Le belle e accurate Storie di Nanny Ashtoreth e Brother Francis, Demone e Angelo

di IneffablePlotters
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: La scelta/La sfida ***
Capitolo 2: *** Capitolo I: Il colloquio/Il depistaggio ***
Capitolo 3: *** Capitolo II: L'inganno /Lo strappo alla regola ***
Capitolo 4: *** Capitolo III: Il panico iniziale/ L’arredo strategico ***
Capitolo 5: *** I nuovi incontri / le vecchie conoscenze ***
Capitolo 6: *** La cena/Prospect of Whitby ***



Capitolo 1
*** Prologo: La scelta/La sfida ***



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Prologo: La Scelta/La Sfida


 


In una libreria del quartiere a luci rosse londinese, un angelo e un demone si erano appena stretti la mano.

Diventare padrini non sembrava affatto una cattiva idea, anzi, in un certo senso riscaldava il cuore di Aziraphale, come in effetti lo riscaldava ogni cosa che coinvolgesse la sua figura paterna.

Amava i bambini, amava vederli giocare e mostrare i loro sorrisetti, sentire i loro gridolini, il loro profumo appena nati…


“E quindi saremo Padrini!” riepilogò Aziraphale esaltato, battendo le mani compiaciuto.

“Questo è il piano, sì.” mugolò Crowley in risposta. “E giuro che ti strangolo se ti azzardi ad aggiungere ‘Ineffabile’!”

L’angelo era troppo su di giri per badare a quella minaccia, sempre che si potesse considerare davvero una minaccia.

“Ma come facciamo? Andiamo a casa Dowling, suoniamo e chiediamo se possiamo passare tutto il tempo con quel neonato fino a che non compirà undici anni?” azzardò l’angelo.

Forse non era ancora riuscito a rendersi totalmente sobrio.
Meno male che Crowley lo era.

“Oh sì, certo, facciamo come dici tu! Lo sai come andrebbe a finire? Che undici anni li passeremmo in galera!” si sbracciò innervosito. “Ti pare che una famiglia di quel rango faccia entrare in casa così, senza motivo, due perfetti sconosciuti? Che per di più sembrano dimostrare un interesse malsano verso il loro pargoletto?” tentò di farlo ragionare.
“In effetti sì, hai ragione, non credo che sarebbero così propensi…” borbottò il biondo, prima di venir solleticato da una nuova idea.
“E se ipnotizzassimo tutti gli abitanti della tenuta? Anzi, ancora meglio, potremmo renderci visibili soltanto al bambino!”
“E, appena comincia a parlare un po’ elaborato, farlo ricoverare in una clinica psichiatrica per via degli ‘amici immaginari’ che gli dicono di fare o non fare cose?” replicò, con tanto di gesto delle virgolette, piegando due volte gli indici e i medi, per dare ancora maggior enfasi al suo discorso. “No, angelo. Niente invisibilità e niente ipnosi. Dobbiamo riuscire a influenzarlo senza dare troppo nell’occhio e con metodi il più possibile umani.” lo istruì Crowley.
“Uh. Giusto, Capisco…” asserì l’angelo, ma al demone non sfuggì l’espressione perplessa che cercava di nascondere.
“Davvero?” lo sfidò sornione.

Aziraphale sbuffò, esasperato.
“E va bene, forse mi sfugge ancora qualcosa…” mugugnò.
“Entriamo nello staff dei Dowling, ci facciamo assumere. Semplice, no?” gli rischiarò ogni nube di incertezza il demone.
“Geniale davvero, mio caro.” gli sorrise il biondo. "Per questo io dovrei diventare il suo tutore" spiegava con argomentazioni molto convincenti il perché di quella sua scelta, presa all'improvviso senza aspettare il parere di Crowley. "Anzi…" ci rifletté per qualche secondo toccandosi il mento con le dita. "La sua tata! Ma certo, una figura femminile gli darà fiducia, è la scelta migliore!"


“Troppo tardi, quella la faccio già io!” lo fermò subito il rosso, senza nemmeno alzarsi dalla poltrona, dov’era stravaccato.

Si limitò ad estrarre da una tasca un annuncio che riguardava la ricerca di una tata presso quella abbiente famiglia.
“Ah, ma allora tu già lo sapevi, non è una tua trovata!” si indispettì il biondo.
“So solo cogliere le occasioni al volo, angelo. Ssssculacciami per questo!” sibilò il demone, provocandolo con fare sexy.

Aziraphale arrossì violentemente, ma tornò subito all’argomento precedente.

"Beh te l'ho detto, io amo i bambini a differenza...di qualcun altro" lo squadrò come si fa con un dolce ormai troppo vecchio per essere mangiato. " Inoltre io sono molto più attento e responsabile, conosco moltissimi giochi da insegnargli e le buone maniere non le può certo apprendere da te!"


"Angelo" incrociò le gambe l’altro "ti ricordo che l'anticristo è sotto la MIA responsabilità! Va sa sé che dovrei essere io quello più vicino a lui, tu dovresti solo contrastarmi da lontano, e come sai non dovrebbe imparare le buone maniere, mi sssembra ovvio!" Disse sibilando, come di solito faceva quando era nervoso o agitato. "Inoltre diciamocelo...come tata sarei molto meglio io!"

"E cosa vorresti insinuare con questo?"

"Oh ma andiamo...non offenderti angelo, ma non ne avresti proprio la stoffa né l'aspetto"

L'angelo si offese nonostante l'avvertimento.

"Io non ne avrei l'aspetto?" Si alzò in piedi "Ho l'aspetto di un gentleman, me lo dicono praticamente tutti, e so per certo che avrei l'aspetto di un'adorabile-"


 

"Ahahah! Ecco, adorabile è la parola giusta" lo interruppe. "No, al giovanotto serve una figura forte, decisa e dedita all'insegnamento della crudeltà e della malvagità! Non posso lasciare che un gelato alla vaniglia con le ali gli ronzi intorno influenzandolo in malo modo...anzi, peggio, in benevolo modo... insomma, mi hai capito!"

"Gelato alla vaniglia con le ali? Sei crudele!" Gli disse un po' contrariato.

"È solo la verità. Saresti ridicolo"

"Tu hai già l'aspetto di una strega, ti cacceranno fuori dopo due secondi! E se i genitori decidono di dargli una formazione cristiana? Gli insegnerai tu le preghiere?"


"Molto spiritoso" si levò gli occhiali. "Ma non è una giustificazione, non succederà, la tata la farò io"


"Oh, sul mio cadavere demone" gli intimò.


"Ci metterei davvero poco a spedirti di nuovo al creatore, ma sai benissimo anche tu che non è la scelta migliore" alzò le spalle.

Ma Aziraphale non si voleva fare per vinto.


"Oh ma andiamo, tu lo spaventeresti!" Insistette.


"Cosa? Io? Oh andiamo non sono certo al livello di Hastur, direi che questo involucro mortale lo sto curando più che bene!" Disse indicandosi il corpo asciutto.


'Quanto gli do ragione' pensò l'angelo sospirando.


 

"Ma... i tuoi occhi? Il bambino ti guarderà in faccia, vuoi indossare sempre gli occhiali?"


 

"Sé sarà necessario sì. Andiamo angelo, stai inventando ogni scusa pur di vincere una competizione in cui hai già perso" si indicò il petto "io sono la tata perfetta per il piccolo, e te lo dimostrerò" si disse alzandosi "devo ancora studiare il look ma credo di avere qualche idea"


 

"Il look? Oh andiamo, diventeresti terrib-"

Il demone lo fulminò con lo sguardo.

"Terribilmente...ehm come si dice...cool?" Azzardò.

"Cool vuol dire fico. E una tata non deve essere "cool" ...o forse sì?"

"Oh come ti pare" alzò una mano. "Io saprei fare meglio di te"

"Ah, allora dimostramelo!" gli lanciò una sfida.

"Cosa?"

"Mi hai capito. Vediamo chi dei due avrebbe l'aspetto ideale per essere una tata, il migliore interpreterà quel ruolo per i prossimi sei anni"

“Perché solo sei?” domandò perplesso l’angelo.

“Oh, andiamo, conosci un bimbo che dopo sei anni ha ancora una tata? Vorrà dire che da lì in poi ci inventeremo qualcos’altro!” gli fece un occhiolino Crowley e Aziraphale sorrise.
L’importante per lui era sapere che lo avrebbero fatto insieme, come sempre.
“Allora… per la sfida, ci stai?” tornò sull’argomento il rosso.

"Oh…" ma poi si schiarì la voce. "Si, va bene! Tanto non hai speranze contro un angelo"

"Uuh, pecchi di superbia con quelle parole"

"Piantala, demone!" gli disse puntandogli il dito contro, e Crowley ridacchiò.


"...Non ho peccato di superbia vero?" Si chiese preoccupato.

Crowley rise per la sua ingenuità.


"Non sei nel girone dei golosi, vuoi essere in quello dei superbi? Dai" gli disse sedendosi svogliato. "Allora" continuò. "Sarà una donna?"

"La tata?"

"No, il papa" lo canzonò per la sua mancanza d'attenzione.


"Oh quanto sei irascibile certe volte" si sistemò il papillon. "Comunque si" si sedette al suo fianco. "Una femmina"

"Spero non anche la voce"

"Crowley, già lo spaventeresti con il tuo aspetto, figuriamoci con la tua voce"


Il demone sorrise maliziosamente, e si avvicinò all'orecchio dell'angelo con fare tentatore. Sibilò con la lingua biforcuta.


"Ssssssai che la mia voce ha un ruolo essssenziale…ssssssai che la devo usssssare per tentare il piccolo Warlock...e non sssssolo"


 

L'angelo non era immune al timbro ipnotico del compagno, che sfiorava il suo lobo con piccoli movimenti della lingua sottile.

Arrossì ma non riuscì a staccarsi, almeno non subito.


"Oooh! Piantala, stupido!" Lo spinse via. "Va bene, va bene, tieniti pure la tua voce; io dovrò rendere la mia un po' più da signora...oh non sarà facile"


"Ti prego, non provarci davanti a me se non vuoi che ti rida in faccia...anzi no, fallo pure!" Si corresse con una risata.

"Quando la smetterai di prendermi in giro?" Gli rivolse un'occhiataccia.

"Quanto mi assegnerai il ruolo di tata"


"Oh te lo dovrai guadagnare, e mi raccomando, niente inganni!" gli intimò. "Guai a te se sento la tua linguaccia bisbigliarmi cosa devo fare!"

"Terrò la bocca chiussssssa" sibilò.

Aziraphale alzò gli occhi, ma poi gli rivolse un sorriso stanco.


"Allora siamo d'accordo!" Disse Crowley determinato. " Il look è roba nostra, e non mi copiare le idee!"

"Oh per favore, non potrei mai, semmai sono più convinto che accadrà il contrario" gli alzò un sopracciglio.

"E che me ne dovrei fare di tailleur bianchi, fiocchi azzurri e capelli biondi? Ti prego!"


Aziraphale si morse un labbro in modo pensieroso. Caspita, erano proprio le sue idee! Maledetto demone!

Doveva farsi venire in mente qualcosa di più creativo.

Indispettito, si sistemò il papillon per poi alzarsi e andare nell'altra stanza.


"Quanto tempo ci metterai?" Gli chiese il demone divertito.

"Il tempo che mi sarà necessario!" Gli disse sbattendo la porta. Ma poco prima che Crowley decidesse di andarsene, l'angelo la aprì timidamente e si sporse con la testa.

"Se vuoi puoi rimanere qui a...prepararti" gli disse senza mostrarsi troppo accogliente, ma tanto bastò a Crowley per farlo sorridere.

“Ti ringrazio… che poi è anche una cosa che non dovrei mai fare!” alzò gli occhi il demone, “ma credo che me ne tornerò a casa mia. Magari prendiamoci un paio di giorni e poi ci ritroviamo da te.” propose lui.

“Addirittura due giorni?” si stupì il biondo.

“Le idee vincenti richiedono tempo, angelo.” gli fece l’occhiolino l’altro, uscendo.

Solo quando fu a bordo della sua Bentley, lontano da occhi e orecchie indiscreti, compose un numero che gli era apparso chiaro nella mente, senza prima averlo mai composto.

“Sì, pronto?” esclamò una voce femminile, dal timbro deciso.
Mai com’era deciso lui.
“Tu ed io avremo un appuntamento, domattina alle 9:30.” disse, con il suo miglior tono ipnotico, prima di mettere giù.

'Okay, si era detto di non barare, ma non esiste scorrettezza se non c’è nessuno che la scopre' sogghignò, assaporando già la vittoria.

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"Buongiorno signor Crowely, la stavo aspettando" lo accolse una donna dai capelli color carota e dei simpatici occhiali toni dalla montatura nera. "Del tè?"

"Senza zucchero, signora Powell" ripose il demone mostrandole un sorriso galante. La donna, naturalmente non di sua volontà, aveva accolto calorosamente la sua cara conoscenza Anthony J. Crowley per aiutarlo grazie a tutta la sua esperienza nel campo dei costumi di scena.

Del resto, chi meglio di Sandy Powell, costumista e senza che lei lo sapesse, creatrice dei futuri costumi di scena per il sequel del "Mary Poppins", avrebbe potuto aiutarlo?

Mancavano ancora dieci anni all'uscita di quel film, ma Crowley aveva un "fiuto" per certe cose. Del resto rintracciare i costumisti del film originale sarebbe stato difficile, anche perché il cimitero era comunque terra consacrata, ma sbirciare un po' avanti nel tempo non avrebbe fatto troppo male, non per piccole cose come un consiglio di stile.

"Allora" la signora si sedette con un sorriso interessato. "In che cosa posso aiutarla?"

"Vede cara, sto cercando l'ispirazione per un costume, e non potevo certo astenermi dal rivolgermi a lei" disse incrociando le gambe. "Lei...che ne direbbe di un progetto alla buona cara e vecchia Mary Poppins?"

Il sorriso della costumista si allargò improvvisamente. Anche se fu un movimento condizionato dallo schiocco di dita che Crowley aveva utilizzato prima di entrare nello studio della cara Sandy. Dopo essere tornato indietro con il miracolo che aveva segnato il viaggio di ritorno, Crowley era stremato.
Ecco perché aveva chiesto ad Aziraphale due giorni di tempo: uno serviva a recuperare le forze.

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Forse un po’ dimentico delle sue consuete buone maniere, Aziraphale quel pomeriggio anticipò la chiusura della sua libreria, mandando via anche gli ultimi clienti che per i suoi gusti erano fin troppo interessati a una prima edizione de ‘La Divina Commedia’ che lui non aveva alcuna intenzione di vendere.
Erano passati due giorni e lui non avrebbe atteso un solo minuto di più, anche perché non vedeva l’ora di mostrare a Crowley la sua brillante creazione.
Prese il telefono e attese qualche squillo, prima che scattasse una segreteria che conosceva fin troppo bene.
Salve, sono Anthony Crowley, sapete cosa fare, fatelo con stile.
Ma lui non aveva intenzione di lasciarsi scoraggiare da una segreteria.
“Crowley, sono io, vieni subito qui, dobbiamo iniziare la nostra sfida!”
“Anch’io non stavo più nella pelle, nemmeno in quella di serpente, dalla voglia di cominciare!” disse una voce così piacevolmente familiare alle sue spalle.
“Oh, buon cielo!” esclamò Aziraphale un po’ spaventato, ma felice che lui si fosse miracolato lì all’istante.
“Posso cominciare io?” domandò gongolante Aziraphale.
“Certo che no! Sta’ a vedere qualcosa che ti lascerà senza fiato!” schioccò le dita il rosso, irriverente.

In un turbinio di saette nere i suoi pantaloni divennero una gonna nera stretta, che gli lasciava solo la fine delle gambe scoperte.
Ai piedi portava delle comode scarpe nere basse. Indossava una giacca nera che andava a completare il tailleur, abbottonata fin quasi alla fine, dando così modo di far vedere il grazioso fiocco rosso che chiudeva il colletto della camicia nera.
I rossi capelli, appositamente fatti crescere di media lunghezza, erano ondulati e acconciati con un carré di classe, impreziositi da un cappellino nero.

“Sono o non sono una perfetta tata?” esclamò, la voce resa più soave da un leggero falsetto.
Aziraphale lo fissò tra il sorpreso e il confuso.
“Non lo so … mi ricorda qualcosa … o meglio, qualcuno!” borbottò l’angelo.

Non lo avrebbe confessato nemmeno sotto tortura, ma quel look conferiva a Crowley un ulteriore nuovo fascino e lui ne era attratto come una falena lo è dalla luce.

Non che Aziraphale fosse una falena e, men che meno, Crowley fosse la luce!

“Ammetto di aver visto Mary Poppins qualche Natale fa. Avrei preferito che Mr. Banks rimanesse il freddo, insensibile bastardo che era all’inizio, ma non si può avere tutto!” fece spallucce Crowley. “Ciò che conta è che ne ho tratto il giusto spunto. Potrei anche planare con un ombrello e far cambiare il vento!”

“Beh, di recente, si dà il caso che anche io abbia visto un film delizioso, su cosa l’amore di un padre lo spinge a fare per poter star vicino ai suoi bambini. Se mi permetti, questa è una tata!” e dicendolo, Aziraphale schioccò le dita.

In un tripudio di bollicine azzurre anche i suoi pantaloni divennero una gonna lunga e larga, in tartan. Un cardigan color rosa pallido aperto, lungo fino ai fianchi rotondetti, lasciava vedere una camicia bianca di pizzi e merletti. Un paio di occhiali con una grossa montatura addolcivano ancora di più la sua espressione benevola.
Anche i suoi capelli biondi erano diventati più lunghi, per poter essere raccolti in un morbido chignon.
Insomma, una versione un bel po’ più giovane di Mrs. Doubfire.

“Per quanto sexy tu sia anche in questa versione, c’è posto per una sola tata e quella devo essere io!” si impuntò Crowley, pur con qualche difficoltà a staccargli gli occhi di dosso.
La stessa che aveva Aziraphale.

Di comune accordo, i due schioccarono le dita nello stesso momento, tornando al consueto aspetto.


 

“Ma, Crowley caro, te l’ho già detto, se la facessi tu sarebbe così grottesco! Da sempre la tata è una figura di gioia, bontà e rettitudine!” argomentò Aziraphale.
“Appunto, te l’ho già detto anche io, è ora di porre fine a questi stupidissimi preconcetti obsoleti!” ringhiò Crowley. “L’anticristo si merita una tata dedita al Male!” ribadì fiero. “E poi ti ricordo che l’idea è mia. Senza di me, tu saresti andato a suonare alla loro porta e a prenderti un’accusa da pedofilo che non ti saresti scordato facilmente!”
“Il solito esagerato!” alzò gli occhi il biondo.

 

“Mi attengo solo ai fatti reali, quindi trovati un’altra figura dedita al tuo stupido Bene. La tata è off-limits.”
“E che potrei fare? Una domestica?” si accigliò Aziraphale.
“Umpff. Perché no? Se ti va di pulire mille e più stanze…” fece spallucce il rosso, muovendo anche la mano come a dar ancora meno importanza alla cosa. “Certo è che una tata premurosa non lascerebbe mai avvicinare una losca domestica al piccino che le è stato affidato!” aggiunse con tono di sfida.
“Che gran canaglia che sei!” abbaiò l’angelo, irritato.

Aziraphale si arrovellò il cervello, ma produsse solo una serie di proposte che lasciavano il tempo che trovavano.
“Un venditore ambulante? No.. compare solo una volta. Il cuoco? No, dovrei costantemente utilizzare la magia, considerato che non sono nemmeno in grado di accendere un forno… Il postino?”

 

Mosso da chissà quale compassione, Crowley decise di dargli un’imbeccata.
“Certo è che una tata premurosa sa che i bimbi anche molto piccoli, necessitano di stare all’aria aperta, magari con lunghe passeggiate, nel verde… diciamo che potrebbe portare il piccolo Anticristo a passeggiare negli immensi giardini della villa, anche tre o quattro volte al giorno. Per non parlare di quanto il frugoletto ci potrà trotterellare allegramente sulle proprie gambette…” suggerì con nonchalance, sperando che l’amico cogliesse l’indizio.

“Il giardiniere! Ma certo!” si illuminò Aziraphale, ma quell’entusiasmo non durò a lungo.
“Ma il giardiniere non potrà mai essere una figura di rilievo nella crescita di un bambino, non quanto lo è una tata!”
“E credi che non lo sappia?” lo sbeffeggiò Crowley.

“Ma, caro, fallo tu il giardiniere! Sei così bravo con le piante!” lo adulò il biondo.

Il rosso, per tutta risposta, scoppiò in una risata fragorosa.

“Bravo?! Sì, certo, le mie piante sono le più belle e maestose di tutta Londra, Inghilterra e probabilmente del mondo intero; ma non potrei mai usare i miei metodi su un intero giardino! I frutteti i scrollerebbero tutti i frutti di dosso dallo spavento e certi alberi si sradicherebbero, pur di sfuggire alla mia ira!” provò a descrivergli lo scenario, strappando pure una risatina alla sua controparte.

“Beh, allora potresti prenderti cura dei giardini con altri metodi, magari l’amore!” lo provocò il biondo.

“Non tollero questa mancanza di rispetto totale nei miei confronti! Io ti ho mai istigato a trattare i tuoi ammassi di cartastraccia con odio?” lo fece sentire in colpa Crowley.
Ovvio, non certo per il modo in cui aveva osato definire i suoi adorati libri. Ma sul resto aveva ragione.

“Scusami…” mormorò l’angelo, a capo chino.

“Ti scuserò, ma solo se ammetti che ho vinto io la sfida. Andiamo, il mio abbigliamento era perfetto. È insito nel mio DNA, come se ne avessi uno, diventare una tata. Ammettilo, angeluccio…” lo spronò il demone.

 

Forse fu la validità delle sue argomentazioni o forse fu quel nuovo appellativo zuccheroso col quale lo aveva appena apostrofato, che gli aveva dato uno strano brivido, ma Aziraphale si arrese.

“E va bene, sarai tu la tata. In fondo, non sarà male lavorare all’aria aperta in mezzo a tutto quel verde. E mi divertirò a trovare l’aspetto perfetto da giardiniere!” cominciò ad accettare di buon grado il suo ruolo nella loro missione.

Crowley sorrise vittorioso, anche se non capiva perché l’altro continuasse a fissarlo con tutta quell’insistenza.

 

Aziraphale non avrebbe scoperto molto presto del suo trucco, ma anzi, si sarebbe limitato ad ammirare l'innata capacità di Crowley per i costumi, e avrebbe passato tanto tempo a chiedersi da dove avesse imparato.

Ma nonostante trovasse Crowley di una bellezza innata anche vestito in quel modo, mancava ancora qualcosa...

E dopo qualche secondo, un’illuminazione.

"Cosa?! Non ci penso neanche!" aveva sbottato il demone a quell’assurda richiesta.

"Caro, nonostante l'abito faccia un figurone al tuo viso manca ancora quella componente femminile...è necessario"

"Tieni lontano quelle manacce!"

Aziraphale era convinto che una tata dovesse badare al suo aspetto, altrimenti non lo avrebbe fatto con i suoi pargoletti, quindi, il trucco era necessario. Aziraphale era uscito dal negozio per dieci minuti, chiedendo a Crowley non solo di rimanere ad attenderlo, ma di rimettersi a sfoggiare il look da tata, mentre sbrigava una commissione di straordinaria importanza.

Certo, Crowley non si sarebbe mai aspettato di vederlo tornare con una busta nera piena di cosmetici.

"Io sono già bello così, non ho bisogno di queste schifezze!"

"Queste non sono schifezze, e lo so che tu sei già bello e affascinante, ma tu devi essere bellA" sottolineò l'ultima lettera con enfasi. "E una donna deve essere presentabile, quindi ora lasciami fare, altrimenti l'accordo salta!"

"Saresti disposto al rinunciare alla nostra battaglia solo perché non voglio mettermi uno stupido rossetto?"

"Oh vedrai, ti piacerà!" gli disse frugando nella borsa tanto odiata da Crowley, e tirando fuori due rossetti liquidi e uno in stick. "Quale ti piace di più?" gli chiese con un sorriso speranzoso.

"Angelo...seriamente?" sbuffò levandosi il cappello.

"Allora decido io" prese una delle sue poltroncine e si sedette al fianco del demone, che ormai sembrava rassegnato. Sbuffò e appoggiò la guancia alla mano destra.

"Dunque, vediamo...si, questo è adatto" disse sprezzante l'angelo. "Apri la bocca caro"

Il demone nella sua noia più totale accennò un sorriso malizioso.

"Angelo, ma che proposte indecenti..." si morse il labbro.

"Sta zitto e fa come ti dico!" gli ordinò cercando di nascondere l'imbarazzo che era scaturito da un doppio senso a cui solo un bambino avrebbe potuto pensare.

Prendendo il rossetto liquido scuro, lo sfilò, per poi passare l'applicatore sul labbro inferiore del demone, che prese a colorarsi di un viola prugna.

"Si...direi che si abbina al tuo look gotico, è inquietante al punto giusto"

Crowley avrebbe voluto rispondergli, ma si limitò a fargli la linguaccia, scelta che però gli costò un assaggio gratuito del rossetto sulla punta della lingua. Crowley fece una smorfia disgustata.

"Ma che schifo! Che diamine mi stai mettendo?"

"Non è da mangiare, stupido!" lo rimproverò l'angelo. "Ben ti sta!" gli disse cercando di completare il suo lavoro.

Il mascara fu più difficile da mettere, e la vicinanza che quest'atto comportava rendeva entrambi nervosi. Aziraphale aveva dovuto afferrargli la guancia e con il pollice tenergli fermo lo zigomo, appena sotto l'occhio. Con delle leggere passate, le ciglia del demone si intensificarono nel colore e nella lunghezza, e finalmente il trucco era concluso, anche se si erano limitati, sotto minaccia di Crowley, a due prodotti.

Anche Aziraphale era soddisfatto, e guardò il viso del demone ormai agghindato a dovere con orgoglio.

"Vedi? Ora stai molto meglio, sembri proprio una signora! Un po' brutta ma...sempre una signora"

"Spiritoso" gli disse Crowley un po' scocciato.

Ma per quanto potesse essere un po' acido nei suoi commenti, Aziraphale trovava che Crowley con indosso abiti femminili e un po' di trucco fosse veramente bellissimo. Non che già non lo fosse al naturale, ma gli concedeva un certo fascino. I suoi capelli ora raccolti in una pettinatura più elegante gli donavano tantissimo, avrebbe tanto voluto toccarli.

E poco dopo, si era accorto che sotto quelle vesti scure, Crowley aveva due piccoli gonfiori a livello del petto, appena accennati.

Ciò fece arrossire terribilmente Aziraphale, e pensò più di una volta di che cosa si potesse trattare: erano calzini arrotolati o una semplice illusione ottica? Oppure erano vere? Forse lo aveva fatto per essere più credibile...

Ma non era il momento di pensarci, e non era nemmeno consono farlo, non per un angelo! Si ricompose, e una volta che Crowley si guardò allo specchio, sorrise nel vederlo soddisfatto del proprio look.

"Sai angelo...te ne devo dare nota. Hai fatto proprio un buon lavoro, ora sono più sexy di prima! Faranno la fila per uscire con me" disse ammirando le proprie labbra colorate. "Quindi ora sarai il mio personale make-up artist?"

"Il tuo cosa?"

"Il mio truccatore" si sistemò il cappello in testa. "Non sarei in grado di mettermi tutta quella robaccia da solo, finirei con l'arrabbiarmi ed incenerirla"

"Oh...ehm...se proprio ti serve un meikappartist..." disse alzando le spalle.

"Make-up artist!" lo rimproverò. "E non mi serve, lo pretendo! Prima di uscire dalla mia stanza dovrò essere presentabile e non ho intenzione di dormire con questo mascherone in faccia, quindi mi servirai tu"

Come poteva dirgli di no?

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Note:

Buonasera fandom! Grazie infinite per aver letto questo primo capitolo, l’inizio di una storia scritta a quattro mani da MusicAddicted e Loka98.

Trepidavamo entrambe nell’attesa di pubblicarla, e ora che è arrivato il momento siamo più felici che mai, ci è piaciuto tanto scriverla insieme, e speriamo tanto che possa piacere anche a voi ^^

Se vi va di lasciarci un vostro commentino ne saremo molto felici, intanto noi vi diamo un abbraccio e vi auguriamo buona notte, al prossimo capitolo ^^


 

Da Luana e Lorenza

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Capitolo 2
*** Capitolo I: Il colloquio/Il depistaggio ***



cover2

Capitolo I: Il colloquio/Il depistaggio


 

“Okay, a questo punto direi che domani di buon’ora possiamo andare dai Dowling e…” sentenziò Crowley, riacquistando il suo aspetto abituale e in procinto di alzarsi.
“Di buon’ora un corno!” quasi abbaiò in risposta Aziraphale.

“Uh?” Lo fissò basito il demone, divertito da quel linguaggio un po’ troppo colorito per i suoi standard.
“Voglio dire… un’aureola!” cercò di tranquillizzarsi il biondo. “Va bene che vai, sono un po’ stanco anch’io, in effetti; e va bene andar là domani… è sulla buon’ora che non sono d’accordo! Prima occorre che tu passi da me, poi puoi andare dove ti pare.” precisò.
“E perché mai dovrei passare da te?” si accigliò l’altro.
“Ma come perché? Mi sembra ovvio: come io ti ho aiutato a renderti una Tata presentabile, tu devi fare lo stesso con me come Giardiniere, non voglio sfigurare! Probabilmente io il colloquio lo sosterrò nel pomeriggio…”

“Ma lo puoi fare benissimo da te!” sbuffò Crowley, che mirava ad ottenere il suo impiego quanto prima.
“Eh no, signorino, fammi capire!” si impuntò l’altro, con l’indice alzato con fare da saputello e una mano appoggiata sul fianco. “Io ho dedicato una cospicua parte della mia eternità a farti avere un aspetto consono e tu non mi puoi dare uno straccio di parere, domani, prima di andar via?” tentò di giocare la carta del farlo sentire in colpa l’angelo.
Crowley bofonchiò qualcosa di inintelligibile e poi scoppiò in una risata nervosa.
“Ah, ma sì, certo! Adesso un paio d’ore sono diventate una parte cospicua di eredità!”
“Converrai con me che il tempo alla fine è un concetto relativo e il mio oggi lo avrei potuto impiegare in faccende ben più nobili e proficue!” controbatté Aziraphale con una pacatezza che non fece che irritare ancora di più la sua (adorata) nemesi.
“Che gran basssssstardo sei!” sibilò, ma sotto, sotto, la cosa lo divertiva. “E va bene, angelo, domattina alle otto sarò qui da te, il tempo di approvarti l’outfit e alle nove andrò a fare il colloquio e non ammetto contrattempi di alcun tipo!” dettò le sue regole Crowley, prima di andarsene.

L’angelo sapeva come passare la serata.
Andrò nel retro della sua bottega, dove c’era il fidato computer che aveva usato per redigere quei bilanci di fine anno fin troppo perfetti, ripromettendosi che quell’anno avrebbe inserito qualche piccolo errorino di proposito, per tenersi alla larga dai controlli della Finanza.
Tuttavia, al momento non gli premeva preparare alcun bilancio. Sapeva che quel computer era dotato anche di Internet e sapeva anche come utilizzarlo.
O perlomeno aveva questa convinzione.

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“Buongiorno, caro, gradisci un tè?” lo salutò cordiale Aziraphale l’indomani, mentre apriva la libreria.

Sia chiaro, ai clienti sarebbe rimasta chiusa fino al consueto orario. Che poi consueto non lo era mai. Quell’angelo provava un insano piacere nel confondere un po’ le menti dei suoi avventori, qualsiasi cosa pur di proteggere i suoi libri da grinfie indesiderate.

“Ma quale tè! Quale parte di ‘ho solo una dannatissima ora’ non ti è chiara? Anzi, sono già in ritardo di tre minuti e ventotto secondi, vedi di darti una mossa!” berciò in risposta un Crowley più lunatico del solito.

Non lo avrebbe mai confessato a nessuno ma, nonostante sapesse di poter ricorrere a tutti i miracoli demoniaci che servissero allo scopo, quel colloquio fissato dai Dowling lo innervosiva come poche altre cose.

“Giusto, visto che non ti vedo molto in vena di cordialità, verrò subito al dunque.” borbottò l’angelo, un po’ offeso da tanta scontrosità. “Ho fatto qualche ricerca per farmi un’idea di come vestano i giardinieri solitamente. Alcuni ho visto che nelle ore più calde tendono a restare a torso nudo, ma mi sembra un po’ eccessivo, non credo mi troverei molto a mio agio…”

Torso nud… ma che caz…

Mentre Crowley si arrovellava il cervello, Aziraphale era già pronto a schioccare le dita.

“Pertanto, ritengo che questo sia un più valido compromesso…”

Scaturì l’ormai familiare pioggia di bollicine, ma quello che ne uscì alla fine di essa fu tutt’altro che familiare.
Aziraphale indossava una lunga salopette verde scuro, con comode tasche un po’ ovunque. Il punto è che, salvo l’adorabile cappellino di paglia, pensato per ripararlo dalle ore più calde, non indossava nient’altro. Per di più, una delle due bretelle della salopette era sganciata, creando un intrigante gioco di vedo non vedo fra tutta la parte di petto esposta e quella che celava.
Spostando lo sguardo verso il basso, Crowley poteva anche intravvedere un delizioso principio di rotolino di carne, in prossimità dell’addome.
La cosa più bella è che il suo angelo sembrava davvero a proprio agio mentre lo guardava, con una spiga di grano fra i denti, forse l’ultimo tocco bucolico che secondo lui mancava.

Crowley dovette appellarsi a tutto il suo autocontrollo per non saltargli addosso.

“Che te ne pare?” sorrise Aziraphale, in attesa di conferme.

Ma dove angelo le ha fatte quelle ricerche, su un sito porno?’ continuò a chiedersi il demone, cercando di guardare altrove.

“Caro, perché non dici niente? Non è così che si veste un giardiniere?” lo interrogò l’altro, un po’ confuso.
“Sì… uno che vuole vivere di rendita e diventare l’amante segreto della Sig.ra Dowling… o anche del marito, chi può dirlo?” ribatté il rosso, determinato a fargli capire come stavano le cose.

Del resto, angelo, chi potrebbe resisterti vestito… anzi, svestito così?’

“Ma.. come?” si accigliò il biondo.

“Sei lassssscivo da far paura, nemmeno io arriverei a tanto!”

“Ma no, che dici? È l’abituale divisa da giardiniere questa, l’ho visto su www.hotgardeners.com …” si difese Aziraphale, ma poi si rese conto di qualcosa.

Forse anche perché Crowley lo stava osservando come chi ha appena avvalorato la sua tesi.

“Oh…” borbottò, imbarazzatissimo. “E io che pensavo che quell’hot stesse a significare che è perché siamo in piena estate… e poi credevo che così fosse più pratico, evitavo di sporcarmi ulteriori vestiti a contatto continuo con la terra, i pollini, il verde che lasciano giù erba e foglie… Porrò subito fine a questa indecenza!”

Con rammarico di Crowley, ci fu un nuovo schiocco di dita, stavolta per vestirsi con jeans grigio perla, una maglia a maniche lunghe tono su tono e un gilet bluette.

“Più adatto, non trovi?” gli sorrise, più tranquillo.

Crowley se lo ammirò. Era bellissimo, anche in questo modo meno esposto. Era proprio questo il punto. Aziraphale era bello. Troppo bello.

Se lo mando in giro così, tutta la servitù farà a gara per uscirci assieme, non lo posso tollerare, nessuno deve mettergli le mani addossssso!’ si allarmò il rosso, talmente agitato da sibilare perfino nei suoi stessi pensieri.

“Sì, decisamente meglio, ma… non mi convince, sei ancora un po’ troppo elegantino per i miei gusti.” fece un tentativo, facendo una faccia molto poco convinta.

“Uhmm… vediamo se forse così…” tentennò Aziraphale, pensando alle modifiche da apportare.

Ennesimo schiocco, ennesimo cambio. I jeans rimasero gli stessi, ma abbinati a una T-shirt bianca, con al collo un lungo grembiulone nero, in coordinato ai guanti di gomma che indossava.

“Più consono alle mie mansioni, non trovi?” ammiccò il biondo, sicuro di aver fatto finalmente centro.

Non aveva idea di quanto si sbagliasse.

No, accidentaccio, è sempre bello da togliere il fiato! Come posso riuscire a tenerlo alla larga da tutti, a renderlo impresentabile, se non ai miei occhi?

Crowley si era chiuso in un silenzio, dominato solo dalla tempesta di idee che gli balenavano nella mente.
L’ultima volta che una cosa del genere era successa lo aveva portato all’acclamatissima invenzione della M25.

E finalmente l’idea giusta lo colpì.

“Sai, angelo, non che tu non ti ci stia mettendo di impegno; solo che non credo sia questa la strada vincente.” cominciò la sua astuta opera di persuasione il demone.
“Ah, no?” si imbronciò Aziraphale, tornando con gli abiti di sempre.

“No… perché pensavo… ricordi ieri, quando mi hai truccato perché sostenevi che il mio prendersi cura del mio aspetto in quanto Tata rispecchi la cura che avrò per il bambino?”
“E come potrei dimenticarlo? Hai detto che vuoi che sia io a truccarti ogni volta!” fece un sorrisone soddisfatto l’angelo, prima di incupirsi. “Aspetta, non mi starai dicendo che devo truccarmi anche io?”
“Noooo! Un milione di no!” lo distolse subito il rosso.

Ci manca solo che si trucchi e diventi ancora più ssssexy di quanto lo e è già!’

“Semmai è tutto l’opposto. Vedi, con le piante è diverso: meno cura dimostri per te e quindi più trasandato sei, più sanno che avrai cura verso di loro!” spiegò Crowley, con tono mellifluo.

Aziraphale lo fissò scettico, incrociando le braccia al petto.
“Ma che vai dicendo? Le piante non possono certo vedere come sono conciato!” gli fece notare.

“Sssciocco!” sibilò l’altro. “Le piante ascoltano, vedono e sanno tutto. Perché credi che tremino anche al solo mio passaggio? Perché sono bellissimo e questo dimostra quanto poco premuroso sarò nei loro confronti!”

Aziraphale rifletté a lungo sulle parole del suo migliore amico.

È un ragionamento che non fa una piega: in effetti lui è sempre bellissimo, mai un capello fuori posto, un’imperfezione su quel suo volto così perfetto… e quelle povere piantine tremano disperate ogni volta!

“Hai ragione, caro, stavo sbagliando tutto. Meno male ci sei tu ad aiutarmi!” gli sorrise, rincuorato.

“Eh già, meno male ci sono io. Non avresti nemmeno varcato la porta di casa Dowling senza che te la sbattessero subito in faccia! E ora fammi vedere un aspetto degno di un ottimo giardiniere.”

E quando, dopo il diradarsi delle bollicine, agli occhi gialli del demone si presentò una versione di Aziraphale più goffa, volutamente invecchiata e con qualche chilo in più, coi capelli più corti, diradati e tendenti più al bianco, che si stendevano in due antiestetiche lunghe basette fino alle guance, spesse come i sopraccigli ma mai brutte quanto i dentoni che gli impedivano di chiudere la bocca correttamente; Crowley seppe di aver fatto un lavoro impeccabile.
A completare il tutto c’era un orrendo impermeabile color crema che sembrava molto consumato dal tempo. Unico segno distintivo di chi davvero fosse il suo angelo, una sciarpina celeste in tartan.

“Oh, che meraviglia! Ora sì che ci siamo, angelo! Sei un giardiniere esemplare!” si complimentò.

“Meno male, pensavo di aver esagerato!” bofonchiò in modo ancor più goffo Aziraphale, prima di tornare al suo consueto e splendido aspetto. “Ora so cosa fare, grazie Crowley!” gli sorrise, rincuorato.

“E di cosa? Se non ci si aiuta fra… nemesi millenarie!” ridacchiò il rosso. “Sarà meglio che vada ora, ma da Tata mi ci tramuto solo quando sarò là… non so come reagirebbe la mia Bentley a una presenza femminile alla sua guida!” fece un cenno di saluto, avviandosi all’uscita con un ghigno davvero perfidamente soddisfatto.


 

A casa Dowling i suoni del campanello erano molti durante la settimana, e il maggiordomo se ne aspettava tanti quel particolare giorno. Il nuovo arrivato nella mansione non aveva fatto altro che piangere dal primo passo di sua madre oltre la soglia, e solo Dio sapeva quale tata avrebbe potuto essere all'altezza di quell'incarico.


 

Mrs. Dowling lo aveva personalmente incaricato di selezionare solo le migliori candidate dal numeroso gruppo che si sarebbe presentato quel giorno, per poi mandarle nel suo studio per un colloquio privato.

Sarebbe stata molto selettiva, con una lunga lista di requisiti che la tata perfetta avrebbe dovuto avere.

Paul, vestito con il suo completo migliore attese, vagando in giro per la lussuosa dimora, e incrociando molte volte lo sguardo della padrona di casa con in braccio il piccolo, che urlava disperato da ormai due ore.

Quando finalmente il campanello chiamò, l’uomo scese le lunghe scale, si sistemò il papillon e tirò la maniglia. 

Certo...non si aspettava una sola persona. 

E...non si aspettava una figura alta e sottile, vestita di nero e di rosso. Ricordava bene la tata che era stata sua collega nella casa dove aveva lavorato venti anni fa: era bionda, con un viso dolce, paffuta, un sorriso che illuminava quanto i raggi del sole, e vestiva sempre con abiti morbidi e chiari.

La candidata che gli si presentava davanti sembrava una versione dark di Mary Poppins, e l’espressione leggermente sorpresa di Paul non era sfuggita a Crowley, che lo guardava da sotto gli occhiali scuri; questo lo innervosì ulteriormente, ma la sua bravura nel ricomporsi nascose questa sua debolezza.

Secondo il maggiordomo non poteva definirsi una brutta donna, ma non poteva definirsi nemmeno donna. Gli zigomi e le labbra sottili nascondevano un certo riflesso di mascolinità, anche se erano state prontamente dipinte con un rossetto. Aveva un corpo privo di rotondità e di curve, la pelle del suo viso non sembrava morbida come quella di una donna, qualcosa gli suggeriva che l’avrebbe trovata ruvida sotto le dita. Non che Paul avesse voglia di provare, ma il suo istinto aveva sempre avuto ragione. Storse leggermente il naso, convinto che presto avrebbe visto quella stramba signora tornarsene a casa, con la sua borsa rossa e quel buffo ombrello.

Sentì un indistinto schiocco di dita appena prima di parlare, e si sentì leggermente stordito.


 

“Ho saputo che vi serve una tata” furono le prime parole della rossa.


 

Inaspettatamente, Paul non poté fare a meno di ritenersi uno sciocco. Ma era così naturale che fosse una donna, nonostante avesse pronunciato quella frase con un timbro tutt’altro che femminile. Come poteva aver pensato anche solo per un secondo che sotto quelle vesti scure e quel trucco così ben fatto si potesse nascondere un individuo dal cromosoma Y? 

Aveva sentito padroneggiare "l’argomento del cromosoma Y" dal padre di famiglia Thaddeus Dowling, che era tornato a casa qualche giorno prima, giusto il tempo di sollevare il figlio tra le sue braccia e restituirlo alla madre, prima di prendere l’ennesimo aereo che lo avrebbe riportato negli Stati Uniti.

“Mio figlio ha un cromosoma Y, è un maschietto!” diceva saltellando per la casa con in braccio il neonato, e tutti annuivano e sorridevano, quasi volendo fingere che nessuno gli avesse fatto presente il sesso del bambino appena l’ultima ecografia aveva dato i risultati.

E Paul doveva essere in grado di distinguere i cromosomi XY da quelli XX; e quella donna non presentava di certo anomalie.


 

“Prego” disse facendole spazio per farla entrare. “Siamo lieti di accogliervi miss…?”


 

“Ashtoreth” pronunciò quel nome accennando un leggero sorriso. “Miss Ashtoreth"


 

“Un nome molto elegante” si complimentò l’uomo dalla carnagione pallida. “Lei è la prima candidata, credo che mrs. Dowling ne sarà molto compiaciuta. Apprezza molto la puntualità” la informò con un sorriso gentile.

Crowley ne fu sollevato, un punto a suo favore. Stava per dire qualcosa, quando un violento pianto squarciò il silenzio e rimbombò per tutte le stanze della mansione. Crowley guardò verso l’alto, al secondo piano, da dove le urla provenivano.


 

“A dirla tutta signora, il nostro vero datore di lavoro non è il signor Thaddeus o Mrs. Dowling, ma il giovane Warlock” ridacchiò puntando un pollice verso il bambino, probabilmente in braccio all’ennesima cameriera che sperava che la tata arrivasse il prima possibile. Lei era lì per sistemare la biancheria, non certo per tenere in braccio un neonato urlante!


 

“Un bambino così meraviglioso” disse Miss Astoreth quasi beandosi di quelle grida, era sofferenza, paura, tutto ciò che un giovane Anticristo dovrebbe amare. Naturalmente dentro di sé sperava che Aziraphale fosse in grado di estirpare le semenze del male che Crowley era incaricato di piantare e far crescere, come il demone stesso avrebbe dovuto fare per quelle del bene. In questo modo il gioco di contrasti avrebbe portato ad un risultato perfetto, un anti-Anticristo, troppo buono per distruggere il mondo, e troppo “malvagio” per fare grandi opere di bene.


 

“Oh, se lo dice lei potrei fidarmi” disse Paul. “Chissà quante altri demonietti ha dovuto crescere”

Miss Ashtoreth ridacchiò senza sbilanciarsi.

“Non ne ha una minima idea”


 

Detto questo, Paul invitò la signora a seguirlo lungo la scalinata che li avrebbe condotti al secondo piano, per poi svoltare verso sinistra. Ci avrebbe messo un po’ ad imparare le varie strade e i corridoi che si intersecavano, ma il demone era dotato di buona memoria.

Sinistra, sinistra, un lungo corridoio e destra. Non era una casa piccola, ma fortunatamente per Crowley non era affatto un problema indossare scarpe da donna, camminava con un portamento non troppo aggraziato ma nemmeno poco elegante.

Si trovarono davanti ad una porta color crema, sopra la quale era stata appesa l’ennesima bandiera americana.


 

“Mi voglia scusare” disse il maggiordomo voltando le spalle e bussando due volte alla porta dello studio.

Dopo aver ricevuto il permesso di entrare, Paul annunciò l’arrivo della prima candidata a Mrs. Dowling.

Dopodiché, Paul si fece da parte per far passare Crowley, il quale entrò con un leggero sorriso in volto; attraversò la stanza camminando senza far rumore sul tappeto rosso, in direzione della scrivania alla quale era seduta una donna giovane e dai capelli scuri. Aveva un viso gentile, anche se le sue occhiaie raccontavano di una stanchezza che negli ultimi giorni l’aveva travolta fisicamente ed emotivamente.


 

“Buongiorno” disse rivolgendosi al rosso. “Prego” invitò Crowley a sedersi con un gesto della mano.


 

“La ringrazio Mrs. Dowling” disse sedendosi alla morbida poltroncina rossa.


 

Una voce a dir poco particolare, doveva aver pensato la giovane americana a giudicare dalla sua espressione. Ma dopo un suono simile ad uno schiocco di dita, non poté fare a meno di pensare al fatto che quella che gli si era appena seduta davanti era una donna tutti gli effetti.


 

“Mi chiamo Miss Ashtoreth” disse Crowley precedendo la sua domanda. Lei intanto con un sorriso calmo segnava il suo nome su un foglio. Ne aveva una pila intera sul lato della scrivania, tutti in attesa di essere riempiti di informazioni sulle altre candidate.


 

Ti prego Aziraphale, fa’ un buon lavoro! ’Si disse mentalmente.


 

Crowley non poteva avere idea di quanto Aziraphale stesse facendo bene quel lavoro.
Del resto lo aveva promesso a Crowley, o meglio, lo aveva convinto a farlo intercedere per lui in una telefonata risalente a solo poche decine di minuti prima.


 

* Crowley aveva risposto al terzo squillo, senza perdere di vista la strada, anzi, perdendola giusto un po’, per regalare qualche brivido ai suoi ‘amici’ pedoni.
“Che c’è, angelo?”
“Stai andando dai Dowling, vero?” chiese conferma Aziraphale, seduto su una delle sue poltrone.
“Sono appena uscito dalla tua libreria per andare là!” borbottò il demone, un po’ perplesso.
“Sì, lo so, ero retorico. Però mi sono dimenticato di chiederti una cosa…”
“Chiedimi quello che vuoi, angelo!” replicò l’altro, prendendo una curva senza prendersi la briga di scalare la marcia, perché così era più divertente.
“Non abbiamo messo in conto che ci saranno un sacco di altre candidate, che molto probabilmente stanno andando là.” borbottò Aziraphale, il suo nervosismo traspariva anche solo dal tono di voce.
“Semmai tu non lo hai messo in conto!” ridacchiò Crowley. “Hai dato un’occhiata al meteo stamattina? Beh, non lo può sapere nessuno in ogni caso, ma in zona Dowling e dintorni è in arrivo un delizioso uragano… che credo proprio spazzerà via tutta la concorrenza!” sogghignò, premendo sull’acceleratore della sua fidata Bentley.
“Oh, buon cielo, Crowley, no!” protestò l’angelo.
“Perché no? È una soluzione con stile!” difese la sua causa il rosso.
“Non lo metto in dubbio, caro; ma temo che darebbe un po’ troppo nell’occhio!” cercò di farlo ragionare il biondo.
“Hai ragione. Meglio espanderlo per tutta l’Inghilterra, così nessuno si farà domande!” ribatté Crowley, ancora più determinato nel suo intento.
“Noooooooooooooooo!” si allarmò Aziraphale.
“Hai qualche idea migliore?” lo sfidò il demone, sfrecciando per la strada.
“Oh beh, sì, può darsi che abbia anche più di un’idea. Tu lascia fare a me, tanto io il colloquio lo avrò nel pomeriggio.” tentò di persuaderlo Aziraphale, attendendo impaziente la risposta dall’altra parte.
“E va bene. Stupiscimi, angelo!” rinunciò alla sua drastica presa di posizione Crowley.
“Oh, vedrai, sarai fiero di me!” replicò il biondo, con un ampio sorriso che l’altro poteva solo immaginare, prima di chiudere la conversazione.
*

C’era una sola strada che conduceva alla tenuta dei Dowling, passando per una sola rotonda ed è lì che l’angelo si era posizionato, portando avanti la sua attività ormai da un’abbondante mezzora.
Bastò schioccare le dita e improvvisamente, alla vista di alcune persone alla guida i cartelloni con le indicazioni stradali erano mutati, senza che se ne accorgessero. Le sventurate avrebbero seguito fedelmente quelle indicazioni per finire… chissà dove.
Spero solo di mandarle in un posto gradevole!’ si augurò Aziraphale.


Aveva pensato anche a chi la strada la conosceva e non si sarebbe fatto ingannare.
Peccato che, dopo un certo schiocco di dita, così all’improvviso, più di una macchina si ritrovasse in panne, col motore che non ne voleva sapere di riavviarsi.


Spiacente, mie care, ma il colloquio oggi lo avrete soltanto con un carro attrezzi! Se non altro, non ho causato loro alcun grave incidente!’ si rincuorò l’angelo.


Il suo lavoro non era ancora finito.
C’era chi quella tenuta era già in procinto di raggiungerla, ecco perché si trasportò lì, sulla stradina che conduceva al grande cancello bianco, un po’ troppo affollata per i suoi gusti.
Con le più giovani e avvenenti aspiranti tate fu fin troppo facile.
Ad Aziraphale bastò scrutarle un po’ più a fondo per avere la certezza che fossero single ed esortare altrettanti avvenenti giovinotti a invitarle ad uscire con loro ed ecco che, come per magia, il colloquio aveva perso la sua priorità.
Sia chiaro, quei ragazzi erano reali, non fosse mai che l’angelo avesse ingannato quelle fanciulle con delle illusioni. Aziraphale aveva schioccato le dita e, da qualche parte in tutta Londra e dintorni, alcuni ragazzi – opportunamente single, Aziraphale si era sincerato anche di questo. – si erano trovati inspiegabilmente su quella stradina, ciascuno invaghito da una delle ragazze con le quali aveva incrociato lo sguardo.

Far nascere nuovi amori può essere solo una cosa buona e giusta, no?’ cercò di convincersi Aziraphale, questo prima di nascondersi dietro un albero, lontano da occhi indiscreti e applicare su di sé la magia del giorno prima, per conferirsi l’aspetto da tata.

Perché restavano ancora solo un gruppetto di rivali, le più anziane, quindi quelle con più esperienza e con loro servivano tattiche diverse e più dirette.
“Buongiorno, mie care, anche voi qui per il posto di tata, vero?” si avvicinò alle signore, modulando la voce per renderla il più effeminata possibile.
Le donne annuirono, limitandosi a squadrarlo con una certa diffidenza.
Dopotutto, era più giovane – e decisamente più carina – di loro, il che rappresentava una minaccia.
“È qui che ricevono i Featherwell?” domandò Aziraphale, con finta aria di ingenuità.
“Chi!? No, qui c’è il colloquio con i Dowling!” replicò una delle signore, guardandolo come se fosse un’idiota.
“Uh, devo aver fatto confusione!” ridacchiò la tata camuffata. “Quella è una famiglia che è stata benedetta da un vero proprio dono del cielo: cinque bambini, un parto penta gemellare! C’è così tanto lavoro che di tate ne stanno cercando ben dieci! L’alloggio è grazioso e gli stipendi assai generosi, molto più di questi Dowling che in realtà sono dei gran spilorci!” continuò, producendo dal nulla un annuncio che attestava tutto quanto aveva detto, con tanto di foto di una stupenda struttura immersa nel verde, con relativo indirizzo.
Inutile dire che, facendo un rapido calcolo di probabilità e attratte dalla possibilità di alti guadagni, un foltissimo numero delle presenti si dileguò verso Warren Park, ad Hertford.

In realtà è soltanto un asilo privato, ma farò in modo che le poverine trovino lavoro lì, in fondo… sono buono!’ si disse Aziraphale, accorgendosi che la sua missione non era ancora completata.

Restava una sola candidata, la più anziana di tutte, sulla quale l’avidità non aveva fatto alcuna leva.
Le si avvicinò.
“Vedo che lei è determinata ad avere quel posto.” disse e l’anziana donna annuì.

“Appena vedranno il mio curriculum è praticamente certo che mi prenderanno: sono stata la tata di Tony Blair!” si vantò la signora.
“L’ex Primo Ministro del Regno Unito?” domandò scioccato Aziraphale, facendo del suo meglio per mantenere femminile la sua voce.
“Lui in persona. E lavorare per una famiglia prestigiosa come i Dowling sarà una degna conclusione della mia onorata carriera.” commentò la donna.

Non qui e non oggi, Milady!’ corse ai ripari l’angelo.


 

Seimila anni passati appresso a un demone tentatore dovevano pur avergli insegnato qualche tecnica di persuasione.
“Oh beh, i miei complimenti. Certo che a vent’anni si ha tutta un’altra tempra per fare questo lavoro, tutti i sensi all’erta, i riflessi molto sviluppati. Anche perché, per badare a un bimbo così piccolo, fragile e indifeso servono almeno mille occhi… Lei sta messa bene a cateratta?” cominciò la sua invettiva, con tono mellifluo.

Inutile dire che la signora all’improvviso si sentì completamente inadatta a quel ruolo.
“Io… io temo di non essere più efficiente come una volta…” borbottò, accartocciando il suo curriculum vitae e allontanandosi con aria mesta.

Crowley, che cosa non mi fai fare! Che Dio mi perdoni… non che serva a qualcosa, ma giusto per star un po’ meglio con me stesso, credo proprio andrò a confessarmi!’ decise Aziraphale, ormai rimasto totalmente solo, tornando al suo aspetto consueto e sparendo da lì.


Non molto lontano da quella stradina, in una stanza dell’imponente dimora, un certo colloquio saliva di livello.

“Piacere di conoscerla Miss Ashtoreth. Lei è qui per il ruolo di tata?”

“Ovviamente” rispose pacata la rossa.

“Ottimo. Io sono la madre del bambino in questione, e sono qui per il suo colloquio”


 

“Chi meglio di una madre può decidere la tata perfetta per il suo pargolo?” sospirò dolcemente.


 

Crowley odiava sostenere una conversazione del genere, piena di banalità, di parole gentili e soprattutto di cortesia. Era ovvio che fosse lì per il colloquio di tata, ma che aveva bevuto?

Fare buon viso a cattivo gioco per ben undici anni solo per salvare questo diamine di pianeta. Ne valeva davvero la pena?


 

“Sono assolutamente d’accordo” rispose, riportando indietro Crowley dal suo flusso di pensieri. “Per questo non mi risparmierò di dirle che io cerco una tata molto qualificata e con specifici requisiti”


 

“Non mi nasconda la verità mia cara, chiunque vorrebbe affidare il proprio figlio alle cure di un angelo, ma purtroppo ci si deve accontentare...di noi umani” quasi si morse la lingua per aver pensato alla parola “demoni”. Aziraphale forse avrebbe fatto una figura migliore con il suo aspetto dolce e zuccheroso, ma non gliel’avrebbe mai data vinta. Il posto di tata non glielo avrebbe portato via nessuno!


 

Mrs. Dowling non nascondeva una certa incertezza, ma anche una buona dose di curiosità. Non capita tutti i giorni di incontrare una candidata così… particolare. Ma la donna era sempre stata in buona fede, e decise che avrebbe dovuto ignorare quel qualcosa nel suo cervello che gli suggeriva di passare alla candidata successiva. O forse era stato solo merito di un altro schiocco di dita.


 

“Sarebbe un miracolo incontrare una tata-angelo” ridacchiò la donna segnandosi qualcosa sul foglio.


 

E che miracolo’, pensò Crowley. ‘Se non avessi vinto la sfida lei probabilmente starebbe parlando con un vero e proprio angelo.’


 

“Dunque, Miss Ashtoreth. Mi parli un po’ di lei. Ha esperienza con i bambini?” disse stringendo la penna tra pollice e indice.


 

“Oh mi creda, ho cresciuto e accudito certi diavoletti…” disse con un sorriso appena accennato.


 

“Oh posso capire” intervenne la donna passandosi una mano tra i capelli. Era solo al suo primo colloquio ed era già stanca come se avesse ascoltato un centinaio di candidate. “Il mio Warlock è una peste, non fa che piangere”


 

“Warlock? Ma che nome delizioso. Scommetto che è un vero angioletto”


 

“Un demone semmai. Certe volte mi chiedo se non sia stato Satana in persona a mandarmelo”


 

Crowley sentì l'impulso di ridere, ma virò su ciò che una tata avrebbe detto.


 

“I bambini sono un dono di Dio, Mrs. Dowling,” e quasi la lingua cominciò a pizzicargli. “Solo che certe volte bisogna solo saperli prendere. L’educazione gioca un ruolo a dir poco fondamentale nella crescita di un bambino, e in una giovane donna come lei forse è una componente che ancora deve maturare”


 

L’americana non riuscì a capire se si sarebbe dovuta offendere per il fatto di essere stata accusata di non essere in grado di badare al suo stesso figlio, o sentirsi lusingata per aver sentito la parola “giovane donna”. Optò per la seconda.


 

“Per questo cerco una tata” annuì. “Lei mi potrà dare tutti gli insegnamenti necessari, e il mio piccolo crescerà al meglio. Mi dica, Miss Ashtoreth, lei ha figli?”


 

“Beh…” iniziò alzando leggermente le sue spalle spigolose. “Diciamo che ne ho messo al mondo uno non molto tempo fa”


 

“Davvero?” il sorriso della donna si allargò. “Congratulazioni, che cosa deliziosa. Essere mamma è un sogno, non è d’accordo?”


 

“Oh si, un sogno dal quale ci si vorrebbe solo svegliare”


 

“Come scusi?” chiese accigliata.


 

“Intendevo...per potersi svegliare e tornare alla realtà, e…” tentò di non incrinare la sua voce per renderla il meno incerta possibile. “Insomma, per potersi prendere cura di lui appena ci si sveglia”


 

Con uno schiocco di dita, quel discorso cominciò ad avere senso nella mente della giovane.


 

“Oh, sono così d’accordo” annuì scrivendo qualcos’altro sul foglio.


 

Che cazzo sto dicendo?!’ Pensò il demone maledicendosi. Fortunatamente all’inferno nessuno si sarebbe preoccupato della quantità di miracoli da lui compiuti, essendo il responsabile di un'operazione così delicata come crescere il futuro Anticristo, nessuno avrebbe obiettato.


 

“Solo qualche altra domanda...potrei avere le sue referenze?”


 

Qualche giorno prima, Crowley si era premurato di inventarsi tutta una lista di false referenze da parte dei suoi precedenti datori di lavoro, i quali si congratulavano per l’ottimo lavoro di Miss Ashtoreth nella crescita dei loro figli, erano diventati dei gioielli nell’educazione, nell’aspetto, avevano avuto un’infanzia felice grazie alle premure di quella cara signora, e grazie alle sue due lauree conseguite in prestigiose università inglesi, la carriera dei loro giovanotti era stata a dir poco brillante.


 

Mrs. Dowling ne rimase talmente sorpresa ed entusiasta che decise che non sarebbe stato necessario controllare la veridicità di quei complimenti e raccomandazioni, quindi ignorò il numero di telefono messo a disposizione su ogni foglio. O forse era stato solo grazie ad un piccolo miracolo demoniaco. L'ennesimo.


 

Già immaginava il piccolo Warlock avvocato, giudice, o addirittura medico, di bell’aspetto, cortese e gentile tutto grazie alla splendida educazione fornita da Miss Ashtoreth.


 

Crowley sapeva di aver fatto centro con quella cartella piena di complimenti indirizzati a lui, si era divertito parecchio a lodarsi da solo.


 

“Devo dire…” concluse Mrs. Dowling sistemando i fogli all’interno della cartellina di cuoio. “Che sono molto sorpresa. In modo piacevole, intendo”

In quel momento Crowley si rese conto che per via della stanchezza e della giovane età, la signora non era proprio la persona più qualificata per sostenere un colloquio di lavoro, nonostante fosse lei dalla parte giusta della scrivania. Si sentì rilassato, quasi certo che il colloquio si sarebbe concluso da un momento all’altro, con una stretta di mano e una frase del tipo “il posto è suo”.

E Crowley ci aveva azzeccato, ma aveva sbagliato un particolare: prima della stretta di mano ci sarebbe stata una sola, piccola, innocua formalità, a detta di Mrs. Dowling, la quale si alzò e uscì dall’ufficio, chiedendo a Miss Ashtoreth di attenderla.


 

Non sarebbe potuta andare meglio di così. Nonostante all'inizio il nervosismo avesse avuto man forte nei primi minuti del colloquio, Crowley aveva fatto un figurone.

Si sfregò la mani, già cercando le parole adatte per dirlo all'angelo, e per vantarsi incessantemente con lui, fino a quando la porta si riaprì.

Crowley ancora seduto sulla sedia si voltò, aspettandosi una pila di documenti da firmare in braccio alla donna, ma quel presunto insieme di fogli era in realtà un fagotto avvolto in una coperta, che mugolava e si divincolava.


 

"Vede, Miss Ashtoreth, voglio sottoporla alla prova finale, quella che secondo me segna il distacco tra una candidata e l'altra. Prego...prenda Warlock"

E così dicendo, gli porse il bambino, che a giudicare dal visino disturbato aveva appena finito il suo riposino.

Il panico era palpabile, la prova finale del tutto inaspettata. Il demone credeva che il bambino glielo avrebbero presentato a tempo debito, una volta firmato il contratto e sistemata nelle sue stanze!

Crowley nascose la sua espressione di paura sotto gli occhiali scuri, mostrò un sorriso, che di spontaneo non aveva proprio nulla, e si alzò in piedi. Senza obiettare alla richiesta della donna, allungò le braccia, e come aveva visto fare in diversi tutorial (in internet si trovano informazioni di ogni genere) mise una mano sotto la testa del bambino, e con l'altro braccio lo avvolse, portandolo al petto.

Ora avrebbe solo dovuto giocare con la mimica facciale e presto sarebbe tutto finito, ma appena prima di poter cominciare a complimentarsi con la madre per quanto fosse bello e sano il neonato, quest'ultimo aprì i suoi occhi chiari.

E Crowley non poté più parlare.

Era una creatura così leggera, così calda e morbida, e i suoi occhi dalle pupille nere come la notte lo scrutavano. Mrs. Dowling li osservava, e già era pronta a riprendere in braccio il figlio dopo il suo primo urlo isterico, ma inaspettatamente, il piccolo non gridò. Osservò la sua futura tata, con quegli occhietti minuscoli, e con un piccolo gorgoglio soddisfatto decise di regalarle un sorriso.

Crowley aprì leggermente la bocca, mentre i suoi occhi gialli cominciarono a ritenere quella visione piacevole, esattamente come le sue mani non erano più insicure del contatto che stavano intrattenendo con il corpicino di Warlock.

Come poteva una creatura tanto piccola e dolce provenire dall'ultimo girone dell'inferno?

Un dito sottile di Crowley arrivò a sfiorargli la guancia, sentendola calda sotto il polpastrello.

Aziraphale probabilmente si sarebbe sciolto nell'osservare quella scena, specialmente nel momento in cui Crowley decise di ricambiare il sorriso al bambino.

Lui avrebbe potuto difendersi dicendo che lo aveva fatto solo per conquistare la fiducia di Mrs. Dowling, ma forse, non aveva sorriso solo per ottenere l'impiego. Forse aveva sorriso perché aveva voglia di farlo, ma lui non l'avrebbe mai ammesso.


 

La giovane americana si era ritrovata a sorridere come terza persona in quella stanza, e avendo avuto la conferma da parte di Paul che Miss Ashtoreth fosse la sola candidata fino a quel momento, pensò che la fortuna aveva fatto visita a casa Dowling quel giorno.

Strinse la mano alla nuova tata di suo figlio, le fece firmare alcune scartoffie e le chiese di presentarsi due giorni dopo, una volta che i suoi alloggi sarebbero stati ultimati.


 

Miss Ashtoreth non era mai stata soddisfatta di sé stessa come quel giorno. La prima parte era fatta, ora avrebbe solo dovuto attendere il suo angelo.

Casualmente aveva chiesto a Paul riguardo ad un annuncio che aveva visto in giro, a quanto pare i Dowling cercavano anche un giardiniere.


 

"Oh certo Miss Ashtoreth" gli aveva risposto "Cerchiamo un giardiniere molto qualificato, sa, Mrs. Dowling possiede certe piante rare e fiori provenienti dalle più remote zone del mondo" disse quasi volendo ingigantire la mole di lavoro che avrebbe avuto un giardiniere qualsiasi nel badare a piante qualsiasi. Paul era fatto così, amava infiorettare.


 

"Oh, io sono un tale disastro con le piante" aveva scherzato con lui. "E... dovrà stare qui anche lui? Intendo, alloggiare qui?"


 

"Oh beh, non credo proprio sia necessario" rispose il maggiordomo con una leggera risata.


 

Ma Crowley non ne fu tanto convinto. Schioccò le dita.


 

"Ne è proprio sicuro?" Gli chiese con un mezzo sorriso.


 

"Dovrà alloggiare qui quasi sicuramente" si corresse l'altro come per magia. "Il giardino ha bisogno di una costante manutenzione"


 

"Oh certo, posso immaginare" disse ridacchiando sotto i baffi. "E immagino anche che il suo alloggio dovrà essere vicino a quello della tata del piccolo Warlock, se non addirittura collegati" 

Grazie a Crowley, anche Paul si ritrovò d'accordo, deciso prima di subito ad organizzare i lavori per collegare le due camere.


 

"Molto bene" sorrise Crowley, soddisfatto della sua ennesima malfatta. "Ora sarà meglio che vada ad organizzare il trasloco. Ci vedremo molto presto signor Paul"

Quest'ultimo le aprì la porta verso l'esterno.


 

"Arrivederci, Miss Ashtoreth" disse mentre Crowley scendeva i gradini, e a quel saluto il rosso si fermò, per poi voltarsi.


 

"Nanny Ashtoreth, se non le dispiace" disse prima di ricominciare a camminare verso la sua amata Bentley, che aspettava ansiosa di suonare per lui "We are the Champions" dei Queen.

TBC
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Note:

Beh, le recensioni (anzi, *la recensione*) parlano chiaro: il prologo non vi è piaciuto e la cosa ci dispiace un sacco… speriamo di avevi fatto cambiare idea con questo primo capitolo (forse troppo lungo? scusateci, insieme siamo pericolose XDD ), però, fosse anche solo per insultarci, fatevi sentire, pretty please ^^’

Noi ci stiamo divertendo un mondo a scrivere questa storia, speriamo anche voi a leggerla ;) Da MusicAddicted e Loka98


 

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Capitolo 3
*** Capitolo II: L'inganno /Lo strappo alla regola ***


10830 scuse per il ritardo!!
Finalmente abbiamo aggiornato solo che… io e Lory (soprattutto Lory) siamo pericolose insieme.. abbiamo sforato le10mila parole (10830 appunto ehhmm) a questo capitolo, solo che tagliarlo non aveva alcun senso…
Perdonateci! ^^’ ^^’

cover2



Capitolo II: L’inganno / Lo strappo alla regola

“Il tuo obiettivo è il maggiordomo, angelo. Se entri nelle sue grazie, è fatta!” lo consigliò Crowley, placidamente sprofondato in una delle poltroncine.

Chi non era affatto placido era Aziraphale, che andava da un lato all’altro della libreria, come un’anima in pena.

“Tu dici?” rispose distrattamente l’angelo, mentre guardava tra gli scaffali.

“Certo! Non per sminuire la tua posizione, ma non credere che parlerai con Mrs. Dowling, non ha tempo da perdere con la servitù di quart’ordine lei!” replicò Crowley, con fare distaccato.

“Ma sentila la nobildonna snob che si è già integrata negli alti ranghi della famiglia e ora guarda tutti dall’alto in basso!” ridacchiò Aziraphale, punzecchiandolo a sua volta. “Dannazione, ma dov’è finito?” imprecò, aprendo cassetti a casaccio.

“Angelo, non è da te parlar così!” finse di meravigliarsi Crowley. “Si può sapere che cerchi?”
“Il foulard di tartan, azzurro! Te lo ricordi quanto ti ho fatto vedere la trasformazione in giardiniere che mi hai approvato?” si agitò l’altro. “Quello è il mio portafortuna e tra meno di mezz’ora ho il colloquio!”

In effetti Aziraphale si era già tramutato in quello che alla fine aveva deciso di chiamare Fratello Francis,  mancava solo quell’ultimo tocco.


“Beh, scusa, schiocca le dita e miracolatelo addosso!” fece spallucce Crowley.
“Non ci riesco, sono troppo agitato per concentrarmi!” si lagnò Aziraphale, con un sospiro di sconforto. “Se vado senza quel foulard andrà tutto male, me lo sento!”


Crowley decise che il suo scherzetto era durato anche troppo.

“Uh, ma che strano che un tipo così quadrato e preciso come te non riesca a trovare qualcosa… davvero strano che capiti proprio a te, a cui torna sempre tutto… che hai tutto così calcolato.” borbottò  il demone, anche se le sue giocose intenzioni erano fargli arrivare delle determinate parole chiave.
L’angelo decifrò quel messaggio in codice con la prontezza di un detective.
Si diresse a velocità verso il suo piccolo studio dove teneva la contabilità e, guarda caso, trovò il suo foulard azzurro che faceva capolino tra le pagine di un libro di revisioni.


“Crowleeyyy!” ruggì, facendo ritorno nel salone, con l’obiettivo delle sue ricerche ben saldo in mano. “Che cosa ci faceva il mio foulard lì dentro?” lo aggredì, con tono di accusa.
“Ah, non lo so. Stai diventando un bel po’ disordinato, angelo…” alzò le mani il demone, con finta innocenza.

“Io ho fatto tanto per te e tu mi boicotti in questo modo ignobile!” borbottò l’angelo, offeso.
Con quei dentoni, le basettone e l’aspetto goffo era davvero difficile prenderlo sul serio, ma Crowley fece del suo meglio per non scoppiare a ridergli in faccia.

“Oh, su, era solo uno scherzo!” replicò Crowley, alzandosi per andar verso di lui.
“Beh, non sei stato affatto simpatico!” insistette Aziraphale, rimanendo sulle sue, mentre si annodava al collo il foulard con la sua consueta eleganza.
“Non è vero, io sono ssssssimpaticissssssssimo!” sibilò l’altro, per esporre meglio il suo concetto. “Talmente ssssimpatico che ti ho già fatto un piccolo favore.”
“Del tipo?” si incuriosisce.
“Del tipo che puoi pure prendertela con comoda, perché non credo si presenteranno altri candidati. Diciamo che… tutti gli altri si sono accidentalmente dimenticati il colloquio che avevano oggi!” fece un sorrisetto il bel demone.
“Oh, grazie, caro!” gli sorrise Aziraphale. “Certo, molto meno dispendioso di quello che ho fatto io per te, ma apprezzabile ugualmente.” aggiunse, con finta aria di sufficienza
“Hey! Poi chi era lo snob?” ringhiò Crowley. “Ti permetti pure di sindacare? Sono molto più pratico di te, tutto qui!” fece spallucce. “Anche se mi sono piaciute davvero le tue mille peripezie per aiutare me.” mormorò, sfoderandogli un sorriso di gratitudine.
“Spero che Gabriel non sia all’ascolto, ma… è stato divertente farle.” ridacchiò il biondo, in procinto di uscire.

“Angelo, non così in fretta!” lo raggiunse sulla soglia Crowley. “È vero, posso anche averti eliminato la concorrenza, ma gli standard dei Dowling sono altissimi. Non credo basti sapersi prendere cura delle piante…”
“Ah no?” si accigliò Aziraphale.
“No, perché il giardiniere di quella tenuta avrà spesso a che fare con il piccolo rampollo di casa e la sua salvaguardia sarà fondamentale. Il giardiniere ideale deve essere pronto ad ogni evenienza, addestrato a qualsiasi evento, anche il più inssssssidiosssoo…” sibilò, con l’intento di dargli un chiaro indizio che l’altro colse perfettamente.
“Davvero vuoi far finta che…”
“Non lo so … quante probabilità ci sono che un grosso serpente minaccioso sbuchi fuori da un tranquillo giardino privato della Gran Bretagna?” domandò con fare casuale Crowley.
“Io direi davvero  molto poche.” sorrise intrigato Aziraphale, sulla stessa lunghezza d’onda del suo amico e complice.
“Un motivo in più per fare un’ottima impressione, angelo!” ammiccò il demone. “Quando finisci il colloquio, tu cerca solo di portare il tuo intervistatore nel giardino principale; il resto lascialo fare a me!”
“Oh, caro, in che modo posso ringraziarti?”
“Cerca solo di non stringere troppo quando mi acchiappi, sai, quella trasformazione rende il mio collo molto più fragile e delicato.” mormorò la sua richiesta il demone.
“Sarà come se ti toccasse una piuma!” garantì Aziraphale, prima di allontanarsi, una volta per tutte, sentendosi già incredibilmente più rilassato a riguardo.
 
Crowley se l’era cavata a dir poco egregiamente con il suo colloquio e il minimo che Aziraphale potesse fare era metterci tutto l'impegno possibile.
Era bastato questo a fargli perdere o stato di rilassatezza tanto faticosamente acquisito.
Si era incamminato goffamente verso la tenuta dei Dowling, e non era una cosa fuori dal comune essere agitato per lui, ma in quel momento lo era più del solito, e per un motivo ben preciso: per quanto avesse ringraziato Crowley più volte per il nuovo aspetto che gli aveva procurato, quel nuovo viso e quella andatura maldestra lo faceva sentire cento volte più insicuro. Certo, non che ci si possa aspettare chissà che grande bellezza da un giardiniere, ma l’angelo era abituato a prendersi cura di sé stesso, d’altronde come aveva più volte detto all’amico, aveva un suo stile!
La sua pelle morbida era sparita sotto ad un epidermide poco curata i suoi capelli morbidi e pettinati erano crespi e mostravano delle orribili basette, il suo sorriso splendente era invece stato sostituito da dei dentoni più prominenti.
Era veramente di brutto aspetto, questo nessuno avrebbe potuto negarlo, per quanto però dentro di sé avesse l’anima di un angelo. Ma come tutti sappiamo, il biondo era troppo abituato alla materialità e alla terra, quindi anche ai suoi costumi. Gli piaceva prendersi cura del suo aspetto un bel bagno, oppure andando dal barbiere, e comprando abiti meravigliosi; quel...Francis, o come aveva deciso di chiamarsi, si insomma il suo alter ego, non aveva niente a che vedere con lui!
Forse un po’ per orgoglio personale, cercò una giustificazione che potesse coprire la sua vergogna per il suo nuovo involucro: e se con quel viso avesse fatto paura al bambino? In quel caso, non si sarebbe più potuto avvicinare al pargolo, e in quel modo solo Crowley avrebbe potuto influenzarlo, e un demone non può occuparsi anche della parte buona di quel compito. Ecco, quella sarebbe stata la scusa.
No, doveva trovare una soluzione, non avrebbe sopportato per molto quel nuovo corpo.
Si ritrovò a bussare alla porta, ancora colto dall’indecisione di poter fare la scelta sbagliata, ma appena prima che i cardini scricchiolassero, le sue dita avevano già schioccato, facendo avvenire il miracolo (letteralmente).

Paul si ritrovò a dover aprire la porta all'ennesima persona quel giorno, ma invece di ritrovarsi davanti un anziano candidato per il posto di giardiniere, vide una figura non proprio giovane, ma nemmeno troppo avanti con l’età: era dall’aria curata, capelli biondi, quasi sul bianco, occhi chiari e un sorriso nervoso, ma accidenti, che sorriso!

“S-salve” disse discreto e con la sua normale voce. “Ho sentito che state cercando un giardiniere” si ricompose dal nervosismo e continuò con il suo tono gentile.

Paul dal canto suo sapeva che di uomini così belli e affascinanti al mondo ce ne erano pochi, e anche dalla sua precedente esperienza lo sapeva bene. Ma quella che aveva davanti era proprio una visione, e all’incirca avrebbero potuto avere la stessa età. Il maggiordomo gli sorrise in maniera galante e lo fece entrare.

“Prego, benvenuto” Anche se traspariva un aura di gentilezza e ingenuità, Paul non poté risparmiarsi dal guardarlo e mangiarlo con gli occhi mentre attraversava la soglia, concentrandosi anche sul suo fondo schiena.

“La ringrazio, che casetta accogliente...piacere, sono….Francis” gli disse porgendogli la mano.
“Onorato” disse Paul portandosi la mano vicino al mento. Aziraphale arrossì, ma fortunatamente l’uomo si risparmiò dal fargli il baciamano. Solitamente un uomo lo fa come cortesia verso una donna, non di certo verso un maschio...a meno che… oh, ma no, non può essere!

“Quindi lei è qui per il ruolo da giardiniere” confermò il maggiordomo. “Bene, molto bene. Scommetto che lei ci sa fare con le piante”
“Oh, diciamo che me la cavo” gli disse alzando le spalle. “Ho una certa passione per i fiori, e per le la natura...” cominciò ad elencare tutto quello che fosse necessario per poter sembrare un buon giardiniere”
“Capisco...e mi dica, per caso ha passione anche per...altro?” disse sorridendo in maniera tutt'altro che innocente.

Aziraphale si sentì terribilmente in imbarazzo a quella strana domanda. La sua parte ingenua gli suggeriva che l’uomo non avesse in alcun modo intenzione di offenderlo oppure di rivolgergli domande sconvenienti, ma qualcosa dentro di sé gli raccomandava di fare attenzione…e non solo lui si stava preoccupando per quella situazione alquanto bizzarra: un demone, appoggiato alla parete della stanza con le braccia incrociate, si era reso invisibile ai due, e li osservava con sguardo infuriato.

“Passione per...altro?!” aveva sussurrato stringendo i pugni.

Crowley sapeva che una mano in più da parte sua non avrebbe di certo fatto male, quindi all’insaputa dell’angelo si era infilato in casa Dowling, intenzionato a monitorare la situazione.
Aveva cominciato ad infervorarsi non appena Aziraphale aveva deciso di cambiare aspetto, tornando quello di prima. Era sempre una gioia per gli occhi, ma diamine, gli accordi non erano questi!

In quel momento poi, quello schifoso maggiordomo ci stava esplicitamente provando! Ci provava con il suo Aziraphale, e bello com’era, chi avrebbe mai esitato?

“Ehm...” l’angelo si tirò leggermente indietro. “Io non capisco..” disse quasi arrossendo.
“Per i libri, ad esempio. Noto che nella sua borsa ne ha uno" continuò Paul.

Lo sguardo del biondo si illuminò sentendo la parolina magica, e inondò la stanza di luce.

“I libri? Oh, io adoro i libri!” aveva detto con una voce che avrebbe sciolto i ghiacciai.
“Oh davvero? Si dà il caso che anche io li adori” disse il maggiordomo come a constatare una delle più innocenti coincidenze.
 
“Cosa?” sibilò il demone. “I libri? Merda! Io sono fregato da questo punto di vista!” ragionò mentre si avvicinava. “Aziraphale, non farti far fesso da questo asino, probabilmente non ha mai letto un libro che non fosse il manuale di ricette!” tentò di sibilargli all'orecchio, anche se il miracolo fatto poco prima non lo avrebbe fatto sentire da nessuno.

“Oh che bello” disse Aziraphale, convinto che quell’argomento in comune fosse tutto tranne che calcolato e pensato a proposito.
“Sa, la padrona di casa sta addormentando il bimbo, forse nell’attesa che sia pronta per il colloquio potremo prendere una tazza di tè, magari posso mostrarle la mia libreria”

A Crowley quasi partì un urlo isterico.

“Il bimbo? Dorme così presto?” chiese l’angelo.

“Ehm, si, è molto capriccioso ultimamente, e si stanca a furia di urlare, ha parecchio fiato nei polmoni”

“Maledetto schifoso! Il bambino è fuori con la cameriera, che diamine sta facendo?!"

“Ah, capisco...beh allora, in questo caso...” iniziò Aziraphale torcendosi le mani.
“No, angelo, no! Non lo fare!”
“Accetto volentieri!”
“Noooo!” disse mettendosi le mani tra i capelli. “Se solo ti azzardi a mettergli le mani addosso-”

Ma era troppo tardi, e Paul aveva offerto un braccio ad Aziraphale come se fosse una donna...parecchio strano come comportamento, aveva pensato il biondo.

Il rosso intanto li seguiva, mordendosi una mano.
 
“Abbiamo diversi infusi di tè, e la cuoca ha appena preparato delle ottime paste, ne gradite un po?”
Prenderlo per la gola! Che mossa ovvia, ma allo stesso tempo efficace.
 
“Volentieri, lei è molto gentile signor...”
 
“Paul, mi chiami Paul caro”

“Caro?!” sbottò il demone. “Quello è il mio soprannome, e Aziraphale lo può usare solo con me! Non esiste che qualcun altro lo chiami in quel modo!”
Una volta arrivati in una saletta molto elegante, il maggiordomo chiuse le porte, assicurandosi di non essere disturbato da nessuno. Aziraphale si accomodò su una delle quattro sedie del tavolo, e senza farsi sentire, Crowley si sedette al suo fianco.

Paul portò un vassoio d’argento con poggiate sopra paste al cioccolato, alla crema, alla frutta e ad Aziraphale venne l'acquolina in bocca. Vederlo mangiare era uno spettacolo, anche Crowley rimaneva ad osservarlo spesso da sotto gli occhiali scuri.

L’angelo optò per un pasticcino alla pasta frolla e crema al cioccolato, mentre il maggiordomo gli riempiva la tazzina.
“Dunque, mio caro...”

“Ancora con quel mio caro?! Io ti strappo la lingua!” lo minacciò.


"Mister Francis ho detto bene? Proprio un bel nome, bel portamento, sicuramente chiunque porti un nome del genere non può non essere di bell'aspetto...e non mi sbaglio mai infatti" ridacchiò.


"Ah davvero, non ti sbagli mai? Ma che viscido!" Borbottò Crowley cercando di afferrare un pasticcino con l'intento di centrare il suo naso, finendo però con l’attraversare la pasta con le dita.
"Ah già, sono immateriale" mugugnò scocciato per il suo stesso miracolo.
 
"Oh, è solo un vecchio nome di famiglia, non è niente di che" asserì Aziraphale alzando le spalle.
"Una famiglia molto fortunata"
"Era il nome di mio nonno" mentì Aziraphale. "Anche lui era un giardiniere"
 
"Cosa? Aziraphale gli dai pure corda? Sta zitto e va’ a fare quel colloquio, non perdere il tuo tempo con questo pinguino!" Lo rimproverò il demone.
"Ah! È colpa mia che gli ho detto di ingraziarsi il maggiordomo! Idiota! Ma come potevo pensare che a questo damerino piacessero gli uomini? Anzi, sai cosa? È colpa tua Aziraphale, avresti dovuto tenerti quell'aspetto! Io mi ero raccomandato!" Parlò al vento.
 
Intanto la conversione da parte di Paul continuava.
"Sa, anche io adoro i fiori, le piante...sono cresciuto in campagna, quindi ne ero circondato. Ho badato per anni all'orto insieme a mio padre, non potevamo siepi a forma di cigno, ma la natura è una cosa meravigliosa "
 
"Ma che diamine stai dicendo? Mi hai detto di essere nato in città da una stirpe di maggiordomi!" Disse Crowley ricordando una parte della conversazione avuta con l'uomo al precedente colloquio.
"Oh, capisco, dev'essere stata dura, occuparsi di certi lavori fin da piccolo" l'angelo addentò una pralina.
"Oh, non fu così terribile. Ora qui si sta davvero bene...e da oggi credo che le cose miglioreranno" Alzò le sopracciglia.
 
"Er…" Aziraphale cominciò a rendersi conto di quello a cui Paul si stava riferendo. Ci stava palesemente provando.
 
"Mi dica, Francis...lei ha famiglia?" E ancora ci provava.
 
Crowley sbatté un pugno sul tavolo, anche se nessuno sentì alcun rumore o vide le stoviglie muoversi.
 
"I-io? Beh...ognuno di noi ha una famiglia" una risposta vaga sarebbe stata la migliore.
"Oh, sua moglie deve essere veramente fortunata" ma Paul non era d'accordo, e aveva tentato un approccio più specifico.
 
"Ma che cazzo? Siamo in un film?!" Disse Crowley togliendosi gli occhiali da sole. "Aziraphale ti prego non dire-"
 
"I-io non ho moglie" disse innocentemente.
 
"Cazzo! Ma che ti ho appena detto?!"
 
"Mi scusi, non volevo entrare in questioni così intime…" si finse dispiaciuto Paul, notando che le cose stavano andando proprio come voleva lui.
"Oh, non si scusi, nessun problema" la gentilezza di Aziraphale gli diede strada libera per continuare.
"Lei è veramente gentile...e così a modo. Un vero gentiluomo...allora posso azzardarmi a parlare di una fidanzata?" Chiese mentre gli porgeva un pasticcino alla crema.
 
L'angelo arrossì, sentendosi ogni secondo sempre più a disagio.
"Mh...beh...f-forse una specie…"
 
Paul sperava di non dover primeggiare con nessuno, ma allora forse qualcuno c'era!
 
"Una specie?" Ripeté accigliato.
"Ci sarebbe una persona…" disse timidamente alzando le spalle.
 
"Cosa?" Disse Crowley girandosi verso di lui. Una persona? E chi diamine era? No, non due! Poteva forse tenere a bada quel pinguino arrapato ma non due persone! Non sapeva nemmeno chi fosse, perché non gliene aveva mai parlato?
 
"Non ha una bella relazione con questa persona?"
Paul tentò la tecnica dell'amico psicologo, anche se la sua istruzione si fermava ad un semplice diploma e non poteva certo definirsi amico di Aziraphale, anche se era segnato come prossimo obiettivo sulla lista.
 
"Oh, mi creda...per ora è una relazione stupenda, ma non credo che sia... corrisposta, da quel punto di vista se capisce cosa intendo"
 
"Quindi...siete amici?" Affondò la vanga Paul.
"Oh, molto. Una profonda amicizia" annuì il biondo.
"E lei non crede che la ragazza possa ricambiare?"
"Veramente... è un lui" Aziraphale non avrebbe dovuto rivelarsi in tutta la sua personalità con uno sconosciuto, ma non sapeva il perché, lo aveva fatto comunque.
Bingo!
 
"Cosa?!" Crowley guardò Aziraphale. "Ti confidi con uno sconosciuto e non con me?! Ma che...ma che cazzo! Io dovrei essere il primo saperlo! Va bene, ammetto che si vede lontano un miglio, ma..ma che cazzo!" Crowley era a dir poco viola di rabbia.
 
Paul seppe così di avere un'occasione, una volta che il biondo rivelò la sua omosessualità.
 
"Ah, capisco...e lei lo ama?"
 
Aziraphale abbassò lo sguardo arrossendo.
 
"Amarlo...che domanda complicata. Vediamo io...mi sveglio la mattina e passo la giornata come tante altre. Lavoro, e nel tempo libero passeggio, leggo, mi piace provare le nuove pasticcerie, girare per il parco...e poi all'improvviso lo vedo. E non riesco a levarmelo dalla testa per i successivi tre giorni. E nemmeno dopo, non riesco a non pensare a lui. Quando ci passo il tempo mi sento me stesso, sono in pace con il mondo...tutto prende un colore più brillante"
Crowley dal suo iniziale stato di rabbia, aveva cominciato ad ascoltarlo, preso dalla sua voce.
 
"Quindi mi sta chiedendo se io amo questa persona" si morse il labbro per qualche secondo prima di annuire. "Si, lo amo...lo amo tantissimo"
 
E improvvisamente... illuminazione. Era una bugia per levarsi di mezzo quel frac con le gambe! E bravo Aziraphale!
Crowley però non poté fare a meno di rimanere incantato dalle sue parole, come se...in qualche modo fossero dirette a lui. Ci pensò, per qualche secondo, prima di riporre completa fiducia nel fatto che Aziraphale avesse detto una bugia per levarsi Paul di torno. Ma... l'immaginazione può aiutare tanto, e per qualche secondo si immaginò che quelle parole fossero per lui, e non per un amico immaginario.
 
"Deve essere un sentimento molto bello da parte sua...ma lui quindi non ricambia se ho capito bene"
 
Crowley, prima incantato dal viso di Aziraphale, si girò verso quel damerino.
"Dopo tutto quello che ti ha detto gli chiedi ancora se è disponibile sulla piazza? Che verme!" Commentò acido.
Aziraphale non seppe cosa dire, quindi si limitò ad annuire.


"Ma...cosa? Angelo, perché non hai detto di si? Te lo saresti tolto dalle palle definitivamente!" Era la base no? Quando qualcuno ci prova spudoratamente e non si è interessati si può optare per la mossa del fidanzato, anzi, specialmente le donne usano la scusa dell'omosessualità!
"Ah, mio caro Aziraphale, non sai proprio come si mente!" Disse attraversando la sua spalla con la mano nel tentativo di dargli una pacca affettuosa.
 
Aziraphale capì che era il momento di cambiare argomento, altrimenti la situazione sarebbe a dir poco degenerata. Si schiarì la gola, e chiese gentilmente a Paul se potesse controllare la disponibilità di Miss Dowling. Si stava facendo tardi, e in poco tempo non ci sarebbe stato abbastanza tempo per il colloquio. Inoltre Crowley starà aspettando il suo arrivo!
 
Non ci fu da sorprendersi, Paul ne rimase deluso, ma non poté dargli torto, lo stava trattenendo da troppo tempo, e non avrebbe potuto fare aspettare troppo la padrona di casa, altrimenti si sarebbe arrabbiata, e magari non avrebbe fatto più assumere quel bocconcino.
 
"Subito, mio caro"
 
"Potresti ritrovarti senza ciò che ti rende uomo biologicamente, se non la pianti con quel nomignolo. E dire che l'evirazione non è stata una mia idea!" Borbottò il rosso.
 
Aziraphale intanto rimase da solo nella stanza, e in quei pochi minuti si lasciò andare ad un sospiro e crollò sulla sedia con le braccia aperte.
 
"Mamma mia, che situazione" evidentemente deve essersene reso conto finalmente.
 
"Ah, non dirlo a me angelo" disse Crowley incrociando le braccia. "Spero solo che tu non sia così ingenuo da cascarci ancora"
 
"Quell'uomo è proprio... fastidioso. Gentile, ma fastidioso"
 
"È perché sei troppo bello, hai fascino sei intelligente, sfido chiunque a non provarci con te. Solo che non ho mai dovuto fronteggiare un rivale tanto sfrontato…" si passò una mano tra i capelli.
Stavano avendo come una conversazione, anche se Aziraphale non poteva sentirlo.
 
"Io mi chiedo perché certi uomini facciano certe avances in modo così... così molesto. Forse...forse non è stata una buona idea cambiare aspetto"
 
"Ah, ma davvero?" Ironizzò l'amico. "Ma che scoperta! Non ci sarei mai arrivato che tutto fosse dovuto al tuo bel faccino!"
 
"E poi non è rispettoso verso Crowley. Lui insomma...mi ha aiutato, non posso deluderlo, forse dovrei tornare agli accordi originali"
 
Crowley rimase colpito, e gli sorrise.
 
"Ne sono felice amico mio. Anche se devo ammettere che sarà una sofferenza non vederti con quel tuo visino fino a sera...ma ci farò l'abitudine per i prossimi anni. Sempre che tu sia in grado di passare il colloquio" alzò le sopracciglia. “Ma non temere, in qualche modo ti aiuterò io” gli disse attraversandolo di nuovo con la mano.
“Ancora immateriale Crowley, ancora immateriale” si ripeté come una cantilena cercando di ricordarsi del suo miracolo.
 
"Oh, su forza…" si fece coraggio il biondo. Si toccò le guance, e si godette per gli ultimi secondi l'assenza delle basette. "Oh, al...al diavolo!"
 
"Ah, e questa da dove viene?" Ridacchiò l'altro appoggiando il viso sulla mano destra.
 
Il biondo schioccò le dita in un gesto ormai familiare, e a malincuore tornò lo stesso giardiniere che Crowley aveva in qualche modo creato.
 
"Ah...mio Dio, dammi la forza. Oh ma andiamo che dico, sono un angelo, non mi dovrebbero interessare cose così materiali e futili come l'aspetto fisico"
 
"Sei un cultore del piacere e della bellezza a modo tuo Aziraphale, l'ho sempre saputo. Hai sempre tenuto molto all'aspetto, ai vestiti, e al cibo...non è una cosa così nuova. Ma sai una cosa? Ti trovo lo stesso affascinante, anche così, so che sotto questo aspetto trascurato si nasconde l'angelo più bello del mondo"
 
Purtroppo, Aziraphale non sentì niente di tutto questo. Perché trovava il coraggio di dire certe cose solo in momenti come questi?
Diamine. Se solo avesse sentito.
 
Passarono pochi secondi, prima che la porta si aprisse, e Paul entrò, annunciando la presenza del candidato alla padrona di casa, che entrò prima di lui.
 
"Mrs. Dowling, lui è il sign…" inutile dire che l'uomo rimase a dir poco senza parole.
No, non può essere…
Al posto della bellezza che aveva lasciato nella stanza qualche minuto prima, c'era un uomo più vecchio e rotondo, con basette a dir poco spiacevoli e denti sporgenti.
Ma che diamine era successo?
 
"Mister Francis, mia cara" si presentò alzandosi.
La donna era tutt'altro che disturbata dall'aspetto dell'uomo, era sempre stata educata con sani principi che le suggerivano di andare oltre l'aspetto di una persona.
"Molto piacere Mister Francis" disse avvicinandosi. "Quindi lei è qui per il colloquio, se vuole seguirmi possiamo andare verso il giardino, gradirei esaminarla sul campo... letteralmente" ridacchiò.
 
"Oh, nessun problema, anzi, meglio! Molto meglio!" Raccogliendo le sue cose, andò verso la porta, e seguì Miss Dowling verso il giardino. Paul tenne la porta per tutto il tempo, e guardo Aziraphale con occhi spalancati.
Una volta che uscirono in giardino, Paul rimase sulla soglia e tentò di riprendersi, cercando di capire dove avesse sbagliato.
"Ma che...lui non...che diamine è successo?" Si massaggiò la testa.
 
"Mph. Il mio angelo ti ha infinocchiato eh? Mi dispiace, ma ora non credo più che ti attiri così tanto in quelle vestì" il demone prima di raggiungere l'amico nel giardino decise di prendersi gioco del rivale.
 
"Forse ho bevuto troppo…ma no, deve esserci una spiegazione razionale! Prima era in un modo e ora in un altro! No, devo capire che cosa diamine sia successo!" Disse determinato. "Anche così, devo indagare. Sicuramente è un illusionista...e...lui vuole solo stuzzicarmi, ma certo! E un altra cosa è certa. Paul Taylor non si arrenderà oggi, e nemmeno domani!"
 
"Ah...sei così ostinato? Beh, lo sono anche io" disse Crowley guardandolo in cagnesco. " E lui...è mio. Mio e basta. Non te lo mollerò mai!" disse sibilando, e con uno schiocco di dita fece in modo che un improvviso mal di pancia fulminante facesse scappare il maggiordomo verso i bagni, e in quel modo non li avrebbe raggiunti prima di qualche breve, ma dolorosissimo minuto. Forse farlo licenziare da un momento all'altro non era proprio una buona idea... l'avrebbe tenuta come strategia di riserva.
 
"Per Satana, sto diventando troppo buono" disse rimettendosi gli occhiali da sole e ciondolando verso il giardino per la prossima parte del loro piano.

“Ma si può sapere dove si è cacciato quel buono a nulla?” brontolò Mrs. Dowling, percorrendo il numero indefinito di corridoi che portavano al giardino, con il suo ospite al seguito, che arrancava un po’ nello starle appresso.

Aziraphale si fece una nota mentale di tracciarsi una mappa di quella tenuta, quantomeno una magica o si sarebbe perso un numero imbarazzante di volte.

“Immagino si riferisca al Maggiordomo, non è così? Io credo che possiamo anche fare a meno di lui, per mostrarmi le vostre piante, i fiori e le eventuali coltivazioni.” propose Aziraphale, certo di farsi notare per la sua buona volontà.
Ma non aveva ancora imparato a conoscere Mrs. Dowling, evidentemente.

“Oh certo, Mister Francis, perché davvero lei è convinto che con queste Jimmy Choo da seicento dollari io mi addentrerò per i terreni, per mostrargli semi, bulbi, attrezzi per lavorare la terra e quant’altro?” gli fece notare lei, stizzita.

“Oh no, Milady, non intendevo certo questo!” corse ai ripari l’angelo. “Non ci resta che attendere il buon Paul, allora, sono certo che non tarderà oltre” rassicurò la donna, nascondendo la mano che schioccò le dita.

Trafelato e pallido come un cencio, domandandosi quale fosse il misterioso impulso che gli avesse già fatto lasciare il bagno, quando in realtà ci avrebbe sostato volentieri molto più a lungo; un Paul che decisamente aveva conosciuto giorni migliori si presentò al loro cospetto, prima di far strada al nuovo arrivato nel maestoso giardino.
“Meno male che non gli ho causato dolori di stomaco più permanenti! “ si rallegrò Crowley, osservandoli arrivare da lontano, per quanto non sopportasse quel rivale.

Continuò a seguirli indisturbato, attendendo l’attimo più propizio per concentrarsi e mutare forma e sembianze.

Ormai il suo momento stava per arrivare.
Aziraphale camminò più di quanto in cuor suo desiderasse, perché il giardino si estendeva per una lunghezza davvero considerevole, diviso per gradoni, scalinati, rialzi e aiuole.
C’erano ogni genere di piante e fiori, anche fra i più ricercati.
Ovviamente, Mrs. Dowling si limitò a rimanere sulla parte asfaltata, lasciando che fosse Paul a farlo avvicinare ai terreni.

“È davvero un posto incantevole. Sarà a dir poco un piacere lavorare qui.” sorrise a Mrs. Dowling Aziraphale, mentre passeggiavano.

La donna si schiarì la voce con un finto colpo di tosse.

“Lei corre un po’ troppo per i miei gusti, Mister Francis. Le ricordo che il colloquio dobbiamo ancora sostenerlo. Questo è solo un giro di ricognizione, tutto qui.” precisò la padrona di casa.

“Oops, mi perdoni, temo di aver peccato di ottimismo!” ridacchiò imbarazzato l’angelo. “Sarà il caso di iniziarlo questo colloquio allora.” la esortò.

Mentre stavano per tornare all’inizio del giardino, sentirono un rumore di un fruscio provenire da uno dei cespugli di fronte a loro.

“Fermi tutti, cosa sta succedendo?” si insospettì la Signora, continuando a fissare il cespuglio che si muoveva.


Qualsiasi cosa fosse, sembrava molto grosso.
Ci fu ancora qualche rumore di assestamento, prima che da quel cespuglio sbucasse un grosso e lungo, molto lungo, serpente verde scuro con venature argentate, dall’aria inquietante.
“Oh, mio dio, ma quello è un pitone!” strillò Mrs. Dowling, terrorizzata. “Paul, me lo spieghi cosa ci fa un pitone qui a Londra?”

- Buon cielo, Crowley, sei il solito esagerato! – alzò gli occhi Aziraphale, non visto.

Per tutta risposta, prendendosi una confidenza che non gli competeva nemmeno, Paul si strinse a Mrs. Dowling, non riuscendo a sopprimere un urletto per nulla virile.
“Paul, ma cosa fai? Muoviti, va’ a catturarlo” sbraitò lei, spintonandolo via da sé, in malo modo.

Come se non aspettasse altro, il serpente, rimasto fermo e sollevato a osservare l’intera scena, meditando la prossima mossa; appena il maggiordomo si trovò in quella posizione favorevole si precipitò nelle sua direzione, arrivando a sforargli le scarpe, prima di innalzarsi con un sibilo particolarmente minaccioso, mentre spalancava le fauci.

“Aaahhhhh!” strepitò Paul, correndo per arrampicarsi sul primo albero disponibile.

Aziraphale dovette mordersi l’interno della guancia per non scoppiare a ridere.
“Ma, insomma, Paul, un po’ di contegno! Che figura mi fai fare col nostro ospite!” lo rimproverò Mrs. Dowling, inviperita.
Di questo passo, qualcuno a fine mese si sarebbe visto lo stipendio decurtato.

“Mi perdoni, Signora, ma alla scuola per Maggiordomi nessuno ci ha insegnato come gestire questo tipo di emergenze!” piagnucolò, rimanendo appollaiato al primo ramo sufficientemente robusto da reggerlo che era riuscito a trovare.

Aziraphale decise che era arrivato il momento di agire e ricoprirsi di meritata gloria.

“Suvvia, non vedo tutto questo dramma. In fondo, è solo questione di mantenere i nervi saldi e avere un po’ di polso.” commentò, andando in direzione del serpente con fare impavido.

“Mister Francis, no! Si allontani! E’ pericoloso!” gli intimò Miss Dowling.

Senza starla ad ascoltare, Aziraphale fissò a lungo il serpente in quei suoi grandi occhi gialli, così magnetici e familiari, prima di prenderlo con entrambe le mani, con estrema delicatezza – come aveva promesso - sollevandolo da terra.

“Vieni qua, amico mio, pare che la tua presenza non sia gradita qui,” commentò ad alta voce, con il preciso intento di farsi sentire.

Mrs. Dowling lo osservava ammirata, mentre lui si allontanava con il pitone, che nel frattempo si era avvolto attorno al suo punto vita, in più spire.

Solo quando fu certo di essere in un punto lontano a sufficienza affinché nessuno lo sentisse, Aziraphale si sentì libero di parlare apertamente con quel serpente.

“Un pitone, Crowley? In un tranquillo giardino Londinese? Non ti sembra di aver esagerato un po’?” rimbrottò.

Il serpente si issò dal suo busto quanto bastava perché il suo testolino raggiungesse l’orecchio dell’angelo.


“Cossssì almeno sssssiamo andati ssssul ssssicuro!” sibilò in risposta Crowley, con un linguaggio che l’altro poteva comprendere benissimo.

“Capisco…” si arrese nel dagli ragione Aziraphale. “Solo che… non è che potresti stringerti a me un po’ meno? Pesi un po’, lo sai?” aggiunse, camminando a fatica per portarlo al muretto che delimitava il confine del giardino con la strada


“Come ossssi? Io sssssssono una piuma!” sbottò Crowley, offendendosi e stringendosi più a lui di proposito.

“Ooh! Sei una piuma nella tua forma umana, caro, ma di certo non adesso. E poi scusa, non ci osserva più nessuno, potresti anche tuffarti a terra e andarci da solo sul muretto!” gli fece notare.
“Naaaah, preferissssco sssstare qui. Metticimi tu sssul muretto!” lo spronò Crowley.

L’intento era rendersi dispettoso come al suo solito, ma la verità è che così avvinghiato a lui Crowley ci stava davvero bene e non avrebbe mai voluto separarsi.

- Certo che ssse potesssssi farlo in forma umana, sssstare cossì sssstretto a lui, abbracciati… - fantasticò a occhi aperti il demone rettiliforme, prima che giungessero a destinazione.

“Vieni qua, serpente viziato!” ridacchiò divertito Aziraphale, sciogliendogli con pazienza le spire per liberarsi e prendendolo con dolce fermezza fra le braccia, prima di adagiarlo sul muretto.

“Grazie di tutto, caro, ci vediamo stasera!” gli sorrise Aziraphale, prima che Crowley si dileguasse.
O almeno era quel che credeva l’angelo.


Fece ritorno dalla padrona di casa, con un’andatura che trasudava orgoglio.
Quando la vide, si accorse che anche Paul era sceso dall’albero, riuscendo a recuperare la sua postura impeccabile e composta.
Un po’ difficile, con uno sbrego nella parte centrale de pantaloni, che cercava di coprire con le mani come poteva.
Aziraphale combatté l’impulso di mettersi a rotolare a terra dal ridere e si rivolse a una Mrs. Dowling che si sforzava di credere che non ci fosse nulla di anomalo nel suo maggiordomo, anche se le occhiate al vetriolo che gli lanciava di traverso un po’ la tradivano.
“Tutto sistemato, Mrs. Dowling, ci siamo liberati di quel simpatico intruso che ha solo la colpa di aver peccato un po’ troppo di curiosità. In fondo si tratta soltanto di vermoni un po’ cresciuti, ma che alla fine sono più buoni di quanto non si creda!” ridacchiò il biondo. “Ora possiamo cominciare il colloquio.” le sorrise affabile, sfoderando i finti dentoni.

“Non credo proprio. Per me il colloquio è già finito.” sentenziò seria la padrona di casa, per poi aprirsi in un confortante sorriso. “Lei è assunto, Mister Francis. Dopo quanto ho visto non ho più alcun dubbio a riguardo. Con lei al suo fianco so che il mio Warlock sarà sempre al sicuro!”
“Oh, non sa quanto!” sorrise fiero il futuro Giardiniere di Casa Dowling.
“Farò preparare al più presto la sua stanza, confinante a quella di Miss Ashtoreth!” garantì la donna.
Aziraphale sorrise ancora di più.

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“Crowley, sei già qui?” lo cercò Aziraphale, ormai tornato alle consuete sembianze, entrando in libreria.

Sarebbe rientrato anche prima, ma Mrs. Dowling aveva insistito tanto che si intrattenesse con lei a bere un tè… poco importa ne avesse già preso uno in precedenza, con Paul. Aziraphale avrebbe potuto bere anche dodici tè al giorno, senza sforzarsi nemmeno più di tanto.
 E poi non appena aveva visto gli invitanti biscotti al burro che lo accompagnavano, adagiati sull’elegante alzatina in ceramica preziosa, rifiutare era diventato ancora più impossibile.

Si addentrò per ogni stanza, ma di Crowley non c’era alcuna traccia.

Provò a cercarlo anche sul retro, fuori in strada, se magari stava per sopraggiungere in lontananza. Nulla.


- Sì, okay, avevamo concordato di incontrarci alle 18:30 e sono le 19:00 passate, ma… mica se ne sarà andato via? Ma nooo, probabilmente dovrà ancora arrivare. E’ di Crow-sono sempre in catastrofico ritardo- ley che sto parlando! – fece le sue considerazioni.
Perché se lo ricordava bene, qualche sera prima Crowley stesso gli aveva raccontato di com’era riuscito ad arrivare in ritardo anche la notte in cui gli avevano consegnato l’Anticristo.
Pensare a quello gli portò alla mente anche che già solo il giorno prima Crowley quel bambino così importante per il destino dell’umanità aveva modo di rivederlo una seconda volta, mentre Aziraphale poteva solo fantasticare su che aspetto avesse , molto poco aiutato dalle non troppo entusiastiche o dettagliate descrizioni di Crowley che si riducevano a ‘Bbbaahh… due occhietti, due braccine, due gambine, niente zoccolini.’

Crowley gli aveva confessato che quella famosa notte aveva avvertito l’energia negativa di Hastur e Ligur per tutto il tempo, probabilmente non dovevano essere stati molto felici di attendere i suoi comodi.

- Quindi, se ha tardato pure in un’occasione così solenne, figurarsi perché sarebbe dovuto arrivare in orario a una meno importante come oggi. – giustificò così la sua assenza, decidendo di attenderlo con la lettura di un buon libro.

Stava per prenderne uno lasciato aperto sul tavolo, quando sentì un piccolo fruscio, appena prima di avvertire un dolore lancinante alla caviglia destra.
Forse perché qualcosa la stava mordendo. O meglio, qualcuno, qualcuno che ora appariva sotto forma di piccolo serpente corallo, dalle striature rosse e nere, ma dagli occhi inconfondibili.

“Quessssssto è perché ssssssei in ritardo!” gli rimproverò Crowley, prima di affondare le fauci nella morbida e nivea carne per la seconda volta.

“Ouch!” si lamentò Aziraphale, provando a scostarlo da sé, ma senza successo.

“Quesssssto è per avermi dato del vermone troppo cresssssciuto ma ssssoprattutto buono!” spiegò oltremodo disgustato, prima di tornare con le sembianze umane, ma non per questo lasciando la presa su Aziraphale.
Steso a terra, Crowley gli cingeva la caviglia con entrambe le mani.

“Ma cos…?” protestò il biondo.

“E questo è perché hai osato toglierti parte del travestimento per fare lo svenevole con quello sssssstramaledetto maggiordomo! Come hai ossssato?” sfuriò prima di morderlo con la sua bocca umana.

“Ouuuch! Questo fa ancora più male!” piagnucolò Aziraphale, mentre finalmente Crowley lo lasciava andare.

“E ringrazia la tua buona stella che ho scelto di non rendermi un serpente velenoso!” disse Crowley, rialzandosi, mentre Aziraphale si massaggiava i segni dei morsi.

Chissà perché, non gli andava di miracolarli via.
“Hai ragione, caro, me la sono cercata, non sono stato un modello di virtù…” riconobbe il biondo.
“Uh beh.. forse anch’io ci sono andato giù un po’ troppo pesante come reazione…” si grattò la testa il demone, un po’ pentito di aver agito così d’impulso. “Ti ho fatto tanto male, angelo?”

“Uh? Nooo, magari un pochino all’inizio, ma nulla di insopportabile e nulla che non meritassi… e poi era piacevole avere la tua testa fra le mie gambe!” rispose un po’ sovrappensiero Aziraphale, mentre era ancora impegnato a darsi sollievo alla caviglia mezza mangiucchiata.

Crowley era così sconvolto da quella riposta che per poco non ridiventò serpente.

“Ch.. che coooossssa hai detto, angelo?” sgranò gli occhi gialli fino all’impossibile, con un sorriso storto che gli contorceva il volto.

Fu allora che Aziraphale si rese conto di quello che aveva detto e divenne più rosso dei capelli della sua presunta nemesi.
“Noooo, intendevo… il solletico dei tuoi capelli sulle mie caviglie… quello era piacevole!” si affrettò a chiarire, prima che alla mente gli tornassero altri fatti importanti.

“Fermo un attimo! Tu come sapevi che ho tolto i dentoni… come sapevi di Paul?”
“Ohh siamo già a ‘Paul’ adesso?” ringhiò Crowley, coprendosi l’espressione gelosa marcia con i suoi provvidenziali occhiali scuri.

“Ma è il suo nome, scusa! Come lo dovrei chiamare?” si accigliò Aziraphale, perplesso.

- Perché se la deve prendere tanto poi? –
“Stupido maggiordomo, così lo devi chiamare!” perorò la sua causa il rosso, estorcendogli un sorriso che però non durò.
“E poi hai sentito quello che ho detto alla fine a Mrs. Dowling. A proposito, caro il mio demone snob, visto che c’era anche lei, altro che servitù da quattro soldi!” gli rinfacciò, con l’ego che si prendeva la sa rivincita, prima di tornare in modalità di accusa. “La verità è che tu mi hai spiato per tutto il tempo!”
Era così contrariato da questo fatto da non avere il tempo di far mente locale su tutto ciò che lui aveva detto quel pomeriggio.
“E dài, angelo, non vorrai metterti davvero a litigare? Te lo ricordi perché siamo qui, che cos’è successo oggi?” ricorse alle sue arti persuasorie l’astuto demone.
E funzionò perché Aziraphale recuperò subito la sua consueta serenità.
"Beh, direi che ce l'abbiamo fatta alla grande!" Disse orgogliosamente Aziraphale. "Batti il cinque" sorrise alzando il palmo verso il demone.
"Un cinque?" Disse levandosi gli occhiali. " Dopo seimila anni mi vuoi dare un cinque?"
"Perché, cosa dovrei- oh!" Si ritrovò stretto in un abbraccio amichevole.
"Così si fa! Congratulazioni topo da biblioteca, ce l'hai fatta!" Gli diede qualche pacca sulla schiena. In quel contatto forse troppo inusuale Aziraphale ci trovò tante emozioni contrastanti, per la maggior parte bellissime.

- È vero, oggi pomeriggio mi si è avvinghiato addosso come serpente ed è stato piacevole, ma averlo adesso così abbracciato è… non posso avere il suo potere di bloccare il tempo?- rimuginò, godendosi più che potesse quell’effimero abbraccio.

"Beh, congratulazioni anche a te, vecchia serpe!" Esclamò con una risata.

Mentre si allontanavano le loro guance si toccarono per qualche secondo, e Aziraphale sorrise, avendo voglia nuovamente di fermare il tempo in quell’esatto momento.

"Beh, direi che è proprio ora di festeggiare" Crowley si tolse le scarpe per stare più comodo e si abbandonò su una delle poltrone.
"Sono d'accordo" disse Aziraphale guardandosi attorno. "Tu per caso vedi i cioccolatini? Quelli che tengo in quel coso decorato a mano"
"Cioccolatini? Non è una festa di compleanno! Tira fuori gli alcolici"
"Beh, ma in qualche cioccolatino c'è dell'alcol" si giustificò il biondo. "Che cosa gradisci? Abbiamo vino, del gin, e del brandy" camminò verso la cucina.
"Tu mi conosci, sai che cosa voglio"
Disse stiracchiandosi.

Dopo qualche secondo, Aziraphale tornò nella stanza con due bottiglie di vino, una di spumante e uno di rosso, il preferito di Crowley.
Gliene versò un bicchiere, prima di prendere il suo e di proporre un brindisi.
"Beh, al nostro nuovo lavoro, angelo" disse facendo toccare i due bicchieri. "Devo dire che sei stato alquanto bravo, mi hai stupito," bevve un sorso di vino. "Non ti avrei mai pensato capace di certe cose, sviare altri candidati, inventarti delle storie, come quella del finto fidanzato"

Aziraphale per poco non sputò a terra il suo vino.
"C-come? Che hai detto?"
"Ma sì, quella cosa che hai raccontato al maggiordomo. Quel tipo ti faceva una corte a dir poco vergognosa. Almeno hai avuto la decenza di inventarti quella storiella" prese un altro sorso. "Altrimenti non te lo saresti tolto di dosso nemmeno in un milione di anni"
"Mmmh-" deglutì a fatica. "Non era così grave la situazione"
"Cosa? Quello per poco non ti metteva le mani addosso! Tu non sei proprio in grado di capire quando la gente vuole solo quella cosa"
"Quella cosa...cosa?" Chiese confuso Aziraphale.

Crowley sorrise, e con l'indice e il pollice formò un cerchio, per poi infilarci dentro l'altro indice, in un gesto che non può essere frainteso.
Aziraphale ci pensò qualche secondo prima di mutare la sua espressione in una a dir poco scandalizzata.
"Oh per tutti i miei libri!"
"Sai, quando fai quel tipo di esclamazione mi sembri tanto un personaggio dei cartoni animati. Lasciati andare a qualcosa di più pesante!" Lo incitò il demone.
"Tu intendi...che lui voleva…"

Aziraphale ancora non ci credeva. Pensava forse ad un infatuazione, ma non ad una cosa del genere. Lui d'altronde non si era mai reputato una bellezza, quindi non pensava che certe occhiate nei suoi confronti potessero mai arrivare.

"Te ne accorgi solo ora? Angelo, dovresti renderti conto che non è una cosa così inusuale metterti gli occhi addosso"
"Mettermi gli occhi addosso?" Ripeté. "Ma...non è possibile"
"Non è una novità. Sei un bell'uomo, non c'è da stupirsi" intanto dentro al suo corpo si stava scatenando una guerra, quelli erano veri e propri apprezzamenti e non erano previsti! Erano venuti fuori dalla sua bocca senza che lui lo volesse.

Aziraphale si sentì a dir poco lusingato, ma nella sua ingenuità non pensò che quei complimenti fossero partiti da Crowley perché effettivamente il rosso lo trovasse bello da morire, o perché fosse innamorato di lui; pensava più ad una constatazione, ad un commento oggettivo.

Sfortunatamente, o per fortuna, Aziraphale non li prese come un complimento da innamorato.
Non che Crowley non fosse interessato al mettere in pratica con Aziraphale ciò che aveva mimato con le dita poco prima, ma era un lato secondario.

"Ti ringrazio...quindi ora che dovrei fare secondo te?"
Non capitava molto spesso che Aziraphale gli chiedesse dei suggerimenti.
"Con lo stupido maggiordomo? Beh... innanzitutto, stagli lontano più che puoi. A tal proposito, giusto per aiutarti, ho fatto in modo che le nostre stanze siano vicine, e il più lontano possibile da quelle di quel maggiordomo molesto" disse finendo il contenuto del suo bicchiere. "Sarà anche più facile aiutarci con il piccolo Warlock, perché potremo organizzare il necessario la sera stessa, e il giorno dopo occuparci di lui"
 
 
E intanto sarebbero stati assieme tutte le sere per i successivi anni, e ai due questo non poteva che fare piacere; la prospettiva era una meraviglia.
- Il piccolo Warlock. Che io ancora non ho visto e probabilmente non vedrò prima di settimana prossima. – rifletté, un po’deluso.
"Uao, hai pensato proprio a tutto. I miei complimenti" mormorò.
“Angelo?” lo chiamò Crowley, al quale non era sfuggito il velo di tristezza che si era posato sui suoi occhi cerulei.
“Sì?” alzò lo sguardo Aziraphale.
“Me lo dici che cos’hai?”
“Uh? Nulla, Crowley, che dovrei avere? Va tutto benissimo, stiamo festeggiando e…” tentò di sviare l’argomento Aziraphale, versandosi altro vino, come se nulla fosse.

Povero illuso.


Crowley fece solo finta di credergli e andò avanti a parlare di un po’ di tutto con lui, per una buona mezz’ora, della quale uno degli argomenti principali furono le sventurate vicissitudini di Paul, che strapparono a entrambi più di una risata.
“Quando l’ho visto coi pantaloni strappati, ti giuro che io…” riprese a ridere Aziraphale.

Questo prima che Crowley si avvicinasse a lui di soppiatto, per estrarre qualcosa dall’orecchio del biondo, o almeno dargliene l’idea.
“Un penny per i tuoi pensieri, angelo.” disse presentandogli la monetina in questione e consegnandogliela in una mano. “Ne ho materializzata una solo perché così ha più senso che dirlo e basta.” lo fece ridere.
“Cosa mi hai ricordato! Non mi esercito con i giochi magia da almeno cinque lustri!” si accese di entusiasmo Aziraphale.
“Ti sarei grato se ne facessi passare altri cinquecento!” smorzò la sua motivazione sul nascere Crowley, anche se aveva come il sensore che prima o poi quell’angelo sarebbe tornato alla sua malsana abitudine, chiedendo che lui gli facesse da spettatore.

“Ora però basta divagare, paga pegno. Dimmelo cosa ti turba. Riesco ancora a vederla quella malinconia sottile nel tuo sguardo.” mormorò il rosso.
Aziraphale si rigirò quella moneta fra le dita, guardando Crowley tutto il tempo. A quegli occhi indagatori lui non poteva mentire.
“Mi sento un po’ tagliato fuori.” si decise ad ammettere.
“Eh? E da dove? Come? È per qualcosa che ho fatto?” si agitò Crowley.

Non gli piaceva che il suo angelo avesse queste sensazioni.

“Intendo l’Armageddon. Si, è vero, lo stiamo fronteggiando insieme, abbiamo questo piano geniale, ma… non siamo esattamente sullo stesso livello, perché; sì, okay, me lo hai spiegato che l’Anticristo è più competenza dell’Inferno e quindi sotto la tua custodia, ma tu intento continui a vederlo e io probabilmente dovrò aspettare ancora una settimana… e quindi non mi sento alla pari con te.” riuscì a sfogarsi Aziraphale.

Crowley portò un dito sopra la guancia del biondo, quasi ad aspettare una lacrima che poi non cadde.
“È solo questo? Perché non me lo hai detto subito?” gli sorrise, alzandosi, ma solo per rimettersi le scarpe.
Fatto questo, tornò dall’angelo, prendendolo per mano, prima che l’altro avesse il tempo di divincolarsi.
“Crow, ma cosa…”
“Tecnicamente, non potrei…. ma chi se ne frega! Andiamo!” decise il demone, svanendo con l’angelo in una luce rossa fiammante.

Quando la luce svanì, Aziraphale non credette ai propri occhi.
“Crowley!! Ma…” esultò a bassa voce.
“Le domestiche sono tutte a cena a quest’ora, quindi, quale momento più propizio?” fece spallucce Crowley, allo stesso modo. “Eccolo qui, l’Avversario, il Distruttore dei Re, l’Angelo del Pozzo senza Fondo, la Grande Bestia… o, per fartela breve, il nostro piccolo Warlock.” gli fece l’occhiolino.
La stanza era in penombra, ma Aziraphale poteva chiaramente vedere nella culla la figurina addormentata su un fianco di un bimbo di pochi giorni che di demoniaco non sembrava avere proprio alcunché, ancora di più sotto a quella copertina con gli orsacchiotti blu.

“Aaaawww, ma guardatelo!” si intenerì l’angelo, sporgendosi più verso la culla, allungando la mano, ma senza toccarlo, solo per averne la parvenza. “Se non sapessi che ha uno scudo di difesa a tutte queste cose lo miracolerei per non farlo svegliare e tenerlo un po’ in braccio.” bisbigliò, lanciando un’occhiata fugace a Crowley.


Per un attimo e solo per un attimo, un piano si formò nella mente del demone: prendere quel bambino, lui e il suo Aziraphale, e fuggire in una remota galassia dell’Universo per crescerlo insieme, al riparo dalle cose troppo brutte e altrettanto da quelle troppo belle, per garantirgli un sano equilibrio.
Una sorta di famigliola felice.
Per fortuna o purtroppo, almeno per quella volta prevalse il suo emisfero razionale che gli suggerì di fare la cosa più saggia.
 
“Okay, visto te l’ho fatto vedere, ora andiamocene prima che sia qualcun altro a vedere noi!” lo convinse, tendendogli di nuovo quella mano che rigenerò il tele-trasporto.
Un’altra forte luce rossa e rieccoli in libreria.

“Oh, Crowley, io non so davvero come ringr…”
"Mi ringrazierai a tempo debito angelo.” tagliò ogni coinvolgimento emotivo troppo forte sul nascere Crowley. “Tornando al nostro discorso di prima, puoi sempre fare finta di essere innamorato della tata, in quel modo potrebbe lasciarti in pace" ridacchiò, riempiendosi il bicchiere un’altra volta.
"Non sarebbe una cattiva idea" rise Aziraphale. "Però devo ammettere che come coppia saremmo veramente orribili in quelle vesti."
"Non posso darti torto, una donna così bella con uno come te, nah. Naturalmente intendo con il tuo travestimento, capisci no?"
"Si, certo che capisco. Il merito però è mio, senza il trucco saresti come quel personaggio di quel cartone animato, come si chiama...Izma, quella vecchietta che serviva l'imperatore...non mi ricordo come si chiama il film"
"Molto spiritoso, angelo" si alzò alla ricerca di qualcosa.

"Tu non hai dei dischi qui in giro?"
"Si, ne dovrei avere un paio di-"
"Basta che non siano di musica classica" lo interruppe.
"Ah. Beh...allora non credo"
"Certo che sei noioso angelo. Beh, dovrò pensarci io"
"Ehi, non sono noioso"
"Oh sì che lo sei" disse materializzando un disco in vinile e appoggiandolo sul grammofono.

https://www.youtube.com/watch?v=TazHNpt6OTo

"No, non lo sono" ripeteva Aziraphale ferito nell'orgoglio.
"Ah, sta zitto e balla con me" disse avvicinandosi e afferrandolo per i fianchi. Il biondo per quel gesto si allontanò istintivamente.
"Cosa? No! Non so ballare"
"E poi dici che non sei noioso? Ho voglia di ballare, quindi o balli con me o ti costringerò con la forza"

Quella velata minaccia sembrava vagamente equivocabile.

"Non ho scelta vero?"
Per tutta risposta, il demone lo tirò a sé e cominciarono a ballare.
"Non ho mai visto un disco con una copertina del genere" osservò Aziraphale.
 
 
"Questo perché è il mio disco, una raccolta di canzoni che non mi hanno fatto schifo in questi anni"
La canzone non era delle migliori ma aveva un ritmo orecchiabile, non era nè veloce nè lenta, un ritmo molto rilassante, e tuttavia coinvolgente, veniva voglia di seguirla.
"Solo i Queen occupano un posto di rilievo nel tuo cuore vero?"
"Loro...e qualcos'altro"

Forse fu meglio per tutti e due non approfondire il significato di quella frase, Aziraphale non ci sarebbe mai arrivato se non attraverso un'aperta dichiarazione, e Crowley, inaspettatamente, era troppo intimidito dagli occhioni dell'angelo per continuare.

"Però" disse mentre ballavano. "Non ti muovi male per essere uno che non sa ballare" disse mentre la musica prendeva ritmo nella stanza.
"È più divertente di quello che mi aspettassi!" Esordì il biondo sentendosi a proprio agio mentre ballava con Crowley. Era uno dei suoi migliori effetti, stare con lui lo rendeva allo stesso tempo timido ma sicuro di sé, a suo agio con il suo comportamento e con il suo aspetto.

Ed era strano, perché Aziraphale aveva sempre avuto un rapporto conflittuale con il suo corpo, non riusciva a sentirsi sicuro, o bello. Anche se effettivamente un angelo non aveva affatto bisogno di sentirsi bello, almeno, lo credeva fino a che non si era innamorato di Crowley. Vederlo sempre così affascinante, ben vestito, i capelli sempre perfetti e quel suo profumo poco delicato ma altrettanto inebriante che gli si infilava nel naso, lo aveva portato a guardarsi allo specchio con gli occhi di chi vuole fare innamorare di sé stesso una persona.
Ma ancora doveva trovare la strada giusta.

"Angelo?"
"Eh?"
"Sei caduto in catalessi?"
"Ah, no no" scosse la testa. "Forse non sono tagliato per questo ballo, va troppo veloce"
"Beh allora cambiamo, mettiamo un lento"

Un lento? Cosa?!
Un lento lo ballano le coppie, e non degli amici ad una festa.

"Emh, no grazie caro, lascia pure quella canzone. Mi piace, solo...non sono mai stato abituato a ballare, non sono portato"
"Aaah, stronzate!" Disse andando verso il disco, e dopo averlo sfiorato con l'indice la musica si fermò.
"Ehi, quelle parole non le voglio sentire qui dentro!"
"Beh, allora non raccontarle! So benissimo che sai ballare, sei uno dei pochi angeli che lo fa! Quindi, ora a costo di sentirmi ridicolo e a costo di farti ridere…" schioccò le dita, e Aziraphale sentì un ritmo ben noto.

https://www.youtube.com/watch?v=P0tB2rGh1kM

"...insegnami la gavotte" disse portandogli un braccio.
"Cosa?" Chiese Aziraphale divertito, ma allo stesso tempo entusiasta. "Saranno decenni che non la ballo!"
"Aziraphale...smettila di mentirmi quando i tuoi occhi gridano che non vedi l'ora di ballare" disse con un sorriso.

E in effetti era vero. L'angelo allora sospirò, e con le guance rosse prese sotto braccio il compagno.

"Allora, segui i miei passi. Cerca di mantenere l'equilibrio tenendoti al mio braccio"
"So come funziona lo stare in equilibrio" disse mentre imitava i movimenti dell'angelo, alzando le gambe a ritmo di quella strana canzone. Ballarono muovendosi verso destra, più verso sinistra, alzando le gambe in maniera alternata e tenendosi sotto braccio.

Aziraphale stava sorridendo come gli capitava solo quando ballava la gavotte; era una delle cose che lo emozionava di più, ma non avrebbe mai potuto immaginare che l'avrebbe ballata con Crowley, e che sarebbe stato proprio lui a proporglielo, solo per farlo felice.
Crowley era veramente un caro amico, anche se non glielo avrebbe mai lasciato ammettere.

"Nemmeno tu ti muovi male"
"Ti stupisci? Ho ballato fin dal primo giorno in cui ci hanno spedito qui su questo ammasso di rocce ed erba" alzò la gamba fin sopra la testa, dimostrando quanto fosse snodato.
"Inoltre sono più bravo di te" sogghignò, sapendo che pungere Aziraphale nell'orgoglio avrebbe portato ad un altro bisticcio.
"Cosa? Io ballo la gavotte da quando è stata inventata!" Gli disse infatti. "Sono io quello più bravo!”
"Ah, la metti così? Beh vediamo" lo sfidò, muovendosi più velocemente.

"Se vinco io, voglio che tu dica una parolaccia davanti a me"
"Sai quante ne ho dette in questi anni senza che tu mi sentissi" gli fece notare.
"Si, ma non la mie parolacce...o volgarità, chiamiamole così!"
"E se dovessi vincere io?" Aziraphale cominciò a sudare dalla fatica, la gavotte si balla piano, non in maniera così forsennata.
"Allora ti darò un bacio"

Inizialmente Aziraphale pensò che la musica avesse deformato la parola.

"Cosa? Un calcio?"
“Un bacio, idiota!" Gli rispose roteando su sé stesso, anche se non era un passo previsto.

"Che?! Ma a questo punto dammi un calcio no?!" Gli rispose mente cominciava ad avere male alle gambe. Il suo istinto voleva farlo figurare come una punizione, e non come un qualcosa che avrebbe sempre voluto.
"Sulla guancia, mica sulla bocca! E poi hai idea di quanto sia umiliante per noi demoni fare certe cose? Avanti è un'occasione più unica che rara! Poi ti ho già morso, direi che un bacio è la cosa meno scandalosa che potrei chiederti!"

Il ritmo procedeva più rapido, come se qualcuno avesse raddoppiato la velocità del disco.

"Non posso avere qualcos'altro?" Come ad esempio un bacio, ma in bocca?
"Posso farti scegliere la guancia se vuoi, ma tanto è inutile, preparati a perdere!"

Detto questo, impiegò tutte le sue energie per vincere, alzò male gambe in falcate veloci e perfette, e anche Aziraphale non era da meno.
Quando la canzone ormai andava talmente veloce da non avere più un ritmo scandito da un ballo, i due cominciarono a vacillare.
Nonostante tutto, Aziraphale sembrava quello più stabile visto i suoi lunghi anni di esperienza.
Ma la libreria del biondo non era mai stato un posto adatto al ballo, e non fu una cosa inaspettata vedere Crowley mentre si impigliava al tappeto antico steso sul pavimento, e vederlo poi capitombolare addosso all'amico.
Finirono entrambi a terra, e Aziraphale picchiò la schiena sul pavimento.

"Mio Dio che male!" Ma con un miracolo il dolore sparì. "Poveri umani che devono sopportare cadute del genere ogni giorn-" alzando la testa si ritrovò faccia a faccia con il demone.

"Beh, congratulazioni" gli disse guardandolo con un sorriso. "Hai vinto" e mentre ancora Aziraphale avvampava per aver visto così da vicino i suoi occhi, Crowley lo tirava su per il braccio.
"Ma solo perché il tuo tappeto ha deciso di tirarmi un brutto scherzo" si sistemò i capelli.
"Beh, ora dimmi, destra o sinistra?"
"C-come dici?" Gli chiese sistemandosi il papillon.
"La guancia, destra o sinistra?"

Oh Dio, allora parlava sul serio, lo voleva veramente baciare!
Calma Aziraphale, è solo una punizione...i demoni odiano le dimostrazioni di affetto, o meglio, l'affetto in generale... è solo perché sei più bravo a ballare.
Insomma, tu odieresti dire parolacce, e lui odia baciare...forse odia baciarmi. Ma forse vale la pena di tentare no.

"Er...eh-emh. Io…l-la sinistra?" Esitò.

Senza perdere troppo tempo, Crowley gli afferrò le spalle, si avvicinò e lo baciò proprio su quel punto indicato dall'angelo. Rimase per qualche secondo su quel contatto delicato, prima di staccarsi con un leggero schiocco.
Intanto Aziraphale sentì il cuore esplodere di gioia. Cercò di smascherare il suo fiatone e il fatto che fosse avvampato ancora di più di prima, ma Crowley lo aveva capito. Era arrossito, un po' gli era piaciuto.
Ma non disse nulla, esattamente con non avrebbe mai ammesso di aver inciampato apposta nel tappeto, che casualmente era spostato in maniera che chiunque avrebbe potuto caderci.

"Beh, ho pagato pegno! Ora.."cercò di cambiare argomento prima che gli venisse voglia di baciarlo nuovamente. "..hai dell'altro vino?"

L'angelo sorrise. Crowley non sarebbe mai cambiato.

Avevano continuato a bere per diverse ore, e nonostante la faccenda del bacio, che ancora faceva battere il cuore ad entrambi al solo pensiero, avevano trovato diversi spunti di conversazione, fino a quando il demone tornò con una delle sue proposte.

"Voglio fare un gioco"
"Mh?"
"Non ho mai"
"...non ho mai?"
"Si, non ho mai"
"Non hai mai fatto cosa?"
"È il nome del gioco, Mister sveglione!"

"Aaah" disse Aziraphale appoggiando il suo bicchiere al tavolino. "Come si gioca?"
"Beh, riprendi in mano il tuo bicchiere, tanto per cominciare" disse sedendosi al suo fianco sul divano. "Ora, a turno diremo delle cose che non abbiamo mai fatto, e se l'altro invece l'ha fatta, deve bere"
"Mh...non mi sembra difficile. Posso dire anche cose che ho fatto?"

"Se vuoi bere...ma l'obiettivo non è trovare delle cose che l'altro non ha mai fatto, ma piuttosto che ha fatto! Insomma, trovare le cose più imbarazzanti"
"Ah, no! Allora no! Tu sei capace di distruggermi!"

L'altro rise per risposta.

"Oh eddai! Non farti pregare!"
"Tu mi farai le domande più scomode che potrai trovare!"
"Bingo! È questo il bello!" Si avvicinò a lui. "Siamo amici da seimila anni, è normale scambiarci delle confidenze"
"Tu saresti capace di andare in dettagli talmente intimi da non saperli nemmeno io" sbuffò togliendosi le scarpe, che erano diventate scomode dopo quel ballo.
"Le potrai fare anche tu se vuoi, domandarmi qualunque cosa, è per divertirci! Non vorrai passare di nuovo per quello noioso vero?"
"Non sono noioso! Come te lo devo dire?"
"E allora dimostramelo con delle domande ficcanaso! Non lo dirò a nessuno, te lo prometto, sai che ti puoi fidare di me!"

L'angelo era a dir poco pazzo di curiosità, e avrebbe voluto tanto giocare senza però passare per il curioso e inopportuno di turno. Ma Crowley aveva talmente insistito che si era ritrovato ad alzare il suo bicchiere in alto, in segno di accettazione.

"Oh, finalmente ragioni!" E anche l'altro prese in mano il suo vino.
"Però-" alzò il dito Aziraphale.
" Niente volgarità troppo spinte qui a casa mia"
"Ningun problema" rispose Crowley raccogliendosi i capelli in uno chignon spettinato.

- Mio Dio che splendore… -

Aziraphale rimase come incantato da quella nuova acconciatura.

"Beh, comincia tu allora, io non ci ho mai giocato" chiese il biondo.
"Mh...allora. Io non ho mai usato i miei poteri per procurarmi del cibo"
"..."
Il rosso gli mostrò un sorriso.

"Questo è barare! Sai bene che lo faccio continuamente, e non ci credo che in seimila anni non lo abbia fatto anche tu"
"Infatti io sto bevendo, guarda" e prese un sorso di vino.
"Sei sleale!"
"Bevi e basta!"
"Ma non puoi basare il gioco su cose che già sai!"
"E allora concedimi di poterti fare domande un po' più spinte!" Lo ricattò il rosso.

"...mph" disse bevendo il suo sorso. "E va bene!" Gli concesse.
"Ottimo, hai imparato a giocare!"
"Frena i cavalli, è il mio turno! Io non ho mai...fatto un incidente con un’auto"
"Ehi! Due cose, uno, non sono le domande adatte per questo gioco, e due, non è stato un incidente! Quello scooter mi è venuto addosso!"
"Ma se gli hai tagliato la strada! E per fortuna c'ero anche io, altrimenti lo avresti lasciato morente in mezzo alla strada!"
"E comunque anche tu sapevi dell'incidente, non puoi fare domande di cui sai già la risposta!"

"Almeno saremo pari. Ora bevi"
E il demone obbedì con uno sbuffo.
"Ora tocca a me. Non ci andrò leggero angelo"
"Te l'ho forse chiesto? Avanti, fammi vedere di cosa sei capace sbruffone"
"Ah questa me la paghi" disse pensando alla domanda adatta.
Rimase in silenzio per qualche secondo.

"Io non ho mai baciato una donna"

Aziraphale pensava a domande peggiori, ma avevano appena iniziato a giocare, e Crowley procedeva spesso per gradi.
Alzò le spalle e non bevve.

"Un po' lo immaginavo" osservò Crowley.
"Mph, come se in tutti questi anni non avessi capito che non mi piacciono le donne"

Crowley dovette ammettere che quella dichiarazione a bruciapelo aveva confermato ciò che già sapeva, ma non se la sarebbe mai aspettata. Aziraphale era arrossito, ma almeno in seimila anni aveva imparato a confidarsi.

"No, in effetti lo sospettavo. Ma non ti piaccio nemmeno io vestito da tata?"
"Tu sei l'unica per la quale potrei avere un debole, Miss Ashtoreth" ridacchiò.
"Lusingata. Ora prego, fratello Francis, è il suo turno"

Aziraphale acquisì un po' di coraggio.

" Io non ho mai…" e si preparò a bere. "Baciato degli uomini"
Crowley immaginava che se non fossero donne sarebbero stati uomini. Ma sentirlo dalla sua bocca era tutta un' altra cosa.
Anche Crowley bevve.
"Ah, davvero?" Chiese Aziraphale.
"Beh...seimila anni qui e ci si annoia" ridacchiò.

"Dovevi dunque trovare qualcuno con cui passare il tempo"
"E tu?"
"Riservalo per la prossima domanda" gli disse, come inebriato dal vino per potergli rispondere in quel modo.

Forse Crowley avrebbe potuto azzardare domande molto più spinte e che avrebbero soddisfatto la sua curiosità dopo tanti millenni di attesa, ma decise invece di avvicinarsi ancora di più al suo angelo, e di sfiorare il ginocchio con il suo.
Appoggiò il braccio al retro del divano, e lo guardò negli occhi.

"Io…"sussurrò dolcemente. "Non mi sono mai innamorato"
Entrambi si guardarono per qualche secondo, prima di bere.
Aziraphale cominciò a tremare, ma mantenne un espressione calma.
"Io non ho mai...amato un mio amico"
Ed entrambi bevvero.

"Io…"Crowley si preparò sul trampolino di lancio. "Amo…" un tuffo carpiato, previsione zero schizzi, i giudici preparano un 10 su ogni cartello. Appoggiò il bicchiere, sicuro di non bere e di non negare quello che sarebbe uscito dalla sua bocca. "Il mio…"

Si avvicinarono lentamente l'uno all'altro, fino a quando non poterono più mettere a fuoco la punta dei loro nasi. Aziraphale prese un respiro profondo, sicuro di quello che volesse fare.

"Miglio…" quasi sospirò chiudendo gli occhi pronto a baciare il suo migliore amico.
 
 
DRIIIIIIIIIIIIIN

Con gli occhi sbarrati, Crowley si rese conto di essere scivolato dal trampolino, di aver fatto una spanciata e di aver schizzato i giudici, che lo giudicavano con tre zeri tondi.
La loro vicinanza dopo aver ripreso consapevolezza era dir poco vergognosa.

DRIIIIIIIIIIIIIN

"Ma chi diavolo è?!" Avrebbe forse dovuto dirlo con meno ira.
"Emh…" Aziraphale si alzò un po' intimidito. "Avevo ordinato una pizza per festeggiare stasera… me ne ero dimenticato. Probabilmente il fattorino ha fatto tardi e...beh alla fine non mi procuro tutto il cibo con i miracoli" scherzò mettendo le mani dietro la schiena.

DRIIIIIIIIIIIIIN

"Emh, meglio che vada ad aprire" disse andando nell'altra stanza.
Crowley era rimasto a dir poco senza parole.

- Dico ma stiamo scherzando? Così vicino a baciarlo finalmente e ora per una pizza è tutto finito?!-

Furioso, cominciò a prendere a cazzotti un cuscino,quasi facendo uscire le piume che conteneva.

"Cazzocazzocazzocazzocazzocazzocazzo!" Borbottava con sguardo feroce.

Quando sentì Aziraphale chiudere la porta, cercò di ricomporsi, appoggiando la testa alla mano.
L'angelo tornò con una scatola formato famiglia, e la appoggiò davanti a loro.
"Spero che ti piaccia" Miracolò due piatti.
"Come l'hai ordinata?"
Aprendo la scatola, rivelò una diavola.
"Ah-ah-ah. Molto spiritoso"

L'angelo rise, e per Satana, aveva il sorriso più bello del mondo. E in un lampo, tutta la rabbia per quel bacio mancato, sparì.
Il biondo gli porse una fetta di pizza, e in pochi minuti ricominciarono a chiacchierare, e a ridere insieme.
La serata passò così, senza novità, con una pizza, e la risata di Aziraphale, seguita da quella di Crowley.

TBC

Speriamo continui a piacervi, sempre che qualcuno ci sia riuscito ad arrivare a fondo pagina, lol.
Se lo avete fatto, dateci un segno di vita XDD

p.s. una cosa che ci siamo dimenticate di precisare: è vero che nella serie TV a casa Dowling ci vanno quando Warlock ha 5 anni, ma noi preferiamo rifarci al libro dove ci vanno appena è nato ;)
Come sempre, liberi di dirci qualsiasi cosa, anche che scriviamo troppo… ma già lo sappiamo ahah!
Alla prossima! <3

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Capitolo 4
*** Capitolo III: Il panico iniziale/ L’arredo strategico ***


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Capitolo III: Il panico iniziale/ L’arredo strategico

5:35 del mattino.
Il quartiere di Soho che tutt’intorno piano piano si svegliava.
Il profumo dei primi caffè e dei primi croissant sfornati che uscivano dalle porte dei bar aperte e chiuse dai primi avventori della giornata, per lo più pendolari e turnisti, prima di recarsi al lavoro.
In questa piccola parte di mondo già sveglia, c’era anche una Bentley nera che sfrecciava indisturbata per le strade, per poi parcheggiare nel primo punto disponibile e sufficientemente comodo da raggiungere.
Dall’auto uscì una figura che di certo si faceva notare.
Una bella rossa alta, slanciata, dentro abiti scuri e molto aderenti che le fasciavano le forme tutt’altro che generose.
Si girò verso la sua auto, ammirandone il parcheggio pressoché perfetto, se non fosse per quel segnale di divieto di sosta che rovinava tutto.

Beh, non oggi!

E pensandolo schioccò le dita, seminascoste nei guanti neri di pizzo.
Non sparì solo l’antipatico cartello, ovviamente, ma con esso la memoria di qualsiasi vigile e/o polizia stradale riguardo la sua esistenza.
Almeno per quel giorno.

L’apparente delicatezza del suo aspetto poteva trarre in inganno chi ne incrociava lo sguardo; ma quando attraversando la strada arrivò a suonare ripetutamente il campanello, senza ricevere risposte, per poi mettersi a bussare in un modo forsennato, si rivelò finalmente per chi davvero era.

“Angelo! Maledizione devi farmi entrare, è un’emergenza, cazzo! Muovi quel tuo culo santo e degnati di venire ad aprire questa stra dannatissima porta!” sbraitò.

Molte imprecazioni e colpi alla porta dopo, Crowley capì che doveva cambiare tattica.
Una schiocco di dita e la porta si aprì senza più fare tante storie.
Crowley entrò nella libreria, lo cercò nei posti principali, ma di Aziraphale sembrava non esserci traccia.
Girando tra i vari corridoi, maledicendosi per attraversarli con quelle scarpe che da donna che, anche se senza tacchi, non erano certo il massimo della comodità.
Tutto d’un tratto il demone si accorse di una stanza chiusa che prima non aveva ma visto.
No, correzione: che prima non c’era mai stata.


 

Deve averla miracolata lui.

 

Dopo aver tratto questa conclusione, al demone non restò che aprirla e quando lo fece trovò ciò che cercava.
Ma lo trovò nell’ultimo posto che si sarebbe potuto immaginare.

Da quando Aziraphale ha una camera da letto? E da quando dorme? si domandò perplesso.


 

Perché Aziraphale era proprio lì, sonnecchiante, con l’espressione rilassata, sprofondato in un morbido letto celeste, così come le pareti della stanza, anche se con sfumature cangianti, avvolto fra le coperte blu che gli lasciavano scoperto il volto.

È bellissimo. Pensò intenerito.


 

La luce che filtrava da fuori dalle tende in fantasia tartan rischiarava la stanza a sufficienza.
Del resto ormai stava quasi albeggiando.

Bellissimo o meno che fosse Aziraphale, Crowley aveva comunque un’impellente esigenza di svegliarlo.
Si sedette sull’altro lato del letto.

“Angelo, sveglia…” provò a mormorare, dondolandolo lentamente per le spalle.

Forse tanta inusuale dolcezza da parte sua era imputabile al fatto che volesse già allenarsi ad avere a che fare con un bambino.
Aziraphale si girò di spalle, per nulla propenso a svegliarsi.

“No, Gabriel, ancora cinque minuti poi faccio la benedizione…” mugugnò.

Per Crowley fu quasi un affronto.

Mi ha scambiato per quell’idiota pallone gonfiato elegantone del suo capo pomposo?

Cercò di calmarsi e riprovò, facendo il giro del letto per fissarlo nuovamente.

“Angelo, apri gli occhi, dai…” lo incitò, alzando un po’ di più la voce.

Aziraphale questa volta sembrò dare maggiori segni di vita. Aprì gli occhi, ma solo per un istante, probabilmente ancora in stato di dormiveglia.
I suoi occhi misero fugacemente a fuoco qualcosa di rosso.
Sorrise, ma di un sorriso inquietante. Non sembrava completamente in sé. E soprattutto non sembrava ancora del tutto sveglio.

“Uuh ciiaao, torta di ribes gigante!” farfugliò l’angelo, alla stregua di un sonnambulo.
“Ma cos…?”

Prima che Crowley potesse finire la sua frase, si ritrovò con addosso l’angelo che aveva cominciato a mordicchiargli l’orecchio come se fosse la guarnizione di quella torta immaginaria.

Inutile dire che Crowley andò in visibilio, pur cercando di mantenere il contegno.
Del resto quello era uno scenario su cui più volte il bel rosso aveva fantasticato e in contesti decisamente meno innocenti di così.
Tuttavia la cosa stava sortendo effetti molto imbarazzanti in mezzo alle sue gambe.
L’angelo continuava a tutto spiano a mordicchiargli la punta e il lobo dell’orecchio, emettendo pure quei suoi tipici versetti goderecci al cospetto di un qualsiasi dolce.
Così Aziraphale il povero Crowley rischiava di ucciderlo.

Il demone poteva già figurarsi nella mente la scena, se Aziraphale fosse tornato pienamente cosciente in quel momento.

“Crowley, hai la mia spada infuocata nei tuoi pantaloni o sei contento di vedermi?” si immaginava il suo angelo porgli quella domanda di beata ingenuità.


 

Il punto è che doveva fare qualcosa e in fretta.
A mali stremi, estremi rimedi.
“Sono una torta light, senza zucchero!” urlò Crowley.

“Noooo!” fu la reazione immediata di Aziraphale, che si staccò da lui, indispettito.

Bastò questo a fargli riacquisire uno stato più cosciente.

“Crowley? Che fai qui, caro?”

E dov’è finita quella torta gigante di ribes imbrogliona?

Forse no, non era ancora completamente sveglio.

“La domanda è che ci fai tu con un letto?” rilanciò il demone.

“Oh, beh, sai, in vista del fatto che presto ci trasferiremo dai Dowling e lì ne avrò uno… mi allenavo per sapere che cosa farci…” si giustificò lui, ridacchiando.


 

Oh, angelo, te le insegnerei io almeno venti cose interessanti da fare in un letto che non siano dormire. Tu ed io… e poi magari col tempo qualche giocattolino…

 

Crowley fermò le sue fantasie a luci rosse, ricordandosi il vero motivo per cui era lì.
“Angelo, comincio il mio lavoro fra meno di due ore e… mi sono reso conto che io non so un accidente di bambini; men che meno così piccoli!” si gettò nel panico da solo per bene. “E se lo rompo?” continuò ad allarmarsi.

“Buon cielo, è un bambino, non un vaso Cinese! Non lo romperai!” lo rassicurò il biondo. “E poi, ma guardati, sei una splendida tata, quel bambino non potrà che adorarti fin da subito!” proseguì, ma vide che le sue parole non sortivano il giusto effetto.

“Non so nulla di bambini, non lo imparerò mai, ma in che accidenti di guaio sono andato a cacciarmi?” continuò il suo mantra di disperazione il demone.

“Non dire così, quello che non sai lo puoi sempre scoprire. Devo avere qualcosa che fa al caso tuo, nel settore di minor importanza, dato che ne esistono infinità di copie. Aspetta…” borbottò, andando in zona libreria e tornando dopo pochi minuti.

Gli consegnò il libro, sicuro di fargli il più grande dei favori e sembrava così, dal modo in cui gli stava sorridendo il demone, ma quando Crowley lesse il titolo sulla copertina qualcosa cambiò drasticamente.

“Deficiente, mica lo devo partorire il bambino! C’è già, io lo devo solo accudire!” sbraitò, gettando a terrà l’insulsa quanto inutile copia del celebre libro ‘Cosa aspettarti quando aspetti’.

“Oh già…” sembrò acquisire maggiore lucidità il biondo, facendo dietro front fra i suoi libri e tornando con quello giusto: una raccolta di preziosi consigli per aspiranti baby-sitter su come affrontare al meglio i primi mesi d vita del bambino.


 

“Ecco, questo è già più indicato… bofonchiò Crowley, rigirandoselo fra le mani, anche se non era ancora del tutto convinto.
“Tranquillo, so quanto poco tu ami leggere. Te l’ho miracolato ed è diventato un audio libro, ci troverai un pulsante dentro, così per lo più devi solo ascoltare.”

“Oh…” sussultò Crowley.

Si sorprendeva sempre di quanto Aziraphale lo conoscesse bene.

“Anche se secondo me non hai bisogno di alcun consiglio letto o ascoltato che sia. Sarai la più straordinaria delle tate. Te lo dirà il cuore cosa fare!” lo rincuorò il biondo.

Crowley fece una smorfia fra il sorpreso e il contrariato.
“Ngh! Non faccio nemmeno la fatica di arrabbiarmi. È evidente che non devi essere ancora del tutto sveglio per dirmi queste cazzate!” borbottò.

Aziraphale si era azzittito, tutto preso a fissare il petto – ora stranamente più rigonfio – di Crowley e lui se ne era accorto.


 

“Aziraphale! Vuoi smetterla di guardarmi così ? Anzi, di guardarmele? Non sssono nemmeno vere! È sssssoltanto cotone molto ben infilato!” si affrettò a chiarire, innervosito.

Se proprio devi guardarmi così insistentemente allora fallo quando sono col mio aspetto consueto!

“Non… non è vero che guardavo lì!” bofonchiò l’angelo, ma era palese che stesse negando l’evidenza.

Crowley infatti sorrise beffardo, fingendo di assecondarlo.

“Ma certo che non guardavi…”

“Più che altro stavo pensando… ti sei truccato senza di me!” lo indicò con un indice accusatorio, riferendosi al rossetto scuro che adornava le sue labbra strette e a quello che sembrava fard.

Crowley arrivò quasi a sentirsi in colpa.

“Uh beh… sì, me lo sono miracolato addosso, ma solo perché andavo di fretta e…” si affrettò a giustificarsi.

“Tutti quei bei discorsi che io dovevo essere il tuo non-mi-ricordo-cosa-artist e poi alla prima occasione mi bidoni così!” proseguì offeso l’angelo.

“Davvero volevi che ti chiamassi alle cinque di mattina per truccarmi? Vedi torte giganti che invadono la tua stanza e sono le sei, non oso immaginare come mi avresti conciato!” gli diede scacco matto.

“E va bene, passi per stavolta. Ma in orari più consueti, sarò io ad avere l’esclusiva di truccarti. Sempre.” gli fece promettere il biondo.

“Non potrei chiedere di meglio.” sorrise dolcemente il rosso, cogliendolo di sorpresa.


 

“Non lo so… facciamo colazione insieme?” azzardò Aziraphale, forse anche per cambiare argomento.
“Cosa?” lo guardò stralunato il demone.

“Beh, a che ora devi cominciare a lavorare?”

“Alle otto…”
“Sono le sei e venti… vorrai pur tirarlo l’orario in qualche modo! So miracolare degli ottimi croissant!” perorò la sua causa l’angelo.
“Solo se me li correggi al whiskey!” ribatté l’altro.
“Crowley! Non ti permetterò di sbronzarti, non al tuo primo giorno di lavoro!” si impose Aziraphale, schioccando le dita e facendo comparire tutto il necessario per una colazione sobria.


Il demone, suo malgrado, si arrese e cominci a mangiare.
Scoprì che anche quello poteva essere un ottimo modo per scaricare il nervoso.

Quando finirono, si erano fatte le sette e un quarto passate.
“Sarà bene che cominci ad andarmene sul serio ora.” sentenziò il rosso, radunando le cose che aveva lasciato all’ingresso.
All’angelo non sfuggì una borsa a soffietto, in velluto nero.

“Non mi dirai che da quella borsa può fuoriuscire qualsiasi cosa….” alzò gli occhi Aziraphale.
“Ovvio che sì!” sorrise tronfio il demone, riponendovi dentro l’audio libro.
“E dimmi, caro, hai intenzione di calarti giù dal cielo di Londra e dintorni con un ombrello nero?” lo sbeffeggiò l’angelo.
“Non lo avrebbe fatto nemmeno Mary, se avesse avuto una Bentley!” lo fece ridere l’alto con la sua risposta.


 

“Ora vado sul serio. Okay, sono ancora agitato a mille, però..” farfugliò Crowley, un po’ impacciato.

“O per l’amor del cielo, basta!” si esasperò Aziraphale, schioccandogli le dita davanti.
Crowley lo fissò confuso.
“Il tuo panico te l’ho portato via io. Se proprio ci tieni te lo rendo stasera, quando ci vediamo!” gli spiegò

“Uh! Mi piace. Un po’ come il giochino scemo di ‘ti ho portato via il naso ’ … ecco, potrei farlo al piccolo Anticristo, vediamo come reagisce!” si ingegnò Crowley.

“Però, deve essere solo per finta, mi raccomando, altrimenti diventa una cosa orribile!” si allarmò il biondo.

“Ma lo so! Per che razza di sprovveduto mi hai preso? Io so esattamente cosa fare.” affermò Crowley, calmo e risoluto. Senza più nemmeno un’ombra di panico.

Proprio quello che voleva sentirgli dire Aziraphale. Il suo miracolo aveva fatto effetto.
E lo aveva capito anche Crowley.

“Grazie, angelo.” mormorò, prima di andarsene.

“E di che?” rispose al vento, Aziraphale, mentre lo osservava allontanarsi dalla finestra, prima di perdersi nelle sue considerazioni.


 

Il giorno del trasloco era arrivato in un battito di ciglia. Certo, per Aziraphale non avere più la possibilità di curare la sua libreria un po’ sarebbe stata una sofferenza, quindi si ripromise di trovare il tempo di andarci almeno una volta a settimana, anche per fare il cambio dei libri letti con dei libri ancora da leggere. Infatti i suoi bauli e bagagli contenevano per lo più tomi rilegati con cura e imballati con metri e metri di pellicola protettiva.

Farli arrivare con uno schiocco di dita sarebbe stato più semplice, ma per non destare sospetti i due amici si affidarono entrambi a dei facchini messi a disposizione da miss Dowling in persona. L’angelo li aveva seguiti con lo sguardo, mangiandosi le unghie per l’ansia di trovare qualche suo libro rovinato. Aveva appiccicato talmente tante etichette con scritto “fragile” che non se ne era nemmeno accorto di averne una attaccata al fondoschiena.

Crowley trattenne una risata prima di dirglielo, e come previsto l’angelo se la era tolta arrossendo.

Verso il pomeriggio di quella limpida giornata, i bagagli erano stati riposti nelle rispettive stanze, e ora toccava a loro mettere a posto. 

Il demone poggiò uno dei suoi pochi bagagli sul letto e si guardò attorno:

 “Beh angelo, abbiamo girato il mondo, alloggiato in ogni dove, tu persino alla reggia di Versailles...sarai abituato a tutto questo sfarzo!”


 

“Sono stato lì per lavoro, e lo sai” disse appoggiando le valigie a terra. “Dovevo persuadere tu sai chi ad essere meno...insomma, sai com’era. Dovevo cercare di limitare i danni. Ma devo ammettere che anche qui non è niente male” si guardò attorno, esplorando la sua nuova camera da letto: era ampia e dai soffitti alti, con un letto matrimoniale ricoperto da lenzuola bianche e una coperta in fantasia tartan (chissà perché), due morbidi cuscini ricoperti da una federa di seta; al lato c’era un comodino con una lampada che avrebbe lavorato ore ed ore prima che Aziraphale si potesse addormentare; già immaginava la quantità di libri che avrebbe illuminato. A terra c’era un morbido tappeto che copriva il pavimento in legno scuro, sul lato sinistro una scrivania con una morbida poltrona, pronta ad ospitare tomi e documenti, un appendiabiti e una finestra che dava sul giardino. C’erano altre due poltrone appoggiate al muro, dai colori caldi; sul lato destro della stanza c’era un grande armadio in mogano, e al suo fianco la porta che avrebbe collegato la camera quella che era la stanza di Crowley.

Anche quella era stata arredata allo stesso modo di quella di Aziraphale, ma presto, grazie ad uno schiocco di dita quello stile elegante e leggermente antico sarebbe diventato moderno, un letto dalle lenzuola nere, un televisore ultimo modello, un armadio senza fronzoli o decorazioni: ah, e naturalmente una piccola della camera parte era dedicata anche alle sue piantine; ovviamente non avrebbe potuto portarle tutte, quindi fece una selezione appena prima di partire, miracolando le altre piante affinché vivessero fino al suo ritorno.


 

Si sistemarono nelle rispettive camere, Aziraphale appese i suoi completi con cura e precisione, anche se gli sarebbero serviti ben poco quei vestiti eleganti, visto il ruolo che avrebbe dovuto ricoprire per qualche anno.

Ognuno fece le dovute modifiche alle stanze, l’angelo la riempì di libri e di documenti che avrebbe analizzato in serata, come di solito faceva per rilassarsi.

Ma qualcosa ancora non andava…


 

“Angelo?”s i sentì chiamare dall’altra stanza. “Non sarebbe meglio se mettessimo un bagno privato? Voglio dire, non che ci serva, ma se ti dovesse servire uno specchio...e so che tu hai bisogno di un posto per mettere la tua colonia”


 

Oh, l’ha notata? Che caro! Pensò Aziraphale arrossendo.


 

“Non me la fai, so bene che anche tu hai bisogno di un posto per il tuo dopobarba” ridacchiò mentre chiudeva l’armadio.

Crowley spuntò dalla soglia della porta, con uno sguardo sconvolto.


 

“E tu come fai a sapere che mi rado da solo?”


 

Aziraphale indicò un paio di taglietti sulla sua guancia. Non era ancora un esperto, ma non voleva continuare a miracolarsi la ricrescita ogni giorno.


 

“Tu mi spii!” lo rimproverò.


 

“No, sei solo pessimo nel dire bugie” alzò le spalle il biondo.


 

“Mph. Per me sei uno spione e basta. Allora, lo vuoi un bagno o no? Semmai ci dovesse servire dovremmo usare quello all’esterno, e non voglio infilarmi quei collant ogni volta!”


 

“Ma dai, ti stanno così bene” lo prese in giro, ma sapeva bene che in realtà gli donavano, indosso a quelle belle gambe.


 

“Aziraphale, stai attento a come parli, altrimenti ci penso io a farti cacciare di qui e a dare inizio alla fine del mondo prima che ci pensi quella piccola peste” lo ammonì.


 

“Rinunceresti a questo mondo e a tutto il nostro lavoro solo per una battuta?” sorrise Aziraphale, convinto che non lo avrebbe mai fatto. “Sei proprio permaloso”


 

Qualunque posto insieme a te angelo, sarebbe la mia casa,a anche se dovessi stare su una cometa per tutta l’eternità. Aveva pensato. Anche se la fine del mondo fosse stata inevitabile, almeno avrebbero potuto vivere insieme...non gli importava molto il dove.


 

“Dove, caro?” gli chiese il biondo appoggiando un libro al comodino.


 

“Eh?” gli chiese confuso. Aveva sentito il suo pensiero?


 

“Il bagno” chiarì il biondo. “Dove lo vuoi mettere?”


 

“Ah, quello...suppongo che vada bene in una delle due stanze”


 

“Si, su quello sono d’accordo,ma quale?” Gli chiese.


 

“Non lo so, ha importanza?”


 

“Io non dormo molto spesso, quindi non sarebbe un problema metterlo da me”


 

“Ma nemmeno io dormo”


 

“Ma se hai dormito per oltre un secolo!”


 

“Solo una volta! Comunque non potrò farlo certo adesso, e sicuramente non ne sentirò il bisogno. Quella volta fu solo per scampare al quattordicesimo secolo!”


 

“Lo so, lo hai sempre odiato”


 

“Tu invece no, vero?” il demone si sedette sul letto dell’angelo, osservandolo mentre riponeva con cura i suoi oggetti in giro per la stanza.


 

“Ogni secolo ha il suo lato migliore e peggiore, io cerco solo di cogliere i suoi punti forti. Sai quanti libri stupendi e interessanti sono stati pubblicati in quegli anni?”


 

“Non cominciare a parlare di libri angelo, o vado da miss Dowling a dire che hai tentato di aggredirmi e vedrai che ti licenzieranno in meno di due secondi”


 

“Ma!  Crowley, sei crudele!”


 

Il rosso gli allungò la mano.


 

“Piacere, Anthony J. Crowley, sono un demone e sono crudele” gli fece un occhiolino.


 

“Sei il solito stupido” gli schiaffeggiò delicatamente la mano.


 

“Quindi, questo bagno?”


 

“Da me, va bene?” disse sbuffando. “Se non altro non incorrerò nel rischio di trovarti addormentato”


 

“E che ci sarebbe di male?” chiese il demone levandosi le scarpe.


 

“Crowley, ti ho trovato addormentato già una volta, non voglio ripetere l’esperienza”


 

“Ma di che stai parlando?”


 

“Lo sai” si fermò con ancora in mano dei libri. Sibilò al meglio che poté e rovesciò la testa indietro facendo strani versi con la bocca. “Quello, hai capito?”


 

“Ma dai, ti stai riferendo a quella volta? era solo uno scherzo! L’ho fatto apposta!”


 

“Cosa?” si girò incredulo. “Tu lo hai fatto apposta?”


 

“Ma si! Non l'avevi ancora capito?”


 

Si stavano entrambi riferendo ad un fatto avvenuto circa negli anni ottanta, precisamente quella volta in cui Aziraphale dovette andare da Crowley per consegnargli un documento, per il loro famoso accordo di aiuto reciproco. Il demone lo era dimenticato il libreria il giorno prima, quindi decise di recarsi a casa sua la mattina seguente, tra l’altro il suo appartamento era appena stato costruito. Andò su per le scale, suonò alla porta ma nessuno venne ad aprire. Dopo qualche minuto aveva deciso di entrare con un miracolo, e dopo aver esplorato la sua nuova casa e aver osservato compiaciuto il fatto che si fosse trovato un nuovo passatempo, anche non avrebbe mai pensato al giardinaggio, camminò verso la sua camera: trovò il suo amico addormentato nel suo letto. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, scompigliati e che profumavano ancora di shampoo. Aziraphale si era avvicinato per guardarlo meglio, ma nel mezzo del silenzio tombale che regnava in camera, Crowley aveva cominciato ad urlare e sibilare, tirando fuori la lingua e rovesciando gli occhi all’indietro.

Aziraphale aveva urlato, mollato il documento a terra e gli erano spuntate le ali per la paura. Era corso via, e dopo qualche secondo Crowley aveva aperto di nuovo gli occhi, non potendo fare a meno di scoppiare a ridere.


 

“No che non lo avevo capito! Pensavo che stessi perdendo il controllo! Mi ero spaventato!”


 

“Che esagerazione” disse sventolando la mano in aria. Si sedette sul materasso, appoggiando la schiena al cuscino e alla testiera del letto.


 

“Tu non cambierai mai” 


 

“Mai, angelo” disse stiracchiandosi.

“E comunque, dobbiamo dormire, io mi alleno da giorni, sono anche diventato piuttosto bravo!” insistette l’angelo.

 

“Oh sì, ti ho pure visto!” ridacchiò il demone al ricordo.

“Allora lo possiamo fare?” si accese di entusiasmo il biondo.

“Anche a rischio che tu mi scambi per una torta gigante!”

Ma se proprio devi farlo, almeno divorami seriamente e in zone ancora più stimolanti!

Registrando quelle informazioni, l’angelo riordinò le idee.

“Oh, per tutti i cieli! Eri tu la torta gigante?”

“In persona, quando vuoi la mia guarnizione è sempre a tua disposizione!” si indicò l’orecchio, ammiccando verso di lui con fare sexy.

“Ti prometto che ci starò più attento, magari mi miracolo per evitare che si ripeta…” si imbronciò Aziraphale, che si sentiva soltanto in vistoso imbarazzo. “Però possiamo usarli i letti nelle nostre camere?”

“E va bene, angelo, i letti restano lì e qualche volta dormiremo pure…” si arrese Crowley.

Magari insieme? si aggrappò a un’utopica speranza.


 

Continuò ad osservarlo mentre miracolava una piccola libreria, con quattro piccoli scaffali, e mentre vi metteva con cura tutti i suoi libri in ordine alfabetico.


 

“Sei maniacale, e magari ora li metterai anche in ordine cromatico? Che t'importa se ci sono imperfezioni?” Lo schernì dolcemente.


 

“Disse colui che ammazza le piante se hanno una misera macchiolina”


 

Crowley si irrigidì. “Quella è mancanza di rispetto e tu lo sai. Io quelle piantine le curo, le amo-”


 

“Le ami?” chiese ironico.


 

“E loro non mi portano rispetto! Lo fanno apposta a farsi venire quelle macchie!” alzò la voce e cominciò ad agitare le mani.


 

“Lo credo, da come le tratti chi non opterebbe per il suicidio? Meno male che il giardiniere sarò io...ah, caro, se quando il piccolo Warlock crescerà e comincerà a sbucciarsi le ginocchia o tornerà in casa sporco di terra, mi raccomando, non ucciderlo. Gli basta un bagno e qualche cerotto e diventerà come nuovo” gli fece un occhiolino, che ebbe il preciso scopo di far innervosire l’amico.


 

“Ah-ah-ah. Sei spiritoso angelo, perché nessuno ti ha ancora preso in moglie?”


 

“Perché mi hanno preso in una compagnia itinerante di comici. Non te l’ho detto?” gli rispose a tono.

Nel mentre, aveva finito di sistemare i suoi libri: si sedette anche lui sul letto, nella stessa posizione di Crowley.


 

“Veramente no, pensavo che il più barboso librario d’Inghilterra disprezzasse le battute”


 

“Ne ho accanto una vivente come te da ormai seimila anni, e ora che ti dovrò vedere in gonnella e rossetto tutti i giorni sarà ancora più divertente”


 

“Ma chi sarà quello che mi metterà il rossetto? Ah, già, proprio tu”


 

“Non ti aspettare che ti metta anche le calze però. Saresti potuto diventare un bambinaio maschio, e invece hai optato per la gonna”


 

“Sei sessista, angelo?”


 

“Ti voglio ricordare che in linea di massima noi non abbiamo un sesso?”


 

Dopo quel breve battibecco entrambi non poterono fare a meno di ridere.


 

Oh, angelo...non sai quanto è bello vederti ridere.


 

Entrambi si guardarono negli occhi per qualche secondo, forse più del dovuto...quella calma, quella pace, il tramonto che faceva entrare i raggi di sole color oro creavano un'atmosfera serena. I capelli biondi erano attraversati da quel bagno di luce, e quelli rossi avevano dei riflessi ramati che erano una meraviglia per gli occhi.

Aziraphale non riuscì a sostenere a lungo lo sguardo del compagno, si girò quasi subito.


 

“Beh, ora che abbiamo finito” Cominciò il biondo. Crowley intanto rimase deluso per quel momento spezzato dalla testardaggine del proprio innamorato.

“Che cosa proponi di fare per la serata?”


 

Il demone incrociò le braccia e alzò le spalle.

“Non credo che troveremo molto da fare da queste parti”


 

“Potremo passare del tempo con gli altri della servitù” propose.


 

Il sangue di Crowley divenne acido e il viso si colorò di rosso. Lui, il suo angelo, di nuovo alle prese con quel Paul? Non se ne parlava nemmeno! Avrebbe dovuto trovare qualcosa da fare, non voleva vederlo mentre socializzava di nuovo con quel pinguino-maniaco. Lo aveva visto oggi, appena erano arrivati: aveva un completo elegante, si era regolato la barba, e profumava! Quel maledetto! Aveva salutato di nuovo Aziraphale con quella voce profonda e appiccicosa come il miele.


 

“Stai scherzando spero” sibilò.


 

“Perché?” chiese innocentemente.


 

“Vuoi di nuovo avvicinarti a quel maniaco?”


 

“Ma...non...forse non è proprio un maniaco” Tentò di giustificarlo. “Forse ha solo una carenza di affetto” alzò le spalle.


 

“E tu la vuoi forse colmare?” gli chiese sempre più nervoso.


 

“Ma no, sai che non posso, e soprattutto non voglio” queste ultime parole calmarono l’anima agitata del rosso. “Semmai dovesse farsi avanti maniera più...esplicita, diciamo, lo rifiuterò, che c’è di male?”


 

“Tu cosa intendi per maniera esplicita?”


 

“Credo...si insomma, che mi potrebbe chiedere un appuntamento o che so io” incrociò le gambe.


 

Il demone ridacchiò divertito.


 

“Credi che quell'energumeno non esiterà nel saltarti addosso appena tu gli darai una minima speranza? Sei un ingenuo” Crowley non credeva veramente ad un'eventualità del genere, sicuramente Paul non era tipo da molestie o aggressioni, ma la prudenza per tenerlo lontano dal suo angelo non era mai troppa.


 

“Tu dici?” gli chiese, insicuro della sua tesi.


 

“Assolutamente” annuì un paio di volte.


 

Aziraphale ci rifletté per qualche secondo. Sapeva leggere l’anima delle persone, e anche lui era convinto che quel maggiordomo non si sarebbe mai spinto a tanto. Ma...forse Crowley faceva bene a consigliarlo, a raccomandarsi di non essere troppo ingenuo.


 

“Beh...allora che cosa proponi di fare?”


 

Crowley ci pensò per qualche secondo, e rimase in silenzio.

Aziraphale non sentendo risposte, si alzò dal letto.

“Tu pensaci, io credo che creerò il nuovo bagno, poi mi saprai dire. Preferisci una doccia o una vasca da bagno?”


 

“Perché non tutte e due? Non credo che lo spazio sia un problema in questa casa” gli suggerì Crowley.


 

“Si, non è una cattiva idea...io credo che però userò la vasca, con il trasloco ho proprio bisogno di rilassarmi con un bel bagno caldo...”


 

Quelle parole fecero breccia nel cuore di Crowley, facendogli figurare davanti agli occhi il suo angelo completamente nudo nella vasca da bagno, coperto di bollicine e di schiuma profumata, mentre si insaponava il petto, i capelli morbidi, le gambe…

Cazzo, ma perché mi fai sempre questo effetto?! Si chiese sentendo le guance farsi calde e il battito accelerare espandendosi per tutto il corpo, specialmente in mezzo alle cosce.


 

“F-fa pure angelo...” sussurrò.


 

“Devo solo trovare il mio bagnoschiuma e la spugna...” si chinò aprendo una delle sue valige.


 

Ma allora lo fa apposta…

“A dopo allora” lo salutò dopo aver preso tutto l’occorrente.

“A dopo” gli rispose secco. Uno schiocco di dita fece apparire una porta, e Aziraphale se la chiuse alle spalle.


 

Mentre a pochi metri dal letto, quello che era successo nella mente del demone poco prima si stava avverando, Crowley si stava scervellando per trovare qualcosa che potesse intrattenerli durante la serata, ma ogni minuto la sua immaginazione virava bruscamente sulla sua fantasia proibita. Immaginava di entrare da quella porta appena costruita, di trovare Aziraphale scandalizzato mentre si copriva e lui che gli sussurrava “Sa tranquillo piccolo angelo...e lascia fare tutto a me”.

Poi immaginava solo i suoi occhi chiudersi, le loro bocche unite in un bacio, e la sua gola emettere dei dolci gemiti di piacere, mentre…


 

Cazzo! Questo è troppo persino per un demone come me!

Si coprì le guance, mentre tentava di scacciare quei pensieri piccanti e irresistibili…

Piccanti…


 

Ho trovato! Ma certo, sarà così  felice che non vorrà uscire dalla stanza!


 

Si alzò dal letto, e andò verso la sua camera, miracolando il necessario con uno schiocco di dita.


 

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Quando Aziraphale uscì dal bagno aveva ancora i capelli umidi, ed era vestito in maniera leggermente meno formale rispetto al solito.

Si sistemò sul letto, mentre osservava il buio che si faceva strada lungo il paesaggio meraviglioso che poteva ammirare dalla propria finestra. Si mise a leggere uno dei suoi libri, fino a quando dopo una buona mezz’ora, Crowley entrò nella sua camera.


 

“Caro, dovresti imparare a bussare” gli ricordò sbuffando e non staccando gli occhi dal suo libro.


 

“Sei un rompiscatole” disse avvicinandosi. “Comunque vieni, ho trovato quello che faremo per questa sera”


 

“Beh...sì va bene ma..” e un brontolio proveniente dal suo stomaco finì la frase per lui. “Si insomma, ho un po’ fame”


 

“Non preoccuparti di questo” lo invitò di nuovo ad alzarsi, ed entrambi camminarono verso la stanza del demone.


 

“Uno stile molto classico e sobrio, non è vero caro?” osservò le pareti scure, il letto decisamente diverso rispetto al suo, e un televisore. “Non avrai intenzione di farmi imbambolare davanti ad uno schermo?”


 

“Secondo te perché lo avrei miracolato? Comunque non stasera, adesso ho un progetto decisamente diverso” gli fece vedere una porta, che stranamente prima non esisteva.


 

“Credo che stiamo abusando un po’ troppo dei nostri poteri e anche dello spazio di questa casa, non trovi?”


 

“Ma quelli nemmeno se ne accorgeranno! Inoltre sei un ingrato io ho progettato il programma di questa sera e tu non fai altro che lamentarti! La prossima volta evito anche di farci mettere in due stanze collegate, e ti godrai la compagnia dei tuoi libri, sei contento?” incrociò le braccia scocciato.


 

“Oh, scusami caro” forse poteva dimostrarsi leggermente più felice di quello che era, altrimenti sapeva quanto Crowley si sarebbe offeso.

“Grazie per averci pensato tu, sono certo che qualsiasi cosa sia mi piacerà”


 

Il rosso gli sorrise. “Ah, di questo ne sono certo” e aprì la porta. In quella nuova stanza era stata costruita una piccola cucina, con fornelli, forno, un frigorifero e un piano cucina; poco più distante c'era un tavolo già apparecchiato, e una credenza con tutti i piatti necessari.


 

“Che hai in mente?” gli aveva chiesto senza capire il perché di una cucina.


 

“Non avevi fame? Beh, allora cuciniamo! Ma senza miracoli, facciamo tutto alla vecchia maniera”


 

“Davvero?” gli chiese con un sorriso eccitato. “Veramente possiamo cucinare? E poi mangeremo quello che avremo preparato?”


 

“Si...mi sembra ovvio no? Volevi buttare via il cibo?”


 

“Oh che bella dea!” si complimentò. “Che cosa prevede il menù?”


 

“Prima di cominciare dobbiamo lavarci le mani e metterci questi” sfilò due grembiuli, uno bianco e uno nero.

Aziraphale l’aveva trovata una cosa simpatica, e quando furono pronti, il demone gli spiegò cosa avesse intenzione di cucinare.


 

“Come antipasto pensavo dei cestini di patate con salmone e delle capesante gratinate, poi spaghetti con crema di pistacchio, arrosto con patate alla duchessa e una torta al cioccolato e crema di ciliegia”


 

Solo aver sentito gli antipasti, Aziraphale sentì un’acquolina in bocca che lo devastò.

“Mh..” cominciò a pregustare. “Un'ottima idea...”


 

Aziraphale, non gemere in quel modo! Mi farai diventare matto!


 

“B-bene...allora, mettiamo a bollire dell’acqua, pesiamo la pasta, e accendiamo il forno per le patate e l’arrosto...poi mentre si cuocerà tutto penseremo alla torta”


 

Aziraphale si occupò di far bollire l’acqua e di preparare la crema al pistacchio come era suggerito nella ricetta. Tutto il necessario si trovava tra gli scaffali e nel frigorifero, ma quando entrambi ebbero bisogno del sale lo afferrarono allo stesso momento, sfiorandosi le dita. Per quel contatto entrambi mollarono la presa, e il barattolo cadde a terra. Quando si chinarono per raccoglierlo, si diedero una leggera capocciata.


 

“Oh scusami caro” gli disse Aziraphale massaggiandosi la testa, e appena alzò lo sguardo si ritrovò a qualche centimetro dal naso dell’amico.

Entrambi rimasero vicini per qualche secondo, fissandosi negli occhi.


 

“Non è niente...” sussurrò il rosso.


 

“Oh diamine! L'acqua bolle!” disse il biondo notando che delle bollicine e dell’acqua bollente stavano ormai uscendo dalla pentola. Si alzò per buttare la pasta e per ripulire, e Crowley rimase ancora inginocchiato per qualche secondo ad osservarlo...quel grembiule gli stringeva leggermente il sedere…


 

Aah! Basta!


 

Il demone insaporì l’arrosto, e schiacciò le patate, le unì agli altri ingredienti, e con la sac à poche creò la forma delle patate alla duchessa. Aziraphale si avvicinò con un mano il pentolino dove stava la crema ai pistacchi.


 

“Però...complimenti, sei davvero bravissimo. Non pensavo che fossi così bravo a cucinare” lo ammirò il biondo. “Io a malapena sono riuscito a creare questa poltiglia” gli mostrò il suo creato.


 

“In seimila anni qualcosa dovrai pur fare, no?” poi prese il pentolino dalla sua mano, vi infilò un mignolo e lo assaggiò. “Non è male, sei stato bravo. Aggiungici solo un pizzico di sale e qualche pistacchio a pezzettini in più” gli suggerì, ma Aziraphale non poté fare a meno di arrossire per come si era leccato il dito coperto di crema verde.

Inaspettatamente vi infilò nuovamente il dito, e Aziraphale pensò che doveva aver fatto un buon lavoro siccome gli era piaciuto tanto...ma rimase imbambolato nel capire che quell’assaggio era per lui.


 

“Provala, sé non sono morto io non morirai nemmeno tu” ridacchiò il demone mentre gli offriva il mignolo. Forse poteva essere un gesto innocente, forse tra mamma e figlio, un gesto anche disgustoso tra amici, ma tra due cotti persi l’uno dell’altro era devastante.

Si insomma, gli stava offrendo il proprio dito, e gli stava dicendo di metterlo in bocca! Anche se per assaggiare del cibo, era comunque un gesto abbastanza inequivocabile.

Anche Crowley provava la stessa ansia di Aziraphale, anche perché quel gesto era venuto da lui, in un momento di coraggio e sfrontatezza....aspettava solo che Aziraphale non dicesse di no. 

L’angelo si fece forza, pensando al cibo e basta, ma quando le sue labbra avvolsero tutta la falange, entrambi sentirono la pelle d’oca. In fretta il biondo assaggiò la crema, ma la sua lingua sentì anche la pelle morbida del rosso.

“Mh. S-si è-è b-buona” balbettò ricolmo di imbarazzo.

Il demone gli sorrise, vittorioso. “Mettici un po’ di sale ed è fatta”

Annuì distratto e tornò al lavoro.

Lavorarono con calma, e quando anche l'arrosto fu in forno, fu il tempo della torta.

Aziraphale mangiò una ciliegia dal cesto, per smorzare la fame e anche perché alle ciliegie non sapeva proprio resistere.


 

“Ti ho visto angelo” gli puntò il dito Crowley.


 

“Ma sono così buone” si giustificò.


 

“Non è una giustificazione” ridacchiò.

Tolse il nocciolo a tutte le ciliegie, ne mise qualcuna da parte da usare come decorazione e utilizzò il rimanente per fare una crema rosso sangue, dalla consistenza morbida.

Crowley fece l’impasto, e sciolse il cioccolato: lo unì, e il soffice composto prese il colore marrone che contraddistingue il cacao. Mentre Aziraphale mescolava la crema rossa, si sentì in pace con il mondo, nel suo piccolo angolo di paradiso: cucinare con il proprio migliore amico in un’atmosfera di convivialità e buon umore. E anche di imbarazzo, ma non era disagio quello che sentiva nel cuore.

Lo guardava ogni tanto, di sottecchi, senza farsi vedere, e anche Crowley stava ben attento a rivolgergli certe occhiate senza essere scoperto.

A volte il demone gli dava dei consigli, e lui li accettava con il sorriso.

Crowley dovette miracolare un altro forno per riuscire a mangiare in tempo anche la torta senza aspettare troppo tempo, intanto Aziraphale scolò la pasta.

La dedizione e la pazienza del biondo  furono essenziali per completare l’impiattamento, e dopo essersi levati i grembiuli, portarono i piatti in tavola, uno davanti all’altro.


 

“Beh...congratulazioni angelo, siamo stati bravi, quasi quasi ti propongo per masterchef”


 

“Master che?” gli chiese confuso mentre sistemava il tovagliolo sulle sue gambe.


 

“Oh giusto, non è ancora stato inventato quel programma” alzò le spalle e si sistemò sulla sedia. “Beh, buon appetito angelo”


 

“Anche a te Crowley” e addentò  il pesce ricoperto da una leggere gratinatura.

Lo trovò squisito, come il resto.

Mentre mangiavano si misero a chiacchierare e a parlare della loro prospettiva come lavoratori di casa Dowling per i prossimi anni. Dopo aver parlato per un po’ dell'impiego di giardiniere di Aziraphale, Crowley non si dimostrò molto favorevole ad adottare il metodo del migliore amico anche per le sue piantine personali. Aziraphale le trattava esattamente alla maniera opposta di come faceva lui, ed entrambi sapevano che questa abitudine non sarebbe mai cambiata.

Mentre mangiavano il secondo, il discorso virò sul piccolo Warlock.


 

“Sai quale sarà il bello di essere la sua tata-demone? Lo potrò educarlo a mia immagine e somiglianza e influenzarlo come mi piacerà. Sarà uno spasso”

“Per me sarà altrettanto divertente contrastarti. Chissà come lo faremo diventare, un giorno vorrà uccidere le lumache mentre l’altro andrà in giro a gettare petali di rose per il mondo”

“Sarà morto prima che io gli permetta di farlo”

“Secondo te potrebbe avere problemi con tutte queste influenze contrastanti?”

“Oh, possibile… ma non vedo l’ora di insegnargli qualche filastrocca raccapricciante o qualche parolaccia”

“Non in mia presenza! Niente parolacce! Niente volgarità!” intervenne subito il biondo.

“Mmmh quanto sei pesante!” Crowley gli portò il secondo piatto, e un profumo di carne arrosto impregnò l’aria.

“Come tu non vuoi le rose, io non voglio le parolacce”

“Senti angelo, usa quella bocca per qualcosa che mi farebbe molto piacere”

A quella frase, Aziraphale aprì gli occhi e diventò paonazzo. Ma che cosa voleva dire?

“Intendo mangiare e stare zitto” chiarì il demone con un sorriso. “Che avevi capito?” gli sorrise maliziosamente.

“N-niente!” si schiarì la voce e cominciò a mangiare il secondo. “Mmh...devo ammettere che è deliziosa” si concentrò sui sapori che gli si mescolavano in bocca.

Crowley non era troppo interessato al cibo, mangiava per lo più per accontentare l’angelo e per farlo felice. Ma una volta avvertito il sapore delle patate fatte in casa, dovette ricredersi.

“Veramente ottimo” continuava a complimentarsi Aziraphale.

“Sei stato bravo anche tu. Dimmi la verità, sicuro di non aver fatto qualche miracolo mentre non guardavo?”

“Ma come osi? Sei così malfidente?”

“Chiedevo solamente per esserne sicuro...tu ne saresti capace. Sarai anche un angelo ma sicuramente non sei un santo”

“Lo sono molto più di te”

“Bel confronto, un angelo e un demone, chi sarà il più santo? Domanda da un milione di sterline”

Continuarono chiacchierare per una mezz’ora, fino a quando anche il piatto del secondo non fu vuoto. Naturalmente non si erano scordati di accompagnare tutto quel cibo con dell’ottimo vino, e la loro serata sembrava andare splendidamente.

Si alzarono entrambi per riportare i piatti alla cucina, e con uno schiocco di dita di Crowley ritornarono puliti e nella credenza, cosa che gli fece ricevere un’occhiataccia da parte dell’amico.

“Che c’è? I miracoli riguardavano il cucinare, mica il ripulire!”

Aziraphale alzava gli occhi mentre preparava due piatti su cui posare le due fette di torta; ma mentre tagliava, alzò il coltello troppo in fretta, e un po di crema gli finì sulla camicia.


 

“Oh caz-...cavolo!” si corresse immediatamente, mentre Crowley era piacevolmente sorpreso da quella parolaccia.


 

“A-ah… prima tutta quella premura sul non voglio che insegni parolacce al bambino e poi appena ti cade un po’ di torta addosso esordisci con un oh ca-


 

“Non ripeterlo!”


 

“Ma sei stato tu a dirla, mica io!”


 

Aziraphale intanto tentava di ripulirsi con uno straccio imbevuto di acqua.


 

“Questo non ti conferisce l’autorizzazione a dirne altre in mia presenza!”


 

“Ma è divertente vederti mentre diventi nervoso” rise appoggiandosi al bancone.


 

“Io non sono nervoso, e comunque sia non è divertente!” ribatté.


 

Crowley sorrise, e prese un cucchiaio appoggiato al lavandino, e lo riempì con un boccone di torta.


 

“No?” e come se fosse una catapulta lanciò il bersaglio al cioccolato e ciliegia sulla camicia celeste del biondo.

L’angelo emise un suono sorpreso, quasi sconvolto.

“Ma!”  si guardò il petto, appena colpito. “Crowley!”


 

“Secondo me era divertente!” e intanto aveva cominciato a ridere.

Aziraphale avrebbe potuto mantenere la sua espressione imbronciata, ignorarlo e rimanere arrabbiato...ma no, decise di guardarlo in maniera torva per qualche secondo, prima di affondare le dita sul bordo del dolce ancora tiepido e grondante di crema alla ciliegia, ne sollevò un pezzo con il pollice, l’indice e il medio e lo guardò per qualche secondo…

poi lo spiaccicò sul volto stupito del demone, e mosse per bene le dita, impiastricciandogli i capelli e il viso.


 

Dopo qualche secondo di silenzio, Aziraphale si leccò via il rimanente della torta dalle dita.


 

“Almeno è buona” annuì l’angelo, mentre Crowley si liberava gli occhi per tornare a vederci di nuovo.


 

“Ne sono felice. Dovresti...assaggiarne ancora un po” e l’angelo si ritrovò un altro pezzo di dolce, ma sulla bocca e sul naso.

Rimase fermo per qualche secondo, con un’espressione neutrale. Poi girò leggermente la testa per guardare Crowley negli occhi.

“Allora vuoi la guerra?”

“Non è un nuovo modo per mangiare una torta?” e la sua mano si munì di un’altra arma al cioccolato. “Allora si angelo. Benvenuto alla fine del mondo...o della cena” e i capelli biondi divennero marroni e color ciliegia.

Colpito, l’avversario non poté più tirarsi indietro.

Iniziarono a tirarsi torta da tutti i lati della cucina nascondendosi dietro i il bancone e usandolo come trincea. I vestiti puliti erano ormai un lontano ricordo, ma almeno i loro capelli profumavano di dolce appena sfornato.

Aziraphale fu divertito e deliziato dal dolce, cercando di mettere in bocca quello che non gli arrivava sui vestiti o sulla testa.

Quando però la torta fu dappertutto tranne che sui piatti, Crowley afferrò un barattolo di panna montata, che si supponeva dovesse finire sulla cima di ogni fetta, ma invece divenne un ottima pistola.

Si alzò in piedi e corse a sorpresa verso il suo amico, e lo riempì di panna.


 

“Basta! Sei sleale!” gli urlava ridendo.


 

“Non ti piacciono i dolci? Dici sempre di amarli”


 

“Basta ti prego!”


 

“Ah, alzi bandiera bianca?” lo prese in giro.


 

“Crowley mi è entrata la panna negli occhi!” si mise le mani in faccia e cominciò a gemere di dolore.


 

“Cosa? No! Oh no scusami!” smise di prenderlo in giro e si mise al suo fianco per capire che cosa potesse fare.


 

“Ahi che male...” si sfregò il viso con le dita.


 

“C’è qualcosa che posso fare?”


 

“Non fa niente...” si alzò e prese il panno umido che stava usando prima.


 

“Mi dispiace, non volevo farti male”


 

“Tranquillo, guarda che lo so”


 

Quando Aziraphale tornò a rivedere tutto tranne la soffice spuma bianca,, osservò come erano conciati. Pieni di torta dalla testa ai piedi, e non poterono altro che ridacchiare.

Con un miracolo si ripulirono, e silenziosamente sistemarono la cucina.

Sono uno stupido Ho rovinato un bel momento solo perché sono un impulsivo. Avrei dovuto stare fermo, magari a quest’ora eravamo fuori a fare una passeggiata per i giardini e invece ora lui è qui con ancora della panna negli occhi. 

Rimuginò un po’ mentre uscivano da quella cucina.

“Che c’è caro” gli aveva chiesto Aziraphale notando quanto fosse turbato.

“Niente...solo mi dispiace per quello che è successo”

“Ma che dici?” gli mise una mano sulla spalla. “è stata una splendida serata, una delle migliori della mia vita. Abbiamo mangiato, bevuto, chiacchierato, fatto una lotta con una torta a dir poco squisita, tu non hai incendiato nulla, direi che è andata a gonfie vele”

il demone si sentì leggermente meglio.

“Io non ho mai bruciato nulla…” iniziò con un sorrisetto.

Aziraphale alzò un sopracciglio.

“...quasi nulla”

e Aziraphale gli rivolse uno dei suoi sorrisi più splendenti. 

“Ma mi dispiace se ti ho fatto entrare la panna negli occhi” si mise le mani in tasca, leggermente a disagio.

“Ma caro, non preoccuparti. Sono incidenti, cose che capitano. So che tu non mi faresti mai male di proposito” la sua voce era dolcissima.

“Tutto perdonato quindi?”

“Tutto perdonato” gli fece eco Aziraphale.

“Davvero ti è piaciuta come serata?”

L’angelo gli sorrise, come per dirgli “me lo chiedi ancora? Non è ovvio che mi sia piaciuta?” ma per farglielo capire meglio, si sporse verso di lui e gli diede un bacio sulla guancia.

Crowley rimase di pietra per quel gesto, e rimase con la bocca leggermente aperta.

“Buonanotte Crowley” e gli strinse la presa sulla spalla.

Tornò nella sua stanza, e il demone era ancora fermo in piedi al centro della stanza. Si toccò la guancia destra, appena baciata dal proprio migliore amico, e si sentì sciogliere. Si gettò sul letto a gambe e braccia aperte, ormai sicuro di essere più vicino al paradiso di come non lo era mai stato. Afferrò un cuscino e se lo portò al viso, mugolandoci dentro per non farsi sentire. Si sentiva esplodere dalla gioia, e non riuscì ad addormentarsi per un’ora buona, pensando alle labbra di Aziraphale che erano state a contatto con la sua pelle per due secondi buoni, e poi avevano lasciato uno schiocco.

Che serata meravigliosa… pensò addormentandosi.


 

Crowley si svegliò dopo aver dormito a malapena tre ore. Lo faceva per rilassarsi, mentre Aziraphale nell'altra stanza leggeva tranquillo sdraiato sul proprio letto.

Stropicciandosi gli occhi si alzò e chiuse le finestre.

"Bleargh...oggi splende troppo sole"


 

Avrebbe reagito diversamente se le giornate fossero come di solito capita a Londra: umide, grigie ma affascinanti.

Non odiava il sole, ma un bel temporale lo avrebbe messo di buon umore.

Guardando l'orologio notò che mancava un'ora abbondante all'inizio del secondo giorno di lavoro come tata: il tempo necessario per annaffiare le piante e prepararsi con la dovuta calma, e per programmare anche quello che avrebbero dovuto fare, influenze negative e positive.

Materializzò uno spruzzino pieno d'acqua, e ancora in boxer e canottiera ciondolò verso le sue piccole pesti, come le chiamava lui, tra i tanti nomignoli che aveva affidato loro.

Notò con piacere che una di loro, la più piccola e la nuova arrivata stava crescendo velocemente, e non mostrava nemmeno una macchia o un misero taglietto.


 

"Oh, ma come siamo state brave, vero?" Aveva esordito a gran voce Crowley. "Stiamo crescendo in fretta, e guarda un po'...neanche il più misero buco, nessuna foglia secca...ci stiamo dando da fare eh?"


 

Intanto, l'interpellata era rimasta ferma a sentire quello che Crowley stava dicendo, quasi sentendosi fiduciosa.

Povera ingenua.

Erano i suoi primi giorni sotto la custodia del demone, non aveva ancora provato la morsa della paura e del timore di Crowley.

Bastò un secondo, in cui il demone cambiò espressione e le sue sorelle cominciarono a far tremare le foglie.

Confusa, la piantina si chiese cosa stesse succedendo, ma non tardò a sentire un pugno chiudersi attorno al suo fusto; si sentì stringere, e non ebbe nemmeno la forza per tremare. Rimase ferma e paralizzata, mentre vedeva il volto del padrone avvicinarsi.


 

"Non ti starai montando troppo la chioma, signorinella? Oh guardatemi, si, sono brava, non mi sono fatta venire nemmeno la più piccola delle macchie! È così che ti senti vero? Sicura di te, delle tue foglie meravigliose, dei tuoi rami delicati, no?” fece una pausa.


 

“Beh ti dico una cosa. Qui non ci si sente fieri.

Qui ci si sente in un incubo. In uno dei tuoi peggiori incubi. Farai meglio a tenere a freno la la tua vanità se non vuoi che ti estragga tutta la tua linfa con una cannuccia, è chiaro?!"


 

Per poco la più grande delle piante non svenne a terra rovesciando il suo vaso.

Nemmeno lei che era in compagnia di Crowley da anni non sopportava ancora tutta quella paura.


 

Dopo aver appoggiato a terra la piantina, che per poco non diventava gialla dallo spavento, si sporse verso di lei.


 

"Via, non farmi arrabbiare. Rimani così e non ci sarà alcun problema, e non incontrerai il mio trita-fusti" disse con calma. la accarezzò piano su una radice che sporgeva e lasciò la stanza con un ghigno.


 

Andò verso il suo armadio nero, lo apri e osservò i suoi completi; quelli che usava solitamente erano sulla sinistra, mentre i vestiti da tata sulla destra.

Li posò delicatamente sul letto, prima di darsi una rinfrescata veloce con uno schiocco di dita; mancava ancora parecchio, e dopo essersi pettinato i capelli e averli sciolti sulle spalle, un'idea gli guizzò nella mente, facendolo sorridere.

Aveva tra il suo arredamento anche un piccolo giradischi anni ottanta, abbastanza piccolo da stare sul comodino al lato del letto. Non aveva difficoltà a procurarsi qualsiasi tipo di disco, non solo perché ne era appassionato e aveva avuto l'occasione di vivere più di seimila anni seguendo tutte le tendenze del momento, ma anche perché bastava schioccare le dita per averne uno.

La copertina non poteva che voler dire solo una cosa. E dopo l'uscita del videoclip, non ci si poteva più sbagliare.


 

L'ago toccò il vinile.


 

https://www.youtube.com/watch?v=Kee9Et2j7DA


 

Esattamente nel suo stile.

Come una qualsiasi canzone dei Queen, ognuna aveva un significato e un diverso modo per interpretarla.

Crowley già dalle prime note si immerse nel suo ruolo, si sedette sul letto e ancora muovendo le spalle e le gambe, cominciò ad infilarsi i collant. Gli aderirono per bene, colorando la sua pelle di un grigio scuro; ballare con quelli indosso rendeva il pavimento scivoloso e perfetto per una coreografia.


 

I want to break free
I want to break free
I want to break free from your lies
You're so self satisfied I don't need you
I've got to break free
God knows, God knows I want to break free

I've fallen in love
I've fallen in love for the first time
And this time I know it's for real
I've fallen in love, yeah
God knows, God knows I've fallen in love

 


 

Fu il turno della gonna, che venne su senza difficoltà, fasciando la vita stretta e le gambe snelle.

Senza pudore, cosa che si addice ad un demone, continuò a ballare anche mentre si sfilava la canotta per metterne un'altra, e nel frattempo canticchiava in playback, sicuro che la sua voce avrebbe infangato il ritmo di Freddie.

Mosse la testa a destra e sinistra, e i capelli seguirono quelle mosse con colpi ondulati e dai riflessi ramati. Prese la camicia e prima di infilarla girò una volta su se stesso.


 

Solo in quel momento si rese conto che Aziraphale lo stava fissando dalla porta della sua stanza.


 

Per poco non cadde rovinosamente a terra per lo spavento.


 

"Aziraphale!"


 

"Oh Dio! Caro stai bene?" Vedendolo praticamente per terra; fortunatamente fu abbastanza veloce ad aggrapparsi al letto.


 

"Si che sto bene! Ma che diamine fai qua dentro?!" Chiese con la pazienza ormai al limite.


 

"Oh ehm, vedi...io volevo solo aiutarti a truccarti" e mostrò una borsetta nera porta trucchi. "È quasi ora di prepararsi"


 

"Si lo so! Era quello che stavo facendo! Ma diamine, non sei tu quello che mi rimprovera per non bussare?"


 

"Io ho bussato, ma tu non hai risposto, e mi sono preoccupato! C'era la musica troppo alta!"


 

"Secondo te perché c'era la musica? Perché stavo bene, altrimenti non l'avrei messa! E se fossi stato nudo?"


 

Aziraphale aprì gli occhi a dismisura e arrossì violentemente.

Se avesse avuto l'occasione di vederlo nudo non sapeva quale sentimento avrebbe prevalso. Sarebbe svenuto o avrebbe avuto la sfacciataggine di sostenere il suo sguardo?


 

Una parte di sé avrebbe voluto saperlo, l'altra preferiva rimanere nell'ignoranza.

"Mi dispiace, la prossima volta allora busserò talmente tanto da buttare giù la porta!" Rispose con un sorriso sincero.


 

"E li paghi tu i danni?" Disse spegnendo il giradischi. Indossò velocemente la camicia e la abbottonò silenziosamente.

Poi si rese conto che la sua gonna aveva una cerniera anche dietro, sulla schiena, e non riuscendo a vederla dovette chiedere aiuto.


 

“Mi dai una mano con questa zip?” gli chiese mentre si sistemava i capelli”


 

“Certo” il biondo si avvicinò e impugnò tra l’indice e il pollice la cerniera, e cominciò a tirare.


 

Ma Crowley aveva capito subito che qualcosa non stava andando nel verso giusto...letteralmente.


 

“Su, angelo. Devi tirarla su, non giù”


 

Appena glielo fece notare, Aziraphale ebbe voglia di scomparire all’istante; divenne rosso come un peperone e chiese debolmente scusa.

Sarebbe stato bello punzecchiarlo su quell’errore, dovuto all’imbarazzo e all’ansia che aveva sempre caratterizzato il suo migliore amico. Ma decise di evitare quell’argomento, ne scelse un altro.


 

"Da quanto eri lì?" Gli chiese senza guardarlo.


 

"Eh? Beh io avevo...appena aperto"


 

"Bugiardo" si sfilò i capelli dal colletto.


 

"No, non sono bugiardo! Avevo appena aperto e-"


 

"Aziraphale!"


 

"Oh e va bene! Avevi appena iniziato" quasi si pentì di aver confessato di aver fatto il guardone.

"Ma ballavi abbastanza bene...e...si insomma..."


 

Lo stava torturando abbastanza. Si avvicinò all'angelo e gli sfilò la borsetta dalle mani.

"Si si certo. Ora vieni angelo, o faremo tardi"

Rimase come pietrificato per qualche secondo, con ancora l’immagine di Crowley che ballava impressa nella mente.


 

"Aziraphale?"


 

"A-arrivo!"


 

_________________________________________________________


 

"Ahi! Sta attendendo con quel bastone!"


 

"Scusami caro, so che è un po' lungo, ma-"


 

"Ahi! È maledettamente lungo! Mi stai facendo male, non lo sai nemmeno usare! Tienilo bene in mano, impugnalo alla base e muovilo lentamente! Sé lo tieni così ti sporchi tutta la mano"


 

"Se solo tu stessi solo un po' fermo riuscirei a metterlo bene!"


 

"Sei tu quello rozzo. Ma lo hai mai fatto prima?"


 

"Lo sai che sei tu l'unico con cui ho provato"


 

"Andiamo bene, tutti i giorni cosi? No grazie"


 

"Ma come, non apprezzi il mio impegno? Io ci sto provando a rendere questa cosa piacevole! Vedrai che ne sarai soddisfatto, devi aspettare solo qualche secondo…"


 

"Angelo, mi stai solo facendo male, l'unico che si diverte qui sei tu-ahi!"


 

"Scusa caro, finisco il prima possibile"


 

"Lo hai detto anche poco fa. Ma quanto ti ci vuole?"


 

"Vuoi che lo faccia bene o vuoi che ti lasci a metà?"


 

"Mmmh! E va bene!" Mugolò stressato il rosso. 

Dopo qualche secondo ridacchiò.


 

"Se qualcuno sentisse questa conversazione senza sapere che mi stai solo mettendo il mascara, potrebbero pensare molto male, non trovi?"


 

L'angelo, che di doppi sensi ne capiva ben pochi, alzò le spalle.


 

"Non so di cosa tu stia parlando"


 

"Ti dovrò istruire anche su questo" disse dandogli una pacca sulla spalla.

Una volta che le ciglia di Crowley furono nere e folte, dalla pochette nera l'angelo tirò fuori il rossetto.


 

"Quella roba è appiccicosa" Crowley lo guardò con disapprovazione.


 

"Tranquillo, l'ho preso opaco questa volta. Vedrai che non lo sentirai nemmeno" e iniziò a passare la punta morbida sulle labbra dell'altro.


 

"Non lo sentirò dopo, ma per adesso lavori come un macellaio!"


 

"Dai, non sono così male; sono alle prime armi, è normale non essere molto precisi no? Inoltre è anche colpa tua"


 

"Che cosa intendi?"


 

"Hai le labbra troppo sottili" infilò l'applicatore nel tubetto colorato.


 

"Ah, e me ne fai una colpa?"


 

"Se le avessi più gonfie non sarebbe così difficile"


 

"Sei veramente frustrante angelo!"


 

"Vuoi stare fermo? Non riesco a metterlo se continui a parlare! Accidenti, chi ti ha creato te le ha disegnate con la matita!"


 

Crowley la prese come una sfida. In pochi secondi di silenzio programmò il suo piano: materializzare un rossetto in stick, più facile da mettere, bloccare l'angelo con uno schiocco di dita e mettergli il rossetto anche a lui per vendicarsi. E avvenne tutto in meno di dieci secondi.


 

"Ma che diamine fai?!"


 

"Mi prendo la mia rivincita" chiuse il rossetto. "È anche un bel colore"

Ora l'angelo indossava un bellissimo rosso corallo, e con la sua espressione imbronciata stava a dir poco divinamente.


 

Con un fazzoletto, Aziraphale se lo levò.


 

"Ma come? Ti stava così bene!"


 

"Almeno io non dovrò truccarmi ogni giorno"


 

"Io preferirei essere truccato e avvenente invece di un giardiniere con i dentoni"


 

"Ah sì?" Si alzò puntandogli un dito al petto. " Preparati a essere toccato dove è normale che un bambino tocchi per avere del latte, cara la mia tata"


 

"Cosa? Ma io non ho un seno! E sicuramente ci penserà la madre!"


 

"Quel bambino ha talmente pochi giorni di vita che non farà differenza. Poi la fame è sempre fame" alzò la spalle.


 

Continuarono a bisticciare, come era solito fare tra di loro. Ma non lo avevano praticamente mai fatto con vera cattiveria, ma solo per stuzzicarsi.

Un po' era anche un modo per dimostrarsi che si volevano bene... chissà se lo avrebbero mai capito.


 


 

Note delle autrici:


 

Buonasera a tutti! Siamo tornate con un nuovo capitolo, contenti? Io e la mia cara socia tantissimo ^^

Come ogni volta, voglio ringraziare di cuore voi per seguirci ogni capitolo, per le vostre bellissime recensioni (a cui dobbiamo ancora rispondere, ma più che altro è colpa mia) e ringrazio MusicAddicted per essere sempre al mio fianco in questa avventura, piccola, ma per che per me ha molto valore.

Ti voglio bene socia <3

Non mi dilungherò troppo nelle note, siccome già ho fatto abbastanza la logorroica.

Se vi va di farci sapere cosa ne pensate con un commentino, ne saremmo tanto felici ^^

Vi auguriamo una buonanotte, o un buongiorno, a seconda di quando state leggendo. Un bacio!

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Capitolo 5
*** I nuovi incontri / le vecchie conoscenze ***


Loka-98






 

1.1 CAMERA DI CROWLEY E AZIRAPHALE...

 

Allo scadere del tempo libero a sua disposizione, Crowley si diresse al grosso armadio in cui oltre ai vestiti aveva riposto un oggetto prezioso, premurandosi di portarlo con sé ben nascosto sotto le vesti nere. Anzi, per l'esattezza gli oggetti erano due.

 

"Che cosa fai?"

 

"Mi faccio trovare preparato a qualsiasi cosa."

 

Quello che tra loro aveva le sembianze di una bambinaia uscita da un horror anni ottanta, lasciò le stanze che avevano adibito al loro soggiorno abbassando gli occhiali fino alla punta del naso, mentre stava aprendo la porta. Voltò il capo in direzione dell'angelo mentre lui gli era ancora alle spalle, e strizzò un occhio per pochissimi attimi, parlando con la sua 'voce da donna' che di femminile non aveva assolutamente niente. "Buona giornata, Fratello Francis."

Crowley ricoprì quelli che Aziraphale riteneva gli occhi più belli che avesse mai visto dietro le sue lenti scure, e lo lasciò lì a finire di prepararsi portandosi dietro la porta sino a richiuderla del tutto.

Aziraphale restò fermo con la tenuta da giardiniere in bilico sul suo avambraccio piegato a fissare il vuoto dove prima c'era la sua immagine, avvertendo la gola seccarsi.

Sapeva che i prossimi mesi in sua compagnia sarebbero stati terribilmente difficili da sopportare. Crowley sapeva essere irresistibile, anche con quella voce e quel suo nuovo look.

Ma ora toccava a lui.

Per quanto amasse poco il suo naturale aspetto, si costrinse a salutare il suo dolce, paffuto e pulito visetto, per poi trasformarsi in un giardiniere più vecchio e che trasmetteva la sua bellezza solo caratterialmente.

Una tata horror e un giardiniere sfatto. Che coppia stramba. Aziraphale si infilò i vestiti, e uscì dalla stanza cercando di non tremare dal nervoso e dalla paura, e con passo veloce, si diresse verso il suo nuovo lavoro.

 

“Chi non ha visto piovere a Londra, non ha visto Londra”si dice. Eppure, un giorno di pioggia e di freschezza Aziraphale lo avrebbe voluto più che volentieri, dato il sole ardente che lo stava facendo sudare sotto tutti quegli strati di stoffa che Crowley gli aveva suggerito di indossare quando ancora progettavano il loro travestimento. Almeno lui non avrebbe dovuto stare piegato tra terra e polline danzante, mentre l’afa lo faceva grondare di sudore.

Ma da bravo angelo, decise di non lamentarsi e di non demordere. Anche se rimpiangeva la salopette verde che all’inizio aveva scelto, era così comoda e fresca...

Certo, il suo umore era peggiorato notevolmente da quando si era presentato nel giardino poche ore prima: quando ancora il sole era sopportabile, e con un sorriso, aveva iniziato con un giro preliminare. L’erba era verde e soffice, le siepi cominciavano a risentire dell’assenza di un giardiniere, infatti quella a forma di stella era diventata più cicciotta e tonda, ma le foglie erano comunque idratate e verdi smeraldo. I fiori, oh, quei bellissimi esemplari, e anche molto costosi, sembravano quasi delle adorabili casette per le fate. Ci si sarebbero appoggiate sopra, e si sarebbero rannicchiate tra quei petali colorati e morbidi. Gli arnesi che gli erano stati forniti erano nuovi e ben affilati, cosa che all'inizio sembrò spaventare qualche piccolo bonsai e qualche rametto dall'aria fragile. Aziraphale, o Francis, con tutto il suo buon umore e il suo angelico carattere, si era seduto sul manto erboso, davanti ad un cespuglietto di rose che sembrava molto preoccupato.

Adocchiò uno dei fiori, quello più malmesso, e con i suoi occhi gli sembrò di scorgere un tremolio spaventato. Con le sue dita delicate, sollevò il fiore leggermente pendente, e proprio quando sembrava giunta la sua ora, l’angelo ci passò sopra la mano: come per magia, il fiore fu bello e rinvigorito.

 

“Mie care, ho promesso di non sfruttare troppo i miei poteri...ma se lo faccio solo una volta non se ne accorgerà nessuno. Dovrò prenderci la mano con i vari unguenti e rivitalizzanti, ma vi prometto che andremo d’amore e d’accordo”

 

Il giardino sembrava aver compreso la vera natura dell’angelo, il quale si chiese come poteva il suo compare trattare quegli esseri meravigliosi con così tanta cattiveria. Gli era capitato di sentirlo urlare contro le sue stesse piante, con l’intento di spaventarle a morte, e presto ci sarebbe riuscito.

Quel demone.. le piante hanno un cuore, un’anima, e l’amore e il rispetto non devono mancare a nessun essere vivente.

Di buona lena, Aziraphale iniziò il suo lavoro, questa volta senza usare i suoi poteri. Ma proprio questo gesto sconsiderato lo portò a soffrire sotto un caldissimo sole londinese, con la schiena ormai piegata in maniera non proprio normale, e con macchie di sudore su tutti i suoi abiti.

 

“Spero che almeno a Crowley stia andando bene.. per i primi mesi poi il bambino non avrà nemmeno bisogno di me, e io dovrò starmene qui a prendermi cura di ogni filo d’erba che nasce, cresce, fa il suo corso e muore..” prese l'innaffiatoio e diede da bere ad cespuglio di rose bianche. “Speriamo che con l’età cominci ad uscire, in questo modo potrei stare più tempo insieme a lui e a Crowley.”

Quest’ultima frase lo fece arrossire, anche se era da solo.

“Oh ma che sciocchezze.. la priorità è il bambino, non certo lui.” cercò di autoconvincersi, anche se la prospettiva di avere Warlock in giro per il giardino mentre lui e Nanny prendono un tè insieme seduti su una delle panchine, era tremendamente invitante. Già poche ore e sentiva la mancanza del suo migliore amico.

 

“Oh, meglio non pensarci!” si disse, e nel mentre sentì un rumore di ali, e poco dopo un passerotto gli si era posato sulla testa.

“Ma che cosa abbiamo qui?" con un dito, prese l’uccellino, il quale si aggrappò forte a lui con le zampette.

“Qualcuno qui ha sentito il pezzo di pane che avevo in tasca” Con l'altra mano tirò fuori delle piccole briciole dal cappotto, e il piccolo

affamato si gettò subito a picchiettare il suo palmo. Non fu il solo animale che Francis vide quel giorno.

Qualche chiocciola, la parte restante della famiglia del passero, e addirittura una coppietta di scoiattoli.

Il suo buonumore fu ristabilito nel giro di poco, e addentrandosi in un’altra parte del giardino, vide una bellissima distesa di fiori,di ogni genere, colore e tipo. Il confine di quel paradiso era la cancellata laterale della villa, dove dei passanti camminavano e talvolta si fermavano per ammirare l’abitazione.

Francis si mise a lavorare, come estasiato da tutti quei boccioli colorati e dal profumo così intenso, preoccupandosi di capire come prendersi cura di ogni fiore senza lasciarne morire qualcun altro.

 

Mentre era inginocchiato, con la coda dell’occhio notò che qualcuno lo stava osservando. Era una bambina, che si era appesa alle sbarre del cancello, e lo guardava incuriosita. Non sembrava essere turbata dal suo aspetto, ma era molto curiosa riguardo ai fiori.

“Tu sembri un angelo.” gli disse la bambina con fare innocente.

“Un angelo?” Aziraphale si girò. “Perché ti sembro un angelo?” le chiese con un sorriso.

 

“Non lo so..” alzò le spalle lei. “Io vorrei essere un angelo” sorrise timidamente. Aziraphale si tolse il cappello, intenerito da quella piccolina.

 

“Forse lo sei. Vediamo se sai fare una magia. Chiudi gli occhi.” La bambina annuì e chiuse i suoi occhi verdi.

 

“Ora tendi la mano”

 

“Va bene”

“E ora vediamo se sei capace di far crescere un fiore.” il biondo schioccò le dita, e la bambina aprì gli occhi come incuriosita da un leggero solletico sul palmo. Un bellissimo gelsomino stava sbocciando dalla sua manina;

Lei aprì la bocca, stupefatta.

 

“Oh.. ci sei riuscita. Brava, sei proprio stata brava.”

La piccola rise, prendendo il fiorellino con entrambe le mani.

“Ora vai piccola, raggiungi la mamma.” si premurò Azi, e la vide correre felice, mentre sventolava le dita per salutarlo.

Il sorriso di un bambino era una delle cose che più faceva sciogliere il cuore di Aziraphale. Come primo giorno di lavoro, non stava procedendo affatto male.. a proposito di bambini, chissà cosa stava combinando Crowley…

 

 

 

1.2 INTANTO, ALL’INTERNO DI VILLA DOWLING...

 

 

 

Se prima aveva rifiutato l'idea di aggiungere un minimo di tacco alle scarpe lucide, adesso il demone ne era del tutto convinto. Le domestiche avevano dato la cera al pavimento di primo mattino, forse ne avevano passata anche troppa. Quella casa doveva avere sempre un aspetto lustro e considerevole viste le tante persone che ne entravano e uscivano ad ogni ora del giorno.

Un diplomatico americano e la sua brava signora dovevano avere il tatto di accogliere ospiti illustri e non, e con un bambino in braccio avrebbe dovuto tenere conto di camminare sulle uova, per non rischiare di far battere la testa a entrambi con una rovinosa caduta, anche poco elegante e per niente nel suo stile.

Teneva le mani giunte l'una sull'altra in avanti all'altezza del ventre, mentre si dirigeva dove la signora Dowling gli aveva detto di farsi trovare prima dell'inizio della sua effettiva carriera per i futuri anni a loro disposizione.

 

Con suo enorme fastidio, fu proprio il maggiordomo ad accoglierla. Paul inscenò un mezzo inchino, più finto del ritocco che aveva fatto alle rughe intorno agli occhi per far apparire il viso ancora fresco e giovane come se avesse vent'anni.

Se Crowley avesse avuto la capacità di operare solo battendo le ciglia, lo avrebbe reso tanto tirato miracolandogli in faccia tanto di quel botulino da non riuscire a dire neanche 'a'.

 

"Buongiorno Miss Asthoreth."

 

"Oh sì, lo è."

Paul aggrottò le sopracciglia evidentemente colto di sorpresa da quel commento. Niente pieghe nella pelle. Che iniziasse a notare, quanto doveva stargli antipatico?

Si destò quasi subito dal suo stato di confusione, battendo un paio di volte le palpebre e ritornando a quel suo ignobile sorriso di accoglienza. Accennò un'espressione di accordo annuendo senza aggiungere altro, e bussò dolcemente alla porta in cui la padrona di casa la stava aspettando. "Miss Dowling, la tata è qui."

 

"Falla entrare, Paul, sbrigati!"

 

Il maggiordomo aprì la porta facendola accomodare, e quel che si trovò dinanzi fu un'immagine che gli diede l'impulso di fare marcia indietro e ritornarsene nel suo tranquillo appartamento senza doversi preoccupare di nulla se non della crescita di esseri verdi che oltre a tremare non parlavano, non piangevano, e non facevano la pipì all'aria. La neo madre chiaramente incapace e per niente preda dell'istinto materno si era presa la briga di cambiare il pannolino del figlioletto stendendolo sopra la scrivania con solo il sottile quadrato sotto di lui. Privo della tutina e a contatto con il legno freddo, Warlock stava dando la sua benedizione personale alla casa che lo ospitava e alla donna che lo aveva partorito in preda agli stessi attacchi nevrotici di chi subiva un esorcismo. La poveretta cercava di proteggersi con i palmi delle mani per salvaguardare almeno il suo costoso vestito urlando al bambino di smetterla, come se avesse potuto capire o eseguire un comando del genere chiesto da un essere umano qualsiasi, ma per le scartoffie a cui stava lavorando non c'era stato nulla da fare.

 

Crowley rovesciò gli occhi al cielo e poi li portò in basso conscio di non essere visto da nessuno dietro la sua personale protezione. 'Di- Sata- qualcuno per grazia di qualcun altro, mi dia la forza di non raggiungere un esaurimento nervoso!' Paul si era ritratto chiudendo Nanny nella stanza con i due preso dal panico più totale, e allora la tata aveva risposto alle tacite preghiere della donna, accorrendo in soccorso prima ancora di essere richiamata all'attenzione.

 

"Miss Ashtoreth, per grazia di Dio è arrivata!"

Se possibile, la signora Dowling sembrava invecchiata dal loro ultimo incontro. Si accasciò sulla sedia portandosi un braccio sulla fronte, mentre Crowley si piegava sul bambino per rimediare al suo innocente danno a un gran numero di documenti importanti. Solo allora il demone di era reso conto che forse, l'audiolibro che Aziraphale gli aveva prestato lo avrebbe dovuto ascoltare la sera precedente, non sul posto di lavoro come aveva intenzione di fare. Guardò alla sua destra, la donna aveva lasciato fazzoletti imbevuti e pannolino nuovo alla rinfusa insieme a penne e cartelline.

Crowley si trovò davanti al suo primo cambio, era giusto dover fare una bella figura, era davanti alla madre del suo figlioccio acquisito. Ebbe la tentazione di schioccare le dita e renderlo pulito e profumato nel giro di due secondi, ma prima che potesse avvicinare pollice e medio, la voce forte e chiara del suo angelo gli tornò all'orecchio esattamente come pochi giorni prima, in uno dei tanti loro piccoli litigi.

 

"Non usare miracoli con lui, se non è strettamente necessario, i bambini si crescono con nient'altro che amore!"

 

In altre circostanze avrebbe dovuto infischiarsi di quell'assurdità, ma dopotutto, quella creatura andava influenzata. Doveva guadagnarsi fiducia sin dai primi giorni di vita, senza contare che avesse addosso il suo scudo protettivo. Sospirò dal naso osservando il visetto dolce del piccolo. A dirla tutta non gli dava così tanta noia stare a stretto contatto con lui. Non si sarebbe mai detto a vederlo così, indifeso e docile, che un giorno sarebbe stato capace di distruggere il mondo. Sperò che quel senso di calma gli restasse per sempre, o stava davvero appiccicando le linguette di un assorbi-bisogni addosso a un neonato per niente.

Gli venne inspiegabilmente da ridere, e scrollò le spalle rivolgendosi al figlio del suo capo sicuro che in qualche modo lo capisse bene.

"Che dici, un altro miracolo demoniaco sulla tua mamma umana cambierà qualcosa?"

Crowley schioccò le dita facendole dimenticare di aver sentito quell'ultima frase, e la lasciò addormentata mentre lui si prendeva il suo tempo per tirare fuori l'audiolibro da sotto la camicia con gli auricolari, e cercare il capitolo del 'Pulito e Asciutto senza Impiccio' e seguire alla lettera le istruzioni con tanto di polvere al talco, che gli provocò una grande quantità di starnuti imbiancandogli la gonna. Infilò il bodino e la tutina, e poi lo raccolse tra le braccia riponendolo nel passeggino, mentre ricacciava tutto il necessario nel borsone che la madre aveva già preparato. Lo raccolse in spalla, e lasciò quella stanza cogliendo di sorpresa Paul a guardia dietro la porta, che sobbalzò al suo scatto improvviso.

 

"Buona giornata Miss Ashtoreth."

 

"Attento alla porta."

 

"Come..? AHI!"

Solo il tempo di recepire quel messaggio dal tono distaccato e impassibile, e la porta si richiuse con un tonfo secco sulla mano del maggiordomo che influenzato indirettamente dal demone, aveva appoggiato allo stipite. Quando si girò in cerca di aiuto, Nanny si era già allontanata ancheggiando.

 

Aveva trascorso il grosso della mattinata passeggiando e narrando ad alta voce tante storie su quante e quali fossero le punizioni che infliggevano ai dannati all'inferno, alternando un tono divertito, ad uno che poteva avere solo un maestro che chiacchierava con il suo studente preferito.

Warlock dopo un po' manifestò un ripetitivo singhiozzo, che costrinse Crowley a tenerlo in braccio e battergli delicatamente dietro la schiena perché si alleviasse, facendolo bere da un biberon apposito colmo di acqua clinicamente testata per i neonati. Solo il meglio per il pargolo di un uomo illustre come suo padre. In questo caso, quello umano.

 

Nel borsone c'era anche la tabella delle poppate, la signora si era rifiutata di dargli il latte dal seno poiché aveva letto di piaghe ai capezzoli e di prolasso dei muscoli. Aveva tutti i soldi a disposizione per rifarsi un petto nuovo, ma aveva paura di operarsi.

"Quando si dice l'amore di una madre e di un padre." esordì il demone leggendo tutte le altre istruzioni che doveva seguire. In pratica, la signora Dowling vedeva suo figlio al mattino e alla sera, e qualche volta, durante gli incroci nei corridoi, o durante le pausa dal lavoro, dal parrucchiere, e dal massaggiatore. Il padre invece a stento sapeva di che colore avesse gli occhi.

 

E così doveva recarsi ogni tre ore in cucina per farsi riscaldare il latte da dare a Warlock. Senza accorgersene, il demone aveva sviluppato la tendenza a parlare con il bambino anche quando non era necessario. "Andiamo dal cuoco, forza."

Non appena Nanny fece il gesto di rimetterlo in carrozzina, Warlock iniziò a lamentarsi fastidiosamente, piuttosto contrariato da quell'idea. Stava così bene tra le braccia della tata, ma tenerlo in braccio gli costava l'imbottitura ai seni. Si spostavano, o si deformavano, ed ogni volta doveva aggiustarsi.

Urgeva un miracolo.

 

Sbuffò indispettito cullando il neonato.

"Allora demonietto, non iniziamo con le lagne insensate!"

Quella frase parve scomporre la quiete che il pargolo aveva avuto tutta la mattina, ed iniziò a piangere di brutto.

"Va bene, d'accordo, ti tengo io!" Warlock vinse su Crowley.

Uno a zero per l'Anticristo.

 

Mentre gli dava il biberon colmo di latte seduta su una delle tante poltrone della villa immensa, una cameriera le passò davanti salutandola frettolosamente. Crowley allora si rivolse al bambino tra le sue braccia, ammiccando divertito.

"Coraggio demonietto, fa' qualche capriccio, rutta, falle cadere quel vaso in testa."

Il bambino continuò imperterrito a succhiare dalla tettarella senza interrompere il contatto visivo con colui vestito da colei lo stava sfamando, senza dare segni di volontà oltre che saziarsi.

"Troppo presto? Sei sulla terra da qualche giorno, devi iniziare a fare guai o il tuo paparino mi farà il culo a strisce."

Malgrado le parole, Crowley utilizzava un tono mieloso e divertito. Quel bambino un po' gli faceva tenerezza.

 

Gli fece fare il ruttino guardando poi l'orologio al polso.

 

"Credo proprio che una passeggiata fuori ti farà bene."

 

 

 

1.3 GIARDINO DI VILLA DOWLING, POCO DOPO...

 

 

Fino a pochi istanti prima, Aziraphale riusciva a sentire solo il cinguettio degli uccellini e il vento che sospirava leggermente sul manto erboso. Ma da poco aveva cominciato ad udire un cigolio di ruote che si impastavano con la terra o con la ghiaia che circondava il giardino, ottimo da percorrere a piedi, ma pessimo con una carrozzina per neonati.

Era proprio quello il suono, e Crowley, o la tata del piccolo Warlock, spingeva a fatica quel trabiccolo.

“Sai caro” disse Aziraphale senza voltarsi. “Dovresti seguire il percorso più liscio e meno dissestato, o farai venire la nausea al piccolo.”

 

“Come se non avesse già problemi di stomaco. Ci è mancato tanto così che mi prendesse in pieno con il suo getto infernale di latte.” rispose il rosso arrivandogli vicino. “Ma non hai caldo? Il sole è a dir poco cocente! Voglio dire, io sono un demone, e non provo molto fastidio, ma tu sei vestito peggio di un beduino!”

 

“Sei tu che mi hai costretto ad indossare questa roba!” L’angelo si alzò per dirigersi verso di loro.“Altrimenti a quest’ora indosserei una salopette, e non perderei litri di sudore!”

 

“Si, ma saresti anche sotto le grinfie di quel perverso maggiordomo! E non mi pare il caso di mostrare così tanta carne al vento, nemmeno io sarei arrivato a tanto! Inoltre in questo modo riuscirai finalmente a perdere quei chiletti di troppo di cui ti lamenti sempre.” Si mise le mani sui fianchi.

 

Aziraphale venne colpito profondamente nell’orgoglio.

“Insinui forse che io sia grasso?” si mise una mano sul petto con fare sconfortato e infastidito.

 

Crowley per un attimo sbiancò. Proprio lui, che amava la rotondità del corpo di Aziraphale, lui che avrebbe voluto vedere di più che un singolo lembo di pelle che fuoriusciva dalla camicia lunga e ben abbottonata, come poteva dire una cosa simile? Cercò di rimediare scuotendo la testa.

“Assolutamente no! Sei tu quello che si lamenta! Per me tu sei perfe-.. voglio dire, a mio parere, non ne avresti bisogno.” alzò la mano come a scacciare la frase che gli era sfuggita poco prima.

 

“Oh, certo. Come no. Facile parlare da chi ha il fisico asciutto, vero?” alzò un sopracciglio.

 

“Questo è perché io non mangio, te ne sei dimenticato? E nemmeno tu ne avresti bisogno.”

 

“Tu non capirai mai il piacere di gustarsi un buon piatto di sushi accompagnato da salsa di soia. E francamente, sudare mi fa impazzire, vorrei tanto togliermi questa robaccia! Mi sento uno spaventapasseri!”

 

“Beh, fallo, ci sono solo io qui.” alzò le spalle il rosso, prendendo in braccio il piccolo Warlock dalla carrozzina, il quale appoggiò la sua dolce testolina sulla spalla della sua tata.

 

“Magari più tardi, qui sono troppo esposto.. potrei andare a curare le piante nella parte più ombreggiata, sicuramente lì avrei più privacy. E non immagini quanto siano fastidiose queste basette!” disse afferrandone una.

“Un vero incubo, mi fanno continuamente prurito per la loro lunghezza!”

 

 

“Non posso capirti, per me tu sei sempre uguale a prima.” constatò, notando che effettivamente per i suoi occhi lui era uguale al solito angelo di sempre.

 

“Beh, io le sento, e sinceramente non le sopporto più”

“Certo che sei un lamentone.” alzò gli occhi, coccolando la testa del piccolo.

 

“Beh, non sono certo io a prendere in braccio un bambino e a tenermelo sul fianco per tutto il giorno, prova tu a stare chinato per ore sotto il sole. Guarda le macchie di erba e terra sulle mani, nemmeno con la parte meno morbida della spugna andranno via.”

 

“Vuoi tenerlo in braccio? Va bene, d’accordo, tienilo.” e senza preavviso, mise tra le braccia di Aziraphale il piccolo addormentato, il quale lanciò un breve lamento prima di accoccolarsi su quella giacca che profumava di erba e fiori.

 

“Ma che fai?” chiese un po’ impanicato, trovandosi Warlock tra le mani.

 

“Facciamo a cambio.” Crowley si mosse verso un cespuglietto di rose, e si abbassò verso di loro senza piegare le ginocchia. Si tolse gli occhiali ed esaminò ogni fiore, prima di schiarirsi la voce.

“Voi.. DANNATISSIME FIGLIE DI-”

 

“NO!” urlò subito l’angelo, rischiando di svegliare il bambino. Si avvicinò a lui, prima che potesse terminare la frase.

 

“Lascia stare quelle rose! Ecco perché io faccio questo lavoro e invece tu stai dentro casa. A proposito, questo caldo non farà male al bambino?”

 

“I bambini hanno bisogno della luce solare, gli rende le ossa forti, non te lo hanno detto? E anche dell’aria fresca. Non posso certo stare dentro casa tutto il giorno, inoltre quando imparerà a camminare per bene dovrò per forza portarlo qui in giardino, vedo già tanti percorsi per correre.. e tanti punti in cui può cadere, sbucciarsi il ginocchio e imparare ad imprecare per bene.” sogghignò guardando la ghiaia, pericolosissima per le ginocchia di qualsiasi bambino.

 

“Tu mi renderai il lavoro un inferno. Ma almeno tutto questo ha dei lati positivi, posso fermarmi quando preferisco, tu invece dovrai stare dietro ad un altro essere vivente dotato di libero arbitrio.” sorrise, cullando il bebè. Profumava di buono.

 

“Si, ma io potrò interagire molto di più con lui. Inoltre, ammettilo, è piuttosto gradevole.. specialmente quando dorme.” si avvicinò all’amico, sfiorando la testolina morbida con la punta delle dita.

“Su questo non c’è dubbio. Credo che mi ci affezionerò molto presto.. guarda che nasino, e che piedini.. sono così piccoli, ma come possono essere così minuscoli? Inoltre la pelle dei neonati è così morbida.. dici che se gli do un bacino si arrabbia?” chiese pensieroso.

 

“Vedo che ti basta poco per intenerirti angelo.” disse Crowley. “Dovrò portartelo fuori parecchie volte, o rischiamo di vederti girare incazzato per tutto il giardino.” ridacchiò.

 

“Oh e piantala, non sono come te! A differenza tua, tratto bene queste piante, e sai una cosa, nemmeno io uso i miei miracoli. Anche le piante hanno bisogno di amore e dolcezza.” annuì fiero, mentre cullava ancora Warlock.

 

“Ah ma davvero?” chiese il demone con aria di sfida. “E allora suppongo che per potare quella siepe a forma di cigno tu ci abbia messo solo tre ore?” indicò quella che era effettivamente un opera d’arte botanica non indifferente, ben tagliata e dalle forme proporzionate.

 

“Beh, veramente quella è un’anatra.” la indicò con la testa.

 

“Oh, vade retro!” Crowley arretrò di qualche passo. “Ma non pensare di cambiare argomento. Tu hai barato.”

 

“Oh, come se tu non lo facessi! Inoltre, devo fare una buona impressione ai Dowling, vuoi che mi caccino via?” Aziraphale porse il bambino alla tata, il quale lo prese in braccio e gli coccolò il pancino.

 

“Nessuno potrebbe volerlo angelo, non dopo tutta la fatica che ho fatto per aiutarti. Ma non esagerare, non potrai sempre usare dei miracoli per uscire da certe situazioni.” scosse la testa.

 

“Ma senti da che pulpito.” alzò gli occhi al cielo divertito. Mentre li riabbassava, notò un bellissimo fiore viola a terra, e nella sua mente qualcosa scattò, suggerendo al biondo che molto probabilmente il colore si intonasse perfettamente al vestito e al trucco del suo migliore amico. Si abbassò, gentilmente lo fece fluttuare da terra, senza strapparlo, e si rialzò portandolo vicino a Crowley.

 

“Ecco, vedi? Di nuovo ad usare dei miracoli.” disapprovò il demone con aria scherzosa.

 

“Questo non conta come miracolo.” Aziraphale gli sorrise dolcemente, e con la mano andò a posizionare quel fiore esattamente tra i capelli rossi e lunghi di Crowley, il quale si pietrificò a vedere l’angelo così vicino a lui, e specialmente con le mani nei suoi capelli.

 

Gli donava molto. Con un altro piccolo trucchetto, Aziraphale concesse al fiore di non appassire, nonostante non fosse più con le sue radici terreno. “Si intona. Così avrai un’aria.. meno gotica. Al bambino potrebbe piacere.”

 

Il rosso esitò, prima di riprendersi, e anche se il suo corpo gli pregava di rispondere con qualcosa di più gentile, quasi virando al dolce, il suo lato sarcastico molto spesso aveva la meglio quando l’imbarazzo entrava in gioco.

“Nkg.. emh, il bambino non riesce ancora a capire cosa sia un fiore, cosa vuoi che ne capisca?”

 

“Beh, allora al momento piacerà a me.” come rinnovato dal buonumore, Aziraphale gli sorrise, e si tolse il cappello per farsi un po’ d’aria.

 

Crowley ebbe un battito più forte degli altri, ed era sicuro di essere quasi arrossito. Mugolò qualcosa di incomprensibile, prima di concentrarsi su un inesistente bisogno del bambino, cercando così di evitare il contatto visivo con il biondo. Come faceva a fargli questo effetto solo con uno stupido fiore? Era incredibile. Quell’angelo era incredibile.

 

Ed era incredibilmente forte il suo amore per lui.

 

“Allora, che si mangia oggi?” chiese intanto il giardiniere, svegliandolo dai suoi pensieri.

 

“Eh?”

“Cosa si mangia. Sto morendo fame, e tu sei la tata, avrai controllato nelle cucine no? Così almeno rimetterò su il peso che ho perso lavorando. Non arriverò ad un bel fisico, ma non credo interesserà a qualcuno.” sospirò prima di andare a posare i suoi attrezzi.

Oh, a qualcuno invece interessava molto, ma non si sarebbe mai permesso di desiderare un Aziraphale senza quella morbidezza che lo rendeva così dolce, tenero, puro e tremendamente invitante.

Ma Crowley non disse niente.

Ancora una volta, il suo coraggio venne meno.

 

Se solo avesse esitato un altro istante si sarebbe giocato il ruolo che copriva, rivelando una verità che lui stesso non aveva ancora preso in confidenza, troppo spaventato dalla reazione che poteva avere il suo angelo davanti a una dichiarazione.

 

Si era sentito più di una volta ridicolo, pensando a quanto fosse lontano da lui l’idea di poter essere amato, da un essere tanto puro come Aziraphale poi era il massimo dell’improbabilità. Si faceva andar bene la sua vicinanza così come l’avevano sempre impostata. Dopotutto, era stato proprio lui a dirgli che correva troppo. Crowley non stava facendo altro che aspettare, come aveva sempre fatto.

Non aveva idea che Aziraphale fosse pronto, che era pur sempre privo della minima idea di come farsi avanti, e che anche lui stesse temporeggiando in attesa di un solo altro minimo segnale da parte del demone. Quelli erano pur sempre gli ultimi ipotetici undic’anni che avevano a disposizione. Se non ora, quando?

 

Nanny si schiarì la gola, cercando di assumere una posa distaccata e un’aria indifferente, incrociando le braccia, dopo aver indossato di nuovo gli occhiali.

 

“Io mi occupo solo del cibo del bambino, di quello neonato tanto per precisare visto che quello un po’ troppo cresciuto può andare a prenderselo da solo, e smettila di agitare quel coso, così lo svegli!” tagliò corto allora il demone che intanto aveva ritrovato il sorriso nel suo essere spigoloso, preso da un senso di agitazione crescente nel trovarsi in quella situazione imbarazzante. Canzonò l’angelo afferrando personalmente il copricapo di paglia per fargli segno di star fermo, allentando uno dei bottoncini della tutina di Warlock, aiutandosi con le braccia dell’angelo a mo’ di fasciatoio. Effettivamente un po’ di fresco gli avrebbe fatto bene.

 

Aziraphale nei momenti di silenzio che seguirono osservò i movimenti di Nanny con attenzione. Le sue mani sembravano così delicate alle prese con quella stoffa, trattava quella creatura come fosse fatta dei petali del fiore che gli aveva appena posato nei crini e che, con sua grande sorpresa e felicità, non si era tolto. Da così vicino poteva vedergli le ciglia sbattere anche dietro le lenti, sentiva il suo odore nelle narici molto più forte del profumo di tutti i fiori attorno a lui.

 

Si chiese per un attimo che sensazione avrebbe provato lui nell’essere accarezzato in quel modo affabile da quelle mani che sembravano tutt’altro che demoniache, in un momento in cui potevano essere soli.. Il calore del sole sui vestiti era diventato insopportabile, o almeno a quello l’angelo aveva associato la vampata di calore che gli era salita fin sopra l’attaccatura dei capelli.

 

“Allora?”

 

“Allora cosa?”

 

“Non volevi dare un bacio? Sbrigati, che devo tornare dentro.”

 

Il giardiniere sgranò gli occhi, chiedendosi se per caso adesso il suo amico a stretto contatto con quello che credevano essere l’Anticristo non avesse sviluppato il potere di leggere le menti. Iniziò a boccheggiare incapace di articolare un pensiero sensato, si ricordò per miracolo di avere Warlock in braccio, o avrebbe alzato e scosso entrambe le mani in segno di resa come se lo avesse morso una tarantola. Nanny sollevò un sopracciglio battendo più volte la punta di un piede al suolo.

 

“Che ti prende, angelo?! Dai o no un bacio al bambino? Lo stai sporcando tutto quanto e se gli viene una reazione allergica chi la sente sua madre?”

 

Aziraphale spalancò la bocca trasformando quasi subito, per sua (s)fortuna, l’espressione di sollievo di chi aveva appena realizzato di non aver ucciso nessuno in una gaia smorfia di approvazione, mentre annuiva energicamente. In effetti si rese conto che l’arrivo di Nanny ed il loro battibecco si era svolto così velocemente, che si era dimenticato di gustarsi il momento che aveva desiderato fin dall’attimo che aveva visto quel neonato nella sua culletta.

 

Si beò della sensazione di stringere quella creaturina al suo petto a cui sentì di volere un gran bene, respirando tutto l’amore che infondeva quell’abbraccio, e poi posò gentilmente le labbra sulla sua fronte facendo una leggera pressione. La potente ondata di quel sentimento travolse Crowley tanto da mozzargli il respiro per un attimo. Era la speranza, che un giorno li avrebbe salvati anziché estinti. L’angelo rise in un modo tanto coinvolgente e cristallino che ogni pianta alla portata d’orecchio iniziò a dondolarsi felice, come se avessero appena ricevuto una buona dose del miglior fertilizzante.

 

A Crowley sembrò infatti guardandosi intorno, che avessero preso tutte più colore.

Non andava bene, avrebbe dovuto insegnare a Fratello Francis come tenere abbassata la cresta -o le fronde- di quegli stupidi esseri.

Si appuntò mentalmente di dargli una lezioncina più tardi in camera sua con i suoi esemplari, anche se tutto sporco, sudato, e rozzo com’era, erano altre le cose che gli avrebbe voluto mostrare.

 

Nanny controllò l’orologio da polso. Era passato esattamente un quarto d’ora da quando l’angelo aveva avuto quel piccolo casto contatto col neonato, e non accennava ancora a lasciarlo andare.

 

“Oh, solo altri due minuti!” continuava a ripetergli ogni volta che il demone gli faceva cenno di lasciargli il pupo.

 

“Ma guarda che amore sei! Tu piccolino, sei la creatura più dolce che io abbia mai vist-”

 

“Guarda che il Grande Capo ti ascolta.” Puntualizzò Crowley indicando il limpido cielo azzurro con l’indice. “Trovi più dolce il figlio del mio superiore di quanto lo era quello del tuo? Vuoi dirlo davvero ad alta voce?” la frecciatina non impedì all’angelo di continuare a dondolare Warlock e parlargli con una vocina stridula e dannatam- beatamente soave, malgrado stesse lanciando un’occhiata esasperata e di puro rimprovero al suo compare che intanto, se la stava ridendo senza scrupoli. Crowley adorava mettere in difficoltà il suo migliore amico, tentare di portarlo al suo limite, e rendergli ambigua ed equivoca una situazione o una semplice frase come quella, del tutto innocente. Non puntava al suo senso di colpa, quanto piuttosto a dargli un gran fastidio aspettandosi una reazione di quelle vere.

 

Inoltre se solo fosse riuscito a farsi mandare a quel paese, davanti a Warlock per giunta, per il suo divertimento glielo avrebbe fatto ricordare a vita. E in più se lo avesse sentito pronunciare una parolaccia sarebbe potuto esplodere dalla gioia, e dall’eccitazione, era chiaro.

 

“Chissà se dirai queste cose anche quando gli comprerò il triciclo e lo inciterò a correre sulle aiuole..’

Intimò Nanny con aria beffarda.

 

“Tu cosa?!”

 

“Stavo pensando.” continuò il rosso ignorando le proteste dell’amico; “Visto che tu stai ficcando il naso nel mio lavoro dato che fai le coccole al demonietto qui.”

 

“Non è un demonietto, è un piccolo angelo.” Il demone finse di avere un attacco di nausea, scuotendo la testa.

 

“Sarebbe il caso che anche io dovrei rientrare nel tuo, poi lo hai detto tu se non erro che ho più familiarità con le piante. Questo fiore, guarda, ha una foglia in meno rispetto a questi altri.”

 

“E quind..” prima che potesse finire la frase, senza cerimonie, Crowley afferrò un fiore da un ramo rampicante e lo strappò in malo modo, ciò causò anche la caduta di alcune foglie della pianta.

 

“CHE FAI?!’ Inevitabilmente, dopo il suo urlo, anche un altro a pieni polmoni invase l’aria. Era decisamente più lamentoso, piccato, e pungente come la sirena di un’ambulanza rotta.

 

“Oh no, no no no piccolo, scusami, va tutto b-” Warlock urlava come impazzito sovrastando i tentativi di Aziraphale di calmarlo, strappato al suo beato sonno. Crowley alzò gli occhi aspettandosi di vedere un uccello cadere al suolo stecchito o una pianta appassire seduta stante, un’automobile schiantarsi oltre il cancello della villa, ma niente di tutto ciò accadde.

 

Sospirò avvicinandosi al bambino, e incrociando le sue braccia con quelle dell’angelo per far sentire la sua vicinanza all’Anticristo senza toglierlo dalla presa del compagno.

 

“Però, lo sto influenzando così bene che ti sopporta solo quando dorme, no? Demonietto, ascolta, shh, shh, ora basta, su, non è niente.”

 

Il bambino parve acquietarsi sotto le indicazioni del demone, con gran sorpresa dell’angelo. Dovette ammettere a se stesso che non era stata un’idea tanto assurda permettergli di fare la tata.

 

“Lo so che questo signore ti ha urlato in testa, ed anche se a te oltre ad essere burbero sembrerà anche abbastanza brutto..”

 

Aziraphale lottò contro se stesso per chiedergli se stesse cercando di

aiutarlo o di girare il coltello nella piaga, ma tacque troppo incuriosito della piega che avrebbe preso il discorso.

 

“Detesto doverti dire, che ti vuole e ti vorrà un grande bene. Lui è un po’ come la crema sui dolci che assaggerai tra qualche anno, una crema che non può fare altro che piacerti. Non è cattivo, non devi avere paura.” Warlock alzò i suoi occhietti sul giardiniere, intenerito e completamente senza parole da quella descrizione sulla sua persona uscita proprio dalle labbra di un demone, del suo demone.

 

Il bambino sorrise, di quei sorrisi dei neonati che nelle favole si diceva facessero ogni volta nascere una fata. Favole che naturalmente, Crowley non gli avrebbe mai raccontato. Era calmo, ma non accennava ad addormentarsi di nuovo.

 

I due allora approfittarono per giocarci un po’, seduti con lui sull’erba sotto un albero. Ad un certo punto, Crowley ebbe la brillante idea di sollevarlo in posizione verticale e portarselo al petto per cambiargli la tuta ormai sporca d’erba, e Warlock rispose con una copiosa quantità di latte rappreso da una chiara indigestione proprio sul suo petto.

 

Aziraphale, contro la sua volontà, iniziò a ridere di gusto cercando di calmare il demone che intanto stava animatamente imprecando, prendendo il neonato.

 

Le piante attorno a loro sembravano ridere con lui, tanto che Crowley si sentì in dovere di far capire loro chi comandava, sollevando un pugno chiuso.

Tutte avevano cominciato a tremare di paura.

“VI INCENERISCO UNA AD UNA STRON-”

Aziraphale aveva schiaffato la mano sulla sua bocca, appiccicandosi il rossetto sul palmo. Nanny invece aveva dal naso al mento una colorazione marroncina, e Warlock stava steso indisturbato emettendo versi di approvazione ormai libero dal peso allo stomaco, che iniziava a puzzare fortemente di acido sul seno della tata.

 

“Guarda che disastro.. angelo, nella borsa sul carrozzino, i fazzoletti umidificati.”

 

“Er- aspetta, caro, ti aiuto io.”

 

L’angelo prese dalla tasca interna della giacca un panno candido, come fosse bianco e asciutto era un mistero, fatto sta che il biondo iniziò a sfregare la stoffa sulla camicetta del compagno energicamente.

 

“Però, stai diventando bravo con i costumi di scena. Guarda come si mantengono alte, e sode, sembrano vere.”

 

Crowley era ammutolito senza dire una sola parola. Inspirò a fondo prima di rivolgersi all’amico, a voce molto bassa.

 

“Questo è perché lo sono. Vere.”

 

 

1.4 VILLA DOWLING, DOPO PRANZO...

 

 

L’ora di pranzo a casa Dowling era una dei momenti più belli della giornata; per Aziraphale in generale, la pausa pranzo era già uno dei momenti migliori, ma il pasto che aveva appena consumato in villa era uno dei più gustosi e abbondanti che avesse mai provato negli ultimi anni. Sicuramente, dopo la visita inaspettata da parte di Crowley, il suo umore si era già disabilito, ma dopo essere uscito dalla sala da pranzo riservata ai servitori si sentiva proprio felice. Non aveva avuto occasione di conoscere molta gente nuova, sfortunatamente molti avevano già pranzato o dovevano ancora farlo, quindi si accontentò di chiacchierare con qualche domestico.

 

Non vi era traccia di Crowley, fino a quando non sentì sprigionarsi dal piano di sopra della villa, un terribile grido. Il grido dell’Anticristo.

L’angelo si mise subito in posizione di difesa, pronto a schioccare le dita, per paura che quell’urlo potesse incendiare la casa, o far crollare i costosissimi ma letali candelabri di cristallo che pendevano dal soffitto. Ma non successe.

Erano solo le urla di un bambino in fasce, che attendeva di mangiare, o di essere cambiato o che qualcuno lo addormentasse.

Aziraphale attese ancora qualche istante, prima di sentire da lontano una boccuccia di neonato essere tappata o con un biberon o con un ciuccio. E brava tata!

L’orologio rintoccò le due, e il biondo si mise nuovamente il cappello, pronto a ricominciare da dove si era fermato.

 

 

 

Era passata circa un’ora, ma il caldo non se ne era andato, anzi, picchiava più forte di prima sul povero angelo, il quale boccheggiava. Lui era abituato ad una fresca ed accogliente libreria, non ad un caldo torrido.

No, decisamente no, non poteva continuare così, ne sarebbe andata della sua salute mentale e di conseguenza anche le sue buone influenze nei confronti del piccolo Warlock ne avrebbero risentito, diventando cattive.

 

Non poteva certo contribuire alla sua cattiva crescita.

Doveva rilassarsi, e al diav- o meglio, all’angelo i miracoli. Come aveva progettato fin dal mattino, si inoltrò in una zona più coperta del giardino, dove poteva vedere che le persone più vicine erano non più grandi di un moscerino.

 

“Qui dovrebbe andare bene..” si assicurò di essere solo, e cominciò a togliersi l’enorme giaccone che indossava, appendendolo ad un ramo lì accanto, si sbottonò la camicia, e sentire finalmente la pelle libera fu il paradiso; con un piccolo miracolo, tornò alle sue fattezze di sempre, potendo finalmente toccare le sue guance glabre e senza più quelle orribili basette che gli davano solo un grande prurito.

 

Si cambiò i pantaloni optando per un paio più comodo e leggero, un pinocchietto non molto elegante ma decisamente più funzionale. Prima di infilarsi un altra camicia meno soffocante, rimase però a godersi quella misera folata di vento, che però sul suo corpo sudato aveva l’effetto di un vento gelato.

 

“Oh, finalmente.” sospirò appagato. “Non avrei sopportato un secondo di più” si aiutò facendosi aria con il cappello, avvertendo la sua pelle rinfrescarsi, e le macchie rosse farsi meno intense. Sarebbe stato proprio il clima ideale per prendere una coperta e stendersi sotto quell’albero, magari in compagnia di Crowley e del bambino. Sarebbe perfetto, avrebbero entrambi giocato con lui, avrebbero sonnecchiato insieme, e fatto merenda, anche se quella del bambino sarebbe stata a base di latte. A proposito di latte, dopo quella terribile figuraccia riguardo al nuovo “equipaggiamento” di Crowley, Aziraphale si chiedeva se quelle.. cosette, le avesse prese solo per far scena o anche per dare da mangiare al neonato.

 

Ma poi, si era detto che fosse una domanda alquanto sciocca.

Era stato abbastanza imbarazzante strofinare energicamente sul suo petto, prima di scoprire che non era un travestimento, ma allo stesso tempo l’angelo aveva provato qualcosa dentro di lui, uno strano calore a livello dello stomaco.

 

Si chiedeva come sarebbe stato vederle senza quegli inutili strati di stoffa, se fossero effettivamente così belle e sode come sembravano essere sotto quella camicetta.. erano pensieri irrazionali, forse anche peccaminosi per un angelo, ma lui non poteva fare a meno di pensarci. Provò caldo di nuovo.

Scuotendo energicamente la testa, il biondo cercò di non pensarci, preferendo rivolgere le sue energie al lavoro. Mancavano ancora le begonie, che avevano l’aria di essere assetate.

 

Ma anche qualcun altro avrebbe preteso presto le attenzioni del giardiniere.

Aveva infatti fatto rumore, con il suo passo pesante, e Aziraphale sorrise.

 

“Caro, dovresti fare meno rumore, se non vuoi farti scoprire.”

 

“Ha ragione, ma in ogni caso, sono lieto che lei mi abbia scoperto.”

 

Il sangue nel corpo di Aziraphale gelò, e il suo cuore perse un colpo. Rabbrividì, riconoscendo a chi appartenesse quella voce.

Si girò di scatto, e come temeva, vide proprio lui, Paul, che gli sorrideva. Un sorriso tra il compiaciuto e la sua solita espressione cordiale che riservava ad ogni ospite.

Un miracolo, certo, ci voleva un miracolo! Perché non agiva, perché Aziraphale non alzava la mano per liberarsi da quella situazione?

 

Purtroppo, il panico aveva colpito il povero angelo, il quale non aveva la forza per muoversi tanta era la paura. Si ricordò inoltre di essere mezzo svestito e non nelle sue solite fattezze. Ebbe solo la reazione di coprirsi il petto e la pancia con la camicia azzurra che teneva sottobraccio.

 

“Lo sapevo.” sussurrò l’uomo. “Sapevo che non me lo ero sognato.” avanzò di un passo, molto lentamente. “Non poteva essere solo la mia immaginazione.”

 

“Non.. non so di che parla.” Aziraphale ebbe la forza di alzarsi per indietreggiare.

“Non capisco cosa-”

 

“Oh andiamo signor Francis. Non mi dica bugie.. mi dica la verità e anche io sarò sincero con lei.”

 

“S-sincero?”

 

Paul, si fermò non appena vide che il povero giardiniere aveva toccato il tronco dell’albero con la schiena. Lo guardò dritto negli occhi.

“La mia verità, è che io non riesco a non pensare al giorno in cui ci siamo conosciuti. So che non è passato molto tempo, ma io non posso rassegnarmi. Lei, non so come abbia fatto, ha tramutato il suo aspetto, o forse me lo sono immaginato io, ma non mi importa. Lei è un vero angelo, mio caro, e non posso negarlo. Mi ha rubato il cuore, e ora è suo, oh signor Francis.” si abbassò sul proprio ginocchio, gesticolando in maniera teatrale.

 

“Ma lei non capisce!” Aziraphale si sentì il cuore in gola dopo tale dichiarazione.

Crowley aveva ragione, quel Paul puntava veramente a lui.

 

“Lei è così bello, garbato, e così dolce.. confesso non aver mai provato emozioni simili. Mi scusi se l’ho spiata di nascosto, ma non ho potuto farne a meno. Cupido mi ha colpito con la sua freccia, io la amo Francis!”

 

COSA??!

Il biondo rimase senza fiato.

Sgranò gli occhi in una smorfia spaventata, e si dimenticò del fatto che potesse agire in meno di qualche secondo schioccando le dita.

Le parole giuste, dalla persona sbagliata!

 

Provò a dire qualcosa, ma gli fu impossibile.

 

“Chi mai amò che non abbia amato al primo sguardo?” esordì, prendendo la sua mano candida e fredda dalla paura tra le dita. Ora ci si mette anche con Shakespeare!

Baciò elegantemente il dorso della mano, e il biondo non aveva la forza per rimuoverla. Era tutto così imbarazzante, e il panico lo aveva colto nel peggiore dei modi.

 

“Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?” si rialzò in piedi, avvicinandosi sempre di più. “Ricorda, mio caro? La nostra passione per Shakespeare? Sono certo che potrei recitargliene altre mille di queste parole.. non mi dica di no, oh mio candido angelo..” parlava dolcemente, ma il disagio nel cuore di

 

Aziraphale lo stava facendo ammattire. Non riusciva a muoversi, a svincolarsi, e ora che erano ben chiare le intenzioni di Paul, non sapeva come agire.

 

Cominciò a tremare, quasi indeciso se chiamare aiuto.

Si stava avvicinando pericolosamente con il viso, e avvertì una mano sfiorargli dolcemente la gota.

 

“N.. no..” sussurrò, ma fu un sospiro che non riuscì nemmeno lui ad udire.

 

Poco prima che potesse succedere il fattaccio però, una graziosa quanto inquietante donna in gonnella era esattamente dietro la schiena di Paul, e ci era arrivata quasi strisciando anche se camminava su due gambe, silenziosa come il serpente che era sotto quegli abiti e quelle sembianze.

 

Crowley, come previsto nella speciale agenda che la signora Dowling gli aveva dato con gli orari in cui era libera di fare la mamma, le aveva lasciato la custodia dell’Anticristo per un’oretta, approfittando del tempo libero non per rilassarsi, non per indurre in tentazione qualche servitore a derubare i padroni di casa dei loro beni alla portata di chi aveva accesso alla pulizia delle loro camere e quindi, cassetti e armadi. Ma per uscire nell’immenso cortile che dava al giardino, e raggiungere nel verde circostante il suo migliore amico.

 

Ogni momento era buono per trascorrere del tempo insieme, e le scuse da utilizzare per camuffare il mero desiderio di vederlo erano milioni.

 

Ma vedere quel che gli era capitato quel tardo pomeriggio, era esattamente quello di cui un demone aveva bisogno per ricordarsi che anche se abitava la terra e gli esseri umani, aveva un potere sconfinato e nessuna limitazione, specie se ciò significava dare dolore. Il rosso aumentò la sua camminata così come stava aumentando la sua ira, fino a non toccare quasi terra passo dopo passo, svelto e sempre più in collera. Con un miracolo, anche se a distanza aveva ascoltato quella conversazione molto chiaramente, e così anche le suppliche di Aziraphale.

 

E in quel momento, l’intensa voglia di punire quell’individuo meschino che si stava quasi approfittando dell’impotenza e dell’attimo di smarrimento e di puro terrore che davano gli occhi del suo angelo, fingendo di non cogliere il suo disagio e il suo rifiuto, era più forte di qualunque altro istinto.

 

Nanny si fermò proprio dietro di lui, e se l’angelo non lo aveva visto era solo perché aveva strizzato gli occhi prima che le labbra di Paul si posassero sulle sue, e negli attimi prima, era troppo impegnato a schiacciarsi contro l’albero come se volesse passare attraverso al tronco per scappare non trovando altra via di uscita, spaventato com’era per fare caso a una sagoma nera che si avvicinava.

 

Adesso che si era ripresentata quell’occasione, il demone era in carne e ossa, poteva toccarlo, poteva essere ascoltato.

 

Questo per Paul fu un grosso inconveniente.

 

“Oh che amore potente! Che a volte fa di un uomo una bessstia, e altre, di una bestia un uomo.”

 

La voce del rosso era dura e profonda, tremava dal fondo della gola come se pronunciare quella frase anziché prenderlo a pugni fosse un oltraggio ad Aziraphale, e una costosissima mossa di autocontrollo. Non aveva potuto fare a meno di sibilare, quasi sbuffando fuoco dalle narici.

 

Nel sentire una nuova citazione di Shakespeare, detta da una terza voce, una che anche se fredda come un intero blocco di ghiaccio per l’inviato dei cieli era bella più dei cori del Paradiso cantati dal suo capo in persona, Aziraphale rinvenne dal suo stato di trance, piantando i palmi delle mani sul petto di Paul e allontanandolo da sé con uno strattone, anche se la forza che aveva in corpo era davvero minima.

 

Talmente debole anche mentalmente da non realizzare che il suo migliore amico aveva scelto una frase apposta per dirgli che da quando lo amava era meno cattivo del solito.

 

Il maggiordomo era stato colto di sorpresa andando all’indietro, e Crowley lo afferrò prontamente per le spalle, girandolo in malo modo per averlo di faccia. Il rosso spostò solo un brevissimo attimo gli occhi sul biondo; era mezzo nudo, la faccia simile a una maschera greca inespressiva, e sudato sulla fronte anche se bianco quanto le begonie che voleva annaffiare.

 

Era Paul adesso ad indietreggiare, man mano che la tata avanzava con le mani intrecciate lunghe sulla gonna. Non sapeva spiegarsi il perché non riusciva a darsela a gambe anche se ne aveva tutta l’intenzione, si sentiva come forzato a restare a meno di un metro da quella bambinaia. La bocca del maggiordomo era serrata e secca come il deserto, mentre quella della donna più strana che avesse mai visto, era contratta in una smorfia storta che lasciava vedere i denti superiori.

“Miss Ashtoreth, che piacere vederla qui, ehm.. d-dov’è il bambino?”

 

“L’ho mangiato. Sono brava anch’io a recitare il caro vecchio William, Paul. Assscolti; Se pur sia bello l'amore che è implorato, assai più bello è quell'amore che sssi concede di propria volontà.”

 

Il demone si era sfilato gli occhiali e aveva cambiato voce, modificandola tante volte quante erano le parole che aveva detto fino a raggiungere un tono infelice e terrificante.

 

Paul era a dir poco sconvolto, intimorito come mai in vita sua. Un urlo gli morì in gola quando Crowley spalancò la bocca per mostrargli la sua vera faccia, quella da demone senza un corpo, in procinto di saltargli addosso.

 

Uno schiocco di dita aveva messo una fine a tutto; Paul si era bloccato come una statua con le mani in posizione di difesa, e Crowley era tornato la solita e ormai già iconica tata di villa Dowling.

 

“Er- non farlo, caro!”

L’angelo si era messo a correre allarmato verso di lui prendendogli le mani nelle sue, e abbassandole per renderlo inoffensivo.

 

Aziraphale lo guardava tanto intensamente scuotendo la testa da fargli mancare la parola, ma i due ormai si capivano tanto bene che quello che

 

il rosso voleva dire era arrivato forte e chiaro, per quello l’angelo abbassò la testa incapace di affrontare una ramanzina, sapendo di essere in torto. Quell’atteggiamento pudico e colpevole non bastò a placare il demone.

“Ma che diavolo fai?!”

 

“Io..”

 

“Ti metti a nudo dei vestiti e del tuo aspetto anche senza ricorrere ai tuoi poteri per vedere quali rischi corri!”

Aziraphale guardava le sue mani sporche che giravano i pollici, piccolo sotto quella figura che non conosceva altro modo di sfogare il sollievo per la frustrazione provata in quegli attimi di paura per il suo innamorato, se non urlare il suo disappunto.

 

“Spedisci questo.. esssere lontano da me tu se non vuoi che lo faccia io, potrei mangiarmi l’anima, e se lo meriterebbe! Potrebbe comportarsi così anche con la servitù umana, e quelli non si potrebbero sottrarre a differenza tua, che te ne stai lo stesso lì impalato!”

 

“Scusami, io.. ero spaventato..”

Non lo considerava debole, anzi, Aziraphale era la persona più forte che conosceva, e capiva la sua reazione. La voce era quasi rotta, preludio di un pianto imminente. Fu quella la cosa che lo riportò alla realtà.

 

Con un coraggio venuto da un luogo di se stesso che forse solo Aziraphale ne aveva trovato la chiave, Crowley portò le sue mani sul viso dove poco prima c’erano state quelle di Paul asciugando una lacrima, e quella volta non provò fastidio, ma una bellissima sensazione di leggerezza, calore.

 

“Non metterti a piangere, ho sentito troppe lagne da stamattina, non è ancora finita e le mie orecchie ne hanno già abbastanza..”

L’angelo sorrise quasi ridacchiando, più sicuro in quella vicinanza che amava. Si voltò a guardare quell’uomo.

 

“Di lui che ne facciamo?”

 

“Mi pentirò, ma è giusto che sia tu a decidere.”

 

 

1.5 VERSO VILLA DOWLING...

 

 

Era ormai arrivata l’ora di rientrare. Avrebbero avuto circa un’ ora per sistemarsi, prima di cena. Nanny e Francis camminavano per il giardino,

 

in direzione della villa, e l’angelo era ancora un po' turbato da quello che era successo poco prima.

Forse non era troppo disturbato dall’atteggiamento di Paul, quanto dalla piccola sgridata che aveva ricevuto dal suo migliore amico. Era stato anche di conforto, asciugando le sue lacrime e aiutandolo a calmarsi, eppure non poteva fare a meno di pensare che Crowley avesse ragione.

C’era ben poca gente di cui fidarsi, e con Paul era anche stato fortunato, era anche stato cordiale nelle sue avances.

 

Ma secondo Crowley, avrebbe dovuto punirlo più duramente; invece il biondo non faceva altro che pensare che fosse stato troppo duro con quel maggiordomo.

“Spero solo di non avergli fatto troppo male..” sussurrò entrando in casa insieme a Nanny.

 

“Oh diamine, spero che tu stia scherzando! Angelo, si meritava quello schiaffo. Inoltre, se non te lo ricordi, gli hai cancellato la memoria per l’ultima mezz’ora, non si ricorderà niente.” alzò le spalle il rosso, ancora scocciato da quei suoi sciocchi pensieri.

 

“Ma potrebbe fargli male comunque, e potrebbe notare il rossore! Magari poi in quell’ultima mezz’ora gli era successo qualcosa di bello, e magari ho fatto qualcosa di imperdonabile togliendogli quel ricordo..”

 

“Allora, pensiamoci un attimo. Lavora qui, quindi non può aver trovato un lavoro nuovo. Non può aver fatto qualcosa di così straordinario qui in villa, e sicuramente non si sarà trovato il vero amore perché quell'energumeno puntava dritto a te e al tuo bel fondoschiena, in tutti i sensi! Quindi no, angelo! Non hai causato nessun danno irreparabile!” la sua voce si intensificò dall’inizio del discorso, fino ad arrivare alle ultime parole, pronunciate quasi con rabbia e disprezzo, non pensando al fatto che avesse fatto un sincero apprezzamento al sedere del compagno.

 

Quest’ultimo un po’ lo aveva notato, e ne rimase un po' spiazzato.

“Non so cosa ci potrebbe trovare di bello.. nel mio fondoschiena, almeno”

Intrecciò le dita delle mani, mentre proseguiva insieme a Crowley verso la loro camera.

 

“Probabilmente l’amore non guarda con gli occhi” si diede una risposta.

 

“Oh si che lo guarda. Guarda eccome.” gli disse invece Crowley. In qualche modo, dopo quel complimento velato, Aziraphale si sentì leggermente meglio.

 

“Penso che tu abbia ragione caro, alla fine non avrebbe dovuto permettersi di.. di..”

 

“Molestarti?” suggerì l’amico entrando nella stanza.

 

“Non mi ha proprio molestato.. diciamo che ci ha provato, ha persino intonato quei versi di William..”

“Angelo, li so intonare persino io, direi che non è una giustificazione valida!” Crowley cominciò di nuovo ad innervosirsi mentre richiudeva la porta dietro al biondo.

 

“Non dirmi che tutto quello che è successo oggi non è servito, vero?”

 

“No, non lo stavo giustificando! Solo, non mi è saltato addosso e non ha cercato di attentare alla mia virtù, tutto qui.”

In quel momento però si rese conto di aver rivelato il segreto della sua verginità a Crowley, il quale si girò verso di lui.

 

Aziraphale era certo che avrebbe cominciato a parlarne, e probabilmente anche la mente del demone avrebbe voluto saperne di più, ma per non farlo sentire troppo in imbarazzo decise di non virare sull’argomento, tenendoselo bene in serbo per un’altra volta. “Beh, c’è mancato tanto così!” indicò con pollice e indice guantato una distanza minima, dove non ci sarebbe passata nemmeno una mosca. “Shakespeare di lì, Shakespeare di là.. chi non usa questi trucchetti per arrivare al cuore o al cu.. alla virtù di qualcuno?” il demone intanto si sedette su una delle poltrone della camera di Azi e cominciò a levarsi gli stivaletti.

 

“Rendi tutto così poco romantico.. se qualcuno.. o meglio, se chi dico io, e non un maggiordomo che ho chiaramente rifiutato, mi recitasse qualcosa del nostro caro Will.. magari in un ristorantino, o sulle rive di un fiume..” I suoi occhi sognanti cominciavano già ad immaginare un ipotetico e smielato scenario.

“Sarebbe tutto così bello..” incrociò le mani e se le portò vicino ad una guancia.

 

“Oh angelo, quanto sei ingenuo..” in malo modo, il rosso lanciò via le sue scarpe, riconoscendo però nell’immaginazione dell’angelo una fantasia nella quale lui si sarebbe calato volentieri.

 

“Forse hai ragione.. scusami. Oggi ero molto spaventato e io non.. non ero pronto a provare una moltitudine simile di sensazioni. Pensa che ero pronto a schioccare le dita, ma ero troppo preso dal panico, e volevo.. non so nemmeno io cosa volevo fare. Per fortuna che sei arrivato tu. Sei il mio a..- o meglio, il mio diavolo custode!” si rivolse con uno sguardo gentile al demone, il quale cominciò a togliersi gli occhiali e il suo cappellino.

 

Con delicatezza, prese il fiore che l’amico gli aveva donato la mattina stessa, e lo fece volteggiare su un comodino al lato del letto, quello vicino alla finestra, e lo fece adagiare in un piccolo bicchierino di acqua fresca.

 

“L’ho fatto per seimila anni, e lo farò per i prossimi undici. E nei prossimi seimila se ce ne saranno. Dipende tutto da noi. Dopo ti dovrò raccontare molte cose, quel bambino è un angelo e un demone messi insieme, sembra quasi nostro figlio!” disse ironicamente.

 

“Oh.. beh, è uno strano paragone, ma ammetto che non è male.” ridacchiò nervoso l’angelo all’allusione di un loro ipotetico figlio.

 

“Oh, te ne devo raccontare di cose.. ma adesso credo che sia arrivato il momento di andare a toglierti quelle macchie di erba dalle mani e di metterti dei vestiti nuovi. Si va a cena col capo questa sera.” intanto, Crowley ancora vestita da tata, si gettò sul letto di Aziraphale, incrociando le braccia dietro la testa e aprendo le gambe.

 

“Beh, serviti pure.” disse ironico l’angelo vedendolo spaparanzato sul proprio letto.

 

“Che hai detto?” gli chiese Crowley disattento.

 

“Non fa niente” rispose con un sorriso.

“Credo che sì, mi serva un bel bagno rilassante, lavarmi via lo sporco, l’acqua calda, il vapore e un buon bagnoschiuma.. la mia pelle e i miei muscoli duri e tesi ne saranno sollevati.”

 

Quelle parole furono pronunciate in modo totalmente puro e angelico da parte di Aziraphale, esattamente nel modo in cui le avrebbe pronunciate un bambino. Ma nella mente di Crowley esse assunsero un tono molto provocante, quasi tentatore, un tono che fece scattare dentro il corpo di Crowley un meccanismo chiamato: “quell’angelo mi vuole far morire di crepacuore”.

 

Rimase fermo con gli occhi verso il soffitto, con un’espressione vuota ma che in realtà era piena. Molto piena.

Troppo piena, di immagini, di suoni, di qualsiasi cosa di peccaminoso.

Non si rese nemmeno conto che la porta del bagno si era richiusa e che l’acqua della doccia stava ormai scrosciando, sul pavimento, e sulla pelle nuda del suo amato angelo.

 

Si portò le mani sulla bocca e sulle gote, certo di non avere mai avuto nella sua testa un pensiero tanto eccitante.

 

“Gwaah!” mugugnò. “Ma che cazzo di pensieri mi fai fare angelo!” si tirò su con un colpo di addominali e cominciò a battere nervosamente il dito sul letto, indeciso. “Musica, mi serve della musica, devo calmarmi..”

 

Fece partire, al suo solito, con un miracolo, “killer queen”. Si distese nuovamente, alzando il volume al massimo.

 

Nel mentre, pochi metri al suo fianco, Aziraphale si stava godendo una coccola intima, lavando via tutto il sudore e la stanchezza con un bagnoschiuma alla vaniglia. Chiuse gli occhi, lasciando che il profumo e la fragranza del liquido denso e giallo gli entrasse nelle narici.

 

L’acqua calda lenì i suoi muscoli, e in pochi minuti si sentì subito meglio. Le macchie che si era procurato in giardino vennero via con un piccolo aiutino, e i suoi capelli tornarono ad essere soffici e puliti.

Una volta che ebbe finito, uscì dalla vasca, per poi indossare un accappatoio bianco e morbido. Si asciugò, e non appena passò il tessuto sui propri fianchi, non poté non notare quel piccolo accenno di smagliature che gli solcava la pelle. Erano rossastre, e partivano dal gluteo fino all’anca. Le guardò trovandole orribili, e appena le sfiorò con i polpastrelli, tastò il loro spessore.

 

 

Era veramente disgustoso.. non riusciva a togliersele, e ogni volta cercava di non guardare. Accidenti.. forse con un po’ di olio per il corpo sarebbero andate via, o almeno sarebbero diventate bianche. Almeno, questo è quello che sperava.

 

Decise di vestirsi, in modo tale da coprire le sue rotondità e da lasciare il bagno a Crowley.

Ma appena si mise alla ricerca della biancheria, si accorse di non aver portato nulla in bagno, nemmeno la camicia, o i pantaloni.

 

“Oh cavolo.. Crowley! Crowley? Crowley, caro mi senti?” domandò ad alta voce.

 

Il rosso, destatosi dalla voce angelica, aprì gli occhi, ma non rispose. “Caro, ci sei? Ho dimenticato fuori i vestiti, potresti portarmeli senza che esca io?”

Ancora una volta, Crowley preferì non rispondere. Qualcosa nella sua testa gli imponeva di stare zitto, e di vedere dove quella cosa sarebbe arrivata.

“Ehi?!” cominciò a bussare sulla porta. “Crowley, mi senti? Oh diamine..” mugugnò innervosito.

 

Sentendo la musica alta, il biondo pensò che fosse tornato nella sua parte di camera per ascoltare un po’ i suoi dischi. Quindi decise di

afferrare un asciugamano e di metterlo attorno ai fianchi, quasi in malo modo, e preoccupandosi di non voler arrivare in ritardo alla cena, uscì dalla porta. Ma un demone dai capelli rossi stava aspettando, proprio dove lo aveva lasciato, sdraiato e con le mani dietro la testa. La canzone nell’aria era cambiata, ma era sempre un successo dei Queen, “Body langue”.

 

E sembrava cadere a fagiolo.

 

Il demone fu ricompensato, e si godette con la bocca socchiusa e stupita un angelo che usciva dal bagno solo con un asciugamano addosso.

Peccato che dal suo urlo di terrore non sembrava molto felice di essere lì.

 

“Crowley, ma che- io pensavo che tu fossi nell’altra stanza!” Si coprì il petto con una mano, come se dovesse coprire il proprio seno. “Ti avevo chiamato, perché non rispondevi?”

 

“La musica era alta angelo, non ti ho sentito!” Mentì spudoratamente.

 

Ma il biondo non rispose, abbassò lo sguardo imbarazzato e cominciò a cercare con gli occhi I suoi abiti.

“Di che avevi bisogno?” chiese il rosso cercando di godersi quella vista, anche se non voleva farlo capire esplicitamente. Si girò sul fianco, sorridendo e alzando un sopracciglio.

 

“I miei vestiti per la cena.. non li trovo.”

 

“Sono proprio lì, all’entrata” indicò l’appendiabiti vicino alla porta, dove effettivamente stavano appesi giacca, camicia e via dicendo.

 

“Oh, giusto..” l’angelo continuò a reggersi l’asciugamano e a nascondere la sua parziale nudità.

 

“Potresti portarmeli?” chiese imbarazzato.

 

“Perché?” chiese il rosso.

 

“Perché te l’ho chiesto.” ribadì Aziraphale.

 

“Ma perché? L’appendiabiti è a due passi”

 

“Perché...” prese un respiro profondo, cercando di allontanare la rabbia e il nervoso. “Perché sotto questo asciugamano sono nudo.”

 

“E allora?” chiese il rosso alzando le spalle.

 

“E se mi muovo troppo rischia di cadere!”

 

“Beh, che problemi ci sono? Siamo amici, no? Inoltre, se non ti conoscessi penserei che stessi cercando di sedurmi” ridacchiò.

 

“Cosa?!”

 

“Ammettilo, la canzone aiuta.” indicò l’aria con il palmo della mano. Effettivamente, Body Language era sempre una canzone ad effetto, chiunque vedendo quella scena senza saperne i precedenti, avrebbe pensato a qualcosa di decisamente poco consono tra due amici.

 

“No-non è questo il punto!” scosse la testa. “E inoltre, anche se volessi sedurre qualcuno, non ci riuscirei.” sputò fuori senza pensarci.

 

“Ma che dici?” la smorfia del rosso fu di sincera curiosità.

 

“Diciamo che non.. non sono tipo da queste cose, ne fuori né dentro!”

 

“Beh, sul dentro ci si può lavorare, ma sul fuori non vedo proprio nulla di strano.” cercò di non mettere troppo in evidenza la sua ammirazione per il corpo angelico.

 

“Ma che dici, sono pieno di segni sui fianchi, e ho dei rotoli su tutto il- ma perché ne sto parlando con te! I demoni non possono capire! Non ho mai visto un demone grasso!” Aziraphale si agitava ad ogni parola che diceva, desideroso solo di prendere quei vestiti e tornare in bagno.

 

Il rosso, d’altro canto, non sembrava della stessa idea.

 

“Beh, quei segni sono smagliature. Non le ho, ma.. non sono male.” Il biondo girò lo sguardo verso di lui, incerto di aver capito bene.

 

“Cosa?”

 

“Ho detto che no sono male. Sono delle piccole venette bianche, sono affascinanti. Io penso che un corpo non sia bello o brutto. Semplicemente, piace o non piace. E a molte persone piacciono le imperfezioni, che siano rotolini, o smagliature. Non vedo perché ti fai così tanti problemi, Aziraphale”

 

“..Non lo so. Io.. sono sempre stato insicuro. Non me la sento di espormi molto con.. le persone. Posso, posso avere i miei vestiti?”

 

“Vai a prenderli angelo.” lo incoraggiò il rosso. “Se,tifa stare meglio, io non guarderò.”

 

“Ma.. non è che mi vergogni di te, ma mi vergogno con tutti.. non volevo essere cattivo.” Si scusò.

 

“Allora coraggio, vai a prenderli. Vai a vestirti in camera mia, altrimenti faremo tardi”

Aziraphale si sentì sollevato, e con una piccola botta di coraggio camminò verso l’appendiabiti, e prese i suoi vestiti. Provò a non pensare di essere goffo o ridicolo, e per quei pochi secondi ci riuscì. Appena si voltò, vide che Crowley non aveva distolto lo sguardo.

 

“Ehi!” rimproverò subito. “Avevi detto che non avresti guardato!”

 

“No, te l’ho proposto, ma tu non hai detto niente.” si giustificò. “Inoltre, è un buon esercizio per aumentare la tua autostima, quindi dovresti ringraziarmi.” sorrise.

 

“Sei.. perfido.” gli disse scherzosamente. Andò verso la camera di Crowley, e si chiuse dentro per vestirsi. Non appena il meccanismo della serratura scattò,

Crowley prese un cuscino e se lo puntò dritto in faccia, soffocandoci un urlo.

 

“Cazzo!!!” si sentiva dal cuscino. “Cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo!”

 

ripeté come una cantilena. Quell’angelo era incredibile, e non poteva credere a ciò che aveva visto con i suoi stessi occhi negli ultimi dieci minuti. Aveva visto Aziraphale con meno vestiti di quanti gliene avesse mai visti, e tutta quella morbidezza che durante gli anni precedenti aveva solo avuto il piacere di immaginare sotto ai pantaloni e alle camicie, esisteva per davvero! Aveva anche delle smagliature, Oh Satana!

Inoltre è inutile dire che sotto la gonna nascondeva il frutto di tanta peccaminosa visione.

 

Ne aveva approfittato, ma sotto sotto, Crowley teneva davvero all’autostima del compagno, ci teneva davvero al fatto che si rendesse conto che il suo fisico fosse bellissimo, e che lo avrebbe dovuto amare esattamente come lo faceva lui.

 

Ci avesse messo anche tutta la vita, quella era una missione da portare avanti! Cercò di tenere nella testa tutto quello che potesse ricordare, dai fianchi prominenti, alle smagliature che sembravano quasi delle tracce di pennello su un dipinto, alle meravigliose fossette di Venere che aveva potuto osservare sulla schiena dell’angelo una volta che si era girato per andare vicino alla porta d’ingresso.

 

Erano bellissime, ed erano proprio sotto a due piccoli rotolini di candida e dolce ciccetta. Cosa non avrebbe dato per rivedere tutto ancora, e di poterlo anche saggiare con le proprie mani.

Ma al demone in questione, sarebbe bastato rivedere ancora il suo sorriso. Perché senza un sorriso da parte di quell’angioletto bastardo non sapeva vivere. Gli sarebbe bastata la sua dolce risata per stare in pace con sé stesso.

 

Nonostante tutti questi suoi pensieri smielati, sotto la doccia avevano avuto la meglio quelli piccanti. E per ben due volte, Crowley dovette aggrapparsi al muro, con l’unica mano che gli era rimasta, per evitare di cadere a terra.

 

Una cosa unica, meravigliosa, una visione celestiale.

Ma niente lo fu come quando vide uscire l’angelo dalla propria stanza. Con quella camicia e quel completo stava un amore, al diavolo le sue curve esposte, a Crowley andava bene anche così.. anche se ogni tanto una sbirciatina sotto i vestiti l’avrebbe gradita..

 

“Allora, come sto?” chiese contento e soddisfatto. “Non sono sono troppo elegante?” fece un giro su sé stesso.

 

Crowley cercò di pensare ad una risposta dolce, galante e romantica, ma la sua lingua da serpente gli impose di rispondere altro.

 

“Sicuramente stai bene, ma in fatto di eleganza, Nanny non si batte.” Incrociò le braccia, andando a scegliersi un vestito adatto all’occasione. “Ci vediamo a cena, angioletto.” rese la sua voce più femminile, esattamente come quella che usava quando era Nanny Ashtoreth.

 

“Ci vediamo a cena, mia cara” rispose Aziraphale stando al gioco.

 

Quando abbandonò la stanza, Crowley si diresse nella propria aprendo le ante dell’armadio per guardarsi nello specchio che gli dava completa visione della sua statura.

 

A differenza del suo migliore amico, lui non aveva sprecato del tempo in seimila anni di permanenza, per assaporare le sensazioni di tutti e sette i vizi capitali, e in quel tanto tempo aveva avuto spazio per ponderare cosa trovava attraente in un corpo maschile, e altrettanto, in uno femminile.

 

Per comodità, si era tenuto i seni.

Li fasciò per primi senza reggiseno, con un corsetto in ricami che andava in sfumature dal nero al bordeaux in punti strategici che terminava in pizzo sulle rotondità esposte, e una serie di bottoni dietro la schiena. Non

 

lacci, in quanto amava strappare i lembi e farli saltare ovunque quando lo toglieva di dosso a qualcuno in una notte particolare, esattamente come avrebbe voluto fare col davanti della camicia del suo angelo.

 

La gonna che scelse era a tubino e non morbida e propensa a volteggiare al passaggio, aveva uno spacco sul retro che partiva da poco più in alto dell’incavo delle ginocchia, dava un lungo triangolo perfetto. Le gambe private della loro peluria erano coperte dalla semitrasparenza delle calze scure, e gli stivaletti comodi di prima, con uno schiocco delle dita diventarono dei tacchi che indossò provando a camminare con disinvoltura. Fortuna che avrebbe passato il più della serata seduto.

Le unghie laccate di nero, qualche anello sulle dita.

 

Lasciò i capelli sciolti in boccoli dando un solo punto dietro la nuca con una forcina, lasciando alcuni crini ricadergli sul collo esposto e sui rigonfiamenti. Proprio quando stava per uscire, si arrestò imprecando. “Piccolo bastardo di un angelo, se n’è andato prima di truccarmi! Ah, me la paga!” Inveì con poca convinzione, armeggiando in bagno in cerca della borsa del makeup.

 

Scelse una tonalità vermiglia per le labbra, una sfumatura per le palpebre appena visibile sotto gli occhiali, e una generosa quantità di mascara.

Quando lo metteva da solo, non aveva paura di perdere la vista, ma avrebbe preferito di gran lunga che ci fosse Aziraphale a pochissima distanza dal suo viso, quindi scelse di non rivelare la sua sicurezza in merito al trucco fai-da-te.

 

Si diede un’ultima occhiata, sorridendo beffardo.

Sembrava appena appena uscito dall’inferno apposta per sedurre qualcuno e trascinarlo giù con lui irreparabilmente.

 

Tanto valeva divertirsi un po’, in quelle fattezze, e godersi l’effetto che sperava di dare.

 

“Se potessi sdoppiarmi così, farei volentieri un menage a trois con un certo chi so io.” Disse al se stesso nello specchio con un certo fastidio, alludendo alla stessa frase del biondo, anche se lui immaginava con chissà chi una passeggiata al fiume al chiaro di luna e Will in sottofondo. Si rese conto che stava seriamente impazzendo, parlava da solo gettandogli frecciatine anche quando non c’era. Scosse la testa inforcando gli occhiali e si presentò nella grande sala da pranzo.

 

 

 

1.6 SALA DA PRANZO DI VILLA DOWLING

 

 

Aziraphale sorseggiava in piedi davanti ad una statua di marmo, vino bianco da aperitivo insieme ad altri domestici a pochi metri dall’enorme tavolata, ridendo e scherzando giocosamente, e facendo ben attenzione ad evitare il maggiordomo. Era stupido si disse, scappare da lui quando non si ricordava assolutamente niente, ma l’angelo aveva tutto bene impresso nel cervello e non voleva ricapitasse assolutamente.

 

La stanza era immensa, tutta dipinta di un bianco sporco e ornata di lampadari moderni con rifiniture color oro. Lusso sfrenato, si disse.

 

Le porte si aprirono un'ultima volta, ed in quel momento fece ingresso quella che poteva essere una dama uscita dal dodicesimo secolo e vissuta negli anni duemila per un po’, giusto il tempo di adattarsi alla cultura moderna.

 

Aziraphale restò per molti attimi imbambolato a fissare quella visione in ogni suo piccolo dettaglio, dimenticando le buone maniere e allontanandosi dai suoi colleghi per avvicinarsi. Molte teste si girarono verso Nanny, e il signor Dowling in persona le si avvicinò prima di lui porgendole la mano.

“Miss Asthtoreth, buonasera.” Il padrone di casa si chinò a baciarle il dorso, con fare da cavaliere. In quel momento, Aziraphale si sentì più di quel che volesse ammettere in linea con la prima reazione del rosso alla vista di Paul, mentre flirtava con lui. Ma non poteva dire nulla, ed era anche irrazionale pensare ad una sorta di interesse da parte del padre dell’Anticristo, sposato e con una vita troppo piena per un’.. non ce la faceva neanche a pensare alla parola amante.

 

Crowley parlava con una voce affabile.

 

 

“Buonasera signor Dowling, spero di aver.. di non aver fatto attendere troppo i commensali.”

 

“Affatto, e se anche fosse, non deve preoccuparsi. Mia moglie mi ha raccontato personalmente l’egregio modo in cui si è presa cura di mio figlio dal primo istante. Prego, venga.”

 

“Oh, buonasera signor Francis, ha trascorso una buona giornata?” Da sotto le lenti, mentre gli passava accanto, Aziraphale potè notare lo stesso occhiolino di quel mattino. Arrossì sperando di non aver fatto capire più del dovuto con i suoi continui sguardi. I due si avvicinarono alla tavola, e il biondo li seguì a passo svelto.

 

“Molto gentile. A proposito, dov’è il dem- il piccolo angioletto?”

 

“Questa sera si godrà la cena senza nessun impegno. Ralph, procediamo! Signori, vogliate accomodarvi tutti. Venga, Fratello Francis, prenda posto accanto alla nostra tata, è giusto che i nostri collaboratori più giovani in fatto di carriera si conoscano.”

 

La cena ebbe inizio, e con gran gioia dell’angelo, finì con ben cinque portate al di fuori del dolce. Crowley si limitò ad assaggiare un po’ di tutto, osservando la meravigliosa curva dell’ugola dell’angelo muoversi al passaggio del cibo. Quanto avrebbe voluto chinarsi e mordere quel collo bianco, ci avrebbe messo davvero pochissimo..

 

La serata prevedeva chiacchiere domanda-risposta, a cui avevano dovuto partecipare entrambi. I due finsero di essere sorpresi delle referenze dell’altro, e nel modo in cui parlavano tra loro, i coniugi Dowling discussero dell’indomani e di ciò che avevano in mente per loro, una specie di rito per ogni nuovo impiegato, senza farsi udire dagli ospiti.

 

Crowley aveva notato gli sguardi di Aziraphale, e apposta muoveva la testa agitando i boccoli che ricadevano proprio lì, e non smetteva di fargli domande ad alta voce in modo che tutti avessero gli occhi su di lui aspettando la sua risposta. Lo faceva perché, per buona educazione, lui si doveva rivolgere a chi gli faceva la domanda, e in quel momento il demone si portava la forchetta alla bocca prendendo un boccone e passandosi l’argento tra le labbra in modo suadente.

 

Aziraphale era convinto facesse parte della scena, della sua inclinazione sfacciata, e non si fece domande. Ma quella vista mescolata al suo toccargli la caviglia con il piede quando accavallava le gambe, gli mettevano una pressione strana.

 

Pregò che tutto finisse presto, e quando insieme ritornarono in camera, la prima cosa che fecero fu sospirare e togliersi le scarpe senza usare le mani. Il demone le aveva lanciate con due calci dall’altro lato della stanza. Aziraphale crollò a terra strusciando vicino la porta e Crowley avanzò giusto due passi prima di accasciarsi sul letto. L’angelo lo raggiunse un minuto dopo a fatica, stendendosi con lui.

 

“Ouch.. Er- caro, era almeno un secolo che non facevo neanche una corsetta.. sono esausto..”

 

“A chi lo dici, credo che il braccio destro sia completamente fuori uso, no?” domandò il rosso facendo segno di non riuscire ad alzare l’arto con cui aveva tenuto Warlock tutto il giorno. Il biondo annuì portando le mani dietro la schiena e stiracchiandosi.

 

“Ho dolori ovunque.. non riesco a piegare le dita per spogliarmi..”

 

Crowley trovò allora la forza di muovere la manina per togliersi gli occhiali, e lanciare uno sguardo d’intesa al compagno.

 

“Io non ho la forza di alzarmi.”

“Non farlo.” rispose il biondo alzando le spalle come se invitarlo a restare nel suo letto fosse la cosa più normale al mondo, o almeno provandoci.

 

Appena fece quel piccolo movimento, un gridolino lamentoso fuoriuscì dalle sue labbra segno del dolore fisico che stava patendo, segno inconfutabile che l’imbarazzo era stato sovrastato dalla stanchezza.

Crowley si girò sul fianco.

“Riesci a girarti a pancia in giù?”

 

“Si sta meglio?”

 

“Qualcosa del genere.”

 

 

L’angelo allora ubbidì sperando di trovare sollievo. Non avvertì niente di nuovo fin quando Crowley non si tirò sù, e iniziò a passare le sue mani sulla schiena dell’amico senza alcun preavviso. Sgranò gli occhi senza dire una parola trattenendo addirittura il fiato, per il demone fu un invito a continuare il massaggio. Era a disagio, fortemente. Ma non un disagio malvagio come con le mani di Paul su di lui, era un disagio dettato dalla vergogna di non riuscire a parlare, perché se lo avesse fatto avrebbe proposto di togliersi la camicia. Il suo non era un pensiero lussurioso, né equivoco, semplicemente Crowley era talmente bravo che il dolore si stava alleviando e lui si stava rilassando. Gli toccava con maestria facendo pressione il collo, le spalle, le braccia, la schiena, l’inizio del bacino, e i versi di approvazione a cui l’angelo si era lasciato facevano sorridere l’artefice di quel piacere indiretto. Il biondo aveva ormai chiuso gli occhi, oltre al relax si era aggiunta la sua bellissima voce, che gli raccontava i momenti passati da solo con Warlock. Era tanto tempo che l’angelo non si sentiva così bene, ridacchiava e ogni tanto incontrava il suo sguardo, fino a che un tuono squarciò il cielo.

 

La pioggia batteva sulla finestra proprio quando Crowley aveva smesso quel tocco angeli- demoniaco avendo il tatto di non scendere a massaggiare le gambe solo perché in quel caso si sarebbe messo a pregare l’angelo per chiedergli di essere lui ad approfittare di sé, posizionandosi a poca distanza da lui, parallelo, nella stessa posizione dandogli il viso. Gli sorrise incontrando le sue iridi cerulee.

 

“Caro, dovresti struccarti.”

 

“Non posso, ho sprecato le ultime energie per il tuo benessere.” ammiccò il rosso sollevando le sopracciglia.

“Beh allora ti ringrazio. Sai quando ti dicevo che il letto non mi sarebbe servito molto?”

 

“Sssi..”

 

“Ho cambiato idea.” sorrise l’angelo schioccando le dita per spegnere le luci, e bearsi del suono della pioggia, della presenza del demone, del suo calore e del suo profumo, per chiudere gli occhi e farsi un pochinopochino più vicino a lui.

 

“Ehm..”

 

“Cosa?!”

 

“Ecco..”

 

“Angelo, parla, cosa c’è?”

 

Il biondo sospirò coprendosi il viso con la mano anche se erano completamente al buio, per non farsi vedere mentre pronunciava quella frase.

 

“Mi chiedevo.. faresti.. quella cosa che fai al piccolo anche a me?”

 

“Quale cosa?”

 

Aziraphale dopo un attimo di tentennamento, mosse la

sua mano per cercare quella del demone, la incontrò, la avvolse nella sua e se la portò in testa mimando il gesto di una carezza.

 

Crowley sentì il fiato mancargli, e dopo essersi schiarito la gola, iniziò ad accarezzargli i riccioli biondi in movimenti lenti, prima circolari con il palmo, sopra e dietro la testa, poi sfregando le unghie sulla cute con delicatezza, sentendolo fremere sotto quel tocco.

 

“Buonanotte Crowley.”

 

“Buonanotte Aziraphale.”

 

 

 

 

FINE DEL QUINTO CAPITOLO

 

 

 

Note delle autrici:

 

Allora, come possiamo iniziare?

 

Questa storia è partita un po’ di mesi fa, ha portato tantissima gioia nel mio cuore e a quanto ne so anche in quello di qualcun’altro.

Sono Loka 98 https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=781448, o Lorenza, e ho iniziato questo percorso insieme alla bravissima e talentuosa scrittrice MusicAddicted, o Luana, e insieme a lei mi sono divertita tantissimo. Per cause esterne, questa storia purtroppo è rimasta per un po' di tempo in stand-by, ma oggi a grande sorpresa è tornata, e ne sono molto felice. Non sono più insieme alla cara Luana, che saluto e che ringrazio tantissimo, ma oggi vi parlo insieme a colei che nelle ultime settimane è diventata una delle mie più care amiche, Arianna, o Longriffiths https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=264882

Lei si è offerta di darmi una mano e di continuare questa fanfiction, che ci sta entrando nel cuore sempre di più. Ringrazio ancora Luana per avermi accompagnato nei primi capitoli, e ringrazio anche Arianna, che si sta dando da fare con tutto il suo cuore e la sua anima per far riprendere questo piccolo progetto. La posso definire veramente una persona di cuore, dolce, divertente, e mi diverto a definirla spesso “il mio Crowley” perché ha un carattere molto simile a quello del nostro demone, mentre io sono uguale ad Azi, ingenuo, a volte permaloso, ma tenero. Ringrazio anche voi lettori per aver pazientato abbastanza, e di aver finito anche questo “piccolo” capitolo, ne arriveranno presto molti altri. A presto, un bacione da entrambe!

 

Ah, avete notato l’immagine iniziale? Tutto merito di Longriffiths, ha un talento meraviglioso <3

 

Goodbye anche da Azi e Cro, tornati in tutto il loro splendore!

 

Longriffiths e Loka98

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Capitolo 6
*** La cena/Prospect of Whitby ***




 1.1 Nella camera di Aziraphale..

 
La notte era stata fredda, per la gioia di due qualcuno in una certa lussuosissima villa, troppo stanchi -o pigro, o opportunista in questi casi- per i postumi del lavoro per chiudere la finestra di dentro dimenticata aperta la sera prima.

Il temporale aveva deciso di continuare a lungo, e gli spifferi che entravano dalle persiane verso le quattro del mattino pungevano fastidiosamente la pelle di Crowley abituata alle fiamme bollenti. Aziraphale invece, era perfettamente a suo agio con le basse temperature in cui si imbatteva salendo in Paradiso, ma non aveva familiarità col sonno, a differenza del suo compagno. Avevano passato l’intera notte così, svegliandosi a turno per vari motivi.
 
Solo le prime due ore erano caduti nel sonno profondo. Nessuno dei due prima di quel momento aveva condiviso il letto con un’altra persona per tutta la notte, motivo che li aveva spinti a dover dividere lo spazio inconsapevolmente fino a trovare una posizione comoda. Si erano trovati alla fine l’uno dando la schiena al petto dell’altro. Aziraphale aveva aperto gli occhi celesti per primo e si era fatto prendere
dalla sensazione del risveglio in cui la testa era completamente senza pensieri, già carico di energia come se avesse dormito un secolo. Ripensando subito dopo che il demone lo aveva fatto davvero molti anni prima, ridacchiò tra sé chiedendosi come riuscisse a trascorrere così il tempo senza annoiarsi. Sbatté le ciglia bionde portandosi la mano davanti alla bocca per coprire un grosso sbadiglio, e fu solo in quel momento, mentre si stiracchiava, che si accorse che le loro gambe si erano incrociate. E non solo.

La sua schiena aderiva perfettamente al petto di Crowley, i seni schiacciati contro la stoffa della maglietta. Non si era assolutamente accorto di quel contatto durante il suo sonno senza sogni, fino a quando non aveva inarcato la spina dorsale. Ma adesso che era tornato alla realtà e ragionava perfettamente, non seppe se sentirsi più a disagio perché non gli dispiaceva affatto stare così vicino al rosso in fin dei conti, o per le emozioni che gli provocava quell’unione, e un angelo non avrebbe dovuto provare quella sensazione. Ringraziò il cielo sussurrando -anche se in cuor suo sperava che Dio non lo stesse guardando proprio adesso- che Crowley non fosse sveglio. Naturalmente, prima se ne era accorto girando la faccia fin quasi a spezzarsi il collo, ritrovandosi con il naso del demone a un soffio dal suo. Era ritornato a dargli le spalle di scatto senza muoversi da come stava, respirando per cercare di calmare il batticuore. Le sue guance scottavano così tanto, colorate come i mattoni del recinto che separava la villa dal garage, da costringersi a farsi aria da solo con la mano, il vento da solo non era più utile da quel punto di vista.
 
“Smetti di fare lo sciocco.. è ridicolo..”
 
La sua coscienza parlava per lui cercando di darsi da solo un contegno. Non era necessario farsi prendere dal panico specie dal momento in cui il suo migliore amico non era cosciente, e imbarazzarsi era davvero stupido. Non sapeva se fosse normale d’altro canto stare così avvinghiati per due come loro, per due semplici amici, per due nemici per natura.

Ma non poteva negare di stare così bene. Quel calore era così invitante. Non era il caldo dell’Inferno che portava solo odio e sofferenza, quello era un alone animato di protezione e gioia, una piscina di emozioni in cui sguazzare contento, e godersi quella piccola parte di felicità che si era riservato senza neanche volerlo.
 
Si appisolò di nuovo dopo una mezz’ora con un gran sorriso tenero, e quella volta durò fino all’alba, in cui l’angelo stava sognando di poter stare in quel modo con la stessa persona, ma all’aperto, sotto un sole tiepido, su un bel prato verde, felici e indisturbati. Troppo bello per poter essere vero da ogni punto di vista di quello che erano e che facevano, ma per ora si accontentava di immaginarlo. Era così preso dalla loro vicinanza, che non si era spostato nemmeno pensando di dare colpa alla pigrizia anche sapendo che quello era quasi del tutto un vizio capitale, sperando che l’indomani non si svegliassero insieme così, ma adesso non voleva sciogliersi da lui.

Crowley aveva aperto le palpebre verso le tre. Il seno gli faceva male, ringraziò chiunque gli avesse trovato quel corpo maschile da abitare per l’eternità -o fino all’Apocalisse tra undici anni-, era scomodissimo dormire sia a pancia in giù che di lato con le spalle piegate in dentro con quelle due cosine in mezzo, come ci riuscivano tutte le donne al mondo? La prima cosa che si era ritrovato davanti le sue iridi splendenti come il sole, era stata una chioma riccia, soffice e cotonata allo stesso tempo, talmente argentea che illuminava la sua visuale anche a luci spente, e che gli solleticava il mento e le labbra.
 
I suoi occhi erano andati verso il basso seguendo attentamente la linea della schiena e delle gambe del corpo che aveva a neanche un centimetro di distanza, e prima di arrivare ai fianchi le immagini della sera gli erano tornate in mente.
 
Si erano addormentati in due lati diversi del letto, il perché ora fossero entrambi al centro, con i vestiti che con un solo passetto in avanti si sarebbero potuti confondere tra loro se non fosse stato per il colore, gli era sconosciuto. A differenza dell’angelo, lui si era reso conto che il suo compagno dormiva anche senza guardarlo in faccia perché era sicuro, nella sua mente almeno, che se fosse stato sveglio Aziraphale si sarebbe tolto immediatamente di lì.
 
Era stato per quello che a malincuore, aveva tolto le gambe da dove stavano e si era girato dall’altro lato. Fosse stato per lui che non aspettava altro che quel tipo di contatto con il biondo, si sarebbe messo ancora più vicino facendo toccare anche i bacini tra loro. Stare così mentre dormivano era una linea emotiva di intesa così forte che oltre ai corpi erano vicine anche le anime, con un sentimento che un demone non avrebbe dovuto mai provare per nessuno e specie per un membro della fazione opposta, ma per niente al mondo il rosso si sarebbe perso l’occasione in altre circostanze. Sospirò infastidito, era frustrante trovarsi in quella situazione e non poterla
usare a suo vantaggio.
Quella volta, forse per la prima in assoluto, voleva davvero toccare il suo amico senza malizia. Il vento era molto forte in quel
momento, e la pelle d’oca era tornata. Il suo corpo gli dimostrava tutto il disappunto per la mancanza del calore che Aziraphale gli stava dando. Sbuffò stando attento a non disturbare il suo sonno. Un angelo che dormiva, anche se da dietro era la cosa più carina che avesse mai visto, ma stava attento a tenersi tutto per sé, non avrebbe mai ammesso una cosa del genere!

Digrignò i denti, scuotendo la testa.
 
“Ah, al diavolo, chissene frega!”
Così come si era allontanato si era riattaccato all’amico, scrollando le spalle pentendosi di avere quasi evocato un altro demone, che non
sarebbe stato contento di vederlo così in intimità con un angelo. Una parte di lui voleva svegliare Aziraphale, per vedere come avrebbe reagito trovandosi così con lui. Scuoterlo un poco, chiamarlo, e poi fare la parte del finto tonto fingendo di svegliarsi anche lui dopo qualche secondo per colpa sua e dei suoi movimenti. Ma non voleva rischiare di rovinare tutto, quindi, approfittando della cosa si riaddormentò, quella volta passando anche un braccio intorno alla sua vita per trovarsi con la mano sulla sua pancia morbida e invitante. Dopotutto se il giorno dopo si sarebbero svegliati così, avrebbe usato la scusa del non decidere volontariamente come si metteva durante il sonno. Era pur sempre un serpente, e quegli animali si attorcigliavano a qualsiasi appiglio. Poi, entrambi si erano svegliati il mattino dopo. Ma finché non suonò la sveglia nessuno aveva detto niente, né aveva osato muovere un solo muscolo.
 
Ma quell'oggetto infernale che tanti umani maledicevano costantemente ogni mattina, era suonato anche per loro. Entrambi avevano aperto gli occhi, immanicati.

Aziraphale poteva ancora fingere di non essersi completamente svegliato, poteva ancora tenere gli occhi chiusi, cercando di mascherare il fatto che non stesse più dormendo. La sveglia era sul suo comodino però. Quale demone avrebbe potuto usarne una? Solo gli angeli sono fissati con la puntualità. Quindi ormai, erano entrambi spacciati. Crowley decise di fare il primo passo, sfilando le braccia dai fianchi dolci e morbidi, per poi mettersi seduto sulla sua parte del letto. Aziraphale, dal canto suo, non ci pensava proprio a mostrare il fatto che fosse consapevole del loro abbraccio, quindi, con fare vigliacco, decise di simulare un risveglio nemmeno troppo convincente.
 
Il demone non seppe se crederci oppure no. Ma con la coda dell'occhio notò che il braccio forte del biondo si era allungato per spegnere la sveglia.
"Buongiorno angelo." sussurrò, dandogli ancora le spalle.
"Eh?" finse il più completo stordimento. "Oh, ciao Crowley.." con un altro sbadiglio finto, si stiracchiò. Sentiva ancora la pesantezza delle braccia di Crowley attorno alla vita, e notò quanto la sua maglia fosse spiegazzata.
 
Ma si convinse che sicuramente non poteva averlo fatto di proposito, non lo avrebbe di certo abbracciato. Poteva starsene zitto, virare su un altro argomento, ma la sua mente andava da sola.
"Hai dormito bene?" gli chiese, passandosi le dita sulla maglietta. "Si, e.. tu?" domandò incerto.
"Ho avuto un po' di caldo questa notte, anche se fuori c'era il temporale."
"Oh, davvero?"
 "Si.." quella conversazione debole e frivola stava arrivando al suo termine, e l'angelo si accorse di avere qualche capello rosso che era
appoggiato alla sua spalla. Ne prese uno tra le dita e lo guardò. Crowley, inconsapevole, si girò verso di lui, pronto a parlare di altro, ma si
zittì notando quel filo rosso tra le dita di Aziraphale. Se ne era accorto. Il rosso deglutì a fatica.
"V-vado a prepararmi" disse frettolosamente. Si alzò, e a grandi passi e andò verso la sua stanza.

L'angelo rimase solo, e anche se non avrebbe dovuto farlo, si alzò il colletto fino al naso e inspirò a fondo; non c'era dubbio, era proprio il suo odore.
Non avrebbe mai immaginato che anche Crowley stesse facendo la medesima cosa nella sua camera.
"Non ha nemmeno la sua colonia.. è solo il suo odore.." inspirò a fondo, non volendosi dimenticare quella notte. L'angelo, dopo qualche secondo di stordimento scosse la testa, deciso a non pensarci, o altrimenti era certo che sarebbe impazzito. Lui era solo un amico, solo uno stramaledetto amico che ormai amava! Si chiuse in bagno, e si lavò il viso con acqua gelata, deciso a levarsi quei pensieri dalla testa. Ma fu difficile.
 
Aveva per la prima volta sentito il calore del corpo di Crowley in seimila anni. Lo aveva assaggiato in qualche timido abbraccio, ma mai per così tanto tempo. Aveva avvertito il suo fiato, sentito le sue mani, ma stranamente non vi era stata alcun tipo di malizia; o almeno, non era palpabile. In altri casi, la sua timidezza lo avrebbe tenuto fermo e rigido, non sarebbe riuscito a muoversi nemmeno se ci avesse provato. Ma non sarebbe stato il tipo di panico che lo aveva preso alla sprovvista con Paul, sarebbe stato qualcosa di diverso. Qualcosa di tremendamente forte, un'emozione indescrivibile a parole. Quei pensieri lo tennero fermo davanti al lavello per cinque minuti
buoni, prima che Crowley bussasse alla porta.
"Ehi angelo? Ti manca molto? Devi aiutarmi con il trucco!" Con un piccolo sussultò, mugugnò qualcosa e tornò a prepararsi. Forse in mezzo alla natura si sarebbe finalmente calmato.
 
1.2 A colazione...
 
Solitamente Crowley non mangiava. Non ne aveva mai sentito la necessità, e infatti anche quella mattina si era limitato a prendere una tazza di caffè nero senza zucchero. Ma la cosa che lo incuriosì, fu vedere anche il suo migliore amico mangiare davvero poco. Solo un biscotto, una tazza di tè un muffin.
 
Veramente poco rispetto ai suoi standard. Corrugò un sopracciglio, e si avvicinò a colui che ora aveva le sembianze del giardiniere.
"Fratello Francis, buongiorno." lo salutò sedendosi al suo fianco.
"B-buongiorno Miss Ashtoreth." balbettò lui. "Colazione alquanto povera, non è vero?"
 
Aziraphale lo squadrò. "Beh.. sì, insomma, o meglio, no.. mi sembra normale. Lei, sta solo bevendo del caffè." Gli fece notare.
"Oh ma sono certa che un uomo così muscoloso, forte e posssssente come lei abbia bisogno di qualcosa in più per affrontare il duro lavoro in giardino, non crede?"
"Muscoloso, che parolone.." disse addentando il suo dolce.
"Lei sta esagerando. Sto nutrendo il mio corpo con le giuste energie, non si preoccupi." Crowley aveva una grande capacità recitativa, si calava perfettamente nel proprio ruolo di tata, e assumeva un carattere non completamente diverso da quello che avrebbe avuto da demone. Aziraphale non sapeva se apprezzarlo o meno.
"Mh-mh.." annuì lei, prendendo dal suo taschino il fiore che il giardiniere le aveva regalato il giorno prima e portandoselo tra i capelli.
"Ne sono certa.." lo guardò quasi con malizia.
L'angelo si guardò attorno e abbassò la voce.
"Ma che stai facendo?" gli sussurrò.
"Sto solo recitando la mia parte!" gli sibilò l'altro.
"Non hai notato come quel pinguino incamiciato abbia ricominciato a puntarti gli occhi addosso?" Stava alludendo a Paul, che non sembrava aver perso la speranza. Da lontano aspettava solo il momento buono per avvicinarsi a lui.
 
Effettivamente il biondo era fin troppo perso nei suoi pensieri per averlo notato.
"E quindi che intenzioni hai?" gli chiese ancora sottovoce.
"Ovvio, più tempo ti vede in mia compagnia e meno sarà invogliato a provarci! Credo che abbia paura di me, in un certo senso." bevve un sorso di liquido nero dalla sua tazza.
"Quindi il tuo piano è spaventarlo?"
"Voglio solo dargli un monito, e fargli capire che se tenterà nuovamente di attentare alla tua virtù, questa volta io non gli cancellerò la memoria. Non sarò così gentile, si ricorderà per sempre, tanto da avere gli incubi per tutta la sua vita!"
 "Piano, stai quasi fumando dalle orecchie!" lo avvertì Aziraphale.
 "Apprezzo il tuo interessamento, ma stai esagerando. Non succederà più, te lo assicuro."
"Mph." mugugnò contrariato.
"Non mi fiderò mai di lui" La colazione continuò tranquillamente, fino all'arrivo inaspettato dei padroni di casa. Miss Dowling era entrata nella stanza per prima, con in braccio il piccolo Warlock. Per quanto le sue occhiaie fossero ben presenti e i suoi capelli non fossero proprio pettinati al meglio, sorrideva, mentre accarezzava la testa del bambino. Una madre alla fine è sempre una madre.
Il marito entrò poco dopo, aveva appena finito una chiamata al telefono. Salutò con un caloroso buongiorno tutto il suo staff, ancora impegnato nella colazione.
"Mi dispiace disturbarvi." prese la parola.
 "Ma non credo di avere altro tempo durante la giornata odierna per darvi le mie comunicazioni." Infatti, il suo cellulare squillò per l'ennesima volta, e sua moglie decise di continuare il suo discorso.

Diede qualche comunicazione generale, riguardo ad una "piccola" festa per celebrare il piccolo Warlock, ma non scese nei particolari, siccome l'organizzazione avrebbe richiesto tempo e una data era ancora da fissare, poi si rivolse ai cuochi per informarli sul menù che avrebbero dovuto seguire per una cena che avrebbe avuto luogo tre giorni dopo, riguardava degli amici di famiglia dei Dowling, nulla
di troppo rilevante.
Dopo qualche altra comunicazione di servizio, la donna si avvicinò proprio a Crowley e Aziraphale.
"Oh, volevo rivolgermi proprio a voi. Anche da parte mia, volevo darvi un benvenuto più ufficiale, e ringraziarvi per il lavoro che state facendo. Miss Ashtoreth, anche se la conosco da poco tempo, voglio ringraziarla per tutto quello che farà per Warlock, so già di potermi fidare di lei al 100%. Signor Francis, non so come sia possibile, ma il giardino ha assunto tutto un altro aspetto da quando lei lavora qui, e sono passate solo poche ore, ma come fa?"
 "Oh, mia cara, non faccio nulla di che.. ci vuole solo tanto amore anche per quei piccoli esseri viventi." un po' timidamente, il biondo alzò le spalle.
"Beh, sono molto felice che voi siate entrati a far parte della nostra vita. A tal proposito, vorrei introdurvi ad una sorta di abitudine che noi abbiamo in questa casa.. solitamente, noi preferiamo che i membri del nostro staff comincino a conoscersi, e che stringano un solido rapporto di amicizia. In questo modo si lavora meglio, credetemi, quasi tutti qui lo hanno fatto. Quindi, Miss Ashtoreth, Signor Francis, ci piacerebbe molto che voi usciste insieme in una sorta di.. appuntamento?" Aziraphale sentendo quella parola quasi si strozzò con il suo tè.
 
Ma non lo diede a vedere. "Un appuntamento?" ripeté ferma la tata.
"Si, un qualcosa tra amici. Ovviamente non è obbligatorio, è solo nostra consuetudine per mettere a loro agio i nuovi arrivati. Non per farvi pressioni, ma mio marito è in città fino a stasera, e abbiamo la possibilità di goderci il nostro Warlock solo per oggi.." disse cullando dolcemente il bambino.
"Quindi, Miss Ashtoreth, questa sera ha la serata libera. Sarebbe il momento ideale, altrimenti non so quando potrò concederle un altro momento libero."
"Intende.. solo io e lui?" chiese indicando il proprio migliore amico.

"Beh, sì.. o come preferite, potrei concedere un’uscita libera a qualcun altro, per esempio Paul è tanto tempo che non esce.." A Crowley gelò il sangue, e pregò che il maggiordomo non avesse sentito.

"NO!" fece sobbalzare Aziraphale.
"O.. o meglio.. uscire con lui sarebbe perfetto. Lei che ne pensa, sssssignor Francissss?" gli rivolse un sorriso. L'angelo spalancò gli occhi. "I-io.." si schiarì la gola. "C-certo, è una b-buona idea.."
"Ottimo! Ho dei posti ottimi da consigliarvi" Miss Dowling sorrise.
"Ma ne parleremo più tardi, ora ho un appuntamento molto urgente. Miss Ashtoreth, verrò a riprendere Warlock nel pomeriggio, così avrà tutto il tempo di prepararsi." E detto questo, consegnò alla tata il piccolo, che come sempre si rannicchiò felice e tranquillo tra le sue braccia.
"Oh, buongiorno piccolo Warlock.." disse
 
Aziraphale guardando la scena, ma tenendosi comunque a debita distanza.
"Ora devo proprio andare" ripeté lei.
Salutò frettolosamente e afferrò il marito per la spalla, mentre ancora lui parlava al telefono.
"Beh, fratello Francis.. si direbbe che questa sera io e lei
abbiamo UN APPUNTAMENTO.." Alzò la voce, intenzionata a far arrivare quel messaggio ad un certo maggiordomo.
"Si, Miss Ashtoreth.. l'ho sentito" ridacchiò nervosamente.
"Ma.. dovremo andarci conciati in questo modo?" sussurrò.
"Nah." scosse la testa. "Non ho intenzione di sopportare questo seno fino a stasera." Aziraphale arrossì, ricordandosi di quei due particolari.

La tata si alzò dalla propria sedia e si mise il cappello.
"Beh, arrivederci Fratello Francis. Le posso portare qualcosa a metà mattinata? Un caffè,
un dolce..?"
 
Francis scosse la testa. "N-no, grazie.. b-buon lavoro." si alzò anche lui, sapendo che la sua giornata sarebbe stata molto, ma molto dura da
affrontare. "Buon lavoro anche a lei." sussurrò la tata, andandosene dalla sala.
 
1.3 il programma..
 
“Non so davvero come ci riesca, le viene così naturale!” Verso la mezza mattinata, la padrona di casa era venuta in cerca della bambinaia
rendendosi conto che doveva trascorrere troppi momenti col figlioletto da sveglio, e l’ultima volta che ci aveva provato era stata un’esperienza traumatica.
 
Doveva imparare almeno le tecniche base per la cura di un neonato. Non si era ancora resa conto che la specie umana era andata avanti per seimila anni anche senza tutte le comodità e le tecnologie, perché a quelle creaturine piccole serviva solo la giusta attenzione. La sua determinazione ad essere all’altezza del suo ruolo di madre che aveva voluto fin da quando aveva scoperto di aspettare il piccolo era forte.

Voleva godersi ogni momento, perché di settimana in settimana sarebbe cresciuto e cambiato, e probabilmente la prima parola e i primi passi li avrebbe fatti con la persona che veniva pagata per badare a lui, e Crowley non si era potuto rifiutare davanti alla sua richiesta.
 
Il demone sorrise, stringendo le pieghe della stoffa e mostrando in tutta la sua eleganza un fagottino sotto i suoi seni dal quale usciva solo la testa del figlio del suo capo. Quello con le ali nere, naturalmente.
“Signora Dowling, ognuna ha il suo mestiere, essere madre è più un titolo di natura quando si genera una nuova vita. Lei è una donna con una carriera avviata, di un alto grado di importanza per il suo paese, che si sa essere molto.. pignolo in fatto di politica, e lei è la delegata perfetta. Spendersi per tentare qualcosa che può fare chiunque ne abbia la competenza sarebbe sprecato per qualcuno della sua classe sociale.”

La puzza del doppio insulto al suo luogo natale e alla sua inclinazione al lavoro più che alla famiglia, che le dava a capire che era inutile cercare di imparare qualcosa da chi lo avrebbe fatto comunque molto meglio di lei, era stata profumatamente coperta dalle lusinghe della lingua biforcuta del rosso.
Alle orecchie esasperate della madre umana del piccolo quella era sembrata una consolazione, più che un incitamento a lasciar perdere la custodia dell’erede del loro cognome. Permeato di egoismo, l’intento del rosso era proprio quello di avere tutta la carta bianca del mondo da condividere con il suo angelo in merito alla crescita del bambino, nessuna influenza umana. L’americana sorrise, ripensando a quanti dollari aveva saputo tirare su anche da sola occupandosi delle faccende del marito quando lui viaggiava all’estero per lavoro. Miss Dowling osservava quasi senza parole le movenze della tata, intenta a fasciare il piccolo in una sorta di marsupio fatto con uno scialle, dietro la schiena e anche sulla pancia, e Warlock era stato fermo e in assoluto silenzio per tutta la manovra senza opporsi.

Con la madre invece, inesperta e poco propensa a quel tipo di accessorio, l’Anticristo si era più volte lamentato con quell’urlo infernale che solo i neonati sapevano dare, anche se la tata le aveva fatto vedere e spiegato più volte il gesto. Il rosso lo aveva calmato in meno di due minuti.
 
Crowley ormai aveva fatto proprio il suo nuovo lavoro, l’audiolibro che Aziraphale gli aveva dato era servito veramente molto, se si aggiungeva la capacità di fare miracoli poi, malgrado non avesse mai tenuto un bambino in braccio sembrava non aver fatto altro in vita sua.
 
Il libro infatti gli aveva spiegato anche a distinguere il diverso tono del pianto di un bambino, se piangeva con la ‘a’ sentiva dolore o disagio e voleva essere cambiato, se piangeva con la ‘e’ aveva fame. Sapeva riconoscere i gesti, come tenere i pugni chiusi o i palmi aperti.
“In alternativa può tenerlo disteso a pancia in giù sul suo avambraccio appoggiato all’addome, con gli arti verso l’esterno comodi di penzolare, si rilassa davvero molto.”
Il demone aveva risposto a tutte le domande della giovane mora, ed era arrivato il momento del bagnetto, e così insieme tolsero tutti i vestitini al piccolo mentre la vaschetta per neonati si riempiva di acqua tiepida e buon bagnoschiuma, in cui all’interno ci galleggiava una spugna di mare vera, ma sterilizzata.
“Sa miss Ashtoreth, ultimamente mi sono chiesta.. è vero che ho partorito in un convento e non in ospedale, ma quando i bambini nascono, non si dovrebbe lasciare un pezzettino del cordone ombelicale che poi viene via da solo dopo qualche giorno?” Crowley si girò verso la donna che attendeva una risposta, come se questa avesse parlato con la voce di uno dei suoi colleghi, sbalordito, e poi guardò il ventre del bambino.
 
Il suo primo istinto fu quello di invocare Aziraphale perché lo aiutasse, preso dal panico, che ne sapeva lui di come venissero operati al momento del parto? Ma si rese conto che era una mossa stupida e inutile, per cui schioccò le dita. “Oh, possiamo anche lavarlo adesso che è caduto, proprio ieri. Il primo bagnetto è sempre importante per una madre, vuole aiutarmi?”
L’americana sorrise radiosa annuendo all’invito della tata, che le aveva messo in testa l’immagine del figlio con una benda sull’addome nei giorni precedenti.

Insieme insaponarono il corpicino dell’Anticristo, Nanny lo teneva in acqua col visetto fuori dal pelo, e la madre lo riempiva di carezze e gli passava la spugnetta ovunque in maniera cauta.
“Vorrei approfittarne da donna a donna, ora che siamo sole, per parlare con lei. Come mai ha scelto di intraprendere questa strada, senza badare ai suoi figli?”
“Ai miei figli?”
“Si, lei non aveva messo al mondo un figlio poco fa?” Crowley ricordò la loro conversazione al colloquio, e assunse presto un’espressione sicura ed una voce affabile cercando di costruire una storia credibile.
“Credevo di non poterne avere quand’ero più giovane. Diagnosi medica, sa com’è.”
“Oh.. deve essere stato un duro colpo!”
“Sopportabile cara, questi mostriciat- voglio dire, queste creature sono così belle che quando ho saputo, ho fatto in modo di averne in questo modo. Non li avrò partoriti tutti, ma..”
“Ma poi quando è rimasta incinta deve essere stata una gioia grandissima! Ho sentito che una collega di mio marito, Mary, è volata in pellegrinaggio ad accendere un cero, anche lei non poteva e invece.. ha ringraziato tanto il Signore per quel pargolo!”
 “Avrebbe dovuto ringraziare il marito. Mary, eh? Dove ho già visto una scena simile?..” Warlock quasi rise solleticato dalla spugnetta, Crowley invece rise perché era convinto che quel bambino lo capisse e avesse colto l’innocente -per ironia della sorte, fu davvero un pensiero genuino- parallelismo.

“E suo marito invece?” Crowley per poco non si lasciò sfuggire il bambino dalle braccia.
 
Deglutì un nodo molto grosso che gli si era formato, e batté le palpebre prendendo un respiro.
 “Uhm, lui bada a mio figlio. Ho preso un impegno ormai.. vedrò, ehm, il mio bambino quando si potrà. Il destino a volte è stronz- fa brutti scherzi che bisogna accettare.”
Aveva perso il conto ormai di quante volte si era morso la lingua a sangue per non esprimere i suoi veri pensieri davanti ai suoi colleghi o superiori umani.
 “Deve essere bello, avere un marito che l’aiuta così tanto. Deve essere così innamorata di lui, per lasciarlo indietro mentre lei si occupa del mio piccolo Warlock quando finalmente ne ha avuto uno suo, e anche lui deve amarla tanto.”
“Lui mi ha sempre aiutata. Non le so dire se mi sosteneva, ne se mi ami per.. beh, per le cose che faccio. Ammetto che ai suoi occhi non deve essere molto bello.”
Crowley si stava naturalmente riferendo ai suoi peccati e al suo indurre gli umani in tentazione per portarli all’Inferno.

Il soggetto di cui parlava infatti, era proprio Aziraphale.
“Perché siamo veramente tanto diversi. Però non mi ha mai lasciata sola, l’ho sempre trovato quando ne avevo bisogno, e non mi dice quasi mai di no. E’ gentile. Forse troppo. E’ una brava anima. Non penso di meritare a volte la sua vicinanza. Cerco di tenerlo con me quanto posso.”
La signora Dowling quasi si commosse.
Crowley era non solo arrossito, ma nel corso del discorso aveva fatto a botte con se stesso. Aveva per la prima volta ammesso a qualcuno di essere innamorato del suo angelo, e la cosa gli provocò tanti di quei sentimenti contrastanti che dovette passarsi un po’ d’acqua sulla fronte per rinfrescarsi.
“La ammiro, miss Ashtoreth, davvero, le devo molto, ecco perché ho deciso che questa sera lei e il giardiniere dobbiate avere il meglio!”
Improvvisamente la donna si era alzata lasciando Warlock nelle sue mani.

Aveva tirato fuori il telefono, e composto un numero.
“Adesso prenoto nel miglior ristorante della città. Pronto, parlo con ‘Alla Riviera’? Si salve, potrei parlare con il proprietario del locale? Sono la signora..” Il demone aveva schioccato le dita.
 
Non era niente affatto quello il posto che aveva scelto per il primo vero appuntamento con Aziraphale, se mai si fossero dichiarati e avessero passato una serata come una coppia. Nella sua mente era già successo, e voleva che tutto fosse esattamente perfetto, con il biondo che lo stringeva dicendogli che in seimila anni non aveva mai vissuto un momento più bello. Improvvisamente la linea si era interrotta e la chiamata era stata agganciata a un altro ristorante.
 
Prospect of Whitby, un ristorante e pub antichissimo risalente al 1520 proprio sulle rive del Tamigi era il posto perfetto. Era non solo detto
anche ‘La Taverna del Diavolo’, ma assomigliava paurosamente all’esterno della libreria di Aziraphale, se non fosse per i colori. Era lì che
voleva portarlo. Non si sarebbe fatto scappare l’occasione di programmare una serata impeccabile, e così, la prenotazione era stata presa per le otto di quella sera. Soddisfatto, rivolse un gran sorriso di natura compiaciuta alla padrona di casa, asciugando Warlock tra le moine della donna alle prese con la prima vera volta da madre competente.


1.4 In giardino..


Era bastato poco più di un giorno di lavoro, ma in quel giardino ogni essere vivente aveva già capito che tipo di “persona” fosse Aziraphale. Lui non era come il precedente giardiniere, lui aveva qualcosa di speciale, una cosa cosìscontata quanto difficile da trovare nella maggior parte degli esseri umani (e non, in questo caso); l’amore e la gentilezza.

Il giorno precedente ogni fiore e filo d’erba s'era reso conto della sua presenza, e ogni petalo, stelo o bocciolo aveva percepito un nuovo tipo di calore. La felicità, semmai le piante avessero potuto provarla, li aveva spinti a creare una sorta di danza gioiosa ogni volta che il giardiniere biondo si avvicinava. Nessuna pianta, siepe o tronco si era mai sentito così rilassato, e persino Aziraphale stesso si era stupito della facilità con cui ora svolgeva il proprio lavoro rispetto al giorno precedente.

Nessun fiore, nessuna foglia, nessuno in generale aveva bisogno di una sistemata. Sembravano come collaborare, tutti quei piccoli esserini verdi e dagli altri mille colori, e sembravano voler conversare con lui. Finì il suo lavoro fisico in meno di una mezz’ora, il tempo di dare da bere ad ogni pianta e di sistemare un po’ di terra con le sue manine delicate, le quali stranamente, non si sporcarono più di tanto.

Aveva sperato di trovare conforto e concentrazione nel lavoro, ma trovò un giardino che quasi voleva aiutarlo. Poco dopo, si era trovato seduto contro un albero, il quale aveva allungato leggermente le sue fronde per proteggerlo dal sole. I fiori attorno a lui sembravano guardarlo e oscillare dolcemente, come a creare uno spettacolo di colori.

Aziraphale si era ritrovato a sorridere, mentre si toglieva il cappello.
“Che posso fare..” cominciò a riflettere.
 “Si tratta di un appuntamento, io e Crowley non siamo quasi mai usciti in quel senso. Sarebbe un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.” intanto, attorno a lui si stava creando un piccolo gruppo di ascoltatori.
“Se aspetto un suo primo passo sicuramente non accadrà. Non credo nemmeno che lui provi qualcosa per me, sapete?” disse rivolgendosi ai suoi piccoli amici.
“Sono passati seimila anni, e io non ho ancora avuto il coraggio di farmi avanti. Se non lo faccio questa sera, potrei non averne più
l’occasione.” Fece una breve pausa.
 “Anche a costo di ricevere un rifiuto, lui merita di saperlo. Abbiamo solo undici anni, e non voglio passarli nel rimpianto di non avergli detto quanto gli sia affezionato e quanto io lo ami. Anche con quel suo carattere burbero, ironico, testardo.. divertente, brillante.. non posso sopportare il fatto di non dirgli quanto io adori ogni sua piccola lentiggine che gli solca le guance. Quanto mi piacciono i suoi lunghi capelli. Quanto voglia sentire la sua voce, mentre ride, mentre mi fa ridere. Quanto mi piaccia vederlo mentre si sfrega le mani prima di fare una piccola e innocente tentazione. Quanto io apprezzi il suo lato protettivo nei miei confronti, e quanto desideri sentire le sue labbra sulle mie..” si lasciò andare ad un sospiro, quel tipico ansito da innamorato.
“Non posso nasconderlo ancora per molto, o rischio di ammattire. In qualche modo, lo deve sapere. Deve sapere che tutte quelle mie attenzioni erano solo perché.. gli voglio tanto bene. Tutte le volte in cui abbiamo litigato io mi sentivo come un macigno sul cuore. Tutte le volte in cui l’ho mandato vita, lui è sempre tornato da me. Mi ha sempre aiutato, anche quando lo cacciavo. Quanto avrei voluto avere il coraggio di farlo prima. Undici anni sono m0lti per un essere umano, ma per me sono come un battito di ciglia; ho aspettato troppo tempo.” sentì una lacrima scendere e bagnargli le labbra.

Cominciò a piangere, appoggiando il viso sulle sue ginocchia.

Passò qualche secondo, ma quel pianto che aveva l’aria di durare delle ore intere fu smorzato da un piccolo gesto di affetto, quasi come delle carezze, provenienti dalla vegetazione attorno a lui. I fiori si erano sporti verso di lui e gli si erano appoggiati delicatamente addosso; una piccola edera rampicante lo aveva dolcemente avvolto, simulando un abbraccio, mentre le fronde dell’albero si muovevano, creano bellissimi giochi di luce.

Qualche piccola, minuscola nuvoletta di polline si era levata nell’aria ed era andata a solleticare il naso di Aziraphale, regalandogli un insieme di profumi meravigliosi; fortunatamente, gli angeli non soffrono di allergia. Una foglia di edera sembrava quasi voler asciugare le lacrime del biondo, mentre un dolce scoiattolo, che aveva ascoltato la storia dall’altro dei rami, era sceso verso di lui, posandosi sulla sua coscia. Con un leggero squittio, gli regalo una nocciola, lasciandola nella sua mano.
 
Forse quel che accadde in quel giardino fu fin troppo principesco o innaturale, ma qui stiamo parlando di una presenza angelica. E tutto è
possibile, quando ci sono di mezzo gli angeli.
 
Rivolse uno sguardo di gratitudine, anche se non seppe bene a quali occhi indirizzarlo, e si pulì il viso con un fazzolettino bianco.
“Avete ragione.. piangere non serve a niente. Ora, devo solo cercare di rendere, questa serata una delle migliori della mia vita. Non è così?”

Inutile dire che era ovvio che il giardino fosse d’accordo con lui.
Nessuno vide la scena, ma se fosse mai successo, persino il bambino più fantasioso del mondo avrebbe pensato che quel buffo uomo con il cappello di paglia fosse davvero svitato.
“Mi serve.. mi serve un posto adatto! Un luogo romantico, non posso certo pensare di dirglielo dove capita. Una guida di Londra, dovrei averne una nella mia libreria..” ma per una volta, forse per pigrizia o perché non c’era tempo di tornare fino a Soho, l’angelo materializzò il libro tra le sue mani.
“Dunque, luoghi romantici.. luoghi romantici, luoghi romantici..” parlottò mentre passava ogni pagina di quel libretto, sul quale era ritratta la bandiera d’Inghilterra.
 
Doveva assolutamente trovare uno dei posti migliori, e poi.. e poi?
Cosa gli avrebbe detto?
L’angelo sbiancò, davanti a quella realizzazione.
“Ma che cosa gli posso dire?” iniziò a tremare nervoso.
“I-io non mi sono mai dichiarato a nessuno, e qui non si parla di una semplice cotta, ma dell’amore di tutta una vita!” Si rialzò, passeggiando avanti e indietro.
“No posso certo dirgli ah, sai, comunque ti amo, no! Ma.. Crowley non è tipo da lunghi sonetti o ballate d’amore, quello sono io. Forse potrei semplicemente baciarlo.. oh, no non sarebbe romantico, e p-poi non ne avrei il coraggio. Pensa Aziraphale pensa..” chiuse gli occhi, cercando di trovare una brillante idea.
 
Ma sfortunatamente, quel pomeriggio, riuscì solo a trovare un buon posto, il perfetto candidato per la sua dichiarazione. Avrebbe voluto seguire una scaletta, per evitare qualcosa andasse storto, ma non ci riuscì. Quasi pensò di abbandonare il piano.. infatti, non ci rifletté più. Si disse che di sarebbe fidato del suo istinto.
 
Se quello era parte dell’Ineffabile piano, sarebbe accaduto.
Altrimenti, lo avrebbe fatto accadere comunque. Aziraphale era testardo, e lo sarebbe stato anche quella sera.


1.5 Verso l’ignoto..
 
Le cinque del pomeriggio scattarono. Nanny lasciò Warlock alle cure di sua madre, combattuto tra lo sperare o meno -per non avere noiosi problemi, e per ricevere una prova tangibile sulla sua influenza, chiaro- che il bambino si infastidisse tanto da mutilarle le mani con un urlo, o qualcosa del genere.

La tata si avviò in camera sua, senza passare per l’immenso giardino, stando attento prima di svoltare ogni angolo che il giardiniere non fosse in casa per ogni qualsiasi ragione. In realtà si era comportato da fuggitivo per tutto il giorno, nascondendo la sua paura di incontrarsi faccia a faccia con Aziraphale dietro il cliché dell’attesa che alimenta il piacere. Si diceva per compiacersi e per convincersi di non avere un problema con i suoi sentimenti a riguardo, che non vedersi avrebbe reso più bello il loro piccolo e intimo momento.
 
Si dava dell’idiota maledetto in tutti i sensi, imprecando e sibilando incessantemente ad alta voce e a denti stretti, tanto da attirare più volte l’attenzione dei domestici e cancellare loro la memoria, una tata non dovrebbe usare certi termini, ma era una grossa ferita all’orgoglio il fatto che dopo tutti quei millenni dal momento in cui si era reso conto di provare qualcosa per il biondo, stava finalmente uscendo con lui per merito di qualcun altro. Non perché lo avesse veramente invitato. Doveva rimediare anche a quello.

La camera che avevano in condivisione non era adibita ad un abbigliamento maschile almeno da parte sua, ed era fuori discussione chiedere in prestito i suoi vestiti. Primo, non gli stavano. Avrebbe potuto infilare tutte e due le gambe in una sola del pantalone del suo angelo, e la camicia gli sarebbe stata a gonnella. Certo poteva miracolarli, ed infatti il problema non sarebbe stato quello. Sentire i suoi vestiti su di lui come una seconda pelle, pregni del suo odore sarebbe stato un po’ come averlo addosso personalmente, e l’idea lo tentava non proprio poco nel corpo e nello spirito. Ma non era il suo stile quello che usava lui, e Crowley voleva che Aziraphale uscisse con lui, con quel demone in tutto e per tutto. Per quello, gli servì un’altra mezz’ora di isteria, scervellandosi per curare ogni dettaglio.
 
La prima cosa da fare era invitarlo.
 
Si fiondò nella camera dell’angelo e aprì un cassetto in cui sapeva avrebbe trovato carta e penna, e un certo papillon. Scriveva e appallottolava fogli finché a terra il pavimento fu strapieno di palline di carta perché nulla gli sembrava buono, e alla fine, dopo aver urlato talmente forte alcuni epiteti che avrebbero fatto impallidire anche l’Ordine delle Chiacchierone, e le sue piante nell’altra camera quasi collassarono su loro stesse, il rosso optò per la cosa più sensata.

Si disse forse con qualche aiuto esterno di cui ignorava la provenienza, che era inutile fingere di essere qualcuno che non era. Aziraphale gli aveva sempre detto che l’amore di conquistava, non si poteva comprare, e gettare fumo negli occhi per apparire.. romantico quando non aveva idea di cosa fosse il romanticismo, lo avrebbe illuso, perché scrivere era un conto.
Parlare in carne e ossa era tutt’altro.
Fece quel che gli veniva naturale.
Invece di una poesiola fatta, gli parlò con sincerità.




Gli era sembrato all’inizio sciocco firmarsi, ma non era Nanny che parlava a Francis, per cui andava più che bene. Posò quel foglietto piegato a regola d’arte sul cuscino del letto dell’angelo proprio dove avevano dormito, insieme al papillon in tartan. Lo odiava, ma addosso gli stava benissimo e voleva che lo indossasse, era il suo segno distintivo.

Lanciò un’ultima occhiata facendo sparire le prove dell’invito, e uscì dalla villa tornando nel suo appartamento.
Una volta entrato in casa, poté stendersi sul suo letto con braccia e gambe spalancate, chiedendosi come fosse dormire lì, in quella che era un’oasi personale e inaccessibile ad altri, con Aziraphale. Non era pronto a un’intimità del genere, ai suoi spazi personali, e forse la convivenza a villa Dowling un po’ lo stava aiutando ad abituarsi all’idea. Infatti ora lo immaginava e lo desiderava. Ma per far si che accadesse doveva rendere superlativa quella sera, quindi non perse tempo a lavarsi e acconciare i capelli, in precise onde che gli solleticavano le spalle, con la fila al lato sinistro in modo da lasciare il suo marchio vicino all’orecchio in bella vista.

Ora doveva vestirsi. Raccolse due giacche che avrebbero fatto da cornice alla maglietta, per sceglierne una. Questo, non prima di essere andato a controllare le sue piante. Portò i vestiti con sé.
 
Si era chinato su di loro controllando foglia per foglia, e il tremore gli aumentò la soddisfazione.

“Ma brave, abbiamo deciso di non diventare una purea di concime per le vostre sorelle, eh? Lo sapete vero, che se provocate la mia ira, VI TRITURO E USO GLI SCARTI ORGANICI DEI VOSTRI CADAVERI PER FERTILIZZARE LE ALTRE?! Questo è da vedere. Dunque, ho un appuntamento stasera. Con Aziraphale.”
Le piante a quel punto tremarono di meno, non perché il loro proprietario era tornato apparentemente calmo, ma per la curiosità.

Si sporsero verso di lui, in completa attenzione. I vegetali conoscevano bene il biondo, lo avevano visto molte volte in quell’appartamento e sentivano le vibrazioni che sia lui che il demone emanavano quando stavano insieme, senza neanche sfiorarsi.
“Quale indosso, questa lucida, o questa opaca, sopra i vestiti che ho scelto?” Pantalone aderente nero in vera pelle, maglia semi velata sul davanti nera in neoprene e la sua singolare cravatta. Le piante si sporsero verso la giacca opaca. Solo i migliori tessuti, per quel demone. Crowley la osservò girandosela tra le dita, e rivolse un’occhiata alle piante.

“Questo non vi risparmierà. Se trovo una sola macchiolina gialla, vi incenerisco nel camino senza prima farvi seccare.”
 
1.6 Tra tartan e tentennamenti (e troppe allitterazioni)


 
Era arrivato il momento di prepararsi. Erano le cinque e mezza passate e Aziraphale aveva passato l’ultima mezz’ora a sorseggiare un tè con la signora Dowling, mentre lei si godeva un po’ di riposo dalle lacrime e dalle urla del figlio, il quale dormiva placido nella carrozzina.
La mora aera visto il giardiniere tornare in villa con aria nervosa e con lo sguardo confuso, quindi lo aveva invitato in una sua saletta privata per una chiacchierata prima del suo appuntamento. L’angelo non aveva parlato molto, ma si era dimostrato allegro verso di lei, per quanto gli fosse possibile. Riuscì pesino a mandare giù qualche pasticcino al miele.

Lei disse che avrebbe passato la serata con il piccolo e suo marito, con una cena tutti insieme e poi magari facendo un giro per i giardini, che sembravano così belli solo dopo due giorni di lavoro. Che cosa veramente particolare.
Lui la ringraziò, bevendo il suo infuso. Non ebbero troppo tempo per discutere, siccome il caro diplomatico americano aveva finalmente
provveduto a silenziare il proprio telefono e ad ordinare la servitù di non disturbarlo se non in presenza di un attacco missilistico.
Cosa che probabilmente non sarebbe accaduta quella sera. Miss Dowling ringraziò Francis per la compagnia, gli augurò una buona
serata e con il piccolo che ancora riposava, uscì dalla saletta.
Ora Aziraphale era da solo.

E al suo appuntamento mancava veramente poco. Non sapeva se avrebbe incontrato Crowley nella sua stanza, e infatti per precauzione aprì la porta con molta cautela. Ma nella camera da letto non c’era nessuno, l’unico particolare diverso dal solito era un certo foglietto appoggiato al suo cuscino. Raccolse quest’ultimo, insieme al papillon che era stato messo accanto, nelle sue mani, e lesse il contenuto di quel messaggio.

Non seppe bene perché, ma si sentì come una potente stretta al cuore. Era riuscito a lettere quelle parole sentendo nella sua testa la voce del suo amato demone.
Questo gli fece veramente prendere consapevolezza di quello che sarebbe accaduto di lì a breve. Aveva un vero appuntamento con Crowley! Già lo sapeva, ma il suo cervello lo realizzò solo in quel momento e fu come un epifania! Oh cielo, doveva assolutamente rendersi presentabile, rendersi bello se possibile!
Lui aveva sempre pensato di avere buon gusto, ma sicuramente non di essere un bell’uomo.. forse, normale.
Ma quella sua pancetta e i fianchi prominenti lo rendevano assolutamente diverso dal demone. Erano sempre stati molto diversi, loro due. I loro gusti cozzavano terribilmente, ma l’angelo doveva ammettere di essere sempre stato attratto dal modo in cui il rosso si vestiva: I colori scuri gli stavano molto bene, e sceglieva sempre abiti abbastanza attillati, che fasciavano le sue forme.
Aveva uno stile diverso dal suo, ma apprezzabile.

Per un attimo si era immaginato Crowley presentarsi da lui con un completo color crema e una cravatta tartan, ma gli era subito sembrata un’ idea sciocca, per quanto carina fosse. Dunque, il suo buon senso gli suggerì che sarebbe stato opportuno seguire il suo gusto e il suo istinto, perché anche la scena inversa sarebbe stata abbastanza strana. Inoltre, il nero non gli donava poi tanto.

Fortunatamente, aveva i suoi vestiti lì nell’armadio, e cominciò a guardarne uno ad uno, cercando di capire quale si intonasse meglio al papillon che Crowley aveva volutamente lasciato sul suo cuscino; avrebbe avuto senso indossarlo quella sera.
Una volta deciso, più o meno, siccome l’indecisione di Aziraphale era onnipresente, l’angelo decise di andare a farsi una doccia.

Si lavò con il suo bagnoschiuma preferito, prestano particolare attenzione ai capelli. Il calore dell’acqua lo aiutò anche a distendere i nervi e a calmare il flusso di pensieri che lo stava travolgendo. Non sapeva nemmeno dove sarebbero andati, e di conseguenza non poteva
nemmeno fantasticare sul cibo, seconda opzione dopo il fantasticare su Crowley.

Chissà se sarebbe riuscito a mangiare quella sera, forse l’emozione gli avrebbe giocato un brutto scherzo.
Una volta asciugatosi, l’angelo si improfumò con la sua solita colonia. Il suo barbiere sapeva consigliargli sempre il meglio. Rimase davanti allo specchio, con solo la biancheria indosso; si passò un velo di crema sulle guance glabre, specialmente sotto le occhiaie, e una volta assorbita, indossò la camicia che aveva precedentemente selezionato: era bianca, semplice ma allo stesso tempo faceva la sua figura. La abbottonò fino alla gola, mentre tentava di non pensare a che cosa stava combinando Crowley.

Mancava poco meno di un’ora all’inizio del suo appuntamento.
“Accidenti” passò una mano sui suoi occhi. “Crowley, come mi riduci...” aveva l’abitudine di parlare da solo, nella speranza di sfogare tutti i suoi sentimenti. E in quel momento, erano davvero tanti che lo attanagliavano; al cuore, alla gola, allo stomaco, era come invaso. La sua fervida immaginazione era arrivata all’ennesimo scenario di cosa sarebbe potuto accadere quella sera: nelle sue fantasie più ottimiste, già si vedeva a braccetto con il suo demone, mentre passeggiavano insieme lungo quel tratto di strada che aveva accuratamente selezionato, già vedeva i suoi occhi dorati che cercavano I suoi azzurri, poteva già sentire la musica, come nei migliori film d’amore. Forse non si direbbe, ma Aziraphale li guardava spesso oltre a leggere un sacco di romanzi rosa.

La paura e l’eccitazione lo stava facendo agitare più del dovuto, dentro la sua testa risuonavano mille domande a cui non sapeva dare una risposta. Si sentiva con un ragazzino alla prima cotta, macché cotta, al primo amore. Si prese il viso tra le mani, che aveva cominciato a scottare sotto le sue dita.
Inconsapevolmente, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
 

https://www.youtube.com/watch?v=OMOGaugKpzs
 

Dalla sua stanza partì un suono.
La ascoltò, mentre a brevi passi usciva dal bagno. Il giradischi era partito nonostante non ci fosse nessun disco appoggiato. Non lo aveva fatto di proposito.. era una delle sue canzoni preferite, anche se il genere si distaccava molto, forse troppo a quelle a cui era abituato. Eppure gli piaceva, in qualche modo gli ricordava Crowley, nonostante non fosse dei Queen.

Rimase fermo per qualche secondo, indeciso sul da farsi.
Improvvisamente, si lasciò andare a delle fantasie, chiuse gli occhi, i suoi pensieri vagarono, e da opachi e volteggianti si stabilizzarono in uno scenario ben preciso, dove Crowley lo guardava amorevolmente mentre passeggiava con lui. Si tenevano per mano, e sembravano in pace con il mondo.
Non parlavano, semplicemente si osservavano, come se quel singolo sguardo bastasse per loro. Da soli, passeggiavano su una strada indefinita, quasi sembrava una clip di un film d’amore.
Poteva vedere il paesaggio cambiare forma, le foglie d’autunno avvolgerli, anche se erano in piena estate.
Vedeva sé stesso abbracciare il rosso, mentre lentamente iniziavano una specie di danza. Ballavano lentamente, cuore a cuore.

Intanto Aziraphale ballava solo nella sua stanza, sentendo il tappeto soffice sotto i suoi piedi. Immaginava di avere Crowley, tra le sue braccia, tenendole leggermente aperte.
Il biondo sorrise, sapendo di risultare abbastanza ridicolo.
Ma non gli importava. Nessuno lo poteva vedere mentre si abbandonava a quel momento di debolezza. Non si lasciava mai andare a certe fantasie, e aveva bisogno di essere felice e di avere abbastanza coraggio, prima di varcare la porta.

Gli venne la pelle d’oca sentendo le note di quella canzone, quasi si commosse. Si fermò e aprì gli occhi, rimanendo imbambolato nel centro della stanza, vedendo che ogni cosa attorno a lui aveva preso a muoversi, i suoi libri, i suoi appunti, pagine e fogli, le sue camicie, tutto volteggiava, e lui ne era il responsabile, anche se inconsapevole. Aveva fatto ballare ogni oggetto attorno a lui.

Deglutì a fatica, e rimase pietrificato come colpito da una seconda epifania. Aveva le guance rosse, quasi le lacrime agli occhi.
Non si era mai sentito così innamorato. Amava Crowley più della sua vita. Tutta la sua indecisione era sparita. Ora era convinto. Doveva dirglielo, quella sera stessa. Mentre ancora la musica avvolgeva la stanza, l’angelo corse verso il suo armadio finì di prepararsi, e si guardò allo specchio, annodando il papillon a regola d’arte.

Sorrise a sé stesso, quasi non credendo a quello che sarebbe potuto succedere. Si asciugò una lacrima di gioia, sentendosi fiero e pronto.
Un’ultima sistemata ai capelli, e unì le mani in preghiera, ringraziando chiunque avesse voluto mandargli un po' di forza da lassù.
“Oh Crowley.. arrivo da te.”
Chiuse la porta della camera, ancora tremante, e con un piccolo miracolo salvò le sue apparenze, facendo vedere il solito giardiniere agli occhi delle persone che incrociava.

La musica diventava sempre più bassa, passo dopo passo, man mano che si allontanava dalla sua camera, fino a sparire.
Fortunatamente, non fece incontri indesiderati, e una volta allontanatosi abbastanza dalla villa, schioccò di nuovo le dita. Era come sempre leggermente in anticipo, e con un’ultima botta di coraggio, raddrizzò le spalle, dirigendosi verso l’uscita.
 
1.7 Poco prima, nell’appartamento di Crowley...

Una volta completato l’outfit, il demone indossò gli occhiali con la griglietta e andò via, sulla sua Bentley, fino a raggiungere la destinazione del loro incontro. Guardava l’orologio da polso ogni minuto. Non aveva idea di come presentarsi.

 Fiori? Banale, dopotutto era pur sempre un appuntamento.. di lavoro, e poi lui stava in mezzo a loro ogni minuto ormai.
Cioccolata? Peggio.
Un invito a pensare che adottare le avances degli umani fosse sinonimo di ‘sei uguale a tutti gli altri, non c’è niente di speciale in te’. E invece lui doveva pensare esattamente che quella fosse una sera speciale, solo dedicata a loro due, come se il mondo l’avesse fatta sorgere apposta. Di libri ne era pieno zeppo, ma qualcosa voleva dargli.

Fece apparire con un miracolo la guida dello specifico pub in cui sarebbero andati, in cui c’era scritta tutta la storia
del locale. L’avrebbero letta insieme, una volta lì, sperando che gli piacesse. Possibile che fosse davvero così difficile fare colpo?


https://www.youtube.com/watch?v=Cgib8QoBKHE

Alla fine, tirò fuori un CD, e proprio quando vide Aziraphale avvicinarsi alla
macchina, fece partire la canzone che aveva scelto, ignorando il batticuore e
fingendo che non fosse stata scelta apposta.


Aziraphale era bellissimo. Un vero incanto. Lo vide camminare verso di lui, con un timido sorriso, tutto sembrava andare a rallentatore.
Aveva i capelli che sembravano brillare di luce propria, lo sguardo ancora più dolce, più zuccherino e amorevole del solito. Un completo chiaro, come sempre, ma che gli donava; era semplicemente divino. Il rosso vide con piacere che aveva indossato anche il suo pappillon.
Le fontane di villa Dowling stavano dietro di lui, e schizzavano alti getti d’acqua, quasi seguendo il ritmo della voce di Freddie, mentre le luci calde e morbide che illuminavano la strada per arrivare alla villa avvolgevano il corpo morbido che sembrava essere fatto apposta per gli abbracci. Tutto sembrava voler farlo sembrare più angelo di quanto già non fosse.

In quel momento, quando vide Crowley aspettarlo, Aziraphale sentì il cuore esplodere. Doveva ammetterlo, il demone stava proprio bene quella sera, sembrava un dipinto.

Gli sorrise in segno di saluto, e poté sentire le bellissime note di quella canzone non appena Crowley gli aprì la portiera dell’auto con uno schiocco di dita. Entrò nella Bentley, e non appena la portiera fu richiusa, Crowley rimase a fissarlo, tenendo una mano sul volante. Il profumo della sua colonia gli arrivò fino al naso.
“Ciao..” Sussurrò Aziraphale con un nodo alla gola.
“Ciao, angelo.” annuì l’altro. “Come va?”
“Bene.” rispose pronto. “E tu?”
“Anche io..” si schiarì la gola. “Stai molto bene” si complimentò cercando di non risultare timido.
“Anche tu.. è nuova quella maglietta.?” disse indicandogliela.
“Ehm, si.. si è nuova”
Entrambi si sorrisero, due tipi di sorriso diversi: Crowley cercava di rimanere il solito, senza troppi sentimentalismi, anche se dentro stava morendo di crepacuore, mentre Aziraphale aveva aperto leggermente la bocca, e aveva socchiuso gli occhi, rapito dall’immagine di Crowley, e con le sue orecchie solleticate dalla musica.

Fu Crowley a proporre di partire, e il compagno aveva annuito. Ma quando effettivamente gli fu chiesto dove l’avrebbe portato, il rosso si rifiutò di rispondere, ancora intenzionato a mantenere il segreto.

Aziraphale era quel tipo di persona che difficilmente teneva a freno la curiosità, e delle volte, anche la lingua. Malgrado aveva in sé tutte le buone qualità di un essere che non conosce cattiveria, una sua grande pecca era la collera, ma non quella che portava all’ira.

Era più che altro il meccanismo che si attivava nella mente di un bambino, quando un adulto gli negava un bel gioco, un cartone animato, un qualcosa che gli aveva messo addosso la voglia di essere soddisfatta. In quel caso, non riuscì proprio a restare placido senza sapere dove stavano andando, mentre il demone guidava ignorando le sue richieste con una certa aria divertita. Aziraphale gonfiò le guance corrucciando il labbro inferiore senza farlo con l’intenzione di intenerire il rosso che fischiettava a ritmo della canzone, ma ci riuscì ugualmente.

Ogni volta che suonava l’ultima nota partiva da capo, e per quanto entrambi tentavano di cambiare traccia, la Bentley sembrava non ascoltarli. Forse perché in quelle parole era nascosto tutto il loro sentimento, che in quella serata insieme aveva bisogno di uscire fuori dai loro petti, dalle loro bocche, e la loro influenza sul mondo era talmente forte che anche senza miracoli, le cose intorno a loro li ascoltavano.
“Ci sono! Dunque è un posto in mezzo al verde, all’aperto, vero? Oh caro ma le zanzare ci divoreranno non ho portato il repellente con me, dovrei iniziare a tenerne un po’ da parte sempre ora che conosco tutti i prodotti..”
“No, angelo, niente insetti.” Crowley alzò gli occhi al cielo.
Aziraphale era anche logorroico, specie quando iniziava a fantasticare e sentiva il bisogno di esprimersi, di condividere i suoi pensieri in un tripudio di parole allegre e infinite.

Ma il demone trovava la sua voce soave come pochi suoni al mondo, per cui più che infastidito era estasiato, anche se il suo viso restava serio. E quel pomeriggio, il rosso non accennava a staccare le iridi dorate da lui. Gli occhiali non bastarono a impedire all’angelo di accorgersene, ma decise di non farsi cogliere alla sprovvista dall’imbarazzo, concentrandosi su qualcosa che sarebbe stata una copertura credibile.
“Per l’amor di Dio, guarda avanti!”
“Ah tranquillo, si guida da sola il mio gioiellino.”
Il demone ridacchiò davanti all’espressione contrariata dell’angelo e la sua preoccupazione sull’investire qualcuno o meno, e continuò imperterrito a farsi beffe del suo senso di responsabilità togliendo le mani dal volante e mettendole sul poggiatesta, come se si stesse rilassando la mare. Aziraphale cercava di prendere il controllo dell’auto, ma non aveva mai guidato né aveva l’occhio per le proporzioni della macchina rispetto alla strada, e agitava le mani chiedendo scusa di tanto in tanto ai passanti sotto le grasse risate dell’amico.

Finalmente le rive del Tamigi entrarono nel loro campo visivo. Con il sole ancora altissimo a quell’ora e considerata la velocità media a cui stavano andando, la visione che si specchiò negli occhi azzurri dell’angelo gli mozzò il fiato. Era come se sulle estremità delle onde del fiume mosse dal venticello e dalla corrente, un milione di diamanti volasse in acqua regalandogli un gioco di luci e colori incantevole, tanto da fagli trattenere il fiato con un sonoro respiro carico di meraviglia.
Per uno che aveva visto il Paradiso non sarebbe dovuta esistere una visione più sorprendente, e invece Aziraphale ancora si emozionava per il più piccolo dettaglio.

Girò la testa verso il rosso per fargli notare quanto bello fosse il panorama, scoprendolo già a guardarlo, e un velo di rossore gli colorò gli zigomi facendogli scordare i suoi stessi pensieri. Lui era molto più bello di qualsiasi panorama.

Finalmente dopo qualche minuto, parcheggiarono. Ma non in un garage.
Crowley si posizionò sulla strada principale, in un piccolo spiazzale che veniva utilizzato per fare attraccare le imbarcazioni e calare i ponti che trasportavano i passeggeri.
Le sicure della macchina restarono chiuse anche quando il motore finì di rombare, il demone non le aveva aperte.

Con i finestrini giù e la leggera brezza che soffiava, restarono lì in un silenzio pieno solo dei loro respiri, dei loro sguardi, ad ascoltare i garriti dei gabbiani di passaggio, e godersi dal parabrezza la vista del movimento del fiume. Entrambi sentirono il livello di pace interiore crescere a dismisura, così in sintonia con l’intero universo da potersi dimenticare che tra pochi anni si sarebbero potuti dire addio, nel caso in cui avessero fallito col piccolo. Si dimenticarono tutto per qualche minuto, anche la terra aveva potuto smettere di girare e loro non se ne sarebbero accorti, anzi forse sarebbe stata la sintonia tra loro e il bilancio delle loro anime, forte come non lo era mai stato, a farla fermare.

Il piccolo orologio dal quadrante automatico di Crowley aveva annunciato con un suono meccanico lo scatto della nuova ora, era il momento di raggiungere il ristorante.

Camminarono a piedi per molti metri, scambiandosi opinioni sui molti locali che c’erano lungo la strada. Solo sapendo il luogo generico in cui il loro appuntamento si svolgeva, l’angelo aveva dimostrato un grande entusiasmo battendo contento le mani tra loro. Ristoranti, bar, anche pasticcerie che servivano ai loro stessi tavoli i dolci che preparavano, accompagnati da tè o caffè in tazzoni enormi. Per ogni ristorante che vedevano, l’angelo domandava; “E’ questo qui?” con un gran sorrisone, e il rosso negava trovando sempre più adorabile l’espressione che faceva Aziraphale quando si concentrava, e allora gli venne un’idea.
“Facciamo così, per evitare che ti illuda passo dopo passo, rendiamolo un appuntamento al buio.”
“Ma, caro, è ancora giorno, guarda che luce!”
“Sì questo lo so, intendo.. non sai cos’è un appuntamento al buio, davvero?” l’angelo fece no con la testa, e Crowley sospirò pesantemente. Il suo amore era così innocente, che tutto gli metteva la paura di rovinare tutto sbagliando qualcosa con lui. Doveva andare con i guanti di seta con lui.
“Vuol dire uscire con qualcuno senza sapere chi è, in questo caso.. non saprai dove, ed io voglio renderlo letterale. Conto di sorprenderti.”
“Oh.. sembra divertente! Letterale in che modo?”  L’ultima cosa che Aziraphale vide prima di trovarsi colto di sorpresa attraverso un miracolo, fu il sorrisetto tentatore di Crowley e le sue dita schioccare vicino al suo viso. Improvvisamente nelle sue mani apparve una benda nera. Crowely fece lentamente il giro del suo corpo fermandosi proprio dietro di lui, e si avvicinò abbastanza per il biondo da sentire il suo odore, e avvertire la schiena scontrarsi con il suo petto. Gli passo la stoffa sugli occhi, fermandola con un nodo dietro la nuca, in modo che non fosse stretta ma nemmeno troppo larga da cadergli sul naso.

Il demone aveva fatto quel gesto con molta calma, e quando ebbe finito gli poggiò entrambe le mani sulle spalle parlandogli vicino all’orecchio.
“Vieni con me, angelo, manca poco a destinazione. Non ti faccio inciampare né cadere se mi stai al passo, te lo giuro.”
Improvvisamente un calore diverso da quello che c’era nell’aria aveva avvolto la mano destra della creatura bianca, che nel frattempo era stato zitto, quasi pietrificato. Sussultò leggermente in quella vicinanza per tutte le sensazioni che si stavano scombinando dentro il suo cuore, e quando aveva realizzato che quel tocco intorno alla mano erano le dita del rosso intrecciate alle sue, si era ammutolito poi del tutto.

Il demone gli aveva davvero fatto da guida passeggiando con lui in quel modo. Aveva colto al volo l’occasione, approfittando della scusa. Non solo per tenere la mano alla persona che amava, e potersi godere quella sensazione indisturbato senza nascondere quanto fosse felice attraverso un gran sorriso, ma anche perché se dal canto suo non era visto, a parte gli occhi Aziraphale lui lo vedeva completamente. Poteva rendersi conto delle sue espressioni, se messi così era a suo agio o meno, cercando un modo di rompere il ghiaccio facendola sembrare una casualità.

Come una qualsiasi coppia passeggiarono per Londra fino a che non arrivarono al posto scelto appositamente per iniziare al meglio una magica sera insieme, la prima vera sera di quel genere in seimila anni. L’agitazione e la gioia erano così difficili da contenere, che se non si fossero controllato l’afflusso di energia dai loro corpi sarebbe uscito come un fiume in piena, facendo sicuramente esplodere o levitare oggetti e persone intorno a loro.

Appena a qualche falcata dal ristorante, Crowley gli fece segno di fermarsi. L’angelo nel cammino aveva visto solo le loro scarpe, quando abbassava gli occhi attraverso due piccole fessure, e adesso, tutto il benessere provato fin ora si era unito all’euforia di sapere finalmente cosa il demone aveva pensato per loro.

Al solo pensiero di ‘loro’, arrossì, ma era troppo su di giri per badarci.
“Ci siamo. Prendi questo.” Il demone gli aveva allungato un oggettino. Sembrava un libro, piccolo e dalla copertina flessibile e lucida. L’angelo lo girò nelle mani.
“Cos’è?”
“Qualcosa che ti chiarirà ogni dubbio.”
Quando Crowley sciolse il nodo della benda, gli occhi azzurri dell’angelo si spalancarono allibiti dallo stupore. Improvvisamente si chiese se non fossero tornati a Soho davanti alla sua libreria, rimodernata in stile più dark.

Per essere sicuro di non trovarsi nel loro quartiere si guardò intorno più volte osservando poi il libricino che stringeva tra le mani, leggendone il titolo e sfogliandolo velocemente, sorridendo rapito a bocca aperta. Se a Crowley fossero piaciuti i libri, quello sarebbe stato l’esterno di un negozio perfettamente adatto a lui.

O ancor meglio, pieno di volumi di testo sarebbe stato adatto a entrambi, una fusione perfetta tra loro due. Non riusciva a smettere di guardare ogni dettaglio del locale.
“Io.. beh, è.. wow!” Soddisfatto da quella reazione, quando gli sguardi si incontrarono una specie di scarica li attraversò, scendendo lungo tutta la spina dorsale, fin sotto la pelle, e nelle ossa del corpo che abitavano.
“Felice che ti piaccia.”
“Se mi piace? E’ così singolare, così ben fatto, assomiglia a..”
“Lo so, siamo a casa. Entriamo?” L’angelo annuì energicamente sollevando le sopracciglia, e allora presero posto al tavolo che la signora Dowling sotto comando del demone aveva preso per loro. Il migliore, al piano superiore, al centro della sala ma vicino alla finestra aperta, con tutta la visuale a loro disposizione.

Il cameriere servì loro del vino bianco. Gli antipasti, sia di mare che di terra arrivarono presto, uno dei quali includeva una speciale salsa ‘della casa’, di cui entrambi si divertirono a indovinare gli ingredienti. Crowley si sporse in avanti verso la forchetta cercando di addentare un boccone, e la distrazione del suo angelo intento a mangiare, che era una delle immagini più carine che avesse mai visto, non gli fece centrare la bocca sporcando oltre alle labbra, anche una ciocca di capelli ramati. Imprecò cercando di asciugarsi la salsa dai crini, sotto la risatina divertita del biondo.
“Non dovresti tenerli sciolti quando mangi.” Con una naturalezza disarmante, Aziraphale strusciò la sedia all’indietro dopo essersi pulito la bocca co tovagliolo di stoffa blu scuro, e fece il giro del tavolo tondo per mettersi in piedi dietro il demone.

Scese con una mano verso il suo polso per raccogliere un elastico che tenne tra i denti, e nel frattempo raccolse abbondantemente le ciocche laterali con cautela, per non fargli male, o torcergli un solo capello. Anzi, sembrava lo stesse massaggiando nel frattempo. Creò una piccolissima crocchia ordinata, che fermò al centro del retro della testa, lasciando il resto della cascata rossa cadergli sulle spalle.
“Ecco qui.” Mentre il biondo tornava a posto, Crowley si versò un calice di vino pieno fino all’orlo e bevve tutto d’un fiato. Non voleva che un gesto tanto dolce che avrebbe dovuto creare atmosfera lo bloccasse in quel modo, ma non poté fare a meno di sentirsi frenato. L’angelo colse il suo stato d’animo, sapendo quanto l’amico fosse poco abituato a quel genere di contatto, e quindi si schiarì la gola facendo come se nulla fosse accaduto di tanto strano, deviando la conversazione mentre aspettavano il primo piatto.
“Ti va di leggere con me la mappa storica che mi hai regalato?” il rosso annuì, infinitamente grato alla sua capacità di tatto. Decise per una volta di abbandonare la sua paura, e lanciarsi completamente in quella serata.

O la va o la spacca.
“Non possiamo leggerlo insieme però, se stiamo uno difronte all’altro.”
“Beh posso leggere io e tu ascolti, e viceversa ogni capitolo.”
“Oppure, potresti prendere la sedia e venire qui.” Il biondo passò un attimo di confusione, per capire più che altro se stesse dicendo sul serio, o lo stesse prendendo in giro.
Ma il demone era molto serio, e gli fece gesto di avvicinarsi, spostandogli personalmente le posate e il bicchiere vicino al proprio. Allora, un po’ incerto ma terribilmente felice, trascorsero a un palmo l’uno dall’altro il resto della cena, a leggere, mangiare, e lanciarsi sguardi di varia natura.

Aziraphale aveva riacquistato anche il senso dell’appetito che gli era mancato a colazione. Infatti, aveva guardato il menù con occhi attenti e quasi sognanti, pronto a deliziare le prelibatezze di quel posto.
Mentre ancora leggevano, arrivò un’altra portata, e non avendo molta familiarità con il cibo tipico di un pub, si era lasciato consigliare da Crowley. Carne speziata, patate arrosto o fritte e birra non era il menù che solitamente Aziraphale prediligeva, ma ne fu entusiasta.
Ne fu prova l’esagerata quantità di mugolii che uscivano dalla sua bocca.
“Questo.. mh, è veramente delizioso.” socchiudeva spesso gli occhi, e sorrideva con ancora il boccone sulla lingua. Crowley non aveva visto mai niente di più bello in vita sua.

Anche lui aveva mangiato più del solito in quella serata, Aziraphale era così bello quella sera, ed era tanto tempo che non passavano del tempo insieme solo per loro scelta; si godette le chiacchiere del biondo, le sue mille domande riguardo al pub stesso e al modo in cui la carne veniva cucinata. Non poteva non amare quel suo lato bambinesco, pieno di curiosità.
Il cibo fu ottimo ed abbondante, e lo stomaco di Aziraphale era leggermente gonfio, tanto da tirare leggermente alcuni bottoni della camicia.
“Oh, sono proprio sazio era delizioso, non è vero caro?”
“Devo ammetterlo, ho fatto proprio una buona scelta. Ma.. mi stavo chiedendo se ti potessi offrire anche un dolce.” incrociò le braccia sul tavolo.
“Un dolce? Oh, mi andrebbe proprio ma.. ho veramente esagerato, non so se è il caso..” arrossì.
“Sciocchezze, non hai esagerato. Inoltre, qui fanno un’ottima torta al caramello.” alzò leggermente le sopracciglia.
“Tu mi stai tentando.. è anche normale, tu non fai altro che tentare. Ma mi stai anche viziando. Non credo faccia bene al mio corpo.” posò la sua candida mano sulla pancia.
“Via. .non pensare di dirmi ancora che ti ritieni sovrappeso o cose simili.”

“Probabilmente lo sono..” si scoraggiò lui.
“Angelo, stai bene così. Non hai bisogno di perdere peso. Non ascoltare quell’idiota di Gabriele, tu sei perfetto così come sei.”
“Davvero?”
I suoi occhi azzurri pieni di dolcezza furono un duro colpo da sopportare.
“Si, te lo posso assicurare. Ora, permettimi.. cameriere? Una torta al caramello per questo angelo!” disse indicando il proprio amico.
“Crowley! Ma che fai?” gli chiese abbassando la voce. La sua espressione era a metà tra il divertito e l’imbarazzato.
“Tranquillo, nessuno ha capito che sei un angelo vero..” gli fece un gesto con la mano.

Ma improvvisamente si rese conto anche lui di quanto quel nomignolo che aveva appena utilizzato potesse risultare ambiguo. Crowley arrossì visibilmente, ma decise di non continuare il discorso.
Poco dopo, al tavolo arrivò un invitante fetta di torta color oro, con caramello croccante ad avvolgerla.
Lo sguardo del biondo diceva tutto.

“Ma è meravigliosa.. sono degli artisti, guarda tu che dolce! Non vedo l’ora di assaggiarlo!”
Crowley allora raccolse una forchettina e ne prese un pezzetto, puntandolo verso la bocca dell’angelo, il quale arrossì visibilmente.
“Oh.. ehm, è per me?” chiese timido.
“Apri il garage, Aziraphale.” disse scherzosamente.
La forchetta finì delicata nella sua bocca, la quale fu invasa da un dolcissimo ed invitante sapore di caramello e crema. Dovette chiudere gli occhi per goderselo.

“Mh.. oh, non ho mai provato niente di così buono, ti prego, assaggiala!” e con gioia, imboccò Crowley. Condivisero il dolce, più che certi di essere arrivati ad un punto di non ritorno. I loro sguardi, le loro occhiate, tutto era veramente troppo, e non da migliori amici. Si erano avvicinati, e si sorridevano continuamente.
Una volta finita la cena, Crowley si alzò con eleganza, appoggiando la mano sulla spalla di Aziraphale. Gli rivolse un ennesimo sorriso, prima di andare a pagare il conto.

“Non era necessario caro”
“Questa sera sei il mio accompagnatore, quindi, non lamentarti”
“Ma io non mi sto lamentando-”
“Allora, chiudi la bocca.” scherzò invitandolo ad alzarsi. “Allora, ora hai voglia di fare qualcosa in particolare?”
Aziraphale perse un battito, prima di cominciare ad avere la tachicardia.
“Beh.. si, in effetti si.” alzò le spalle.
 
Poco dopo, si ritrovarono a camminare insieme, sotto le stelle. I lampioni illuminavano il viale, facendo brillare l’acqua del Tamigi. Attorno a loro numerosi locali rallegravano l’atmosfera con musica tenue e delicata, sempre diversa.


https://www.youtube.com/watch?v=iQ5f8EqmAF0

Chiacchieravano del più e del meno, stando sempre più vicini; ma prima o dopo Aziraphale si sarebbe dovuto fare avanti.
E avrebbe voluto fermare il tempo per rimanere con Crowley per sempre, lì, solo loro due, per godersi quell’atmosfera così romantica e dolce. Ma il tempo passava in fretta.

Arrivarono ad un ponte, anche questo illuminato dai lampioni e dalla loro luce calda, decorato da piccoli cespuglietti di fiori colorati.
“..si insomma, avresti dovuto vederla, lei con in braccio quel pargoletto senza riuscire a controllarlo.” intanto non aveva fatto attenzione ai discorsi del compagno, il quale raccontava della signora Dowling.
“Angelo, mi stai ascoltando?”
“Eh? Oh, sì scusami caro, mi sono distratto solo un secondo”
“Ti vedo pensieroso.”
“In effetti.. a qualcosa sto pensando”
“E cioè?” si fermarono intanto a metà del ponte, dove si poteva ammirare un bellissimo cielo stellato.
“Io.. pensavo a.. che bella musica ci fosse qui, e a che bella serata sto passando. Mi sto proprio divertendo.” si appoggiarono entrambi con i gomiti.

“Beh, grazie alla signora Dowling. Hanno delle tradizioni curiose. Ma sono felice che questa serata le stia piacendo, fratello Francis.” gli sussurrò con la sua solita voce da tata.
“Oh, moltissimo, e lei mia cara tata?”
“Una meravigliosa serata.. grazie a lei.” ammiccò avvicinandosi.

Calma Aziraphale, calma. Si tratta solo di un gioco, prendi coraggio e porta la conversazione sul punto forte.
“Si.. ma, mi stavo chiedendo.. c’è qualche possibilità per me di rivederla ancora?” chiese senza guardarlo in viso.
“Oh-oh, mi sta chiedendo un altro appuntamento, mio caro giardiniere?”
“Forse..” scherzò l’altro. “Forse potremmo rivederci, a me piacerebbe moltissimo.”
“Vedremo.. la prossima volta però vorrei dei fiori, e dei cioccolatini. Sono una donna all’antica, sa?”
Entrambi scoppiarono a ridere, per quel teatrino così buffo, per poi rimanere in silenzio a guardare il panorama.

“Mi sto divertendo davvero sai, per la cronaca.” confessò Aziraphale con sguardo dolce.
Il demone gli sorrise, per andare a prendere dolcemente la sua mano. Per quel gesto, il biondo si sentì le gambe molli.
“Anche io Aziraphale. Anche io Sai, stai.. bene, vestito in quel modo.”
“Oh. Grazie.. ma indosso questo tipo di completo ogni giorno.”
“Beh.. ci stai sempre bene allora.”

Aziraphale poté giurare di averlo visto arrossire. Aveva uno sguardo timido, quasi imbarazzato, e non sapeva bene che cosa rispondere; con le sue orecchie avvertì il sospiro del demone tremolante.
“A-anzi, se posso essere sincero.. questa sera sei proprio.. bellissimo”
Aziraphale aprì la bocca, sempre più sconvolto da quelle rivelazioni. Sentiva il cuore battere sempre più forte, e si sentì volteggiare, come se si fosse estraniato dalla realtà; la sua bocca si fece secca, e la pelle solleticò dalla sua mano alle dita dei piedi.
Avrebbe voluto parlare, ma fece veramente fatica.
“C-Cro.. Crowley..”
In quel momento, il demone non sapeva più cosa fare. Si era letteralmente lasciato andare, e gli aveva detto quello che stava pensando da tutta la serata. Ora, era il momento.

“Sto passando una splendida serata. Dico davvero.. con te mi sento libero, mi sento me stesso. Volevo ringraziarti per avere accettato il mio invito. Ma.. volevo dirti anche un’altra cosa.” lo guardò negli occhi.
“Io.. e te.. ci conosciamo da tanti, tantissimi anni. E per quanto tu a volte sia una seccatura, per quanto certe volte volessi mandarti al diavolo e non cercarti più, io non ne ero in grado. Io” si fermò. Rimase ammutolito, preso come dal panico.

“Non sono bravo con le parole.” riprese a fatica. “Io non ci so fare, quello bravo in questo sei tu. Vedi, io cerco di dire che.. per quanto io a volte non ti riesca proprio a.. oh cazzo!” si portò la mano libera sulla faccia, frustrato ed esasperato dall’imbarazzo e dalla sua poca capacità di formulare un discorso che avesse senso.
“Non faccio altro che dire stronzate.” borbottò, mentre Aziraphale si inteneriva. Cercò di rincuorarlo con un sorriso rassicurante.
“Vai avanti caro.” gli sussurrò stringendogli la mano. Ma Crowley lo guardò con esasperazione.

“T-t-tu! Non posso andare avanti con tu che mi guardi con quegli occhi! Ma non capisci? Tu mi fai diventare matto, come posso concentrarmi con tu che mi sorridi in quel modo?” gli urlò. “Tu non sai che effetto hanno i tuoi sguardi su di me, non sai che cosa provo! E perché stai ridendo adesso? Lo trovi divertente?! Per me non lo è, caro Aziraphale Fell, quindi ti consiglio di smetterla o giuro che- ma che-mmh!!!”
Aziraphale non gli permise di continuare, lo fermò buttandosi addosso alle sue labbra.

Non se lo era immaginato così il loro primo bacio, doveva essere sincero. Si era preparato centinaia di versioni del suo discorso, aveva pensato a qualcosa di lento e romantico, ma non funziona così nella vita reale. Non era un film romantico. E Crowley non sarebbe stato in grado di continuare il suo discorso a parole, stava quasi perdendo la pazienza. Così, Aziraphale aveva fatto l’unica cosa che il suo istinto gli suggeriva di fare: baciarlo, mentre ancora aveva la risata in bocca. Lo aveva baciato, finalmente, stringendolo a sé.
Crowley, se avesse avuto la bocca libera, avrebbe detto all’angelo che la sua era stata veramente un’ottima scelta. Si sciolse subito a quel contatto, sperato e così tanto voluto da entrambi.

Rimasero attaccati per tanto tempo, perdendosi nel sapore dell’altro. Non vi furono contatti troppo spinti, ma fu uno dei migliori primi baci che entrambi avessero desiderato.
Ed era stato Aziraphale a farsi avanti.
Le parole non sarebbero servite quella sera.

Bastavano solo loro.
Si separarono con molta fatica.
“Angelo..” fu la prima parola di Crowley. Il biondo lo guardò, con ancora il fiato corto.
“...” il rosso non riuscì a parlare, ma solo a tirarlo per un altro bacio.
Se ne diedero tanti quella sera, e non fu necessario dire molte parole, se non quelle essenziali: “Seimila anni.. seimila anni, e poi non riesci a formulare nemmeno un discorso serio?”
“E tu, il re dei paroloni e il grande lettore di romanzi d’amore, mi baci senza nemmeno corteggiarmi un po’?”
“Ne avevi il bisogno?”
“..mi bastavano le tue labbra”
“Sei proprio un’idiota.”
“E tu sei bellissimo”
Passeggiarono ancora, mano nella mano, ma entrambi ebbero l’impressione di volare invece che di camminare. Ogni tanto si fermavano per guardarsi o per baciarsi dolcemente, o solo per abbracciarsi. Non capivano bene che piega stesse prendendo il loro appuntamento, il programma non era stato rispettato, ed entrambi sembravano troppo presi dalla magia che si era creata attorno a loro, per parlare.

Non seppero con precisione a che ora tornarono a casa. Ma ci tornarono insieme, con le mani intrecciate e con i cuori uniti.
Parlarne la mattina dopo sarebbe stato più semplice; per il resto della nottata, le loro labbra erano impegnate in altro.



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Salve a tutti, eccoci tornate con un nuovo capitolo! Non potete capire quanto ci è piaciuto scriverlo, quante risate e palpitazioni abbiamo provato durante gli scleri legati alle immagini che ci siamo figurate in mente, e quando poi le abbiamo viste su carta -digitale, ma vabbè xD- è stata un'amozione, speriamo infatti che vi piaccia leggerlo almeno la metà di quanto a noi è piaciuto costruirlo 
❤❤

Vi ringraziamo tantissimo per il supporto, siete tutti meravigliosi, e rispondiamo presto alle recensioni in sospeso, giuriamo!
Che dire.. Lory è molto più che una socia, è la mia metà, e non sapete quanto io sia contenta di essere entrata a far parte del progetto con lei. Non è che ti voglio bene vita mia, di più, e voglio bene anche a tutti voi, entrambe ve ne vogliamo a dismisura, grazie!
A presto! 

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