In love by chance.

di Io_amo_Freezer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri di un momento. ***
Capitolo 2: *** Nascondiglio. ***
Capitolo 3: *** Sogni. ***
Capitolo 4: *** Festa. ***
Capitolo 5: *** Resta sveglio. ***
Capitolo 6: *** Nelle loro mani. ***
Capitolo 7: *** Nausea. ***
Capitolo 8: *** Qualcosa di più. ***
Capitolo 9: *** Acqua pericolosa. ***
Capitolo 10: *** Sempre. ***
Capitolo 11: *** Football. ***
Capitolo 12: *** Cappello. ***
Capitolo 13: *** Trovato. ***
Capitolo 14: *** La pioggia scende sulle tue guance. ***
Capitolo 15: *** Record! ***
Capitolo 16: *** Addio. E grazie di tutto. ***



Capitolo 1
*** Incontri di un momento. ***


Corsi veloce senza sosta tra le strade della città, ignorando il rumore del battito incessante e ripetitivo che producevano i miei sandali appena toccavano il suolo, cercando solo di fuggire al più presto dal grosso e panzone uomo vestito in un camice bianco e con un grande e, altrettanto, bianco cappello da chef sul capo che cercava di acchiapparmi, ma la sua condizione fisica lo costrinse a rallentare un po', lasciandosi sopraffare da me: un giovane e arzillo ragazzo che nella mia corsa rischiai perfino di investire una ragazza con in mano due buste piene di vestiti, dai lunghi e mossi capelli arancioni che danzavano nel vento e due occhi profondi dello stesso colore.
-Sta più attento!- protestò indignata con un gesto secco del capo che fece smuovere delicatamente i suoi luminosi e vibranti capelli sulle sue spalle, continuando poi per la sua strada. Borbottai un lieve "Scusa.", imbronciato per la sua reazione prima di tornare a quella corsa sfrenata, mentre sentì il padrone della locanda lamentarsi con la ragazza in questione per essersi fatta sfuggire me nonostante le sue avvertenze urlate a squarciagola, ma lei non mi sembrò molto dispiaciuta della cosa, anzi continuò imperterrita per la sua strada.
Lo osservai piegato sulle ginocchia tra gli affanni e, ridacchiando, gli mostrai una bella linguaccia, per poi svoltare e alzare lo sguardo al cielo, allungando le braccia elastiche come la gomma. E mi aggrappai alle tegole per poi lanciarmi come una molla sopra di esse, e subito atterrare, ma non mi aspettavo certo che sopra quel tetto stesse riposando una persona, a cui inevitabilmente piombai addosso, rischiando anche di farla cadere fuori da quel poco spazio disponibile, mentre il locandiere, nel perdermi di vista, aveva cambiato strada. Sospirai, sollevato di non essere finito nelle sue grinfie, mentre tornai a guardare il bello addormentato che non si aspettava certo un risveglio tanto brusco quanto inatteso intanto che si issò sulle braccia, alzandosi col busto e mettendosi seduto con me a cavalcioni sopra le sue gambe lasciate distese.
 
 
-Scusa.- esclamò frettoloso, ma con un grande sorriso appena constatò di non essere più seguito, rilassandosi senza spostarsi dal povero malcapitato, alias me.
-E quindi.. -commentai piano, cercando di elaborare quella buffa situazione -Tu saresti...?- chiesi con mio solito tono brusco e distaccato, aspettando risposta mentre lo studiai con uno sguardo serio, come mio solito, abituato a non abbassare mai la guardia, osservando la sua chioma corvina sventolare al vento con dolcezza. Non era troppo muscolo, constatai, ma nemmeno poco da come si poteva notare dagli addominali tonici lasciati scoperti e attorniati da una cicatrice a forma di X sul petto che sembrava come fatta da una bruciatura. L'altezza, non potevo definirla al momento, ma indossava una camicia rossa, sbottonata e a tre quarti di maniche che sventolava piano dalla base. Scendendo con lo sguardo osservai le bermuda azzurre con una fascia gialla e lunga usata come cinta, con l'estremità che calava fuori, lasciandosi cullare dal vento, libera, per poi notare, guardandolo nei suoi grandi e profondi occhi come due pozzi neri la cicatrice sotto quello sinistro, a due punti. Ho trovato uno scapestrato, non feci a meno di ipotizzare nei miei pensieri. 
-Il mio nome è Luffy!- esclama festoso -Tu, invece?- domanda di rimando, incuriosito dal nuovo conoscente.
-Zoro.- affermai secco, cercando di scrollarmelo di dosso, riuscendoci per poi esclamare -Perché quel tipo ti seguiva?- riferendomi al barista. Lo osservai alzare le spalle con nonchalance e con altrettanto tono di sufficienza affermare:
-Non ho pagato il conto.- e si mise a ridere, come se ciò fosse una cosa del tutto normale.
-D'accordo.- borbottai, lievemente sbigottito, alzandomi per sistemarmi la fascia vermiglia legata ai jeans verdi, stirandomi con le mani la casacca bianca e sistemandomi la bandana nera legata al mio bicipite un po' sgualcita, scendendo giù a terra e tenendo sempre d'occhio il ragazzino che, saltando, iniziò a seguirmi con le braccia dietro la testa, ed un volto spensierato in faccia. Mi fermai di scatto, irritato, voltandomi -Cosa vuoi?- sbotto, alzando un sopracciglio in attesa di una risposta, notando che non fosse alto come me, bensì arrivava, sì e no, al mio petto.
-Niente, ma in giro c'è ancora il locandiere. Quindi devo fare la strada lunga.- e rise ancora, senza fermarsi e sorpassandomi, evitando troppe pretese.
-Come mai non ti ho mai visto da queste parti?- oso chiedere al ragazzo che prese, da dietro, il suo cappello di paglia solo per rimetterselo in testa.
-Sono qui da poco. Con l'esattezza sono nato qui ed ora ci sono tornato. Tu?- afferma schietto, non facendo a meno di sorridere in un modo tanto ingenuo e innocente, come solo un bambino potrebbe fare.
-Nato e vivo qui, ma a volte parto perché sono il quarterback della squadra di football e che presto vincerà le nazionali.- ghigno, fiero di me e della mia squadra -Perché sei tornato?- gli chiesi poi, voltandomi di lato verso di lui che continuava a guardarmi felice, ormai al mio fianco, ma appena pronunciai tali parole quel sorriso si spense di botto.
-Io..- borbotta un attimo, come del tutto perso e con uno sguardo sconnesso, mentre abbassò il capo per coprirsi gli occhi con il cappello; assottigliai lo sguardo, pentendomi per quella domanda, forse troppo azzardata. Ma lui riprese fiato, rialzò la testa e, rispondendo deciso e sincero, con un lieve tono di pacata innocenza, affermò: -Sono qui per una vacanza.- ridacchiò poi, lasciandomi scettico per quel cambio di umore improvviso, però mi tranquillizzai, toccando con le dita i manici delle mie fidate katana come per reggerci il braccio, come facevo sempre. 
Sbuffai e alzai il capo, osservando la luce del giorno impossessarsi dei miei occhi, e lasciai alle mie pupille di godersi quel beato cielo azzurro, con qualche nuvoletta attaccata sopra.
-Okay. Ma se non paghi, dubito mangerai ancora.- esclamai ad un tratto, pacato, lasciandolo spaventato.
-Non dire così! Come faccio senza cibo!- e fece la faccia tipica del quadro di Munch, e con quel viso; non seppi spiegarmi come o perché, ma un sorriso sfuggì dalle mie labbra. Quel ragazzo era così bizzarro.
-Come mai non paghi? Sei venuto qui da solo, senza i tuoi.. è per questo?- osservai curioso.
-Non ho mai conosciuto i miei, in realtà. A parte mio nonno... Però lui lavora sempre in Marina, quindi lo vedo poco.- spiegò con sufficienza -Ma ho un po' di soldi messi da parte.- tenne a precisare, sempre con quell'entusiasmo fanciullesco che, a quanto mi pareva, lo caratterizzava.
-Molto bene, io sono arrivato.- affermai poi, davanti ad una piccola villa dove accanto risiedeva un dojo: quello di mio padre. Sbuffo, leggermente stanco prima di voltarmi ancora verso Luffy -Forse ci vedremo in giro. A presto.- e avviandomi dentro, dandogli le spalle; con un braccio alzato per salutarlo nonostante non lo stessi guardando in faccia, lo sentì allontanarsi a passi lenti, senza fretta, dopo aver ricambiato il proprio saluto con un grande "Ciao!".
 
 
Mi misi a ridere, felice di aver fatto la sua conoscenza. Lo trovavo così simpatico e speravo di rincontrarlo molto presto, ma in breve tempo sospirai mogio, ripensando alla sua domanda del perché ero tornato qui, abbassando le spalle e cercando di concentrarmi su tutto tranne che i ricordi. Sorrisi ironico, ero tornato nel luogo dove c'erano solo ricordi e mi aspettavo di dimenticare, o meglio, abituarmi a conviverci. Ma qualcosa mi aveva detto di doverci tornare, e avevo pensato fosse il posto giusto per riprendersi. Forse avevo sbagliato. Borbottando cercai di scrollarmi di dosso la tristezza, ricominciando a correre per tornare a casa vedendo il sole ormai svanire tra le montagne, mentre arrivai più in fretta del previsto, guardando l'edificio con malinconia, a pochi passi dal monte Corbo. Aprì il cancello che separava il vialetto da quella grande casa di legno e, riprendendo dal prato la mia valigia nera che avevo abbandonato senza troppe pretese quando ero arrivato quella mattina, mi incamminai verso l'ingresso, spingendo la porta con fatica, chiusa ormai da anni. Entrai in casa, osservando l'interno inclinai il capo con noia; era tutto buio e pieno di polvere ed io non ero il tipo da mettermi a fare pulizia. Purtroppo mi toccava. Abbassai le spalle, stanco; avvicinandomi alle finestre le aprì, e per prima cosa alzai di poco le tapparelle, lasciando filtrare, oltre all'aria fresca, la poca luce in modo da rendere la casa più accogliente di come si prospettava ad occhio. Tolsi poi i lenzuoli da tutti i mobili che sembravano come nuovi, facendo volare enormi polveroni nell'aria, nonostante tutto il tempo abbandonati lì e sorrisi nel constatare che era proprio come me la ricordavo. Passai l'aspirapolvere e completai spazzando con molta fatica e quasi allagai la casa con detersivo e acqua, ma riuscì per miracolo nel mio dovere senza troppi danni, lasciando asciugare ed evitando di guardare qualche quadretto di famiglia sopra i mobili e sulle mensole, abbassandoli di faccia a terra prima di spaparanzarmi sul divano, iniziando a smanettare sul telefono e riposando un attimo.
Aprii un occhio e guardando il telefono sopra il mio petto mi resi conto che erano già le 23:00. Senza preavviso mi ero addormentato, ma non c'era da biasimarsi: il viaggio era stato molto lungo. Alzandomi indolenzito, con l'odore di pulito e del profumo dolce delle rose del prodotto per i pavimenti sotto al naso mi diressi verso l'interruttore, accendendo la luce che il nonno si era assicurato giorni fa di rimettere in quella casa, conscio del mio arrivo imminente. Mi stropicciai un occhio e sbuffai. 
-Mi annoio a morte, cosa posso fare?- borbottai con voce impastata, tra me e me.
Scrollando il capo mi diressi fuori, sbadigliando sonoramente e venendo travolto da una folata di vento fresca che mi scompigliò i capelli, intorpidendomi le guance e facendo volare dietro di me il cappello che mi restò legato solo grazie alla corda che mi attorniava il collo. Sorrisi e mi diedi la spinta, correndo il più veloce possibile; ripresomi dal colpo di sonno, verso il centro della città illuminata da lampioni e vetrate di negozi che mozzavano il fiato. 
-E tu chi saresti, sgorbio?- ringhiò un ragazzo biondo che deviai, frenando e squadrandolo con un occhio. Era molto alto e magro, ma muscoloso; marcò sull'ultima parola con un tono aspro, e notai fosse vestito di tutto punto, con una giacca di piume rosa sulle spalle, una maglietta ed un pantalone dai colori sgargianti, con scarpe a punta nere. Lo osservai arrivarmi dinanzi, camminando a gambe larghe e il baricentro basso, come i cowboy. -Non rispondi? Ti hanno mangiato la lingua, o forse sei solo sorpreso di vedere me, il grande Donquijote Doflamingo, miglior giocatore di football?- chiese ironico lo spilungone, con un ghigno sprezzante stampato sul volto.
Lo scansai, ignorandolo e cercando un posto dove poter mangiare bene, ascoltando fare una smorfia per il mio atteggiamento. E in mezzo a tutta quella folla adocchiai, tra tutti quei volti sconosciuti, quello del ragazzo di quel pomeriggio: Zoro. Mi stava osservando, mentre beveva un boccale di birra vicino ad un vicolo e mi chiesi perché dedicasse tutta questa attenzione al sottoscritto, anche se ne fui felice. Odiavo stare solo, e avrei fatto di tutto per farmelo amico visto come mi aveva colpito fin da subito.
-Come osi ignorarlo?- scatta uno dei suoi compagni che si apprestò ad assestarmi un pugno, ma fui più veloce io e, spostandomi di poco con il collo riuscì a schivare l'attacco per poi continuare la mia ricerca del cibo. Non potevo tornare alla locanda di quel pomeriggio, quindi dovevo sceglierne per forza un'altra per quanto la prima cucinasse divinamente. Avrei dovuto portarmi dietro dei soldi la prossima volta e dovevo anche ricordarmene. Sentii il ragazzo che mi aveva attaccato ringhiare, ferito nell'orgoglio, pronto a colpirmi ancora, ma qualcosa si frappose tra di me e lui. Osservai la schiena del mio amico difendermi da quel ragazzo, stringendogli abbastanza forte il polso dove teneva un piccolo pugnale da spaventarlo, spuntato fuori poi chissà da dove.
-Penso che è meglio non esagerare con il rum.- commentò Zoro con un sorrisetto beffardo, spingendo indietro il ragazzo che cascò a terra insieme alla lama prima di scappare con la coda tra le gambe. 
Guardai Doflamingo osservare in tono di sfida Zoro per pochi minuti, ricambiato con altrettanta gentilezza, ed infine sbuffare e incamminarsi lontano, lasciandoci perdere. Mi grattai il capo, confuso, osservando Zoro voltarsi verso di me con il suo solito sguardo serio, così gli sorrisi, felice di vederlo.
-Ma tu non fai altro?- sbottò, riferendosi al sorriso, il ché mi fece ridere, prima di dirgli:
-Grazie.- 
-Vieni, ti offro qualcosa.- a quelle parole i miei occhi si illuminarono di gioia, e in un attimo lo seguì, frettoloso e affamato.
 

 

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Capitolo 2
*** Nascondiglio. ***


Giungemmo in una locanda; entrando mi stupì di vederla così piena, ed in un attimo mi fiondai a sedere su uno sgabello al bancone, appoggiandoci sopra il mio amato cappello di paglia, accarezzando di sfuggita la fascia rossa che circondava la base mentre venni subito raggiunto da Zoro. Sorrisi e iniziai a chiedere ripetutamente del cibo, sbattendo frenetico le mani contro il bancone con foga, ignorando che facendo ciò disturbassi gli altri clienti.
-Ma guarda un po' chi c'è... Quello che non paga il conto.- commentò stizzita una ragazza con uno sguardo indignato e la riconobbi come la stessa che avevo quasi travolto quel pomeriggio. Risi imbarazzato, non aspettandomelo e grattandomi il capo con un sorriso enorme. -Smettila di fare fracasso.- ruggì subito a denti stretti, con uno sguardo assottigliato e cupo che mi mise davvero paura, così l'accontentai, ingoiando un groppo di saliva in gola e immobilizzandomi di colpo.
-Intuisco che vi conosciate già.- borbottò Zoro, alzando gli occhi al cielo, temendo forse di dover pagare a lei anche quello che credeva non avessi pagato io.
-Non esattamente. Ci siamo solo scontrati per strada.- spiegò mandandomi di scatto uno sguardo acido nel ricordarlo. Sventolando poi i capelli all'indietro tenne a precisare con una domanda dritta a me: -Hai i soldi?- incrociando le braccia al petto.
-Pago io, Nami. Non preoccuparti.- chiarì il mio amico, con un braccio che gli reggeva il mento, in una posa del tutto indifferente.
-Ottimo! Ordina tutto quello che vuoi, allora!- esclamò giuliva con un sorriso consapevole che avrebbe guadagnato più di quanto si aspettasse quel giorno, forse perché anche Zoro mangiava tanto. -Sanji, prepara i migliori piatti per i nostri ospiti!-
A quell'affermazione mi venne l'acquolina in bocca, mentre urlai di volere della carne: con la lingua di fuori, bramoso di mangiare più che mai. E in poco tempo fui servito con un banchetto di carne da un cuoco biondo vestito in giacca e cravatta nera, con camicia gialla, dalle movenze eccentriche ed una frangetta che gli copriva l'occhio destro, mentre quello scoperto aveva un bizzarro sopracciglio arricciato in senso antiorario.
-E ricordati del tavolo sedici.- gli ricordò la ragazza, tornando a servire dei clienti con in mano un vassoio liscio e nero dove, appoggiati sopra, sovrastavano un paio di bicchieri di birra.
-Certo mia cara Nami; ogni tuo desiderio è un ordine per me!- esclamò, svolazzando con gli occhi a cuore.
Ignorai quelle parole, troppo affamato, e continuai ad abbuffarmi mentre Zoro, guardando con un'occhiataccia il bel cuoco innamorato che non lo degnava nemmeno di osservarlo intanto che lo serviva, troppo occupato ad ammirare con occhi dolci, Nami, beveva, mangiando anche un po' di carne e qualche onigiri, quelle polpette di riso davvero squisite.
-Tsk.- mi rivolse un mezzo sorriso alla visione di me che mi infilavo tutto in bocca senza alcun ritegno -Sei un vero mangione.- ridacchiò, scuotendo piano il capo, divertito; finché le porte non si spalancarono di botto, facendo voltare tutti, ma io non ci feci caso, voglioso di dedicarmi solo a quel cibo succulento.
-Eccomi tornato!- esclamò, entrando; ed io adocchiai di sottocchio che fosse un ragazzo dal naso lungo, vestito con una t-shirt gialla ed un jeans lungo marrone, mentre attirò a sé l'attenzione di tutti -Il grande Usop è qui tra voi!- urlò fiero, reggendosi con una mano una borsa a tracolla.
-Piantala e siediti!- ruggì Nami, accigliata quando ebbe capito chi fosse, tornando dietro il bancone e demoralizzando Usop che decise di ubbidire con la coda tra le gambe, con tutti che tornarono al loro cibo con naturalezza, forse perché accadeva un po' tutti i giorni. 
-Dovresti finirla con questa pagliacciata!- sbuffò seccamente Sanji con in bocca una sigaretta spenta.
-Ma quale pagliacciata? Sono un grande uomo io!- spiegò puntandosi un dito al petto, sedendosi accanto a me, e senza volere iniziò a studiarmi incuriosito -Ehi... Ma a te non ti ho già visto?- chiese sorpreso, mentre osservava il mio cappello davanti a lui.
-No, ne dubito.- borbottai con la bocca piena sputacchiando un po' ovunque.
-Ergh..- fece una smorfia, disgustato da quello spettacolo, ma poi tornò serio, allungando una mano verso l'oggetto di mia proprietà.
-Ehi! Non toccare il mio tesoro!- protestai irritato, levandoglielo dalle mani. Lui mi fissò stralunato, alzando un sopracciglio incredulo.
-Il tuo tesoro?- domandò curiosa Nami allungandosi con il busto sopra il bancone nella mia direzione, intanto che Zoro e Sanji mi osservarono seri, vogliosi tutti di sapere.
-Sì, è un regalo di due persone a me molto care. Rappresenta un tesoro per me, e nessuno può toccarlo senza il mio permesso!- asserii soddisfatto, annuendo convinto, mentre masticavo il cibo a bocca aperta.
-Davvero?- si sorprese la ragazza, stupita dalla mia prima affermazione. 
-Eppure ti ho già visto da qualche parte...- tornò a dire il nasone tra i sussurri, reggendosi una tempia pensieroso con un dito. Mentre lo osservai curioso di sottecchi, appoggiando il cappello sul bancone, più tranquillo.
-Smettila e vedi di ordinare qualcosa, altrimenti sloggia.- affermò il cuoco seccato.
-Ma sì, invece! Ti avrò visto su qualche giornale...- si fermò, cercando di stringere le meningi per ricordarsi, portandosi una mano sotto al mento.
-Smettila con le tue bugie, e lascia il cliente in pace.- sbottò Nami, con le mani piantate sui fianchi, osservandolo infastidita, intanto che il cuoco, Zoro e tutti i clienti mi scrutavano in modo un po' troppo sospetto per i miei gusti. 
-Non sto mentendo. Stavolta dico davvero!- commentò lui di rimando, offeso, rovistando nella sua borsa finché non tirò fuori da esso un giornale, facendo echeggiare il suono delle carte che si stropicciavano.
Vedendolo sfogliare quel giornale sentì il sudore invadermi la fronte ed un caldo torrido seccarmi la gola, mentre, inghiottendo un altro boccone, smisi di mangiare, temendo per ciò che poteva esserci scritto.
-Eccoti!- esclamò vittorioso, schiaffeggiando più e più volte sulla pagina in questione con soddisfazione, dove vi era anche la mia foto, per poi iniziare a leggere ad alta voce, il giusto perché lo sentissero solo loro quattro e me. -Il famoso campione di nuoto, Monkey D. Luffy, lascia tutti sbigottiti dopo la sua decisione di lasciare lo sport a cui ha dedicato la maggior parte della sua vita. E così che finirà l'era del miglior nuotatore giapponese? Purtroppo non possiamo saperlo. Il ragazzo non ha voluto lasciare commenti.- finì di leggere nonostante l'articolo non fosse finito, mentre si voltò a guardarmi come gli altri tre, ma io ero più tranquillo: non c'era nulla di quello che mi aspettavo per fortuna e, forse, per quello, dovevo ringraziare mio nonno, che non voleva che cose di famiglia si sapessero così apertamente.
Lo osservai in faccia, ignorando i loro sguardi stupiti e così, con nonchalance, decisi di continuare a mangiare, sentendo ancora un leggero vuoto nello stomaco.
-T... Tu sei il famoso nuotatore?- quasi urlò il nasone, ma si trattenne, e con gli occhi sgranati Nami aspettò la mia risposta.
-Sì, lo ero.- farfugliai con sufficienza, sempre con il cibo in bocca.
-Incredibile...- sussurrò basito, Sanji, per poi sorridere come il resto della combriccola mentre terminai finalmente di mangiare.
-Grazie per il cibo, era tutto buonissimo!- esclamai sincero, congratulandomi con il cuoco, leccandomi i baffi e tenendo le mani sull'enorme pancione che adesso avevo per colpa del cibo assimilato, ma trattenni il respiro, con i polmoni pieni e iniziando a riscaldare il mio corpo che arrossì producendo un po' di vapore, cercando di digerire e di bruciare le calorie il più in fretta possibile: ed eccomi, ero subito magro e pimpante come al solito, lasciando tutti fin troppo basiti.
-Oh, sono felice ti sia piaciuto.- rispose, gradendo il parere con un immenso sorriso, anche se stranito da quella performance di "dimagrimento istantaneo". 
-Bene. Ora posso andare.- ridacchiai, alzandomi energico.
-Se vuoi puoi restare ancora.- commentò Nami, tenendo il malloppo che Zoro aveva sganciato per la cena, in mano, con gli occhi a forma di Berry; forse vogliosa di altra grana.
-No, grazie. Penso che mi farò un giro.- borbottai, rimettendomi il cappello in testa.
-Non ti disturba se ti faccio compagnia, vero? Infondo, tutti vorrebbero stare insieme al grande Usop!- esclamò il nasone e così, alzando le spalle annuì, avviandomi seguito anche da Zoro che salutò i due amici locandieri come anche Usop, i quali ricambiarono, mentre sentivo gli occhi dei clienti su di me che sussurravano tra loro: "ma quindi chi è?", non avendo ascoltato a pieno la nostra conversazione, però li ignorai con indifferenza.
-Allora, hai girato il mondo immagino.- decise di spezzare il ghiaccio, Usop, camminando tra la folla in tono fiero, come una star, venendo beatamente ignorato dal "suo" pubblico.
-Esatto.- risposi con naturalezza, ma a ripensare a quelle esperienze e alle gare mi emozionai come se fossi in quei posti meravigliosi tutti assieme, mentre Zoro mi teneva costantemente d'occhio, non capivo il perché, forse voleva chiedermi qualcosa.
-E perché ora sei qui?-
Osservai Usop e pensai alla sua domanda per pochi istanti; annusando l'aria gelida intorno, il cielo immenso di blu che mi sovrastava, pieno di puntini bianchi scintillanti; scrutando la luce lampante dei lampioni e dei negozi costantemente aperti nonostante il tardo orario, prima di rispondere:
-Vacanza. Starò qui per un po' e poi..-
-Tornerai alla tua carriera, giusto?- mi interruppe, orgoglioso della scelta che credeva avessi fatto -Infondo ti capisco, chissà quanto ti stressano. Essere una star è difficile, fidati io ne so qualcosa.- annuì convinto.
-Ah, ma smettila! Cosa vuoi saperne tu!- scattò Zoro, sbuffando stanco per le sue continue bugie mentre con un dito punzecchiava la sua fronte ripetutamente, come per farlo smettere.
-No, non penso.- commentai piano, rispondendo alla sua domanda e guardandomi attorno curioso; in quegli anni la città era cambiata parecchio, ma infondo io non ci avevo vissuto così tanto da ricordarmi tutto.
-C... Cosa?- urlò spaventato e incredulo indirizzato a me, attirando tutta l'attenzione della gente su di noi che passeggiava tranquilla, cercando di capire cosa accadesse per quelle urla. -Ma... perché? Era il tuo sogno essere il re, il miglior nuotatore del mondo, e c'eri quasi!- sbottò gesticolando basito, il nasone, con Zoro che si affrettò a farlo tacere prima che la folla capisse e mi si buttasse addosso per l'emozione come si fa con qualsiasi altra star.
"Perché?"... Pensai a quello che aveva detto attentamente. Era stata dura lasciare il mio sogno alle spalle, per non parlare quanto era stato doloroso, e che lo fosse tutt'ora, ma lo era ancora di più praticarlo conscio del fardello che portavo. Scuotendo il capo per distrarmi non gli risposi, continuando a camminare alla ricerca di un qualche svago, e incrociando gli occhi di tutte quelle persone ficcanaso che mi fissavano per capire che cosa avessi mai fatto per procurare scompiglio nel ragazzo nasone, ma che sembrava già aver dimenticato tutto nel notare dei ragazzi in particolare, in un angolo tra due edifici ben illuminati e caldi, pieni di fiori dentro a vasi colorati.
-Usop, Zoro!- sentì i loro nome venire chiamati da quel gruppetto in mezzo a tutto il trambusto che c'era; e mentre loro si fermavano a salutare ne approfittai per uscire di corsa dalla città, ritrovandomi nella vegetazione più totale della foresta del monte Corbo, lontano da tutti. 
Lasciai all'aria di entrare tutta nei polmoni prima di correre tra gli alberi alla ricerca di quel posto, quel nascondiglio, sperando che ci fosse ancora, che in tutti quegli anni non si fosse rovinato o logorato per via del tempo; non lo avrei sopportato.
Con le gambe che fremevano per la troppa corsa, quasi cedendo ad ogni passo per la stanchezza arrivai in fretta alla destinazione: alla casa sull'albero, quello più alto, e quella che avevamo costruito insieme. Sospirai prima di salire. In quel momento avevo solo bisogno di immergermi in quei ricordi, e non mi interessava se mi avrebbero distrutto, infondo, era l'unica cosa che mi rimanevano.
 
 
Era entrato nella foresta proibita senza troppi pretesti, e non potei che chiedermi se avesse tutte le rotelle a posto, ma ghignai. Era il posto più pericoloso che potesse esistere, con bestie fameliche e feroci; non per questo era uno dei luoghi dei miei allenamenti più intensi.
-Chi era quel ragazzo?- chiese Brook con la sua solita e strana risata, strimpellando con la sua chitarra, solleticando le corde tese con le sue lunghe dita fatte unicamente di ossa.
-Era solo il mio amico Luffy, il campione mondiale di nuoto.- rispose con nonchalance, Usop, lasciando tutti basiti, esagerando come al solito.
-Davvero? E cosa ci fa qui?- Chopper sgranò gli occhi restando stupito e a bocca aperta, muovendo le sue piccole orecchie da renna e stringendo con le mani la base del suo cappello blu e rosa che teneva sempre in testa, con una speciale di X bianca al centro.
-Non è che è una delle tue solite bugie?- disse Robin, ridacchiando, tenendo le braccia conserte sotto al prosperoso seno, avvicinandosi ad un vaso sopra la finestra per annusarlo, portandosi una ciocca corvina dietro l'orecchio.
-No, è tutto vero.- assicurai piano, annuendo per poi recarmi a casa dopo averli salutati uno per uno, lasciandoli parlare tra loro del nuovo arrivato.
Aprendo la porta della mia stanza mi avvicinai alla scrivania, sedendomi sulla sedia nera con le rotelline, e accendendo il computer voglioso di appagare la mia curiosità. Digitando il suo nome attesi i risultati di Google; non mi ero informato molto sulla sua vita perché, francamente, mi bastava solo sapere il suo nome che a volte sentivo nei telegiornali o in quei programmi di sport. In città, anche se chiamarla così era un'ironia per quanto fosse piccola, lo adoravano come ogni altra celebrità, ma con la differenza che lui fosse cresciuto qui, e per loro era una cosa speciale. Ma anche se lui era di queste parti non faceva famosa questa città, o meglio, paese, ormai poco conosciuto quanto un'isola in mezzo all'oceano, quasi inesistente ed era grazie a questo piccolo, ma forte particolare che ognuno faceva a modo suo. Non essendoci poliziotti o altri guardie della legge la gente si sentiva libera di dare il meglio, ma soprattutto il peggio di sé. Scesi con il mouse, leggendo ogni articolo, incuriosito, per poi dedicarmi alle informazioni delle sue interviste. Leggendo le sue risposte schiette mi venne spontaneo sogghignare, era così ingenuo e spontaneo anche davanti ai giornalisti, ma smisi subito di leggere. Non volevo conoscerlo in quel modo avendo la possibilità di farlo di persona, sarebbe stato interessante.
-Ehi, Zoro!- mi voltai verso la voce dolce e stridula di mia sorella sul ciglio della porta che galleggiava da terra con in mano un ombrellino da sole, nero dai bordi viola chiaro, e i suoi fantasmini dalle lunghe braccia alle sue spalle, bianchi, con gli occhi profondi e le occhiaie nere e la lingua di fuori e la bocca spalancata mentre spensi il computer, alzandomi e prendendo le mie fidate katana -Dove stai andando?- mi chiese scorbutica.
-Taci Perona.- dissi, seccato della sua presenza.
-Nostro padre non sarebbe felice se sapesse che stai sempre fuori e non ti preoccupi della tua cara sorellina.- affermò, andandosene indignata. 
-Da che pulpito...- 
Ghignai poi, consapevole che comunque mi volesse bene, mentre tornai fuori per poi correre nella foresta proibita, chiedendomi se Luffy avesse trovato il mio nascondiglio. Sarebbe stata la prima meta, se sarei riuscito a non perdermi...
 
 
Tirai su col naso, accucciato di fianco, con le gambe all'addome e con le mani che stringevano al petto il mio cappello, insieme alla luna che mi sovrastava dalla finestra, illuminandomi il volto. Socchiusi gli occhi, mentre sentivo le lacrime solcarmi il volto copiose e il corpo tremare e la gola bruciare. Assaporai ogni attimo, coccolandomi in quella casa che prima mi apparteneva ed ora era l'unico luogo in cui potevo stare con loro, forse solo a soffrire. Cercai di rallentare il mio respiro, ripensando a tutte le nostre avventure, a tutte quelle volte in cui eravamo uniti, in cui litigavamo per poi scherzare e ridere, o a tutte quelle volte che parlavamo dei nostri sogni... Avrei voluto urlare, chiedere scusa. Non stavo mantenendo i miei sogni, e la loro dipartita mi aveva spezzato troppo per potermi tirare su. Ero così disperato!
Singhiozzai portandomi le mani agli occhi, cercando di urlare, ma la voce non usciva, era sparita, ed io ero solo, completamente solo... Non volevo essere così! Ma lo ero, ero debole, e l'unica cosa che potevo fare era piangere. 
Mi irrigidì di scatto nel sentire i rami fuori scricchiolare; mi asciugai velocemente gli occhi, rimettendomi in testa il cappello e gattonando vicino alla porta con esitazione e curiosità, ritrovandomi davanti il verde chiaro delle ciocche dei capelli di Zoro.
-Z... Zoro?- borbottai incredulo, ascoltando il rimbombo nelle orecchie della mia voce tremante vacillare, ancora succube del pianto, osservandolo alzare lo sguardo e i suoi occhi smeraldo brillare alla luce della notte penetrare nei miei, neri, pozzi senza fine.
-Ti senti bene?- mi chiese confuso, e mi affrettai ad annuire e sorridere, indietreggiando a carponi per farlo salire.
-Certo, ho solo... un po' di tosse.- spiegai con voce spezzata e rauca, sudando freddo senza guardarlo negli occhi e con la bocca che, senza mio volere si sporse di lato a forma di tre, mentre sperai che ci credesse; non ero mai stato bravo a mentire.
Lo sentì tentennare per il mio sguardo e, con il cuore in gola, lo osservai salire sopra, mettendosi seduto e scrollandosi le spalle, passandosi una mano tra i capelli.
-Che hai?- mi domandò ancora con uno sbuffo, brusco. 
Risi per smorzare il fiato e scrollai il capo per rassicurarlo nonostante avvertivo gli occhi pizzicare, di sicuro erano rossi per il pianto di prima, così li nascosi, piegando il cappello su di essi. Sentivo la straziante tristezza che mi opprimeva il cuore avvolgermi nelle sue spire per trascinarmi sempre più giù nell'oblio, mentre le lacrime mi stavano piegando; pretendevano di uscire, ma io, deciso, ripetevo continuamente nella mia testa "Non adesso." ed era davvero terribile, mi sentivo impotente del mio dolore, nel mio dolore. Sentivo di essere completamente fuori posto, che ormai il mondo non facesse più parte di me, che non sentisse il bisogno di avermi. Faceva male sentirsi perso, sentirsi senza una meta, senza sapere cosa fare del proprio presente. Ma una cosa la sapevo... Volevo stare solo, ora.
-Avanti parla.- incitò incrociando le braccia al petto e scrutandomi attentamente dopo essersi adagiato con la schiena contro le assi di legno del muro. Presi un profondo respiro singhiozzante, affermando:
-Niente... davvero.- per poi continuare -Tu che ci fai qui?- volendo cambiare discorso, continuando a prendere profonde boccate d'aria a scatti, ancora succube dei singhiozzi e dei pianti.
-Vengo spesso qui. E' il mio nascondiglio. Tu come lo hai scoperto, invece?- sospirò, consapevole che non avrei sputato il rospo.
-Beh, questo posto l'ho costruito io. E' come la mia casa.- spiegai con un sorriso tremolante. Lui sgranò gli occhi, non aspettandoselo.
-Oh. Allora ti chiedo scusa se ho varcato il suolo di questo luogo senza il tuo permesso.- disse, riferendosi al discorso di prima per il mio cappello, in quel modo bizzarro per rallegrare un po' la situazione. Ridacchiai sincero dicendogli che non importava.
-Puoi venire quanto vuoi, tranquillo.- specificai, calmandomi finalmente.
-Ottimo.- affermò, portandosi le braccia dietro la nuca e adagiando le spade al suo fianco.
Sorrisi tirando su con il naso un'ultima volta e asciugandomi gli occhi un po' umidi prima di strisciare, mettendomi accanto a lui. Adocchiai le sue katana e ne rimasi strabiliato, allungando una mano per prenderne una dal manico bianco e sguainandola dalla fodera, con gli occhi del mio amico che mi scrutavano costantemente.
-Le sai usare?- domandai, rigirandomi la katana tra le mani un po' goffamente, quasi rischiando di tagliarmi con la lama davvero affilata.
-Sì. Uso la tecnica delle tre spade.- e prese la katana prima che potessi farmi davvero male, così risi.
-Non vuoi proprio dirmi cosa ti turba?- domandò volgendo uno sguardo al cielo e scuotei il capo in segno negativo, con occhi cupi e vuoti, troppo silenziosi e affogati nel dolore.
-Io... Non ho niente, fidati.- borbottai, tenendo forte la base del cappello tra le dita per coprirmi il volto. 
Rizzai la schiena sentendo una mano sulla mia spalla stringerla dolcemente. Mi scappò uno sguardo implorante senza volere, e lui capì che era meglio non interferire, o approfondire.
-Okay, allora conosciamoci; inizio io. Sono il figlio di Drakul Mihawk, ho una sorella minore di nome Perona. Come sai gioco a football, e tra poco partirò per poter sconfiggere la squadra di Doflamingo.- ghignò, come consapevole e sicuro di ottenere la vittoria -E il mio sogno è di diventare il più forte del mondo. Lo farò per me e per lei, manterrò la promessa che ci scambiammo.- finì, ma senza aspettarsi la mia biografia, perché era conscio che non l'avrebbe ottenuta, non in quel momento.
-Lei?- chiesi, sorpreso da tutta quella determinazione.
 
 
Quanti ricordi mi tornarono alla mente con quella semplice e banale sillaba. Lei, la mia amica guerriera, l'unica ad avermi sconfitto, e per ben 2001 volte. D'istinto ripensai a quella promessa, quella che ci scambiammo pochi giorni prima che mi lasciasse. L'avrei mantenuta, in nome mio e della sua spada bianca che ora apparteneva a me per avverare i suoi, i nostri sogni.
-Era una mia cara amica... Kuina.- sorrisi.
-Oh.. Condiglienze, no, ehm.. condo-condo.. Mi dispiace per la tua perdita.- disse infine, sorridendo comprensivo.
-Grazie.- dissi, mentre mi venne un'idea -Senti, ci sarà una festa a breve. Vorresti partecipare?- 
-Uh! Bello. Certo, mi farebbe piacere!- esclamò pieno di gioia, con gli occhi che finalmente luccicavano contenti, proprio come desideravo.
Sorrisi ad occhi chiusi, felice del suo consenso e della partecipazione; gli altri ne sarebbero stati felici, e lui aveva l'impressione di uno che amava fare nuove amicizie, sopratutto uno di cui ne aveva bisogno. Anche se avevo l'impressione che avesse accettato più per far felice il suo cuore distrutto che per semplice cortesia o per lasciarsi trascinare dall'idea dello svago. Lo scrutai ancora con un volto brusco ed una smorfia dura nel concepirlo così spezzato, distrutto come i suoi occhi; erano neri come l'oblio e delicati come una piuma, e avevano celato e incatenato dentro un grande e profondo segreto. Avevo capito la sua sofferenza proprio da quegli occhi, proprio da quei due pozzi scuri e da ciò che nascondevano con tanta cura e bramosia. Non sapevo come ci fossi riuscito, forse perché erano grandi e facili da scoprire, ma poco importava; stava soffrendo, mi mancava solo sapere per cosa.
-Ah...- sospirai ad un tratto, guardandolo osservare le travi del pavimento con malinconica tristezza, quasi ricominciando a piangere, perché lo avevo capito che stava piangendo, prima; stavolta non solo dagli occhi che erano rossi, ma anche perché capivo quello sguardo, era identico al mio quando persi lei. -Ma che ore si sono fatte?- borbottai prendendo il telefono, controllando, per cambiare discorso. Dal mutamento del suo atteggiamento pensai di esserci riuscito abbastanza egregiamente.
-Già le 3:00.- ridacchiò lui precedendomi e iniziando a giocherellare con il suo cellulare ma senza accederlo, giusto rigirandoselo tra le mani per svago; così mi venne un'idea.
-Dammi il tuo numero.- proposi e lui me lo cedette senza troppe storie, dondolandosi avanti indietro con fare curioso, volendo sapere cosa stessi per farci. 
Aprendo la rubrica mi cadde all'occhio, senza volere, che in tutto, aveva solo otto contatti o poco più, e pensai che i più importanti fossero quei sei messi tra i preferiti; non ci pensai e gli memorizzai il mio numero per poi voltarmi verso di lui per restituirglielo, sorprendendomi di vederlo già addormentarlo contro la mia spalla. Mettendogli il telefono in tasca, dopo aver rifoderato le katana nella fodera della mia panciera, lo presi in braccio di lato, sorreggendolo per le gambe con l'avambraccio e con l'altra mano gli tenevo la schiena, mentre la sua testa si adagiò involontariamente contro il mio petto.
Scesi piano dall'albero, con non poca difficoltà avendo un braccio occupato a sorreggerlo per non svegliarlo, per poi recarmi a casa sua. Non conoscendo la strada mi persi un paio di volte, forse dieci in tutto, anche per via del mio scarso senso di orientamento visto che mi ritrovai al Gray Terminal; era una specie di immondezzaio, una montagna di spazzatura, invece che città. Girai intorno alla foresta per chissà quanto ma alla fine trovai l'uscita e mi recai alla meta per pura fortuna. Aprì il cancello lasciato socchiuso ed entrai in casa grazie alla chiave che trovai rovistando tra le tasche dei suoi pantaloncini azzurri.
All'interno era molto vasta, in parte mi ricordava la mia, cambiavano solo i mobili, la struttura e la disposizione delle camere. Salì le scale, osservando le mille porte e mi dannai non sapendo in quale andare, ma non demorsi e iniziai a cercare la sua stanza tra le tante. Aprì la prima porta e ci trovai il bagno, deluso provai con la seconda ma era chiusa a chiave; feci una smorfia confuso, ma non mi soffermai a pensarci; la terza, ipotizzai fosse di suo nonno dal letto matrimoniale e dalla foto di un uomo robusto e alto dalla vispa barba e i capelli grigi che capeggiava sul comodino. Così andai avanti e la quarta fu quella giusta, adagiandolo sul suo letto gli rimboccai le coperte staccando le sue braccia attorcigliate dal mio collo con più difficoltà di quanto mi aspettassi; si era attaccato a me come un koala. Sbuffai, sfinito da quella giornata e mi avviai; ero ormai sulla porta, ma ebbi come un ripensamento, una sensazione. Pensai di sbagliarmi e me ne andai, diretto a casa.
-Mhm.. A.. Acee..- mugugnai con voce impastata, voltandomi fra le coperte che frusciavano ad ogni movimento, mentre la mia mente si inebriò sempre di più del sonno, conducendomi ai miei incubi.
 

 

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Capitolo 3
*** Sogni. ***


Mi alzai di scatto stringendo la cicatrice all'addome con alcune lacrime agli occhi; era come se la sentissi bruciare di nuovo, come se mi trovassi di nuovo lì. Ero così turbato, prigioniero ancora di quell'incubo. Catturai a me tutta l'aria, smettendo di singhiozzare e mi scrollai di dosso le coperte scompigliate, bagnate del mio sudore, osservando l'orologio sul comodino che segnava le 5:00; anche quella mattina avevo dormito solo due ore. Mi morsi forte il labbro inferiore e trattenni il respiro sperando che potesse aiutarmi a resistere a quel dolore, dondolandomi avanti e dietro convulsamente tra l'ansia e il cuore palpitante stringendo le mie gambe portate al petto, ma invece le lacrime uscirono con più pretesto, quasi voracemente, cadendo sul materasso per inzuppare il copri-letto bianco, creando una pozza bluastra che ignorai. Chiusi gli occhi, restando seduto e ascoltando il mio battito nelle orecchie che accelerava ad ogni minuto che passava mentre i polmoni sembravano opprimermi, sul punto di scoppiare aridi di aria, l'oggetto dei loro desideri e della loro sopravvivenza, nonché anche la mia. Gli accontentai inspirando avidamente, ma continuai a immergermi sempre di più nella mia sofferenza, nella mia debolezza, nella mia angoscia; in quell'oblio senza fine, mentre il tempo sembrava passare lento come in una clessidra. Decisi di distendermi con la schiena contro il morbido materasso, lasciando il lenzuolo e le coperte a terra dal letto mentre osservai la poca luce che illuminava il soffitto, filtrando dalla finestra. Speravo tanto che il tempo scorresse in fretta, mi bastava anche solo arrivare alle 6:00, perché sapevo che ormai il sonno non mi avrebbe più accolto nel suo mondo, non in quello stato sconvolto in cui mi trovavo e io desideravo solo il sole in quel momento, volevo i suoi raggi rincuorarmi e riscaldarmi da quel freddo, quel gelo che si stava insediando nel mio cuore, e portare un po' di luce all'oblio più nero nella mia testa. Singhiozzai, tremando continuamente tra i pianti delle lacrime, con un groppo in gola che mi torturava prima di portarmi i palmi delle mani sugli occhi, coprendoli, intanto che sentivo il respiro mozzarsi, il cuore desistere per tutto ciò. Sentivo la forza vacillare, la determinazione venire meno e continuai a piangere, detestandomi per quello che avevo fatto, per quello che ero. Alla fine urlai, gridai come successe in quella notte tra la voglia di morire e la consapevolezza di non poterlo fare, perché loro credevano in me.
 
 
Alla fine nonostante il buio avesse resistito per molto e il tempo fosse rallentato, forse detestandomi anche lui, giunsero le 6:00. Lo capì dai lievi raggi che, oltrepassando dai fori delle tapparelle illuminavano la stanza fiocamente, e dall'orologio tecnologico nero che lampeggiava rosso le lettere di quei numeri, ed io mi alzai barcollante con ancora il terrore vivo e lampeggiante negli occhi. Mi sentivo uno straccio così mi diressi in bagno per una doccia veloce, con le braccia e le gambe molli che non sembravano nemmeno più in grado di reggere il mio stesso peso. Sentivo gli occhi rossi che mi prudevano per tutto quel pianto e i pomoni, come la gola, davvero stremati dalla mattinata che avevamo appena lasciato indietro. Entrai nella cabina dopo essermi levato di dosso i miei indumenti, con le mani che tremavano convulsamente quasi non permettendomi di compiere quel gesto comune e quello successivo che richiedeva solamente di sollevare la manopola del rubinetto. Venni investito di botto dall'acqua calda che immediatamente mi avvolse a sé come una coperta rassicurante e che mi aiutò a riprendermi, procurando tanto vapore intorno a me da sembrare di essere alle terme. Amavo questa sensazione di torpore, di respiro che mi dava, tranquillizzandomi dai cattivi pensieri, dalle paure e dalle preoccupazioni.
Mi cambiai come mio solito: in modo trasandato; dirigendomi affamato in cucina insieme al mio fidato e amato cappello che, nonostante tutto, riusciva a consolarmi. Prendendo il poco cibo che avevo "preso in prestito" l'altro giorno al negozio e che mi sarei dovuto ricordare di pagare entro quel giorno mi spaparanzai sul divano con il cibo tra le braccia e un pezzo di pane in bocca mugugnando piano, annoiato, e accesi la televisione al plasma con la colazione sul mio addome facendo un giro veloce di canali. Ma mi ritrovai smarrito tutto d'un tratto, così iniziai a pensare un secondo, stralunato da quella situazione e alzandomi col busto senza far cadere niente per fare mente locale: non ero al mio nascondiglio? Chi mi aveva portato a casa?, pensai e subito mi ricordai che con me, ieri, ci fosse Zoro.
Mi appoggiai di schiena contro il bracciolo, volgendo gli occhi verso le tapparelle semi-aperte dove si stagliava il paesaggio della città e del sole così radioso che io ora guardavo sotto-sopra. Quella casa era così intrisa di ricordi, quasi mi sembrò di rivederli, di rivedere la mia sagoma fantasma da bambino felice e spensierata, innocente e incurante dei problemi, giocando a rincorrersi con loro due che, tra le risate unite alle mie erano sul punto di acciuffarmi tra gli ostacoli di quel soggiorno come le sedie o i vasi, ricordando la felicità che provavo nel non sentirmi solo, ma nel possedere una famiglia... Con uno scatto mi alzai, spegnendo la televisione e correndo fuori con il cappello in testa, alla ricerca del mio amico.
Corsi sfrenato per la città guardandomi attorno alla sua ricerca, cercando di individuarlo tra gli alberi o tra gli edifici ma, frenandomi di botto chinai il capo da un lato con un broncio: non lo trovavo. Sbuffai e allungai le braccia verso un tetto, slanciandomi contro il cielo sperando che dall'alto potessi individuarlo, e prima di atterrare sulle tegole studiai il perimetro però non c'era niente di rilevante che mi potesse portare a lui.
Saltai da un tetto all'altro scrutando le strade di pietra, i marciapiedi con alberi e fiori e le case di ogni colore; e appena adocchiai il gruppo di ieri con cui si erano fermati Usop e Zoro, con l'aggiunta anche di Nami, scesi a chiedere informazioni.
-Ehi, avete visto Zoro?- domandai con un sorriso a trentadue denti.
-Ehm... Ciao. Comunque no, ma forse ora sarà ad allenarsi. Aspetta! Ma... tu sei davvero quel Luffy?- borbottò le ultime parole tra l'imbarazzo una piccola renna dal naso blu.
-Sì.- risposi con sufficienza alla domanda, più occupato a pensare al mio amico -Grazie, sai anche dirmi dove si allena?-
-Mi ha ringraziato, sono stato gentile.- esultò piano la renna, iniziando a pavoneggiandosi in una strana danza di felicità a cui rivolsi uno sguardo divertito.
-Oh beh, si allena in palestra. Vicino casa sua se non lo hai notato si trova un dojo, quello di suo padre.- spiegò la corvina dai lunghi capelli e con un libro in mano.
-Grazie!- esclamai felice, tornando a correre verso casa sua.
-Ehi, aspetta.- protestò Nami, forse volendo chiedermi qualcosa, ma non l'ascoltai concentrato più sulla mia meta che riuscì a raggiungere facilmente saltando da un tetto all'altro.
Mi frenai di colpo, osservando il giardino della sua casa con accanto quello che doveva essere il dojo, ridacchiai estasiato all'idea di rivederlo. Avevo davvero bisogno di qualcuno al mio fianco, non volevo essere solo e lo avevo capito proprio ieri sera, con lui al mio fianco.
Mi avvicinai, entrando dalla piccola porta in quella sala rettangolare e salendo sul tatami, guardando le quattro pareti orientate lungo i punti cardinali e dove, a nord vi era lo Shinden a cui erano stati riportati frasi in Kanji o immagini dei maestri di quell'arte mentre a destra c'era una porta aperta che conduceva ad un corridoio dove vi erano due porte chiuse.
-Ehi Zoro!- salutai alzando una mano, osservandolo allenarsi nella pratica del kendo impugnando lo shinai nelle mani, ma si fermò nel vedermi entrare.
-Che cosa ci fai qui?- chiese con il petto che si abbassava ed alzava velocemente con l'affanno per tutto quello sforzo e il sudore dovuto all'allenamento.
-Sono venuto a trovarti.- dissi sincero, ridacchiando.
Lui si mise dritto con la schiena tenendo la spada sulla spalla e, prendendo un asciugamano mi si avvicinò. A guardarlo meglio lì, senza maglia potei osservare, oltre ai suoi tanti muscoli scolpiti, ricoperti da goccioline di sudore, anche una cicatrice obliqua, di lato, che partiva dal petto sinistro per finire poi sul ventre destro, con forse venti o più punti.
-Capisco.- commentò piano guardandomi con un sopracciglio alzato, forse confuso ma alla fine abbassò le spalle e posò l'arma di bambù -Vieni, devo rinfrescarmi un po'.- esclamò avviandosi verso una di quelle porte a destra che collegava direttamente alla propria casa.
Lo seguì festoso, trotterellando, e ritrovandomi in un lungo corridoio di legno per poi giungere nel soggiorno caldo e accogliente della sua enorme casa.
-Aspettami qui. Faccio una doccia e torno.- mi spiegò salendo le scale, ed io annuì sorridente sedendomi sul grande e morbido divano, mettendomi comodo e facendo come se fossi a casa mia, anche se lui non mi aveva detto di farlo.
 
 
Entrai in bagno facendo uscire l'acqua calda e preparandomi di già i vestiti puliti prima di spogliarmi dai pantaloni e dalla panciera e immergermi in quella cascata di calore termale che mi rinfrescò dal duro e stremante allenamento. Passandomi le mani sui capelli verde smeraldo per lavarli pensai all'incontro che avrei dovuto sostenere da lì a poco contro la squadra di Doflamingo, a football. Quel tipo lì era un osso duro, ma la cosa più importante da tenere a mente era che ricorreva sempre a doppi fini per raggiungere la vittoria, di conseguenza sarei dovuto stare attento senza mai abbassare la guardia. Sbuffai, chiudendo l'acqua e dirigendomi fuori dalla cabina con le gocce tiepide che scorrevano lente percorrendo tutto il mio corpo, gocciolando a terra una dopo l'altra e creando così una pozzanghera di cui mi sarei occupato presto. Asciugandomi velocemente mi vestì, indossando una camicia azzurra con le maniche rimboccate fino ai gomiti e lasciandola sbottonata da mostrare la cicatrice, con i pantaloni verdi ed una nuova panciera, verde chiara legata alla vita per poi pulire con delle scope e con lo straccio per terra con estrema velocità, usando la mia abilità da spadaccino nel tenerle saldamente e passarle sul pavimento. Appena finito, dopo aver lasciato una finestra semi-chiusa per far cambiare aria scesi in soggiorno, con Luffy che si dondolava a gambe incrociate per la noia, proprio come un bambino.
-Allora, come mai questa visita inaspettata?- domandai curioso, sedendomi e appoggiandomi contro lo schienale, con l'avambraccio sul bracciolo.
-Avevo solo voglia di vederti.- rispose tranquillo, ancora con quel sorriso smagliante ed io restai confuso da quel ragazzo, ma il suo atteggiamento mi piaceva.
-Va bene. Ascolta, la festa di cui ti avevo parlato... ricordi?- chiesi e lui fece cenno di sì, così continuai -Si terrà domani sera verso le 21:00, vicino al college.-
-Ci sarò di sicuro!- rise, estasiato all'idea.
-Se ti interessa, sopra la piazza, vicino il college c'è la piscina comunale. Non ci va più nessuno da qualche mese, ma penso che gli inservienti la tengano ancora in buone condizioni.- tenni a spiegargli pacato, ma mi bloccai vedendolo nascondersi gli occhi con il cappello e rabbuiarsi di colpo.
-No, grazie.- balbettò senza volere, stringendo convulsamente i lembi delle sue bermuda azzurro cielo.
-Che hai?- alzai un sopracciglio preoccupato, chinandomi per osservare i suoi occhi, ma lui distolse subito lo sguardo prima di riprendersi, alzarsi e uscire velocemente dopo un dispiaciuto "Scusami."
Chinai il capo da un lato, troppo confuso da quel ragazzo ma poi alzai le mani. Era inutile, non lo avrei mai capito, pensai.
 
 
Sedendomi e riprendendo fiato mi sedetti sulle tegole di un tetto molto in alto, ammirando il cielo coprirsi di nuvole e mi strinsi in un abbraccio, con le gambe al petto e le braccia legate ad esse. Che peccato, volevo passare del tempo con lui ma nel sentirmi oppresso da quella domanda ero fuggito via. Chiusi gli occhi a capo chino, coperti dal cappello mentre il vento soffiava forte contro la mia schiena ed io avevo solo la voglia di piangere perché non riuscivo ad avverare più il mio sogno, intanto che nella mia mente mi ripetevo ancora "Non adesso, non qui.". Ed era davvero, davvero una sensazione terribile che riusciva sempre a piegarmi, quasi spezzandomi quello che rimaneva del mio cuore già distrutto e devastato.
Stranamente mi sentì scuotere per una spalla, alzando il capo mi voltai verso sinistra ritrovandomi una mano femminile che svanì subito dopo com'era apparsa. Corrugai confuso la fronte mentre sentì delle voci da terra chiamarmi. Gattonai con le mani sulle rigide tegole rosse verso l'estremità del tetto, reggendomi sulle grondaie di metallo arrugginito e scrutando la strada sottostante.
-Ciao!- salutò Usop amichevole e con un sorriso, accompagnato dagli altri e non capivo cosa volessero così, reggendomi alla grondaia scesi senza pensarci, usando il braccio come rampino.
-Cosa c'è?- domandai con voce impastata ed il cuore frantumato; loro non sembrarono accorgersene, ma il mio stomaco brontolò voglioso di cibo e così mi feci forza per ridacchiare, sperando che non si insospettissero per me per quegli occhi.
-Beh, penso che per prima cosa dovremmo mangiare. Vieni, andiamo da Sanji.- affermò la ragazza corvina con un lieve sorriso allontanandosi insieme agli altri ed io li seguì, non vedendo l'ora di mangiare e nascondendo col cappello i miei occhi lucidi con una fitta al cuore che per un attimo smorzò il mio fiato, ma decisi di non cedere, non davanti a loro. Presi un profondo respiro, ridestandomi e cercando di pensare solo al buon cibo che mi attendeva.
-Super! Allora, cosa ti Super porta qui?- mi domandò un ragazzo alto e robusto, con una chioma azzurra a banana, uno slip nero ed una camicia rossa sbottonata.
-Non ne ho idea.- risposi, ridendo con le mani in tasca.
-Sei così simpatico.- commentò in una bizzarra risata lo scheletro dalla chioma afro, dentro uno smoking elegante.
-Anche voi.- dissi portando le braccia dietro la nuca e finalmente arrivammo a destinazione, entrando e salutando con felicità Nami e Sanji.
-Alla fine lo hai trovato Zoro?- mi chiese la ragazza dietro al bancone; sedendomi ad uno sgabello annuì vago visto che stavo pensando di più al cibo.
-Ehi, ragazzi, come va?- domandò il cuoco ed io notai che fosse carente di clientela quel giorno il locale, come notai che Nami non ne era esattamente estasiata, anzi tutt'altro.
-Bene, vorremmo mangiare.- espose Usop sempre con orgoglio e con l'aria di uno che si pavoneggiava troppo.
-Certo.- rispose il biondo, più rivolto alla ragazza con noi che ad Usop che lo osservò con incredulità prima che lui si rimettesse ai fornelli ed io attendevo con l'acquolina in bocca.
Dopo pranzo, pieno come un uovo, arrivò Nami affamata di soldi che venne soddisfatta da Usop che decise di offrire a tutti il pranzo senza pretese, anche se pentito visto quanto avessi mangiato. Robin se la rise per quella faccia disperata mentre Nami lodava i suoi berry.
-Voi come vi chiamate?- chiesi ad un certo punto ai quattro ragazzi, guardandoli incuriosito.
-Io sono Brook, piacere di conoscerti.- si presentò elegante con una mano sul petto ed un lieve inchino, lo scheletro.
-Mentre io sono Super Franky!- urlò entusiasta il tizio dalla chioma fluente e azzurra, portando il corpo di lato su un ginocchio piegato e con le braccia muscolose e toniche in alto e unite.
-Io Chopper.- disse timido la renna, nascondendosi dietro un barile in modo bizzarro; invece di nascondersi si vedeva tutto, con le zampe arpionate al barile dalla paura.
-Io invece sono Nico Robin.- disse dolce con un piccolo sorriso, ed io annuì a tutti loro.
-Ora che ci penso, prima che tu scappassi senza alcun ritegno dovevo chiederti una cosa... domani faremo una festa in convitto, ti andrebbe di partecipare?- chiese Nami finendo di mettere i soldi in quella strana macchina grigia dai tanti tasti e ognuno di essi produceva un flebile ma dolce suono.
-Oh, sì. Me ne aveva parlato Zoro ed io avevo già accettato.- risi, dondolandomi sopra lo sgabello come mio solito.
-Ottimo.- disse Sanji accendendosi una sigaretta in bocca e mettendosi accanto ad una finestra.
-Più siamo meglio è!- commentò Brook festoso, volteggiando su se stesso con il violino che si era portato dietro sulla spalla, suonandolo con foga e cura.
Annuì convinto mentre le porte si spalancarono di colpo ed io credetti, con gli occhi luccicanti di speranza che si trattasse dello spadaccino, ma vidi entrare solo uno strano tipo: uno squalo bianco dal gilet scuro, pantaloni chiari maculati di nero e dalla pelle grigiastra, grosso e muscoloso e con i capelli ricci bianchi come la neve, mentre le mani erano palmate. Non mi sembrava poi così importante dargli retta, ma vedendo come tutti lo osservarono tetri mi ricredetti, anche se non capì.
-Allora, come saprete sono qui per riscuotere le tasse.- e rise sguaiato con le braccia alzate, mostrando i denti aguzzi.
-Hody Jones...- sentì dire a denti stretti da Nami con occhi spenti e cupi, stringendosi il braccio, all'altezza della spalla dove si trovava un tatuaggio un po' bizzarro a forma di girandola e di mandarino, dal colore sprizzantino di azzurro., forse immersa nei ricordi.
-Maledetto, questa non è la tua città!- ruggì Sanji stringendo forte la sigaretta tra i denti, piegandola e quasi spezzandola, stropicciando la cartina bianca.
-E qui chi abbiamo?- domandò, ignorando il cuoco e rivolgendosi a me mentre tutti mi osservarono, preoccupati della mia sorte. -Uno nuovo?- chiese con uno sguardo sorpreso, ma io non ci badai, scrutandolo dall'alto in basso, serio e tranquillo.
-Lascialo stare!- urlò Usop nascosto dietro a Franky con le gambe tremanti, e lui continuò a ridere.
-Allora, come ti chiami? Lo sai vero che dovrai pagare una tassa per rimanere qui?- affermò ma io non lo guardavo nemmeno più, e forse infastidito da ciò, adagiò una mano sopra al mio cappello -E questo cos'è?- osò domandarmi prendendolo in mano e a quel punto lo guardai truce, prendendogli il polso e immobilizzandolo di colpo, cercando di pensare solo che potevo farcela mentre sentivo di già le forze abbandonarmi per le mie colpe, per non averli salvati.
-Nessuno può toccare il mio tesoro.- ringhiai cupo per poi dargli un calcio in faccia e scagliarlo contro il muro, lasciando tutti sbigottiti mentre ripresi da terra il mio cappello, pulendolo dalla polvere con una mano -E comunque mi presento, il mio nome è Monkey D. Luffy, piacere di conoscerti.- dissi pacato, ma lui, appena lo udì iniziò a gattonare all'indietro colto dalla paura più viva, spalancando occhi e bocca.
-T... Tu sei il nipote di Garp?- balbettò prima di correre con la coda tra le gambe fuori dal locale, ed io inclinai il capo confuso.
-Wow..- sussurrò ad occhi sgranati la renna per quella scena, sempre nascosta ma stavolta dietro Robin.
-Ma cosa centra mio nonno?- farfugliai tornandomene al mio posto mentre Usop si alzò da terra appena il nemico fuggì.
-Non centra niente tuo nonno, il merito è tutto mio! Avrà di certo avuto paura del grande..- non terminò la frase che Nami gli diede un violento pugno in testa.
-Finiscila.- gli ringhiò con un respiro furente per poi spiegarmi, guardando truce quest'ultimo: -Ha paura di tuo nonno perché fa parte della marina militare.-
-Dici che è perché verrà qui?- domandai ancora confuso, chinando il capo da un lato con le braccia incrociate al petto, cercando di elaborare la situazione.
-Davvero? Tuo nonno verrà qui?- domandò incredulo, Chopper, ormai di nuovo seduto sullo sgabello.
-Beh, mi ha detto che sarebbe venuto a trovarmi appena sarebbe stato libero.- borbottai tranquillo.
-Capisco...- commentò Nami, per poi esultare -Il che è un bene per noi!-
-Qui serpeggia davvero troppa criminalità.- spiegò Sanji pacato, guardando poi la frattura alla parete a cui rivolsi a mia volta l'attenzione.
-Per i danni mi dovresti molto, ma chiuderò un occhio visto che hai fatto scappare Hody.- spiegò la proprietaria portandosi una ciocca arancione dietro l'orecchio -Quindi in tutto mi devi.. 15.000 berry.- esclamò unendo le mani per la felicità e senza troppi pretesti.
-Non pensi di esagerare?- espose Usop alzando una mano per parlare, oltraggiato da quella cifra.
-Ehi, guarda che gli ho fatto anche lo sconto!- rispose acida, guardando di nuovo male il nasone.
-Va bene.- dissi io senza pensarci una volta.
-Come?- chiesero stupiti Usop e Chopper.
-Infondo il danno l'ho procurato io, è giusto che lo ripaghi.- risi.
-Ehi, ragazzi.- salutò lo spadaccino dei miei pensieri, entrando e sedendosi al mio fianco, scrutandomi un attimo prima di osservare il muro crepato, perspicace.
-Lunga storia, te la racconterò dopo io.- disse Usop.
-Sempre se non ne inventerai una delle tue.- commentò Robin con un sorriso.
-Ehi!- protestò lui di rimando, offeso.
-Ma perché tutta questa poca clientela?- domandai io poi, scrutandomi attorno incuriosito dal vuoto dei tavoli.
-E' colpa di quei tipacci.- borbottò acido il cuoco riferendosi a Hody. -Va bene. Per oggi penso sia meglio chiudere prima.- propose a Nami che abbassò le spalle sbuffando, per poi acconsentire con un cenno del capo, piano.
-Mi dici perché arrivi solo ora? Non fai altro che dormire!- protestò il cuoco furioso, osservando con un'occhiata mortifera lo spadaccino. -Non che avessi bisogno di te, sia chiaro. Ma sei tu quello che ha fatto un patto con loro per tenerli buoni, o sbaglio?-
-Taci, sopracciglia dipinte!- rispose a tono lui mentre io continuai a pensare a cosa fosse la storia del patto, ma poi lasciai scorrere via il pensiero, divertito da loro due.
-Dipinte? Idiota di un marimmo!- scattò pronto a colpirlo, ma fra i due si sovrappose Nami che gli rimproverò e, stanca di loro gli scansò, ignorando le lodi di Sanji.
La osservai chiudere le porte della locanda appena fummo fuori e così ci incamminammo per le strade ascoltandoli discutere del più e del meno mentre gli osservavo, ridendo.
-Che sogni vorreste avverare?- chiesi all'improvviso incuriosito, portandomi le braccia dietro il capo mentre mi osservavano con uno sconcerto generale che durò solo per pochi istanti.
-Io diventerò l'uomo più coraggioso del mondo!- urlò fiero Usop, con le braccia portate ai fianchi e lo sguardo deciso rivolto al cielo, attirando a sé l'attenzione dei passanti.
-Io invece voglio diventare il cuoco più bravo del mondo e trovare l'all blue; un mare dove ci sono tutti i pesci del mondo.- mi rispose Sanji estasiato e gli occhi che brillavano nel risentire le proprie parole con tanta determinazione.
-Oh... Allora, visto i tuoi piatti sei sulla buona strada.- commentai ripensando ai suoi cibi prelibati.
-Grazie.- sorrise con la sigaretta in bocca sospirando una boccata di fumo, grato del complimento.
-Io voglio creare la mappa del mondo.- espose vittoriosa, Nami.
-Scoprire la storia nascosta che nessuno sa.- rispose Robin, sorridendo.
-Essere il miglior carpentiere al mondo.- si gasò Franky mettendosi sempre in quella posa che mi divertiva.
-Io desidero solo rincontrare un vecchio amico.- spiegò lo scheletro, ridendo felice.
-Io voglio curare tutti i malati.- asserì deciso la renna, con uno sguardo serio.
-E come già sai, io voglio essere il miglior spadaccino del mondo.- mi rispose Zoro con un ghigno.
-Wow, siete molto ambiziosi.- mi congratulai, estasiato dai loro sogni che mi ricordavano tanto anche il mio.
-E' bello poter riuscire ad avverare i propri sogni, vero?- mi chiese innocente la renna, guardandomi dolce.
-Oh, eccome! Ti senti davvero realizzato. Poter vedere che la tua determinazione ti ha portato così in alto da un momento all'altro, senza mai vacillare.. E poi, quando lo avveri è la cosa più bella perché puoi cercarti un altro sogno.- e risi, nonostante dentro fossi triste nel comprendere che io avessi mollato, avevo vacillato proprio a metà strada mentre tutti mi guardavano sorridenti, fieri delle mie parole, ammirandomi quasi, facendomi sentire un falso.
-Già, è bello.- ridacchiò dolce la renna, dondolandosi a destra e a sinistra mentre avvertivo lo sguardo di Zoro stranamente preoccupato su di me, capendo qualcosa dal mio sguardo che nessuno di loro vedeva.

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Capitolo 4
*** Festa. ***


Aprendo un occhio mi voltai verso l'orologio tecnologico, osservando che fossero solo le 6:00 mi alzai recandomi in cucina e preparandomi la colazione, e appena ebbi finito anche di lavarmi mi diressi al mio solito allenamento quotidiano con i kata, dedicandomi, come sempre anche alle flessioni e agli addominali. E mentre sollevavo il bilanciere di duecento chili nell'altra sala adiacente al dojo, disteso di schiena sulla panca avvertì una presenza avvicinarsi a me, e in un attimo mi spuntò davanti la faccia allegra e pimpante di Luffy. Capisco che non volesse stare solo, ma così era un po' troppo... per me.
-Ciao Zoro!- salutò felice; io sbuffai appoggiando il bilanciere alle sbarre che lo sorreggevano, mettendomi seduto e voltandomi a guardarlo dietro di me.
-Hai deciso di venirmi a trovare ogni giorno, eh?- chiesi con l'affanno, prendendo un asciugamano e avvolgendolo attorno al collo e lui se la rise, annuendo con convinzione.
-Ma puoi continuare ad allenarti.- mi disse tranquillo.
-No, tanto avevo finito.- farfugliai, alzandomi e facendomi seguire in cucina -Vuoi qualcosa?- chiesi aprendo il frigo e prendendo da esso una birra in lattina.
-Oh, sì. Grazie.- esultò con una faccia affamata ed io risi, iniziando a preparargli oltre alla pasta anche un po' di carne visto quanto l'amasse, e visto che fossero di già le 12:30 preparai il pranzo anche per me e mia sorella.
Osservai cuocere la carne nella padella con l'olio che friggeva mentre sentivo Luffy fremere dall'attesa, battendo le mani contro il tavolo e procurando baccano.
-Stai calmo, tra poco è pronto.- sbuffai per frenare quell'entusiasmo e lui chinò il capo da un lato facendo un finto broncio mentre presi i piatti, preparando la tavola per tre.
-Perché per tre?- domandò, un po' confuso.
-Tra poco tornerà mia sorella da scuola.- spiegai e nemmeno a farlo apposta sentì la porta d'ingresso aprirsi e richiudersi, ascoltando mia sorella arrivare levitando.
-E lui chi è?- chiese, sorpresa dalla visita.
-Ciao, piacere sono Monkey D. Luffy. Un nuovo amico di tuo fratello.- rise ed io rimasi impassibile, portando la pentola sul tavolo per tirare su la pasta per metterla dentro i piatti, guardandolo rifocillarsi senza aspettarci.
-Nessuno ti ha insegnato l'educazione?- protestò lei indignata, prendendo il suo piatto e sedendosi al suo fianco, il suo solito posto, mentre uno dei fantasmini si avvicinò al nuovo ospite con un sorriso e la lingua di fuori, muovendo le lunghe braccia in una strana danza.
-Forte!- esclamò lui smettendo di rifocillarsi, osservando lo spiritello ed io lo scrutai, sedendomi dopo aver tolto dai fornelli la padella con la carne e iniziando a mangiare, ignorando le occhiate maliziose di mia sorella, senza significato.
-Ti consiglio di non toccarlo o ti renderà malinconico.- spiegò Perona richiamando a sé il suo fantasma.
-Capisco.- farfugliò Luffy, tornando a bocca piena e facendola adirare per questo comportamento maleducato.
Continuai a tenerlo d'occhio sereno, guardandolo abbuffarsi, guardandolo ridere finché non finimmo anche il secondo e fui costretto ad alzarmi per mettere a posto e per lavare le stoviglie con l'aiuto imprevisto di Perona prima che tornasse in camera sua.
-Cucini davvero bene.- esclamò con un sorriso a trentadue denti per poi continuare, borbottando -Però Sanji cucina meglio.- e si mise a ridere.
-Ah, sì?- commentai piano, cercando di non pensare a quel cuoco da strapazzo che non sopportavo. -Va bene, lasciamo perdere.- sbottai non avendo voglia di adirarmi per questo, portandomi una mano sui capelli e restando un attimo disorientato nel vederlo saltellarmi intorno entusiasta.
-Non vedo l'ora di andare alla festa!- affermò deciso, fermandosi di colpo e guardandomi dritto negli occhi, felice, e non seppi spiegarmene il motivo ma in quell'istante credetti di aver perso un battito, o forse aveva accelerato?
Presi respiro, rivolgendogli un mezzo sorriso pensando velocemente a qualcosa da dire ma le parole sembravano essermi morte in gola, non riuscivo più a produrre alcun suono mentre avvertivo le mani sudate. Ero completamente bloccato, come una statua di sabbia, e non ne comprendevo il motivo.
-Secondo te si berrà tanto? Perché io sono astemio, però se oso per una sera non credo che mi faccia male. Chissà se ci si divertirà tanto! E che cibi ci saranno! Ma se c'è Sanji sono sicuro che si mangerà da Dio!- esclamò tutto d'un fiato, senza smettere nemmeno per riprendere fiato o per avere delle risposte alle sue domande.
Non sembrava essersi accorto del mio stato attuale ma forse era una fortuna, ed alla fine, anche se non seppi come, riuscì a riprendermi. Ascoltandolo parlare e strofinandomi una mano dietro al collo cercai di riflettere su cosa potesse essermi successo, forse qualcosa che avevo mangiato, finché Luffy non attirò la mia attenzione stringendosi ai lembi della mia camicia ancora sbottonata.
-Tu ti diverti molto a queste feste?- domandò curioso con due occhi enormi, a tratti mi sembrava disperato, come speranzoso che potesse riuscire a godersi quella serata senza cedere a qualcosa di brutto, e capì ancora una volta che celava qualcosa di oscuro dietro a quell'eterno sorriso.
-Sì, non sono male. E poi si sta in compagnia.- spiegai pacato con la mascella ancora dura, serio, avviandomi in soggiorno pensieroso, mentre lui mi stava dietro come un cane.
-Okay.- disse e annuì.
Sedendomi lo guardai fare altrettanto e sorridermi, nonostante nelle parole di prima sentì un lieve tono rauco, come in procinto di piangere, chissà per quale motivo ora. Non sapevo davvero che fare, era inutile chiedere, per quanto ci provassi lui avrebbe continuato a non rispondermi; e poi non volevo restare qui con le mani in mano, avrei preferito tornare ai miei allenamenti, o ai miei pisolini.
-Cos'è questo suono?- borbottò confuso, Luffy, guardandosi attorno, mentre io intuì si trattasse della mia suoneria rock che Usop aveva scelto al posto mio.
Presi il telefono da sopra il comodino al mio fianco, analizzando il numero sbuffai ma poi risposi con uno scatto veloce.
-Ehi.- salutai annoiato, chiudendo un occhio e mugugnando evidentemente innervosito da quella chiamata inaspettata -Adesso? Ma... Grr, e va bene. Arrivo, arrivo.- sbottai, riattaccando malamente e infilandomelo in tasca.
-Chi era?- mi chiese innocente chinando il capo da un lato mentre si era messo a gambe incrociate.
-Jack, uno della mia squadra. Devo andare all'allenamento di football.- e scattai in piedi, avviandomi in camera per prendere il borsone, ascoltando il sottile "Oh..." deluso di Luffy che forse desiderava passare ancora del tempo con me.
Scendendo velocemente le scale lo guardai dirigersi verso la porta con aria mogia, così lo raggiunsi ed insieme uscimmo fuori. Lo guardai di sottecchi, reggendo con un braccio il borsone, sulla spalla.
-Ascolta, se vuoi puoi venire e restare sugli spalti. Non saresti di nessun disturbo, a volte anche gli altri vengono a vedermi, però potresti annoiarti.- lo avvisai, squadrandolo serio.
Sospirai indifferente, sapendo che avrebbe negato ma invece il suo volto si illuminò di gioia e in un attimo me lo ritrovai addosso di botto: mi avvolse il girovita con le gambe, e il collo con le sue braccia reggendosi da solo e annuendo ripetutamente. A quello scatto mi ero irrigidito, avvertendo un tiepido torpore che mi aveva circondato tutto il corpo ma poi sorrisi dolcemente accarezzandogli i capelli, liberi dal cappello che sventolava sulle sue spalle.
-Grazie.- sussurrò scendendo e iniziando a correre per raggiungere il campo prima di me.
Ghignai e lo seguì a ruota, desideroso di non farmi battere così facilmente in quella sfida.
 
Mi destai di soprassalto sentendo un peso sull'addome arrivato dal cielo, sgranando gli occhi mentre tossii per quella botta improvvisa.
-Ciao!- rise Luffy, togliendosi da sopra di me.
-Che ci fai qui?- domandai rauco prima di riprendermi del tutto.
-Oramai sono le 20:30, manca poco.- borbottò imbronciato.
Credeva che me ne fossi dimenticato, così lo rassicurai dicendogli che non era così e mi distesi di nuovo contro il tetto, pronto a riaddormentarmi guardando prima il cielo blu notte pieno di stelle e con una luna immensa al centro ed il tutto si poteva paragonare ad un maestoso quadro.
-Tu dormi tanto.- rise, mettendosi a gambe incrociate di fianco a me.
-Lo so.- borbottai, già ad occhi chiusi e con le braccia dietro la testa.
-Ti porti sempre le katana dietro?- mi domandò ed io mugugnai affermativo, non volendo rispondere a parole.
-Dai, non dormire.- protestò deluso, scuotendomi con forza e foga a tal punto da farmi rischiare di cadere dal tetto per la sua voglia di stare in compagnia.
-Va bene!- scattai con uno sbuffo e mi misi seduto, osservandolo dritto in faccia con un'occhiataccia.
-Finalmente.- e si mise in piedi energicamente -Andiamo!-
Ordinò tirandomi per la casacca bianca che mi ero cambiato dopo essere tornato a casa dall'allenamento a cui Luffy aveva assistito per qualche ora prima di andarsene via per colpa della solitudine. Lo notavo seduto sugli spalti ma alla fine, capendo che sarebbe andata per le lunghe aveva deciso di andarsene, salutandomi con la mano e correndo via.
Sbattei le palpebre e tornai alla realtà e con uno scatto gli feci mollare il mio indumento dalle mani, guardandolo scendere con un salto dal tetto e tenersi sempre con una mano il cappello in testa, per non farlo volare via nonostante la cordicella che circondava la base del suo collo sospirai amaramente, forse pentendomi di aver fatto la sua conoscenza, ma poi, riprendendo le katana, lo raggiunsi.
-Ehi, ma dove vai?- mi chiese mentre io proseguivo dalla parte opposta alla sua.
Venendomi a prendere per mano con un broncio bambinesco, borbottò:
-Perché vai di là, e di qui che dobbiamo andare!- e poi mi sorrise.
-E' ancora presto.- gli ricordai invece.
-E con ciò?- borbottò per poi controllare il telefono -In realtà mancano solo dieci minuti.- e rise ancora.
Lo ignorai e alla fine arrivammo a destinazione venendo accolti in quella accogliente casa da tutti i nostri amici per poi raggiungere il soggiorno dove la maggior parte ballava, cantava e suonava a tutto volume. Scrutai i soliti due proiettori in cima allo scaffale, su due lati opposti, che trasmettevano diversi e particolari giochi di luce sulle pareti, colorando di svariate tonalità il muro con puntini o fasci luminosi.
-Wow! Ma ci siete già tutti.- esclamò felice Luffy, sedendosi sul morbido divano accanto a Robin e Nami.
-Noi abitiamo qui.- lo corresse il cuoco accendendosi un'altra sigaretta, accanto alla finestra della cucina che era separata dal soggiorno solo da un muretto elegante.
-Fate tutti il college?- domandò curioso, con le mani sulle caviglie incrociate tra loro sul divano.
-No, solo Chopper e Usop. Ma visto che ci siamo trasferiti qui per la scuola, anche se l'abbiamo finita abbiamo deciso di pagare l'affitto e così ci fanno restare. Abbiamo deciso di fare così finché non finiscono loro due.- espose Nami, alzandosi per prendere da bere mentre Luffy si abbuffava già con il banchetto che era sull'enorme tavolo.
-E non disturbate con tutto questo baccano?- borbottò con la bocca piena di cibo.
-No. Questa è un'area dove, oltre agli studenti non c'è nessuno, e a quest'ora saranno tutti nei locali a divertirsi.- spiegò pacata, Robin, ridendo e tenendo in braccio la renna che lo salutò con una zampina mentre io mi ero seduto sul divano davanti a lui, iniziando a bere birra da un boccale.
-Ehi, Zoro!- chiamò Nami poggiando un vassoio con le bibite -Ti va una scommessa?- mi chiese con una piccola linguaccia, facendo vacillare a destra e a sinistra un boccale vuoto che reggeva dal manico.
-No, ti devo anche troppo con queste scommesse.- affermai seccato con gli occhi chiusi, e lei fece una smorfia delusa.
-E tu?- domandò poi rivolgendo un sorriso furbo a Luffy che, spaparanzato sul divano, aveva finito di mangiare e si teneva la pancia piena.
-Mhm... Va bene.- annuì deciso, ridacchiando dolce.
-Sai almeno in cosa consiste di preciso?- chiese Sanji con un ghigno lieve, con Nami che esultava, sapendo di poterci ricavare davvero molto.
-No.- rispose con naturalezza e innocenza.
-E' una gara a chi beve di più.- spiegò la renna, e Nami annuì, porgendogli un boccale pieno che lui prese con tutti gli occhi su di sé, bramosi di sapere il verdetto finale.
-Sicuro di volerlo fare? Sei astemio.- gli ricordai serio, sperando cambiasse idea: mettersi contro Nami scottava tutti.
-Non fa niente! Ho accettato e non mi tiro più indietro.- proclamò fiero scolandosi il primo bicchiere, seguito a ruota dalla ragazza che si sedette al suo fianco con in mezzo a noi il tavolino che traboccava di boccali ricolmi di sakè e rum.
 
 
Singhiozzai ripetutamente, barcollante, ormai del tutto ubriaco mentre sentivo il pavimento molle, cedere e dondolarsi ad ogni mio movimento facendomi venire le vertigini, e forse anche la nausea. Mi toccai la camicia sbottonata e la sentì bagnata dalla birra che per errore mi ero versato addosso, così ci risi su.
-Ehi...- sentì una voce opaca, ma non riconobbi la sua identità intanto che avvertivo una mano sulla mia spalla sorreggermi prima che cadessi. -Forse è meglio se ti riporto a casa.- borbottò ma la voce era troppo confusa e alle mie orecchie non arrivò nessun suono definito.
Risi divertito, senza pensieri, stringendo le mani contro un tessuto bianco e soffice davanti a me mentre sentivo voci ovattate tutte intorno a me, con alcune sagome sbiadite che danzavano ed altre che bevevano sommessamente tra mille colori che si versavano a terra come vernice fresca, con la mia sfidante che festeggiava la vittoria tra mille e altri liquori, sostenuta da un innamorato Sanji. Provai ad allontanarmi dalla figura dietro di me, non riuscendoci continuai a ridacchiare spensierato finché i muri, il pavimento, gli oggetti, tutto in quella sala non si tinse di un'inquietante colore rosso lasciandomi con il fiato mozzato e gli occhi sgranati. Le mie mani tremolavano inconsciamente nel vedere ogni cosa color sangue, quel sangue che mi perseguitava dal giorno dell'incidente. Singhiozzai, ma non per i bicchieri di troppo stavolta. Respirai con l'affanno, sentendo gli occhi lucidi ed il cuore che batteva all'impazzata come desideroso di uscire dal mio petto intanto che tutto si faceva più confuso, ogni attimo più intricato e terrificante del precedente, perché quel sangue cercava di raggiungermi, immergendo il pavimento dove c'ero solo io e lui ormai, e la stanza si scurì di nero, ma non abbastanza da farmi perdere i sensi.
-Luffy, che hai? Ti senti bene?- disse ancora quel qualcuno, quel ragazzo dalla maglia bianca di cui non ricordavo niente. Ero bloccato, sconnesso e spezzato in due da quel dolore.
Mi sentii scuotere e pensai che tutto stesse crollando come avvolto da un terremoto, tutto stava per svanire, tutto stava per scivolarmi dalle mani guardando tutto il luogo vorticare troppo veloce intorno a me in quell'oscurità mischiata di sangue viscido, ed io non potevo fare niente per fermarlo.
Decisi di tornare ad ispezionare la persona davanti a me non volendo cadere nel tetro oblio, ma fu un grosso errore. Non mi aspettavo di trovarmi di nuovo con le mani imbrattate di sangue e che ora si propagava contro la maglia del ragazzo, con il cuore in gola e i polmoni che non ricevettero più aria. Rimasi sconvolto, con il fiato sospeso all'amara consapevolezza che ogni cosa che toccavo distruggevo mentre sentivo le gambe cedermi. Ma in un attimo, prima di finire bruscamente a terra sotto il peso crudele della gravità mi sentì sollevare in braccio e fu bellissimo quel gesto, anche se non ne seppi il perché. Annaspai, strizzando forte gli occhi per non vedere più quella scena che mi traumatizzava.
-Ma... sei bollente.- commentò lui, e dopo avermi toccato la fronte tornò ad avvolgere con il braccio la mia schiena, all'altezza del mio ventre mentre l'altro arto continuava a tenermi le gambe sollevate da terra -Chopper, vieni.- chiamò ruggente, sembrava preoccupato, davvero tanto.
Mi sentì poi venire messo disteso su un divano mentre i rumori forti cessarono e delle voci iniziarono a sussurrare tra di loro di me, o forse sembrava solo a me che ci fosse tutto questo sussurrio. Avvertì qualcosa di freddo contro il mio petto che mi raggelò, irrigidendomi ma cercai di non pensarci, rigirandomi per alzarmi e mettermi seduto anche se la sbornia era troppo forte per me, e poi non ero riuscito a dormire nemmeno quella mattina ed ero davvero stanco in quel momento, come se tutto il sonno si fosse accavallato in quel momento facendomi perdere tutte le forze. Riaprì le palpebre, vacillando a tutto quel sangue che continuava a persistere e guardando la luce offuscarmi di più la vista intanto che venivo circondato dai ragazzi che cercavano di interagire a parole che io non capivo. Era tutto ovattato e incomprensibile, davvero fastidioso.
-I... Io sto bene.- sussurrai con un sorriso forzato.
Reggendomi a malapena in piedi e scrutandomi attorno alla ricerca del mio cappello che non avvertivo più su di me e della porta feci un passo avanti prima di essere avvolto dalle fiamme che si accesero da sotto il pavimento, impedendomi di proseguire. Quasi urlai per lo spavento, ma cercai di restare calmo, non potevo farmi vedere così da loro. E nonostante non capissi cosa stesse accadendo ricordavo esattamente quelle scene; erano quelle dei miei sogni, dei miei incubi peggiori.
Due volti conosciuti si pararono davanti a me e mi sentì morire, sgretolarmi nel nulla e quasi voler scoppiare a piangere, con il cuore che sembrava percorso da delle scariche brucianti che mi stremarono. Senza volere tornai a singhiozzare, con i brividi lungo la schiena consapevole che quelle persone davanti a me fossero morte.
-Mi dispiace... davvero tanto...- borbottai diretto a quei fantasmi con un tono spezzato, le guance bagnate, e le lacrime che scendevano copiose prima di svenire tra le braccia di qualcuno che si trovava difronte a me per prendermi, quel ragazzo perennemente dalla maglia bianca.

 

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Capitolo 5
*** Resta sveglio. ***


Corsi, corsi e corsi a più non posso. Dovevo scappare, potevo farcela.
-E' colpa tua!-
-Solo tua.-
Quelle voci che si alternavano tra l'urlare feroci o sussurrare piano continuavano a tormentarmi, mentre la notte sembrava affittirsi ad ogni mio passo nonostante restassi fermo nello stesso punto, ma poi mi ritrovai di nuovo sulla tangenziale, quella maledetta e tragica tangenziale che prendeva fuoco.
No... Perché?, pensai tra i pianti, guardando accadere l'incidente, ancora e ancora, di nuovo impotente, restando immobile a fissare l'auto prendere fuoco, trafitta dalla trave di cemento del carico del camion che gli era andata incontro ed io urlai per impedirlo, ma non accadde nulla, restai in quell'inferno, tra le fiamme e il cielo che piangeva con me.
 
 
-No! No! No!- urlai tra lo strazio e con una foga piena di disperazione, cercando di correre verso di loro, ma ero immobile, ancora immobile, mi limitavo a contorcermi in mille modi per poter infrangere quella barriera che mi teneva fermo, finché non mi svegliai di colpo, scattando seduto e le coperte che scivolarono veloci fino al busto.
Sbarrai gli occhi con il respiro a mille, e appena compresi che ero in salvo da quel sogno tornai a piangere, fremendo di rabbia e vergogna con i palmi delle mani, non più di sangue, portarti al mio volto per coprirmi gli occhi.
-Luffy. Luffy.- mi chiamò, forse da secoli e non me ne ero nemmeno accorto.
Voltandomi riconobbi Zoro, rendendomi anche contro che mi stava sorreggendo con le braccia per le spalle. Tirai su col naso, strofinandomi un occhio mentre tremavo come una foglia senza volere. Mi studiai attorno, strizzando le palpebre appena le pupille si scontrarono contro la luce delle finestre che mi procurarono più fastidio del solito intanto che capivo di trovarmi ancora nel convitto, ma non ero più in soggiorno bensì mi trovavo nella stanza dei ragazzi, dove, a sinistra, seduto su una sedia al mio fianco, c'era Zoro che mi osservava preoccupato.
-Hai la febbre a 39, è meglio se ti riposi.- disse con ancora una mano sulla mia spalla.
-Non urlare...- borbottai impastato con delle fitte alla testa ed un amaro gusto di nausea su per il naso e per la gola.
-Non sto urlando, e che sei reduce da una bella sbornia.- spiegò il più piano possibile e con un ghigno; forse era fiero di me per la bevuta, o voleva solo incoraggiarmi?, non feci a meno di pensare.
-Ora calmati e cerca di tornare a riposare, era solo un brutto sogno.- cercò di rassicurarmi, gentile.
Negai col capo a quella affermazione, mugugnando e portandomi una mano sulla fronte disperato per poi toccarmi la chioma corvina, non trovando l'oggetto dei miei pensieri tastai la schiena, non facendo caso alla diversa morbidezza del tessuto che indossavo ma a ciò che non c'era, ed allora iniziai a preoccuparmi sul serio. Con una faccia basita ed il cuore in gola mi voltai intorno, riuscendo solo a procurarmi un forte capo giro che mi fece quasi salire un conato di vomito.
-Riposati.- mi fece distendere a forza, Zoro, e solo allora notai che indossavo la sua casacca, anche se mi andava grande ed una manica mi ricadeva un po' dalla spalla perché la mia corporatura era più minuta e sottile della sua, forse sembravo molto gracile da fuori; e osservai che lui fosse a petto nudo mentre lo vidi indicare il comodino alla mia destra dove c'era il mio cappello e mi rassicurai, sentendo un peso in meno al cuore protendendo la mano verso di esso. 
-Sei davvero ostinato.- rise allungandosi sopra di me, prendendomelo e appoggiandolo sul mio petto con delicatezza, sopra le coperte rimboccate.
Ma mentre tornava al suo posto ci fu un attimo involontario in cui i nostri sguardi si scontrarono ed io mi riflettei in quegli occhi smeraldo decisi e pieni di coraggio, assaporando uno strano e forte odore dell'acciaio delle sue spade e un pizzico di sapore dei tatami dove si allenava, stesso odore che mi ritrovavo nella maglia addosso. Sorrisi, lasciandomi cullare dalle coperte, più sicuro con il cappello con me, e osservai il soffitto quando lui tornò a sedersi mentre mi ricordai, come un flash, che era stato lui a reggermi l'altra sera.
-Perché ho la tua maglia?- chiesi rauco, girandomi verso di lui, ma il fatto che mi sentivo davvero uno straccio peggiorava la mia voglia di resistere.
-La tua era fradicia di birra e così te l'abbiamo levata per poterla lavare. Chopper però aveva insistito molto di metterti qualcos'altro addosso visto le tue condizioni, quindi...- spiegò brevemente, ed io annuì continuando a guardarlo, ignorando il mal di testa che mi trapanava il cervello che sembrava esplodere per come pulsasse, poi sentì la porta aprirsi piano con un lieve cigolio ma anche quello, sebbene lieve, mi procurò un dolore atroce a cui non seppi resistere e lasciai sfuggirmi un mugugno.
-Ti sei svegliato finalmente!- esclamò giulivo Usop, senza pensare che potessi soffrire di emicrania in quel momento, seguito anche da tutti gli altri, felici di vedermi sveglio.
-Super!- esultò Frankie, sempre in quella posa, facendomi strizzare gli occhi per il frastuono.
-Shhh! Non devi disturbarlo!- protestò subito il dottore per poi visitarmi con un faccino serio -Apri la bocca.- mi disse poi, ma io cercai di protestare.
-Ma sto bene... davvero.- dissi, ignorando che le mie parole erano flebili quanto una corda di violino, ma che nonostante ciò rimbombavano troppo forte nella mia testa.
-Su, lasciagli fare il suo lavoro.- espose Usop, fiero del suo amico che iniziò a ballare emozionato, muovendo le braccia a destra e a sinistra e facendole sembrare quasi delle ondine.
-Comunque vi chiedo scusa.- borbottai poi, lasciandoli tutti confusi per poi continuare dispiaciuto -Per colpa mia vi ho rovinato la festa.-
-Oh, ma dai! Non farti tutti questi problemi, la cosa importante è che ti rimetta presto così da potermi tornare i soldi persi.- affermò giuliva, Nami, con un sorriso mentre Usop sussurrava "Tirchia."; purtroppo per lui, lei lo aveva sentito.
-E poi la festa è durata fino alle 5:00! Più del previsto!- esultò lo scheletro canterino, danzando su se stesso e suonando, ignorando Chopper che, tornando serio diceva di parlare piano per non farmi soffrire fitte atroci alla testa, passandomi un bicchiere ed una medicina per i postumi della sbornia che funzionò con molta più fretta di quanto mi aspettassi.
Gettai uno sguardo a Zoro restando disteso, che sospirò mentre Robin ridacchiava per tutti quei litigi di stare in silenzio per me, e Sanji volteggiava intorno a quest'ultima con fare romantico. Sorrisi, erano così buffi e simpatici ma tutto tacque quando una suoneria allegra e orecchiabile echeggiò per la stanza. Mi voltai verso il comodino dove era situato il mio telefono e mi apprestai a rispondere.
-Ciao nonno.- salutai con ancora la voce impastata di alcool e sonno mentre tutti si ammutolirono nel comprendere che dall'altro capo del telefono ci fosse niente poco di meno che Monkey D. Garp -Io sto bene.- borbottai tirandomi su e incrociando le gambe, nonostante sapesse esattamente come stessi in realtà e mi chiesi come mai mi avesse telefonato.
-Ho saputo dal tuo manager che non sa dove ti trovi e che ha provato a contattarti, ma niente. Hai cambiato numero e non gli hai fatto sapere niente, eh? Per i fatti tuoi sei furbo.- e si mise a ridere sguaiato, mentre io giocherellavo con l'ala del cappello sulle mie gambe, poi, con tono diverso, aggiunse: -So che non dovrei intromettermi, ma tutto questo distaccamento dalla tua vita non può continuare per sempre, e lo sai. Ti consiglio di riprenderti in fretta, caro nipote. Perché sai che quando il tuo manager ti troverà non ti darà tregua finché non tornerai come prima.- commentò serio.
-Non preoccuparti di questo. Ma tu gli hai detto qualcosa?- borbottai con la gola secca, guardando di sottecchi il sole fuori dalle finestre, ignorando i loro sguardi che non seppi dire se fossero preoccupati o altro, nemmeno sentivano cosa mi diceva il nonno quindi non capivo.
-No, non ho tempo per queste cose.- disse scorbutico come sempre, anche se infondo era bravo -Ci vediamo presto.- salutò ed io ricambiai prima che riattaccasse, per poi tornare a guardarli vacui.
-Ho fame.- dissi con un sorriso per distrarmi, e Sanji si rimboccò le maniche, sempre con la sigaretta spenta in bocca ed un sorriso sicuro, dirigendosi in cucina con Chopper che avrebbe coordinato il mio menù.
-Okay, ma dopo che ti sarai rimesso pretendo i soldi della scommessa.- borbottò d'un tratto Nami recandosi fuori dalla porta -Ehi, Sanji! Vado ad aprire il locale, raggiungimi appena possibile.-
-Anch'io devo andare.- disse Robin, seguita da Frankie e Brook che mi augurarono di riprendermi.
-Riposati.- mi suggerì Usop, chiudendo la porta e lasciandomi lì con Zoro che però si era addormentato sulla sedia, con la bocca semi-aperta. Chinai il capo da un lato, non capivo, mi sentivo così strano nel guardarlo, ma mi piaceva sentirmi così, così confuso con lui.
Sospirai amaramente passandomi il palmo della mano sulla faccia e strofinandola piano contro essa, sperando che in questo modo la stanchezza andasse via. Alla fine tornai a distendermi su quel materasso singolo e morbido, stringendo convulsamente il cappello forte al petto, ma non potevo chiudere gli occhi con la consapevolezza che il terrore mi attendeva proprio dietro l'angolo.
Respirai piano ammirando il paesaggio dalla finestra del quinto piano con qualche albero e alcuni passerotti che volavano tranquilli, aspettando solo il cibo. Guardai il telefono, accorgendomi solo ora che fossero le due di pomeriggio; mugugnai, voltandomi di lato e dando di schiena senza volere allo spadaccino, preferendo restare fermo in posizione fetale e in silenzio per riposarmi da quel dolore al cuore.
 
 
-Ecco a te!- tornarono dopo minuti che parvero ore, con Chopper che esclamò fiero, trasportandomi il cibo aiutato da Sanji, consapevoli dell'enorme buco che avevo al posto dello stomaco. Mi rialzai a fatica con un sorriso mentre adagiarono tutti i piatti, caldi e pieni di proteine, sul materasso, accanto alle mie gambe.
-Grazie!- esclamai entusiasta, iniziando ad abbuffarmi.
-Ottimo. Io ora vado da Nami, a dopo.- mi salutò il cuoco, desideroso solo di raggiungere la ragazza con uno sguardo innamorato dopo essersi acceso la sigaretta che fin'ora si era limitato a tenere fra i denti.
-E tu?- farfugliai curioso e con la bocca piena a Chopper che si era rabbuiato.
-Non vorrei lasciarti solo, ma devo andare anch'io. Il weekend devo sempre andare dalla dottoressa per allenarmi e imparare, e sono anche in ritardo, ma non preoccuparti. Sei in buone mani.- annuì deciso indicando Zoro, sempre dormiente prima di andarsene ma infondo non davo colpe a nessuno di loro; non potevo pretendere che restassero con me quando avevano altri impegni, ed io non volevo nemmeno tutte queste cure.
Mi alzai dal letto, riprendendo il cappello e avvicinandomi alla finestra con le gambe che mi cedevano per la stanchezza e il dolore, doloranti e formicolanti, per non parlare della vista: tutti gli oggetti si sdoppiavano o triplicavano senza motivo. Stringendo i pugni aprì la finestra con più difficoltà del previsto, quella maniglia pesava un macigno. Mi accovacciai sul davanzale, pronto ad allungare un braccio nonostante gli occhi non fossero nelle migliori condizioni, forse l'effetto della medicina non aveva fatto tutto il suo effetto, o forse la colpa ricadeva tutta sulla febbre che la mia fronte, infuocata dimostrava di avere.
-Fermo.- sentì dire in tono di rimprovero dallo spadaccino mentre mi bloccò prendendomi il polso e mi irrigidì ma non gli risposi, cercando solo di liberarmi da quella morsa voltandomi per guardarlo deciso in faccia
-Ascolta, se proprio usa le scale.- mi consigliò con sufficienza ed io non compresi perché non cercasse di fermarmi; sapeva che ero in grado di fare quello che volevo, forse?, pensai.
Senza che io potessi rispondere mi fece scendere giù dal davanzale, ormai non avevo più forze per desistere a nulla. Chinai il capo, nascondendo gli occhi dalle ciocche, e con in mano il mio fidato tesoro ci avviammo fuori dall'appartamento senza fretta, cosa davvero strana per uno come me, ma forse era perché c'era lui e l'idea di non essere del tutto solo mi lasciava come sollevato e appagato: tranquillo.
 
 
-Cosa intendevi l'altra sera, prima di svenire?- mi chiese quando fummo in strada, sopra al marciapiede e con il sole sulle nostre teste che ci ridava le energie con i suoi raggi, anche se per me non ci riuscì abbastanza.
-C... Come?- balbettai debolmente, con gli occhi che si chiudevano senza il mio consenso mentre iniziavo a non restare più in equilibrio e le gambe sembravano intrecciarsi tra loro ad ogni mio passo. Ero davvero sfinito, e non capivo: avevo mangiato!
-Quanto hai detto "Mi dispiace davvero tanto."- spiegò per poi aggiungere -Non penso che chiedevi scusa a noi per il tuo malore, e poi il tuo comportamento...-
Mi strinsi nelle spalle con le mani che sfregavano le braccia per il freddo, e in questo modo, senza rendermene realmente conto, il cappello mi sfuggì dalle mani mentre la mia mente era completamente annebbiata e dolorante, non riuscivo più nemmeno a parlare, o a muovermi senza tremare, e forse mi ero già fermato senza accorgermene. Mi morsi il labbro, con la gola rovente che pizzicava ed io che tremavo tutto, con un enorme macigno sul cuore che mi stava uccidendo.
-Luffy?- mi chiese Zoro, frenando e tornando indietro per raggiungermi, chinandosi alla mia altezza per guardarmi negli occhi nonostante fossero nascosti dai capelli -Va tutto bene.- mi rassicurò pacato con quella voce seria e senza sentimenti, ma i suoi occhi dimostravano tanta dolcezza.
Riprese da terra il mio cappello, mettendomelo in testa dolcemente e prendendomi in braccio ma io non sentivo più niente, non percepivo niente, e non vedevo più per colpa delle lacrime che riempivano i miei occhi.
 
 
Mi aveva messo su un divano, forse quello di casa sua ma poco mi importava. Socchiusi gli occhi, guardandolo tornare con delle coperte però mi feci forza e scossi il capo per alzarmi. Appena in piedi caddi in ginocchio, tenendomi la testa troppo dolente e sentendo il mio stomaco che iniziò a rivoltarsi come un calzino mentre sentivo qualcosa venire su: la nausea. Mi tenni la bocca con ambedue le mani, guardando Zoro in cerca di aiuto che si apprestò a prendermi di nuovo e a portarmi in bagno, conoscendo cosa intendesse quel mio gesto. Si precipitò al gabinetto alzando il coperchio e lasciandomi rimettere tutto quello che avevo dentro, compreso la mia anima, tra conati e tosse, vergognandomi nel sapere che ci fosse lui che mi guardava, forse con una smorfia di disgusto.
 
 
 
Lo guardai un attimo, osservando le sue gote e la fronte arrossate per la febbre, prima di prendergli un asciugamano e bagnandolo con un po' d'acqua calda, aspettando che finisse quel supplizio prima di usarlo.
-Forse non avremmo dovuto andarcene.- commentai serio. Senza pensarci, senza perché, mi tornò in mente quando si rigirava tra le convulsioni nel letto, urlando di paura, e dei miei inutili tentativi di svegliarlo. Scacciai quei pensieri e lo aiutai a rialzarsi, porgendogli l'asciugamano, e mentre si puliva gli toccai la fronte e feci una smorfia.
-La febbre è aumentata ancora di più. Questo non va bene.-
-Non fa niente...- disse lui rauco, con gli occhi sbiaditi.
Sbuffai, grattandomi il capo con un broncio, indeciso su cosa fare, ma poi lo osservai incamminarsi verso la porta come un ubriaco. Abbassai le spalle e lo presi con un braccio da sotto il petto, adagiandolo sulla mia spalla come un sacco di patate con la sua testa che si appoggiò alla mia schiena, con aria irritata, ipotizzai. Ignorai i suoi inutili tentativi di dimenarsi, era davvero troppo debole in quel momento, così lo portai in camera mia, buttandolo con poca grazia sul materasso a due piazze.
-Tu resti qui.- ordinai, osservandolo contorcersi, imbronciato come un bambino viziato e aspettai solo che terminasse le ultime forze prima di abbassare la guardia.
-Aaargh...- gemette di dolore, contorcendosi e stringendosi a palla, fremendo dal freddo.
Lo avvolsi con coperte pesanti e gli accesi lo scalda-sonno, per poi serrare le finestra ma dubitavo che avesse anche solo la forza per muovere un dito, figurarsi quella per scappare. Borbottai tra me nel ripensare stranito alla situazione in cui ero incappato, e ci fissammo per alcuni attimi che parvero istanti infiniti, o forse semplicemente ore. Persi la cognizione del tempo all'interno di quei pozzi neri; all'apparenza, in quel momento, potevano sembrare spenti, senza vita, e con tante atrocità che si portava dietro con troppa difficoltà, però quella era solo la superficie, la scorza. Così provai a scalfire quel luogo di puro terrore, entrandoci dentro e riscoprendo un mondo luccicante di cui nemmeno lui sapeva più l'esistenza, se ne stava dimenticato sempre più, ma quegli occhi, alla fine, dopo aver superato il burrone di paura erano lucenti di speranza e ancora pieni di sogni. Sembrava essersi perso troppo nel buio per ricordarsi di quel posto, quello che aveva segregato a tutti, ma soprattutto a se stesso.
-Dovresti dormire.- consigliai di scatto, non capendo che cosa mi stesse accadendo, perché pensavo a queste cose assurde?
-N... Non posso...- fu l'unica cosa che udì dalle sue labbra fiocche, in un tono sussurrato prima che la suoneria del mio telefono iniziò ad echeggiare, interrompendo quel momento di verità.
Sbuffai indispettito nel risentirla, e con malavoglia presi il telefono dalla tasca, portandolo all'orecchio e rispondendo seccato.
-Cosa? Proprio ora?- domandai sorpreso per poi rivolgere uno sguardo a Luffy che prendeva delle enormi boccate d'aria dalla bocca, guardandomi supino -No, non posso. Sarà per la prossima volta.- e riattaccai senza pensarci due volte.
-Non ti preoccupare... Io sto qui, non vado da nessuna parte.- borbottò esausto e con poco fiato in gola.
Voleva che andassi agli allenamenti, con lui in quelle condizioni?, pensai. Alzai un sopracciglio e negai subito dopo.
-Scordatelo. Stai troppo male, come posso pensare di andarmene e lasciati così!- scattai.
-Ho detto che non andrò via... T-te lo prometto.- balbettò. Dalla sua faccia sembrava stesse per crollare, eppure era ostinato di resistere alla tentazione di chiudere gli occhi.
-Okay...- commentai in uno sbuffo, recandomi in bagno e tornando con una pezza in una mano ed una piccola bacinella piena d'acqua fredda, adagiando quest'ultima sopra al comodino e immergendoci la pezza per poi strizzarla forte. -Ascolta, io vado, ma intanto avviserò Chopper delle tue condizioni, almeno sarò tranquillo sapendo che verrà a visitarti... Per il resto, tornerò presto.- assicurai, mettendogli la pezza sulla fronte torrida e sudata, rimboccandogli l'imbottita oltre alle coperte prima di prendere il borsone dall'armadio e avviarmi all'allenamento, avvisando il coach del mio arrivo imminente, almeno lui sarà felice della notizia.
 
 
 
Rimasi fermo lì, immobile, più per mancanza di forze che per altro. Stare fermo mi era impossibile, non ci riuscivo nemmeno se lo volevo ma in quel momento era il contrario. Desideravo solo restare in quel comodo e caldo giaciglio, peccato che arrivò qualcuno ad infastidirmi: la noia; altra cosa che non sopportavo. Sbuffai, rigirandomi; strizzai gli occhi abbracciandomi con le braccia e lasciando scivolare il mio amato cappello al centro del letto, sapendolo al sicuro, e presi fiato guardando la pezza, ormai quasi asciutta caduta sul materasso che lasciava un'alone grigiastro e umido. Sentivo il caldo invadermi troppo il corpo, così mi tolsi le coperte che erano diventate troppo fastidiose e ingombranti, senza accorgermi che il cappello finì all'interno di esse, per terra, e cercai di prendere la bacinella voglioso di rinfrescarmi con quell'acqua fresca, ma appena allungai il braccio caddi in un oblio senza fine, dove tutto era solo buio e l'unica luce era la via da dove ero entrato senza il mio volere.
 
 
In una stanza fredda mi rigirai con difficoltà verso il basso, avvolto dall'aria che mi infrangeva il volto e i capelli come in una fredda bufera che più mi avvicinavo alla luce più diveniva caldo, un caldo torrido e insopportabile. Alla fine venni sobbalzato in alto per poi cadere forte e di petto verso il suolo bagnato da un lieve livello di acqua sul pavimento corvino. Tossii ripetutamente, cercando di issarmi sulle braccia, ma in un secondo tornai ad essere circondato in un cerchio di fuoco e trasalì, cercando di muovermi veloce per scappare, ma ero di nuovo immobile. Non potevo muovermi e tremai di paura, guardandomi attorno. Lo scenario cambiò, veloce come una trottola, ed io guardai ancora la stessa scena, ma ora era diverso: ero dentro la macchina, con il corpo inerme di Ace tra le braccia che si era proteso per difendermi dalla trave di cemento che era riuscito a scalfire il suo corpo di fuoco, e con Sabo che era morto sullo schianto avuto, riverso contro il parabrezza ormai in frantumi; senza potermi dire niente, senza potermi dire le sue ultime parole che furono solo un gemito fugace, uno rauco e silenzioso come il vento. Invece Ace, alcune parole, tra le mie braccia, le aveva dette. Mi aveva ringraziato, ci aveva ringraziato tutti per averlo amato e si era assicurato che non mi sentissi in colpa, dicendomi che non aveva rimpianti nella sua vita mentre gli imploravo di non morire, di non lasciarmi, tra le urla e le lacrime quando, ormai, non c'era più vita in lui. Poi il carburante iniziò a schizzare gocce fiammanti che finirono sul mio petto, procurandomi quell'amara cicatrice mentre ricordai con quanta foga mi catapultai fuori, rotolando, per non prendere fuoco e finire incenerito, sull'asfalto del cemento gelato, succube di quello spettacolo proprio come me. Osservai inerme la macchina bruciare sotto ai miei occhi impotenti e increduli. Ma mi smossi in fretta, alzandomi per tornare dentro quell'inferno che infuocava vivo come il fuoco più caldo e pericoloso che esistesse. Ma non potevo arrendermi, non potevo perdere anche quello. Desideravo avere i loro corpi per una tomba su cui piangere, dove potermi sfogare e parlare con la consapevolezza che mi sarebbero stati accanto così; per salvarli almeno da quell'incendio; gli è lo dovevo e così feci, reggendoli tra le braccia, tra sangue e cenere.
-N... No.- borbottai con le lacrime agli occhi, guardando svanire come cenere davanti a me ogni cosa, con tutto che prendeva fuoco e il caldo torrido che non mi dava né tregua, né speranza. Ero in trappola, ed ero stato troppo impotente, troppo debole per salvarli. Era colpa mia, era tutta colpa mia.
 
 
Annaspai, sgranando gli occhi, mentre ero di nuovo nella stanza, pieno di sudore e di dolore, con il cuore che esplodeva per i sensi di colpa, e piansi, piansi tra i singhiozzi, cercando di rassicurarmi solo con il pensiero che ero riuscito ad avere i loro corpi, le loro tombe e che non mi avevano lasciato totalmente, sarebbero sempre stati al mio fianco. Ma la ferita della loro perdita era troppo aperta e piansi a squarciagola, sfogandomi contro il mondo e contro la vita, disperato ed esausto da tutto.
 
 
 
Tornai dentro che ormai era notte fonda e avrei dovuto aspettarmelo, gli allenamenti non duravano mai poco, non per me almeno. Osservai Perona in cucina che farfugliava indispettita, forse a conoscenza del mio ospite.
-Tra poco è pronto. Mangi qui, o sopra col tuo amico maleducato?- mi domandò burbera, già sapendo la mia risposta, voltandosi a ispezionarmi, schifata dalla mia tenuta sporca di terra -E' finita l'acqua nelle docce?- mi chiese ironica, con una smorfia, io le sorrisi e negai, non dicendole che se ero così era per non fare più tardi del previsto.
-E passato Chopper?- le chiesi, sapendo che quel giorno era rincasata prima dalle sue uscite tra amiche, e lei si limitò ad annuire.
-Già. Vedi di muoverti, che è tardi.- ordinò tornando dietro ai fornelli, ed io mi recai indifferente a farmi una doccia nel bagno per poi andare in camera, più sicuro della situazione; se fosse stata grave Chopper mi avrebbe avvertito.
-Ehi.- lo salutai con un asciugamano avvolto alla vita, ed un altro che attraversava il retro del collo che usai per sfregare forte i capelli, asciugandoli, intanto, lentamente mi avvicinai al letto, abbandonando il borsone a terra accanto al comodino; mentre avevo lasciato la tenuta tra i vestiti sporchi in bagno.
Gli poggiai una mano sulla fronte, constatando che la febbre, anche se c'era, era scesa rispetto a prima. Ci guardammo, lui mi sorrise ed io mi sentì più sollevato, dirigendomi a prendere i vestiti puliti dall'armadio, tornando in bagno per cambiarmi.
-Visto che resti qui per la notte, vuoi che vada a prenderti dei vestiti?- gli domandai appena tornai da lui dalla stanza accanto, posando meglio il borsone dentro l'armadio.
-No, non preoccuparti.- disse rauco, nascondendo la bocca sotto le coperte che teneva appigliate tra le mani con uno sguardo spento, con le guance e la fronte ancora rosse per l'alta temperatura.
-Che ha detto Chopper?- chiesi, prendendo una sedia e sedendomi vicino a lui.
-Non lo so. Non ho capito niente di quello che ha detto.- borbottò, ridendo con tono ovattato, sempre da sotto le coperte nonostante gli occhi spenti e opachi, quasi stanchi di vivere.
Decisi di mandare un messaggio al dottore, continuando a tenerlo d'occhio, non lo avrei lasciato morire nella depressione. Non sapevo come mai tenessi particolarmente alla sua vita, o come mai ispirasse tanta fiducia ad uno come me che la affidava con molta cautela e calma. Desideravo proteggerlo e lo avrei fatto.
-Vado a prendere da mangiare.- lo avvisai alzandomi e andando in cucina, trovando Perona che aveva già preparato tutto sopra un vassoio.
-Io esco con le mie amiche e resterò a dormire da loro, quindi non aspettarmi.- mi avvisò, alzando il capo come la solita snob che non era, prendendo ombrellino e borsa e uscendo.
Sbuffai con gli occhi al cielo, prendendo il vassoio e salendo le scale, mentre sentì vibrare l'interno della mia tasca. Tenendo il vassoio in una mano risposi, chiedendomi chi mai fosse, però, nel notare il nome sul desktop, sorrisi.
-Ehi, Chopper. Scusa il disturbo, volevo solo sapere di Luffy.- tenni a dire, continuando ad avanzare e ascoltando le condizioni del mio amico che uscivano dalla sua bocca e dal telefono. E sospirai sollevato, mentre aggiunse di aver avvisato anche gli altri, che erano molto in pensiero da ciò che mi sembrò di udire
-Grazie.- e riattaccai entrando e appoggiando il vassoio sul comodino, più sicuro, prendendo il mio piatto di pasta e lui il suo.
-Allora, mi dici il motivo del perché non dormi, o se lo fai sei sempre succube di incubi?- domandai quando finimmo di cenare, tenendo a mente che uno dei motivi della sua febbre fosse la carenza di adeguato sonno e della mancanza di volontà di vivere, o almeno così mi aveva spiegato Chopper.
 
 
 
Ingoiai la forchettata di pasta a fatica a quella frase, quasi strozzandomi e lo osservai con gli occhi stanchi, davvero stanchi.
-I-io non voglio dirtelo..- sussurrai con la gola che pulsava ad ogni mia parola come ad ogni cosa che ingoiavo, tra saliva, cibo e acqua.
-Puoi anche non dirmelo, ma devi dormire. Chopper mi ha avvisato di aver lasciato delle pasticche di sonnifero, oltre alle altre pillole.- ed io annui controvoglia, indicando col dito il cassetto.
-E' tutto lì.- borbottai, allontanando il piatto con ancora del cibo da me con rammarico, e tornando disteso ad ammirare il soffitto i ricordi dei miei sogni in testa si fecero largo in me con pretesto; il terrore che provavo e i loro volti illuminati dalle fiamme, e sentì il cuore pulsare forte, troppo da far male, troppo da ferire.
Socchiusi gli occhi, prendendo respiri a bocca aperta, ascoltando lo strusciare del cassetto da dove prese le medicine per poi, forse, posarle sopra il comodino, richiudendo il tiretto. Mugugnai, con gli occhi che pizzicavano e provai a girarmi, ma venni bloccato da quel gesto appena avvertì il tessuto morbido e fresco della pezza umida sulla fronte. Aprì un occhio, guardandolo operarsi con le istruzioni del foglietto, e risi per la faccia confusa che aveva. Mi rivolse uno sguardo minaccioso, e decisi di restare zitto, trattenendo le risate per le sue smorfie mentre rigirava il foglietto tra le dita.
-Va bene, credo di aver capito.- esclamò dopo un paio di minuti, ed io continuai a fissarlo curioso e mi sembrava che il mio sguardo gli desse come fastidio, così tornai a guardare il soffitto.
-Ma tu dove dormirai?- domandai flebilmente, con le palpebre che mi cedevano dalla dura stanchezza.
-Sul divano, forse.- borbottò, appoggiandosi contro lo schienale a braccia incrociate, rimanendo a scrutarmi per molto, studiando ogni cosa che facevo, finché non si addormentò lì con mia grande sorpresa.
Lo scrutai dal basso, per poi osservare due bicchieri d'acqua che mi aveva preparato prima, entrambi con due diverse medicine che si sciolsero tra mille bollicine. Guardando il liquido diventare leggermente bianco sospirai amaramente, assaporando l'attimo di quel silenzio muto, di quelle ombre che uscivano dalla finestra tra fasci di luce che si muovevano di scatto nella notte, senza darmi il tempo di capire cosa fossero, forse macchine; e a quella pace e a quella tranquillità, anche se non mi si addiceva, pensai che fosse bello poterne godere con lui. Tornai a guardarlo e sorrisi, non ne capivo il perché ma volevo tanto alzarmi solo per mettermi seduto sopra le sue gambe, appollaiandomici per riposarci, con il suo odore ad imperlarmi l'anima, lo stesso che avevo addosso grazie alla sua casacca... Corrugai la fronte stranito, non capivo cosa mi stesse accadendo, ma mi sentivo così felice ad averlo accanto. Decisi di non pensarci più, forse era solo la febbre che mi faceva delirare.
Mugugnai piano, sgranchendomi le braccia, inermi da troppo tempo per poterle muovere senza indolenzimenti e mi sporsi verso l'estremità del letto per prendere il bicchiere con il sonnifero. Feci una smorfia, la mano mi tremava, ma presi comunque uno dei bicchieri e iniziai a sorseggiarlo piano piano.
-Bleah!- esclamai con la lingua di fuori per il saporaccio, osservando poi il liquido amaro e frizzantino con disgusto e con grande titubanza, accorgendomi solo dopo di aver svegliato Zoro che si stropicciò un occhio, esausto.
-Devi berli tutti per forza.- sbadigliò, coprendosi la bocca con una mano e strizzando un occhio, mentre si mise il più comodo possibile, o almeno si mise come la sedia gli permetteva di stare il più possibile sdraiato.
Guardai con rammarico il bicchiere ancora pieno poi anche l'altro e misi il broncio, ignorando le sue parole che, annebbiate dal sonno, cercavano di essere di incitamento e allontanai la medicina da me. Ad un certo punto però mi immobilizzò con un braccio, avvolgendomelo al collo con la sua mano libera che mi aveva portato alla bocca il bicchiere, costringendomi a bere a strozzo, sia quello che l'altro; tutto d'un fiato. Mi ero quasi soffocato e iniziai a tossire, soprattutto per il saporaccio, mentre lui ghignava. Lo guardai con un occhiataccia, dedicandomi poi alle lenzuola, stringendole convulsamente con le mani. Mi era salita una paura improvvisa, temevo davvero tanto. Anche se la medicina mi avrebbe fatto stare bene e l'altra dormire nessuno mi assicurava che mi avrebbe protetto dagli incubi, e forse non mi sarei svegliato per lo shock come al solito. Sentivo già il sonno arrivare con il pretesto di farmi soffrire anche quella sera, mentre collassai disteso, ma con gli occhi lucidi, ancora aperti. Non volevo rivivere quell'incubo, non mi sarei svegliato di mia volontà quella volta, e il sogno sarebbe potuto continuare all'infinito fino a quando non sarebbe finito l'effetto del sonnifero. Avvertii le coperte arrivare fino alla mia gola, venendo ancora rimboccato, e di nuovo la sensazione fresca della pezza e due occhi smeraldo guardarmi sicuri, finché non fu solo buio.
 

 

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Capitolo 6
*** Nelle loro mani. ***


Svegliandomi mi stiracchiai un po' indolenzito e guardai l'orario: le 6:00. Con uno sbadiglio mi alzai dalla sedia pronto per l'allenamento, facendo scorrere di poco le tapparelle, il giusto da far entrare un filo di luce prima di dare un'occhiata a Luffy, trovandolo ancora a riposare ma non tralasciai i suoi grandi affanni a bocca aperta e le sue smorfie di terrore mentre si contorceva tra le lenzuola stropicciate, imprigionato in un sonno che non voleva. Sbuffai con amarezza, indeciso su cosa fare con lui. Mi sfregai i corti capelli smeraldo con una mano e allora notai uno strano oggetto dal colore marroncino chiaro nascosto sotto al letto, chinandomi mi resi conto che si trattasse solo del suo cappello e così lo presi. Pulendolo dalla polvere lo adagiai tra le sue mani, accarezzandogli la fronte ed ispezionando il suo volto sudato e affannato per testare la sua febbre.
-Luffy.- decisi di svegliarlo, scuotendolo un po' per una spalla, ma sembrava troppo assopito, così sbuffai.
-Ghh... A-A...ce... Sa...o- balbettò, mentre le lacrime iniziarono a scendere sui lati delle sue guance, bagnando così il cuscino ed io alzai un sopracciglio.
-Ace?- ripetei tra me e me come se già lo avessi sentito, e poi ricordai: era nella sua rubrica, uno dei numeri salvati tra i preferiti, ma cosa c'entrava? E Sao chi era?, pensai. Continuai a ripetermi nella testa quel nome, e alla fine arrivai all'illuminazione che forse non era completo, e anche se non dovevo presi il suo telefono risolvendo l'arcano: il nome era Sabo, un'altro tra quei preferiti. Sentì dei gemiti continui e guardai Luffy che si rigirava, e poi tra le urla piangere ma ancora imprigionato in quell'incubo senza fine, così scattai su di lui.
-Luffy! Luffy!-
Decisi di intervenire e lo richiamai forte, buttando il telefono sul materasso e mettendolo seduto con il busto, tenendolo per le spalle per scuoterlo energicamente finché i suoi occhi si aprirono rapidi, sgranandoli con le lacrime che scendevano copiose mentre sembrò bloccato, come se davanti a lui ci fosse un fantasma o la morte stessa.
-Ehi...- gli sussurrai preoccupato, girandogli la testa verso di me e accarezzandogli la guancia con delicatezza rendendomi conto che anche se mi stava guardando, al tempo stesso non lo stava facendo finché, sbattendo un paio di volte gli occhi, si accorse che c'ero anch'io, che ero lì con lui e che quindi non era solo.
-Z... Zoro...- singhiozzando ripetutamente e tirando su col naso mi vide e di scatto avvolse le sue braccia attorno alla mia schiena, nascondendo il capo nell'incavo del mio collo, piangendo a squarcia gola tra le urla mentre tremava e stringeva i lembi della mia maglia.
Rimasi in silenzio, comprendendo il suo bisogno di potersi sfogare, cercando di confortarlo come più potevo mentre gli accarezzavo la spina dorsale. Quando smise di piangere ma non di tremare e singhiozzare continuò a restare abbracciato a me, e non mi chiesi nemmeno il motivo, perché era naturale: aveva bisogno di qualcuno in quel momento per sopravvivere al suo dolore.
Restammo così tanto in quel modo che mi sembrava che stessero passando non minuti, ma giorni. Però c'era la finestra a ricordarmi che fuori era ancora mattino. Lo guardai staccarsi da me alla fine, mantenendo il capo chino e continuando a stringere i lembi delle spalline della mia maglia gialla gli alzai il mento, asciugandogli col pollice le poche lacrime rimaste e regalandogli un sorriso spontaneo; non era esattamente da me e mi sorpresi: nessuno mi vedeva sorridere, ero sempre serio e cupo, sempre indifferente, al massimo qualche ghigno, però non mi dispiaceva affatto per quell'accaduto. Spontaneo era proprio la parola giusta per un gesto così dal sottoscritto. I nostri occhi si scontrarono, ma a nessuno dei due sembrava dar fastidio mentre le nostre pupille si intrecciarono, riflettendosi nei colori vivi dell'altro; sorrisi ancora a quello sguardo spento e gli donai un bacio su una guancia desiderando solo consolarlo.
-Come ti senti?- domandai, osservandolo stupirsi di quell'atto di affetto prima di rispondere con un rauco: "Bene.", tossendo un po'.
-Okay. Io devo andare ad allenarmi, posso lasciarti qui? Infondo Chopper aveva detto che sarebbe venuto a visitarti anche oggi.- e lui mi annuì mogio così, dopo avergli preparato e portato la colazione approfittai di portare giù anche il vassoio e i piatti dell'altra sera, e mi recai in palestra, anche se con esitazione per averlo lasciato, nonostante se per poco, solo.
 
 
Lo vidi uscire dalla stanza e finii di mangiare, lasciando il piatto e i bicchieri sul comodino, per poi rimanere fermo con il busto alzato, respirando piano e socchiudendo gli occhi verso il basso mentre mi portavo una mano sulla guancia dove lui aveva osato posare le sue labbra. Sorrisi, uno involontario nato da quel calore immaginario, ma che ancora sentivo sulla pelle e che mi aveva lasciato con gentilezza. Da lui questo era l'ultima cosa che mi sarei aspettato di ricevere.
Mi girai di lato, mettendomi supino con le coperte fin sopra le spalle e mi ricordai di avere indosso ancora la sua casacca. Inconsciamente ne strinsi un lembo tra le mani per portarlo alla bocca socchiusa, assaporando il suo profumo e ridacchiando. Mi piaceva così tanto, come anche quel bacio, e anche se continuavo a non sapere il perché di queste emozioni non mi importava. Adesso però non dovevo fare niente se non annoiarmi, guardando l'orologio mi resi conto che fossero solo le 7:15; sbuffai e mi rigirai più e più volte tra le coperte, bloccandomi nel sentire un rumore sordo come una botta. Mi sporsi verso l'estremità del letto, capendo che il rumore provenisse dal mio telefono rivolto faccia a terra contro il pavimento, e lo stesso valeva per il mio cappello; allungai una mano e tenni in mano il coso tecnologico, vedendo che non si fosse nemmeno scalfito lo adagiai sul comodino per poi afferrare con estrema cura, e con un sorriso il cappello, molto più importante, rimettendolo sul letto dopo che un ricordo mi aveva sorvolato la mente, uno che riguardava i miei fratelli, uno felice dove passavo una normale giornata insieme a loro. Alla fine provai ad alzarmi, reggendomi solo con le braccia tremanti, stavolta per via della febbre, al materasso e scostando poi le coperte per andare in bagno ne avevo davvero bisogno, anche per rinfrescarmi.
-Ehi, Luffy!- sentì la voce giuliva e dolce di Chopper entrare, dopo qualche minuto così mi affrettai ad asciugarmi la faccia, tirando lo sciacquone del water e raggiungendolo prima che si allarmasse -Oh, eri lì.- sospirò.
Era già in ansia, pensai ridendo.
Mi sedetti sull'estremità del letto, guardando il dottore tornare a visitarmi con il suo zaino azzurro tra le mani e mettermi in bocca il termometro ed io mugugnai: mi dava fastidio anche se era buffo. Lo osservai farmi altri controlli, felice che la febbre fosse scesa a 38, non era troppo ma non era nemmeno niente. Con la noia addosso iniziai a dondolarmi avanti e indietro, con Chopper che controllava come ultima cosa le medicine; era molto protettivo e cercava sempre di dare il meglio nel suo lavoro, mi rese molto felice vedere tanta dedizione. Alla fine, terminato il suo lavoro di dottore, mi si affiancò per farmi compagnia, e ci divertimmo anche molto, era divertente e molto amichevole. Stette con me fino a mezzogiorno quando ritornò Zoro che andò a farsi una doccia, e Chopper ci salutò per poi andarsene, diretto alla sua abitazione visto l'orario.
-Perona dovrebbe tornare dopo pranzo... Sempre la solita.- borbottò tra sé e sé scorbutico appena tornato dal bagno e indossando solo il cambio dei pantaloni e un asciugamano sul collo.
Lo osservai curioso ma non mi disse niente se non che sarebbe dovuto andare a fare la spesa appena avremo finito il pranzo. Gli sorrisi e lui mi si affiancò, spettinandomi i capelli affettuoso e rimettendomi in testa il cappello che era rimasto sul letto tra le coperte, per poi assumere il suo solito tono serio; all'inizio non mi preoccupai, era normale vederlo così ma poi pronunciò cinque semplici parole che mi sgretolarono quello che ormai non era più il mio cuore, già distrutto dopo aver perso le uniche persone più importanti della mia vita:
-Chi sono Ace e Sabo?-
Mi mancò il fiato mentre lo guardai ad occhi sbarrati e le labbra tremolanti, stringendo i pugni contro le mie bermuda azzurre come il colore del mare a cui rivolsi la mia attenzione, tutto fuorché il suo sguardo.
-P... Perché me lo chiedi?- balbettai, sudando freddo.
-Parlavi nel sonno, prima. Gli hai menzionati.- spiegò pacato, guardandomi sempre senza scomporsi più di tanto, impassibile che nemmeno fosse un robot. Avevo sempre temuto di parlare nel sonno in quei momenti, ed ora ne avevo la prova, non ne ero né fiero né felice.
-N... Non mi va di parlarne, hai detto che potevo non dirtelo.- gli ricordai giocherellando con le mani, sperando che lasciasse correre anche se, confessarmi con qualcuno forse era la cosa migliore.
-Lo so quello che ho detto, ma ti sembra giusto vivere in questo modo? Ti stai distruggendo.- ingoiai un groppo di saliva, lo aveva notato anche lui.
-Non sono fatti tuoi!- scattai, alzandomi con il cappello in mano avendo l'intenzione di andarmene e dandogli le spalle ma lui mi bloccò prendendomi il polso ed uno strano brivido mi percorse la schiena, non ci diedi peso in quel momento, colto dalla paura e da quei maledetti ricordi che non se ne andavano, non mi lasciavano, erano attaccati a me come delle sanguisughe e mi tiravano via tutta la mia energia, la mia anima e la mia vita.
-Quindi vuoi scappare, invece di affrontare i tuoi problemi?- mi chiese secco e quasi deluso da me.
Io strinsi i pugni, fremendo di rabbia e staccandomi violentemente con uno scatto.
-Non... Aah! Lasciami in pace!- urlai voltandomi verso di lui ma venni colto da una fitta alla testa, una peggiore di tutte le altre che mi causò le vertigini, la stanza girava come a capovolgersi; un capogiro così forte da strizzarmi la testa mentre barcollai indietro fino a crollare di sedere a terra, vicino alla porta nemmeno a farlo a posta.
Tenendomi la testa con la mano e stringendo con l'altra l'ala del cappello, singhiozzai. Volevo tanto confessargli tutto, tutte le mie colpe, tutti i miei dolori; e che non c'è la facevo, non avrebbe capito. Lo sentì sospirare duramente prima di chinarsi di fronte a me, ma ad ogni sua mossa su di me mi scansai.
-Senti, perché non riprendi in mano il tuo sogno?- domandò ed io mi morsi il labbro inferiore, non sapendo davvero come fare per riuscirci.
-Se vuoi posso anche andarmene...- borbottai e lui chinò il capo, afflitto.
-Non è questo che ti ho chiesto.- mi fece presente ed io mi limitai ad alzarmi e decisi che: Sì, dovevo andarmene.
-Fermo. Non puoi andare da nessuna parte conciato così.- protestò con tono ferreo e scorbutico, bloccandomi ancora per il polso. -Sei malato.- mi fece presente mentre sentivo ancora la fronte imperlata di sudore, andare in fiamme con tutto il mio corpo che pulsava, anche le ossa facevano male.
-Il corpo è mio, la vita è mia... Non puoi dirmi niente!- ringhiai nervoso.
-Sì, invece: Io non lo accetto, e sono sicuro che neanche loro lo vorrebbero.-
Si fece largo tra i miei ricordi come una breccia, un lampo, facendo uno squarcio nei miei pensieri con i miei fratelli mentre osservavo la sua mano stringermi forte il polso cercando comunque di non farmi male, e quelle parole, come una tromba d'aria in mezzo ad una tempesta aiutarono a far crescere la mia rabbia e la mia frustrazione.
-Non nominarli! Non te lo permetto!- scattai in avanti, gettandogli un pugno in pieno volto.
Sgranai gli occhi, il colpo non sembrò scalfirlo. Non si era spostato di un millimetro... Ero... ero davvero diventato così debole? Che fine aveva fatto tutta la mia forza, tutta la determinazione?, pensai con una smorfia. Lui mi prese il pugno chiuso, allontanandolo dal suo viso e mi scrutò duramente, con tanta decisione e furia, non gli era piaciuto quel gesto da parte mia e i suoi occhi neri, cupi, ne erano una prova.
-Okay, allora! Vattene!- affermò lavandosene le mani e guardandomi risoluto.
Così mi voltai e dopo aver gettato a terra la sua casacca, aprendo la porta accettai quella decisione, recandomi a casa mia.
 
 
Ero ormai nei pressi della mia casa quando mi resi conto che non potevo tornare lì dentro, non con tutti quei ricordi che mi avrebbero assediato dopo anche solo aver solcato la soglia. Presi un grande respiro e mi inoltrai nella foresta, passandomi una mano sulla fronte e realizzando che non era stata una buona idea togliere quella maglia: la fronte era cocente, troppo per farmi restare lucido. Sbuffai e mi recai nel mio nascondiglio, lì i ricordi erano forse anche di più ma almeno non c'erano foto. Scossi il capo per negare il mio pensiero, la realtà era che quel nascondiglio era la nostra casa, ed era l'unico posto dove potevo stare più vicino a loro, anche se avrei sofferto.
 
 
 
Ringhiai nervoso e scagliai un pugno contro il muro, danneggiandolo non poco. Serrai la mandibola, tenendola rigida e raccolsi da terra la mia casacca per portala in bagno, gettandola con furia nel cestone rosso insieme agli altri panni sporchi; quando tornai guardai con rammarico il guaio che avevo fatto alla parete, sapendo che avrei dovuto chiamare Franky al più presto. Sistemai, pieno di rabbia, il letto e mi accorsi solo in quel momento che Luffy aveva dimenticato il suo telefono accanto al mio, sul comodino. Sbuffai stanco, ero costretto a tornarglielo adesso.
Lo avrei fatto più tardi, decisi. Così preparai da mangiare per me e poi presi i soldi ed entrambi i telefoni, nel caso lo avrei incontrato, e mi diressi al negozio. Nemmeno a farlo a posta lì incontrai Franky insieme a Brook e Robin.
-Ciao! Come sta il nostro Super amico?- domandò Franky, sbracciandosi per attirare la mia attenzione mentre si avvicinava con gli altri, estasiato come al solito.
-Meglio. Ha deciso anche di tornarsene a casa sua.- affermai brusco e allora mi venne in mente che avrei dovuto avvisare Chopper un'altra volta. Che seccatura, pensai.
-Ci fa piacere.- disse Robin, io annuì e poi mi dedicai a Franky:
-Non è che puoi venire ad aggiustarmi una crepa?-
-Ancora? E va bene. Verrò verso le 17:00.- mi rispose, infatti non era strano che io distruggessi qualcosa. Mi conoscevano, quindi preferivano non sapere il motivo; infondo, non era importante per loro.
-Potrei non esserci, troverai Perona al mio posto.- sperai in mia sorella per una volta.
E dopo aver parlato ancora un po' tra di noi ci dividemmo, io a finire la spesa e loro fuori dal negozio, ormai finito di comprare ciò di cui avevano bisogno.
Tornai quasi subito a casa, o meglio omettendo le volte in cui mi persi per strada. Posando con malavoglia la spesa misi tutto a posto nei reparti appositi correndo poi a prendere il borsone prima di recarmi all'allenamento imminente, al campo, sperando solo di non perdermi ancora.
 
 
 
Rimasi disteso lì per ore che quasi non mi accorsi che fosse scesa la notte, e la cosa più bizzarra era che non avevo fame. Mi strofinai la punta del naso, un po' raffreddato, e mi misi seduto con le gambe al petto, avvolgendole tra le braccia e ammirando la luna piena e le stelle che brillavano. Per fortuna non c'era il vento gelido della notte a portare più malanni: si stava bene, c'era anche un leggero torpore nell'aria. Ma alla fine decisi di scendere per muovermi un po'. Mi incamminai per la foresta, girando e rigirando per la vegetazione fitta che conoscevo come le mie tasche ma la notte rendeva più complicato orientarsi e la febbre mi stava stancando più del solito, così forse mi ero perso, era tutto troppo confuso per la mia testa annebbiata dall'alta temperatura della mia fronte e del mio corpo. Allora mi decisi a fermarmi vicino ad un grande albero, uno fra i tanti davvero pentito di aver scordato il mio cappello al nascondiglio e feci una smorfia, ed il fatto che si trovasse nella mia casetta non mi rassicurava lo stesso, solo io potevo proteggerlo adeguatamente, e non mi capacitavo tale dimenticanza.
-Luffy!-
Una strana risata si propagò nel bosco ma io avevo la sensazione di averla già sentita da qualche parte, al momento non ricordavo dove però ne ero certo, non si trattava di Zoro. Tutto frusciava e il vento salì fino ad essere così forte da scompigliarmi i capelli; sembrava volesse portarmi via come un foglio di carta, e ci stava anche per riuscire. Poi ci fu un cambio d'aria, ma non era merito del vento. Con una folata tremenda e pesante come un macigno mi sentì schiacciare da una possente mano contro il tronco dietro di me, opprimendomi il petto tanto dal non riuscire a respirare finché l'arto decise di spostarsi sul mio collo.
-Così impari a maltrattare uno dei miei uomini. Ed ora... taccerai per sempre.- continuai a sentire delle risate ovattate; c'erano più persone: ero circondato. Ma l'oscurità non mi permetteva di identificare le loro facce e la mia vista offuscata non aiutava.
Strinsi i denti e provai a prendere la sua mano per fermarlo; sembrava piena di peli, coperta tutta come quella di un'animale, e dall'atteggiamento doveva essere uno di quelli predatori. Eppure sentivo si trattasse di un uomo, forse aveva ingerito un frutto del diavolo. Cercai di divincolarmi ma i miei polmoni esigevano respiro; provai e riprovai, boccheggiando e strizzando gli occhi e calciando con l'intento di colpirlo. Non potendo appagare i desideri dei miei polmoni li sentì avvampare, come se bruciassero, e poi sentì le forze fasi sempre meno, le mani cedere e dondolarsi lungo i miei fianchi, e la testa pulsare, così forte da esplodere. Alla fine persi i sensi, finendo inevitabilmente nelle loro mani, chiunque loro fossero.
 
 
Aprì un occhio alzando il capo inerme, osservando il covo, o meglio, il buio. Tossì, avvertendo ancora la gola arrossata e il sudore invadermi il viso; provai a muovermi ma mi accorsi, a mio malgrado, di essere legato da un materiale rigido e ruvido, con una benda che mi tappava la bocca. Tentai di liberarmi ma forse era di un materiale speciale, o forse era la stanchezza perché non riuscivo a muovermi. Sentì la porta cigolare e aprirsi lentamente, il tanto di quel lasso di tempo che serviva per terrorizzarti mentre si stagliò la figura di quel tizio squalo, Hody, illuminato da un fascio di forte luce che mi costrinse a strizzare gli occhi.
-Finalmente! Ora soffrirai un po', e solo quando otterrai il mio consenso potrai morire.- minacciò, ridendosela e chiudendosi dietro la porta, mettendosi dei guanti con degli spuntoni appuntiti per poi stringere le mani in una stretta decisa e furiosa, voglioso di vendetta.
 
 
 
Mi stiracchiai, svegliandomi dal mio lungo sonno e sorprendendomi che fosse già notte. Sbuffai, guardando la nuvola di vapore che uscì dalla mia bocca per colpa del torpore dentro al mio corpo, incontrasti con il freddo fuori. Alzai le braccia al cielo per sgranchirle un'ultima volta e ripresi le mie katana, rifoderandole accanto alla fascia verde. Scesi dal tetto con un salto felino e coprendomi con una mano la bocca sbadigliai, avviandomi per strada con l'intenzione di andare a trovare Luffy ma poi ci ripensai. Infondo a me cosa importava?, pensai.
Ero quasi giunto a casa mia ormai, e nonostante la mia decisione di non andare non potevo dimenticare la sua disperazione e i suoi pianti strazianti tra le mie braccia. Ringhiai per poi svoltare e recarmi da Luffy; anche per ridargli il telefono, no?
Sbagliai la strada tante di quelle volte che stavo per rinunciare, pensando che fosse il destino a fare questo ma proprio in quel momento mi trovai davanti la casa dei miei pensieri, e con una smorfia varcai il cancello fino ad arrivare sotto al portico. Vedendo che fosse tutto spento credetti che stesse già dormendo, cosa molto probabile ma le tapparelle aperte nella sua stanza mi fecero ricredere così, senza pensarci, provai a forzare la serratura, però rimasi basito nel ritrovarmi dentro di colpo, rendendomi conto solo dopo che la porta era stata lasciata socchiusa. Mi grattai il capo confuso, guardandomi attorno prima di dirigermi nella sua camera e serrai i pugni d'istinto; non era lì: In quelle condizioni rimanere fuori fino a tardi era come un suicidio!
Assottigliai lo sguardo e corsi fuori, per poi fermarmi di scatto; dove poteva essere finito?, pensai frettoloso alla ricerca di un'idea o di un indizio.
Corsi per la città facendo avanti e dietro senza sosta e perdendomi anche di qual volta; non potevo credere di sentirmi così preoccupato per lui, e temevo che si potesse essere sentito male, che gli fosse successo qualcosa o che, per la troppa stanchezza fosse svenuto tra uno dei tanti vicoli bui e pericolanti o tra i marciapiedi. Ripresi fiato, fermandomi e guardando il cielo che non era più pieno di stelle e né scuro come prima, segno che stava per arrivare il mattino, anche se doveva mancare ancora molto. Fremetti per l'impazienza e cercai di fare mente locale nei posti che sapevo che frequentava di più, e visto che lo conoscevo da poco, purtroppo, non ne sapevo molti, ma poi mi tornò in mente il nascondiglio e scattai in quella direzione, richiamando a me ogni tipo di senso di orientamento che avevo in corpo. Non potevo perdermi, non sapendolo in un posto tanto angusto come quello e con la febbre alta.
Arrivai, ma non trovai nessuno. Alzai un sopracciglio, ascoltando nelle orecchie il mio cuore battere forte come un motore, non sapevo se per la corsa, o per la preoccupazione. Non poteva essersene andato dalla città, giusto?, pensai e per sentirmi sicuro strinsi il suo telefono nella tasca, credendo che senza di esso non sarebbe andato da nessuna parte, che non sarebbe andato via da me...
Era lì in vacanza e non sembrava intenzionato a partire presto, per non parlare che avevo visto la sua valigia quando ero entrato nella sua camera. Cercai di rassicurarmi in quel modo, ma la preoccupazione non se ne andò; era decisa a farmi sentire male per la sua mancanza, male per il non saperlo accanto a me, al sicuro; male perché era solo colpa mia e di quella stupida domanda. Ma non mi pentivo delle mie parole o dei miei gesti; se era quello che la coscienza voleva fare non ci sarebbe riuscita, li ritenevo più che appropriati invece. Non poteva lasciarsi morire in quel modo, qualsiasi cosa gli fosse successa non ne valeva la pena: non doveva volersi distruggere!
Sgranai gli occhi riconoscendo il suo cappello nascosto nella penombra della sala e mi avvicinai per prenderlo in mano. Luffy non poteva aver lasciato il cappello al nascondiglio: da ciò che avevo visto non se ne separava mai, figurarsi lasciarlo lì, incustodito. Era di certo successo qualcosa, di certo non in quel luogo; non c'erano segni di rissa o altro, però restava il fatto che avevo controllato tutta la città, tranne... tranne in un posto. Lì, in mezzo alla foresta si trovava il loro covo; quello di quei farabutti, di quei criminali. E non volevo immaginare cosa potesse essergli accaduto se la banda di Hody, o di Lucci lo avesse trovato in quelle condizioni, soprattutto dopo quello che aveva fatto a quello squalo, pensai ricordandomi la storia che Robin mi aveva raccontato lo stesso giorno della visita di quel tipaccio. Avevo deciso, la prima meta sarebbe stata quella; anche se non avevo più infierito su di loro, non potevo non negare che ora fosse diverso, molto diverso.
 
 
 
Mi destai per colpa del trambusto che risiedeva fuori dalla porta della mia cella e cercai di alzare il capo pieno di lividi e sangue solo per vedere la porta aprirsi ma la mia testa ricadde contro mia volontà, inerme verso il basso, per colpa delle botte subite. Mi sanguinava anche un braccio, ciò nonostante notai una figura entrare e venirmi in contro di corsa, prendendo il mio volto tra le mani. Nel sollevarlo con estrema cura mi rispecchiai nel verde smeraldo di quegli occhi che mi parlavano, che mi dicevano che sarebbe andato tutto bene, che erano lì per restarmi sempre vicino. Amavo il linguaggio di quelle due pupille, dei suoi sguardi che amavano tanto parlarmi al posto delle labbra, o forse era solo la mia mente che si immaginava tutto dopo le mille botte ricevute. Ma ero sicuro si trattasse di Zoro mentre mi liberava dalla benda sulla bocca, anche se non riuscivo a riconoscere al meglio il suo volto: i miei occhi erano appannati e ricoperti di sangue secco. Si diresse veloce dietro di me, per liberarmi con un trancio di fendente dalle corde con le sue spade. Strinsi i denti e mi feci forza, alzandomi barcollante volendo vedere la sua faccia e mi rispecchiai ancora in quei bellissimi occhi smeraldo, sorrisi, prima di sentire gli uomini di Hody entrare con il loro capo mentre mi adagiai contro di lui respirando con l'affanno e la fatica di tutte quelle ore passate a soffrire, se mi concentravo potevo udire la pelle e le ferite bruciare, scottare e lasciare un senso amaro e fastidioso di formicolio. Lo sentivo solo se mi concentravo, altrimenti la mia mente annebbiata non focalizzava nient'altro che il buio e un silenzio interrotto solo da un assordante fischio immaginario che si faceva, via via sempre meno acuto.
-Zoro! Avevamo un patto, o sbaglio?- imprecò lo squalo ed io non capì, anche se ne aveva accennato Sanji una volta, mentre mi aggrappai ad un suo braccio per non cadere.
-Lo hai infranto tu per primo.- rispose a tono rimettendosi in bocca la katana dal manico bianco e scostandosi piano da me, tenendo nelle mani le altre due. Sfrecciò veloce per attaccare con un altro colpo di fendente che scagliò tutti contro il muro della stanza, compreso il capo ed io spalancai la bocca in un sorriso emozionato.
-Forte!- mi congratulai, decidendo di avvicinarmi nonostante le ferite sul corpo.
Tentò di prendermi in braccio ma negai con il capo, bloccandolo con le braccia; così, guardandolo alzare gli occhi al cielo in modo teatrale mi prese il polso, alzandomi di peso per trasportarmi in spalla come un sacco di patate; io cercai di protestare ma poi mi abbandonai tra quelle forti braccia, osservando quei tizi seguirci in fretta, venendo scosso e sobbalzare, di tanto in tanto in quella corsa.
Non sapevo dove stavamo andando, e visto che avevamo seminato quegli uomini mi limitai a fissare il cielo che si stava schiarendo, lasciando condurre tutta la corsa a Zoro e godendomi del suo profumo mentre mi misi meglio per appoggiare la testa, di lato sulla sua spalla, osservando il suo volto di sottecchi, senza accorgermi del cappello sulla sua schiena che svolazzava al vento e che mi apparteneva.
Alla fine entrammo in un grande edificio e lui rallentò; salì le scale per poi lasciarmi a terra, in piedi rimettendomi il mio cappello in testa che non mi ero reso conto tenesse attorno al collo. Mi sorpresi di quel gesto e me lo strinsi verso la base, coprendomi gli occhi felice di riaverlo, per poi prendere un bel respiro e studiarmi attorno, rimanendone shockato.
-Lo hai fatto a posta?- chiesi con un fil di voce, riferendomi al luogo con dolore e furia.
-Scusa, la prossima volta vedrò di portarti in un hotel extra lusso!- ironizzò esausto, piegato sulle ginocchia tra gli affanni.
-Non è questo che intendevo...- borbottai con un broncio infantile, guardando malamente la piscina comunale.
-Nemmeno l'acqua è più di tuo gradimento?- mi chiese raddrizzandosi, forse sfottendomi, e si recò verso l'angolo del muro a controllare la situazione, attendendo se qualcuno ci avesse seguito e tendendo le orecchie.
Decisi di non rispondere e mi misi seduto tra le piastrelle azzurre, gelide come il ghiaccio, che si macchiarono di rosso in poco tempo, appiattendomi contro il muro per non essere troppo vicino alla piscina. Ammirai l'acqua che danzava pacata, luminosa e brillante grazie alle enormi vetrate che regnavano incontrastate su tutto il lato destro dell'edificio e da dove il sole, che stava sorgendo, filtrava i suoi raggi sull'acqua e su di noi, portando tutto il suo calore puro che però non riscaldava molto per via dell'aria fredda della notte prima, mentre fuori c'era un intero giardino cosparso di brina mattutina. Inspirai profondamente, assaporando l'odore fresco e frizzantino del cloro. Lo respirai a fondo, quanto mi mancava.
Osservai Zoro continuare a studiare il perimetro, finché, appurato che fosse tutto tranquillo, si mise seduto con la schiena contro il muro di cemento a pochi passi da me.
-Mi dispiace.- sussurrai, forse troppo piano perché lui mi sentisse, ma invece mi sorprese, rispondendomi subito:
-Non hai niente di cui scusarti.-
-Invece sì! Tu mi hai ospitato ed io per ringraziarti me ne sono andato in malomado... milomedo...- scattai e mi persi, mi bloccai a pensare alla pronuncia esatta.
-Malo modo.- mi corresse, osservandomi di sottecchi a braccia incrociate.
-Già... e poi sei venuto anche ad aiutarmi... Grazie.- borbottai a capo chino, sentendo gli occhi pizzicare.
Lui fece un mezzo sorriso sicuro, accettando le mie scuse ed io gli annuì grato per poi mettermi a carponi e gattonare fino a due passi dalla piscina; che ad occhio doveva essere di cinquanta metri, proprio come quella olimpionica, e lasciando gocce di sangue lungo la strada. Toccai l'acqua limpida con una mano, e smuovendola piano creai delle piccole onde riflettendo dentro esse il mio volto; così, con le mani unite, raccolsi un po' d'acqua per pulirmi dal sangue, ignorando il dolore che comportò appena toccai, anche lievemente, i lividi violaci che regnavano incontrastati su metà volto.
-Prima che me ne dimentichi... il tuo telefono.- e mi protese il mio cellulare, notando che era spento lo acesi per poi adagiarlo a terra, dietro di me.
-Sai... io amo ancora essere un campione di nuoto, solo che...- mugugnai frenandomi di colpo. Stavo parlando troppo, così tolsi la mano dall'acqua, alzandomi piano per dirigermi a casa.
-Solo cosa?- volle sapere Zoro, mettendosi sulla mia strada ed io rivolsi lo sguardo a terra e poi alla piscina, non mi avrebbe fatto andare via senza aver vuotato il sacco, gli è lo si leggeva in faccia; capivo che lo facesse per aiutarmi, però...
Mi passai una mano sulla fronte, come per scacciare un tremendo mal di testa, prendendo tra le dita qualche ciocca sudata e un po' sporca di sangue secco, sospirando amaramente: sentivo così caldo.
-E solo che... non posso farlo. Io...- balbettai stremato con voce spezzata e senza volere mi portai una mano al petto, sulla cicatrice.
Mi fermò con un gesto della mano e con la stessa tolse la mia dalla cicatrice, notando la mia difficoltà a parlare fece cenno che non fosse necessario che continuassi se non ne ero in grado. Poi però indietreggiò di un passo, togliendosi le scarpe nere, sfilandosi di dosso la casacca e le katana dalla fascia, gettando tutto poco lontano e restando solo con i pantaloni. Spalancai gli occhi, non capivo le sue intenzioni, però mi sentì le gote arrossare di colpo ed il battito accelerare alla velocità di un treno nel poter ammirare i suoi muscoli avvolti da goccioline di sudore per tutta la corsa che aveva fatto. Temevo di svenire per colpa della febbre, e forse quella visione avrebbe aiutato, ma non potevo permetterlo, anche perché ero curioso di sapere cosa volesse fare. Lui si avvicinò al muretto e unendo le mani in avanti si tuffò in acqua, schizzandola un po' ovunque, anche addosso a me. Rimasi in attesa per alcuni minuti, non sapendo nemmeno io come riuscissi a far rimanere rigide le gambe, però non vedendolo risalire mi sporsi per scrutare il fondo e nel notare quello sguardo sott'acqua, così deciso scattai immediatamente indietro ma lui fu più veloce nel prendermi e mi portò giù come un alligatore fa con la sua preda.
Trattenni il respiro tenendo le guance gonfie e riaprì gli occhi per poi sbattere le palpebre un paio di volte, ignorando il pizzico alla sclera per colpa dell'acqua fusa con il cloro, però mi abituai subito: per me era la norma. Ciò a cui non fui pronto era il bruciare sulle ferite sempre per colpa del cloro, e strizzai gli occhi con una smorfia. Scrutandomi attorno alla ricerca dello spadaccino me lo ritrovai subito dinanzi, ghignante prima che risalisse. Gli mandai un'occhiataccia burbera ma anche un po' scherzosa, seguendolo a ruota per uscire di lì, con la paura che aveva iniziato a circondare il mio cuore facendolo rallentare dal dolore. Appena uscì dall'acqua iniziai a nuotare verso il muretto, però mi trovai incatenato da un'altra morsa e venni tirato all'indietro finché non andai a sbattere di schiena contro il petto muscoloso di Zoro: mi aveva trascinato al centro della piscina e d'istinto, preso dall'odio dei miei ricordi mi voltai di scatto con il busto e gli tirai un pugno sulla guancia facendolo girare di lato bruscamente; non se lo aspettava, ma questo non lo scompose più di tanto e tornò a guardarmi serio.
-Ma che fai?- protestai nervoso e un po' in colpa, dimenandomi dalla sua presa ma lui mi cinse più forte la vita con le sue possenti braccia aspettando che mi stancassi e ignorando come lo colpissi pur di andare via, e alla fine mi arresi, rilassandomi il tanto da annegare e lasciandomi cullare dalle onde e da lui, restando in ammollo solo perché mi teneva.
-Immagino che tu ami questa sensazione. L'acqua che ti circonda e i suoi movimenti.- e a quelle parole capì il suo intento in tutto ciò, voleva solo farmi ricordare il mio sogno. Nel guardarlo notai che gli sanguinava il labbro da un lato, ma non sembrava soffrirne.
-Sì. E' bello.- constatai pacato, riconoscendo il suo gesto e perdendomi nel ricordare tutte le gare vinte e anche i primi giorni quando iniziai a nuotare, o la sensazione di libertà che provavo mentre ero in acqua, con davanti a me la meta, pensando solo ad avverare il mio sogno.
Mi dondolai tra le onde, dimenticandomi perfino che stessi male e chiudendo gli occhi per rilassarmi un po', con la testa appoggiata su di lui con il mento rivolto verso l'alto a guardarlo, sapendo che ci fosse Zoro a reggermi per il busto. Ma appena mi lasciai andare i cattivi pensieri tornarono e dei flash di immagini che scorrevano di sequenza, veloci, si mostrarono nella mia mente, facendomi rivedere ancora quel terribile ricordo del mio errore che mi perseguitava la notte e il giorno.
Sgranai gli occhi, annaspando e mi allontanai dallo spadaccino che forse mi fissò sorpreso, non capendo cosa fosse accaduto questa volta avvolti in tutta quella calma. Mi avvicinai al muretto come se fosse la mia unica ancora di salvezza prima che l'acqua mi inghiottisse nel mio stesso incubo; mi ci aggrappai sopra con le braccia per tirarmi su, ma restando immobile, così, con le gambe ancora dentro l'acqua e continuando ad annaspare mente osservavo e sentivo l'acqua scivolare via dal mio corpo per cadere ed infrangersi contro le piastrelle. Sentendo un fruscio nell'acqua capii che Zoro mi si stesse avvicinando, ma io negai scuotendo il capo nervoso.
-Ti prego, smettila! Io... sono solo un debole.- confessai sbattendo la testa contro le piastrelle per farmi male, ma invano in quanto fossi di gomma.
Avvertendo il suo sguardo su di me strinsi le mani a pugno contro il muretto, frustrato e dolorante, lasciando scorrere oltre all'acqua le lacrime dal mio volto, alla ricerca di una pace che non meritavo di trovare.
 

 

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Capitolo 7
*** Nausea. ***


Ascoltai il rumore dolce e secco di Zoro che usciva dalla piscina, riprendendo le katana per poi prendermi di peso dalle costole, sollevandomi e adagiandomi a terra sulle gambe tremolanti, pronti a vacillare da un momento all'altro, ed io lo lasciai fare, lasciando che mi manovrasse come se fossi stato un corpo senza vita. Dondolai un po' a destra e a sinistra per le spalle, colpa la stanchezza e il dolore, quella colpa che mi portavo dietro e che mi opprimeva intanto che mi rimisi i sandali, che si erano sfilati quando mi aveva fatto cadere in acqua, e guardai a terra con occhi vacui e risentiti. Lo sentì asciugarmi alla bene e meglio, con la fascia verde non avendo altro sotto mano, ed infilarmi addosso la sua casacca che però si inumidì al contato della mia pelle, ma almeno era meno bagnata della mia, e poi Zoro mi teneva a caldo tra le sue braccia: prendendomi in braccio e sorreggendomi le gambe con un braccio e con l'altro la schiena potevo avvertire tutto il suo calore affettuoso e intenso, era caldo nonostante fosse stato in acqua. Penzolai con la testa per adagiarla contro il suo petto muscoloso e pieno di piccole goccioline che scorrevano lente e veloci, e mi chiesi perché il mio cuore stesse martellando con così tanta insistenza là dentro. Sospirai per calmarmi, e socchiusi gli occhi cercando di individuare i suoi movimenti per distrarmi, e dopo che ebbe preso tutto uscimmo da quell'enorme edificio cristallino e pieno di vetrate, solo per venir avvolti l'attimo dopo dal calore dei raggi del sole, ormai alto in cielo. Percepì la sua mano sulla mia fronte e sorrisi, con il cuore che, se possibile, si mise a tremare di gioia, e così mi decisi ad accoccolarmi meglio a lui.
In un attimo ci ritrovammo a casa sua, anche se non seppi davvero come avesse fatto, forse nel mentre mi ero appisolato. Mi adagiò su una poltrona con il poco garbo che di solito aveva, e lo osservai piegarsi sulle ginocchia davanti al camino per preparare il fuoco, volendo riscaldare la casa prima di dirigersi a prendere delle coperte. Mi passai una mano su un lato della mia faccia con fare esausto, facendo uscire un gemito ed una smorfia per il dolore che i lividi mi procuravano; ammirai la luce intensa e calda delle fiamme, e anche se ero stanco, che non avevo nemmeno dormito, o almeno così mi sembrava, mi alzai, mettendomi seduto sul tappeto accanto al divano, volendo più calore possibile da quelle fiamme, perché avevo freddo, davvero freddo, tanto freddo.
-Luffy.- mi disse brusco, tornando e chinandosi sulle ginocchia per porgendomi quattro coperte leggere e piccole ma che nell'insieme rendevano l'idea di calore e protezione, così le presi in fretta e furia, come se potesse rubarmele, e me le avvolsi addosso come si fa con un involtino, facendolo scoppiare a ridere, cosa che mi fece rallegrare molto mentre mi porse anche una coscia di carne appena cotta, ma non mi sentivo affamato come mio solito, e iniziavo a temere che la febbre si fosse alzata.
-Mangia e riposati un po'.- sussurrò, infilandosi una maglia verde a maniche corte mentre osservai il kit medico appoggiato a terra, al suo fianco e che si era portato dietro insieme a tutto il resto.
-Non lo so...- borbottai tornando a guardare le fiamme con occhi spalancati come ipnotizzato da esse, forse per la stanchezza, ma poi chiusi gli occhi assaporando con la pelle quel calore che era davvero intenso mischiato a quello della febbre. -Che patto hai fatto con lo squalo?- borbottai stanco, con le palpebre che cedevano ad ogni battito, vogliosi di rimanere chiusi, chissà, forse per sempre.
-Lui non avrebbe toccato i miei amici ed io non avrei toccato lui o i suoi uomini.- spiegò, iniziando a bagnare la ferita al braccio con acqua ossigenata per lavarla per poi passarci un altro liquido come disinfettante.
-Cos'è?- chiesi, socchiudendo le palpebre e osservando la bottiglietta. -E poi, non era più facile sconfiggerlo?- domandai cambiando discorso, fremendo per il dolore che attraversava il mio corpo per i tagli e iniziando a mugugnare, strizzando un occhio e mostrando una smorfia contrariata e rigida.
-Iodopovidone. Chopper mi ha assicurato che serve a guarire le ferite, non preoccuparti.- affermò per poi, guardandomi negli occhi, continuare con la seconda risposta: -L'ho sconfitto, gli ho sconfitti tutti. Per questo hanno voluto stipulare con me questo patto... molto inutile in verità. Io non ero nemmeno d'accordo a dirla tutta, ma non potevo di certo cacciarli dalla città visto che hanno diritto di viverci quanto me, così ho accettato pensando che almeno sarebbero stati buoni per un po', infatti attaccano molto raramente, e nel farlo cercano sempre di vendicarsi nei miei confronti.- spiegò serio e dalla mia faccia confusa capì di aver parlato a vuoto: non avevo capito niente.
-Ascolta, io...- mi bloccai ancora, ma volevo dirglielo, desideravo togliermi quel peso.
-Lo sai che non devi se non vuoi.- mi assicurò, finendo di fasciarmi il braccio e iniziando a medicarmi la faccia con lo stesso procedimento di prima.
-No, io voglio. Tu sei mio amico, e poi non c'è la faccio più a tenermi tutto dentro.- spiegai malinconico sopprimendo i gemiti, chinando il capo tra una smorfia e l'altra, mentre lo osservavo tamponarmi i lividi, il volto e provare a pulire le ciocche dal poco sangue che mi sporcava con dell'ovatta prima di coprire i tagli dai cerotti finita la medicazione.
-Okay.- mi diede tempo, appoggiando una mano sulla mia spalla. Presi un grande respiro e chiusi gli occhi, lasciandomi trascinare dai ricordi per un po', nonostante questo mi distruggesse, e aprendo le palpebre iniziai a sfogarmi, a parlare tra i balbettii:
-Un mese fa, io avevo vinto un'altra gara, e così andammo a festeggiare insieme ai miei amici, tra cui anche i miei fratelli; sai erano più grandi di me di tre anni, stavamo sempre insieme... Quando finì ce ne andammo. Io ero in macchina con i miei fratelli, ma era molto buio, e la strada era piena di curve... non abbiamo fatto in tempo ad accorgercene che un camion ci venne addosso e...- mi bloccai e iniziai a singhiozzare sempre più forte, coprendomi la bocca con entrambi le mani che tremavano incessantemente.
Osservai Zoro con le lacrime agli occhi, mordendo, mordendo il labbro e maledicendomi, sentendomi troppo colpevole, troppo; ignorando le parole dello spadaccino che tendeva a volermi parlare con gli occhi, ma io non li capivo, troppo annebbiato nelle mie colpe, con la mente affogata nell'oscurità.
-Gli ho visti morire... davanti a me... E-ed Ace mi ha anche protetto, se non lo avesse fatto forse sarebbe ancora qui!- dissi a voce boccheggiante sempre più alta, piangendo e toccandomi la cicatrice con ambedue le mani mentre, digrignando i denti continuavo a impormi di fermarmi, ma tutto il dolore si riversò all'esterno con troppa ferocia perché io potessi resistervi.
-Mi dispiace molto.- sussurrò lui, limitandosi a questo dopo avermi ascoltato in silenzio, avvolgendomi in un caldo abbraccio che non mi aspettai proprio, mentre continuai a piangere, con forza e agitazione.
-Io... ho perso tutto in una notte... E' solo colpa mia!- esclamai rauco, affondando la faccia contro la sua maglia così radiosa di verde, stringendone un lembo con le mani.
-Questo non è vero. Non devi pensarlo nemmeno! Dovresti continuare a coltivare il tuo sogno, è per questo se...-
-Sì, invece. Se non fossimo andati lì...- piagnucolai interrompendolo, tirando su con il naso -Io non ho fatto niente per impedirlo, per salvarli... Mi merito gli incubi che mi porto dietro! Io... Io...-
 
 
 
Era svenuto tra le mie braccia per la sofferenza. Sospirai, stringendolo a me come se in questo modo potessi proteggerlo da quei ricordi, prima di prenderlo e portarlo a letto. Mi sentivo ancora scosso per la storia che mi aveva raccontato; doveva essere stato atroce vedere una scena tanto raccapricciante e dolorosa, e sentendomi perso senza quel sorriso che lo caratterizzava. Adagiai il suo telefono sul comodino, poggiando anche il mio, e decisi di sedermi appena presi il termometro, mettendoglielo in bocca, sicuro che anche se dormiente avrebbe funzionato lo stesso. Presi di nuovo la bacinella dal bagno, mettendoci dentro altra acqua, immergendoci la pezza nel liquido freddo e gelido, e adagiandola sulla sua fronte, lasciandomi sfuggire due dita che andarono ad accarezzargli la cicatrice sotto l'occhio sinistro, osservandolo, scrutando il suo volto luminoso e quello stesso segno; era così dolce, anche quando dormiva. Portai una mano in avanti, sistemandogli le coperte, e accarezzandogli una guancia con l'indice gli levai il termometro dalla bocca con dolcezza per non svegliarlo, anche se non sarebbe accaduto comunque in quel frangente di dolore, poi mi alzai per abbassare le tapparelle; deciso a non lasciarlo solo con i suoi incubi sarei rimasto, sollevato che non fosse aumentata la temperatura. Mi sfilai le katana poggiandole al muro, affianco al letto, e tornai a sedermi sulla sedia, ponendola davanti al corpo disteso del ragazzo, lasciandomi cullare da quel silenzio muto, ma tutto venne interrotto quando avvertì la vibrazione di un telefono che non mi apparteneva e così, indeciso se rispondere o no, lo presi schiacciando sul tasto verde del touch-screen, ma tenendo costantemente d'occhio il mio amico.
-Pronto?- borbottai.
-Scusa, ma chi parla?-
-Dipende, chi lo vuole sapere?- chiesi secco.
-Un suo amico in pena per lui! E tu? Perché hai il suo telefono?- scattò nervoso, forse preoccupato temendo che il ragazzo si fosse cacciato in qualche guaio, cosa che effettivamente era successa.
-Sono un amico di Luffy anch'io. Al momento sta dormendo, ma posso dirti che sta bene, per quanto può esserlo con quello che sta passando...- sussurrai le ultime parole serio, con gli occhi che riflettevano il dolore del ragazzo, capendo benissimo cosa si provasse a perdere una persona. Scrollando dalla mente quei pensieri rivolti a Kuina cercai di pensare a lui, non mi piaceva vederlo soffrire, desideravo proteggerlo con tutto me stesso. Nel pensarlo però percepii un calore anomalo che attorniava il mio petto, lo stesso di ogni volta che incrociavo i suoi occhi, senza però comprenderne il significato; e un po' non potevo che temere queste sensazioni, ma potevo anche sbagliarmi. In fondo lui era un ragazzo proprio come me, cosa mai potevo provare se non amicizia?, riflettei, riprendendomi visto che il ragazzo oltre la cornetta fosse tornato a parlare dopo averci pensato un po' su se fidarsi o meno del sottoscritto.
-D'accordo. Quando si sveglia digli che Kidd ha chiamato.- disse con un lieve tono di diffidenza, sbuffando, forse capendo dalle mie ultime parole e da quel tono che non stessi mentendo.
Riattaccò e per sicurezza controllai la scritta sul desktop: "Kidd"; era molto bizzarro come nome, ed era un altro messo tra i preferiti. Sospirai, gettando uno sguardo a Luffy; non sembrava agitato come al solito e mi sentì più sollevato, così mi alzai e presi il mio telefono, decidendo di andare fuori a chiamare Chopper per non disturbarlo.
-Ciao.- salutai, adagiandomi contro la porta chiusa. Sentendolo parlarmi preoccupato del fatto di non aver trovato Luffy in casa mi sbrigai a rassicurarlo -Ho controllato la febbre, è scesa a 37 e mezzo.-
Lo ascoltai sospirare più tranquillo per poi suggerirmi le medicine e gli approcci da usare, ignaro di quello che fosse accaduto con Hody e i suoi uomini. Affermai che lo avrei fatto e lo salutai, tornando dentro la stanza dove, oltre al silenzio, regnava un amabile calore. Mugugnai annoiato e incrociai le braccia al petto, adagiandomi contro lo schienale e chiudendo gli occhi.
 
 
Sbadigliai stiracchiandomi, infastidito al suono della mia dannata suoneria, ma se Usop aveva scelto quella c'era un motivo: era l'unica a farmi svegliare. Aprì un occhio con malavoglia e subito scattai per chiudere la chiamata, ricordandomi che Luffy stesse dormendo, ma nel vederlo agitarsi sudato mi affrettai a svegliarlo prima che il suo incubo potesse degenerare in qualcosa di peggiore.
-Va tutto bene, ci sono qui io.- gli assicurai quando le sue palpebre si spalancarono. Lui si limitò a fissarmi con le pupille ridotte a due puntini, spaventato e tremante. -Shhh...- ripetei per un po' in un sussurro appena si catapultò ad abbracciarmi, poggiando una mano sulla sua schiena, e non feci a meno di sbuffare nel risentire la mia suoneria, alzando gli occhi al cielo con tono infastidito.
-Cosa c'è?- sbottai nel rispondere, alzandomi dalla sedia, e, nonostante mi fossi staccato da Luffy, lui non si era staccato da me, attaccato come un koala al suo albero. -Ancora? Maledizione... Sì, ho capito, ho capito.- gli dissi scontroso, seccato da tutti questi allenamenti in un momento del genere, anche se in realtà per me era la norma.
-Posso venire?- lo ascoltai borbottare, con il viso affondato nella mia maglia, forse sentendo la voce all'altro capo della cornetta, tanto era vicino al mio volto.
-Certo.- esclamai, strofinandogli la mano sulla spina dorsale, percorrendola più e più volte. Aveva bisogno di distrarsi; infondo era per questo che era venuto in questa città.
-Grazie.- ridacchiò spensierato, anche se i suoi occhi mi mostravano altro, subito nascosti dalle ciocche nere e corte che sventolavano piano per il gesto improvviso.
-Vado a prepararmi nell'altro bagno, tu usa questo.- e indicai con il capo quello nella stanza, aspettando che scendesse da me.
-Mi tengo la tua casacca?- mi domandò ingenuo, toccandosi con l'indice la maglia in questione. Lo guardai un attimo confuso, lasciandolo delicatamente in ginocchio sul materasso per poi annuire e recarmi in bagno in fretta, sciacquandomi veloce e preparandomi.
 
 
 
Piano piano scesi in soggiorno, tenendo con due mani il laccio del borsone e trascinandomelo fino al divano, sedendomi e incrociando le caviglie tra loro aspettai l'arrivo del mio amico, dondolandomi a destra e sinistra innocentemente, coccolato da quell'abbraccio su cui mi ero fiondato e che ancora danzava nella mia mente riscaldandomi il cuore e lasciando in un angolo i brutti pensieri per un po'.
-Ehi, Luffy hai visto per caso il mio...?- si bloccò mentre scendeva le scale e mi voltai a guardarlo. Lo scrutai raggiungermi appena notò che l'oggetto dei suoi pensieri risiedeva al lato del divano. -Prima che me ne dimentichi... Un certo Kidd ti ha chiamato, prima, mentre dormivi.- mi avvisò.
Annuì, chiedendomi cosa mai volesse, o come fosse riuscito ad avere il mio nuovo numero, e guardai lo spadaccino prendere il borsone con una mano pronto ad uscire. Quando mi fece cenno di andare annuì di nuovo e in tono festoso, affiancandolo e correndo fuori, ma venni bloccato sulla soglia da Zoro che ci tenne a controllare la temperatura sulla mia fronte e a porgermi un giubbotto prima di lasciarmi libero. Ridacchiai e tornai a correre veloce, seguito subito da lui mentre ci dirigevamo, come l'altra volta, al campo da football mentre lasciai aperto il giubbotto nero che mi aveva costretto ad indossare.
Arrivati raggiunsi gli spalti, guardando dall'alto la squadra che si preparava all'allenamento, e lui si diresse agli spogliatoi per cambiarsi per poi entrare in campo, sempre con il suo sguardo serio e impassibile, venendo accolto dal suo coach con euforia; proprio come l'altra volta, notai ridendo mentre lo salutai dall'alto, con lui che ricambiò con un'occhiata. Ridacchiai di nuovo, perché i suoi occhi avevano scintillato di gioia per quel mio gesto, e ne andai fiero.
-Ma guarda chi c'è!- mi sentì chiamare, e voltandomi riconobbi Nami che mi fissava truce -Aspetto ancora l'incasso della scommessa.- affermò esigente, piegandosi con il busto appena mi fu vicina e puntandosi le mani ai fianchi, scoperti per via del fatto che indossasse una maglietta corta e scollata, ed un jeans lungo fino alle ginocchia; mi ispezionò in attesa di una risposta ma ad un tratto piegò un sopracciglio confusa:
-Sbaglio o indossi ancora la casacca di Zoro?-
-Hai ragione!- ricordai della scommessa, sorpreso, ridendo e grattandomi la nuca spensierato -Prometto che dopo l'allenamento te li darò.- esposi tranquillo -E sì, indosso ancora la sua maglia.- risi.
-Aahh!- un urlo spaventato attirò la mia attenzione, così mi voltai osservando la renna corrermi in contro. -Ma come mai sei qui? Dovresti restare a letto a riposare!- mi rimproverò Chopper, gesticolando sconvolto.
-Dai, non esagerare. Sto bene.- non terminai la frase che mi ritrovai con un termometro in bocca, con il dottore che mi faceva tutti gli esami possibili, e gli altri che ridevano per quella scena ed il mio sguardo risentito per non essere stato ascoltato.
-Tieni.- mi disse il cuoco sedendosi al mio fianco e aprendo un cesto da picnic, porgendomi una coscia di carne. Sentì la sensazione disgustosa della nausea che saliva, ma i morsi della fame ebbero la meglio su di me, così afferrai il cibo appena la renna mi tolse il termometro per controllare la temperatura corporea mentre il gruppo si mise seduto in cerchio, tranne Nami che si avvicinò ad un terzo cestino, prendendo da dentro, richiuso in una busta, la mia camicia rossa.
-Ecco a te.- mi sorrise ed io la presi, ringraziandola per il disturbo.
-37.2... Stai migliorando.- disse sollevato, posando tutti i materiali dentro lo zaino, io annuì e tornai a guardare Zoro che dopo il riscaldamento aveva iniziato a giocare, schierandosi dietro la linea d'attacco, subito dietro il Centro che al momento dello snap gli diede la palla, passandogliela da sotto le gambe. Ricevuta la palla, guardai il Centro andare a bloccare la pressione della difesa insieme alla offensive linee e formando quella che Zoro aveva chiamato "tasca", che serviva come barriera per proteggere il quarteback, in modo che esso avesse tutto il tempo per effettuare un lancio al ricevitore smarcato, tirandogli il pallone ovale e marrone tipico di quello sport. L'ho trovavo così buffo e divertente, e ripensando a quando lo avevo affermato a Zoro e che lui aveva sorriso, divertito e compiaciuto del mio commento ridacchiai, mentre i suoi amici battevano le mani, fieri del punto ottenuto a favore dell'amico anche se quello era solo un allenamento.
E quanto terminò, e già era durato più del solito, ci avviammo agli spogliatoi, restando ad aspettarlo fuori. Quando uscì, dopo essersi lavato e cambiato, Zoro ci guardò smarrito.
-Voi che ci fate qua?- borbottò.
-Volevamo cenare insieme. Ma prima i soldi!- spiegò pacata per poi riferirsi severa a me, ed io risi, annuendo. -Ottimo.- sorrise fiera.
-Visto che ci siamo, tanto vale cenare direttamente a casa tua.- espose Usop ed io alzai le spalle, pensando che così mi sarei anche potuto cambiare, rimettendomi la mia camicia, anche se adoravo quella casacca che aveva impresso l'odore dello spadaccino.
Arrivammo più in fretta del previsto, con il sole quasi del tutto tramontato e che aveva lasciato spazio di già alle stelle. Varcando la soglia acesi la luce del soggiorno, abbassando le tapparelle e aprendo di poco la finestra per far cambiare un po' l'aria.
-Aspettami qui, Nami. Vado a prenderti i soldi.- sorrisi, tenendo ancora tra le mani la camicia, osservando gli altri preparare la tavola mentre altri ancora si mettevano comodi, con Franky, Usop e Chopper che esaminavano la casa, quasi con occhio critico come a volersi accertare che non crollasse a terra, che fosse a norma per la mia sicurezza e anche in fatto di pulizia per la mia salute, ma anche con uno sguardo bonario.
-Certo. Comunque, il tuo debito è aumentato in questi giorni, mi devi il 35% in più.- espose decisa con un sorriso, mentre Usop protestava con rammarico.
-Okay. Quindi in tutto quanto ti devo?-
-Abbiamo scommesso 500 berry, quindi, più il 25% e più i soldi ai danni alla locanda... In tutto viene 15.500,35.- sorrise giuliva, con Chopper e Usop che spalancarono la bocca fino a terra.
-Perché quella faccia?- domandai curioso, non capendo -Accetti carte di credito?- mi rivolsi poi a Nami.
-Come puoi dire di sì ad una somma del genere?- scattò il nasone, alzando una mano per essere interpellato.
-Perché? Sono tanti?- inclinai il capo da un lato.
-Cosa?- domandò con tono sottile e sorpreso, bloccandosi senza respiro per lo shock -Sì! E' una somma inverosimile!- scattò poi.
-No, accetto solo contanti.- mi informò lei, ignorando i commenti di Usop che si beccò un pugno in testa.
-Ottimo, torno subito.- ridacchiai andando di sopra con Nami che festeggiava; erano davvero simpatici.
Entrai in camera mia e mi sfilai con rammarico la maglia di Zoro, lasciandola sopra il letto per poi mettermi la mia camicia senza però abbottonarla, dirigendomi poi nella stanza del nonno; lì, le tapparelle, erano ancora tutte chiuse. Andai verso l'armadio, aprendolo tentai di ricordare la password della mia cassaforte dove tenevo tutti i risparmi che avevo lasciato, che il nonno mi spediva ogni settimana sapendo quando spendessi in cibo, sempre se poi mi ricordavo di pagare, e altri che mi ero portato dietro. Picchiettandomi il mento con l'indice e guardando la manopola di metallo mi illuminai nel ricordare il codice, per non dire sollevato temendo di non poter più ripagare Nami. Avevo di già pagato sia il negozio che il locandiere del primo giorno, per mia fortuna non mi avevano denunciato o cose del genere, e sempre per mia fortuna avevo abbastanza soldi per la mia amica. L'aprì e presi qualche banconota, tentando di contarle, ma non ero mai andato a scuola e a malapena contavo fino a dieci; a questa consapevolezza misi il broncio, avviandomi.
-Certo che ha una bella casa.- sentì la voce di Brook, mentre suonava qualcosa di dolce e melodioso dal suo violino e sorrisi, felice del complimento, arrivando alle scale per portare i soldi alla mia amica.
-Ma è così vuota.- commentò Robin, guardandosi attorno.
-In che senso?- chiesi curioso, tornando in soggiorno e porgendo i soldi, con un sorriso, a Nami che iniziò a contarli bramosa e con gli occhi lucenti.
-Ci sono solo mobili, niente foto che ritraggano bei momenti insieme alla tua famiglia.- spiegò, seduta sul divano con le gambe accavallate e le mani appoggiate sulle cosce.
-Oh.- risposi, sapendo che gli avevo solo nascosti da qualche parte, mentre Nami mi richiamò:
-Luffy, mi hai dato una cento in più.-
-Oh, davvero? Beh, tienila per il disturbo che ti sei data per avermi lavato la camicia.- ridacchiai per poi saltare sulla poltrona a gambe incrociate, guardando Zoro seduto sul divano affianco a Robin e Chopper che sorridevano.
-Come fai ad essere così accondiscende con lei? Sono soldi tuoi quelli!- protestò Usop, incredulo che avessi davvero donato una somma simile, ma io non sapevo nemmeno se fosse davvero così esagerata.
-Meglio così.- commentò Nami fiera, posando i soldi nella sua borsetta a tracolla.
-Ma come "Meglio così."?- scattò ancora il nasone, senza parole.
-Allora? Nemmeno una foto?- mi chiese ancora Robin, sporgendosi con il busto sul divano davanti a me, e piegandosi, tenendosi il mento con una mano, con il gomito sulla coscia ed un sorriso.
-Beh, ecco...- mi feci pensieroso non volendo rispondere, con l'acuto sguardo di Zoro che mi teneva d'occhio, ma in quel modo mi sentivo protetto da esso, e mi piaceva.
-Una con i tuoi genitori?- osò Chopper vedendomi in difficoltà, stringendosi teneramente il cappello.
-No, non ho mai conosciuto i miei genitori. E non ho foto perché mio nonno sta sempre fuori per lavoro e non ha tempo per queste cose famigliari; è sempre stato un tipo che preferisce più il lavoro alla famiglia...- commentai con un sorriso falso che forse fu troppo evidente, cercando di distogliere i miei pensieri dai miei fratelli, osservando i loro sguardi farsi cupi per quelle parole; forse erano tristi perché non avevo conosciuto i miei genitori? Ma per me non era mai stato un problema, non ne avevo mai sentito il bisogno; stavo bene così.
-Sei... sempre solo, allora?- borbottò Chopper, e quelle parole, così veritiere ora, mi aprirono la mente, stringendomi il cuore.
-I-io... Già.- farfugliai confuso, come in un blackout, osservando per terra ad occhi sgranati per quella consapevolezza amara e inaspettata. Odiavo stare solo e avevo sempre cercato con tutte le forze di non esserlo, ed ora, con ironia, lo ero.
-Su, forza: mangiamo!- esclamò festoso Franky, cercando di alleggerire la tensione, con l'immediato accompagnamento: musicale di Brook, e canoro di Usop e Chopper che oltre a cantare, ballavano anche, cercando di rallegrarmi, come tutti gli altri.
Mi dondolai, tornando a ridere, osservando Sanji servire tutto sul tavolo apparecchiato per otto; anche se avevano aggiunto un posto, con il cuoco che fece sedere in modo elegante le due ragazze che lo ringraziarono, felici del gesto. Guardai Zoro oltrepassarmi dopo aver adagiato sulla mia spalla, per un attimo sfuggevole, la sua mano, come per dirmi: "Non sei solo. Ci siamo noi, non vedi?". Sorrisi ancora; ormai tutti erano al tavolo, ed io li raggiunsi assieme a Brook che volteggiava insieme alla sua musica. Non mi andava proprio di mangiare con quella nausea che mi restava continuatamente in bocca e che diventava impellente appena sentivo odore di cibo, ma provai ad assaggiare un boccone e maledì Sanji per come cucinasse da Dio; perché se non rischiassi di rimettere tutto dopo avrei già finito di mangiare. Guardai di sottecchi gli altri che erano tornati a ballare e cantare, e allora, senza volere, mi dedicai a Zoro che rideva a crepapelle, con un boccale di birra in mano, per la scena di Chopper con due stecche nel naso a spalancargli la bocca. Sorrisi lievemente e tornai a fissare il piatto di carne, avvertendo la pancia sottosopra, la testa che girava e il sapore disgustoso della nausea in bocca solo nel guardare il cibo, così distanziai il piatto da me involontariamente, ma per fortuna nessuno sembrò accorgersene, almeno per ora.
-Forza! Tutti insieme!- incitò Brook, suonando e cantando una canzone piratesca che conoscevo bene, si intitolava "Il liquor di Binks".
Ma non potevo restare, o rischiavo di rimettere tutto davanti a loro. Non avevo toccato cibo, ma la nausea aumentava vistosamente, procurandomi fastidi e crampi allo stomaco e vari capogiri nonostante la mia immobilità. Presi velocemente il telefono dalla tasca, nascondendolo sotto il tavolo e componendo il primo numero che mi venne in mente, e in quel momento pensai d'istinto solo a Kidd che per mia fortuna rispose subito. Sorrisi e pensai di correre via, mentre tenevo il telefono all'orecchio.
-Ehi, Kidd!- salutai, alzandomi con tutti gli occhi su di me e salì in fretta le scale per dirigermi in bagno, chiudendomi la porta alle spalle e sedendomi a terra solo per poter respirare a fondo e riprendermi, almeno avevo avuto una scusa per allontanarmi.
-Luffy! Mi hai fatto preoccupare: sei scomparso da un giorno all'altro senza lasciare tracce; hai cambiato anche numero! Se non fosse stato per Garp non avrei saputo come contattarti!- mi rimproverò severo.
-Scusami Kidd... Non hai dato a nessun altro il mio numero, vero?- sperai con tutto il cuore.
-Mi spiace non averlo fatto, e dico davvero.- affermò secco -Siamo tutti in pensiero. Perfino il tuo manager! So che pensi che Law ti spinga ad oltrepassare i tuoi limiti contro la tua volontà e a dare sempre e solo il massimo, ma ti sbagli. Ti avrebbe dato tempo, e sarebbe stato al tuo fianco a darti man forte, proprio come tu avevi fatto con lui. E ora sta solo sperando di saperti sano e salvo!-
-Non dovreste essere preoccupati...- mugugnai.
-E allora dimmi dove ti trovi e quando torni! E visto che ci sei dimmi chi era il tipo che mi ha risposto questa mattina al tuo telefono!- ordinò senza troppi giri di parole, sottolineando sull'aggettivo "tuo".
-Non penso di tornare. Io... Non me la sento di continuare per quella strada.- balbettai sentendomi sul punto di rimettere e mi strinsi lo stomaco con una mano, avvertendo un conato venire su, ma lo bloccai in gola con un gorgoglio, un miscuglio di acido e vomito, ringoiandolo con una smorfia per il saporaccio.
-Ma cosa stai dicendo? Senti, questo è solo un momento, ma ti passerà. Dimmi dove ti trovi, perché hai bisogno di noi.- ci tenne a dire, con un tono preoccupato e severo al tempo stesso.
-No, no...- negai ripetutamente muovendo anche la testa, e riattaccai, lasciando malamente il telefono a terra e gattonando verso il water come se fosse la mia unica speranza, stringendolo alle basi e rimettendo tra la tosse, e il vomito dal gusto amaro e disgustoso.
Sentì la porta cigolare per poi richiudersi piano, e qualcuno camminare nella mia direzione per poi sedersi a terra dietro di me con apparente calma. Mi ero dimenticato di chiudere a chiave la porta; accidenti, pensai.
-Sono io, Luffy. Non preoccuparti.- sentì una morsa al cuore appena avvertì la sensazione calda di quelle parole invadermi la mente intanto che continuavo con quel maledetto rigetto. -Di sotto tutti si chiedono chi sia questo Kidd.- ridacchiò per smorzare quell'aria pesante, passandomi una mano sulla spina dorsale e alzandosi per aprire la finestra, e far cambiare aria.
-E' solo un mio caro amico...- tossì con la voce fredda che fece da eco dentro il gabinetto prima di allontanarmi dal water e appoggiarmi contro il muro fresco, così rinfrescante in quel momento. -Perché sei venuto?- respirai a fondo.
-Ti ho visto allontanare il piatto e poi smanettare con il telefono da sotto il tavolo. Mi sono insospettito.- spiegò chinandosi sulle ginocchia a due passi da me, mentre al mio lato destro regnava il suo braccio muscoloso con cui si reggeva al muro.
-Eri preoccupato?- domandai sorpreso, fissandolo dritto in quegli occhi verdi che potevo solo amare. Mi fissò indeciso, non sapendo come rispondere, ma poi affermò:
-Forse un po'.- passandomi un asciugamano bianco, bagnato con acqua calda, sulle labbra, guardandomi serio come sempre per poi passarmi un flaconcino di pillole; le medicine. Feci una smorfia, e controvoglia presi una pasticca, ingerendola insieme ad un po' d'acqua presa dal lavandino.
-Grazie.- sorrisi prendendo il tessuto vaporoso e soffice tra le mani e posandolo sulle gambe, adagiando poi il capo contro il suo petto e chiudendo gli occhi fino ad addormentarmi per la stanchezza che mi sentivo addosso, forse colpa ancora di quella maledetta febbre.
 
 
 
Aprì un occhio, osservandomi attorno assonnato, e ascoltando il frusciare delle coperte mi voltai a guardare Luffy che si stringeva a me e ai lembi della mia maglia con le mani ed il volto scosso da smorfie di terrore. D'istinto lo avvolsi di più con le braccia, scuotendolo per svegliarlo piano e con dolcezza.
-Z... Zoro...- mugugnò sorpreso e flebile, alzando lo sguardo per osservarmi negli occhi, ormai sembrava un'abitudine per lui, una delle quali mi procurava sollievo e tranquillità, regalandomi un senso di libertà mai provato e non sapevo se apprezzare o meno tutto questo.
-Tutto okay.- assicurai, alzandomi e lasciandolo lì da solo tra le lenzuola; sembrava così indifeso in quel momento, mentre si era tirato le lenzuola fino alle labbra come a coprirsi, con gli occhi luccicanti e teneri.
Alzai le tapparelle veloce facendo filtrare il sole, continuandomi a chiedere come mi fosse passato per la testa di dormire con lui, e poi mi ricordai: dopo che la festa finì, dopo che tutti erano tornati a casa e che Chopper aveva dato un'ultima occhiata a Luffy, lo avevo preso di nuovo in braccio e mi ero diretto in camera sua per adagiarlo sul suo letto. Avevo provato di tutto, ma continuava a non staccarsi di dosso da me, così ci avevo rinunciato e mi ero disteso con lui che aveva sorriso, ed il cuore mi si imperlò di gioia in quell'abbraccio, scaldandomi l'anima, così tanto che rinunciai e non ci pensai più di tornare a casa.
-Scusa.- disse mettendosi seduto, per poi scostare le coperte e alzarsi, dirigendosi chissà dove, forse intuendo che non avevo gradito la cosa dal mio sguardo.
Sbuffai irritato, sentendomi anche in colpa; addirittura? In colpa? Non avevo fatto nulla di male!, pensai con stizza, con rabbia proprio perché in realtà se era andato via era per via del mio sguardo. Così lo seguì per fermarlo, ma uscendo lo trovai seduto a terra, di schiena contro il muro del corridoio, tenendosi la fronte con la mano per coprirsi da me per le lacrime.
-Voglio stare solo...- piagnucolò, tirando su con il naso; ignorai le sue parole e lo osservai dall'alto, cercando di capire perché ora si comportasse in quel modo. -Te l'ho già detto... Sono solo un debole.- e si strinse nelle spalle.
-Davvero, smettila! Smettila di ripetere la stessa scena di dolore, smettila di maledirti e di distruggerti!- esplosi, lasciandolo guardarmi smarrito con gli occhi lucidi -Se ti hanno difeso, se ti hanno salvato, lo hanno fatto per continuare a far vivere te! Secondo te vogliono vederti così, loro?- scattai, mentre lui negò col capo, mogio, ma non ero tanto convinto che avesse concepito le mie parole appieno.
-Non sei solo, d'accordo?- gli sussurrai facendomi posto con lui, accarezzandogli i capelli mentre si adagiò contro il mio petto, singhiozzando tra altre lacrime e annuendo piano. -Cerca di continuare a vivere il tuo sogno anche per loro. Gli è lo devi.-
Sorrisi e lo presi di peso, portandolo in soggiorno per preparagli qualcosa. Adagiandolo sul divano gli controllai la fronte e realizzai, sollevato, che la febbre fosse svanita del tutto, così mi diressi in cucina, prendendo il cibo che Sanji aveva lasciato per noi la sera prima.
-Si mangia!- esultò lui, correndo e iniziando ad abbuffarsi anche della mia parte; ora ne ero certo: la febbre era davvero scomparsa del tutto.
-Ehi!- protestai avviandomi per prendere dei pancakes prima che se li inghiottisse tutti in una volta. Se la rise e continuò a mangiare tranquillo, ghignai e quando finimmo di fare colazione dovetti, vedendolo distruggere ogni stoviglia che prendeva in mano, lavare i piatti al suo posto.
-Senti Zoro, oggi posso venire da te per vederti allenare?- mi chiese euforico, mentre asciugavo le ultime posate.
-Allenamento? Non mi ha chiamato ancora nessuno...- dissi, pensandoci affondo, ricordandomi anche che mancassero pochi giorni all'incontro con la squadra di Doflamingo.
-No, intendo nel dojo. Ti alleni ogni mattina, posso stare a vederti?- mi chiese sorridente. Comprendendo che si riferisse a questo, annuì.
Finendo di pulire ci recammo fuori dopo che lui ebbe preso il suo amato cappello ed io le mie katana. Arrivati iniziai dalle flessioni, con lui seduto lontano a gambe incrociate sul tatami a fissarmi con quel sorriso di cui, ammisi, non potevo più fare a meno.
-Mi piace tanto la tua compagnia...- borbottò quando ormai ero arrivato ai sollevamenti pesi, non pensavo che potesse restare ad aspettarmi fino a così tanto, credevo sarebbe morto di noia dopo cinque secondi; ma ghignai a quelle parole, sapendo di provare la stessa cosa.
Adagiai il bilanciere al suo posto e mi alzai dalla barra, restando seduto e guardando sorpreso l'asciugamano che le sue mani mi porsero. Ghignai di nuovo, afferrandolo e usandolo per asciugarmi la faccia da tutto quel sudore, mentre lui si sedette a cavalcioni sulla barra, davanti a me, continuando a dondolarsi avanti e dietro con le gambe e con il busto.
-Devo fare una doccia, mi aspetti qui o in soggiorno?- chiesi posando le katana al loro posto per mettere in ordine, e lui alzò le spalle, così lo lasciai lì.
Raggiungendo la mia stanza presi il cambio dei vestiti per poi entrare in bagno. Girando la manopola della doccia lasciai scorrere l'acqua calda sulle mie spalle e sul mio petto, chiudendo gli occhi mi rilassai, annusando il vapore tiepido che mi circondava, e senza pensarci il mio pensiero volò diretto a Luffy, a come fosse forte, e a come fosse fragile; sapeva esternare i propri sentimenti con una tale normalità, non era come me; io sapevo essere più riflessivo ed introverso, lui invece faceva uscire fuori ogni cosa che provava, desiderava che tutti sapessero come fosse in ogni istante della giornata, senza vergogna, senza timore. Con un mezzo sorriso sul volto sospirai pacato, ma poi mi ricordai di quanto fosse scappato dalla stanza, e capì che voleva stare solo a volte, desiderava il suo spazio per soffrire, ma avrei accettato quella parte di sé solo quando lui avrebbe accettato la scelta dei suoi fratelli e sarebbe andato avanti. Prendendo la spugna rossa mi insaponai, e alzando lo sguardo al soffitto misi lo shampoo, strofinandolo veloce sui capelli, risciacquandomi per poi uscire dalla doccia. Coprendomi la vita con un asciugamano mi cambiai, per poi dirigermi con le ciocche gocciolanti in camera mia per prendere il telefono che avevo appoggiato prima sulla scrivania.
Scesi le scale con l'intenzione di raggiungere il dojo e Luffy, ma ritrovai quest'ultimo in soggiorno ad attendermi sul divano, seduto all'incontrario, in ginocchio, appoggiato di petto allo schienale con le braccia incrociate dove nascondeva la faccia per la noia, finché non mi vide arrivare e allora saltò dalla gioia, letteralmente.
-Andiamo a mangiare?- mi chiese bramoso, con la lingua di fuori per la fame.
-Certo.- sospirai pesantemente per poi sogghignare e lasciami trascinare dalla sua furia famelica, iniziavo ad adorarlo un po' troppo, però anche io avevo fame, quindi andava bene così per ora.
 
 
Mi distesi di schiena contro il tetto di una casa e mi portai le braccia dietro la nuca mentre lui finiva la sua ultima coscia di carne, strappandola a morsi senza ritegno, recuperando tutti i pasti saltati. Lo osservai sedersi per godersi il panorama, con la luce del sole al suo fianco che faceva risplendere anche il più piccolo particolare: dai suoi capelli ai suoi occhi, fino alla sua bocca. Mi sentì avvampare nell'osservare, come ipnotizzato, quelle labbra rosee e carnose, ma decisi di cambiare subito traiettoria e i miei occhi si dedicarono all'azzurro del cielo prima di richiudersi, pronti ad assopirsi.
-Ehi Zoro...- si bloccò, ingoiando, forse l'ultimo pezzetto di carne rimasto attaccato all'osso mentre avvertivo la sua ombra sporsi sopra di me -Ma stai dormendo di già?- borbottò deluso, stavo per aprire un occhio, un po' scocciato, per vedere cos'altro volesse, ma prima che potessi esserne in grado avvertì qualcosa di soffice e caldo sfiorarmi con incredibile dolcezza la guancia sinistra. Non sentì più l'ombra di Luffy sopra di me, però ascoltai la sua risata, e la sua voce flebile ed estasiata che esclamò fiera:
-Sogni d'oro!-
Rimasi impassibile, capendo che stesse andando via per lasciarmi dormire in pace. Ascoltai lo sfrigolare delle tegole, forse per via del fatto che stesse scivolando giù come su uno scivolo per poi atterrare indenne in strada. Ascoltai il battito dei suoi sandali correre per andare chissà dove e lasciai che un ghigno invadesse il mio volto nel ripensare a quel bacio inaspettato che mi aveva donato; non aspettandomi un gesto simile, così, tutto ad un tratto.
 

 

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Capitolo 8
*** Qualcosa di più. ***


Ridacchiai, euforico per quel bacio. Anche se lui, avvolto nei suoi sogni, non ne era a conoscenza, e forse non lo avrebbe mai saputo. Però mi sentivo comunque fiero e pieno di gioia per averlo fatto, e tornai a respirare, e presi tutta l'aria che serviva ai miei polmoni in quel momento: persi anche loro in quel vortice di emozioni avevano smesso di fare il loro lavoro. Continuai a ridere, ignorando gli sguardi straniti e indignati della gente, mentre io mi sentivo così appagato. Iniziai anche a saltellare per la gioia, guardandomi attorno e ammirando il cielo; non mi sentivo così gioioso da davvero tanto, e non pensavo che bastasse così poco, un bacio, per tornare ad esserlo, come non pensavo di tutta questa fusione di sensazioni positive ed inspiegabili, era come se fossi pronto ad esplodere per far sentire a tutti quello che provavo, per far sentire a tutti che ero in pace; finalmente felice. Non ero solo, non ero solo; mi ripetevo sicuro. Avevo Zoro, Nami, Sanji e tutti gli altri simpatici amici con cui avevo fatto conoscenza. Dovevo ricordarmelo, dovevo. Dovevo perché altrimenti i ricordi amari di quell'incidente sarebbero tornati fino ad uccidermi.
Mi fermai che ormai ero nel portico di casa mia. Ripresi fiato, senza mai lasciare quel sorriso che, per quanto tirasse non faceva nemmeno male, forse anche per il fatto che fossi di gomma. Entrai senza indugi e mi catapultai sul divano a gambe incrociate, con l'affanno per tutta quella euforia che sembrò abbandonarmi appena compresi tutto quello che fosse realmente accaduto, che avevo fatto: avevo dato un bacio ad un ragazzo, e quel ragazzo era Zoro. Rimasi a fissare, in piedi, il soffitto con una malinconia innata che nacque dopo aver concretizzato il gesto fin troppo dolce che avevo dato, che non mi apparteneva, e rimasi così forse per minuti interminabili, a pensare ai sentimenti verso lo spadaccino, troppo fuori luogo per semplice affetto di amicizia, e a quello che poteva compromettere con il mio rapporto con lui; temendo di dover soffrire ancora, di dover patire ancora la solitudine, che mi avrebbe abbandonato dopo aver scoperto che volevo qualcosa di più, ma poi, a pensarci bene, nemmeno sapevo cosa significasse quel "più" che tanto agognavo tutto ad un tratto. Certo, se Zoro se ne andava mi rimanevano gli altri, ma sentivo che non potevo perdere lui, che era speciale più degli altri. Lui aveva fede in me, ma io meritavo tutta questa fiducia?, pensai per poi borbottare a voce alta in quella casa vuota, sentendomi così confuso e disorientato da tutti questi pensieri, mi faceva solo male rifletterci, mi faceva venire un gran mal di testa e poi, più pensavo di poterlo perdere, più tornava ad avvolgermi il mio alone di disperazione e depressione.
Sbuffai stizzito e chiusi gli occhi, buttandomi di botto e di spalle contro i cuscini del divano, cercando di ritrovare la felicità perduta che non sembrò rivolermi con sé. E invece mi tornarono in mente le parole del mio amico, mi caddero addosso come un fulmine a ciel sereno.
-Cercare di continuare a vivere il mio sogno anche per loro. Gli è lo devo.- ripetei piano, voltandomi con il capo a guardare intensamente il pavimento appena mi misi disteso a pancia in giù.
Strinsi i pugni, osservando il sole ancora in cielo oltre la finestra e decisi di alzarmi, recandomi in fretta, anche se con un po' di esitazione, in camera, deciso della mia idea anche se con il timore che le mie gambe potessero decidere di voler scappare da un momento all'altro. Arrivando a destinazione mi piombai difronte l'armadio, avvicinando la mano ai pomelli e, prendendo un grosso respiro, lo aprii con timore, quasi come se da un momento all'altro potesse attaccarmi o aizzarmisi contro. Guardai verso terra, dove si trovava la mia valigia, e con un grande sospiro mi chinai di colpo sulle ginocchia, rimbalzando un po' per poi aprire la cerniera con agognata lentezza, percorrendo tutta la sagoma della borsa con un movimento studiato nei piccoli dettagli, e forse stavo esagerando, però avevo così paura, così voglia di fuggire e non entrare più in quella camera se l'armadio mi avrebbe ancora mostrato quel borsone con le ante spalancate, odiandomi tanto perché sentivo di star commettendo un errore, uno dei più gravi. Però, alla fine l'aprii e studiai l'interno con un tuffo al cuore, strofinandomi gli occhi per impormi di non piangere, ma alla fine mi decisi e presi il costume azzurro, recandomi in bagno per mettermelo sotto i vestiti. Tornai indietro molto in fretta, e adocchiai nella valigia il borsellino dove tenevo i miei occhialini e chissà cos'altro che non ricordavo, visto da quanto l'avessi abbandonata, e non capivo nemmeno con quale forza fossi riuscito a portarmela dietro, forse più dicendomi che l'avrei abbandonata nel posto in cui tutto era cominciato. Così presi il borsone con tutto quello che conteneva, mettendoci dentro anche il telefono che segnava le 16:27, davvero presto, o forse tardi per ciò che stavo per fare, sempre se lo avrei fatto.
Varcai la soglia della piscina, scrutandomi attorno, ma come al solito non sembrava esserci nessuno. Alzai le spalle, e mi addentrai nella sala dove si poteva accedere ai controlli. Inclinai il capo da un lato, confuso da tutti quei pulsanti nella tabella; alzando le spalle iniziai a schiacciarli quasi tutti, accendendo e spegnendo luci e chissà altro, cercando solo quello che apriva il flusso del cloro per depurare l'acqua.
-Ehi, tu! Cosa stai facendo?- scattò, un uomo di vecchia età da come si poteva intuire dall'andatura ricurva e dai capelli grigi; dal tono e dallo sguardo sembrava anche furioso.
-Voglio usare la piscina.- risposi con sufficienza all'inserviente che mi fissò un attimo incredulo.
-Cosa?- mi chiese, come se non avesse sentito bene.
-Ho detto che voglio usare la piscina.- ripetei, con un broncio annoiato: non volevo aspettare oltre, avevo paura di poter cambiare idea, cosa che poteva accadere anche in quel momento stesso.
-Va bene, ragazzo.- borbottò con un sospiro di resa, anche se non aveva resistito troppo, avvicinandosi per sistemare il mio macello. -Sei fortunato, abbiamo appena finito di lavare tutte le piscine; scegli quale preferisci.- mi incitò con un mezzo sorriso, ridacchiando rauco per poi dirigersi fuori dalla stanza, raggiunto da un altro inserviente, forse un po' più giovane, che mi osservò di sfuggita prima di andarsene con il suo amico.
Risi per il nervoso, perché era come se tutto l'universo mi stesse imponendo di tornare ad essere il vecchio me quando io volevo solo chiudermi in casa, o da qualche altra parte, senza che nessuno mi disturbasse. E così, alla fine, mi recai verso quella olimpionica, la stessa dove mi aveva portato Zoro per salvarmi da quei brutti ceffi, e sedendomi a terra, praticamente vicino alla parete e lontanissimo dall'acqua, iniziai a sfilarmi la camicia, i sandali e le bermuda. Restai solo col costume e strisciai in avanti, avanzando con le mani fino al muretto, perdendomi ad osservare l'acqua con le gambe portate al petto. Mugugnai triste e mi strinsi con le mani il cappello contro la fronte, con il battito che mi straziava per come corresse all'impazzata dalla paura, dannandomi per quelle sensazioni così atroci che non riuscivo a sconfiggere.
-Ehh...-
Sentì sospirare pesantemente e mi voltai di scatto, riconoscendo Zoro che si mise seduto sul pavimento, ad un passo da me, osservandomi riflessivo come al solito. Inclinai il capo da un lato, mentre la paura sembrò diradarsi un po' dal mio petto, come se la nebbia che mi assediava il cuore stesse svanendo grazie al faro che risiedeva imponente proprio davanti a me e in quel preciso momento.
-C... Come hai fatto a trovarmi?- ripresi fiato come se fosse in apnea, mordendomi il labbro per non farmi vedere debole, non da lui, e avvolgendo le gambe con le braccia ancora di più, e nascondendo il mento nell'incavo del gomito, continuando però a guardarlo. Lui alzò le spalle, senza darmi risposta si distese e chiuse gli occhi; sorrisi:
-Okay.-
Tornai a guardare l'acqua, ammirandola in quel suo splendore che sempre l'aveva caratterizzata e che sempre mi aveva colpito, e continuai così per minuti atroci senza muovermi. Sembrava più fuoco che acqua quella in cui mi dovevo immergere, ed io non sentivo di doverlo fare come non sentivo di potercela fare; e alla fine i minuti non passarono, diventarono interminabili. Con il cuore in gola mi mordicchiai nervoso il labbro inferiore con così tanta forza fino a spaccarlo e farlo sanguinare, gettando subito dopo uno sguardo a Zoro che, con mio grande rammarico, si era addormentato, proprio quando sentivo di volergli parlare, di chiedergli aiuto. Era lì, ed io ne volevo approfittare, come se fosse la mia unica ancora, volevo che mi aiutasse in qualche modo.
Tornai serio e cercai di calmarmi, raccogliendo aria e trattenendola per un po' prima di buttarla via come un sospiro. Lui era al mio fianco, non ero solo, mi ripetei nella mente. Sorrisi pacato e allungai una mano verso il suo volto, accarezzandogli una guancia e adagiandogli sul capo il mio amato cappello di paglia che gli ricadde in avanti, coprendogli gli occhi. Presi ancora respiro e dopo aver dato un ultimo sguardo al mio nuovo tesoro mi sporsi, allungando le gambe in acqua fino ad immergermi completamente ad occhi chiusi, con il gelo ad avvolgermi completamente, quasi facendomi diventare una statua di ghiaccio. Non avrei mai immaginato che un giorno l'avrei affrontata come nemica, l'acqua, e invece eccoci qua. Aprii gli occhi, muovendo i piedi sott'acqua per rimanere a galla per poi osservare i palmi delle mie mani riversi verso di me, tenendole sopra l'acqua e stringendole a pugno con decisione, ma tutta questa volontà svanì nel ricordarmi le mie colpe, nel ricordarmi gli orrori che mi perseguitavano. Spalancai la bocca con l'affanno, bloccando i piedi, tenendo gli occhi sgranati ed il cuore fermo come morto. Era colpa mia, compresi ancora nella testa d'impulso, tirando su con il naso e stringendo i denti, mentre andavo a fondo senza impormi, lasciando all'acqua il privilegio di aiutarmi a farla finita, ad annegare le mie colpe in tutti i sensi, a lasciarmi andare.
-Va tutto bene.- mi assicurò Zoro, sussurrandomelo nell'orecchio da causarmi un brivido e un calore anomalo al cuore che palpitò con più forza, tenendomi stretto, con le sue braccia muscolose che mi circondavano il petto impedendomi di raggiungere il fondo. Era arrivato così all'improvviso e con solo un costume verde addosso, cosa che mi permetteva di ammirare al meglio i suoi muscoli mentre individuai i suoi e i miei vestiti piegati e messi vicini, con, adagiato sopra il mio cappello. Nel vederlo in costume capii che doveva essersi organizzato anche lui prima di venire qui, e cercai di resistere alla tentazione di aggrapparmi alle sue spalle e di adagiarmi con la testa al suo petto con tutte le forze.
Annuii con una smorfia a quelle sue parole così calde e affettuose nonostante continuasse a mantenere un atteggiamento rigido e serio nei miei confronti, e ascoltai le sue mani spostarsi e stringere le mie spalle con rassicurazione mentre restavamo a galla solo grazie al suo sostegno. Strinsi i pugni e mi misi a dorso sopra l'acqua, galleggiando e ricercando quella fiducia che avevo in me stesso e che di solito riponevo nell'acqua, sentendo Zoro sorreggermi da sotto con i palmi delle mani, e con il suo sguardo su di me. Questa pratica non l'avevo mai amata, in realtà: restare fermo, ad aspettare... Non faceva per me, ma ora era necessario per tornare un tutt'uno con l'acqua.
-Come ti senti?-
-Annoiato.- borbottai, con l'acqua che mi finiva un po' in bocca e che si trasformava in bollicine appena pronunciavo qualche parola. -Però non mi sento pronto per tornare a nuotare, non ancora.- sussurrai mogio, socchiudendo piano le palpebre; lui sorrise, uno di quelli strafottenti che iniziavo ad amare.
-Grazie per essere qui.- tornai a parlare in quel silenzio, sentendomi di doverglielo dire, e coccolandomi tra le sue braccia.
-Non devi ringraziarmi: siamo amici.- spiegò, una parola che apprezzai molto ma che fece stranamente male, come se una lancia mi avesse appena trafitto il cuore, come se mi avesse appena tradito di qualcosa di imperdonabile, ed io continuai a non capire.
Socchiusi gli occhi per non pensarci e lasciai fare all'istinto, con un tenue sorriso mi aggrappai alle sue spalle, adagiando la testa sul suo petto per ascoltare il battito del suo cuore, e mi sorpresi nel sentirlo rombare feroce come un motore che aveva appena messo il turbo, ignorando che stavo facendo proprio quello che mi ero imposto di non fare.
-Ti voglio bene.- mugugnai mentre mi riportava seduto sul muretto, con lui che restò in acqua a fissarmi dal basso verso l'alto, con le braccia incrociate sopra le piastrelle.
Non rispose, ma non lo biasimavo; avevo capito da tempo che non amava esternare le sue emozioni, e mi andava bene così. L'importante è che mi restasse vicino quando ne avevo bisogno. Rimanemmo in quella piscina fino a sera inoltrata, tra prove di nuoto e lunghe pause, il tutto nel completo silenzio, a guardarci negli occhi, a scrutarci, studiandoci a vicenda; non avevo la forza di aprire la bocca e lui aspettava solo me e la mia voglia di vivere, gli è lo si leggeva negli occhi, ed io non c'è la facevo proprio ad accontentarlo, che ironia.
Quando decisi che avevo fatto abbastanza mi distesi tra le mattonelle, e quasi mi addormentai, ma stavo morendo più di fame, così mi vestì assieme a Zoro e ci recammo fuori, diretti da Sanji.
 
 
-Ciao!- esultai entrando festoso, portandomi dietro Zoro che non sembrava esattamente su di giri come me, mentre lo tiravo per un braccio tra le risate.
-Ehi!- salutò Usop intanto che il cuoco uscì dalla cucina con uno straccio bianco per asciugarsi le mani, sempre con una sigaretta in bocca.
-Siete arrivati proprio in tempo, stavamo per chiudere.- spiegò Nami, con un sorriso furbetto sul volto, forse bramosa di soldi.
-Zoro, hai deciso di farti portare da Luffy visto la tua mancanza di orientamento? Forse d'ora in poi non ti perderai più.- ghignò il cuoco, provocando con quella frecciatina l'irritazione di Zoro che si staccò da me bruscamente per andargli incontro.
-Taci cuoco da strapazzo! Vedi di cucinarci qualcosa piuttosto! Sempre se ci riesci. E poi dovresti decidere di sistemarti quei sopracciglioni che ti ritrovi!- sghignazzò dopo essere arrivato al bancone, mentre i loro sguardi furiosi si trapassavano con delle saette.
-Ecco che ricominciano...- sospirò il nasone abbassando le spalle, stanco di quella sceneggiata che vedeva, forse, troppo spesso visto l'affermazione che aveva dato.
Feci una smorfia annoiata e mi sedetti di botto sullo sgabello, guardando poi con un sorriso il cuoco ed incitandolo a cucinare per me e la mia pancia.
-Farò in un lampo.- mi assicurò per poi guardare male il mio amico, nonché anche suo: -Con te non ci spererei molto...- borbottò, tornando in cucina, mentre Zoro fumava di rabbia.
-Mhm...- mugugnai controllandomi le tasche, realizzando troppo tardi di essere senza soldi; un po' come al solito.
-Pago io, non preoccuparti.- mi rassicurò lo spadaccino, portandosi le braccia, unite sopra il bancone.
-Ma non puoi: ha detto che non ti porterà niente.-
-Adesso dovrà per forza se Nami vuole mettere qualcosa in cassa.- ghignò, sottolineando meglio l'ultima affermazione per farla udire anche alla ragazza in questione, e facendomi l'occhiolino, e per quello, senza motivo mi sentì emozionare, con il mondo che sembrò fermarsi, vorticare veloce e poi stopparsi ancora insieme al mio respiro per poi riprendere a velocità normale. Anche per quel gesto così banale riusciva a farmi sentire sempre sperduto, i suoi sguardi erano come un pozzo verde di vita in cui dovevo tuffarmi e vivere.
-Sanji hai sentito? Cucina subito per Zoro!- ordinò Nami che aveva udito forte e chiaro le parole dello spadaccino, come ogni volta che si parlava di soldi.
-Certo, mia cara Nami!- strillò festoso da dentro la cucina, mentre si sentiva lo stridio dell'olio contro la padella.
-Allora, che ci dici?- mi domandò Usop, sedendosi sull'altro sgabello.
-Che mi sto divertendo un mondo!- ridacchiai, dondolandomi con lo sgabello e rischiando anche di cadere, barcollai, ma tornai subito in equilibrio per fortuna, ignorando di star mentendo e che Zoro mi avesse mandato un'occhiata curiosa, per poi capire che non volevo parlarne con gli altri e rispettare la mia decisione; come faceva a capire ogni cosa di me era davvero un mistero, ma anche una cosa incredibile.
-Ecco a voi!- esclamò Sanji porgendomi la carne, lo stesso a Zoro anche se con una smorfia di rabbia, dandogli anche un boccale di birra e a me della semplice acqua.
-Oh, siete tutti qui.- entrò Robin, insieme a tutti gli altri ragazzi dietro di sé.
-Ciao.- le sorrise Usop, alzando la mano.
-Vedo Super che c'è anche Luffy!- esclamò Franky, mettendosi in posa prima di sedersi ad un tavolo vicino a noi, mentre Nami uscì per mettere il cartellino "chiuso" alla porta.
Ascoltai i soliti rimproveri di Chopper che in un attimo mi travolse, iniziando a visitarmi, mentre continuavo a mangiare, e appena comprese, sollevato e felice, che stessi completamente bene si allontanò per prendere dello zucchero filato, ed io, vedendo Zoro distrarsi per parlare di qualcosa con Sanji, forse un'altra litigata, ne approfittai e presi qualcosa, frettolosamente anche dal suo piatto, ma mi ritrovai il suo sguardo omicida su di me, con una mano che mi tirava violento per un lembo del colletto della camicia al suo viso che protestava con un "Ma sei un ingordo!" prima di buttarsi su di me per lottare, furioso dello scherzo fatto, con tutti che se la ridevano in sottofondo.
Ridacchiai quando lo vidi rimettersi seduto appena Sanji adagiò altro cibo nel suo piatto, più per non volere sedie e tavoli rotti che per fare un favore allo spadaccino mentre io rimasi un altro po' a terra con il cappello sul mio petto, guardando sottosopra gli altri, con Chopper che ballava dopo essersi messo due stecche nel naso sotto le note del violino di Brook.
Continuai a guardarli sorridendo; perfino Nami, dopo essere stata pagata, iniziò a cantare, bere birra e ballare. Adoravo la loro compagnia, non potevo non ammetterlo. Continuando a sorridere mi coprì gli occhi con il cappello, e mentre il tempo passava gli ascoltavo essere felici, continuando ad esserlo anch'io perché rendevano felice anche me.
 
 
-Luffy... Ti porto a casa.- sentì prendermi di peso e socchiusi un occhio, impastato dal sonno solo per vedere il volto impassibile di Zoro tenermi stretto tra le sue rassicuranti braccia, e mi accoccolai meglio con amore prima di addormentarmi di nuovo, e anche se sapevo che gli incubi sarebbero venuti a bussare di nuovo per quella notte mi lasciai avvolgere dal suo calore che, lo sentivo, serviva per potermi proteggere; ne ero certo: lui era qualcosa di più. Ne ero certo, perché c'era qualcosa di più che mi legava a lui, anche se ancora non capivo o concretizzavo a pieno questo "più", o forse ero solo io che amavo pensarla in questo modo.
 

 

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Capitolo 9
*** Acqua pericolosa. ***


-Di nuovo lo stesso esercizio?- borbottai sedendomi su quelle piastrelle fredde per l'ennesima volta a questa parte, poggiandoci una mano sopra dietro di me, per potermi reggere, dritto con il busto, guardandolo restare a galla di schiena e osservare dritto davanti a sé quel soffitto di cui ormai sapeva forma, colore, e particolari.
-Mhm...- mugugnò in assenso, anche se quella voce mi sembrò molto negativa, quasi quanto quello sguardo.
Lo scrutai iniziando a togliermi i vestiti, adagiando al mio fianco le katana per poi gettarmi in acqua con il costume, forse un po' troppo forte visto che per il tuffo gli schizzai tutta l'acqua addosso, rompendo il suo equilibrio, troppo monotono per i suoi gusti, lasciando che si mettesse in posizione eretta nell'acqua a guardarmi torvo mentre tossiva quel poco d'acqua che gli era entrata in bocca a causa mia; io feci un mezzo sorriso, scompigliandogli i capelli mori, fradici e gocciolanti in modo giocoso, e poi, allontanando la mano tornai a guardarlo, in attesa di qualche parola, o sorriso.
-Uffi...- sussurrò mogio, chinando il capo ed evitando di guardarmi, dedicandosi maggiormente alle piccole onde che nascevano ad ogni nostro movimento, e grazie anche a come lui muovesse le mani impacciato.
Ridivenni serio a quello sbuffo e a quel gesto, voglioso più che mai di risposte, dettato dalla mente e dalla preoccupazione, ma lui tornò a stendersi a dorso, avvolto dalle acque come in una coperta.
-Forse è meglio velocizzare la cosa...- commentai con un sospiro pesante, riferendomi che dovesse nuotare per davvero, tenendolo da sotto la spina dorsale con le mani per cercare di aiutare a compiere il primo passo ma lui iniziò a dimenarsi con la testa in un frenetico no. -Va bene, va bene...- scattai nervoso e annoiato, continuando però a stargli accanto, non riuscendo e non volendo allontanarmi.
Lui mi osservò dispiaciuto prima di tornare a chiudere gli occhi dolcemente. Lo guardai inebriarsi della calma che ci attorniava, illuminandosi grazie ai raggi del sole che attraversavano le enormi finestre. Sorrisi a quel volto angelico, così armonioso nonostante tutti i fantasmi che si portasse dietro. Gli accarezzai la fronte con due dita, scostandogli una ciocca bagnata dagli occhi, ma lui non sembrò accorgersene, quasi dormiente forse. Mi chinai col busto verso il suo volto, ammirando ogni millimetro: dalla lucente chioma corvina, alla cicatrice concava; dal suo piccolo naso, al suo mento lievemente pallido. Scrutai quell'immagine ancora e ancora, fino a fermarmi definitivamente alle sue labbra. Socchiusi gli occhi giungendo ad un soffio da loro solo per regalargli un tenue bacio a fior di labbra, con le mani che cullavano, a ritmo delle onde la sua schiena. Ma fu un attimo: sgranò gli occhi, fissandomi stralunato e staccandosi malamente dalle mie braccia prima che potessi compiere quel dolce gesto; facendo scombussolare l'acqua, con le onde che si scuotevano tra loro, i suoi occhi sorpresi e spaventati da quel bacio inaspettato sembravano desiderare tanto di scappare.
-Cos... Cos'era?- balbettò colto dalla paura, mentre mi fissò ad occhi spalancati prima di dirigersi verso il muretto, tirandosi su per poi correre veloce dopo aver raccattato tutti i vestiti in mano, compreso il cappello ad una velocità sovrumana, dettata dall'adrenalina di quell'attimo sfuggito.
-Aspetta!- urlai, uscendo per raggiungerlo, ma ormai era troppo tardi e capì di essere stato davvero un'idiota, maledicendomi per quello che avevo fatto più che mai.
Ringhiai d'istinto, dando un calcio alla porta semiaperta che traballò finendo a sbattere contro il muro. Mi portai le mani nei capelli, stringendoli come disperato della cavolata che avevo appena compiuto per poi gettare lo sguardo al cielo limpido tra gli sbuffi; ottimo, avevo combinato un guaio, pensai, straziato all'idea di quello che avevo causato, temendo, anzi, certo che ora non avrebbe più voluto rivolgermi la parola o anche solo incontrarmi. Osservai la strada davanti a me e decisi di rientrare per prendere le mie cose prima di tornarmene a casa ad allenarmi, il mio unico modo di rilassarmi.
 
 
Mi sfogai, afferrando in mano un manubrio da cinquecento kg ciascuno e iniziando ad allenarmi, cambiando esercizi fino a che non fui abbastanza soddisfatto, o abbastanza sfinito. Dopo una doccia veloce mi cambiai per poi stendermi sul letto, ignorando i lamenti di Perona che alla fine decise di uscire con le sue amiche, lasciandomi in pace a riflettere, o a sognare, con sempre al mio fianco le mie amate katana. E così permisi al sonno di farmela padrona; mi prese come d'abitudine, senza lasciarmi il tempo di elucubrare al meglio la situazione e i sentimenti che mi avevano portato a tanto con quel ragazzino conosciuto da poco più di qualche settimana.
 
 
Sbadigliai sonoramente, strizzando un occhio e fissando l'orario con aria ancora assonata; le 20:00. Mugugnai ancora, tirandomi su con il busto e il mio pensiero ricadde in un attimo, senza nemmeno un perché, a quel bacio così sfuggevole, quasi nemmeno concretizzato per davvero ma solo sfiorato, un bacio osato e donato senza pensarci ed in questo modo avevo rovinato tutto. Digrignai i denti, sentendomi davvero un'idiota, avevo rovinato tutto con un gesto che sembrava futile, ma che invece pesava come un macigno. Luffy aveva sofferto: stava cercando di riavere il coraggio di continuare il suo sogno, non aveva tempo né la forza per tornare ad amare qualcuno; e chissà cosa mai avrà pensato con quell'atto arrivato come un fulmine a ciel sereno; forse non provava nemmeno le stesse cose!
Basta, devo chiarire la faccenda, pensai, alzandomi e recandomi in bagno per darmi una rinfrescata per poi correre fuori dopo aver preso un pezzo di pane, sentendo la fame invadere il mio stomaco.
-Zoro!- mi chiamò Perona, fuori dalla soglia e con uno sguardo altezzoso come al solito, e non potei che sbuffare, in quella giornata mi stava assediando come mai in tutta una vita.
-Maledizione... Perona non è il momento!- scattai deviandola in tempo, ma i suoi fantasmi si pararono davanti a me decisi, così tentennai nervoso, bloccandomi con uno sguardo serio e funesto verso di lei.
-Nostro padre è tornato! Vorrà vederci prima di tornare in viaggio.- borbottò indispettita, a braccia incrociate.
-Digli che ho da fare.- dissi io senza nemmeno riflettere a pieno su quelle parole, troppo impaziente di andare; perché, se lei aveva detto che era tornato significava che era proprio lì in quel momento stesso, e infatti:
-Perché, Zoro? Dove devi andare così di fretta?- mi chiese la voce imponente e pacata di mio padre che comparse al mio fianco come un'ombra, studiandomi in ogni mio aspetto, compreso il pane che tenevo, un po' mangiucchiato in mano mentre lasciò la sua valigia sull'uscio della porta principale, accanto alla rosa che sorrideva melliflua con le mani unite, davvero contenta del suo arrivo.
-È una cosa privata, se non vi spiace.- esclamai, fissandoli di sottecchi e cercando di avanzare, provando ad evitare quei maledetti fantasmi di mia sorella che continuavano ad opprimere il cammino mettendosi in mezzo.
-Si tratta di una ragazza per caso?- mi domandò serio, con un ghigno ed io avvampai, negando frettolosamente mentre mi voltai di scatto per guardarli in faccia.
-Ma che vai a pensare!- urlai, serrando i pugni dall'imbarazzo.
-Davvero? Perché non mi hai detto niente!- protestò Perona che subito mi si parò dinanzi, senza far caso alle mie parole, capendo che nostro padre, anche se in parte, aveva ragione. Chinai il capo a terra, già stanco di quella storia, passandomi una mano tra i capelli e sbuffando.
-Per quanto rimarrai qui?- tornai a guardare mio padre che, a braccia incrociate stava già per dirigersi dentro, forse stanco anche lui della faccenda, preferendo riposare che provare a capire qualcosa di quello che mi frullava in testa, cosa molto ardua visto che non avrei rivelato proprio un bel niente, non se prima non capivo esattamente la situazione confusa che si attanagliava dentro la mia mente e dentro al mio petto, davvero cose troppo assurde e astruse per i miei gusti. Un aiuto femminile non sarebbe stato male, sarei potuto andare da Nami, visto che di mia sorella non se ne parlava proprio, però poi, la tirchia avrebbe preteso qualcosa in cambio di qualche consiglio, e con Nico Robin... era meglio saltare direttamente quell'idea, sarebbe stato troppo imbarazzante, perché era ovvio che poi avrebbe raccontato tutto a Nami, e lei non si sarebbe fatta scrupoli, tenendo la bocca chiusa solo dietro compenso. Ergo, era meglio ragionare da sé, e se mai chiarire con la persona in questione, ovvero Luffy, e nessun altro.
-Fino a domani pomeriggio, salvo imprevisti.- mi avvisò tornando a camminare mentre io rimasi un attimo confuso, perso tra i miei pensieri mi ero dimenticato della domanda che gli avevo posto, e lo osservai con una faccia interrogativa chiudersi la porta alle spalle, che restai a fissare, riavvolgendo il nastro ad una velocità assurda pur di ricordarmi le parole che avevo detto poco prima della sua risposta, e quando ci arrivai rimasi consapevole, che comunque andasse non ero mai a casa quando c'era lui, e poi non avevamo molto da dirci: il suo lavoro lo teneva costantemente lontano da casa e noi eravamo abituati a non averlo attorno, ormai del tutto autonomi.
-Vedi di tornare presto.- mi raccomandò mia sorella con uno strano sorriso malizioso, rimasta a guardare ogni mio cambiamento facciale e trattenendosi dal ridere visto quanto risultassi confuso e distratto, cosa decisamente non da me; tornando poi dentro, svolazzando con i suoi fantasmi, decisa a riservare a nostro padre ogni minimo particolare delle sue esperienze in questi ultimi mesi, in fondo lei andava più d'accordo con lui di quanto ci andassi io.
Ma si sbagliavano entrambi: non mi ero infatuato di una ragazza, e di certo non si sarebbero mai aspettati una notizia del genere, e un po' questo mi dava rimostranza nel dirlo a loro. Ma era davvero amore quello che provavo poi? Non mi ero mai innamorato prima d'ora e non sapevo le emozioni che esso scaturiva, e poi, cosa più importante e da non sottovalutare, lui, era un ragazzo. Insomma, non potevo amarlo!, scattai nella mente, accorgendomi solo in quel momento che avessi iniziato a correre appena mia sorella era rientrata.
Ma mi fermai bruscamente a quel mio ultimo pensiero, e ascoltai il mio cuore demordere a quel pensiero, ferito dal mio egoismo, e d'istinto ripensai al mio Luffy, a quando dormiva, o a quando mi sorrideva, a come sapeva essere radioso ma anche in quei momenti in cui l'oscurità lo avvolgeva. La sua immagine, il suo volto che mi guardava felice era impresso nella mia mente e mi scosse, lasciandomi scombussolato, quasi imbambolato a fissare il nulla, in mezzo a quella strada piena di persone che ignoravano la mia presenza, parlottando tra loro o guardando il cellulare, inconsapevoli del mio conflitto mentale. Il mio sguardo si fece serio e deciso, respirai a pieno e mi ricomposi: non sapevo esattamente come definire le mie sensazioni, ma di certo erano qualcosa e non le avrei nascoste; non lo avrebbe tollerato il mio orgoglio, e nemmeno il mio cuore. Non mi ero mai pentito delle mie scelte, seguendo sempre una strada precisa e non avrei cominciato da ora a smettere di farlo. Scrollai le spalle e sbuffai, decidendo di non pensarci più e di precisare ogni cosa davanti alla persona in questione che non sapevo nemmeno se avrebbe accettato ancora la mia presenza vicino a lui, e tornai a correre in direzione della casa di Luffy, sperando di trovarlo, o lì, o al nascondiglio.
 
 
Entrai in casa, come al solito la porta era aperta, e guardai in ogni camera che mi fu possibile aprire senza che fosse chiusa a chiave. Sbuffai nervoso, incamminandomi verso l'uscita per andare al nascondiglio visto che non avevo trovato o udito nulla, ma mi bloccai sentendo una porta cigolare alle mie spalle con timidezza. Mi voltai di scatto, scrutando due malinconici occhi neri che erano riversi al suolo finché non alzarono lo sguardo, scontrandosi con i miei: gli spalancò come colto in fragrante in un misfatto, non aspettandosi una mia visita, mentre sussurrò il mio nome.
-Z... Zoro, c-cosa ci fai qui?- balbettò poi, di sicuro reduce da un altro incubo visti gli occhi arrossati, vinti dal pianto, mentre uscì dal bagno, una delle poche stanze che non avevo controllato, per venirmi incontro strisciando. -Scusa se sono scap...-
-No, è colpa mia.- lo interruppi brusco per poi continuare -Non dovevo baciarti, è stato un impulso a cui... è che non ho saputo resistere.- confessai imbarazzato, massaggiandomi il retro del collo e aspettando una sua risposta, non ero bravo in queste cose e mi maledì: preferivo di gran lunga agire, e anche lui mi era sembrato più un tipo impulsivo, forse più di me, che lasciava andare a benedire ogni atto mentale o idea.
-Non fa niente...- tirò su con il naso, stropicciandosi un occhio con la mano; forse non sapeva nemmeno cosa rappresentasse quel bacio per me, era un ragazzo troppo innocente per conoscere l'amore. Sospirai sconfitto, con una fitta al cuore, deluso da me stesso per le parole che uscirono dalla sua bocca l'attimo dopo: -Rimaniamo sempre amici, vero?- mi chiese supplichevole, forse per via del mio sguardo affranto e distaccato.
Amici, aveva detto proprio amici. Non c'era da sorprendersi, gli è lo avevo detto anch'io che lo eravamo, però aveva fatto davvero male, come nessuna ferita fisica o mentale avesse mai fatto in tutta la mia vita. Non potevo immaginare che una semplice parola avrebbe cambiato drasticamente il mio stato d'animo, quasi spezzandomi. O mi ero rammollito, o mi ero davvero innamorato davvero di una persona, e che quella persona era Luffy.
-Ma certo.- affermai con un mezzo sorriso, riprendendomi. -Ora però è meglio se vado.- lo salutai scompigliandogli i capelli e andai.
-No, aspetta... Ti prego, rimani...-
Le mie orecchie udirono solo un rumore come quello di una zanzare che mi svolazzava vicino, e non quelle parole esatte, forse dette troppo piano, o con troppa paura di sbagliare, troppo timide di venire fuori; ma io ormai ero già fuori da quella porta. E anche se sapevo, e mi rimproveravo, che sarei dovuto rimanere con lui a fargli compagnia, non c'è la facevo; avevo bisogno di pensare, o meglio, di bere. Sarei tornato da lui al più presto a rassicurarlo dai suoi incubi, ma solo quando avrei avuto le idee più chiare.
Mi chiusi la porta alle spalle e scesi il portico, senza nemmeno voltarmi per vedere se il suo volto fosse soddisfatto, allegro, o depresso più di prima, e ignorai il senso di pentimento che mi imponeva ripetutamente di tornare indietro e accertarmi che stesse bene, così che anch'io sarei potuto esserlo. Percorsi il vialetto e mi incamminai sul marciapiede, guardando la luna nel cielo ricolmo di stelle e i negozi che stavano chiudendo, indeciso se andare da Sanji o in un altro locale. Sbuffai, temendo che potesse andarci anche Luffy e non mi andava né di vederlo né di pagare la razione di alcool che avrei bevuto, a Nami. Così optai per il bar dal nome cruento e dall'insegna sconcia, mi misi seduto al tavolo e ordinai più di qualche boccale di birra, desideroso di godermi la serata e ignorando gli sguardi torvi che gli sporchi, in tutti i sensi, clienti attorno mi mandavano, infastiditi dalla mia presenza, ma poco m'importava.
-Ti do un consiglio, vedi di lasciare il bar.- mi sussurrò la cameriera ben succinta e prosperosa mentre si chinò per adagiare l'ennesimo boccale sul tavolo, lasciando ben intravedere l'enorme scollatura che avrebbe fatto impazzire qualunque uomo, qualunque tranne il sottoscritto, e forse iniziavo a comprendere il perché non avevo mai sentito nessuna attrazione verso il gentil sesso. Socchiusi gli occhi a due fessure, guardando prima gli occhi di lei, che si allontanò, diretta ad un altro tavolo, e poi i clienti che sembravano pronti, sussurrando tra loro e guardandomi in tono minaccioso, ad attaccarmi; di sicuro uomini di Lucci o di Hody che volevano vendetta.
E senza rendermene conto mi trovai accerchiato; se volevano rogne le avevano trovate. Ghignai, mi serviva un bel passatempo come quello. Sguainando la mia katana dal manico bianco e porgendola dal lato che non tagliava mi alzai e scattai con una giravolta, creando una folata di vento che scaraventò ognuno di loro a terra o contro il muro. Rifoderai l'arma, e lasciando i soldi sul tavolo, mi recai fuori, continuando per la mia strada, dimenticandomi della meta iniziale: invece di tornare da Luffy me ne tornai a casa mia, non avevo ancora chiarito le idee su di lui e su di me.
 
 
 
Era passata un'altra settimana. Due settimane da quanto ero qui, una dall'ultima volta che vidi Zoro in casa mia. Mi sentivo davvero a pezzi, perso e tremendamente solo; forse avevo sbagliato a tirarmi indietro da quel bacio? Però lo sentivo così sbagliato, non era giusto farlo. Forse avevo sbagliato a chiedergli, quasi imporgli di essere mio amico? Quella parola poi faceva sempre male quando si trattava di Zoro, ma non avevo potuto fare altrimenti in quel momento; ero così sconvolto, così spaventato: desideravo che qualcuno rimanesse con me, però alla fine lui era uscito da casa mia solo per non farne più ritorno.
Annaspai alla ricerca di aria con le ginocchia sul pavimento, talmente freddo che sembrava fatto di ghiaccio, di quel maledetto posto, di quell'edificio, con quella dannata piscina, ad un passo dal muretto che mi divideva da quella lastra di acqua limpida, forse ancora più fredda delle piastrelle. Di solito nemmeno mi importava quando fredda potesse essere l'acqua, mi piaceva immergermi anche se fossi stato al polo nord, rischiando un'ipotermia; però ora, non avevo più nulla, e l'acqua mi sembrava solo piena di stalattite che mi avrebbero tagliato e ferito fino a colpirmi e trapassarmi il cuore. Mi strinsi i capelli tra le mani, lasciando alle lacrime il diritto di scendere, lasciandogli percorrere le mie guance e il mio volto distrutto dal dolore, fremendo e ringhiando per non urlare. Singhiozzai apertamente, completamente solo in quella stanza e adagiai il capo contro le fredde piastrelle, quasi a volermi fondere con esso, cercando solo di farmi male, qualunque cosa che mi avrebbe distratto da quel dolore acuto e assordante che mi trapanava la testa e il respiro sarebbe bastato. Faceva così male, tanto male.
-P...Perché?- balbettai rauco -Perché mi avete lasciato?- urlai feroce, sbattendo i pugni a terra e lasciando qualche crepa, una in più rispetto a ieri, perché era una scena così comune quella, ormai da giorni. E per fortuna gli inservienti non avevano detto niente, forse non notandole ancora, o perché, visto che non ci andava nessuno non era una loro priorità assoluta di lavoro visto che non consisteva in quello di pulizie.
Osservai il pavimento azzurro limpido, bagnato dalle mie lacrime mentre, scosso dai tremiti, singhiozzavo apertamente e senza freni, con i vestiti lasciati più in là insieme al cappello, solo con il mio solito costume azzurro. Urlai straziato a bocca aperta, ma ogni acuto che usciva dalle mie labbra era una crepa in più nel mio animo. Non vedevo niente, se non il buio che mi circondava nonostante fuori fosse solamente l'alba. Continuai a torturarmi per minuti che sembrarono giorni, se non anni; finché la mia gola arrossata non riuscì ad emettere più alcun gemito, senza fiato in corpo. Restai lì fermo: occhi spalancati, bocca aperta ed uno sguardo senza vita, esattamente come quel giorno, quel maledettissimo giorno pieno di fiamme e sangue.
Barcollando mi rimisi in piedi, non sentendo nemmeno il freddo che circondava la mia fronte, rimasta troppo a lungo contro il pavimento; il dolore mi spezzava, e riusciva a distruggermi ogni giorno.
Zoppicai verso la scaletta, poggiando con timidezza, anche se poteva sembrare più terrore, le mani tremanti sull'acciaio rigido della ringhiera e immergendomi, osservando l'acqua salirmi fino alle spalle. Iniziai a fare profondi respiri, riempiendo e svuotando più e più volte i polmoni e poi mi tuffai in avanti, avanzando a stile libero con le braccia e le gambe, voglioso di raggiungere la fine della piscina. Incredibile che dopo tanto, dopo una settimana a rimanere fermo e ad urlare con l'acqua a farmi compagnia e che rimaneva sempre a debita distanza da me per mio volere, mi ero convito a farlo; e, incredibile che senza Zoro al mio fianco, in quei giorni a malapena mi avvicinavo a quel liquido, a tratti innocuo.
Mi bloccai quando fui a meno di metà vasca; rimanendo immobile, con il volto oltre lo strato d'acqua lasciai uscire tutta l'aria dai polmoni, con la mente sconnessa che non riuscivo a raggiungere per controllare il mio corpo, e così non potei far altrimenti se non lasciare che quel liquido incolore si insediasse dentro di me con forte pretesto, frenandomi di colpo ancora di più se possibile, e facendomi affondare. Gemendo sott'acqua, e provocando delle piccole bolle che volavano in alto strizzai gli occhi per il dolore e la mancanza d'aria, stringendomi forte la ferita tra le mani, quella cicatrice all'addome mentre i polmoni bruciavano reclamando aria, ed io mi limitavo a boccheggiare con la bocca, con l'acqua che entrava nella cavità orale fino a percorrere l'esofago, solo per essere ricacciata subito dopo e bruscamente. Arrivai al fondo della piscina, piegandomi sulle ginocchia e volgendo in alto il mio sguardo provando a muovermi per risalire, ma ero del tutto inerme, non riuscivo a controllare nemmeno un muscolo del mio corpo intanto, che lentamente finii disteso di lato con la vista che si appannava e i polmoni che, aridi, sembravano implodere, portandomi fitte atroci per tutto il corpo come delle scariche di elettricità ma che pian piano svanirono per far posto al nulla, al niente che non fosse la sensazione di star lasciando tutto, compreso questo mondo. Ma digrignai i denti, con un occhio semichiuso, avvertendo l'acqua che mi opprimeva verso il basso, schiacciandomi al suolo, e continuai a tenere i palmi raggrinziti delle mani verso la cicatrice che sembrava percorsa da strappi atroci, mentre bruciava viva dentro di me provocandomi una tortura peggiore delle mie urla inespressive, imponendomi di resistere un altro po' nonostante la testa facesse male quanto i pomoni, ed il corpo che si irrigidiva diventasse sempre più freddo come l'acqua che mi circondava. La cicatrice la sentivo spezzarsi, frantumarsi, ma non era vero, stava accadendo solo nella mia mente ed era un dolore peggiore perché mentale; volevo chiamare aiuto, ma non potevo; volevo salvarmi, ma non c'era nessuno lì con me disposto a farlo. Mentre le lacrime si fondevano con l'acqua e al sapore amaro del cloro avvertì la lucidità venirmi ancora e sempre meno fino a lasciarmi andare per sempre, e dare posto alla disperazione che mi costrinse a dimenarmi per provare a salvarmi, e che durò anche meno visto le forze che mi erano rimaste. Con i polmoni che si riempirono completamente d'acqua mi abbandonai al movimento di quel dolce liquido incolore, alla fine rimasero solo i pentimenti: non avrei dovuto affrontare tutto questo da solo; provare a nuotare era stata decisamente una pessima idea ed ora stavo morendo. Ad occhi chiusi lasciai scorrere gli ultimi minuti con eterna lentezza, e lasciai all'acqua di fare tutto il lavoro, come aveva cercato di fare da sempre, da quando c'eravamo rivisti in quest'enorme piscina, ed io non avevo fatto poi molto per impedirle di commettere questo delitto.
Ma avvertì una presa afferrarmi bruscamente e con forza per i bicipiti, e l'acqua attraversarmi il corpo ferocemente, finché non mi ritrovai fuori dalla vasca senza sapere come, scaraventato contro il gelido pavimento che provocò a me e alla mia schiena una scarica di gelo, o forse era solo la mia immaginazione a darmi questo senso di realtà che apparteneva al mondo prima che lo lasciassi, perché ormai era tardi. Non riuscivo a percepire più la vita all'interno del mio corpo e forse lo aveva capito anche quella persona che mi aveva tirato fuori dall'acqua e che iniziò a scuotermi con violenza, annaspando di paura.
-Luffy!-
La voce di Zoro... era così lontana, ma la sentivo ancora nelle mie orecchie: calda, in contrasto con il freddo che aveva preso possesso del mio corpo; e a tratti feroce, scosso dal terrore di perdermi.
-Respira, dannazione!-
Imprecò, iniziando a premere il mio petto con le mani, usando tutta la forza che aveva in corpo, sicuro di non farmi niente: non poteva spezzarmi le costole se sapeva che fossero di gomma; cercando solo di infondermi un po' di aria in corpo, di farmi provare qualcosa che non fosse il vuoto senza niente. E poi, successe qualcosa di magico: le mie labbra erano diventate fredde e dure come carta vetrata ma riuscirono lo stesso ad avvertire il dolce accogliente calore, morbido e soffice di qualcosa che si scontrava contro di esse, e poi riuscì ad avvertire solo un soffio bello e intenso di vita invadermi tutto il corpo per raggiungere i miei polmoni che si riempirono d'aria, ancora e ancora per regalarne un pezzo anche a me.
Aprì gli occhi di scatto, alzandomi col busto e annaspando verso Zoro, sputacchiando acqua ovunque e tossendo con foga, appoggiandomi alla sua casacca fradicia e strusciandomi contro essa e contro la sua guancia calda, alla ricerca di rassicurazioni mentre raccolsi avidamente nei polmoni tutta l'aria che c'era intorno a me come se fosse stato il cibo più buono della Terra.
-Non farmi mai più uno scherzo del genere! Mi hai fatto prendere un colpo!- asserì in tono adirato mentre mi avvolgeva stretto la vita pronto a non lasciarmi andare, coccolandomi e cullandomi per lo spavento che avevo preso, e che aveva preso anche lui.
Con gli occhi sgranati e con la morte ancora impressa dentro alzai il capo verso di lui, anche se troppo emozionato da quel bacio che mi aveva riportato da lui, ricevuto come mille fuochi d'artificio che esplodevano tutti assieme dentro al mio cuore, quasi come il primo che mi aveva donato, sfiorandomi, sempre con amore, anche se la prima volta mi era sembrata più una scossa di elettricità, o una miccia che si accendeva con ferocia, una cosa davvero nuova e mai provata, che mi aveva lasciato una tremenda ma piacevole paura dentro. Tenni gli occhi su di lui: mi guardava, mi guardava come io guardavo lui in quel momento, ma con motivi diversi: i suoi occhi erano pieni di terrore e rimorsi; terrore perché temeva che non sarebbe riuscito a farmi rivivere; rimorsi perché poteva salvarmi, ma aveva rischiato di fallire per avermi lasciato solo; io invece ero così felice di averlo lì, di nuovo vicino a me.
Chinai il capo, tra gli affanni tremolanti del mio corpo, ancora scosso dall'accaduto. Mugugnai, con gli occhi socchiusi, cercando di riprendere il controllo e mi lasciai cullare dal movimento del suo petto che ora respirava piano, con delicatezza.
-Come... Come mai sei qui?- balbettai, cercando di far rallentare il battito del mio cuore.
-Passavo di qui...- spiegò serio, con gli occhi felici del mio risveglio, ammirandomi e accarezzandomi il volto con il dorso della mano, e tenendomi con l'altro braccio attorno alla vita, così sollevato di avermi ancora al suo fianco, ma il suo cuore aveva tentennato, lo avevo sentito battere diversamente e iniziai pian piano a concretizzare il significato di quel suono mentre la mia mente assimilava per bene ogni lucentezza del mondo, cercava un po' di vita per tornare ad essere un po' lucida, anche se la stanchezza si faceva sentire, però volevo capire una cosa:
-Tu... sei sempre stato qui in questi giorni...- sussurrai sconcertato, scostandomi per guardarlo meglio e avere una certezza, lui rimase serio, ma i suoi occhi non negarono, e compresi che il suo cuore avesse palpitato in modo diverso perché aveva detto una bugia. -Da quanto?- strinsi i lembi della sua maglia, voglioso di risposte, e anche se ero sollevato perché non mi aveva abbandonato, non potevo non essere adirato per il fatto che si fosse nascosto per tutto questo tempo quando necessitavo del suo appoggio e di una figura amica, anche se odiavo a morte paragonare quella parola a lui.
-Da sempre... Non volevo lasciarti solo a combattere la tua battaglia, oggi sono arrivato davvero in tempo.- spiegò pacato, continuando a stringermi come se avesse paura che avessi la consistenza di un fantasma e che potessi scomparire da un secondo all'altro.
-Ma lo hai fatto! Avevo bisogno di non restare solo e tu sei svanito nel nulla!- affermai torvo, con la voce che usciva a stento dalla mia bocca, forse per paura, o forse perché non c'è la facevo mentre mi scansai, allontanandolo malamente con le braccia.
-Ti serviva sfogarti...- mi disse poi, sempre con quello sguardo serio, sempre come se volesse dimostrare al mondo che lui era invincibile proprio perché non provava nulla se non indifferenza.
-No, non è vero! Non voglio sfogarmi, ne ho abbastanza di sfogarmi: non ho più voce! E io non ne ho bisogno! Io... ho bisogno di te!- pregai rauco con gli occhi che luccicavano, stanchi e oppressi.
-Va bene, va bene... Non ti lascerò più, d'accordo?- mi sussurrò piano nell'orecchio, sincero e con un tono lievemente spezzato; avvertivo la sua voglia di restarmi accanto, di non volermi perdere, e non capivo allora perché mi avesse lasciato andare.
Era colpa di quel bacio, o era colpa mia? Ma al momento non mi importava, desideravo solo controbattere per quelle parole, non mandavo giù il fatto che mi avesse rigirato in quel modo, nascondendosi e abbandonandomi: chi mi dava la sicurezza che non mi avrebbe più lasciato per davvero?
Però non dissi niente, non ne avevo proprio la forza, né la voglia. Lui mi vide stanco, così mi aiutò a vestirmi; ci tenemmo costantemente d'occhio senza volere, poi, prendendomi di peso come succedeva ormai da sempre per quando mi ricordavo, mi portò a casa, sotto la luce del sole che ci illuminava entrambi della nostra forza, anche se non sapevo quanto utile fosse per me, sapendo solo affogare nelle ombre delle mie colpe.
 

 

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Capitolo 10
*** Sempre. ***


Mi adagiò contro il divano di casa sua, accarezzandomi il volto con le dita; ridacchiai e gli misi il mio cappello in testa toccandogli il naso con la punta del mio e sfregandolo con dolcezza, lasciandolo guardarmi sorpreso. Ghignò e poi mi baciò sul naso, uno delicato come i petali di un fiore, e nessuno di noi sembrava chiedersene il motivo mentre mi perdevo in quel verde di quegli occhi così decisi e coraggiosi; mi piaceva quella sua particolare attenzione che mi riservava, così lo lasciai fare.
-Mangiamo?- gli chiesi euforico poi. Lui annuì con un mezzo sorriso strafottente e si diresse in cucina, ed io lo seguì a ruota come farebbe un cane con il suo padrone.
-Senti Luffy, mi dici cosa ti è successo? Ti sei sentito male?- domandò preoccupato all'improvviso e dopo un sospiro come si ci avesse riflettuto a lungo prima di chiedere, iniziando a cuocere un paio di cosce di carne sopra le padelle dopo che ebbe acceso il fornello.
-Non lo so...- borbottai capendo che si riferisse a come fossi piombato a fondo nella piscina; toccandomi la cicatrice al petto nel ripensare a come bruciasse; e lui, forse notandolo, si insospettì.
-E' meglio chiamare Chopper per quella.- affermò deciso, indicandola, ma io negai prendendolo, piano per il braccio e alzando lo sguardo verso di lui.
-Non sono ferito! E' solo la paura che mi ha intrappolato: facendomi credere che faccia male mi ha fatto sprofondare.- sussurrai le ultime frasi, deciso, chinando il capo, ma lo alzai appena avvertì la sua mano sicura adagiarsi contro i miei capelli e sfregarli per incoraggiarmi, senza dire parole, non ce ne era bisogno.
Spense il fornello e mi porse su un grande piatto l'amata scorta di carne. Ridacchiai e iniziai ad abbuffarmi in modo ingordo sedendomi al tavolo, con lui che mi guardava con un ghigno, bevendo birra dal solito boccale.
-Buongiorno, Zoro.- esclamò Perona, arrivando dalla sua stanza con la sua solita risata, bizzarra e anche orecchiabile, per poi osservarmi con una smorfia schifata per via del mio modo di mangiare. -Ciao anche a te...- farfugliò altezzosa, senza riservarmi attenzioni.
-Ciao.- borbottai con la bocca piena.
-Bleh! Come fai a frequentare gente del genere, non lo capisco proprio!- commentò, diretta al fratello che alzò le spalle per poi, fissandola di sottecchi, guardarla prendersi dei salatini.
-Sei di nuovo a dieta?- domandò incredulo.
-E allora? Una signorina non può tenersi in forma?- protestò indignata.
-Ti sei vista, vero? Sei magra.- puntualizzò, venendo beatamente ignorato mentre lei uscì di casa senza dire un'altra parola.
Lo osservai, continuando a masticare a bocca chiusa, divertito e felice di essere con lui, mentre il sottoscritto alzò un sopracciglio.
-Che c'è?- chiese confuso, sedendosi sulla sedia, con le mani sopra al tavolo.
-Niente, ti voglio bene.- esclamai con sufficienza ed un grande sorriso appena finì di mangiare, lasciandolo colpito finché non sbuffò con un ghigno per come fossi sfacciato, o forse per quanto fossi sentimentale.
-Allora, cosa vuoi fare? Ho saputo che ieri sono arrivate le giostre, anche se dubito che siano ape...-
-Giostre?- scattai, alzandomi e sbattendo le mani contro il legno duro del tavolo, facendolo traballare.
Esultando raggiunsi Zoro al suo fianco, che mi guardava stupito. Prendendolo per un braccio e tirandolo verso di me cercai di farlo alzare, ma senza grandi risultati; ero così voglioso di raggiungere la porta, bramoso di andare a vederle che quasi saltellavo dalla gioia, o forse lo stavo già facendo senza rendermene conto. Ero così su di giri, emozionato a pensare che potevo divertirmi per tutto il giorno!
-Calma, calma! Sono solo le 13:56, è ancora troppo presto perché siano aperte!- mi fece presente rallentandomi con uno strattone inaspettato che mi catapultò di faccia contro il suo pettorale; in un attimo avvampai con il cuore a mille e gli occhi sgranati, ma ripensando alle sue parole biascicai con un:
-Uffi...- allontanandomi di un passo quando si alzò dalla sedia, e misi il broncio. -Solo perché sono chiuse non vuol dire che non possiamo usarle!- brontolai chinando di lato il capo.
-Penso che sia proprio questo il significato di "chiuso".- disse, sottolineando l'ultima parola.
-Mhm...- mugugnai innervosito, saltellando sul posto furioso. -Dai!-
-Non fare i capricci, adesso.- sospirò con gli occhi al cielo, ma io continuai a fare baccano, nervoso.
-Voglio andare!- asserì deciso e furioso, mentre lui sbuffò passandosi una mano sulla fronte come succube di un tremendo mal di testa, per poi dire, sconfitto:
-Va bene, andiamo.-
-Sì!- urlai festoso, alzando le braccia al cielo; lo guardai esultante prima di mettermi in punta di piedi per dargli un bacio a fior di labbra sulla guancia per ringraziarlo. Lo ripresi per il braccio, senza accorgermi del suo sguardo inebetito e iniziammo a correre, fin quando mi resi conto di una cosa e frenai di botto, con Zoro che quasi mi venne addosso. -Dove sono le giostre?- gli chiesi, alzando lo sguardo e osservandolo sottosopra; lui mi sorrise e indicò, con il braccio, alla mia destra. Feci una smorfia, insicuro: - Non ci perderemo?- desiderai chiedere per sapere, lui non sembrò gradire il mio commento, così mi prese di peso come un sacco di patate, e mentre guardavo la sua schiena e la strada che ci lasciavamo dietro, dondolandomi per ogni suo passo, assaporai appieno l'odore che lo caratterizzava con un dolce e tenue sorriso sul volto.
-Luffy...- mi chiamò dopo qualche minuto, fermandosi e guardandosi attorno tra la vegetazione, ed io feci altrettanto: eravamo entrati nella foresta e non me ne ero nemmeno accorto.
-Sì?- ridacchiai, muovendo le gambe avanti e indietro e picchiettando piano contro le sue cosce.
-Penso che ci siamo persi.- confessò e ne rimasi deluso, con un broncio: volevo andare alle giostre!
-Ahh!- mugugnai annoiato e testardo dal non demordere dalla mia scelta, dondolandomi nervoso, ancora in braccio a lui.
-Ritroveremo la strada.- asserì con fermezza, accarezzandomi la schiena e lasciandomi scosso da un brivido di estremo piacere; era davvero una goduria sentirsi coccolato da lui, anche se non capivo perché provassi queste emozioni, ma alla fine non mi serviva saperlo per essere felice con lui, giusto?, riflettei tra me e me.
-Destra o sinistra?- domandai, alzandomi con il busto e voltandomi indietro per osservare le due strade da prendere davanti a noi.
-Destra.- mi rispose dopo averci pensato un po'.
-Allora andiamo a sinistra.- esultai, sapendo che così non avremmo sbagliato.
-Cosa? Da quando ogni decisione che prendo è errata?- esclamò offeso, ma nonostante questo prese la strada che avevo detto io, ed in un lampo ci ritrovammo alla meta.
Eravamo tornati in città per poi uscirne di nuovo e ritrovarci non nella foresta ma in un luogo molto lontano dalla popolazione, ci trovavamo vicino ad una biblioteca che sembrava abbandonata da tanto tempo, e accanto c'era un parco giochi, logorato dal tempo. Tra tutti e due, l'unica cosa ad abbellire il posto desolato erano le giostre dentro ad un piccolo piazzale, ce ne erano di tutti i tipi: fantastici e colorati; luminosi. Zoro mi mise giù ed io corsi, scavalcando il grande cancello verde, chiuso con un lucchetto e atterrando in piedi dentro una macchina a scontro, rossa, sedendomi mi guardai attorno, osservando la sala dei comandi e poi Zoro.
-Sai accenderlo?- domandai, bramoso di giocare.
-Posso provarci...- commentò dopo aver scavalcato il cancello imponente che divideva il cammino, entrando dentro quella cabina grigia attaccata alla pista e iniziando a premere dei pulsanti dopo aver collegato un filo rosso ed uno blu per avviare la macchina, visto che mancavano le chiavi.
Inclinai il capo, impaziente, ma all'improvviso le luci di quella giostra si accesero ed una dolce musichetta circondò il gioco, diffondendosi ovunque, e le macchine si accesero di impatto. Sorrisi, impugnando il volante tra le mani e iniziando a svoltare, mentre tenevo la lingua fuori, sul labbro superiore.
-Allora non sei un babbeo!- mi stupì, prendendolo in giro, guardandolo arrivare per mettersi dentro un'altra macchina, arancione.
-Cosa? Guarda che qui l'unico babbeo sei tu!- protestò adirato, ingranando e arrivandomi addosso senza scrupoli, facendomi indietreggiare di scatto.
Gli lanciai una linguaccia e schiacciai l'acceleratore, ma invece che andare avanti la macchina andò indietro, sbattendo contro il cornicione. Borbottai tra me e me e provai a farla funzionare bene questa volta; sorrisi e le ruote corsero finché non colpì il paraurti di quella di Zoro.
-Evviva!- esultai alzando le braccia al cielo, con il cappello che sventolò alle mie spalle, legato dalla cordicella al mio collo.
-Mai distrarsi.- mi informò Zoro caricando un altro colpo che mi scosse, lasciando traballare tutto il mio corpo, con la macchina che ruotò su se stessa un paio di volte.
-Ahio!- protestai con la testa che girava, ma rimettendo a fuoco la vista mi concentrai su di lui, rimettendomi subito in moto avanzai, però tornai a sbandare, curvando a sinistra invece che a destra e viceversa. -Questa macchina è rotta...- borbottai con un broncio bambinesco.
-Io credo che la colpa sia più del pilota.- commentò divertito, Zoro, provocando la mia illazione.
-Non è vero.- brontolai e lui rise, forse per la faccia imbronciata che gli mostrai.
-Sicuro? Da ciò che vedo non mi sembra tu sia un guidatore vissuto, anzi, non sembra neanche che tu abbia mai preso in mano il volante.- mi disse, alzandosi dalla macchina e dopo essersi stiracchiato si avvicinò a me, toccandomi lievemente una spalla e sedendosi al mio fianco, come volendo farmi vedere come si faceva.
-In effetti non ho nemmeno la patente.- risposi tra le risate, guardandolo tra i sorrisi.
-Davvero?- sbottò sorpreso -E come sei giunto fin qui?-
-Con l'autobus.- esclamai con sufficienza, adagiandomi contro la sua spalla e strusciandomi contro di lui, stranito nel sentirlo irrigidirsi -Mi sono incappucciato per bene, così nessuno mi ha riconosciuto.- spiegai, gonfiando una guancia e fissandolo in modo buffo.
-Se vuoi posso insegnarti, infondo hai diciannove anni. Non avrai la patente, ma nessuna legge mi vieta di farti da maestro.- borbottò, allungando una mano e avvolgendola contro la mia spalla, lasciandomi il permesso di restare adagiato a lui mentre quella richiesta mi aveva lasciato un nodo in gola.
-Non mi interessa, posso farne a meno.- farfugliai cupo, lasciando scorrere quella brutta sensazione di rammarico e terrore dal mio cuore che, attraversando il mio corpo, finiva dentro la mia testa, provocando nella mia cicatrice di nuovo il bruciore aspro e forte della paura al ricordo di quell'incidente; in fondo era solo colpa di quelle macchine era accaduto tutto quello.
-Va bene...- borbottò, come stanco, proprio non avendo la pazienza di controbattere sapendo quando testardo fossi mentre osservava il cielo, con la musichetta delle giostre tutta attorno ed io che cercavo di dimenticare il dolore tra quelle braccia dure e amorevoli al tempo stesso.
-Ehi, voi! Che cosa ci fate qui?- urlò a squarciagola un uomo ossuto e con la barba vispa che ci guardava torvo, facendoci alzare in piedi di scatto.
-Niente, volevamo giocar...-
Zoro mi mise una mano sulla bocca, frenando la mia parlantina, e prendendomi per un braccio con l'altra mano mi trascinò fuori, correndo a più non posso, trascinandomi il tanto da non toccare terra; svolazzavo per aria in pratica.
-Fermi, brutti...- imprecò un uomo più giovane, muscoloso e davvero furioso mentre continuava a sbraitarci contro.
-E' stato divertente, vero?- risi troppo, intanto che lui si frenò di colpo quando ci addentrammo nella foresta invece che verso il centro della città, riprendendosi tra gli affanni, ma continuando a tenermi stretto per il polso.
-Lo ammetto, sai come divertiti nonostante tutte le conseguenze.- farfugliò guardandomi negli occhi. E a quella frase non riuscì a trattenermi, rattristandomi di colpo; mugugnai, stringendomi la cicatrice che guardavo con malinconia.
-Secondo te è giusto che mi diverta tanto?- sussurrai, sentendo gli occhi pizzicare e farsi lucidi.
-Sì, Luffy. Te lo meriti.- mi disse tenue ma sicuro, chinandosi col busto il giusto da potermi guardare negli occhi dopo aver alzato il mio mento con due dita.
-Perché?- singhiozzai, forse volendo solo una risposta a tutto questo.
-Perché se loro ti conoscevano come ti conosco io, e di sicuro è così e anche di più, vorrebbero solo vedere il tuo sorriso.- mi rassicurò, accarezzandomi più volte la guancia con il pollice, toccandomi la cicatrice sotto l'occhio per asciugarmi una lacrima che uscì furtiva.
-F... Forse h..hai ragione, ma...- singhiozzai ancora, tirando su con il naso, tremando tutto -Mi mancano, Zoro! Mi mancano tanto!- piagnucolai restando rigido, con le braccia tremolanti lungo i fianchi anche se volevo buttarmi tra le sue braccia.
-Lo so, lo so... Passerà.- cercò di rassicurarmi, continuando ad accarezzarmi per le braccia e lasciandomi un delizioso bacio sulla fronte, sempre con il suo sguardo impassibile e freddo ma che in quel momento mi sembrava più caldo della lava, tanto da farmi stare meglio. -Andiamo a casa?- sussurrò con un mezzo sorriso, stavolta però non era un sorriso strafottente, bensì dolce e comprensivo.
Mugugnai strizzando gli occhi un paio di volte, lasciando alle lacrime di scorrere feroci e uscire mentre mi aggrappai a lui con foga, respirando piano, ma con avidità.
-Zoro... cosa c'è tra noi? Io... non riesco davvero a capirlo...- sussurrai sentendomi colpevole, come conscio che per lui fosse difficile starmi vicino in quel modo, sentivo che desiderasse di più, ma non capivo, davvero: mi restava sempre accanto, senza avermi completamente; era questo quello che leggevo nei suoi occhi. Ascoltai il suo respiro mischiarsi al mio, lasciandoci nel silenzio più completo che sembrò fastidiosamente infinito, intanto che guardavo la fitta vegetazione che ci attorniava.
-Luffy, noi siamo... amici.- mi coccolò, accarezzandomi la spina dorsale. -Su di me potrai sempre contare.-
-E il bacio?- domandai, ripensando prima a quello dato per un soffio in piscina e poi, senza volere, al secondo quando rischiavo di andarmene per sempre. Restai fermo, adorando rimanere tra quelle braccia e attesi, assaporando con la fantasia quel sapore delicato e indimenticabile.
-Il bacio sulla fronte?- borbottò anche se sapeva esattamente a cosa mi riferissi, mentre mi attaccai di più a lui legandomi con le gambe al suo busto e con le braccia attorno al suo collo, guardandolo dritto negli occhi, deciso.
-Voglio sapere, Zoro. Cosa provo per te?- borbottai piano avvicinandomi, inclinando il capo; la seconda frase però era più diretta a me stesso, mentre lui indietreggiò con la testa con una smorfia preoccupata e questo mi rattristò il cuore senza motivo -Io... non so cosa provo per te, ma sei davvero importante, molto più del mio cappello...- confessai a capo chino, lo sentì ghignare a quelle parole, come compiaciuto, e appoggiai la fronte sul suo petto.
-Lo so, è la stessa cosa che provo per te. Tu sei importante... moltissimo.- e, alzandomi il mento con due dita mi baciò tra le labbra ed io assaporai le sue chiudendo gli occhi, e fu come una scarica di un fulmine azzurro che elettrizzò ogni parte del mio corpo, come dei fuochi d'artificio che, esplodendo, contaminavano la mia bocca di amore, riempiendola di tutta la sua passione, e, anche se non comprendevo il significato di cosa stesse facendo, lo lasciai penetrare nella mia bocca e giocare con la mia lingua. Quando ci staccammo, con amarezza, per mancanza di ossigeno iniziammo a scrutarci, a entrare dentro gli occhi di ognuno con un vortice di sensazioni nuove, ma già sentite che ci estasiarono.
 
 
 
-È stato particolarmente bello...- sussurrò con le gote rosse dall'imbarazzo, chinando lievemente il capo verso il basso ma continuando a guardarmi negli occhi, vergognandosi, ma al tempo stesso felice come mai in quei giorni; così luminoso.
-Solo particolarmente?- ghignai, facendo lo sbruffone, mentre me lo tirai più su, reggendolo dalle gambe che si legarono al mio busto con ancora più forza, decise a non demordere la presa.
-Tu mi piaci tanto, tanto.- bisbigliò innocente al mio orecchio come se fosse un segreto ma al tempo stesso fiero, ridacchiando e strusciando il naso contro la mia guancia come un gattino in cerca di coccole -E ora so cosa sei per me.- ed era davvero incredibile come sapesse arrivare al dunque dentro ai suoi pensieri, esternando ogni cosa in modo sempre schietto: era così speciale.
Sempre tenendolo tra le mie braccia ci recammo al nascondiglio, con il sole che tramontava; arrampicarsi con un solo braccio fu un po' duro, ma alla fine raggiunsi la meta, entrando dentro lo adagiai a terra e lui con malavoglia slacciò le braccia dal mio collo e le gambe dal mio busto.
-Che c'è?- gli domandai pacato, accarezzandogli il mento con il pollice e adagiando le katana a terra.
-Le cose cambieranno tra noi?- sussurrò indeciso; guardando vago e imbarazzato con le pupille che si spostarono di lato per evitare le mie, con una gocciolina di sudore sulla fronte, grattandosi con un dito la guancia, facendo l'indifferente: in pratica stava mentendo, e lo si vedeva chiaro come il sole.
-Non sei bravo con le bugie, eh?- commentai, sospirando divertito, guardandolo indeciso a chiedermi la vera domanda.
-Ho un po' paura, Zoro...- confessò infine ed io ridivenni serio, sedendomi a gambe incrociate difronte a lui. Si osservò attorno, in quella casetta che richiudeva chissà quanti ricordi che portavano solo tanta malinconia. -Ho paura di perdere anche te, io non voglio essere di nuovo solo...- disse mogio, tornando a guardarmi negli occhi.
-Non mi perderai. E poi, oltre a me, hai Nami, Sanji, Brook e tutti gli altri.-
Lui annuì, ma non sembrava convinto delle mie parole, temeva troppo la solitudine, non voleva trovarsi più nella situazione di non essere capace di salvare qualcuno a lui caro. Stavo per dire altro ma le parole mi morirono in gola quando uno strano rumore, un gorgoglio si propagò per la stanza.
-Ho fame!- ordinò con la lingua di fuori, toccandosi lo stomaco che brontolava sempre più forte.
-Allora andiamo a caccia.- risposi ai suoi reclami con naturalezza, riprendendo le armi pronto a scendere. Lo guardai sorpassarmi di scatto e correre tra la fitta boscaglia, alla ricerca di animali succulenti senza darmi il tempo di raggiungerlo, e sogghignai.
-Carne!- urlò estasiato ed io mi precipitai a da lui per dargli man forte, ritrovandolo già con un orso abbattuto ai suoi piedi scuotei il capo divertito, e mi avviai a prendere un po' di legna per preparare il fuoco; sembrava aver recuperato tutta la forza che aveva, o forse era una mia impressione, quegli occhi erano ancora un po' troppo tristi e stanchi per averne la conferma.
Sistemata la legna, e dopo aver acceso il fuoco e preparato la carne iniziammo a mangiare vistosamente intanto che cercavo di afferrare il più che potevo prima che Luffy si finisse tutto peggio di un'aspirapolvere.
-Resteremo sempre insieme...- farfugliò ad un tratto, ingoiando un pezzo più grosso di carne.
-Sempre.- risposi con fermezza, osservandolo finire di mangiare e appollaiarsi con la testa sulle mie gambe incrociate.
-Sempre...- continuò a sussurrare con le palpebre che cedevano, voglioso con tutto il cuore di non essere abbandonato.
Ammirai di nuovo le sue caratteristiche; così fragile, lì, tra le mie braccia, nonostante possedesse una forza da leoni che, inconsciamente lo reggeva in piedi, invece di farlo strisciare nella disperazione. Lo guardai chiudere gli occhi con un grande sorriso sul volto e gli accarezzai con una mano la guancia, restando ancora in quel posto che, in quel momento, era così tranquillo e appagante di serenità.
 

 

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Capitolo 11
*** Football. ***


Aprendo gli occhi di scatto mi ripresi dal mio turbolento sogno ancora una volta, e con la bocca semi-aperta alzai lo sguardo verso l'alto, ritrovandomi appoggiato al petto nudo di Zoro; credo, forse, nel suo letto, pensai, mentre lui dormiva profondamente. Mugugnai, stropicciandomi un occhio, stanco, e guardai l'orario, maledicendo il mio incubo; erano solo le 5:00.
Mi tirai su con il busto a forza, ancora semi-cosciente, lasciando oscillare la testa ad ogni mio movimento. Non pensai alle mie condizioni e mi diressi fuori dal letto, strisciando e sgusciando fuori dal materasso, portandomi sul pavimento sottostante in ginocchio, mentre mi reggevo alle lenzuola sul letto, come mio unico sostegno. Gemendo per il dolore strinsi convulsamente le coperte nei miei pugni, osservando con triste rammarico la porta del bagno così lontana e irraggiungibile; anche se ero fermo mi sembrava che si allontanasse sempre di più, ed era davvero orribile e fastidioso, come avere le vertigini. Strizzai gli occhi e mi adagiai, con la guancia, contro il tessuto fresco e soffice del lenzuolo, stringendo e sospirando mentre volsi gli occhi a Zoro, che, con un occhio aperto, scrutava i miei movimenti.
-Buongiorno!- esultai, alzando il capo e sorridendogli, uno falso, e ad occhi chiusi, cercando coraggio. Appena li riaprì me lo ritrovai dinanzi, ad un palmo dal naso, con il volto impassibile e un po' tetro mentre mi accarezzava la mano distesa sul letto.
-Ancora incubi?- mi chiese con voce dura e impastata, scostando piano le coperte e mettendosi seduto sopra il materasso al mio fianco, adagiando i piedi contro il gelido pavimento in legno; tutto ciò senza spostarmi di un millimetro mentre io lo osservai da terra senza poter rispondere a quella domanda; era troppo difficile e complicato anche solo rispondere con un tenue "Sì.". Troppo dolore nella mente per quei ricordi che mi turbavano, traumatizzandomi.
-Devo andare in bagno.- sussurrai riuscendo a mettermi in piedi, issandomi con le braccia su quel morbido letto, mentre lasciai lì a terra i sandali.
 
 
Era bello sentirlo al mio fianco, pensai per distrarmi dal mio sogno. Tirai lo sciacquone e mi guardai allo specchio dopo essermi lavato le mani, per poi sciacquarmi il viso sciupato dal sonno mancato. Mi adagiai a terra, osservando il pavimento bianco, come tutto là dentro, per poi dedicarmi alla finestra da dove il poco sole irradiava con la sua luce. Per come tutto fosse candido poteva sembrare di essere in paradiso; di solito è bianco, no?, pensai con innocenza. Non faceva nemmeno troppo freddo e mi piaceva quel sole, così sorridente e vivo; sapeva esattamente che cosa doveva fare, come tutti gli altri giorni, e cosa più importante: era libero. Un po' come il cielo, o il mare, immensi e decisi, senza fine, e a volte in tempesta, e a volte sereni; un po' come me. Non c'era cosa migliore della libertà.
-Luffy...- mi chiamò Zoro, sbadigliando e bussando.
Non risposi, così lui entrò, guardandomi con quello sguardo senza sentimenti ma con gli occhi profondi di uno che riusciva a sentire e vedere i vortici di emozioni, di tanti colori dentro alle mie pupille, ed ero sicuro che anche lui sentisse i suoi sentimenti; era abbastanza ovvio. Poi mi prese di peso e mi portò in cucina per mangiare. Sospirai, sorridendo per come mi trattasse in quel modo bizzarro e piacevole, e sfregandomi con la mia fronte contro il suo petto, nella parte dove c'era la sua cicatrice.
Finito di mangiare mi andai a rimettere i sandali e mi lavai, aspettando che lui facesse altrettanto, e poco dopo si recò nel dojo, con qualche minuto di anticipo rispetto agli altri giorni. Colpa mia, ma infondo non era un problema per lui: amava allenarsi. Lo raggiunsi e ridacchiai nel vederlo fare addominali, tra il sudore e la fatica, ma decisi di lasciarlo lì solo; uscì salutandolo e corsi a più non posso verso una meta non precisa, forse volevo solo correre finché le gambe non avrebbero ceduto, e lui avrebbe capito; mi capiva sempre, lo vedevo e lo sentivo che era così.
Alla fine, dopo ore, chinandomi sulle ginocchia tra gli affanni al centro della città, smisi quello sfogo, per poi sedermi di peso a terra, crollando, e adagiando la testa contro il muro di una casa dalle pareti arancioni, osservando il tempo passare insieme ai cittadini davanti a me, e scrutando la luce, gli edifici e le piante che sovrastavano il paesaggio.
-Ciao!- mi salutò Chopper, arrivandomi d'un tratto accanto e zampettando, con un'enorme sorriso.
-Ehi!- ricambiai con un sorriso, osservandolo stringersi le spalline azzurre del suo piccolo zaino.
-Non pensavo di trovarti qui... Cosa fai?- mi domandò, dondolandosi felice.
-Mhm... Pensavo di andare in piscina. Vuoi venire?- chiesi, ricordandomi di avere ancora il costume sotto i vestiti; volevo provarci ancora, e se c'era qualcuno con me era meglio, sempre se il coraggio avrebbe prevalso alla vista di quella distesa di acqua piena di cloro.
-Solo per poco, però.- mi disse. Io annuì, e prendendolo per una zampetta lo trascinai verso l'istituto mentre urlava, spaventato del gesto improvviso e appena compiuto, ma smise appena dopo qualche minuto, osservando il paesaggio correre veloce dalla parte opposta alla nostra, un po' divertito e un po' scombussolato.
Arrivati adagiai Chopper a terra, ancora scosso; non abituato a una cosa del genere, immaginavo. Mi recai alla solita piscina, conscio che gli inservienti la lasciavano già pronta per me, sapendo del mio imminente arrivo. Mi spogliai in fretta, non ascoltando le parole del dottore che sembrava emozionato di potermi vedere nuotare dal vivo, ero troppo concentrato; dovevo farcela stavolta. Potevo farlo, dovevo superare le mie paure. Trattenni il respiro e in un lampo mi tuffai, protendendomi in avanti e avviandomi a dorso, cercando di arrivare all'altro capo della piscina tra tutta quell'acqua fresca e azzurra, limpida; mi bastava anche solo superare il traguardo di ieri.
Gemendo di scatto mi bloccai di nuovo, con la cicatrice bollente nonostante mi trovassi in acqua. Restai paralizzato nello stesso punto di ieri, e di nuovo l'acqua mi attirò giù, nelle sue spire, ma in un attimo le braccia possenti di Zoro mi prelevarono a forza mentre ascoltavo le urla preoccupate e piene di paura di Chopper che correva avanti e dietro disperato, chiamando un dottore finché non si ricordò di esserlo lui stesso. Era stato tutto così veloce che non capivo più niente.
Tossì, disteso a terra con Zoro seduto al mio fianco con una gamba piegata verso il suo petto, intanto che strizzava la sua maglia blu, fradicia per colpa mia. Sospirai, socchiudendo gli occhi prima di essere avvolto dalla piccola figura della renna che iniziò a controllarmi come suo solito, compreso la cicatrice che continuava a fare male, impedendomi di continuare il mio sogno.
-Non farlo mai più senza la mia supervisione.- ci tenne a precisare, rimettendosi la maglia stropicciata e ancora un po' bagnata.
-C'è la posso fare.- sussurrai con occhi vacui, spenti, troppo vuoti per uno come me.
Alzandomi e scansando Chopper, che stavolta protestò, mi immersi ancora, tornando a nuotare come prima, voglioso di raggiungere il mio traguardo, ma restai arginato nello stesso punto ancora e ancora, con Zoro che continuò imperterrito a tirarmi su più e più volte, e Chopper che rimase a fissarmi preoccupato, non sapendo come reagire.
-Per oggi basta.- affermò lo spadaccino dopo la quinta volta che mi tirava fuori dai miei impicci, parandosi difronte a me quando alzai per tornare in acqua, come se fosse l'unico mio modo per continuare a vivere anche se mi uccideva.
Lo deviai, ipnotizzato solo da quella piscina, dalle piccole onde, da quell'acqua che mi aveva sempre attirato fin da piccolo; da quella nuova nemica, da quel nuovo ostacolo, e ancora una volta mi tuffai, nuotando più veloce che mai. Non importava se avrei esaurito tutte le mie energie, dovevo farcela; ignorando le proteste di Zoro che chiamava il mio nome a gran voce prima di tuffarsi per raggiungermi e salvarmi di nuovo. Mi prese per le costole quando non riuscì più a muovermi, pronto a trascinarmi verso il muretto mentre osservavo la meta farsi più irraggiungibile di quanto pensassi.
-E ora vedi di calmarti! Ci proverai un altro giorno.- scattò nervoso quando mi portò sul pavimento, stanco della mia ostinazione, ma di cui non gli dispiaceva nemmeno tanto, come sicuro che potevo farcela. Si fidava, e di questo gli ero grato, come ero grato di come si preoccupasse per me.
-M... M-ma, cosa gli prende? Perché non riesce a...- balbettò il dottore, pieno di paura, giocherellando con le zampette per il nervoso, tanto dispiaciuto per la mia condizione, ai suoi occhi così misteriosa.
-E' una lunga storia.- sospirò il mio lui, guardandomi di sottecchi. -Puoi anche andare, non preoccuparti. Come vedi posso pensarci io a lui.-
Lo osservai annuire piano, salutarmi con un tentennio luccicante negli occhi per poi andarsene, diretto al suo impegno di cui forse mi aveva parlato prima, prima che il mio sogno diventasse un'ossessione e una sfida. Mentre avvertivo il mio corpo scosso da tremiti di freddo ed il mio volto percorso da singhiozzi e lacrime, Zoro si mise sopra di me, e lo guardai nei suoi occhi per consolarmi un po' prima che mi lasciasse un profondo e agognato bacio nelle mie labbra, assaporandole con ingordigia, giocando e ispezionando con la lingua la mia bocca, stuzzicandola in modo avido, stuzzicando i miei sensi, per poi staccarsi e lasciarmi tra l'estasi più piacevole; accarezzandomi la chioma bagnata.
-Z-Zoro.- sussurrai tirando su il naso, affannato per tutto, e attaccandomi al suo collo con le braccia con uno scatto.
-Ce la farai, tranquillo.- mi consolò abbracciandomi forte, per poi alzarsi in piedi, osservandomi.
Gli regalai un sorriso tenue, appoggiando la mia fronte contro la sua, e stringendo le maniche corte della sua maglia gli regalai un altro sorriso.
-Restiamo insieme...- borbottai, pensando a voce alta; lui mi strinse, portandomi la testa all'altezza del suo collo.
-Andiamo a mangiare...- farfugliai, accoccolandomi, ma fui costretto a lasciare la presa: se dovevamo andare a mangiare dovevo prima provvedere a rivestirmi. Però sentivo il bisogno di togliermi il sapore di cloro dalla pelle, così mi recai nelle docce, portandomi dietro anche Zoro che all'inizio non capì mentre presi il borsellino rettangolare con dentro gli occhialini, il sapone e lo shampoo che lui mi aveva portato. Mi osservò spogliarmi del costume intanto che mi teneva i vestiti ed il cappello, ed io entrai nella doccia facendogli una linguaccia giocosa.
-Vieni?- chiesi, voglioso della sua compagnia.
Lui ghignò in risposta, e adagiando su una sedia i miei e i propri vestiti, più il prezioso cappello, mi raggiunse. Iniziò a insaponarmi e a strofinarmi le ciocche dei cappelli con la spugna, presa da dentro il borsellino; ridacchiai e mi misi sulle punta, lavandolo, ma con le mani piene di sapone e non con la spugna. Testai il suo cuoio e giocherellai con le sue ciocche verdi. Mi piaceva quel verde, rappresentava proprio la tranquillità. Smorzai il fiato, sgranando gli occhi nel sentire le sue dita che scendevano, percorrendo i pettorali e poi subito la mia pancia; evitando appositamente la cicatrice; con troppa lentezza, quasi per farmi desiderare sempre di più quel tocco. Guardai confuso il suo volto, bloccato, però mi piaceva, così lo lasciai fare e continuai a insaponare i suoi cappelli con una risata. Lui sbuffò, divertito, e mi portò contro il gettò d'acqua, lasciando scorrere via tutta la schiuma dal mio corpo e dalla mia chioma. Sorrisi e iniziai a spruzzargliela addosso, bagnando non solo lui, ma tutto il pavimento.
-Smettila.- affermò infastidito, anche se ghignava, bloccandomi i polsi ed io gli sorrisi ancora, baciandolo sul naso e amando il suo modo di fare, mentre chiuse il getto d'acqua calda con una mano, attirandomi a sé con l'altra, e assaporando ancora una volta le mie labbra.
 
 
 
Lo osservai abbuffarsi sotto lo sguardo inebetito dei clienti, mentre Nami esultava per i soldi con cui l'avevo pagata; per fortuna si erano un po' asciugati nonostante tutti i tuffi che avevo fatto per salvare quel bel tipetto, e lei si era saputa accontentare. Sorseggiai dal boccale, sorreggendomi il mento con una mano e scrutando malamente il cuoco che continuava ad elogiare Nami che lo osservava con un sorriso forzato, mentre pensai a poco fa, in quella doccia, che mi era toccato anche pulire per il disastro che lui aveva combinato nel gettare a terra l'acqua sulle piastrelle, ma ne era valsa la pena; tutte quelle sensazioni, e l'approvazione che, inconsciamente, mi aveva dato con gli occhi mentre lo toccavo: si stava lasciando trasportare, ma io avevo preferito fermarmi lì; non era ancora il momento. Sospirai e continuai a bere, sollevato di aver chiarito i miei sentimenti con me stesso e con Luffy, che scese giù dallo sgabello con un saltello, venendomi ad affiancare con i suoi sorrisi.
-Vado a vedere che vende il negozio qui a fianco, ci vediamo dopo?- mi domandò festoso, con gli occhi luccicanti di gioia, riferendosi all'emporio di souvenir.
Annuì con il boccale portato alla bocca, aspettandomi che corresse via; e non capivo come facesse ad avere tutta quella forza di spirito visto quando dormisse poco. Ma prima di andarsene mi regalò un fugace bacio sulla guancia e quasi mi strozzai con l'alcool: non credevo fosse pronto a rendere pubblica ogni cosa, ma da uno come lui forse avrei dovuto aspettarmelo. Non ne avevamo parlato, ma ormai era ovvio per entrambi: stavamo insieme. E schietto com'era avrebbe rivelato ogni cosa senza problemi per il semplice fatto che per lui, questo, non era un problema, e aveva davvero ragione.
-Zoro, sbaglio o ti ha... ecco...- non seppe come continuare, Nami, stralunata visto che non amavo mostrare facilmente le emozioni, figurati le attenzioni da parte di altri mentre osservava la porta da dove era uscito il ragazzo.
-Sì...- borbottai continuando a bere. -Stiamo insieme.- commentai portando lo sguardo nella direzione della ragazza con disinvoltura.
-Davvero?- domandò sorpresa, quasi non credendoci mentre Sanji, tenendosi un'altra sigaretta spenta in bocca analizzava la situazione.
Ignoravo gli sguardi scettici e increduli dei clienti: poco mi importava di loro; io non avevo mai fatto nulla di cui pentirmi, ed era lo stesso anche ora. Riguardo i miei amici, mi fidavo di loro, ero certo che mi avrebbero accettato e sostenuto per ogni mia scelta, per quanto strana o incoerente potesse sembrare.
-E' una bella notizia! Non avrei mai creduto che tu potessi innamorarti!- esclamò ad un tratto, giuliva mentre mi sentì arrossire, lievemente dall'imbarazzo, deviando lo sguardo da lei alla bevanda dentro il boccale di legno.
-Molto spiritosa...- borbottai ironico, guardandola schietta per poi dedicarmi a Sanji, aspettandomi qualche frecciatina, ma invece si recò in cucina, tornando a preparare cibarie dopo essersi rimboccato le maniche.
Ghignai, per una volta il cuoco aveva capito, pensai. Finita la mia razione di alcool ripresi le katana e salutai i ragazzi prima di dirigermi fuori, incamminandomi in strada per raggiungere Luffy, ma alzai la guardia nel sentirmi tenuto d'occhio da ombre minacciose, nascoste. Facendo una lieve smorfia portai la mano al manico bianco di una delle mie katana, guardando torvo i loro occhi da rapace che sbucavano, uno alla volta, nelle varie direzioni di quella strada.
-Zoro!- esultò, saltandomi addosso di peso, quasi facendomi crollare a terra. Strizzai un occhio, e reggendolo con un braccio lo lasciai rimanere attaccato a me, come al solito.
-Trovato qualcosa di interessante?- borbottai, mentre lui mise su un broncio annoiato, disegnando dei cerchi sulla mia maglia.
-Anche troppe, ma ho dimenticato ancora di portarmi dietro i soldi. E ora che mi ci fai pensare devo chiamare il nonno per dirgli che gli ho quasi finiti.- spiegò alzando gli occhi su di me.
-Colpa tua, hai voluto darli tutti a Nami.- commentai, riportando la mia attenzione alle persone che ci circondavano, anche se ancora nascoste dagli edifici.
-Non è vero!- sbottò imbronciato, staccandosi per guardarmi dritto in faccia, scaturendo la mia ilarità.
-Va bene. Vuoi andare al nascondiglio?- chiesi, accarezzandogli i capelli giocoso.
-No.- farfugliò a sguardo basso. -Non ora, almeno...- si corresse frettoloso, tornando a guardarmi con un sorriso.
-Motivo in più per andare.- decisi, ignorando le sue proteste sorprese, guardandolo dimenarsi per sfuggire dalle mie braccia che lo tenevano fermo per le spalle.
-Ma Zoro...- desiderò spiegarmi la sua motivazione per quella scelta, però una lama che mirava dritta nella sua direzione gli è lo impedì, ma per fortuna mi tuffai a terra con lui, lasciando che la lama si schiantasse contro il muro al nostro fianco.
-Maledizione...- imprecai, guardando male Hody venire fuori dalle ombre tra mille risate e tra mille uomini. -Che vuoi?- scattai, alzandomi da terra e sguainando le katana, lasciando a terra il loro bersaglio che ci fissava confuso e innocente.
-Stasera ci sarà la partita, non dovresti essere qui a preoccuparti per quel moccioso, bensì allenarti.- mi fece una ramanzina, studiando la situazione, con i suoi uomini che ci circondarono. 
-Vieni a farmi la predica, e da quanto ti preoccupi per la mia carriera?- sbottai con il sapore metallico del manico bianco in bocca, scandendo bene le parole perché potesse sentirmi.
-Io no, ma tu dovresti.- rise, per poi dare l'ordine di attaccare.
Ringhiai, e con una delle mie giravolte gli scaraventai a terra grazie alla mia forza e alle mie katana. Osservai Luffy alzarsi da terra con uno sguardo serio, e mettersi in testa il cappello, pronto alla lotta. Ero sicuro di non dovermi preoccupare, così, vedendo Hody attaccarmi con un pugno, mi preparai a bloccarlo con le mie lame.
-Non male, sei migliorato faccia da pesce.-
-Non sai quanto.- mi rispose minaccioso, e con uno scatto mi fece indietreggiare di un passo.
-Non perderò, lo sai.- assunsi uno sguardo serio, indietreggiando solo per poi scattare verso di lui con le lame protese in avanti, colpendolo dalla parte che non tagliava e facendolo crollare al suolo.
Voltandomi osservai Luffy sistemare gli ultimi uomini ancora in piedi, abbattendoli con i suoi pugni allungabili ad una velocità pari a quella di una mitragliatrice, per poi rimettersi il cappello in testa che era caduto per strada per colpa del vento, e tornare ad osservarmi sorridente.
-E quindi stasera c'è la partita?- mi domandò, puntando i piedi a terra appena mi fu difronte, ridacchiando felice.
-Già.- ghignai e mi prese per mano, tirandomi dentro l'emporio di cui mi parlava prima.
-E posso venire?- mi chiese mentre mi indicava degli oggetti su degli scaffali, con la negoziante che tremava di paura per lo spettacolo a cui era stata spettatrice da fuori le vetrate.
-Sicuro? Partirò entro le 14:00 di questo pomeriggio.- e per sicurezza controllai l'ora, allarmandomi nel vedere che mancassero solo trenta minuti.
-Allora muoviamoci! Compreremo i souvenir un'altra volta.- asserì trascinandomi ancora una volta fuori, e allungando un braccio sopra ad un tetto volammo in alto sotto le mie, urlate, proteste, e mentre allungava di nuovo il braccio, aggrappandosi ad una grata per darsi ancora una spinta arrivammo; anche se rimasi scombussolato da quel suo modo di viaggiare, arrivammo a casa mia.
-Forse per te è routine muoverti così in città, ma per me non è la stessa cosa.- commentai, schiantato a terra di schiena, un po' dolorante, e con lui seduto sopra le mie gambe che se la rideva, fermandosi solo quando si udì la mia suoneria.
Sbuffai, prendendo il telefono risposi schietto e frettoloso, sapendo già che volesse solo avvisarmi, o meglio, ricordarmi del loro arrivo per l'imminente partenza. Chiudendo, osservai Luffy alzarsi e lo seguì a ruota, facendo lo stesso per poi guardarlo saltellarmi intorno impaziente.
-Tra poco l'autobus sarà qui, vado a prendere il borsone.- lo avvisai, divertito dal suo modo di fare, e corsi di sopra il più in fretta possibile dopo che lui annuì, estasiato dalla notizia del viaggio.
 
 
 
Studiai con poca attenzione i volti sconosciuti della squadra e mi dedicai maggiormente all'aspetto dell'enorme autobus privato, davvero spazioso e comodo. Sembrava di essere in una stanza più che altro; c'erano mensole chiuse sopra e poltroncine sotto, incluso un bagno e un piccolo frigorifero. Ridacchiai e seguì Zoro passo passo quando salì dopo aver lasciato la borsa nel bagagliaio laterale, mentre salutava i suoi compagnia che ricambiavano estasiati.
-Sarà una partita indimenticabile!- affermò uno, battendo il cinque con l'amico accanto.
-Siediti qui.- mi disse Zoro, facendomi posto accanto al finestrino.
-E gli altri e Perona?- chiesi, riferendomi ai nostri amici.
-Vengono in macchina, lo stesso vale per Perona, dice sempre che non ama stare con i miei compagni perché puzzano di sudore.- mi informò adagiando una mano sullo schienale del divano a due posti, accarezzandomi il retro del collo, mentre dall'altro lato aveva adagiato, sui cuscini, le katana; le portava davvero ovunque, pensai con una dolce risata che lo fece sorridere.
-Okay.- annuì deciso, consapevole che non avesse bisogno di incitamenti, osservando il paesaggio volare, la finestra vibrare impercettibile e il rumore delle ruote e del motore accelerare tranquillamente.
Mi lasciai cullare da tutto questo, con l'aggiunta delle sue attenzioni, della sua mano che mi restava vicino, continuando ad accarezzarmi il retro del collo finché il sonno non mi fece da padrone nonostante le mie proteste, la mia volontà. Speravo davvero di non avere incubi, non in quel luogo così importante per Zoro, e così accogliente.
 
 
-Luffy...-
-Mhm...- strinsi gli occhi avvertendo una forte luce su di me mentre le visioni di morte e sangue scivolarono via dalla mia mente come l'acqua di un fiume, ma lasciando lo stesso una sensazione acerba in bocca e una stretta al cuore intanto che le mie palpebre si aprirono con difficoltà per via della densa luminosità di quei neon sopra il tetto del pullman. Ispezionando il volto acceso di Zoro, che, con quegli occhi mi cullò dai miei ricordi gli sorrisi, cercando di scacciare quelle sensazioni negative, fredde e oscure come il mondo fuori da quel mezzo di trasporto.
-Vieni, siamo arrivati.- sussurrò ancora, asciugandomi le lacrime.
-Okay.- dissi rauco, con la gola e il tono spezzato. -Mi dispiace.- feci con un mezzo sorriso mentre mi teneva stretto le mani, voglioso di non lasciarle andare mai, e mi aiutò ad alzarmi, e solo allora notai che erano scesi tutti, mentre gettai lo sguardo alla vetrata, ammirando notte, una di quelle piena di stelle brillanti.
-Non è niente.- mi assicurò, duro nella voce, ma dolce nello sguardo, ed insieme scendemmo, io più in fretta di lui, più per fargli capire che mi ero ripreso dalla tristezza; per poi recarci negli spogliatoi.
Arrivato dentro e stropicciandomi un occhio in quella sala piena di rumori e voci, densa di quelle luci, che per me erano accecanti, mugolai contrariato vicino alla soglia, già stanco. Diedi un'occhiata veloce in giro con lo sguardo, ispezionando il posto fatto di piastrelle bianche per terra e colorata di azzurro tutto attorno; panchine in legno attaccate alle pareti al mio fianco e armadietti grigi in metallo attaccate al muro davanti a me; con delle sale adiacenti intorno, e mille corridoi. Decisi di sedermi, aspettando e guardando cambiarsi Zoro tra i miei enormi sbadigli mentre nella mia testa si sovrappose una domanda che mi fece imbarazzare, chiedendomi se, nell'avere quegli incubi avessi parlato inconsciamente durante il tragitto, e se qualcuno, oltre a Zoro mi avesse sentito; però poi mi rassicurai, perché ero sicuro che lui non lo avrebbe mai permesso, e mentre pensavo, il suddetto mi osservò, e ridacchiò nel vedermi in quelle condizioni: mezzo addormentato e con gli occhi semi-aperti, sul punto di chiudersi un'altra volta.
-Se vuoi puoi restare qui finché non ti sarai svegliato del tutto.- mi consigliò, stringendomi una spalla in modo dolce, per poi andare dai suoi compagni.
Sospirai vago, con gli occhi ancora semi-chiusi, voltandomi a guardare, con sonnolenza la porta da dove era uscito e cercai di darmi energie, traendone dall'aria che presi, portandola all'interno dei miei polmoni per poi sbuffarla tutta e adagiarmi, con la testa, contro il muro fresco e gelido dietro di me. Chiudendo gli occhi, cullandomi di quel silenzio, mi stavo lasciando trascinare, senza accorgermene, dallo stesso sogno da cui scappavo.
-Sarà divertente...-
Aprì un occhio e puntai la pupilla verso la stessa porta di prima, scrutando di sottecchi le ombre che si vedevano a terra sul corridoio, una delle quali che sghignazzava. Mugugnando mi tirai su, avvicinandomi e strisciando con i piedi per la stanchezza: oggi non ero proprio in vena di essere pimpante.
-La vittoria sarà nostra, dobbiamo solo attuare il nostro piano.- borbottò, sorridendo maligno per non farsi sentire da orecchie indiscrete, diretto all'amico di spalle con una pelliccia rosa che mi sembrava di aver già visto da qualche parte mentre mi appostai verso l'unico e piccolo spiraglio che la porta semi-chiusa possedeva in quel momento.
-Smettila di farfugliare di questo. Non qui, almeno.- scattò l'altro, serrando i pugni e tornando ad incamminarsi proprio da questa parte, e, nel vederlo in faccia, nonostante gli occhiali da sole sugli occhi, lo riconobbi: era quel Doffy, no, Mingo? Doffymingo? ...Ah, Doflamingo, ecco come si chiamava, pensai.
In un attimo mi nascosi dietro la porta, a fianco agli armadietti, portandomi le mani alla bocca per non farmi scoprire, annaspando dalla sorpresa: non mi aspettavo di incontrarlo. Però, a pensarci meglio, Zoro me lo aveva anche detto che doveva sconfiggerlo, quindi era ovvio che lo avrei incontrato, forse più che altro visto che incontrato; anche se non capivo perché erano lì e non in campo.
-Ma non c'è nessuno, non vedi?- scattò l'altro in protesta dopo aver studiato l'interno dello spogliatoio, con la testa che sbucava di poco dalla soglia, ma non riuscì comunque a riconoscerlo, forse perché non lo conoscevo proprio. -Infondo la partita è già iniziata, chi rimarrebbe qui?-
-Forse hai ragione, ma è meglio essere prudenti.- commentò con sufficienza Mingo, entrando e fissando a fondo gli armadietti, l'esatto posto dove mi ero nascosto nell'istante in cui l'altro ragazzo era sbucato fuori a controllare; e per poco non arrivai al punto di farmi scoprire, colto dalla voglia di urlargli contro; soprattutto per sapere i suoi piani. Zoro ci teneva molto a quella partita e aveva lavorato molto duramente per arrivare fin lì, non potevano sabotarla, o imbrogliare!
-Beh, capo? Andiamo? Sono curioso di vedere come sta andando, anche se è già ovvio di chi sia la vittoria...- ghignò il ragazzo che, notai, possedeva una strana cicatrice orizzontale che gli percorreva sotto gli occhi come una linea, come se tagliasse a metà tutta la faccia.
-Sì, muoviamoci.- ringhiò il biondo, e con la solita, strana camminata da cowboy si diresse verso le panchine.
-Devo avvisare Zoro...- compresi, ormai sveglio più che mai, correndo nella direzione opposta a quella di Doflamingo: verso le panchine della squadra del mio spadaccino.
Arrivando alla meta fissai i posti a sedere, ma tra loro non vedevo Zoro, e mi rattristai; cosa potevo fare ora?, provai a pensare.
-E tu che ci fai qui? Il pubblico non può stare qui!- scattò l'uomo che avevo visto a tutti gli allenamenti e che ora possedeva la maglia della squadra, con la scritta Wolf, solo che alla fine vi era la sagoma verde di una lupo.
-Non si preoccupi coach: è con Zoro.- spiegò uno dei ragazzi delle riserve, con in mano il casco, seduto con gli altri che discutevano tra loro, o incitavano quelli in campo.
-Okay.- sbuffò nervoso -Vedi di non disturbare i giocatori.- ordinò risoluto, tornando a tenere d'occhio la partita.
-Ma Zoro dov'è? Dovrei dirgli una cosa.- commentai, studiando il campo per individuarlo, ma si muovevano tutti troppo velocemente, e quelli della squadra di Zoro poi, erano vestiti tutti così uguali che era impossibile riuscire a riconoscerlo.
-Gli è la dirai alla fine della partita! Ora siediti, maledizione!- ruggì furibondo, facendomi sobbalzare per la sorpresa di quello scatto.
-Ma perché fa così?- borbottai infastidito, sedendomi piano come richiesto, cauto come per timore di imbestialirlo di più anche solo con quel semplice gesto.
-Da quando Doflamingo è entrato in campo le cose sono peggiorate per noi.- fece con una smorfia il giocatore al mio fianco e, a quelle parole, mi rabbuiai.
Ma poi mi feci interrogativo tutto ad un tratto, non capendo una cosa. Lo avevo visto poco fa, come poteva essere in campo già da tempo? Inclinai il capo da un lato, incrociando le braccia al petto prima di dirigermi di nuovo verso lo spogliatoio; ignorando gli sguardi confusi della squadra, ma invece di entrare in quel posto mi recai più avanti, volendo sapere che fine avesse fatto Mingo; da ora in poi lo avrei chiamato così, visto che era troppo lungo il suo nome per potermelo ricordare tutto.
-Sono degli idioti se credono di poterti sconfiggere.-
Mi bloccai nel sentire delle risate, e poi quella frase... Strinsi i pugni e mi avvicinai alla porta dello spogliatoio della squadra nemica, osservando da un piccolo spiraglio le persone dentro. Erano tre, una era proprio Mingo insieme al tizio di prima con la cicatrice, e l'altro invece doveva essere il coach, aveva la stessa maglia di quella del coach di Zoro, solamente cambiava lo stemma e il nome. Assottigliai lo sguardo, tendendo le orecchie e restando ad ascoltare.
-È fantastico. Loro non sanno proprio niente, nemmeno che sei tu a frenare i loro movimenti con i tuoi fili.- e rise, il coach, divertito dall'avere la vittoria in pugno, bevendo anche e forse un po' alticcio visto il volto così rosso: stava già festeggiando; e questo mi fece adirare molto, anche perché avevo capito che stavano davvero imbrogliando, senza vergogna alcuna.
Misi il broncio, infastidito e aprì la porta di scatto con un irritato: -Ehi!-.
-Questo non è giusto!- continuai imperterrito, furioso, avvicinandomi a grandi solcate.
-Sai che non è corretto ascoltare i discorsi altrui?- borbottò truce il tizio dalla cicatrice, alzandosi e volandomi davanti come una tempesta di sabbia, disseminando quei granelli ovunque, facendoli volare, e ne rimasi sorpreso.
-Aspetta! Ma tu... sei Monkey D. Luffy? Il nipote di Garp, della Marine?- affermò il coach scattando in piedi, nonostante fosse ubriaco mi aveva riconosciuto, mentre Mingo rimase seduto elegantemente sopra una sedia, o meglio, poltrona.
-Comunque sia, hai sentito troppo.- commentò l'uomo-sabbia, trasformando un arto nel medesimo elemento che sapeva controllare a piacimento.
-Gomu Gomu...- sussurrai portano indietro ambedue le braccia -Bazuka!- urlai scattandole in avanti per colpirlo, ma non ci riuscì: il suo corpo si dissolse come polvere per poi riformarsi e prendermi per la gola con la mano destra, visto che l'altra era stata rimpiazzata da un grosso uncino d'oro, alzandomi da terra mentre tentavo di sfuggire alla morsa.
-Cosa pensavi di fare?- rise lui, premendo sempre di più sulla mia gola tra i miei rantoli.
-Fermo, se lo facciamo fuori si insospettirebbero tutti della sua scomparsa. Per ora, è meglio immobilizzarlo e tenerlo buono fino alla fine della partita e poi... Beh, vedremo.- ghignò Mingo, e dopo essersi alzato si diresse fuori per andare chissà dove, mentre io protestavo, dimenandomi da quella presa ferrea.
-Taci, vedi di goderti questi ultimi momenti.- asserì il coach, seguendo a ruota il suo giocatore come un bravo maggiordomo, anche se un po' barcollante per via del tasso alcolico ingerito.
-Tsk...- sbuffò il "sabbioso", lanciandomi a terra dopo avermi legato con delle manette di ferro.
-Lasciami andare!- esclamai innervosito, tirando i polsi legati dietro di me in avanti, provando a rompergli ma mi sentì davvero stanco in un attimo, e non ne capivo il motivo, ma non per questo demorsi, anzi, aumentai di più le mie proteste, muovendomi e contorcendomi, volendo liberarmi ad ogni costo.
-Zitto!- ruggì quello tirandomi un pugno in faccia, facendomi andare a sbattere di testa contro il muro, e mentre la mia vista si offuscava guardai quell'uomo allontanarsi tra le risate, fino a che il buio mi circondò completamente.
 
 
Strizzai gli occhi, ascoltando il suono secco e turbolento che mi circondava, simile ad un tamburo ovattato ma che, più mi riprendevo più si dissolveva, piano piano; e osservai, davanti a me il nulla di uno sgabuzzino, buio e tetro, illuminato solo dalla luce che filtrava da sotto lo spiraglio, a terra. Ero solo, potevo approfittarne. Tirai forte in avanti, dove le mani erano legate da quella che mi sembrò essere una piccola colonna, dietro di me; tirai e continuai a tirare finché, all'ennesimo strattone, non sgranai gli occhi, con le pupille ridotte a due fessure prima di scatenare vari e dolorosi versi rauchi. Strinsi forte i pugni per la sofferenza, gettando il capo in avanti, lasciandolo abbassato verso il terreno tra i mugugni mentre avvertivo la straziante e viscida sensazione del liquido rossastro gocciolare fuori dai miei polsi a terra: mi ero tagliato. Gemendo per il dolore mi sfiorai, con le dita i tagli appena procurati sui dorsi e più sopra, con la pelle così collosa per via del sangue che usciva fioco mentre sentivo avere le lacrime agli occhi per quanto bruciassero. Digrignai i denti e, deciso ad uscire portai indietro la testa, fino a toccare la colonna con la mia cute, e scattai in avanti per colpire la porta con tutta la forza possibile. La osservai venirmi vicino, ma proprio quando ero arrivato quasi a toccarla con un ciuffo dei miei capelli tornai bruscamente indietro come una molla, sbattendo forte contro il muro, duro e rigido di quella stramaledetta colonna: purtroppo non avevo preso abbastanza spinta. Mugugnai scombussolato, cercando di non perdere i sensi e di capire perché mi sentissi così debole: forse quel metallo che mi imprigionava era speciale; non importava, dovevo liberami: Zoro aveva bisogno di me. Ascoltai dei passi nel corridoio e scattai rigido col capo, scrutando l'esterno da quella linea sotto la porta così radiosa con esitazione, ma anche provando a restare cosciente visto come quella botta di poco fa avesse fatto male da far avere le vertigini. Riconobbi subito il suono di quella camminata, percepivo, da come si avvicinava, quell'andatura che lo caratterizzava: pacata e orgogliosa; sembrava camminare tranquillo, ma con la voce che chiamava il mio nome con preoccupazione e tensione mi lasciò pensare il contrario. Però quel tono mi fece capire subito tutto, non mi lasciò dubbi: Zoro, era Zoro!
Sperai solo, e tanto, che questo non significasse che fosse già finita la partita ma solo il primo tempo, e che Mingo e il "sabbioso" si fossero scordati di me visto che non erano venuti a controllarmi ancora. Frettolosamente iniziai a scuotermi, dando poi un'occhiata minacciosa alle manette, come se in questo modo potessi folgorarle, sperando solo di riuscire a liberarmi, perché il tempo era agli sgoccioli, e se non mi sarei fatto sentire da Zoro lui sarebbe andato via.
 

 

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Capitolo 12
*** Cappello. ***


Ma il mio cuore mi si strinse in delle fitte atroci appena compresi che il mio ragazzo, il mio Zoro, se ne stava andando, anche se continuava a chiamarmi, dalla voce sembrava così teso e nervoso; deciso a non fare altro che non fosse cercarmi. Ascoltai impotente i suoi passi farsi più vacui, più lontani, e mi affrettai a lanciare la mia testa contro la porta sperando di colpirla e che lui mi sentisse, chiamandolo a gran voce, ma solo in quel momento mi accorsi di avere le labbra sigillate da uno strato di scotch e che non poteva uscire nessun suono comprensibile se non dei sibili e flebili gemiti, con i quali, speravo lo stesso, di attirare la sua attenzione. Preso dall'ansia di perderlo smossi la porta cercando di sfondarla, ma a malapena riuscivo a sfiorarla, finché mi bloccai quando un'ombra presso ai miei piedi, al di sotto della soglia, e illuminata dalla luce fuori, mi sovrastò di colpo.
-Mhm!- mugugnai secco e supplichevole, con gli occhi che mi pizzicavano, speranzoso che comprendesse la richiesta d'aiuto chiunque esso sia.
-Luffy?- la voce calda e imponente di Zoro fece aprire uno spiraglio di luce e rassicurazione nel mio cuore, ascoltando il suono di qualcosa che accarezzava piano la porta come a studiarla mentre mugugnai affermativo e frettoloso, smuovendo le manette che, senza volere toccarono le ferite, procurandomi dolore.
Con una spallata osservai l'entrata crollare a terra in un secondo, e ridacchiai, con lui si precipitò a liberarmi, rompendo le manette con la sua katana dal manico bianco per poi portarmi in fretta, agitato e serio, le sue mani sulle spalle, piegandosi sui ginocchi e osservandomi seduto a terra; e lì lo notai avere, su entrambe le guance, disegnate, due linee verticali di colore nero. Me ne chiesi il significato, però erano buffe e sorrisi di più.
-Cosa ci fai qui? Chi ti ha incatenato?- esclamò, levandomi quel fastidioso elemento che mi impediva di parlare, sulle labbra, con un leggero strappo che causò l'arrossamento della mia bocca, facendomi gemere per il fastidio.
Per tutta risposta a quelle domande adagiai la mia guancia contro il suo collo dove imperlavano gocce di sudore in tutto il suo corpo e vestiti, mentre ignorai la puzza intensa di terra bagnata, di fatica e fango, troppo estasiato nell'averlo di nuovo vicino e cercando il suo odore, quello vero che sapeva di spade e allenamenti, di forza e determinazione; trovandolo lo ingoiai in bocca tra gli affanni con foga, facendolo prima passare dal naso. Desideravo abbracciarlo, ma non volevo rischiare di sporcarlo di sangue, e lui se ne accorse dalle ferite ai polsi, tenuti in mezzo alle cosce dopo che li ebbe liberti, prendendomeli con delicatezza per non farmi male.
-Come va in campo?- borbottai, avvertendo il gelo delle mie mani alleviarsi al contato del caldo tepore di quelle di Zoro. -Non è ancora finita la partita, vero?-
-No, ma non è importante adesso. Chi ti ha fatto tutto questo?- scattò, desideroso di arrivare al dunque per avere le risposte tanto agogniate, mentre mi teneva stretto.
-Dovevo parlarti, ma Doffy mi ha catturato.- sbuffai dispiaciuto.
-Parlarmi di cosa? E che c'entra Doflamingo? Lui è stato in campo fino ad ora.- spiegò, stranito dal soprannome che gli avevo affibbiato.
-No, ti sbagli. Io l'ho visto! Era insieme a due tipacci e parlavano di gestire dei fili, o cose del genere. Volevo venire a dirti che stavano imbrogliando! Ma tu eri in campo.- mugugnai le ultime parole, osservandolo negli occhi verdi che lasciavano risplendere i miei.
-Sapevo che Doflamingo barava, ma non che usasse il potere dei suoi frutti.- commentò serio, riflessivo, e io lo guardai curioso prima di regalargli un dolce bacio sulle labbra.
-Tu torna in campo, io sistemo i tipacci.- esclamai divertito, strofinandomi con la fronte contro la sua tuta bianca da gioco, ignorando l'odore di sudore, o che fosse sporca di terra. A me interessava stare solo al suo fianco.
-Ottimo, allora.- ghignò, fidandosi di me e baciandomi le mani in modo vellutato.
Sorrisi, portandomi indietro una mano per rimettermi il cappello, ma a vuoto: non c'era. Mi voltai di scatto, ispezionando la stanza, ma non era lì. Facendo una smorfia guardai Zoro prima di alzarmi, spolverandomi con le mani dalla polvere sui bermuda, il quale comprese il mio pensiero e la mancanza a cui stavo riflettendo con ansia. Così si alzò, donandomi un bacio passionale con le sue labbra contro le mie, poi fu costretto a correre per tornare alla partita, sfuggendomi e urlandomi, assicurandomi, che mi avrebbe dato una mano, anche se non capì come. Non ci badai e, scrocchiando le nocche, andai alla ricerca di Mingo e del mio cappello.
 
 
 
Assaporai il sapore della terra, mischiato a quello della notte che mi circondava insieme alla mia squadra. Indossai il casco e scrutai sotto di me l'erba, chiara per via delle luci dei lampioni che, imponenti, rischiaravano il mio cammino. Alzai lo sguardo, in attesa dell'inizio del fischio del secondo tempo da parte dell'arbitro, individuando i fili sottili che legavano tutti, anche i miei compagni e allora compresi il perché non seguissero i miei ordini, dandomi dello stupido per non essermene accorto subito! Serrai la mascella, e appena ebbi in mano il pallone marrone e ovale, corsi indietro, evitando i giocatori che cercavano di rubarmelo, e con uno scatto lo lanciai oltre la linea nemica, sperando che il ricevitore non fosse sotto il controllo di quell'essere come tutti. E mentre le mie speranze svanirono nel nulla quando ascoltai l'arbitro decretare un down per via del fatto che il destinatario fosse stato placcato, digrignai i denti, deluso, mentre la faccia insopportabile di Doflamingo mi passò accanto, ridendo di me, nonostante fosse quello fasullo.
 
 
 
Spalancai la porta dello spogliatoio nemico tra gli affanni, scrutando l'interno ormai vuoto: erano tornati in campo anche loro. Sbuffai e decisi di tornare indietro, ma la figura alta di Doffy mi si parò davanti, con quel suo sorriso da Joker.
-Vedo che i miei uomini non ti hanno dato abbastanza attenzione, nipote di Garp.- esclamò, sbeffeggiando sul nome di mio nonno.
-Ridammi il cappello!- ordinai secco, stringendo i pugni.
-Intendi, questo coso?- domandò con un ghigno il "sabbioso", comparendo dal nulla e tenendo tra le mani l'oggetto dei miei desideri.
Guardandolo truce, con i capelli che mi fecero ombra sugli occhi, avanzai con un balzo e lo colpì, e scaraventandolo contro il muro con un pugno, osservandolo perdere i sensi con alcuni pezzi di muro che caddero sopra di lui. Vedendo a terra il cappello me lo ripresi mentre osservai Doffy per fargli capire che era il suo turno, e lui mi fissò sorpreso per alcuni decimi di secondo prima di tornare calmo, sorridendo ancora come al solito e come un pazzo, e inquadrando le mie mani come se avesse capito ogni cosa, per il sangue che le ricopriva.
-Non male.- si congratulò, battendo i palmi tra loro un paio di volte e con tono altezzoso.
Con il cappello in testa lo osservai minaccioso. E poi scattai veloce come un fulmine, protendendo un calcio contro il suo addome, ma restai bloccato a mezz'aria; bloccato da una morsa che, scoprì, fossero solo i suoi fili che mi tennero stretto.
-Ecco a voi il grande Usop!- esultò il nasone, spuntando fuori da chissà dove con le gambe tremanti, prima di lanciare una stella di fuoco a sorpresa contro il nemico che mi imprigionava, prendendolo in pieno, e facendo scomparire i suoi fili.
Caddi a terra di botto, guardando sorpreso il mio amico, affiancato anche dal simpatico dottore-renna. Gli sorrisi, ridendo, per poi osservare Doffy che era stato legato da delle corde da Nami e, dopo essere rimasto basito, la fissava minaccioso provando, inutilmente a muovere le dita. Ghignai, alzandomi con un saltello, per poi portare indietro le braccia, all'altezza del bacino, e il più lontano possibile lungo tutto quel corridoio, e farle scattare subito dopo, con le mani aperte e ancora sporche di rosso, che andarono a infrangersi contro il petto del nemico per colpirlo in pieno, e lo osservai cadere di petto a terra con un sospiro lieve dopo che ebbe avuto un tragico incontro contro il muro che rimase crepato da mille incrinature a ragnatela che si propagavano, la maggior parte, verso l'alto. Sogghignai fiero del mio operato: Così Zoro avrebbe vinto.
-Ma come mai siete qui?- domandai sistemandomi meglio il cappello in testa e scrollando le spalle, più sicuro e tranquillo con loro tre che mi sorridevano.
-Per tua fortuna, Zoro ci ha detto tutto con un messaggio prima di entrare in campo.- spiegò la ragazza, fiera del pronto intervento, sventolando in giro i capelli mentre me la risi, fiero del mio ragazzo che sapeva dimostrarsi, a volte, non del tutto un babbeo.
-Grazie dell'aiuto! Ora andiamo a vedere come finisce!- esultai, correndo per il corridoio con loro al mio seguito che mi intimavano di rallentare, ma ero troppo su di giri per frenarmi.
 
 
-Oh, eccovi.- commentò il cuoco, arrivando con gli altri negli spogliatoi e infilandosi in bocca una sigaretta finché non addocciò Nami, allora iniziò a volteggiarle intorno, urlandole frasi mielose e dicendole quanto fosse preoccupato nel non vederla più tra gli spalti con lui.
-Avete visto che Super bella partita? Zoro, negli ultimi minuti hai dato davvero il meglio di te!- si congratulò Franky, e lo ringraziai con un ghigno.
-È stata un esperienza davvero bella!- ridacchiò Luffy, portandosi le braccia dietro il collo; ormai con i polsi che erano stati bendati da Chopper.
-Non posso credere che Doflamingo imbrogliasse così spudoratamente! Ma da uno come lui... c'era da aspettarselo.- sbottò Nami a braccia incrociate e con uno sguardo oltraggiato.
-Non preoccuparti, ho riferito tutto al mio coach, sistemerà ogni cosa. Forse, alla fine avremmo anche vinto per squalifica se non avessi rimontato il punteggio... Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto io e la squadra.- borbottai, massaggiandomi il collo, stanco.
-Ehi, Zoro. Noi andiamo a fare le interviste, a dopo.- mi avvisò un giocatore, uscendo dallo spogliatoio con gli altri della squadra.
-Tu non vai?- mi chiese Luffy, dondolandosi sulla panchina come un bambino, davvero allegro e questo mi alleggerì dentro.
-No.- affermai tirandomi su con uno sbuffo stanco, guardando i miei amici, alcuni dei quali sbadigliavano mezzi-addormentati. -È meglio se andate, è già tardi. Ci vediamo domani.- esclamai, dirigendomi alle docce dopo che loro mi salutarono gentili, con Sanji che usò il suo tono di sempre nei miei confronti ma preferì non dargli retta per una volta: avevo di meglio a cui pensare che rispondere a un cuoco pervertito.
-Vieni, Luffy?- sentì domandare da Nami intanto che, ormai lontano da quella stanza mi affrettai ad aprire il rubinetto, desiderando solo levarmi da tutto quel senso di sporco e sudore.
-No. Torno con Zoro, ma grazie.- rispose pacato quando entrai nell'acqua calda della doccia dopo essermi spogliato dell'ingombrante tuta, prendendo il sapone che mi ero portato dietro insieme alla spugna e iniziando a insaponarmi.
-Okay, allora vi auguriamo una buona notte.- salutò infine.
Forse avevo faticato troppo, ma quello mi sembrò, vagamente, un tono malizioso prima che sentissi i suoi passi seguire quelli degli altri.
Ed ora c'era solo il silenzio a regnare tra noi, con lui che mi attendeva di là, ed io a rilassarmi del tutto, grazie a quell'acqua così dolce e tranquilla. Ci dividevano pochi passi, o almeno così pensai, ma dovetti ricredermi nell'avvertire una presenza alle mie spalle che non tardò ad annunciarsi.
-Zoro.- spuntò fuori come un fungo oltre la cabina aperta della doccia e mi voltai con il collo a fissarlo serio, quasi aspettandomelo; attendendo sapere cosa volesse, mentre mi osservava dolce. Non avevo motivo di vergognarmi, infondo ero abituato a stare nelle docce con i membri della squadra, ma sorrisi nel notare le sue gote farsi purpuree per l'imbarazzo della felicità di quello che stava per chiedermi. -Posso farmi la doccia con te?- sussurrò pacato e deciso.
-Certo.- ghignai, sicuro che l'intervista degli altri sarebbe durata tanto come al solito e quindi non sarebbe stato un problema far passare il tempo in quel modo.
Lo osservai sorridermi e iniziare a sfilarsi giocoso i vestiti per poi entrare correndo, ed infine saltellando sulla piastra in ceramica, bianca, spruzzando un po' l'acqua a terra. Ridacchiò, finendo per abbracciarmi forte. Gli accarezzai i capelli in risposta, sollevandogli le ciocche dalla fronte gliela baciai a stampo; era così dolce.
Annusai il suo odore fresco, appoggiato con il mento sopra i suoi capelli, ormai completamente bagnati prima di staccarmi, solo per spalmargli addosso un po' del mio shampoo dalla bottiglietta verde. La adagiai sopra la mensola in acciaio e poi iniziai a massaggiargli le ciocche, provocando la schiuma e la sua amata risata; avevamo fatto la doccia anche quella mattina, però, dopo tutta la dura serata che avevamo passato ne avevamo bisogno entrambi. Grattai a fondo la sua chioma, sfregandogliela veloce mentre lui, in punta di piedi, faceva lo stesso con la mia, proprio come stamattina. Sorrisi e lo condussi verso la cascata d'acqua, lasciando scorrere via la schiuma lungo il suo corpo per poi fare altrettanto con me, notando con piacere come mi restasse attaccato, coccolandosi con quel tenue sorriso, ad occhi chiusi.
D'istinto mi chinai con il collo, cominciando a gustare il suo sapore tramite le mie narici e iniziando a scendere piano: dalla sua fronte ai suoi occhi, lasciando un piccolo e delicato bacio sul suo nasino, scaturendo la sua risata ancora una volta; assaporando della sua bocca fino a fermarmi, delicatamente, sul collo, trasportandolo di schiena contro le piastrelle bagnate dalle gocce di acqua calda; avvolti dal vapore. Stringendogli i pettorali con i pollici, continuai a dedicargli le mie attenzioni che tanto apprezzava; risalendo e baciandolo sullo zigomo, sulle guance, sotto al mento e sulle spalle, solo per scendere ancora, raggiungendo a leccargli i pettorali e giocherellando con i suoi capezzoli. Sentendolo iniziare a gemere, sussurrando a tratti il mio nome continuai quel giochetto piccante, avvicinandomi e cingendogli la vita con una mano mentre l'altra scese più giù, andando a rovistare in quella parte sensibile.
-Z... Zoro... Aspetta...- aspirò bramoso, cercando di distanziare le mie mani dal suo corpo, così rispettai la sua volontà tornando a guardarlo negli occhi e lasciandolo respirare; sapevo di non dover correre con lui, oltre a non capire non se la sentiva, altrimenti mi avrebbe lasciato fare, preda del piacere.
Gli accarezzai il volto con due dita, assicurandogli così che poteva tranquillizzarsi e guardandolo riprendersi da quella situazione confusa mentre mi rivolse uno sguardo scombussolato, annaspando dalla sorpresa dei miei gesti. Non sapeva nemmeno cosa stessi per fare, e mi sentì un po' un approfittatore.
-Zoro... cos'era... cosa stavi facendo... ?- e ne ebbi la conferma a quella frase spaventata. Era troppo ingenuo per conoscere cosa accadesse oltre le semplici coccole che mi riservava con tanta confidenza.
-Perdonami, mi sono lasciato andare. Vieni.- gli sussurrai piano, con voce calda, forse ancora eccitata, nell'orecchio per tranquillizzarlo.
Mugugnò in assenso, alzando lo sguardo nei miei occhi per trovare una certezza, scovando dentro il mio verde alla ricerca di un po' d'amore, trovandone più di quanto pensasse. Tornò a sorridermi e ci avviammo fuori dalla cabina aperta, iniziando poi a cambiarci, anche se Luffy si rimise gli stessi vestiti di prima non avendo un cambio, e mi assicurai di rimedicargli le fasciature sui polsi e le mani, controllando anche come stessero; visto che quelle che aveva si erano bagnate, ormai fradice e inutilizzabili. Mi prese per mano quando io presi il mio borsone dopo aver rifoderato le katana dentro la mia fascia verde, e iniziammo a percorrere il corridoio.
-Non ti obbligano a essere intervistato?- domandò curioso, dondolando sopra e sotto con la mano legata alla mia mentre intrecciò le nostre dita.
-Ho stipulato un contratto con le mie regole. Il mio coach non mi dice niente, gli basta che vinco. E poi sa che se vengo intervistato sarà sempre e solo per una mia personale scelta. Anche se i giornalisti mi intrappolano lo stesso non rispondo mai alle loro domande se non lo ritengo necessario...- spiegai guardandolo. -Se usciamo ci assedieranno, quindi useremo l'uscita di emergenza.-
-Oh... Non ho mai pensato di stipature un contratto simile...- commentò tra sé, continuando a dondolarsi, reggendosi al mio braccio.
-Stipulare.- lo corressi. -Come mai?- chiesi, poi.
-Boh, forse perché è bello conoscere gente nuova, compresi i giornalisti.- rispose con sufficienza, tra i sorrisi.
Ghignai con un sospiro, accarezzando con un pollice il dorso della sua morbida pelle, stringendo al tempo stesso le dita contro le sue. Aprì la porta e, inutile dire che mi trovai a pochi passi quegli scocciatori di giornalisti che avevano intercettato le mie mosse per una volta: conoscendomi ormai da troppo tempo. Sbuffai nel vederli correre nella nostra direzione, così scattai in avanti, diretto verso l'autobus nero che ci aveva condotti qui.
-Aspetti! Signor Roronoa può dirci perché porta sempre con sé le sue katana? E chi è quel ragazzo?- scattò Tashigi, testarda come al solito mentre controllai di sottecchi il mio Luffy che trascinavo con poca grazia, ma nonostante questo rimase impassibile, guardando curioso i giornalisti come un gatto davanti a un gioco nuovo mentre svolazzava tratto dalla mia forza.
-Signor Roronoa, ma quello con sé non è il famoso Luffy, dato per scomparso?- si affrettò un altro di quei giornalisti, così appiccicosi ai gossip da non riuscirgli a scollarli nemmeno con un piede di porco.
Ma sorrise, ormai dentro al caldo e protettore pullman dai vetri oscurati che permettevano solo a noi di osservarli, e trassi un sospiro di sollievo quando la porta si chiuse dietro del suo ragazzo. Salendo le tre scalette andai, insieme a Luffy, nel divanetto che risiedeva infondo. Sedendomi di botto lo osservai tentennare nell'affiancarmi, restando in piedi difronte a me, con in possesso uno sguardo preoccupato e ansioso mentre giocherellava con le sue dita, preoccupato per quello che mi aveva colpito prima e che mi affrettai a chiedere, serio:
-Perché ti danno per scomparso?- arrivando al punto della questione lo feci trasalire.
-No, no! Ti sbagli! Si sbagliano! Non sono scomparso!- scattò nervoso, negando ripetutamente con il capo, con le mani e la paura negli occhi.
Lo tirai per un braccio, e lui mi cadde addosso sulle mie gambe di botto. Alzando lo sguardo su di me mi osservò un attimo sconvolto, sistemandosi a cavalcioni per stare più comodo, ma poi distolse subito lo sguardo verso terra, iniziando a trastullarsi, questa volta, con la mia casacca bianca. Aspettai che parlasse, ma alla fine fui costretto a prenderlo per i polsi, fermandolo da quel suo gioco e costringendolo a guardarmi negli occhi.
-E solo che... Dopo l'incidente sono scappato. Non volevo stare lì, non con tutti che mi facevano domande, chiedendomi come stavo o quello che provavo. La ferita era così aperta che mi sembrava di essere già morto... Non c'è la facevo nemmeno a stare con le persone o ad alzarmi dal letto. Tutti volevano aiutarmi, ma facevano l'esatto contrario, così mi sono fatto coraggio e me ne sono andato via.- mugugnò rauco, stringendo i pugni ancora intrappolati tra le mie mani e fasciati, tiepidi. -Sono stato un po' in giro da solo, e poi sono arrivato qui. Lo so, sono stato un vigliacco...- sussurrò colpevole, con quegli occhi che speravano non lo detestassi: temeva di avermi deluso.
-Non ti odio, se è quello che pensi.- tenni a precisare, accarezzandolo per le spalle mentre lui annuì, timido. -Ascolta, con quello che hai vissuto è ovvio che ti stai riprendendo con difficoltà, ma puoi contare su di me.-
-Finché saremo insieme andrà tutto bene, vero?- mi pregò anche con lo sguardo -Io... non ti lascerò mai, Zoro.- asserì, sperando che per me fosse la stessa cosa.
-Ehi, allora eravate qui! Iniziavamo ad essere preoccupati, quarterback!- esclamò Jack venendomi incontro tra mille risate, felice che fosse andata bene anche quella partita. -Ma... Cosa fate?- ci domandò appena si rese conto di come fossimo posizionati, incredulo come il resto della squadra che si era già seduta di botto e con uno sbuffo, sfinita da quella lunga serata, ma ancora pieni di energie se c'è ne fosse stato bisogno.
-Stiamo insieme.- risposi tranquillo stringendo la presa al suo girovita e accarezzandogli la schiena, dolce mentre l'autista mise in moto, con il coach seduto in prima fila; a loro non importava di certo la mia condizione sentimentale. Vedendo i loro sguardi inebetiti pensai di averli scontentati ma non era un mio problema. C'era l'ansia perché, in fondo, avevamo passato tanti anni, tante partite, e tanti semi finali insieme, però non mi importava più di tanto la loro reazione; non mi pentivo: ero felice con Luffy, perché avrei dovuto nasconderlo?
-Oh...- commentò lui in risposta, scosso forse dal mio rendimento sessuale ma poi se la rise, congratulandosi insieme agli altri. -Chi mai se lo aspettava che un giorno ti saresti innamorato!- mi prese in giro, sedendosi su una poltroncina più avanti, accanto al finestrino.
-Adesso dobbiamo festeggiare non solo la vittoria, ma anche la vostra relazione!- ci incitò un altro, correndo ad accendere la radio per ballare un po', sbandando durante le curve tra le risate generali, e un altro che prendeva lo champagne e i bicchierini di plastica dal frigo e i tiretti, con Luffy che rimase a fissarmi autorevole, aspettando una mia risposta.
-Tu puoi stare tranquillo, sarò sempre qui al tuo fianco.- gli sussurrai all'orecchio, passandogli una mano sulla guancia, rasserenandogli sempre più il cuore.
Ridacchiò, abbracciandomi forte dopo un "Grazie." Farfugliato e continuai a stringerlo, dato come andasse alla ricerca di coccole, ma faceva tutto da solo. Iniziò a strusciarsi contro la mia guancia, attaccandosi ai lembi della mia maglia e dondolandosi con le gambe; io mi limitavo a tenergli la vita, a sorreggerlo, intanto che ci portavano due bicchieri per brindare e una bottiglia tutta per noi.
Si scolò tutto d'un fiato e subito le gote divennero color porpora; si notava che non lo reggeva, non era ancora ubriaco ma lo champagne era troppo forte per lui. Rideva, felice, con tutti i rumori dei ragazzi che ballavano e cantavano, accompagnati dalla radio, e il coach che protestava furente, voglioso di silenzio per riposare e protestando che gli avrebbero causato una crisi isterica che era già in corso.
-Dormi un po'.- incitai, cingendogli ancora la vita: per come si muovesse rischiava sempre di cadere. Sospirai dal naso, con la serenità dentro al cuore mentre mi versai un altro po' di liquido alcolico nel bicchiere trasparente di plastica, sorseggiandolo senza fretta. Luffy si fissò attorno, infastidito dalla luce dei piccoli neon sul soffitto e così nascose il volto nell'incavo del mio collo, anche per appisolarsi meglio, in una posizione più comoda e dal calore del mio corpo. Io continuai a bere per un paio di minuti ma alla fine lo seguì a ruota nel mondo dei sogni nonostante gli altri festeggiassero noi e la vittoria a tutto volume, oltre alle urla furibonde del coach che cercava un po' di pace: ma era sempre così.
 
 
 
Mugugnai, alzandomi con il busto, seduto con lo sguardo devastato e sbattei le palpebre più e più volte, a scatti, e lasciando alle lacrime il pretesto di uscire tra i miei tremiti. Respirai con la bocca aperta, tra i singhiozzi, per poi voltarmi verso Zoro che mi guardava disteso sul proprio materasso, con le braccia dietro la testa, aspettando; eravamo arrivati e di sicuro mi aveva portato a casa sua, compresi. Gli mostrai un sorriso forzato e caddi sul suo petto nudo per rimettermi disteso, facendolo gemere un attimo per la botta presa. Guardai la stanza, ripensando all'incubo senza mio volere, ai loro sguardi minacciosi che mi puntavano il dito contro; e dal sangue alle fiamme tornai ai ricordi che mi legavano a loro, a tutti quei bei momenti e a quanto ci volessimo bene. Eravamo disposti a tutto pur di proteggerci l'un l'altro, ed ora... Non avrei più sentito Sabo ridere nel vedermi correre avanti e indietro quanto mi svegliavo in ritardo per andare agli allenamenti, o Ace rimproverarmi per ogni mia marachella fatta. E piansi forte a quell'amara consapevolezza che mi straziava il cuore mentre urlai tra i gemiti contro il petto di Zoro che mi strinse forte, cercando di addossarsi il mio dolore; avvolto tra le sue braccia mi cullò dalla mia sofferenza. Annaspai in cerca di respiro, riacquistando il controllo solo poco dopo e mettendomi seduto, seguito a ruota dal mio spadaccino. Strinsi le sue mani, portandomele al petto, per farmi suo quell'odore che mi tranquillizzava come nessun altro e l'osservai negli occhi.
-Che cosa sogni? Vuoi parlarmene?- parlò tutto ad un tratto, serio, ed io mi impensierì su quelle frasi, a capo chino, scuotendo forte il capo per negare.
-Andiamo a mangiare?- chiesi ingenuo ma la voce spezzata e rauca uscì, facendo da padrona al mio spasimo e abbassai ancora il capo, malinconico, con il volto dei miei fratelli che mi sorridevano e si allontanavano, scomparendo mano a mano, ma conficcando dentro al mio petto mille acumi e lasciandolo sanguinare.
-Sì.- mi sussurrò, prendendomi il mento con due dita e baciandomi sulle labbra con dolcezza, riservandomi il suo sguardo passionale e amorevole, ricercando solo il mio sorriso e il mio buon umore.
-Ti amo.- confessai con un tenue sorriso, ridacchiando e alzandomi con un saltello sul materasso senza scendere, mettendomi da seduto a in ginocchio.
Ricambiò il sorriso, senza dire niente; andava bene anche così per me, i suoi occhi parlavano con il mio cuore riempiendolo con altrettanto amore che io esprimevo in gesti e parole. Alzandosi, si infilò i pantaloni non potendo scendere giù solo con gli slip, e mi scompigliò i capelli prima che io lo seguì felice.
Arrivati in cucina mi sedetti, guardandolo cimentarsi ai fornelli con l'acquolina in bocca, ma si fermò appena sentì il suo telefono vibrare nella tasca. Lo prese, controllando forse il nome sul desktop e poi lo lasciò vibrare sopra al tavolino dove ero situato io, ma non riuscì a vedere bene chi fosse visto che si spense subito dopo.
-Perona, come mai già sveglia?- domandò poi, voltandosi di poco, osservando dietro di me la sorella che sembrava furibonda e ancora assonata, come lo si poteva notare dai capelli in disordine e le occhiaie sotto gli occhi.
-Perché questo ragazzo non fa che avere incubi! Io non riesco a dormire se lui continua così!- scattò stringendo i pugni, forse riferendosi anche a quando ero qui per via della febbre.
-Scusa.- affermai sincero, guardandola con il mio solito sguardo innocente, ma lei non ne volle sapere, sdegnando la mia presenza.
Si avvicinò al frigorifero, aprendolo con poca grazia ne tirò fuori una busta di latte fresco che iniziò a versare, cauta dentro un bicchiere, facendomi venire sete e così ingoiai un groppo di saliva in bocca; prese anche dei biscotti al cioccolato per poi andarsene, indignata come al solito. La seguì con lo sguardo, troppo curioso e affamato, osservandola salire le scale fino a svanire dietro l'angolo, diretta, con molte probabilità, in camera.
-Tieni.- mi disse piano il mio amato spadaccino, servendomi un piatto con: pancakes, bacon e uova in camicia.
-Uuh!- esultai iniziando ad addentare i pezzi di carne, bramoso, ignorando le posate che avrei dovuto usare come sarebbe stato conscio fare.
-Vado ad allenarmi.- mi avvisò, alzandosi e riprendendo il telefono dopo aver mangiato la mia stessa colazione, andando a sgranchirsi un po' le ossa.
-Okay.- farfugliai a bocca piena, osservandolo con la punta dell'occhio regalarmi un altro bacio. Sorrisi, sfregando i capelli contro la sua guancia per ricambiare quel gesto.
-Ci vediamo dopo.-
Annuì festoso: ero sempre allegro con lui. Lo osservai svanire e mi dedicai interamente al mio cibo nel piatto, quello ancora sopravvissuto, preparato con tanta cura. Non era facile notarli forse, ma amavo i suoi gesti d'affetto, che mi regalava ogni volta che ne aveva la possibilità. Ingoiai l'ultimo pezzo di pancakes e mi alzai, sparecchiando per essere gentile prima di correre fuori dopo aver ripreso il mio cappello che avevo lasciato in camera; se avessi iniziato a lavare le stoviglie avrei solo causato danni e non volevo farmi odiare ancora di più da Perona.
Uscito fuori mi inebriai del sole e dei suoi raggi, e in un attimo mi misi a correre, con il vento a smuovere i miei capelli e a far sventolare il mio cappello dietro di me.
 

 

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Capitolo 13
*** Trovato. ***


Finiti i kata lasciai lo shinai insieme agli altri e mi distesi di petto contro il pavimento in legno che mi intorpidì per il leggero gelo alle parti scoperte del corpo, e così iniziai a fare le flessioni, superando il record di ieri con mia grande soddisfazione, mentre ripensai al "Ti amo." dolce e tenero di Luffy nonostante il suo dolore. Quanto lo amavo, pensai con un sorriso, osservando le gocce di sudore spargersi sul tatami. Nel risentire il telefono vibrare per l'ennesima volta, in tasca, sbuffai, mettendomi seduto in ginocchio di scatto e prendendolo con malavoglia.
-Cosa c'è?- borbottai, alzandomi e prendendo un manubrio, iniziando a fargli fare su e giù con il braccio: non volendo stare fermo. Mentre ascoltai dall'altro capo parlare Jack che mi avvisò dell'intervista di ieri. -Lo sai che non mi interessa.- borbottai, ma lui aveva un tono così teso che lo lasciai continuare senza dargli retta, almeno finché non nominò Luffy, a quel punto tesi le orecchie sgranando gli occhi.
-Perché lui?- ringhiai sorpreso, mollando il manubrio a terra e precipitandomi in soggiorno. Non trovai il mio lui, ma detti retta al mio amico e accesi la televisione dove stavano trasmettendo l'intervista, nell'esatto momento in cui ero con Luffy dopo essere usciti dallo stadio. -Maledizione...- imprecai nel sentire la giornalista iniziare a parlare che: "Monkey D. Luffy era stato appena ritrovato."
Ringraziai velocemente Jack e riattaccai per poi correre fuori, cercando il mio ragazzo per dargli quella pessima notizia: lui non voleva che si sapesse dove fosse, o peggio, che qualcuno dei suoi amici di piscina o non so che, scoprissero la sua posizione, da quello che mi aveva riferito. Percorrendo in fretta e furia le strade della città, svoltando lo sguardo a destra e a sinistra ad ogni secondo, mi scontrai con Robin, Chopper e gli altri.
-Ciao! Ieri è stata davvero una grande partita!- esultò la renna con una stecca di zucchero filato tra le zampe e qualche pezzetto sparso un po' sulla sua bocca.
-Zoro, sai che abbiamo incontrato due ragazzi nuovi? Erano molto gentili.-
-E quindi?- sbottai, guardandola torvo, ma poi le chiesi scusa, ricambiando e ringraziando il saluto e il commento di Chopper, sfregando il retro del mio collo sudato, anche per via dell'allenamento non essendomi lavato, infatti ero ancora a petto nudo.
-Non fa niente, ma dovresti riposarti. Sai, pensavo ti potesse interessare perché chiedevano di Luffy e...-
-Ahhh!! Zoro!- urlò la voce del ragazzo in questione che si sovrappose a quella di Robin, mentre, voltandomi di scatto, lo vidi correre nella mia direzione fino a mettersi davanti al mio petto per usarmi come uno scudo, come impaurito da qualcosa che stava per giungere alle mie spalle. -Nascondimi!- supplicò, stringendomi i lembi del pantalone, stropicciandoli.
-Che succede?- chiesi restando rigido, ma voltandomi di nuovo in avanti, con il capo per guardarlo negli occhi, e lui lo ricambiando per poi indicare col braccio davanti a sé: ovvero due persone che ci vennero incontro con il fiatone.
-Maledizione, Luffy!- imprecò un ragazzo fermandosi davanti a noi e piegandosi in due tra gli affanni; era muscoloso e alto, dalla chioma fluente, rossa acceso che ricordava vagamente la forma di una fiamma e tenuta in alto con una fascia marrone per darle quella conformazione, mentre la prima cosa che cadeva all'occhio era il viso truccato, con rossetto e mascara. Era vestito come un ragazzo di un gruppo metal, dai pantaloni neri e coperti da macchie gialle di varie dimensioni, un cappotto di pelliccia sulle spalle e un paio di occhiali da motociclista che rappresentavano la fascia che reggeva la sua chioma.
-Ora che ti abbiamo trovato non ti perderemo di nuovo.- asserì accigliato il secondo ragazzo completamente diverso dal primo; era basso rispetto al coetaneo, e magro, con due paia di orecchini per ogni orecchio, due lievi occhiaie grigie e azzurre sotto gli occhi; dai capelli blu notte, ma la maggior parte erano nascosti da un cappello simile ad un berretto, dal colore bianco e a chiazze scure sui bordi e sulle parte inferiore; con un paio di scarpe scure a punta. Aveva i capelli che si dilungavano fino sotto l'orecchio, davanti ad esso che non raggiungevano però la barba e il pizzetto, neri. Infine indossava un paio di pantaloni azzurri con macchie scure, ed una felpa gialla e nera su cui richiamava una faccia sorridente.
Quelle parole risuonarono alle mie orecchie come una minaccia, così strinsi i pugni e feci un passo avanti, con Luffy che rimase indietro, con il capo basso e gli occhi nascosti dall'ombra del cappello.
-Cosa volete da lui?- sbottai serio, mentre lo sentivo stringermi forte la mano per paura.
-Riportarlo a casa, cos'altro?- scattò il ragazzo dal berretto a chiazze.
-E chi sareste di grazia?- domandò Robin portando le mani davanti petto, pronta ad intervenire.
-Trafalgar D. Law, sono suo manager e cugino. Non puoi stare qui, lo capisci?- affermò deciso, tornando a rivolgersi a Luffy, con tutti i miei amici che rilassarono le spalle facendosi con un volto perplesso, iniziando a non capire la situazione, e con il secondo ragazzo che scosse il capo, come deluso dall'amico affianco e dalle sue parole.
Luffy scuoté il capo, mogio, e Law fece un passo avanti per avvicinarsi a lui, ma si ritrovò bloccato da mille braccia che fiorirono sul suo corpo: quelle di Robin; non sapeva cosa stesse accadendo ma era pronta a sostenere le scelte del suo nuovo amico, come tutto il resto della combriccola, da come notai dai loro sguardi, tornati a farsi agguerriti. Sorrisi, compiaciuto del suo intervento.
-Zoro, mi hanno trovato per colpa di ieri, in TV. Ma non voglio tornare con loro.- mi sussurrò piano, con sguardo malinconico, strusciandosi con la guancia contro il mio polso.
-Luffy devi tornare alla tua vita!- protestò ancora -Smettila con... questo!- e il ragazzo dalle borse sotto gli occhi indicò noi e la città con fare oltraggiato, quasi.
-Ehi, ma come ti permetti!- si fece avanti Nami, piantandosi le mani sui fianchi, troppo adirata da quel commento che voleva decisamente offendere.
-Noi siamo suoi Super amici!- urlò fiero, Franky, mettendosi nella sua solita posa e facendomi sorridere per quello che aveva detto, che fece rallegrare anche Luffy.
-Esatto, e non ti permetto di offenderli!- asserì lui, corrucciato, mostrandosi impassibile su questo concetto, ma restando al mio fianco e toccandosi, con una mano, il cappello.
-Ti prego! So che sei sconvolto per aver visto morire i tuoi fratelli, ma non hai tempo per questo! Devi tornare a casa, ad allenarti e a tornare come prima! Basta che non ci pensi, e ce la faremo.- ordinò con fare esasperato e truce, sconvolgendo tutti gli altri e Luffy compreso per la prima notizia, ma a me sconvolse più il tono: le aveva sputate fuori senza pensarci, come se fosse una cosa normale dimenticare quell'accaduto e tornare a vincere, e tornare ad avere la forza di respirare e guardare il mondo come prima, di resistere a quel dolore schiacciante che continuava a fargli male. Lo guardai con odio mentre cercava di muoversi, ma c'era la presa di Robin, la quale si fece più forte e io mi imposi maggiormente davanti ai suoi occhi, e solo in quel momento quel ragazzo mi degnò, come se prima non fossi neanche stato lì.
-No, non sono ancora pronto.- disse il mio lui, facendo un passo indietro. -Avevi detto che mi avrebbe sostenuto, Kidd.- sussurrò con odio, guardando il ragazzo dalla chioma rossa che tentennò facendo una smorfia dispiaciuta, prima che lui si allungò con le braccia verso un tetto per scappare via con uno scatto in aria, come fece sotto il mio sospiro negativo per quelle parole.
-Maledizione...- imprecò Law, divincolandosi.
-Lascialo stare! Non puoi costringerlo se non vuole venire.- esclamò secco, Chopper, saltellando in avanti con tono minaccioso, ma allo sguardo severo e cupo di quel ragazzo indietreggiò impaurito, fino a dietro le gambe della donna che teneva prigioniero lo sconosciuto.
-Smettila, Law. Non lo capisci? È sconvolto! Sta solo cercando di sopravvivere al dolore. Come puoi parlargli dei suoi fratelli in faccia, così, con tanta sfrontatezza?- lo frenò quello che doveva chiamarsi Kidd, appoggiando una mano sulla spalla dell'amico.
-Tu lo sapevi?- fece Nami a me, riferendosi ai fratelli di Luffy, costringendomi a portare gli occhi su di lei.
Mi limitai ad annuire cupo, guardando Law comprendere le parole di Kidd, ma al tempo stesso ignorarle subito dopo, voglioso di farlo ragionare a suo modo; però io non potevo rimanere lì a discutere, dovevo seguire Luffy. Però i miei amici sembravano così scossi e bisognosi di più informazioni...
Scattai verso il vicolo, sperando di trovarlo. Non passò molto tempo e ringhiai nel sentirmi seguito da Law e Kidd, anche se non sapevo come avesse fatto a liberarsi dalle mani di Robin. Li ignorai e vagai, girando per quasi tutta la città, perdendomi pure come mio solito, ma almeno gli avevo seminati... O forse si erano persi.
Alla fine pensai alla cosa più ovvia: salendo su un tetto scrutai dall'alto la città, e intravidi da lontano una sagoma da un inconfondibile cappello, seduto sopra le rigide tegole. Sorrisi, più sollevato, e mi affrettai a raggiungerlo il più in fretta possibile, sperando che nessun altro lo avesse visto, svoltando a destra nonostante il ragazzo fosse davanti a me, ma alla fine, balzando a terra e risalendo su un altro tetto per poi incamminarmi verso il giovane, sospirai nell'avercela fatta.
-Ehi...- sussurrai, affiancandolo con un tenue sorriso per incoraggiarlo.
-Mi dispiace tanto, Zoro. Forse, Law ha ragione... Non dovrei fare tutte queste storie. Devo tornare a casa mia e ricominciare da... da zero.- sussurrò, continuando a singhiozzare e a piangere, con le spalle tremolanti.
Il mio volto cambiò, assumendo un tono più severo e rigido; quelle parole mi avevano lasciato deluso per la prima volta da quanto lo conoscevo. Non potevo crederci! Aveva davvero intenzione di far scegliere agli altri per lui, di farsi controllare?
-Quindi vuoi arrenderti? Abbandonare i ricordi, dimenticarli per sempre? E secondo te funzionerà? Ne dubito. Ti lascerà più distrutto di adesso e smetterai di lottare, di continuare il tuo sogno.- scattai nervoso, stringendo i pugni, mentre lui si nascose dietro a quel cappello, tenendone il bordo con entrambe le mani.
-No... Io...- balbettò portandosi una mano alla bocca per non farmi sentire i singhiozzi, con le lacrime che sgorgarono come un fiume in piena. Potevo solo immaginare quello che provasse; mi dispiaceva, volevo farmi suo quel dolore, ma non potevo. E non potevo aiutarlo se si arrendeva così. Ringhiai e gli presi il cappello, portandoglielo lontano, mentre lui si protese per riprenderselo di scatto e deciso, preso dall'istinto di non perdere quel tesoro prezioso quanto la sua vita, ma lo frenai con uno sguardo serio e tetro, ignorando i suoi occhi spezzati e mossi come le onde del mare.
-Devi rinunciare anche a questo, lo sai?-
-No, quello no... Ridammelo!- singhiozzò con la gola dolente, allungando le braccia, ma le bloccai usufruendo di una sola mano.
-Possiamo farcela, mi senti? Possiamo lottare!- asserì facendo breccia, portando un altro po' di luce in quell'oblio come mi dimostrarono quelle pupille che si sgranarono di colpo. Desideravo davvero di tenerlo al sicuro, di proteggerlo. Non potevo farmi suo quel dolore, ma poteva condividerlo. Io lo avrei aiutato sempre, lo avrei sempre amato.
-Z... Zoro...- sussurrò tirando su col naso, guardandomi negli occhi -Mi dispiace! Mi dispiace!- iniziò a ripetere piano ma forte, straziato tra le lacrime, succube dei ricordi dei suoi fratelli. -Io... non mi voglio arrendere. Lotterò, lotterò...- sussurrava deciso, ascoltando il suo cuore che gli pregava di non smettere di vivere e di essere libero; era straziante, lo sapeva, ma era meglio che lasciarsi morire abbandonando i ricordi e il dolore, così era troppo facile e non sarebbe servito a niente, se non a un'autodistruzione interna peggiore di questa.
Lo bloccai di schiena contro un comignolo prendendolo per le spalle, e lo osservai negli occhi mentre continuava a scusarsi a squarciagola. Ignorai le persone che si erano fermate sotto di noi, attirate e incuriosite dal baccano, ma non potevano vederci e le sentii allontanarsi tra i bisbigli preoccupati. Tornai a dedicarmi a Luffy che scuoteva il capo con il terrore e l'oblio del dolore e del rammarico negli occhi e nel fiato accelerato. Piano gli presi la mano e intrecciai le nostre dita, avvicinando le nostre fronti l'una con l'altra fino a toccarle.
-Sono qui.- sussurrai sicuro inclinando di poco il capo da un lato e avvicinando la mia bocca alla sua fronte, cercando di rassicurarlo mentre si fermò ad osservarmi, perduto nel mio cuore.
-Mhm...- mugugnò, cullandosi ad occhi chiusi, assaporando appieno quel momento, respirando il mio profumo a pieni polmoni per calmarsi.
Più tranquillo, passai un dito sulle sue guance, asciugandole dalle lacrime. Lo presi di peso e lo adagiai sopra le mie gambe dopo essermi seduto, adagiandomi con la schiena contro il comignolo, ammirando il cielo e poi lui e la sua innocenza.
-Zoro, andiamo in piscina?- borbottò piano, stanco da tutto quel pianto.
Mi alzai, senza dire nulla, continuando a sorreggerlo di peso per le gambe e per la schiena, dove aveva richiesto, e chiedendomi che fine avessero mai fatto quei due di quella mattina, quei ragazzi dai nomi che Luffy aveva nei preferiti del telefono, con cui, con Kidd, ci aveva anche parlato. Arrivati lo adagiai a terra, piano, osservandolo spogliarsi e guardarmi con un sorriso più sicuro per poi avanzare verso il muretto all'indietro prendendomi per mano per farmi nuotare con lui.
-Aspetta.- dissi, frenandolo un attimo e levandomi i pantaloni con una mano per poi tuffarmi con lui nonostante non avessimo il costume ma solo gli slip prima che mi spintonò, con lui, dentro la vasca enorme.
-Si gela...- ridacchiò fremendo a denti stretti per il freddo, guardando in fondo, oltre il filo d'acqua per scrutare l'immenso azzurro profondo e brillante.
Si aggrappò a me, strusciandosi contro il mio petto mentre mi sentivo un po' più fresco dentro quell'acqua; con l'allenamento e tutte quelle corse avevo sudato più del solito e sentivo proprio il bisogno di farmi un bagno.
-Luffy!- mi voltai di scatto, assottigliando lo sguardo e studiando Kidd, che con la mano alzata aveva salutato il suo amico con un sorriso prima di avvicinarsi al muretto, piegandosi su di esso sulle proprie ginocchia.
-Kidd...- mugugnò impercettibile, con un broncio infantile, restandomi attaccato, come un bambino intento a non cedere il suo nuovo gioco.
-Ascolta, io ho seguito Law, ma non pensavo che volesse agire così. Sai com'è fatto, gli è sempre stato difficile esternare dei sentimenti di affetto... Beh, a dirla tutta, io non sono da meno. Però, forse gli serve solo un po' di tempo per pensare, anche noi stiamo soffrendo per la morte di Ace e Sabo, ma siamo qui, come sempre, ci siamo...- asserì deciso, diretto solo a Luffy, non degnandomi, ma nemmeno mi importava; volevo solo vedere cosa volesse, conoscevo da poco Luffy, ma era importante per me, non lo avrei lasciato con qualcuno che non sapeva come proteggerlo anche se loro lo conoscevano da più di me. Lo vidi passarsi una mano sugli occhi, stanco; forse dal viaggio, forse dal dolore e continuò: -Non preoccuparti, non mi ha seguito.- riferendosi a Law, passandosi una mano sulle ciocche fiammante come a scompigliarle, ma quelle restarono ferme come prima.
-Va bene...- sospirò Luffy, avvicinandosi e trascinando anche me vicino al muretto.
-Loro sarebbero felici di vederti circondato da così tanti amici.- affermò con un mezzo sorriso, riferendosi ancora ai suoi fratelli.
-Già.- fece un mezzo sorriso, stringendomi la mano sott'acqua per infondersi sicurezza e coraggio.
-E lui, invece?- domandò poi, con un sorrisetto furbo, squadrandomi quel poco che poteva essendo in acqua, incrociando dopo tanto il mio sguardo impassibile che non lo aveva mai lasciato da quanto aveva varcato la soglia della porta.
-Il mio nome è Roronoa Zoro.- mi presentai, pacato, marcandolo negli occhi per studiare le sue intenzioni.
-Stiamo insieme!- esclamò ridendo e con orgoglio, Luffy, non accorgendosi dei nostri sguardi torvi, e facendo ghignare anche me per tutto quell'entusiasmo tornato.
-Mi fa molto piacere. Io sono Eustass Kidd.- si presentò, conscio che fosse in buone mani con me; si fidava molto delle scelte di Luffy, notai, però si capiva che mi avrebbe tenuto d'occhio come solo un fratello maggiore e iperprotettivo saprebbe fare. -Felice anche di vederti ritornare a nuotare.- commentò. -Per Law... ci parlo io, e lo convincerò a farti rimanere fin quando vorrai, non c'è fretta. Intanto, se è possibile, ci trasferiamo a casa tua.-
Lui annuì e si batterono la mano come due i vecchi amici qual erano e che forse facevano spesso, e dopo averlo rassicurato un'ultima volta si alzò, dirigendosi fuori, senza dirmi niente. Restammo soli e lui si tuffò a stile libero, percorrendo la piscina e provando ad arrivare all'altra sponda, sperando di poterci arrivare mentre io lo seguì a ruota per evitare che crollasse ancora. E proprio quando stava per annegare lo ripescai, tranquillizzandolo dal suo dolore.
-Siamo a buon punto; hai superato il punto di blocco di ieri. Solo di poco, ma è già qualcosa.- mi complimentai e lui fu felice di quel traguardo.
-La ferita inizia a fare meno male, sai?- borbottò dolce, iniziando a disegnare dei cerchi immaginari sul mio pettorale scolpito.
Ghignai con uno sbuffo e adagiai il mio naso sul suo collo, restando fermi in mezzo all'acqua, e iniziai a mangiucchiarlo di baci tra le sue risatelle pacate e innocenti, mentre avvolse le braccia intorno al mio collo. Cominciai a tempestarlo di baci anche sul petto e con fare più profondo, adorando i suoi gemiti e allora percorsi con le labbra tutto il suo busto, amando come pronunciasse, tra gli affanni, il mio nome.
-Zo! Ro...- urlò percorso dal piacere mentre mi fermai; era il segnale: non potevo proseguire oltre. Senza parlarne c'eravamo messi d'accordo che così dovevamo fare, era bastato capirci, e ad entrambi andava bene. E tornai a baciargli pacato gli zigomi e le labbra, accompagnandolo al muretto per uscire finalmente dall'acqua.
Mi alzai seguito da lui con l'acqua che gocciolò lungo il mio corpo, intorpidito e bagnato, riprendendo i pantaloni da terra e infilandomeli mi rimisi anche le katana, rifoderandole dentro la pancera verde, mentre Luffy si avvicinò a me con le gote arrossate, forse ancora lasciato preda delle piacevoli sensazioni che gli avevo riservato in acqua. Giungendo ad un passo da me alzò lo sguardo e si mise sulle punte per poi, sostenendosi con le mani sulle mie spalle, regalarmi un profondo e passionale bacio dopo aver socchiuso di poco gli occhi, assaporando voracemente e sensualmente il mio sapore sulle labbra. Respirai a fondo con le narici, avvolgendolo per i fianchi e portandolo più verso di me, attirando maggiormente la sua bocca, facendole combaciare perfettamente con le mie. Lo presi di scatto quando saltellò per allacciare le gambe alla mia vita mentre ci staccammo, guardandoci negli occhi. E lo vidi ridere ad occhi chiusi e cingermi le braccia sul collo.
-Ti amo, Zoro.- affermò allora, aprendo gli occhi che erano di nuovo luminosi e vivi, che mi dimostravano che mi amavano, e che, qualcosa, riuscivo a farla, a farlo vivere.
Sorrisi, scompigliandogli i capelli e assaporando il suo profumo di libertà mischiato a cloro, aria fresca e sole. Tra mille risate giocose scese, correndo a riprendersi i vestiti ed il cappello mentre lo tenni costantemente d'occhio, su di giri per quella confessione, ormai monotona, ma mai abbastanza per me. Mi avvicinai, deciso a regalargli la stessa emozione, di fargli battere il cuore a mille, accarezzandogli il polso mentre si infilava la camicia.
-Ti amo, Luffy.- sussurrai fermo, lasciandolo colpito prima che mi saltò addosso, estasiato da quella notizia.
-Ahh! Ti amo così tanto! Ti amo, ti amo, ti amo! Ti amo!- asserì tra mille emozioni, mentre ascoltai il suo petto; il cuore. Potevo sentirlo, batteva veloce, feroce, bruciante, forte ed estasiato, come se volesse uscire dal suo petto per finire al sicuro tra le mie mani e poi accanto al mio. Quel cuore batteva tanto da fargli bene, vivo più che mai.
 
 
 
Ero così pieno di felicità. Si era dichiarato, aveva ammesso i suoi pensieri al mio cuore. Lo strinsi forte, davvero entusiasta.
-Luffy.- la voce seria e tetra, fin troppo conosciuta, mi fece voltare di scatto e, mentre osservai Law sul ciglio della porta riprendere fiato da una corsa sfrenata decisi di scendere dalle braccia di Zoro con uno sguardo cupo, nascosto dalle ciocche dei miei capelli. -Non preoccuparti: Kidd mi ha "parlato"... Ti aiuteremo.- esclamò lasciandomi stupito. -E ti chiedo scusa per le mie parole, ho capito di aver sbagliato. Non devi dimenticarti di loro. Perdonami.-
-Certo!- Sorrisi e gli corsi incontro, prendendolo per mano e tirandolo verso Zoro tra mille e nuove risatelle. -Lui è il mio fidanzato, Zoro.- presentai, piacevolmente sentito dal mio cuore che a quella consapevolezza perse un battito.
-Piacere.- si presentò a sua volta, mio cugino, scrutandolo attentamente come a studiarlo, ma non ci feci troppo caso. -Stavate nuotando?- mi domandò nel notare i miei capelli bagnati.
-Abbiamo appena finito, è un po' dura, ma lui mi è di grande aiuto.- esclamai guardandolo negli occhi, riconoscente.
-Piano piano ce la faremo, ma ora penso che tu voglia mangiare.- commentò il mio lui.
Appena sentii quelle parole, nel mio stomaco si innescò come una sveglia, cominciando a protestare con un brontolio. Imbarazzato annuì tra le risate e, prendendo entrambi per mano, corsi a raggiungere la locanda di Sanji: ero così affamato.
-Rallenta!- protestò Law, ma non ci feci caso, invece guardai Zoro.
-Sai, Law e Kidd, sono miei amici da quando avevo dodici anni, e mi sono restati sempre vicini, soprattutto dopo la morte di...- mugugnai alla fine, bloccato da quelle parole che non riuscivo a pronunciare. -Siamo amicissimi!- esclamai subito, per riprendermi, annuendo convinto, mentre Law sospirò stanco, faceva sempre così anche se mi voleva bene.
-Non fare lo sdolcinato, ora.- ringhiò severo, lui, stringendosi il berretto, imbarazzato, ed io ridacchiai.
Arrivai nel locale, ritrovando anche Kidd che beveva da un boccale, circondato dai miei amici, per la prima volta seria, e di più al mio arrivo. Mi sedetti di botto sotto i loro sguardi sollevati nel sentirmi supplicare Sanji di darmi della carne, mentre tenevo la lingua di fuori per la fame.
-Tutto bene?- mi chiese Chopper, guardandomi con occhi lucidi e dispiaciuti.
-Sì, certo. Perché?- domandai a mia volta, non capendo, guardando con entusiasmo il piatto di carne che Sanji mi portò sotto al naso con una smorfia dolente, e in un attimo iniziai a mangiare.
-Per-per... Per i tuoi fratelli. Kidd ci ha raccontato tutto.- sussurrò, balbettando, come colpevole.
-Non...- mi bloccai, tenendo in mano un pezzo di carne, con tutti gli occhi, alcuni anche compassionevoli, su di me. -...Mi va di parlarne.- sussurrai tornando a dedicarmi al cibo, con Zoro che decise di sedersi al mio fianco.
-Scusami, non dovevo.- disse piano, a capo chino, ma io gli feci segno che non importava e presi la mano del mio spadaccino, portandomela in grembo e continuando a mangiare con l'altra.
Quel silenzio non mi piaceva, ormai nessuno parlava più; non volevo che il mio dolore si contrapponesse in loro in questo modo, ma era accaduto, adesso c'era solo il suono di me che mangiavo e non mi andava giù questa cosa. Desideravo che ballassero, cantassero, festeggiassero come loro solito.
-Forza, ragazzi! Un po' più di vita!- asserì Nami come se mi avesse letto nel pensiero e le sorrisi grato voltandomi ad ascoltare Brook suonare il suo violino, Usop mettersi a cantare, un po' stonato, prendendo un microfono da dietro il bancone e Chopper con due stecche sotto al naso tornare a ballare la sua danza bizzarra a cui si aggiunse, poco dopo, anche Franky.
Finii di mangiare in fretta e li raggiunsi, come facevo sempre ormai, tra risate e bevute. Zoro cercò di dissuadermi, ricordandomi come fosse andata a finire l'ultima volta, ma io negai le sue parole continuando a bere, sostenuto da Franky che commentò con un:
-Dai, lascialo fare: Sarà divertente.-
-Sì, eh?- sbuffò lui, non del tutto convinto, ma alla fine rinunciò, tornando a sedersi e a gustarsi un altro po' di rum.
Continuai a ballare, con il boccale in mano che traboccava fuori ad ogni mio movimento ballerino. Guardai Franky mettersi in quella posa bizzarra e decisi di imitarlo, seguito a ruota da Chopper e Usop, mentre Law si portò una mano sugli occhi, scuotendo il capo negativamente, sconsolato e scombussolato da quello spettacolo, con Kidd che se la rideva sguaiatamente e Nami che lodava i suoi berry.
Forse passarono ore, e, anche se ormai ero totalmente sbronzo, capii che fosse arrivata sera dal colore notte che imperlava il mondo fuori, in contrasto con le luci artificiali che mi circondavano, provocandomi fitte alla testa e confusione. Fremetti con il capo e con un nuovo sorriso, traballando, mi diressi da Zoro, sedendomi sopra le sue gambe e adagiando la mia testa sul suo petto ancora nudo. Ridacchiando presi tra le mani un altro boccale, lasciato incustodito sul bancone, ma Zoro si affrettò a levarmelo dalle mani sotto le mie proteste e sbuffi capricciosi.
-Credo sia meglio andare a casa, adesso.- borbottò portando una mano sotto le mie cosce e sollevandole per alzarsi dallo sgabello e portarmi fuori dopo aver salutato tutti, o meglio, quei pochi ancora in piedi, ma sfiniti.
-Vi accompagniamo.- ci informò Law, voglioso di lasciare al più presto quel covo di matti, anche se in fondo si era divertito come tutti.
-Okay!- strillai tra le risate con Zoro che si affrettò a sussurrarmi un immediato: "Shh!" nelle orecchie, visto che ero vicino al suo volto e rischiavo di assordarlo.
Ma continuai a ridere, procurando il loro fastidio ed il loro mal di testa. Mi sentivo davvero felice, contorcendomi tra quelle braccia in una specie di danza per giocare un po', anche se Zoro cercava più di frenarmi, però continuai a guardare i suoi occhi; erano felici come i miei e questo mi rassicurava.
-Forza Luffy, cerca di riposarti un po'.- commentò Kidd, accarezzandomi i capelli, davvero sfinito dalle troppe bevute, ma le reggeva bene, anche se mai quanto Zoro.
-No! Giochiamo!- protestai in un capriccio infantile, guardando sotto-sopra il mio amico e tenendo le guance piene d'aria, ma questo mi procurò un po' di vertigine e così tornai subito su.
-Ma come fai ad essere ancora così energico?- borbottò Kidd, grattandosi la testa con fastidio, forse stressato.
-Non gli è ancora passata la sbornia.- rispose con sufficienza il mio amore a cui regalai d'istinto un bacio sulla guancia, ridendomela poco dopo.
-Luffy... è tardi.- spiegò Law, prendendo dalla tasca i doppioni di chiavi della mia casa. -Ci vediamo domani, riposati.- salutò regalandomi un bacio della buona notte sulla fronte, con affetto. Rimasi sorpreso, e feci una smorfia nel pensare che fosse dovuto per il senso di dispiacere che provava per le parole dette, ma gli sorrisi e lo salutai con enfasi.
-Notte!- urlai a entrambi, guardandoli prendere la strada opposta alla nostra prima che tornassi a dedicare la mia attenzione al mio spadaccino.
-Ti sei calmato?- mi chiese pacato, tirandomi un po' su visto che stavo per sprofondare, molle com'ero.
-Nye.- commentai secco e in tono bambinesco, ridendo felice e facendolo sorridere.
-Forza, siamo quasi arrivati.-
-Sono belle le stelle...- borbottai mollemente, alzando lo sguardo e lasciando che i miei occhi imprigionassero dentro di essi quell'immagine così strepitosa e fantastica, così luminose anche senza la luna.
-Già.- commentò lui, vago, e allora misi il broncio, tirandogli le guance verso di me. -Ma che fai?- protestò nervoso, con lo sguardo dolente.
-Guarda le stelle!- mugugnai, lasciando la presa brusco.
Lui sbuffò stanco, ma eseguì la mia richiesta, senza fermare la sua avanzata. Sorrisi e mi adagiai al suo petto ancora una volta.
-Sono magnifiche, vero?- borbottai per poi ridacchiare ingenuo.
Mi bloccai con un verso sorpreso nel sentire qualcosa opprimere le mie ciocche verso il basso, ma sorrisi nel riconoscere la sua mano coccolarmi ancora; questo sì che era magnifico. Continuando a sorridere socchiusi gli occhi fino a spegnere le palpebre, lasciando alla notte di scorrere piano, amandola in ogni attimo.    
 

 

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Capitolo 14
*** La pioggia scende sulle tue guance. ***


Aprì un occhio e portai la pupilla alla mia sinistra, ammirando il mio Luffy, scomposto sopra di me, dormire a bocca aperta, strizzando gli occhi di fastidio a volte, forse succube del solito incubo. Era disteso sopra tutto me, e cercai di alzarmi con il busto senza svegliarlo. Ci riuscii e lo lasciai riposare ancora un po', spaparanzato sopra le mie gambe: ne aveva bisogno. Avevo dei rimorsi a vederlo dormire con così tanta difficoltà, ma svegliarlo non avrebbe aiutato molto: doveva riposare, come era consueto per ognuno di noi. Sospirai, portandolo tra le mie braccia: erano solo le 5:50, non potevo lasciarlo solo. Nel vederlo così indifeso e spaurito, ripensai all'essermi dovuto fermare sul più bello, in quel momento in cui ci trovavamo nella doccia e, ancora, in piscina. Mi chiesi se avessi dovuto spiegargli cosa fosse, ma non ne ero in grado senza scompormi per l'imbarazzo, e il mio orgoglio non lo avrebbe tollerato; in più, francamente, non sapevo come aprire un discorso del genere. Ero più che certo, comunque, che quando sarebbe stato pronto si sarebbe mosso tutto da solo.
Mi alzai un attimo, desiderando sciacquarmi un po', anche per svegliarmi, ma sarei tornato subito da lui. Lo adagiai sul materasso con delicatezza, come se fosse un vaso di porcellana, anche se in realtà era molto più forte, come un fulmine che rompeva il cielo: doveva solo ricordarsi come si faceva. Gli rimboccai le coperte ed entrai in bagno, lasciando che il freddo delle piastrelle invadesse i miei piedi scalzi, ritornando anche ai miei capricciosi pensieri, volendo snodare i miei dubbi. Forse potevo lasciare che le cose andassero da sole quando lui sarebbe stato pronto... Ma come avrei saputo quando fosse pronto?, riflettei.
-Argh!- ringhiai con uno sbuffo, sfregandomi i capelli come sotto stress, ma poi alzai lo sguardo contro lo specchio del bagno, limpido e scivoloso. Aveva davvero importanza, poi? Facevo l'amore con lui anche solo con i suoi sorrisi, che mi mandavano fuori di testa. Ogni volta che mi sorrideva era come un colpo al cuore, uno di quelli che non ti puoi più estrarre nemmeno se vuoi, per non parlare delle sue attenzioni e la sua voglia di coccole che ricercava esclusivamente dal sottoscritto. Io ero felice se lo era lui, e non esisteva cosa migliore. Il resto sarebbe venuto col tempo, o non sarebbe venuto proprio perché, infondo, l'essenziale era davanti ai miei occhi e non sentivo il bisogno di nient'altro che non fosse lui.
Con un ghigno portai le mani unite sotto il flusso d'acqua gelata, osservandola scivolare tra le mie dita fino a riempirsi tra i miei palmi. Mi piegai col busto in avanti, portando le mani dal viso al rubinetto e dal rubinetto al viso un paio di volte, rinfrescandomi. Sfilando dalla sbarra in acciaio l'asciugamano me lo passai sulla faccia, asciugandola e mi incamminai per tornare nella mia stanza con quel tessuto sulle spalle, per poi chinarmi con il busto da sopra al letto, per destare il bello addormentato che stava soffrendo troppo per quel riposo.
-Zoro!- scattò la persona più bella del mondo, spuntando fuori dai suoi incubi e scagliandosi su di me in cerca di rassicurazioni e lacrime da versare.
Sospirai, issandomi su con uno sbuffo e portandolo con me in soggiorno, tenendolo stretto, ignorando Perona che entrava dal bagno assonata, stavolta dalla notte, da come potei notare dal trucco ancora intatto sul suo volto; non aveva proprio dormito. Forse era tornata solo ora da una festa tra amiche. Lo adagiai sulla sedia, anche se preferiva restarmi attaccato, ma dovevo preparare la colazione, quindi...
Recandomi ai fornelli iniziai a cucinare; sbuffai, lo vedevo così scosso. Gli servì il solito piatto con bacon e uova in camicia, per poi aprire il frigorifero, sorridendo, felice e sorpreso di trovare una torta al cioccolato, con la base decorata di panna, forse merito di Perona. Ne presi una fetta, mettendola in un piattino e offrendoglielo insieme ad un bicchiere di latte prima di sedermi e mangiare la mia porzione di colazione più la fetta di torta che mi ero tagliato.
-Posso averne ancora?- mi chiese festoso, allungando il piatto con desiderio: non aveva risparmiato nemmeno le briciole, e questo mi fece sorridere. Annuì, alzandomi per accontentarlo, ma Perona giunse difronte a me minacciosa.
-Scordatelo!- scattò, piantando le mani sui suoi fianchi e scuotendo i capelli rosa, sventolandoli al vento con severità.
-Andiamo, Perona.- commentai con noia, incoraggiandola a chiudere un occhio per una volta.
-Innanzitutto, non avevi il diritto di prenderla, quindi taci! E poi la torta non l'avevo preparata per voi!- urlò nervosa, così sospirai, un po' rassegnato, e la lasciai andare via dopo che ebbe preso una fetta tutta per sé.
Tornai a sedermi e guardai Luffy farmi il broncio, tenendo il mento sul tavolo, offeso di non poter mangiare e lasciando in me un senso di divertimento per quel comportamento infantile mentre, cercando di non mostrarmi intenerito, gli porsi la mia fetta un po' mangiucchiata.
-Grazie!- non si fece problemi, iniziando a divorarla e alla fine risi per quella scena.
Mi portai una mano alla guancia, sostenendo la testa sopra il tavolo con il gomito appena fui tornato seduto, e continuai a guardarlo finché non si fermò di botto, guardandomi con la forchetta per dolci tra le dita che inforcava un pezzo della torta. Lo osservai confuso, ma poi mi porse la forchetta con un sorriso a trentadue denti.
-Mhm!- mugugnò dolce, incoraggiandomi a mangiare con lui.
Sospirai con un ghigno e lo accontentai, sporgendomi di poco e addentando piano il pezzetto di torta, assaporandolo mentre continuai a fissarlo negli occhi, serio, quasi come in tono di sfida; un po' come al solito. Alla fine mi staccai, tenendo sempre il mio ghigno e lo osservai con spavalderia, tornando ad adagiare la guancia contro la mia mano, chiusa a pugno sopra al tavolo.
-Zoro...- sussurrò lui, alzandosi e spaparanzandosi di botto sulle mie gambe, tenendo tra le mani forchetta e piatto con più briciole che torta.
-Certo che, vederti condividere del cibo...- commentai ironico, con lui che finì di mangiare, adagiando tutto sul tavolo.
Mi fece la linguaccia a quelle parole alzandosi in piedi in modo euforico, divertito e felice di stare con me, così lo attirai contro il mio volto stringendo i lembi della sua camicia rossa lucente con la mano e baciandolo con foga, venendo ricambiato a mia volta mentre si strinse a me. Ci staccammo e lo scrutai guardarmi ancora con passione, le gote arrossate e le mani poggiate sulle mie gambe. Passai una mano sulla sua fronte, scostandogli alcune ciocche e lui, ridacchiando vivace, adagiò la punta del suo naso contro al mio, strusciandoci piano e in modo soffice.
Avrei continuato a rimirare i suoi occhi per sempre, ma il bussare frenetico, se non accompagnato da un assordante suono del trillante campanello mi costrinse a deviare i miei pensieri verso la porta, con Perona che mi urlò contro di andare ad aprire, dal piano di sopra e con fare isterico. Mi alzai di scatto, con Luffy che si scostò di lato per farmi passare in automatico, mentre restò lì ad aspettarmi. Percorsi il soggiorno con aria svogliata, giungendo velocemente all'ingresso e aprì la porta con una mano sul capo, strofinandoci contro per un po' di stanchezza per via della serata di ieri.
-Giorno.- salutò secco, Kidd, ghignando e stiracchiandosi un po'.
-Buongiorno a voi.- replicai, osservando di sottecchi Law che aspettava, come l'altro, solo il permesso per varcare la soglia.
Mi feci da parte e, senza dire niente gli permisi di camminare sul suolo della mia dimora, chiudendo subito dopo la porta alle mie spalle e accompagnandogli in cucina, ritrovando Luffy con la maggior parte del busto dentro il frigo e non seppi se ridere o fermarlo. Ma pensando e ricordando bene la reazione di Perona optai subito per la seconda. Lo presi per il retro della camicia, dal colletto come un micio e alzandolo da terra, grazie anche al fatto che pesasse come una piuma, allontanandolo così dalla torta il più in fretta possibile per poi voltarlo verso di me ancora in aria, osservandolo con la faccia e le punta delle dita piene di panna e cioccolato. Scuotendo il capo, sconsolato, lo adagiai a terra, chiudendo il frigo dopo aver guardato con dispiacere il resto della poca torta sopravvissuta e ricoperta di ditate, ormai rovinata e immangiabile. Borbottai indispettito e soffiai via un tovagliolo dalla credenza in legno, usandolo per pulire il macello che era ora la faccia di quel moro golosone.
-Scusa.- ridacchiò, mentre potevo assaporare ancora una ventata di gusto fresco e inconfondibile del vellutato e vaporoso sapore della panna e quello dolce ma forte del cioccolato, anche con un leggero pizzico di amaro.
-Non fa niente, però è meglio svignarsela prima del ritorno di Perona.- consigliai passando sulla guancia più e più volte il tovagliolo, sfregando via quel poco di cioccolata che si era incagliata su quell'angelico volto, con Kidd e Law che, seduti, ci osservavano indifferenti; di certo non troppo stupiti dall'accaduto visto quanto mangiasse Luffy e visto da quando lo conoscevano. -Dai, andiamo.- finì di pulirlo e mi issai con il busto.
Aprendo uno sportello buttai il tovagliolo dopo averlo accartocciato nel cestino sotto al lavello; lui annuì alle mie parole correndo dai due che gli sorrisero mentre gli tirava in piedi, tenendogli per le mani. In un attimo fummo fuori e ci tenni a chiedere a Luffy cosa desiderasse fare, ma qualcuno me lo impedì...
-Forza, andiamo in piscina.- incitò Law con tono indissolubile, avanzando deciso sul vialetto, peccato che non fu lo stesso per Luffy che, scuotendo il capo, negò le sue parole restando fermo al suo posto.
-Law, non ricominciare adesso...- borbottò deluso, Kidd notando la risposta muta di Luffy, restandoci accanto. -Tu fatti un giro, noi staremo con lui.-
-Però Zoro si deve allenare.- disse Luffy, tenendomi per mano e iniziando a tirarmi un po' per passare il tempo, sorridendomi giocoso.
-Giusto, ci vediamo dopo.- lo salutai quando si staccò, scompigliandogli i capelli e recandomi al dojo sperando solo che Perona non venisse infuriata a scocciare, ma tanto avrei comunque dovuto affrontare la sua furia, prima o poi.
Iniziai dai kata come al solito, prendendo la spada di bambù e mettendomi in posa, fendendo l'aria con la lama di bastone, restando concentrato su tutto quello che mi circondava, sull'aria e sulla terra, ascoltando il respiro di ogni oggetto, dalla carta delle foto sui muri al bastone che tenevo stretto tra le mani.
-Zoro!- l'urlo severo e irascibile di Perona giunse come un terremoto alle mie orecchie, inaspettato e cruento.
Sgranai gli occhi e quando la vidi aprire la porta, camminando a passi pesanti fino ad arrivarmi vicino con gli occhi fiammeggianti, quasi indietreggiai, tentennando dalla paura delle conseguenze.
-Ti rendi conto? Il tuo fidanzato non può fare così, maledizione! Vedi di tenerlo a bada!-mi gridò contro, mostrandomi, come già avevo visto prima, la poltiglia che restava della torta, su un piatto tra le sue mani e tempestata di ditate e sempre più distrutta, quasi da crollare dato come restava in piedi, l'unica parte viva, per miracolo. -Adesso è da buttare! Dovrò prepararne un'altra, e tu mi aiuterai!-
-Come?- compresi stranito, sgranando gli occhi; all'inizio pensai di avere le traveggole, ma poi mi resi conto che, sì, avevo udito benissimo: aveva proprio detto "tuo" e "fidanzato".
-Non fare quella faccia! Ti do il tempo per farti una doccia, sbrigati!- ordinò severa, non volendo il mio sudore nell'impasto.
-No, intendo... Hai detto "fidanzato"...- sussurrai piano le ultime parole, avanzando per posare la spada insieme alle altre e raggiungendola subito dopo, mentre la osservai schietto, curioso e alla ricerca di una spiegazione.
-Certo. E questo ciò che siete, o sbaglio?- domandò, sembrando già più calma.
-E come lo sai?- chiesi pacato, arrivando al dunque.
-Ho visto com'è importante per te.- spiegò con un sorriso, comprendendo i miei sentimenti. -Solo che non ti perdono che non me lo hai detto! Se non ti conoscessi e se non fosse per la mia intelligenza, e anche per un pizzico di intuito femminile non lo avrei mai scoperto!- commentò irritata, ma era palese fosse per finta, che non se l'era presa per davvero. -Ora muoviamoci!-
Mi condusse fuori dal dojo e tornai a casa, e mentre lei andava a preparare gli ingredienti, buttando anche la torta, io mi recai in bagno, più tranquillo della sua reazione. Chissà perché, ma avevo temuto che non avrebbe capito ciò che provavo, e invece... Sorrisi, sapendo di poter contare sempre su di lei, ed entrando nella cabina lasciai al vapore il permesso di avvolgermi e all'acqua di rasserenare il mio spirito innamorato.
 
 
 
-Il rapporto che hai con lui è serio?- domandò Law, schietto, deciso a restare con noi.
-Certo! Non lo trovi bellissimo?- esultai voltandomi e camminando all'indietro, con gli occhi che brillarono nel ripensare al suo carattere. -È tenace, orgoglioso, fantastico...- sospirai volgendo a terra il mio sguardo sognante, e osservando la mia ombra illuminata con calore dal sole, con fare trasognante.
-Hai trovato di nuovo la felicità!- si complimentò Kidd con una risata, al mio fianco.
-Già... è bello sentire che Zoro sta sempre al mio fianco.- borbottai imbarazzato, per poi alzare lo sguardo su di loro e tornare a camminare dritto con una mezza giravolta. -Anche voi lo siete, però... Ma con Zoro è diverso, lui è speciale.-
-Vuoi farci ingelosire?- ironizzò Kidd con un ghigno, attirandomi a lui con un braccio attorno alle spalle, e stringendomi in modo amichevole.
-Grazie per essere qui.- dissi sincero, voltandomi a guardare anche Law che mi raggiunse, sospirando e sorridendo, uno leggero e di quelli suoi, quasi da sembrare più un ghigno.
-Va bene. E dimmi, cosa fai tutto il giorno qui?- mi chiese pacato, tornando serio ma con un tono rassicurante.
-Mi diverto.- risposi in fretta, trascinandoli nella locanda di Sanji e per fortuna li trovai tutti.
-Ehy! Chi si vede!- esclamò Usop, seduto a un tavolo e circondato dagli altri.
-Come mai non c'è nessuno? Non è per lo squalo, vero?- domandai nel notare l'assenza di clienti e facendomi serio, sedendomi quando mi fecero posto, adagiando così sul tavolo il mio prezioso cappello, con i due miei amici che andarono a sedersi dietro ad un tavolino.
-No, non preoccuparti. E' solo che la domenica apriamo di rado.- spiegò Nami, sorseggiando il suo cocktail color arancione incandescente.
-Che squalo?- domandò Law, confuso.
-Nessuno d'importante. Infatti, per un motivo o per un altro, non si è più visto.- rise tra il sollevato e il nervoso, Usop, estasiata dalla cosa prima di vantarsi che era tutto merito, del suo coraggio che lasciava spauriti tutti.
-Ottimo.- dissi, venendo servito da Sanji con della gustosa carne che illuminò i miei occhi.
-Non preoccuparti, per questa volta offre la casa.- mi avvisò il cuoco, con un tenue sorriso e la sigaretta, ancora spenta, in bocca.
-Ma non ti abituare.- tenne a precisare Nami, tornando poi alla sua bevanda, seduta dietro al bancone sotto l'aria del ventilatore al suo fianco.
-Volete qualcosa?- domandò, invece, il cuoco, guardando i miei due amici al tavolo.
-No, grazie.- rispose Law, incrociando al petto le braccia e socchiudendo gli occhi, annoiato.
-Sono a posto così.- affermò Kidd, tirandosi all'indietro con la sedia, sollevando la parte anteriore, leggermente, da terra.
-Lui è il suo manager, ma tu?- domandò Chopper, in piedi sullo sgabello e curioso come al solito, sgranocchiando noccioline nel frattempo e scrutando attentamente la montagna dal ciuffo rosso.
-Sono un pugile.- affermò tranquillamente, dondolandosi piano, con il lieve cigolio della sedia.
-Già, Eustass Kidd... Sei molto famoso per le tue innumerevoli vittorie.- confabulò tra sé e sé, Sanji.
-Davvero?- fece Chopper, sorpreso e ad occhi sgranati, dopo aver udito il commento del biondo.
-Figurati, non è niente in confronto a quanto io ho sconfitto un'armata di lottatori. Successe proprio durante...- stava raccontando Usop in una posa fiera e con la renna che corse, pendendolo dalle sue labbra nell'ammirarlo.
-Come vi siete conosciuti?- domandò Robin bevendo la sua bevanda calda, reggendo con due mani la base della tazza verde.
-Mio nonno decise di portarmi in una palestra e lì ci incontrammo.- ridacchiai nel ricordare quel tempo; la palestra era grande, ed io solo un bambino di dodici anni, ma deciso a realizzare il mio sogno di nuotatore provetto. Ero rimasto fermo, imbambolato a vedere Kidd lottare dentro al ring contro un altro ragazzino, con il suo amico Law a fissarlo da lontano. Mi ero avvicinato a quest'ultimo con curiosità e gentilezza; il nonno mi spiegò subito che fosse mio cugino e così, festoso, iniziai a parlargli per fare confidenza, anche se lui mi fissava in un modo truce e irritato. Quando si avvicinò Kidd a noi fu la stessa cosa, ma alla fine riuscì a fare breccia in loro ed ora eravamo amicissimi -E poi, Kidd e Law si conoscevano già.- sorrisi a Robin.
-Avete proprio un Super legame!- si congratulò Franky in piedi, e mettendosi subito nella sua solita posa.
-Già, è vero.- farfugliò dolce, Chopper, saltellando qua e là.
-Brook vi dedicherà una bella canzone!- ridacchiò nel suo modo bizzarro, lo scheletro, cominciando a suonare il suo violino, e circondando la sala con la sua armoniosa e danzante musica.
Tra le risate generali finì di mangiare e mi unì a Chopper, Usop e Franky nel ballo. E, a poco a poco, si unirono tutti, perfino Sanji. Vedendo Kidd e Law restare seduti provai a portargli in pista ma erano troppo cocciuti, alla fine lasciai perdere e tornai a ballare.
-Ehi.- disse una persona fin troppo conosciuta, apparendo alle mie spalle dopo aver ripescato il mio cappello dal tavolo per mettermelo in testa così da fermare la mia danza sfrenata.
Stringendo l'ala del mio tesoro e portandomela sugli occhi mi voltai a guardarlo, sorridendo nel riconoscere la casacca bianca e le katana. Alzai lo sguardo, ammirando il suo volto impassibile, con i suoi occhi che brillavano di felicità.
-Vedo che state facendo il bis di ieri sera.- e si sedette su uno sgabello al bancone, afferrando il primo boccale, riempiendoselo ma senza il permesso del cuoco che si irritò molto.
-Marimo!- protestò nervoso, avvicinandosi in fretta. -Non puoi toccare il mio bar, inutile spadaccino!-
-Disse il cuoco idiota.- commentò lui. -Non ho fatto nulla di sbagliato, mi sono solo servito da solo, visto che c'è carenza di "buon" personale.- esclamò, e riferendosi a lui con le ultime parole.
-Come prego?- scattò da dietro di lui, alzando con uno scatto la gamba e lanciandogli un calcio.
-Sei sordo?- contrattaccò, parando l'attacco con le sue due katana, usufruendo del manico, uno nero e l'altro rosso vermiglio, per poi sfoderarle e tendere la parte opposta alle lame, che non tagliavano.
Risi e andai dai miei amici, sedendomi e ricominciando a mangiare le loro porzioni sul tavolo, anche perché non stavano più mangiando.
-Ohi, pozzo senza fondo!- mi chiamò tra le risate, con un boccale pieno in mano. -Fai con calma, eh.- mi prese in giro, Kidd con una spallata.
Gli risposi con una linguaccia andando poi, con le pupille a osservare tutti, e ascoltando la musica mi gustai quei piatti. Era così bello sentirsi di nuovo vivi. Ace e Sabo, i loro nomi, faceva ancora male pronunciarli, ma ero certo che desiderassero questo per me: essere vivo. Ed era bello capire, non mi restavano più solo Law e Kid, avevo anche loro: i miei nuovi amici, e Zoro, e mio nonno, il mio allenatore... Non ero solo, non avevo perso tutto. Sì, Ace e Sabo erano come un faro per me, erano il mio mondo, però c'erano anche i miei amici; dovevo vivere il mio sogno e la mia vita anche per loro, oltre che per i miei fratelli. Temevo per i giorni bui, quando, succube dei miei incubi, mi sarei arreso al dolore, ma almeno c'era Zoro, che lo alleviava di gran lunga: non c'era motivo di preoccuparsi. Così continuai ad abbuffarmi, ascoltando i miei amici discutere fra loro ma di cose noiose, e allora vagai con lo sguardo fino a Zoro che continuava imperterrito a lottare con il cuoco.
-Smettetela voi due!- protestò Nami, dando un pugno in testa ai due litiganti che cessarono, nel riprendersi dal colpo, di aizzarsi contro.
-Ma certo, mia cara Nami!- esultò Sanji con un vistoso bernoccolo sul biondo capo e volteggiando intorno alla ragazza in modo euforico, tanto da sparpagliare cuori immaginari ovunque e porgendogli un bicchiere di rum con un piatto di insalata mista per poi svolazzare fino a Robin per offrirle anche a lei da mangiare mentre gli altri si precipitavano al buffet.
-Argh...- borbottò Zoro allontanandosi dal bancone, strofinandosi il punto dolente e spostando indietro una sedia per sedersi accanto a me. -Sai, alla fine Perona ti ha perdonato per quello che hai fatto alla torta.-
-Davvero? Però appena la vedo le chiederò comunque scusa.- farfugliai a bocca piena, finendo di mangiare, forse per l'ennesima volta da quando ero lì.
Lui prese un tovagliolo e iniziò a pulirmi un po' ai lati delle labbra, totalmente sporchi di olio e condimento, e così, ridendo mi buttai sulle sue labbra con le mie, lasciandolo sorpreso giusto il tempo di realizzare la cosa. Subito dopo non si fece attendere e mi prese per i fianchi, sollevandomi e adagiandomi sulle sue gambe, e continuando con quel bacio pieno di passione, dilungandosi fino a che fu normale che tutti gli sguardi sorridenti ci finirono addosso.
-Come siete carini.- commentò loquace Nami quando ci staccammo, sedendosi su quella che era stata la mia sedia, e tenendo ancora un boccale di rum tra le mani.
-Grazie.- dissi entusiasta, voltandomi in avanti e dondolandomi a cavalcioni su di lui, con le mani sulle sue ginocchia, mentre mi cingeva la vita e lo sentivo ghignare, forse un po' rosso in viso, ma senza fare troppe moine.
-E ditemi...- fece maliziosa affiancata da Robin, in piedi, che teneva in braccio Chopper, con gli altri che erano subito tornati a ballare sotto la musica dello scheletro e i canti di Usop. -Lo avete già fatto?- sussurrò con gli occhi che, assottigliati, scintillarono di viva curiosità.
Rimasi interdetto e confuso, inclinando il capo da un lato, confuso e lo fui di più nel sentire Zoro che si irrigidì di scatto, ringhiando in fretta contro la ragazza, mentre Law e Kidd avvamparono leggermente, forse imbarazzati, con Robin che ridacchiava, ma senza che io e né Chopper capimmo di cosa.
-Non credo che dovresti intrometterti in queste cose.- affermò nervoso, Zoro, venendo beatamente ignorato dalla ragazza in questione.
-Di che parli?- chiesi io, ingenuo, oscillando ancora con gli arti con un sorriso.
-Ma come di che parlo? Non fare il finto tonto!- protestò ella, facendosi seria con uno sbuffo. -Sto chiedendo se avete fatto sesso!- scattò senza pudore, sorridendo poi furba.
-No, sta dicendo il vero. Non sa di che parli.- commentò Zoro, lasciandomi alquanto confuso.
-Certo che sì, invece!- affermai deciso, lasciandoli stranamente sconvolti, tranne Nami che sorrise, guardando Zoro con una smorfia di estrema malizia, pronta alle novità, forse anche per via del livello alcolico nel corpo.
-Lo avete fatto, allora?-
-Sì, ci baciamo sempre.- esclamai ridendo, ma facendola cadere a terra per l'incredulità. -Mhm? Che ho detto?- mugugnai, voltandomi a guardare Zoro che ridacchiò, stupito da quella risposta e dalla mia innocenza, tornando poi ad accarezzarmi i capelli in modo affettuoso.
-Niente, lascia stare.- mi disse, come più sollevato e io gli regalai un altro volto spensierato prima di balzare via e tornare a ballare.
 
 
 
-Non posso credere che sia così ingenuo.- borbottò Nami rialzandosi da terra e guardandomi, incredula.
-Sì, vive in un mondo tutto suo.- spiegò Kidd con un sorrisetto, divertito dalla scena a cui era stato partecipe.
-A me va bene così.- commentai con sufficienza, sorseggiando dal boccale un po' di rum, rilassandomi e ripensando alla sorpresa che gli attendeva quella sera: per fortuna Perona mi aveva assicurato che non sarebbe stata a casa. Come faceva a superare gli esami non lo avrei mai capito.
-Contento tu. Si vede che l'amore può colpire anche un duro spadaccino come te.- disse Nami alzando le mani appena lo vide con una smorfia nervosa per quel commento, e rise. -E voi? Volete rimanere a fare le belle statuine? Forza, a ballare!-
-No, grazie.- borbottò Law, coprendosi gli occhi con il cappello, e accavallando le gambe.
-Ormai si sono fatte le 15:00...- si rese conto, Kidd, alzandosi, stanco di restare. -Vado, a dopo.- e uscì dalla locanda.
Dopo la sua uscita inaspettata, tornai a guardare i miei amici, ammirando Luffy e ridendo con lui. Era così felice, aveva finalmente trovato il sostegno di cui aveva bisogno. Lo leggevo nei suoi occhi, soffriva ancora, ma aveva capito.
-Zorororororororrororororo!- mi chiamò canticchiando il mio nome in quel modo bizzarro, avvicinandosi festoso e tirandomi per un braccio per farmi alzare, senza riuscirci.
-Cosa c'è, ora?- domandai curioso, accarezzandogli la mano che mi stava stringendo, con il pollice.
-Andiamo in piscina, no?- domandò in tono ovvio e con sufficienza, attirando l'attenzione di Law che alzò il capo per osservarlo con un occhio.
Senza dire niente mi alzai; salutando gli altri, lasciandogli divertirsi tra loro e così Luffy mi trascinò fuori dalla locanda, seguiti da Law che teneva le mani in tasca, all'apparenza indifferente, dietro di noi a studiarci; quest'ultimo particolare era ovvio.
-Prima dobbiamo passare da me a prendere il costume e il borsellino.- gli ricordai, tirando il braccio per frenarlo, ma invece di fare ciò l'arto si allungò, restando teso in aria, traballando un po' come una corda e sospirai.
-Va bene.- affermò con un tono innocente fermando la sua avanzata, voltandosi e avvicinandosi, riacquistando così, pian piano, l'esatta lunghezza del braccio.
-Io intanto cerco Kidd, ci vediamo in piscina.- commentò, allontanandosi dalla parte opposta, con quel tono tetro che lo caratterizzava.
-Ma sono sempre così distaccati?- chiesi mentre ci avviammo.
-Beh, sì. Sono fatti in questo modo, loro.- ridacchiò lui, fermandosi ad ammirare con grandi occhi le vetrate di ogni negozio pieni di oggetti sfarzosi e, per la maggior parte, inutili. -Entriamo, Zoro? Li compriamo? Wow! Fantastico!- esclamava senza sosta, appiccato con mani e naso contro il vetro, con la negoziante di una certa età che ci fissava alquanto stralunata e anche un po' spaurita.
-Forse dopo.- borbottai, prendendogli il polso e tirandolo verso di me, ma inutilmente. -Luffy?-
-Dai! Sono troppo belli!- incitò, invece, lui, con tanta emozione da non riuscire più a contenerla.
-Hai i soldi?- sbottai stanco con un sospiro, annullando come per magia tutto quell'entusiasmo.
-Beh... No.- borbottò, staccandosi da quel materiale trasparente e avvicinandosi a me, rivolendo indietro il suo polso.
-Ci torniamo dopo, promesso.- rassicurai e lui si illuminò, fidandosi della parola data e correndo verso casa senza aspettarmi. -Ehi!- imprecai nervoso, cercando di raggiungerlo con una smorfia ghignante.
Lui se la rise sguaiato, muovendo più veloce possibile le gambe sul marciapiede in pietra, investito in pieno dal vento e deviando ogni persona sul suo cammino che ci osservava allibita. Aumentai il passo, stringendo i pugni e serrando la mandibola, scattando e correndo quando ormai eravamo in prossimità della mia casa; lo osservai mettere la mano sul cancello tra sospiri e risatelle, ma lo raggiunsi in tempo, mettendomi in mezzo e osservandolo con un ghigno.
-Sei una scheggia.- affannai, respirando a fondo.
-Ho vinto!- ridacchiò felice, saltellando ed entrando nel vialetto, correndo ad aprire la porta, varcando la soglia per poi salire energico le scale per andare a mettersi il costume.
Oltrepassai l'ingresso e mi affrettai ad entrare nel secondo bagno per cambiarmi e tornare subito pronto sulla soglia, attendendolo con la schiena riversa alla parete e le braccia conserte, mentre osservavo il prato fuori, reso più chiaro dal sole che lo illuminava con i suoi raggi e controllando il telefono; per fortuna sembrava proprio niente allenamenti, oggi.
-Eccomi, Zoro!- urlò vivace, troppo felice, saltando l'ultima scala e arrivando a stringere la mia casacca mentre gli presi il borsellino nero e a strisce bianche; con voglia di coccole si allungò per arrivare al mio volto, reggendosi sulle punte. -Andiamo!-
-Certo, Luffy.- dissi sottile, con sicurezza, uscendo e chiudendomi la porta alle spalle.
-Zorororororo. Zororororo...- iniziò a borbottare di continuo per passare il tempo, tirando in avanti con la mano, guardandomi mentre camminava all'indietro.
Sghignazzai divertito salendo per la strada fino ad arrivare in cima e giungendo all'edificio, dove Law e Kidd erano già lì ad aspettarci. Avvertì la sua mano impossessarsi della mia, stretta e annodata alle mie dita mentre ci avvicinavamo a quei due, che dopo un cenno ed un sorriso entrarono come per farci strada.
-Cosa c'è?- sussurrai piano per non farci sentire: non mi fidavo ancora di loro, come loro non si fidavano di me, anche se, dovevo ammettere, che con Luffy era stato molto più repentino, era entrato nei miei pensieri come una scheggia, percorrendo con avidità il mio corpo per giungere subito al cuore, inebriandolo di lui.
-Non voglio deludere me stesso, Zoro.- borbottò cupo, sotto i miei occhi che esaminarono come riuscisse a possedere tutta la fiducia che serviva verso sé stesso, eppure ancora aveva la paura atroce e prominente di perdere, che lo assaliva.
-Ehy!- lo frenai piano, chinandomi sulle ginocchia e guardandolo negli occhi mentre, forse quei due, si erano fermati notando il mio gesto, avuto così di scatto. -Perdere è il primo passo per vincere, va bene? Se cadrai anche questa volta, sarai più forte per affrontare la sfida il prossimo giorno, capisci? Abbiamo tutto il tempo. L'importante è farcela.- spiegai pacato, e la sua smorfia di indecisione mutò in un'enorme sorriso, estasiato da quella notizia.
-Sei un genio, Zoro!- si congratulò, grato, e correndo verso l'acqua; deviando completamente i due che mi scrutarono, forse felici di quelle parole, forse riconoscenti e delusi per quello che stavo facendo con Luffy perché avrebbero dovuto e voluto farlo loro, ma non ne erano capaci, non sapevano come agire.
-Andiamo.- gli svegliai da quella specie di ipnosi, troppo cupi, pensierosi e colpevoli di non esserci stati quando lui ne aveva bisogno, ma quegli sguardi erano anche decisi a non commettere più lo stesso errore.
Senza pensarci due volte, arrivato ad un passo dal muretto, con un piede mi sfilai lo stivale mentre mi toglievo di dosso la fascia insieme alla casacca, passandola oltre le spalle e facendola uscire dalla base, gettandola pesantemente a terra, lontana, e facendo lo stesso con i pantaloni appena dopo essermi levato l'altro stivale. Restando in costume mi tuffai, raggiungendolo in acqua ma guardandolo da lontano nuotare verso la meta. Aveva già superato il solito traguardo, ora mancava poco per raggiungere la finale.
-Zoro, resterai sempre al suo fianco?- si informò Law, volendo una certezza, anche se sembrava più una minaccia decisa, come se non volesse che ferissi Luffy.
-Sempre.- assicurai deciso, fregandomene dell'orgoglio, come per dare sicurezza anche al mio cuore. Sospirai poco dopo e assottigliai lo sguardo nel vederlo cedere, con l'acqua che saliva, nascondendolo, ma forse era più lui che scendeva.
-Bene, perché se gli spezzerai il cuore, io spezzerò te.- minacciò Kidd, severo.
Con una maledetta stretta al cuore mi tuffai in avanti, nuotando sott'acqua dopo aver messo nei polmoni abbastanza ossigeno per raggiungerlo. Lo presi di scatto, con l'acqua che non mi facilitava i movimenti e lo riportai in superfice, riprendendo fiato con lui, con i suoi amici che non capirono, solo ora, cosa fosse accaduto.
-Bravo.- affannai con un mezzo sorriso, mentre assimilavo le parole di Kidd, troppe incomprensibili.
-C-c... Cosa?- balbettò scombussolato, Luffy, ancora scosso; le mie parole erano risultate ovattate alle sue orecchie, così mi avvicinai a esse per sussurrare fiero:
-C'eri quasi, siamo vicini a sconfiggerla. Bravo il mio campione.-
E capì finalmente, elaborando solo ora quella minaccia, che non potevo spezzare il cuore a Luffy a prescindere, perché se lo avessi solo pensato il mio di organo che dibatteva mi avrebbe tradito, facendomi patire gli stessi dolori atroci che avrei dato al moro. Lo guardai sorridermi e quello bastò a rimettere a posto quei pensieri mentre tornavamo da quei due che sorridevano, felici di vederlo nuotare, completamente da solo, di vederlo deciso verso il suo sogno.
Si mise seduto sul muretto, dondolando dentro l'acqua le gambe mentre io mi tiravo su, pronto a rivestirmi, lasciando a Law e Kidd il permesso di affiancarlo e fargli compagnia. Mi piegai e presi il pantalone, rimettendomelo e sedendomi a terra contro il muro.
-Come sta Shanks?- domandò con un sorriso, osservando il suo manager-cugino seduto a gambe incrociate.
-È in ottima forma. Ha piena fiducia in te e ti aspetta.- commentò, appoggiando una mano sulla sua spalla, ignorando fosse fradicia e cercando di essergli vicino, sotto i miei sguardi che facevano da spettatore.
Sorrisi, e mettendomi seduto dietro Luffy lo ascoltai parlare di Shanks, che doveva essere il suo allenatore da ciò che capì, con tanto entusiasmo e poi raccontare tutto ciò che aveva fatto da quando era qui, lasciandoli stupiti per Hody e la sua band, o a bocca aperta per la somma che aveva dovuto versare per la scommessa con Nami.
-Pensi di averli uccisi tu?- domandò, usando il più tatto possibile, Law, scrutando il cugino in cerca di risposte con uno sguardo malinconico.
-Io...! Non lo so...- borbottò chinando il capo e nascondendo gli occhi tra le ciocche scure e luminose.
-Certo che ti cacci sempre nei guai, eh? Sarai diventato povero a dare i soldi a quella lì!- commentò Kidd, vedendo l'aria tesa e mettendosi a ridere nel tornare alle esperienze che aveva avuto qui in città, seduto poco distante dall'acqua e appoggiandosi con una mano alle mattonelle.
-Viva l'avventura!- esclamò Luffy, subito vivace come al solito, alzando le braccia al cielo, ridendosela a gran voce, ma la reazione di prima mi aveva fatto pensare.
-Qui non c'è ne sono molte...- borbottò Law, scrutando gli enormi finestroni pieni di noia.
-Questo è sbagliato. Lui è la mia nuova avventura, e insieme ne viviamo tante altre! Giusto?- mi domandò, alzando il capo e guardandomi sereno e sincero.
-Giusto, Luffy.- asserii con un ghigno mentre appoggiò la mano sulla mia, continuando a sorridermi.
-Un'altra nuotata?- domandò e senza aspettare la mia risposta si tuffò, schizzando l'acqua addosso a quei due che erano tanto intenzionati a non bagnarsi dato che protestarono, alzandosi e allontanandosi di scatto, in tutta fretta.
-Argh! Dannazione, Luffy!- imprecò Kidd, sventolando le mani e seminando gocce su tutto il pavimento.
Me la risi, osservandolo restare accanto al muretto e continuare a schizzarli, ignorando il fatto che stesse completamente allagando tutto il pavimento ma lo lasciai divertirsi... Strizzai gli occhi di scatto, aprendoli e sbattendo le palpebre un paio di volte lasciai scorrere la cascata d'acqua sugli occhi che mi invase come una piena. Guardai Luffy, in piedi, ridersela a crepapelle dopo avermi schizzato contro l'acqua dentro un secchio giallo che non sapevo da dove fosse spuntato fuori e che ora giaceva riverso al suolo sopra il muretto. Tirai su un sorriso minaccioso e presi il radioso oggetto portandolo dentro e verso il fondo quando Luffy non guardava me ma Law che cercava di asciugarsi con un paio di asciugamani che c'eravamo portati dietro. Raccogliendo abbastanza acqua glie la rovesciai addosso con sua enorme sorpresa, lasciandolo con il secchio in testa. Restò un attimo basito, alzando di poco l'oggetto per guardarmi con quei grandi occhi ma poi tornò a ridersela e cercò di ritornarmi il favore ma glie lo impedì, riprendendo quell'oggetto, e lui mise su un broncio innocente. Ridacchiai e, allontanando da entrambi quell'arma, avvicinai lui a me, avvolgendolo con un braccio, per un attimo sorpreso da quel gesto, sorrise e mi regalò un bacio a fior di labbra.
-Guarda qua come ci hai conciati!- protestò Law nervoso, cercando di attirare la nostra attenzione, stringendo i lembi fradici della maglia grigia che indossava. -Noi c'è ne andiamo... prima che ci attacchi una polmonite.- borbottò, avviandosi fuori insieme a Kidd che ci salutò con un gesto vago della mano, più nervoso e offeso che altro, borbottando nel mentre per la sua povera acconciatura, così anche come per il suo trucco.
-Okay, a dopo.- salutò felice, scodinzolando la mano alzata prima di tornare a me. -Oggi c'ero quasissimo, hai visto? Domani c'è la farò!- si apprestò a dirmi, ignorando che fossi stato io a farglielo notare; con occhi luccicanti di viva speranza.
-Sì.- affermai con un sorriso, uno di quelli che riservavo a lui e che lui soltanto poteva avere: erano speciali perché erano sinceri e venivano dal cuore e sapevo che lui gli amava, quasi quanto amava i miei occhi.
-Sono così felice...- sussurrò tra i sospiri, aggrappandosi alle mie spalle e adagiando la testa contro il mio petto.
Lo lasciai fare, lasciai che si cullasse dei miei abbracci. Restammo fermi, in piedi e sull'orlo della piscina fino al tramonto e fu bellissimo: rimanere con lui che cercava da me solo coccole e amore, ed io lo accontentai, riempiendolo di attenzioni e baci, lasciando spazio solo alla passione.
-Zoro... sono le 18:00...- mugugnò piano dopo essersi staccato con malavoglia dalla mia bocca, mentre osservava l'orologio attaccato in un punto in alto sulla parete. -Com'è che i giorni passano così in fretta con te?-
-Sarà che non fai altro che divertiti.- gli feci presente con un ghigno, portandolo poi a sedere sul muretto con le gambe che penzolavano dentro l'acqua mentre mi affrettai a rivestirmi, con una smorfia per colpa del freddo che mi attanagliò nell'indossare indumenti bagnati, e mi assicurai di trarre in salvo i vestiti fradici di Luffy dalle pozzanghere, strizzandoli e appendendoli sulle piccole protuberanze attaccate al muro, per far scorrere meglio le gocce d'acqua.
-Zoro...- mugugnò ad un tratto, scrutando avidamente l'acqua come se potesse tirarne fuori qualcosa, ed io mi stupì di quel cambio di umore, prestando immediatamente attenzione. -Vuoi ancora sapere dei miei incubi?- mi guardò, e da quegli occhi intuì che quella domanda lo tormentasse già da un po'.
-Dipende da te.- sottolineai: era una sua scelta, se doveva parlarmene sarebbe stato solo per sua esclusiva volontà.
-Okay... ma non ne farai parola con nessun'altro, promesso?- si apprestò ad assicurarsi il silenzio professionale, guardandomi serio, deciso a buttare tutto fuori.
-Promesso.- affermai altrettanto deciso, avvicinandomi e piegandomi sulle ginocchia, rimettendogli il cappello in testa di botto, come per fargli segno che consideravo lui come un tesoro come lo era per Luffy quel cappello; perché lui era il mio amore, e più importante perfino della mia vita. Non potevo credere che un giorno avrei provato una cosa del genere; una vita bellissima tra le mie mani di cui desideravo curarmi, proteggere e tenere sempre con me: era una sensazione sublime.
-Io faccio sempre lo stesso sogno ogni notte... Ci sono io, le voci, l'incidente, loro, ... Io corro, provo a fermare tutto ma resto fermo, non riesco a muovermi e così li vedo morire e sento il fuoco fare male sulla mia pelle, e la paura mi invade. E quelle dannate voci continuano a dirmi con odio che è solo colpa mia...- disse tutto d'un fiato, buttando fuori tutto quel tormento prima che potesse ripensarci; fra i temiti e gli occhi ridotti a due fessure, che fremevano di terrore, e con una mano che stringeva la cicatrice al petto come a volerla strappare mentre si aggrappò a me come se fossi un'ancora, come se fossi il suo modo per non crollare, per non lasciarsi andare al sogno e al dolore. Volevo fermarlo ma non potevo, lui desiderava parlare, stava condividendo con me i suoi timori, ciò che più lo faceva star male ed io non potevo far altro che ascoltare, onorato di quel dono mentre lo sostenevo con le mie possenti braccia, reggendolo e portandomelo in grembo, cercando di rassicurarlo.
-Loro, le voci, mi dicono che è colpa mia, mi dicono che gli ho uccisi io: è solo colpa mia... E poi... E poi ci sono le ultime parole di Ace che svaniscono tra le fiamme...- sussurrava ormai con voce fioca e rotta, e gli occhi pieni di lacrime che solcavano le guance tra i suoi mille singhiozzi. -È solo colpa mia!- urlò infine a squarciagola, con la bocca spalancata iniziando ad urlare, colto da rimorsi e tremendi singhiozzi.
-Ehi, ehi!- mi affrettai a ribadire portandomelo più vicino, costringendolo a guardarmi negli occhi con una mano. -Non è colpa tua, loro ti amavano. Sono morti per lasciarti vivere e sono sicuro che non rimpiangano minimamente il gesto commesso, non potrebbero rimpiangere una cosa del genere: ti amavano; e poi... Le persone a noi care restano sempre con noi, qui.- non erano esattamente da me quelle parole, riflettei, mentre indicai il suo cuore che batteva forte, sia per il dolore sia perché scosso dalle mie frasi, come confermarono i suoi occhi, umidi e grandi.
-Sai...- tirò su con il naso, asciugandosi con il dorso del braccio le lacrime e un po' di muco che usciva dal naso. -Ace diceva la stessa cosa, diceva che non si pentiva di niente, però... Ho paura, sento che invece è così: è colpa mia.-
-Smettila con questi pensieri.- borbottai brusco, tornando al mio solito umore, ma lui continuò a ripetere e ripetere, ancora e ancora quella frase che mi innervosiva, così esplosi: -Non è colpa tua!-
Restò sbigottito a fissarmi, bloccato; perfino le lacrime avevano smesso di scendere, o forse era una mia impressione. Fu un attimo che durò un secolo ma poi tornò subito a piangere e a ripetere di continuo le stesse parole di poco fa e che odiavo, con l'aggiunta di un'altra frase, pessima e peggiore, che gli venne fuori con la gola straziata: "Gli ho uccisi io!", ed io corrucciai le sopracciglia affranto, dispiaciuto per lui, per non poter fare niente, in fondo, non era facile.
-Mi odiano, mi odiano...- iniziò a farfugliare con occhi sconnessi, come in trans ed io cercai di farlo riprendere, scuotendolo per le spalle e con un ringhio a denti stretti.
-Non ti odiano! Ti amavano!- scattai nervoso. -Come puoi pensare una cosa del genere? Loro non vorrebbero questo.- dissi più piano, continuando poi: -Ti volevano bene, e tu infanghi ciò che hanno fatto, scambiando l'amore per odio.-
-Lo so! Lo so! Hai ragione.- balbettò singhiozzando, attaccato alla mia maglia con le mani, come se ci fosse arpionato contro per la disperazione. -Ma...- un'altra pausa che durò un'eternità. -Temo che mi odino, gli ho tolto la vita.- comprese la seconda frase solo dopo averla detta, e ciò fece anche più male, tanto che si mise a boccheggiare con più foga.
Sospirai e avvicinai la mia bocca alla sua fronte, sussurrandogli in modo davvero veloce, un milione di: "Non è vero." per poi continuare con "Sono vivi dentro te. Loro non moriranno se non li dimentichi, ma devi lasciare andare via queste colpe inesistenti che ti tormentano. E io sono e sarò sempre qui, non ti lascio, non mi perderai, come non perderai loro.", asciugandogli intanto le lacrime che smisero di scorrere, e più ripetevo queste parole, più i frammenti del suo cuore si andavano ricostruendo, sempre più pieni di amore.
-Ti amo, ti amo, ti amo...- iniziò a sussurrare, stringendosi a me con forza mentre ascoltai le sue parole piene di passione e quei gesti che volevano solo ringraziarmi per esserci.
-Vogliamo andare?- domandai in un sussurro pacato, alzandomi con lui che continuava a dire quelle due parole magiche che riempivano il suo cuore distrutto, soprattutto grazie alla sicura consapevolezza che io provavo la stessa cosa per lui.
Sorrisi, sollevandogli piano il cappello per inquadrare meglio il suo volto chino su sé stesso e non attesi risposta, sapevo che lui volesse tornare a casa, lo capivo leggendo i suoi dolci occhi, quei semplici sguardi con cui ci parlavamo senza aprir bocca. Non ricordavo da quando avevamo iniziato ad interagire in quel modo ma, per noi due, era perfetto. Mi avvicinai all'appendino dove avevo adagiato tutti i suoi indumenti, prendendogli in mano notai fossero ancora bagnati e allora decisi di fargli indossare solo i pantaloni; per il resto, si sarebbe potuto fare una doccia appena saremmo arrivati a casa. Lo appoggiai a terra e gli infilai quei bermuda, e lui ridacchiò nel sentire le mie dita scorrere veloci sulle sue gambe fino al bordo del suo busto. Mi rese davvero sollevato vederlo di nuovo ridere mentre ripresi il beauty case. Di scatto mi prese per mano e di corsa ci ritrovammo fuori, con ormai la prima stella in cielo a scrutarci sotto l'empireo iniziava a diventare sempre più scuro.
-Brrr...- lo sentì farfugliare, staccandosi da me con furia per sfregarsi le braccia con le mani, avvolto dal gelo del vento della sera.
Strinsi la sua camicia nella mia mano, rendendomi conto che fosse ancora umida capii che sarebbe stato inutile fargliela indossare, così mi levai la mia e glie la misi bruscamente, di botto, senza far combaciare la braccia nei rispettivi buchi visto che se le teneva strette a sé. Mi guardò con un sorriso, sorpreso e grato mentre io volsi il capo e gli occhi da tutt'altra parte per un secondo, sospirando poco dopo per calmarmi dal furore del mio cuore, e così ci affrettammo per raggiungere la mia casa prima che il freddo iniziasse a congelare anche me.
 
 
Entrai, felice del caldo tepore che mi invase e mi catapultai sul divano, restituendo subito la maglia a Zoro che sembrava aver risentito del freddo quanto me, ma adesso sembrava stare già meglio mentre lo guardavo sedersi al mio fianco dopo che ebbe adagiato il mio borsellino, la mia camicia e la sua maglia sopra un tavolino. Mi accoccolai disteso sul divano, quasi sprofondando dentro i materassini interni e in quel calore, guardandolo addormentarsi di colpo sorrisi, rimanendo con lui un altro po', con la testa contro la sua spalla prima di dirigermi in bagno per lavarmi, finendo con lo strisciare con i piedi sul pavimento per la stanchezza e tra mille sbadigli. Non sembrava esserci traccia di Perona in giro, costatai nel salire le scale immerso nel buio, e mi chiesi dove passasse tutto il suo tempo quando non era a scuola, così, giusto per rilassare i miei pensieri. Varcai la soglia del bagno, togliendomi i bermuda e il costume, per poi lasciare i sandali malamente sopra le piastrelle, con uno sbuffo. Entrai nella doccia davvero sfinito, più del solito e avevo nuotato anche poco rispetto ai miei soliti standard, però avevo anche pianto e sofferto, quindi la fatica più impellente poteva derivare soprattutto da quello. Presi la spugnetta con un grande sospiro, stringendola e facendo uscire tutta l'acqua che teneva dentro, subito rimpiazzata da quella che usciva copiosa dal braccio metallico della doccia. Socchiusi gli occhi, iniziando a lavarmi mollemente tra gli sbadigli, insaponandomi anche i cappelli con il primo shampoo che trovai sull'appoggio di ferro.
-Stanco?- domandò una voce alle mie spalle che mi fece sobbalzare, tanto da farmi voltare, talmente in fretta da rischiare di scivolare sull'acqua che aveva riempito il pavimento della cabina.
Riconobbi poi Zoro, già senza nulla e che chiuse la porta, cosa che, forse io non avevo fatto; e mi raggiunse sotto il getto di acqua e sapone e gli annuii lentamente tra un altro sbadiglio, cominciando a insaponare anche lui per passare il tempo, adagiando in seguito la mia guancia sul suo petto per reggermi e strizzando un po' la spugna che lui prese con una mano mentre con l'altra mi accarezzava dolce la schiena. Ridacchiai, strusciandomi contro di lui che aveva iniziato a fare tutto da solo, anche con me, scompigliandomi un po' i capelli ancora schiumosi. Ascoltai l'acqua e il suo rumore finché Zoro, trovando che ci fossimo lavati abbastanza, chiuse il getto e mi prese di peso solo per accompagnarmi e adagiarmi sul suo letto, nella sua scura e morbida camera; avvolgendomi tra le coperte che si bagnarono, ma abbastanza calde da farmici aggrovigliare con voglia grazie allo scaldasonno acceso, forse impostato prima di raggiungermi in bagno. Zoro ghignò nel vedermi così appagato e mi raggiunse, così lo abbracciai di scatto, con le coperte ancora avvolte nel mio corpo svestito, e lui sorrise malizioso, gesto che venne subito ricambiato mentre lo circondai, tra le risate, con le braccia e le gambe, appollaiandomi poi sopra di lui, e così attaccati ci addormentammo.
 

 

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Capitolo 15
*** Record! ***


Mi stiracchiai con un mugugno impastato inebriandomi dell'odore di Zoro finché non realizzai, sgranando lentamente gli occhi, di come non avessi avuto incubi, e mi alzai di scatto nel costatare che fossero esattamente le 12:00: avevo dormito tantissimo! Spalancai, se possibile, ancora più maggiormente gli occhi, con una felicità immensa nel cuore: dopo quasi due mesi di tormenti mi ero liberato da quel fardello; non potevo che esserne entusiasta.
-Giorno.- sentii una voce calda e seria al tempo stesso e mi voltai verso Zoro con un immenso sorriso.
-Buongiorno!- urlai tuffandomi su di lui di botto, facendolo sussultare per il colpo, come al solito ma poi mi accolse, ed io ridacchiai apertamente, con gli occhi lucidi e le lacrime, solo che stavolta erano di felicità e sollievo.
Volsi lo sguardo sul suo volto per un attimo e vidi il suo sorriso: era fiero di me come lo ero, e di certo, per lo stesso motivo. Socchiusi gli occhi, appagato mentre ammiravo il suo petto che si abbassava e rialzava a tempo del suo tenue respiro, e sarei rimasto così davvero per tanto ma la fame chiamò con un brontolio rumoroso quanto un boato e mi catapultai fuori dal letto per andare in cucina, trascinandomi dietro le lenzuola che erano restate aggrovigliate al mio corpo, unico indumento che mi vestiva in quel momento, avvolto intorno al mio corpo. Non ci volle molto che Zoro mi raggiunse in cucina, ed io sorrisi ancora una volta, seduto sulla sedia in attesa di cibo, notando però che lui ci aveva impiegato di più a raggiungermi perché, al contrario mio, si era rimesso dei vestiti puliti; soliti pantaloni lunghi e scuri ma con una giacca gialla e a tratti verde, però sempre a maniche corte.
-Vedi di andarti a cambiare, dopo, Perona è a scuola, ma non vorrei che ti vedesse così quando torna... se torna.- rifletté alla fine, porgendomi il solito piatto con decine di fette di bacon, uova in camicia e qualche fetta biscottata con marmellata, con l'aggiunta anche di tre fette di torta al cioccolato e panna; la cioccolata colava un po' ma sembrava comunque buona dall'aspetto come dall'odore.
-Perona non dice niente se mangio la sua torta?- chiesi, già con la bocca piena di succosa e calda carne.
-No, non preoccuparti. Questa l'ho preparata io per te, ieri, era una sorpresa; ne ho approfittato visto che mi è toccato aiutarla a preparare quella che ti eri mangiato. Ammetto che mia sorella mi ha dato una mano per gestire come andassero messi gli ingredienti però, per il resto ho fatto tutto io.- commentò, iniziando a mangiare una fetta biscottata con la marmellata, lasciandomi felicemente con l'acquolina in bocca al pensiero di chi avesse cucinato quel dolce così prelibato.
-Per me?- chiesi poi finendo le gustose e cremose uova in camicia prima di addentare anch'io, anche se voracemente, le fette biscottate con la confettura.
-Già.- confermò sorseggiando un po' d'acqua, scrutandomi di sottecchi poi.
Ridacchiai, impossessandomi delle fette di dolce dal colore marrone vivo, con una mano. Con gli occhi luccicanti le divorai tutte in un colpo solo, ingurgitandole avidamente, piacevolmente elettrizzato dal gusto, ma soprattutto dal gesto.
-Sei un ottimo cuoco!- scattai con un balzo, spaparanzandomi sopra le sue gambe a cavalcioni e continuando a ridere, ignorando che avessi la faccia piena di panna e cioccolata, come le dita delle mani, o che le lenzuola calassero oltre le spalle, mostrando una parte del mio petto.
-Ah, sì?- commentò con un ghigno pieno di malizia, cingendomi la vita con le braccia.
-Sì.- affermai felice, adagiando la testa sulla sua spalla mentre prese un fazzoletto, scostandomi per pulirmi e per pulirsi la manica su cui mi ero riposato, tra le mie risarelle.
Scattai più indietro con la schiena, quasi da ritrovarmi con la testa contro il pavimento; tenendogli un secondo le mani prima di tornare contro di lui e saltare in piedi per dirigermi verso il frigo con ancora un po' di fame. Trovando come prima cosa la bottiglietta di panna la presi con fare goloso, chiudendo lo sportello e tornando subito da Zoro che mi fissava senza capire per quel gesto. Mi rimisi a cavalcioni e stappai il tappo con un sorriso enorme.
-Buonissima la panna!- affermai ingenuamente, scuotendola per mangiarla al più presto.
-Vorresti mangiarla da lì?- chiese tornando ad avvolgermi con un braccio.
-E perché no!- dissi con disinvoltura, premendo il piccolo bottoncino bianco con l’indice e portandomi l'apertura in bocca, inghiottendo con piacere l'alimento schiumoso.
Lui mi osservò un po' imbarazzato, allorché pensai ne volesse un po' e gli è la offrì leccandomi, nel mentre le labbra sporche da quella schiuma densa, con la lingua. Ma lui decise di impossessarsi più di quest’ultime che della bottiglia, entrando e giocando in mille modi dentro al mio palato e, senza accorgermi, mi tolse piano, oltre al respiro, il lenzuolo dalle spalle con le sue calde e morbide mani, lasciando che scorresse lungo i miei fianchi. Restai sorpreso, annaspando col fiato nel sentire la sua lingua andare a danzare su tutto il mio petto, e trattenni ancor di più il fiato, permettendo alla mia schiena di fare uno scatto piccolo all’indietro quando cominciò a lasciare piccoli baci sull'intera X, percorrendo ogni linea scheggiata fino a tornare al mio collo e alla mia bocca. Gemetti, lasciando che prendesse la bottiglia dalla mia mano per lasciarla sopra al tavolo, e che tornò in fretta contro la mia pelle. E iniziando a spargere, solleticandomi, il suo fiato su di me, mordicchiando poi i miei capezzoli eccitati.
-Aahh... Zo-ro...- sospirai con estrema goduria, lasciandolo fare mentre sentivo qualcosa, più sotto, irrigidirsi; sgranai un attimo gli occhi nel sentirmi percorrere da brividi estasiati e da un milione di fuochi d'artificio che mi scaldarono dentro, fin nelle vene che sembrarono lava; facendo esplodere un calore meraviglioso quando iniziò a toccare quella protuberanza con dolcezza, baciandomi ancora il collo e il viso nel mentre.
Non volevo frenarlo, mi sembrava assurdo anche solo pensarlo e non avrei saputo come riuscirci; tutto quello mi piaceva tanto, davvero tanto, avevo paura ma non volevo che si fermasse; sentivo tutti i nervi tesi come una molla e al tempo stesso rilassati da quella sensazione di appagamento che mi circondava il corpo di calore e che assediava anche il cuore, che batteva all'impazzata. Però, il suono forte e acuto di una porta, con esattezza quella dell'ingresso, che si chiuse, lo allarmò, così iniziò a coprirmi con il lenzuolo. Mi sentii più rassicurato in quel momento, eppure un senso di tristezza e malinconia mi prese all’altezza della gola. In ogni caso, cercai di calmarmi, prendendo respiro, ma sentivo ancora quella parte sensibile di me irrigidita e che pretendeva altro; lui sembrò accorgersene e ghignò, come felice del servizio che mi aveva riservato e di come avesse avuto tanto effetto.
-Ciao Perona.- disse poi, vedendola sbucare piano da dietro l'angolo con il solito ombrello e i soliti fantasmini simpatici; la voce del fratello sembrava davvero tesa, quasi non tollerando di essere stato interrotto così d’improvviso da costringerlo a cambiare i suoi istinti. 
-Ciao.- commentò piano, ignorando il tono infastidito di Zoro, quasi non accorgendosene per poi squadrarmi seria ed io le sorrisi come se nulla fosse anche se cercavo ancora di riprendermi da quel turbinio di emozioni, consapevole anche di avere il volto in fiamme mentre lei si accigliò acidamente. -Lo sai che esistono cose chiamate indumenti fatti a posta per coprirsi, vero?- scattò irritata notando il lenzuolo e levitando verso i fornelli, iniziando a cucinare, e allora notai che stesse preparando anche per noi così saltellai per la felicità.
-Hai ancora fame?- mi chiese Zoro dopo aver borbottato a denti stretti per il mio saltello sopra di lui e che lo aveva colto alla sprovvista. Io annuii con foga e con la lingua fuori per la fame, desiderando per lo più la carne. -Okay.- disse poi, lui e osservammo insieme Perona che, intuitiva come sempre, stava grigliando alcune bistecche per me.
-Ecco.- disse lei appena furono pronte per entrambi, non ci impiegò molto ma decise di servirsi per prima e poi pensò a noi, adagiando i piatti con la carne davanti a me, che ancora era accomodato sulle gambe del mio spadaccino mentre, lei si andò a sedere al suo posto, iniziando a mangiare della pasta al ragù che aveva scaldato dopo averla prelevata da frigo, di certo messa da parte.
Mi buttai su tutta quella carne, iniziando a ingurgitarla con le mani sotto lo sguardo schifato di Perona che fece una smorfia, cercando di ignorarmi per potersi gustare in pace il suo pranzo. Avendo divorato tutto, e, quindi finito, ridacchiai leccandomi le labbra un po' unte e gustandomi anche le punta delle dita, ripulendole così anche da un po’ di torta ancora rimasta tra esse, e osservai così Zoro assaporare la sua , che aveva salvato dalle mie grinfie, e che era, ormai quasi finita. Notò il mio sguardo pieno di desiderio e mi posizionò la forchetta con attaccato un pezzo di quella deliziosa carne all'altezza della bocca con occhi fintamente esasperati, ignorando gli sguardi languidi di Perona che ridacchiava sotto i baffi per quello che vedeva. Sorrisi vivamente e l'addentai con ingordigia, assaporando anche il resto che decise di lasciarmi mentre sorseggiò un po' di birra che prima la sorella gli aveva lasciato sul tavolo insieme alla bistecca. Finito di pranzare prese un tovagliolo per pulirmi dall'olio e dai condimenti sulle mani; dopo aver fatto anche questo gli regalai un bacio sulle labbra, strusciandomi come amavo fare sulla sua guancia contro la mia.
-Andiamo.- borbottò lui, serio, prendendomi di peso e portandomi in camera, sempre più rosso e corrucciato, e con Perona che ridacchiò, felice per aver assistito a tutto ciò.
 
 
Tornati in camera mi lasciò sul letto ma io non lasciai lui e, con le braccia attorcigliate intorno al suo collo lo attirai a me impossessandomi delle sue labbra. Lui si resse con una mano sul materasso e con l'altra mi tenne la schiena, cullandomi, cercando di non cadere, lasciandomi fare e mettendoci anche del suo. Ci staccammo ed io ridacchiai, dondolando le gambe oltre l'estremità del letto e sentendomi estremamente felice.
-Luffy, devo andare a prendere i tuoi vestiti.- constatò nel ricordare che quelli di ieri gli aveva già messi a lavare visto che puzzavano di cloro.
-Okay, andiamo!- esclamai senza realizzare una cosa, che lui tenne a rinfrescarmi:
-Zuccone, non puoi uscire con solo un lenzuolo, e i miei vestiti ti vanno grandi.-
-Ma non voglio stare qui da solo, mi annoierei!- mi lamentai con un broncio e lui sospirò mentre io, imperterrito e indicando il lenzuolo continuai: -Dai, non mi farò vedere da nessuno, e avrò questo addosso!-
-No, non puoi.-
-E allora resta qui.- dissi con un tono lagnoso e tenero.
-Non ti vuole proprio entrare in zucca che non puoi restare così.- asserì, picchiettando un dito contro la mia fronte, e facendomi solamente imbronciare.
-Ma perché? Cos'ho che non va?- domandai non capendo, osservando il lenzuolo bianco puro che mi copriva quasi come una veste.
-Sei nudo.- spiegò brevemente, sempre piegato con il busto in avanti, il giusto da guardarmi negli occhi.
-Ma non mi sembra che a te dispiaccia.- brontolai con uno sguardo di sufficienza e di innocenza al tempo stesso. Lo vidi arrossire di colpo e mi fiondai a ridere sincero.
-Smettila!- protestò, tossendo poi per avere un tono più duro, come al solito.
-Però se ti dà tanto fastidio che resti così possiamo chiamare Kidd o Law, potrebbero portarmi direttamente la valigia visto che sto sempre qui.- esposi questa idea brillante che mi aveva appena attraversato la mente.
-Non è una cattiva idea.- realizzò lui, pacato, scompigliandomi i capelli e facendomi ridere dolcemente.
-Sono un genio.- mi congratulai con me stesso mentre lui sforzò una smorfia ironica. -E intanto che gli aspettiamo posso guardarti mentre ti alleni?- chiesi poi con occhi supplichevoli e le mani che stringevano i lembi della fodera all'estremità del letto.
-Certo.- disse con un sospiro rassegnato ed io gli saltai addosso per abbracciarlo prima di correre al dojo dopo aver afferrato il mio cappello. -Aspettami almeno!- lo sentì affermare prima di rimproverarmi contro che il lenzuolo stava cadendo, e allora lo ripresi al volo, continuando ad avanzare sotto il suono dei miei passi scalzi, fino alla meta.
Lo aspettai vicino alla soglia e lui non ci impiegò molto, arrivando con il telefono all'orecchio e in mano i miei sandali, porgendoli a terra sotto la scaletta del tatami così che al ritorno evitassi di stare senza. Non gli indossai perché sapevo che dentro al dojo si stesse senza e iniziai a correre in giro per divertirmi un po', mentre lui informò mio cugino, supposi fosse lui il destinatario della chiamata visto che mi sembrò sentire Zoro pronunciare il suo nome, ma ero troppo distratto per esserne sicuro.
-Okay, arriveranno appena possibile.- chiuse la chiamata avvicinandosi prima a me, braccandomi per allacciare e fare un nodo ben stretto al lenzuolo, costringendomi a rimanere fermo dopo aver sentito un brivido attraversarmi come una scossa appena le due dita fredde mi toccarono, eppure fu piacevole; ma per poco prima che tornassi a esplodere, girando a tondo nella stanza intanto che, il verde, prendendo le spada di bambù, iniziò il suo allenamento quotidiano.
-Va bien!- esclamai a un certo punto, sedendomi con un sospiro a terra e guardandolo con un sorriso, non volendo infastidire il suo lavoro.
Mi dondolai avanti e dietro, ascoltando il rumore dei suoi kata, il suono secco del bastone che sfrecciava, fendendo l'aria e poi osservai il soffitto, luminoso grazie alle piccole finestre; e il tempo passò così in fretta che, tra addominali e flessioni, la noia prese il sopravvento e mi appisolai accucciato su un fianco.
 
 
-Scusa il ritardo, ma abbiamo avuto dei contrattempi; lui per il suo lavoro ed io dovevo sistemare alcuni affari per Luffy...- sentii la flebile voce di Law e socchiusi gli occhi dopo averli strizzati per via del lieve fastidio che mi dava, in quel momento, la luce che attraversava la porta, ora aperta; nottando poi che davanti a me non ci fosse più Zoro mi rigirai sul pavimento, notandolo così a parlare più in là con Kidd e Law.
-Ben svegliato.- mi salutò il mio amico con il solito ghigno, avvicinandosi e piegandosi sulle ginocchia per scompigliarmi i cappelli.
-La valigia è già in stanza.- spiegò Law sempre con il suo sguardo freddo e serio prima di tornare a Zoro, avvisandolo che fosse stata Perona e che era sempre stata lei a dirgli dove trovarlo.
-Grazie!- risi per poi sbadigliare e alzarmi, seguito a ruota da Kidd che cercava di coprirmi un po' meglio con quel lenzuolo nell’intravedere troppo. -Hai già finito?- domandai a Zoro anche se stavo più guardando le mani di Kidd che mi sistemavano quell'indumento alla ben e meglio, come un fratello maggiore e protettivo quasi, e il pensiero mi fece sorridere nel ricollegarlo ad Ace e a Sabo, forse con una lieve stretta al cuore, ma sempre sorridere.
-Sì, vuoi andare in piscina?- comprese, lo spadaccino, e gli bastò guardarmi per capire la risposta, anche se affermai ugualmente un forte e sentito "Sì.", che fece sogghignare il rosso davanti ai miei occhi, che si congratulò in un sussurrò per come fossi agguerrito.
-Andiamo tutti, o avete da fare?- domandai tornando a guardare il mio amico enorme, che mi sorrise.
-No problem, ci sono sempre per te, lo sai.- affermò felice anche se con un tono duro.
-Ottimo! Vieni Zoro.- gli andai incontro e gli presi la mano, correndo poi di sopra dopo essermi messo in fretta i sandali.
-Perché io? Non ti sai cambiare da solo?- borbottò quando arrivammo, prendendo il beauty case, ed io mi sedetti sulle mie ginocchia, sopra al letto, iniziando a svuotare la valigia alla ricerca di una camicia, e di un paio di bermuda, e ne avevo tante, quasi tutte uguali.
-Così, non c'è un motivo in particolare.- borbottai levandomi di dosso il lenzuolo e lasciandolo lì sul materasso mentre mi infilai il costume e poi gli indumenti puliti con un sorriso. -Fatto.- esclamai fiero scendendo con un saltello, rimettendomi i sandali e tornando al piano inferiore, tenendo di nuovo per mano Zoro, che si lasciava trascinare con un sospiro esasperato, eppure fin troppo finto.
Quasi investimmo Perona che passava di lì, diretta in soggiorno; la salutai veloce ed entrai nella sala degli allenamenti con Zoro che tirava indietro per frenarmi, ma invece mi allungavo sempre di più. Risi, piantandomi davanti a Law ad un passo dall'entrata del dojo, facendolo ghignare per il mio entusiasmo ritrovato nel mio sogno, con Zoro invece che frenò di colpo non aspettandoselo, quasi investendomi e colpendomi la schiena. E dopo che ebbe ripreso fiato sotto la vista del mio volto spensierato, iniziò a rimproverarmi per il mio comportamento scellerato.
-Okay, possiamo andare.- disse Kidd, avviandosi verso la porta adiacente che collegava direttamente fuori, e tutti noi lo seguimmo, chi piano e chi, come me, talmente di corsa da superarlo.
 
 
 
Sospirai. Più calmo lo guardai correre a tutta velocità, ascoltando le sue dolci risate e la sua forza che si propagava ovunque, bastava solo avere gli occhi per guardare: quella forza era tornata più viva che mai ed era indistruttibile. Salimmo la strada fino ad arrivare da lui, arrivammo dopo qualche minuto e già lo trovammo in acqua a nuotare a stile libero; e sorrisi vistosamente, orgoglioso di vederlo raggiungere la meta e ritornare subito al punto di inizio, uscendo poi solo per venirmi addosso energico.
-Avete visto? C'è l'ho fatta!- esclamò, alzando le mani al cielo, esultando tra mille risate.
-Sei sempre stato speciale.- commentò Law tra sé e sé, fiero quanto me.
-Dovrei aver un cronometro da qualche parte...- borbottò Kidd, toccandosi le tasche e cacciando fuori l'oggetto dei suoi pensieri con un ghigno. -Ti va di ricominciare a superare i record?-
-Ah-ah!- annuì festoso, correndo troppo da rischiare di scivolare e mettendosi in posa sul piedistallo della piscina dal numero due, pronto a tuffarsi al "Via." che non tardò ad arrivare.
Lo osservai nuotare veloce come nessuno, libero in quel mare d'acqua come un gabbiano in mezzo al cielo. Si librava, muovendosi scattante e raggiungendo la meta, talmente energico e pieno di vita che fece una capriola al contrario per tornare indietro, dandosi una spinta contro le piastrelle sott'acqua, con i piedi, e tornò a nuotare verso di noi il più in fretta che poteva ma senza dare impressione di sforzi, tanto meno di dolore. Per lui tutto quello era piacevole, una sensazione di vita che lo rendeva quello che era. Di nuovo.
-Allora?- domandò in ansia, ma una buona, una di quelle che non vedeva l'ora di sapere del risultato, conscio che fosse andata bene. I due osservarono il traguardo inciso su quella specie di orologino e si mandarono di continuo sguardi seri che potevano mettere paura, ma non ad uno come Luffy, che si elettrizzò ancora di più ed il mio volto venne percorso da un tenue sorriso, o forse stavo sorridendo come un ebete e nemmeno me ne rendevo conto.
-Hai appena stabilito un nuovo record!- affermarono all'unisono pieni di gioia per lui, che se la rise battendo le mani sull'acqua con talmente tanta enfasi da spruzzare anche noi tre che ci affrettammo a indietreggiare, ancora felici per lui anche se con una smorfia di disapprovazione, almeno finché non scoppiai a ridere con Kidd, mentre Law si limitò a uno sbuffo divertito, brontolando con un “Il solito Luffy.”.
Già… Era tornato, e potei constatarlo, non perché lo amavo, ma per quella pace che ora trovavo nei suoi occhi se mi ci tuffavo dentro. Non c’era più buio, là dentro, o almeno, io non riuscivo a scorgerne nemmeno una goccia. Era perfetto, così come il suo sorriso e la sua grinta. Finalmente potevo amare ciò che era sempre stato, ora più libero che mai, ora senza più gabbie di dolore… Adesso che era solo il mio vittorioso Luffy.
-Evviva!- urlò quest’ultimo, a voce così alta da spaccare i timpani e, se fosse stato possibile, anche i vetri, iniziando poi a ridersela ancora.
 
 
 
-Ah...- sospirò con un mezzo sorriso, Kidd, sedendosi a terra a gambe distese e con l’aria di uno che aveva tutta l’intenzione di rilassarsi. Finalmente era tornato tutto come i vecchi tempi… Certo, con, purtroppo, alcune persone in meno, ma non per questo avrebbero smesso di vivere.
-Allora adesso possiamo tornare a casa nostra.- esclamò Law, con un mezzo sorriso scaltro sotto gli occhi di amarezza di Kidd che sembrava dire che avrebbe potuto anche aspettare mentre, io invece, mi fermai, lasciando che il mio corpo gocciolasse e che ogni tocco contro il pavimento della piscina, entrasse nelle mie orecchie a far analizzare la situazione, respirando sempre più piano intanto che Zoro era andato a prendere degli asciugamani dal beauty case sulla panchina accanto a Kidd, e poi, iniziai a capire… Compresi il senso di tutto questo sbigottimento, di questa sensazione che mi colpiva, lasciandomi completamente smarrito; con gli occhi però terribilmente spalancati e preoccupati… Intuendo che tutto questo, che quella frase e ciò che ero tornato a essere… mi avrebbe portato via da Zoro.
-Sei sempre così frettoloso, eh?- ironizzò Kidd con un ghigno aspro, alzando poi gli occhi al soffitto nel ricevere un’occhiataccia severa.
-Ma smettila, che tu vuoi andartene quanto me! Devi tornare sul ring al più presto o sbaglio?- borbottò a sua volta, mio cugino, con le braccia piantate sui fianchi.
Mi ammutolii di colpo con gli occhi perennemente sgranati, il respiro che non sentivo e il cuore che sembrò rallentare la sua euforia di colpo, quasi fino a smettere del tutto di battere. Non volevo… Non potevo stare senza Zoro, non volevo stare senza di lui! Presi un po' d'aria, rauco e guardai in basso, voltandomi per dare le spalle a tutti e osservando l'acqua e le sue onde avanzare verso di me in modo dolce, circondandomi nell’animo come delle carezze, davvero come non ricordavo quasi più; e i raggi del sole passare dalle finestre a riscaldarmi la pelle, come se tutto volesse confortarmi, perché, in parte ero felicissimo: potevo tornare a vivere, a gareggiare, a fare ciò che avevo sempre voluto! Però, non vedere più Zoro... Come potevo fare? Anche solo pensarlo mi faceva star male. E lui non poteva seguirmi! Lui doveva stare qui, dove aveva una famiglia, una casa, degli amici e… il suo sogno di quarterback…, mormorai mentre, lentamente scivolai seduto, tornando con i piedi dentro la piscina e lasciandoli ondeggiare in essa.
-Ehi, che hai?- la voce del mio ragazzo si sovrappose tra i miei pensieri mentre alzai lo sguardo indietro per ritrovarmelo chino sulle ginocchia sopra il muretto e gli sorrisi come sempre, ma lui capì che c'era qualcosa che non andava, lo capiva sempre, e pretendeva adesso di saperne il motivo, con i miei due amici che drizzarono le orecchie, smettendo di scherzare amichevolmente fra loro con quei litigi.
-Se me ne vado non ti vedrò più?- sussurrai avvicinandomi nello strusciare verso di lui, di lato, e prendendogli la mano che penzolava oltre le ginocchia come l'altra, guardando i suoi occhi. Lui sospirò, perché di sicuro aveva sentito come lui, le parole di Law, e forse non voleva darmi una risposta perché conscio che avevo ragione, così come lui non voleva che me ne andassi quanto me.
-Verrei sempre a trovarti, lo sai.- mi disse con sicurezza ma io negai con il capo con foga.
-No.- borbottai secco -Io voglio averti sempre qui al mio fianco...- sussurrai poi con gli occhi socchiusi e le pupille verso il basso, mentre i miei amici decisero di lasciarci soli per parlare, allontanandosi in silenzio, o forse era Kidd che si trascinava dietro Law che stava per attaccare con un “Tu non puoi mollare tutto per un ragazzo!”, in modo da lasciare a noi di decidere cosa fosse meglio.
-Lo so, Luffy.- disse ma non lo lasciai finire di parlare che tornai a borbottare in un altro sussurro:
-Avevi detto che non mi lasciavi...-
-Sì, e non lo farò.- asserì con un ghigno, stringendomi di colpo la mano e lasciandomi sorpreso dal gesto. -Hai perfettamente ragione, non ti lascio e l’ho promesso. Verrò con te. Insomma, è da tanto che mio padre mi incita ad andarmene da casa, lo farei contento e farei contento anche me: Non voglio davvero lasciarti andare.-
-E la squadra? E i nostri amici?- chiesi d’impatto, con l’unico pensiero di non voler distruggere il suo sogno, e non voler nemmeno lasciare i nostri amici per poi non rivederli più, lasciandoli indietro.
-La mia squadra mi seguirà, tanto non penso che avranno da ridire e se c'è l'avranno possono restare qui. In fondo, posso entrare in tante altre squadre se mi permettono di stare con la persona che amo. E per i nostri amici... la scelta è loro, non hanno niente che gli trattenga qui, ma non hanno neanche un buon motivo per seguirci.- esclamò per poi attirarmi a sé bruscamente e lasciarmi un delicato ma passionale bacio sulle labbra. Quando ci staccammo gli sorrisi tra le piccole risate. -Comunque non sempre le partite che gioco sono vicine alla città in cui staremo, quindi a volte potrei partire per diversi giorni.- ci tenne ad avvisarmi.
-No problem! Io voglio venire a tutte le tue partite, sarò come un tuo fan. Anzi, un fan-anzato.- e continuai a ridermela con lui che mi scompigliò i capelli bagnati con un ghigno.
-Un fan-anzato?- domandò un po' confuso, prendendomi da sotto le ascelle e tirandomi su, con l'acqua che mi scivolò addosso veloce.
-Sì. Sarò un tuo fan e poi sono il tuo fidanzato, quindi diventerò un fan-anzato!- esclamai, mischiando le due parole con le mani dritte al cielo per la felicità della creazione di tale termine, e lui che continuava a reggermi, alzandosi e portandomi sulle panchine di legno.
-Certo che sei strano.- constatò, scuotendo il capo, divertito.
-È un complimento?- domandai ingenuo, con un immenso sorriso.
-Sì, lo è.- e mi baciò ancora, lasciandomi i brividi alla schiena e dando luce ai miei occhi che brillarono per quell'emozione che mi dava ogni volta.
 
 
 
Lo guardai, i suoi occhi erano ancora più luminosi, erano bellissimi. Ascoltai la sua dolce risata che mi penetrò in testa come una melodia e, ghignando, mi sedetti al suo fianco, aspettando che si rivestisse prima di raggiungere quei due. Mi adagiai con la testa contro le piastrelle, guardandolo indossare i sandali e infilarsi i pantaloni che si inumidirono nel toccare la sua pelle ancora piena di gocce d'acqua e il costume fradicio, e stessa fine madida fu quella della vermiglia camicia, mentre si infilò il cappello per poi lasciarlo penzolare sulla schiena. Mi prese per mano di scatto, tirandomi su con forza per poi trainarmi verso la soglia della porta tra i miei sbuffi annoiati, dopo che ripresi in fretta il suo beauty case; andando incontro ai volti seri e pensierosi dei due che voltarono subito lo sguardo verso di noi, ma più su Luffy in realtà.
-Allora?- domandarono, con Kidd che esibì una smorfia infastidita dal possibile rifiuto di Luffy di partire, dato il suo volto sereno e la mano inchiodata alla mia, mentre Law, indifferente, aspettava il responso, e nonostante tutto, si percepiva e si sentiva un’aria di timore e di vera agitazione per loro.
-Partiremo. Ma all'inizio del prossimo mese, voglio ancora godermi queste vacanze, e intanto mi allenerò, così Shanks mi troverà più in forma di prima e ne sarà fierissimo!- esclamò, stringendo un pugno davanti a sé.
-Come? A Giugno vuoi partire? Ma se siamo a inizio Maggio! Mancano ancora quattro settimane!- constatò incredulo, Law, e con uno sguardo che sembrava pronto a ritrattare.
-Beh, non ci vedo nulla di male.- commentò invece, Kidd.
-Sei sempre dalla sua parte...- brontolò, guardando truce il diretto interessato sotto le risate del più piccolo, ma poi abbassò le spalle: -E va bene, ti concedo altre due settimane e poi partiamo.- sospirò con un ringhio, portandosi le braccia conserte.
-Tra un po' è anche il tuo compleanno, due settimane sono perfette.- sorrise il rosso, passandosi una mano tra i capelli con un ghigno, consapevole che smuovere Law fosse più difficile che spostare una montagna a mani nude, ma avergli comunque dato parte del tempo era già un grosso traguardo; ed io ne rimasi stupito, inconsapevole di quel particolare appena accennato. -Almeno concedigli di fare ciò che vuole.-
-Come sempre…- asserì il moro dalle lievi occhiaie, a occhi chiusi e con l’aria davvero innervosita e le spalle strette.
-Davvero?- lo guardai incredulo allora, domandandogli riguardo la prossimità della sua festa di vita.
-Sì, il cinque con esattazze.- ridacchiò Luffy, dondolandosi con il mio braccio legato al mio.
-Esattezza.- corresse Law, con sufficienza e gli occhi ancora socchiusi.
-Andiamo a mangiare?- chiese poi, sorridendo a trentadue denti, il mio ragazzo, divertito.
-Andiamo.- dissi, avviandomi insieme ai due che erano rimasti impassibili alla conversazione quasi quanto me, e di certo non potevano che essere contrariati da nulla, dato che i piani di Law non erano cambiati più di tanto, e sarebbero partiti solo con un passeggero in più. Forse…

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Capitolo 16
*** Addio. E grazie di tutto. ***


Percorremmo la strada con lui che continuava a dondolarsi, tirare e poi dondolarsi ancora con il mio braccio, usandolo come fosse un'altalena. Io ero un po' stufo ma lo lasciai fare, si divertiva troppo e non avrebbe smesso nemmeno con un rimprovero. Ormai era il suo compleanno, e avevamo deciso di annunciare proprio quel giorno stesso di partire, perché, alla fine, Luffy, parlando anche con Shanks, aveva capito che era il momento di andare, di tornare. Ed ero deciso a seguirlo, non aveva neanche un minimo motivo che gli imponeva di non farlo. Law ovviamente era stato l’unico a sospirare sollevato di quella decisione, ma dopo due settimane di allenamenti, in cui Luffy riusciva perfettamente a primeggiare e illuminarsi di botto, con il cuore palpitante di vita; verso il mondo intero con quel sorriso e quelle risate; avevano tutti compreso che non ci fosse più alcun motivo che quella vacanza persistesse ancora a lungo. Kidd era stato allegro della cosa, e avevano festeggiato tutto il tempo, come, a breve, avrebbero fatto quel giorno stesso. All’inizio, lui, si era sentito messo da parte e quasi, con un broncio, si era sentito di dover accantonare il suo ragazzo in un angolo, ma quello lo aveva stupito, invitandolo a venire… No, ordinandogli di farlo, in realtà, senza dar conto realmente dei suoi problemi, della sua possibile indecisione ma poi, sbuffando una risata davanti al broncio bambinesco di Luffy che non voleva lasciarlo indietro, compresi che nemmeno io volessi lasciarlo andare, quindi aveva concordato davvero: alla fine, i quesiti si sarebbero risolti. E infatti così fu: avevo discusso con il mio allenatore, con la mia squadra, che dopo poco essersi chiariti a riguardo, mi avevano richiamato, rassicurandomi che non mi avrebbero lasciato da solo e, con ironia, aggiunsero che potevano tranquillamente tornare a casa per le vacanze.Quindi, alla fine, era tutto tranquillo, tutto sistemato… Eccetto ovviamente per i loro amici che stavano andando, adesso, a trovare al bar. Se per la sua squadra non c’era stato problema, per come, usassero quella città solo per allenarsi; con Nami e gli altri era tutto un altro paio di maniche, perché loro avevano una dimora, un lavoro, una vita… Ed erano tutte lì. Non aveva nemmeno avvisato suo padre, a riguardo d questa cosa, perché, conscio, che comunque lo avrebbe lasciato fare a prescindere; Perona invece aveva gradito di poter avere la casa libera per il resto della vita, anche se le aveva fatto notare che sarebbe comunque tornato. Ma, davvero, con gli altri era diverso. E avrebbero dovuto affrontarli, perché, se partivano a breve, dovevano davvero avvisarli, ma Luffy continuava a essere allegro e non sembrava preoccuparsi di nulla per davvero, e quindi, con un sospiro, compresi amaro che lo avrebbe urlato ai quattro venti appena sarebbero stati nel locale.
E infatti, appena dentro al Baratie, il moro, staccandosi dal suo braccio dopo gli auguri esplosi dentro per lui; si scatenò, con le braccia al cielo, per dire che partiva. Peccato però, che la situazione degenerò, congelando l’aria e lasciando disarmati i più, a bocca spalancata e di certo offesi di tutto quello; al contrario di Kidd e Law, seduti vicini; il primo ad alzare il boccare con fierezza tra le risate, il secondo a mangiucchiare una fetta di torta in silenzio, senza davvero immedesimarsi nella situazione.
-Aspetta… Cosa?-
-Ci lasci? Te ne vai?- balbettò perplessa, Nami, sotto il fremente tremore di Chopper che accorse ad abbracciare l’amico, che in fretta ricambiò tra le risate, continuando ad annuire.
-Beh, prima o poi doveva accadere…- sancì Sanji, con la sigaretta a sfregolare tra i denti, spenta; dietro al bancone prima che puntasse gli occhi verso di me come suo solito, assottigliando le pupille con un sospiro acre: -E tu, marimo?-
-Già! Non hai pensato a Zoro? State insieme da poco, ma non vorrai davvero andartene! Non lasciarci!- piagnucolò, Usop, stringendo il ragazzo in un abbraccio ferreo, non volendo separarsi da un amico tanto energico, con cui aveva passato gli ultimi giorni tra ballate e canti stonati.
-Io me ne vado con lui, e la squadra ha deciso di venirmi dietro.- sancii, avanzando verso Kidd per sedermi accanto a lui e poi presi, sereno, un boccale pieno che mi scolai con energia in gola, così rassodante; tra le risate di Luffy che affermava che non vedesse l’ora, discutendo poi di come, quel pomeriggio stesso, avesse una gara e doveva quindi affrettarsi.
-Bene, allora si va.- batté le mani, Nami, dopo aver compreso la situazione generale, e alzai un sopracciglio perplesso dinanzi a tanta contentezza; la vidi poi, con un sospiro allegro prima che Franky, tra i lacrimoni, strabuzzò gli occhi confuso, facendo alzare lo sguardo scettico anche di Law stesso, che corrugò perplesso la fronte dinanzi a quella risposta inaspettata di certo, soprattutto da parte sua mentre Brook, in lontananza, graffiava il violino di malinconiche canzoni, ancora a singhiozzare per quella tristezza così come Chopper e Usop.
-Sei sicura Nami?- ridacchiò dolce, Robin, camminandole, piano, incontro; serena, e con l’altra ad annuire decisa.
-Hai sentito, no? Deve gareggiare, Luffy: gli servirà il supporto dei suoi amici. E poi, dopo tutto quello che abbiamo fatto per lui, credo che mi merito una percentuale in quanto sua, ormai, manager.-
-Scusa? Penso che tu ti stia sbagliando.- ci tenne a precisare, Law, con una smorfia offesa mentre, Brook e Franky, nel destreggiarsi frettolosamente in balli e canti arguti nel capire che sarebbero partiti; asserirono che dovessero prepararsi allora, con l’azzurro ad asciugarsi con energia le lacrime, andando poi verso di me, ancora intento a bere; per congratularsi della mia scelta di non abbandonare il proprio fidanzato, non che servisse felicitarsi a quel punto, ma concordai e sbuffai sereno, continuando, ovviamente, a dissetarmi.
-Su! Mangiamo la torta!- trillò quindi, Luffy, allungando le braccia verso il bancone, afferrandolo per volarci contro con Chopper ancora attaccato al suo busto e che urlò spaventato per quell’adrenalina, tremolando poi energico appena si ritrovò fermo e con Luffy seduto; al contrario, Usop si era staccato in tempo, nel non essersi aggrappato bene, e gemeva ora sul pavimento con un leggero spasmo della schiena alzata contro il cielo, e con il volto spiaccicato su quel pavimento duro e in legno.
-Io pretendo un pagamento, o almeno un ristorante dove poter lavorare.- volle discutere, Nami, andando contro Law e ponendo le mani davanti ai suoi dolci, per chiarire il suo pensiero sotto lo sguardo truce del ragazzo pallido, ma che rimase in silenzio; lasciando comprendere ora che, il suo intento, fosse approfittare della cosa per stabilirsi anche lei in una grande città, aprendosi un futuro più radioso e ricco rispetto a dove fosse ora, e Sanji si affrettò a svolazzarle dietro, innamorato, congratulandosi di tale maestria.
Non posso credere che stavano davvero facendo tutto questo baccano; sbuffai, e fissai truce Sanji per commentare schietto il suo comportamento infantile e stupido prima di schivare prontamente quei calci che fendettero l’aria e atterrarono sul divanetto su cui ero seduto. Ma, d’altro canto; mentre mi misi in piedi per aggredire il biondo tra le risate di Robin e quelle più intonanti di Kidd che ci incoraggiava; fui felice che, alla fine, sembravano tutti voler seguire il mio esempio di stabilirmi lontano da quel paese che ci aveva incatenati in una monotonia leggera, che non andava contro i principi di nessuno, ma adesso era il momento di crescere, e Luffy gli stava dando questa possibilità, permettendogli di seguirlo in una immensa città che avrebbe aperto porte e occasioni.
 
 
 

Ormai erano lì; sorrisi dopo aver preso un’enorme boccata d’aria, riempiendomi i polmoni e sorridendo vivace, rallegrandomi di essere in quella piscina enorme dal sapore pungente di cloro, ancora una volta, anche se con delle persone in meno e con altre in più… Non sapevo se bearmene, di ciò che avevo acquistato, o rattristarmi per quelle che mancavano, ma la mano di Zoro sulla mia spalla mi fece dimenticare quel turbamento iniziale, dovuto di certo al nervosismo per come, quelle immense voci incoraggianti, erano lì anche e maggiormente per lui. Non potevo credere di essere di nuovo lì, in costume, con una cicatrice enorme nel petto e un amore in più nel cuore e che mi aveva fatto uscire dal limbo del mio antro. Shanks poi che mi aveva abbracciato, sollevato al cielo e riso con me quando era arrivato…; ridacchiai; sereno che mi avesse organizzato una gara: mi serviva. Mi voltai quindi verso Zoro, e subito gli rivolsi anche un enorme volto allegro. Avrebbe vinto, se lo sentiva.
-Zoro, come sai… Pensavo di averli uccisi io… Ma ora so che non è vero. Forse… Forse lo pensavo perché non avevo potuto fare nulla… Ma ora non più! Loro sono vivi! Vivi dentro il mio cuore! Ed è per loro, per questo che li salverò: continuerò a vivere, a sorridere! Per loro!- volli marcare la mia volontà, la loro, quella di tutte le persone che erano arrivate con me fino a quel traguardo, e sospirai grato per ogni cosa.
-Sei davvero pronto, allora. Vinci, Luffy.- ridacchiò, il verde, portando le labbra contro le proprie, assaporandole con energia prima di staccarsi e sfregarmi la chioma con orgoglio per come, adesso, brillavo in tutto il mio splendore.
Avanzai, varcando la soglia di quella palestra professionale, scrutando come la gente esultasse e di come, sugli spalti potevo sentire i miei nuovi amici fare il tifo come lo stava facendo anche il mio fidanzato, in silenzio e con sguardo serio, eppure con un fremente bagliore, grande e coraggioso, negli occhi, e per me. Tutto per me. Esclusivamente per me… Proprio come facevano... Mi voltai per un ultimo cenno positivo da rivolgergli, tra i suoni di passi nelle orecchie che cessarono nell’istante in cui sgranai gli occhi, e tutto mi morii in gola, compreso il sorriso appena concepii, con gli occhi, quello che stava accadendo: erano lì! Ace! Sabo! Loro erano lì! Erano dietro Zoro! E sorridevano! Sorridevano! Erano felici! Felici per lui! Erano… Erano…
Trattenni le lacrime, boccheggiando colpito; sentendo comunque gli occhi pizzicare e farsi lucidi con amarezza. Ma compresi anche di non potermi fermare, per quanto ci provato; perché, le gambe, continuavano il loro lavoro, di dover andare avanti, perché continuavano come possedute intanto che Sabo, allegro, lasciava una mano sulla spalla di Zoro, come a dargli il permesso di stare con il suo fratellino, a differenza di Ace che brontolava con una smorfia, eppure lo spadaccino non distolse lo sguardo da me, come consapevole di quello che stava accadendo, o altro; ridendo e continuando a fargli gli auguri, con Shanks che stava litigando con Bagy in panchina… Nessuno vedeva come si stava sgolando per far sì che notassero i suoi fratelli?
Ma non usciva niente… non aveva voce. Però… Però… I suoi fratelli… C’erano. Erano lì. Erano lì nel momento stesso in cui avevo capito che sarebbero sempre stati con me, che non mi avrebbero mai abbandonato, perché erano i miei fratelloni… Mi volevano bene, ed erano lì, come ad ogni partita, ad ogni sfida, ad ogni evento importante… Devo sbrigarmi a tagliare il traguardo, così potrò correre da loro ad abbracciarli subito dopo aver vinto! Un po’ come quando loro correvano ogni volta che ero in pericolo, ridacchiai al pensiero. Ma avrebbe vinto! Vinto per loro!, enfatizzai con audacia nel pensiero, eppure gli occhi di Ace e di Sabo sembravano così vicini a lui, e brillavano come se lo avessero sentito dentro, come se avessero capito i suoi pensieri. Ma quello succedeva sempre. Ora l’importante era che ci fossero, erano lì…
Loro… Volevano salutarmi. Volevano darmi il loro incoraggiamento, che non davano da molto, quel semplice e monotono ma mai stancante: “Buona fortuna, fratellino! Ce la farai! Vincerai!”. E lo fecero, ridendo per come, poi, proposero che avrebbero festeggiato il mio compleanno. Nel momento in cui pensai a quelle parole, le stesse uscirono, troppo piano, dalle labbra dei due; eppure le udii comunque… Le sentii dentro al suo cuore…
-Non voglio perdervi ancora…- mugugnai, con il tempo immobile, fermo, triste… Così bianco e grigio, luminoso e rotto al tempo stesso. Adesso ero fermo, fermo ma ancora lontano dalla piscina, però sentiva le voci affievolirsi attorno, e le pareti azzurre tingersi di bianco senza motivo mentre continuava a guardare i suoi fratelli accanto a Zoro. Poteva percepire il suo cuore sgretolarsi ad ogni respiro… No, non di nuovo…
-Ehi, fratellino! Tranquillo! Siamo qui. Non andiamo da nessuna parte, okay? Siamo vivi, noi. Vivi.- sbottò energico, Ace, quasi offeso da quel suo modo di fare, e portando le mani sui fianchi con impeto; senza ferite, senza nulla: sano come un pesce, proprio come Sabo.
-Okay, Luffy? Ora vai, il pubblico ti sta aspettando, e anche noi aspettiamo di vederti in scena dopo quella grande vacanza fatta! Su! Facci vedere che sei ancora il migliore, fratello!-
Ace… Sabo… Sì! Certo! Corro! Anzi, nuoto!, ridacchiai netto, un po’ con un grumolo gelido; e annuii deciso, alzando poi una mano in cielo, aperta, a dargli un grande a affettuoso “Ciao! Torno presto!”, per poi voltarsi mentre una lacrima scese dalla sua guancia, e qualcosa in più si spezzò dentro di sé mentre Zoro ricambiò il saluto quando ormai mi ero voltato.
 
 
 
Aveva vinto! Aveva vinto!, e l’abbraccio di Zoro era più che una conferma, e non quella coppa enorme e d’oro che stava ammirando Nami come una reliquia tra le smorfie di disappunto di Usop e i complimenti di Sanji, ma ora non devo pensare a questo; sorrisi maggiormente tra la melodia del violino di Brook e la chitarra di Franky, entrambi festosi; con Chopper che urlava spaventato per il bernoccolo enorme che Usop aveva ricevuto, intanto che Shanks se la rideva alla grossa con un estenuato Baggy e Nami tornava a lodare il suo prezioso tesoro, tra la dolce ilarità di Robin. Persino Kidd rideva e cantava, forse più che altro perché ubriaco, dato che beveva già da quando lui era uscito dall’acqua, al contrario di Law che si limitava a gustarsi dei pasticcini al suo fianco e accanto alla mora; tutti seduti dentro gli spogliatoi a fissarsi e giocare mentre, in piedi, con l’affanno che mi abbandonava, non sentivo esattamente come reagire a quella consapevolezza che aveva preferito chiudere in un’illusione ghiacciata.
I suoi fratelli dov’erano? Non lo avevano aspettato?
Erano… Erano andati già via? A mangiare, senza di lui? Che crudeli!; sbottò ingrato. Beh, capitava che lo facessero. Questa volta se la sarebbe presa per davvero! Però non riusciva a capire perché non lo urlava al mondo, ai suoi amici, che i suoi fratelli erano vivi. Vivi! E me lo avevano proprio detto loro! Continuai a ridere e scherzare, con Zoro ad abbracciarmi da dietro, a sussurrarmi complimenti che non poteva davvero reggere, adesso; eppure non riusciva a smettere di pensare a loro, che lo aspettavano da qualche parte per congratularsi con me.
Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima? Forse giocavano a nascondino e volevano che li trovasse, giusto? Magari erano andati in bagno, o a salutare gli altri… Forse erano… Erano solo… Solamente un po’ lontani… Ma… Ma stavano tornando, eh! Me lo sento! Saranno qui a breve! Lo sentiva! Lo sentiva! Lo sapeva! Stanno per tornare da me, ne sono certo!; continuai a sorridere, ma i miei pensieri già vacillavano. Però me lo avevano detto, in fondo, no? E allora cosa significavano quelle lacrime, non più di gioia, che solcavano il suo volto come spine che penetravano dentro le guance, squartandole e mutando il colore chiaro del suo volto, lasciando che quella pioggia dagli occhi si tingesse, fusa al sangue di quella strada buia, di rosso. No! Loro erano vivi! Me l’avevano anche detto!
-Luffy? Che hai?-
-Ehi, amico!-
-Sei ferito?-
-Luffy! Dove vai?-
-Luffy!-
 
 
“Siamo qui. Siamo qui.”
Eccoli! Vi sento! Li sentiva, li sentiva! Lo sentiva dentro: mi stavano chiamando! Volevano che li raggiungesse! Erano vivi!, sorrisi di felicità, consapevole delle lacrime che stavano sgretolando il suo volto e il suo corpo tra i tremori, ma sarebbero durate ancora per poco; mi incoraggiai. Avrebbe lasciato che i suoi occhi, troppo increduli, si sfogassero, però sarebbe tornato da loro, da Ace, da Sabo. Lo aspettavano. Lo aspettavano! Eccoli! Li vedeva! Erano lì! Così vicini, ormai, con dietro il sole, accanto a degli alberi, su una scogliera di erbe e fiori e qualche sasso. E sorrisi! Sorrisi, chiamandoli a gran nome mentre li vedeva però farsi sempre più lontani. O meglio, più correva, più svanivano… A quel punto rallentò per pochi secondi, ma si fermò, completamente, subito, riconoscendo il luogo solo nel momento in cui sbatté le palpebre e le lacrime smisero di appannare la sua vista, lasciando che vedesse che quei sassi sotto quel grosso albero; che avevo visto, non erano altro che…
-Ace… Sabo… Ma… Avevate detto di essere vivi…- singhiozzai, ormai in ginocchio, crollato come se mi avessero affondato una lama, lentamente, nel petto, restando incredulo, con le braccia inermi distese lungo i fianchi e il dorso delle mani; senza vita come il suo cuore, di nuovo, sull’erba… Davanti a quelle… A quelle lapidi.
Portavano i loro nomi, delle parole incise come dediche e… E i loro corpi…
Freddi.
Bianchi…
Morti…
Respirai dalla bocca, che tenevo ormai dischiusa da quando era crollato, come continuavano le lacrime a scendere, piano come a scorrere su un letto di un fiume in pianura, come se non avessero fretta, come se fossero pacifiche, o solo… Solo senza speranza… Illuse per l’ultima volta… Distrutte per l’ultima volta…; balbettai rauco, con una smorfia gemente e le scapole che si retrassero tra i sussulti gelidi.
Allora… Allora io, tutto quello… Vincere… Vivere… Perché continuare? Io, lui era… Lui era…
Solo. Distrutto… Freddo… Morto…
-Luffy!-
-Luffy, diamine, che corsa! Perché sei corso via! Stavamo festeggiando!-
-Luffy, c’era anche il buffet che avevo preparato apposta per te! Muoviti, mangione!-
-Luffy, stai bene, vero? Serve un dottore!-
C’era una leggera e dolce melodia, acre che tagliava la sua schiena tremante; dentro le sue orecchie. Oltre a Kidd e Law, gli unici in silenzio, consapevoli di quel luogo e di ciò che significava, e persino Zoro che forse aveva intuito, dietro di me, più vicino rispetto agli altri; questi ultimi continuavano a parlare, a discutere del perché di quel comportamento finché non decisero di immaginarne un motivo falso, a optare che forse dovevano festeggiare lì per come fosse bello, per come si sentisse il mare, per come… Per come ci si sentisse vivi…
Vivi… Aveva vinto tutto… Sì…
-Sì! Festeggiamo qui!- esclamai deciso, sorridendo e capendo cosa volessero i suoi fratelli: volevano festeggiare con lui, condividere con lui la sua felicità. Sempre. Come prima. -Ehi, Nami, mi dai il trofeo!- ridacchiai di netto, forse ancora con un gracchiante nervoso ma alzandomi, un po’ a stento; per correre verso la ragazza che la reggeva con parsimonia ed egoismo; afferrando senza aspettare risposta, anche perché non era sembrata una domanda; con Nami che sbuffò oltraggiata verso la coppa che si era portata dietro con possessività prima di sussultare per l’aver notato il suo volto arrossato e spaccato; ma decisi di non farci caso, tenendola e lasciandola poi, subito, in mezzo ai suoi fratelli, guardandoli con un sorriso e annuendo deciso, con Zoro ancora in silenzio a spalleggiarlo, come anche gli altri, adesso; che forse avevano visto solo ora quelle lapide, e che tacquero.
-L’avevo detto che avrei vinto, no?- portò le mani sui fianchi, orgoglioso; adesso finalmente in piedi dinanzi alle persone che tanto amava. -Vi ho resi fieri, eh? Beh, ora festeggiamo, ragazzi!- decretai.
Mi volsi ancora ridente, asciugandomi le lacrime con uno strattone del braccio e portando in alto la mano con allegria, stretta in un pugno deciso; afferrando con l’altra quella di Zoro che sorrise con me, insieme agli altri, e con Brook che smise di suonare una melodia dolce e coinvolgente dentro quella malinconia, lasciata echeggiare fino a quel momento, e cambiandola con una più allegra e movimentata, lasciando che tutti si mettessero a ballare e che Sanji improvvisasse con le scorte nello zaino, tra i canti di Usop e Franky, mentre Law decise di andare in fretta verso la scatola dei pasticcini che il cuoco aveva tirato fuori dallo zaino, e Kidd rise, raggiungendolo per sedersi accanto a lui, sul prato, intanto che anche Shanks gli raggiungesse, lamentandosi che lo avessero lasciato solo a festeggiare, borbottando offeso anche per come Baggy se ne fosse andato, qualche minuto fa; e ridacchiai, stringendomi forte il cappello in testa, e, in tutto quel baccano allegro, voltai il capo indietro, a guardare i miei fratelli che mi sorrisero nuovamente, annuendo fieri e con occhi decisi verso di lui, come a dirgli di andare avanti così, di proseguire e di divertirsi come sapeva fare, alche sorrise ancora, stringendo maggiormente la mano di Zoro, con il cuore che sentii battere forte, e gli occhi dello spadaccino, intento a sorseggiare un bicchiere di rum che Robin gli aveva portato, forse capendo che non avrebbe lasciato la sua mano; addosso prima che mi tuffai a prendere e ricevere un casto bacio. Staccandomi, volsi ancora una volta, forse con insistenza, gli occhi verso quelle rudi lapidi così vuote ma che avevano riempito il mio petto, con quegli spiriti che adesso si erano aggrappati al mio cuore, e sarebbero rimasti sempre lì.
-Andrò avanti. Grazie fratelloni, vi voglio bene.- ridacchiai, annuendo sicuro, come a prometterlo, per farli stare più tranquilli, e subito dopo partii alla carica, abbracciandomi a Zoro da rischiare di farlo cadere e finirgli sopra, come effettivamente accadde, tra le risate di alcuni e i rimproveri di altri, tra cui quello dello stesso spadaccino, ma poco mi importava: preferiva affondare in quel calore sincero prima di rotolare nella mischia, finendo contro lo zaino e tuffandocisi dentro tra lo stupore e il terrore di Sanji che si precipitò ad aggredirlo, e lasciando cadere in aria il vassoio di frullati che Chopper si affrettò ad afferrare con le zampette, anche se finirono per atterrare sulle sue corna, tra le mie risate sempre più forti e allegre, che non riusciva quasi a reggere tutta quella allegria, mentre Zoro si aggregò a Sanji per acciuffarlo, ma era disteso a terra e non poteva fare altrimenti. Finalmente poteva cominciare la sua nuova vita; esordii, ancora a ridacchiare energico, sotto quel sole cocente e tra le voci disarmanti generali, della sua famiglia.
 
-Vivi. Vivi fratellino.- furono i loro ultimi sospiri, grati di quella visuale prima di lasciarsi trasportare via dal vento della luce che li lasciò svanire con dolcezza, e con un ultimo sguardo diretto a quella cara persona per cui sarebbero sempre tornati ed esistiti.
 
 
Fine.

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