Empatia

di Tenue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Taehyung guardava in silenzio fuori dalla finestra, con la fronte premuta contro il vetro freddo e il viso leggermente imbronciato. Osservava il piccolo cortile sfocato dalla leggera nebbia causata dal temporale e non faceva altro che pensare a quanto gli sarebbe piaciuto uscire e stare sotto alla pioggia anche solo per pochi istanti, giusto il tempo si sentire le gocce fredde percorrergli la pelle.
Tuttavia sapeva bene che non glielo avrebbero concesso tanto facilmente; la clinica psichiatrica dove era in cura non permetteva spesso l'accesso al cortile interno al di fuori degli orari previsti, e con quel temporale ogni speranza del ragazzo sfumava totalmente.Taehyung non ricordava esattamente da quanto tempo fosse lì, ma era probabilmente passato più di un anno.In ogni caso non era poi così male, a parte la noia.

Il ragazzo gonfiò le guance e sbuffò, mentre prendeva a disegnare dei piccoli cerchietti sulla finestra appannata. Accanto a lui, seduti sui divanetti, c'erano alcuni suoi compagni intenti a giocare a carte o a guardare la televisione. Dovevano avere all'incirca la sua età, anche se qualcuno di loro mostrava atteggiamenti ancora infantili. Alcuni ridacchiavano senza motivo ed altri lasciavano dondolare la testa da una parte all'altra, ma a questo Taehyung si era già abituato da tempo.

-In fila per le medicine!- sentì gridare dall'altra parte della stanza. Pian piano tutti si avvicinarono allo sportello dove un infermiere tutto sorridente distribuiva a ciascuno una o più pillole e si assicurava che le mandassero giù.
Quando arrivò il suo turno Tae ricambiò il sorriso -Buongiorno Hoseok.-
-Ciao Tae.- lo salutò allegro l'infermiere, dandogli in mano un piccolo bicchiere di plastica contenente due piccole pillole colorate.
-Sono diverse dal solito.- constatò Tae, aggrottando le sopracciglia.
-Già, visto che le altre erano inefficaci il dottor Park ha voluto provare con queste.- spiegò.
Tae mandò giù le pillole una dopo l'altra e poi aprì la bocca. Hoseok controllò che le avesse ingoiate e annuì -Okay Taehyung, puoi... Ah! Aspetta...-
Taehyung si bloccò e osservò l'infermiere che trafficava con alcuni fogli -Volevo dirti che c'è una buona notizia per te. Hai un nuovo compagno di stanza, è arrivato questa mattina!-
Taehyung rimase pietrificato. Si sforzò di sorridere e ringraziò Hoseok, per poi dirigersi verso camera sua.

“Non è possibile” continuava a ripetersi mentre imboccava il corridoio che portava all'ala maschile.
Non poteva avere un compagno di stanza, i medici erano stati i primi a concordare con lui su questo. A causa della sua empatia ed emotività molto più forti del normale non poteva permettersi una cosa del genere, per lui la solitudine era sempre stata la soluzione migliore.
Era stata proprio l'eccessiva empatia a farlo finire lì dentro.
Mentre camminava per i corridoi bianchi, ingrigiti dalla semi-oscurità portata dal temporale, non riusciva a smettere di pensare al suo ultimo compagno di stanza. Namjoon era stato il suo migliore amico da quando aveva messo piede in quella clinica, per loro era stato facile legare. Ma la salute mentale di Namjoon si aggravava in fretta e con lui, anche Tae sembrava risentire di quel peggioramento. Agli sbalzi d'umore si aggiunsero gli attacchi di panico e le crisi, che Taehyung subiva di riflesso, fino a quando Namjoon non si aprì un braccio con una lametta rubata.
Tae non si tagliò di conseguenza solo per poco, solo perchè alla fine venne a sapere che il suo amico si era ripreso e che più o meno stava bene. Nonostante fossero tornati amici, Namjoon capì quando Tae gli disse che non avrebbe più voluto avere un compagno di stanza.

Appena mise piede in camera sua, Taehyung notò subito che il letto accanto al suo, da tempo vuoto, era fastidiosamnete occupato da un borsone aperto e una tonnellata di vestiti. In piedi, intento a riempire il cassettone con le sue cose, c'era un ragazzino probabilmente poco più piccolo di lui, con degli scompigliati capelli nerissimi.
Accanto alla finestra invece, era appoggiato il dottor Park Jimin con le braccia incrociate al petto e il suo solito sorriso cordiale.
Per alcuni secondi nessuno fiatò. Il silenzio veniva rotto solamente dal picchiettare costante dalla pioggia sul vetro e dalle finestre che sbattevano in corridoio scosse dal vento.
Non appena il ragazzo si accorse di Taehyung si girò incuriosito, ma fu il dottor Park a prendere parola -Taehyung, so che avevamo concordato di non metterti più in stanza con nessuno, ma in questo particolare caso vorrei chiederti di fare un'eccezione.- Disse cautamente, avendo paura di spaventare il ragazzo.
-Non voglio che... finisca come l'ultima volta.- mormorò.
-Non succederà.- rispose tranquillamente il medico, mettendo le mani sulle spalle del ragazzo nuovo -Jungkook è un ragazzo senza particolari problemi, non ha crisi né attacchi di panico, e soprattutto non ha tendenze autolesioniste.- disse chiaramente, per rassicurarlo.
-Ma perchè..-
-Jungkook non parla.- spiegò schiettamente -e non a causa di un difetto fisico. Da qualche settimana si rifiuta di parlare, è come se qualcosa lo bloccasse, ma nessuno riesce a capire cosa. Inoltre non comunica in nessun altro modo, non scrive e non fa gesti. Perciò ci siamo chiesti se tu non fossi in grado di aiutarci a capire cosa c'è che non va in lui, vista la tua bravura nel comprendere subito gli altri.-
Taehyung respirò profondamente un paio di volte e guardò il suo nuovo compagno di stanza. Jungkook ricambiava il suo sguardo con aria impassibile, come se fosse abituato a sentire parlare di sè senza che nessuno facesse caso alla sua presenza. Tae vedeva la rassegnazione nei suoi occhi, come se volesse dire che nessuno era in grado di capirlo.
In quel momento Tae sentì ribollire qualcosa dentro di sé, provò un enorme tristezza verso quel ragazzino, sentì una morsa a livello dello stomaco e le lacime per poco non minacciarono di uscire. Improvvisamente gli mancò la forza di parlare e come se si fosse immedesimato in lui, sentì il bisogno di affetto, di calore umano. Quello che probabilmente nessuno dei due riceveva da tempo.
Non appena si riscosse, Taehyung fece uno dei suoi sorrisi più luminosi -Farò del mio meglio per esserti d'aiuto.- Cinguettò guardando Jungkook, il quale sembrò sorpreso di vedere qualcuno rivolgersi a lui.
Jimin sorrise di nuovo -Sapevo di poter contare su di te!- disse avvicinandosi e scompigliandogli i capelli, prima di lasciare la stanza.

Rimasti soli, Jungkook si infilò direttamente nel letto senza guardarlo e Taehyung sorrise tra sé e sé.
-Non posso farci niente.- esordì improvvisamente -E' più forte di me, mi piace aiutare gli altri anche se questo dopo mi fa del male.- Taehyung si avvicinò lentamente al letto di Jungkook, che lo osservava con metà viso nascosto dalle coperte. -Mi piace sfruttare la mia empatia per capire e aiutare gli altri. E inoltre... amo le sfide.-
Jungkook a quel punto lo fissò apertamente con i suoi occhi scuri e taglienti.
-Tu mi stai sfidando, stai dicendo “non puoi capire cosa mi blocca dal parlare e di certo non sarai mai in grado di aiutarmi”.-
Jungkook appariva sorpreso e quasi spaventato da quelle parole e Taehyung capì di aver fatto centro.
-Sono più bravo di quanto pensi e voglio aiutarti. Però... ti prego, ti prego...- aggiunse sedendosi sul suo letto e chinandosi di poco su di lui -Non farti venire nessun attacco di panico.-

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


La prima cosa che Taehyung notò l’indomani mattina, fu l’enorme bozzolo di coperte nel letto accanto al suo. Rimase fermo a fissarlo per un paio di secondi, con espressione piuttosto confusa, ma dovette aspettare che il suo cervello riprendesse a funzionare del tutto prima di ricordarsi di avere un compagno di stanza.
Con ancora gli occhi semi chiusi, scostò le pesanti coperte a quadri e si mise seduto sul letto stiracchiandosi. Il suo sguardo ricadde sulla finestra con le inferiate, da cui riusciva appena scorgere il profilo degli alberi del cortile e un pezzo del padiglione femminile, ma dovette strizzare le palpebre più volte per mettere bene a fuoco le immagini. Ultimamente si sentiva più stanco del solito, forse avrebbe fatto bene a mettere gli occhiali che da settimane stavano sopra al suo comodino.
 
Passandosi stancamente una mano a strofinarsi l’occhio destro, si alzò e rabbrividì non appena i suoi piedi toccarono le piastrelle fredde del pavimento. Dato che l’infermiera non era ancora passata per loro camera dedusse che fosse ancora presto, tuttavia la luce filtrava incessantemente dalla finestra, anche per il fatto che si fossero dimenticati di abbassare le tapparelle la sera prima; perciò Taehyung ormai era bello sveglio, anche se il suo compagno di stanza era ancora totalmente addormentato nel suo bozzolo di coperte. Avvicinandosi al vetro e premendo la testa contro ad esso, Tae guardò curioso il cortile; osservò le foglie degli alberi che ormai stavano perdendo il loro verde brillante e prendevano invece a tingersi di giallo e alcune di rosso, nonostante fosse ancora settembre e l’autunno non fosse di fatto ancora cominciato. Sentiva dentro di sé una certa tranquillità, quel periodo dell’anno gli era sempre piaciuto. Ora che si era alzato dal letto e non aveva più le coperte addosso notò che faceva quasi freddo nella loro camera, così si affrettò a cambiarsi e ad indossare una felpa, inoltre doveva cercare le sue ciabatte che erano finite sotto al letto. Imprecò a bassa voce per il pavimento freddo e si chiese come mai non potessero avere il parquet nelle camere, come nella saletta ricreativa, ma venne distratto da un frusciare di lenzuola.
 
Si avvicinò a Jungkook e notò subito la posizione rannicchiata che aveva adottato durante il sonno; poco dopo lo vide aprire piano gli occhi che ben presto presero a fissarlo.
-Buongiorno.-
Jungkook fece un piccolo cenno della testa e si sistemò meglio nel letto.  Mentre Taehyung si cambiava, lui sonnecchiò per ancora qualche minuto fino a che l’infermiera non entrò nella loro stanza. Tae lo vide alzarsi dal letto solo a quel punto, ma la sua espressione  era diventata stranamente cupa.
“Detesta così tanto alzarsi presto la mattina?” si chiese Tae guardandolo con la coda dell’occhio. Spostò poi lo sguardo sul paio di occhiali poggiato lì vicino, mentre l’altro si cambiava.
Si riscosse dai suoi pensieri quando si accorse che Jungkook lo stava fissando interrogativo.
-Andiamo a fare colazione?- Chiese Tae, alzandosi,  prendendo gli occhiali e sistemandoseli incerto sul naso. Jungkook alzò le spalle e aspettò che Tae uscisse dalla stanza per seguirlo.
 
Per tutto il tragitto non gli staccò gli occhi di dosso e Taehyung non potè fare a meno di chiedersi se quel ragazzo potesse davvero essere così tanto diffidente con gli estranei. Continuava ad analizzarlo e questo comincia ad innervosirlo un po’.
 
Dopo aver fatto colazione nel più totale silenzio, Jungkook se ne andò e sparì per tutta la mattina.
Tae si ritrovò a girare tutto l’edificio, nei limiti in cui gli era concesso, cercando qualcosa da fare, dato che quel giorno non aveva nulla in particolare in programma, a parte la visita dei suoi genitori nel pomeriggio.
Alla fine si era fermato di fronte al mobiletto del salotto nel quale tenevano i film; teneva le braccia incrociate e il busto leggermente ricurvo, mentre con aria annoiata scorreva uno ad uno i dvd con lo sguardo  “Questo no… questo neanche… questo potrebbe farmi piangere per due ore buone… da questo non mi sono ancora ripreso…”. Li scartava uno ad uno sospirando, molti erano film drammatici e li scartava a priori, alcuni gli mettevano ansia ed altri ancora lo facevano comunque scoppiare a piangere senza apparente motivo.
Si ritrovò di nuovo a vagare per i corridoi; si sedette sul davanzale di una delle finestre lasciò che la sua attenzione venisse catturata dall’architettura dell’edificio,  che probabilmente risaliva all’800; le pareti e tutte le porte in quell’ala erano state verniciate di bianco, le finestre erano altissime e curve nella parte alta, avevano un motivo che a Taehyung ricordava molto lo stile liberty. Un’ altra cosa che adorava di quell’ala dell’istituto era che solo da quella parte i cespugli del cortile che si erano allungati fino a toccare le finestre e lui restava spesso lì fermo ad osservarli, di solito durante la pioggia quando poteva guardare le gocce d’acqua scivolare giù dalle foglie.
Rimase seduto contro al vetro fino all’ora di pranzo; non appena si alzò diretto in mensa si ripromise di andare a cercare qualcuno che gli facesse compagnia almeno fino all’orario di visita.
 
 
Taehyung poggiò il vassoio sul tavolo della mensa e si sedette accanto a Namjoon, che appena lo notò cominciò a fissarlo interrogativo.
 –Allora?- chiese mentre ancora masticava il riso.
-Allora cosa?- ribattè Tae distrattamente mentre afferrava le bacchette e cominciava a mangiare.
-Come va con il nuovo compagno di “cella”-
Tae  alzò le spalle –Non mi parla, ma in compenso mi fissa.- raccontò, mentre allungava il braccio e rubava un pezzetto di carne dal piatto di Namjoon, che finse di non vedere. –Però ci sono delle volte in cui… mi fissa in modo diverso, e quando vede che me ne accorgo subito si gira e inizia a fare altro. È strano.-
-Anche tu sei strano.- Ribattè Namjoon.
-Bhe, allora formiamo proprio una bella coppia.-
 
Dopo un paio di minuti in cui mangiarono in silenzio Namjoon riprese il discorso –Perciò niente progressi, eh?- chiese, sinceramente incuriosito.
-Difficile entrare in empatia con una persona che non manifesta in alcun modo come si sente.-
-Ma tu ci riesci, no?- chiese il ragazzo poco prima di portarsi il bicchiere alle labbra.
-A volte… riesco a percepire una strana aura intorno a lui, quando è inquieto. E inoltre credo che molti dei suoi atteggiamenti rivelino in realtà come si sente, ma per ora non sono sicuro di niente. Per quello che so, non si fida ancora di me. Tu hai visto com’è, no?-
Namjoon annuì –Vi ho visti sta mattina a colazione.-
 
-Tu come stai?- chiese Taehyung poco dopo.
-Bene. Altrimenti non ti avrei mai permesso di sederti accanto a me.-
Taehyung sorrise e scosse la testa –Mi sei mancato.-
-Lo so. Tu non sei fatto per stare da solo.-
 Namjoon finì il suo pranzo e si alzò, portando via il vassoio. Quando poco dopo tornò al tavolo dove Tae stava mordicchiando distratto una mela, si chinò su di lui e gli pizzicò una guancia –Comunque con quegli occhiali sei proprio carino.-
Taehyung lo spinse via scherzosamente –Almeno adesso ci vedo da lontano. Pensa che la faccia dell’infermiere Hoseok laggiù, non mi sembra più una massa sfocata di colore.-
Namjoon ridacchiò tra sé e sé –Già, ma che ora ci vedi meglio, perché non presti più attenzione al come ti guarda quel ragazzino?-
Taehyung si voltò di confuso verso di lui -Ti ho detto che sto facendo del mio meglio per capirlo, ma non sono onnisciente.-
-Allora sei proprio cieco.- Alzò le spalle Namjoon -Empatico o no, io ho ci ho capito qualcosa a differenza tua.-
-Che cosa hai capito? Dai dimmelo, ti pregooo.- Chiese supplicante, avvolgendo le braccia attorno alla vita di Namjoon, che scoppiò a ridere.
-Col cavolo che te lo dico, arrivaci da solo.- Disse scollandoselo di dosso.
-Sei proprio cattivo.- Sbuffo Tae, ma l’amico si stava già allontanando facendogli un cenno col la mano per salutarlo.
 
 
Due ore dopo Taehyung, seduto ad uno dei tavoli bianchi della saletta per le visite, finì di raccontare gli avvenimenti dell’ultima settimana a sua madre e suo padre, per poi alzarsi e salutarli con un forte abbraccio. Sua madre sembrava sull’orlo delle lacrime, ma le ricacciò velocemente indietro; Taehyung la prendeva spesso in giro scherzosamente per il fatto che piangesse sempre e che non si fosse ancora abituata alla lontananza.
-Mamma, ci rivediamo tra una settimana, stai tranquilla- le diceva ogni volta –e poi lo sai che se piangi tu piango anch’io.- Si sentiva sempre male quando le doveva dire cose del genere, ma cercava di far finta che in realtà non fosse nulla di che, forse più per proteggere sé stesso.
Sua madre alla fine si ricomponeva sempre e rideva leggermente, e Tae si ritrovava a pensare che l’emotività dovesse averla ereditata da lei.
 
Non appena i suoi genitori si allontanarono si avviò verso l’uscita della saletta, ma si fermò non appena incrociò lo sguardo di Jungkook a pochi tavoli di distanza. Insieme a lui c’era una donna di circa quarant’anni che parlava a voce alta e gesticolava con fare arrabbiato.
Jungkook distolse lo sguardo e tornò a fissare il tavolo  e Tae si avvicinò di poco per sentire la conversazione.
-Sto cominciando davvero a perdere la pazienza, quest’assurdità deve finire.- la sentì dire –Non so con quale faccia tosta tu ti permetta di non rispondermi, ma devi dare un taglio a questo tuo atteggiamento insolente all’istante.-
Jungkook aveva lo sguardo totalmente peso nel vuoto, Taehyung si chiese se sentisse effettivamente qualcosa di quello che la donna stava dicendo.
-Tuo padre ha insistito perché ti portassimo qui, crede che tu abbia un qualche problema così grave da farci buttare via i soldi in questo dannato posto. Io non sono tua madre e non ho certo intenzione di stare dietro ai tuoi dannati capricci, perciò smettila con questa stupidaggine del non parlare e torna a casa. Perché che ti piaccia o no io e tuo padre ora viviamo insieme.- Detto questo la donna si alzò, seguita lentamente da Jungkook. Prima di andarsene però, la donna lo afferrò per un bracciò –E vedi di smetterla di mancarmi di rispetto.- Sibilò. Poi si dileguò tra i tavoli, mormorando un –inconcepibile- tra i denti.
 
Rimasto solo, Jungkook fece per uscire dalla sala, ma si ritrovò Tae davanti –Jungkook…-
Il ragazzo lo superò velocemente, diretto in camera.
-Aspetta Jung_- Tae lo raggiunse e gli afferrò delicatamente il polso; sentì Jungkook irrigidirsi ma con sua sorpresa il ragazzo si era fermato e voltato verso di lui. Sembrava combattuto, era indeciso se scappare via o restare con lui. Taehyung, ricordandosi della parole di Namjoon provò a studiare la sua espressione, ma il moro girò subito la testa. All’inizio Tae lo scambiò per un gesto automatico, di una persona timida che non vuole essere guardata, ma notò poi che gli occhi del ragazzo si erano fatti lucidi. Prima che potesse rendersene conto Jungkook aveva cominciato a piangere silenziosamente, con la testa abbassata e i capelli a coprirgli il viso.
Tae, confuso e senza la più pallida idea di cosa stesse facendo, lo attirò a sé in un abbraccio. Con sua enorme sorpresa sentì Jungkook stringersi a lui e cominciare a tremare leggermente, e si accorse poco dopo che stava soffocando i gemiti premendo il viso nella sua felpa.
Non appena i tremiti sparirono e Tae sentì che Jungkook si stava calmando, gli passò una mano tra i capelli.
–So che molte persone ti stanno stressando per il fatto che non parli, ma io credo che sia tu il primo a non volerlo fare. Sappi che io non voglio metterti  fretta, possiamo fare con calma, quando te la sentirai.-
E Tae capì di aver scelto le parole giuste quando sentì il suo stesso corpo rilasciare la tensione e rilassarsi.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


-Mmh… Che c’è, adesso non mi guardi più?-
Jungkook si voltò infastidito verso Tae, per poi rigirarsi con altrettanta velocità e tornare a fissare il muro.
-Jungkoook- fece Tae con voce lamentosa agitandosi sul suo letto –Eddai, giuro che quando mi fissi non mi da fastidio. Non dicevo sul serio prima.-
Il ragazzo però rimase immobile.  Erano passati diversi giorni dall’arrivo di Jungkook nella clinica e nonostante lui e Tae sembrassero andare abbastanza d’accordo, il più piccolo restava comunque piuttosto freddo la maggior parte del tempo.
-Scusa se prima ti ho fatto notare che mi fissi in continuazione, non è che sia poi così… Evidente.- Tae si guardò imbarazzato intorno –anche perché è l’unico modo in cui comunichi, quindi…-
Jungkook ora lo stava guardando con la coda dell’occhio; poi si girò all’improvviso mettendosi seduto a gambe incrociate e puntò definitivamente gli occhi nei suoi. Tae pensò che volesse comunicare con lui proprio in quel momento e studiò bene la sua espressione –Sei un po’ inquieto, ma non è più per ciò che ti ho detto prima. Giusto?-
Jungkook annuì e Tae si rilassò, sorridendo –Però è come se… avessi bisogno di qualcosa!-
Jungkook si alzò e prese il suo borsone, arrivò davanti a Tae e gli mostrò l’interno: c’erano solamente delle cuffiette, alcuni vestiti che non aveva avuto voglia di mettere via e nient’altro. Taehyung aggrottò le sopracciglia. Sentì crescere in lui un certo nervosismo, perciò cercò di capire al più presto di cosa avesse bisogno il suo compagno di stanza.
-È che… ti manca qualcosa.- tentò, guardando il modo in cui Jungkook teneva tra le mani il borsone. Non aveva minimamente sfiorato le cose al suo interno, perciò penso che volesse semplicemente fargli notare il fatto che fosse quasi vuoto.
Jungkook infatti annuì energicamente.
-Davvero? E pensare che avevo sparato a caso!- esultò compiaciuto –Okay, è qualcosa che io ho?-
Jungkook alzò le spalle. Poi si indicò la bocca, ma bloccò il gesto quasi subito intuendo che così non avrebbe capito.
-Hai mal di gola?-
Il ragazzo infatti scosse la testa.
-Puoi mimare di cosa si tratta?-
Jungkook arrossì leggermente e si strinse nelle spalle,poi mimò il gesto di scrivere sulla mano.
-Ah! E non potevi farmelo capire subito?-
Tae si sporse verso il comodino mentre l’altro alzava gli occhi al cielo. Cercò un po’ nel cassetto ma non trovò nulla –Cavolo! Ho lasciato il block notes dal dottor Park!-
Jungkook sospirò sedendosi stancamente sul letto accanto a Tae, che si girò a guardarlo sorridente –Comunque è una novità che tu voglia comunicare.-
Jungkook rimase immobile un paio di secondi, sovrappensiero, poi si alzò di scatto e recuperò la penna che aveva intravisto sul comodino. Tolse il tappo e si fermò a guardare Tae, mentre con la punta sfiorava la pelle della sua mano.
-Bhe puoi… sì, puoi anche scrivere su di te.-
Jungkook toccò la pelle, facendo formare subito un punto di inchiostro su di essa, ma poi si bloccò senza tracciare nulla. Non sapeva bene cosa scrivere, finalmente si sentiva pronto a comunicare con qualcuno, anche se non ancora a voce, e improvvisamente tutto ciò che avrebbe voluto esternare in quei giorni era sparito. Avrebbe voluto scrivere talmente tante cose sulla sua mano, eppure niente gli sembrava veramente giusto da scrivere.
Tae sembrava impaziente di vedere quel primo piccolo passo di Jungkook, ma al tempo stesso poteva capire la sua confusione.
Infine il ragazzo dai capelli corvini si limitò a tracciare una semplice parola e la mostrò a Tae distogliendo lo sguardo.
“Grazie.”
 
 
Jungkook strinse con forza i bordi della vasca da bagno, mentre sentiva che il suo corpo immerso nell’acqua tiepida iniziava leggermente a tremare. La stanza dove si trovava era lunga e stretta con almeno una decina di vasche in ceramica disposte in fila lungo il muro, tra una e l’altra svettavano le finestre sbarrate dalle inferiate e le pareti erano ricoperte di piccole piastrelle bianche e lucide; erano appena le due del pomeriggio, ma il cielo fuori era talmente nuvoloso da mettere in ombra l’intera stanza. L’infermiera seduta su una sedia di legno poco più il là, sfogliava distrattamente una rivista e controllava di tanto in tanto i ragazzi nelle vasche uno ad uno.
Jungkook si girò a guardare Tae nella vasca accanto alla sua che nel frattempo si stava passando la spugna su tutto il corpo. Sentendosi osservato, alzò lo sguardo verso il compagno e lo vide nervoso.
-Sì, le infermiere devono controllarci per forza.- rispose intuendo la sua domanda.
Sul volto di Jungkook comparve un’espressione seccata e Tae ridacchiò –Lo so, ma qualcuno potrebbe tentare di affogarsi o… non lo so. Ingerire il sapone.-
Il ragazzo alzò un sopracciglio come a dire “sul serio?”
-Non so se te ne sei accorto, ma siamo tutti un po’ strani qui. E sinceramente non è poi così raro che qualcuno tenti… di farsi del male.-
Dopo di che Tae si ammutolì e Jungkook prese a sfregarsi i capelli con sapone. Non appena cominciò a lavarsi il corpo notò che sul suo avambraccio c’erano ancora le parole che aveva scritto quella mattina, anche se un po’ sbiadite.
Poco dopo aver ringraziato Tae gli erano venute pian piano in mente altre cose che avrebbe potuto scrivere, così aveva iniziato a segnarsi ogni frase che gli sarebbe potuta servire in futuro.
Sulla mano sinistra aveva le scritte “Grazie”, “Buongiorno”e “Dove stiamo andando?” mentre  sull’avambraccio “Ho fame” e “Ho sonno”. Sulla mano destra invece gli era venuto in mente di scrivere solamente “Come stai?” e “Ho paura”.
Si finì di lavare in fretta, facendo attenzione a non strofinare la spugna sulle braccia, e mentre Tae si stava ancora passando pigramente il sapone sulle spalle, Jungkook uscì dalla vasca mettendosi l’accappatoio, poi si avvicinò e gli indicò la scritta tremolante sulla mano destra.
-Come sto?- chiese Tae osservando la sua mano –Non preoccuparti, mi sono incupito pensando ad un brutto ricordo… ma è passato.-
Anche Tae si alzò e si asciugò e si diressero entrambi verso il mobile con i loro vestiti, venendo seguiti con lo sguardo dall’infermiera.
 
L’indomani Taehyung entrò in camera tenendo un quadernino tra le mani –Kokiee- canticchiò e Jungkook sembrò infastidirsi un po’ a quel soprannome –Yoongi, quello che ha la camera accanto alla nostra, mi ha dato questo oggi, pare passi le giornate a scarabocchiare canzoni sui suoi quaderni, e visto che ormai tu hai già le braccia ricoperte di frasi gli ho chiesto se poteva darmene uno- disse porgendolo a Jungkook –Tanto lui ne è pieno.-
Jungkook allungò il braccio e lo prese; indossava un maglione a mezze maniche che gli lasciava scoperte le parti delle braccia ricoperte di inchiostro sbiadito e Jungkook pensò che con quel quaderno avrebbe potuto scriverci frasi anche più lunghe senza preoccuparsi dello spazio. Se lo rigirò tra le mani, osservandone la copertina blu scura e la fantasia a stelle.
-Così sarà più facile comunicare- disse Tae sorridendo.
L’altro si alzò e andò a prendere una penna; non appena tornò sul suo letto Tae si sedette accanto a lui e Jungkook iniziò a scrivere “Non mi sembra molto da Yoongi-hyung” scrisse richiudendo un attimo il quaderno e indicandone la fantasia.
-Oh, non hai idea di quanto lui possa essere carino a volte.-
Jungkook aveva visto Yoongi un paio di volte sia nella saletta comune che nei corridoi e si era fatto bene o male un’idea di lui. Rimase un attimo a guardare Tae per poi tornare a scrivere “E comunque il fatto che te lo abbia dato mi sembra ancora più strano. Mi sembra una persone piuttosto possessiva.”
Tae rise nervosamente –Bhe, io e Yoongi siamo amici…-
Jungkook lo guardò alzando un sopracciglio.
-E va bene! Glie l’ho rubato, okay? Tanto lui è pieno!-
Jungkook continuò a fissarlo insistentemente, come a dire “Tu? Sul serio?”
Tae guardò altrove e mormorò –Namjoon lo ha rubato per me.-
“Ah” scrisse l’altro.
Jungkook tornò a scrivere e poco dopo gli mostrò di nuovo il quaderno.
“Usciamo dalla camera?”
Tae gli sorrise –Dove vuoi che andiamo?-
L’altro sembrò rifletterci un po’ sopra, ripensando a tutti i posti che aveva visto fino a quel momento.
“La saletta.”
Tae non perse tempo e lo prese per un braccio, trascinandolo in corridoio. Jungkook sembrò lievemente infastidito da quel contatto così improvviso, ma Tae non ci fece caso, in quel momento fin troppo contento. Appena usciti dalla stanza intravide Yoongi, il quale sembrava essere attorniato da un’aura omicida. Lui non appena si accorse di loro si avvicinò  mantenendo il contatto visivo con Tae senza distogliere lo sguardo un solo secondo.
-Ah… Yoongi-hyung…- tentò di sorridere Tae, mentre Jungkook li osservava entrambi senza scomporsi minimamente.
Yoongi arrivò ad un passo dal più grande e lo squadrò; nonostante fosse parecchio più basso di lui, sapeva comunque mettere in soggezione.
-Devo palarti. Vieni in camera mia.-
-Ah. Noi veramente…-
-Adesso.- Lo interruppe Yoongi.
Tae si grattò la testa imbarazzato, voltandosi verso Jungkook. –Aspettami nella saletta, okay?-
Il ragazzo alzò le spalle e si incamminò per il corridoio, mentre Tae veniva spinto da Yoongi dentro alla sua camera.
Non appena mise piede nella stanza, Tae cercò in tutti i modi di scusarsi in anticipo immaginando che Yoongi ce l’avesse con lui per il quaderno. -Giuro, mi dispiace tantissimo. Non volevo rubarti nulla, ma a Jungkook serviva qualcosa per comunicare e non_-
-Finiscila, Taehyung. .. – lo interruppe con aria annoiata Yoongi -Non mi interessa affatto sentire le tue scuse per il quaderno. E poi lo so che lo ha preso Namjoon…- Disse, per poi chiudere la porta di camera sua e appoggiarsi contro di essa. Poi fece cenno verso il letto –Puoi sederti se vuoi.-
-Sto bene così.- Rispose Tae sorridendo forzatamente. –Quindi tu... non stai per uccidermi perché ti ho rubato un quaderno vero?-
-Mi credi così cattivo?- S’imbronciò fintamente Yoongi. Poi guardò fuori dalla finestra e aspettò qualche secondo prima di ricominciare a parlare, giusto per fare innervosire un po’ Tae. Lui intanto era rimasto immobile accanto al letto, leggermente rigido; aveva notato un leggero cambiamento in Yoongi da quando lo aveva fermato nel corridoio. Se prima lo aveva visto arrabbiato ora era solamente freddo, il che lo calmò almeno un po’. Ma non riusciva a rilassarsi mai del tutto con lui intorno, anche quando Yoongi aveva le sue giornate tranquille per Tae era impossibile stargli vicino senza stare comunque sull’attenti.
-L’ho già visto, quello lì- riprese a parlare poco dopo.
Tae lo guardò interrogativo –Jungkook? Aspetta, stai dicendo che lo conosci?-
-No, no… O almeno non credo di avergli mai effettivamente rivolto la parola.- Yoongi tornò a guardarlo, ma Tae percepì che qualcosa era cambiato di nuovo. Il suo sguardo era serio, ma non freddo come prima; avrebbe quasi potuto dire preoccupato.
-Devi farci attenzione, quel tipo non è normale.-
Tae aggrottò le sopracciglia confuso –Ma tu… dove lo hai già visto?-
-Eravamo a scuola insieme. Devo essere sincero, non ricordo se era nella mia stessa classe oppure no… Ad ogni modo, non so cosa ti abbia detto il dottor Park, ma tu non stargli troppo vicino, intesi?-
-Sembra quasi che tu sia preoccupato per me- disse ridacchiando Tae.
-Senti, fai un po’ come ti pare.-
-Aspetta…- Tae si ricompose e si avvicinò di più. Yoongi storse il naso ritrovandosi il ragazzo più vicino del previsto, ma non indietreggiò.
-Eri serio? Quando hai detto che non dovrei avvicinarmi a Jungkook, voglio dire… Perché lo pensi? È successo qualcosa quando eravate a scuola insieme?-
Yoongi rimase impassibile a scrutarlo e Tae, cominciando ad innervosirsi seriamente, lo pregò di nuovo di dirgli qualcosa.
Il più basso sembrò rifletterci sopra, per poi sfoderare un sorriso; era raro che Yoongi sorridesse, e Tae sapeva bene che non significava nulla di buono.
-D’accordo, ti dirò tutto ciò che vuoi.-
-Davvero?- S’illuminò l’altro.
-Certo, ma voglio qualcosa in cambio.-
-Yoongi, questa è una cosa seria! Non girarci intorno e dimmi tutto!-
L’altro sembrò infastidirsi e aggrottò leggermente le sopracciglia –Io la cosa importante te l’ho detta, e cioè “stagli lontano”. Ma se vuoi informazioni in più io voglio qualcosa da te. Prendere o lasciare.-
Tae sospirò frustato e lasciò cadere pesante mente le spalle –Che cosa vuoi?-
-I tuoi sonniferi.-
L’altro si accigliò –Cosa?-
-So che le infermiere ti danno dei sonniferi a volte. Io voglio che quando questo succede, tu li metta da parte e me li porti.-
-Io non… Yoongi quelli mi servono, perché non li vai a chiedere? Parla con il dottor Park e_-
-A me non li danno, dicono che non mi servono.-
-A me li danno perché a volte sono troppo scosso dalle emozioni e non dormo! E a volte quando ci sono dei temporali fin troppo violenti… perché mi terrorizzano e non dormo più… comunque...-
-Bhe, dovrai farci l’abitudine, perché se vuoi informazioni io voglio le medicine.-
Tae rimase fermo a fissare il pavimento, indeciso su cosa fare. Aveva bisogno di sapere, ma non voleva neanche passare delle notti insonni per via di Yoongi che sapeva bene avere solo un po’ di difficoltà ad addormentarsi. Alzò la testa ed inspirò pesantemente –Va bene, Yoongi-hyung.-
 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***



La sala mensa era immersa nella penombra. Solo da un lato della stanza, in fondo, il pavimento e i tavoli venivano debolmente illuminati laddove le vetrate filtravano la luce polverosa dei lampioni accesi, quelli del cortiletto interno. Jungkook si avvicinò piano ad esse, passando tra i tavoli e le sedie di legno completamente in ordine; si permise di tornare a respirare normalmente solo nell’attimo in cui uscì dall’ombra della sala e arrivò sotto la luce, poggiò delicatamente una mano sul vetro e guardò giù. Il cortile era coperto dalla neve e gli alberi erano tutti spogli, un’immagine eccessivamente uguale ad una che era già presente nella sua memoria. Nella città dove abitava prima di essere ricoverato non nevicava spesso, quando succedeva era un evento praticamente eccezionale. L’ultima volta era stata a dicembre dell’anno passato.
Un rumore dietro di lui lo fece sobbalzare, si girò di scatto ma alle sue spalle c’era solo la mensa immersa nel buio. Il rumore tornò pochi istanti dopo, come se qualcuno stesse trascinando un mobile particolarmente pesante in qualche stanza lontana.
Si appiattì contro al vetro nella finestra tenendo gli occhi fissi nel buio dove aveva sentito il rumore. Rimase fermo, in ascolto, schiacciandosi il più possibile contro la superficie dietro di sé e controllando, con occhi tanto aperti da fargli male, che nulla attorno a sé si muovesse.
In quell’istante, sentì chiaramente un respiro gelido dietro al collo.
Scattò in avanti senza essersene neanche accorto e cominciò a correre in avanti venendo ingoiato dal buio, il più lontano possibile da ciò che aveva sentito, districandosi tra le sedie che improvvisamente sembravano essersi accatastate le une accanto alle altre. Si ritrovò contro ad un portone antipanico che spinse con forza, ritrovandosi in un corridoio illuminato dai neon. Riprese a correre sentendo un rumore assordante dietro di sé o dentro alla sua stessa testa, non riusciva a dirlo. Continuò ad avanzare tra i corridoi col solo scopo da mettere abbastanza distanza con la mensa; era troppo terrorizzato per controllare che ci fosse effettivamente qualcosa dietro di lui, ma la morsa ferrea che sentiva al petto non gli lasciava scelta che non fosse quella di correre; fino a che non sentì la testa girare, il pavimento avanti a lui deformarsi e non vide a terra strane strisce rosee apparire a terra e correre lungo tutto il corridoio.
Si paralizzò sul posto, osservando quelle strane venature pulsanti che apparivano e scomparivano dal pavimento e dai muri.
Alzò lo sguardo ma avanti a lui il corridoio era sparito e lui si ritrovò in uno dei bagni della sua scuola, da solo e nel più completo silenzio. Jungkook smise di respirare per alcuni secondi. Era la sua scuola.
Anche quella di prima, era la mensa della sua scuola.
Improvvisamente anche il respiro che aveva sentito sul collo aveva assunto un significato diverso. La sensazione che gli dava quel pensiero era di qualcosa di già vissuto. Alzò una mano e la portò sul retro del suo collo, strofinando con forza quella porzione di pelle che, in qualche modo, il respiro freddo di prima aveva reso umida.
Alzò lo sguardo, e dalle piastrelle gialle del bagno capì che doveva essere quello del terzo piano, e per qualche strano motivo quel bagno in particolare gli trasmetteva un certo senso di inquietudine. Guardò verso la finestra, ma fuori c’era solo il buio della notte. Tornò a guardare di fronte a sé ed era comparsa una persona.
Jungkook fissò totalmente paralizzato quello che ricordava essere un suo vecchio compagno di classe. Gli venne da piangere, non appena capì chi fosse; lui sembrava inespressivo, ma allo stesso tempo aveva una strana aria di rassegnazione.
Si portò l’indice alle labbra e gli intimò di tacere.
 
Quando Jungkook si svegliò di soprassalto su uno dei divanetti della sala comune, Tae quasi si sobbalzò e indietreggiò un po’.
-Ti sei svegliato finalmente, ancora qualche minuto e ti avrei portato di peso in camera.-
Jungkook aveva ancora il respiro un po’ affannato; si guardò intorno ma non riuscì a trovare il suo quaderno.
-Stai bene?-
Tae lo guardava preoccupato ma Jungkook lo ignorò. Poi fece un gesto strano con la mano destra, un segno involontario che faceva senza rendersene conto di tanto in tanto e Tae cominciava a pensare che lo facesse quando si sentiva in grado di superare qualcosa da solo e non voleva il suo aiuto.
Tae allora pazientò un po’ senza dire nulla, mentre Jungkook si alzava e scostava il copri divano in cerca del quaderno.
-Non è che lo hai lasciato in camera?-
Sentì Jungkook sospirare e abbandonare le braccia lungo i fianchi.
Alzò poi il braccio sinistro e lo controllò attentamente, porgendolo poi a Tae e indicandogli con la mano opposta la scritta sbiadita “non lo so”.
-Okay.-  Rispose Tae, abbassando lo guardo. Cominciava a sentirsi inquieto, era quasi certo che Jungkook avesse sognato qualcosa di davvero brutto, ma sapeva che se glie lo avrebbe chiesto lui avrebbe probabilmente reagito male.
Sospirò, guardando l’orologio della saletta. Erano le otto e mezza di sera, ed era giovedì; mancava un ‘ora e mezza al momento in cui sarebbero dovuti rientrare nelle camere ma sapeva anche che quel giorno a quell’ora di sera nessuno sarebbe venuto nella saletta dato che quasi tutti si ritrovavano il giovedì sera in biblioteca per giocare a carte con l’infermiere Hoseok e l’infermiere Seokjin.
-Vuoi guardare un film?-
Jungkook si girò a guardarlo, ma sembrava parecchio indeciso.
-Nulla di spaventoso, te lo prometto- sorrise Tae –Anche perché non li reggo… E niente di troppo sentimentale… o triste.-
A quelle parole Jungkook tornò a sedersi accanto a lui e Tae cominciò ad elencare i titoli dei film che riusciva a leggere dal mobiletto accanto al televisore. L’altro lo fermò circa a metà e Tae lo guardò sconcertato –Titanic? Sul serio?.-
Jungkook annuì.
-Tu mi vuoi morto- sospirò.
Jungkook sembrava voler dire qualcosa, ma prima che Tae potesse capire i suoi gesti, lui sì alzò e girovagò un po’ per la saletta, trovando poco dopo il portapenne su uno dei tavoli più lontani. Tornò a sedersi accanto a Tae che intanto aveva preso il dvd e lo fissava con aria preoccupata. Sentì un colpetto sulla spalla e Jungkook gli mostrava le scritta sul braccio “Guardiamo solo la prima metà, appena vedono l’iceberg spegniamo”. Tae scoppiò a ridere –Kookie, sei adorabile!- Disse, mentre l’altro lo spintonò imbarazzato.
-Allora va bene, se ti piace tanto lo guardiamo. Ma sia chiaro, se inizio a piangere, chiudiamo eh.-
Jungkook alzò gli occhi al cielo e si sistemò meglio sul divano.  Tae andò ad inserire il dvd e poi si rimise accanto all’altro che afferrò una coperta e glie la lanciò distrattamente sulle gambe.
 
 
Quel giorno la mensa era piena solo per metà. Ai ragazzi più stabili e in via di guarigione era concesso di uscire in  città ogni due venerdì e in molti si erano impegnati il più possibile per compiacere gli infermieri in tutti i modi. Jungkook sapeva di essere considerato abbastanza stabile, ma il dottor Park gli aveva detto che non avendo fatto nemmeno il minimo progresso da quando era arrivato lì il suo essere considerato tranquillo non bastava a permettergli di uscire con gli altri. Non che gli interessasse più di tanto comunque, Tae gli aveva detto che uscire in città non gli interessava e quindi sarebbe stato da solo. Ma in ogni caso, per il dottor Park fare progressi significava che lui avrebbe dovuto spiccicare almeno mezza parola, e lui non ne aveva la minima intenzione.
Si appoggiò al davanzale della finestra in fondo alla mensa, e guardando fuori, oltre alle inferiate, vedeva il cortile interno più piccolo, quello che collegava il padiglione centrale con gli alloggi dei medici e delle infermiere. Il giardino era ricoperto di arbusti e aiuole piene di fiori, a differenza del cortile più grande che aveva solo alberi; a Jungkook sarebbe piaciuto molto andare a fare un giro lì, di sicuro gli interessava di più che non fare un giro in centro città. Tae gli aveva detto di non uscire così tanto da quella clinica da non ricordarsi effettivamente come fosse fatte le strade e le case del centro, ma girare per il cortile gli aveva detto essere molto bello.
Jungkook era preso dai suoi pensieri, ma si accorse poco dopo che qualcuno lo stava fissando. Alzò di poco la testa, era solo in quel tavolo e tutti gli altri si erano seduti per lo più al centro della sala. Tae non c’era, era andato in biblioteca a ripassare alcune cose di letteratura, dato che il lunedì avrebbero cominciato a seguire le lezioni scolastiche ogni mattina.
Chi lo stava fissando, da alcuni tavoli di distanza era Yoongi. Jungkook non si scompose più di tanto nel vederlo lì, ma lo rendeva nervoso il fatto che quel ragazzo non staccasse gli occhi da lui un solo secondo, senza nemmeno preoccuparsi di venire scoperto. Jungkook abbassò lo sguardo sul suo pranzo che ancora doveva finire e si sforzò di ignorare il ragazzo e mangiare.
 
Yoongi allungò un braccio ad afferrare il bricchetto di succo di frutta sul tavolo senza interrompere il contatto visivo. Bevve distrattamente, mentre Namjoon, dall’altra parte del tavolo, si allungava verso di lui –Sei proprio un rompicoglioni.-
Yoongi sbuffò una risata ma Namjoojn continuò –Puoi lasciarlo in pace, per favore?-
-Sto solo ragionando.- Rispose Yoongi, scuotendo un po’ il bricchetto e costatando di avere già finito il succo. Sospirò, poggiandolo sul vassoio accanto ai piatti già vuoti e si alzò dal tavolo.
-Yoongi.- lo chiamò Namjoon, prima che l’altro se ne andasse –Non dargli fastidio. Se Jungkook si innervosisce…-
-So come funziona col tuo amico.- Prese il vassoio e andò a riporlo assieme agli altri, mentre Namjoon si passava stancamente una mano sul viso.
Yoongi si diresse fuori dalla mensa e andò verso l’ala dei dormitori passando per l’atrio del padiglione. Prima di imboccare il corridoio però, incrociò Taehyung appena uscito dalla biblioteca con alcuni quaderni degli appunti che stava riponendo nella sua borsa.
-Hey, Yoongi-hyung! Lunedì sei anche tu al corso con noi?- Gli chiese venendo verso di lui.
Yoongi alzò le spalle –Se ne avrò voglia.-
Taehyung sorrise  -Il corso non è facoltativo. Ti chiedevo se seguivi lo stesso che facciamo io e Jungkook.-
-Io e te siamo dello stesso anno, no? E allora sì che il corso è lo stesso, comunque di scuola ne ho fatta già abbastanza, e di studiare di nuovo non ne ho proprio voglia.-
-Già…- sospirò Tae  -tu e Jungkook eravate nella stessa scuola, no?- chiese timidamente.
-Non ti darò altre informazione prima del pagamento, sai?- Rispose ghignando Yoongi –Prima i sonniferi.-
Tae sviò lo sguardo, rassegnato, ma prima che Yoongi si allontanasse gli mise tra le mani qualcosa. Tae guardò confuso ciò che gli aveva dato e si stupì quando capì che si trattava del quadernino di Jungkook.
-Ma questo è…-
-Lo può tenere, per quanto mi riguarda.-
-Yoongi tu… lo hai preso a Jungkook?-
-Cosa? No, no, l’ho trovato per terra.- rispose impassibile –E poi siete voi che lo avete preso a me all’inizio, giusto?-.
Tae si sentì arrossire fino alla punta delle orecchie –S-Si…-
-Bene, allora io vado.-
-Aspetta…- lo fermò Tae, avendo ancora una domanda che non riusciva a togliersi e Yoongi si girò paziente verso di lui. Tae sollevò il quaderno –Tu non dicevi che dovevo stargli lontano? Da Jungkook dico… Credevo che lui non ti piacesse, e che tu fossi arrabbiato con me perché non ti ho dato ascolto…-
Yoongi sorrise, ma Tae percepì qualcosa di strano nella sua espressione –Ho cambiato idea, Jungkook è una brava persona, dovresti avvicinarti a lui… farlo aprire. Ne ha bisogno.- Rispose, per poi allontanarsi e lasciare Tae da solo.
 

Namjoon si sciacquò le mani, osservando la schiuma cadere dalle sue dita fino ad accatastarsi e scendere lentamente giù per lo scarico. Non era tranquillo all’idea che Yoongi si interessasse tanto al compagno di Tae; era da un po’ di tempo che quei pensieri lo tormentavano e non riusciva proprio a scacciare la preoccupazione. Non si era mai fidato granchè di Yoongi, ma Tae in un modo o nell’altro non gli era mai stato troppo vicino fino a quel momento. Con Jungkook però era diverso e Namjoon non riusciva proprio a capire se fosse una persona apposto o se fosse, anche in minima parte, potenzialmente pericolosa per Tae. L’unica cosa che sapeva era che se Yoongi avesse inquietato Jungkook, sarebbe stato Tae a risentirne e questo non voleva assolutamente che succedesse.
Sentì a porta dietro di sé aprirsi un paio di volte ma non fece caso alle persone che entravano e uscivano da bagno. Afferrò un paio di pezzi di carta per asciugarsi, ma improvvisamente notò Jungkook avvicinarsi al lavandino per lavarsi le mani.
-Ciao.- lo salutò Namjoon, dandosi dello stupido non appena si accorse che si aspettava automaticamente una risposta; Jungkook infatti, gli fece semplicemente cenno col capo. Il bagno si era svuotato completamente, c’erano solo loro due. Namjoon si allontanò due secondi per controllare il corridoio, poi tornò dentro e si avvicinò alla finestra. Aprì le ante in vetro e si sedette sul davanzale, poi sfilò dalla tasca dei pantaloni una sigaretta e un accendino.
-Vuoi?- chiese, prima di portarsi la sigaretta alle labbra, ma Jungkook scosse la testa.
Namjoon fece il primo tiro, per poi allungare il bracciò fuori dalla finestra, oltre alle sbarre in ferro, e lasciare che il fumo si disperdesse nell’aria. Erano al secondo piano, nella parte dell’edificio più distante dall’entrata e dunque dalla strada. Nel bagno si sentì l’aria fresca di fine settembre entrare, ma non sembrava dare fastidio a Jungkook, il quale era del tutto incurante dell’altro.
Namjoon invece osservava i movimenti delle sue mani, sovrappensiero. Osservò la mano destra di Jungkook toccare prima la valvola dell’acqua calda, poi quella dell’acqua fredda, infine, con entrambe le mani girarle contemporaneamente, facendo sì che il flusso dell’acqua diventasse tiepido e si sciacquò dal sapone facendo bene attenzione che non ne rimanesse nulla. Poi come prima, Jungkook rigirò entrambe le valvole contemporaneamente, richiudendo l’acqua, ma indugiò prima di togliere le mani.
Quando si accorse che Namjoon lo aveva osservato per tutto il tempo si bloccò; rimase immobile, leggermente ricurvo su sé stesso e con gli occhi quasi spalancati. Poi si spostò di scatto dal lavandino e uscì dal bagno senza asciugarsi le mani.
Namjoon portò di nuovo la sigaretta alle labbra, per poi girarsi verso la finestra e lasciare cadere la cenere giù. Sbuffò il fumo fuori e schiacciò la sigaretta sul davanzale, per poi lasciarla cadere.
 
Decisamente, non si fidava neanche di Jungkook.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Quel giorno faceva parecchio freddo e Yoongi non era mai stata persona da sopportare temperature troppo basse. Si strinse di più nella felpa, cercando i scaldarsi, mentre si dirigeva verso lo sportello dell’infermeria.
-Min Yoongi.- Lo chiamò ad alta voce Hoseok e non appena lo vide arrivare gli fece un grande sorriso –Buongiorno.- lo salutò allegro.
Yoongi accennò un piccolo sorriso prima di prendere il bicchierino di plastica che l’infermiere gli porgeva; Hoseok in fondo era una delle pochissime persone con cui andasse affettivamente d’accordo lì dentro. Ingoiò le due piccole pillole che aveva nel bicchiere e lo tornò, aprendo la bocca per far vedere di averle mandate giù.
-Bene bene, ah, e ricordati che questo pomeriggio hai un’ora di terapia con il dottor Park.-
-Si si… certo.- Mormorò Yoongi distratto.
Hoseok si sporse in avanti appoggiandosi allo sportello –Ho sentito che ieri non sei andato al primo giorno del corso scolastico.-
-Non mi andava.-
-Seokjin non è stato affatto felice di sentirlo.-
-Si bhe, me ne farò una ragione.-
-E oggi pensi di andarci? Le lezioni iniziano tra un quarto d’ora.-
-Mmh.- Il ragazzo si appoggiò allo stesso muro dal quale sbucava lo sportello dell’infermeria e Hoseok dovette sporgersi un po’ di più per continuare a guardarlo mentre parlavano.  Yoongi puntò gli occhi sulla finestra dal quale scorse il cielo coperto dalle nuvole scure –Ma è in arrivo un temporale?-
-Eh si. Così diceva il meteo di ieri.- Sospirò Hoseok, controllando l’elenco per vedere di aver dato a tutti le medicine –Vediamo... Ah, Kim Taehyung!- Chiamò.
-Ah, mi raccomando.- fece Yoongi prima di andarsene –Se il temporale arriva sta notte fareste bene a dare i sonniferi a Taehyung. Se no chi lo sopporta quello a lamentarsi tutta la notte.-
-Certo, certo, non preoccuparti Yoongi.- Disse per poi sorridere a Tae che si era appena presentato davanti a lui.
 -Buongiorno Hoseok, ciao Yoongi-hyung.-
-Ecco qui, mandale giù.-
Yoongi si allontanò facendo giusto un cenno della mano e incamminandosi verso la biblioteca.
Taehyung nel frattempo si era steso su uno dei divanetti della saletta, lasciando cadere su uno dei tavolini lì accanto tutto il materiale scolastico che si stava portando dietro. Sentiva gli altri ragazzi camminare e parlare nella stanza attorno a lui ma non ci faceva molto caso. L’unica conversazione a cui prestò attenzione era tra una delle ragazze ricoverate e Hoseok, lei convinta che l’infermiere fosse suo marito o qualcosa del genere e lui che cercava di riportarla alla realtà, con la sua solita calma. Li aveva ascoltati per lo più perché la ragazza parlava a voce molto alta.
Sentì dei passi dietro di lui avvicinarsi e alzando lo sguardo incontrò la faccia di Namjoon sopra di sè.
–‘Giorno.- Lo salutò lui sorridendo lievemente. Tae non si mosse dalla sua posizione ma lo salutò a sua volta.
-Sei pronto ad un altro giorno di scuola?-
-Qualunque cosa pur di distrarmi.-
Namjoon scoppiò a ridere –Ero convinto che mi rispondessi “non proprio” o qualcosa di simile.-
Tae si rigirò tra i cuscini –Abbiamo perso la nostra sintonia, non va bene.- Disse ridendo.
-Non riesco più a leggerti il pensiero- commentò Namjoon –Non va bene per niente.- Gli tirò una sonora pacca sulla spalla e Tae mugugnò fintamente infastidito, girandosi a pancia in giù.
-Dai alzati, che andiamo a lezione-.
Tae si mise seduto e con calma si stiracchiò. Raccolse velocemente le sue cose e si incamminarono assieme.
-Jungkook?- chiese dopo un po’ Namjoon.
-Ha detto che andava da solo.-
-“Detto”?-
-“Scritto”.- Si corresse Tae.-
-Come mai?.- Chiese l’altro aggrottando le sopracciglia.
-Non lo so, dopo aver preso le medicine allo sportello ha scritto che si avviava verso la classe da solo. Ha anche scritto di non preoccuparmi e che voleva solo un po’ di tempo per pensare.-
-Pensare?-
-Non chiedere. Comunque era tranquillo, non era infastidito né niente, tutti a volte abbiamo bisogno di stare da soli.-
-Mah.- Namjoon alzò le spalle –Se tu dici che era tranquillo io ti credo.-
-Non è vero.- Si fermò all’improvviso Tae –Tu sei preoccupato.-
Namjoon rise nervosamente –Cosa?-
-Sai che con me non funziona mentire, lo vedo che hai qualcosa che non va. Tu sei preoccupato.-
-E per cosa dovrei esserlo?-
-Hai paura che lui diventi come te.-
L’altro alzò gli occhi al cielo –Questo non è vero.-
Tae sorrise e inclinò la testa di lato –Non hai nulla di cui preoccuparti, la situazione di Jungkook non è grave, sto lavorando sul suo problema molto lentamente per fare tutto al meglio, per questo non ha ancora mostrato segni di miglioramento. Ma il suo è un problema temporaneo, ha solo qualcosa che lo blocca dal parlare.-
-Solo qualcosa che… lo blocca? Tae tu sei il primo che dovrebbe capire che quel ragazzo non sta bene. Che ha qualcosa di serio.-
 -Ha solo un blocco.- Ribadì Tae.
-Un blocco che non gli sta facendo spiccare parola da settimane. Non è una cosa normale, okay? E comunque tu non sei uno psicologo, non dovresti occuparti tu di lui.-
-Ma solo l’unico a cui si è avvicinato almeno un po’. Senti, non mi farà del male, okay? Parli come se fosse disturbato.-
Namjoon fece per rispondere, ma decise di rimanere in silenzio.
-In questo posto- continuò Tae –Curano anche quelli che hanno qualcosa di lieve, non vere e proprie patologie, tipo me, no?-
Namjoon non rispose di nuovo.
-Andrà tutto bene. E ora smettila di agitarti, che se no viene l’ansia pure a me.- Gli sorrise, per poi precederlo in classe.
 
 
Erano da poco passate dieci di sera quando Yoongi uscì da camera sua dirigendosi verso quella di Tae e Jungkook. Fuori aveva da poco cominciato a piovere e il meteo che aveva guardato prima alla televisione prevedeva brutto tempo tutta la notte. Bussò piano per non farsi sentire da nessuno, sapeva che se gli infermieri lo avessero trovato fuori dalla sua camera dopo il coprifuoco lo avrebbero chiuso a chiave le notti seguenti. Tae gli aprì la porta e dopo essersi guardato attorno gli porse un fazzoletto con dentro le pillole che gli avevano dato quella sera.
Yoongi sorrise –Hoseok non ha controllato questa volta?- Chiese afferrando il fazzoletto.
-Ho nascosto la pillola sotto la lingua.- Spiegò –Spero tu non sia schizzinoso.-
-Affatto.- Rispose Yoongi e Tae lo guardò aprire il fazzoletto, prendere le pillole e buttarle giù senz’acqua, ma solo tramite la saliva.
-Come mai a te non danno i sonniferi se hai problemi a dormire?- Chiese Tae.
Yoongi indugiò su cosa rispondere, ma si fidava abbastanza di lui da dirgli la verità –Una volta ne ero dipendente.- Rispose –Ma non le prendo da più di un anno. Ora sono in grado di regolarmi- si affrettò ad aggiungere.
-Però adesso hai comunque problemi a dormire, no?- Chiese Tae sinceramente preoccupato per lui.
-Ho incubi ogni notte. Di quelli che non ti fanno più riaddormentare. Ma per Park non sono abbastanza gravi a quanto pare.- Alzò le spalle.
Per un momento, Tae si chiese se non fosse per quello che Yoongi fosse tanto scontroso durante il giorno; esitò un attimo per poi prendere coraggio e inaspettatamente stringerlo in un abbraccio e l’altro, confuso, rimase immobile –Che stai facendo?-
-Ti abbraccio?- Rispose sconcertato Tae.
-Okay.- Disse incerto Yoongi –Grazie, credo.-
Tae sciolse l’abbraccio sorridendo –Mi hai appena ringraziato?-
-Per i sonniferi.- Chiarì –Comunque… domani dopo pranzo vieni nella saletta dell’ala est, quella al terzo piano. Così parliamo.- disse lanciando un velocissimo sguardo a Jungkook steso sul letto nella loro stanza.
-D’accordo. Grazie Yoongi-hyung.-
-Niente… Buonanotte.- Disse girandosi verso la sua camera.
-Notte Yoongi.- fece Tae, rientrando in camera.
 
 
Un lampo squarciò il cielo e per un istante la stanza s’illuminò completamente. Pochi secondi dopo Tae e Jungkook avvertirono un tuono particolarmente vicino, poi con loro restò solo lo scroscio insistente della pioggia. Jungkook era steso nel letto sotto le coperte ma non aveva per niente sonno, se non fosse stato per il fatto che anche Tae sembrasse voler dormire avrebbe acceso la luce e si sarebbe messo a leggere, anche perché gli piaceva leggere sentendo il suono della pioggia. La stanza s’illuminò all’improvviso di nuovo, solo per un istante, e sentì Tae nel letto accanto rannicchiarsi ancora di più e tremare leggermente. Quando arrivò il tuono Jungkook decise titubante di avvicinarsi all’altro e gli porse il quaderno.
“Hai paura?”Gli indicò la frase.
Tae spostò di poco il braccio dal suo viso e Jungkook notò che la sua solita espressione allegra era totalmente sparita. Tae forzò un sorriso, ma l’altro capì che era spaventato.
-Non sono… Non sono i tuoni a farmi paura. Di solito sono quelli che spaventano le persone.- Mormorò –Neanche i fulmini mi fanno paura, sono… i lampi. Mi terrorizzano sul serio, perché non è normale che la luce sia spenta e la stanza si illumini di botto, okay? Non è normale. È tutto silenzioso e poi la luce si accende e si spegne, a caso, è come negli incubi, non è normale. Non è normale.-
Tae tirò su col naso e Jungkook si chiese se non stesse per piangere; anche la sua voce si era fatta più incrinata. Lui era rimasto in piedi, ricurvo su di lui fino a che non arrivò nell’ennesimo lampo e non vide Tae coprirsi la testa con la coperta. Jungkook allora si stese dietro di lui; fortunatamente Tae era girato sul fianco ed era quasi del tutto contro al muro, in quel modo c’era spazio e Jungkook riuscì a rannicchiarsi dietro di lui e a passarli una mano sulla schiena. Tae smise di tremare e dopo un po’ sembrava già un po’ meno rigido.
-Sai…- cominciò dopo un po’-Se guardi fuori anche il cielo si illumina completamente in un secondo con i lampi. Una volta c’è ne sono stati così tanti di seguito che sembrava che il cielo stesse lampeggiando come un dannato allarme. Ricordo che mi fece così tanta impressione che per poco non gridai.- Jungkook non lo vedeva in viso, ma ebbe l’impressione che Tae stesse sorridendo mentre parlava –Anche quando provavo a distogliere lo sguardo, a fare altro, sapevo che il cielo fuori stava ancora lampeggiando. Lo so che è una cosa stupida. Insomma è… solo il cielo o la stanza che si illumina però è… anormale.-
Tae nascose il viso nel cuscino, mentre le sue mani erano premute a livello dello stomaco. Sentì Jungkook stringersi di più a lui e all’improvviso la sentì la sua mano tra i capelli. Jungkook gli stava passando dolcemente le dita tra le ciocche soffici, prendendo i capelli della sua frangia e portandoli indietro.
Dopo pochissimo tempo Tae si accorse di non sentire più l’ansia; il fastidioso blocco che sentiva a livello delle stomaco si era improvvisamente sciolto, a sostituirlo c’era una sensazione molto più piacevole.
-Nessuno mi crede mai quando lo dico.- aggiunse poco, non appena sentì le braccia di Jungkook circondarlo mentre lo abbracciava da dietro –La cosa peggiore è quando le persone iniziano a trovarmi fastidioso. Sai, io ho tante cose che mi fanno paura, e sono tutte cose che le persone trovano perfettamente normali. È questo il problema. Quando ne parlo le persone si stufano dopo poco perché non riescono a capirlo, mi dicono che sono stupidaggini. E io mi sento di troppo, fastidioso, seccante… noioso. E questo non fa altro che peggiorare le mie fobie.-
Taehyung inspirò portando le mani sopra quelle di Jungkook, congiunte sulla sua pancia –E bello essere capiti da qualcuno.-
Un altro lampo illuminò all’improvviso la stanza e Tae per la prima volta si accorse che non riusciva fisicamente a provare ansia. Nella sua pancia si era formata una sensazione del tutto nuova, piacevolissima, che gli scaldava l’intero corpo; era tanto forte che non c’era alcuno spazio per la stretta ferrea dell’ansia.
Tae percepì che anche Jungkook provava lo stesso.
 
 
Quando Taehyung si svegliò si accorse di un insolito peso sopra alla sua spalla e qualcosa attaccato a tutta la parte sinistra del suo corpo . Girò di poco il viso e vide Jungkook completamente schiacciato contro di lui, con la testa poggiata sulla sua spalla. Osservandolo bene non sembrava neanche lui, i capelli corvini e sempre lisci avevano preso una forma stranissima, in più dalla sua bocca socchiusa Tae vedeva uscire un rivolo di saliva.
Si staccò piano da lui e allungando il braccio verso il comodino afferrò la sua sveglia e la girò verso di sé. Segnava le cinque e mezza del mattino.
Tae la rimise a suo posto e si rinfilò di nuovo sotto alle coperte. Non riuscii effettivamente a riaddormentarsi, rimase per lo più in uno stato di dormiveglia. Era come se sentisse il bisogno di rimanere in allerta, a causa del fatto che, pochi minuti dopo a quando aveva visto l’ora, Jungkook aveva cominciato a muoversi nel sonno. All’inizio non ci aveva fatto caso, sembrava si stesse solo sistemando meglio accanto a lui, ma dopo un po’ Tae si accorse che cominciava ad agitarsi.
Lo abbracciò e lo strinse contro al suo petto, e in quella posizione sembrava calmarsi almeno un po’; Tae era effettivamente troppo stanco per cercare di svegliarsi del tutto e pensare a qualcos’altro da fare, perciò si limitò a tenerlo stretto e a sperare che non facesse sogni troppo brutti.
 
Era rimasto in uno stato di dormiveglia per circa un’ora prima di addormentarsi sul serio, ma ad ogni modo la sua sveglia era suonata alle sette ed esattamente dieci minuti dopo l’infermiera era velocemente  passata nella loro stanza a controllarli.
Tae si era accorto del fatto che Jungkook, appena sveglio, era rimasto ancora un po’ di tempo accoccolato contro di lui prima di alzarsi e tornare al suo letto, ma non disse nulla e si limitò ad alzarsi e a prepararsi.
Infilò la maglietta e mentre se la sistemava la sua attenzione venne catturata da Jungkook che dopo essersi pettinato i capelli di era fermato davanti al suo comodino. Aveva allungato la mano verso il quaderno, ma anziché prenderlo lo toccò solamente, tenendo premute le dita per pochi secondi, staccò la mano e poi lo fece di nuovo con l’altra. Jungkook sembrava immerso nei suoi pensieri, il suo corpo era rilassato, ma non appena alle sue spalle sentì Tae spostarsi sussultò e si allontanò velocemente dal comodino. Tae non ci fece troppo caso, ma gli venne un po’ da ridere quando notò come il suo compagno di stanza fosse effettivamente una persona disordinata ma non lo desse a vedere. Jungkook era sempre in ordine quando usciva, si guardava allo specchio ogni mattina e non usciva mai se non si era sistemato i capelli e i vestiti, ma al tempo stesso Tae aveva notato che le sue cose restavano sempre in disordine sul suo letto e sui suoi mobili. Nella loro stanza c’era una scrivania, ma la usava praticamente solo Jungkook e sopra aveva lasciato una marea di libri, cartacce, vestiti e persino un asciugamano, che si dimenticava puntualmente di mettere via. Tae lo sapeva che non lo faceva apposta, trovava semplicemente strano il contrasto.
Jungkook era uscito dalla stanza per andare in bagno, ma prima di raggiungerlo Tae decise di andare a vedere come stava Yoongi e uscì in corridoio, ma prima che potesse bussare alla sua porta Namjoon gli si era parato davanti.
-Hey- lo salutò e Tae gli sorrise.
-Hey, oggi sei di buon umore.- constatò e notò che Namjoon tratteneva a stento un sorriso –Si, bhe, Park ieri mi ha detto che sto migliorando molto. Ho avuto l’impressione che volesse dirmi altro e che si fosse trattenuto. Magari uscirò fra poco.-
-Questo è fantastico!- esclamò Tae.
-Si, insomma. Tu mi mancherai da morire, e prometto di venire a trovarti...-Namjoon si appoggiò al muro e prima che Tae potesse dirgli niente lo precedette –Certo, lo so che non mi ha davvero niente, ma io ci spero.-
-Ma tu sei migliorato Namjoon.- rispose Tae –Non hai più attacchi, sei palesemente più stabile. Ed è un bene, perché finalmente riusciamo a stare vicino come prima.-
Namjoon lo guardò –Senti Tae, comunque mi dispiace per ieri.-
-Eh?-
-Si insomma, quando abbiamo parlato di Jungkook. Sappi che ho detto quelle cose solo perché mi preoccupo per te.-
Lo sguardo di Tae si addolcì –Lo so. Per questo mi trovo bene con te, sei una persona buona. Anche quando dici qualcosa che non mi piace sentirmi dire, so che lo fai per il mio bene. Non me la sono mica presa.-
Namjoon gli diede una pacca sulla spalla –Tu non te la prendi mai.-
-Capisco sempre il perché le persone fanno ciò che fanno.-
Namjoon sorrise abbassando lo sguardo per un attimo, poi si ricordò di una cosa –Comunque dopo pranzo devo farti vedere una cosa.- S’illuminò all’improvviso.
-Dopo pranzo… Yoongi doveva parlarmi a quel…-
-Allora dopo. Starò in biblioteca, tu appena hai fatto vieni a cercarmi, okay?- Tae ricambiò il sorriso –Okay.-
Poi vide Namjoon sparire in corridoio e lui rimasto solo, prese un lungo respiro. Andò a bussare alla camera di Yoongi, ma non rispose nessuno, nemmeno il suo compagno di stanza.
“Non fa nulla” pensò “lo vedrò pomeriggio in ogni caso.”

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


 
Non era raro che Jungkook si distraesse durante le lezioni, soprattutto durante le prime due ore; giocava distrattamente con la penna e si guardava attorno, e solo di tanto in tanto prestava attenzione a quello che aveva sul banco o quello che l’insegnante scriveva alla lavagna. Taehyung lo trovava carino, mentre tenendo la penna all’estremità in alto la faceva scorrere sul foglio creando sottili cerchi blu. La sua espressione si era fatta concentrata, ma Tae aveva smesso di guardare cosa stesse disegnando nell’istante in cui si era accorto che il suo labbro inferiore sporgeva poco di più rispetto a quello sopra e ne era rimasto incantato. Jungkook sbatté le palpebre, ma prima che Tae riuscisse a guardare i suoi occhi, giusto per riuscire a captare almeno un minimo frammento dei suoi pensieri, vennero coperti dalla folta frangia corvina, che Jungkook si era appena tirato davanti con un leggero colpo della testa.
Tae deglutì, sistemandosi meglio sulla sedia non appena notò che l’insegnante di stava avvicinando al suo banco. Riportò lo sguardo all’esercizio di matematica che stava spiegando in quel momento e si sforzò davvero, per un attimo, di capirci qualcosa. Ma la formula che aveva scritto appena dieci minuti fa non gli diceva proprio niente, sembrava solo confonderlo di più; ascoltò per un paio di secondi l’insegnante, giusto per confermare che si fosse perso la parte più importante della spiegazione e che quindi ormai non potesse più capire l’esercizio.
L’insegnante si era allontanata e lui tornò a poggiarsi allo schienale di legno della sedia, togliendosi gli occhiali e portandosi una mano sul viso per la stanchezza. Ormai era la sua concentrazione se ne era decisamente andata e senza che potesse farci nulla la sua mente era già tornata a pensare a la notte scorsa, e a le dita di Jungkook tra i suoi capelli; riusciva ancora a sentire le sue dita fredde sulla sua testa e poi le sue braccia cingerlo esitanti in un abbraccio. Coprendo un sorriso con la mano si permise di lanciare uno sguardo alle mani di Jungkook ma si accorse che l’insegnante era ferma proprio davanti al banco del suo compagno di stanza. Come si aspettava, lei lo aveva ripreso per essersi distratto e gli aveva fatto scrivere la formula che non aveva riportato, esattamente la stessa scena che era accaduta nei tre giorni prima. Jungkook non si scomponeva mai quando lo riprendevano, ma restava rigido, senza fare il minimo cenno di aver capito le parole dell’insegnante. Tae si era accorto del fatto che per farsi capire non aveva problemi a scrivere o a fare gesti, ma solo con alcune persone; comunicava con lui, con gli infermieri Hoseok e Seokjin, perché a detta di Jungkook sorridevano sempre quando parlavano, e questo lo metteva a suo agio, con Namjoon a volte e per qualche strana ragione con Yoongi, in rarissimi casi. Taehyung sapeva che non faceva il minimo sforzo né con il suo medico curante, Jimin Park, né con gli altri infermieri o con gli insegnanti.
Jungkook si chiudeva, e si comportava  come se il contatto con le persone fosse una cosa che non si potesse assolutamente permettere. Tae quasi lo capiva, per lui cercare di essere distaccato con le persone era una cosa che sapeva di dover fare, ma che non sempre gli riusciva in realtà. Si sforzava di evitare alcune persone e cercava di non restare troppo coinvolto in nulla che le riguardasse. Certo non era granché facile per lui; Jungkook al contrario si sentiva molto più sicuro a non comunicare e Tae iniziò a chiedersi sul serio perché questo modo di fare non si applicasse a lui.
Taehyung era affascinato da Jungkook, cominciava a notare sempre più le piccole cose e improvvisamente ognuna di queste era diventata adorabile per lui. Lui in generale gli sembrava adorabile e quella era diventata bene o male l’impressione generale che aveva di lui, tutto gli faceva sentire il bisogno di essere protettivo nei suoi confronti. Jungkook aveva paura di davvero molte cose e Tae sentiva l’impulso di tenerlo lontano da ognuna di esse, da qualche giorno non riusciva a pensare a nient’altro, voleva che stesse bene, e solo quel pensiero bastava a fargli provare uno stano calore a livello della pancia.
Non credeva sul serio che Jungkook gli stesse tanto vicino per lo stesso motivo, ma gli piaceva pensarlo.
 
 
Le lezioni finirono tardi quel giorno e Tae pranzò di fretta per raggiungere al più presto Yoongi.
-Non credo di essere mai stato qui.- mormorò, entrando nella vecchia saletta dell’ala est. Yoongi alzò le spalle e si sedette sul davanzale –Non ci viene quasi mai nessuno, perché è lontana dai dormitori.-
Taehyung si guardò attorno -Siamo sullo stesso piano delle aule…- Mormorò, per poi deglutire e decidersi a parlare –Yoongi, hai voglia di cominciare a…-
-Ero a scuola con lui.- Lo interruppe, sapendo bene cosa volesse sapere –Ma non in classe. Jungkook era di una sezione diversa, ma le nostre aule erano sullo stesso piano. E spesso accoppiavano le nostre classi per le gite. Per questo me lo ricordavo, ad ogni modo… Ti dirò quello che so, ma sappi che non conosco il motivo per cui non parla.-
Tae annuì, attento e Yoongi sospirò –Devi sapere che io sono arrivato in clinica a gennaio di quest’anno e so per certo che qualcosa era già successo a scuola. Tuttavia, sono sicuro che Jungkook parlasse prima che io me ne andassi. Poco… ma parlava.-
-Sì mi… mi ricordo quando sei arrivato…- mormorò pensieroso –Aspetta quindi Jungkook ti ha parlato?-
-Sì. Ho avuto una crisi nel corridoio ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ero instabile prima, ma con quello mi hanno definitivamente spedito qui.- Fece una pausa, e Tae notò che sembrava triste –Jungkook è stato tra le persone che mi ha… soccorso, diciamo. È stato il primo ad avvicinarsi e a chiedermi come stavo. Credo gli sia venuto spontaneo.-
-Capisco- Tae abbassò la testa e comparve un piccolo sorriso sulle sue labbra -quindi non conosci l’esatto momento in cui lui ha smesso di parlare. Perché tu te ne eri già andato…-
-Esatto, però so quando tutto è iniziato.-
-Eh? Quando?-
-A dicembre. È successo qualcosa i primi di quel mese.-
-Sai dirmi che cosa?-
Yoongi lo osservò attentamente, poi assottigliò lo sguardo –Taehyung…-
Mormorò e Tae percepì solo per un stante un sorta di insicurezza nella sua voce –Tu pensi… di potermi procurare altri sonniferi?-
Tae spalancò gli occhi, ma stringendosi nelle spalle ci pensò su -Credo di sì.-
Yoongi fece uno strano sorriso, mostrando i denti, e Tae capì in un istante che era tornato ed essere sicuro di sé. -Mi fido di te perciò ti dirò adesso quello che ti devo dire, ma ho davvero bisogno che me li porti.- Ribadì -Era da mesi che non dormivo così bene.-
-D’accordo Yoongi. Cos’è successo a dicembre?-
-Non conosco i dettagli. Anzi, non so neanche cosa sia successo esattamente. Ma un giorno si era sparsa la voce che la sera prima alcuni ragazzi fossero rimasti dentro la scuola dopo la chiusura, con la scusa delle attività dei club.-
-E cosa successe quella sera?-
-Non lo so, ma Jungkook divenne strano dopo quel giorno, e lo so perché tutti lo evitavano a causa del suo atteggiamento. Parlava a monosillabi e a volte non rispondeva proprio, e diciamo che ai suoi compagni quelli strani non piacevano granché. Inoltre, uno dei suoi compagni di classe non venne più a scuola, credo che fosse uno di quelli che era rimasto di sera. Non ricordo altro.-
-Okay.- sussurrò Tae prima di prendere un bel respiro e cacciare fuori la tensione –Se mai ti venisse in mente altro…-
-Certo.-
Tae si alzò dal divano ringraziandolo, ma si accorse che Yoongi non gli stava già più prestando attenzione. Uscì dalla saletta e percorse l’intero corridoio passando accanto alle aule scolastiche, scese le scale e si diresse verso la biblioteca per incontrare Namjoon, quando l’infermiere Seokjin correndo gli si parò davanti. –Tae! Per fortuna ti ho trovato.-
-Seokjin!- Si sorprese Tae, vedendo l’infermiere piegarsi leggermente e riprendere fiato.
-Devi… Devi venire nell’ala dell’ospedale, Jungkook non sta bene.-
-Cosa?- Tae scattò verso il corridoio, ma Seokjin lo afferrò per un braccio e lo bloccò –Non puoi andare da solo. Devo accompagnarti.- Poi vedendo Tae visibilmente scosso il suo sguardo si addolcì –Non è nulla di grave. Non è ferito fisicamente, ma è svenuto e adesso è… turbato.- spiegò mentre si incamminavano verso l’uscita dell’edificio –Abbiamo pensato che tu potresti calmarlo almeno un po’. Abbiamo fatto i principali accertamenti, giusto per costatare che non fosse nulla di grave, ma non riusciamo a visitarlo bene per capire la causa esatta. In più il dottor Park ha ordinato di non fargli niente contro la sua volontà a meno che non sia strettamente necessario.-
Tae sfilò il braccio dalla stretta di Seokjin e si fermò. Per un attimo non disse nulla e guardò a terra, come se quelle parole gli avessero riportato alla mente un ricordo spiacevole.
–Davvero?- mormorò dopo un po’ -Eppure con Namjoon non avete fatto la stessa cosa.-
Seokjin lo guardò e sospirò –Tae…-
-Namjoon aveva paura, okay? E io mi ricordo benissimo come lo avete  bloccato quella volta, facendogli…- Tae si arrestò di colpo e il respiro gli si bloccò. Con difficoltà ingoiò la saliva che gli si era bloccata in gola e sentì gli occhi bruciargli–Gli avete iniettato quella roba e voi sapevate che lui ha il terrore degli aghi.-
-Taehyung… Namjoon era un caso particolare. Forse non ti ricordi in che condizioni era quando lo abbiamo trovato, quel giorno.-
-Certo che me lo ricordo!- Sbottò e uno dei medici fermi nell’atrio si avvicinò a loro. Seokjin alzò la mano e gli fece cenno che non serviva aiuto. Afferrò di nuovo il braccio di Tae, più delicatamente, e lo fece riprendere a camminare.
Uscirono nel cortile, diretti all’edificio dalla parte opposta, abbastanza lontano da essere quasi del tutto coperto dagli alberi.
-Taehyung, tu non avresti mai dovuto assistere ad una scena del genere.-
-Non avrebbe fatto differenza, che io fossi lì o meno. Namjoon ha sofferto comunque.-
-Namjoon nemmeno lo ricorda…- Disse l’infermiere, accorgendosi di dover praticamente trascinare Taehyung per farlo camminare.
-Ti senti bene Taehyung?-
Ma Tae non rispose. Sebbene prima avesse cercato di precipitarsi da Jungkook senza nemmeno prestare attenzione alle regole della clinica, secondo cui in certi luoghi non potessero accedere senza uno del personale ad accompagnarli, in quel momento esitava anche solo ad avvicinarsi a quel posto.
Seokjin sospirò –Namjoon era un caso diverso.- ribadì –Il dottor Park ha espressamente richiesto che nessuno facesse nulla a Jungkook contro la sua volontà.-
-A meno che non si tratti di un’emergenza.- Mormorò Tae.
-Esatto.-
Tae abbassò lo sguardo, seguendo i suoi piedi calpestare piano il sentiero di ghiaia, prima di accorgersi che erano già di fronte al padiglione ricoperto di edera dell’ospedale. Salirono i gradini e Seokjin aprì la porta, poi spinse Taehyung nel piccolo atrio. L’infermiere si avvicinò allo sportello della segreteria e  chiese informazioni su Jungkook.
-Si trova al secondo piano. Stanza 202.- Rispose velocemente una donna  facendogli un breve cenno col capo prima di tornare al telefono.
-Grazie. Taehyung, andiamo.-
Si diressero su per le scale fino al secondo piano, poi percorsero quasi tutto il corridoio fino all’ambulatorio. Taehyung rimase rigido tutto il tempo , respirando a fatica. Si guardava attorno attento e ogni volta che sentiva le voci attorno a sé farsi troppo forti chiudeva gli occhi e si lasciava portare da Seokjin che lo stava ancora tenendo per un braccio.
Non appena entrarono nella stanza Tae sentì un peso togliersi dal suo stomaco: Jungkook non era steso in un lettino mentre si dimenava come era apparso nei suoi pensieri, ma stava ricurvo su sé stesso, mentre si teneva la testa, immobile. Era una situazione che poteva gestire. Solo dopo notò le altre persone nella stanza. Due infermieri erano distratti a frugare tra gli armadietti in fondo, mentre nell’angolo opposto della stanza c’era Namjoon poggiato al muro a braccia conserte. Il suo viso si illuminò non appena si accorse che Taehyung era entrato nella stanza. –Tae, grazie a Dio.- Disse avvicinandosi, mentre Jungkook non accennava a muoversi. Taehyung si accostò al lettino al centro della stanza e si abbassò un po’ per riuscire ad incrociare lo sguardo di Jungkook.-
-Cos’è successo?-
-Io ero in biblioteca, ma sono tornato in camera un attimo a prendere delle cose.- raccontò Namjoon -L’ho trovato appena fuori da camera vostra che fissava fuori dalla finestra. Gli ho chiesto se stesse bene ma non mi ha fatto alcun cenno, e dopo un paio di secondi è svenuto. L’ho preso in tempo quindi non ha sbattuto la testa però mi sono spaventato a morte.-
-Perché è svenuto? In genere è… una cosa grave, no?- mormorò piano, sperando di non farsi sentire da Jungkook. Quasi non si accorse che alle sue spalle era entrato Jimin Park nella stanza –Non è detto, Taehyung. Uno svenimento può essere causato anche dal caldo o da un dolore molto forte. Anche la paura o una forte emozione possono provocarlo, ma ovviamente non possiamo esserne sicuri in questo caso.- Disse tranquillamente, facendo bene attenzione a non avvicinarsi troppo a Jungkook.-Ci manca un’analisi.-
-È proprio necessario?-
-Si Taehyung. È la prassi.-
Taehyung si avvicinò a Jungkook e gli toccò piano la schiena e si sorprese quando lui si allungò verso di lui in cerca del suo calore. Tae alzò lo sguardo incrociando la figura in piedi e ben dritta Namjoon e lo vide totalmente calmo.
Poi tornò a guardare il ragazzo sotto di lui e si accorse che lo stava fissando intensamente con la bocca serrata. Gli occhi neri di Jungkook avevano qualcosa di particolare, per Tae erano belli da far paura, ma erano assolutamente diversi da quelli di qualsiasi altra persona. Il suo sguardo era unico nel suo genere, a Tae sembrava quasi di poterci entrare dentro e di poter capire esattamente cosa pensasse e cosa provasse. Anche quelle sensazioni impossibili da spiegare a parole.
Jungkook si era calmato, Tae lo aveva capito nell’istante in cui lui lo aveva cercato con il corpo, ma sapeva anche che interrompere il contatto in quel momento avrebbe significato farlo ricadere in uno stato di ansia, perciò lo strinse di più a sé.
-È okay.- Disse Tae e il medico si girò verso di lui sorpreso –Ne sei sicuro?-
-Sì, se volesse opporsi lo farebbe capire, si fidi.-
-Bene allora. Manca solo da misurargli la pressione.-
Taehyung si accigliò leggermente –La pressione? Credevo doveste tipo fargli le analisi di del sangue.-
Il medico gli sorrise –A meno che non sia necessario, è meglio non eseguire le analisi del sangue su una persona appena svenuta. Abbiamo già controllato i riflessi e sembra tutto apposto ma dato che non si faceva toccare non riuscivamo a prendergli la pressione.-
Tae sospirò, improvvisamente più leggero. –Capisco.-
Jungkook vide i medici prendere il macchinario della pressione e diede un colpetto sul fianco di Tae per attirare la sua attenzione. Lui lo guardò negli occhi e poi si rivolse al medico –A Jungkook non piace farsi misurare la pressione.-
Park rise –Non so perché ma me lo aspettavo.- Poi chiese a Tae di fargli tenere sollevato il braccio e in modo che gli infilassero il bracciale e Jungkook storse il naso quando lo sentì gonfiarsi attorno al suo braccio e stringerlo.
Park disse che andava tutto bene a livello fisico, ma aveva anticipato la sua ora di seduta di terapia al giorno dopo. –Ho bisogno di scoprire il perché del tuo svenimento.- Disse, poi si rivolse a Tae –E avrei bisogno che ci sia anche tu.-
Tae annuì.
 
Tae e Namjoon rimasero fuori dall’ambulatorio aspettando che Park e gli infermieri finissero di compilare la cartella di Jungkook e lui era rimasto dentro con loro.
Tae si poggiò contro al muro accanto all’altro –Senti Namjoon, tu non dovevi  farmi vedere qualcosa?- chiese.
-Mmh.- Namjoon alzò un sopracciglio –Ah! Giusto.- S’illumino e si mise a cercare qualcosa nella tasca della sua felpa.
Facendo attenzione che non ci fosse nessuno in giro, fece spuntare dalla tasca una vecchia e sottile chiave in ferro. Tae aggrottò le sopracciglia confuso e Namjoon la rimise velocemente via.
-Perché hai una chiave?-
Namjoon gli sorrise in modo strano e Tae, per un istante, sentì un brivido gelargli la colonna vertebrale.
–Oh non ne hai idea.- Namjoon sembrava diverso dal giorno prima e Tae aveva impressione che fosse turbato da qualcosa.
-Se ci beccano con questa ti garantisco una settimana di isolamento sicura.-
-Eh?- Tae impallidì –Che stai dicendo? Mi dici di cos’è quella chiave? E perché cazzo ce l’hai tu?- Chiese, cominciando ad alterarsi.
-Tu non capisci! Questa chiave è la soluzione al mio problema. E al tuo, in parte, se vuoi venire con me.-
-Namjoon, come fa una chiave ad essere la soluzione al tuo…- Tae si incupì e desiderando di non doverlo davvero dire ad alta voce si avvicinò di più e parlò a voce ancora più bassa –disturbo… borderline?- mormorò, come se fosse un segreto che Namjoon forse non sapesse.
-Perché mi distrarrebbe da quello Tae! E starei meglio se non dovessi parlare tutto il tempo di quello che ho.-
-Te lo ricordi il discorso sull’impulsività che ti ha fatto Park, sì? Le tempeste emotive… e il fare le cose senza pensare…-
-Quello non c’entra.- rispose sicuro Namjoon.
-Senti- inspirò forte Tae –Dimmi solo di cos’è quella chiave.-
-Ce l’hai presente l’ala vecchia?-
Tae ci pensò su –Sì, ci facciamo terapia occupazionale. O almeno… hanno chiuso tipo la maggior parte dell’edificio e hanno spostato quasi tutti i laboratori nella parte ovest, ma alcune stanze sono ancora lì, no?-
-Esatto.-
-Tra l’altro… Hoseok non ha detto che lunedì prossimo abbiamo l’ora di disegno nell’ala vecchia?
-Già. Tra qualche giorno saremo proprio in quell’edificio e lo vuoi sapere cosa apre questa chiave?-
Tae strabuzzò gli occhi all’improvviso –Namjoon porca puttana, hai rubato la chiave di un ala praticamente abbandonata!-  esclamò cercando in tutti i modi di mantenere un tonno abbastanza basso.
-Più facile che rubare un quaderno a Yoongi.- Namjoon si passò una mano tra i capelli –La mia cleptomania mi ha reso piuttosto abile.-
-Ma fosse quello il tuo problema peggiore!- fece esasperato Tae –Come ti è venuto in mente? Un ala in disuso? Se fortunato se non ti ci richiudono un mese in isolamento!-
-Tae ma dai! È solo una stanza nella parte abbandonata. Vuoi almeno sapere, di che stanza stiamo parlando?-
-Io non…- Inspirò frustrato, sentendo il suo nervosismo farsi insopportabile -Namjoon- cercò di farlo ragionare Tae –Tu stai per uscire, perché dovresti metterti nei casini adesso?-
-Vieni con me o no?-
Taehyung si zittì e alle sue spalle comparve Jungkook, insieme a Seokjin che doveva riportarli ai dormitori.
Taehyung cercò di respirare piano. Jungkook era svenuto e non sapeva perché e Namjoon aveva avuto un violento cambiamento di umore come non gli capitava da tempo;Yoongi aveva fatto un minimo di chiarezza su qualcosa, ma il buio che circondava il mutismo di Jungkook sembrava essersi fatto più fitto.
Jungkook lo guardava senza muoversi mentre Namjoon incrociò le mani dietro la nuca aspettando una risposta e Tae, per la prima volta dopo molto tempo, non sapeva che fare.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Jungkook lo sentiva nella bocca il sapore del sangue, e poi anche giù per la gola. Come se avesse mandato giù del ferro liquido; o almeno, quella era la sensazione. Ad ogni modo, non era del tutto certo di sentirla realmente.
Il sangue era ovunque, era schizzato sulle pareti  ed era anche sul pavimento,  senza contare la quantità di mani che ne erano ricoperte. Le persone nella stanza non stavano nemmeno urlando, Jungkook non era sicuro di cosa stessero dicendo, ma riusciva solo a chiedersi se il sapore che aveva in bocca fosse reale oppure no.
Anche Taehyung, a modo suo, aveva un odore simile. Jungkook non era sicuro del perché gli fosse venuto in mente quel dettaglio proprio in quel momento lì.
Ognuno ha un odore specifico, aveva detto Namjoon nella saletta ricreativa qualche giorno fa, poi Tae aveva commentato il fatto che Namjoon avesse odore più dolce e Jungkook invece odorasse di limoni.
“E io di cosa odoro?” Quando Tae glie lo aveva chiesto Jungkook si era sorpreso di quanto in fretta avrebbe saputo rispondergli; aveva preso il quaderno e aveva scritto “Hai un odore metallico. Come il sangue.” e Tae non aveva capito.
Non che ci fosse nulla da capire, l’odore sul corpo di Tae gli sembrava quello e basta. In verità, quello che Jungkook non capiva era come facesse a conoscere Tae se si trovava ancora nella sua vecchia scuola. Alzò lo sguardo, e riconobbe il bagno al terzo piano; aprì la bocca e le sue labbra si mossero staccandosi tra loro e riavvicinandosi, si aspettava di sentire il suono delle sue parole che però non venne fuori.
Ora il sapore del sangue di sicuro non c’era più, era scivolato tutto nel suo stomaco, per l’esofago. Nella sua pancia c’era un enorme palla di ferro che pesava da morire e schiacciava tutti gli organi sotto di sé.
Avrebbe urlato; se solo avesse avuto qualcosa in bocca, ma non era rimasto nulla, non c’era più niente.
Non c’era neanche più la stanza e le mani coperte di sangue, spariti insieme alla voce, e Jungkook si svegliò con il respiro bloccato in gola.
 
 
Namjoon si strinse nella felpa e inspirò forte, pregando che il vento smettesse presto di soffiargli in faccia. Tae e Jungkook aspettavano accanto a lui l’arrivo degli altri ragazzi nel cortile, ma a differenza sua erano vestiti abbastanza bene da non soffrire il freddo.
–Namjoon, sei un idiota.- sospirò Tae cedendogli la sciarpa che Jungkook gli aveva lanciato addosso prima di uscire dalla camera –Sapevi che saremmo usciti oggi, potevi almeno prendere una felpa più pesante.-
Namjoon alzò gli occhi al cielo e si avvolse malamente la sciarpa attorno al collo, ricacciando poi le mani in tasca –Sta zitto.-
Cominciarono a bisticciare, quando dalla porta che dava sul cortile interno, dove stavano aspettando insieme a qualche altro ragazzo, non comparvero altri due ragazzi e Yoongi.
-Bene ci siamo tutti!- Affermò raggiante Hoseok facendo sobbalzare Tae quando gli comparve davanti senza preavviso –Possiamo avviarci.-
Yoongi si stiracchiò, visibilmente stanco, e cominciò a camminare davanti a tutti gli altri. –Il lunedì pomeriggio non facciamo mai nulla di solito, che stiamo andando a fare?-
Hoseok gli si avvicinò –Facciamo due ore di terapia occupazionale.-
Restando fermo con la testa, Yoongi fece scivolare lo sguardo sull’infermiere –Cosa di preciso?-
-Il dottor Park ha pensato al disegno.- rispose e Yoongi rise sarcastico –Bhe, bene, almeno non facciamo cucito come l’altra volta.-
-A me piaceva il cucito.- commentò Tae che era sbucato alle sue spalle.
-Sul serio?- Alzò un sopracciglio, poi Tae si girò verso Hoseok –Le aule da disegno non sono…-
-Nell’ala vecchia, sì.- rispose Hoseok –So che non è bellissimo come edificio, ma le aule sono ancora lì.- spiegò alzando le spalle –Sentite ragazzi, so che siete pochi e che siete tra i più tranquilli, ma cercate di stare buoni. Oggi ci sono solo io con voi, perciò cercate di venirmi incontro.- Si bloccò solo un istante per guardare bene in faccia i ragazzi che lo seguivano –Sono abbastanza sicuro di potermi fidare di voi, ma vi ricordo in ogni caso che chi infrange le regole non ottiene nulla se non i giorni in isolamento.-
 
L’entrata principale dell’ala vecchia era sbarrata da assi di legno e coperta di edera. In realtà gran parte della parte centrale di quell’edificio pareva inaccessibile e per questo Hoseok aveva portato la decina di ragazzini che lo seguiva sul retro. Dietro a quell’edificio non c’era molto, ma Tae era fermo a guardare in lontananza l’altissimo muro, che li separava dal mondo esterno,  anche se da quella parte c’erano probabilmente solo dei campi e forse qualche vecchia casa di periferia. Quella mattina non aveva messo gli occhiali e non vedeva granchè bene, ma non poteva fare a meno di chiedersi quante telecamere ci fossero o se in cima al muro avessero messo il filo spinato. Si destò dai suoi pensieri quando vide i suoi compagni avanzare verso la porta sul retro, verniciata di bianco e quasi nascosta tra gli alberi; aperta quella si ritrovarono in un piccolo atrio, con un locale infermiere a sinistra con solo due persone dentro, e davanti a loro si apriva un enorme corridoio altissimo con porte su entrambi i lati.
-Muovetevi ragazzi, e non fare troppo rumore. Ci sono altre persone nelle stanze che fanno terapia!- Alzò la voce Hoseok, mentre i ragazzi cominciavano a correre per il corridoio ridendo e facendo rimbombare le voci sui muri –Ragazzi! L’aula è questa, forza, dentro tutti.- Disse, fermo davanti ad una delle alte porte dalla scrostata pittura verde acqua.
La stanza era piuttosto grande e ricordava in tutto e per tutto un aula scolastica. Jungkook si bloccò un attimo all’uscio con gli occhi sbarrati, e Tae dietro di lui, che credeva semplicemente che il moro non sapesse dove sedersi, lo spinse in avanti –Andiamo vicino alla finestra, Jungkook!.-
 
Pochi minuti dopo avevano sistemato l’aula unendo più banchi insieme e sedendosi tutti attorno ad un'unica bancata, Hoseok passava curioso attorno a loro mentre tutti avevano preso dei fogli e ci disegnavano sopra cose più o meno elaborate.
-Molto bene ragazzi, esprimete le vostre emozioni attraverso il disegno!- cinguettò allegro l’infermiere passando dietro di loro -Potete disegnare qualunque cosa vi passi per la t…- si bloccò di fronte al banco di Yoongi –Yoongi non… non necessario esprimere proprio tutto quello che vi passa per la testa, okay?-
Il ragazzo alzò le spalle continuando a calcare il pennarello nero contro il foglio di carta, definendo una figura scura in procinto di staccare la testa ad un’altra. Namjoon si sporse dal suo posto per osservare il suo disegno e sbuffò una risata –Davvero adorabile Yoongi-hyung. Ma se vuoi uscire di qui ti conviene dare ai medici ciò che vogliono.-
Yoongi lo guardò scocciato e Namjoon si alzò dalla sedia e gli si mise accanto, poggiandogli un braccio sulle spalle.
-Kim Namjoon, siediti.- Disse Hoseok guardandolo con aria attenta–Se devi alzarti per qualche motivo me lo puoi chiedere.-
Namjoon alzò le mani –Do solo un paio di consigli sul piano tecnico- poi poggiò di nuovo la mano sulla spalla del compagno –Posso?-
-Okay.- Concesse l’infermiere, e Namjoon si abbassò di più per parlare a Yoongi nell’orecchio.
-Questi disegni vengono passati tutti agli psicologi, cosa credi. Cerca di assecondarli invece che dargli un valido motivo per tenerti qui.-
Yoongi si allungò sul tavolo per afferrare il pennarello rosso di Tae, seduto dalla parte opposta della bancata –Questo mi fa stare meglio.-
-Ti fa stare meglio rappresentarti mentre stacchi la testa a qualcuno?-
-Sì.- si bloccò Yoongi e lo guardò in viso –È terapeutico esprimere qualcosa come… l’assunzione del controllo su qualcuno. Mi fa stare meglio.- Ribadì –E a te invece? Che cosa ti fa stare meglio, Namjoon?-
Namjoon gli si allontanò di botto, sbattendo contro la sua stessa sedia.
-Cosa succede lì?-
-Niente.- mormorò Namjoon osservando Yoongi con gli occhi spalancati –Non ho niente.-
Hoseok incrociò le braccia al petto, la sua solita aria calma era sparita e Tae capì che il comportamento di Namjoon lo stava facendo mettere in allerta. –Namjoon, se cominci a diventare agitato dovremmo farti cambiare reparto.-
Il ragazzo si sedette e alzò nuovamente la calma –Sono calmo.- Disse, ma Tae si congelò sul posto. Aveva già visto Namjoon così, ma si convinse che forse stava solo ingigantendo la cosa nella sua testa.
 
Uno dei loro compagni stava distrattamente scarabocchiando alberi sul suo foglio e ad un certo punto parlò –Avete sentito di quel tizio che è arrivato qui sta mattina?-
Tae alzò gli occhi e scosse la testa. Neanche Jungkook,Yoongi e Namjoon sapevano di chi parlasse –C’è uno nuovo? Del nostro reparto?-
-Hanno detto che era uno del nostro gruppo inizialmente, sì. È arrivato mentre voi eravate a lezione. Io ero in infermeria e ne ho sentito parlare.-
Tae si sporse verso di lui –E adesso dov’è?-
Lui si sporse di più e tutti gli altri gli si avvicinarono –Ha dato di matto praticamente subito e lo hanno mandato in isolamento. Ha fatto… non lo so, un casino e sentivo urlare fino in infermeria.-
-Dici sul serio?-
-Sì, e i medici hanno detto tipo “non lo possiamo mandare con quelli, deve cambiare reparto” O “questo è da ricovero sul serio”. Ha fatto un casino assurdo e credo abbia rotto un bel po’ roba.- disse ridacchiando –Ed è forte! Dicono che ci siano voluti quattro infermieri per afferrarlo… e ne ha feriti due! Forse è per stargli dietro… che oggi c’è carenza di personale.- Indicò con un cenno della testa la figura di Hoseok.
Poi e riprese a disegnare –Allora hanno detto che lo tengono in isolamento due giorni per quello che ha fatto poi lo mandano di là a farsi curare. Comunque, è passato in infermeria prima di andare in isolamento e l’ho visto. Cristo, ha una cicatrice orribile sulla guancia! E non da sta mattina, eh. E una cicatrice già bella che rimarginata. Comunque, era orribile.-
Tae sentì il rumore di qualcosa spezzarsi e girando il viso notò Jungkook con lo sguardo perso nel vuoto e un pastello spezzato in due tra le mani –Jungkook stai bene?-
-Okay ragazzi, pausa!- urlò Hoseok –In corridoio, forza!-
 
Appena fuori dall’aula Tae si sentì tirare per la manica della felpa.
-Andiamo, Tae!-
-Namjoon aspetta! Sei impazzito? C’è Hoseok lì che…-
-Non preoccuparti, c’è uno che ci sta coprendo, quindi andiamo.-
-Chi?-
-Minho, il ragazzo con cui parlavi prima. Gli ho promesso la bellezza di cinque sigarette, perciò adesso vieni!- Ripetè spingendolo per il corridoio. Circa dall’altra parte dell’edificio, c’era una sorta di stretto corridoio con finestre su entrambi i lati; ad ogni passo spostavano un po’ di macerie e alzavano della polvere, che andava diradandosi silenziosa attorno ai loro corpi, le finestre erano quasi tutte intatte, ma coperte di un consistente strato di sporcizia, attraverso il quale si riuscivano a vedere a malapena le piante e gli arbusti selvaggi che erano cresciuti attorno a quelle vecchie mura.
Alla fine del corridoio c’era una sola porta; Namjoon tirò fuori dalla tasca la chiave e la infilò nella serratura, facendola scattare. La porta si aprì con un debole cigolio ed entrambi entrarono nella stanza, camminando lentamente.
Tae spalancò gli occhi, ricordandosi dell’unica volta che era stato lì mesi fa, quando ancora l’edifico era del tutto in uso. Namjoon aprì le braccia – È ancora qui.-
Davanti a loro si apriva quella che ricordavano essere una vecchia serra, ormai totalmente incustodita. Si mossero piano in avanti, facendo strusciare sotto i loro piedi alcune foglie secche, superando pochi gradini in pietra e arrivando vicino a delle vasche contenenti dell’acqua scura coperta di alghe e foglie, e diverse file di banconi ricoperti di piante di vario genere; la polvere dispersa nell’aria sembrava sfocare tutto ciò che vedevano, rendendo l’ambiente quasi surreale.
Ogni tipo di pianta si era fatta strada ovunque, crescendo anche lungo gran parte del pavimento, ma erano cresciute anche al di fuori delle piccola serra, arrampicandosi sulle ampie vetrate che costituivano i muri e il tetto, rendendo la luce che filtrava di un verde acceso.
-Namjoon tu mi hai portato…-
-Sì. Quell’unica volta che ci siamo stati con la classe ci siamo divertiti un sacco, ti ricordi?- Disse avvicinandosi a lui –Era un periodo terribile, ma quel giorno era stato… diverso. Era come se avessi dimenticato tutto in un colpo e fossimo solo… dei ragazzini. Io tendo a legarmi molto ai luoghi, sai. E alla loro atmosfera, per questo ci sono volte in cui sento di dover andare in determinati posti per calmarmi. Questo istituto mi sta soffocando e vorrei solo tornare nei luoghi che conosco, vorrei tornare a casa, ma non posso e questo posto credo sia la cosa più simile a qualcosa del genere a cui potessi pensare... Mi piace questo posto. Mi piace e me lo hanno portato via, insieme a molte altre cose. Tae, io sono stanco delle persone che decidono per me, cosa posso o non posso fare, dove posso o non posso andare.-
-Namjoon...-
-Voglio solo… poter girare senza che qualcuno mi sorvegli e che… commenti ogni cosa che faccio con un “questo atteggiamento è tipico per uno nella sua condizione”.-
-Namjoon.-
-Voglio solo uscire, Tae. O almeno fare quello che voglio.-
-Quindi tu non… non uscirai?-
Namjoon gli rispose con gli occhi lucidi –No… Ho solo… interpretato tutto male, mi sono fatto prendere dalle emozioni e non… non ho capito.-
-Namjoon mi dispiace…-
-Sono stato uno stupido! Ero migliorato un po’ e ho creduto che bastasse a uscire, e ora non ho più… controllo su me stesso.- fece, affondando il viso tra le mani.
-Non importa, davvero. Non hai cancellato il tuo miglioramento, hai solo… avuto una delusione e ti sei preso un po’ male. Ma ce la puoi fare, ti conosco e so che se ti aggrappi a ciò che ti fa stare bene guarirai.-
Namjoon staccò le mani dal viso e lo guardò –E tu Tae?-
-Io non ho la necessità di uscire presto.- commentò con un sorriso triste –Ho una sensibilità troppo intensa per il mondo esterno…-
-Cazzate!- sbottò l’altro, facendo sobbalzare Tae –Quando ti deciderai ad affrontare il vero problema, Tae! Non è la tua empatia il tuo disturbo, altrimenti saresti un idiota a restare in questo posto! Tu lo sai qual è il problema ma continui ad evitarlo con tutti, persino con te stesso!-
In quel momento un rumore improvviso li fece voltare di scatto verso la porta ma sospirarono entrambi quando si accorsero che si trattava di Jungkook, che evidentemente li aveva seguiti fino a lì.
-Vi lascio soli. Io torno in classe.- borbottò Namjoon incamminandosi e facendo cenno con la mano di saluto.
-Namjoon, aspetta...-
Tae sospirò e si prese la testa fra le mani, emettendo un flebile lamento; Jungkook gli si avvicinò e rimase accanto a lui aspettando che si rialzasse. Poco dopo Tae si rimise dritto e cercò di levarsi di dosso l’orribile sensazione che gli avevano procurato le parole dell’amico.
Jungkook aspettava un suo segno, un gesto che gli facesse capire che stava bene, ma Tae non riusciva a liberarsi della pesantezza della conversazione.
-Cazzo!- Sbottò all’improvviso, facendo spalancare gli occhi al ragazzo più piccolo, che però non si mosse.
Tae puntò gli occhi in quelli neri di Jungkook ed ebbe la sensazione che gli stesse chiedendo di sfogarsi con lui. A quel punto si sentì un po’ più sicuro, sapeva di poter parlare liberamente con lui.
-Jungkook io non posso più gestirlo. Non voglio più gestirlo, è più grande di me io non… posso gestire tutte queste emozioni.- mormorò cercando di restare dritto e ignorando tutte le volte che sentiva li occhi bruciare e una crisi di pianto imminente -Persino le emozioni piacevoli diventano… troppo forti, già quelle sono… insopportabili a volte, ma quelle negative sono…- Tae si abbassò e si sforzò di respirare. Quando sentì che riusciva a parlare di nuovo alzò lo sguardo verso l’altro ragazzo –Devastanti.-
Le gambe gli cedettero e lui dovette mettersi seduto, Jungkook si inginocchiò accanto a lui mettendogli una mano sulla spalla e cercando di capire come fare per aiutarlo.
-Io sono bravo nell’aiutare gli altri, lo giuro.- Disse asciugandosi una singola lacrima che gli era scesa lungo la guancia –È praticamente… l’unica cosa in cui sono bravo. Insomma, a parte quello io non sono buono a fare nulla… a quanto pare sono un fallimento su tutti i fronti.- disse, sbuffando una risata nervosa, per poi voltarsi verso Jungkook –Sono egoista, ho scelto di aiutarti, all’inizio, solo perché sentivo il dovere di farlo, lo faccio sempre… perché sento che è l’unica cosa che devo fare per meritare quello che ho di buono nella vita. All’inizio l’ho fatto solo per quello, per dovere, perché sentivo il bisogno e il dovere di farlo, perché è la mia unica ragione di vita. E forse il motivo per cui mi è stata donata questa empatia incontrollabile.-
Jungkook si strinse di più a lui, respirando pesantemente e sentendo il bisogno fisico di stargli più vicino possibile –Poi è cambiato qualcosa e la voce che mi imponeva di aiutarti si era affievolita, perché ho iniziato a sentire il desiderio sincero di aiutarti. Ho cominciato a volerti bene e a voler sinceramente fare qualcosa per te. Poi ho iniziato ad esserne felice, ad essere davvero felice quando ti facevo stare meglio e ho sentito la voglia di dare tutto me stesso per te.- Inspirò, guardando il vuoto –Eppure, se non riesco nemmeno ad aiutare me stesso con il mio… problema… che è insignificante paragonato al tuo… come pretendo di aiutarti?-
Jungkook allora si sporse verso il suo viso, poggiò piano le dita fredde sulla sua guancia e rimase lì per un attimo. Negli occhi di Tae vide riflessa una scintilla improvvisa e fugace, un idea che lo aveva sfiorato solo per un secondo. Jungkook lo aveva letto chiaramente il suo desiderio, col tempo anche lui era diventato in grado di capire di cosa avesse bisogno semplicemente guardandolo negli occhi. Perché la verità che Jungkook aveva compreso era che nemmeno Tae parlava, o meglio, non esprimeva tutto ciò che provava e spettava a lui capirlo senza che dicesse nulla.
Jungkook lo aveva letto, aveva capito subito ciò di cui aveva un disperato bisogno, ma sapeva che Tae non glie lo avrebbe mai chiesto apertamente.
Era rimasto lì a fissarlo, col viso leggermente inclinato e vicino al suo e a Jungkook non serviva altro. Si avvicinò timidamente e lo baciò piano, sulle labbra, all’inizio solo sfiorandole, poi prendendo coraggio e premendosi contro di lui. Tae rimase immobile, con gli occhi chiusi, dimenticandosi tutto per un attimo, sentendo solo le labbra di Jungkook sulle sue muoversi dolcemente e le sue mani accarezzarlo delicatamente.
Jungkook aprì timidamente le labbra e Taehyung lo imitò facendo scontare le loro lingue. Tae aveva un buon sapore, di caffè e Jungkook sarebbe rimasto ore a baciare la sua bocca e a sentire il suo sapore scivolare nella sua, ma dopo un po’ sentì una sensazione strana, come se percepisse una sorta di inquietudine improvvisa nel ragazzo che teneva tra le braccia e si staccò piano, non trattenendosi però dal dargli un altro veloce bacio sulla guancia; Tae restò con gli occhi chiusi mentre l’altro gli portava piano la testa contro al suo petto.
-Jungkook.- mormorò dopo un po’ –Io… credo di aver bisogno di aiuto.- disse, totalmente calmo, lasciandosi cullare tra le braccia di Jungkook, che lo sentì cominciare a tremare.
-Tae…-
Taehyung rimase immobile, aprendo gli occhi.
Le braccia di Jungkook attorno a lui si erano bloccate di colpo ed erano rigide, riuscì a sentire il suo battito cardiaco accelerare. Poteva aver sentito male. Poteva essere stato uno spiffero del vento, poteva essere stata qualsiasi cosa.
No, era stato lui. Ne era certo.
Alzò la testa e Jungkook era immobile di fronte a lui con gli occhi spalancati e il corpo completamente paralizzato. Jungkook aveva detto il suo nome.
Jungkook aveva parlato e Tae lo aveva sentito.
-Jungkook…- provò a parlare, con calma, ma Jungkook indietreggiò di colpo, alzandosi in piedi e tenendo le mani tremanti contro alla bocca.
-Jung…- provò di nuovo alzandosi in piedi, ma Jungkook aveva cominciato ad iperventilare mentre si teneva le mani premute sulla bocca. Le narici non bastavano a fare entrare l’ossigeno di cui aveva bisogno, lo sentiva chiaramente eppure le braccia gli smisero di tremare pur di tenere la bocca saldamente chiusa.
-Jungkook! Cazzo, respira!- Urlò Tae fiondandosi addosso a lui e staccandogli le mani con la forza. Jungkook si scostò di nuovo, rannicchiandosi e portando le mani alla gola graffiandosela leggermente.
-Cazzo! Jung…- la voce gli si bloccò in gola, voltandosi verso l’entrata delle serra –Cazzo! Cazzo! Il tempo! Dobbiamo tornare di là!-
Jungkook alzò la testa verso di lui e con un'espressione di terrore dipinta in volto si alzò da terra in meno di un secondo e cominciò a correre. Tae lo seguì, facendo la strada a ritroso di corsa e non appena capì di essere quasi arrivato sbatte contro Yoongi.
-Tae ma che… ho appena visto Jungkook fiondarsi in classe e stavo venendo a cercarti. Buon per voi che Hoseok fosse impegnato con quel tipo… Minho... Tae stai bene?-
Tae aveva il fiato corto e non riusciva a parlare. Doveva arrivare presto in classe ma non riusciva a muoversi.
-Cosa fate voi due fuori?-
Tae e Yoongi si congelarono sul posto.
-Vi avevo avvertiti, dovevate stare in classe finchè non fossi tornato.-
Tae deglutì a fatica e Yoongi sentì gelare la sua colonna vertebrale; pensò velocemente a tutto quello che sarebbe potuto succedere a causa di quella situazione, a cosa avrebbe potuto dire per minimizzare i danni, a cosa sarebbe stato meglio fare e l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che doveva fare in modo che Tae non finisse nei casini.
Yoongi sapeva che Hoseok era una persona ragionevole e parlò – È stata colpa mia, ho portato fuori io Taehyung.-
Lo sguardo di Hoseok rimase invariato.
-Con la forza.- Aggiunse –Tae non centra niente.-
Tae lo guardò allibitò e Hoseok sospirò –Okay, Tae fila in classe, Yoongi chiamo qualcuno che ti porti di là.-
-Di là… di là dove?- A Tae tremava la voce.
-L’ho detto, o stavate fermi o buoni finchè non tornavo o c’era l’isolamento.-
Hoseok allungò il braccio verso Yoongi.
-Quanto tempo?- Sbottò Tae, pallido.
-Due giorni. Tae niente di che, ma sono le regole.-
Yoongi gli afferrò la felpa e gli si avvicinò per sussurrargli qualcosa all’orecchio. Hoseok li separò e li portò entrambi verso l’aula, fece entrare Tae per poi andare verso al banco della segreteria del edificio per usare il telefono che sembrava essere ancora in uso. Tae rimase sull’uscio della porta giusto per vedere Hoseok parlare brevemente con qualcuno e due minuti dopo due inservienti comparire dalla porta dove erano entrati loro all’inizio e portare via Yoongi.
Si girò verso la classe prima che Hoseok tornasse e si accorse che Jungkook e Namjoon non c’erano. Perse un battito, si guardò in giro cercando un segno dei due e si sforzò di non perdere la calma, cercando di pensare al meglio, magari Namjoon si era accorto dello stato di Jungkook e aveva fatto chiamare qualcuno per portarlo in infermeria; non appena si convinse che doveva per forza essere così gli tornarono alla mente le parole di Yoongi.
“Io mi faccio prendere per te, ma tu devi capire perché non parla.”
 
 
 
-Sei proprio strano tu.- commentò il ragazzo di fronte a lui. Jungkook alzò lo sguardo e tentò di parlare. Ci provò su serio, le labbra si muovevano e la sua lingua tentava di tirare fuori le parole dalla sua bocca, però non sentiva nulla. Il ragazzo seduto a terra comunque sembrava averlo capito lo stesso, probabilmente perché aveva letto il labiale.
-Dico che sei strano. Di cosa hai detto che odorava Tae?-
Jungkook mosse le labbra di nuovo “Di sangue. O comunque avevano un odore metallico.” Poi si fermò e parlò di nuovo poco dopo “Ma a dire il vero ora… mi accorgo che forse l’odore è quello del caffè.”
Il ragazzo scoppiò a ridere –Ma come si fa a confondere l’odore del sangue con quello del caffè!-
Jungkook alzò gli occhi al cielo “Non lo so. Mi era venuto in mente il sangue e basta.” E l’altro inclinò la testa di lato –Forse… era il contesto in cui ti trovavi che te lo ha fatto venire in mente. Magari è stato un lapsus: tu pensavi che sapesse di caffè ma poi qualcosa ti hai distratto e hai detto sangue.-
Jungkook ripensò al discorso in sala ricreativa con Namjoon e Taehyung  per cercare qualcosa che lo avesse fatto pensare al sangue e improvvisamente si ricordò di una cosa. Ripercorse mentalmente ogni dialogo, ogni parola pronunciata e scritta sul quaderno e a quel punto era ne era certo. A Taehyung aveva detto che sapeva di caffè.
Il ricordo era più vivido ogni volta che ci ripensava.
Taehyung lo guardava sorridente con mento poggiato sul palmo della mano e gli occhi brillanti per via della luce del sole che filtrava dalla finestra proprio sul suo viso, poi gli aveva chiesto “E io? Di che cosa so?”
Poi Jungkook aveva preso il quaderno e scritto “Sai di caffè.”
-Allora.- Jungkook rivolge lo sguardo verso il ragazzo seduto a terra –Cosa stava succedendo quanto tu hai risposto “sai di sangue”.
Jungkook corrugò la fronte. “Non l’ho detto” pensò, muovendo le labbra ma il ragazzo sembrava non credergli -Allora quando lo hai pensato. Cosa stava succedendo?-
Jungkook spalancò gli occhi e improvvisamente si ricordò del bagno e delle mani sporche di sangue. Lo aveva pensato! Proprio in quel bagno, con la palla di ferro nello stomaco e il rosso sulle pareti.
-Cosa stava succedendo in quel momento?- Jungkook guardò il ragazzo di fronte a lui ed era coperto di sangue. Aveva le guance rigate dalle lacrime nonostante la sue voce fosse assolutamente ferma nel fargli quella domanda.
-Già. Cosa stava succedendo?- Chiese una voce alle sue spalle. Jungkook impallidì e si bloccò. Sentì qualcosa di ruvido solleticargli il collo e afferrarlo piano alla gola. La presenza dietro di lui glie lo chiese ancora –Allora? Hai qualcosa da dire?-
Jungkook, col corpo scosso da violenti tremiti, si sforzò con tutto se stesso di muovere la testa, facendo segno di no.
Presto la sensazione al collo svanì, così come il ragazzo. Jungkook aprì gli occhi di scatto, trovando davanti a sé la stanza immersa nella penombra e cominciò a piangere silenziosamente con viso premuto sul cuscino.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Se c’era una cosa che Yoongi era riuscito a capire negli ultimi due giorni, era che aveva molto meno controllo di sé stesso di quanto avrebbe potuto pensare. Se prima gli avessero chiesto “Cosa succederebbe se ti chiudessero due giorni in una stanza bianca, con solo un letto e il bagno, tre pasti al giorno e nessuna interazione con le persone?” lui avrebbe risposto che probabilmente avrebbe confidato nella sua immaginazione, avrebbe riposato, pensato a qualche nuova canzone da scrivere, inventato una storia o si sarebbe fatto qualche film mentale pensando ai personaggi della sua serie tv preferita, che di solito gli concedevano di guardare il martedì sera in saletta. Era come se avesse sempre creduto di avere un piano di emergenza in caso di necessità, per non cadere nella disperazione, come se avesse voluto dire “toglietemi tutto, datemi anche solo quattro mura bianche e la mia mente basterà a riempire il vuoto” eppure si era dovuto ricredere.
La sua parte creativa si era spenta durante quelle quarantotto ore, e allora gli erano rimasti davvero quattro mura, il letto e il bagno. Di sicuro sarebbe andato nel panico più totale se dopo sette ore dall’inizio dell’isolamento non si fosse accorto che la texture delle piastrelle del pavimento non era uniforme ma aveva striature di grigio più chiare e più scure. Quando l’inserviente gli aveva portato la colazione il secondo giorno lo aveva trovato per terra a tracciare figure immaginarie col dito sulle piastrelle con sguardo molto concentrato. Gli avevano aperto la porta alle cinque del pomeriggio del giorno seguente, lo avevano fatto uscire e camminare lungo il corridoio con le altre stanze blindate e quasi si sorprese di sentirsi ancora più a disagio di quando era entrato. Non sentiva sollievo dal fatto che tutto quello fosse finito, ma al contrario non riusciva a smettere di chiedersi, se non aveva controllo su sé stesso come poteva pensare di averlo su tutto il resto.
Proprio mentre stava per lasciare il reparto di isolamento captò appena una conversazione tra due medici riguardo ad un ragazzo arrivato la mattina del giorno in cui era finito in isolamento. Si voltò e il suo sguardo si incrociò con quello di un ragazzo, un paziente come lui, trattenuto da due infermieri, una lunga cicatrice sulla guancia e il corpo tremante di collera, ma furono i suoi occhi a scatenargli un brivido lungo la colonna vertebrale. Yoongi lo aveva già visto. 
Il ragazzo si accorse di lui e il suo corpo scattò in sua direzione, ma Yoongi era già stato portato fuori e le urla del ragazzo erano diventate presto indistinguibili. Yoongi si sentì confuso per tutto il tragitto fino alla sua camera e cominciò a pulsargli la testa; gli occhi di quel ragazzo avevano scatenato qualcosa dentro di lui. In un lampo, sono per una frazione di secondo, aveva rivisto quella scena, che da quasi un anno non riusciva a ricordare, ma era sparita dalla sua mente prima che potesse registrarla. Era tornata a nascondersi da qualche parte nel suo inconscio, ma ora sapeva che c’era. 



Era passata quasi un’ora da quando Namjoon aveva riaccompagnato Jungkook nei dormitori a metà dell’ora di terapia occupazionale. Per qualche motivo Jungkook si rifiutava di entrare in camera sua, perciò Namjoon si offrì di farlo stare nella sua stanza per un po’, finché non si fosse tranquillizzato.  
Namjoon incrociò le braccia al petto e osservò la figura minuta del ragazzo seduto sul suo letto che non riusciva a stare fermo. Jungkook era ricurvo su sé stesso, con respiro pesante e gli occhi fissi nel vuoto, eppure non riusciva a tenere ferme le mani. Le sue dita continuavano senza sosta a tracciare linee invisibili contro alle sue cosce e Namjoon osservandole notò che ripeteva uno schema preciso. I movimenti si fermarono nell’istante in cui anche il respiro tornò normale.  Namjoon aspettava un qualsiasi segno che gli facesse capire che il compagno stesse effettivamente bene, ma sapeva di non essere bravo come Taehyung a capirlo, in fondo Jungkook non si sforzava nemmeno di farsi capire e Namjoon alla fine si era detto che se quel ragazzino se ne stava zitto e fermo non poteva farci molto. Si avvicinò alla sua scrivania e prese il quaderno che usava per le lezioni di matematica e una penna, porgendoglieli, ma Jungkook non sembrò nemmeno vederli e dunque glieli poggiò accanto, sul letto.
-Quando sei pronto- cominciò Namjoon -voglio che mi spieghi cos’è successo.-
Jungkook fece un lieve gesto del capo, per far capire di aver sentito, ma persino quel movimento sembrava essergli costato fatica. In quel momento si sentiva così estraniato dalla realtà che gli era difficile concentrarsi, ma era cosciente del fatto che Namjoon lo aveva appena calmato e accolto in camera sua, e che probabilmente si aspettava delle risposte. 
-Sicuro che non vuoi che chiami Tae?-
Jungkook annuì, questa volta con più convinzione. 
Gli serviva solo qualche altro minuto per capire cosa fare. Avrebbe dovuto spiegare tutto, niente, oppure solo una parte? A Namjoon poteva dire cos’era successo nella serra con Tae? Probabilmente sì, concordò con sé stesso almeno su quello; ma avrebbe dovuto spiegargli anche tutto il resto, dall’inizio?
Una parte di lui lo desiderava, voleva disperatamente disfarsi del suo problema, dirlo a qualcuno e farsi aiutare, mentre un’altra parte aveva paura di rivelare un segreto e di non poter poi tornare indietro. Ci poteva pensare.
Un’ultima domanda che si poneva era se lo poteva parlare anziché scrivere, ma la risposta era già chiara dentro di sé. Aveva sperato fino all’ultimo che Tae lo avesse liberato dal divieto di parlare impresso della sua testa ma era concio che certe cose non sparissero con tanta facilità.
Prese il quaderno e cominciò a scrivere, bloccandosi però dopo un paio di parole. Le sue labbra di aprirono di poco e si richiusero subito dopo.
Sentì un’improvvisa frustrazione e quasi gli venne da piangere, perciò Namjoon si inginocchiò accanto a lui -So che è fastidioso, ma ho bisogno di saperlo.-
Da quelle parole Jungkook intuì che si sentiva in colpa per aver lasciato Tae da solo nella serra dopo quello che gli aveva detto, tuttavia non ce l’aveva con lui. Aveva studiato Namjoon abbastanza da sapere che non avrebbe mai voluto fare volontariamente del male a Tae; era probabile che fosse semplicemente arrivato al limite.
Voleva davvero confortarlo, quindi riprese a scrivere.


Tae non riusciva a fermarsi. Quasi non riusciva a respirare ma non poteva smettere di muovere le gambe, non finché non fosse riuscito a trovare Jungkook. Appena messo piede nel padiglione centrale, aveva controllato l’infermeria, ma era deserta e provare a controllare gli altri edifici sembrava davvero una cattiva idea. Gli era bastato l’urlo di Seokjin quando si era precipitato nel cortile appena finita l’ora di terapia occupazionale a fargli passare la voglia di fare qualcosa di avventato senza pensarci. 
Tae aveva passato molto tempo in quell’istituto, eppure non era raro che dimenticasse di non avere completa libertà lì dentro e che nonostante fosse uno dei casi meno gravi, allontanarsi all’improvviso dagli infermieri comportava qualche problema gran parte delle volte. C’era uno spazio ristretto dove gli era concesso gironzolare dove volesse per la maggior parte del tempo, e comprendeva i piani dei dormitori, la sala comune, l’infermeria e tutta la parte che arrivava fino alla mensa e alla biblioteca. 
Corse su per le scale fino al corridoio di dormitori, ma trovò la sua stanza vuota e silenziosa, perciò pensò di controllare quella di Namjoon. Cercò di calmarsi e camminò fino alla stanza del compagno, esitando e abbassando la testa non appena passò davanti alla camera di Yoongi. Camminando spedito con lo sguardo basso quasi non si accorse di una porta che si apriva di colpo.
-Ah, Tae.-
Taehyung deglutì guardando la figura di Namjoon uscire dalla sua stanza -Hey…-
Namjoon chiuse la porta dietro di sé. Passarono alcuni secondi prima che riuscisse ad alzare lo sguardo -È qui.- disse, davanti all’evidente preoccupazione di Tae -E sta bene. Sta dormendo adesso.-
Tae espirò e chiuse gli occhi -Okay…- mormorò, sentendo la tensione lasciare il suo corpo -Okay.-
-E credo… - aggiunse incerto Namjoon -che quando si sveglierà la prima persona che vorrà vedere sarai tu.-
Tae annuì piano e i due rimasero in silenzio per un po’, ancora incapaci di guardarsi negli occhi.
Namjoon si fece coraggio e inspirò rumorosamente spostando lo sguardo sull’amico.
-Tae ascoltami, Jungkook ha un… problema.-
-Questo lo so.-
Namjoon si morse il labbro -Non ti sei mai accorto di… sai, strani atteggiamenti o… gesti particolari.-
Tae ci pensò su -Bhe sì, ma non vedo dove vuoi arrivare.-
-Senti, lui…- Namjoon non poté finire la frase che il ragazzo in questione comparve alle sue spalle, una mano a stropicciarsi un occhio e la postura instabile. Namjoon gli toccò delicatamente la schiena e sostenendolo lo portò avanti. Il viso di Jungkook si distese non appena vide Tae. Fece un unico lieve sorriso e lasciò che i suoi occhi parlassero per lui. Tae non sapeva cosa aspettarsi da Jungkook dopo quello che era successo nella serra. Odio, rabbia, tristezza, ma sinceramente non immaginava di percepire che Jungkook fosse sollevato di vederlo. Gli occhi di Jungkook trasmettevano semplicemente questo, sollievo, e Taehyung non poteva che esserne grato. 
Jungkook gli porse un foglio di carta senza esitazioni e Tae lesse la domanda “possiamo parlare?”.
Namjoon incrociò le braccia al petto, e senza dire nulla rientrò in camera, non prima di aver lanciato a Jungkook e Tae uno sguardo preoccupato.
Tae gli fece un lieve sorriso e poi guardò Jungkook -C’è un posto qui dove nessuno può sentire nulla.-

Tae conosceva un'unica finestra senza inferiate e si trovava nel bagno vicino infermeria, al quarto piano. Il vetro opaco della finestra non lo dava a vedere, ma una volta aperta Tae poté sporgersi, trovandosi proprio sopra ad una scala antiincendio che scendeva nel cortile interno. Superando il davanzale, Tae saltò sul ripiano in ferro della scala, voltandosi verso Jungkook. -Vieni.- disse, allungando una mano. Jungkook la prese e scavalcò la finestra. Si trovarono in piedi l’uno di fronte all’altro, abbastanza vicini da poter sentire i respiri reciproci farsi più pesanti.
-Jungkook…- Tae respirò a fondo -Puoi parlare di nuovo, per favore?-
Jungkook rimase fermo per un po’ poi scosse la testa. Si limitò ad avvicinarsi e Tae si ritrovò senza accorgersene con la schiena contro al corrimano in ferro.
-Jungkook per favore.- mormorò Tae -dimmi cosa c’è che non va. Posso aiutarti, davvero. Voglio solo che tu stia bene.- 
Jungkook notò gli occhi di Tae inumidirsi appena e portò le mani ad afferrargli delicatamente le spalle.
Tae inspirò e lasciò che si avvicinasse al suo viso e che poggiasse piano le labbra all’angolo della sua bocca. Tae gli prese il viso tra le mani, approfondendo il bacio e smettendo di chiedere.
Si baciarono per minuti interi, incapaci di smettere. L’aria si stava facendo fredda, il cielo era completamente coperto e non mancava molto prima che iniziasse a piovere, ma la sensazione del freddo che percepivano sulle loro braccia e sui loro visi non faceva altro che rafforzare il bisogno dei due ragazzi di starsi vicino, di stringersi l’un l’altro. Jungkook aveva sempre sofferto il freddo, ma in quel momento le mani di Tae che gli carezzavano dolcemente le guance mentre lo baciava bastavano a fargli sentire calore dentro di sé, e pensò che anche se si fosse scatenata una bufera lui sarebbe potuto rimanere così e sentirsi protetto. Tae si staccò piano e Jungkook poggiò la testa contro al suo petto, chiudendo gli occhi. Per alcuni istanti non sentì nulla; non provava ansia o paura per nulla, sensazioni che invece erano solite accompagnarlo costantemente. In quel momento si sentiva calmo, il battito cardiaco di Tae era l’unica cosa che percepiva, fino a che non sentì la sua mano sfiorargli il labbro inferiore. Jungkook l’afferrò delicatamente e ne baciò piano le dita, mentre le gocce di pioggia cominciavano a cadere. 
Il vento sibilò tra le fronde degli alberi del cortile e Tae chiuse gli occhi. Quel rumore, solo per un istante, gli aveva fatto tornare alla mentre il suo nome pronunciato da Jungkook. 
-Ha iniziato a piovere.- mormorò -Torniamo dentro.- 



Tecnicamente Jungkook era l’unico ragazzo del loro reparto a non avere l’obbligo di frequentare l’ora di terapia di gruppo. Era stato effettivamente smistato in uno dei gruppi, perché Park pensava che magari ascoltando le esperienze dei suoi compagni si sarebbe potuto aprire, ma sosteneva comunque che finché non avesse almeno iniziato a dire qualche parola e avesse parlato anche lui davanti agli altri non avrebbe avuto molti risultati. Nonostante il consiglio infatti, Jungkook l’aveva sempre saltata, anche perché l’unico compagno che conosceva nel suo gruppo era Yoongi, perciò preferiva evitare e passare il tempo con Tae, e Namjoon in alcuni casi. Non l’aveva mai frequentata almeno fino a quel momento.
Non sapeva esattamente il perché si ritrovasse su quella sedia di plastica al centro della sala mensa ad ascoltare Yoongi parlare ad altri dieci ragazzi della causa del suo disturbo paranoide, che secondo Jungkook si stava palesemente inventando, e di come in quei mesi lo stesse superando. Non riusciva a capire come mai la dottoressa che dirigeva la seduta non dicesse nulla riguardo al fatto che Yoongi stesse mentendo spudoratamente di fronte a tutti. La paranoia era tecnicamente il motivo del suo ricovero, anche se Jungkook aveva potuto notare altri tratti più inquietanti della sua personalità. Oltre a dei violenti sbalzi d’umore e cambiamenti vertiginosi di atteggiamento nei confronti delle persone, Yoongi sembrava ossessionato da lui e di questo secondo ne era accorto. Jungkook aveva notato che Yoongi era alla ricerca disperata di una risposta, ma non come potevano esserlo Tae, Park o i suoi genitori. Yoongi voleva scoprire il suo segreto ma sembrava, al tempo stesso, celarne un altro.


L’ora di terapia di gruppo finì prima del previsto, ma mentre tutti i ragazzi sembravano diretti verso la sala comune o il dormitorio, Jungkook appariva perso; si guardava intorno e accennava a qualche timido passo senza però incamminarsi da nessuna parte. Yoongi si avvicinò a lui cautamente, temendo di spaventarlo e gli parlò con il tono più amichevole che riuscisse a trovare -Ti va… di venire in saletta?-
Jungkook alzò lo sguardo sorpreso ma non diede alcun segno di risposta, perciò Yoongi alzò gli occhi al cielo -Mi piacerebbe avere un po’ di compagnia dopo… sai, l’isolamento.-
A quelle parole Jungkook sollevò leggermente il mento e guardò Yoongi con un accenno di diffidenza, per poi alzare le spalle e incamminarsi con il ragazzo al suo fianco. -Ho sentito dire che tu e Tae andate di nuovo d’accordo.- commentò Yoongi, aspettandosi nient’altro che il silenzio da parte di Jungkook.
Yoongi sorrise, determinato comunque a farlo parlare. Jungkook si lasciò trascinare fino alla saletta senza obiezioni, fino a quando le domande di Yoongi non diventarono troppo insistenti.
Jungkook si spazientì e afferrò la prima penna che trovò sul tavolo portandola al braccio sinistro. Scrisse spazientito poche parole sulla propria pelle e le mostrò a Yoongi. Al suo atteggiamento, l’infermiere Hoseok si sporse leggermente dal suo sportello per assicurarsi che fosse tutto a posto.
Yoongi, rimanendo impassibile, si avvicinò a Jungkook leggendo ad alta voce la sua domanda -Perché sei tanto ossessionato dal fatto che non parlo?-
Yoongi sorrise e si strinse nelle spalle -Mmh… non è esattamente il tuo mutismo ad interessarmi.- e Jungkook aprì le braccia volendo sapere cosa volesse da lui allora. 
Si rese conto di sentirsi molto meno intimorito da Yoongi del solito, e non riusciva a capire da dove stesse prendendo tutta quella sicurezza, ma non ci pensò troppo a lungo, preferendo invece approfittarne.
-Quella sera… devi dirmi cosa hai visto.- 
Jungkook rimase immobile per qualche secondo, confuso. Poi realizzò a cosa si stesse riferendo ed impallidì. Non capiva come potesse sapere una cosa simile. Certo era a conoscenza del fatto che Yoongi avesse frequentato la sua stessa scuola e che tutti i loro compagni sapessero che una sera di dicembre fosse successo qualcosa di strano. Bene o male quasi tutti sapevano che dopo quella sera Jungkook aveva iniziato a parlare sempre meno, fino ad ammutolirsi completamente nove mesi dopo; così come si sapeva che un altro compagno presente quella sera non si era mai più visto e che Yoongi era stato ricoverato poche settimane dopo. Fino a quel momento Jungkook non aveva mai collegato l’improvvisa crisi di Yoongi nel corridoio della scuola all’accaduto di quella sera. Si sforzò di ricordare chi fosse stato presente ma non riusciva a identificare i volti di tutti i ragazzi presenti. Le parole di Yoongi però lo inquietavano, “cosa hai visto?”.
-Puoi anche scriverlo sul mio braccio per quanto mi riguarda, non m’importa, voglio solo risposte.- 
Jungkook scansò il braccio dell’altro e Hoseok si alzò in piedi -Cosa sta succedendo lì?- 
-Niente.- Fece Yoongi restando immobile, con gli occhi puntati sull’altro ragazzo -Jungkook, ho provato a fartelo venire fuori le buone, lo giuro. All’inizio avevo avuto l’idea di isolarti da tutti, in modo da poter essere l’unico rimasto a starti vicino, per farmi confidare tutto. Poi però ho realizzato che anche se fossi stata ultima persona sulla terra questo non sarebbe bastato a farti aprire con me. E bhe… l’unico che aveva una possibilità era Tae, perciò ho rinunciato al mio cercare di mettertelo contro e ho cominciato invece a favorire la vostra amicizia.- 
Jungkook non si muoveva e a malapena respirava mentre Yoongi parlava. Lui d’altra parte aveva rinunciato alla sua segretezza e stava deliberatamente scoprendo le sue carte, come se non potesse trattenersi dal suo mostrare compiaciuto il suo piano -Ad ogni modo…Tae non è riuscito a sapere niente… Certo, anche se è vero che hai parlato,- Jungkook si irrigidì a quelle parole e Yoongi continuò -ma nonostante questo non ha scoperto il perché. Che incompetente. A me non interessa se riprendi a parlare.-
Jungkook serrò le labbra ma ne uscì un debole mugugno. 
-Io voglio sapere il perché, devo sapere cosa hai visto, lo devo sapere, devi dirmelo, cazzo!- Yoongi alzò la voce e Jungkook strinse la penna tra le sue dita. -Yoongi!- Hoseok gli diede un ultimo avvertimento .
-Jungkook, devi dirmi cosa hai visto! Me lo devi dire, hai capito?- 
Una singola goccia scarlatta tracciò il profilo del labbro che Jungkook che si stava mordendo a sangue. 
-Parla Jungkook!-
-Vaffanculo Yoongi!- gridò Jungkook all’improvviso. 
La saletta calò nel silenzio e persino Hoseok, che fino a poco prima si stava avvicinando ai due, si bloccò.
Jungkook prendeva lunghi respiri, mentre la sua espressione di rabbia lasciava spazio alla realizzazione e alla paura. Arretrò di colpo, appiattendosi contro un armadietto.
Era successo di nuovo, pensava. Premendosi una mano sulla bocca, fino a farsi male, pensava di nuovo di poter in qualche modo sistemare l’errore commesso.
-Jungkook.- 
Alzò lo sguardo e incrociò l’espressione insicura e spaesata di Yoongi. -Non so che cosa ho fatto, Jungkook.- gli disse prendendosi la testa fra le mani. In una frazione di secondo l’espressione di Yoongi era passata dalla più ferma sicurezza al terrore.
Il respiro di Jungkook si calmava piano, e con la coda dell’occhio vedeva l’infermiere controllarlo, stando pronto ad intervenire nel caso in cui servisse. Jungkook si rese conto di avere ancora una potenziale arma in mano e lasciò cadere la penna.
-Jungkook, perché non vieni con me adesso?- si avvicinò con cautela Hoseok ma il ragazzo si ritrasse. 
-Non è successo niente, Hoseok, davvero.-  parlò Yoongi
-Voglio solo portare Jungkook in camera.- L’infermiere allungò una mano verso la schiena di Jungkook ma lui si scostò di poco. Si sentiva arrabbiato, era certo che se non fosse stato per il cambiamento nell’atteggiamento di Yoongi gli sarebbe saltato addosso. Il fatto era che in quel momento Yoongi gli faceva quasi pena con quell’espressione spaventata in viso. Chiuse gli occhi ed espirò pesantemente -È fatta ormai.- disse con rassegnazione. Yoongi alzò lo sguardo sconcertato e Hoseok sembrava in seria difficoltà.
-Mi ha sentito.- aggiunse, con il viso rivolto verso l’alto. Quando i suoi occhi puntarono quelli di Yoongi, lui si sentì a disagio -Devi aspettarmi qui. Devo fare una cosa. Poi torno.- disse lentamente, come a voler far riabituare la lingua alle parole. Era strano parlare di nuovo, la sua voce suonava strana alle sue orecchie e non era sicuro di riuscire ad articolare frasi più complesse senza balbettare. Abbassò lo sguardo e uscì dalla saletta. 
Gli altri ragazzi erano ancora immobili a fissare Yoongi e Hoseok; tra di loro una ragazza aveva ancora la mano alzata a mezz’aria con le sue pillole tra le dita, senza averle ancora messe in bocca. Il tempo sembrava essersi bloccato, almeno secondo quello che percepiva Yoongi.
Si calmò solo qualche minuto dopo e andò a sedersi su uno dei divani, ricordandosi di dover aspettare Jungkook che gli aveva detto di rimanere lì. Hoseok rimase al suo fianco per controllarlo, ma a Yoongi non dispiaceva. Si guardava attorno, come a voler conoscere tutto quello che succedeva all’interno di quella stanza, e si soffermò in particolare sulle piccole che la ragazza sul divano di fronte ancora non aveva messo in bocca. 
-Hoseok.- lo chiamò Yoongi -Cos’è quella roba che ha in mano? È nuova.-
L’infermiere spostò l’attenzione sulle pastiglie rosa che gli stava indicando.
-Si, sono dei nuovi psicofarmaci- rispose -o almeno, qui sono nuovi ma sono in commercio da poco più di un anno. Perché?-
-Sono delle pillole fottutamente grandi. E sono sicuro di averle già viste.-
-Yoongi sai che non è con me che devi discutere dei tuoi farmaci. E non aspettarti che Park te ne prescriva altri così facilmente, lo sai come funziona con te.- disse stancamente, dirigendosi verso lo sportello dell’infermeria per chiamare il dottor Park e riferirgli l’accaduto.
-No, no, non è quello ad interessarmi, io li ho già visti.-
-Te lo ripeto, non mi interessa se li hai già presi o se prima di venire qui eri uno di quei ragazzini che li spacciano come fosse droga. Tu ora non prenderai nulla di diverso da quello che prendi ora.-
-Aspetta cosa?- Yoongi spalancò gli occhi -Come fosse droga?-
Hoseok sospirò senza guardarlo, alzando la cornetta del telefono e cominciando a digitare il numero -Torna in camera Yoongi, non ti sbatto in isolamento solo perché ne sei appena uscito, ma datti una calmata se non vuoi direttamente cambiare reparto.-
-Jungkook mi ha detto di aspettarlo qui.- disse fermamente. 
Hoseok si fermò senza aver finito di digitare e guardò il ragazzo -No, anche Jungkook resterà in camera sua adesso.-
Premette l’ultimo tasto e dopo un paio di squilli al telefono rispose il medico. Dopo avergli riferito cos’era successo, Hoseok si appuntò su un foglio gli orari delle visite che Park intendeva fare a Jungkook, Yoongi e Tae. 
-Chiama Seokjin, non farli uscire dalle camere, arrivo tra dieci minuti in studio.- riferì Park prima di chiudere la chiamata.
Hoseok mise giù il telefono, intento a dirigersi verso i dormitori per assicurarsi che i ragazzi fossero nelle rispettive stanze. Fu sorpreso di non trovare ancora Yoongi nella saletta e si compiacque al pensiero che lo avesse ascoltato.
Ma ad ogni modo dovette ricredersi quando arrivò ai dormitori e trovò la sua camera, insieme a quella di Tae e Jungkook e quella di Namjoon, completamente deserte.



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