Una cartolina da Volpilandia

di annika0775
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***
Capitolo 6: *** Sei ***
Capitolo 7: *** Sette ***
Capitolo 8: *** Otto ***
Capitolo 9: *** Nove ***
Capitolo 10: *** Dieci ***
Capitolo 11: *** Undici ***



Capitolo 1
*** Uno ***


1.

Nonostante le finestre siano chiuse da lastre di alabastro, sufficientemente sottili da lasciar passare la luce, ma inesorabilmente troppo grosse per essere trasparenti, riesco a immaginare il cielo terso di una mattina di primavera inoltrata. Sento il grido dei gabbiani sui tetti del villaggio e rimpiango di non essere uno di loro per poter sfuggire al mio destino. Da bambina avrei dato chissà che cosa per essere il Comandante della Guardia. Onestamente, sono molto onorata di occupare questa carica, ma non mi ero resa conto dell’aspetto ‘politico’ della questione. Non mi sono mai interessata di politica, avendo per giunta passato metà della mia vita a Canlandia, dove questa era corrotta e soggiogata alla criminalità, ne ho sviluppato una certa generale insofferenza.

-Comandante Mecson!- balzo sulla sedia e torno alla realtà. Non ho avuto molto tempo per veleggiare sopra i tetti di ardesia. Mi alzo in piedi, con un cenno di inchino. Il mio interlocutore è uno degli Anziani. Il Consiglio poteva procedere tranquillamente anche senza di me, ma il senatore Lynn ha una certa predilezione per mettermi in mezzo –Come stanno andando i preparativi per la Giostra di Mezzestate?- appunto: non c’è praticamente nulla da preparare. Dacché Volpilandia è di nuovo libera, la Giostra di quest’anno sarà la festa più grande che le volpi possano desiderare e tutti i cittadini, nessuno escluso, si stanno facendo in quattro per celebrare una ricorrenza antica che si riempie ora di un nuovo significato.

-Tutto si svolge regolarmente, Signore.- rispondo compunta. Ma lui non è soddisfatto, anziché continuare a litigare con i suoi colleghi, si dedica interamente a me, girandomi intorno in cerchio, come uno squalo

-Le guardie sono adeguatamente preparate a offrire un consono servizio d’ordine?

-Le guardie sono preparate, Signore.

-Ho sentito dire che voi passiate troppo poco tempo a Palazzo, per assicurarvene personalmente, invece preferiate cavalcare per la macchia.- adesso attacca con le cavalcate. La scorsa settimana qual era il problema? Ah, già, gli scudi non erano stati riverniciati! –E che non abbiate molta premura per l’ordine pubblico.- lancio un’occhiata al Podestà: non coglierò la provocazione di questo tizio. Cerco disperatamente qualcosa da dire che non possa sembrare offensivo. La dialettica non mi si addice e il Podestà lo sa benissimo, così interviene bonario:

-Senatore Lynn. Sappiamo tutti quanto il Comandante abbia fatto in questi mesi per riportare la Guardia all’antico splendore. Allenamenti tutti i giorni, che possiamo vedere con i nostri occhi affacciandoci alle balaustre. Il cortile del Palazzo non è mai stato così pieno di attività. Inoltre ho ben apprezzato l’apporto interculturale del Comandante riguardo le tecniche di lotta e le armi dei cani.

Si sistema sul suo scranno e rivolge uno sguardo severo a quell’attaccabrighe di Lynn, ma questi non demorde e attraversa la sala a grandi passi. Noto che ha cura di appoggiare i piedi solo sulle mattonelle nere. Che sia un alfiere degli scacchi in incognito?

-Eccelso Podestà. Sono stato informato di un fatto, alquanto grave, occorso qualche giorno fa.- ripetendo gli stessi movimenti, torna di fronte a me con l’indice alzato e gli occhi spiritati –Ebbene sono stato messo a parte di uno spiacevole diverbio degenerato in rissa all’osteria del porto, che ha comportato l’intervento di due guardie- capirai! All’osteria del porto farebbe più notizia che NON ci fosse stata una rissa –nella quale era coinvolto pure quel vostro… insomma…- voltandosi con gesti plateali rivolti agli Anziani, per enfatizzare la sua carenza lessicale -…aiutatemi voi, Comandante, perché non so proprio come definire il giovane Cryson. Il vostro…- Magari: pescatore? Oppure Hevelry Cryson e basta, essendo un individuo a sé stante, come me, il Podestà o tutti i membri del Consiglio? Eppure alcune menti contorte devono per forza sminuire le persone, accomunandole epiteticamente ad altre: ‘il figlio di’, ‘la moglie di’eccetera eccetera. Quando poi questo legame riguarda Helsa e me, ecco che alcuni membri del Consiglio diventano molto abbietti, senza lesinare critiche né commenti:

-Hevelry Cryson è il mio compagno, Signore.- anche se penso che di signorilità non ne abbia un briciolo

-Ecco! Compagno. Questi neologismi… queste discutibili usanze canilandesi. Ma tornando prontamente al vostro compagno, Comandante, in pratica come avete provveduto a riguardo?

-Hevelry è stato vittima di un’aggressione, Signore. Sentite le guardie intervenute e appurato che le versioni collimavano, non ho fatto nulla. Ricordo che liti come quella sono all’ordine del giorno all’osteria...- era esattamente ciò che voleva sentirmi dire. Lynn gongola voltandosi verso il Consiglio e, rivolto direttamente al Podestà, parte con la sua arringa:

-Ecco quello che intendevo, Eccelso! Come avete udito tutti chiaramente, secondo il Comandante Mecson i continui tafferugli che hanno luogo in paese sono all’ordine del giorno!- è così da secoli –Di conseguenza egli- si riferisce a me sempre al maschile: non capisco se ciò che lo irrita maggiormente sia il comandante femmina o ‘femmina’ in senso lato -non intende neppure evitarli. E con queste premesse, definisce ineccepibile l’addestramento della Guardia? Eccelso, Signori tutti, io mi guarderei da codesta tracotanza!

Nel consiglio esplode un brusio. Molti dei senatori sono d’accordo con Lynn, ma nessuno osa esprimersi apertamente, visto che la mia nomina a Comandante è stata un’idea del Podestà. E anche ora egli si alza a difendermi:

-Signori, calmatevi. Da quando in qua vi preoccupate delle risse all’osteria? Ricordo più d’uno di voi averne preso parte, in gioventù! Nulla è mai successo di grave, a parte un vigoroso diverbio finito a pugni. Siamo volpi, animi infiammabili! Che colpe addossereste al Comandante, quando in ogni modo le guardie si presentano prontamente in caso di necessità? Orsù, pensiamo invece alla festa imminente. Al fatto che Volpilandia è libera e il nostro popolo lieto ora come non lo è stato da nove anni a questa parte. Comandante Mecson, proseguite il vostro lavoro, così alacremente come finora avete fatto.

Mi inchino al Podestà e siedo al mio posto. Il brusio si è quietato, ma gli sguardi che i senatori più conservatori mi lanciano non sono benevoli e non smetteranno di attaccarmi fino a che non mi sarò arresa, tuttavia non mi conoscono ancora: non sanno quanto io sia avvezza a lottare e che non rinuncerò al mio ruolo tanto facilmente.

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Capitolo 2
*** Due ***


 

2.

 

Chiacchierare con mio padre è sempre liberatorio. A quanto sembra, ci somigliamo molto: sempre pronti a cercare il lato bello della vita, anche quando le avversità la irruvidiscono. Passiamo quasi un'ora tra i rami del ciliegio a fare a gara a chi sputa i noccioli più lontano. Poi arriva mia madre brontolando: ci sono ancora due misure di fieno da sfalciare e papà non è efficiente. Ci scambiamo un sorriso e io risalgo a cavallo alla volta del paese:

-Ma guarda te che razza di figlia!- continua a borbottare mamma -Che vergogna pensare che tutte e cinque le ragazze dei Wilson sono maritate da un pezzo. E questa? Fa il primo cavaliere, neanche fosse un maschio!- mio padre le risponde qualcosa bonario, ma io sono già lontana e non distinguo più le parole. Mentre ero a Canlandia, ero dispersa, quando sono tornata, sono stata l'eroina del villaggio e ora? Esattamente, cosa si aspettano da me? Per quanto ci abbia seriamente pensato in tutti questi mesi, non ho trovato ancora una risposta.

Di fronte alla tenuta dei Wilson vedo Terry nel tondino, intenta a domare un bel sauro:

-Sei pronta per la giostra?- le grido senza avvicinarmi troppo, scorgendo l'occhio spiritato del puledro che segue apprensivo le mosse di Frushard:

-No.- risponde lei continuando a far correre in circolo l'animale -Questi li abbiamo venduti giù in paese. Per noi correrà mio cognato Hastan.

-Allora avete già perso. Ma perché non tu? Sei mille volte più brava!- ma bloccata in quel timore di contravvenire alle regole, in quella necessità di compiacere le aspettative altrui, anche a costo di soffocare le proprie. Questa è sempre stata Terry. Che aveva bisogno di avere accanto un'amica pazza e irrefrenabile, per vivere le avventure che da sola non avrebbe mai osato.

-Sarà, Sheroly. A me non interessa vincere. Sei tu quella competitiva.

-Ti sbagli. Partecipo solo per il gusto di farlo. I cavalli che correranno hanno tre, quattro anni e Frushard diciassette. Non nego che sia parecchio in forma, ma dovrei sperare di affrontare degli inetti e questo non mi attrae: l'ho già fatto troppo a Canlandia.

Sulla strada che porta al paese vedo una nuvola di polvere portata dal vento. Quando mi avvicino sento il rumore del motore di un’auto. Al trotto raggiungo un'altura che domina lo sterrato e riconosco la macchina di Carty. Guida più lentamente del solito. Mando Frushard al galoppo per tendergli un'imboscata più avanti, sul ponte. La capote è abbassata e non appena mi vede alza una mano in segno di saluto:

-Comandante Mecson.- sorride fermando il motore e scendendo. Anch'io smonto da cavallo:

-Commissario!- ci abbracciamo. Una Saluki con due metri di gambe e un fisico da modella, dal sedile del passeggero, mi lancia un'occhiata di sufficienza da sopra gli occhiali da sole. Temo che la crisi dei quarant'anni di Carty stia galoppando e cerco di non ridere:

-Sheroly, ti presento Lyla.- mi fa un cenno che pare di saluto e una smorfia che pare un sorriso. Per contrappasso le grido un 'ciao' radioso -Abbiamo pensato di passare una vacanza qui a Volpilandia: non c'è la festa di Mezzestate, tra qualche giorno? Ne ho conservato un gradevole ricordo, anche se ora è un po' sbiadito.

-Quest'anno ha una valenza molto importante: credimi, Samuel, probabilmente la festa più bella da che i vecchi ne hanno memoria!

-Ti riferisci a me?- fingendo di essere piccato

-No, anche più vecchi.- Lyla sbuffa. Aspetta solo che ci diamo una mossa. Si accettano scommesse su quanto apprezzerà il villaggio di Volpilandia.

Quando arriviamo, uno stuolo di cuccioli si getta attorno all'auto. Lucida, rossa, con il tetto scoperto. Nessuno ha mai visto una cosa del genere. Samuel non perde un secondo, li fa mettere in fila, come al Luna Park di Canlandia, e poi li invita a turno a fare un giro intorno al Palazzo:

-Ma solo se il Comandante ci dà il permesso!- i bambini si rivolgono a me piagnucolando:

-Un giro a gruppo, però, non di più!- rispondo con aria severa, immaginando di imitare mia madre. Quindi esplodono in un boato di gioia e saltano sulla macchina aggrappandosi ovunque. Quando il carissimo zio Rock mi regalò quell'auto certo non avrebbe immaginato un simile utilizzo e io sono veramente contenta di averla data a Carty, proprio perché non si interessa delle apparenze.

A proposito delle apparenze, ritrovo Lyla che osserva il Palazzo con aria stralunata; mi sento in dovere di raccontarle un po' di storia e farle fare un breve giro turistico della piazza, che si riduce in realtà a poco: l'imponente Palazzo di pietra che ne occupa due lati con il cancello del cortile, entro cui ci sono anche le scuderie della Guardia, una fontana al centro ( non una fontana decorativa, ma una fontana da cui la gente attinge l'acqua da portare in casa coi secchi! ) e case per gli altri due lati, le cui facciate di mattoni e legno sono intonacate a gesso bianco. Dal lato del Palazzo, i vicoli scendono piuttosto ripidi verso il porto e, tra i muri delle case, si vede il bagliore del mare. Poiché mi dilungo un po' troppo e mi allontano dal cortile del Palazzo, Frushard nitrisce impaziente e va da solo verso le scuderie:

-Sì, vai, vai!- gli grido mentre sparisce trottando impettito dietro al cancello. Più tardi sentirò le rimostranze dell'artiere, perché Frushard si sarà di nuovo servito da solo. Lyla si guarda attorno, sbuffa e si esprime a monosillabi. Le comunico che saranno nostri ospiti e le mostro brevemente il nostro appartamento. In realtà è una stanza con la vista sui tetti. Sotto la finestra, lavandino e stufa, dalla parte opposta, un tavolo e un largo divano che fa anche da letto. In città non ci sono gli spazi che offre la campagna, ma come capo della Guardia non ho scelta. Lyla fa un osservazione sui servizi e io mi sforzo per non ridere:

-Oh, certo… dimenticavo!- no, non dimenticavo affatto ma, dato il disgusto dipinto sul muso, era un argomento da lasciare come ciliegina sulla torta. Scendiamo le strette scale di legno del palazzo e l’accompagno sul retro. A Canlandia sul retro ci sono i garages, a volte i magazzini e le rimesse; da noi ci sono i pollai e gli stalletti per capre e maiali. Uno spazio è riservato al letamaio, di solito inserito tra i ricoveri per gli animali e sopra al letamaio ci sono i servizi… Lyla resta a bocca aperta e non dalla meraviglia –Ed ecco i servizi! Comunque ti faccio avere un secchio. Basta prendere l’acqua là, alla fontana… E anche un asciugamano… Immagino… Sì, è un tantino… essenziale!- vorrei avere una macchina fotografica per immortalare la sua faccia. Quando si riprende dallo shock, sibila:

-Questa Samuel me la paga!

Qualcosa di simile sibila anche Helsa, quando scopre che ho invitato i cani, ma preferisce tenere i suoi commenti per sé e, conoscendolo, gliene sono grata. Spero solo che conoscerli meglio lo ammorbidisca.
 

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Capitolo 3
*** Tre ***



 

3.


 

Non mi ritengo una gran cuoca, ma cucinare in compagnia è molto piacevole, quindi do il meglio di me, raccontando a Lyla storie e leggende che ci sono dietro a ogni ricetta che preparo, anche se credo che il suo interesse sia solo di facciata. Carty invece partecipa attivamente, sia cercando l’abbinamento col vino più adatto sia raccontando lui stesso aneddoti che ricorda di quando era bambino. Helsa si limita a portare su legna per la stufa e mi sembra quasi che, anziché nella legnaia, la vada a tagliare direttamente nel bosco, da quanto tempo ci mette ogni volta. La sua ostinazione mi irrita non poco.

Mi riscuoto quando Carty nomina la maestra Hidson:

-… così mi fece assaggiare il pasticcio di pesce e petali di rosa. Garantisco che se non fosse stato per il suo sguardo severo e le braccia conserte a dire ‘mangia!’ avrei preferito fare tre pagine di analisi grammaticale, ma devo ammettere che era delizioso… a parte l’aspetto intendo.- Lyla fa la solita smorfia, mentre io mi rendo conto che abbiamo condiviso la stessa insegnante:

-Quindi anche tu hai avuto la maestra Hidson?

-Già. Severa.

-Severa?- gli faccio eco incredula –Una specie di diavolo direi! Sono curiosa di sapere quale fosse la tua media, con lei. Terry, che è sempre stata la più brava della classe, non ha mai preso più di otto.- Samuel sogghigna sotto i baffi –Inoltre… se tu hai avuto la maestra Hidson, vuol dire che eri in classe con il padre di Terry oppure con mia madre!

-Purtroppo non ero in classe né con tua madre né col padre di Terry. E non posso nemmeno confrontare la mia media con la vostra, perché la maestra Hidson non mi ha mai assegnato dei voti.

Ci spiega infatti che, essendo un cane, non gli fu permesso frequentare la scuola insieme agli altri cuccioli e la maestra Hidson fu l’unica, sufficientemente anziana da non temere ritorsioni e sufficientemente aperta di mente, ad accettare di istruirlo.

-E non lo fece per denaro.- sottolinea masticando la sigaretta spenta –Infatti mio padre si era offerto di pagare l’insegnante che mi avesse fatto da precettore, ma lei, visto che nessuno avrebbe mai accettato denaro da un cane, si recò da mio padre e glielo disse chiaramente: “Insegnerò al bambino, ma lo farò gratuitamente”. Penso che per lei valesse solo la soddisfazione di allevarmi come una volpe.

Mentre sono sul punto di chiedergli cosa ci facesse la sua famiglia a Volpilandia, rientra Helsa, con una fascina di bacchetti sotto il braccio.

Ceniamo in un silenzio fastidioso. È Samuel a romperlo, ancora una volta. Racconta aneddoti, fa giochi di parole con il nostro dialetto e Lyla abbozza perfino una risata. Helsa invece continua a starsene in disparte, guardando fuori dalla finestra con un’ostinazione dispettosa. Ogni tanto rivolge gli occhi di un color grigio ferro ai cani che siedono di fronte a noi al pesante tavolo di legno scuro. Non ho il tempo di prenderlo in disparte per redarguirlo, così colgo l’occasione mentre vado a riempire i secchi per lavare le scodelle e gli chiedo di accompagnarmi:

-Sei insopportabile.- gli dico una volta di fronte alla fontana

-E cosa dovrei fare? Saltare di gioia?

-No. Essere educato.- dopo aver riempito i due secchi li prende entrambi e quasi mi spinge per passare:

-Scusa, ma non so fare finta che mi piacciano. Quell’educazione di cui parli tu, quella dei cani, qui da noi si chiama ipocrisia.

Sto per lasciar perdere, lui fa qualche passo attraverso la piazza, ma mi dico che non è giusto e lo raggiungo correndo:

-Non ti chiedo di essere ipocrita- sibilo –solo di considerare che sono degli amici venuti a trovarci e per una volta potresti smetterla con i tuoi pregiudizi!- rincaro la dose –In questo senso sei tu che ti comporti come un cane!

Mi fissa con i capelli che gli scendono fin sopra il muso e poi riporta i secchi in casa senza controbattere.

Mentre sistemo le stoviglie ad asciugare, Samuel domanda quale sia un posto adatto per sistemare la tenda per la notte:

-Scherzi!- dico io –In cinque minuti cambio le lenzuola del letto e potrete dormire qui. Vero Helsa?- cerco il suo sguardo, ma lui è stravaccato sulla panca e guarda la torre del Palazzo, come se non mi avesse neanche sentito, ma chi tace acconsente.

-Non vogliamo essere di disturbo.- insiste Samuel –Lo vedo anch’io che non c’è posto…

-C’è uno spazio in soffitta. Noi dormiremo lì!

-Ma… in questa… città non c’è qualcosa che assomigli a un albergo?- fa Lyla a braccia conserte con le sopracciglia inarcate. Helsa non aspettava imbeccata migliore:

-Oh sì.- interviene ostentatamente serio –Davanti al porto. È anche piuttosto economico: si paga a ore!

Io sbuffo, ma Samuel la prende come una battuta e ride di gusto. Brontolando tra me e me, cambio le lenzuola nel nostro letto, il divano all’angolo della stanza, poi salendo la stretta scala cigolante che va al sottotetto sistemo un giaciglio alla meno peggio nello spazio più largo di fianco alla botola di accesso:

-E chi ha detto che la nostra casa è piccola?- esclamo soddisfatta –C’è tutto quello che serve!

-Grazie di cuore.- ribatte Samuel, mentre Lyla fa un sospiro ambiguo.

Finalmente Helsa si riscuote. Per un attimo temo che vada all’osteria, come sua abitudine, ma per fortuna mi sbaglio:

-Se domattina vi alzate presto, possiamo fare una gita in barca.- anche se i suoi occhi sono ancora grigi e minacciosi, sono ammirata per questa apertura. Carty è entusiasta e perfino Lyla sembra gradire la proposta.

-Sono fiera di te.- sussurro a Helsa appena chiudo la botola del solaio. Mugugna qualcosa sdraiandosi con un braccio sotto la testa. Mi stringo a lui, infilandogli una mano sotto la camicia e posando le labbra sulle sue. Ho una voglia matta di fare l’amore, pur temendo che le assi cigolino sotto il nostro peso. Con l’altra mano cerco di slegare la fibbia della sua cintura, ma mi ferma:

-È disgustoso.- sbotta stizzito

-Cosa è disgustoso?- di rimando io piccata

-Quello che staranno facendo quei cani di sotto, nel nostro letto.

Per un po’ ho provato per Carty quella sensazione che gli adolescenti hanno verso i genitori, quando li vedono come esseri asessuati, incapaci di certi desideri e al di sopra di certe pulsioni, forse perché è stato per me tutore e superiore, ma sono passata oltre quando talvolta mi è capitato, sul lavoro, di sorprenderlo a lanciare un’occhiata lasciva a una bella femmina o a fare qualche battuta tipicamente maschile con Tresfeir, che al contrario ha un chiodo fisso. Certo non oserei mai figurarmelo in atteggiamenti intimi con Lyla, se non nell’immagine inelegante del nostro letto sicuramente un po’ troppo stretto e un po’ troppo corto…

-Ma non pensare a loro. Pensa a noi!- e mi sfilo la tunica per rannicchiarmi nell’incavo della sua ascella. Sbuffa e si gira dall’altra parte, lasciandomi scornata. Non mi resta che fissare una falce di luna dal finestrino che si affaccia sul tetto. Ma perché non sopporta quando l’iniziativa la prendo io?

Appena il cielo si tinge di rosa, Helsa, abituato ad alzarsi anche prima, scende al piano di sotto e deliberatamente fa confusione. Sento che Lyla mugugna qualcosa, mentre Carty si cimenta in un ‘buongiorno’ assonnato, ma il mio ragazzo è senza pietà:

-Vado a preparare la barca. Vi aspetto tra mezz’ora al porto.- e, nel suo stile, è stato decisamente magnanimo.

-Dormito bene?- sorrido porgendo a Lyla brocca e catino per lavarsi la faccia, sulla quale leggo chiaramente il suo disgusto al pensiero dei ‘servizi’ sul retro. Samuel ha ancora il muso piantato nel cuscino:

-Caffè?- più che una domanda appare un grido disperato

-Ho del decotto di cereali tostati. Il tempo di accendere il fornello e lo riscaldo.- so bene che non è la stessa cosa

-No… no… lascia perdere… In macchina ho del caffè solubile…- nicotina, caffeina. Se non s’intossica non è contento. Nel frattempo corro in piazza a prendere un paio di secchi d’acqua.

La mattina è fresca e limpida. Il cigolio della pompa della fontana e qualche campana giù al porto sono gli unici rumori. La mia presenza non sfugge a Frushard che nitrisce dalle scuderie del Palazzo. Afferro un secchio e gli porto l’acqua fresca, una buona occasione per salutarlo. Non appena mi vede calcia la porta ricordandomi che sono troppo lenta. Gli verso l’acqua nell’abbeveratoio, aggiungo col forcale un po’ di fieno nella greppia e lascio che mi abbracci, stringendomi col collo sulla sua spalla possente:

-Oggi vado in barca.- gli sussurro dolcemente accarezzandogli la criniera –Sarà Richard a farti fare una corsa nel maneggio. Sii bravo. Sii obbediente. Domani cavalcheremo fino al Bosco dell’Assiolo, porteremo i nostri ospiti a vedere la cascata, lì dove il Fiume è profondo e potrai fare il bagno anche tu.- lui mi ascolta facendo piccoli movimenti di assenso con la testa. Lo saluto promettendogli una bella carota non appena sarò di ritorno.

Debitamente preparati per una gita in barca e per un eventuale giornata in spiaggia, Lyla e Samuel mi seguono mentre trotterello verso il porto. È l’alba. Il cielo tinto di rosa si staglia sul mare argenteo. I pescatori sono al largo già da un pezzo e i gabbiani stridono volteggiando sopra le banchine.

Helsa sta seduto sul boma con aria impaziente. Appena ci vede arrivare salta giù e comincia a trafficare con il cordame per sciogliere la Caterina dalle bitte:

-Era ora.- commenta tra i denti quando mi avvicino

-Il mare scappa?- ringhio io di rimando. Dopo tutto siamo in vacanza. Ho lasciato le consegne ai miei sottoposti e, per un giorno, lui non venderà pesce. E la vita continua nonostante questo.

Quando la vela maestra prende il vento, Helsa inizia le sue manovre per fissare la barra e potersi occupare dell’albero di prua, è un sistema ingegnoso che gli consente di gestire la barca in piena autonomia, anche in caso di tempesta, ma non fa in tempo a fare nulla che Samuel, con una certa perizia, libera le vele e le cazza alla perfezione:

-Oh, è anche un marinaio.- sibila con un po’ troppo fiato

-Marinaio? No, no… d’acqua dolce semmai!- ribatte Samuel ridendo e piantandosi in bocca una sigaretta spenta.

Incredibile ma vero. Avere qualcosa in comune, e soprattutto se quel qualcosa in comune c’entra con la barca, rende Helsa inaspettatamente più affabile. In alcuni momenti noto che i suoi occhi prendono persino i toni del verde acqua. Tuttavia lascia la loquacità a Samuel, che finge di chiedergli un ripasso di tutte le manovre che si effettuano sulla barca, tanto per rompere il ghiaccio.

Lyla si toglie la canottierina inconsistente e i minuscoli pantaloncini per prendere il sole in bikini a prua. Io non ho un costume. A Volpilandia non esiste niente del genere. Se non si vuole fare il bagno nudi, lo si fa vestiti. Sotto la tunica lunga ho messo una camiciola leggera e delle brache corte, per dirla alla maniera canilandese: biancheria intima. Quando mi avvicino, mi lancia una squadrata di sufficienza:

-Stai comoda?- le chiedo per cortesia. Lei mi risponde con un cenno di assenso. Non ho ancora deciso se mi piace o se la butterei a mare. A prima vista la si potrebbe definire altera, poco versatile e, se la capacità di adattamento è una forma di intelligenza, per la proprietà commutativa, poco intelligente. Questo a prima vista. Poi penso che se Carty sta insieme a lei, qualcosa di buono avrà trovato. Nonostante io continui a vederlo bene con una femmina come Koko, anche Lyla dovrà avere dei lati positivi:

-Mi dispiace che la nostra abitazione sia così stretta e manchi di certe comodità, ma spero comunque che la vacanza a Volpilandia ti piaccia.

-Quando Samuel mi ha proposto una vacanza alternativa, non immaginavo che fosse così alternativa. In quanto alla festa di Mezzestate… sarà come le sagre dei sobborghi, non è così?- non che io ci sia mai stata, quando vivevo a Canlandia, comunque so che per i cani ogni scusa è buona per comprare e vendere cose inutili. Forse anche in questo caso immagina qualcosa di un po’ diverso.

-Beh, ci sarà tanta musica, artisti, giocolieri e saltimbanchi, riti propiziatori per le nostre Divinità e tutto culminerà con la Giostra, prova di coraggio e abilità dei migliori cavalieri di Volpilandia.

-Con le lance?- domanda arricciando il naso in un’espressione orripilata, mentre si lega i ciuffi di pelo al margine delle orecchie in codini dorati. È indubbiamente molto bella, raffinata, snob.

-Con le lance, con le spade, coi coltelli e anche con gli archi. Ma non ci combattiamo tra di noi! È come una corsa a ostacoli che di volta in volta si affrontano in maniera diversa: i primi con le armi lunghe e poi si finisce a dover centrare col coltello un piccolo bersaglio attaccato a una fune, che gira contemporaneamente in cerchio e su se stesso. Di solito si tratta di un frutto, un melone o qualcosa del genere. Il percorso della Giostra viene comunicato all’ultimo momento, così non ci possiamo preparare.

-Partecipi anche tu?

-Certo. In qualità di Comandante della Guardia, io sono il primo cavaliere di Volpilandia.- sospira stranita:

-È un po’ come quelle femmine che giocano a calcio o fanno altri sport mascolini come la lotta, il pugilato…

-E per te qual è uno sport adatto a una femmina?- tanto per intenderci, visto che per certa gente a Volpilandia sarebbe il lavoro all’uncinetto

-Aerobica?!- la mia mente ha un flash back, quando con Tresfeir entrai in una palestra alla moda, per investigare su un caso di droga: maschi gonfiati di anabolizzanti che chiacchieravano con femmine strette in tutine attillate, truccate di tutto punto, tanto che la ginnastica doveva essere una scusa. Lyla, biondo cenere, la vedrei bene con una tutina rossa con le paillettes. Cerco di cancellare velocemente l’immagine per non riderle in faccia:

-Da quanto siete insieme, tu e Samuel?- non so perché lo chiedo, mi viene spontaneo

-Quasi tre settimane.- risponde con uno sbuffo, appoggiando le caviglie affusolate e perfette sulla murata di tribordo. Fisicamente sarà anche uno schianto, per quanto un po’ segaligna, ma in quanto a simpatia…

Helsa ci porta in una delle più belle spiagge di Volpilandia. Ai piedi di un dolce promontorio boscoso, protetta da scogli bianchi, una caletta sabbiosa che si estende per quasi un chilometro, dove il sole crea decisi contrasti di colore. Ormeggiata la Caterina oltre la scogliera, ci tuffiamo per raggiungere la spiaggia. L’acqua è ancora piuttosto fredda, limpida come uno specchio.

-Oltre gli scogli non è così profonda!- grido a Samuel, che tengo d’occhio per via del suo polmone e mezzo, di cui peraltro mi sento responsabile

-Guarda che so nuotare.- ansima a corto di fiato –E non sono neanche così vecchio!

Mi tuffo sott’acqua per raccogliere conchiglie sul fondo e noto che Helsa, da bravo pescatore, sta nuotando diritto verso gli scogli per prendere un po’ di frutti di mare, per un’improvvisata merenda. Infatti torna con diversi crostacei e molluschi, dentro una borsa di tela, che son buoni anche crudi, nonostante la faccia schifata di Lyla. Compreso l’andazzo, mi ripropongo di invitarla a cercare bacche e frutta nella foresta, a lei sicuramente più congeniali.

Quando ci andiamo a riposare sulla spiaggia, io mi asciugo rotolandomi nella sabbia, mentre Lyla va alla disperata ricerca di un sasso, come se la sabbia fosse avvelenata, ma quando mi metto a parlare con Samuel, eccola arrivare lanciando strali dagli occhi e mettersi in mezzo. Anche Helsa si mette in mezzo, anzi, mi spinge via con la scusa di pulire i molluschi:

-Si può sapere che ti prende, adesso?- non ringhia, ma è lo stesso molto seccato:

-Non sopporto come ti guarda.- chi, Samuel? Si dà il caso che, da quando siamo usciti dall’acqua abbia guardato il cielo, il mare, il bosco, ma non me –Ma certo che sei proprio ingenua!- continua con lo stesso tono –La tua camicia bagnata è trasparente.

Mi strofino un po’ di più nella sabbia, ma la situazione non migliora. Dovrei stenderla ad asciugare, ma a questa ipotesi Helsa diventa ancora più nero. Bene. Tempo per la passeggiata nella foresta insieme a Lyla, che comunque sembra abbastanza nera anche lei.

Passiamo una buona mezz’ora a cercare more, lamponi, uva spina e altre bacche. Le mostro quelle tossiche e le indico gli alberi la cui corteccia viene usata a scopi medicinali. Sembra senza interesse, ma le more le piacciono molto. Cerco di essere di ritorno quando la mia camicia è già asciutta, perché Helsa smetta di dare in escandescenze, ma la cosa mi preclude l’ingresso in acqua per il resto della giornata.

Nelle ore più calde, riposiamo all’ombra delle gigantesche piante di capperi, che creano delicati ombrelli con le loro fronde che scendono dalla roccia. Il rumore della risacca culla i pensieri e le grida dei gabbiani si mischiano al frinire delle cicale:

-È veramente bello qui.- esclama Lyla inaspettatamente

-Potremmo restare anche per la notte.- propone Samuel. Accidenti, ho promesso a Frushard che sarei passata a trovarlo. Inoltre Lynn starà misurando i miei passi, prima della festa e una fuga così lunga potrebbe crearmi dei problemi:

-Le guardie resteranno senza ordini per domattina…- Samuel esplode in una sonora risata:

-Quanti elementi hai, peggio di Tresfeir?- domanda a bruciapelo. A dire il vero nessuno –Allora state tranquilla, Comandante Mecson. I vostri sottoposti riusciranno a prendere decisioni anche senza il vostro intervento! Sappi che pure Tresfeir, messo alle strette, ha imparato a far funzionare il cervello e, se a volte ha ancora qualche defaillance, sa prendere le decisioni giuste!

Questa versione riveduta e corretta del nostro caro amico Maky Jo getta una luce completamente diversa sui miei soldati, che ora appaiono con tutte le carte in regola per essere grandi condottieri. Temo che Frushard resterà senza carote, ma so anche che saprà perdonarmi.

-Se vogliamo rimanere qua, avremo bisogno di qualcosa di serio da mangiare.- Helsa si alza e si avvia verso la barca –Mi daresti una mano?- Samuel accetta con gioia e partono per una battuta di pesca. Quando c’è di mezzo il mare, il mio ragazzo è veramente un’altra persona!

Il pomeriggio vola. Riesco anche a farmi un bagno decoroso. Con i maschi al largo mi tuffo senza camicia: tra il bikini minimo di Lyla e niente, non c’è molta differenza e, questa volta, lei non protesta. Quando la Caterina è di ritorno, ci accingiamo a preparare un falò, mentre il cielo comincia a tingersi di viola. A nuoto arrivano con una sacca di pesce pescato a lenza. Silenzio e meditazione. Gli occhi di Helsa sono argentei come il mare, su cui comincia a specchiarsi la luna.

Il fuoco scoppietta e una tiepida brezza soffia dal mare. Solo noi quattro e il frinire dei grilli. Tutti i problemi della città sembrano così lontani. Se lasciassi il comando della Guardia e seguissi Helsa sulla sua isola, sarebbe così sempre. Perché, allora, non ne ho il coraggio? Dopo cena Samuel si perde a raccontare: spazia dalle ultime avventure a Canlandia fino a storie intrise di magia e mistero, nel freddo nord selvaggio di Lupilandia.

-Hai girato tutto il mondo!- non si capisce se Lyla sia veramente ammirata oppure solo incredula

-Cosa ci facevi a Volpilandia?- Helsa più sbrigativo

-Mio padre era un archeologo.- e comincia la sua narrazione –Era anche convinto che la comprensione del destino di un popolo andasse ricercata alle sue origini. Compiamo sempre gli stessi errori, come una prova che ci si para davanti in situazioni apparentemente diverse, ma sempre uguale a se stessa fino a che il nostro io non riesce a superarla e andare oltre. Sul piano personale. Ma lo stesso vale anche per intere civiltà. Da qui nasce la propensione alle guerre, alle discordie, piuttosto che alla pacifica accettazione. E lui andava a ricercare l’ossessiva necessità di supremazia dei cani nei reperti archeologici, come per trovare dove fosse l’errore primordiale, più o meno quello che viene descritto nel Libro Sacro: “… Aaron e Iris, convinti dallo Scorpione a uccidere e mangiare il capriolo sacro, furono puniti da Dio e banditi dalle Terre dell’Immortalità…”- mentre sto per chiedere se ci sia mai riuscito, Helsa interviene acido:

-E per questo i cani cercano l’immortalità occupando la terra degli altri?

-Se sei credente, la versione ufficiale del mito è che riscattando con buone azioni, nel corso della tua vita, quell’errore e rifiutandoti di cedere alle lusinghe dello Scorpione, la tua anima ritroverà l’immortalità dopo la morte del corpo.

-Ho sempre avuto molte difficoltà a comprendere la religione dei cani.- e, a dire il vero, non mi ci sono mai applicata tanto; magari è il momento buono per ottenere una spiegazione. Lyla si stringe nelle spalle:

-Credo che ormai tutte le religioni siano un po’ fuori moda, no?- Samuel sogghigna:

-Temo che sia fuori moda qualunque cosa si rivolga alla coscienza. Mio padre ha studiato a fondo il Libro Sacro, non da teologo ma da scienziato, ragion per cui a me di religiosità ne è rimasta ben poca. Certo che avere una sorella lupa, sacerdotessa di un’altra religione, fa inesorabilmente comprendere che la spiritualità conosca diverse strade.- continuo a pensare che se al posto di Lyla ci fosse Koko il quadretto sarebbe molto più armonioso, ma non faccio commenti e mi limito a guardare di sottecchi, con un po’ d’invidia, le gambe statuarie della Saluki.

-Mio padre invece si limitava a pescare.- Helsa prende la parola, alla luce traballante del fuoco le iridi grigie sono appena cerchietti sottili attorno alle pupille dilatate dall’oscurità –Non ha mai letto libri né ragionato di divinità. Non è mai andato a scuola né ci sono andato io. Quando i cani hanno invaso Volpilandia, hanno preteso che pagassimo oltre le nostre possibilità. Ai pescatori chiedevano una quantità di pesce che, non solo non era possibile pescare con i nostri mezzi, ma che avrebbe comportato un saccheggio del mare, una distruzione dell’equilibrio nel quale viviamo. I pescatori che si rifiutarono di eseguire quegli ordini furono imprigionati nel sotterraneo del Palazzo e le barche confiscate.- non mi aveva mai raccontato personalmente questi fatti, l’occasione per cui tutti avevano smesso di chiamarlo Helsa –Non potevo sopportare che la Caterina fosse nelle mani dei cani. La barca che porta il nome di mia madre. Siccome nessuno degli altri aveva il coraggio di affrontare le armi dei cani, ci andai da solo. Mi ripresi la barca- dai racconti di mio fratello Jack e dei suoi amici, la cosa non fu così lineare, tanto che i soldati canilandesi, pesti e malconci, asserirono di essere stati aggrediti da una decina di ribelli -e la nascosi in una località segreta. Altri giovani seguirono il mio esempio.- sì, e il Podestà consigliò ai cani di liberare i prigionieri prima di ritrovarsi con la situazione fuori controllo – Ma mio padre si era ammalato in carcere e, anche se lo rilasciarono, non riuscì a guarire e morì lo stesso.

Nei confronti di Helsa, nei confronti del mio Paese, mi sento profondamente in colpa, perché questi erano gli istanti che loro vivevano, mentre io studiavo in un collegio di Canlandia.


 

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Capitolo 4
*** Quattro ***


4.

Torniamo a casa dopo pranzo. La Guardia è già in subbuglio per la mia assenza ingiustificata, ma sembra che tutti siano sopravvissuti, nonostante la visita di cortesia di Lynn che si è legato al dito pure questa.

Passo da Sam a prendere un po’ di carne da grigliare per la cena e facciamo due chiacchiere. Chissà come, ritorno sul racconto di Helsa della notte precedente:

-Mia madre faceva le pulizie a Palazzo e ha visto bene le ferite dei cani: coltellate e morsi. I morsi ancora più profondi delle coltellate! Se non avessimo saputo tutti che era andato solo, avremmo veramente creduto a quello che dicevano i soldati: attaccati da almeno dieci ribelli, guidati dallo Spirito della Morte in persona. E dopo quella volta, l’unica ad avere il coraggio di chiamarlo ancora Helsa, sei rimasta solo tu.- da quando lavora alla macelleria, Sam ha ritrovato tutta la sua rotondità, ma si vede che è felice, vicino alle salsicce. La violenza, che ha tramutato il timido Helsa nel rude Hevelry, gli è penetrata nel cuore come una scheggia. Per quanto io abbia tentato, ancora non sono riuscita a farla uscire. Tali ferite lascia la guerra.

Durante la cena mi accorgo di quanto Helsa sia insofferente. Appena finisce il pasto si alza e so che se ne andrà all’osteria. Fin dagli anni dell’occupazione, l’osteria del porto era diventata il luogo in cui giovani e vecchi si ritrovavano a parlare di politica, ribellione, libertà, bevendo vino, senza che i cani prestassero attenzione. A un anno dalla liberazione, le cose non sono cambiate e Helsa ci passa quasi tutte le sere. Speravo che evitasse, visto che abbiamo ospiti, ma l’escursione di ieri è più di quanto mi fossi attesa. Resto ammutolita quando, prima di uscire, si rivolge a Samuel:

-Vado all’osteria. Vieni con me?- Carty scatta in piedi e lo segue senza farselo ripetere, capendo al volo quale gesto di riconciliazione sia per lui. Adesso tocca a me, con Lyla. La sua espressione scocciata mi fa immaginare di rispedirla a Canlandia con un calcio:

-Ma in questo posto non ci sono dei negozi?- sbuffa, proprio prima di terminare l’ipotetico volo in una discarica, solo perché a Canlandia i letamai non sono comuni:

-Capisco cosa intendi. Negozi come pensi tu non ce ne sono.

-Neanche quando ci sarà questa festa di Mezzestate? Non ci sono chessò, le bancarelle?- è in piena crisi da astinenza da shopping. Certo che mi basterebbe lanciarla dalla finestra per piantarla in un letamaio, ma potrei anche ribaltare la situazione a favore di Volpilandia:

-No, mi spiace, non ci sono bancarelle, ma ti posso portare dalla mia amica Aurora: ha una bottega di sartoria!- anche Lyla si illumina.

Passiamo la serata a casa di Aurora. A Lyla non par vero di poter scegliere stoffa e modelli per farsi fare vestiti su misura. Aurora è esperta e mette spilli sulla stoffa per sagomare l’abito direttamente sulla figura della sua cliente. Ovviamente non è abituata a tanta altezza, soprattutto non capisce perché Lyla voglia che la gonna si fermi a metà della coscia anziché della caviglia. In un attimo di distrazione della Saluki, mi sussurra:

-Ma davvero a Canlandia le femmine mostrano le gambe in questo modo? Questa tua amica sembra in mutande!- le sospiro di non preoccuparsi, perché a Canlandia ci si può vestire come si vuole. Indubbiamente Lyla ha ottimi gusti, perché in poco tempo sceglie le stoffe più preziose dell’intera sartoria e le abbina a modelli che faranno un figurone alle serate di gala di Canlandia. Un blu notte che esalta sapientemente il biondo cenere dei suoi capelli, un noce elegante dal taglio raffinato, che Aur vorrebbe almeno cinque centimetri più lungo, un nero illuminato da ricami di filigrana d’argento. Per quest’ultimo Aur vince, perché dimostra a Lyla quanto sia più adatto per un abito lungo. Qualche spillo nei punti giusti e l’intero rotolo di stoffa è finito. Shopping costoso. Ho la vaga sensazione che il conto spetterà a Carty.

Quando torniamo a casa l’umore di Lyla è decisamente più alto, tanto che si mette a chiacchierare tutta contenta. Ci interrompono però delle urla in un vicolo poco sotto alla piazza. Corro a vedere cosa succede e incontro Helsa che procede a grandi passi, più arrabbiato che mai.

-Cosa è successo?- domando al suo passaggio, ma egli non mi risponde che con un ringhio e sparisce entro la porta di casa. Carty arriva subito dopo, anche lui piuttosto nero, con la sigaretta stretta tra i denti. Ripeto la stessa domanda anche a lui e la risposta è molto simile:

-Non te l’ha raccontato?- borbotta incrociando le braccia. E cucendo le labbra. Da questi due non saprò nulla, neanche se li sottoponessi a un interrogatorio ufficiale. La serata non poteva finire peggio.

Sdraiati in soffitta, Helsa si chiude a riccio. Non vuole né che gli parli né che lo tocchi. Mi ripropongo di chiedere domattina a mio fratello Jack, ma la mattina non fa in tempo ad arrivare.

Delle grida mi svegliano nel cuore della notte, mentre la campana del Palazzo prende a suonare. È successo qualcosa di grave e mi fiondo sulla piazza indossando una tunica qualsiasi e brandendo la spada. Le guardie notturne mi si fanno incontro:

-Comandante, comandante!- quello con l’armatura, tutto trafelato –Cryson il pescatore è con voi?- certo che è con me. No, è in casa, perché io sono appena scesa in piazza. Guardo verso l’abbaino della soffitta e mi accorgo che è aperto e ieri sera era chiuso, sono certa:

-Cosa è successo?

-Bredson è morto, signore.- da come lo dicono non dà l’idea di una morte naturale, anche perché Bredson ha un paio d’anni in più di mio fratello e fa il cardatore, mestiere in cui gli incidenti sul lavoro raramente sono mortali. –È stato ucciso pochi minuti fa, giù al porto.- prosegue la guardia. Intanto si è radunata un bel po’ di gente in piazza e, come se non bastasse, giunge tronfio Lynn, vestito di tutto punto. Che dorma coi paramenti da senatore? Giusto in tempo per vedere il coltello che il mio sottoposto mi porge –È stato ucciso con questo.- immediatamente riconosco il coltello di Helsa. Il soldato che me lo porge indossa i guanti. Da poliziotta canilandese, immediatamente gli ingiungo di non manipolarlo oltre e chiedo a chi mi sta intorno di porgermi un sacchetto:

-Dove lo avete trovato?

-Piantato nel cuore di Bredson, comandante.- fantastico, la scena del crimine è già stata alterata.

-Chi lo ha toccato?- dai loro sguardi smarriti immagino che lo abbiano preso in mano un po’ tutti

-È il coltello di Cryson!- esclama l’altra guardia, quella senza l’armatura

-Così sembra…- rispondo sottovoce, un po’vaga –È in casa, possiamo domandarglielo…

-Non è in casa.- Carty è alle mie spalle. Nella concitazione, la sua affermazione l’ho sentita solo io. Ha ancora la sigaretta spenta tra i denti ed è più nero di ieri sera –E quello non sembra il suo coltello. È il suo coltello, Sheroly.- non so proprio cosa dire, mi pare di aver dormito per vent’anni. Oppure è soltanto un brutto sogno. La faccia da squalo di Lynn mi riporta subito alla realtà:

-Comandante Mecson, la vostra condotta lassista ha portato a tutto questo! Il vostro… compagno, Hevelry Cryson, si è macchiato di un delitto che Volpilandia non conosceva da più di dieci anni! Spero vogliate assicurare questo assassino alla giustizia, nonostante sia a voi legato da…

-Un momento, Senatore Lynn.- la mia voce è un ringhio sordo –Mi incaricherò delle indagini e saprò far luce su quello che è successo, in modo tale da assicurare il colpevole alla giustizia…

-Ma quali indagini? È fin troppo chiaro che sia Cryson il colpevole. Chiaro a tutti fuorché a voi, che avete la mente un po’ offuscata. Il coltello è il suo. È stato visto presso il porto al momento del delitto. È stato lui. Anche il cane ne è testimone!

Chiamato in causa, Samuel affronta il senatore con garbo:

-Testimone? Sono in polizia da vent’anni e sono stato testimone di tante cose, ma di un omicidio mai.

-Suvvia, anche voi eravate presente ieri sera all’osteria!- lo incalza Lynn, livido di rancore

-Certo. Sono stato testimone di un diverbio e nulla più. Cryson è tornato a casa con me.

-Però nessuno di voi sa dire dove si trovi ora. Comandante Mecson, farà bene a ordinare alle guardie di catturare l’assassino!- e aggiunge un ghigno di soddisfazione.

Appena restiamo soli, mi rivolgo a Carty con apprensione:

-Si può sapere cos’è successo ieri sera all’osteria?

-Cos’è, Hevelry non te l’ha raccontato?- direi che il suo tono è un po’ ironico –Andiamo a salvare ciò che resta della scena del crimine, o per lui non c’è speranza!


 

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Capitolo 5
*** Cinque ***


5.


 

Bredson è riverso in un vicolo dietro l’osteria. Il cadavere sarà stato girato e rigirato almeno venti volte. Spostato dal suo sangue perché la moglie, la madre e la sorella potessero piangerlo. Ci sono pedate e manate ovunque e qualsiasi squadra scientifica di Canlandia getterebbe la spugna. Presenta una ferita da arma da taglio al petto, ma è l’unica cosa oggettiva. Carty esamina il vicolo sconsolato, mentre io colgo l’occasione di interrogare Jack:

-Ieri sera c’era un sacco di gente. Sai bene che Hevelry e Bredson litigavano spesso. – no, non lo so perché nessuno mi tiene al corrente –E ieri sera c’era anche quel cane e così Bredson ha colto l’occasione per polemizzare. Una battuta dopo l’altra… cercava di far saltare i nervi al cane, ma lui niente, come se non lo sentisse neanche. Così ha preso a offendere te. Il comandante amico dei cani, che vuole trasformare Volpilandia, facendola diventare come Canlandia. Cose così, tanto per fare imbestialire Hevelry. Per un po’ il cane lo ha tenuto calmo, anzi, voleva proprio andare via, per evitare guai, ma a Hevelry gli sono saltati i nervi e si sono dati qualche sberla, con Bredson… hanno rovesciato due tavoli, niente di più. Ma quello continuava a provocare. Tra un po’ mi mettevo in mezzo anch’io, da tanto che dava fastidio! Così Hevelry ha estratto il coltello e gli ha gridato che gli avrebbe aperto il cuore. Bredson ha accolto la sfida e ha tirato fuori il coltello pure lui, così il cane si è messo in mezzo e ha portato via Hevelry. Erano appena usciti, proprio fuori dalla porta che Hevelry si è imbestialito per qualcosa che gli ha detto il cane, così lo ha sbattuto contro al muro e dicevo che gli tagliava la gola…

-Chi?

-Hevelry al cane, chi altri? Ma non ho capito cosa si sono detti, perché erano già fuori… li ho visti dalla finestra.

Non faccio in tempo a metabolizzare quello che ha appena detto mio fratello, che la campana del Palazzo suona di nuovo. Ordino alle guardie di mettere il corpo di Bredson in un sacco e di portarlo nei sotterranei, nel luogo più fresco possibile. Sgranano gli occhi e mi fissano come se venissi da un altro pianeta. Carty si rigira in bocca la sigaretta e non dice una parola. Un soldato arriva di corsa e mi avverte che hanno catturato Cryson.

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Capitolo 6
*** Sei ***



 

6.


 

Helsa è in catene e lotta per liberarsi come un animale selvatico. Non appena lo raggiungo, ordino alle guardie di lasciarci soli:

-Io non ho ucciso nessuno.- mi dice accorato

-Lo so, Helsa. Stai calmo e vedrai che riusciremo a scoprire che cosa è successo e…

-Intanto dovremmo cominciare scoprendo che cosa ci faceva questo piantato addosso a Bredson!- il coltello di Helsa, sporco di sangue, piomba sul pavimento tra me e lui. Non mi ero accorta che Samuel mi avesse seguito. La sua voce è dura, il suo sguardo ancora di più. Immediatamente Helsa si irrigidisce, in preda all’odio.

-Samuel, qui ci penso io…- cerco di sedare gli animi, ma Carty incalza:

-Il signor Cryson ci deve delle risposte. Primo: cosa ci faceva il suo coltello sul luogo del delitto. È presumibile che ci si trovasse anche lui, no? Qual è la sua versione dei fatti? Secondo: quale spiegazione plausibile per andarsene nel cuore della notte, uscendo dalla finestra del sottotetto? Io non dormivo e sono certo che non è passato dalla porta come le persone normali. Terzo: se non è colpevole, perché la fuga? Con la fidanzata che è il capo della Guardia, c’era bisogno di scappare, per farsi catturare come un coniglio mezz’ora dopo?- Helsa scatta immediatamente. Se non fosse trattenuto dalle catene gli sarebbe alla gola. Spingo Samuel fuori dalla stanza e gli chiedo di lasciarci soli, lui grugnisce qualcosa, sbattendo la porta mentre se ne va:

-Crede che io sia colpevole!- grida Helsa

-No. È una tecnica della polizia di Canlandia.- ma anch’io credo che Samuel lo ritenga colpevole –Lui cerca di farti paura, così tu poi sei più propenso a raccontare a me la verità.

-E che c’è da raccontare? Non sono stato io!

-Lo so, ma questo è il tuo coltello.- silenzio –Hai visto Bredson prima che venisse ucciso? Oppure lo hai visto dopo?- ancora silenzio –Come ti è venuto in mente di uscire dalla finestra?- inutile. Helsa distoglie lo sguardo e non mi risponde più.

Raggiungo Samuel nel corridoio. Sta osservando una fiaccola alla parete, tenendo la sigaretta tra le dita. Mi domando se stia pensando di accenderla:

-Non funziona, Sheroly.- mi dice senza voltarsi

-Cosa?

-A Canlandia il caso non può essere affidato a un poliziotto coinvolto personalmente. Non funziona. Questa indagine è ingarbugliata e tu non puoi condurla a mente fredda.

-Mi stai dicendo che non sono all’altezza?- mi offendo

-Se fossimo a Canlandia non potresti occupartene, secondo il regolamento. Perché sei coinvolta sentimentalmente, perché il senatore Lynn e la metà di questa gente hanno già in tasca la sentenza, perché tutte le prove sono contro di Hevelry e lui certo non collabora, quindi ha già il cappio intorno al collo!

-No… non c’è l’impiccagione. La pena è la decapitazione.- mentre lo dico mi scuote un brivido.

-E allora, se permetti, questa indagine sarà meglio condurla in maniera un po’ più professionale di così.

-Quindi, secondo te, non sono all’altezza!

-No. Non sei all’altezza.- nella sua pausa vorrei sferrargli un pugno ma, se fossimo a Canlandia, lui è commissario e io solo sergente. In questo momento è con quello sguardo duro che ricompone le gerarchie.

-Ti prego, aiutami.- ricacciando in gola un pianto

-È quello che sto facendo. Accompagnami dal Podestà.

Anche il Podestà è sveglio. È già stato messo al corrente dell’accaduto dai senatori vicini a Lynn. Ci accoglie nel suo appartamento e ci ascolta accondiscendente. Gli spiego che, secondo le regole di Canlandia, un poliziotto coinvolto personalmente non potrebbe svolgere le indagini:

-La mia esperienza come investigatrice è a Canlandia, Eccelso. Il commissario Carty è qui in vacanza, ma si è offerto di aiutarmi.

-Eccelso Podestà.- Samuel s’inchina –Per evitare eventuali tentativi di depistaggio, sarebbe molto più facile se potessi avvalermi di tecnologie canilandesi e avrei bisogno del vostro permesso per contattare la mia squadra investigativa.- le candide sopracciglia del Podestà si inarcano, mentre la fronte si riempie di rughe profonde:

-Quello che mi chiedete è arduo. Nel preciso momento in cui la credibilità del Comandante Mecson è messa alla prova, affidare il controllo a una forza straniera sarebbe uno smacco assai grave. La maggior parte del Consiglio, infatti, non vede di buon occhio né i cani né tecnologie che le volpi non sono in grado di comprendere e accuserebbe il comandante di avvalersi di sotterfugi per imbrogliare ciò che è già evidente.- le parole del vecchio sono inconfutabili. Carty tuttavia lo implora:

-Ma, Eccelso… nella condizione attuale, le probabilità che le prove siano state create ad arte sono alte mentre, pure con l’ausilio della squadra scientifica, quelle di constatare la verità sono molto esigue…

-Carty. Vincent, se non ricordo male.- sto per correggerlo, ma noto che Samuel non fa una piega e abbassa il capo -Gran brava persona. Di larghe vedute! Allora ero solo un senatore e passavo molto tempo a discorrere con lui. Tu non eri che un ragazzino!- ora ho capito, sta parlando del padre di Samuel! –Mi dispiacque per come fu trattato. Razzismo e integralismo sono sempre legati alla paura, alla superstizione e all’ignoranza. Qui, come senz’altro ovunque nel mondo, ce n’è tanta. A costo di rischiare la destituzione, non posso permettere che un giovane innocente patisca ingiustamente. Sheroly, quanto sei disposta a sacrificare in questa missione?

-Quanto?- domando incredula –Tutto, Eccelso! Anche la vita.

-Allora… vi concedo di invocare l’aiuto della polizia canilandese, ma dovete operare in tempi brevi, in modo da non spazientire il Consiglio, che non offrirà molto margine.

Non sono mai stata così grata al Podestà. Salutiamo e ci mettiamo subito al lavoro. Il sole sta per sorgere e Carty prende la macchina per raggiungere il confine e chiamare Tresfeir, nel frattempo io dovrò tenere a bada tutti quelli che vogliono l’esecuzione subito.


 

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Capitolo 7
*** Sette ***



 

7.

Mi sembra di essere in una gabbia di matti. Ho dovuto lasciare un soldato di guardia sul luogo del delitto perché ho beccato una vecchia che voleva lavar via il sangue con un secchio d’acqua. Si è inalberata quando gliel’ho impedito, perché non è decoroso che le strade siano conciate a quel modo: ma che pensi al pavimento di casa sua! Non mi stupirei se fosse pieno di guano di gallina.

Helsa è stato portato davanti al Consiglio. Gli ho ingiunto di non dire una parola, almeno su questo non ho dubbi che mi ascolti. Lynn è più cattivo che mai e le sue arringhe servono per aizzare contro di me tutta Volpilandia. Forse è vero. La colpa di questa tragedia è proprio la mia. Continuo a pensare a Helsa in catene. Non credo possibile che abbia veramente ucciso quel Bredson, ma mi risuonano sempre nelle orecchie le parole di mio fratello Jack. È vero che Helsa ha puntato il coltello alla gola di Samuel? Questa azione mi sconvolge più di ogni altra. E se fossero riusciti a far infuriare così tanto Helsa, da fargli realmente commettere un omicidio?

Lyla è impegnata con Aurora e le ragazze della sartoria, così non mi devo preoccupare di lei. A quanto pare le hanno dovuto presentare anche il calzolaio, perché non riusciva a pensare a scarpe adatte da indossare con gli abiti nuovi. A detta di Aur, il signor Dynn è quasi svenuto quando gli ha ordinato un tacco da sedici centimetri, con la forma della zampa di un animale mitologico. È uno in gamba, sono certa che uscirà un capolavoro. Quanto a Lyla, temo che sia malata!

Verso l’ora di pranzo, ecco di ritorno Samuel. Ha parlato con Tresfeir, che ci raggiungerà insieme a Sandra, Kate, due della scientifica e un medico legale:

-È su base volontaria.- chiosa –Non ho trovato altri disponibili.- prende una sigaretta dal pacchetto e se la mette in bocca.

-Cos’è successo ieri sera?- gli domando sotto voce

-Penso che l’abbiano visto tutti! Ormai dovresti saperlo.

-Intendo dopo, fuori dall’osteria, quando lo hai trascinato via.- Samuel non mi guarda, le sopracciglia aggrottate, la sigaretta stretta tra i denti. Non ha intenzione di rispondere. –Ma tu cosa pensi?- lo incalzo, quasi piangendo –Credi che sia stato lui a uccidere Bredson? Ma perché succede tutto questo? Perché?

-Smettila Sheroly. Non è il momento né il luogo. Non capisci che questo teatrino non è che una trappola per te? Non vogliono una femmina capo della Guardia. Non vogliono che una femmina si intrometta a denunciare leggi sessiste e ingiuste. Perché è questo che tu stai facendo, anche se in maniera del tutto impulsiva e scoordinata.

-Non ho mai sopportato la politica… e ora, mentre occupo un posto politico…

- No, Sheroly. Il tuo non è un ruolo politico. I senatori sono politici, ma tu occupi un ruolo istituzionale. Come il Podestà, tu rappresenti lo Stato, nella sua più alta accezione! Una volta hai assimilato il tuo ruolo al mio ed è proprio così: noi rappresentiamo la Legge. Dobbiamo essere cristallini, irreprensibili, inattaccabili. Purtroppo il tuo punto debole i tuoi nemici l’hanno colto eccome: quell’invasato dal coltello facile, che si atteggia da adolescente inquieto! Ed è lì che hanno puntato e, oserei dire, fatto centro.

Resto stranita dalle sue parole e ci metto un attimo per mettere a fuoco quello che ha appena detto placidamente. Il pugno che gli avrei sferrato volentieri stamattina mi torna a prudere:

-È del mio compagno che stai parlando.- ringhio

-Purtroppo. E la sua immaturità può costare cara a te e a lui. Forse se tu smettessi di fargli da mamma… magari sarebbe costretto a crescere. – questa conversazione non fa per me. Lo mollo con la sua sigaretta e raggiungo correndo il cortile del Palazzo.

Richard sta abbeverando Frushard, che mi accoglie con un alto nitrito. Inghiotto velocemente le lacrime, perché non voglio che un mio subalterno mi veda in questo stato. Spero che si limiti a un saluto e se ne vada, ma al contrario mi viene incontro:

-Comandante, è importante che tu sappia una cosa.- almeno a Volpilandia c’è qualcuno a cui piace rendermi partecipe di ciò che succede –Non appena il Podestà ha informato il Consiglio dell’arrivo dei cani per supportarti in queste indagini, Millson ha storto il naso. Ha preso a dare ordini e, tra le guardie, sono in molti quelli che lo seguono. Si vocifera che abbia addirittura chiesto al senatore Lynn di ottenere l’esecuzione di Hevelry per domattina all’alba.

Millson. Soldato esperto. Fa parte della Guardia da quando aveva quattordici anni e ora ne deve avere una quarantina. L’allievo migliore del maestro d’arme Lothson. Se il Podestà non avesse strabiliato tutti offrendo il posto di primo cavaliere a me, Millson sarebbe sicuramente stato acclamato Comandante con un plebiscito. E ora è costretto a sottostare agli ordini di una femmina che ha la metà dei suoi anni e un’esperienza quasi nulla. A Canlandia sarei sergente. Forse il Podestà mi ha sopravalutata, in un impeto emotivo. Se il comandante fosse stato Millson, tutto questo non sarebbe mai successo. Di sicuro non sarebbe mai successo, se veramente, come dice Carty, è una trappola ai miei danni. E a farne le spese sarà Helsa.

A metà del pomeriggio sentiamo un frastuono sopra le nostre teste. Un’entrata degna del tenente Tresfeir: la polizia di Canlandia arriva in elicottero. Atterrano appena fuori dal paese. Carty corre ad accoglierli. Io arrivo con una rappresentanza della Guardia, almeno i pochi soldati sulla cui fedeltà posso contare. Avverto anche il dottore, perché segua con attenzione il medico legale, sperando che tra uomini di scienza si comprendano.

Kate e Sandra mi si gettano al collo:

-Tranquilla, Sheroly. Ci siamo qui noi!

Maky Jo scende dall’elicottero e si leva gli occhiali da sole a specchio, guardandosi intorno con aria truce. Ma non sono gli occhiali a specchio a far inorridire né la camicia a righine azzurre con un vistoso spacco a livello dei bicipiti, per esagerare l’effetto muscolo, bensì una cravatta rosa confetto, che nella parte più larga ha ricamata una ballerina con un angosciante effetto tridimensionale che dà l’illusione che piroetti:

-Chi gli spaccia le cravatte?- chiedo a Sandra –Vi prego arrestatelo!- e scoppiamo in una risata.

Senza perdere tempo, Carty organizza la squadra. La Scientifica nel vicolo, per salvare il salvabile, i medici appresso all’autopsia, nelle cantine del Palazzo. Il dottor Brimstock si rifiuta di lavorare con le torce e scarica dall’elicottero la sua attrezzatura che comprende una scialitica collegata a un gruppo elettrogeno. Il dottor Qynn lo scruta con aria di sufficienza, senza nascondere comunque un certo interesse.

-La scena del crimine è uno sfacelo.- sospira Daniela, della scientifica –L’unica cosa che posso dire è che, man mano il sangue si coagulava, maggiore era la probabilità di lasciarvi delle tracce… Se ce ne fossero dell’assassino, sarebbero state distrutte da tutte quelle venute dopo. Scusa, Sheroly, ma qui sembra che c’abbia camminato tutto il villaggio!- probabilmente è così. Simon, che ha esaminato il coltello di Helsa, non è più fortunato:

-Forse l’assassino è l’unico ad aver usato i guanti. Anche qui è più facile scoprire chi non l’ha toccato. Certo che state veramente nel medioevo. Io credevo che almeno un bar ci fosse!

-Se sei in astinenza da caffeina devi chiedere a Carty. Io ti posso fare solo un’infusione di cereali tostati.- quello mi risponde con una smorfia e scuote la testa. Cerco Samuel, ma non lo vedo. Da quando abbiamo discusso non gli ho più rivolto la parola. Noto Tresfeir che chiacchiera con Rosy, la cameriera dell’osteria e m’incammino nella loro direzione. Dato lo sguardo civettuolo della servetta, non credo che la stia interrogando:

-Tutto bene, Maky Jo?- la Rosy non gradisce la mia intromissione. Non ci siamo mai sopportate. Io so di essere gelosa del fatto che lei è l’unica femmina a poter entrare all’osteria e sono costretta a considerarla male. Con un’occhiata le ingiungo di levare il suo culone da lavandaia e di tornarsene dietro al bancone. Senza bisogno di parole mi capisce: se ne va con un’occhiata altrettanto velenosa in grado di sbeffeggiarmi più di un insulto. Tresfeir rimane completamente estraneo alla silenziosa conversazione e mi rivela di avere interessanti sviluppi:

-La stavo interrogando. Le ho detto che stiamo stringendo il campo intorno all’assassino. Le ho detto anche che sappiamo già dove si nasconde e…

-Oltre ad averle detto delle palesi fesserie, le hai anche chiesto qualcosa?

-Sì, ma certo, Shirley. Conosco tante tecniche di investigazione. Le ho chiesto come si chiama! Le ho chiesto anche il numero di telefono, ma non sa cos’è.

-Maky Jo, sei grande!- abbozzo un sorriso, mentre lui gongola soddisfatto.

Accompagno Daniela e Simon da Helsa, perché possano esaminargli i vestiti. Lui ha già sentito che il Consiglio vuole eseguire la condanna domattina e il suo umore è nero. Ringhia ai cani e solo dopo avergli parlato da sola per una buona mezz’ora, lo convinco a sottoporsi ai loro test:

-Ti destituiranno.- dice senza guardarmi, mentre Daniela sparge del Luminol sui suoi stivali

-Non mi importa.

-Sembra che il Consiglio voglia destituire anche il Podestà.

-Dimmi che cos’è successo, ti prego.- alla luce nera, le suole degli stivali di Helsa prendono a brillare. Lui non sa che cosa significa, ma forse lo intuisce, perché sospira:

-Poco dopo mezzanotte ho sentito i colpi di sassolini all’abbaino e mi sono alzato. Era Bredson. Mi ha invitato a scendere, perché la discussione di poco prima non era ancora finita. Tu dormivi e, attento a non fare rumore, sono sceso dalla finestra, passando sui tetti. Quando sono arrivato al vicolo, Bredson ha estratto il pugnale e lo stesso ho fatto io. Se il cane non si fosse messo in mezzo, all’osteria, avremmo chiarito tutto e non ci sarebbero state sequele.

-Lascia perdere i commenti. Continua.- faccio seccata

-Ma Bredson non era solo. Qualcuno mi ha aggredito alle spalle. Non ho perso i sensi… ho sentito qualcosa, una baruffa, delle urla… ma quando mi sono rialzato Bredson era accasciato a terra, in fondo al vicolo. Ho cercato di rialzarlo, ma sono solo riuscito a girarlo supino. Allora ho visto che aveva un coltello piantato nel petto e ho visto che quel coltello era il mio. Solo allora mi sono accorto del sangue. C’era sangue dappertutto. Mi ero sporcato gli stivali, le mani. Mi sono pulito sul muro, sugli abiti di Bredson, alla meno peggio, e sono scappato. Mentre uscivo dal vicolo ho sentito che qualcuno si affacciava a una finestra. È facile riconoscere i miei capelli. Sono corso sul pontile per cercare di lavarmi.

-Perché non sei corso da me?- mi guarda con occhi colore della nebbia

-Mi sono vergognato. Ho capito cosa intendeva il cane…

-Perché? Cosa vi siete detti tu e Samuel?- immagino che non mi risponderà mai

-Roba da maschi.


 

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Capitolo 8
*** Otto ***


8.


 

È ormai buio, quando corro dal Podestà e mi trascino dietro anche il dottor Brimstock e il dottor Qynn. Io sono un po’ trafelata e lascio che siano loro a spiegare cosa hanno trovato. Brimstock usa una terminologia un po’ troppo specifica, ma Qynn traduce immediatamente perché sia ben comprensibile ciò che hanno da dire:

-L’assassino ha colpito al torace Bredson per due volte. Estraendo il coltello ha provocato la fuoriuscita di sangue, che sicuramente lo avrà investito. Sugli abiti di Cryson ce n’è solo qualche traccia, principalmente nell’orlo delle maniche e nella suola degli stivali e ciò collima con la sua versione dei fatti. Inoltre sotto le unghie della vittima abbiamo trovato frammenti di pelo e pelle, che dovevano corrispondere a graffi sul corpo dell’assassino. Graffi che Cryson non ha. Ha invece una contusione alla base del collo, probabilmente provocata dall’elsa di una spada, giacché quella di un pugnale sarebbe stata troppo leggera, colpo che, inferto alle spalle, avrebbe verosimilmente tramortito Cryson, consentendo al vero assassino di sottrargli il pugnale e commettere il delitto.

Il Podestà si frega e mani soddisfatto:

-Questo per me è sufficiente per annullare l’esecuzione. A mano a mano che le indagini proseguiranno, riuscirete senz’altro a trovare il vero assassino.

Scendo le scale per dare la buona notizia a Helsa, quando incontro di nuovo l’odiosa Rosy che circuisce Tresfeir. È chiaro che vuole scucirgli altre informazioni e lui è troppo debole per resisterle. Mi avvento sui due. Sono esausta e ormai è solo l’adrenalina a tenermi in piedi:

-Non dovreste essere al lavoro, a quest’ora?

-Proprio voi cercavo, comandante.- mi risponde viscida –Dovrei fare una dichiarazione.

-Ma brava. Seguitemi.- Maky Jo non ha ancora afferrato il ‘voi’ che si usa a Volpilandia e fa l’atto di accompagnarci, così lo fulmino con lo sguardo. Non aspetto di raggiungere il mio ufficio, ma faccio accomodare la cameriera nella prima stanzetta libera, farà prima a uscire quando avrà terminato:

-Hevelry è innocente.- ma che bella scoperta! –Non è stato lui a uccidere Bredson: in quel momento era con me.- cerco nel muro un gancio qualsiasi cui appenderla, ma sono tutti occupati dalle torce. Lei non perde tempo e incalza –Sono pronta a giurarlo di fronte al Podestà, non potete fermarmi.

-Oh, ma certo che posso. Qui e ora!- afferro il pomo della spada, non so neanch’io perché

-Io non voglio che Hevelry venga giustiziato! Sono pronta a tutto.

-Accidenti! Non verrà giustiziato, sempre che tu non combini qualche fesseria.

-Non mi fido di voi, Sheroly: siete troppo occupata a salvare la faccia. Siete disposta perfino a sacrificare Hevelry, pur di evitare che si sappia che siete cornuta?- le mollo un manrovescio che la scaraventa dall’altro lato della stanza. La voce che mi esce non pare neanche la mia:

-Stupida! A Helsa non serve una menzogna a coprire un’altra menzogna. È la verità che sto cercando e sono a un passo così. Provati a dire qualcosa, qualsiasi cosa, che possa nuocere a Helsa e ti giuro che sul patibolo ci finirai tu, finanche dovessi essere io a calare l’ascia.- Proprio in quel momento, la campana del Palazzo suona di nuovo.

È Millson a inchinarsi al Podestà, dopo appena qualche istante, per esporre l’accaduto:

-Eccelso.- prima di parlare mi lancia un’occhiata bieca –Il prigioniero è riuscito a eludere la sorveglianza disposta dal Comandante Mecson ed è fuggito.- la sua frase è allusiva. Io sono certa che Rosy sia coinvolta. Espongo a Kate i miei sospetti e le chiedo di starle appresso.

Immediatamente veniamo convocati dal Consiglio. Ciascuno deve spiegare le sue ragioni. Lynn è furioso e attacca a urlare ancora prima di ascoltare il referto del dottor Brimstock. Asserisce che sono tutte delle macchinazioni per mandare un po’ di fumo negli occhi di onesti cittadini, che hanno già capito quanto il comandante Mecson sia incapace di fronte al dilagare degli eventi. Non osa inveire apertamente contro il Podestà, ma allude alle ‘protezioni’ di cui godrei io, per agire indisturbata alla stregua di un cane:

-E questa invasione di cani blasonati, che ribaltano la realtà con i loro lumi senza fuoco e qualche pozione magica, non è che l’avverarsi delle mie più nefaste previsioni. Mentre supposti onniscienti tentano di convincerci che Cryson è innocente, questi viene lasciato a se stesso perché possa fuggire, nella malaugurata ipotesi che vi sia ancora qualcuno con un sano senso di diffidenza, che voti a favore dell’esecuzione dell’assassino. Consiglio! A voi mi rivolgo. Chi, chi avrebbe interesse a uccidere un cittadino volpilandese, per far ricadere la colpa su un pescatore analfabeta?- chissà perché io un’idea ce l’avrei –Quale macchinazione, quale arzigogolo! Un piano degno della mente dei cani! E, Consiglio, chi ha vissuto per ben otto anni in terra canilandese? Chi ha studiato in scuole canilandesi? Chi ha imparato a pensare come un cane e, giorno dopo giorno, cerca di imporci il modo di vivere dei cani?- la platea è tutta un mormorio. Sto per alzarmi e affrontare il senatore, quando mi pare di sentire la voce di Carty infondo al mio cervello che mi invita a trattenermi. Infatti è il Podestà a parlare, con molta più autorevolezza di quanto non avrei potuto fare io:

-Senatore Lynn. Consiglio. Vi prego di considerare che il Comandante Mecson ha finora svolto il compito affidatole con grande serietà e onestà. Così come un solo nome può essere associato alla vita a Canlandia, ma questo non per tradimento, bensì per spirito di grande sacrificio a favore della propria gente - fu infatti a seguito di una missione affidatale dalla vecchia Ana, missione peraltro brillantemente compiuta - altresì sono tanti, in questa sala, i nomi di coloro che quotidianamente si impegnano a denigrarla e ostacolarne l’operato. Cotesto comportamento, così come le parole intrise di xenofobia pronunciate poc’anzi in questa sala, è forse indice di civiltà? È forse indice di intelligenza e lungimiranza? Come può un popolo misurarsi con un altro a suon di superiorità intellettiva, se non accetta neppure di conoscerne la cultura? Ciechi coloro che si limiteranno a guardare coi propri occhi, senza tentare di vedere anche con occhi altrui!

La seduta termina oltre la mezzanotte. Richard mi informa che Millson ha fatto cercare Helsa ovunque e l’unica cosa che hanno scoperto è che la Caterina non è in porto. Carty ha assicurato che all’alba lo andranno a cercare con l’elicottero. Effettivamente non c’è molto vento e non può aver fatto tanta strada. Inoltre, io so che è diretto sicuramente all’isola degli unicorni, il guaio è che non so come raggiungerla né ho molte indicazioni da dare in merito.

Senza mangiare da oltre ventiquattro ore, mi dirigo verso casa e trovo Samuel in mezzo alla piazza, che parla con Aurora e col signor Dynn. Avrei voglia di tirare dritto, ma mi fermo e m’impiccio solo perché non vedo la macchina rossa:

-…e il guaio è che… ci ho messo veramente molto tempo, oltre che utilizzare una grande quantità di materiale. Sapete, i dischetti di cuoio attaccati gli uni sugli altri per dare la forma a quei tacchi di… sedici centimetri!

Quello che riesco a evincere dalla discussione è che la bella Lyla, ormai appagata dal suo shopping, ma stufa di non essere più al centro dell’attenzione, si è involata con la macchina di Carty e la mercanzia che non ha pagato. Con tutta l’arroganza di cui sono capace, entro nel discorso:

-Signor Dynn. È sufficiente, a mo’ di pagamento, la fornitura di un sacco di cavoli, tre galline e quattro salsicce?- mi fa capire che piuttosto che le galline, preferirebbe un maiale intero. Accetto, pur sapendo che mia madre andrà in bestia –Aur, noi ci mettiamo d’accordo non appena questa storia sarà finita.- siamo amiche e con me non ci ha mai rimesso, quindi annuisce e si stringe nelle spalle. Incrocio Samuel senza guardarlo, ma sento un’insopprimibile volontà di rivincita –Eh già. Cos’è il mio compagno? Un adolescente dal coltello facile? Complimenti a te, invece, per la… sanguisuga! Quanti epiteti che mi vengono in mente! Ma eviterò: ci sono dei cuccioli…

Per niente entusiasta della mia cattiveria, mi ritiro a piangere sulla spalla di Frushard.


 

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Capitolo 9
*** Nove ***



 

9.


 

Alle prime luci dell’alba Millson organizza una vera e propria battuta di caccia. Offre ai pescatori una ricompensa se troveranno la Caterina, in modo da non impegnare soldati su quel fronte e sguinzaglia la Guardia attraverso le campagne. Vorrei oppormi, ma sento che con l’elicottero ci sono molte più probabilità e seguo i cani. Kate mi riferisce che Rosy è tornata a casa e con lei non c’è nessuno. Nessun movimento sospetto. Nessun indizio. Niente di niente.

Mentre il pilota aziona il velivolo, Tresfeir e Sandra mi ragguagliano sulla situazione delle prigioni:

-La versione fornita dalla sentinella è debole.- commenta il sergente, anche perché dubito sia un’intuizione del tenente -È quasi impossibile che si sia liberato da solo, qualcuno deve avergli almeno tolto le catene ai polsi e le serrature sono integre.

-La versione che gira tra le guardie è che sia stata tu a farlo fuggire.- aggiunge Tresfeir –O che tu abbia ordinato a un tuo sottoposto di farlo.- tutto questo non ha senso. Chi ha agito ancora non sapeva che il Podestà voleva annullare l’esecuzione. Una guardia che volesse aiutarlo e aiutarmi? In questo senso mi viene in mente solo Richard.

Spiego al pilota quale potrebbe essere la direzione per l’isola, usando una cartina. La raggiungiamo, la sorvoliamo, ma non c’è traccia né della barca né di Helsa. Allora ci mettiamo a perlustrare una zona più lontana, tenendo conto delle correnti, finché non scorgiamo la sagoma di una barca, molto più a sud di quanto non avessimo pensato. Ci avviciniamo. La turbolenza prodotta dai rotori fa impazzire le vele. A bordo non c’è nessuno:

-È una barca alla deriva.- sentenzia Carty dal fondo della cabina, togliendosi la sigaretta di bocca. Ancora non ci siamo parlati. Io non so portare da sola una barca a vela e temo che lui sia l’unico a poterlo fare. Prima che io m’azzardi a proferir parola, lui si alza e si toglie la camicia –Se ci avviciniamo più di così, rischieremo di ribaltarla. Ci toccherà fare un tuffo!- si toglie anche le scarpe e si aggrappa al montante dell’elicottero, per raggiungere il pattino coi piedi. Il pilota si abbassa il più possibile. Mi tolgo gli stivali, appoggio la cintura e la spada e mi tuffo direttamente.

Il mare è calmo. C’è poco vento, a parte quello prodotto dalle pale dell’elicottero. Per tornare in porto ci metteremo un sacco di tempo, ma forse neanche Carty ha tanta voglia di passare qualche ora da solo in barca con me perché, non appena è a bordo, ammaina le vele e si fa lanciare un cavo per agganciare la Caterina all’elicottero. Quindi si siede sul fondo e tiene la barra del timone. Cerca un pacchetto di sigarette nella tasca dei pantaloncini, ma fa una smorfia quando si rende conto che è pieno d’acqua. Non è la velocità cui non sono abituata né il beccheggio innaturale della barca: il mio stomaco è stretto in una morsa e trattengo a stento degli sforzi di vomito:

-Scusami.- dico in un soffio, appoggiandomi alla murata

-E di che?- grida Samuel, sovrastando lo sciabordio e il frastuono del rotore. Siccome non mi va assolutamente di urlare, mi vado a sedere vicino a lui, dall’altra parte della barra

-Non credevo… Credevo di essere all’altezza… invece ho fatto una fesseria dietro l’altra… sono letteralmente uscita di testa.- lui sorride indulgente

-E perché credi che a Canlandia il regolamento impedisca a un poliziotto coinvolto emotivamente di occuparsi del caso? È uno stress fortissimo, cui difficilmente si può resistere.

-Ho maltrattato tutti… ho maltrattato anche te. Non pensavo davvero quello che ho detto.- sorride e mi passa un braccio dietro la schiena, stringendomi alla sua spalla ossuta

-Tranquilla, capita a tutti. Io invece penso sempre quello che dico, a costo di farci la figura del bastardo.- faccio il gesto di dargli un pugno, ringhiando per intender che sono ancora un po’ arrabbiata, poi l’occhio mi cade sulla cicatrice che gli attraversa il torace, dove il pelo è ricresciuto più rossiccio, e sospiro:

-Sono preoccupata per Helsa. Lo conosco troppo bene. Se fosse scappato, sarebbe sicuramente andato sulla sua isola.

-E infatti non è scappato. Ma è quello che hanno voluto farci credere.- mi divincolo dal suo abbraccio e mi metto di fronte a lui, per guardarlo negli occhi:

-Cosa credi sia successo, allora? Io prima pensavo che potesse essere stata Rosy, in qualche modo, per farsi notare da Helsa, poi ho ritenuto più probabile che fosse stato Richard, che ancora non sapeva…

-Ipotesi più probabile: Lynn si vede scoperto. Il suo piano perfetto comincia a fare acqua da tutte le parti, così contatta il suo complice…

-Complice?

-E certo! Non avrai mica pensato che il senatore se ne vada in giro ad accoltellare la gente nei vicoli. Il suo complice è un soldato. Qualcuno che può controllare le tue mosse, magari anche suggerirle, e nel contempo manovrare Millson, per fargli raggiungere la preda.- mi si gela il sangue. Richard? Se è così, dobbiamo muoverci in fretta, perché Millson non deve trovare Helsa prima di noi.

Una volta in porto, mi precipito a prendere Frushard, per raggiungere i soldati. Kate mi dà una rice trasmittente: in elicottero è più facile che scorgano qualcosa e devono essere in grado di avvisarmi. Ad andatura sostenuta per le campagne mi faccio indirizzare dai contadini, che mi indicano la strada presa da Millson. A un tratto Kate mi chiama:

-Dove sei? Siamo al confine.

-A mezz’ora di strada. Cosa sta succedendo?- rispondo trafelata

-Siamo costretti a intervenire, prima che qualcuno si faccia male!- e immagino bene chi possa essere quel ‘qualcuno’. Frushard sente la mia concitazione e allunga il galoppo, nonostante sia coperto di schiuma. “Tieni duro, amico mio!” penso, pregando gli Dei perché non gli scoppi il cuore. Forse avrei dovuto lasciarlo in scuderia e andare con l’elicottero, ma come potrei riconquistare la fiducia della Guardia se mi presentassi senza il mio destriero? Devastata da rimorsi e sensi di colpa, raggiungo la piana ai piedi delle montagne e la visione che mi si para davanti non è per niente rassicurante:

-Kate! Tresfeir! Sandra!- chiamo alla radio, ma nessuno risponde. Il fumo nero dell’elicottero abbattuto si sparge sinistro. E dire che sono stata io a spiegare alla Guardia come funzionano i macchinari dei cani e come poterli neutralizzare.

La Guardia incede trionfalmente, guidata da Millson. Non appena mi vede, Richard si stacca dai ranghi e mi corre incontro, qualcun altro, timidamente, lo segue:

-Comandante!- gli guardo gli stivali. Sono puliti. Come se fosse l’unico paio di calzature in suo possesso!

-Cos’è successo?- domando rabbiosamente

-Millson si è fatto prendere la mano. Mentre i cani tentavano di raggiungere Hevelry prima di noi, ha dato l’ordine di abbattere l’elicottero sparando sui motori con le balestre.

-E i cani?

-Tutti prigionieri, Comandante.- e infatti scorgo Carty, Tresfeir e Sandra legati dietro a due cavalli, sul fondo dello schieramento, il pilota e Kate sono poco distanti. Helsa invece viene trascinato direttamente da Millson. A giudicare dal suo stato, sembra che lo abbiano malmenato un bel po’, ma cammina. Almeno è vivo.

-Missione compiuta, Comandante.- ironico fino in fondo, Millson strattona la catena cui è legato il prigioniero e lo fa cadere. Non posso permettermi debolezze e affronto il mio subalterno a testa alta. Avvicinandomi, gli guardo gli stivali. Sono macchiati vistosamente, la polvere bianca appiccicata a gocciolature tondeggianti:

-Rilasciate i cani.- ordino ai soldati. La mia richiesta viene accolta con un brusio e allora la ripeto con più foga –Sono poliziotti. Sono nostri colleghi. Nel momento in cui avete abbattuto il loro mezzo, rappresentavano me.

-Se avete bisogno di farvi rappresentare dai cani…- Millson continua col sarcasmo. Metto Frushard di traverso di fronte al suo cavallo, gesto di sfida, come a sbarrargli il passaggio

-Con il vostro comportamento avete contravvenuto non soltanto a un mio ordine, ma a un ordine del Podestà.

-Sto tremando.

-Forse tremerete quando i vostri stivali saranno consegnati alla scientifica per il test del Luminol. Sapreste spiegare come li avete macchiati?- quello si mette a ridere e pone il suo cavallo di traverso davanti a Frushard, ripetendo il mio gesto:

-Questi stivali hanno suppergiù la vostra età, Comandante. Non mi sottoporrò a nessun esame dei cani. È fuori discussione. La Guardia di Volpilandia ha accettato fin troppe umiliazioni.

-Voi avete ucciso Bredson.- i suoi guanti, nonostante abbia cercato di lucidarli, hanno macchie simili. È lui il sicario di Lynn –Avete fatto in modo di far ricadere la colpa su Hevelry per attaccare la sottoscritta. Poi lo avete fatto fuggire, avete abbandonato la Caterina alla deriva per depistarci e poi siete venuto a riprendere il fuggitivo. Se non mi fossi avvalsa della tecnologia dei cani, il vostro piano sarebbe stato perfetto. Eliminato Hevelry, eliminata me, il comando sarebbe stato vostro, non è così?- Millson scoppia in una risata

-Il comando? Il comando è già mio.

-Avete contravvenuto alle leggi di Volpilandia. Soldato Millson, siete agli arresti!- Richard si mette con il cavallo di fianco a Frushard, altre guardie fanno fare qualche timido passo ai loro destrieri.

-Mecson. Voi non siete il mio comandante. Voi non siete il comandante della Guardia!- devo ammettere che la quasi totale defezione dei miei soldati mi lancia nel panico. Solo una dozzina di loro, capeggiati da Richard che così malamente avevo denigrato, si muove alle mie spalle. Il grosso dell’esercito resta agli ordini di Millson, che non smette di ridere compiaciuto:

-La Guardia di Volpilandia non prende ordini da una femmina!- e i soldati che mi seguono sono anche i più giovani e inesperti… -Quattordici contro trentasei…- ammicca –Questa sì che sarà una battaglia dagli esiti imprevedibili.- siamo a ore e ore di marcia dal paese. Siamo schierati in una pianura isolata. Ci stermineranno e non ci saranno testimoni. È questa la sua idea? È questa l’idea di Lynn? Non credo che abbiamo molte speranze, se veramente la Guardia avvalla la condotta di Millson. Allora rido io, beffarda, mentre gli sbatto il guanto destro sul muso:

-Allora è questo il fegato di Hoddan Millson? Affrontare una battaglia campale con questi numeri? Forse io ho l’età dei tuoi stivali, come gran parte dei soldati che mi sono rimasti fedeli, ma io ho il fegato di affrontarti in un duello, per difendere l’onore della Guardia e l’onore di Volpilandia che tu hai testé calpestato.- quello solleva un sopracciglio. La faccenda è allettante. Mi restituisce il guanto sogghignando:

-E va bene, Mecson. Facciamo alla vecchia maniera.- estrae la spada –Che sia un duello all’ultimo sangue.


 

 

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Capitolo 10
*** Dieci ***



 

10.


 

La vecchia maniera esige delle regole. Il campo del duello è delimitato dai soldati. Richard mi presta l’elmo e la corazza, perché non sono solita uscire in armatura. A quanto pare i cani sono stati liberati. Helsa invece no. Continua a essere in catene, ma Kate gli sta medicando le ferite. Questa faccenda dell’ultimo sangue non mi piace. Lancio un’occhiata a Helsa, che è terreo. Tresfeir anche. Forse si è accorto solo adesso di quello che sta per succedere e non riesce a capacitarsi. A Canlandia ci si spara nelle strade, ma un evento come questo è vietato dalla legge. Carty sembra che la sigaretta se la stia proprio mangiando, ma faccio a lui e a Sandra un piccolo cenno come a confermare che andrà tutto per il meglio. Forse lo faccio più per me stessa che per loro. Al segnale di un soldato, sguainiamo le spade e lanciamo i cavalli l’uno contro l’altro.

Il clangore delle lame riempie la pianura. Almeno riempie le mie orecchie. Lo sguardo fisso sulle spalle di Millson per prevenire le sue mosse. Gli stalloni, nervosi ed eccitati, si affrontano a morsi e rampate, rendendo il combattimento ancora più difficile coi loro movimenti repentini. Uno sgualembro mi colpisce uno spallaccio, che salta lontano mentre sposto velocemente la sua spada dalla mia figura. Devo cambiare angolazione. Sprono Frushard perché offra al nemico di nuovo il fianco destro. E di nuovo una lotta senza esclusione di colpi. Mentre penso a come concludere il più rapidamente possibile, lui ne approfitta e abbassa la spada dietro di me… per colpire la groppa del mio cavallo! Per parare il fendente mi sbilancio e vengo disarcionata.

Recupero in fretta la mia spada, mentre Millson scende platealmente dal suo destriero, con la faccia di quello deciso a massacrarmi. Senza cavalli, lui è più alto di me e mi diventa molto più difficile colpirlo. Ma colpirlo non sembra un problema, ora. Infatti mi investe con una sequenza di colpi inarrestabile, tale che non riesco a smettere di difendermi. Continuo a indietreggiare. Basta solo un errore, che quello mi ha in pugno. La mia lama d’argento arriva a sfiorare un paio di volte il suo cimiero nero e nient’altro. La sua violenza non si placa, anzi, aumenta insieme alla sua convinzione che io non abbia possibilità.

Morire non sarebbe il problema. Se uno solo di quei fendenti andasse a segno, sarei immediatamente spacciata, considerando il male che mi fanno le braccia mentre li paro. Ma cosa ne sarebbe di Helsa? Dei miei amici, che ho stupidamente coinvolto in questa storia che non appartiene loro? Che ne sarebbe del Podestà e di tutta Volpilandia? È per tutti costoro che sto combattendo, mentre il mio avversario è guidato dal più bieco egoismo. Il filo della sua spada mi apre la pelle appena sopra il guanto sinistro, è un taglio poco profondo e non sento neppure male, ma il sangue che comincia a colarmi rende il mio avversario ancora più cattivo. Inciampo e cado. La spada di Millson si conficca a due centimetri dal mio collo nel terreno, ma con un calcio lo spingo lontano. Non è riuscito a estrarre la spada. Ora posso attaccare! Rinfodero la mia lama e gli sferro un pugno sul naso. Sento le grida della Guardia e immagino che siano tutte per me. Trasformare un duello di spada in un incontro di pugilato non è da tutti. Appena immagino che allunghi la mano nello stivale destro per estrarre lo stiletto, lo precedo con un calcio. Ancora uno sgambetto e il mio fanatico contendente è a terra, incredulo. Gli monto in piedi sulla pancia, un piede a opprimergli in torace. Sguaino la spada sacra, che mai cadrà nelle sue vili mani, e gliela appoggio alla gola:

-Soldato Millson. Per quel che mi riguarda, siete sconfitto. Con questo, ho ottenuto soddisfazione.

Con l’elmo sotto il braccio, saluto formalmente tutto l’estemporaneo pubblico che applaude senza eccezione. Ripongo la spada nel fodero e mi avvio verso i miei amici. Proprio allora sento un grido all’unisono:

-Sheroly!- non faccio in tempo a voltarmi verso Millson, che qualcosa di pesante, molto pesante, mi colpisce alla base del collo.

In uno strano dormiveglia sento delle voci concitate. Forse sono addirittura delle urla. Qualcuno mi solleva:

-Helsa…- sussurro. Ma non è Helsa. La camicia bianca e l’odore di tabacco… so che è Samuel. Non posso fare altro che crogiolarmi, prima di piombare nel buio.


 

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Capitolo 11
*** Undici ***



 

11.


 

-Helsa!- grido, scattando a sedere sul letto. Devo essere in una stanza del Palazzo, perché i muri sono in pietra e il soffitto altissimo. Terry, seduta di fianco al letto, si sveglia di soprassalto e mi impone di restare sdraiata:

-Helsa sta bene, non preoccuparti. Ha solo un paio di costole rotte. Ora è a colloquio col Podestà.

Ci sono anche Kate e Sandra. Specialmente quest’ultima molto apprensiva:

-Santo Cielo, Sheroly! Non ti muovere: il dottor Brimstock ha detto che potresti avere una frattura alla base del cranio, sarebbe immediatamente necessaria una risonanza magnetica, e potrebbe partire un’emorragia cerebrale in qualsiasi momento!- Terry la guarda coi pugni sui fianchi:

-Invece il dottor Qynn ha detto che è solo una botta in testa e che tra qualche giorno starà meglio di prima. Guarda che Sheroly è una volpe: quelle cose che hai detto non le vengono mica!- ma il male lo sento io e ritengo che il giusto stia esattamente nel mezzo delle due prognosi.

-Sei stata fortunata.- continua Kate –Millson ha lanciato la spada, facendola roteare. Se avessi fatto un passo in avanti, anziché colpirti con l’elsa, ti avrebbe raggiunto la lama.

-Quello lo devo a voi!- sorrido –A proposito: Tresfeir ha gridato Sheroly o Shirley?

-Si accettano scommesse!- ridono loro. Sandra apre la porta e guarda da un lato all’altro del corridoio:

-Che strano.- si stringe nelle spalle –Il Professore è rimasto qui fino a un momento fa.

La campana del Palazzo suona un’altra volta. Tresfeir arriva di corsa:

-Cos’è successo ancora?- domando tentando di alzarmi appoggiandomi a Terry

-Millson si è suicidato. Ha chiesto dell’acqua a una sentinella e ha ingoiato qualcosa. Non c’è stato niente da fare.

-Ovviamente il Luminol era positivo.- mi ragguaglia Sandra, immaginando che avessi perso qualche pezzo.

-Non potremo mai ricollegarlo al suo mandante.- sospiro demoralizzata. Lynn potrà continuare a tramare indisturbato alle spalle del Podestà.

-Il suo mandante non è altro che una nostra deduzione…- aggiunge Carty sull’onda dei miei pensieri, poggiando una mano sulla spalla di Maky Jo –Comunque Coltello Facile è stato rilasciato.- sorride indolente –Immagino che sarà qui non appena il Podestà lo avrà congedato. Quindi, tutti quelli che non c’entrano fuori, alla svelta!- e li accompagna con un gesto della mano. Ci scambiamo un lungo sguardo, prima che mi faccia un cenno di saluto e chiuda la porta.

Helsa è un po’ sbattuto, ma sta bene. Ci abbracciamo a lungo, senza dire niente. Il nostro amore non conosce parole. Va al di là del tempo e dello spazio. Il silenzio è la nostra porta di comunicazione e lo è sempre stata. Un fluire ininterrotto di emozioni e sensazioni che non possono essere descritte:

-La Caterina è al sicuro.- gli sussurro dopo un po’. Lui annuisce continuando a stringermi tra le sue braccia:

-Ieri… se ti avessi persa… avrei perso la mia vita.

-Sarebbe stato lo stesso per me.- cedendo ai singhiozzi –E non credere mai a nessuno che possa insinuare che io ti avrei lasciato giustiziare…- l’ombra dell’infida Rosy mi scava nelle interiora, il suo sorrisetto malizioso tra i tavoli dell’osteria –Ho giurato al Podestà che sarei arrivata a rischiare la vita…

-E così hai fatto, Sheroly. L’hanno visto tutti.- eppure nel cuore mi resta la paura di non aver fatto tutto ciò che era in mio potere, di non aver condotto gli eventi nella maniera più giusta, ma, come dice Carty, non si può essere infallibili e le sconfitte saranno sempre più frequenti delle vittorie. Tutto si è risolto per il meglio e devo gioire non poco di questo.

Volpilandia è in festa.

La prima Festa di Mezzestate da che il nostro Paese è stato liberato. Tutte le volpi sono stipate nei vicoli del centro, attorno alla piazza, per assistere alla parata e seguire i campioni nella Giostra. Vessilli rossi, argento e oro sventolano a tutte le finestre della città, mentre la musica trionfale di trombe e tamburi risuona fino alle prime colline. Il Podestà presiede l’evento nel suo abito da cerimonia.

Io non parteciperò neanche questa volta. Frushard ha i muscoli pieni di acido lattico e io ho le vertigini, qualora mi muova troppo in fretta. Sarà per l’anno prossimo. Nel frattempo tengo per Richard, che corre con uno dei puledri più belli di Terry. Magari faccio in modo di regalarglielo. Se vince, ma anche se non vince! È veramente un bel sauro.

Tresfeir è entusiasta. Non ha mai visto tante ragazze vestite a festa tutte insieme e non sa con quale chiacchierare. Sarebbe un peccato spiegargli che sono tutte le fidanzate dei campioni che corrono, coi loro colori, nella Giostra. Kate e Sandra si sono fatte prestare degli abiti da Aurora, per calarsi ancora di più nell’atmosfera. Brimstock e Qynn discutono animatamente, aiutandosi con dei bastoncini disegnano cose invisibili sul selciato, correggendosele a vicenda.

-Grazie, Samuel.- gli dico sovrastando la musica delle trombe

-Questa volta, mi devi un elicottero!

-Grossomodo lo shopping di Lyla- ci mettiamo a ridere di gusto –E la macchina?

-Ma cosa credi? So dove abita!

-Davvero? Si può sapere dove l’hai pescata?- fa una faccia seria, ma si capisce che mi prende in giro

-Ma sì, dai, una di quelle agenzie di appuntamenti al buio… Sai di cosa sto parlando, vero?- non riesco a smettere di ridere, tanto che la testa mi fa un gran male

-Ti prego, Samuel, smettila… se ha ragione il dottor Brimstock, mi parte un’emorragia. Agenzia di che?!

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