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di InstantDayDream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Over the hills and far away ***
Capitolo 2: *** Two for tragedy ***
Capitolo 3: *** Live to tell the tale ***
Capitolo 4: *** Where were you last night? ***
Capitolo 5: *** Nightquest ***
Capitolo 6: *** Feel for you ***
Capitolo 7: *** Dead to the world ***



Capitolo 1
*** Over the hills and far away ***


Dedicata a ThEo
Perchè l'idea per questa fic mi è venuta in mente ripensando ad una nostra conversazione su skype
e per altri motivi che lui sa.

Si, in questa storia ho fatto finta che non fosse morto Fred, perchè avrei voluto potermi immaginare i fratelli Weasley assieme per sempre
Capitolo uno
Over the hills and far away


Era una giornata splendida per i canoni inglesi. Il sole brillava in un cielo terso, indisturbato dalle nubi, che apparivano solo a tratti, come pennellate casuali di un pittore impressionista, nel blu limpido che sovrastava i verdi prati della campagna britannica. Una leggera brezza smuoveva i fili d’erba, facendoli ondeggiare dolcemente e, al tempo stesso, impedendo ai raggi di luce di recare troppo fastidio, riscaldando l’aria. Lì, nel mezzo del nulla, abbastanza lontani da un qualsivoglia centro abitato, tutto era perfetto e tranquillo. Le piccole stradine a sterro giacevano calme, senza cedere un briciolo della loro polvere a causa del passaggio di qualche occasionale passante. Ma bastava spostare di poco lo sguardo e la situazione, inevitabilmente, mutava.
«Il serbatoio era pieno eh? Se lo era mi spieghi come siamo finiti in questa situazione?» urlava una voce femminile, disturbando la quiete pomeridiana degli animali.
«Beh, sei tu che sei voluta passare per le stradine a sterro, o sbaglio?» replicò una voce maschile, in tono leggermente più pacato.
«Io? Ma se sei stato tu a dirmi di selezionare l’opzione “strada più breve” sul navigatore!»
«Beh ma io avevo detto di non venire in vacanza in Inghilterra…tu eri quella che sapeva l’inglese no?»
«Io so l’inglese! Ma non vedo come questo possa servirci se non c’è un’anima viva a cui chiedere informazioni!»
Il battibecco tra i due continuava ormai da svariato tempo, più o meno da 7km prima, dove la macchina li aveva abbandonati. Che fosse stato un guasto o che il serbatoio fosse davvero mezzo vuoto, il risultato non cambiava poi molto: loro due erano rimasti a piedi e non sapevano dove andare per ritrovare la civiltà. Come se non bastasse, inoltre, i loro telefoni avevano deciso di scaricarsi, dopo aver passato svariate ore a cercare un minio di linea nel mezzo della più incontaminata campagna inglese.
«Idea!» esclamò ad un tratto la ragazza.
«Mi porti sulle spalle fino alla prima casa che troviamo? Sì sono d’accordo» replicò il ragazzo. Lei lo guardò torvo, prima di riprendere il suo discorso:
«No, ma potremmo usare il navigatore, non credi?» Il ragazzo al suo fianco sospirò e la cosa non era mai un buon segno, almeno nella sua modesta esperienza.
«Sammy…» cominciò, ma fu costretto ad interrompersi, dato il sibilo arrabbiato che fuoriuscì dalle labbra della ragazza.
«Chiamami di nuovo così e ti uccido» disse, gelida.
«Non lo faresti mai!» la canzonò lui.
«Non tentarmi, Andrea, non tentarmi» disse, mentre gli rivolse un’occhiata che voleva dire: “Beh? Questo navigatore?”
«È in macchina» rispose Andrea, mentre Samantha lo fulminava con lo sguardo « e poi cosa avresti voluto scrivere come coordinata? Posto abitato più vicino?» continuò lui, evitando di farle notare che avrebbe potuto benissimo prenderlo lei il navigatore, giusto per non fomentare ulteriormente il battibecco.
Continuarono a camminare sotto il sole, togliendosi via via strati di roba, finchè non rimasero entrambi in maglietta a mezze maniche. Avanzarono imperterriti, finchè la stanchezza non ebbe la meglio e non crollarono all’inizio di un bosco, protetti dalla frescura degli alberi. Sembravano aver messo da parte ogni rancore, mentre si adagiavano con la schiena al tronco dello stesso, secolare platano. Improvvisamente qualcosa fece girare di scatto Sam: aveva chiaramente udito un sibilo fendere l’aria vicino al suo orecchio, ma, quando si era girata per verificare cosa lo avesse generato, non scorse nulla.
«Siamo già schizzati fino a questo punto Sammy?» commentò Andrea, divertito, senza scomodarsi un minimo dalla sua posizione, che pareva essergli particolarmente comoda.
«Ahah simpatico!» fu la risposta caustica che ricevette, mentre la ragazza continuava a guardarsi attorno, nella speranza di vedere ciò che cercava.
«Smettila, ti stai solo facendo paranoie!» disse lui, dandogli una leggera gomitata nelle costole, che pareva averla convinta a tornare calma, anche se non potè trattenersi dal dare un’ultima occhiata. Le parve di avvertire un'altra volta quel sibilo, quindi guardò in quella direzione. Non scorse niente, fino all’ultimo minuto, quando vide quella che sembrava essere una sfera di ferro procedere dritta verso la testa dell’amico.
«Attento!» esclamò, buttandolo a terra con molta poca delicatezza, badando a salvergli le penne, piuttosto che a non fargli male. Evitato il bersaglio la sfera scomparve nella vegetazione.
«Ma sei impazzita? Mi hai quasi rotto un labbro!»
«Se è per questo ti ho anche salvato la vita…c’era una specie di palla di ferro che stava venendo dritta verso di te» Andrea sbuffò, era abituato alle stranezze di Samantha, ma a volte esagerava.
«Le palle di ferro non vagano libere per l’aria Sam! Non mi sembra il caso di farsi venire anche le allucinazioni»


Ad ascoltare il battibecco, nascosti dal sottobosco, chini a terra, stavano due ragazzi identici, dalla radice dei capelli rossi alla punta dei piedi; unica minima differenza, che li rendeva riconoscibili, era l’assenza di un orecchio in uno dei due, ma, finchè il foro era coperto dai capelli, nessuno se ne sarebbe accorto. Sui loro volti un’espressione leggermente interessata precedette dei sorissetti che, solitamente, non facevano presagire nulla di buono. D’accordo che erano andati fin lì per recuperare il bolide che gli era sfuggito durante la partita di Quidditch, ma non avevano resistito alla tentazione di modificare un minimo la traiettoria, per far spaventare i due babbani capitati per di lì. Farli litigare, poi, era ancora più divertente.
«Vorrei sapere cosa ci fanno insieme se non si sopportano così» osservò Fred, deviando nuovamente la traiettoria del bolide, con un pigro movimento della bacchetta, facendo sì che questo colpisse il platano proprio sopra le teste dei due, lasciando cadere numerose foglie a terra.
«Magari è solo colpa del bolide…che dici?» osservò Geroge, mentre guardava i babbani cercare la causa di quel rumore a naso all’insù, prima che cominciassero a litigare di nuovo, probabilmente perché la ragazza aveva fatto notare che aveva ragione lei. La scena continuò per svariate volte, finche non colpirono entrambi il bolide nello stesso momento, ottenendo risultati disastrosi per il cambio di rotta. Fortunatamente riuscirono a fermarlo giusto un attimo prima che questo si schiantasse sul naso della ragazza. Fred lo richiamò indietro e George lo prese al volo, abituato com’era, da bravo battitore, quindi, facendo meno rumore possibile, tornarono sulle loro scope verso la radura dove stavano giocando.
«Ce ne avete messo di tempo!» esclamò Ginny, la loro sorella minore, quando li vide tornare.
«Beh, il bolide era andato ad infastidire alcuni babbani…non è stato semplicissimo riprenderlo» rispose prontamente George, che stava ancora tenendo saldamente la palla di ferro sotto il braccio destro, nonostante gli innumerevoli tentativi fatti da questa per liberarsi.
«Non siete stati voi a deviare la traiettoria del bolide, vero?» Osservò un’altra voce di ragazza, leggermente arretrata rispetto a dove erano loro.
«Hermione! Come osi accusarci di una cosa del genere?» Osservò Fred, con una finta espressione scandalizzata che fece sospirare la riccia con aria rassegnata.
«Sapete che vuol dire infrangere lo statuto di segretezza magica?» osservò lei, pignola, non arrendendosi tanto facilmente sulla faccenda e, tra l’altro, contenta di avere un’ottima scusa per non ricominciare la partita.
«Povera Hermione…un tempo ti avremmo ascoltato, sai? Ma ora…» e nel dire questo George scambiò un’occhiata con Fred, facendo così nascere lo stesso identico sorriso sulle loro labbra.
«Cosa intendi dire?» domandò lei, mentre inarcava un sopracciglio in modo minaccioso.
«Beh, ora che esci con Ron cominciamo ad avere dei dubbi sulle tue facoltà mentali» rispose prontamente Fred,facendo diventare la ragazza di un’intensa sfumatura di porpora.
«Se non altro io ho trovato qualcuno che esce con me, voi con tutto il vostro bel parlare siete sempre soli, no?» osservò Ron, rabbioso e con le orecchie rosse, avvicinandosi ai due dalla loro posizione nei pressi della porta.
«Fratellino, un giorno capirai che i due uomini più affascinanti che Hogwarts abbia mai sfornato, hanno così tante donne che….»
«BASTA!» urlò Ginny a pieni polmoni, interrompendo quello che, senza dubbio, sarebbe stata un’ottima apologia di Fred. «Continuiamo a giocare!» esclamò quindi, quando tutti si erano voltati verso di lei, scambiato un sorriso complice con un ragazzo dai capelli neri e gli occhi smeraldo, rimasto in disparte fino a quel momento.
George liberò il bolide da sotto il braccio e la partita riprese tranquillamente.


«Ok andiamocene» disse Sam, scattando in piedi, dopo essere rimasta per cinque minuti buoni a fissare l‘aria innanzi a sé e a tastarsi il naso, come a volersi assicurare che non si fosse rotto per davvero. Andrea, d’accordo con lei, si alzò a sua volta senza dire niente e, recuperata la felpa sulla quale si era seduto, si avviò assieme a lei lungo il sentiero che avevano abbandonato poco prima. Non parlarono affatto per tutto il tragitto, ma sapevano di rimuginare entrambi la stessa cosa. Per quanto sembrasse impossibile, quella palla di ferro, che si muoveva da sola e contro tutte le leggi della gravità, esisteva davvero, non era stata un’allucinazione per la stanchezza. Le ipotesi variavano dalle più plausibili (la palla in realtà era polistirolo dipinto e qualche ragazzino appollaiato sull’albero gli aveva giocato un brutto scherzo), a quelle completamente assurde (Si trattava di una sonda aliena mandata a studiare gli esseri umani), ma, in ogni caso, nessuno dei due riusciva a spiegarsi per davvero lo strano fenomeno che avevano appena visto.
Continuarono a camminare così per un’altra ora abbondante, a giudicare da come si era spostato il sole, sempre stando in silenziò, finchè, improvvisamente, Sam non urlò:
«Una casa! Andre c’è una casa!» Il ragazzo guardò nella direzione indicata dal dito dell’amica e, non troppo lontano da loro, scorse quello che sembrava un ammasso di pietre tenuto su da qualche miracolo.
«Ma sarà disabitata da secoli….» osservò, non senza una vena di pessimismo che, comunque, non bastò ad arginare l’ottimismo dilagante della ragazza.
«O magari dentro c’è chi può darci una mano, no? Provare non ci costa nulla!» esclamò e, senza aspettare repliche, si incamminò in quella direzione. Andrea la seguì di malavoglia, con aria rassegnata e senza la minima speranza di trovare l’aiuto di cui avevano bisogno in quel rudere.
Dopo l’ennesimo quarto d’ora di cammino giunsero di fronte all’abitazione, un cartello su questa recava la scritta “La Tana” e, nonostante pareva piuttosto recente, non bastò a tranquillizzare il ragazzo, che continuò a guardare scettico l’edificio, finchè non sentì una voce provenire dall’interno. Sam lo guardò con aria trionfale, quindi si avvicinò alla porta per bussare.


«George…siamo nei guai» osservò Fred, dal secondo piano della Tana, dove era camera loro.
«Perché?» osservò l’altro, mentre chiudeva la porta alle sue spalle, asciugandosi i capelli, che si era appena lavato, con del vento caldo che usciva dalla punta della bacchetta. Il gemello si allontanò dalla finestra, da cui stava guardando di sotto, e si voltò per poter guardare l’altro.
«Hai presente i babbani con cui ci siamo divertiti oggi? Ecco…hanno appena bussato alla porta e stanno parlando con mamma»

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Capitolo 2
*** Two for tragedy ***


Capitolo due
Two for tragedy


Sam e Andrea si ritrovarono seduti nella cucina della signora dai capelli rossi, che aveva gentilmente accettato di farli riposare un po’, anche se aveva avuto una reazione un po’ strana quando le avevano chiesto se era possibile mettere in carica i cellulari a qualche presa. Mentre si guardavano intorno non potè sfuggirgli che quella casa sembrava strana sotto molti punti di vista. Sam era pronta a giurare che i ferri da maglia, che giacevano abbandonati su una sedia, avevano dei piccoli sussulti ogni tanto, mentre Andrea era certo di aver visto il purè sul fuoco mescolarsi da solo. Inoltre c’era uno strano orologio, il cui funzionamento non era del tutto chiaro ai due.
«Io ho sempre sostenuto che gli inglesi fossero strani» osservò Andrea, in italiano, in modo che lo capisse solo la ragazza, che non seppe cosa replicare, nonostante avesse più volte discusso con lui sulla normalità del popolo britannico. Dopo qualche secondo che erano stati lasciati soli, la signora rientrò con quello che doveva essere il marito e una ragazza dai capelli ricci e castani, che non poteva certamente essere la figlia, dato che non somigliava a nessuno dei due.
«Salve, sono Arthur Weasley, è un piacere fare la vostra conoscenza» disse porgendo la mano prima ad Andrea e poi a Sam, con un sincero entusiasmo negli occhi che per i due era inspiegabile. «E io sono Hermione Granger, amica di famiglia…purtroppo non possiamo farvi ricaricare i cellulari perché abbiamo avuto dei problemi con la corrente. Stiamo aspettando che a giorni arrivi qualcuno a sistemare il tutto e a riallacciare anche il telefono» disse, quasi senza prendere fiato la ragazza appena arrivata.
«Cavolate» osservò Andrea, senza sprecarsi di parlare una lingua comprensibile a tutti.
«Vi ringrazia comunque, e vi ringrazio anche io. Già la vostra ospitalità ci aiuta molto» rispose prontamente Sam, in inglese, cercando di giustificare le parole dell’amico che, comunque, non potè fare a meno di sospirare rassegnato.
«Oh non parla inglese?» domandò il signor Weasley, con aria effettivamente dispiaciuta.
«Si ma non bene» rispose il ragazzo, rivelando che il suo unico problema era la pronuncia, dove si notava ancora la provenienza.
«Arthur, caro, ti dispiace seguirmi?» osservò la donna, rivolgendo un sorriso apologetico ai ragazzi, prima di trascinare il marito in un angolo e borbottargli qualcosa furente. Hermione, avendo capito che la signora Weasley stava avvertendo il marito di non rivolgere domande sui babbani ai due, propose:
«Vi va se vi mostro la camera dove potrete riposare?»
Sam e Andrea annuirono e si avviarono su per la scalinata assieme a lei. C’era un silenzio innaturale in quel posto, a loro parere, come se, a parte loro cinque, tutto il resto della casa fosse vuoto. Guardando fuori dalla finestra, Sam vide quella che le parve essere una specie di brutta patata muoversi per il giardino, ma, ad un’ulteriore occhiata, non c’era più, quindi si limitò a scuotere il capo e a proseguire. Arrivati al secondo piano Hermione aprì una porta, sulla quale c’era una targa in legno, recante i nomi Bill e Charlie, e gli fece segno di entrare.
«Prego. Potete sistemarvi qui, tanto Bill e Charlie, cioè, i due figli maggiori dei signori Weasley, non vivono più qui per motivi di lavoro»
Sam annuì e Andrea la imitò, quindi ringraziarono la ragazza che, scrollando le spalle, come a dire che non era nulla, tornò al piano inferiore.
«Secondo te è normale che le patate camminino in questo posto?» domandò Andrea, lanciando un’occhiata sospettosa fuori dalla finestra, dove aveva visto esattamente la stessa scena notata dalla ragazza pochi minuti prima. Sam, però ,non le rispose, dato che era impegnata a leggere i nomi sulla targhetta della porta di fronte alla loro.
«Sam? Che fai?» domandò lui, ma anche stavolta le sue parole caddero nel vuoto. La ragazza, nel frattempo, si era avvicinata ulteriormente all’altra porta, abbastanza per leggere “Fred e George”, ma non così tanto da farle sbattere la porta in faccia, qualora fosse stata aperta, il che fu una fortuna, considerato che una manciata di secondi dopo questa si spalancò, facendo urlare sia Sam che i gemelli dallo spavento.


«Scusate non volevo essere inopportuna….»
Fred ascoltava le scuse della ragazza, distrattamente, lasciando a George il compito diplomatico, mentre lui cercava di farsi venire in mente un’idea per riuscire a non far raccontare la storia del bolide ai due. Certo, tirare fuori l’argomento coi due babbani poteva risultare sospetto, quindi era meglio indurre loro a parlare dell’avvenimento per primi, il problema continuava ad essere come fare. Notò il ragazzo guardare fuori dalla finestra, completamente assente dalla discussione che l’altra stava avendo col fratello, ma impegnato ad osservare parecchi gnomi in fuga.
«Tutto bene?» gli domandò avvicinandosi, senza preoccuparsi di nascondere un ghigno dal volto quando questo sussultò, spaventato dal suono della sua voce.
«È normale?» domandò Andrea, indicando gli gnomi che scorrazzavano tranquilli per il giardino. Fred, sebbene non sapesse che agli occhi dei due gli gnomi sembravano delle brutte patate semoventi, non aveva bisogno di chiedergli che c’era di strano, quindi fece un sospiro rassegnato.
«Ah, sì, purtroppo. I topi non ci lasciano in pace da quando nostro padre si è ammalato…»
«Vosto padre è ammalato?» domandò Sam, titubante, intromettendosi nel discorso, assieme a George, che scambiò un’occhiata d’intesa col gemello.
«Molto purtroppo e non c’è niente da fare» disse Fred, con aria sofferente.
«Oh…mi spiace…magari è meglio se noi andiamo, siamo solo un disturbo» osservò Andrea, cercando lo sguardo dell’amica, ma George si affrettò a tranquillizzarli.
«Non preoccupatevi, vedere gente nuova gli fa bene, gli dà distrazione, visto che lui non può muoversi da qui»
«Già, in più ora è agitato…nella zona stanno accadendo cose strane…» rincarò la dose Fred.
«Che genere di cose?» domandò Sam, mentre i gemelli capirono di aver fatto centro.
«Più di un nostro conoscente è stato aggredito da una palla di ferro vagante….fortuna che è successo ad Ottery St. Catchpole, abbastanza distante da qui…»
«Ma è successo anche a noi!» esclamò Andrea, interrompendo il discorso di George, anche se, forse, il gemello voleva proprio essere interrotto.
«Ma…com’è possibile? » e l’espressione stupita che accompagnò la domanda di Fred era sincera, apparentemente.
«Non so…ma nel bosco che costeggia il sentiero per arrivare a casa vos…»
«Così vicino! George…se lo scopre papà…»
«Zitto Fred! Non voglio nemmeno pensarci…»
Si guardarono e, nei loro volti speculari, scorsero la medesima espressione affranta, a cui fecero seguire un lungo sospiro.
«Tranquilli, non ne faremo parola» promise Andrea, e Sam annuì. Un sorriso timido spuntò sul volto dei gemelli.
«Grazie mille» disse George, che nel frattempo aveva preso ad attorcigliarsi un orecchio oblungo attorno all’indice della mano destra, e che poi posò, inavvertitamente, sul davanzale.
«Beh se non vi dispiace noi torniamo a lavoro…sapete com’è, adesso qualcuno dovrà pure portare il pane in tavola…»
«Certo capiamo perfettamente…buon lavoro» li salutò Sam. Fred e George sorrisero e se ne andarono, chiudendo la porta alle loro spalle. Quindi rientrarono in camera loro per prepararsi, perchè effettivamente dovevano tornare a Diagon Alley.
«Ottima idea fratellino!» esclamò George, mentre chiudeva la finestra e serrava le tende.
«Grazie Bro, lo so di essere un genio del male, modestamente» I due si scambiarono un sorriso identico, il loro miglior sorriso da malandrini, quindi chiusero camera loro e scesero per le scale, convinti di aver risolto un problema a tutta la famiglia, oltre che ad essersi salvati dall’ennesima sfuriata di Molly. Adesso che i due babbani credevano il signor Weasley gravemente malato, di sicuro si sarebbero trattenuti dal far notare qualche stranezza magica che sarebbe potuta sfuggire ad uno qualunque di loro là dentro.


Sam ed Andrea si guardarono sconcertati per un attimo. Non avevano certo immaginato una situazione del genere quando avevano bussato a quella porta e, adesso, sentivano di essersi intromessi in quella che doveva essere una vita già abbastanza difficile. Le ultime parole dei ragazzi, poi, li avevano fatti particolarmente riflettere: non gli sembrava giusto approfittare dell’ospitalità di una famiglia con problemi economici così gravi.
«Dobbiamo ridare loro tutti i soldi che potrebbero spendere per noi» sentenziò Sam.
«Sì, dovremmo averne a sufficienza dietro….» concordò Andrea.
«E domattina andremo via, non possiamo abusare a lungo della loro ospitalità» anche stavolta Andrea annuì, al massimo si sarebbero fatti dare del cibo per la giornata e poi avrebbero camminato fino al villaggio nominato prima dai due gemelli, sperando che lì qualcuno potesse dargli una mano. Sam scorse qualcosa poggiata sul davanzale e si avvicinò per prendere quella che era l’Orecchio Oblungo abbandonato prima da George. Lo srotolò e lo osservò incuriosita, chiedendosi a cosa servisse, mentre non capiva proprio l’utilità di quel filamento elastico che aveva in mano.
«Che cos’è?» domandò Andrea, avvicinandoglisi.
«Non so, l’hanno lasciato prima quei due ragazzi» rispose lei. L’amico prese a sua volta in mano il filo e lo osservò, senza ottenere da ciò risultati migliori di quelli della ragazza: anche per lui continuava ad essere, inspiegabilmente, solo un filo elastico color carne.
«Magari è qualcosa che serve a loro padre…dovrei riportarglielo» osservò Sam, riprendendo l’Orecchio Oblungo e guardandolo ancora. Andrea annuì e, dopo altri cinque minuti di osservazione, la ragazza aprì la porta e scese le scale, seguendo la direzione in cui le era parso di sentire i passi dei ragazzi scendere, giusto qualche attimo prima. Giunta all’ingresso della cucina sentì le loro voci e si apprestò a varcare la porta per raggiungerli ma, al primo passo fatto per entrare, si accorse che uno dei due era dentro il camino, e stava prendendo una manciata di polvere da un vasetto che il fratello gli porgeva.
«Tiri Vispi Weasley!» esclamò, gettando la polvere nel camino, e, all’istante, fu avvolto da fiamme verde smeraldo e scomparve. Sam trattenne il fiato, incapace di credere a ciò che aveva appena visto, senza rendersi conto che stava stringendo così forte l’Orecchio Oblungo da rischiare di spezzarlo. Si riaffacciò per guardare, in tempo per vedere l’altro gemello fare la fine del primo. Restò a guardare il camino vuoto per almeno dieci minuti, prima di avvicinarsi a sua volta al contenitore dal quale i gemelli avevano preso quella specie di polvere e ne osservò il contenuto. Sembrava della banalissima cenere…eppure lei aveva visto con i suoi occhi i ragazzi risucchiati da quelle fiamme. In quella casa c’erano davvero troppe cose strane per i suoi gusti, probabilmente era meglio tornare su da Andrea ed avvertirlo, quindi scappare, prima che potessero fargli qualcosa degno di un film horror. Già, probabilmente questa era la cosa migliore da fare, ma la curiosità, come sempre, ebbe la meglio. Rimise il vaso al suo posto e voltò le spalle al camino, ma, dopo appena qualche secondo, si ritrovò a prelevare una manciata di quella polvere e ad entrare a sua volta lì, dove di norma si accende il fuoco.
«Tiri Vispi Weasley!» esclamò quindi, lasciando cadere la polvere a terra, proprio come avevano fatto i due gemelli. In breve le fiamme avvolsero anche lei, dandole una piacevole sensazione di tepore, ma fu l’unica sensazione di piacere che provò durante quel viaggio. Un dolore lancinante la colpì al gomito, ad un tratto, e la cosa le fece ben pensare i stringere di più a sé i gomiti. Dopo essersi vista turbinare davanti agli occhi svariate case, decise di serrare le palpebre, prima che il senso di nausea diventasse troppo forte, anche se era certa di essere prossima a vomitare. Quando era oramai convinta di non farcela più, si fermò. Ci mise un po’ a realizzarlo e a tentare di aprire un occhio, per appurare di essere davvero ferma, quindi tento di scendere dal caminetto. La testa le girava troppo forte, però, e, dopo i primi due passi, crollò a terra, dove si limitò ad accovacciarsi, con le ginocchia contro il petto e il capo poggiato su queste, per far passare il senso di nausea. Dopo poco sentì dei passi ed una porta aprirsi, alzò quindi lo sguardo, trovandosi di fronte i gemelli Weasley che, con aria sconvolta, domandarono:
«E tu che ci fai qui?»


@ pri: Son contenta che ti piaccia la fic^^ E grazie per la recensione! Spero di non averti deluso con questo capitolo ;)
Anche io non ho mai perdonato alla Rowling di aver fatto morire Fred, pensa che non riesco nemmeno più a finire i Doni della Morte da quando so che deve morire Fred!

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Capitolo 3
*** Live to tell the tale ***


Capitolo tre
Live to tell the tale



Fred e George osservarono la ragazza accovacciata sul pavimento del loro negozio con aria spaventata, anche se la loro espressione era nulla in confronto a quella che si leggeva negli occhi di lei, che erano carichi di terrore allo stato puro. George lanciò un’occhiata alla scia di cenere che andava dal caminetto alle converse della ragazza ed evitò di fare domande stupide, come chiederle come era arrivata fino a lì.
«Metropolvere» osservò George guardando il fratello, che annuì, a conferma di ciò che aveva detto l’altro.
«Non deve essere stato un bel viaggio…» borbottò Fred, avvicinandosi a Sam e poggiandole una mano sulla spalla, o meglio, tentando di poggiarle una mano sulla spalla, perché lei si ritrasse al tocco, terrorizzata.
«Tranquilla, non ti facciamo niente» disse lui, cercando di farle un sorriso incoraggiante «Stiamo solo cercando di aiutarti a riprenderti» quindi le porse la mano per invitarla ad alzarsi. La ragazza gli lanciò svariate occhiate titubanti prima di decidersi ad afferrarla ed issarsi su. Il suo equilibrio, però, era ancora precario, infatti, dopo appena pochi secondi in piedi, rischiò di cadere di nuovo a terra e l’avrebbe fatto, se Fred non fosse stato abbastanza pronto da tenerla.
«Sì, non è mai una bella esperienza la prima volta» osservò il ragazzo, cercando di tranquillizzarla, quando si rese conto che la ragazza tremava come una foglia. George fece apparire una sedia dal nulla, con un rapido movimento della sua bacchetta, e Fred vi fece accomodare sopra la ragazza, che sembrava ancora più sconvolta dopo aver visto George fare un incantesimo. Fred sospirò, quindi aprì un armadietto con pozioni pronte per l’uso, ad opera della signora Weasley, e le mise in un bicchiere un semplice tonico per i nervi, che l’avrebbe aiutata a rilassarsi.
«Tieni, bevi questo e no…non sto cercando di avvelenarti» aggiunse in fretta, notando l’occhiata scettica che gli aveva lanciato la ragazza.
«È solo Pozione Rilassante» la incoraggiò George, dato che, nonostante avesse afferrato il bicchiere, Sam pareva piuttosto restia a buttare giù il contenuto.
«Pozione?» domandò la ragazza, con voce gracchiante, aprendo bocca per la prima volta da quando aveva messo piede in quel posto. I gemelli annuirono in risposta, quindi George prese del torrone da una scatolina lì di fianco e le disse:
«Ammetto, il sapore non è dei migliori, mangia un po’ di questo dopo»
Sam prese il torrone che lui gli porgeva e l’osservò con fare sospettoso, quindi si decise a buttare giù quella pozione, dal retrogusto veramente orrido. Fece una smorfia orribile, quindi scartò il pezzo di torrone e cominciò a masticarlo lentamente. George la fissava con uno strano sorrisetto in volto, mentre Fred cercava qualcosa sul tavolo: la metà viola della merendina, che sembrava essersi dissolta nel nulla. Quando sentì l’urlo della ragazza si voltò di scatto, per trovarla che sanguinava copiosamente dal naso.
«Ma…cosa diamine mi avete dato da mangiare?» domandò tra le urla, aggiungendo qualche imprecazione nella sua lingua madre di cui i ragazzi non colsero il significato.
«Torrone Sanguinolento, la Merendina Marinara più venduta dai Tiri Vispi Weasley!» esclamarono insieme i gemelli, con il tono di uno sponsor pubblicitario.
«Tieni mangia questo…ti farà smettere di sanguinare» disse poi Fred, porgendole l’altra metà del Torrone Sanguinolento.
«Fossi pazza! Mi uccidete davvero…e poi cos’è questa storia? Cosa sono i Tiri Vispi Weasley?» domandò lei, mentre cercava di tamponare il sangue che usciva dal naso con un fazzoletto estratto dalla tasca.
«Noi ti rispondiamo e tu mangi il torrone» cominciò a patteggiare Fred.
«Non sono io quella che ha provato a farvi morire dissanguati» rispose lei, guardandoli torva.
«Non siamo noi quelli che ti hanno chiesto di seguirici» ribatterono prontamente i gemelli, porgendole l’altra metà del torrone. Dopo aver ricevuto qualche altra occhiataccia, finalmente riuscirono a farle mangiare l’altra metà del torrone e in breve Sam smise di sanguinare.


«Dunque?» domandò, guardando i gemelli con l’aria di chi si aspetta qualcosa.
«Beh tanto per cominciare potresti ringraziarci…» osservò Fred, mentre il fratello faceva apparire altre due sedie, dove si accomodarono. Sam guardò la bacchetta che George stringeva in mano, quindi le sedie appena apparse, poi cominciò a ripensare a tutte le cose strane che aveva visto, dalla sfera di ferro al filamento elastico che avevano lasciato sul davanzale della finestra.
«Siete….dei maghi?» domandò, sentendosi incredibilmente stupida a pronunciare quelle parole: la magia esisteva solo nei libri per bambini, no?
«Vedo che ancora non sei intenzionata a ringraziarci...» disse George, nascondendo la bacchetta in una manica.
«E ci hai anche rubato un Orecchio Oblungo!» aggiunse Fred, indicando il filamento elastico che Sam teneva ancora in mano. La ragazza sembrò rendersene conto solo allora, e lo guardò nuovamente, come se non fosse stata conscia di averlo portato con se.
«Ma se siete stati voi a lasciarlo in camera…io sono scesa proprio per riportarvelo! Poi vi ho visto sparire nel camino e…» e si interruppe, non aveva dubbi che i due ragazzi avesse capito cosa seguiva, anzi, di certo loro sapevano molto meglio di lei il modo in cui erano arrivati in quel posto. Non mancò di notare che i due si stavano guardando con aria colpevole, come se avessero commesso uno sbaglio imperdonabile. Quindi tornarono a guardarla per un po’, prima di confabulare a bassa voce qualcosa tra loro. Sam li osservò, aspettando che smettessero e tornassero a dirle qualcosa, a spiegarle come fosse possibile tutto ciò che aveva appena visto, per esempio. Cercò con lo sguardo il segno della bacchetta nella manica di George, quindi osservò le sedie su cui erano seduti: avevano un’aria terribilmente solida, ed era pronta a giurare che prima la stanza ne era assolutamente priva. Non si trattava di banali trucchi di prestigio, quel viaggio nei caminetti non era niente di illusorio o tecnologico, era qualcosa di inspiegabile. Inspiegabile, a meno che non si considerasse come magia. Scosse la testa a quell’idea, sentendosi ancora più stupida di prima. Come poteva essere possibile? La magia non esiste, la magia era un termine inventato tanto tempo prima per spiegare fenomeni che accadevano inspiegabilmente, a cui adesso la scienza aveva dato tutte le spiegazioni del caso. Ma come avrebbe potuto spiegare quello che aveva appena vissuto lei? Certo, se ne avesse mai parlato con qualcuno avrebbero riaperto i manicomi appositamente per lei, garantito al limone. Stava impazzendo, e quei due non si stavano esattamente impegnando per darle una mano. Tossì, in modo piuttosto rumoroso, quindi disse, mettendo la giusta acidità nelle parole:
«Avete finito di fare finta che io non sia qui?»
Fred e George alzarono di scatto lo sguardo verso di lei ma, prima che potessero aprire bocca, una voce da sotto li chiamò:
«Signori Weasley! Avremmo bisogno di voi..»
George si alzò in piedi, pronto a scendere in negozio:
«Vado io…Fred, tu vai a comprare quello che ci serve…nel tragitto dalle le spiegazioni necessarie.»
Fred annuì e sorrise al fratello, che aprì la porta e scese giù, richiudendola alle sue spalle.
«Sì, siamo maghi. E questo e l’alloggio che sta sopra al nostro negozio di scherzi…ora, se hai domande le farai quando usciremo, ma attenta, non mostrarti troppo stupita, perché se scoprono che sei babbana, cioè…che non sei una strega, ci ritroviamo uno squadrone di gente del ministero, pronta a modificarti la memoria…adesso, magari vuoi toglierti un po’ di cenere di dosso…vieni ti accompagno in bagno…»
Sam seguì il ragazzo nel bagno dell’appartamento, che aveva una vasca più grande del normale e molti più rubinetti del previsto, oltre ad uno specchio immenso con sotto un lavandino di degne proporzioni. Indubbiamente ai due non dispiaceva stare comodi.
«Fai pure con calma…io nel frattempo vedo dove trovarti dei vestiti» osservò Fred, lasciando che la ragazza entrasse in bagno. Incuriosita Sam cominciò a riempire la vasca, mettendoci svariati tipi di bagnoschiumi, che uscivano ognuno da un rubinetto diverso, prima di trovare quello dell’acqua. Si spogliò e si immerse, notando solo allora come era piena di fuliggine, cogliendo una fugace apparizione del suo volto, quasi completamente nero, nello specchio di fronte alla vasca. Si lavò con tutta la calma del mondo e poi uscì, avvolgendosi in un telo morbidissimo spuntato fuori quasi per magia e, considerando dove si trovava, non avrebbe escluso del tutto la cosa. Si fissò nuovamente allo specchio, per controllare di aver tolto bene lo sporco, quindi realizzò di non avere niente da mettersi addosso, né tantomeno qualcosa con cui asciugarsi i capelli. Si azzardò quindi ad aprire la porta, il minimo indispensabile, e , da quel piccolo spiraglio, chiamare il gemello:
«Ehm…scusa Fred…»


Sentendosi chiamare Fred, che si era recato nella sua stanza, cercando di trasfigurare alcuni suoi vestiti in vestiti da donna che potessero stare a Sam, smise la sua opera, che stava riuscendo con successo, e si recò verso il bagno, da cui spuntava solo la testa bagnata della ragazza babbana. «Come hai fatto ad azzeccare il mio nome?» domandò quindi, prima ancora di chiederle il motivo per cui era stato chiamato.
«Ho tirato a caso veramente…ehm, ascolta, non è che potresti darmi un asciugacapelli e qualcosa da mettere addosso?» sembrava piuttosto imbarazzata, e Fred avrebbe voluto darle veramente una mano ma non aveva la più pallida idea di cosa fosse un asciugacapelli.
«Ehm…i vestiti saranno pronti a breve, quell’altro affare…cosa diamine è?» domandò, cadendo letteralmente dalle nuvole.
«Qualcosa per asciugarmi i capelli» disse lei in risposta, con un sorriso divertito sulle labbra, mentre Fred cominciò a capire, più o meno, che razza di oggetto la ragazza gli aveva chiesto.
«Ah tranquilla, faccio io con un colpo di bacchetta! Quando hai fatto passa in camera, ti ho lasciato dei vestiti» La ragazza annuì in risposta e si richiuse in bagno.
Venti minuti dopo stavano passeggiando per Diagon Alley, Fred teneva il naso incollato a quella che sembrava una banalissima lista della spesa, sulla quale però spiccavano i nomi di cose tutt’altro che normali, e contemporaneamente cercava anche di rispondere alle incessanti domande di Sam sul mondo magico, controllando che si comportasse in modo abbastanza normale. In quel momento, in particolar modo, erano giunti ad una questione abbastanza spinosa.
«Perché devo restare qui una settimana?» domandò lei, anche se non sembrava affatto dispiaciuta della cosa.
«Perché, per sicurezza, il collegamento via Metropolvere tra il camino nostro e quello della Tana è aperto solo un’ora il venerdì sera ed un’ora la domenica sera, quando dobbiamo andare e tornare» rispose pazientemente Fred, per la terza volta.
«Ma credevo che fosse come la metropolitana…» osservò lei pensierosa. Fred sospirò e scosse la testa, quindi la afferrò per un braccio e la trascinò al Ghirigoro.
«Che modi» protestò lei, quando lui la lasciò libera, all’interno della libreria.
«Sam» osservò lui paziente, sospingendola in un angolo in modo che non potesse udirli nessun altro «non ho assolutamente niente contro di te, ma, se mi scoprono che sto permettendo ad una babbana di conoscere tutto questo, senza denunciare il tutto alla Squadra per la Modifica della Memoria, rischio di passare del tempo ad Azkaban»
«Dove?» domandò lei, tra il curioso e il contrariato.
«La prigione dei maghi…ma non è questo il punto. Per strada è meglio evitare certe domande, io e George ti spiegheremo tutto a cena e se proprio vuoi capire perché la mia famiglia è sotto sorveglianza…» afferrò un libro dal titolo: “Il Signore Oscuro, ascesa e declino di uno dei maghi più terribili di tutti i tempi.” «leggi questo e capirai».
Notò che la ragazza prese il libro senza fare storie, e lo sfogliò lentamente, quindi guardò verso di lui.
«Perché non mi obbligate a farmi cancellare la memoria allora?» domandò, guardandolo negli occhi.
«Non approviamo del tutto questo metodo…diciamo che vogliamo darti fiducia e…credimi, preferiamo passare qualche mese ad Azkaban piuttosto che sentire nostra madre che scopre che hai saputo tutto per colpa nostra!» esclamò e, nonostante fosse perfettamente serio, fece scoppiare Sam a ridere. Era evidente che non aveva ben presente l’ira della signora Weasley. Notato con piacere che si era sistemato tutto, pagò il libro per Sam, quindi uscì fuori con lei, che pareva aver capito la faccenda, visto che si preoccupava di lanciare solo occhiatine fugaci alle vetrine, e si soffermava solo nei negozio in cui dovevano andare. In breve tempo prese lei la lista delle cose da comprare e informava Fred delle loro tappe successive, come se fosse una cosa del tutto normale, che faceva tutti i giorni: non si sarebbe mai detta una babbana a Diagon Alley. La osservò addirittura entrare a comprare occhi di scarafaggio, erba mola e dittamo, pagando in falci e zellini, senza quasi confondersi. Forse non era stata del tutto sbagliata la scelta sua e di George.
«Ma come fai?» le domandò, sinceramente stupito, una volta che furono usciti dal negozio.
«Non lo so, mi viene naturale» rispose lei, stringendosi nelle spalle e girandosi per tornare indietro, visto che quello era l’ultimo acquisto della giornata. Fred la seguì, piuttosto impressionato. Aveva pensato di far finta che fosse una maganò ma, con ogni probabilità, sarebbe riuscita benissimo a passare per una strega a tutti gli effetti dandogli una mano nel negozio. Nel frattempo…era meglio che in casa sua non si scoprisse dov’era, altrimenti erano guai.


Ecco un altro capitolo! Spero che vi piaccia...anche se nel prossimo abbandoneremo un po' i gemelli per vedere che succede alla Tana! Grazie a chi ha messo questa FF tra le preferite o le seguite, e anche a chi si è soffermato a leggere e basta^^
@pri: Son contenta ti sia piaciuto anche l'altro capitolo! Ho aumentato un po' le dimensioni, spero che così si legga meglio e scusami per il disagio^^ Vedrai a breve cosa combinerà il caro Fred, aiutato dal fratellino ovviamente! Grazie per la recensione^^
@Pia_mi_idola_XS : Grazie anche a te per la recensione, sono contenta che ti piaccia la storia *-* Spero continuerai a seguirla ;)

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Capitolo 4
*** Where were you last night? ***


Capitolo quattro
Where were you last night?



Andrea si svegliò, sorpreso di trovare la stanza al buio, illuminata solo da un pallido raggio di luna che filtrava dalla finestra, lasciata aperta. Dopo che Sam era scesa, si era steso sul letto per aspettarla, ma, evidentemente, la stanchezza aveva avuto la meglio. Lanciò un’occhiata all’orologio che aveva al polso e che segnava le due di notte. Si mise a sedere sul letto, guardandosi attorno nella stanza buia. Dopo che gli occhi si furono abituati all’oscurità cominciò ad accorgersi di qualcosa che non andava. Fece vagare le iridi nocciola per la stanza ancora un paio di volte, prima di rendersi conto di cos’era: il letto di Sam era vuoto e, come se non bastasse, perfettamente intatto, come se non lo avesse proprio toccato. Si alzò, cercando a tentoni un interruttore della luce lungo la parete, ma la fortuna non era dalla sua; solo quando ebbe tastato tutte le pareti della stanza, o almeno così pareva a lui, si arrese e tirò fuori dalla tasca un accendino, cominciando a fare luce con quello. Era evidente che Sam non aveva mai nemmeno sfiorato il letto e che in quella camera non c’era un lampadario. Sempre facendosi luce con l’accendino, cosa piuttosto difficile, poiché non riusciva a tenere la fiamma viva per tempi molto lunghi, aprì la porta e si avviò verso le scale. La casa era deserta e silenziosa, cosa non tanto strana vista l’ora, ma soprattutto era completamente priva di illuminazione elettrica. Ad Andrea la cosa cominciò a sembrare decisamente sospetta: forse stava facendo dei voli un po’ troppo pindarici, ma per quale assurdo motivo una normale famiglia avrebbe dovuto vivere lontana da ogni minimo comfort moderno? Niente corrente, niente telefono e, ora che ci pensava, non aveva visto nemmeno nessun altro congegno elettrico che si trova nelle case, come televisori, stereo, microonde…nulla, a parte una vecchia radio, risalente agli anni 50 probabilmente, poggiata sopra la mensola del caminetto. Scese le scale lentamente, passo dopo passo, cercando di non fare alcun rumore, addirittura privandosi della luce dell’accendino, per non svegliare nessuno, ed usando il corrimano vicino alla parete per cercare di scendere. Di sicuro questo era il metodo più pericoloso e, più di una volta, rischiò di cadere giù, per aver messo male un piede su un gradino irregolare, per questo fu con immenso sollievo che appurò di essere giunto a piano terra. Dopo essersi guardato bene intorno, cercando di distinguere qualcosa in quel buio immenso che lo circondava, si decise ad estrarre nuovamente l’accendino dalla tasca e a fare luce. Stava giusto per entrare in cucina quando un rumore sordo lo costrinse a fermarsi. Si appiattì il più possibile dietro la parete, cercando di ascoltare cosa stava accadendo nella stanza accanto e, contemporaneamente, osservando il piano di sopra per vedere se qualcuno si fosse svegliato: se era finito davvero in una famiglia di assassini, l’ultima cosa che voleva era trovarseli tutti attorno, nel cuore della notte e con Sam sparita nel nulla. Improvvisamente una voce femminile proveniente dalla stanza accanto lo fece concentrare solo su quella.
«Errol! Stavolta ti hanno ammazzato per davvero…mi sentono quei due però!»
Di tutta la frase Andrea aveva colto solo la parola “ammazzare” e gli fu sufficiente per trarre le sue conclusioni. Prima che potesse anche solo fermarsi a ragionare un attimo su ciò che era appena successo, senza sapere nemmeno lui bene come, si era ritrovato in cucina, esclamando:
«Cosa avete fatto a Sam?»


Ginny Weasley sussultò. Era immersa nella lettura della lettera in cui quegli idioti dei suoi fratelli le chiedevano di trovare un modo per non fare accorgere sua madre che la ragazza babbana era finita con loro, quando, improvvisamente, qualcuno entrò nella stanza. Istintivamente puntò la bacchetta, la cui punta era illuminata da un incantesimo, contro di lui, per osservarlo, e, pur senza riconoscerlo, capì che doveva essere il ragazzo babbano.
«Temo di non capirti» rispose lei, sinceramente, mentre posò nuovamente la bacchetta sul tavolo accanto a lei, senza curarsi particolarmente di spegnerla, credendo che così non avrebbe fatto altro che attirare ancora di più l’attenzione su quella.
«Sam. La mia amica, è sparita dopo aver portato una cosa ai tuoi fratelli» ribattè lui, anche se, notò la ragazza, il suo tono di voce ora pareva essere più tranquillo, come se avendola vista si fosse tranquillizzato. Magari non pensava che una ragazzina come lei avrebbe potuto fare del male a qualcuno. Ginny sospirò, quindi lesse la lettera un’altra volta e maledisse Fred e George sotto voce: possibile che non si erano accorti di essere seguiti? Avrebbero dovuto fare attenzione, quantomeno accertarsi che non ci fosse nessun’altro in cucina…ma no, da bravi combina disastri professionisti, quali erano sempre stati, si erano ritrovati con la loro ospite babbana al negozio. Ma ovviamente questo non poteva essere sufficiente per Fred e George: pur di non farlo sapere alla madre, avevano rinunciato a contattare il ministero per farle modificare la memoria e le avevano raccontato tutto, assumendola addirittura come aiutante per una settimana! Quei due non sarebbero cambiati mai. «È leggermente complicato…ma tranquillo, è al sicuro con i miei fratelli e tra una settimana sarà di nuovo qui…» disse, affatto convinta che il ragazzo si sarebbe arreso tanto facilmente, anche se una minima parte di lei ci sperava.
«Cosa? E perché è con i tuoi fratelli? E non possono riportarla a casa ora?» domandò, alzando il suo tono di voce un’ ennesima volta e facendo qualche passo verso la ragazza.
«Perché la tua amica li ha seguiti con la metropolvere e i collegamenti sono aperti una volta a settimana…e, oh ascolta. Siediti e ti spiego tutto» si affrettò ad aggiungere notando l’espressione con cui la scrutava il ragazzo e lo fece per cinque minuti almeno, prima di procedere talmente lentamente verso la sedia dove si trovava lei, da metterci un minuto buono per coprire nemmeno due metri di distanza,quindi scostò piano la sedia, facendola strusciare appena sul pavimento, e si sedette sopra, senza distogliere per un attimo lo sguardo dalla ragazza.
«So che avrai notato cose strane in questa casa…non siamo pazzi, siamo maghi» continuò Ginny, Andrea non disse niente, ma la ragazza notò comunque che aveva rivolto un’occhiata alla sua bacchetta. «La metropolvere è un sistema che usiamo per spostarci attraverso i camini, ma il collegamento tra camini non è sempre aperto…quello tra il negozio dei miei fratelli e qui apre solo due volte a settimana ad esempio…» e con tutta la pazienza di questo mondo Ginny spiegò al ragazzo di come la famiglia Weasley fosse sotto sorveglianza per i mangiamorte che ancora circolavano, di Voldemort, di Hogwarts e di tutto ciò che era necessario per togliere al ragazzo ogni dubbio sulla sua famiglia.
«E adesso…» concluse quindi «ci serve un piano….» ma non sperava di trovarne uno per davvero: sua madre si sarebbe smaterializzata a casa di Fred e George nel giro di due secondi, non appena avesse saputo che guarda caso, oltre loro due, mancava la ragazza babbana, il padre avrebbe fatto cancellare la memoria ad entrambi e il ministero si sarebbe preoccupato di mandarli a Londra con una bella macchina nuova. Di sicuro così sarebbe stato più semplice, ma non poteva fare questo ai suoi fratelli e nemmeno ai due ragazzi capitati per caso in tutto quel casino.
«Quanto ci mettete voi maghi a trovare qualcuno?» domandò improvvisamente il ragazzo, portandola coi piedi per terra.
«Uhm, beh dipende….ma a cosa stai pensando?» domandò, chiedendosi se non avesse trovato davvero la soluzione al suo problema: sarebbe stato un miracolo, tanto per cominciare le avrebbe risparmiato un gemellicidio.
«Beh, potremmo dire che Sam ed io avevamo litigato e che stamattina al risveglio non c’era più…durante la litigata mi aveva detto che se ne sarebbe andata, ma non le avevo creduto e così…puff! È sparita!» propose lui, osservando attentamente la reazione della ragazza. Ginny si era fatta pensierosa, il piano poteva anche andare, ma presentava qualche lacuna decisamente non trascurabile: come si spiegava che la riportassero a casa i suoi fratelli che, tecnicamente, non erano coinvolti nella ricerca? Ancora meno probabile era dire che lei si era trovata a Diagon Alley, nessun babbano vede l’ingresso a quella strada e fingere che lei ci fosse riuscita voleva dire mettere in crisi l’intero sistema di sicurezza dei maghi.
«La tua amica avrebbe motivo di andare a Londra?» domandò quindi e, vedendo il ragazzo annuire emanò un sospiro di sollievo.
«Bene, allora dillo ai miei…così avremo un motivo per coinvolgere Fred e George nelle ricerche e…casualmente la troveranno loro a Londra! Nel frattempo, se mi dici dov’è, io ed Hermione provvederemo a far sparire la macchina» Andrea annuì una seconda volta, senza staccare lo sguardo dal volto della ragazza.
«Ok..io, torno a letto…buonanotte» disse alla fine, alzandosi dalla sedia cercando di fare il minimo rumore possibile e quindi rimettendola a posto.
«Sì…e ricorda noi due non ci conosciamo e tu non sai niente! Buonanotte» rispose lei, facendogli l’occhiolino, quindi lo guardò allontanarsi e salire le scale alla luce di quella strana fiammella portatile che aveva estratto dalla tasca. Lei, invece, scribacchiò una risposta veloce sul retro della lettera dei gemelli, in modo che sua madre non la trovasse e, quando ebbe finito, legò il rotolino di pergamena alla zampa del povero Errol, che la guardava con occhi supplichevoli.
«Su Errol, è importante, mamma ammazza davvero Fred e George sennò» disse all’animale in un sussurro, quindi lo fece salire sul dorso della sua mano e, avvicinatasi alla finestra la aprì, tendendo poi il braccio fuori, come se stesse invitando il vecchio gufo a prendere il volo. Ci vollero cinque minuti e varie scrollate del braccio da parte di Ginny, ma alla fine Errol si rassegnò e partì, lasciando la sua padroncina a contemplare il suo volo irregolare da una finestra della Tana.


Nel frattempo al piano superiore dei Tiri Vispi Weasley si stava svolgendo un torneo un po’ particolare. Quel pomeriggio i gemelli avevano mostrato il negozio a Sam, facendole vedere ogni singolo prodotto e spiegandole come funzionava, quanto costava, dove si trovava e se poteva essere venduto a tutti o se i maghi desiderosi di averlo dovessero avere una certa età; insomma, tutte cose utili al lavoro di assistente in prova che avrebbe esercitato dal giorno dopo. Giunta al reparto dei trucchi magici babbani, Sam aveva adocchiato subito delle carte da gioco e aveva pensato che sarebbe stato divertente insegnare a quei due qualche tipico gioco di carte italiano, di sicuro avrebbero riso. Anche se all’inizio Fred e George apparvero un po’ restii («Tu vuoi farci giocare con delle carte che non esplodono? » avevano esclamato scandalizzati) alla fine avevano ceduto alle sue, pressanti, richieste e si erano abbassati a maneggiare delle carte normalissime, che, oltre a non emanare nessuna scintilla, avevano anche dei disegni piuttosto brutti e banali, almeno a parer loro. Dopo un’ora, o poco più, passata ad insegnare ai due e a Lee Jordan, loro carissimo amico che li era venuti a trovare per la serata, quali erano i semi delle carte aveva cominciato a spiegare qualche gioco, partendo dai più semplici e andando via via a crescere con la difficoltà. In questo preciso istante, erano seduti attorno al tavolo, a fare un’appassionante partita di briscola a coppie, in cui lei giocava con Fred e Lee con George.
«Fred, mi puoi mettere un fermino?» domandò, osservando la carta che aveva buttato Lee, sperando che George non avesse in mano una briscola più alta di quella del fratello, altrimenti erano rovinati: lei aveva solo carichi in mano.
«Eh?…o certo….» disse il suo compagno di squadra, poco sicuro, buttando il tre di briscola. Sam lo guardo spalancando gli occhi, come se fosse impazzito.
«Fred…ti sei reso conto di quello che hai fat…» ma non fece in tempo a finire la frase che George si affrettò a buttare un altro tre, sopra quello giocato prima dal fratello, esclamando:
«Ho un altro tre! Il mazzo è mio!»
Sam sospirò, paziente, quindi disse:
«George…quello era il gioco di prima, rubamazzo, adesso stiamo giocando a briscola hai presente?» ma l’espressione sul volto di George le faceva capire che no, non aveva presente. «Ma non era solo l’asso che prendeva tutto?» domandò Lee, cadendo dalle nuvole. Sam sospirò, guardò uno ad uno i suoi compagni di gioco che la fissavano con aria interrogativa, come se, invece di un paio di giochi di carte gli avesse cercato di insegnare la formula per impoverire l’uranio. Lanciò il mazzo di carte al centro del tavolo e, battendo con la mano su questo, sospirò:
«Merda!»
Non aveva nemmeno finito di dirlo che gli altri tre si ammazzarono per cercare di essere i primi a mettere la propria mano sulla sua, convinti che si trattasse del gioco. Sam scoppiò a ridere, mentre i maghi la guardarono con aria piuttosto contrariata, ma lei non ci fece molto caso.
«Ragazzi, è tardi, siamo tutti stanchi e voi e i giochi babbani non avete alcun feeling…forse è meglio smetterla che dite?» osservò lei, mentre gli altri tre, dopo aver capito che si erano confusi di nuovo coi giochi, si buttavano nuovamente sulle loro sedie. La guardarono per un attimo, poi Fred estrasse la bacchetta e, picchiettando con la punta di essa su una carta, riordinò il mazzo e lo rimise nella confezione. Sam invece si alzò e, nel farlo, ruppe quasi una gamba a Lee che, volendo farla cadere, l’aveva tesa dietro alla sedia della ragazza, non aspettandosi che la ragazza ci mettesse tutta quella forza, ovviamente.
«Scusa Lee! Non volevo!» si scusò lei, portando una mano a coprire la bocca, come faceva sempre quando era mortificata per qualcosa.
«Tranquilla» rispose lui, massaggiandosi la gamba dolorante «dovrei tornare a camminare tra un paio di giorni…»
«Veramente spiritoso Lee…però guarda i lati positivi, non dovrai aiutarmi a sistemare qui» ed effettivamente la sala in cui si trovavano sembrava aver ospitato l’esplosione di una piccola bomba atomica. Sam non potè fare a meno di chiedersi se i due gemelli vivessero sempre in quelle condizioni.
«Già…mettere a posto…»osservò Lee, scambiandosi un’occhiata d’intesa con George. «Sì ce n’è proprio bisogno…» asserì quest’ultimo «Gli ultimi due che restano qui puliscono!» esclamò poi, all’improvviso, e, prima che Fred o Sam potessero anche solo metabolizzare ciò che aveva appena detto, lui e Lee si erano catapultati al piano superiore, dove stavano le camere da letto.
«Menomale che Lee aveva la gamba fuori uso…» osservò Fred, mentre si chinava a togliere dal tavolo tutte le buste di Gelatine Tuttigusti +1 che avevano finito nel corso della serata, tra le risate di Sam che sceglieva appositamente quelle ai gusti più imprevedibili: quel giorno aveva provato sabbia, shampoo, peperoncino, peltro, tappeto e velluto, uno peggiore dell’altro.
«Credi che tua sorella troverà una soluzione Fred?» domandò Sam al ragazzo, che si voltò a guardarla, trovandola con le mani piene di figurine di cioccorane, che Lee e George avevano sparpagliato per tutto il salotto, stregandole in modo che combattessero tra loro.
«Certo! Ginny trova sempre una soluzione e…Sam?»
«Si?»
«Come fai a riconoscere così bene me e George?»
«Semplice» rispose la ragazza con un sorriso furbo «ho osservato come eravate vestiti, oggi a casa dei tuoi, e tu avevi una felpa azzurra, mentre George l’aveva nera.»
«Così…ovvio» fu l’unca risposta che ottenne da Fred, che però le aveva sorriso in un modo strano, di cui non capiva il significato, del resto lei non conosceva i famosi sorrisi alla Gemelli Weasley, altrimenti si sarebbe preoccupata. Continuarono a sistemare per un po’, ma ben presto il caos della stanza ebbe la meglio su di loro: dopo aver chiuso ben due sacchi di spazzatura ed aver notato che la sala sembrava esserne ancora invasa si rivolsero uno sguardo disperato.
«Gratta e netta!» esclamò quindi Fred, e Sam vide i residui di pergamena che aveva in mano, fuoriuscirne a forza, mentre tutto il resto di carte, cartacce e roba varia disseminata sul pavimento sembrò dissolversi nel nulla e persino i mobili ritornarono alla loro collocazione originaria.
«Perché non sono una strega?» disse Sam in un sospiro rassegnato prima di sedersi sul divano, frizionandosi le tempie con l’indice e il medio di ambo le mani, cercando di attenuare la dolorosa pulsazione che l’aveva attanagliata: dopotutto quel giorno si era stancata parecchio e alle tre del mattino era ancora in piedi.
«Tutto bene?» le domandò Fred, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla spalla. Sam alzò di scatto la testa, sentendo le sue parole, ed ebbe un sussulto: non si aspettava di trovarlo così vicino.
«Sì ho solo sonno» rispose, accennando un mezzo sorriso. Fred represse uno sbadiglio dietro il palmo di una mano, avvicinato al volto, ed annuì.
«Si hai ragione, andiamo ti accompagno in camera e trovo qualcosa con cui farti dormire…» disse, porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.


Non appena la ragazza prese la sua mano, Fred la tirò su, esercitando un po’ di forza con il braccio, quindi si voltò e si diresse verso le scale a passo svelto, conscio che lei lo avrebbe seguito. Salirono le scale in silenzio, senza guardarsi quasi. Non sapeva perché la ragazza stesse zitta, ma lui le aveva appena detto che le avrebbe dato qualcosa con cui dormire e si era reso conto di non avere niente: lui e George di solito dormivano in maglietta e boxer, ma di certo non poteva fargli mettere quelli. Era così assorto nei suoi pensieri che non si accorse di essere arrivato alla fine della scalinata, ed alzò il piede per salire su un altro scalino, che ovviamente non esisteva, rischiando così di sdraiarsi a terra.
«Tutto bene re degli scherzi?» lo prese in giro Sam, e Fred le rivolse uno sguardo a dir poco oltraggiato.
«Tu osi prenderti gioco di me? Te ne pentirai!» esclamò, con quella che doveva essere un’aria minacciosa, ma che a lui uscì comunque comica.
«Ah si? E come? Ti ricordo che ho appena visto e catalogato nella mente tutti i prodotti del vostro negozio» fu la risposta pronta della ragazza, la cui espressione si faceva sempre più canzonatoria. La cosa però sembrò non turbare Fred, anzi, le rivolse un altro dei suoi migliori sorrisi Made in Weasley Twins, accompagnato da uno sguardo che voleva dire: “aspetta e vedrai” . Nel frattempo erano giunti nei pressi di una porta, la stanza dove avrebbe dovuto dormire Sam, ma, a quanto pareva, avrebbero dovuto cambiare programmi. Quando aprì la porta, infatti, Fred si trovo davanti a suo fratello e Lee che si erano addormentati sul letto a due piazze della stanza di George, che, evidentemente, si era dimenticato di averla ceduta alla ragazza. Sospirò, quindi le fece cenno di attendere ed entrò, pronto a tutto, persino ad usare la maledizione cruciatus, pur di svegliare quei due.
«George! George…GEORGE!» provò, scuotendo il gemello con violenza crescente, ma il massimo che ottenne fu un rantolio appena più rumoroso dei precedenti. Provò un’altra volta, senza ottenere grandi miglioramenti, alla terza volta George cominciò a russargli in faccia. Scuotendo le spalle rassegnato dovette riconoscere la sua sconfitta e si avvio fuori dalla camera, lasciando che la porta si richiudesse da sola dietro di sé.
«Mi spiace…ma Lee si è autoinvitato a dormire qui ed hanno usurpato camera tua. Per stanotte puoi dormire nella mia, io dormirò sul divano» disse, avviandosi verso la porta di fronte, dove appunto era camera sua.
«Ma no! Dormo io sul divano, sono io quella di troppo...» protestò Sam, ma Fred la zittì, mettendole una mano sulla bocca e scuotendo il capo.
«Non se ne parla! Io dormo sul divano e tu qui…oltre ad essere il re degli scherzi sono anche un gran cavaliere, sai?» ma dal tono della voce sembrava più una presa in giro che altro.
«Oh ma davvero? Allora cavaliere io ho un’idea…perché non usiamo il letto tutti e due visto che c’è posto per entrambi? Giuro che non ti uccido nel mezzo della notte per poi scappare col bottino del vostro negozio!» rispose lei, scherzosa quasi quanto lui. Fred le sorrise.
«Speravo lo proponessi! Odio dormire sul divano ma credevo ti desse fastidio condividere il letto con uno sconosciuto» ammise ridendo.
«Solo se lo sconosciuto non rispetta i suoi spazi» disse lei, entrando per prima nella stanza, dove Fred accese le lampade a gas con un colpo di bacchetta. Il ragazzo si diresse poi verso e l’armadio e cominciò a frugare all’interno, cercando qualcosa da prestarle per la notte. Trovò un babydoll nero e avorio, molto sexy, che aveva lasciato lì una delle sue ex qualche mese prima, ma non gli sembrava il caso neanche di farglielo vedere e, difatti, lo spinse più in giù nella pila dei vestiti. Alla fine, dopo aver ridotto l’armadio in condizioni peggiori della sala grande di Hogwarts dopo la Battaglia con Voldemort, emerse con una maglia recante il simbolo degli Appleby Arrows, che era abbastanza grande per lui, quindi a lei sarebbe dovuta andare come una camicia da notte.
«Ecco qui» disse, mentre gliela porgeva.
«Grazie…vado in bagno a cambiarmi» e, dopo aver preso la t-shirt azzurra e argento, si diresse verso la porta, per recarsi poi in bagno. Approfittando della sua assenza Fred si tolse la felpa che aveva addosso e la maglietta sotto questa, quindi mise su una maglia nera a mezze maniche, involontariamente in tinta con i boxer. Cominciò a sbottonarsi anche i jeans e se li tolse, assieme ai calzini, che con un rapido gesto della bacchetta mandò al piano di sotto, nella cesta dei panni sporchi, quindi si stese sul letto, leggendo il Profeta del giorno, in attesa che Sam tornasse dal bagno. Cinque minuti dopo la porta si aprì e la ragazza rientrò nella stanza.
«Questi, credo siano tuoi…» osservò la ragazza, porgendogli i vestiti che aveva indosso fino ad un attimo prima.
«Sì…domani mentre lavoriamo, infatti, mandiamo Lee a comprare qualcosa da metterti addosso!» disse Fred, alzandosi dal letto per prendere i vestiti che la ragazza gli porgeva e che, dopo un’occhiata fugace, furono gettati sulla sedia assieme a quelli che si era tolto poco prima. Si girò nuovamente verso di lei, del tutto intenzionato a chiederle che tipo di vestiti preferiva, ma sembrò essersi dissolta nel nulla. Si guardo attorno con aria confusa, prima di notare che si era infilata sotto le coperte con rapidità fulminea.
«Posso sempre andare a dormire sul divano se ti vergogni tanto…» propose nuovamente, del tutto schietto.
«Credevo dormissi in pigiama» fu la risposta della ragazza, che fece scattare subito un sorriso sul volto di Fred.
«Beh in effetti non si può resistere al fondoschiena di Fred Weasley» osservò lui, girandosi in modo che lei avesse un bel primo piano del suo lato B.
«Idiota! Smettila e vieni a dormire!» borbottò Sam, sbattendogli in testa la copia del Profeta raccattata dal letto.
«Ahi! Se sei sempre così simpatica non mi stupisce che tu sia zitella!» esclamò, massaggiandosi un po’ troppo teatralmente il punto in cui la ragazza lo aveva colpito.
«A parte che si dice single e non zitella, chi te lo dice che lo sia?» domandò lei, con aria di sfida.
«Chi è il poveraccio che ti sopporta?»
«Ritiro tutto quello che ho detto sul non farti fuori mentre dormi…e poi, è molto più facile sopportare me che te!»
Fred rise di gusto vedendola mettere il broncio in quel modo e fulminarlo allo stesso tempo con lo sguardo. Le ricordava molto Hermione quel modo di fare, anche se la ragazza lì presente era molto più permalosa e anche più spiritosa, doveva ammetterlo.
«Guarda che stai parlando con uno degli uomini più desiderati al mondo» rispose, infilandosi sotto le coperte.
«Oooh, certo, faresti impallidire James Franco, tu» bofonchiò Sam, divertita, voltandosi dall’altra parte.
«Chi?»
«Lascia perdere Fred, spegni la luce e buonanotte…»
«Tsk, donna di poca fede! Verrà il giorno in cui rimpiangerai di non esserti approfittata di me questa sera» protestò lui.
«Si certo…come no» rise la ragazza.
«Beh dopo questa anche se tu dovessi pregarmi in ginocchio, mi spiace, ma non mi concederò»
«Sto morendo dal dolore…Fred, ti prego, spegni quella luce e dormi» la voce di Sam aveva un tono quasi supplichevole, mentre nascondeva la testa sotto il cuscino. Questo normalmente avrebbe indotto Fred a continuare a tormentarla, ma effettivamente era piuttosto tardi e il giorno dopo avrebbero dovuto lavorare. Con un colpo di bacchetta spense le luci e crollò accanto a Sam.


Ecco qui il nuovo capitolo! So che è molto lungo...ma avevo molto da scrivere e non mi piaceva dividere il tutto in due capitoli più brevi!
Grazie come sempre a chi ha aggiunto la storia tra le seguite e/o preferite! E grazie a Pia_mi_idola_XS per la recensione^^ Spero ti piaccia anche questo capitolo *-*
Grazie anche a chi si è soffermato a leggere...e ricordate, se recensite non vi uccido, anzi :P

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Capitolo 5
*** Nightquest ***


Capitolo Cinque
Nightquest



Quella mattina Sam si svegliò di malavoglia, solo perché sentiva un caldo opprimente nella stanza. Inizialmente scalciò via le coperte, fregandosene dell’imbarazzo della sera prima all’idea che a dormire con lei ci fosse qualcun altro, ma dopo poco realizzò che non dipendeva solo dalle lenzuola. Era come se qualcosa di bollente fosse puntato sulla sua pelle, creandole una sensazione di pizzicore, lì dove era scoperta, mentre si sentiva oppressa dalla maglia. Strinse le palpebre più forte, mentre i pugni si aggrappavano al cuscino, in un vano tentativo di ignorare il tutto e riaddormentarsi. Tre minuti dopo si era messa a sedere sul letto, gli occhi ancora semi chiusi e la mancina che copriva uno sbadiglio.
«Fred» bofonchiò, la voce ancora impastata dal sonno «Cos’è tutto questo caldo?» mentre parlava uno sbadiglio soffocò l’ultima parola, rendendola poco chiara. Con le mani stropicciò gli occhi, in attesa di una risposta che non arrivò. Sbattendo le palpebre si rigirò del tutto intenzionata a svegliare il ragazzo con cui aveva condiviso la camera, per trovare solo il letto vuoto e la luce del sole, già alto nel cielo, che la accecava dalla finestra, completamente aperta: adesso era molto più chiaro da dove proveniva tutto quel caldo. Distolse in fretta lo sguardo dalla luce, spostandolo sull’orologio che aveva al polso. Mezzogiorno. Evidentemente c’era qualcosa che non andava: avrebbero dovuto alzarsi alle otto per aprire il negozio, eppure non l’avevano chiamata. Che ci avessero ripensato sul farle fare da assistente? Magari doveva restare chiusa in camera per non farsi scoprire da quelli del ministero…ma glielo avrebbero detto se i programmi fossero cambiati, almeno sperava. Lo sguardo le ricadde improvvisamente su dei vestiti, che avevano tutta l’aria di essere un’uniforme, color magenta, sopra i quali era poggiato un pezzo di quella che indubbiamente era pergamena. Corrugò le sopracciglia in un’espressione corrucciata, mettendoci un po’ ad allungare il braccio per prendere quel foglietto.
Carissima Sam!
Dato che per te ieri deve essere stata una giornata dura abbiamo pensato di lasciarti dormire un po’ di più, speriamo comunque che tu abbia avuto un caloroso risveglio…

«Ecco chi è stato ad aprire la finestra! Li ammazzo…giuro! Li uccido!» esclamò, stringendo il pezzo di pergamena tra le sue mani, fino a ridurlo quasi in brandelli. Si fermò solo perché una vocina nella sua testa le suggerì che era il caso di continuare a leggere. A malincuore riaprì il pugno e distese il foglietto accartocciato, continuando a leggere il pezzo successivo.
Quando ti sarai svegliata metti pure la divisa del negozio e scendi, ti aspettiamo a braccia aperte per vedere come te la cavi con gruppi di maghi adolescenti dalla mentalità più o meno perversa…non preoccuparti! Per ogni cosa saremo al tuo fianco, ammesso che tu riesca a trovarci, o a distinguerci!
Fred e George.

Sam restò a fissare il foglietto per cinque minuti buoni, sperando di aver capito male. Volevano lasciarla da sola a fare il suo lavoro? Le era sembrato piuttosto ovvio che i gemelli fossero degli ottimi combina guai, ma non credeva che se ne andassero a cercare di così grossi da soli. Scrollò le spalle: era un problema loro se qualcuno si accorgeva che non era una strega, o meglio, che era babbana, pensò con un sorriso, utilizzando il gergo che avrebbero potuto usare loro.
Si alzò dal letto, dirigendosi a rapidi passi verso la porta, intenzionata a farsi un bagno freddo prima di andare al piano di sotto ad aiutarli. Mise una mano sulla maniglia e la abbassò, aprendo così la porta. Tutta la casa era deserta, anche Lee Jordan era andato via, probabilmente lo avevano mandato davvero a comprarle qualcosa per vestirsi, o almeno lei lo sperava: non poteva passare una settimana con i vestiti rimpiccioliti di Fred, assolutamente. Arrivata al piano di sotto scoprì con piacere che, sul tavolo della cucina, le avevano addirittura lasciato la colazione. Vista l’ora non le pareva il caso di mangiare, però, quindi cedette solo alla tentazione di un toast col burro, che prese dal piatto e si portò dietro in bagno. Chiuse la porta alle sue spalle con una doppia mandata, anche se era piuttosto certa che, se solo avessero voluto, quei due sarebbero riusciti ad aprirla in ogni caso con un colpo di bacchetta, ma era altrettanto certa che non lo avrebbero mai fatto, a meno che non avessero dovuto nasconderla d’urgenza da uno squadrone di maghi pronto a cancellarle la memoria. Si chinò su svariati rubinetti, che aprì in modo del tutto casuale e, mentre attendeva che la vasca si riempisse, finì il toast. Si sfilò la maglia, evitando accuratamente di guardarsi allo specchio, per non cadere nelle sue solite manie di perfezionismo per i capelli, che non le avrebbero fatto bene in assenza di una piastra, e quindi entrò lentamente nel’acqua, sufficientemente fredda, piena di bolle viola e blu, che sembravano non scoppiare mai, nemmeno se sottoposte ad una forte pressione. Scoppiarne qualcuna divenne il suo obiettivo. Scoprì che poteva tranquillamente prenderle in mano, come fossero palloncini, e deformarle come voleva, senza che queste cedessero un minimo. Solo quando l’orologio segnò l’una decise di arrendersi davanti alla magia e, a malincuore, si issò fuori dalla vasca, ben attenta a non bagnare più del dovuto a terra, e si avvolse nel solito telo bianco, comparso accanto alla vasca. Si asciugò il più velocemente possibile, quindi corse nuovamente in camera, per infilarsi i vestiti; operazione che risultò piuttosto difficoltosa perché spesso la stoffa si attaccava alla pelle ancora umida, rifiutandosi di muoversi. Inevitabilmente, dopo lunghe lotte, offese alla camicia e imprecazioni contro il mondo, si ritrovò nell’uniforme, pronta a scendere al negozio.
I gemelli la stavano aspettando, in due identiche divise color magenta. Sentendo i suoi passi i due si voltarono e, ben presto, Sam si trovò a contemplare due ghigni identici che la fissavano con aria di sfida. Ce l’avevano fatta alla fine, l’avevano incastrata, adesso sarebbe stato impossibile riconoscerli per via del colore degli abiti. Li fissò allibita per un attimo, prima di riuscire a ricomporsi di nuovo e a salutarli con un dignitoso:
«Buongiorno»
«Buongiorno Sam! Dormito bene?» le chiesero all’unisono, per complicarle ancora di più la faccenda. Increspò appena le labbra, prima di replicare.
«Oh si, è stato così premuroso da parte vostra aprire la finestra!»
«Vedi George te l’avevo detto che avrebbe gradito»
Quindi quello era George, ottimo a sapersi, la ragazza se lo appuntò mentalmente.
«Va bene ti devo un Galeone George…»
George? Ma l’altro era George no? Quindi quello doveva essere Fred, non poteva essere George. Portò lo sguardo sui due alternando lo sguardo, con le sopracciglia corrucciate.
«Smettetela!» esclamò con fare perentorio, mentre li fulminava con un’occhiata. Cosa che, notò, non scompose affatto i gemelli, che si limitarono ad allargare ancora di più il sorriso.
«Oh va bene, non vi so riconoscere» ammise,sbuffando, con fare leggermente infantile, mentre i due continuavano ad osservarla in silenzio, cosa che non mancò di infastidirla. Ci volle qualche attimo in cui, pensò,i gemelli si stavano beatamente godendo la loro rivincita su di lei, prima che parlassero di nuovo.
«Nostra sorella ci ha risposto…è tutto a posto, non preoccuparti!» esclamò uno dei due, porgendole un foglio di pergamena che Sam prese tremante di curiosità: chissà cosa avevano escogitato per coprire la sua sparizione, di sicuro qualcosa di molto credibile, altrimenti si sarebbe già trovata attorniata da maghi pronti a cancellarle la memoria. Mano a mano che leggeva, però, gli occhi si sgranavano con lo stupore. Non che il piano avesse qualcosa di negativo, ma lei sembrava una pazza psicolabile. Aprì la bocca, come per replicare qualcosa, ma, ricordandosi che in fondo era per colpa sua se si trovavano in quel casino, la richiuse prontamente, porgendo la lettera ai ragazzi.
«Perfetto! Allora vado di la e vedo di dare una mano» osservò soltanto, con un mezzo sorriso in volto. Fece per andarsene nella sala principale del negozio ma, mentre stava per uscire, sentì qualcuno prenderla per una spalla, impedendole di proseguire oltre. Si voltò, trovandosi faccia a faccia con un gemello che le sorrise e, scostandosi leggermente i capelli da un lato della faccia, mostrò l’assenza di un orecchio che a Sam era sfuggita prima. Era consapevole che la bocca si era aperta per lo stupore e anche che, probabilmente, lo stava fissando in modo molto poco educato, ma era più forte di lei.
«Io sono George» disse lui, strizzandole un occhio e facendole un sorriso. Anche Sam sorrise, automaticamente, capendo perché le aveva mostrato quello, ma non ebbe il coraggio di chiederle come aveva perso l’orecchio, e si limitò a seguire George nel negozio.
La mattinata non fu affatto semplice: sembrava che tutto il mondo magico volesse comprare gli scherzi di Fred e George proprio quel giorno e lei aveva problemi a prendere la roba ai piani più alti e doveva sempre richiedere l’intervento di uno dei due gemelli, che, prontamente, con un colpo di bacchetta facevano volare giù varie confezioni di prodotti. Il fatto che lei non usasse mai la bacchetta non passo sempre inosservato e spesso qualche cliente le chiese, con aria sospettosa, come mai non la usasse, fortunatamente Fred l’aveva salvata in corner la prima volta, rispondendo al posto suo che l’aveva lasciata a casa, ma c’era troppa gente al negozio perché potessero lasciarla materializzarsi lì e riprenderla e Sam adesso riciclava questa risposta con tutti. In breve fu esausta e stufa di tutta quella gente che richiedeva il Torrone Sanguinolento o le Crostatine Canarine (erano le cose che aveva più problemi a prendere), ma doveva sospettare che potesse andare anche peggio di così.
«Tutto bene?» le domandò un gemello avvicinandosi.
«Più o meno Fred…» rispose, dopo aver controllato che avesse entrambe le orecchie.
«Dai, tra un paio d’ore chiudiamo e poi potrai riposarti, arriverà anche Lee con qualche vestit…oh no!» Fred interruppe bruscamente la frase, fissando l’ingresso del negozio. Sam guardò istintivamente in quella direzione, ma l’unica cosa che vide fu una ragazza piuttosto alta, di colore, che si guardava attorno, e non le sembrava niente di sconvolgente. Ma evidentemente non doveva essere così perché, in un tempo così breve che nemmeno si accorse di ciò che stava accadendo, si trovò avvinghiata a Fred che aveva cominciato a baciarla. Provò ad opporsi e liberarsi ma più ci provava più Fred non faceva che stringerla a sé. Stava giusto pensando di provare a tirargli una ginocchiata nelle parti basse, quando lui si stacco è, prima che potesse anche solo aprire bocca, la trascinò sul retro del negozio.
«Muffliato» borbottò quindi, puntando la bacchetta contro la porta che aveva alle spalle.
«MA SEI DIVENTATO SCEMO?» gli urlò Sam contrò, lasciandogli a malapena il tempo per girarsi.
«Se ti calmi ora ti spiego tutto…» provò a cominciare lui.
«CALMARMI? IO SONO CALMISSIMA!! SEI TU CHE DEVI DARTI UNA CALMATA!» continuò ad urlare Sam, strappando a Fred un sorrisino che non fece altro che farla arrabbiare di più. Vagò con lo sguardo lungo la sala, alla ricerca di qualcosa da tirargli addosso, ma non trovò niente che non fosse Polvere Buiopesto Peruviana e non le andava di avvolgere entrambi in una nube di oscurità.
«Quella che è appena entrata è Angelina..la mia ex che mi perseguita, anzi ci perseguita, visto che tortura anche George quando io la ignoro e…mi serviva un diversivo!» si affrettò a spiegare, prima che la ragazza ricominciasse ad urlare.
«Ti serviva un diversivo?» domandò lei, con una pesante nota di sarcasmo nella voce. Fred annuì.
«Quindi ora vieni fuori e fai finta di essere la mia ragazza, così almeno per un mese non la rivedrò perché dovrà riprendersi dal colpo…è un metodo testato!» esclamò Fred con la massima naturalezza.
«Il mio spirito di solidarietà femminile mi dice di mandarti a quel paese….» borbottò Sam in risposta, anche se si era effettivamente calmata.
«No! Non puoi farmi questo…ti prego!!» Fred Weasley la stava pregando? Sembrava proprio così. Sospirò, tanto oramai la frittata era fatta, Angelina li aveva visti baciarsi, potevano continuare la messa in scena.
«Ok, ok va bene! Ma vedi di mandarla via entro cinque minuti!» esclamò alla fine, rassegnata.


Fred non capiva perché Sam lo stesse guardando con aria così torva, lui aveva rispettato i patti: Angelina se n’era andata dopo tre minuti, che in quel breve tempo fosse riuscita a strappargli un invito a cena, per tutti e tre, era un altro discorso. In conclusione, mentre lui lavorava per tre, Sam aveva passato le due ore di apertura restanti a studiare con George una storia che potesse reggere sul come si erano conosciuti e come si fossero messi insieme, oltre che ad aver seguito un corso concentrato su: “Le cose necessarie da sapere di Fred Weasley” in modo da non fare gaffe. George si era divertito un sacco, anche se era pronto a scommettere che Sam aveva odiato ogni secondo di quelle due ore. Fortunatamente l’arrivo di Lee con non solo dei vestiti per lei, ma addirittura accessori, trucchi e profumo, aveva migliorato il suo umore, almeno nei confronti di George, visto che con Fred continuava ad essere scontrosa. Fred l’aveva presa con filosofia: non era un problema suo, sarebbe stata lei quella con più difficoltà a fingere quella sera se si ostinava a comportarsi così. Tentò di farle un sorriso attraverso la stanza, ma lei in tutta risposta si voltò dall’altra parte. Fortuna che l’arrivo di George che scese le scale sembrò spezzare un attimo l’aria tesa che regnava in salotto.
«Per non volerci andare a questa cena ti sei vestita piuttosto bene» osservò Geroge, facendo un sorriso a Sam, sperando che cogliesse la battuta e non si arrabbiasse ancora di più.
«Passerò una serata ad essere squadrata in modo malevolo…non volevo fornire più motivi per criticarmi» rispose lei, stringendosi nelle spalle.
«Di sicuro non potrà dire che non ti sai vestire» concordò Fred, annuendo, sperando che la tempesta fosse passata.
«Non avrebbe potuto in ogni caso, dopotutto sono italiana io» rispose lei, guardandolo in modo glaciale. Fred sospirò, quando gli aveva urlato contro che di sicuro Angelina si sarebbe accorta che in lei non c’era la minima traccia di magia e che avrebbe messo nei guai tutti loro, aveva capito perfettamente perché Sam se l’era presa: non solo aveva paura di perdere la memoria, cosa di per sé più che legittima, ma aveva anche paura di aver messo nei guai loro due seguendoli fin lì. In fondo urlargli contro era il suo modo di fargli capire che si stava preoccupando per lui.
«Andiamo Sam!» esclamò quindi «è solo una cena ed andrà tutto bene! Per farmi perdonare domani farò tutto quello che vuoi» sapeva di aver fatto centro con quella proposta: dopo poco, infatti, l’espressione di Sam da arrabbiata divenne pensierosa. Fred poteva quasi vedere i pensieri prendere forma nella sua mente, mentre l’orgoglio litigava col desiderio di accettare l’offerta di Fred.
«Ok» disse alla fine, l’orgoglio aveva palesemente perso «quindi domani negozio chiuso e passeremo una giornata nella Londra babbana: vietate le magie ad entrambi! Almeno sarò io nel mio elemento naturale!»
Fred guardò George, quindi, in contemporanea, annuirono; era deciso: il giorno dopo sarebbero stati due babbani qualunque. George in realtà non potè fare a meno di chiedersi cosa c’entrava nei battibecchi di quei due, ma, in fondo, l’idea di passare un giorno da babbano lo interessava, quindi non protestò. Si avvicinò a Fred, mettendogli una mano sulla spalla, ed indicandogli con un cenno del capo l’orologio appeso sopra il camino. Fred annuì ed invitò Sam a prenderlo sottobraccio, la ragazza lo squadrò per un po’ con aria trova, quindi, non senza un sospiro di rassegnazione, afferrò il braccio di Fred.
«Ci vediamo da Angelina!» esclamò questo,rivolgendo si a George, che annuì. In breve Fred e Sam furono avvolti dall’oscurità pressante ed opprimente tipica della materializzazione che, in un secondo, svanì, lasciandoli davanti una piccola villetta, in quello che appariva un tranquillo quartiere residenziale di una città. Fred fece qualche passo in avanti, ma Sam gli conficcò le unghie nel braccio.
«Ahi! Ma sei impazzita?» domandò in un sibilo, mentre si voltò verso la ragazza, accorgendosi solo ora del suo pallore innaturale e della sua difficoltà a respirare: aveva dimenticato quando fosse sgradevole la prima materializzazione. La condusse su un muretto, dove potè sedersi e chiudere un attimo gli occhi, in cerca del suo equilibrio, che sembrava essere rimasto a Diagon Alley.
«Siamo in ritardo, non è il caso di sentirsi male!» esclamò George gioviale, apparendo con un pop accanto a loro. Sam scosse la testa, ma i gemelli erano certi d averla vista aprire la bocca e chiuderla subito dopo, forse perché credeva che altrimenti avrebbe vomitato. Ma dopo poco la ragazza rialzò il capo, guardandoli negli occhi con un mezzo sorriso.
«Certo che voi maghi avete uno stomaco di ferro» osservò sorridendogli. Fred e George scoppiarono a ridere, certi che oramai si fosse ripresa, quindi Fred le porse nuovamente il braccio e la fece alzare, dirigendosi con lei e il fratello a casa di Angelina. Nel frattempo tutti e tre cominciavano a sentire una certa ansia, qualcosa nel loro piano poteva essere andato storto e se Angelina avesse scoperto tutto sarebbero stati grossi guai. George allungò un braccio per bussare educatamente alla porta, reprimendo un sorriso nel sentire Sam chiedere a Fred quante probabilità ci fossero che la cena fosse stata annullata. La risposta, anche se era ovvia, si palesò in breve davanti ai suoi occhi, dato che Angelina aprì la porta da lì a due secondi, facendo intravedere una tavola apparecchiata alla perfezione.
«Buonasera ragazzi! La vostra solita puntualità oggi ha vacillato…» li salutò, mentre i suoi occhi scuri dardeggiavano in direzione di Sam.
«Andiamo Angie, sai benissimo che voi donne ci mettete troppo a prepararvi! E guarda caso oggi con noi ce n’è una» rispose George, con uno dei suoi immancabili sorrisi che la padrona di casa ricambiò.
«Giusto non mi sono presentata, che maleducata! Piacere Angelina» disse, porgendo la mano in direzione di Sam, che, con grande sorpresa dei gemelli, la afferrò senza un minimo di esitazione e con un sorriso da fare invidia a Gilderoy Allock.
«Piacere Samantha»
«Samantha…che nome aggressivo» osservò Angelina, invitandoli ad entrare, mentre rivolgeva a Sam un’occhiata affatto amichevole.
La cena, nonostante le preoccupazioni di Sam, andò piuttosto bene: Angelina non sembrava interessata a sapere come si erano conosciuti lei e Fred,ma più che altro a farle notare quanto lei lo conoscesse meglio, quante esperienze che non poteva nemmeno immaginare avevano condiviso ad Hogwarts.
«E tu in che casa eri Sam? Non mi pare di averti mai visto» le chiese ad un tratto e Fred si voltò istintivamente a guardarla.
«Oh io non ho studiato ad Hogwarts, sono italiana» rispose lei tranquillamente, bevendo un sorso di vino elfico. Fred osservò George, ma il gemello non intercettò il suo sguardo: sapevano nulla sull’istruzione magica in Italia?
«Davvero? Che cosa interessante!» esclamò Angelina «E come si chiama la vostra scuola?»
«Astra Fideles ed è la scuola più antica dopo l’Accademia di Magia in Grecia, difatti fu fondata proprio in seguito all’influenza dei maghi Greci nel mondo Romano.» rispose lei, con una certa sicurezza.
«E non avete delle Case?» domandò Angelina, apparendo vivamente interessata. Approfittando della distrazione della ragazza George fece in tempo a sussurrare a Fred:
«Ci ha dato una mano Hermione! Credo cheSam abbia imparato a memoria quello che è scritto in Compendio dell’istruzione magica in Europa». Fred trattenne a stento una risata, quindi si concentrò su ciò che stava dicendo Sam. «Non proprio…noi le chiamiamo Sectiones e sono loro a scegliere noi, un po’ come le bacchette, abbiamo un vaso pieno di gemme ed ogni studente nuovo ne prende una che diventa del colore della Sectio che gli tocca. Ce ne sono sei ed ognuna ospita gli studenti più adatti ad un particolare tipo di insegnamento magico, tutti gli studenti seguono tutti i corsi, ma hanno più ore della materia che caratterizza la Sectio dove sono stati collocati.»
«E tu dov’eri?» domandò Angelina che era interessata, dopotutto, e, per gli unici cinque minuti della serata, non stava facendo finta di trovare Sam degna di nota.
«Nella Sectio Augustea, quella di Difesa contro le Arti Oscure. Poi c’erano quelle di Pozioni, Trasfigurazione, Incantesimi, Erbologia e Aritmanzia, che da noi è obbligatoria»
Anche Fred era interessato alla scuola magica italiana, mentre George, che aveva ascoltato il discorso innumerevoli volte, si stava servendo per la terza volta di pasticcio di carne, senza preoccuparsi di lasciarne un po’, eventualmente, anche per gli altri.
Sam continuò a parlare della “sua” scuola di Magia per quaranta minuti buoni, illustrando che i corsi duravano nove anni (dagli undici ai venti), ma che negli ultimi due gli venivano insegnate solo le cose attinenti al mestiere che volevano svolgere una volta usciti, che tra le varie Sectiones non c’era alcuna competizione, come la Coppa delle Case, ma che alla fine di ogni anno la Sectio che aveva il maggior numero di studenti con ottimi voti aveva il privilegio di addobbare l’edificio della scuola con i propri colori nelle occasioni importanti, che c’era una coppa di Quidditch interna alla scuola, ma che nelle squadre erano ammessi solo gli studenti dal terzo anno in su. Solo dopo che ebbero sviscerato ogni minuzia su Astra Fideles, Angelina si rivolse con un sorriso a Fred, chiedendogli:
«Beh, ma Fred, coma hai fatto a conoscerla allora?»
Fred sospirò, sinceramente sperava che non toccasse a lui improvvisare quella parte.
«Si fa presto a dirlo…un mese fa la scuola l’ha mandata a Londra per imparare meglio la nostra lingua, dato che aspira ad entrare a lavorare alla Gringotts come Spezzaincantesimi e siamo stati contattati per sapere se potevamo impiegarla nel nostro negozio. Sai, in Italia il Ministero è convinto che il modo migliore per apprendere una lingua sua lavorare, così hanno diretto contatto col pubblico…in ogni caso si è presentata alla nostra porta e..beh credo sia stato colpo di fulmine per entrambi!»
concluse, allungandosi per prendere la mano di Sam, guardandola con occhi languidi. Nel fare questo incrociò il suo sguardo sognate e, per poco, fu convinto che sarebbero scoppiati a ridere tutti e due, rovinando tutto, ma fortunatamente riuscirono a trattenersi.
«Che storia romantica! Un cordiale ragazzi?»
«Volentieri Angie…ma poi dobbiamo scappare, domani dobbiamo lavorare» osservo George, poggiando i gomiti sul tavolo ed intrecciando tra loro le mani, lanciando un sorriso in tralice al fratello, che rispose con un ghigno identico: erano stati tre attori perfetti.
Dopo qualche secondo Angelina torno con un vassoietto con dei bicchieri pieni di liquido trasparente che, come spiegò, era il miglior distillato di Madama Rosmerta, che si era fatta inviare direttamente da Hogsmeade. Sam rifiutò il suo, dicendo che non amava molto i distillati, mentre Fred e George non si fecero troppi complimenti a buttare giù il loro.
Una strana sensazione di freddo e pesantezza li invase non appena lo ebbero ingoiato e, in una sincronia perfetta, rabbrividirono. George cercò lo sguardo del gemello interrogativo, ma Fred si limitò ad indicare col capo l’immenso piatto di pasticcio di carne, ora vuoto, che loro due avevano svuotato quasi da soli, come se desse a quello la colpa di quella strana sensazione.
«Beh è stato un piacere, ma dobbiamo proprio andare!» esclamò Fred alzandosi dal tavolo, seguito poco dopo da Sam, ch gli afferrò il braccio dicendo ad Angelina quanto era stata incantevole la serata e quanto fosse una cuoca superba. Tacendo i ringraziamenti di Sam e scherzando allegramente con George, la ragazza li accompagnò alla porta e, una volta giunti nel cortile gli diede la buonanotte, lasciandoli liberi di smaterializzarsi al negozio.
«Beh ci vediamo a casa!» disse George in direzione del fratello, Fred annuì e provò a smaterializzarsi, senza ottenere risultati, si scambiò un’occhiata interrogativa con George, che la ricambiò per un secondo, prima di fare un sorrisetto e sparire dalla loro vista.
«Tutto bene?» gli domandò Sam, Fred annuì e riprovò: stavolta la pressante oscurità li trascinò al negozio.


Scusate per il ritardo con cui posto questo capitolo, ma sono stata alle prese con i test di ammissione, fortunatamente ora che ho finito davanti a me c'è un altro mese di vacanza ad attendermi!
Spero di avervi soddisfatto anche con questo capitolo, e vi chiedo scusa per aver lasciato perdere per un attimo la situazione alla Tana, ma mi son lasciata prednere la mano e il capitolo rischiava di diventare davvero troppo lungo! A breve comunque arriverà il prossimo, in cui scopriremo cosa combina Andrea, prometto!
Un grazie speciale a Pri e Pia_mi_idola_XS che non mancano mai di recensire questa fic! Sono contenta che vi piaccia =)
E pri...non sono ancora del tutto certa di eventuali accoppiamenti nella storia, ma diciamo che in parte potresti averci azzeccato =)
A presto col prossimo capitolo e.. RECENSITE!!! ;)

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Capitolo 6
*** Feel for you ***


Capitolo Sei
Feel for you



Quel pomeriggio, alla Tana, la signora Weasley, di comune accordo col marito, aveva mandato Harry ed Andrea ad Ottery St. Catchpole per comprare le cose necessarie a preparare la cena di quella sera. Andrea, che si era rivelato inaspettatamente un cuoco, si era offerto di preparare la cena per tutta la famiglia, dato che si sentiva in colpa ad averli impegnati nell’inutile ricerca di Sam che, sia lui che Ginny ed i suoi amici, sapevano benissimo dov’era. Quando chiusero la porta alle loro spalle ne furono molto felici: oltre ad essere tutti terribilmente stanchi avevano anche dovuto sorbirsi le urla di Hermione, che non trovava la sua copia di Compendio dell’istruzione magica in Europa, una cosa fondamentale per non far andare a monte il loro piano, a detta della ragazza, anche se gli altri non riuscivano a capire in che modo potesse essergli d’aiuto. Andrea infilò una mano in tasca, per assicurarsi che lo strano ciottolo piatto, di un nero lucente, che Ginny gli aveva dato quella mattina, fosse ancora lì. Non riusciva a capacitarsi di come avessero potuto trasformare una macchina in un sasso ma, fatto stava, che era proprio così, e adesso andava tranquillamente in giro con una Mini Cooper in tasca, anche se della Mini non era rimasto praticamente nulla; sperava solo che sapessero fare anche l’incantesimo inverso, altrimenti ci sarebbe stato da ridere al noleggio.
«Ah come vorrei che fosse possibile usare i manici di scopa!» esclamò Harry, distogliendolo dai suoi pensieri.
«Già…sarebbe piaciuto anche a me» rispose Andrea, pensieroso per un attimo. Aveva visto quella mattina i manici di scopa dei Weasley e ne era rimasto profondamente affascinato.
«Fortuna che il paese non è lontano, guarda, siamo quasi arrivati» e nel dire questo, indicò qualche casa che si vedeva davanti a loro, all’inizio di quella che doveva essere la periferia di un paesino.
«Ci sono maghi anche lì?» domandò Andrea, scettico, dato che le case sembravano perfettamente normali.
«Oh che io sappia nel paese no, ma qui vicino dovrebbero abitare i Lovegood e i Diggory»
Andrea non potè fare a meno di notare la strana smorfia che era apparsa sul volto di Harry quando aveva detto l’ultimo nome, ma non chiese il motivo. Proseguirono per il resto del tragitto in un silenzio vagamente imbarazzato, senza sapere cosa dirsi. In quel momento rimpiangeva di non essere stato accompagnato da Ginny, con lei parlare era molto semplice, ed era una ragazza veramente brillante, doveva ammetterlo, senza considerare che era anche notevolmente carina, ma questo, si convinse, era un dettaglio del tutto trascurabile. Osservò attentamente Harry al suo fianco, nonostante sapesse l’importanza che aveva per il mondo dei maghi a lui sembrava un ragazzo del tutto ordinario; quando glielo aveva detto Harry era scoppiato a ridere e gli aveva detto che era il complimento più gradito che potesse fargli, ma Andrea non aveva capito il perché, anche se avevano provato a spiegarglielo. Ginny gli aveva anche detto che erano stati insieme per un po’, ma che lui, dopo la lotta con Voldemort, non si era sentito pronto a tornare con lei, e si dedicava esclusivamente alla cura del piccolo Teddy Lupin, il suo figlioccio, un allegro bambino dai capelli blu elettrico che trotterellava allegro per la Tana, i cui genitori erano morti durante la famosa, ultima battaglia. Questa era un’altra cosa che Andrea non capiva, se una come Ginny fosse stata la sua ragazza, nemmeno un esercito di Lord Voldemort l’avrebbe convinto a lasciarla perdere, perché era simpatica e brillante, ovviamente, non per altro. Sospirò, mentre finalmente le case diventavano un po’ più fitte ed Harry girò verso destra improvvisamente, tanto che Andrea quasi non se ne accorse e fece un paio di passi in avanti, prima di realizzare che doveva girare. Raggiunse Harry di fretta, giusto in tempo, mentre il ragazzo entrava in un grande edificio a due piani con la scritta “Tesco” in blu sul davanti: un supermercato babbano, lì si sarebbe sentito meno a disagio. Fare la spesa si rivelò più difficile del previsto: quando all’inizio chiese ad Harry di trovargli degli spaghetti, questo si presento con delle lattine recanti il nome di “Spaghetti Bolognese” che, secondo quello che c’era scritto sulla confezione, erano spaghetti al ragù già pronti, che dovevano essere solo riscaldati in padella. Andrea scosse il capo, disgustato, e li andò a posare. Quando trovò dei veri spaghetti, scoprì che i pomodorini non erano contemplati tra gli ortaggi in vendita in Inghilterra, ma scovò della panna e del prosciutto cotto, che gli sembrava abbastanza commestibile. Ovviamente non poteva cucinarci degli spaghetti con quella roba, quindi cercarono, inutilmente, dei tortellini, ma alla fine si arresero e Andrea si decise a prendere delle semplici pennette. Fortunatamente trovò tutti gli ingredienti del tiramisù, cosa che credeva abbastanza improbabile, soprattutto per quel che riguardava i savoiardi. Alla casa Harry fece per aiutarlo con i soldi e lui gliene fu grato: anche se sapeva usare i soldi babbani, aveva ancora problemi a distinguere tutte quelle maledette monetine inglesi, a parte i cinquanta centesimi, dall’inconfondibile forma esagonale.
«Hai davvero intenzione di cucinare tutta quella roba?» domandò Harry, portando una busta della spesa, mentre si avviavano nuovamente verso la Tana.
«Già…siamo in tanti» rispose Andrea, senza sforzarsi di mantenere il discorso, ma Harry non sembrava intenzionato ad arrendersi tanto facilmente.
«E tu cosa fai tra i babbani?» gli chiese
«Oh beh…il mio sogno sarebbe andare a vivere in Giappone, per ora mi limito a studiarne la lingua e la cultura…e tu?» chiese a sua volta, arrendendosi al fatto che gli sarebbe toccato parlare.
«Beh io…sono Cercatore nei Puddlemore United! Tutti credevano che avrei fatto l’Auror, sarebbe un cacciatore di maghi oscuri, ma credo di averne avuto abbastanza per il momento. Tra l’altro il portiere della squadra è Oliver Baston, il mio ex capitano di Quidditch a Hogwarts, sembra un po’ di essere tornati a scuola!» rispose allegramente Harry e, ora che Andrea ci pensava, era la prima volta che lo vedeva sorridere.
«Il tuo ex-capitano di cosa?» domandò, inarcando leggermente un sopracciglio con aria interrogativa.
«Quidditch! È lo sport dei maghi!» esclamò Harry, con un tono entusiasta.
«E come funziona?»
«Oh, semplice, allora il capo è ovale, ma grande quanto uno da calcio, e ad ogni estremità ci sono tre pali, lunghi una quindicina di metri, che terminano con un anello. I giocatori sono sette, e sono a cavallo di manici di scopa. Tre sono i cacciatori che si passano la pluffa, una palla rossa e grande, di cuoio, e devono cercare di segnare, lanciandola dentro uno degli anelli, ogni volta che segnano la squadra guadagna dieci punti, ovviamente a difese degli anelli c’è un portiere. Poi c’è il cercatore, che è il mio ruolo, che deve cercare di catturare il Boccino d’Oro, una pallina grossa come una noce, tutta dorata, con due ali d’argento, finchè non vene presa la partita non finisce e chi la cattura guadagna centocinquanta punti per la sua squadra. Infine gli ultimi due giocatori sono i battitori, il loro compito è quello di respingere i bolidi, delle palle di ferro che scorrazzano per il campo, cercando di disarcionare quanti più giocatori possibili. Ovviamente sai cosa sono quelle…Fred e George ne hanno stregata una quando eravate nel bosco….» a questo punto Andrea lo interruppe.
«Come scusa?» domandò, sgranando gli occhi.
«Sì stavamo giocando a Quidditch e avevamo perso un bolide che George aveva spinto troppo lontano…»
«Ma hanno detto che era una cosa misteriosa…di non farne parola perché sarebbe stato un duro colpo per loro padre che è molto malato…» borbottò, guardando Harry sconcertato, che si strinse nelle spalle, come a dire che non era colpa sua. Andrea si accorse che lo stava guardando in modo un po’ accusatorio e si affrettò a balbettare qualche scusa.
«Tranquillo, non preoccuparti. Comunque il signor Weasley sta benissimo, è solo ossessionato con i babbani e credo l’abbiano fatto perché avevano paura che li metteste nei guai…certo, non potevano immaginare che saremmo stati costretti a rivelarvi tutto»
«Già mi spiace…Sam non riesce proprio a fare a meno di ficcare il naso dappertutto» osservò, scusandosi lui per l’amica, che chissà come se la stava cavando al negozio con i gemelli.
«Non c’è bisogno che la scusi…io avrei fatto lo stesso» rispose Harry con un sorriso che Andrea ricambiò. Doveva ammettere che aveva ragione, anche lui probabilmente avrebbe fatto lo stesso e, ora che ci pensava, non gli dispiaceva nemmeno un po’ di aver scoperto quel mondo, anzi, adesso tante cose apparivano più chiare: era come se avesse voluto tenere forzatamente gli occhi chiusi per lungo tempo. In fondo, tutti quei racconti sugli animali mitologici, dovevano avere un fondo di verità, lo aveva sempre pensato. Nel frattempo erano giunti in vista della Tana, cosa che sollevò entrambi, dato che le busta della spesa avevano cominciato a segargli fastidiosamente le dita.
«Siete tutti così gentili qui…anche per cercare Sam…» borbottò quindi Andrea, leggermente a disagio.
«Oh, credo che sia nei geni dei Weasley preoccuparsi degli altri…e poi è pericoloso andare a giro da soli qui se si è babbani, ci sono ancora mangiamorte in giro»
Andrea trasalì: sapeva cosa erano dei mangiamorte grazie a Ginny, ma il pensiero che uno di questi potesse assalirli non glie era nemmeno mai balenato per la testa.
«Oh non preoccuparti» si affrettò ad aggiungere Harry, notando l’espressione sul suo volto «Sei in casa con sette maghi adulti, non può succederti niente! E la tua amica è con Fred e George, se un mangiamorte entrasse nel negozio, probabilmente morirebbe dal ridere…»
Andrea scoppiò a ridere a queste parole ed Harry lo seguì, e continuarono finchè non furono entrati nella cucina della Tana, dove smisero, fulminati da un’occhiataccia di Hermione che sfogliava un libro enorme. Forse aveva trovato quello che stava cercando, pensò Andrea, ma in ogni caso sia lui che Harry si affrettarono a zittirsi.


Ginny entrò in cucina, per apparecchiare, e trovò Andrea che fissava la pentola con dentro l’acqua.
«Che fai?» gli domandò, osservandolo sorpresa.
«Aspetto che venga a bollire per metterci la pasta» rispose lui, girandosi verso di lei con un sorriso, ma la ragazza non ci aveva capito molto di più, nonostante fosse un’ottima strega in tutti gli altri campi, la cucina per lei era sempre rimasta un grande mistero. Prese una tovaglia pulita e la mise sul tavolo, canticchiando allegramente. Quel giorno era particolarmente euforica, se ne erano accorti tutti, finalmente le era arrivata la risposta dall’ufficio Auror ed avevano accettato la sua domanda, quel settembre avrebbe cominciato i corsi al ministero e lei non stava più nella pelle.
«Oggi sei particolarmente di buon umore» osservò Andrea, sempre controllando l’acqua
«Mi è arrivata la risposta dal ministero, diventerò un Auror!» rispose lei, senza trattenere l’eccitazione dalla voce.
«Oh, fantastico!» rispose Andrea, anche se Ginny notò che non sembrava crederlo davvero. Effettivamente per qualcuno che non aveva vissuto tutto quello che aveva vissuto lei sarebbe potuto sembrare strano, ma andare a caccia di Maghi Oscuri era quello che aveva sempre voluto fare, da quando aveva quattordici anni.
«Oh, sei qui!» esclamò ad un tratto la voce di Hermione.
«Si, dimmi» rispose lei, istintivamente.
«Non cercavo te Gin, mi serviva lui…»
«Io?» chiese Andrea, voltandosi stupito.
In effetti anche Ginny si chiedeva per quale motivo Hermione avesse bisogno di Andrea e il fatto che avesse uno dei suoi tomi in mano non le faceva pensare a niente di buono.
«Ho appena sentito George, gli ho dovuto dare informazioni sulla scuola di magia italiana, Astra Fideles, perché servivano alla tua amica…ora credo che sia meglio che le impari anche tu, per emergenza» spiegò la riccia, pazientemente, quindi, senza aspettare alcun consenso, aprì il libro e cominciò a leggere.
Passarono il resto del tempo che occorse per cucinare imparando il necessario su quella scuola di magia, con Hermione che mitragliava Andrea di domande trabocchetto, per vedere se sapeva rispondere a tutte. Quando seppe persino dirle quante ore di Trasfigurazione facevano nella Sectio Ovidiana, quella di trasfigurazione appunto, si ritenne soddisfatta. Chiuse il libro e si materializzò di sopra per posarlo. Ginny stava giusto aprendo la bocca per dire ad Andrea che difficilmente gli sarebbe servita tutta quella roba, e che con loro era al sicuro, quando Ron entrò correndo nella stanza.
«Sta arrivando Kingsley! E con lui c’è….Alexander Scar!» esclamò, gli occhi sgranati.
«Ehm…chi?» domandò Andrea, ma Ginny ci mise un po’ a metabolizzare la domanda che le era stata fatta. Cosa ci facevano lì il ministro della magia e quello che si vociferava essere il nuovo Silente.
«Kingsley è il ministro della magia, quanto a Scar lui è…beh è probabilmente il più potente mago che sia in giro al giorno d’oggi! Percy lo odia…dice sempre che è un babbeo buono a nulla, in realtà è solo invidioso perché ha avuto molte più promozioni di lu…» ma a quel punto Ron fu costretto ad interrompersi, dato che la porta della cucina si aprì, rivelando i signori Weasley e Percy, assieme ad un alto mago di colore ed un altro, molto più giovane e di statura più bassa, dai corti capelli neri e i baffetti appena un po’ lasciati crescere.
«Ma Molly, non mi avevi detto che avevi ospiti…piacere, io sono Kingsley Shackelebolt, Ministro della Magia» disse il mago di colore, con una voce calda e profonda, porgendo la mano ad Andrea
«Andrea Rosati» rispose Andrea, un po’ titubante, senza sapere bene cosa dire. I signori Weasley avevano due espressioni di orrore sul volto, mentre Percy era troppo impegnato a guardare con disgusto il mago più giovane che era entrato assieme al Ministro.
«Non sembri di qui» osservò Kingsley con un sorriso. «No infatti, lui è uno studente di Astra Fideles, lo ospitano i signori Weasley, perché ha accompagnato la sua amica, che lavora da Fred e George. Buonasera Kingsley» disse Harry, facendoli sussultare tutti, dato che era apparso all’improvviso da dietro le spalle dei signori Weasley.
«Oh capisco…interessante…Andrea Rosati hai detto?»
Andrea annuì, in modo leggermente nervoso. Ginny si augurò che non gli chiedessero di dimostrare la sua abilità magica, ma fortunatamente Kingsley si ritenne soddisfatto. Nonostante i signori Weasley li avessero invitati a trattenersi a cena, il ministro declinò l’invito per entrambi. Quello Scar, invece, non sembrava essere molto simpatico, osservò Ginny, indubbiamente sarà stato un mago geniale, ma non faceva altro che osservare il ministro, in ogni suo minimo gesto, e non degnò di un’occhiata tutto il resto della famiglia Weasley.
La cena fu probabilmente il momento più sgradevole dell’intera giornata: furono costretti a spiegare tutto ai signori Weasley, che sembravano scandalizzati.
«Che cosa hanno fatto Fred e George?» domando il signor Weasley, fermando una forchettata di tortellini a mezz’aria, ignorando la panna, che aveva preso a gocciolargli sulla manica della camicia.
«Niente! Cioè…» Ginny non sapeva come spiegare il tutto ai suoi genitori senza farci rimettere i suoi fratelli e, soprattutto, senza far capire che era d’accordo con loro.
«Ma è totalmente irresponsabile! Avrebbero dovuto contattare il ministero immediatamente! Come se non sapessero a che rischi si va incontro….e adesso? Se li scoprono di sicuro si faranno mesi ad Azkaban con la nuova politica sulla segretezza!» esclamò Molly, fuori di sé.
«Appunto per questo non devono scoprire niente…e poi Kingsley è nostro amico…potrebbe chiudere un occhio anche se scoprisse che Andrea e Sam sono babbani» protestò Ginny.
«In questo momento credo che questo sia fuori discussione» osservò una voce che non avevano mai sentito, facendoli sussultare tutti. Si voltarono verso l’ingresso alla stanza e, poggiato ad uno stipite della porta, videro Alexander Scar.
«Il ministro ultimamente è ossessionato con la segretezza per i babbani, ci sono delle pene terribili per i non-maghi che non si sottopongono alla cancellazione della memoria ed ancora peggiori per i maghi che gli fanno conoscere il nostro mondo…e mi sembra giusto informarvi che ha mandato una lettera ad Astra Fideles, per sapere se tra i loro alunni risulta un certo Andrea Rosati» spiegò il nuovo arrivato. Tutti attorno al tavolo si guardarono terrorizzati: potevano sperare davvero di avere così tanta fortuna da far sì che ci fosse stato un Andrea Rosati in quella scuola?


A Diagon Alley George Weasley si svegliò con un sussultò, portando istintivamente una mano al petto. Non capiva perché, ma sentiva un dolore opprimente alla cassa toracica, come se qualcosa gli premesse contro e faceva anche fatica a respirare, anche se questo, pensò, poteva essere frutto di una sua fantasia. Un tuono squarciò il silenzio della notte, seguito da un lampo, che illuminò la camera dei gemelli, rivelando il volto di Fred profondamente addormentato. George provò a buttarsi sui cuscini, ma il senso di oppressione, in quel modo, non fece che aumentare. Si alzò, mettendosi a sedere, portando le mani tra i lunghi capelli rossi, realizzando solo in quel momento che stava sudando. Provò ad alzarsi, ma le gambe gli tremavano. Colpiì il materasso con un pugno, in un misto di rabbia e frustrazione, non riuscendo a capire da dove veniva tutta quella debolezza. Poi, improvvisamente, così come era arrivato il dolore andò via. George si stese cautamente sul letto, respirando piano, nonostante temesse che quella strana sensazione ritornasse, dopo pochi minuti s riaddormentò. Passò solo qualche istante prima che Fred spalancasse gli occhi, avvolto da quella stessa sensazione.


Ed ecco qui! Perchè Kinglsey è ossessionato dai babbani? Lo scopriremo nelle prossime puntate! Nel frattempo potete avanzare le vostre ipotesi! =)
Grazie come sempre a chi ha aggiunto questa storia tra le "Preferite" o le "Seguite" e ovviamente, grazie alle mie due recensitrici (non lo so mica se si può dire XD) di fiducia! pri e Pia_mi_idola_XS
Avete proprio ragione Sam e Fred sono palesi v.v Ma aspettate di vedere cosa riusciranno a combinare Sam e George! =)
In effetti George è un po' tranquillo, ma ho sempre visto George come il gemello un po' più riflessivo e, visto che anche loro sono cresciuti, ho voluto accentuare un po' queste caratteristiche.^^
Spero che il capitolo vi sia piaciuto ;)
e ricordate: recensire non è reato :P

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Capitolo 7
*** Dead to the world ***


Capitolo Sette
Dead to the world


Al numero novantatre di Diagon Alley c’era solo una persona che aveva dormito bene quella notte e, difatti, quando si svegliò, stranamente di buon ora, Sam fu piuttosto stupita del silenzio che pareva circondare il posto. Aprì la porta con calma, cercando di fare il meno rumore possibile e, sempre silenziosamente, scese le scale per andare in cucina. Non si era preoccupata di mettersi addosso dei vestiti, ma aveva ancora la maglia che Fred le aveva dato il giorno prima per dormire, convinta di non trovare nessuno di sotto ad aspettarla e preparandosi psicologicamente a fare la colazione per tutti e tre, anche se non era certa di poter friggere delle uova in modo tradizionale in quel posto. Giunta in fondo alle scale si diresse automaticamente in cucina e, con sua grande sorpresa, scoprì di non essere da sola. Seduto su una sedia, con aria piuttosto insonnolita, c’era Fred, che stava controllando da lontano delle uova e delle salsicce che sfrigolavano nella padella.
«Già in piedi?» domandò Sam tutta allegra al pensiero della giornata che li aspettava. Fred annuì in risposta, ma sembrava troppo stanco per parlare. Sam si chiese se non fosse il caso di mettere a fare un bell’espresso all’italiana, ma le venne in mente che i gemelli non avevano una caffettiera degna di tale nome, se l’avesse trovata quella mattina a Londra, doveva ricordarsi di comprarla. Si sedette di fronte al ragazzo, guardando fuori dalla finestra, sforzandosi di non fissarlo. Doveva ammettere che tutto insonnolito era piuttosto carino. Non che normalmente i gemelli fossero brutti, anzi, l’opposto e, come aveva avuto modo di appurare due notti prima, sembrava che Fred avesse un fisico niente male. Sentì le guance che diventavano rosse a quel pensiero e si augurò vivamente che il ragazzo non se ne accorgesse. Ma ovviamente era sperare troppo, avvertì Fred che ridacchiava e si girò per fulminarlo con uno sguardo.
«Che c’è da ridere?» domandò, con fare piuttosto scontroso. Fred ridacchio ancora, prima di risponderle, ma, con sua grande sorpresa, non se ne uscì con una delle sue solite battute.
«Niente, sei più carina quando arrossisci» osservò, alzandosi per togliere le salsicce dal fuoco.
A quelle parole Sam arrossì ancora di più e cominciò a fissare il tavolo, come se fosse la cosa più interessante di questo mondo. Si accorse a mala pena che Fred aveva cominciato ad apparecchiare e smise di fissare quel punto solo quando il ragazzo le mise una tovaglietta sotto gli occhi, segno palese di ciò che stava facendo. Solo allora si azzardò ad alzare lo sguardo e ad intercettare quello del ragazzo che le fece l’occhiolino, per poi tornare a sedersi come se nulla fosse.
«Allora che programmi hai per oggi? Hai già deciso il nostro itinerario babbano?» le domandò, mordendo un toast.
«No…non ci ho ancora pensato…» ammise Sam, tornando a guardare fuori dalla finestra. I suoi pensieri in quel momenti erano altrove, precisamente erano fissi su quel ragazzo seduto davanti a lei e, inspiegabilmente, al bacio che le aveva dato il giorno prima. Era semplicemente assurdo che pensasse a tutto questo, dopotutto lei tra una settimana sarebbe tornata alla sua vita di sempre e lui uguale, non poteva permettersi di farsi piacere Fred Weasley, assolutamente.
«Sam mi stai ascoltando?» le chiese ad un tratto, facendola tornare con i piedi per terra.
«Ehm, fammici pensare…no» rispose, leggermente imbarazzata.
«Odio dover ripetere due volte certe cose» si lamentò lui, ma, notò la ragazza, stava sorridendo.
«Allora non ripeterlo»
«No, questa era piuttosto importante….»
Sam lo guardò interrogativa, incitandolo a continuare, fissandolo, in modo da fargli capire che aveva tutta la sua attenzione.
«Mi chiedevo…se ti andava di considerare questa mattinata a Londra come un…primo appuntamento» disse Fred, senza il minimo di imbarazzo. Sam lo fissò per due minuti buoni con un’espressione che, ne era consapevole, doveva essere incredula. Le stava davvero chiedendo un appuntamento? Magari scherzava…e poi non le sembrava giusto lasciare George a lavorare mentre loro giravano allegri e felici per la Londra babbana, senza contare che da lì a tre giorni non si sarebbero mai più rivisti, non poteva accettare.
«Certo!» si sentì rispondere, accorgendosi che le sue labbra si incurvavano in quello che sembrava un sorriso. Ma cosa stava dicendo? Non aveva giusto pensato che non doveva accettare? Si stava ficcando in qualcosa di più grande di lei, se ne rendeva perfettamente conto. Adesso doveva solo raccogliere tutto il suo coraggio e dirgli che non sarebbe stato un appuntamento, stop.
«Bene, ti avverto, praticamente è un primo appuntamento con George» disse lui tranquillamente alzandosi dalla sedia. George? Ma come George? Era convinta che l’appuntamento fosse con lui! Non che avesse niente contro George, anzi, le era terribilmente simpatico, ma lui era lui, non sapeva spiegarlo nemmeno lei. Evidentemente doveva avere una faccia piuttosto divertente, dato che Fred scoppiò a ridere.
«Intendo dire che dopo oggi chiederò a George cosa ne pensa…io e lui siamo molto legati e difficilmente scegliamo ragazze che l’altro non approva» spiegò, sforzandosi di non ridere.
«Ah» rispose Sam, adesso appena più tranquilla. Fred fece appena in tempo a sparire su per le scale, per andare a svegliare il fratello, che la ragazza aveva già ripreso un lungo monologo mentale. Le sembrava ridicolo cercare l’approvazione del fratello, del tutto inappropriato. Evidentemente non si era reso conto che la loro settimana era quasi finita e difficilmente sarebbe potuta essere la sua ragazza, qualunque cosa ne pensasse George, e poi era un pensiero così assurdo…essere la sua ragazza! Si conoscevano da così poco, non poteva pensare sul serio a cose del genere, doveva essere decisamente impazzito. Probabilmente il cordiale della sera prima l’aveva fatto ubriacare e lui non si era ancora ripreso. Qualunque fosse il motivo, a quanto pare aveva un appuntamento con Fred Weasley e questo la fece sorridere di nuovo. Mise a tacere le voci che si lamentavano nella sua testa e decise di prendere quel che veniva, tutti quei problemi se li sarebbe fatti in seguito, se mai fosse giunto il momento.

La Londra babbana si stendeva davanti ai loro occhi, Sam chiuse gli occhi e sorrise, sentendo il piacevole brusio delle automobili e i passi di innumerevoli persone che li sorpassavano, percorrendo le strade della città che più amava al mondo, amore che era cresciuto ancora di più dopo aver visto Diagon Alley e aver scoperto tutto quello che nascondeva. I gemelli non sembravano condividere il suo entusiasmo, anzi, erano presi a confabulare dietro di lei, lamentandosi del passaggio per giungere fino lì. A quanto pare, o almeno così aveva capito lei, dovevano colpire con la bacchetta il terzo mattone a sinistra a partire dal bidone della spazzatura, ma nessuno dei due ci era riuscito e, se non fosse arrivato un vecchio mago, dall’aria piuttosto rispettabile, probabilmente sarebbero rimasti ancora a Diagon Alley. Sam non se ne stava preoccupando più di tanto, secondo lei avevano semplicemente sbagliato mattone, cosa probabilissima visto che lei ne ave individuati almeno tre che, a suo parere, potevano essere quello giusto, ma i due Weasley non erano sembrati contanti della soluzione proposta. Lei, però, non era disposta a farsi rovinare la giornata da uno stupido mattone, anzi, quel giorno proprio niente poteva turbare la sua felicità: aveva dei bellissimi vestiti nuovi, corredati di scarpe, occhiali da sole e borsa (Lee si era rivelato pieno di inaspettato buongusto), stava per dare finalmente lei qualche lezione ai gemelli, George le aveva sistemato i capelli con un incantesimo suggeritogli da Hermione e c’era anche il piccolo dettaglio che uno dei gemelli pareva ricambiare un certo interesse verso di lei, praticamente la sua giornata perfetta, fatta eccezione per le pozzanghere che, a seguito dell’acquazzone della notte prima, affollavano la strada.
Sentì qualcuno stringerle la mano per un secondo e poi lasciargliela, si girò e vide Fred che le sorrideva, gli sorrise a sua volta, quindi si voltò per poterli guardare bene entrambi: a quanto pareva avevano deposto ogni tipo di conversazione da maghi.
«Allora…io suggerisco di andare sulla ruota panoramica! E poi…vedremo! Ricordatevi, bacchette in tasca! Oggi sarete persone normali!» esclamò tutta allegra, sussurrando però la parte sulle bacchette. Forse avrebbe fatto meglio a sussurrare anche le ultime parole, visto che una signora con un passeggino si voltò a guardare i due “anormali” con espressione spaventata.
«Non si preoccupi signora!» la redarguì George «siamo solo appena usciti di prigione!»
A queste parole molti più passanti si girano a guardarli con aria sconcertata ed affrettarono il passo per superarli.
«George!» esclamò Sam, con quello che voleva essere un rimprovero, ma probabilmente il fatto che ridesse a crepapelle la rese poco credibile. Per evitare ulteriori danni li trascinò con sé nella metro, fece un biglietto giornaliero per tutti e tre e oltrepassò le coloninne per entrare senza spiegare loro come si faceva. Fortuna che Fred e George erano abbastanza svegli e capirono al volo, osservando alcuni passanti ed imitandoli. Dopo un breve viaggio di sole sette fermate e due cambi di linea, in cui Fred e George protestarono più di una volta per la confusione che creava quel mezzo di comunicazione babbano, beccandosi più di un’occhiataccia da qualche passeggero della metropolitana che non condivideva le loro idee o non capiva quello che dicevano, si ritrovarono sotto la ruota di Londra.
«Bene, ora dobbiamo solo metterci in fila per i biglietti!» esclamò Sam entusiasta. I gemelli guardarono la fila interminabile di persone, che oltrepassava il cartello che segnalava quattro ore di attesa, e poi puntarono lo sguardo su Sam.
«Tu non vuoi fare quella fila solo per vedere Londra dall’alto, vero?» domandò George.
«Ma certo! Non ci sono mai salita e credo sia uno spettacolo straordinario…voglio dire…» disse lei, contrariata, le avevano dato carta bianca per qual giorno si o no?
«Certo che lo è…ma si può vedere quando si vuole, su un manico di scopa!» esclamò Fred, ridacchiando.
«Si da il caso che io non abbia un manico di scopa e…»cominciò a protestare Sam, ma Fred la zittì sfiorandole le labbra con un bacio. Sam sapeva di essere diventata più o meno di tutti i colori dell’arcobaleno, più qualche aggiunta, e le risatine di George non la aiutarono a migliorare la situazione, soprattutto perché a lui si era unito anche il fratello.
«Se non la piantate vi infilo in un cactus!» esclamò alla fine, esasperata, ma i gemelli parevano non averla presa troppo sul serio ed effettivamente, comparando la loro corporatura alta e muscolosa, alla sua di certo più minuta, si poteva capire perché.
«Andiamo, ti porto io a fare un tour di Londra dall’alto in volo, con tanto di sosta sul Big Ben se vuoi, ma non passiamo metà giornata in fila!» propose Fred.
«Puoi fermarti davvero sul Big Ben?» domandò Sam, mentre gli occhi cominciavano a brillarle di gioia.
«Certo» le assicurò Fred ridendo, ed avviandosi con lei e George dall’altra parte della strada. Sam sorrise, soddisfatta. Andare in cima al Big ben era sempre stato il suo sogno, impossibile credeva, dato che è vietato salirci,ma a quanto pare conoscere due maghi apriva molte porte che credeva chiuse. Lanciò un’occhiata al semaforo, rosso ovviamente, e si affrettò a premere il bottone che lo avrebbe dovuto far diventare verde. Dopo poco, in effetti, fu il loro turno di passare e Sam si avviò dall’altro lato della strada, girandosi ad un tratto per poter parlare coi gemelli che la seguivano.
«Pensavo che potremmo andare al Brit…»
«SAM! ATTENTA!» urlò Fred, la ragazza si girò,trovandosi a centimetri da un grosso e rosso autobus a due piani che, evidentemente, aveva cercato di passare col rosso. Chiuse gli occhi, paralizzata dalla paura, poi sentì qualcuno afferrarla e, subito dopo, l’urto con il pullman e la sua frenata stridente sull’asfalto. Cadde a terra e all’impatto col suolo avvertì la pelle di un ginocchio lacerarsi, ma niente di grave, sentiva però qualcosa di caldo colarle sulla schiena e l’inconfondibile odore del sangue umano.
«NO!» un urlo le riempì la testa, l’urlo di George, e sapeva che solo una cosa poteva portarlo ad urlare così forte. Si voltò di scatto e vide che a mettersi tra lei e l’autobus era stato Fred, Fred che adesso giaceva supino, stringendola ancora a lui in parte, con la parte destra della testa ricoperta di sangue e le gambe piegate in un angolo strano, entrambe rotte.
«Fred…»bisigliò quasi, prima di avvicinare una mano al volto per accertarsi che respirasse. Qualcuno la allontanò dal corpo e ci mise un attimo a realizzare che era stato George.
«George…è vivo…respira…» provò a dire, ma si interruppe a metà frase, scossa dai singhiozzi.
«Epismendo!» esclamò George, tirando fuori la bacchetta «Epismendo! Epismendo!» continuò, ma non accadeva nulla.


George guardava impotente il volto insanguinato del fratello ed il suo torace che si alzava ed abbassava a ritmo sempre più irregolare, mentre continuava a tentare quell’incantesimo che non gli riusciva. Perché la sua bacchetta aveva deciso di smettere di funzionare proprio adesso? Adesso doveva salvare la vita a suo fratello, non aveva tempo di preoccuparsi di una bacchetta che non funzionava. Fred non poteva lasciarlo lì, da solo, non dopo i ventuno anni trascorsi assieme, non dopo aver rischiato di morire durante la battaglia di Hogwarts. Fred non poteva morire e basta, loro sarebbero morti insieme, nello stesso letto, da vecchi, circondati dalla loro famiglia, dopo aver vissuto insieme per tanti anni. Erano i gemelli Weasley, dovevano fare tutto insieme, uno non poteva esistere senza l’altro, non avrebbe avuto alcun senso. Fregandosene dei commenti della gente che cercava di allontanarlo, che lo guardavano agitare la bacchetta come se fosse impazzito, afferrò Sam e Fred e tentò di materializzarsi al San Mungo, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a farlo, eppure era ridicolo! Ci era riuscito così tante altre volte sotto pressione che non capiva come non potesse riuscirgli adesso.
«Sam! Sam non riesco a Smaterializzarmi al San Mungo, non riesco a fare incantesimi! Fred…come facciamo? Come facciamo?» domandò, in preda al panico, accorgendosi solo dalla sua voce che aveva cominciato a piangere, ma prima che la ragazza potesse dargli una risposta, si era trovato circondato da medici babbani che lo allontanavano dal fratello, mentre caricavano Fred su una barella, per portarlo di corsa chissà dove. George li seguì con lo sguardo, mentre cercava di divincolarsi dalla presa di chi lo teneva, cercando di raggiungere il fratello, che ora veniva portato in un grande edificio di vetro, che in cima recava la scritta “St. Thomas Hospital”. Un ospedale? Uno di quei posti pazzi dove i babbani facevano a fette la gente? Suo fratello non poteva stare lì, lui doveva andare al San Mungo, dove degli abili maghi lo avrebbero messo a posto in due minuti contati. All’improvviso una donna si avvicinò e, sussurrandogli di stare calmo, si chinò per toccare il sangue a terra, annusandolo poi con la mano, mentre sul suo volto apparve un’espressione di comprensione. George la fissò e la riconobbe, chi non l’avrebbe riconosciuta? Appariva ogni giorno sulla Gazzetta del Profeta nell’Angolo della Salute. Danneel Scar, la più famosa guaritrice del San Mungo. George parve tranquillizzarsi, se c’era lei per suo fratello non potevano esserci problemi. Avvertendo che si era calmato, chiunque lo stesse tenendo, allentò la sua presa su di lui e George si precipitò vicino alla donna.
«Mrs Scar! Ci dia una mano mio fratello…noi…» cominciò a cercare di spiegare, ma la donna lo zittì.
«Tuo fratello è in buone mani, le uniche che lo possono aiutare per ora, almeno. Seguitemi e vi spiegherò tutto» disse e solo a quelle parole George parve ricordarsi di Sam. L’aiutò ad alzarsi in piedi e, sorreggendola, visto che tremava tutta, si avviò con lei verso l’ingresso dell’ospedale, seguendo la guaritrice. Vedere l’interno del luogo non aumentò la fiducia di George nei medici babbani, anzi, proprio mentre entrarono c’era un’intera famiglia in lacrime, con un uomo piuttosto anziano, che indossava un camice bianco e portava uno strano strumento al collo, che gli diceva quanto fosse dispiaciuto. La debole bolla di tranquillità che gli si era gonfiata nel petto quando aveva visto la guaritrice svanì subito e i suoi pensieri tornarono a Fred. Questi medici, se si chiamavano davvero così, sbagliavano in continuazione, facevano un errore dopo l’altro, ammazzavano gente tutti i giorni, perché Fred non poteva essere uno di questi? E perchè Danneel Scar non faceva qualcosa per dargli una mano? Lei avrebbe potuto guarire il fratello con un colpo di bacchetta e invece si limitava a guardarlo portare in una stanza, con una luce rossa accesa in cima. George fece per entrare, ma degli uomini con una divisa verde lo fermarono.
«Signore, lei non può passare, stanno operando il suo amico ora…» disse uno di quelli e George scatto in avanti, senza rendersi quasi conto degli sforzi di qualcuno che cercava di trattenerlo.
«Non posso entrare? Stupidi assassini babbani, fatemi entrare subito! C’è mio fratello là dentro e mio fratello non morirà qui! Io vado a prendermelo!» urlò, divincolandosi dalla presa che lo bloccava, avvertendo che qualcuno era caduto a terra, ma senza curarsi di chi fosse stato. Si lanciò verso quella porta chiusa, l’unico ostacolo tra lui e Fred, intenzionato ad aprirla, ma nuovamente quegli uomini vestiti di verde lo bloccarono. George estrasse la bacchetta, puntandola su tutti, notando le loro facce con espressioni incredule, lo credevano pazzo? Stupidi li avrebbe schiantati tutti e si sarebbe ripreso Fred.
«Stupe…» ma prima che finisse di parlare qualcuno gli tolse la bacchetta dalle mani. Si voltò, con espressione inferocita, trovandosi faccia a faccia con Sam, che aveva messo la bacchetta in borsa.
«Adesso basta, George. Minacciare gli infermieri con un giocattolo di Liam! Non aiuterai Fred così, vieni…» e nel dire questo gli prese la mano, cercando di trascinarlo con sé nella direzione in cui un cartello diceva si trovasse la sala d’attesa. Stava per aggredirla di nuovo, prima di realizzare cosa aveva fatto. Come aveva potuto essere così stupido? Minacciare quei babbani con una bacchetta, aveva fatto un bel guaio, senza contare le cose dette dove era successo l’incidente. Sapeva che doveva essere grato a Sam, per averlo fermato, ma in questo momento provava un moto di rabbia verso di lei, che custodiva la sua bacchetta nella borsa e gli teneva la mano, accarezzandogli il dorso, per farlo calmare. Se lei non ci fosse stata tutto quello non sarebbe mai successo, lui e Fred non sarebbero mai andati a Londra quel giorno e adesso non sarebbero lì, ad attendere che degli stupidi guaritori babbani cercassero di salvargli la vita.
«Ridammi la bacchetta» disse a Sam, in tono brusco.
«Serve più a lei che a te ora come ora» rispose una voce di donna. George si guardo attorno per vedere chi avesse parlato e si accorse solo in quel momento che Danneel Scar li aveva seguiti in sala d’attesa.
«Lei è babbana! Non vedo in che modo possa esserle utile» rispose George, in un sibilo.
«Tu e tuo fratello avete bevuto una Pozione Douleia» rispose lei, stringendosi nelle spalle.
«Vuol dire quella pozione che…oh andiamo! È una leggenda!» esclamo George, mentre gli occhi si spalancavano, increduli.
«No, esiste. Tu e tuo fratello siete privi del benché minimo potere magico, come i babbani, e li avete trasferiti tutti sulla prima persona che avete toccato a dodici ore di distanza, inoltre siete completamente immuni alla magia»
«Si sbaglia, la prima persona che ho toccato è stato Fred e lei mi sta dicendo che la magia su di lui non ha effetto…» osservò il ragazzo, guardandola cupo, anche se aveva improvvisamente capito la sua totale assenza di poteri magici da dove derivava.
«Ma tuo fratello avrà toccato qualcun altro…»
«Sam!» esclamò George, girandosi verso la ragazza. «Ma questo vuol dire che…»
«Lei ha acquisito i poteri magici tuoi e di tuo fratello sì, in questo momento credo che sia una delle streghe più abili in circolazione» concluse la guaritrice, fissandoli entrambi.
Sam sembrava sconvolta, mentre il suo sguardo si spostava tra i due maghi che aveva davanti, incapace di credere alle loro parole, George, invece, non era ancora convinto della cosa, e fissava la donna con sguardo sospettoso. Lei se ne accorse e, con un’occhiata eloquente, lo invitò a chiedere tutto ciò di cui aveva bisogno.
«Come fa a saperlo?» le domandò, in un sussurro roco.
«Dal sangue…voi non ve ne accorgete, ma noi guaritori sì. Le pozioni cambiano il sangue dei maghi, ogni pozione può essere riconosciuta da cambiamenti che si riscontrano nel sangue. Certo, se fosse un semplice Infuso Rallegrante i cambiamenti sarebbero minimi e trascurabili, ma pozioni come la Douleia ne lasciano di profondi…»
George smise di ascoltarla e si ricordò il gesto fatto da lei non appena era apparsa all’incrocio: aveva preso il sangue di Fred e lo aveva controllato. Il tutto gli sembrava ridicolo, erano ridotti a dei babbani, anzi, peggio dei babbani, perché almeno su di loro la magia funzionava e, come se non bastasse, Fred rischiava di morire per questo. Improvvisamente la sua rabbia fu indirizzata ad un’altra persona: ma come avevano fatto a non capirlo prima? C’era solo un posto dove avevano potuto bere quella pozione: casa di Angelina. Era stata lei a dargliela, spacciandola per un cordiale, ecco perché si erano sentiti male quella notte e non si riuscivano a materializzare per tornare a casa. Ecco perché quella mattina il mattone di Diagon Alley non aveva risposto al loro comando e, era pronto a scommettere, se fossero ripassati lì davanti non avrebbero visto il Paiolo Magico.
«Bel modo di amare Fred, cercare di ammazzarci tutti e due!» senza rendersene conto aveva pensato ad alta voce.
«George…io…mi dispiace…non credevo…ho fatto solo disastri…» singhiozzava Sam, al suo fianco, che non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi.
«Non dicevo a te..Angelina, è state lei a darci la pozione!» esclamò, in tono più comprensivo «non ti incolpo di nulla e scusami se per un momento l’ho pensato» provo a sorridere, ma gli venne solo una brutta smorfia. Sam fece un cenno del capo, come a voler dire che non doveva scusarsi, e continuo a piangere in silenzio, fissando il pavimento e senza dare segno di dare importanza ad altro.
«Lei non l’ha bevuta vero?» domandò ad un tratto la guaritrice, facendolo sussultare. George scosse la testa.
«Perché?» le domandò
«Per i babbani è un potente veleno ad azione lenta…sarebbe morta nel giro di tre giorni e, anche se tu volessi lasciarla morire ti serve viva per le prossime due settimane» spiegò la donna.
«Non voglio che lei muoia! È stata trascinata in questa storia e Fred non lo perdonerebbe!»
«Non ho detto che la vuoi morta» puntualizzò Danneel, che sembrava irritata, anche se comprensiva.
«Una pozione del genere dovrebbe essere illegale…» borbottava George a bassa voce.
«Oh lo è! E la preparazione dell’antidoto è autorizzata solo dopo che l’assunzione è stata accertata da dei maghi del ministero…»
«Ma noi non possiamo!» la interruppe Sam «Io sono babbana, se lo sapessero…» interruppe la frase a metà.
«Infatti dobbiamo rischiare. Io so come si prepara l’antidoto e puoi farlo solo tu, ma ti avverto, serve un piccolo contributo in sangue»
Sam tremò a queste parole, ma annuì decisa.
«Bene, servono due settimane perchè sia pronto, in ogni caso non credo che tuo fratello sarà dimesso prima…non appena abbiamo notizie sull’operazione andremo a cominciare» detto questo, la donna poggiò sullo schienale della sedia e si mise a fissare innanzi a sé, evidentemente immersa nei suoi pensieri. George rivolse la sua attenzione su Sam, che si era asciugata le lacrime e si stava avvicinando a lui. La osservo interrogativo, prima di sentire le sua mani sulle guance bagnate: stava ancora piangendo.
«Non dovresti essere spaventato sai? I medici babbani non sono così male, davvero…anzi riescono a fare un sacco di cose…tranquillo…» cercava di tranquillizzarlo.
«Non sono il meglio che può avere Fred…» osservò, cupo.
«No, immagino di No, ma vedrai tutto andrà bene…»
George si lasciò andare col capo sulla spalla della ragazza, che continuava a stringergli la mano e a sussurrargli parole di conforto. Nonostante non l’ascoltasse, perso nei suoi pensieri, gliene fu grato, per qualche strano motivo sapeva che Sam si sentiva più o meno come lui, che capiva ciò che stava passando.
Dopo ore, le porte della sala d’attesa si aprirono e due dottori, in vesti azzurre, andarono verso di loro.
«L’operazione è conclusa»


Scusate di nuovo per l'ettesa ma ecco qui il nuovo capitolo =)
Forse è un po' triste, anzi, lo è decisamente, ma andava messa un po' di suspence nella storia! No?
Grazie a tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le Preferite e/o le Seguite^^ E anche a chi si è solo fermato a leggere ;)
Ovviamente i soliti ringraziamenti a Pia_mi_idola_XS per la recensione! Si Angelina è proprio una strega, in tutti i sensi! xD Ma vedrai che ti ricrederai su Alexander Scar, dovrebbe essere uno dei buoni, anche se non da a vederlo =)
Grazie anche a ThEo per la recensione e ci tengo a precisare che non è vero che io minaccio di picchiarlo, è lui che si inventa ste cose per screditarmi ç_ç Se non fossimo amici ti ucciderei xD
Beh, alla prossima e....le recensioni sono graditissime =)

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