I come to you in pieces so you can make me whole

di jinkoria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo pezzo ***
Capitolo 2: *** Secondo pezzo ***



Capitolo 1
*** Primo pezzo ***


sono un po' tanto arrugginita, o mi sento tale, scrivo con troppa incostanza e questa prima (e forse ultima, chi può saperlo) OS nasce letteralmente come un tentativo per esorcizzare l'ansia da esami, è pure piccinissima. non ho certezze di aggiornamento, non conosco la frequenza, è più una sorta di archivio di cose che se non pubblico finisco per far impolverare, il che magari sarebbe pure meglio ma tant'è.
la questione IC/OOC cerco di gestirla al meglio, però considero anche che qui sia katsuki che izuku hanno circa 22-23 anni, vivono insieme da almeno 3 e katsuki è, uhm, maturato? è più soft? sempre un po' stronzetto ma insomma, si cresce. non abbastanza da essere apertamente affettuosi col proprio fidanzatino, a quanto pare, ma meglio di niente.
grazie sempre a elisa per avermi dedicato del tempo e darmi il suo preziosissimo (e troppo buono) parere <3
se qualcuno passa: buona lettura <3


 

primo pezzo


Le ante della finestra sono appena accostate e la tapparella è abbassata a metà, così l’aria fresca del mattino s’intrufola piano e silenziosa nella stanza ancora in penombra, sfiorando di tanto in tanto i capelli di Izuku, addormentato; Katsuki li osserva ondeggiare, un po’ anche per colpa sua, delle dita che ha intrufolato e agita tra i ciuffi morbidi e vaporosi ma senza svegliarlo. Non delicato quanto dovrebbe, c’è la piccola tentazione di tirarli abbastanza da sollevargli la testa e mordergli il mento – perché la sera prima ha scoperto quanto invitante sia e, soprattutto, quanto Midoriya tremi in risposta quando lo fa. È però abbastanza magnanimo da notare il segno marcato sotto le palpebre inferiori di quel nerd stacanovista e lasciarlo stare ancora qualche ora, o quanto basti per dare tempo alle nuove cicatrici di sbiadire e confondersi con le altre, nascoste dalle lentiggini.

Probabilmente Izuku non si è accorto che ognuno dei morsi di Bakugou si sovrappone intenzionalmente a esse, il solco marcato dei denti che pare circondarle e isolarle da tutto il resto, è anzi più probabile quell’imbranato possa infastidirsene al suo risveglio ma non è nemmeno questo che conta: Katsuki continuerà a mordere ogni centimetro testimone dell’irresponsabilità di quel masochista senza speranza finché non avrà imparato a non lanciarsi a capofitto in missione. Quindi, in poche parole, finirà col divorarlo per il resto dei loro giorni.

«Sei proprio una testa di cazzo» borbotta a bassa voce, quasi un ringhio piuttosto che un’affermazione riottosa, irritato al pensiero di come si ostini a ignorare ogni esortazione di cautela; Midoriya corruga la fronte e mugugna qualcosa nel sonno, come se l’avesse sentito e cercasse di replicare, stropicciando maggiormente la faccia contro il cuscino.

Katsuki schiocca la lingua contro il palato, le falangi si arricciano dispettose sulla ciocca che copre la fronte dell’altro, tuttavia si limita a scostargliela per appoggiarvisi con la propria. Poi, in tono ancora infastidito ma ben più morbido, carico di un’accezione che è maturata dentro e con sé in tutti quegli anni, mormora: «Deku».

Il viso del ragazzo torna disteso e si strofina inconsapevole contro quel contatto, rilassato dal contrasto tra l’aria fresca esterna alle sue spalle e il calore confortevole del compagno al suo fianco, consapevole di averlo vicino pure a occhi chiusi.

Aspetta ancora qualche istante, un paio di volte punzecchia e tira la guancia di Midoriya, che di nuovo si infastidisce e stavolta biascica un «Kacchan» in un ben più distinto e comprensibile miscuglio di rimprovero e supplica; solo a quel punto suddetto Kacchan si ritiene soddisfatto, libera i capelli dalla propria presa e, lento, quasi il solo pensare di farlo lo appesantisca di colpo e non per il sonno, districa le gambe da quelle dell’altro senza urtarlo troppo. Dopotutto lo ha già tormentato abbastanza e il suo turno non è poi così lungo, quantomeno potrà tornare a disturbarlo per ora di cena.

È veloce nel sistemarsi, prepara qualcosa da mangiare e lascia un post-it sul frigo per segnalarlo a Izuku quando sarà sveglio – sa che la prima cosa che farà sarà controllare se gli abbia lasciato o meno la colazione, ci è voluto qualche mese di convivenza per trovare quell’equilibrio e non ritrovarsi con una porzione di troppo, che adesso invece ha l’automatismo di una routine dai colori tipici del familiare, l’incastro di un’abitudine che sa di casa. Questa come altre, tante, piccole scoperte della serendipità del quotidiano, di quella semplicità sottovalutata fin quando non si trova qualcuno a cui associarle, col quale condividerle e attribuir loro un senso intimo e personale.

Prima di uscire torna in camera e trova Izuku ancora nella stessa posizione; Katsuki riuscirebbe a intrufolarsi nuovamente sotto le coperte, avviluppati l’uno all’altro come qualche minuto prima, e potrebbe sembrare non si fosse mai alzato. L’imbecille, perlomeno, non se ne accorgerebbe.

Accertatosi del respiro regolare e lo stato ancora dormiente, passa leggero le dita sulla testa arruffata – un’altra abitudine che si è riscoperto ad avere ogni qual volta sia lui a svegliarsi prima di Midoriya, dunque piuttosto di rado. Forse per questo, a maggior ragione, è quasi inevitabile e quanto più vicino a un saluto ci sia in quei momenti: solo e unicamente suoi, celati alla consapevolezza di un Deku che altrimenti, lo sa per certo, lo farebbe sapere a tutti. Ancor meno, si dice chinandosi verso il ragazzo, dovrà mai, mai, venire a conoscenza di altre determinate e privatissime prassi.


La porta di casa si chiude con un rumore sordo qualche secondo più tardi e solo allora Midoriya si concede di aprire gli occhi, così come ormai succede da settimane, sebbene inizi a diventare davvero complicato trattenersi.

Le labbra tremano in una curva all’insù dall’aspetto terribile, perché Katsuki potrebbe aver scordato qualcosa e rientrare e sentirlo significherebbe giocarsi quell’esperienza che Izuku ormai sa verificarsi solo quando torna tardi e particolarmente stanco da lavoro. Ha imparato ad aspettarselo ma non a darlo per scontato, infatti il respiro è occupato a non lasciarsi ostacolare dal cuore fuggito in gola nonostante non sia la prima volta, mentre il viso è incredibilmente caldo, in particolar modo la fronte, sulla quale è rimasta impressa la sensazione di un tepore soffice.

Ben più profondo e indelebile di qualsiasi morso Bakugou possa avergli lasciato un po’ ovunque addosso.


 

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Capitolo 2
*** Secondo pezzo ***


bonsoir 🌹
dopo quasi due anni seguono solo 375 parole di una cosina nata nel 2019, ispirata a un'art di currynim_ (twitter) + il prompt “scars” della twinstarsweek di allora e che oggi, per sbloccare un minimo il senso di pubblicazione nel nuovo anno, riporto qui, che è rimasta una raccolta/archivio. è mini mini, un momento d'intimità come il primo pezzo ma un po' più vago e calduccio, ecco. pensata per essere velocissima, ho sempre amato le cicatrici e il loro potenziale in qualsiasi contesto.
non so chi leggerà, ma grazie del passaggio e buona lettura 
🤍


 

secondo pezzo


Guardarsi allo specchio è strano, certe volte. Niente evidenzia il passare degli anni come l’aumentare delle cicatrici sul suo corpo, Midoriya non saprebbe nemmeno distinguere la più vecchia dalla più recente, ormai abituato eppure al contempo ancora sorpreso da quei segni, piccoli o grandi che siano. Non che li rimpianga, ognuno di essi è un tassello fondamentale dell’insieme, ciò che è riuscito a guadagnare e diventare armato di forza d’animo e coraggio, persino nei momenti in cui l’unico appiglio concreto nel dolore era stato il pianto e la paura di morire più rumorosa della speranza di salvarsi.

Le labbra di Bakugou saggiano i contorni di quella determinazione ogni volta che fanno l’amore, quando Izuku mostra la schiena scossa dai singhiozzi, le lentiggini scure sparse sulle spalle come tante piccole gocce di pioggia; un’insolita premura agrodolce che sfuma in pelle d’oca anche al semplice pensarci.
 
«Come cazzo fai a distrarti in un momento simile?».

Midoriya sussulta per l’urlo improvviso, lo guarderebbe pure male se non gli venisse scomodo voltarsi a sufficienza. Piuttosto stringe meglio il cuscino tra le braccia, affondandovi un po’ di più il viso.

«Stavo pensando...» fa per dire e tuttavia viene subito interrotto, il respiro mozzato da un movimento più brusco dell’altro. Stavolta l’occhiataccia gliela regala per intero, salvo poi scorgere il principio di una cicatrice particolarmente vistosa tra la scapola e la base del collo. Dunque riprende dopo un attimo di esitazione, pressoché in un sussurro: «Non ti danno fastidio?».

Katsuki si ferma del tutto, sollevando un sopracciglio; Izuku non può vederlo come si deve ma sente a naso ogni briciola di biasimo in quello sguardo fisso sulla sua nuca, sulla quale poco dopo percepisce il respiro caldo del compagno, le labbra così vicine da saperle tese in un ghigno contro quel punto. Poi arriva la sensazione dei denti che pizzicano con pressione crescente la carne già arrossata da quel calore.

«Adesso, Deku che non sei altro» soffia sulla pelle congestionata mentre il cuore di Midoriya inizia a battere più forte, gli occhi liquidi di aspettativa e la bocca piano piano sollevata suo malgrado in un sorriso, emozionato e trascinato da quell’assurda dimostrazione «te ne faccio una io, così lo vedi» continua, riprendendo a muovere lentamente i fianchi «quanto mi danno fastidio».

 

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