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di Linduz94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** ...Gli uomini in nero... ***
Capitolo 3: *** ...Una nuova consapevolezza... ***
Capitolo 4: *** ...La nuova Hinata... ***
Capitolo 5: *** ...Confessioni e biscotti alla cannella... ***
Capitolo 6: *** ...La festa di Halloween... ***
Capitolo 7: *** ...Il nemico sbagliato... ***
Capitolo 8: *** ...L'incendio... ***
Capitolo 9: *** ...Finalmente sollevata... ***
Capitolo 10: *** ...Solo amicizia?... ***
Capitolo 11: *** ...Iniziano ad apparire le crepe... ***
Capitolo 12: *** ...Quasi per un soffio... ***
Capitolo 13: *** ...Sono un mostro... ***
Capitolo 14: *** ...Rassegnata decisione... ***
Capitolo 15: *** ...Grigiore quotidiano... ***
Capitolo 16: *** ...Non toccarla!... ***
Capitolo 17: *** ...Non mi arrenderò!... ***
Capitolo 18: *** ...Il dolore di perderla ancora... ***
Capitolo 19: *** ...Troppi pensieri non detti... ***
Capitolo 20: *** ...Scontri nei corridoi bianchi... ***
Capitolo 21: *** ... Effetti collaterali ... ***
Capitolo 22: *** ...Sospesi nella gabbia... ***
Capitolo 23: *** ...La seconda fase ha inizio... ***
Capitolo 24: *** ...Ferire chi ami... ***
Capitolo 25: *** ...Alleati inattesi... ***
Capitolo 26: *** ...Desolante risveglio... ***
Capitolo 27: *** ...Il peso della coscienza... ***
Capitolo 28: *** ...Ritrovarsi per poi perdersi... ***
Capitolo 29: *** ...Avere cura... ***
Capitolo 30: *** ...Cuore leggero... ***
Capitolo 31: *** ...Verità sorprendenti... ***
Capitolo 32: *** ...Il suo profumo... ***
Capitolo 33: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO

La sveglia suonò alle 6:45. Tastai con gli occhi chiusi sul comodino finché non trovai la mia più grande nemica e la spensi di scatto.
Come tutti i giorni mi diressi ancora assonnata verso il bagno e lì mi sciacquai il viso, con la speranza di diventare un po’ più lucida. Speranza vana perché uscendo sbattei contro lo spigolo della porta.
Ma chi diavolo si era inventato di fare le porte così spigolose?
Mugugnando dal dolore scesi al piano inferiore e cominciai a prepararmi la colazione. Mentre il latte si scaldava nel forno a microonde cominciai a pensare alla giornata che mi aspettava rinchiusa fra le quattro mura della stanza di una scuola.
Naturalmente le prossime ore si prospettavano tutto fuorché interessanti.
In cinque ore di lezione, tre erano di possibile interrogazione, il mio incubo. Decisi che avrei ripassato un po’ in autobus anche se sapevo comunque come sarebbe andata, avrei fatto scena muta come tutte le volte che mi chiamavano. Tutta colpa della mia eccessiva timidezza. Ero un caso disperato e i professori ormai si erano rassegnati.
Il problema maggiore però era che quest’anno mi attendevano gli esami di maturità e i miei docenti si stavano seriamente preoccupando per la mia condizione disperata e si chiedevano come avrei fatto ad affrontare l’esame orale.
Anche io me lo chiedevo di continuo e non riuscivo a trovare una soluzione a questo problema, nonostante tutti i miei sforzi.
Il microonde suonò, tolsi la tazza e versai del caffè. La mia colazione ideale includeva anche qualche biscotto che in quel momento sembrava essere scomparso dalla credenza.
Dovevo ricordami prima o poi di dire a mio cugino Neji di smetterla di mangiare ogni cosa trovasse durante il pomeriggio. La mancanza di cibo mi faceva diventare nervosa.
Finita con calma la colazione andai a cambiarmi.
M’infilai velocemente un paio di jeans stretti e una maglia poi misi sopra un cardigan, il mio preferito.
In bagno non ci impiegai molto, e come ogni giorno mi diedi un’occhiata veloce allo specchio.
La mia espressione pallida e ancora assonnata non collaborava a tirarmi su di morale, così mi assicurai almeno di avere i capelli in ordine.
Erano corti e neri, con dei strani riflessi blu. Mi piacevano ma non ero molto brava ad acconciarli, così avevo deciso di tagliarli a caschetto pensando anche alla comodità. Avevo però deciso di tenere la pesante frangia in modo da nascondermi il viso in caso di necessità, il che voleva dire che mi nascondevo quasi sempre a causa della mia eccessiva timidezza.
Quando uscii dal bagno anche mio cugino si era svegliato.
“Che ci fai ancora qui? L’autobus parte fra un quarto d’ora”
“Cosa???” come al solito mi ero attardata troppo.
Afferrai al volo lo zaino dal letto e corsi a mettermi le scarpe.
“Io vado. Ciao!” gridai già mezza fuori di casa e feci in tempo a sentire il “ciao” fioco di Neji prima che la porta si chiuse.
Mi fiondai sulla bici e uscii dal cancello in un lampo.
Da casa mia alla fermata normalmente ci vogliono dieci minuti in bici quindi cominciai a pedalare veloce.
 
Arrivai in fermata in sette minuti, un bel record, ma ero senza fiato.
Misi il lucchetto alla bici e poi mi diressi verso il gruppo di persone che aspettava l’autobus.
Da un angolo vidi una figura uscire e agitare la mano nella mia direzione, era Tenten la mia migliore amica.
Era una ragazza molto solare, sempre in movimento, aveva dei bei capelli castani che però raccoglieva sempre in due chignon e due luminosi occhi marroni. All’apparenza poteva sembrare una ragazzina fragile e invece era una vera e propria leonessa, oltre che un’esperta di arti marziali. Ogni volta che la vedevo mi si stampava un sorriso in viso a causa della sua contagiosa allegria. La conosco dall’asilo e non ricordo mai una volta di averla vista triste, è davvero unica.
“Ciao Hinata!!”mi salutò con un sorriso.”Allora hai studiato abbastanza per oggi?” mi chiese quando le fui vicina.
“Si però lo sai come va a finire tutte le volte” abbassai il capo frustrata.
“Ma dai! Un giorno o l’altro devi superare questa tua inutile paura per il pubblico! Non puoi continuare così anche perché sei molto sveglia e rischi di venire sottovalutata, soprattutto con gli esami che ci attendono quest’anno!
Devi riuscire a fare una bella impressione!”
“Già hai ragione ma è più forte di me”
Lei sorrise, ormai era la centesima volta che ripetevamo quel discorso e finiva sempre che lei aveva ragione ma nonostante questo non c’erano mai miglioramenti da parte mia.
In quel momento arrivò l’autobus e lentamente le persone cominciarono a salire.
Il viaggio durò venti minuti e l’autobus ci portò direttamente davanti all’istituto superiore di Konoha.
Appena scesa aspettai da un lato Tenten che scendeva e poi ci avviammo verso l’entrata dell’edificio.
Come d’abitudine mi guardai attorno e subito mi irrigidii.
“Guarda” sussurrai alla mia amica. “ Ci sono anche oggi”.
Alla destra dell’edificio infatti c’era una macchina nera parcheggiata. Al suo interno due figuri guardavano gli studenti che passavano. Avevano un’aria molto inquietante, forse perché erano vestiti completamente di nero o forse perché, a causa degli occhiali da sole neri che portavano, non si riusciva a vedere dove guardassero, comunque sia era una settimana che le due ragazze li notavano fuori da scuola, sia alle otto quando entravano e sia all’una e mezza quando uscivano.
“Lascia perdere magari aspettano qualcuno” rispose noncurante Tenten.
“Mmh” la sensazione di pericolo però non passò.
 
Le prime tre ore trascorsero lentamente, sembrava che la lancetta dell’orologio si fosse addormentata.
Alla quarta ora entrò nell’aula la professoressa di geografia, Kurenai.
Era in perfetto orario, con gli occhi di quello strano colore rosso e i lunghi capelli scomposti neri che ondeggiavano alle sue spalle.
Era abbastanza giovane, sulla trentina ma la sua espressione era di totale disciplina e serietà.
Appena entrata il chiacchiericcio si spense all’istante e l’aria sembrò raggelarsi.
Se fosse volata una mosca avrebbero tutti cercato di zittirla all’istante.
Era giorno d’interrogazione e ventiquattro cuori battevano all’impazzata. Perfino il secchione della classe, Shikamaru era sempre in difficoltà con lei e si agitava durante le interrogazioni orali, abbandonando la sua solita aria annoiata.
La donna si sedette e dopo aver appoggiato la borsa, estrasse il registro e cominciò a scorrere i nomi.
Tutti sembrarono trattenere il respiro.
“Kiba Inuzuka, Choji Akimichi e poi vediamo se Hinata questa volta riesce a farmi una frase completa” mi fulminò con lo sguardo.
Nel frattempo il mio cuore perse un colpo.
Cominciai a sudare freddo e abbassai di colpo il capo.
“Dai forza le cose le sai!” mi sussurrò Tenten.
Annuii appena alzandomi lentamente e mi avviai verso la cattedra con gli altri mie compagni di pena.
Avevo la vista annebbiata e il cuore sembrava esplodermi nel petto.
“Iniziamo da te Hinata, parlami della situazione economica dei paesi dell’est Europa. Voglio sapere la situazione generale e i motivi della loro condizione”.
Cominciai a tormentarmi le mani sudate, sembrava che nell’aula ci fossero 40 gradi.
Sapevo la risposta alla domanda la sapevo per filo e per segno ma in quel momento la mia mente sembrava bloccata. Nero, il buio assoluto.
Deglutii rumorosamente e mi strinsi il braccio sinistro con la mano.
“Allora? Non sai rispondere?” mi incalzò la donna inchiodandomi con lo sguardo.
Ma perché? Sapevo di essere preparata, ma perché in quel momento la mia mente sembrava inceppata?
Gli occhi insistenti della donna mi infastidivano, non riuscivo a concentrarmi.
Vidi che distoglieva lo sguardo e scriveva sul registro.
Ero nel panico più assoluto.
“Bene passiamo allora ad un’altra domanda…”
 
L’ora sembrava non finire mai, quando la campanella suonò mi diressi verso il mio banco, le mie gambe sembravano due pezzi di legno.
“Ma è davvero una zitella rognosa” mi disse Tenten una volta che fu uscita.”Sa benissimo come ti comporti quando ti chiamano per le interrogazioni orali e ti aveva già chiamato la settimana scorsa ma che cosa vuole?”
Per tutta risposta sospirai rassegnata.
Ero ancora accaldata e la mia mente sembrava si fosse inceppata.
Dovevo superare quel problema in qualche modo ma nel frattempo mi sentivo impotente e incapace.
“Ma cos’è che ti spaventa così tanto quando ti interrogano?” Tenten mi riscosse dai miei pensieri.
Già cos’è che mi spaventava? Forse lo sguardo insistente, ma non tutti i professori lo avevano. Forse era il fatto che i miei compagni mi guardassero, ma non avevo motivi per vergognarmi di fronte a loro, erano cinque anni ormai che ci conoscevamo.
“Non lo so, davvero” sospirai.
Il resto della giornata passò senza intoppi e finalmente venne l’ora di andare a casa.
“Senti io devo passare all’ospedale dove lavora mia mamma quindi non vengo a casa con te, scusami ma oggi ho questo problema” Tenten mi osservò preoccupata, non le piaceva lasciarmi sola in autobus.
“Tranquilla sopravvivrò” le sorrisi.
Indugiò qualche secondo e poi si allontanò salutandomi. Io ricambiai il saluto e poi mi diressi verso la parte opposta.
Purtroppo la fermata dell’autobus per il ritorno era un po’ lontana quindi mi avviai veloce.
Arrivata più o meno a metà strada mi accorsi di loro.
I tipi vestiti di nero erano dall’altra parte della strada appoggiati a un muretto e sembravano osservarmi.
Velocizzai il passo il più possibile, avevo una brutta sensazione.
Dopo una decina di metri mi voltai e constatai con orrore che anche loro stavano camminando dall’altro lato e sembrava mi stessero seguendo.
Senza accorgermene mi misi a correre, arrivai senza fiato alla fermata quando all’improvviso l’autobus apparve, era di molto in anticipo ma per la prima volta fui sollevata di questo.
Appena le porte si aprirono mi fiondai dentro. Nel frattempo i due uomini si stavano avvicinando velocemente, pregai che l’autista avesse fretta e non li badasse.
I secondi sembravano ore.
Quand’erano ormai a pochi metri dal veicolo le porte si chiusero e il mezzo partì.
Sospirai di sollievo quando fui lontana da quei due e mi sedetti sul primo posto vuoto che trovai quasi di schianto.
Che cosa volevano da me quei due tizi?
Forse rapivano le persone per qualche commercio clandestino.
Forse mi avevano inseguita perché avevano visto che ero sola e quindi ero una facile preda, però anche Tenten si era diretta all’ospedale, da sola.
Mi si raggelò il sangue all’istante. E se ce ne fossero altri? E se avessero preso Tenten?
Afferrai subito il telefono e con mani tremanti schiacciai i bottoni.
Il telefono squillò a lungo. Forse avevo capito troppo tardi.
Forse l’avevano già presa.
“Pronto? Hinata? Cosa succede?”
“Tenten sei tu?”
“Si si dimmi c’è qualcosa che non va?”
“Sei già all’ospedale?”
“No sono quasi arrivata”
“Ah ok e non c’è niente di strano?”
“No no niente perché?”
“Sei da sola?”
“Si Hinata ma che ti succede??”
“Dimmi quando arrivi all’ospedale..”
“Beh ormai sono arrivata, mancano pochi metri, ma mi vuoi spiegare cosa sta succedendo?”
Sospirai di sollievo.
“Domani ti racconterò, mi è successa una cosa strana”
“Non puoi dirmelo ora?”
Mi guardai attorno ma c’erano troppe orecchie che avrebbero potuto sentire.
“No è meglio di no. Domani ti dico. Scusami del casino”
“Uff va bene ok… Ciao ciao”.
“Ciao” spensi la chiamata.
Almeno ora ero più tranquilla.
 
Tornata a casa da scuola dovetti affrontare l’ira di mio padre, Hiashi Hyuga.
Ogni volta che venivo interrogata sapevo che dopo automaticamente avrei dovuto affrontare quell’inferno, non riusciva a capire il mio disagio e minacciava ogni volta di portarmi da uno psicologo per sapere se avevo qualcosa che non andava, perché in questo modo macchiavo il buon nome degli Hyuga.
Era sempre stato così, non sopportava il mio carattere debole e sottomesso.
Non ho mai avuto memoria di lui come un padre amorevole e orgoglioso dei suoi figli, non da quando la mamma non c’è più almeno.
Io ero troppo piccola quando successe, avevo appena due anni.
Mia madre era sempre stata molto cagionevole di salute, e se il primo parto per lei era stato disastroso per le gravi condizioni a cui l’aveva portata, il secondo le fu fatale.
Io e mia sorella Hanabi quindi eravamo state cresciute senza una presenza materna solida, a parte qualche nutrice che nostro padre ci rifilava, per questo ci siamo fatte forza l’una all’altra.
Lei era quella più aggressiva delle due, non cedeva mai, nemmeno nei battibecchi con lui, per questo forse era un po’ la favorita tra le due.
Io, invece, ero quella debole e timida. Ho sempre cercato in tutti i modi di far star bene mia sorella, mi sentivo quasi in dovere verso di lei, come se la morte di nostra madre fosse stata a causa mia, e per questo cercavo di sostituirla.
Avevo persino imparato a cucinare, a fare il bucato e qualsiasi altro lavoro domestico che ci potesse liberare da quelle fastidiose cameriere che mio padre pagava, ma non ero mai riuscita a contrastare la sua rabbia nei miei confronti e quindi ogni volta mi sorbivo la ramanzina a testa bassa e lasciavo che ogni parola mi scorresse nella testa, con la speranza, un giorno, di riuscire ad affrontare le mie paure.
Per fortuna almeno era sabato e quindi il giorno dopo niente scuola, anzi c’era una mega festa organizzata da Ino, una mia cara amica, dove ci sarebbero state tutti i giovani di Konoha, non solo del nostro anno, ma anche quelli più grandi, come mio cugino Neji.
Sarebbe stato divertente e speravo di riuscire a dimenticare l’accaduto di quel giorno.
Non dissi niente a mio padre riguardo ai due uomini neri, oltre al fatto che non gliene sarebbe importato l’avrebbe considerata una scocciatura se fossi stata rapita, e poi pensai che a scuola ero sempre accompagnata da Tenten.Comunque avrei cercato di stare sola il meno possibile.
 
Quel pomeriggio andai in palestra.
Lì frequentavo il corso di danza classica da non so più quanti anni.
Essendo di nobili origini dovevo imparare quel tipo di danza, oltre che saper suonare il violino e il pianoforte in modo impeccabile. Mio padre era una fanatico per il mantenimento del buon nome della famiglia e costringere le sue figlie a imparare queste “nobili arti”, come le chiamava lui, gli sembrava un buon modo per seguire il suo ideale. Io, sottomessa com’ero, non ebbi mai il coraggio di ribellarmi, al contrario di mia sorella che invece adesso frequentava il corso di arti marziali con Tenten.
Nonostante tutto ballare mi piaceva, mi sentivo viva mentre danzavo.
Avevo scoperto qualche anno fa che una ragazza più grande nel mio corso sapeva ballare anche modern, e spesso concedeva anche lezioni private, quindi le avevo chiesto se poteva insegnarmi qual cosina privatamente e lei aveva accettato insegnandomi tutto quello che sapeva e senza chiedermi niente in cambio.
Non l’avrei mai ringraziata abbastanza.
La danza classica mi piaceva, ma con quel tipo di danza mi sentivo libera.
Potevo muovermi come volevo ed esprimere quello che provavo con il corpo.
Era l’unica libertà che mi ero concessa.
Mi diressi nella saletta dove tre volte alla settimana avevo lezione di danza classica e che fortunatamente al sabato pomeriggio, per un’ora e mezza, era libera.
Avevo tutto il tempo che volevo per sfogarmi in solitudine.
Appoggiai la borsa e mi tolsi le scarpe. Feci un riscaldamento veloce, avevo troppa voglia di ballare.
Presi il cd che portavo sempre con me in quei momenti e la prima traccia partì lentamente, così mi preparai con calma.
Le note di “Dancing” di Elisa risuonarono nella stanza e con un sorriso sulle labbra cominciai a danzare.
 
Un’ora più tardi uscii dalla sala da ballo esausta ma sollevata.
Mi diressi verso l’uscita e inevitabilmente passai davanti alla palestra.
Avrei dovuto proseguire tranquillamente, come ogni volta, e invece mi impietrii davanti alla porta.
Capelli biondi come il grano e occhi azzurri come il cielo.
Era proprio lui, il ragazzo di cui ero pazzamente innamorata.
Naruto.
Stava giocando a pallacanestro con altri ragazzi che conoscevo di vista.
Sapevo che giocava e sapevo anche tutti i suoi orari, date tutte le volte che lo avevo spiato di nascosto, ma era strano vederlo lì di sabato. Evidentemente si stava solo divertendo un po’ con gli altri.
Era davvero il più bel ragazzo che avessi visto, nonostante in quel momento fosse tutto sudato e avesse il fiatone per me restava un dio greco da ammirare sempre e comunque.
Ero talmente presa da lui che non mi accorsi che i suoi amici mi avevano vista.
“Ehi Hinata! Che ci fai lì?” mi urlò Rock Lee, un ragazzo davvero eccentrico con delle enormi sopracciglia nere e capelli a caschetto dello stesso colore. “Vieni a giocare anche tu!”
A queste parole anche Naruto si voltò a guardarmi e i suoi occhi color del mare incontrarono i miei perlacei.
Sentii le gambe cedermi proprio come quella mattina e un prepotente calore invadermi le guance.
Abbassai di botto la testa per evitare di guardarlo ancora e far vedere il rossore che mi aveva invaso il viso.
Scossi energicamente la testa per rispondere a Rock Lee e scappai di corsa.
Codarda.













Vi prego! Siate clementi!!! E' la mia prima fanfiction!
Comunque accetto ogni tipo di consiglio e se vi è piaciuta sarà felice di proseguire a pubblicare i prossimi capitoli..
Per ora è tutto :) :)

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Capitolo 2
*** ...Gli uomini in nero... ***


GLI UOMINI IN NERO

Finalmente arrivò il giorno della famosa festa organizzata da Ino.
Mi trovavo davanti all’entrata della sala con Tenten.
Era appena arrivata di corsa perché si era addormentata dopo pranzo ed era in ritardo, però era riuscita a vestirsi nel modo giusto.
Aveva un bel vestito verde con legghins e ballerine bianche ai piedi, il suo modo di essere presentabile con il suo immancabile senso della sportività.
Io, invece, indossavo i miei soliti jeans e una maglia normale. Mi vergognavo troppo per vestirmi elegante.
Sempre colpa di quella stupida timidezza.
“Ehi Hinata devi dirmi cos’è successo!” Tenten mi tirò per un braccio prima di entrare.
Mi ero quasi scordata dell’episodio del giorno prima.
Con una smorfia le raccontai l’accaduto e attesi la sua risposta.
“Sei sicura che stessero seguendo proprio te??” era diventata subito seria.
Io annuii, però non ero del tutto sicura, in qualunque caso due uomini non si mettono a correre per strada senza un motivo.
“Allora la situazione è allarmante” mi scrutò un attimo.” Tu come ti senti?”
“Sono abbastanza tranquilla direi, ma non vorrei incontrarli di nuovo”
“Non preoccuparti non ti lascerò più da sola quando siamo a scuola te lo prometto”
Le sorrisi rincuorata.
“L’hai detto a tuo padre?”
Scossi la testa in segno di diniego.
“E perché non l’hai fatto?”
“Io….io non credo sia il caso. Non è successo niente in fondo…”
“Oh sei un caso disperato! Comunque sia se li vediamo anche domani girare attorno alla scuola glielo devi dire subito! Non possiamo aspettare che ti portino via prima di aprire bocca”
“Ma forse non vogliono proprio me, forse cercano solo una ragazza isolata”
“Può darsi ma allora dovremmo avvertire la scuola che li faccia allontanare, solo che fin’ora non ho mai sentito qualcuno parlare di gente scomparsa o importunata a scuola”.
“Già è vero”
“Beh ora non preoccupiamoci e pensiamo a divertirci” mi sorrise. “Vieni entriamo”
 
La stanza dove ci trovammo era grandissima, tutto era addobbato con festoni colorati e la musica era molto alta, Ino ci sapeva davvero fare.
Da un lato c’era un tavolino colmo di aperitivi, stuzzichini e bibite.
Disposte lungo le pareti c’erano una fila di sedie e divani.
Tenten si fiondò subito verso un gruppo di ragazze, tutte compagne di scuola, c’erano Sakura, Ino, Karin Matsuri, Temari e Rin, io la seguì con più calma.
Dopo un po’ di tempo che chiacchieravamo mi diressi verso il tavolo per prendere da bere a me e a Tenten, quando tornai mi fermai di botto.
Tenten si accorse subito del mio comportamento e si avvicinò preoccupata, mentre le altre ragazze ci guardavano curiose.
“Cosa succede?”mi chiese apprensiva.
Io senza parole indicai il lato opposto della sala con un dito tremante.
Rieccoli i capelli dorati che avevo sempre desiderato anche solo sfiorare e quel sorriso così radioso.
Il ragazzo che mi faceva battere il cuore all’impazzata era proprio lì, a chiacchierare con Shikamaru, Rock Lee e Sasuke.
Sembrava un sole luminoso che era apparso alla mia vista troppo improvvisamente e ne ero rimasta accecata.
“Oh è Naruto! Adesso capisco tutto” Tenten sorrise sorniona.
Naturalmente lei era sempre stata a conoscenza della mia cotta.
L’oggetto dei miei desideri aveva una maglia azzurra che risaltava il colore dei suoi occhi e jeans leggermente attillati.
Mi girai di scatto perché sembrava aver guardato nella mia direzione.
“I….io devo uscire!” dissi improvvisamente. Feci per voltarmi ma la mia amica mi trattenne.
“Eh no! Non puoi andartene proprio ora che si sta avvicinando”
“S-s… si… si sta avvicinando???” ero paonazza.
“Eh si sta venendo proprio verso di noi, è quasi arrivato”
“N… no…. Io… io devo andarmene” il cuore batteva all’impazzata.
“Hinata datti una calmata sei diventata quasi viola!” ora la ragazza sembrava preoccupata.
“Ehilà ragazze come state?”
Eccola quella voce, così calda, così alta di tono. Il mio cuore perse un colpo.
“Ciao Naruto! Io sto bene grazie ma Hinata non ha una bella cera, scusaci davvero”
Tenten mi portò subito via e di questo le fui molto grata, non ero in grado di affrontare una conversazione con il ragazzo che ammiravo più al mondo.
Fece un cenno alle altre perché non si preoccupassero e poi ci allontanammo.
Uscimmo all’aria un po’ più fresca.
“Ma si può sapere che ti è preso?”
Sospirai nel tentativo di far passare più aria nei polmoni.
“Non riesco ad affrontare un’interrogazione scolastica figurati se riesco ad affrontare il ragazzo che mi piace da una vita!” l’avevo quasi urlato.
Sembrava proprio che ne avessi abbastanza di quel mio ‘problema’.
“Si ma non posso portarti via ogni volta che lui si avvicina. Penserà che tu lo detesti e finirai per non poterlo mai conoscere davvero”
“Lo so” mugugnai. Ero davvero frustrata mi stavano quasi per venire le lacrime agli occhi dal nervoso, non volevo farmi veder così.
La porta si aprì di colpo e Sakura si avvicinò subito a noi.
“Ehi ragazze, ho visto che vi siete allontanate appena è arrivato Naruto, vi ha detto per caso qualcosa di sgarbato? Perché se è così vado lì e lo riduco in poltiglia!”
Tenten rise alla reazione della ragazza mentre io ero ancora troppo scossa per reagire.
Era tipico di lei essere protettiva nei confronti delle sue amiche. Oltretutto lei era vicina di casa di Naruto e lo conosceva fin da quando erano bambini, il suo rapporto con lui era simile a quello di due fratelli litigiosi dato il loro carattere forte molto simile.
“Tranquilla Sakura, lui è stato molto gentile, è solo che Hinata aveva bisogno di una boccata d’aria” intervenne pronta Tenten.
“Mmh in effetti non hai una bella cera, Hinata”
“B…beh va tutto bene, devo solo riprendermi un po’” cercai di fare il sorriso più convincente che mi riusciva.
Sakura mi guardò truce per qualche secondo e poi mi sorrise allegra.
“Forza bellezza! Devi riprenderti altrimenti di là ti perderai una gran bella festa! E magari anche l’occasione di conoscere qualche bel ragazzo!”
Arrossii di botto pensando con chi avrei voluto parlare, ma poi il ricordo del quasi mezzo svenimento avuto lì dentro mi riportò la tristezza.
“Ten io torno dentro ad informare le altre che è tutto a posto, ok?”
Tenten le fece un cenno di assenso e poi tornò a guardare me quando Sakura sparì dentro la sala.
Sapevo quanto lei preferisse essere con l’amica in quel momento. Tenten adorava le feste. Le piaceva ballare e scatenarsi in pista, era anche un’ottima ballerina, e stare lì fuori non era certo il suo divertimento migliore, però lo faceva lo stesso e non mostrava alcun segno di fastidio.
Mi venne quasi da piangere nel vedere quanto l’amica tenesse a me.
“Tu torna pure dentro” Tenten mi guardò, poi fece un senso di diniego.
“Non se ne parla sto qui con te” mi sorrise dolce.
“Davvero non preoccuparti, mi sento già meglio e poi ho bisogno di pensare un po’” stavo cercando delle scuse era ovvio, ma non volevo si perdesse la festa per colpa mia. “Ti raggiungerò subito” e sfoggiai il mio sorriso migliore, quello che riservavo solo a lei, quello che mi sorgeva spontaneo solo in sua compagnia, ma non mi riuscì come avrei voluto.
Sospirò rassegnata.
“Ok ma non puoi nasconderti sempre da lui Hinata”, pensavo di averla ingannata ma ovviamente non era così.
Poco dopo ero sola, fuori all’aria fresca di fine ottobre.
Sospirai di nuovo e mi sedetti su una panchina lì di fianco.
Non volevo tornare dentro sarebbe stato troppo per me incontrarlo di nuovo e magari dovergli dare delle spiegazioni, lo ammiravo troppo.
Ogni tanto la porta si apriva facendo uscire note della musica che si ballava dentro.
A lui piaceva ballare, non era molto bravo in realtà ma io mi divertivo un sacco a guardarlo.
Era un tipo pieno di energia, magari non molto intuitivo ma era un sole a tutti gli effetti, il mio sole personale.
Una coppia di fidanzatini mi passò affianco ed entrò nella sala-discoteca.
Lo conoscevo da quando andavo alle elementari.
All’inizio pensavo fosse un bulletto, uno di quelli che fanno confusione di continuo e danno fastidio agli altri, per quello non lo consideravo molto.
Poi, un giorno, stavo piangendo perché la maestra mi aveva sgridata, non ricordo bene il motivo, mi ricordo solo che appena uscita dal bagno lo incontrai e lui mi porse un fazzoletto con un ampio sorriso.
Un sorriso che rivalutai subito e che anche ora mi faceva battere il cuore all’impazzata.
La porta si aprì di nuovo e sentii le note di una canzone molto conosciuta.
Quel sorriso che tanto mi aveva rincuorato quel giorno era diventato un po’ il filo conduttore della mia vita, ogni volta che avevo l’occasione di vederlo il mio cuore sembrava allargarsi.
“Posso sedermi?”
Sobbalzai, quella voce.
Mi volsi temendo di sapere chi fosse. Il sorriso dei miei pensieri si ripresentò.
“S-si” risposi quasi meccanicamente e nel frattempo il mio cuore si riscaldava.
“Grazie” si accomodò al mio fianco.
Nella mia testa nel frattempo c’era il caos totale.
Era troppo vicino, potevo quasi sfiorarlo, e nell’aria sentivo il suo buonissimo profumo così dolce ma anche fresco.
Avrei voluto fermare il tempo e restare così, con lui al mio fianco, mi sarebbe bastato.
Non avevo più voce, mi sembrava davvero di essermi bloccata, continuavo solo a pensare a quanto fossi vicina a lui.
“Allora come stai? Prima sembravi davvero ammalata, o forse hai bevuto un po’ troppo?”
Pensava che io fossi un’alcolizzata? Come poteva pensare una cosa simile? Avevo sempre dato questa impressione?
“Ch..che? No no i..io non bevo quasi mai” balbettai quasi istintivamente.
“Allora ti sentivi male?”
“P…più o m...meno” Finalmente ripresi il controllo dei miei pensieri.
Non l’aveva proprio capito che il problema era lui.
“E adesso come stai?” si preoccupava per me?
“I..insomma”
“Dai devi stare meglio!” la sua voce era sempre più alta del normale.” Non puoi perderti una festa così bella!”
Mentre si metteva le mani dietro alla testa e mi rivolgeva quel suo sorriso favoloso diventai tutta rossa come un pomodoro. Lui sembrò accorgersene.
“Ehi che c’è? Ti senti male di nuovo?”
Si stava avvicinando pericolosamente al mio viso. Riuscivo a vedere tutte le meravigliose sfumature dei suoi occhi. Sentivo il cuore battere forte. Era davvero troppo vicino.
“Hinata, va tutto bene?” le sue sopracciglia si incurvarono preoccupate.
No, non va affatto bene.
Poi fu tutto buio.
 
Aprii gli occhi lentamente, sopra di me c’era il viso preoccupato di Tenten.
“Hinata! Stai meglio?”
Mi alzai lentamente a sedere. Ero stata distesa nella panchina dov’ero seduta prima con Naruto.
Oddio Naruto!
“Cos’è successo?”
“Sei svenuta a quanto pare e Naruto e venuto a chiamarmi” mi stava sventolando un foglio davanti per farmi aria.
“E adesso lui dov’è?”
“E’ andato dentro a prendere un po’ di acqua, era un po’ preoccupato”.
Ero svenuta davanti a lui, davanti al ragazzo più bello del mondo.
Che imbarazzo, avrà pensato che sono una debole.
“Io..Forse.. E’ meglio se me ne vado a casa”
“Cosa? Hina, sei sicura?”
“Si, scusami, io… devo andare”
Mi alzai velocemente.
“Forse è per colpa di quello che è successo in questi giorni, forse sei un po’ stressata”
“Si, può essere” anche se non ne ero troppo convinta.
Ero svenuta per la vicinanza di quel viso così bello, ed ora mi vergognavo troppo per farmi vedere da lui.
Cosa gli avrei detto? Come avrei spiegato il mio comportamento?
Tenten mi abbracciò forte.
“Vuoi che ti accompagni a casa?”
“No no tranquilla non abito molto distante in fondo e poi in bici respirerò un po’ di aria fresca”
“Ok” sembrava comunque preoccupata.
“Stai tranquilla” cercai di fare il sorriso più sincero che mi riusciva” Ah e ringrazia anche Naruto”
“Ok, lo farò” continuava ad osservarmi attenta.
“Ciao ciao”
Mi avviai svelta, avevo il terrore di rincontrarlo.
La mia bici era distante dalla sala discoteca così mi tranquillizzai un poco, almeno lì non avrei avuto il terrore di poterlo vedere.
La mettevo sempre in un posto appartato dove nessuno l’avrebbe rubata, era una specie di vicolo stretto tra due case.
Estrassi la chiave del lucchetto della bici dalla borsa e mi chinai per aprirlo, così non mi accorsi di avere qualcuno alle spalle.
Sentii una mano premermi la bocca in modo che non potessi urlare mentre un altro braccio mi avvinghiò così  che non potessi scappare e mi voltò.
Mi ritrovai davanti a uno degli uomini in nero di ieri, mentre l’altro era quello che mi teneva ferma.
Spalancai gli occhi dal terrore.
Non li avevo visti nei dintorni, come avevano fatto a seguirmi e che cosa volevano?
Quello di fronte a me si avvicinò, dal berretto nero che portava spuntavano ciocche di un colore bianco quasi argenteo, il che mi sembrava strano dato che il suo viso era giovanissimo e aveva un ghigno inquietante.
Quando fu a mezzo metro di distanza da me si tolse gli occhiali da sole e rimasi raggelata.
I suoi occhi erano di un colore rossastro, leggermente tendente al viola, ma non era il colore a spaventarmi tanto quanto l’espressione glaciale. Sembravano gli occhi di un assassino.
“Buongiorno” rabbrividii, la sua voce era suadente. “Scusami per i modi bruschi ma non possiamo permetterci di farci scoprire”.
Perché parlava così? Che cosa voleva da me?
“So a cosa stai pensando.
Che cosa vogliono da me? Cosa stanno facendo? Ecc ecc.
Ora avrai tutte le risposte, non preoccuparti dolcezza” la sua bocca si curvò in un ghigno malvagio.
“Ti abbiamo cercata, ti abbiamo pedinata e ora ti abbiamo braccata perché dobbiamo sperimentare una cosa su di te.
“Vedi, tu sei una dei pochi fortunati al mondo che hanno la possibilità di poter testare un nuovo farmaco che abbiamo scoperto recentemente. Si tratta di un siero che risveglia alcune caratteristiche sopite nel corpo del soggetto scelto” dicendo questo estrasse da una tasca del cappotto una siringa.
A quella vista cominciai a divincolarmi ma la stretta dell’uomo alle mie spalle era troppo forte, forse era il doppio di me.
Nel frattempo l’altro si era avvicinato e mi aveva alzato una manica della giacca.
Ero nel panico totale.
Appena il liquido fu scomparso all’interno del mio corpo l’uomo che mi teneva ferma mi lasciò andare.
A quel punto cercai di scappare lontano di lì ma il mio corpo non rispondeva.
Poi venne il dolore.
Sembrava che ogni singola cellula stesse bruciando, provai ad urlare ma nessun suono uscì dalla mia bocca spalancata.
Poi le mie ginocchia cedettero e mi ritrovai a terra.
L’uomo dagli occhi cremisi mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio.
“Da questo momento in poi la tua vita cambierà, ma non preoccuparti, noi torneremo; quella di oggi era solo una parte del farmaco, era la parte che preparerà il tuo corpo per il resto. Quando torneremo ti unirai a noi fino a quel momento però tutto dovrà restare segreto, non potrai dire niente a nessuno altrimenti ti uccideremo” si scostò da me. “Bene abbiamo finito qui, andiamo”
L’altro tizio lo seguì. Riuscii a scorgere appena che aveva il viso celato da una maschera, ma non vidi i suoi occhi.
Ero troppo presa dal dolore per concentrarmi su di loro.
Si allontanarono silenziosi com’erano venuti, mentre io, a terra, ero scossa da violenti spasmi.
 
Non so quanto tempo passò, forse minuti o forse ore, l’unica cosa che ricordo di quel dolore è che finì di colpo.
Mi alzai lentamente, nel timore che lo strazio ricominciasse, e con passi misurati mi diressi verso la bici.
Che diavolo mi avevano fatto?
Non mi avevano avvelenata o almeno l’effetto del veleno non si era ancora fatto sentire però mi sentivo diversa.
C’era qualcosa di strano nel modo in cui mi muovevo che continuava a sfuggirmi.
Che conseguenze aveva portato quel farmaco?
Quando fui a casa rimasi imbambolata un secondo, la corsa in bici non mi aveva spossata, il mio respiro era normale come se mi fossi appena alzata dal letto.
Appena entrata mi precipitai in bagno e osservai il mio viso allo specchio. Sembrava tutto normale, a parte l’espressione sconvolta che avevo in viso.
Osservai anche il resto del mio corpo. A quanto pare avevo ancora due gambe e due braccia e almeno con i vestiti addosso non sembrava cambiato nulla.
Dopo un’accurata osservazione mi diressi in cucina e aprii un’anta della credenza.
Mi ritrovai con la piccola porta in mano. Si era tolta dai cardini.
Rimasi ad osservarla stupita poi la appoggiai con delicatezza sopra il tavolo.
Possibile che fosse stata agganciata male?
Presi allora un bicchiere ma si ruppe subito, eppure non mi sembrava di averlo schiacciato troppo.
Alcune schegge mi graffiarono e andai subito a lavarmi.
Perché tutto quello che toccavo sembrava fatto di plastilina?
Forse ero talmente scossa da non badare a quello che facevo.
Chiusi il rubinetto con un colpo secco e per poco non mi rimase il pezzo in mano.
A quel punto un pensiero mi sfiorò leggero la mente.
E se..?
Andai in salotto e mi diressi verso i divani. Per me erano sempre troppo pesanti quando pulivo e dovevamo metterci io e Neji per spostarli.
Mi accucciai dietro al più vicino e ci infilai una mano sotto. Con lentezza provai ad alzarlo.
Sembrava pesare come una sediolina di plastica per bambini.
Mi guardai stupita mentre tenevo un pesantissimo divano con una sola mano.
Lo mollai giù di botto e questo fece un gran rumore.
Mi tremavano le mani. Che cos’ero diventata?
Mi accucciai per terra e avvicinai le gambe al petto.
Calma, dovevo restare calma.
Dovevo solo stendermi un po’ e poi mi sarei accorta che tutte quelle cose strane erano solo frutto della mia mente stanca.
Avevo sempre avuto una fantasia molto vivace ma questo era davvero troppo.
Forse avevo avuto le allucinazioni, forse me ne stavo rannicchiata in un angolo del salotto solo per un’immagine della mia testa causata dallo stress.
Si, doveva per forza essere così.
Mi alzai lentamente e mi allontanai dal divano continuando a guardarlo.
Feci un giro tutto attorno e lo guardai con attenzione.
Mi sembrava tutto in ordine, era il solito, pesante divano di casa mia.
Mi riavvicinai con più cautela.
Chinandomi passai una mano sotto ad un bracciolo e deglutii.
Sarebbe andata bene, avrei provato ad alzarlo e avrei constatato che era un normalissimo divano molto pesante.
Feci forza e chiusi gli occhi, ma non ci fu la resistenza che mi aspettavo.
Riaprii gli occhi di scatto e cacciai un urlo facendo cadere di colpo il divano che stava in bilico sulla mia mano.
Corsi subito a sedermi nuovamente contro il muro, stringendo il più forte possibile le gambe davanti al petto.
Non avevo appena alzato un divano con una mano sola, non avevo appena alz….
Sentii delle voci all’esterno e sapevo che erano mio padre e probabilmente alcuni ospiti.
Stava entrando in casa e io ero troppo sconvolta per affrontarlo.
Mi alzai di scatto e mi sedetti svelta sul divano nel modo più composto e tranquillo che mi riusciva.
Nel frattempo loro avevano raggiunto la porta di casa e stavano per entrare.
Che cosa avrei detto?
Improvvisamente mi ricordai delle ultime parole pronunciate dagli strani tizi.
Quando torneremo ti unirai a noi; fino a quel momento però tutto dovrà restare segreto, non potrai dire niente a nessuno altrimenti ti uccideremo.
Non potevo dire niente ai miei familiari.
Non potevo dire niente nemmeno ad Tenten.
Qualcosa in quel farmaco aveva cambiato le mie capacità e tutto doveva restare un segreto; ma fino a che punto ero cambiata?
Solo la mia forza e resistenza fisica avevano subito quella metamorfosi?
Dovevo restare calma almeno per qualche istante, almeno per il tempo necessario a inventare una scusa e riuscire a raggirare mio padre.
Ma cosa avrei potuto dirgli?
Mi alzai di scatto dal divano e corsi nel bagno al piano superiore, appena in tempo prima che entrassero in casa.
Accesi l’acqua della doccia e chiusi la porta a chiave.
Fortunatamente il rumore dell’acqua copriva il mio ansito.
Mi appoggiai al lavandino ma mi scostai subito quando sentii il mobile gemere. Dovevo stare attenta.
Tutto il mio corpo sembrava il triplo più pericoloso.
Mio padre ci avrebbe messo un po’ per accogliere gli ospiti, quindi io avevo tutto il tempo necessario per cercare di ritrovare la calma e rendermi presentabile.
Feci qualche respiro profondo. Dovevo starmene buona, non avrebbe dovuto essere difficile per me.
Dopo la doccia mi dedicai ad asciugare i capelli.
Durante l’operazione mi guardai a lungo allo specchio.
Ero sempre la solita ragazzina e anche la mia espressione sembrava essere un po’ più tranquilla rispetto a prima, asciugarmi i capelli mi aveva sempre aiutata a schiarirmi le idee.
Ricapitolando, due tizi mi avevano seguita per somministrarmi un siero che, come aveva detto il rosso, avrebbe risvegliato delle capacità, e ora mi ritrovavo a riuscire ad alzare cose pesanti e fare sforzi fisici senza affaticarmi.
Senza contare il fatto che tutto quello che toccavo era in serio pericolo si poteva dire che la cosa era abbastanza positiva.
Ma dovevo stare attenta a non farmi scoprire.
Poco dopo mi rintanai in camera mia e lasciai perdere lo studio.
Con tutte le cose che mi giravano per la testa non sarei riuscita ad aprire un libro senza perdermi nei miei pensieri.
Oltretutto cominciai a pensare anche a Naruto e alla figuraccia che avevo fatto quel pomeriggio.
Cosa gli avrei detto la prossima volta che l’avrei visto?
Forse era meglio evitarlo totalmente, in fondo con lui non avrei mai avuto speranze.
Lui era troppo diverso da me, così sicuro di sé, così vivace, sembrava un’esplosione di colori, io invece con la mia timidezza e il mio silenzio non avevo nessun colore.
Di certo non ero il suo tipo, però mi aveva fatto piacere in fondo averlo vicino quel pomeriggio, anche se per poco, anche se poi avevo rovinato tutto con il mio comportamento, mi erano bastati quei pochi istanti per essere felice, per sentirmi più leggera.
Stare con lui mi faceva sempre quest’effetto; era come sentirsi a casa.
Lentamente, senza accorgermene, sprofondai nel sonno, continuando a fantasticare su ipotetici dialoghi che avrei potuto affrontare con lui senza la mia dannata timidezza ad intralciarmi.











Ed ecco il secondo capitoloo!!!
spero sia di vostro gradimento e spero di riuscire a pubblicarne presto un altro!
Holaaaa :)
Linduz94

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Capitolo 3
*** ...Una nuova consapevolezza... ***


UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA




Era passata una settimana ormai da quello che chiamavo “incidente”.
Come di consueto al sabato andavo a ballare nella palestra per sfogarmi, e quel giorno ne avevo assolutamente bisogno.
Ero arrabbiata e mi sentivo terribilmente oppressa.
Mio padre mi aveva appena comunicato che aveva deciso di farmi seguire da un’analista.
Era convinto che quel mio problema in fatto di timidezza fosse troppo grave per essere semplicemente ignorato e quindi dalla settimana prossima avrei dovuto accogliere in casa mia uno strizzacervelli e avrei dovuto rispondere alle sue domande.
Il problema era che avrei dovuto nascondere qualcosa di troppo importante e la recitazione non era per niente il mio punto forte.
Entrai sospirando  nell’enorme edificio e passando davanti alla palestra indugiai qualche secondo.
Non mi ero più fermata ad osservare di nascosto Naruto giocare e, anche se avrei dovuto esserne sollevata, sentii una certa tristezza nel non vederlo lì a giocare in quel momento.
Mi mancava, e molto.
L’avevo evitato appositamente per una serie di ovvi motivi: la figuraccia fatta il sabato scorso, la paura di non riuscire a parlargli e soprattutto il segreto che dovevo nascondere.
Ero cambiata troppo nell’ultima settimana e se ne sarebbe accorto di sicuro.
Era già molto difficile nascondere il tutto a Tenten, dover fingere di avere il fiatone durante le lezioni di ginnastica a scuola, giustificare il perchè non inciampavo più con stupidi “sto più attenta a dove metto i piedi” e dover tardare appositamente i miei impressionanti riflessi.
Ero rimasta quasi sconvolta quando l’altro giorno avevo afferrato una mosca tra due dita senza il minimo sforzo.
Il tempo si era come fermato ed avevo avuto tutto il tempo necessario per capire come appoggiare le dita per fermare il suo volo senza, però, schiacciarla. Ed era stato veramente difficile contenere la mostruosa forza che avevo acquisito improvvisamente.
Già, non ero più la debole e sbadata Hinata di prima anche se fingevo con tutta me stessa di esserlo.
Ma, tranne il fatto che dovevo nasconderlo, tutto questo mi piaceva.
Entrai nella mia solita stanzetta e misi il mio solito cd.
Ripensai a mio padre e a come mi aveva trattata.
Con quella sua espressione di sufficienza, con quel modo di guardarmi come se fossi una nullità.
Per poco avevo rischiato di mandare tutto in frantumi e di rispondergli a tono quel pomeriggio ma quell’assurda lucidità che avevo acquisito sempre grazie a quel farmaco mi aveva fermata, la mia mente si era acquietata molto facilmente e avevo cominciato ad analizzare la situazione in modo freddo e distaccato.
Come se fossi stata una persona esterna a tutto, che assisteva da spettatrice alla sfuriata del Signor Hyuga.
Naturalmente però, appena mi ero allontanata da lui, con la testa piegata verso il basso, tutte le emozioni soppresse erano esplose ed era diventato un bisogno fisico andare a sfogarsi.
Misi la traccia n. 5 e Skylar Grey con la canzone “Words” cominciò a suonare.
Come al solito danzai, ma non mi servì il riscaldamento. Il mio corpo era perfettamente pronto per qualsiasi sforzo fisico. Sarebbe stato solo uno spreco di tempo.
Ogni volta però rimanevo meravigliata dai miei movimenti.
Riuscivo a fare i passi più impegnativi senza il minimo sforzo e questo mi portava un’enorme euforia.
Cercai di sforzarmi e tendermi sempre di più creando con il corpo figure complesse che, una settimana fa, senza riscaldamento e a quella velocità non mi sarei nemmeno immaginata di fare.
Mi stavo sforzando così tanto che mi sembrava impossibile non avere il fiato corto e non sentire il sudore che, se fossi stata la vecchia Hinata, a quell’ora mi avrebbero costretto a fermarmi.
Ascoltai la musica e la seguii cercando di liberare tutto quelle emozioni negative che avevo dentro.
Improvvisamente però mi bloccai in posizione eretta.
Avevo il viso completamente bagnato.
Sapevo sarebbe successo. Ballare non bastava.
Piangere invece avrebbe contribuito a farmi sentire meglio poi.
Mi accucciai per terra e strinsi le gambe al petto.
Piansi talmente tanto che arrivai persino a singhiozzare.
Eppure com’era venuto se ne andò.
Improvvisamente ero calma e lucida. Avevo avvertito una sensazione come di pericolo.
C’era qualcun altro in quella stanza oltre a me.
La canzone continuava la sua melodia eppure sentii anche un altro rumore, sembrava un sospiro.
Alzai la testa di scatto e spalancai gli occhi per la sorpresa.
In piedi appoggiato alla porta della stanza, che mi guardava con aria triste, c’era Naruto.
Ero sconvolta, da quanto tempo era lì?
Lui improvvisamente sembrò stupito come me. Forse non si aspettava che mi accorgessi così presto di lui.
Abbassai la testa di nuovo e mi alzai.
“B… buongiorno N-naruto” in fondo ero sempre la stessa timida. Soprattutto con lui.
Gli diedi le spalle e mi avvicinai allo stereo cercando di asciugarmi le lacrime.
“C…Come mai sei qui?” la mia voce era appena udibile, eppure esprimeva esattamente l’opposto della tempesta che stavo provando dentro.
“Ehm…. Ecco… avevo sentito la musica e così sono venuto a vedere” sembrava cercasse le parole giuste.
“D-da quanto sei qui?” speravo che non mi avesse vista ballare.
“Abbastanza” mi bloccai con la mano a mezz’aria mentre toglievo il cd dallo stereo. “Non è una novità vederti ballare”.
Mi voltai di scatto verso di lui. Mi stava guardando con un’espressione strana, quasi colpevole.
“C-c-cosa v-vuoi dire?” i battiti del mio cuore cominciarono ad accelerare.
Abbandonò lo stipite della porta e si avvicinò di qualche passo poi si fermò a circa tre metri da me con le mani in tasca.
Solo il fatto di averlo più vicino mi si arrossarono le gote.
Maledizione! Avevo la super potenza per spaccare il mondo ma non per affrontare una conversazione normale con un ragazzo? Anzi, con IL ragazzo.
“Ogni tanto, quando vengo a giocare e so che tu sei qui a ballare mi fermo a guardarti qualche minuto. Lo faccio anche quando vieni a ballare danza classica.” Il suo sguardo era attento, sembrava stesse valutando la mia reazione, che non tardò a venire.
Oddio. Forse aveva capito che c’era qualcosa di diverso in me, qualcosa di strano.
Arretrai di scatto trovando però dietro di me solo gli specchi a sbarrarmi la strada.
Lui spalancò gli occhi.
“No no no! Aspetta! Non mi fraintendere non sono un maniaco!” sembrava preoccupato adesso e sventolava le mani verso di me. “Cioè, si lo so, è strano che uno si fermi a guardare una ragazza che balla ma vedi,… io… ecco” si grattò leggermente dietro la testa “E’ che mi piace… guardarti… mentre balli, ecco” adesso aveva assunto un’espressione davvero buffa con il labbro inferiore piegato in fuori, gli occhi a guardare in alto e avrei giurato di vedere un leggero rossore sulle sue guance.
Mi rilassai automaticamente e abbandonai l’aria di sospetto.
Vederlo con quel viso così infantile mi fece sorridere e cercai a stento di trattenere una risata.
Gesto che lui notò subito e mi guardò con aria interrogativa.
“Scusa davvero non te la prendere” cercai di giustificarmi “ma sono sollevata”.
Lui sorrise a sua volta, anche se il suo sorriso era decisamente meraviglioso in confronto al mio.
“L’importante è che ti ho fatto sorridere” mi fece l’occhiolino e io arrossii di botto. “E sono riuscito a farti dire una frase senza balbettare” Ormai sentivo persino le orecchie in fiamme. “Direi che quasi quasi mi merito un premio”.
Il mio cuore perse un colpo. Ormai avevo perso la sensibilità del viso e la mia mente ormai galoppava a briglia sciolta.
Certe reazioni con lui che si comportava così, erano impossibili da evitare.
“I…io” balbettai altre parole scomposte senza senso, poi lo sentii ridere di nuovo. Era una musica.
“Tranquilla Hinata! Sei davvero troppo buffa, ma scherzavo riguardo al premio” mantenne il sorriso per un po’ e io mi rilassai automaticamente.
 
Gli diedi le spalle per finire di sistemare le mie cose e davvero mi sentii più tranquilla. Con lui dopotutto era sempre così.
“Comunque g…grazie…Per il complimento di prima“.
Lui sembrò pensare al perché lo avessi ringraziato. Dopo qualche istante sentii un “Aaah” sussurrato e seppi che aveva capito che avevo apprezzato quello che aveva detto sul fatto che gli piacesse guardarmi ballare.
“Figurati… Anche se.. Ultimamente balli in modo diverso” mi irrigidii un po’.
“I-in che senso?” 
“Sembri più energica, instancabile e… non so ma sembri quasi un’altra persona”
Cercai di ridere di quella definizione, però il suono mi riuscì un po’ forzato.
“Ma forse sono io che non ci capisco un’accidenti di danza!” rise di gusto e mi voltai a guardarlo.
Con quei capelli così chiari e spettinati aveva un’aria da bambino eppure tutto il resto sembrava urlare che ormai era diventato un uomo.
Si era molto alzato negli ultimi anni di statura, ed il fatto che giocasse a basket ne aveva favorito la crescita; ma si era anche notevolmente irrobustito, forse faceva palestra.
Notai anche una rada barbetta bionda che gli stava crescendo, forse si era dimenticato di rasarsi.
Lo osservai attentamente cogliendo ogni sua piccola parte di cui prima non avevo mai avuto l’occasione di notare; i capelli leggermente più lunghi, le labbra un po’ screpolate dal freddo, le spalle leggermente piegate in avanti in modo molto rilassato…
Tutti dettagli che forgiavo a fuoco nella memoria perché sapevo che non avrei potuto ammirarli spesso come in realtà desideravo.
Sospirando distolsi di malavoglia lo sguardo da quel corpo assurdamente perfetto per non sembrare io la maniaca e mi misi la borsa a tracolla.
“Beh forse è il caso che vada di là a giocare, gli altri saranno già arrivati”
Trattenni un ulteriore sospiro per non manifestare la tristezza che mi portava quell’affermazione.
Vidi che si allontanava verso la porta e credetti davvero che se ne sarebbe andato senza più dirmi una parola.
In fondo lui era sempre stato un tipo un po’ imprevedibile.
Per un attimo il mio istinto mi disse di corrergli dietro e di circondare quelle ampie spalle con le braccia, per fermarlo, perché non se ne andasse.
Poi però si girò improvvisamente verso di me, e io, inevitabilmente, rivolsi la mia attenzione sulle punte delle mie scarpe, timorosa che mi avesse scoperto ad ammirarlo.
“Ah Hinata?” rabbrividii mentre pronunciava il mio nome.
“S-si?”
“Non farlo più”
Spalancai gli occhi.
“Non piangere più”.
Scomparve dalla mia vista mentre restavo bloccata a fissare la porta. Quella porta da dove se n’era andato.
“No, non lo farò più. Naruto”
E sapevo che in qualche modo la mia risposta lo aveva raggiunto.
 
Camminavo a passo svelto per le strade ormai buie.
La mia casa, o villa, come mio padre desiderava fosse chiamata, non era molto lontana dalla palestra, per quello preferivo fare la strada a piedi; però ormai le giornate si erano accorciate parecchio e dovevo quindi arrischiarmi di camminare per quelle strade buie, illuminate raramente da qualche lampione solitario.
Non avevo paura che qualcuno mi facesse del male. Non più almeno.
Ma comunque avvertivo una strana sensazione di pericolo.
Velocizzai il passo ma ad un tratto sentii un suono strozzato, come di un urlo soffocato.
Rallentai e mi misi ad ascoltare meglio.
Più avanti, a circa sette metri di distanza sulla sinistra, si apriva una stradina stretta tra due case.
Mi sembrava di sentire un calpestio strano provenire da lì e molto lentamente mi avvicinai. Cercando di non fare alcun rumore.
Quando fui vicina all’angolo della casa mi sporsi leggermente per riuscire a vedere e non essere scoperta.
Il vicolo era molto buio, ma i miei occhi si abituarono quasi subito all’oscurità.
Vidi che c’erano alcuni cassonetti della spazzatura ai lati mentre più avanti una rete bloccava il proseguimento del passaggio.
Accanto alla rete c’erano due figure.
Mi focalizzai su di esse.
Una era più massiccia e robusta e stava sovrastando l’altra più minuta che era schiacciata contro il muro.
“Sta ferma! Adesso ci divertiremo insieme” mi si raggelò il sangue nelle vene. Non mi serviva sentire il tono sadico che caratterizzava colui che aveva parlato per capire che non stava succedendo nulla di buono.
La figura minuta sembrava essere una donna a giudicare dalle apparenze e continuava a gemere, come a pregare l’altro di lasciarla andare.
Se prima ero rimasta inchiodata dalla paura ora vedevo rosso dalla rabbia.
Quel porco non sarebbe riuscito a combinare un bel niente!
Senza nemmeno fermarmi a riflettere mi diressi verso di loro.
 
“Toglile le mani di dosso… Adesso!” stavo digrignando i denti dalla rabbia.
L’uomo si girò di scatto e poi sembrò rilassarsi di fronte alla mia figura.
Ovvio, come poteva sembrare un problema una ragazzina come me?
“Che c’è bellezza?” fece un ghigno malizioso. “Vuoi divertirti anche te con noi?”
Tremavo ormai dalla rabbia.
“Ti ho detto di toglierle le mani di dosso! Sei sordo per caso?”
Sembrò indispettirsi e per un istante rallentò la presa sulla donna che tentò la fuga.
Il bastardo però non si fece cogliere alla sprovvista e la afferrò per i capelli facendola sbattere contro il muro.
Questa si accasciò senza emettere più un suono.
Spalancai gli occhi stupita, guardando quel fagotto di vestiti per terra.
Lui nel frattempo si avvicinò a me e allungò il braccio per toccarmi.
Non fece nemmeno in tempo a sfiorarmi che con la mano sinistra gli afferrai il braccio.
“Che c’è ragazzina? Hai paura?” cominciò a ridere, ma il suo divertimento si trasformò in terrore quando cominciò a sentire la presa sul suo braccio farsi sempre più forte.
Ero consapevole che gli stavo facendo del male e che probabilmente l’osso si stava spezzando ma non mi importava.
Avevo solo voglia di sfogare quella rabbia che mi aveva causato.
Strinsi la presa con più decisione e sussultai quando sentii l’osso rompersi. A quel punto lo lasciai andare.
L’uomo quasi urlava dal dolore, ma non mi sentii per niente in colpa.
“Maledetta!” sputò tra i denti prima di scagliarsi contro di me.
Mossa più che sbagliata. Ebbi il tempo di analizzare tutto il suo movimento e di capire come contrastarlo nel modo più efficace.
Mi spostai di lato e quando fu abbastanza vicino gli afferrai il collo con la mano destra e lo sbattei per terra.
Cercai di contenere il più possibile la mia forza per non rompergli il cranio ma lo stordii comunque.
Ero arrabbiata, ma non ero un’assassina. Non avrei messo fine ad una vita, per quanto insulsa ed odiosa fosse.
“C-chi diavolo sei?” rantolò prima di perdere conoscenza.
Già, chi ero?
Mi alzai lasciandolo lì per terra e mi avvicinai di corsa alla donna.
La voltai con il viso all’insù e sentii se respirava ancora.
Per fortuna era solo svenuta, ma il colpo in testa le stava facendo perdere molto sangue.
Presi il telefono che mi aveva regalato Hanabi l’anno scorso dalla borsa e composi in fretta il numero dell’emergenza.
“Pronto?” mi rispose una voce di donna.
“Servono due ambulanze in un vicolo nella zona Est di Konoha” andai fuori in strada e mi guardai attorno.”Il vicolo si trova proprio di fronte alla macelleria, non molto lontano dalla palestra. Lì troverete un uomo e una donna gravemente feriti alla testa. La donna ha perso molto sangue, l’uomo invece è solo privo di coscienza.
Portate anche alcuni agenti della polizia. Lui l’ha aggredita prima di svenire”
“U-un momento chi è lei?” spensi la telefonata.
Mi riavvicinai alla donna e ricontrollai le sue condizioni. Non ne sapevo niente di pronto soccorso e mi limitai a controllare che continuasse a respirare.
Quando sentii in lontananza le sirene delle ambulanze mi alzai.
Dedicai un ultimo sguardo di disprezzo all’uomo che ancora giaceva a terra e poi mi allontanai di corsa.
Forse avevo trovato un modo utile per gestire ed utilizzare le mie nuove capacità.
Forse, almeno per una volta nella mia vita avrei potuto proteggere gli altri.
Continuai a correre senza mai voltarmi con la consapevolezza che non sarei più stata un peso per nessuno.
 




Spero che il capitolo sia piaciuto..!!!ù
E' stato un vero e proprio parto direi!
Holaaaaa
Linduz94



 

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Capitolo 4
*** ...La nuova Hinata... ***


LA NUOVA HINATA


La domenica successiva, dopo pranzo, stavo sistemando la cucina in compagnia di Hanabi, mentre mio padre era andato a coricarsi e Neji stava sul divano a guardare il telegiornale.
Mia sorella continuava a lamentarsi del suo insegnante di matematica che, a suo parere, le aveva dato un voto troppo basso nel compito in classe e io continuavo a seguire in silenzio il suo continuo chiacchiericcio irritato.
“Non è possibile. Quegli esercizi erano perfetti! Ne sono assolutamente sicura!” assunse un’aria imbronciata.”Tu mi dai ragione vero Hina?” mi guardò speranzosa.
Io presi il sacchetto della spazzatura e prima di uscire le sorrisi comprensiva.
“Sono sicura che hai fatto del tuo meglio. Ma non credo che arrabbiarsi sia la scelta giusta. La prossima volta gli farai vedere di che pasta sei fatta.”
Sentii Hanabi sbuffare prima di chiudere la porta e sorrisi pensando che probabilmente la mia risposta non aveva soddisfatto il suo ego.
Quando rientrai passai dietro al divano dove stava Neji e mi fermai a guardare il servizio alla televisione.
Stavano parlando di uno stupratore che aveva aggredito più donne negli ultimi giorni.
Rabbrividii quando riconobbi nella foto l’uomo che avevo fermato il giorno prima e mi misi ad ascoltare con attenzione cosa diceva la voce della giornalista.
“Grazie ad una telefonata anonima la polizia lo ha trovato in un vicolo nella zona ad Est, in stato di incoscienza, mentre la sua vittima è stata ritrovata a pochi metri di distanza da lui, ugualmente priva di coscienza e con una profonda ferita alla testa.
Ora la donna sembra essersi ripresa e non ci sono tracce di violenza sessuale sul suo corpo ma è ancora sotto osservazione al Konoha Hospital.
L’uomo dopo essere rinvenuto è stato a lungo indagato dalla polizia per ricostruire l’accaduto.
Dai risultati del suo interrogatorio sembrerebbe che una terza persona fosse presente, descritta come una ragazzina magra e all’apparenza gracile ma con una forza mostruosa, la quale avrebbe salvato la signora mettendolo fuori gioco.
Lo stupratore ha più volte ripetuto di non aver riconosciuto di chi si trattasse, soprattutto per la poca illuminazione, ma è certo che la sua forza e la sua velocità non fossero quelle di una persona qualsiasi.
Nel frattempo si stanno cercando altri indizi ma gli agenti non hanno ancora scoperto niente di nuovo riguardo a questa ipotetica salvatrice…”.
Il servizio continuava descrivendo la condanna che avrebbe subito l’aggressore.
Avevo trovato un modo per essere d’aiuto e sfruttare le nuovi doti che mi erano state date, il problema, però, era che non potevo farmi scoprire.
Sarebbe stato un vero guaio se mi avesse visto bene in viso e mi sentii sollevata di essere riuscita a scamparla, ma dovevo stare più attenta.
Forse avrei dovuto fare come gli eroi della Marvel e in qualche maniera nascondere la mia identità dietro ad una maschera.
Pensai anche dalle eroine già esistenti.
Mi sembrava una cosa stupida però era anche l’unica soluzione.
Provai ad immaginarmi come Wonderwoman o Catwoman ma i loro completi erano davvero troppo audaci.
Arrossivo al solo vederli, era inimmaginabile provare ad indossarli.
Dovevo trovare una soluzione se volevo riuscire a proteggere gli altri e me stessa.
 
Il lunedì pomeriggio ero in palestra e avevo appena finito la lezione di danza.
Sarei dovuta tornare a casa il prima possibile, perché nel giro di qualche minuto sarebbe arrivato lo psicologo che mio padre aveva contattato credendo di porre fine al mio “problema”, ma non avevo per niente voglia di incontrare quell’uomo e quindi mi stavo attardando nel sistemarmi.
Fuori cominciava a fare davvero freddo e dovevo almeno infilarmi la tuta sopra al body nero e alle calze del medesimo colore per poter uscire.
Mi sedetti per terra e cominciai con molta calma a sfilarmi le scarpette per mettermi le scarpe da ginnastica.
Ormai le mie compagne se n’erano andate tutte ed ero rimasta sola.
L’insegnante dopo avermi chiesto di spegnere le luci quando avessi finito scappò correndo e ripetendosi di essere in ritardo per un appuntamento.
Sorrisi guardandola sparire dietro la porta e continuai con la stessa calma di prima a sistemarmi.
Sentii dei passi di corsa avvicinarsi e mi immaginai che si fosse scordata qualcosa, come al solito.
“Oddio! Meno male che sei ancora qui!” sobbalzai a quella voce.
No, non era la mia insegnante di danza classica.
“Naruto!” esclamai guardandolo stupita.
“Eheh credevo te ne fossi già andata..” aveva il fiatone. Mi chiedevo perché dato che a quest’ora avrebbe dovuto essere all’allenamento.
“N-non dovresti essere ad allenarti adesso?”
“Il mister è ammalato e quindi tecnicamente non dovremmo allenarci oggi, però tra poco mi trovo con gli altri lo stesso!” sorrise orgoglioso.
“M-ma a-allora come mai sei già q-qui?” non capivo perché avesse tanta fretta.
“Beh perché volevo salutarti!”
Arrossii di botto e abbassai lo sguardo. Ormai era un rituale.
“S-sei g-gentile”
“Figurati! Però mi dispiace non averti visto ballare oggi!” fece una faccia molto contrariata e io gli sorrisi automaticamente anche se poi l’imbarazzo mi prese di nuovo e mi dedicai a finire di infilarmi le scarpe.
“Allora come stai? Ti vedo bene oggi! Non che ti vedessi male gli altri giorni ma si insomma, mi sembri più tranquilla..” sembrava davvero agitato, come se avesse paura di dire qualcosa di sbagliato.
Sorrisi pensando che probabilmente quel timore veniva dal fatto che Sakura lo picchiava se la faceva arrabbiare con qualche frase espressa male.
Pensai che tutte quelle scuse con me non servivano, avevo capito che si riferiva a quando mi aveva vista piangere l’ultima volta, e comunque, se anche fosse, non mi sarei mai permessa di picchiarlo, soprattutto adesso, che avrei potuto causargli dei seri danni anche solo con una carezza.
“Si, h-hai ragione Naruto, in effetti sono più tranquilla” lo guardai per fargli capire che non mentivo e lui mi sorrise di rimando.
Cominciò a parlare a raffica, soprattutto ponendomi domande sulla scuola, su cosa facevo nel tempo libero, se mi piaceva il basket e una miriade di altri argomenti.
Sembrava una bambino che scopriva per la prima volta il mondo ed io rimanevo sempre stupita dal suo modo di reagire così ingenuo. Come quando gli dissi che preferivo leggere un buon libro o guardare un film piuttosto che uscire in ogni locale della città alla sera. Rimase talmente sorpreso che non si diede pace finché non gli dovetti spiegare il motivo di questa mia preferenza.
“Non è possibile che non ti piaccia andare in quei posti! E’ sempre così pieno di gente!”
Sospirai, già è quello il problema.
“Devi spiegarmi il motivo assolutamente!”
Eravamo seduti vicini per terra nella mia stanzetta da ballo entrambi con le gambe incrociate; e lui si sporse eccessivamente verso di me per evidenziare il suo bisogno di sapere.
Il mio colorito ormai tendeva al viola e sapevo che sarei caduta nell’incoscienza fra non molto.
“B-b-beh e-ecco…. V-vedi…” lui mi guardava attento.
Presi un profondo respiro.
“H-ho… i-io …N-non mi sento a mio agio q-quando c’è troppa gente. Q-quando qualcuno mi guarda o-o quando d-devo conoscere p-persone nuove. I-io non ce la f-faccio. E-e se esco e-e vado in quei p-posti m-mi trovo sempre in difficoltà. F-finisco sempre per a-arrossire, b-balbettare o-o svenire”
Lui mi guardò attento per un po’.
“Però anche quando siamo soli io e te arrossisci o balbetti. E sei anche svenuta una volta, alla festa organizzata da Ino!”
Spalancai gli occhi e il mio cuore si fermò.
Non lo facevo così perspicace.
“I-io…” avevo il cervello in black out. Perché le mie super capacità non funzionavano in quei momenti?
Abbassai lo sguardo di lato per non incontrare il suo e mi sistemai un ciuffo ribelle dietro l’orecchio.
Cosa dovevo dirgli ora?
Ammettere che ero segretamente innamorata di lui da quando ero bambina era fuori discussione, avrei rischiato di rompere quel sottile legame che stava cominciando ad instaurarsi; e questa era l’ultima cosa che desideravo accadesse.
“Hinata… C’è qualcosa che devi dirmi?”
No no no no!! Non poteva essere così tanto perspicace! Non poteva aver già capito che ero completamente cotta di lui.
“I-io..”
Ad un tratto sentimmo rumore di passi e un vociare che si faceva sempre più vicino.
“Ah! Devono essere gli altri! E sono anche in ritardo!” Naruto guardò l’orologio imbronciato.
Sospirai di sollievo.
Per un pelo avevo rischiato di rovinare la piccola bolla di felicità che in quegli ultimi giorni mi stavo costruendo.
Eppure Naruto non poteva aver capito così facilmente. Forse ero più trasparente di quel che pensavo.
“Ehi Hinata io devo andare adesso” Naruto si alzò in piedi e mi offrì la mano.
L’afferrai senza non provare un brivido di piacere nel toccare la pelle calda e ruvida di lui.
“Anzi ho un’idea!” aveva gli occhi che brillavano “Magari potresti restare a vedere un po’ l’allenamento! Sempre se non hai altri impegni. Ti prego, ti prego, ti prego!!!” Aveva giunto le mani e teneva la testa piegata in basso in attesa della mia risposta.
Scoppiai a ridere cercando di nascondere il più possibile la mia ilarità dietro la mano e stavo per rispondergli un si certo quando mi ricordai di mio padre e dello psicologo che di certo mi stavano aspettando a casa e da un bel pezzo.
Mi raggelai sul posto. Ero troppo in ritardo, mio padre era di sicuro furioso.
“Oddio. N-naruto scusami ma davvero ora non posso.” Raccolsi le mie cose in fretta e mi avvolsi nel cappotto mettendomi la sciarpa in corsa. “Devo scappare adesso m-ma ti prometto che la prossima volta ci sarò”.
Mi diressi verso la porta con tutte le cose in disordine addosso.
Mi volsi indietro per salutarlo e vidi che aveva un’espressione sorpresa, come se non avesse capito bene cosa stesse succedendo, però notai anche una vena di tristezza nel suo sguardo e mi sentii in colpa perché sapevo che era stato un mio comportamento a causargli questo.
Mi arrestai e gli dedicai il sorriso che solitamente dedicavo solo a Tenten.
“N-non vedo l’o-ora di vederti g-giocare a b-basket”. Quella frase mi era costata molto più di quello che avrei mai pensato. Se ormai aveva capito cosa sentivo per lui tanto valeva provare a lasciarsi un po’ andare.
Scappai notando all’ultimo il sorriso sorpreso ma anche riconoscente che mi aveva rivolto e mi sentii sollevata.
Passai accanto agli altri ragazzi che mi salutarono sorpresi, non credendo di trovarmi lì.
“Ed ecco il nostro fortunatissimo Naruto!” Mi chiesi perché Rock Lee aveva salutato Naruto in quel modo.
“C’è per caso qualcosa di cui dovresti parlarci?” la voce fredda e apparentemente disinteressata di Sasuke fu l’ultima cosa che sentii prima di uscire dalla struttura.
Arrossii pensando che forse con quelle frasi si riferivano al fatto che ci avevano visti assieme e felice corsi verso casa ignara di cosa mi attendeva.
 
“Hai idea della figura che mi hai fatto fare oggi?”
Tremai al sentire la voce fredda e apparentemente calma di mio padre.
Ero tornata da un pezzo ed ora aveva deciso di “convocarmi” nel suo studio.
Non mi ero mai comportata in modo sbagliato o contrario a ciò che mio padre voleva. Non ero mai stata chiamata nel suo ufficio per essere sgridata, se non si contano le volte che mio padre si era lamentato del fatto che non fossi come lui volesse.
Però quella era la prima volta che venivo convocata per avergli disobbedito.
Sapevo che dietro la porta Hanabi e Neji stavano ascoltando tutto.
Mi avevano guardata come se fossi un’aliena quando ero rincasata.
Non si sarebbero mai aspettati un comportamento simile da me, che ero servizievole in tutto e per tutto, soprattutto con Hiashi Hyuga.
Eppure non riuscivo a sentirmi in colpa.
Ero arrivata in ritardo perché mi ero fermata a parlare con Naruto e non potevo esserne più felice.
“Il nostro ospite ed io abbiamo dovuto aspettarti per quasi un’ora, finchè non ha deciso di andarsene. Mi hai messo in grande imbarazzo. Spero che tu abbia una scusa più che valida per il tuo ritardo”.
Rimasi in silenzio.
Sapevo che se gli avessi detto che ero rimasta a parlare con Naruto mi avrebbe vietato di vederlo ed era l’ultima cosa che volevo.
“Mi dispiace, non ho scusanti” dissi tenendo il capo chino.
Mio padre per tutta risposta si alzò dalla sedia e mi si avvicinò.
Lo schiaffo arrivò con forza ma non ne ero stupita.
Ruotai la testa quel tanto che bastava per fargli credere di avermi fatto del male davvero. Se fossi rimasta immobile probabilmente si sarebbe spezzato le ossa delle dita.
Sapevo che sarebbe arrivato, non ne fui per niente sorpresa eppure mi sentii in qualche modo calpestata.
“Non dovrà ripetersi mai più una situazione simile” disse tornando a sedersi.
“Certo, non succederà” risposi alzando lo sguardo.
“Bene”
“Non sarà necessario l’intervento di uno psicologo”
Mio padre alzò lo sguardo di ghiaccio su di me.
I suoi occhi chiari, quasi lillà così simili ai miei mi trafissero.
“Cosa intendi dire?”
“Esattamente quello che ho detto. Non ci sarà bisogno di una persona che riesca a farmi superare la mia timidezza perché semplicemente non è più un problema”
Sentii un’atmosfera ghiacciata invadere la stanza.
“Non ho bisogno di aiuto, so cavarmela da sola” vidi che stava per ribattere ma non lo feci parlare.”Con permesso desidererei poter tornare nelle mie stanze per terminare lo studio”
Sembrò riflettere qualche secondo mentre non mi staccava gli occhi di dosso e anche quando mi permise di andarmene con un cenno della mano sentivo il suo sguardo puntato sulla schiena.
Fuori dalla stanza espirai sollevata e mi voltai a guardare mio cugino e mia sorella che mi guardavano stupiti.
Sorrisi cercando di tranquillizzarli  e mi diressi in camera mia, dovevo studiare davvero un mucchio di pagine.
 
Sentii bussare alla porta della mia camera.
“Avanti”.
Mi voltai dalla scrivania e vidi mia sorella che entrava spalancando la porta e gettandosi nel mio letto.
“Hina! Mi vuoi spiegare cosa ti sta succedendo?”
“Sempre delicata come al solito” mi voltai e vidi Neji accanto la porta.
“Neji! Più delicata di così non potevo essere!”
Sorrisi vedendo il contrasto di carattere tra i due.
“Seriamente. Hinata, che ti è preso?”
Ora avevo l’attenzione di entrambi addosso e come al solito non mi sentii a mio agio.
“I-in che s-senso?”
Mio cugino mi guardò con un sopracciglio alzato.
“Hai disobbedito a tuo padre, gli hai risposto a tono, lo hai persino contraddetto ed il tutto senza balbettare o mostrare segni di cedimento. Da quando hai questa spavalderia?”
Mi sentii mancare. Mi stavo facendo notare troppo e se ne stavano accorgendo.
“C-credete che abbia sbagliato?”
“Assolutamente no!” mia sorella si sporse verso di me. “Era ora che tirassi fuori la tigre che c’è in te Hina!”
“Anche io concordo con Hanabi, però è strano tutto questo da parte tua”.
“F-forse dovrei chiedergli scusa.”
Neji sospirò.
“Non stiamo dicendo che quello che hai fatto fosse sbagliato, ma ci stiamo chiedendo il perché tu lo abbia fatto. Come hai fatto a cambiare ciò che sei sempre stata?”
E adesso? Cosa gli avrei dovuto raccontare?
“B-beh i-io … i-io ero stanca. N-non volevo passare per la pazza d-della città, p-perché i-io non sono pazza! H-ho solo qualche problema d-di coraggio e n-non volevo che mio p-padre mi facesse questo.”
Abbassai la testa. In parte in effetti era vero quello che avevo detto.
“Ben detto sorellona!” mia sorella mi sorrise e perfino il distaccato Neji incurvò le labbra.
Se ne andarono per lasciarmi studiare e finalmente potei rilassarmi davvero.
Stava davvero diventando complicata la situazione.
Per quanto tempo ancora sarei riuscita a mentire?
Dovevo trovare un equilibrio tra la vecchia e la nuova Hinata, però dovevo ammettere che quella nuova non era affatto male.
Ripresi a studiare i miei appunti con un nuovo sorriso sulle labbra.









Ed eccomi con il nuovo capitolo!!!
Spero sia di vostro gradimento...
Ringrazio tantissimo chi ha messo la mia storia tra le preferite e le seguite, SIETE I MIGLIORIIII!
E un ringraziamento speciale va a Eva Ceriani che mi sostiene sempre !! Senza di te non l'avrei continuata :)
Beh che dire... al prossimo capitolo!
Ah e recensite mi raccomando!! :):)
Linduz94:)

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Capitolo 5
*** ...Confessioni e biscotti alla cannella... ***


CONFESSIONI E BISCOTTI ALLA CANNELLA



Il mattino seguente a scuola Tenten ed io ci eravamo appena sedute ai nostri posti. Io cercavo di ripassare il più possibile perché sapevo che probabilmente quel giorno sarei stata interrogata in italiano, quindi non mi concentrai più di tanto sulla mia amica, ma sapevo che Ten mi stava tenendo d’occhio. Negli ultimi giorni era più silenziosa, ma non ne ero stupita. Mi conosceva da troppo tempo per non capire che c’era qualcosa che non andava.
“Ehi Tenten! Hinata!” la voce squillante di Ino mi ridestò dai miei pensieri.
“Ciao Ino!” Tenten la salutò con la mano, mentre io le sorrisi.
“Allora ci siete anche voi alla festa vero?”
La guardammo senza capire.
“Dai ragazze non potete non aver sentito della favolosa festa di Halloween della scuola!”
“Ehm, in realtà è la prima volta che ne sento parlare”
“Allora vi informo io subito! Si terrà appunto il 31 ottobre; l’orario ufficiale è alle nove ma credo che molti arriveranno più tardi. Mi raccomando dovete esserci. Non accetto delle risposte negative al riguardo” si voltò per andarsene “Ah dimenticavo! Si deve assolutamente venire mascherati quindi dovrete impegnarvi! Ciao ciao ragazzee!!” e com’era venuta scomparve.
Deglutii a fatica.
Non mi piaceva particolarmente quella ricorrenza. Non sopportavo l’idea di dovermi travestire e poi tutti quei personaggi mi avevano sempre dato un senso di inquietudine.
Tenten si voltò verso di me con il viso preoccupato, sapeva come la pensavo.
“Credo che se ci impegniamo potrebbe essere veloce e indolore per te”
“Lo spero”
“Che ne dici se oggi ci troviamo almeno per pensare da cosa potremmo travestirci?”
“Per me va bene” le sorrisi.
“Anche perché è da un po’ di tempo che non facciamo una chiacchierata io e te e mi manca un po’.”
La guardai con dolcezza. “Oggi pomeriggio a casa mia allora.”
Sorrise entusiasta, poi si sedette composta perché il professore di matematica era appena entrato, così iniziò una delle tante noiose mattinate di scuola.
L’ora successiva entrò in classe l’insegnante di italiano.
Sospirai sconsolata.
“Dai vedrai che il prof non ti chiamerà, conosce la tua difficoltà e non è come la prof Kurenai”. Tenten conosceva già i miei timori.
“Speriamo”.
Il professor Kabuto Yakushi nel frattempo aveva preso il registro di classe e scorreva i nomi con lo sguardo.
Era un uomo sulla trentina con capelli molto chiari quasi brizzolati nonostante la giovane età molto lunghi e trattenuti da un elastico e occhi neri molto pacati contornati da occhiali dalla montatura circolare. Era un’insegnante paziente e raramente alzava la voce. Era sempre stato sensibile al mio problema e per questo l’avevo sempre ringraziato silenziosamente. Si era persino offerto una giorno di darmi lezioni private per riuscire ad affrontare il pubblico ma avevo sempre rifiutato. Non volevo sembrare la pupilla del prof, avevo già abbastanza problemi.
“Beh vedo che mi sono rimaste poche persone da interrogare. Hinata vorrei provare a sentire te oggi. Credi di farcela?”
Annuii e controvoglia mi alzai. Come ogni volta incrociai gli occhi di Tenten che cercavano di darmi conforto e poi mi diressi accanto alla cattedra.
“Vediamo… Possiamo cominciare con Manzoni. Puoi dirmi dove e quando nacque?”
“Certamente. Alessandro Manzoni nacque a Milano il 7 marzo 1785…”
Mi arrestai di botto.
Avevo appena pronunciato una frase di senso compiuto davanti al professore e davanti ai miei compagni senza balbettare e oltretutto dicendo informazioni esatte, il che era quasi impossibile dato che il giorno prima non avevo studiato molto. Eppure mi ero sentita tranquilla, quasi esterna a tutto. Era la stessa sensazione che avevo provato nel confronto con mio padre e contro l’uomo del vicolo. Ero sempre io che parlavo, ma allo stesso tempo mi sentivo esterna alla situazione. Sentivo l’adrenalina e l’agitazione dentro di me ma sapevo come controllarle e come far lavorare la mente senza intoppi.
Inoltre le mie mani non tremavano e non erano nemmeno sudate. Ero davvero sorpresa, non pensavo di aver ottenuto un autocontrollo del genere, non me n’ero resa conto completamente.
Anche il professor Yakushi sembrava stupito, aveva gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta.
Mi voltai verso Tenten e notai la sua espressione colpita.
 “Beh direi che, se te la senti, puoi pure continuare il discorso..” sembrava che il prof si fosse riscosso dal trauma, si risistemò gli occhiali e tornò a guardarmi un po’ circospetto.
Sorrisi, senza capirne il motivo e poi cominciai a parlare a ruota libera. Avevo solo letto una volta in classe quelle pagine eppure le parole mi venivano alla mente come se le avessi impresse con ore e ore di ripetizioni. Parlai della vita del poeta, dell’influenza che hanno avuto gli avvenimenti storici nella sua poesia e in generale delle opere che scrisse.
Quando finii di parlare mi sentii come svuotata. Era una sensazione davvero favolosa, non avevo mai avuto l’occasione di provarla perché non avevo mai concluso un’interrogazione orale.
Per la prima volta ero davvero soddisfatta di me stessa.
“Bene direi, benissimo anzi! Per curiosità ti faccio qualche altra domanda per spaziare anche sugli altri argomenti che abbiamo studiato fin’ora…”
Così l’interrogazione durò per un altro quarto d’ora, poi mi venne concessa la grazia di tornare al mio posto.
“Sono molto soddisfatto Hinata, ti meriti davvero un bel voto e spero che la fobia delle interrogazioni orali sia ormai passata” mi sorrise sincero. Non come la prof di geografia.
Appena mi sedetti accanto a Tenten lei si voltò a fissarmi.
La guardai appena e poi spostai lo sguardo sul quaderno, ma lei continuava a fissarmi senza dire una parola.
Alla fine mi voltai verso di lei. “C-che c’è?” esclamai esasperata.
“Eh no, non puoi più permetterti di balbettare adesso dopo aver fatto un’interrogazione simile!”
La guardai colpevole.
“Chi sei tu? E cosa ne hai fatto della mia migliore amica?” aveva assunto un’aria indagatrice.
Io spalancai gli occhi sorpresa e un po’ mi rilassai.
Sapevo che lei stava scherzando ma mi sentivo davvero come se avessi commesso un reato.
Risi nervosamente e lei mi sorrise di rimando.
“Davvero mi devi spiegare cosa ti è successo!”
“Sono molto compiaciuto del fatto che Hinata sia riuscita ad affrontare le sue paure ma desidererei continuare la lezione senza chiacchiericci di sottofondo, signorina Tenten e signorina Hinata”
Arrossimmo entrambe e chinammo il capo, poi mi misi ad ascoltare il prof che chiamava un’altro interrogato.
Ero stupita anche io dal mio improvviso cambiamento, ma sapevo che non era dovuto ad una mia improvvisa presa di coscienza delle mie capacità.
Era stato quel siero a cambiare anche le mie percezioni della paura e della timidezza. Sembrava mi facesse mantenere il sangue freddo anche in situazione che, normalmente, per me sarebbero di forte stress.
Inoltre la mia mente era molto più limpida rispetto a prima. Sapevo ricordare concetti che avevo sentito o letto solo una volta. Ero davvero affascinata, e non mi sentivo affatto in collera con coloro che avevano contribuito a migliorare la mia vita.
 
Sentii suonare il campanello ed andai ad aprire, sicura che fosse arrivata Tenten.
“Ciao bellezza! Sono arrivata il prima possibile e ti ho portato i biscotti che ti piacciono tanto!”
Feci un gridolino di felicità riconoscendo il profumo alla cannella che mi faceva venire l’acquolina in bocca e abbracciai la mia amica cercando di essere il più delicata possibile.
Ero migliorata nel gestire la mia forza, ma avevo sempre il timore di perdere il controllo, soprattutto quando si trattava di toccare le persone a cui volevo bene.
“Ten sei la migliore!”
“Eh si, lo so lo so.” Mi rispose facendo un’espressione molto sicura di sé.
“Vieni ti accompagno in camera”.
Dirigendoci verso le scale incontrammo Neji che stava andando in salotto.
Vidi che si fermò a guardarci.
“Ciao” No, anzi, mi ero sbagliata. Non ci stava guardando, ma LA stava guardando.
“Ciao” mi voltai verso Tenten e giurai di vedere un leggero rossore sulle sue guance, mentre spostava lo sguardo da mio cugino al pavimento, che, a mio parere, non aveva nulla di interessante.
Trattenni un sorriso mentre mio cugino proseguiva il suo cammino e noi ci dirigevamo in camera mia.
Il freddo Neji e l’agitatissima Tenten? Non ci voleva un genio per capire che fra i due c’era qualcosa.
Una volta chiuse nella stanza e lontano da orecchie indiscrete ci dedicammo ad ingozzarci di quei favolosi biscotti e io mi preparai mentalmente per la domanda che sapevo sarebbe arrivata.
“Mmh, Hinata, sai… Ho notato che ultimamente sei un po’ strana, direi quasi diversa”
Eccola, finalmente i miei timori si erano dimostrati veritieri.
“In che senso?” cercai di fare l’espressione più innocente che mi riuscisse.
“Beh direi che l’esempio più lampante è stato oggi con l’interrogazione. Sei stata una bomba! E fino a qualche settimana fa non spiccicavi una parola. E poi sei anche più energica, direi quasi instancabile. Sei sicura che non devi dirmi niente?”
Sospirai rassegnata e pensai che qualcosa in fondo dovevo ancora dirle.
“In effetti. C’è qualcosa che non ti ho detto”
Si mise subito sull’attenti.
“I-io. E-ecco… “cominciavo ad avere il viso in fiamme. Volevo raccontarle di Naruto, ma la cosa sembrava piuttosto complicata. Ma perché quella dannata freddezza che avevo avuto quella mattina non si presentava anche ora? Forse ero difettosa.
“Non dirmi che c’entra Naruto?” spalancai gli occhi mentre lei ghignava verso di me.
“C-come f-fai a d-dirlo?”
“Allora ho indovinato! Beh è semplice, dolcezza, solo quando si tratta di un certo Naruto” ed enfatizzò ancora di più quel nome facendo dei segni con le dita come ad indicare le virgolette, al che io arrossii se possibile ancora più di prima. “Tu diventi come un pomodoro che si sta cucinando, cominci a balbettare senza ritegno e sposti lo sguardo in continuazione”
“N-non è v-vero” cercai di difendermi inutilmente, nel frattempo però le orecchie avevano cominciato a pulsare assurdamente.
“Ahahah dovresti vederti! Allora raccontami tutto dai!”
Mi accasciai su letto sfinita con il viso nascosto nei cuscini e a voce bassa cominciai a raccontarle quello che era successo nelle ultime settimane con lui.
Quando finii di raccontare sbirciai da dietro le mie mani per vedere la sua reazione e scoppiai subito a ridere.
Era rimasta con la bocca spalancata.
“Cioè tu mi stai dicendo che ti spiava mentre ballavi e non stai saltando di gioia per tutta la camera??”
“B-beh non è proprio nel mio stile”
“E poi ti ha chiesto di andare a vedere i suoi allenamenti, che quindi equivale ad un mezzo appuntamento e ancora non ti sto vedendo saltare??”
“Si ma alla fine sono dovuta andare via e poi non credo che mi inviterà ancora, forse era solo per cortesia..”
“Per cortesia?? Hinata! Se voleva che lo andassi a vedere, vuol dire che ci teneva farti vedere quanto è bravo, e farti vedere quanto è bravo vuol dire che ci tiene alla tua opinione, e se ci tiene alla tua opinione vuol dire che gli interessi, e se gli interessi…”
“Ok ok credo di aver capito”
“No! Tu non hai capito! E’ la tua occasione, Hinata!”
Mi rabbuiai. Erano molti anni che lo conoscevo e sapevo che lui era gentile con tutti. Il fatto che si fosse fermato più volte a guardarmi ballare non contava. Sapevo che era un tipo curioso e probabilmente si fermava a guardare anche altre persone che conosceva. Forse mi aveva chiesto di andarlo a vedere appunto per scusarsi e per invertire i ruoli, anche se non sapeva che io l’avevo spiato più volte mentre giocava.
Non potevo illudermi per così poco.
“I-io credo sia meglio non pensarci troppo”
Tenten sembrò pensarci un po’.
“Quindi è per la sua influenza che ti stai aprendo un po’ di più”
“S-si… ecco…. Credo di si” sorrisi insicura, di certo quand’ero con lui facevo di tutto meno che aprirmi. Ancora non mi capacitavo del fatto che solo con lui avevo ancora difficoltà a parlare, nonostante il farmaco, nonostante tutto.
Mi sentii anche in colpa per la bugia che stavo raccontando alla mia migliore amica, ma cercai di non pensarci. Non potevo rischiare di coinvolgere qualcuno.
“Beh allora è destino che dovete stare assieme ne sono sicura! Adesso dobbiamo pensare a come vestirti per farti sembrare la più sexy per lui!”
Rabbrividii e la mia mente cominciò a lavorare veloce per non farsi coinvolgere in quell’assurdo piano. Cosa avrei potuto dirle per fermarla?
“B-beh ma allora anche tu ti devi vestire s-sexy”
“E perché mai?”
“Per Neji, o no?”
Vidi le sue guance questa volta prendere un colorito più roseo.
“M-ma che stai dicendo?”
“Ahaha adesso però sei tu quella a balbettare!”
Cominciai a ridere senza ritegno mentre vedevo per la prima volta la mia amica in difficoltà e si sa, l’amore a volte ti fa vedere lati di una persona che non avresti mai immaginato avesse.
“Ok mi hai convita, niente maschera sexy”
Annuii continuando a ridacchiare e presi un altro biscotto alla cannella. Adesso avrebbe dovuto spiegarmi qualcosa anche lei ed ero sicura centrasse il tenebrone dagli occhi perla che stava al piano di sotto.




Eccomi qui!
Scusate per il capitolo troppo corto ma vi prometto che cercherò di allungare il prossimo!
Nel frattempo recensite e fatemi sapere cosa ne pensate mi raccomando!
Holaaaaa
Linduz94

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Capitolo 6
*** ...La festa di Halloween... ***


LA FESTA DI HALLOWEEN 




Era la sera del 31 ottobre e io e le altre ragazze avremmo dovuto andare alla festa di Halloween a scuola.
Dico avremmo dovuto perché io non ne volevo sapere di uscire di casa.
Ino e Sakura avevano dato fondo a tutta la loro inventiva e bravura nel prepararmi.
Avevo deciso di vestirmi da uno dei miei personaggi preferiti, Sally di Nightmare Before Christmas. Mi rivedevo molto in lei; forse per un amore non corrisposto o per il fatto che avrei dedicato molto volentieri tutto il possibile e l’impossibile per la persona che adoravo, come quel personaggio.
Fatto sta, che ero assolutamente perfetta.
Il vestito fatto di pezze, le cuciture disegnate all’angolo della bocca e sulle altre parti del corpo scoperte, la parrucca dai lunghi capelli rossi e il classico pallore erano davvero azzeccati. Le mie amiche avevano fatto un lavoro favoloso.
Ma non volevo uscire, non volevo che lui mi vedesse così. Probabilmente non mi avrebbe riconosciuta e sarei sembrata un’altra.
Non mi piaceva l’idea.
“Forza Hinata! Sei quella più nella parte tra di noi. Non puoi voler restare a casa!” Tenten travestita da vampiro con i lunghi canini mi faceva più ridere che spaventare.
“Hinata secondo me Tenten ha ragione, non puoi non presentarti dopo aver visto come ti dona questa maschera” Sakura con il lungo cappello da strega e il colorito verdognolo del viso invece faceva la sua impressione.
“M-ma … i-io…”
“Basta, ora decido io” Ino uscì dal bagno con il suo costume addosso e spalancammo gli occhi tutte e tre vedendola vestita da diavoletta sexy.”Dopo tutta la fatica che io e Sakura abbiamo fatto per vestirti è inaccettabile che tu non venga quindi non voglio sentire discussioni e usciamo”
Rimanemmo tutte in silenzio a guardarla.
“Beh prima spiegami perché noi dovremmo essere le bruttone e tu l’unica vestita strafighetta!” vidi Sakura infiammarsi.
“Beh perché potevi pensarci anche tu all’idea della diavoletta, non è colpa mia..”
“Ah si?Beh non credo...”
Cominciarono a bisticciare tra di loro e Tenten ed io sospirammo sconsolate.
In effetti preferivo essere conciata così piuttosto che essere mezza svestita come Ino, quindi mi rassegnai e decisi che avrei mandato giù tutte le mie paure.
“Andiamo allora”
Tenten mi guardò stupita, poi annuì felice seguendomi con le altre due che continuavano ad urlarsi contro.
Era tutto normale dopotutto. Avrebbero smesso appena saremmo arrivate.
Il problema sarebbe stato dopo.
Ti prego fa che non venga, fa che non ci sia, fa che non ci sia, continuavo a ripetermi e finalmente arrivammo di fronte alla scuola.
 
La palestra era stata decorata meravigliosamente e in perfetto stile Halloween, con ragnatele e teschi ovunque.
Mi guardai attorno affascinata ma anche un po’ intimorita. Dopotutto non era proprio la mia festa preferita.
Subito cercai una chioma bionda, con il preciso intento di nascondermi appena averlo avvistato, ma sembrava non fosse ancora arrivato.
La festa era già iniziata da un pezzo e la palestra era quasi completamente piena.
C’erano maschere ovunque.
C’erano fantasmi, vampiri, mummie e perfino un tizio vestito in smoking e con una zucca gigante sulla testa.
Nel frattempo avevamo raggiunto anche le altre ragazze e notammo che Ino non era stata l’unica a voler apparire sexy.
Infatti Karin aveva un vestito completamente uguale al suo.
“Ehi tu! Razza di copiona! Hai il mio stesso vestito.” Sbottò subito Ino.
“Semmai sarai tu ad avere il mio stesso vestito dato che sono stata la prima ad arrivare” Karin e Ino si lanciavano fulmini e saette dagli occhi e noi tutti ci mettemmo a ridere mentre le guardavamo litigare.
“Ehi Tenten, Sakura, bene arrivate!” ci salutò Kiba avvicinandosi e non ci volle molto per intuire che era vestito da lupo mannaro.
Con lui arrivò anche Shino che però non si era travestito.
“Ehi Shino, come mai non ti sei vestito da qualcosa?” chiese Sakura dando voce anche ai miei pensieri.
“Perché non approvo il fatto di travestirsi da cose spaventose, lo trovo stupido”
Calò il silenzio tra di noi e Kiba avvicinandosi ci disse “ Beh in fondo non gli serve un costume, fa già paura così di suo”.
“Guarda che ti ho sentito..” da dietro i suoi occhiali scuri non si riusciva a capire chi stesse guardando.
“Eheheh ma si scherzavo!” anche se il ragazzo lupo non ne sembrava molto convinto. “Ehi comunque tu saresti Hinata quindi?”
Mi si avvicinò al viso.
“B-beh si”
“Scusami tantissimo ma davvero non ti avevo riconosciuta. Sono andato un po’ ad intuito perché non ti avevo vista prima. Bel costume davvero!” Kiba pensava di farmi un complimento ma io invece ero sprofondata nella delusione.
“G-grazie” gli sorrisi comunque.
Cominciarono a discutere della festa e di chi l’aveva organizzata, mentre io mi guardavo attorno sempre in cerca di qualche bagliore biondo o di occhi azzurro cielo. Ma rimanevo sempre delusa.
Magari non sarebbe venuto alla festa e io mi stavo preoccupando per nulla, anche se in fondo non vederlo mi dispiaceva. Stavo sempre così bene in sua compagnia.
All’improvviso mi venne sete, chiesi a Tenten se volesse qualcosa e mi avvicinai al tavolo delle bevande.
Spostai i fili della parrucca da un lato perché non mi dessero fastidio e poi mi versai della Coca Cola in un bicchiere.
Mi volsi alla mia destra e notai il tizio dall’enorme zucca arancione al posto della testa avvicinarsi al tavolo.
Più si avvicinava e più notavo particolari del suo costume.
Lo smoking non era semplicemente nero ma aveva delle sottili linee verticali bianche, quasi non si notavano, inoltre al posto della cravatta aveva un pipistrello.
Mentre si versava da bere notai che aveva le mani dipinte come se fosse uno scheletro. Sorrisi pensando che poteva essere il mio coprotagonista, ma il Jack che conoscevo io non aveva zucche in testa.
Mentre lo osservavo mi chiesi come potesse riuscire a bere con quell’enorme cosa.
Le uniche fessure erano la bocca e gli occhi tipici a zig zag.
Il ragazzo o forse ragazza, chi lo poteva sapere, era in notevole difficoltà. Continuava a provare ad infilarsi il bicchiere per la fessura della bocca.
Trattenni una risata e mi avvicinai.
“Ti serve una mano?”
“Oh si certo grazie!” rispose la voce ovattata, ma sicuramente di uomo.
Mi misi a cercare finchè non trovai delle cannucce lunghe e lo aiutai ad infilarla nella maschera per bere.
Dopo essersi scolato due bicchieri di aranciata mi disse di essere a posto.
“Grazie mille Hinata, davvero, non so cosa avrei fatto senza di te!”
Rimasi stupita.
“M-ma tu mi hai riconosciuta?” e io che pensavo di sembrare quasi un’altra persona.
“Certo”.
Lo guardai confusa.
“E tu allora chi sei?”
“Ahahah, davvero non hai capito chi sono?”
Scossi la testa senza alcuna soluzione.
“Vieni andiamo fuori così ci facciamo una passeggiata”.
Non lo seguii. Non mi fidavo molto, non sapendo chi fosse, e avevo ancora l’espressione di chi è sull’attenti.
Lui si girò verso di me notando che non lo seguivo.
“Che c’è? Non avrai mica paura di me?” e nel frattempo era scoppiato in una sonora risata.
Mi sentii più leggera e mossi qualche passo verso di lui. Forse stavo sbagliando a fidarmi, ma comunque non avevo paura. Se ce ne fosse stato bisogno lo avrei steso.
Uscimmo all’aria fredda e mi avvolsi nel cappotto che avevo avuto premura di portare.
Camminammo per un po’ e poi ci sedemmo su delle panchine a lato del campo di calcio della scuola.
“Davvero non immagini chi potrei essere?”
Scossi la testa sincera.
“Beh forse una zucca gigante”
Ridemmo entrambi  della mia pessima battuta, però non mi sentivo affatto imbarazzata.
“In realtà all’inizio dovevo essere Jack Skeleton, il re delle zucche”
“E come mai hai deciso di metterti una zucca in testa?”
Lui sospirò.
“Mmh… credo che sia ora di mostrare la mia vera identità. Però prometti di non ridere.”
Mi chiesi perché avrei dovuto ridere del viso di una persona, però annuii convinta.
“Lo prometto” dissi solenne.
Vidi che metteva le mani sull’enorme palla arancione e che se la toglieva, non senza difficoltà.
Mi mancò un battito quando vidi spuntare la chioma bionda che avevo cercato per tutta la sera.
Poi però mi mancò un altro battito vedendo com’era presa la sua faccia.
Era chiaro che aveva provato a truccarsi ma il risultato non era proprio dei migliori .
Il nero che doveva contornargli gli occhi era sbavato su tutte le guance e la bocca aveva preso una smorfia terrificante.
Il tutto sembrava davvero spaventoso o davvero divertente.
Decisi di prendere per buona la seconda opzione e misi una mano davanti alla bocca per trattenere le risate.
“Eh no l’avevi promesso!” era disperato ma anche un po’ sollevato di essersi mostrato a me.
“S-scusa Naruto, è che non riesco a capire come hai fatto a ridurti così” gli sorrisi in modo dolce per fargli capire che non era poi così grave.
“Non lo so nemmeno io. Era tutto perfetto all’inizio, poi però mi sono dimenticato di avere il trucco addosso così ho sbavato tutto con le mani.”
“E’ per questo che hai deciso di metterti quella cosa sulla testa?”
“Si, dovevo portarla come decorazione ma credo stia meglio su di me” aveva una faccia sconsolata.
“N-non devi dire così. In fondo hai avuto una bella idea comunque, nonostante l’intenzione iniziale non sia andata a b-buon fine.”
Si volse a guardarmi.
“Però è un vero problema girare con questo affare, lo hai visto anche tu prima”
“Già è vero” ricordai la scena di prima della cannuccia e arrossii pensando a quanto gli ero stata vicino inconsapevolmente.
Mi ricordai anche che Ino mi aveva infilato in borsa delle salviettine struccanti a posta per ogni evenienza. Mi alzai di scatto in piedi.
“Aspettami qui. Arrivo subito!”
Corsi verso dove ricordavo di aver lasciato la borsa.
Quando riuscii a trovare le salviettine tornai da lui in un attimo. Mi stava ancora aspettando lì seduto e quando mi vide mi rivolse uno dei suoi stupendi sorrisi, visibile anche sotto tutto quel trucco.
“Ah sei tornata. Per un attimo ho pensato che fossi scappata da me”
Rimasi spiazzata ma poi mi sedetti accanto a lui.
Sapevo a cosa si riferiva. Aveva avuto un passato davvero difficile, lontano dagli altri bambini. Conoscevo la sua storia, ma non avrei mai potuto abbandonarlo. Tenevo troppo a lui.
“Non lo farei mai” risposi in un soffio, quasi inconsapevolmente. Però tenni lo sguardo basso.
Sentii che mi guardava e mi girai sorridente porgendogli le salviettine.
“C-comunque ho la soluzione a-al tuo p-problema”
Mi sorrise di rimando e iniziai ad aiutarlo a migliorare il suo aspetto per quanto mi fosse possibile.
Ero terribilmente agitata, tanto che le mani mi tremavano. Ero troppo vicina a lui.
Potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle mentre gli pulivo il viso e quel profumo che non avrei mai dimenticato che ormai mi circondava.
Cercai di evitare il più possibile i suoi occhi perché avevo paura che ci leggesse tutto quello che stavo provando. Eppure sentivo il suo sguardo fisso su di me. Mi stava studiando direi. Osservava i miei occhi e i miei gesti come ipnotizzato.
Quando dovette chiudere gli occhi per permettermi di togliergli il trucco dalle palpebre mi sentii più leggera e colsi l’occasione per osservare ogni suo lineamento.
Il naso dritto e spigoloso, la fronte ampia, le ciocche di capelli biondi che erano sparse qua e là senza una forma definita, e le labbra, quelle erano la mia parte preferita dopo gli occhi. Labbra piene e ruvide ma abbastanza dolci da poterci dare un bacio. Mi persi a fantasticare come poteva essere toccarle e un brivido mi corse lungo la schiena.
Cosa ti prende Hinata? Cerca di tornare in te.
Presi un sospiro e cercai di concentrarmi nel mio lavoro.
“Davvero non sei riuscita a riconoscermi prima?”
Ringraziai il cielo che avesse parlato così avevo l’opportunità di concentrarmi su cosa dovevo dire e non su quel viso di angelo.
“Si davvero. In effetti non avrei mai immaginato fossi te.”
“Potrei offendermi allora”
Sorrise tenendo gli occhi sempre chiusi.
“M-ma tu, invece, come hai f-fatto a riconoscermi così?”
“Beh non avrei mai potuto confondere i tuoi occhi con quelli di nessun’altro. Sono molto belli.” Mi fermai con la mano a mezz’aria stupita.” E anche il tuo modo di muoverti è inconfondibile” stavolta aveva aperto gli occhi. “Sei molto delicata e sinuosa credo si dica.” Arrossii così tanto che anche sotto lo spesso trucco bianco si sarebbe potuto vedere.
All’improvviso vidi una luce strana nei suoi occhi, sembrava indeciso.
Poi molto lentamente mi prese la mano con cui lo stavo pulendo e la scostò leggermente di lato, mentre appoggiava l’altra sui miei capelli improvvisati, vicino all’orecchio.
Sentii il cuore partire a mille.
Lo vidi avvicinare il suo viso al mio, ogni centimetro per me era un’accelerata di battiti. Avevo la sensazione che tra un istante il mio organo più importante sarebbe collassato e con lui anche il cervello, che ormai aveva deciso di non lavorare più.
Mancavano una manciata di centimetri ormai e potevo sentire il suo respiro sulle mie labbra.
Non stava davvero succedendo, era impossibile.
Il mio più grande sogno si sarebbe esaudito in pochi istanti e non volevo pensare ad altro che a lasciarmi andare ad esso.
Chiusi gli occhi e dischiusi le labbra in modo automatico.
Ti prego cuore. Batti ancora per un po’ soltanto e poi potrai esplodere, così almeno morirò felice.
“Ehi Hinata!”
Sobbalzai sorpresa e mi allontanai improvvisamente da lui.
Mi accorsi solo allora che avevo trattenuto il respiro per tutto il tempo.
Kiba mi stava chiamando da lontano e sembrava non essersi accorto di aver interrotto uno dei momenti più importanti della mia vita.
“Sei tu vero? Non ti vedo bene da lontano”
“S-si, sono io” cercai di rispondergli mantenendo la voce più calma possibile.
“Ah ok sei lì, perché Tenten ti stava cercando”
“Ok, a-arrivo”.
Mi alzai dalla panchina.
“N-naruto scusami, ma d-devo andare” cercai di non incontrare mai i suoi occhi, poi mi voltai e cominciai a correre.
Non sapevo perché l’avevo fatto ma improvvisamente mi sentii una sciocca.
Ero ad un passo dalla felicità e avevo buttato tutto all’aria, ancora una volta codarda.
 
La festa proseguì fino a tardi.
Ormai eravamo rimasti in pochi e la maggior parte erano ubriachi, tra cui Sakura, Ino e Karin che scorrazzavano qua e là un po’ traballanti.
Non avevo più visto Naruto e mi sentivo davvero in colpa, lo avevo lasciato lì senza spiegazioni, avrei dovuto chiedergli almeno scusa.
Così, mentre stavo seduta cercavo con gli occhi ogni piccolo dettaglio che gli appartenesse.
“Dai Hinata non vieni a ballare?” Tenten cercava di consolarmi ma non ero dell’umore giusto per mettermi in pista.
“Preferirei di no, anzi volevo andare al bagno adesso”.
Mi alzai svogliata e percorsi tutta la stanza fino a dove sapevo c’erano i bagni.
Sakura mi passò accanto urlando e vidi che correva nella mia stessa direzione.
Sperai che non ci stesse andando per rigettare tutto quello che aveva bevuto.
Quando però mi ritrovai a pochi metri mi fermai di botto.
“Narutoooooooooooooo!” Sakura si stava gettando addosso al ragazzo che era appena uscito dal bagno. “Dammi un bacino!” vidi che lo prendeva per il colletto della camicia e lo attirava a sé.
Sentii qualcosa spezzarsi dentro di me.
Sakura stava baciando Naruto, e con molta foga aggiungerei, davanti ai miei occhi.
E la parte peggiore era che lui non opponeva resistenza.
Non riuscivo più a muovermi.
Quando si divisero il ragazzo si accorse della mia presenza.
Vidi che spalancava gli occhi e diceva qualcosa.
Non so cosa avesse tentato di dirmi ma non lo sentii. Non sentivo più niente.
Come un automa mi voltai e presi a correre. Non importava dove, mi bastava andarmene da lì.
Sentii qualcuno che urlava il mio nome. Tenten forse? O Naruto?
Non mi importava. Corsi più veloce che potei, corsi in strada, senza una meta, mentre le lacrime ormai correvano senza freno.
 
 




Ehilà gente!
Sono stata un po' cattivella con Hinata è vero...
però mi farò perdonare lo prometto :)
per il resto ditemi cosa ne pensate!!
Holaaaa
Linduz94

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Capitolo 7
*** ...Il nemico sbagliato... ***


IL NEMICO SBAGLIATO



Non avevo più rivisto Naruto.
Evitavo di andare in palestra per paura di incontrarlo e non mi presentai nemmeno più alle feste che erano state organizzate nelle settimane successive.
I giorni passavano ed io mi rinchiudevo sempre più in me stessa.
Continuavo a darmi dell’idiota per essermene andata di corsa dopo che aveva provato a baciarmi, senza dargli spiegazioni, ma poi ripensavo anche al bacio che avevo visto tra lui e Sakura e la tristezza mi invadeva.
Come avevo potuto pensare di contare davvero qualcosa per lui?
Era ovvio che avesse visto in me la ragazza timida e impacciata che non avrebbe saputo resistergli. Probabilmente non gli ero mai interessata.
Eppure sapevo che se l’avrei visto non sarei riuscita a provare rancore nei suoi confronti.
Ero irrimediabilmente innamorata di lui, per questo dovevo stargli lontano.
In quei giorni, però, ero finalmente riuscita a terminare i vestiti e la maschera che avrei dovuto indossare mentre andavo in giro a sorvegliare la città.
Ero riuscita a trovare dei pantaloni stretti e neri che mi permettessero movimenti sciolti senza rompere la stoffa o infastidirmi, vecchi stivali neri di mia mamma che, notai con orgoglio, mi andavano a pennello, una maglia nera con sopra un gilet fino con il cappuccio dello stesso colore, così avrei coperto i corti capelli con quei strani riflessi blu, ed infine guanti sempre di colore scuro.
L’abbigliamento nero e totale era per nascondermi più facilmente nel buio della notte e perché nessuno potesse riconoscermi in qualche dettaglio scoperto.
Ma la mia parte preferita era la maschera che avrei dovuto indossare.
Era di quelle rigide che si appoggiano sopra il viso e si tengono con un elastico.
Ne avevo comperate una decina in un negozio con la scusa che avrei dovuto usarle per una recita scolastica, così nessuno si sarebbe insospettito e le avevo pennellate tutte di nero, tranne per la parte delle labbra e il contorno degli occhi che avevo lasciato bianchi.
Erano molto semplici, ma facevano un certo effetto.
Sorrisi pensando che il giorno di Halloween mi inorridiva l’idea che gli altri non potessero riconoscermi, mentre adesso mi ero imbacuccata completamente perché nessuno sospettasse di me.
Era una bella contraddizione della mia vita.
Sospirai mentre mi vestivo e poco dopo, mentre uscivo presi la radiolina che avevo “preso in prestito” da mio cugino.
Ero riuscita a sintonizzarla con il canale con cui comunicava la polizia, così potevo sentire tutti gli allarmi in tempo reale.
Inoltre erano già alcune sere che giravo per i tetti di Konoha perlustrando e controllando in modo da essere il più possibile attiva e veloce a un qualsiasi allarme.
Correvo di tetto in tetto e nel frattempo ripensavo sempre a quel maledetto 31 ottobre.
Ero stata così felice quando ero rimasta sola con lui. Perché le cose erano andate così?
Ripensai a quando mi aveva detto che credeva me ne fossi andata.
Sapevo la sua tristezza e la paura di essere lasciato solo.
Naruto aveva perso i genitori quand’era molto piccolo e dopo la loro morte dovette girare da un orfanotrofio ad un altro, senza mai avere una casa propria, senza persone stabili a cui affidarsi e questo gli aveva aperto una ferita profonda, che in parte comprendevo.
All’età di sei anni era stato adottato da Jiraya e Tsunade, una coppia molto strana direi ma lo avevano trattato fin dall’inizio come figlio loro e che Naruto chiamava zii. Nel giro di qualche hanno avevano poi comprato casa lì a Konoha e fu così che ebbi l’occasione di conoscerlo.
Atterrai sul tetto di una casa molto silenziosamente e mi fermai sentendo delle note a me molto conosciute.
Era la canzone di Skylar Grey che stavo ascoltando quando mi accorsi per la prima volta che Naruto mi guardava ballare.
Un’ondata di nostalgia mi invase e sentii il cuore farsi pesante.
Non era mia abitudine fermarmi ma ero troppo curiosa di sapere chi stesse ascoltando quella canzone.
Mi diressi verso il limitare del tetto e sporsi la testa all’ingiù.
Vidi che c’era una piccola terrazza sotto e saltai giù.
La portafinestra era leggermente socchiusa, per questo riuscivo a sentire la musica. Mi appoggiai con le spalle al muro e mi sporsi molto lentamente per riuscire a scorgere all’interno dell’abitazione.
Vidi una stanza all’apparenza molto caotica. C’era una scrivania nel lato destro ricolma di libri, carte strappate, succhi vuoti e altre scatole dal contenuto sconosciuto. Una lampada in mezzo a tutto quel disordine illuminava pigramente la stanza.
Nella parete di fronte invece c’era un armadio con cassetti mezzi aperti e vestiti che fuoriuscivano da ogni dove.
Il letto a due piazze stava dalla parte opposta rispetto alla scrivania e non si riusciva a capire se ci fosse qualcuno disteso o fossero solo le coperte in disordine.
Niente a che vedere con la mia stanza, anche troppo ordinaria direi, ma mi piaceva quella confusione. Dava l’aria di una stanza vissuta, di un posto dove c’è un uragano che passa e non una persona qualunque.
Sentii la canzone finire e aspettavo che il cd nello stereo partisse con un’altra traccia, ma sobbalzai spaventata quando vidi le coperte del letto prendere vita all’improvviso.
La persona che era sepolta lì sotto si avventò sull’aggeggio e non capii cosa volesse fare finchè non sentii la stessa traccia ripartire dall’inizio.
Mi fermai incantata e anche imbarazzata vedendo il mio biondo preferito con solo una canottiera addosso e pantaloni della tuta mentre trafficava con lo stereo.
Ero proprio finita a casa sua, quante fortunate coincidenze ancora mi avrebbe riservato la vita?
Il cuore mi batteva forte come sempre e per un istante ebbi l’istinto di entrare e mettere una mano su quel volto così malinconico.
Ma non potevo. Non dovevo riabbandonarmi ai sentimenti che provavo per lui.
Non riuscivo però ad allontanarmi da lì. Sentivo un bisogno quasi fisico di vederlo, era da troppo tempo che non ammiravo più quei tratti ormai così familiari per me.
Così decisi di rimanere.
Lo vidi tornare sul letto e lasciarsi cadere sopra le coperte con lo sguardo rivolto verso il soffitto.
Era così strano vederlo immobile. Non avrei mai immaginato di poter avere l’occasione di vedere un Naruto perso nei proprio pensieri, sembrava quasi indifeso.
All’improvviso qualcuno bussò alla porta della camera che si trovava tra l’armadio e la scrivania e una testa dai lunghi capelli bianchi fece capolino.
“Naruto.Non sarebbe ora di spegnere la radio?” l’uomo in questione era senza dubbio Jiraya. “Ormai sono giorni che vai avanti con quella canzone. So che te l’ho già chiesto più volte, ma davvero non c’è niente di cui vuoi parlare?”
Naruto si alzò e premette un bottone dello stereo stoppando la musica.
“No zio davvero, va tutto bene”
“Spero non riguardi una ragazza allora perché se ti fa pensare così tanto direi che è proprio quella giusta!” vidi l’enorme uomo ridere e poi chiudersi la porta alle spalle.
Il biondo rimase a fissare per un altro po’ lo stereo e poi si ridistese sul letto.
Stetti a guardarlo per un pezzo immobile finchè non sentii il suo respiro farsi più pesante.
Si era addormentato.
Con molta delicatezza aprii del tutto la portafinestra ed entrai.
Mi avvicinai a lui senza far rumore e mi persi ad ammirarlo per un po’.
Aveva un’aria davvero stanca e gli occhi sembravano contornati da occhiaie. Chissà da quanto non dormiva così serenamente.
Sorrisi quando sentii che cominciava a russare leggermente e in silenzio spensi la lampada che era rimasta accesa.
Lo fissai per qualche secondo ancora e poi me ne andai chiudendo bene la porta finestra perché non prendesse freddo mentre dormiva, poi ripresi il mio solito cammino.
Mi sentii più leggera, mi aveva un po’ tirato su di morale vederlo e nonostante non sembrasse al massimo come al solito sembrava stare bene.
All’improvviso la radiolina si accese e si sentì l’allarme di rapinatori in un’abitazione.
Era arrivato il momento di agire.
 
Mi appostai sul tetto della casa dove dovevano trovarsi i malviventi.
Tutte le luci erano spente, ma si potevano vedere le luci delle torce brillare di tanto in tanto.
Secondo le informazioni era stato qualche vicino a dare l’allarme e aveva anche detto che chi viveva in quella casa al momento era fuori città, per cui non c’era il pericolo di qualche sequestro di persona.
Andai nel giardino posteriore alla casa ed entrai dalla porta sul retro che era leggermente aperta.
Appena misi un piede in quella che sembrava la cucina sentii il rumore di vetri rotti provenire da una delle stanze di sopra.
Avanzai cauta ma non mi accorsi di una figura scura alla mia destra che mi stava tenendo d’occhio.
Dopo un paio di passi mi accorsi dall’ombra sul pavimento che qualcuno stava per calarmi una sedia sulla testa.
Mi voltai di scatto e presi il braccio dell’uomo che aveva tentato di aggredirmi.
Glielo torsi fino a farlo girare di spalle e gli premetti una mano sulla bocca perché evitasse di avvisare gli altri.
Quello tentò di divincolarsi in tutti i modi ma non poteva nulla contro la mia presa ferrea.
Lo sbattei contro il muro e poi mi accertai che avesse davvero perso conoscenza.
Presi del cellofan da uno dei cassetti aperti della cucina e lo avvolsi per bene, nel caso in cui si fosse svegliato e avesse tentato la fuga, poi sempre silenziosamente mi avviai verso il piano superiore.
Chiunque fossero stavano facendo un chiasso enorme considerando il fatto che erano ladri.
Mi diressi nella prima stanza a sinistra che trovai, ma vidi solo cassetti aperti, letti disfatti e tutta la mobilia sottosopra. La rabbia cominciò a farsi sentire vedendo quel disastro e immaginandomi che avrebbe potuto essere casa mia.
Mi avviai verso le altre stanze e nella seconda trovai uno di loro inginocchiato a terra, intento a rovistare dentro ad un cassetto tolto dal suo posto.
Lo colsi di sorpresa da dietro stordendolo con un colpo alla testa.
Improvvisamente apparve sulla soglia uno dei malviventi che rimase di stucco vedendomi.
Aveva una passamontagna in testa, ma la sua espressione incerta era evidente, comunque riuscì a riprendersi in fretta.
“Ehi, chi diavolo sei? Ti avverto che questo è un nostro colpo!” mi puntò una pistola addosso. “Quindi ti conviene smammare se non vuoi finire male”.
Un altro gli si affiancò da dietro e osservava la scena.
Feci un passo verso di lui e questo sembrò stupirsi.
“Che cazzo fai? Guarda che non sto scherzando!”
Non mi ero mai confrontata con un’arma da fuoco e non sapevo se sarei stata abbastanza forte o veloce da poter sopravvivere.
“Abbassala e nessuno si farà del male” cercai di puntare sulla diplomazia.
“Una donna, sei uno sbirro per caso?”
“No”
“E allora che cavolo ci fai qui? Lasciaci finire il nostro lavoro. Ehi ma che diavolo gli hai fatto?”
Sembrava essersi appena accorto del compare svenuto ai miei piedi.
“Quello che succederà a voi ora”
“Va all’inferno” e premette il grilletto.
In effetti la pallottola uscì più veloce di quanto immaginassi, ma non abbastanza perché non potessi schivarla.
Mi piegai leggermente di lato e il colpo andò dritto a conficcarsi nel muro.
Il rumore dello sparo però era stato molto forte e sicuramente aveva allarmato qualcuno. La polizia sarebbe arrivata a momenti dovevo sbrigarmi se non volevo essere vista.
Mi avvicinai veloce e gli presi il braccio con cui impugnava l’arma.
Lui sparò un altro colpo che però finì sul soffitto.
Con ancora il suo braccio stretto nella mano lo avvicinai verso di me per assestargli un pugno con la mano libera.
Questo crollò per terra subito.
Mi alzai di scatto ma vidi che l’altro era sparito. Sentii che stava scendendo le scale di corsa.
Mi avvicinai alla balaustra e saltai giù, cadendogli proprio di fronte ed arrestando quindi la sua strada.
Spalancò gli occhi terrorizzato prima di ricevere un pugno in pieno viso.
Lo presi prima che cadesse a terra e lo portai di sopra con gli altri.
Feci un giro d’ispezione per tutta la casa assicurandomi di averli stesi tutti e che non ci fosse nessuno di nascosto poi legai i tre che avevo trovato di sopra con una corda che si erano portati loro dietro.
Li disarmai tutti e quattro e poi uscii dalla casa quando sentii le sirene avvicinarsi.
Mi arrampicai sul tetto e ripresi a scappare di casa in casa, ma non avevo fatto caso alle persone che si erano radunate fuori dalla casa per aver sentito gli spari e questi, con delle torce, mi avevano subito illuminata.
“Eccolo! E’ quello il ladro!” urlò qualcuno.
Mi arrivò una scarpa addosso e intuii che qualcuno di loro l’aveva lanciata.
Mi fermai, forse dovevo spiegare cos’era successo, ma sembravano davvero arrabbiati.
A complicare maggiormente il tutto arrivò la polizia che mi avvisò di essere in arresto.
Li maledii mentalmente e poi scappai più veloce che potei seminandoli senza problemi.
Era ora di tornare a casa, per oggi ne avevo avuto abbastanza.
 
“I malviventi sono stati ritrovati legati e disarmati nella casa che avevano tentato di rapinare, ma uno di loro è riuscito a fuggire. Gli agenti hanno fatto una ricostruzione del presunto malvivente ancora in libertà. Lo hanno descritto completamente vestito di nero, con un cappuccio sulla testa e una maschera nera a coprirgli il viso simile a questa” mostrarono sullo schermo della tv la mia maschera e strinsi i pugni. “Nel frattempo gli altri…” sbuffai irritata mentre mi allontanavo dalla cucina e ignoravo il servizio giornalistico alla tv.
Ero sconvolta, davvero mi avevano considerato una dei ladri? Non avevano proprio capito che ero stata io a fermarli.
Non mi sarei mai immaginata che le cose potessero complicarsi così.
Stavo solo cercando di fare del mio meglio, non volevo essere considerata una dei cattivi.
Mi rinchiusi in camera mia. Non mi sarei arresa comunque. Avevo un dono, e non lo avrei riservato solo per me stessa, dovevo solo stare più cauta.
 
Ogni sera facevo un giro di perlustrazione con la radiolina e ogni sera finivo inconsciamente, o forse no sul tetto della casa che ormai era diventata la mia preferita.
Lo guardavo studiare, ascoltare musica con l’ipod o borbottare irritato contro Tsunade che lo aveva sgridato per qualche motivo, fino a che si addormentava.
Era diventato ormai un rito per me.
A volte dimenticava le luci accese, o la finestra aperta oppure ancora si addormentava con la musica e io prontamente ogni volta spegnevo luci, chiudevo perché non entrasse aria fredda e spegnevo stereo o lettore mp3.
Una sera lo vidi chino sulla scrivania mentre scriveva o disegnava qualcosa.
Quando si addormentò con l’immancabile luce accesa entrai come ogni volta e mi avvicinai curiosa.
Aveva appoggiato le braccia sopra a quello che sembrava un disegno. Sembrava astratto, ma era pieno di colori accesi e con predominanza caldi, ma notai anche una buona parte di freddi, come il nero e il blu.
Quest’ultimo, assieme all’azzurrino chiaro, quasi lillà prendeva quasi tutto il disegno e sembrava essere stato steso con delicatezza, al contrario degli altri che invece sembravano essere stati portati con rabbia nel foglio bianco da come si vedeva che aveva premuto.
Presi una coperta dal suo letto e gliela appoggiai sulle spalle, poi spensi la luce e uscii.
In quei giorni non ci furono molte emergenze, ma intervenni sempre quando sentivo qualche allarme.
Sedai una lite fra coniugi che poteva trasformarsi in disgrazia, fermai cinque rapinatori in una gioielleria, stesi un gruppo di uomini che aveva circondato due ragazze e impedii a due gruppi rivali di uomini di darsele di santa ragione.
Ogni volta la polizia mi raggiungeva e ogni volta pensavano che fossi coinvolta quindi finiva sempre con loro mi inseguivano e io che li seminavo.
Ormai per la televisione le mie imprese erano diventate famose, soprattutto per il fatto che riuscivo sempre ad anticipare la polizia e ad andarmene senza che riuscissero a prendermi.
Mi ero ripromessa di continuare ad aiutare gli altri con il mio dono, ma questa storia stava durando troppo.
Non ero io il nemico, dovevano capirlo.






Salveeee!!! Questa volta non sono riuscita ad aggiornare presto come al solito,
ma vi prometto che il prossimo capitolo non si farà attendere molto!
La nostra Hinata non se la sta passando molto bene... speriamo le cose migliorino!!
Fatemi sapere cosa ne pensate e recensite!!!!
Ah e non mi dimentico mai di Eva che mi sostiene sempre (!Un bacio) e di The Breath Wind (che mi ha fatto sapere cosa ne pensa!)
Grazie mille!!!
E ringrazio anche chi ha messo tra i preferiti e le seguite :):)
Holaaaa
Linduz94

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Capitolo 8
*** ...L'incendio... ***


L'INCENDIO





Una sera mentre, come al mio solito, mi preparavo per fare il giro delle case sentii la radiolina lanciare un allarme.
C’era un incendio in una casa con dei civili intrappolati, e il quartiere era proprio quello di Naruto.
Il cuore mi balzò in gola.
Finii di vestirmi il più presto possibile e corsi più veloce che potei in quella direzione.
Non poteva essere casa sua, non doveva essere casa sua!
In pochi minuti arrivai nella zone e sospirai di sollievo vedendo la casa del biondo intatta. Quella che andava a fuoco però si trovava poco lontano da lì.
Mi diressi immediatamente in quella direzione e notai subito l’enorme folla che si era radunata attorno all’edificio in fiamme.
C’erano anche i pompieri che stavano cercando di arginare il fuoco, ma sentivo troppe urla.
Attraversai la folla accalcata e riuscii a raggiungere i vigili del fuoco.
Una donna mi colpì in particolare nella massa.
Stava urlando qualcosa e si aggrappava alle braccia di uno dei soccorritori.
Mi avvicinai e appena lei mi vide spalancò gli occhi.
“Tu!” gridò indicandomi. “Aiutami per favore!”
Mi avvicinai ancora un po’ e lei si allontanò dall’uomo per venirmi incontro.
“Lì dentro c’è mia figlia! Ha solo cinque anni per favore salvala!” le lacrime le correvano per tutto il viso imprimendo solchi nella pelle sporca di fuliggine e mi strinse le mani agli avambracci.
Mi volsi verso il vigile del fuoco.
“Perché nessuna l’ha portata fuori?”
“Un ragazzo è entrato per andare a prenderla appena ha sentito che era rimasta intrappolata dentro e non ha ascoltato i soccorritori che dicevano che ormai era troppo pericoloso per tentare di entrare, ma non è più uscito e il fuoco è aumentato. Dicono che sia impossibile entrare adesso senza rischiare di rimanere soffocati dal fumo o bruciati vivi.”
Mi rispose invece la donna.
Quindi all’interno c’erano due persone. La bambina e un ragazzo.
 Dovevo fare qualcosa.
“Ci penso io”
“Lei è tutto quello che mi è rimasto. Per favore, salvala” Vidi gli occhi speranzosi della donna e annuii con il pensiero che se non ci fossi riuscita non me lo sarei mai perdonata.
“Avete un panno bagnato?” chiesi ad un altro pompiere.
“Che cosa intende fare? Non può entrare lì dentro, potrebbe morire”.
“Non m’importa cosa mi succederà, e se morissi farei solo un piacere alla polizia” Tenni lo sguardo fisso su di lui. “Mi dia un panno bagnato”.
L’uomo me lo porse non senza una smorfia ed io lo ringraziai velocemente mente lo appoggiavo sotto il naso dietro alla maschera.
Feci un giro attorno alla casa e poi entrai da una finestra che sembrava non essere ancora stata lambita dalle fiamme.
Il fuoco era ovunque. Alcune stanza erano invase dal fuoco e pregai perché i due non fossero lì, altrimenti non c’era più speranza per loro.
La scala per accedere al piano superiore era inaccessibile, così cercai di saltare più in alto che potei per potermi aggrappare al pavimento che sporgeva del pianerottolo superiore.
Con uno sforzo riuscii ad issarmi e a raggiungere il primo piano.
Mi misi a carponi altrimenti il fumo mi avrebbe soffocato. E raggiunsi la stanza che mi stava di fronte.
Per metà era avvolta dalle fiamme che pian pianino cominciavano a consumare anche il resto del pavimento.
Sembrava non ci fosse nessuno, così mi voltai per controllare da un’altra parte ma sentii un lieve lamento.
Tornai sui miei passi e notai nell’angolo opposto a dov’ero io una figura minuta accucciata per terra.
Provai ad avvicinarmi ma un pezzo di pavimento cedette e cadde nel piano inferiore.
C’era una buco di tre metri da me alla bambina ora. Respirai a fondo e mi alzai in piedi, non avrebbe dovuto essere difficile saltarlo.
Indietreggiai un po’, presi lo slancio e riuscii a saltare la voragine con successo.
Mi avvicinai alla figura minuta e mi accucciai davanti a lei.
Singhiozzava forte e teneva le ginocchia strette al petto con la testa piegata verso il basso.
Notai solo allora che accanto a lei c’era un altro corpo.
 “Ehi piccola”cercai di attirare l’attenzione della bimba.
Questa alzò la testolina per guardarmi, ma cacciò subito un urlo impaurito.
Certo la maschera doveva averla spaventata.
“Stai tranquilla, non ti farò del male” sorrisi, ma lei non poteva vedermi.
Per tutta risposta prese a piangere ancora più forte di prima.
Non sapevo più cosa fare, dovevo portarla fuori di lì al più presto.
Poi mi venne un’idea e mi tolsi la maschera.
“Ehi, guardami dai, non faccio più paura” la bambina smise improvvisamente e mi guardò.
“Hai visto? Sono normale” le sorrisi e lei sembrò tranquillizzarsi. “Allora, che ne dici se ti porto fuori da qui?”
“S-si”
“Ok allora prendi questo” le diedi il mio fazzoletto bagnato. “E respira tenendo quello davanti al naso”
La bambina lo prese e fece come le avevo detto.
“Ma che brava che sei!”
“Per favore, puoi salvare anche lui?” mi indicò il ragazzo steso al suo fianco.”E’ stato tanto gentile con me, ma poi è arrivato tanto fumo e lui è caduto per terra e non si è più mosso”.
“Certo , stai tranquilla.”
Mi avvicinai al ragazzo e mi rimisi la maschera.
Lo rotolai da un lato così da metterlo supino.
Dannazione, Naruto!
Avrei dovuto immaginarlo, solo lui si sarebbe lanciato a capofitto in una situazione disperata per aiutare qualcuno.
Notai che aveva una profonda ferita alla fronte, probabilmente se l’era procurata quand’era caduto come mi aveva detto la bambina.
Ma aveva anche i vestiti bruciacchiati e sporchi di sangue. Sentii il cuore cominciare a battere forte e le mani sudare. Ero agitata, non sapevo cosa fare. Come avrei dovuto aiutarlo? Ma perché doveva esserci proprio lui in quella situazione?
Chiusi gli occhi forte e cercai di respirare profondamente per schiarirmi le idee. Dov’era finito il mio autocontrollo? Perché quando si trattava di Naruto ritornavo sempre la timida e impacciata Hinata? E perché proprio ora che serviva il mio aiuto?
Cercai di abbandonare tutti quei cupi pensieri e riaprii gli occhi. Mi chinai su di lui.
“Naruto!” provai a scuoterlo un po’
Questo sembrò riprendersi un po’ e mi guardò con occhi appannati.
“Hinata”
Spalancai gli occhi.
Come poteva avermi riconosciuta? Avevo la maschera addosso.
Vidi che richiudeva gli occhi e sprofondava nuovamente nell’incoscienza.
Rimasi ferma un po’, finchè non riuscii a riscuotermi.
Dovevo sbrigarmi, le domande avrebbero aspettato.
Gli presi le braccia e me lo misi sopra la schiena portandomi davanti al viso le sue mani, ma così non potevo più prendere la bambina.
Con una mano riuscii a togliermi la maschera di nuovo.
“Ehi, che ne dici di darmi una mano?”
La piccolina annuì convinta.
“Hai presente i koala?”
Lei annuì di nuovo più incerta questa volta.
“Bene, allora tu adesso farai come loro e ti attaccherai a me. Perché non posso tenerti altrimenti cadrà lui. Ma siccome tu sei sveglia puoi farlo, giusto?”
La bambina annuì per la terza volta.
“Bene allora adesso vieni qui”.
Mi abbassai e lei fece proprio come le avevo detto. Mise le manine attorno al mio collo e le gambe attorno ai miei fianchi e si strinse forte.
Mi avvicinai verso la finestra della stanza e notai con piacere che dava sul cortile dov’era radunata tutta la gente all’esterno. Almeno così se mi fossi fatta del male cadendo ci sarebbe stato qualcuno pronto a soccorrerli.
Diedi un calcio al vetro e pregai perché non ci fosse nessuno proprio lì sotto.
Poi presi lo slancio e saltai fuori dalla finestra.
Tenni Naruto più stretto che potei e sentii anche la bambina stringere di più e affondare il viso nel mio collo quando sentì la mancanza di terreno sotto i piedi e ci trovammo in caduta libera.
Atterrai con le punte dei piedi e cercai di piegare più possibile le ginocchia per ammortizzare l’impatto.
Poi mi alzai in piedi.
Mi volle qualche secondo per realizzare di averli portati in salvo, entrambi. In seguito sentii qualcuno cercare di togliermi la bambina di dosso ma questa si era ancorata al mio corpo.
“Ehi piccola, va tutto bene adesso” la tranquillizzai e questa finalmente mi lasciò andare.
Venne subito accolta dalle braccia della madre che la strinse forte a sé, continuando a sussurrarle qualcosa all’orecchio.
“Grazie” mi voltai vedendo che adesso la donna si stava rivolgendo a me e i suoi occhi brillavano di sollievo. “Sapevo che non eri come tutti ti presentano alla televisione. Hai mantenuto la promessa e hai salvato mia figlia. Non lo dimenticherò” poi se ne andò.
Rimasi un po’ scossa, ma non capii fino in fondo quello che volesse dire.
Nel frattempo sentivo ancora il peso del ragazzo sulle mie spalle. Un vigile del fuoco mi venne incontro.
“C-come hai fatto?” sembrava sconcertato.
“Non importa, per favore chiamate un’ambulanza o qualcuno che lo possa aiutare, ha una ferita alla testa”
“Si certo di qua ci sono i soccorsi, sono appena arrivati. Se vuoi posso tenerlo io se ti affatica”.
“No, grazie, ce la faccio lo stesso”. Non mi sarei allontanata da lui, finchè non mi avrebbero detto se stava bene.
Lo portai dove c’erano i soccorritori che mi vennero subito incontro e lo appoggiai su una barella.
Vidi alcuni infermieri girargli attorno e valutarne le condizioni, poi decisero di portarlo in ospedale il prima possibile.
“C-come sta?”
Cercai l’attenzione di una infermiera dai corti capelli neri.
“Vede, ha parecchie bruciature e il colpo alla testa è abbastanza profondo. Inoltre non sappiamo quanto fumo abbia inalato e il fatto che non abbia ancora ripreso conoscenza ci preoccupa. E’ meglio se lo portiamo al più presto al pronto soccorso”.
Abbassai la testa sconfortata.
“Lei lo conosce?”
“Si”
“Sa per caso se c’è qualche famigliare che dobbiamo contattare?”
Ci pensai su e mi resi conto che non volevo che una sconosciuta avvisasse Jiraya e Tsunade.
“Non si preoccupi, lo farò io”.
“Lo immaginavo” la ragazza mi sorrise poi entrò nell’ambulanza e sparì a sirene spiegate.
Mi guardai attorno e mi accorsi solo allora che tutti mi guardavano.
Da quando ero uscita avevano seguito ogni mio passo e potevo vedere molte facce stupite ma anche impaurite, ma non mi importava.
Ero stanca del giudizio negativo delle persone. Mi voltai e cominciai a correre.
Quando arrivai ad un vicolo stretto tra due case e buio mi tolsi la maschera.
Non me n’ero accorta ma si era rovinata in alcuni punti.
La lasciai dentro un cassonetto dell’immondizia lì vicino e poi mi avviai verso la casa di Naruto.
Suonai il campanello e dovetti aspettare un bel po’ prima che uno spettinato Jiraya venisse ad aprirmi. In fondo era quasi mezzanotte.
“E-ehm salve, tu saresti?”
“Hinata Hyuga, mi scusi davvero per l’orario ma riguarda Naruto!” cercai di fargli capire che era urgente. Lui spalancò gli occhi e sembrò leggere la paura che ancora non ero riuscita a nascondere nei miei occhi.
“Tsunade!” si voltò e chiamò la moglie. “Nel frattempo vieni pure dentro” mi sorrise.”Naruto sta bene?” lo guardai per un secondo negli occhi e poi non ressi più. Le lacrime scorrevano senza controllo. Non riuscivo a togliere il pensiero che fosse anche colpa mia, che avrei dovuto trovarmi lì prima, per impedirgli di fare sciocchezze.
“Cosa sta succedendo?” apparve Tsunade in vestaglia da notte e l’aria assonnata.
“Hinata, per favore dicci cos’è successo”.
Li guardai entrambi e poi raccontai. Dissi che mi trovavo per caso nei paraggi e che visto l’incendio mi ero fermata curiosa e avevo chiesto cos’era successo. Poi raccontai di Naruto che si era lanciato in un’impresa più grande di lui e di quello che mi aveva detto l’infermiera. Non era la versione originale, ma sarebbe bastata.
Ci fu silenzio e pensai che stessero elaborando il tutto.
“Grazie Hinata, sei stata gentile a venircelo a dire di persona” poi Jiraya si voltò verso Tsunade e si guardarono negli occhi.
“Si, andiamo in ospedale” rispose lei alla domanda muta del marito.
Mi alzai dalla sedia in cui mi avevano fatto sedere e poi li salutai lasciandogli il loro spazio e scusandomi di aver portato delle brutte notizie.
Ritornai a casa e mi accorsi solo allora di essere andata dai due ancora vestita di nero, ma me ne infischiai. Avevo solo un pensiero in testa.

Ti prego Naruto, fa in modo di stare bene!






Salve gente!!!
Eccomi con il nuovo capitolo.
Naruto non se la sta passando bene e Hinata è un po' in pensiero...
mi sa che aggiugerò il prossimo capitolo un po' tardi... :(
nel frattempo recensite mi raccomando!!!
Holaaa
Linduz94 

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Capitolo 9
*** ...Finalmente sollevata... ***



FINALMENTE SOLLEVATA






Camminavo a passo spedito per quei corridoi bianchi tutti uguali.
La donna all’entrata mi aveva indicato qual era la stanza che stavo cercando eppure mi trovavo sempre disorientata lì dentro.
Passai oltre ad altre tre stanze senza fermarmi.
Avevo paura di ciò che avrei potuto trovare lì dove stavo andando.
Il dubbio che le cose potessero essere peggiori di ciò che immaginavo si faceva sentire, ma dopotutto stavamo sempre parlando di lui no? Non poteva andare male la situazione.
Strinsi di più il mazzo di fiori che tenevo in mano. Gigli bianchi e tulipani gialli. Mi era piaciuta particolarmente la confezione e il giallo di quei petali mi aveva ricordato moltissimo lui.
Arrivai di fronte alla porta che dovevo raggiungere e mi fermai qualche secondo.
Ormai avevo deciso, non potevo tornare indietro. Tutto quel tempo trascorso cercando di evitarlo e osservandolo da lontano stava andando a farsi friggere, ma non poteva fregarmene di meno.
Presi un profondo respiro e aprii la porta lentamente.
La stanza candida conteneva due letti alla mia destra.
Il più vicino era vuoto, mentre quello vicino alle grandi vetrate delle finestre era occupato da una persona.
Non filtrava molta luce nonostante fosse pieno pomeriggio a causa delle pesanti nuvole che coprivano il cielo.
Avanzai silenziosamente, come ormai ero abituata a fare e lo raggiunsi.
Dormiva.
Teneva gli occhi chiusi sugli splendidi zaffiri e i folti capelli color del grano erano costretti in una fasciatura; nonostante molti ciuffi ribelli spuntassero sembravano spenti, in quella pallida luce di inizio dicembre.
Il petto gli si alzava e abbassava lentamente, assecondando il respiro e le mani erano appoggiate sopra le coperte; una era fasciata.
Era una visione davvero spettacolare. Sarei rimasta lì immobile ad osservarlo per ore; e forse per qualche minuto stetti lì davvero così, senza muovermi, ma mi riscossi troppo presto per i miei gusti.
Appoggiai i fiori sopra al comodino che stava accanto al letto e mi volsi per andarmene.
Sarei tornata il giorno dopo, magari lo avrei trovato sveglio, ma per ora mi bastava averlo visto anche così. Almeno ero sicura che stesse bene.
“Non andartene” mi fermai di fronte alla porta con la mano appoggiata alla maniglia.”Hinata”
Mi voltai e incrociai l’azzurro di un cielo estivo. Mi stava guardando ancora sdraiato.
Tornai lentamente sui miei passi e mi sedetti su una sedia che stava accanto al letto osservandomi i piedi.
“Pensavo che non saresti mai venuta”. Spostai lo sguardo sui suoi occhi che, lo sapevo, non mi avevano mai lasciata. “E invece tu mi stupisci sempre”. Sorrise.
Risposi automaticamente con lo stesso sorriso.
“Come stai?”
Questa volta risi portandomi una mano alla bocca.
“Non sono io quella su un letto di ospedale”
“Ah già, è vero” trattenni un’ulteriore risata alla sua espressione imbambolata. Ma come faceva ad essere così, anche in momenti del genere? “Ma rispondimi lo stesso”
“Io sto bene” soprattutto ora, avrei voluto aggiungere.
Mi osservò negli occhi, come a cercare una traccia di bugia.
“Tu piuttosto? Che cos’hai combinato?” indirizzai il discorso in un’altra direzione.
“Beh niente di che, una delle mie solite stupidaggini” si puntò sui gomiti e si tirò su a sedere.
“Cosa ti hanno detto i dottori?”
“Hanno detto che le ferite non sono molto gravi e che guariranno presto, quella alla testa ci metterà un po’ di più e avrò per un po’ di tempo mal di testa continui, ed avevano proprio ragione, cavoli! Poi hanno detto che mi terranno in osservazione per qualche giorno” si portò una mano alla fasciatura in testa e fece una smorfia di dolore.
Sentii un enorme peso sollevarsi dallo stomaco e trattenni a stento un sospiro di sollievo.
“Li hai portati tu?” mi indicò i fiori.
“Si beh spero ti piacciano, n-non sapevo cosa portati a-altrimenti” rieccola la solita Hinata che fuoriusciva automaticamente ad ogni sorriso del biondo.
“No sono davvero favolosi Hinata! Ma comunque non devi preoccuparti, mi basta che tu venga a trovarmi, non mi serve altro!”
Arrossii di botto e chinai la testa verso il basso.
Avrebbero dovuto impedire che facesse certi complimenti o certi sorrisi altrimenti non avrei raggiunto i vent’anni viva e vegeta.
Continuai a fissarmi i piedi mentre lui annusava i fiori e faceva altri commenti sui loro colori.
“Hinata?”
“Si?” alzai la testa e lo guardai in attesa di cosa volesse dirmi. Lui continuava a fissare il mazzo, che ancora teneva in mano.
“Io devo chiederti scusa”.
Subito mi ritornò alla mente la notte di Halloween e scossi la testa energicamente.
“Io-“
“Non importa!” lo interruppi decisa fissandomi le mani. “Non è importante davvero!”.
Mi fissò interrogativo per un po’.
Mi alzai in piedi. Dovevo andarmene, non volevo rivivere il tutto.
“F-forse è meglio che io vada.”
“No, per favore, non andartene. Devo dirti una cosa importante”
Mi avviai imperterrita verso la porta.
“Allora ti seguo” mi bloccai di nuovo con la mano sulla maniglia e mi voltai a guardarlo.
Stava scostando le coperte e aveva appoggiato un piede per terra.
“Che cosa stai facendo?” ritornai verso di lui. “Fermati subito” piantonai i piedi di fronte a lui con le mani sui fianchi.
Mi guardò con aria di sfida.
“Altrimenti? Credi di potermi fermare?”
Risi, certo che l’avrei fermato, ma poi mi trattenni, lui non sapeva della mia forza.
“Certo che ti posso fermare”.
Gli infilai le mani sui fianchi e gli feci il solletico.
“Ahahah fermaaa!!! Ok ok …torno subito a letto!!!”.
Mi bloccai stupita, davvero avevo appena fatto il solletico a Naruto? Mi era sembrato così naturale fare di tutto per fermarlo che anche con una vicinanza così non mi ero sentita a disagio.
Stare con lui mi faceva bene, ma lo avevo sempre saputo.
“Però tu rimani!” mi guardò supplichevole.
Lo guardai per qualche secondo e poi osservai il cielo fuori, cominciava a fare buio e mio padre mi aspettava a casa.
“Credo di dovermene andare davvero”
 “Ah…prima però posso finire il discorso?”
Annuii avvicinandomi.
Si guardò attorno, come se cercasse le parole giuste.
“Vedi, innanzitutto devo scusarmi per aver provato a darti un bacio quella sera ad Halloween”
Ecco lo sapevo, se n’era pentito. Lo sapevo che non dovevo rimanere ad ascoltare.
“I-io non so cosa mi è preso, credo di aver agito d’istinto, scusami davvero, poi te ne sei andata e pensavo di averti fatto stare male così non ho avuto il coraggio di parlarti per tutto il resto della serata e poi è arrivata Sakura mi si è fiondata addosso e io come un allocco mi sono lasciato andare perché… beh non lo so perché… lei mi è sempre piaciuta, fin da quando eravamo bambini e credo di aver approfittato del momento” si guardò le mani strette in grembo. Si lo sapevo che era sempre stato infatuato di Sakura, eppure forse dentro di me non avevo mai abbandonato la speranza che si accorgesse della mia esistenza. “Poi ho visto che tu avevi assistito a tutta la scena e mi sono sentito uno stupido, perché oltre che ad averci provato con te, ti avevo anche dato l’impressione di essere uno che va con tutte, ma voglio che tu sappia che io non sono così! Non ti ho più cercata in parte perché credevo tu non volessi più vedermi, in parte perché mi vergognavo troppo per la figura che avevo fatto” Potevo concordare perché l’avevo evitato apposta per tutto quel tempo. “Infatti non sei più venuta a ballare e questo mi ha dato la conferma di aver fatto una cavolata, perfino Sasuke mi ha detto che sono stato un idiota” Sorrisi, Sasuke, il suo migliore amico tenebroso e all’apparenza menefreghista. “Però ecco… Anche mentre svenivo in mezzo alle fiamme, ieri, ti ho vista. Avevo così tanta paura di morire senza averti detto niente di quello che pensavo che credo mi sia apparso il tuo viso.” Ora si teneva la testa tra le mani. Finalmente però si spiegava il perché aveva detto il mio nome in quel momento. “E’ tutta oggi che penso che devo parlarti, perché non voglio che succeda un’altra cosa simile senza averti detto tutto. Speravo venissi a trovarmi, altrimenti sarei scappato dall’ospedale per venirti a cercare.” Ora aveva alzato il viso verso il mio e mi sorrideva. “Io davvero sto bene in tua compagnia Hinata. Però, non voglio che tu stia vicino a me solo perché ti faccio pena o perché ti senti in colpa. Vorrei solo esserti amico e voglio poterti conoscere di più. Giuro che se non vorrai lo capirò, dopo tutti i casini che ho combinato, ma ti prego dammi questa possibilità!”.
Abbassai il capo e mi guardai le mani.
Come posso farti capire che non sei tu che devi scusarti? Che sono stata io la sciocca a farmi coinvolgere troppo dalla situazione? Come posso dirti che ti ho già perdonato?
“Ora ti lascio andare, non vorrei che ti prendessi una sgridata solo perché ti ho trattenuto troppo”.
Annuii e mi allontanai da lui dirigendomi verso la porta.
“Se per caso decidessi di perdonarmi… Beh, io sono qui.”
Mi chiusi la porta alle spalle con una forte sensazione di colpevolezza.
Perché non riuscivo a dirgli la verità?
 
La mattinata successiva a scuola passò lentamente, ormai tutti i professori, inclusa Kurenai avevano saputo del mio sblocco e ne approfittavano per recuperare i miei voti orali, quindi ero costantemente sotto pressione.
Mio padre aveva saputo di questo cambiamento e, infatti, avevo notato che in mia presenza rimaneva stranamente in silenzio, un silenzio quasi di rispetto oserei dire.
Il professor Kabuto continuava a riempirmi di complimenti dato che avevo iniziato anche ad intervenire durante le lezioni.
Uscita da scuola con Tenten ci avviamo verso casa.
“Hai sentito di Naruto?” mi chiese improvvisamente.
“Si, sono andata a trovarlo ieri”.
Si voltò meccanicamente verso di me.
“E  n-o-n  m-i  h-a-i  d-e-t-t-o  n-i-e-n-t-e??” rispose a mo’ di robot.
“Beh è stata una decisione improvvisa e non era poi cos’ importante”
“Non era poi così importante? Hinata!! “ questa volta mi guardava sconvolta.
Poi le raccontai cos’era successo.
Si mise una mano sotto il mento con fare pensieroso.
“Evidentemente ha capito di aver sbagliato. Ma tu? Cos’hai intenzione di fare?”
Mi guardai le mani e sospirai.
“Non ne ho idea”
“Io credo invece che tu un’idea ce l’abbia precisa, solo che non hai abbastanza coraggio”
Arrossii di botto e guardai da un’altra parte.
“Eddai Hinata! Tu sei innamorata di lui da chissà quanto e adesso hai la possibilità di passarci più tempo  assieme e di mostrargli che persona splendida sei! Non puoi farti fermare da qualche tipo di paura irrazionale!”
Mi aveva sbarrato la strada e teneva i pugni piantati nei fianchi.
“Siamo intesi?”
“S-si”
“Bene, allora andiamo in ospedale!”
“C-che? No no no no!!!”
“Si, subito!”
Mi prese sottobraccio e mi condusse fino all’enorme edificio.
Arrivammo fino al piano dov’era ricoverato Naruto e finalmente lasciò la presa.
“Ok, io vado da mio fratello, poi verrò a prenderti così passo a salutare Naruto. Tu invece andrai subito da lui finchè non arrivo. Siamo intesi??”
Annuii impaurita dal tono di comando che aveva usato e poi la guardai allontanarsi.
Sospirai rassegnata e mi avviai per il corridoio candido.
Aprii la porta timorosa, ma con mia sorpresa non c’era nessuno nel letto disfatto.
Forse era andato ai servizi.
Mi avvicinai e sistemai i fiori che avevo portato ieri. Stavano già appassendo. Mi avvicinai alla finestra e osservai il viavai veloce delle persone sottostanti.
Cosa gli avrei detto? Era ovvio che lo avevo perdonato, ma avrei dovuto anche dirgli cosa provavo per lui?
Questo era fuori discussione.
Sentii qualcuno parlare e mi voltai appena si aprì la porta.
Tsunade stava rimproverando Naruto per qualcosa mentre Jiraya dietro se la rideva di gusto.
Notai che il ragazzo aveva addosso un pigiama arancione e arrossii leggermente.
Si interruppero tutti e tre quando mi videro.
“B-buongiorno”.
“Hinata! Sono felice di vederti!” mi salutò con calore Jiraya.
“Anche a me fa piacere rincontrarti” Tsunade mi sorrise e solo allora mi accorsi che aveva un camice da dottore attorno. Evidentemente lavorava lì.
“Ciao, Hinata” Naruto mi osservò con uno sguardo strano. Forse si stava chiedendo che decisione avessi preso.
“Beh, magari noi torniamo più tardi, così facciamo qualche chiacchiera. Nel frattempo togliamo il disturbo” la donna sembrò capire la situazione e prendendo Jiraya sottobraccio uscì dalla stanza.
“Ehi!” fu l’unica esclamazione che riuscii a sentire da parte dell’uomo prima che la porta si chiudesse.
Nel frattempo Naruto mi si era avvicinato e si mise a guardare fuori, come avevo fatto io prima.
“Scusali. Loro sono sempre così” sembrava in imbarazzo.
Distolsi lo sguardo da lui e osservai un’anziana signora giù, che stava attraversando la strada.
“Sono simpatici. Danno una sensazione di calore” mi guardò qualche istante e poi ritornò a rivolgere la sua attenzione alla strada.
“Si”
Stava aspettando una mia parola, o una mia affermazione per capire cosa avevo deciso.
“I fiori stanno appassendo” vidi che aveva spostato nuovamente lo sguardo verso il mio viso.”D-domani potrei portarti un mazzo nuovo.. S-sempre se ti sono piaciuti”.
Vidi che sorrideva e quella piega di preoccupazione che aveva preso il suo viso era scomparsa.
Mi voltai a guardarlo a mia volta. Ero riuscita a fargli capire che non gli sarei stata lontana.
“Mi farebbe davvero piacere”.
Brava, Hinata.
Mi chiese com’era andata la giornata e gli raccontai delle lezioni noiose, come tutte le volte e di quanto il professore di ginnastica, Gai Maito, ci avesse sfiancato con tutti quei giri di corsa attorno alla scuola. Poi toccò a lui raccontare e si lamentò delle minestrine dell’ospedale che Tsunade lo costringeva a mangiare, che non soddisfavano minimamente il suo enorme appetito, così mi ricordai che a merenda non avevo toccato il mio panino perché dovevo ripassare una materia importante e subito lo presi dallo zaino.
“S-se vuoi puoi mangiare questo” glielo porsi non senza tremare leggermente.
“Hinata davvero me lo lasceresti mangiare?” aveva gli occhi che luccicavano.
“B-beh, tra poco devo tornare a casa a mangiare, quindi l’avrei buttato o dato a mia sorella, m-ma a lei posso farne u-un altro.” Sorrisi.
“Hinata! Tu sei la persona più fantastica che conosca!!” mi abbracciò felice e dovetti controllarmi per non svenire anche se il mio colore era ormai quello di un pomodoro.
Mi sentii avvolta da quelle braccia così grandi e circondata dal suo calore e dal suo profumo.
Per un breve istante chiusi gli occhi e poi a malincuore dovetti staccarmi da lui.
Mentre mangiava continuava a parlare di qualsiasi cosa gli venisse in mente.
Di un’infermiera rompiscatole che lo svegliava sempre con il suo continuo chiacchiericcio, di una vecchietta che a volte trovava per i corridoi che lo scambiava per un infermiere chiedendogli se l’accompagnava al bagno…
Tutti aneddoti divertenti che mi portavano sempre a ridere, a volte persino fino alle lacrime, e lui si divertiva a guardarmi mentre cercavo di restare il più composta possibile, ma irrimediabilmente portavo le mani alla pancia e mi piegavo in due dalle risate.
“Hinata era favoloso il panino!”
“G-grazie” trattenni un’altra risata mentre mi asciugavo le lacrime.
“Davvero! Se cucini anche le altre cose buone così ti sposerei subito!”
Arrossii di botto mentre prendevo la carta del panino e la buttavo nel cestino con le briciole.
Per fortuna in quel momento entrarono Jiraya e Tsunade nella stanza, così mi evitai balbettamenti inutili.
“Speriamo di non aver interrotto niente” Jiraya gongolava.
“Zio, non farti idee strane”
“Beh, sarei felice di vederla girare per casa ogni tanto, è così gentile questa ragazza! E poi se non fosse stato per lei chissà quando avremmo saputo che eri in ospedale”
“In che senso cosa c’entra Hinata?” Naruto si voltò a guardarmi confuso.
“Beh è stata lei a venire a casa nostra quella sera e ad avvisarci” Tsunade si sedette sul bordo del letto del ragazzo mentre parlava. “Le siamo molto riconoscenti”
Arrossii guardando da un’altra parte, non ero abituata a tutti quei complimenti.
“Ma tu non eri…”Naruto venne interrotto da qualcuno che aprì la porta, Tenten.
“Ciao Naruto!Finalmente ho trovato la tua stanza in questo labirinto! Come stai?”
Sospirai di sollievo, forse Naruto stava dicendo di non avermi visto tra la folla, e questo sarebbe stato un problema, perché la mia versione non avrebbe retto con quella che avevo raccontato a Jiraya e Tsunade.
Restammo lì ancora un po’ e poi io e Tenten tornammo a casa, lasciando la famiglia in tranquillità.
Finalmente mi ero tolta un peso e finalmente avevo la possibilità di passare più tempo con Naruto.
Lentamente le cose si stavano sistemando.





Ecco il nuovo capitolo...
finalmente le cose si stanno sistemando per Hinata e finalmente si sta avvicinando al nostro biondino!! Yeeeeeeeeeaaaahh!!
Tsunade e Jiraya sono i migliori e senza Tenten cosa farebbe la nostra protagonista??
Ditemi cosa ne pensate e recensite mi raccomandooo!!!
Holaaa
Linduz94 :)

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Capitolo 10
*** ...Solo amicizia?... ***


SOLO AMICIZIA?






Correvo veloce sotto la luna piena come tutte le sere ormai.
Passavo di tetto in tetto controllando che tutto fosse a posto, seguendo anche le indicazioni della radiolina che ormai era diventata una parte di me, e nel frattempo pensavo e rivivevo tutti gli ultimi episodi.
Erano passati mesi ormai da quando Naruto era stato dimesso dall’ospedale.
Ero andata a trovarlo tutti i giorni e gli avevo portato qualche volta un mazzo di fiori freschi, oltre che all’immancabile piccolo pasto che gli passavo sottobanco quando Tsunade non c’era.
Quando venne dimesso ricominciò subito ad allenarsi per le partite di basket, nonostante i dottori glielo avessero sconsigliato, e io andavo a vederlo quasi sempre. L’unica differenza era che adesso lui sapeva che lo guardavo e non mi nascondevo più in un angolo.
Ad assistere alle partite c’erano sempre anche Ino e Sakura, entrambe che tifavano per i loro idoli: Sasuke e Shikamaru. Quest’ultimo era capitano della squadra e devo ammettere che aveva una mente davvero brillante.
Nella tifoseria c’era anche Choji, l’avevo visto molte volte ma non ci avevo mai parlato assieme. Feci subito amicizia con lui, era davvero un ragazzo gentile. Scoprii che, nonostante la sua passione per il cibo fosse enorme, anche il basket gli piaceva, ma solo quando si trattava di andare a vedere le partite dei suoi amici.
Ad alcune partite vennero a fare il tifo anche Temari, Matsuri e Karin.
La prima diceva di venire ad assistere solo per fare il tifo ai due fratelli, Kankuro e Gaara, anche se notai stupita che, invece di guardare loro si concentrava più sul capitano. Matsuri invece era davvero cotta del rosso. Continuava a guardare il fratello minore di Temari e arrossiva ogni volta che lui le rivolgeva la parola. Non avrei mai immaginato che un tipo freddo come Gaara potesse far strage di cuori.
Karin da parte sua diceva di venire perché era costretta, ma tutti sapevamo che sotto sotto tra lei e Suigetsu, il tipo dall’aria furba e i capelli argentati nella squadra, c’era qualcosa.
Per quando mi riguardava invece, venivo perché Naruto mi invitava sempre a vederlo e soprattutto perché ero cotta di lui.
Mi riempiva d’orgoglio guardarlo mentre faceva vincere la sua squadra, era davvero bravo, ma soprattutto era quello che teneva uniti tutti i componenti.
Senza di lui non riuscivano a fare un buon gioco di squadra, perché avevano caratteri troppo diversi, eppure con lui tutti sembravano andare d’accordo. Era la loro carta vincente, me l’aveva confessato Shikamaru una volta.
Facevano parte della squadra anche Kiba e Shino, ma con loro era diverso perché li conoscevo già dalle elementari. Notai che Kiba mi girava molto attorno negli ultimi tempi, ma non avrei mai potuto dargli corda, il mio cuore era sempre appartenuto ad un altro.
Scavalcai con un balzo un camino troppo sporgente e ripresi a correre sorridendo.
Mi ero appena ricordata dell’episodio del mio compleanno.
Avevo deciso di non fare festeggiamenti particolari. In fondo era appena trascorso il Natale e avevo già ricevuto abbastanza regali.
Nonostante a casa mia l’atmosfera natalizia non si percepisse particolarmente a causa dell’ostilità di mio padre riguardo ai festeggiamenti, era d’abitudine scambiarci dei regali tra mia sorella, Neji e me.
Ad Hanabi regalai una piastra per capelli, che sapevo le sarebbe servita, in cambio lei mi regalò un piccolo mp3, Neji invece mi aveva regalato un braccialettino in argento, mentre io un paio di guanti, dato che diceva di essere sempre senza.
Per me questo bastava, ed era sempre bastato in realtà, quando, invece, la sera del 27 dicembre si presentarono tutti i miei amici, nuovi e vecchi, alla porta di casa.
Ero arrossita vistosamente vista la sorpresa e il fatto che ero in pigiama.
Mi avevano colta totalmente impreparata.
Scoprii che era stata Tenten assieme ad Hanabi ad assicurarsi che il piano procedesse senza intoppi.
“Non si possono non festeggiare i 18 anni!” mi aveva urlato Tenten sopra il chiasso di tutta quella gente che mi faceva gli auguri.
C’erano proprio tutti, Tenten, Sakura, Ino, Temari, Matsuri, Karin, Kiba, Shino, Rock Lee, Shikamau, Choji, Suigetsu, Gaara, Kankuro, Jugo, Sasuke e naturalmente mio cugino Neji. C’erano tutti tranne uno.
“Ma dove cavolo è quello scansafatiche di Naruto?” Sakura aveva gli occhi che mandavano scintille.
“Aveva detto che sarebbe arrivato il prima possibile” borbottò Sasuke da un angolo.
“Appena arriverà mi sentirà!”
Sorrisi, sarebbe arrivato, lo sapevo, ma un po’ rimasi delusa dal fatto di non averlo visto subito tra gli altri, non ci eravamo nemmeno fatti gli auguri di Natale, perché era da un paio di giorni che non lo vedevo.
La mini festicciola era proseguita molto tranquillamente. Ero andata subito a cambiarmi e a mettermi qualcosa di decente addosso.
Nel frattempo la mia migliore amica aveva provveduto a tutto e quasi magicamente al mio ritorno vidi la tavola apparecchiata di tantissime prelibatezze, tra cui i miei favolosi biscottini alla cannella.
Erano ormai le dieci quando sentii suonare al campanello.
Tutti erano seduti a parlare e notai con piacere che Tenten e mio cugino stavano chiacchierando molto interessati. Chissà, magari tra quei due poteva nascere qualcosa.
Andai ad aprire e seppi già chi c’era dietro alla porta ma rimasi stupita di vedere un Naruto alquanto accaldato e senza fiato.
“C-ciao anf Hinata! Ti prego. Anf. Fammi entrare, per favore”.
Mi spostai di lato stupita e lui si fiondò dentro chiudendo la porta alle sue spalle. Si appoggiò al legno sfinito e si lasciò andare ad un sospiro.
“N-naruto, che è successo??”
“Scusami del ritardo davvero! Ma vedi, ho girato come un matto per trovare una fioreria aperta e quando l’ho trovata sono venuto subito alla festa, ma non trovavo più la casa! Allora ho suonato ad un po’ di porte ma in una ho trovato un cane davvero cattivo che mi ha inseguito fino a qui! E per fortuna che sono riuscito a trovare la tua casa! I fiori però…” mi mostrò un mazzo ormai irriconoscibile. I fiori erano stati completamente distrutti. “E’ il poco che sono riuscito a salvare dalle fauci di quella bestia.” Aveva uno sguardo davvero infelice.
“Non p-preoccuparti Naruto, L’importante è che sei arrivato sano e salvo t-tu” lo tranquillizzai con un sorriso.
“Hinata! Vieni che c’è il dolce!”sentii mia sorella chiamarmi dall’altra stanza e accompagnai Naruto dove c’erano gli altri.
“C’è anche Naruto?!”
“Dov’eri finito, razza di screanzato?!”
Non riuscii ad evitargli i rimproveri di Sakura, ma sapevo che ormai ci era abituato.
La festa proseguì con un po’ di grinta in più dopo l’arrivo di Naruto.Tutti chissà come ridevano a crepapelle e ascoltavano le avventure del biondino che si era piazzato in mezzo alla stanza a raccontare di quand’era all’ospedale.
Io le conoscevo già tutte ma risi ugualmente. Poi lui e Rock Lee vollero cantare una canzone in mio onore, ma il risultato non fu dei migliori così provocarono nuovamente l’ilarità generale.
Ormai si era fatto tardi e gli ospiti cominciarono ad andarsene per non disturbare il padrone di casa.
Rimanemmo Tenten, Naruto, Neji, Hanabi ed io.
“Buonanotte a tutti!”Esclamò la mia migliore amica.
Rispondemmo in coro, poi vidi che lanciava un’occhiata strana a Neji prima di andarsene.
“Vado a letto anche io”
“Buonanotte” lo vidi salire le scale che portavano alle camere.
“Sorellona io sono troppo stanca! Me ne vado a dormire! Buonanotte a tutti e due!”
“Buonanotte”Sussurrai appena, ma lei era già sparita.
Mi voltai verso Naruto e vidi che estraeva qualcosa dal portafoglio.
“Scusami, è un po’ piegato, ma volevo darti anche questo” presi il foglio e lo aprii lentamente. “L’ho fatto quand’ero all’ospedale e volevo dartelo senza che gli altri vedessero, quindi ho aspettato.”
Ero senza parole. Nel foglio era disegnata una figura bellissima e mi ci volle un po’ per capire che rappresentava proprio me. Tenevo la testa inclinata di lato e guardavo un punto lontano. Sorridevo un po’ ma il mio sguardo era piuttosto malinconico.
 “Solitamente non ritraggo mai le persone, non mi vengono bene, in genere faccio disegni astratti, ma con te mi è venuto spontaneo” 
“E’… è… davvero. E’ favoloso… io… non so cosa dire” davvero non avevo parole, era bellissimo quel ritratto.
“Credo che sia venuto così bene perché è bella la modella” mi sorrise e io avvampai improvvisamente. Non me lo aspettavo un complimento del genere.
“Auguri ancora Hinata” mi diede un bacio sulla guancia, lentamente, troppo vicino alle labbra. Per un momento credetti che mi avrebbe baciata davvero questa volta ma poi si scostò e se ne andò salutandomi.
Ricordavo ancora di come avevo avuto bisogno di appoggiarmi alla porta per non cadere lunga distesa per terra.
Mi appoggiai una mano sul cuore ricordando quando forte aveva battuto in quel momento.
Un leggero sorriso m’increspò le labbra e altri ricordi affiorarono.
La notte di capodanno Ino aveva organizzato una megafesta, come suo solito un evento a cui nessuno poteva mancare.
Inizialmente avevo passato la serata principalmente a fianco di Tenten, ma poi, non so come, era sparita.
L’avevo cercata dappertutto in quell’enorme edificio che di solito veniva affittato per feste come quella e alla fine l’avevo trovata con mio cugino in una situazione direi molto intima in uno dei vari corridoi.
Ero arrossita come un pomodoro al vederli avvinghiati e avevo deciso di allontanarmi il più silenziosamente possibile.
Ritornata all’enorme sala dove c’era “l’anima” della festa Kiba aveva cominciato a chiacchierare con me, vedendomi sola.
Eravamo seduti su alcuni divanetti che affiancavano la pista da ballo e lui continuava ad informarmi sul suo cane, Akamaru. Lo conoscevo da quando era un cucciolo e personalmente lo adoravo, per questo ascoltavo volentieri quello che mi diceva, anche se attenta continuavo a tenere d’occhio i movimenti del mio biondino preferito, che, stranamente, in quel momento mi stette molto alla larga.
Si trovava dall’altro lato della sala e ogni tanto guardava nella mia direzione, ma non si avvicinava mai. Chissà cosa gli passava per la testa.
Ad un tratto il dj fece partire un ballo molto conosciuto di gruppo e Ino e Sakura mi si pararono di fronte.
“Hinata!! Devi venire a mostrare come si balla questa canzone a tutti!”
Ino era perentoria come al solito.
“C-che? Perché io?”
“Perché la conosci perfettamente questa canzone e poi balli così bene!” Sakura fece un po’ più la diplomatica.
“M-ma io” dov’era Tenten quando serviva?? Ah si, con mio cugino.
“Niente storie, forza andiamo” mi presero quasi di peso.
“Kiba vieni anche tu?”
“Non se ne parla! Io non ballo”
Lo guardai quasi supplichevole, ma lui non sembrò capire la richiesta d’aiuto e così venni trascinata tra la folla.
“Dai Hinata facci vedere come si fa!” oddio che vergogna!
“M-ma Sakura non puoi insegnare tu agli altri come si balla? Anche tu la conosci”
“Si ma tu sei più brava, forza Hina!”
Non ce la potevo fare, troppa gente che mi guardava.
Non mi ricordavo neppure più i passi. Sperai con tutto il cuore che Naruto non mi stesse guardando.
“Scusate!” sentii una mano prendermi il braccio destro e venni trascinata via dagli sguardi troppo insistenti delle persone che mi circondavano.
“Fate largo, Hinata può insegnare solo a me!” mi sentii rinascere vedendo che il mio salvatore biondo mi aveva portato fuori dalla calca. Forse sapeva leggermi il pensiero.
“G-grazie davvero Naruto!”
“Figurati, avevo visto che eri leggermente in imbarazzo, però adesso devi insegnarmelo davvero questo ballo!”
Sorrisi. Per lui avrei anche raggiunto la luna se me l’avesse chiesto.
Gli spiegai bene i passi, ma era davvero un ballerino terribile.
Non riusciva proprio a coordinare i movimenti.
Inciampò qualche volta e più che ballare ridemmo, finchè la canzone non finì e restammo con nulla di fatto.
“Ah, mi sa che sono un caso disperato.”
“Ma no, puoi sempre migliorare”.
Ci sedemmo su uno dei divanetti e cominciammo a chiacchierare con qualche difficoltà a causa della musica alta.
Poi però arrivò Kiba ed interruppe quel momento.
“Ehi ragazzi stanno cominciando i fuochi! Hinata vieni a vederli con me?”.
Guardai il moro e poi mi voltai verso Naruto.
“B-beh andiamo tutti e tre no?”
“Non preoccuparti Hinata, vai a vederli con Kiba, io andrò a cercare quello scansafatiche di Sasuke” mi sorrise e se ne andò senza lasciarmi il tempo di protestare.
Seguii Kiba un po’ delusa e così ci mettemmo fuori ad osservare il cielo.
L’aria era davvero fredda e mi strinsi di più nel mio cappotto.
“Non preoccuparti per il freddo Hinata. Ti scaldo io!” prima che me ne rendessi conto il castano aveva già appoggiato un braccio attorno alle mie spalle e un altro davanti, all’altezza della vita.
Non mi piaceva questo contatto, era stato gentile si, ma non provavo niente per quel ragazzo e mi sentivo a disagio.
“N-non preoccuparti Kiba, sto bene”
Mi guardò con uno sguardo un po’ confuso.
“Sei sicura?”
“Certo”
Mi lasciò andare e leggermente mi rilassai.
I fuochi ancora non cominciavano e io iniziavo ad avere veramente freddo, in più il naso mi colava.
“S-scusa Kiba, vado a prendermi un fazzoletto”
Quasi scappai da lui e mi rifugiai all’interno dell’edificio domandandomi dove potessi aver lasciato la borsa.
Quando passai davanti all’enorme vetrata i fuochi cominciarono.
Mi fermai incantata a guardarli. Mi avevano sempre affascinata, forse perché mi facevano sentire piccola piccola, o semplicemente per la loro varietà di colori.
“Come mai non sei fuori?” incrociai degli occhi azzurri cielo.
“Cercavo la mia borsa”
“Ah”
Rimanemmo a fianco mentre guardavamo l’esterno, quasi ci sfioravamo.
Rabbrividii improvvisamente, forse perché stavo per prendermi un accidenti, o forse per la sua vicinanza.
“Hai freddo?”
“N-no no sto bene”
Mi guardò negli occhi.
“Beh mettiti questo comunque” vidi che si toglieva il giubbotto e me lo appoggiava sulle spalle. “Almeno sono sicuro che stai al caldo, qui dentro non tutte le stanze hanno il riscaldamento  e in questa fa parecchio freddo”.
Lo guardai stupita e addolcita.
“Grazie ancora, Naruto” possibile che fossi tanto fortunata? Abbassai leggermente la testa e annusai il suo profumo senza essere vista. Non avrei mai potuto stancarmi di un aroma così, mi veniva l’acquolina in bocca.
“Allora? Kiba ti ha mandato via?”
Risi affondando di più la testa nel suo giubbotto.
“Nono lui è stato gentilissimo, dovevo solo andarmi a prendere qualcosa”
“Quindi, lui… si insomma ti piace?”
Lo guardai stupita e poi scoppiai a ridere della sua finta espressione disinteressata.
“Siamo solo amici”
“Ah, ok”
“Tu invece non dovevi essere con Sasuke?”
“Ehm, si ma l’ho trovato occupato” vidi che sghignazzava e mi chiesi cosa volesse dire con quella frase.
”Ah comunque, buon anno nuovo Hinata!” mi si avvicinò e mi diede duebaci sulle guance, come da tradizione.
“Buon anno anche a te Naruto”.
Lo guardai qualche secondo ancora sperando che facesse qualcosa mentre tornavamo a concentrarci sullo spettacolo all’esterno.
Volevo che mi abbracciasse, volevo sentirlo vicino, volevo sentire le sue labbra contro le mie.
Ma non successe niente di tutto ciò.
Guardammo insieme fino alla fine i fuochi e poi raggiungemmo gli altri per scambiare gli auguri e la serata proseguì senza altri colpi di scena.
Fermai la mia corsa e mi accucciai sul tetto di una casa a me molto nota.
Chissà cosa stava facendo Naruto ora? Che stesse disegnando?.
Mi sporsi oltre il tetto per guardare la terrazzina giù.
“Ehi!”
Sobbalzai a quella voce e mi voltai di scatto.
Naruto era sopra il tetto, appoggiato alla canna del camino.
“Tu sei quella che gira a salvare la gente?”
Arretrai di scatto.
“Nono aspetta! Ci conosciamo per caso? Hai un che di famigliare”
Scossi la testa energicamente. Dovevo andarmene prima che mi riconoscesse.
“Beh io sono Naruto!”
Inchinai leggermente la testa. Se avessi parlato mi avrebbe riconosciuta di sicuro.
“Non preoccuparti per il fatto che sono sopra al tetto! Ci vengo sempre quando comincia a fare un po’ più caldo. Non sto cercando di suicidarmi o cose simili!”
Mi venne da ridere, era in grado di stabilire una conversazione anche con un alieno se fosse servito. Non aveva proprio paura di nessuno, che tipo!
Feci un cenno affermativo e poi mi voltai per andarmene.
“Beh, buon proseguimento allora, donna silenziosa”.
Presi lo slancio e saltai sul tetto vicino, scappando il più velocemente possibile.
Ma perché capitavano sempre a me?
Eppure era stato davvero un supplizio voltargli le spalle e non rispondergli. Sentii i battiti del mio cuore rallentare a mano a mano che mi allontanavo da lui.
Mentre correvo però non mi accorsi che una figura mi stava seguendo. 







Finalmente sono riuscita a postare il nuovo capitolo.
Allora se non si fosse capito sono passati alcuni mesi, e infatti il tempo comincia a farsi più caldo.
Capirete più avanti perchè ho fatto un'elissi così grande. Comunque ho voluto ricordare i momenti più interessanti del tempo saltato.
Beh, che dire, recensite in molti e fatemi sapere cosa pensate!!!
Holaaaa
Linduz94

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Capitolo 11
*** ...Iniziano ad apparire le crepe... ***


INIZIANO AD APPARIRE LE CREPE





Uscii da quella stanza tanto temuta con un’espressione leggermente ebete.
Non credevo ancora a tutto quello che stava succedendo, ma avevo solo la vaga idea che tutto fosse finito.
Sentii un peso enorme scivolarmi addosso e scomparire e mi sentii talmente leggera da credere quasi di stare sognando.
Era finita, finalmente.
Tanti anni passati a studiare e ora avrei potuto prendere in mano la mia vita e decidere cosa farne.
L’esame orale era andato davvero bene. Gli esami di maturità in genere erano andati bene. Eppure non avrei mai pensato di provare una sensazione di simile liberazione.
Fuori incontrai Tenten che mi aspettava impaziente.
“Allora?”
Le sorrisi, quasi incapace di parlare. Come se avessi utilizzato tutte le parole a mia disposizione in quella stanza.
“Brava Hinata!” mi abbracciò forte e insieme quasi ci mettemmo a saltare dalla gioia.
Lei aveva sostenuto l’esame orale il giorno prima, quindi in quel momento avevamo raggiunto il completo sollievo.
“Hinata” Il professor Kabuto si stava avvicinando a noi. Mi scostai dalla mia amica e salutai l’insegnante. “Complimenti, ero presente al tuo esame e devo dire che è stato davvero uno dei migliori a cui abbia mai assistito.”
“La ringrazio molto”
Mi sorrise.
“Bene, ora ti lascio festeggiare, ne hai tutto il diritto”
Lo vidi allontanarsi e pensai davvero che era stato uno dei professori migliori che avevo avuto in quegli anni. Era sempre stato gentile e disponibile. Appuntai mentalmente che un giorno avrei dovuto ringraziarlo davvero per il sostegno che mi aveva sempre dato.
In quel momento passò nello stesso corridoio la prof Kurenai.
Mi lanciò uno sguardo veloce, ma giurai di averla vista quasi sorridere. Caspita, credo fosse stata la prima volta che la vidi mostrare una parte di umanità.
Rabbrividii pensando che ero sollevata di non dover assistere più a nessuna lezione con lei.
Uscimmo da scuola appena potemmo e vidi che qualcuno mi stava aspettando al cancello.
Ebbi un tuffo al cuore, come ogni volta ormai.
Il biondo mi corse incontro e quando fu a pochi metri puntò lo sguardo fisso su di me.
Cercai di mascherare il mio sollievo per tenerlo il più possibile sulle spine, ma fu inutile. “Bravissimaaa!!” Era inutile che provassi a nascondergli cosa pensavo, lui scopriva sempre tutto solo guardandomi. Mi abbracciò forte e mi alzò da terra, facendomi girare per un po’.
Non riuscii ad evitare il rossore che mi invase, come sempre d’altronde. Nonostante passavo sempre più tempo con lui non riuscivo a non essere imbarazzata quando compiva questi suoi gesti spontanei. “Lo sapevo che ce l’avresti fatta, non avevo dubbi! Sei una secchiona!” ridemmo tutti e tre e poi ci avviammo verso l’esterno dell’edificio.
“Scusate ragazzi, ma avevo promesso a Neji che ci trovavamo in centro” Tenten si fermò e ci guardò quasi con aria colpevole.
“Non preoccuparti vai pure” le sorrisi.
“Sisi, tanto faremo una mega festa tra poco, quando tutti finiranno gli esami! Festeggeremo allora!” Naruto le rivolse il suo classico sorriso a trentadue denti.
“Grazie mille” la ragazza dagli chignon mi diede due baci sulle guance e poi si allontanò correndo in direzione opposta alla nostra.
Naruto e io riprendemmo a camminare tranquilli. Ultimamente era sempre così, ci ritrovavamo io e lui ad uscire. Tenten veniva sempre rapita da mio cugino, Sasuke e Sakura stavano insieme da un paio di mesi ormai e anche Shikamaru e Temari avevo scoperto che si erano avvicinati.
Ogni tanto ci trovavamo con Ino, Matsuri, Gaara, Choji, Karin e Suigetsu quando dovevamo uscire alla sera, ma molte volte mi capitava di passare del tempo da sola con Naruto.
Eravamo diventati davvero buoni amici, ma niente di più.
Lui mi aveva aiutato ad aprirmi al mondo e ad uscire più spesso invece che restare sempre segregata in casa, e mi aveva fatto capire che le persone che si possono incontrare all’esterno non sono così spaventose come ormai ero abituata a credere. Anche il mio difetto riguardante la balbuzie era quasi del tutto scomparsa. Quand’ero vicino a lui mi sentivo coraggiosa, al sicuro, così conobbi tante altre persone quando uscivamo.
Camminammo per un lungo tratto chiacchierando di com’era andato il mio esame e cosa mi avevano chiesto, poi ci fermammo in gelateria.
Lì facevano il miglior gelato di Konoha, era davvero cremoso e ti davano anche porzioni generose. L’unico problema era che risultava un po’ caro il prezzo.
Per me non c’erano problemi a pagare, ma non volevo mettere Naruto a disagio.
“Magari potremmo andare in un’altra gelateria” provai a dire fingendo che il problema fosse la lunga fila di persone che aspettava.
“Non se ne parla! Dopo il tuo esame ci vuole il gelato più buono per farti riprendere”
Gli sorrisi. Solo lui poteva essere così dolce.
Aspettammo per un bel pezzo e poi riuscimmo a prendere i gelati.
Naruto si avvicinò alla cassa con il suo enorme gelato in mano.
“Hinata, per favore puoi tenermelo un secondo?”
Mi passò l’enorme cono e feci attenzione a non farlo cadere.
“Paga insieme per lei e la sua ragazza?” chiese la donna dietro al bancone.
Arrossii come un pomodoro.
“Certo, pago anche per lei”
Spalancai gli occhi.
“No no, non è necessario!”
“Eddai Hinata, sennò che fidanzato sarei?”
Non potevo essere di un colorito più acceso.
Ci allontanammo gustando i nostri gelati, anche se non mi ero ancora del tutto raffreddata.
“Era giusto se pagavo io però” volli continuare la discussione.
“Ahaha, non se ne parla, quando usciamo non devi tirare fuori neanche un soldo e poi mi sono divertito troppo a vedere com’era convinta la gelataia del fatto che fossimo fidanzati”.
Oddio, forse avevo la febbre, perché continuavo ad arrossire così tanto?
“Beh, non che mi dispiaccia, sono orgoglioso che l’abbia pensato. Farei un figurone con una ragazza come te al mio fianco”.
Mi sciolsi come burro al sole e non ebbi il coraggio di replicare, avevo il cervello completamente fuso.
Ci dirigemmo verso il nostro parco preferito. Lì c’era una panchina che si affacciava su un dirupo al quale faceva da barriera uno spesso steccato il legno.
Ci sedemmo e ci godemmo lo spettacolo della boscaglia sottostante, finchè non assistemmo  anche al lento tramontare del sole.
“Finiti gli esami cosa farai?” Naruto doveva sostenere l’esame orale la settimana prossima, e nonostante questo sembrava molto rilassato.
“Beh in realtà mi piacerebbe diventare un pompiere. Sai, mi ispira l’idea di poter mettere a rischio la mia vita per salvare quella degli altri” si, come quella volta dell’incendio.
Lo guardai ammirata per qualche secondo.
“Ci vuole davvero tanto coraggio” sussurrai alzandomi e gettando nel cestino lì vicino la salviettina del gelato.
“Sai, è da quando c’è quella ragazza vestita di nero che gira a salvare la gente e a imporre giustizia che ci sto pensando” sussultai appena. “So che non tutti la vedono così e che molti la criticano, ma davvero, non sai quanto la ammiro, è come se mi avesse ispirato. Ho cercato di essere eroico anche io, sai, quella volta che mi sono buttato nelle fiamme per salvare la bambina” ricordavo benissimo quella sera e rabbrividii. “Però non ne sapevo niente di cosa fare e come comportarmi ed è un miracolo se sono ancora vivo” lo guardai per un istante. Il pensiero che avrei potuto perderlo quella sera era ancora molto vivo in me. Ma per fortuna lui era ancora qui, accanto a me. “Quindi il mio sogno è di poter essere davvero utile la prossima volta. So che per diventare un pompiere vero e proprio ci sono molti anni di addestramento, ma non m’importa, ce la metterò tutta.”
Mi guardava convinto con gli occhi azzurri che mandavano scintille.
“Ti vedrei bene a fare il pompiere. In effetti sei una persona molto altruista.” Gli sorrisi.
Mi alzai e mi avvicinai alla staccionata godendomi gli ultimi caldi raggi del sole.
Tutt’intorno ormai si era fatto di un colore aranciato e tutto sembrava stranamente tranquillo.
Mi ero allontanata da lui per non fargli vedere la preoccupazione che stava crescendo dentro la mia anima.
Pensare che avrei dovuto preoccuparmi ogni giorno, con il pensiero che forse non sarebbe tornato vivo dal suo lavoro mi faceva tremare, ma non potevo mostrargli la mia preoccupazione, dopotutto non ero né la sua fidanzata, né sua moglie.
Un’altra parte di me però era anche orgogliosa, avevo la fortuna di passare così tanti momenti con una persona speciale, coraggiosa ed enormemente altruista.
Sentii un’ondata del suo profumo invadermi e capii che si era alzato e si era avvicinato a me. Si appoggiò alla staccionata e guardò anche lui il paesaggio.
“Tu, invece, cosa vorresti fare ora che hai finito?”
Sospirai. C’era qualcosa che mi aveva sempre interessato, ma era un sogno troppo impossibile, soprattutto ora che la mia vita si era complicata.
“Mi piacerebbe moltissimo studiare psicologia e diventare una psicologa. Ascoltare gli altri mi è sempre piaciuto e anche l’idea di poter essere d’aiuto in qualche maniera mi piace. Un po’ come te.” Sorridemmo entrambi.
“Chissà, magari tra un po’ di tempo ci ritroveremo qui e festeggeremo il fatto di essere riusciti nei nostri propositi”
Annuii anche se poco convinta.
“Lo spero”
Lo spero davvero Naruto, non immagini quanto.
 
Mi appoggiai silenziosa alla parete e mi sporsi per vedere quante persone c’erano nella stanza e la loro posizione.
Cinque.
Due stavano controllando che nessuno entrasse mentre gli altri tre svuotavano le cassette.
Altri due li avevo stesi già all’entrata della banca mentre stavano facendo da palo.
Mi avvicinai silenziosa a quello più vicino che stava controllando che non arrivasse nessuno e lo stesi con un colpo alla testa.
Non riuscii però a non farmi vedere dall’altro.
“Attenti, è arrivata!”
Logico, sapevano che li avrei trovati e avrei cercato di neutralizzarli, eppure sottovalutavano ancora le mie capacità.
Prima che potesse dire ancora qualcosa lo colpii alla pancia con un pugno e questo si schiantò contro la parete opposta, quasi crepando la pietra.
Non ero riuscita a controllarmi di più, sperai di non avergli causato danni gravi e poi mi diressi verso gli altri tre che avevano già estratto le pistole.
Quando tutti e sette furono incoscienti li legai per bene ed uscii in fretta dall’edificio.
La polizia sarebbe arrivata a momenti e nonostante avessero cominciato a provare un leggero rispetto nei miei confronti ambivano ancora a catturarmi e a scoprire la mia identità.
Corsi in una viuzza tra due case ma arrestai di botto la mia corsa.
C’era qualcuno lì, e sembrava mi stesse aspettando.
“Bel lavoro, come sempre” la voce sembrava quella di una donna, eppure mi ricordava qualcuno.
“Chi sei?”
“Hinata Hyuga, giusto?” arretrai, come faceva a sapere il mio nome? “So tutto di te, della tua trasformazione sia fisica che mentale direi e so molto altro. Ti ho seguita e pedinata per molto tempo da quando vai in giro vestita in quel modo a tentare di salvare delle persone che nemmeno riconoscono il tuo aiuto.”
“Te lo ripeto, chi sei?”
Stette un attimo in silenzio prima di rispondere.
“Vuoi davvero sapere chi sono?”
Mantenni il silenzio, come ad affermare ciò che volevo da lei.
“Allora seguimi”
Si voltò e fece un balzo arrampicandosi finchè non arrivò al tetto di una delle abitazioni.
Chi diavolo era? E come faceva ad essere così agile? Che fosse come me?
La seguii di scatto, con una piccola speranza in fondo al cuore. In fondo quel tizio che mi aveva iniettato quel farmaco aveva detto che ero una dei pochi che avrebbe potuto sopravvivere. Questo significava quindi che ce n’erano altri come me.
Corsi più veloce e poco dopo si fermò in un vecchio cantiere ormai abbandonato, quasi in periferia della città.
“Qui possiamo parlare senza essere interrotte”. Vidi che si toglieva il pesante cappuccio che l’aveva coperta fino a quel momento e poi avanzò facendosi illuminare il viso da un raggio di luna.
Arretrai di scatto.
“L-lei…”
“Che c’è Hinata? Sei ritornata ai balbettii?”
La prof Kurenai mi stava guardando con un ghigno.
“M-ma come….?”
“Se hai un po’ di tempo da dedicarmi ti spiegherò tutto e ti dirò perché ho voluto contattarti” si sedette su un blocco di cemento e mi fece segno di fare altrettanto.
Annuii e mi sedetti rigida a qualche metro di distanza da lei.
“Vedi, la mia storia è abbastanza lunga e complicata.” Si accese una sigaretta e aspirò una lunga boccata. Da quando Kurenai fumava? ”Innanzitutto devi sapere che quei tizi che ti hanno iniettato il siero fanno parte di un’organizzazione chiamata Alba” mi feci più attenta. “Sono un’organizzazione un po’ strana, capitanata da qualcuno di cui non si conosce nemmeno il nome. Ne facevo parte anche io un bel po’ di tempo fa.” Sussultai. “Eppure non ho mai scoperto chi fosse il vero capo. Comunque, si occupano di varie cose, soprattutto traffici criminali e illegali. Tutti i componenti sono persone addestrate nella lotta corpo a corpo, per questo anche io sono molto agile, ma non abbiamo nessun potere strano come invece hai tu. Siamo solo degli abili assassini in caso di necessità” rabbrividii. “Oltre alla guardia ci sono anche delle persone esperte che si occupano di esperimenti vari, possiamo considerarle i cervelloni dell’organizzazione.
“Vedi, non molto tempo fa questi scienziati crearono un siero che poteva potenziare le capacità di ogni persona: aumentarne la forza, la velocità, la resistenza, rendere il ragionamento più fluido e la possibilità di utilizzare il cervello in una percentuale maggiore a quella che utilizziamo normalmente. Possiamo dire che volevano creare un superuomo.” Mi guardò, come ad evidenziare la mia condizione. “Però c’erano delle complicanze. Le cavie morivano, i loro cuori collassavano o il cervello non riusciva a farsi carico di tutte quelle informazioni tutte in un solo momento.”
La guardai un po’ spaventata.
“Cosa intende con ‘cavie’?”
“Persone, esseri umani ovviamente” Rimasi sconvolta. “Come dicevo il progetto comunque venne abbandonato, o così credevo fino a qualche mese fa. “
“Come mai lei non ne fa più parte?”
Mi rivolse un sorriso amaro.
“Avevo un compagno, si chiamava Asuma Sarutobi. Era anche lui nel corpo di guardia ed entrambi eravamo fedeli all’organizzazione, avremmo buttato la nostra vita per una missione. Sai, nonostante ogni giorno dovessimo voltare le spalle alla vita e trasformarci in esseri spietati non riuscimmo ad impedire che nascesse qualcos’altro tra di noi, qualcosa di più puro. Ci innamorammo e presto mi accorsi di aspettare un figlio da lui.” La guardai incredula per qualche istante. Aveva un figlio? “Appena lo dissi ad Asuma ci rendemmo conto che un figlio non avrebbe dovuto nascere in un posto simile, che non era quello che entrambi volevamo. Così tentammo di scappare.” La mia mente cercava di trovare un bel finale romantico a tutta quella storia, ma non ci riusciva. “Venimmo scoperti e lui si sacrificò per permetterci di scappare. Io e il mio bambino ancora in grembo. L’ultima cosa che sentii fu il suo grido disperato mentre chiamava il mio nome prima di essere ucciso.” Deglutii a fatica e osservai la donna che mi stava davanti. Aveva finito di fumare la sigaretta e ora l’aveva gettata per terra, pestandola con la scarpa. Era insanamente fredda la sua voce, come se fosse estranea a tutto quello che aveva raccontato.
“Nella fuga mi gettai da una finestra e la caduta comportò la perdita del bambino.”
Quindi non c’era nessun figlio, niente che le potesse almeno ricordare l’amore perduto.
“Non credere che, solo per il fatto che ti abbiano donato dei poteri nuovi siano delle brave persone, Hinata. La tua vita è appesa ad un filo. Ogni loro decisione può portare alla fine della tua vita. Lo capisci questo? Sei ancora viva solo  perché loro lo vogliono!”
Restai immobile, pietrificata al mio posto.
“Che cosa dovrei fare secondo lei?”
Rise sguaiatamente e poi si volse a guardarmi con una strana luce negli occhi.
“Dobbiamo distruggerli! Io ho tutte le informazioni che ci servono per scovare il loro nascondiglio e tu hai la forza necessaria per radere al suolo il loro quartier generale. Lo so che ti trattieni ogni volta che combatti, ti ho vista. Possiamo farcela se siamo insieme”
“Sta dicendo che dovremmo uccidere delle persone?”
“Che sarà mai qualche vita per la salvezza del mondo intero Hinata! Non ti perdere in questi dettagli.”
“N-no, non se ne parla, io non porrò fine alla vita di nessuno!”
“Sei una sciocca!” ora la donna si era alzata e mi sovrastava. “Credi davvero di essere ancora nel mondo dei sogni Hinata? Questa è la vita! Non esiste nessun lieto fine, non esistono principi o castelli incantati ma solo sopravvivere o essere sopraffatti dai più forti. Ma tu puoi cambiare tutto questo! Tu puoi sconfiggere chi ha distrutto milioni di vite innocenti e ti stai tirando indietro solo per uno stupido moto di coscienza?”
Mi sentivo debole, debole davvero in quel momento, come se tutta la mia forza mostruosa non bastasse per affrontare la situazione.
Quello che diceva era vero, avrei potuto porre fine a quelle persone che, come diceva lei, avevano fatto tanto del male, ma cosa sarebbe successo dopo?
Osservai quegli occhi rossi che mi scrutavano e notai la scintilla di pazzia che li invadeva.
Forse mi stavo facendo influenzare troppo. In fondo quei tipi a me non avevano fatto ancora niente di male, anzi, mi avevano mostrato la vera Hinata. Era grazie a loro se adesso avevo Naruto, se adesso potevo essere davvero utile.
No, c’era qualcosa che non andava nel ragionamento di Kurenai.
Mi alzai a mia volta.
“Mi dispiace, ma non credo di poterlo fare” mi voltai per andarmene ma lei mi bloccò per un braccio.
“Non puoi liquidarmi così! Sei la mia unica speranza!”
“Speranza per cosa? Per una sua assurda vendetta che porterà solo altra morte e distruzione? Se lo scordi! In lei vedo solo una pazza accecata dal dolore, non so nemmeno se fidarmi di quello che mi ha appena rivelato. Non si azzardi mai più ad avvicinarsi a me!”.
Corsi lontano cercando di allontanarmi il più possibile da quella figura rimasta ormai sola.
Mi sentii in colpa per essermi comportata così, ma cos’avrei potuto fare? Ormai non ero più sicura di niente.







Ciao a tutti!!
Finalmente sono riuscita a mettere giù questo capitolo!
Speravate che la figura che seguiva Hinata fosse qualcun'altro? E invece, ta daaan.. sorpresa! Mi dispiace aver affibbiato a Kurenai un passato simile, anche perchè è uno dei personaggi che stimo nell'anime, però mi serviva per rendere la sua voglia di distruggere l'organizzazione più forte.
Per quanto riguarda il momento Naruhina, mi piace moltissimo far impazzire Hinata!! Quindi comprendetemi...
Per il resto, domande o commenti vari fate pure aspetto recensioni!!
Holaaaa
Linduz94 

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Capitolo 12
*** ...Quasi per un soffio... ***


QUASI PER UN SOFFIO







Mi guardai allo specchio quasi timorosa di ciò che avrei potuto trovare.
Tenten andava alla festa accompagnata da Neji, mentre Sakura ci andava con Sasuke, quindi ero completamente in balia di Ino, la quale si era messa in testa di farmi diventare irresistibile per il biondino ormai noto.
Mi era ronzata attorno per circa tre quarti d’ora per mettermi trucco, vestiti e tutti gli accessori adatti, ma dovevo ammettere che il risultato non era affatto male.
Indossavo un vestitino bianco che mi arrivava poco sopra alle ginocchia, lasciando scoperte le gambe candide. Purtroppo però era senza spalline, e la cosa che mi imbarazzava notevolmente, visto che così il mio petto veniva messo in evidenzia.
Non era proprio il caso, date le sue notevoli dimensioni, però Ino ebbe pietà di me e mi concesse di aggiungere sopra un coprispalle blu scuro.
Una fascia altrettanto blu mi cingeva sotto il seno e si chiudeva a fiocco dietro e ai piedi avevo scarpe dello stesso colore, con un tacco vertiginoso.
Fissai i miei capelli e mi accorsi solo allora che erano cresciuti notevolmente negli ultimi mesi. Forse li avevo trascurati troppo visto che ormai raggiungevano le spalle, ma comunque mi rimase una strana sensazione vedendo la loro lunghezza, di solito non crescevano così in fretta. Anche la frangia era diventata troppo lunga, tanto che la mia amica aveva impostato la riga a metà e diviso i capelli. Sembrava quasi avessi due tendine.
Ino si era anche prodigata a piastrarli accuratamente, così avevo un aspetto molto ordinato.
Per quanto riguarda il trucco ammisi che era stata proprio brava. Avevo un leggero velo d’azzurro sulle palpebre e i miei insoliti occhi color perla erano contornati dall’eyeliner nero e dalle ciglia allungate dal mascara.
Quasi quasi sembravo un’altra, ma ero comunque abbastanza sobria per mantenere il mio solito stile.
La ringraziai di cuore e mi specchiai un’ultima volta quasi per accertare di essere davvero io prima di dedicarci a lei.
 
Arrivammo alla festa in centro un po’ tardi.
Questo tipo di avvenimento si svolgeva ogni anno con l’occasione di festeggiare i maturandi dell’anno.
Date le elevate temperature si poteva stare all’esterno e tutta la piazza era gremita di bancarelle o piazzole dove giocolieri e artisti vari si esibivano.
Il tutto era gentilmente concesso dal sindaco di Konoha.
Cercammo con occhi attenti i nostri amici, mentre mi trascinavo dietro la mia borsa gigante bianca cercando di dare meno nell’occhio possibile. All’interno infatti avevo messo il mio costume. Non sapevo bene il perché, ma avevo una strana sensazione, quindi era meglio rimanere all’erta.
Sentii Ino urlare qualcosa tra la folla e la vidi sbracciarsi per farsi vedere da lontano.
“Vieni Hinata! Sono già tutti lì!”
Seguii la biondissima chioma della mia amica finchè non li raggiungemmo.
 “Ino, Hinata! Finalmente siete arrivate!” Tenten ci venne incontro. “Hinata ma sei stupenda!” arrossii imbarazzata.
Ci salutarono tutti e vidi Kiba guardarmi in modo strano. “Hinata devo ammettere che sei davvero uno schianto” mi si avvicinò per darmi un bacio sulla guancia, a mo’ di saluto e in quel momento si avvicinò anche Naruto.
“Ehilà Hinata!” Kiba si allontanò in fretta da me, come se gli scocciasse di essere stato interrotto e vidi Naruto esitare qualche secondo nel guardarmi. Evidentemente non mi aveva vista bene prima. “Beh… Ecco… Devo dire che sta sera sei ancora più bella del solito.” Sentii le guance imporporarsi ancora di più e mi portai le mani davanti al grembo, quasi a nascondermi, mentre lui si grattava la testa imbarazzato.
“G-grazie” guardai da un’altra parte pensando alla notevole differenza tra i commenti dei due ragazzi. Ma quando aveva parlato lui mi ero sentita veramente bella.
Restammo tutti assieme per un po’ chiacchierando degli esami ma anche di cose che non ci ricordassero la scuola.
Dopo un po’ però tutte le coppiette se ne andarono in giro, chi a guardare spettacoli, chi a fare una passeggiata tranquilla o chi preferiva allontanarsi da sguardi indiscreti per stare da soli.
Restammo in pochi lì fermi.
“Beh.. allora.. che ne dici? Andiamo a farci un giro?” annuii alla proposta di Naruto.
Prendemmo a camminare e ogni tanto mi persi a guardarlo.
Stava da dio vestito così. Jeans scuri e camicia bianca leggermente sbottonata, sembrava un angelo caduto dal cielo con quei capelli biondi sempre un po’ scompigliati.
Lo seguii mentre camminavamo tra la gente e si fermava ogni cinque minuti perché trovava qualcuno con cui chiacchierare.
Rimasi colpita dalla quantità di gente che conosceva. Sembrava quasi che tutti sapessero chi fosse, eppure non mi sentii mai in disparte quando lo fermavano. Ad ognuno di loro mi presentava con un sorriso e mi spiegava a sua volta chi erano. Per la maggior parte erano amici di famiglia o vicini, ma anche persone che aveva aiutato soprattutto in faccende domestiche o del giardino.  
Sorrisi pensando a come fosse altruista, sempre ad aiutare gli altri.
Ci fermammo anche ad alcune bancarelle e rimasi piacevolmente sorpresa quando volle a tutti i costi vincere un peluche per me.
“Tieni” mi offrì la graziosissima volpe arancione vinta e io la presi quasi adorante.
“Grazie Naruto, non dovevi”. Mi regalò uno dei suoi meravigliosi sorrisi e persi un battito.
Camminammo ancora un po’ e poi ritrovammo gli altri.
Kiba, Neji,Tenten, Matsuri e Gaara erano seduti a guardare verso la pista da ballo.
Mi guardai attorno e notai stupita che Temari era riuscita a trascinare Shikamaru in pista, non era cosa da tutti i giorni vederlo ballare e soprattutto la salsa!.
Anche Rock Lee si stava scatenando, ma nonostante l’assenza di una partner sembrava si stesse divertendo.
“Hinata!” vidi Kiba alzarsi e venirmi incontro. “ Dove ti eri cacciata? Ti ho cercato dappertutto. Ti va di venire a bere qualcosa con me?” Lo guardai stralunata. No, non ne avevo proprio voglia, volevo stare ancora con Naruto, non avrei voluto passare del tempo con nessun’altro ragazzo.
“Scusaci Kiba, ma Hinata mi aveva promesso appena due secondi fa di venire a ballare con me. Andrete più tardi” guardai ammirata il mio salvatore biondo mentre mi cingeva le spalle con un braccio e mi allontanava da un Kiba alquanto irritato.
“Ma Naruto” non sapevo come dirglielo senza offenderlo mentre ci immergevamo nella folla. “Tu… ecco… sai ballare la salsa?”
Il ragazzo scoppiò a ridere.
“Non è una novità che io sia una frana in queste cose. Tu la sai ballare?”.
Annuii ma rimasi alquanto sorpresa, cosa ci facevamo lì in mezzo se non avremmo ballato?
Si fermò proprio al centro di tutta la calca.
Attorno a me gli uomini facevano girare le donne al ritmo della musica sfrenata.
Li guardavo ammirata mentre si scatenavano con varie figure, alcune molto complesse; c’erano anche alcuni che invece si limitavano al passo base, ballando in tranquillità.
“Mmh… vediamo” osservai il biondo mentre si guardava attorno. “In teoria dovrei fare così” mi afferrò la mano destra con la sua e la portò all’altezza dei miei occhi, poi appoggiò la sua mano destra tra le mie scapole, il tutto provocò un improvviso avvicinamento dei nostri corpi, quasi lo sfioravo. Mi persi a guardare i suoi occhi, in quel momento talmente vicini che potevo vedere ogni pagliuzza e riuscivo a sentire la forte presenza della sua mano sulla schiena. Quasi rabbrividii al contatto.
Non mi ricordai nemmeno di arrossire, tanto ero presa da quel momento. Mi sembrava di essere in una bolla, dove tutti i suoni attorno a me erano attutiti e mi rendevo solo conto di essermi persa in quell’azzurro.
“Che ne dici?” tornai improvvisamente alla realtà sentendo la sua voce. “Ti va di ballare?”
Annuii istintivamente con il vago pensiero che con lui in realtà non sarei riuscita a ballare.
Premette leggermente con la mano sulla schiena e mi guidò al passo base.
“Ma Naruto, sai ballare la salsa?” ero stupita del fatto che non fosse ancora inciampato.
Per tutta risposta ricevetti un sorriso.
Sentii che mi guidava di lato e mi fece fare un giro.
“Sai, se avessi provato a farti ballare qualche mese fa, avrei fatto una figuraccia.” Lo guardai sospetta, chiedendomi cosa volesse dirmi. Nel frattempo continuavamo a ballare, non sbagliava un passo. “Ma mi sono deciso a seguire un corso veloce di balli latini americani e adesso sono il miglior ballerino con cui tu abbia mai danzato!”
Risi felice.
“E perché hai tanto voluto imparare?”
“Perché volevo vedere com’era ballare con te.” L’imporporarsi delle guance fu inevitabile. “Volevo provare il tuo mondo e poi questi balli mi piacciono, sono allegri”.
Un altro giro.
“E… c-com’è ballare .. c-con me?” per la prima volta distolsi lo sguardo da quei pezzi di cielo e fissai i bottoni della sua camicia.
Sentii che mi prendeva il mento tra le mani e riallacciò i suoi occhi ai miei.
“Non devi guardare in basso altrimenti non riusciamo a ballare bene” era una delle regole fondamentali in effetti. “Comunque non mi sono mai sentito così in pace e felice in vita mia”.
Sentivo ormai le orecchie scoppiare.
Mi fece girare un paio di volte ma in posizioni diverse. Le nostre braccia si incrociavano di continuo senza mai scontrarsi, poi mi riprese e annullò le distanze fra i nostri corpi.
Sarei potuto svenire a momenti, ero ad un soffio dalle sue labbra, con le mani appoggiate al suo petto e le gambe totalmente incollate alle sue.
Come diavolo riusciva ad avere un corpo così perfetto?!
“Hinata” mi soffiò sul viso e inspirai quel profumo così fresco, mi venne l’acquolina in bocca.”Mi potresti fare un favore?” Annuii inconsapevolmente. Avrebbe potuto chiedermi di tutto in quel momento, il mio cervello era in pausa. “ Se dopo Kiba ti chiede di andare via con lui…” lo guardai negli occhi, sembrava avesse un’espressione tormentata. “Non accettare” mi pregavano quei pezzi di cielo. “E resta con me”.
Ci eravamo fermati al centro della pista, eppure non mi importava, avevo quello che più desideravo al mondo a due centimetri di distanza.
E poi avvenne come d’istinto. Mi alzai leggermente di più sulle punte e appoggiai le mie labbra sulle sue. Calore, morbidezza.
Sentii che si era irrigidito improvvisamente, allora mi allontanai di scatto portando la mano alla bocca.
Cosa avevo fatto? Come avevo potuto lasciarmi andare così? E se adesso si fosse arrabbiato?
“Hinata” mi prese la mano e la scostò dal viso. Dovetti prendere tutto il coraggio di cui ero munita per riuscire a guardarlo negli occhi. Appoggiò l’altra mano sulla mia guancia e si avvicinò. “Non devi preoccuparti. Non stavo aspettando altro” Chiusi gli occhi quando sentii le sue labbra nuovamente sulle mie. Non avrei mai pensato che Naruto fosse capace di tanta dolcezza. Sentii che con la lingua chiedeva il permesso di entrare e senza pensarci due volte glielo permisi.
All’improvviso però sentimmo delle urla.
Ci scostammo improvvisamente l’uno dall’altra per vedere cosa stesse succedendo. 
La musica si era fermata e notai in lontananza delle fiamme.
Dovevo andare a vedere.
Naruto mi prese per mano. ”Vieni”
Raggiungemmo gli altri e recuperai la borsa che avevo lasciato lì.
“Cosa sta succedendo?” chiese Ino isterica.
“Non lo so dobbiamo andarcene” Shikamaru stava guardando il tutto con la sua insolita calma.
Cominciammo ad allontanarci, ma io dovevo cercare di andare lì. C’era bisogno del mio aiuto.
Lentamente mi scostai da Naruto e mi voltai per correre in direzione delle fiamme.
Sperai con tutto il cuore che nessuno mi vedesse.
“Dove stai andando?” beccata. Mi voltai verso Shikamaru che mi guardava sospetto.
“I-io…m-mi sono ricordata di u-una cosa…”
Stette in silenzio a guardarmi. Non se l’era bevuta per niente.
“Cerca di fare del tuo meglio, ma sta attenta. Ti copro io con Naruto.” Lo guardai allibita mentre si allontanava da me con un sorrisetto.
Un giorno avrebbe dovuto spiegarmi come aveva fatto a capire.
Mi riscossi e corsi veloce a cambiarmi.
 
La gente era tutta accalcata e non capivo perché non se ne andassero. Poi si sentì il rumore di un microfono che veniva regolato alle casse.
“Ehm.. prova? “ guardai verso il palco dove prima suonava il gruppo. Un tizio completamente vestito di nero con dei lunghi capelli del medesimo colore e una brutta cera stava tentando di parlare. “Scusate delle brutte maniere ma ho dovuto circondare il perimetro altrimenti mi sarebbe potuta scappata una cosa importante.” Cosa diavolo voleva? Eppure mi ricordava in modo molto nitido i tizi del siero. “Se qualcuno di voi prova a scappare verrà pestato a sangue dai miei uomini quindi vi conviene stare fermi e buoni ed ascoltare ciò che ho da dirvi”. Era calato un silenzio tombale su tutto il centro che stava ascoltando il discorso. Era chiaro che l’uomo non stava scherzando. Pensai a Naruto e pregai che non decidesse di agire di testa propria. “Sto cercando una persona tra di voi molto speciale.” Mi sistemai meglio la maschera. C’era puzza di guai. “E’ una ragazza, che ultimamente se ne va a spasso vestita di nero e riempie i vostri giornali di notizie.
So che è qui tra voi, o che comunque ci raggiungerà presto, quindi direi che possiamo incominciare la vera festa.” Fece un cenno ad alcuni uomini che si diressero verso la folla minacciosi puntando le pistole.
Fu subito il panico, la gente cominciò a spingere nel tentativo di scappare, in preda alla paura.
Cercavano me e dovevo intervenire.
Mi diressi su un tetto più vicino e con un balzo atterrai proprio nel mezzo tra i gli uomini armati vestiti di nero e la folla agitata.
Mi alzai in piedi e puntai i pugni sui fianchi. Non avrei permesso che qualcuno si facesse del male.
“Sono io quella che cercate, loro lasciateli stare”.
Indugiarono qualche secondo nel vedermi, poi però come se fossero un unico essere ripresero la loro marcia e mi vennero incontro.
Volevano la guerra? Allora guerra sarebbe stata.








Eccomi con il nuovo capitolo genteeeeeee!!!!
Scusate l'attesa, ma l'ho riguardato un centinaio di volte, spero di non aver fatto errori gravi di italiano
Cmq...
era dall'inizio della storia che volevo scrivere quel momento Naruhina e credetemi mi duole il cuore aver dovuto troncarlo così!!!
snifff
a parte la mia depressione spero che il resto sia piaciuto...
nel prossimo capitolo si menano le mani!!
fatemi sapere che ne pensate...
holaaaaa!!
Linduz94

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Capitolo 13
*** ...Sono un mostro... ***


SONO UN MOSTRO








“Vi ho detto di fermarvi, non voglio fare del male a nessuno!”.
I soldati armati non accennavano ad arrestarsi, così mi preparai a difendermi.
“Fermatevi!” aveva parlato il tizio pallido. “Eccoti qui, finalmente”
Non risposi. Il suo ghigno mi faceva venire i brividi, aveva un’espressione inquietante. La sua presenza era inquietante.
“Vorrei chiederti gentilmente, se potresti farci l’onore di essere scortata via senza opporre resistenza” il ghigno si trasformò in un sorriso falso.
“E perché dovrei farlo, di grazia?”
“Beh, vedi io sono uno scienziato e faccio parte di un’organizzazione molto particolare, abbiamo molti scopi, ma in particolare quello di creare soggetti al di sopra della norma.” L’organizzazione Alba di cui mi aveva parlato la prof. Kurenai! “Quando ho saputo di una persona con un’incredibile forza e velocità qui a Konoha ho deciso di venire a verificare, evidentemente tu sei una dei prescelti.”
“Siete venuti a finire il lavoro?” Ricordavo ancora le parole del tizio dai capelli argentati. Da questo momento in poi la tua vita cambierà, ma non preoccuparti, noi torneremo; quella di oggi era solo una parte del farmaco, era la parte che preparerà il tuo corpo per il resto. Forse il “resto” doveva arrivare in questo momento.
“Ahahah!” la sua risata mi arrivò fastidiosamente alle orecchie. “Oh, nono. Io faccio parte dell’equipe di scienziati, ma non mi occupo degli affari bellici dell’organizzazione.”
Non capivo. Cos’era venuto a fare allora?.
“Cercherò di spiegarmi meglio” cominciò a passeggiare avanti e indietro sopra al palco, poi si fermò.” Vedi, se io ti lasciassi qui, molto probabilmente tra qualche tempo verrebbero a prenderti per poter utilizzare la tua incredibile potenza, ma non sono gli unici che hanno scopi, come posso dire, di una certa importanza” Evidenziò l’ultima parola con un gesto della mano mentre posava i suoi occhi suoi miei. “Anche io ho delle aspirazioni, e se ti lasciassi in loro balia temo che le tua capacità non verrebbero utilizzate al massimo.
“Voglio essere io ad avere una delle armi più potenti al mio fianco quindi possiamo dire che sto voltando le spalle all’organizzazione che mi ha sempre accolto come in una famiglia.”
Incurvai le labbra disgustata.
“E credi che io mi lascerò portare via così? Come se fossi un oggetto?”
Di nuovo quel ghigno presuntuoso.
“Immaginavo che la mia proposta sarebbe stata rifiutata, per questo mi sono fatto accompagnare da qualche ‘aiuto’” indicò tutti i soldati presenti. “Però voglio comunque darti un’altra possibilità per risolvere la situazione in modo diplomatico” mi tese una mano. “Accetti di seguirmi e di ubbidirmi, in cambio dell’assoluta incolumità di ogni persona qui presente?”
Maledetto vigliacco. Sapevo che erano tutte bugie, anche se avessi accettato l’utilizzo che ne avrebbe fatto del mio corpo sarebbe stato solo per scopi ignobili, era inutile cercare di preservare i miei concittadini se poi sarei stata usata per distruggere qualcos’altro.
Mi eressi ancora di più, come a sottolineare la mia sicurezza.
“Non seguirò nessuno che vuole costringermi a fare qualcosa che va contro i miei principi, so che se accetterò utilizzerai le mie capacità per qualcosa di ancora più grande di quello che stai facendo ora. Eppure non sono nemmeno così insensibile da lasciare i miei concittadini nelle mani di un folle, quindi ti do solo un avviso. Vattene prima di venire preso a calci in culo, perché non permetterò che tu tocca nemmeno un singolo di loro”.
Al contrario di come mi aspettavo sul suo viso comparve un sorriso compiaciuto.
“Bene, se è questo quello che vuoi allora… Prendetela!”.
In fretta i soldati mi vennero incontro puntando le pistole.
Veloce afferrai un pezzo di ferro che sosteneva una tenda e lo staccai facilmente.
Quando gli uomini cominciarono a sparare parai tutti i proiettili con la mia arma improvvisata, poi appena ci fu un attimo di pausa mi lanciai contro il più vicino.
Gli rifilai un pugno diretto allo stomaco e questo cadde svenuto.
Un secondo mi fu addosso e lo feci cadere colpendogli le gambe con il ferro. Sentii le ossa scricchiolare, ma riuscii a contenermi abbastanza da non rompergliele.
Altri tre mi furono addosso e con un calcio li feci volare a qualche metro di distanza.
Venni presto circondata.
Erano in sei e avevano varie armi in mano, evidentemente avevano capito che con i proiettili non sarebbero riusciti a scalfirmi e puntavano sul numero.
Si avvicinarono lentamente e quando furono a due metri mi si scagliarono tutti e sei addosso con un balzo. Quando furono a pochi centimetri appoggiai entrambe le mani per terra e cominciai a roteare le gambe in aria.
Li atterrai tutti e quando mi ritrovai nuovamente in posizione eretta non bastò l’intervento a sorpresa di un altro a fermarmi. Lo scansai all’ultimo e gli rifilai un pugno sulla schiena.
Cadde a terra svenuto anche lui.
Mi guardai attorno in attesa di altri attacchi a sorpresa ma sembravano essersi esauriti.
I soldati rimasti in piedi non osavano avvicinarsi, mentre a terra c’era chi si lamentava in preda ai dolori e chi invece si era azzittito per la perdita di coscienza.
Scavalcai qualche corpo e mi avvicinai al palco dove ancora si trovava quello che sembrava il capo, che aveva assistito a tutta la scena.
“Prima di mettere al tappeto anche te vorrei almeno sapere il tuo nome.”
Lui per tutta risposta sorrise.
“Mi chiamo Orochimaru”.
“Orochimaru, dopo aver visto come ho trattato i tuoi uomini non credi sia il caso di ritirarti?” Ero stranamente boriosa. Mi sentivo davvero potente. Nessuno avrebbe potuto avere il controllo su di me.
Sentii una risata crescere pian piano.
“Ahahahah! Sei davvero una ragazzina superba.” La sua ilarità sembrò sparire improvvisamente. “Credi davvero che conoscendo appieno le tue capacità mi sia azzardato di venire a catturarti con dei semplici uomini?” schioccò le dita e sentii un rumore metallico provenire da destra.
Voltai la testa in quella direzione e apparve un gigantesco robot che aveva le sembianze di un uomo, alto cinque metri e grosso tre, che si posizionò a fianco di Orochimaru.
“Ti presento la mia nuovissima invenzione appositamente costruita con materiali estremamente resistenti per contrastare i tuoi attacchi.”
Picchiettò sull’enorme vetro che si trovava all’altezza della testa e questo lentamente si aprì rivelando una figura all’interno che comandava l’enorme macchina.
Trattenni il respiro sconcertata.
Non poteva essere.
 
Tutt’attorno era il completo silenzio.
Non potevo credere a quel che vedevo.
Sentii un trambusto alla mia destra e vidi apparire dalla folla la mia amica Tenten.
Notai allora che anche tutti gli altri miei amici erano arrivati, compreso Naruto, e guardavano confusi la persona all’interno dell’enorme macchina.
“Professor Yakushi!” sentii Ino chiamare il nome del nostro professore preferito mentre anche io tornavo a riportare lo sguardo su di lui.
Aveva un’espressione direi quasi orgogliosa di trovarsi lì.
Che diavolo stava succedendo? Perché era dalla loro parte?
“Cominciamo le danze” sussurrò appena prima di cominciare a correre verso di me con l’enorme massa di metallo.
Nel frattempo continuavo a guardarlo senza capire. Solo all’ultimo riuscii a scansarlo evitando così che mi schiacciasse con uno dei suoi pesanti pugni meccanici.
Mi alzai eretta e cercai di sferrare un pugno dell’enorme corrazza ma rimasi sorpresa mentre ritiravo velocemente la mano.
Per la prima volta dopo tanto tempo avevo provato dolore.
Mi strinsi forte la mano contro il petto notando che le nocche avevano cominciato ad arrossarsi.
Era come se avessi sferrato un pugno ad un muro, senza poteri ovviamente.
Lo vidi ridere e voltandosi mi colpì con l’enorme pugno dritta in viso.
Volai per parecchi metri finchè non mi scontrai con una bancarella riducendola in pezzi.
Ero completamente sepolta.
Mi toccai il viso con la mano ancora sana per sentire se ero tutta intera.
Sentii qualcosa di caldo scendere dalla fronte e mi tolsi i pochi pezza di maschera rimasti ancora intatti che, però si stavano conficcando nella pelle.
Un rivolo di sangue raggiunse la bocca e sputai disgustata percependo un improvviso bisogno di maggiore aria.
Cercai di spostare le macerie attorno a me e finalmente riuscii a raggiungere l’esterno.
Spostai con rabbia gli oggetti che avevo attorno scaraventandoli a metri di distanza da me.
Sistemai meglio il cappuccio sulla testa pregando che nessuno mi potesse riconoscere con tutto quel sangue in viso dato che ora la maschera si era disintegrata.
Mi alzai in piedi e vidi che si stava avvicinando.
“Che c’è? Non sei più spavalda come prima?” a parlare era proprio Kabuto.
“Chiudi la bocca!”
Mi scagliai di corsa verso di lui tentando un attacco.
Era forte e resistente, ma non era veloce come me. Mi posizionai sotto di lui e sferrai un colpo dritto nell’addome dell’enorme robot.
L’unico risultato che ottenni fu un immenso dolore e un vago suono come di ossa spezzate. Le mie nocche ormai erano inutilizzabili.
Mugugnai tenendomi la mano e cadendo in ginocchio.
Il calcio arrivò all’improvviso e mi fece volare parecchi metri.
Colpii il terreno rovinando l’asfalto e fermai la mia folle corsa dopo quelli che mi parevano secoli.
Sentivo dolore in più punti del corpo ora.
Alzai la testa tremando. E lentamente mi misi a carponi.
Ero finita quasi addosso alle persone che stavano assistendo, solo un paio di metri mi avevano impedito di fare del male a qualcuno.
Tossii sputando sangue e mi passai una mano sul viso per togliermi quel rosso di dosso.
Alzai lo sguardo e mi bloccai impietrita vedendo i miei amici che mi guardavano sconvolti.
Che mi avessero riconosciuta? Mi tastai la testa e scoprii con orrore che il cappuccio era scivolato rivelando i miei capelli. In più mi ero anche appena pulita dal sangue in viso.
Cercai gli occhi di Naruto timorosa. Mi guardava come se fossi stata un fantasma. Nel viso un’espressione stupita ma anche leggermente spaventata.
Forse tutto quel sangue gli aveva fatto prendere un colpo.
“Hinata Hyuga, finalmente ti sei rivelata!” mi voltai. Il professor Kabuto mi sorrideva dall’alto della sua macchina infernale.
Forse ora che aveva visto che ero io si sarebbe trattenuto.
Mi alzai barcollando e cercai di rimanere stabile sui miei piedi, poi mi avvicinai lentamente a lui.
“Professore…”
“Sei sempre stata una spina nel fianco, Hinata.” Mi bloccai confusa.
“Con quella tua stupida timidezza eri sempre un problema per tutti noi professori, e anche quando sei diventata un genio sei stata un problema. Temevo che scoprissi la mia copertura all’istituto, ma evidentemente non sei mai stata così intelligente come credevo.”
Sapeva già quello che ero, ma come… Perché mi stava dicendo questo? Perché pensava queste cose? Come avevo fatto a non capirle prima? Mi era sempre sembrato il più gentile e disponibile. Credevo davvero di essere una studentessa di valore quando mi parlava. Perché ora mi stava trattando come se avesse recitato per tutto quel tempo?
“Se avessi scoperto che ero lì per tenerti d’occhio probabilmente non mi avresti mai avvicinato così. Eppure la tua stupidità non ha limiti.
Non capisco cosa ci trovi il maestro Orochimaru in te. Tanto tra qualche anno il tuo corpo sarà comunque inutilizzabile nonostante il siero quindi se fosse per me ti ucciderei subito.” Mi guardava con enorme disprezzo, ma non capivo cosa volesse dire.
“C-che cosa s-stai…?”
“Ma come? Non l’hai ancora capito? Allora ho proprio ragione io.” il suo sguardo divenne ancora più disgustato se possibile. “Credevi che un potere così grande non avrebbe comportato alcun effetto collaterale?” continuavo a guardarlo confusa. “Stai morendo, sciocca Hinata, le tue cellule hanno subito un’importante trasformazione che le induce ad essere più forti, più resistenti, più reattive ma questo le sovraccarica, così che resistono meno rispetto a un comune essere umano. Invecchi ogni giorno sempre di più” ecco spiegato perché i miei capelli erano cresciuti così in fretta, ma allora quanto ancora avrei potuto vivere?
Scansai all’ultimo il poderoso pugno che mi stava per rifilare e non potei che continuare a sfuggire ai suoi attacchi, non sapevo come contrastarlo.
“E’ inutile che scappi, prima o poi ti stancherai, allora io ne approfitterò per ridurti in poltiglia!”.
Cosa dovevo fare? Cosa dovevo fare? COSA DOVEVO FARE?
Inciampai distrattamente nella corsa e non riuscii ad evitare un altro poderoso pugno.
Di nuovo sospesa in aria e di nuovo a terra, ormai ero distrutta. Sentii fastidio alla gola e un fiotto di sangue caldo mi uscì di getto.
Sputai disgustata sentendo quel sapore ferroso invadermi la bocca.
Mi misi a quattro zampe e mi guardai attorno, ero finita di nuovo davanti a Naruto e agli altri.
Li guardai disperata, ma non scorsi nessuno sguardo di compassione. Nei loro volti potevo leggere solo orrore e spavento.
“Ahahah!” lo sentii avvicinarsi. “Guarda!” la mano metallica mi afferrò per i capelli e mi tirò su. Ero sospesa a mezzo metro da terra. “Guarda i tuoi amici! Li disgusti! Per loro e come per tutti gli altri sei solo un mostro! Come hai potuto pensare di tentare di aiutarli, senza chiederti se loro ti avrebbero accettato?! Tutti loro sono solo spaventati da te e da ciò che rappresenti! Per loro sei solo un essere pericoloso che va eliminato, per questo non ti aiutano!” guardai i loro volti e lessi tutto ciò che Kabuto aveva appena detto. Come avevo potuto essere così sciocca? Era ovvio che non mi avrebbero mai accettato, ero diventata qualcosa di completamente al di fuori del normale. Un mostro si, ero un mostro.
Se prima il mio cuore aveva delle piccole crepe a quel punto fu del tutto spezzato. Come avevo potuto pensare di essere ricambiata da Naruto e di poter vivere come una comune persona una vita felice con lui?
Non ero destinata a questo, la mia vita era sempre stata infelice dopo la scomparsa di mia madre e non sarebbe cambiata. Ero stata una sciocca a pensare che avrei potuto davvero fare la differenza. Ero una nullità.
Mi lasciai colpire ripetutamente, ma non mi lamentai. Se il mio destino era morire lì di fronte a tutte quella gente allora andava bene così, perché non avrei sopportato di vivere qualche secondo in più.
All’improvviso mi lasciò cadere a terra.
“Credo sia ora di finirla” alzò il piede meccanico con l’intento di schiacciarmi.
“Kabuto!” l’urlo di Orochimaru arrivò fino alle mie orecchie. “Mi serve viva!”
Ero inerme. Distesa a terra era già un miracolo se riuscivo a respirare.
Ma avrei voluto essere morta.
“Portatemela” alcuni soldati mi si avvicinarono attenti.
Sentii un leggero fruscio e la mia vista venne oscurata da una figura che si era frapposta fra me e loro.
“Non te la porterai mai via, Orochimaru” .
“Qual buon vento! Kurenai Yuhi, ex sicario dell’organizzazione Alba”. L’uomo pallido sembrava sorpreso.
“Non preoccuparti Hinata, ora ci sono qui io.” La donna dagli occhi rossi mi sorrise.
Volevo rispondere al sorriso ma non ricordavo più dove fossero i muscoli del viso, così mi limitai ad osservarla mentre si preparava all’attacco.









Ehm ehm... sono consapevole di essere stata un po' troppo cattiva con Hinata e credetemi quasi quasi volevo stravolgere tutta la storia per non scrivere questo capitolo
però mi sono fatta coraggio...
Infondo se fosse tutto bello non ci sarebbe gusto a leggere la storia!!
Fatemi sapere cosa ne pensate e ci vediamo alla prossimaa!!
Holaaaaa
Linduz94

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Capitolo 14
*** ...Rassegnata decisione... ***


RASSEGNATA DECISIONE









Giacevo a terra immobile. Il corpo ricoperto da un’enorme quantità di ferite.
Ero quasi sicura di avere qualche costola rotta, ma evidentemente non avevano perforato i polmoni, altrimenti non sarei riuscita a respirare.
La mano destra era completamente fuori uso e non riuscivo a vedere nemmeno bene a causa di tutto quel sangue in viso.
Respiravo a fatica, il cuore pompava velocemente, forse erano davvero i miei ultimi istanti di vita.
Pregai che fosse veramente così. Non avrei sopportato di vivere con la consapevolezza di essere considerata da tutti un mostro.
E poi sarei morta presto comunque no? Kabuto aveva detto che le mie cellule invecchiavano più velocemente di quelle di una persona non infettata dal siero, quindi forse mi erano rimasti pochi anni di vita.
Mi sentivo una stupida davvero, proprio come mi aveva ripetutamente definita lui. In quel momento desideravo solo sparire.
Voltai il viso a sinistra e cercai di focalizzare la scena.
Kurenai era venuta in mio soccorso ed era lì, al mio fianco, in piedi, che si stava preparando a scacciare chiunque avesse voluto farmi del male.
L’unica persona che avevo respinto, l’unica che aveva dimostrato di tenere a me.
Quanti sbagli avevo fatto nella mia vita? Affidandomi a cose o persone sbagliate, come il professor Kabuto, e rifiutando chi invece mi aveva dimostrato attenzione.
Pregai con tutto il cuore che decidesse anche lei di abbandonarmi e che se ne andasse. Non avrei sopportato di essere la causa del dolore di qualcuno, non avrei sopportato di vederla perire lì.
“Hinata! Devi alzarti!” la fissai con più attenzione qualche secondo. “Sei la nostra unica speranza, io non potrò resistere a lungo qui. “
Cercai con tutte le mie forze di acquistare una voce.
“I-io… n-on… n-non riesco più… a … muovermi” sfiatai stanca, ogni parola era una pugnalata alla cassa toracica.
“Devi muoverti! Devi trovare la forza, Hinata…!” venne interrotta da un uomo che le si era fiondato addosso.
Lo scontro cominciò.
Era davvero una belva mentre combatteva, si muoveva veloce e precisa abbattendo ogni nemico. Guardai l’uomo a terra più vicino a me. Aveva gli occhi spalancati, ma non respirava.
Distolsi lo sguardo terrorizzata, con un improvviso bisogno di rigettare tutto quello che avevo mangiato nelle ultime ore. Lei non era come me. Non neutralizzava semplicemente i nemici, lei li uccideva. Era un sicario dopotutto.
Abbatté anche l’ultimo uomo e mi corse incontro.
“Forza” mi prese sotto il collo e sotto le ginocchia con le braccia per alzarmi. “Dobbiamo andarcene…” non finì la frase che un enorme pugno metallico la sbalzò via.
Di nuovo lui.
Guardai ipnotizzata la donna cadere a terra e battere la testa. Rimasi sconvolta.
L’unica persona che era corsa in mio aiuto era stata ferita.
I miei occhi si colorarono di rosso mentre vedevo una scura macchia allargarsi sotto di lei.
Rosso della rabbia e rosso del sangue.
Sentii un fuoco invadermi le membra a quella vista.
Era ora di smetterla, avevo promesso che nessuno si sarebbe fatto del male, e non stavo adempiendo alla mia promessa.
Ormai non ci vedevo più dalla rabbia.
Non capii mai come o dove trovai la forza, ma lentamente mi mossi e mi alzai da terra.
Sentivo ogni parte del corpo bruciare e provai dolore come mai prima, ma non potevo esserne più felice. La sofferenza era l’unica cosa che meritavo in quel momento.
Mi eressi in piedi, proprio di fronte all’enorme robot.
“Ora basta!”strinsi i pugni e digrignai i denti dal dolore.
“Ahaha, certo piccola Hinata, hai ragione, è ora di finirla con questa sceneggiata…” non finì la frase, l’avevo colpito in una delle giunture tra le ginocchia della macchina, dove la corazza era più fina.
La gamba meccanica non resse il peso e si schiantò al suolo.
“C-cosa diavolo stai…?” con un pugno feci cedere anche l’altra gamba e finalmente mi ritrovai alla sua stessa altezza.
Lo guardai furiosa.
Afferrai il vetro e levai del tutto il finestrino lanciandolo lontano.
“N-no no! Fermati!” per la prima volta vedevo la paura nel su viso, non c’era spettacolo migliore.
Lo afferrai per il collo e lo lanciai fuori dalla macchina.
Rotolò per qualche metro e gli fui subito addosso.
Penso che non avesse mai ricevuto una scarica di pugni talmente forte e veloce. Cadde svenuto quasi subito e io persi presto interesse per lui.
Lo lasciai a terra disgustata gemendo dal dolore mentre mi allontanavo dal quel corpo inerme.
Adesso era un altro il mio obbiettivo.
Tutte le guardie erano state neutralizzate, mancava solo chi aveva causato il tutto.
Raggiunsi il palco ma non c’era più nessuno. Orochimaru se l’era data a gambe.
Ghignai malefica, l’avrei trovato ovunque. In quel momento volevo solo vendetta.
Sentii il rumore di un motore che si azionava e corsi subito in quella direzione.
A pochi metri di distanza dal luogo dove tutto era avvenuto una macchina nera stava partendo sgommando.
Non pensai nemmeno, agii d’istinto e saltai davanti all’auto.
L’impatto fu inevitabile ma per me quel tipo di metallo non poteva causare alcun danno. Il cofano si accartocciò completamente attorno al mio busto finchè la vettura non si fermò del tutto.
Allora mi avvicinai alla porta del guidatore e la scardinai. Afferrai l’uomo pallido per il collo e con un pugno lo rispedii dai suoi uomini.
Quando lo raggiunsi ormai non avevo più fiato. La mia rabbia era quasi svanita e tutto il peso di quello sforzo stava cominciando a farsi sentire, ma dovevo almeno renderlo inoffensivo, poi ci avrebbero pensato le autorità di Konoha.
Lo afferrai per il collo e lo alzai da terra. Vidi un ghigno deformarsi sul suo viso.
“Io non riderei se fossi in te.”
L’espressione ilare non accennava a smettere.
“Tu non capisci. In qualunque maniera sarai tu a perdere, è inutile che ti affanni tanto.”
Basta, non volevo sentire altro, la mia coscienza era già stata presa a calci abbastanza quella sera.
“Sta zitto.” Gli rifilai un pugno e questo si accasciò al suolo con un suono smorzato.
Caddi in ginocchio, forse finalmente era venuta l’ora di spirare.
“Hinata” mi voltai di scatto.
Kurenai si teneva la fronte con una mano insanguinata. “Stai bene?”
Non avevo nemmeno la forza di annuire.
La vidi guardarsi intorno e guardare la gente che ancora assisteva immobile, chissà cosa stava passando nella testa di tutti loro.
“Anche se so che sei contraria, credo che venire con me sia una soluzione che dovresti prendere in considerazione”  mi guardò fissa negli occhi. “Credo sia meglio che tu sparisca per un po’, anche per loro.” Indicò le persone attorno a noi, poi mi si avvicinò e mi tese la mano con un sorriso.
Sapevo quello che era giusto fare, ma una parte di me era ancora incollata ad un’idea fantastica, al pensiero che forse tutto quello era solo un brutto sogno, che mi sarei risvegliata nel mio letto come la solita timida e debole Hinata di sempre.
Ma il dolore non era un sogno. Il dolore era reale e sentivo il mio corpo urlare, spinto troppo oltre i suoi limiti.
Afferrai la mano tesa della donna senza pensarci ancora troppo.
Alla fine siamo tutti schiavi di qualcosa. Io lo ero di un potere troppo grande e avevo deciso di metterlo al servizio di una persona con la quale non condividevo quasi nulla, ma non m’importava.
Sbagliato o no ormai nulla aveva più senso.
Ero solo un’arma.
Ci avviammo lentamente e con fatica in un’altra direzione. Non sapevo precisamente dove, ma mi avrebbe guidato lei.
Volsi soltanto un ultimo fugace sguardo ai miei amici, ma soprattutto a lui.
Non sapevo quale sarebbe stato il mio futuro, ma sapevo dove sarebbe rimasto il mio cuore.
Nonostante tutto non avrei mai smesso di amarlo.
Distolsi in fretta lo sguardo e volsi le spalle a quello che fino a quel momento era stato tutto il mio mondo.
Ma ormai ero decisa.

Era arrivata l’ora di andarsene.








Ok gente lo so che è triste... ma non preoccupatevi le cose potrebbero migliorare!!
Hinata si sente in debito con Kurenai e accetta di seguirla nonostante sia contraria alla sua idea di vendetta..
chissà ora cosa faranno insieme! 
ma lo sapremo più avanti... nel frattempo anticipo che nel prossima capitolo non sarà Hinata a parlare...
per il resto alla prossima!!
Holaaaaa
Linduz94 :)

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Capitolo 15
*** ...Grigiore quotidiano... ***


GRIGIORE QUOTIDIANO









Spensi la sveglia con un colpo secco.
Segnava le 6:15.
Mi misi a sedere sul letto, il corpo sembrava pesare il doppio.
Mi passai una mano sul viso e cercai di scacciare quel sogno che ancora mi stava ronzando in testa.
Di nuovo lei. Anche quella sera era venuta a visitarmi mentre dormivo.
Ormai succedeva tutte le notti, la vedevo danzare felice, bella come non mai, bella proprio come quella sera, e poi lo scenario cambiava e vedevo il suo viso ricoperto di sangue che mi guardava implorante e… triste. Infinitamente triste.
Scossi la testa in un gesto arrabbiato.
Quel continuo dolore che provavo ogni mattina quando mi svegliavo e quando realizzavo che era tutto un sogno e che lei non era più lì con me, non accennava ad andarsene.
Mi alzai con fatica e solo con i boxer addosso mi diressi verso il piccolo cucinino del mio monolocale.
Aprii il frigorifero e notai con una smorfia che il latte era finito.
Quando abitavo con zia Tsunade e zio Jiraya non mi succedeva mai di ritrovarmi a rosicchiare una semplice pastina per colazione.
La mia zia adottiva mi cucinava di tutto e riusciva a soddisfare il mio enorme bisogno di cibo che sembrava quadruplicarsi al mattino.
Avevo deciso di andarmene dalla loro casa, perché restare lì sarebbe significato solo soffrire ancora di più di come stavo ora.
Quello era il posto dove ogni tanto la vedevo passare quando faceva i suoi giri di ronda notturni, quello era il luogo dove la disegnavo in ogni modo possibile e dove di notte la sognavo, ricordando la sua timida voce, i suoi occhi dolci e il suo modo di muoversi così delicato. Non sarei mai riuscito a rimanere lì senza impazzire.
Mi vestii con le cose più sgualcite che trovai e mi diressi a lavoro.
Arrivato nel mio luogo di tortura giornaliero cominciai a sistemare i nuovi arrivi del giorno prima.
Da una parte ero felice che se ne fosse andata. Si era risparmiata la vista del vedermi lavorare in discarica.
Non avrei mai avuto il coraggio di dirle che quando se n’era andata tutto il mio spirito altruista e di dedizione per la vita altrui era scomparso.
Ogni tanto sorridevo ancora al pensiero di quanto fosse sciocco il mio sogno di diventare pompiere.
Quelli come me non vanno in giro a salvare la gente, quelli come me meritano i lavori più umili.
Mentre mi abituavo a quell’insopportabile puzza di ogni giorno continuavo a pensare, a pensare a lei.
Lo facevo sempre, era l’unico modo che conoscevo per punirmi. Per dimostrarmi quanto stupido ero stato a non intervenire, ad impedire che se ne andasse dalla mia vita, forse per sempre.
La verità era che avevo avuto paura, paura di lei.
Non l’avevo mai vista così sicura di sé, così combattiva e così violenta. La mia mente non riusciva ad accettarlo, pensavo fosse un’altra persona che si era appropriata del suo corpo.
Solo quando aveva voltato le spalle a tutti e preso la sua strada avevo capito che ero stato un idiota.
Uno dei miei tanti sbagli.
La giornata passò con una lentezza inesorabile, come sempre d’altronde, mentre io rimanevo immerso nei miei ricordi.
Ricordai quando venne a trovarmi in ospedale, con quella sua aria preoccupata e con un semplice mazzo di fiori in mano, ma che per me erano i fiori più belli che avessi mai visto.
Oppure quando andavo a vederla mentre danzava, semplicemente stupenda.
Sembrava una farfalla con quella grazia così caratteristica di lei, che si poteva osservare anche quando camminava semplicemente.
Mi davo sempre dello stupido per non averlo notato prima. Quando l’avevo vista sul tetto mentre era coperta dalla maschera, era ovviamente lei, sapevo che era lei.
Ma la mia ragione aveva sempre represso ciò che il cuore invece stava urlando.
Entrai in casa sbattendo la porta. Di solito quando tornavo a casa affioravano alla mente anche i ricordi più dolorosi.
Preparai del ramen istantaneo veloce e lo mangiai in assoluto silenzio. Ormai non guardavo più nemmeno la televisione.
Quando la tazza fu quasi vuota non riuscii più a finirla. Ultimamente era sempre così.
Mi svegliavo al mattino, andavo a lavorare e quando tornavo tutto il peso dell’inutile giornata passata mi piombava addosso con un vuoto schiacciante .
Sentii l’ormai famigliare groppo alla gola chiudermi anche lo stomaco, e calde lacrime cominciarono a cadere mentre altri ricordi affioravano.
La tenevo stretta a me, avevamo appena ballato insieme e io non mi ero mai sentito più completo come in quel momento.
Una richiesta un po’ dolorosa, ma che sapevo lei non mi avrebbe mai negato. Poi le sue labbra che premono sulle mie.
Lasciai cadere le bacchette e mi afferrai la testa tra le mani.
Stupido, stupido stupido! Come avevo potuto lasciarla andare così?
Ero riuscito a trovare la mia metà, colei con cui avrei potuto essere felice e l’avevo lasciata andare, avevo tradito la sua fiducia. Ero io il mostro tra i due.
Sentii il telefono vibrare.
Un messaggio, uno dei tanti di Sakura e Sasuke che mi invitavano ad uscire. Ma non volevo andare da nessuna parte.
Non sopportavo di vedere un bagliore di occhi chiarissimi o una chioma scura che ondeggiava, tutto rimandava dolorosamente a lei.
Non risposi nemmeno, volevo essere lasciato solo, solo con il mio  dolore.
 
“Naruto! Apri questa dannata porta!”
Ormai erano quasi dieci minuti che Sakura era lì fuori e speravo che prima o poi se ne sarebbe andata.
“SE NON APRI GIURO CHE LA SFONDO!” tremai impaurito, quello che Sakura diceva era una promessa, così mi avvicinai svogliato e tolsi i catenacci.
“Entra” le voltai le spalle mentre aprivo e mi rigettai dov’ero prima, sul mio piccolo divano.
“Naruto! Ti sembra questo il modo di comportarti?” non le risposi. “Ma che è successo qui dentro? Sembra passata una mandria di cinghiali!” ignorai i suoi strepitii e continuai a fare quello che facevo prima, niente.
“....Ehi ma mi stai ascoltando?” spostai leggermente la testa per guardarla e solo allora mi accorsi che c’era anche Sasuke lì. Gli feci appena un cenno della testa poi rivolsi di nuovo l’attenzione verso la rosa. “Si può sapere che volete?”
Vidi la mia amica irritarsi ancora di più e chiudere gli occhi nel tentativo di controllarsi dallo sferrarmi un pugno.
“Siamo venuti per portarti alla festa d’inizio estate in centro” scostai lo sguardo. Inizio dell’estate, quasi un anno da quando lei se n’era andata.
“Non ci vengo”
“E invece tu verrai perché l’ho deciso io!”
“Sakura” mi fissò negli occhi in attesa. “Preferirei di no”
La vidi prendere un profondo respiro.
“Naruto… so che non vuoi venire perché continui a pensare a …” la zittii con lo sguardo.
“Non voglio sentire nient’altro” mi alzai di scatto e mi misi a guardare fuori dalla piccola finestra.
“Naruto.”Mi afferrò per un braccio e mi costrinse a guardarla. “Hinata…” rabbrividii a quel nome ma cercai di non darlo a vedere. “Non avrebbe mai voluto vederti ridotto così”. Vedevo nei suoi occhi chiaramente la preoccupazione. Non stavo facendo del male solo a me stesso, ma anche ai miei amici che cercavano di starmi a fianco.
Sospirai con rassegnazione.
“Aspettate qualche minuto che mi vesto”.
Sakura mi sorrise speranzosa e perfino Sasuke accennò a un leggero sorriso.
 
Giravamo in mezzo alla gente da un po’ di tempo.
Uscire era stata una pessima idea.
Mi ero beccato non so quante occhiatacce da ragazze che mi mettevo ad osservare intensamente, senza rendermene conto. Tutte avevano qualcosa di lei. Chiome scure, occhi chiari, statura bassa, ogni dettaglio mi dava motivo di farmi fare queste figuracce. Stavo facendo la parte del maniaco e non era di certo il caso in quei tempi. Dopo la sua scomparsa la criminalità in città sembrava essersi quadruplicata e le persone erano diventate più diffidenti. Incassai la testa tra le spalle, cercando di guardare a terra il più possibile.
Camminavo di fianco a Sasuke imbronciato e con le mani nelle tasche dei pantaloni, mentre Sakura e Ino camminavano davanti a noi. E continuavano a chiacchierare ininterrottamente di un paio di scarpe che avevano visto l’altro giorno.
Sbuffai irritato.
“Se vuoi tornartene a casa ti copro io con Sakura.” Sasuke aveva parlato tenendo il viso rivolto dall’altra parte, tanto che faticai a capire che era stato lui a fare la proposta.
“Grazie.” Sorrisi appena vedendo che il mio amico era rimasto lo stesso di sempre. All’apparenza freddo ma in realtà sensibile. “Ma credo che dopotutto ritornare nella civiltà non mi faccia male.”
Camminammo un altro po’ senza dire niente.
“Credi..” faticavo a fare quella domanda, ma avevo bisogno di sapere, avevo bisogno di trasmettere le mie paure. Sasuke si voltò a fissarmi in attesa. Abbassai gli occhi. “Credi che tornerà… un giorno?” sussurrai appena.
Lo vidi guardare di fronte a sé.
“Lei non è diversa da noi come invece molti credono, se io fossi al suo posto nonostante avessi capito di essere considerato da tutti un mostro il mio desiderio più grande sarebbe comunque quello di tornare”
Annuii. Non era la risposta che volevo ma era comunque una risposta.
Camminammo ancora un altro po’ finchè non incontrammo Shikamaru e Temari che passeggiavano assieme.
Li salutammo e si aggregarono anche loro nel nostro gruppo.
“Avete visto Choji in giro per caso?” negai con la testa alla domanda di Shikamaru. “Cavolo, l’ho lasciato nella bancarella dei dolci, chissà quando se ne andrà da lì adesso.” Il moro sospirò annoiato poi ci chiese come andava.
“Avete più visto gli altri?”
“Parli di Kiba, Shino, Rock Lee, Suigetsu, Sai e Juugo?” chiesi cercando di ricordarmi l’ultima volta che li avevo incontrati.
“Già, io non li ho più visti. Visto che tu Naruto non sei più venuto a giocare a basket anche gli altri hanno pian piano mollato.” Lo guardai sorpreso.
“Cavoli mi dispiace, ma sai col lavoro…” bugiardo. Shikamaru mi guardò di sbieco. Già, mi ero dimenticato che a lui era difficile nascondere qualcosa. Lo guardai colpevole e mi grattai dietro la testa imbarazzato.
“Naruto…” il moro venne interrotto dall’arrivo tempestoso di Rock Lee che quasi ci travolse.
“Ragazzi!!! Da quanto che non ci vediamo!! Naruto ti vedo bene!” ringraziai Rock Lee e rifiutai gentilmente le sue particolari proposte che prevedevano sempre qualche sfida fisica particolare. Di solito accettavo essendo anche io un tipo competitivo, ma quel giorno non ne avevo voglia.
Il nostro gruppo si era notevolmente allargato così decidemmo di fermarci a chiacchierare da qualche parte.
Seduto su una panchina con gli altri guardavo la gente passare mentre Sakura e Rock Lee erano andati a prenderci qualcosa da bere.
Ad un tratto vidi Neji passare con Tenten stretta a braccetto. Parlavano continuando a sorridere l’uno alle battute dell’altra, poi però lo sguardo della ragazza incrociò il mio.
Fu un attimo e la sua espressione cambiò. Tristezza, rimorso. Le stesse emozioni che provavo io, gli stessi sentimenti che ci aveva causato la sua scomparsa. Anche lei stava soffrendo, nonostante cercasse di nasconderlo il più possibile, in fondo aveva perso la sua migliore amica.
Abbassai lo sguardo e poi notai che Shikamaru aveva assistito a tutta la scena.
Mi alzai di scatto.
“Vado a fare un giro. Torno subito” notai lo sguardo di Sasuke fisso su di me, forse era preoccupato. Sorrisi per tranquillizzarlo e poi mi incamminai tra la gente.
Salutai alcune persone che conoscevo ma non mi fermai a parlare come invece avrei fatto di solito.
Avevo bisogno di starmene da solo. Erano mesi che volevo rimanere da solo.
Passai davanti alle giostre per bambini e sorrisi guardando quei marmocchi che saltellavano ovunque. Alcune volte Hinata mi diceva che sembravo un bambino e io mi divertivo a fare il capriccioso o l’esaltato per vederla ridere con quel suo modo sempre aggraziato di nascondere la bocca dietro la mano.
All’improvviso sentii un potente tonfo provenire da una parte della fiera non molto distante da dov’ero io. Vidi del fumo innalzarsi e cercai di avvicinarmi il più in fretta possibile.
Un altro tonfo e persone che urlavano. Mi voltai verso destra e in lontananza vidi altro fumo. Cosa stava succedendo?
Alcune persone stavano scappando e correvano in direzione opposta alla mia. Afferrai un uomo per un braccio e lo costrinsi a darmi retta.
“Cosa sta succedendo?” mi guardò agitato, con l’espressione di chi vuole solo andarsene.
“Ci sono dei soldati, stanno distruggendo tutto quanto!” spalancai gli occhi. E se fossero…?
“Li hai visti?” mi annuì frettoloso. “Com’erano? Per favore dimmi com’erano vestiti!”
“Di nero. Completamente di nero.”
Erano loro. Gli stessi che avevano attaccato Hinata, probabilmente avevano a che fare con lei anche in quel momento. Avevamo bisogno del suo intervento.
Mi misi a correre in direzione della colonna di fumo più vicina. Sentii un’esplosione alle mie spalle.
Le giostre dei bambini!
Tornai indietro più veloce che potei spingendo le persone che intralciavano il mio cammino.
I bambini erano la priorità in questi casi, o almeno era quello di cui ero sempre stato convinto.
Andai a sbattere contro una donna e la feci cadere a terra.
“Mi scusi davvero non volevo farle del male!” ma non potevo stare attento a dove diavolo mettevo i piedi?!
L’aiutai ad alzarsi e lei mi afferrò con forza per le braccia.
“Abbiamo bisogno di Hyuga Hinata! Lei ha già salvato una volta mia figlia, non è cattiva!” la guardai stupito.
“C-come la conosce?”
“Non ti ricordi? Ti ha salvato lei dalle fiamme quella sera!” ero confuso, di che diavolo stava parlando? “Solo lei può aiutarci” la guardai imbambolato mentre si allontanava lentamente. Solo allora mi accorsi di aver tenuto la bocca semiaperta per tutto il tempo. Che idiota. Ripresi a correre.
Raggiunsi la piazzola delle giostre e rimasi basito alla vista dell’enorme giostra del bruco distrutta. C’erano binari rotti sparsi a terra ovunque.
Cosa diavolo aveva causato tutto quel disastro? Eppure non vedevo soldati vestiti di nero in quel posto. Mi avvicinai di più.
Fortunatamente non c’erano bambini nella giostra o almeno i pochi che c’erano erano corsi subito dai genitori.
Mi guardai attorno, perché c’erano ancora persone che urlavano e guardavano spaventati verso la giostra?
Volsi anche io la mia attenzione verso quella direzione. Stupito vidi che l’enorme mela che avrebbe dovuto essere attraversata dai binari si stava muovendo.
Sussultai improvvisamente quando si spezzò in due e si disintegrò al suolo.
Una spaventosa risata echeggiò per i dintorni, poi vidi un’imponente figura uscire dalle macerie.
Era un energumeno pelato, alto due metri e qualcosa e largo probabilmente il doppio di me.
Era a petto nudo e indossava solo dei pantaloni militari con enormi scarponi ai piedi. A tracolla aveva una fascia nera che reggeva sulla sua schiena un’enorme lama alta quasi quanto lui, di forma rettangolare.
A quella vista tutte le persone radunate lì attorno cominciarono a scappare. Vidi l’enorme ghigno compiaciuto formarsi sul suo viso a quella vista.
Non era uno dei semplici guerrieri che già avevo visto, ma qualcosa mi diceva che non era un amico. La sua espressione era troppo soddisfatta alla vista di tutta quella distruzione.
Mi volsi per andarmene anche io vedendo che avanzava verso la folla.
Un uomo normale non avrebbe potuto affrontarlo, era troppo piazzato. Avrebbe steso anche il pugile più esperto. Serviva qualcuno di forte per affrontarlo. Serviva lei.
Mi guardai attorno febbrilmente alla ricerca di Hinata. Solo lei avrebbe potuto sistemare quell’affare.
“Dannazione Hinata!Dove diavolo sei?” digrignai tra i denti. Ti prego, vieni a salvarci!
Sapevo che le mie erano solo speranze vane. Chissà dov’era ora, probabilmente molto lontano da Konoha e non forse non si immaginava che la sua città natale era attaccata.
Oppure lo sapeva ma aveva deciso di non intervenire. Non l’avrei biasimata dopotutto.
Infondo l’avevamo trattata come se non fosse una di noi, perché avrebbe dovuto aiutarci?
Scorsi ad un tratto alla mia destra una bambina che era caduta a terra durante il tentativo di fuga. 
Arrestai la mia corsa e mi fiondai verso di lei.
Quando la raggiunsi mi chinai ad aiutarla.
“Forza, prendi la mia mano!” la bambina spaurita fece come le avevo detto e riprendemmo a correre. Guardai alle mie spalle. Il mezzo gigante si stava avvicinando velocemente a noi.
Mi balzò il cuore in gola.
“Forza! Dobbiamo andare più veloce!” spronai la bambina e sentii che si metteva a piangere mentre prendeva a correre più velocemente. Guardai di nuovo alle mie spalle. Si, forse ce l’avremmo fatta a scampargli.
All’improvviso però la bambina cadde a terra, probabilmente era inciampata nella foga della corsa.
Fu un istante, l’enorme uomo ci fu addosso.
Vidi che alzava il braccio destro per prendere la carica per il colpo che ci avrebbe inferto.
Strinsi la bambina più forte che potei a me, accucciati a terra e chiusi gli occhi spaventato.
Pregai che facesse del male solo a me e che risparmiasse lei, ma con il cuore nel frattempo continuavo a sperare.
“Ti prego..” sussurrai sui capelli della bambina. “Vieni a salvarmi…” la strinsi se possibile ancora di più a me. “HINATAA!!”
 
Attesi ancora qualche istante, ma non avvenne nulla.
Non sentii alcun tipo di dolore. Forse ero già morto.
Il colpo era stato talmente forte da non permettermi nemmeno di capire l’accaduto.
Sentivo però una sensazione strana, che non apparteneva alla morte. Se ero nell’Aldilà allora perché sentivo ancora il corpo della bimba stretto al mio? Perché sentivo il battere furioso del suo cuore sul mio petto?
Un attimo! Riuscivo ancora a sentire il mio di cuore e le mie braccia, strette attorno all’esile figura.
Avvertii anche la forza con cui tenevo gli occhi chiusi e improvvisamente li spalancai.
Eravamo ancora lì, accucciati e sembrava che non ci avesse colpiti.
Alzai lo sguardo dove fino ad un attimo fa l’enorme uomo stava per darci un pugno e rimasi basito.
In effetti aveva sferrato il suo colpo, ma non era riuscito a raggiungere il suo obbiettivo. Un’altra mano aveva bloccato l’enorme braccio. Una mano all’apparenza molto più esile e candida come la neve.
Osservai la figura, nostra salvatrice, e il mio cuore sembrò scoppiare alla vista di quei fili scuri con degli stranissimi riflessi blu.

Era lei, era arrivata.











Finalmente sono riuscita ad aggiornare!!!
cusate il ritardo ma ho avuto giorni intensi, tra scuola e compleanno della migliore amica da preparare... però finalmente eccovi il nuovo capitoloooo!!
allora cosa ne pensate?? 
è un po' grigio e triste questo capitolo, per questo ho messo quel titolo...
cmq finalmente si è capito xk Naruto non sia intervenuto... in poche parole se l'era fatta addosso...
però ora sta pagando le conseguenze... e non se la passa molto bene... 
chissà ora se riuscirà a reagire!!
mi raccomando commentate!!
Holaaaaaa
Linduz94


PS: Qualcuno mi può spiegare come mettere le immagini nei capitoli?? xk non sono molto brava in queste cose... :) :) grazie !!!

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Capitolo 16
*** ...Non toccarla!... ***


NON TOCCARLA!










La guardavo stupito e incredulo.
Era lei, ne ero sicuro, ma era anche diversa.
La sua figura era se possibile ancora più soda di un anno fa, potevo vedere chiaramente la muscolatura sotto la pelle non coperta dai vestiti. Nonostante questo manteneva una fluidità impressionante, sembrava talmente leggera e delicata nei movimenti che sembrava quasi fragile, ma il dettaglio che mi lasciò più sconcertato furono i capelli e la loro lunghezza.
Arrivavano fino al bacino ed erano acconciati in una lunga treccia, eppure sembravano leggerissimi, perché continuavano ad ondeggiare ad ogni suo più piccolo movimento.
Sentii un enorme peso sciogliersi nello stomaco mentre inspiravo profondamente il suo dolce profumo che si era sparso nell’aria appena era arrivata, dio quanto mi mancava quell’aroma!
Era voltata di spalle e non l’avevo ancora vista in viso ma era lei, non avevo dubbi. L’avrei riconosciuta tra mille.
“Hinata…” sussurrai appena.
La vidi fremere leggermente, ma non si voltò a guardarmi.
Volevo incrociare i suoi occhi e capire cosa provava. Erano mesi che sognavo di vederla di nuovo.
“Lasciami andare ragazzina” la voce rombante dell’uomo che aveva fermato mi ridestò dai miei pensieri.
Vidi che gli lasciava andare la mano e lui indietreggiò un po’, per poterla valutare meglio.
“Vattene.” Rabbrividii alla sua voce, era fredda, distaccata, chiara, non era la solita voce timida, quasi impercettibile ma di una dolcezza smisurata.
Ubbidii all’ordine e lentamente mi allontanai con la bambina stretta tra le braccia.
Mi misi a distanza di sicurezza ma mi voltai a guardare come sarebbe evoluta la situazione.
“Naruto!” mi voltai verso Shikamaru che si stava facendo largo tra la folla con gli altri. “Finalmente ti abbiamo trovato!”
“Dove eravamo prima sono arrivate delle guardie vestite di nero che hanno cominciato a fare razzia, ma poi è arrivata Kurenai Yuhi e le ha sistemate tutte, così siamo venuti a cercarti.”
Shikamaru annuì a confermare la versione di Rock Lee. “Qui cosa sta succedendo? E chi è quella bambina?”
Per tutta risposta mi limitai ad indicare con il mento dov’era Hinata e a quella vista tutti si azzittirono.

Sentii le grida calmarsi poco dopo.
Se quello che mi aveva detto Rock Lee era vero allora Kurenai si era diretta in tutti i luoghi dove avevo visto del fumo e dove evidentemente c’erano dei soldati e, a giudicare dal silenzio che si era creato, aveva sistemato la situazione.
Rabbrividii.
Quella donna faceva paura nel guardarla combattere, era spietata.
“Ti stavamo cercando” mi guardai attorno. Chi aveva parlato? Non era l’uomo con l’enorme spada. Voltai di scatto la testa verso destra e vidi un ragazzo dai capelli bianchi, quasi argentati avvicinarsi alla ragazza a qualche metro di distanza da me. “Hyuga Hinata”.
“Lo immaginavo” rabbrividii sentendo la sua voce musicale spargersi nell’aria e il mio cuore si aprì un altro po’. “Per questo siete venuti qui a Konoha, in un giorno dove così tante persone sono nelle strade. Volevate attirarmi qui”
“Sei molto acuta ragazzina” si fermò accanto all’altro. “Vogliamo che tu venga con noi.”
“Tu.. sei lo stesso di quel giorno…” la sua sembrava più una considerazione che una domanda.
Non capivo, a quale giorno si riferiva?
“Esattamente, sono colui che ti ha somministrato il siero quasi un anno e mezzo fa. Te l’avevo detto che sarei ritornato”.
"E il tuo compagno? Che fine ha fatto? Non è la stessa persona".
"Ti riferisci a Kakuzu?" vidi il ragazzo sorridere. "Beh, diciamo che lui, al contrario di te... non ce l'ha fatta".
La vidi fremere per la seconda volta. Che cos'era successo a questo Kakuzu? Non ci capivo più niente!
Quindi erano stati loro a donare ad Hinata quelle capacità? E ora che cosa volevano?
“Non ho intenzione di seguirvi”
Il ragazzo si mise a ridere. “Non puoi scegliere.”
Sbarrai gli occhi, questo significava che avrebbero costretto Hinata? Ma che cosa voleva quello?
Strinsi i pugni mentre la rabbia cominciava a bollire. Non avrebbero toccato la mia Hinata!
“E invece posso farlo.” Guardai stupito verso l’esile figura della mora. La vidi flettere leggermente le gambe e prepararsi all’attacco. Fu un secondo e lei non era più lì.
Mi guardai attorno stupito e mi accorsi tardi che si stava già dirigendo verso il ragazzo che aveva parlato. Era velocissima, non riuscivo quasi a starle dietro. Vidi che indietreggiava il braccio destro per scagliargli un pugno ma si fermò di colpo.
L’enorme uomo si era frapposto tra lei e l’altro ragazzo.
Come aveva fatto a superarla in velocità?
Ero esterrefatto.
Lei fece un balzo indietro e guadagnò le distanze.
“Grazie Pain” e così il tipo grosso si chiamava Pain. “Allora, cosa ne pensi?”
Stava parlando ad Hinata, ma non capivo di cosa.
“Avevo intuito che lui non è un normale soldato.” Osservai il suo viso serio e nonostante la distanza riuscii a scorgere un filo di preoccupazione, era proprio lì, in quella rughetta che le si formava tra gli occhi. In fondo ogni sua espressione non aveva segreti per me, non era cambiato niente in tutti quei mesi. “Lui è come me” spalancai gli occhi.
Ecco il perché di tanta potenza.
Quindi eravamo nei guai, e anche lei lo era.

“Esattamente. Anche a lui è stato somministrato quel siero ed è sopravvissuto ai suoi effetti, proprio come è successo a te. Non ti conviene fare la spavalda. Ti consiglierei di seguirci senza fare storie”.
Vidi che le tendeva la mano come a sottolineare l’invito.
La osservai più attentamente. Non accettare Hinata, non mi piace quel tipo.
“Non credo che accetterò di venire con voi” la vidi mettere una mano su un fianco con uno dei suoi soliti movimenti fluidi. “Vi sono grata del potere che mi avete dato, ma ho già conosciuto gente della vostra organizzazione, e non avevano buone intenzioni riguardo all’utilizzo delle mie capacità. Non cambio idea facilmente, e se non volevo sottostare agli ordini di pazzi assetati di potere un anno fa, non lo voglio nemmeno ora. Preferisco morire piuttosto che seguirvi” rabbrividii.
Quelle parole mi avevano causato una ventata di gelo, era molto sicura di sé e sembrava sprezzante della morte, ma aveva ragione, quei tipi ispiravano solo guai, lo confermava tutta la distruzione che avevano causata nella città solo per far uscire allo scoperto una singola persona.
“Capisco” vidi il tipo che sembrava il capo tra i due abbassare il braccio rimasto teso fino a quel momento. “Se la metti così allora… ti costringeremo con la forza” un suo piccolo cenno e Pain partì all’attacco.
Si diresse verso la ragazza a una velocità impressionante e le sferrò un pugno. Sobbalzai spaventato. Aveva colpito il terreno.
Sentii un leggero scossone sotto i piedi e vidi l’asfalto sgretolarsi per qualche metro attorno al suo pugno.
Se l’avesse colpita l’avrebbe fatta a pezzi. Cercai con lo sguardo dov’era finita Hinata e mi rilassai un po’ vedendola lontana da lui che lo stava osservando accucciata a terra.
Era stata davvero brava a schivare il suo colpo, ma qualcosa mi diceva che con la forza non sarebbe riuscita a batterlo.
“Sei veloce moscerino!” l’uomo si alzò in piedi e riprese a dirigersi verso di lei.
Continuarono per un po’ quella sorta di danza. Lui le correva incontro e lei lo schivava. Ma non potevano continuare così.
“Adesso mi sono stancato!” lo vidi estrarre l’enorme spadone che teneva sulla schiena. “Adesso si fa sul serio!”
Fu velocissimo.
In un attimo le fu addosso.
“Hinata!” Feci uno scatto istintivo in avanti, come per correre in suo aiuto ma una mano mi afferrò per la spalla.
“Naruto rifletti dannazione!” Shikamaru cercava di trattenermi in tutti i modi. ”Non puoi aiutarla, è una cosa più grande di noi! Le saresti solo d’impiccio” mi scrollai con rabbia le sue mani di dosso e ritornai a guardare il combattimento.
Spalancai gli occhi sorpreso. Aveva fermato il suo colpo.
Hinata teneva la grossa lama della spada ferma in una mano, mentre Pain sembrava stesse cercando di spingere l’arma più in giù possibile per colpirla. Ma la spada era immobile.
“L’ha fermato?” cercavo una risposta anche io come Rock Lee.
La ragazza attirò a sé la spada e con essa anche il suo utilizzatore e gli sferrò un pugno nell’addome con la mano libera.
Lo vidi sputare sangue e cadere a terra in ginocchio.
Hinata incrociò le mani in aria e lo colpì con forza alla schiena. Questo si accasciò al suolo con un tonfo sordo.
Gli dedicò uno sguardo veloce e poi si diresse verso l’altro.
Come diavolo poteva essere diventata così forte? Sembrava ancora più potente di un anno fa.
“Adesso tocca a te” era quasi arrivata di fronte all’altro, ma si voltò improvvisamente a parare il colpo che stava per ricevere alle spalle.
“Prima devi finire con me” Pain si era rialzato e nonostante sembrasse avere il fiato corto l’aveva raggiunta senza particolari difficoltà.
“Mi sembrava strano averti sistemato così facilmente”.
“Già, non sarà facile liberarsi di me” si divisero prendendo le distanze l’uno dall’altra.
“Avanti fatti sotto ragazzina!”
Si lanciarono uno contro l’altro allo stesso momento, cavoli erano velocissimi!
Pain inclinò il braccio destro che reggeva la spada indietro e si preparò per sferrare un colpo.
Trattenni il respiro. Hinata all’ultimo si piegò all’indietro e la spada le passò giusto sopra il busto.
Appoggiò una mano per terra e facendo forza con il braccio sferrò un calcio alla pancia scoperta dell’avversario.
L’uomo riuscì ad intercettarle il piede e lo afferrò con la mano libera. La attirò a sé per colpirla con l’arma ma lei ruotò il busto e gli sferrò un calcio in viso con la gamba libera, poi riuscì ad appoggiare le mani per terra e con un secco colpo di reni lo alzò in aria sbattendolo a terra. Una ragnatela di crepe circondò il corpo all’apparenza inerme dell’uomo scaraventato al suolo.
Che spettacolo! Sembrava di assistere ad un film d’azione gratis.
Hinata si avvicinò all’enorme arma del nemico caduta durante la collisione con il terreno e l’afferrò, puntandogliela alla gola.
In quel momento però mi sentii afferrare da dietro. Qualcuno mi aveva immobilizzato.
“Dannazione Shikamaru! La smetti di…” mi bloccai di colpo, non era Shikamaru ad avermi imprigionato.
“Sta fermo, e non ti succederà niente!” era il tipo con i capelli bianchi. ”Ho notato che ci tieni molto alla ragazzina. Chissà se è la stessa cosa anche per lei..” fece una mezza risata isterica.
Mi trascinò verso Hinata, ma tenne una distanza di sicurezza.
“Non ti conviene metterlo fuorigioco” Hinata si voltò verso di noi e vide la situazione.
Per la prima volta i nostri occhi si incrociarono e vidi per un attimo una scintilla di panico attraversare quelle perle che ora mostravano totale indifferenza. “Altrimenti lui farà una brutta fine”.
Ora guardava il tizio alle mie spalle, senza degnarmi di ulteriori occhiate.
“Credo che ti stia sbagliando” afferrò con più forza la spada. “Puoi anche farlo fuori” Levò la spada in alto e con un colpo seccò la calò sull’uomo ai suoi piedi.
Poi successe tutto troppo in fretta perché potessi capire con chiarezza.
Improvvisamente lei non era più lì, ma la mia vista venne offuscata da una cascata di capelli blu e sentii la presa alle mie spalle allentarsi.
Mi aveva liberato dal mio sequestratore e lo aveva scagliato lontano da me.
Venni invaso dalla sua fragranza dolce. Lo sapevo, lo sapevo che mi avrebbe salvato comunque.
“AH!” la sentii gemere e la vidi cadere ai miei piedi. Alle sue spalle stava Pain con il coltello appena estratto dal corpo della ragazza in mano, che grondava sangue.
Ero allibito. Lui non doveva essere morto infilzato dalla sua stessa spada?
Guardai dove si trovava prima il suo corpo e capii.
Lei non aveva mai avuto l’intenzione di ucciderlo.
Aveva conficcato la spada nell’asfalto ad un soffio dalla sua testa per far credere al tipo più giovane di averlo ucciso, così che abbassasse la guardia su di me.
Solo che non aveva contato il fatto che l’altro avrebbe comunque tentato di fermarla.
Aveva agito d’istinto appena si era accorta che la mia vita era in pericolo.
Mi parai davanti al suo corpo steso a terra in una pozza di sangue.
Dovevo impedire che la portassero via ad ogni costo.
“Non la toccherai!”.
Pain sembrava stranamente scosso da qualcosa. “Levati” si avvicinò di più a me.
“Dovrai costringermi ad andarmene!”
Mi guardò con uno sguardo che mi confuse. Sembrava malinconico, rassegnato.
Sospirò e poi mi sferrò un pugno nell’addome.
Il dolore fu immediato. Sentii un fiotto di sangue premere per uscire e lo sputai fuori piegandomi in due.
Di sicuro mi aveva spezzato qualche costola, maledizione. Mi avrebbe fatto fuori in due secondi, ma dovevo far qualcosa. Non potevo perderla, di nuovo.
Mi raddrizzai nonostante il dolore.
“Forse ci sono andato troppo poco pesante”
Un altro pugno, questa volta volai per qualche metro prima di schiantarmi al suolo.
Forse non erano più solo le costole ad essere rotte.
“Non.. non puoi portartela via…” L’uomo non mi ascoltò e si chinò a legare le mani alla ragazza.
Vidi che la alzava di peso e se la caricava su una spalla. Non doveva toccarla, non doveva permettersi di portarmela via!
“Lasciala andare!” sputai altro sangue nel tentativo di parlare.
Non mi degnò di uno sguardo e si avvicinò all’altro compare, che nel frattempo si era ripreso.
“Credo che ora possiamo andarcene”
“Si”
Senza nessun ulteriore commento si allontanarono.
Pain si voltò verso di me un’ultima volta e mi lanciò uno sguardo enigmatico. Chissà cosa stava passando per la testa di quel dannato!
Mi trascinai a terra per qualche metro, ma loro erano già spariti.
Avevano lasciato tutte le loro guardie a terra lì nei dintorni, senza soccorso.
Evidentemente erano solo pedine di poco valore.
Avevano sacrificato così tante persone solo per portarsene via una.
Hinata era una loro risorsa troppo importante.
E nemmeno questa volta ero riuscito a fare qualcosa.
“Dannazione!” urlai al cielo arrabbiato e chinai il viso per terra mentre sentivo dei passi avvicinarsi di fretta a me.
Sfregai la pelle contro l’asfalto e diedi sfogo a tutta la mia rabbia quando delle salate lacrime cominciarono a scendere copiose.








Buongiorno a tutti gente!
Intanto mi scuso per aver modificato un po' il capitolo ma non mi ero accorta di aver fatto un enorme errore per quanto riguarda i personaggi..
allora riapitolando... a Kakuzu è stato somministrato il siero e non è riuscito a sopravvivere a differenza di Hinata, mentre ora al fianco di Hidan c'è Pain...
bene, cosa ne pensate del capitolo??
finalmente Naruto si è deciso a far qualcosa anche se non è riuscito ad ottenere alcun risultato...
e ora cosa farà? e Hinata? cosa le faranno quei tipacci?
se siete curiosi attendete il prossimo capitolo... che purtoppo, avviso già, ci metterà un po' per essere sfornato :(
la scuola mi vuole uccidere in questo periodo...
alla prossima e vi lascio con l'immagine di Hinata, come la penso io...
però naturalmente potete immaginarvela come preferite... :)
spero si veda!!
Holaaa



Linduz94

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Capitolo 17
*** ...Non mi arrenderò!... ***


NON MI ARRENDERO'









“Naruto!” sentii delle mani afferrarmi e posizionarmi supino. Vidi Shikamaru voltarsi e cercare qualcuno mentre mi esaminava il corpo cercando di valutare le mie condizioni “Sakura vieni subito!”.
Altre mani che mi tastavano e cercavano di capire le mie condizioni quanto gravi fossero.
Sentii delle voci farsi vicine. Domande, risposte che non sentivo. L’unico pensiero che continuava a ronzarmi intorno era l’immagine di quel corpo, preso di peso e portato via, lontano da me, ancora una volta.
Ma non potevo stare fermo, dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa.
Piegai le braccia a terra e mi feci forza con i gomiti per mettermi a sedere.
“Naruto stai fermo, così non riesco a capire le tue condizioni!” Sakura cercava in tutti i modi di rimettermi giù.
“Sto bene, sto bene lasciami stare” feci forza sulle gambe e riuscii ad alzarmi in posizione eretta.
Feci un passo avanti per allontanarmi da tutti loro ma ebbi una fitta lancinante allo stomaco pestato e crollai di nuovo a terra.
Mi sarei schiantato al suolo se due paia di braccia forti non mi avessero sostenuto.
Sasuke e Shikamaru.
Li guardai con un misto di riconoscenza e rassegnazione per le mie condizioni.
“Forza, vieni a stenderti da qualche parte, così Sakura ti da una controllata” già, Sakura, la futura dottoressa.
“Cos’è successo qui? Dov’è Hinata?” mi voltai verso quella voce di donna e riconobbi Kurenai che sembrava essere appena arrivata e si guardava attorno alla ricerca della ragazza.
“Se n’è andata, l’hanno portata via” Shikamaru le rispose con una leggera punta di preoccupazione nella voce, strano notare in lui qualsiasi tipo di sentimento che non fosse assoluta noia.
“State scherzando vero? Non possono averlo fatto! Lei non era abbastanza forte?” sembrava stesse impazzendo, aveva gli occhi fuori dalle orbite.
“In realtà era molto forte ed era riuscita a sopraffarli, ma poi ha avuto un momento di… distrazione” il moro cercava le parole adatte per spiegare la situazione senza ferirmi, senza farmi sentire il peso di quello che era successo.
Ma non c’era niente a cui rimediare ormai. Mi sentivo un completo idiota.
“Dannazione!” osservai la donna darci le spalle mentre imprecava in preda alla rabbia. “Come posso fare adesso? Se andassi dove l’hanno portata saremmo spacciate entrambe.”
Cominciava a passeggiare avanti e indietro alla ricerca di una possibile soluzione.
“Verrò io ad aiutarla” avevo parlato senza nemmeno pensare, istintivamente.
Lei si voltò di scatto nella mia direzione.
“Hai battuto la testa, per caso, ragazzino?” il suo tono di voce era decisamente derisorio. Mi sentii offeso.
“No, so quello che ho detto, e lo ripeto. Verrò io ad aiutarla” ora ero completamente cosciente di ciò che avevo detto. La vidi scuotere il capo, come a scacciare la mia proposta. “Non mi interessa quello che pensa, io andrò comunque a cercare Hinata che lei lo voglia o no!”
“Ahaha, ragazzino e dove credi di poterla cercare se non sai nemmeno dove l’hanno portata?”
Rimasi azzittito, aveva ragione, ma non mi sarei arreso comunque.
Provai a replicare.
“Ha ragione. Naruto non sa nulla di quei tizi e non sa da dove partire ma lo conosco abbastanza bene da poter dire che qualsiasi cosa lei dirà lui proverà a fare ugualmente qualcosa” mi voltai verso Shikamaru alla mia destra sorpreso.”Non credo lei voglia avere sulla coscienza un giovane che si è cacciato nei guai perché non ha voluto aiutarlo” vidi il dubbio cominciare ad insinuarsi nello sguardo della donna.
“Sei astuto, ragazzo, ma non l’hai visto? Non riesce nemmeno a stare in piedi da solo e poi non credo sappia qualcosa sulla lotta, sarebbe solo un peso portarlo con me”
“Posso sempre imparare da lei!”
“Ahaha, ma non farmi ridere!”
Mi feci forza e mi sciolsi dalla presa dei miei amici.
“Adesso glielo dimostrerò!”
La donna si mise le mani sui fianchi. “Voglio proprio vedere”
Mi avvicinai un po’ barcollante, strinsi i denti per i dolori lancinanti, non dovevo assolutamente cedere di fronte a quella donna. Dalla sua decisione dipendeva se sarei riuscito a raggiungere Hinata.
Quando fui abbastanza vicino levai il braccio destro per cercare di colpirla.
Ero lento e il dolore mi rendeva goffo. Inoltre non mi andava l’idea di attaccare una donna, ma dovevo provarci, per far vedere quanto valevo.
Mi bloccò il pugno con la sua mano senza il minimo sforzo. Poi mi rifilò un pugno nell’addome, l’ennesimo.
Mi piegai in due dal dolore, tenendomi la pancia con le mani.
“Visto? Avevo ragione, saresti solo un peso” la vidi voltarsi e cominciare ad allontanarsi.
No, non mi sarei arreso. Non aveva idea di chi fosse Naruto Uzumaki.
“Di nuovo” rantolai.
Lei si fermò e mi volse uno sguardo truce. “Come?”
“Voglio.. voglio riprovarci”
“Non se ne parla…” non le diedi l’opportunità di finire la frase che le fui addosso di nuovo.
Come prima neutralizzò il mio attacco e afferrò il mio pugno chiuso, ma non riuscì a colpirmi.
Le avevo afferrato la mano con cui mi stava per attaccare.
Afferrai saldamente entrambe le sue mani e la feci girare finchè non mi voltò le spalle e riuscii a bloccarla.
Cominciò a divincolarsi e la lasciai andare quasi subito.
Prese le distanze da me e mi guardò circospetta, con una punta di fastidio. Non se l’aspettava.
“Visto? Avevo ragione, imparo in fretta” ghignai soddisfatto.
“Credo che la dimostrazione che le ha dato Naruto sia più che sufficiente e poi verrei anche io con lui per aiutarlo, assicurarmi che guarisca e che non sia un peso”
Ritornai a spostare lo sguardo verso Shikamaru. Che cosa gli saltava per la testa?
“Shikamaru, che diavolo stai…?”
“Beh ovvio che ci sono anche io” mi voltai dalla parte opposta e strabuzzai gli occhi appena sentii cosa aveva detto Sasuke.
“Sasuke.. ma…”
“Se viene Sasuke ci sono anche io” sentii la voce di Sakura alle mie spalle. “Poi sto studiando anche medicina, potrei occuparmi io di chi sta male”
“Anche io non posso restarmene a guardare! Aiuterò sempre Naruto e poi Hinata è mia amica da quando eravamo bambini!” Rock Lee.
Sentii un altro po’ di voci che dicevano le stesse cose. Temari, Kiba, Shino, Karin, Suigetsu, Juugo, Ino, Choji, Gaara…
Tutti volevano venire ad aiutarmi e a salvare lei.
Mi commossi un po’, sinceramente non me lo aspettavo.
“Tutto questo è molto commovente, davvero” tornai a portare la mia attenzione sulla donna dagli occhi rossi. “ma ve lo devo dire apertamente. Siete solo delle palle al piede, soprattutto se siete un numero così grande. Non potete venire.”
 “In effetti io non ne so nulla di arti marziali o robe simili, ma lei si, giusto?” dove voleva andare a parare Shikamaru?
“E questo cosa te lo fa pensare?”
“Beh, devo dire che ho avuto la fortuna di assistere a tutti e due gli scontri che sono avvenuti qui a Konoha, a causa di questi tizi che vogliono le capacità di Hinata, e ho notato nel primo scontro, che l’uomo di nome Orochimaru aveva detto di conoscerla” non riuscivo a capire. “Questo significa che era una di loro, e poi ho visto come ha ucciso quegli uomini, il suo stile di combattimento è quello di un vero e proprio sicario”
“Questo non significa che io voglia trasmettere le mie capacità ad altri”
“No, ma con Hinata l’ha fatto, vero?”
Vidi la donna esitare.
“Ho notato subito la differenza in confronto a un anno fa” Shikamaru continuava il suo pensiero imperterrito. “Hinata non era solo più forte, più veloce. Anche la sua tecnica era diversa. Era diventata più precisa, i suoi movimenti avevano delle figure particolari. Si muoveva come un sicario anche lei, sebbene fin’ora non abbia mai tolto la vita ai suoi nemici”. Rabbrividii immaginandomi Hinata mentre uccideva qualcuno. Era come immaginarsi un angelo che si lasciava trasportare dalle fiamme dell’inferno. Terribile. “Tutto questo mi ha portato a pensare che lei le abbia insegnato quello che sapeva”.
Kurenai rimase in silenzio qualche istante. “Questo non significa che vi aiuterò”
“Non ha altre possibilità” la voce del Nara era diventata sicura. “ Sa benissimo che andare da sola sarebbe un suicidio, l’unica possibilità che ha per poter venirne fuori sana e salva è avere degli alleati e qui ne ha parecchi. Sa già qual è la cosa migliore da fare”.
Per tutta risposta lei rimase in silenzio. Poi si mise a camminare avanti e indietro, con una mano sotto al mento, in riflessione.
Il mio cuore batteva all’impazzata.
Tutto dipendeva da quella decisione, tutto dipendeva da quegli istanti.
Non avrei tollerato una risposta negativa. L’avrei seguita in capo al mondo. Doveva portarmi da Hinata.
Ad un tratto si fermò.
“Se dovreste essere d’intralcio non ci penserò due volte ad abbandonarvi al vostro destino. Dovete tenere presente che le vostre vite sono in serio pericolo, non ce ne andremo a fare una passeggiata”
“Lo sappiamo già” Shikamaru mi guardò. “Ma Hinata ci ha sempre salvato, senza mai chiedere nulla in cambio. E’ ora di dimostrare che anche noi teniamo ai nostri amici. Dobbiamo saldare il nostro debito”
Sorrisi, pensando che ero fortunato. I miei amici non mi avrebbero mai lasciato andare da solo, non mi avrebbero abbandonato, come non avrebbero abbandonato Hinata.
“Bene allora andiamo”
La donna ci diede le spalle veloce.
“Aspettate!” chi c’era ora?
Mi volsi e rimasi stupito nel vedere Tenten correrci incontro.
“Vengo anche io!”la guardai sorpreso. “Anche io voglio aiutare Hinata! E poi so combattere!” ci guardò speranzosa. “Potrei aiutare gli altri ad imparare…”
“Anche noi sappiamo combattere, verremo con voi” Neji e Hanabi si stavano avvicinando al nostro gruppo. La ragazzina mi squadrò da capo a piedi.  “Credo che senza di noi non andrete molto lontano”. Ehi ma chi si credeva quella? Sbuffai irritato, pensando di trattenermi solo perché era la sorella minore di Hinata.
“Spero che non ne saltino fuori altri, ne ho abbastanza” La donna ci voltò le spalle e cominciò ad incamminarsi
“Ma come? Partiamo subito?” Suigetsu si ricevette un’occhiataccia.
“Se non ti va puoi sempre rimanere qui” Karin dette voce ai pensieri di tutti
“Nono, non mi perderei un po’ d’azione per nulla al mondo, rossa” la ragazza sbuffò mentre prendevano a seguirci.
Era arrivata l’ora di salvarla. Ora che eravamo tutti uniti niente ci avrebbe fermato.
 
Aprii gli occhi lentamente e con una certa fatica. Era fastidioso cercare di aprirli e battei le palpebre un paio di volte.
Ero immersa nell’acqua, ecco il motivo di tanto fastidio, ma stranamente riuscivo a respirare.
Mi toccai il viso e rimasi sorpresa nel sentire una maschera per l’ossigeno circondarmi la bocca ed il naso.
Dov’ero?
Mi guardai le mani e vidi enormi aghi impiantati nella pelle che erano collegati a dei tubicini, ma non capivo dove finivano o a cosa servissero. Spaventata mi guardai anche il resto del corpo, ma il era integro. In quel momento mi accorsi di essere senza vestiti. Solo l’intimo impediva al mio corpo di essere completamente scoperto.
Cos’era successo?
Vidi di fronte a me cominciare a delinearsi una sagoma. Anzi erano due.
Pain e il ragazzo dai capelli bianchi.
“ Ben svegliata” istintivamente mi coprii il corpo con le mani. Mi faceva ribrezzo lo sguardo con cui mi guardava. Mi faceva sentire nuda e sporca. “Immagino ti stia facendo molte domande. Beh sono qui per chiarirti un po’ le idee” si avvicinò a me.
In quel momento capii il perché mi trovavo immersa nell’acqua.
Ero all’interno di un enorme contenitore trasparente, mentre lui si trovava all’esterno. Forse eravamo in un laboratorio.
“Ti trovi all’interno di una vasca stabilizzante. Ti stiamo iniettando dei farmaci che abbiamo sperimentato qui e che possono ripristinare al meglio i tuoi organi interni, in modo che possano essere attivi al cento per cento, senza alcuna disfunzione. Il liquido verdastro che ti circonda serve a rafforzare invece la tua pelle, a renderla ancora più resistente, il perché lo capirai più avanti” mi stavano…rafforzando ancora? “Non possiamo perdere tempo, dobbiamo farti raggiungere le condizione più idonee alla seconda fase prima che il tuo corpo invecchi troppo” mi guardò più intensamente, facendo scorrere lo sguardo su tutta la pelle scoperta. “Anche se non sei affatto male ugualmente.” Rabbrividii disgustata. “Ah a proposito, benvenuta nell’armata dell’organizzazione Alba” mi rivolse un ghigno divertito.
Ero nelle loro mani, ero in loro potere. Non doveva succedere.
Cominciai a muovermi nel tentativo di liberarmi e di poter tentare una fuga.
“Sedatela di nuovo” ordinò a qualcuno alla sua destra. “Non deve riuscire a scappare” Riuscii a scorgere solo un’ombra e poco dopo sentii l’odore dell’aria che respiravo cambiare. Le palpebre cominciarono a farsi pesanti e lentamente i miei occhi si chiusero. Prima di cadere nell’incoscienza scorsi una cosa che mi incuriosì. Quando i due si voltarono e presero ad allontanarsi da me vidi un piccolo meccanismo nero attaccato sulla nuca di Pain. Sembrava quasi un ragnetto. Ebbi solo il tempo di chiedermi cosa diavolo potesse essere, poi caddi nuovamente nell’incoscienza.
 









Holaaaaaaa!!!!
ok lo scorso capitolo ci ho provato a mettere l'immagine di Hinata.... e non ci sono riuscita... :( ti pareva!! ):
la mia incompetenza con ste cose supera ogni immaginazione...
cmq capitolo un po' strano questo... l'ho scritto in fretta, quindi spero sia comprensibile...:) :)
nel frattempo, dato che è Natale e ho voglio di fare ringraziamenti saluto e ammiro di cuore chi ha sempre recensito : thanks idols,  Yondaime_Hokage,the breath wind e LiLy Pt..
ma anche chi ha messo la mia storia tra le preferite, le seguite o le ricordate!!!
siete i miei idoli tutti quanti!!
beh non so che altro dire...


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Holaaaaaa
Linduz94

 

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Capitolo 18
*** ...Il dolore di perderla ancora... ***


IL DOLORE DI PERDERLA ANCORA 









Guardavo l’orizzonte, mentre il sole scendeva lentamente inondando il paesaggio di quel colore rossastro che avrebbe avuto il potere di emozionare chiunque.
Ma in realtà non vedevo niente.
La mia mente era troppo affollata per potermi accorgere dello spettacolo che avevo di fronte.  
Ogni tanto il mio sguardo cadeva su quella collinetta ricoperta dalla foresta che nascondeva il passaggio che mi avrebbe condotto fino a lei.
E la mia preoccupazione cresceva.
Cosa le avevano fatto? Ormai erano passati un po’ di giorni da quando se l’erano portata via. Stava bene?
E questione ancora più importante.. sarei riuscito a salvarla?
Mi volsi verso gli altri. Ci eravamo appostati in quella casa abbandonata, che si affacciava giusto al luogo che Kurenai ci aveva indicato, per quasi tutto il giorno, nel tentativo di elaborare un piano perfetto per riuscire ad entrare senza essere scoperti. Ognuno si stava rilassando, nell’attesa di passare all’attacco. Tenten stava pulendo le armi che ci aveva procurato Kurenai, non finirò mai di stupirmi della sua passione per quegli oggetti, era davvero enorme. Hanabi stava facendo un esercizio fisico apposito per preparare i suoi muscoli al meglio che le avevano insegnati ai corsi di lotta. Sasuke e Sakura erano spariti da qualche parte, dio solo sa a fare cosa. Kiba si stava godendo un tranquillo sonnellino, mentre Shino e Gaara erano seduti con gli occhi chiusi, non capivo se stavano dormendo o solo rilassandosi. Choji si stava abbuffando di schifezze come suo solito, mentre Rock Lee era fuori da qualche parte a fare qualche strano allenamento. Shikamaru e la donna dagli occhi cremisi continuavano a parlottare tra loro, forse definendo alcuni dettagli del piano mentre Temari li guardavano storto, evidentemente irritata dalla vicinanza della donna al suo fidanzato. Ino non faceva altro che lamentarsi per la sporcizia in quel posto guardando a volte disgustata anche Choji. Neji guardava fuori dalla finestra a pochi passi di distanza da me, forse i suoi pensieri per la cugina erano simili ai miei. Infine c’erano Karin e Suigetsu che non la smettevano di litigare, mentre un povero Juugo tentava di evitare una possibile rissa tra i due. Come potevo essere sicuro che tutti loro non avrebbero corso rischi?
Sospirai nel tentativo di togliermi di dosso quei lugubri pensieri.
“E’ la prima volta che ti vedo così, Naruto”
Mi voltai di scatto verso chi aveva parlato. Osservai Gaara molto attentamente mentre si sedeva accanto a me. Non l’avevo proprio sentito avvicinarsi, faceva paura a volte quel tipo.
“Tu dici?” cercai di sorridere mentre mi grattavo la testa.
“Si, sembri preoccupato. Se non lo fossi a quest’ora saresti con Rock Lee a fare qualche strano allenamento”.
Sospirai di nuovo. No, non sarei riuscito a fare come Rock Lee adesso. Ero troppo in ansia.
“In effetti sono un po’ preoccupato, ma è normale no?” cercavo di sminuire il più possibile quello che in realtà provavo.
“Non devi preoccuparti Naruto” tornai a guardarlo confuso. “Qualsiasi cosa succederà stanotte non sarà per colpa tua.” Gaara spostò lo sguardo verso il sole che ormai era sparito nell’orizzonte e tutt’attorno cominciava a dipingersi di un colore più tendente al viola. “Ognuno di noi è qui per una sua propria scelta, non siamo stati costretti a venire e sappiamo che non sarà facile. Per questo in questi giorni ci siamo preparati. Ma è per nostra volontà che siamo qui. Non ti avremmo mai abbandonato. Né tu, né lei, che ha fatto così tanto per tutta Konoha”.
Rimasi ad osservarlo stupito. Era sempre stato un tipo silenzioso, ma avevo stretto subito amicizia con lui perché il suo passato era molto simile al mio.
Finalmente riuscii a distendermi in un sorriso sincero e di ringraziamento. Ero felice che ci tenesse a tranquillizzarmi.
“Ti chiedo solo una cosa Naruto” annuii incuriosito. “Non fare niente di avventato” fissò i suoi occhi azzurri stranamente contornati dalle occhiaie sui miei. Sembrava quasi un ordine.
“E’ scesa la notte. E’ ora di partire”
Guardai Kurenai quasi confuso mentre ripensavo alle parole di Gaara.
Poi mi alzai in fretta e velocemente tutti ci preparammo.
 
“Questo passaggio non è stato mai utilizzato, probabilmente quasi nessuno all’interno dell’organizzazione ne è a conoscenza. Il piano lo conoscete tutti: entriamo senza farci vedere, ci dirigiamo al laboratorio, liberiamo Hinata e ce ne andiamo. Sono ammesse interferenze solo nel caso in cui venissimo scoperti, allora dovrete prepararvi a combattere.” Kurenai passò i suoi occhi rossi su ognuno di noi. “Nessuno faccia di testa propria. Tutti dovranno sottostare ai miei ordini e in caso di emergenza a quelli di Shikamaru. Un solo sbaglio e quella potrebbe diventare la nostra tomba.”
Ognuno di noi era stato equipaggiato con un walkie talkie oltre che con qualche pugnale e pistola. Kurenai ci aveva detto che generalmente i sicari non combattevano con quelle armi moderne perché per loro erano inutili. Erano in grado di uccidere qualcuno senza produrre alcun rumore e le pistole venivano considerate solo armi rumorose. Ognuno possedeva delle armi proprie e le trattava con rispetto. Erano l’orgoglio di ogni sicario.
La donna si avvicinò ad un cespuglio meno rigoglioso degli altri e lo strattonò via senza fatica rivelando così una grata un po’ rovinata dal tempo e piena di ruggine.
Ruppe un piccolo lucchetto che si trovava a lato aprendo così il passaggio.
Ad uno a uno entrammo tutti con un po’ di fatica per lo spazio angusto. Alcuni di noi dovettero aiutare Choji che si era incastrato, poi cominciammo ad avanzare, ognuno nel modo più silenzioso possibile.
Camminavamo in quello che sembrava un piccolo tunnel scavato nella roccia e che pendeva sempre più verso il basso. Il puzzo di terriccio e forse anche di qualche strano animale che viveva lì mi arrivava forte al naso e l’aria sembrava farsi sempre più rarefatta.
Ormai ci eravamo allontanati dall’entrata e la luce non riusciva più a raggiungerci così Shikamaru che si trovava in testa al gruppo con Kurenai e Kiba che si trovava in fondo accesero delle pile per permetterci di guardare dove mettevamo i piedi.
Ormai sembrava passata un’eternità e il tunnel non sembrava finire oltretutto iniziava a fare davvero caldo lì dentro.
Quando ormai mi ero convinto che avrei passato tutto il resto della mia vita in quel buco ad avanzare senza mai riuscire a raggiungere la meta quando Shikamaru e Kurenai si arrestarono.
La donna indicò un piccolo sprazzo di luce in lontananza e intimò con il dito appoggiato alle labbra a fare ancora meno rumore possibile.
Sentii il cuore cominciare ad accelerare i battiti. Finalmente ci stavamo avvicinando. Ero talmente sudato che sentivo la maglia essersi fatta tutta appiccicata al mio busto. Mi passai una mano sulla fronte per asciugare qualche goccia che cominciava a scendere.
La strada ora non era più in discesa ma era orizzontale e finiva con un muro di terreno a bloccare il passaggio.
Possibile che fosse già finita lì?
Kurenai fece cenno a Shikamaru di spegnere la torcia, poi si alzò sulle punte fino a toccare il soffitto.
Strinsi gli occhi per poter guardare meglio e vidi che tastava la roccia in cerca di qualcosa.
Aguzzai la vista e notai che il soffitto era diverso in quel punto. Sembrava più regolare, perfettamente piatto e non scavato malamente com’era stato fin’ora.
Sentimmo un leggero schiocco e un filo di luce entrò da un’apertura di fianco alla mano della donna.
La vidi avvicinare il volto e guardare dalla fessura poi si volse verso di noi.
“Via libera”
Alzò completamente quella che sembrava una lastra e si issò nell’apertura che aveva creato.
Uno ad uno la seguimmo veloci cercando di mantenere più silenzio possibile.
Quando fu il mio turno capii che eravamo sbucati da una piastrella del pavimento di una stanza. Mi guardai attorno notando che era una ambiente stretto, sembrava quasi uno sgabuzzino, dalle pareti bianche e senza alcun oggetto all’interno. Di fronte a noi c’era un’apertura senza alcuna porta a dividere quell’ambiente dall’esterno.
Kurenai si appoggiò al muro e si sporse leggermente per vedere se qualcuno passava. Ad un suo cenno la seguimmo lasciando la stanzina.
Ci ritrovammo in un lungo corridoio dalle pareti di color bianco sporco, con l’intonaco che qua e là cadeva a pezzi, affiancato da alcune porte, però sembrava non esserci anima viva. Forse eravamo nei sotterranei dove non passava quasi mai nessuno.
In fondo troneggiava una porta di metallo, più grande e imponente delle altre.
Kurenai si voltò a guardarci. Uno sguardo d’intesa.
Adesso cominciava la parte più difficile.
 
Ormai avevo perso il conto di quanti corridoi avevamo attraversato.
Più di una volta avevamo corso il rischio di farci scoprire, ma grazie alla guida della donna fino a quel momento tutto era filato liscio.
Ora ci trovavamo davanti alla porta dei laboratori.
Lì dentro c’erano probabilmente le persone addette a quella zona, ma forse c’era anche lei.
Secondo Kurenai era stata rinchiusa lì dentro. In fondo era un loro esperimento e sarebbe stato una ragionamento logico monitorarla.
Sperai con tutto il mio cuore che fosse così, non avrei sopportato l’idea che forse le avevano fatto qualcosa e avrebbe potuto non essere più tra noi.
Inspirai profondamente, tutte le mie domande avrebbero potuto trovare una risposta dietro a quelle porte di metallo.
Kurenai ci fece un cenno, scattai in piedi. Era ora di fare irruzione.
Spalancammo le porte.
Eravamo in una sala molto ampia con numerosi tavoli con sopra miriadi di quelle boccette strane che usavano gli scienziati con liquidi al loro interno.
Mi guardai attorno. Tre persone. Due uomini e una donna che si erano voltati di colpo alla nostra entrata.
Non ebbero nemmeno il tempo di capire. Mi fiondai su quello più vicino e gli sferrai un pugno che lo fece cadere a terra.
Kurenai si era già occupata degli altri due. Avevamo cercato di fare meno rumore possibile, ma da dietro un’enorme tenda che si trovava in fondo alla stanza arrivarono un uomo e una donna, entrambi in camice.
Sembrarono comprendere subito lo stato di allarme, ma Hanabi e Tenten furono veloci.
I cinque malcapitati vennero legati in modo che non ci fossero d’intralcio mentre Suigetsu e Karin barricarono la porta in modo da impedire a chiunque di entrare.
Nel frattempo io non persi un attimo e cominciai a cercare ovunque una porta o un passaggio. Qualsiasi cosa che potesse far intendere che lei era nascosta lì da qualche parte.
Mi accostai alla tenda da dove erano usciti gli ultimi due scienziati.
Possibile che lei non fosse lì?
E se l’avessero…?
Scossi la testa arrabbiato. Non dovevo pensare cose negative. Non ora. Serviva concentrazione e mente lucida in quel momento. 
Scostai la tenda. Sicuramente lì dietro c’era un lettino o una cosa simile ad un’infermeria.
Mi bloccai stupito.
La tenda nascondeva un enorme cilindro. Era talmente grosso che ci sarebbero voluti due uomini per abbracciarlo tutto, ma quello che più sconcertava era che c’era qualcuno lì dentro.
Avvolta da un liquido verdastro c’era una figura minuta rannicchiata su sé stessa.
Mi avvicinai attratto da quello che avevo davanti ma mi arrestai di colpo.
Nonostante il liquido che la avvolgeva non avrei mai potuto sbagliarmi.
Mi fiondai sul vetro cominciando a colpirlo con i pugni, nel tentativo di attirare l’attenzione della ragazza lì dentro.
Non si mosse.
Mi guardai attorno. A destra lì vicino c’erano una serie di tasti collegati a quella specie di vasca, forse c’era anche un tasto per farla uscire di lì.
Dannazione ma perché erano tutti uguali?!
Non potevano mettere qualche indicazione del tipo “Exit” ecc?
Dannati scienziati!
Provai a caso a premere il tasto rosso più vicino.
Non successo niente.
“Dannazione!” mi voltai “Shikamaru vieni qui!” tornai a guardare la ragazza.
Si era mossa. Mi avvicinai di più al vetro. La vidi cominciare ad agitarsi improvvisamente. Si portava una mano sul collo. Sembrava stesse soffrendo, cosa stava succedendo? La vidi spalancare gli occhi terrorizzata.
“L’hai trovata!” Shikamaru era appena apparso al mio fianco. “Ma perché sta soffocando Naruto?”
“Dannazione ecco perché si è svegliata!” cominciai a sudare freddo. Cos’avevo combinato?
“Naruto, cosa sta succ…?”
“Credo di averle tolto l’ossigeno!” mi guardai attorno disperato. Serviva qualcosa di resistente.
“Dobbiamo tirarla fuori da lì subito!” Shikamaru si avventò sulla tastiera per cercare di risolvere il qualche modo il danno, ma non c’era tempo.
Sarebbe soffocata se non l’avessimo tirata fuori subito.
Finalmente vidi ciò di cui avevo bisogno.
Presi un tubo lungo di metallo sopra a uno dei tavoli e velocemente mi avvicinai alla vasca.
La ragazza continuava a contorcersi alla ricerca disperata di ossigeno. Presi lo slancio all’indietro e colpii con forza.
Una piccola, minuscola crepa cominciò a formarsi, ma non era abbastanza.
Un altro colpo, ci misi più forza che potei. Lei nel frattempo continuava ad agitarsi, ma era più debole.
Di nuovo, la disperazione cominciò ad affiorare. I suoi movimenti si fecero più lenti.
No, no, no dannazione.
“Aaaaaaaah!!”
Finalmente cominciò ad uscire dell’acqua da un minuscolo foro. Nel frattempo oltre il vetro non c’era più alcun movimento.
Un’altra volta.
Finalmente il vetro si ruppe in mille pezzi.
Mi avventai subito ad afferrare la ragazza. Shikamaru mi aiutò ad appoggiarla a terra evitando che si ferisse con qualche vetro.
Dannazione non respirava!
“Hinata!” la presi per le spalle. “Hinata forza apri gli occhi!” la scossi leggermente. Avevo paura di farle del male, ed ero spaventato all’idea di perderla per uno stupido errore.
Strinsi con più forza. “Hinata!”
La appoggiai per terra.
Shikamaru le prese il polso destro e si piegò in giù osservandole il petto. Non si muoveva.
“Non respira, dobbiamo farle il massaggio cardiaco”
Feci un cenno con la testa angosciato.
Mi accostai al suo viso e le alzai il mento mentre Shikamaru preparava le mani sul suo petto.
Le tappai il naso e soffiai all’interno della sua bocca.
Shikamaru cominciò a premere ritmicamente con forza. 1,2,3…
La mora non dava alcun segno di riprendersi.
Un altro soffio. 1,2,3,4…
Forza Hinata, non puoi lasciarmi così.
Soffiai ancora aria tra le sue labbra. 1,2,3,4,5…
Nessun movimento.
“Naruto…”
“No. Shikamaru, di nuovo” espirai ancora e il mio amico riprese.
Ormai eravamo circondati da tutti gli altri che assistevano impotenti alla scena.
“Naruto, basta” sentii appena il sussurro di qualcuno, forse Kurenai.
“NO!” espirai ancora, ma Shikamaru non continuò.
“Naruto…” lo guardai furioso. Perché? Perché non capivano?
Lei non poteva morire. Non doveva.
Lo scostai brusco. Appoggiai le mani sul suo petto, una sopra l’altra e cominciai a premere. 1,2,3…
“Hinata dannazione!” continuavo a premere la sua cassa toracica mentre la vista cominciava ad offuscarsi.
Un altro soffio.
Un’altra spinta contro il suo petto.
Guardai il suo viso sebbene lo vedessi offuscato. “Non puoi lasciarmi cosi!” sputai tra i denti.
Mi riavvicinai alle sue labbra bagnando anche il suo volto con le mie lacrime.
Era finita davvero?
Passai una mano fra i suoi capelli fradici baciandole la fronte delicatamente.
La mia bellissima donna.
Accarezzai il suo viso asciugando qualche goccia che colava sul suo collo.
Perché il mio cuore sembrava spezzarsi? Avrei dovuto essere abituato a perderla. Invece mi ritrovavo ancora lì a soffrire per la stupidità dei miei gesti.
La guardai memorizzando ogni suo piccolo dettaglio, lo avrei portato per sempre con me. Mi chinai ancora.
Forza, un’ultima volta.
Appoggiai le mie labbra sulle sue e soffiai un’ultima volta.
 
Sobbalzai spaventato quando si mosse e mi allontanai subito da lei.
Sputò acqua tossendo e si mise a sedere per riprendere fiato.
Mi ero arreso.
Mi ero convinto che non c’era più niente da fare ormai, invece era bastato provarci una volta ancora. Solo una.
La vidi riprendersi e cominciare a guardarsi attorno confusa, osservando tutti e chiedendosi forse il perché eravamo tutti lì con lei.
Poi il suo sguardo incrociò il mio.
Non riuscii a trattenermi.
La avvolsi con le mie braccia e la strinsi più che potei.
Da quanto aspettavo quel momento?
Finalmente, si, finalmente ero a casa.











Ciao a tutti!!! Finalmente sono tornata... 
Scusate molto ma in questi giorni a scuola ho pagato per non aver aperto un libro durante le vacanze :P quindi ho dovuto abbandonare gli aggiornamenti alla mia storia..
ma sono tornata!!!
il capitolo forse sembra un po' frettoloso scusate ma ci ho messo il cuore xk è uno dei miei capitoli preferiti :) 
le cose si fanno movimentate ora!! chissà cosa succederà a Naruto e Hinata... 
mi sa che dovrete aspettare ancora un po' per il prossimo capitolo ma continuate a seguirmi!!!
vi lascio con una delle mie immagini preferite!!

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Holaaaaaaaaaaaa
Linduz94 :)

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Capitolo 19
*** ...Troppi pensieri non detti... ***


TROPPI PENSIERI NON DETTI








Mi sembrava di essere sospesa in aria.
Era una sensazione stranissima e mi faceva sentire a disagio.
Tutto attorno a me era buio.
Forse ero morta.
Eppure mi sembrava così naturale, così semplice quel mondo di tenebra.
All’improvviso un lampo di luce mi prese alla sprovvista.
Cos’era stato?
Non ebbi il tempo di pensarci che un dolore pian piano sempre più forte si stava impossessando del mio corpo.
Mi afferrai la gola istintivamente e provai ad urlare ma non produssi alcun suono.
Il mio corpo sembrava andare in fiamme e perdevo velocemente le forze.
Stavo soffocando.
Come poteva la morte essere così dolorosa?
Sentivo il mio corpo, sentivo ogni singolo tendine e muscolo flettersi e agitarsi nel tentativo di ribellarsi a quella violenza.
Spalancai gli occhi quando capii che stavo arrivando al limite. Ero nel liquido verdognolo.
Perché? Perché mi stavano facendo questo? Forse il loro vero scopo era quello di uccidermi.
I miei movimenti cominciarono a farsi lenti. Ormai la mia mente non mandava più alcun segnale. Stavo tornando allo stato di sospensione in cui mi ritrovavo prima.
Da una parte ero sollevata, almeno non avrei sofferto ancora, dall’altra però continuavo a sentire un fastidio. Ma non era fisico. C’era un ricordo che non voleva saperne di venire a galla. Mi stavo dimenticando di qualcosa o forse di qualcuno?
Sentii un’ondata di tristezza invadermi senza capirne il vero motivo.
Avevo dimenticato?
Poi un’immagine sfocata si fece strada nella mia mente.
Sentii le lacrime uscirmi senza controllo mentre pian piano cadevo nell’incoscienza.
Come potevo dimenticare?
Naruto.
Mi dispiace.
Poi fu tutto buio, di nuovo.
 
“Hinata dannazione!”
Chi mi chiamava? E perché era così arrabbiato? Non potevano lasciarmi dormire?
Sentivo il buio cominciare a diradarsi e la sensazione di leggerezza cominciava a svanire.
Perché sentivo tutta la rabbia di quella voce invadermi come se ne fossi io la causa?
Ero infastidita, volevo solo tornare a starmene in pace.
‘Mi dispiace..’ provai a parlare ma la mia bocca non si muoveva.
Sentivo tutto il mio corpo ricominciare ad urlare. Il bruciore era tornato.
Dovevo muovermi, dovevo fare qualcosa. Eppure ero immobile come una statua.
“Non puoi lasciarmi cosi!”
‘Naruto…!’ provai ancora a muovermi ma fu tutto inutile.
Perché era così arrabbiato e triste..? Dannazione se era triste!
La consapevolezza di essere io la causa del suo stato d’animo mi si fiondò addosso come un macigno.
‘Naruto, non ti lascerò! Non voglio lasciarti…! E’ solo che…’
Già, sono il mostro dopotutto.
Forse… forse non dovrei lottare così tanto. Forse dovrei lasciarmi andare…
Almeno Naruto sarebbe al sicuro se me ne andassi.
Poi sentii qualcosa bagnarmi il viso.
Stava piangendo? Il mio Naruto stava piangendo… per me?
‘NO!’ ero sconvolta.
Sentii che venivo tirata in alto, all’improvviso, e con una forza enorme.
Le tenebre cominciarono a diradarsi mentre io acquistavo sempre più velocità.
Sentivo il petto schiacciarsi dall’angoscia, cosa stava succedendo?
‘Naruto… non piangere. Sto arrivando!’
Aprii gli occhi di scatto. Cosa succede?
 
La guardavo di sottecchi in continuazione.
Non potevo credere di averla lì, a nemmeno un metro di distanza, senza avere attorno pazzi assetati di potere che volessero portarmela via.
E più continuavo a guardarla, più mi stupivo di quanto fosse realmente cambiata.
Il suo viso era maturo, molto più maturo di una ragazza che avrebbe dovuto avere 19 anni, ma il suo corpo restava sempre tonico come al solito, anzi sembrava esserlo ancora di più se possibile.
Mi soffermai a guardarle le gambe chiare, mentre Sakura la controllava per assicurarsi che stesse bene, erano così lisce e sensuali. Mi domandai come fosse toccarle.
Arrossii e distolsi lo sguardo subito. Che diavolo ti prende Naruto? Fare pensieri del genere in un momento simile!.
Appena si era svegliata e l’avevo abbracciata non mi ero reso conto che era senza vestiti. Ero talmente preoccupato, prima, che non ci avevo proprio fatto caso. Solo quando il mio corpo era entrato a contatto con il suo mi ero accorto della situazione. Così mi ero allontanato subito da lei. Poi Sakura e Kurenai l’avevano coperta con una stoffa trovata sopra ad uno dei tavoli del laboratorio e l’avevano adagiata sopra ad un altro per assicurarsi che stesse bene.
Eppure qualcosa non andava.
Non mi aveva ancora rivolto la parola e, ora che ci facevo caso, cercava di evitare il più possibile il mio sguardo.
Dov’era finita l’Hinata che mi aveva salvato la vita? Che ormai si fosse stancata di portare il peso di un combina guai come me?
“Kurenai, credo dovresti venire a vedere” Shikamaru l’aspettava vicino ad un tavolo del laboratorio.
La donna accarezzò la testa ad Hinata sorridendole, poi si diresse verso il ragazzo.
Vidi Hinata seguirla con lo sguardo con un velo di preoccupazione ad oscurarle gli occhi.
“Bene, sei sana come un pesce!” Sakura finì di visitarla e le regalò un sorriso di rassicurazione.
“Sakura, ti ringrazio” Hinata le prese le mani e le strinse tra le sue. Poi si volse verso tutti noi. “E ringrazio con tutto il cuore anche voi. Io…” la vidi fremere leggermente. Forse aveva freddo. Mi agitai irrequieto. “Io… non so davvero cosa dire” abbassò lo sguardo verso i suoi piedi. “Siete venuti tutti qui, rischiando la vita… per me… Non mi merito tutto questo.. dovete andarvene prima che succeda qualcosa…” Non riuscì a continuare perché Tenten le si era fiondata addosso.
“Ma che cavolo dici scema? Siamo amiche no?” sorrisi quando sentii la ragazza dai buffi chignon singhiozzare. Chissà da quanto tratteneva quelle lacrime.
“Sorellona smettila di piagnucolare!” anche Hanabi le si fiondò addosso e in pochi secondi tutte e tre scoppiarono a piangere. Non sapevo se sorridere della comicità della situazione o se abbandonarmi a mia volta alle lacrime. Ero sconcertato.
Quando si furono calmate le due ragazze la lasciarono andare e Hinata incrociò lo sguardo del cugino.
“Sono felice che tu stia bene” Neji non si scomponeva nemmeno in queste situazioni. Era un vero Hyuga.
Guardai Hinata curioso di sapere la sua reazione. La ragazza per tutta risposta si mise in piedi e si avvicinò al cugino.
Lo guardò in modo indecifrabile, poi sotto lo sguardo sconcertato di tutti l’abbracciò.
Un gesto talmente spontaneo e naturale che si faticava a credere fosse stato fatto a Neji Hyuga.
Per poco non caddi a terra dalla sorpresa quando vidi Neji sorridere, di un vero sorriso disteso, e ricambiare l’abbraccio della cugina. Evidentemente anche il più duro faticava a trattenere le sue emozioni.
Seguirono altri abbracci e scambi di complimenti e frasi di piacere, ma io mi tenni ben lontano. Avrei dovuto parlarle forse, ma dovevo dirle così tante cose che quello non era assolutamente il momento più indicato. E poi, in fondo, temevo di avvicinarmi a lei. Mi sembrava una persona troppo diversa da come la ricordavo. Ero… intimorito.
“Hinata” la voce leggermente alterata di Kurenai ci fece voltare tutti.” Abbiamo trovato qualcosa che potrebbe interessarti”
La ragazza la guardò confusa.
La donna per tutta risposta le mostrò una boccetta che conteneva un liquido azzurrognolo.
“Che cos’è?”
“L’antidoto” Shikamaru comparve affianco alla donna. “L’antidoto per quello che ti hanno fatto”.
 
 Il silenzio era calato attorno a noi.
Esisteva un antidoto?
“Che… che cosa significa? Come potete esserne sicuri?” La voce di Hinata fremeva. Sembrava avesse paura della verità di quelle parole.
Shikamaru per tutta risposta mostrò un piccolo libricino dalla copertina nera in cuoio.
“E’ scritto tutto qui. E’ una specie di registro di tutte le sostanze presenti nel laboratorio e le loro funzioni” lo aprì  sfogliò le pagine fino alla fine. “Sembra sia una delle ultime sostanze create da Orochimaru prima che abbandonasse l’organizzazione e che tu lo fermassi. Servirebbe ad interrompere il processo di rafforzamento cellulare e ad arrestare anche il loro processo di invecchiamento precoce”. Quindi una speranza c’era che lei sopravvivesse a tutto ciò. La vidi indietreggiare di qualche passo ma poi ricomporsi. “Hinata? Stai bene?”
Annuì appena. “Io…” guardò Tenten che le stava affianco preoccupata e le regalò un sorriso sollevato, nonostante non fosse il suo solito sorriso dolce.
“Non è finita. Qui dicono che è ancora in fase sperimentale, non è ancora stato provato su esseri umani e non se ne conoscono le conseguenze. Probabilmente dipende dal soggetto.”
Calò di nuovo il silenzio. Quindi eravamo di nuovo al punto di partenza.
“Non importa” ritornai ad osservare la mora. “Vorrei portarlo ugualmente con me.” Si avvicinò a Shikamaru. “C’è solo questa provetta?”
Il moro la scrutò guardingo poi dissentì con la testa. “Ci sono altre nove provette”.
“Ok, potrei averle?” Dopo qualche secondo di esitazione il ragazzo approvò e appoggiò sul suo palmo la provetta che le aveva mostrato.
“Ehi Hinata! Guarda cosa ho trovato?” ci voltammo tutti verso Ino chesi stava avvicinando alla ragazza tendendole un mucchio di panni. “Prova a vedere se ti stanno, le ho tolte alla scienziata di là, lei può continuare a coprirsi con il camice, mentre credo che tu ne abbia più bisogno”
“Ino… ti ringrazio ma… non credo sia giusto per…”
“Ah Hinata cara! Quando imparerai che non tutti sono buoni come lo sei te? Dai te lo meriti dopo quello che ti hanno fatto!”
Hinata non poté che accettare i vestiti e ringraziare Ino. La bionda non le avrebbe lasciato tregua altrimenti.
“Beh, non che ci dispiacesse se restavi così” Suigetsu si beccò occhiatacce da tutti.
Lo fulminai con lo sguardo e quando vidi che continuava a sogghignare persi la pazienza.
“Idiota, smettila di guardarla e fatti gli affaracci tuoi!” lo guardai in cagnesco mostrandogli il pugno destro, così da sottolineare le mie intenzioni.
Lui per tutta risposta alzò i palmi delle mani nella mia direzione in segno di scuse. “Non volevo offendere nessuno”.
“Brutto pervertito quando imparerai a chiudere quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca?” Karin lo atterrò con un pugno e io gongolai un po’ al vedere la scena.
Con la coda dell’occhio vidi che Hinata mi stava fissando e volsi il mio sguardo verso di lei.
Appena i nostri occhi si incrociarono però lei distolse lo sguardo e si allontanò con i vestiti in mano.
“Hinata, ti aiuto io” Tenten si avvicinò alla mora, seguita a ruota da Hanabi.
Mi voltai e mi allontanai per lasciare un po’ di privacy alle ragazze, ma anche per riorganizzare i miei pensieri.
Era sempre così con lei, il mio cuore era in subbuglio e non la smetteva di battere all’impazzata.
Mi ricordo ancora la prima volta che sono stato rapito da quella fata dai capelli scuri; ero un bambinetto la prima volta che la vidi uscire dal bagno delle scuole elementari, con il viso bagnato dalle lacrime.
Mi era sembrata subito un angelo, con quei particolari e grandi occhi chiari e il viso contornato da ciocche di capelli scurissimi, quasi blu.
Sorrisi pensando a come quella volta ero arrossito di botto ma poco dopo le avevo subito offerto il fazzolettino che mi aveva messo Tsunade in tasca quel giorno e le avevo sorriso cercando di tranquillizzarla perché non volevo che piangesse ancora.
Scossi la testa continuando a sorridere, probabilmente lei non si ricordava di quel momento, eppure chissà come io l’avevo sempre tenuto a mente e ogni anno, sempre di più, il desiderio di farla stare meglio, come avevo fatto quel giorno, era andato aumentando.
Era sempre così timida ed impacciata quando c’ero io che avevo sempre pensato di intimidirla, per questo non mi avvicinavo quasi mai a lei, eppure da quel giorno non l’ho mai persa di vista.
Ero stato testimone della sua crescita da bambina graziosa a giovane donna attraente.
Ma ora, ora mi ritrovavo a confrontarmi con una persona totalmente differente. AVevo sempre pensato che avrei dovuto proteggerla perché ne aveva bisogno, perché non sarebbe stata in grado di affrontare la vita da sola e mi sentivo forte e in grado di sostenere questo incarico che mi ero autoimposto, ma ora? Ora i ruoli sembravano essersi invertiti. Lei era forte, e molto più di me. Mentre io ero debole e combinavo solo casini. Come potevo continuare a proteggerla? Mi sentivo così impotente e arrabbiato. Non volevo perderla.
Mi voltai verso di loro e notai che ormai Hinata era vestita.
Indossava un paio di pantaloni mimetici, una maglia nera con le maniche a tre quarti e scarpe sportive anch’esse nere. Nel frattempo Hanabi le stava conciando i capelli ancora bagnati in una lunga treccia.
Involontariamente il mio sguardo cadde sulla sua maglia.
Decisamente troppo stretta, non era della sua taglia.
Distolsi subito lo sguardo e mi allontanai un altro po’ cercando di nascondere il rossore e di placare il calore che si stava diffondendo sul mio inguine.
“Siamo pronti?” Kurenai si avvicinò alle ragazze. “E’ meglio se ci muoviamo ad andare, non credo che questo posto rimarrà sicuro ancora a lungo, qualcuno prima o poi cercherà di entrare”.
Ci preparammo tutti a seguirla, poi aprimmo la porta.
I primi di noi, tra cui Hinata, uscirono, ma si ritrovarono davanti due guardie.
“Oh no…” una di loro prese un walkie talkie. “Attenzione: codice rosso al laboratorio. Codice ross…”
Kurenai azzittì l’uomo più in fretta possibile, ma ormai l’allarme era stato dato.
L’altra guardia venne atterrata da Hinata.
“Muoviamoci, dobbiamo andarcene subito” la donna dagli occhi cremisi si avviò veloce per i corridoi afferrando Hinata per un braccio, seguita poi da Tenten, Suigetsu, Karin, Sakura e Hanabi.
Il resto di noi non riuscì ad andare lontano, perché venimmo intercettati da un gruppo di guardie messe in allarme.
Lo scontro fu inevitabile.
Sferrai un pugno al primo che mi si avvicinò facendolo finire a terra.
Il secondo provò a prendermi di sorpresa, ma scansai il colpo di lato e allungai una gamba per terra nello stesso istante, nel tentativo di farlo finire a terra. Questo però fu più veloce e fece un salto per scavalcare le mie gambe.
‘Dannazione!’
Schivai un coltello lanciato nella mia direzione e provai ad attaccarlo a mia volta.
Era veloce!
Parò il mio colpo con una mano, mentre con l’altra mi sferrò un pugno all’addome.
Mi piegai dal dolore ma non mi arresi e trattenni la sua mano sul mio stomaco.
L’uomo parve sorpreso e non capì le mie intenzioni, così riuscii ad immobilizzarlo con un braccio dietro la schiena e poi con un colpo alla nuca perse i sensi.
Mi guardai attorno e notai che i miei compagni non se la cavavano affatto male.
Aiutai Choji con il suo avversario e poi sotto il comando di Shikamaru cominciammo a correre nella direzione presa dal primo gruppo.
Il panico fino a quel momento trattenuto sembrava cominciare ad emergere.
Non potevano complicarsi proprio adesso le cose! Non ora che finalmente avevo salvato Hinata.
All’improvviso ci arrestammo tutti. Il passaggio era bloccato da un tizio dai capelli biondi trattenuti da una coda alta.
Mi chiesi vagamente il perché ci fossimo fermati. Era da solo in fondo, avremmo potuto batterlo in fretta.
“Shikamaru. Credi sia…” Temari si avvicinò al suo ragazzo mentre parlava, ma non finì la frase. Non capivo, cosa voleva dire? Chi era quel tizio biondo?
Vidi Shikamaru annuire rispondendo alla domanda della ragazza.
“Preparatevi” il moro aveva assunto in suo sguardo freddo e calcolatore che usava solo quando le partite di basket cominciavano a farsi complicate. “Non sarà come gli altri scontri”.
Allora capii.
Subito il mio pensiero andò ad Hinata. Pregai con tutto il mio cuore perché si allontanasse il più possibile. Non era abbastanza in forze per combattere contro un suo simile. Dovevamo occuparcene noi. Partendo da quello che avevamo di fronte.











Ciao a tutti!!!
mi scuso tantissimissimo per non aver aggiornato per tantissimo tempo... ma ho paura che questa situazione si ripeterà ancora...:( :(
purtroppo sono piena di casini in questo periodo.. in più i miei mi minacciano ogni volta che mi vedono attaccata al computer quindi riesco a comporre i capitoli con molta lentezza... :( :(
perdonatemi davvero... per ora però ditemi cosa ne pensate di questo capitolo...
è un po' confuso forse... e soprattutto i pensieri dei personaggi sono un po' contradditori ma tutto si chiarirà col tempo... o almeno credo...
per il resto lascio a voi i commenti!!
holaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Linduz94

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Capitolo 20
*** ...Scontri nei corridoi bianchi... ***


SCONTRI NEI CORRIDOI BIANCHI












Eravamo fermi ad osservare il ragazzo che ci stava di fronte.
Non sapevo quale potesse essere la sua prima mossa.
Allo stesso tempo anche lui ci stava osservando.
“Mmh…” drizzai le orecchie attento. “Bene bene, quindi alla fine vi ho trovati per primo”.
Alcuni di noi indietreggiarono.         
“Siete i tizi che hanno causato tutto questo chiasso”
“Esattamente, mentre tu saresti?” mi voltai verso Shikamaru stupito. Come faceva ad essere così calmo? E poi per quale motivo stava cercando di parlare con quel tizio? Forse stava cercando di temporeggiare.
“Il mio nome è Deidara e fareste bene a ricordarlo tutti visto che sarò quello che vi eliminerà!” sembrava molto sicuro di sé stesso in effetti mentre metteva una mano su un fianco, spazientito.
“Quindi avevo intuito bene, tu sei stato infettato dal siero”
Deidara spalancò leggermente gli occhi stupito.
“Come fai a sapere tutte queste cose?”
Shikamaru alzò le spalle. “Le so e basta”
Eravamo tutti pietrificati sul posto, analizzando ogni mossa del nemico che avevamo di fronte.
“Comunque infettato non è la parola corretta. Direi più che altro che sono stato graziato” questa volta fu il nostro turno di guardarlo stupiti. “E’ la cosa più fantastica che potesse capitarmi. Non solo sono forte, veloce e intelligente, ma sono anche cresciuto più in fretta di quanto ci avrei messo nella mia mediocre condizione precedente. Sono un uomo ormai che nessuno può battere! Sono invincibile lo capite?!” Si poteva vedere chiaramente la luce pazzoide che correva nel suo sguardo. Nonostante il timore che mi provocava la sua figura non riuscii a non chiedermi che età avesse realmente. Ora come ora sembrava avere sui trent’anni. Guardai Shikamaru e capii che anche lui stava facendo il mio stesso pensiero.
“Quindi ti è stato somministrato il siero quando eri giovane?”
Deidara lo guardò con un ghigno soddisfatto.
“Sono nell’Organizzazione Alba esattamente da dieci mesi e mezzo. Il mese scorso ho compiuto quattordici anni.”
Arretrai sconvolto. Quattordici anni? E in soli dieci mesi era invecchiato così tanto? Hinata mi sembrava invecchiata meno rispetto a lui. O forse non l’avevo guardata bene? No, ne ero sicuro, Hinata era cambiata si, ma non così tanto.
“Beh credo che adesso siano finite le presentazioni e visto che vi siete intrufolati all’interno del nostro laboratorio direi che è mio dovere spazzarvi via” si guardò le mani per qualche istante. “Non credo che in fondo siate una vera minaccia, non per me almeno. Però ho voglia di divertirmi un pochino, così da scacciare la noia.” Ci inchiodò con  suoi strani occhi azzurri contornati dal trucco nero mentre la sua bocca si piegava in un ghigno malevolo.
Sentii un brivido corrermi lungo la schiena.
Attaccò all’improvviso Kiba, che gli era più vicino e gli sferrò un pugno che lo fece andare al tappeto. Subito però vidi Neji fiondarglisi addosso, nel tentativo di coglierlo di sorpresa. Non smetterò mai di stupirmi della prontezza di riflessi di quel ragazzo, era davvero un genio.
Il suo colpo andò a segno ma sembrò non sortire alcun effetto al ragazzo biondo che si voltò lentamente e lo attaccò a sua volta con un calcio.
“Naruto” Shikamaru mi bisbigliò all’orecchio. “Cercate di tenerlo occupato, io sto escogitando un piano.”
Annuii piano e poi mi fiondai verso il nemico.
 
Naruto.
Perché Naruto non era dietro di noi?
E gli altri? Forse erano stati trattenuti dalle altre guardie.
“Kurenai, perché non aspettiamo gli altri?”
La donna di fronte a me non mi dedicò nemmeno uno sguardo.
“Se la caveranno. L’importante è portare in salvo te.”
Ma che diavolo stava succedendo? Perché la mia vita era diventata ad un tratto così importante? Così non andava! Avevo giurato di proteggere le persone che amavo, non di essere protetta.
Allontanai la mia mano da quella della donna.
“Io torno indietro!”
“Non ti azzardare Hinata!” la guardai sconvolta. Come poteva comportarsi così?
“Kurenai, gli altri stanno…”
“Sapevano quello a cui andavano in contro ed è stata una loro scelta venire. Noi dobbiamo pensare a portare a termine il piano e portarti in salvo, loro se la caveranno”.
“Al diavolo il piano! Non moriranno per colpa mia!”
“Credo che Hinata abbia ragione…” Sakura provò ad intromettersi.
“Non te ne andrai se non te lo dirò io Hinata!” Kurenai ignorò completamente la rosa.
“Io non…”
“Eccoli!” un gruppo di guardie ci intercettò e dovetti frenare la mia rabbia crescente.
Mi portai subito davanti agli altri per poterli proteggere e liberarci il prima possibile da quel contrattempo.
Atterrai i primi due con dei colpi veloci e mi diressi subito verso un terzo che mi si stava avvicinando.
Con la coda dell’occhio però vidi che un quarto stava raggiungendo Sakura, subito dopo di me.
Strinsi i denti tesa e più velocemente che potei mi liberai del nemico. Subito mi volsi in direzione della mia amica ma constatai con sorpresa che il suo nemico giaceva già a terra e ora si stava dedicando ad un secondo con forza e precisione.
Gli rifilò un calcio all’altezza dell’inguine e questo cadde a terra dolorante.
Con un poderoso pugno riuscì a metterlo definitivamente K.O. mentre io ancora la guardavo stupita.
Quando si accorse del mio sguardo mi sorrise. “Non devi più farti carico della sicurezza di tutti noi, Hinata”. Mi guardò con occhi strani, sembrava fiera di sé stessa.
Abbassai lo sguardo desolata.
Le cose erano cambiate molto.
 
Lo avevamo circondato, ma non riuscivamo a sopraffarlo.
Avevamo provato di tutto ormai, attacchi singoli, attacchi in sincronia tutti assieme, ma ogni volta riusciva a contrastare e rendere inutili i nostri sforzi. Sembrava che si stesse perfino divertendo con noi.
Ormai stavamo tutti perdendo le staffe. Dovevamo sbrigarci a risolvere quella situazione o non saremmo riusciti ad uscire da quel posto infernale.
“Forza ragazzi!” incitai gli altri ad un nuovo attacco mentre cercavo con gli occhi Shikamaru. Che diavolo stava facendo accucciato per terra, lontano dallo scontro? Che stesse ancora architettando il piano?
Feci un cenno a Sasuke ed entrambi partimmo all’attacco da due punti opposti.
Alzai il pugno destro con il pugnale mirando al viso, mentre Sasuke faceva lo stesso mirando però all’addome.
Deidara ci intercettò entrambi e afferrò le nostre mani bloccandole.
In quell’istante partirono anche Neji, Rock Lee, Gaara e Temari, approfittando del fatto che avesse le mani occupate per colpirlo.
Il biondo con velocità e forza sovraumana ci scagliò lontano facendoci finire addosso alle rispettive pareti opposte, così da potersi dedicare agli altri che lo stavano attaccando.
Sbattei forte la schiena contro il muro e scivolai verso il basso.
“Dannazione!” Nemmeno questa volta eravamo riusciti a metterlo in difficoltà.
“Naruto!”guardai Shikamaru che si era avvicinato a me. “Ho trovato una soluzione. Devi solo cercare di fargli spalancare la bocca una volta. Pensi di riuscirci?”
Lo guardai stralunato. Fargli spalancare la bocca? Lo guardai scettico, ma poi sbuffai arreso.
“Ci proverò”
“Bene” mi diede una pacca su una spalla e poi mi aiutò ad alzarmi.
 
L’attacco continuò ancora ma senza alcun risultato per noi.
E non ero ancora riuscito a fargli aprire la bocca.
Uno ad uno attaccavamo nel tentativo di scoprire un suo punto debole, ma l’unico risultato che ottenevamo era la nostra stanchezza.
Ormai eravamo diventati tutti più lenti e goffi.
Se avessimo continuato così non saremmo riusciti a vincere.
Poi fu un istante.
Provai ad attaccarlo ma indietreggiando semplicemente schivò il mio colpo. Dietro di lui però Ino si mosse veloce e allungò una gamba nel momento esatto in cui lui stava passando.
Deidara cadde rovinosamente a terra e subito gli fummo addosso.
“Ma che diavolo…!”
“Shikamaru!” lo chiamai disperato. Era quella la nostra occasione. Ora che stava urlando a più non posso e prima che si liberasse dalla massa dei nostri corpi.
Il Nara fu subito lì e gl’infilò in bocca un liquido azzurrognolo.
“Puah..!” Deidara ingoiò involontariamente buona parte di quel liquido e sputacchiando fece leva sulle braccia facendoci volare tutti lontano. “Maledetti! Adesso vedrete cosa vi aspetta!” Si fiondò su Shino, e gli rifilò un pugno allo stomaco che lo fece piegare in due e sputare sangue, poi veloce raggiunse Temari, che non riuscì nemmeno a vederlo. La ragazza venne sbalzata contro il muro e cadde rovinosamente a terra.
“Temari!” sentii l’urlo di Shikamaru come se fosse lontano anni luce.
Deidara mi stava venendo in contro. Mi preparai all’attacco, conscio che ora avrebbe utilizzato il massimo delle sue forze, data la sua rabbia.
Schivai l’attacco da destra con qualche difficoltà, però riuscii a fermargli il secondo pugno da sotto.
Lo guardai scioccato, mentre tenevo stretto il suo braccio senza sforzo mentre cercava di liberarsi.
Come potevo essere un ostacolo per lui? Che si stesse indebolendo?
I suoi occhi mandavano scintille, strattonò con rabbia il braccio dalla mia presa e provò a rifilarmi un altro pugno.
Di nuovo gli afferrai la mani e con il braccio destro lo bloccai tra me e il muro.
Come diavolo riuscivo a contrastarlo?
Fissai i miei occhi in quelli spauriti di lui. Occhi di ragazzo, anzi occhi di un bambino ancora.
Si stava… trasformando. Era ringiovanito.
“Che diavolo…?”
“E’ l’antidoto” mi volsi verso Shikamaru. “Quello che gli ho dato prima era l’antidoto. Ho tenuto alcune provette con me perché credevo che ci potessero essere d’aiuto. A quanto pare funziona”.
Ritornammo a guardare il ragazzino di quattordici anni di fronte a noi. Era spaventato e tremava.
“Cos’avete fatto? Perché?”
La sua voce era piena di rancore e tristezza. Un ragazzino che voleva essere grande, ma ancora inesperto, per quello eravamo riusciti a batterlo.
“E’ meglio renderlo innocuo” Shikamaru gli diede un colpo alla nuca e questo cadde a terra privo di sensi. “Così almeno possiamo andarcene senza averlo tra i piedi. Adesso è meglio che informi Kurenai di questa scoperta. Così possono riuscire a difendersi anche loro nel caso in cui trovassero altre persone infettate” prese il walkie talkie e cominciò a parlare sommessamente.
Annuii e tornai a guardare quel corpo che fino a pochi attimi prima era quello di un uomo forte e temibile. Mi accigliai.
“Shikamaru, guarda” attirai l’attenzione del moro verso la nuca del ragazzo dove c’era conficcato un marchingegno metallico con una forma strana, simile a quella di un ragno. “Cosa credi che sia?”
“Non saprei” il Nara si accucciò affianco del corpo immobile chinandosi per guardare meglio.
“Così Deidara è stato battuto.”
Ci voltammo tutti quanti in direzione di quella voce roca.
 
Ormai avevo perso il conto di tutti i gruppi di guardie che avevamo incontrato ma che, senza particolari sforzi eravamo riusciti a battere.
Kurenai stava parlottando al walkie talkie, forse con Shikamaru, mentre continuavamo a procedere per i corridoi bianchi, senza una particolare meta.
Mi chiesi ansiosa come stessero gli altri, soprattutto Naruto, mentre aspettavo che Kurenai mi aggiornasse.
“Si sono imbattuti in un ragazzo come te, Hinata” i suoi occhi cremisi si posarono su di me, mentre allungava il passo per raggiungermi.
Spalancai gli occhi sconvolta. Questo significa che erano in difficoltà!
“Non preoccuparti, sono riusciti a batterlo”
Erano riusciti a… ma, non era possibile… “C-come?”
“Shikamaru aveva con sé alcune fiale dell’antidoto che abbiamo trovato in laboratorio”
Rallentai il passo. “E.. ha funzionato?”
La donna annuì osservandomi. “Non solo, il ragazzo è anche ringiovanito alla sua vera età.”
Quindi funzionava. Finalmente avevo trovato la soluzione al mio problema. Strinsi la fiala che mi aveva dato Shikamaru e che tenevo stretta nella tasca dei pantaloni.
Esisteva una soluzione, ma era davvero quello che volevo?
Scossi la testa nervosamente. Non era il momento per pensare a queste cose.
“E gli altri stanno bene?” cercai di nascondere la preoccupazione nella mia voce.
“Si, stanno tutti bene”
Trattenni un sospiro di sollievo.
Proseguimmo più velocemente di corridoio in corridoio.
“Kurenai, ma dove stiamo andando?” Hanabi dette voce anche ai miei pensieri.
“Alcuni corridoi sono diversi da come li ricordavo. Temo che abbiano cambiato qualcosa nel corso di questi anni”
Dannazione, quindi ci stava dicendo che ci eravamo persi?
Sentimmo un rumore di tacchi avanzare verso di noi e ci fermammo di colpo.
Tesi le orecchie attenta.
Dalla curva del corridoio di fronte a noi emerse una donna.
Aveva lunghi capelli ramati che le arrivavano fino alla vita e occhi azzurri freddi come il ghiaccio.
“Oh, trovati” la sua bocca cremisi si allungò in un ghigno compiaciuto.
Un’avversaria temibile, finalmente.
 
Un vecchio con un bastone di legno nodoso ci stava guardando.
Strano, non l’avevo sentito avvicinarsi.
Aveva corti capelli bianchi e viso estremamente rugoso. Sembrava talmente fragile da non potersi reggere in piedi.
“Ah” si grattò la testa con la mano striminzita. “Mi sa che dovrò finire io il lavoro”.
Spalancai gli occhi sorpreso. Non sarà mica anche lui…
“Capisco lo sconcerto nelle vostre facce, ma dovreste aver capito come funziona il siero no?” ghignò soddisfatto.
“Ma… ma tu sei…”
“Vecchio, lo so” l’anziano fulminò con lo sguardo Ino zittendola. “In realtà ho solamente 33 anni, ragazzina, ma questo non vuol dire che non abbia la forza per fermarvi e.. al contrario di lui” indicò con un gesto del mento Deidara ai miei piedi. “Non sono un immaturo sprovveduto” ci fulminò uno ad uno con lo sguardo.
Istintivamente tutti ci preparammo all’attacco. Quel vecchio non mi piaceva affatto, avevo una strana sensazione al suo riguardo. Lo inchiodai con lo sguardo.
In un istante però i miei occhi fissarono il vuoto. Era sparito.
Dove diavolo…?
Sentii un tonfo sordo alla mia sinistra.
Rock Lee aveva gli occhi spalancati e si teneva la pancia con le braccia. Lo vidi accasciarsi al suolo con una lentezza inesorabile. Il cuore mi balzò in gola. Era stato troppo veloce. Troppo veloce per noi.
Un fruscio lieve e per la prima volta in vita mia vidi Choji volare per qualche metro prima di scontrarsi con il pavimento candido.
Istintivamente mi spostai verso il muro, ma non riuscii ad evitare il colpo all’addome.
Sentii il muro sgretolarsi alle mie spalle mentre il dolore si diffondeva in tutto il mio corpo, sentivo i miei muscoli vibrare per il trauma.
Mi accasciai a terra e lentamente le forze mi abbandonarono.
Era più difficile di quanto credevamo.
Ci eravamo buttati in una trappola.
Le mie palpebre si abbassarono chiudendomi la vista di quei corridoi troppo bianchi.
Avevamo fallito infine.
Esalai un ultimo sospiro di sconforto.
Chissà se lei riuscirà ad andarsene?
Hinata.
 









Eccomi di nuovo qui genteeeeeeeeee
Allora che dire?? I nostri ragazzi sono riusciti a battere Deidara, ma a quanto pare con questo nuovo nemico non hanno molta chance... 
mentre Hinata, Kurenai e gli altri si sono appena imbattuti in una donna attraente! 
Shikamaru però è riuscito ad appurare l'efficacia del siero e a quanto pare sembrerebbe funzionare... chissà cosa li aspetterà nel prossimo capitolo!!!
beh se volete scoprirlo basta che continuiate a leggere!!!
mi raccomando recensite e ditemi cosa ne pensate!!
Holaaaa!
Linduz94

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Capitolo 21
*** ... Effetti collaterali ... ***


EFFETTI COLLATERALI


La donna di fronte a noi ci osservava con un ghigno compiaciuto.
Si mise una mano fra i capelli e scosse leggermente la testa facendo oscillare i lunghi fili ramati.
Era di una bellezza intensamente seducente, eppure i suoi occhi color del ghiaccio facevano venire la pelle d’oca.
Sospirò quasi scocciata.
“Mpf, è davvero una seccatura dovervi fermare” si guardò le unghie sbuffando.”Beh credo che in questo caso dovrò eliminarvi in fretta” tornò a posare il suo sguardo su di noi sorridendo sicura.
Partì veloce come un fulmine e si diresse verso Sakura, la più vicina.
Aveva una velocità impressionante, la rosa non avrebbe potuto difendersi.
Ma io ero altrettanto veloce.
Scattai in avanti e mi frapposi tra le due bloccando con una mano il pugno della donna.
La vidi spalancare gli occhi sorpresa, ma velocemente prese le distanze da me con un agile salto.
“Notevole.” Socchiuse gli occhi chiari su di me. “Quindi tu saresti la famosa nuova arrivata di cui si parlava”
Non risposi, incerta su come avrebbe reagito a questa scoperta.
“Non vedo motivo per cui dovrei annientarti qui. Solo non capisco perchè ti trovi con questi infiltrati, desidererei una spiegazione” sulle sue labbra alleggiava il solito sorriso maligno, quasi messo a posta per intimorirmi.
“Hai perfettamente ragione, non c’è bisogno di scontrarci qui. Lasciami andare con i miei amici e le cose si sistemeranno” cercai di mantenere il tono fermo della voce.
La vidi scuotere il capo continuando a sorridere.
“Non capisci. Da quando sei entrata qui dentro i tuoi unici amici e la tua unica famiglia siamo noi, l’organizzazione. Non puoi sfuggire a ciò che è stato deciso per te, sorella”.
Queste parole mi innervosirono. Ancora persone che decidevano per me.
Non era bastato mio padre nel corso della mia infanzia a farmi sentire debole, inutile, come un oggetto da comandare a proprio piacimento. Ora c’erano altri tipi di persone, più forti, più violente e pericolose che volevano esercitare il controllo sulla mia vita. Ne avevo decisamente abbastanza, ero destinata ad essere trattata da burattino per il resto della mia vita?
“Non credo che rimarrò qui ancora a lungo, il mio posto è fuori da qua e di certo non con voi.”
Il ghigno sulle sue labbra si spense e mi raggelò con lo sguardo.
“Non ti lascerò andare così facilmente”
Si fiondò nuovamente verso di me, spostandosi improvvisamente a lato, nel tentativo di cogliermi impreparata. Flettei le ginocchia e mi volsi in tempo per fermare il pugno ad un soffio dal mio viso. Parai un secondo attacco da sinistra e vedendo che cercava di farmi lo sgambetto mi allontanai il più possibile con un balzo.
Era molto veloce. Più veloce di Pain.
Non sapevo come comportarmi, non mi ero mai imbattuta in una donna con le mie stesse capacità e non avevo la minima idea di come poter sfruttare la situazione.
Decisi di attaccare per prima. Le corsi incontro il più velocemente possibile. Quando fui a pochi centimetri lei si spostò di lato e tentò di rifilarmi un altro pugno.
Feci un balzo veloce e ripresi le distanze.
Kurenai mi si avvicinò da dietro. “Cerca di tenerla ferma. Poi me ne occupo io” mi sussurrò impercettibilmente. Che volesse utilizzare il siero?
Annuii convinta. Sebbene la disprezzassi per il modo in cui si comportava desideravo poterla aiutare e darle la possibilità di vivere una vita normale.
Le corsi incontro nuovamente ma all’ultimo la scansai e cercai di afferrarla di lato. Lei evitò la mia presa e caricò un pugno nella mia direzione. Era l’occasione in cui stavo sperando.
Invece di tentare di schivare il colpo le andai incontro e le afferrai il braccio. La tirai verso di me e li rifilai un pugno alla pancia e successivamente uno al viso.
Sorpresa lei non riuscì a reagire e subì i colpi piegandosi dal dolore. Tenendo ancora saldo il suo braccio glielo girai dietro la schiena e la immobilizzai.
Kurenai veloce capì di averla in pugno e si avvicinò somministrandole il siero.
All’inizio non successe nulla poi cominciò a divincolarsi in modo strano.
“Che diavolo…?” la lasciai andare e la vidi inginocchiarsi per terra tossendo.
Pian piano cominciò a tremare e ad urlare di dolore. Era davvero così doloroso il siero?
La donna dai capelli ramati cominciò a tremare il modo convulso e si accasciò a terra.
Non sembrava affatto migliorare anzi sembrava stesse soffocando. Guardai Kurenai e gli altri ma erano tutti sconvolti come me.
Solo Sakura sembrava aver chiara la situazione. “Sta soffocando. Il suo corpo sta reagendo in modo negativo all’antidoto come se ne fosse allergico. Dobbiamo fare qualcosa!”
“Non possiamo fare niente Sakura” guardai Kurenai allibita. “Ha ingerito una quantità notevole. Non sopravvivrà”
Ero sconvolta. L’antidoto aveva appena funzionato con un altro, perché con lei no? Sarebbe davvero morta? Era anche colpa mia se fosse successo. Come avevo potuto essere così superficiale?
Indietreggiai sconvolta. Non volevo assistere alla continuazione della scena, ma il mio corpo sembrava incapace di reagire.
Sapevo che per il mio bene era meglio non rimanere a guardare ma ero pietrificata.
Vidi i suoi ultimi istanti e lentamente la vita defluire dal suo corpo, finchè non rimase a terra immobile con gli occhi spalancati e il viso ormai irrigidito in un’espressione eternamente spaventata.
Era morta. Per colpa mia.
Sentii gli occhi farsi umidi ma li sfregai con forza, non potevo permettermi di piangere, non ora.
“Shikamaru mi senti?” Kurenai stava parlando al walkie talkie, ma non ci fu alcuna risposta dall’altra parte. “Shikamaru, rispondi dannazione!”
Ci fu qualche istante di silenzio poi l’apparecchio crepitò.
“Il tuo amico Shikamaru non può rispondere adesso, cara Kurenai.” La voce melliflua che parlava sembrava appartenere al tipo dai capelli argentati. “Nessuno dei tuoi amici qui ne è in grado in realtà”.
Rabbrividii sconvolta. Naruto!
Mi scossi dalla scena appena avvenuta e in un lampo arrivai vicino a Kurenai, le strappai l’apparecchio di mano. “Cosa diavolo gli hai fatto, bastardo?”
“Ehi ehi calma i toni ragazzina!” stavo sbriciolando l’apparecchio tra le mani.
“Hinata calmati!” mi sussurrò Ten Ten
“Se vuoi rivederli sani e salvi vieni nella sala degli allenamenti. Faremo uno scambio equo. La tua vita per la loro.”
L’apparecchio crepitò ancora e poi ci fu silenzio.
“Dannazione, li hanno presi!” sentii la voce di Karin come se fosse distante anni luce.
Non mi accorsi di aver ridotto ormai il walkie talkie a un mucchio di rottami.
Non dovevano permettersi di toccare Naruto e gli altri. Loro non centravano niente con questa faccenda, se era me che volevano allora mi sarei concessa spontaneamente a loro. Era l’unica soluzione.
“Dobbiamo andarcene”. Volsi la testa di scatto verso Kurenai.
“Cosa stai dicendo?”
“Dobbiamo portarti in salvo e una volta fuori decideremo un piano per contrattaccare”.
“Non se ne parla!” non riuscii a contenere il tono della mia voce e mi misi ad urlare. “Non abbandonerò i miei amici! Li uccideranno!”
“E’ un rischio che dobbiamo correre!” guardai sconcertata la donna dagli occhi cremisi che mi stava di fronte. “Sapevano che avrebbero potuto rischiare la vita venendo qui, ma è stata una loro scelta. Non possiamo salvarli, siamo nella loro tana e siamo più vulnerabili, dobbiamo ritirarci e portare in salvo te.”
Sbriciolai gli ultimi pezzi dell’aggeggio nelle mie mani e li lasciai scivolare a terra.
“Grazie Kurenai” mi lanciò un’occhiata confusa. “Ti ringrazio di esserti presa cura di me in quest’ultimo anno e di aver tentato di salvarmi.” Vidi Tenten sorridere, intuendo cosa avevo deciso. “Ma non abbandonerò i miei amici qui. E’ me che l’organizzazione vuole ed è me che avranno, se servirà a salvare la loro vita…”
“Ti rendi conto di quello che stai dicendo?” Kurenai sembrava aver capito cosa avevo deciso. “Tutta la fatica, tutto questo tempo passato a pianificare e ad allenarti per poter raggiungere il nostro scopo, tu lo butteresti via così?” ormai aveva cominciato ad urlare.
“Distruggere l’organizzazione non era mai stato il mio scopo, quello era il tuo”
“Quando hai accettato di venire via con me pensavo volessimo la stessa cosa! Che le persone che ci avevano distrutto la vita pagassero per tutto quello che ci avevano fatto!”
“Non ho mai desiderato la vendetta. E non voglio portare a termine questo tuo assurdo piano rischiando la vita dei miei amici. Andrò a salvarli.”
Mi voltai per andarmene, sicura che la conversazione sarebbe terminata lì.
“Non puoi farlo!” mi voltai appena in tempo per schivare il pugnale che mi aveva lanciato contro.
Scattò velocemente verso di me e tentò di afferrarmi un braccio per potermi immobilizzare. Schivai senza difficoltà l’attacco e le afferrai entrambe le mani bloccandole con la mia mano destra. La spinsi contro il muro e aspettai che si calmasse e smettesse di divincolarsi.
“Mi dispiace” sussurrai quando capii che si era arresa.
La lasciai andare e mi allontanai. “Non vi chiedo di seguirmi, siete liberi di scegliere” mi rivolsi agli altri.
“Dobbiamo andare a salvare Neji” mi rispose sicura Tenten e Hanabi annuì.
“Anche noi ti seguiamo, vero Suigetsu?”
“Certo” il ragazzo rispose con aria annoiata a Karin.
“Dobbiamo salvare anche Sasuke” Sakura mi guardò. “E Naruto”.
Rabbrividii, dovevamo muoverci.
“Bene, andiamo”
Ci allontanammo lasciando la donna da sola.
Sentivo un’enorme pesantezza al petto. Kurenai era stata l’unica persona che mi aveva accettato e mi aveva aiutato quando più ne avevo bisogno. Anche se le sue azioni erano state fatte per uno scopo mi sembrava di averla tradita, ma avrei trovato una soluzione per farmi perdonare da lei.



Ciao a tutti!
Mi sento un po' in colpa perchè è da veramente anni che non aggiorno (e non solo metaforicamente parlando :))
Sono tornata con un capitolo un po' breve ma spero di riuscire a soddisfare i miei lettori nei prossimi capitoli:)
Holaaaaaaaaaaaa

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Capitolo 22
*** ...Sospesi nella gabbia... ***


SOSPESI NELLA GABBIA


Non conoscevo nulla di quel posto e con gli altri faticammo per trovare la sala degli allenamenti come mi aveva accennato al walkie talkie il tizio con i capelli argentati.

Stranamente non incontrammo nessuna guardia lungo i corridoi. Avevo il sospetto che fosse stato impartito l’ordine di non ostacolarci in modo da agevolare il nostro arrivo.

Quest’idea non mi piaceva affatto perché sembrava essere una trappola, ma non potevo abbandonare i miei amici, soprattutto, non potevo abbandonare lui.

Correndo all’impazzata tra quei corridoi candidi capitammo all’improvviso davanti a una porta molto grande. Sopra c’era un’insegna: ‘Sala Allenamenti’.

Il cuore cominciò a battermi furiosamente nel petto. Non mi sentivo ancora completamente in forze e temevo quello che avrei potuto trovare al di là di quella porta. E se li avessero già uccisi e quella fosse solo un’imboscata? E se invece mi avessero detto solo una bugia e i miei amici mi stavano aspettando fuori, compreso Naruto.

Tentennavo incerta ma all’improvviso sentii la mano di qualcuno sulla spalla.

Ten Ten mi guardava comprensiva. Osservandola notai che nel suo sguardo c’era lo stesso turbinio di emozioni che stava sovrastando me in quel momento. Ricordai che tra gli amici che secondo Hidan erano stati catturati c’era anche Neji e capii che in quel momento la mia amica poteva comprendermi più di chiunque altro.

Ci scambiammo uno sguardo d’intesa e poi spalancai la porta con un calcio scardinandola e facendola volare di qualche metro.

Sapevano che sarei arrivata quindi tanto valeva annunciarmi.

Entrai guardinga, seguita dagli altri.

L’ambiente era completamente immerso nel buio e faticavo a scorgere le dimensioni della stanza e gli oggetti o le persone presenti.

D’improvviso una luce si accese illuminando la sala. Era un enorme stanzone con oggetti di allenamento accatastati lungo le pareti, ma non fu la grandezza della stanza ad attirare la mia attenzione. Sospesa in aria ad un’altezza di una decina di metri c’era una gabbia, con all’interno i miei amici e Naruto. Sembravano essere svenuti e ad uno sguardo attento notai che erano stati picchiati e molti di loro avevano bisogno di cure immediate.

Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata. Non capivo quanto gravi potessero essere le loro ferite e con quale velocità avrei dovuto intervenire per salvarli. Mi guardai attorno alla ricerca frenetica di qualcosa che mi potesse aiutare a far scendere la gabbia.

“Bene bene”. Una voce rimbombò nell’ampio ambiente. “Finalmente sei arrivata”. Hidan, seguito da Pain e da uno strano vecchio si presentarono dall’altro lato dello stanzone.

“Lascia andare i miei amici!”. Quasi ringhiai sentendo la rabbia che cresceva.

“Non così in fretta cara”. Anche da lontano riuscivo a scorgere il suo enorme ghigno.” Credi che dopo tutto l’investimento che ho fatto su di te ti lascerei andare così, senza tentare di concludere il mio grandioso progetto?”

Serrai i pugni. “Scordatelo! Non te lo permetterò mai! Me ne andrò con tutti i miei amici e distruggerò questo posto!”

Per un istante vidi la collera attraversare il volto solitamente beffardo dell’uomo. “Questo lo vedremo! Pain, Haku, sapete cosa fare”.

L’energumeno e il vecchio si mossero nella nostra direzione.

“Restate fermi!”. Ordinai a Tenten e agli altri dietro di me.

“Cosa?! Non sei in grado di affrontarli entrambi da sola!” Zittii Sakura con una mano, mentre i due si avvicinavano.

“Sapete bene che non sono delle persone comuni”. Rabbrividii nel guardare il vecchio. Quanti anni aveva nella realtà? Era quello che stava succedendo anche a me? “Fino a quando potrò me ne occuperò io”.

Avanzai sicura, evitando qualsiasi replica. Sapevo di avere poche chance ma volevo cercare di coinvolgerli il meno possibile.

Studiai gli avversari mentre si avvicinavano. Con Pain mi ero già scontrata e sapevo bene di essere più debole di lui, ma più veloce. Non riuscivo però ad inquadrare il tipo anziano che Hidan aveva chiamato Haku. Sembrava debole e lento ad un primo sguardo ma sapevo che l’aspetto ingannava.

Decisi di provare ad attaccare per tastarne le forze. Presi la rincorsa dirigendomi verso Pain, ma nel frattempo osservavo attentamente Haku, cogliendo ogni suo movimento.

Sembrò rimanere impassibile, forse anche lui mi stava osservando. Provai a fingere un attacco frontale verso Pain, dirigendomi all’ultimo verso il suo fianco destro, e sembrò funzionare perché l’uomo enorme si posizionò in difesa incrociando le braccia davanti a lui. Riuscii a colpirlo al fianco destro, ma questo non sortì molto effetto. All’improvviso mi accorsi che il vecchio non era più nella posizione di prima, di fianco a Pain. Avvertii la sensazione di avere qualcuno alle spalle e istintivamente mi accucciai a terra schivando un attacco posteriore di Haku.

Subito acquistai distanza dai due per valutare la situazione.

Quel vecchio era veloce e scaltro.

 

Sentivo dolore in più punti, all’addome e alla testa in prevalenza, ma anche il resto del corpo mi sembrava ammaccato.

Aprii lentamente gli occhi cercando di capire dove mi trovassi. Attorno a me vedevo delle sbarre di ferro. Cercai di muovermi e di richiamare alla mente gli ultimi ricordi.

Il ragazzo con i capelli biondi, il siero, lui che ritornava bambino, il senso di sollievo, il vecchio.

Mi alzai di scatto ricordando all’improvviso che probabilmente eravamo stati imprigionati dal nemico.

Vidi i miei compagni accanto a me ma non riuscivo ad identificare dove ci trovavamo. Sentivo anche un rumore continuo e frastornante. Erano dei colpi che mi rimbombavano nella testa, quasi regolari, a volte però si interrompevano più a lungo. Provai a guardarmi attorno per capire meglio dov’eravamo e da dove derivavano quei rumori.

La gabbia di ferro si estendeva ovunque: di lato, davanti, sopra, sotto,…

Sotto?

Guardai con attenzione e capii che ci trovavamo all’interno di una gabbia sospesa in un ambiente più ampio.

Con più attenzione capii che i colpi che sentivo provenivano proprio da sotto. Mi sporsi per osservare e finalmente capii cosa stava succedendo.

Hinata si stava scontrando con l’energumeno che doveva chiamarsi Pain e con il vecchio.

Mi si gelò il sangue nelle vene. Non sarebbe riuscita a resistere a lungo ad entrambi.

Presi il respiro per cacciare un urlo in modo da attirare la loro attenzione, ma mi interruppi appena sentii una mano sulla bocca.

Mi voltai spaventato ma poi capii che era stato Shikamaru a trattenermi e che con l’altra mano mi intimava il silenzio.

Lo guardai accigliato.

“Ragiona Naruto”, sussurrò. “Se urli adesso rischi di distrarla e in questo momento ha bisogno di tutta la concentrazione possibile”.

Abbassai gli occhi maledicendo la mia impulsività.

“Lei crede che siamo tutti svenuti e per ora dobbiamo recitare quella parte senza farci scoprire. In questo modo potremo elaborare un piano in tranquillità senza essere interrotti”.

Feci un cenno di assenso con il capo. Lui mi indicò un punto.

“Guarda, lì c’è quell’Hidan. Credo sia il capo di tutto”. Guardai l’uomo dai capelli argentei che avevo visto a Konoha qualche giorno fa. Era stato lui a portare via Hinata. Era appoggiato al muro e si stava godendo lo spettacolo. Il sangue mi ribollì nelle vene. “Stai calmo Naruto”. Incrociai di nuovo gli occhi di Shikamaru che sembrava mi avesse letto nel pensiero. Mi indicò un altro punto. “Credo lì ci siano gli altri.” Scorsi qualche movimento nell’angolo, dietro ad alcuni attrezzi. “Dovrebbe esserci anche Kurenai con loro quindi credo stiano architettando qualcosa”.

Annuii ancora innervosito. “Quindi cosa facciamo?”

“Aspettiamo”.

Trattenni una replica rabbiosa, sapevo che il mio amico aveva ragione. Aspettare era l’unica cosa che potevamo fare per il momento.

Mi rimisi a guardare Hinata sotto di me, sperando, pregando che riuscisse a sconfiggere almeno uno dei suoi avversari.

 

Il conflitto continuava senza nessun segno di cedimento da parte dei miei nemici. Tra i tre quella che si stava affaticando maggiormente ero io.

Non mi lasciavano un attimo di tregua, continuando a minare la mia difesa e parando tutti i miei attacchi.

Se avessi perso la concentrazione anche solo per un secondo mi avrebbero colpito.

Mi accorsi che c’erano molte porte lungo il perimetro della sala e che piano piano si stavano aprendo tutte facendo entrare dei soldati dell’organizzazione vestiti di nero.

Intuii che servivano ad attaccare i miei amici e pregai che riuscissero a difendersi a sufficienza.

 

Scorsi le porte aprirsi e decine di soldati entrare nel salone. Sperai che questo non distraesse Hinata, ma compresi anche che sarebbe stato un problema per Sakura, Ten Ten, Karin, Suigetsu e Hanabi. Nel frattempo tutti quelli all’interno della gabbia si erano svegliati e tutti rispettavano l’ordine di Shikamaru di rimanere immobili e in silenzio. All’improvviso sentii qualcosa arrivare a una forte velocità e Shikamaru lo afferrò al volo. Era una lama piuttosto robusta e capii che era stato qualcuno dal basso a lanciargliela. Scorsi Suigetsu che ci faceva un cenno con la mano mentre con gli altri si preparava per affrontare i nemici.

Shikamaru si mise a segare con la lama una zona della gabbia, probabilmente nel tempo trascorso l’aveva studiata completamente e aveva compreso quali erano le zone più deboli da poter tagliare.

Nel frattempo sotto di noi lo scontro tra i sicari e i nostri amici era cominciato, ma erano in troppi.

Tornai ad osservare Hinata e scorsi la sua preoccupazione. Aveva compreso anche lei che nonostante i ragazzi si fossero allenati i nemici avrebbero avuto la meglio.

Capii che stava cercando di concludere lo scontro appena possibile, ma questo poteva essere causa di distrazione.

Afferrai con forza le sbarre della gabbia cercando di trattenere la tensione e la voglia di urlare.

 

C’ero quasi. Avevo capito qual era il punto debole del vecchio: la stabilità.

Era forte e veloce, ma il suo corpo ci metteva qualche secondo in più per raggiungere la stabilità di equilibrio in seguito ad un atterraggio.

Decisi di sfruttare questo fattore a mio favore e tenni pronta una della fialette di Kurenai.

Distrassi Pain scivolandogli di lato e diressi un calcio orizzontale verso Haku in modo da indurlo a saltare. Quando si ritrovò sospeso in aria lo afferrai per una gamba cogliendolo di sorpresa e lo avvicinai a me. Il vecchio aprì la bocca in un’espressione di stupore e in questo modo approfittai per inserirgli il liquido in bocca.

Feci appena in tempo a concludere l’azione quando ricevetti un pugno in viso che mi fece volare per parecchi metri.

Finii contro il muro e un dolore lancinante mi prese tutta la schiena.

Mi alzai a fatica notando con piacere che Pain e Hidan si erano fermati ad osservare Haku. Questo si stava contorcendo fra dolori lancinanti e terribili. Anche lui stava morendo a causa del siero, questo significava che non era stato ultimato adeguatamente e che quello che era scritto nel taccuino nel laboratorio era vero. Solo con il ragazzo che avevano incontrato Naruto e gli altri aveva funzionato.

Distolsi lo sguardo. Sapevo che sarebbe andata a finire come la donna che avevamo incontrato prima.

Venni scossa da un brivido di terrore: la mia vita era ancora appesa ad un filo nonostante la scoperta del siero.

Mi guardai attorno e notai che le guardie entrate prima si stavano scontrando con i miei amici che però erano in netto svantaggio numerico.

Corsi ad aiutare Hanabi, la più vicina a me, nel tentativo di aiutarla, ma compii un errore enorme voltando le spalle ai miei nemici.

 

“Hinataaaaa!!”

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Capitolo 23
*** ...La seconda fase ha inizio... ***


LA SECONDA FASE HA INIZIO

“Hinataaaaa!!”. Non riuscii a trattenere l’urlo quando mi accorsi che Pain aveva colto di spalle la ragazza e l’aveva immobilizzata. Perché era stata così incosciente? Non era da lei voltare le spalle al proprio nemico. 
Guardai con angoscia Hidan avvicinarsi a lei mentre l’altro la teneva stretta.
“Shikamaru! Quanto ti ci vuole ancora?” mi volsi verso il mio amico. Ormai non importava più che mantenessimo il silenzio. Il chiasso degli scontri copriva la nostra voce ma soprattutto il rumore del coltello contro la grata di ferro.
“Stai zitto Naruto e lasciami lavorare!”.
Tornai a guardare Hinata. Ormai Hidan le si era avvicinato pericolosamente. 
Mi salì il panico. Cosa volevano farle ora? 
Iniziai a dare pugni alla gabbia per tentare di scalfirla ma era tutto inutile.
Hidan era arrivato vicino ad Hinata e sembrava stesse estraendo qualcosa dalla tasca. Vidi che era un piccolo marchingegno scuro. 
Pain cercò di tenere la ragazza più forte mentre lei si divincolava. 
Il cuore mi batteva a mille. E se l’avessero uccisa ora?
No! Non potevano!
“Shikamaru!”. Diedi uno sguardo veloce. Era quasi riuscito a tagliare.
Tornai ad osservare sotto e vidi Pain bloccare con una mano la testa di Hinata prendendola per i capelli. 
Sentii il sangue ribollire. Come osavano trattarla in quel modo?!
L’uomo le fece abbassare la testa e Hidan attaccò il marchingegno sulla nuca della ragazza.
Rimasi paralizzato. Era già troppo tardi.

In quel momento successero tre cose: la gabbia nella quale si trovavano cominciò lentamente a scendere; Naruto sentì Shikamaru dare alcuni ordini, qualcosa che riguardava Kurenai e la corda che stava calando per avvicinarli al suolo e il fatto che si dovessero tenere pronti per uscire; quello che però trattenne gli occhi incollati del ragazzo fu vedere quello che stava succedendo ad Hinata.

“Hinataaaaa!!”
Sentii urlare il mio nome ed ero certa a chi appartenesse quella voce.
Non feci in tempo a voltarmi perché sentii le braccia di Pain serrarsi su di me e immobilizzarmi. Provai a divincolarmi in tutti i modi ma la stretta era troppo forte. Pain era troppo forte per me. Mi sentii afferrare per i capelli e scorsi con la coda dell’occhio che Hidan si stava avvicinando. 
Cosa avevano in mente?
Cominciai ad agitarmi e il senso di paura che sentivo nelle viscere iniziò a crescere. 
Pain tirò la mia lunga treccia fino a farmi abbassare la testa. 
Sentii che mi veniva appoggiato un oggetto freddo e appuntito sulla nuca, poi all’improvviso l’oggetto mi punse. Lo sentii incidere la mia pelle a saldarsi in essa. Provai un terrore acuto e feci per togliermelo di dosso ma Pain mi impediva qualsiasi movimento. 
Respiravo a singhiozzi mentre il panico aveva cominciato ad impossessarsi di me. Che cos’era quell’oggetto? Qual era il loro scopo? Era come quello che avevo visto attaccato alla nuca di Pain?
Non riuscii a trovare una risposta a nessuna di queste domande. Non riuscii più nemmeno a pensare perché all’improvviso cominciò il dolore.
Mi sembrò che dal meccanismo attaccato al mio collo partissero mille rami. Osservai impietrita dei filamenti metallici corrermi lungo il corpo, sulle braccia, sulle gambe, sulla pancia, sul viso.
I filamenti si fermavano quando raggiungevano le mie estremità e da lì cominciarono ad ampliarsi ed allargarsi, fissandosi sulla mia pelle con degli uncini.
Mi resi conto che il mio corpo stava scomparendo sotto quella struttura metallica e che a poco a poco non riuscivo più a sentirlo e a comandarlo.
I filamenti si fissarono sul mio viso e la mia visuale cominciò a ridursi.
Mossi gli occhi disperata cercando di urlare ma nessun suono uscì dalla mia bocca. I marchingegno metallico ormai mi aveva ricoperto metà del viso.
A poco a poco la mia vista venne coperta.
Poi fu il nulla.




Holaaa!
Finalmente ho aggiornato questa mia long! Inutile dirvi che mi dispiace moltissimo di non aver potuto farlo prima. Purtroppo la realtà mi sta coinvolgendo parecchio quindi sono pochi i momenti in cui posso continuare a prendermi cura della mia fantasia.
Spero comunque di intrattenervi con piacere e che il Naruhina sia con voi!!

Linduz94


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Capitolo 24
*** ...Ferire chi ami... ***


FERIRE CHI AMI

Rimasi paralizzato dov’ero e con me anche gli altri sembravano essersi fermati. Anche la battaglia che infuriava sotto di noi sembrava essersi presa un momento per vedere lo spettacolo spaventoso sottostante.
L’aggeggio che Hidan aveva attaccato sulla nuca di Hinata si era come acceso di vita e piano piano aveva ricoperto tutto il corpo della ragazza.
Il mio cuore sembrò fermarsi quando mi resi conto che anche gli occhi di Hinata erano scomparsi.
Ora c’era solo un corpo ricoperto di metallo che aveva la struttura e la forma del corpo della ragazza.
Se non avessi prestato attenzione a tutto quello che era accaduto probabilmente l’avrei scambiata per un manichino di metallo.
Vidi Pain allontanarsi da lei e lasciarla libera.
Mi aspettavo che Hinata cogliesse quell’occasione per prevalere su di lui, ma al contrario rimase ferma, immobile, al centro della sala.
Cominciai a provare un terrore sordo e il mio cuore accelerò i battiti a dismisura. Cosa stava succedendo?
Sentii una risata farsi sempre più forte e crescere a dismisura.
Guardai con odio la direzione da dove proveniva.
Hidan aveva piegato la testa all’indietro e sembrava trarre un profondo piacere da quella situazione.
“Ahahahah! Finalmente sei mia!” urlò rivolto ad Hinata. Poi si rivolse a tutta la sala. “Guardate ora la mia creatura. Hinata è finalmente sotto il mio controllo! Gioite!”
Un urlo disumano partì dagli assassini che erano entrati nella sala addestramento e che stavano combattendo contro gli altri.
Nel mio petto sentii crescere un terrore sordo. Dovevo fare qualcosa.
“Che cazzo stai dicendo bastardo?”
Hidan si voltò con irritazione verso di me.
“Che c’è? Sei sordo per caso? O vuoi essere il primo a morire?”
Sentii ribollirmi il sangue, ma non mi diedi per vinto.
“Smettila di dire cazzate e togli quel coso ad Hinata!”
Il ghigno dell’uomo divenne, se possibile, ancora più ampio.
“Capisco. Forse hai solo bisogno che ti dimostri che le mie parole sono vere”. Sentii il mio corpo fremere. Un brivido gelido mi corse lungo la schiena.
Hidan si rivolse ad Hinata. “Vai, mia creatura. Dimostriamo a tutti di cosa è capace l’Organizzazione Alba”. Mi lanciò uno sguardo di sfida. “Uccidi i tuoi amici, Hinata”.
 
Passò un istante che sembrava un’eternità.
Il mio corpo sembrava non rispondere più. Ero totalmente paralizzato osservando quello che sarebbe successo ormai a pochi metri da me.
Hinata sembrò non muoversi per qualche secondo.
Poi tutto accadde in fretta.
Ad un tratto lei non era più lì. Mi volsi appena in tempo quando sentii un rumore metallico.
Hinata si era diretta verso Suigetsu e l’aveva disarmato senza problemi. Il ragazzo stava strabuzzando gli occhi e si teneva una mano sulla pancia.
Sembrò cadere a terra con estrema lentezza, ormai privo di coscienza, ma la ragazza già non era più lì.
La vidi dirigersi come un fulmine verso Karin che subì la stessa sorte del ragazzo.
In pochissimi istanti stava facendo fuori i suoi amici.
“Presto tutti fuori!” Mi sentii trascinare da Shikamaru che ormai aveva spezzato il metallo e creato un’apertura.
Il mio amico mi trascinò fuori dalla gabbia e mi prese per le spalle con foga. “Presto Naruto, dobbiamo andarcene!”
Lo guardai stralunato, senza capire le sue parole.
“Hinata non è più lei. La stanno controllando. Dobbiamo andare via finché è occupata!”
Lo sentii scuotermi ancora ma il mio corpo non si mosse.
“Cazzo, Naruto reagisci!”.
Nel frattempo Hinata aveva messo fuori gioco Suigetsu, Karin e Sakura. Si stava dirigendo come una pantera verso Tenten, la sua migliore amica.
Venni scosso da un brivido di terrore. Hinata non poteva farle del male.
Accadde tutto troppo in fretta. Vidi Tenten arretrare strabuzzando gli occhi dal terrore. Hinata la prese con un braccio sulla vita e la scaraventò lontano.
La ragazza con i codini sbatté contro il muro e si accasciò al suolo. Immobile.
Osservai Hinata sconvolto, ma nulla trapelava da quella maschera di metallo. Era scomparsa davvero.
 
La vidi dirigersi verso Hanabi.
“Hinata, NO!”
Istintivamente il mio corpo si mosse nel tentativo di fermarla. Non poteva fare del male anche a sua sorella. Non se lo sarebbe mai perdonato.
Era ormai a pochi passi da lei, ma non sarei mai riuscito a raggiungerla in tempo.
Vidi la sua mano fermarsi a pochi centimetri dal volto di Hanabi, trattenuta da una lama.
Kurenai era arrivata in tempo per fermarla prima di compiere un’altra sciocchezza.
Il mio corpo si rilassò appena. Forse avevamo una speranza di poterla fermare.
La donna dagli occhi cremisi provò ad attaccare Hinata, colpendola con il pugnale nelle zone più deboli, ma la sua lama scivolava inesorabilmente contro il metallo.
Ogni attacco era inutile.
Hinata sembrava quasi lasciarla fare, si muoveva appena, risparmiando le energie, mentre Kurenai le danzava attorno sempre più velocemente.
All’improvviso la ragazza fermò l’attacco della donna e la prese per il collo con una mano metallica.
Il mio corpo si irrigidì nuovamente terrorizzato da quello che stava succedendo.
Sembrava volesse soffocarla.
“Hi…na..ta…”sentii la donna rantolare. “Tor…na…tor..na…”.
Kurenai non riuscì a concludere la frase. La ragazza la alzò di qualche spanna da terra e la fece volare dall’altra parte della sala.
La donna sbatté e scivolò contro il pavimento senza più alcun suono.
 
Ormai il mio corpo era completamente distaccato da me. Non sentivo più nulla. Non comandavo nulla.
Ero totalmente incollato ad osservare quella figura metallica che si stava avvicinando a me. La ragazza che amavo. O almeno quello che ne rimaneva.
Io ero il più vicino a lei in quel momento e quindi ero la sua prossima vittima.
Stranamente mi sentivo calmo.
Probabilmente sapevo che per me era giunta la fine, ma il fatto che essa stava per giungere dalle mani della donna che avevo sognato per così tanto tempo mi sembrava quasi una benedizione.
Sentii le sue mani afferrarmi la gola, come aveva fatto qualche istante prima con Kurenai, e la sensazione del metallo che mi mozzava il respiro. Forte. Inesorabile.
Per un attimo chiusi gli occhi, ma l’immagine di Hinata quel giorno alla festa d’estate, con il vestito bianco e quel profumo così fresco, mi si presentò con forza. Mi sorrideva con le guance leggermente arrossate. Quasi sentii la morbidezza delle sue labbra ancora una volta.
Spalancai gli occhi. Non lo tolleravo.
Non potevo accettare che lei fosse nascosta sotto quella maschera di metallo ghiacciato.
Dovevo fare qualcosa.
“Hi..nata” sputai.
Sentii la sua presa farsi più salda attorno alle mie carni. Mentre con le mani cercavo di allontanarla invano.
“Tu… non… lo… farai”
Mi imposi di fissarla nel punto in cui dovevano esserci i suoi occhi.
“Hi..na..ta...”
La sentii stringere ancora più forte. Sentivo le forze farsi sempre meno. Le mie mani stringere con meno intensità il suo braccio.
“Io…”
Forse doveva finire così.
Cominciai a sentire la mia coscienza andarsene mentre la vista si faceva sempre più torbida.
‘Ti..amo’
Lo sussurrai appena.
 
Sentii la presa scomparire ad un tratto e mi accasciai al suolo debole, cominciando a tossire e a sputare saliva.
Alzai appena lo sguardo verso la ragazza per capire come mai si fosse fermata.
La vidi tremare con forza in una posizione rigida, con le mani davanti a sé.
Sembrava bloccata.
“Non fermarti!” la voce di Hidan mi fece sussultare. “Devi eseguire il mio ordine, Hinata”.
La ragazza sembrò riscuotersi.
Si sporse verso di me e mi afferrò dalla maglia alzandomi con un braccio, mentre l’altro stava caricando un pugno.
Chiusi gli occhi per risparmiarmi quella scena.
Attesi.
Non sentivo nulla. Forse ero già scivolato nell’incoscienza.
Ad un tratto sentii la presa sulla mia maglia farsi più debole, finché non si arrestò del tutto.
Aprii gli occhi sorpreso.
Hinata davanti a me si stava tenendo la testa tra le mani tremando violentemente.
La vidi piantare le dita in profondità e cominciare a strappare le piccole placche di metallo ai lati delle tempie.
“Hinata! Fermati! Tu mi devi obbedire!” l’ordine di Hidan arrivò forte e chiaro.
Vidi la ragazza fremere con violenza a quelle parole.
Ma non si fermò.
Continuava a graffiare il metallo e lentamente cominciai ad intravedere piccoli pezzi di pelle diafana rivedere la luce.
Sentii un fruscio e vidi Pain sovrastarla fermandole le mani.
Il gigante provava a fermarla e vidi che le sussurrava qualcosa all’altezza dell’orecchio.
La ragazza lo allontanò da sé con un calcio e continuò a togliersi di dosso quell’armatura metallica.
Ero nuovamente pietrificato.
La vedevo strapparsi con sempre più foga i pezzi di dosso come se fossero incandescenti.
Ad un tratto si volse e mi accorsi che sulla nuca la sua pelle era scoperta. L’aggeggio dal quale era partito tutto era stato tolto. Ma quando?
Non capivo cosa stava succedendo ma un piccolo germoglio di speranza stava nascendo dentro di me.
Quasi non sentivo le urla di Hidan che continuavano ad impartirle ordini e non mi accorsi che Pain si stava avvicinando a me.
Ero completamente assorto nell’osservare la ragazza che amavo recuperare pian piano sé stessa.
La vidi voltarsi verso di me. Ormai si era disfatta di quasi tutta l’armatura metallica. Qualche placca era rimasta ancora attaccata alla sua pelle, ma ormai ne restava gran poca.
In alcuni punti gli uncini si erano attaccati in profondità e togliendoli Hinata si era procurata delle ferite che ora sanguinavano copiosamente.
Nonostante il terrore e il timore che si stesse facendo del male non potei che distendermi quando incrociai i suoi occhi.
Finalmente, finalmente i suoi occhi erano di nuovo liberi.


Holaaaa!
Eccovi già un altro capitolo!
Per fortuna Hinata è tornata in sè, ma le cose non sono ancora migliorate.
Come andrà a finire questa volta?
Aspettate e lo scoprirete!
Ciaooo

Linduz94

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Capitolo 25
*** ...Alleati inattesi... ***


ALLEATI INATTESI


“Hinata”
 
“Ti…amo”
 
Cosa stava succedendo? Dove mi trovavo?
Per l’ennesima volta mi sentivo persa. Non riuscivo a capire dov’ero, chi ero.
Sentivo una strana sensazione di pace, di calma, ma allo stesso tempo c’era qualcosa di estremamente sbagliato in me.
 
“Non fermarti! Devi eseguire il mio ordine, Hinata!”
 
La mia mente si annullò ancora e sentii il mio corpo muoversi, ma non avevo idea di cosa stavo facendo.
 
Un paio di occhi azzurri come il cielo si stagliarono nella mia mente e un profumo dolce e familiare mi avvolse.
 
Cosa stavo facendo?
 
Avevo un gran mal di testa.
Mi sembrava come se sulla mia pelle si fossero conficcati mille aghi.
Tremai di orrore e cominciai a togliermi quella sensazione di dosso. Graffiavo e scavavo con le unghie cominciando a sentire una leggera sensazione di sollievo.
 
“Hinata! Fermati! Tu mi devi obbedire!”
 
Sentii l’imposizione di quelle parole e per un attimo persi la lucidità su ciò che stavo facendo.
La sensazione di orrore e di ribrezzo si presentò nuovamente e le mie unghie ripresero a graffiare.
Ad ogni graffiata mi sentivo come se prendessi una boccata di ossigeno e sentivo sempre più presente la sensazione del mio corpo. Il controllo del mio corpo.
Ad un tratto sentii un dolore acuto alla nuca e qualcosa che si strappava con violenza.
Mi venne quasi il voltastomaco per quell’improvviso gesto e sentii qualcosa trattenermi le mani.
 
“Dammi un calcio”
 
Un calcio? Dove si trovavano le mie gambe?
Ero confusa, cosa significava quella frase?
Sentii la stretta sulle mie mani farsi più forte e mi resi conto che qualcuno mi stava bloccando.
 
“Ti ho tolto il chip. Ora tocca a te”
 
Non capivo cosa significasse tutto quello che stavo sentendo, ma cominciai a sentire presente la sensazione delle mie gambe.
Flettei un ginocchio e con forza spinsi via la persona che mi stava trattenendo.
Sentii subito la stretta allentarsi e ricominciai a togliermi di dosso gli uncini dolorosi.
Cominciavo a ricordare cosa stava succedendo.
Hidan, Pain, i miei amici rinchiusi nella gabbia, l’aggeggio che si attaccava alla mia nuca, i filamenti che scorrevano lungo il mio corpo, la sensazione di perdere il controllo.
Ecco cosa stavo togliendo dalla pelle.
Continuai con foga finchè non liberai gli occhi alla luce.
Sbattei le palpebre un paio di volte, quasi accecata.
Sentivo ancora dei pezzi metallici sulla pelle ma sapevo di aver recuperato il controllo dei miei movimenti.
Mi volsi di scatto e incontrati delle iride azzurre.
Lo sguardo apprensivo che vidi si trasformò in un sollievo liquido.
Sospirai sollevata anch’io.
 
Il sollievo durò troppo poco.
Vidi Pain avvicinarsi pericolosamente a Naruto e bloccarlo con una mossa fulminea.
Trattenni il respiro.
Pain era più forte di me. Avrebbe potuto concludere la vita di Naruto in meno di un secondo, senza sforzo.
Mi sentii raggelata ed impotente, mentre nelle mie orecchie sentivo il suono di una risata farsi strada con forza.
“Ahahahah!” mi volsi verso Hidan, riconoscendo la sua voce come quella che mi stava urlando gli ordini poco prima. “Sai, devo dire che sono molto sorpreso” mi fulminò con i suoi occhi cremisi. “Nessuno fino ad ora si era mai ribellato, soprattutto sotto il controllo della nostra avanzata tecnologia. A quanto pare non eri ancora pronta” vidi il suo sguardo soffermarsi sul mio corpo e mi accorsi della miriade di ferite che lo ricoprivano dopo che mi ero strappata le placche metalliche. “Se fossi rimasta nella vasca stabilizzante il tempo giusto ora la tua pelle sarebbe resistente come il metallo” lo vidi fare una smorfia. “Probabilmente non è stata una mossa saggia accelerare i tempi con te” per un attimo sembrò sovrappensiero.
“Peccato, ma la prossima volta non sbaglierò ancora. Sei ancora in mano mia” il suo ghigno si ripresentò prepotente e seguii il suo sguardo.
Naruto era ancora trattenuto da Pain.
Sentii il cuore accelerare improvvisamente i battiti. Cosa potevo fare?
Una goccia calda mi cadde dalla fronte alla guancia e per un attimo sbattei gli occhi, rendendomi conto di essere gravemente ferita. Stavo perdendo moltissimo sangue. Avevo poco tempo.
Ritornai con gli occhi ad osservare Naruto e per un breve istante incrociai gli occhi con Pain.
Fu un istante lunghissimo ma capii.
 
Il mio corpo si  mosse velocissimo, nonostante l’enorme quantità di ferite che lo ricoprivano.
Sapevo di essere più veloce di quell’energumeno ma necessitavo di più forza.
Arrivai sotto i due e con tutta l’energia che ancora avevo inchiodai un pugno nel fianco destro di Pain.
Vidi le sue braccia allentarsi per un secondo dal corpo di Naruto, allora colsi l’occasione per allontanarlo.
Gli presi l’avambraccio destro e puntellandomi con i piedi a terra alzai l’uomo facendolo ricadere di faccia a terra.
Fu un attimo e mi misi a cavalcioni su di lui per impedirgli di muoversi.
“Scusa” sussurrai.
 
Vidi Pain rimandarmi un sorriso e capii che aveva reagito con lentezza proprio per permettermi di metterlo al tappeto.
“Fallo”.
Annuii all’ordine dell’uomo e con forza staccai anche dalla sua nuca il chip.
“NOOO!”
Alzai la testa verso Hidan che aveva contratto il viso in una smorfia di terrore e rabbia.
Ghignai verso la sua direzione.
Non avevo ancora finito.



Holaaaaaaa
Si, è un po' confuso il tutto è vero, ma non vi preoccupate. Avrete dei chiarimenti più avanti.
Sicuramente qualcosa di importante è cambiato!
Pain era alleato con Hinata quindi?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo!
Ciaoooooo

Linduz94

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Capitolo 26
*** ...Desolante risveglio... ***


DESOLANTE RISVEGLIO


“Attaccatela subito!”
Hidan schiumava rabbia.
Un’ondata di assassini si diresse verso la nostra direzione.
Pain era steso a terra e si teneva stretta la nuca con una mano, sembrava confuso.
Mi alzai velocemente preparandomi ad affrontare l’orda di uomini e donne che mi stavano per attaccare.
Con la coda dell’occhio vidi che Naruto e gli altri si stavano allontanando il più possibile dal punto dello scontro.
Mi sembravano in pochi. Dov’era finita Kurenai?
Non feci in tempo ad osservarmi più attentamente attorno perché venni attaccata dal primo assassino.
Lo scontro cominciò furioso.
I nemici sembravano infiniti e continuai non so per quanto tempo a parare, schivare colpi e contrattaccare.
Sentivo le forze abbandonarmi un po’ alla volta e il sangue scorrere più copioso sul mio viso.
Spesso la vista mi si appannava e dovevo concedermi la distrazione di detergermi il liquido dagli occhi.
I miei avversari mi attaccavano impietosi, cercando di approfittare di ogni breccia che a poco a poco cominciavo a lasciare.
Una goccia di sangue più consistente mi entrò nell’occhio destro e per un istante rimasi accecata.
Non mi accorsi di un avversario che si era avvicinato troppo. Sentii la sua presenza troppo tardi, quando la lama del suo pugnale si piantò nel mio fianco.
Spalancai la bocca con il fiato mozzato, sentendo il dolore espandersi in tutto il corpo, paralizzandomi.
Ebbi soltanto il tempo di vedere lo sguardo d’ira dell’assassino che ormai mi sovrastava. Alzò la lama una seconda volta, con l’intento di infierire il corpo fatale.
 
La sua lama non arrivò mai al bersaglio.
Pain l’aveva bloccato e messo fuori gioco in un istante.
Ci fu qualche secondo di esitazione nel gruppo di assassini.
Ansimavo boccheggiando, tenendomi il fianco con la mano, ma non riuscivo ad arrestare il sangue che scendeva copioso.
“Scusami per l’attesa” Pain mi osservò per un istante. “Ho deciso di aiutarti”.
Boccheggiai trasalendo per una fitta di dolore.
“Pain dannato! Che cosa stai facendo?” vidi il viso di Hidan schiumare collera e terrore.
“Quello che dovevo fare molto tempo fa” le spalle dell’uomo sembrarono rilassarsi per un istante. “Riprendermi la mia vita”.
Vidi Hidan stringere le mani in pugni tremanti.
“Non puoi! Tutto quello che sei, lo devi a me!”
“Non ho mai voluto tutto questo” Pain cominciò a dirigersi verso di lui. “Mi hai catturato in un momento in cui la mia vita era felice. Avevo una moglie, un figlio. Mi hai trasformato in un mostro, in una macchina da guerra, senza poter decidere, senza potermi ribellare. Mi hai controllato attraverso quel chip per tre lunghi anni ed io pensavo che non ci fosse più nessuna via di scampo per me, nessuna possibilità.
“La mia famiglia ha cominciato ad odiarmi e ad avere paura di me quando hanno visto quello che ero diventato “ mentre parlava si volse verso di me e sentii che la sua esperienza era molto simile alla mia. “Pensavo che non sarei più potuto tornare indietro. Che non c’era nessuna possibilità per tornare da loro e mi rassegnai”.
Pain si volse in direzione di Naruto.
“Poi ho visto la ragazzina, ma soprattutto la tenacia del biondino nel cercare di salvarla, di riportarla indietro, nonostante avesse visto che anche lei era diventata un mostro come me.
“Ho ricominciato a sperare”.
Vidi che Naruto strabuzzava gli occhi e io capii che si riferiva alla festa d’inizio estate, quando aveva attaccato Konoha durante i festeggiamenti e Naruto aveva provato a correre in mio aiuto.
“Ora ho deciso cosa fare. Sono stato il primo ad essere creato da te, Hidan, utilizzando gli esperimenti di Orochimaru. Sarò io quindi l’ultimo, a concludere e porre fine a tutta questa idiozia”.
Pain ricominciò a dirigersi verso Hidan e i suoi pugni si strinsero di rabbia.
“Che cazzo stai dicendo, bastardo?!” Hidan sembrava cominciare a perdere il controllo. “Tu non mi toccherai! Assassini, fermatelo!”
I sicari tentennarono qualche istante ma stettero all’ordine, cominciando ad attaccare l’uomo.
Io sentii le forze venirmi a mancare. Guardai la mano che stringeva l’addome e sbarrai gli occhi. Un’enorme pozza di sangue si stava allargando sotto i miei piedi.
Mi accasciai sulle ginocchia ormai indebolite.
Scorsi appena l’assassino che si stava scagliando contro di me per porre fine alla mia vita.
“NO!”
Di nuovo, tutto si tinse di nero.
 
 
Bip.
Bip.
Bip.
Quel suono fastidioso mi rimbombava nelle orecchie, sempre più forte.
Provai a muovermi ma sentivo dolori ovunque.
Aprii piano gli occhi, trovandomi a fissare un soffitto bianco e spoglio.
Mossi le iridi a destra e a sinistra per cercare di cogliere maggiori particolari.
Dov’ero?
Cos’era successo?
In un lampo ricordai tutto.
Cominciai a respirare velocemente senza capire cos’era accaduto.
I miei ricordi si fermavano a quando Pain si era ribellato e aveva deciso di radere al suono l’Organizzazione Alba.
L’ultimo ricordo era quell’assassino che si avvicinava a me e si preparava a darmi il colpo di grazia.
I miei respiri si fecero più corti e veloci.
Qualcuno aveva urlato in quell’occasione e sapevo bene di chi era quella voce.
Provai ad alzarmi sentendo tutte le mie ferite urlare.
Ero distesa in un letto d’ospedale. Avevo una flebo attaccata e le bende ricoprivano quasi tutto il mio corpo.
Provai a scostare le coperte. Dovevo andare a cercarlo. Trovare qualcuno che mi spiegasse cos’era successo.
La porta si aprì in quel momento e una Tsunade trafelata mi corse incontro.
“Hinata fermati! Devi rimanere giù il più possibile altrimenti la tua ferita si riaprirà!”
La guardai scioccata mentre lei mi spingeva dolcemente giù nel letto, controllando con attenzione le fasciature.
“C-cos’è successo? Io non…Naruto?”
Sentii la donna irrigidirsi e la guardai con attenzione.
Aveva i capelli spettinati e delle profonde occhiaie sotto gli occhi. Sembrava non dormisse da giorni.
La vidi aprire leggermente le labbra come se volesse parlare, ma si bloccò.
“Hinata, ti spiegherò tutto io”
Guardai oltre le spalle della donna e vidi Shikamaru sulla porta. Anche lui aveva un pessimo aspetto. Il suo sguardo annoiato era del tutto scomparso e al suo posto alleggiava un’espressione ansiosa, triste.
Deglutii a fatica osservandolo avvicinarsi.
Non prometteva nulla di buono.
Si sedette sulla sedia accanto al letto che vidi solo in quel momento. Tirò un sospiro stanco e si passò una mano fra i capelli. Stava cercando le parole giuste.
“Vi lascio soli. Se c’è bisogno io sono nei paraggi”. Tsunade si diresse verso la porta e la chiuse silenziosamente dietro di sé.
Io non staccavo gli occhi dal ragazzo.
Cosa c’era di così difficile da dirmi?
Sentii gli occhi pizzicarmi. Le lacrime che tentavano di uscire.
“Quando Pain si è ribellato è cominciato un vero casino” Shikamaru fissava un punto indefinito delle coperte del mio letto. “Tutti gli assassini hanno tentato di attaccarlo e lui ha cominciato una lotta furiosa con tutti. Era terrorizzante”. Rabbrividii immaginandomi quello che aveva visto.
“Io capii che in quel momento dovevamo cogliere l’occasione per fuggire. Dissi agli altri di recuperare Tenten, Sakura, Karin, Suigetsu e Kurenai per andarcene e solo dopo aver dato loro questi ordini mi accorsi di Naruto”.
Per un istante i suoi occhi guizzarono verso di me, per cogliere un mio cenno.
Io ero pietrificata, non volevo sentire come proseguiva.
“Un assassino ti stava attaccando. Ti avrebbe ucciso senza problemi, ormai eri semisvenuta. Naruto si è messo in mezzo a voi”.
Sobbalzai e cominciai a tremare. I miei occhi si fissarono sulle lenzuola bianche.
NO, NO, NO, NO!
“La sua ferita era profonda, abbiamo cercato di portarvi via entrambi appena siamo riusciti. Avete perso molto sangue. Lui… “
Ritornai a fissare gli occhi sul volto di Shikamaru che sfuggì al mio sguardo.
“Deve ancora svegliarsi. Non è ancora fuori pericolo.”
Deglutii a fatica mentre sentivo il mio cuore spezzarsi in mille pezzi.
“Devo andare da lui”
“No Hinata” Ora Shikamaru mi guardava attento. “Devi recuperare le forze… Tu..”
Mi alzai scostando le lenzuola con un gesto secco.
Sentii le braccia del ragazzo afferrarmi ma con uno spintone lo allontanai. Avevo ancora la mia forza dopotutto.
Mi diressi a passo malfermo verso la porta e quando l’aprii trovai Tsunade lì fuori. Mi stava aspettando.
“Dov’è?” Gli occhi si inumidirono ma ricacciai indietro le lacrime.
Avevo promesso. Avevo promesso a lui di non piangere più.
La donna sospirò poi si diresse a passo stanco verso la fine del corridoio.
La seguii con il mio passo malfermo. Il respiro mozzato dal dolore delle ferite che si stavano riaprendo.
Quando raggiunsi la porta non ebbi il coraggio di entrare. Dalla finestra posta sul muro vidi la chioma bionda che amavo tanto.
Naruto era ricoperto da tubi e macchine che lo stavano tenendo in vita.
“Abbiamo fatto il possibile Hinata” la donna sussurrò alle mie spalle. “Ora dipende da lui”.
Mi aggrappai al vetro sentendo le forze che mi abbandonavano.
Sentivo che la mia vita era appesa lì con lui a quelle macchine. Fragile. Sottile.





Holaaaa
Qui è successo un gran casino. Hinata ormai risulta essere distrutta da tutto quello che è accaduto.
Come proseguirà secondo voi ora?
Fatemi sapere cosa ne pensate:):)
Ciao ciaooo


Linduz94

 

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Capitolo 27
*** ...Il peso della coscienza... ***


IL PESO DELLA COSCIENZA


Shikamaru mi raccontò tutto. Avevo ferito le mie amiche e la mia insegnante.
Ora si erano riprese, ma anche loro come Naruto erano rimaste incoscienti per qualche giorno.
Non avevo ancora avuto il coraggio di andare a trovarle e sperai che loro non entrassero mai nella mia stanza.
Pain era riuscito nella sua impresa ed aveva raso al suolo tutta la struttura dell’Organizzazione Alba, con le persone all’interno.
Hidan e i molti assassini sopravvissuti alla sua furia erano stati arrestati, mentre di lui si erano perse le tracce.
La notizia di quanto accaduto si sparse ovunque, nei telegiornali non si parlava d’altro.
 
Per me i giorni passavano lenti e grigi. Quasi non mi accorgevo di quello che accadeva attorno a me. Mi sentivo l’ombra di me stessa.
Non riuscivo a perdonarmi per aver fatto del male ai miei amici.
Ogni giorno sentivo sempre di più il peso di quello che era successo e mi rinchiudevo nel mio silenzio doloroso.
Un giorno vidi la porta della mia stanza aprirsi e con sorpresa vidi mio padre fermo ad osservarmi. Per la prima volta nella mia vita mi chiese come mi sentivo. Si premurò di farmi avere da Hanabi dei cambi puliti ogni giorno e prima di andarsene mi strinse in un abbraccio carico di significato.
Non ebbi il coraggio di guardare la sue espressione ma mi sentii confortata, anche se un po’ a disagio dal suo comportamento.
.
Naruto non dava segni di miglioramento. Era sempre in quella stanza, sempre sommerso da tubicini e macchine che lo tenevano in vita.
Io mi sentivo sempre più responsabile. Sempre più sola.
 
Sentii dei passi avvicinarsi, ma non mi volsi.
I miei occhi spenti continuavano a fissare quella zazzera bionda, sempre nella solita posizione.
“Mi dispiace”. Sempre le solite parole.
“Avrei voluto accorgermi di quello che stava succedendo per poterlo impedire”.
Mi volsi stralunata verso quella voce.
Sobbalzai vedendo Pain accanto a me, mentre osservava Naruto.
Lo stavano cercando ovunque, cosa ci faceva lì?
Sospirai tornando a guardare il mio sole dentro quella stanza.
“Non è colpa tua. Anzi, ti ringrazio per aver concluso quello che io non sono riuscita a fare”.
“Non devi ringraziarmi. Sognavo di farlo da molto tempo”.
Rimanemmo qualche istante in silenzio. Guardando dentro la stanza piena di monitor.
“Il tuo amico, Shikmaru mi sembra si chiami, mi ha dato questo”.
Guardai di malavoglia quello che mi stava mostrando l’uomo. Era il siero sperimentale di Orochimaru.
“Mi ha detto dei rischi e ho visto con i miei occhi cos’è successo ad Haku, ma ci voglio provare ugualmente. In fondo con Deidara ha funzionato” annuii senza emozione. “Tu cosa farai?”
 
“Tu cosa farai?”
 
Quella domanda mi ronzò spesso nella mente in quei giorni. Già, cosa avrei fatto?
 
 
“Hinata!” sobbalzai sentendo la voce di Shikamaru chiamarmi mentre spalancava la porta della mia stanza. Aveva una luce accesa negli occhi e il fiatone. “Si è svegliato!”
Spalancai gli occhi, sentendomi invadere da una sensazione di speranza che non provavo da molto, troppo tempo ormai.
Quasi caddi dal letto scendendo in affanno e corsi ancora zoppicante verso la stanza di Naruto.
Non vedevo l’ora di vedere i suoi occhi cerulei e sentire il suono squillante della sua voce. Mi sembrava impossibile poterla sentire davvero, finalmente.
Inciampai nei miei piedi e per poco non caddi a pochi passi dalla porta della sua stanza.
Vidi che era aperta.
Mi avvicinai ancora zoppicante.
La stanza era gremita di gente.
Erano quasi tutti li, pronti a salutarlo.
Mi sentii improvvisamente un macigno sul cuore.
Da quanto tempo non vedevo i miei amici? Non ero mai andata da Tenten, né Sakura, Suigetsu o Karin, tantomeno da Kurenai.
Ora erano tutti lì. Avevo l’occasione di vedere come si erano ripresi. Di porgere loro le mie scuse.
Sentii le ginocchia tremare violentemente. Mi sentivo una stupida.
Sapevo che nulla di quello che avrei detto poteva ripagarli di tutto il male che gli avevo procurato.
Mi avrebbero guardato di sbieco, probabilmente anche cacciato.
Non potevo sopportarlo.
Feci un passo arretrando.
Forse era meglio così. Allontanarsi da loro, dileguarsi dalle loro vite.
Sarebbe stato più semplice.
Altri due passi indietro.
Mi strinsi le mani al petto sentendo quella sensazione di colpa, di peso, che ormai da due settimane in quell’ospedale mi opprimeva, farsi ancora più forte.
 
Tu cosa farai?
 
Vattene Hinata.
C’era solo questo pensiero nella mia mente.
Vattene ora e la loro vita sarà migliore.
Altri due passi.
Mi volsi verso la direzione da cui ero venuta e a passi sempre più lunghi mi diressi verso la mia camera.
Presi un paio di pantaloni puliti e una maglia che Hanabi mi aveva portato il giorno prima.
Mi vestii in fretta digrignando i denti ad ogni fitta che sentivo al fianco.
Infilai veloce le scarpe e uscii quasi correndo da quella stanza troppo bianca.
Passai per la camera che sapevo essere di Kurenai ed aprii la porta silenziosamente, sperando di non trovarla.
Il letto era vuoto.
Mi avvicinai ai cassetti che si trovavano vicino al letto e li aprii tutti rovistando con foga.
Finalmente trovai quello che cercavo.
Presi una delle cinque fiale di siero e corsi fuori più in fretta che potevo.
Il terrore che qualcuno capisse, che qualcuno provasse a fermarmi.
Avrei concluso quella storia da sola, com’era cominciata.
 
Ero in totale confusione e imbarazzo.
Vedevo un sacco di facce conosciute circondarmi. Parlavano tutti assieme ed io non riuscivo a ordinare i miei pensieri. Non capivo più nulla.
Scorsi un movimento alle spalle di tutta la ressa ma non capii che cos’era.
Ero sveglio da circa mezz’ora e Shikamaru mi aveva aggiornato su quello che era successo. Ero davvero contento di vedere tutti i miei amici lì ora, ma non mi ero ancora ripreso del tutto.
E poi, Hinata dov’era?
Provai a guardare oltre tutti quei volti, ma la testa mi girava un po’ e non riuscivo a pensare con chiarezza.
“Ragazzi lasciatelo respirare ora!” Zia Tsunade fece disperdere un po’ la folla e la ringraziai con gli occhi.
Sentii qualcuno sbuffare e lamentarsi ma quasi non me ne accorsi mentre sprofondavo nuovamente nell’incoscienza.
 
Mi risvegliai d’un tratto.
Sentivo un brusio lontano. Qualcuno parlava fuori dalla porta della mia stanza, ma non riconoscevo le voci. Sembravano leggermente concitate.
Sonnecchiai un altro po’ ma ad un tratto mi sentii sveglio e vigile.
“Che cosa facciamo ora?”
“Non so, davvero, abbiamo capito che si è cambiata e ha preso i vestiti puliti che c’erano nella sua stanza. Mancano anche le sue scarpe”
“Forse voleva fare una passeggiata, sgranchirsi un po’ le idee” Riconobbi la voce di mia zia.
Ci fu qualche istante di silenzio.
“Shikamaru!” Non riconobbi subito quella voce. “E’ sparita una fiala del siero dal mio comodino”.
“Cosa?” il mio amico sembrava spaventato. “Allora adesso capisco”
Ci fu un attimo di silenzio che parve interminabile.
“Non starai dicendo che Hinata…” la voce di mia zia si spense senza concludere la frase.
“Si, credo proprio che sia andata a concludere questa storia”.
Mi si raggelò il sangue nelle vene.
Mancava qualcuno, che a quanto pare era Hinata. Secondo le supposizioni di Shikamaru era stata lei a prendere il siero mancante. Che fosse quel siero?
Il cuore cominciò a battermi forte e sentii un nodo alla gola farsi sempre più stretto.
“Dobbiamo trovarla!” Shikamaru sembrò allontanarsi, la sua voce si sentiva sempre meno. “Mando gli altri a cercarla”.
Il suono di tre paia di passi sembrò allontanarsi dalla mia stanza.
Hinata era scappata. Secondo Shikamaru voleva concludere quella faccenda. Voleva prendere il siero quindi.
Sentii i battiti del mio cuore accelerare incontrollati e sudore freddo coprirmi la schiena di terrore.
Non poteva fare una cosa tanto stupida!
E se non fosse sopravvissuta, come gli altri?
Dovevo fare qualcosa.
Mi tolsi le coperte di dosso, provando una fitta allo stomaco dove ero stato colpito.
Dovevo raggiungerla il prima possibile, trovarla, fermarla.
Ma dove poteva essere andata?
Provai ad infilarmi i pantaloni e la maglia che trovai lì accanto al letto, ma quell’operazione mi fece perdere un bel po’ di tempo.
Ogni secondo che passava metteva in pericolo la vita di Hinata.
 
Perché? Perché stai facendo questo ora? Che cosa ti passa per la testa Hinata?






Holaaaa
Hinata è totalmente persa. Nelle prime battute di questo capitolo si può leggere come tutto quanto le stia scivolando addosso.
Il senso di colpa è troppo forte, quindi ha preso la sua decisione?
Come andrà a finire?
Lo vedremo nei prossimi capitoli ma se avete qualche suggerimento commentate pure!
Ciao ciaoo

Linduz94

 

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Capitolo 28
*** ...Ritrovarsi per poi perdersi... ***


RITROVARSI PER POI PERDERSI

 
L’avevo cercata in tutti i posti in cui avevamo passato del tempo assieme.
Ogni luogo mi riportava a galla ricordi felici con lei, il suono della sua voce, la dolcezza del suo profumo, la luce timida e calda dei suoi occhi.
Ormai non riuscivo più a camminare diritto. Il dolore allo stomaco si faceva sempre più forte e dovetti fermarmi spesso per fare delle pause.
Mi ero messo subito all’opera per cercare di trovarla. Ormai il pomeriggio stava lasciando il posto al crepuscolo della sera e già si intravedeva qualche stella.
Dove altro poteva essere?
Anche i miei pensieri non erano più lucidi ormai, probabilmente mi era salita anche un po’ di febbre. Sentivo la pelle scottare.
Forse furono gli spasmi febbrili o solo un’improvvisa illuminazione.
C’era un posto a cui non avevo ancora pensato. Un posto dove ci eravamo aperti verso il nostro futuro. Un posto tranquillo e bellissimo. L’ideale per salutare tutta la tua vita.
Cominciai quasi a correre, pregando le mie gambe di sostenermi un altro po’.
Dovevo raggiungerla, prima di…
Scacciai dalla testa quel pensiero. Sarei arrivato in tempo.
 
 
Ormai il sole era già tramontato quando arrivai zoppicando fino alla gelateria dove avevamo festeggiato la fine dei suoi esami.
A quell’ora era già tutto chiuso e le luci del negozio erano spente.
L’oscurità cominciava a ricoprire tutto il paesaggio, distorcendo i profili degli oggetti.
Traballando mi diressi verso il parco lì vicino, verso la nostra panchina.
Passo dopo passo vidi Konoha sotto di me estendersi con una miriade di luci, mentre le stelle nel cielo facevano timidamente la loro comparsa.
Con una mano sullo stomaco superai l’ultimo albero prima del parapetto che si affacciava sulla città.
Due passi e forse l’avrei rivista. O forse no.
Un passo.
Mi fermai boccheggiando dal dolore, mentre un enorme senso di sollievo mi pervadeva.
Lei era lì. Elegante, composta, bellissima.
Guardava il panorama oltre il parapetto, mentre i lunghi capelli venivano a tratti mossi dal vento fresco estivo.
Ebbi quasi timore ad avvicinarmi a lei. Temevo fosse un miraggio e che se avessi fatto il minimo rumore probabilmente la visione sarebbe scomparsa.
Passò probabilmente solo qualche secondo, o forse qualche ora. Poi si voltò verso di me.
Sentii un brivido di emozione percorrermi lungo la schiena mentre i nostri occhi si incrociavano.
Come poteva essere così? Così facile guardarsi, così bello immergersi in quelle iridi così chiare.
Sembrava che il mondo si fosse fermato e che tutto il mio universo iniziasse e si esaurisse lì, nel fremere di quelle ciglia, nello schiudersi di quelle labbra carnose.
Le sorrisi inconsapevolmente. Scioccamente. Che altro potevo fare di fronte a quello spettacolo?
 
Improvvisamente tutto mutò. La sua espressione si trasformò in una smorfia di dolore, le mani corsero ad afferrarsi il petto e la gola, come a voler graffiar via una sensazione terribile.
I suoi occhi si spostarono dai miei mentre si piegava su sé stessa cercando di proteggersi.
Vidi allora cadere a terra una cosa lucente.
Mi avvicinai d’istinto per capire cosa le stava succedendo.
Guardai a terra e il mio cuore si fermò.
La boccetta del siero era lì, ai suoi piedi. Vuota.
“Hinata!” la afferrai per le spalle prima che si afflosciasse a terra. “Che hai fatto?? Hinata!”
Cercai di sostenerla ma il suo corpo cominciò a scuotersi incontrollato.
“HINATAAA!!” urlavo cercando di attirare la sua attenzione, ma ormai lei non era più lì con me. I suoi occhi osservavano vuoti un punto indefinito mentre il suo corpo tremava sempre più forte.
Provai ad afferrarla, a stringerla, per contenere gli spasmi, mentre lacrime di rabbia e desolazione cominciavano a scendermi dagli occhi.
“Hinata ti prego! Non te ne andare, ti prego” sussultavo anch’io terrorizzato. “Non mi lasciare ancora. Ti prego, resisti!”.
Provai ad alzarmi sostenendola, ma il mio corpo ormai non rispondeva più. La ferita si era probabilmente riaperta perché sentivo sangue caldo colarmi dall’addome, mentre stringevo convulso la ragazza che amavo farsi sempre più debole, rallentare i movimenti.
Singhiozzavo sul suo collo senza ritegno.
“Hinata,…Hinata,… Hi..”.
Non poteva finire così. Dopo tutto quello che avevamo passato. Dopo tutto quello che avevamo sofferto. Non poteva essere quella la fine di tutto.
Mi accorsi che tra le mie braccia non sentivo più alcun movimento.
La strinsi ancora più forte affondando il viso nei suoi capelli, dissetandomi del suo profumo.
La baciai sulla fronte, sulle guance, sulle mani, mentre con una mano accarezzavo il suo profilo, imprimendo ogni dettaglio nella mia memoria.
Se ne stava andando e io non potevo fare nulla. Solo inebriarmi di lei un’ultima volta.
“Nar…”
Sobbalzai sentendola sussurrare qualcosa e con delicatezza le spostai il viso verso di me.
“Ehi” la guardai sorridendo, cercando di nascondere le lacrime e il dolore che provavo.
“Nar..uto”
La sua voce era debolissima. Ricacciai indietro le lacrime.
“Si, sono qui”. Tirai su col naso regalandole un altro sorriso. Lei ricambiò debolmente.
“Io…devo…devo dirti una cosa”.
“Shhh.. non parlare Hinata. Non preoccuparti. Adesso ti porterò dalla vecchia zia Tsunade e ti farà stare bene lei.”
La vidi scuotere la testa e gli occhi tornarono a pizzicarmi.
“No…” trattenei un singhiozzo. “Lo so.. so che sto per.. andar via”.
I suoi occhi lillà si fissarono sui miei. Perché anche in quel momento per me erano dannatamente belli?
“Ascoltami per favore…”
Scossi la testa intestardito. Si sarebbe ripresa. Non c’era motivo per cui fare tutte quelle storie.
“Ti prego..” ritornai ad osservare i suoi occhi e mi persi nella loro profondità.
“Io… ti ringrazio, Naruto. Tu… mi hai cambiata”. I miei occhi ricominciarono a pizzicare e con il braccio mi pulii con rabbia le lacrime che mi stavano impedendo di vederla con chiarezza. “Io… volevo dirtelo da tanto tempo. Da quando…” tossì annaspando per qualche secondo, mentre io cercavo di sostenerle la testa. “Da quando mi hai dato quel fazzoletto, a scuola, da piccoli”. I miei occhi ripresero a lacrimare impietosi. Se lo ricordava. “Forse tu non te lo ricordi, ma…”
“Si!” alzai la voce senza volerlo. “Si, me lo ricordo, eri la bambina più bella che avessi mai visto”.
Vidi appena le sue labbra incurvarsi in un sorriso, non ebbi il coraggio di guardarla negli occhi.
“Da quel momento… si forse proprio da allora… io ho cominciato ad amarti” spalancai gli occhi fissandoli su di lei. “Ti amo Naruto… ti amerò sempre. Sei il mio sole…”. Mi sembrava di essere travolto dall’intensità delle sue parole e delle sue emozioni.
Mi ritrovai per la prima volta di fronte ad un’Hinata completamente sincera, senza il filtro della timidezza e dell’imbarazzo.
Era la ragazza che sapevo di amare, da sempre, da quel giorno del fazzoletto e forse ancora da prima.
“Mi dispiace… per tutto il dolore che ho procurato, a te e agli altri”. La sua voce aveva cominciato a diventare sempre più flebile, lontana.
“Perdonami” soffiò.
Poi chiuse gli occhi e crollai a piangere disperatamente, senza più contegno, senza più speranza.
 
 
“Eccoli! Li ho trovati!”
Quelle urla mi riscossero, infastidendomi. Cosa volevano? Chi si stava avvicinando con quelle luci fastidiose?
Volevo essere lasciato in pace. Volevo tornare nell’oblio.
“Naruto, lascia andare Hinata”.
Hinata?
Quasi non mi accorsi che mi avevano spostato da dov’ero. Mi lasciai prendere e trascinare da alcune paia di braccia.
“Respira ancora! Dobbiamo portarla in ospedale subito!”. La voce che sentivo sembrava concitata.
“Anche lui, la ferita si è riaperta e sta perdendo molto sangue”. Questa seconda voce sembrava più pacata, ma con un leggero velo di preoccupazione.
Respira ancora?
Caddi nell’incoscienza, prima ancora di poter parlare.








Holaaaaaa!
Bentrovati! Hinata ha preso la sua decisione e con le ultime forze è riuscita a rivelare a Naruto quello che provava.
Meglio tardi che mai si potrebbe dire.
Ma quanto tardi è ora?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo!
Ciao a tuttiii!!


Linduz94

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Capitolo 29
*** ...Avere cura... ***


AVERE CURA


Camminavo ormai a passo sicuro nei corridoi bianchi.
Conoscevo la strada a memoria. Primo piano a sinistra, poi a destra e ancora a sinistra. Ultima stanza a destra.
Salutavo le persone che incontravo muovendo un cenno con la mano, guardandoli appena. Lo sguardo era fisso verso la meta.
Anche quel giorno tenevo in mano un mazzo di fiori. Gigli bianchi e tulipani gialli. Gli stessi che lei aveva portato a me, quando mi avevano ricoverato dopo l'incendio alla casa e il mio tentativo maldestro di salvataggio.
Inspirai il loro profumo mentre aprivo la porta della stanza che ormai per me era la seconda casa.
Guardai la figura distesa sul letto e sospirai.
Hinata era ancora lì, come l’avevo salutata la sera prima e tutte le sere di quel lungo e infinito mese che era trascorso da quando avevo visto per l’ultima volta i suoi occhi perlacei guardarmi e le sue labbra distendersi in un debole sorriso.
Sospirai. Per quanto sapessi qual era la realtà non potevo evitare di sperare che, aprendo quella porta, me la sarei ritrovata lì seduta, sveglia e in salute, in attesa di parlarmi e salutarmi appena fossi arrivato.
Ma la realtà era tutt’altra cosa.
Hinata ora si trovava in un luogo in cui io non avrei mai potuto raggiungerla e probabilmente dal quale lei non sarebbe mai tornata.
Zia Tsunade le stava provando tutte, ma più passava il tempo, più avevo notato che cercava di evitarmi. Sapevo il motivo, non voleva arrendersi ma ormai la ricerca medica e le sue capacità erano arrivate al limite.
Il farmaco aveva arrestato improvvisamente la velocità di crescita delle cellule di Hinata, compromettendo il funzionamento di tutti gli organi.
Era già un miracolo che il suo cuore avesse retto. Che lei fosse ancora lì, o almeno il suo corpo fosse ancora lì.
Mi avvicinai al letto dalle lenzuola candide.
“Buongiorno, Hinata!”. Non c’era certezza che lei ci fosse, che mi sentisse, ma io non mi davo per vinto. “Guarda, oggi ti ho portato dei gigli!” .
Tolsi dal vaso più vicino i fiori che erano appassiti, cambiai l’acqua e posi quelli freschi.
“Sai, non ti ho mai chiesto quali fossero i tuoi fiori preferiti. Così oggi ho provato con questi. Mi raccomando fammi un cenno quando indovino!” Ridacchiai, anche se la battuta non era del tutto scherzosa. In fondo un po’ ci speravo. Non smettevo mai di guardare verso la sua mano, sperando che si muovesse, anche con un lieve cenno.
Ormai la stanza bianca ed asettica si era trasformata in un giardino di colori e profumi.
Oltre ai miei fiori c’erano anche quelli dei nostri amici e di tutte le persone che, come me, la stavano attendendo.
Girovagai tutt’attorno sistemando i vasi, togliendo i fiori secchi e aggiungendo acqua dove mi sembrava ne mancasse. Nel frattempo parlavo.
Le raccontavo di tutto. Avevo deciso di intraprendere il sogno che avevo condiviso con lei.
Avevo lasciato il lavoro in discarica ed iniziato a lavorare in un bar al mattino. Nel pomeriggio andavo a trovarla e passavo il mio tempo a chiacchierare e a studiare ad alta voce per il concorso per accedere all’accademia dei vigili del fuoco.
In questo modo potevo continuare a permettermi l’appartamento in cui vivevo, ma anche continuare a seguire il mio sogno.
E tutto era grazie a lei, che aveva deciso di farsi trovare proprio in quel luogo in cui avevo espresso le mie speranze future. Grazie a lei avevo ricordato quello che mi faceva stare bene, la missione che sentivo scorrermi nelle vene.
“Cavoli, oggi non ho proprio voglia di aprire i libri!” sbuffai osservando i tomi che mi attendevano sopra la sedia. Ero arrivato ad un capitolo che per me era uno scoglio enorme: riguardava leggi e decreti legati alla sicurezza e alle norme relative ai salvataggi. Quella sfilza di numeri e sigle mi sembrava infinita e non riuscivo mai a ricordare nulla. “Scommetto che se tu leggessi quella roba  sapresti spiegarmela in pochi minuti. Io invece mi sento uno zuccone!” Mi grattai la testa ridacchiando.
La osservai qualche istante con la speranza di vedere l’angolo del suo labbro piegarsi in un sorriso.
Nulla ancora.
Sospirai.
“Va bene, allora facciamo che prima ti do una sistemata e poi mi metto a studiare davvero. Lo giuro”.
Ridacchiai immaginando quale poteva essere la sua espressione. Mi avrebbe guardato scuotendo la testa in disaccordo ma poi sarebbe arrivato quel suo sorriso dolce.
Presi dal cassetto del comodino accanto al letto la sua spazzola e cominciai a pettinarle i capelli.
Lo facevo tutti i giorni prima di cominciare a studiare, dopo aver sistemato i fiori.
Le pettinavo i capelli, le tagliavo le unghie e a volte le mettevo anche della crema idratante sul viso.
A volte mi accorgevo che al mattino era passata sua sorella Hanabi, probabilmente con Tenten, perché notavo che il pigiama era diverso, che lei odorava di sapone. Io non mi spingevo più di così. Volevo tenere curato il suo aspetto ma non avrei mai invaso la sua intimità.
Eppure anche sotto il pigiama scorgevo come la sua pelle fosse sempre più pallida e i muscoli stessero perdendo la loro tonicità.
A volte le facevo fare degli esercizi che mi aveva insegnato un fisioterapista dell’ospedale alle gambe e alle braccia, per ridurre la rigidità, ma non potevo nulla di più.
Le prime volte mi imbarazzava il contatto con la sua pelle, la vicinanza con il suo corpo, ma giorno dopo giorno ci avevo fatto l’abitudine.
Ero estremamente affascinato dalla bellezza che irradiava e provavo un forte senso di dolcezza solo sfiorandola, ma allo stesso tempo la sentivo come se fosse una parte di me, o meglio una mia estensione.
Le spostai un ciuffo di capelli ribelli dalla fronte, osservando la loro lunghezza.
Con l’aiuto di Hanabi glieli avevamo accorciati fino a sopra le spalle, ma ormai le stavano ricrescendo.
Le accarezzai una guancia, godendo di quel contatto tenero.
Chissà come avrebbe reagito lei, se fosse stata presente.
Probabilmente sarebbe diventata rossa come un pomodoro e forse anche svenuta.
Ridacchiai per la quarta volta quel giorno.
“Scusami, Hinata. Oggi immagino troppe cose che mi fanno ridere. Ovviamente ti riguardano tutte”. Mi vergognai improvvisamente di quello che avevo detto. “Cioè, non che ti prenda in giro, nono!! Solo che ricordo quanto eri buffa in alcune occasioni. E, sai, mi manca tanto…”
Lasciai in sospeso le ultime parole.
Non potevo trasmetterle la mia tristezza. Ero lì per tenerle compagnia.
Mi riscossi e finalmente mi decisi a prendere in mano i libri.
Li aprii sbuffando.
“Preparati perché ora ti annoierai da morire”.
 
Ormai era calata la sera quando chiusi i libri.
“Uuuuhh, per oggi direi che basta così”. Mi stiracchiai sulla sedia ormai indolenzito.
“A forza di ascoltarmi sarai più preparata di me” le sorrisi. “Ora vado” mi alzai e mi sporsi verso di lei per darle un bacio sulla guancia sinistra. Le accarezzai la fronte con il pollice, correndo lungo la linea del sopracciglio destro.
Le sorrisi, poi mi diressi verso l’uscita.
“Tornerò domani, alla solita ora, mi raccomando non scappare”.
Ripercorsi i corridoi bianchi fino a trovare l’uscita e mi diressi verso casa.
Passai di fronte al bar dove lavoravo al mattino e vidi qualcuno sbracciarsi nella mia direzione.
“Naruto!!!” Sakura mi faceva cenno di dirigermi verso di lei. Era seduta in un tavolino fuori e con lei c’era Sasuke.
“Ehi” salutai entrambi con un sorriso.
“Ti vedo bene!” la ragazza mi guardava con occhio attento.
“Sisi, sto bene in effetti e voi?”
“Stavamo aspettando anche Shikamaru e Temari che sono in ritardo” sbuffò Sasuke.
“Temari starà trascinando il Nara per le orecchie, vedrai” sghignazzò Sakura, poi si volse verso di me. “Stavi tornando da…” vidi un leggero imbarazzo in quello che voleva dirmi.
“Si, sono appena andato a trovare Hinata. L’ho tartassata tutto il giorno con quelle leggi che non mi entrano in testa. Probabilmente ad un certo punto si sveglierà solo per urlarmi che non ne può più” ridacchiai facendo sorridere anche gli altri due.
“Naruto, non credi che…”
“Si sveglierà” interruppi la rosa di colpo. Sapevo quello che voleva dirmi, ci avevano già provato in tanti. “Si sveglierà e io sarò lì quando accadrà”.
La vidi abbassare gli occhi.
“Vuoi sederti qui con noi? Passiamo un po’ di tempo con gli altri” Sasuke tentò di alleggerire l’atmosfera.
“Ehm…” mi sentivo un po’ di troppo. “No grazie, devo andare a casa a cenare, sono stanchissimo”.
Mi allontanai un po’ da loro.
“Mi raccomando tenetevi pronti però! Tra poche settimane dovrò fare l’esame per diventare vigile del fuoco e se lo supero festeggeremo tutti assieme!”
Vidi i loro volti distendersi e acconsentirono sorridendo mentre mi allontanavo correndo.






Holaaaaaa
eccoci qui al capitolo successivo.
Naruto si sta prendendo cura di Hinata come può, un po' perchè sente il bisogno di riscattarsi per il fatto di non essere riuscito a proteggerla e un po' perchè semplicemente non può farne a meno.
La situazione però è piuttosto critica. E' già un mese che Hinata si trova in questa situazione.
Chissà come andrà a finire...
Vi comunico comunque che siamo quasi alla fine di questa storia.
Alla prossima!!


Linduz94

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Capitolo 30
*** ...Cuore leggero... ***


CUORE LEGGERO



Correvo a perdifiato entusiasta. Sentivo il fiato corto e i muscoli bruciare, cavolo ero proprio fuori allenamento.
Scossi la testa. Niente poteva buttarmi giù di morale in quel momento.
Spalancai la porta della stanza di Hinata e mi fiondai su di lei.
“Hinata!! L’ho superato! Ho passato il test per entrare all’Accademia!”
Le strinsi le mani e feci qualche saltello.
“Sono felicissimo ed è anche grazie a te che mi hai ascoltato studiare per tutto il tempo!” risi felice abbracciandola  e stringendola a me.
Cominciai a raccontarle com’era andato l’esame, scusandomi con lei per averla abbandonata quel giorno.
Le raccontai dell’attesa estenuante, del test scritto, di tutti i quesiti che mi avevano messo in difficoltà, di quelli che invece sapevo senza problemi e di quanto fosse scorbutico l’esaminatore.
Avevo atteso un paio d’ore dopo il test per vedere pubblicato l’esito e appena avevo saputo di essere stato ammesso ero corso da lei.
“Sai, sei la prima che lo sa! Devo ancora dirlo a zia Tsunade e zio Jiraya. Saranno orgogliosi!”
Saltellavo per la stanza incontenibile dalla gioia, sistemavo, spostavo le cose e ogni tanto mi soffermavo su di lei per lasciare una carezza.
“Ora devo andare, scusami Hinata, devo dirlo agli altri e poi stasera festeggeremo tutti assieme!” mi fermai a guardarla improvvisamente triste. “Si, non tutti, tu sarai qui. Però, sai, se per caso volessi farmi un regalo, oggi sarebbe il giorno adatto” Sospirai. “Ma che dico?! Il regalo me lo stai già facendo ascoltando tutte le cavolate che sparo ogni giorno!” risi ritrovando il buonumore.
Le lasciai un bacio sulla guancia.
“Ciao Hinata! Domani sarò di nuovo qui!”
Scomparvi veloce dietro alla porta. Mi sentivo in colpa per averle dedicato così poco tempo quel giorno, ma dovevo davvero avvisare gli altri della bella notizia.
Mi sarei rifatto domani.
 
Quella sera vennero tutti: Sakura con Sasuke, Shikamaru e Temari, Suigetsu con Karin, che ormai formavano una coppia fissa, Gaara e Matsuri, Neji e Tenten, Ino con Sai, Juugo, Choji, Kiba, Shino e RockLee.
Festeggiammo al solito locale e offrii da bere a tutti raccontando più e più volte com’era andato l’esame e tutte le disavventure che mi erano capitate.
Raccontavo anche di come Hinata mi avesse sempre ascoltato studiare paziente e del fatto che senza di lei non avrei mai potuto prepararmi a dovere.
Coglievo in quegli istanti gli sguardi dei miei amici spegnersi, scostarsi da me. Sapevo cosa pensavano, lei non sarebbe mai tornata.
Ero consapevole della verità di quelle supposizioni ma non mi arrendevo al fatto che lei comunque ci fosse ancora, viva, lì con noi. La sua presenza si doveva ricordare e sentire come se fosse a festeggiare in quel bar, per questo non mi spaventavano gli sguardi malinconici che mi volgevano.
Nonostante tutto la festa fu un successo e durò davvero moltissimo.
Non ricordo bene a che ora tornai a casa. Ero solo consapevole di essere piuttosto brillo e che la notte ormai stava lasciando posto alle prime luci dell’alba.
Faticai ad inserire le chiavi del mio appartamento nella serratura.
Una volta entrato mi accasciai sul letto senza nemmeno togliermi le scarpe e mi assopii improvvisamente.
 
TUM TUM TUM
Ogni battito che sentivo mi pulsava tremendamente in testa.
TUM TUM TUM
Ancora?
TUM TUM TUM
“NARUTO!!”
Ma che?
Aprii gli occhi accecandomi.
Cavoli c’era troppa luce.
Sbattei più volte le palpebre cercando di ricordarmi dov’ero.
“Naruto! Apri!!”
Vidi il soffitto della mia stanza guardarmi pietoso. C’era davvero molta luce, ma che ora era?
Guardai la sveglia sopra il comodino e mi alzai di scatto provocandomi una terribile fitta alle tempie. Erano le 14.00. Ma quanto cavolo avevo dormito?!
TUM TUM TUM.
Mugugnai dal dolore alla testa, mentre mi rendevo conto che i colpi che sentivo provenivano dalla porta d’entrata.
“NARUTO, DANNAZIONE! Apri questa porta, ora!”
Riconobbi la voce che urlava: Sakura stava davvero perdendo la pazienza.
Tremando di terrore barcollai fino all’entrata e dopo qualche secondo di incertezza riuscii ad aprire il chiavistello.
“Ma che diavolo..?” la rosa era furibonda.
“Sakura, buongiorno” le sorrisi colpevole mentre cercavo di combattere le fitte alla testa.
“Ti rendi conto da quanto tempo sono qui fuori a chiamarti?” una vena le pulsava sulla fronte, mentre mi inceneriva con gli occhi.
“Io…”
“Dove diavolo eri finito?? E poi dove cavolo hai lasciato il telefono?? Ti avrò chiamato un centinaio di volte!!” ormai la ragazza urlava.
Cercai di scusarmi ancora intontito dal brusco risveglio.
“Scusami Sakura… credo di aver bevuto un po’ troppo ieri”.
“Un po’ troppo??” mi prese per il colletto inferocita. “Sembravi un bue in un periodo di siccità!”
Risi nervoso alla battuta, deglutendo spaventato.
“Eheh… comunque sia, come mai mi cercavi?”
“Come mai…?” la rosa si bloccò un istante. Poi parve ricordarsi all’improvviso di una cosa. Mi afferrò per le spalle. “Naruto! Si è svegliata!”
La guardai senza capire.
“Mi sono talmente innervosita per il fatto che non mi rispondevi alle chiamate, né alla porta che ho dimenticato la cosa più importante” si battè una mano in fronte.“Si è svegliata, Naruto!”.
Sbattei gli occhi ancora confuso.
“Hinata! Si è svegliata questa mattina!”
Sentii un tuffo al cuore e una miriade di emozioni pervadermi. Sentivo un sollievo enorme crescermi dentro, ma allo stesso tempo mi sentivo in collera con me stesso per non essermi svegliato prima.
“Devo andare subito da lei!” feci per scostare la ragazza per dirigermi verso l’ospedale, ma questa mi bloccò per un braccio.
“Naruto, ma quanto sei scemo!” la guardai sorpreso e indispettito. “Puzzi in modo orrendo e hai ancora i vestiti di ieri sera addosso! Non vorrai farti vedere da lei in questo stato?!”
Spalancai gli occhi e poi mi osservai. Cavolo se aveva ragione. Puzzavo davvero.
Mi fiondai di nuovo dentro l’appartamento, urlando a Sakura di aspettarmi.
La sentii sbuffare spazientita.
 
Uscii velocemente dalla doccia e mi infilai le prime cose che trovai. Hinata si era svegliata! I suoi enormi occhi perlacei si erano nuovamente aperti! Mi sentivo il cuore scoppiare nel petto, estremamente felice.
Mi aveva davvero fatto un regalo allora!
Mi fiondai fuori, quasi non sentivo le urla di Sakura che mi chiedeva di rallentare.
Dovevo andare subito da lei!
“Naruto, aspetta!” rallentai spazientito. “Ascoltami bene”
Guardai Sakura mettendo il broncio. Che c’era ora?
“Mi ha appena chiamato Tsunade.” Assunsi un aria preoccupata. “Mi ha detto che Hinata è rimasta sveglia per mezz’ora, poi è tornata incosciente.” Strabuzzai gli occhi.
Avevo perso tutto quel tempo? Il mio cuore cominciò a sgonfiarsi. Il dolore riprendeva il posto della gioia provata prima.
“Aspetta Naruto lasciami finire” rivolsi lo sguardo a terra, continuando a proseguire per la strada. “Può succedere che ci siano dei risvegli e poi delle ricadute. Potrebbe succedere che Hinata si risvegli tra pochissimo o tra qualche giorno. Comunque sia è una buona notizia il fatto che oggi abbia ripreso conoscenza”.
Capivo quello che mi aveva detto, ma non riuscivo a perdonarmi per non essere stato lì presente.
“Devo raggiungerla subito comunque, ho perso troppo tempo.”
La rosa si zitti al mio fianco mentre procedevamo a passo spedito verso l’ospedale.
 
Varcai la soglia quasi correndo, trovando zia Tsunade china a visitare Hinata.
La ragazza aveva gli occhi chiusi, come sempre.
Nascosi la delusione che sentivo crescere sempre di più. Avevo sognato quegli occhi così tanto durante il tragitto che il fatto di vederli ancora chiusi mi rendeva estremamente triste.
“Naruto, credo che Sakura ti abbia già spiegato tutto” annuii, mentre Tsunade si avvicinava a me e mi appoggiava una mano sulla spalla. Mi sorrise. “E’ una buona cosa, vuol dire che sta trovando la strada per tornare. Diamole un po’ di tempo”.
Annuii nuovamente e le sorrisi.
La donna si allontanò, portando con lei Sakura e mi lasciarono da solo.
Avanzai verso quella che ormai era diventata la mia sedia e mi ci buttai sfinito.
“Ehi, Hinata. Mi hai fatto prendere un bello spavento” la guardai speranzoso. Nessun movimento. “Scusami se oggi non sono venuto alla solita ora. Credo di aver bevuto un po’ troppo ieri sera” mi grattai la testa imbarazzato. “Eheheh, e pensare che mi volevi fare il regalo che ti ho chiesto ieri! Sono davvero un idiota!” mi battei la testa con il palmo della mano, procurandomi un’altra fitta alle tempie.
Raccontai alla ragazza com’era andata la festa di ieri, o almeno quello che ricordavo con lucidità, poi lentamente, cominciai ad afflosciarmi sul letto.
Mi appoggiai con le braccia sul materasso osservando il profilo di Hinata. Le presi la mano sinistra tra le mie e sfinito appoggia la testa su di essa.
Quasi non mi accorsi di sprofondare nel sonno.
 
 
Sognai Hinata con il vestito bianco, svolazzante tra le mie braccia.
La stringevo, l’accarezzavo, sentivo la sua risata timida e dolce, la morbidezza delle sue labbra contro le mie.
Sospirai mentre sentivo il suo tocco leggero tra i capelli.
Era così piccola la sua mano.
“Hinata” il tocco si fermò improvvisamente. Rimasi sorpreso. Nei miei sogni Hinata non indugiava mai.
Poi la piccola mano riprese a toccarmi incerta. Sentivo così chiaramente quella sensazione, come sentivo sempre di più il mio corpo: ero seduto, con la testa appoggiata alle braccia.
Ma non stavo ballando con lei?
Aprii gli occhi osservando il tessuto candido delle lenzuola.
Ah, stavo solo sognando.
Però il tocco leggero fra i miei capelli c’era ancora.
Rimasi immobile, cercando di capire.
Era la mano di Hinata quella che mi stava accarezzando?
Mi beai per qualche istante di quella sensazione, mai provata prima, poi mi decisi a rivelare il mio risveglio.
Alzai la testa e incrociai due grandi perle osservarmi.
Tutto in quel momento si fermò. Anche il mio cuore probabilmente smise di battere.
Era tornata.
 
Sorrisi scioccamente e compresi che era stata proprio lei a toccarmi, mentre ora la sua mano destra si era fermata e giaceva appoggiata sopra le lenzuola.
Sembrava quasi imbarazzata.
La vidi abbassare gli occhi timidamente.
Era proprio lei.
“Hinata” sussurrai il suo nome, quasi intimorito. Lei tornò a guardarmi.
Le rivolsi il sorriso più sincero che sentii affiorarmi in quell’istante e godetti nel vedere i suoi occhi allargarsi ancora di più impercettibilmente.
Quasi non mi accorsi di cominciare a piangere, ma non ero triste.
Le lacrime uscivano copiose dagli occhi, ma ero estremamente sollevato.
Vidi la piega delle sue ciglia incurvarsi addolcendone la forma.
“Hinata!” quasi singhiozzavo. “Finalmente! Ho aspettato così tanto! E ti devo chiedere scusa! Non c’ero quando ti sei svegliata prima, io.. avevo promesso che sarei stato qui presente quando ti fossi svegliata e invece mi sono addormentato come un ghiro! Cavolo lo sapevo che dovevo bere meno ieri sera, ma sai, volevo festeggiare! Non so se mi hai sentito in questi giorni, ma ho passato il test! Entrerò nell’accademia e…” ero un fiume in piena. Non smettevo di parlare sbraitando e muovendo le braccia il modo convulso.
La vidi sorridere del mio comportamento e il mio cuore cominciò a gonfiarsi nuovamente di gioia.
“Oddio Hinata scusami! Sto parlando un sacco e tu sarai probabilmente sfinita. Io.. non ti ho neanche chiesto.. come ti senti?” la guardai stranito, sentendomi un po’ in colpa per quel mio atteggiamento sciocco.
La vidi accennare una risatina.
“Io…” la sua voce era così fioca. Sentii che cercava di schiarirsela. “Mi sento… un po’ debole”
“Debole? Chiamo subito nonna Tsunade! Ci penserà lei a te!” scattai in piedi e corsi fuori prima di poterle permettere di fare ulteriori sforzi.
Alle mie spalle sentii l’accenno debole di una risata.
Sorrisi sfregandomi ancora gli occhi con l’avambraccio. Il mio cuore non era mai stato così leggero.




Holaaaa
Finalmente Hinata si è svegliata!
Naruto è un fiume in piena! Povera ragazza, non ha nemmeno il tempo di capirsi XDXD
Sembra che le cose stiano finalmente prendendo una piega positiva.
Vedremo nei prossimi capitoli cosa accadrà!
Alla prossima!


Linduz94

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Capitolo 31
*** ...Verità sorprendenti... ***


VERITA' SORPRENDENTI



Da quel giorno Hinata non cadde più nell’incoscienza del coma.
Andai a trovarla tutti i giorni, portandole sempre un mazzo di fiori freschi.
Scoprii che i suoi preferiti erano proprio i gigli, così cercai di procurarle sempre quelli.
Era bello vedere come si coloravano le sue guance mentre parlavamo, soprattutto quando l’aiutavo a sistemarsi pettinandole i capelli.
Ricordavo con precisione la prima volta che mi avvicinai a lei per compiere la mia ruotine quotidiana: il giorno dopo il suo risveglio ero andato a trovarla come il mio solito al pomeriggio, dopo il lavoro. La trovai seduta, con la schiena appoggiata al letto reclinato, intenta a pettinarsi le ciocche di capelli che le cadevano davanti al viso. Mi sorrise cordiale, velandosi di un lieve rossore quando la salutai.
Appoggiò la spazzola sulle sue gambe mentre mi avvicinavo.
“Hinata! Come ti senti oggi?”
“B-bene Naruto.” Mi sorrise nuovamente, abbassando lo sguardo sulle sue mani. “Non sono ancora scesa dal letto. La dottoressa Tsunade non vuole che mi affatichi troppo”.
“Ahah. Certo vorrà che ti riprenda al meglio! Ma che hai fatto in tutto questo tempo?”
“Questa mattina a dire la v-verità ho dormito fino a t-tardi” si portò una mano su una ciocca di capelli davanti agli occhi cercando di lisciarsela con le dita. “Poi è venuta Ha-hanabi e mi ha aiutata a farmi una do-doccia”. La vidi continuare a tormentarsi alcune ciocche di capelli. “E’ molto strano, mi sento debolissima. N-non riesco nemmeno a stare in piedi da sola.” Vidi il suo sguardo rattristarsi. Potevo solo immaginare cosa provasse in quel momento. Era passata dall’avere una forza mostruosa al non riuscire ad arrangiarsi nelle piccole cose. Doveva essere davvero frustrante.
Mi trasmetteva un senso di tenerezza guardarla lì su quel letto indifesa e con l’espressione lievemente imbronciata. “N-non riesco nemmeno a pettinarmi i capelli come s-si deve” guardò la spazzola arricciando un po’ di più il labbro inferiore. Assunse un’espressione talmente buffa che mi fece ridere.
Mi guardò stralunata mentre sentiva la mia risata.
“Non preoccuparti Hina.” Arrossì di botto sentendo come avevo accorciato il suo nome. “Cioè, tranquilla Hinata. Ci penso io ai tuoi capelli!”
“C-c-che…?” la vidi spalancare gli occhi e arrossire più di prima.
Le raccontai di come mi ero occupato di lei in quel mese, del fatto che le avevo pettinato i capelli tutti i giorni e che addirittura le avevo messo la crema sul viso e le tagliavo le unghie.
La ragazza cominciò ad arrossire e balbettare esageratamente prendendo conoscenza di quei dettagli, ma poi si arrese e mi lasciò la spazzola senza obiettare.
Inizialmente sembrava una situazione estremamente imbarazzante, la familiarità che avevo sentito in quel periodo nel prendermi cura di lei sembrava essersi messa un po’ in sottofondo, lasciando lo spazio al timore di metterla a disagio.
A poco a poco però entrambi ci abituammo a quelle premure.
La riabilitazione fu molto lunga ed Hinata dovette rimanere in ospedale altri due mesi prima che zia Tsunade la dichiarasse completamente fuori pericolo.
Dovette reimparare come camminare, sedersi, piegarsi,…
Tutto il suo tono muscolare era da recuperare. Come anche gli altri organi. Mangiò dapprima minestre e zuppe, introducendo a poco a poco altri cibi più corposi.
Quando la mandarono a casa ormai era ottobre. Io avevo cominciato il corso all’accademia e andavo a trovarla quasi tutte le sere, prima di tornare a casa mia.
Inizialmente suo padre Hiashi mi guardava di sbieco ed io provavo una fitta di terrore ogni volta che lo incontravo casualmente nei corridoi o all’entrata della loro enorme casa.
Ricordavo come trattava Hinata e quanto lei avesse sofferto per lui, però sapevo anche che tutto quello che era successo alla figlia lo aveva reso maggiormente bendisposto nei suoi confronti.
Nell’ultimo periodo si era mostrato anche più cordiale anche nei miei confronti. Spesso mi chiedeva se desideravo rimanere a cena e si interessava di come stessero proseguendo le mie lezioni all’accademia.
Sembrava ammirare il percorso che stavo intraprendendo.
Insomma, la situazione stava a poco a poco migliorando, se non fosse per il fatto che sentivo una sensazione strana, crescere sempre di più, come se ci fosse qualcosa di irrisolto.
Guardavo Hinata parlare, ridere, arrossire e balbettare tutti i giorni e sempre più spesso mi ritornavano alla mente le ultime parole che mi aveva rivolto prima di perdere coscienza.
Sapevo che prima o poi avremmo dovuto affrontare il discorso, ma temevo fosse ancora debole e che in realtà le parole che mi aveva rivolto fossero solo frutto del dolore e della paura che provava in quel momento.
Arrivati a quel punto che cos’ero io per lei? E lei cos’era per me?
 
- -
 
Sentii il campanello suonare e il mio cuore perse un battito. Erano ormai dieci minuti che pregavo le lancette dell’orologio di accelerare la loro corsa e finalmente era arrivata la mia ora preferita della giornata.
Naruto salutò all’entrata Hanabi che era corsa ad aprirlo.
Ormai era di famiglia. Un po’ tutti lo aspettavamo arrivare.
Da quando aveva cominciato a venirmi a trovare appena tornata a casa dall’ospedale aveva acceso un’insolita allegria che in casa Hyuga non si vedeva da quando… mmm… no forse non si era mai vista.
Inizialmente i suoi toni chiassosi avevano irritato mio padre, sempre così ligio e attento al decoro, ma nelle ultime settimane avevo notato come attendesse anche lui quel momento per chiacchierare un po’ con il biondino prima di cena.
Ricordo con chiarezza quello che accadde qualche sera prima, quando il ragazzo se n’era appena andato da casa nostra dopo averci illustrato tutte le fatiche della sua giornata in accademia.
Mio padre si era rivolto alla finestra e, osservando fuori, aveva commentato brevemente la sua uscita.
“Quel ragazzo è un po’ troppo grezzo per i miei gusti, ma convincerebbe un leone a diventare suo amico se lo volesse”.
Sorrisi pensando a mio padre come il leone della situazione. Da allora notai il cambiamento di luce nei suoi occhi mentre guardava Naruto.
 
Il biondino entrò nel soggiorno in quel momento e mi trovò seduta sul divano.
“Buonasera Naruto” gli sorrisi.
“Hina!” ormai mi chiamava sempre più spesso così e a forza di arrossire me n’ero abituata. “Che ci fai con tutti quei libri?”
Gli sorrisi nuovamente. Non ero entusiasta solo per il fatto che lui era arrivato a trovarmi, avevo anche una notizia da dargli.
“Ho deciso di s-seguire il tuo esempio Naruto” mi guardò senza capire. “V-voglio provare a diventare psicologa”.
Ci avevo pensato a lungo.
Per due lunghi anni avevo creduto che la mia strada si sarebbe complicata troppo per poter aspirare ad avere una vita ‘normale’. In tutto il periodo trascorso in ospedale avevo potuto soppesare tutto quello che mi era accaduto e mi ero resa conto che più di tutto, quello di cui avevo bisogno era la normalità.
Il fatto di poter fare ciò che si sogna da bambini e la possibilità di poter aiutare gli altri mi faceva sentire in pace con me stessa. Come se fosse un riscatto per come mi ero comportata e per quello che avevo causato ai miei cari e alla mia città.
Il ragazzo si illuminò, allargando occhi, bocca e braccia nello stesso momento.
“E’ fantastico!” mi avvolse improvvisamente, alzandomi dal divano e facendomi roteare in aria. “Hina, sarai una psicologa bravissima!” rise di gusto.
All’improvviso si fermò. Eravamo davvero troppo vicini, sentivo il suo corpo solido, asciutto, premere contro il mio.
Arrossii incapace di fare altro, ma notai con sorpresa che anche le sue guance avevano preso un colorito cremisi.
Mi appoggiò troppo in fretta a terra, allontanandomi di colpo e tenendo le mani sulle mie spalle.
“Eheheh… scusami Hinata” sembrava… imbarazzato? “Mi dimentico sempre che devo andarci piano con te”. Ah, aveva solo paura di farmi male allora.
“N-non è n-nulla Naruto” gli sorrisi tornando ai libri. “P-purtroppo comunque i corsi universitari in questo momento sono g-già cominciati e non posso i-iscrivermi. Tenterò il prossimo anno. Nel frattempo mi p-preparerò per il test e c-cercherò un lavoro”.
Lo guardai cercando di cogliere la sua espressione, ma lui sembrava assorto e sulle sue guance alleggiava ancora un leggero rossore.
“Naruto, tutto bene?”
“Eh? Sisi! Certo!” si grattò la testa ancora con l’espressione persa.
Nel frattempo cominciai a sentire il profumo della carne che Hanabi aveva messo a cuocere di là in cucina. In breve tempo la cena sarebbe stata pronta.
Vidi Naruto guardarsi attorno, forse cercava mio padre?
“M-mio padre è chiuso in studio da questa mattina p-per dei documenti importanti che deve sistemare, ma se vuoi te lo vado a-a chiamare”
“Chi?” il biondo mi guardò confuso. “Tuo padre?... Ah nono, Hinata. Io… in realtà” si grattò ancora la testa. Mi stavo preoccupando nel vederlo così agitato. “In realtà io volevo parlarti”.
Mi rilassai sollevata.
“Ma certo, sai che puoi dirmi tutto…”.
“Intendo… non volevo che altri fossero in ascolto”.
Cominciai ad agitarmi anch’io sentendo le sue parole.
“S-siamo soli qui in s-soggiorno, Naruto, ma cosa c’è che n-non…”
Il biondino si sedette improvvisamente sul divano, prendendomi per mano e trascinandomi con lui.
“Hinata, io…” lo vidi deglutire mentre si sistemava meglio accanto a me. “Sono davvero felice che tu abbia deciso di seguire il tuo sogno!” mi lanciò uno dei suoi sorrisi. Quel sorriso. Sentii le orecchie pulsare, probabilmente ero avvampata come il solito. “Ti… ti ricordi quando ce li siamo detti, i nostri sogni?”
Annuii confusa, non capivo dove volesse andare a parare.
“Dopo gli esami ti ho portato a mangiare nel parco e siamo andati sulla panchina dove si vedeva Konoha sotto di noi”.
Annuii di nuovo.
“Beh…” si grattò di nuovo la testa. “E’ la stessa panchina dove ti ho trovata, quella sera…”.
Deglutii a fatica. Ricordavo molto poco di quello che era successo dopo aver preso il siero.
“Ecco… quella sera, hai detto alcune cose…” spalancai gli occhi.
Lo vidi grattarsi la testa, evitando il mio sguardo. “Mi chiedevo, se…”
Cosa avevo detto? Cosa diavolo gli avevo detto per metterlo così in agitazione? E poi perché me lo diceva solo ora?
Finalmente Naruto mi guardò e sembrò tentennare di fronte alla mia espressione stupita e confusa.
“Ragazzi è pronta la cena!” Hanabi arrivò all’improvviso rompendo la tensione e l’imbarazzo che si era creato.
La guardammo entrambi sconvolti.
“Che c’è?” ci guardò in cagnesco. “Capisco che sono alle prime armi, ma qualcosa la so preparare pure io” ci guardò stizzita, mentre si dirigeva verso l’ufficio di Hiashi, inconsapevole del fatto che le nostre espressioni sbigottite non fossero dovute alle sue capacità culinarie.
Sospirai sollevata.
“Naruto, cosa mi stavi dicendo?” cercai di rassicurare il biondo, nascondendo il fatto che morivo dalla curiosità di sapere cosa avevo detto per poterlo mettere così a disagio.
“Eheheh… nono, nulla” mi sfoderò nuovamente il suo sorriso sornione. “Ne parleremo un’altra volta” mi fece l’occhiolino e di rimando io gli rivolsi uno sguardo confuso e incerto.
“Naruto, hai piacere di rimanere a cena da noi?” mio padre entrò a passo stanco nella stanza.
“Ah, vi ringrazio, ma stasera devo scappare a casa. Devo mettermi a studiare perché tra poco cominceranno i primi test all’accademia. Sono passato solo per un saluto.”
Hiashi gli fece un cenno dirigendosi verso la sala da pranzo.
“Hinata” il biondo si rivolse verso di me. “Ora scappo, ma domani tornerò alla stessa ora”.
Si avvicinò appoggiandomi un bacio caldo sulla guancia. Lo faceva tutte le volte, ma io ero talmente immersa nel suo profumo e nella sensazione di calore del suo corpo da imbambolarmi come sempre.
Si allontanò velocemente com’era successo prima quando mi aveva abbracciata .
“Ciao ciao!” si volatilizzò quasi fuori dalla porta, lasciandomi ancora confusa.
Che diavolo avevo detto quel giorno?
Andai in cucina continuando ad arrovellarmi con quella domanda.
 
I giorni passavano veloci, vidi Naruto molto raramente in quel periodo perché era molto coinvolto nelle lezioni e nello studio.
Passava comunque quasi tutte le sere a casa mia, solo per salutarmi o raccontarmi qualcosa che gli era successa durante la giornata in velocità.
Non parlammo più di quando mi aveva ritrovata al parco e sembrava quasi volesse evitare i momenti in cui potevamo rimanere da soli.
Io da parte mia continuavo ad arrovellarmi su quello che mi aveva detto. Non riuscivo a ricordare con chiarezza cos’era successo dopo aver preso il siero.
Ricordavo solo alcune immagini, alcuni suoni: Naruto che urlava il mio nome, il suo sguardo sorpreso mentre mi trovava lì seduta.
Mi sforzavo ma non riuscivo a ricordare altro.
 
“Benvenuta Tenten!” salutai la mia amica che era venuta a trovarmi quel giorno.
Era da molto che io e lei non ci trovavamo a parlare un po’ assieme.
Tenten era andata a convivere con mio cugino Neji da qualche settimana e da allora non avevamo più avuto occasione di vederci.
“Hinata! Come stai?!” mi abbracciò con calore. Ero sempre sorpresa del bene che mi riservava.
La prima volta che venne a trovarmi dopo il mio risveglio fu davvero strano.
Quando entrò nella stanza ci guardammo negli occhi per qualche secondo senza parlare, poi scoppiammo entrambe a piangere e lei corse ad abbracciarmi felice.
Fui io la prima a scusarmi, per averla abbandonata, per averla ferita e per non avere avuto il coraggio di premurarmi della sua salute.
Lei invece insistette a scusarsi per non avermi aiutata la prima volta, durante la festa d’inizio estate, e per non essere a sua volta venuta a trovarmi in ospedale, dopo essersi ripresa.
Dopo le scuse, vari litri di lacrime versate e abbracci infiniti cominciammo a raccontarci tutto quello che era successo da quando ci eravamo confidate l’ultima volta.
Scoprii che stava insieme a mio cugino da poco dopo che io me n’ero andata da Konoha: si erano sostenuti a vicenda per la mia scomparsa e questo li aveva fatti avvicinare maggiormente.
Mi raccontò anche di lavorare in un negozio di articoli sportivi e che, di sera, faceva l’allenatrice di judo in palestra.
Sembrava felice.
Io invece le rivelai tutto quello che mi era successo da quel giorno in cui venni aggredita dai due uomini vestiti di nero dopo la festa di Ino.
Tenten rimase spiazzata per non essersi accorta fin da quel momento di cosa mi stava succedendo e un po’ se la prese per il fatto che non mi ero fidata di coinvolgerla nel mio segreto, anche se il broncio le passò in fretta.
 
Quel giorno, dopo le prime chiacchiere mi chiese cosa avessi di nuovo da raccontarle, allora le dissi della decisione che avevo preso per il mio futuro.
Lei si entusiasmò e confermò che era la professione adatta a me, poi sembrò prendere la carica.
“Eddai Hinata!” mi guardò sogghignando. “Non c’è davvero nient’altro, anzi NESSUNO di cui vorresti parlarmi?” alzò le sopracciglia allungando il ghigno.
“N-no no!” scossi le mani davanti a me. “Niente di che, davvero. C-cioè, Naruto viene a trovarmi t-tutti i giorni e passiamo del tempo c-chiacchierando”.
“Chiacchierando solo?” la vidi volgermi uno sguardo malizioso.
Arrossii di botto.
“Certo che si!”
“Ahahahah!!” la guardai torva prendersi gioco di me. “Certo che ti ho visto fare a botte con un sacco di gente spaventosa, eppure quando si parla di lui torni l’Hinata di prima”
Sentivo le orecchie pulsarmi pericolosamente.
“E comunque è solo questione di tempo allora” la vidi mettersi le mani dietro la testa appoggiandosi sul divano, mentre io la guardavo interrogativa. “Beh, che lui si faccia avanti è ovvio”
Spalancai gli occhi stupita.
“M-ma c-che d-dici?!”
“Eddai Hinata! Mica te lo devo spiegare io?!” Tenten mi guardò sorpresa. Da parte mia davvero non capivo. “Hinata, pensaci bene. Naruto non ti ha mollata un secondo da quando ti ha trovata al parco, anzi, se n’è andato addirittura alla tua ricerca subito dopo essersi svegliato dal coma! Per non parlare del fatto che siamo venuti tutti a salvarti dalle grinfie di Hidan perché lui voleva venirti a riprendere da solo! Dire che è pazzo di te è poco!”
Abbassai lo sguardo intimidita.
Anch’io avevo notato che l’atteggiamento di Naruto era molto apprensivo, al pari di quello di mia sorella Hanabi, se non di più. Avevo giustificato il suo comportamento pensando che forse si riteneva responsabile per quello che era successo. Forse il fatto di avermi abbandonata il giorno della festa d’estate lo faceva ancora sentire in colpa e ora stava cercando di rimediare.
“Sta s-solo cercando d-di p-prendersi cura di me” le rivolsi un sorriso triste. “Lui è fatto così. Va d-dove c’è bisogno.”
Tenten alzò gli occhi al cielo.
“Hinata! Te lo dico io e lo dice anche Neji che ha parlato con gli altri ragazzi. Naruto parla solo di te. Sembra che tutto quello che fa ruoti attorno a te.”
Strinsi le mani sopra le ginocchia.
“N-non credo ci sia p-più di una semplice amicizia”
La mia amica mi guardò scoraggiata.
“Hinata, perché dici così?”
“Perché non è mai stato nulla più di questo” mi guardò interrogativa. “E’ sempre molto r-rispettoso. Non ha più tentato di baciarmi, dopo la f-festa, o di avvicinarsi a me in modo più… intimo” le rivolsi uno sguardo triste. “Forse s-si è accorto che non gli p-piaccio ma vuole comunque prendersi cura di me” sospirai sconsolata.
Tenten mi guardava sconvolta. “Non ha mai provato…?”
Scossi la testa.
“Nulla nulla??”
Risposi nuovamente negando.
“L’altro giorno però...” la mia amica rizzò le orecchie.
Le raccontai di come Naruto mi avesse chiesto cosa ricordavo della sera in cui avevo preso il siero.
“Ci penso tutti i giorni ma non ricordo cosa sia successo. F-forse gli ho detto q-qualcosa che lo ha fatto desistere”
“Oh Hinata, perché non vi parlate semplicemente?”
“Lo f-farei ma in questo periodo n-non troviamo mai un momento di pace per parlarne, è sempre c-così occupato.”
La mia amica sbuffò.
“Proviamo a ricordare quello che ti ricordi di quel momento. Forse troveremo l’inghippo”.
“Mmm… ricordo di aver raggiunto il parco con molta fatica, e-ero debole e sembrava che le ferite si fossero riaperte. Mi sono seduta sulla panchina e ho girato e rigirato la f-fiala tra le mani per molto tempo, prima di decidere cosa fare. Ho pensato di tutto. Soprattutto al fatto che se fossi m-morta non avrei avuto l’opportunità di dire a N-naruto quello che p-provavo per lui. Poi quando ormai si è fatto buio ho preso la fiala, non volevo prolungare ancora quella storia insensata…” mi bloccai di colpo.
Guardai sconvolta la mia amica.
“E se…?”
Lei mi guardò spalancando gli occhi.
“E se annebbiata dal dolore fossi riuscita davvero a dirgli quello che provi per lui?”
Ebbi soltanto la forza di annuire, avevo pensato la stessa cosa.
“Si spiegherebbe il perché si stia trattenendo…”
Guardai la mia amica pensare. Io non capivo. “E’ indubbio che lui provi qualcosa per te” Tenten ignorò il mio sbuffo di disaccordo. “Probabilmente sta vagando nell’incertezza di quanto fossero vere le tue parole. Prima di fare un passo avanti vuole essere certo di quello che tu provi per lui”.
Le parole della mia amica mi fecero riflettere.
E se Naruto stesse davvero cercando di capire quello che provavo per lui? Cosa dovevo fare io allora?
Mi arrovellai su quelle domande per molto tempo. Qualche giorno dopo però presi la mia decisione.




Eccomi con il nuovo capitolo!
Che dire? Tenten sembra molto sicura di sapere cosa prova Naruto per Hinata, forse più del biondino stesso.
Che cosa avrà deciso di fare la bella Hyuga?
Forse lo scopriremo nel prossimo capitolo!
Stay tuned!


Linduz94

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Capitolo 32
*** ...Il suo profumo... ***


IL SUO PROFUMO





Suonai alla porta di casa di Hinata sollevato.
Finalmente avevo finito i primi test dell’accademia. Non pensavo fosse così dura frequentare quel corso ma ero felice di averlo fatto, mi sentivo davvero entusiasta ed ero orgoglioso di me.
Quella sera avevo proprio voglia di festeggiare.
Avevo chiamato Hinata nel pomeriggio chiedendole di tenersi libera per quella sera, così saremmo andati a mangiare qualcosa assieme.
Lei era la prima con cui volevo festeggiare la riuscita dei miei primi traguardi. In fondo il merito era suo. Era grazie a lei, la salvatrice di Konoha mascherata, che avevo deciso che sarei diventato un vigile del fuoco e, sempre grazie a lei, quella sera sulla panchina di quel parco, avevo ricordato qual era il mio sogno.
Mi aprì la porta e rimasi, come sempre, rapito dalla sua bellezza; così semplice ma fine.
Indossava una gonna bianca che le arrivava fino a sotto le ginocchia, delle calze grigie e un maglioncino della stessa tonalità infilato dentro all’elastico della gonna.
Semplice, sobria, ma sempre elegante.
“Buonasera Hinata. Sei molto bella!” nascosi il mio imbarazzo con una risata, mentre godevo nell’osservare le sue gote assumere un colorito più acceso.
Mi ringraziò con un sussurro, accennando al fatto che anch’io stessi molto bene, mentre si infilava il cappotto.
Ci dirigemmo verso il centro di Konoha, passeggiando con tranquillità.
Per la cena le suggerii un’hamburgheria che avevano aperto da poco e che i miei amici mi avevano consigliato descrivendomi i panini spettacolari che facevano.
Mi fiondai a raccontarle tutti i dettagli del menù, memore dei racconti che avevo sentito, e mi beavo nel sentire la sua lieve risata ad ogni battuta che facevo.
Cavolo, com’era bella quando rideva.
Socchiudeva gli occhi nascondendoli sotto le folte ciglia nere e le sue gote si accendevano di un colorito tenue, diverso rispetto a quello che assumeva quando s’imbarazzava.
Spesso i capelli le ricadevano davanti al viso coprendola appena alla mia vista e mi ritrovai più volte costretto al trattenermi dall’afferrarle le ciocche corvine per portargliele dietro l’orecchio.
Dopo aver passato così tanto tempo nel familiarizzare con il suo corpo era davvero difficile starle lontano e lasciarle il suo spazio.
Sentivo quasi doloroso questo distacco e mi mancava terribilmente non vederla più dipendente da me, dalle mie cure.
Anzi, forse non era nemmeno quello il problema. Non mi mancava il fatto che Hinata non fosse più bisognosa delle mie attenzioni, mi mancava proprio la vicinanza con lei, il contatto con la sua pelle.
Sentivo quasi una sofferenza fisica nel dovermi trattenere dal toccarla, accarezzarla.
Ma ero così confuso. Cosa provava davvero lei per me, cosa significavano le parole che mi aveva detto quel giorno?
Cercai di alleggerire quei pensieri durante la serata, ma essi si presentavano continuamente, prepotenti, ogni volta in cui incrociavo il suo sguardo, sentivo una zaffata del suo profumo o casualmente sfioravo la sua mano o il suo braccio con il mio corpo.
Tutto sommato la serata andò molto bene, ridemmo un sacco e ci divertimmo molto. E cavolo, quei panini erano davvero una meraviglia!
Mi sorpresi molto vedendo il mega hamburger che prese lei.
Mi guardò imbarazzata, farfugliando qualcosa sul fatto che avesse molta fame e quello che mi lasciò di stucco fu che lo divorò tutto, senza problemi.
Nel tempo in cui cenammo, uno di fronte all’altra, dovetti abbassare lo sguardo più volte. Pensavo fosse impossibile trovare eccitante una ragazza anche mentre mangiava. Eppure lei era così: timida, dolce, composta, sensuale… Provavo un mix di sensazioni al guardarla da mandarmi in subbuglio.
 
Quando uscimmo dall’hamburgheria, soddisfatto perché ero riuscito a pagare il conto per entrambi nonostante il disaccordo di lei, si era fatto buio pesto.
Passeggiando sazi e soddisfatti passammo davanti al mio appartamento.
“Hinata, non ti ho mai invitata a casa mia!” la vidi guardarmi con quello sguardo attento e dolce. “Se vuoi puoi venire a vedere dove vivo”.
Lei annuì sorridendo e sentii l’ormai familiare tuffo al cuore.
Quando aprii la porta e mi resi conto che eravamo nel mio appartamento, soli, io e lei, capii la serietà del momento e della proposta che le avevo fatto.
Forse anche lei si accorse del cambiamento di atmosfera perché per qualche momento rimase stranamente silenziosa al mio fianco.
“Naruto, è molto accogliente casa tua” mi sorrise dolce, mentre io arrossivo e ringraziavo imbarazzato. Non avevo mai invitato una ragazza nel mio appartamento, mi sentivo stranamente allo scoperto.
Per risolvere quella situazione di imbarazzo le proposi di bere qualcosa di caldo così ci saremmo scaldati dalla ormai fredda aria invernale della passeggiata.
Lei accettò con un sorriso e, un po’ per nascondermi, mi fiondai in cucina a prepararle una tisana.
Qualche minuto dopo, eravamo seduti affianco al piccolo tavolino della mia cucina, entrambi nascosti dal fumo delle nostre bevande calde.
“Naruto, vorrei sapere una cosa” mi guardò decisa e io mi sentii quasi intimorito di fronte a quello sguardo.
“V-vorrei sapere cosa ti ho detto, quella sera.”
Deglutii a fatica.
Era quello di cui volevo parlare anch’io in effetti, ma ora che era arrivata l’occasione adatta, in quel momento in cui eravamo soli e nessuno si sarebbe intromesso nel nostro discorso, mi sentivo improvvisamente fragile.
Se si fosse rimangiata quello che aveva detto? Se non lo ricordasse e si dichiarasse estranea a quelle parole?
Potevo sopportare di vederla allontanarsi da me?
Mi sarei accontentato di una semplice amicizia con lei?
Probabilmente notò il mio timore perché all’improvviso sentii la sua mano appoggiarsi sopra la mia.
“Per favore” mi persi in quegli occhi color perla.
Sospirai.
 
Ricordai quando un paio di giorni prima mi ero confidato con Sasuke.
Dopo un paio di birre mi ero sentito coraggioso e gli avevo raccontato di quello che era successo con Hinata quando l’avevo ritrovata nel parco e di quello che sentivo per lei.
Ero rimasto sorpreso nel sentire il suo silenzio e vedere che si metteva una mano sul viso, che diavolo aveva?
‘Naruto, ma sei scemo o cosa?’ Lo avevo guardato stralunato e un po’ incazzato. ‘Davvero ti stai chiedendo cosa sta succedendo tra te e Hinata? Ma ti senti quando parli?’ cominciai ad innervosirmi.
‘Spiegami quello che non capisco allora!’
Lui mi guardò con un misto di disgusto e indifferenza. Lo avrei preso a calci quando faceva quello sguardo, quell’idiota.
‘Naruto’ fece una pausa sospirando, come se dovesse spiegare una cosa semplicissima ad un moccioso. ‘Non fai altro che parlare di lei, di quello che fate, delle sfumature di colore che prendono i suoi occhi quando il sole scende e del profumo del balsamo dei suoi capelli..’ lo vidi fare una smorfia e cominciai a rendermi conto che davvero parlavo un sacco di lei. ‘Per fortuna sono innamorato di Sakura e non riesco a guardare nessun’altra ma a forza di starti a sentire credo che comincerò a guardare Hinata come un vecchio bavoso…’ lo zittii con un pugno al fianco, che lui prontamente schivò.
‘Non ti azzardare’ bofonchiai sorseggiando l’ultimo goccio di birra.
Lo vidi sogghignare. ‘Il punto è che non ti stai a sentire, Naruto. È chiaro come il sole che sei pazzo di lei. L’avevo capito già due anni fa, quando arrivavi in anticipo agli allenamenti per andarla a vedere…’
‘E tu che cazzo…’ lo guardai sorpreso. Non l’avevo detto a nessuno che arrivavo prima per andare a vedere Hinata ballare. Sasuke mi guardò con sufficienza, sfoderando un ghigno. E che cavolo! Con lui non si poteva mai farla franca, come diavolo faceva a capire sempre tutto?
‘Comunque credo di non essere stato il solo all’epoca ad averlo capito, infatti non sei stato l’unico a gironzolarle attorno…’ riprese a bere la sua birra senza interesse.
‘Cosa?’ scattai. ‘Chi cavolo si è permesso…?’ lui mi guardò in cagnesco. Mi fermai a riflettere, ricordando la sera di Halloween e la festa di capodanno.
‘Ah, Kiba, quel cagnaccio…’ serrai i pugni.
‘Vedi, sei anche geloso’
‘Io non sono geloso’ misi il broncio incrociando le braccia sul petto.
Eppure era stato così facile arrabbiarsi con il mio amico, solo al pensiero di lui vicino a lei, che provava a sfiorarla, toccarla, baciarla,… Scossi la testa scacciando quei pensieri. Avevo una voglia matta di picchiare Kiba se si fosse presentato davanti a me.
‘Non ti preoccupare comunque’ lo guardai interrogativo, tenendo il broncio. ‘L’ha capito anche lui prima di te. Non si metterà mai in mezzo a voi due, sarebbe come cercare di trattenere una cascata con le mani’.
Mi misi a ridere facendolo innervosire. Sasuke e le sue metafore del cazzo, sempre azzeccate.
Ad un tratto smisi di ridere, tornando pensieroso.
Quindi tutti l’avevano capito tranne me: ero innamorato di Hinata. Lo ero?
Pensai a tutto quello che sentivo quando stavo con lei e provai un brivido di piacere. Il mio corpo sembrava fare come gli pareva quando vivevo o rievocavo quelle sensazioni.
Quindi questo voleva dire innamorarsi?
Sorrisi scioccamente cercando di scacciare la mia espressione ebete prima che Sasuke mi prendesse in giro.
Si, certo che ero innamorato. Avrei fatto di tutto per lei! Cavolo, come volevo averla lì con me in quel momento, probabilmente non sarei riuscito a trattenermi e le sarei saltato addosso affondando le mani e il naso fra quei capelli così scuri.
Scossi la testa, cercando di recuperare nuovamente il filo di pensieri. Ora finalmente avevo capito cosa mi stava succedendo e quello che provavo per lei. Ma lei, cosa provava per me?
‘Secondo te…?” lasciai in sospeso la domanda. Non sapevo nemmeno se volevo sapere la risposta. Sasuke sembrava sempre azzeccarci.
‘Si’ lo guardai di sbieco, ma certo che aveva capito! Ma non poteva essere un po’ più esplicito? Lui sbuffò capendo di dover spiegarsi. ‘Si, secondo me lei è pazza di te. Anche se non ne capisco proprio il motivo’.
Ignorai il commento del mio amico sentendomi il cuore allargarsi di gioia. Quindi le sue parole quella sera erano vere, lei mi amava davvero! Avrei voluto urlare di gioia!
‘Vacci piano Naruto però’. Ecco, sempre il solito Sasuke, l’uccisore dell’entusiasmo.
‘Perché?’ lo guardai stralunato. Io e Hinata avevamo perso tantissimo tempo, avevo una smania improvvisa di recuperare tutto quello che non avevamo vissuto in quell’anno di lontananza.
‘Hinata ne ha passate tante, forse troppe per la sua età’ mi guardò pensieroso. ‘Era convinta che la sua vita non sarebbe durata a lungo e che si sarebbe trasformata in una macchina da guerra senza coscienza, comandata da altri. Non mi stupirebbe se decidesse di mettere da parte i suoi sentimenti. Ha sofferto così tanto che potrebbe decidere di ripararsi da ulteriori sofferenze, quindi di non rivelarti mai quello che prova. Probabilmente quella sera era convinta che sarebbe morta; non ha più tenuto alcun freno e si è rivelata, ma l’Hinata di oggi deve affrontare la realtà, quindi potrebbe decidere di non rivelarsi appieno, e forse di non farlo mai più’
Deglutii comprendendo le sue parole.
Sapevo che prima o poi avrei dovuto pagare il prezzo del mio errore, un anno fa, quando non l’avevo aiutata il giorno in cui Konoha era stata attaccata da quell’Orochimaru. Probabilmente lei aveva visto il terrore nei miei occhi e pensava che non sarebbe più potuta tornare indietro. Me l’aveva dimostrato più volte infatti mantenendo le distanze da me, anche quando l’avevamo salvata nel covo dell’Organizzazione Alba.
In fondo però sapevo che mi amava; il suo corpo l’aveva tradita più volte difendendomi e salvandomi, ma la sua mente quanto era ferita ancora?
‘Potrei farle cambiare idea però!’ mi illuminai. ‘Le dimostrerò che la amo! Farò di tutto per farla tornare la ragazza spensierata che era prima e poi lei potrà…’
‘Naruto’ il mio sorriso si smorzò guardando l’espressione del moro. ‘Tu devi solo rispettare la sua decisione, qualunque essa sia’.
 
Deglutii immerso in quelle iridi color perla. Perché era tutto così difficile?
Quelli erano gli ultimi istanti che avrei passato con lei?
Sperai che non cogliesse nei miei occhi il dolore e la paura che sentivo. Ormai eravamo alla resa dei conti. Dovevo essere coraggioso.
“Mi hai guardato, proprio come mi stai guardando adesso” sentii la sua mano fremere, ma non la tolse e sostenne il mio sguardo. “Hai insistito per dirmi una cosa, mentre io volevo portarti da zia Tsunade. Sembrava che avessi paura di morire prima di dirmela. E da un lato era proprio così”.
Presi fiato abbassando per un istante lo sguardo. Per me era ancora molto dolorosa quella scena.
“Mi hai ringraziato” tornai a guardarla.
Lei non aveva mai staccato gli occhi da me. “Hai detto che grazie a me tu sei cambiata. Ti sei scusata per quello che era successo. E poi…” deglutii e sentii un leggero calore invadermi le guance. Il cuore mi batteva forte solo richiamando alla mente quella scena. Ormai c’eravamo, la prossima frase avrebbe decretato il mio futuro con lei. “Hai detto che mi amavi” lo sussurrai fissando i miei occhi sulla sua mano, appoggiata alla mia. Non avevo il coraggio di guardarla, temevo cosa avrei visto. “Che l’hai fatto dal momento in cui ti ho regalato quel fazzoletto a scuola quando eravamo bambini e da allora non hai mai smesso”. Inconsciamente avvolsi il mio pollice sulle sue dita. Un debole tentativo di trattenerla a me, di impedirle di scappare dopo quelle parole.
Percepii che aveva smesso di guardarmi e quella mancanza di contatto mi fece male.
Scese un silenzio opprimente, stava cercando le parole giuste per dirmi che non era davvero quello che pensava?
Sentii la sua mano fremere, poi la scostò.
Mi sembrò di sentire il mio cuore andare in frantumi.
Lei da parte sua aveva preso a torturarsi le mani, chiaro segno che era in estrema difficoltà.
‘Tu devi solo rispettare la sua decisione, qualunque essa sia’
Dovevo prendere in mano la situazione.
“Hinata… non devi sentirti in dovere di giustificarmi quello che hai detto.” La vidi con la coda dell’occhio alzare la testa di scatto verso la mia direzione. “Posso solo immaginare quello che hai passato e posso capire se non ti rispecchi in quello che hai detto quella sera, in fondo pensavi di non…”
“Naruto”
Smisi di blaterare tornando a fissare i suoi occhi magnetici, attirato dal suo sussurro.
Come avrei potuto abbandonare quegli occhi? Perché era così bella? Rendeva tutto ancora più difficile.
Il suo sguardo sembrò vacillare per un istante, ma poi due perle si fissarono decise su di me.
“E’ vero”.
Mi irrigidii trattenendo il fiato.
“Quello che ho detto quella sera, lo penso davvero”. Prese una pausa, chiudendo gli occhi per un istante. Poi li riaprì guardandomi nuovamente con quello sguardo deciso che mi procurò un brivido lungo la schiena. “Io ti amo, Naruto”.
Rimasi basito dalla forza di quelle parole. Non balbettò nemmeno una volta. In quel momento sembrava così forte, consapevole, matura.
Poi la vidi arrossire improvvisamente ed abbassare la testa di colpo sulle sue mani ora congiunte.
“I-io n-non v-voglio c-che tu ti s-senta r-responsabile p-per me. Q-quello che p-provo per te è questo, ma tu n-non sei costretto a-…”
Che stava dicendo? Pensava che io non ricambiassi quello che provava? La sentii sproloquiare ancora, continuando a balbettare e ad arrossire a dismisura, agitandosi sempre di più sulla sedia.
Quindi tutte le mie paure, i miei timori, erano infondati? Hinata mi amava! Hinata mi amava!
Non stava scappando, anzi, era lì di fronte a me, balbettante e accaldata, mentre cercava di spiegarsi che non dovevo sentire nessun dovere nei suoi confronti…
Mi persi ad osservarla mentre parlava, come si muovevano le sue labbra, come si passava nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio, la ruga che si era formata di preoccupazione tra le sue sopracciglia.
Ero rapito e consapevole di dover fermare tutte le sciocchezze che stava sparando.
“F-forse è meglio c-che i-io v-vada…” la trattenni in tempo prima che si alzasse, afferrandole la mano. L’avvicinai al mio viso e senza staccare gli occhi da lei posai un bacio sul suo palmo godendo nel vedere la sua espressione stupita del mio gesto. Si, avrei voluto baciare ogni centimetro della sua pelle in quel momento.
Ormai era chiaro. Anche un zuccone come me finalmente aveva capito.
Lei mi amava e io amavo lei.
Di cos’altro avevamo bisogno?
“Anch’io ti amo!” esplosi. Mi sentii invadere da un coraggio e un senso di sicurezza che non provavo da molto tempo. “Anch’io ti ho amata dal giorno in cui ti ho regalato quel fazzoletto. Ti avevo notata già da prima, ma quel giorno mi hai rubato il cuore. E ora… ora mi sento così fortunato!”
Mi avvicinai senza timore a lei. Ero così smanioso di toccarla, di sentire il contatto con la sua pelle. Le appoggiai una mano sulla guancia: calda e liscia.
Non volevo più aspettare, il bisogno di sentirla vicina era più forte di qualsiasi altro desiderio e lasciai il mio corpo agire istintivamente.
Avvicinai il mio viso a lei, come quella volta alla festa d’estate.
Sentivo il suo respiro caldo e dolce sulla pelle e mi venne una tremenda acquolina in bocca.
In un istante azzerai la distanza e saggiai quelle labbra morbide e carnose.
Dio, perfino il suo sapore era buono!
Dapprima il bacio era dolce, timido, quasi temessimo di farci del male.
Godetti al sapore della sua pelle, al profumo fresco del suo respiro. Quante notti l’avevo sognato?
All’improvviso la sentii rispondere con più desiderio; le sue labbra divennero più coraggiose, affamate.
Fu in quel momento che persi il controllo.
Mi avvinghiai con le mani sui suoi capelli color notte mentre con la lingua le tracciai il contorno del labbro superiore.
Lei aprì la bocca sospirando e allora le nostre lingue si incontrarono fameliche, danzando, assaggiandosi.
Nemmeno nei miei sogni però avrei mai immaginato un’Hinata così… sensuale.
La sentivo sospirare e lasciarsi andare, mentre le sue mani correvano dal mio petto verso i miei capelli, aggrappandosi ad essi.
Ero talmente in estasi che non riuscivo a fermarmi nell’esplorarla.
Sentendo le sue mani correre alla mia testa fu inevitabile che i nostri corpi si avvicinassero.
Sentivo i suoi seni premere contro il mio petto e un calore improvviso si impossessò del mio inguine a quel contatto. Non capivo più niente, volevo solo sentire il suo corpo ancora più vicino al mio.
L’afferrai per i fianchi e la feci sedere sulle mie gambe mentre le mie mani correvano ad accarezzarle la schiena, i fianchi, le gambe, deluso dal fatto che la stoffa vaporosa della gonna mi impedisse di sentire com’era fatto il suo corpo.
Nel frattempo la sentivo sospirare sempre più forte sul mio viso, mentre le nostre labbra non smettevano di cercarsi, toccarsi, assaporarsi.
Le sue piccole mani mi toccavano ovunque, tirandomi i capelli, accarezzandomi la nuca e le spalle. Sentii l’eccitazione crescere in maniera quasi dolorosa e capii che dovevo allontanarla, altrimenti la situazione avrebbe preso una piega pericolosa.
Le poggiai le mani sulle guance allontanando il suo viso dal mio di pochi centimetri.
Lei mi guardò per un secondo sorpresa e in disaccordo, poi le sue guance si colorarono d’imbarazzo quando si rese conto di quello che era successo e del fatto che ora si trovasse seduta sopra le mie gambe.
“Hinata Hyuga” la mia voce era insolitamente roca, ma godetti a vedere l’effetto che causò su di lei, sembrò fremere spalancando impercettibilmente di più gli occhi. “Tu mi stupisci sempre” le sorrisi felice poi riprendemmo il bacio in modo più dolce, lento, assaporandoci con attenzione.
 
Rimanemmo a coccolarci e a scambiarci ancora qualche bacio fino a quando non ci accorgemmo che si era fatto davvero tardi.
Era vero che Hiashi mi aveva preso in confidenza, ma era meglio non esagerare proprio la prima volta che uscivo con sua figlia.
Lei scese dalle mie gambe e imbarazzata si scusò per non essersi spostata prima.
La afferrai per i fianchi e l’avvicinai a me, sorridendo nel vedere il lieve velo di rossore coprire le sue guance nel sentire i nostri corpi sfiorarsi. “Se fosse per me saresti potuta rimanere lì per sempre” le sfiorai le labbra con le mie, sospirando. “Però credo che come primo appuntamento sia meglio se non faccio arrabbiare tuo padre” ridacchiai sdrammatizzando e la presi per mano, uscendo dal mio appartamento e chiudendo a chiave.
La sentii ridacchiare e mi voltai a guardarla per godermi lo spettacolo.
“Perché ridi?”
“Beh… oggi quando mi hai scritto non avrei mai pensato che stasera sarebbe diventata il nostro primo appuntamento”.
Ci pensai su qualche secondo.
“In realtà nemmeno io, ma credo lo sia diventato spontaneamente” ridemmo entrambi. Era tutto così semplice quando stavamo insieme, come avevo fatto a non accorgermene prima?
Stare assieme a lei era come stare con un’amica che ti conosce da una vita, oltre al fatto che mi attirava fisicamente come una calamita. Già quando la osservavo ballare in palestra durante le lezioni ero affascinato dal suo corpo. Era sinuosa, fluida, sembrava leggera come una farfalla. Mi veniva la pelle d’oca quando la osservavo e avevo desiderato così tanto toccarla e sentire come fosse la sua pelle sulle mie mani.
Per non parlare delle reazioni che mi causava quando la vedevo muoversi. Dopo tutto quello che avevamo passato assieme e l’affinità che si era creata faticavo a restare lucido nel sentire la sua voce, il suo profumo,… Avrei voluto lasciarmi andare al mio istinto più selvaggio e il primo bacio che ci eravamo scambiati prima mi aveva lasciato di stucco. Aveva risposto con un impeto che da lei non mi sarei mai aspettato.
Scossi la testa allontanando quei pensieri. Ora avevamo tutta la vita davanti, ci saremmo scoperti un po’ alla volta, non dovevo avere fretta.
Sorrisi sornione pensando che per la prima volta quello scemo di Sasuke si era sbagliato.
La salutai felice, fuori dalla porta di casa sua e le lasciai un bacio veloce a fior di labbra prima di andarmene.
Era stata la serata più bella della mia vita.

 -  
-  

Guardai con il cuore colmo d’amore il profilo del ragazzo che si stava allontanando da casa mia, poi chiusi la porta con attenzione.
Mi appoggiai allo stipite con la schiena e solo in quel momento mi accorsi che stavo tremando.
Le mie gambe fremevano impazzite, mentre il cuore svolazzava veloce. Ero così emozionata che il mio corpo non la smetteva di trasmettermi la gioia che aveva provato.
Mi toccai le labbra al ricordo dei baci che ci eravamo scambiati io e Naruto fino a qualche minuto fa.
Mi sentii avvampare al pensiero di quello che mi aveva detto: Naruto mi amava!
Non riuscivo ancora a crederci, avevo la sensazione di aver vissuto un sogno. Avevo così paura che non fosse vero quello che aveva detto Tenten.
Con passo ancora tremolante d’emozione mi diressi verso la mia camera.
Mi spogliai lentamente ricordando tutto quello che era successo.
Avevo capito già nel momento in cui avevo aperto la porta di casa quella sera che non sarebbe stata un’uscita come tutte le altre.
Naruto aveva uno sguardo attento, ma allo stesso tempo avevo colto nei suoi occhi una luce che non avevo mai visto prima, sembrava… ammirazione, quasi devozione, mentre mi guardava.
Ripensandoci mi resi conto che mi aveva rivolto quello sguardo per tutta la serata, anche mentre mangiavo il mio enorme hamburger, come se lo avessi davvero stupito di poter mangiare così tanto. Risi tra me, pensando alla sua espressione quando non ebbi alcun problema a finire la mia enorme porzione.
Indossai il pigiama pesante e veloce mi infilai sotto le coperte.
Forse la colpa di tutto era stato quello sguardo. Mi ero sentita amata, desiderata. Per questo quando gli avevo detto che lo amavo, mi ero sentita così tremendamente sicura di me.
L’incertezza era arrivata dopo, quando lo avevo visto spalancare gli occhi sorpreso.
Avevo pensato di aver esagerato, che forse lui non ricambiava quello che provavo io e che il suo stupore fosse dovuto al fatto che stesse cercando il modo per sgusciare via dalla situazione, mi ero sentita terribilmente sciocca e sembrava che le mie paure più grandi si stessero realizzando davanti ai miei occhi. Volevo solo andarmene.
Poi mi aveva afferrato la mano e avevo cominciato a tremare sentendo le sue labbra poggiarsi sul mio palmo. In quel momento mi aveva guardato con uno sguardo strano, diverso da prima.
Era oltre l’ammirazione, sembrava proprio che… mi volesse mangiare con gli occhi! Credo fosse proprio quello che si chiama uno sguardo di desiderio.
Mi accoccolai di più sotto il piumone stringendomi le braccia attorno al busto e ricordando quello che era accaduto dopo.
Ero rimasta senza fiato sentendo le sue mani toccarmi il viso e avvicinarlo al suo.
In quel momento mi ero sentita completamente in confusione. Da un lato avevo il terrore che qualcosa andasse storto e temevo che sarei scappata via come una codarda, dall’altro lato invece lottavo contro l’impulso fisico di allungarmi verso di lui e avvinghiarmi al suo corpo asciutto.
Poi avevo sentito le sue labbra sulle mie, così ruvide ma dolci allo stesso tempo. E com’era dolce il suo profumo, sembrava circondarmi ovunque annebbiando la mia mente.
Il bacio si era fatto sempre più intenso e in quel momento mi ero resa conto di aver dato retta alla parte più istintiva di me perché le mie mani si erano mosse da sole. Ero smaniosa di sentire com’erano il suo petto, le sue spalle, il contatto con la sua pelle, e finalmente ero riuscita ad affondare con forza le dita fra quei fili color del grano.
Fui scossa da un tremito di piacere.
Avevo sempre provato una forte attrazione per Naruto, non solo mentale, ma anche fisica.
Prima di stasera però non mi ero mai resa conto come lui potesse dimostrarsi così virile e passionale.
Era un lato di Naruto che non avevo ancora conosciuto: estraneo, selvaggio, attraente.
Le sue mani erano davvero grandi e calde. Ricordavo ancora ogni percorso che avevano fatto sul mio corpo, ogni punto in cui si erano soffermate quella sera. In quei momenti mi veniva in mente solo una parola per definirlo: eccitante.
Mi ero sentita invadere da un fuoco caldo mai provato prima mentre lo sentivo muoversi contro di me, sulle mie labbra, avvolgendomi con le sue braccia forti e alzandomi sulle sue gambe senza problemi.
E poi i baci… Non pensavo che Naruto fosse capace di così tanta dolcezza. I miei baci con lui quella sera erano stati dolci, delicati, ma anche umidi e maliziosi.
Ebbi un altro fremito d’eccitazione, avvolta sotto le coperte, al ricordo di tutte quelle sensazioni.
Una ciocca di capelli mi cadde davanti al viso e mi sorpresi nel sentire il profumo di Naruto impresso su di essi.
Aspirai quell’aroma con voracità.
Quella sera mi ero sentita come se non potessi essere mai sazia di sentire il sapore delle sue labbra, di respirare il suo profumo fresco e di affondare le mani fra i suoi capelli color del grano.
Piano piano chiusi gli occhi, sognando ancora Naruto che mi baciava, mi toccava e mi stringeva a sé, cullata dal suo profumo rimasto impresso sulla mia pelle.




Holaaaaaa
Scusate per l'attesa. Questo capitolo è stato difficilissimo da scrivere perchè volevo rendere il tutto al meglio.
Non sono ancora pienamente soddisfatta in realtà, ma temo che se lo tengo nel computer ancora un po' lo modificherò all'infinito, quindi eccolo qui.
Spero vi piaccia e vi avviso che questo è il penultimo capitolo, mentre il prossimo sarà quello conclusivo.
Alla prossima e fatemi sapere cosa ne pensate, accetto anche le critiche!
Ciao ciao!!

Linduz94

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Capitolo 33
*** EPILOGO ***


EPILOGO




Sospirai mentre chiudevo a chiave la porta del mio studio.
Scesi le scale cercando di riordinare i pensieri.
Ogni sera prima di uscire dallo stabile dove avevo aperto il mio studio avevo un tremendo bisogno di pace e calma. Sapevo che la professione che avevo scelto era estremamente complessa, ma per i primi minuti fuori da lì avevo bisogno di staccare.
Ascoltare e analizzare le situazioni delle persone che venivano da me riempiva con forza la mia mente e in quei pochi passi che compivo per uscire sentivo di aver bisogno di fare ordine.
Chiusi il portone d’ingresso e respirai a pieni polmoni l’aria fresca. Ora mi sentivo meglio e, rivivendo la giornata passata, mi resi conto di essere stata molto produttiva.
Alcuni pazienti stavano facendo dei bei progressi. Ero molto soddisfatta.
Mi accostai al marciapiede con passo sicuro e veloce.
Quella sera avrei dovuto vedere Naruto, mi aveva chiamato in pausa pranzo dicendomi che doveva darmi una bella notizia e mi aveva chiesto se ero libera per cena.
Ridacchiai ricordando la sua voce al telefono. Era talmente entusiasta da mangiarsi quasi le parole da quanta fretta aveva di dirmi tutto.
Lui era sempre così, quando qualcosa lo agitava o lo rendeva estremamente felice, parlava tantissimo.
Passeggiai arricciandomi le maniche della camicetta sull’avambraccio.
Ormai eravamo in piena primavera e anche di sera cominciava a fare caldo.
Decisi che quella sera avrei indossato un vestito, per inaugurare la bella stagione, e mi arrovellai su quale potessi mettere tra i pochi che avevo nell’armadio.
Quello blu, si, quello blu piaceva a Naruto. Diceva che si intonava con i miei capelli.
Sorrisi pensando al ragazzo e felice percorsi gli ultimi metri fino ad arrivare a casa mia.
 
Sentii suonare il campanello e corsi frettolosa ad aprire, smaniosa di vedere quel sorriso meraviglioso aprirsi mentre lo salutavo.
“Ciao Naruto”
“Buonasera Hinata” gongolò lui. Poi si soffermò a guardarmi e io sentii le mie guance avvampare.
Ormai erano passati cinque anni da quando io e lui ci eravamo dichiarati quello che provavamo ma mi stupivo ancora dell’effetto che avevo su di lui e di quello che lui aveva su di me, soprattutto in certi momenti.
“Prendo la borsa e arrivo” corsi dentro, nascondendomi al suo sguardo. Mi agitavo sempre quando mi guardava così, prometteva una conclusione di serata piuttosto movimentata e in pochi attimi i miei pensieri corsero all’ultima nostra uscita…
Scossi la testa, cercando di scacciare il rossore che sentivo prendermi le guance e le orecchie. Lui mi stava aspettando fuori e non era il caso di farlo attendere troppo perdendomi in ricordi troppo dolci
E poi ero proprio curiosa, chissà cosa voleva dirmi.
Presi la borsa e tornai da lui, chiudendomi la porta alle spalle.
Mi prese per mano e cominciammo ad incamminarci per le vie di Konoha chiacchierando su com’era andata la giornata di entrambi.
Dopo un po’ mi accorsi che mi stava guardando e lo ricambiai interrogativa.
Lui mi cinse i fianchi con il braccio con cui mi stava tenendo per mano e mi avvicinò a sé.
“Quando metti questo vestito, faccio fatica a toglierti gli occhi di dosso” rabbrividii di piacere, sentendo il suo fiato solleticarmi l’orecchio. La sua mano destra nel frattempo mi aveva cinto i fianchi da davanti e mi ritrovai appoggiata addosso a lui.
Ci fermammo sul marciapiede quando mi cercò appoggiando le labbra sulle mie.
“Mmm Hinata, hai sempre questo profumo buonissimo” sospirò staccandosi un po’ da me e scoccandomi uno sguardo malizioso.
“Io preferisco il tuo” ricambiai sentendomi arrossire le guance. Forse alcune cose non sarebbero mai cambiate.
“Allora, di cosa mi volevi parlare?” gli chiesi mentre riprendevamo il cammino.
“Eh no! Prima di tutto andiamo a mangiare, così festeggiamo!” il ragazzo sorrise raggiante.
“Ma.. Naruto, come faccio a festeggiare qualcosa che non conosco?” lo guardai divertita.
“Ah si è vero…” risi di gusto vedendolo preso in contropiede. “Non importa tu fidati e festeggiamo!”.
Annuii contenta e mi lasciai trascinare dal suo entusiasmo.
Andammo a mangiare nella pizzeria che ci piaceva tanto. A Naruto piaceva quella con l’impasto molto spesso e bolloso, mentre a me piaceva molto fina e croccante.
Avevamo spesso discusso su quale pizzeria di Konoha facesse le migliori pizze proprio per questi nostri due gusti distinti, ma quando avevamo scoperto quella, che comprendeva le preferenze di entrambi, ci eravamo innamorati.
Quando uscimmo dalla pizzeria l’umore di Naruto sembrava alle stelle. Non capivo perché fosse così felice.
Decisi di provare a scovare qualche indizio, da buona psicologa, mentre passeggiavamo per la via che portava al parco.
“Mmm hai raggiunto qualche traguardo importante a lavoro?”
Lui fece segno di no con la testa, continuando a sorridere.
“Eh no, non vale! Non devi mettere in atto le tue capacità investigative.” Mi abbracciò stringendomi forte come ammonimento. “Aspetta un po’ siamo quasi arrivati.”
Accettai di buon grado godendomi la sensazione delle sue braccia attorno a me.
Appoggiai la testa sulla sua spalla, inspirando il suo profumo fresco, mentre avanzavamo.
Sentii che lasciava un bacio sulla mia testa mentre accentuava la presa sulla mia vita.
Se qualcuno in quel momento mi avesse chiesto che cos’era la felicità, beh… per me era proprio quella. Passeggiare per le strade di Konoha con Naruto al mio fianco che mi abbracciava e mi baciava. Il mondo sarebbe potuto finire in quel momento, ma io sarei stata felice.
Ad un certo punto sentii il ragazzo fermarsi. Mi scostò da lui per guardarmi in viso.
Lo fissai contrariata ma cambiai subito espressione vedendo che mi stava dedicando il suo sorriso nervoso, grattandosi la testa.
Questo voleva dire che si sentiva a disagio, probabilmente era arrivato il momento di spiegarmi il motivo dei festeggiamenti, ma non capivo perché la sua euforia si fosse trasformata in agitazione.
“Tutto bene, Naruto?”
“Sisi” lo vidi deglutire mentre guardava alle mie spalle.
Mi voltai confusa, per catturare l’oggetto della sua attenzione e sorrisi felice.
Eravamo proprio di fronte alla casa che guardavo sempre quando passavamo di lì.
Era tutta ad un piano, ancora in costruzione, ma a lavori interrotti. Aveva una struttura molto semplice ed armoniosa e non sapevo perché ma mi piaceva molto.
“E’ la casa che ti piace vero?”. Annuii sorridendo, continuando ad osservarla. Già mi immaginavo il giardino con i fiori, gli alberi curati, i balconi, i colori dei muri… sarebbe stata davvero un gioiellino una volta conclusa.
“Vieni, entriamo” mi voltai di scatto verso di lui guardandolo stralunata.
“M-ma non possiamo”.
Lui mi rivolse un ghigno furbo, ma sempre con quella vena di nervosismo.
“Ah, non preoccuparti, non credo che verrà nessuno qui a mandarci via”. Non ebbi il tempo di replicare perché mi prese per mano e mi guidò dentro la recinzione provvisoria del cantiere.
C’era ancora un po’ di luce quindi potevo guardarla meglio da così vicino.
Il ragazzo si diresse verso l’entrata e passammo sotto lo stipite senza porta.
Lo seguii titubante guardando dietro di noi per assicurarmi che nessuno ci stesse vedendo.
Dopo qualche istante di incertezza mi godetti la visita della casa sorprendendomi nell’immaginare come sarebbe potuta essere una volta conclusa.
Naruto mi chiedeva cosa ne pensavo ed io gli spiegavo dove avrebbe potuto esserci il divano, la cucina, la libreria,…
Osservavo, immaginavo e raccontavo, mentre lui mi ascoltava paziente.
“Allora, che ne dici?” mi chiese alla fine del giro perlustrativo.
“Beh…” non trovavo le parole. “Sarebbe una casa meravigliosa una volta finita”.
“Già, lo penso anch’io” mi guardò sorridendo, sembrò tentennare per qualche istante. “Possiamo cominciare quindi?”
Lo guardai confusa, non capivo a cosa si riferisse.
Vidi che si tastava le tasche con le mani agitate ed estrasse un plico di fogli spiegazzati.
Me li porse e per un istante vidi le sue mani tremare.
“Ecco vedi. Da oggi questa casa potrà essere nostra. O meglio è di mia proprietà, ma è sottinteso che è anche tua”
Lo guardai strabuzzando gli occhi. Cosa? Aveva comprato la casa?! Quella casa?!
Guardai i fogli che mi aveva dato e constatai che diceva la verità. Era un atto di acquisto fatto da un notaio.
 “Ma…” non riuscivo a dire niente mentre vedevo Naruto di fronte a me ondeggiare a destra e sinistra imbarazzato. “Naruto, come hai…? Perché?”
“B-beh… ecco io…” Naruto stava… balbettando?
“Ho visto che ti piaceva e piaceva anche a me, così ho pensato di informarmi e per fortuna! Sai, c’era una coppia interessata, ma sono riuscito a concludere prima l’affare” aveva cominciato a parlare talmente a raffica che faticavo a seguire tutto il suo discorso.
Io ero completamente senza parole. La nostra casa? Quella?
Il ragazzo, vedendo che non parlavo, si agitò ancora di più. “Ho sbagliato vero? Avevo paura fosse troppo presto…”
Lo guardai sorpresa ancora una volta e poi mi fiondai su di lui abbracciandolo e baciandolo felice.
“Ma che dici? Non hai sbagliato!” gli diedi un altro bacio stringendolo più forte a me. “E’ la casa che ho sempre sognato! E’ bellissima! Non ci credo…” mi scostai da lui per guardare ancora una volta quelle mura e sognare ad occhi aperti.
Mi sentii riempire di gioia. In pochi istanti immaginai già la scena di me e lui abbracciati sul divano mentre guardavamo la tv. Sul nostro divano. Nella nostra casa.
Posai nuovamente gli occhi sul Naruto e mi sorpresi nel trovarlo ancora nervoso e imbarazzato. Avevo reagito male? Non era come si aspettava?
“Sono contento che ti piaccia. Ecco… quello che voglio dire è che… sai… noi potremmo… si insomma, s-sarebbe la nostra casa e poi… anzi prima io…”. Era talmente in difficoltà che mi fece una tremenda tenerezza.
Quindi non era tutto, c’era dell’altro che voleva dirmi.
Lo vidi agitarsi nuovamente, come prima le mani gli tremavano e mi preoccupai sul serio.
Appoggiai le mie mani sulle sue spalle fissando gli occhi su di lui. Sapevo che quello lo calmava e infatti smise di muoversi e contraccambiò il mio sguardo.
“Naruto, cosa mi vuoi dire?” passai le mani sul suo collo e poi sulle guance. Lo vidi chiudere gli occhi, godendosi il contatto della mia pelle, poi li riaprì finalmente calmo e mi guardò.
“Hinata. Ho comprato questa casa per noi, ma prima di cominciare a sistemarla come ci piace e di venirci ad abitare devo chiederti una cosa”. Aveva detto tutto in un soffio.
Lo fissai negli occhi sicura.
“Ti ascolto”.
Un lampo di nervosismo gli balenò negli occhi, scomparendo subito dopo.
Mi prese le mani e le scostò dal suo viso e io rimasi interdetta per qualche secondo. Lo vidi rovistare di nuovo nelle tasche, finché non estrasse un pacchettino piccolo e squadrato.
Naruto si inginocchiò di fronte a me, prendendomi una mano e baciandola, poi aprì il cofanetto.
“Hinata Hyuga, prima di venire ad abitare qui, nella nostra futura casa, vorresti…” deglutì, guardandomi. “Vuoi diventare mia moglie?”.
 
I miei occhi non riuscirono a guardare quello che c’era dentro a quella scatolina ormai aperta, tra le mani abbronzate e grandi del ragazzo.
Lo sapevo, sapevo che lì, a pochi centimetri da me c’era una cosa preziosissima che Naruto aveva faticato a comprare, ma ero totalmente e irrimediabilmente attratta dagli occhi color del mare che mi guardavano con un misto di speranza, timore e… amore.
Si, dentro a quelle iridi c’era davvero un mare di amore ed era tutto ciò che volevo.
Non riuscii a godermi quello sguardo appieno perché i miei occhi si offuscarono, soffocati dalle lacrime.
Mi strofinai con forza il viso cercando di ricacciarle indietro e quando capii che non sarei mai riuscita a fermarle ci rinunciai.
“SI! Sisisisisisisi!!” lo abbracciai forte affondando la testa sull’incavo del suo collo e facendolo alzare. “Si, Naruto si!”
Sentii che mi abbracciava con trasporto e quasi percepii il suo corpo rilassarsi sotto le mie braccia.
Finalmente da quando eravamo arrivati il suo nervosismo lo aveva abbandonato.
Cercai le sue labbra e gli comunicai tutto l’amore che sentivo.
Lui rispose al bacio con la stessa intensità e in un attimo ci ritrovammo aggrovigliati uno addosso all’altro.
Mi afferrò per le natiche a mi issò su di lui. Strinsi le gambe attorno al suo busto, reggendomi con le braccia attorno al suo collo mentre continuavo a baciarlo.
Avrei voluto fare l’amore lì, subito, con lui, ma non era di certo il luogo adatto.
Mi scostai un secondo per guardarlo e vidi nei suoi occhi lo stesso pensiero.
Mi diede un altro paio di baci sulle labbra prima di lasciarmi andare.
Allora presi l’occasione per guardare con attenzione l’anello che mi aveva regalato.
Era stato lavorato molto finemente, sembrava quasi un filo d’argento, e sulla sommità stava un piccolo diamante lucente.
Lo osservai rapita, sotto gli ultimi raggi di sole, e vidi le mie mani tremare quando lui lo tolse dalla custodia e lo infilò nel mio anulare sinistro.
Rimanemmo qualche istante ad osservarlo, forse increduli entrambi di quello che stava accadendo.
Poi lui mi prese la mano e la baciò come aveva fatto il giorno in cui avevamo rivelato il nostro amore.
“Sai, ti sta bene proprio come me lo sono immaginato quando l’ho comprato.” Mi guardò penetrandomi con gli occhi e mi strinse a lui. Sentii che affondava la testa nei miei capelli e io di rimando strofinai il naso contro il suo petto.
“Naruto, tu hai fatto tutto questo per me. Mentre io…” sentii una sensazione di colpa invadermi.
“Hinata” si scostò da me. “Tu esisti! Per me questo è il regalo più bello che potessi farmi.” Mi afferrò il viso e fissò gli occhi sui miei. “Ho rischiato di perderti così tante volte che…” vidi il suo sguardo farsi lucido, trasmettendo la stessa commozione anche a me. “Non voglio sprecare nessun giorno con te. Voglio godere di tutto il tempo che ci rimane da passare insieme e voglio che tu sia solo mia e io sarò tuo per sempre”.
Mi alzai sulle punte premendo le mie labbra sulle sue soltanto sfiorandolo, poi mi scostai leggermente ad un soffio da lui.
“E dove altro potrei andare se anch’io voglio solo stare con te?”.
Mi persi ancora una volta in quegli occhi così azzurri.
Li avevo guardati da lontano così tanto tempo, desiderando, sognando che si posassero su di me.
Quando poi ci eravamo avvicinati il corso delle cose mi aveva costretto ad abbandonarli, non vedendoli più per troppo tempo.
Ma ora lui era lì, con me. Non l’avrei lasciato andare per nessun altro motivo, perché io lo amavo e per qualche assurdo caso anche lui amava me.
Rabbrividii sentendo come premeva il mio corpo sul suo e sentii che anche lui aveva provato la stessa sensazione.
Ci guardammo negli occhi e lessi quello sguardo così liquido, lussurioso, che ormai avevo imparato a conoscere.
Mi allungai nuovamente verso di lui e con la lingua accarezzai appena le sue labbra.
Sospirò e lo sentii rabbrividire contro di me.
“Ok Hinata” mi soffiò sulle labbra “Che ne dici se andiamo a casa mia per festeggiare?”
Annuii sorridendo, era proprio quello che volevo.
Ci avviamo sorridenti tenendoci per mano.
Prima di andarmene mi voltai a guardare la mia casa, anzi la nostra futura casa e sorrisi. Si, mi ci immaginavo proprio in quel posto.
Spostai lo sguardo verso la mia mano e scorsi il luccichio dell’anello al mio dito.
Mi strinsi contro il petto di Naruto mentre proseguivamo per la strada. Assaporai il suo profumo in estasi, come mi ero sentita all’andata.
Mi sentivo su di giri, se possibile ancora più felice e serena di prima, perché ora passeggiavo al suo fianco con una promessa fissa nel mio anulare:
 


Per sempre.










Holaaaaaaa!
Siamo arrivati alla conclusione di questa long.
Che dire? Sono in parte soddisfatta e in parte sento un misto di tristezza e insoddisfazione.
Avrei voluto durasse per sempre :)
Comunque sia volevo innanzitutto ringraziarvi: per avermi seguito e per avermi dato fiducia. Ormai sono 7 anni che prosegue e se sono arrivata a concludere questa storia è soprattutto grazie a voi, che l'avete letta e commentata. 
Ringrazio anche i lettori silenziosi che non si sono fatti sentire. L'entusiasmo di continuare a scrivere me l'avete trasmesso anche voi!
Bene, ho detto tutto?
Ah no certo! Vi informo che sto pensando a due short che forse saranno all'interno della stessa storia in due capitoli differenti.
Saranno uno spezzone della vita della nostra coppia preferita (vista dal punto di vista di entrambi) nei cinque anni passati da quando si sono dichiarati fino a questo capitolo. Probabilmente sarà in chiave molto hot.
Non ho potuto inserirli in questa long perchè il raiting è diverso.
Comunque sappiate che il progetto c'è, ma non so quando riuscirò a mandarlo in porto, quindi abbiate pazienza.
 Bene, ho finito di chiacchierare!
Alla prossima e che il Naruhina sia sempre con voi!!

Linduz94.

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