Team Dark - Anno Uno

di Vicarious10
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo dell'anno ***
Capitolo 2: *** Nuovi nemici ***
Capitolo 3: *** L'odore della notte ***
Capitolo 4: *** Tamburi di guerra ***
Capitolo 5: *** La nuova arrivata ***



Capitolo 1
*** Il primo dell'anno ***


Team Dark
Anno Uno

 

1.
Il primo dell’anno
 
 
La neve aveva investito tutto il paesaggio. Sul manto bianco, Shadow riusciva a scorgere le impronte di un orso. Fu il canto degli uccelli a fargli alzare la testa osservando dal basso la sommita appuntita degli alberi spogli. Da questi si concentrò sul cielo pieno di nuvole grige. Ritornò poi a guardare dinnanzi a sé, proseguendo la sua passeggiata mattutina e la contemplazione degli alberi. Lì era completamente solo, il centro abitato più vicino era distante centinaia di km da lui. Non ci aveva mai fatto visita, forse per paura di essere riconosciuto. Dopotutto, era passato un anno da quando aveva sconfitto Black Doom e le sue Black Arms. Un anno da quando il mondo lo aveva accolto come un eroe.
Eroe. Shadow si soffermò a lungo su quella parola.
Dopo un anno trascorso all’interno della ARK, decise di ritornare sul pianeta senza un motivo ben preciso. In qualche modo, la Forma di Vita Definitiva si sentiva incompleta.
- Maria - sussurrò quasi come fosse in ipnosi.
Da quando aveva riacquisito la memoria, Shadow non faceva altro che passare intere giornate pensando alla sua vecchia vita, prima che questa venisse spazzata via.
Ritornò a camminare con passo lento, deciso a raggiungere la sua “dimora”.
 
Dentro la grotta, Shadow sospirò.
Andò a sedersi sul vecchio letto che aveva trovato in una capanna abbandonata, usato solo per quelle poche ore di sonno che gli servivano per ricaricarsi. Lì tra le montagne non aveva bisogno d’altro. Per il resto, la grotta era spoglia. Era solo parzialmente illuminata dalla luce esterna, il resto era avvolto nell’oscurità. Al centro, vi erano i resti del fuoco che Shadow aveva acceso la notte precedente.
D’un tratto, un rumore attirò la sua attenzione. Shadow abbassò lo sguardo, cercando di trattenere quel sentimento di frustrazione che lo aveva reso celebre.
- Cosa ci fai qui? - chiese adirato.
Un rumore di passi seguì la sua domanda. Finalmente qualcuno si decise ad uscire allo scoperto.
- Come facevi a sapere che ero qui? - chiese divertita la ladra più brava al mondo.
- Riesco a sentire il tuo profumo da chilometri, Rouge - rispose Shadow alzandosi dal letto.
Rouge rise di gusto. Adorava dare fastidio al glaciale riccio nero. Shadow si diresse verso l’entrata della caverna, poggiandosi sull’uscio e guardando l’esterno.
- Rispondimi, che ci fai qui? -
- Torni sul pianeta da una settimana e non ti degni nemmeno di farmi una visita? Pensavo che fossimo uniti, Shadz - disse Rouge.
- Non lo siamo - tagliò corto il riccio - Come hai fatto a trovarmi? -
- I tuoi poteri, Shadz. Abbiamo tracciato l’energia sprigionata dai tuoi poteri -
- Abbiamo? - chiese incuriosito il riccio nero.
- Si, io e la G.U.N. . Lavoro per loro adesso -
- Fammi indovinare. Tu lavori per loro e loro chiudono un occhio sui tuoi furti -
- Mi mancava la tua perspicacia, Shadow - disse Rouge avvicinandosi - Potresti essere il miglior detective al mondo -
- Vattene - disse Shadow.
Non aveva voglia di parlare con nessuno. Il riccio nero si girò verso la ragazza, guardandola con occhi di ghiaccio. Era stanco di quella conversazione.
- Sai, credo che tu ti aspettassi una visita - disse Rouge.
- Cosa te lo fa credere? -
- Il fatto che tu abbia usato i tuoi poteri, Shadz. Sapevi perfettamente che la tua traccia energetica può essere identificata dai satelliti della G.U.N. . Tu volevi essere trovato -
- Ti sbagli. Io voglio stare da solo. -
- Potevi startene da solo anche sulla ARK, invece sei tornato qui sul pianeta -
- Sei venuta fin qui soltanto per dirmi questo? - chiese adirato Shadow.
- No - rispose Rouge.
La ragazza si avvicinò a Shadow. Questo smise di rimanere poggiato al muro e si avvicinò a sua volta a Rouge.
- Il capo vuole vederti, dolcezza. Vuole rimettere te, me e Omega in azione. Dice che ha bisogno di noi - disse la ladra rompendo il silenzio.
- Digli di andare all’inferno -
Shadow non si era dimenticato di quando Abraham Tower, il comandante della G.U.N., gli dava la caccia.
- Vuole fare pace con te, tesoro -
- Smettila di giocare a fare la gatta morta e vattene - disse il riccio nero.
- Va bene, va bene -
Rouge si avvicinò verso l’uscita.
- So capire bene quando la mia presenza non è desiderata, ma fammi almeno una cortesia. Pensaci, ok? -
Questa volta, nella voce di Rouge si poteva scorgere una vena amichevole. In qualche modo, la ragazza teneva veramente al riccio.
- Comunque vada, è stato bello rivederti - concluse per poi prendere il volo.
Quando rimase da solo, Shadow si riavvicinò al letto.
Rimase lì seduto per ore, fino all’arrivo del buio.
- Maria - sussurrò ancora.
 
Abraham Tower uscì sul terrazzo della sua abitazione privata.
Il nuovo anno aveva portato con sé nuovi problemi e preoccupazioni, questo lo sapeva bene. Il comandante dell G.U.N. non aveva intenzione di mollare la presa nella sua lotta al crimine. Era disposto a tutto pur di mettere la parola fine su Eggman e su chiunque minacciasse il suo mondo, soprattutto dopo che questo si era fuso con Mobius. Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da un rumore alle sue spalle. Dopo aver preso un sorso dal cocktail che si era preparato poco prima, Abraham si girò alle sue spalle, trovandovi la risposta a tutti i suoi problemi.
- Cosa vuoi, Tower? - chiese Shadow.
Il riccio nero poggiava con un equilibrio da atleta sulla ringhiera del terrazzo. Lo sguardo fisso verso il comandante e l’atteggiamento di chi non voleva perdere tempo. Era lì, però, e questo per Abraham Tower significava che aveva attirato la sua attenzione.
- Volevo solo parlarti - disse l’umano.
- Allora parla - tagliò corto il riccio.
Abraham sorrise. Nonostante tutto, c’era una cosa che accumunava i due oltre all’amicizia di Maria Robotnik: erano entrambi due figli di puttana dalla pelle dura.
- Ho bisogno di una squadra. E ho bisogno che sia tu a comandarla -
- E perché mai dovrei farlo? -
- Perché tu sei l’unico che può affrontare quello che verrà -
- Di che stai parlando? -
- Come sai - cominciò l’uomo - La Terra e Mobius si sono fusi in un unico pianeta. Questo significa anche che le meraviglie sovrumane di Mobius si sono unite al mondo degli umani e le cose stanno lentamente cambiando. Il terrorismo sta diventando super terrorismo, mentre i criminali da strada si potenziano grazie alla tecnologia sofisticata dei mobiani. Tu sei l’unico che ha abbastanza fegato per affrontare tutto questo -
- Perché non chiedi a Sonic di unirsi al tuo circo? -
- Sonic the Hedgehog non è la persona adatta per comandare un team d’elite come quello che voglio creare io. Tu sei l’unico -
- Cosa te lo fa credere? -
- Perchè tu, Shadow, vuoi la guerra così come la voglio io. Non sei adatto per tempi di pace. Se lo fossi, staresti ancora sulla ARK. Invece eccoti, pronto a combattere ancora, ancora e ancora. Questo mondo ha bisogno di te, Shadow. E tu ne hai disperatamente bisogno -
Shadow rimase in silenzio. Nel frattempo, la notte aveva portato con sé un leggero vento che ululava in lontananza.
- Ad una condizione - disse la Forma di Vita Definitiva.
- Quale sarebbe? -
- Non sarò una delle tue armi. Se sento puzza di bruciato e scopro che mi vuoi solo per fare del male agli innocenti, me ne vado e tu non mi darai la caccia -
- Va bene, Shadow -
Il riccio nero scomparve in un fascio di luce verdastra, lasciando da solo il comandante.
Domani sarebbe stato un grande giorno.
 
Shadow ricomparve nella sua caverna. Le sue energie erano a zero, visto che aveva dovuto usare il Chaos Control per andata e ritorno ad una distanza così grande. Si sdraiò sul letto e osservò il soffitto della caverna.
Ancora non sapeva cosa lo stava aspettando.
 
 
 
Note dell’autore.
Benvenuti! Alla fine, sono tronato a scrivere qui su EFP. Spero di avervi fatto contenti e spero che questa storia vi piaccia come le altre. PEr questa storia, ho deciso di stabilire delle regole. Prima in assoluto, i capitoli verranno pubblicati in cadenza non tanto regolare, diciamo una volta al mese salvo casi eccezzionali. Più avanti vi verrà spiegato tutto su questa nuova storia.
A presto!

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Capitolo 2
*** Nuovi nemici ***


Team Dark
Anno Uno
 

 
 
2.
Nuovi nemici
 
 
Dal momento in cui Shadow mise piede alla centrale operativa della G.U.N. , si respirava un’aria pesante. Mentre percorreva i corridoi, il personale presente gli lanciava sguardi intimoriti. Soldati, membri dello staff, non faceva alcuna differenza: tutti avevano timore del riccio nero. Gli era stato detto di raggiungere la sala del briefing, nell’ala est della struttura. Una volta varcate le porte della stanza, si trovò di fronte Abraham Tower e Rouge the Bat.
- Buongiorno, Shadow - disse Rouge divertita non appena lo vide.
Shadow non rispose. Nella stanza era presente un grande tavolo rotondo con varie sedie e un grande schermo posto di fronte. Il riccio si guardò attorno incuriosito.
- Dov’è Omega? - chiese infine.
- L’unità Omega E-123 è in manutenzione e non parteciperà a queste riunioni - rispose il comandante - Ora che sei qui, possiamo cominciare -
La luce si spense e Tower accese lo schermo con il sofisticato telecomando in dotazione. Su di esso apparvero varie immagini, tra cui quella di un possente mobiano mammoth di almeno 2 metri. Shadow si sedette su una sedia accanto a Rouge e rimase in silenzio.
- Quello che vedete sullo schermo è Mammoth Mogul - cominciò il comandante - Si tratta di un ricco e potente “uomo d’affari” che da qualche anno gestisce l’industria bellica dell’intero paese. Abbiamo il sospetto che il signor Mogul abbia qualche collegamento con il Dottor Eggman, oltre ad essere il signore incontrastato del crimine nella zona -
Shadow osservava con attenzione lo schermo, mentre Rouge sembrava poco interessata.
- Che tipo di rapporto avrebbe con Eggman? - chiese il riccio andando dritto al punto.
- Pare che lui possa essere uno dei non ancora identificati fornitori. In parole povere, è lui che rifornisce Eggman delle materie prime che il dottore userebbe per costruire i suoi robot - rispose Abraham Tower.
- Perché?- chiese Rouge.
- Non ne siamo ancora certi - tagliò corto il comandante - Quella che vedete invece è la sua dimora -
Lo schermo proiettò l’immagine di un imponente villa circondata da un bosco. Una piccola stradina conduceva al cancello principale, che portava ad un grande giardino ben curato che circondava infine l’edificio.
- Pare che qui Mogul tenga gran parte della sua documentazione in merito ai suoi affari. Sembra che il nostro bersaglio controlli tutto. Dal traffico di armi al controllo della criminalità organizzata. Il vostro obbiettivo e trovare i file che lo collegano ad Eggman, così potremo incriminarlo e sbatterlo in prigione -
- Quando agiremo? - chiese il riccio nero.
- Questa notte. Pare che domani Mogul darà una grande festa in onore della sua nomina a consigliere del sindaco di Central City. Quindi, in mezzo a tutti i preparativi, la sorveglianza dovrebbe essere facile da eludere. Devo comunque dirvi che sappiamo poco su come sia organizzata la sorveglianza e quante guardie del corpo sono presenti nell’edificio - rispose il comandante.
- Roba che scotta - commentò Rouge mentre si limava le unghie.
- Il vostro compito ora è organizzarvi e decidere la migliore strategia. Vi aspetto tra un’ora nel mio ufficio. È tutto - disse Abraham Tower congedandosi.
Shadow rimase lì in silenzio ad osservare lo schermo ancora accesso. L’immagine di questo Mogul gli rimase impressa nella testa.
 
Sul tetto del grande edificio, Shadow osservava l’orizzonte a braccia conserte. Mancava poco al tramonto e tra poche ore sarebbe dovuto entrare in azione. Il piano era semplice: mentre Rouge sarebbe rimasta all’esterno della villa, Shadow si sarebbe infiltrato al suo interno per trovare i file che gli servivano. Un piano semplice ma efficace, secondo il riccio.
Un rumore lo fece girare alle sue spalle, trovandovi Rouge the Bat intenta a guardarlo con aria divertita.
- Non ti facevo un amante dei tramonti - disse la mobiana.
Shadow rimase in silezio. Tornò a contemplare l’orizzonte come se non ci fosse nessuno con lui. Rouge gli si avvicinò, assumendo un’espressione serena.
- Sono contenta che tu sia tornato qui -
Impassibile, Shadow cominciò a provare un leggere fastidio.
- Quello che non capisco è perché - disse Rouge.
- Cosa? -
- Perché sei tornato - cominciò la ragazza - Credevo che stessi bene lassù tra le stelle. Non capisco perché sei tornato da noi -
Shadow rimase in silenzio. Si girò lentamente verso quella presunta amica prima di proferire parola.
- Non lo so - fu la risposta più sincera che riuscì a dargli.
Detto questo, il riccio scomparve in un fascio di luce verde, lasciando Rouge da sola. Il pipistrello non fu sorpresa di quel gesto. Rimase lì da sola per qualche minuto prima di prendere il volo e tornare a terra.
 
Shadow comparve nell’ufficio di Abraham Tower. Questo non si scompose quando lo vide apparire.
- Allora? Avete deciso il piano? - chiese l’umano.
- È tutto pronto - fu la secca rispsota del riccio.
- Bene. Un aereo è pronto per accompagnarvi alla villa di Mogul. Verrete lanciati in volo sopra di essa. La missione non comprende l’utilizzo di rinforzi. Una volta lì, sarete da soli -
- Lo siamo sempre stati - disse Shadow.
Il riccio si sorprese della risposta che gli aveva dato. Persino il comandante della G.U.N. rimase incuriosito da quelle parole. Shadow non gli diede peso e si diresse verso la porta.
- Non serve ricordarti quanto sia importante la missione - disse Abraham Tower.
- Non mi interessa - rispose Shadow prima di varcare la porta d’uscita.
Ancora non sapeva che quella notte tutto sarebbe cambiato.
 
 
Note dell’autore
Perdonate il ritardo. I prossimi capitoli arriveranno a breve e saranno più lunghi rispetto a questo. Ci si rivede tra una settimana esatta!
Sayonara!

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Capitolo 3
*** L'odore della notte ***


Team Dark
Anno Uno

 
3.
L’odore della notte
 
 
Rouge the Bat, la ladra più famosa al mondo, volava libera nella notte sopra la villa di Mammoth Mogul. Rimaneva lì a sorvolare dall’alto la situazione, con la sua visiera notturna datagli dall’armeria della G.U.N. . Nessun movimento sospetto, a parte quelli del suo amico riccio, l’arma vivente più letale al mondo. Era sicura della buona riuscita della missione, visto che, dopotutto, era di Shadow che si stava parlando. L’aveva visto affrontare situazioni ben più intricate e ne era sempre uscito vittorioso. C’era qualcosa di strano, però, qualcosa che i suoi sensori non riuscivano a rilevare.
Come mai non c’era nessun movimento all’interno della villa?
 
Stordire le guardie ai cancelli fu facile. Mentre percorreva furtivo il viale che conduceva all’entrata dell’edificio, Shadow the Hedgehog si chiedeva come mai avesse accettato tutto questo. Era davvero stanco della pace che si era conquistato? Oppure era semplicemente la noia e la voglia di emozioni forti che lo muoveva?
Ormai era tardi per i ripensamenti, aveva accettato quel lavoro, anche se non aveva idea di quello che stesse facendo. All’esterno della villa, trovò una grata che conduceva all’interno tramite un impianto di ventilazione. Una volta dentro, percorse qualche metro prima di attivare il comunicatore nel suo orecchio destro.
- Rouge, mi ricevi? Sono dentro -
- Forte e chiaro Shadz. Ti vedo. Dovresti trovarti sopra il salotto dell’abitazione -
Shadow uscì dal condotto, stando attento a fare meno rumore possibile. Con cautela, arrivò sul pavimento e si guardò attorno. Le luci erano spente e non sentiva nessun rumore che potesse indicare la presenza di altre guardie. Evidentemente, tutti dovevano essere coinvolti nei preparativi della festa per questo Mammoth Mogul. Camminando per i corridoi al primo piano dell’abitazione, Shadow notò vari dipinti appesi alle pareti. Alcuni erano ritratti di vari paesaggi, altri ritraevano il possente Mammoth in giacca e cravatta. Doveva essere uno molto egocentrico, secondo il riccio. Shadow aprì con cautela una porta, trovandosi in quella che doveva essere la sala da pranzo, secondo le indicazioni fornitegli da Rouge via radio.
- Shadow, qualcosa non va -
La voce allarmata del pipistrello fece bloccare il riccio.
- Non ti vedo più sui radar. Ci deve essere qualcosa che disturba il segnale -
- Di che parli? - chiese il riccio guardandosi attorno.
Prima che potesse ricevere risposta, il comunicatore emise un suono distorto che infastidì l’udito del riccio. Questo prese l’apparecchio e se lo tolse, gettandolo a terra. Prima che potesse chiedersi cosa stesse succedendo, le luci nella grande sala si accessero, mostrando al stanza in tutta la sua sfarzosità. Qualcuno era lì con lui, la Forma di Vita Definitiva lo percepì chiaramente.
- Spero che il posto ti piaccia, amico -
Shadow si girò, trovandovi un mobiano maschio di tipo donnola, dal colore viola. Aveva un cappello simile a quello dei cowboy dei film western e una cintura di pelle marrone a cui era legata una pistola, probabilmente un revolver 44 Magnum. Un’arma micidiale, secondo il riccio nero.
- Oh, scusami.. le buone maniere prima di tutto. Io sono Nack the Weasel - disse la donnola sorridendo beffardo.
- Qualcosa mi dice che sai già chi sono io - disse Shadow.
- Ovvio! Come si fa a non conoscere Shadow the Hedgehog! Lo sai che ti credevo morto? -
Shadow non rispose. Stava ben attento a scrutare i movimenti del nemico. Da quella distanza, se avesse fatto fuoco, Shadow sarebbe stato spacciato. Si concentrò a incanalare l’energia del Chaos Control senza dare nell’occhio.
- Beh, dopo questa notte.. lo sarai di certo - continuò Nack.
Quello che seguì accadde in una frazione di secondo. La donnola tirò fuori il revolver, mentre il riccio nerò alzò il braccio sinistro lanciando una Chaos Spear. Il proiettile e la saetta si scontrarono, generando una piccola esplosione che fece sobbalzare all’indietro entrambi. Ripresosi, Shadow indietreggiò ulteriormente saltando, mentre Nack continuò a sparargli altre tre volte.
- Però.. sei un osso duro, Shadow - commentò Nack mentre premeva il grilletto - Avrò di sicuro un aumento quando ti avrò fatto fuori! -
Shadow arrivò a saltare sopra il grande tavolo della sala, cominciando a lanciare Chaos Spear contro l’avversario. Questo non aveva di certo l’agilità del riccio nero, ma riuscì comunque ad evitare i colpi spostandosi con rapidità. In quella frazione di secondo, la donnola smise di sparare e Shadow colse al volo quel momento. Si avviciò all’avversario, colpendolo con un pugno dritto al volto. Il colpo ebbe l’effetto sperato e Nack venne scaraventato contro il muro, cadendo sul pavimento in marmo come un sacco di patate.
- Wow.. ora si che mi hai fatto incazzare - disse Nack alzandosi in piedi.
Ne seguì uno scontro corpo a corpo tra il riccio e la donnola. Shadow, forte dei suoi riflessi e della sua agilità, evitò i pugni dell’avversario mentre aspettava il momento giusto per contrattaccare. Quando provò a farlo, il riccio venne colpito con un calcio allo stomaco, cadendo a terra. In un attimo, Nack riprese la pistola e fece fuoco, ma il riccio nero fu più svelto e riuscì ad evitare per un pelo il proiettile.
Shadow lanciò un’altra Chaos Spear, disarmando l’avversario.
- Finisce qui - disse il riccio.
Nack fece una smorfia, trattenendo a malapena la rabbia. Qualcosa, però, lo fece ritornare a sorridere. Qualcosa che si trovava proprio alle spalle di Shadow.
Il riccio se ne accorse e si voltò, trovandovi una figura più alta di lui e decisamente più massiccia. Il pugno che seguì scaraventò Shadow contro il muro, formando varie crepe. Caduto a terra, il riccio nero alzò lo sguardo; Mammoth Mogul era lì, vestito elegante che lo squadrava con sufficenza.
- Mi deludi, Nack. Il nostro ospite respira ancora - commentò seccato il possente mammoth.
Shadow partì alla carica, furioso per l’affronto subito. Un altro pugno lo raggiunse, scaraventandolo contro la finestra al loro fianco che per poco non si ruppe.Shadow sputò sangue, mentre Nack riprese la pistola.
- Addio, Shadow - disse la donnola prima di premere il grilletto.
D’un tratto, la finestra venne sfondata dall’esterno, fermando Nack prima che potesse uccidere l’avversario. Rouge the Bat afferrò il compagno a terra e prese il volo, lasciando la villa alle loro spalle.
Mogul osservò la scena disgustato, per poi rivolgersi alla sua guardia del corpo.
- Ce la fai da questa distanza? - chiese il mammoth.
Nack the Weasel puntò la pistola verso i fuggitivi, ormai molto lontani. La donnola sorrise e fece fuoco.
Il proiettile riuscì a prendere Shadow alla schiena, facendolo grugnire a denti stretti per il dolore.
Il piano era fallito miseramente.
 
Raggiunta una collina circostante alla villa, Rouge the Bat planò dolcemente con Shadow al suo fianco.
- Oddio, Shadz! - commentò il pipistrello osservando la ferita del suo compagno.
Il riccio nero cadde a terra in ginocchio, sputando sangue come non aveva mai fatto prima d’ora. Sentiva la rabbia e il dolore invadergli ogni cellula del suo corpo, mentre stringeva i denti cercando di fare mente locale.
Qualcuno aveva parlato; evidentemente, Mammoth Mogul aveva abbastanza soldi da potersi permettere una talpa all’interno dell G.U.N. . Shadow si sentì uno stupido. Era stato preso in giro come un perdente e gliele avevano suonate di santa ragione. Stava morendo, lo sentiva chiaramente mentre il sangue macchiava l’erba sotto di lui. Quel Nack era un cecchino coi fiocchi.
- Resisti, i soccorsi saranno qui a breve! - disse Rouge allarmata dalla situazione.
Quando la ragazza fece per controllare la ferita, Shadow la cacciò via con un gesto.
- Stammi lontano! - ringhiò la Forma di Vita Definitiva.
Questo scomparve in un fascio di luce verde, lasciando Rouge da sola e i soldati della G.U.N. a poca distanza da lei. Il pipistrello si guardò attorno, sapendo benissimo che senza delle cure mediche immediate Shadow sarebbe morto di sicuro.
- Dove diavolo è andato!? - si chiese ad alta voce la ladra.
 
Il cimitero era silenzioso e lugubre come sempre.
Le varie tombe stavano lì ad ornare quel vasto pezzo di terra al chiaro di luna, mentre il gracchiare dei corvi risuonava tra i monumenti i marmo di chi non c’era più. Ai piedi di un cipresso, vi era la tomba di una bambina bionda, amata da tutti e spezzata dalla malvagità degli uomini. Maria Robotnik era nata con una malattia incurabile che forse solo Shadow avrebbe potuto porvi rimedio, con il suo codice genetico, ma così non fu. I soldati distrussero tutto e tutti all’interno della ARK e il resto è solo storia. Una triste storia.
Shadow comparve di fronte la tomba dell’amata amica. Gattonò dolorosamente fino ad arrivare al blocco di marmo su cui era inciso il nome della bambina.
- Maria.. - sussurrò il riccio nero.
Un colpo di tosse lo assalì, facendogli sputare sangue.
Stava morendo, ormai era solo questione di minuti. Si era fatto sconfiggere come un idiota, sbeffeggiato e deriso dal nemico. Immaginava quel Nack vantarsi di essere riuscito a colpirlo, facendogli esplodere il cuore per la rabbia. Più di ogni altra cosa, però, era l’immagine di Mammoth Mogul a fargli ribollire il sangue.
Aveva perso, era finita. Il nemico, per la prima volta nella sua vita, aveva vinto. Lacrime di rabbia gli rigarono il volto, era la prima volta che succedeva.
- Maria.. cosa devo fare? - chiese a fatica il riccio nero - Questo mondo.. io non lo capisco.. dicevi che valeva la pena lottare.. per un mondo migliore.. ma io vedo solo morte attorno a me.. -
Inaspettatamente, Shadow capì. La sensazione che provava in quel momento, il sentimento che lo attanagliava togliendogli il fiato, quel demone che si insiedava nel suo cervello per deporre le uova.
La paura.
Paura di fallire, paura di morire, paura di scoprirsi piccolo, paura di essere solo. Ora capiva. La paura era la chiave di tutto. Shadow si tirò faticosamente in piedi. Non sarebbe morto lì, ai piedi di quella tomba e del suo passato. La paura era l’unica cosa che quel nuovo e violento mondo capiva. Finalmente Shadow comprese il perché era tornato. C’era una guerra da combattere. Contro Eggman, contro Mammoth Mogul e contro chiunque minacciasse la vita degli innocenti come Maria. Ora Shadow sapeva esattamente cosa doveva diventare per fermare il male che attanagliava mobiani e umani.
Il riccio nero sorrise e scomparve in un fascio di luce verde.
 
Con le ultime energie, Shadow comparve nell’infermieria della centrale operativa della G.U.N. . Rouge era lì, esterrefatta dalla comparsa del suo compagno.
Rimettetemi in sesto, aveva detto ai dottori presenti.
C’è una guerra da combattere.
Dopo l’intervento, durato qualche ora, Rouge osservava il silenzioso riccio nero dall’altro lato della stanza d’ospedale. Stava già guarendo, o almeno così gli avevano detto i dottori. Shadow guardava di fornte a sé con sguardo deciso, come se stesse pensando alla sua prossima mossa.
- A che pensi? - chiese il pipistrello.
Il riccio non rispose. Era lì steso sul lettino, troppo impegnato ad architettare la sua rivincita contro le forze del male. Dopo qualche minuto in silenzio, Shadow proferì parola.
- Chiama Tower -
- Cosa? Perché? - chiese Rouge incuriosita.
- C’è un lavoro da fare e ho bisogno di lui. Digli di attivare Omega -
Rouge sgranò gli occhi per lo stupore. Come poteva Shadow pensare già alla loro prossima mossa in quelle condizioni?
- Cos’hai in mente, Shadz? -
- Un messaggio - rispose il riccio.
Shadow si girò verso l’amica, mostrando un malevolo sorrisetto.
 
Il giorno dopo l’irruzione di quello stupido riccio alla sua villa, Mammoth Mogul si godeva la festa in suo onore nel più lussuoso ristorante di Central City. Gli umani ridevano e chiacchieravano tra loro mentre il possente festeggiato osservava soddisfatto il mondo che aveva creato. Non c’era niente che non avesse conquistato con le sue sole forze e con il suo denaro. Giudici, polizziotti, avvocati.. tutti alle sue dipendenze. L’industria bellica, ormai di sua proprietà, era solo l’inizio. Il mondo delle droghe era il futuro. Era pronto ad inondare le strade del mondo con il toxin, una nuova e potente sostanza, a cominciare da Central City. Nel grande sala da ricevimento del ristorante, un’enorme fiamma artificiale era cirocandata dalla moltitudine di persone, gli invitati e i camerieri. Questi ultimi tutti mobiani, sotto richiesta del mammoth.
Ora che era diventato consigliere del sindaco, la strada per il suo nuovo impero era tutta in discesa.
La criminalità organizzata di quel nuovo mondo era ai suoi piedi, pronta ad eseguire ogni suo ordine. Nel suo elegnate completo nero, Mogul si ritrovò a pensare a quanto fossero patetici i tentativi della G.U.N. di fermarlo.
Era riuscito a sconfiggere Shadow the Hedgehog con un paio di pugni. Niente avrebbe ostacolato la sua corsa al potere.
D’un tratto però, le luci della grande sala si spensero. Rimase solo la grande fiamma al centro della stanza come illuminazione. Il mormorare della gente si fece sempre più insistente, più allarmato. Gli uomini della sicurezza irruppero nella sala con i loro fucili automatici, mentre Mogul si guardava attorno con nervosismo.
Le grandi finestre che comunicavano con il giardino esterno esplosero in una miriade di frammenti di vetro, mentre le persone urlarono per lo spavento. Una grossa macchina da guerra comparve di fronte ai loro occhi.
- Proiettili anti sommossa pronti all’uso - disse Omega puntando i fucili contro gli uomini della sicurezza.
In un attimo, il caos scoppiò nel ristorante. I proiettili di gomma colpirono chiunque provasse a fermare l’unità da combattimento più letale al mondo. Gli sgherri di Mogul caddero a terra uno dopo l’altro, tutti urlando per il dolore. Le urla degli invitati che scappavano di qua e di là erano musica per Omega.
Quando smise di sparare, la grande sala era stata totalmente distrutta dai suoi colpi. Non c’era più nessuno che potesse interferire. Fu solo a quel punto, sotto gli occhi pieni d’odio di Mogul, che Shadow comparve in mezzo alla sala.
Il riccio si avviciò a passo lento alla grande fiamma, per poi volgere lo sguardo attorno a sé. Uomini d’affari impauriti lo guardavano con grande terrore, mentre Mogul malediva tra sé e sé di non aver ucciso quel riccio lui stesso.
- Signori - cominciò solennemente Shadow - Vi siete divertiti a dispetto del mio mondo troppo a lungo. Avete divorato la sua vita per troppo tempo. Ora è il momento di dire basta -
Con un gesto, Shadow evocò una Chaos Spear nel palmo della sua mano sinistra.
- Da oggi in poi, nessuno di voi sarà più al sicuro - concluse il riccio nero.
Questo lanciò la saetta contro la grande fiamma, spegnendola.
Con il favore delle tenebre, Shadow e Omega scomparvero senza lasciare traccia.
La guerra era appena cominciata.

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Capitolo 4
*** Tamburi di guerra ***


Team Dark
Anno Uno

 
4.
Tamburi di guerra
 
 
Per le strade di Central City, Jack Dempsey correva come un pazzo verso la salvezza.
Doveva raggiungere il suo appartamento prima che lo prendessero. Dopotutto, era solo a un isolato di distanza da casa sua, la meta era vicina.
Noncurante dei passanti che scontrava, l’uomo era troppo spaventato per pensare lucidamente. L’unica cosa di cui era sicuro era che avrebbe trovato rifugio solo nella sua dimora. Da lì, avrebbe chiamato i suoi misteriosi superiori e li avrebbe avvertito che tutto era andato in fumo.
Cominciò tutto qualche minuto prima. Nel magazzino di sua proprietà, la serata stava andando secondo i piani. Gli operai scaricavano la merce dai camion, per poi riciclarla e venderla al miglior offerente. La cosa che Jack ricordava più di tutte era il rumore del muro che veniva sfondato come fosse carta da una strana macchina. Un fottuto carroarmato mobile che cominciò a sparare proiettili anti sommossa contro i suoi uomini. Fuggì per il rotto della cuffia e adesso si trovava lì, per le strade.
L’uomo in fuga svoltò in un vicolo. Ormai casa era vicina.
- Dove credi di andare? -
Una voce alle sue spalle lo fece bloccare di colpo. Una voce cupa che non aveva mai sentito prima d’ora. Jack si era sempre vantato di essere il più veloce, per questo era sicuro di farcela. Estrasse la pistola dalla fondina dentro la giacca e si girò di scatto. Sparò tre colpi prima di rendersi conto che non c’era nessuno con lui in quel vicolo. Mentre stava per tirare un sospiro di sollievo, qualcosa gli cadde addosso. Sbattè la testa al suolo, per poi essere afferrato per i capelli.
- Io e te dobbiamo parlare - disse con tono minaccioso la stessa voce di prima.
Jack guardò il suo aggressore. Era un maledetto mobiano, pensò.
Un riccio nero con striature rosse, gli occhi dello stesso colore. Dunque, le voci erano vere. Un nuovo giustiziere era arrivato in quella città e aveva dichiarato guerra al crimine per conto della G.U.N. .
- Che.. che cosa vuoi!? - chiese terrorizzato l’uomo.
Shadow lasciò la presa e afferrò il braccio sinistro di Jack.
- So tutto su di te - disse Shadow - Sei uno dei maggiori trafficanti d’armi della città. I criminali che se lo possono permettere vengono da te a comprare armi di tutti i tipi. Voglio sapere per chi lavori -
Jack deglutì, sentendo il braccio bloccato dalla solida stretta del riccio.
- Io.. non lo so! -
Shadow girò di scatto il braccio dell’uomo. Le sue urla sovrastarono il rumore dell’osso che si stava spezzando.
- Ti prego! Basta! -
- Voglio il nome - ringhiò il riccio nero.
- Mi uccideranno! -
- Non se lo faccio prima io -
Quella minaccia sembrò convincere l’uomo. Per lui era sufficente.
- Ok, ok. Parlerò! -
Shadow continuò a tenere la presa sul braccio di Jack mentre questi cominciò a parlare.
- Non so bene chi sia a rifornirmi. Non lascia nessuna traccia. L’unica volta in cui ho provato a indagare mi hanno spedito la testa del mio ex socio in una scatola! È uno molto in alto, dicono che ha comprato tutti in città, persino gli sbirri! -
- Chi è? -
- Te l’ho detto, non lo so! Ma ho registrato tutte le chiamate anonime che mi hanno fatto. Non è molto, ma potrebbe esserti utile! -
Shadow lasciò la presa. Jack si strinse il braccio dolorante, cominciando a supplicare di non essere ucciso.
- Sei in arresto, dolcezza - disse una voce femminile e suadente - Per traffico di armi illegali -
Jack venne ammanettato. Quando venne fatto alzare in piedi, vide un pipistrello femmina con il riccio al suo fianco.
- Ci sarà un processo - disse Shadow - E tu testimonierai -
Non era una richiesta, Jack lo sapeva bene. Era un uomo morto, questione di tempo.
Nessuno sopravvive al padrone di Central City.
 
Era passato un mese da quando Shadow aveva fatto irruzione alla festa di Mammoth Mogul e dichiarato guerra aperta. Un lasso di tempo passato ad acciuffare chiunque fosse coinvolto nel traffico di armi in città. Era partito dai pesci piccoli, per poi arrivare agli squali. Non era un lavoro facile, ma per lui era estremamente divertente e soddisfacente. Si era rifatto un nome. Un nome temuto da tutti i criminali di Central City e anche all’esterno. I telegiornali non facevano altro che parlare di lui, alcune volte mettendo in secondo piano le eroiche imprese di Sonic the Hedgehog. Anche questo gli procurava piacere.
Ritornati alla centrale operativa, Shadow e Rouge lasciarono Jack Dempsey nelle mani dei soldati. Omega avrebbe fatto ritorno poco dopo. Il riccio nero era fiducioso nel suo compagno, per questo lo aveva scelto come sua pedina più importante. Dopotutto, quel robot era indistruttibile.
- Bene, Shadz, abbiamo finito prima del previsto - commentò Rouge - Serata libera? -
- Se vuoi, puoi andare - rispose Shadow - Ho delle cose da sbrigare -
- Ti farebbe bene staccare ogni tanto. Anche la Forma di Vita Definitiva ha bisogno di svago - disse il pipistretto.
Shadow si avviò verso l’interno dell’edificio.
- Forse - fu la sua secca risposta.
 
Il colonnello Dustin Freeman si stava godendo quella sigaretta sul tetto del dormitorio dei soldati della G.U.N. . Il suo “amico” sarebbe arrivato a breve. Era stato cauto a non farsi vedere da nessuno. Dopotutto, con un corriculum come il suo, non c’era nessuno meglio di lui che poteva farlo. Ex Navy Seal, membro del commando d’assalto “Plissken” e decorato con tutte le medaglie che si potessero immaginare. Una volta riuscì persino a sorvolare le linee nemiche con un mini jet senza farsi scoprire. Specializzato nello stealth e in ogni forma di combattimento e guerriglia, Dustin ne aveva viste di cotte e di crude. Era la reincarnazione di Nick Fury, il meglio che ci potesse essere. Forse era per questo che era stato scelto da Shadow per quel compito così delicato.
- Sei in ritardo - disse l’uomo notando il riccio con la coda dell’occhio.
- Non importa - rispose Shadow squadrando il suo nuovo alleato.
Due settimane prima, dopo aver ricercato la persona giusta, la Forma di Vita Definitiva aveva scelto il colonnello Freeman come suo stretto collaboratore segreto. La missione era semplice: scoprire chi era la talpa all’interno della G.U.N. e sbatterla in prigione per alto tradimento.
- Cos’hai scoperto? - chiese Shadow avvicinandosi.
L’uomo gettò il mozzicone di sigaretta oltre il cornicione, segno che la pausa era finita.
- Ho una notizia interessante. Nessuno tra i soldati è la talpa -
- Come fai ad esserne sicuro? - chiese il riccio nero.
- Ho controllato i dossier di ognuno. Nessun precedente. L’unico sospetto si è scoperto solo come un ex membro di una gang. Nessuno tra loro è la talpa, fidati -
- Allora siamo a un punto morto - commentò Shadow con frustrazione.
- Si, ma ho avuto un intuizione - cominciò l’umano - Chiunque abbia spifferato la missione alla villa di Mogul, è qualcuno che l’ha saputo prima dei soldati. Di solito, noi veniamo avvertiti solo dagli intermediari del comandante Tower. Il cerchio si restringe. Deve essere qualcuno vicino a lui -
Shadow rimase in silenzio a meditare. Questa nuova svolta era certamente utile, ma doveva riuscire a trovare la talpa in fretta, prima che altre missioni più importanti venissero compromesse.
- Va bene. Per ora è tutto - disse infine Shadow.
- Sicuro? C’è bisogno d’altro? -
- No - rispose il riccio.
Quando questo fece per allontanarsi, Freeman riprese a parlare.
- Sai, i soldati ti adorano. Gli rendi il lavoro più facile, ma hanno anche paura di te -
- Bene - commentò soddisfatto il riccio.
 
La mattina arrivò come sempre.
La luce del sole scaldava la possente figura di Mammoth Mogul, in piedi di fronte alla grande finestra del suo ufficio. I mobili in legno sorreggevano foto, decorazioni, statuine, una preziosissima palla da baseball firmata da Dio solo sa quale giocatore e, soprattutto, una quantità enorme di libri. Tutte cose di cui Mogul aveva bisogno.
La cultura per lui era importante. La conoscenza gli permetteva di avere potere, il potere gli permetteva il controllo, il controllo gli permetteva di essere completo.
Invincibile. È così che si sentiva, dopotutto. Nonostante le continue interferenze della G.U.N. , credeva fermamente di avere la situazione in pugno, uno dei suoi strumenti più letali. Quante vittime aveva fatto con le sue stesse mani..
Lì con lui, Nack the Weasel e il suo segretario, un uomo chiamato semplicemente Smith, discutevano su quello che era successo la sera precedente.
- Jack Dempsey è stato arrestato - annunciò Smith - Ora è sotto custodia ed è impossibile rintracciare dove sia -
Nack si aspettava una sonora batosta a quella notizia da parte del suo capo, ma questi non fece nulla. Continuava a guardare fuori dalla finestra come se niente fosse.
- Stanno raccogliendo testimoni, capo - disse la donnola - Dobbiamo fare qualcosa -
- Nack, amico mio.. tu ti preoccupi troppo - fu la pacata risposta del mammoth.
Questi si girò verso i suoi dipendenti, sorridente.
- Smith, lasciaci soli - disse il possente mobiano.
L’uomo uscì dalla stanza senza fiatare, mentre Nack deglutì. Per lui, non era un buon segno.
- Notizie dalla nostra talpa? - chiese Mogul.
- No. È troppo impaurita per riferirci qualcosa. Forse dobbiamo essere più convincenti per avere altre soffiate - rispose la donnola.
- Meglio di no. Si farebbe scoprire se calcassimo troppo la mano, e questo sarebbe un male. Per il momento, lasciamola stare - disse il mammoth.
- E allora? Stiamo qui ad aspettare che la G.U.N. ci arresti? - chiese Nack irritato dal comportamento del suo capo.
- Vedi, Nack - cominciò Mogul andandosi a sedere alla sua scrivania in legno pregiato - Nel corso degli anni ho dovuto farmi molte amicizie. È stato difficile, vista la mia natura da lupo solitario, ma era necessario affinché raggiungessi la posizione di rilievo che ricopro ora. E, nei giorni scorsi, ho chiesto ad alcune delle mie amicizie “speciali” un favore -
- Quale favore? - chiese Nack.
- Gli ho chiesto di rintracciare una persona, una mobiana per la precisione. Ho sentito tante storie su di lei, una più affascinante dell’altra, ma non sapevo se esistesse veramente. Così, ho fatto un po’ di pressione e ho scoperto come rintracciarla -
- E quindi? - chiese la donnola spazientita.
- Quindi.. sta venendo qui - rispose Mogul.
Nack non capiva e, nonostante quelle risposta, continuava a non capire.
- Qui? Per fare cosa? -
- Semplice. La nostra massima priorità al momento è eliminare la fonte dei nostri problemi. Ovvero, mettere fuori gioco Shadow the Hedgehog. E lei verrà qui per risolvere questo fastidioso problema - rispose il mammoth facendo più chiarezza.
- Un momento! - protestò Nack - Credevo fossi io ad occuparmi di queste cose! Vuoi sostituirmi!? -
- Assolutamente no, Nack. Dopotutto, oltre ad essere il mio braccio destro, sei anche un amico - rispose Mogul.
Nack non poteva dire di credere ciecamente a quelle parole, ma non aveva altra scelta. O questo, o sarebbe dovuto tornare ad una paga minima per chissà quale altro idiota.
- Ok, ok.. - fu la risposta della donnola - Ma allora perché non lasci che mi occupi io di quel riccio? -
- Perché Shadow è un nemico astuto e, la prossima volta che vi incontrerete, avrà la meglio su di te -
Nack rimase irritato da quella risposta. Era pronto a tutto per dimostrare il contrario, anche a costo di radere al suolo la città per uccidere quell’odiosissimo riccio.
- Non te la prendere - commentò Mogul notando la sua irritazione - Tu rimarrai sempre il mio braccio destro, ma solo per questa volta ho bisogno di lei -
- Cos’ha tanto di speciale questa tizia? Come fai ad essere sicuro che risolverà il problema? - chiese Nack incuriosito.
Mammoth Mogul rise di gusto, lasciando il suo sgherro confuso.
- Tra due ore sarà qui - annunciò Mogul - E lo scoprirò -
 
Janet Lair era una hostess fresca di assunzione.
A soli ventidue anni, era una delle più giovani assistenti di volo della compagnia, la Thorndyke Airlines. Bionda, alta e bella, con una famiglia ben adagiata alle spalle e un futuro più roseo che mai. Amava il suo lavoro, nonostante le lunghe ore di volo che era costretta a fare. Quel giorno, si trovava su un aereo partito da Tokyo per arrivare a Central City, la sua città natale. Un volta a destinazione, si sarebbe presa una settimana di meritata vancanza con il suo fidanzato, Ken Flynn, rampollo di nobile famiglia che le faceva la corte da quando erano bambini. Non c’era niente di sbagliato nella sua vita. La paga era buona e, soprattutto, poteva dare sfogo al suo hobby preferito. Le piaceva osservare i passeggeri e immaginarsi le loro vite. Su quel volo, la fantasia non fluiva molto, vista la scarsa quantità di persone. C’era una tenera famiglia di padre, madre e due bellissimi gemelli di almeno otto anni, un uomo d’affari di mezza età piuttosto brutto con la faccia incollata sul suo tablet di ultima generazione, una coppia di studenti universitari probabilmente di ritorno da una vacanza e tre anziane signore giapponesi dirette a Central City per dare sfogo alla loro voglia di gioco d’azzardo. In particolare, era sull’uomo d’affari che Janet aveva fantasticato.
Lo immaginava sposato in un matrimonio disastroso con la figlia più brutta del suo direttore, con dei figli adolescenti che lo odiavano e che, probabilmente, tradiva la moglie con qualche prostituta di alto borgo, che a loro volta erano disgustate dal farsi toccare in certi posti da lui.
Janet sorrise a quel pensiero. Aveva una fervida immaginazione, di sicuro. C’era però un altro passeggero che non aveva contato e che destava in lei la più assoluta curiosità. Si trattava dell’unica mobiana presente sull’aereo, seduta lontano dagli altri passeggeri. Al contrario degli altri, non aveva detto una parola da quando erano partiti, nessuna richiesta di assistenza o altro. Se ne stava semplicemente al suo posto, con le braccia conserte e la testa bassa.
Accanto a Janet, la sua collega più anziana Margaret, che tutti chiamavano affettuosamente Maggie, leggeva un romanzo rosa di Nicholas Sparks, totalmente noncurante dei passeggeri e dei loro eventuali bisogni. La bionda Janet prese fiato e si diresse in fondo ai posti a sedere. Era decisa più che mai a soddisfare la sua curiosità.
- Buongiorno, signorina - disse con un caloroso sorriso - Desidera qualcosa? -
La mobiana seduta di fronte a lei era una lince. Doveva essere originaria proprio di Tokyo, visto il suo abbigliamento. Portava un vestito tipicamente orientale di colore viola chiaro, con delle rifiniture gialle. Ai piedi calzavano un paio di stivali marroni, di cui Janet pensò dovessero essere molto resistenti. Il colore della sua pelliccia era sul marrone chiaro, con delle leggere striature nere. Alle mani portava due guanti neri che lasciavano scoperte le dita. Dalla posizione in cui Janet si trovava, non riusciva però a vedere il suo volto a causa di quel tipico cappello di paglia leggermente conico che la lince aveva addosso. Riusciva a scorgere le sue grandi orecchie piegate all’ingiù e due lunghe ciocche di capelli neri.
Questa non si scompose minimamente, dando una secca risposta.
- No, grazie -
La sua voce era molto bella, pensò Janet. Doveva essere giovane quanto lei, anno più anno meno.
- Sicura? Desidera mangiare o bere? Abbiamo una vasta scelta di cibo e vini e.. -
- No, sto bene così - disse la lince interrompendo l’umana.
- E non desidera nemmeno qualcosa da leggere? Abbiamo varie riviste di moda, oppure i migliori quotidiani del paese, se le interessa -
- No -
La lince alzò la testa, voltandosi verso Janet. Questa poté osservare gli occhi gialli della mobiana, che la fissavano intensamente. Janet arrossì di colpo, sentendosi stranamente imbarazzata. Doveva ammettere che quella era una delle mobiane più belle che avesse mai visto.
- Va bene - disse infine Janet - Mi chiami se ha bisogno di qualcosa. Sono a sua disposizione -
- Sa dirmi tra quanto arriveremo a Central City? - chiese la mobiana
Janet si bloccò, tornando a guardare la lince.
- Meno di un paio d’ore, signorina - rispose infine la hostess.
- Grazie -
Dopo essersi cogedata e aver augurato un buon proseguimento di volo, Janet Lair ritornò alla sua postazione.
- Cosa stavi facendo? - chiese a bassa voce Maggie senza distogliere lo sguardo dal suo libro.
- Niente. Volevo vedere se quella mobiana avesse bisogno di qualcosa. Non ha fatto un rumore da quando siamo partiti - rispose Janet.
- Capisco - disse Maggie continuando a sfogliare le pagine di quel romanzo.
La curiosità di Janet, però, non aveva ancora trovato soddisfazione.
- Senti.. sai come si chiama? - chiese a bassa voce la hostess.
- Si - rispose la donna - Sui suoi documenti c’era scritto Beatrix Kiddo -
- Sicura? È un nome strano per una mobiana.. - commentò Janet stando bene attenta a non farsi sentire da nessuno.
- È falso - aggiunse Maggie.
La bionda sgranò gli occhi, incredula.
- Cosa? Come fai a saperlo? -
- Tesoro, faccio questo lavoro da abbastanza tempo per capire quando una persona viaggia sotto falso nome - rispose seccata Maggie.
- Non.. dovremmo avvertire il capitano? - suggerì l’hostess.
Maggie ripose il libro al suo fianco, voltandosi verso la collega più giovane. La guardò dritta negli occhi, come farebbe una madre con una figlia inesperta che stava per commettere un errore.
- Adesso ti dirò una cosa. Ci sono tre tipi di persone che vanno a Central City. I primi sono quelli che vogliono godersi la grande città. I secondi sono quelli che ci vanno per lavori importanti. Infine, ci sono quelli come lei.. che vanno per fare cose molto brutte -
Quel discorso di Maggie gelò il sangue di Janet.
- Che tipo.. di cose? - chiese intimorita la ragazza.
- Spera di non scoprirlo mai - rispose la donna.
Janet abbassò lo sguardo. Le restanti due ore di volo le passò in silenzio, senza fiatare. Ogni tanto controllava gli altri passeggeri, ma nessuno aveva particolari bisogni da soddisfare. Con la coda dell’occhio guardava la mobiana seduta infondo, provando una strana sensazione di malessere. Pensò e ripensò a quello che aveva detto Maggie, ma non trovava una spiegazione semplice a quel mistero.
Quando atterrarono, tutti i passeggeri scesero dall’aereo ringraziando le hostess. Janet ricevette tanti complimenti, rimanendo piacevolmente lusingata come sempre. L’ultima a scedere fu proprio la mobiana.
Questa si avvicinò all’uscita dell’aereo, accanto alle due hostess.
- Le auguriamo un buon soggiorno a Central City, signorina - disse Maggie sorridendo come se niente fosse.
Janet fece altrettanto, cercando di essere quanto più normale e convincente possibile, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi di cortesia.
La lince la guardò, con quei suoi grandi occhi gialli. C’era qualcosa di anomalo in quello sguardo, qualcosa che metteva a disagio la giovane hostess.
- Desidero scusarmi per esserle sembrata sgarbata - disse la lince rompendo il silenzio.
Janet dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non fare un espressione sopresa.
- No, non si preoccupi - disse Janet nel panico - Sono io ad essere stata troppo insistente -
- Si figuri, faceva solo il suo lavoro. È una brava ragazza - disse la lince sorridendo.
Detto questo, la mobiana scese le scale che portavano a terra, lasciando Janet piacevolmente rincuorata da quel complimento.
La ragazza rimase lì a guardare la lince andarsene via, dentro l’aereoporto. Forse Maggie aveva esagerato, magari voleva solo farle un brutto scherzo per farla stare zitta una buona volta. Grazie a quel complimento, la mobiana apparve ai suoi occhi come una persona veramente gentile e di buon cuore.
Qualcosa, però, si celava dentro Janet. Un’ombra, un dubbio insistente su chi fosse quella lince così silenziosa. Janet cercò di scacciare via quei pensieri, ritornado alle sue mansioni prima di scendere anche lei dall’aereo. C’era una parte profonda in lei che le suggeriva la presenza di qualcosa di anomalo in quella situazione. L’aveva provato molte volte negli anni, a volte anche senza motivo, ma mai così forte ed insistente. Quella stessa piccola parte di lei si augurò di buon cuore di non rivedere mai più quella lince.

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Capitolo 5
*** La nuova arrivata ***


Talk about her like a Queen
Dancing in a Eastern Dream
Yeah, she makes me feel like a river
That carries me away
My woman from Tokyo
She makes me see
My woman from Tokyo
She's so good to me
Deep Purple - Woman From Tokyo
 
 
 
 
Team Dark
Anno Uno

 
5.
La nuova arrivata
 
 
Quella mattina, tutto a Central City era nella norma.
Il via vai di mobiani e umani animava le strade dell’immensa città, dandogli quel tocco che si addice a ogni grande metropoli. La cosa bella di quella città era che i suoi cittadini, almeno quelli buoni, erano sempre pronti ad aiutarsi l’un l’altro senza pretendere di ricevere qualcosa in cambio. E questo Vector the Chrocodile lo odiava più di ogni altra cosa.
- Che vuol dire che non ci paghi!? - sbraitò alla cornetta del telefono - Abbiamo trovato il tuo stupido gatto! I patti erano questi! -
Charmy svolazzava nel loro ufficio/abitazione, gustandosi qualche merendina, ridacchiando per la rabbia del suo amico coccodrillo e contento che questa volta non fosse lui la causa di quella scenata.
- Beh, ti conviene cacciare la grana il prima possibile! - disse Vector prima di riattaccare il telefono - Questa giornata è appena cominciata ed è già finita male! -
Charmy si diresse poi nel soggiorno, accendendo la televisione e sintonizzandosi sui suoi canali preferiti. Purtroppo per lui, c’erano solo notiziari a quell’ora.
- Alza il volume - ordinò Vector - Vediamo se c’è qualche caso interessante da seguire -
Mentre i due guardavano la televisione, Espio the Chameleon era nella sua stanza, in quella che sembrava una profonda meditazione. Ogni mattina era il primo a svegliarsi, per poter trovare la concentrazione necessaria al suo allenamento di tre ore. Questa volta, però, non stava meditando per prepararsi fisicamente e psicologicamente ai suoi esercizi. Durante la notte, aveva percepito qualcosa di strano in sogno. Qualcosa lo aveva messo in allarme, agitandogli il sonno.. ma non riusciva a capire cosa fosse e perché. Rimaneva seduto a gambe incrociate, gli occhi chiusi e il corpo in totale scioltezza e si concentrava per capire cosa lo aveva messo in allarme. Quando tutto sembrava non portare a niente, Espio si chiuse ancora di più nella sua mente. C’era una traccia, un immagine che gli sembrava di aver già visto. Cercò di isolarla nella sua testa, cercando di renderla più nitida.
La rivelazione gli arrivò come un fulmine a ciel sereno. Di colpo, il camaleonte aprì gli occhi. Qualcuno era appena arrivato in città, qualcuno che non doveva essere lì. Una persona che conosceva bene e che, quasi sicuramente, non aveva buone intenzioni.
Espio si alzò, uscì dalla sua stanza e raggiunse i suoi amici, con cui formava il famoso Team Chaotix. Forse non erano davvero così famosi, ma quel poco di riconoscimenti che avevano avuto nel corso del tempo li avevano portati ad avere più clienti in quel momento, il che bastava a pagare l’affitto.
- Finalmente! - disse Vector notando la sua presenza - Ti avevamo dato per disperso! -
Espio non rispose. Era troppo concentrato su quello che aveva appena scoperto.
- Shh, ragazzi, parlano di Shadow alla TV! - disse Charmy.
I tre diedero attenzione al notiziario.
- Pare che, ieri sera, un criminale sia stato arrestato dal nuovo team d’elité della G.U.N. . Al momento non ci sono ulteriori dettagli, se non questi filmati ripresi dai passanti -
Il notiziario mandò dei video ripresi con dei cellulari, in cui si vedeva chiaramente Shadow in un vicolo mentre storceva il braccio ad un uomo, con Rouge al suo fianco.
- Nel filmato, si può riconoscre chiaramente il noto Shadow the Hedgehog, mentre il criminale è stato identificato come Jack Dempsey, sospettato di molti crimini, tra cui reciclaggio, estorsione e traffico d’armi. Un duro colpo per il mondo del crimine, tutto grazie a Shadow the Hedgehog -
La giornalista annunciò poi le notizie successive, mentre Vector e Charmy commentarono quello che avevano appena visto.
- Ne ha fatta di strada, quel riccio! - commentò Vector divertito.
- Già! Sta ripulendo la città da quei farabutti! -
Espio non seppe dire con precisione se quello che stava vivendo fosse una semplice coincidenza o il frutto del destino, ma sentì qualcosa dentro di sé. Una specie di collegamento tra quello che aveva percepito e la guerra al crimine di Shadow.
- Ehi, Espio! Che ti prende? - gli chiese Vector notandolo con la testa chissà dove.
- Niente - rispose il camaleonte.
Questo si diresse verso la porta principale, lasciando i suoi amici confusi.
- Dove vai? - gli chiese Charmy preoccupato.
- Oggi ho bisogno della giornata libera - fu la risposta del mobiano fucsia.
Espio uscì dall’abitazione, mentre Vector e Charmy fecero spallucce, convincendosi che non fosse successo nulla.
 
All’aereoporto, la lince di colore marrone chiaro prese la sua valigia dal nastro trasportatore. Si avviò verso l’uscita, al fianco di numerosi viaggiatori che si trovavano lì ognuno per motivi differenti. Riusciva benissimo a confondersi tra quel via vai di persone, umani e mobiani, senza dare assolutamente nell’occhio. Dopotutto, lei era sempre stata brava in questo.
All’esterno, la ragazza si avvicinò ad un taxi parcheggiato di fronte ad una piccola piazza. Il tassista, che si stava godendo una meritata pausa addentando un cornetto al cioccolato, rimase sopreso quando la vide entrare nella macchina.
- Signorina, sono in pausa - le disse cercando di essere il più gentile possibile - Deve prendere un altro taxi -
La lince non proferì parola. Tirò fuori qualcosa dalla tasca laterale della valigia e la diede al tassista. Quando l’uomo capì che erano soldi, tanti soldi, mise via il cornetto e mise in moto la macchina.
- Dove la porto, signorina? -
Neanche questa volta la lince proferì parola. Gli diede un bigliettino con su scritto un indirizzo. L’uomo conosceva bene la zona e sapeva che strada prendere per arrivarci. Durante il tragitto, il tassista cercò di scambiare quattro chiacchere con la mobiana.
- Allora.. viene dalla Cina, giusto? -
- Giappone - lo corresse la lince.
- Ah.. giusto, mi scusi.. -
Passò qualche minuto di silenzio. Dopodiché, l’uomo ci riprovò.
- Ed è qui per.. lavoro? -
- Più o meno - rispose la ragazza guardando fuori dal finestrino.
Arrivati a destinazione dopo venti minuti, la lince prese la valigia e uscì dall’auto.
- Tenga il resto - disse prima di mettere piede sul marciapiede.
Il tassista non protestò. Felice più che mai, ripartì perdendosi nel traffico.
 
Rouge the Bat era una persona che si annoiava facilmente.
Quella mattina, non aveva fatto altro che rimanere nella sua residenza all’interno del quartier generale della G.U.N. a guardare la televisione. Ovunque si sintonizzasse, trovava solo programmi di cucina e cartoni animati, cose che detestava.
Decisa a dare una svolta a quella giornata, uscì dalle sue stanze e si diresse dall’unica persona che amava infastidire più di tutte. La porta della sua stanza era aperta, fortunatamente per lei. La ladra trovò Shadow seduto di fronte ad una moltitudine di schermi, ognuno che riproduceva cose differenti. Mappe, immagini, filmati.. tutto collegato da un unica cosa: Mammoth Mogul.
Il riccio nero l’aveva presa sul personale, molto più di quanto Rouge potesse mai immaginare. Stava lì tutto il giorno a meditare sul prossimo passo, sui nemici da acchiappare e sulle informazioni che poteva ottenere. Se non lo conoscesse bene, direbbe che aveva passato tutta la notte su quegli schermi.
- Tesoro, è ora di colazione! - disse Rouge annunciando la sua presenza.
Il riccio non rispose, come suo solito.
A quel punto, la ladra si avvicinò alla sedia, tentando un grosso azzardo.
- Avanti tesoro! Oggi è il nostro giorno libero! - disse abbracciando il riccio.
Era sicura che si sarebbe beccata una sonora sgridata, ma così non fu. Shadow era troppo perso nelle sue macchinazioni per darle importanza, il che diede fastidio alla sua amica.
- Dai, usciamo fuori. Facciamo un giro in città! -
- Non ho tempo - fu la secca risposta di Shadow.
- Sei una delusione. Trovi mai del tempo per svagare un po’? -
Prima che il riccio nero potesse rispondere, uno squillo attirò la sua attenzione. La Forma di Vita Definitiva inarcò il sopracciglio, visibilmente incuriosito. Si alzò dalla sedia e si diresse sul suo letto, controllando cosa ci fosse sotto di esso. Tirato fuori un vecchio baule, Shadow lo aprì e, tra i vari oggetti, trovò un cercapersone, la fonte di quello squillo.
- Cos’è? - chiese Rouge incuriosita.
Shadow attivò il congegno, per poi leggere il messaggio. Quando Rouge fece per leggere anche lei, il riccio nascose il dispositivo e si diresse verso la porta.
- Ho delle cose da fare in città. Tornerò tra un’ora - spiegò il riccio.
- Che devi fare? - chiese Rouge insospettita.
- Niente che ti riguardi - rispose Shadow - Tu rimani qui e aspettami. Se succede qualcosa, contattami -
 
Il viaggio era stato lungo.
Non snervante, non rilassante. Semplicemente, lungo. Per lei, nove ore su un aereo erano sufficienti per meditare su quello che avrebbe dovuto fare. Nei giorni precedenti, dopo quella chiamata, gli erano arrivati tutti i file che le occorrevano sull’obiettivo. Li aveva visti più volte, come suo solito, in modo tale da non tralasciare nessun particolare. La sfida era intrigante, doveva ammetterlo.
Arrivata nel motel, la lince aveva preso la stanza prenotata come d’accordo, non trovando nessuno che potesse disturbarla in alcun modo. Chiuse la porta della stanza a chiave, per poi guardarsi attorno. Era modesto, come piaceva a lei.
Poggiò la valigia sul tavolo e la aprì, tirando fuori tutto l’occorrente. Prese la cintura in fibra di carbonio e la allacciò alla sua vita, per poi agganciarvi i suoi sai e una moltitudine di shuriken. Non aveva tempo per fare altro, nemmeno una doccia, visto che sarebbero venuti a prenderla di lì a breve.
La lince si prese un attimo di tempo per guardarsi allo specchio accanto a lei. Non era agitata, sentimento che non aveva mai provato in vita sua. Quando qualcuno bussò alla porta, la ragazza chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
 
Espio rimase sul tetto di quel palazzo di sette piani per dieci minuti prima di trovarselo di fronte.
- Non ero sicuro che saresti venuto - disse il camaleonte - Il comunicatore che mi hai dato all’epoca, speravo che ce l’avessi ancora -
Come suo solito, Shadow squadrò il detective con fastidio. Rispettava Espio, per quello che faceva e che aveva passato. Poteva quasi definirlo come un amico, tutto sommato, ma lo aveva interrotto in un momento importante.
- Cosa vuoi, Espio? - chiese il riccio cercando di arrivare dritto al punto.
Non gli piaceva stare lì, al sole. Fortunatamente, il palazzo era abbastanza alto da non permettere a nessuno di poterli vedere o sentire, nessuno che intendesse farlo ovviamente.
- Ti devo parlare, è importante -
- Questo lo so - disse Shadow - Di che si tratta? -
- Qualcuno è arrivato in città - rispose il camaleonte - E credo che la cosa riguardi te più di chiunque altro -
- Chi? - chiese il riccio.
Espio prese un attimo per prendere fiato. Si sedette sul cornicione del palazzo, facendo aumentare il fastidio nel suo alleato.
- Un’assassina. Una ninja, per la precisione -
Shadow inarcò il sopracciglio, incuriosito.
- Lei.. si fa chiamare La Sposa - aggiunse Espio.
 
Salita sulla lussuosa auto, i due uomini in giacca e cravatta la accompagnarono al luogo designato per l’incontro. Durante il tragitto, la lince guardava in silenzio fuori dal finestrino. Non era fatta per la vita da grande città, la sopportava a malapena nonostante fosse più che brava a non farlo vedere.
Ci misero venti minuti per raggiungere la zona in costruzione della città. Mentre gli umani lavoravano alla costruzione dei palazzi, l’auto percorreva silenziosa le strade libere, per poi svoltare in un parcheggio sotterraneo. Fermatasi, la lince uscì dalla macchina, scortata dai due uomini che, finalmente, poterono tirare fuori le loro mitragliatrici. La ragazza non capiva il perché di quelle armi, ma la cosa non gli diede particolarmente fastidio.
Finalmente, lo vide. Mammoth Mogul si era fatto portare un tavolo ornato da una tovaglia bianca. Seduto comodamente sulla sua sedia rinforzata in acciaio per sostenere il suo peso, Mogul finì di mangiare la sua bistecca mentre osservò con gioia l’arrivo della lince.
- Mia cara, che piacere conoscerti! - disse il mammoth alzandosi - Benvenuta a Central City -
Oltre al mobiano, c’erano altre quattro guardie in giacca e cravatta e armati come gli altri due, che guardavano la scena come fossero statue.
- Dimmi, com’è stato il viaggio? Eri mai stata in questa zona? - chiese il mammoth cercando di fare conversazione.
- Se lei permette - cominciò la lince - Salterei i convenevoli e andrei dritta al punto -
- Ah, sei una tipa che non vuole girarci intorno. Mi piace! - commentò entusista il mammoth - Ma, vedi, i convenevoli fanno parte del mio lavoro e, senza di essi, non si può creare la giusta alchimia tra due persone che devono discutere di affari. Ma hai ragione, arriviamo al punto -
Mogul si pulì la bocca e la proboscite con un fazzoletto, per poi alzarsi e dare le spalle alla sua ospite.
- Come preferisci essere chiamata, mia cara? -
- La Sposa va benissimo - rispose la lince.
 
Shadow rimase lì, in attesa di informazioni. Espio alzò lo sguardo e fissò gli occhi del riccio nero.
- È arrivata qui questa mattina. Mentre parliamo, sento che si sta muovendo per le strade della città -
- Come fai a saperlo? - chiese il riccio nero.
- Non mi crederesti -
- Mettimi alla prova - disse Shadow.
- Io.. l’ho percepita - rispose riluttante Espio.
Quelle parole lasciarono spiazzato il riccio, che prese in conisderazione l’idea di andarsene.
- Per capire tutto, devo raccontarti una storia - cominciò Espio - Una storia che credevo di essermi lasciato per sempre alle spalle -
- Parla - disse Shadow con freddezza.
Espio prese fiato prima di cominciare il racconto.
- È cominciato tutto quindici anni fa, quando la Terra e Mobius erano due pianeti separati. All’epoca, nell’estremo oriente di Mobius, c’era una piccola regione chiamata Rashomon. Era formata da piccoli villaggi, abitati da semplici contadini mobiani indifesi e senza alcuna ricchezza per chi volesse depredarli. Questo però non fermò il clan dei falchi, che attaccarono uno dei piccoli villaggi. Uccisero tutti, con il solo scopo di dimostrare la loro forza. Rimasero lì per giorni, distruggendo il villaggio. Quando se ne andarono, non rimase più nulla. Morirono tutti.. tutti tranne una bambina, una lince -
- Come ha fatto a sopravvivere? - chiese Shadow incuriosito.
- Nessuno lo sa con certezza - rispose Espio proseguendo il racconto - La bambina vagò per giorni in cerca di salvezza, finché non venne trovata.. dal mio maestro -
La Forma di Vita Definitiva era stata catturata da quel racconto, provocandogli ricordi di emozioni familiari come il dolore, la disperazione e la rabbia.
- All’epoca, ero un bambino anche io. Ricordo questa lince silenziosa e impaurita, stanca e sull’orlo della morte. Ma il mio maestro la prese con sé, come aveva fatto con me tempo prima e la salvò. Le diede persino un nome, visto che lei non ha mai voluto rivelare il suo, chiamandola Connie. Crescemmo insieme da quel momento e, per certi aspetti, diventammo come fratello e sorella. Il maestro ci introdusse sulla via dei ninja, addestrandoci duramente per darci uno scopo nel mondo. Passammo giornate intere ad allenarci e a combattere l’un l’altro. Crescendo, entrambi diventammo dei ninja di tutto rispetto.. ma c’era qualcosa di sbagliato in Connie. Il maestro lo sapeva, ma fece di tutto per liberare quella ragazza dal suo demone. Lei però era troppo convinta di quello che provava.. trovando un solo e unico scopo a cui dedicare la sua vita -
- Vendetta - disse Shadow capendo il senso di quella storia.
Espio annuì, per poi riprendere il racconto.
- Una notte, Connie scappò via senza lasciare traccia. Solo dopo venimmo a sapere che si era messa sulle tracce del clan dei falchi, gli stessi che avevano trucidato il suo villaggio. Cercammo di fermarla, viaggiando in lungo e in largo per trovarla.. ma era troppo tardi. Da sola, Connie trovò il clan e sterminò tutti i loro membri, uno dopo l’altro. Dopodiché, scomparve per qualche tempo. Non smettemmo mai di cercarla, nonstante avesse perso la via. Finché un giorno non scoprimmo che era diventata una mercenaria, un’assassina che si faceva pagare a peso d’oro -
- L’hai mai più rivista? - chiese Shadow.
- Si.. qualche anno fa. Il mio maestro morì quando scoprì cosa ne era stato della sua amata allieva. Riuscii a trovarla, con lo scopo di farla ragionare e portarla sulla strada giusta. Le parole però non servirono a nulla, se non a far crescere la sua rabbia. Combattemmo all’ultimo sangue, finché uno dei due non fosse morto.. ma io non avevo il coraggio, non potevo togliere la vita di colei che era stata come una sorella per me. Mi lasciai sopraffare volutamente e lei, capendolo, decise di risparmiarmi la vita -
La storia era conclusa. I due guerrieri rimasero in silenzio per qualche secondo che sembrò un’eternità.
- Perché si fa chiamare “la Sposa”? - chiese il riccio nero.
- Perché si dice che abbia giurato fedeltà a uno shinigami.. un dio della morte - rispose Espio.
Il camaleonte si alzò, avvicinandosi all’estremità del cornicione e dando le spalle a Shadow.
- Perché si trova qui? - chiese il riccio.
- È questo il punto, Shadow - cominciò Espio - Credo sia qui per te -
 
- Mia cara Sposa. Come sai, ho un nemico che rappresenta per me una spina nel fianco - cominciò Mogul - Immagino che tu sappia già tutto su di lui, visto i file che ti abbiamo fatto recapitare. Ho la più totale fiducia in te e nelle tue capacità. Ti concedo totale carta bianca sul come e quando risolvere il mio problema -
Nel sentire quelle parole, la Sposa rimase con un dubbio.
- Mi hai fatto venire qui solo per dirmi questo? - chiese la lince.
- In realtà, no - disse il mammoth.
Il possente mobiano si girò, allontanandosi di qualche metro, dando le spalle a lei e alle guardie armate.
- Vedi, finora ho solo sentito racconti sulle tue abilità. Tutti assolutamente convincenti.. ma ho bisogno di vedere con i miei occhi di che pasta sei fatta in realtà -
Mogul si girò verso la sua ospite, visibilmente incuriosita.
- Vedi i miei uomini? - chiese il mammoth - Uccidili tutti -
Prima che i sei umani potessero reagire a quell’ordine, la Sposa aveva già cominciato la carneficina. Lanciò gli shuriken contro i due uomini più vicini, colpendoli in volto e sfregiandoli. Accecati dal dolore, i due caddero a terra mentre i restanti quattro cominciarono a sparare. La lince fu veloce, balzando sopra le loro teste per evitare di essere colpita. In volo, prese i sai e colpì il terzo uomo alla testa, uccidendolo. Un altro shuriken partì dalle sue mani, accecando il quarto. Gli ultimi due provarono a sparare, ma lei li raggiunse e affondo le lame nei loro petti, prendendoli al cuore. Caduti a terra, la Sposa si concentrò sugli ultimi, quello accecato e quelli a terra. Si avvicinò senza fretta e affondò il suo pugnale nei loro cuori, uno dopo l’altro.
Quando tutto fu finito, Mammoth Mogul si ritrovò con il suo elegante vestito sporco di schizzi di sangue. Il mobiano applaudì, mentre la lince ripulì le sue armi.
- Mia cara.. sei un fenomeno -
La Sposa si girò verso il suo cliente con espressione fredda.
- Verrà spostata un’ingente somma di denaro sul tuo conto, amica mia - proseguì il mammoth - Consideralo un generoso anticipo e un incentivo affinché tu dia il meglio -
La Sposa gli diede le spalle e se ne andò, lasciando il possente mobiano con il sorriso sulle labbra.
 
- Come fai ad esserne sicuro, Espio? -
- Ho ragione di credere che la Sposa sia stata assunta da Mammoth Mogul per eliminarti - rispose il camaleonte.
Shadow rimase interdetto. Come faceva il ninja a sapere di Mogul e della sua attività criminale?
- E tu come.. -
- Vivo da questa città da prima di te, Shadow - rispose Espio interrompendolo - So tutto di Mogul e dei suoi affari sporchi. Sono anni che indago su di lui, ma tutte le piste non mi hanno portato a nulla -
D’un tratto, il comunicatore nell’orecchio destro di Shadow si accese, interrompendo il dialogo tra i due.
- Shadow, sono Rouge. Mi ricevi? -
- Che succede? - chiese irritato il riccio nero.
- C’è stata una strage in un parcheggio sotterraneo della zona in costruzione della città - rispose la ladra - La polizia ha chiesto di te -
Shadow tornò a guardare Espio. Una strana sensazione si fece strada nella mente del riccio.
- Tu vieni con me - fu l’ordine che diede.

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