Risking too much

di ilovebooks3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prison ***
Capitolo 2: *** Career ***



Capitolo 1
*** Prison ***


PRISON
 


“Ho bisogno che tu venga qui”.
Al telefono l’integerrima poliziotta si era fatta un po’ pregare. Era stato piacevole sentirlo implorare il suo aiuto, per una volta privato della sua consueta, e irritante, arroganza.
“Per favore Lisbon, è importante. Devo vederti. Porta un muffin ai mirtilli”.
E, come sempre, l’integerrima poliziotta aveva ceduto.
D’altronde, anche lei doveva vederlo, anche se per quale motivo non avrebbe saputo dirlo. Doveva e basta.
Ed ora eccola qui, in sala visite, davanti a un Patrick Jane in versione ergastolano, per fortuna con la divisa azzurra che ben si intona ai suoi occhi: l’arancione, di sicuro, non gli sarebbe donato allo stesso modo, immagina Teresa.
Gli ha anche portato il muffin che ha chiesto: non è ai mirtilli, perché da Mary’s non ce lo avevano, è al ribes, ma aveva deciso che andava bene uguale. Il farabutto, però, non è d’accordo, a quanto sembra dalla sua espressione schifata. Poco male, se lo dovrà far andare bene.
L’ormai ex consulente comincia a spiegarle che il suo compagno di prigione, accusato di omicidio durante le indagini sul caso che il CBI sta seguendo, è innocente.
“Non me lo potevi dire per telefono?”, suggerisce Lisbon, innervosita per il tempo sprecato a venire a trovarlo in carcere. Che poi, in realtà, il tempo passato con Jane non sia mai sprecato è tutta un’altra storia che non è il momento di approfondire.
“Mi serviva una visita”, spiega candidamente il mentalista da strapazzo.
Certo, Lisbon non è che la sua marionetta, come sempre. “Vorrei tanto la mia pistola”, sospira. Peccato che gliel’abbiano requisita al suo ingresso, ora le verrebbe proprio utile.
Ed ecco che Jane mette in scena il suo teatrino, alzandosi e andando a fare una domanda al sospettato, attualmente in colloquio con un visitatore poco distante. Poi ritorna, con l’aria di aver combinato uno dei suoi soliti casini.
“Non mi serve la pistola, posso colpirti con la sedia”, propone Lisbon: d’altronde è stata addestrata a sfruttare qualunque oggetto le capiti sotto tiro come possibile arma.
“È inchiodata al pavimento”, spiega Patrick per sedare l’istinto omicida del suo capo, con il solito tono sornione di chi ha tutto sotto controllo.
Ma qui non c’è proprio niente sotto il suo controllo. E se la vedrà brutta. D’altronde, che sia un incosciente che gioca con la propria vita, Teresa l’ha sempre saputo.
“Ma lo sai quello che ti sta succedendo, o no?” Teresa si avvicina e lo guarda negli occhi: i suoi sono velati di preoccupazione, quelli del suo consulente non lo sono affatto e sfoggiano la solita, per la cronaca bellissima, tonalità azzurro cielo. “Stai rischiando una grossa pena”, gli ricorda. Ormai non è neanche più arrabbiata, è solo preoccupata. Tipico di Lisbon.
“Lo so che mi stai tenendo in prigione con la speranza che impari qualcosa, ma non succederà”, la mette in guardia l’incorreggibile farabutto.
“Ti sbagli, io non c’entro niente, è la legge che ti tiene dentro”.
“La legge di Sam Bosco e tu puoi far fare tutto a  Sam Bosco, qualsiasi cosa, è al tuo servizio”, le spiega, esibendo un sorriso da folletto sfrontato.
“Certo, è follemente innamorato di me, esaudisce i miei desideri”, gli fa il verso lei, recitando un tono svenevole da fèmme fatale che non le appartiene.
“Esatto”, conferma lui. È proprio così. Bosco è pazzo di Lisbon e farà tutto quello che lei gli chiederà.
“No!”, chiarisce, scandalizzata; “questo è quello che Rigsby e i ragazzi mi hanno appena detto, è una loro idea. Non ha alcun senso. Sam Bosco è un uomo felicemente sposato, io non gli interesso, almeno, non in quel modo. E non ho alcuna influenza su di lui”, spiega, più a se stessa che al suo consulente da quattro soldi.
Patrick è  colpito che anche i ragazzi l’abbiano capito: o sono diventati improvvisamente dei mentalisti provetti, grazie ai suoi insegnamenti, oppure il buon Bosco dev’essersi proprio compromesso sfoggiando occhi a cuore e languidi sospiri d’amore.
“Di solito non esterna le sue emozioni, non si direbbe che è pronto a morire per te”.
Morire per Lisbon. Anche lui, probabilmente, farebbe qualcosa del genere, se lei fosse in pericolo, ma sarebbe una situazione molto diversa, che ovviamente non c’entrerebbe niente con questioni sentimentali; lui non avrebbe nulla da perdere, e poi un mondo senza Teresa Lisbon non sarebbe un gran che.
“Dammi retta, sei fuori strada stavolta”, lo mette in guardia lei, con più sicurezza di quella che sente realmente. Bosco, ultimamente, la guarda in modo strano, ma lei non lo ammetterebbe mai ad alta voce, soprattutto dopo le irritanti illazioni di Jane e dei ragazzi. Tanto tempo fa aveva pensato che ci fosse qualcosa di più, lei era affascinata dal suo supervisore e lui sembrava attratto dalla giovane e determinata agente con gli occhi verdi, ma non era mai successo nulla, e ora è acqua passata. Erano rimasti solo un profondo rispetto reciproco e una grande amicizia. Tutto qui. Se non fosse per come ultimamente la sta guardando Sam, come se lei fosse all’improvviso diventata la cosa più bella del mondo. Forse sono solo paranoie dettate dai recenti pettegolezzi.
“Interessante l’enigma che rappresenti: verità e bugie mescolate insieme”, sussurra Jane, fissando intensamente quegli occhi sinceri e trasparenti che, però, in certe occasioni, sono fin troppo capaci di mentire.
“Senti, spero di toglierti da questo casino, ma ti dico la verità: vorrei che imparassi la lezione. Ci sono dei confini nella vita, oltrepassandoli finisci qui”. Jane deve imparare cosa significa fare delle sciocchezze, lei non potrà sempre esserci tutte le volte che lui ne commetterà una, ed è ora che impari che esistono delle conseguenze. Teresa, in effetti, non ha poi tutta questa gran fretta di liberarlo. Non ha più intenzione di agire in modo avventato per parargli il fondo schiena, nel passato ha già fatto fin troppe cose che lui non meritava. Ci sono dei confini che non vanno oltrepassati.
“Sono solo nella tua mente”, chiarisce Jane.
E sorride.
Uno di quei sorrisi che ti illuminano la giornata.
Sì, forse tutti i confini, tutte le leggi, tutte le ansie sono davvero solo nella sua mente, pensa per un attimo Lisbon.
Per un sorriso così, forse, può valere la pena di fare qualsiasi cosa
.

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Capitolo 2
*** Career ***


CAREER


 
Jane, ormai a piede libero, è tornato al CBI e sta parlando con Cho in corridoio: perfino il poco loquace coreano gli era mancato durante la sua breve, ma intensa, trasferta carceraria. Passa Lisbon, che lo saluta, ostentando indifferenza. Troppa, per non fargli venire voglia di stuzzicarla. È ovvio che il mentalista è stato liberato solo grazie al suo magico e provvidenziale intervento.
“A proposito, grazie tante”, ammicca Patrick, sulla soglia dell’ufficio del suo capo, anche lei ben poco loquace oggi.
“Io non ho fatto niente”, si schermisce lei, continuando a ostentare indifferenza.
“Che modesta”, sussurra Jane, stavolta senza ironia. Strano, si aspettava una ramanzina alla Lisbon e un predicozzo infinito riguardo tutte le enormi sciocchezze che ha dovuto fare per lui, mettendo in pericolo la sua carriera blablabla. Invece niente. Segno che sotto ci debba essere qualcosa di grosso. E lui non ha certo intenzione di lasciarselo sfuggire.
“Ah, giusto, Bosco è innamorato di me, fa tutto quello che voglio”, gli ricorda la poliziotta, con un finto tono da donna di mondo che non è.
“Sì”, conferma lui, fin troppo certo dei sentimenti di Sam Bosco e troppo poco di quelli di Lisbon, “ma forse così è esagerato. Ti ama davvero, si vede proprio”, sottolinea, mentre Teresa alza lo sguardo su di lui, più imbarazzata di quello che vorrebbe, “ma non è il tipo che viene meno ai suoi principi solo per amore. Dev’esserci dietro qualcosa di più concreto…sai qualcosa su di lui”, cerca di indovinare Jane, cominciando a mettere in scena una delle sue celebri letture a freddo. Di solito con la poliziotta più trasparente che conosce gli riesce piuttosto bene.
“Credi?”, domanda Teresa, con studiato distacco.
“Sì. Ha commesso un grave errore, qualcosa di brutto, e tu ne sei a conoscenza. Non è certo il tipo che ruba o si droga, quindi a mio avviso ha commesso un reato”, butta lì il mentalista, per osservare le reazioni di Lisbon.
E la reazione di Lisbon è uno sguardo inequivocabile.
“…ha ucciso un malvivente che non poteva fermare in altro modo?”, continua l’ex sensitivo.
Il no dell’agente senior del CBI non è che una conferma.
“Sì…e tu l’hai aiutato…no, l’hai scoperto dopo il fatto e non hai detto nulla perché la persona se lo meritava”, prosegue con tono vittorioso, come se le stesse davvero leggendo dentro.
Un altro incredulo e inconsistente no che è, ovviamente, un sì.
Interessante. Questo supera perfino la già sviluppata fantasia del consulente. Nessun altro aveva mai fatto, o farà mai, qualcosa del genere per lui. Lisbon è la persona più generosa che Patrick Jane conosca, ma tutto questo va addirittura oltre alla generosità. La cosa assurda è che va oltre perfino alla sua proverbiale onestà. Il suo comportamento c’entra più col tenere davvero a una persona e volerla proteggere. Lui non se lo merita, è ovvio, ma non può che fargli piacere. Per un attimo gli sembra perfino di sentire un po' di calore in quel moncherino avariato che è rimasto del suo cuore. Ma non è il caso di buttarla sul sentimentale. Meglio usare la sua usuale maschera dell’ironia, grazie alla quale è tutto più semplice.
“Sono commosso. Hai rischiato la tua carriera per me, non sai quanto mi lusinghi”, dice con sarcasmo, come se pensasse tutt’altro. In realtà è colpito sul serio, ma non sarebbe da lui ammetterlo.
“Se hai ragione, e non sto dicendo che tu ce l’abbia, vorrebbe dire che ho tradito la fiducia di qualcuno che rispetto e ammiro per il tuo bene”, spiega Lisbon, con la dolce compostezza che la caratterizza. “Se è così, io mi auguro che d’ora in poi sarai un po’ più maturo e responsabile nei tuoi comportamenti”.
“Ti sono grato, ma non montarti la testa”, mette in chiaro il biondo, esibendo uno dei sorrisi più beffardi del suo repertorio. È molto più comodo nascondersi dietro a una battuta.
“Dovevo lasciarti marcire in galera”, rimpiange l’agente Lisbon, evitando di pronunciare ad alta voce tutti gli insulti che sta probabilmente indirizzando col pensiero a quel bastardo del suo ingrato consulente. È chiaro che, per la prima volta in vita sua, si sta augurando che lui sia davvero in grado di leggerle la mente.
Eccola lì, la Lisbon brontolona e pronta alle docce fredde che gli mette sempre il buonumore. L’onestissima poliziotta che ha sfidato la legge per lui e che, malgrado le sue intenzioni opposte, alla fine ha ammesso tutto. Non che Patrick avesse bisogno di conferme, era tutto già abbastanza palese, ma sentirglielo dire ad alta voce, tutto sommato, lo lusinga sul serio.
E allora Jane sorride, perché proprio non riesce a non farlo.
Le è grato davvero per quello che ha fatto per lui, perché il suo gesto significa che Teresa lo ritiene un essere umano infinitamente migliore di quello che lui finora ha dimostrato di essere.
Quella piccola donna con la pistola crede in lui molto più di quanto abbia mai fatto lui stesso. Attraverso i suoi occhi verdi, il mentalista dalla vita spezzata a metà vede un uomo più intero e migliore di come si sia mai visto.
Per cui no, non può non sorridere, fin quando ci sarà una Teresa Lisbon a guardarlo così.
Eppure Jane non sa che sarà proprio quel sorriso a illuminare, di nuovo, la giornata della sua poliziotta preferita.
Jane non sa che, per un sorriso così, la poliziotta in questione sta pensando che, forse, valga la pena di fare qualsiasi cosa.
Perfino rischiare la propria carriera.

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