happy ending?

di Rossana_87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** dare voce ai pensieri ***
Capitolo 2: *** Bell'Italia ***
Capitolo 3: *** una vespa bianca ***
Capitolo 4: *** scoperte, confessioni ***
Capitolo 5: *** l'ora della verità ***
Capitolo 6: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 7: *** e tutto poi successe ***
Capitolo 8: *** l'alba di un nuovo giorno ***
Capitolo 9: *** tutto si trasforma ***



Capitolo 1
*** dare voce ai pensieri ***


H 17:30 appartamento di Kurata Sana
 
Sono a dir poco emozionata, no nervosa, anzi no ansiosa, no no che dico, lo stomaco mi si sta contorcendo a causa di tutte le emozioni contrastanti, che questa riunione mi sta procurando.
Non ho più visto nessuno dai tempi delle medie, chissà come sono cambiati tutti;
sono passati quanti? Circa 20 anni….
Tsuyoshi, Aya, chissà se sono ancora assieme, un po’ improbabile direi, ma mai dire mai,  Fuka mi fa ancora male pensare a lei, Naozumi, anche se in realtà lui è stato l’unico che bene o male ogni tanto con il mio lavoro ho continuato a vedere, ma il nostro rapporto non era più stato molto amichevole da quando a 21 anni ci siamo lasciati, gli Scimmioni, ormai era quello il nome che attribuivo ai suoi amici…. Oh non prendiamoci in giro l’unico che ho paura di rivedere è lui, Akito, l’ultima volta che lo vidi era con Fuka; a causa loro ho decisio di sparire, di dedicare anima e corpo al mio lavoro, in parte devo ringraziarli, perché ho girato il mondo, conosciuto tantissime persone, con cui ho avuto rapporti più o meno piacevoli, ad alcuni ho concesso la mia mente, il mio corpo, ma il mio cuore finora mai a nessuno.
Il mio pensiero tornava sempre a loro, anzi ammettiamolo su di lui. il mio cuore allora si accartocciava e si richiudeva nuovamente su sé stesso. ogni relazione fino ad oggi era naufragata, a causa sua, della scelta che ha fatto, ha preferito Fuka a me…… il mio pensiero vaga e mi ritrovo imbambolata seduta sul mio letto, davanti lo specchio con solo l’accappatoio addosso…
Ok mi devo calmare, sono passati così tanti anni, adesso abbiamo 32 anni, siamo grandi, adulti e magari sono solo io a non riuscire ad andare avanti, a chiudere quella parentesi, che poi diciamocelo qui, anche se avesse scelto me, quante probabilità ci sarebbero di stare ancora assieme? Pressoché nulle, dopo tutti questi anni, quale coppia resiste insieme all’usura del tempo, quando ci si incontra troppo presto, da piccoli, troppo piccoli.
Devo distrarmi, Devo chiamare l’unica persona che ha vissuto con me questa cosa, che mi conosce e mi accompagna ormai da una vita Rei. Poi penso che non gli farebbe piacere sentir parlare di Akito, allora cambio rapidamente Idea e chiamo Miwaki , un collega, che ormai era diventata la mia migliore amica, gli avevo raccontato tutto una sera, quando presa dallo sconforto dopo un’estenuante giornata di registrazione sul set di un film che giravamo insieme a Londra, mi aveva chiesto se andava tutto bene, non ce la feci a tacere, e gli vomitati tutto il mio stato d’animo, da quella volta non ci eravamo più separate.
Composi il suo numero, che ormai sapevo a memoria, sul display del mio telefono cellulare, avviai la chiamata, il telefono cominciò a squillare, non mi rispose, gli inviai un WhatsApp, continuavo a guardare se quelle 2 spunte, diventavano blu. Maledette spunte blu.
Dovevo parlare con qualcuno, subito, o quantomeno prima di quella stramaledetta riunione di stasera, a cui non so perché ho accettato di partecipare, dopo così tanto tempo poi. Mi ero sempre rifiutata di partecipare, con svariate scuse, promettendo ogni anno che ci sarei stata la volta successiva, loro si trovavano tutti gli anni.
Finalmente il telefono squillò, il display mi preannunciava che si trattava di Miwaki…. Santa Miwaki.
“scusa ma ci stai davvero ancora pensando? Erano anni che non ci pensavi più, almeno 3, e adesso per una stupida rimpatriata stai sclerando?”
“Ciao Miwaki, io sto bene e tu?” non mi aveva nemmeno salutata, era passata subito all’attacco.
“si ciao Sana, dicevamo… ah sì, perché devi andare in sbattimento? Inventati un appuntamento dell’ultimo momento a cui non pio rinunciare, sei un’attrice famosa, non ci sarebbe niente di più normale…”
“no Miwa, basta sono stufa di pensarci, di scappare, voglio mettere un punto, la parola fine a tutto questo, o non riuscirò mai ad andare avanti, mi avvelena l’anima questo pensiero, non riesco ad avere una relazione stabile a causa sua, anche adesso, che proprio non posso permettermelo.”
“oh andiamo Sana, lui capirà, ormai tu sei…”
“no, Miwa, no…” la interruppi “lo devo sapere, voglio sapere se lui mi ha mai pensata, se mi pensa ancora”
Sentì sbuffare al di là del telefono.
“questa situazione Sana, è solo colpa tua, e lo sai, avresti potuto affrontare questa situazione un sacco di volte, avresti potuto alzare il telefono e sentirlo, tanto non ha mai cambiato numero di cellulare, chiedergli…”
“oh andiamo Miwa” gli feci eco “cosa potevo fare? Chiamarlo cosi di punto in bianco dopo anni di silenzi, di nulla cosmico, per chiedergli cosa? Scusa sai, ma ti penso ancora e tu? Oppure ti sogno una sera si e una sera no, anche se nel mio netto c’è un’altra persona? sei seria?”
“ok, stai dando di matto, ma perché per te deve essere o tutto bianco o tutto nero? Puoi semplicemente dirgli, che so, ho trovato delle vecchie foto, in cui c’eri anche tu e mi sei venuto in mente…”
“beh ormai, è tardi, stasera lo vedrò… va beh mi inventerò qualcosa Miwa, grazie”
“dai Sana, non buttarti giù, sono passati così tanti anni, lascialo andare, e dagli meno peso a questa cosa”
“va bene Miwa, metto giù devo preparami, ciao”
“ciao Sana, mi raccomando domani voglio un resoconto dettagliato”
Chiusi la chiamata, e lanciai il cellulare sul letto sorridendo, perché comunque Miwa aveva alleggerito la mia tensione.
Ok, mi guardai allo specchio e mi domandai che idea volessi dare di me agli altri, o meglio che idea volessi dare ad Akito, cosa volevo trasmettergli?
Volevo fargli vedere che non ero mai cambiata? Di essere rimasta sempre la stessa ragazzina semplice, che si faceva sempre trascinare nei sui capricci, come quando lo sfidai a lanciarsi nel vuoto dal tetto della palestra; quando penso ai piccoli gesti tra di noi la malinconia prende spazio nel mio cuore, malinconia che mi assale ogni qual volta apro il freezer e vedo quel suo pupazzo di neve…. Quante volte ho pensato di buttarlo via, di metterlo nel lavandino, per vederlo sciogliere piano e sparire, come vorrei sparisse questa cosa che provo per Akito. E invece è ancora lì, che mi guarda ogni santa volta apro quel maledetto freezer, ma basta adesso voglio andare avanti, me o devo, gli e lo devo.
 
Palestra Hayama
 
AKITO:
Stasera ci sarà la riunione di classe, e finalmente dopo 20 anni Sana si degna di partecipare…
Chi voglio prendere in giro, lei è una di quelle poche persone che voglio rivedere, anche se a dire il vero non l’ho mai persa di vista, per forza, non c’è film o pubblicità che non la mostri in tutta la sua grandezza, bellezza, ha avuto un paio di anni di stop, in cui non la si vedeva molto, ma io so bene il perché, ho continuato ad osservarla sui social… di lei so ancora tutto…. Purtroppo….
“Akito, ci sei?” Tsuyoshi mi risveglia dalla mia trance.
“si scusa, ero sovra pensiero, dimmi, che dicevi?”
“volevo sapere se alla prossima gara a cui parteciperai devo venire con te, o posso stare qui in palestra a sbrigare e organizzare le iscrizioni alle categorie dei ragazzi che alleni”
“ah, è un incontro semplice Tsu, fai come vuoi”
“Akito, è da quando Sana ha comunicato che sarebbe venuta alla riunione che hai il cervello in pappa…dai, pensi davvero di avere qualche possibilità con lei? Avresti dovuto pensarci prima, lo sai che ogni decisione comporta delle conseguenze e tu…”
“si lo so Tsu, non c’è bisogno di rigirare il dito nella piaga… chiudiamo tutto per oggi, e andiamo a prepararci tra 2 ore dobbiamo andare in pizzeria”
“Akito stai scherzando spero, manca ancora un ora e mezza prima di poter chiudere, ma se vuoi sto io qui, tu vai pure non hai la testa per rimanere, chiudo io qui.”
“grazie Tsu, saprò sdebitarmi” mentì, ero sempre io ad approfittare dei sui favori.
Uscì a grandi passi dalla mia palestra, che tanto duramente avevo messo in piedi dopo il tormentato periodo di studi universitari a Tokio, era l’unica cosa positiva che avevo costruito in memoria dei bei vecchi tempi in cui c’era ancora lei al mio fianco, nel suo modo sbilenco di esserci, di sostenermi nell’unica cosa che sapevo fare bene, il karate. Mi ci ero completamente e unicamente dedicato.
Lei questo non lo sa, come non sa che con Fuka è finita nello stesso istante in cui lei ha deciso di partire per l’America, per studiare recitazione e sfondare in quel campo.
Perché Fuka era solo una distrazione, perché sapevo che sarebbe scappata da me, per inseguire i suoi sogni, perché io non volevo tapparle le ali, perché non volevo nemmeno soffrire per la sua assenza, tantomeno morire di gelosia, vedendo ogni singolo attore al suo fianco, rischiando di volerlo gonfiare di botte ogni volta…. Perché… perché… perché…. Un mare di perché.
No, non volevo stare male per lei, ma mi sa che ho fatto un casino, ora sto anche più male del previsto, ora che al suo fianco poteri esserci io….
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Ciao a tutte, sono Rossana(eh sì mi chiamo davvero così)e sono nuova qui, o meglio ho letto molto, ma solo adesso ho deciso di scrivere qualcosa, un po’ per esorcizzare la mia storia che in parte si apre e viene scritta nero su bianco per superare un’esperienza passata sotto le spoglie di Sana e Akito, spero vi piacerà , fatemi sapere che ne pensate a presto con il prossimo capitolo.
Rossana 87
 
 
 

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Capitolo 2
*** Bell'Italia ***


2- BELL’ITALIA
SANA:
Vestito? Gonna? Pantaloni? Guardavo il mio ampio guardaroba senza riuscire a decidere cosa indossare…..alla fine optai per un paio di pantaloni neri palazzo a vita alta, e una camicia in chiffon rosa cipria, con maniche a sbuffo e cravattino nero, che poi avrebbe formato un fiocco… forse stavo esagerando, la camicia aveva un effetto vedo non vedo, ma adoravo la sensazione di svolazzo ed etereo che mi dava quel tessuto, altro dubbio amletico, tacchi o ballerine? Dopo aver fissato le scarpe per almeno mezz’ora decisi per le mie decolté con fibbietta alla caviglia, erano dello stesso colore della mia camicia. avevo bisogno di quei tacchi, dall’alto del mio metro e 57 scarso, avevo l’idea che mi dessero un altro punto di vista. I capelli sciolti, corti, si ho deciso di darci un taglio e adesso li porto all’altezza delle spalle, in modo tale da poterli asciugare in poco tempo, adesso ogni singolo minuto recuperato è prezioso, li ho lasciati del mio colore naturale, sempre lo stesso, indefinito tra il rosso e il castano. Feci un trucco che valorizzava gli occhi, uno smoke eyes però con i colori della terra, negli anni ho imparato a far risaltare i miei pregi, e gli occhi erano uno di quelli, caldo color nocciola. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima, ma a detta di molti i miei non erano facili da leggere…. Chissà perché, eh Akito? .... No basta, Sana datti un contegno; niente Rossetto. Pronta, ma Più mi guardavo allo specchio più l’immagine che mi restituiva non mi convinceva, non del tutto, saranno le mille paturnie che mi stavo facendo all’idea di rivedere Akito dopo così tanto tempo. L’ansia ormai galoppava, anzi la vedevo proprio in forma fisica, potevo portarla a braccetto.
“tesoro sei bellissima, ma non starai esagerando, per una cena tra compagni di classe? Ok, sei un’attrice famosa, ma…” gli sorrisi interrompendolo “mi sento a mio agio così, torno presto, non aspettarmi sveglio”. Imboccai la porta del mio attico in pieno centro a Tokio, e mi diressi verso la mia modestissima auto, la mia Mazda nera, era la prima auto che avevo comprato da sola e non avevo mai voluto cambiarla, anche se non avevo più nessuna difficoltà economica, ci ero affezionata e poi la conoscevano tutti, la mia zum zum, era il suo soprannome. L’ascensore suonò il suo din, ultimo sguardo allo specchio prima di uscire e trovarmi al garage sotterraneo. La mia macchina a confronto di tutte le altre parcheggiate pareva un catorcio, ma magari avrei potuto farla diventare d’epoca, allora nessuno avrebbe più riso di lei, avrebbe avuto una storia da raccontare. Adoravo le cose vecchie. ok c’eravamo quasi, il cuore martellava nel petto, lo stomaco era in subbuglio, mi veniva da vomitare tanto ero agitata.

AKITO:
Mi preparai n fretta e furia, avevo perso un sacco di tempo a girare a vuoto per Ueno, il parco più bello di Tokyo. Quindi un paio di jeans grigio scuro e il maglioncino a collo alto grigio antracite, a collo alto che avevo ricevuto in regalo da mia sorella per natale. Anche quel piccolo gesto era grazie a Sana, alle sue doti da Attrice, e alla sua testardaggine nel non lasciarmi mai in pace. Sorrisi nel pensare che la vigilia di Natale lei compiva gli anni. Scarpe da ginnastica, giacca in pelle nera. Ero indeciso se andare in macchina o se rischiare il tutto per tutto e prendere la mia vespa; l’avevo fatta arrivare dall’Italia, da Torino precisamente. A lei Piacevano le cose d’epoca, amava tutto ciò che aveva una storia alle spalle, l’unicità e la storia della vespa erano a dir poco incredibili. Chissà però se è ancora così. Si doveva essere così, avevo visto delle foto sul suo profilo Facebook con un’auto d’epoca nera. Delle foto che mi colpirono dome pugni dritto sulla bocca dello stomaco.
Decisi di prendere la mia vespa bianca, sfidando il freddo di fine febbraio.
Titubante guardai il casco, indeciso se prendere anche il secondo.
Fanculo li presi entrambi, uno lo misi in testa, l’altro nel sotto sella della vespa.
Avviai la vespa, che risuonò con l’inconfondibile scoppiettio del motore e mi avviai alla pizzeria. sempre la stessa, eravamo andati sempre in quella dannata pizzeria dai tempi delle elementari, poi medie, per tutti i compleanni, per tutte le riunioni fatte finora senza di lei. Ormai eravamo di casa. Io ci andavo anche per altro, per le cene con la mia famiglia, per gli appuntamenti “romantici” andati sempre a puttane… già sempre andati di merda, Sana ne sai qualcosa? anche per le cene con Tsu, unico amico dell’epoca, punto di riferimento da allora, unico sfogo, quante volte mi aveva sentito parlare di Sana.
Andavo sempre lì sperando di vederla di sfuggita, per sbaglio, perché tutti sapevamo essere il suo posto preferito, nonostante fosse giapponese amava la pizza, magari era dovuto ai suoi veri genitori, magari aveva origini italiane e non lo sapeva, comunque inutile dire che non l’ho mai più rivista, almeno non lì e non di persona.
Non ci volle molto ad arrivare, parcheggiai la mia vespa all’ingresso della pizzeria bell’Italia, lì davanti c’era il posto riservato alle moto. Aspettai fuori spostandomi nervosamente da un piede all’altro, e se fosse arrivata prima di tutti gli altri? Mi sarei trovato da solo con lei, pensai, no non ero ancora pronto a questo.
Per fortuna arrivò Tsu, ed entrammo fuori faceva davvero freddo. “grazie Tsu” Mi guardò perplesso, mi diede una pacca sulla spalla sorridendo e ci avviammo verso la sala a noi riservata. Dentro c’erano già un po’ di persone, tra cui Naozumi, anche lui si faceva vedere di rado alle riunioni, a causa del lavoro, inutile dire che lo odiavo, lui aveva avuto Sana, non so quanto avesse avuto di lei, fin dove si fossero spinti nell’intimità, il solo pensiero, mi faceva bollire il sangue, per questo non avevo mai parlato con lui negli anni, temevo che l’istinto di gonfiarlo di botte per quello che avrebbe potuto dire su Sana, su di loro, prendesse il sopravvento e rovinasse il suo bel faccino da attore. Scacciai il pensiero all’istante, sapendo che ci sarei tornato quella sera, magari vedendoli parlare. Ok Akito, basta, mi imposi di non rimuginare altro. Tornai in me e mi domandai il motivo del perché non fossi entrato prima, forse perché volevo aspettarla, forse perché avevo paura di trovarla dentro, forse perché…
“ciao Akito” mi arrivò uno schiaffetto in pieno petto. Quel colpo mi riportò per l’ennesima volta alla realtà; riconobbi la sua voce acuta, troppo acuta, quasi fastidiosa.
ciao Fuka”
“sempre di poche parole eh Akito? Come stai? Che stai combinando?”
“già certe cose non cambiano mai
- sorrisi anche se in realtà ero infastidito- sto bene sto mi sto allenando per l’ennesima gara…” Tutti gli anni la stessa solfa, eh Fuka? Una pacca sulla spalla sinistra mi fece voltare, era Tsu che con un cenno della testa mi indicava l’ingresso della saletta privata che ci avevano riservato anche quell’anno. E lei era lì, sana era lì, mi mancò un battito. Proprio in quel momento gli altoparlanti del locale intonarono la canzone SHE IS LOVED dei maroon 5 “I drove for miles and miles and wound up at your door…” Nessuna canzone fu mai più appropriata, per noi.
FUKA:
Anche quest’anno è arrivata la cena di classe, tutti gli anni vado con entusiasmo, sapendo che Akito sarà lì, ma non per me, lui era lì, ma non era lì, il suo corpo c’era, ma la sua mente vagava sempre, chissà dove… sapevo benissimo a chi pensava in realtà, all’unica assente. Nonostante Sana, fosse assente la sua presenza era sempre molto ingombrante, terribilmente ingombrante. È vero alle medie avevo vinto io, Akito era stato mio, ma non lo è mai stato davvero, per la verità non so tutt’oggi nemmeno il perché scelse me all’epoca, eppure fu così. Vedevo tutti i giorni quanto Akito osservasse Sana, nonostante io fossi lì al suo fianco. Vedevo e sapevo come e quanto Sana soffrisse per quella scelta, anche lei si domandava, perché, come facevo io, ma io zittivo quella voce, lo volevo, mi piaceva troppo per rinunciare ad Akito, però, però Sana, lei era una buna amica, probabilmente la migliore che avessi mai potuto avere;
Oggi forse mi pento di quello che ho fatto, ma tu Sana per quanto te lo avessi chiesto, mi dicevi sempre che Akito era uno scimmione, e per quanto vedessi il contrario, finì per crederti. Piano piano però ti allontanasti da noi, fino a decidere di andare dall’altra parte del mondo. Questa sera vorrei chiederti scusa, ma la verità è che a me Akito piace ancora, tu non sai che mi ha piantata quando sei andata via. Tu non sai quanto lo hai fatto stare male, lui ha deciso di allontanarmi definitivamente, ma continuo a seguirlo a distanza. Tu tutto questo non lo sai, dall’alto della tua vita perfetta, del tuo successo, della tua bellezza, ecco lo sto rifacendo, ti sto addossando colpe che non hai, solo per sentirmi migliore. Ecco Tsuyoshi, con al fianco l’inseparabile Akito, si guarda attorno, e posa subito gli occhi su Naozumi. Akito stasera ha un’aria diversa dal solito, non rassegnata e assente, sembra nervoso, non lo è mai stato, mi infastidisce. Continuo a guardarlo e Inutile dire che è sempre bellissimo, capelli biodi arruffati, appena troppo lunghi che ricadono su quegli occhi d’ambra, incastonati su un viso perfetto, negli anni è diventato molto alto per gli standard giapponesi, e fisicamente ben proporzionato, direi statuario, perfetto, in più non ha mai perso l’aria strafottente, di quando era un ragazzino, e il suo charme lo segue ovunque, chissà quanti cuori avrà infranto con il suo sorriso sghembo. Fuka diamoci un contegno. mi avvicino a lui e gli tiro una pacca sul petto, quel suo petto scolpito dovuto ai duri allenamenti di karate a cui si sottopone, probabilmente annega i suoi dispiaceri menando pugni.
“ciao Akito” “ciao Fuka” mi sorride, ma vedo uno sguardo indolente “sempre di poche parole eh? Come stai? Che stai combinando?”
“già certe cose non cambiano mai”
sorrise ancora, era però visibilmente infastidito, ma decisi che non mi importava.
“sto bene, mi sto allenando per l’ennesima gara”. Tanto per cambiare pensai, vedo Tsuyoshi avvicinarsi, lo colpisce ad una spalla e indica l’ingresso, lui si volta e io seguo il suo sguardo. Eccola lì Sana, allora diceva sul serio quando diceva che questa volta sarebbe venuta. Guardai Akito, era senza fiato, come se avesse corso una maratona, la stava guardando immobile, mentre lei sorrideva al cameriere porgendogli il suo cappotto nero e il cameriere non faceva che sorridere nervosamente, probabilmente l’aveva riconosciuta come la famosissima Sana, ovvio come poteva essere il contrario. Akito continuava a fissarla, pugni stretti, le nocche bianche, immobile. Sana dall’alto dei 2 gradini su cui era in piedi guardò dentro la sala, non cercando nessuno nello specifico, almeno questo era quello che dava a vedere, ma era noto quanto fosse brava a recitare; Sembrava una calamita, tutti si voltarono all’unisono quando arrivò in sala, e gli andarono in contro per salutarla. Tuti l’abbracciarono, e lei sorrideva gioviale ricambiando gli abbracci e i saluti, un po’ di tensione passò nei suoi occhi quando abbraccio Naozumi. Akito si agito al mio fianco, ma entrambi rimanemmo immobili a guardarla.


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Sto avendo qualche problemino con l'inserimento del secondo capitolo, se lo trovate tutto scritto attaccato chiedo umilmente venia, ecco a voi il secondo capitolo che ne pensate, entreremo già nel prossimo con il vivo della storia spero vi piaccia, abbracci a tutti.

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Capitolo 3
*** una vespa bianca ***


3- una vespa bianca

TSUYOSHI:

Arrivai da bell’Italia, e trovai Akito all’ingresso, notai subito la vespa bianca parcheggiata e feci un sorriso triste. Ma cosa voleva fare, che gli diceva la testa, cosa pensava di ottenere? Ma non sapeva di Sana? O forse faceva finta? Sapevo che andava a vedere ogni cretinata, che lei voleva far vedere di sé, chissà se si era accorta della silenziosa, ma costante presenza di Akito tramite i suoi social.
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sentì quando arrivai davanti ad Akito, sorrisi perplesso perché non sapevo il motivo di quel grazie. Gli diedi una pacca sulla spalla ed entrammo. Camminavo dietro di lui osservandolo, quanti anni erano passati da quando ci eravamo conosciuti alle elementari, era un bambino problematico, sempre incavolato, spaccone faceva dispetti a tutti, io ero l’unico di cui lui si fidava e che sfuggiva ai suoi soprusi, avevamo camminato assieme in tutti quegli anni, lui ha incanalato la rabbia e l’ha trasformata in un lavoro, si è impegnato molto, e adesso osservo l’uomo che è diventato, sicuro di sé, sempre spaccone, adesso però non è più la rabbia che lo muove, ma qualcosa di più sottile, la disperazione, o forse la rassegnazione, anche se lui non me ne ha mai parlato, tantomeno dato conferma. So che è così. Mi ridestai dai miei pensieri appena prima di entrare nella nostra saletta riservata, lo abbandonai salutando tutti i nostri ex compagni di classe, ma mi dedicai ad Aya, lei mi era sempre piaciuta, beh si dopo Sana ovviamente, ma Aya era comunque rimasta nel cuore, dormiente e serafica nei miei ricordi di bambino, poi lei scelse un liceo differente dal mio e ci perdemmo di vista. avevamo ricominciato a sentirci da poco, sembra che anche lei negli anni abbia conservato un buon ricordo di me, a quanto pareva il nostro filo rosso era legato rispettivamente alle estremità dei nostri mignoli. Con la coda dell’occhio vidi Fuka dirigersi verso Akito, pensai che a volte le costanti non cambiano proprio mai. Improvvisamente Aya cominciò a saltellare sul posto battendo le mani con eccitazione, e corse verso l’ingresso della saletta, vidi Sana e subito mi mossi in direzione di Akito, lo colpì mentre parlava svogliato con Fuka, gli indicai l’ingresso con un movimento della testa. Poi mi fermai a guardare Fuka un istante e pensai che in fondo mi dispiaceva per lei, si era sempre sforzata, e impegnata tantissimo per stare al fianco di Akito. Rivolsi però subito lo sguardo sul mio Amico, e lo vidi voltarsi e rimanere senza fiato osservando Sana, lei stava congedando il cameriere. Ero sicuro che nella mente di Akito si stessero formando pensieri poco positivi sul poveretto. Sana dal canto suo non dedicò nemmeno uno sguardo nella nostra direzione, troppo impegnata a salutare e abbracciare allegramente tutti quelli che le andavano incontro. Anche io volevo salutarla, così mi diressi verso di lei, pensando che alle elementari ci avevo visto lungo e la mia cotta per lei era più che giustificata, poi fortunatamente Aya si era confessata, e mi evitò il probabile disastro con Akito, a quest’ora magari non saremmo nemmeno più amici e obiettivamente non avrei mai potuto essere alla sua altezza. Raggiunsi Sana, la salutai e ci abbracciammo amichevolmente, mi sentì gli occhi si Akito perforarmi il cranio, non osavo pensare a cosa gli passasse per la testa quando Sana saluto e abbracciò Naozumi.

AKITO:

che cazzo vuole quel cameriere, adesso vado lì e lo gonfio di pugni. Akito calmati, non sta facendo niente di male. Sana era lì con quella sua aura che attirava a sé tutti, e attirato come un’ape sul miele, fu ovviamente Naozumi, maledetto. osservai Sana intensamente. Indossava un paio di pantaloni neri a vita alta, e una camicina rosa, trasparente, sotto portava un reggiseno in pizzo nero, la mia mente cominciò a vagare, avrei voluto aprire quella camicetta, che poco lasciava all’immaginazione, avrei voluto vedere la sua pelle, candida, toccarla, annusarla, chissà se il suo profumo era ancora lo stesso; sapeva di gelsomino, di una soleggiata giornata estiva, il mio sole invece si era eclissato, quando lei era sparita dalla mia vita. deglutì e mi pentì subito di averlo notato. Aveva i tacchi ai piedi, non li metteva mai…. Ma cosa ne potevo sapere io? i capelli, gli ricadevano lisci e morbidi come lingue di fuoco, sembravano accarezzargli le spalle, ma li Aveva tagliati, tanto, tantissimo, troppo. Avrei voluto toccarli, farli passare tra le mie dita. Basta Akito piantala. La osservavo mentre sorrideva e abbracciava tutti, anche Tsu, annotai mentalmente di dovergli tirare come minimo un pugno su una spalla, anche se in realtà sapevo benissimo che nella sua testa ormai c’era solo Aya, anche Naozumi si avvicinò a Sana, all’inizio vedevo l’imbarazzo nei loro occhi, ma scomparve quasi subito e si salutarono calorosamente con affetto, abbracciandosi come se niente fosse. Un fuoco scoppiò dentro di me, un fuoco che ruggiva forte, e che avrebbe potuto distruggere tutto senza lasciare niente dietro di sé, se non cenere e polvere, da dentro la mia rabbia mi accorsi che Sana non mi guardava, non mi cercava con lo sguardo, il mio fuoco divampò ancora più violento, stavo impazzendo, poi sentì un lieve movimento al mio fianco, Fuka. Allora mi fu tutto chiaro, capì perché Sana non mi guardasse verso di me, forse si era fatta un’idea sbagliata, ma non avevo il coraggio di avvicinarmi, giustificarmi, spiegarle. Fuka prese invece coraggio e si diresse verso Sana, che la guardò, uno sguardo lungo indecifrabile, eppure io ero l’unico che riusciva a leggere i suoi occhi, alla fine sorrise e la salutò. Fuka parve risentita del mancato abbraccio, ma che pretendeva? Ci portarono un aperitivo e si formarono, nemmeno a dirsi i soliti gruppetti, Aya, Tsu, Sana e Naozumi ovviamente; il trio degli scimmioni, con a capo lo scimmione numero uno, che altri non era che il sottoscritto. lo sguardo continuava a cadere sempre su di lei, che porca puttana, non mi guardava mai. La cosa mi faceva a di poco incazzare, più con me stesso che con lei, perché ovviamente lei era andata avanti, e invece io ero l’unico che si si faceva castelli di sabbia. Decisi che era arrivato il momento di darci un taglio, andare a salutarla, proprio in quel momento però arrivò il cameriere, che ci incitava a prendere posto per poter cominciare a prendere le ordinazioni. Lo odiai ancora più di prima. Lanciai un ultimo sguardo verso Sana, ma vidi che prima di sedersi Naozumi afferrò Sana per un polo, i 2 parlarono qualche minuto, mi sembrò interminabile, cosa voleva, cosa doveva dirle di così importate, proprio stasera poi. Lei gli fece un occhiolino e lo baciò sulla guancia. Ero furibondo, non so cosa mi trattenne dall’andare lì e gonfiarlo di botte. Incazzato e rassegnato come poche volte, mi diressi al tavolo per prendere posto e destino volle che una volta seduti mi trovai di fronte l’unica persona che mai avrei voluto, mai in quello stato. Sana. La guardai intensamente per poter catturare ogni piccolo particolare per imprimerlo a fuoco nella mia mente.

NAOZUMI:

Questa era la serata giusta per riuscire a vedere Sana, non avrei mai partecipato a quella rimpatriata se lei non ci fosse stata, dovevo parlarle chiarire…Avevo seguito Sana alle scuole medie, dopo il primo anno, prima che lei decidesse di dedicare la sua vita al lavoro, anche se sospettai che il motivo di questa scelta fu Akito. Poco mi importava, perché finalmente avrei potuta averla per me, e solo per me, sono sempre stato sinceramente innamorato di lei. Passati gli anni della scuola di recitazione in America riuscì finalmente a farle una dichiarazione come si deve, e contro ogni aspettativa lei accettò lamia proposta di frequentarci, sono stati degli anni meravigliosi, passati recitando insieme, e poi tra le pause dai vari set abbiamo visitato il mondo, l’Italia è stato il viaggio più lungo fatto assieme, abbiamo visto davvero le città più belle, lei si innamorò di una canzone in Italia, made in Italy, di un certo Ligabue che descriveva pregi e difetti del bel paese…. Ma proprio in Italia, la persi lei decise di voler tagliare i ponti con il passato, ed evidentemente io ero un passato scomodo, le ricordavo troppo Akito, sapevo che lui era sempre presente, un fantasma così radicato in lei, da non lasciarla vivere come voleva, avrei voluto renderla felice. inutile dire che non ci riuscì, e forse non ci ero mai riuscito, non ero riuscito nemmeno a farglielo dimenticare.ci ho provato con tutto me stesso, ma Sapevo che Sana sarebbe sempre appartenuta ad Akito. Lui però scartata, allontanata volontariamente, l’aveva cestinata, aveva preferito un’altra a lei, ma come poteva, me lo chiedevo continuamente, pensando forse pazzo o scemo, chissà. Nonostante fossimo stati assieme 5 lunghi anni, non l’avevo mai avuta davvero, mi ha dato molto lo ammetto, ma non tutta sé stessa, conoscevo, le sue speranze le sue paure, il suo corpo, ogni centimetro ogni piccolo neo, come si muoveva sinuosa su di me la notte, il suo fiato corto, le mie mani sulla sua pelle, le mie labbra sul suo collo, il suo profumo di gelsomino, che mi ricordava le giornate estive dopo un acquazzone, le fiamme dei suoi capelli, quanto mi mancava potermi addormentare la sera, dopo aver fatto l’amore, con lei appollaiata nella mia spalla. Improvvisamente però mi lasciò, mi chiesi a lungo cosa voleva da me, cosa avrei potuto fare di diverso per tenerla al mio fianco, mi chiedo se anche quando giaceva con me pensava ad Akito, provavo sempre frustrazione e rabbia nei confronti di un assente così potente e imbattibile. Quando Sana andò via un enorme vuoto mi si appiccicò vischioso infido e freddo, ma da un paio di anni era stato colmato da mia moglie. Adesso aspettavamo un bambino, e volevo dirglielo, volevo dirgli che non ero arrabbiato, che la capivo, che mi dispiaceva e che potevamo essere amici. Mi si presentò il momento giusto, appena prima di sederci al tavolo, l’afferrai per un polso, e la costrinsi ad ascoltarmi.

SANA:

Arrivai in pizzeria terribilmente in ritardo, lo avevo fatto apposta, ero terrorizzata all’idea di potermelo trovare di fronte quando non c’era nessun’altro. Notai una vespa bianca all’ingresso, mi avvicinai e la sfiorai con le dita, era fredda, mi piaceva davvero tanto. Entrai, e senza bisogno di presentarmi i proprietari mi accolsero con un inchino, che non si addiceva assolutamente ad un ambiente italiano, mi chiesero qualche foto, un paio di autografi, mi sentì stranamente in imbarazzo; chiesi del mio gruppo e mi condussero alla stanza a noi riservata, la canzone She is Loved, dei maroon 5 comincio a suonare “…. Look for the girl with the broken smile….” Sembrava che questa canzone fosse stata scritta per me ed Akito. Cercai subito Akito in lontananza, ma l’immagine che mi si presentò mi arrivò dritta come uno schiaffo in pieno volto. Fuka e Akito, ancora, sempre e solo loro due. Misi la maschera da attrice che indossavo lavorando, ormai potevo interpretare qualunque parte volessi, ero diventata davvero brava a fingere. Decisi che sarei diventata la Diva, ma non mi sentivo tale, anche se in realtà lo ero, dovevo mettere più distanza possibile tra me e Akito, per non soffrire. Vederlo assieme a Fuka mii faceva male anche dopo tutto quel tempo. Tutti i miei compagni mi vennero in conto, sorridendomi e abbracciandomi, inutile dire che miserabilmente e inevitabilmente la mia maschera cadde, quando anche Naozumi mi salutò, non potevo essere arrabbiata con lui, non ce la facevo proprio, e poi la colpa di quello che era successo tra noi due era solo mia. Lo abbracciai. Ero felice di rivedere tutti, o quasi. Anche Fuka mi venne incontro, mentre Akito rimase dov’era, fermo nella sua posizione…. -Ah sì? Beh tienitela pure la posizione- pensai, maledicendo il mio schifosissimo orgoglio. Guardai torva Fuka che mi salutava, continuai a fissarla a lungo, poi pensai che non ero lì per lei e decisi di rispondere al saluto con un sorriso, falsissimo, come quelli che utilizzavo durante le interviste, ma non l’abbracciai, non potevo, non ce la facevo proprio, lei se ne risentì, non era un problema mio. Arrivarono gli aperitivi, e andai verso Tsu e Aya, raggiunta ben presto anche da Naozumi. Quei due emanavano amore da ogni poro, parlando mi confermarono che stavano assieme, ma che avevano ripreso a frequentarsi da poco. Che bello, un po’ li invidiavo, magari fosse potuto succedere lo stesso con Akito; mi costringevo a non guardarlo, ma stavo impazzendo, fortunatamente Naozumi era lì, e la sua presenza infastidiva Akito, si erano sempre odiati reciprocamente. Gongolai per un breve istante al pensiero di poterlo infastidire, così gli accarezzai un braccio distrattamente. Chissà poi se lo infastidiva davvero. Il cameriere ci fece accomodare, lo ringraziai mentalmente, mi girai per avviarmi al tavolo, ma improvvisamente mi sentì bloccare una mano un sul polso, mi voltai e vidi Naozumi, lo guardai con grandissimo punto interrogativo stampato in faccia. Che voleva?
< >
<< Nao…>> si avevamo comunque molta confidenza per poterlo chiamare così,
<< non mi pare il momento giusto questo>> sentenziai, avevo già i miei pensieri per la testa quella sera e non volevo si aggiungesse anche lui con i suoi sproloqui, che persona orribile che sono pensai, ma la sua presa ferrea, sul mio polso, lasciava intendere che non sarei stata libera di andare, se prima non lo avessi ascoltato. Da quando era diventato così risoluto il mite Naozumi? Lo osservai, e non era cambiato una virgola dall’ultima volta che lo avevo visto, stessi capelli neri corvino, pettinati sempre in maniera impeccabile, grandi occhi azzurri, limpidi come il cielo, i suoi lineamenti erano fanciulleschi, ma niente lasciava intendere che fosse un bambino, aveva una bellezza androgena, era diventato molto alto mi sovrastava di parecchi centimetri…. A suo modo era davvero bello dovevo ammetterlo….
<< ascoltami e basta, ti ruberò un attimo soltanto, volvo solo dirti che non sono più arrabbiato ,ci ho pensato a lungo, io ho sempre voluto occupare un posto nel tuo cuore che non era per me, che non sei mai stata disposta a darmi, so che quel posto è sempre stato suo- e indico con il bicchiere Akito- e io forse ho calcato troppo la mano per entrarci prepotentemente, fino a farti stancare e scappare via, scusami , ti prego, adesso sto bene, sto per diventare papà, sai? Per favore non rifiutare mai più lavori che ti portano a lavorare insieme a me. Io l’ho superata ok? Vorrei lo stesso fosse per te>>
lo guardai sbalordita, era davvero diventato un uomo, uno dei migliori, e me l’ero fatto sfuggire volontariamente, chissà quante al mio posto avrebbero fatto lo stesso. Persino Miwaki all’epoca mi disse che ero una perfetta idiota. Sorriso al ricordo. Senza ombra di dubbio mi aveva fatto piacere sentire quelle parole, a lungo al suo fianco mi ero sentita inadeguata sbagliata, e non era giusto nei suoi confronti approfittare di lui per dimenticare Akito, ma non sapevo davvero cosa dire, mi uscì solo un
<< Grazie e scusami davvero tanto, magari ci vediamo nel prossimo set>> lo abbracciai e gli stampai un bacio davvero sentito sulla guancia. mi diressi al tavolo, subito seguita da lui. La gratitudine per Nao durò poco, quando mi trovai seduta davanti proprio alla persona che mi dava più angoscia e che cercavo di evitare più di tutti. Akito. Ma poi perché? Avevo partecipato alla cena solo per lui, per togliermi definitivamente il suo fantasma di dosso, il suo peso dal cuore. Lo osservai molto prima di parlargli. Portava un maglioncino a collo alto grigio antracite, un paio di denim grigio scuro, mi soffermai molto sul suo viso, aveva i capelli biondi arruffati, una nuvola in tempesta, alcuni ciuffi gli più lunghi gli ricadevano scomposti davanti agli occhi, come dimenticare quegli occhi, profondi del colore dell’oro, ardenti come quelli di un leone, così difficili da decifrare, sembravano sempre guardinghi, selvatici, sempre pronti all’azione, e le sue labbra, sembravano così morbide, si passò una mano tra la tempesta dei suoi capelli biondi, morì stavo impazzendo, mi sentivo come se stessi entrando nell’occhio di un ciclone, per uscirne poi sconquassata, tutta rotta, chissà se ancora viva…. La cosa mi stava sfuggendo di mano, -ok Va bene basta si va in scena, decisi che era arrivato il momento di parlargli, mi stampai un sorriso in faccia. <> quelle parole si precipitarono fuori dalla mia bocca, come se non vedessero l’ora di essere pronunciate, suonarono piene di struggimento. Mi corsi solo in seguito che trattenni il fiato finché lui non mi rispose. Akito stupito, come se gli fosse arrivata una secchiata di acqua ghiacciata, ricambio il saluto:
<< Ciao Sana>> il suo tono era diffidente, il suo sguardo strano.
<>
<< già non sei mai venuta>>, touché.
<< Sai non sono mai riuscita, gli impegni, il lavoro…>>
<< Già gli impegni, il lavoro …. ti vedo bene>>
<< Si dai, ho avuto momenti difficili, ma adesso sto bene>> avrei voluto urlargli contro che i miei momenti difficili erano stati a causa sua, ma non lo feci, mi sentivo come se stessi lottando con una tempesta invisibile, ma continuai incurante del mio istinto che diceva di scappare.
<< anche tu come posso ben notare sei sempre molto bello e affascinante>> -cooooosa? Imprecai silenziosamente dentro la mia testa. Sana stai bene? Ti sei bevuta il cervello? Ma che caspita stai dicendo? Ok riprendi il controllo, fingi noncuranza, lo osservai, il suo sguardo fisso su di me, però non riuscì a decifrarlo.
<< Bene siamo pronti per ordinare, cominciamo pure…>> Ringraziai mentalmente il cameriere, presi il menù e lo piazzai davanti alla mia faccia, dovevo recuperare un po’ le distanze e riprendere il controllo di me stessa, feci finta di scegliere la pizza, tanto prendevo sempre la stessa da sempre, arrivò il mio turno e ordinai;
<< Am, io prendo una capricciosa e una birra, piccola, dolce, che mi consiglia?>>
<< Prendi una Leffe rouge, ti piacerà>> Akito si era intromesso ordinando per me da bere, senza mai staccarmi gli occhi di dosso. Che disagio.
<< Bene, prendo quello che dice lui>> sorrisi al cameriere porgendogli il menù e ringraziandolo
<< io prendo una diavola, e la stessa birra che ha preso lei…- gli passò il menù e tornò a fissarmi- Capricciosa? Davvero? Avevi bisogno del menù? Prendi sempre la stessa>> rimasi sbigottita come faceva Akito a ricordarselo? Sorrise, nel suo solito modo sghembo, mi si contorse lo stomaco.
<< Spero che la birra sia buona, altrimenti berrai tu anche la mia, e ti vedrò andare via ubriaco stasera>> rise di gusto.
<< ok, ma non bastano due birre per ubriacarmi>>
<< Sana, allora com’è fare l’attrice professionista? Con tutti quei bellissimi attori che ti circondano- era Fuka, a pormi quella domanda a bruciapelo, e indicava con la mano Nao- dev’essere wow…>> era seduta due posti più avanti rispetto a me sul mio stesso lato del tavolo.
<< Sai è lavoro, e mi piace il mio lavoro, mi è sempre piaciuto, mi permette di avere varie vite in una vita sola, e gli attori interpretano una parte e poi per la maggior parte delle volte diventano Amici, e nient’altro>> Spesso mi facevano quella domanda, e altrettanto spesso mi attribuivano storie d’amore con gli attori con cui recitavo, per cui la precedetti enfatizzando la storia delle amicizie. Akito non voleva far cadere però il discorso, anche se sembrava infastidito, e approfittando della domanda di Fuka disse a bruciapelo
<< Come con Naozumi>> sentendosi nominato, Nao guardò in cagnesco Akito, oro e nero che si scontravano, ma era troppo educato e gentile per rispondere alla provocazione, lasciò perdere e continuò a parlare con Aya, che a quanto pareva era una sua grande Fan. Sgranai gli occhi e di rimando un po’ indispettita da quell’affermazione dissi:
<< Dove vuoi arrivare Akito, cosa vuoi sapere>> Lui abbassò il tono di voce per persi sentire solo da me
<< Cosa voleva prima, che ti ha detto di così importante proprio stasera>>
<< Non credo siano cose che ti riguardano>> stupido Akito, davvero voleva litigare in quel momento, davanti a tutti? la tensione cominciava ad aleggiare attorno a noi, ma un’altra domanda arrivò di punto in bianco distraendomi.
<< Hai visto la vespa bianca fuori?>> era Tsu, seduto accanto ad Akito, che evitava il peggio con quella discussione, ringraziai per quell’intervento. Non ero pronta ad affrontarlo in mezzo a tutti. << Si pensa che l’ho anche toccata, avrei voluto salirci sopra, ma poi ho pensato che il proprietario non avrebbe gradito, in più ero in ritardo, quindi ho desistito>> Tsuyoshi produsse una sonora risata, era visibilmente divertito sotto i suoi occhiali rettangolari senza montatura, gli occhi castani chiusi per il riso, e i capelli castani erano tenuti corti, era poco più basso di Akito, lo si poteva notare dalle loro spalle vicine, si vedeva il sentimento di amicizia, da come spesso le loro spalle si toccavano. Il clima era tornato disteso e sereno
<< Non credo che al proprietario sarebbe dispiaciuto>> pensavo si riferisse al fatto di essere un’attrice famosa e risposi di rimando. << Vuoi scherzare? I proprietari di un simile gioiellino sono molto gelosi e possessivi, sia mai si rovini, anche se sono famose non credo possa fargli piacere>>
<< Quella vespa, è di Akito>> Akito gli tirò una gomitata
<< Si è mia, l’ho fatta arrivare dall’Italia in un momento di pazzia>>
<< È davvero meravigliosa Akito, anche io ne avrei voluta una>>. ****************************************************************************************************+
Ciao a tutti, anche questa volta con qualche difficoltà ho portato a termine il 3 capitolo. ho aggiunto un punto di vista extra di di Naozumi, all'inizio non era previsto, perchè volevo incentrare la storia su Akito e Sana, con qualche inflessione di Tsuyoshi, e Fuka, ma qualcuno di voi mi ha messo una pulce nell'orecchio dicendo che aveva il piacere di sentire anche i pensieri di Nao, ed eccoli buttati giù di getto. buona lettura e attendo ancora tante recensioni. bacini a tutti. 

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Capitolo 4
*** scoperte, confessioni ***


CAP. 4 SCOPERTE, CONFESSIONI
SANA:
……<< Quella vespa, è di Akito>> Akito gli tirò una gomitata
<< Si è mia, l’ho fatta arrivare dall’Italia in un momento di pazzia>>
<< È davvero meravigliosa Akito, anche io ne avrei voluta una>>.

AKITO:

sì lo so pensai, ma non potevo dirglielo. Arrivarono le pizze, e la serata prosegui, gli aneddoti riguardati il periodo scolastico erano quasi tutti incentrati su Sana e me. Certo che ne facevamo di casino. Ero terribilmente imbarazzato, anche se Sana rideva di gusto, sembrava divertita e per nulla infastidita.
<< si, come quella volta che Akito ti regalò un pupazzo di neve per il vostro compleanno di mezzo>>.
Sana non rise questa volta, inchiodò i suoi occhi penetranti su di me, disse solo << Già>>.
Avrei ucciso Aya per quell’uscita, e la guardai raggelandola.
Di tutte le minchiate che avevo fatto, compreso il bacio in mezzo a tutti, il salto nel vuoto, avergli tagliato la gonna in mille frange, le botte a Naozumi quando suonava la tromba per lei, perché proprio il pupazzo di neve aveva procurato quell’arresto repentino alla serata?
Sana si alzò scusandosi, ed uscì fuori dalla pizzeria al freddo portando con sé solo il cellulare. Fuka disse qualcosa, ma non capì, mi alzai portando con me la giacca e mi diressi fuori, prima che potesse farlo Naozumi.
<< Ciao amore, tutto bene? Cosa stai facendo? Mi raccomando comportati bene e non ti preoccupare, mamma è a cena fuori, ma torna presto da te, ti amo piccolo Akito, a dopo.>>
Sana chiuse la chiamata. Morì dentro a quelle parole. Decisi di uscire comunque allo scoperto e le porsi la mia giacca, era appoggiata alla mia vespa.
Mi guardò seria, << da quanto sei lì>> mi chiese
<< che importa, tanto già lo sapevo>>
<< cosa?>>
< > solo non sapevo che avessi chiamato tuo figlio Akito, perché? Avrei voluto chiederlo, ma non ebbi il coraggio.
<< ti piace proprio questa vespa>> deviai il discorso senza motivo. Lei si alzò e toccò la mia vespa.
<< Già, mi piacciano le cose che hanno una storia>> risi
<< si, lo so >>
<< sai molte cose di me>> non capì se volesse rimproverarmi, decisi di farci caso.
<< molte di più di quante vorrei>>
<< no non è vero… sai ho ancora quel pupazzo di neve>>
<< cosa? Davvero, ma…>> ero incredulo, di nuovo i perché affollavano la mia testa.
<< ragazzi che fine avete fatto c’è il dolce>> Odiai Aya per la seconda volta in una serata, anche se era la ragazza di Tsu.
<< oh, buono il dolce, io voglio le fragole con la panna, o una fetta di meringa>> disse Sana.
<< certo ovviamente>> dissi senza nemmeno accorgermene, mi guardò torva ed entrò seguendo Aya con la mia giacca sulle spalle. Guardai la sua schiena allontanarsi solo per un attimo, poi entrai anche io.
Fuka fulminò Sana, che di rimando si sistemò la mia giacca ancora meglio sulle spalle. Mi venne da ridere. In quel momento decisi che volevo andare a fondo, e sapere tutto. Perché aveva ancora il mio pupazzo di neve? Perché suo figlio si chiama Akito? E un sacco si altri perché.

SANA:

Mangiammo il dolce, poi molti cominciarono a dileguarsi, andando verso il guardaroba per riprendere le giacche, salutando e andando a pagare il proprio conto. Eravamo rimasti solo noi 6, Io Nao, Akito, Fuka, Tsu e Aya, rinvangavamo i vecchi tempi, avrei voluto rimanere da sola con Akito, io volevo le mie risposte, per andare avanti. Non potevo far naufragare anche la storia con mio marito a causa del fantasma di Akito. Tsu prese la mano di Aya ci guardò
<< noi andiamo a farci 2 bicchierini in sala bar, chi si unisce a noi?>> sembrava che Tsu avesse capito la mia muta richiesta di restare da sola con Akito, Nao segui Tsu, mi guardò sorrise e si diresse con gli altri in sala bar, ma Fuka no. Lei era ancora lì. Mi rassegnai.
<< Io niente bicchierini, devo guidare, e direi che si è fatta l’ora di andare>> disse triste, sicura che ormai non avrei più ottenuto nulla.
Akito sbroccò inaspettatamente.
<< oh andiamo Fuka, è possibile che tu non capisca mai quando sei di troppo?>>
Fuka lo raggelò con lo sguardo, capì solo allora che anche lei aveva qualcosa di irrisolto con Akito.






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Ragazze capitolino brreve questa vola, ma non riescoa a stare molto a computer, mi hanno tampanato in macchina venerdì e stare secuta sulla sedia mi fà un pò male al collo e alla schiena. come anticipavo ad alcune di voi, questo capitolo sarebbe stato pieno di colpi di scena, e così è stato, si lo sò molte mi odieranno, Sana mamma e sposata, non con Akito??? aaargh nella vita reale a volte le cose non vanno proprio come si vorrebbe... spero di aver scritto in maniera più corretta e fluida, qualcuno mi ha fatto notare parecchi errori di punteggiatura e grammaticali, chiedo venia, mi sono sfuggiti. un abbraccio a tutte e alla prossima, aspetto ancora le vostre recensioni per migliorarmi e sapere che ne pensate, ovvimente la storia avrà ancora rsivolti, quindi non abbandonatemi ed odiatemi. baciottoli

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Capitolo 5
*** l'ora della verità ***


5- L’ora della verità

SANA:

…<< Io niente bicchierini, devo guidare, e direi che si è fatta l’ora di andare>> dissi, sicura che ormai non avrei più ottenuto nulla. Akito sbroccò inaspettatamente.
<< oh andiamo Fuka, è possibile che tu non capisca mai quando sei di troppo?>> Fuka lo raggelò con lo sguardo, capì solo allora che anche lei aveva qualcosa di irrisolto con Akito.

FUKA:

<< È mai possibile che tu sia così ottuso? Perché devo essere sempre io a togliermi di mezzo quando c’è lei>> indicai Sana con cattiveria.
<< Fuka, ti prego, io non…>>
<< no, no Sana resta>> sapevo che si sentiva a disagio, ma volevo vomitare tutta la mia rabbia su quei due.
<< Fuka, Lei non c’entra, possiamo riparlarne un’altra volta, Sana non ha tutto il tempo…>> Akito cercò di evitare qualsiasi cosa potessi e volessi dire, ma quella sera non riuscivo più a tenermi dentro tutto
. <> accusai volontariamente Akito, che pareva infastidito.
<< Io non te l’ho mai chiesto>>
< > sapevo che a quella domanda volevamo tutti una risposta, ma fu l’unica domanda alla quale lui non rispose.
<< Fuka, non voglio parlare di fronte a Sana>>
<< Certo, come sempre se c’è lei, per te non esiste nessun altro>> non potevo più stare lì, afferrai la mia borsa e dissi
<< Ciao Sana, mi spiace averti fatto perdere tempo, volevo solo chiederti scusa, mi sono resa conto che per colpa di Akito ho perso un’amica, la grande amica che tu saresti sicuramente stata, e quello che è peggio è che io per lui provo ancora qualcosa, e fino a stasera non riuscivo a lasciarlo andare. Adesso però basta, è tutto molto chiaro>> avrei rinunciato a lui. All’età di 32 anni suonati dovevo liberarmi di quell’amore non corrisposto e farmi una vita.
<< Ciao Sana. Addio Akito>> vidi Sana completamente disorientata, non aspettai che mi dicesse qualcosa, non degnai Akito di uno sguardo, girai sui tacchi e lasciai correndo la saletta della pizzeria.

AKITO:

Merda, Fuka aveva rovinato tutto. Sana fece per andare via, l’averi vista andare via, lontano da me a bordo di quella vecchia auto nera, non potevo lasciarla andare via così, sapevo che era sposata, sapevo di suo figlio, ma io non riuscivo ad andare avanti. Tsu arrivò in sala perplesso,
<< Ho visto Fuka…>> le sue parole morirono nello stesso istante in cui vide le nostre espressioni.
<< ok ragazzi, io e Aya andiamo, abbiamo pagato il conto per tutti>> Sana si offrì più volte di ripagare, almeno la sua parte.
<> disse scherzoso Tsu.
<< Va bene Tsu, allora la prossima volta tu ed Aya sarete miei ospiti>> ero sicuro che quelle fossero solo parole di circostanza, non ci sarebbe stata una prossima volta, almeno non per me.

SANA:

mi misi il cappotto, la sfuriata di Fuka non me l’aspettavo, e sinceramente non avrei nemmeno voluto assistervi. Dopo tutti questi anni stavo andando via di nuovo con le stesse domande di sempre, a cui, ora lo sapevo, non avrei mai avuto risposte. Mi precipitai fuori, verso il parcheggio. L’aria era decisamente fredda, entrava nei polmoni, mi sembrò di respirare per la prima volta in quella serata, come se avessi trattenuto il fiato per ore in apnea. Fei per entrare in macchina, mi sentì afferrare per il polso, quella era la seconda volta in una serata, mi girai, era Akito, il mio cuore perse un battito e il respiro mi si fece più affannoso, mi porse un casco.
<< Vieni con me>>
<< non posso Akito, mio Figlio mi aspetta>> quelle erano le uniche parole che mi tenevano salda, che non mi facevano cedere.
<< il piccolo Akito>> quando gli sentì dire quelle parole morì dentro.
<< già il piccolo Akito>>
< Akito mi guardava, uno sguardo indecifrabile.
<< Perché cosa?>>
<< perché lo hai chiamato Akito?>> ero emotivamente esausta.
<< davvero me lo stai chiedendo? – oddio non potevo crederci, ripetei - davvero me lo stai chiedendo? Davvero vuoi saperlo?>>
<< prendi il casco e vieni con me>> mi rispose con quel suo solito fare autoritario che lo rendeva molto affasciante, avevo il casco in mano non sapevo cosa fare, non riuscivo a resistergli, e poi volevo le mie risposte. Misi il casco e in silenzio lo segui.
<< tieniti>> salì in vespa, e mi aggrappai a lui, sentì il suo fisico scolpito sotto la giacca in pelle, dubitavo potesse tenerlo al caldo con quella temperatura, mi persi nel pensare a quanto fosse stato bello. i suoi capelli biondi che in quel momento fuoriuscivano da davanti al casco e sulla sommità del collo, erano leggermente troppo lunghi, gli occhi ambrati fissi sulla strada. Mi portò al parco giochi dove andavamo sempre da piccoli, ci sedemmo su una panchina.
<< perché sei venuta stasera? Dimmi la verità>> i suoi occhi lampeggiavano, come quelli di un animale selvatico pronto a lanciarsi sulla preda, m sentì sopraffatta. Era fatta, ormai dovevo vuotare il sacco.
<< perché non riesco più ad andare avanti, tu sei il mio fantasma, onnipotente e onnipresente e non ce la faccio più>>
<< come tu lo sei per me>>
<< non è quello che ti ho chiesto>> dissi
<< e allora cosa mi hai chiesto? Cosa vuoi sapere davvero da me>> Lo fissai inerme, fissai i suoi occhi d’ambra, le sue labbra, chissà perché avevano sempre un’aria imbronciata. Mi si avvicinò, e mi sentì mancare la terra sotto i piedi.
<< voglio saper perché scegliesti lei. Questa tua scelta mi ha fatto male, e continua a farmene>>
<< la verità è che avevo paura, paura che te ne saresti andate lasciandomi qui da solo ad aspettarti, come poi in realtà hai fatto ugualmente>>
<< ti è mai venuta l’idea che le cose sarebbero potute andare diversamente, se tu avessi scelto me?>> la mia voce era cresciuta di diversi ottavi, stavo quasi urlando, guardavo Akito sempre con quell’aria da duro come se niente potesse mai scalfirlo, mi guardava di rimando, poi qualcosa in lui cambiò.

AKITO:

<< Davvero mi stai chiedendo se ripenso a quella fottuta decisione? Cosa vuoi che ti dica adesso?>>
<< la verità>> rispose Sana.
Già Sana voleva la verità, ero disposto a dargliela? Se la meritava, ormai eravamo alla resa dei conti, anche se obbiettivamente cosa sarebbe potuto cambiare ormai? Mi guardava in attesa, l’unica cosa che avrei voluto in quel momento era soltanto abbracciarla e baciarla. Ancora una volta, forse l’ultima. Possibile che mi dovevo sempre ritrovare a rubare un bacio all’unica donna a cui invece non avrei voluto rubare nulla, avrei voluto che fosse lei a volerlo.
<< Allora>> mi esortò. Mi montò una rabbia incontrollata, alzai la voce.
<< cazzo Sana, ma come cazzo non capisci che sono arrivato alla soglia dei 33 anni da solo, pensando a te, pensando in continuazione che potrei esserci io al tuo fianco>>
<< perché in tutti questi anni non ti sei mai fatto sentire, le cose avrebbero potuto essere diverse>> ero furioso e quelle parole mi facevano male, cominciai ad urlare.
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<< no, come potevo, di punto in bianco scriverti per chiederti “eh scusa, ma è vero che stai con tizio?” alla fine che diritto avevo? Ma ogni volta che vedevo quelle foto mi ribolliva il sangue, ci stavo facendo una malattia>>
<< hai sbagliato, io ho provato a scriverti all’inizio>>
<< si, certo, per raccontarmi di Naozumi, di quanto fosse perfetto, e bravo e buono, ah e tra parentesi te lo dico stasera ha proprio esagerato, ha rischiato di prenderle>> Sana sorvolò sulle ultime parole, non era lì per Nao, era chiaro, sbottò…
<< e ti ricordi cosa ti dissi all’epoca? Che la storia con Nao stava naufragando, mai una volta ti è venuto il dubbio che te l’avessi detto per sentirti dire torna da me, o non ti preoccupare ci sono io per te?>> Rimasi sbigottito, mai una volta mi era passato per la testa e risposi con l’unica cosa che avrei potuto dire, la verità.
<< no, mai. Ero convinto che ti stessi vendicando per Fuka, che perché tu lo sappia ho lasciato dopo che partisti, è sempre stata una copertura per non trattenerti qui e farti inseguire i tuoi sogni>> Vidi nei suoi occhi una strana luce, odio? Disperazione? Comprensione? Non lo capì finché non parlò.
<< ma tu non ci stai con la testa, secondo te sarei così meschina da scriverti per vendetta?>> sentivo la delusione nella sua voce.
<< eri arrabbiata>> cercai di giustificarmi.
<< si e lo sono ancora, a causa tua non riesco ad andare avanti, e adesso non me lo posso permettere, ho un figlio e un marito e non si meritano questa parte di me>> Era la prima volta che lo ammetteva, quelle parole furono come ricevere un proiettile in pieno petto.
<< e tu pensi che questo io non lo sappia- sbottai- guardo ogni singola foto, storia o minchiata che pubblichi, facendomi del male da solo.>>
<< lo so, lo vedo, e continuo a pubblicare nella speranza che tu guardi>>
Rimasi esterrefatto da quelle parole, come eravamo arrivati a quel punto? Come facevamo ad essere così tanto orgogliosi e tossici l’un per l’altra.
<> non sapevo che dire per non complicare di più le cose, ma ci pensò lei. ******************************************************************************************************************************************************************************************************************************
spero di non essermi persa dialoghi per strada, giuro che l'ho riletto mille volte, e modificato altrettante. bhe che dire direi che in questo capitolo ci sono delle evoluzioni, che ne pensate? mi state odiando per lo sviluppo della storia tra akito e sana? dite la verità XD bhe spero vi piaccia. alla prossima, o meglio al prossimo capitolo, mancano per la precisione 3 capitoli alla fine ;)  

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Capitolo 6
*** La quiete prima della tempesta ***


Cap 6. LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA.
SANA:
<< ti sogno ogni notte, anche se al mio fianco c’è un’altra persona, penso in continuazione a come sarebbe stare con te invece che con lui, ma adesso basta devo proteggere quello che sono riuscita a costruire nonostante il tuo fantasma>> mi interruppe…
<< perché lo hai chiamato Akito?>>
<< perché forse era l’unica cosa che lo collegava a te, senza farmi male. Dovevo dare un nuovo volto al mio Amore, corrisposto sano, che dipendesse solo da me.>>
Akito lanciò il casco che aveva in mano, produsse un rumore cupo e assordante, mi venne vicino e io sentì il suo profumo, sapeva di agrumi.
Già il suo essere si rispecchiava appieno in loro, aspri ma che se sai dosare possono essere terribilmente buoni, dissetanti ed elettrizzanti, e li continui a cercare, nonostante sai siano un misto di piacere e dolore.
Mi prese per le spalle e mi guardò dritta negli occhi era arrabbiato, frustrato, arreso.
<< sono un coglione, magari adesso quel bambino potrebbe essere anche mio>>
Quelle parole mi sconvolsero, mi lasciarono senza fiato, svuotata, avrei voluto stringere Akito, baciarlo, aggrapparmi disperatamente al suo petto.

AKITO:

Le parole che dissi probabilmente furono un ordigno esploso, la sentì svuotarsi sotto le mie mani, la guardavo sperando disperatamente che dicesse qualcosa, qualunque cosa, ma tacque per un tempo ce parve eterno. Il suo sguardo era fisso su di me, i suoi occhi inchiodavano i miei, e leggevo nel profondo il tormento.
<< siamo due idioti patentati>>
<< e adesso?>> dovevo saperlo, non potevo lasciarla andare via così, dopo tutti questi anni.
<< e adesso niente, ci rimane solo la magra consapevolezza, che sarebbe potuto e dovuto essere quello che non è mai stato, e non sarà mai. non è colpa di nessuno, eravamo troppo piccoli, immaturi e ingenui per affrontare una storia come la nostra, e poi troppo orgogliosi per risolvere il casino che avevamo combinato>>
Il nostro filo rosso si stava recidendo così, perché lei lo aveva deciso, o forse non era mai stato legato alle estremità dei nostri mignoli.
Guardò l’orologio era tardi lo sapevo.
<< mi riporti alla macchia?>> continuai a guardarla, non potevo permettere finisse così.
<< si, certo>> le mie mani senza che me ne fossi accorto erano scese sulle sue, la lasciai andare, abbandonando quel contatto, recuperai il casco che avevo lanciato poco prima, tutto sotto i suoi occhi cioccolato.
Misi il casco in testa, il mio umore era a terra, mi sentivo sospeso in un limbo.
avviai il motore della mia vespa per riportarla indietro.
Fissavo la strada ma la mia testa vagava, passai tutto il tempo del tragitto ad escogitare qualcosa per non lasciarla andare via così, lontana da me per sempre, mentre la sentivo appoggiata alla mia schiena per proteggersi dal freddo e per non cadere.
Potevo fare una strada diversa, allungare il percorso, andare più piano…. Non lo feci.
Arrivammo al parcheggio della pizzeria che tanto amava, riconobbi la macchina di Sana, e in lontananza vidi anche quella di Tsu, era proprio un buon amico pensai.
Spensi la vespa, lei scese e anch’io mi tolsi il casco e lei mi restituì il suo. Mi guardò in silenzio e io guardavo lei, sicuro che non l’avrei più rivista, non avrei più sentito il sui profumo di gelsomino, era sempre lo stesso come ricordavo. Avrei dovuto dimenticarla per sempre questa volta, avrei voluto prendere a pugni qualcosa.
mi sentivo stranamente tranquillo, una calma apparente, ma sapevo che prima o poi sarei esploso, e sarebbe stato distruttivo, era come descrivere un
uragano, sentivo di essere nell’occhio del ciclone, ero consapevole che sarebbe passato lasciando dietro di sé solo macerie.
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ mini capitolo questo lo sò, ma sono tornata a lavoro e non ho più nemmeno il tempo di respirare, comincia il conto alla rovescia - 2 alla fine, intanto aggiungo i dialoghi mancanti dei vecchi capitoli.

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Capitolo 7
*** e tutto poi successe ***


Cap. 7 – E poi tutto successe.

Akito:

Spensi la vespa, lei scese e anch’io mi tolsi il casco e lei mi restituì il suo. Mi guardò in silenzio e io guardavo lei, sicuro che non l’avrei più rivista, non avrei più sentito il sui profumo di gelsomino, era sempre lo stesso come ricordavo. Avrei dovuto dimenticarla per sempre questa volta, avrei voluto prendere a pugni qualcosa. mi sentivo stranamente tranquillo, una calma apparente, ma sapevo che prima o poi sarei esploso, e sarebbe stato distruttivo, era come descrivere un uragano, sentivo di essere nell’occhio del ciclone, ero consapevole che sarebbe passato lasciando dietro di sé solo macerie.

Sana:

Lo guardavo e non sapevo che fare, andavo via con in mano un pugno di mosche, con la consapevolezza di tutto ciò che eravamo stati, e sempre saremmo stati l’uno per l’altra. Adesso avrei dovuto chiudere definitivamente quella porta che dava sul mio passato, che era sempre rimasta spalancata, come se i cardini fossero rotti inceppati, incapaci di ruotare su sé stessi per chiudersi. << Sei felice?>> Akito ruppe il silenzio, inaspettatamente. Riuscì a rispondere, in maniera forse più pragmatica di quanto volessi
<< ho una felicità amara, circoscritta, avrei cambiato tante cose probabilmente…>> mi interruppe.
<< sei felice?>> lo ero? Non sapevo cosa rispondere, ovviamente la mia era una felicità velata, forse solo apparente, come si poteva essere felici quando il cuore e la mente erano divisi a metà, e correvano immaginando un presente e un futuro che non era come te lo immaginavi, o volevi. Quello che volevo era una vita tranquilla, costruirmi una famiglia con un uomo che mi amava, avere dei bambini. e io ero riuscita a costruirmi quella vita, solo che nessuno mi aveva detto che la felicità non sta nella parvenza di ciò che la società impone come giusto, felice, una vita apparentemente perfetta, la vera felicità era assecondare il cuore, e non avere rimpianti. Però forse da quel momento in poi sarei riuscita ad esserlo, essere stata sincera con lui, e soprattutto con me stessa, essere riuscita a dirgli quello che provavo, e come mi ero sentita per quasi 20 anni, stava forse dando un’altra luce e prospettiva a quello che ero, a quello che poteva essere da ora in poi, ma dovevo chiudere definitivamente con il passato, per vivere meglio il futuro. Presi il coraggio a due mani, feci un profondo respiro e mi avvicinai ad Akito, respirai a pieni polmoni il suo profumo, non potevo più resistere, lo abbracciai, inizialmente sentì il suo corpo irrigidirsi, rimase completamente fermo, immobile, probabilmente non se lo aspettava, lo avevo preso contropiede, sentì un tonfo. Akito aveva fatto cadere i caschi che ancora aveva in mano e mi abbracciò di rimando, così forte da lasciarmi senza fiato, così forte da far fuoriuscire tutta l’aria che avevo incamerato nei polmoni, così forte da farmi rendere conto che avevo trattenuto il respiro in ansia per quel gesto, avventato che avevo compiuto. Mi persi tra le sue braccia respirando il suo inconfondibile sentore di agrumi. Improvvisamente si allontanò, si staccò da quel contatto, da quell’unione che tanto avevo bramato in tutti quegli anni, una mano rimase poggiata ad un fianco, poggiò l’atra sotto il mento, sollevandolo verso l’alto, mi costrinse a guardarlo negli occhi, oro e cioccolato si fusero, ero incapace di muovermi, di pensare, di proferire parola. C’eravamo solo io e lui, il resto del mondo chiuso fuori. per l’ennesima volta mi rubò un bacio, dire che mi rubò era sbagliato, avevo capito benissimo le sue intenzioni, e avrei potuto spostarmi o respingerlo, ma non lo feci, perché lo volevo anch’io, avevo bisogno di quel bacio per ricominciare a vivere. Fu un bacio lungo, dapprima leggero quasi timoroso, solo labbra che si fioravano, poi diventò profondo passionale, le nostre lingue si cercarono, affamate, cercarono di scavare sempre più in profondità le nostre anime. Le mie mani erano aggrappate al suo petto graffiando superficialmente la sua pelle. Le sue erano ancorate ai lati del mio viso, lo sentivo ansimare, e trattenersi, per non spingersi oltre, sapevo che se avesse colto in me un minimo cedimento e segno di assenso non sarebbe finita lì. una delle sue mani scese fino alla curva della mia schiena e mi attirò più vicina a sé, stringendomi forte, i nostri corpi combaciavano inesorabilmente, potevo sentire ogni minimo tendine o muscolo tendersi, ogni respiro ogni battito del suo cuore, che era accelerato tanto quanto il mio, il tutto per cercare di resistere e non cedere alla volontà nei nostri corpi, che indubbiamente volevano altro. Quel bacio ci svuotò di tutto quello che eravamo e che non eravamo stati, un bacio che entrambi sapevamo si sarebbe tranquillamente trasformato in qualcosa di più profondo, ma quel qualcosa sicuramente mi avrebbe fatto pentire amaramente delle mie azioni. Mi scostai da lui il più delicatamente possibile, nei suoi occhi lessi la disperazione.
<< e tu sei felice?>> gli chiesi, non ricevetti risposta e allora lo incalzai
<< avevo bisogno di questo per andare avanti, Akito ti ho amato davvero tanto, e probabilmente continuerò a farlo per sempre, ma ora potrò andare avanti davvero, addio Akito, Buona vita>>

Akito:

dopo essermi sciolto dal suo inaspettato abbraccio, perché ammettiamolo non mi sarei mai immaginato di poter arrivare a quell’epilogo, le sollevai il mento costringendola a guardarmi negli occhi, ci leggevo solo sofferenza, volevo farla sparire, non volevo che soffrisse guardandomi, così feci l’unica cosa che mi passo per la testa per farla dissolvere, la baciai non potevo fare altrimenti. Per l’ennesima volta mi trovai a rubarle un bacio, come da bambini, solo che questa volta stavo rischiando il tutto per tutto, lei avrebbe potuto evitarlo, sapeva quello che stavo per fare, ma non lo fece, non si scansò, rimase lì ferma in attesa, con gli occhi puntati sui miei. Fu un bacio che mi procurò grande sofferenza, ero combattuto, sapevo che non era mia anche se lo avrei voluto con tutto me stesso, probabilmente avrei venduto l’anima al diavolo per averla. Le nostre labbra si assaggiarono piano inizialmente, poi sentì le sue dischiudersi, ero indeciso se rendere il nostro bacio più profondo, stavo soffrendo come un cane, decisi di non pensare ad altro se non a lei, a noi. La mia lingua si insinuò tra le sue labbra, trovando però subito la sua ad accogliermi, le nostre lingue si intrecciarono si assaporarono, per la prima volta nella vita, ero bramose di invadere l’intimità reciproca. Le mani strette sul suo viso. Poi decisi che volevo di più, una mano scese all’altezza della sua schiena, e la tirai a me stringendola forte, inutile dire che non mi sarei fermato lì, la volevo la desideravo con tutto me stesso,, anche se sapevo quanto fosse sbagliato, ma non mi importava, in quel momento eravamo solo io e lei, finalmente aggiungerei, mi trattenevo a stento, nella mia testa combattevano la coscienza, che mi urlava di fermarmi che non dovevo e non potevo fare quello che avrei voluto, in contrapposizione l’istinto primordiale, il desiderio di farla mia, era sempre stata mia e sempre lo sarebbe stata. Quando finalmente decisi che avrebbe vinto l’istinto, Sana si scosto delicatamente guardandomi, ero incredulo, arrabbiato frustato, perché? Perché mi stava allontanando?
<< e tu sei felice?>> davvero me lo stava chiedendo proprio in quel momento? non sapevo proprio, cosa dirle… si? No? In parte? Non ancora? Se non avessi interrotto il nostro bacio può essere…. Non ricevendo risposta continua a parlare, io continuavo a guardarla tra la disperazione e il cagnesco.
<< avevo bisogno di questo per andare avanti, Akito ti ho amato davvero tanto, e probabilmente continuerò a farlo per sempre, ma ora potrò andare avanti davvero, addio Akito, Buona vita>>.

Sana:

lo guardai a lungo in silenzio, cerco di dire qualcosa, ma lo zittì, nella mia testa ero apposto così, se volevo chiudere quella storia, non potevo ascoltare nulla. salì in macchina, accesi il motore della mi Mazda nera, lanciai un’ultima occhiata ad Akito che era rimasto lì fermo davanti alla sua vespa a guardarmi. Mi avviai verso casa, feci una gran fatica a guidare, i miei occhi continuavano a riempirsi di lacrime, dovetti fermarmi più volte. Quella notte nel buio della mia vecchia auto piansi tutte le mie lacrime. Una volta parcheggiata l’auto in garage mi diedi un contegno feci un respiro profondo, ed entrai in ascensore, mi guardai allo specchio, avevo un aspetto orribile, avevo gli occhi lividi, gonfi e rossi, per il troppo pianto, i capelli scompigliati, ma nessun segno visibile di quello che c’era stato tra me ed Akito. Aprì piano la porta di casa, era avvolta nel buio e nel silenzio, ero contenta che nessuno dei miei uomini di casa potesse vedermi in quello stato, mi diressi verso il frigo e lo guardai per un tempo che sembrò infinito, poi senza pensarci troppo, aprì il freezer presi il pupazzo di neve e lo misi nella vasca del lavello, accarezzandolo gli disse mentalmente addio. Con calma mi spogliai mi lavai il viso e andai in camera da letto, trovai mio figlio Akito e mio marito che dormivano nel lettone, mi sdraiai accanto al piccolo, lo baciai e senza nemmeno accorgermene mi addormentai sfinita. Per la prima volta dopo anni non sognai Akito.

Akito:

Le parole di Sana mi spezzarono, qualcosa si ruppe dentro di me, non volle nemmeno sentire quello che avevo da dirle, ma alla fine cosa potevo dirle? Che per me non era abbastanza quel bacio, che volevo di più e che sì, l’amavo terribilmente anch’io, l’avevo sempre amata, e lo avrei fatto per sempre. Ma non avevo avuto abbastanza coraggio per dirle quelle cose quando ancora ero in tempo… la guardai salire in macchina e allontanarsi per sempre dalla mia vita. in quel momento mi venne in mente una canzone, l’avevo senta una sola volta, ma mi era rimasta dentro, perché descriveva alla perfezione quello che ero… “allora quindi è vero? È vero che ti sposerai? Ti faccio tanti tanti cari auguri…E se la scelta è questa, è giusta lo sai solo tu, È lui l'uomo perfetto che volevi e che non vuoi cambiare più. Se avessi più coraggio quello che io ti direi che quell'uomo perfetto che volevi tu non l'hai... capito mai. Io sarei pronto a.… cambiare vita a.… cambiare casa a.… fare la spesa e fare i conti a fine mese a... 'la casa al mare a... 'd'avere un figlio... un cane.”

Tsu:


Avevo visto più di quello che avrei voluto, ma sapevo che dopo questa sera il mio amico avrebbe avuto bisogno della mia presenza più che mai, aspettai che sana si allontanasse per uscire dalla mia auto.
<< tutto ok?>> guardavo Akito, e non sembrava affatto stupito di vedermi, come se si aspettasse che sarei rimasto lì ad aspettarlo, finché non avesse avuto bisogno di me.
<< l’ho persa Tsu, l’ho persa per sempre>> non volevo farlo soffrire più di quanto non lo stesse facendo già da solo, ma dovevo svegliarlo da quella situazione letargica. Decisi di essere un po’ più brusco di quanto volessi realmente.
<< Amico non l’hai mai avuta, solo adesso potrai fartene una ragione>>
<< no Tsu, in realtà ci siamo sempre posseduti l’un l’altro, ma è finita. È davvero finita Tsu?>>
<< Si Akito, così pare, lo avete scelto voi>>
<< no lo ha scelto lei>>
<< chiunque sia stato, è finita>> Lo sentì ridere, una di quelle risate isteriche che si fanno quando non si ha più nulla da dire. Lo caricai in macchina non era in grado di guidare, si sarebbe schiantato saremmo passati a prendere la vespa il giorno dopo, sapevo che la sua vespa non l’avrebbe mai abbandonata, ma non protestò voleva dire che era veramente a pezzi. Il giorno seguente avrebbe anche avuto la gara, ma dubitavo l’avrebbe spuntata, era uno straccio.

Akito:

<< Tutto ok?>> Tsu comparve alle mie spalle dopo un paio di minuti, sapevo che era lì, stava solo aspettando il momento giusto per venire in mio soccorso, avevo bisogno di un sostegno in quel momento, ero completamente sconfitto, svuotato, la tempesta era passata, il ciclone era passato, ma portava il nome di Sana, e aveva lasciato dietro a se macerie e distruzione, e quelle macerie non erano altro che i cocci del mio cuore, della mia esistenza, di quello che era stato Akito. Guardai il mio amico sconvolto, spaesato, smarrito
<< l’ho persa Tsu, l’ho persa per sempre>>
<< Amico non l’hai mai avuta, adesso potrai fartene una ragione>> non mi aspettavo quella risposta aspra
. << no Tsu, in realtà ci siamo sempre posseduti l’un l’altro, ma è finita. È davvero finita Tsu?>> non riuscivo a crederci, non volevo crederci.
<< Si Akito, così pare, lo avete scelto voi>> << no lo ha scelto lei>>
<< chiunque sia stato, è finita>>. Già chiunque sia stato, ma non cambiava il fatto che lei aveva deciso per entrambi, mi sentivo come se fossi stato lasciato, dopo una lunga relazione, in cui avevo amato e dato il tutto per tutto, in teoria dopo aver chiuso una relazione, ti lecchi le ferite, ma poi sei in grado di ricominciare a vivere, forse è per quello che Sana non ha voluto sentire nulla prima di andar via. Lei stava chiudendo la nostra storia per riuscire ad andare avanti. C’era poco da fare, era sempre una spanna sopra. Tsu mi fece salire in macchina e mi portò a casa, sapeva che non avrei avuto la forza e l’attenzione per tornare illeso, avrei dovuto lasciare lì la mia vespa, ma in quel momento non mi importava. Sarei tornato a prenderla. Il giorno dopo avrei avuto la gara di karate e avrei potuto sfogarmi, di tutta la frustrazione che stavo provando. Nel frangente in cui Tsu accese la macchina partì l’intro di una canzone alla radio “Le donne lo sanno c’è poco da fare c’è solo da mettersi in pari col cuore lo sanno da sempre lo sanno comunque per prime Le donne lo sanno che cosa ci vuole…” Davvero? Ma cos’è? Lo fanno apposta, guardai di traverso Tsu, che senza dire una parola spense la radio e rimanemmo in silenzio, io con la testa appoggiata al sedile, perso nei flash che avevo di quello che era stato con Sana, e della sensazione che il suo corpo aveva lascito tra le mie mani.
<< ciao Tsu, ti chiamo domani dopo la gara>>
<< ciao Akito, mi raccomando domani spacca>> Sorrisi al mio amico chiusi la portiera e mi diressi a casa. Mi buttai a letto senza nemmeno spogliarmi, rimasi vestito, e mi addormentai subito sfinito dalle troppe emozioni e per tutto quello che era finalmente, successo. Nel bene e nel male.

Il giorno dopo:

Akito:

pling pling, il trillo di un messaggio, lo avrei letto dopo la gara, ma la curiosità era davvero tanta, decisi solo di guardare chi lo inviava, non potevo crederci…

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Holaaaa, per farmi perdonare del super mini mini capitolo precedente ho aggiornato rapidamente, aggiungendo un altro capitolo, che ve ne pare? a volte non sempre finisce bene o nel modo che ci si aspetta.... e poi a volte ritornano..... :P non voglio anticiparvi nulla del prossimo e ultimo capitolo. bacini

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Capitolo 8
*** l'alba di un nuovo giorno ***


CAP. 8 – L’alba di un nuovo giorno 


​Akito:

pling pling, il trillo di un messaggio, lo avrei letto dopo la gara, ma la curiosità era davvero tanta, decisi solo di guardare chi lo inviava, non potevo crederci…
<< In bocca al lupo per la gara, so che vincerai tu. Tua Sana.>> Il cuore fece una capriola dentro il petto, non mi aspettavo un messaggio da lei, non di quella portata, e dopo tutto quello che era successo, e poi come faceva a saperlo? Io di sicuro non le avevo detto nulla, eppure lo sapeva. Risposi quasi subito.
<< Grazie, ce la metterò tutta.>>
<< ne sono certa>> non risposi, non potevo, dovevo salire sul Tatami, e disputare la gara. Nel breve percorso che mi portò dallo spogliatoio al tatami di gara mi concessi di rivivere ciò che era avvenuto la notte prima con Sana, le confessioni, l’abbraccio il bacio, dio ogni volta che lo visualizzavo un fremito primordiale si impossessava del mio essere. Il cuore cominciava a battere forte e la voglia di averla corpo e mente, si ripresentava prepotente. Poi quella sua marcia indietro, improvvisa, brusca, il dolore quasi fisico, infine il suo Addio. Risuonavano ancora nelle mie orecchie le sue parole
“addio Akito, buona vita” rabbia e frustrazione si diffusero in me.
<< Mi raccomando, niente colpi bassi, nessuna mossa sleale. Che l’incontro abbia inizio e vinca il migliore>> .
La presentazione dell’arbitro mi fece ridestare dal mio torpore. Studiavo il mio avversario, avevamo circa la stessa età, anche la corporatura era pressappoco la stessa, forse aveva un po’ più di massa rispetto a me. Notai che stava sulla difensiva, pugni alti davanti al viso, probabilmente mi stava studiando anche lui.
“Addio Akito, buona vita”. rabbia assordante, oscura e totalizzante. Mi parti un pugno, forte ben assestato, colpì in pieno viso il mio avversario, che sicuramente non si aspettava una mossa tanto repentina e improvvisa.
“Addio Akito, buona vita” questa volta la frustrazione mi annebbio completamente, ero manovrato dagli avvenimenti della sera prima, e il mio stato d’animo si stava riversando nell’incontro, sferrai l’ennesimo attacco, un combinato calcio rotato con pugno finale colpì nuovamente il bersaglio.
“Addio Akito, Buona vita” la mia mente focalizzo una macchina, una macchina nera che si allontanava con a bordo il mio unico vero Amore. Un dolore accecante alla mascella, e un sapore metallico e caldo in bocca mi ridestarono dal mio stato di assopimento. Maledizione, non ero per nulla concentrato, la mia attenzione era altrove per quanto provassi a tenere fuori Sana, lei prepotentemente si riaffacciava.
“ Addio Akito, Buona vita” no non potevo sopportarlo, mi avvicinai di scatto all’avversario, probabilmente pensava di avermi messo al tappeto con la sua mossa era convinto di avere la vittoria in pugno, ma non era così, lo colsi di sorpresa probabilmente una mossa così repentina era fuori dall’idea che si era fatto di me, della gara che stavo conducendo fino a quel momento, i miei colpi non erano stai forti e incisivi, un’ira devastante si fece strada in me, raggiungendo il cuore facendomi provare un bruciore intenso nel petto, quel calore, quel fuoco si irradio fino alle mie braccia, alle mie mani, una raffica di pugni partirono senza che me ne rendessi conto, colpirono l’avversario che avevo di fronte.
<< Stop. Ok il vincitore è Hayama Akito>> Cosa? Avevo vinto così? Era la prima volta che vincevo senza essermi nemmeno accorto di aver partecipato. Mi passai il dorso della mano sulla bocca per asciugare il sudore. Riportandola al suo posto era sporca di sangue, probabilmente il labbro rotto, capì che quello che avevo sentito prima era il gusto del sangue, sale e ferro, anche quello era passato in sordina prima. Sana questa vittoria la dedico a te, anche se non lo saprai mai. Tornai in spogliatoio, esausto, più per i brutti scherzi che mi aveva giocato la mente in un momento in cui avrei dovuto essere concentrato, che per l’incontro in sé. Presi il cellulare, cosa volevo fare? Condividere con lei la mia vittoria? Non potevo e non dovevo farlo. Rimasi però deluso quando non vidi nessuna notifica sullo schermo, speravo forse che Sana mi chiedesse l’esito dell’incontro. Non lo fece.
<< Palestra Hayama, buon giorno, sono Tsuyoshi, mi dica>>
<< Tsu, sono io, certo che potresti pure controllare chi chiama prima di rispondere… Ho vinto>>
<< Oh Akito, grandioso, se devo essere sincero non ci speravo>>
<< ah no? Ottimo, sei proprio un amico>>
<< Dai Akito non prendertela, ieri quando ti ho lasciato a casa eri peggio di uno straccio vecchio usato e logoro, ero convinto che le avresti prese di santa ragione anche sul tatami. >>
<< no eh, ma non prendertela, fanculo Tsu>> interruppi di scatto la chiamata, infastidito, beh forse nemmeno più di tanto, visto che sapevo che aveva pienamente ragione. Il labbro rotto ne era la dimostrazione, finora non avevo mai, e dico mai permesso a nessuno di colpirmi fisicamente... Nessuno ci era mai riuscito… ripensai ai messaggi ricevuti e credetti che Quella fosse “l’alba” di un nuovo giorno. Forse adesso anche io avrei potuto voltar pagina, sapendo che lei ci sarebbe sempre stata, solo in maniera differente.


SANA:

Inviai quel messaggio senza nemmeno riflettere, come se fosse la cosa più giusta e normale del mondo, dopo tutto quello che era successo poi.
<< In bocca al lupo per la gara, so che vincerai. Tua Sana>> chissà se lo avrebbe letto in tempo, che poi diciamocelo ero venuta a sapere della gara sbirciando, anzi no proprio spiando i calendari della palestra, facendo peraltro molta fatica per trovare la sezione dedicata, era un allegato sperduto nei meandri della pagina web. Comunque non mi aspettavo nessuna risposta, ma arrivò, rapida. Mi sbagliavo, come sempre. Su Akito non potevo proprio fare pronostici, da lui potevi aspettarti una cosa e poi puntualmente ne faceva sempre un’altra.
<< Grazie, ce la metterò tutta>> una risposta veloce, ma era più di quello che mi aspettavo, e poi si stava preparando per la gara.
<< ne sono certa>> questa volta sperai in una risposta che non arrivo. Aspettai con trepidazione l’esito della gara, ma nemmeno quelli arrivarono. Non potevo farci nulla, Akito era un libro dalla copertina bellissima e invitante, ma difficile da leggere, richiedeva impegno bisognava essere concentrati solo ed esclusivamente sul contenuto per capirlo. Sconfitta da quella sua assenza, decisi di chiamare la mia amica Miwaki, riflettendoci a fondo non era cambiato nulla in fondo, la sua assenza era sempre un vuoto pesante da colmare. Miwaki rispose al secondo squillo
<< Hola, Allora Sana racconta>> era sempre pronta ad ascoltarmi, in più sospettavo che la mia storia con Akito la divertisse.
<< Hola, Miwaki, da dove vuoi che cominci?>>
<< Beh ovvio dal principio>> sospirai, non avrei potuto omettere nessun dettaglio, se ne sarebbe accorta anche per telefono. Così cominciai, le raccontai di Nao, della scenata di Fuka
<< E bravo Nao, è proprio un bravo ragazzo, posso dirti però che Fuka mi fa un po’ pena? L’avete sfruttata e umiliata fino alla fine, siete perfidi il fine non giustifica mai i mezzi, anche se in amore è come essere in guerra, soprattutto voi due sembrate davvero in guerra>> non l’avevo mai vista sotto quel punto di vista, ma del resto lei riusciva a vedere cose che a me erano completamente invisibili. Passai a raccontarle del giro in vespa, del parco della furiosa discussione avuta con Akito, che però poi aveva dato vita alle numerose confessioni. Una tra tante il motivo della scelta del nome di mio figlio, i suo sbottare e imprecare sul fatto che quel bambino potesse essere suo.
<< Aspetta, aspetta davvero ti ha detto così?>>
<< già i ha spiazzata, era una cosa che proprio non mi aspettavo, non ero pronta e tantomeno preparata ad un’affermazone del genere>>
<< Beh si ci credo, chi lo sarebbe, ma va avanti continua>> Le raccontai dell’abbraccio, che pensavo avrebbe messo la parola fine alle discussioni e alla serata, invece aveva dato solo inizio ad un bacio, un bacio sofferto, disperato e totalizzante.
<< cooooosa? - stava urlando incredula- e allora come bacia?>>no, non era incredula era solo curiosa come una bertuccia.
<< Miwa, ma davvero?>>
<< oh sì, andiamo Sana voglio saperlo, è il minimo>> Esasperata dalla piega che stava prendendo la chiamata, risposi in maniera da non dare una vera e propria risposta.
<< Secondo te?>>
<< mmmm, secondo me è una bomba>> la sentì ridere di gusto, sapevo che stava cercando di sdrammatizzare la situazione.
<< il problema è che stava per finire male, non so come sono riuscita a fermarmi, e non cedere alla tentazione di averlo fatto mio, in tutto e per tutto>>
<< Sana, lo sai che te ne saresti pentita per tutta la vita, un bacio è una cosa, per quanto sia appassionato e totalizzante, ma fare l’amore con quel uomo, ti avrebbe bruciato l’anima, facendola precipitare all’inferno senza possibilità di ritorno>>
<< Si, lo so hai ragione. Comunque fingo che tra di noi sia finita, piuttosto che avere sempre il tarlo che sarebbe potuto essere. Altrimenti non riuscirei ad andare avanti e allora tutti i miei sforzi sarebbero stati vani>>
<< Se questo ti aiuta va bene, ma non dimenticarti che tuo marito ti ama, e farebbe qualsiasi cosa per non farti mancare nulla. E poi c’è il piccolo Akito>>
<< Si certo, so anche questo.>> Peccato che quello che ni mancava era quel sentimento assoluto e appagante che avrebbe colmato ogni attimo della mia vita, ogni centimetro del mio essere... non diedi voce a quel pensiero, mi faceva troppa paura.
<< E adesso come siete rimasti?>>
<< e adesso niente, gli ho detto addio, non so se lo sentirò ancora>>
<< Beh direi che è meglio per entrambi se non vi sentite più, e ti direi di bloccarlo sui tuoi social, sai occhio non vede…>>
<< ma no dai, alla fine non fa nulla di male>> Il silenzio di Miwa mi fece capire che non era per nulla d’accordo, così decisi di non dirle che avevo mandato un messaggio ad Akito quella stessa mattina augurandogli buona fortuna per la gara di Karate.
<< Sana, scusa devo andare, mi richiamano sul set, ci sentiamo presto, mi raccomando, non fare cretinate. Salutami il maritino e la piccola canaglia>>
<< Certo Miwa, a presto e buon lavoro>> Quella chiamata mi aveva fatto capire definitivamente, senza ombra di dubbio che alla fine poco era cambiato.


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No questa non è la fine, sò che avevo detto che questo capitolo sarebbe stato l'ultimo, ma ho avuto un lampo creativo dell'ultimo momento, per la verità ci ho riflettuto, e mi sembrava che mancasse qualcosa prima del finale, che sarebbe stato scontato altrimenti..... ovviamente la fase di stesura  è stata un pò più lunga del previsto, spero vi piaccia. una piccola richiesta, a tutte le lettrici che leggono la mia ff, vi chiedo se riuscite di  lasciare una recensione sono utili, al fine di migliorare o aggiungere qualcosa, alla quale magari non avevo pensato, siete spunto e ispirazione. grazie  a tutte. a presto, (ma forse non proprio tanto adesso vado in ferie un pò) per l'ultimissimo, e questa volta per davvero ultimo capitolo. 

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Capitolo 9
*** tutto si trasforma ***


9-Tutto si trasforma
Akito:
Ok con Sana ci siamo “lasciati” a nostro modo, ma inutile dire che spesso penso ancora a lei e so che la cosa è reciproca, fatico a non sentirla, e trovo ogni pretesto per scrivere un messaggio nella chat di gruppo, Già perché La sera della cena di classe, tutti ci scambiammo i nuovi numeri di cellulare, alcuni di noi non li avevano mai più cambiato dai tempi delle medie e Aya decise di creare un gruppo WhatsApp, in cui anche Sana era presente.
10 Maggio h. 10:00
<>  aspettavo trepidante una risosta, arrivò dopo poco tempo, ma non nel gruppo.
<< lo dici per esperienza provata? ; P >> Sempre la solita, non si smentisce mai.
<< ovviamente no, come stai?>>
<< Bene dai, sono con il mostriciattolo a casa da sola, tu come stai?>>
<< solito, mi alleno e preparo gare per me e i miei ragazzi…che fa il piccolo Akito?>>
<< Vedi di non prenderne troppe…>> Arriva una foto, un bimbo immerso nei giochi seduto per terra, tra le gambe di mamma, ovviamente il piccolo Akito. Un leggero male al cuore e un velo di tristezza.
<< Sai che non le prendo mai>> non era vero l’ultima volta mi avevano spaccato un labbro a causa sua, beh più o meno era colpa sua, aggiunsi
<< Ma poi tutto quel caos lo sistema?>>
<< certo, come no, a suon di minacce>> Rido al pensiero di Sana e dei suoi modi soavi di minacciare. Quel giorno andammo avanti a scriverci fin quasi sera, lei era un fiume in piena, mi arrivarono molte foto, io ne inviai solo una. Tornammo anche sull’argomento “Akito-Sana”, quello fece male ad entrambi.
<< Lo sai che se fossi da sola, starei con te>>
<< scema>>
<< perché?>>
<< così>>
<< Tsu e Aya?>> cambiò discorso.
<< Ah loro bene, sai convivono>>
<< ma dai? Sai Nao è diventato papà>> Anche lui era riuscito ad andare avanti.
<< Davvero? Ma pensa solo io sono ancora da solo>>
<< lo scapolo d’oro>> non mi vedevo assolutamente così.
Che triste verità, però ormai non c’era più nulla da fare. La conversazione finì con una foto di pizze, e la sensazione di vuoto e solitudine. La sentì nuovamente un mese dopo. Se non altro avevo guadagnato di sentirla di più.

Sana:

Avevo acquistato 2 vespe, ed erano arrivate dall’Italia da un paio di giorni, le fotografai e inviai la foto ad Akito.
<< wow che meraviglia, sono 2 gioiellini>>
<< vero? Dopo aver visto la tua ho deciso che la volevo anche io>>
<< non male come scelta, come stai?>>
<< bene siamo a casa dei suoceri, tu?>>
<< sono a casa di mio padre, con mia sorella e i miei nipotini>>
Non sapevo fosse diventato zio, era sempre così difficile farsi raccontare di lui, dovevi estorcergli le cose.
<< ok, allora ti lascio tranquillo, ci sentiamo>>
<< vediamoci prima o poi>>
Questo messaggio mi lasciò molta inquietudine, non pensavo di rivederlo ancora, ma ora quel messaggio mi aveva messo voglia di rivederlo.
<>.
 Tra noi le cose erano andate nel modo peggiore possibile, ma ci eravamo riavvicinati, e questo mi bastava, dovevo farmelo bastare, ero consapevole che saremmo sempre stati legati in un modo o nell’altro. Un intreccio di vite sospese, almeno tre. la mia la sua e quella di mio marito, che nulla sapeva o sospettava, Anche se lo avevo adorato sin dal primo momento, Akito rimaneva sempre nel mio cuore, radicato profondamente, come si dice il primo amore non si scorda mai, aimè.

Akito:

Qualche tempo dopo Sana organizzo una festa nella sua nuova casa alla periferia di Tokio, in mezzo alla campagna. Sospettavo l’avesse fatto per ripagare la cena che Tsu le aveva offerto a sera della rimpatriata. Ignorai il motivo che mi spinse ad accettare l’invito. Mi ritrovai nel giardino di casa sua circondato dalle persone che conoscevo da una vita. Aveva invitato tutti, beh non proprio tutti Fuka era stata esclusa, la cosa stranamente mi sollevò, non avevo voglia di vederla, non dopo la scenata in pizzeria. Sana era meravigliosa come sempre, indossava una tutina con pantaloncino corto le lasciava scoperte le gambe sinuose, era nera con fiorellini bianchi e maniche a sbuffo, la schiena era parzialmente scoperta dalla scollatura, notai un tatuaggio che mai le avevo visto, rappresentava una farfallina, pensai che era molto indicato alla sua personalità. Dovetti trattenermi dall’impulso di andare da lei per godere della sua compagnia. Si, compagnia e niente di più, suo marito era lì, provavo forte invidia nei confronti di quell’uomo.
<< Akito, vieni voglio presentarti una persona>>
Sana era davanti a me, mi sorrideva, io ero lì imbambolato a fissarla, inerme, sperai che suo marito non avesse visto o on sospettasse nulla.
<< Akito ti presento il piccolo Akito>> il bambino era la fotocopia di suo padre, grandi e limpidi occhi azzurri capelli biondi, guardandolo bene però aveva molto anche di Sana, almeno nei modi di fare.
<< Dai su saluta, non fare il timido>> Sana incitava il piccolo a salutarmi.
<< No>> ottimo aveva proprio un bel caratterino.
<< Ciao piccolo, ma lo sai che abbiamo lo stesso nome?>> Di rimando il piccolo mi guardò in cagnesco, si strinse ancora di più tra le braccia di Sana e nascose la testina tra la spalla e il collo di sua madre. Improvvisamente una figura alta si materializzo dietro Sana.
<< Non ci presenti?>> Sana trattenne impercettibilmente il fiato per un secondo, chissà se suo marito se n’era accorto, sospettai di si, o forse era solo geloso di sua moglie. Come dargli torto, lo sarei anche io.
<< Certo, Akito lui e Leyasu, Leyasu lui è Akito>>
un lampo passò negli occhi di quell’uomo, probabilmente per la prima volta si rese conto che suo figlio aveva un nome come dire popolare… guardò Sana di sottecchi per un attimo, ma lei parve non accorgersene o forse fece finta di non accorgersene.
<< Piacere>> mi tese la mano, ero indeciso se stritolarla in fondo ero un campione di Karate, mi sorpresi quando Leyasu mi strinse la mano con modo deciso, con molta forza guardandomi dritto negli occhi, senza espressioni di gentilezza o simpatia nei miei confronti, capì che quella era una tacita presa di posizione, chiariva silenziosamente quale fosse il mio posto. Decisi di ricambiare la stretta in egual modo, ma a differenza sua feci un mezzo sorriso sghembo per fargli capire di stare tranquillo.
<< bene, ora che siete tutti presentati, che ne dite di un buon bicchiere fresco di bollicine?>> Sana sorrideva, ma sapevo che era nervosa, e tu bell’imbusto lo sai? Leyasu si chinò e bacio sulla fronte Sana, sospettai che lo avesse fatto apposta, per farmi capire ancora una volta che lei era di sua “proprietà” lei però gli sorrise dolcemente questa volta. Quel sorriso a me non lo aveva mai dedicato.
<< No grazie, al momento sono apposto così>> volevo allontanarmi da quei due e riprendermi, ricompormi per poter rimanere tranquillo e sereno, almeno in apparenza, senza fare una scenata di gelosia fino alla fine della serata. Mi sentivo in guerra.
<< Ciao, tu devi essere Akito>> così conobbi Miwaki un’amica di Sana, non l’avevo mai vista, sembrava una ragazza simpatica, era anche carina, e poi a quanto pareva mi conosceva già, Sana le aveva parlato di me. Mi disse che avrebbe sempre voluto vedere che faccia avessi, la sua affermazione fu:
<< Adesso capisco Sana>>
<< Come scusa?>>
<< a no niente>>

Sana:

Guardai da lontano la mia amica Miwaki parlare con Akito, mi resi conto di non provare gelosia nei suoi confronti, ma solo una sensazione di perdita. Sentendosi osservata Miwaki guardò nella mia direzione, vedendo che effettivamente la, li stavo guardando il suo sguardo divertito cambiò, si fece cupo e preoccupato, ma di rimando alzai il calice che avevo in mano e le feci un grande e sincero sorriso. Dovevo lasciare andare questa sensazione di vuoto e perdita, e permettere a tutti di essere, se non felici quantomeno sereni.

2 anni dopo

Akito:

Congratulazione al neo papà, è una bellissima bambina, come la chiamerete? La mia compagna sorrise, e disse
<< Sana, lei si chiamerà Sana>> Mi misero la bambina tra le braccia e piansi
<< Ciao piccola Sana>> e fu così che capì cosa significasse dare un nuovo nome all’amore, anche se il nome era sempre lo stesso… Amavo quello che avevo in quel momento, la donna che mi aveva reso padre, la mia piccola, e Sana? lei l’avrei comunque sempre portata nel cuore, era stata il mio grande e vero amore, non avrei potuto dimenticarla e non lo avrei mai fatto, e l’unica che poteva sopportare questo peso era solo lei. che nel bene e nel male conosceva entrambi. Quella stessa mattina mi arrivò un messaggio
<< Auguri Akito, benvenuta al mondo al nuovo nato, e abbraccia forte Miwaki, tua Sana>>
<< Grazie, è una bimba, abbiamo deciso di chiamarla Sana. La mamma sta bene ed è stata davvero in gamba>> Immaginai il suo viso addolcirsi leggendo quella notizia e magari sorridere come aveva fatto con suo marito la sera che avevo conosciuto Miwaki
. << Sono contenta, il piccolo Akito non vede l’ora di conoscere la piccola Sana, passeremo a trovarvi>>
<< certo, gli orari delle visite sono delle 10:00 alle 11:00 e poi dalle 18 alle 19, vi aspettiamo>>
Sana venne quella stessa sera, insieme al piccolo e a suo marito. portò a Miwaki un enorme mazzo di fiori, la baciò e mi mise un pacchettino in mano, rivelandosi poi un vestitino per la piccola e un libro per me dal titolo, “come non diventare un papà possessivo” sorrisi
<< Ciao bimba>>
ci voltammo tutti in direzione della vocina del piccolo Akito ero tuffato nella culla della piccola Sana, e di rimando lei le teneva il ditino con la sua piccola manina, ci guardammo attoniti, Sana riuscì a scattare una foto di quel dolcissimo momento. Tutti pensammo che quello fosse un nuovo inizio, ma questa è un’altra storia di un altro Akito e un’altra Sana.


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Eccoci finalmente alla fine, che dire mi sono molto divertita a scrivere questa storia, un pò per sfogarmi un pò per mettermi alla prova, parlando poi con qualcuna di voi ho aggiunto parti tra cui il precedente capitolo, e questo finale, la "vita di mezzo è stata aggiunta di seguito, perchè il finale sarebbe dovuto essere direttamente Akito che diventa papà,  dopo la gara, invece ho trovato il coraggio di continuare e pescare alcuni contenuti di una vera conversazione, insomma dopo tanti ripensamenti cancellature revisione, ho partorito (per la seconda volta XP) il finale, attendo trepidante le vostre reazioni e commenti. grazie a tutte della vostra presenza, costante per alcune. vi voglio bene.

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