Scorci di Luglio

di Whiteskull16
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It was an ice lolly, but it turned into an ice (s)cream [Ghiacciolo] ***
Capitolo 2: *** Il fuoco che nessuno deve vedere [Fuochi d'artificio] ***
Capitolo 3: *** L'importanza di una casa [Conchiglie] ***
Capitolo 4: *** La mia lettera d'amore è un libro intero [Libro] ***
Capitolo 5: *** Burn baby burn [Girasoli] ***
Capitolo 6: *** Il fuoco purga [Falò] ***
Capitolo 7: *** Dovessi aspettarti anche cent'anni [Tanabata] ***
Capitolo 8: *** My swimsuit slaves [Costume da bagno] ***
Capitolo 9: *** All eyes on me [Sandali] ***
Capitolo 10: *** Memoria [Latte di cocco] ***
Capitolo 11: *** Se ci sei tu [Acquafan] ***
Capitolo 12: *** Life is a boat [Barca] ***
Capitolo 13: *** Watermelon... or waterlemon? [Anguria] ***
Capitolo 14: *** Stava 'na crema! [Crema solare] ***
Capitolo 15: *** Cicuta [Salvagente] ***
Capitolo 16: *** Ai shiteru [Biglie] ***
Capitolo 17: *** She's pissed [Gavettoni] ***
Capitolo 18: *** The cat is on the table [Salsedine] ***
Capitolo 19: *** Water bomb [Gara di tuffi] ***
Capitolo 20: *** Don't stop me [Telo da mare] ***
Capitolo 21: *** La bellezza della cultura [Ombelloni] ***
Capitolo 22: *** Non sono persiani quelli oltre la persiana [Veranda] ***
Capitolo 23: *** To care, a scar, in a car [Drive in] ***
Capitolo 24: *** A secret makes a policeman policeman [Tormentone estivo] ***
Capitolo 25: *** Alcolici allungati [Scogli] ***
Capitolo 26: *** Il rosso arriva sempre più lontano [Frutti di mare] ***
Capitolo 27: *** Bullet [Water volleyball] ***
Capitolo 28: *** Red peach [Scottatura] ***
Capitolo 29: *** MisANTerstanding [Picnic] ***
Capitolo 30: *** It's just another lemon t...hief! [Limoni] ***
Capitolo 31: *** Tutto questo niente [Famiglia] ***



Capitolo 1
*** It was an ice lolly, but it turned into an ice (s)cream [Ghiacciolo] ***


«Hai capito cosa devi fare?» sussurrò Ai, stranamente apprensiva.
«Certo, certo.» rispose recisamente il bimbo occhialuto vicino a lei.
Ai si voltò di scatto, permettendo a Conan di vedere il suo visino corrucciato campeggiare sopra il delicato e raffinato costume da bagno rosa.
«Devo DAVVERO spiegartelo? Sai che hai una certa influenza su di lei e con un tuo complimento forse riuscirebbe a farsi piacere quel costume che le ha comprato il padre.» Ai lasciò intendere che l'amica non trovasse di suo gradimento il regalo del papà, al punto da desiderare di cambiarsi in un'apposita cabina e non giungere in spiaggia con già il costume sotto gli abiti.
«Va bene, datti una calmata!» Conan mise le mani avanti «Cercherò di essere gentile con lei. A proposito...»
Si udì la serratura scattare e l'anta aprirsi lentamente. Ayumi uscì mesta e con un passo svogliato, mostrando un due pezzi che era un pot-pourri di colori di qualsivoglia tonalità: sembrava che l'avessero ricavato da un costume di Arlecchino appositamente tagliato e cucito.
La bambina non alzava la testa, attendendo la condanna verbale dei suoi due amici: come potevano apprezzare quel costume obbrobrioso!?
Ai diede una gomitata a Conan, invitandolo "gentilmente" a parlare. Lui schiuse le labbra per dispensare qualche complimento, ma prima che potesse emettere fiato...
«Dai, Mitsuhiko! Solo una leccata, te lo prometto!» Genta cercava di convincere Mitsuhiko a condividere il suo ghiacciolo.
«No! Era l'ultimo alla fragola e voglio gustarmelo! Tu hai il tuo alla menta!» ribatté deciso l'altro bambino.
«Ma non c'erano altri gusti! Io voglio quello alla fragola!» rispose lamentoso il grassottello, allungando poi le mani verso il dolciume altrui e iniziando un tira e molla misto a una breve colluttazione. 
«Molla!» incalzò.
«No, molla tu! Il ghiacciolo l'ho pagato ioooOOOOOH!»
Messo un piede in fallo, entrambi cascarono sulla sabbia perdendo la presa sul ghiacciolo. Questo schizzò verso l'alto, disegnando una palombella che non sarebbe stata così precisa neanche se ci avessero provato intenzionalmente. Superato il punto apicale della traiettoria parabolica, stecco e soprattutto ghiaccio impattarono sulla schiena nuda del povero Conan.
«AAAAAAAAAAAAAAAAAGH!» Non trattenne l'urlo, complice il dolore per la botta e per l'improvviso gelo alla schiena che lo fece contorcere.
I timpani di Ai e Ayumi si frantumarono, ma nel caso della seconda ad andare in pezzi fu anche il cuoricino. A testa bassa, non poté assistere alla scena e imputò  l'urlo al suo orripilante costume.
«LO SAPEVO!» Urlò in lacrime, senza guardare in faccia nessuno dei presenti, chiudendosi poi nella cabina a piangere e singhiozzare.
«Sei proprio un imbecille.» Ai rimproverò Conan dandogli una spinta e si diresse verso la porta, cercando di farsi aprire. 
Conan era rimasto confuso sul posto, con la schiena ancora colta da spasmodici brividi di freddo; sul suo viso c'era la stessa espressione sbigottita degli altri due maschietti della compagnia.

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Capitolo 2
*** Il fuoco che nessuno deve vedere [Fuochi d'artificio] ***


Ran se n'era andata ormai da un'oretta assieme a Sonoko ed altre amiche per prendere uno dei posti migliori da cui guardare i fuochi d'artificio. Ogni anno, in questo giorno, c'era fermento per andarli a vedere fra giovani e non. Molte coppiette ne approfittavano per dichiararsi in quell'occasione, mentre per altri era solo una scusa per uscire in compagnia e fare qualcosa di diverso dalla solita routine.
Per sua sfortuna, Conan si era beccato un febbrone coi fiocchi che l'aveva costretto a letto mentre tutti gli altri andavano a divertirsi, compreso il dottor Agasa e i suoi amici. 
Per quanto si sforzasse di addormentarsi, la sua debolezza non era accompagnata dal sonno. Il risultato era che sonnecchiava per qualche ventina di minuti, svegliandosi poi per un'altra mezz'ora. Era davvero frustrante.
«Uh?» Dischiuse le palpebre quando una luce sembrò lampeggiare dalla finestra. Ci fu qualche istante di buio, poi uno scoppio e un altro bagliore. I fuochi erano iniziati.
Scese dal letto e ciabattò fino alla finestra, cercando di guardarli da una postazione un po' scomoda, ma tutto sommato accettabile. Alla fine della prima batteria si accorse di avere la gola secca, perciò si diresse in cucina. Passò davanti alla camera di Kogoro, ricordandosi come lui avesse rifiutato categoricamente di uscire con i suoi amici, con Ran o con qualsiasi altra persona, preferendo starsene a casa.
«Ma...» Qualcosa non quadrava. Non solo il suo letto era intatto, ma il resto della casa era immerso nelle tenebre. Del celebre detective addormentato non c'era alcuna traccia.
Perché mentire?
Improvvisamente udì un suono di passi. Gli venne spontaneo nascondersi, non avrebbe saputo dire neanche lui il perché.
Dalla porta spuntò proprio Kogoro, palesemente un po' alticcio, e barcollò sino al frigo. Prese una bottiglia di sakè e singhiozzando se ne andò, salendo per le scale che portavano verso un luogo ben preciso.
«Il tetto...?» Domandò a sé stesso, a denti stretti, il buon Shinichi Kudo nei panni del bambino Conan Edogawa.
Non fu difficile seguire i passi dell'uomo: una volta giunto sulla sommità delle scale, lo vide aprire la porta che dava sul tetto e chiudersela alle spalle. Attese un po' prima di avvicinarcisi e socchiuderla per sbirciare.
Illuminati dai fuochi d'artificio c'erano Kogoro ed Eri, distesi su due sedie sdraio, con degli ochoko di sakè in mano e l'aria ricca di risate tipiche di chi ha alzato un po' il gomito. Il particolare che più lo colpi fu che i due ex coniugi con una mano stringevano il proprio recipiente colmo della bevanda alcolica, mentre l'altra era dolcemente intrecciata a quella del partner.
Shinichi capì perché Kogoro non volesse uscire e perché lo tenesse nascosto a Ran. Sorrise e chiuse la porta, lasciandoli alla loro intimità. 

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Capitolo 3
*** L'importanza di una casa [Conchiglie] ***


«Allora? Quante ne avete trovate?» chiese Mitsuhiko, mostrando poi con orgoglio una ventina di conchiglie ammucchiate in un secchiello. «Io ho trovato queste!»
«Caspita, Mitsuhiko! Sono tantissime!» cinguettò estasiata Ayumi, rimirando il bottino dell'amico. «Io ho solo queste...» mostrò quattro o cinque conchiglie, tutte strette nel pugno della mano destra.
«Sono un po' pochine, ma è normale! Anche io le prime volte non sapevo bene dove cercare! Conan però è imbattibile!» il bambino indicò l'amico occhialuto, steso su un telo accanto a un secchio pieno per metà di conchiglie di tutti i tipi.
Ayumi emise un verso con la voce argentina e si complimentò con lui, ma il giovane detective apparve alquanto disorientato.
«Come? Queste? Non sono tutte opera mia. Ci sono anche quelle di Ai e del dottor Agasa.» corresse, puntualizzando in maniera un po' saccente com'era solito fare.
«A proposito, dove sono?» domandò Mitsuhiko, guardandosi attorno. 
Ormai il sole stava calando e il colore fulvo e rossiccio del tramonto stava lasciando spazio a tinte più cupe, tipiche del crepuscolo. La spiaggia, da essere affollata, ormai si era svuotata al punto tale che erano rimasti solo loro.
«Il dottore è andato a prendere la macchina e Ai è con lui. Faremmo meglio a prepararci per andare via, ma... Genta?» 
Effettivamente del più in carne del gruppo non c'era traccia alcuna. Si misero tutti e tre a cercarlo, trovandolo poco distante intento a camminare a testa bassa, mogio e afflitto.
«Genta! Eccoti, finalmente! Che succede?» Ayumi fu la prima a rivolgergli la parola, preoccupata per come si presentava ai loro occhi.
«Io...» il bambino indugiò per qualche istante, ma poi trovò il coraggio di fare la rivelazione «... n-non ho trovato nulla. Neanche una conchiglia...» 
Mentre parlava, tirava su col naso e sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
«Non mi sorprende! Questa spiaggia è presa d'assalto per le conchiglie da usare come souvenir. Se tu non avessi perso tempo a dormire, ne avresti trovate. Mentre poltrivi, noi le abbiamo cercate!» lo rimproverò Conan, del tutto insensibile al problema dell'amico.
«Coraggio, Genta! Possiamo cercarle insieme!» Ayumi provò a consolarlo, ma intervenne prontamente Mitsuhiko.
«Non credo, ora dobbiamo andarcene. Magari possiamo dargliene qualcuna delle nostre...»
«Non serve, guarda là!» la bimba lo interruppe, indicando alcune conchiglie lì nei pressi. «Che fortuna!» esclamò giuliva, iniziando a correre verso di esse.
«No, Ayumi! Quelle sono...» Conan allungò il braccio per fermarla, ma prima che potesse terminare la frase si udì un "crack".
«Oh?» la corsa della bimba si interruppe con una frenata e alzò il piede. Aveva calpestato una conchiglia che prima non le sembrava ci fosse sulla sabbia. Dai cocci della conchiglia ormai in frantumi spuntò un piccolo esserino non dissimile da un granchio che iniziò ad allontanarsi. Le altre conchiglie, improvvisamente, iniziarono a muoversi disordinatamente, rivelando come fossero tutte abitate da animaletti simili a quello visto da poco.
«... conchiglie dei paguri. Per questo non le hanno raccolte.» Conan terminò la frase e si avvicinò all'amica, sondando l'entità del danno. «Credo proprio che sarà inutilizzabile. I paguri vivono nelle conchiglie, perciò ora è senza casa. E sta arrivando la notte, perciò sarà un bersaglio facile per i predatori. »
Ayumi si coprì la bocca con una mano. Guardò il paguro fuggire e nascondersi nella sabbia prima che stringere i pugni con decisione. Mosse qualche passo in avanti e spalancò la mano, lasciando cadere le sue conchiglie. 
«Ehm... signor paguro, mi dispiace! Scelga pure quella che preferisce Le lascio tutte, così nessun paguro dovrà rimanere senza casa!»
Conan sorrise. Mitsuhiko, invece, si avvicinò sorpreso.
«Sei sicura? Se le lasci qui, non avrai più nessun souvenir... »
«Non importa.» risposte lei, allegra come sempre. «Di sicuro quelle conchiglie saranno più utili al signor paguro e alla sua famiglia! A me è sufficiente il solo ricordo di questa splendida giornata!»
Allontanandosi, tutti quanti poterono vedere il paguro altri più piccoli prendere posto all'interno delle conchiglie lasciate da Ayumi.
«A ben pensarci, queste conchiglie non sono poi così utili.» disse Mitsuhiko, un po' imbarazzato. Tutti annuirono, sapendo già che cosa fare. Genta adesso era persino felice di non averne trovata neanche una.

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Capitolo 4
*** La mia lettera d'amore è un libro intero [Libro] ***


Chiudendosi la porta di casa dietro le spalle, Kazunobu Chiba emise un sospiro profondo. L'afa di luglio ormai aveva invaso Tokyo e il suo povero appartamento, privo di aria condizionata, era più simile a un forno acceso. Finito il turno di lavoro, non vedeva l'ora di piazzarsi davanti alla tv a mangiare schifezze, sognando l'ultimo giorno in centrale prima di partire per le sue meritate vacanze.
Il refrigerante pensiero dell'acqua marina gli tirò su il morale e mentre si sfilava le scarpe, lasciandole nel vestibolo, sorrise.
Avanzò verso la finestra del soggiorno per spalancarla, ma una volta accanto al tavolo basso si bloccò.
«Oh? E questo?»
Sulla superficie lignea del mobile era appoggiato un pacchetto di forma rettangolare, avvolto da carta rosa sormontata da un nastro dorato con tanto di fiocchetto. Stando alle dimensioni dell'oggetto, non era difficile intuire che si trattasse di un libro di qualche sorta.
Mosso dalla curiosità, Chiba non indugiò a tagliare il nastro e poi la carta. Prima di poter leggere il titolo del volume c'era un biglietto scritto a mano, con una calligrafia femminile aggraziata.

"Ho saputo che quando torni a casa ti ingozzi e leggi fumetti. Non è salutare! Inizia migliorando la tua alimentazione letteraria prima di quella gastronomica!

- La tua fan numero uno"

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«Naeko, ci sei?» chiese spazientita Yumi, con le mani sui fianchi.
«S-sì! Scusami!» rispose impacciatissima Naeko, mentre raccoglieva le cose che le erano cadute.
«Coraggio, ti do una mano. Mh? E questo?» agguantò quello che sembrava essere uno scontrino. Sulla carta termica era registrato un acquisto in una libreria di Tokyo. «Sbaglio o questo è il romanzo rosa del momento?» Yumi sorrise sorniona. «Quindi ti piacciono queste cose?»
«N-no! Ridammelo!» il viso di Naeko stava assumendo qualsiasi tonalità di colore.
L'amica iniziò a correre ridendo e lei la inseguì. 

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Capitolo 5
*** Burn baby burn [Girasoli] ***


Ran arricciò il naso e fiutò l'aria.
Era distesa sul suo telo da mare a godersi la spiaggia mattutina; il sole picchiava forte sull'arenile candido e una distesa di ombrelloni circondava il punto in cui si erano piazzate lei e Sonoko. Proprio alla sua migliore amica destinò una domanda colma di perplessità.
«Sonoko, tu... non senti odore di fritto?»
L'ereditiera della famiglia Sozuki, comodamente supina dietro il suo capello di paglia e i suoi occhiali da sole, non batté ciglio e rispose recisamente alla figlia del detective addormentato.
«No, non direi.»
«Eppure è davvero strano.» continuò Ran, annusando l'aria con più intensità. «Sembra davvero frittura.»
«Forse qualcuno sta mangiando in spiaggia.» ipotizzò Sonoko, tagliando corto. «Piuttosto, sento un certo prurito... »
«Sì, forse hai ragione.» concordò la bruna, posando lo sguardo sull'altra. «SONOKO!? » Improvvisamente la sua voce si fece così acuta da attirare l'attenzione di tutti i presenti. «L-LA TUA... P-PELLE!»
«La mia pelle? Cos'ha la mia pelle?» rispose, scostando gli occhiali da sole e dandosi un'occhiata. Praticamente ogni singolo lembo di pelle del suo corpo era coperto di chiazze rosse ed emetteva un gradevole profumino di frittura.
«YAAAAAAAAAAH!» Sonoko balzò in piedi e cominciò a correre verso l'acqua, urlando come un ossesso.
Ran assistette impotente alla scena e tutto ciò che poté fare fu controllare, quasi per istinto, la crema solare che l'amica si era spalmata poco prima.
«Ma questa... come!?» sfarfallò sorpresa le ciglia, trovando un'etichetta palesemente fasulla che recitava: "CREMA SOLARE - KAITO KID EDITION - La crema del ladro gentiluomo!".
Staccando l'etichetta, la giovane poté constatare la vera natura di quella bottiglietta: olio di semi di girasole, con tanto di girasoli stessi disegnati sulla superficie del recipiente e appositamente nascosti. Una truffa bella e buona a cui solo un'allocca avrebbe creduto.
Ran si sbatté il palmo della mano sulla la fronte.


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Commento dell'autore: sì, a questo giro mi sono spinto un po' più in là con la "licenza manga/anime". Mi sono scompisciato pensando a questa scenettan spero sia lo stesso per voi lettori xD
Alla prossima!

- Blan 

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Capitolo 6
*** Il fuoco purga [Falò] ***


«Io non la volevo.»
Goro girò il viso dall'altra parte, con le braccia incrociate al petto.
«Papà, smettila! Ogni tanto è bello che tu e la mamma passiate un po' di tempo insieme!» protestò Ran, battendo il piede a terra.
Eri assistette alla scena mentre si sistemava sul naso gli occhiali da vista, sulle cui lenti v'era il riverbero delle fiamme del falò vicino a lei. Era calata la sera e ci si stava preparando a cucinare i pesci pescati da Conan e Goro, anche se quelli del detective addormentato non si trovavano in quelle acque e avevano ancora un po' di plastica addosso.
«Tsk!» l'uomo schioccò la lingua contro il palato. «Averla qui mi ha fatto passare tutto il divertimento!»
«Ah sì?» intervenne la ex moglie, con tanto di vena pulsante sulla fronte. «E come avrei disturbato il tuo non fare il bagno, il tuo non prendere il sole, il tuo non giocare? Vuoi forse dirmi che ti ho dato fastidio mentre facevi il cascamorto con qualsiasi essere di sesso femminile sotto i trent'anni che ti passava accanto, o mentre "leggevi" le tue riviste su Yoko Okino?»
Goro strinse i pugni, in procinto di dire qualcosa, ma poi si bloccò grazie all'intervento di Ran.
«Ehm... c-che bel falò, mamma! Certo non è un po' troppo grande?» effettivamente quello davanti a loro non era proprio un fuocherello qualsiasi, ma un vero e proprio mini incendio con fiamme alte due metri.
«Dove ha trovato tutta la legna per questo fuoco?» chiese Conan, sospettoso.
«Legna? Oh, in realtà ce n'è davvero poca lì in mezzo.» Eri sorrise accarezzando la testolina del bambino. «Ti sorprenderebbe sapere quanto bene si sposino combustione e anni di ritagli e riviste!»
Goro trasalì. Avanzò barcollando verso il fuoco ed esulcerato notò che erano stati dati alle fiamme anni e anni di ritagli di giornali, riviste, foto di Yoko Okino. La megera glieli aveva sottratti di nascosto dal suo appartamento.
Il detective si abbandonò a un urlo straziante.

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Capitolo 7
*** Dovessi aspettarti anche cent'anni [Tanabata] ***


«Dottor Agasa! Lei non appende nulla?» la vocina squillante di Ayumi fece tornare il panciuto inventore alla realtà. Si era immerso nei suoi pensieri, dimenticandosi dov'era; tutto attorno brillavano le luci delle bancarelle del tanabata, gli alberi erano addobbati con tanti cartoncini per la tradizione dei tanzaku e ovunque le persone festeggiavano e gozzovigliavano con addosso degli yukata davvero graziosi ed eleganti. In questo momento, Agasa e i bambini erano davanti a uno dei tanti alberi presi d'assalto dai passanti smaniosi di appendere i cartoncini con i propri desideri.
«Oh, no. Il mio desiderio l'ho già espresso senza bisogno di scriverlo e si realizzerà oggi stesso!» risposte un po' criptico l'uomo, accarezzando la testolina di Ayumi e lisciandosi i mustacchi bianchi con soddisfazione. «A proposito, che ore sono?»
«Quasi le 21!» Mitsuhiko controllò l'orologio e lo mostrò agli altri.
«Oh mamma, è tardissimo! Conan, Ai, affido i bambini a voi!» esclamò il dottore, iniziando a correre e dribblando un paio di passanti mentre si allontanava.
Rimasti soli, Genta borbottò: «Ma perché, Conan e Ai cosa sono? Adulti forse?»
Le due vittime dell'APTX4869 ridacchiarono sotto i baffi, ma il detective in miniatura era rimasto alquanto stranito dal comportamento del suo vecchio amico.
«Dove sta andando così di fretta?»
«Prima di uscire si è pettinato, profumato e si guardava in continuazione l'abito per essere sicuro che non fosse sgualcito. Una mezza idea ce l'avrei. Ti dirò solo una cosa, Conan.»

.

.

.

«Perdonami, sono in ritardo! Ho davvero perso la cognizione del tempo! Sai, ero con i bambini e... »
«Non preoccuparti, non importa.»
A rispondergli fu una donna che spiccava in mezzo a tutte le altre, come una rosa rossa in mezzo a tante altre bianche. Aveva capelli biondi i cui ciuffi ricadevano dietro la testa, poiché raccolti in un chignon; sulla sua pelle diafana si stagliava uno yukata di cotone di colore indaco puntellato di ornamenti floreali che seguivano un pattern ben definito di petali color rosso rubino. L'obi che girava attorno alla vita era di uno scarlatto vivido, sormontato da un'obijime fatta di perline rosee. il tessuto in eccesso, come da tradizione, era ripiegato in vita per formare il classico ohashori. Ai piedi v'erano un paio di sandali di legno, i geta. Una borsetta kinchaku recante il marchio Campbell era appoggiata sulla spalla sinistra e ricadeva sul fianco.
«Riusciamo a vederci una volta l'anno e mi presento anche in ritardo! Vuoi davvero farmela passare liscia così?»
«Hai ragione. Magari puoi farti perdonare offrendomi qualcosa mentre camminiamo, Hikoboshi.»
Agasa sorrise, stando al gioco. «Ne sarei onorato, Orihime.»
Sotto lo sguardo di Orihime e Hikoboshi, alias le stelle Vega e Altair, Hiroshi Agasa e Fusae Campbell camminarono sottobraccio per le bancarelle.

.

.

.

«Ti dirò solo una cosa, Conan.» Ai sorrise «Probabilmente Orihime e Hikoboshi non sono gli unici due innamorati a incontrarsi una volta l'anno.»




- Mini-glossario -

Yukata: indumento tradizionale giapponese, prevalentemente estivo, di solito di cotone.

Obi: cintura apposita che viene legata in vita per chiudere lo yukata.

Obijime: cordicina fine che si lega attorno all'obi, spesso decorata con perline e strass e nodi decorativi.

Ohashori: lo yukata, così come il kimono, per le donne non è mai della stessa altezza della persona che lo andrà ad indossare; la lunghezza giusta dovrebbe essere di circa 5-10 cm in più rispetto alla propria altezza o al massimo di 5-10 cm in meno: il tessuto in eccesso viene infatti ripiegato in vita, andando a formare l'ohashori. 

Geta: sandali di legno.

Kinchaku: borsa giapponese munita di coulisse.

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Capitolo 8
*** My swimsuit slaves [Costume da bagno] ***


«Yumi, per favore... è da un'ora che siamo qui! Io non ce la faccio più!» si lamentò Miwako Sato, sbattendo la schiena nuda contro la parete interna del camerino. Un mucchio di bikini e costumi da bagno vari giacevano sulle sedie a lei vicine, un po' sgualciti, tutti provati dalla poliziotta.
«Per favore...» dal camerino accanto fece eco Naeko, nella stessa situazione della collega e amica.
«Ma siamo qui solo da un'ora! Avete provato... toh, una cinquantina di costumi a testa.» replicò l'artefice di quella giornata ai grandi magazzini, con aria sussiegosa e le mani sui fianchi.
«E TI PARE POCO!? HO ALTRO DA FARE NELLA MIA VITA!» sbraitò furente la fidanzata dell'agente Takagi, seccata a tal punto da iniziare a rivestirsi.
«Hey, hey! Ce ne sono ancora molti altri da provare!» la supplicò Yumi, ma fu tutto inutile. 
Sato abbrancò un due pezzi nero parecchio semplice e si diresse verso la cassa con l'intento di pagare. Pochi secondi dopo, anche Naeko spuntò dal suo camerino con un grazioso bikini rosa contornato da ricami fatti a mano. 
«Andrei anche io, allora... uh?» mentre si avviava alla cassa per pagare quanto doveva, sbatté le palpebre confusa e si guardò attorno. Non c'erano né Yumi né i costumi provati da lei e Sato.
«Li compra tutti, signorina?» la voce esterrefatta della cassiera portò le attenzioni dell'agente sulla donna che aveva ammucchiato tutti i costumi sul bancone e aveva fatto piovere un bel po' di banconote davanti all'addetta. Ovviamente era Yumi.
Non fu difficile fare due più due: avevano tutte un fisico simile, perciò l'agente della stradale aveva sfruttato le altre due come manichini per vedere come potevano starle addosso, provandone anche un numero indubbiamente maggiore rispetto a se fosse stata da sola. 
«YUMIIIIIII!»

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Capitolo 9
*** All eyes on me [Sandali] ***


Yusaku Kudo alzò gli occhi dal giallo che stava leggendo.
Distante una decina di metri da lui, un gruppo di ragazzi aveva sistemato una rete dalla pallavolo artigianale e avevano iniziato a giocare a beach volley. Lo sguardo passò attraverso le lenti degli occhiali inforcati sul naso e si posò sulla ragazza intenta a battere. I suoi occhi si sgranarono: era una ragazza mora, dai capelli raccolti in due code; il fisico era esile, ma dotato di una discreta muscolatura all'altezza delle braccia, così tanto che le sue battute erano micidiali e stava conquistando un punto dietro l'altro per la sua squadra. I lineamenti del viso erano delicati e giovani, in questo momento contratti per via della determinazione agonistica, eppure sciorinanti una grazia e una femminilità che avevano catturato il famoso giallista.
Sorrise sotto i baffi, continuando a guardarla. Pensò che fosse la perfetta incarnazione di uno dei personaggi del giallo che stava scrivendo ultimamente, dotata di una somiglianza con il personaggio davvero incredibile. Studiarla lo avrebbe aiutato a dare verosimiglianza alla narrazione, ma dopo poco...
«Bene, bene, bene.»
Yukiko Kudo si palesò accanto alla sua sedia sdraio. L'uomo avvertì un brivido corrergli lungo la schiena e non osò neanche girarsi.
«Non solo ho dovuto costringerti a uscire da quel bugigattolo che chiami ufficio e venire al mare, ma hai avuto la presunzione di metterti a leggere - come se a casa non lo facessi già abbastanza - ignorando persino tua moglie che si è comprata un costume apposta per te!» la donna indossava un bikini rosa che ne esaltava le forme e attirava l'attenzione di tutti i presenti di sesso maschile della spiaggia. Tutti meno suo marito!
«Come se non bastasse...» continuò, palesemente irata, con la rabbia in costante aumento. «... fai anche gli occhi dolci a una ragazzina!?»
«N-no! Non è come pensi! Lo facevo solo per il libro che sto scriv-» ma non appena Yusaku voltò il capo, un sandalo lo colpì in pieno volto, facendolo cadere all'indietro.
Pensò a quanto fosse più facile risolvere un caso di omicidio che avere a che fare con la vita coniugale.

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Capitolo 10
*** Memoria [Latte di cocco] ***


Molte persone, in spiaggia, si fermavano ogni tanto a guardare quella donna. Era bellissima, dalla pelle diafana e i capelli di un biondo platino travolgente. Lo sguardo era quello di una donna forte, una che non deve chiedere, ma gli occhi erano velati di una tristezza che non faceva avvicinare nessuno.
La donna conosciuta ai più come Vermouth guardava dritta nel suo bicchiere di latte di cocco. Invero non era propriamente un analcolico, bensì un cocktail chiesto appositamente: batida di cocco.
Restò lì a sorseggiare la sua bevanda, in silenzio cupo. Il pensiero volò all'ultimo membro dell'organizzazione perso, Batida. Ne aveva visti tanti nella sua vita di tipi così, che entravano nell'organizzazione per poi non uscirne mai. Si ricordò della fine che fece Calvados per mano di Akai, una delle tante anime di cui la sua mente è ormai l'unico feretro, poiché nessuno più li ricorda.
«A Batida, e a Calvados.» alzò il bicchiere e brindò da sola, tracannando tutto d'un fiato il contenuto del recipiente di vetro. 

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Capitolo 11
*** Se ci sei tu [Acquafan] ***


«Piccola, se non te la senti scendi. Ho una fila da portare avanti.» disse l'addetto, un po' seccato, a quella ragazzina dai capelli castani che tremava dinnanzi allo scivolo più grande che c'era in quell'acquafan.
Kazuha sentì la pressione addosso: i bambini dietro di lei iniziavano a essere infastiditi e le urlavano di sbrigarsi. Ogni secondo che passava, la fila alle sue spalle aumentava di membri spazientiti.
Sentì gli occhi bagnarsi di lacrime. Aveva desiderato così a lungo quello scivolo al punto da rimanere in attesa in fila per venti minuti abbondanti. 
Tuttavia, ora che era lì, quello scivolo le sembrava un ostacolo insormontabile. 
Singhiozzò e si voltò, pronta a rinunciare. Le gambette cominciarono ad alternarsi per compiere uno scatto senza mai voltarsi indietro, ma bruciato mezzo metro qualcosa la trattenne per il polso.
«Non fare la pusillanime.» la voce di Heiji le rimbombò nelle orecchie. 
Il bambino era lì vicino a lei e la guardava con aria di sufficienza mista a delusione. 
«Se te ne vai ora, rimpiangerai di non averlo fatto e durante il viaggio di ritorno ti metterai a frignare come al solito per essere stata debole.» la presa passò da una stretta al polso a un tenerle dolcemente la mano.
«Non vedo di cosa tu debba aver paura.» aggiunse poi, distogliendo lo sguardo per non far vedere le guance imporporate. «Insomma, ci sono qui io con te.»
Il cuoricino di Kazuha batté più forte. Si asciugò gli occhietti con una mano e sorrise. 
«Grazie, Heiji! Sei davvero dolce!»
Gli amichetti della sua squadra di kendo, presenti anche loro, risero e gli fecero il verso.
«Heiji ha la ragazza! Heiji ha la ragazza!» canticchiarono in maniera farsesca. 
«Ed è anche dolce!» aggiunse uno di loro, facendo nuovamente scoppiare tutti a ridere.
«Scema!» Heiji rimproverò Kazuha con il viso ormai bordeaux. «Non devi dire certe cose ad alta voce!» 
La trascinò con sé fino allo scivolo. 

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Capitolo 12
*** Life is a boat [Barca] ***


«Non siamo forse barche, Shinichi Kudo?»
Appoggiato al parapetto della nave, un ragazzo che poteva frequentare il liceo scrutava il mare notturno. L'enorme distesa d'acqua salata, tinteggiata di nero, adesso appariva come un oceano d'inchiostro i cui flutti si divertivano a sporcare lo scafo della nave. L'odore di salsedine era penetrante, ma non faceva così freddo da doversi coprire con qualche giaccone; il vento c'era e spirava blandamente, ma era un piacevole rimedio alla calura estiva. 
«Nasciamo dall'amore e dalla dedizione dei nostri genitori, proprio come una nave dai suoi carpentieri. Il dock, come una madre, accoglie in gestazione la barca fino a quando non è pronta a salpare, curata dai suoi costruttori che vegliano su di essa come tanti padri.» il ragazzo si sistemò gli occhiali sul naso, dando vita a un riflesso che ne nascondeva gli occhi.
«Veniamo poi gettati nell'oceano della vita. Il nostro equipaggio è fatto della nostra famiglia, dei nostri amici, dei nostri amanti. Eppure, per quanto bravi si possa essere, non si sa mai che cosa vi sia nell'oceano. Potresti incappare in una procella tale da farti affondare, oppure potresti avere a che fare con l'Umibozu [1]. Se sei più sfortunato, il pericolo non ti darà neanche occasione di fuggire, come nel caso di Cariddi [2].»
«Signore, fra poco la cena verrà servita.» disse un marinaio, sporgendosi da una porta lì nei pressi. 
Il ragazzo fece un mero cenno con la testa, ma rimase ancora un po' a guardare il mare.
«Qual è il segreto per navigare il più a lungo possibile, Shinichi Kudo? Io ci ho messo un po' a capirlo.» abbassò gli occhi, puntandoli sulla porzione d'acqua a stretto contatto con l'imbarcazione.
«Occorre un equipaggio capace. Un timoniere che ti guidi, proprio come farebbe un aio saggio. Un equipaggio che non ti abbandoni, come una famiglia che ti supporta e degli amici che non ti abbandonino mai. Da quanto so, tu hai tutto questo.» nella sua mente vennero proiettate le immagini del celebre giallista Yusaku Kudo e della schiera di amici che erano attorno a quel piccolo bambino occhialuto.
«Ma la cosa più importante, a mio parere, è avere un capitano che ami la sua nave più di sé stesso. Un capitano pronto a fare di tutto, che sappia sempre cos'è meglio per la sua nave, che sia pronto ad affondare con essa. Un capitano che le stia vicino nel bene e nel male, come l'amante di una vita.» sorrise amaramente. «Avrei tanto voluto che Ran fosse la capitana della nave del mio cuore. Ma non sarà mai così.» 
Il marinaio spuntò nuovamente dalla porta, intimandogli di sbrigarsi. «Signore, la stiamo aspettando!»
«Arrivo, arrivo. Stavo solo lasciando al vento un messaggio per un amico.»
Come se l'avesse sentito, un colpo d'aria scompiglio i capelli di Eisuke Hondo. Era l'ultima sera di viaggio prima di arrivare in America. 



______________________

- Mini glossario -

[1] Umibozu: creatura del folklore giapponese rappresentata come un enorme yokai marino dalla testa rotonda, corpo nero e arti serpentini. Si racconta che attaccasse le navi solo se arrabbiato e che lo si potesse evitare donandogli un barile senza fondo, altrimenti lo avrebbe usato per riempirlo d'acqua marina e far affondare la nave. Nella storia, Eisuke allude proprio a questa possibilità di salvarsi che è assente in Cariddi.

[2] Cariddi: mostro della mitologia greca che si dicesse presidiasse lo stretto di Messina sul lato opposto a quello di Scilla. Aveva un corpo simile a una lampreda e dal fondo del mare risucchiava l'acqua, creando enormi vortici che non lasciavano alcuno scampo alle navi in transito.

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Capitolo 13
*** Watermelon... or waterlemon? [Anguria] ***


Eri indicò un mini frigo portatile sotto l'ombrellone.
«Se volete lì ci sono alcune angurie, ragazze!»
«Ah sì? Sarebbe fantastico! Con questo caldo, poi...» rispose Sera, passandosi il polso sulla fronte.
«Ne vorrei anche io! E tu, Sonoko?» domandò Ran, con gli occhi che brillavano e l'acquolina in bocca, alla sua migliore amica.
«No, grazie. Non mi piacciono le angurie.»
Ran ci rimase di sasso.  
«C-come sarebbe a dire? Ti sei sempre abbuffat-» Sonoko le piazzò una mano sulla bocca.
«NON MI SONO MAI ABBUFFATA DI ANGURIE!» strillò, ma non appena finì la frase si udì come uno scalpiccio di zoccoli.
Makoto uscì dall'acqua in fretta e furia e si avventò sulle angurie che Sera aveva appena cacciato dal frigo.
«SONOKO, TE LA TAGLIO IO!> sbraitò.
Colpì l'anguria con il taglio della mano, facendola letteralmente esplodere in mano a Sera. Lei e gli altri - Makoto compreso - vennero investiti da un getto di polpa rossa.
Sonoko si pulì gli occhi e commentò «Ecco perché evito le angurie...»
Aveva un fidanzato incapace e irruento.

.
.
.
.
.

- Scena Bonus! -

«Non riesco a smettere di ascoltarla!» disse Ai, aumentando il volume della radio portatile. Genta e Mitsuhiko annuirono, tenendo il tempo del coinvolgente ritmo dell'ultimo singolo di Harry Styles.
Conan e Ai, distesi lì vicino, avevano il viso di qualsiasi gradazione di colore.
«Vuoi spiegarglielo tu, Kudo?»
«Io dovrei spiegare a dei bambini il significato ambiguo di  "zucchero di melone" di quella canzone? Piuttosto me la ascolto fino alla fine dell'estate...» 
«Oh, no...» Ai si coprì le orecchie.

N.d.A: Sì, la canzone fa un paragone tra le angurie e il sesso femminile. Divertitevi. XD

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Capitolo 14
*** Stava 'na crema! [Crema solare] ***


«Signor Mori, mi spalmerebbe la crema?»
Goro aveva atteso quel momento da una vita. La bellissima Yoko Okino, stesa sul telo ai suoi piedi, gli stava chiedendo esplicitamente di metterle la crema solare. La donna era prona e il detective poteva scorgere una schiena lucida che era come una valle ai piedi di due "colline" tinteggiate del viola del costume da lei indossato. 
Si leccò le labbra e disse «Certo!» aprendo il tubetto per poi spruzzare un po' della sostanza sulla schiena della ragazza. Le mani gli tremavano terribilmente e sentiva gli occhi di tutti puntati su di lui. Si muoveva lentamente, cercando di non sbagliare; passò le mani tastando le vertebre della ragazza, poi scese verso il basso, coprendo anche le gambe. Yoko si voltò, chiedendo che il detective si potesse occupare anche della parte "anteriore". Lui ubbidì, cercando di non posare gli occhi sul seno della showgirl.
«Detective Mori?» sussurrò a un certo punto la donna «Vorrei prendere il sole... beh, diciamo senza veli.»
Goro avvampò.
«Non è che potrebbe sfilarmi il costume e mettermi la crema anche lì? Non si sa mai, no?» fece un occhilino malizioso e indicò il pezzo di sotto del costume.
Goro stava per eruttare.
«Ce-ce-ce-certo!» balbettò confuso, non credendo a cosa aveva appena sentito.
Allungò le dita verso le mutandine, le scostò trepidante e... vide i due baffoni.
Sgranò gli occhi e poi scorse la faccia dell'ispettore Juzo Megure tra le gambe di Yoko Okino.
«GORO! CHE STAI FACENDO!? GORO!»
«AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!» sbraitò il detective, svegliandosi di soprassalto.
L'ispettore Megure era davanti a lui, allibito. «Finalmente ti sei svegliato! Ottimo lavoro anche questa volta.»
«C-come? Quale lavoro?» bofonchiò frastornato l'altro.
«Ma per il caso, ovviamente!» - intervenne Takagi - «E' stato formidabile come sempre!»
«Ah... s-sì, g-grazie.» si alzò, non capendo bene che cos'era successo.

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Capitolo 15
*** Cicuta [Salvagente] ***


«NO, MAI! AIUTO!»
L'uomo si ribellò dimenandosi, ma due salvagente gli bloccavano braccia e gambe. 
«Juzo Megure, vuoi smetterla di comportarti come un bambino?» disse la donna, visibilmente accigliata.
«No, non voglio! Tutto, ma non i broccoli! Pietà!» piagnucolò il povero ispettore.
«I broccoli ti fanno bene! La prova costume quest'anno è stata disastrosa!» rispose sua moglie, tutt'altro che intenzionata a contrattare.
«Ma chi se ne importa! Non l'ho mai seguita la prova costum-» non finì la frase che si ritrovò il cucchiaio di broccoli in gola, ingoiandolo involontariamente.
«Ecco qua, erano così cattivi?» un sorrisetto mefistofelico si dipinse sul volto della consorte.
«PUAH! PUAH! VELENO! CHE SCHIFO!» sputacchiò Megure, disperato.
Accanto a loro c'erano gli altri poliziotti della centrale, compresi Takagi e Sato che guardavano la scena allibiti. Fu proprio a loro che l'ispettore si rivolse.
«SATO, TAKAGI! LIBERATEMI! E' SEQUESTRO DI PERSONA!»
«N-non mi sembra, ispettore...» mormorò timidamente Takagi.
«MI STA ANCHE AVVELENANDO!» protestò.
«Con i broccoli? Al massimo le sta migliorando la dieta. Devo ricordarle come si è fatto scappare quel ladro, la settimana scorsa?» Sato incrociò le braccia al petto.
«Non ho più l'età per certe cose! Era davvero veloce!»
«ERA UN VECCHIETTO COL DEAMBULATORE!»
«Era veloce lo stes-» si ritrovò un altro cucchiaio in bocca a sorpresa. Si dimenò ancora, ma quei salvagente lo tenevano fermo in tutto e per tutto.

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Capitolo 16
*** Ai shiteru [Biglie] ***


Mitsuhiko chiuse il portabagagli del maggiolino del dottor Agasa e si avviò verso la spiaggia con la scatola di biglie. Genta, Ayumi e gli altri dovevano occuparsi di creare una bella pista su cui giocare, mentre lui era stato incaricato di andare a prendere gli strumenti del gioco - che aveva distrattamente dimenticato in auto.
«Oh?» mentre muoveva le gambette verso la spiaggia, notò Ai venirgli incontro.
«Ai! Per caso è successo qualcosa?» domandò lui, subito preoccupato.
«No, niente.» lo rassicurò la bambina «Mi hanno mandato a prendere la crema solare. Non sei l'unico smemorato del gruppo.» 
Mitsuhiko sorrise, un po' imbarazzato. «Allora è sufficiente tornare indietr-ops!» 
Non appena fece per voltarsi, mise un piede in fallo e in un attimo si ritrovò con la faccia spiaccicata per terra. 
«Mitsuhiko!» Ai si allarmò, correndo in suo soccorso. Lo alzò un po' sanguinante dal naso, ma tutto sommato in buono stato.
«C-che botta...» si lamentò intontito «Oh no! Le biglie!»
Le sferette erano uscite dalla scatola e ruotavano dappertutto nei paraggi. Cerco di alzarsi per prenderle, ma Ai lo trattenne per il braccio.
«Dove vai? Dobbiamo fermare il sangue.» esclamò, apatica ma autoritaria come al solito.
«Non è niente...» assicurò lui, tornando a guardare le biglie in allontanamento.
Ai gli prese il viso tra le mani e lo guardò negli occhi. «Tu. Resti. Qui.»
Suonava davvero minacciosa nelle sue orecchie. Lei continuò a fissarlo, ma si allontanò dopo poco tornando con un paio di tamponi da mettere nel naso.
«Adesso bosso brendere le biglie?» chiese Mitsuhiko con voce fortemente nasale.
«Aspetta qualche minuto.» improvvisamente gli sorrise «Te le raccolgo io, d'accordo?»
Era così bella che lui non poté fare a meno di avvampare e distogliere lo sguardo.
«S-sarebbe molto gentile da parte tua. G-grazie.»
Ai ridacchio e iniziò a raccoglierle.

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Capitolo 17
*** She's pissed [Gavettoni] ***


«Adesso gliela faccio vedere io.» sghignazzò Kaito, impugnando una fionda di modeste dimensioni. Nell'altra mano aveva un palloncino colmo di liquido con cui giocherellava. «Sarà la sua fine.»
L'obiettivo era un tale Takashi, un bellimbusto conosciuto in spiaggia che aveva messo gli occhi su Aoko. 
Detestava i tipi come lui, quindi doveva dargli una bella lezione.
«Arriva!» esclamò a denti stretti a sé stesso, scrutandolo da dietro l'angolo dove si era nascosto.
Attese con trepidazione per mirarlo: tese l'elastico al massimo della sua capacità, caricando il proiettile e puntandolo verso dove immaginava che Takashi sarebbe apparso.
Fu questione di pochi istanti, invero: l'adone comparve e la presa di Kaito sull'elastico cessò. Questo fece partire il proiettile, il quale schizzò a velocità assurda verso il ragazzo.
Proprio quando ormai il palloncino era in traiettoria, Aoko spuntò da dietro l'angolo.
«Takashi! Scusami se ti disturbo, ma volevo chiederti se ti andasse di venire con meEEEEEEK!»
La ragazza strillò con voce acuta quando il proiettile la colpì vigliaccamente alle spalle. 
Takashi la sorresse per evitare che cadesse in avanti. «Tutto bene?» chiese, preoccupato.
«S-sì! Ma chi... cosa...» si voltò. Inquadrò Kaito con la fionda in mano e gli occhi sgranati e fece due più due.
«KAITO! CHE TI SALTA IN MENTE!? POTEVO CADERE E FARMI MALE! VA' A TIRARE L'ACQUA A QUALCUN ALTRO!»
Kaito abbassò lo sguardo e mise le mani dietro la schiena, grattando la sabbia per terra con la punta del piede. «E-ehm... v-veramente non è proprio "acqua". In un certo senso sì, ma...»
Aoko ebbe un terribile presentimento. 
Si guardò meglio e si accorse che aveva addosso uno strano liquido giallastro che diffondeva un odore davvero nauseabondo. 
L'ultima cosa che Kaito vide furono due occhi rossi fiammeggianti, poi svenne per il colpo in faccia.

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Capitolo 18
*** The cat is on the table [Salsedine] ***


«Meoooow!»
Un miagolare insistente proveniva da dietro la porta del Poirot. Azusa, intenta a pulire gli ultimi tavoli, lanciò un'occhiata oltre il vetro, scorgendo la minuta figura di un gatto intento a cercare di farsi notare.
«Tail!» esclamò lei, sorridente, avviandosi immediatamente verso l'ingresso. Era il tramonto e non c'era praticamente nessun cliente nel locale: v'erano solo lei e quel gatto calico, bagnati dai raggi fulvi tipici dei momenti antecedenti al crepuscolo. In quel connubio di rosso e giallo, il viso della ragazza era più bello che mai.
«Meow...» Tail miagolò nuovamente, strusciandosi su una delle caviglie dell'amica. Lei ridacchiò e lo prese in braccio, avvicinandoselo al petto.
«Oh? Ma questo...» la cameriera fiutò l'aria, captando immediatamente l'odore che proveniva da quel gatto.
«Meow!» lui sorrise, come se avesse capito di essere stato scoperto.
«Odore di salsedine. Non sarai mica andato a cacciare il pesce in spiaggia? Con tutto quello che faccio per metterti del cibo da parte! Cattivone!» rise, accarezzandolo con dolcezza. Poi si sedette nel locale vuoto, lasciando che il silenzio piombasse in loco. Un velo di malinconia le coprì il volto.
«Vorrei andare anche io al mare...» sussurrò.
«Allora possiamo andarci domani. Non siamo chiusi?» il ragazzo conosciuto come Amuro Toru si lasciò la porta alle spalle. 
Azusa si spaventò e si sentì violata, come se Toru avesse origliato i suoi pensieri. Però dopo poco sorrise.
«Va bene! Ma solo se viene anche lui!» sollevò il gatto, il quale miagolò teneramente al biondo.

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Capitolo 19
*** Water bomb [Gara di tuffi] ***


«Oh no.»
Conan alzò lo sguardo, tremando. Non riusciva a credere ai suoi occhi.
Goro cercò di dissuadere l'ispettore Megure. «Ha una certa età!» - disse - «Non rischi!»
«Certa età a chi?» borbottò sotto i baffi l'ispettore, guardando dall'alto del trampolino il celebre amico.
«Lo lasci perdere, è solo preoccupato che facciamo danni.» dal trampolino vicino parò il dottor Agasa, anch'egli in costume come l'ispettore.
«Danni? Siamo liberi di fruire di questa piscina come tutti. Facciamogliela vedere!» ridacchiò, lisciandosi i baffi.
«Volentieri!» negli occhi del dottor Agasa brillò una strana luce.
La scena durò pochi istanti: Megure e Agasa si coordinarono alla perfezione, gettandosi entrambi dai rispettivi trampolini come se fossero un'unica persona. Le loro masse cozzarono violentemente contro l'acqua, generando schizzi e moti ondosi a non finire. Conan dovette mantenersi al bordo della piscina per non essere spazzato via; Goro venne investito in pieno da un'onda e fu ritrovato ore dopo in prossimità del bar; Ran e Sonoko persero i sensi, mentre Ai e i Detective Boys fecero un applauso scrosciante. 

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Capitolo 20
*** Don't stop me [Telo da mare] ***


Yukiko si lasciò cadere sulla sdraio, sbuffando seccata.
«Quel bambino è davvero incredibile.» disse mentre si toglieva gli occhiali da sole e si piazzava una rivista davanti al naso.
«Non mi sembra una novità. Che ha combinato questa volta quel discolo?» Yusaku ridacchiò. Conosceva bene Shinichi e sapeva quanto potesse far disperare sua madre.
«Si è messo in testa di andare in barca con queste onde. Guarda! Puoi farci surf!» la donna indicò dei cavalloni non indifferenti. Il maroso era degno di nota e l'incolumità del suo piccolo veniva prima di tutto.
«Quindi cosa hai fatto?» chiese il marito, alzando un sopracciglio.
«Cosa credi che abbia fatto? Gliel'ho impedito, ovviamente!»
«Tu avresti "impedito" qualcosa a Shinichi?» non poté trattenere una grossa e grassa risata.
«Si può sapere che cosa ci trovi di così divertente?» Yukiko gonfiò le guance, offesa.
«Un detective non si arrende mai. Anzi, è proprio quando gli dicono di non fare qualcosa che riesce a dare il meglio di sé.» con un cenno del capo indicò il mare.
Yukiko urlò per istinto: il suo piccolo Shinichi - a bordo di una bagnarola improvvisata con alcuni pezzi di legno legati tra loro e il suo telo da mare a fungere da vela - era intento a sfidare le onde.
Il suo sguardo era determinato e una luce brillava nei suoi occhi.
Poi la barca si capovolse e lui sparì nell'acqua.
«SHINICHI!» entrambi i genitori balzarono in piedi e corsero verso l'acqua.

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Capitolo 21
*** La bellezza della cultura [Ombelloni] ***


«Che stai guardando?» 
«La maestra Kobayashi.»
Conan corrugò la fronte. «Davvero? E dov'è?»
Ai le indicò il mare. Una donna con un costume di un pregiato colore viola stava facendo il bagno, lanciando vari gesti a qualcuno sulla spiaggia. Conan spostò lo sguardo sull'arenile, individuando un uomo vicino a un grande ombrellone.
«Chi è? Non riesco a distinguerlo bene...» borbottò, strizzando gli occhi per mettere meglio a fuoco.
«Si tratta dell'ispettore Shiratori, ovviamente.» un sorrisino malizioso di dipinse sul volto della bambina.
«COOOOOSA!?» Genta, Mitsuhiko e Ayumi balzarono alle spalle dei due adolescenti rimpiccioliti, scostandoli per vedere meglio.
«Sono proprio loro!» confermò il bimbo paffuto.
«La maestra è davvero bellissima!» disse Ayumi, con le manine strette al petto.
«Anche l'ispettore se n'è accorto! Non le stacca gli occhi di dosso!» rise Mitsuhiko, indicando proprio l'uomo che sembrava intento a piazzare l'ombrellone.
«Non farà una bella fine...» sentenziò Conan con le palpebre abbassate a metà.
«Che intendi dire?» domandò Ayumi, inclinando la testolina di lato.
«Guardate.» rispose criptico l'occhialuto, invitandoli ad assistere alla scena.
Shiratori non staccava neanche per un attimo gli occhi dalla maestra, rapito dalla sua bellezza. Ciò si ripercosse sul suo lavoro, compiuto distrattamente: aveva dimenticato di mettere l'apposita pedana all'ombrellone, piantando quest'ultimo nella sabbia come se nulla fosse. Bastò un colpo di vento per alzarlo e farlo volare via in balia di Eolo.
I bambini risero guardando l'ispettore urlare e cadere mentre cercava di recuperare l'ombrellone che saliva e si allontanava sempre di più.

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Capitolo 22
*** Non sono persiani quelli oltre la persiana [Veranda] ***


Era passato da poco mezzogiorno e il tavolo di Midori ospitava un accrocco di pentolame vario, ingredienti sparsi e utensili da cucina in gran quantità. Attendeva ospiti per pranzo, ma si era svegliata tardi e adesso stava cercando di rimediare in fretta e furia. Non le capitava da parecchio di alzarsi tardi, anche perché l'avvocato Kisaki era intransigente sulla puntualità a lavoro. Adesso che era in ferie, però, poteva prendersela più comoda.
Anche l'avvocato era andato in ferie assieme alla sua famiglia, un evento più unico che raro visto che lei e l'ex marito non potevano passare più di due minuti senza litigare. Rise al pensiero e poi guardò in direzione della veranda, lì dove c'era il piccolo Goro. Non essendoci nessun altro che potesse occuparsene, Midori aveva accettato di buon grado di prendersene cura sino al ritorno della padrona.
«A voi due piace proprio stare al sole, eh?» disse sorridente, i due micetti.
Sì, Goro non era solo: vicino a lui c'era uno splendido gatto calico che a quanto le avevano detto doveva valere una fortuna. Il periodo di ferie aveva fatto fare a quel felino un giro davvero strano: Azusa, la cameriera del Poirot, era partita e aveva lasciato il gatto randagio alle cure di Ran che abitava nella stessa zona frequentata dal gattino. Quando anche la ragazza si era dovuta allontanare dalla città, la soluzione più ragionevole era stata quella di affidarlo a Midori che già doveva occuparsi di Goro.
E adesso eccola là a guardare quei due gatti spalmati in veranda a godersi il sole come due lucertole, entrambi intenti a fare fusa sommesse. Notò che le loro zampette anteriori combaciavano, come se i loro cuscinetti fossero le dita di due mani che si stringono.
La scena le scaldò il cuore, ma prima che potesse fare altro suonarono alla porta.
«A-arrivooooo!» 
Si precipitò all'ingresso in preda al panico e ancora sporca di farina.

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Capitolo 23
*** To care, a scar, in a car [Drive in] ***


La folla si esaltò quando lui si dichiarò. Era una scena davvero romantica: lì, sul punto più alto della scogliera, con il vento a scompigliare i capelli di entrambi, era riuscito a confessare il suo amore alla donna di cui era innamorato sin da quando erano piccoli.
Sembrava la scena di un film. Effettivamente, era un film per davvero. 
Kansuke Yamato sbuffò con il gomito appoggiato alla portiera dal finestrino abbassato e avvertì la cicatrice dolergli dopo anni ogni qualvolta le sue orecchie venivano violentate da quelle stupidaggini da film da quattro soldi. Ringraziava di essere ormai alla fine della pellicola e di potersene andare di lì a poco. Certe cose non facevano affatto per lui e aveva accettato di accompagnare Yui Uehara al drive-in per mera gentilezza, nulla più.
A proposito della sua collega, gli parve strano che dal sedile accanto al suo non si fosse levato un urlo unisono a quello di molte altre donne presenti lì nei paraggi. A ben pensarci, non la sentiva sgranocchiare il popcorn da un po', cosa assai sospetta visto che ringhiava come una belva inferocita se lui provava a prendersene almeno uno. Di solito rimaneva con gli occhi fissi sullo schermo, ricordandosi a malapena di sbattere le palpebre, intenta a ingozzarsi.
Girò la testa e stupito la sorprese spalmata sul sedile, rapita da Orfeo. Il cesto dei popcorn era scivolato dalle gambe, ormai vuoto e contenente a malapena le briciole. 
«Che pazienza...» il burbero poliziotto sospirò e stava per accendere l'auto e andarsene, ma qualcosa glielo impedì.
«Sì, Kan-chan...»
«Eh?» girò immediatamente la testa verso Uehara.
Bisbigliava cose nel sonno e si agitava.
«Anche io... anche io voglio sposarti...» 
Yamato sgranò gli occhi. Poi la voce argentina dell'attrice che rispondeva "sì" lo spinse a tornare dal film. Sullo schermo era proiettata la scena della proposta di matrimonio, perciò tutto si spiegò: Uehara era semplicemente influenzata inconsciamente dalle parole degli attori.
Era sollevato. No, forse no... non era sollievo. Era...
... delusione.
Sì, era deluso. Sarebbe stato bello se quelle parole fossero state spontanee. Ma difficilmente Uehara avrebbe provato un interesse di quel tipo nei suoi confronti.
«Kan-chan!» Uehara gli si fiondò addosso, o meglio gli cadde addosso e gli abbracciò la coscia.
«Ti amoooooo...» bofonchiò nel sonno con la bocca impastata, stringendosi a lui con più decisione e strusciando la guancia sul pantalone. Lasciò anche un po' di bavetta sul tessuto.
Kansuke Yamato mise in moto l'auto, fece retromarcia e dopo poco erano in strada.
Guardando dinnanzi a sé, portò una mano sulla testa di Yui e l'accarezzò.
«Anche io.»

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Capitolo 24
*** A secret makes a policeman policeman [Tormentone estivo] ***


«Io ho finito, lei rimane ancora un po'?»
Il muso baffuto di Juzo Megure fece capolino dalla porta semiaperta dell'ufficio di Kiyonaga Matsumoto.
«Sì, ho ancora un paio di cose da sbrigare.» rispose il superiore, visibilmente seccato. La giacca era stata appoggiata allo schienale della sedia e la camicia bianca era bagnata di sudore. Nonostante la finestra aperta, il ventilatore sul soffitto e la temperatura in fase di calo per via dell'arrivo della sera, in quella stanza una cappa di calore asfissiante rendeva spossato chiunque cercasse di lavorarci. 
«Va bene. Allora buona serata.» disse l'ispettore, salutando e nascondendo la testa sotto il suo proverbiale cappello.
Matsumoto lo vide allontanarsi, sino a quando non fu lui l'unico rimasto in ufficio. Dalla finestra alle sue spalle la luce dei lampioni e della prima movida di Tokyo illuminava parzialmente la stanza e vari suoni come risate, clacson e chiacchiericcio gli facevano da sottofondo e rompevano il silenzio piombato sul posto di lavoro.
Matsumoto si guardò attorno, parecchio circospetto. Si alzò più volte per guardare fuori dal suo ufficio, controllando di essere davvero solo. Per sicurezza, chiuse la porta a chiave. Tornò a sedersi sulla sua sedia, cacciando da un cassetto - solitamente chiuso per tutti - un piccolissimo astuccio quadrato di colore scuro, simile a un filattero. Lo aprì e prelevò gli auricolari al suo interno, collegandoli al suo cellulare.
Si spallò sulla sedia, chiuse gli occhi e sorridendo si abbandonò al tormentone estivo di Yoko Okino.

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Capitolo 25
*** Alcolici allungati [Scogli] ***


«Ricorda, dobbiamo essere lì almeno per le 11.»
«Tranquillo, sono bravo a portare una barca!»
Sembrava un dialogo normale, se solo non fosse tenuto da due dei criminali facenti parte della famigerata organizzazione nera. Gin e Vodka, ormai coppia fissa, dovevano eseguire un omicidio alla luce del sole. L'obiettivo era un tale magnate che era solito fare il bagno al largo in solitudine, un'occasione da non farsi sfuggire. La nave, invero più simile a una piccola lancia, veniva pilotata da Vodka mentre Gin era seduto a prua, guardando nella direzione intrapresa dal bersaglio. Sottocoperta erano armati di tutto punto, con fucili di precisione, pistole e quant'altro potesse tornargli utile per l'esecuzione.
«Spero tu sappia ciò che stai facendo. Non mi sei mai sembrato un uomo di mare...» disse Gin tra il sospettoso e l'accusatorio, con quegli occhi acquosi indecifrabili e freddi.
«Fidati, filerà tutto liscio come l'olio. Io e il mare siamo una cosa sola!» ribatté Vodka, tronfio.
«Una cosa sola come quando hai avuto il mal di mare appena siamo saliti. Fortuna che ti è passato, ma sarò io a sparare. Non voglio scherzi.» il biondo era alquanto accigliato, ma era un modo di stemperare la tensione. Uccidere non è mai facile.
«Provetto, ti dico!» rise Vodka.
«Lupo di mare, obiettivo a ore 2.» Gin si alzò, ma poi esclamò confuso «Che succede?»
La lancia emise un suono stridulo, come se grattasse contro qualcosa. Pochi istanti dopo imbarcavano acqua e stavano affondando.
«I salvagente!» il criminale smilzo ci si fiondò, lanciandone uno al collega prima di gettarsi in mare.
Entrambi si esibirono in dei tuffi di dubbio gusto, ma rimasero a galleggiare sani e salvi stretti ai propri salvagente, guardando la nave che colava a picco e quello scoglio che sbucava dal pelo dell'acqua.
«Provetto, eh?» 
«Una svista può capitare a tutti...»
«Come a tua madre quando ti fece cadere dal seggiolone da piccolo. Ringrazia che non ho armi per spararti.» 
Iniziarono a nuotare verso riva.

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Capitolo 26
*** Il rosso arriva sempre più lontano [Frutti di mare] ***


Jodie Starling era sdraiata su un lettino a prendere il sole. Indossava un due pezzi azzurrognolo con alcune decorazioni a forma di palma, molto semplici e di un colore simile al verde acqua. Gli occhiali da sole calati sul naso le consentivano di essere vigile pur facendo sembrare di essere appisolata, guadagnando un'ottima posizione per eseguire delle rapide ricognizioni.
Si guardò attorno prima che la figura dell'agente Camel uscisse dall'acqua. Aveva maschera e boccaglio, pinne, una tuta da sub e in mano un coltello e un sacchetto pieno di frutti di mare.
«Camel? Cosa...» l'agente guardò con fare interrogativo il sacchetto. «Lo sai che non siamo venuti qui a svagarci, vero?»
«Certamente! Dobbiamo proteggere il magnate Rick Sfondatt, ma dell'organizzazione nera non c'è traccia. Ho visto solo una piccola nave con due tizi a bordo affondare malamente. Di certo non erano loro, troppo imbranati.» rise con la sua voce grave e un po' gracchiante dopo essersi alzato la maschera.
Jodie lo guardava pensando che la stesse prendendo troppo alla leggera, ma poi lui le allungò il sacchetto.
«Questi li ho... presi per te.» sussurrò, un po' rosso in viso.
L'espressione dura di Jodie si sciolse in una calda e avvolgente e prese il sacchetto, scoprendo come ci fosse un'abbondanza di ricci di mare.
«Camel, tu... come facevi a sapere che mi piacciono soprattutto i ricci di mare?» domandò lei, sorpresa.
«Ti conosco più di quanto tu creda.» rispose prontamente l'uomo, sebbene un velo di malinconia ora gli coprisse il viso. «So anche perché ti piacciono tanto.»
Jodie abbassò lo sguardo, capendo. Lei amava i ricci perché erano buoni anche se circondati di spine, proprio come quelle persone un po' rudi e fredde all'esterno, pungenti, ma davvero dolci dentro.
Sì, ogni riccio le ricordava Akai. E Camel, nonostante tutto, li aveva presi per lei.
La donna si alzò e diede al collega un tenero bacio sulla guancia a sorpresa, tant'è che lui sobbalzò.
«A gorgeous present for my fabulous friend.»

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Capitolo 27
*** Bullet [Water volleyball] ***


«Se perdiamo, non sai quante te ne farò passare!» sbraitò Yumi, agitando i pugni per aria. 
Shukichi era in acqua, dopo aver fallito per l'ennesima volta. Dall'altro lato della rete, Sato e Takagi si battevano il cinque.
«Mi spiace per voi, ma ormai abbiamo la vittoria in pugno!» esclamò trionfante Wataru, ricordando a tutti che ormai il match point era del suo team. Ciò fece infuriare ancor di più Yumi, la quale alzò di peso il suo compagno di squadra dall'acqua e lo fece rinsavire a suon di ceffoni.
«Y-YUMI-TAN! M-MI FAI MALE!» urlò lui inebetito, ma non c'era modo di fermarla.
«Datti da fare e vedi di iniziare a comportarti da uomo! Qui c'è in gioco il nostro onore!»
«M-ma è solo una partita...» Takagi venne in soccorso dell'avversario, ma sia Sato che Yumi lo fulminarono con lo sguardo, facendolo diventare piccolo piccolo.
«In posizione!» sbraitò Miwako, preparandosi alla battuta. Sorrise malevola e alzò il pallone, caricando una schiacciata diretta proprio sul povero Shukichi tremante. La palla schizzò a gran velocità verso di lui che con goffaggine riuscì a respingerla e alzarla verso l'alto, seppur cadendo malamente in acqua. 
«YAAAAAAA!» Yumi saltò con tutte le sue forze e schiacciò anticipando il muro di Takagi, segnando un punto per la sua squadra.
«BECCATEVI QUESTA!» saltellò allegra mentre Shukichi era ancora in acqua che faceva le bolle.
Lo rialzò e gli mise in mano la palla.
«Tocca a te battere. NON DELUDERMI!» un ordine categorico che fece tremare l'uomo che sospirò.
Si mise in posizione di battuta, scoprendo come la rete ora fosse tremendamente più grande e come lo fossero anche i corpi di Takagi e Sato, impedendogli di capire dove battere. Si stropicciò gli occhi e poi guardò Yumi: sembrava un oni dei peggiori racconti. Inspirò profondamente e poi alzò la palla maldestramente, correndoci incontro male e schiacciando sorprendentemente bene.
Takagi e Sato sgranarono gli occhi di fronte a quel proiettile tondo che li superava, per loro fortuna oltre la linea del campo. Ma proprio per questo accadde che la palla viaggiò contro l'ispettore Megure che faceva il bagno lì vicino tranquillamente.
«ATTENZIONE!» gridarono tutti, ma prima che il baffuto omaccione potesse accorgersi di cosa stava accadendo era stato colpito ed era "a terra" stordito.
Mentre lo soccorrevano, Sato non perse occasione di ricordare a Yumi di chi era la vittoria. Shukichi voleva piangere.

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Capitolo 28
*** Red peach [Scottatura] ***


«Che succede, Ran nee-chan?» 
Ran continuava a girare per l'ufficio di suo padre come se avesse addosso le pulci. Si toccava di qua e di là, frenetica, al punto da far sorgere qualche sospetto al bambino che si stava godendo un buon libro giallo serale sul divano.
«N-non ho niente!» borbottò lei, arrossendo in viso e continuando a camminare. Conan sospirò e si mise seduto, tenendo un dito in mezzo al libro per non perdere il segno.
«Mi sembra ovvio che ci sia qualcosa che non va! Goro è uscito a bere come al solito, ma non ti sei mai preoccupata così tanto per lui.»
«N-no! N-non è per quello...» bofonchiò lei fermandosi e incollando lo sguardo per terra.
Conan capì. Lasciò il libro e si avvicinò a lei, prendendola per mano. «Qualunque cosa sia, possiamo risolverla assieme!» la voce del piccolo risuonò nel cuore della ragazza, scaldandoglielo.
Lei sorrise. «Grazie, Conan!»
«Figurati! Allora, cosa c'è che non va?»
«B-beh...» per un attimo la ragazza sembrò ancora titubante, ma poi si decise. Mise mano ai pantaloni e li sbottonò, calandoli sino alle cosce.
«R-RAN NEE-CHAN!?» Conan, anzi, Shinichi Kudo spalancò gli occhi sentendo il principio di un infarto.
Ran continuò togliendosi anche l'intimo sino a mostrare due chiappette davvero arrossate.
«NON SONO STATA IO!» urlò, cercando di giustificarsi. «IO DORMIVO, MA SONOKO MI HA ABBASSATO IL COSTUME! POI SI È DISTRATTA E NON MI HA SVEGLIATO E QUANDO È TORNATA MI HA VISTO E NON HO I SOLDI PER LA CREMA E DEVO CHIEDERLI A PAPÀ MA POI DEVO DIRGLI DOVE MI SONO SCOTTATA E...» cominciò a parlare come un treno, con gli occhietti chiusi per la vergogna. 
Quando li riaprì, constatò che aveva perso Conan al "non sono stata io" e che era in corso un'emorragia nasale dal bambino svenuto sul pavimento.
«CONAN!» 

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Capitolo 29
*** MisANTerstanding [Picnic] ***


Erano seduti all'ombra di un grande acero dalle foglie rosse. 
Lei indossava un abito leggero che le arrivava sino alle caviglie, fatto di un tessuto fine e pregiato. Una fascia celeste era avvolta in vita e poco sopra lo scollo a v mostrava il piccolo seno florido. I capelli erano sistemati alla perfezione, emananti una fragranza che toccava le narici del suo lui. Gli occhi dell'agente Sato erano chiusi e la sua testa poggiata sulla spalla di Takagi. Non dormiva, si stava solo gustando il momento.
Takagi aveva appoggiato la giacca sul telo che si erano portati per il picnic, accanto al cestino dove avevano riposto le vettovaglie. Indossava una camicia bianca sbottonata e la cravatta gli pendeva sciolta dal collo, appoggiata sui pettorali come la pelle abbandonata da un serpente che ha appena fatto la muta. Le braccia cingevano i fianchi di Sato e la tenevano stretta a sé, poiché lei era seduta fra le sue gambe. Lui aveva la schiena poggiata al tronco dell'albero sotto cui si erano posizionati a mangiare.
Sato ebbe un breve sussulto, quindi fece salire l'indice della mano destra sul petto dell'uomo, solleticandolo con l'unghia sino ad arrivare al collo. Lì lo sfiorare della falangetta divenne una vera e propria presa con la mano ai danni del mento del poliziotto, col fine di tenerlo fermo mentre lei allungava le labbra in direzione del collo per baciarlo e lasciarvi l'impronta del suo cherry lipstick.
«Ma che schifo!» tuonò lui. aggiungendovi anche un «È disgustoso!» con il tono più schifato che potesse fare.
Una vena pulsò sulla tempia della donna che in quattro e quattr'otto si staccò da lui spingendolo contro il tronco e poi mollandogli uno schiaffo in pieno viso.
«Che galantuomo!» disse sarcastica, incrociando le braccia al petto e poi sedendosi vicino a lui guardando da un'altra parte.
«Ma che fai?» piagnucolò Takagi, massaggiandosi la guancia dolorante.
«Che fai tu! La tua ragazza ti bacia e dici che è disgustoso. Una volta tanto che...» arrossì di colpo, indecisa se proseguire o meno la frase. «... c-che cerco di essere t-tenera con t-te.»
Le labbra si Takagi si schiusero a forma di "o" e poi sorrise. 
«Miwako, ti giuro che ho apprezzato e vorrei che lo rifacessi.» esclamò sincero, guardandola negli occhi e tenendole le mani. «Però...»
Fece un piccolo cenno col capo e indicò il telo. I piatti coi residui di cibo erano stati presi d'assalto dalle formiche mentre loro si rilassavano, e lei capì a chi erano destinate le parole di poco prima.

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Capitolo 30
*** It's just another lemon t...hief! [Limoni] ***


«FERMATELO, MALEDIZIONE!»
Jirokichi Suzuki si sbracciava dall'alto del grattacielo su cui si trovava, guardando verso il basso. Il deltaplano di Kaito Kid aveva appena spiegato le ali e il celebre ladro candido stava planando via dalle forze di polizia. L'ispettore Nakamori, come al solito, non poteva far altro che assistere alla sua ennesima disfatta: il suo nemico giurato si stava allontanando con il bottino in saccoccia.
Il viso rubicondo del presidente Suzuki adesso era tinto di rosso per pura rabbia, tant'è che le vene sulla fronte si facevano largo tra i solchi delle rughe. Sbatteva ripetutamente i pugni, non credendo all'accaduto.
«I LIMONI! HA PRESO I LIMONI!»
Parole irate fuoriuscivano dalle sue labbra e martellavano la testa dell'ispettore. Sapeva benissimo che i "limoni" erano delle vere e proprie pepite d'oro a forma di limoni, modellate per renderle un perfetto centrotavola da puri sibariti. Dell'antica collezione originale che vedeva mele di rubino, foglie di smeraldo e grappoli d'uva di ametista. Jirokichi Suzuki era riuscito a recuperare solo quei limoni ora trafugati da Kid.
«CHE TU SIA DANNATO, KID!» sbraitò il poliziotto, agitando i pugni per aria.
«MA PER COSA SIETE PAGATO, VOI!? PER URLARE A FURTO COMPIUTO!? OGNI VOLTA LA STESSA STORIA!» il presidente prese per il bavero l'ispettore e cominciò a scuoterlo violentemente, imbrattandogli la faccia di saliva.
«Ispettore, guardi!» un agente indicò il deltaplano di Kid. Questo, all'improvviso, era stato distrutto... anzi, tagliato a metà di netto. Si vide Kid precipitare verso il basso urlando, salvato solo da alcuni rampini muniti di ventose che si appiccicarono alla vetrata di un grattacielo vicino e gli impedirono di sfracellarsi al suolo. 
Guardando meglio, si riuscì a vedere la causa di quell'inconveniente: un uomo munito di spada di legno volava a mezz'aria e con equilibrio quasi sovrumano atterrò sull'ala di un biplano 
«Bel colpo, Goemon!» ridacchiò Lupin III alla guida del velivolo. Jigen, dalla postazione dietro alla sua e nascosto dal fumo della proverbiale sigaretta, prese la mira e sparò a Kid.
«Ha ancora lui i limoni!» urlò il cecchino.
«E allora vediamo di fare il limoncello!» rispose Lupin, giocando con la cloche e facendo una virata a mezz'aria per gettarsi all'inseguimento del ladro niveo che frattanto era già nuovamente in volo grazie a un deltaplano di riserva (dove lo avesse tenuto finora era un mistero per tutti).
Le bocche spalancate di Suzuki, Nakamori e degli agenti tutti furono l'ultima cosa che i ladri videro prima di scattare gli uni all'inseguimento dell'altro. 

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Capitolo 31
*** Tutto questo niente [Famiglia] ***


«Signore, posso farle una domanda?»
La dolce Shizuka, inginocchiata accanto al maestro mentre gli versava il tè, parlò con la sua voce morbida e argentina. Indossava un abito classico da cerimonia del tè, di colore prevalentemente rosa, e i primi raggi arancioni del tramonto le illuminavano due guance rubizze incorniciate da due capelli neri inanellati. 
«Certo, dimmi pure.» rispose lui, accomodante. Prese la tazza di tè e la portò alla bocca.
«Come mai ha scelto di aiutare il signor Tanaka? È un misero contadino, non riuscirà mai a pagarla.» disse lei, ma abbassò lo sguardo accorgendosi di essere stata un po' troppo dura con le parole.
«Shizuka, a cosa credi che servano le mie trappole?»
«A... fermare i malintenzionati.» esclamò incerta la ragazza che aveva poco più di 18 anni.
«Una risposta giusta, ma non è quella corretta.» enigmatico, l'uomo sorseggiò la propria bevanda, donando alla sua interlocutrice una seconda possibilità.
«Per difendere qualcosa?»
«Complimenti.» il maestro sorrise a trentadue denti «La risposta è proprio quella. Difendere qualcosa, o qualcuno a volte. Il signor Tanaka ha una figlia estremamente bella, una che difficilmente si legherebbe a un contadino. La sua pelle ha il colore del riso, il fisico è voluttuoso e il viso dotato di due occhi grandi che ti scrutano dentro l'anima. Benché figlia di un contadino, egli non l'ha mai fatta lavorare nei campi ed è perciò quanto più vicina a una nobildonna di quanto possa esserlo tu o qualsiasi altra ragazza presa a caso nei paraggi.»
«Il signor Tanaka le ha chiesto una trappola per difendere sua figlia dai malintenzionati dopo che di notte si sono intrufolati in casa sua per...» troncò la frase, non avendo il coraggio di continuare.
«Precisamente. Ora, Shizuka: quale credi sia la cosa più importante da piazzare dietro una trappola?»
«Qualcosa di valore, ovviamente.»
«Ma che cosa ha valore?»
«Oro, gioielli, cibo durante un periodo di guerra. Tutto ciò che possa essere utile.»
«E le persone? Non sono forse utili?»
«In che senso?»
«Può il solo oro farti compagnia? Possono i gioielli ridere e piangere con te? Il cibo è buono quando lo mangi da sola, o quando sei con altre persone?»
Shizuka si fermò un attimo a riflettere, poi disse: «Con l'oro posso ottenere tutto ciò che voglio. Posso comprare altri gioielli, e con i gioielli e l'oro posso comprare compagnia e cibo.»
«È dunque felice un uomo circondato di amici comprati e prostitute che banchettano alla sua tavola con sorrisi falsi, mossi solo da intenti mercenari? Chi ritieni più felice, questo ipotetico ricco circondato da niente o il signor Tanaka, questo povero circondato da tutto?»
«Ma il signor Tanaka non ha nulla.» obiettò la ragazza.
«Il signor Tanaka ha una moglie e una figlia che ama e che cerca disperatamente di sfamare ogni giorno. Non v'è oro, gioiello, proprietà terriera che possa rivaleggiare la cena che egli fa dopo un'estenuante giornata di lavoro, chiacchierando e ridendo con la sua consorte e con la sua amabile figlia. Il signor Tanaka è ricco, ricco del bene più prezioso che un uomo possa avere. Pensi che Kichiemon Samizu possa rifiutarsi di costruire un meccanismo che difenda il bene più prezioso del mondo, anche a rischio di non ricevere nulla in cambio?»
«No, non lo farebbe.»
Kichiemon annuì e tornò a bere il suo tè in silenzio, guardando il tramonto assieme a Shizuka.

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