You, me and her

di Nao Yoshikawa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Notte insonne ***
Capitolo 2: *** 2 - Primo bagno ***
Capitolo 3: *** 3 - Coliche ***
Capitolo 4: *** 4 - Un semplice trucco ***
Capitolo 5: *** 5 - Somebody to love ***
Capitolo 6: *** 6 - Giochi pericolosi ***
Capitolo 7: *** 7 - Il preferito ***
Capitolo 8: *** 8 - Primi passi ***
Capitolo 9: *** 9 - Notti insonni pt.2 ***
Capitolo 10: *** 10 - Capelli e trucco ***
Capitolo 11: *** 11 - Principe ***
Capitolo 12: *** 12 - Il preferito pt.2 ***
Capitolo 13: *** 13 - I bambini da dove vengono? ***
Capitolo 14: *** 14 - Febbre ***
Capitolo 15: *** 15 - Talenti ***
Capitolo 16: *** 16 - Primo amore ***
Capitolo 17: *** 17 - Imbarazzo ***
Capitolo 18: *** 18 - Baby-sitter fantastici e dove trovarli ***
Capitolo 19: *** 19 - Trasformazioni ***
Capitolo 20: *** 20 - Una tranquilla giornata in spiaggia ***
Capitolo 21: *** 21 - Macchina distrutta ***
Capitolo 22: *** 22 - Crescono così in fretta ***
Capitolo 23: *** 23 - Possiamo tenerlo? ***
Capitolo 24: *** 24 - Litigio ***
Capitolo 25: *** 25 - Domande scomode ***
Capitolo 26: *** 26 - Dieci anni ***
Capitolo 27: *** 27 - Coraggio ***
Capitolo 28: *** 28 - Cambio di stile ***
Capitolo 29: *** 29 - Uscite e spie ***
Capitolo 30: *** 30 - Cambiamenti ***
Capitolo 31: *** Giornate primaverili ***
Capitolo 32: *** 32 - Primo bacio ***
Capitolo 33: *** 33 - Complessi ***
Capitolo 34: *** 34 - Girovagando per il web ***
Capitolo 35: *** 35 - Punizioni ***
Capitolo 36: *** 36 - Figuracce... ***
Capitolo 37: *** 37 - Tutta questione di geni ***
Capitolo 38: *** 38 - Essere responsabili ***
Capitolo 39: *** 39 - Prima volta ***
Capitolo 40: *** 40 - Lezione di guida ***
Capitolo 41: *** 41 - Sfruttamento ***
Capitolo 42: *** Un cuore spezzato ***
Capitolo 43: *** Natale ***



Capitolo 1
*** 1 - Notte insonne ***


 
1 – Notte insonne
 
A soli cinque giorni dalla sua nascita, El sapeva perfettamente di essere lei quella ad avere il controllo. Le bastava solamente strillare e piangere per far sì che Aziraphale e Crowley accontentassero ogni sua richiesta, che fosse giorno o notte poco importava.
«Aziraphale…» si lamentò Crowley, tenendo gli occhi chiusi. Nonostante la loro natura sovrannaturale, El era capace di metterli a dura prova, di renderli stanchi e spossati.
«Sì, tesoro?» rispose dopo un po’ l’angelo, beatamente avvolto nelle sue coperte, senza la benché minima intenzione di muoversi.
«Sono le quattro del mattino ed è tipo la sesta volta che El si sveglia e piange. Non ne posso più, rischio di impazzire. Dici che se la lasciamo piangere, poi smetterà?»
Aziraphale aprì piano gli occhi, guardandolo in un modo che voleva chiaramente dire: “Ma sei serio?”.
Avere a che fare con un neonato non era facile. Soprattutto non se quest’ultimo aveva un brutto carattere e doti angeliche e demoniache non indifferenti.
«Sai bene anche tu che non smetterà. E poi non sarebbe affatto corretto ignorarla. Visto che poco fa mi sono alzato io, adesso tocca a te!»
«Cosa?! Andiamo angelo, ma sei serio?!»
Crowley si tirò su, mettendosi seduto, mentre invece Aziraphale si era avvolto tra le coperte, come a volersi costruire una sorta di riparo inespugnabile. Aveva ragione lui, El non si sarebbe fermata finché non avrebbe ottenuto ciò che voleva, che fosse nutrimento o più semplicemente attenzioni.
«E va bene, ho capito! Ci vado!» si lamentò.
Una volta l’uno, si erano detti. Ma era più facile a dirsi che a farsi.  Il demone si avvicinò alla culla, dopo la piccola si agitava, tutta rossa in viso e con le guance ricoperte di lacrime.
«Okay, sono qui», sospirò Crowley, prendendola delicatamente in braccio. «Devi ringraziare che sei così carina, altrimenti non te la perdonerei così facilmente.»
Non appena ebbe avvertito quel calore, El smise immediatamente di piangere. Crowley le mise il ciuccio, che doveva però premurarsi di tenere fermo con due dita, visto che sua figlia non gradiva, piuttosto avrebbe preferito costantemente un bel biberon straripante di latte, peccato non fosse una cosa salutare. Iniziò a cullarla, nella speranza che si addormentasse presto, ma in verità gli occhioni bicromatici di El erano spalancati e lo osservavano fisso.
«Coraggio, El. Dormi, ti prego. Fallo per me», la pregò debolmente. «Non puoi stare sempre in braccio. Forse papà ha ragione a dire che è colpa mia perché ti vizio troppo, ma non dirglielo, altrimenti non mi lascerà più in pace.»
Con El parlava spesso perché lei pareva capire perfettamente cosa volesse dirle. La piccola si lasciò andare ad un versetto, facendolo sospirare. Crowley bramava il suo letto, che adesso guardava quasi con disperazione. Doveva tentare il tutto per tutto se voleva sperare di dormire decentemente. Così si avvicinò al materasso.
«Aziraphale, El può dormire con noi?» domandò. Finalmente l’angelo cacciò la testa fuori, mezzo assonnato.
«Dormire con noi? Oh, non saprei. Ho letto che è pericoloso. E se poi soffoca? Tra l’altro non vorrei che diventasse un vizio. Se lascio fare a te lo diventerà di sicuro…»
«Non diventerà un vizio, ma vorrei anche dormire, se non ti spiace», borbottò. «Vorresti dire di no a questo faccino?»
Aziraphale fece una smorfia, come chi è consapevole di non aver alcuna chance. El lo fissava, imbronciata ma anche dolce, come solo lei sapeva fare.
Ogni battaglia era perso in partenza.
«Oh, hai ragione. Non posso dire di no. Ma dovremo fare attenzione.»
Poco dopo, El si trovava stesa a letto, molto felice a giudicare dai suoi versetti. Allungava le braccia e muoveva le gambine, dando prova di non avere per niente sonno. Crowley e Aziraphale avevano sistemato dei cuscini a fianco a lei, in modo che non ci fosse rischio che soffocasse.
«Spero che questa cosa funzioni, perché sono arrivato al limite», sospirò l’angelo, provato come poche volte in vita sua. Portò la mano sul petto di El, sia per controllarne costantemente il respiro che il battito cardiaco.
«Certo che funzionerà, guardala. Ha ottenuto quello che voleva, di nuovo!» disse Crowley, fingendosi infastidito. «Buonanotte, El.»
Quest’ultima, quando le luci si spensero, continuò ad agitarsi, ad allungare le mani per cercare di svegliarli, riuscendoci anche più di una volta. Solo alle primissime luci dell’alba, la bimba decise che finalmente era arrivata l’ora di dormire. E nel momento in cui era successo, nessuno dei due aveva avuto neanche più il coraggio di respirare.
«Dorme», sussurrò Aziraphale. «Ma io tra poco dovrei alzarmi.»
«Oh, perché non disattivi quell’oggetto infernale che è la sveglia? Fin ora hai lavorato ed io insieme a te», gli consigliò Crowley, posando subito dopo gli occhi su El.
Che era così piccola e che teneva stretto in una mano un dito di Aziraphale.
«È perfetta. È perfetta, vero?» sussurrò poco dopo il demone, con gli occhi socchiusi.
Certo che era perfetta. Dopotutto l’avevano fatta loro. Solo per una volta Aziraphale decise che avrebbe potuto peccare di presunzione.
«Lo è.»

Nota dell'autrice
Io lo sapevo che sarebbe finita così, che sarei tornata a scrivere di loro prima di quanto pensassi. E perché non farlo con una raccolta piena di fluff? Anche perché la long principale è stata già abbastanza angst, ma visto che ci sarebbero tanti momenti da raccontare... perché semplicemente non farlo? El non è mai stata una bambina facile, questo oramai si sa, ha sempre comandato lei sin da quando è nata. Doveva essere una flash, ma penso che la lunghezza sarà variabile da storia a storia, spero che vi sia piaciuta :)

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Capitolo 2
*** 2 - Primo bagno ***


2 – Primo bagno
 
«Ma è proprio necessaria questa cosa?»
Sia Crowley che Aziraphale sapevano essere molto apprensivi, ma alle volte il demone arrivava a livelli che rasentavano l’ossessione, come in quel caso.
«Questa cosa si chiama igiene. Certo che va fatta, è solo un bagno!» cercò di farlo ragionare l’angelo. Suo marito allora incrociò le braccia al petto, sospettoso.
«Hai mai fatto un bagno ad un neonato?»
«Eh? Effettivamente no, ma con tutti quei… come si chiamano? Ah sì, tutorial che abbiamo visto su youtube, dovremmo essere esperti oramai… almeno spero.»
Sarebbe andato tutto bene se El avesse deciso di collaborare, cosa che non doveva mai essere data per scontata. Alla fine Crowley doveva arrendersi, sua figlia doveva fare il bagno, che gli piacesse o no.
«E va bene, ma la temperatura dell’acqua la controllo io, tu non la fai mai abbastanza calda», si lamentò. Non poteva certo permettere che la sua bambina si beccasse un raffreddore.
«Va bene, ma non esagerare, non farla troppo calda!» raccomandò Aziraphale. Del tutto ignara, El se ne stava a protestare nella sua culla, aveva appena sputato via il ciuccio e iniziava ad agitarsi.
«Arrivo, arrivo, El. Oh, vieni qui», la prese in braccio, baciandole la testolina. «Adesso facciamo il bagno. Ti prego, rendici le cose facili.»
Crowley intanto si era premurato di riempire il piccolo bagnetto di acqua calda. Lui non era ansioso per il semplice gusto di esserlo, ma i bambini era fragili e delicati. Trattava sempre El  con la massima accortezza, anche se era nata già da qualche giorno, alle volte ancora aveva paura di sfiorarla. Sembrava un piccolo cristallo, Aziraphale era sicuramente più sicuro, ma in fondo il suo angelo era delicato per natura.
Diversamente da lui.
«Ci sono, eccomi», si annunciò Aziraphale, iniziando a sbottonare la tutina di El, la quale non sembrò gradire molto.
«Ecco, vedi? Non sopporta il freddo proprio come!» si lamentò Crowley.
«Andiamo, è solo questione di un attimo!» dopo aver spogliato la bimba, la sollevò, immergendola subito nell’acqua calda. «Fatto! Non è stato difficile!»
Crowley si avvicinò con fare attento. El aveva un’espressione curiosa, mentre agitava appena le mani e faceva dei versi che non seppe come interpretare.
«Tienile la testa. Attento a non farle andare l’acqua in faccia. Sei sicuro che quello shampoo sia abbastanza delicato?»
Santa pazienza, che qualcuno venga ad aiutarmi.
«Crowley, caro», disse Aziraphale, fermo. «Dimentichi del mio forte istinto, capisco subito se El sta bene o no. E guardala, a me pare che stia benissimo, l’acqua le piace!»
In effetti El sembrava perfettamente a suo agio in acqua, se non addirittura divertita. Crowley si ritrovò a pensare che forse si era preoccupato inutilmente. Qualche istante dopo, la bambina pensò bene di spalancare le ali, le quali si bagnarono.
«Oh, no! El! Non le ali, ti prego!» sospirò Aziraphale. «Ci impiegheranno un sacco di tempo ad asciugarsi!»
Come se avesse capito ciò che volesse dirle, El iniziò a muovere le ali veloce, per liberarle dall’acqua in eccesso, con il risultato di bagnare i suoi mal capitati genitori.
«El, nooo! Ferma!» piagnucolò l’angelo, non potendosi effettivamente spostare. Accanto a lui, Crowley lo guardava in cagnesco, con i capelli umidi.
«Forse a lei piace, ma io DETESTO l’acqua. Che per la cronaca, è tutta su di noi, adesso.»
Aziraphale sospirò, stanco.
«Beh, dai… non è andata tanto male… vero?»
 
 
Nota dell’autrice
Tutto ciò è così… carino, adorabile, mi squaglio, non lo so. L’angst è il mio genere, ma il fluff mi rende così di buon umore, credo mi faccia bene psicologicamente. El ha fatto il suo primo bagnetto e non è andata affatto male, a parte tutta l’acqua che ha accidentalmente (ma nemmeno tanto) fatto finire addosso a Crowley e Aziraphale. Se qualcuno avesse qualche suggerimento su cosa potrei scrivere può benissimo dirlo.

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Capitolo 3
*** 3 - Coliche ***


Disclaimer: Anche se i personaggi non mi appartengono (eccetto El), le idee e le vicende sono frutto della mia testa, quindi non prendete "in prestito", grazie :)

3 - Coliche
 
El quella sera pareva inconsolabile. Piangeva disperata, con il viso arrossato e i  pugnetti stretti. Ma non era fame la sua, né tantomeno aveva bisogno di essere cambiata. E non c’era cosa peggiore per dei genitori del non sapere, del non capire cosa il proprio bambino potesse avere.
«Angelo, ma perché stai piangendo anche tu?!» domandò giustamente Crowley, vedendo Aziraphale piangere sommessamente, mentre cercava di far tranquillizzare – senza successo – El.
«Non è colpa mia. È che odio vederla piangere, mi fa sentire così in colpa», ammise, stringendo delicatamente la bimba. Non che Crowley fosse messo meglio, ma stava cercando di mantenere un minimo di compostezza, anche se era difficile.
«Ha mangiato poco fa, l’abbiamo cambiata poco fa, dubito che voglia delle attenzioni, quelle le ha sempre. E.. oh no!» sgranò gli occhi, arrivando ad una possibile e terribile conclusione. «E se si è ammalata? Dobbiamo portarla in ospedale? E se le fanno un’iniezione? Questo sarebbe troppo per me…!»
E tanti cari saluti al suo tentativo di non entrare in panico. Aziraphale tirò su col naso, poggiando El sul letto.
«Magari ha delle coliche. Ho letto che nei bambini è normale durante i primi mesi di vita, il loro apparato digerente è delicato…»
Crowley fece una smorfia.
«Io non capisco queste parole sofisticate, angelo! Come si cura?» domandò, esasperato. El  era tutta rigida e tesa e si dimenava come una forsennata.
«Non credo ci sia una cura, passerà da solo…» spiegò Aziraphale con un sospiro, ma Crowley non sembrava molto propenso ad ascoltarlo.
«E dovremmo starcene qui a lasciare la nostra bambina piangere aspettando che passi? Neanche per sogno!» decise, sedendosi accanto ad Aziraphale. Accarezzò delicatamente El, che però non accennò a calmarsi. I bambini si ammalavano ed erano fragili – sì, anche quelli non umani a quanto pare – ed era davvero terribile, per quanto normale. Nessuno dei due era molto bravo a non farsi prendere dal panico, non se si parlava di El.
«Prova a massaggiarle il pancino. Magari le darà sollievo», suggerì. Crowley accolse subito quella richiesta, iniziando a massaggiare delicatamente El, la quale aveva preso ad osservarlo. Il suo pianto si attutì appena, lasciando posto più che altro a dei lamenti.
«Per quanto devo andare avanti?» domandò il demone a bassa voce, come se avesse paura di rendere El inquieta.
«Non lo so, direi finché non passa del tutto», Azirahale si massaggiò la testa, sentendola pulsare, sia per le urla di El che per il suo stesso pianto di poco prima. «Saremo un angelo e un demone, avremo affrontato di tutto e di più, ma noto che ci basta davvero poco per andare completamente in panico.»
Crowley serrò le labbra, impegnato a guardare sua figlia che si stava oramai calmando e che lo guardava come innamorata.
«Non è poco. Anche se ammetto che sono un po’ preoccupato. I bambini sono fragili, si beccano la febbre, il morbillo e… un’altra serie di malattie che non conosco, ma sicuramente saranno terribili. Non sono nemmeno umano, non so cosa vuol dire.»
El regalò loro un sorriso sdentato, segno che iniziava finalmente a stare meglio.
«Sono sicuro che ce la caveremo. Non è andata tanto male, stasera. Eccetto la mia crisi di pianto e il tuo andare in panico», arrossì.
«Io non sono andato in panico, è che tu usi parole che non capisco!» arrossì a sua volta. Come fosse andata alla fine poco importava, perché finalmente El aveva smesso di piangere. Potevano anche essere un demone e un angelo, aver vissuto innumerevoli vite, ma avevano ancora così tanto da imparare, così tanto di cui sorprendersi, ogni giorno, anche solo quando El rideva.
«Oh, adesso che ridi sei ancora più bella», disse Aziraphale fiero, come non avrebbe potuto esserlo, del resto?
«Lo so, è bellissima e… c’è un odore strano», noto Crowley. Poco dopo l’angelo fece una smorfia.
«Emma Lyra, per l’amor del cielo, ti abbiamo cambiata poco fa. Direi che il tuo massaggio ha funzionato.»
«Bene, allora la cambi tu.»
«Cosa? Fallo tu!»
«No, io no. Lo sai, userei i miei poteri e noi eravamo d’accordo di non usarli su di lei. Com’era? Ah, sì: “Dobbiamo imparare con le nostre mani”», Crowley sorrise soddisfatto. «Bene, usa le mani adesso.»
«CROWLEY!» Aziraphale strinse un pugno. Fregato dalle sue stesse parole.
 

Nota dell'autrice
Povera piccola El, è un vero strazio, lo dico per esperienza (non con figli miei). Io sono un po' Aziraphale, se vedo i bimbi piangere vado loro dietro, perché divento triste. Per fortuna basta poco, magari adesso El adotterà questa tecnica per farsi coccolare, conoscendo il tipo ne sarebbe capace.

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Capitolo 4
*** 4 - Un semplice trucco ***


4 – Un semplice trucco
 
Probabilmente, nella sua testolina, El doveva pensare di essere stata ingannata. Apprezzava sempre il suo adorato biberon di latte, ma l’idea di poter assaggiare qualcosa di nuovo era una gran consolazione per la sua grande golosità.
Per questo, quando per la prima volta aveva assaggiato l’omogeneizzato, erano seguiti dei lamenti e non solo.
«No! El, ti prego! Non sputare tutto! Nooo!»
Aziraphale era stato fin troppo sicuro – ed evidentemente aveva sbagliato – che con El sarebbe stato facile. In fondo, se aveva preso da lui, avrebbe mangiato volentieri di tutto. Ma la piccola aveva sputato la pappa, lasciandosi andare ad una smorfia piuttosto esaustiva.
«No», piagnucolò l’angelo. «Perché ho anche solo pensato che sarebbe stato facile?»
Schioccò le dita per ripulire se stesso, ma non El, sarebbe stato inutile. La bimba se ne stava seduta sul suo seggiolone, guardandolo truce, come a volergli dire: “Quella roba la mangi tu”.
«Fammi indovinare. Non le piace, vero?» esordì Crowley, che al contrario di suo marito non aveva mai avuto speranze.
«Esattamente. Ho provato a dargli degli omogenizzati di sapore diverso, ma li ha bocciati tutti! Che dovrei fare?»
Crowley si avvicinò, prendendo in mano uno di quei vasetti che aveva un odore davvero terribile.
«Ma che cavolo, ha un odore tremendo! E il sapore allora?»
Il demone ebbe la malsana idea di infilare un dito e di portarselo alla bocca per assaggiarlo.
«Ma che schifo! Che roba è? Angelo, vuoi avvelenarla per caso?»
Ecco che arrivava anche l’altro bambino.
«Non voglio avvelenarla! Ma è una neonata, che dovrebbe mangiare?»
Crowley incrociò le braccia al petto, ritrovandosi a provare una grande empatia per sua figlia. Non gli risultava difficile credere che non volesse mangiare nulla, la roba per bambini era qualcosa di davvero infernale.
«Dovrebbe mangiare qualcosa di meglio. Tipo una pizza. O magari le tue amate crepes?»
«Non dire sciocchezze, non ha i denti per masticare!» gli ricordò Aziraphale, notando solo dopo l’espressione divertita di Crowley.
«Non ho mai detto che dovrà masticare», disse semplicemente, schioccando le dita, senza però spiegarsi. «Prova a darglielo adesso.»
L’angelo non sapeva se fidarsi, ma non poteva essere nulla di nocivo. Quindi prese una cucchiaiata di omogeneizzato e lo avvicino ad El, la quale oppose un po’ di resistenza, prima di arrendersi. Ma qualcosa cambiò questa volta. La piccola non sputò via nulla, anzi, gustò fin in fondo, con molto entusiasmo.
«Le piace? Le piace! Ma come hai…?»
«Assaggiala anche tu e capirai.»
Qualsiasi trucco Crowley avesse messo in atto, aveva funzionato. Fidandosi ora un pochino in più, si decise ad assaggiarlo a sua volta. Sorpreso, sgranò gli occhi.
«Ma… sa di pizza! Sento chiaramente tutti gli ingredienti, ma…»
«Beh? Almeno mangerà più volentieri. Non ho cambiato le sostanze nutritive di questi cosi, ci tengo alla salute di El. Però ho fatto sì che cambiassero sapore. Vedi? A lei piace.»
In effetti El stava ora tendendo la mano, come a richiederne ancora.
Com’è che non ci aveva pensato?
Era un’idea a dir poco geniale!
 
Qualche ora dopo…
 
Crowley aveva appena riposto El nella culla, visto che subito dopo mangiato, la piccola era crollata dal sonno. Quando tornò in soggiorno, si insospettì nel non vedere Aziraphale.
«E ora dove si è cacciato?» domandò a bassa voce, sentendo poi dei rumori provenire dalla cucina. Si avvicinò, attento a non far rumore.
E fu allora che colse con le mani nel sacco.
«Aziraphale! Non me lo dire, hai trovato l’omogenizzato al gusto crepes, vero?!»
L’angelo si bloccò con il barattolino in mano, come un criminale colto sul fatto.
«Amh… non è colpa mia, è davvero buono. E tu sai quanto io adori le crepes!»
«…Non ci posso credere! Aziraphale, posa quel barattolo! Non sei un bambino! Torna qui, sto parlando con te!»
 
 
Nota dell’autrice
Quest’idea dell’omogenizzato al gusto di pizza ce l’avevo in testa da giorni. Secondo me un bambino potrebbe apprezzare davvero (ha apprezzato perfino Aziraphale, ma de gli diamo le crepes lui è sempre contento! xD).

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Capitolo 5
*** 5 - Somebody to love ***


5 - Somebody to love
 
La musica classica era assolutamente l’ideale per rilassarsi. Inoltre, era una delle poche cose in grado di tenere Emma Lyra a bada. Quest’ultima se e stava nel suo box a parlottare con se stessa. Era già una gran chiacchierona, a modo suo.  Stesa nel suo piccolo mondo confortevole, si agitava e si portava le piccole dita alla bocca, provando poi a rotolarsi. Aziraphale sperò che ad El non venisse la brillante idea di spiegare le ali e volare via. Per questo, mentre si dedicava alla lettura di un libro  - il primo dopo settimane – si premurava anche si lanciare uno sguardo alla piccola, ogni tanto.
C’era una calma quasi paradisiaca. E ciò non poteva essere granché piacevole per un demone che, seduto accanto ad Aziraphale, stava cercando di ritrovare la sua vena creativa.
«Ora basta, non ce la faccio più con questa melodia infernale», si lamentò, chino su dei fogli.
«Come sarebbe a dire “melodia infernale”? È Mozart.»
«Sì, grazie, lo so benissimo chi è, lo ha anche conosciuto!» si lamentò. E maledisse il giorno in cui aveva lasciato scoprire ad Aziraphale il magico mondo della musica, di cui gli angeli non conoscevano molto. E ovviamente, si era subito innamorato della musica classica, chissà perché non ne era stato sorpreso. Peccato che ciò andasse contro a quelli che erano i suoi gusti musicali.
«Io faccio musica rock. Rock! Non posso concentrarmi e scrivere nuovi pezzi con questa roba in sottofondo. Non mi piace, toglila», proclamò  autoritario, facendo indispettire Aziraphale.
«Non essere antipatico! E poi piace ad El.»
«Piace ad El!» il demone gli fece il verso. «Io dico solo che la sta annoiando a morte!»
Non avrebbe permesso a sua figlia di annoiarsi e di non conoscere quella che era a suo dire la vera musica.
«Crowley, che stai facendo? Posso almeno finire di leggere il mio libro?» sospirò, paziente. Ma suo marito non gli diede ascolto, piuttosto schioccò le dita per dar fine a quello strazio e facendo partire un altro tipo di musica, molto più nelle sue corde.
«Somebody to love le piacerà sicuramente», disse fiero. Aziraphale alzò gli occhi al cielo. Ed ecco lì l’altro amore della vita di Crowley, i Queen.
Il demone si avvicinò al box, chinandosi. El in un primo momento rimase attenta ad ascoltare, poi iniziò a ridere e ad agitarsi, a sgranare gli occhi e a fare dei versetti.
«Sì!» esultò Crowley, fiero. «Le piace, le piace, lo sapevo. Beh, sei mia figlia dopotutto!»
Aziraphale si ritrovò a pensare che fosse irritante quanto adorabile.
«Perché effettivamente non ti somiglia già abbastanza, eh?» sospirò stancamente, capendo che il suo pomeriggio di lettura finivalì. Crowley prese in braccio El, la quale si lasciò andare a dei gridolini, tutta contenta.
«Lo so, lo so! Magnifico, vero? Sono certo che imparerai tutte le loro canzoni. Questa poi è speciale, l’ho dedicata al tuo papà.»
L’angelo sgranò gli occhi, non si aspettava proprio una sua uscita del genere.
«D-Davvero?» balbettò.
«Certo che sì! Perché, non te l’avevo detto? Mi pareva ovvio, l’ascolto in continuazione!» affermò con ovvietà. «E guarda, anche a lei piace, vuoi già ballare? Io potrei insegnarti. Beh… circa…!»
Preso dall’entusiasmo, Crowley era già partito in quarta. E ad Aziraphale venne da sorridere, un po’ divertito, un po’ commosso.
 
Nota dell’autrice
Si doveva per forza. A parte che Somebody to love per me (e penso per tanti) è la colonna sonora di Aziraphale e Crowley, è ovvio che ad El piaccia. La musica classica bella e rilassante e tutto il resto, ma che speranze si possono avere con un marito che è fan dei Queen e che vuole fare la rockstar?

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Capitolo 6
*** 6 - Giochi pericolosi ***


6 – Giochi pericolosi
 
El rideva indisturbata. Cresceva e capiva sempre di più del mondo intorno a sé, ad esempio capiva quanto fosse piacevole avere il sole sulla pelle o avere tutte le attenzioni per sé.
In realtà le attenzioni erano sempre tutte per lei. Soprattutto adesso che stava imparando a volare più a lungo e più abilmente. Le veniva naturale ancor più di quanto le sarebbe venuto naturale camminare. E mentre si teneva sospesa per aria su quelle piccole ali bianche e nere, era a dir poco adorabile.
«Mi sento stupido, ti ho già scattato almeno cinquanta foto», rifletté Crowley, osservando il suo cellulare, la cui galleria era strapiena di foto che ritraevano El,
«Non posso darti torto, caro. Lei è bellissima», sospirò Aziraphale. «Ma non ripetiamoglielo troppo, altrimenti crescerà vanitosa.»
«Ma va», Crowley allunò le braccia, afferrando El, la quale agitò le gambine. «Oramai stai diventando così brava. Volerai sempre più in alto.»
Dicendo ciò la lanciò su per aria, riprendendola poco dopo e causando una risata gioiosa da parte di El. E un mezzo infarto ad Aziraphale.
«Crowley! Per l’amor del cielo, piano, è una bambina, non un pallone!» lo rimproverò, ansioso.
«Di cosa ti preoccupi? È mezzo angelo e mezzo demone, non si farà male per così poco. E poi la cosa la diverte. Vuoi che ti tiri più in alto?»
Aziraphale si portò le mano davanti agli occhi per coprirli. Non che dubitasse della resistenza di sua figlia, ma vedere Crowley che la lanciava in aria con tutta quella forza gli faceva comunque una certa impressione.
«Andiamo Aziraphale, guarda! Guarda come la faccio andare in alto!»
Crowley lanciò nuovamente in aria El, ma quando tese le braccia per riprenderla, rimase a mani vuote. Aziraphale sgranò gli occhi, interdetto.
«Crowley. Che succede?!»
Il demone alzò gli occhi al cielo.
«Eh? Ma dov’è finita? Non l’ho tirata poi così in alto.»
Nonostante Crowley potesse vantare di stare accanto ad Aziraphale da oltre seimila anni, c’erano degli aspetti del suo carattere che ancora non conosceva, tipo il suo lato minaccioso.
«Non l’hai tirata in alto?!» esclamò Aziraphale, afferrandolo saldamente per la camicia. «E se è volata via?! Anche se è forte dimentichi che è solo una bambina, demone idiota, stupido e irresponsabile!»
Rimase a farsi insultare, dopotutto se lo meritava. Ma preferiva comunque rimanere in vita.
«M-ma non può essere chissà dove. Però davvero, non la vedo più…» mormorò. Aziraphale lo spinse lievemente, furioso.
«Cerchiamola. Ora», proferì in un tono che non permetteva repliche. Crowley sperò vivamente di non aver spedito sua figlia nell’iperspazio, perché la reazione dell’angelo in caso sarebbe stato qualcosa di molto poco angelico. E Aziraphale, dal canto, che assolutamente rinnegava la violenza in ogni sua forma, stava già pensando a dei modi terribili per punire Crowley in caso fosse successo qualcosa ad El.
Ma temeva di no. Tendeva a diventare un tantino ingestibile quando si trattava di lei.
Fu il demone stesso a sentire una piccola vocina a lui familiare. Sollevò lo sguardo sull’albero che troneggiava nel loro braccino.
«El?» chiamò. Schiuse le ali e spiccò un alto, facendo spazio tra le foglie. Ebbene, El se ne stava appesa ad un ramo, con le ali spalancate, sforzandosi di volare via, cosa impossibile dal momento che la sua tutina si era incastrata.
«El! Stai bene! Aziraphale, l’ho trovata!» esclamò.
Nel sentirsi chiamare, l’angelo lo raggiunse immediatamente, sgranando gli occhi inorridito nel ritrovarsi davanti una El piagnucolante che allungava le braccia nella sua direzione.
«Oh, povera piccola, ma come hai fatto ad incastrarti? Stai buona, ci penso io», sussurrò dolcemente, sfilandola via da lì. Una volta tornati a terra, Crowley tossì.
«Vedi? Sta bene, te l’avevo detto io che non si sarebbe fatta neanche un graffio.»
Ma perché non taccio?
Aziraphale sollevò lo sguardo su di lui, apparendo incredibilmente minaccioso. Poi si avvicinò e con un sorriso raggelante gli diede una pacca su una spalla.
«È una vera fortuna per te, mio dolce Crowley.»
E quel tono sadico lo fece tremare da capo a piede.
 
 
Nota dell’autrice
Secondo me è abbastanza canon che Aziraphale, nonostante la sua natura angelica e gentile, quando si arrabbia diventi un tantino pericoloso. Però ha ragione, soprattutto se in mezzo ci va la salute/sicurezza della sua bambina. Povera El, ma soprattutto povero Crowley che temo stasera dovrà dormire sul divano.

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Capitolo 7
*** 7 - Il preferito ***


7 – Il preferito
 
«Da, da, daaaaa, dadada!»
La manina di El si aggrappò ad Aziraphale con una forza a dir poco notevole. Nonostante fosse piccola e carina, la sua natura da mezzosangue le conferiva delle abilità particolati.
«Piano, piano El. Allora, dov’ero arrivato? Ah, sì. E Cappuccetto Rosso venne quindi mangiata dal lupo…»
Crowley lanciò uno sguardo pieno di dissenso a suo marito.
«Ma insomma, questa non è una favola adatta ai bambini! E poi dici a me di non farle vedere i film horror.»
Aziraphale sospirò, mentre El cercava di afferrare il libro per morderlo.
«Se mi facessi finire di leggere, scopriresti che finisce bene! E poi dubito che film come L’esorcista siano adatti ad una bambina.»
«El è un demone, non vedo come potrebbe spaventarsi», sbuffò, sistemandosi sulla poltrona di fronte e tendendo le braccia. «Su, piccola. Vieni dal tuo papa preferito.»
L’angelo si ritrovò offeso a quella frase.
«Perché sei tu il preferito? Te l’ha detto lei?» domandò fingendo indifferenza, anche se in realtà il suo tono di voce lo tradì abbastanza in fretta.
«Ma è chiaro che sono io il preferito. Io l’accontento sempre.»
«Davvero? Allora immagino che sarà compito tuo fra quindici anni accontentarla sempre quando vorrà uscire e avere un fidanzato.»
Crowley divenne rigido come un bastone e arrossì. Per l’Inferno, no! El non aveva neanche un anno, non poteva pensare di vederla crescere fino a  diventare un’adolescente. E se per gli umani era un periodo difficile di suo, come poteva essere per una ragazzina per metà angelo e per metà demone?
«Non voglio parlare di questo adesso! Avanti El, vieni qui coraggio!»
«El, non andare da lui, rimani qui con me!»
La bimba li guardò confusi, sollevandosi in aria senza sapere esattamente che fare. Da chi andare?
«Andiamo Aziraphale, ma seriamente? Non sarai mica geloso, spero!»
Non lo avrebbe ammesso mai. Insomma, geloso? Era assurdo, oltre che immaturo.
«Io non sono geloso», proferì, facendo poi una smorfia. «È che non è giusto. Io l’ho portata dentro di me per mesi, prendendomi tutti i suoi calci, le crisi isteriche e le voglie. E l’ho partorita con dolore.»
«Ehi, guarda che anche io ho sofferto, eh! Sono svenuto!» fece presente, ma Aziraphale lo zittì con lo sguardo. Non era esattamente lo stesso tipo di dolore, anzi, diciamo che non lo era per niente.
«Comunque lei dovrebbe preferire me. Avanti, El. Vieni qui,»
«Neanche per sogno! Vieni qui!»
Emma Lyra gonfiò le guance. Era solo una bambina, ma era particolarmente sveglia per la sua età. Iniziò ad agitare i pugni e a lamentarsi.
«Dadadada, brrrr!» gridò, adagiandosi piano sul divano.
«Non ti volevo mettere in difficoltà, ha cominciato lui!» sbuffò Crowley incrociando le braccia al petto. Aziraphale avrebbe voluto chiedergli se veramente avesse capito cosa El volesse dire o meno, ma preferì non farlo. Si sentì piuttosto sciocco per essersi lasciato andare a quella scenata di gelosia. Prese in braccio El, cullandola.
«Scusa tesoro, hai ragione. A volte siamo un po’ immaturi…»
Crowley alzò gli occhi al cielo, abbracciandolo dietro.
«E dai, Aziraphale. Perché te la sei presa? Ovviamente sei tu il suo preferito! Tu capisci subito di cos’ha bisogno, sei rassicurante e dolce.»
«Ma anche tu sei dolce. E protettivo. E sei farla ridere. In effetti siamo una bella squadra», sorrise, accarezzando i capelli biondi e rossicci della piccola. «Credo che preferisca entrambi, allora.»
«Certo, avevi qualche dubbio?», il demone si chinò per baciare El. «Ti vogliamo bene, Emma Lyra», poi abbassò la voce. «Ma io di più.»
Solo per quella volta Aziraphale finse di non sentire.
 
Nota dell’autrice
Comunque io se fossi nei panni di El non potrei mai decidere il mio preferito. Come si fa? Sono tutti e due unici e si completano, quindi non si può scegliere. Certo che i figli crescono così in fretta…

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Capitolo 8
*** 8 - Primi passi ***


8 - Primi passi
 
Per El era stato più facile imparare a volare che a camminare.
Già a pochi giorni dalla nascita infatti aveva spiegato le ali, ma imparare a stare in piedi sulle sue fragili gambette sembrava un’impresa ardua. Aziraphale batté le mani, attirando la sua attenzione.
«Dai che ce l fai, El! Coraggio»
La bimba si era alzata in piedi, ma preferiva rimanere aggrappata ad un gambo del tavolo. Riusciva  a gattonare, ma muovere un passo sembrava impossibile.
«Non mi sembra molto convinta», ammise Crowley, abbassandosi al livello di El. «Hai volato ad altezza incredibili, di cos’hai paura?»
El arrossì, prendendo ad agitare una manina.
«Pa-pa, mmmh!»
«Crowley, così la metti sotto pressione. I bambini hanno bisogno dei loro tempi. Sì, anche quelli non umani», spiegò Aziraphale. El era sì straordinaria, ma pur sempre piccina, e doveva ammettere di provare un’immensa tenerezza nel vederla così indecisa, ma volenterosa. Dopo un po’ di temporeggiamento, El infatti si staccò dal gambo del tavolo, rimanendo in equilibrio.
«Hai visto? Si è staccata. Vieni qui», disse Crowley incoraggiante. La bambina guardò verso il basso, facendo per muoversi. Ma si sbilanciò da un lato, cadendo.
«Ah!» Aziraphale saltò subito su, prendendola in braccio. «El, ti sei fatta la bua?»
«Se sapesse parlare ti direbbe che si è fatta la bua alla dignità», disse sarcastico suo marito. Ma in realtà Crowley sperò di no, El doveva possedere sicuramente una testardaggine particolare, dopotutto sia lui che Aziraphale sapevano essere piuttosto caparbi.
El di fatto non scoppiò nemmeno in lacrime come avrebbe fatto una bambina della sua età. Piuttosto indicò con un dito il pavimento, esprimendo il suo desiderio di essere messa giù.
«Vuoi riprovarci? E va bene, vediamo che succede», sospirò paziente. Poggiò El sul pavimento, andando accanto a Crowley. Questa volta la bambina appariva totalmente concentrata. Strinse forte i pugnetti e allora, finalmente, si mosse, incerta, ma veloce sulle sue gambe.
«Cammina!»  Crowley esultò come se non avesse aspettato altro. El gli si fiondò tra le braccia, giusto in tempo prima di perdere l’equilibrio.
«Ce l’hai fatta!» il demone si sollevò, prendendola in braccio. «Lo sapevo, lo sapevo! Tu sei una bambina troppo in gamba. Hai mosso i tuoi primi passi, stai… crescendo così in fretta», sorrise, felice e un po’ malinconico, guardando poi Aziraphale. Poté giurare di vedere gli occhi dell’angelo ora un po’ lucidi.
«Beh», quest’ultimo tirò su con il naso. «Se prima dovevamo stare attenti, adesso sarà anche peggio. Anche a terra ci sono dei pericoli.»
El si dimenò in braccio a Crowley. Adesso che aveva capito come fare, non voleva più fermarsi.
«Pa-pa!»
«Va bene, ho capito, ti metto giù!» sospirò Crowley, accontentandola. «Sono quasi commosso. Okay, sono commosse e basta, ma non intendo piangere. Cavolo, sono proprio fiero di quella piccola», dichiarò a braccia conserte, distogliendo lo sguardo. Azirphale sorride radioso.
«Oh, Crowley, sei così…»
Un sonoro crack li mise subito in allerta.
«Emh… dici che El ha rotto qualcosa?»
L’angelo scosse il capo.
«Non sono sicuro di volerlo sapere.»


Nota dell'autrice
Nella mia testa mi sono immaginata che camminare sia più difficile per volare, che quest'ultima cosa venga più automatica. Però adesso El ha imparato, quindi non ce n'è più per nessuno. Se combinava guai prima, adesso ne combinerà il doppio, sia a terra che in aria.

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Capitolo 9
*** 9 - Notti insonni pt.2 ***


9 – Notti insonni pt.2
 
La notte era la fine di una giornata, quella in cui si poteva staccare la spina e lasciarsi alle spalle la stanchezza.
Per alcuni.
Per altri, tipo El, giorno o notte non faceva differenza. Soprattutto quando si metteva in testa di non voler dormire da sola. Nonostante i suoi soli due anni e mezzo, era abbastanza sveglia da capire che sarebbe stato meglio volare piuttosto che camminare, almeno avrebbe fatto meno rumore. Nel loro letto, Crowley e Aziraphale dormivano beatamente, esausti dopo l’ennesima giornata piena di impegni. Il demone se ne stava abbracciato stretto al suo angelo, quando sentì un peso sull’addome. Qualcosa – qualcuno – gli si era gettato addosso con assai poca grazie e non era stato molto difficile capire chi.
«Oh, accidenti!» si lamentò. Aziraphale si svegliò di soprassalto e si preoccupò di accendere la luce.
Ed eccola lì, El se ne stava comodamente distesa sopra Crowley, mentre si succhiava il pollice.
«El, ma che ci fai qui?» domandò, paziente ed anche parecchio assonnato.
«Io qui», disse la bambina fieramente.
«Tu qui? Neanche per sogno», sbuffò Crowley. «Sarai piccola, ma occupi un sacco di spazio. Ora ti riporto a letto.»
El scosse il capo, nascondendosi veloce sotto le coperte.
«Nooo! Ttivo! Ca-cattivo!»
«Eeeeeh?! Emma Lyra, chi ti ha insegnato queste parole? Nei miei confronti, poi!» Crowley si sentì piuttosto offeso, perché quando provava ad essere severo finiva per essere cattivo?
Aziraphale si massaggiò la testa, doveva assolutamente fermare quella diatriba, anche perché erano le tre e mezza del mattino e non aveva voglia di ascoltarli discutere.
«El, davvero, dovresti dormire nel tuo letto come i bambini grandi.»
La piccola abbassò le coperte, guardandolo con i suoi grandi occhioni bicromatici.
«Paura-paura.»
«Cosa? Paura? Perché?» Crowley sembrò cambiare totalmente atteggiamento, addolcendosi ad un tratto.
«Povera piccola… forse hai fatto un brutto sogno?» Aziraphale la accarezzò i capelli, guardando poi suo marito.
«Se ha davvero paura è inutile riportarla nella sua camera. Ce la ritroveremmo qui dopo cinque secondi.»
Crowley fu del suo stesso avviso, in verità.
«E va bene, ma spero solo non diventi un vizio. O forse è troppo tardi…?» si lamentò a bassa voce, distendendosi di nuovo accanto ad una più rasserenata El. Quest’ultima sbadigliò, accoccolandosi ad Aziraphale e mettendosi molto comoda, tanto d calciare Crowley.
«Ahi! Ecco, appunto, lo sapevo. Finirà che dovrò dormirci io in camera sua.»
Aziraphale rise, mentre stringeva la sua bambina, baciandole la fronte e respirandone il profumo inconfondibile.
«Solo per stanotte caro, promesso.»
Infine fu davvero scomodo per Crowley, ma non si mosse da lì. Dormire tutti insieme piaceva ad El tanto quanto piaceva a lui. Non lo diceva ad alta voce, ma non ce ne sarebbe stato bisogno.
 
Nota dell’autrice
Passa il tempo, ma certe cose non cambiano mai. El certe cose le ha prese dalla sua creatrice me medesima, come il fatto che non ama dormire da sola. Crowley ci ha provato ad essere severo, ma le circostanze non girano a suo favore, devo dire.

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Capitolo 10
*** 10 - Capelli e trucco ***


10 –Capelli e trucco
 
«Oh, Crowley. Siete così adorabili.»
Il demone avrebbe avuto qualcosa da ridire. Doveva completamente sottostare al volere di una bambina di tre anni. El infatti aveva deciso di improvvisarsi parrucchiera e le sue manine piccole e delicate armeggiavano ora con le ciocche di capelli di Crowley.
«Prova a fotografarmi e giuro che non ti parlerò più», sbuffò, rosso in viso per la vergogna. Destava quando qualcuno lo toccava in quel modo, al massimo lo permetteva ad Aziraphale, ma almeno quest’ultimo non si metteva a fargli le trecce.
«Papà, fe-femmo», lo rimbeccò El, che oltre ad avere una lingua particolarmente lunga per la sua età, aveva anche una certa attinenza al comando. Lo aveva pettinato – non sempre con delicatezza, a dire il vero – e adesso stava intrecciando le sue ciocche per creare delle piccolissime treccine.
«Sei così piccola, eppure così abile», affermò Aziraphale divertito.
«Non è divertente, Aziraphale. Sapevo che non dovevo farli crescere, non ho un attimo di pace», sbuffò. La cosa più terribile era la sua totale incapacità di dire no.
Anche perché El non accettava facilmente un n “no”, come risposta.
«Ecco fatto!» la bimba batté le mani contenta. Crowley corrugò la fronte, sfiorandosi i capelli. El in effetti era brava e pensandoci quand’era angelo era solito a portarli così.
«Stai davvero benissimo», disse Aziraphale innamorato. «Sei stata brava, El.»
La bambina sorrise, non ancora però soddisfatta.
«Ora ti metto tlu-tlu-trucco!»
Oh no, quello era decisamente troppo.
«Assolutamente no, non puoi farlo!» piagnucolò Crowley. «Prenditi una bambola.»
Aziraphale sapeva che, se avesse riso, Crowley ce l’avrebbe avuta con lui per sempre.
«Beh, dai, non sarebbe la prima volta.»
«Questo non c’entra niente, quella volta era per un bene superiore! Perché non ti fai truccare tu se proprio ci tieni?» borbottò, incrociando le braccia al petto. El batté le palpebre, adottando la tecnica da occhioni dolci.
«Papi, ti plego!» sussurrò sorridendo. Era impossibile resisterle, aveva la dolcezza di Aziraphale, ma sapeva essere anche persuasiva, proprio come lui.
Era così debole!
«Oh… e va bene, d’accordo! Ma non esagerare!»
Sapeva che sarebbe stato inutile. Poco dopo infatti El gli aveva fatto un trucco completo, sugli occhi e anche sulle labbra.
«Bello!» esclamò El, fiera di se stessa per quel piccolo capolavoro. Crowley si portò una mano sul viso, imbronciato.
«Questo è maltrattamento nei miei confronti.»
«Io non vedo quale sia il problema. Sei bellissimo», disse Aziraphale, sincero.
«Sì!» El annuì, guardando poi l’angelo. «Tocca a te!»
Immediatamente il sorriso di Aziraphale sparì.
«Ma… tesoro, non sei stanca?»
Crowley sghignazzò, accavallando le gambe.
«Adesso potremo essere pari, angelo.»
 
Nota dell’autrice
Di cosa si lamenta Crowley non lo so, tanto con del trucco in viso è molto a suo agio. E poi tra occhioni dolci e una certa parlantina, El è irresistibile, li ha in pugno tutti e due (ma è così da quando è nata in verità). Aziraphale adesso non ride più, vero mio caro angelo?
 

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Capitolo 11
*** 11 - Principe ***


11 - Principe
 
El osservava incantata lo schermo della televisione. Non riusciva a smettere di guardare La bella e la bestia, il suo cartone animato preferito, aveva imparato a memoria tutte le canzoni. E in tale passatempo aveva trascinato anche i suoi genitori. Aziraphale era ben felice di tenerle compagnia, Crowley un po’ meno. All’inizio non era stato difficile, ma dopo la decima volta iniziava anche ad avere la nausea.
«Possiamo almeno cambiare film? Stanotte me lo sognerò», protestò debolmente Crowley. Sapeva che non sarebbe stato ascoltato, dopotutto sia suo marito che sua figlia sembravano fin troppo presi.
«No!» esclamò El stringendo i pugni. «Devo vedere come finisce!»
«Tu sai già come finisce! L’hai visto almeno dieci volte. Aziraphale, ti prego, cerca di far ragionare sua figlia. E poi quelle dannate canzoncine, non le sopporto più!» sospirò, accasciato sul divano. El lo guardò, con un’espressione pieno di dissenso.
«Ma le canzoni sono belle. E poi Belle e la Bestia sembrate tu e papà.»
L’angelo sorrise a quell’affermazione, sua figlia non aveva tutti i torti, in effetti. Crowley sbuffò per l’ennesima volta, poggiando una mano sul viso.
«Chissà perché ma penso di sapere quale sia il mio ruolo», si lamentò, poi però sorrise. «Però hai ragione, papà è una bellissima principessa.»
«Crowley!» esclamò Aziraphale rosso in viso. «Non sono una principessa. Caso mai, un principe, ecco…»
El si mise in piedi sul divano.
«Sono io una principessa!» El saltò su, fiera. «E questo è il nostro castello e… voglio un cavallo.»
«Te lo puoi dimenticare», chiarì subito Crowley, va bene accontentarla in tutto, ma quello era un tantino eccessivo. «Io certamente non sono diventato un principe», affermò, più malinconico di quanto avesse voluto. Aziraphale conosceva suo marito meglio di qualsiasi persona al mondo, conosceva le sue insicurezze dietro l’arroganza. Certo, Crowley era un demone e i demoni erano facilmente associati alle bestie, ma… non per lui.
«Invece ti sbagli, tesoro. Lo sei sempre stato. Il principe che mi ha salvato.»
Dicendo ciò gli accarezzò dolcemente uno zigomo e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
«Aziraphale, anche tu hai salvato me», sussurrò. El li guardò con gli occhi sognanti.
«Adesso però ci vuole un bacio… grande così!» esclamò la piccola allargando le braccia.
«Non ho idea di quanto corrisponda “tanto così”, ma magari possiamo scoprirlo», Crowley tirò a sé il suo angelo e allora lo baciò dolcemente sulle labbra. In fondo loro erano una bella storia.
 
Nota dell’autrice
Visto che sono buttata a pieno nei film Disney ultimamente, perché non far sì che il preferito di El sia La bella e la bestia (che poi è anche il mio). E comunque sì, il paragone con Aziraphale e Crowley ci sta tutto, sono proprio loro in carne ed ossa e la cosa non può che sciogliermi tantissimo <3

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Capitolo 12
*** 12 - Il preferito pt.2 ***


12 – Il preferito pt.2
 
El era qualcosa di speciale. Lo avevano sempre saputo, ma man mano che cresceva e il suo carattere andava formandosi, ne avevano avuto la conferma. Quella bambina, ora seduta a giocare con la sua bambola, era vivace e dolce, intelligente e testarda, anche assai capricciosa e permalosa. Era insomma la perfetta unione di entrambi. Ed era anche molto furba, o almeno la maggior parte delle volte.
«Ha detto che vuole più bene a me», disse ad un tratto Crowley, indicando la piccola con un gesto del capo. Aziraphale sollevò lo sguardo, sorpreso.
«Quando l’ha detto?»
«Stamattina. Perché, ha importanza?» domandò il demone con un sorriso soddisfatto, ma ben presto l’angelo infranse i suoi sogni di gloria.
«No, è che ieri sera mi ha detto la stessa cosa. Ha detto chiaramente che vuole più bene a me che a te.»
Crowley arrossì, sentendosi preso in giro.
«Quella… quella ruffiana! Come ha osato prendermi in giro? E va bene, adesso ci penso io, voglio proprio vedere cosa risponderà.»
Aziraphale non chiese nemmeno, ma conoscendo il livello di maturità che suo marito raggiungeva, poteva immaginarselo. Lo seguì e vide il demone sedersi di fronte ad El. Quest’ultima, seduta sul pavimento, pettinava i capelli alla sua bambola.
«El, posso farti una domanda?»
Lei sollevò i suoi grandi occhioni di colore diverso, battendo le ciglia.
«Che cosa?»
Dopo qualche secondo di silenzio, Crowley parlò.
«A chi vuoi più bene tra i due?»
Aziraphale avrebbe voluto dirgli che quella fosse una domanda ingiusta, ma in verità era troppo divertito dall’espressione stravolta di sua figlia. El infatti era arrossita e aveva sgranato gli occhi, alla ricerca di una risposta esatta. Una vera e propria crisi, insomma.
«Emh… amh… non lo so», rispose.
«Coraggio, ci deve pur essere qualcuno. Chi?» domandò Crowley, cercando di non scoppiare a ridere. El si tirò su, stringendo i pugni. La poverina non si sarebbe mai perdonata se avesse offeso uno dei due, questo pensava nel mentre.
«Non lo soooo! Non posso rispondere, non posso sciegliereee!» piagnucolò. «Voglio bene a tutti e due!»
Aziraphale si portò una mano davanti la bocca per cercare di camuffare – inutilmente – una risata. Che cosa estremamente adorabile.
«Ah, ma davvero? Tu pensa…» fece Crowley, fingendosi sospettoso.
«Mh, allora chi è il tuo figlio preferito?!» esclamò El, indicandolo e poi facendo un’espressione spaventata. «Sono io, vero?»
«El, ci sei solo tu, è ovvio, no?» chiese poi Aziraphale. «Allora è ufficiale? Non hai un preferito?»
El fece spallucce.
«Tutti e due lo siete.»
Crowley l’afferro, sollevandola appena.
«Vedo che ti piace vincere facile, esattamente come me. Beh, nemmeno io potrei scegliere fra voi due. Mai. E poi mai, e poi mai», dicendo ciò aveva preso a baciarle ripetutamente una guancia, facendola ridere.
«Papà, piano, mi fai il solleticooo!»
«Oh, Crowley. Sei uno sciocco, un bambino troppo cresciuto», disse Aziraphale, tenero.
«Il tuo bambino preferito, mi auguro.»
«No! Sono io la bambina preferita, tu sei grande e… zitto!» El iniziò ad agitare un ditino, piena di dissenso.
«Io lo conosco da più tempo, quindi gira a largo, carina! Vero, Aziraphale, eh? Allora?»
Esattamente com’erano arrivati a quel punto?
 
Nota dell’autrice
Insomma, sappiamo da chi El ha preso il suo lato da drama-queen, anche se è ancora piccolina lo mostra bene. Domanda difficile a cui rispondere, adesso nei guai si trova Aziraphale, se offende uno dei due, addio alla sua sanità mentale.

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Capitolo 13
*** 13 - I bambini da dove vengono? ***


13 – I bambini da dove vengono?
 
Per tutti i genitori nella vita arrivava quel momento: il momento in cui i propri figli prendevano a porgere domande scomode. Da El, Aziraphale e Crowley se lo aspettavano, dopotutto era una bambina così intelligente e curiosa su tutto.
Ma comunque non si erano preparati una risposta a quella domanda.
«I bambini da dove vengono?» domandò, mentre si dondolava appena e stringeva il suo orsacchiotto. Crowley smise di fare ciò che stava facendo, imprecando mentalmente e guardando Aziraphale.
«Bene, ci siamo. Tu sei l’angelo tra i due e sicuramente saprai spiegarglielo meglio di quanto possa fare io.»
Aziraphale aggrottò la fronte, indispettito. Suo marito non aveva torto, ma questo non voleva dire che poteva lavarsene le mani in quel modo. El era ancora così piccola, come poterle spiegare delle cose tanto complicate come la nascita e il concepimento?
«Vedi, El… quando una mamma e un papà si vogliono molto bene… il bambino arriva!» esclamò, sorridendo nervoso. Si era proprio cacciato in un bel guaio, poiché vedeva El sempre più curiosa.
«Come?» chiese infatti la bambina.
«Oh, ma facile. Con uno schiocco di dita, è ovvio», s’intromise Crowley, ricevendo in cambio un rimprovero sottovoce da parte del marito.
«Aspetta, mamma e papà? Ma io la mamma non ce l’ho. Perché non ce l’ho?» chiese ad un certo punto la bimba.
Quella era una domanda a cui effettivamente nessuno dei due si era preparato. Forse avrebbero dovuto, dopotutto El era particolare anche per quello.
«Amh… sono io la tua mamma…» arrossì Aziraphale. «Sono io che ti ho fatta nascere. Non siamo umani, per noi le cose possono funzionare… in maniera un po’ diversa», spiegò dolcemente. Sapeva che El non se ne sarebbe sorpresa, proprio perché era molto intelligente. La bambina infatti lo guardò qualche istante, per poi annuire.
«Ah, va bene. Ma come ci sono entrata nella tua pancia?»
«Adesso vuoi sapere troppo!» sbottò Crowley. «Come sei apparsa? Ho espresso un desiderio e allora ci sei entrata. Beh, circa…»
Aziraphale lo fissò a braccia conserte. Spiegare ad una bambina di cinque anni il sesso non era facile, non era quello il momento!
«Mh… secondo me… è una bugia», lo accusò El. «Però anche se non volete dirmi come sono entrata, so come sono uscita, me l’ha detto Anathema, mi ha detto anche che papà è svenuto.»
«Ma perché ti ha raccontato anche questo?» si lamentò Crowley, arrossendo. Che colpa e aveva lui se allora si era lasciato prendere dall’agitazione? El si portò le manine davanti la bocca, ridendo e poi si fece ad un tratto si fece più seria.
«Papà, io sono nata per errore, vero?»
L’ennesima domanda li raggelò totalmente. Era strano sentir pronunciare certe parola da una bambina così piccola e innocente. Lei, un errore? Era stata inaspettata di certo, ma sicuramente non era un errore.
«El, ma che dici? Tu non sei nata per errore, noi… non ce lo aspettavamo, è vero. È stata una sorpresa», spiegò paziente.
«Ma ti abbiamo voluta fin da subito. Fin da quando abbiamo saputo che c’eri», aggiunse Crowley. Quella bambolina dai capelli un po’ biondi e un po’ ramati e dagli occhi bicromatici era stata la cosa migliore che potesse loro capitare. El allora sorrise in modo radioso.
«Chiedevo così. Solo per sapere», concluse infine. «Comunque, se non volete dirmi come funziona davvero, lo chiedo ad Anathema. O a Gabriel o a Bel», dicendo ciò scappò con il suo orsacchiotto con le mani.
«Cosa? No! Diamine, non so chi temere di più tra i tre!» sbuffò Crowley portandosi una mano sul viso, scorgendo subito dopo Aziraphale pensieroso.
«Non pensavo che El ci avrebbe mai chiesto una cosa del genere. Ha solo cinque anni, ma è molto più profonda e sveglia di quanto noi stessi siamo disposti ad ammettere.»
Crowley si avvicinò cauto, abbracciandolo.
«Oh, angelo. Certo che è sveglia. È mia figlia, dopotutto», sussurrò, baciandogli la fronte. Aziraphale non rispose, si limitò a sorridere.

Nota dell'autrice
MI DISPIACE. Lo so, sono andata un po' sul malinconico, però ecco... si è scritta da sola la flash, io sono molto istintiva nelle cose. E poi El è davvero troppo intelligente per la sua età, me la immagino bene a porgere una domanda del genere. Povera piccola, lei MAI è stata un errore. E certamente sarà un bel disastro se Anathema, Gabriel e Belzebù cercheranno di spiegarle COME si concepiscono i bambini, non lo so nemmeno io chi sia peggio.

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Capitolo 14
*** 14 - Febbre ***


14 - Febbre

El tossì rumorosamente e a quel punto Aziraphale dichiarò la sua sentenza.
«Sì, hai decisamente l’influenza. Ed anche qualche linea di febbre, ma starai meglio.»
Non era facile quando El stava male, cosa che per fortuna succedeva abbastanza di rado. Non solo per la loro grande ansia – sua e di Crowley – ma anche perché la bambina aveva ereditato da uno dei due (e non era difficile capire da chi), l’amore per il dramma e l’esagerazione.
«Non è giusto, ho freddo. E ho caldo. E non posso giocare, mi fa male la gola», piagnucolò, stesa a letto con in mano il suo inseparabile orsacchiotto.
«Beh, parli parecchio per una che ha mal di gola», infierì Crowley. In realtà era molto preoccupato, se si parlava di ansia lui e Aziraphale erano quasi sullo stesso livello.
«Suvvia, non è niente di grave, passerà entro qualche giorno. Vedila così, almeno avrai tutte le nostre attenzioni per te.»
«Ma lei ha già tutte le nostre attenzioni», volle ricordargli Crowley.
E in effetti non aveva neanche torto. Si schiarì la voce, alzandosi.
«Ad ogni modo, El, adesso devi  prendere la medicina per la tosse.»
A quelle parole la bambina fece una smorfia indecifrabile.
«Che schifo, è amara, prendila tu», piagnucolò con fare teatrale.
«Io non ne ho bisogno.»
Che esasperazione. E pensare che era un angelo così paziente. La medicina per la tosse effettivamente non aveva un aspetto invitante, quando la versò sul cucchiaino.
«Vai via!» El sventolò una mano per cercare di allontanarlo. Se avesse potuto sarebbe volata via sulle sue ali, ma in verità non ne aveva la forza.
«Giuro solennemente che avrà un buon sapore», promise Crowley. «Direi mai bugie?»
«Tu dici sempre bugie. È per questo che papà si arrabbia di continuo!»
Aziraphale doveva mettere fine a quel piagnisteo. Ma almeno Crowley stava distraendo El. Veloce si avvicinò, afferrandole piano il viso e mettendolo – assai poco elegantemente – il cucchiaino in bocca.
El fece una smorfia e cercò di protestare, ma subito dopo si calmò.
«Ma… ha sapore di zucchero filato.»
«Visto? Te l’avevo detto io che avrebbe avuto un buon sapore», le fece notare Crowley.
«Che cosa?! Tu hai cambiato il sapore? E non potevi dirmelo prima di far succedere questo casino?!»
Aziraphale era sempre molto controllato, ma quei due mettevano a dura poca la sua pazienza.
Dopo la medicina, El volle letto il suo libro preferito, Alice nel Paese delle Meraviglie. Quindi Aziraphale la portò con sé sul suo letto – anche perché in nottata El li avrebbe raggiunti comunque – e iniziò a leggere per lei. La bambina in verità non resistette a lungo, perché vinta dalla stanchezza data dall’influenza, si era addormentata subito. Aziraphale però non aveva avuto il coraggio di sposare quel corpicino bollente, quindi l’aveva tenuta stretta a sé.
Crowley lo raggiunse poco più tardi, facendo attenzione a non svegliarla.
«Temo che sarà una notte molto lunga. Lo sai come diventa El quando sta male, è così capricciosa. Io la vizio troppo.»
«Dici così da quand’è nata, ma non mi pare che le cose siano molto cambiate», sussurrò Aziraphale, sfiorando la fronte lievemente sudata di El. Aveva le guance arrossate, anche quell’adorabile nasino all’insù. E le sue lentiggini e quelle ciglia lunghe. Sembrava di guardare allo specchio se stesso e Crowley, ma fusi insieme. «Ma va bene così. El non avrà cinque anni per sempre.»
«Beh, grazie Aziraphale. Avevo proprio bisogno che me lo ricordassi», si lamentò, abbracciando piano El. «Le è scesa la febbre?»
«Credo di sì. Odio vederla star male, fortunatamente lei resiste più di te. Se fossi stato tu quello con la febbre, sarei già impazzito.»
«Ehi, che cosa vorresti insinuare?» domandò offeso. Aziraphale però aveva chiuso gli occhi, forse già addormentato a causa della troppa stanchezza. Si addolcì appena e decise che lo avrebbe lasciato riposare.
 
Nota dell’autrice
Oramai sto sviluppando un amore per l’hurt/confort, mi da degli spunti così fluff. Comunque per me è canon che Crowley, in caso di malore/influenza/qualsiasi cosa, diventi la peggior drama-queen esistente e infatti El ha preso da lui (ma questo si era abbastanza capito).
 

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Capitolo 15
*** 15 - Talenti ***


15 – Talenti
 
El era una piccola artista. Aveva insistito fino alla sfinimento affinché Crowley le insegnasse a suonare e quest’ultimo ovviamente non aveva potuto dirle di no, anche perché la cosa lo rendeva estremamente fiero. Ma non solo ciò. El infatti aveva una predisposizione anche per la lettura e la scrittura, aveva già imparato a scrivere e divorato la maggior parte dei libri per bambini. E aveva iniziato anche a scribacchiare i suoi primi racconti.
«Perché io da grande sarò una rockstar, scrittrice-viaggiatrice nel tempo», disse decisa.
«Per viaggiatrice nel tempo, direi che ci siamo già, per le altre due cose, sono sicuro che ci riuscirai», disse sicuro Aziraphale. Ne era più che certo, El poteva riuscire in qualsiasi cosa volesse e poi quella bambina era troppo testarda per arrendersi.
«Allora questa è la storia che ho scritto!» esclamò attirando l’attenzione sia sua che di Crowley. «C’erano una volta un angelo e un demone che erano tanto tano tanto tanto taaanto innamorati. L’angelo aveva una libreria e il demone aveva i capelli rossi ed era bello bello bello bello.»
«Oh, hai sentito Aziraphale? Il demone è quattro volte bello, mi chiedo proprio chi sia», gongolò Crowley divertito.
La bimba continuò con grande concentrazione a leggere quanto scritto.
«Loro erano molto amici e un giorno… c’è stata l’Apocalisse. E loro dovevano fermarla, prima hanno litigato, poi però hanno fatto pace.»
«Questo è assolutamente vero», ricordò Aziraphale con grande malinconia.
«E poi… poi però hanno vinto», El strizzò gli occhi. «Si sono sposati e hanno avuto una bambina bella, buona e brava… che sono io, fine. Per ora.»
Aziraphale era a metà tra il divertito e il commosso. L’innocenza di El era qualcosa di dolce.
«Tesoro… tu hai del talento. E quale sarà il titolo?»
El gonfiò le guance, facendo spallucce.
«Non lo so, ci devo ancora pensare. Allora è bella?»
«Certo che è bella, dopotutto è la nostra storia e di più bello non c’è assolutamente niente», disse Crowley fiero. «A proposito, puoi anche scrivere che l’angelo ha fatto impazzire il demone per seimila anni perché non si accorgeva dei suoi sentimenti?»
Aziraphale arrossì. Sapeva che avrebbe tirato fuori quella storia, gliel’avrebbe rinfacciato vita.
«Questa cosa non è… va bene, è vera, ma solo un pochino! Allora scrivi anche che il demone faceva confondere l’angelo con i suoi modi di fare poco chiari!»
«Poco chiari? Veramente sono stato cristallino, angelo! Cosa dovevo farti? Saltarti addosso?!»
El li guardò, richiamando la loro attenzione.
«Smettetela! Tanto la protagonista sono io, voi siete solo gli aiutanti!»
Crowley finalmente smise di prendersela con Aziraphale.
«Come sarebbe a dire solo gli aiutanti? Siamo protagonisti tanto quanto te.»
Ma El scosse il capo decisa.
«Decido io. Se non ti piace allora non comprerai il mio libro.»
Crowley era sempre più sconvolto dalla sua lingua lunga.
«Come comprare? Sono tuo padre!»
«… E allora?»
Aziraphale rise, prendendo in braccio la sua piccola aspirante scrittrice.
«Dai, cosa volete che importi. Conta che El probabilmente diventerà la più giovane scrittrice al mondo.»
«Scrittrice rock che viaggia nel tempo!» lo corresse, guardando poi Crowley. «Papà, suoniamo?»
Quella piccola bambinetta che l’aveva relegato a semplice aiutante! Ma come poteva dirle di no?
«E va bene,  ma sappi che sarà una lezione molto difficile.»
 
Nota dell’autrice
Per questo capitolo mi sono ispirata ad una cosa simile successa con la mi cuginetta e infatti ho ripreso il suo modo di parlare, quando El legge. Alla fine de L’effetto farfalla, lei diventa davvero una scrittrice, quindi direi che il talento ce l’ha davvero. Spero vi abbia divertiti, a presto ^^

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Capitolo 16
*** 16 - Primo amore ***


16 – Primo amore.
 
Distesa sul pavimento, El so stava dedicando ad uno dei suoi tanti racconti. Amava sperimentare più generi, anche se prediligeva più che altro le storie d’avventura o d’amore. E, soprattutto, adorava leggere ad alta voce.
«C’era una volta una bellissimissima principessa di nome Emma Lyra, che era fidanzata con un bellissimo principe di nome Seth…»
Ad Aziraphale, che l’ascoltava sempre molto volentieri, non poterono sfuggire quei due nomi.
«Seth?» domandò.
El si alzò, mettendosi seduta con il viso arrossato.
«Sì, il bimbo che mi piace.»
In quel momento nella testa di Crowley risuonò ripetutamente una sorta di allarme immaginario. Perché diamine una cosa del genere stava accadendo ora? Pensava che avrebbe avuto molto, molto più tempo.
Rigido come un bastone guardò sua figlia.
«Un bambino che ti piace?» domandò lapidario, chinandosi a guardarla. «E dove lo avresti conosciuto?»
«L’ho incontrato l’altro giorno quando sono andata con papà al parco.»
Ah, ecco di chi era la colpa. Aziraphale aveva un’anima troppo romantica, non sarebbe mai stato dalla sua parte. Lo guardò malissimo, come se avesse voluto ucciderlo.
«Insomma, e tu dov’eri mentre accadeva ciò?!»
«Crowley, ora non farne uno dei tuoi soliti drammi, sono solo bambini», spiegò pazientemente.
«Saranno solo bambini, ma vedo che questo… tizio ha avuto un certo fascino su El. E tu», indicò la bimba. «Sei ancora troppi piccola per pensare a queste cose. Forse fra cinquant’anni potremmo parlarne.»
El, che sapeva farsi valere già molto bene, si mise in piedi, con le mani poggiate sui fianchi.
«È troppo! Io non voglio fare come te e papà, avete aspettato seimila anni per mettervi insieme!»
Aziraphale avrebbe voluto dire “touché”, in effetti non aveva tutti i torti.
«Certo che abbiamo aspettato seimila anni, dovevamo conoscerci per bene!», e, avrebbe voluto aggiungere, io avrei aspettato molto di meno, ma non mi è stato possibile. «Non rivedrai mai più quel ragazzino.»
El incrociò le braccia al petto.
«E invece sì, ci vediamo domani. Noi andiamo sull’altalena insieme e mi ha anche dato il suo gelato. Quindi devo sposarlo!»
Alla parola “sposarlo”, quasi Crowley si sentì male.
«Cosa mi tocca sentire… El, non lo dire…» si lamentò, peccato che sua figlia fosse già partita in quarta.
«Sì, certo, e quando mi sposerò voglio un vestito bellissimo e…» ad un tratto assunse un’espressione molto più dolce. «Papi, mi accompagni all’altare, vero?»
Quella bambina lo colpiva al cuore peggio della freccia di Cupido con quelle sue domande ingenue, dolci e così strappalacrime.
Approfittarsi così della sua mal celata sensibilità era ingiusta.
«Oh Crowley, hai gli occhi lucidi, ma ti sei commosso?» domandò Aziraphale.
«Io… no! Non sono commosso, che assurdità!» tossì appena, ricomponendosi. «Certo, ti accompagneremo entrambi…»
Già se la immaginava… no, non poteva, avrebbe finito con il versare tutte le sue lacrime.
«Evviva! Allora adesso… continuo a scrivere, voglio arrivare alla parte del matrimonio subito.»
Crowley si accasciò sul divano, rassegnato.
«Aziraphale, è colpa tua. Lei è troppo bella, se fa conquiste già adesso, non oso pensare quando sarà più grande», sospirò.
«Oh, quindi è colpa mia? Somiglia molto anche a te, mio caro, direi che abbiamo i nostri meriti entrambi», dicendo ciò gli accarezzò lievemente i capelli, come se fosse stato un bambino.
 
Nota dell’autrice
Cominciamo MOLTO MALE se Crowley ci parte così, pensiamo un po’ appena El sarà più grande. E certo, la colpa è di Aziraphale perché la bimba è troppo bella, anche se somiglia ad entrambi.
Dovevo chiamare questa raccolta “Mille modi per far sclerare Crowley in modo semplice e pulito”.
 

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Capitolo 17
*** 17 - Imbarazzo ***


17 – Imbarazzo
 
Quando la passione arrivava c’era poco da fare. Ma con El sempre in giro per casa non era facile ritagliarsi qualche momento intimo, eccetto la notte. Concentrare tutte le voglie e i desideri solo in quel lasso di tempo era difficile, certe cose non si comandavano affatto.
Per questo ogni occasione buona era giusta per approfittarne.
«Crowley, sicuro che sia saggio?»
Aziraphale si era ritrovato schiacciato contro il divano e con le labbra di Crowley incollate alle proprie.
Era sempre così impaziente.
«Certamente. El è fuori che gioca, ho fatto in modo che non possa entrare…» soffiò sul suo collo.
«Ma Crowley, potrebbe avere bisogno di qualcosa…» ansimò, già sensibile, aggrappandosi ai suoi vestiti.
«El è per metà demone e per metà angelo, se la caverà per qualche minuto. O per qualche ora. Ti prego, voglio farlo in un posto che non sia il nostro letto.»
Il demone non aveva tutti i corti. Essere relegati nella propria camera, solo la notte (e nemmeno sempre, considerando che El voleva spesso dormire con loro), era sfiancante.
«V-va bene. Ma facciamo piano.»
«Questo non devi dirlo a me, sei tu quello rumoroso» e dicendo ciò morse la pelle sensibile del suo collo.
 
C’era però una cosa di cui si erano momentaneamente scordati – forse accecati dagli ormoni -, ovvero che El poteva fare qualsiasi cosa. Se Crowley la chiudeva fuori, lei poteva aprire tutte le porte e le finestre e fu ciò che esattamente fece, dato che non aveva gradito l’essere chiusa fuori.
Aprì pian piano la porta.
«Papà, io ho fame. Ma dove siete? Perché vi nascondete?»
Si avvicinò al soggiorno e rimase immobile, non comprendendo appieno ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi.
«Ma che fate?»
Crowley si immobilizzò, tappando la bocca ad Aziraphale che piegato sotto di lui si era lasciato andare ai gemiti. Fece per protestare ma quando sollevò gli occhi si era reso conto della terribile verità: c’era El lì!
Per fortuna lui e Crowley avevano avuto l’accortezza di tenere addosso metà dei vestiti e risparmiare ad una povera bimba quello spettacolo indecoroso.
«El!» gridò, rosso in viso, ancora ansante e stanco.
«Ah, ecco dov’eravate! Io ho fame ma… cosa state facendo?» domandò curiosa nel vederli in quella posizione così strana.
Crowley si trovava ancora dentro Aziraphale – e tra l’altro ci era mancato così poco affinché giungesse alla sua massima soddisfazione, ma inevitabilmente tutto era sparito.
«Noi stiamo… stiamo… che stiamo facendo?!» esclamò, preda del più totale imbarazzo.
«Amh… è un gioco. Sì, un gioco nuovo!» rispose prontamente Aziraphale, con la prima idea che gli era venuta in mente. El li guardò.
«Ah sì? E posso giocare anche io?»
«NO!» esclamò il demone. Per Satana, che situazione disagiante. «Anzi, sì. Puoi girarti un attimo e chiudere gli occhi? Fa parte del gioco!»
El non protestò troppo, quindi si voltò, dando tempo a quei due di ricomporsi e tornare presentabili.
Aziraphale guardò Crowley con un’espressione che voleva chiaramente dire “Dopo facciamo i conti”. Quando El si voltò di nuovo, gonfiò le guance.
«Ma non è giusto, il gioco è già finito?»
«Già, purtroppo sì», si lamentò Crowley, insoddisfatto. Aziraphale si portò una mano sul viso, sperando di essere tornato almeno ad un colorito più normale.
«Avevi fame, vero?»
«Sì! Mi avete chiuso fuori. Ma a questo gioco cosa si vince?» chiese la bambina. Crowley allora si alzò, sorridendo malizioso verso il suo angelo. Sicuramente non si sarebbe accontentato così. Senza dire una parola si allontanò, salendo in camera da letto, con un’espressione che diceva tutto.
«Amh… si vince… si vincono tante cose belle», maledetto, era chiaro che gli sarebbe andato dietro. «Ma… ma non è ancora finito! C’è una cosa importante che devi fare. Devi rimanere qui e non muoverti per nessun motivo al mondo, capito? Altrimenti perdi!»
El sorrise, annuendo.
«Ma posso mangiare un toast?»
«Sì, ma rimani qui… rimani…» Aziraphale indietreggiò, impaziente di raggiungere Crowley. «Mi raccomando!»
E dicendo ciò sparì.
 
Nota dell’autrice
Beh che dire, spettacolo indecoroso sicuramente non per noi. Aziraphale e Crowley dovranno fare attenzione la prossima volta, El non ha capito, ma magari alla seconda volta potrebbe già sapere. E insomma, beccare i propri genitori fare certe cose non deve essere esattamente edificante, ma Crowley è sportivo e non si lascia abbattere (gli ormoni, accecano tutti)

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Capitolo 18
*** 18 - Baby-sitter fantastici e dove trovarli ***


18 – Baby – Sitter fantastici e dove trovarli
 
«Dove si è cacciata quella ragazzina?»
Belzebù non aveva pazienza, ma con El si era parecchio addolcita. Solo con lei, in realtà. E poiché – anche se non lo diceva mai apertamente – aveva un debole per quella bambina – aveva accettato di farle da baby-sitter. E poi non era da sola nello svolgere quell’arduo compito.
«Seriamente due come noi non trovano una ragazzina?» si domandò Gabriel. Il demone si voltò a guardarlo, con un’espressione spazientita e nervosa.
«Ti avevo chiesto di tenerla d’occhio solo un attimo. Ma ovviamente dovevi farti abbindolare.»
«Non mi sono fatto abbindolare, magari è andata a farsi un giro.»
Belzebù lo guardò ancora, con un’espressione che voleva chiaramente dire “Sei un idiota”.
«A farsi un giro? Ha sette anni! Non può andare in giro da sola. Se le succede qualcosa, ti ammazzo. E non sarò l’unica, temo!» disse afferrandolo e guardandolo con tutta l’ira possibile. Gabriel però sorrise.
«Saresti una brava madre», le disse infatti. Belzebù arrossì, quel maledetto sapeva sempre cosa dire per farla sciogliere… solo un pochino.
«Piantala di fare lo stupido, dobbiamo cercarla. Altrimenti Crowley e Aziraphale andranno fuori di testa e io non ho la pazienza per sopportare anche loro!»
Era stata categorica, quindi forse era meglio darle retta. El sapeva essere estremamente dispettosa e vivace. E si perdeva molto d’occhio facilmente, soprattutto adesso che stava diventando abile nel volo. Potente o meno era pur sempre una bambina, e se qualche umano l’avesse vista? Questo non poteva succedere, per questo i due andarono a cercarla. Passarono anche da Anathema, ma la bimba ovviamente non si trovava nemmeno lì.
«Dov’è finita?!» domandò esasperata Belzebù. «Quella ragazzina, se la trovo io la… la… ah!»
«Smettila di preoccuparti», sbottò Gabriel, molto poco saggiamente. Il demone si trattenne dall’istinto di colpirlo.
«Smetterla di preoccuparmi? E tu allora? Puoi fingere, ma è chiaro che sei preoccupato.»
«Io sto benissimo!» rispose subito, a braccia conserte. «Dopotutto El è così forte. E così piccola. E così innocente e dolce e… dobbiamo trovare quella ragazzina», decise infine.
Ma El non saltava fuori da nessuna parte. Come lo avrebbero spiegato a Crowley e Aziraphale? Non sarebbe stato facile. E infatti, quando tornarono a casa, Belzebù prese in mano la situazione.
«Tu sta zitto, hai capito? Me la sbrigo io», intimò all’angelo. Poco dopo Aziraphale e Crowley rientrarono, appena tornati dalle rispettive mansioni lavorative.
«Che ci fate lì impalati? El dov’è?» domandò subito il demone. Belzebù sorrise, indicando Gabriel.
«Te lo dice lui»
Gabriel assunse un’espressione stravolta. Quel demone traditore! E soprattutto, perché doveva essere lui a temere quei due quando era sempre stato il contrario?
«Eh… El è… vediamo… è da qualche parte.»
Aziraphale si avvicinò, guardandolo.
«Da qualche parte dove?»
Quello scambio di ruoli era a dir poco spiacevole. Gabriel doveva pensare ad una risposta soddisfacente, quando El spuntò da dietro il divano.
«Qui!» esclamò la bambina agitando le braccia, con grande sollievo dei due baby-sitter che in quel momento riacquistarono cento anni di vita.
«El? Ma che ci facevi lì dietro?» l’accolse subito Aziraphale, coccolandola.
«Stavamo giocando a nascondino», la bambina fece l’occhiolino a Belzebù e Gabriel. Il demone si lasciò cadere seduta, stanca. Non voleva nemmeno sapere dove El fosse stata, l’importante era che fosse lì.
«Noi non avremmo mai dei figli», dichiarò infine.
 
Nota dell’autrice
Certo Belzebù… non avrai mai figli, CERTO.
Comunque, El era veramente a farsi un giro, ed è stata abilissima a non farsi trovare e a far sclerare i suoi baby-sitter. Immaginarmi Gabriel impaurito da un Aziraphale arrabbiato è piuttosto soddisfacente, lo ammetto.

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Capitolo 19
*** 19 - Trasformazioni ***


19- Trasformazioni
 
«Dai, fallo ancora! Trasformati di nuovo!»
Crowley sospirò. Era la quinta volta che sua figlia glielo domandava. La piccola infatti era affascinata dalla sua identità di rettile, e come dargli torto. In effetti anche da serpente, Crowley sapeva di essere molto interessante. O almeno così amava definirsi.
«Va bene, d’accordo! Nessuno mi paga, per questo!» sbuffò.
Qualche istante dopo si trasformò in un bellissimo serpente nero, dagli occhi dorati. El si lasciò andare ad un gridolino e poi corse ad abbracciarlo, anzi a stritolarlo.
«Lo adoro!»
Crowley sentì l’aria mancargli. Per tutti i demoni, sua figlia avrebbe finto con l’ammazzarlo così.
«Ma tesoro, non è un pupazzo», tentò di ricordarle Aziraphale. Povero Crowley, più che inquietante e spaventoso era dolce e adorabile come un serpente di peluche.
«Anche io voglio provare a trasformarmi!» decise ad un tratto la bambina. Nel sentire quelle parole, il demone ritornò alla sua forma “umana”.
«Ma non puoi farlo! Sei demone solo per metà, chissà cosa succederebbe. E poi, non ti basta già essere in grado di cambiare tutto il tuo aspetto?!»
El stava imparando da poco a gestire anche quella parte dei suoi poteri, ma per lei era più che altro un gioco. Poteva cambiare colore dei capelli e degli occhi, allungarsi il naso e la forma del viso, anche se solo per un tempo limitato. Ma trasformarsi in un animale? Pareva una cosa troppo drastica.
Purtroppo El era davvero testarda.
«Ma io mi sono esercitata in questi giorni. Guarda, adesso provo.»
«El no!  Aziraphale tentò di fermarla, ma in verità era già troppo tardi. La bambina era effettivamente riuscita a trasformarsi in un piccolo, adorabile, serpente bianco. Ce l’aveva fatto davvero.
Crowley incrociò le braccia al petto, fiero da un lato, ma anche preoccupato.
«Questo è magnifico, ma… adesso sai tornare come prima?»
Gli occhietti da rettile El sembrarono assumere un’espressione preoccupata. A quello in verità non aveva pensato.
«Aaaah!» esclamò Aziraphale. «Ma io non posso avere una figlia rettile. La amo lo stesso, ma non può stare in queste condizioni!»
«Angelo, rilassati, d’accordo?!» sbottò Crowley. «Provo a farla tornare come prima»
Prese El in braccio, in verità non ci aveva mai provato. Ma si concentrò e chiuse gli occhi. Qualche istante dopo, El tornò come prima, sana e salva, per grande sollievo di Aziraphale.
«El, sei di nuovo una bambina! Meno male, mi è preso un colpo», sospirò, desideroso di accasciarsi da qualche parte. La piccola però era imbronciata.
«Ma non è giusto, c’ero riuscita. Non sono per niente brava.»
«Come no? Certo che lo sei, ti sei trasformata completamente da sola! Ti serve solo un po’ di pratica, ma avrai tempo. Eh, la parte demoniaca a quanto pare è predominante», e dicendo ciò guardò Aziraphale, vittorioso.
«Questo non è vero, è un cinquanta e cinquanta! E comunque non è una gara!» gli ricordò. El si era accoccolata a Crowley, assonnata.
«Ho sonno, mi leggete una storia?». Il demone sbuffò.
«Va bene, questo sicuramente non l’ha preso da me. E storia sia, ma io faccio la parte di quello che ascolta.»
 
Nota dell’autrice
Ogni scusa per Crowley è buona per gongolare, è così canon. El non solo può cambiare aspetto come vuole, ma può pure trasformarsi in un animale, anche se ha bisogno di tanto esercizio, però insomma, una creatura di cui andare fiera senza dubbio T-T
 
 

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Capitolo 20
*** 20 - Una tranquilla giornata in spiaggia ***


20 - Una tranquilla giornata in spiaggia

Aziraphale non amava passare ore sotto il sole, la sua pelle pallida rischiava di bruciarsi facilmente. Ma per accontentare El e dato il caldo atroce, aveva fatto quel piccolo sforzo. E poi, leggere sotto un ombrellone sapeva essere molto rilassante. Crowley non amava l’acqua, motivo per cui, al contrario di suo marito, adorava arrostirsi al sole come una lucertola. Per Aziraphale sarebbe stato molto più facile se solo Crowley non avesse attirato tutte quelle attenzioni. Portava come sempre gli occhiali da sole e il suo striminzito costume rigorosamente nero. Tante donne – e anche parecchi uomini in verità -  gli lanciavano sguardi che lasciavano ben poco spazio all’interpretazione. Aziraphale fingeva di non vedere, ma in verità i suoi occhi da angelo scorgevano tutto, anche mentre leggeva.
El era appena uscita dall’acqua, con addosso il suo costume viola, fradicia d’acqua e per niente disturbata dalla sabbia bollente, correva gettando quest’ultima addosso alle persone.
«Papà, papà!» gridò agitando le braccia.
«El, non devi correre in spiaggia!» la rimproverò, imbarazzato nell’avere tutte quelle occhiate addosso. El scosse la testa, bagnandolo di goccioline d’acqua salata e dopodiché la bimba guardò con interesse Crowley.
«Papà dorme? Non si scotta?»
«No tesoro, non si scotta perché è un serpente infido», sbottò, più acido di quanto avrebbe voluto. In fondo Crowley non stava facendo niente di male, non era colpa sua se tutti lo guardavano con interesse. Dopo qualche istante, El ebbe la geniale idea di svegliarlo saltandogli addosso.
«Ah!» Crowley sussultò nel sentire il suo corpicino gelido contro il proprio. «Porc-EEEEL! COSA TI SALTA IN MENTE?!»
«Oh, ma sei bollente!» esclamò lei divertita. «Mi abbracci?»
Non era il risveglio che Crowley avrebbe desiderato, ma se El gli chiedeva così dolcemente di abbracciarlo, poteva passare sopra al freddo. La strinse forte, baciandole la testa.
«Agli ordini…»
«Se sei ai miei ordini vieni a fare il bagno con me?»
Ne avrebbe fatto volentieri a meno, non solo detestava l’acqua, ma detestava anche il caos, la gente e i bambini che giocavano a palla.
«Ci posso provare. Vieni, angelo?»
«Io… vi raggiungo tra poco… stai attento ad El, non farla allontanare troppo!»
«Ma io nuoto meglio di tutti e due!» affermò la bimba a braccia conserte, zittendolo. Aziraphale continuò a fingere di leggere mentre i due si allontanavano. Non voleva fare la figura del paranoico, Crowley l’avrebbe tormentato a vita, ma doveva tenere gli occhi aperti, quella spiaggia era un luogo di perdizione, e lui che era sposato con un demone, di perdizione se ne intendeva. El entrò in acqua e come si aspettava Crowley rimase sulla riva a guardarla. Era proprio sexy, anche lui l’avrebbe guardato se fossero stati estranei. Si irrigidì, attento ad ogni movimento di qualsiasi persona gli si avvicinasse. Per la maggior parte si trattava però di bambini, adolescenti e.. oh, no, non le madri single con bambini, quelle erano il peggio del peggio, insomma chi resisteva ad un demone affascinante con una bambina?
L’allarme risuonò nella sua testa quando vide una donna avvicinarsi
Era così poco angelico in quei casi.
«Oggi c’è molto caos, non trova?»
Crowley non capì subito se quella donna stesse o meno parlando con lui, di fatti si guardò intorno un paio di volte prima di rispondere.
«Sì… credo di sì… beh, fa caldo», fece spallucce, sistemandosi gli occhiali da sole.
«È vero, proprio per questo mio figlio mi ha pregato di portarlo al mare», la sua interlocutrice aveva una chioma di ricci ribelli e la pelle mulatta e sembrava starci provando. Lui era un demone, di queste cose se ne intendeva. «Lei ha figli?»
«Sì, una…» disse guardando El che giocava in acqua. Se Aziraphale lo avesse visto lo avrebbe ammazzato, ma lui non stava facendo niente di male!
«Ah, credo di averla vista. Le somiglia, sa? È venuto con sua moglie?»
«Mia… eh?» inarcò un sopracciglio. «Veramente non ho una moglie.»
Senza volerlo stava accrescendo l’interesse di quella donna.
«È un padre single. Che cosa triste e al contempo tenera», sussurrò lei, portandosi una mano sul petto.
«Io non… non intendevo… non ho…»
Adesso era morto, come poteva liberarsi? El in quel momento rappresentò la sua salvezza, perché con fare silenzioso aveva preso la sua pistola ad acqua e aveva schizzato contro quella che aveva individuato come rivale.
«Ah!» esclamò lei. «Ma cosa…?»
«Non toccare mio papà! Non si fa!» esclamò, agitando un ditino. Dopotutto El era così protettiva.
«El!» la richiamò Crowley. «Tu… amh… tu…»
«È tutto a posto, ci penso io», Aziraphale era arrivato altrettanto silenziosamente e se ne stava adesso con un sorrisetto compiaciuto sul viso. «La scusi, nostra figlia è un po’ vivace…»
La donna assunse un’espressione confusa.
«Vostra…?»
«Papà, allora vieni in acqua o no?» si lamentò El, rivolgendosi a Crowley. Quest’ultimo avrebbe fatto qualsiasi cosa a quel punto.
«Sì, certo, in effetti inizio ad avvertire caldo. Vado in acqua», tagliò corto, dando una grossa delusione alla sua  ammiratrice.
Aziraphale accarezzò la testa di sua figlia.
«Ben fatto, El.»
«Grazie. Allora adesso mi compri il gelato?»
«Sì… direi che te lo sei meritata.»
 
Nota dell'autrice
Come va? Qui è già tempo di mare, ma non potendoci andare, facciamo godere la spiaggia e il sole a Azi, Crowley e famiglia. El è ovviamente la protettrice numero uno dell'amore dei suoi genitori e a suon di pistole ad acqua protegge Crowley dalle cattivissime madri single che vogliono provarci. Secondo me è canon che Crowley in spiaggia attiri attenzione (la mia sicuramente. No, Azi, non guardarmi in quel modo, gli occhi ce li ho per guardare). Spero che vi sia piaciuto :)

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Capitolo 21
*** 21 - Macchina distrutta ***


21 – Macchina distrutta
 
El era disperata. Come avrebbe fatto adesso? Inutili erano stati i suoi tentativi di sistemare le cose, non aveva fatto che peggiorarle. Suo papà si sarebbe arrabbiato. Anzi, no, sarebbe stato furioso, l’avrebbe spedita in un orfanotrofio, ne era certa.
Ma cosa fare? Non poteva lasciare l’auto in quelle condizioni. L’adorata Bentley di Crowley era ammaccata sul cofano e si era anche sporcata di vernice. Quel giorno El aveva deciso di darsi alla pittura, ma i suoi colori si trovavano in garage, su uno scaffale. Dopo essersi sollevata sulle ali, aveva preso la scatola in cui teneva i suoi pennelli e i colori chiusi nelle rispettiva boccette. Ma la scatola si era rivelata essere troppo pesante, e così aveva finito con il combinare un disastro. Goffa per com’era aveva fatto frantumare le boccette di vetro sul cofano, sporcandolo e graffiandolo.
Nessun problema, si era detta. Bastava fare un piccolo miracolo, dopotutto stava diventando brava. E infatti era ciò che aveva provato a fare, peccato avesse ottenuto l’effetto contrario di ciò che desiderava: il cofano adesso risultava ancora più rovinato e ammaccato.
«Aaaah, come faccio? Uffa, non voglio essere buttata fuori di casa», piagnucolò El, guardandosi intorno. Per i colori nessun problema, ma per l’ammaccatura? Non voleva peggiorare ancora la situazione.
Nello stesso momento, il sesto senso di Crowley si era risvegliato. E quel sesto senso si attivava quando le persone – o le cose – a cu teneva si trovavano in pericolo. La sua auto adorata rientrava sicuramente tra queste.
«Una cosa terribile è appena successa», dichiarò serio, posando la chitarra con poca grazia. L’angelo sollevò lo sguardo. Okay che suo marito tendeva ad essere teatrale, ma gli era sembrato fin troppo serio.
«Che cosa? Crowley, ma dove vai?»
 
El rabbrividì quando sentì la porta aprirsi.
«NON ENTRATE!» gridò, agitando le braccia. «RIMANETE LI!»
Crowley ovviamente non sarebbe rimasto lì nemmeno sotto tortura. Avvertiva odore di vernice e distruzione. Ignorò le suppliche di sua figlia e aprì la porta e per poco non gli venne un colpo. La sua Bentley era rovinata. Più di novant’anni senza nemmeno un graffio, e adesso si trovava sporca, graffiata, ammaccata. E la colpevole era soltanto una. In un primo momento non riuscì a reagire a causa dello shock.
«Crowley, si può sapere c-oh santo cielo!» esclamò Aziraphale. El li guardò, sorridendo nervosamente.
«Mi dispiace, non l’ho fatto a posta!»
L’angelo si preoccupò subito di frenare l’istinto omicida di suo marito, poggiando una mano su una spalla.
«Suvvia, caro. Si può aggiustare.»
Ma Crowley gli lanciò uno sguardo in grado di farlo tremare. Una cosa non si sarebbe aggiustata, ovvero il suo cuore spezzato.
«El…» la chiamò, avvicinandosi minaccioso. La bambina spiegò subito le ali, volando via.
«VIENI SUBITO QUI!»
E via all’inseguimento. Aziraphale sbuffò, esasperato.
«Crowley, per favore, non è che potresti farla meno tragica?»
Era come parlare al muro. El scappava e lui la inseguiva, avrebbero distrutto l’intera casa quei due. Doveva fare qualcosa.
«Ma insomma, vi volete fermare?!» esclamò, portandosi le mani sui fianchi. El allora gli andò addosso, stringendolo.
«Proteggimi!»
«Non ti azzardare, Aziraphale! Quella bambina è un demone!»
«Per metà!» puntualizzò la piccola. L’angelo, stufo, decise di zittirli una volta per tutte.
«Se non la smettete, metto in punizione tutti e due.»
«E io cosa c’entro? Lei mi ha distrutto l’auto!» sbottò Crowley.
«No, non è vero!» protestò El. «Ci ho solo versato i colori e l’ho graffiata. E poi ho provato ad aggiustarla ma… ho peggiorato le cose», mormorò dispiaciuta. Aziraphale era già sciolto, sapeva che sua figlia era sincera. E in fondo sciolto lo era anche Crowley, il quale però non voleva cedere tanto facilmente. Incrociò le braccia al petto, offeso.
«Oh, andiamo, fate pace. È un problema risolvibile.»
Crowley cercava di non incrociare lo sguardo di El. Quella bambina era un’ammaliatrice!
«Papi, mi dispiace, non l’ho fatto a posta!» El congiunse le mani, sperando di ottenere il suo perdono, cosa non scontata. Crowley la guardò con la coda dell’occhio, sbuffando. Adorava la sua auto, sfortunatamente adorava di più El, anche se quest’ultima era una piccola adorabile distruttrice di qualsiasi cosa.
«Mh… tsk… e va bene, ti credo. Ma non pensare, sono ancora arrabbiato con-»
Nemmeno il tempo di farlo finire di parlare, la bimba gli fu addosso, abbracciandolo e facendo le fusa come un gattino.
«Meno male, non lo faccio più!» disse felice. Aziraphale capì subito che i tentativi di Crowley di fare il duro erano appena andati a farsi friggere.
«Mmh…» si lamentò il demone arrossendo. «Devi ringraziare che ti amo troppo e che sei così carina. Ma d’ora in poi stai lontana dalla macchina.»
El lo promise. Certo che gli sarebbe stata lontano, fin quando non avrebbe avuto l’età per guidare.

Nota dell'autrice
El ha rischiato grosso, ma per sua fortuna è troppo carina, chissà da chi ha preso? Ovviamente quando sarà abbastanza grande ruberà l'auto di nascosto a Crowley, lì sì che saranno dolori, perché poi indovinate chi la coprirà? Esatto, proprio Aziraphale.

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Capitolo 22
*** 22 - Crescono così in fretta ***


22 – Crescono così in fretta
 
Crowley aveva sempre odiato i posti affollati. E, paradossalmente, da quando c’era El, per un motivo o per un altro si ritrovava sempre nei luoghi più affollati. Durante le belle giornate primaverili, El voleva essere portata al parco a tutti i costi. Si divertiva ad andare sull’altalena e a parlare con gli altri bambini. Era molto socievole e faceva amicizia praticamente con tutti, aveva una propensione ad amare il prossimo che forse aveva preso più da Aziraphale che da lui.
«Voglio andare a casa», si lamentò il demone, a braccia conserte sulla panchina. «Odio tutto questo caos!»
Praticamente lì erano solo famiglie. E quindi tanti, tanti ragazzini urlanti.
«Insomma, caro. Possibile che non ti sia ancora abituato al dolce brusio dei bambini che giocano?» domandò Aziraphale, che invece era rilassato.
«Dolce brusio? Tu sei pazzo. E poi come fai ad essere rilassato? El va tenuta d’occhio!» borbottò, abbassando un po’ gli occhiali per vedere cosa sua figlia stesse combinando. El era un pericolo, non per se stessa, ma per gli altri quanto ad esempio perdeva la pazienza o litigava. Aveva una forza sorprendente. Per fortuna la bimba era occupata ad intrattenere un’amabile conversazione con una bambino della sua età.
«E chi è quel ragazzino?» domandò con fare sospetto.
Aziraphale guardò i due, alzando poi le spalle.
«È soltanto Seth.»
Seth. Come dimenticare quel nome? El aveva un debole per quel bambino e la cosa l’aveva messo in allarme. Poco importava che fossero ancora piccoli e innocenti, il suo istinto di protezione era fin troppo forte.
«Non mi piace. Lo vedo come la guarda.»
«Ma Crowley, sono dei bambini! E vedi di non spaventarlo, perché stanno venendo da questa parte!» lo avvertì.
Poco dopo El arrivò mano nella mano con quell’adorabile bimbo dalle guance paffute e i capelli biondi.
«Papà, lui è Seth, è il mio fidanzato!» annunciò allegra.
Fidanzato? Ma allora faceva sul serio! Insomma, che gli dessero un po’ di tregua!
Crowley si sistemò sulla panchina, guardando attentamente quel ragazzino.
«Così tu sei Seth, eh? Ho sentito parlare di te. Che intenzioni hai con mia figlia?»
Aziraphale si coprì la bocca con una mano per evitare di ridere. Perché Crowley, così serio e teso, era uno spettacolo comico imperdibile.
«Vorrei comprarle un gelato», rispose Seth tranquillo.
«Mh. E dimmi. Quante ragazze hai avuto fin ora?» continuò il suo interrogatorio.
«Amh… tre!»
Il ragazzino era precoce.
«E che lavoro fai?»
«Nessuno, signore. Faccio la terza elementare.»
«Ah-ah! Non lavori, quindi sei uno scansafatiche!» lo indicò Crowley. «Non mi piacciono i nulla facenti.»
El gonfiò le guance, arrossendo.
«Papà, mi metti in imbarazzo, uffa!» si lamentò. «Noi ora andiamo a prenderci il gelato, ciao ciao!»
Quindi era così che finiva? La sua dolce bambina era già pronta a volare così lontano con un ragazzo?
Non ci poteva credere.
«Angelo, guarda che ti sento, come puoi ridere di me?!» borbottò.
«Sei oggettivamente divertente. Sai che El è ancora piccola, vero?»
Crowley si accasciò sulla panchina, più calmo.
«Sì, faccio pratica per quando sarà più grande. Seth voleva offrirle un gelato, bene i ragazzi quando diventano più grandi, vogliono offrire altro e…»
«Crowley! Se non ti spiace, preferirei non immaginarmi mia figlia mentre fa certe cose!» lo interruppe Aziraphale a disagio.
«Ma lei non le farà certe cose», sorrise e poi però si ricordò che c’era poco da sorridere, perché lui era un demone e sapeva bene che gli adolescenti certe cose le facevano eccome. «Oh, cavolo.»
Aziraphale gli accarezzò la spalla.
«Su, tesoro. Non ci pensare», sospirò. Per fortuna c’era ancora tempo.

Nota dell'autrice
Mi sono divertita non poco a scrivere di un Crowley così sclerato che fa il terzo grado ad un bambino. Bravo, fai pratica per quando ce ne sarà motivo, quanto è tenero che cerca di convincersi che sua figlia non farà mai certe? Che poi lo fa inutilmente perché in quanto demone SA le tentazioni quali sono.

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Capitolo 23
*** 23 - Possiamo tenerlo? ***


23 - Possiamo tenerlo?

C’era una cosa che El aveva ereditato da Aziraphale. L’amore incommensurabile per gli animali. Era stata cresciuta ed educata ad amare e rispettare tutte le creature di Dio, anche le piante, per tal motivo l’angelo le aveva raccomandato di non prendere ad esempio Crowley, che invece aveva il brutto vizio di minacciarle. Per questo motivo, El non poteva resistere se una piccola creaturina aveva bisogno del suo aiuto.
«Tesoro, che cos’hai lì?»
L’angelo aveva visto sua figlia arrivare con tra le mani una scatola di cartone.
«Guarda tu stesso!» esclamò, tendendo le braccia. Aziraphale allora abbassò lo sguardo, scorgendo un adorabile, piccolo, carinissimo cucciolo di gatto persiano bianco dai grandi occhi verdi, che nel vederlo aveva miagolato.
Troppo per il suo povero cuore così sensibile.
«Ma… è la cosa più carina che io abbia mai visto! Dove l’hai trovato?»
«Umh.. vicino la spazzatura. Sentivo miagolare e l’ho trovato lì, quindi l’ho preso. Non potevo lasciarlo lì», spiegò la bambina, dispiaciuta. «Possiamo tenerlo?»
Aziraphale si era aspettato una domanda del genere, e in effetti era la cosa più giusta da fare. Non poteva abbandonare quel micio al suo destino e poi non avevano mai avuto un animale domestico. Forse era la volta buona.
«Cos’è che teniamo?» Crowley era apparso con fare interrogativo, fissandoli.
Quello poteva essere un problema. Crowley non amava particolarmente gli animali, adorava i rettili, i cani e i gatti un po’ meno.
«Un gattino!» esclamò El. «Guarda!»
Crowley vide la testolina di quel cosino bianco e morbido fare capolino dalla scatola, facendo una smorfia.
«Mah, non ne sono sicuro.»
«E invece dobbiamo, ho già deciso che voglio chiamarlo Fiocco di neve!» decise la bimba a braccia conserte. Nel frattempo Aziraphale aveva preso in braccio il micio, e quest’ultimo aveva iniziato a fare le fusa.
«Fiocco è proprio un amore», sussurrò già in brodo di giuggiole. Crowley sgranò gli occhi, geloso.
«Fiocco? Neanche per sogno, rimettilo dov’era!» borbottò. Non avrebbe mai ammesso di essere geloso di un gattino adorabile. Ma insomma, Aziraphale lo coccolava e sicuramente avrebbe finito col chiamarlo con nomignoli affettuosi tipo “Amore mio”. Ma quel soprannome era riservato a lui, dannazione.
«Ma papà, Fiocco non ha una famiglia, non lo possiamo lasciare!» protestò.
«El ha ragione, caro. Non possiamo lasciare questo tesoro da solo», Aziraphale posò un bacio sulla testa dell’appena battezzato Fiocco di Neve. Crowley serrò le labbra. Tesoro? Perfino i baci! Ma sapeva che nessuno l’avrebbe ascoltato, facevano sempre quello che volevano quei due.
«Umh!» borbottò incrociando le braccia al petto. Ecco che arrivava un coso più carino di lui e nessuno gli prestava più attenzione, incredibile! Aziraphale gli si avvicinò, sapeva che in fondo Crowley aveva un cuore molto tenero, era solo molto competitivo.
«Prendilo in braccio e vedrai che cambierai idea.»
«Non pensarci nemmeno an-no!»
Prima che potesse finire di parlare, Aziraphale gli aveva porso tra le braccia Fiocco, il quale miagolava e lo guardava con quei suoi grandi occhioni versi. Crowley lo fissò, sentendosi stupido. Era davvero carino, molto più carino di lui! Come poteva condividere Aziraphale e El con quel micio adorabile? Troppo adorabile per poter rimanere indifferente.
«Che cavolo, questo è giocare sporco… e va bene, d’accordo, teniamolo, ma guai a voi se mi mettete da parte!» li avvertì, mandando a rotoli i suoi tentativi di non mostrarsi geloso.
«Ah, quindi papà è geloso!» lo indicò El.
«Io non… non sono... Ah, lasciamo perdere!»
Colto sul fatto, c’era poco che poteva dire. Aziraphale allora si permise di dargli un bacio sulla guancia.
«Non ti preoccupare Crowley, tu rimani sempre speciale.»
Il fatto che avesse avuto bisogno di farselo ricordare lo faceva sentire ancora più stupido, ma più rassicurato. E poi Fiocco non era così male.


Nota dell'autrice
Per me è canon che Crowley sia geloso  di un eventuale animale, specie se un micio così adorabile che potrebbe portargli via le attenzioni. Povero caro, ha bisogno di essere rassicurato.

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Capitolo 24
*** 24 - Litigio ***


24 – Litigio
 
Era quasi mezzanotte e El avrebbe già dovuto dormire. Ma l’unico a riposare era Fiocco di Neve, acciambellato accanto a lei. Si era arrotolata tra le coperte come per proteggersi, ma in verità era servito a poco. Era troppo sveglia, troppo attenta a ciò di cui stavano discutendo i suoi genitori, nonostante i tentativi di quest’ultimi di mantenere un tono di voce basso.
«Lo sai qual è la cosa che più mi da fastidio? È che tu provi soddisfazione quando qualcuno cerca di avvicinarti a te e sedurti!»
«Ma per favore, nessuno mi seduce! Il diavolo qui sono io!»
Alle volte litigavano. Di solito per motivi sciocchi, altri per motivi un po’ più seri. Come in quel caso. C’era sempre stata una forte gelosia da parte di entrambi, sia Crowley che Aziraphale attiravano molto l’attenzione e tutti e due erano fondamentalmente insicuri, forse l’angelo un pochino di più.
«E il diavolo da un passaggio in auto alla prima… donnaccia che passa?»
«Donnaccia? Ma scusa, mi dici sempre che devo essere gentile con gli altri, stava piovendo e lei mi ha chiesto se potevo accompagnarla, dato che era sulla strada per tornare», Crowley non era paziente e odiava sentirsi accusare ingiustamente. Si versò un bicchiere di vino, mentre suo marito gli sventolava davanti un fogliettino.
«Ti ha lasciato il suo numero!»
«E in che modo sarebbe colpa mia? Lo sai che sono completamente indifferente. E poi lo so benissimo che alcuni clienti lo fanno anche con te, mi accorgo di tutto io», sibilò, portandosi il bordo del bicchiere alle labbra.
«Che cosa? E poi… la vuoi smettere di bere mentre parliamo?!»
«No, caro, mi spiace, non posso proprio, dato che è un’ora che mi accusi sulla base del nulla!»
El si era alzata, attenta a non farsi vedere. Era strano che stessero litigando così, di solito facevano subito pace. Forse non si amavano più? Forse si sarebbero lasciati e lei avrebbe dovuto scegliere con chi andare a vivere? Sapeva che certe cose accadevano, ma non voleva accadessero a lei!
Voleva che fossero tutti felici. El si fece timidamente avanti, con gli occhi pieni di lacrime. Crowley posò subito il bicchiere.
«El? Ma è tardi, che fai in piedi?»
La bambina avanzò ancora un po’, con le guanciotte arrossate.
«Papà, non litigate. Ho paura, non voglio che vi lasciate.»
Aziraphale si sentì malissimo nel sentirle pronunciare quelle parole. Le loro urla dovevano averla tenuta sveglia e lei aveva sentito tutto. El era intelligente ed anche molto sensibile.
«Lasciarci? Non abbiamo intenzione di lasciarci!» disse subito Crowley, prendendola in braccio. «Vieni qui. Ci dispiace se ti abbiamo spaventata, non piangere.»
Aziraphale si avvicinò a loro. Che stupido, che immaturo a dimenticarsi che El avrebbe potuto risentirne.
«Tesoro, è colpa mia. È che sai, sono molto geloso, perché il tuo papà è così meravigliosamente perfetto che temo sempre che qualcuno potrebbe portarmelo via.»
Crowley sollevò lo sguardo nella sua direzione, sorpreso.
«Io non sono perfetto. Lo sei tu, devo essere io ad avere paura.»
El tirò su con il naso, passandosi il viso su una mano.
«Ma quindi non vi lasciate, giusto?»
L’angelo si chinò, posandole un bacio tra i capelli.
«No, amore mio. A volte nelle coppie si litiga, ma poi si fa pace. Lo sai, noi non ci lasceremo mai.»
«Ben detto. Scusaci, piccola. Non dovevamo farti spaventare così», Crowley asciugò le lacrime dal viso di sua figlia, che adesso appariva molto più tranquilla e serena.
«Davvero non vi lascerete mai?»
«Sì, promesso. Promesso, Aziraphale», il demone sollevò lo sguardo verso suo marito. Gli era scivolato addosso tutto il fastidio e l’angelo aveva dimenticato la gelosia. Dopotutto lui e Crowley si appartenevano.


Nota dell'autrice
Lo so, questo capitolo verte più sull'angst, ma un angst proprio leggero leggero, perché El è sensibile e non vuole vedere i suoi genitori litighino. Ma le coppie lo fanno, infatti la rassicurano subito, avevo bisogno di un po' di dramma, giuro che non mi fanno sopraffare, almeno spero.
 

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Capitolo 25
*** 25 - Domande scomode ***


25 - Domande scomode
 
A El i neonati erano sempre piaciuti. Per lei erano l’equivalente di adorabili bambolotti profumati, che mangiavano, piangevano e si muovevano. Addirittura adesso ne aveva davanti due. Newton e Anathema tenevano a turno i due gemelli in braccio, un maschio e una femmina, Liam e Charlotte, adorabili quanto ingestibili.
«Fortunatamente noi non abbiamo messo al mondo due gemelli, altrimenti sarei andato a vivere in Antartide», il sarcastico commento di Crowley non tardò ad arrivare e ovviamente suo marito gli lanciò una gomitata per intimarlo a tacere.
«Crowley, insomma! Amh, Anathema cara, ti trovo bene, sei così raggiante.»
Lei però si voltò a guardarlo con un’espressione che esprimeva chiaramente il suo bisogno di dormire.
«Raggiante, Aziraphale? Non ricordo più l’ultima volta in cui ho dormito e il mio seno sta scoppiando. Liam e Charlotte non fanno altro che succhiare latte, tutto il tempo! Non vogliono prendere neanche il ciuccio! E poi piangono in contemporanea. Com’è possibile che siano venuti fuori due gemelli?» e dicendo ciò guardò malamente suo marito, secondo lei la causa di tutto quel male.
«Perché mi guardi così? Come potevo saperlo?»
Gabriel riuscì a compatire Newton, anche lui era sposato ad una donna dal carattere lievemente difficile, ma evitò di parlare. Belzebù se ne stava a braccia conserte a fissare quei due piccoli, adorabili fagotti di tenerezza nel tentativo di darsi un contegno.
«Quei due mi fanno divertire molto, smettila di guardarmi così!» si lamentò Crowley. Insomma, lui c’era già passato, poteva godersi lo spettacolo o no?
«Posso tenerli in braccio?» domandò El attirando l’attenzione su di me, ma Newton e Anathem erano un po’ reticenti: un neonato di pochi giorni era davvero fragile.
«Non preoccupatevi, El è brava, dovreste vedere come tiene il nostro gatto», si divertì ancora ad infierire il demone.
«I miei figli non sono dei gatti!» sibilò la strega, provata, ma non avrebbe mai potuto non accontentare El. Quindi staccò Liam dal suo seno, porgendoglielo delicatamente e tenendo una mano sotto la testolina del bimbo per far sì che fosse più stabile. El lo guardò con meraviglia e stupore, toccando una delle sue piccole mani.
«Profuma di latte e borotalco, mi piace! È troppo carino!»
«Già, pensare che anche tu eri così una volta» ricordò Aziraphale con grande nostalgia. Non aveva mai avvertito troppo lo scorrere del tempo, ma vedendo sua figlia crescere giorno dopo giorno, era inevitabile. Crowley accavallò le gambe, decidendo di infierire su Belzebù.
«Forse Bel vuole tenere in braccio Charlotte?»
Lei si irrigidì, fulminandolo con lo sguardo.
«Giusto! Newton, dai la bambina a Bel», disse subito Anathema.
«Ma veramente io…!» dannazione! Perché finiva così tutte le volte? Perché lei, il temibile Principe dell’Inferno, doveva sciogliersi così tanto ogni volta che le mettevano un bambino in braccio? E poi la piccola Charlotte profumava davvero di latte e borotalco ed era così piccola. El la guardò in interesse, per poi sorridere.
«Bel, devi avere un bambino anche tu!» fu la sua uscita. Gabriel si irrigidì, in verità curioso della reazione di lei. Dell’argomento non ne avevano mai parlato, stranamente.
«Io? Oh no, io non ho istinto materno.»
«Ma se praticamente hai cresciuto El!» intervenne Crowley. «E poi, da quando hai a che fare con i bambini ti sei molto calmata…»
«Sì, è vero. Non fai più così paura», proferì Gabriel a suo rischio e pericolo. Belzebù infatti non tardò a guardarlo in un modo che avrebbe fatto rabbrividire chiunque. «Va bene, ora mi stai facendo paura!»
«Dai Bel, tu saresti una brava mamma! Ti prego, fallo per me!» chiese El supplichevole. Ma perché tutte le attenzioni si erano spostate su di lei?
«E tu non dici niente?» sussurrò a Gabriel, ma quest’ultimo fece spallucce.
«Beh, per me va bene farlo.»
Crowley scoppiò a ridere.
«Certo, voglio dire, fare il bambino è la parte più piac-AHI! Aziraphale!»
Quell’angelo infido! Gli aveva dato un’altra gomitata.
«Non è colpa mia se parli a vanvera.»
«Liam forse ha fame!» si allarmò El nel vedere il bambino piagnucolare. Anathema recuperò entrambi i suoi figli, spostando l’attenzione da Belzebù, rossa per l’imbarazzo.
«Davvero pensate che io sarei una brava madre?» domandò ad un tratto, senza guardarli negli occhi.
«Certo che lo saresti!» le rispose subito Gabriel. «Tu sei… dolce…ma forte…»
«E sei molto rassicurante… come un abbraccio!» aggiunse El.
«Certo. E poi se ce l’ha fatta Crowley…» Aziraphale fece l’indifferente e a quel punto suo marito si alzò.
«Ma insomma! Prima mi prendi a gomitate, ora questo! Aziraphale, sei un bastardo!»
«Però vale la pena stare con me! Amh, scusate, mi sono lasciato trasportare», si schiarì la voce. El gli picchiettò su un ginocchio, sussurrandogli qualcosa.
«Papà ,lo sai, secondo me un bambino lo avranno davvero un giorno. Si amano troppo, proprio come te e papà.»
Aziraphale le diede subito ragione.
El ci aveva visto giusto.
 

Nota dell'autrice
Avevo voglia di un capitolo più corale questa volta. E poi non potevo perdermi l'occasione di scrivere di Anathema sclerata a causa dei suoi gemelli, che incolpa ovviamente Newton, o El che fa domande scomode a Bel. A parte gli scherzi, a lei la vedo molto bene come madre, una di quelle super dolci con i propri figli, ma un vero e proprio demone quando si tratta di proteggerlo da chi gli fa del male. Così come ci vedo bene un Gabriel che non si fa problemi ad ammettere di volere un figlio, lei secondo me farebbe molta più fatica ad ammetterlo. El ha ragione, loro si amano troppo per non dare la vita, esattamente come Aziraphale e Crowley che poveretto, è stato preso a gomitate, qualcuno lo protegga. Spero vi sia piaciuto :)
 

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Capitolo 26
*** 26 - Dieci anni ***


Dieci anni
 
Dieci anni erano un’età importante, questo si ritrovò a pensare El. Un numero a due cifre, magari niente di che per un essere immortale come lei, ma sicuramente segnava l’inizio della sua vita da adulta.
Beh, quasi in realtà.
«Oggi compio dieci anni, è il mio compleanno», cantilenò la bambina davanti la sua torta al cioccolato con tanto di candelina che non si era ancora premurata di spegnere.
Crowley alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Quando era successo? Eppure fino a poco tempo prima El ancora non si reggeva nemmeno sulle proprie gambe, ma addirittura già dieci anni? Sapeva che davanti ad una vita immortale quel numero poco contava, ma in verità per lui contava eccome. El stava crescendo, ciò era inevitabile e soprattutto strano. Di norma gli angeli e i demoni nascevano in una forma già adulta, non vivevano un’infanzia, né un’adolescenza, quella era una prerogativa degli umani. El era la sola, ciò era straordinario, un po’ malinconico in realtà.
«Sì, El. Abbiamo capito, l’hai ripetuto trenta volta. Ma sappi che questo poco cambia. Sei ancora piccola», affermò, cercando di convincere più se stesso che sua figlia, la quale gonfiò le guance.
«Ma io non sono più piccola. Io sono grande!» proferì a braccia conserte. Aziraphale non aveva detto una parola. I compleanni, che cosa strana, arrivavano ogni anno e con El ne avrebbero avuti parecchio da festeggiare, anche se arrivata ad un certo punto forse avrebbe smesso di farci caso. Per l’angelo era davvero strano pensare che un giorno El avrebbe avuto l’aspetto di una donna, ma in realtà poco cambiava. Ai suoi occhi sarebbe stata sempre la sua bambina.
«Visto che sei grande vorrà dire che lavorerai e ti comporterai da persona adulta?» domandò dopo un po’. El sgranò gli occhi, sorridendo poi in modo  furbo.
«Non sono ancora così grande. Va bene. Allora soffio…!»
«Aspetta! Dovresti esprimere un desiderio», la fermò Aziraphale.
«Angelo, se aspettiamo ancora un po’, El si ritroverà  spegnere le candeline dei suoi undici anni», borbottò Crowley.
Certo, un desiderio. El conosceva bene la potenza dei desideri, alle volte venivano ascoltati. Però non sapeva cosa chiedere, aveva tutto ciò che poteva desiderare. Magari poteva chiedere qualcosa per gli altri.
«Va bene, ho deciso, desidero che il prossimo compleanno sia bello come questo e anche il prossimo ancora, eccetera!», affermò, soffiando poi sulla fiammella e spegnendola. «Fatto, ora mangiamo! Me lo merito, la torta l’ho fatta io.»
«Veramente l’abbiamo fatta in due», fece notare Aziraphale. Più lui che El, quest’ultima si era dedicata più che altro a mangiare di soppiatto il cioccolato, ma andava bene comunque. E poi, cosa molto importante, c'era la questione regalo.
I suoi papà le facevano sembrare dei regali bellissimi e quell’anno non poteva essere da meno. Insomma, dieci anni erano dieci anni.
«Allora che cosa mi avete comprato? Mi avete preso lo scooter?»
Crowley la guardò male. Non avrebbe mai comprato una roba del genere per sua figlia, era troppo pericolosa. E no, non per El, ma per gli altri.
«Ti ho detto che sei troppo piccola per quell’affare. E poi cosa te ne fai? Puoi andare in giro volando!»
«E allora tu cosa te ne fai dell’auto?» protestò giustamente El e a quel punto Crowley non seppe che cosa dire.
«È diverso, comunque ti abbiamo preso una cosa simile.»
«Vai in garage a vedere», le consigliò Aziraphale. Con la curiosità a mille, si alzò e andò in garage. Quando entrò e accese la luce, si ritrovò davanti la bicicletta più bella che avesse mai visto. Non ne aveva mai posseduta una, forse non era uno scooter, ma era figo allo stesso modo.
«Ma… ma… è una bici!» esclamò sbracciandosi «Ed è… nera…e lucida…!»
«Perché l’ho scelta io, tuo padre voleva prenderla rosa e con un cestino», Crowley le comparve dietro, guardando Azirapale che borbottò qualcosa di incomprensibile. El dal canto suo era euforica. In realtà non era mai andata in bici, ma non poteva essere così difficile.
«Io… io la adoro, grazie! La voglio provare subito!»
«Subito?» chiese Aziraphale con apprensione. «Va bene, ma… stai attenta, non gettarti sotto una macchina e…»
«Andiamo, angelo. Lo sappiamo che in pericolo sono le altre persone, non lei», disse divertito Crowley, aiutandola a salire sulla bici, dopo che El ebbe indossato un casco – nero – ringraziando Dio. Sua figlia iniziò a pedalare con sicurezza.
«Ce la faccio! Torno subito, ciao ciao!»
«Oh beh», sorrise Aziraphale. «È andata…»
«Non preoccuparti, Aziraphale. Tornerà presto. Crescono così in fretta», sospirò Crowley, malinconico e anche fiero. L’angelo annuì, per poi guardarlo.
«Lo sai che fra qualche anno vorrà un auto, vero?»
Il demone si limitò a scuotere il capo.
«No, no. Assolutamente no.»

Nota dell'autrice.
Per El è arrivato il numero a due cifre. Quanta malinconia, non era mia intenzione, ma la vena angst vuole sempre prendere il sopravvento anche nei momenti di gioia. El cresce a vista d'occhio, ma per Aziraphale e Crowley rimarrà sempre la loro piccola bambina (in questo non sono molto diversi dai genitori umani) e le hanno regalato una bici. E Crowley ha già deciso che non avrà una macchina, ma sappiamo tutti che El ha sempre ciò che vuole.  A presto :)
 

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Capitolo 27
*** 27 - Coraggio ***


27 – Coraggio
 
 
«El, per l’amor del Cielo, si può sapere cos’hai combinato?!»
Era la prima volta che sua figlia tornava a casa ferita. Nulla di troppo grave, un labbro inferiore spaccato e l’occhio sinistro un po’ gonfio, ma gli era comunque venuto un colpo.
«Papà, sto bene, non preoccupatevi per me», tentò di spiegare, piuttosto tranquilla in realtà. Ma tranquillo non era Aziraphale e nemmeno Crowley, i quali erano uno più apprensivo dell’altro. Il demone in particolare oltre ad essere preoccupato era furioso, chi aveva osato fare del male alla sua bambina in quel modo?
«Dimmi chi è stato, lo riduco in cenere!»
«Crowley, non credo sia il momento…» affermò l’angelo, poco convinto in realtà perché in quel momento anche lui aveva una gran voglia di sapere chi fosse stato a ridurla in quel modo e magari, chissà, dargli una lezione come si deve.
El, pensierosa, andrò a sedersi.
«Non fa poi così male. E comunque sia è anche colpa mia, ho cominciato io.»
«Tu, El?» domandò Crowley poco convinto. Sua figlia era tante cose, ma di certo non era violenta, non senza motivo soprattutto.
«Ti dispiace raccontarci?» domandò  Aziraphale in tono fermo. El fece una smorfia, incrociando le gambe.
«È successo mentre ero fuori con Sophie e Emily e…»
«Ecco, lo sapevo!» la interruppe Crowley. «Sapevo che non dovevate uscire da sole!»
Emily e Sophie erano quelle che poteva definire come le migliori amiche di El, due ragazzine umane sue coetanee. E poiché sua figlia stava crescendo, aveva preso a frequentare delle ragazze della sua età, a provare un po’ ciò che facevano gli umani.
«Ma la colpa non è nostra!» El alzò la voce. «Ecco, noi stavamo camminando e poi si sono avvicinati tre tipi, erano un po’ più grandi di noi, così hanno cominciato a darci fastidio…»
Aziraphale sgranò gli occhi, afferrandola per le spalle. Aveva sempre temuto una situazione del genere, sapeva che molto spesso gli umani erano capaci di cose orribile. E poi… erano delle ragazzine accidenti, non poteva neanche pensarci.
«Che cosa vi hanno fatto? Si sono avvicinati troppo? Vi hanno…?»
«Non provare nemmeno a dirlo perché giuro che sono ad un passo dal commettere un omicidio», sibilò Crowley con gli occhi infuocati.
E poi era lui il demone?
«Ma perché non mi fate parlare?» esclamò El esasperata. «Non ci hanno fatto nulla, perché mi sono messa in mezzo. Li ho colpiti forte, però loro erano tre e io una… non si dovrebbe picchiare una ragazza, non sono stati gentili», rifletté, incrociando le braccia al petto. Aziraphale ascoltò ogni parola, un po’ teso.
«E ti sei fatta ridurre così?» domandò Crowley, nervoso.
«Certo, perché voi mi dite sempre che non devo abusare della mia forza, altrimenti rischio di uccidere qualcuno. Quindi mi sono trattenuta, ma sta di fatto che alla fine sono scappati lo stesso, e ho salvato me, Sophie e Emily. Quindi vi prego, non arrabbiatevi con me!» supplicò congiungendo le mani.
Né Aziraphale né Crowley sapevano cosa dire. Era quasi estraniante pensare cosa sarebbe potuto succedere. Sapevano che El era impavida e non volevano nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto succedere nel caso non fosse stata così forte.
«Noi… amh… non siamo arrabbiati. Anzi, siamo molto fieri, hai protetto te e le tue amiche. Siamo solo un po’ storditi perché… devi fare attenzione… sei stata ferita.»
«Ma che ferita. Quei tre erano terrorizzati. Non dovete avere paura con me, sono forte io, nessuno mi farà male.»
«Questa è l’unica cosa che mi fa stare appena più tranquillo», disse Crowley, un po’ afflitto. Perché anche se El era forte, la preoccupazione persisteva comunque, i malintenzionati stavano ovunque, lui lo sapeva bene e nonostante la sua natura da demone voleva che il mondo fosse un posto sicuro per El, per tutte le ragazzine come lei.
«Nessuna paura, ti dico. E poi ho solo un taglio e un livido. Ma posso coprirlo con il trucco!» pensò, alzandosi.
«Ma come trucco? Non ti sei mai truccata! El! Oh, è andata, accidenti», sospirò Aziraphale. Cresceva davvero troppo in fretta e cambiava il tipo di preoccupazioni. Crowley intanto si agitava ancora.
«In un modo o nell’altro troverò quei tre e gliela farò pagare per aver molestato delle ragazzine e per aver osato fare male alla mia El!»
«Crowley, no. Niente omicidio!» cercò di frenarlo Aziraphale.
«Ma quale omicidio?! Voglio solo fargli prendere un bello spavento, così la prossima volta ci penseranno prima di arrecare disturbo. Perché sai, c’è una cosa più pericolosa di un demone, ed è un genitore furioso.»
Aziraphale pensò che suo marito in fondo non aveva torto.
«Va bene, allora va. E se devi esagerare, fallo solo un pochino!» raccomandò. Aziraphale era consapevole che più El sarebbe cresciuta, più sarebbero cresciute le preoccupazioni, ma almeno poteva dire di essere fiero di lei, del suo coraggio.
 

Nota dell'autrice
El me la immagino bene come una che si batte in questo modo,  lei è anti-violenza, anti-razzismo, anti-sessismo, anti-omofobia, anti-tutto insomma (e vorrei direi, è figlia di un demone e di un angelo, se non lo è lei), e soprattutto protegge se stessa e le sue amiche dalle molestie di tipi malintenzionati. Non è stato facile mantenere un tono "leggero", ma non volevo farlo sfociare nel tragico. Una cosa  certa, qualunque malintenzionato ha vit breve con El (ed evidentemente con Crowley che giustamente si è un tantino arrabbiato).

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Capitolo 28
*** 28 - Cambio di stile ***


28 - Cambio di stile


La camera di El era un disastro, ma la colpa non era sua.
La colpa era della vena creativa che aveva preso il sopravvento. Stava ricercando un nuovo stile di abbigliamento, di solito andava in giro in maniera molto sopra, con camice color pastello, adorabili maglioncini, gonne. Ma considerando l’altra metà dei suoi geni, era più che normale che adesso iniziasse ad interessarsi anche ad uno stile un po’ più oscuro.
«Ma che succede qui? Sembra che sia passato un uragano. El, metti subito a posto!» Aziraphale era stato categorico nel vedere tutti quei vestiti gettati alla rinfusa sul letto. Non si era accorto però di El, la quale le dava le spalle. Quando si voltò, la vide con lo smalto nero sulle unghie e un rossetto viola sulle labbra, per non parlare poi del trucco intorno agli occhi.
«Vade retro!» esclamò terrorizzato.
«Ma papà!» si offese lei.
«S-scusa, è solo che… ma che hai combinato, si può sapere?!»
El sbuffò, tirandosi su le maniche della giacca di pelle troppo grande.
«Provo un nuovo stile. Stavo pensando, di che colore potrei farmi i capelli? Neri non mi piacciono, magari potrei farli viola!»
Aziraphale strabuzzò gli occhi, osservandola da capo a piede.
«Hai rubato la giacca a tuo padre?» domandò curioso. Nel frattempo El con uno schiocco di dita aveva diventare i suoi lunghi capelli di un bel viola, leggermente sfumato di rosa sulle punte.
«Sì, infatti mi viene un po’ grande, ma mi sta bene. Magari posso uscire così!»
Ma l’angelo si allarmò immediatamente. Sua figlia indossava sì una gonna, ma anche delle calze a rete, questo non andava bene.
«Non puoi uscire vestita così, sei troppo piccola. E poi, dove hai preso questa roba, si può sapere?!»
«Ti prego!» sua figlia congiunse le mani. «Non puoi frenare il mio estro artistico in questo modo!»
«Oh, sono tuo padre, posso questo e molto altro, El!»
Ma che avevano quei due? Era piuttosto raro che discutessero, stavano rovinando la sua quiete perfetta. Crowley intervenne subito, entrando in camera della figlia.
«Oh, si può sapere cosa… EL?!»
Crowley non poté nascondere la sua sorpresa. Quello era uno stile che aveva sempre apprezzato, ma trattandosi anche della figlia di Aziraphale, si era accordati affinché andasse in giro con un abbigliamento più sobrio e consono alla sua età, ma El oramai aveva dieci anni compiuti da poco e voleva sperimentate.
«Crowley, non dire una parola!» sbuffò l’angelo. «Anzi, puoi dire a tua figlia che non può andare in giro così vestita alla sua età?»
«Ma io voglio soltanto sperimentare, non possiamo fare finta che sia Halloween?» piagnucolò.
Brutta situazione di certo.
No, sicuramente Crowley non sarebbe stato pronto per affrontare un’adolescente, anche con tutta la preparazione del mondo.
«Va bene, d’accordo. Qual è il problema, angelo? Nostra figlia ha buon gusto…» cominciò a dire.
«Ecco, visto?» lo interruppe El.
«Ma hai un po’ esagerato», le girò attorno. «Ti sei truccata un po’ troppo. E per la calze a rete no, assolutamente no. La giacca… e va bene, puoi tenerla per questa volta. Forse è meglio se ti sciacqui il viso, ci penso io a truccarti decentemente.»
Aziraphale si stupì, Crowley aveva preso in mano la situazione facilmente ed El non protestò neanche.
«Mi trucchi tu? Mi piace questa cosa. Allora torno subito, aspettami qui!»
Aziraphale si avvicinò al marito con fare sconvolto, scuotendo il capo.
«Nostra figlia diventerà una punk, un emo, una gotica…?»
«Nah, credo sia solo una fase, a quanto pare ai ragazzini piace sperimentare», lo tranquillizzò. L’angelo annuì, assumendo poi un’aria pensierosa.
«Non riesco a capire dove abbia trovato quelle calze a rete… Ti ne sai qualcosa?»
Crowley sgranò gli occhi, sorridendo.
«Come dici El? Si, arrivo subito!»

Nota dell'autrice
Quando avevo l'età di El ho voluto provare tutte le mode dei tempi (quindi sì, ho avuto il periodo emo, quello truzzo orribile e quello metal, lasciamo perdere), poi secondo me Crowley sa truccare benissimo, se stesso e gli altri, ce lo vedo bene. Chissà di chi erano quelle calze a rete, Crowley certe tue fantasie dovresti condividerle con Aziraphale (secondo me tutti e due si divertono a vestirsi da donna, soprattutto durante certi momenti, ma okay, basta con questi headcanon).

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Capitolo 29
*** 29 - Uscite e spie ***


29  - Uscite e spie
 
«Allora, El. Mi raccomando, riguardati e non parlare con gli sconosciuti.»
La prima uscita serale, quanta ansia e preoccupazione per Aziraphale e Crowley. Eppure El non capiva cosa avessero da preoccuparsi, oramai non era più una bambina e nemmeno a sei anni era mai stata sprovveduta.
«Sono per metà angelo e per metà demone, nessuno può farmi niente. E poi stiamo solo andando a fare un giro!» si giustificò la ragazzina incrociando le braccia al petto, ma purtroppo le sue parole a poco servivano quando i suoi genitori erano in ansia.
«Lo so, ma ci preoccupiamo lo stesso. Tieni il telefono sempre acceso», raccomandò Crowley.
«E portati la giacca, fa freddo. Vuoi che ti accompagniamo?»
El strabuzzò gli occhi, facendo poi una smorfia.
«Mi mettete in imbarazzo, non ci pensate proprio!» piagnucolò.
Metterli in imbarazzo? Cos’era quella novità?
Dopo mille mila raccomandazioni, El li salutò, per potersi finalmente godere la sua serata, che comunque poco sarebbe durata visto che aveva il coprifuoco per le dieci.
Un passo per volta, si erano detti Aziraphale e Crowley, che adesso fissavano la porta chiusa.
«Beh… non è che possiamo stare qui d aspettare che torni, giusto? Dovremmo fare qualcos’altro», propose l’angelo. Suo marito annuì.
«Hai ragione. Dai, seguiamola e vediamo che combina.»
«Che cosa?!» Aziraphale lo afferrò per un braccio. «Non possiamo farlo, El vuole che ci fidiamo di lei!»
«Infatti non dovrà mai sapere che siamo andati a controllarla! Coraggio, angelo, so benissimo che muori dalla voglia di sapere cosa succede quando non ci siamo!»
Dannato demone, aveva ragione. Lui ci provava a comportarsi in maniera esemplare, ma era difficile. E forse un’occhiata non avrebbe ferito nessuno.
«V-va bene, ma stiamo solo per cinque minuti e poi ce ne andiamo!»
 
Crowley vinceva sempre. O quasi. La colpa non era sua, ma della sua apprensione e del mondo, troppo cattivo e pericoloso. Era stato facile nascondersi, la Bentley scura si nascondeva si mimetizzava bene al buio. El e le sue due migliori amiche se ne stavano sedute su una panchina a parlare, scherzare e a scattare foto oramai da mezz’ora e non c’era nessuno di pericoloso in giro, forse si erano preoccupati un tantino troppo.
«Beh, sembrano stare bene, no?» sorrise Aziraphale, voltandosi a guardare suo marito che però aveva uno sguardo attento. Era lui quello da convincere!
«Mh, adesso si stanno alzando. Le seguo.»
«Crowley, avevamo detto cinque minuti!»
«Abbiamo già sforato, e comunque voglio solo vedere dove vanno!» si lamentò, mettendo in moto.
 
Un’ignara El passeggiava tranquillamente, affiancata da Emily e Sophie, le sue amiche del cuore. Furono proprio queste due, dopo qualche minuto, ad accorgersi che qualcosa non andava.
«Amh… El, c’è qualcuno che ci segue», mormorò Emily.
«Eh? Ma che dici, non è vero.»
«No, è vero! Guarda, quell’auto era posteggiata lì in fondo e adesso si muove, ci viene dietro!»
El si voltò a guardare dietro di loro e in quel momento la macchina si fermò. Non aveva visto bene, ma che importava?
«Ah sì? Bene, ora ci penso io!» borbottò stringendo i pugni.
 
«Ecco, vedi?! Ci ha visto! Ora che facciamo?!» piagnucolò Aziraphale aggrappandosi a lui. Una furiosa El infatti si avvicinò a pugni stretti.
«Non ci posso credere! Voi siete proprio incredibili!»
Crowley abbassò il finestrino, sorridendo.
«Ehi, El. Ma che coincidenza, anche tu qui?»
«Papà, mi prendi in giro? Mi stavate seguendo?»
«N-no!» intervenne subito Aziraphale.. «Noi eravamo solo venuti a controllare, quella di seguirvi è stata una sua idea!»
«Che angelo traditore, scarica a me tutta la colpa!» si lamentò Crowley, ma El attirò di nuovo la loro attenzione.
«State spaventando le mie amiche, quindi per favore, piantatela. Facciamo i conti a casa!»
«Ma El!» cercò di parlare Aziraphale.
«A casa!» insistette sua figlia, incrociando le braccia al petto. Crowley sbuffò, alzando gli occhi al cielo, lui con gli adolescenti non ci sapeva proprio fare, era inutile!
 

Nota dell'autrice
Aziraphale e Crowley non si smentiscono mai. Qui El ha circa dodici anni e fa le sue prime uscite serali, peccato che l'apprensione dei suoi genitori li porti a seguirla. Povera cara, dopo faranno i conti, oramai è lei che mette in punizione loro.

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Capitolo 30
*** 30 - Cambiamenti ***


30 - Cambiamenti

L’adolescenza era un periodo assai strano, fatto di scoperte e cambiamenti, questo valeva sia per gli umani e – a quanto pareva – anche per le ragazzine per metà angelo e per metà demone. El aveva solo dodici anni, era praticamente all’inizio di quel viaggio e lo vedeva, stava cambiando, ogni giorno somigliava sempre meno ad una bambina e molto di più ad una ragazza. Ma non solo fisicamente, anche le sensazioni erano cambiate, gli stimoli e gli impulsi. Come ogni ragazzina della sua età, El si stava approcciando alla sfera sessuale, anzitutto con se stessa. Aveva scoperto quanto fosse potesse essere piacevole toccare il proprio corpo in un certo modo, esplorarsi.
Aziraphale non era molto preoccupato riguardo l’argomento sesso. Sua figlia era molto sveglia e sapeva come certe cose funzionavano, anche se non erano mai scesi troppo nel dettaglio e prima o poi quel momento sarebbe arrivato. L’angelo si incamminò per chiamare sua figlia, trovando la porta socchiusa. La spinse leggermente e quando entrò, trovò El sotto le coperte, con una smorfia di piacere sul viso e anche da sotto le lenzuola era chiaro ciò che stesse facendo. Quando la ragazzina si rese conto di essere stata colta in flagrante, si fermò, arrossendo.
«AAAAAAAAH! FUORI!»
«I-io non ho visto niente, giuro!» Aziraphale si portò una mano sul viso. Dopotutto era stato imbarazzante anche per lui.
«HO DETTO FUORI!»
Aziraphale l’ascoltò, onde evitare che sua figlia gli lanciasse qualcosa. Ma aveva bisogno dei rinforzi.
«C-Crowley, caro, non è che potresti venire un attimo?»
 
Quando qualche attimo dopo la situazione fu più calma, El si ritrovò seduta con lo sguardo da tutt’altra parte, mentre i suoi genitori le stavano seduti di fronte.
«Dovevi bussare», si lamentò.
«Ma la porta era socchiusa, mi spiace!» piagnucolò. «Ad ogni modo, tesoro, non devi vergognarti, è una cosa perfettamente normale, il  tuo corpo sta cambiando, stai diventando una donna e…»
«Oh, angelo! Davvero ne stiamo parlando?» piagnucolò Crowley, per lui era un pochino più difficile fare i conti con la realtà.
«Mmh, lo so che è normale!» sbottò El. «Però avrei preferito non essere beccata da uno di voi, accidenti!»
Beh, ironico il destino, considerando che Crowley e Aziraphale erano stati beccati più di una volta da lei a fare determinate cose.
«Non è stata una pasqua nemmeno per me, in effetti», sospirò Aziraphale. «Però di certe cose è giusto parlarne, dopotutto molto presto inizierai ad approcciarti. Ai ragazzi o alle ragazze che sia…»
«Oh! Molto presto? Ha dodici anni!»
«Crowley, la smetti di interrompermi? Non ti voglio mettere in imbarazzo, El. Solo ti prego, quando… farai sesso, assicurati di essere veramente pronta, la prima volta è una sola. E ti prego, per l’amor di Dio, usa le protezioni. Anche se sei metà angelo e metà demone, è sempre meglio evitare malattie…»
«E gravidanze», chiarì Crowley. C’era poco da fare, la realtà andava affrontata. «Almeno conosci i metodi contraccettivi?»
«Oh, santo cielo!» El si portò una mano sul viso. «Sì, ne ho parlato con Anathema, ma non ho intenzione di fare sesso…non a breve almeno», li rassicurò
Crowley scosse il capo, avvilito.
«Credo di starmi per sentire male, ma preferisco che tu sia consapevole. Però ti prego, per la mia sanità mentale, quando qualcuno macchierà la purezza della mia bambina… non dirmelo, d’accordo?»
«Aaaah, smettilaaa! Non posso parlare con te della mia vita sessuale. Papà, sei uno stupido!» El gli andò contro, dandogli dei piccoli pugnetti sul petto.
«Ahi, piano! Va bene, scusa, non ho detto niente! Maledizione, io con gli adolescenti non ci so fare!»
 
Nota dell’autrice
Ho riso un sacco a scrivere questo capitolo. Povera El, ma in che situazione l’ho messa? Deve essere così imbarazzante, però Azi è Azi, io se fossi in lei di queste cose ci parlerei, Crowley è un po’ più restio, però vabbé…. È Crowley dopotutto. El si sta approcciando a tutti questi cambiamenti, anche sessuali e parlare di certe cose è giusto, però sicuramente la prossima volta si chiuderà la porta a chiave. È il karma, considerando quante volte lei da piccola ha erroneamente beccato i suoi  a fare badabumbumbum.

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Capitolo 31
*** Giornate primaverili ***


31 - Giornate primaverili


Le giornate primaverili erano sempre le migliori.
Le migliori per passare del tempo in famiglia, magari sotto un albero a fare un pic-nic. Aziraphale amava la compagnia e a lungo andare Crowley aveva imparato ad apprezzarla a sua volta. E poi ad El piaceva tanto parlare, ridere, scherzare e amava passare il suo tempo con i bambini. Alle sue gambe stavano attaccati i gemelli di Anathema, Liam e Charlotte, i quali l’adoravano quasi fosse la loro sorella maggiore.
«Ragazzi, piano! Così non posso muovermi, possiamo cambiare gioco?» annaspò una stanchissima El, quei due piccoletti pesavano eccome. I loro genitori se ne stavano seduti sul telo, di lì a poco sarebbe stata l’ora di pranzo, avevano pensato di organizzare un pic-nic come tendevano a fare molto spesso.
«Bambini, non tormentate El!» li riprese Anathema. «Vostra figlia ha una pazienza… secondo me un giorno sarà una brava madre.»
«Scusami?» domandò Crowley contrariato, togliendosi gli occhiali per guardarla meglio. «Perché dovete farmi sentire vecchio?»
«Ma caro, noi di fatto siamo già vecchi», sospirò Aziraphale, che aveva appena tirato fuori dal cestino sandwich e insalata. Poco dopo i due furono raggiunti da Gabriel e Bel, la quale appariva tutta di fretta e stanca come al suo solito.
«Scusate il ritardo, la colpa è di Gabriel perché ha tardato a fare il bagno alla bambina», chiarì subito il demone, facendo cadere la borsa sul telo.
«Perché deve essere sempre colpa mia?» si lamentò lui mentre teneva in braccio una vispa Ariel  che si guardava intorno, facendo dei versetti di curiosità. El andò loro incontro, abbracciando subito la bimba.
«Ariel!»
«Adadada!» rispose la piccola tirandole i capelli e donandole un sorriso sdentato. Questo non faceva che confermare le teorie di Anathema.
«Visto? Ve l’ho detto. El, tu vuoi dei bambini un giorno?» domandò alla diretta interessata. Lei ci pensò qualche attimo, per poi sorridere. Adorava quei piccoli esserini profumati e teneri e loro adoravano lei… quindi perché no?
«Ma certo, ne voglio almeno sette o otto!»
Crowley corrugò la fronte, puntandole il dito contro.
«Non la penserai così quando ti ritroverai a dover cambiare, dar da mangiare e curare otto bambini!»
«Oh, sì invece, tanto ho i miei papà che mi aiutano», affermò prendendo Ariel in braccio. «Sarò una donna molto impegnata con la mia carriera da scrittrice, quindi lascerò i bambini a voi mentre sbrigo le mie cose.»
Aziraphale già se lo immaginava. Non avrebbero mai avuto un attimo di pace, ma la cosa non gli dispiaceva affatto, adorava sempre lo scalpitare allegro dei bambini in giro per casa.
«Nessuno mi ha chiesto se sono d’accordo. Nessuno me lo chiede? Ehi!» si lamentò, ma El era già scappata con la Ariel in braccio, ignorando Gabriel che la pregava di fare attenzione. Quella ragazzina, così incorreggibile! Dolce, sensibile, ma anche così ribelle… praticamente aveva ereditato le caratteristiche principali dei suoi genitori, un’unione perfetta.
«Liam e Charlotte, venite subito a mangiare!» esclamò Anathema. «Newton, vai a riprenderli subito!» ordinò, rivolegendosi poi in maniera più pacata ad Aziraphale e Crowley. «E pensare che sono così teneri appena nati…e  poi diventano delle piccole pesti!»
Crowley sorrise divertito, guardando Gabriel.
«Oh, e non avete idea di cosa succede quando arriva l’adolescenza. Un periodo terribile, nessuno è mai pronto a questo, è un periodo fatto di… cambiamenti…» sussurrò quasi minaccioso, facendo irrigidire Gabriel.
«Tu menti.»
«Io non mento! Hai visto El, no? Era una dolce bambina indifesa, adesso invece esce, si interessa all’amore e anche al sesso.»
«Non dire quella parola!» lo pregò ancora Gabriel.
«Quale? Sesso?»
Era un passatempo troppo divertente che fu interrotto dalla gomitata da parte di Belzebù.
«La vuoi piantare? Poi sono io che devo sopportarmi i suoi scleri. Ariel è ancora piccola, c’è tempo per queste cose!»
Crowley si massaggiò il costato, avvertendo dolore, Aziraphale con lo sguardo gli stava dicendo che sì, se l’era meritato.
«Beh, è un periodo turbolento, questo sì. Però da anche molte soddisfazioni.»
«Oh, state tranquilli, El è veramente in gamba» parlò  Newton. «Tra l’altro non pensavo avesse un fidanzato.»
Alla parola fidanzato, Aziraphale e Crowley sollevarono lo sguardo? Fidanzato? Cosa si erano persi esattamente?
«In che senso scusa?» domandò già in panico il demone.
«Ma sì, l’ho vista l’altra volta che si baciava con uno e…»
Anathema gli lanciò uno sguardo in grado di farlo ragionare. E pensare che si erano messi d’accordo sul non dire niente.
«Newton!»
«Però, bella mossa, era un segreto», Belzebù lo colpì piano, facendolo piagnucolare.
Che voleva dire che era un segreto? Aziraphale non aveva parole. Tutti sapevano del primo bacio di sua figlia e … lui no?
«Crowley, sarebbe troppo chiederti di avere un po’ di auto-controllo?»
Suo marito però non lo ascoltò nemmeno. Si alzò, vedendo El giocare con i bambini.
«Noi e quella ragazzina dobbiamo fare quattro chiacchiere!»
 
Continua…

Nota dell'autrice

Questo lo chiamerò "capitolo dello sclero". Tutto improvvisato, non sapevo dove andare a parare e... beh, l'idea di Newton che si fa scappare un segreto (che praticamente segreto lo è solo per Azi e Crowley), sul bacio di El... la cosa DEVE essere affrontata e così sarà nel prossimo capitolo. Poverini, mai na gioia

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Capitolo 32
*** 32 - Primo bacio ***


32 – Primo bacio
 
«Emma Lyra, cos’è questa storia?»
La ragazzina s’infilò le mani nelle tasche, con lo sguardo rivolto verso il laghetto e le papere. Dannazione, che imbarazzo! Perché le cose sfuggivano sempre al suo controllo?
I suoi genitori erano molto apprensivi, era anche per questo che aveva temporeggiato, ma come molto spesso accadeva, tutto saltava sempre fuori in un modo o nell’altro.
«Però non posso credere che Newton se lo sia fatto scappare, mi aveva promesso che non avrebbe detto nulla», sospirò, prendendo un sassolino e lanciandolo in acqua.
Aziraphale c’era rimasto un po’ male, doveva ammetterlo. El parlava con loro, con lui soprattutto, un po’ di tutto ciò che lo accadeva. Ma capiva anche che stava entrando in un’età difficile e che non sempre era facile.
«Lo sai, è imbranato», Crowley si tolse gli occhiali da sole, tenendo gli occhi chiusi e sentendo dolore alla testa. Gli veniva così difficile credere che la sua bambina avesse dato il primo bacio…già, proprio il primo di tanti altri probabilmente.
«Ma perché non ce l’hai detto?» domandò un dispiaciuto Aziraphale.
El arrossì, continuando a lanciare sassolini.
«Lo sai che ve l’avrei detto, è solo che… è stato un po’ imbarazzante… e strano. Non pensavo fosse così.»
«Così come?» domandò Crowley. Da un lato si sentiva a disagio, da un lato sollevato dal fatto che sua figlia volesse parlare proprio di quello.
El finalmente si voltò a guardarli, un po’ rossa in viso.
«Anzitutto è stato improvviso. C’è questo mio compagno di scuola che mi piace… ed evidentemente anche io gli piaccio. E mentre parlavamo di libri, lui mi ha baciato e io non me l’aspettavo!»
«Ah davvero? Deve essere stato romantico», Aziraphale sorrise nel ripensare al suo primo bacio con Crowley. Quanti ce n’erano stati da allora? Migliaia probabilmente.
Sua figlia annuì.
«È stato molto carino. Però un po’ umido. La sua lingua ha iniziato a fare delle cose strane e…»
Crowley iniziò a sbracciarsi, facendolo segno di tacere. D’accordo tutto, però immaginarsi i dettagli di sua figlia che pomiciava con un ragazzo, insomma… un passo per volta.
«Va bene, El. Ho capito, n-non c’è bisogno di scendere nei dettagli! Ma questo tuo amico ha tenuto le mani a posto, spero!» ci tenne a chiarire.
El aveva ancora tredici anni, non voleva che corresse troppo.
«Papà!» strillò lei, in imbarazzo. «Non devi preoccuparti di questo. È di me che sono preoccupata. Io non so baciare», dichiarò.
«Non sai… baciare?» domandò Aziraphale sorpreso. Cosa intendeva?
«Eh no. Non ho nemmeno capito se ho fatto bene o meno, e se ho sbagliato qualcosa?»
Le domande di El erano imbarazzanti, ma giuste in effetti. L’angelo tossì appena.
«El, piccola… non sono sicuro che esista un modo giusto, i baci… vengono come vengono… E poi è stato il tuo primo bacio, è anche normale essere inesperti. Ci vuole pratica.»
Crowley puntualmente gli diede una gomitata, guardandolo male. Ma certo, suggerisse pure a sua figlia di fare un corso approfondito suo baci.
«Ahi! Quello che intendo è che con i tuoi tempi diventerai più esperta, non devi preoccuparti per questo!» Aziraphale si massaggiò il punto colpito. El annuì, adesso poco più convinta.
«Va bene, allora. Vorrà dire che darò tanti, ma tanti, ma tanci baciiii!» esclamò girando su se stessa, sapendo bene di colpire Crowley dritto al cuore.
«No…no… no…! Non è proprio necessario. Oh, El!» Crowley si rimise gli occhiali. «Non mi meraviglia che quella ragazzina faccia strage di cuori!»
Aziraphale però era un po’ pensieroso. Si era sentito in dovere di porre una domanda a suo marito.
«Tesoro, io ero bravo a baciare? Intendo… la prima volta che è successo», arrossì e Crowley, dopo averlo guardato sorpreso, si avvicinò.
«Se devo essere sincero, angelo, sei il miglior baciatore che abbia mai avuto e posso assicurarti che ne ho avuti tanti»
Aziraphale gli accarezzò il viso.
«Oh, tesoro. La seconda parte potevi anche evitarla. Adesso forse è meglio se torniamo indietro, abbiamo un pic-nic da fare.»
«Certo, Aziraphale. Torniamo pure.»

Nota dell'autrice
Alla fine quelli di El erano complessi, ma dopotutto Aziraphale e Crowley sono qui anche per questo, tranquillizzarla e guidarla nel fantasmagorico mondo dell'adolescenza. 
Sì, insomma.... BELLO. E quali altre cose scoprirà El? Rimanete sintonizzati per scoprirlo.

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Capitolo 33
*** 33 - Complessi ***


33 – Complessi
 
El aveva sempre avuto un’autostima abbastanza nella norma. Ma come molto spesso accadeva alle adolescenti, aveva iniziato ad avere dubbi circa il suo aspetto. Oramai sentirsi carina non bastava più, non era di certo una bambina. E non era nemmeno un adulta. All’alba dei suoi quattordici anni si ritrovava ad avere dubbi e incertezze circa il suo aspetto. Ciò che era sempre stato motivo di orgoglio – i suoi occhi bicromatici ad esempio – erano diventati motivo di vergogna.
«El, ma perché porti a tavola gli occhiali da sole?»
Ad Aziraphale non poteva sfuggire nulla, di certo non qualcosa di così evidente. Sua figlie fece finta di niente.
«Ho un problema agli occhi… bruciano…» mentì.
«Forse hai preso un’infezione? Fammi guardare», Crowley le fece segno di avvicinarsi, ma El scosse il capo.
Lei però si alzò, facendo strisciare la sedia contro il pavimento.
«Niente di grave, mi passerà con una dormita!» esclamò frettolosa. Ad Aziraphale però non la raccontava giusta.
«Che cosa stai cercando di nascondere?»
 Messa con le spalle al muro, El sapeva di non essere capace di dire bugie.
«Gli occhi…»
«Che hanno i tuoi occhi che non va?» domandò Crowley. El si arrese senza nemmeno combattere troppo, forse perché aveva più bisogno di rassicurazioni che altro. Si tolse gli occhiali, mostrando le sue iridi di un colore diverso dal solito, erano semplicemente azzurri, tendenti al grigio. El aveva la capacità di cambiare alcune caratteristiche del suo corpo ed era una cosa che per gioco aveva sempre fatto, per questo inizialmente Aziraphale e Crowley non capirono.
«Hai cambiato colore degli occhi», si rese conto l’angelo.
«Questo è chiaro, ma non ho capito perché ti nascondi», Crowley si chinò appena. Colore diverso o meno, quelli erano gli occhi di sua figlia. «Avanti, dimmelo. Qualcuno ti ha preso in giro?»
Sia Aziraphale che El furono sorpresi. La ragazzina non aveva detto nulla, eppure lui aveva capito.
«Emh… forse. È che tutti mi guardano sempre come se fossi diversa. Mi chiedo cosa direbbero se vedessero le mie ali», si dondolò un po’ timida. Per lei non era facile, orgogliosa per com’era sempre stata, ma ultimamente  non era più certa di niente.
«Piccola, ma tu sei bellissima!» affermò Aziraphale, come se fosse un’ovvietà. Sua figlia incrociò le braccia al petto.
«Il tuo parere non è oggettivo. Non ne potevo più di essere guardata in modo strano, così ho cambiato colore, ma non volevo che lo vedeste. Non volevo che vi offendeste», ammise portandosi una ciocca di capelli  dietro l’orecchio.
«E perché avremmo dovuto?» domandò Aziraphale sempre più confuso.
«Beh, perché è a voi che somiglio!»
Crowley fino a quel momento non aveva detto una parola, si era limitato ad ascoltare.
«El, non prendiamoci in giro. Tu sei diversa per definizione.»
Aziraphale sollevò uno sguardo sorpreso come suo marito. Alla faccia della delicatezza! Ma prima che potesse aggiungere altro, Crowley continuò:
«Ed è assolutamente bellissimo così. Tu sei per metà angelo e per metà demone, per forza non somigli agli altri. E so che ti sembrerà assurdo, ma tutti abbiamo delle insicurezze… anche io», confidò. Dietro la facciata da demone sicuro e impenetrabile, si nascondeva un animo molto più insicuro di quanto si potesse pensare, lo avevano capito in pochi, Aziraphale sorpreso.
«… Ah sì?» domandò El.
«Già. Quando sono caduto odiavo i miei occhi dorati, al posto di quelli verdi che avevo avuto da angelo. Ma se non fossi caduto probabilmente non avrai mai conosciuto l’amore della mia vita, quindi… ci sono passato sopra molto facilmente», guardò Aziraphale, il quale era arrossito, ma allo stesso tempo gli aveva sorriso.
El si grattò la testa.
«Forse i miei occhi e la mia diversità quindi piaceranno a qualcuno?»
«Che domande, certo che sì! Voglio dire, poi hai preso il fascino da me. Non te lo dimenticare», ammiccò Crowley, era sempre tanto fiero quando riusciva a dare i consigli giusti. El soppesò quelle parole, per poi porgere gli occhiali ad Aziraphale.
«E va bene. Mi fido di quello che dici.»
Aziraphale rivolse di nuovo uno sguardo a Crowley, certo che con gli adolescenti se la cavava meglio di quanto pensasse. E dopotutto aveva ragione, perché El era magnifica e diversa così com’era.
 
Nota dell’autrice
L’adolescenza è il periodo dei complessi, del “non sono carina” e del “non sono abbastanza”. El non ne ha motivo, perché è stupenda (mi direbbe che il mio parere non è oggettivo) e i suoi occhi sono bellissimi. In tutto ciò Crowley fa grandi progressi, in fondo non se la cava così male con gli adolescenti no?

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Capitolo 34
*** 34 - Girovagando per il web ***


34 - Girovagando per il web
 
Sul web si potevano scoprire cose davvero interessanti.
E di tutti i tipi. Emma Lyra conosceva, come molti ragazzini della sua età, l’esistenza di certi sii web vietati ai minori, che dai minori però erano ampiamente frequentati.
Porno. Ecco come si chiamavano. Chissà com’erano? 
El non ne aveva mai parlato con i suoi genitori. Sì, avevano parlato di sesso, ma il porno era un ramo che non avevano nemmeno sfiorato. Dato che la curiosità faceva parte di lei, decise un giorno di provare a cercare e rimase stupita da ciò che trovo: non solo i porno, ma anche diverse categorie, alcune anche parecchio particolari, ma voleva cominciare da qualcosa di semplice.
Quindi cliccò su un video che vedeva un uomo e una donna intenti a fare sesso. E molte domande presero testa nella mente dell’adolescente: gli attori recitavano o no? Un uomo era davvero così esageratamente dotato? E sì godeva davvero così tanto o era tutta scena?
Tutte domande legittime per una della sua età. Sconvolta non lo era di certo.
Quando finì le sue importanti ricerche, El non ci pensò neanche a cancellare la cronologia, in verità non ci dava neanche troppo preso: dopo essere stata beccata a darsi piacere, dopo aver parlato di sesso, quello non sarebbe stato niente di che.
Peccato che avesse lasciato il pc aperto con la pagina dei quel sito in bella vista, forse un po’ troppo audace. Per questo, quando Aziraphale vi passò davanti, ebbe un mezzo colpo.
«El, tesoro, perdonami. Ma che cos’hai lì?!» esclamò rosso in viso. Con molta tranquillità, El prese un succo di frutta, richiudendo il frigo.
«Del porno», disse facendo spallucce, con tutta la naturalezza del mondo.
«Oh», rispose l’angelo dopo qualche istante di silenzio. «E cosa… insomma… ne pensi?»
«Che è strano», disse pensierosa. «Ero curiosa, quindi sono andata a cercare sul web, ma quando sono entrata su quel sito mi ha detto una cosa del tipo “Bentornato”. E io non capisco, era la prima volta che ci andavo. E se… ah!» El arrossì. «Qualcuno di voi ha usato il mio computer?! Per andare su quei siti?! Ma no, voi non potete, solo io posso!»
«El…»
«E so anche chi è stato!»  borbottò rossa in viso. «Papà, vieni qui immediatamente!»
Crowley si ritrovò accusato ingiustamente. D’accordo, forse era normale pensare che fosse lui il colpevole, ma in quel caso non era così!
«Io non ho fatto niente ed anche se fosse, non devo certo chiederti il permesso», borbottò infatti.
«Ma è il mio computer! Così è troppo strano! Diglielo anche tu!» esclamò voltandosi verso Aziraphale, ovviamente il vero colpevole della situazione. Non era colpa sua, era un angelo curioso e non era nemmeno tanto bravo con la tecnologia.
«Non è… stato lui, El. Ma io», ammise, morendo internamente di vergogna e guadagnandosi uno sguardo sconvolto di suo marito.
«Cosa?! Tu hai guardato dei porno?! E non mi hai detto niente? Potevamo farlo insieme!»
«M-mi vergognavo!»
«Io mi sto vergognando! Non potete parlare di certe cose davanti a vostra figlia!» esclamò El coprendosi il viso con le mani. «E va bene, mistero risolto, non voglio sapere  altro! Piuttosto, ma il sesso vero è così?»
Che modi quella ragazzina! Prima faceva l’imbarazzata e poi se ne usciva con quella domanda, però Crowley si sentì in dovere di rispondere.
«Non proprio. Lì c’è molto di recitato e… è difficile da spiegare a parole, lo capirai quando lo farai… anche se ovviamente io non lo vorrò sapere!» gli ricordò, oramai si stava abituando a quel genere di discorsi.
 
Era stato senza dubbio imbarazzante, per Aziraphale ovviamente.
«È strano che tu non gli abbia detto di non guardare certe cose», disse rivolto al marito, il quale fece spallucce.
«Non credo servirebbe a qualcosa, oramai. Che vuoi farci, adolescenti! E tu invece. Non provare mai più a guardare certe cose senza di me, capito?»
Aziraphale annuì, ancora pieno d’imbarazzo. Magari insieme sarebbe stato più interessante.


Nota dell'autrice
Ebbene sì, caro Aziraphale: certe cose potresi anche condividerle con tuo marito (magari non davanti ad El). L'argomento "porno" ancora oggi è riferito unicamente al genere maschile, quando in verità anche tantissime donne lo guardano... ed El l'ha scoperto, facendosi le sue domande ovviamente... e scoprendo che pure Aziraphale frequenta quei siti hot, il povero angelo non è affatto bravo con la tecnologia.

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Capitolo 35
*** 35 - Punizioni ***


35 – Punizoni
 
Crowley camminava avanti e indietro, in attesa. Le lancette dell’orologio, con il loro ticchettio, lo stavano innervosendo. Avrebbe dovuto essere nel suo letto a dormire, invece no. Invece, all’una di notte, si ritrovava sveglio nella penombra del soggiorno ad attendere che El tornasse. Per fortuna, almeno, non era solo.
L’aveva detto ad Aziraphale che l’una era troppo tardi, El aveva quindici anni per l’amor di Satana!
«Crowley, calmo. Vedrai che El arriverà a momenti.»
Ma il demone non era molto d’accordo. E passassero le feste, passasse il fatto che El amasse indossare vestiti di pelle ed essere audace, passasse il fatto che probabilmente avrebbe attirato l’attenzione, ma anche quello…
«Non hai voluto ascoltare la mia idea», si lamentò Crowley sedendosi, sebbene fermo non riuscisse a stare.
«Ti ho detto che non possiamo seguirla e appostarci in attesa che capiti qualcosa! Non ti tranquillizza nemmeno un po’ il fatto che abbia dei poteri straordinari?» cercò di farlo ragionare.
Il mondo sapeva essere pericoloso per una ragazza così giovane, ma almeno El aveva dalla sua una grande forza e grandi abilità, Crowley si preoccupava un po’ troppo. Per lui  - in realtà per entrambi – era ancora una bambina.
«Mmh. No. E se ha fumato? Bevuto? O peggio, se ha usato una qualche droga strana? Le ho raccomandato di non farlo!» esclamò afferrandolo per le spalle.
Certo, detto da lui era divertente, considerando che nella sua lunga vita aveva provato tutte e tre le cose. Aziraphale stava proprio per dirgli questo, quando udirono dei rumori provenire dal giardino: El doveva essere arrivata. Crowley si fiondò subito ad aprire.
«El, sei in ritardo di dieci minuti e…!»
Sua figlia non sembrava molto stabile sulle proprie gambe: aveva il viso arrossato e faceva anche delle strane smorfie.
«Ciao, come va?» squittì, barcollando.
Non poteva crederci, aveva bevuto, a soli quindici anni, ma cosa le diceva la testa?
«El!» Aziraphale assunse un tono di voce severo. «Che cosa hai combinato? Ti avevamo detto di non bere, tu non sei abituata!»
«Ho soltanto bevuto qualche bicchierino, sto bene!» disse cercando di aggrapparsi a qualcosa che però non c’era, finendo con l’inciampare. Crowley la strinse prima che potesse cadere.
«Tu sei nei guai seri, signorina. Ti avevo raccomandato una cosa e non mi hai ascoltato!» disse il demone deluso.
«Papà, per favore. Mi fa male la testa, puoi parlare a bassa voce?» piagnucolò.
Per forza stava male, non aveva mai bevuto un goccio d’alcol. Nonostante l’arrabbiatura, però, i due dovevano prendersi cura della figlia, la quale a malapena si reggeva in piedi.  Crowley la prese in braccio, mettendole il pigiama e adagiandola poi a letto.
«Mi viene da vomitare…» piagnucolò. «Potete togliermi la sbornia?»
«Potremmo, ma non lo faremo. Così forse ti sarà da lezione», Aziraphale le porse una tazza con in infuso di acqua e alloro. «E per la cronaca, sei un punizione.»
«Ma come punizione?!» esclamò El, venendo interrotta dal forte dolore di testa.
«Sì, punizione», Crowley diede man forte a suo marito. «Niente uscite, niente libri e niente musica. Vuoi che ti tolga qualcos’altro?»
El si imbronciò, accasciandosi.
«No…»
«Bene, allora adesso riposa», Aziraphale gli rimboccò le coperte. «Se ti serve aiuto, siamo qui accanto.»
E dicendo ciò le baciò la fronte. Dopotutto era sempre la sua bambina, anche se si comportava male.
I due lasciarono la camera della figlia, per poi guardarsi.
«Sai che troverà comunque il modo per fare tutto ciò che le hai proibito, vero?» chiese l’angelo.
«Lo so eccome. Per questo dovrò tenerla d’occhio. Visto che la mia idea sul seguirla non era poi così male? Ah, stupidi adolescenti, deve essere un dannato incubo!» si lamentò, passandosi una mano sul viso.
Sì, proprio un incubo. E il peggio non era neanche arrivato.

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Capitolo 36
*** 36 - Figuracce... ***


36 - Figuracce...

Avere la casa piena di adolescenti oramai era divenuta la normalità.
Questo accadeva soprattutto perché Aziraphale era tremendamente ospitale e aveva la capacità di far sentire gli amici di El a casa propria.
Sua figlia era salita in camera propria con degli amici circa un’ora prima e lui se n’era rimasto in cucina a fare un sudoku, quando Crowley rientrò dopo una stancante giornata tra prove musicali in studio e commissioni.
«Sera, angioletto mio. Siamo soli per caso?» gli si avvicinò, schioccandogli un bacio su una guancia, ignaro del fatto che suo marito stesse per rovinargli i piani.
«In realtà El è in camera sua con qualche amico», affermò senza problemi.  Cowley lo osservò qualche attimo, incerto se avesse o meno capito bene.
«Come, prego? Chi sono questi amici?» domandò cercando di non farsi partire l’embolo.
«Sophie ed Emilie le conosci già», sbuffò seccato, lo stava distraendo! «Altri sono… compagni di scuola.»
«Ci sono dei ragazzi?» tagliò corto, nervoso. Aziraphale allora rinunciò al suo sudoku.
«Caro, non è che tutti i ragazzi siano dei pervertiti», cercò di fargli presente, ma Crowley era già partito in quarta.
«Stiamo parlando di adolescenti, ragazzini con gli ormoni in subbuglio! Io so come funzionano queste cose, perché sono io il demone della coppia!» iniziò a camminare avanti e indietro.
«Che esagerato, sono in gruppo, cosa vuoi che succeda?»
«Oh, povero, ingenuo di un angelo!» esclamò suo marito portandosi una mano sul viso. «Non conosci i giochetti degli adolescenti? Chi è la più carina? Scegli obbligo o verità. Oh sì, obbligo, bacialo, oppure rinchiuditi in un ripostiglio con lui!»
Aziraphale sgranò gli occhi, immobile.
«Caro, quando fai così mi inquieti parecchio.»
«Lascia stare», sbottò Crowley, sentendosi incompreso. «Non farò niente di che, ma non voglio che si faccia sesso in casa mia. Certo, ciò non vale per noi ovviamente!»
Aziraphale si alzò, correndogli dietro. Non c’era da fidarsi di Crowley e delle sue fissazioni. Arrivarono davanti la camera della figlia, dove sulla porta stava appesa la scritta Non disturbare.
Il demone si appostò, attento a qualsiasi parola provenisse dall’altro lato.
«Crowley, questo è ridicolo!»
«Silenzio e ascolta!» lo ammonì. Riuscirono poco dopo a captare una parte della conversazione.
«Da, El. Non avere paura, io l’ho già fatto!» esclamò Emilie.
«Ma… so che è doloroso», la voce di Emma Lyra sembrava incerta. Poco dopo si sentì una voce maschile.
«Tranquilla, El. Sarò delicato. A Sophie ed Emilie non ha fatto così male, puoi fidarti di me.»
«E va bene, visto che l’avete fatto tutti.»
Aziraphale, rosso in viso, sollevò lo sguardo su Crowley, e per un attimo sembrò che gli stesse uscendo il fumo dalle orecchie.
«Crowley…»
«Non oseranno!» e dicendo ciò Crowley aprì la porta di scatto. «Giù le mani da mia figlia, SUBITO!»
Ciò che si ritrovò davanti fu diverso da ciò che si aspettava: un amico di El teneva un ago in mano e lo fissava con sguardo impaurito.
«Ma io non l’ho ancora toccata!» si lamentò il ragazzino. Crowley batté le palpebre. Non sembravano in procinto di fare… quello.
«Ma che fate qui?!» piagnucolò  El, in imbarazzo.
«Tu… noi…voi che cosa stavate facendo?!» Crowley cercò di mantenere un tono di voce severo.
«Amh… un piercing», mormorò il ragazzino. «Quando finirò la scuola mi aprirò uno studio mio, quindi per ora faccio pratica su di loro e… è un problema?»
Crowley riacquistò i mille anni di vita che aveva perso.
Un piercing… solo un piercing! Peccato che Aziraphale fosse di tutt’altro avviso.
«Assolutamente sì che è un problema! Stavi per farti un piercing di nascosto, Emma Lyra?!» domandò severo e rosso in viso.
«Non mi avresti mai dato il permesso. E poi si tratta di uno piccolo, all’ombelico…»
«Tu non profanerai il corpo con cui sei nata, sei ancora troppo giovane! E Crowley, non ridere, hai capito?!» si voltò verso suo marito, rendendosi conto di come la situazione si fosse capovolta.
«Oh, angelo. Che vuoi che sia, poteva esserci di peggio», ammiccò, ora divertito. Certo, El non avrebbe avuto il suo piercing, quella volta. Ed era ancora pura come Crowley l’avrebbe definita, quindi poteva dire di averla scampata, per il momento.

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Capitolo 37
*** 37 - Tutta questione di geni ***


37 - Tutta questione di geni

Molti adolescenti provavano vergogna o imbarazzo ad uscire con i propri genitori.
Ma non El. Anzi, trovava la cosa piuttosto divertente, dato che Aziraphale e Crowley erano già di loro uno spettacolo comico. E poi, se c’era dello shopping nel mezzo, non si poteva di certo rifiutare. El amava comprare libri, action figure, ma anche qualche capo d’abbigliamento particolare, quini c’era bisogno dell’aiuto di entrambi.
«Andiamo, possiamo fermarci per cinque minuti? Sono ore che giriamo», Crowley sospirò, trascinandosi dietro due sacchetti. Beata gioventù, si ritrovò a pensare. El era così vivace. E crescendo stava diventando una bellissima ragazza, somigliava ad entrambi con quei lunghi capelli, rossi e con alcune ciocche dorate, il sorriso furbo e gli occhi bicromatici che incantavano chiunque.
«Se ci fermiamo voglio un gelato», decise sua figlia camminandosi davanti.
«Sono assolutamente d’accordo», aggiunse Aziraphale.
«E gelato sia, qualsiasi cosa, ma ho bisogno di sedermi!» borbottò il demone, guardando El. Certo sua figlia aveva preso da lui il fascino e il flirt facile. Per non parlare del fatto che adorava essere ammirata e ammirata lo era eccome.
Molti ragazzi e ragazze le passavano accanto guardandola con interesse, ed El non si faceva sfuggire l’occasione. Ammiccava anche senza troppi problemi. Crowley non faceva troppe scenate (Aziraphale l’aveva pregato di starsene buono), ma aveva sempre un occhio di riguardo.
Mentre si dirigevano in gelateria, un ragazzo – di sicuro più grande di El – le passò accanto, guardandola.
«Però, complimenti», ammiccò guardandola. El prese a sorridere, divertita.
«Dici a me? Oh grazie, tutto merito dei geni.»
Crowley arrossì, circondandole le spalle con un braccio.
«Sì, e io sono parte del merito di tale bellezza. Ora sparisci o ti cavo gli occhi e te li rimetto al contrario.»
Il ragazzo lo sguardò sollevando le sopracciglia, per poi dileguarsi subito dopo.
«Crowley, ma insomma!» Aziraphale gli diede una gomitata. «Non sei stato gentile!»
«Lui non è stato gentile a fare un complimento ad El», borbottò, certo di aver ragione.
«Sì che lo è stato, l’hai detto anche tu che era un complimento», sua figlia cercò di farlo ragionare, ma senza successo.
Sì, davvero molto divertente.
Giunsero in gelateria poco dopo e comprarono i loro coni, rispettivamente alla fragola, alla vaniglia e alla stracciatella. Seduta, El gustava il suo gelato con fare annoiato, prima di rendersi conto che, qualche posto più avanti, stava seduto il tipo di poco prima e guardava nella loro direzione. Quel tipo era cotto di lei!
Sollevò una mano, salutandolo.
«El, ma chi saluti?» domandò Aziraphale, voltandosi. «Oh..»
«Oh?!» esclamò Crowley, stringendo così forte il suo cono da quasi romperlo. «Uno stalker, lo sapevo. E va bene, ci penso io!»
«No, no, Crowley, ti prego!» Aziraphale tentò di fermarlo, ma suo marito per tutta risposta gli affidò il suo cono gelato.
Il demone arrivò davanti al suo nemico a braccia conserte, togliendosi gli occhiali da sole.
«Beh? Sei forse in cerca di guai? Ti consiglio di non guardare troppo mia figlia, lei è minorenne e sicuramente tu non lo sei», sibilò inviperito.
Ma quello, per tutta risposta, sorrise.
«Tua figlia è molto carina, però in realtà io ero venuto qui per te.»
«Lo sapevo, io… COSA?! COME?!»
Quella era stata una svolta del tutto inaspettata. Proprio come El, Crowley amava filtrare e non era timido, ma da quando si era sposato con Aziraphale aveva un po’ perso l’abitudine.
«Sì, per te. Sei un tipo, tu…» rispose, guardandolo dritto negli occhi.
Crowley sgranò gli occhi, in evidente difficoltà.
«I-io sono lusingato, però… non è possibile! Come hai visto anche tu sono sposato, e anche se mio marito è un angelo, posso assicurarti che non gli piacerebbe. E comunque sia sei troppo giovane», concluse.
Il ragazzo sorrise ancora.
«Ma come, non ero troppo grande fino a poco fa?»
«.. Come dici Aziraphale? Sì, sto arrivando! Mi spiace, ma io adesso devo andare dalla mia famiglia, stammi bene!»
E dicendo ciò si dileguò, non potendo fare nulla per il rossore sul suo viso. Ovviamente Aziraphale non lo aveva chiamato e anzi fu molto sorpreso di vederlo arrivare con quell’espressione stravolta.
«Ma che è successo?»
«Niente, quel tipo non ci disturberà», borbottò. «Avrò più di seimila anni addosso, ma faccio ancora colpo.»
«Che vuol dire che fai colpo?!» si alterò Aziraphale. «Crowley, adesso tu parli!»
El non disse nulla, continuando a mangiare il suo gelato. Come volevasi dimostrare la colpa non era sua, era questione di geni.

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Capitolo 38
*** 38 - Essere responsabili ***


38 - Essere responsabili


Aziraphale sapeva che nascondere certe cose a Crowley non era saggio. Era anzi molto inutile, suo marito avrebbe scoperto tutto a priori, preferiva quindi che fosse lui a dirglielo, almeno avrebbe potuto frenare la sua rabbia. O, ancora più probabile, il suo attacco di panico. Tutto era iniziato quando Aziraphale aveva trovato una scatola di preservativi in un cassetto di El. Questo voleva dire quindi che sua figlia si era approcciata al sesso? Non ci sarebbe stato niente di strano, El aveva sedici anni dopotutto. Ma si era comunque sentito in dovere di parlarne con suo marito.
Quando Crowley vide Aziraphale poggiarei sul tavolo quegli affari, inizialmente non capì.
«Ah-ah. Dimmi che non è come penso», sorrise Crowley con un evidente tic all’occhio.
«Crowley, caro, lo sai che questo momento sarebbe arrivato. Onestamente sono contento, almeno so che fa sesso protetto e…»
«Contento?! Non mi sembra il termine più adatto!» esclamò il demone camminando avanti e indietro. «No, non è possibile. Non può essere successo, El ha sedici anni!»
«Che ti aspettavi, che aspettasse seimila anni come noi?  Ti prego Crowley, respira!»
Ma per il demone non fu facile. Certo, sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma il pensiero che la sua bambina avesse perso l’innocenza lo rendeva furioso, preoccupato, ansioso.
«Io pretendo di sapere chi è stato!» esclamò battendo una mano sul tavolo. «Lo uccido!»
«No, tu non uccidi proprio nessuno, caro!» esclamò Aziraphale. «Prima o poi il momento doveva arrivare!»
«Sì, ma adesso è arrivato! La mia povera, povera El…!» piagnucolò.
Peccato che la povera El stesse rientrando in quel momento. Ciò che vide fu i suoi genitori che discutevano e la confezione di preservativi, la sua, sul tavolo.
«Che cosa state facendo?!»
«Cosa?! Qui le domande le faccio io! Cosa sono quelli?!» esclamò Crowley indicando l’oggetto incriminato.
El fece una smorfia.
«Preservativi? E soprattutto, che cosa ci facevate CON LE MANI NEL MIO CASSETTO?!»
«Ehi, piano!» esclamò Aziraphale. «Me li sono trovati per caso, stavo mettendo in ordine, se tu non fossi così disordinata, io…»
«Il punto non è questo!» Crowley si massaggiò una tempia, sospirando. Doveva calmarsi o richiamava una discorporazione istantanea. «El tu… hai fatto sesso?»
Le ragazze di solito provavano imbarazzo a parlare di certe cose con i propri genitori, ma El in realtà era sempre stata molto aperta da quel punto di vista.
«No, ma ho intenzione di farlo, per questo li ho comprati. Mi avete detto che bisogna sempre proteggersi», spiegò lei.
Crowley in quel momento non seppe se sentirsi sollevato perché El fosse ancor vergine o male perché aveva comunque detto che aveva intenzione di farlo. Si sedette su una sedia, pallido come un fantasma.
«Vedi, Crowley? El è responsabile, i nostri insegnamenti sono stati utili!» disse Aziraphale tranquillo.
Il demone avrebbe fatto bene a rassegnarsi, ma era molto più facile a dirsi che  farsi.
«Sì… io… ho bisogno di qualcosa di forte. Caffè. No, alcol, è meglio», disse debolmente. «Per l’amor di Satana, El. Certe cose non le voglio sapere.»
«Ma lo sai che io a voi dico tutto!» esclamò lei riprendendosi la tua scatola, facendo una linguaccia. «Comunque papà tranquillo, non puoi avere paura che io perda l’innocenza, i preliminari li ho già fatti e…!»
«HO DETTO CHE NON LO VOGLIO SAPERE!»
Povero Crowley, si ritrovò a pensare Aziraphale. Certo El non gli rendeva le cose facili.
 

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Capitolo 39
*** 39 - Prima volta ***


39 - Prima volta

Alla fine quel temuto e atteso momento era arrivato davvero. Aziraphale e Crowley lo sapevano (anche perché El non aveva nascosto le sue intenzioni), ma sentirlo dalle sue labbra era stato comunque strano, particolare, non ci si preparava mai a certe cose e molto spesso non si sapeva cosa dire.
El stringeva il suo cuscino, aveva preferito parlare prima con soltanto uno dei due della sua prima volta. Aziraphale si dimostrava apprensivo, non tanto dalle parole ma dagli sguardi, ma l’aveva ascoltata senza dire una parola.
«Così l’ho fatto e insomma… è stato un po’ strano, inizialmente fastidioso. Non sapevo bene cosa fare, nel teorico so molto, ma a mettere in pratica ciò che so… è diverso», confidò, con le guance un po’ arrossate. Aveva sedici anni e aveva avuto la sua prima volta, sua figlia stava crescendo, era dura da mandare giù, ma era la vita che andava avanti.
«El, sicura che non ti sei forzata, vero? O che non ti sei lasciata convincere?»
«Andiamo papà, pensi davvero che mi lascerei convincere? Ho voluto io. E ho voluto anche parlarne con voi… cioè, con te... ma tanto papà ha già capito, credo potrebbe venirgli un infarto», El si morse il labbro.
Aziraphale le si avvicinò, posandole un bacio in fronte.
«Lui vuole solo che non ti faccia male. E che non soffra. E anche io, lo sai, ma sappiamo che sei matura e intelligente. Stai crescendo, non è facile da digerire.»
Aziraphale ci aveva provato a non tradirsi, ma il suo tono di voce non era proprio riuscito a controllarlo.
«Ti prego, non mi sembra il caso di piangere in questo momento», disse El, ancora più rossa in viso.
«Sì. Si, hai ragione», l’angelo si schiarì la voce. «Crowley, pensi di raggiungerci o meno?»
Crowley infatti se n’era rimasto fuori a passeggiare nervosamente per il corridoio, ma aveva sentito tutto. E stava cercando di metabolizzare quelle informazioni, anche se forse ci sarebbe voluto del tempo. Entrò in camera, pallido e in profondo imbarazzo..
«Amh… non sverrai, vero?» domandò sua figlia spaventata. Crowley scosse debolmente il capo. Almeno era stato preparato a quel momento, e ciò gliel’aveva reso meno traumatico.
Beh, circa.
«Sto bene, devo solo abituarmi all’idea che la mia bambina non è più la mia bambina, e che la sua innocenza è andata, completamente», disse in tono lugubre.
«Non farla così tragica, caro!» rispose Aziraphale. «El l’ha fatto con il suo ragazzo, di certo con un tipo qualunque.»
«D’accordo, ma non voglio sapere dettagli sconci!» arrossì Crowley, guardando poi El. «Usate sempre… sempre le protezioni. E non permettere a  nessuno di toccarti contro la tua volontà o a forzarti a fare qualsiasi cosa, io… non ce la faccio a non preoccuparmi. Mi uccide il pensiero che qualcuno possa ferirti così tanto.»
Forse per lo shock, ma Crowley si stava ritrovando a parlare a cuore aperto. Per lui era un momento particolarmente difficile, era sempre stato molto più apprensivo di Aziraphale sotto certi aspetti.
«Oh!» El sorrise, abbracciandolo. «Nessuno mi farà male, promesso. Se qualcuno ci prova rischia di finire in ospedale, lo sai.»
«Certo, anche perché oltre la tua ira, dovrà assaggiare anche un po’ della mia», sussurrò stringendola. Forse, in fondo, rimaneva sempre la sua bambina, anche se cresciuta e con delle esperienza. Aziraphale gli accarezzò la schiena e gli concesse un silenzioso cenno con il capo che pareva tanto voler dire ben fatto.

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Capitolo 40
*** 40 - Lezione di guida ***


40  - Lezione di guida
 
Nonostante El non avesse ancora diciotto anni, aveva deciso: voleva imparare a guidare. Nonostante avesse a disposizione un bel paio d’ali per andare dove voleva, imparare sarebbe stato comunque utile. E chi avrebbe potuto essere il suo insegnante se non proprio Crowley?
«Questo non è giusto. Non posso fare pratica con la Bentley?»
El sapeva anche che chiederlo sarebbe stato inutile. Mai e poi mai Crowley avrebbe messo in pericolo la sua auto adorata, e così ne aveva recuperato una di seconda mano, piuttosto mal ridotta e – secondo sua figlia – antiestetica.
«Assolutamente no, te lo scordi. La mia auto non ha mai avuto un graffio.»
«Ma se è perfino andata a fuoco», borbottò, accasciata al sedile del guidatore. «È molto più effetto wow la tua!»
«O così oppure nulla, El. Piuttosto, perché non parti? Ti ho spiegato come fare», le disse Crowley accanto a lei. Non avrebbe potuto nemmeno chiedere ad Aziraphale di insegnarle al posto suo, l’angelo era piuttosto arrugginito e non aveva mai amato la guida e lo stare in mezzo al traffico.
El girò la chiave.
«Hai dimenticato a controllare gli specchietti», la rimproverò Crowley.
«Che cosa? Ma se non lo fai mai! Anzi, a dire il vero non rispetti nessuna regola stradale», sbuffò prendendo il volante tra le mani.
«Io non ho bisogno di rispettare le regole, sono un esperto. Tu sei ancora alle prime armi. Coraggio, parti. Sai dove sono la frizione e i freni, vero?»
«Sì che lo so!» borbottò. Stava iniziando a spazientirsi un pochino. Lasciò andare la frizione in modo incerto e per tal motivo l’auto si ritrovò a singhiozzare.
«D’accordo, ma piano! Ecco, adesso vai, ma ricordati di frenare o finiamo dentro il garage!»
Altrettanto agitato, Crowley si strinse al sedile. Era una fortuna che non potessero morire, ma comunque avrebbe voluto evitare un incidente.
«Va bene, va bene, ci sono», disse El concentrata. «Prima, seconda… ehi, mi muovo! So guidare!»
«NON TI DISTRARRE!»
 
Aziraphale aveva preparato della limonata fresca per Crowley e El. Dovevano essere stanchi, anche perché sapeva quanto Crowley potesse essere tremendo come insegnante. E di certo El non era un tipo paziente. Quando sentì un rumore improvviso e anche piuttosto forte, Aziraphale lasciò perdere la limonata. Possibile che El avesse già fatto un incidente? Non era neanche uscita di casa!
Arrivato in garage, mormorò:
«Amh… ragazzi?»
Davanti a lui, l’auto aveva preso in pieno il muro del garage, accartocciandosi lievemente e facendo cadere gran parte degli oggetti tenuti sugli scaffali.
«E TU VOLEVI FAR PRATICA CON LA MIA MACCHINA? TE LO SCORDI, NON TE LA DARÒ’ MAI, HAI CAPITO?!»
Crowley imprecava furioso, ma El non era da meno.
«Non è colpa mia, io sono alle prime armi e tu non aiuti! Sei un insegnante pessimo!»
«E tu una pessima allieva!»
«Oh!» El uscì, spiegando le ali. «bene, allora vado a farmi un giro, così almeno non investo nessuno!»
«Ehi! Torna qui immediatamente!»
Crowley la richiamò senza alcun successo. Solo dopo si era accorto di Aziraphale, che lo guardava male.
«…Non è colpa mia», borbottò.
Aziraphale sospirò con le labbra serrate.
«Rimetti tutto a posto. Subito.»
 
 

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Capitolo 41
*** 41 - Sfruttamento ***


41 – Sfruttamento
 
Nonostante la grande differenza di età, El adorava passare il suo tempo con Ariel, vedendo in lei la sorellina che non aveva mai avuto. Si facevano compagnia, essendo uniche allo stesso modo.
«Ariel si è comportata bene, oggi?» domandò Belzebù, la quale era appena venuta a prendere la piccola.
«Ma certo, è una bambina così tranquilla, tutto il contrario di El alla sua età», la rassicurò Aziraphale, il quale aveva molto a cuore Ariel un po’ come Gabriel e Belzebù avevano a cuore El.
«Mi chiedo da chi abbia preso, di certo non da sua madre» commentò Gabriel, circondando le spalle della sua dolce metà con un braccio. Belzebù gli lanciò una gomitata.
«Ariel! Scendi giù, dobbiamo andare a casa!»
Poco dopo, la piccola dai capelli neri e con un fiocco in testa arrivò volando sulle sue ali bianche e nere, saltando in braccio a Gabriel.
«Ma ciao» salutò l’Arcangelo, piuttosto addolcito. «Ti sei divertita?»
Ariel annuì.
«Lo sai che io e El abbiamo aperto un canale youtube?
Belzebù sgranò gli occhi, guardando Crowley e Aziraphale.
«Hanno aperto che cosa?!»
«Ah, niente di che», il demone fece spallucce. «Si tratta di girare dei video e postarli su una piattaforma sul web.»
A quelle parole Belzebù arrossì.
«State scherzando, vero? Ariel è una bambina, questa cosa, il web, è pericolosa! Come ha osato farlo senza il mio consenso?!»
«El ha detto che sono molto carina e tenera e che quindi attiro visual», affermò candidamente la bambina, mettendo ancora più nei guai El. Gabriel fece una smorfia.
«Amh… Bel, stai calma, okay?»
Ma Belzebù non sapeva cosa fosse la calma, specie se in mezzo c’era la sua adorata e unica figlia. Sembrava star scoppiando da un momento all’altro.
«EL!» urlò infine.
La diciassettenne El non aveva idea che l’ira funeste di Belzebù stesse per abbattersi su di lei. Belzebù non si premurò nemmeno di usare le scale, anzi, comparve direttamente in camera di El. Quest’ultima, seduta alla scrivania, si voltò sorridendole.
«Oh, ciao Bel»
«Ciao Bel? Come hai osato gettare mia figlia in pasto al web? Ci sono i maniaci, i pervertiti, io queste cose le so, perché sono un demone!»
El si fece piccola, cercando di sfuggire alla sua salda presa. Se non avesse saputo quanto Bel l’adorasse, probabilmente avrebbe avuto paura di essere uccisa.
«Maniaci? No, il mio è un canale tutto dedicato ai bambini, è per questo che mi serve Ariel!» cercò di spiegarle. «Sai no, giochiamo e cose così, nulla di strano. E poi tua figlia è contenta.»
Belzebù si staccò, guardandola con fare sospettoso.
«Contenta? Vuoi dirmi che non la stai sfruttando contro la sua volontà?»
El si portò una mano sul cuore, piuttosto teatrale.
«Così mi offendi, Bel. Certo che no, non oserei mai, io gliel’ho chiesto e lei ha accettato. Noi siamo una bella squadra.»
Belzebù si calmò appena, sollevando un dito.
«Comunque dovevi chiedermi il permesso, ha quattro anni!»
La ragazza annuì, abbassando poi lo sguardo.
«Hai ragione, mi dispiace. Allora ci guarderai?» domandò poi con una faccia tosta che aveva potuto ereditare solo da Crowley. Belzebù non rispose, piuttosto si sbrigò a raggiungere di sotto gli altri. Quando Crowley la vide, incrociò le braccia al petto.
«Non hai ucciso mia figlia, vero?»
«No, anche se si meriterebbe una punizione, ma non sono io sua madre», borbottò guardando Aziraphale e dando poi una carezza ad Ariel. «La mia piccola è innocente.»
«È per questo che piaccio!» disse Ariel contenta. «E poi El mi ha detto che mi da metà dei soldi e guadagniamo dai video!»
Gabriel arrossì. A volte si dimenticava che sua figlia era anche per metà demone e quindi per definizione non esattamente innocente.
Crowley scoppiò a ridere.
«Oh sì, proprio innocente!»
 
 

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Capitolo 42
*** Un cuore spezzato ***


Capitolo quarantadue
 
Un cuore spezzato

C’era poco da fare. El si era chiusa in camera con la musica a tutto volume e non sembrava intenzionata a uscire. Aziraphale ci aveva provato a parlarle, con i suoi modi gentili e dolci, ma non c’era stato verso: sua figlia era irrimediabilmente triste.
Per questo motivo era necessario del lavoro di squadra.
«Eccomi, sono tornato!» Crowley  era appena rientrato, guardandosi intorno con fare agitato. «Cos’ha El?»
Suo marito si alzò, lasciando sul tavolo una tazza ti tè praticamente sana.
«Mal d’amore, temo. Credo che si sia lasciata con il suo ultimo ragazzo.»
Crowley lo guardò, sconvolto e furioso. Chi aveva osato far soffrire El?
«Chi è stato? Voglio il nome, il cognome, l’indirizzo, tutto! Nessuno fa del male a El. Aziraphale, vieni con me, uccidiamolo e poi scappiamo, non sapranno mai che siamo stati noi!» Crowley lo afferrò, piuttosto concitato.
«Non è questa la cosa importante, adesso! El sta male e ha bisogno di noi, ma non so cosa dire. Ogni parola sembra inutile!»
Il demone sospirò, rilassandosi appena. Giusto, consolare El era più importante, agli omicidi ci avrebbe pensato dopo.
 
Accasciata nel suo letto, El stringeva un cuscino, con gli occhi lucidi e della musica deprimente a tutto volume. Sarebbe rimasta in quello stato tutto il giorno, se qualcuno non avesse staccato la musica all’improvviso.
«Ehi!» esclamò mettendosi seduta, i capelli mossi tutti davanti al viso. «Fuori!»
Aziraphale e Crowley non era mai stati trattati in questo modo, certo che le pene d’amore facevano molto male.
«Tesoro, non cacciarci», la pregò Aziraphale. «Ti ho lasciata piangere da sola per tutto il giorno, ma adesso permettici di parlarti.»
El mise il broncio, imbarazzata nel farsi vedere in quello stato. Lei non piangeva mai.
«Ma non c’è niente da dire!» esclamò portandosi le mani sul viso. «Non troverò mai la persona giusta per me, nessuno mi amerà mai, è così!»
Quelle parole spezzarono loro il cuore. Serio, Crowley si avvicinò a El, sedendosi accanto a lei.
«Emma Lyra, ascolta. Lo so che ti sembra la fine del mondo», iniziò a parlare con tono carezzevole e dolce. «E non ti dirò bugie, perché ti capiterà di soffrire ancora. Ma è normale, fa parte della vita.»
El singhiozzò, scostando le mani.
«Sarà normale, ma fa schifo.»
«Oh, lo so. Dici che nessuno ti amerà mai. Io dico che sono sciocchezze, e non solo perché sei mia figlia. Voglio dire, guardati», borbottò. «Chi ti lascia andare è un idiota. Concordi con me, vero Aziraphale?»
L’angelo annuì, sedendosi a sua volta.
«E poi sei ancora così giovane. Avrai tutta l’eternità per innamorarti ancora. Soffrire, probabilmente. Ma posso assicurarti che prima o poi la persona giusta arriva», dicendo ciò si avvicinò, accarezzandole il viso.
Lei scosse il capo.
«Preferisco non innamorarmi allora.»
Quella presa di posizione fece sorridere Aziraphale e Crowley. C’era un’ingenuità dolce e quasi infantile nell’idea di El di non innamorarsi più, ma sapevano che era impossibile. El era troppo piena d’amore, un po’ come loro.
«Cambierai idea quando meno te lo aspetti», sospirò Aziraphale. «Allora, cosa vuoi? Gelato, pizza o sushi?»
Gli occhi bicromatici di El brillarono nel sentire quelle opzioni.
«Tutti e tre. E gradirei del vino.»
«Oh,  non esageriamo adesso», decise Crowley. «Ma per il resto va bene. C’è anche un’altra cosa che può far stare meglio?»
«Che cosa?» domandò El tirando su con il naso.
«Un abbraccio. Un abbraccio molto… molto lungo e soprattutto soffocante!»
Senza darle il tempo di ribattere,  Crowley la strinse forte, trascinando anche Aziraphale. Di certo non una cura immediata per il mal d’amore, ma a giudicare dalle risate di El, quello era un buon inizio.
 

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Capitolo 43
*** Natale ***


43 – Natale
 
Emma Lyra amava il Natale e tutto ciò che poteva riguardarlo. Cominciava già da Novembre a tirare fuori le decorazioni per abbellire la loro casa. Per fortuna Aziraphale condivideva con lei questa sua passione. E anche Crowley, circa. Sicuramente avrebbe apprezzato di più se solo sua figlia non fosse stata fissata con la perfezione.
«Ho comprato questi cappelli natalizi, quindi adesso indossateli!» esclamò El tenendo in mano i tipici cappelli bianchi e rossi con tanto di pompon.
«Insomma, devo proprio?» si lamentò Crowley.
«Certo! Un po’ di spirito natalizio, no?»
«Spirito natalizio?! Sembra la casa di Babbo Natale!» Crowley allargò le braccia, riferendosi all’immenso albero decorato che troneggiava in mezzo al soggiorno, alle calze appese al camino, alle lucine colorate sul davanzale del camino e, in generale, dappertutto.
«Oh, io adoro il Natale!» esclamò Aziraphale, che era invece tutto contento. «Prepareremo un sacco di prelibatezze.»
«Sì, e io mi occuperò dei dolci!»
Crowley sospirò, rassegnato ma con un sorriso sulle labbra. In fondo il Natale non era affatto male, specie se poteva passarlo con la sua famiglia. El e Aziraphale illuminavano tutto, molto più di quanto avrebbero fatto le lucine di Natale. Certo, avere la casa piena di gente non era esattamente il massimo, considerando che alla festa si erano uniti Anathema e Newton e Gabriel e Belzebù con tanto di pargoli a carico. Dopo una suntuosa cena tutta preparata da Aziraphale e El, era poi arrivato il momento più atteso, quello dei regali. El aveva regalato ad Aziraphale un’introvabile versione del Decameron (roba da collezionisti), a Crowley invece aveva regalato una pianta carnivora da tenere in soggiorno.
«Non sono certo sia sicuro», commentò Aziraphale preoccupato nel vedere la vistosa pianta colorata.
«Ehi, è il mio regalo, non dire queste cose», si lamentò Crowley protettivo. A El invece i suoi genitori avevano regalato dieci nuovissimi funko pop esclusivi appena usciti.
«Questo deve essere il Paradiso!» esclamò El contenta. «Ditemi che il Paradiso è questo!»
«Mi sa che rimarrà delusa, allora», sussurrò Crowley, lasciando da parte la sua amata pianta carnivora per avvicinarsi a suo marito. «Amh, giusto. Questo è il mio regalo», e dicendo ciò porse una busta all’angelo. Sorpreso, Aziraphale lo aprì, trovando dentro un biglietto aereo niente meno che per l’Italia.
«Ma…ma… Crowley, un aereo! Tu odi volare!»
«Sì, beh… lo so. Ma pensavo che sarebbe bello fare un viaggio alla maniera classica, visto che non andiamo da molto», poi abbassò la voce. «Solo per noi due, El oramai è abbastanza grande.»
Aziraphale rise, abbracciandolo e ringraziandolo affettuosamente per quel regalo inaspettato quanto gradito. In quel momento El saltò sul divano, facendo sventolare il vischio sopra le loro teste.
«Va bene, d’accordo piccolo diavolo», disse Crowley. «Non posso mica andare contro le tradizioni.»
E dicendo ciò baciò dolcemente il suo angelo, mentre El nascondeva delle risatine.

Nota dell'autrice
Sì, lo so, è più periodo di Halloween che natalizio, ma da amante del Natale, volevo troppo scrivere un capitolo ambientato durante questa festività. El ama i funko pop, passione ereditata direttamente dalla sua creatrice. Aziraphale e Crowley invece hanno un bel viaggio in Italia, magari potrei scriverci qualcosa...
A presto :)
 
 

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