tutti un oggetto in legno e piuttosto affilato da un lato. Rimanemmo tutti in silenzio per circa un minuto. Io e Aki ci alzammo di scatto in piedi ed io mi misi dietro di lui.
“Chi siete? E che cosa volete?” chiese Aki. ma nessuno di loro rispose.
“Allora, che siete! Rispondete!” disse di nuovo Aki.
“Questo lo dovremmo chiedere noi.” Disse un uomo muovendosi tra gli uomini e avvicinandosi a noi. Sembrava essere il più anziano di tutti.
“Noi siamo dei semplici viaggiatori e ci siamo fermati per la notte. Però non sappiamo dove ci troviamo… E voi chi siete?” chiese Aki.
“Siamo vicino al villaggio Taisho, che è da dove noi veniamo e questo è il nostro campo di grano.” Disse l’uomo di prima.
‘Un campo di grano?’ pensai io.
“Già, il nostro campo di grano. Avete dormito qui e guardate che cosa avete fatto!” disse un uomo di giovane età con tono arrabbiato. Era il più giovane tra tutti.
“M-mi dispiace molto per ciò che abbiamo fatto. Adesso ce ne andiamo.” Dissi io.
Io e Aki iniziammo a camminare all’indietro.
“Ecco bravi, andate via da qui.” disse l’uomo giovane di prima.
Dopo quelle parole noi ci girammo e iniziammo a camminare. Lo facemmo per due o tre metri, poi ci mettemmo a correre fino ad arrivare sotto un albero. Una volta che ci eravamo fermati di correre, entrambi ci mettemmo a ridere e dopo un paio di minuti ci raggiunse Urushi venendo da un cespuglio.
“E tu da dove spunti fuori?” chiese Aki. Urushi non gli rispose, così lui disse: “Beh, se non vuoi dirmelo fa lo stesso. Forza, andiamo.”
Iniziammo a camminare restando in silenzio. Con il passare del tempo mi ci stavo abituando a stare in silenzio, quando notai che Aki mi stava fissando. La cosa mi sembrò un po’ strana e pensai cosa poteva essere successo per fissarmi a lungo e per diverse volte. Ma non mi veniva nessuna ragione in mente.
“Aki, che cos’hai? Perché mi fissi in quel modo? Ho qualcosa di strano?” chiesi io.
“No, non hai nulla. Però…” disse lui.
“Però cosa?” chiese Urushi.
“Iris, come stai? Hai dormito bene stanotte?” chiese Aki.
“Beh, ho dormito poco, però sto bene. Ma perché mi fai queste domande?” risposi io.
“Stanotte mi hai svegliato perché volevi che guardassi qualcosa, ma non ho visto nulla. Per questo voglio chiederti: che cosa volevi farmi vedere?” chiese Aki.
“Beh, è successa una cosa che non ci crederesti se te lo dicessi.” Dissi io.
“Eh? Che cos’è? Dai dimmelo, dimmelo, dimmelo!!” disse Aki tutto curioso e camminando all’indietro davanti a me.
Io sospirai, aspettai un attimo e gli dissi: “Ho incontrato un Gashadokuro e ho parlato con lui.”
“Un che?” chiese Aki guardandomi in modo strano.
“Ti spiegherò tutto. Un Gashadokuro è…” dissi io. Così gli spiegai tutto ciò che mi era capitato, ma lui sembrava diventare sempre più confuso.
“Non ho capito molto, ma non ci credo che è successo tutto quello che hai detto.” disse Aki.
“Ma è vero! E Shido mi ha detto che devo andare nel villaggio e fare in modo che non succeda di nuovo.” Dissi io.
“Sì, certo.” Disse Aki.
“Certo che sei strana. Però io ti credo.” Disse Urushi.
“Io non sono strana e quello che vi ho detto è ciò che è successo! E io voglio fare qualcosa per Shido e tutti quelli che sono morti come lui!” Dissi io.
“E mi dici come vuoi fare? Per quel che ne so tu non ne hai la minima idea e non sea nemmeno com’è lo zio di questo Shido.” Disse Aki.
Io misi la mano a pugno davanti a me, alzai l’indice e aprii la bocca per dire qualcosa. Ma la richiusi pochi secondi dopo perché mi accorsi che non potevo dire nulla, così pensai ad un’idea.
All’improvviso mi venne in mente qualcosa e aprii di nuovo la bocca per dirla, ma mi accorsi che non poteva avere tanto senso come idea. Chiusi la bocca e abbassai la mano.
Proprio in quel momento mi accorsi che Aki aveva ragione nel dire che non sapevo cosa fare. Ed era anche vero che io non sapevo che aspetto aveva lo zio. E nemmeno Shido me lo aveva detto quando avevamo parlato.
“Mi dispiace, ma nemmeno tu hai idea di cosa fare. Ammettilo che tutto ciò che hai detto prima non era vero e che non intendi fare ciò che hai detto.” disse Aki mettendo una mano sulla mia spalla.
Io mi rifiutare di accettare ciò che lui aveva detto. tolsi con espressione seria la sua mano da me e camminando gli dissi: “No, io lo farò. A costa di farlo anche da sola, ma lo farò.”
Dopo solo alcuni metri Aki e Urushi mi raggiunsero e continuammo ad avanzare. Ero arrabbiata perché lui non mi credeva e mi aveva detto di non fare nulla. Mi aveva detto di non aiutare delle persone che avevano bisogno e io mi rifiutai di accettarlo.
Mentre camminavo pensai a  cosa potevo fare per aiutare Shido. Ci pensai a lungo quando Aki disse qualcosa.
“Guarda, siamo vicino ad un villaggio!” disse Aki indicando dritto davanti a noi.
Non gli risposi perché ero ancora arrabbiata con lui.
“Dai Iris, non essere arrabbiata. Scusami se ho detto qualcosa che non ti è piaciuto.” Disse Aki.
Quando entrammo nel villaggio notai che alcune case erano completamente chiuse, mentre altre avevano le finestre aperte e le porte chiuse. Per strada c’erano delle persone che camminavano per strada, ma erano poche rispetto ai villaggi in cui eravamo rimasti.
Davanti a me vidi dei  piccoli e strani fuochi di colore azzurro. Erano tanti, uno dietro l’altro e distanti 30 o 40 centimetri. Mi chiesi nella mia mente come mai quel fuoco era sospeso in aria invece di essere a terra come tutti quei fuochi che avevo sempre visto. Pur non avendo una risposta sentii una voce sottile che continuava a dire la stessa cosa.
“Seguici… Seguici…” disse la voce.
“Aki, l’hai sentita anche ti quella voce?” chiesi io.
“Voce? Quale voce? Io non sento nulla.” Disse lui.
Sentii di nuovo quella voce e decisi di avvicinarmi al primo fuoco che vedevo davanti a me.
“Ehi Iris, dove stai andando?” chiese Aki.
Ma io non risposi, ero concentrata a raggiungere il fuoco. Non capivo che cos’era ed ero curiosa di capire come mai ripeteva più volte quella parola. Ero molto curiosa e dopo qualche metro mi trovai davanti al piccolo fuocherello. Mi fermai, allungai la mano cercando di toccarlo ma a pochissimi centimetri di distanza questo sparì nel nulla. Sparì lasciandomi ancora una volta alla stessa distanza di prima da un altro fuoco azzurro.
“Eh? eppure pensavo di averlo preso…” dissi io.
“ma che stai dicendo? Preso che cosa?” chiese Aki.
“Il fuoco che era qui non c’è più e adesso ce n’è uno là davanti.” Dissi io.
“Fuoco azzurro? Iris non capisco che cosa stai dicendo. Io non vedo nulla e penso che tu ti stai immaginando tutto, proprio come quello che mi hai detto prima su quel Shido.” Disse Aki.
“Io non sto inventando nulla!” dissi io.
Continuai a camminare inseguendo quello strano fuoco, ma ogni volta che mi avvicinavo e allungavo la mano, questo spariva davanti ai miei occhi. Non riuscivo a darmi una spiegazione del perché succedeva questo, ma continuai a seguirli.
Senza accorgermene avanzai di 50 metri circa, girai a sinistra, a destra e di nuovo a sinistra. Percorsi una ventina di metri quando notai che l’ultimo fuoco era situato davanti alla porta di una casa.
Mi avvicinai alla finestra per vedere se c’era qualcuno, ma non vidi nessuno.
“E adesso che cosa vuoi fare?” chiese Aki.
“Non ne ho idea, però è strano che quei fuochi mi hanno indicato questo posto se non c’è nessuno.” Dissi io.
Rimanemmo fermi per qualche secondo quando alla mia destra udii una voce femminile.
“Chi siete? E che cosa ci fate davanti a casa mia?” disse la voce.
Girai la testa e vidi una donna di età intorno ai 35 anni. Era alta, magra, aveva i capelli marroni ed era lontano un paio di metri da noi tre.
Lei si avvicinò mentre io dissi: “Ah, ehm… noi non vogliamo fare nulla di male.”
“Oh, bene.” disse la signora davanti alla porta.
“Scusa, come si chiama questo villaggio?” chiese Aki.
“Questo è il villaggio Taisho.” Disse la donna.
“Un certo Taisho mi ha parlato di questo villaggio e degli strani fuochi azzurri mi hanno portato in questa casa.” dissi io.
Mentre io parlai lei ne rimase immobile per alcuni secondi, ma non appena finii lei si guardò intorno tre volte. Poi aprì la porta e ci invitò ad entrare.
“Non posso parlare qui fuori. Venite dentro per favore.” Disse la signora.
Aveva un tono serio e triste. Entrò prima lei nella stanza e poi lo facemmo noi tre. Lei non ci guardò nemmeno una volta e non disse nemmeno una parola. Ci fece camminare dritto per un paio di metri facendoci poi sedere per terra mentre lei portò una scodella di t+ verde per tutti e quattro.
“Non vi ho visto in questo villaggio. Siete nuovi? Da dove venite?” chiese la signora.
“Siamo appena arrivati e veniamo da un villaggio molto lontano.” Disse Aki.
“Allora ditemi, come fate a sapere di Shido?” chiese lei.
“Io non lo conosco, ma lei sì.” Disse Aki.
“Beh, come fai a sapere di lui se venite da lontano?” chiese la signora.
“E’ difficile da spiegare, ma ho parlato con lui stanotte. Voi lo conoscete?” dissi  io.
“Lui è mio figlio.” Disse la signora.
Quelle parole mi sconvolsero. Non potevo immaginare che Shido fosse il figlio di questa signora.
“Come vi chiamate?” chiese la signora.
“Io sono Iris e loro sono Aki e Urushi.” Dissi io.
“Piacere.” disse Urushi.
“Io sono Rita e mio marito si chiama Kenneth. Insieme a noi vive il fratello di mio marito che si chiama Jil. Nostro figlio si chiamava Shido ma è morto…” disse Rita.
“Quindici anni fa, lo so.” dissi io finendo la frase di lei.
“E tu come fai saperlo?” chiese lei rimanendone stupita.
“Ecco… Me lo ha detto lui.” dissi io.
“Lo ha detto lui? Questo non ha senso, lui…” disse Rita fermandosi e facendo un’espressione triste.
“Mi dispiace… Vorrei fare qualcosa per aiutarla ma capisco che è difficile.” Dissi io.
Ci fu un minuto di silenzio che sembrava essere lunghissimo. Tutti noi guardammo in basso e non dicemmo nulla. Percepii la sensazione che più stavo lì, più la situazione sembrava diventare sempre più triste.
“Ecco… Mi dispiace chiederlo, ma possiamo rimanere qui a dormire stanotte?” chiesi io.
“Eh? Oh, sì certo, con piacere. Potere mettere le vostre cose nella stanza di là.” Disse Rita indicando una stanza un po’ buia.
“Grazie.” Dissi io.
Mi tolsi dalle spalle arco e frecce e le diedi ad Aki che le andò ad appoggiare nella stanza indicata da Rita. Poco dopo lui tornò, io le dissi che saremmo andati a fare una camminata per il villaggio e lei disse che non era un problema. Ci disse anche che più tardi ci sarebbe stata la cena.
Così uscimmo di casa e girando a sinistra ci incamminammo lungo la strada. Intorno a noi passeggiavano diverse persone, ma non ci prestai molta attenzione.
“Rita era molto triste.” Dissi io.
“Già, l’ho visto anch’io.” disse Aki.
“si vede che soffre per la mancanza di Shido.” Dissi io.
“Già. Peccato che non possiamo fare nulla per aiutarla.” Disse Aki.
Continuammo a camminare per un po’ di tempo mentre io riflettei su ciò che potevamo fare. Dovevamo fare qualcosa. Ma fin da subito non mi venne in mente nulla. Anche perché era molto difficile poter sostituire l’amore e la presenza di un figlio.
Poi però mi venne in mente una cosa. quando parlai con Shido, lui mi disse che il colpevole della sua morte era lo zio. Quindi mi chiesi una cosa: se la morte di Shido e di altre era avvenuta per mano dello zio e se lui mi ha detto  che lo rifarà, quand’è che accadrà?
“In realtà ci sarebbe qualcosa che possiamo fare.” dissi io.
“Che cosa? Che cosa?” chiese Aki.
“prendere lo zio di Shido e fare in modo che non faccia del male a nessuno.” Dissi io.
“Ancora a dire queste cose. Senti, te l’ho detto prima, hai intenzione di prendere una persona sapendo di non avere nessuna idea di come fare.” disse Aki.
“Lo so, ma voglio provarci lo stesso. E poi una qualche idea mi verrà in mente.” Dissi io riprendendo a camminare.
Aki fece un lungo sospiro e dopo alcuni metri notai  che davanti a me c’era la casa di Rita.
“Eh? ma com’è possibile che questa sia la casa di Rita? Abbiamo sbagliato strada?” dissi io.
“Non credo…” disse Aki.
Proprio in quell’istante vidi due signori, uno a fianco all’altro, dirigersi verso la casa e venire dalla direzione opposta a quella da cui io stessa venivo.
“Chi sono quelle persone?” chiesi io.
“Non ne ho idea, non li ho mai visti. Però guarda, stanno entrando in casa.” disse Aki.
“Andiamo anche noi.” Dissi io.
Lui mi fece cenno di sì con la testa e ci avvicinammo verso la casa. entrammo e vidi Rita che stava cucinando.
“Oh, stavo proprio per chiamarvi. Andate pure nella stanza a fianco, tra poco servo la cena.” disse lei.
“Evviva! Avevo proprio fame!” disse Aki tutto molto contento.
Noi ci spostammo nella stanza a fianco dove trovammo seduti per terra davanti a un tavolino basso i due signori che avevamo visto entrare.
Il primo signore era di mezza età, un po’ ben messo, gli occhi e i capelli marroni, indossava pantaloni azzurri e una maglia bianca. il secondo signore invece si trovava dalla parte opposta del tavolo rispetto al primo, era un pochino ben messi anche lui, aveva i capelli e gli occhi neri, indossava una maglia e dei pantaloni fino al ginocchio di colore nero.
Mi sedetti a fianco all’uomo con i capelli marroni, Aki si mise difronte a me mentre Urushi si sedette alla mia sinistra. Rita facendo due giri mise davanti a tutti un piatto rettangolare pieno di riso arrotolato su delle fette di salmone (chiamati nigiri). Ce n’erano 12 in ogni piatto e Rita si sedette a fianco ai signori. Notai che il signore vicino ad Aki mi fissava e non staccava mai gli occhi da me. Nemmeno per mangiare.
“Itadakimasu (buon appetito in giapponese)”dicemmo tutti in coro unendo le mani davanti a noi.
“Prima di iniziare a mangiare vorrei presentarvi mio marito Kenneth e suo fratello Jil.” Disse Rita indicando prima l’uomo alla sua destra e poi a sinistra.
‘Quindi lui è lo zio di Shido…’ pensai io guardando Jil che mi fissava.
Io mangiai lentamente i miei nigiri, Urushi ne mangiò la meta di quelli che aveva sul piatto, mentre Aki li mangiò tutti in modo velocissimo. Il riso era buonissimo e, dopo averci aggiunto un po’ di salsa di soia in uno di quelli rimasti, lo misi in bocca e assaporai il buonissimo nigiri. Feci la stessa cosa per altri due o tre e, senza accorgermene, li finii tutti.
“Oh no, li ho già finiti.” Dissi io.
“Se vuoi ce ne sono altri. Li vuoi?” disse Rita.
“No, grazie. Però sono buonissimi.” Dissi io.
“È vero, sono buonissimi!” disse Aki tutto contento.
“Grazie ad entrambi.” disse Rita sorridendo.
Rimanemmo per circa un minuto in silenzio mentre notai che Jil continuava a fissarmi. Questo mi fece pensare che forse io avevo qualcosa di strano addosso e mi imbarazzò un pochino. Mi venne anche un leggero mal di testa, ma decisi di non dirlo a nessuno.
Con un tono imbarazzato dissi: “Io… io sono un po’ stanca. Scusate ma vado a dormire.”
“Eeeh? Iris sta bene?” chiese Aki.
“Sì certo, sono solo un po’ stanca.” Dissi io.
“Allora vengo anch’io.” disse Aki.
“Capisco… allora buon riposo.” Disse Rita.
“Buon riposo.” Disse Kenneth.
Così ci spostammo nella stanza in cui avevamo lasciato le nostre cose. Tirai fuori due futon, ne presi uno e lo stesi vicino ad un angolo.
“Allora io mi siederò qui e mi addormenterò a fianco a te.” Disse Aki.
“Ah… sì…” dissi io.
“Che c’è? Perché mi rispondi così? ” Chiese lui.
mi alzai in piedi e dissi: “Aki, sono sporca da qualche parte? Ho fatto qualcosa di male? ho qualcosa che non va?”
“Vediamo, hai detto delle cose strane tutto il giorno…” disse lui.
“Aki sii serio!” dissi io facendo un’espressione un po’ imbronciata.
“Okay okay. Non hai nulla che non va. Ma perché me lo chiedi?” disse lui.
“Beh, Jil è stato a fissarmi da quando abbiamo iniziato a mangiare. Non so perché mi guardava, ma mi sono sentita un po’ in imbarazzo.” Dissi io.
“Sì però adesso non lo sta facendo più. quindi rilassati e non pensarci.” Disse lui.
In quel momento entrò nella stanza Urushi che si avvicinò a noi molto tranquillamente.
“Urushi, sei qui. ti abbiamo lasciato il futon per dormire.” Dissi io.
“Grazie.” Rispose lui.
Sia io che Urushi ci infilammo nei nostri futon e ci addormentammo. Ognuno di noi riposò molto bene e avevamo un sonno molto profondo. Non ci svegliammo fino alla mattina dopo.
La prima a svegliarsi fui io grazie ad un raggio di sole che ce lo avevo proprio in faccia. Mi alzai in piedi e mi spostai nella stanza a fianco dove trovai Rita beveva un bicchiere di tè. Quando mi sedetti al tavolo, Rita si alzò in piedi, mi portò un bicchiere di tè e tornò a sedersi.
“Buongiorno, come stai?” chiese Rita.
“Sto bene, non ho più il mal di testa che avevo ieri sera.” Dissi io.
“Mi fa piacere sentirlo.” Disse lei.
“Ecco… ci sarebbe una cosa che vorrei dirle.” Dissi io.
“Sì, di cosa si tratta?” chiese lei.
“Riguarda la morte di suo figlio e di altre persone.” Dissi io. Lei fece un’espressione scioccata.
“Eh?” chiese lei.
“Shido mi ha detto chi li ha uccisi.” Dissi io. Lei ne rimase ancora più scioccata e le tremarono le mani.
“E… e chi sarebbe?” chiese lei.
“Lo zio di Shido, Jil.” Dissi io.
Lei ne rimase sconvolta, non si aspettava un’affermazione come quella che avevo detto. lei avvicinò le mani al corpo ma, senza accorgersene, lo fece cadere sul tavolino.
“M-ma che cosa ho combinato, guarda qui.” disse lei con tono spaventato.
Rimanemmo in silenzio per un paio di minuti mentre lei andò a prendere uno straccio bagnato che aveva in cucina e lo passò sulla parte del tavolo bagnato. Solo che nel momento in cui faceva questo, le sue mani tremarono molto e dovette fermarsi.
“Mi dispiace per questa notizia.” Dissi io.
“N-no, n-n-non è possibile che s-sia stato lui. Lui è una persona molto tranquilla che non farebbe mai del male a nessuno. Nemmeno a mio figlio.” Disse lei.
“Però me lo ha detto lui stesso.” Dissi io.
Rita abbassò la testa e rimase in silenzio. Nello stesso momento si avvicinò a noi Aki e Urushi che si sedettero vicino a me, poi passò per la stanza Jil che si diresse verso la porta.
“Devo andare a fare delle cose in giro per il villaggio. Non tornerò per l’ora di pranzo, ma stasera.” Disse Jil prima di aprire la porta ed uscire.
Ma nessuno, nemmeno Rita, gli diede una risposta. Quelle sue parole mi crearono molte domande nella mia testa. che cos’erano quelle cose di cui parlava? che cosa doveva fare in giro per il villaggio? E perché non doveva tornare per pranzo? Non ne avevo idea e no sapevo rispondere. La curiosità di quel momento era così forte che decisi di seguirlo.
“Ecco… anche io vorrei visitare il villaggio.” Dissi io.
“Eh? perché vuoi andarci?” chiese Aki.
“oh, ehm… sì, certo. Andate pure se volete.” Disse Rita.
“Grazie.” Dissi io.
Mi alzai in piedi quando sentimmo tutti un urlo molto forte. Questo urlo mi spaventò e allo stesso tempo mi incuriosì.
“Che cosa è successo?” chiesi io.
“Non lo so. Andiamo a vedere?” disse Rita.
“Sì.” Dissi io.
Rita si avvicinò a noi tre e notammo che tante persone corsero da destra a sinistra. Li seguimmo anche noi e, dopo aver girato a destra e poi a sinistra, trovammo tantissime persone affacciate alle due finestre e alla porta. Ci avvicinammo e passammo davanti a tutti per vedere che cos’era successo. Ma ciò che vidi sconvolse me, Aki e Urushi.
Davanti a me c’era il corpo di una ragazza steso a terra in mezzo a molto sangue. Una ragazzina che a prima vista poteva avere 18 anni. A una trentina di distanza dai piedi di lei c’era una donna, io pensavo fosse la madre, che piangeva come una disperata.
“Oh, ecco, un’altra persona morta.” Disse Rita.
“Un’altra?” chiesi io.
“Sì, l’ultima è successo sei giorni fa e anche quella volta era stata uccisa una ragazzina. Peccato che nessuno ha idea di chi sia stato, quando e chi colpirà la prossima volta.” Disse Rita.
Proprio in quel momento vidi in un angolo della finestra passare Jil con un’espressione seria in faccia. Quella sua espressione non mi piaceva, così, stando in silenzio, uscii dalla casa e mi misi a camminare seguendolo.
“Iris! Ehi Iris, dove stai andando! Iris!” disse Aki seguendomi. Ma non risposi.
Ero curiosa di sapere dove stava andando e, camminando per diverse strade, lo vidi fermarsi alcune volte ed entrare in diverse case. Noi non entrammo in nessuna di quelle, aspettammo sempre fuori. Una di quelle case aveva delle strane luci rosse al primo piano.
“Aki che posto è questo?” chiesi io.
“Non lo so, ma non voglio che ci entri.” Disse Aki.
“Mh, okay.” Dissi io.
“Perché ti sei messa ad inseguirlo?” chiese Aki.
“C’è qualcosa in lui che non mi piace. E poi mi è venuta un’ idea.” dissi io.
“Idea? Idea per cosa?” chiese Aki.
“Per prendere Jil e fargliela pagare per aver ucciso Shido.”dissi io.
“Ancora con questa storia.” Disse Aki con tono scocciato.
 Dopo un paio di minuti Jil uscì dalla casa con le strane luci rosse e per tutto il resto della giornata noi lo seguimmo. Ovviamente senza mai entrare da nessuna parte. Era strano come lui entrava ed usciva con estrema facilità dalle diverse abitazioni, e mi sarebbe tanto piaciuto sapere che cosa faceva o diceva alle persone che c’erano dentro. Non appena lui uscì dalla casa, io entrai nella casa di fronte a me e feci una domanda ad una signora che vi era dentro.
“Scusi, per caso è entrato qui il signor Jil e ha parlato con voi?” chiesi io.
“Sì esatto, è appena uscito. Lui è il capo villaggio e si prende cura di tutti, anche di quelli che hanno perso qualcuno. Perché, è successo qualcosa?” chiese la donna.
“No, nulla. Posso chiedere che cos’ha detto?” dissi io.
“Due mesi fa è stato ucciso mio figlio e lui è venuto a farmi sentire meglio e ad aiutarmi.” Disse la donna.
“Capisco, grazie.” Dissi io. Poi uscii di casa e, vedendo Jil da lontano, lo iniziai a seguire.
“Iris, Ehi, iris, fermati!” disse Aki seguendomi. Ma io non dissi nulla.
“Iris, perché le hai fatto quelle domande?” mi chiese lui.
“Per curiosità.” Dissi io camminando con passo veloce.
“Non ci credo. Beh, se non vuoi dirmelo fa lo stesso.” Disse lui.
Poco dopo feci a stessa cosa e ottenni la stessa risposta di prima. Di nuovo, una volta uscita quella casa  continuai a seguire Jil.
Feci così per tutto il pomeriggio, finché non ci ritrovammo a percorrere la strada che portava alla casa di Rita. A noi scese dl cielo e si avvicinò Urushi con le sue grandi ali nere, ma non appena appoggiò i piedi a terra nascose le sue ali.
Il primo ad entrare in casa era Jil poi entrammo noi. Non appena lui mi vide mi fece uno sguardo freddo e un’espressione seria. Quello sguardo mi spaventò, ebbi paura e rimasi immobile per alcuni secondi, ovvero quando lui tolse lo sguardo da me.
Arrivò l’ora di cena e tutti e tre, concentrati a mettere a posto delle cose nella nostra stanza, venimmo chiamati da Rita a cena e ci spostammo nella stanza a fianco. Ci sedemmo al tavolino, lei portò a tutti un bicchiere di tè verde e una ciotola piena di riso e la mangiammo tutti insieme. Durante tutta la cena io vidi che Jil mi fissava e non mi lasciava in pace.
“Hai bisogno di qualcosa da me?” chiesi io.
“Cosa? no, non ho bisogno di nulla.” Disse Jil.
“Oh… okay.” Dissi io.
Io ed Aki fummo i primi a finire il riso e bevemmo tutto d’un sorso il tè. Il tè era molto buono e dolce, mentre all’interno del riso entrambi ci trovammo all’interno del buonissimo salmone affumicato. Un paio di minuti dopo di noi finii di mangiare anche Urushi.
Una volta che finimmo, sia io che Aki ci alzammo in piedi e ci spostammo nella camera dove avevamo tutte le nostre cose. presi il futon, lo misi vicino ad un angolo e mi infilai dentro il futon. Aki invece, come la notte prima, sedette a fianco a me e parlammo un pochino prima di addormentarci.
“Aki, prima ho avuto paura.” Dissi io.
“Quando Jil ti ha guardato?” disse Aki.
“Sì, e anche quando abbiamo mangiato. Aveva uno sguardo spaventoso.” Dissi io.
“Non c’è motivo di avere paura, perché lui non ci può fare nulla.” Disse lui.
“Può darsi… va bene se domani ce ne andiamo di qui?” dissi io.
“Per me va benissimo. Quando partiamo?” chiese lui.
“Domani mattina molto presto, credo…” dissi io.
“okay. Già non vedo l’ora di partire.” Disse Aki tutto contento.
“Allora buonanotte.” Dissi io.
“Notte.” Disse Aki.
Urushi non entrò in camera nostra per tutta la notte, ma si addormentò davanti alla porta della stanza. io e Aki invece ci addormentammo e dormimmo pesante per alcune ore.
Avevo sempre avuto un sonno leggero, ma proprio nel bel mezzo della notte, quando avevo il corpo steso da una parte, sentii una strana sensazione. Mentre avevo gli occhi chiusi sentii che il mio corpo veniva girato da qualcuno a pancia in su e sentii una presenza sopra di me. Ma chi poteva essere?
Aprii gli occhi e mi terrorizzai vedendo sopra di me Jil. Lo riconobbi perché a pochi centimetri dalla mia sinistra vi era una piccola candela accesa. Lui aveva una mano sul mio collo e nell’altra mano un piccolo coltello da cucina dove la lama toccava la parte sinistra del mio collo.
Ero così terrorizzata e scioccata che non mi mossi neanche di un centimetro. Non sapevo cosa fare e come reagire a una situazione come quella in cui ero. In quel momento di panico apparve una lama affilata proveniente da destra. spostai lo sguardo e vidi che era Aki che aveva una mano appoggiata a terra, l’altra mano vicino alla faccia che teneva la spada rivolta verso Jil.
“Togli quella lama dal suo collo e allontanati da lei.” disse Aki con tono molto serio.
L’uomo non fece nulla e non si mosse. Io continuai ad avere paura e continuai a rimanere immobile. Aki invece sembrava molto arrabbiato.
“Ho detto di togliere quella lama da lei.” disse di nuovo Aki.
Pochi secondi dopo lui allontanò la lama dal mio collo e la appoggiò a terra, ma tenne la mano sul coltello, l’altra mano la lasciò attorno al mio collo. Io potei rilassarmi un pochino visto che aveva allontanato quella lama affilata e spaventosa, ma non abbastanza perché avevo ancora qualcosa sul mio collo.
“Cosa sei venuto a fare qui? E che cosa vuoi da noi?” chiese Aki.
“Che domande fredde che mi fai.” Disse Jil.
“RISPONDIMI! Che cosa sei venuto a fare!” disse Aki.
“Sono venuto uccidere voi due. Lei per prima.” Disse Jil con un enorme sorriso.
Quelle parole ci scioccarono. Non ci aspettavamo una risposta come quella e non sapevamo cosa fare. io non riuscivo a spiegarmi il perché volesse ucciderci. Perché proprio noi due?
“Perché vuoi uccidermi? T-ti ho fatto qualcosa?” chiesi io.
Lui non disse nulla e questo fece arrabbiare Aki.
“Rispondile e togli la mano da lei.” Dissi io.
Jil tolse la mano dal mio collo e ridendo disse: “La vostra presenza qui è nauseante e non meritate di vivere, come non sopportavo Shido. E non ho nemmeno sopportato tutti gli altri giovani che ho ucciso in questi anni.”
“P-perché? Perché lo hai fatto?” chiese Rita tremando e trovandosi davanti alla porta.
Anch’io me lo stavo chiedendo nella mente. Insieme a Rita c’erano diverse donne, forse erano le madri di tutti i giovani che erano morti, e ad un fianco c’era Urushi con le braccia incrociate.
“Perché lo hai fatto! Mi sono sempre fidato di te, anche tutte loro lo hanno fatto! Perché!” disse Rita scuotendosi verso di noi. Urushi e altre due donne la tennero ferma.
Jil si alzò in pedi, si rivolse verso di me e disse: “Io sono il capo villaggio e devo mantenere un certo numero di persone dentro il villaggio. Se quel numero viene superato si fa fatica a dare da mangiare a tutti. Così ho preso una decisione molto forte: uccidere coloro che sono di troppo.”
“Cosa?” disse Rita con le lacrime agli occhi. Anche le altre donne si misero a piangere prese dalla disperazione.
“Non è tutto. Iniziai con l’uccidere Shido, figlio di Rita, ma questo non mi soddisfaceva. Da quel giorni ogni tre settimane uccisi qualcuno e mi sentii sempre meglio. Ma loro mi hanno scoperto.”
“Prendetelo e portatelo via!” disse Rita.
Tre donne girarono intorno a Jil e, tenendogli stretto le braccialo portarono fuori. Tutte le altre signore che erano lì si avvicinarono a noi e ci strinsero le mani ringraziandoci.
“Grazie mille ad entrambi per ciò che avete fatto e mi dispiace se avete avuto paura. Stanotte potrete rilassarvi e dormire sonni tranquilli.” Disse Rita.
“Grazie.” Disse Aki mettendo un braccio intorno al mio collo. Dopo ciò che era successo rimasi per qualche secondo spaventata, ma poi mi rilassai.
“Domani vorremmo fare una festa per voi. Potete rimanere qui anche domani?” chiese Rita.
“Mi dispiace ma noi domani mattina dobbiamo ripartire.” Dissi io.
“Che peccato… Beh, a questo punto vi lascio dormire. Buonanotte e a domani mattina.” Disse Rita.
“Sì.” Dissi io.
Poi lei si girò e allontanò tutte le signore. Noi tre invece ci stendemmo per terra e ci addormentammo profondamente.  Questa volta Urushi dormì vicino a noi.…
Chiusi gli occhi e cercai di dormire. Per due o tre ore ci riuscii e riposai benissimo, ma poi udii un rumore. Un rumore simile ad un fruscio che durò una decina di secondi. Feci finta di nulla e, senza essermi mossa, tornai a dormire.
Ma tempo cinque o sei minuti e tornai a sentire lo stesso rumore. Così mi sedetti e mi guardai intorno per capire da dove proveniva. Vidi in lontananza una scia nel campo muoversi da una parte all’altra e più questa scia si spostava, più questa non lasciava alcun segno dietro di sé. La situazione mi sembrò molto strana e mi feci una strana domanda: com’era possibile che dov’ero passata io la traccia era rimasta, mentre quello che stavo vedendo non lasciava traccia? Non lo sapevo.
A un certo punto la scia di prima si fermò ed io, impaurita, presi in mano la spada di Aki e mi alzai in piedi rivolgendola nel punto in cui si era fermata. Le mani mi tremavano e la paura mi saliva sempre di più, non avevo idea di cosa fare.
Nel punto in cui la scia si era fermata udii un rumore di ossa che, non sapevo se era per magia o per altro, alcune si misero una sopra l’altro ed altre a fianco. Questo lo vidi per circa un minuto e non riuscivo a capire che cosa stavo vedendo finché non si venne a creare enorme scheletro.
Questo scheletro era alto cinque metri, sul lato sinistro del teschio c’era un occhio, mentre su quello destro  non c’era un occhio ma l’orbita era attraversata da una canna di bambù.
Tutto ciò che avevo appena visto sembrava sia strano sia spaventoso. Abbassai il corpo e toccai Aki per diverse volte cercando di svegliarlo.
“Aki! Aki svegliati!” dissi io.
“Mmmh… ma cosa ti è preso. Lasciami dormire…” disse lui scuotendosi e senza aprire gli occhi.
Dato che non si svegliava non insistetti tanto e, guardando dritto davanti a me, vidi che l’enorme scheletro si spostava da una parte all’altra emettendo un gran pianto.
“Aiuto! Aiuto! Aiutateci! Qualcuno ci salvi! Aiuto!” dissero diverse voci provenire dallo scheletro.
All’improvviso si fermò di fronte a me e continuava a lamentarsi. Vedere uno scheletro lamentarsi non mi era mai capitato e il tutto mi sembrò molto strano.
“Aki! Aki, dai svegliati!” dissi io scuotendolo di nuovo.
“Mmmh… Iris, ti ho detto di lasciarmi dormire.” Disse lui.
“No, devi alzarti! Forza, alzati e guarda là!” dissi io.
Lui alzò la testa, guardò nella mia stessa direzione per una decina di secondi e si appoggiò di nuovo a terra.
“Non c’è niente, quindi torna a dormire.” Disse lui.
‘Uffa, perché non mi da ascolto…” pensai io.
Mi alzai in piedi e poco per volta mi alzai allo scheletro. Avevo paura e non capivo bene che cosa stava succedendo. Ogni tre o quattro passi mi fermai, guardai lo scheletro per qualche secondo poi avanzai ancora. Questo lo feci per 6 volte, finché non ci arrivai davanti. La paura che mi potesse succedere qualcosa era altissima e sentivo il mio cuore battere fortissimo. Vidi che lo scheletro era ricolmo di tantissime luci gialle e verdi.
“Chi c’è oh, una ragazzina.” Disse lo scheletro.
“t-t-t-tu ci sei? C-che cosa sei?” chiesi io.
Dalle scheletro uscirono diversi nomi con diverse voci: “Irina… Naoki… Satoshi… Akemi… Shido… Shiro…Yoshido…” Ne sentii anche altre ma non ero in grado di capirli e non riuscivo a ricordarli tutti.
“A-a-aspetta, non ci sto capendo nulla. C-chi o c-che cosa siete?” dissi io.
“Tranquilla, non avere paura. Io sono un Gashadokuro, ma chi parla è Shido. Chiamami semplicemente Shido.” Disse lo scheletro.
“Shido… ancora non capisco. Che cos’è un Gashadokuro?” chiesi io.
“Siamo il Gashadokuro. Siamo un insieme di tante anime di diverse persone che sono state uccise.” Disse Shido.
“Uccise? Da chi? E perché uno scheletro?” chiesi io.
“In realtà queste sono le ossa del mio corpo unito a quello di tanti altri. Maschi e femmine di età simile alla mia.” Disse lui.
“Ancora non riesco a capire… età come la tua? Ma tu quanti anni hai? E come sei morto?” chiesi io.
“Io avevo vent’anni, ma oramai sono passati quindici anni da quando sono morto.” Disse lui.
“Vent’anni? Eri molto giovane. Ma cosa ti è successo?” Chiesi io.
“Sono stato ucciso alle spalle da mio zio e i corpi sono stati portati qui per poi essere abbandonati. Nessuno è mai venuto cercarmi, nemmeno i miei genitori, così con il passare del tempo il mio corpo si è ridotto a uno scheletro. Da quel giorno mio zio continuò ad uccidere altre persone e ogni tre settimane altri corpi vennero portati qui e si sono uniti al mio. Ecco cosa è successo.” Disse Shido.
“Che cattiveria… Ma come mai hai una canna di bambù in un occhio?” Chiesi io.
“Un paio di anni fa, gli abitanti del villaggio in cui abbiamo vissuto e che si trova qui vicino ci coltivavano il bambù. Una di quelle canne cresceva sotto di me e ha continuato a crescere vicino al mio occhio. Anche se ormai hanno cambiato, da quando ce l’ho ne soffro molto e per questo mi servirebbe l’aiuto di qualcuno per potermelo togliere.” Disse lui.
Mentre lo ascoltai rimasi un silenzio e poi dissi: “Ti aiuterò io! che cosa devo fare?”
“È molto semplice. io mi abbasserò alla tua altezza mentre tu dovrai prendere con le mani la canna di bambù e tirare più forte che puoi verso di te.” Disse Shido.
“Io non ho molta forza… Va bene, ci proverò.” Dissi io facendomi coraggio.
Guardai per qualche secondo nel punto in cui si trovava Aki, per vedere se si era svegliato. Non fu così e girai di nuovo la testa davanti a me. Shido invece abbassò la testa e una parte del corpo verso di me, mentre io tremai come una foglia.
“Non avere paura, va tutto bene.” disse lui cercando di farmi coraggio.
Mi avvicinai lentamente alla canna di bambù fino a prenderla con le mani. Strinsi forte e iniziai a tirare. Tirai davvero tanto ma i miei piedi grattarono la terra per 5 o 10 metri. Ci misi tutta la forza che avevo ma non sembrava cambiare nulla. Mi fermai un attimo, stesi le braccia, strinsi di più la canna di bambù e ripresi a tirare.
Per i primi 5 o 10 secondi i miei piedi tornarono a grattare la terra nello stesso modo, ma poi iniziò ad uscire qualcosa dal suo occhio. Uscì poco per volta mentre io stavo facendo una fatica enorme.
All’improvviso, con l’ultimo tiro da parte mia, riuscii a far venire fuori tutta la canna di bambù. Ben 35 centimetri della canna era incastrata in mezzo al teschio e avevo un gran fiatone dovuto allo sforzo che avevo fatto.
Lui si alzò in piedi e mosse la testa in tutte le direzioni.
“Grazie mille per avermi liberato. Ora sto molto meglio.” disse lo scheletro con la voce di Shido.
“Grazie… Grazie…Grazie… Grazie… Grazie…” dissero diverse voci, sempre provenienti dallo scheletro.
“Voglio fare in modo che la vostra morte non sia vana. Vorrei che lo zio di Shido la paghi per tutto ciò che ha fatto.” Dissi io.
“Lo vorremmo anche noi, ma l’unico modo sarebbe quello di coglierlo mentre uccide qualcuno. In quel momento bisognerebbe prenderlo e fargliela pagare, però è molto difficile coglierlo sul fatto perché lui sta attento a qualsiasi cosa.” Dissero una voce maschile e una voce femminile.
“Sì, ma devo fare lo stesso qualcosa. Come si chiama il villaggio più vicino e quanto tempo ci vuole per arrivarci?” Chiesi io.
“Il villaggio più vicino si chiama Taisho e ci vuole circa un’ora di camminata per arrivarci. Si trova in direzione di quegli alberi.” Disse una voce femminile indicando nella direzione di Aki.
“Okay… Adesso vado a dormire e vedrò di trovare un modo per poter incastrare lo zio di Shido. Grazie per tutto ciò che mi avete detto.” dissi io.
Mi girai a destra  e iniziai a correre verso Aki. a metà strada mi fermai e mi girai a salutare lo scheletro. Una volta arrivata dove si trovava Aki, mi sedetti per terra e mi coricai su un lato del corpo cercando di dormire. Ci riuscii anche se durò poco.
Dormii solo  ore e venni svegliata dalla luce del sole. Mi ritrovai con il corpo steso a pancia in su, con la mano destra sugli occhi, l’altro braccio e le gambe erano distese per terra.
Spostai in alto la mano e, dopo un primo bagliore agli occhi, vidi diversi uomini di diversa età fissarci. Subito mi spaventai e alzai di scatto la schiena. Con una mano scossi forte Aki finché lui non si svegliò girandosi verso di me. Guardò davanti a sé e anche lui si spaventò e si sedette di scatto.
Gli uomini che avevamo davanti avevano diverse età e tra le mani avevano tutti un oggetto in legno e piuttosto affilato da un lato. Rimanemmo tutti in silenzio per circa un minuto. Io e Aki ci alzammo di scatto in piedi ed io mi misi dietro di lui.
“Chi siete? E che cosa volete?” chiese Aki. ma nessuno di loro rispose.
“Allora, che siete! Rispondete!” disse di nuovo Aki.
“Questo lo dovremmo chiedere noi.” Disse un uomo muovendosi tra gli uomini e avvicinandosi a noi. Sembrava essere il più anziano di tutti.
“Noi siamo dei semplici viaggiatori e ci siamo fermati per la notte. Però non sappiamo dove ci troviamo… E voi chi siete?” chiese Aki.
“Siamo vicino al villaggio Taisho, che è da dove noi veniamo e questo è il nostro campo di grano.” Disse l’uomo di prima.
‘Un campo di grano?’ pensai io.
“Già, il nostro campo di grano. Avete dormito qui e guardate che cosa avete fatto!” disse un uomo di giovane età con tono arrabbiato. Era il più giovane tra tutti.
“M-mi dispiace molto per ciò che abbiamo fatto. Adesso ce ne andiamo.” Dissi io.
Io e Aki iniziammo a camminare all’indietro.
“Ecco bravi, andate via da qui.” disse l’uomo giovane di prima.
Dopo quelle parole noi ci girammo e iniziammo a camminare. Lo facemmo per due o tre metri, poi ci mettemmo a correre fino ad arrivare sotto un albero. Una volta che ci eravamo fermati di correre, entrambi ci mettemmo a ridere e dopo un paio di minuti ci raggiunse Urushi venendo da un cespuglio.
“E tu da dove spunti fuori?” chiese Aki. Urushi non gli rispose, così lui disse: “Beh, se non vuoi dirmelo fa lo stesso. Forza, andiamo.”
Iniziammo a camminare restando in silenzio. Con il passare del tempo mi ci stavo abituando a stare in silenzio, quando notai che Aki mi stava fissando. La cosa mi sembrò un po’ strana e pensai cosa poteva essere successo per fissarmi a lungo e per diverse volte. Ma non mi veniva nessuna ragione in mente.
“Aki, che cos’hai? Perché mi fissi in quel modo? Ho qualcosa di strano?” chiesi io.
“No, non hai nulla. Però…” disse lui.
“Però cosa?” chiese Urushi.
“Iris, come stai? Hai dormito bene stanotte?” chiese Aki.
“Beh, ho dormito poco, però sto bene. Ma perché mi fai queste domande?” risposi io.
“Stanotte mi hai svegliato perché volevi che guardassi qualcosa, ma non ho visto nulla. Per questo voglio chiederti: che cosa volevi farmi vedere?” chiese Aki.
“Beh, è successa una cosa che non ci crederesti se te lo dicessi.” Dissi io.
“Eh? Che cos’è? Dai dimmelo, dimmelo, dimmelo!!” disse Aki tutto curioso e camminando all’indietro davanti a me.
Io sospirai, aspettai un attimo e gli dissi: “Ho incontrato un Gashadokuro e ho parlato con lui.”
“Un che?” chiese Aki guardandomi in modo strano.
“Ti spiegherò tutto. Un Gashadokuro è…” dissi io. Così gli spiegai tutto ciò che mi era capitato, ma lui sembrava diventare sempre più confuso.
“Non ho capito molto, ma non ci credo che è successo tutto quello che hai detto.” disse Aki.
“Ma è vero! E Shido mi ha detto che devo andare nel villaggio e fare in modo che non succeda di nuovo.” Dissi io.
“Sì, certo.” Disse Aki.
“Certo che sei strana. Però io ti credo.” Disse Urushi.
“Io non sono strana e quello che vi ho detto è ciò che è successo! E io voglio fare qualcosa per Shido e tutti quelli che sono morti come lui!” Dissi io.
“E mi dici come vuoi fare? Per quel che ne so tu non ne hai la minima idea e non sea nemmeno com’è lo zio di questo Shido.” Disse Aki.
Io misi la mano a pugno davanti a me, alzai l’indice e aprii la bocca per dire qualcosa. Ma la richiusi pochi secondi dopo perché mi accorsi che non potevo dire nulla, così pensai ad un’idea.
All’improvviso mi venne in mente qualcosa e aprii di nuovo la bocca per dirla, ma mi accorsi che non poteva avere tanto senso come idea. Chiusi la bocca e abbassai la mano.
Proprio in quel momento mi accorsi che Aki aveva ragione nel dire che non sapevo cosa fare. Ed era anche vero che io non sapevo che aspetto aveva lo zio. E nemmeno Shido me lo aveva detto quando avevamo parlato.
“Mi dispiace, ma nemmeno tu hai idea di cosa fare. Ammettilo che tutto ciò che hai detto prima non era vero e che non intendi fare ciò che hai detto.” disse Aki mettendo una mano sulla mia spalla.
Io mi rifiutare di accettare ciò che lui aveva detto. tolsi con espressione seria la sua mano da me e camminando gli dissi: “No, io lo farò. A costa di farlo anche da sola, ma lo farò.”
Dopo solo alcuni metri Aki e Urushi mi raggiunsero e continuammo ad avanzare. Ero arrabbiata perché lui non mi credeva e mi aveva detto di non fare nulla. Mi aveva detto di non aiutare delle persone che avevano bisogno e io mi rifiutai di accettarlo.
Mentre camminavo pensai a  cosa potevo fare per aiutare Shido. Ci pensai a lungo quando Aki disse qualcosa.
“Guarda, siamo vicino ad un villaggio!” disse Aki indicando dritto davanti a noi.
Non gli risposi perché ero ancora arrabbiata con lui.
“Dai Iris, non essere arrabbiata. Scusami se ho detto qualcosa che non ti è piaciuto.” Disse Aki.
Quando entrammo nel villaggio notai che alcune case erano completamente chiuse, mentre altre avevano le finestre aperte e le porte chiuse. Per strada c’erano delle persone che camminavano per strada, ma erano poche rispetto ai villaggi in cui eravamo rimasti.
Davanti a me vidi dei  piccoli e strani fuochi di colore azzurro. Erano tanti, uno dietro l’altro e distanti 30 o 40 centimetri. Mi chiesi nella mia mente come mai quel fuoco era sospeso in aria invece di essere a terra come tutti quei fuochi che avevo sempre visto. Pur non avendo una risposta sentii una voce sottile che continuava a dire la stessa cosa.
“Seguici… Seguici…” disse la voce.
“Aki, l’hai sentita anche ti quella voce?” chiesi io.
“Voce? Quale voce? Io non sento nulla.” Disse lui.
Sentii di nuovo quella voce e decisi di avvicinarmi al primo fuoco che vedevo davanti a me.
“Ehi Iris, dove stai andando?” chiese Aki.
Ma io non risposi, ero concentrata a raggiungere il fuoco. Non capivo che cos’era ed ero curiosa di capire come mai ripeteva più volte quella parola. Ero molto curiosa e dopo qualche metro mi trovai davanti al piccolo fuocherello. Mi fermai, allungai la mano cercando di toccarlo ma a pochissimi centimetri di distanza questo sparì nel nulla. Sparì lasciandomi ancora una volta alla stessa distanza di prima da un altro fuoco azzurro.
“Eh? eppure pensavo di averlo preso…” dissi io.
“ma che stai dicendo? Preso che cosa?” chiese Aki.
“Il fuoco che era qui non c’è più e adesso ce n’è uno là davanti.” Dissi io.
“Fuoco azzurro? Iris non capisco che cosa stai dicendo. Io non vedo nulla e penso che tu ti stai immaginando tutto, proprio come quello che mi hai detto prima su quel Shido.” Disse Aki.
“Io non sto inventando nulla!” dissi io.
Continuai a camminare inseguendo quello strano fuoco, ma ogni volta che mi avvicinavo e allungavo la mano, questo spariva davanti ai miei occhi. Non riuscivo a darmi una spiegazione del perché succedeva questo, ma continuai a seguirli.
Senza accorgermene avanzai di 50 metri circa, girai a sinistra, a destra e di nuovo a sinistra. Percorsi una ventina di metri quando notai che l’ultimo fuoco era situato davanti alla porta di una casa.
Mi avvicinai alla finestra per vedere se c’era qualcuno, ma non vidi nessuno.
“E adesso che cosa vuoi fare?” chiese Aki.
“Non ne ho idea, però è strano che quei fuochi mi hanno indicato questo posto se non c’è nessuno.” Dissi io.
Rimanemmo fermi per qualche secondo quando alla mia destra udii una voce femminile.
“Chi siete? E che cosa ci fate davanti a casa mia?” disse la voce.
Girai la testa e vidi una donna di età intorno ai 35 anni. Era alta, magra, aveva i capelli marroni ed era lontano un paio di metri da noi tre.
Lei si avvicinò mentre io dissi: “Ah, ehm… noi non vogliamo fare nulla di male.”
“Oh, bene.” disse la signora davanti alla porta.
“Scusa, come si chiama questo villaggio?” chiese Aki.
“Questo è il villaggio Taisho.” Disse la donna.
“Un certo Taisho mi ha parlato di questo villaggio e degli strani fuochi azzurri mi hanno portato in questa casa.” dissi io.
Mentre io parlai lei ne rimase immobile per alcuni secondi, ma non appena finii lei si guardò intorno tre volte. Poi aprì la porta e ci invitò ad entrare.
“Non posso parlare qui fuori. Venite dentro per favore.” Disse la signora.
Aveva un tono serio e triste. Entrò prima lei nella stanza e poi lo facemmo noi tre. Lei non ci guardò nemmeno una volta e non disse nemmeno una parola. Ci fece camminare dritto per un paio di metri facendoci poi sedere per terra mentre lei portò una scodella di t+ verde per tutti e quattro.
“Non vi ho visto in questo villaggio. Siete nuovi? Da dove venite?” chiese la signora.
“Siamo appena arrivati e veniamo da un villaggio molto lontano.” Disse Aki.
“Allora ditemi, come fate a sapere di Shido?” chiese lei.
“Io non lo conosco, ma lei sì.” Disse Aki.
“Beh, come fai a sapere di lui se venite da lontano?” chiese la signora.
“E’ difficile da spiegare, ma ho parlato con lui stanotte. Voi lo conoscete?” dissi  io.
“Lui è mio figlio.” Disse la signora.
Quelle parole mi sconvolsero. Non potevo immaginare che Shido fosse il figlio di questa signora.
“Come vi chiamate?” chiese la signora.
“Io sono Iris e loro sono Aki e Urushi.” Dissi io.
“Piacere.” disse Urushi.
“Io sono Rita e mio marito si chiama Kenneth. Insieme a noi vive il fratello di mio marito che si chiama Jil. Nostro figlio si chiamava Shido ma è morto…” disse Rita.
“Quindici anni fa, lo so.” dissi io finendo la frase di lei.
“E tu come fai saperlo?” chiese lei rimanendone stupita.
“Ecco… Me lo ha detto lui.” dissi io.
“Lo ha detto lui? Questo non ha senso, lui…” disse Rita fermandosi e facendo un’espressione triste.
“Mi dispiace… Vorrei fare qualcosa per aiutarla ma capisco che è difficile.” Dissi io.
Ci fu un minuto di silenzio che sembrava essere lunghissimo. Tutti noi guardammo in basso e non dicemmo nulla. Percepii la sensazione che più stavo lì, più la situazione sembrava diventare sempre più triste.
“Ecco… Mi dispiace chiederlo, ma possiamo rimanere qui a dormire stanotte?” chiesi io.
“Eh? Oh, sì certo, con piacere. Potere mettere le vostre cose nella stanza di là.” Disse Rita indicando una stanza un po’ buia.
“Grazie.” Dissi io.
Mi tolsi dalle spalle arco e frecce e le diedi ad Aki che le andò ad appoggiare nella stanza indicata da Rita. Poco dopo lui tornò, io le dissi che saremmo andati a fare una camminata per il villaggio e lei disse che non era un problema. Ci disse anche che più tardi ci sarebbe stata la cena.
Così uscimmo di casa e girando a sinistra ci incamminammo lungo la strada. Intorno a noi passeggiavano diverse persone, ma non ci prestai molta attenzione.
“Rita era molto triste.” Dissi io.
“Già, l’ho visto anch’io.” disse Aki.
“si vede che soffre per la mancanza di Shido.” Dissi io.
“Già. Peccato che non possiamo fare nulla per aiutarla.” Disse Aki.
Continuammo a camminare per un po’ di tempo mentre io riflettei su ciò che potevamo fare. Dovevamo fare qualcosa. Ma fin da subito non mi venne in mente nulla. Anche perché era molto difficile poter sostituire l’amore e la presenza di un figlio.
Poi però mi venne in mente una cosa. quando parlai con Shido, lui mi disse che il colpevole della sua morte era lo zio. Quindi mi chiesi una cosa: se la morte di Shido e di altre era avvenuta per mano dello zio e se lui mi ha detto  che lo rifarà, quand’è che accadrà?
“In realtà ci sarebbe qualcosa che possiamo fare.” dissi io.
“Che cosa? Che cosa?” chiese Aki.
“prendere lo zio di Shido e fare in modo che non faccia del male a nessuno.” Dissi io.
“Ancora a dire queste cose. Senti, te l’ho detto prima, hai intenzione di prendere una persona sapendo di non avere nessuna idea di come fare.” disse Aki.
“Lo so, ma voglio provarci lo stesso. E poi una qualche idea mi verrà in mente.” Dissi io riprendendo a camminare.
Aki fece un lungo sospiro e dopo alcuni metri notai  che davanti a me c’era la casa di Rita.
“Eh? ma com’è possibile che questa sia la casa di Rita? Abbiamo sbagliato strada?” dissi io.
“Non credo…” disse Aki.
Proprio in quell’istante vidi due signori, uno a fianco all’altro, dirigersi verso la casa e venire dalla direzione opposta a quella da cui io stessa venivo.
“Chi sono quelle persone?” chiesi io.
“Non ne ho idea, non li ho mai visti. Però guarda, stanno entrando in casa.” disse Aki.
“Andiamo anche noi.” Dissi io.
Lui mi fece cenno di sì con la testa e ci avvicinammo verso la casa. entrammo e vidi Rita che stava cucinando.
“Oh, stavo proprio per chiamarvi. Andate pure nella stanza a fianco, tra poco servo la cena.” disse lei.
“Evviva! Avevo proprio fame!” disse Aki tutto molto contento.
Noi ci spostammo nella stanza a fianco dove trovammo seduti per terra davanti a un tavolino basso i due signori che avevamo visto entrare.
Il primo signore era di mezza età, un po’ ben messo, gli occhi e i capelli marroni, indossava pantaloni azzurri e una maglia bianca. il secondo signore invece si trovava dalla parte opposta del tavolo rispetto al primo, era un pochino ben messi anche lui, aveva i capelli e gli occhi neri, indossava una maglia e dei pantaloni fino al ginocchio di colore nero.
Mi sedetti a fianco all’uomo con i capelli marroni, Aki si mise difronte a me mentre Urushi si sedette alla mia sinistra. Rita facendo due giri mise davanti a tutti un piatto rettangolare pieno di riso arrotolato su delle fette di salmone (chiamati nigiri). Ce n’erano 12 in ogni piatto e Rita si sedette a fianco ai signori. Notai che il signore vicino ad Aki mi fissava e non staccava mai gli occhi da me. Nemmeno per mangiare.
“Itadakimasu (buon appetito in giapponese)”dicemmo tutti in coro unendo le mani davanti a noi.
“Prima di iniziare a mangiare vorrei presentarvi mio marito Kenneth e suo fratello Jil.” Disse Rita indicando prima l’uomo alla sua destra e poi a sinistra.
‘Quindi lui è lo zio di Shido…’ pensai io guardando Jil che mi fissava.
Io mangiai lentamente i miei nigiri, Urushi ne mangiò la meta di quelli che aveva sul piatto, mentre Aki li mangiò tutti in modo velocissimo. Il riso era buonissimo e, dopo averci aggiunto un po’ di salsa di soia in uno di quelli rimasti, lo misi in bocca e assaporai il buonissimo nigiri. Feci la stessa cosa per altri due o tre e, senza accorgermene, li finii tutti.
“Oh no, li ho già finiti.” Dissi io.
“Se vuoi ce ne sono altri. Li vuoi?” disse Rita.
“No, grazie. Però sono buonissimi.” Dissi io.
“È vero, sono buonissimi!” disse Aki tutto contento.
“Grazie ad entrambi.” disse Rita sorridendo.
Rimanemmo per circa un minuto in silenzio mentre notai che Jil continuava a fissarmi. Questo mi fece pensare che forse io avevo qualcosa di strano addosso e mi imbarazzò un pochino. Mi venne anche un leggero mal di testa, ma decisi di non dirlo a nessuno.
Con un tono imbarazzato dissi: “Io… io sono un po’ stanca. Scusate ma vado a dormire.”
“Eeeh? Iris sta bene?” chiese Aki.
“Sì certo, sono solo un po’ stanca.” Dissi io.
“Allora vengo anch’io.” disse Aki.
“Capisco… allora buon riposo.” Disse Rita.
“Buon riposo.” Disse Kenneth.
Così ci spostammo nella stanza in cui avevamo lasciato le nostre cose. Tirai fuori due futon, ne presi uno e lo stesi vicino ad un angolo.
“Allora io mi siederò qui e mi addormenterò a fianco a te.” Disse Aki.
“Ah… sì…” dissi io.
“Che c’è? Perché mi rispondi così? ” Chiese lui.
mi alzai in piedi e dissi: “Aki, sono sporca da qualche parte? Ho fatto qualcosa di male? ho qualcosa che non va?”
“Vediamo, hai detto delle cose strane tutto il giorno…” disse lui.
“Aki sii serio!” dissi io facendo un’espressione un po’ imbronciata.
“Okay okay. Non hai nulla che non va. Ma perché me lo chiedi?” disse lui.
“Beh, Jil è stato a fissarmi da quando abbiamo iniziato a mangiare. Non so perché mi guardava, ma mi sono sentita un po’ in imbarazzo.” Dissi io.
“Sì però adesso non lo sta facendo più. quindi rilassati e non pensarci.” Disse lui.
In quel momento entrò nella stanza Urushi che si avvicinò a noi molto tranquillamente.
“Urushi, sei qui. ti abbiamo lasciato il futon per dormire.” Dissi io.
“Grazie.” Rispose lui.
Sia io che Urushi ci infilammo nei nostri futon e ci addormentammo. Ognuno di noi riposò molto bene e avevamo un sonno molto profondo. Non ci svegliammo fino alla mattina dopo.
La prima a svegliarsi fui io grazie ad un raggio di sole che ce lo avevo proprio in faccia. Mi alzai in piedi e mi spostai nella stanza a fianco dove trovai Rita beveva un bicchiere di tè. Quando mi sedetti al tavolo, Rita si alzò in piedi, mi portò un bicchiere di tè e tornò a sedersi.
“Buongiorno, come stai?” chiese Rita.
“Sto bene, non ho più il mal di testa che avevo ieri sera.” Dissi io.
“Mi fa piacere sentirlo.” Disse lei.
“Ecco… ci sarebbe una cosa che vorrei dirle.” Dissi io.
“Sì, di cosa si tratta?” chiese lei.
“Riguarda la morte di suo figlio e di altre persone.” Dissi io. Lei fece un’espressione scioccata.
“Eh?” chiese lei.
“Shido mi ha detto chi li ha uccisi.” Dissi io. Lei ne rimase ancora più scioccata e le tremarono le mani.
“E… e chi sarebbe?” chiese lei.
“Lo zio di Shido, Jil.” Dissi io.
Lei ne rimase sconvolta, non si aspettava un’affermazione come quella che avevo detto. lei avvicinò le mani al corpo ma, senza accorgersene, lo fece cadere sul tavolino.
“M-ma che cosa ho combinato, guarda qui.” disse lei con tono spaventato.
Rimanemmo in silenzio per un paio di minuti mentre lei andò a prendere uno straccio bagnato che aveva in cucina e lo passò sulla parte del tavolo bagnato. Solo che nel momento in cui faceva questo, le sue mani tremarono molto e dovette fermarsi.
“Mi dispiace per questa notizia.” Dissi io.
“N-no, n-n-non è possibile che s-sia stato lui. Lui è una persona molto tranquilla che non farebbe mai del male a nessuno. Nemmeno a mio figlio.” Disse lei.
“Però me lo ha detto lui stesso.” Dissi io.
Rita abbassò la testa e rimase in silenzio. Nello stesso momento si avvicinò a noi Aki e Urushi che si sedettero vicino a me, poi passò per la stanza Jil che si diresse verso la porta.
“Devo andare a fare delle cose in giro per il villaggio. Non tornerò per l’ora di pranzo, ma stasera.” Disse Jil prima di aprire la porta ed uscire.
Ma nessuno, nemmeno Rita, gli diede una risposta. Quelle sue parole mi crearono molte domande nella mia testa. che cos’erano quelle cose di cui parlava? che cosa doveva fare in giro per il villaggio? E perché non doveva tornare per pranzo? Non ne avevo idea e no sapevo rispondere. La curiosità di quel momento era così forte che decisi di seguirlo.
“Ecco… anche io vorrei visitare il villaggio.” Dissi io.
“Eh? perché vuoi andarci?” chiese Aki.
“oh, ehm… sì, certo. Andate pure se volete.” Disse Rita.
“Grazie.” Dissi io.
Mi alzai in piedi quando sentimmo tutti un urlo molto forte. Questo urlo mi spaventò e allo stesso tempo mi incuriosì.
“Che cosa è successo?” chiesi io.
“Non lo so. Andiamo a vedere?” disse Rita.
“Sì.” Dissi io.
Rita si avvicinò a noi tre e notammo che tante persone corsero da destra a sinistra. Li seguimmo anche noi e, dopo aver girato a destra e poi a sinistra, trovammo tantissime persone affacciate alle due finestre e alla porta. Ci avvicinammo e passammo davanti a tutti per vedere che cos’era successo. Ma ciò che vidi sconvolse me, Aki e Urushi.
Davanti a me c’era il corpo di una ragazza steso a terra in mezzo a molto sangue. Una ragazzina che a prima vista poteva avere 18 anni. A una trentina di distanza dai piedi di lei c’era una donna, io pensavo fosse la madre, che piangeva come una disperata.
“Oh, ecco, un’altra persona morta.” Disse Rita.
“Un’altra?” chiesi io.
“Sì, l’ultima è successo sei giorni fa e anche quella volta era stata uccisa una ragazzina. Peccato che nessuno ha idea di chi sia stato, quando e chi colpirà la prossima volta.” Disse Rita.
Proprio in quel momento vidi in un angolo della finestra passare Jil con un’espressione seria in faccia. Quella sua espressione non mi piaceva, così, stando in silenzio, uscii dalla casa e mi misi a camminare seguendolo.
“Iris! Ehi Iris, dove stai andando! Iris!” disse Aki seguendomi. Ma non risposi.
Ero curiosa di sapere dove stava andando e, camminando per diverse strade, lo vidi fermarsi alcune volte ed entrare in diverse case. Noi non entrammo in nessuna di quelle, aspettammo sempre fuori. Una di quelle case aveva delle strane luci rosse al primo piano.
“Aki che posto è questo?” chiesi io.
“Non lo so, ma non voglio che ci entri.” Disse Aki.
“Mh, okay.” Dissi io.
“Perché ti sei messa ad inseguirlo?” chiese Aki.
“C’è qualcosa in lui che non mi piace. E poi mi è venuta un’ idea.” dissi io.
“Idea? Idea per cosa?” chiese Aki.
“Per prendere Jil e fargliela pagare per aver ucciso Shido.”dissi io.
“Ancora con questa storia.” Disse Aki con tono scocciato.
 Dopo un paio di minuti Jil uscì dalla casa con le strane luci rosse e per tutto il resto della giornata noi lo seguimmo. Ovviamente senza mai entrare da nessuna parte. Era strano come lui entrava ed usciva con estrema facilità dalle diverse abitazioni, e mi sarebbe tanto piaciuto sapere che cosa faceva o diceva alle persone che c’erano dentro. Non appena lui uscì dalla casa, io entrai nella casa di fronte a me e feci una domanda ad una signora che vi era dentro.
“Scusi, per caso è entrato qui il signor Jil e ha parlato con voi?” chiesi io.
“Sì esatto, è appena uscito. Lui è il capo villaggio e si prende cura di tutti, anche di quelli che hanno perso qualcuno. Perché, è successo qualcosa?” chiese la donna.
“No, nulla. Posso chiedere che cos’ha detto?” dissi io.
“Due mesi fa è stato ucciso mio figlio e lui è venuto a farmi sentire meglio e ad aiutarmi.” Disse la donna.
“Capisco, grazie.” Dissi io. Poi uscii di casa e, vedendo Jil da lontano, lo iniziai a seguire.
“Iris, Ehi, iris, fermati!” disse Aki seguendomi. Ma io non dissi nulla.
“Iris, perché le hai fatto quelle domande?” mi chiese lui.
“Per curiosità.” Dissi io camminando con passo veloce.
“Non ci credo. Beh, se non vuoi dirmelo fa lo stesso.” Disse lui.
Poco dopo feci a stessa cosa e ottenni la stessa risposta di prima. Di nuovo, una volta uscita quella casa  continuai a seguire Jil.
Feci così per tutto il pomeriggio, finché non ci ritrovammo a percorrere la strada che portava alla casa di Rita. A noi scese dl cielo e si avvicinò Urushi con le sue grandi ali nere, ma non appena appoggiò i piedi a terra nascose le sue ali.
Il primo ad entrare in casa era Jil poi entrammo noi. Non appena lui mi vide mi fece uno sguardo freddo e un’espressione seria. Quello sguardo mi spaventò, ebbi paura e rimasi immobile per alcuni secondi, ovvero quando lui tolse lo sguardo da me.
Arrivò l’ora di cena e tutti e tre, concentrati a mettere a posto delle cose nella nostra stanza, venimmo chiamati da Rita a cena e ci spostammo nella stanza a fianco. Ci sedemmo al tavolino, lei portò a tutti un bicchiere di tè verde e una ciotola piena di riso e la mangiammo tutti insieme. Durante tutta la cena io vidi che Jil mi fissava e non mi lasciava in pace.
“Hai bisogno di qualcosa da me?” chiesi io.
“Cosa? no, non ho bisogno di nulla.” Disse Jil.
“Oh… okay.” Dissi io.
Io ed Aki fummo i primi a finire il riso e bevemmo tutto d’un sorso il tè. Il tè era molto buono e dolce, mentre all’interno del riso entrambi ci trovammo all’interno del buonissimo salmone affumicato. Un paio di minuti dopo di noi finii di mangiare anche Urushi.
Una volta che finimmo, sia io che Aki ci alzammo in piedi e ci spostammo nella camera dove avevamo tutte le nostre cose. presi il futon, lo misi vicino ad un angolo e mi infilai dentro il futon. Aki invece, come la notte prima, sedette a fianco a me e parlammo un pochino prima di addormentarci.
“Aki, prima ho avuto paura.” Dissi io.
“Quando Jil ti ha guardato?” disse Aki.
“Sì, e anche quando abbiamo mangiato. Aveva uno sguardo spaventoso.” Dissi io.
“Non c’è motivo di avere paura, perché lui non ci può fare nulla.” Disse lui.
“Può darsi… va bene se domani ce ne andiamo di qui?” dissi io.
“Per me va benissimo. Quando partiamo?” chiese lui.
“Domani mattina molto presto, credo…” dissi io.
“okay. Già non vedo l’ora di partire.” Disse Aki tutto contento.
“Allora buonanotte.” Dissi io.
“Notte.” Disse Aki.
Urushi non entrò in camera nostra per tutta la notte, ma si addormentò davanti alla porta della stanza. io e Aki invece ci addormentammo e dormimmo pesante per alcune ore.
Avevo sempre avuto un sonno leggero, ma proprio nel bel mezzo della notte, quando avevo il corpo steso da una parte, sentii una strana sensazione. Mentre avevo gli occhi chiusi sentii che il mio corpo veniva girato da qualcuno a pancia in su e sentii una presenza sopra di me. Ma chi poteva essere?
Aprii gli occhi e mi terrorizzai vedendo sopra di me Jil. Lo riconobbi perché a pochi centimetri dalla mia sinistra vi era una piccola candela accesa. Lui aveva una mano sul mio collo e nell’altra mano un piccolo coltello da cucina dove la lama toccava la parte sinistra del mio collo.
Ero così terrorizzata e scioccata che non mi mossi neanche di un centimetro. Non sapevo cosa fare e come reagire a una situazione come quella in cui ero. In quel momento di panico apparve una lama affilata proveniente da destra. spostai lo sguardo e vidi che era Aki che aveva una mano appoggiata a terra, l’altra mano vicino alla faccia che teneva la spada rivolta verso Jil.
“Togli quella lama dal suo collo e allontanati da lei.” disse Aki con tono molto serio.
L’uomo non fece nulla e non si mosse. Io continuai ad avere paura e continuai a rimanere immobile. Aki invece sembrava molto arrabbiato.
“Ho detto di togliere quella lama da lei.” disse di nuovo Aki.
Pochi secondi dopo lui allontanò la lama dal mio collo e la appoggiò a terra, ma tenne la mano sul coltello, l’altra mano la lasciò attorno al mio collo. Io potei rilassarmi un pochino visto che aveva allontanato quella lama affilata e spaventosa, ma non abbastanza perché avevo ancora qualcosa sul mio collo.
“Cosa sei venuto a fare qui? E che cosa vuoi da noi?” chiese Aki.
“Che domande fredde che mi fai.” Disse Jil.
“RISPONDIMI! Che cosa sei venuto a fare!” disse Aki.
“Sono venuto uccidere voi due. Lei per prima.” Disse Jil con un enorme sorriso.
Quelle parole ci scioccarono. Non ci aspettavamo una risposta come quella e non sapevamo cosa fare. io non riuscivo a spiegarmi il perché volesse ucciderci. Perché proprio noi due?
“Perché vuoi uccidermi? T-ti ho fatto qualcosa?” chiesi io.
Lui non disse nulla e questo fece arrabbiare Aki.
“Rispondile e togli la mano da lei.” Dissi io.
Jil tolse la mano dal mio collo e ridendo disse: “La vostra presenza qui è nauseante e non meritate di vivere, come non sopportavo Shido. E non ho nemmeno sopportato tutti gli altri giovani che ho ucciso in questi anni.”
“P-perché? Perché lo hai fatto?” chiese Rita tremando e trovandosi davanti alla porta.
Anch’io me lo stavo chiedendo nella mente. Insieme a Rita c’erano diverse donne, forse erano le madri di tutti i giovani che erano morti, e ad un fianco c’era Urushi con le braccia incrociate.
“Perché lo hai fatto! Mi sono sempre fidato di te, anche tutte loro lo hanno fatto! Perché!” disse Rita scuotendosi verso di noi. Urushi e altre due donne la tennero ferma.
Jil si alzò in pedi, si rivolse verso di me e disse: “Io sono il capo villaggio e devo mantenere un certo numero di persone dentro il villaggio. Se quel numero viene superato si fa fatica a dare da mangiare a tutti. Così ho preso una decisione molto forte: uccidere coloro che sono di troppo.”
“Cosa?” disse Rita con le lacrime agli occhi. Anche le altre donne si misero a piangere prese dalla disperazione.
“Non è tutto. Iniziai con l’uccidere Shido, figlio di Rita, ma questo non mi soddisfaceva. Da quel giorni ogni tre settimane uccisi qualcuno e mi sentii sempre meglio. Ma loro mi hanno scoperto.”
“Prendetelo e portatelo via!” disse Rita.
Tre donne girarono intorno a Jil e, tenendogli stretto le braccialo portarono fuori. Tutte le altre signore che erano lì si avvicinarono a noi e ci strinsero le mani ringraziandoci.
“Grazie mille ad entrambi per ciò che avete fatto e mi dispiace se avete avuto paura. Stanotte potrete rilassarvi e dormire sonni tranquilli.” Disse Rita.
“Grazie.” Disse Aki mettendo un braccio intorno al mio collo. Dopo ciò che era successo rimasi per qualche secondo spaventata, ma poi mi rilassai.
“Domani vorremmo fare una festa per voi. Potete rimanere qui anche domani?” chiese Rita.
“Mi dispiace ma noi domani mattina dobbiamo ripartire.” Dissi io.
“Che peccato… Beh, a questo punto vi lascio dormire. Buonanotte e a domani mattina.” Disse Rita.
“Sì.” Dissi io.
Poi lei si girò e allontanò tutte le signore. Noi tre invece ci stendemmo per terra e ci addormentammo profondamente.  Questa volta Urushi dormì vicino a noi.

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici: un nuovo villaggio e l'incontro con Dana ***


[Erano passati due mesi e mezzo da quando ero partita da casa. Mio padre aveva passato tutte quelle giornate da solo e continuando a lavorare senza sosta alla miniera ed era dimagrito molto visto che mangiava poco. Un giorno però decise di non andarci, ma sapeva che se non ci fosse andato rischiava di venire picchiato dal padrone della miniera. Quella mattina si svegliò molto presto e per alcune ore rimase in casa.
In tarda mattinata si mise un paio di scarpe molto usurate, uscì di casa e si incamminò verso il castello del villaggio fino a raggiungerlo. Aveva un’espressione triste e sembrava abbastanza preoccupato. Una volta arrivato davanti all’enorme porta in ferro del castello, lui si fermò e una voce lontana e proveniente dall’alto gli parlò.
“Chi va là? E che cosa volete?” urlò una voce dall’alto.
“Sono un semplice uomo del villaggio e vorrei parlare con Sua Maestà Isao!” disse mio padre.
“Non è permesso adesso. Sua maestà sta riposando, tornate oggi pomeriggio.” Disse la voce.
“Ma io ne ho bisogno subito. Ho bisogno di informazioni che solo lui può darmi.” Disse mio padre.
“Va bene, può entrare!” disse la voce prima di sparire.
L’uomo sparì e pochi istanti dopo la porta si aprì. Davanti a lui c’era una stanza enorme con una scala al centro che si divideva in due direzioni. Agli angoli della stanza c’erano delle porte e in quel momento passò Aiko con un vassoio di carne in mano passare la porta nell’angolo a sinistra. Era la pria volta che mio padre vedeva l’interno del castello così preso dalla curiosità, mio padre la seguì.
Quando aprì la porta vide la Sala delle Consultazioni, una stanza rettangolare dove in fondo c’erano i 4 troni. Tre di loro erano vuoti e uno soltanto era occupato da Isao, che sedeva sul trono più grande appartenente un tempo a suo padre Hiroshi.
Isao aveva un’espressione molto scocciata, il gomito destro era appoggiato al bracciolo e la mano destra che sosteneva la faccia. Mio padre, un po’ impaurito e preoccupato, si avvicinò poco per volta fino a raggiungere 5 metri di distanza. Non appena si fermò, mio padre venne circondato da quattro soldati che gli puntarono l’arma contro il corpo. Lui era terrorizzato.
“Chi sei?” chiese Isao.
“B-buongiorno vostra maestà. Io sono un semplice abitante del villaggio poco lontano da qui.” disse mio padre.
“Mh… beh, che cosa vuoi da me? E come sei entrato qui?” chiese Isao.
“Uno uomo del castello mi ha lasciato entrare e seguendo una signora sono entrato in questa stanza. Ma io sono venuto qui per chiedervi aiuto.” Disse mio padre.
“Aiuto? Che tipo di aiuto?” chiese Isao.
“Ecco… mia figlia si chiama Iris e lavorava qui come cameriera. Questo fino a due mesi e mezzo fa, quando lei se n’è andata via da casa e non è più tornata. Questa sua assenza mi fa preoccupare molto e vorrei chiedere il suo aiuto per ritrovarla.” Disse mio padre.
“E perché dovrei utilizzare i miei uomini per cercare una cameriera?” chiese Isao.
“Lei ha lavorato qui e ha servito questa famiglia da quando aveva 8 anni. Vi prego aiutatemi ad trovarla.” Disse mio padre.
Isao sembrava molto scocciato e non sembrava intenzionato ad aiutare mio padre. Si alzò in piedi ed iniziò ad avvicinarsi a lui. gli uomini che lo circondavano si allontanarono di un passo. Isao passò a fianco a mio padre e si fermò vicino a un soldato.
“Prendetelo e mettetelo in cella insieme agli altri.” Disse Isao.
“Sì, vostra maestà.” Rispose il sodato.
“Eh? Aspettate, che cosa volete farmi? Che sta succedendo?” chiese mio padre.
Isao si fermò sul posto, ma non si girò e non disse nemmeno una parola come risposta.
“Vostra maestà, cosa sta succedendo? Che cosa ne sarà di mia figlia Iris? Riuscirete a portarla da me? Vi prego, aiutatemi, solo voi potete farlo!” disse mio padre disperato. Nemmeno quella volta Isao gli rispose.
I due uomini dietro mio padre gli presero le braccia e, girandosi, iniziarono a camminare per i corridoi fino a raggiungere la porta in cui noi cameriere raggiungevamo la cucina. Ci passarono davanti e dopo pochi metri entrarono in una porta alla loro destra. fecero qualche gradino e poi mio padre venne sbattuto dentro la stessa cella in cui c’erano Jun e la donna. Mio padre si mise ad urlare per una decina di volte ma non ottenne nessuna risposta. Isao invece rimase fermo per diversi minuti da quando mio padre se n’era andato, fermo a pensare.
“Iris eh? dov’è che ho già sentito quel nome…” pensò lui.
I suoi pensieri erano fissi su quel nome quando all’improvviso si mostrò una persona incappucciata di nero con una forte voce maschile. A un paio di metri da lui l’essere incappucciato si fermò e inchinò appoggiando una mano per terra. Era una mano grande.
“Vostra maestà, ho delle notizie per lei.” disse l’uomo.
“Notizie? Che genere di notizie? E su chi?” chiese Isao.
“Informazioni sul ragazzo che assomiglia al signorino Inari.” Disse l’uomo.
“Inari?” chiese Isao girando la testa e con lo sguardo serio.
“Sì vostra maestà.” Disse l’uomo.
“forza, parla. Dimmi tutto quello che sai.” Disse Isao.
“Sì, quattro nostri uomini hanno seguito lui e la ragazza con cui viaggia, ma due di loro li hanno visti ieri in un villaggio chiamato Taisho. Li abbiamo controllati tutto il tempo e si sono un po’ spaventati, ma non c’è ma stato nulla di strano. Oh, ehm… oltre a loro due c’è un altro ragazzo che sta insieme a loro e, anche se a vederlo sembra una persona normale, percepisco qualcosa di strano provenire da lui che mi riesce difficile spiegarlo.” Disse l’uomo.
“Villaggio Taisho? È parecchio lontano da qui…” disse Isao.
“Sì signore, circa dieci giorni a cavallo, ma diventano sei se si percorre la strada più breve.” Disse l’uomo incappucciato.
“Bene, ho deciso. Prepara il mio cavallo ed altri 6 per voi. Ovviamente tu dovrai venire con me, sarà importante la tua presenza.” Disse Isao.
“Sì, vostra maestà.” Disse l’uomo.
“Mentre fai questo  sta attento a non parlarne con nessuno e scegli attentamente i migliori 5. Se ti dovesse uscire dalla bocca questo argomento con chiunque non ne faccia parte, tu morirai. Dovrà essere tutto pronto per domani.” Disse Isao.
“Sì vostra maestà.” Disse l’uomo. Fece un lungo salto all’indietro e se ne andò via molto velocemente. Isao si mise davanti a una finestra e guardando fuori pensò ad Inari.
“Fratello Inari, dove sei?” pensò.
Il giorno dopo si svegliò poco dopo l’alba, si vestì e uscì subito dalla stanza percorrendo un lunghissimo corridoio. Alla fine del corridoio c’erano delle scale, le fece e percorse un altro corridoio lungo un paio di metri. Durante la camminata nel corridoio si fermò diverse volte e ogni volta le cameriere gli misero un lungo vestito con i bordi coperti da ornamenti di fiori e una fascia di un colore molto luccicante che teneva fermo il vestito.
Una volta percorso il corridoio si trovò davanti alla grande stanza con la scala al centro, si aprì la porta e un uomo tutto nero teneva in mano le redini del cavallo bianco.
“Questo è il mio cavallo?” chiese Isao.
“Esatto vostra maestà. I 5 uomini da me selezionati per voi sono al momento nascosti qui vicino, ma non appena voi partirete loro usciranno e sia io che loro vi seguiremo.” Disse l’essere incappucciato.
“Ottimo lavoro. Andiamo.” Disse Isao.
Salì sul cavallo e iniziò a farlo correre. Isao aveva un’espressione molto seria ed era davanti mentre gli altri erano dietro di lui in fila per due. In certi momenti facevano camminare i cavalli, mentre in altri li facevano correre, fermandosi soltanto di notte per riposare.]
Quella mattina io mi svegliai molto presto e guardai per un attimo Urushi e Aki. Dormivano così serenamente che era bello stare a guardarli. Aki si svegliò poco dopo e, restando fermo, mi disse: “Buongiorno Iris, come stai?”
Io all’inizio credetti che stesse parlando nel sonno, ma non era così perché anche Urushi mi diede il buongiorno.
“Non dice niente perché non crede che noi siamo svegli ma è così. Buongiorno.” Disse Urushi.
“Buongiorno… ma come mai siete svegli? Non stavate dormendo?” chiesi io incuriosita.
“Non direi.” Disse Aki.
“Oh buongiorno. Vedo che siete tutti svegli.” Disse Rita.
“Buongiorno.” Dissi io.
“Venite di là, vi ho preparato una colazione speciale.” Disse Rita sorridendo.
Eravamo tutti curiosi. Ci alzammo tutti e tre in piedi e ci spostammo nella stanza a fianco, quella in cui ieri avevamo mangiato. Là trovammo Kenneth seduto davanti al tavolino e sopra di esso c’era un piattino di nigiri sushi e una ciotola di chirashi. Noi tre ci sedemmo insieme a Rita.
“Buon appetito!” Dicemmo tutti in coro.
“Mmmh, ha un aspetto fantastico! Ma che cosa sono?” chiese Aki.
Aki mise in bocca un nigiri sushi e dal gran che erano buoni li mangiò tutti in un attimo. Li mangiai anch’io, ma un po’ più lentamente di lui. Era buonissimo e con quel pezzettino di pesce sopra il riso il gusto era dolcissimo.
Poi assaggiai la ciotola di chirashi, ovvero una ciotola di riso con sopra due o tre fette di salmone affumicato. Mentre lo mangiavo scoprii che in mezzo al riso c’erano dei cubetti di salmone.
“Ma c’è del salmone in mezzo al riso.” Dissi io.
“È vero, anch’io ce l’ho!” disse Aki.
“Esatto, è un piccolo tocco che ho voluto metterci io. vi piace?” disse Rita.
“È buonissimo! Posso averne dell’altro?” chiese Aki.
“Sì certo.” Disse Rita sorridendo.
Mangiammo tutto gustandocelo e diventammo noi tre i primi a finire. Subito dopo di noi fu Rita a finire di mangiare.
“Davvero tutto buono. Ma come ha fatti ad avere un pesce così buono?” chiesi io.
“Un mio amico ogni settimana fa un viaggio molto lontano per andare a prendere i salmoni. Una volta che ne ha presi tanti, torna qui  e li vende a pochissime monete. Questo pesce può durare una settimana da quando lo si è comprato.” Disse Rita.
“Oooh…” dissi io.
 Ne rimasi stupita quando mentre lei parlava. Non pensavo esistessero delle persone così gentili e altruiste, che facevano qualcosa come questo per gli altri. Mi sarebbe piaciuto conoscerli ma non ne avevamo il tempo.
In quel momento io udii un rumore. Un rumore che proveniva da fuori e assomigliava a quello di tante persone che chiacchieravano.
“Mi dispiace doverlo dire ma noi dobbiamo andare.” Dissi io.
“Che peccato… mi sarebbe piaciuto tanto sapere che voi potreste rimanere ancora un po’ con.” Disse Rita con un tono di voce triste.
“Non possiamo…” dissi io guardando Aki. Poi continuai: “Da dove vengono queste voci?”
“Non lo so. Andiamo a vedere.” disse Rita.
Proprio in quell’istante Kenneth finì di mangiare, tutti insieme ci alzammo in piedi e ci dirigemmo verso la porta. Rita la aprì e rimasi stupita per ciò che vidi davanti a me. c’erano tante donne e tanti uomini che non appena ci videro si misero ad applaudire. Tutti loro si avvicinarono a noi e ci ringraziarono.
“Grazie.” Disse una donna. Dopo di lei tante altre persone lo dissero e alcune ci strinsero forte la mano.
“Grazie di cuore.” Disse un uomo.
“Grazie per ciò che avete fatto ieri sera.” Disse un altro uomo in mezzo alla folla.
“Ma che… Chi sono loro?” chiesi io stringendo con una mano la maglia di Aki. avevo anche un pochino paura vedendo tutte quelle persone avvicinarsi a me.
“Sono tutti i genitori dei figli e delle figlie morte a causa di Jil.” Disse Kenneth.
“Va bene va bene, ora calmatevi. Fate spazio che devono passare e devono andare via.” Disse Rita zittendo tutti.
“Eeeeh?” chiesero tutti in coro.
“Lo so, piacerebbe anche a me che rimanessero, ma questo non è possibile. ora fate spazio.” Disse Rita.
Loro si spostarono creando un percorso che noi cinque facemmo e che ci portarono fino ala fine del villaggio. Durante la strada la maggior parte delle donne ci diedero e ci ringraziarono, mentre alcuni uomini ci ringraziavano soltanto.
Alla fine del villaggio ci trovammo davanti a tantissimi alberi, ci fermammo e sia io sia Aki e Urushi ci girammo verso Rita e Kenneth. Rita era molto triste.
“Beh, noi dobbiamo andare.” Dissi io.
“Ti ringraziamo tutti per il grande aiuto che tu ci hai dato per avere trovato la persona che ha ucciso i nostri figli e le nostre figlie.” Disse Kenneth.
“Non riesco a credere che fosse Jil…” disse Rita.
“Nemmeno io… sono contenta di avervi aiutato, ma dobbiamo andare.” Dissi io.
Sia Rita che Kenneth abbracciò tutti e tre. Rita mi strinse molto forte e mi sussurrò ad un orecchio le parole “grazie di cuore”.
Dopo un paio di minuti io e lei ci staccammo e, insieme ad Aki ed Urushi, mi girai e ci incamminammo verso gli alberi. Mi sentii il cuore molto leggero e molto contenta. Lo ero così tanto che in certi momenti  sorridevo.
“Ehi Iris, perché sei così felice?” chiese Aki.
“Sono contenta che loro hanno scoperto chi era colui che ha fatto del male a tutte quelle famiglie. Non se lo meritavano.” Dissi io.
“Già, lo penso anch’io.” disse Aki.
“Non credevo però che fosse Jil…” dissi io.
“Beh, devo dire che tu sei stata fantastica ieri sera! Sei riuscita a stare immobile anche se avevi qualcosa di pericoloso vicino a te. E sembravi non avere paura!” disse Aki tutto contento.
“Guarda che io avevo paura.” Dissi io.
“Ah sì? A me non sembravi… Come hai fatto a capire che era stato lui a uccidere quelle persone?” chiese Aki.
“Ti ricordi quando ieri siamo andati a vedere il corpo di quella povera ragazza?” chiesi io.
“Certo che me lo ricordo.” Disse Aki.
“In quel momento ho visto Jil passarci vicino senza preoccuparsi di quello che era successo. Tutti erano lì mentre lui camminava fuori dalla casa. aveva uno sguardo freddo e molto lontano. Questo mi ha fatto pensare, ma poi ne sono stata sicura stanotte.” Dissi io.
“Oooh…” disse Ai.
Rimanemmo per diversi minuti in silenzio e continuammo a camminare. Urushi si fermò di scatto e si mise a correre dietro di noi non tornando per diverso tempo. io pensai ancora per un po’ alla tristezza che aveva provato la madre di Shido. Mentre io pensai mi venne in mente la faccia sorridente di mio padre ed iniziai a sentirmi triste. Iniziai a chiedermi che cosa stesse facendo, dove si trovasse e come poteva stare. Ma soprattutto, come erano le sue condizioni fisiche.
“Iris, che ti succede? Come mai hai quelle espressione triste? Non dirmi che stai pensando a tuo padre.” Io non dissi nulla, ma lui aveva già capito che era un sì.
“Iris, non ti devi preoccupare, tuo padre sta bene. mi hai detto tu che era una persona forte.” Continuò lui.
“è vero, ma come posso esserne sicura se non notizie di lui da diversi giorni.” Dissi io.
“Non ti preoccupare e vedrai che è così.” Disse lui.
Dopo quelle parole passai una decina di minuti a pensarci, ma poi smisi e mi accorsi che era arrivata la sera. Sia il mio stomaco sia quello di Aki borbottò dalla fame, per questo ci fermammo e ci mettemmo a ridere.
“Io ho fame, vado a cercare qualcosa da mangiare. Tu intanto puoi fare il fuoco.” Disse Aki.
“Sì.” Dissi io.
Lui si allontanò per alcuni minuti, mentre io vidi intorno a me dei ramoscelli di diverse dimensioni. Ne raccolsi più che potei e mettendomi tra due alberi iniziai a strofinarli forte. In poco tempo riuscii a creare il fuoco e iniziai a scaldarmi. Rimasi ferma con le mani in avanti quando arrivò Aki da dietro a degli alberi e con due cose in mano che appoggiò per terra.
“Guarda che cosa ho trovato!” disse Aki.
Davanti a me c’erano due rami lunghi circa 20 centimetri. Nel centro c’erano dei segni a forma rettangolare, simile a dei tagli.
“Che cosa sono?” chiesi io.
“Non ne ho idea, ma li ho trovati vicino a un fuoco e ad altri oggetti.” Disse Aki.
Ero molto curiosa di sapere cosa fosse e come mai c’erano quei segni sui rami. Alzai la parte in alto di uno dei due e rimasi un po’ stupita nel vedere che al suo interno c’era al suo interno c’era della zuppa di diverse verdure.
“Che… Che cos’è?” chiese Aki.
“E’ una zuppa di verdure. Non dirmi che non hai mai assaggiato una zuppa?” chiesi io.
“No… Perché?” chiese Aki.
“Se non mangiavi la zuppa che cosa ti preparava tua madre?” chiesi io.
“B-beh, ecco… lei ci faceva mangiare dei formaggi della mucca che avevamo vicino a casa. erano molto buoni e alla mattina io e i miei fratelli dovevamo dividerci il latte che avevamo. E queste sono verdure?” disse Aki.
“Sì, sono molto buone. Prova la zuppa.” Dissi io allungandogliela.
“Ma cosa c’è dentro quel ramo?” chiese Aki.
Io ero curiosa quanto Aki e per questo lo presi e alzai la parte in alto. All’interno c’era un’altra zuppa uguale a quella di prima. Gli allungai il ramo che avevo aperto per primo e lui lo prese mentre io bevvi tutto d’un sorso la zuppa che avevo appena visto. Era buonissimo ed essendomi rimaste le verdure in fondo, le presi con le mani e me le misi in bocca.
“La volta prossima ti farò assaggiare la zuppa che a me piace tanto e fatta da me.” dissi io.
“Davvero? Tu sai cucinare?” chiese Aki.
“Ti ricordo che io lavoro in un castello e che è molto importante saper cucinare.” Dissi io.
“È-è vero…” disse lui.
In quell’istante si avvicinò a noi Urushi che si era allontanato diverso tempo prima. Veniva da degli alberi davanti a noi, aveva una mano tra i capelli e l’altra vicino al corpo.
“Tu da dove spunti? Che cosa hai fatto in tutto questo tempo?” chiesi Aki.
“Aki, sii gentile?” dissi io.
“Ho sistemato delle strane ombre vestite di nero che ci seguivano da quando avevamo lasciato il villaggio. Non sembravano avere buone intenzioni.” Disse Urushi.
“Vestite di nero? Non dirmi che…” dissi io guardando Aki.
“L’Organizzazione Hana!” dicemmo io  Aki contemporaneamente.
“Ancora loro. Ma perché ci stanno a dietro? Che cosa vogliono da noi?” chiese Aki.
“E chi lo sa… forse ci stanno tenendo d’occhio.” Chiesi io.
“Ma perché dovrebbero farlo?” disse Aki.
“Per adesso ho sistemato quelle due strane cose che ci seguivano.” Disse Urushi.
“Ben fatto.” Dissi io sorridendo.
Aki sembrava leggermente irritato ma non ci diedi molta importanza, ero molto contenta di ciò che Urushi aveva fatto. Vidi che lui stava fissando i rami dove avevamo bevuto la zuppa.
“Hai fame?” chiesi io.
“No grazie.” Disse lui.
Sbadigliai per alcuni secondi e, con gli occhi che si stavano per chiudere mi coricai per terra e mettendo le mani vicino alla faccia mi addormentai. Il giorno dopo ci svegliammo tutti e tre molto presto e ci incamminammo subito. Lo facemmo tutta la giornata senza mai fermarci, finché arrivata sera non ci addormentammo tutti.
Il giorno successivo ci svegliammo di nuovo molto presto per poi riprendere a camminare. Nel primo pomeriggio vedemmo davanti a noi delle case appartenenti ad un villaggio. Io rimasi incuriosita, camminai in mezzo alle case ma non c’era nessuno. La strada e le abitazioni erano completamente vuote.
“Che strano… non c’è nessuno…” dissi io guardandomi intorno.
Sembrava tutto molto triste e non riuscivo a capire come mai non c’era nemmeno una persona. Continuai a camminare per una decina di metri quando all’improvviso udii un rumore. Somigliava al suono di una campanella.
“Lo senti questo rumore.” Chiesi io.
“Io non sento nulla. Ma cosa senti?” chiese Aki.
Io non gli risposi e iniziai a correre nella direzione in cui sentivo il rumore. Lo sentivo ogni venti o trenta secondi e ogni volta diventavo sempre più curiosa. girai a sinistra, poi a destra e di nuovo a sinistra. mi fermai di scatto quando, ormai senza fiato e senza forze, vidi davanti a me delle persone in fila lungo una strada.
Sentii di nuovo il rumore della campanella, girai la testa a sinistra e vidi una cosa strana. Vi erano quattro uomini che portavano qualcosa simile a una carrozza di legno, ma senza le ruote, e dentro si intravedeva una figura di donna. A fianco c’era un ragazzo che camminava in avanti ma con lo sguardo fisso verso la donna che c’era dentro. I quattro uomini avanzavano con passo lento mentre intorno a noi vi era un gran silenzio.
“Ma che succede?” disse Aki.
“Poverina, viene portata via senza nemmeno poter dire addio a nessuno.” Disse una donna di mezza età alla mia destra.
“Perché? che le succede?” chiesi io.
“Non lo sapete? Lei viene portata dal capo villaggio e si dovrà sposare con lui. quando ci arriverà gli uomini che l’hanno portata devono tornare indietro e nessuno dovrà fare più domande su loro due.” Disse la donna.
“Già… peccato che è la decima ragazza che gli portiamo in questo mese e di loro non si è mai saputo nulla. Tra due giorni gliene dobbiamo portare un’altra e ancora non sappiamo chi dovrà sacrificarsi. Ma questo verrà deciso nell’assemblea del villaggio di domani pomeriggio.” Disse l’uomo alla mia sinistra e con voce bassa.
Io diventai un po’ triste perché pensavo a come si sentivano quelle ragazze costrette ad allontanarsi dalle loro famiglie. Ma più ci provavo e meno riuscivo a capirlo.
“Scusi, so che può sembrare strano, ma noi per stanotte non abbiamo alcun posto dove dormire. Possiamo stare da lei?” chiesi io all’uomo che poco prima era fermo alla mia sinistra.
Lui all’inizio ci guardò in maniera strana, come se non capisse, ma poi accettò. Tutti quelli intorno a noi intanato si allontanarono.
“Va bene, non ho problemi. Ah, io sono Dana e voi?” disse lui.
Ci girammo indietro e iniziammo a camminare mentre io dissi: “Io sono Iris e loro sono Aki e Urushi.”
Ci spostammo in una stradina alla mia destra e dopo una decina di passi entrammo in una casa in legno che faceva angolo tra due strade. Non appena entrammo notai che la strada era molto grande, con pochissimo mobili e molto in ordine.
“è molto grande per una persona sola.” Disse Aki.
“In realtà io vivo qui con la mia seconda figlia dato che la prima era stata portata dal capo villaggio. Vorrei tanto poterla rivedere.” Disse Dana diventando triste.
“E non c’è un modo per farla tornare?” chiese Aki.
“Nessuno lo sa. Una volta che una ragazza va là, si dice che venga usata come cameriera di giorno e di notte per diversi giorni, finché lui non si stanca. Di solito questo succede per dieci giorni, ma altre volte dura meno.” Disse Dana.
“Che triste… mi dispiace molto per loro.” dissi io.
Rimanemmo per circa un minuto in piedi e in silenzio. Lui ci mostrò la stanza dove avremmo dormito questa notte e ci disse che lui avrebbe dormito insieme a noi. Ci mostrò anche i futon che erano a disposizione e, contandoli con la mente, notai che erano in numero sufficiente per tutti.
Ci portò poi nella stanza in cui eravamo stati poco prima, mise in mezzo alla stanza un tavolino basso e si allontanò per qualche minuto. Quando tornò aveva nelle mani e sulla testa dei vassoi con sopra ciotole di riso e bicchierini di tè.
Visto che tutto barcollava e rischiava di cadere, mi alzai in piedi e andai ad aiutarlo prendendo il vassoio che aveva sulla testa e appoggiandolo sul tavolino. Dana andò a prenderne un altro nella stanza accanto e quando tornò si sedette insieme a noi. Finimmo di mangiare tutti nello stesso tempo a parte Urushi che finì poco dopo e Aki fu il più veloce di tutti. n tavolino basso e si allontanò per qualche minuto.mezzo ui avrebbe dorchgno che faceva angolo tra due strade.
“So che non è un granché, ma spero vi sia piaciuto.” Disse Dana.
“Era tutto molto buono.” Dissi io.
“Grazie. Sentite, vi va di venire con me all’incontro del villaggio di domani?” chiese Dana.
“Possiamo venire?” chiese Aki.
“Certo, però dovrete stare da una parte della stanza. domani si deciderà chi sarà la prossima ragazza da portare al capo villaggio.” Disse Dana.
“Okay, ci andiamo.” Disse Aki tutto contento.
“Ma Aki, non ce lo hai nemmeno chiesto.” Dissi io.
“Beh, domani pomeriggio subito dopo pranzo andremo nella casa al centro del villaggio. Là si terrà la decisione.” Disse Dana.
Dopo le sue parole ci alzammo tutti in piedi e, vedendo che lui voleva portare tutto nella stanza a fianco, presi due vassoi e ci andai insieme a lui.
Prima di girare alla mia sinistra, mi girai verso Aki e Urushi e dissi: “Voi andate pure che io vi raggiungo tra poco.”
“Okay.” Disse Urushi.
Appoggiai i vassoi che avevo in mano su un mobile e aiutai Dana a lavare le ciotole che avevamo utilizzato mentre io gli feci alcune domande.
“Dana, scusa se te lo chiedo, ma come mai non hai una moglie?” chiesi io.
“Ecco, lei è morta dal dolore quando la nostra prima figlia era stata portata al capo villaggio.” Disse lui.
“Prima figlia?” chiesi io.
“Sì. Vedi, io vivevo qui con le mie due figlie e mia moglie. Ma circa quattro mesi fa, per scelta del capo villaggio, fummo costretti a dovergli portare la nostra prima figlia. Mia moglie non poteva vivere con il dispiacere di fare un’azione come quella e si uccise con un coltello della cucina. L’altra mia figlia è  ancora con me ma c’è il rischio che sia lei la ragazza scelta domani anche se io spero che questo non accada.” Disse lui con tono molto triste.
“Oh… Signor Dana, è possibile che qualcuno si offra al posto di un’altra?” chiesi io.
“Sì, era successo una volta, ma non ricordo bene ciò che successe. Ma perché mi fai una domanda simile?” disse lui.
“Era solo per curiosità. Beh, ora sarà meglio che vada.” Dissi io.
“Certo, buonanotte.” Disse lui.
Così mi diressi nella stanza in cui c’erano Aki ed Urushi. Entrambi erano seduti sopra i loro futon, a fianco ad Aki ce n’era un altro per me e lui aveva le braccia incrociate.
“Che c’è?” chiesi io.
“Ho capito cosa intendi fare.” disse lui.
“Eh? Non capisco di che parli.” Dissi io.
“Hai l’espressione di una persona che sta progettando qualcosa.” Disse lui.
“Progettare? Che vuol dire?” chiesi io.
“Vuol dire pensare a qualcosa che tu vuoi fare.” disse Urushi.
“Esatto e sono sicuro che tu ci stai pensando.” Disse Aki.
“E cosa pensi che voglio fare?” chiesi io.
“Di sicuro so che vuoi aiutare Dana e salvare sua figlia. Non ne sono sicuro, ma credo che sia questo.” Dissi io.
“Sì, è vero. Un’idea ce l’ho, anche se non mi è chiaro come posso fare.” dissi io.
“E non ci dici qual è questa tua idea?” chiese Aki.
“Vorrei saperlo anch’io.” disse Urushi.
“Non ancora. Lo capirete quand’è il momento. Adesso vorrei dormire.” Dissi io.
“Non è giusto…” disse Aki lamentandosi.
Dopo le sue parole mi infilai dentro il futon e mi addormentai. Nessuno di noi si svegliò fino all’ora di pranzo del giorno dopo.



Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Colgo l'occasione di fare, a tutti coloro che leggeranno, gli auguri di buona Vigilia, Buon Natale e Buon Anno Nuovo. Spero vi piaccia e ci vediamo il prossimo capitolo.

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Capitolo 16
*** Capitolo quindici: il capo villaggio e la decisione di Aki ***



Dopo le sue parole mi infilai dentro il futon e mi addormentai. Nessuno di noi si svegliò fino all’ora di pranzo del giorno dopo. Non appena svegli ci alzammo tutti e tre in piedi, ci demmo il buongiorno e ci spostammo nella stanza a fianco dove trovammo il signor Dana seduto davanti al tavolino. Sopra di esso c’erano quattro ciotole di riso, del sashimi e del tè verde per tutti. Sia io che Aki ne rimanemmo in po’ stupiti per quello che avevamo appena visto.
“Oh, ben svegliati. Avete dormito bene?” chiese Dana.
“Buongiorno signor Dana.” Dissi io.
“Oh, c’è il cibo, fantastico! Avevo proprio fame!” disse Aki con tono contento e avvicinandosi al tavolino.
“Aki, ma che fai! Prima si saluta.” Dissi io.
“Hai ragione. Buongiorno e buon appetito!” disse Aki. subito dopo lui si mise a mangiare molto velocemente mentre io mi avvicinavo a loro.
‘Non c’è niente da fare, è sempre il solito.’ Pensai io.
Mi sedetti per terra insieme ad Urushi e lentamente mangiammo una ciotola di riso. Una volta finito bevemmo una buonissima tazza di tè. Aki fu il primo a finire e tutto contento distese la schiena all’indietro. Qualche minuto dopo finimmo anche noi, Aki si alzò e il signor Dana ci disse di prepararci perché saremmo usciti. Poi io lo aiutai a portare le ciotole e i bicchieri usati di tè, cosa che in un paio di minuti facemmo. Vi riuscimmo tutti e quattro ed uscimmo di casa.
Girammo a sinistra, due volte a destra, a sinistra, a destra e, percorrendo una lunga strada, arrivammo in una piazza grande e con un giardino al centro. Ci fermammo un attimo e mi guardai intorno. C’erano tante persone che camminavamo in diverse direzioni e molte andavano verso una porta in legno di una casa. Ci dirigemmo ed entrammo anche noi all’interno della casa.
Non appena entrati vidi al centro della sala uno scalino alto dieci o quindici centimetri con tante persone intorno ad esso. Guardai in alto e vidi che il soffitto aveva diversi buchi da cui entrava la luce del sole che illuminava diversi punti della stanza.
“Voi andate in quell’angolo là e no spostatevi finché non è finita.” Disse Dana prima di allontanarsi da noi per unirsi agli altri.
Io feci cenno di sì con la testa e, insieme ad Aki e Urushi, mi spostai nell’angolo indicato da lui che era alla mia sinistra. c’era un fascio di luce che veniva dal soffitto che illuminava a una decina di centimetri di distanza da noi. Continuai a guardarmi intorno stupita di dove mi trovavo e di tutta la gente che c’era davanti a me. tutte loro si misero a chiacchierare creando un gran rumore.
All’improvviso un giovane ragazzo salì sullo scalino. Aveva i capelli neri, i vestiti di colore marrone chiaro e gli occhi marroni.
“Signore e signori, silenzio un attimo per favore.” Disse il ragazzo.
Alle sue parole tutti si azzittirono subito e volsero i loro sguardi verso di lui.
“Oggi siamo qui per decidere chi sarà la prossima ragazza che dovrà essere portata dal capo villaggio. Se qualcuno vuole proporre un nome non deve fare altro che nominarla e si deciderà.” Disse il ragazzo.
Tutti si misero a bisbigliare guardandosi l’un l’altro. Tante voci, tanti nomi sussurrati che si faceva fatica a distinguere che cosa dicevano.
“Ormai sono rimaste poche della nostre figlie che non sono state portate dal capo villaggio. È difficile decidere.” Disse un uomo.
“L’ultima persona è stata la figlia del signor Amane.” Disse il ragazzo.
“Io propongo Aya.” Disse una donna.
“Io propongo Chica.” Disse un’altra donna.
“Ayumi, Emi, Eri…” dissero altre voci.
“State tutti dicendo i nomi di coloro che sono già state portate.” Disse il ragazzo che era salito sopra lo scalino e che agitando le mani cercava di calmare tutti.
“Saranno rimaste più o meno una decina di ragazze, ma nessuno di loro rispecchia la descrizione fatta dal capo villaggio.” Disse un uomo.
“Ma allora chi potrebbe essere la ragazza adatta a lui?” disse un altro uomo. Ci furono dei mormorii tra le persone.
“Aspettate. Leggiamo attentamente la descrizione e pensiamoci.” Disse il ragazzo. Dopo alcuni secondi lui continuò:
“ ‘Cara gente del villaggio, vi comunico che la ragazza che
mi avete portato qualche giorno fa si è rivelata inutile e per questo
vi chiedo di portarmene un’altra. Lei dovrà essere magra e avere
i capelli lunghi e neri. Il giorno stabilito è tra due giorni.’
Questo è ciò che vuole il capo villaggio e lo ha mandato ieri pomeriggio.”
La gente rimase in silenzio mentre lui parlava, ma non appena finì ripresero a mormorare. Nessuno propose dei nomi, così mi venne ciò che il signor Dana mi aveva detto ieri sera e della mia idea. Mi ricordai che lui aveva accennato alla possibilità di proporsi al posto di qualcun altro, così presi una forte decisione.
Feci un passo avanti e, venendo illuminata dalla luce solare che passava dal soffitto, dissi: “Ci vado io dal vostro capo villaggio.”
Tutti mi fissarono e si chiesero chi fossi. Quelle loro espressioni confuse e stupite erano ben comprensibili, visto che non mi avevano mai vista. Aki e Urushi ne rimasero molto increduli per quello che avevo detto e ci impiegarono alcuni secondi prima di riprendersi.
“Che cosa hai detto?” chiese Aki.
“Ho detto che vado io dal capo villaggio.” Risposi io.
“CHE COSAAAA?” disse Aki.
“Ho detto che….” Dissi io ma venni fermata da lui.
“Lo so che cosa hai detto ma tu sei matta. Anzi no, pazza!” disse Aki tutto agitato.
“Che vuol dire pazza?” chiesi io.
“Una persona con problemi di mente o che dice cose strane.” Disse Urushi con tono tranquillo.
“Io non sono pazza. Ho deciso di voler aiutare queste persone e se per farlo devo andare dal loro capo villaggio, allora ci andrò.” Dissi io.
“Ma Iris, è pericoloso andarci. Non dovresti farlo perché non sai come può essere e cosa può succederti.” Disse Dana facendosi avanti tra tutta la gente.
“No, assolutamente no. Non ti permetto di farlo.” Disse Aki.
“Aki, ormai ho deciso e non torno indietro sulla mia decisione.” Dissi io. Lui si agitò ancora di più e, non riuscendo a stare fermo, camminò avanti e indietro di alcuni passi sulla faccia e tra i capelli.
“Iris, sei sicura di voler andarci tu? ti ricordo che è rischioso.” Disse Dana.
“Sì.” Dissi io.
“Allora è deciso. La signorina Iris verrà portata domani dal capo villaggio.” Disse il ragazzo che era salito sullo scalino.
Tutte le persone sorrisero, applaudirono e urlarono dalla gioia che provavano. Poi si avvicinarono a noi per ringraziarci ma io, no aspettandomelo, mi spaventai un pochino, feci un passo indietro  e stringendo la maglia di Aki.
“Grazie per la tua decisione. Tu dove vivi?” chiese una donna che era davanti a me.
“Al momento siamo nella casa del signor Dana, ma noi non siamo di questo villaggio.” Dissi io.
“Bene, domani io e lei verremo e ti prepareremo per andare dal capo villaggio.” Disse lei indicando la signora che aveva a fianco.
Avevano tutte e due i capelli neri e gli occhi castani. L’unica differenza tra le due era che la signora che aveva parlato era magra e quella che era stata indicata era un po’ paffuta. Ne rimasi un po’ stupita perché non capivo bene che cosa voleva dire, però annuii.
Alcuni minuti dopo si allontanarono tutti dal luogo in cui eravamo.  Tutti a parte noi tre e il signor Dana che si avvicinò a noi.
“Venite, torniamo a casa.” disse Dana.
Prima di partire guardai per un attimo Aki e lo vidi con le mani tra i capelli e un’espressione scioccata.
“Aki, va tutto bene?” chiesi io.
“è senza parole.” disse Urushi.
“Perché?” chiesi io.
“Per quello che hai detto poco fa.” Disse Urushi.
Uscimmo dalla casa in cui eravamo e ci incamminammo verso quella del signor Dana che durò alcuni minuti.
Aki non mi parlò, non mi guardò e aveva un’espressione seria. Io lungo la strada continuai a chiamarlo ma non mi rispose nemmeno una volta finché non entrammo in casa.
“Aki, perché non mi vuoi rispondere! Eddai, dì qualcosa!” dissi io.
Lui si girò verso di me e mi disse: “Rispondi a questa domanda. L’idea che ieri sera non mi volevi dire era quella di offrirti per andare dal loro capo villaggio?”
“Beh…” dissi io esitando.
“Allora?” chiese Aki.
“Sì…”
Lui si girò e camminò avanti e indietro per la stanza. Era arrabbiato.
“Voglio a tutti i costi aiutarli però non ero sicura di quello che potevo fare finché non ho visto tutte quelle persone borbottare.” Dissi io mentre lui camminava.
“E questo è il tuo motivo? Io no ci credo.” Disse Aki.
“può sembrare strano ma è così. E non intendo tirarmi indietro.” Dissi io.
“Beh, io non accetto questa tua scelta.” Disse Aki.
“Sì lo so.” Dissi io.
“Quando sarai là domani, che cosa farai?” Chiese Urushi.
“Questo non lo so… Non ci ho pensato.” Dissi io.
Aki era molto arrabbiato e per tutta la giornata lui non mi disse nulla. All’ora di cena ci sedemmo tutti a tavola e mangiammo una ciotola di riso e 5/6 onigiri a testa. erano molto buoni e saporiti. In circa un quarto d’ora finimmo tutti di mangiare e come sempre Aki fu il primo a finire. Mentre lui aveva lo sguardo puntato in alto, notai che del riso che aveva davanti ne mangiò metà. La sua porzione di onigiri era vuota. Li aveva mangiato tutti.
Aiutai il signor Dana a portare nella stanza accanto tutto quello che avevamo usato, poi mi diressi verso la stanza in cui avevo dormito la notte precedente. Nello spostarmi non mi accorsi che Aki e Urushi mi avevano seguito e prima di entrare mi sentii toccare la spalla destra facendomi fare un passo indietro. Girai la testa per vedere chi mi aveva toccato e proprio in quel momento, senza che me lo aspettassi, Aki mi baciò.
Era un bacio intenso che durò un paio di minuti e percepii un senso di preoccupazione.
Non appena lui staccò da me mi disse: “Iris, io ti amo e non voglio che ti accada nulla. Per favore, non andare là domani.”
“Non posso farlo. Ma se fra tre giorni non sarò tornata, allora potrete entrambi venirmi a cercare.” Dissi io.
Ad Aki non mi piaceva l’idea, ma cercò in tutti i modi di farsela piacere.
“Va bene, ma lascia che ti stia vicino mentre vai là.” Disse lui.
Dopo quelle parole ci addormentammo. La mattina dopo io fui la prima a svegliarmi. Mi alzai, mi spostai nella stanza a fianco e ci rovai il signor Dana insieme alle due donne con cui avevo parlato ieri. Loro avevano in mano un qualcosa fatto con del tessuto e un paio di scarpe basse.
“Buongiorno Iris. Noi siamo pronte a prepararti per andare dal capo villaggio, quindi ti chiediamo di seguirci.” Disse una delle due signore.
“Tranquilla, non ti succederà nulla. Informerò io gli altri non appena si sveglieranno.” Disse il signor Dana.
Io ero confusa e non capivo bene che cosa stava succedendo, però le seguii. Andammo in una stanza poco illuminata, lasciai leggermente aperta la porta e mi chiesero di spogliarmi. Io dissi subito di no, ma loro insistettero.
Mi tolsero la maglia e i pantaloni grigi che portavo. Mi misero come prima cosa le scarpe, piccole e perfettamente adatte ai miei piedi. poi presero il tessuto, lo aprirono e notai che il tessuto che tenevano in mano era un lunghissimo vestito azzurro che dalle spalle arrivava fino a terra.
“Bene, ora sei pronta.” Disse una delle due signore.
Tornammo nella stanza di prima dove vidi Aki e Urushi. Si erano appena svegliati. Loro girarono lo sguardo verso di me e l’unico che fece un’espressione stupita e con la bocca aperta fu Aki. Urushi mi guardò ma non disse nulla.
“C-come sto?” chiesi io arrossendo un po’. Aki non mi rispose.
“Uao…” disse Urushi.
“Adesso è ora di andare. Ciò che ti porterà dal nostro capo villaggio è davanti a casa.” Disse la signora più paffuta.
Mi incamminai verso la porta quando, proprio nel momento in cui ero a fianco ad Aki, lui mi prese il braccio e mi fermò.
“Ti prego non andare.” Disse Aki.
“Non posso. Ma ricordati, se fra due giorni non sarò tornata allora potrai venire a cercarmi.” Dissi io.
“Allora ti accompagnerò e ti starò vicino per tutto il tempo.” disse lui.
Fece cenno di sì con la testa, uscii di casa e mi dissero che dovevo sedermi all’interno della carrozza di legno che avevo visto usare due giorni prima. Una volta salita quattro uomini mi sollevarono e iniziarono a camminare, mentre io tenevo la mano ad Aki che era alla mia sinistra.
Il tragitto durò circa dieci minuti e durante la strada mi sentii un po’ spaventata e preoccupata per ciò che mi sarebbe successo. La carrozza era chiusa sia davanti sia dietro di me e per questo non potevo in alcun modo vedere la strada che stavo facendo.
A un certo punto sentii la carrozza in cui ero appoggiarsi a terra. I quattro uomini  che la guidavano si allontanarono di alcuni passi e rimasero fermi. Aki venne allontanato da due di loro. Rimasero in quella posizione finché io non scesi dalla carrozza di legno. Lo feci e davanti a me vidi una casa in legno grande quasi il doppio di tutte le altre case del villaggio. I quattro uomini dietro di me si avvicinarono  per prendere la carrozza e ad andarsene molto velocemente. Aki se ne andò con loro anche se non era molto d’accordo. In questo modo rimasi da sola e, per essendo un po’ spaventata, mi feci coraggio e mi avvicinai alla casa.
‘Che strano, sembra non esserci nessuno…’ pensai.
Avanzando vidi una ragazza bionda che portava un cesto con dei panni.
“Ehi, scusa. Io sono la nuova ragazza per il capo villaggio, mi chiamo Iris.” Dissi io.
“Io sono Cenette ed ero l’ultima arrivata. Il capo villaggio vive là dentro e puoi chiamarlo padrone visto che è lui che ci dà gli ordini.” Disse la ragazza.
“C’è qualcosa che posso fare per aiutarti?” chiesi io.
“Sì, dovresti andare a preparare da mangiare per il padrone. Il cibo glielo porterò io e lui mangia ogni due ore. Non ha preferenza sui cibi.” Disse lei.
“E la cucina dove si trova?” chiesi io.
“Oh sì, devi andare là in fondo, girare a destra, vai avanti e te lo trovi al primo scalino alla mia destra.” disse lei.
“Va bene.” dissi io.
Seguii le indicazioni che mi aveva dato e mi trovai davanti alla cucina. Al suo interno c’erano dei mobili su entrambi i lati delle pareti  c’era un lavandino.
Mi misi subito a cucinare e a preparare qualcosa per il padrone della casa. Partii con delle cose semplici come una ciotola di sushi e degli onigiri, per poi fare qualcosa di un po’ più difficile. Passai l’intera giornata e l’intera nottata senza mai allontanarmi da quella stanza e l’unica persona che veniva a prendere il cibo per portarlo via era Cenette. Non vidi nessun altro che lei, eppure questo mi sembrava strano perché il signor Dana aveva detto che erano venute qui molte altre ragazze pima di noi due.
Il secondo giorno di lavoro in cucina senza sosta e il mio corpo iniziava a sentire e un pochino di affaticamento  e stanchezza. In più ero molto curiosa di vedere dove si trovava e com’era il capo villaggio. Così preparai una ciotola abbondante di riso con in mezzo dei piccoli pezzi di salmone, la tenni con entrambe le mani e, cogliendo un momento in cui lei non veniva e avendo visto che strada faceva Cenette, la feci anch’io. alla fine del percorso mi ritrovai davanti a una stanza con la porta spalancata e una persona molto paffuta in mezzo alla strada.
A fianco a lui c’erano due vassoi piccoli e rotondi. Uno aveva sopra una ciotola completamente vuota e rovesciata, mentre l’altro aveva un bicchierino piccolo e sei bottiglie di sakè, tre delle quali erano distese per terra e vuote.
“Chi c’è?” chiese la voce maschile davanti a me.
Aveva un tono forte ed era tutto fasciato da delle bende bianche da cui si intravedevano solo gli occhi e il naso. Io non risposi alla sua domanda perché vedendolo mi venne paura.
“Chi c’è là?” chiese di nuovo.
Mi feci coraggio e, tenendo ben stretta la ciotola di riso, mi avvicinai a lui.
“S-salve capo villaggio, volevo dire padrone. I-io solo la nuova ragazza inviata dalle persone del villaggio.” Dissi io.
“Ragazza? Oh sì, come ti chiami?” disse lui.
“Sono Iris. Vi è piaciuto il riso?” chiesi io.
“Non male, ma hai moltissime cose da migliorarlo. Io sono il capo villaggio Eishi, ma devi chiamarmi  padrone.” Disse lui.
“Vi… vi ho portato del riso.” Dissi io.
“Bene, lasciala lì e vattene.” Disse lui.
Lo appoggiai delicatamente per terra e poi mi allontanai di corsa. Tornai dentro la cucina dove appoggiai la schiena contro il muro. Mi sentivo agitatissima e sentivo il cuore battermi molto, molto forte. Ero anche molto spaventata per ciò che avevo visto, non mi immaginavo che il suo aspetto fosse quello che avevo appena visto.
Impiegai un paio di minuti prima di potermi rilassare del tutto quando arrivò Cenette che si avvicinò a me.
“Iris, stai bene? Che ti è successo?” chiese lei.
Non volevo raccontare nulla di quello  che avevo appena fatto, così mi inventai una scusa.
“Eh? Oh niente, sono solo un po’ stanca.” Dissi io.
“Davvero? Veni con me, ti porto nella stanza in cui tutte noi ragazze dormiamo.” Disse lei.
Annuii con la testa e la seguii. Bastava solo uscire dalla cucina, girare a sinistra ed entrare alla seconda porta che avevo alla mia sinistra. non appena lei aprì la porta vidi dodici o quindici  ragazze, alcune sedute per terra ed altre in piedi. Rimasi un po’ stupita di vedere tutte quelle ragazze in quella stanza poco pulita e obbligate a  dormire per terra. erano tutte magre, alcune più di altre, ed erano vestite con degli abiti molto semplici, sporchi e bucati.
Dormii solo alcune ore visto che all’alba fui la prima a svegliarmi. Mi guardai attorno e notai che tre o quattro ragazze non c’erano più. la cosa mi incuriosii molto e mi chiesi dove potevano essere finite, ma non ero in grado, ma non ero in grado di trovare una risposta e lasciai perdere.
Mi alzai in piedi e tornai in cucina dove preparai del tè verde. Lo misi su un vassoio e, facendomi coraggio, andai nella stanza del capo villaggio. Lui non stava dormendo, anzi era seduto con diversi cuscini dietro di sé. Mi avvicinai a lui e gli misi davanti la tazza di tè.
“Grazie. Da oggi in poi sarai tu a portarmi tutti i cibi che verranno fatti e dovrai rimanere al mio fianco per diversi minuti tutte le volte che mi porterai da mangiare.” Disse Eishi.
“S-sì, v-va bene.” Dissi io.
Lo guardai meglio per alcun minuti e notai che intorno agli occhi si vedeva un pochino di pelle. Era verde scuro. Mi faceva impressione e mi spaventai , ma rimasi lì qualche minuito per poi scappare via finendo in cucina dove c’era Cenette.
“Iris, che c’è? No dirmi che sei andata dal padrone?” chiese lei. Io non risposi.
“Ho capito, sei rimasta spaventata dal suo aspetto. Adesso è bendato ma ci sono delle volte in cui lui se le toglie e quando lo fa nessuno può vederlo. Non so il perché, ma puoi comunque rilassarti che non ti succederà nulla.” Disse lei.
Mi ci vollero un paio di minuti per potermi rilassare anche se l’immagine di lui mi rimase impressa nella mente per diverso tempo. passai l’intera giornata a cucinare e a preparare dei cibi semplici e per questo decisi di non avvicinarmi più al capo villaggio. Fu Cenette a portargli il cibo, però lo sentii  due volte urlare con ton arrabbiato senza ben capire ciò che diceva.
Alla notte tornai nella stanza in cui c’erano tutte le ragazze e coricandomi per terra cercai di dormire. Ci riuscii per poco perché la mia mente era in parte in pensiero per Aki e Urushi. Pensai a come potevano stare, dove potevano essere e cosa stavano facendo.
Il giorno dopo mi svegliai presto e guardandomi intorno vidi che di tutte le ragazze che c’erano erano rimaste solo in due. Oltre a me. Cenette invece non c’era più e questo mi spaventò. Una ragazza, dal gran che era disperata, si inchinò per terra e si mise a piangere.
‘Dov’è Cenette?’ pensai io.
“Ma che fine hanno fatto tutte?” chiesi io.
“Non lo sappiamo.” Disse una ragazza.
“Io ho paura. Voglio tornare a casa dalla mia famiglia.” Disse la ragazza che piangeva.
Mi spostai in cucina dove preparai tre tazze di tè. Ne presi due in mano e le portai alle due ragazze che erano con me. Poi presi l’altro e lo portai al capo villaggio insieme a un bicchierino e delle bottiglie di saké.
Lo appoggiai a una ventina di centimetri di distanza da lui ma proprio nell’istante in cui io mi girai per andare via, lui mi fermò.
“Aspetta! Non andartene.” Disse Eishi.
Io iniziai a tremare. Avevo paura che potesse succedermi qualcosa di brutto, o peggio, sparire come ha fatto Cenette.
“Tranquilla, voglio solo parlarti.” Disse lui. Mi avvicinai e mi sedetti a fianco a lui.
“Versami del tè.” Disse di nuovo lui.
Feci esattamente ciò che lui aveva detto, ma mentre lo feci mi accorsi che mi tremavano le mani. Riuscii un po’ a fatica a  versarlo.
“Rilassati.” Disse lui.
“S-sì.” Dissi io.
“Dimmi, come ti trovi qui? ti piace?” chiese lui.
“Sì, padrone.” Dissi io.
“Sono contento di saperlo.” Disse lui.
“Ehm… padrone?” dissi io.
“Sì?” chiese lui.
“Ho visto che avete chiamato molte giovani ragazze del villaggio. Però alcune di loro stanotte sono state portate via dal posto in cui dormiamo. Dove sono adesso?” chiesi io.
Lui buttò a terra con molta forza il bicchierino vuoto di saké. Così tanto che lo ruppe in tanti pezzi.
“Tu non hai bisogno di saperlo!!” disse lui con tono arrabbiato e muovendo le mani in alto e in basso.
Con quel suo gesto io mi impaurii moltissimo, al punto che mi spostai all’indietro e tremai come una foglia.
Mi inchinai in avanti e dissi: “Per favore scusatemi… se sono così curiosa.”
Lui si spostò di alcuni passi e dandomi le spalle. Fui così spaventata che mi alzai in piedi di scatto e corsi più veloce che potevo. Avevo l cuore che batteva molto agitato e temevo che mi potesse succedere qualcosa.
Mi rifugiai all’interno della cucina, appoggiai la schiena contro il muro e mi lasciai andare finendo per sedermi a terra. misi le mani diverse volte sia sul peto sia tra i capelli e il cuore batteva così forte che per diverso tempo non riuscivo a sentire altro.
“Mamma mia che paura. Avevo uno sguardo spaventoso.” Dissi tra me e me.
Le mie mani non smettevano di tremare. Mi ci vollero un paio di minuti prima di potermi rilassare.
‘Da adesso in poi non mi avvicinerò più di tanto a lui.’ pensai.
Mi spostai nella stanza a fianco dove c’erano le altre due ragazze e, avvicinandomi a una di loro, chiesi di portare al signor Eishi i piatti che avrei preparato per il resto della giornata. Lei acconsentì e tornando in cucina mi misi a cucinare facendo del sushi, degli onigiri e del ramen. Sin da quando ero arrivata mi ero chiesta come mai avesse tutto quel cibo, ma sapendo che era il capo villaggio, poteva avere ogni genere di cibo e condividerlo con gli altro abitanti.
Alla fine della giornata lasciai la cucina e andai a sedermi in un angolo della stanza in cui dormivo. Poco dopo di me arrivò la ragazza e mi aveva aiutato e si sedette a fianco a me.
“Grazie, era da molto tempo che non lo servivo. Io sono Tsuki.” Disse lei.
“Molto tempo? Ma tu da quant’è che sei qui?” chiesi io.
“Da tanto, io sono stata la quinta ragazza ad essere  stata portata qui. Ma dopo pochi giorni arrivò un’altra ragazza che mi sostituì ed io venni lasciata da parte.” Disse lei.
“Senti, posso farti una domanda?” chiesi io.
“Certo.” Disse lei.
“Hai mai visto lo sguardo di Eishi sotto tutte quelle bende?” chiesi io.
“No, mi dispiace. Però so cosa gli è successo per avere un aspetto così.” Disse lei.
“Cosa?” dissi io.
“Ora ti spiego. C’è stato un giorno di diverso tempo fa che lui girava per la piazza centrale del villaggio. In un angolo c’era un pozzo usato per raccogliere l’acqua. Lui si avvicinò e si mise a guardare in basso, curioso di vedere quanto era profondo. Ne rimase così sbalordito che senza accorgersene aprì la bocca e gli entrò qualcosa di verde. La inghiottì. In poco tempo lui cambiò di aspetto e corse direttamente qui a casa sua. Da quel giorno si chiuse in casa, si coprì con le bende più che poté e iniziò la sua richiesta di avere noi vicino a lui.” disse lei.
“Cavolo…” Disi io.
“Beh, ormai è notte ed io ho sonno. Buonanotte.” Disse lei il momento prima di coricarsi.
Dopo alcuni minuti mi coricai anche io, anche se mi ci vollero alcuni minuti prima di addormentarmi. In quei pochi minuti mi chiesi come mai volesse tutte quelle donne e perché una volta che ne aveva una ne chiedesse subito un’altra.
Il problema però venne dopo perché dall’istante in cui mi addormentai non ricordai più nulla di quello che mi successe. O meglio, sentii solo il mio corpo venire sollevato e venire portato via, ma non sapevo dove.
[Il secondo giorno in cui io ero dal capo villaggio, Aki e Urushi erano dal signor Dana. Aki era molto agitato e continuava a camminare avanti e indietro per la stanza.
“Mmh… Mmh…. Mmh….” Disse Aki.
“Aki stai tranquillo. Lei sta bene.” disse Urushi.
“Ma come posso stare tranquillo se non ho nessuna notizia di come sta Iris! Può esserle successo di tutto e noi non lo sappiamo perché siamo qui.” Disse Aki.
“Ha ragione, dovresti stare tranquillo. E poi lo sai che non ci è permesso di chiedere nulla sul capo villaggio e sulle ragazze che sono là da lui.” disse Dana.
Ma Aki non lo stava ascoltando.
“Ho deciso. Vado da lui e mi riprendo Iris.” Disse Aki.
“Fa di testa sua come sempre.” Disse Urushi.
“Invece io ci andrò. I due giorni che lei aveva setto di aspettare sono passati e visto che non è tornata, vado io da lei.” disse Aki.
“Vengo anche io con te.” Disse Urushi alzandosi in piedi.
“Aspettate, non potete andare. Non vi è permesso entrare là.” Disse Dana.
“Io invece ci andrò e nessuno mi fermerà.” Disse Aki.
Aki ed Urushi uscirono di casa. il signor Dana li seguì e continuò a ripetere di fermarsi e di tornare indietro. Però nessuno dei due si fermò, con sguardo convinto continuarono ad avanzare distanziandosi sempre di più dal signor Dana.
Cinque o dieci minuti più tardi si trovavano a un centinaio i metri di distanza dalla casa. si fermarono di scatto ed Aki aveva la sensazione di essere osservato ma non sapeva da dove proveniva.
“Perché ti sei fermato?” chiese Urushi.
“C’è qualcuno che ci osserva.” Disse Aki.
Diede un primo sguardo intorno a sé ma non vide nessuno. Eppure si sentiva osservato. Si guardò di nuovo intorno e vide la testa sbucare da dietro un albero.
“Chi c’è là! Fatti vedere!” Disse Aki.
“Vieni fuori! Non ti facciamo nulla.” Disse di nuovo lui.
La persona si spostò dall’albero e si avvicinò a loro due. Era un ragazzo giovane, magro, alto una decina di centimetri in meno rispetto ad Aki, gli occhi marroni e i capelli neri. Indossava un vestito blu.
“E tu chi sei?” chiese Aki.
“Mi chiamo Oda e sono amico di una delle ragazze che è stata portata qui.” disse il ragazzo.
“Che cosa ci fai qui?” chiese Aki.
“Sono qui nella speranza di vedere la mia amica Cenette e di tornare a casa con lei.” disse Oda.
“Non è vietato avvicinarsi?” disse Urushi.
“Avvicinarsi no, ma entrare sì. E poi non posso smettere di pensare ciò che le sta succedendo. Vorrei tanto entrare per vederla un’altra volta… Voi che ci fate qui?” disse Oda.
“Noi stiamo per entrare là dentro, prenderemo la nostra compagna di viaggio e la porteremo via.” Disse Urushi.
“Non potete entrare!” Disse Oda.
“Noi lo stiamo per fare.” disse Urushi.
“Allora voglio venire anch’io.” disse Oda.
“No, non c’è bisogno che tu venga.” Disse Aki.
“Io conosco la casa. Vi prego, fatemi venire con voi.” Disse Oda.
“Mmmh… E va bene, puoi venire con noi. Ma solo se farai ciò che ti diciamo.” Disse Aki.
“sì certo. Grazie. Però come entriamo se la porta è chiusa?” disse Oda.
“Oh, io lo so.” Disse Aki fissando Urushi.
“Ehi, perché mi fissate in quel modo? Non pensate che accetto la tua idea, usare le mie ali per volare e portarvi dall’altra parte della casa.” disse Urushi.
“Dai, fallo per il bene di Iris.” Disse Aki.
Urushi si rassegnò all’idea, aprì le ali e avvolgendo i fianchi intorno ai fianchi degli altri due, iniziò a muovere le ali sollevandosi in cielo. Quando fu poco più su del tetto, lui si spostò in avanti per poi scendere esattamente dall’altra parte della casa. Aki si guardò intorno e non vide nessuno.
“Bene, nessuno ci ha visto. Forza, entriamo.” Disse Aki.
Entrarono nella casa e iniziarono a percorrere un corridoio con delle stanze ai lati. Sembravano tutte buone , ma poi videro una donna distesa a terra.
“Cenette!” disse Oda avvicinandosi a lei e alzandole la testa.
“È lei?” chiese Aki.
“No.” disse Oda con le lacrime agli occhi. Poi continuò: “eppure deve essere qui. aspetta, dov’è Eishi? Dov’è?”
“Eishi? Chi è?” chiese Aki.
“È il nome del capo villaggio.” Disse Oda.
Appoggiò a terra la donna, si alzò in piedi, tornò nel corridoio e si mise a guardare in tutte le stanze. Aki e Urushi lo seguirono.
Lo cercò dappertutto quando a un certo punti si sentì una voce da lontano. Si avvicinò e aprì la porta della stanza alla sua sinistra. se lo ritrovò davanti, rivolto di schiena e seduto per terra.
“Eishi, ti ho trovato! Fermo lì!” disse Oda avvicinandosi.
Lui appena lo sentì parlare lo sguardò, si alzò in piedi e corse via. Oda cercò di seguirlo, ma era molto veloce e fece fatica a seguirlo. Aki e Urushi ovviamente lo seguirono.
All’improvviso Eishi si fermò davanti a una porta dove lo videro entrare. Quella stanza li incuriosiva molto e per questo si avvicinarono. Ciò che trovarono dentro però non fu una bella cosa, anzi era spaventosa.
La stanza era piuttosto buia e davanti a loro c’erano delle grandi sfere contenenti i corpi delle ragazze tenute là. C’ero anche io. Erano tante le sfere e lui ne stava accarezzando una, proprio quella tra me e Cenette. Quel momento scioccò tutti e tre che non sapevano cosa dire e cosa fare, Oda più di tutti. Aki invece aveva un sguardo irritato.
“No… Cenette…” disse Oda.
“Ha ha ha ha (risata)! Che stupidi sono stati quelli del villaggio a portarmi le loro figlie. Adesso però non possono più riaverle.” Disse Eishi.
“Tu… Ridammi Cenette!” Disse Oda avvicinandosi.
Urushi lo prese per i fianchi e cercò di tenerlo fermo mentre lui si dimenava.
“Lasciami andare! Lasciami! Devo dargli una lezione!” disse Oda.
“Non risolvi nulla.” Disse Urushi.
Aki iniziò a fare qualche passo in avanti vero Eishi, poi diventò una corsa. Aveva una mano a forma di pugno vicino a un fianco, pronto non appena gli fu vicino a darglielo in faccia. Quando fu a 15 o 20 centimetri di distanza concentrò più forza che poté sul pugno e lo mosse in avanti, convinto di riuscire a colpirlo. Ma proprio in quell’istante Eishi spostò il corpo alla sua destra evitandolo facilmente. Aki continuò ad avanzare, aprì la mano e con entrambe le mani prese la sfera in cui io ero dentro spingendomi il più vicino possibile ad Urushi. La sfera si fermò, Urushi la tagliò con le sue unghie ed io uscii. Mi ci vollero un paio di minuti prima di svegliarmi.
“Tu rimani con lei.” disse Aki rivolgendosi a Oda.]
Non appena aprii gli occhi vidi Aki, Urushi e un ragazzo che non conoscevo.
“Sono Oda, piacere di conoscerti.” Disse il ragazzo.
“Mmh… dove mi trovo? Che mi è successo?” Chiesi io.
“Iris, meno male che stai bene.” disse Aki.
Lui alzò la testa, la girò verso Eishi e lo guardò con espressione arrabbiata. Poi mise da una parte l’arco e le frecce che aveva sulla schiena, prese una freccia, si alzò in piedi e si diresse verso di lui.
“Ha, che cosa vuoi farmi con quella! Non mi ferirai mai!” disse Eishi.
Aki gli andò contro e lo toccò, ma con la sola spinta di una mano lui venne spinto indietro. Nell’istante in cui lui lo toccò riuscì a fare un taglio lungo e profondo su una spalla con la freccia.
“Ahia, mi hai tagliato! Oddio, morirò!” disse Eishi.
“Non dire cose stupide. Non morirai per un taglio come quello. Ma morirai con quello che ti farò.” Disse Aki. però lui non lo ascoltava.
“Morirò! Morirò! Anime, venite a me! Venite!” disse Eishi.
Io a quel punto mi ero completamente ripresa, quando notai due cose, una più spaventosa dell’altra e tutte e due cin contemporanea. La prima era Oda che si trovava alla mia destra. era distante circa una trentina di centimetri rispetto a me e con una freccia che aveva preso da noi, si avvicinò alla sfera in cui si trovava Cenette e la aprì. Lei uscì e dopo poco si svegliò.
“Cenette!” disse Oda.
“Uh… Oda…” disse Cenette.
“Cenette, meno male che stai bene.” disse Oda.
Loro due rimasero fermi a parlare. In contemporanea, invece, avvenne una secondo cosa che fece sconvolgere tutti noi che stavamo guardando Eishi. Mentre lui aveva parlato prima, si tolse le bende che aveva in testa e teneva una mano in alto, come se volesse chiamare qualcosa. Infatti era così, 3 o 4 delle anime di quelle povere ragazze all’interno delle sfere vennero fuori ed entrarono nella bocca di Eishi. La pelle del suo corpo era verde scuro.
Grazie a questo lui si rigenerò completamente le ferite e questo gesto fece arrabbiare Aki e Urushi.
“Ecco, così è meglio. Adesso mi sono completamente ripreso.” Disse Eishi.
“Aki, tu resta con lei.” disse Urushi.
“Cosa vuoi fare? Ehi!” disse Aki.
Urushi però non rispose e continuò ad avanzare verso di lui. Quando fu a una quindicina di centimetri di distanza da Eishi si fermò e lo guardo dritto negli occhi con sguardo serio. Lui prese paura. Poi con la mano destra nel fianco e a forma di pugno, la spine con tutte le forze nella pancia di Eishi. Questo gli fece sputare fuori una strana sostanza verde e piccola e la sua pelle diventò rosa come la mia.
“Eh? Ma che… che cosa è successo?” chiese Eishi guardandosi intorno. poi continuò: “Che cosa sono queste? Io… tutto questo l’ho fatto io?”
 “Huh? Non fingere di non sapere, tu hai preso tutte loro e anche la nostra Iris.” Disse Aki.
“Questa… è la vera voce del capo villaggio.” Disse Cenette.
“Che spaventosa cosa che ho fatto! Anche se avevo ingerito qualcosa di verde e ho commesso queste cose… ma finalmente sono tornato come ero prima. Finiscimi!” disse Eishi.
“Eh?” chiese Urushi.
“Altrimenti rischio di fare del male a qualcun altro di loro.” disse Eishi.
Io mi alzai in piedi e mi misi tra Aki ed Eishi più in fretta che potevo e dissi: “No, non ucciderlo!”
“E perché non devo farlo?” chiese Aki.
“Perché lui è una persona come noi e merita di vivere.” Dissi io.
“Va bene, non gli farò nulla.” Disse Aki.
Gli corsi incontro, lo abbracciai e gli dissi: “Grazie.”
Mi staccai da lui e guardando Eishi vidi che stava piangendo. Urushi gli passò dietro e con le unghie tagliò dall’alto al basso tutte le sfere che aveva vicino a lui. man mano che lui lo faceva, le ragazze una alla volta uscirono e dopo circa un minuto si svegliarono e si alzarono in piedi.
“Venite, andiamo.” Disse Aki.
Urushi si avvicinò a me e ad Aki, tutte le ragazze di avvicinarono ed anche Oda e Cenette. Ci incamminammo tutti intorno alla casa. Urushi aprì la porta, fece uscire tutti e poi la richiuse. Quello che mi trovai davanti erano tante donne e tanti uomini, i genitori delle ragazze che non appena le videro le chiamarono e le abbracciarono forte. Alcuni di loro si misero a piangere dalla felicità.
Anche il signor Dana si avvicinò a noi e abbracciò Cenette ringraziando il cielo che lei era ancora viva. Poi abbracciò sia me sia Aki ringraziandoci per averla riportata da lui.
“Grazie infinite per ciò che avete fatto. Avete salvato mia figlia e tutte loro.” disse Dana.
“Non serve che ci ringrazi, non abbiamo fatto nulla di che.” Dissi io.
“E invece io voglio farlo, perché senza di voi nessuno le avrebbe mai portato indietro.” Dissi Dana.
“Diciamo che noi siamo andati in loro soccorso, ma sì, è stata bravissima.” Disse Aki.
Tutte le altre donne vennero a ringraziarci per le loro figlie stringendoci le mani. Lo fecero per diversi minuti ed io non avevo idea di come rispondere. Dopo tutti i ringraziamenti loro ci aprirono la strada, il signor Dana ci invitò a casa sua a riposare e a festeggiare, così lo seguimmo.
La strada durò 5 o 10 minuti e tutte le persone ci seguirono continuando a dire quanto siamo stati bravi e coraggiosi a salvarle. Aki però tenne un’espressione arrabbiata fino a quando non entrammo in casa di Dana.
“Grazie per avermi riportato da papà. Lasciate che stasera vi prepari una cena speciale.” Disse Cenette. Si girò ed andò in cucina dove rimase per molto tempo insieme a suo padre.
Aki non disse neanche una parola e mantenne un’espressione arrabbiata ed irritata. Io non capivo il motivo per cui all’improvviso si era irritato e non disse nulla per tutta la giornata, anche se provai a chiederlo diverse volte.
“Aki, che cos’hai? Perché sei arrabbiato?” chiesi io.
Lui però non mi rispose e si incamminò verso la stanza in cui di solito dormivano. Io lo seguii insistendo.
“Aki, perché non rispondi? Sei arrabbiato?” chiesi io.
“Io non sono arrabbiato, sono solo un po’ irritato.” Disse Aki.
“E perché?” dissi io.
“Io… non ho voglia di parlarne adesso. Posiamo farlo domani?” disse Aki.
“Oh… va bene…” dissi io.
Poi lui rilassò e ci andammo a sedere vicino al tavolino, dove Urushi era già seduto. Qualche minuto dopo arrivarono il signor Dana e Cenette con le mani piene di piatti. C’erano onigiri, un piatto di riso a testa, rotolini di uramaki e un piatto a testa con 5 o 6 sushi fatti di riso e salmone.
“Uaaaoooo!!!! Che buon cibo! Buon appetito!” disse Aki con un enorme sorriso. Subito dopo si mise a mangiare.
Anche noi ci mettemmo a mangiare ma era tutto così buono che lo finimmo molto alla svelta e senza nemmeno riuscire a gustarlo. Non appena finito ci alzammo tutti in piedi ed io mi offrii di aiutare Cenette a portare in cucina e a pulire i piatti. Questo mi permise di pensare a ogni cosa che mi era successa oggi. Mi sentii di dover ringraziare Aki per essere venuto in mio soccorso e per aver mantenuto ciò che avevo detto prima di andare via.
“Grazie Iris, per essere venuta dal capo villaggio e per averlo lasciato vivo.” Disse Cenette.
“Oh, di nulla, figurati. In realtà non ho fatto nulla di speciale.” Dissi io.
“Invece hai fatto un gesto bellissimo e sei stata molto coraggiosa. Senti, ti va di restare qui anche nei prossimi giorni?” Disse lei.
“Beh, ecco… noi tre in realtà pensavamo di andare via domani mattina.” Dissi io.
“Oh… che peccato.” Disse lei con tono triste.
Notai che erano rimaste solo due o tre cose, così dissi: “Vedo che ti è rimasto poco, per questo vorrei andare a riposare.”
“Sì certo, nessun problema. Buona notte.” Disse lei.
Mi spostai nella camera a fianco dove c’erano già Aki e Urushi, stesi il mio futon e mi ci sedetti sopra. Guardai Aki con l’intenzione di dirgli qualcosa, ma visto che stava parlando con Urushi, non lo disturbai, mi distesi dentro il futon e mi addormentai. Loro due lo fecero poco dopo di me e nessuno di noi si svegliò fino al giorno dopo.


Angolo autrice: dopo una lunga attesa ecco a voi il seguito del precedente capitolo!! Tante cose inaspettate sono successe ed io spero che vi piaccia. Se è così, allora lasciatemi pure un commento qui sotto, non vedo l'ora di sapere che cosa ne pensate!

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Capitolo 17
*** Capitolo sedici: Yahiko ***


All’alba del giorno dopo io fui la prima a svegliarmi. Aprii gli occhi, alzai la schiena e m guardai intorno. stavano tutti dormendo a parte il signor Dana che non c’era. Diedi un paio di tocchi sulla schiena di Aki che si svegliò subito, gli feci segno di spostarci nella stanza a fianco e lui a sua volta svegliò Urushi. Ci spostammo nella stanza accanto  dove trovammo il signor Dana seduto per terra davanti al tavolino intenti a bere del tè.
“Oh, buongiorno a tutti. Come mai siete svegli al quest’ora del mattino?” chiese lui.
“Buongiorno.” Disse Aki sbadigliando.
“Noi vorremmo partire il prima possibile.” dissi io.
“Sedetevi e aspettatemi qui.” Disse Dana alzandosi in piedi.
Si spostò nella stanza accanto e tornò pochi minuti dopo con una tavoletta di legno in mano e sopra tre bicchierini di tè. Ci sedemmo tutti per terra e mise un bicchierino di tè davanti a ognuno di noi.
“E’ un peccato che dobbiate andarvene.” disse Dana.
“Dobbiamo farlo così presto?” chiese Aki guardandomi.
“Sì.” Risposi io.
“Uffa… proprio adesso che mi stavo gustando il buon cibo fatto da Cenette.” Disse Aki.
Bevemmo il tè che avevamo di fronte e lo finimmo tutto in un paio di minuti. Noi tre fummo ci alzammo in piedi, seguiti dal signor Dana. Ci spostammo verso la porta e prima di uscire lui ci diede delle indicazioni.
“per uscire dal villaggio dovete percorrere tutta la strada, girare a destra e andare sempre dritto.” Disse lui.
“Grazie di tutto.” Dissi io.
Uscimmo e seguimmo le indicazioni che ci aveva appena detto. io però non avevo ben capito così Urushi indicò la strada mentre Aki, non appena ci allontanammo dal villaggio, fece un’espressione seria. La stessa espressione  che aveva ieri sera. Io per alcuni minuti non dissi e non chiesi nulla, lo guardai soltanto.
Dopo circa dieci minuti gli feci delle domande e, anche se all’inizio non rispose, dopo un po’ si arrese rispondendomi con tono di voce molto arrabbiata.
“Aki rispondimi! Perché sei arrabbiato? Che cosa ho fatto?” chiesi io.
“Che cosa hai fatto? Che cosa hai fatto?” disse lui fermandosi. Di girò verso di me e disse: “Vediamo, siamo arrivati nel villaggio, hai parlato con il signor Dana, hai deciso di voler aiutare queste persone, sei andato dal capo villaggio e ci sei stata fino a ieri quando noi due siamo venuti a salvarti. Tutto questo senza capire che tante ragazze là hanno rischiato la vita, e alcune sono state imprigionate. Se fossimo arrivati un po’ più tardi… Ah, non voglio nemmeno pensarci.”
Mentre lui parlava mi resi conto che tutto ciò che avevo fatto era stato molto rischioso. Però lo avevo fatto seguendo il mio desiderio di aiutare tutti quelli che abitavano là.
“Però questo non è successo ed è meglio.” dissi io.
“Solo perché noi eravamo preoccupati e siamo venuti da te!” disse Aki dandomi le spalle e con tono molto serio.
“Aki ha ragione, è stato solo un bene che noi siamo arrivati in quel momento. Se fossimo arrivati più tardi tu non saresti qui e non saresti viva.” Disse Urushi.
Rimasi ferma per un paio di secondi a riflettere, poi mi avvicinai ad Aki e lo abbracciai più forte che potevo. Lo spinsi perfino all’indietro andando ad appoggiarsi con la schiena contro un albero.
“Mi dispiace per averti fatto preoccupare. Grazie per essere venuto.” dissi io.
Lui mi abbracciò forte, talmente tanto che riuscivo a sentire il battito del suo cuore. Un battito che si stava poco per volta rilassando. Sentii anche una sensazione di pace e tranquillità dentro di me.
“Cavolo, mi fai sempre preoccupare.” Disse lui.
Proprio quando mi stavo abituando a quella bellissima sensazione, Aki mi staccò dal suo petto e mi baciò.
Durò solo qualche istante, mi staccai da lui ed abbracciai Urushi. MI scusai per averlo fatto preoccupare e ringraziai entrambi per essere venuti a salvarmi ieri sera. Dopo averlo fatto mi staccai da Urushi e tutti e tre riprendemmo a camminare.
“Beh, come si chiama il prossimo villaggio? E quant’è lontano?” chiesi io.
“Non lo so.” Disse Aki.
“Ma non hai la mappa di tuo padre?” dissi io.
“è vero, ce l’ho in tasca.” Dissi io.
“Tirala fuori e vediamo.” Dissi io.
Lui fece esattamente ciò che avevo etto e si mise a cercare la posizione in cui potevamo essere. Sulla strada c’era una linea che indicava che indicava la strada che avevamo fatto oltre a vari nomi che non conoscevo.
“Dunque… Secondo me dovremmo essere più o meno qui. il villaggio più vicino si chiama Niiga, o così ha scritto mio padre.” Disse Aki.
“E quanto è lontano?” chiesi io.
“Non lo so, ma non sembra molto.” disse Aki.
“Allora che aspettiamo, andiamo.” Dissi io.
Camminammo per tutta la giornata, anche a notte fonda, fino a quando non vidi le foglie degli alberi delle case in legno.
“Ragazzi, guardate là!” dissi io.
“Eh?” disse Urushi.
“Ma perché sei così contenta all’improvviso?” Chiese Aki.
“Non vedo l’ora di vedere come sono gli altri villaggi.” Dissi io guardando loro e camminando all’indietro.
“Mmmh… ” disse Aki.
Mi girai di nuovo e mi fermai dopo pochi passi. dietro di me si fermarono gli altri due mentre davanti a me vidi il villaggio con tante persone che camminavano.
Avanzammo anche noi e guardandomi intorno vidi che la strada era tutta dritta, affollata e nessuno sembrava dare importanza alla nostra presenza. Passammo davanti a molte case in legno, quando all’improvviso ci fermammo e assistemmo tutti a un avvenimento  che non avevo mai visto. Un bambino venne buttato fuori dalla porta di una casa e un uomo si affaccia alla finestra con espressione molto  arrabbiata.
“Non osare entrare più qui. non riceverai più neanche un soldo da noi! E ora vattene!” disse l’uomo.
“Tch.” Disse il bambino a terra.
Si alzò in piedi e si diresse verso di noi passandoci a fianco.
“Poverino…” dissi io con tono di voce bassa e guardandolo mentre ci passava a fianco.
Si girò verso di noi e ci disse: “non ho bisogno della gentilezza di nessuno!”
Finì il discorso facendoci la linguaccia e se ne andò correndo.
Il bambino aveva i capelli neri, era più basso di me, aveva gli occhi marroni. Insomma, era come Aki, ma più basso, con dei vestiti color marrone e dei sandali fatti di paglia.
“Che strana persona…” disse Urushi.
“Lascialo perdere. Andiamo.” Disse Aki.
“No, aspetta.” Dissi io iniziando a camminare verso la porta in cui il bambino era stato buttato fuori.
“Iris!” disse Aki.
Aprii la porta e ciò che vidi davanti a me era un tavolo lungo in legno che andava dal centro della stanza fino al muro davanti a me. c’era anche tanta altra gente in diversi punti della stanza intorno a dei tavolini in legno. Nessuno si era accorto della nostra presenza.
Poco dopo si avvicinò a noi una ragazza alta, magra, capelli dritti e neri, occhi chiari e dei vestiti bianchi e un piccolo vassoio in mano.
“Benvenuti, io sono Eris. Sedetevi dove volete e ditemi cosa posso portarvi.” Disse la ragazza.
Mi guardai intorno non dando importanza a ciò che lei aveva detto.
“Signorina?” chiese lei.
Aki mi toccò due volte la spalla e solo allora dissi qualcosa: “Eh? ah, scusa, noi non siamo qui per bere.”
“Allora perché siete qui? Non sarà che volete delle monete?” chiese Eris.
“No no no, ti sbagli!” dissi io scuotendo le mani.
“Allora va bene. Forza, sedetevi e bevete qualcosa. Ve lo offro io.” dissi io.
Vidi subito un tavolo a poca distanza da noi e insieme agli altri mi diressi là verso. Il tavolo era basso, rettangolare e senza nessuno intorno. ci sedemmo e dopo circa due minuti Eris tornò da noi con due bicchieri a testa, uno con il tè e l’altro con dell’acqua.
Davanti a me si sedettero Aki e Urushi mentre a l mio fianco si sedette Eris. Appoggiò il vassoio sul tavolo e parlammo.
“Voi non siete di qui, vero?” chiese lei.
“No… ma come hai fatto a capirlo?” chiesi io.
“Beh, solo le persone che non vivono in questo villaggio possono guardare incuriosite questo posto.” Disse lei.
“Semplice, ma bello.” Disse Urushi.
“Grazie.” Disse lei sorridendo. Poi continuò: “Com’è che siete qui?”
Io e Aki ci guardammo un attimo, poi lui disse: “Abbiamo visto un bambino venire buttato fuori da quella porta da un uomo. Ci chiediamo chi è lui e perché gli è stato fatto quello.”
“Oh, lui si chiama Yahiko, ha otto anni ed è stato buttato fuori da qui dal proprietario di questo piccolo posto. Noi qualche anni fa avevamo iniziato a dargli delle monete qualche volta, ma non li usava per comprare il cibo. Poi però la richiesta di soldi continuò a diventare più spessa, fino ad essere tutti i giorni. Nessuno di noi sa cosa ne fa di ciò che gli diamo e come li usa.” Disse li con uno sguardo basso e un’espressione un po’ triste.
“Sai dirmi dove vive? O dove dorme? E vive con la sua famiglia?” chiesi io.
“No, mi dispiace… Anche se molti dicono che puoi trovarlo ovunque.” Rispose lei.
Bevemmo tutti e tre il tè e l’acqua in silenzio, poi uscimmo dalla stanza e ci incamminammo per strada. Percorremmo molti metri e durante la strada molti bambini corsero passandoci a fianco a noi e andando nella stessa direzione. Qualcuno di loro passò persino in mezzo a noi e per questo dovevamo stare molto attenti. Tra di loro mi accorsi che un bambino che era passato i mezzo a noi assomigliava moltissimo a Yahiko.
Passò una prima volta tra me ed Aki e non successe nulla.
Passò una seconda volta tra me e Urushi e nemmeno quella volta successe nulla. Urushi lo guardò con un’espressione molto sospetta mentre io ero curiosa di capire se fosse veramente Yahiko.
Passò una terza volta di nuovo tra me e Aki. lui si spostò per farlo passare e, guardandosi i fianchi, notò che la sua spada era spada.
“Ah! La mia spada è sparita! E non ci sono neanche tutte le tue frecce!” disse Aki.
“è vero…” dissi io.
“Dev’essere stato quel bambino. Cavolo, dove sarà andato adesso?” chiese Aki guardandosi intorno.
“Io lo so. Seguitemi.” Disse Urushi.
Aprì le sue ali, si alzò in cielo e volò dritto davanti a noi. Io e Aki lo seguimmo da terra correndo. Io usai tutte le forze che avevo p riuscire a stare a dietro a loro due e, anche se con grande fatica, riuscii a stargli a dietro.
Corremmo per una ventina di metri poi girammo a destra e subito a sinistra. a quel punto ci fermammo e scoprimmo che Urushi non era più sopra e questo voleva dire solo una cosa: Ci eravamo persi. Io avevo un gran fiatone e non ero in grado di correre ancora. Avevo assolutamente di alcuni minuti per riprendere le forze.
Camminammo insieme per qualche metro tenendoci per mano e senza avere idea di dove stessimo andando.
“E adesso dove che facciamo, ci siamo persi! Questo significa che non rivedrò più la mia spada e tu le tue frecce.” Disse Aki.
“Non fare così, troveremo un modo. Ma cosa vuol dire persi?” dissi io.
“Vuol dire che non riesci a ritrovare la strada che stai seguendo.” Disse Aki.
“Oooooh…” dissi io.
All’improvviso percepii una sensazione dentro di me chi mi fece girare la testa a destra. non sapevo che cos’era ma iniziai a camminare per una ventina di passi in avanti e girai in una strada che si trovava alla mia destra.
“Ehi Iris, dove stai andando? Iris!” chiese Aki iniziando a seguirmi.
Io non diedi importanza a ciò che lui diceva, ma ascoltai la sensazione che sentivo dentro il petto, continuando a camminare. Svoltai a sinistro, poi  destra e mi fermai con il corpo girato verso sinistra dove c’era una stradina chiusa. Quello che vidi mi lasciò stupita e la sensazione che provavo fino a un attimo fa sparì completamente.
“Iris, che succede? Perché ti sei fermata?” chiese Aki.
Vidi Urushi tenere con entrambe le mani una corda che stringeva forte con il corpo del bambino che stavamo seguendo. Lui aveva un’espressione imbronciata e con gli occhi guardava alla mia destra. A fianco a lui c’era la spada di Aki, le mie frecce, e una montagna di altre cose come un piccolo vassoio in legno (simile a quello che usava Eris) e vari sacchetti pieni di monete.
“Urushi, sei proprio affidabile! Hai detto  che ci mostravi la strada, ma poi a metà sei sparito!” disse Aki.
“Aki calmati. è bello vedere che sei riuscito a prenderlo, però poverino, lo hai legato troppo stretto.” Dissi io.
Avvicinai il mio corpo a lui e misi le mani in avanti per poterlo liberare della corda.
“Iris stai attenta!” disse Aki.
“Non toccarmi!” disse il bambino.
La sua risposta non mi piaceva, ma non avevo intenzione di arrendermi nella mia intenzione. Mi raddrizzai e mi inchinai a terra.
“Tu sei Yahiko, vero?” chiesi io. Lui non mi rispose.
“Ehi, guarda che lei ti ha fatto una domanda.” Disse Aki.
“Sì, sono io. E con questo?” disse il bambino.
“Sono contenta.” Dissi io sorridendogli. Poi continuai: “Le hai prese tu tutte queste cose?”
“Sì.” Disse lui.
“Perché lo hai fatto?” Chiesi io.
“Perché voglio farlo. Perché mi piace prendere le cose dagli altri.” Disse Yahiko.
Aki gli diede un pugno sulla testa e disse: “Stupido, come ti permetti di rubare le cose alle altre persone! Tu…”
“Ehi tranquillo.” Dissi io. Per un attimo ci pensai  e dissi: “Senti, noi adesso prendiamo alcune e le riportiamo a coloro che appartengono. Urushi ti libera e ti lascia andare, ma tu non farlo più. capito?” chiesi io.
“Tch.” Disse Yahiko.
“Eh? Iris, ma cosa stai dicendo?” Disse Aki.
Io e Aki prendemmo alcune cose, tra cui il vassoio in legno e alcuni sacchetti di monete. Urushi gli tolse la corda così come aveva detto, lui se ne corse via senza nemmeno girarsi. Rimanemmo così solo io e Aki e continuammo a camminare.
“Complimenti, lo hai lasciato andare via.” Disse Aki.
“è vero. Urushi puoi farmi un favore?” chiesi io.
“Sì certo.” Disse Urushi.
“Puoi guardare quello che fa Yahiko senza farti vedere?” chiesi io.
“Va bene.” Rispose Urushi sbattendo le ali e alzandosi in aria.
“Iris, a cosa stai pensando?” chiese Aki.
“Io? Niente, perché?” chiesi io.
“Perché ti conosco e so che stai pensando a qualcosa. Anzi, lo sai già e non vuoi dircelo.” Disse Aki.
“Sì, è vero, qualcosa in mente ce l’ho. Ma nessuno di voi due mi conosce bene.” dissi io.
Le mie parole li fece zittire.
“Stanotte dove dormiremo?” chiese Aki.
“Non lo so, in un posto qualsiasi.” Dissi io.
“Eeeh? Vuoi dire in mezzo alla strada di questo villaggio?” Chiese Aki stupito.
“Sì perché?” dissi io.
“Beh, l’idea non mi piace molto ma va bene.” disse Aki.
Poi corse verso di noi Eris finendo per fermarsi davanti a me. Aveva il fiatone.
“Eris, va tutto bene?” chiesi io.
“Finalmente vi ho trovato.” Disse lei.
“Trovato? Perché, è successo qualcosa?” chiesi io.
“Sì, guardate là.” Disse lei indicando dietro di sé.
Infatti in cielo c’erano delle nuvole scure che sembravano venire verso di noi.
“Dato che verrà a piovere sono venta a dirvi che se volete potete venire a dormire a casa mia stanotte. Infatti abito poco lontano da qui.” disse lei.
Io e lei ci guardammo per qualche secondo, poi la guardammo ed entrambi facemmo cenno di sì con la testa. Attraversammo due strade ed arrivammo a casa di Eris. Entrammo e come prima cosa ci fece sedere offrendoci del tè verde.
“Che cosa avete lì con voi?” Chiese Eris incuriosita.
Gli allungammo tutto quello che avevamo preso da Yahiko e che ci eravamo portati dietro.
“Quello è un vassoio che uso io al lavoro e quello sono alcuni sacchetti in cui all’inizio mettevamo le monete davamo a Yahiko ma come fate ad averli voi? Non ditemi che…” disse lei.
“Abbiamo parlato con lui e abbiamo preso alcune cose.” dissi io.
“Mi fa piacere che li abbiate portati, avevo paura di non riaverli più indietro.” Disse lei.
“Prego.” Dissi io.
“Ti lasciamo anche tutto il resto in modo che tu possa darli ai loro proprietari.” Disse Aki.
“Sì, va bene.” disse lei.
Ci fu un minuto di silenzio in cui sentimmo il forte rumore della pioggia che cadeva fuori. Io guardai la pioggia che picchiava contro la finestra che c’era in una parete.
“Grazie per averci invitato a dormire a casa tua.” Dissi io.
“Non è un problema. Piuttosto, voi non eravate in tre l’ultima volta che vi ho visto?” Chiese lei.
“Urushi è rimasto fuori a fare una cosa per noi.” Disse Aki.
“Oh… e starà fuori molto?” chiese lei.
“Non lo so. Posso chiederti qual è la nostra stanza per stanotte?” Chiesi io.
“Sì, è la stanza qui a fianco.” Disse Eris.
“Grazie.” Dissi io. Subito dopo lo disse anche Aki.
Ci spostammo nella stanza a fianco, appoggiammo i futon e ci coricammo sopra.
“Ehi Iris, perché lo hai lasciato libero prima?” Chiese Aki.
“mi dispiaceva vederlo legato e voglio sapere di più di lui.” dissi io.
“Di più? che vuoi dire?” chiese lui.
“Ho come la sensazione che lui mi stia nascondendo qualcosa, ma non so cosa.” dissi io girandomi verso di lui.
“Tu dici? A me non sembra…” Disse Aki.
Dopo quelle parole mi addormentai profondamente. Alcuni minuti prima dell’alba però mi svegliai, mi allontanai senza farmi sentire e mi spostai in un’altra stanza dove vidi Eris seduta a bere un bicchiere di qualcosa.
“Buongiorno Iris.” Disse lei.
“Buongiorno, cosa stai bevendo?” Dissi io.
“Dell’acqua prima di andare a lavorare. Ne vuoi anche tu?” Chiese lei.
“No, grazie. Esco per un po’, se Aki si sveglia per favore digli che sono fuori.” Dissi io.
“Certo. Iris, ieri pomeriggio mi sono dimenticata di dire una cosa.” disse lei.
“Ah sì? Che cosa?” Chiesi io.
“Ecco… Non so se le cose sono vere, ma alcuni dicono che lui prenda gli oggetti dagli altri per poter diventare un giorno libero da certe persone.” Disse lei.
Mi inchinai in avanti per ringraziarla poi uscii di casa aprendo la porta. quello che trovai davanti a me fu Urushi appoggiato contro il muro e con le mani dietro la schiena.
Mi avvicinai a lui e ci incamminammo lungo alcune strade portandomi verso il luogo in cui lui aveva visto Yahiko. Era piuttosto affollato e i bambini continuano a correre passandoci a fianco.
Ci corse a fianco anche Yahiko che, non appena lo riconobbi, iniziai a seguirlo. Girammo a destra, di nuovo a destra, fino a raggiungere la stessa stradina di ieri pomeriggio. Yahiko era inchinato a terra vicino alla piccola montagna di oggetti che erano rimasti lì ieri.
“Yahiko…” dissi io con sguardo stupito.
Lui mi guardò per un paio di secondi poi tornò lavorare con le mani.
“Urushi, puoi lasciarmi per un po’ con lui?” dissi io a bassa voce.
Allora con determinazione mi avvicinai a  lui, gli allontanai le mani con le mie e iniziai a spostare da una parte sempre più sacchetti di monete.
“Ehi, ma che fai! Quelli sono miei!” disse Yahiko.
“No, questi sono delle persone che vivono qui.” dissi io.
“No, sono mie!” Disse lui.
Misi dietro la schiena tutto quello che avevo spostato poco fa e gli dissi: “Allora dimmi veramente perché prendi tutte quelle cose degli abitanti del villaggio.”
Ma lui non rispose.
“Le voci che ho sentito, sono vere? Perché prendi tutti quelli?” Chiesi di nuovo io.
“Te l’ho già detto, perché mi piace prendere le cose da loro.” Disse lui con tono di voce rilassato.
“E la tua famiglia che ne pensa di questo?” Chiesi io.
“Io non ho una famiglia. Sono orfano.” Disse lui.
“Orfano? Che significa?” Chiesi io.
“Ma come, non lo sai?” disse lui. dopo un paio di secondi sbuffò e disse: “Orfano vuol dire non ho né una mamma né un papà.”
“Mi dispiace… Ehi, vieni con me e unisciti a  noi.” Dissi io.
“E perché dovrei?” disse lui.
“Beh, siamo tutti  e tre persone che hanno avuto  che fare con l’Organizzazione Hana.” Dissi io.
“Chi sono?” Chiese lui.
“Sono un gruppo di persone tutte coperte di nero e hanno fatto tantissime brutte cose.” Risposi io.
Improvvisamente vidi avvicinarsi due uomini giovani, alti e magri, ma dall’aspetto non molto affidabili e poco gentili.
“Cavolo, arrivano. Presto, nasconditi dietro quelle scatole.” Disse Yahiko indicando delle scatole dall’altra parte della stradina rispetto a dove eravamo.
“Perché? Chi sono loro?” Chiesi io.
“Non fare domande adesso e sbrigati ad andare là dietro.” Disse lui.
Io feci ciò che lui disse e, anche se non li vedevo in faccia, sentivo benissimo le loro voci ed ero in grado di vedere solo Yahiko.
“Bene bene bene. Finalmente ti abbiamo trovato. Le monete di questa settimana me li devi dare adesso.” Disse il primo uomo. Aveva una voce molto profonda.
“Farai meglio a darceli se ci tieni a te stesso.” Disse il secondo uomo. Lui aveva una voce molto profonda rispetto  all’altro.
“Non ci penso proprio, questi sono miei.” Disse Yahiko.
“Huh?” chiese il primo uomo.
“Io non voglio darvi più niente.” Disse Yahiko.
Dopo quelle parole uno dei due uomini iniziò a picchiarlo molto forte sulla testa e sulla schiena. Io non riuscii a sopportare il fatto che gli veniva fatto del male, così mi alzai in piedi e mettendo una mano a pugno andai verso l’uomo che stava picchiando Yahiko.
“Smettetela!” dissi io.
Ma solo il tempo di avvicinarmi che lui si accorse di me e mi allontanò spingendomi via. Andai a battere contro il muro con la schiena e caddi a terra.
“Vattene donna!” disse l’uomo.
 Mi feci molto male e rimasi immobile per diverso tempo.
Yahiko si rialzò e disse: “Sono di questo… sono stanco di dover prendere le monete degli altri per darle a voi.”
L’uomo colpì di nuovo per quattro o cinque volte alla schiena sbattendolo con forza. Lui soffriva molto e vederlo non mi piaceva. Cercai di alzare la testa e il corpo appoggiando una parte del peso sulle braccia.
“Smettetela… Smettetela…” dissi io. Ma non mi ascoltarono, forse perché la voce era bassa e non li raggiungeva.
“Tch. Tu sei sempre stato inutile. Andiamocene.” Disse l’uomo. Così i due si allontanarono con espressione indignata.
All’improvviso scesero dal cielo Aki e Urushi. Aki si avvicinò a me chiamandomi per nome, ma da quel momento in poi non ricordai più niente perché chiusi gli occhi e svenni. Anche Yahiko si addormentò dal dolore.
Mi svegliai il giorno dopo e mi trovai nella casa di Eris, distesa per terra. mi sentivo un po confusa e un po’ dolorante alla schiena.
“Aki ti sei svegliata.” Disse Urushi che si trovava alla mia sinistra.
“Ben risvegliata Iris!” disse Aki mettendomi seduta  e abbracciandomi forte.
“Aki, mi fai male alla schiena.” Dissi io.
“Oh scusa, ti fa tanto male?” chiese Aki.
“Solo un pochino, ma solo se tocchi la schiena.” Dissi io.
Mi guardai intorno e notai che Yahiko non c’era da nessuna parte. Mi sembrò subito strano perché l’ultimo ricordo che ho di ieri era con lui.
“Ma dov’è Yahiko?” dissi io.
“E chi sarebbe?” chiese Aki.
“Il ragazzo che era con me ieri.” Dissi io.
“Non lo so, non appena siamo arrivati ti abbiamo presa e siamo venuti qui. Non ho idea di cosa gli sia successo.” Disse Urushi.
Mi alzai in piedi, uscii di casa da sola e iniziai a camminare lungo la strada. Mi sentivo un po’ confusa e camminavo a zig zag. Presi contro a diverse persone e ogni volta mi scusavo.
Camminai tranquillamente e per puro caso vidi passarmi davanti le stesse due persone che ieri avevano picchiato Yahiko. Uno dei due teneva su una spalla una bambina. Non sapevo se era addormentata o se era svenuta, ma sicuramente non era in buone condizioni perché aveva tante ferite in diverse parti del corpo.
Non sapevo che cosa le fosse successo, però ero curiosa di sapere dove la stavano portando, così mi misi a seguirli. Dopo circa cinque minuti in cui camminavo per delle stradine seguendoli vidi  due uomini entrare in una casa di legno molto vecchia. Tenni sempre una distanza i 5 o 6 metri rispetto a loro nascondendomi dietro alle pareti.
Entrarono nella casa, girarono a sinistra, poi a destra ed entrarono in una stanza alla loro destra. Chiusero la porta lasciandola aperta dolo di un paio di centimetri. Mi avvicinai alla parete della porta e mi misi a sbirciare. Notai che c’erano diverse persone nella stanza, una finestra chiusa dall’altra parte della stanza rispetto a dove mi trovavo io, un lungo tavolo al centro. Spostai lo sguardo a sinistra e vidi un tavolino con una persona davanti alla sinistra della stanza. sul tavolino c’era una ciotola di riso con le bacchette, un bicchiere piccolo e una bottiglia pieni di sakè.
Spostai lo sguardo al centro della stanza quando vidi l’uomo togliersi dalle spalle e gettare per terra la bambina con che aveva sulle spalle. La bambina soffrì molto non appena toccò terra e le se avvicinò subito Yahiko, che però aveva le mani legate dietro la schiena da una corda.
“Tsubame!” disse Yahiko. Poi continuò: “Cavolo, come vi permettete di trattarla così!”
“Hm! Dannato moccioso.” Disse l’uomo a fianco a quello che ha gettato a terra la bambina.
“Un’altra parola e tutto questo finirà presto per te.” Disse l’uomo sollevando in aria Yahiko.
“Rilassati Gasuke, se continui lo ucciderai veramente. E adesso non è il suo momento. Se tu pensi di continuare a vivere tranquillamente grazie al fatto che tuo padre era una persona molto conosciuta nel villaggio, allora ti stai sbagliando. Il villaggio è pieno di donne e bambini che stanno vivendo con il rimorso dei loro uomini e la maggior parte si affidano a persone come noi. Quindi unisciti a noi e non fare capricci.” Disse l’uomo dietro il tavolino.
“Non fatemelo ripetere, io ho smesso con voi.” Disse Yahiko.
I due uomini diedero un calcio a Yahiko facendogli sbattete la testa a terra, poi uno dei due uomini disse: “Ehi, come osi. Ti comporti così con il capo che ti ha preso e ti ha cresciuto quando i tuoi genitori sono morti!”
Vedere che lo picchiavano mi dispiaceva e volevo tantissimo fare qualcosa per lui, ma venni fermata da ciò che lui fece.
STATE ZITTI!!” disse Yahiko.
Mentre lo disse sollevò il corpo e morse una gamba di Gasuke. Lui si piegò a terra e urlò dal dolore.
“Mio padre era una persona per bene e io voglio bene a mia madre. Lei mi ha cresciuto facendo tutto quello che poteva per crescermi bene fino a quando si è ammalata ed è morta. Entrambi loro erano conosciuti e mi hanno cresciuto il meglio che potevano ed io non voglio perdonare chiunque li insulta!!” disse Yahiko con tono serio e deciso.
Vidi che Gasuke si alzò in piedi nonostante il dolore e, con le mani a forma di pugno, disse: “io sono quello che non ti perdona, moccioso! Adesso è arrivato il momento di ucciderti!”
In quel momento avevo paura che lo uccidessero davvero, così con forza aprii la porta e mi gettai verso Gasuke, lo abbracciai stringendo più forte che potevo gettandolo a terra.
“Chi diavolo è! Che sta succedendo!” dissero le diverse persone che erano nella stanza.
“IO SONO IRIS E SONO VENUTA QUI PER PROTEGGERE YAHIKO E QUELLA BAMBINA DA TUTTI VOI!” dissi io con tono fermo e deciso. Tutti si misero a ridere.
“Chi saresti tu?” disse il signore dietro al tavolino.
“Ho detto che sono Iris e sono qui per salvare loro due.” Dissi io.
“Prendete i due bambini.” Disse un uomo giovane. Così due di loro presero i bambini e misero un piccolo coltello vicino ai colli.
“Fermi, non fategli del male!” dissi io.
“Ah sì, e chi salverà te?” chiese Gasuke.
Dopo le sue parole ricevetti una forte botta sulla testa, così forte che svenni a terra. Al mio risveglio mi ritrovai seduta per terra con i piedi  le mani legate. Mi sentii leggermente confusa. Tutti mi fissavano con espressione molto contenta.
“Oh, si è svegliata.” Disse Gasuke.
“Capo, possiamo fare certe cose con lei?” disse uno degli uomini.
“Hm? Ah sì, non mi importa. Potete fare tutto quello che…” disse l’uomo dietro al tavolino.
‘Questo  è il loro capo?’ pensai io guardandolo.
L’uomo però venne fermato nella frase non appena la finestra e una parte del muro venne buttato giù con un calcio. Ad averlo fatto sono stati Aki e Urushi, che avevano un’espressione molto seria.
“Non permettetevi di toccarla.” Disse Urushi.
Aki mi guardò, rimase scioccato dalla mia condizione e in un attimo la sua espressione diventò molto arrabbiata. Si avvicinò al loro capo e gli diede un forte pugno in faccia.
“Ehi, come osi fare del male al nostro capo!” disse Gasuke.
Urushi, dopo le sue parole, si avvicinò a lui e gli tirò un pugno nel mento così potente da infilargli la testa nel soffitto. Poi tornò nello steso posto in cui era prima mentre tutti gli altri ne rimasero sorpresi. Il tutto senza mai cambiare la sua espressione seria.
“Bravo Urushi.” disse Aki rivolgendosi verso di lui. Poi girò la testa e disse: “Bene, signor capo. Ora sarà meglio che ci lasci andare, altrimenti prenderemo a pugni tutti quelli che sono qui.”
Lui si paventò molto e non disse una parola. Ci lasciò andare tranquillamente e nessuno mosse un dito o un passo.
 “Urushi prendi i due bambini.” Disse Aki.
Lui si avvicinò a me, mise un braccio dietro la mia schiena e l’altro sotto le mie ginocchia. Poi mi sollevò in aria e mi portò fuori casa. Yahiko si agitò e continuò a chiedere di essere lasciato andare per tutto il tempo da quando venne preso da Urushi.
Solo quando uscimmo e fummo molto lontani Urushi mise a terra i due bambini.
“Tu non puoi unirti a noi perché le vuoi bene, non à così?” chiesi io.
“Sì… grazie.” disse Yahiko arrossendo.
“Tranquillo, non è nulla di grave. Potete andare, noi non vi fermeremo.” Dissi io.
Loro due si strinsero una mano e poi corsero via. Non appena loro sparirono Aki mi diede un pugno in testa.  Faceva molto male.
“Ahia! Aki mi hai fato male! Perché lo hai fatto?” dissi io.
“Stupida, cosa pensavi di risolvere andando da loro.” disse Aki.
“Volevo salvare loro due visto che sono feriti.” Dissi io.
“Anche rischiando la tua vita?” disse Urushi. Non risposi.
“Sei sempre la solita. Andiamocene da questo villaggio, non voglio che ti succeda più nulla.” Disse Aki incamminandosi insieme ad Urushi. Rimasi molto stupita di ciò che lui aveva detto perché non sapevo che lui prestasse tutta questa interessamento verso di me. dopo un paio di secondi li seguii nella camminata.
Non dicemmo praticamente nulla a Eris, uscimmo dal villaggio senza dire nulla.

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassette: Yuki Onna ***


Una volta usciti dal villaggio in cui conoscemmo Eris ci ritrovammo a camminare in mezzo agli alberi. Il terreno delimitata ai bordi da dei sassi di varie dimensioni.
“Ehi, guardate che cos’ho!” disse Aki tirando fuori dalla borsa della stoffa piegata.
Io la presi in mano e la aprii. A prima vista mi sembrava semplice stoffa, ma una volta aperta notai che era un enorme lenzuolo e che per pochi centimetri non toccava terra.
“Che cos’è?” chiesi io.
“È una grande coperta, me l’ha data Eris. Non è fantastico?” disse Aki.
“Inutile.” Dissi Urushi. Aki assunse uno sguardo arrabbiato.
“E a cosa servirebbe?” dissi io.
“Beh, nel caso hai freddo, o vogliamo sederci sopra, questo è utilissimo.” disse Aki.
Mentre lo avevo in mano lo fissai e cercai di capire se era davvero utile.
“Aki, sei sicuro che te lo abbia dato Eris?” chiesi io.
“Sì certo. Chi altro me l’avrebbe dato?” disse Aki. la sua voce era un po’ traballante, come se fosse un po’ insicuro.
“Mmmh… davvero te lo ha dato Eris? Ne sei sicuro?” Chiesi io in modo molto curioso e avvicinandomi sempre di più a lui. Camminando all’indietro andò a sbattere contro un albero con la schiena e sembrava spaventarsi ad ogni mio passo verso di lui.
“D-davvero, me l’ha data lei. I-iris, mi stai spaventando, smettila per favore.” Disse lui mentre arretrava.
Gli rimasi vicino solo per qualche altro istante, poi raddrizzai la schiena. Girai la testa e vidi Urushi ridere con una mano davanti alla bocca.
“Urushi, non ridere!” dissi io. Smise subito di farlo.
“Ehi Iris, ti va di correre con me un po’?” Chiese Aki.
“Eh, adessso? Io non ho molta voglia…” gli risposi.
“Eddai, mi avevi promesso che lo avremmo fatto.” Disse Aki.
“Aki, lo sai che non son veloce come te. Fallo con Urushi.” Dissi io.
Assunse un’espressione imbronciata e disse: “Io però non voglio giocare con lui, non mi diverto perché lui volando va più veloce di me. E poi me l’avevi promesso, te lo ricordi? Eddai, corri con me, solo una volta.”
“E va bene, ma solo questa.” Dissi io sbuffando.
La sua espressione diventò in un attimo super contenta facendo i salti di gioia ed esultando.
“Che inutilità…” disse Urushi con tono basso.
“CHE HAI DETTO?” chiese Aki.
“Ehi ehi, calmatevi. Facciamolo tutti insieme, okay?” dissi io.
“No, io voglio correre solo con te!” disse Aki.
“Non fare così, siamo in tre.” Dissi io.
“Va bene…” disse Aki. Ci fermammo, ci mettemmo uno a fianco all’altro, Urushi in quel momento spalancò le ali dalle sue spalle, poi io dissi: “Bene, pronti? Via!”
Partimmo tutti di scatto e io, la più lenta tra tutti, cercai di correre più che potei. Urushi volò tra gli alberi perdendolo di vista. Aki non sembrava d’accordo di averlo davanti, così con tono serio e determinato aumentò la velocità arrivando a non vedere nessuno dei due in una manciata di secondi. Io sfortunatamente non avevo la velocità di loro due e per questo mantenni il mio passo lento.
Inoltre da quando avevamo iniziato questo gioco notai subito che la strada tutta in salita.
‘Sapevo sarebbe successo così. Sono troppo veloci per me… chissà chi tra i due è il più veloce.’ pensai io.
Dopo 300 metri o poco più mi fermai stremata dalla corsa e con il fiatone. Non sarei mai riuscita a raggiungerli sapendo che non ero abituata a correre come poteva essere Aki e non avevo abilità come le ali di Urushi che mi avrebbero fatto andare sicuramente più lontano.
Dopo poco vidi Urushi buttarsi giù dal ramo di un albero vicino, raddrizzarsi e avvicinarsi a me.
“Va tutto bene?” Chiese lui con tono gentile.
“Sì… tutto bene. Siete troppo veloci, mi serve del tempo per riprendere le forze.” Dissi io.
“Non sei abituata?” Chiese lui.
“Già… Prima di conoscere Aki lavoravo tutto il giorno e non avevo tempo per fare cose come queste, poi questo tipo di gioco non mi piace molto.” Dissi io.
“Ma allora perché lo fai?” chiese lui.
“Ci sono delle volte che mi piace, ma oggi non avevo molta voglia di correre. Però certe volte lo faccio perché mi piace vederlo felice.” Dissi io.
“Secondo me sei innamorata di lui… comunque se vuoi ti aiuto ad andare dove si trova Aki.” disse lui.
“No grazie, camminando ci arrivo.” Dissi io. Avanzammo per circa 500 metri prima di vedere e raggiungere Aki.
“Siete lenti!” disse Aki.
“Scusa scusa, lui è venuto a vedere dov’ero.” Dissi io.
Camminammo fino a notte fonda dove ci fermammo e ci addormentammo appoggiando la schiena al tronco di un albero vicino. Il giorno dopo ci svegliammo, ci alzammo in piedi e ci apparve poco distante da noi un villaggio. Prima di entrare nel villaggio notai due grossi sassi con dei simboli scritti sopra. Non sapendo leggere mi sforzai più che potei di provare a capire cosa c’era inciso, ma non ci riuscii.
“Cosa c’è scritto?” chiesi io.
“Villaggio Nima.” Disse Urushi.
“Che strano nome… strano che nella mappa di mio padre non è indicata.” Disse Aki.
“Andiamo a vedere.” Dissi io.
Non appena entrammo nel villaggio vidi diverse persone camminare tranquillamente in varie direzioni. Io però da quando ci misi piede percepii una sensazione strana, come se venissi osservata da qualcuno di nascosto e da lontano. Avendo paura fosse qualcuno dell’organizzazione Hana, mi voltai indietro per controllare, ma non vidi nessuno e continuai ad avanzare insieme a loro perdendomi nei miei pensieri.
Dopo circa 300 metri Aki stese le braccia ai suoi fianchi fermandoci di scatto.
“Aki, perché ci siamo fermati? Cosa stai guardando?” chiesi io.
Rivolsi lo sguardo nella sua stessa direzione e notai che stava fissando dei bambini che giocavano davanti a noi.
“Voi restate qui, vado a giocare un po’ con loro e poi torno.” Disse lui subito prima di allontanarsi e andare dai bambini.
Erano in sei, indossavano abiti semplice anche se sporchi, avevano 6 o 7 anni e si divertivano a rincorrersi calciando un sasso da una parte all’altra della strada e girando intorno alle case ai bordi della strada.
“Che bambino…” disse Urushi con tono basso.
Subito mi misi a ridere per ciò che aveva detto poi udii delle voci venire dalla mia destra. Da lì infatti avevo una porta di una casa che era incastonata nella roccia. La porta era leggermente aperta e sbirciando vidi 10-12 bambini seduti per terra e distanti una ventina di centimetri e una signora che parlava davanti a loro.
Mi sedetti per terra e rimasi immobile mentre davanti a tutti noi la signora parlava e gesticolava con le mani. I bambini avevano 6 o 7 anni e avevano tutti i capelli scuri, indossavano maglie a maniche corte e dei pantaloncini che arrivavano al ginocchio come lunghezza. Ai piedi invece non avevano nulla.
“Quella signora sta insegnando a leggere e a scrivere.” Sussurrò Urushi vicino a me.
‘Anche Aki mi aveva promesso che mi avrebbe insegnato qualcosa… ma ancora non è successo.’ pensai io.
Davanti a me avevo una signora sui 40 anni che stava scrivendo alcuni segni sul muro alle sue spalle. Mi piaceva stare lì, ad ascoltare e vedere ciò che scriveva. Anzi, ero come ammaliata da tutte le conoscenze che quella signora aveva.
Solo un’ora più tardi la lezione era finita e tutti se ne erano già andati, ma io rimasi immobile a fissare le scritte.
“Ehm, scusa, ma la lezione è finita.” Disse la signora.
“Ah, ecco dov’eri finita. E io che ti cercavo.” Disse Aki avvicinandosi dalla porta a me. “Ma che ci fai qui?”
Improvvisamente mi ripresi dallo sguardo immobile che avevo e dissi: “mi insegnerebbe ciò che ha detto a quei bambini? La prego!”
“EH?” disse Aki.
“Cosa?” Chiese la signora.
“Tutti quei segni fatti sul muro hanno un significato, vero? Me li può insegnare?” chiesi io.
“Ehm…” Disse la signora.
“Iris ma che stai dicendo? Lo sai che questo non è possibile, ci vuole tempo. E poi ci sono io che ti farò da insegnante.” Disse Aki.
“ma se sono giorni che siamo in viaggio e tu non mi hai insegnato ancora nulla!” dissi io. Lui ci rimase un po’ male, ma d’altronde era la verità.
“Ci vorrà del tempo per imparare qualcosa…” Disse la signora pensierosa. Si guardò intorno un paio di volte e disse: “Venite con me, vi porto a casa mia. Ah scusate, non mi sono presentata. Mi chiamo Yuki.”
“Io sono Iris e loro sono Aki e Urushi.” Dissi io alzandomi in piedi.
Non appena aprii la porta notai che fuori stava nevicando. Pensai che era strano perché prima di entrare stavo bene e c’era una temperatura calda, in quel momento invece sentivo un vento freddo provenire dalla mia sinistra.
“Oh, come al solito sta nevicando.” Disse Yuki.
“Come al solito?” chiese Aki.
“Beh, è da qualche anno che è così. Non so il motivo, ma se qualcuno nel villaggio lo conosce non lo dice a nessuno.” Disse Yuki.
Girammo alla nostra destra e iniziammo a camminare. In quel momento sentii dietro di me la stessa sensazione di poco fa, ossia essere fissata e seguita da qualcuno da vicino.
Mi fermai di scatto, mi girai indietro ed effettivamente, tre case dietro di me notai una strana sagoma nera comparire da un angolo. Era simile ad una testa incappucciata.
“Aki, non ti senti seguito da qualcuno?” chiesi io.
“Eh? E per quale motivo dovrei essere seguito?” mi disse Aki.
Pensandoci bene, non avevo ragione di pensare che qualcuno potesse seguirmi. Non avevo mai ferito né ucciso nessuno, la sola cosa che avevo fatto fino a quel momento era di aiutare le persone che avevano bisogno di aiuto insieme ad Aki e Urushi. Questo pensiero mi tranquillizzò e sorridendo tornai a guardare lo stesso punto in cui prima avevo visto la sagoma della persona, ma non c’era più. Era sparito. Mi girai nuovamente e, vedendo tutti lontano una quindicina di metri, accelerai la camminata e li raggiunsi.
“Sig.ra Yuki, per quale motivo qualcuno si dovrebbe nascondere?” chiese Urushi.
“Non ne ho idea, ma di sicuro la persona che ne sa qualcosa vive nel villaggio, parla poco e non rivela mai informazioni.” Disse Yuki.
Mentre parlavamo entrammo da un lato di una piccola piazza, composta da un giardino al centro. Al centro di esso notai quattro alberi piantati talmente vicino l’uno all’altro che vedendoli da lontano sembrava uno solo. Sull’erba del giardino c’erano dei bambini che giocavano, mentre i genitori erano poco lontano che chiacchieravano tra di loro. Ai lati della piazza c’erano dei piccoli gruppi di persone, di qualsiasi età, che anche loro stavano chiacchierando.
Rimasi stupita del fatto che non appena passavamo vicino a un gruppo, tutti loro coglievano l’occasione di salutare Yuki.
“Informazioni su cosa?” Chiese Aki. [.........]

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