The Right World

di NIKELMANN
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** D A L E K parte 1 ***
Capitolo 2: *** D A L E K parte 2 ***
Capitolo 3: *** D A L E K parte 3 ***
Capitolo 4: *** D A L E K parte 4, fine ***



Capitolo 1
*** D A L E K parte 1 ***


Charan-jeni si stava dirigendo in cambusa con la ciotola ancora quasi piena di zuppa. La preoccupava molto: quando un uomo è l’unica speranza che hai di poter salvare gli ultimi della tua specie, assicurarti che non muoia di fame è una priorità.

«Ancora non mangia?»

Charan sussultò appena alla voce, immersa com’era nei propri pensieri. Kalilla la fissava, seduta in modo scomposto e quasi volgare sul sedile di un’auto che usavano come poltrona. Kalilla era stata una ragazza bellissima, dal fisico atletico e asciutto e lunghi capelli scuri con riflessi violacei che spiccavano sulla sua pelle ambrata. Anche adesso, la sua bellezza era tanto forte da superare i segni della guerra, la cicatrice che le attraversava il volto da dove una volta c’era un occhio fino al labbro superiore e il moncherino al posto della mano sinistra. Charan rispose alla domanda scuotendo la testa. Kalilla sospirò e allungò la mano sana facendo un gesto, per indicare che avrebbe volentieri mangiato lei la brodaglia. Ormai ci facevano quasi affidamento. Appoggiò la ciotola nell’incavo del ginocchio, la gamba destra accavallata sopra la sinistra, rimbeccando tra un boccone e l’altro

«Sei sicura che ci possa aiutare? Non mi piace giudicare dalle apparenze, ma non mi sembra proprio un grande guerriero!»
Charan esitò. Non le piaceva parlare. Non le piaceva quasi più nulla, in realtà. Le radiazioni delle armi Dalek avevano devastato Rea, il suo pianeta. Lei amava stare a contatto con la natura, fare servizi fotografici sulle specie animali che stavano ripopolando le aree verdi, ora campi di cenere. Godersi la luce rifratta dalla Luna Minore quando passava davanti al Sole e creava giochi di iride nel cielo, prima che questo venisse oscurato dalle flotte Dalek. E le piaceva cantare.

Charan annuì abbassando lo sguardo. Lo alzò per vedere la reazione della compagna di sventura, che era decisamente scettica. Così si fece coraggio e portò il dispositivo alla propria gola

«LUI LI HA GIÀ AFFRONTATI. IL DOTTORE HA SCONFITTO I DALEK E LO PUÒ FARE ANCORA.»

Fu colta da uno spasmo al ventre mentre parlava: era semplice paura. Quella voce metallica, artificiale e così disumana. La voce di un Dalek. Ora anche la sua voce.

Una scheggia di metallo vagante le aveva lacerato la gola, mancando la carotide di pochissimo. È stato il Dottore a trovarla e a salvarle la vita, mentre lei lottava per riuscire a respirare senza riempirsi i polmoni del proprio sangue. Non sapeva bene come avesse fatto, si era trascinato verso di lei e aveva allungato una mano sulla sua ferita. Lei entrava e usciva dalla incoscienza, ricordava solo calore e luce. Poi il suo impulso ormonale era entrato in azione e in quel momento di forza si è trovata a sollevare di peso il dottore e scappare con lui. L’aveva sorpreso. Su Rea lo sanno tutti, ma l’impulso ormonale non è una cosa comune al resto della vita nell’universo. Quando un reano è in punto di morte, un organo apposta inonda il flusso sanguigno di ormoni che lo spingono a reagire. Anche un forte shock emotivo può causarlo. A lei era successo prima solo quando suo padre era morto. Non senti più il dolore, la fatica, diventi molto più forte e veloce, ma è difficile restare lucidi, solitamente si agisce di istinto. Non saprebbe dire quanto aveva corso portando in braccio il dottore. L’avrebbe potuto stabilire se fosse stata familiare con il luogo, ma conosceva Zanthar, la città in cui si era rifugiata con altre centinaia di profughi, solo dalle cartoline del Museo del Vascello, ora purtroppo raso al suolo. Quando si era ripresa si trovava in un posto completamente diverso e completamente simile a quello che avevano lasciato: rovine. Aveva abbassato lo sguardo sul dottore e aveva gridato di orrore. O meglio, aveva cercato di gridare, ma era uscito solo uno strano verso gutturale dalla sua bocca. Si trovò a fare mente locale della situazione, mentre i ricordi dell’esperienza quasi mortale le tornavano a poco a poco: il danno alla gola l’aveva resa muta e l’uomo che aveva trascinato in salvo era probabilmente morto di dissanguamento. L’esplosione che a lei era costata la voce a lui doveva essere costata molto di più: aveva perso entrambe le gambe, troncato all’altezza della vita. Era incredibile che fosse riuscito a salvarla in quelle condizioni. I suoi pensieri vennero però interrotti da uno spostamento d’aria, accompagnato dal fruscio di un reattore Dalek. Si rannicchiò in mezzo alle macerie e spalancò gli occhi, cercando di individuarlo nel buio della notte, aiutata solo dalla luce della Luna Maggiore.

Le sue pupille non si adattavano bene al buio, ma cercava di pazientare il tempo che serviva per riuscire a distinguere i contorni delle macerie. Non ci volle molto, ma non riusciva a vedere il Dalek che era sicura di avere sentito. Finché non lo sentì vicinissimo a lei, separata solo da un mucchio di mattoni rotti

«USCITE ALLO SCOPERTO! VOI DOVETE ESSERE STERMINATI! STERMINATI!»

Si ritrasse all’indietro, allontanandosi. Era sicura che avrebbe urlato se avesse ancora potuto farlo. Sentiva il Dalek avanzare. Si mise a sedere dietro un cubo in granito, forse il piedistallo di una statua, non poteva esserne sicura. Il Dalek avanzava, avanzava. Era quasi passato oltre, ma poi si fermò. Quando lo vide ruotare lo sguardo nella sua direzione, si appiattì. L’aveva vista? No, o sarebbe già morta. Improvvisamente capì: era il suo respiro. Anche se non poteva parlare, il suo respiro affannoso stava tradendo la sua posizione. Qualcosa le coprì improvvisamente la bocca: era l’uomo che aveva portato con sé, si era trascinato verso di lei e le aveva tappato la bocca. Era ancora vivo?! Com’era possibile?! Lo guardò sul volto, anche questo segnato dall’esplosione. Teneva il dito indice posto sopra la bocca, invitando al silenzio. Lei annuì freneticamente e gli scostò delicatamente la mano, costringendosi a rallentare il respiro.

Era strano, però. Possibile che il Dalek non li vedesse? Che i suoi sensori fossero stati danneggiati durante la giornata di combattimenti? Poteva osare sperare che riprendesse il volo? No. Con somma disperazione di Charan, lentamente il Dalek si avvicinò verso di loro, come se potesse vederli.

«STERMINARE! STERMINARE!»

Si riferiva a loro? Era impossibile dirlo. In tutte le cose in cui erano superiori ai reani, come armamenti e numero, la varietà di vocabolario non era tra queste. Forse era un invito a uscire per farsi ammazzare meglio, rivolto a caso tra chi si potesse nascondere tra le macerie e non proprio a loro. Che cosa poteva fare? Se avesse corso sarebbe stata solo un altro bersaglio. Non aveva modo di combattere e sicuramente non era il suo territorio. Sentiva una tale paura che era sicura che sarebbe andata di nuovo in impulso ormonale, se non ne avesse avuto uno poco tempo prima. Istintivamente fece l’unica cosa che poteva fare: abbassò la mano e strinse quella del dottore, che ricambiò con una stretta decisa, che faceva del suo meglio per essere di conforto. Poi un piccolo rumore sordo e SBAAANG! Una fiammata illuminò la notte: una granata esplosa contro al Dalek! Qualcuno lo stava combattendo!

Il Dalek si girò come se non fosse successo nulla, ma le sporadiche scintille che sprizzavano dal lato sinistro della grata sotto la testa illuminavano uno squarcio. Le parve di vedere qualcosa di viscido muoversi al suo interno, ma poteva essere uno scherzo delle ombre.

«ATTACCO NEMICO! ATTACCO NEMICO! STERMINARE! STERMINARE!!!»

«Ma stai zitto!» una voce femminile rispose dalle tenebre. Il Dalek parve capire la direzione e sparò verso l’alto. Una silhouette saltò giù dal pezzo di tetto su cui si nascondeva, rotolando a terra per assorbire la caduta, brandendo… un gavettone? Sì, era un palloncino pieno di liquido, che scagliò verso al Dalek. Quest’ultimo si prese un secondo per rispondere

«IL TUO ATTACCO CORROSIVO È INEFFICACE! ANCHE AL NOSTRO STADIO NATURALE, L’ACIDO NON CI BRUCIA!»

«Ah, sì, è anche un acido…» la silhouette stava in guardia, pronta a schivare un nuovo attacco, che non si fece attendere. Mentre si lanciava all’indietro per schivare il laser, però, il Dalek prese a bruciare di un fuoco azzurro. Charan immaginava che la ragazza avrebbe continuato la sua smargiasseria spiegando che è principalmente usato come combustibile per le auto, ma invece gridava di dolore tenendosi il volto. Le grida del Dalek erano però molto più terrificanti. Passò dal chiamare aiuto declamando di stare andando a fuoco a grida inconsulte che si spensero come un vecchio nastro magnetico. Non il suono di un essere vivente, non la morte di un essere vivente. Una macchina che si spegne.

Finalmente Charan si mosse dal proprio nascondiglio, correndo incontro alla ragazza per andare ad aiutarla, ma quella scappò via nella notte, senza vederla. Charan cercò di gridare per attirare l’attenzione. Naturalmente non emise alcun suono. Improvvisamente la notte si fece ancora più buia: il terrore che aveva provato l’aveva riempita di nuovo di energie, ma attingendo a risorse che non aveva. Si inginocchiò puntando i palmi delle mani a terra, cercando di sforzarsi di riprendere fiato, ma fu inutile e perse conoscenza.

Quando riprese i sensi era il chiarore dell’alba. Si rese immediatamente conto di dove si trovava e scattò carponi, guardando attorno per vedere se era sicuro.

«Oh. Ti sei svegliata.»

Era l’uomo che aveva salvato il giorno prima, incredibilmente ancora vivo. Anzi, si sarebbe detto che non avesse riposato quella notte, perché invece sembrava aver apportato diverse modifiche al Dalek distrutto nello scontro del giorno precedente: gli aveva asportato l’intera struttura superiore, dalle armi in giù, lasciando soltanto il tronco di cono irregolare coperto di semisfere. Inizialmente non comprese, ma mettendolo a fuoco si rese conto che la stava usando come una sedia a rotelle. L’uomo armeggiò all’interno del carro armato e si spostò fluidamente verso di lei, per poi porgerle la mano

«Vieni, alzati. Ti devo la vita, come ti chiami?»

Lei provò a rispondere, ma niente: aveva completamente perso l’uso della voce. Così accennò un sorriso triste e indicò la propria gola. L’uomo socchiuse gli occhi

«Certo, temevo in uno sviluppo del genere. Per fortuna ho potuto recuperare questo dal Dalek distrutto.»

Le porse un piccolo dispositivo saldato alla bell’è meglio che da quel momento sarebbe diventato la sua nuova voce. Seguendo il gesto dell’uomo lo appoggiò alla gola e provò nuovamente a parlare

«IOO SONO CHAAARAN-JAAANI»

Rabbrividì sentendo la voce di un Dalek invece della propria, ma qualcosa la stupì nello sguardo dell’uomo

«Hai detto Sarah Jane?!»

«CHARAN. CHARAN-JANI.» lo corresse. L’uomo scosse lentamente la testa

«Ma certo. Scusa, mi ricordi una mia vecchia amica» sorrise «Io sono il dottore»

Lei ci pensò un attimo, per poi riportare la macchinetta alla gola

«DOTTORE CHI?»

 
Il pezzo di Dalek non poteva volare a detta del dottore, ma aggrapparsi dietro e muoversi levitando a pochi centimetri dal terreno era meglio che camminare. Viaggiarono insieme per giorni, muovendosi principalmente di notte. Trovarono Kalilla quando aveva perso la mano e temevano che fosse già morta, ma le cure del dottore riuscirono a stabilizzarla. Quando si riprese scoprirono che era lei la figura che li aveva salvati qualche notte prima. Kalilla faceva parte di una cellula di resistenza formatasi tra i civili, Rea non aveva guerre da secoli e c’erano pochi soldati veri e propri. La sua cellula era stata annientata, ma il loro covo era rimasto segreto e si erano trasferiti lì. Kalilla si era ammalata per l’infezione, ma aveva risposto molto bene agli antibiotici che avevano trovato tra le poche scorte di medicinali. Quando si fu completamente ripresa cominciò a girare di notte a cercare altri superstiti, mentre il dottore si era chiuso in una stanza a lavorare a qualcosa. Dopo qualche giorno aveva trovato una coppia di ragazzini che si erano chiusi in uno scantinato e li aveva portati con sé al rifugio. Quello che non riusciva mai a trovare erano provviste e Charan temeva che sarebbero bastate per un mese scarso.

La vera novità era arrivata quando Kalilla aveva trovato un comunicatore radio. Dal momento che non dipendeva dai satelliti, avrebbero potuto trasmettere qualcosa, chiamare aiuto, ma non volevano essere rintracciati dai Dalek. Il dottore era stato molto chiaro: i Dalek sono molto, molto intelligenti e sarebbero stati in grado di comprendere qualsiasi codice. Quello che non capivano, si rese conto Charan dalle sue conversazioni con il dottore, erano le emozioni e questo le aveva dato un’idea. Aveva cominciato a trasmettere musica, prendendo dalle canzoni sul proprio telefonino. Aveva creato una lunga playlist che avrebbe comunicato un messaggio semplice: aiuto. Così mandava in onda una canzone che parlava di un amore finito, seguita da una sulla celebrazione della diversità. Silenzio. Una canzone che parlava di una ragazza conosciuta durante l’infanzia e ora persa di vista, una canzone che parlava di morte. Silenzio. E così via. Triste allegra, triste triste. Punto linea, punto punto: A, I. Certo era un modo molto lungo di comunicare, ma avevano tempo.

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Capitolo 2
*** D A L E K parte 2 ***


Quando ormai restava loro una settimana di cibo e acqua, arrivò la speranza. Usando la radio per ascoltare, Charan trovò in onda una canzone. Era una vecchia ballata dedicata alla Luna Minore, invidiosa della luce della sorella. Ascoltò le ultime note con l’ansia di chi si ritrova finalmente a sperare e, sì, dopo cominciò un’altra canzone, che parlava di bambini che giocano. Una di nostalgia del mare. Silenzio di qualche minuto. Triste allegra triste: era una R! Con i bambini che ascoltavano la musica con lei, Charan trascrisse l’intero messaggio, nonostante ci vollero ore e fu sicura che non fosse una coincidenza solo quando arrivò alla fine della prima parola: RIFUGIO. Seguivano numeri, Kalilla concordò con lei che si trattava di coordinate. Non restava che informare il dottore. Charan bussò alla porta della stanza che aveva adibito a laboratorio. La voce roca del dottore le disse di venire avanti

«Il tuo piano ha funzionato?» Le chiese

Lei annuì, sorridendo. Il dottore ricambiò il sorriso, dopo un attimo di esitazione, per poi assumere un’aria pensosa

«È stato veramente geniale. È normale che i Dalek non abbiano nozioni tanto inutili, anche se siamo stati fortunati che non hanno rintracciato il segnale»
Charan fu tentata di ricorrere alla macchinetta, ma invece si limitò a pensare “inutili?!” Forse era vero, dal punto di vista del dottore. Era una mente estremamente razionale e logica. Da quando erano arrivati era riuscito a trasformare un televisore portatile e un mucchio di cavi in quello che aveva detto essere un microscopio elettronico. Aveva tirato su un vero e proprio laboratorio chimico usando prodotti per pulire, bottiglie di vetro e una caffettiera. L’unico strumento che aveva a propria disposizione era quella che sembrava essere una piccola torcia che aveva chiamato “cacciavite sonico”. Si illuminava di luce verde quando lo utilizzava, ma si vedeva che era vecchio e malfunzionante, accendendosi solo dopo aver insistito diverse volte. Charan non aveva assolutamente capito a cosa stesse lavorando. Il dottore le aveva detto che loro tre erano troppo pochi, ma che se lei e Kalilla avessero trovato altre persone, poteva fare qualcosa.

«CHE COSA?» Aveva gracchiato la macchinetta alla sua gola

«Una chance di combattere!»

I due discussero sul da farsi, concordando presto che si sarebbero dovuti mettere in marcia il prima possibile. Con un po’ di fortuna, avrebbero raggiunto le coordinate in due giorni di cammino, attraversando la foresta di funghi, che avrebbe dato loro copertura, fino ad arrivare al fiume. Probabilmente avrebbero dovuto guadarlo, i Dalek avevano sicuramente distrutto tutti i ponti. In ogni caso, ne avrebbero riparlato con Kalilla quando fosse tornata. Finita quella breve conversazione, il dottore tornò a immergersi nel proprio lavoro, concentrato come al solito fino al punto di perdere il contatto con la realtà. Un altro dei suoi comportamenti alieni. All’inizio Charan era scettica quando le aveva rivelato di non essere di Rea, ma in effetti i suoi comportamenti erano molto strani e il suo aspetto solo vagamente reano. Non aveva capelli purpurei o verdi e quello che era successo alla sua faccia, che Charan aveva attribuito all’esplosione che l’aveva ferita, il dottore aveva spiegato essere solo l’effetto dell’età che avanzava. A quanto pareva era molto comune nell’universo “invecchiare”, un processo in cui le cellule accumulano errori di duplicazione, dando un aspetto grinzoso e progressiva debilitazione fisica. La sua razza, invece, non invecchiava: le cellule avevano la stessa complicazione, ma il loro sistema immunitario attaccava immediatamente quelle diverse, uccidendole. Quando gli errori diventavano predominanti, la persona moriva, solitamente nel sonno, ma mantenendo l’aspetto che aveva dalla sua maturità. Infatti il dottore aveva supposto che Charan e Kalilla fossero coetanee all’incirca, mentre lei aveva 32 anni e Kalilla quasi 60. Le stelle dovevano essere piene di mondi così diversi. Come doveva essere crudele il destino, per far sì che i primi alieni che avevano incontrato fossero esseri come i Dalek?! Beh, e il dottore, naturalmente.

Charan restò a osservare il dottore lavorare ancora qualche minuto, dopodiché decise che era ora di preparare la cena. Così si alzò facendo mente locale di come riempire lo stomaco dei suoi compagni di sventura razionando il cibo per i giorni. Aprì la porta e si trovò di fronte Kalilla, che stava entrando con un fagotto sotto al braccio ferito. Charan era così contenta di darle la notizia che non le importò di doverlo fare con la voce di un Dalek

«KALILLA-FON, QUALCUNO CI HA RISPOSTO! ABBIAMO LE COORDINATE DI UN RIFUGIO!»

«Ma è fantastico! Quindi non moriremo di fame qui!» rispose con un sorriso grintoso

«CHE COSA HAI LÌ?» Chiese Charan ricambiando il sorriso

Kalilla ruotò la spalla indietro, frapponendo un poco il proprio corpo tra la ragazza e il fagotto

«Cose che ho recuperato per il dottore. Scienza e cose così.» Aveva un tono evasivo

Charan si limitò a lanciarle un’occhiata interrogativa, ma uscì dalla stanza quando Kalilla le cedette il passo. Lanciò un’ultima occhiata al fagotto: non sembrava pieno di ferraglie, soprattutto per via dell’odore pungente.

Due giorni dopo erano pronti alla partenza. Il Dottore si era di nuovo sistemato sopra il pezzo di Dalek, ma questa volta non avrebbe potuto portare Charan, Kalilla e i bambini con sé. Avrebbero dovuto camminare, occasionalmente i due bambini, Cuppa e Armis, avrebbero potuto riposarsi salendo. Avevano discusso se lasciarli nel rifugio e tornare a prenderli in un secondo momento, ma le provviste non sarebbero bastate loro a lungo, specie considerando di poter fare poco affidamento sulla loro capacità di razionarle. Il vero motivo, però, era che ricordavano a Charan perché stavano affrontando tutto questo, per poter dare loro un mondo dove crescere. Kalilla forse la pensava diversamente: per lei andare avanti era una questione di vendetta. Aveva perso tutta la sua famiglia negli stermini dei primi giorni e ora tutto quello che desiderava era vedere quanti più Dalek possibile ridotti in cenere. Questo significava che ci teneva davvero a portare il dottore al rifugio, ma anche che Charan non era sicura avrebbe difeso i bambini: stava a lei assicurarsi che arrivassero sani e salvi.

Partirono al tramonto, con il favore delle tenebre. Era difficile avanzare, ma Kalilla conosceva bene il territorio, ormai. Inoltre il dottore aveva riciclato un’altra parte del Dalek distrutto: il suo occhio. Tagliato e saldato alla buona con un supporto, era regolato per poter essere calato sull’occhio sano di Kalilla. Questo le permetteva di vedere nell’infrarosso, in modo che l’oscurità non fosse un problema, ma fungeva anche da cannocchiale, per quanto dovesse regolarlo manualmente per far questo. Al fianco sinistro portava invece un rotolo rigido, forse di cuoio, aperto in cima. Charan non aveva idea di cosa ci fosse lì dentro, ma soprattutto perché l’avesse fissato nel lato più difficile da raggiungere. Dopo ore di marcia, raggiunsero la foresta di funghi. Nei suoi studi di botanica, Charan aveva imparato che le foreste di funghi si generano sopra normali foreste di alberi, su cui i funghi si propagano come un’infestazione. Dilagano praticamente a vista d’occhio come uno strato turchino che copre il legno, ma a discapito di quanto si potesse immaginare, non uccide la pianta. Nonostante le foglie venissero coperte di funghi, questo avveniva in modo tale che l’albero fosse comunque in grado di respirare e avere luce per fare la fotosintesi. Questo rapporto simbiotico dava un terreno fertile per il fungo, che in cambio rendeva non solo un singolo albero, ma tutta la foresta incredibilmente resistente: non solo proteggeva le piante da malattie – al punto che due pianti distanti tra loro mostravano resistenza allo stesso patogeno, finché i funghi fossero arrivati a connettere le loro radici – ma erano anche il motivo per cui i Dalek non avevano raso al suolo quel luogo. Le foreste di funghi non sono infatti sensibili al fuoco, tendendo a spegnersi. Per contro il fungo richiedeva immense quantità di acqua, quindi poteva avvenire solo in luoghi dove l’umidità era costantemente alta, con precipitazioni frequenti e vicino a un corso d’acqua. Per quanto tecnicamente commestibile, il fungo non era una buona fonte di cibo, con scarse proprietà nutritive e con una consistenza simile alla gomma e un odore fetido.

Quello che invece aveva da offrire la foresta era riparo: non solo i funghi si sviluppavano in membrane da ramo a ramo, riflettendo parte della luce verso le foglie, rendendo impossibile vedere il cielo e quindi il suolo dall’alto, ma l’irregolarità con cui cresceva sui tronchi dava origine a escrescenze cave dette nicchie fungine. Sarebbe stato facile sfruttarle come nascondiglio temporaneo, in caso avessero incontrato dei nemici. Un’ora dopo che avevano cominciato ad attraversare la foresta, Armis non ce la faceva più. La bambina, di appena 5 anni, era stata molto coraggiosa e obbediente, ma ora la stanchezza stava avendo la meglio su di lei. Non solo avevano camminato per ore, ma non avevano nemmeno potuto dormire, quella notte e Charan temeva che, nonostante il proprio impegno, cominciasse a mostrare segni di malnutrizione. Così la prese in braccio, stringendola a sé. La bambina si addormentò quasi all’istante, appoggiando la testa contro la spalla di Charan. Non era molto pesante, ma già dopo una decina di minuti cominciò a notare la differenza: non le importava, quel contatto con una bambina addormentata le dava la forza di un istinto protettivo che non sapeva di avere. Cuppa era invece determinato a fare la sua parte. Nonostante non avesse ancora dieci anni, ce la stava mettendo tutta non solo per restare sveglio, ma per essere vigile e guardare costantemente il circondario, mentre Kalilla faceva ovviamente da battipista. Il vantaggio offerto dal visore Dalek era limitato, adesso: la donna si era lamentata che la lieve bioluminescenza dei funghi – che stava aiutando tutti loro a non perdersi nell’oscurità – interferiva pesantemente con i sensori, dando una sovraesposizione che le faceva apparire quasi tutto bianco. Il dottore le ordinò di controllarlo comunque periodicamente, perché per quanto non le facesse distinguere i singoli alberi, un Dalek sarebbe subito saltato all’occhio come una macchia scura in mezzo al resto. Il pezzo di Dalek che montava il dottore sembrava non avere grossi problemi con il terreno accidentato, per quanto il dottore avesse espresso la preoccupazione che viaggiare levitando costantemente avrebbe prosciugato le batterie interne in un paio di giorni, perciò era imperativo che arrivassero al fiume nell’indomani. Questa era una preoccupazione: Charan e Kalilla avrebbero potuto trasportare i bambini, ma per quanto privo delle gambe, il dottore era più pesante. Sarebbe stato veramente difficile farlo arrivare sano e salvo, anche costruendo una barella, perché a quel punto la loro mobilità sarebbe stata compromessa.

Furono costretti a fermarsi poco prima dell’alba: la bioluminescenza dei funghi andava infatti a scemare a mano a mano che passava il tempo, perdendo l’energia luminosa accumulata durante il giorno. A quel punto Kalilla poteva vedere molto bene con il visore, ma gli altri sarebbero costantemente inciampati e andati a sbattere contro alberi. Charan non voleva ammetterlo, ma portare in braccio Armis le stava pesando moltissimo e fu anche per questo motivo che convinse gli altri a fermarsi a riposare qualche ora. Trovarono riparo in nicchie fungine a pochi metri l’uno dall’altro. Per spirito di avventura, Cuppa si arrampicò su una a un metro e mezzo da terra e sussurrò rivolto a Charan che era molto comoda. Charan pensò che probabilmente la membrana non avrebbe retto il peso di un adulto, ma era sufficientemente larga e sembrava abbastanza robusta per reggere entrambi i bambini, che sarebbero anche rimasti più al sicuro che dormendo sul terreno. Appoggiando la testa a un rigonfiamento elastico, Charan chiuse gli occhi e si addormentò.

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Capitolo 3
*** D A L E K parte 3 ***


Kalilla la svegliò scuotendole una spalla. Indossava il visore abbassato e si portò un dito alle labbra per indicarle di non fare rumore, chiaramente non pensando che Charan era muta. Invece indicò oltre l’albero in cui Charan e i bambini erano nascosti. Dapprima, Charan notò soltanto il dottore, che sbirciava oltre la grossa nicchia dentro cui era entrato con tutto il suo sistema di deambulazione. Poi vide qualcosa muoversi in mezzo alla boscaglia: un Dalek aveva appena attraversato lo spazio tra due alberi, seguito da altri due simili.

«Sono in tre» bisbigliò Kalilla.

Charan non poteva risponderle: non c’era modo di bisbigliare usando la macchinetta che le aveva costruito il dottore. Proprio questo fece un cenno alle due di avvicinarsi.

«Sono truppe da ricognizione. Sono più leggere rispetto a quelle di assalto, ma potrebbero ucciderci comunque in un attimo»

Kalilla gli rispose accennando al tubo di cuoio «a meno che non le faccia fuori prima io»
Il dottore la fissò un istante «Solo come ultima risorsa, è meglio che ci muoviamo senza farci vedere.»

Purtroppo in quel momento Armis si svegliò e, forse non riconoscendo dove si trovava, emise un piccolo gridolino.

«Non mi mangiare! Non mi mangiare!» Che avesse preso il fungo per lo stomaco di un mostro?

Cuppa fu svegliato dalla sorella e le tappò immediatamente la bocca, sussurrandole qualcosa. Purtroppo i Dalek avevano sentito e si stavano muovendo nella loro direzione

«PRESENZA UMANA RILEVATA! STERMINARE! STERMINARE!»

Charan si mosse sotto alla nicchia sospesa in cui avevano dormito i bambini, facendo segno loro si saltare, pronta a prenderli al volo. Quando si voltò vide che Kalilla aveva un’espressione sofferente e che aveva infilato il moncherino dentro al tubo di cuoio. Lo ritrasse, rivelandone il contenuto: era l’arma del Dalek che aveva ucciso la prima notte, agganciata tramite una tenaglia a tre denti al suo braccio. Il punto di contatto sanguinava e, considerando che una persona stoica come Kalilla stava facendo un’espressione simile, doveva essere incredibilmente doloroso. Il dottore fece un arco stretto con una mano, facendo segno di seguirlo e si avviò alla fuga.

«LA VEGETAZIONE LOCALE IMPEDISCE IL RILEVAMENTO NEMICO! ATTIVARE FUOCO COSTANTE!»

Charan, con ancora in braccio i bambini, vide un fascio di luce passare alle proprie spalle. Era un raggio sottile, che stava lentamente tagliando l’albero dove terminava, ma si muoveva verso di lei. L’avrebbe colpita, se un altro albero non si fosse trovato tra lei e il Dalek, e il laser non superava il tronco. Improvvisamente capì cosa stava per succedere e si fermò bruscamente: il raggio le riapparve davanti, continuando oltre nella sua corsa. Stavano usando un tipo di laser per tagliare la vegetazione e costringerli ad andare allo scoperto, a meno che non fossero morti nel disboscamento. Successero tante cose tutte in poco tempo: l’albero segato dal laser crollò, rallentato in parte dalla membrana fungina che aderiva ai rami degli altri alberi, ma si lacerò in fretta, riempiendo l’aria di spore illuminate dall’improvvisa luce del sole che ora faceva capolino. Nello spazio così creato, Charan vide Kalilla saltare allo scoperto brandendo la sua nuova arma e facendo fuoco contro un Dalek, che saltò in aria, per poi urlare di dolore cercando di riposizionare il braccio per fare di nuovo fuoco. Il verso di numerosi animali, riempì l’aria di “KYAAAH! KYAAAH!” e un turbinio di pelo si abbatté contro al Dalek che aveva fatto cadere l’albero.

Charan li riconobbe: erano tassi volanti, una specie non carnivora di quadrupedi roditori, in grado di planare con la membrana che congiungeva i loro arti. Erano tendenzialmente pacifici, ma protettivi con le loro tane e avevano capito che l’aggressione arrivava dal Dalek. Lo avevano letteralmente sommerso da capo a fondo, addentando il metallo e cercando di graffiarlo. Charan si chiese un istante se potessero veramente fargli qualcosa: i denti dei tassi volanti sono estremamente robusti, in grado di rosicchiare anche il metallo, perché passano tutta la vita a scavare nel legno rinforzato dal fungo. Ricordava di veicoli attaccati da loro, i cui denti avevano aperto squarci nella carrozzeria, abbastanza grandi da farci passare la testa. L’ultimo Dalek aveva deciso che fossero i tassi la minaccia più pressante e aveva cominciato ad aprire il fuoco su di loro, probabilmente a bassa intensità per non uccidere il compagno. Fu un errore: con un urlo gutturale Kalilla riuscì nuovamente a sparare, distruggendo anche il secondo Dalek. Quello attaccato dalla fauna locale, però, dichiarò

«ATTACCO IN CORSO! SCARICARE!»

La scarica elettrica emanata dall’alieno fulminò istantaneamente tutti i tassi, costringendoli per terra, alcuni morti sul colpo, altri in preda alle convulsioni. L’attacco non era stato completamente inefficace: l’occhio del Dalek, infatti, aveva riportato danni.

«VISIBILITÀ COMPROMESSA! SCANNER ATTIVATO!»

Il sottobosco si smosse per elettrostatica in un cerchio attorno al Dalek. Dal modo in cui si sollevò l’erba, Charan comprese che aveva rilevato la sagoma di Kalilla, nuovamente inerme, e si stava girando per attaccarla. Kalilla aveva appena le forze per sollevare la testa, i denti digrignati, aspettando il proprio destino.

«ASPETTA! GLI UMANI SONO STATI STERMINATI!»

Il Dalek si voltò in direzione della voce che aveva sentito. Non era un suo simile, ma Charan che stava usando l’apparecchio.

«GLI UMANI SONO STATI STERMINATI, QUELLO È SOLO UN CADAVERE!»

«NO, RISPOSTA BIOLOGICA POSITIVA, È ANCORA VIVO»

Charan stava finendo le idee, ma la paura accelerò il suo cervello

«LA RISPOSTA BIOLOGICA ARRIVA DALLA… VEGETAZIONE. LA MIA VISTA FUNZIONA, L’UMANA È MORTA»

Il Dalek tacque un istante

«IDENTIFICARE SETTORE DI APPARTENENZA»

Charan non aveva idea del significato della richiesta

«QUATTORDICI. QUATTORDICI… A?»

Kalilla era riuscita a puntare il cannone, ma invece di sparare aveva fatto un arco elettrico e qualche scintilla.

«SETTORE NON IDENTIFICATO! È UN INGANNO NEMICO! INGAGGIO DIRETTO!»

A quel punto il Dalek si aprì. Charan non aveva idea potesse farlo, ma l’armatura che lo copriva si aprì a metà, all’altezza della grata. La “testa” del Dalek si ritorse all’indietro, come il tappo di un barattolo, la grata sottostante si ritrasse e rivelò l’orrore al proprio interno. Sembrava quasi una creatura marina, un fascio di tentacoli che partivano da una pulsante massa tumorale, su cui spiccava un unico occhio che sprizzava odio. Charan era paralizzata dal terrore.

«Hai cercato di ingannarmi! Sarai sterminata! Sterminata!» Urlò con una voce meno meccanica e cavernosa, rauca quasi come…

Kalilla si fiondò sulla creatura dentro al Dalek, ruotando il braccio armato e conficcandolo contro di essa come fosse la punta di una lancia

«AAARGH!» Lamentò la creatura colpita all’occhio

«Muori! Muori! Muori! Devi MORIRE!» Gridò Kalilla, abbattendo l’arma Dalek contro l’essere ripetutamente. Al culmine della sua furia, il braccio cannone fece nuovamente fuoco a distanza zero, ma con una carica mostruosamente più potente delle precedenti. L’impulso scatenò un lampo di luce più forte di quella del sole, abbagliando Charan per un istante e scaraventando Kalilla in una parabola che venne fermata da un albero. Riprendendosi, Charan vide un cratere sul manto erboso e pochi resti carbonizzati del Dalek. Cercò con lo sguardo l’amica, trovandola accasciata ai piedi di un albero. Le passò il braccio sotto la testa, sorreggendola: la pupilla dell’unico occhio era dilatata e faticava a tenerlo aperto. Sarebbe entrata presto in impulso ormonale? No, sembrava che stesse a poco a poco perdendo le forze, invece di ritrovarle, eppure dal pallore sembrava essere in procinto di morire. A meno che… che quella furia di prima fosse già l’impulso? Ma allora forse… con la mano libera si sfilò lo zaino e rovistò tra le provviste, fino a trovare del miele. Non avendo altri strumenti, ci infilò un dito e lo cacciò in bocca alla donna, strofinando sotto la lingua. Il risultato fu molto rapido: le deboli convulsioni di Kalilla rallentarono fino a che non si fu calmata. Anche il respiro si regolarizzò e il colorito del suo volto tornò all’usuale ambra dorato. Per quando il dottore la raggiunse insieme ai bambini, Kalilla era quasi cosciente. Quando vide il dottore, infatti, gli disse

«Ehi, dottore, ha funzionato»

Il dottore si avvicinò ai resti dei tre Dalek

«Oh, sì. È impressionante! Le armi Dalek rispondono alle reazioni emotive, è il motivo per cui gridano “sterminare” quando attaccano, ma nello stato di impulso ormonale in cui la vostra razza entra prima di morire l’effetto è moltiplicato!»

Charan fu agghiacciata dall’aria bramosa che aveva assunto l’uomo ponderando quelle che avrebbero potuto essere le ultime azioni di Kalilla, al punto che non le importò di usare la macchinetta per parlare

«NO! NON È IMPRESSIONANTE, È ATROCE! È QUESTO IL TUO PIANO? VUOI USARE LA NOSTRA MORTE PER COMBATTERE I DALEK?!»

Il dottore girò su se stesso per guardarla, con un’aria severa, ma stranamente pomposa

«Che idiozia! Che valore avrebbe un’arma di questo tipo? Una che uccide un soldato ogni volta che fa fuoco! Certo che è impressionante, come potenza di fuoco, ma no, ho in mente qualcosa di molto più efficace…»

«È DISUMANO!»

«No. È una guerra. C’è stato un tempo in cui sarei stato d’accordo con te, ma poi ho capito che in una guerra devi fare una scelta sola: sopravvivere.»

Charan stava per rispondere, ma il sorriso spavaldo di Kalilla la distrasse. La aiutò a mettersi a sedere e tirò fuori la borraccia per farla bere a piccoli sorsi. Il dottore intanto rovistò tra i resti dei tre Dalek, cercando qualcosa che potesse utilizzare, ma commentò che ben poco era sopravvissuto all’attacco di Kalilla. Il problema era che le armi Dalek funzionano con energia biochimica: i Dalek ne hanno una quantità pressoché illimitata, ma per Kalilla era stato doloroso e quasi fatale, al punto da scatenarle l’impulso pre-morte. In ogni caso il dottore riuscì a ricaricare la base del Dalek che usava per muoversi e a recuperare un paio di altre componenti, ma nessun’arma utile, a meno di voler utilizzare una ventosa per picchiare a morte qualcuno. Valutarono di riciclare un’altra base, magari per portare i bambini, ma il dottore fece notare che ci avrebbe messo diverse ore e che sarebbero potuti arrivare rinforzi non vedendo tornare la ricognizione. Quindi consumarono qualche provvista rapidamente e, una volta assicuratisi che Kalilla fosse in condizioni di camminare – il fatto che non avesse perso conoscenza dopo l’impulso com’era successo a Charan testimoniava quanto fosse tosta – ripresero il cammino.

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Capitolo 4
*** D A L E K parte 4, fine ***


Quando fu quasi il tramonto arrivarono al fiume. Come avevano temuto, l’unico ponte nel circondario era stato distrutto. Quel che era peggio, potevano vedere pattuglie di Dalek volare in cielo, scandagliando la zona per sopravvissuti. Fecero un rapido punto della situazione: il dottore poteva attraversare il fiume con una certa rapidità, grazie al proprio mezzo di trasporto, ma per gli altri sarebbe stato difficile. Potevano cercare di guadarlo, ma sarebbero diventati bersagli scoperti se i Dalek li avessero visti. Così decisero che avrebbero fatto tre giri: il dottore avrebbe portato al di là del fiume Kalilla, poi sarebbe tornato indietro per i bambini e infine avrebbe recuperato Charan. Kalilla scrutò il cielo con il visore, per poi dare il via libera: il dottore partì più velocemente che il suo mezzo potesse andare. Attraversò il fiume senza imprevisti e fece per tornare indietro. Aveva solo pochi metri, ma Kalilla scrutò il cielo e gridò

«Aspetta! C’è un’altra pattuglia!»

La terra attorno al dottore esplose di luci e fiamme! Un raggio colpì in pieno il dottore, ma si schiantò come contro una barriera invisibile, lasciando Charan stupefatta che avesse un simile asso nella manica, ma anche stranita che non l’avesse mai rivelato. Kalilla saltò fuori brandendo la propria arma

«Presto! Prendi gli altri! Vi copro io!»

Cominciò ad aprire il fuoco all’impazzata: Charan sapeva che non sarebbe sopravvissuta nuovamente, specie usandola in quel modo! Il dottore si stava muovendo verso di lei, ma era troppo lento e nuovi Dalek si stavano avvicinando

«PRESENZA NEMICA RILEVATA! STERMINARE! STERMINARE!»

Charan strinse saldamente a sé i bambini, abbandonando lo zaino e si mise a correre dentro l’acqua del fiume: avrebbe potuto guadagnare solo qualche metro, ma avrebbe potuto fare la differenza tra vita e morte! Sopra il rumore dell’acqua tutto attorno a lei e alle grida di guerra Dalek sentiva le urla inconsulte di Kalilla: era già in impulso ormonale, ma era il secondo nell’arco di poche ore e sapeva che sarebbe durato poco. Nonostante questo il dottore si faceva sempre più vicino, sempre più vicino e… mettendo un piede in fallo si ritrovò ad annaspare, reggendosi con i piedi contro una roccia trovata all’ultimo secondo, cercando di resistere alla corrente del fiume con muscoli che non sapeva di avere, sentendo la tensione addominale e sul costato. Il dottore arrivò, levitando sopra di lei e sporgendosi oltre al bordo del proprio veicolo

«I bambini! Dammi i bambini!»

Riuscendo a non perdere l’equilibrio per miracolo, Charan passò Armis alla mano tesa del dottore, che la sollevò a bordo, per poi afferrare anche Cuppa. Dopodiché, con orrore di Charan, si voltò semplicemente: la stava abbandonando lì! Con un colpo di reni si lanciò in direzione del dottore, afferrando la base: la mano sinistra sgusciò contro il metallo, ma la destra trovò un graffio che usò come appiglio! Pochi millimetri di unghie la stavano trascinando verso la salvezza e sarebbe senza dubbio scivolata, se non fosse riuscita a rinsaldare la presa con l’altra mano. Non mollò nemmeno quando fu quasi sull’altra sponda e le pietre cominciarono a graffiarle il ventre scoperto, ma intanto Kalilla stava dando tutta se stessa e l’arma esplose un colpo di proporzioni colossali, come quello che le aveva già visto lanciare, ma questo era rivolto verso il cielo, non verso il terreno! Un fascio di luce azzurra attraversò una pattuglia Dalek, che gridarono mentre venivano abbattuti, trascinandone altri nell’esplosione e proprio uno di questi precipitò addosso al dottore. L’impatto scosse il mondo intero, dal punto di vista di Charan, che non distingueva più dove fossero alto e basso, sentiva solo una sensazione di calore. Quando si riprese, la prima cosa che vide fu Kalilla: era ancora in piedi, ma aveva l’aspetto di un fantasma. Il colore aveva abbandonato il suo volto, le labbra si erano spaccate e le occhiaie aderivano alle orbite. Avrebbe giurato che pure l’energica muscolatura della donna si fosse prosciugata in quell’ultimo sforzo, lasciandola come una mummia rinsecchita. Kalilla riuscì a rivolgerle un ultimo sguardo, per poi crollare di schianto per terra. Charan balzò ad aiutarla, ma fu fermata da uno strattone: il Dalek abbattuto dall’esplosione giaceva accanto a lei, schiacciandole il braccio. In preda al panico cercò di strattonarlo via, ma l’unico risultato fu una fitta immensa di dolore: sicuramente era rotto. Si guardò attorno per cercare aiuto: il veicolo del dottore era ribaltato e i bambini sembravano privi di sensi. Come se non bastasse, in lontananza vedeva arrivare rinforzi Dalek.

Così fece l’unica cosa possibile: raccolse una scheggia di metallo atterrata vicino a lei, strinse i denti e con la forza della disperazione infierì sul proprio avambraccio. Una! Due! Tre volte! Finché non fu in grado di tagliarselo di netto e non fu libera. Il panico annebbiava il senso del dolore, ma era davvero duro da sopportare. Stringendosi il moncherino arrivò da Kalilla, confermando il proprio timore: morta. Guardò di nuovo in cielo per vedere quanto tempo avesse a disposizione, ma i Dalek erano quasi arrivati, ma un rumorino monotono e ripetitivo attirò di nuovo l’attenzione verso il basso: era il cacciavite sonico del dottore, che liberava il moncherino di Kalilla dalla morsa del fucile Dalek.

«Tu vuoi salvare i bambini, vero?»

Charan, incapace di rispondere, si limitò ad annuire solennemente e gli porse il braccio monco. Il dottore le calzò addosso l’arma, ma la trattenne mentre lei gemeva dal dolore. Invece di lasciarla andare, tirò fuori una siringa con l’altra mano e le iniettò qualcosa nel braccio

«Allora è il momento del test finale. Questo ti aiuterà parecchio!»

Nonostante non avesse ancora sparato un colpo e fosse ben lontana dal morire, Charan sentì l’impulso ormonale farsi strada per la terza volta nella sua vita, ma questa volta era diverso, più graduale. Sollevò il dottore, che aveva dovuto abbandonare il proprio veicolo e strisciare fino lì e lo portò al mezzo di trasporto, gemendo mentre lo raddrizzava. Vi ci poggiò sopra il dottore e gli consegnò i bambini.

«Bene. Molto bene. Adesso va’ e STERMINA i tuoi nemici! Vai!»

Era… giusto? Lei non lo faceva per questo! Ma i Dalek stavano arrivando. Erano lì. I Dalek le avevano portato via tutto. Non si rese conto di aver messo mano al sintetizzatore vocale

«I DALEK SONO NEMICI! I DALEK SARANNO STERMINATI! STERMINATI!!!»

L’impulso ormonale continuava a crescere invece di scemare. Nelle sue vene scorreva metallo liquido, lava incandescente, che riversava in vero e proprio plasma al di fuori della propria arma! Un lampo a squarciare il cielo e con versi di morte cinque Dalek in meno infestavano il suo pianeta! Altri stavano arrivando a prendere il loro posto, ma un’altra lama di luce li squarciò facendoli esplodere. Era come se avessero piantato mine in giro per il cielo, fuochi di artificio calibrati male e urla di morte! Sterminare! STERMINARE! La rabbia cresceva e cresceva! SCHIFOSI PARASSITI! Dovevano finire in pezzi! Sterminare! STERMINARE! A morte! Morte!
L’impulso ormonale non sarebbe finito, questa volta. Charan avrebbe combattuto fino all’ultimo Dalek, attirandoli lontano dal dottore e dai bambini, che avrebbero presto raggiunto il rifugio. Con l’ultimo barlume della coscienza, Charan tornò alla prima conversazione che aveva fatto con il dottore

«Hai detto Sarah Jane?!»

«CHARAN. CHARAN-JANI»

«Ma certo. Scusa, mi ricordi una mia vecchia amica. Io sono il dottore»

«DOTTORE CHI?»

«Dottor…»

Buio.
 
EPILOGO
 
Kempalk ascoltava attentamente i resoconti del dottore, per poi interromperlo e andare al sodo

«Insomma, quest’arma può combinare l’impulso ormonale reano con la tecnologia Dalek e creare soldati in grado di distruggerli?»

«Oh, può fare ben più di questo! L’impulso ormonale è una splendida arma naturale, ma è limitato dall’utilizzo dell’energia vitale di chi lo usa! Se questi avesse il supporto vitale di un Dalek, sarebbe un’arma inarrestabile! Potrebbe spazzare via qualunque nemico, non solo i Dalek!»

Kempalk allargò i palmi delle mani

«Aspetta. Fermati. Stai dicendo che tu prendi un reano e in pratica lo metti dentro a un Dalek, dove può prolungare l’impulso ormonale a oltranza?»

«Non esattamente. Un reano qualsiasi ha meno energia vitale di suo. Idealmente, quello che serve è un bambino»

Quelle parole fecero scattare in piedi Kempalk, oltraggiato

«Ma è terribile! No! Già diventare Dalek per combattere i Dalek sarebbe disumano, ma tu mi stai chiedendo di trasformare in armi dei bambini?!»

Il dottore fece oscillare la testa, per poi fissare Kempalk con l’occhio artificiale, ora ricostruito e funzionante

«No. Non te lo sto chiedendo. Ti sto spiegando che cosa ho fatto: ho creato una nuova razza di Dalek! e ora mi riprenderanno con loro, accettando i loro fratelli, o saranno STERMINATI!»

Quello era il segnale e Cuppa fece fuoco, distruggendo il muro davanti a se e Kempalk-datih poco oltre, per poi avanzare nella stanza. Ruotò il proprio visore a guardare il dottore, in attesa di altri ordini.

«Prendi tua sorella e i tuoi nuovi fratelli. È tempo di ricongiungerci alle forze di Skaro, è tempo di tornare al posto che mi spetta!»

«SÌ, DOTTORE!»

Il dottore fece un debole risolino

«Basta con questo giochino. Il Dottore è morto tanto tempo fa e ne ho avuto abbastanza della nostalgia. Chiamami con il mio nome!»

«SÌ, PADRE! SÌ, DAVROS!»
 




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