Abnormal

di Jeck86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo: Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo: Lunedì ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo: Martedì ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto: Mercoledì ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto: Venerdì ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto: Sabato ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo: Domenica ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo: Lunedì ***
Capitolo 9: *** Primo Finale: La perfezione è solo nelle cose passate ***
Capitolo 10: *** Secondo Finale: La mia vita è molto più interessante, nella mia testa ***
Capitolo 11: *** Note finali ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo: Prologo ***


Capitolo primo:
Prologo

Dante aprì gli occhi e si raddrizzò sulla sedia.
Le casse stavano bippando e sullo schermo del PC lampeggiava una lucetta intermittente.
Si aprì una finestra con scritto: "Congratulazioni. Transazione avvenuta con successo." Qualcuno aveva comprato l'articolo, una specie di lampada/sedia/qualcos'altro.
Ne stava vendendo tanti in quel periodo.
Strano, perchè lui non aveva la più pallida idea di cosa fosse o a cosa servisse, ma questo era il lavoro di Dante: una specie di bagarino che comprava oggetti in stock on line e poi li rivendeva all'asta, sempre on line.
Ci voleva intuito, bisognava conoscere bene il mercato.
Aveva preso le sue fregature in passato, ma adesso aveva capito come giravano le cose.

L'orologio sul muro segnava le tre e un quarto di notte, era buio e l'unica luce nella stanza era quella azzurrina degli schermi dei computer.
Si stiracchiò i muscoli, si alzò dalla sedia e si diresse in bagno.
Aprì la manopola del lavandino, poi, tenendo le mani a coppetta raccolse l'acqua gelida e si sciacquò il viso.
La sensazione di frescura gli mozzò il fiato per un attimo. Di sicuro gli diede una bella sveglia. Dante si gurdò allo specchio per un lungo istante. Era un ragazzo alto, snello, con capelli né troppo lunghi né troppo corti e una barba di qualche giorno, indossava un paio di boxer.
All'improvviso sentì uno strano rumore gorgogliante. Un suono molto simile a "GRUUURUOOO".
Il cuore gli balzò in gola. Sentiva qualcosa alla bocca dello stomaco.
Non era ansia. Era più tipo...quando aveva mangiato l'ultima volta?
Forse in cucina era rimasta un po'di pizza avanzata del giorno prima.
"GRUUURUOOO" Assentì rumorosamente la sua pancia vuota.

Sul tavolo da pranzo c'era un cartone di pizza aperto con dentro solo dei cornicioni avanzati. Annusò e l'odore gli fece arricciare il naso.
Aprì il frigo, ma la lucetta gli mostrò la desolante visione del vuoto più totale ad eccezione di una bottiglia di martini ancora intatta ed un vasetto di capperi sottaceto.
Prese un cornicione di pizza, ci posò sopra qualche cappero e se lo mise in bocca.
Si appoggiò al tavolo di mogano, strofinò il polpastrello sul cellulare, e questo si riaccese.
Chissà come, si ritrovò sul profilo di Caterina.
L'ultimo messaggio che aveva inviato risaliva a qualche mese prima. Lei non lo aveva ancora letto.
Tornò al computer, smangiucchiando un'altra crosta di pizza, e si mise a guardare un porno.

Ben presto i suoi occhi si chiusero e sprofondò di nuovo nel sonno.
Sul muro alle sue spalle, la sua ombra proiettata dalla luce degli schermi.
Lentamente la sua ombra iniziò ad allungarsi.
Crebbe e crebbe, si allungò sul soffitto fino ad arrivare perpendicolarmente sopra Dante e fece segno di no con la testa.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo: Lunedì ***


Capitolo secondo:
Lunedì

Dante guardò il calendario sul suo computer.
Sua madre sarebbe venuta a trovarlo e gli avrebbe sicuramente portato anche un sacco di cibo fatto in casa, ma non prima del fine settimana, quindi non c'era alternativa: - Devo andare a fare la spesa. - Si colpì la fronte con il palmo della mano. - Cazzo! -
Portare le buste piene, per una persona senza macchina come lui, era un problema.
Le sporte erano poco capienti e, per metterci tutto quello che comprava, doveva prenderne più di quante le sue mani potessero strasportare. Il loro peso gli provocava sempre dolorosissimi crampi. Più e più volte gli era capitato che le buste gli si rompessero nel mezzo della via, facendo cadere per terra tutto.
Il solo ricordo del disagio patito gli faceva salire una vampata di calore al viso e lo faceva sudare.
Per fortuna aveva trovato la soluzione. Aveva rubato uno dei mini - carrelli del supermercato e lo usava per trascinare fino a casa tutto ciò che comprava.
Erano decisamente più grandi delle buste di plastica, non si rompevano e non doveva tenerli sollevati.
La prima volta, aveva avuto paura di essere beccato e arrestato per furto, ma dopo che si era allontanato abbastanza dal negozio, il problema era bello che risolto.

Uscì dal portone di casa con il carrello sotto braccio.
La strada era una striscia grigio scuro, ed i palazzi erano di un grigio un po'più chiaro.
Unica nota di colore erano i pochi olmi ai lati del viale.
Era una bella giornata, il solicino primaverile bruciava leggermente la sua pelle pallida e Dante strizzava gli occhi poco abituati alla luce del giorno.
Quando uscì dal supermercato, il suo stomaco già brontolava di anticipazione.

Sembrava che andasse tutto bene, ma, mentre si trovava nel piazzale antistante il negozio, l'uomo della security lo fermò. - Non può uscire con il carrello, signore. - Portava occhiali da sole ed una divisa nera. Sembrava uscito da un film d'azione americano ed aveva in faccia un'espressione di marmo.
Dante era rosso come un peperone, si sentiva mancare il fiato. Che vergogna! - Si sbaglia. - Replicò con una vocetta sottile sottile, alterata dall'ansia. - Questo carrello è mio. Me lo sono portato da casa. Vede? - E battè con l'indice su un particolare punto del carrello dove era scritto, vergato con un pennarello indelebile, in stampatello maiuscolo: " Proprietà di Dante Rossi ". Seguivano il numero di telefono e l'indirizzo di casa. - Se ha problemi, guardi pure i video della telecamera di sorveglianza. - E sgattaiolò via prima di suscitare altre domande, lasciando il tizio uscito dal film Scuola di Polizia con un palmo di naso.
- E anche questo supermercato me lo sono giocato. - Pensò Dante, mentre percorreva a ritroso il lungo viale alberato che lo conduceva a casa. - Ora dovrò andare in un altro quartiere a fare la spesa. -

Infilò la chiave nella toppa di casa con un sospiro di sollievo, rovesciò tutta la spesa sul tavolo, si stese sul divano e accese il cellulare.
Finalmente poteva rilassarsi un attimo. - Chissà che ore sono. - Disse tra sè e sè.
Avvicinò il dito al display per swippare, ma molto stranamente lo schermo si gonfiò.
Anche le icone si erano allargate.

D'istinto, ritrasse il dito dallo smartphone e il touchscreen tornò alle normali dimensioni.
Che cosa aveva appena visto? Era stato tutto uno scherzo della sua immaginazione?
Qualche volta, gli erano capitate, nella cartella di posta in arrivo, delle mail di fake news a proposito di batterie dei telefonini che esplodono all'improvviso. Una infinità di mani gonfie o bruciate dall'acido.
Con mano tremante provò di nuovo ad avvicinare il dito al cellulare e anche questa volta lo schermo si protruse verso il suo dito.
Lo lasciò cadere immediatamente.
- Questa cosa non può essere normale. -
Il videofonino, quasi fosse gommoso, si era gonfiato e diretto nella direzione del suo dito.

Sentì le casse del computer che bippavano ritmicamente nella sua stanza.
Accese l'interruttore ed entrò.
Avevano acquistato un altro dei suoi articoli. Stavolta si trattava di un cane imbalsamato/portalampada. Dante non aveva idea di chi si potesse essere comprato un orrore simile.

Avvicinò il dito al monitor del computer per leggere meglio.
Di nuovo, lo schermo si estroflesse verso la sua mano. Questa volta la inghiottì letteralmente, come fosse affondata in una pozza d'acqua o di mercurio.
Fece un salto all'indietro.
Aveva ancora tutte quante le sue dita, ma era evidente che qualcosa non andava.
Il cuore gli martellava nel petto.

Forse era solo stanco, magari aveva affaticato troppo gli occhi.
Sì...certo. Dovevano essere gli occhi.
Tornò in cucina e si avvicinò al vecchio telefono fisso attaccato al muro. Si trattava di un elegante apparecchio in bachelite ormai ricoperto di polvere e ragnatele.
Prese uno straccio. Dette una ripulita alla meglio. Stava già per sollevare il ricevitore, ma ci ripensò.
Indossò un paio di guanti da forno, poi afferrò la cornetta.
Fece il numero.
- Pro...pronto? Do..dottore? - Stava letteralmente tremando di paura. - Sì, salve sono Dante Rossi. Qua..quando ha tempo per una visita? - Annuì un paio di volte. - Bè...sì...insomma...cio..cioè. Credo di avere qualche problemino alla vista. -

Finita la telefonata, appoggiò la schiena al frigorifero e si rilassò con un profondo sospiro.
Il dottore avrebbe trovato cosa c'era che non andava, lo avrebbe guarito e tutto sarebbe tornato come prima.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo: Martedì ***


Capitolo terzo:
Martedì

 
Il dottor Mentone era un uomo brizzolato, portava gli occhiali sulla punta del naso e indossava un camice bianchissimo, stava illuminando gli occhi di Dante con una torcetta elettrica.
Il giovane se ne stava immobile con la luce della torcia in faccia e attendeva il responso con il cuore in gola.
Tutte e quattro le pareti dell'ambulatorio erano coperte da scafalature piene di riviste mediche a cui il dottore aveva collaborato e la stanza aveva un leggero odore di disinfettante.
Dopo un esasperante silenzio, Dante si azarrdò a chiedere. - Allora, dottore. Qual è la diagnosi? -
- È troppo presto per dirlo. - Il dottor Mentone sembrava meditabondo. - Lei lamenta una distorsione delle immagini poste al centro del suo campo visivo. Dall'esame oculistico non sembrano esserci disfunzioni patologiche. In pratica sembra che lei abbia una vista perfetta. - Il dottore si era messo a scartabellare tra alcuni suoi pesanti tomi. - Ma abbiamo appena iniziato a scalfire la superficie. -
- Se lei fosse astigmatico, potrebbe trattarsi di un fastidio temporaneo che si manifesta dopo aver cambiato la gradazione delle lenti. - Il dottore si tolse gli occhiali, estrasse un fazzoletto dal taschino ed iniziò a pulirli, mentre continuava il suo discorso. - La scomparsa del disturbo si ha quando l'occhio si abitua alla nuova gradazione. Ma lei mi garantisce che non ha mai fatto uso di lenti. -
- Esattamente, ho sempre avuto una vista ottima. In gioventù ero leggermente ipermetrope all'occhio sinistro ma è passato con la crescita. -
- Se il problema peggiora, può trattarsi di Cheratocono, in cui nel tempo c'è anche un calo dell'acuità visiva. Una distorsione delle immagini poste al centro del nostro campo visivo è quasi sempre collegata ad un imperfetto funzionamento della parte centrale della retina chiamata "macula". Nel caso peggiore potrebbe trattarsi di maculopatia. Mi diceva che lo schermo del computer si è gonfiato? -
Dante batteva ritmicamente il piede per terra. - Sì, esattamente, e poi ha come inghiottito il mio dito. Anche lo schermo del cellulare sembrava gonfiarsi. Come se lo guardassi attraverso una lente d'ingrandimento. -
- Senta, facciamo così: provi a stare lontano dal computer per qualche giorno e controlli se simili episodi si ripresentano, poi mi chiami e fissiamo un nuovo appuntamento. -
- Ma devo stare lontano anche dal telefonino? -
- Da qualunque schermo digitale. Anche la televisione. -
- Cazzo! - Pensò il ragazzo. - Come faccio adesso? Io, col computer, ci campo. -

Dante uscì dall'ospedale e si diresse verso la fermata del bus.
Accidenti! Certo che senza smartphone anche trovare la fermata era un problema.
E stava pure facendo buio. Voleva accendere il cellulare. Che male poteva fargli? Giusto per andare su google maps.
E mentre camminava sovrappensiero andò a sbattere contro un'altra persona.
I due caddero uno sopra l'altro. Non stavano correndo, quindì Dante non sentì dolore, sembrava pure essere caduto sopra.
- Dante, sei tu? - Disse una voce familiare. - Certo che è uno strano modo di riincontrarsi. -
- Ciao Caterina. Che sorpresa! - Il ragazzo voleva solo sprofondare. Il sangue gli era arrivato fino alle orecchie dall'imbarazzo. - Che ci fai tu qui? -Tra se e se pensava. - Stupido. Stupido. Stupido. Dieci volte stupido. -
Caterina era specializzanda in medicina. Era ovvio che l'avrebbe trovata nei pressi dell'ospedale. Non doveva andare in questo ospedale. Magari in un altro...
- Non succede mai nulla di buono quando esco di casa. - Pensava Dante.
Caterina si rialzò e si scosse la prolvere dal vestito. - Vorrei restare a parlare, ma devo correre al Bus, prima che parta. Vai anche tu nella mia stessa direzione? - Si aggiustò gli occhiali.
- No. - Mentì Dante - Ho un appuntamento... - Si guardò intorno - di quà. - disse indicando un vicolo, la prima via d'uscita che era riuscito a trovare.
- Allora in bocca al lupo per tutto. - E senza attendere risposta, la ragazza corse via.

Il ragazzo la guardò che si sbracciava per fare segno all'autista del bus e vide distintamente il bus che si fermava, le porte che si aprivano.
Vide Caterina salire, le porte che si richiudevano ed il bus che ripartiva.
Ora Dante avrebbe dovuto tornare a piedi.
Quello era l'ultimo bus della giornata diretto verso il suo quartiere.
Si stavano accendendo i lampioni.


Camminava da un'ora con passo accelerato, verso casa sua, mentre il cielo si stava facendo progressivamente più scuro. Non era caldo, ma lui sudava copiosamente per il movimento.
Ci mancava soltanto l'incontro con la sua ex.
Caterina sembrava stranamente cordiale, sembrava essere già passata oltre.
Lasciarsi era stata una decisione di lei. - Tu sei troppo passivo. - Gli aveva detto. - Ti accontenti delle cose così come sono. Io voglio crescere. Tra un anno voglio essere una persona migliore di quella che sono adesso. -
Ma non tutti possono migliorare. A volte la vita è un vicolo cieco e bisogna ringraziare quando le cose non peggiorano. E in quel momento, Dante aveva sentito qualcosa che gli si apriva alla bocca dello stomaco, come una voragine, e ci era caduto dentro.

Aveva superato da poco un barbone dall'aspetto inquietante che dormiva all'angolo della strada. Dante sentiva una gran voglia di accendere il telefonino.
La sua ombra proiettata dai lampioni si comportava in modo davvero strano. Non sembrava neppure rispecchiare i suoi movimenti. Restava indietro, poi si avvicinava. Pareva che a momenti si guardasse attorno o indicasse una direzione.
Dante prese in mano il cellulare.
L'ombra cominciò a correre nella sua direzione.
Dante premette il tasto ed accese il videofonino.
L'ombra gli si avvicinò sempre di più.
Dante affrettò il passo. Schiacciò i tasti 113 pronto per la chiamata.
Bam. Il rumore del cellulare che cadeva per terra.
Sentì un forte dolore alla mano.
La sua ombra, una figura scura, indistinta, semitrasparente che scuoteva la testa, lo aveva appena colpito...?
Poi la silhouette nera si allontanò.

Dante si guardò attorno e della sagoma scura, adesso, non c'era più traccia. Spaventato dall'accaduto, si diresse verso l'unica figura umana nei paraggi, quella del barbone. -
- Signore, signore. Si svegli. - Disse con tono supplichevole.
- Mamma, ancora scinque minuti. - Rispose il senza tetto con voce strascicata e poi emise un singhiozzo.
- La prego, mi serve una mano. -
L'uomo puzzolente, uscì da sotto il cartone, si mise a sedere. Sbattè le palpebre lentamente. Fissò lo sguardo sul giovane che gli stava parlando. - E tu che cazzo vuoi? - Poi prese una bottiglia di birra da sotto il cartone e se la scolò in un solo sorso.
- Guardi in quella direzione per favore? - ed indicò un edificio lì vicino. - Lei vede la mia ombra? -
La luce del lampione disegnava l'ombra del barbone sul muro di mattoni, ma non quella di Dante. - La prego, è importante. -
L'uomo con i capelli lunghi, sporchi ed arruffati guardò il muro, poi rivolse lo sguardo verso il ragazzzo con una espressione stupita. Aprì la bocca e cacciò un rutto. Afferrò di nuovo la bottiglia, ma questa volta era vuota. La rivoltò, scosse un po', ma non uscì neppure una goccia.
- Sce vedo la tua ombra? -
- Esatto. - Disse Dante con in faccia una espressione speranzosa.

L'uomo sporco emise un secondo singhiozzo. Mise una mano davanti alla bocca. Per un istante il suo viso si fece verdognolo, poi recuperò il controllo. Dante pregò fortissimo che il Barbone non gli vomitasse addosso. - Forsce la vedo e forsce non la vedo...ma io che sci guadagno dal dirtelo? - Il barbone mise a fuoco i suoi occhi in quelli del giovane, con una espressione indagatrice e strofinò assieme il pollice e l'indice.
Dante tirò fuori dal portafoglio 50 euro.
L'uomo si mise i soldi nelle mutande. - Non vedo la tua ombra, ragascio. Ma se vuoi posso venderti una delle mie due. -
- Quali due? -
- Le mie due ombre. Le vedi? - Alzò un braccio e la silhouette nera proiettata sul muro fece altrettanto.
- Viscte? -
Adesso Dante pensava che, tutto sommato, chiedere ad un barbone ubriaco non era una buona idea.
Dopo un po'di contrattazione, il barbone accettò di scortarlo fino a casa sua, in cambio di 17 euro e 30 centesimi, tutto quello che era rimasto nel portafoglio del ragazzo.

Dante infilò la chiave nella toppa della porta.
- Grazie signor barbone. -
Una scarpa volante colpì la porta ad un passo dal suo orecchio. - Barbone ci sarà quel ricchione di tuo padre. Io sono un clochard. - Sbraitò il barbone con voce roca in lontananza.
Il ragazzo sparì dentro casa sua alla svelta e si richiuse la porta alle spalle.
Girò la chiave, tirò il chiavistello e mise la catena.
Accese le luci e si diresse verso la cucina, dove trovò la sua ombra che stava cucinando una coppia d'uova in padella.
La sua ombra si immobilizzò per un attimo, si voltò verso Dante, poi gli mostrò il dito medio e ricominciò a cucinare.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto: Mercoledì ***


Capitolo quarto:
Mercoledì
 
Dante si alzò alle 3 del pomeriggio, come faceva di solito, e andò a lavarsi i denti.
Aveva fatto un sogno davvero strano, e così vivido. L'ombra che si staccava dal suo corpo...e quel barbone...e la puzza. Sembrava davvero reale.

Quando entrò in bagno, trovò la sua ombra: indossava l'accappatoio rosa che aveva lasciato la mamma. In testa aveva una cuffia a fiorellini e ai piedi aveva due pantofoline pelose a forma di coniglietti. Si coprì pudicamente con un asciugamano, spinse Dante fuori dal bagno e chiuse a chiave la porta.

Che cosa stava succedendo? Niente aveva più senso e non credeva ai suoi occhi.
Era tutto cominciato con lo schermo del cellulare. Sì, era tutto cominciato da lì. Ma dove lo aveva messo?
Con mani tremanti, si frugò cercando lo smartphone, rivoltò le tasche dei pantaloni senza trovare nulla e poi andò verso una sedia della cucina, dove giaceva appallottolato il giacchetto indossato il giorno prima.
Anche le tasche del giacchetto erano vuote.
La figura scura uscì dal bagno, si appoggiò con una spalla alla parete e si mise ad osservare Dante silenziosamente.
- Ma certo! - Ora ricordava - L'ombra, me lo ha fatto cadere di mano stanotte. -
Quindi Il ragazzo, tornò all'ingresso ed aprì il portone di casa sua.
Forse il cellulare era ancora in quel vicolo.
E davanti alla porta, trovò sua madre.
- Se stavi venendo a prendermi alla stazione, ti avverto che sei mezz'ora in ritardo. -

- Mamma, che sorpresa! Pensavo che saresti venuta nel fine settimana. -
- Oh cazzo! è arrivata mia madre. E adesso che faccio? - pensò Dante. Si guardò dietro le spalle per un attimo e vide l'ombra portarsi le mani al viso e piegare leggermente la testa di lato. Era una espressione di paura? Era difficile dirlo visto che l'ombra era, be...ecco...un'ombra. E non aveva i lineamenti. Era solo una silouette leggermente più scura del muro dietro di lei.
- Sta imitando una scena di mamma ho perso l'aereo? - Si domandò mentre faceva ben attenzione a tenere aperto solo uno spiraglio del portone, non voleva che sua madre vedesse la cosa nera che si muoveva per casa.
- Sono più di 12 ore che non chiami. Al telefono non rispondi. Credevo che fossi morto. - La signora, anziana ma vigorosa, fece per aprire. Dante cercava di tenere la porta ma sapeva di non poter battere sua madre con quelle braccia da contadina.
- Perchè non mi fai entrare? -
- è che la casa non è tanto in ordine. -
- Sai che novità! Non capirò mai perchè sei andato a vivere da solo. Ti ricordi quando mi sono sentita male e tu non eri a casa per curarmi? - Sua madre stava lentamente ma inesorabilmente spalancando la porta.
Dante aveva la risposta pronta - Io mica faccio il dottore. E poi era solo un'indigestione. -
- Stai zitto. Mi avevi detto che chiamavi... - Disse la signora con voce tremolante di commozione.
Le braccia del ragazzo cominciavano a fargli male per lo sforzo. - è davvero molto in disordine, mamma. -
- Mi stai nascondendo qualcosa? -
- Chi? Io? Ma figuriamoci. - Una goccia di sudore gli colava dalla fronte.
- Fammi entrare. -
- OK, mamma. Io ti faccio entrare, ma tu mi prometti che non ti arrabbi. -
- Certo che mi arrabbio. Adesso fammi entrare. -
- Prometti. -
- Dante Rossi, apri immediatamente questa porta. - Questa volta aveva un tono che non ammetteva repliche. C'era una spaventosa aura di minaccia in quelle parole.
Se solo quella maledetta ombra avesse capito la situazione. Non era il momento di andarsene in giro a bighellonare, questo. Dante si voltò nuovamente.
La figura nera proiettata contro la parete alle sue spalle penzolava lentamente a destra e a manca. I piedi sollevati dal suolo e sospesi. Sembrava tenuta dall'ombra di una corda o qualcosa del genere.
- Si è impiccata? - Pensò dante - Stiamo scherzando? Non posso fare entrare mia madre con quella cosa lì sul muro. -
Dante fece un passo oltre la soglia e fece molta attenzione a chiudersi la porta dietro le spalle.
- Senti, mamma. Se ti faccio vedere la casa tu ti arrabbi. E passiamo tutto il giorno a litigare e pulire come al solito. Perchè invece non usciamo? -
- Usciamo...dove? - Il sopracciglio sinistro di sua madre si sollevò legeremente.
- Andiamo a mangiare fuori. -
- Sto ascoltando... -
- Poi torniamo a casa e almeno litighiamo a pancia piena. -
- Mi piacerebbe andare a mangiare fuori. -
- Anche a me. -
- Tuo padre non mi porta mai da nessuna parte. -
- Che mascalzone! - Disse Dante.
- Scusa papà. Mors tua vita mea. - Pensava il ragazzo, invece disse. - Allora siamo daccordo? -
- Dove andiamo? -
- Al fast food qui all'angolo. Lo conosci, no? -
- Quel posto fetente? Sono sicura che il cibo farà schifo. - La signora portò i pugni alla vita e sbattè il piede nervosamente. - Andiamo al ristorante. Ma ti ci arriva la mano al portafoglio? Attento a non farti venire un ernia. -
Ottimo! Era fatta. - Allora andiamo subito. -
- Non dirmi quello che devo fare.- Rispose la signora con tono irritato -Fermiamoci prima al bar che devo prendere un gatorade. Devo reintegrare i sali minerali consumati nello sforzo. -
- Che sforzo? -
- Quello di farti tirare fuori i soldi per il ristorante. Non mi sorprende che tu non trovi uno straccio di morosa. -
Alla fine offrì sua madre.

Dante e sua madre stavano seduti ad un tavolino del ristorante.
L'anziana signora voleva un filetto al pepe verde e non c'era verso di farle cambiare idea. Quella portata doveva essere illegale. Costava un vero capitale.
Arrivò la cameriera, una brunetta. Non era alta, ma aveva due occhi da cerbiatta.
- Che cosa vi porto? - Disse con un bel sorriso.
- Il pane è gratis? - Domandò Dante
- Sì -
- Ce ne porti due chili. -
La cameriera rise di gusto, appoggiò la mano alla spalla del ragazzo e dette una spintarella leggera. Lui sentì il calore della mano attraverso la maglietta.
La cameriera si allontanò verso un altro tavolo.
- Carina. Vero? - Disse la madre di Dante ammiccando verso di lui con un sorriso sornione.
- Si, è molto gentile e simpatica. -
- Vuoi che vi lasci da soli per qualche momento? Sembra ci sia qualcosa tra voi. -
- Certo che c'è: si chiama mancia. - Disse il giovane. - Immagino faccia parte del lavoro. -
Un signore sovrappeso schioccò le dita per richiamare l'attenzione della cameriera. - Bene. Io sono pronto ad ordinare. -
- E chi se ne importa? - Disse la cameriera con un sorriso. Poi si allontanò.
- Non sembra così allegra con tutti. -
Vendendo che il figlio lasciava cadere il discorso. Pensò: - Uffa. Se aspetto che questo pesce lesso si dia una mossa, non avrò mai un nipotino. -

La mamma di Dante alzò un dito.
Ricomparve la cameriera con gli occhi da cerbiatta - Tutto bene? -
- Si, era tutto ottimo. - Rispose il ragazzo.
- Senta signorina, mio figlio, qui, la trova molto carina. Ma è troppo codardo per chiederle il numero di telefono. So che a guardarlo non sembra tanto sveglio, ma le assicuro che ha tante buone qualità, anche se al momento non me ne viene in mente nessuna. Le chiedo solo la cortesia, se non è interessata, di dirglielo con gentilezza - E così dicendo, si alzò da tavola e andò alla cassa a pagare il conto.
- Mi spiace. - Disse la cameriera. - Ma io non do il mio numero agli sconosciuti. - La ragazza era arrossita, guardava in basso. La frangetta le copriva gli occhi.
Dante guardava sua madre che si allontanava, con due occhi sgranati dallo stupore.
- Però, se vuoi, puoi darmi il tuo. - Aggiunse la cameriera, sempre guardandosi la punta dei piedi.
Dante le scrisse il numero di telefono su un tovagliolino.
- Comunque, io sono Violetta.- Disse la ragazza con una voce sottile sottile.
- Io sono Dante. Pi...piacere di conoscerti.-
Il signore sovrappeso di prima attirò l'attenzione della ragazza. - Cameriera, quando arriva il mio caffè? -
- Subito - disse Violetta - Mi dia solo il tempo di sputarci dentro. -
- Stai scherzando? - Disse Dante.
- Ma certo. - Consegnò il caffè al signore che lo aveva richiesto. Avvicinò il suo viso al suo mentre lo fissava con uno sguardo omicida e gli occhi sgranati.
- O forse no... - Sussurrò la ragazza nell'orecchio del signore.

Tenere sua madre lontano da casa era stato facile, ma maledettamente stancante.
Era bastato portarla in giro tutto il giorno a visitare la città.A un certo pòunto Dante si arrese e chiese alla genitrice una tregua. Si misero a sedere su una panchina in un vicolo all'ombra.
- Sai, tuo cugino Francesco, a giugno si sposa. Ovviamente siamo tutti invitati. - Buttò lì la matrigna, mentre Dante si toglieva le scarpe. - Mi ha chiesto di te? Come stai? Che lavoro fai? - Poi alzò lo sguardo e appuntò i suoi occhi verdi in quelli di Dante. - Che gli devo rispondere? -
-Che sto bene.- Poi Dante piegò in angolo della bocca in un mezzo sorrisetto smargiasso. - Francesco fa ancora il fabbro? -
-Vedessi quanto guadagna. Ha già acceso un mutuo e comprato casa.- Disse la donna portando alla bocca un a mano a coppetta.
Stava cercando di spronarlo, anche se in modo un po'passivo-aggressivo, a darle anche lui dei risultati concreti o almeno qualche obiettivo di vita da gettare con nonchalance in pasto agli squali, alla prossima rimpatriata di famiglia.
- A te invece come vanno le cose come ... cosa è che fai? Lo youtuber? -
- E-commerce. E quanto a questo...- Cazzo, che bell'atmosfera. Non era così che Dante avrebbe voluto che uscisse fuori. Ma prima o poi doveva dirlo, tanto valeva togliersi il pensiero. - Potrei aver bisogno di un aiutino con l'affitto questo mese. Moltò presto avrò finito di rivendere una partita di articoli da regalo. Mi serve solo qualche settimana e riavrai tutto. - A Dante non piaceva il suo lavoro, ma quale era l'alternativa? Un avvenire di stage e contratti bimestrali?
- Non ti preoccupare per i soldi.- L'anziana signora stese una mano a prendere la sua. - Io qui ti sto parlando di futuro. Mica di salcicce. -
- Futuro? - Pensava Dante con cinismo. - è meglio che vi abituiate all'idea che io non ho un futuro. Così non saremo delusi. -
Ma era inutile spiegare quelle cose a sua madre. Era figlia del Boom Economico. Cresciuta nell'età dell'oro. Lei e, più ancora di lei, il papà credevano che sforzandosi si potesse ottenere tutto, solo perchè loro, sforzandosi, avevano ottenuto qualcosa.
- Oggi, con quegli stessi sforzi, a mala pena si sopravvive. - Pensò Dante. Ma non disse niente. Tanto a che serviva?
Dopo un lungo silenzio il sole, sbucato a chissà dove si riflettè per terra e colpì gli occhi di Dante.
Il suo celulare, perduto la sera prima, se ne stava lì buttato da una parte e rifletteva un piccolo arcobaleno di colori.
Dante si alzò dalla panchina e lo raccolse. Era proprio il suo, era intatto e bellissimo.

Dopo un intero pomeriggio di camminate, quando già i suoi piedi bruciavano più del fuoco dell'inferno, aveva dovuto accompagnarla alla stazione, ma finalmente Dante arrivò a casa.
Si tolse le scarpe, e andò in cucina, dove trovò di nuovo la sua ombra impegnata ai fornelli.
Questa volta indossava un grembiule bianco ed un cappello da cuoco.
- E quello dove lo hai trovato? -
L'ombra lo guardò, sollevò le spalle e tornò a friggere patatine.
Poi prese il piatto pieno delle patatine fritte e glie lo porse.
- Davvero posso prenderne? -
La figura nera annuì.
- Ferto che pti piafe parecchio cufinare. - Disse Dante con la bocca piena.
Poi, senza neppure accorgersene, si appoggiò con la schiena al frigorifero e accese il cellulare.
Di nuovo lo schermo si estroflesse e si gonfiò verso di lui come un serpente.
L'ombra afferrò il cellulare e lo spense. Poi fissò il ragazzo e scosse la testa.
- Sì, lo so. Il dottore ha detto che non dovrei avvicinarmi agli schermi. Ma che ne sa lui? - Dante si mise a gesticolare. - Non ritieni che invece sarebbe il caso che io faccia qualche test? -
La silhouette scura lo osservava in silenzio.
- Dopo quanto tempo che fisso il cellulare si mostrano i sintomi? L'effetto della luce ecc. -
L'ombra lo fissava immobile.
- Va bene. - Spense lo smartphone.
L'ombra tornò a cucinare e il ragazzo prese un'altra patatina.
- Domani ho un'apuntamento con una ragazza. -
L'ombra piegò la schiena in dietro, si mise le mani sulla pancia ed iniziò a sussultare leggermente.
- Non c'è niente da ridere. è totalmente vero. -
La figura semitrasparente si voltò verso di lui, piegò leggermente la testa di lato e sollevò le mani in modo interrogativo.
- è una storia lunga. Il punto è che non posso andare in giro senza un ombra. Cosa penserebbe Violetta. - Dante si guardò le punte dei piedi. - Per te sarebbe un problema tornare a ...cioè rifare... insomma... tutto come prima? - Sollevò lentamente lo sguardo con occhi da cucciolo.
L'ombra si accarezzò il mento e poi annuì sollevando un pollice.
- Davvero? Fico. Allora siamo daccordo. -

Dante uscì dalla cucina e si diresse in camera sua.
- Parlo con la mia ombra. Mi sa che sto impazzendo. -
Stava davvero perdendo il contatto con la realtà o era tutto vero?
Era tutto così strano.
Forse era tutto un sogno, o peggio, una allucinazione.
L'idea di stare impazzendo lo terrorizzava: Quanto potevano diventare spaventose le visioni? Avrebbe finito per fare male a qualcuno o a se stesso?
Doveva indagare. Doveva scoprire che cosa gli stava succedendo. In quel momento non aveva altro piano che quello, non vedeva altri passi da compiere.

Chiuse la porta a chiave.
Non era certo che sarebbe servito a tenere l'ombra lontana, ma non si sentiva al sicuro con quella cosa attorno.
Non accese la luce. Voleva far credere all'ombra che fosse andato a dormire o qualcosa del genere.
Accese il computer.
La luce azzurrina dello schermo era l'unica fonte luminosa nella stanza.
Rimase in attesa trattenendo il fiato mentre il sangue gli si gelava nelle vene, ma l'ombra non venne a disturbarlo.
Si mise a sedere e come le altre volte lo schermo del computer si gonfiò nella sua direzione.
Si muoveva lentamente verso la sua faccia e vibrava leggermente, come quando si soffiano le bolle di sapone.
Questa volta Dante non si allontanò. Chiuse gli occhi ed immerse il viso completamente nello schermo.
All'inizio sentì una leggera frescura.
Poi aprì gli occhi e vide una immagine stranissima. Migliaia di linee spezzate. A volte parallele. A volte si intersecavano.
Erano percorse da luci dai colori fluo che correvano a grandissima velocità.
Sentì un rumore metallico provenire dalla cucina.
Dante tirò indietro la testa. Lo schermo si ritirò e gli si staccò dalla faccia come una maschera.
Udì qualcosa all'esterno che tentava di aprire la maniglia con una certa violenza.
Cercando di fare meno rumore possibile, Il ragazzo spense il computer ed andò a letto.
Dopo poco l'ombra smise di tentare di aprire la porta.

Dante si svegliò dopo una nottata poco riposante, piena di incubi ed inquietudini notturne.
Quando mise i piedi giù dal letto, osservò che la sua ombra era attaccata a lui.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto: Venerdì ***


Capitolo Quinto:
Venerdì


 
Dante si era vestito bene, molto bene, pure troppo.
Indossava il suo vestito più elegante. Completo color crema, sciarpa bianca, persino un cappello a falda larga del nonno.
Si guardò allo specchio, poi guardò la sua ombra.
- Speriamo che il vestito le piaccia. è più di un anno che non esco con una ragazza. Come sto? -
L'ombra fece pollice in giù.
- Ma che vuoi saperne tu? -
Aprì la porta.
Il sole era quasi al tramonto e lo colpiva dritto negli occhi.
Per un attimo Dante ebbe un leggero senso di vertigine.
Sentì la terra muoverglisi sotto i piedi.
Un vuoto alla bocca dello stomaco.
Ma poi riacquistò coraggio. Mise in faccia una espressione decisa e piantò un piede fuori dalla porta.
- Non ti è permesso alcun errore, Dante! -

- Non è vero. Ogni tanto cucino. Faccio in assoluto i migliori biscotti di avena del mondo. - Disse Dante. - Ma non li faccio spesso perché non è giusto... verso gli altri biscotti. -
Stava passeggiando a fianco di Violetta per riaccompagnarla a casa.
- AH AH AH. Mi fai morire da ridere. Deve essere il tuo personaggio. Anche il tuo vestito è così...hem...autironico. -
- Visto? A lei piace! - E Dante si voltò alla sua sinistra per fare una linguacia alla sua ombra.
Ma la sua ombra stava limonando duro con l'ombra di Violetta. Cioè, pomiciando davvero duro. Quasi sesso vestito. Le loro sagome che limonavano si distinguevano abbastanza bene alla luce del lampione.
- Che guardi? - Domandò Violetta.
- PERTERRAAA - Dante spinse la testa di Violetta e la direzionò verso il basso.
- èh? -
- Guarda per terra, questo marciapiede è davvero dissestato. -
Cavolo! Più si allontanavano dal lampione, più l'immagine delle due ombre attorcigliate si spostava in avanti.
Un'ombra stava sculacciando l'altra, ma Dante non avrebbe saputo dire quale.
- Siamo arrivati. - Disse Violetta sorridendo. - A sinistra c'è casa mia. -
- Cazzo! Proprio adesso! - Pensò Dante. Prese le mani di Violetta tra le sue, si spostò davanti a lei, poi a destra. Ora la ragazza volgeva le spalle alle ombre.
- Sono stato molto bene con te. Perchè non facciamo ancora qualche passo? Magari in questa direzione. - E cominciò a tirarla leggermente verso di se.
- Vorrei, ma domani mi devo alzare presto. - Violetta lasciò andare una mano di Dante.
Le due ombre stavano limonando proprio sulla porta bianca della casa di Violetta. Una delle due ombre sembrava stesse armeggiando con la maniglia.
- Allora continuiamo a diritto. Arriviamo solo fino alla prossima casa e poi torniamo in dietro. -
Violetta lasciò andare anche l'altra mano di dante. - Davvero, è tardi. Però anche io sono stata molto bene con te. -
Violetta si stava voltando. - Maledizione, devo trattenerla, almeno per un minuto. - Pensò Dante.
Dante la afferrò per impedirle di voltarsi e avvicinò il viso per baciarla.
Come accade spesso con i primi baci, all'inizio fù un disastro.
Calcolò male la velocità e le sue labbra picchiarono contro i denti di lei. Il naso di lui le finì in un occhio. Si fecero tutti e due male, ma solo per un attimo. Poi le cose migliorarono.
Violetta rispose al bacio. Era una sensazione tanto piacevole, era sapere che qualcuno ti accettava per quello che eri. Era come iniettare antidolorifico direttamente nel cervello. Ogni preoccupazione svani...
- Allora io vado. Buonanotte. -
Violetta si chiuse la porta di casa dietro le spalle.
- è? Cosa? Dove mi trovo?-Dante riprese contatto con la realtà dopo il lungo bacio. Si guardò attorno e le due ombre erano scomparse.
- è andata bene. - Disse Dante in un sospiro.
Nella casa, si accese una luce alla finestra. Due ombre si contorcevano sulla tenda in pose poco pudiche.
- Non posso credere che la mia ombra abbia più successo di me con le ragazze. -

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto: Sabato ***


Capitolo sesto:

Sabato

 

Dante camminava nella zona pedonale, gremita di persone.
La gente schizzava a destra e a manca, senza alcun ordine, tutti vestiti con abiti colorati.
- Si vede che sta arrivando l'estate. -
La strada era gremita e Dante veniva inevitabilmnete spinto dalla calca ora in una direzione ed ora nell'altra.
Alla sua destra ed alla sua sinistra le vetrine dei vari negozi pieni di offerte ammiccanti.
Un negozio di abbigliamento mostrava sconti dell'30%, 40%, 50%, ma tanto Dante non avrebbe potuto permetterseli nemmeno con lo sconto del 90%.
Certe persone di colore avevano steso sul marciapiede dei teli variopinti con fantasie esotiche e su di essi avevano esposto la loro mercie: cd, occhiali da sole, cappelli, cinture.
Ad ogni passo, qualcuno degli ambulanti lo afferrava per la manica o per un lembo del giacchetto e gli sbatteva in faccia la sua merce.
La sua ombra, proiettata sul muro, camminava dietro di lui con la schiena curva e le braccia incrociate sul petto e nessuno si accorgeva che non rispecchiava fedelmente i movimenti di Dante.
- Deve aver capito qualcosa. - Pensò Dante.
Era piuttosto allegro. Normalmente, uscendo di giorno, lontano da casa, tutta quella folla gli avrebbe tolto il fiato.
Invece oggi aveva solo un leggerissimo attacco di panico.
Una leggera ansia alla bocca dello stomaco, ma poteva controllarla.

Dante arrivò davanti ad un negozio di elettrodomestici.
Si fermò di colpo.
Gli schermi televisivi in vetrina erano un pericolo.
Che sarebbe successo se tutta la gente avesse visto dei televisori a schermo piatto gonfiarsi nella sua direzione?
Dante si spostò verso l'altro lato della strada e si mise a camminare il più velocemente possibile.
- Mamma. Hai visto che ha fatto la televisione? -
Dante passò oltre, mentre una piccola folla si assembrava attorno al negozio di elettrodomestici.
Poi girò a destra ed entrò dentro un vicolo in cui non c'era quasi nessuno.
Dante fece in tempo a fare due o tre passi, ma poi la sua ombra gli si parò davanti per impedirgli di proseguire.
Dante cercò di evitarla ma la sua ombra continuava ad impedirgli di passare.
- Non è come pensi. -
Ma la sua ombra non sembrava affatto convinta.
- Devo capire che cosa mi sta succedendo e Caterina è una dottoressa. -
L'ombra alzò la testa, iniziò a gesticolare nervosamente.
- La nostra passata relazione non ha niente a che vedere con questo. Ho bisogno di un parere medico per quello che mi sta succedendo. Io vedo cose che non ci sono. - Senza accorgersene, Dante aveva tirato fuori il cellulare di tasca e nel gesticolare per spiegare alla sua ombra, lo teneva tra se e lei come uno scudo.
L'ombra ricominciò a gesticolare in modo sempre più minaccioso.
- VIOLETTA NON è LA MIA RAGAZZA, - Dante si accorse che stava strillando ed abbassò il volume della voce. L'ultima cosa che voleva era attirare una folla di curiosi. - Violetta è una cara ragazza, - bisbigliò Dante - ma non ho nessun obbligo nei suoi confronti. -
L'ombra colpì il cellulare nella mano di Dante e lo fece cadere. Sembrava molto arrabbiata, poi si allontanò a lunghi passi nella direzione opposta a quella di Dante.
- AH, Sì? E ALLORA IO ... - A Dante non venne in mente nulla da dire. Strinse i pugni, voltò le spalle alla sua ombra e si diresse verso casa di Caterina a grandi passi.

Dante era stato in quel palazzo molte volte.
Le scale e l'androne profumavano di chiuso, detersivo per pavimenti al limone, fritto, sesso e risate.
Risate passate.
Dante non aveva trovato il cognome di Caterina sul citofono. Ma ricordava il tasto segreto per aprire il portone.
Entrò, prese l'ascensore, arrivò al piano.
L'appartamento era proprio quello.
Il cognome sulla targhetta del campanello non era quello di Caterina.
Era sempre stato così?
Quando gli studenti affittavano un appartamento era per poco tempo, non aveva senso cambiare il nome sul citofono o sul campanello.
Dante suonò e Caterina venne ad aprire la porta.
- Amore, sei tu? Hai dimenticato le chiavi? - L'accappatoio mostrava la sua scollatura. I suoi capelli neri, bagnati, le ricadevano sulle spalle. Dante sorrideva in modo ebete. - Dante? Che ci fai tu qui? -
Dante fissava la sua scollatura. Caterina si accollò l'accappatoio.
Dietro di lei c'era una scarpiera aperta.
- Strano, quando stavamo assieme non c'era. - Pensò Dante.
Un paio di eleganti mocassini da uomo occhieggiavano da dentro la scarpiera.
- Sono venuto per chiederti un consiglio medico. -
- Non ricevo a casa. -
L'attaccapanni stava sempre al solito posto, c'era attaccato un trench.
- Non sapevo a chi altro chiedere. - Il sorriso di Dante si trasformò in un ghigno amaro, con un angolo della bocca. Gli occhi non incontravano più quelli di Caterina, guardavano in basso.
- Va bene, entra. -

- La diagnosi dell'oculista mi sembra abbastanza ragionevole. Ombre e deformazioni del campo visivo sono compatibili. - Caterina sorseggiò un altro po'di tè. Se ne stava accovacciata sul divano. L'accappatoio le lasciava scoperti i piedi ed i polpacci. - Quindi ti ha detto di stare lontano dagli schermi digitali. E tu hai fatto come ti ha detto? -
- ...nsumma.. -
- Cosa? Non ho sentito. -
- No. Va bene? Non sono stato lontano dagli schermi. - Proruppe Dante ad alta voce e con tono esasperato. - Ma quello che non ricordi è che io con il computer ci lavoro. Se non vendo gli oggetti che ho comprato, non ho più i soldi per mangiare. -
Caterina sorseggiò un altro po'di tè. - Vuoi che lo faccia io? -
- Lo faresti? -
- Se è per una settimana credo di sì. Non dovrebbe essere difficile. -
- Ti lascio il mio cellulare, c'è registrato il mio account. Quando bippa, confermi la transazione. Se necessario contatti l'acquirente per mettervi daccordo, ma spesso non è necessario. è tutto automatizzato. -
Caterina si alzò ed accompagnò Dante alla porta.
Dante era tutto contento, fece anche qualche battuta a cui Caterina non rispose che con uno sguardo attento.
- Mi raccomando, Dante, non venire più da me senza chiedere prima. Il mio ragazzo è molto geloso. -
L'allegria di Dante si spense.
- Allora io vado. -
E Dante si mise in cammino mestamente.
- ASPETTA DANTE. - Lo chiamò ancora una volta Caterina ad alta voce. - Non dimentichi qualcosa? -
Dante si avvicinò e l'abbracciò, poi si separò.
- Dante - Lo guardò severa Caterina. - Il cellulare. -
Dante, passato un attimo di stordimento, si cavò il cellulare di tasca e lo consegnò alla ragazza.

Dante aprì la porta della cucina.
La sua ombra era proiettata sul divano in una posizione stravaccata a guardare un qualche show alla tv.
- Ciao - Salutò Dante mestamente.
Sul divano era appoggiato un pacchetto di patatine aperto. Ogni tanto l'ombra piluccava dalla busta delle patatine, ne tirava fuori un dischetto scuro semitrasparente e se lo portava alla bocca.
Dante si avvicinò e stese la mano.
L'ombra spostò il pacchetto dall'altro lato del divano, proprio davanti alla televisione.
Dante stette un po'con la mano sospesa, poi lasciò ricadere il braccio.
- Credo che Caterina abbia un nuovo ragazzo. -
L'ombra girò la testa verso di lui, spense il televisore dal telecomando. Gli fece spazio sul divano e colpì leggermente il cuscino con una mano.
Dante si stravaccò proprio a fianco alla propria ombra.
Questa volta l'ombra gli offrì il pacchetto e Dante piluccò una patatina.

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo: Domenica ***


Capitolo settimo:

Domenica



 

- Dai, ancora un morsettino, solo uno. - Disse Violetta
- Mi fai male.- Rispose Dante
- Ma tu sei il mio coniglietto ed io sono il lupo cattivo che arriva di notte, quatto quatto e all'improvviso...GNAM -
Il ragazzo artigliò il divano su cui era seduto. - MAMMA MIA CHE DOLOREEEE! - Gridò.
Le coccole di Violetta nascondevano sempre una certa dose di sadismo. Lui lo trovava eccitante, ma anche doloroso.
- Dai che non fa cofì male. - Disse lei con ancora la spalla di Dante tra le fauci
- È un'agonia. -
- Forza, lagnone. Sveglia, sveglia, sveglia.- Gli era salita a cavalcioni, jeans contro jeans, e si era messa a saltellare sulle ginocchia. Il suo seno andava sì e giù, sotto la T-shirt rosa ed era proprio all'altezza della faccia del ragazzo. Sarebbe stato sexy se non fosse stato così doloroso. -Che facciamo? - Poi di colpo smise di saltellare. - Ops. Devo fare la pipì.- Si alzò dal divano e sparì in corridoio.
Casa di Violetta era pulita e ordinata, ma... - Perché ci sono così tanti fiori? - Pensò il ragazzo mentre si guardava attorno. Fiori nei vasi, alcuni veri, altri finti, fiori sulla carta da parati, fiori sule tende. - Perché non guardiamo un po'di televisione? - Afferrò il telecomando che se ne stava su una mensola, e, senza pensarci, schiacciò il tasto rosso. Niente. Schiacciò ancora e ancora, ma non successe niente.
- Non funziona,- Gridò la giovane dal bagno. - non so che cosa ha che non va. L'altro giorno ha fatto un rumore strano e si è fermata. È un vecchio modello. -
- Forse posso risolvere io il problema. Vediamo se questa cosa può anche essere utile, per una volta. - Si avvicinò con cautela al televisore.
Appoggiò la fronte allo schermo lentamente, ad occhi chiusi. Poi li aprì e vide quelle strane immagini.
Una specie di paesaggio solcato da linee color rame o dorate, su cui viaggiavano a grande velocità impulsi luminosi dai colori fluo. C'erano tante strutture geometriche che sembravano edifici bassi o torri, ma senza porte o finestre, semplici parallelepipedi.
Stese una un bracio e puntò il dito in una direzione. Mosse lentamente la mano e l'intera linea color rame cambiò percorso. Prese tra due dita uno dei parallelepipedi argentati e lo sollevò lentamente, poi rimise tutto a posto.
In fine, osservando con attenzione, notò uno strano oggetto cilindrico, alto come una torre, rotto in diversi punti, da cui usciva uno strano fumo nero.
Ci passò sopra il palmo della mano aperta ed il fumo sparì. La torre cilindrica si riparò istantaneamente e divenne nuovamente scintillante.
- COSA STA SUCCEDENDO? - Gridò Violetta, che era appena entrata nella stanza.
Dante tirò indietro la testa. Lo schermo si staccò dalla sua faccia gocciolando indietro, come fosse acqua.
- Posso spiegarti tutto. -
- AMORE! Ma l'hai riparato. -
- Cosa? -
- Adesso funziona. -
Dante si girò nuovamente verso la tivvù, che adesso trasmetteva un qualche quiz.
- Coniglietto, non sapevo che fossi un tale handy-man. Ti sei meritato un bel premio. Un morso grande grande. -
Il televisore ultrapiatto cominciò a tremare, a gonfiarsi e Dante fu lesto a spengerlo.
- Perché lo hai spento? -
- Ci sono cose migliori che possiamo fare. -
- Tipo? -
- Te le spiego in camera da letto. -

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo: Lunedì ***


Capitolo Ottavo:

Lunedì




Dante era davanti allo specchio del bagno con il viso insaponato di schiuma. Fischiettava seguendo il motivetto della radio in sottofondo. Poi, ogni tanto, ZAK. Una bella passata di rasoio.
Quando ebbe finito, si tamponò con il telo da bagno e si spruzzò in faccia un po'di dopobarba.
Lanciò la salvietta sul portasciugamani e uscì dal bagno.
Anche la sua ombra sembrava allegra. La musichetta della radio continuava adesso a volume un pochino più alto.
Il ragazzo si scoprì a muoversi a tempo e la silhouette nera sembrava quasi danzare.
E proprio in quel momento, facendo mente locale, si ricordò che in casa sua non c'era mai stata una radio.
Forse il motivetto orecchiabile veniva dalla televisione.
Quindi attraversò a passo di marcia il lungo corridoio ed entrò in cucina.
Sul mobile di mogano, al solito posto c'era la televisione.
Ed era spenta.
Con una piroetta cambiò direzione e si diresse verso la finestra. La spalancò e si affacciò sul davanzale di marmo per vedere se la musica veniva da qualche auto posteggiata lì vicino.
Gli cadde l'occhio sull'orologio da polso. - È tardissimo! - Pensò. Non c'era tempo per preoccuparsi della musichetta. Violetta lo stava aspettando.

Aprì il portone di casa. La sua ombra gli porse il giacchetto. Dante, simulando un inchino, fece uscire prima lei.
Il viale alberato era strano: qui un albero con foglie rosse e gialle come in autunno, lì un olmo di un bel verde accecante, e più avanti c'era un cespuglio fiorito.
Con fiori di colori diversi. No, con fiori di tipi diversi.

Quella mattinata tutti avevano avuto la bella idea di uscire di casa, perché centinaia di persone affollavano la via. Ciascuno passeggiava nella propria direzione. Niente di strano considerando il tempo assolato ed il tiepido clima primaverile.
Tutti i passanti erano vestiti con abiti dagli sgargianti colori pastello.
Ma la cosa che spaventava Dante era che continuava a sentire la musichetta di sottofondo. E adesso il volume era così forte che cominciava a fargli male alle orecchie.

Si sforzò di rallentare il passo, ma non ci riusciva.
La sagoma nera sembrava guidarlo.
Non camminava più in linea retta.
Una sosta, un saltello, tre passi a destra, seguendo il ritmo sincopato della musica.
Il ragazzo aprì bocca e cominciò a cantare -Io mi sbaglierò,
Forse... non lo so.
Ma qualcosa qui non va.
Ma qualcosa qui non va.-
La folla attorno a lui faceva strane coreografie.
Una ragazza vestita di giallo, aprì la portiera della sua auto, scalò il tettuccio e si mise a cantare.
Dante, ora a braccetto ad una signora ottuagenaria con la busta della spesa, ora facendo un passo di twist con un signore in uniforme da marinaio, veniva come trascinato dai suoi stessi piedi.
La silhouette scura, ormai priva di ogni discrezione, marciava di fronte alla banda municipale.
- Che mi trovi proprio nel mezzo di un dance mob mi pare ardito,
e questa musica terribile deve proprio andare avanti all'infinito?"
La ragazza in giallo saltò giù dal tettuccio dell'auto e Dante fece appena in tempo a prepararsi per sorreggerla. Quando l'afferrò sentì uno schiocco alla propria colonna vertebrale.
Un tipo muscoloso in canottiera lo prese con poca gentilezza e lo costrinse ad un casquet.
E proprio quando la situazione sembrava andare per il peggio, vide la casa di Violetta.
Si divincolò dalla folla e si diresse verso la casa.
Bussò tenendo il tempo della musica.
Violetta gli aprì e lui entrò in casa.
La folla adesso si stava allontanando. La sua ombra la stava guidando da qualche parte lungo la strada, mentre agitava un bastone come una majorette.
- Violetta io ti prego di chiamare il dottore,
non riesco più a parlare e canto da due ore.
La musica che sento ora comincia a fare male. -
Un sottile rivolo di sangue gli usciva dalle orecchie.

L'ambulanza arrivò poco più tardi.
Ci erano voluti due infermieri belli grossi per tenere fermo il ragazzo, che continuava a ballare a destra e a manca per il soggiorno.
Il dottor Mentone ebbe difficoltà a farsi descrivere i sintomi.
- Porca miseria, dottore. Non riesco più a parlare. Canto solo, non ho un ombra e non smetto di ballare. -
- Sì, sì, credo di avere capito il suo problema. - Il dottore si tolse gli occhiali, si sfilò un fazzoletto dal taschino e si mise a strofinarlo sulle lenti - Non si preoccupi, la sua sindrome è piuttosto normale. -
- Che cos'ha dottore? è grave? - Domandò Violetta in ansia.
- Niente di cui preoccuparsi. Cose del genere capitano tutti i giorni. Solo che non se ne parla spesso.- Il dottore poggiò la sua borsa sulle ginocchia.
Con molta calma l'aprì e si mise a ruffolare al suo interno. - Dovrei avere ancora...ma dove l'ho messo? Eccolo. - Estrasse un tubetto. Col pollice fece saltare il tappo. lo rovesciò nella mano e ne cavò una pasticca piatta e rotonda.
-Il suo sistema nervoso è un pochino sovreccitato e quindi succedono di queste cose. Con questo dovrebbe tornare tutto alla normalità. - Il dottore sollevò la pasticca verso la luce tenendola tra il pollice e l'indice. -Inibirà la ricaptazione. Tutte queste anomalie che lei mi descrive spariranno.-
Dante guardò Violetta che si torceva le mani preoccupata, guardò il dottor Mentone che si tirava sù gli occhiali con il dito medio, poi guardò la pasticca nella mano del dottore.
La afferrò, se la mise in bocca e la inghiottì d'un colpo.

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Capitolo 9
*** Primo Finale: La perfezione è solo nelle cose passate ***


Primo Finale:

La perfezione è solo nelle cose passate





Caterina ansimò un'ultima volta profondamente, inarcò la schiena, il suo corpo si tese per un lungo istante nell'estasi del piacere.
Poi si rilassò e, senza troppi preamboli, smontò da sopra Dante.
Lui era rimasto immobile per la maggior parte dell'amplesso, artigliando il materasso morbido, e continuò a non fare un singolo gesto neppure adesso. Non aveva alcun controllo, poteva solo aspettare che passasse.
Il letto emise un cigolio quando la ragazza scese. A piedi nudi raggiunse l'interruttore alla parete e accese la luce con un sonoro click.
Per un po'Dante guardò il suo corpo nudo e sudato mentre lei si rivestiva.
Nel suo ricordo Caterina era così sexy quando si rivestiva. C'era un gesto che faceva: scostava i capelli neri e lasciava il collo nudo per un istante, prima di allacciarsi il vestito, o quando indossava gli occhiali.
C'era come una luce calda e dorata in quei ricordi.
Ma adesso...il suo sguardo scivolò verso la finestra.
Il cielo era grigio, la visibilità era scarsa e in sottofondo si sentiva il rumore sommesso dello scroscio della pioggia.
- Io vado a casa - Disse la ragazza, completamente vestita. - Ci vediamo settimana prossima? -
Lui fissò il soffitto senza dire niente.
-Ti va?-
Gli andava? Veramente?
Quanto aveva desiderato che lei tornasse? Quante volte l'aveva rievocata nei suoi ricordi?
- Come è che non provo più niente adesso? - Pensò il ragazzo.
Poi gli lanciò il cellulare sul letto. - Dovresti chiamare Violetta. Ti avrà lasciato 10 messaggi.-
Dante spostò lo sguardo sul telefono. - Prendiamo la pizza stasera, coniglietto? ^_^-
Si girò su un fianco e guardò verso la parete. La sua ombra ripeteva ogni suo movimento senza alcuna deviazione dalla norma.
Era tutto qui? Non c'era altro? La realtà era così fredda e deludente. Fino a qualche settimana prima, invece, la sua ombra lo avrebbe preso in giro con qualche sberleffo slapstick.
Dante sentì il tonfo della porta che Caterina si era chiusa alle spalle.

Si alzò dal letto.
Rabbrividì, quando i suoi piedi toccarono le mattonelle fredde.
Percorse il corridoio fino al bagno.
Non c'era altro rumore che lo scrosciare sommesso della pioggia e il cik ciak dei suoi passi.
Aprì lo sportello dell'armadietto e prese un barattolo.
Con un movimento del pollice, fece saltare il tappo che cadde sul pavimento.
Si rovesciò in mano il barattolo e prese una manciata di pasticche.
Incontrò il proprio sguardo nello specchio, poi si infilò tutte quante le pasticche in bocca e deglutì.
Ben presto tutto si fece buio.

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Capitolo 10
*** Secondo Finale: La mia vita è molto più interessante, nella mia testa ***


Secondo Finale:

La mia vita è molto più interessante, nella mia testa

Caterina ansimò un'ultima volta profondamente, inarcò la schiena, il suo corpo si tese per un lungo istante nell'estasi del piacere.
Poi si rilassò e, senza troppi preamboli, smontò da sopra Dante.
Il letto emise un cigolio quando la ragazza scese. A piedi nudi raggiunse l'interruttore alla parete e accese la luce con un sonoro click.
Per un po'luiguardò il suo corpo nudo e sudato mentre lei si rivestiva.
I suoi lunghi capelli grigi, i suoi vestiti di un grigio un po'più scuro e la sua pelle. La sua pelle morbida...
...e grigia.
Una volta non era così. Fino a poche settimane prima la sua pelle aveva avuto un altro colore. Non si ricordava bene quale.
Che colore si ottiene mischiando il bianco ed il rosso? Il biasso?
Ben presto il suo sguardo scivolò verso la finestra.
Il cielo era grigio, la visibilità era scarsa e in sottofondo si sentiva il rumore sommesso dello scroscio della pioggia.
- Io vado a casa - Disse Caterina, completamente vestita. - Ci vediamo settimana prossima? -
Dante annuì.
- Dovresti chiamare Violetta. Ti avrà lasciato 10 messaggi.-
Il ragazzo Spostò lo sguardo sulla segreteria telefonica.
Sentì il tonfo della porta di casa che la ragazza si era chiusa alle spalle.
Lui si avvicinò alla segreteria telefonica e schiacciò il tasto play.
Sentì Violetta che diceva, con voce allegra e infantile.-Prendiamo la pizza stasera, coniglietto?- E poi una risatina.
Dante si girò su un fianco, mostrando la schiena alla lampada e guardò verso la parete grigia.
Mosse una mano, ma sulla parete opposta non si muoveva niente.
Da quando prendeva le pasticche, la sua ombra era sparita.
Tutte le ombre erano sparite.
Si alzò dal letto.

Rabbrividì, quando i suoi piedi toccarono le mattonelle fredde.
Percorse il corridoio grigio della sua casa grigia.
Non c'era altro rumore che lo scrosciare sommesso della pioggia e il cik ciak dei suoi passi.
Aprì lo sportello dell'armadietto e prese un barattolo.
Con un movimento del pollice, fece saltare il tappo che cadde sul pavimento.
Si rovesciò in mano il barattolo e prese una manciata di pasticche.
Incontrò il proprio sguardo nello specchio, poi aprì la mano e le lasciò cadere tutte nel lavandino.
Le pasticche iniziarono a rotolare seguendo una traiettoria a spirale e, alla fine, sparirono nello scarico.

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Capitolo 11
*** Note finali ***


Note finali





Il racconto è concluso e completo, nonostante questo, è in continua revisione.
Se trovate due capitoli scritti in caratteri differenti è perchè sto lentamente correggento e modificando anche impaginazione e stile.
Spero di completare la revisione finale per settembre.

Se la storia vi è piaciuta, vi prego di lasciare un commento.
Se la storia non vi è piaciuta, ditemi cosa non vi è piacciuto nei commenti.

Abnormal nasce come sessione di gioco di ruolo che ho masterato.
Poi, visto che era venuta fuori un'avventura strana ed interessante, ho provveduto a trascriverla.

La storia nasce come body horror.
Il protagonista della storia non è Dante ma è ciò che sta accadendo a Dante.
Gli altri personaggi sono comprimari e sono in funzione delle interazioni che Dante ha con loro.
Spesso sono caratteri o macchiette, vengono usati per alleggerire, dare un tono comico alla storia e per evitare che scivoli verso l'horror.
Tuttavia, molti commenti sia qui che su Wattpad, hanno mostrato un certo interesse verso i comprimari, quindi nella terza stesura è stato dato leggermente più spazio a Violetta e alla madre di Dante.

Anche il personaggio di Dante viene mostrato soprattuto in relazione a ciò che gli accade.
Alcune caratteristiche del personaggio vengono raccontate.
Altre vengo mostrate ma non raccontate.
Altre ancora vengono solo suggerite e sta al lettore raccongliere gli indizi.
Per esempio avete notato che a Dante piace cucinare? O che i genitori sono stati un iperprotettivi e castranti nella sua infanzia?

Ringrazio tutti coloro che hanno lasciato dei feedback, perchè è sulla base delle vostre osservazioni che sto eseguendo la revisione finale.

Se il racconto vi è piaciuto, vi invito a dare un'occhiata alle altre mie storie.

Se desiderate ascoltare la prima versione del racconto sotto forma di audiolibro, potete trovarla sul mio canale youtube assieme alle musiche che compongo. https://www.youtube.com/channel/UCiFtaCE5OuimbdsdnByOYWg/playlists?view_as=subscriber

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