Passato e presente si intrecciano con nastri spezzati

di Duchessa712
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Songs ***
Capitolo 2: *** Jealousy ***
Capitolo 3: *** Lost love ***
Capitolo 4: *** Hate ***
Capitolo 5: *** Promise ***
Capitolo 6: *** Their crime ***
Capitolo 7: *** The end ***
Capitolo 8: *** And everything is the same ***
Capitolo 9: *** Lady Violet ***
Capitolo 10: *** Betrayal ***
Capitolo 11: *** The beginning ***
Capitolo 12: *** All is lost ***
Capitolo 13: *** Patience ***
Capitolo 14: *** Errors ***
Capitolo 15: *** Ghosts ***
Capitolo 16: *** Lingering death ***
Capitolo 17: *** Succession ***
Capitolo 18: *** Playing ***
Capitolo 19: *** A new era ***
Capitolo 20: *** Wrongness ***
Capitolo 21: *** War ***
Capitolo 22: *** Friendship at last ***
Capitolo 23: *** On the battlefield ***
Capitolo 24: *** Goodbyes ***
Capitolo 25: *** Maddnes ***
Capitolo 26: *** Desperate times ***
Capitolo 27: *** Desperate measures ***
Capitolo 28: *** Final act ***
Capitolo 29: *** Last words ***



Capitolo 1
*** Songs ***


Document A dieci anni Rickon è un bambino impetuoso, che mette il suo cuore in tutto quello che fa, anche nell'amore, soprattutto nell'amore.
Per questo né i suoi genitori né i suoi zii si preoccupano quando lo vedono danzare al buio, illuminato solo dalla luna, con Shireen, la persona che adora sopra a tutti quanti.
Shireen è dolce e viziata, vuole tutto e il momento dopo il suo contrario, ma è talmente adorabile che la maggior parte delle volte i suoi capricci vengono soddisfatti. Vuole Rickon sopra ogni altra cosa, per sempre, per un'ora, un giorno, una vita. Vuole Rickon e una corona di rose messale sul capo da lui, come fece Rhargar con Lyanna. Vorrebbe anche una guerra, Shireen, se conoscesse tutta la storia.
Rickon le dà corda, la chiama mia Regina e mia signora, si professa il suo più fidato servitore, il suo più fedele cavaliere. Non importa che è il futuro Re del Nord, per lei sarebbe disposto a rinunciare alla corona, e glielo sussurra di notte, quando sono accoccolati nello stesso letto a guardare le stelle, nel segreto della sera che protegge i segreti e gli inganni. Glielo sussurra tra i capelli scuri mentre le bacia le palpebre, mentre le racconta di Rhaegar e Lyanna e dello scandalo. Mai delle vite perdute però, mai del sangue versato, perché Shireen è una bambina e le bambine sono facilmente impressionabili. Per farla addormentare le canta di Jenny e dei suoi fantasmi, di quelli amati, di quelli dimenticati.
Le racconta, sottovoce però, perché questa è una storia proibita, perché racconta di un peccato terribile, di due fratelli che si amavano di un amore proibito, di un amore sbagliato,che sono nati e morti insieme, e si sono amati, sempre e comunque e per tutta la vita.
Shireen lo ascolta attenta con gli occhi pieni di sonno, le braccia che si stringono contro la sua vita, il cuore che batte euforico per la sua vicinanza.
Ha cinque anni, Shireen, e crede nelle favole e nei cavalieri e nel vero amore.
-Anche noi ci sposeremo?- chiede con la mente già persa nel sonno.
-Naturale-.
Una promessa che si perderà nella luce del mattino.

-Raccontami ancora del Principe Rhaegar-, perché sono alla luce del sole e Cersei e Jaime sono troppo sospetti, un argomento adatto all'oscurità della notte, che va sussurrato con meraviglia e timore. Rhaegar e Lyanna sono altrettanto pericolosi ma sono più innoqui, sono più semplici, più lineari. Hanno peccato anche loro ma non tanto quanto i Leoni. Possono essere scusati, più o meno, se non fosse per la guerra che è seguita, che ha portato a millioni di perdite.
-Te l'ho già raccontata abbastanza volte-
-E io la voglio sentire ancora-.
È adorabile, Shireen, che ha il viso degli Stark, di sua madre, e le movenze e le espressioni di Sansa quando ancora era bambina, prima che Cersei e Petyr ne facessero la giocatrice migliore, la rendessero adatta a vincere e sopravvivere.
Rickon sbuffa, ma la prende in braccio e racconta ancora di quel torneo che segnò il vero e proprio inizio di una guerra, di una corona donata alla persona sbagliata, di una guerra scoppiata per l'amore di una donna.
-Tu lo faresti? -
-Cosa? -
-Andresti in guerra per me? -
-Certo, mia Signora-. Le bacia la mano e i capelli, poi corrono a giocare, stanchi di impersonare adulti che non sono, dimentichi di promesse che non andrebbero prese così alla leggera.
Non si accorgono, nella loro corsa per il castello, di Irene che li guarda preoccupata, una ruga quasi impercettibile tra le sopracciglia, le mani che stringono il vestito azzurro.
"Nessuno credeva veramente alla relazione tra i due gemelli, ma a volte bastano i sospetti mio amore. Raramente si cercano le prove, meno volte ancora si cercano i veri colpevoli. Ricordati Myrcella, Irene".
Le parole di sua madre, una delle lezioni imparate durante conversazioni improbabili, le serrano la gola e rendono la corona d'argento un peso insostenibile. Scaccia quei pensieri infastidita, ma l'angoscia continua a mangiarle il cuore e le viscere.

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Capitolo 2
*** Jealousy ***


Document I bambini crescono insieme al suo ventre. Sono intraprendenti, sempre insieme, sempre più legati. Li trovano sempre più spesso nello stesso letto, l'uno tra le braccia dell'altra, ed è un miracolo che nessuno parli, che i sussurri che infestano i corridoi di Grande Inverno riguardino le solite questioni di sempre.
Non può durare. Glielo dicono le occhiate preoccupate di Catelyn, le rughe intorno agli occhi e alle labbra di Brandon, il modo in cui Eddard scruta tutti i presenti in una stanza, quasi a sfidarli a dire qualcosa su sua figlia e il Principe.
Non può durare ma non si può fare nulla perché quei due hanno creato un mondo in cui ci sono solo loro fino a che il mondo sono diventati solo loro, e la prima volta che varcheranno la sottile linea tra ciò che è accettato e lo scandalo le conseguenze saranno pesanti per tutti.
Accade la sera in cui mette al mondo il suo secondo figlio, un bambino che è la copia di suo padre, ha i suoi colori e la sua tranquillità, qualità indispensabile in un secondogenito che non può aspirare al trono. Rickon è nella stanza di Shireen e trema, perché le grida di sua madre gli fanno paura, gli fanno venir voglia di coprirsi le orecchie e gridare più forte.
Lei lo guarda e cerca di distrarlo con storie futili e prive di significato, con le ballate che sanno tutti e parlano di tutto e niente. Poi gli sfiora le labbra con un bacio e lui ricambia. Perché ha paura, perché è preoccupato, perché a Shireen vuole bene ed è l'unica che può capirlo, in quel momento, perché Catelyn ha avuto un bambino nato morto, una bambina che voleva chiamare Sansa, come la Regina, la zia che le aveva insegnato ad essere se stessa. Semplicemente perché gli va, perché di notte si scambiano promesse che di giorno sono sbiadite e già vecchie.
-Ti amerò per sempre-.

Si chiama Benjen, il Principe d'inverno, come il fratello meno famoso dell'ultimo Protettore del Nord e dell'amata del Principe Drago. Benjen che ha passato la vita a servire una casa a cui non è più tornato, eterno esiliato nella terra straniera oltre la Barriera, morto senza esserlo davvero, sacrificio necessario in una guerra voluta per dispetto.
Benjen che Rickon prende in braccio e Shireen guarda con gelosia, perché è giorno e di giorno le promesse non valgono. Di giorno ci sono solo i sogni e storie che sono più fantasia che realtà, perse nel tempo e nella leggenda, agghindate dai cantastorie per renderle più piacevoli. Di giorno ci sono Irene e Catelyn che li tengono d'occhio, li scrutano, li studiano, li ancorano al pavimento, vietano gli abbracci e condannano i baci. Di giorno ci sono Brandon e Eddard che li tengono separati, uno in biblioteca e l'altra a cavalcare.
Di giorno c'è il sole, che a Shireen fa venire il mal di testa, lei che è qualcosa di più di un lupo, che ama la notte, le stelle, il silenzio che non giudica e non sputa sentenze.
Di giorno c'è Rickon che tiene in braccio il fratellino appena nato, non ha occhi che per lui, lo mostra orgoglioso alla balia e alle serve, ai Lord che vengono in visita a congratularsi, a Tyrion Lannister che fa le veci del Re sempre più stanco e sempre più assente. Tyrion che è più attratto dalla bambina che da qualsiasi altra cosa, che è invecchiato e non ha lasciato eredi, l'ultimo Lannister a possedere l'Ovest e Castel Granito. Shireen ricambia lo sguardo, inclina la testa e lo invita a commentare, ad attirare l'attenzione sulla sua gelosia e la sua rabbia. Tyrion tace ma c'è un nodo che gli serra la gola e gli stringe lo stomaco, gli mostra immagini di un passato sbiadito, i suoi fratelli che rifulgevano d'oro, che erano uno il mondo dell'altro finché non avevano voluto di più, finché l'un l'altra non era più stato sufficiente ma il da solo era ancora più inconcepibile.
Non c'è l'odio di Cersei negli occhi della piccola Lady, ma la gentilezza calcolata di Sansa, un'ombra che rischia di oscurare anche il sole.
C'è la dolcezza incauta di Jaime nei sorrisi di Rickon, che elargisce attenzioni alla persona sbagliata, che prende la mano della bambina e la porta in un angolo, le sussurra qualcosa e l'ombra sparisce.
C'è un bagliore dorato che li avvolge, l'amore maledetto dei fratelli Lannister, la storia che è destinata a ripetersi. La Regina lo sa. Li guarda pensierosa e preoccupata, il cuore colmo di rammarico per la decisione che si trova costretta a prendere.

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Capitolo 3
*** Lost love ***


Separati. Sempre. Niente più abbracci, niente più baci, niente più favole. Ognuno nei propri letti, la notte odiosa quanto il giorno.
Rickon ha pestato i piedi e urlato fino a rimanere senza fiato. Shireen ha pianto e ha supplicato.
Erano l'immagine della disperazione.
Sono stati inamovibili.
Shireen ha aspettato, in piedi davanti a quegli adulti che pensano di poter controllare le loro vite, che Rickon gridasse una delle promesse che le fa di notte, quando sono nello stesse letto, prigionieri dello stesso incantesimo.
È giorno e di giorno le promesse non valgono. E forse è questo che le ha spezzato il cuore, forse il fatto che è uscito sbattendo la porta, pieno di rabbia e forse di odio, mentre lei non ha potuto seguirlo perché sua madre, Catelyn che ha il sangue del lupo ma ha imparato a piegarsi alle convenienze quando è necessario, l'ha trattenuta per un braccio.
Ha ringhiato e mostrato i denti, feroce come la belva sul loro stemma, ma non serve a nulla, perché è una bambina, perché ha sei anni, perché loro sono gli adulti e sono loro a sapere cosa è giusto.

Rickon corre fino a trovarsi nel Parco degli Dei, sotto gli alberi dove gli uomini del Nord si giurano amore eterno durante i matrimoni, sotto cui, in quel momento, sta seduto Tyrion Lannister, immerso in pensieri non abbastanza profondi da non fargli notare l'agitazione del ragazzino. -Altezza-. Il bambino lo guarda e ricambia il saluto, cercando una scusa per andarsene, per pensare ad altro che non sia il tradimento appena inferto a Shireen.
-Se vuoi stare da solo me ne vado-. Gli viene in aiuto Tyrion, gli occhi di colori diversi che sembrano leggergli l'anima.
-No, sei venuto prima tu. Sono stato io a disturbarti- poi, un po' perché è curioso, un po' perché vuole scordare, almeno un momento, la situazione in cui si trova, azzarda una conversazione che potrebbe non portare da nessuna parte.
-A cosa pensavi? -. Il Folletto lo guarda a lungo prima di rispondere, quasi ponderasse le parole. - A Sansa-
-Mia nonna? -
-Si, tua nonna-.
Non è così strano, riflette Rickon. Sono stati sposati, ma da quel che sa non è mai stato un vero matrimonio, e dopo che lei era fuggita da Approdo del Re non avevano più avuto molto modo di interagire.
Tyrion sorride dei suoi dubbi, un sorriso amaro, di chi è rimasto l'unico depositario di una verità dal valore inestimabile.
-So cosa stai pensando, e hai ragione. Eravamo due estranei, agli occhi di tutti e ai quelli dell'altro. L'ho sposata quando era una bambina, per avere Grande Inverno, che all'epoca era un luogo ambito da molti. Arya Stark era dispersa chissà dove e Sansa, per citare mio padre, era "la chiave del Nord". Per tutto il periodo del nostro matrimonio mi ha odiato. Perché ero un Lannister, perché la mia famiglia ha ucciso la sua, perché non ero il Cavaliere affascinante che aveva in mente-.
"Di notte, quando le candele si spengono, divento come il Cavaliere di Fiori".
-Non ci siamo visti per anni e quando lo abbiamo fatto ci siamo ritrovati ai lati opposti del campo di battaglia e lei non era più la bambina spaventata che chiamavo moglie. Era una donna, una Regina di fatto se non di nome-.
Si interrompe e Rickon non osa turbare il silenzio che si è creato. Perfino il vento ha smesso di soffiare, quasi ascoltasse anche lui la storia di un legame che non era amore e nemmeno amicizia.
-La rispettavo e lei rispettava me, o almeno lo faceva prima di venire a sapere delle mie sciocchezze compiute una dietro l'altra. Però era una donna meravigliosa e non nego che, quando ho saputo della sua morte, ne sono rimasto rattristato-.
Si alza sulle gambe storte, il corpo incurvato dagli anni e dagli errori, e si inchina al Principe che sembra avere tanto a cui pensare.
Mentre se ne va si chiede perché, fra tutto quanto, si sia tenuto per sé la parte più dolce e malinconica della storia, la possibilità che non si sono concessi.
"Saremmo dovuti rimanere sposati"
"Sei stato il migliore dei miei mariti".
La parte che ha spezzato più di un cuore.
La parte che, forse, gli ha fatto aprire gli occhi. Quando la Lady di Grande Inverno, altezzosa come Cersei e fiera come sua madre, gli aveva fatto notare come il problema, a lungo andare, sarebbero stati lui e la sua lealtà perennemente divisa.
Una volta morta Daenerys non aveva avuto il coraggio di guardarla in faccia, e quando lei aveva chiesto di assicurarsi che il loro matrimonio fosse annullato, non ha potuto fare a meno di accontentarla.

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Capitolo 4
*** Hate ***


Quando il Folletto se ne va, lo fa con il cuore gonfio di paura e tristezza, perché non si può impedire l'inevitabile, perché negli occhi di quei due bambini c'è una luce spezzata che continua a brillare, perché ha imparato che la storia è destinata a ripetersi.
Non è su di loro, però, che concentra l'attenzione, quanto su Arya Stark, coi capelli bianchi e la spada al fianco, sicuramente letale come lo era da giovane.
Si scambiano solo un cenno, nessuna parole tra loro due, perché non ci sono conti in sospeso, perché non c'è un amore perduto. Sono stati alleati, per un po', sconosciuti per la maggior parte del tempo.
-Arya Stark- perché non è una Lady e considerarla tale sarebbe un'offesa a tutto ciò che ha conquistato.
-Primo Cavaliere-.
Mentre sale sulla carrozza non si volta, perché non è capace di vedere l'ombra dei suoi fratelli su due bambini innocenti.

Benjen dorme sereno nella culla, ignaro della gelosia di Shireen, che lo guarda con odio e trema di rabbia, stringe i pugni per non colpirlo, per non strozzarlo, preda di una gelosia che sa essere sbagliata.
Si avvicina guardinga alla culla e si sporge. Il bambino ha i capelli scuri e sottili, un piccolo sorriso ad adornargli il volto, il petto che si alza e si abbassa ad ogni respiro.
Sente qualcuno sfiorarle il polso, il fantasma di un tocco che conosce, dolce e incerto, e prima di poter ragionare lucidamente si trova stretta fra lui e la culla, la voce calda che sussurra due parole che significano il mondo, perché è giorno, e le promesse che si fanno di giorno sono pericolose, ma reali.
-Mi dispiace-. Annuisce e gli regala un altro bacio. A entrambi sembra di tornare a respirare dopo essere stati troppo a lungo sott'acqua.

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Capitolo 5
*** Promise ***


Diventano bravi a nascondersi, a diventare un tutt'uno con l'ombra della sera e della notte, a non lasciare tracce.
I loro genitori hanno abbassato la guardia, convinti che abbiano imparato la lezione, la mente rivolta ad altre preoccupazioni, ad Arya, morta da un paio di mesi.
Il loro unico nemico lo hanno fatto diventare il loro più grande alleato, il loro complice, la loro guardia più fidata.
Benjen ama Rickon quasi quanto lei e lo segue d'appertutto, fa tutto quello che gli dice. Shireen si è abituata ad averlo intorno, compromesso accettabile per le poche ore che riescono a rubare. Ha dieci anni, Rickon sedici. Hanno troppo poco tempo prima che si inizi a parlare di matrimonio, prima che vengano separati per davvero, per necessità che vanno oltre le convenienze e i loro egoistici desideri.
Allora Shireen accetta che Benjen, che adesso ha sei anni ed è sempre discreto e non chiede mai niente, li segua e chieda le storie che una volta Rickon raccontava solo a lei. A volte ha ancora la voglia di piangere e gridare, di mostrare quanto ancora è gelosa, ma la ingoia insieme alla saliva e mostra uno dei suoi sorrisi più belli.
C'è una cosa su cui non transige. Cersei e Jaime sono solo loro, e Rhaegar e Lyanna vengono narrati a malincuore, misurando le parole, con meno espressività di quanta ricorda la bambina. Forse è solo la sua mente che gioca brutti scherzi, il bisogno di rimanere la preferita, di essere la prima almeno per Rickon visto che non lo è per nessun altro.

Quella sera le ruba un bacio, come fanno ormai da tutta la vita, e lei lo fa sdraiare accanto a sé. Si sente sicura solo tra le sue braccia, e lui la stringe sempre un po' più forte mentre le racconta, anche se la sa a memoria, la storia dei gemelli Lannister. Shireen chiude gli occhi e se li immagina, I due leoni, con gli stessi capelli, gli stessi occhi, lo stesso orgoglio, lo stesso amore.
Immagina se stessa e Rickon a capo di un mondo dove importano solo loro, dove le regole sono decise solo da loro, dove tutto è concesso, perché giusto e sbagliato sono quanto di più soggettivo esista al mondo.
-Mi sposerai quando sarò più grande? -
-Naturale-.
Ignora la luna e l'oscurità, il fatto che è notte e le promesse non valgono.

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Capitolo 6
*** Their crime ***


Succede qualche anno dopo, quando lei è ufficialmente una donna e quindi può ufficialmente prendere marito. Sono nel Parco degli Dei, lei ha la testa appoggiata al petto di Rickon e Benjen gioca con la neve poco distante. Si sta per addormentare quando il ragazzo la tira in piedi e la porta sotto a un albero.
Benjen li guarda curioso e senza capire e lei fa lo stesso finché non sente Rickon sussurrarle amore eterno, le promesse nuziali davanti agli Antichi Dei. Prima che possa davvero capire cosa stia succedendo lei ha risposto e lui la sta baciando con una passione nuova.
-Siamo sposati-.
Si. È giorno e non è un sogno e lei trema per l'emozione, per l'adrenalina, per la paura. Ride e danza e prende per mano perfino Benjen, che sa che ciò che è accaduto è proibito ma non troppo, perché Shireen e Rickon sono cugini, quindi non dovrebbe esserci nessun problema, ma evidentemente non è così facile da capire come sembra in apparenza.
Danza con la ragazzina che non lo ha mai veramente sopportato, con Shireen che ha sul capo una corona di rose, come Lyanna, che ha negli occhi amore e vittoria, come Cersei. Shireen che ha oltrepassato la linea e non può più tornare indietro.

La superano ancora quella linea. Quella notte non si limitano a dormire abbracciati, ma vanno oltre. Sono Cersei e Jaime e molto di più. Sono rovinati. Sono un fallimento. Sono una vergogna.
Nessuno lo dovrà mai sapere.
È bello, dolce, gentile. Si sentono in pace, completi.
Non vogliono più la realtà grigia in cui vivono e per la prima volta, nudi nello stesso letto, parlano della vita che avranno. Scapperanno via, dove nessuno li conosce. L'unica corona che indosseranno sarà fatta di fiori perché Rickon darà il Nord a suo fratello. Perché niente è importante quanto l'amore.
Rickon le carezza i capelli scuri, scaccia qualche petalo che si è impigliato tra le ciocche. Si chiede se hanno fatto bene. Si chiede che cosa accadrà adesso. Si chiede se i loro progetti sono veramente realizzabili o mere utopie.
La bacia, ancora, ancora, ancora.
Le giura amore eterno e anche se è notte sembrano promesse destinate a durare.
Poi il sole fa capolino da dietro le tende e loro si guardano, i capelli scarmigliati e gli occhi pieni di sonno e di amore, le labbra gonfie e il corpo segnato.
Piangono insieme.
Sono una vergogna. Sono felici, ma sfortunatamente non è l'unica cosa che importa.
La macchia di sangue sulle lenzuola bianche sembra condannarli, marchiarli, mostrare a tutti l'attimo di follia che si sono concessi, che continueranno a concedersi. Perché l'amore non basta mai. Ne vuoi sempre di più fino ad accorgerti di averne avuto troppo.

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Capitolo 7
*** The end ***


Lo sapevano di non poter continuare per sempre. Hanno avuto quasi un anno e l'hanno assaporato come se dovesse finire da un momento all'altro, stringendosi ogni notte un po' di più.
Quella sera Rickon è titubante e disperato. La ama piangendo e Shireen trema di paura quando viene a sapere cosa sta per accadere. É stato stabilito un matrimonio tra lui e una giovane benestante di una famiglia fedele alla corona appena lei avrà raggiunto l'età giusta, e molto presto arriverà un giovane di un paio d'anni più grande di Shireen che, nelle migliori intenzioni, dovrà essere il suo futuro sposo.
Quando lo viene a sapere le manca il fiato. Ha quattordici anni e sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma lei è già sposata. Si sono giurati amore eterno davanti agli Dei e davanti agli uomini.
Gli morde il labbro fino a farlo sanguinare. Lo marchia e si lascia marchiare. Prega che quella notte non abbia mai fine. Gli sciocchi desideri di una ragazzina egoista e peccatrice.

Glielo dicono due giorni dopo. La fanno chiamare nello studio della Regina di fronte a cui lei si inchina, impeccabile nel vestito color perla.
Irene prende un respiro prima di parlare, trafitta da quegli occhi che sembrano sapere già tutto, che brillano ancora di un odio e un rancore vecchio di anni.
-Tra qualche mese avremo un ospite.. -
-So già tutto, puoi dirlo che sarà il mio futuro marito, che non sarà un ospite come un altro, che dovrò trattarlo con il massimo rispetto. Lo farò. Lo prometto. Adesso posso andare, Altezza? -.
Sembra Sansa quando fa così. Sansa che trafiggeva con gli occhi di ghiaccio, che conduceva la conversazione con una discrezione che Shireen non possiede.
-Certo mia cara-.
La porta non sbatte ma si chiude comunque troppo forte.
I torti subiti non sono stati perdonati e nemmeno dimenticati.

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Capitolo 8
*** And everything is the same ***


È un bel giovane, questo glielo deve concedere e per la prima volta è Rickon a sperimentare il fuoco distruttivo della gelosia. Lo fa quando li trova seduti troppo vicini, quando lui le porge una rosa che lei rifiuta con lo sdegno delle Regine di Ghiaccio.
Sente un fuoco divampargli nel petto e si sta già muovendo verso di loro, pronto a urlare o a picchiarlo direttamente, a distorcere la verità per trovarsi dalla parte del giusto, quando Benjen lo trattiene per il mantello. - Se lo fai condannerai tutti ad essere sorvegliati dalle guardie. È tua. Ama te. Vuole te. Ha rifiutato la rosa e i suoi occhi saettano da tutte le parti. Non rovinare tutto-.
Suo fratello non lo lascia andare quando annuisce, anzi, lo porta via, a tirare di spada e con l'arco, a farsi raccontare storie di cavalieri falsi e bugiardi.
Shireen li fissa intensamente e li invidia, per una volta entrambi, mentre finge di ascoltare la noiosa conversazione che il suo corteggiatore sta intrattenendo con se stesso.
È bello, con i capelli biondo cenere e gli occhi azzurri. Gli danno un'aria innocente, lo fanno sembrare più piccolo, meno imponente, troppo pallido nel bianco del Nord e in confronto a lei che ha i capelli scuri degli Stark.
Non ha memorizzato il suo nome, sarà sempre l'altro, quello che deve sposare per convenienza, perché glielo ha detto la Regina.
Lei sarà sempre di Rickon. Deve essere sempre di Rickon.

Quella sera a cena volano occhiate velenose e calci sotto al tavolo, mani intrecciate tra le pieghe degli abiti e sorrisi di convenienza.
Catelyn si trova a trattenere il respiro, a dover tenere a bada la parte di lei che le dice di porre fine a quello che è uno strazio per lei, per i ragazzi e per il loro ospite. Non lo fa perché la forma spesso è più importante della sostanza, perché Irene adesso è la Regina e non la cugina che ama come una sorella, perché ha imparato a dominare il Lupo che ringhia nelle sue vene, che la porta a stare sveglia a guardare la luna.
Ned la guarda e la ancora al suo posto, alle forcine che le fanno male alla testa, agli anelli che tintinnano contro il calice, alla collana che sembra brillare di luce propria. Irene è l'immagine della compostezza, le mani strette in grembo, l'abito celeste senza pieghe, la corona d'argento ancorata ai riccioli rossi lasciati sciolti.
Sembra sua madre e sul loro ospite, il giovane Byron, ha lo stesso effetto della prima Regina del Nord.
La cena è uno strazio anche per lei ed è un sollievo quando arriva l'ora di mandare a letto Benjen, seguito da Rickon, Shireen e il loro ospite.
Avranno molto lavoro da fare, ma per ora i quattro adulti vogliono solo dormire.

Quella notte non cambia nulla.
Si amano e si giurano amore eterno, ma sembra di essere tornati all'inizio, a quando erano bambini e le promesse di giorno perdevano valore. Per questo soffocano le lacrime tra morsi e baci e ringhi. Perché sono Lupi e i Lupi sono coraggiosi. Perché l'amore è la morte del dovere. Perché almeno la notte deve essere loro, le stelle come testimoni e la luna come complice.
Perché quel ragazzino forse ne rimarrà ferito ma lui è uno sconosciuto. Ferire loro è molto più serio, è molto più importante. È assolutamente da evitare.
-Non cambierà nulla. Né ora né mai. Tu sei mia e io sono tuo-.
-Promettilo-
-Prometto-.
Si perde nella luce soffusa dell'alba.

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Capitolo 9
*** Lady Violet ***


Rickon e Shireen non gliel'hanno mai raccontata, ma lui l'ha scoperta lo stesso la storia di Cersei e Jaime Lannister e ne è rimasto turbato e inorridito. Quello è un crimine. Quello va contro le leggi degli Dei.
-I Targaryen però non li ha mai accusati nessuno- gli fa notare Shireen polemica in uno dei rari momenti in cui sono solo loro due. È battagliera, pronta allo scontro, a difendere la sua teoria, la storia che adora e che sente propria, a ribattere punto su punto a qualsiasi obiezione.
Sul capo ha una corona di rose bianche, appoggiata in grembo e prossima a cadere sul pavimento una viola che le ha donato Byron. Inutile e superfluo specificare quale, per la giovane Lady,sia più prezioso.
Benjen non sa come ribattere e abbassa lo sguardo, poco incline alle sfide, fisiche o verbali. - Piuttosto, dov'è Rickon? -
-Ad allenarsi-
-L'altro? -
-Si chiama Byron-. Shireen scrolla le spalle e gioca con la sua corona. Sa essere crudele quando vuole. Con lui non lo è mai perché ha paura che perdere lui vorrebbe dire perdere anche Rickon.
-In biblioteca-.
Il silenzio che li avvolge è imbarazzante.
-Da piccola ti ho odiato. Ho pensato di ucciderti un paio di volte. C'era sempre lui a fermarmi. Non so se mi controllasse o se comparisse per caso. Non l'ho mai voluto sapere. Adesso non sogno più di sporcarmi le mani con il tuo sangue, ma continuo ad odiarti-.
-Lo so. Da tutta la vita-. Un bambino di dieci anni non dovrebbe avere questa consapevolezza, non dovrebbe parlare con tranquillità della morte, degli istinti omicidi di una sua parente.
-Io e te non ci ameremo mai, ma amiamo Rickon e lui ha bisogno di entrambi. Per lui possiamo andare avanti come abbiamo sempre fatto-.
Benjen sta per uscire quando le annuncia che per quella sera è attesa la futura sposa di suo fratello.

Lady Violet è bella. Ha i capelli color del legno quando è colpito dal sole, il volto pallido, gli occhi limpidi, il sorriso sempre sulle labbra.
È come Lyanna, una donna per cui si andrebbe in guerra senza pensarci due volte.
Rickon le bacia la mano e a cena siede accanto a lei, chiaramente affascinato dalla ragazza, attratto dal suo modo di parlare e dalla conversazione colta. É come la Sansa che era tornata a Grande Inverno dove Shireen è la Sansa che ne era partita.
Discutono piacevolmente per tutta la sera del regno, di cosa è meglio e cosa è peggio, di cosa si potrebbe migliorare, e Shireen ingoia il nodo che ha in gola insieme all'acqua. Lei con Byron non è mai stata così accomodante, lo ha respinto anche quando non ne avrebbe avuto motivo. Perché le sembrava di tradire Rickon. Adesso invece lui è davanti a lei e la ignora, troppo concentrato sulla novità che è questa ragazzina che è più grande di lei, più docile ma non domabile, che ride alle sue battute e dissente con garbo, senza scatenare una disputa.
Donerà anche a lei una corona di rose?

Si stende nel letto con il cuore gonfio di incertezza, i minuti che passano e la porta che resta chiusa. Sta per arrendersi, sta per piangere sconfitta quando lo sente entrare. Gli serra la bocca con un bacio prima che possa farle promesse che sono false anche solo a pensarle, si sveste per lui, chiude gli occhi e trattiene le lacrime. Lo morde e vuole fargli male. Tanto male. Troppo male. Non ha contato che ferendo lui ferisce se stessa.
Si addormenta tra le sue braccia e lei resta sveglia ad ascoltare il suo respiro. Solo allora si concede di piangere.

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Capitolo 10
*** Betrayal ***


Byron le dedica canzoni e ballate e lei le accetta con un sorriso. Rickon la guarda ancora, ma per troppo poco tempo se c'è Violet nella stessa stanza.
È sola, lo sta perdendo, lo ha perso.
I suoi capelli non sono più adornati dalle rose e ha deciso che se Rickon non la vuole Byron può essere la seconda scelta, può farselo andare bene.
Accetta i fiori che le dona, danza con lui, ascolta quello che dice.
Loro due si ignorano, come volevano le loro madri quando erano bambini, come avevano giurato di non fare, e a trovarsi tra due fuochi é Benjen, che verso di lei non ha nessun obbligo, ma non la lascia sola.
Si sveglia una mattina, da sola, e il cuore le si spezza, le tremano le mani e morde le labbra perché non sprecherà le sue lacrime su un amore da bambini, su un gioco costruito su un'illusione.
Si alza e si veste e sente il suono dolce e malinconico dell'arpa, la voce limpida di una donna, e la segue fino a trovarsi nella stanza di Rickon. Non è la canzone di Jenny e di questo ringrazia gli Dei.
Le Stagioni del Mio Amore non ha mai avuto un reale significato, non per lei, almeno, ma sentire Rickon cantare per un'altra è straziante. Si sporge appena oltre la porta e vede Violet cantare, Benjen e Byron che ascoltano composti e felici. Rickon suona e il suo sorriso è la cosa più bella del mondo.
Potrebbe fuggire. È una Stark, é una Lupa, quindi spalanca la porta di botto, bella, impeccabile, elegante, nel grigio perla che predilige. Ha i capelli lasciati sciolti e porta il gelo dell'inverno.
"I loved a maid as fair as summer, with sunlight in her hair".
Il primo verso della canzone esce tagliente dalla gola dolorante per i singhiozzi che non si concede di far sentire.
"I loved a maid as red as autumn, with sunset in her hair".
L'odio gronda da ogni parola e fissa Violet, i capelli ramati illuminati dal sole, la gelosia che le corrode il cuore.
"I loved a maid as white as winter, with moonglow in her hair".
Pensa a se stessa, sdraiata sul letto, nuda, i capelli resi argento dalla luna, pieni di petali di rose appassite.
Sciocca. Stupida. Tradita.
Avanza verso Rickon che ha smesso di suonare, che trattiene il fiato, con gli occhi brucianti di sentimenti che non sa distinguere.
Lo schiaffo fa male anche a lei. Ha sbagliato angolazione e ha colpito lo zigomo, ma il suo sguardo sorpreso, sconvolto, é più che sufficiente.
Gli si accosta all'orecchio, i capelli scuri che coprono entrambi, gelida e velenosa come deve essere la Morte quando porta il suo dono, - Di notte le promesse non valgono, è sempre stata una regola implicita, ma tu hai giurato davanti agli Dei e agli uomini,sotto il sole gelido del Nord. Non avrai pace, te lo giuro sul mio cuore che hai distrutto, sulla fiducia che hai tradito, sull'amore che hai trattato con tanta leggerezza. Mi basta una parola e sarai rovinato, amore mio. Saremo rovinati entrambi, ma almeno mi sarò vendicata-.
Veloce come era arrivata é sparita e Rickon ha l'inconfutabile certezza di averla perduta, di averne fatto una nemica.

Anni fa, nello stesso punto dove è ora, il Principe di Grande Inverno ha scoperto che esiste un amore che va oltre il tempo anche quando non è ricambiato.
Tempo fa il Primo Cavaliere del Re gli aveva mostrato un lato di sua nonna che non immaginava.
Questo la giovane Lady non lo sa. Si appoggia alla corteccia di un albero a caso e urla il suo dolore di sposa tradita e umiliata. Piange lacrime che sanno del sangue perduto quella prima notte.
Conta fino a venti prima di ricomporsi, di tornare dentro come se nulla fosse successo, di prendere Byron per un braccio e baciarlo, di mettere a tacere la voce malevola che le dice che è lei, adesso, che sta tradendo, é lei, adesso, che deve essere condannata, perché gli uomini possono venir meno alle loro promesse, le donne no. Lei a quella voce risponde di essere nipote di Sansa e Arya Stark, che non si sono piegate davanti ai Draghi e di sicuro non lo hanno fatto davanti agli uomini.
Rickon invita Violet a danzare, con un sorriso che fa male per quanto è tirato e per un istante si illude che la musica sovrasti i suoi pensieri, che gli dicono che se non sa tener fede alla promessa fatta a chi ama, se non sa prendersi cura di Shireen, come potrà essere un buon Re? Risponde che sono due cose diverse, che quello con la cugina é stato un sogno da cui entrambi sapevano di doversi svegliare.
Benjen guarda la gelosia distruggere un amore che era sicuro avrebbe retto a qualsiasi ostacolo. Ecco come si distruggono i sogni di un bambino di dieci anni, con una canzone d'amore cantata con la compagnia sbagliata.

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Capitolo 11
*** The beginning ***


Shireen ha mantenuto la promessa. Shireen mantiene sempre le promesse e quando non lo fa si sente male, le duole la testa e si sente soffocare, per questo, perché sta già abbastanza male senza che si aggiungano i rimorsi, rende la vita di Rickon un incubo.
Ogni occasione é buona per dargli contro, per ingaggiare una di quelle battaglie verbali che le piacciono tanto, per essere crudele in modo così sottile da essere impercettibile. Non urla per i corridoi e i saloni, ma i suoi sussurri infestano le stanze, taglienti come l'acciaio di Valyria.
Rickon per qualche giorno subisce, poi inizia a ribattere e visto che non ha il suo autocontrollo, che ha imparato a controllarsi ma quando è arrabbiato non c'è niente da fare, la spinge contro a un muro e la bacia e riceve uno schiaffo con occhi brillanti di fuoco. - Rifallo e io ti rovino- la minaccia con quella finta convinzione di chi sa di essere nel torto - Ne sei sicuro? - lo provoca con il sorriso crudele e i denti scoperti, il ringhio del Lupo pronto ad attaccare.
-Sono il futuro Re del Nord: ho sicuramente più potere di te-
-Tywin Lannister diceva che chiunque ha bisogno di ricordare il proprio titolo non è degno di detenere tale titolo-
-Tywin Lannister è morto ammazzato dal suo stesso figlio-.
Shireen gioca con i capelli che per la prima volta da anni sono privi di rose.
-È una minaccia? -
-Forse, mia cara-
-Io non sono tua. E tu non sei mio. Non più-.
Rickon apre e chiude la bocca senza sapere cosa dire. Quando è pronto a risponderle a tono lei é già andata via.

Violet non è sciocca. È bella, vuole essere Regina, ma ha una testa e intende usarla, e ha capito fin da subito che qualcosa, con il giovane Principe, non andava.
Rickon è bello, impetuoso, accorto e versato nell'arte del governo, ma ha bisogno di qualcuno che lo sappia temprare. Suo fratello, Benjen, è il suo opposto, calmo e serio, un maestro nel passare inosservato, nello scrutare tutto e riferire alle persone giuste.
Il vero problema è Lady Shireen. C'è qualcosa negli occhi chiari di quella ragazzina che le fa paura, la destabilizza. La guarda come se fosse il lupo e lei la sua preda, i denti scoperti e le mani strette tra di loro. Si trattiene come fa sua madre e quando lascerà libere le sue emozioni Violet ha paura che le conseguenze saranno molto serie.
-Io non piaccio a tua cugina, vero Altezza?-
-Shireen è sempre stata molto legata a me, ma non è nulla di cui tu ti debba preoccupare, mia signora-.
È bella questa farsa, questa recita di cui ha imparato a memoria le battute, pensa Rickon baciandole la mano. Un bacio casto, appena uno sfiorarsi di labbra contro pelle. È facile, Violet. È facile parlarvi, facile starvi insieme. Non è viziata e arrogante, non pretende di averlo tutto per sé. Non chiede sciocche favole su persone ancora più sciocche, non c'è la paura di essere costantemente scoperto.
È monotono. É quello che sarà la sua vita.
-Spero che potremo andare d'accordo, in futuro-. A questa frase Rickon ride. Shireen non lo permetterà mai. Ha giurato di odiarla, di odiarli, e lei le mantiene sempre le sue promesse.

-Lady Shireen-.
Già il fatto che la chiami per nome quando non sono amiche non va a suo vantaggio.
-Lady Violet- risponde cortese, la testa leggermente inclinata, il sorriso gentile e gli occhi che promettono tempesta. Si lascia prendere a braccetto e la ascolta ciarlare con quella voce melodiosa e irritante di quanto saranno felici, di quanto sia stupendo Rickon e di un milione di altre cose di cui non le importa.
-Parliamo apertamente, per favore. Che cosa, esattamente, mi devi dire? -
-Vorrei che potessimo diventare amiche. Shireen io non sono qui per rubartelo, davvero. Non vorrei tu abbia avuto l'impressione sbagliata-.
Ma lo hai già fatto, vorrebbe urlare.
Me lo hai rubato il giorno in cui sei arrivata, quando lo hai ammaliato, portandolo via da me. Quando mi hai resa tradita e traditrice, la terza incomoda in una storia che ho iniziato a scrivere io. Non lo fa, non urla, non lascia che il fuoco possa bruciare. Si concentra sul vento gelato che le carezza la pelle, che spegne e ghiaccia le fiamme della sua rabbia, e, con tutto il disdegno che è proprio delle Regine fin dalla notte dei tempi, mormora, senza emozione, senza cedimenti, quasi atona, apatica, eppure terribile e temibile, - Io, per te, sono Lady Stark-.

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Capitolo 12
*** All is lost ***


Rickon si sveglia all'alba e guarda il sole che sorge, un'abitudine che aveva da bambino e ha perso dopo la morte di Sansa, dopo la nascita di Shireen.
La luce del sole è fredda, come il suo cuore e il suo corpo in quel momento. Si sente vuoto, spento. Non c'è rabbia, non c'è risentimento, non c'è odio e nemmeno amore, nemmeno indifferenza. Solo il nulla, una coltre di neve bianca e deserta come gli hanno raccontato essere il Vero Nord, quello oltre la Barriera.
Si appoggia al muro di pietra, freddo come le sue dita, come l'inverno che è passato e ha lasciato il posto alla dolcezza della Primavera. Ora è lui il Principe di Ghiaccio, non Benjen che nell'inverno ci è nato e sembra molto più vivo di lui. Non si è ancora guardato allo specchio ma sa che è più pallido del solito, che i suoi occhi sono cerchiati di nero, che i riccioli scuri lo fanno sembrare cadaverico. Non è mai stato geloso della bellezza di Byron, non ne ha mai avuto motivo, perché Shireen era sua, perché tutto era normale anche se si trovavano, senza saperlo, sull'orlo del precipizio, ma ora sa che il rivale, termine sbagliato, si corregge, fa una figura migliore di lui.
-È inutile perdere tempo a pensare, fratello: l'hai persa e il responsabile sei solo tu-
-Perché ho prestato attenzione anche a Violet oltre che a lei?! -. Si volta di scatto verso Benjen con i pugni stretti e i denti scoperti in un ringhio. Il bambino non è impressionato, sa che Rickon non gli farebbe mai del male... "Sicuro?" sussurra la sua mente, velenosa e subdola, "Nemmeno a Shireen avrebbe dovuto fare del male"... Non sa cosa farsene di quei sussurri quindi li conserva per analizzarli, per trovare una strategia...Cosa accadrebbe se suo fratello gli facesse del male? È una domanda che non ha mai dovuto porsi...
-No. Perché hai prestato attenzione solo a Lady Violet. Conosci Shireen, sai che è gelosa e possessiva, che vuole tutto per sé, che nella sua mente eravate come i Lannister. Lo sai perché altrimenti non le avresti mai dato le corone di rose, non le avresti raccontato favole che è meglio non escano dalle mure delle nostre stanze-
-Era un gioco-
-Anche il giorno in cui le hai giurato amore e fedeltà davanti agli Dei? - non gli lascia il tempo di rispondere-Forse tu non ti rendi conto di quello che hai fatto. Se parlasse sareste rovinati entrambi, la vostra reputazione, il vostro nome.. Tutto perduto se qualcuno lo venisse a sapere al di fuori dei nostri genitori. Potrebbero decidere di non volerti come Re, potrebbero decidere che nemmeno io sono degno di fiducia... Se la cosa rimanesse in famiglia potreste salvare la vostra immagine, ma sareste sempre e costantemente sorvegliati. Se invece decidesse che si vuole vendicare seriamente, che vuole farti male, se ti distruggesse come ha giurato di fare, potrebbe darti la colpa di tutto, potrebbe dire che l'hai costretta, dipingendo se stessa come la vittima e te come l'aguzzino. Non fare quella faccia, è abbastanza crudele da farlo, abbastanza forte da mettere a tacere la sua coscienza e i sensi di colpa. Qualsiasi cosa accada, qualsiasi scenario diventi realtà, lei dovrà comunque sposare Byron, e quando accadrà devi pregare che nessuno sospetti qualcosa, che riesca a fingere di essere stata vergine fino al momento delle nozze, altrimenti avremmo uno scandalo ingestibile. Nostra madre non è sciocca, non ci metterebbe che un paio di minuti a mettere insieme i pezzi-.
Rickon ascolta sconvolto suo fratello, e riesce a immaginarlo, questo scenario apocalittico, riesce a vederla Shireen, sorretta dalla sua furia e protetta dalla sua arroganza, il sorriso dolce e le parole calcolate che escono dalla bocca appena schiusa. Riesce a sentirla mentre decreta la sua fine con ogni parola, avvolta dal grigio perla che le piace tanto, i capelli sciolti e privi di rose bianche. È una bravissima manipolatrice anche se nessuno ha capito da chi possa averlo imparato. Alcuni dicono che le scorre nel sangue, perché sua nonna sapeva indossare mille volti senza farsi mai scoprire, senza mai commettere un errore, e Sansa aveva imparato a giocare con le persone soprattutto da Ditocorto. Secondo altri, invece, la giovane Lady lo ha imparato da sola, impersonando i vari personaggi delle ballate che ama tanto.
Qualsiasi sia la verità, rende Shireen pericolosa, letale, indegna di una fiducia incondizionata, e forse più adatta di tanti altri a regnare. Che sciocco Rickon a pensare che per lui sarebbe stata fatta un'eccezione, che non sarebbe caduto nella trappola del suo sorriso dolce come il miele e dei sogni segreti sospesi tra le sua ciglia! L'ha tradita, l'ha umiliata, la sua rabbia e il suo sdegno saranno implacabili.

La statua nella cripta mostra tutta la grazia e la bellezza della Regina del Nord. Sansa Stark, Prima del Suo Nome, la Lupa Rossa, la Portatrice di Primavera, la guarda severa dall'alto della sua regalità, delle battaglie che ha vinto e delle crudeltà che ha sopportato, sempre a testa alta, fiduciosa di vendicarsi da sola, con le proprie mani, perché aveva imparato che nessuno può salvare gli altri, che i cavalieri e principi esistono solo nelle ballate.
Irene ha appreso quelle lezioni e le ha insegnate anche a suo figlio, Catelyn ha mormorato a Shireen le parole dure e dolci che le erano state dette una notte in cima a una torre e un mattino nel buio della sua stanza: che bisogna sempre essere se stessi e che ognuno può creare una proprio cammino, una propria storia, una propria vita e che nessun ostacolo è troppo grande per essere superato.
Shireen adesso guarda la statua di questa donna che ammira e teme, anzi sa, di aver deluso. Immagina cosa potrebbe dirle, i consigli, lo sguardo severo e di disapprovazione. Cosa penserebbe Sansa di lei e Rickon, della vendetta che sta portando avanti con la perseveranza e la pazienza dell'inverno, del dolore che le brucia il cuore, gli occhi e la gola?
Con l'arroganza e l’incoscienza dei suoi sedici anni si dice che non ha importanza, che i morti sono morti e i loro pensieri non hanno più valore. Ma non è proprio dai morti che si traggono gli insegnamenti più importanti?
Con un grido di rabbia si asciuga le lacrime e scappa via, seguita dagli occhi di pietra della Regina, che in quel momento sembrano vivi, sembrano azzurri, sembrano pieni di pietà e dolcezza e una sorta di comprensione, sembrano assolverla dai suoi peccati e mostrarle la retta via. Sembrano chiamarla piccolina, bambina mia, colombella.

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Capitolo 13
*** Patience ***


Violet ama la storia. Ama i fatti, ama imparare, ama sfoggiare le sue conoscenze. Per questo sono seduti accanto a lei che parla e parla e parla e racconta di chi fossero Rickon e Benjen Stark da cui i due Principi prendono i nomi. Sono storie che sanno già da anni, che le loro madri e Arya hanno raccontato prima di metterli a letto quando erano bambini, e Shireen alza gli occhi al cielo in un gesto teatrale e drammatico che non passa inosservato.
-Ti sto annoiando, Lady Stark? -.
Guarda Violet confusa e costernata, una recita cui nessuno dei due Principi crede ma lei sì. - Certo che no, ma, come potrai intuire, sono storie che già sappiamo. Si tratta pur sempre di nostri antenati-.
-Posso trovarne un'altra. Ne so a milioni-.
Shireen annuisce e si mette più comoda mentre la sua rivale, messa a tacere con cortesia, annaspa nell'imbarazzo.
-La storia della Lady che portava il tuo nome-. Lei annuisce e trattiene un sorriso. Pensa davvero di imbuonirla così?
Conosce anche quella, naturalmente. La conoscono tutti, in qualche modo, la storia dell'unica erede di Stannis bruciata sul rogo per ordine del padre e della Donna Rossa, della bambina col volto deturpato dal Morbo Grigio, che viveva reclusa a Roccia del Drago, tra le visite sporadiche di un padre assente e di una madre che la riteneva un fallimento.
Catelyn gliel'ha raccontata spesso la storia della bambina che amava studiare, che aveva trovato nei libri un modo per alleviare la solitudine, tanto quanto Irene le raccontava della Principessa uccisa per vendetta da un bacio traditore, bionda e bella e buona e innocente, ridente e luminosa come il sole di Dorne e l'oro dei Lannister. Sono innocenti, sono casualità necessarie e superflue, sacrifici indispensabili nel Gioco del Trono. Shireen, Myrcella, Tommen, i Tyrell...
Nonostante questo ascolta Violet mentre gioca con una ciocca di capelli scuri. Li sente vuoti. Non si è ancora abituata all'assenza delle rose.

Le trova un giorno tra i capelli di Violet. Rose bianche intrecciate in una corona priva di spine. Basta questo dettaglio a farle sentire la rabbia voler prendere il controllo e riesce a ricacciarla indietro con fatica. Stringe i pugni e nemmeno si rende conto di aver distrutto il fiore che le ha dato Byron come pegno del suo amore e della sua devozione, non che lei ci creda a queste promesse, a questi uomini che sono incostanti in tutto e pretendono di avere ragione.
Il fiore però era bello e se lo voleva appuntare sul vestito, prima che venisse distrutto dalle sue stesse mani.
Forse è quello che succede a tutto ciò che tocca: si distrugge, si sfalda, come i suoi sogni e le sue fantasie, diventa morto e freddo come il suo letto la notte, troppo grande e troppo vuoto.
Trapassa Violet con sguardo di brace, ma si impedisce di agire. C'è suo padre che li sta guardando, che ha notato il repentino cambiamento di un equilibrio rimasto inalterato per anni e ha deciso di investigare. Lei regge il suo sguardo, lo sfida, vince quando lo vede ritirarsi nell'ombra. Un sorriso che sembra più simile a un ghigno si dipinge sul viso dai lineamenti decisi degli Stark.
Torna a fissare le rose e annusice: avrà la sua vendetta, senza fretta, con calma, al momento giusto.
Aveva ragione Irene tanto tempo fa. Shireen vuole tutto e un momento dopo il suo contrario, ma vuole Rickon più di ogni altra cosa, vuole una corona di rose messale sul capo da lui. Vuole anche la guerra, adesso che conosce la storia. Vuole la devozione imperitura di Jaime, adesso che conosce la tragedia dei Lannister.
Se non può averlo lei non lo avrà nessun altro, Violet meno di tutti.

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Capitolo 14
*** Errors ***


È la sera del suo matrimonio che Rickon capisce di aver commesso l'errore più grave di tutta la sua vita e di doverci convivere.
Per essere precisi si tratta del mattino dopo, quando si sveglia in un letto che non è più vuoto e con il corpo di Violet premuto accanto al suo, con i suoi capelli sparsi sul cuscino e sul suo petto.
È bellissima, una dea, una Regina che merita una corona e tutto l'amore che un uomo può offrire. Il suo cuore però non accelera, vuole solo scappare perché si sente un traditore, perché i sensi di colpa lo stanno soffocando e vuole Shireen, solo Shireen, sempre Shireen, e le rose bianche tra i suoi capelli scuri.
Solo che Shireen lo odia, lo ostacola, lo ridicolizza, si sposerà nel giro di un anno e non sembra soffrire per la sua mancanza. Sembra essere ghiaccio lei che aveva il fuoco e il Lupo nelle vene.
-Mio signore? Ti senti bene? -
-Certo, Violet. Certo che sto bene-.
La bacia e la stringe e finge che sia Shireen, possessiva e gelosa e seducente anche a tredici anni.
Come ha fatto ad essere tanto stupido?

Ci pensa tutto il giorno, mentre vaga per i corridoi di Grande Inverno stranamente pieni di gente e ancora impregnati dell'atmosfera rilassata della sera prima.
Ha lasciato Violet a prepararsi ed è sceso a fare colazione senza aspettarla, limitandosi a giocare con il cibo fino ad alzarsi, irritato con se stesso, e vagare come un'anima in pena. Una parte di lui spera di incontrare Shireen, di poterle rivelare la conclusione che l'ha folgorato durante la notte, di professare ancora una volta il suo amore e chiedere il suo perdono. Un'altra parte di lui sa che così si attirerebbe il suo scherno, la sua pietà, la sua rabbia gelida all'idea di essere considerata la seconda scelta.
Shireen però sembra sparita e così Byron e Benjen e lui si trova da solo senza sapere cosa fare fino a quando, immerso nei suoi pensieri, va a sbattere contro qualcuno.
-Rickon-.
Catelyn lo fissa sorpresa. Di sicuro lo immaginava da tutt'altra parte e di tutt'altro umore.
-Hai visto Shireen, o Benjen? - chiede prima di poter essere interrogato.
-Ben é nel Parco degli Dei e Shireen è uscita a cavalcare. Penso che non la vedremo per un po'-. Già, quando vuole sparire sa farlo in maniera meravigliosa.
-Grazie.. E scusa se ti sono venuto addosso-.
Lei scuote la mano e gli sorride, un gesto per dirgli che non fa nulla ed è tutto a posto.

Ha aspettato fino a notte fonda, quando, finalmente, la vede emergere dall'ombra, scarmigliata e col respiro affannato, stanca ma abbastanza vigile da percepire la sua presenza.
L'aria si fa ghiaccio, si dilata e si restringe mentre loro si fronteggiano ai lati opposti di un campo di battaglia.
Non sa perché si aspetti che sia lei a parlare quando è lui che la aspetta da tutto il giorno, forse perché è sempre stato così, forse perché lui è più bravo con i gesti, forse semplicemente è solo una scusa per stare in silenzio, per non distruggere la calma con un ennesimo litigio fatto di recriminazioni e sussurri spezzati.
-Cosa fai qui? -
-Ti aspettavo. Da tanto-.
Sbagliato. La vede sorridere, una scintilla malandrina negli occhi mentre con movimenti fluidi gli si avvicina, abbastanza da sfiorargli il petto con la punta delle dita.
-Lady Violet ti ha già stancato? Dopo appena una notte e due giorni?-.
Ride divertita. Quando lui non ribatte, non difende la moglie, il suo volto si apre in un sorriso deliziato ancora più grande.
-Ho davvero ragione. Peccato che tu non possa tornare indietro-.
Stringe i pugni e i denti, le concede la vendetta, la rivincita, il gioco che va avanti da un anno e che nessuno ha notato.
Shireen si solleva sulle punte, lo scruta, lo sguardo si posa sulle labbra socchiuse, poi fa una giravolta e se ne va.
È giusto. È coerente con quello che ha sempre detto, con il modo in cui si è comportata. Rendergli la vita un Inferno, prendersi una rivincita dal sapore di miele e di rose.
La ferma e le loro bocche collidono una contro l'altra. La blocca contro il muro, le artiglia i capelli, le spalle, sordo ai suoi gemiti di dolore, di paura, alle suppliche, alle lacrime, a quel mi fai male che è più doloroso di una coltellata ma non lo fa fermare.
Si schiaccia ancora di più contro di lei. Sente il sale delle lacrime sulla bocca, la Lupa che lotta fino allo sfinimento, invano, sovrastata dalla forza del cacciatore.
Si arrende alle sue prepotenze, Shireen, ed è quello dopo, quando sarà tornato in sé, quando avrà vomitato tutto il contenuto del suo stomaco, a fargli davvero orrore.
Rapidamente come è iniziato è finito e lui torna da Violet addormentata.
La lascia lì, bambola rotta abbandonata contro il muro, con il vestito strappato, le labbra gonfie, i capelli sconvolti in millioni di onde scure, e gli occhi vuoti, persi, a fissare un punto invisibile contro il muro di fronte, la mente che rifiuta di processare cosa è successo, il fiato sospeso nella bocca spalancata insieme alla saliva che si rifiuta di mandare giù.
È un momento sospeso nell'infinito della storia, un momento di cui nessuno saprà mai nulla, che non vuole abbia mai fine.
Chiude gli occhi, chiude la bocca, prova a muovere le braccia ma il dolore si irradia per tutto il corpo. La spalla è segnata da un livido violaceo.
Cerca di mettersi in piedi, ma le gambe le cedono, tremano, le fanno male, le fa male tutto.
È in quel momento che arrivano le lacrime. È stata violata. È diventata uno strumento nelle mani di un mostro. Nelle mani di Rickon, che ama più di chiunque altro, cui ha dato il suo primo bacio e la sua prima volta, che le ha promesso amore eterno con una corona di rose bianche e le aveva giurato che anche loro avrebbero avuto una storia come quella del Principe drago e della sua signora, come quella dei Leoni amati e maledetti, che l'aveva messa da parte quando era arrivata una più bella.
Lei non è Lyanna, non è Cersei.
Lei è Sansa, passata da un uomo all'altro senza nessuna considerazione.
Lei è come Elia, umiliata pubblicamente, messa da parte come un qualcosa di vecchio e inadatto.
Lei è una donna e non importa che sia la nipote della Portatrice dell'alba e della prima Regina del Nord. Sarà sempre troppo debole e insignificante.

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Capitolo 15
*** Ghosts ***


Shireen si perde nei meandri della sua mente con la stessa facilità con cui lascia che i suoi piedi la conducano nelle cripte, fra le statue di morti che sono una compagnia migliore dei vivi.
I segni sulla pelle sono diventati quasi impercettibili, il dolore è un marchio di fuoco nella sua mente, l'umiliazione è una canzone che suona di sottofondo, una litania che alimenta la rabbia e il rancore e la fiducia tradita.
Non ha più incontrato il suo sguardo, si tiene a debita distanza dalle sue mani e quando sono nella stessa stanza fugge nel Parco degli Dei, dove anche se è Primavere la neve resiste, tenace, una leggera patina di bianco in un mondo di verde smeraldo.
Nessuno le ha fatto domande sul perché stia sempre zitta, sugli abiti scuri che ha iniziato a indossare, sulle lacrime che a tradimento le bruciano gli occhi. Sulle mani che tiene strette a pugni e le palpebre socchiuse, lo sguardo del cacciatore, dell'assassino.
Una sera, a cena, si è trovata con un coltello tra le mani. Ne ha studiato la lama argentea, il manico finemente lavorato. Si è messa a pensare se sarebbe stato meglio uccidere lui o se stessa e lo ha poggiato sui polsi, appena una lieve pressione che non ha portato a nessuna conseguenza.
Lo ha rimesso al suo posto e ha fatto finta di niente, anche se di notte è fuggita tra gli Alberi Diga e ha osservato le foglie rosse illuminate dalla luce argentea della luna.
Le è sembrato di sentire i fantasmi dei suoi antenati, degli Stark Protettori del Nord, dei Lord e delle Lady. Si è sentita piegare dal peso delle loro sconfitte e dei loro sbagli. C'era la sagoma aggraziata di Sansa, quella strisciante di Arya che passava da un'ombra all'altra. C'era Lyanna che rideva e piangeva e aveva in testa una corona di rose blu.
Ha sentito i Lupi ululare, il loro richiamo fender l'aria scura della notte, un canto che l'aveva riaccompagnata fin nella sua stanza, a tempo con i suoi passi leggeri sulla terra fredda.
Il mattino dopo le lenzuola erano macchiate di fango come tempo prima lo erano state di sangue. Ha studiate quelle macchie e non ha chiuso gli occhi, non ha fatto finta che Rickon fosse accanto a lei.
Il solo pensiero di averlo anche solo voluto la disgusta e quasi ringrazia Violet, che con il suo arrivo le ha aperto gli occhi.

Benjen guarda il futuro rimodellarsi davanti ai suoi occhi, sfaldarsi e ricomporsi sempre e costantemente. Vede le lacrime, i segni sulle braccia di Shireen, le ferite della preda braccata. Vede gli occhi spettrali di suo fratello, vuoti, privi di qualsiasi luce, la colpa dell'assassino pentito. Vede Violet, con il ventre gonfio, una nuova generazione di Stark, un nuovo erede. Vede i suoi occhi brillare, i capelli sciolti danzare sulla sua schiena, il sorriso illuminare il castello.
La più bella menzogna che sia mai stata scritta, ecco cos'è la vita che stanno vivendo. Un palcoscenico su cui si recitano ruoli che non si conoscono e si proclamano parole che si incastrano tra la gola e il cuore, che inciampano tra i denti.
Intanto lui vede e immagina tutti i modi in cui questa storia può finire bene o male, e sembra che nella sua mente non ci sia posto per nient'altro se non il sangue che prima o poi scorrerà a fiumi, ancora, a imbruttire il candore del Nord.
Sarà così che finirà l'eredità di Sansa Stark, con una brutta parodia della Guerra del Trono, dell'amore sbagliato dei Lannister, dell'arroganza propria degli uomini che credono sempre di essere nel giusto? Con le promesse infrante che danno inizi ad ogni guerra, con la corona di rose tra i capelli della fanciulla sbagliata?
Sono destinati ad essere solo questo, loro, le brutte copie di chi è venuto prima di loro, grande nel male e nel bene ma comunque degno di essere ricordato?
-Sei pensieroso. Rifletti su ciò che la Principessa ti ha portato via? -.
È ancora crudele Shireen, in maniera più incauta eppure così fragile, così giusta.
-Il Trono non è mai stato pensato per me-
-Come lui non è mai stato pensato per me-.
Non lo chiama nenache più per nome.
-Cos'è successo? - le chiede dolce e lei sente la gola chiudersi per la nausea. Dolce come Rickon quando le metteva sul capo una corona di rose e le prometteva che il mondo sarebbe stato loro per farne ciò che volevano.
-Ha preso ciò che gli spetta di diritto, o ciò che crede spettargli di diritto, come fa ogni uomo da milioni di anni-. Come Aerys e Rhaella, come Robert e Cersei.
-Ti ha...? -
-Si-.
Benjen non respira, spalanca gli occhi e la bocca incredulo perché se Rickon è sempre stato impetuoso non ha mai oltrepassato i limiti, o meglio, li ha sempre oltrepassati ma senza fare del male a nessuno, men che meno a Shireen. Perché Shireen è sempre stata dalla sua parte e non c'è mai stato il bisogno di ritenerla una nemica.
Lei sorride dolce, scosta i capelli scuri che scendono giù lungo la schiena e si confondono con l'abito nero.
È il sorriso dei disperati, quello che dura poco, che fa spalancare la bocca in un quarto di luna perfetto, che brilla sempre meno delle lacrime negli occhi. Ti stringe il cuore e ti fa sentire impotente, incapace, e allora Benjen le prende la mano e la tira a sé con delicatezza, le fa poggiare la testa contro la sua spalla, una posizione scomoda, perché Shireen è più alta di lui, ma è il meglio che riescono a fare, e lei si aggrappa alla sua giacca, digrigna i denti per non piangere, trema sconvolta da quella lotta che la sta logorando.
Lui la stringe, immobile, piano, e può quasi capire perché Rickon ne sia innamorato.

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Capitolo 16
*** Lingering death ***


Irene si affretta a nascondere il fazzoletto macchiato di sangue. Sta morendo, lo sa, lo sente nelle membra che diventano sempre più pesanti, nelle chiazze rosse che le macchiano le labbra e il viso.
Sta morendo e lascia il suo regno nel caos, nelle mani di un giovane uomo e del suo cuore impetuoso, delle sue scelte istintive e non sempre facile da ricondurre alla ragione.
Ama Rickon, lo ama davvero. Ma è come sua zia, come quella Lyanna di cui i cantori parlano ancora, ha il sangue del lupo nelle vene e l'amore nel cuore. É pieno di buone intenzioni ma la sciocca audacia degli eroi non serve al Nord per continuare a prosperare.
Le sembra il degno erede del primo Re, di quel Robb Stark che voleva vendicare suo padre e liberare le sue sorelle e vinceva tutte le battaglie ed è stato ucciso per aver messo il cuore prima della testa, del suo regno, dei desideri dei vassalli che lo avevano seguito oltre il Tridente e ancora più giù.
Violet non sarà abbastanza, Irene lo sa. Perché Violet è buona e intelligente, una vera signora ma il Nord è abituato a Regine regnanti che non si fanno intimidire, é abituato a Sansa Stark e a sua figlia, a Cersei Lannister che vive nascosta in tutte e due.
Avrà bisogno di Benjen, di una spia fidata su cui contare sempre, dei suoi silenzi, delle sue verità così snervanti e necessarie. E avrà bisogno di Shireen, che lo sproni e lo controlli e lo assecondi. Avrà bisogno di Shireen e la cosa la spaventa per un motivo che nemmeno lei sa indicare. La tormenta come da bambina l'aveva tormentata la morte di Myrcella, la consapevolezza che innocente e colpevole sono aggettivi senza valore.
Chiude gli occhi e stringe il panno bianco intriso di sangue. Non ha tempo. Forse non ne ha mai avuto.
Si abbandona sulla sedia, improvvisamente troppo stanca anche per stare in piedi e si porta le mani alla bocca per soffocare i singhiozzi. Non vuole morire. Non così. Non adesso.
Deve parlare con Rickon. Deve insegnargli ancora qualcosa.
Ma quando la serva che ha fatto chiamare arriva non è suo figlio che dice di aver bisogno di vedere.

Catelyn sa. Lo capisce appena la vede entrare nella sua stanza, dove la aspetta seduta sul letto con la spazzola in mano.
Per un momento tornano entrambe bambine fino a quando un colpo di tosse rompe l'incantesimo.
Irene getta nel fuoco il fazzoletto e morde le labbra per non urlare e stringe gli occhi per non piangere. É ancora una Regina.
Non con Catelyn, però. Perché Catelyn é la sua costante, la sorella che sua madre non le ha dato. Perché lei non la ricorda una vita senza Catelyn ed è solo da lei che si lascia consolare.
Non le dice che andrà tutto bene, che passerà, che non c'è motivo di preoccuparsi. Le passa una mano tra i capelli rossi e cerca il suo sguardo. C'è una promessa nei suoi occhi, quella che si sono scambiate da bambine, prima ancora di incontrare Eddard, sicuramente prima che arrivasse Brandon, quando erano solo loro due, Stark di Grande Inverno, lupe del Nord.
Insieme, si erano promesse. Sorelle per sempre, due facce della stessa medaglia.
-Devi pensare tu ai ragazzi. Li affido a te. Non a Bran e Ned, a te. Perché tu sai cosa vuol dire essere il Nord, forse meglio di me-. Catelyn annuisce perché è vero. Perché è lei che è un tutt'uno con la neve e con il ghiaccio. Tagliente e affilata. Bruciante e gelida.
-Rickon non è pronto... Shireen... Dobbiamo parlare con loro. Hai visto anche tu che è successo qualcosa. Grande Inverno cadrà se non si riappacificheranno-.
-Shh, calmati, però. Respira, tesoro. Respira. Adesso sei stanca.. -
-No... - ed è disperata, Irene mentre lotta per non soccombere al panico e alle preoccupazioni.
-Si invece. Domani parleremo con loro. Adesso devi dormire-.
Le carezza i capelli e le asciuga le lacrime e solo quando è sicura che sia addormentata, quando anche Brandon le si è coricato accanto, solo allora Catelyn fugge. Corre per i corridoi deserti fino a quella torre ridotta in macerie dove Sansa le aveva insegnato a vivere per sé e non per altri e grida il suo dolore perché non è giusto, perché Irene è la sua migliore amica e sua sorella e lei non vuole la corona, non vuole essere Regina, e invece è questo che le viene chiesto di fare e non può tirarsi indietro, perché è una Stark e i lupi non abbandonano il proprio branco. Però non è giusto e il lupo dentro di lei si dibatte per uscire, per ululare la sua rabbia e la sua paura. Perché è di questo che si tratta, di terrore, terrore allo stato puro, perché sua madre le ha insegnato a usare una spada e a infrangere le regole, le ha raccontato della sua infanzia e della Regina Targaryen e le ha anche insegnato a indossare i volti dei suoi nemici, ma non l'ha preparata a regnare, alla politica, nonostante fosse lei la seconda in linea di successione prima della nascita di Rickon.
È Sansa che le ha dato le lezioni più importanti, quindi è a Cersei Lannister e Ditocorto e a mostri del loro genere che si deve la prosperità del Nord e Catelyn non ha niente di loro e non ha niente nemmeno di sua nonna, neanche l'aspetto. I colori dei Tully alla Regina, a Irene delicata e solare, limpida e frizzante.
A lei i lineamenti degli Stark, la sete di avventure di sua madre, la testardaggine di Lyanna. La maledizione dei lupi, che non sanno stare fermi in un posto e anelano il contatto col branco. La maledizione che ha trasmesso anche alla sua bambina.
Irene pretende troppo e deluderla é sempre stato il suo più intimo timore, ma non c'è via d'uscita, non c'è mai.

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Capitolo 17
*** Succession ***


-Volevi vedermi madre? -
-Si Rickon. Vieni, siedi accanto a me-.
Irene è vestita di bianco e ha i capelli rossi sciolti sulle spalle. Non l'ha mai vista così libera, così fragile.
-Madre? Va tutto bene? - chiede prendendole le mani che tremano e costringendola a incontrare i suoi occhi pieni di lacrime e... paura?
C'è un senso di finalità nell'aria ed entrambi trattengono il fiato. Irene trema e Rickon la fissa preoccupato, con quella trepidazione che preannuncia sempre i cambiamenti importanti.
La Regina apre la bocca per rispondere ma ne esce solo un gemito di disperazione.
-Sto morendo, Rickon. Credo mi resti qualche mese, forse un anno-
-Madre? -
-Sarai Re e devi essere pronto. Ti servirà tutto l'aiuto possibile. Ti servirà Shireen- aggiunge ed è solo perché ha gli occhi chiusi che non nota il lampo di rimpianto negli occhi del figlio. - Ti servirà Shireen perché siete un branco e il branco non può tradire se stesso. Figlio mio, io non so cosa sia successo tra di voi... No, non rispondere. Non lo voglio sapere... Ma dovete trovare una soluzione al più presto-
-Madre, madre non parlare così... Ti prego. Deve esserci una soluzione... Deve... -.
Irene lo prende tra le braccia, gli passa una mano tra i capelli e si sforza di non piangere. É ancora viva, é ancora sua madre, é ancora una sovrana.
"Una donna può piangere ma mai una Regina" le ha detto una volta sua madre e Irene non ha avuto bisogno di chiederle che glielo avesse insegnato. C'era sempre una luce particolare nei suoi occhi quando parlava di Cersei.
-Rickon adesso ascoltami. La corona non è un peso facile da portare. Ti chiederà tanto, anzi, ti chiederà tutto, ti ricorderà sempre che non sei libero, che sei legato a un popolo e che ti sei messo al suo servizio. Devi agire con sicurezza e con cautela. Devi trovare un equilibrio, perché è tutto nelle tue mani e sarai visto come il solo e unico responsabile delle decisioni che prenderai. La gloria e la colpa sono fardelli pesanti, fardelli che non puoi portare da solo altrimenti ne rimarrai schiacciato-
-Non so se ne sono capace-
-Nessuno ne è capace finché non ci prova. Non sei onnipotente: non dimenticarlo mai. Ti paragoneranno agli dei, al Guerriero e al Padre, quando sarai più grande. Ascolta questi sussurri ma non farne mai il centro. Non sei un dio, sei un uomo e se ne renderanno conto anche loro appena commetterai un errore-.
-E allora cosa devo fare? -
-Adeguati alle situazioni, impara a leggere chi hai davanti. Sai come si fa, ti è stato insegnato fin da quando eri bambino, e hai ancora tempo, Rickon, non morirò domani-.
Sono madre e figlio ma anche qualcosa di più, sono allievo e maestra, é l'inizio di un nuovo regno, un passaggio di potere graduale ma inevitabile.

Con Shireen la questione è ovviamente più complicata. La ragazza la fissa dritto negli occhi mentre si morde discretamente le labbra come fa sempre quando è nervosa.
Non è Irene, quella che ha davanti, non è la donna che la faceva giocare e le cantava le canzoni, é la Regina, con i capelli di fuoco e gli occhi di ghiaccio.
È una sfida di sguardi e Shireen non è disposta a cedere anche se guardare in quegli occhi chiari le fa percepire i brividi lungo la schiena. Sono gli occhi di Rickon e lei Rickon lo odia con tutta sé stessa. Però la Regina l'ha voluta vedere e lei non è nessuno per dirle di no.
Irene le indica una delle sedie davanti allo scrittoio e la guarda mentre avanza con passa misurato, il labbro inferiore stretto tra i denti, la gonna scura che ondeggia a ogni movimento. Cosa è successo?
-Volevi vedermi, Maestà? -. La voce è sicura ma non c'è più il fuoco, nessuna sfida nascosta sotto le parole cordiali.
Shireen conosce l'arte dei sotterfugi ma è da tempo che non li usa, che si mostra nella sua innocenza violata, nella sua volontà sottomessa. Non ha più voglia di giocare, perché l'ha portata solo a perdere, a ferirsi, e non ha più sogni di vendetta perché niente potrà mai ferire Rickon più di quanto lui abbia ferito lei.
Irene la studia ancora qualche minuto, poi, lentamente si alza e fa cenno alla ragazza di seguirla nell'altra stanza. La fa sedere davanti allo specchio e le si mette alle spalle, la spazzola in mano. Sembra Catelyn quando aveva la sua età, bella come lei, selvatica come lei, incompresa come lei.
La pettina lentamente senza sollevare gli occhi dai capelli scuri e se il silenzio che le circonda è ormai diventato imbarazzante, Irene finge di non notarlo. Qualsiasi cosa sia successa è molto grave, perché quella non è più la ragazzina che l'aveva confrontata dicendole di sapere già del proprio matrimonio, che era uscita sbattendo la porta; non era la bambina che era scappata lanciando a tutti sguardi di fuoco quando le avevano detto che i rapporti tra lei e Rickon sarebbero stati limitati. Dov'è finita quella persona? È di lei che il Nord ha bisogno per prosperare, non di questo guscio vuoto e accartocciato su se stesso.
-Tu conosci la storia dei Lannister, presumo-
-Si-, e non vuol dire niente perché tutti la conoscono. Tutti sanno di Tywin e Joanna e Cersei e Jaime e Tyrion e dei Leoni protettori dell'Ovest e signori di Castel Granito. Non vuol dire niente. Invece vuol dire tutto, pensa Shireen. Sarebbe l'occasione perfetta per parlare, per mettere Rickon nei guai, per rovinarlo come ha giurato di fare quando la vendetta sembrava solo l'ennesimo atto di un'opera già scritta.
-Conosci la storia della morte di Myrcella? -. Certo che la conosce, tutti la conoscono.
-Mia madre me la raccontò quando avevo sette anni. Ricordo che ne rimasi sconvolta. Era una bambina innocente, lontana da casa e da qualsiasi affetto avesse conosciuto che aveva avuto la fortuna di innamorarsi dell'uomo che avrebbe dovuto sposare. Ed è stata uccisa per un crimine non suo, per un crimine che non era neanche tale. Si era svolto un regolare duello e Oberyn Martell era morto vendicando la sorella e i nipoti. Sai perché hanno ucciso lei, Shireen? - non aspetta una risposta - Perché era la più vicina, perché era più facile raggiungere lei che non Cersei lontana ad Approdo del Re. Sai cosa mi disse mia madre? - c'è un sorriso sulle labbra di Irene e Shireen si ritrova ad osservarlo inquieta attraverso lo specchio. Dicono che Sansa sorridesse nello stesso modo, un leggero incurvarsi delle labbra, una luce particolare negli occhi. Lei non può sapere che è il sorriso della belva che sbrana la sua preda, che Arya sorrideva in quel modo quando abbandonava i cadaveri dei Frey, che Sansa sorrideva in quel modo mentre le urla di Ramsay riecheggiavano sempre più alte e strazianti. Non può saperlo che sorrideva così anche Cersei mentre Ellaria osservava morire la figlia prediletta, che sorrideva così ogni volta che si trovava davanti a chi reputava inferiore.
- Mi disse che innocente e colpevole non hanno alcun significato, non nel mondo in cui viviamo, almeno. Che cambia tutto a seconda dei punti di vista- le intreccia i capelli e Shireen capisce, per la seconda volta, cosa sia la paura. Sente il cuore esplodere nel petto, le parole che si fanno strada dentro di lei, il tono di chi sta raccontando una favola e non un fatto realmente accaduto. Cosa vuole dimostrarle con questa storia?
-Mia madre amava Myrcella-questa è una novità, e Shireen alza gli occhi pieni di emozioni per incontrare quelli della Regina. - Si, ha stupito anche me quando me lo ha detto. Erano amiche. Passeggiavano, chiacchieravano, mangiavano torta di limone... Mia madre fu molto triste quando apprese della sua morte, anche se allora aveva altro a cui pensare-. Riconquistare Grande Inverno, Jon Snow a cui aveva permesso di sottrarle la corona che le spettava per diritto di nascita.
E poi all'improvviso Irene si allontana di qualche passo e Shireen torna a respirare. Si gira verso di lei e la Regina la fissa seria, gli occhi chiari pieni di dolcezza.
-Chi è l'innocente e chi è il colpevole in questo guaio tra te e Rickon-

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Capitolo 18
*** Playing ***


Shireen ripensa a quella notte, alle mani di Rickon che la graffiavano, ai suoi occhi scintillanti di odio. É lui il colpevole. Lei è innocente.
Ripensa alle promesse e alle rose, a come si siano rivelati solo sciocchi giochi tra bambini. É lui che l'ha illusa. É lui il colpevole.
Ripensa alle favole che amava da bambina, a come di notte rimanesse sveglia a guardare la luna. É lei che si è lasciata ingannare, che ha confuso il sogno con la realtà.
Ripensa ancora a quella notte, a come lo abbia provocato, a come lo volesse ferire fino a fargli perdere il controllo. È lei che ha superato i limiti, che si è spinta troppo oltre.
Chi è innocente, chi è colpevole? Chi ha usato chi? Chi ha ingannato chi? Chi ha mentito a chi?
Irene aspetta una risposta che lei non sa dare.
-Nessuno mia Regina. Tra noi non è successo nulla di grave, solo uno sciocco litigio che si risolverà da solo-
-Niente si risolve da solo e il tempo non è la cura migliore per tutto-.
Irene le mostra il fazzoletto sporco di sangue.
-Io non ne ho più. Puoi scegliere di non dirmi cosa è successo, puoi continuare a nasconderti dietro all'arroganza come fai sempre da che eri bambina. Non è più importante, Shireen, perché io sto morendo e Rickon avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile-.
Le posa le mani sulle spalle e la costringe a incontrare i suoi occhi nello specchio. Shireen trattiene il fiato e sento uno strano gelo propagarsi dal cuore.
-Non metterti a piangere-é un ordine, naturalmente,e Shireen per un attimo è tentata di lasciar cadere le lacrime solo per dispetto, per dimostrare ad Irene che non la controlla e non lo ha mai fatto.
-Non mi servono le tue lacrime, mi serve la tua testa. Ci sono cose che devi imparare e ho poco tempo per insegnartele-.
Rickon non basta, non basterà mai. Serve una Regina degna di questo nome.
Shireen annuisce e Irene fa altrettanto.
C'è una strana immobilità nell'aria e la Regina si chiede ironica se gli Dei stiano trattenendo il fiato lanciando una moneta. Il gioco è ricominciato e Shireen dovrà esserne all'altezza.

Hanno davvero poco tempo ma Irene finge di non curarsene e Shireen è un'allieva attenta, pronta e veloce. É già capace, in realtà, conosce i rudimenti del gioco, sa come usare le parole ed è paziente, cosa che non si può dire di Rickon.
Deve imparare a scomparire, a stare sempre un passo dietro al Re, a sussurragli all'orecchio al momento giusto.
Deve imparare la strategia. Sa usare una spada, se necessario, non la danza dell'acqua, e non all'altezza di un cavaliere, ma sa difendersi e sa attaccare. Sa uccidere?
Irene decide che è una domanda per un altro giorno e si dice che in caso di vera necessità tutti sanno uccidere. I lupi uccidono per proteggere il proprio branco.
È questo, alla fine, il problema.
Shireen è un diamante allo stato grezzo e nelle sue vene fluiscono fuoco e ghiaccio. É arrogante e non dimentica mai un torto e giura sempre di farlo pagare.
Mantiene sempre le promesse.
Tanta teatralità non va bene, tanta ostinazione non va bene. Va temprata, bisogna smussare gli spigoli e conservare gli artigli.
Saper plasmare le persone è un'arte ed è questo che un buon maestro deve saper fare. Deve manipolare per insegnare a farlo. Shireen é fin troppo perspicace e ha già capito, si lascia guidare fino a un certo punto, accetta di scendere a compromessi ma Irene sa che sta tenendo il conto dei sacrifici che sta compiendo.
Si è offerta volontaria e questo é qualcosa che la Regina non si fa problemi ad usare contro di lei.
A volte, stesa a letto, quando le sembra di non riuscire ad arrivare al prossimo respiro per tutto il sangue che le invade la gola, si chiede se ciò che sta facendo sia giusto, se corrompere in questo modo qualcosa di già ridotto in pezzi come il cuore e lo spirito della ragazzina sia davvero così necessario. Si chiede cosa penserebbe sua madre ma scaccia innervosita questa preoccupazione: dei morti bisogna imparare ciò che hanno da insegnare senza preoccuparsi del loro giudizio.
E poi, sussurra quella voce che la accompagna da quando ha scoperto della morte di Myrcella, quella che lei definisce la sua Cersei personale, Sansa ha fatto lo stesso con lei e con Catelyn. Condannare la sua stessa figlia per star facendo lo stesso sarebbe da ipocrita.
-Perché me? -, chiede Shireen una sera.
-Perché non Violet o Benjen o Rickon che regnerà di nome e di fatto? -.
-Il tempo è poco e a me serve qualcuno che sapesse già destreggiarsi tra le ombre del gioco-
-E io so farlo? -
-La modestia non ti si addice-
-Ma è ciò che si aspettano da me-.
-Sai come è chiamata mia madre? -
-Ha troppi titoli per ricordarli tutti-. Irene sorride suo malgrado e si trova a darle ragione.
-Prego, allora. Elencali-
-Ma... -
-Coraggio-
-Portatrice di Primavera, Regina di Ghiaccio, Lupa Rossa... -
-Sai come la chiamava Cersei Lannister? -
Shireen scuote la testa.
-Colombella-.
Si metterebbe a ridere. Sansa Stark che ha combattuto i Draghi e i Morti, che ha ucciso anche senza rimorso, paragonata a un innocuo uccellino? È un'altra, però, la domanda che sfugge dalle sue labbra.
-Stai cercando di farmi diventare Cersei o Sansa? -.
-Nessuna delle due-. Entrambe é la vera risposta che resta sospesa nel silenzio della stanza.
-Se vuoi essere una Regina migliore di chi è venuto prima di te impara dai suoi errori e non dimenticare i suoi successi-.
-Io non sono una Regina e non lo sarò mai-.
Vede una corona di rose e sogni brillanti come le stelle.
-Le Regina non sono immuni al dolore e alla morte-.
Cersei e Daenerys e Sansa e Elia e Rhaella e tutte quelle donne che il mondo ha dimenticato.
-Hai ragione. Ma non serve una corona per regnare e il dolore è necessario, altrimenti non si cresce-.
Irene sta per aggiungere qualcos'altro ma la tosse la costringe a piegarsi in due. Shireen distoglie gli occhi angosciata per ciò che ha imparato. É una Regina quella che ha davanti. Una Regina piegata dalla malattia. Nessuno è al sicuro dal dolore e dalla morte. Nessuno può proteggere nessuno.
-Guardami. Vedrai cose sicuramente più brutte di me in futuro-. É aspra Irene, imbarazzata e umiliata, e quindi più severa.
-Vai adesso. Abbiamo lavorato abbastanza-.

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Capitolo 19
*** A new era ***


Passano i mesi e le voci iniziano a circolare. La Regina si vede sempre meno e il Principe Rickon ha sempre più una posizione di rilievo.
È una scena già vista, mormorano i più anziani, quelli che hanno visto l'incoronazione di Irene e la morte di Sansa. É lo stesso copione e su Grande Inverno è calato un silenzio che sa di sconfitta.
Poi un giorno risuona un grido.
-La Regina è morta, lunga vita al Re! -.
Rickon sente il mondo cadergli addosso ed è Shireen che gli artiglia il braccio e gli impedisce di cadere a terra.
Non c'è dolcezza nel suo sguardo, solo comprensione e la promessa di aiutarlo, per il bene del Nord e la promessa fatta a sua madre. Lui non lo sa e accetta il sostegno ricevuto, accetta il dolore che lo ancora alla realtà.
-Andrà tutto bene. Non sei da solo. Ti aiuterò io. Sarò i tuoi occhi e le tue orecchie e qualsiasi altra cosa vorrai-.
È fredda e pragmatica. Gli sta elencando dei fatti senza addolcirli. Non è da solo. Può contare su di lei.
-Grazie-.
Shireen prende un respiro e raddrizza la schiena. Ripensa alla disperazione nei suoi occhi, alla fiducia che ripone in lei.
Si sente addosso i suoi occhi per tutto il giorno e quella sera invece di dormire intreccia una corona di rose bianche e blu. Nel Parco degli Dei ci sono ancora i fantasmi e Shireen sembra brillare della stessa luce della luna mentre i fiori bruciano e con loro il dolore e la vendetta e le canzoni. Brucia se stessa, anche, é talmente vicino alle fiamme da sentirne il calore sulla pelle, basterebbe un passo e diventerebbe cenere e rinascerebbe più pura e splendente. Arya, di ritorno da uno dei suoi viaggi, aveva raccontato di uccelli del genere, che morivano in un'esplosione di fuoco e poi nascevano di nuovo, di donne che avevano poteri magici e attorno al fuoco danzavano nelle notti di luna piena.
Shireen ride e allunga la mano per ritirarla subito scottata. Sta impazzendo, come la Regina dei Draghi. Sta impazzendo e condannerà il Nord a fare altrettanto.
-Shireen-.
La magia svanisce, l'incanto si spezza, e Benjen la avvolge nel mantello.
-Stai gelando! Cosa stavi facendo? -
-Sono libera... Sono libera... -.
Benjen la guarda. Ha i capelli scuri bagnati di neve sciolta, gli occhi chiari che brillano del riverbero delle fiamme. É bianca e ghiacciata, le labbra viola e il viso e le mani e i piedi arrossati.
È folle, e il pensiero invece di spaventarlo lo affascina.
La prende in braccio e la porta nel castello.
-Sono libera- continua a cantilenare, aggrappandosi a lui con mani sporche di sangue. Ha bruciato le rose, capisce. E le promesse di Rickon assieme a loro.
-Sei libera-.

L'incoronazione e la nascita di una nuova Principessa passano come in un sogno.
È una bambina con gli occhi azzurri dei Tully e i capelli scuri di Violet e Rickon dice che si chiama Sansa e che sarà una grande Regina. Catelyn la prende in braccio con il cuore pieno di mestizia perché i grandi nomi portano grandi aspettative che non si riescono mai a soddisfare.
Lo sapeva Sansa che ha dato ad Irene un nome nuovo e lo sapeva Irene che ha chiamato il suo primogenito come il più piccolo degli Stark, un bambino che nella mente di tutti ha per sempre tre anni e un ragazzino morto su un campo di battaglia, e il suo secondo figlio come l'ultimogentio Stark nascosto al Castello Nero e senza una storia da raccontare.
-Ti studieranno e troveranno sempre qualcosa di sbagliato, ma non importa, non se sei felice e sai cosa vuoi. Perché tu sei Sansa Stark di Grande Inverno e questo nome avrà il significato che tu vorrai dargli-.
-Madre-. Shireen é entrata nella stanza senza fare rumore, i capelli raccolti in una crocchia e l'abito nero adorno di ricami in oro. Una scelta singolare.
-Posso prenderla in braccio? -
-Certo, cara. Ecco, devi prenderla così.. No, piano... Sorregile la testa-.
Shireen fissa incantata la piccola che dorme beata tra le sue braccia. Sa che ha gli occhi di Rickon ma tutto il resto, il nasino, la bocca incurvata in un sorriso, é Violet, e il pensiero non suscita in lei nessuna reazione avventata se non che quella è la bambina più bella di Westeros.
-È stupenda-.
Catelyn sorride commossa a quella vista e fa cenno a Brandon e Eddard di stare fermi dove sono. É un momento magico, fatto di assoluta purezza e sua figlia, selvatica e attenta come è, non le permetterà mai più di vederla così vulnerabile, così ignara di tutto ciò che la circonda.
Shireen osserva la piccola Sansa e ripensa a tutti gli insegnamenti ricevuti, al dolore e ai sacrifici e si sente tremare. Sarà lei, un giorno a trovarsi al posto di Irene, a istruire una nuova sovrana sugli errori che non potrà non commettere, sul dolore che non potrà evitare.
Si sente indegna di stare lì, impura. Irene ha fatto bene il suo lavoro, Sansa e Cersei saranno orgogliose.
-Perdonami- sussurra mentre le posa un bacio sulla fronte,perché quando la Principessa sarà cresciuta non dovrà mai mostrare rimorso per il mondo di finzione in cui l'hanno costretta a vivere.

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Capitolo 20
*** Wrongness ***


Rickon è un buon sovrano, questo bisogna concederglielo. É accorto, attento a non tradirsi, e gli scoppi d'ira più violenti li riserva per il segreto delle sue stanze.
Non è più un bambino, é un uomo, un Re, e Benjen è quasi convinto di essersi sbagliato a pensare che la loro storia sarebbe finita in un bagno di sangue quando, tre mesi dopo la nascita della bambina, le pedine cambiano ancora posizione.
È Shireen che glielo dice, entrando nella sua stanza sbattendo la porta, con gli occhi in fiamme e il corpo scosso da brividi di rabbia.
-Ha annullato il matrimonio! - grida isterica, tornando ad essere la bambina che governava tutti con i suoi capricci e i suoi desideri.
-Rickon ha annullato il mio matrimonio. Dice che gli serve un legame più vantaggioso, che sul confine con i Sei Regni la situazione è delicata e... -. É talmente sconvolta che le parole le escono strozzare e Benjen la prende per le spalle costringendola a sedersi.
-Chi si crede di essere... Pensare di potermi usare in questo modo... -.
Il Principe si assicura che la porta sia ben chiusa perché Shireen, continuando a parlare in questo modo, sta prendendo la pericolosa strada del tradimento.
Temeva sarebbe successo, che Rickon avrebbe commesso un passo falso e lei gli sarebbe andata contro, dimenticando, nella sua furia, che un Re può non dover rendere conto a nessuno. Certo, che suo fratello abbia esagerato è ovvio. Cosa, tra tutto quanto abbia più turbato Shireen é lampante.
-Non ha tutti i torti... -
-Sei dalla sua parte? Dopo tutto quello che è successo sei dalla sua parte? -
-Magari un matrimonio che ti porti lontano da qui é quello di cui hai bisogno, per liberarti davvero dell'influenza di Rickon-.
Lo guarda tra le lacrime che si rifiuta di versare. Ha ragione, é logico, ma Benjen non capisce. Liberarsi definitivamente di Rickon sarebbe quanto di più bello potrebbe accadere. Poter tornare a respirare, evitare di sentirsi soffocare nella sua stessa casa... Ma Rickon lo conosce, forse non bene quanto credeva, ma lo conosce, e sa gestirlo. Con un altro uomo, magari più vecchio e più rude non sarebbe così facile.
-No. Non me ne andrò da qui. Sono una Stark e questa è casa mia. Senza di me il nostro caro Re non durerebbe un anno e il mondo dovrà finire prima che lasci Sansa in mano a tutti voi-.
Benjen cerca la sfida nei suoi occhi chiari. La sicurezza delle sue parole, la calma che si è impossessata di lei. Sembra un'altra persona. Sembra regale. Sembra una Regina senza corona.
-Puoi contare su di me. É mio fratello, il mio Re-
-Saresti tu a guadagnare dalla sua morte... Non lo sai? Se dovesse accadergli qualcosa prima che Sansa raggiunga la maggiore età ha nominato te come reggente... Mi chiedo se la cara Lady Violet ne sia al corrente... -
-È tradimento parlare in questo modo-.
Shireen scrolla le spalle e sorride come ha visto fare ad Irene. Ha imparato a giocare ma lo fa a modo suo.

Byron la cerca nel Parco degli Dei, gli occhi tristi e la schiena dritta e il sorriso melanconico a creare un'immagine di commovente dispiacere.
-Mia signora- la saluta baciandole le lunghe dita affusolate.
Shireen inclina la testa e gli regala un sorriso mesto. É dispiaciuta della sua partenza, si è affezionata a lui e lo considera un buon amico.
-Anche tu mi mancherai- le risponde con un sospiro, guardando la neve bianca che ammanta gli Alberi Diga. - Avevo iniziato a considerare questo posto come casa mia-. Shireen non sa perché abbia le lacrime agli occhi, da dove venga questa improvvisa voglia di piangere, la commozione che scaturisce dal cuore e si irradia per tutto il corpo.
Povero Byron: lo ha trattato così male. Prima ignorandolo e poi usandolo come mezzo per far ingelosire Rickon.
Non merita tutta questa devozione, però ne è grata, é un appiglio a cui aggrapparsi in un periodo pieno di cambiamenti.
-Ne sono felice, mio signore, e spero di poter contare ancora sulla tua amicizia-.
Lui si inchina e le bacia la mano e...
Quanto sarebbe stato più semplice amarlo, accontentarsi di lui, della vita semplice e banale che poteva offrire, invece di smaniare per la storia e le ballate e le tragedie.
Si sarebbe fatta meno male, forse sarebbe stata più felice. Forse Brandon ha ragione e dovrebbe scappare dai fantasmi di neve e paura che infestano le sale di Grande Inverno. Peccato che sia troppo tardi per tutto. Non può essere una marionetta quando le hanno insegnato a essere il burattinaio, il gioco chiede tanto, chiede tutto, e lei ha promesso di concederglielo. Per il bene del Nord, della sua famiglia, di Rickon. Per il bene di Sansa che dorme tranquilla nella sua culla.

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Capitolo 21
*** War ***


Per il bene di Sansa che Violet stringe tra le braccia mentre la neve cade mischiata a pioggia.
È cresciuta Sansa, é bella, dolce e gentile. Ha da poco imparato a camminare, si muove incerta sulle gambine aggrappandosi a qualsiasi appiglio. Parla poco, la piccola Sansa, la futura Regina, e forse per questo Benjen l'ha presa tanto in simpatia: anche lui preferisce la calma e la quiete, anche lui preferisce stare in disparte. Quanto vorrebbe farlo anche adesso!
Incrocia gli occhi di Violet. Sono stanchi, quasi vuoti. Aspettava un bambino ma lo ha perso pochi giorni prima. Il giovane Principe non è nemmeno sicuro che possa uscire dal letto ma lei ha insistito e adesso li guarda, dritta e altera e vestita di un grigio così scuro da sembrare nero.
Sembra vestita a lutto.
Tra le sue braccia c'è Sansa, che indossa una corona d'argento forgiata apposta per la Principessa d'inverno. É adornata di zaffiri... No, forse sono lapislazzuli. Benjen non è sicuro ma non ha importanza, forse non ne avrà mai più.
Dietro di lei c'è Catelyn con i capelli oramai colorati d'argento e il viso scavato. La morte di Irene è un colpo da cui non si è mai ripresa e la scomparsa di Brandon e Ned, gli unici che le rimanevano, forse sono stati il colpo di grazia.
Ben si chiede se verrà a sapere della sua morte grazie ad un corvo ed è un pensiero che gli dà la nausea e lo costringe a chiudere gli occhi e respirare profondamente.
Shireen non c'è. Arrogante. Vanitosa. Orgogliosa. Melodrammatica. Teatrale. Vorrebbe sputarglieli addosso questi aggettivi. Vorrebbe vederla uscire dalla stanza dove si è rinchiusa da quella cena, da quel litigio. Vorrebbe interrogarla: Il Lupo solo muore e il branco sopravvive gli ha detto guardandolo con un odio tale che lo ha riportato indietro, a quando lo detestava ed era gelosa, a quando erano tutti bambini e le cose erano semplici.
Vorrebbe dirle che gli dispiace e che aveva ragione e che hanno sbagliato loro, tutti loro, a non ascoltarla, a non intervenire, a giocare senza sapere le regole.
-Andiamo-. Rickon é al suo fianco, pallido, lo sguardo febbrile rivolto all'orizzonte. Non ha paura. É un Re, un cavaliere, come quelli delle ballate. É la Spada dell'Alba e il Principe Drago e Robert Baratheon e Jaime Lannister e Robb Stark.
Benjen annuisce e si chiede se non stiano andando tutti verso il massacro.
-Suvvia, fratellino. Sono dei barbari non certo gli Estranei o i Draghi. Non ci vorrà nemmeno molto a batterli-.

Violet li guarda allontanarsi: sono un esercito di uomini che gioca a fare i soldati; giovani nel fiore degli anni che vanno a sporcare la neve col sangue.
Ha pregato Rickon di non farlo, di non rispondere al fuoco con il fuoco, di non sottovalutare il potere della diplomazia. Si è inginocchiata ai suoi piedi e gli ha abbracciato i ginocchi, il bel volto bagnato di lacrime e il petto che si alzava veloce per via del respiro affannoso.
Una visione che rasentava il patetismo, la decadenza, lo struggimento tutti in una volta. Una Regina che si è spogliata della corona, una donna che ha abbandonato qualsiasi forma di amor proprio.
Ha continuato a supplicare anche quando il sangue ha iniziato a scorrere lento tra le cosce, quando si è portata le mani al ventre e tra le gambe per trattenere quella vita che nemmeno sapeva di portare.
Ha pianto di dolore e di paura mentre Rickon la guardava, allontanandosi da lei con negli occhi qualcosa che Violet si rifiuta di chiamare repulsione. Da allora per lei ci sono state solo occhiate affilate e la sola volta in cui si è degnato di parlarle, appena poche ore prima dell'alba, le ha stretto il polso ricordandole il suo ruolo come madre dei suoi figli, come colei che deve dargli più di un erede, come la Regina che ha fallito nel solo vero compito che le è stato assegnato.
Si è sentita gelare mentre le guance bruciavano di umiliazione e scuoteva un poco la testa perché l'uomo che aveva davanti non è suo marito, impulsivo certo, ma mai violento o crudele.
E adesso lo sta osservando partire forse per andare alla morte e la sola cosa che leresta di lui sono il castello di pietra, il regno di ghiaccio, e la bambina che stringe tra le braccia come fosse un'ancora di salvezza. E il sangue, aggiunge la sua mente beffarda. Il sangue che ancora le cola tra le gambe, rallentato dalle calze e dalle giarrettiere e dalla gonna scura. Perché nessuno deve vedere: finché non vedono, non sanno.

Catelyn li osserva partire con gli occhi pieni di rimpianto e rassegnazione. Ha passato notti insonni a girarsi nel letto chiedendo perdono ad Irene per questo terribile fallimento. Le aveva affidato il Regno e i suoi figli e lei non è stata abbastanza forte da trattenerli, da convincerli a ragionare. C'è un peso che le grava sul cuore e le smorza il respiro. Sente gli occhi riempirsi di lacrime e non si vergogna a lasciarle cadere: non è più il tempo dell'orgoglio, non per una vecchia che ha fallito nell'unico compito le fosse stato assegnato. Ah, quanto vorrebbe che tutto finisse, che lo Straniero arrivasse con il suo bacio fatale spegnendo la luce accecante che sembra farsi beffe di loro: é il freddo sole invernale che si riflette sulla neve candida e sull'argento e le pietre della corona di Sansa. Rickon gliel'ha donata in una cerimonia fastosa e dispendiosa, ha presentato al mondo la sua erede in veste ufficiale per la prima volta. Ma che cosa se ne fa una bambina che deve ancora festeggiare il primo compleanno di un oggetto tanto importante quanto inutile? Non può capire il suo valore e non può usarlo per giocare, si può solo avvicinarlo alle finestre e creare mosaici di luce che la bambina osserva in silenzio.
È troppo pesante perfino per farglielo indossare, la testa ciondola da una parte all'altra ed è Violet che la tiene ferma impedendo ad entrambe di cadere.
No, non è di questo che il popolo ha bisogno... Oppure si? Rickon non è mai stato popolare come adesso che ha ordinato a tutti di imbracciare le armi e andare a fare giustizia. Catelyn a volte si chiede se sia lei la sola a ricordare.

Era accaduto tutto molto in fretta e alla fine nessuno avrebbe dovuto stupirsi più di tanto. Non si poteva sperare che i Bruti rimanessero calmi per sempre, che la loro natura non smaniasse per tornare alla luce e senza Jon Snow o coloro che lo avevano conosciuto, senza qualcuno che li unisse e li governasse almeno idealmente erano usciti dai confini del Castello Nero ormai disabitato e avevano ripreso possesso delle lande innevate che per secoli avevano chiamato casa. Era stata una lenta discesa verso il ritorno a quello scontro perpetuo che per tanti anni aveva dilaniato il Nord e presto erano giunte notizie di razie e rapimenti, di villaggi dati alle fiamme e macabre uccisioni.
Il popolo voleva il sangue e la vendetta; Catelyn ricordava la storia passata; Violet esortava alla diplomazia, l'arma più usata da Irene e Sansa; Benjen restava in silenzio a guardare; Shireen lì aveva zittito tutti gridando più forte di loro e aveva detto, quasi ordinato in realtà, a Rickon di non osare fare niente di avventato. Ne era seguito un litigio dalle proporzioni mai viste, erano volate urla e minacce e quando il giovane Re aveva fatto un passo avanti, le mani al cielo, lo sguardo lampeggiante, Shireen si era ritratta terrorizzata, avvicinandosi a Benjen e alla porta che le concedeva una facile via di fuga. Non si era arresa, però. Lo aveva esortato a ragionare, a pensare cosa avrebbe fatto sua madre e da lì era stato un sovrapporsi di frasi che nessuno dei presenti era stato capace di distinguere.
Era scappata nella sua stanza e non ne è uscita da allora. A nulla sono valse le flebili scuse di Benjen, venuto più volte a porgere le sue scuse in vece del fratello, e ed lì che si trova ancora mentre il fiore della loro gioventù parte verso una guerra insensata.

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Capitolo 22
*** Friendship at last ***


Il tempo sembra diluirsi quando si attende, soprattutto se non si sa cosa si attende.
Grande Inverno è cupa, avvolta da un'atmosfera funerea che nessuno ha il cuore e il coraggio di provare a rasserenare. Catelyn sta male, vomita qualsiasi cosa mangi e Shireen si addormenta piangendo perché non può perdere anche lei, non dopo Irene e Rickon e Benjen e Byron, non può, non sopravviverebbe, e cerca di dirlo a quegli Dei che le sembrano più lontani che mai mentre passa ore inginocchiata nel Parco degli Dei con le mani giunte e le membra sempre più stanche. Irene non le ha detto che sarebbe stato così difficile, non le ha parlato di tutti questi pesi, non le ha parlato di una guerra. Forse perché nemmeno lei pensava che suo figlio sarebbe stato tanto stupido da iniziarne una, pensa piena di frustrazione e risentimento. Non quando l'inverno è tanto inclemente e la neve cade copiosa e anche Violet si trascina da una stanza all'altra con la grazia che le è sempre appartenuta ma che adesso ha un qualcosa di ancora più delicato. Irene si muoveva nello stesso modo, ma Shireen si rifiuta di fare questo paragone: Violet sta bene. Sì, la perdita del bambino l'ha provata ma non vuol certo dire che sta per morire.
-Lady Stark-
-Vostra Maestà-.
I capelli hanno perso la loro lucentezza, il volto è scavato, gli occhi sono brillanti... di febbre?
-Solo Violet, per favore-
-Sei qui per un motivo particolare? - si morde la lingua per l'intonazione seccata e arrogante che ha dato alla domanda, per il modo in cui il sorriso della Regina si spegne e le mani ricadono lungo i fianchi.
-Perdonami. Sono solo preoccupata-
-Lo so, Lady Stark. Lo sono anche io. Mio marito e mio cognato stanno combattendo, c'è il rischio concreto che muoiano, che mia figlia diventi Regina... É troppo piccola... Non può passare la vita schiacciata da un peso simile, non prima di aver vissuto almeno un po'... - si porta una mano alla bocca per soffocare i singhiozzi e Shireen si spaventa quando la vede barcollare.
Questa non è una Regina, non è la giovane che ha invidiato e odiato senza nessuna vera ragione, quella che ha ostacolato e screditato in ogni modo.
-Maes...Violet...-non sa cosa dire. Apre la bocca ma non escono le parole e allora chiude gli occhi e si concede un secondo per pensare a quanto stupido sia ciò che sta per fare, poi la abbraccia, le carezza i capelli castani e quando la sente scivolare a terra stringe la presa.
-Andrà tutto bene- mormora ingoiando le lacrime, e quanto è bello il modo in cui la bugia scivola sulla lingua. É sempre stata brava a mentire ma questo è altro, perché Violet si aggrappa a lei disperata e lei ripete la frase fino a farla diventare una cantilena. Questa non è una semplice menzogna, questa è arte, questo è il risultato del lavoro di Irene e di Cersei e Sansa prima di lei.
-Mi puoi chiamare Shireen- dice quando hanno ripreso i loro ruoli e le loro maschere e il tenue sorriso sul viso della Regina é sufficiente a rischiare la giornata.

-Eh si, piccolina, questi sono proprio tempi strani- mormora Catelyn guardando la figlia e la Regina camminare l'una accanto all'altra senza litigare.
-Sono proprio tempi strani- ripete mentre la bambina tra le sue braccia ride.
Quando é con lei si sente più leggera e più felice, riesce a credere che il mondo non sia il posto terribile che realmente è, che la speranza esista e la bellezza non sia destinata a sfiorire. Riesce a credere che la vita prevalga sempre anche se sente la morte risucchiare la vita dal suo corpo con una lentezza estenuante. Si chiede se sia una specie di maledizione, se le donne della sua famiglia siano costrette a soffrire prima di poter riposare, come se il dolore che hanno già patito non sia stato sufficiente, come se il Nord non sia già un fardello sufficiente da portare.
Presto sarà il suo turno e questo pensiero la riempie di angoscia perché non è pronta a rivedere Irene per dirle che l'ha delusa.
-Madre-
-Ah, mia cara, vieni qui, tieni un po' tu questa Principessa-
-Stai bene? -
-Si, tesoro, ho solo bisogno di riposare... Ah, non credo di scendere per la cena, se puoi essere così gentile da avvertire-
-Devo farti portare qualcosa? -
-Oh no, grazie, cara, non credo che mangerò-.
Le si stringe il cuore a vedere gli occhi di sua figlia riempirsi di lacrime ma il semplice pensiero del cibo le dà la nausea e Shireen deve stare di più con Violet perché Grande Inverno è una loro responsabilità e devono proteggerla insieme.
È finito il tempo delle sciocche rivalità da bambine, ormai, soprattutto se, gli Dei non vogliano, accada qualcosa a Benjen e Rickon.

La cena è silenziosa e il tavolo vuoto e l'aria é pregna di tensione e di imbarazzo perché non è mai successo che si trovassero sole senza qualcuno a fare da cuscinetto.
Shireen mangia in silenzio osservando di sott'ecchi la Regina, mentre questa rimesta il cibo senza appetito. I maestri le dicono che deve riposare, che si sta stancando troppo, ma lei li ignora come si fa con le cose che ci danno noia. Li sopporta con sempre meno pazienza da quando le hanno dato quella notizia, che una futura gravidanza potrebbe ucciderla e che non ci sarebbe comunque la garanzia che il bambino sia in salute e sopravviva, che potrebbe perderlo ancora e potrebbe morire anche lei, lasciando un vedovo e un'orfana.
Magari non ci sarà nemmeno un'altra gravidanza perché Rickon potrebbe non fare ritorno da quella guerra insensata e potrebbe essere lei la vedova con un regno e un'orfana.
Sente le lacrime farle pizzicare gli occhi e l'emicrania attanagliarle le tempie. Il desiderio di stendersi e riposare davvero le si prospetta come un paradiso, ma non può. Ha dei doveri cui adempiere e non può mostrare nessuna debolezza, nessuna crepa. Su questo Irene è stata chiara.
-Maestà? -
-Violet- la corregge abbandonando le posate nel piatto, stanca di giocarci.
-Stai bene? -
-Certo che sto bene, Lady Stark-
-Shireen-.
Che cosa ha portato a questo repentino cambio di comportamento nei suoi confronti? Verso di lei Shireen é sempre stata arrogante e sprezzante quando le cose andavano male e fredda e cortese abbastanza da non risultare maleducata quando andavano bene, che cosa è cambiato, esattamente?
-So che non siamo andate sempre d'accordo e so che è anche colpa mia. Vorrei rimediare. Vorrei mi considerasse un'alleata se non un'amica. Per il bene di Sansa e del Regno se non credi alla genuinità delle mie intenzioni-.
Ecco. La spaventa, anche, quando fa così, quando la guarda dritto negli occhi che sono pieni di emozioni che non riesce a decifrare, quando dice esattamente quello che pensi e che vorresti sentirti dire.
Non è la prima volta che Violet pensa che la ragazza di fronte a lei sarebbe stata una Regina migliore.
-Accetto l'offerta con molto piacere, ma spero potremo diventare amiche, con il tempo-.
Ha le sue dame, certo, ma dopo la perdita del bambino e le divergenze con il Re non è sicura di potersi fidare davvero di loro, e si sente tanto sola in quella corte immersa nei ghiacci e nel gelo.
Ha bisogno di qualcuno di cui fidarsi che non sia automaticamente dalla parte di Rickon, che non sia Benjen, buono e più quieto ma comunque suo fratello, comunque reggente se dalla guerra fosse il solo dei due fratelli a tornare, che non si Catelyn, paziente e bendisposta, ma la sorella di Irene in tutto tranne che nel nome, votata, come tutti, al Nord e alla sua prosperità.
Shireen é diversa, non è più la bambina che ha conosciuto al suo arrivo, é successo qualcosa e nei suoi occhi qualche volta brilla ancora la luce dell'odio.

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Capitolo 23
*** On the battlefield ***


La guerra è orribile, entra nelle ossa e si insinua nelle crepe dell'anima, rivive negli incubi e dietro le palpebre chiuse come frammenti di sangue e di vite spezzate.
Non è questo che si aspettavano. Immaginavano la gloria e le canzoni e le ballate, si vedevano i vincitori contro i barbari, i nemici millenari. Invece dei loro sogni é rimasto solo l'eco spezzata. Combattono con valore e senza risparmiarsi eppure non è sufficiente, perché cadono nella neve come insetti e la terra beve il loro sangue.
Rickon guarda la notte calare e pensa a sua madre, alle sue parole, ai suoi insegnamenti. Pensa a Catelyn che è sempre stata la sua preferita, che quando era bambino gli rimboccava le coperte e gli portava di nascosto una fetta di torta, che forse è morta e lui nemmeno lo sa. Pensa a Violet, al terrore nei suoi occhi quell'ultima sera, gemello di quello di Shireen quella fatidica notte, alle sue lacrime e alla sua forza perché non si è ritratta, é rimasta ferma a implorarlo di ragionare anche mentre loro figlio le scivolava via lungo le gambe. Pensa a Sansa e alla corona che le ha regalato, una sciocchezza, adesso che ci pensa, perché cosa se ne fa una bambina tanto piccola di un fardello tanto pesante? Forse non è mai stato tagliato per fare il padre, forse nemmeno per fare il Re. Ecco che arriva Shireen a tormentarlo, con gli occhi di ghiaccio e le parole di fuoco, il sorriso di chi ha sempre un asso nella manica ed è sempre un passo avanti.
Le ha deluse tutte e non sa se avrà mai la possibilità di rimediare. Non in questo inferno che ha creato con le sue stesse mani.
Sente lacrime silenziose solcargli le guance e si affretta ad asciugarle: fa talmente freddo che si cristallizzano in ghiaccio.

Urla, grida, ordini e suppliche. Non riesce a distinguere più nulla in mezzo al caos.
Corre, veloce come il vento, la spada sguainata che fende l'aria e colpisce precisa il bersaglio.
L'adrenalina lo sprona a non fermarsi, a muoversi e combattere, veloce, veloce, veloce, sempre più veloce e...
-No!-.
L'urlo trapassa la coltre di nebbia che sembra avvolgerlo, il campo di battaglia che sembra essersi fermato (é un miraggio, ovviamente: una guerra non si ferma solo perché è caduto un uomo), persino il dolore che si propaga a ondate dalla ferita alla schiena dove la freccia lo ha colpito a tradimento.
-No, no, no!- sente ancora, mentre qualcuno lo solleva e gli carezza i capelli e lo supplica di non farlo, di aspettare, di non lasciarlo da solo perché "abbiamo bisogno di te, ti prego, ti prego, non lasciarci, non lasciarmi"....
-Fratello- articola a stento, mentre il sangue gorgoglia e abbandona il suo corpo.
È stanco e rimanere sveglio gli costa tanta di quella fatica che si chiede se ne valga davvero la pena.
È stanco e l'abbraccio di Rickon sembra una gabbia da cui sarebbe fin troppo facile scappare.
È stanco e la Morte lo accoglie prendendogli la mano. Ha il viso di sua madre, prima che la malattia la uccidesse. Ha gli occhi chiari scintillanti di stelle e i capelli di bronzo brillanti di fuoco e Benjen si lascia cullare dal suo abbraccio.
Rickon piange sul suo cadavere e qualcosa si incendia dentro di lui. Prende la spada che suo fratello ha lasciato cadere a terra e ordina di occuparsi del suo cadavere.
I soldati lo guardano, questo Re d'Inverno dai cui occhi si sprigionano fiamme, e sentono i brividi correre lungo la schiena. Rickon trema di rabbia e dolore e dimentica i pensieri che solo la sera prima lo tormentavano: dimentica la moglie, la zia, la figlia e persino Shireen, perché c'è posto solo per la vendetta adesso, solo per il cadavere di suo fratello, che era un ragazzino, che aveva tutta la vita davanti, che era sempre stato migliore di lui.
Il nome di Benjen diventa il suo grido di battaglia e corre, la spada in mano e la voglia di uccidere. É una belva feroce e arrabbiata e ferita: i Lupi proteggono il branco, ma se falliscono, lo vendicano.

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Capitolo 24
*** Goodbyes ***


Rickon infuria sul campo di battaglia, la spada lorda di sangue, gli occhi iniettati di dolore e di follia. Infuria senza preoccuparsi dei soldati che lo seguono, dei rischi che sta correndo, della figlia che rischia di lasciare orfana troppo presto. Dimentica i cavalieri, la gloria, le battaglie, le canzoni e ricorda solo Benjen, solo il peso del suo corpo morto tra le braccia, solo il calore e la vita che fluivano via insieme al sangue, la luce nei suoi occhi sempre più flebile fino a sparire. Urla il suo dolore e la sua vendetta, certo che le corde vocali si spezzeranno sotto la disperazione delle sue grida, mentre i nemici cadono come mosche, inciampando sui cadaveri dei compagni ammassati al suolo. Rickon infuria anche su di loro, dimentico del rispetto che si deve ai nemici caduti in battaglia, affamato di vendetta e bruciato dall'odio. Dimentica di essere Re e si abbassa al livello delle bestie, dei Lupi che sbranano gli avversari più deboli. Trucida e mutila i corpi con la spada e nessuno, tra i suoi soldati, ha il coraggio di fermarlo, perché è il Re, perché li terrorizza, perché è imprevedibile.
Lo lasciano sfogare, immobili e muti quando dovrebbero celebrare una vittoria, e intanto il corpo del giovane Principe giace, lavato e ripulito, pronto per fare ritorno alla cripta di Grande Inverno, dove riposerà accanto a sua madre, come si addice ai Signori d'inverno.
Rickon lascia cadere la spada, spossato si piega sulle ginocchia, l'odore acre del sangue a infestargli le narici e rivoltargli lo stomaco.
Deve tornare a casa, dalle donne che ha lasciato, che non sanno ancora di dover celebrare un funerale.
Deve tornare da Violet, nel suo letto, per avere un erede. Lo necessita, ora più che mai, perché ora come non mai si è reso conto che la vita è un filo che si può spezzare, che Sansa non basta e serve un altro figlio e poi un altro ancora, per sicurezza. Violet glielo deve, pensa, folle e barcollante. É il suo dovere di moglie, il figlio che gli deve per quello che ha perso prima di questa follia.

Sono morti in troppi in quella guerra e quelli che ritornano sono irremediabilmente mutati, corrotti e sconvolti dalla violenza e dalla morte. Nessuno lo ricorderà mai nelle canzoni. Rickon non ha avvisato di star tornando con il cadavere del fratello. Si è chiuso in un assoluto e ostinato mutismo. É pallido e perso, poco più che un bambino che ha giocato a essere grande e ha imparato che le vittorie hanno sempre un prezzo. Durante il viaggio si è chiesto se sia stata una punizione, se Benjen e il Bambino perduto siano un modo degli Dei di castigarlo per ciò che è accaduto con Shireen, per la relazione, per quella notte maledetta in cui l'ha distrutta, per amarla e volerla ancora, nonostante tutto.
Tuttavia, le voci viaggiano veloci, portate dal vento e dalla neve e, quando finalmente Grande Inverno si mostra in tutta la sua imponenza, Violet e Shireen lì attendono nel cortile, una vestita di nero, l'altra del grigio perla che ha sempre amato fin da bambina. Sansa non c'è e nemmeno Catelyn e Rickon prega che non debbe piangere anche lei, anche la zia che forse ha amato più di sua madre.
Sua moglie si fa avanti e gli cinge il volto fra le mani e Rickon la stringe alla ricerca di un calore che non trova. La sua sposa è fredda come la neve e un braccio è sufficiente ad avvolgerle la vita. Se si premurasse di guardarla, se non fosse tanto annichilito da tutto ciò che ha visto, la noterebbe tremante ed esausta, indovinerebbe i segni della febbre che la tormenta, a fasi alterne, da quando è partito.
Shireen resta qualche passo indietro e si alza dalla riverenza prima che le dita del Re riescano anche solo a sfiorarla. Non si fida più. Non può dopo il modo in cui l'ha spinta contro il muro, sordo alle sue grida e al suo dolore.
Rickon non nota nemmeno questo, concentrato sul mettere un passo dietro l'altro per raggiungere sua figlia, addormentata sul petto di Catelyn, che rantola ad ogni respiro. Le bacia la fronte e le accosta un bicchiere d'acqua alle labbra, sedendosi accanto a lei e liberandola dal peso della bambina.
-Benjen é morto- sussurra piatto e la donna prova a portarsi una mano alla bocca per nascondere l'orrore, ma questa ricade pesante sulle coperte.
-È morto tra le mie braccia-, continua atono, Sansa, svegliatasi, che gioca con i suoi capelli. - Ho sentito la vita abbandonarlo-.
-Anche io sto per andarmene, mio caro-, ma lui scuote la testa vigorosamente, sfuggendo alla presa della figlia, che scoppia in un pianto assordante. Rickon la ignora, gli occhi fissi su Catelyn che sorride serena.
-Non c'è motivo di preoccuparsi, sarò con tua madre e con la mia e con Sansa. Starò meglio di come sto adesso-
-No! Non puoi morire, non anche tu! -
-Tutti moriamo. É la condizione necessaria per vivere-
-Non adesso. É troppo presto. Io ho bisogno di te-
-No, Rickon, ed è qualcosa che mi ha tormentato per molto tempo: con te ho fallito. L'unico compito lasciatomi da tua madre, ed ho fallito -. C'è una tale amarezza nella sua voce, che il giovane Re nemmeno prova a contraddirla.
Resta con lei tutto il pomeriggio e tutta la notte, ignorando i servi e i Lord che lo richiamano a gran voce ai suoi doveri, lasciando Violet e Shireen ad occuparsi di tutto.
Catelyn dorme, un sorriso sereno a colorare il volto anche nella morte, che arriva due giorni dopo nel bel mezzo di una tormenta, una di quelle che amava da ragazza, quando prendeva un cavallo e spariva per ore, a volte insieme ad Irene, ma più spesso da sola.
La seppelliscono nella cripta, accanto alla cugina che ha amato come una sorella, accanto a Benjen, che già riposa.
Sansa resta con loro tutto il tempo, tra le braccia e sulle ginocchia del padre che non riconosce e piange e urla, agita le mani per attirare l'attenzione della madre e della balia, bandite entrambe dalla stanza dove Lady Catelyn esaltava gli ultimi respiri.

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Capitolo 25
*** Maddnes ***


C'è una coltre di dolore che ammanta tutta la reggia e si aggiunge alla neve e al freddo che coprono il terreno. É un inverno rigido, questo, che si accompagna fin troppo bene all'umore del Re, sempre più irrequieto e silenzioso. La gente ha iniziato a mormorare, dicono che passa la maggior parte del suo tempo nelle cripte e nel Parco degli Dei, che mormora con urgenza febbrile parole che nessuno comprende. Per cosa prega lo sa solo lui, dicono scrollando le spalle, contenti e soddisfatti del vino che troneggia sulle tavole e del cibo che non scarseggia. La Regina è stata una buona Reggente nel periodo della guerra, prudente e lungimirante, si è guadagnata in fretta il favore del popolo.
Anche quello del Re, aggiungono le cameriere, rivelando con sorrisi maliziosi delle visite che le riserva la notte.
Shireen ascolta e osserva, nasconde il tremore delle mani stringendo le gonne e imputa il pallore all'aria gelata che soffia giorno e notte.
Ben e Catelyn sono morti da appena due mesi, ma a lei sembrano molti di più. Si sente più stanca e più grande e si addormenta piangendo, nasconde le lacrime in fazzoletti che poi getta nel fuoco e osserva bruciare. I desideri del Re sono folli, non si cura di niente e di nessuno, perso nel suo dolore, negli orrori che ha visto sul campo di battaglia. Ha imparato a governare da sola, a falsificare le firme e sussurrargli le parole e le movenze giuste. Rickon è una marionetta nelle sue mani e nemmeno se ne rende conto. Nemmeno si accorge che, se ha ancora un regno, é merito suo, che passa le notti a leggere documenti che non dovrebbero uscire dalle stanze del sovrano, e gioca come le ha insegnato Irene, dieci passi sempre avanti a tutti.
L'ultima cosa che ha sentito, però, non la può impedire, é il diritto del Re far visita alla moglie, anche se ha già un'erede, anche se un altro figlio potrebbe ucciderla. É questo pensiero a toglierle il fiato: ha perso Irene, ha perso suo padre, ha perso Ben, la cui assenza fa male in maniera inaspettata anche per il bene che aveva imparato a volergli, ha perso sua madre, cui non ha potuto dire addio, perché il Re aveva deciso di monopolizzare il poco tempo e le poche energie rimastele, non può perdere qualcun'altro. Nemmeno Violet, che è diventata un' amica e un'alleata, che è più sveglia e attenta di quanto sembri, che ha imparato osservando i rudimenti del gioco.
-Vuole un altro figlio-, le confessa un giorno, rassegnata.
-È pericoloso! Non lo può fare! -
-È il Re, Shireen, può fare tutto ciò che vuole. É mio marito, é mio dovere -
-Potrebbe ucciderti-
-Una moglie si può sostituire-.
Shireen é inorridita, ma non si arrende.
-Ad ogni modo, cosa potrei fare? Chiuderlo fuori dalle mie stanze? - domanda ironica, anche se Shireen sta davvero considerando l'idea. Il Re può farlo, é suo diritto rifiutare la moglie, perché non può essere accettabile il contrario?
-Esistono altri modi-
-È troppo pericoloso. Tradimento, direi-.
Shireen le prende le mani e gliele stringe con forza e sono troppo piccole, la Regina è troppo fragile. Un'altra gravidanza la ucciderà, non ci sono dubbi, è glielo ripete ancora e ancora, disperata di farsi ascoltare. Se glielo avessero detto anche solo un anno prima, che stava cercando di mantenere viva la sua rivale, che sceglieva lei al posto di Rickon, che aveva amato più di ogni altro, avrebbe riso. Adesso, invece, con la gente che muore lasciandola sempre più sola, alla mercé di un Re folle di dolore di cui doveva proteggere l'immagine e nascondere gli errori, le sembra la sola cosa pensabile.
-Farò tutto io - le promette. - Ti porterò il té della luna e tu dovrai solo berlo, ma ti prego, ti prego, Violet, ti supplico, non permettergli di ucciderti-
-Shireen... -
-Per Sansa. Fallo per Sansa, per tua figlia che avrà bisogno della guida e dell'amore di sua madre. Se tu morissi, io posso proteggerla solo fino a un certo punto-.
I figli sono il punto debole di tutte le madri: Cersei, Violet, anche Daenerys da un certo punto di vista.

-Speravo di trovarti qui-.
Qui é la cripta di famiglia, dove si nascondeva da Rickon prima che lui ne diventasse il frequentatore più assiduo.
Shireen alza appena lo sguardo e non dà segno di averlo sentito, ferma davanti alla statua di Sansa, in cerca di una guida e di un aiuto.
Rickon le si avvicina e sono spalla contro spalla e lei si limita a stringere le mani più forte tra loro. Segue ogni suo movimento e ingoia a fatica un sospiro di sollievo quando lo vede allontanarsi verso la statua di Lyanna, tra le cui mani pone una corona di rose. Rose bianche, e Shireen trattiene un singhiozzo. Rose bianche come la sua corona di bambina, come la purezza e l'innocenza che ha ceduto e si è lasciata strappare, come quelle che ha bruciato la notte della morte di Irene, danzando insieme alle fiamme e liberandosi, una volta e per sempre, di quell'ossessione che aveva segnato la sua infanzia.
-Ti ricordi di quando eravamo bambini? Delle nostre promesse, delle storie che ti raccontavo? Di quando mi supplicavi di incoronarti regina e di amarti, sempre, fino alla fine dei tempi? -
-Rickon... -
-Perché io me lo ricordo. Me lo ricordo ogni momento e ogni momento mi ricordo di quanto stupido sia stato a lasciarti andare -.
Ad ogni parola muove un passo verso di lei, che scuote lentamente la testa e resta ferma, a fronteggiarlo, nonostante la paura e l'incertezza. Le sfiora la guancia e i capelli, scioglie la treccia e le prende la mano.
-Lasciami... -
-Mi manchi. Mi sei mancata immensamente-
-Rickon, lasciami-, strattona il braccio, ma lui aumenta la stretta e le gira la testa, le viene la nausea, é ancora con le spalle al muro e ancora una volta é lui ad avercela messa.
-Ti voglio, Shireen-
-Hai una moglie- gli ricorda e... Dei, Violet! Se lo venisse a sapere, se venisse a sapere tutto, la distruggerebbe....
-Non di mia scelta. Me l'hanno imposta, ma ora mia madre non c'è più, nessuno di quelli che ci voleva divisi c'è più... - le bacia le labbra e scende fino al collo e lei non riesce nemmeno ad urlare.
-Devo dividere il letto con lei per il bene del regno, ma amo te, tesoro mio. Sei tu che ho scelto, te lo ricordi? Sotto gli Alberi Diga, con Benjen e la neve come testimoni-
-Lasciami... - piange, disgustata dalla situazione e da se stessa, dalla bambina che si era lasciata sedurre dalle sue illusioni.
-Ti prego... Lasciami... -
-Mai! Mai più! -
-No! -, lo spinge via, gli pesta il piede e corre, corre, corre, consapevole che non ha nemmeno un posto dove essere al sicuro, consapevole di averlo perso, ormai, nel dolore e nella follia. Benjen é stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. O forse è stata Catelyn. Non importa più. Importa che è successo e non c'è nulla che si possa fare, che il Re è morto e lei è sola, a proteggere una Regina e una Principessa, che sono, ora, il tesoro più prezioso del regno.

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Capitolo 26
*** Desperate times ***


Quella sera porge il tè a Violet come fa tutti i giorni dagli ultimi mesi. Il suo piano funziona, non c'è nessun bambino, e l'umore del Re peggiora ogni mese che la biancheria della sposa si tinge di rosso.
Violet lo beve, il tè amaro che scende lentamente lungo la gola, e si chiede distrattamente, un pensiero fugace che svanisce rapidamente quanto è venuto, se bisogni chiamarla assassina. É un'idea sciocca, inutile, falsa per il momento, perché Rickon le fa visita ogni notte, ma il suo seme non mette radici nel suo ventre arido, gelato dall'inverno che infuria fuori dalla finestra e sembra esserle entrato nelle ossa. Non c'è germoglio, non c'è figlio e il Re sta perdendo la pazienza, perso lui stesso nella visione di questo erede che forse vuole per sé o forse per sostituire il fratello perduto. Lo chiamerà Benjen, tutti lo sanno e la Regina prega, con il fervore dei disperati, che il suo ventre resti piatto, che il tè resti una precauzione e non diventi necessità.
Porge la tazza a Shireen e torna a distendersi sul letto, stanca ed esausta.
-Ti occuperai tu di Sansa, se dovesse accadermi qualcosa-.
È un ordine e non una domanda, una supplica o una richiesta e Shireen non può che annuire, non può che promettere, che prendere questo ennesimo peso sulle spalle.
Violet annuisce, le mani che carezzano il ventre vuoto e la paura che stringe le viscere. I maestri hanno detto che anche un aborto potrebbe esserle fatale, che se anche riuscisse a concepire un altro figlio non ci sono garanzie di sopravvivenza per nessuno.
Violet ricorda la nascita di Sansa, il dolore e il sangue e la convinzione di stare per morire. Non è un'esperienza che vuole ripetere, non per donare a un Re ormai folle un ipotetico e agognato erede.

La sicurezza che la anima sparisce qualche giorno dopo quando il Re entra, furioso e ubriaco, nelle sue stanze e Violet ha il folle pensiero che sia la fine, che abbia scoperto il loro piccolo inganno, invece Rickon la prende per un braccio e la sbatte contro il muro, le afferra il viso tra le mani e la bacia con violenza.
-Non è servito molto per farti rimanere incinta la prima volta e nemmeno la seconda. Perché adesso non è così? Devo forse pensare che mi stai nascondendo qualcosa? -
-Mio signore... -
-Devi darmi un erede: é tuo dovere in quanto mia moglie-
-L'hai già un erede-
-Voglio un maschio, Violet, o devo pensare che sei incapace di compiere il tuo dovere?-ripete la parola digrignando i Violet pensa che no, non la vedrà supplicante e in ginocchio, non un'altra volta e sta per dirglielo, quando le arriva un ceffone in pieno viso e sulla lingua avverte il sapore del sangue del suo labbra spaccato.
-Non sei insostituibile, mia signora-
-Rickon-
-Zitta. Non voglio le tue parole, voglio un figlio-.
Quella notte la Regina urla, le sue grida straziano la notte e sovrastano il fischio del vento. Urla e piange e non supplica, ma nessuno la aiuta, nessuno è abbastanza folle da mettersi contro un Re per salvare la Regina, per quanto amata possa essere.
È la fine, Violet lo sa. Qualcosa cambierà inevitabilmente, realizza, mentre lo sguardo di Rickon si fa sempre più vacuo e lui si perde ancora tra il fantasma di Benjen e gli orrori della battaglia.

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Capitolo 27
*** Desperate measures ***


Shireen entra senza bussare e Violet ha appena la forza di alzare la testa in un cenno di saluto. Ha il labbro spaccato, il sapore del sangue a infestarle la bocca, tracce di lacrime secche sulle guance e la gola dolorante per il troppo urlare. Le scoppia la testa e l'umiliazione le brucia le guance, mentre il resto del volto e le mani sono di un pallore cadaverico.
Shireen non chiede spiegazioni, prende la spazzola e districa i nodi con lentezza, le passa un panno bagnato sul viso. Le e tornata la febbre. Le porge da bere l'acqua e il tè e le pettina i capelli in una treccia, attenta a non tirare troppo e aggravarle il mal di testa.
Violet non dice una parola e Shireen la lascia fare, la aiuta a risdraiarsi, le dice che penserà a tutto lei, che terrà Sansa lontana da Rickon. Le mormora di non preoccuparsi, di riposare, di dormire.
Ai servi annuncia che la Regina non sta bene e nessuno ha il coraggio di incontrare il suo sguardo, ancorati al pavimento per la vergogna.
Shireen non dice nulla: é colpevole quanto loro perché anche lei ha sentito le chiacchiere delle guardie per i corridoi e, invece di correre da Violet, si è chiusa nella sua stanza, dove gli incubi e i fantasmi l'hanno tormentata tutta la notte.
Non è migliore di loro e non ha l'arroganza di fingere di esserlo.

Sansa osserva il mondo con gli occhi spalancati, muove le manine per afferrare qualsiasi cosa le capiti a tiro e si regge sempre più sicura sulle gambine, correndo peri corridoi e da una stanza all'altra.
Shireen le posa un bacio sulla fronte e la stringe, beandosi del suo calore e della calma che regna nella sua stanza.
Le hanno detto che il Re è andato a caccia e, in un impeto di odio e rabbia, prega che muoia, una morte ingloriosa come Robert Baratheon, una morte e basta, che liberi lei e Violet dalla sua pazzia, che permetta a Sansa di non vederne mai l'ombra, che doni a lui la pace che, in vita, non è più in grado di trovare. Prega gli dei, anche se raramente la ascoltano e poi le viene l'idea, terribile, sacrilega, tradimento. Chi lo ha detto, che bisogna aspettare gli dei?
Le gira la testa e le tremano le gambe e sta già cercando un modo per convincersi a non farlo, quando ricorda Violet, bianca come la morte, umiliata, abbandonata in quel letto, se stessa, ingannata e terrorizzata e spaventata, Irene, che le ha affidato il figlio, ma prima ancora il Nord.
La morte é l'unica soluzione e non è già morto comunque Rickon? Non è forse spirato in quel campo di battaglia insieme a Benjen? Non è forse uno spettro, un folle, un'ombra a profanare le sale di Grande Inverno? E per quanto ancora potranno, lei e Violet, nascondere al mondo la follia del loro Re, quando i pianti della Regina hanno squarciato il cielo e assottigliato la parvenza di normalità che si sono sforzate di creare?
Rickon deve morire, decide, passando Sansa alla balia, e Violet non lo deve sapere, aggiunge, dandole un altro bacio.

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Capitolo 28
*** Final act ***


Rickon non muore durante la battuta di caccia. Gli Dei sono i clementi fino alla fine e Shireen si chiede, esausta e distratta, che senso abbia continuare a pregarli nonostante tutte le richieste inascoltate.
La vita a corte è tornata la stessa, il vino scorre a fiumi, il Re è ancora preda della sua ossessione, Sansa cresce e nessuno si accorge che qualcosa non va. Violet é diventata brava ad asciugarsi le lacrime e bruciare i fazzoletti, a soffocare le grida nel cuscino e a mordersi le labbra, tirarle fino all'estremo fino al momento prima che sanguinino. Shireen continua a svolgere il lavoro del Re, a rispondere alla sua corrispondenza, a firmare trattati, ad origliare e prendere decisioni di conseguenza, sussurrando all'orecchio di Rickon, che la cerca sempre con insistenza. Pensa e trama il suo tradimento, Shireen, mille ipotesi che le vorticano in testa e che scarta altrettanto velocemente. Non sa quante volte abbia dovuto fermarsi per ricacciare indietro la bile: pensare di dover uccidere una persona é una cosa, pensare a come farlo é un'altra, farlo effettivamente é un'altra cosa ancora. Sarebbe tutto più semplice se le mani non le tremassero per il disgusto e il terrore. Se qualcuno la scoprisse, Rickon, innamorato o meno, la metterebbe a morte, condannando il Nord, Violet e Sansa.
Scuote la testa, sfrega gli occhi, sospira e torna a pensare. Irene non le ha insegnato a programmare un omicidio. Chissà cosa direbbe, adesso, la Regina. Chissà cosa penserebbe a vederla complottare per uccidere il suo stesso figlio. Per il bene della sua coscienza, ha bisogno di non saperlo.

-Sei distante, ultimamente-.
Questo non lo ha previsto.
-Che cosa fai?-
-Sei distante-
-Perché non sei da Violet?-
-Violet può aspettare-.
Non può star succedendo un'altra volta. Gli Dei non possono odiarla così tanto.
-Rickon, ti prego...-
-Tutto quello che vuoi, amore mio. Ti darò tutto quello che vuoi-.
Shireen prova a deglutire, ad ignorare il nodo in gola che la sta soffocando, la testa che le dice di scappare, il corpo che trema al ricordo delle precedenti aggressioni.
Raddrizza la schiena, riprende fiato, evita il suo sguardo, sistema la gonna del vestito. Lui parla, ma la voce le giunge distorta e lontana. É un bene, decide. Non le importa cosa deve dirle, rende tutto molto più facile.
-Voglio parlarti, amore mio-.
In qualunque altro momento, Shireen avrebbe risposto a tono: é nella sua stanza, la attende al buio, che altro avrebbe potuto volere da lei?
-Bene, parliamo- acconsente, mentre gli dà le spalle, le guance che iniziano a rigarsi di pianto, mentre versa due calici di vino.
Il Re lo accetta volentieri, lo svuota tutto d'un sorso e quando lo vede portarsi le mani alla gola, strabuzzare gli occhi in una supplica silenziosa che lei non accoglie, solo allora le gambe le cedono e la boccetta cade per terra.
Rickon muore davanti a lei, che osserva con occhi persi i suoi spasimi, che durano minuti interi, prima che finalmente riesca ad alzarsi. Gli sfiora la fronte con un bacio che sa di addii e di rimpianti.

Getta le schegge di vetro della fiala nel fuoco e resta ad aspettare, a vederle sciogliersi e perdersi nel guizzare allegro delle fiamme.
Poi la parte difficile. Si avvicina a Rickon, gli mette un braccio sotto le ascelle e uno attorno alla vita e resta sconcertata da quanto sia dimagrito, dalle ossa che si delineano sotto la veste da camera che già indossava prima del suo appuntamento con la morte. I corridoi sono vuoti, grazie al cielo, perché, anche se è una notte senza luna ed è buio pesto, non può essere vista da nessuno, anche se al mattino, quando troveranno il Re nel suo letto, nessuno avrà ragione di sospettare di lei. Nessuno avrà ragione di sospettare di nessuno, ragion per cui non sapranno che cosa pensare.
Trascina Rickon fino al letto, lo mette sotto le coperte e, se si sforza davvero tanto, riesce a fingere che dorma. Al momento, lo sforzo richiede energie che non possiede. Prende un'altra boccetta, questa volta intatta e vuota e la poggia sulle lenzuola accanto al corpo. Ha studiato, immaginato, provato la scena milioni di volte, nella sua testa e nella realtà.
Quando lo troveranno penseranno a un suicidio. Strano, certo, ma non così tanto se si tiene conto i lutti subiti nel giro di un paio d'anni, gli orrori subiti sul campo di battaglia. Un bambino tanto vivace, mormoreranno, non era adatto a un simile luogo. Impossibile pensare che non lasciasse tracce. Ripenseranno a lui bambino, allegro, adorato, innocente e a lui adulto, che li ha spinti in una guerra che ha ucciso della gente, il loro stesso Principe. Si inventeranno qualcosa per giustificare un simile gesto, parleranno del carattere ombroso degli ultimi tempi, della quiete e dell'euforia che alternava senza spiegazione apparente.
Parleranno e faranno un bel funerale e nasconderanno la fiala e si inventeranno qualcosa e nessuno dirà mai che il Re si è suicidato perché l'apparenza, nel loro mondo, é tutto. Nessuno penserà a un omicidio per paura di sbagliarsi e aggravare la situazione.
Shireen guarda la sua opera, l'atto finale della loro tragedia e si concede di piangere. Piange il bambino che è stato, quello che l'ha amata davvero, che le porge a corone di rose e le dedicava canzoni d'amore. Piange il Principe che la voleva Regina al suo fianco, che prometteva di rinunciare al trono pur di avere lei. Piange il fanciullo che l'ha sposata davanti agli Dei. Piange e basta e nessuno lo dovrà mai sapere.

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Capitolo 29
*** Last words ***


Aspetta l'alba. Aspetta che la notizia inizi a diffondersi. Aspetta che lo dicano a lei, che chiede se già è stata avvertita la Regina e, alla risposta negativa, si dirige verso le stanze di Violet, dove una schiera di cameriere è incerta fuori dalla porta. C'è perfino la balia con la bambina.
-Mia signora- si inchinano in una riverenza e lei le scaccia tutte, insensibili avvoltoi alla ricerca di pettegolezzi.
Entra senza bussare e non si stupisce a trovare Violet già sveglia. Probabilmente ha passato la notte così, in attesa di una visita che non avrebbe mai ricevuto.
-Che cosa succede?- domanda, rubandole la figlia e iniziano a cullarla, un modo per controllare l'ansia che una reale necessità, poiché la bambina si riaddormenta quasi immediatamente.
Shireen non lo sa come dirglielo, come farlo guardandola negli occhi, ma deve parlare perché più il silenzio si protrae, più l'angoscia di Violet diventa palpabile e soffocante. Shireen é già abbastanza provata dalla colpa e dalla coscienza.
Guarda Sansa, decide infine, piegandosi in una riverenza che arriva fino a terra.
-Il Re è morto- scandisce chiaramente, gli occhi sempre fissi sulla bambina e non su Violet che scuote la testa e trema e sorride ed è un insieme di emozioni che non sa decifrare lei stessa.
-Lunga vita alla Regina-.
Da qualche parte le campane suonano, il Nord piange il suo Re. Da qualche parte si stanno tessendo alleanze e progettando matrimoni, ogni Lord sta pensando a come proporre il proprio figlio come miglior partito, la propria figlia come dama di compagnia per la Regina. Da qualche parte si sta preparando una statua e si sta inventando una storia, si scrivono libri e canzoni sul primo Re Regnante della dinastia degli Stark, il Giovane Lupo dimenticato come la sua Ribellione, come il figlio mai nato e la moglie straniera.
Da qualche parte, ma non qui, dove ci sono una Regina e le sue due più fidate consigliere, dove Violet torna finalmente a respirare dopo mesi e Shireen accetta finalmente di essersi condannata, come Cersei, come Sansa, perfino come Irene. É questo il prezzo del gioco? L'innocenza e la pace con sé stessi? Lei lo ha pagato appieno.

-Sei stato il mio primo amore e probabilmente sarai anche l'ultimo. Mi hai amata e mi hai illusa e io ti ho amato e ti ho deluso. Ci siamo odiati e feriti e distrutti a vicenda, abbagliati dalla favole e dalle promesse. Ti ho voluto morto tante volte, anche adesso, anche quando ti uccidevo, anche se quello non eri più tu. Tu sei morto insieme a Benjen, non sei mai tornato a casa e se solo mi avessi ascoltato nulla di tutto questo sarebbe successo. Ma non lo hai fatto e ne hai pagato le conseguenze, come le paghiamo io e Violet e come le pagherà Sansa. Farò del mio meglio, Rickon. La proteggerò con ogni mezzo, ma non riuscirò a salvarla: il gioco vuole sempre un prezzo e senza imparare a giocare non si può sopravvivere. Sarò brava, te lo prometto. Sarò la migliore maestra che Sansa possa desiderare. É tutto ciò che posso offrirti, perché il mio cuore lo hai già preso e l'innocenza e la bontà me le hai strappate senza chiedere il permesso e ti odio ancora troppo per riuscire a perdonarti. Non credo che ne sarò mai capace-.
Rose bianche e blu adornano la tomba del Re, nessun ultimo bacio sulla pietra fredda, solo la confessione della sopravvissuta di una storia d'amore mai raccontata, che andrà persa tra le pieghe del tempo. Alla fine è meglio così: le belle storie creano aspettative e le aspettative vengono sempre disattese. La vita è abbastanza crudele senza aggiungere anche le illusioni.

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