Victoru, be my coachy!

di Thalia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - conclusione ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Tornare a pubblicare qualcosa di mio dopo così tanti anni è davvero emozionante. A dir la verità sono rimasta io stessa sorpresa quando, dopo aver visto YOI, mi è tornata prepotente la voglia di scriverci su.  Questa è la prima storia tutta mia su questo Anime ma condivido con ElinaFD, compagna di vita e di scrittura, la composizione del divertimento Omegaverse che va sotto il titolo Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere. A differenza di quella, qui sono aderente all'Anime e il solco su cui incanaliamo il nostro Canon è lo stesso, quindi diciamo che le sue storie potrebbero essere, dal punto di vista temporale, il "futuro" delle mie. Quindi se ritroverete echi delle sue storie e dei suoi personaggi sappiate che sono gli stessi e che ci lavoriamo su insieme.
Mi sono permessa delle scelte che non sono esplicite nell'Anime: una su tutte il sesso di Makkachin, per me è femmina... non che cambi molto, ma mi sembrava più giusta per Victor; un'altra è il grado di intimità tra Victor e Chris e la relazione che questi ha con il fantomatico ragazzo che si vede in alcune foto. Gli abbiamo dato un nome e una storia che in questa fic è appena accennata.
Le foto che Chris mostrerà nei prossimi capitoli sono quelle famose che raccontano il banchetto malandrino in cui Yuuri si è ubriacato... il resto è storia! (Se non ve le ricordate, passano durante la sigla finale).

Un ultimo avvertimento: Victor, nella sua testa, è molto scurrile, quindi i suoi pensieri sanno essere alle volte volgari... perdonatelo, non sta passando un bel momento.

Buona lettura

 

VICTORU, BE MY COACHY!


***

"Yakov
, dammi un minuto." 

"Victor, datti una mossa, c'è la premiazione." 

Il clamore della folla che scandisce il suo nome si attenua ma non scompare quando la porta del bagno si chiude dietro di lui. Il sospiro stanco che gli sibila tra i denti è l'unica concessione che si fa prima di infilarsi in uno dei cubicoli. Victor è un dio sui pattini, ma una delle cose che non sa fare è pisciare in piedi con le lame ancora addosso. Certo, adesso non ne ha davvero bisogno, vuole solo prendersi un momento per ricostruire la facciata.  

È stanco, dannatamente stanco. E non sono i giorni di gara, anche se arrivare in fondo al suo free è stato uno sforzo quasi titanico.  

È talmente stanco da sentirsi anestetizzato. Al punto di chiudere fuori tutto e non provare più niente.   

Ma poi cosa dovrebbe sentire? 

Questo pensiero gli provoca un moto di stizza che riesce a placare solo facendo scattare la testa indietro e sbattendo la nuca sul compensato del cubicolo in cui, deve proprio ammetterlo, si è nascosto.  

Solo il dolore sembra schiarirgli per un attimo quella nube nera che ha sempre davanti agli occhi ultimamente.  

Sente pesargli addosso la quantità di aspettative di tutti: il suo pubblico, la federazione, Yakov, tutti gli altri pattinatori che lo guardano come se fosse Mosè nel deserto e, insieme, vorrebbero tagliargli la gola con le lame dorate dei suoi stessi pattini. 

 

Vorrebbe non uscire mai più da quella specie di cassa da morto in verticale ma sa che il tempo stringe. Ha una percezione dello scorrere dei minuti istintiva e quindi sa che il suo spazio di salvezza è finito. Infatti, nel momento esatto in cui si fa violenza ed esce dal bagno, appare Yakov a richiamarlo con un ringhio. 

Stringe gli occhi per un secondo e subito dopo il suo volto si trasfigura in un sorriso soddisfatto e pieno... la maschera è ricomposta anche per questa volta.  

 

Il ronzio che gli risuona nelle orecchie copre ogni rumore tranne lo sferragliare delle lame sul pavimento. I suoni vanno e vengono e si accorge appena della gente che si complimenta con lui o che vorrebbe richiamare la sua attenzione. Poco più in là lo intercetta Chris e il balenare dei suoi magnetici occhi verdi provoca in Victor un fremito di disgusto... rivolto più a se stesso che all'altro.  

"Datti una mossa, dolcezza, non abbiamo tutto 'sto tempo!" Lo apostrofa con un sorriso colorato dalla solita competitività.  

"Sempre di fretta con te, eh. Solo sveltine con gli svizzeri!" gli risponde in francese, spremendo fuori una sconcezza per far andare avanti il loro solito gioco di seduzione.  Chris replica con una risata piena e si volta per avviarsi all'imbocco della pista; in quel modo non coglie lo sguardo vuoto e dolente sopra uno dei radiosi sorrisi del pattinatore russo. 

 

L'udito sembra tornare a funzionare solo quando Victor mette una lama sul ghiaccio per raggiungere il podio. L'urlo fanatico della folla lo spinge fisicamente e lo scuote nel profondo. Una volta viveva per quei momenti, lo facevano sentire una divinità scesa sulla terra per pattinare, ora la marea di folla gli attanaglia la gola e può sopravvivere solo aggrappandosi alle sue consumate doti di attore. 

 

Nel momento in cui si china dal gradino più alto per abbracciare Chris sa già cosa aspettarsi.  

"Me la fai provare più tardi in camera?" gli mormora lo svizzero all'orecchio fingendo di congratularsi.  

"È l'unico modo che hai di togliermi la medaglia d'oro, Chris..."  risponde l'altro con un sorriso forse un briciolo più vero. Quello che ha con Chris certo non si può chiamare amore e certo non è vita, ma sente il tepore di un'amicizia sincera venata dal sano senso di competizione.  

Un'altra sorpresa, in un mondo così avaro di mistero per Victor, è il kazako. Niente smancerie, nonostante Victor sia, beh, Victor. E, soprattutto, una vigorosa ma non stucchevole stretta di mano e uno sguardo intenso che aveva lasciato a Victor la sensazione di essere guardato dentro. 

 

Strano; davvero strano.  

 

*** 

Hai visto? 

 

Il bussare sommesso che lo avverte dell'arrivo di un messaggio lo disturba proprio nel mezzo della contemplazione cieca e sorda del pulviscolo che aleggia nella luce proveniente dalla sua finestra.  

Era così immerso nella meditazione sull’assoluto nulla da non accorgersi che Makkachin lo ha raggiunto sul divano e si è insinuata tra le sue cosce in cerca di attenzione. 

“Bellezza, che cattivo papà che hai. Ti trascuro così tanto.” 

Victor le accarezza il pelo morbido tra le orecchie e la cagnolina gli spinge il muso nella mano con un sospiro che pare umano da quanto è soddisfatto.  

 

Mi bastasse così poco per essere felice… 

 

Riflette l'uomo, dolendosi. 

 

Cercando di scacciare quell'umore ombroso, si stiracchia e allunga poi un braccio per afferrare il cellulare sul tavolino lì accanto.   

 

Georgi?! Perché gli dovrebbe scrivere proprio lui? E visto cosa, per l’esattezza? 

 

I pensieri di Victor fluttuano liberi in mezzo all’ottundimento provocato dal terzo bicchiere di vino bianco ghiacciato a stomaco vuoto. Non che di solito lo stomaco sia pieno, eh… ma a metà pomeriggio l’alcool ingerito è un gradino sopra lo standard anche per Nikiforov 

 

Dai, Vitya… non farti pregare come al solito. Rispondi! 

 

La sfacciata confidenza con cui quella zecca invidiosa usa il diminutivo gli fa ribollire il sangue nelle vene e, se non fosse il signore che è, avrebbe già scaraventato il cellulare fuori dalla finestra per poi uscire e pisciare sui frammenti tutto l’alcool, la frustrazione e la stanchezza che ha addosso. 

Prima di lasciarsi andare a gesti poco eleganti, si pinza la radice del naso per alleviare la rabbia e sospira talmente forte da far alzare il muso di Makkachin dalla coscia su cui riposava. 

“Sta’ buona, piccolina… va tutto bene. Papà non è arrabbiato con te.” 

La cagnolina abbassa di nuovo la testa dopo avergli lanciato un lungo sguardo languido. 

 

E’ rimasto solo Yakov a potersi permettere di usare quel diminutivo familiare. Era Vitya per lui da quando lo aveva selezionato giovanissimo perché aveva visto in quel bambino aggraziato e sfrontato la stoffa ruvida del campione. Era poi stato Vitya per i suoi compagni di allenamento finché non li aveva sorpassati tutti demolendo ogni loro possibilità di primeggiare.  

Ma ora di quei pattinatori e di tutti quelli che lo avevano sfidato negli anni non era rimasto più nessuno. C’era solo lui, titano solitario assediato da giovani Dei agguerriti ma non ancora abbastanza forti.  

E c’era Yakov, mitologica creatura metà allenatore e metà minotauro mugghiante, con la bava alla bocca e prossimo all’infarto.  

 

Cosa dovrei aver visto? Le foto di Anyanka che si fa sbattere da tutta la nazionale di Hockey? 

 

Il sorrisetto di meschina soddisfazione che fiorisce sulle labbra di Victor è qualcosa che nessuno dei suoi innumerevoli fan ha mai visto e, se in questi anni è stato in grado di controllarsi abbastanza, nemmeno nessuno dei suoi avversari. Però il ragazzo gli fa pericolosamente saltare i nervi con tutta quella confidenza non concessa e non richiesta. Victor sa di oscurare tutti gli altri pattinatori e vede la frustrazione crescere negli occhi di Georgi che, a differenza sua, segue con molto impegno i consigli e le strategie dettate da Yakov ma non riesce mai a batterlo.  

Deve essere straziante ammirare qualcuno per il suo talento e volerlo, al contempo, superare. 

 

Ah, ah, ah… il solito Nikiforov. Non ti preoccupare, le foto di Anya che si fa sbattere sono tutte al sicuro nel mio cellulare. No, caro il mio cinque-ori-mondiali-e-non-vengo-più-in-pista… dico il video che hanno visto tutti. Quello che sta girando da qualche giorno.  

Certo che, fatto da uno più giovane, fa tutto un altro effetto. 

 

Che video? Di cosa diamine sta parlando?  

Victor sente una stretta di panico che gli attanaglia lo stomaco. Dopo i mondiali ha chiuso tutti i social e si è ritirato nel suo appartamento in beata solitudine per provare ad alleviare un po’ la tensione che lo sta divorando da mesi. Bevendo e dormendo, essenzialmente. E andando alla pista di pattinaggio quando può essere abbastanza certo di non incontrare i suoi compagni di allenamento. 

Cosa può essere successo in quel lasso di tempo senza che gliene arrivasse notizia resta un mistero. È però certo che non lascerà il fianco scoperto a quel signorino perfettino cocco della maestra. 

 

L’ho visto. È una stronzata. 

 

La risposta secca è un bluff in piena regola ma più di così non riesce a fare. Prima deve schiarirsi le idee e vedere questo maledetto video di cui, sembra, parlano tutti. 

 

Se lo dici tu. Però il ragazzino ci sa fare… gli mancano i salti, ovvio, ma ci sa fare.  

 

Video nuovo, ragazzino, salti, fatto da uno più giovane. Con solo questi indizi la mente analitica di Victor cerca di ricostruire le informazioni utili per risalire a questo fantomatico e imperdibile video. Apre a malincuore Instagram in cerca di notifiche interessanti e le foto di Chris in atteggiamenti a dir poco disdicevoli lo travolgono, ma alleviano per un secondo lo stato di angoscia che attanaglia. Non trova però niente di succoso. Prova allora una ricerca su Youtube e in breve tempo ottiene il risultato. 

Ignora le notifiche di altri messaggi di Georgi e fa partire il video. 

La qualità è quella di un cellulare e quindi le riprese sono un po’ tremolanti. Ci mettono un paio di secondi a stabilizzarsi e a inquadrare il soggetto. In sottofondo ci sono solo sussurri di vocine infantili che sembrano avere un tono urgente e lo stridio delle lame sul ghiaccio. Non c’è alcuna musica, solo la familiare eco di un palaghiaccio deserto in cui l’unico accenno di vita è un pattinatore che raggiunge il centro della pista, si chiude in un momento di raccoglimento e poi… beh, poi fiorisce. 

 

Quando la prima visione si conclude lo lascia in stato catatonico. L’ultimo suono che si sente è quello di una voce femminile che sussurra parole in giapponese che Victor non riesce a capire, ma che suonano piene di meraviglia. 

Kakkoi1 sente sospirare e Victor sente un brivido scorrergli dalla nuca alla base della schiena come se il destino l’avesse appena sfiorato. 

 

La sensazione è quella di essere appena stato investito da un tir in una strada che pareva deserta. 

 

Era il suo stramaledettissimo free. 

  

IL.SUO.STRAMALEDETTISSIMO.FREE. 

 

Non è davvero possibile, se lo sta sognando. È il suo fottutissimo libero, quello che gli ha regalato la quinta medaglia mondiale… che ancora giace abbandonata nella valigia sfatta. 

 

Su quel pezzo ci ha sudato lacrime e sangue. Non è stata tanto la parte tecnica – un’ottima preparazione l’ha portato a quella finale al top delle sue possibilità – ma tutta la parte artistica, interpretativa. Fedele al suo motto fai il contrario di quello che la gente si aspetta, ha scelto un pezzo che parla di fallimento.  

“Stay close to me” è un brano che accompagna Victor da lungo tempo anche se era scomparso dalla sua memoria per un po’, come molte delle cose importanti che gli sono capitate. 

 

La prima volta che lo sente ha 22 anni, ha vinto il suo primo mondiale e si sente in cima all’Olimpo. Glielo canticchia in un orecchio Stephane2 mentre se lo tiene stretto a letto dopo una lunga e soddisfacente maratona di sesso post gare. Non capisce una parola di quello che lo svizzero gli sussurra in un italiano sporcato dal suo delizioso accento francese, ma lo sta facendo con un sorriso affettuoso e divertito a cui Victor risponde altrettanto affettuosamente. Solo quando rialza il volto dal pube dell’altro intercetta una certa aria malinconica che non riesce a collocare.  

 

Chissà se Stephane stava già pensando al ritiro… che peccato, però. Ritirarsi a 25 anni perché sei talmente spaccato da non riuscire più a stare in piedi. Che fallimento! 

 

Se n’è poi dimenticato per anni, fino a quando, in pieno ritiro meditativo per partorire i nuovi programmi, non gli capita di nuovo nell’orecchio. Lo intriga a tal punto – complice anche il ricordo malizioso del pattinatore europeo – che cerca una traduzione per capirne il senso e poterlo coreografare. 

Sento una voce che piange lontano 
Anche tu, sei stato forse abbandonato? 
 
Orsù finisco presto questo calice di vino 
e inizio a prepararmi 
Adesso fa’ silenzio 
 
Con una spada vorrei tagliare quelle gole che cantano d'amore 
Vorrei serrare nel gelo le mani che scrivono quei versi d'ardente passione 

 

L’idea di pattinare un uomo abbandonato, solo e miserevole che piange le sue sconfitte e le sue perdite lo galvanizza. Lui è il più forte pattinatore di sempre, ha già vinto quattro mondiali senza quasi trovare resistenza, ha uno stuolo di ammiratrici e ammiratori da far invidia ad una pop star e il suo letto non è mai freddo ovunque si trovi in giro per il mondo.  

Come può essere un fallito? 

Quindi l’ispirazione lo ha travolto come un fiume in piena e ha fatto nascere il pezzo in una notte di creazione allucinata. Ha poi permesso a Yakov di discuterne la parte tecnica, sapendo già perfettamente come calibrare al meglio la prestazione. Da quello è uscito il suo quinto trionfo. 

 

Per lui doveva essere un’esibizione commovente, l’Opera gli ha sempre suscitato passioni intense che vengono dalle profondità del cuore umano. Ha puntato tutto sull’essere struggente, sul far muovere a compassione gli animi degli spettatori. Li vuole piangenti e disposti a tutto per alleviare le pene di un uomo ferito ma ancora puro di cuore. 

 

Questa storia che senso non ha 
Svanirà questa notte assieme alle stelle 
Se potessi vederti dalla speranza nascerà l’eternità 
 

Eppure la reazione che ha ottenuto è stata certamente intensa, ma non della qualità cristallina che aveva immaginato. Il ritorno che gli è venuto dai compagni di allenamento e poi dal pubblico è stato quello di un tormento appassionato, quasi torbido. Invece di una Madonna salvatrice ha invocato l’arrivo di una donna ammaliante che avrebbe volentieri intrecciato le proprie mani con le sue, le proprie gambe con le sue per dar pace alla sua brama. 

 

Le tue mani, le tue gambe, 
le mie mani, le mie gambe, 
 

È la prima volta che non è sintonizzato completamente con l’emozione che vuole suscitare, ma, una volta superato l’attimo di smarrimento iniziale, ha sfoderato un bel sorriso e dato ragione all’interpretazione comune. 

Il pezzo è intenso, piace. Tanto basta. 

 

*** 

Adesso però tutto quello che avrebbe voluto dire è lì, davanti ai suoi occhi. 

E lui ancora stenta a crederci. 

Alla fine della prima visione tutto quello che riesce a pensare è che un pattinatore che non è lui ha infuso il suo free di tutto quello struggimento innocente che ha inseguito così a lungo.  

 

Non è dannatamente possibile! 

E poi, chi cazzo è questo botolo? 

 

La cosa che fa più incazzare Victor è che non è riuscito a staccargli gli occhi di dosso per un solo secondo. Non ha bisogno della musica per seguire il pezzo, ma la cosa che lo manda in bestia (e se fosse almeno un po’ onesto con se stesso, lo fa marcire dall’invidia), è che nemmeno tutti gli altri spettatori hanno bisogno della musica per sentirla. È lì, avvolge come un panno caldo il giovane pattinatore, è tutta attorno a lui, è dentro di lui. E lui la mostra con una naturalezza che fa accapponare la pelle. 

 

Nessuno degli orpelli fatti per affascinare, niente costumi aderenti, niente musica sparata al massimo del volume consentito, niente ammiccamenti né saluti e inchini a fine gara.  

Niente di niente. 

Eppure lo avvince a sé e non lo molla fino alla fine. 

È riuscito dove Victor ha fallito. Questa esibizione racconta di un amore finito, di un uomo addolorato ma non annientato, che piange il suo struggimento senza essere effeminato – Victor ha visto abbastanza pattinatori diventare drama queen perdendo quel poco di testosterone e dignità nel tragitto dall’imbocco al centro della pista. Solo Stephane riusciva a pattinare con la grazia mascolina che sta ora esprimendo il giovane. 

Quello che ha visto è un ragazzo che si affaccia innocentemente alla maturità e che accoglie il dolore dentro di sé e ne fa tesoro; che non ha paura di mostrarsi debole, e questa è la sua grande forza. 

 

Un uomo di cui – se il russo fosse meno cinico – ci si potrebbe persino innamorare. 

 

Stammi vicino, non te ne andare 
Ho paura di perderti 
 
Le tue mani, le tue gambe, 
le mie mani, le mie gambe, 
e i battiti del cuore 
si fondono tra loro 
 
Partiamo insieme 
Ora sono pronto 

 

 

*** 

La seconda volta che lo vede comincia a notare i difetti. Certo, la magia non sparisce del tutto, ma l’occhio allenato di Victor gli segnala ogni sbavatura. 

Prima di tutto un pessimo gusto nel vestire – la vecchia tuta da allenamento non gli dona neanche un po’ – ma, soprattutto, e molto più grave, un pesante squilibrio alimentare… il ragazzo è un professionista (nonostante questa certezza, Victor non riesce minimamente a richiamarlo alla mente), ma è fuori forma. Certo, non è un maiale sui pattini, ma è indubbio che ha trasgredito alla rigorosa dieta da atleta. Eppure mantiene una fluidità e una grazia che non è sporcata dai chili di troppo… ecco, fosse più in forma sarebbe proprio un bel bocconcino. 

Un’altra cosa è legata puramente alla parte tecnica. Il giovane ha abbassato le difficoltà di quasi tutti i suoi salti. Ciononostante non si può non notare l’impegno profuso. Victor sente l’amore per il suo pezzo… quasi fosse una dichiarazione in piena regola. Nessun fan e nessun amante prima l’hanno fatto sentire così venerato. Non sa se esserne lusingato o travolto dalla rabbia. 

 

Come diavolo si permette di dare un altro senso al free? 

 

Alla fine della seconda visione la sensazione che gli ribolle nello stomaco è frustrazione. Quello che sembra però essersi attenuato è lo sterile e cupo disagio che lo sta accompagnando non sa più da quanto tempo. Quello che sente adesso è più una curiosità che gli mordicchia l’ego e lo fa stare sulle spine come un ragazzino al suo primo campionato nazionale: insomma, voglia di spaccare il culo al mondo e, insieme, terrore di spaccarselo sul ghiaccio.  

Tutta questa situazione lo diverte e lo irrita contemporaneamente. 

Ma più di tutto, lo incuriosisce scoprire da dove salta fuori questo ragazzo. Farebbe qualsiasi cosa per distrarsi perché la fatica, l’alcool e il sonno non lo quietano più… 

 

In un moto di insoddisfazione butta il cellulare sul divano e si alza di scatto. Makkachin si sveglia di soprassalto dal suo intorpidimento e reagisce con un abbaio spaventato. Victor perde un solo momento per una carezza rassicurante e poi comincia a spogliarsi sulla strada tra il divano e il bagno.  

Ha proprio bisogno di una lunga doccia chiarificatrice.  

 

*** 

Torna dalla doccia senza nessuna nuova idea ma con un paio di nuove fantasie masturbatorie su giovani pattinatori sconosciuti – con qualche chilo di meno – che devono essere rimessi al loro posto con una sana dose di sculacciate.  

Il tempo di asciugarsi velocemente, versarsi un altro generoso bicchiere di vino ed è pronto per la terza visione. 

Una punta di rabbia sorda ancora freme in sottofondo ma c’è anche un pungolo di sfida che non sente da tanto tempo. Nell’ultimo anno ha lavorato da bravo soldatino, inanellando allenamenti, esibizioni, gare e preparazione fisica senza mai davvero metterci il cuore.  

Adesso però sente un’ondata tra la curiosità e la provocazione.  

Chi è questo ragazzo? Perché ha investito tempo e passione per riprodurre il suo lavoro? Ma, soprattutto, perché non si ricorda di questo pattinatore che sicuramente deve aver incontrato almeno ad un galà o a un’esibizione? 

 

È arrivato il momento di scoprirlo. 


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1. Kakkoi: dovrebbe essere cool, figo, in lingua giapponese
2.  
Stephane Lambiel è l’ex pattinatore che nelle ultime puntate fa la sua apparizione come commentatore e che saluta Victor in francese dicendogli una cosa tipo “è tanto tempo che non ci vediamo”. Ecco, da questo mi si è aperto un mondo in testa in cui Victor mi ha raccontato di essere stato anche lui un giovane pattinatore affascinato da pattinatori più maturi ed esperti. Quello che Yuuri prova per Victor, Victor lo ha provato per Stephane… per il vostro piacere, questo è Stephane che vince i mondiali nel 2006. Mi commuove ogni volta che lo vedo. 
 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Eccoci qui con un nuovo capitolo! Finalmente Victor si ricorderà dove ha visto questo benedetto ragazzo di cui non sembra avere memoria. 
Se qualcuno non si ricorda le foto di cui parla Chris li lascio un link dove guardarle... sono davvero davvero evocative!
A questo link potrete trovare un'immagine di Max.

 

*** 

Chi è? 

 

Con Chris non servono tanti preamboli. Gli ha girato il link del video, ha scritto il messaggio e adesso attende risposta. Gli arriva però qualcosa che non si aspetta: una serie di faccine che sghignazzano. Victor davvero non ci trova niente da ridere. 

Prende un respiro profondo per impedirsi di scagliare il telefonino fuori dalla finestra, di nuovo, e replica all’amico. 

 

Chris, che cazzo hai da ridere? Ti ho chiesto chi è… 

 

La successiva sorpresa viene dall’avvio di una videochiamata da parte del pattinatore svizzero. 

Bonsoir, bijou.” 

Esordisce Victor con un tono talmente perplesso da far scoppiare a ridere l’altro appena l’immagine smette di tremolare e si assesta sul primo piano del russo. 

Je suis désoléchouchou.” 

Cerca di rimediare Chris, mentre ancora le risatine gli fanno sussultare le spalle, usando uno dei loro nomignoli scemi. Il cipiglio di Victor si scioglie in un sorrisetto furbo e la frase successiva è pronunciata con un tono molto più denso. 

“Ti mancava così tanto il mio bel faccino? Come mai mi hai videochiamato?” 

Chris non risponde immediatamente, ma volta la fotocamera per inquadrare la schiena nuda di quello che Victor sa per certo essere il suo manager sdraiato accanto a lui, addormentato. L’immagine successiva è un flash di Bae che preme i gommini sul piumino accanto ad un libro e poi l’inquadratura torna su Chris.  

“No, caro… non mi manchi per niente. Volevo solo vederti in faccia per capire quanto mi stai prendendo per il culo.” 

Victor inarca un sopracciglio, la conversazione si fa più strana di minuto in minuto. 

“Mi sembra di capire che dovrei conoscerlo meglio di quanto non stia facendo 

Chris, di nuovo, non riesce a trattenere una risata e Victor percepisce un movimento, un fruscio e una voce assonnata che si lamenta. Il cellulare viene appoggiato e, per un attimo, ha la visione del soffitto della stanza da letto. Il tempo dello schiocco di un bacio e poi Chris ritorna inquadrato. 

“Andiamo di là… Max è esausto da quando sono tornato.” 

Questa volta è Victor a ridacchiare e Chris gli risponde con un occhiolino molto fiero di sé. 

 

“Allora questo fenomeno di Youtube?” cerca di riportare la conversazione sui suoi personali binari d’interesse. 

“Oh, non pensavo ci mettessi così tanto a chiamarmi. Non vedevo l’ora di assistere alla tua reazione.” 

Chris gli dà l’impressione che ci sia qualcosa di più sotto… qualcosa che lui ancora non riesce a inquadrare. È stanco di sotterfugi, è stanco di fingere di essere sempre all’altezza, di sapere tutto quello che c’è da sapere. Almeno con Chris si deve poter rilassare. 

“Christophe, mi vuoi dire una buona volta chi cazzo è questo botolo?” 

Il tono vorrebbe essere leggero, ma vibra di una tale insofferenza da far arricciare le labbra allo svizzero.  

“Dimmi che stai scherzando… no, ti prego. Dimmi che è tutto uno scherzo. Perché se non lo è, le cose sono due: o hai un grave caso di amnesia oppure quella è una cosa che ti capita spesso… e persino per te è un po’ troppo!” 

La stretta allo sterno che aggredisce Victor è quella da salto sbagliato in competizione. Il dolore che si irradia sotto le costole e nello stomaco è un’ondata di calore acido che ormai conosce molto bene.  

Si morde a fondo il labbro inferiore e, incanalando il dolore ad un livello più fisico, riesce a tenere sotto controllo l’ondata di furia che rischia di travolgerlo. Chris intercetta il cambio di espressione e si acciglia. 

“Victor…” lo richiama con un sussurro. Chris ha un’idea di quanta sofferenza e quanta solitudine ci sia dietro il sorriso radioso e l’occhiolino ammiccante di un pattinatore, soprattutto quando è solo in cima alla montagna come il russo. 

Tous bien.” Gli risponde prima di portarsi un bicchiere alle labbra e bere un sorso di vino. Dopo questa piccola pausa, la maschera di serenità torna integra sul viso di Victor; può quindi interrogare lo svizzero. 

“Direi che l’amnesia ha fatto un’altra vittima. Chissà quanti cuori infranti ho lasciato sulla mia disinvolta scia.” La battuta è un po’ fiacca e lo sanno entrambi, ma Chris ridacchia per educazione e mantiene un tono leggero. 

“No, non mi stai prendendo in giro… sei più grave di quanto pensassi. Facciamo così, ti mando un paio di foto e vediamo se ti torna in mente qualcosa.” 

Il tempo di trafficare un po’ sul cellulare e poi Victor sente il bussare discreto di un messaggio.  

“Aspetta, voglio vederti quando le apri!” il tono di Chris è quello di un ragazzino che ha appena fatto un bel regalo e aspetta solo un sentito ringraziamento. 

La faccia di Victor gli dà la soddisfazione di cui aveva bisogno… e la certezza che davvero non ricordasse uno dei banchetti post galà più memorabili a cui avesse mai partecipato. 

 

*** 

 

Victor non crede che un paio di foto possano svelargli l’arcano che gli ha rovinato il pomeriggio, o almeno dato una scossa al grigio torpore in cui era sprofondato. 

Si deve però immediatamente ricredere perché quello che vede ha ben poco di velato. La selezione di immagini è così da Chris da farlo sorridere persino nello sbalordimento. 

Sa che l’altro uomo gliel’ha mandata con l’intento malandrino di servirgli il giovane sconosciuto – e se stesso – nel modo più appetibile possibile, eppure quello che lo colpisce immediatamente non è il lato sessuale ma quello artistico. Le linee perfette dei due corpi tesi nello sforzo lo fanno sospirare. La propria inveterata formazione classica e l’occhio del coreografo in lui lo portano ad apprezzare come armoniosa e d’impatto la composizione dei corpi davanti a lui, mentre il fatto che il suo cazzo si risvegli a fatica guardando due giovani maschi magri, muscolosi, avvinghiati e praticamente nudi un po’ gli dà da pensare. 

 

“Mi sembra ti piaccia quel che vedi...” sente il sussurro divertito di Chris, ma quasi non ci fa caso. Quel che vede è Chris in spaccata a testa in giù appeso ad un palo da lapdance con addosso un paio di mutande talmente minimali da nascondergli appena tutto quel bendidio di cui la natura l’ha dotato. Non che sia la prima volta che Victor vede Chris così poco coperto e così tanto… aperto. Ma non è lo svizzero che attrae la sua attenzione e gli rimescola qualcosa nei pantaloni come non succede da un po’. 

È quel giovane sconosciuto che lo turba. Il fatto che sia completamente nudo, tranne per uno striminzito paio di boxer scuri, e che sia teso per lo sforzo di tenere la posizione, evidenzia la sua magrezza e, insieme, la definizione accurata dei suoi muscoli. La pelle chiara, in contrasto con la perenne abbronzatura di Chris, provoca in Victor uno sciocco turbamento, come se non avesse mai visto un uomo nudo e sentisse l’irrefrenabile desiderio di toccarlo. 

“La prima è la mia foto preferita ma in quella che ti mando adesso ha uno sguardo che potrebbe aiutarti a ricordare...” La voce di Chris lo strappa dalle sue fantasie e fa appena in tempo a mugugnare il suo assenso prima che gli si apra davanti una seconda visione del pattinatore sconosciuto e di Chris. Questa volta sono avvinghiati tra loro e il ragazzo sostiene lo svizzero, tenendolo agganciato. Sono due i dettagli che smuovono qualcosa dentro Victor, come un piccolo sassolino che sta per provocare una valanga: uno è la mano a coppa che accoglie e protegge la nuca di Chris e l’altra è l’intensità dello sguardo che riserva al sorriso divertito dello svizzero. L’animo romantico di Victor, seppellito sotto tonnellate di cinismo e scopate facili, non sa cosa darebbe per essere guardato così. 

 

“Ancora niente?” chiede Chris e al suo diniego scuote la testa – mandando fuori fuoco l’immagine per un secondo – per poi continuare: “Victor, sei preoccupante… davvero non te lo ricordi?” 

Il russo scrolla le spalle infastidito. Questo gioco gli pesa già da un po’. Basterebbe che gli dicesse cos’ha di tanto speciale questo ragazzo e la facesse finita per una buona volta. Però non riesce a smettere di guardare le foto che Chris gli ha mandato. 

 

“Ok, te ne mando ancora una e poi ci rinuncio… ma tu ti devi far curare.” borbotta l’altro.  

Basta solo il tempo che l’anteprima passi da sfocata a nitida perché il cervello di Victor si apra e finalmente la memoria si sblocchi. Nell’immagine questa volta c’è lui stesso che si esibisce in un casquet molto elegante. Si tiene aggrappato alla nuca del giovane pattinatore che sembra sostenerlo solo con la pura forza di volontà, anche se l’intensità con cui i muscoli della schiena tendono la camicia manifesta un nervo non trascurabile. Sono entrambi vestiti e Victor sta ridendo divertito e libero, ma lo sguardo del ragazzo è talmente denso e carico che Victor si sente completamente nudo. 

 

In un attimo Victor ha la visione di quegli occhi piantati addosso; sente il peso di un corpo accaldato premuto contro il suo e l’ombra fantasma di un bel paio di labbra calde a pochi millimetri dalle sue che mormorano imploranti in quel tono cantilenante che prendono gli asiatici quando parlano inglese: 

 

Victorube my coachy!” 



***

Come una pellicola che riavvolge il film a velocità doppia Victor rivede il Grand Prix dell’anno prima. La sua vittoria, certo, ma soprattutto quel giovane pattinatore giapponese che si è qualificato tra i primi sei ma poi ha buttato via la sua gara solo per un grave attacco di ansia da prestazione. 

Victor si ricorda di aver proprio pensato che mancasse una solida base di autostima, pensiero subito smentito dall’esibizione al banchetto post gara. A Victor è rimasta impressa questa mescolanza di timidezza e forza, non sa come altro definire l’onda di energia inconsapevole che sembra emanare da quel ragazzo. Si è sentito i suoi occhi addosso per tutto il tempo delle gare, ma non è mai riuscito a incrociare il suo sguardo, sempre coperto dalle lenti. Trova molto tenero il suo portare gli occhiali; molti pattinatori sono miopi, forse a causa della rifrazione della luce sul ghiaccio, anche Chris li porta e quando lo fa sembra quasi una persona seria. Lui però sembra usarli come una maschera dietro cui nascondersi; indossati, sembra una bambolina insicura, quando li toglie, beh, scatena la sfacciata poledancer che è in lui. 

Quello che si ricorda meglio è la quantità smodata di messaggi contrastanti che gli ha mandato durante i tempi morti delle gare e a quel fatidico banchetto. Da una parte quella ritrosia timida tipica di qualcuno che si trova davanti ad un idolo, fino ad essere quasi freddo in alcune occasioni, come alla fine delle gare, quando gli ha rifiutato una foto assieme. Dall’altra quella disinibita audacia – aiutata molto probabilmente da un uso disinvolto del bar del locale – che lo ha portato a spogliarsi senza nessun imbarazzo e finire appeso al suo collo ad una distanza che Victor, di solito, riserva a posti più intimi con qualcuno che vorrebbe sentire completamente dentro o attorno. 

 

Victor non sa dare un’interpretazione convincente a tutto questo, ma, per una volta, non avere il totale controllo della situazione e tutte le informazioni a sua disposizione non lo terrorizza… anzi, accende una scintilla di sfida che gli manca da tanto tempo. 

 

“Ok, non mi ricordo come si chiama… ma almeno mi ricordo del giovanotto. Certo, molto più in forma e molto più nudo...” 

Victor risponde alla domanda inespressa di Chris e l’altro annuisce convinto prima di replicare “… e molto più ubriaco, vorrei aggiungere. Non che io, tu e, ci posso scommettere, quel diavoletto biondo che vi portate dagli junior fossimo più sobri.” 

“No, Yuratchka non ha toccato una goccia d’alcool. Ha appena 15 anni e c’era mastino-da-guardia-Yakov a badare a lui…” Victor scuote appena la testa con affetto al pensiero del suo allenatore. “Non so come abbia fatto a non morire ancora d’infarto, con tutto quello che gli abbiamo fatto passare noi e quello che gli faranno passare le nuove leve.” 

Chris annuisce, dandogli ragione. Sono tutti atleti professionisti, certoma sono anche ragazzi molto giovani lontani dalle loro famiglie per un lunghissimo periodo di tempo, a stretto contatto con ragazzi e ragazze della loro stessa età e, cosa più peccaminosa, con giovani più grandi con interessi e possibilità da adulti 

Tutte le iniziazioni che può avere un adolescente – alcool, sesso libero, droghe rigorosamente lontanissime dalle gare – sono a disposizione abbastanza facilmente. Con tutti i vantaggi e i pericoli della situazione. 

“Comunque il ragazzo, come lo chiami tu, si chiama Yuuri Katsuki ed è la punta di diamante della federazione giapponese di pattinaggio di figura maschile. Lo so che voi russi non avete idea che ci siano altre nazioni che pattinano, ma non è da sottovalutare.” Chris fa una piccola pausa e poi rettifica la sua ultima frase. “Ok, non era da sottovalutare prima di questa ultima stagione. Dal Gran Prix, dove ci ha fatto vedere il meglio di sé fuori dalla pista, non ne ha azzeccata una. Prima però poteva sembrare una sfida interessante.” 

Victor rimane un po’ perplesso per tutte le informazioni fornite. Da quando Chris si interessa così tanto agli altri pattinatori? 

Lo svizzero sembra leggergli nel pensiero perché immediatamente replica al suo sguardo dubbioso. 

“E’ inutile che fai quella faccia… Sì, mi sono interessato al ragazzo. Volevo capire come aveva fatto a fare così schifo in pista e, comunque, essere riuscito a venire a letto con te...”  

L’espressione sbalordita di Victor vale più di mille parole. Non può essersi davvero portato a letto questo ragazzo ed essersene dimenticato. Quello sì che sarebbe da ricovero. 

Per fortuna un paio di flash lo aiutano a ricostruire la verità: uno è Celestino, l’allenatore di… Yuuri – bisognerà pure cominciare a chiamarlo con il suo nome – che lo accompagna all’uscita dopo averlo fatto rivestire sommariamente e l’altra immagine è quella del soffitto della sua camera che deve aver fissato per dieci minuti buoni quella sera, da solo e con il pigiama addosso, finché questo non ha smesso di vorticare nel delirio alcoolico. 

Quindi no, non ha conquistato le grazie del giovane pattinatore giapponese… Peccato, il Sol Levante manca dalla sua collezione. 

“No, Chris, ti giuro che non…” prova a schermirsi, ma l’altro lo interrompe subito. 

“Dai, Vitya, non fare il gentiluomo, ti prometto che non spettegolo in giro.” 

 

No, non è rimasto solo Yakov ad avere il permesso di chiamarlo Vitya… 

 

“Non sto facendo il gentiluomo, ti posso giurare sulla reliquia di San Nicola che non ho fatto sesso con quel ragazzo…” 

“Non mi diventare blasfemo che se ti sente J.J. poi sclera4…” Entrambi sorridono al pensiero del loro religiosissimo avversario, “questo sì che è davvero incredibile. Abbiamo tutti pensato che lo show fosse continuato in camera in forma più privata e che questo video fosse, beh…” Victor non può crederci ma Chris ha appena deviato lo sguardo come se fosse imbarazzato per quello che sta per dire “… fosse una dichiarazione d’amore.” 

“COSA?!” strilla Victor in maniera ben poco mascolina e Chris gli risponde con un gesto affettato della mano. 

“Victor, non è da te non accettare i doni che la vita ti porge su un piatto d’argento! Mancava solo che ti calasse i pantaloni e te lo succhiasse in mezzo alla sala.” 

Victor ha un brivido per l’immagine suscitata, poi però si incupisce. 

“Chris, era ubriaco fradicio.” 

“Questo non ci ha mai impedito di farci scopate da urlo.” lo rimbrotta l’altro, prima di cambiare discorso. “Quindi questo video cosa significa?” 

 

Victor non ha la più pallida idea di quale sia la risposta a questa domanda. Chris ha buttato lì la possibilità concreta che ci sia molto di più di un interessamento puramente atletico e artistico e Victor è solleticato dall'idea che il giapponese, dopo avergli fatto tutte quelle avance a Barcellona, voglia mandargli un messaggio forte e chiaro via web. 

 

Che pensiero eccitante! 

 

“Hai ragione tu, non mi è mai successa una cosa del genere e non so che cosa voglia dire tutto questo…” riflette il russo battendosi un dito sulle labbra nel suo gesto così tipico.  

“Bisognerebbe chiederlo a lui” butta lì senza pensare Chris. 

Il volto di Victor si trasfigura; gli occhi gli brillano di una luce malandrina e il sorriso che gli fiorisce sul volto gli toglie almeno dieci anni di stanchezza. 

“Che idea geniale!”  

Lo sguardo di Chris passa da divertito ad allarmato in un secondo perché non ha mai visto quell'aura demoniaca negli occhi azzurri del russo.  

“Victor? prova ad attrarre la sua attenzione, ma già vede la serie di programmi criminali che sfrecciano alla velocità della luce nel cervellino iperattivo dell'altro uomo. 

Christophe, sei un genio! Poi ti faccio sapere. Adieu, ma jolie.” Victor non gli lascia il tempo di replicare prima di chiudere la telefonata. Chris resta ad osservare lo schermo del telefonino per qualche attimo con la sensazione che il destino si sia messo in moto e non sia più possibile fermarlo.   

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1.
Sempre colpa di ElinaFD che mi ha fatto notare che J.J. si fa il segno della croce quando entra in pista… ad ognuno il proprio gesto scaramantico.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - conclusione ***


Eccoci qui arrivat* all'ultimo capitolo! Spero vi siate divertit* fino a qui e che anche quest'ultimo capitolo possa darvi soddisfazione. Ringrazio tutt* quell* che hanno avuto un pensiero gentile per questa storiella e che mi hanno letto e commentato. Come ho già scritto questa storia è pensata per mostrare quello che, dal mio punto di vista, ha spinto Victor a mollare tutto e precipitarsi in Giappone... come prosegue la vicenda è compito dell'anime raccontarcelo!
Dopo le note ho trascritto il testo di Stay by me... galeotto il libero e chi lo pattinò!

Grazie ancora e buona lettura!
 

***  

Nakanaide!” Victor abbassa lo sguardo e incontra quello di un bambino davvero molto carino. Lo fissa senza capire e il piccolo, con l’ostinazione che hanno solo i nanerottoli di tre anni – e Yuratchka  -, gli ripete esattamente le stesse parole incomprensibili. Per sottolineare il concetto gli porge il suo pupazzetto agitandolo un po’. Visto che Victor si ostina a non volerlo comprendere, si volta verso la mamma e, battendo il piedino a terra con un moto di stizza, chiede imperioso il suo aiuto. La giovane donna che lo tiene per mano gli riserva uno sguardo carico di dolcezza e poi fa un cenno di scusa con la testa verso lo straniero.  

“Don’t cry,” sussurra e il bambino le riserva un rigido inchino pieno di condiscendenza prima di salutare Victor con la manina occupata dal suo giocattolo. Mentre i due se ne vanno Victor li guarda perplesso, perché non sta piangendo. Come riprova si porta una mano al volto e, sorprendentemente, sente la guancia bagnata. Scuote la testa e  torna a fissare il tabellone dei treni mentre, senza che se ne renda conto, le lacrime continuano a scendere.  

 

Perché sto piangendo? 

 

Victor è imbambolato di fronte allo scorrere lento delle stazioni e degli orari in kanji e in inglese. Sa che tra pochissimo attirerà l'attenzione di un addetto alla sicurezza perché un gaijin5 come lui non passa inosservato. Un uomo adulto che piange, con i capelli biondo platino e gli occhi azzurri sopra una marea nera con gli occhi neri, non riesce a rendersi invisibile. Non ha modo però di muoversi da lì. 

 

Ma poi perché sto piangendo? 

 

Se si guarda dentro quello che sente è un gran sollievo e, di solito, quando ci si toglie un peso si è contenti, non si piange. Non sa spiegare quanto siano state liberatorie le 48 ore successive alla fine della chiamata con Chris. 

 

Ha fatto immediatamente alcune telefonate. Prima quella più facile, a Dimitri, il team manager che si occupa di organizzare anche le loro esibizioni, per dirgli che quest'anno non ci sarebbe stato. Alla sua domanda se volesse alleggerire un po' il carico, perché lo vedeva che era un po' spompo, Victor ha esitato. Quella è la sua ultima possibilità di rimangiarsi tutto e non buttarsi a capofitto in una follia che può essere un disastro assoluto per la sua carriera e quindi per la sua intera vita. L'esitazione dura solo un attimo e poi Victor fa quel passo che lo getta nell'abisso: “No, mi prendo una pausa tutto l'anno e sperimento nuove cose.” 

Il silenzio è più pesante di un macigno. Dopo qualche secondo la voce di Dimitri è un tono più bassa. 

 

Victor, non sei più un ragazzino.” Non c’è critica, solo una semplice constatazione. 

 

“Lo so.” La risposta è secca e decisa. 

 

“La scelta è tua, come le conseguenze. 

 

“Lo so. Non servono altre parole, lui ha già deciso. 

 

“Lo hai già detto a Yakov? 

 

Il sospiro di Victor è un chiaro tentativo di perdere tempo e l'altro se ne accorge immediatamente. La risata che esplode è più simile ad un latrato e sblocca la tensione cauta che si è creata tra i due uomini. 

 

“Sento che le mie disgrazie portano un po' di gioia nella tua vita miserevole e solitaria... scherza Viktor con un tono fintamente indispettito. 

 

“Non dirò che te la sei cercata, perché già lo sai... però vorrei esserci quando lo chiami. Voglio vedere se, a forza di urlare, gli esplode la testa.” 
 

“Sei una persona davvero crudele.” 
 

“Non sono io che cerco di uccidere il mio allenatore un giorno sì e l'altro pure.”   

 

Il tono finora è rimasto leggero, ora però torna ad essere cauto. 

“Victor, a me puoi dirlo. Lo ufficializziamo quando lo riterrai più opportuno ma ti stai ritirando? 

 

Victor sente un tuffo al cuore a quelle parole ma non ci vuole badare. 

 

“No, ma no che non mi ritiro. Te l'ho detto, prendo una pausa e sperimento cose nuove.” Uno sbuffo poco convinto è l’unica risposta, così Victor continua: “Non ti preoccupare, sarò di ritorno prima di quanto ti aspetti. Salutami la tua bella famiglia.   

 

La seconda telefonata è molto più complicata. Le urla sono cominciate quasi subito e assieme a quelle le accuse di poca serietà, menefreghismo e di fare capricci immotivatiVictor ha costruito negli anni una corazza molto spessa alle sfuriate di Yakov ma ogni tanto si chiede come facciano i pattinatori più giovani a non soccombere. 

 

Siamo tutti dei sopravvissuti. 

 

Quando Yakov fa una pausa prima di ripartire alla carica, lo sente ansimare nel ricevitore. In un lampo di illuminazione si rende conto che il suo allenatore è stanco, vecchio e, cosa più incredibile, spaventato. Non per se stesso, lui ha altri mille pattinatori da seguire e crescere.  

No, Yakov è spaventato per Victor, terrorizzato dalla possibilità di lasciarlo andare e non essere più in grado di proteggerlo e riportarlo a casa, in pista, sano e salvo. 

 

Yakov, lasciami andare. Lo sai che lo farò che tu lo voglia o no.”  

Con la nuova consapevolezza appena acquisita, il tono è più gentile di quanto fosse un minuto prima mentre cresceva dentro di lui il fastidio per tutte quelle sceneggiate. 

 

Ma cosa vai a fare in Giappone? Il ragazzo ha mollato persino il suo allenatore e non riesce a stare neanche in piedi sui pattini.” Il tono ha preso una cadenza stanca, quasi implorante, se fosse mai possibile da Yakov. Non è però il tono che ha colpito Victor, piuttosto le informazioni che veicola. Aveva mezza idea di offrirglisi ufficialmente come coreografo… e poi tutta una serie di altre offerte ufficiose che hanno più a che fare con nudità e superfici orizzontali piuttosto che il ghiaccio e il freddo. Quello che però gli ha appena detto Yakov gli fa scattare dentro una campanella. 

 

“Vado io a fargli da allenatore!” risponde tutto tronfio per la bella pensata.  

La risposta di Yakov si perde nello scontro tra il telefonino e la vetrata verso cui l’uomo lancia l'apparecchio. 

 

*** 

 

Le mosse successive sono tutte molto più meccaniche e meno emotive. Ormai la decisione è presa, bisogna solo mettersi per strada. Certo, c’è stato quell’addio strappalacrime da film francese sulla Neva al tramonto con Yakov che lo scongiura di non partire e lui che si dispera e gli promette di tornare… Se ci pensa bene non è andata proprio così, anzi, c’erano state più urla e più prese in giro, ma Victor tende a dimenticare un sacco di cose, si sa. 

 

Dopo un viaggio di 14 ore, con scalo a Tokyo, avendo pagato un viaggio di sola andata e un piccolo aiutino in modo che Makkachin viaggi con lui e non abbia problemi al confine, e dopo aver realizzato di aver appeso i pattini da competizione virtualmente al chiodo, eccolo lì a fissare senza vederla la sua prossima meta.  

Si passa una mano sugli occhi per asciugarsi le lacrime in un gesto infantile che non è da lui e si mette in moto. Non ha bisogno di attrarre l’attenzione più di quanto già fa – ha intercettato delle occhiate d’apprezzamento quasi impercettibili su quei volti orientali che sembrano così impenetrabili. Ha invece necessità di capire come raggiungere Hasetsu e quindi il suo nuovo disponibilissimo protegè 

 

Si avvicina con molta più circospezione di quanto gli sia usuale ad un banco informazioni. Sembrano sapere tutti dove andare e sfrecciano ad una velocità supersonica sulle loro gambette magre e scattanti e lui invece si sente solo perso 

Victor non si è mai sentito così straniero come adesso. Per quanto la sua altezza non lo faccia sembrare un gigante tra nani, la popolazione media è qualche centimetro più bassa. Sono però i suoi capelli biondi - in un paese dove il colore naturale predominante è il nero con punte di colore date dall’esercizio costante di decolorante e tinte - i suoi occhi azzurro ghiaccio e la sua aria inconfondibilmente occidentale che lo identificano immediatamente come diverso, estraneo.  

Forse, per quanto abbia viaggiato in giro per il mondo ed sia stato a contatto con molte altre nazioni, l’ambiente protetto dei palazzetti e del pattinaggio non l’ha preparato allo shock culturale che lo colpisce una volta che si trova da solo in terra forestiera. 

La fila davanti a lui scorre ordinata e solo questo gli sembra un miracolo rispetto al disordine e alla prepotenza europea. Quando è il suo turno abbozza uno sgangheratissimo “Konnichiwa” a cui la ragazza risponde con un breve cenno della testa e un sorriso leggero. Il silenzio tra loro si protrae e la ragazza comincia a inarcare un sopracciglio gettando un’occhiata alla fila che si allunga dietro Victor. 

Penserà che sia un totale idiota. 

Molto probabilmente è esattamente quello che pensa la ragazza, ma lei riesce a mantenere la sua espressione immutabile mentre quella di Victor sta diventando sempre più imbarazzata. 

Could I help you?” 

Lo salva alla fine e Victor può finalmente espirare tutta la sua tensione.  

Alla fine, grazie all’inglese della ragazza e di una provvidenziale cartina e di un orario che lui possa capire, ottiene le informazioni necessarie.  

Il viaggio in treno gli fa due regali inaspettati: prima di tutto un po’ di tempo per prendere fiato e fare programmi. Questi ultimi due giorni sono stati frenetici: sistemare tutte le questioni lavorative rimaste aperte, trovare dove vive il ragazzo, fare i biglietti necessari, scegliere cosa mettere in valigia e chiudere casa per un tempo indeterminato gli ha lasciato appena il tempo per respirare, non certo quello per decidere cosa avrebbe fatto una volta trovato il giovane che ha messo così tanto impegno nel cercare di mettersi in contatto con lui.  

L’altro regalo è qualcosa che pensava fosse solo un’esagerazione turistica: la fioritura dei ciliegi. Ha sempre pensato che questa passione tutta giapponese per degli alberi in fiore avesse qualcosa di lezioso, non riteneva possibile esaltarsi per qualcosa che dura pochi giorni e ritorna tutte le primavere. Eppure, guardando fuori dal finestrino del treno, si deve rendere conto che ha qualcosa di magico proprio perché è tutto così effimero. Come la giovinezza, così potente, così piena di promesse e così fugace.  

È necessario prendersi tutto quello che si può finché si può… perché poi non c’è più vita. 

È proprio quello che vuole ottenere da questo ragazzo, la sua giovinezza, la sua vitalità. Vuole sentire di nuovo cosa vuol dire affacciarsi all’esistenza, essere innocente. Qualcosa che lui non è da molto tempo. Sarà divertente! 

 

 *** 

 

   

Il viaggio in treno all’alba in un Giappone rurale, molto diverso da quello delle grandi città, gli dà una sensazione quasi surreale. Sono appena alle nove del mattino ma per lui sono le tre di notte a causa del fuso orario; la stazioncina, che sembra più una fermata della metropolitana, è quasi deserta perché i pendolari sono già passati e di turisti se ne vedono pochi. L’intontimento e il leggero mal di testa lo avvolgono in un torpore che lo rende più lento e molliccio senza che sia una sensazione necessariamente fastidiosa. A causa dei suoi sensi appannati, ci mette un po' a decifrare alcuni cartelloni che tappezzano le pareti della stazione. Quando però capisce, un formicolio delizioso gli solletica il basso ventre e un sorriso denso di cupidigia gli cresce sulle labbra. Le foto del suo appetibile ragazzo, scattate durante un'esibizione, fanno capolino su tutti i muri e non possono dargli un benvenuto migliore. 

 

Una volta uscito dalla stazione con ancora addosso un sorrisetto di anticipazione, non ha bisogno di alcun aiuto per trovare la strada. Aggiusta il guinzaglio di Makkachin dandole una lunga grattata dietro le orecchie per rassicurarla - e per prendere coraggio-,  afferra la maniglia del suo trolley e attiva Google Maps per farsi guidare a destinazione. La passeggiata lo porta a scoprire un paesino con un un passato turistico molto florido e che adesso si barcamena come può.  

Il paesaggio è tutto coperto di neve e il contrasto del bianco con il rosa dei sakura in fiore ha qualcosa di toccante. 

Makkachin sembra molto eccitata e tira il guinzaglio per buttarsi a giocare nella neve; Victor fa fatica a tenerla a bada e si rende conto che non si è minimamente preoccupato di informarsi se sarebbe stata benaccetta alle terme. Beh, una soluzione si troverà. 

Perso com’è nei suoi pensieri giunge a destinazione prima di quanto si aspetti e si trova davanti a quella che sembra una locanda tradizionale giapponese uscita direttamente da un film di Miyazaki. Davvero deliziosa. 

 

Anche se l’aria è pungente si attarda a fare delle raccomandazioni di bon ton a Makkachin che lo guarda attenta, si aggiusta la giacca addosso, si toglie dell'invisibile polvere dalle spalle, sistema i guanti, prende un respiro profondo e poi si tuffa all'avventura. 

“Konnichiwa,” esala Victor in un atrio vuoto. Gli interni in legno gli trasmettono un senso di ospitalità e grande tranquillità. Un bel posto dove riprendere fiato. 

Si è fermato proprio all'ingresso perché davanti a lui c’è un’ordinata fila di scarpe con uno scalino che sembra delimitare l'accesso. La mano scatta in maniera automatica a liberarsi delle calzature... dopotutto anche in Russia è un segno di buona educazione. Quindi l'ondata di cinguettii ad una velocità supersonica lo investe proprio quando è a capo chino, in bilico su un piede solo, mentre si scioglie i lacci. 

Victor alza lo sguardo con lentezza e incrocia gli occhi espressivi di una donnina paffuta e sorridente che continua a pigolare senza che lui possa in qualche modo interagire sensatamente. A quel punto lui decide di fare quello che gli riesce meglio: sorride affascinante e allarga le braccia in segno di resa. 

Eigo6?”  chiede la donna, ma all’espressione attonita di Victor tenta di nuovo: “Ingurishi7?” così dolce e conciliante che l’uomo quasi si intenerirebbe se non fosse scalzo, con la valigia accanto, Makkachin fuori al freddo e stanco morto per il viaggio. In un lampo di genio si rende conto che lo spiritello incarnato in quel donnino gli ha appena chiesto se parla inglese… o almeno lo spera. Così annuisce convinto e ripete: “English, please.” 

La donna batte i palmi contenta come una bambina e gli lancia un’occhiata di apprezzamento che fa sentire Victor più a disagio di quanto pensasse possibile. Lei sparisce dietro quello che sembra un paravento e poco dopo torna con una donna più giovane che fa inarcare un sopracciglio sorpreso a Victor: ha visto pattinatori nella propria categoria più femminili di questa ragazza.  

Non sarà certo lui a fare alcun commento. 

Buongiorno, io sono Mari.” Interrompe i suoi pensieri parlando in un inglese passabile con quella cantilena così tipica da farlo sorridere. 

“Buongiorno. Meno male che c'è qualcuno che parla inglese, altrimenti non so proprio come avrei fatto…” 

È un chiaro tentativo di esercitare il suo charme, ma la donna lo guarda per niente colpita. Anzi lo squadra da capo a piedi come se cercasse qualcosa e poi lo fissa sfacciata in volto finché un'illuminazione sembra dilatarle gli occhi in un'espressione sorpresa e compiaciuta. Victor sa che è appena successo qualcosa, non gli resta che aspettare l'evolversi della situazione. 

“Avrei bisogno di una camera per un po' di tempo... e ho un cane.  Lei non lo fa neanche finire prima di mettersi a gorgheggiare con un tono spiccio con l'altra donna. Ovviamente Victor non comprende una parolama gli sembra di avere intercettato qualcosa che assomiglia Yuuri e Vicchan e il suo sorriso acquista una sfumatura più compiaciuta.  L'altra donna dapprima sembra dubbiosa, ma poi torna a pigolare con grande entusiasmo che viene subito placato con uno sguardo carico di ammonimento. A quel punto li lascia soli ma se ne va ancora ridacchiando, tenendo una mano davanti alla bocca come una ragazzina. 

“Il cane lo puoi far entrare.” Gli dice la ragazza mentre lo supera, scende dal gradino e si infila un paio di ciabatte da esterno con un movimento aggraziato che proprio non si aspettava da lei. Non gli dà il tempo di replicare prima di uscire a sganciare il guinzaglio di Makkachin, sussurrando un bravo ragazzo che fai intenerire Victor. 

Makkachin resta ferma a guardarla con il capo chinato come se capisse e poi si volta a guardare il proprio umano. Victor si batte una mano sulla coscia per invitarla ad entrare e lei lo raggiunge tutta contenta. 

“A dir la verità è una femmina,” risponde mentre la donna gli porge il guinzaglio. 

Oh, scusami. Noi avevamo un maschio, cioè, era di mio fratello… 

Prima che Victor possa apprendere notizie approfondite di questo fantomatico fratello lei gli chiede un documento e per quanto tempo ha intenzione di fermarsi. 

“Pensavo di prendere una camera per un paio di settimane,” bofonchia, ad un tratto in imbarazzo, porgendo il passaporto. Lei dà una lunga occhiata ai dati personali e poi gli pianta lo sguardo addosso mentre chiede molto più lentamente di quanto sia necessario:  

“Cosa ti porta qui ad Hasetsu, signor... Nikiforov?” 

 Il sorriso di Victor assume unacutezza quasi predatoria quando risponde in un sussurro: 

“Le bellezze locali, signorina. 

 

L'interrogatorio finisce in fretta e lui ottiene la libera circolazione per Makkachin. Sembra quasi che tutti la guardino con un divertito affetto che fa stringere il cuore a Victor.  

Quello che però gli fa tirare un lungo sospiro di sollievo è il grande letto all'occidentale che lo aspetta e la possibilità di farsi un lungo bagno caldo alle terme. Non vede l'ora di togliersi i vestiti di dosso e di dare una bella sbirciata al giovanotto che l'ha richiamato fino a lì come una sirena tentatrice. 

Eppure c’è qualcosa che ancora lo trattiene, la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato in tutto questo. Sarà la stanchezza, si dice, ma se fosse un po’ più onesto con se stesso e si guardasse dentro, si renderebbe conto che non è bastato scappare via da tutti i suoi impegni per guarire dai lunghi mesi di sofferenza e desolazione. Certo, il ragazzo è bello e disponibile sotto quello strato di ciccia, come dimostrano le foto che ha riesumato dal suo cellulare e che ha sfogliato con una certa cupidigia in questi ultimi giorni, ma una volta esaurito il divertimento cosa lo tratterrà dal tornare a rimuginare tormentandosi sulla sua vita? 

 

Il leggero bussare sulle ante scorrevoli della sua camera lo sorprende seduto sul letto con la testa tra le mani, la valigia ancora accanto e la giacca buttata sul letto.  

“Avanti,” risponde, stirandosi la schiena ed aggiustandosi un sorriso compiacente sulle labbra.  

Sei già qui, Yuuri? 

L’entrata di Mari, la ragazza di prima, lo sorprende più di quando si aspetti. Porta uno yukata verde piegato con un piccolo asciugamano bianco sopra e glielo appoggia sul letto. 

“Mamma ha pensato che avresti voluto andare all’onsen….” adesso sembra meno sfacciata e le ultime parole le dice fissando ostinatamente il tatami a terra “… se hai qualche tatuaggio sei pregato di coprirlo finché non entri in vasca8. Ci sono alcuni avventori tradizionalisti che non apprezzerebbero esibizioni di quel tipo.” 

Il sorriso di Victor prende una sfumatura di puro divertimento lezioso.  

La ragazza è anche timida, allora… chissà da chi avrà preso il suo spudorato fratello.  

Il ricordo della lunga occhiata lussuriosa della loro madre lo fa inorridire fino alla punta dei capelli. 

 

Quando la ragazza esce, Victor comincia a spogliarsi. Lo fa lentamente, con cura, come se ci fossero gli occhi di un amante ad accarezzarlo. Non può dire di non piacersi, nonostante gli anni che passano. Il suo corpo snello, asciutto e muscoloso è il suo strumento di espressione e se ne prende cura come di un oggetto prezioso. Certo, i sacrifici sono stati e sono ancora tanti, ma niente lo rende più fiero di sé di sapere di essere in forma e forte. Nei momenti più neri è proprio la forza che sembra mancargli e quel corpo che tanto venera sembra tradirlo. Adesso però è solo stanco di quella spossatezza che un bel bagno caldo e un bel ragazzo nel letto possono tranquillamente curare. 

 

La promiscuità dei bagni comuni non lo disturba, anche se di solito è abituato a docce da spogliatoio affollate da giovani atleti e non da vecchi e bambini che si godono la relativa quiete del mattino per le proprie abluzioni.  

Ringrazia il cielo di essere praticamente glabro e che i peli del pube abbiano quella tonalità bionda talmente chiara da sembrare trasparente, perché sa di attrarre già così lo sguardo di questo popolo senza peli e senza odore. Non è in imbarazzo, perché essere guardato, da vestito e da nudo, è una cosa che lo diverte e lo soddisfa sempre, però immergersi in una vasca calda senza nessuno attorno è un piacere a cui non avrebbe voluto rinunciare. Sente sciogliersi tutte le tensioni fisiche ed emotive nel calore dell’acqua e nella bellezza dell’onsen all’aperto e si passa con una certa voluttà l’acqua calda sulle braccia e sul petto. 

Ha però gli occhi chiusi quando un trambusto sembra turbare la pace dei bagni maschili e una scia di pigolii lamentosi accompagnano l’ingresso di un ragazzo con gli occhiali, ancora completamente vestito, con la giacca addosso e con i calzini. 

 

C’è un momento di sospensione attonita da parte di entrambi. Victor è stupito da questa entrata così… furiosa; certo il ragazzo non aspettava altro che il suo arrivo, allora perché quella faccia sconvolta? 

Vi… Victor, cosa ci fai qui?” 

Il tono sorpreso e quel fagotto di vestiti lo inteneriscono; certo, non fanno venir voglia di saltargli addosso lì subito e non fanno di lui la bomba sexy che gli si era appesa al collo a Barcellona, però ci si può lavorare sopra con un po’ di esercizio e di dieta.  

Adesso tocca a lui. Si è rigirato questa scena nella testa innumerevoli volte dall’esatto momento in cui ha deciso di prendere un po’ fiato dalla sua vita isterica e buttarsi in questa divertente follia. Ha immaginato tutti gli scenari e tutte le possibili risposte, ma deve dire che presentarsi completamente nudo a lui resta la sua occasione migliore per andare in buca a colpo sicuro. 

Quando si alza in piedi coglie l’altro gettare un’occhiata di sfuggita al suo pube e questo fa aumentare di una tacca il suo sorriso più smagliante. Con tutta la sicurezza che viene dall’oggettiva percezione della propria bellezza, allunga una mano verso di lui e gli si offre. 

“Sono qui per farti da coach… e ti farò vincere il Grand Prix.” 

 

Non si aspetta certo che il ragazzo si tuffi completamente vestito nella vasca e glielo succhi… ma che si metta ad urlare come una donna molestata –con lo stesso tono acuto di una baba9 oltraggiata nel pudore – e che retroceda e poi scappi rischiando di scivolare sulle piastrelle bagnate e porre così fine alla sua carriera agonistica e forse alla sua stessa vita… 

 

No, quello proprio non se lo sarebbe mai aspettato. 

 

THE END...
 

***
5 
gaijin significa straniero, ma ha una connotazione negativa, di disprezzo. C’era bisogno che Victor mettesse a frutto la sua conoscenza  acquisita dai film sulla Yakuza in questo viaggio in Giappone. 
6 
“Inglese” in lingua giapponese. 
7 Il modo in cui i giapponesi pronuncerebbero la parola inglese “English”.
8 
I tatuaggi sono tradizionalmente malvisti in Giappone perché sono elemento caratteristico della Yakuza. In molti onsen è vietato l’accesso se hai tatuaggi addosso. Adesso, visto l’afflusso degli occidentali, sono tollerati.
9  La 
baba è la vecchina delle fiabe russe, può essere una strega o una vecchia gentile, ma è la tipica immagine della donna anziana con il fazzoletto in testa.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

STAMMI VICINO 

 

 

Sento una voce che piange lontano 
Anche tu, sei stato forse abbandonato? 
 
Orsù finisco presto questo calice di vino 
e inizio a prepararmi 
Adesso fa’ silenzio 
 
Con una spada vorrei tagliare quelle gole che cantano d'amore 
Vorrei serrare nel gelo le mani che scrivono quei versi d'ardente passione 
 
Questa storia che senso non ha 
Svanirà questa notte assieme alle stelle 
Se potessi vederti dalla speranza nascerà l’eternità 
 
Stammi vicino, non te ne andare 
Ho paura di perderti 
 
Le tue mani, le tue gambe, 
le mie mani, le mie gambe, 
e i battiti del cuore 
si fondono tra loro 
 
Partiamo insieme 
Ora sono pronto 

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