VIRUS

di Wendy_88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di un incubo ***
Capitolo 2: *** Taichi è in pericolo ***
Capitolo 3: *** Cortinarius orellanus ***
Capitolo 4: *** Rivelazioni ***
Capitolo 5: *** La resa dei conti ***
Capitolo 6: *** Salto temporale ***
Capitolo 7: *** Uno strano caso ***
Capitolo 8: *** L'ultimo saluto ***



Capitolo 1
*** L'inizio di un incubo ***


PRE-NOTE

Sì, ok probabilmente questa quarantena mi ha dato alla testa. Siamo nel bel mezzo della pandemia, causata da un dannato virus e tu che fai ti metti a scrivere una fanfiction su un virus?  Ma sei cretina? Ebbene sì… come infliggere ancora più dolore ai lettori. xD

No dai… scherzi a parte, questa long nasce prima di tutto dalla noia di questo periodo. E un giorno mi sono detta: Ma dai Wendy perché non provi a complicarti la vita, scrivendo su un genere che NON ti appartiene? Quindi eccomi qui. Mi sono lasciata ispirare da una serie tv che ho visto per sbaglio di recente, quindi di certo non si parlerà di coronavirus. Ho usato parzialmente i termini scientifici/ospedalieri dalla serie appunto, perché non sono né una scienziata né un medico, cercando di creare la storia nel contesto dei Digimon e ricreare qualcosa di particolare e di diverso attorno a questa cosa. Vabbè ora basta dire cazzate. Se siete qui volete leggere, spero di avervi incuriositi almeno un pochino. In tal caso…Buona lettura!!!

 

Ringrazio la mia beta Digihuman per aver corretto i miei errori abituali e per spronarmi nella scrittura, insieme a Kisachan e LadyItalia_UsabellaDream.

Virus

Capitolo 1

L’inizio di un incubo

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Tutti i Digiprescelti quel giorno avevano ricevuto la stessa lettera, sapevano che c'era qualcosa sotto, non era certo una coincidenza che tutti gli otto amici avessero vinto una settimana in una casa sul mare a Kamakura. Ciò nonostante erano al settimo cielo, passare sette giorni tutti insieme in quel posto fantastico, gli fece scordare le cose negative. Del resto era una bellissima zona di mare, cosa mai sarebbe potuto capitare di così brutto. L’unico un po’ infastidito da quella situazione di convivenza era Taichi Yagami, che, essendo innamorato segretamente della sua migliore amica Sora, sarebbe stato asfissiante vederla cinguettare con il suo ormai fidanzato Yamato che, qualche anno prima gliel’aveva soffiata da sotto il naso. Ma non era nessuno per poter rovinare il programma agli altri, quindi rassegnato preparò la valigia e seguì il resto degli amici in quell’avventura, non sapendo ancora a cosa avrebbe portato. Comunque, pensandoci bene, quella vacanza non sarebbe stata di certo un male, visto che proprio in quel mese Taichi, Sora e Yamato avrebbero affrontato la maturità per poi iniziare a frequentare l’università. Sora si sarebbe dedicata, come tutti già prevedevano, alla scuola di giardinaggio della madre, Yamato avrebbe preso una pausa dalla musica per studiare alla facoltà di tecnologia aerospaziale ed infine Taichi avrebbe fatto dei concorsi per entrare in polizia. Ovviamente sarebbero rimasti a Tokyo. Questi erano i sogni dei tre digiprescelti quasi diplomati.

***

Arrivò finalmente la settimana di Luglio tanto attesa per i ragazzi, settimana che comprendeva anche il sedici di Luglio, giornata per loro importante perché festeggiavano l’Umi No Hi, ovvero la festa del mare. In quel giorno di festa, che avviene il terzo lunedì di Luglio, i giapponesi si riversano nelle spiagge per onorare il mare e per pregare affinché possa portare sempre abbondanza e prosperità al Giappone. Una delle zone più popolari per queste feste è proprio Kamakura, oltre ad Enoshima e Zushi ed alla spiaggia artificiale di Odaiba, dove avevano sempre festeggiato fin da piccoli. Nonostante la qualità dell’acqua lasciasse a desiderare, loro si limitavano ad abbronzarsi sulla sabbia calda ammirando alle loro spalle il bellissimo Rainbow Bridge.

Era una calda domenica. Dopo un’ora di treno arrivarono finalmente a destinazione e, sotto consiglio del padre di Taichi ed Hikari, andarono come prima cosa a bere un vero caffè giapponese al bar Rondino che si trovava a una decina di metri, a sinistra dalla stazione. Era davvero buono, ricordava il caffè americano, ma si preparava grazie ad una serie di cilindri di vetro, infilati uno dentro all’altro e riscaldati dentro un fornelletto. Continuarono poi la passeggiata verso la loro abitazione sul mare, rimanendo estasiati dal fascino di Kamakura. Quella piccola cittadina era una delle mete preferite dagli abitanti della capitale per una gita fuori porta. Era piena di surfisti, che si sfidavano nella baia su cui si affacciava la città. Percorsero il viale principale pieno di alberi di ciliegio provando una sorta di pace e serenità e, dopo circa quindici minuti a piedi, arrivarono all’appartamento che li avrebbe ospitati per tutta la settimana. L’odore del mare e la brezza gentile li aveva fatti innamorare di quel posto incantevole fin da subito. Quello splendido appartamento sorgeva sulla zona costiera della città, con una posizione privilegiata sulla collina e con una vista sul mare da lasciarci il fiato. Un uomo basso e pelato, sulla quarantina, mostrò ai digiprescelti la casa posta su due piani. L’ingresso della casa era sensazionale, vi era una veranda di legno bianca con una piscina che dava sul mare. Il primo piano aveva un’immensa cucina-soggiorno in stile Giapponese. Al piano superiore, invece, vi erano due camere da letto, che offrivano una vista panoramica spettacolare, grazie anche alle abnormi finestre in vetro, e due bagni dotati di tutti in comfort. Avrebbero vissuto una settimana esaltante, una vacanza da sballo, tra quella casa, il mare, la piscina e i posti da visitare.

Quella stessa sera, dopo aver cenato ed essersi goduti al meglio un bagno rilassante, ignari di ciò che li aspettava il giorno dopo, andarono a letto presto. La mattina seguente visitarono il tempio di Kotoku-in che ospitava l’Amida Buddha, una statua di tredici metri in bronzo sopravvissuta allo tsunami nel XV secolo. Mentre all'ora di pranzo tornarono nell’appartamento per rilassarsi un po’ al mare.

 

***


Un uomo e una donna stavano farneticando in un piccolo laboratorio dove facevano delle ricerche sulla magnetite e le attività sismiche. Si trattava di un incarico riservato e ordinato dal governo federale per verificare la teoria per rilevare e prevedere i terremoti. Nelle mani sbagliate, avrebbe potuto generare sismi e distruggere qualsiasi posto. Ma il giovane dipendente non sapeva ancora per chi stava lavorando e le vere intenzioni che si celavano dietro le menti malvagie di quei pazzi criminali.

-Quello che ci serve adesso è una scossa estremamente circoscritta e moderata!-

L’hacker dai capelli nero corvino stava spiegando alla sua superiore come si doveva eseguire quel test.

-Bene! Avvia il programma Nishijima.-

L’uomo tirò un respirò profondo e premette il pulsante rosso, cercando di non pensare a quello che avrebbe provocato in quell’esatto momento. Dei suoni di bip rimbombavano nella stanza avvolta nella penombra, mentre il ghignò malefico di Himekawa risultò quasi più fastidioso di quei rumori.

-Che il test cominci!-

 

***

I ragazzi del gruppo erano stanchi da quella partita di beach volley, ma, quando le ragazze apparvero davanti ai loro occhi con un banchetto coi fiocchi, quasi gli parvero un miraggio. Manicaretti di tutti i tipi deliziarono il loro palato, le giovani digiprescelte erano state veramente brave.
A pancia piena, la maggior parte di loro si era distesa a prendere al sole. C’era poi Sora che, prima di andare in digestione, aveva deciso di fare un bagno. Taichi e Yamato avevano, invece, iniziato una partita a racchette. Poi, il delirio. Una scossa di terremoto fece sussultare la terra. I bagnanti erano terrorizzati, urlavano senza tregua, ma, nonostante la paura, a Taichi non sfuggirono di certo le grida di Sora che era ancora in acqua. Guardò Yamato che la fissava quasi sbigottito e titubante, poi, senza pensarci, si accinse a correre in acqua urlando il suo nome per farle capire che stava andando ad aiutarla. Arrivò in una nuotata veloce da lei, ma non riusciva a tirarla verso di sé, perché, presa com’era dallo stato di panico, continuava a dimenarsi.

-Sora, sta tranquilla, ci sono io adesso!-

Finalmente la ragazza a quella voce si ridestò e afferrò la mano del suo soccorritore, ma ciò non bastò, era quasi impossibile con quelle scosse riuscire ad emergere del tutto dall’acqua.

A quel punto, Yamato riuscì finalmente a darsi una svegliata e quando si accorse di una barca, provò a trascinarla in mare per raggiungerli “Possibile che debba essere sempre lui a salvarla?” pensò quasi scocciato da quel blocco. L’aveva tirata fuori dal pericolo a Digiworld e lo stava facendo anche adesso che era più di sua competenza. Si diede dello stupido mentre trainava la piccola imbarcazione. Ma si accorse che quelle scosse sismiche avevano smesso e che il suo amico e la sua compagna stavano ormai raggiungendo la riva.

 

L’avevano scampata, ma Sora, a differenza dei suoi amici, era quella più tesa, aveva qualcosa di represso. Si stava asciugando i capelli, dopo aver fatto un bagno ristoratore, quando il suo fidanzato bussò.

-Sora, posso entrare?- la rossa aprì la porta quasi scocciata e facendoglielo anche notare.

-Come stai?-

-Come vuoi che stia?-

Lui non parlò, era più che giustificabile l’ira della digiprescelta.

-Yamato, perché continuavi a fissarmi senza fare nulla?-

Nonostante la paura, lo aveva notato anche lei che il suo partner era rimasto bloccato, come se fosse un baccalà.

-Io... lo so, Sora, sono stato un codardo, ti chiedo scusa.-

-È tutto qui quello che hai da dire?-

-Ecco io… non saprei cosa dirti…-

-Bene, lascia perdere allora.-

E sbattendo la porta dietro di lei scappò al piano di sotto, aveva bisogno di una boccata d’aria in quel momento come se fosse una cosa vitale. Non c’era nessuno in cucina, erano tutti esausti e giustamente erano andati a letto presto, o forse non proprio tutti. Taichi era appoggiato alla ringhiera bianca di legno della veranda e stava bevendo una birra, immerso nell’oscurità dell’oceano nero, quando fu distratto dalla presenza della sua amica.

-Ehi Sora, come stai?-

Questa volta, la reazione della ragazza fu completamente diversa da quella avuta precedentemente con il digiprescelto dell’amicizia.

-Bene, grazie. Io… volevo ringraziarti per oggi Taichi!-

-Che ti è successo? Tu sei capace di nuotare.-

-Ero in un vortice! Prova ad immaginare un minuscolo insetto che va giù per lo scarico.-

Risero entrambi per quel paragone esilarante.

-Taichi, anche quella volta a Digiworld mi hai salvata, la prossima volta tocca a me salvarti.-

-Ok se ci tieni così tanto, sono pronto a farmi salvare da te, quando vuoi.-

Un’altra fragorosa risata riecheggiò in quella tiepida serata estiva. Decisero di andare a dormire. Sora raggiunse la camera dove già dormivano Hikari e Mimi, mentre Taichi quella dei ragazzi, ma a differenza di Takeru, Koushiro e Joe, il biondo era sveglio e lo guardò in cagnesco. Taichi in cuor suo ne conosceva il motivo, ma non gli diede peso e si accucciò nel letto provando a scordarsi di quella giornata terribile appena conclusa. Sora, invece, non riuscì a prendere sonno facilmente. Pensò e ripensò alla maturità del castano, cosa che qualche anno prima non aveva capito, e che, al contrario, aveva sottovalutato.

 

Flashback

Era ormai sera. Erano entrambi usciti dagli spogliatoi ed erano felici di aver vinto quella partita. Taichi, era più euforico che mai ed erano anche da soli. Lui l'abbracciò come mai aveva fatto, fino a ritrovarsi vicino alle sue labbra. Un bacio a stampo, seguito poi dall’abbraccio delle loro lingue mentre i loro cuori impazzivano di sentimento e desiderio. Ogni carezza risuonava, sembrando quasi amplificata e di una delicatezza indescrivibile. Il giorno dopo lei si svegliò di buon umore e corse dal suo amico, ma con suo stupore lui non rivolse un solo pensiero al trascorso della sera prima.

Passarono giorni e, nonostante lei tentò in tutti i modi di restare sola con lui, lui continuava ad evitarla. Era incazzata, il suo migliore amico era un immaturo, stop. Decise così di cedere alle avance di Yamato, cercando di scordarsi di Taichi e del loro magnifico bacio.

Fine Flashback

 

“Hai fatto i calcoli male, cara Sora. Maturità non vuol dire di certo rimandare o evitare un argomento imbarazzante, la vera maturità sta nel prendersi le proprie responsabilità quando qualcuno a cui vuoi bene sta male o è in pericolo. Yamato, quel giorno, aveva dimostrato non solo di non esserlo, ma anche di non tenere a lei. “Sei una stupida, Sora”. Dopo essersi crogiolata a lungo, si addormentò cercando di opprimere i ricordi dell’accaduto.

 

***

A differenza dei ragazzi, qualcuno non dormiva ma complottava alle loro spalle.

-Vuoi creare un altro terremoto, Himekawa?-

-Per favore, quello era solo un test per capire cosa può provocare quella roccia, ma i terremoti sono già storia vecchia, caro il mio Nishijima. Abbiamo usi migliori per questa bellezza naturale. Di certo non abbiamo portato quei ragazzini proprio a Kamakura con l’inganno solo per farli assistere ad una piccola ed innocente scossa.-

Il suo tono era davvero diabolico.

-Cosa vuoi fargli?- il giovane hacker era pentito di aver accettato quell’incarico, mai e poi mai si sarebbe aspettato di far parte di un piano così oscuro.

-Vieni Nishijima, ti faccio vedere una cosa.-

E gli piazzò davanti al viso un tablet che mostrava un video di un uomo sui sessant’anni in preda al panico. L’uomo spiegava che il suo team stava eseguendo dei test e controllava come reagiva la magnetite al calore. Quando l’avevano riscaldata oltre i duecento gradi aveva emesso una sorta di gas velenoso. Lui era arrivato troppo tardi, l’intero laboratorio era pieno di fumo viola, gli scienziati erano tutti in coma e le vene delle braccia e delle mani erano nere: erano morti tutti entro le ventiquattro ore.

Il giovane era rimasto senza parole, così la donna gli diede il colpo di grazia.

-Grazie a loro abbiamo scoperto l’arma letale perfetta!-

E continuava ancora imperterrita. Era persa nel suo perfido mondo e il povero Nishijima non poteva nemmeno scappare da quell’inferno. Una delle clausole che il governo gli aveva fatto firmare, quando lo aveva trascinato in quella carneficina, prevedeva che se si fosse tirato indietro, avrebbero ucciso la sua futura moglie. Ma lui al tempo non diede peso alla cosa, anche perché i soldi che gli avevano proposto per far parte dello staff, avrebbero ricoperto in pochissimo tempo i debiti che aveva accumulato per l’organizzazione del matrimonio e per il mutuo della casa. Lui, però, quando firmò il contratto, non aveva capito che aveva fatto un patto con il diavolo ed ora si sentiva maledettamente in colpa.

-È qualcosa di fantastico non credi? Quelle vene nere sono un sottoprodotto del virus. Un virus intrappolato nella magnetite e non c’è cura ovviamente perché la roccia viene dalla luna.-

-Cosa farai adesso?- gli occhi del ragazzo ormai non riuscivano più a guardare la donna di qualche anno più grande di lui.

-La magnetite è stata scoperta dagli scienziati proprio in una caverna sulla spiaggia di Kamakura, quando qualcuno entrerà, innescheremo un meccanismo per riscaldare la roccia, così il mondo intero scoprirà sia il virus, sia che non può essere debellato.-

-Sì, ma altri scienziati potrebbero trovare un antidoto se avranno accesso al virus!- disse il moro quasi speranzoso.

-Abbiamo già pensato anche a questo. L’intero posto esploderà subito dopo aver contagiato quei mocciosi.-

-Sì ma perché qualcuno di loro dovrebbe andare in quella caverna? Aspetta… non dirmelo, avete pensato anche a questo.- L’ultimo brandello di speranza di Nishijima svanì, mentre il ghigno della donna esplodeva nel piccolo laboratorio.

 

***

 

I quattro giorni a seguire passarono regolarmente. Nessun’altra scossa li aveva sorpresi, nonostante la loro paura abbastanza evidente. I digiprescelti continuarono la loro vacanza premio, divertendosi tra giochi in spiaggia, grigliate di carne e di pesce e bagni in piscina al chiaro di luna. Solo Sora e Yamato non si beavano di quei momenti di estremo piacere, erano freddi l’uno con l’altro e si parlavano a malapena. Tutti notarono la cosa, ma nessuno cercò di interferire tra di loro, seppure a malincuore. I sei prescelti restanti visitarono altri posti durante quei giorni, Kamakura era anche famosa perché aveva più di cento templi buddhisti e shintoisti. Fuori da ogni tempio si poteva mangiare frutta caramellata e i ragazzi ne approfittarono per assaggiare quelle delizie. Taichi nel frattempo si era allontano in una delle tante bancarelle dove si potevano acquistare amuleti vari. Non ne sapeva nemmeno lui il motivo, ma ne aveva preso uno a Sora. Era un omamori della felicità. Voleva solo quello per lei, vederla in quei giorni così isolata e triste gli faceva male.

Quel sabato, essendo il penultimo giorno prima di tornare alla loro vita, qualcuno non lasciò scelta alla coppia in crisi.

-Basta stare nelle vostre stanza a meditare!-

I due non riuscirono ad opporsi alla ragazza dai capelli color cenere che li intimava a scendere in spiaggia con loro, perciò acconsentirono ma tenendosi comunque alla larga. Mimi e Hikari erano in acqua a schizzarsi e parlare del più e del meno, Yamato aveva iniziato una partita a bocce insieme al fratello e a Joe, Koushiro era immerso nel suo studio su chissà quale materia complicata ed infine Sora, che stava prendendo il sole, stava guardando in direzione del suo migliore amico fisso a raccogliere qualcosa e ad allontanarsi sempre più da loro. Così, senza farsi notare da nessuno, e ignorando cosa potesse pensare il digiprescelto dell’amicizia, spinta dalla curiosità, si avvicinò verso di lui.

-Che stai facendo?-

-Ehi Sora… cercavo delle conchiglie.-

-Conchiglie? Da quando collezioni conchiglie?-

-Da adesso!- Risero.

-Ecco vedi, non sono solito fare una cosa del genere, ma non sono le solite conchiglie. Guarda tu stessa.-

E porgendogliene una, Sora si accorse che l’amico aveva ragione, era come ammaliata da quei gusci.

-Sì è vero, sono meravigliose!-

Quei colori di una tonalità verde smeraldo con striature gialle sembravano delle pietre preziose.

I due amici, intenti a parlare di argomenti generici, raccogliendo quelle strane conchiglie simili a tratti a dei fossili, si accorsero inseguito che erano disposte come ad indicargli un percorso. Era una sorta di scia che sembrava volerli condurre a qualcosa e ovviamente anche quello non era un certo caso, come avevano già sospettato circa la vittoria di quella sorta di vacanza.

-Cos’è una tresca? Prima la vacanza gratis, poi il terremoto ed infine questo.-  La rossa iniziava a preoccuparsi davvero e Taichi lo poteva leggere perfettamente nei suoi occhi ambrati. Spazientito, gettò le conchiglie a terra e ordinò all’amica di tornare dagli altri, per seguire la scia da solo e capire quale mistero si celasse una volta per tutte dietro quel complotto.

-Sei impazzito! Io vengo con te.-

Il suo sguardo non avrebbe ammesso di certo repliche o rifiuti, la conosceva benissimo per dubitarne, così le strinse la mano e insieme iniziarono a seguire il percorso che li portò davanti ad una caverna. I due si guardarono confusi, ma poi, mano nella mano, decisero di entrare.

-Sora, stammi vicino e non allontanarti da me per niente al mondo.- cercava di non far trapelare l’agitazione nei suoi occhi.

-Ok! Prima però voglio lasciare una traccia per far capire che siamo entrati qui.-

Si sfilò il pareo giallo con le margherite e lo incastrò a una sporgenza della grotta. Aveva in un certo qual modo una sorta di sesto senso che le faceva pensare che non ne sarebbero usciti tanto facilmente. Come biasimarla dopo tutto quello che stava succedendo. Di certo era una caverna formatasi a causa della corrosione della marea, l'ingresso era di roccia calcarea erosa dalle onde. Le stalattiti e le stalagmiti formate nel corso degli anni insieme al riverbero prodotto dal suono delle onde, davano a quella grotta un’atmosfera mistica che quasi inquietò i due digiprescelti. Era abitata da soli pipistrelli ed essendo ormai una tarda ora del pomeriggio, Taichi e Sora sobbalzarono nel vederne sfrecciare qualcuno sulle loro teste. L’unica cosa rassicurante in quel luogo era un minuscolo laghetto che faceva apparire l’acqua di un blu così immenso ed etereo da poter intravedere perfino il fondale.

 

***

I due studiosi stavano osservano i due attraverso le telecamere.

-Ma sono solo due ragazzi indifesi, perché volete fargli questo?-

-Ah… Nishijima come sei ingenuo. Quelli non sono due ragazzi normali, sono due degli otto digiprescelti. Forza, inizia a scaldare la magnetite.-

 

***

Sora scivolò, era troppo viscido il pavimento pieno di concrezioni, e il castano riuscì a mantenere l’impatto a terra afferrandola subito dal braccio. Quando la ragazza si ritrovò davanti a lui lo fissò quasi dispiaciuta.

-Che c’è?-

-Avevo detto che toccava a me salvarti.- Facendo ridere di gusto l’amico a quell’affermazione.

-No, mia cara Sora, hai firmato un contratto quella volta a Digiworld alla piramide. Sarò sempre e solo io il tuo eroe.-

Disse lui con un vocione esaltato, quasi come fosse un attore teatrale. L’amica lo guardò sorridendo e lui si avvicinò per spostarle una ciocca di capelli e sistemargliela dietro l’orecchio, facendole perdere un battito a quel contatto. Non riusciva a capirne il perché, ma aveva maledettamente bisogno di baciarlo, di assaggiare quelle labbra. Senza rendersene contò, dimezzò la distanza e il digiprescelto del coraggio colse quel gesto per poi azzerarla e fare l’unica cosa che volevano in quel momento. Scordandosi il vero motivo per cui erano entrati in quel posto, e senza farsi scrupoli, la bacio e lei ricambiò subito lasciandosi trascinare con lui in quel vortice di passione. Erano entrambi presi ad assaporarsi a vicenda, che non si accorsero che l’aria si era contaminata di un fumo viola. Taichi la sollevò dalle anche per appoggiarla su una roccia. Sarebbero andati oltre al bacio da lì a breve, lo sapevano benissimo, ma gli importava poco, solo un bip quasi assordante e soprattutto allarmante li riportò alla realtà facendo sciogliere quel bacio infuocato.

-Taichi, cos’era quel rumore?-

-Io... non lo so, aspetta qui vado a vedere.- cercò di rassicurarla lui, ancora senza fiato per quello che stavano facendo fino a qualche secondo prima. Si resero finalmente conto anche del fumo, visto che iniziarono a tossire vistosamente e tapparsi il naso con la mano.

I bip continuavano. Finalmente il castano era arrivato alla fonte di quei rumori. -Cazzo!- imprecò correndo verso la sua amica.

-Sora, dobbiamo uscire subito!- urlò con un tono agghiacciante.

La digiprescelta correva verso il castano confusa.

-Che succede, Taichi?-

-E’ una bomba!-

-Una bomba?-

-Sì, corri!-

Raggiunsero mano nella mano l’uscita della caverna, ma, con loro stupore, l’ingresso era chiuso. Erano in trappola e non c’era il tempo per provare a disinnescarla, ormai era finita. Era chiaro come il sole che qualcuno li voleva morti. Taichi sudava freddo, Sora invece era in preda al panico. La strattonò verso il laghetto, ovvero il posto secondo lui più lontano dalla bomba, la fece sdraiare e si posizionò sopra di lei stringendola come a volerla proteggere.

-Moriremo vero, Taichi?- singhiozzava con il viso appoggiato al suo petto. Non rispose, sapeva anche lui che non avevano scampo, le possibilità di sopravvivere ad una bomba non erano di certo molte. I bip erano più veloci.

-Sora, devo dirti una cosa.-

-Cosa?-

-Ti amo, ti ho sempre amata!-

Nemmeno il tempo di realizzare la dichiarazione che Taichi le aveva appena fatto, che un boato assurdo assordò tutti i suoi pensieri.

 

NOTE

E per questo capitolo ho dato. Se siete arrivati a leggere fino a qui, vi ringrazio immensamente, e spero di ritrovarvi nei prossimi capitoli, perché strano ma vero sono piena di idee che vorrei riuscire ad elaborare per portare questa storia avanti al meglio. Spero anche che il fandom con la quarantena in corso emerga un po’ più del solito e niente spero che vi sia piaciuto quello avete appena leggendo!

Al prossimo capitolo.

Wendy

 

 

 

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Capitolo 2
*** Taichi è in pericolo ***


PRE-NOTE:

Ola... eccomi tornata con il secondo capitolo. Ho avuto grossi problemi durante la stesura di questa parte (abbastanza complicata, per chi come me, è ignorante in ambito medico) che grazie all’aiuto della mia amatissima beta Digihuman penso di aver risolto. (E siamo solo al secondo XD) Non so come farei senza di lei. Spero che questo capitolo non deluda le aspettative di chi legge, perché come già accennato in precedenza, ho delle idee carine che scriverò a mano a mano nel corso della storia. Buona lettura.

Virus

Capitolo 2

Taichi è in pericolo

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Nishijima si sentiva terribilmente in colpa, aveva appena azionato una bomba per uccidere due ragazzi indifesi? Non se lo sarebbe mai perdonato. Fissava il vuoto inerme, quando la sua superiore prese il telefono e chiamò felicemente il suo capo.

-Il diversivo è andato a buon fine. Abbiamo già azionato la bomba come previsto e si è anche attivato il macchinario. I ragazzi hanno prestato attenzione solo alla bomba e non si sono nemmeno resi conto di tutto il resto.-

-Di quale macchinario stai parlando?- chiese il giovane hacker, quasi infastidito, quando Himekawa staccò la chiamata. Era sempre più sconvolto da quel piano, così dettagliato.

-Caro il mio Nishijima, sei proprio un ingenuo! La bomba serviva solo per camuffare il meccanismo presente sul fondale del lago di cui ti ho già parlato, quello per riscaldare la roccia e portare l’acqua ad altissime temperature- la donna lo guardò meglio per poi entrare più nei dettagli -l’acqua trasforma le particelle in vapore, il quale rilascia e sprigiona il veleno nell'aria, fino a venir inalato dai ragazzi così da infettarli. Grazie all'esplosione, le macerie della grotta andranno a sotterrare e insabbiare il macchinario. Quando troveranno i loro corpi, sarà troppo tardi.-

 

***

 

Yamato stava iniziando ad agitarsi, aveva notato che la sua ragazza si era allontanata con il suo migliore amico. Non li vedeva più, ormai si erano dissolti nel nulla. Ripensava al giorno del terremoto e si malediceva per la sua codardia, se non fosse stato per Taichi, probabilmente Sora sarebbe annegata. Forse non era degno di stare con lei, quei pensieri gli stavano lacerando il cervello. Mimi se ne accorse e lo ridestò dalla sua riflessione -Yamato, vuoi una birra? L’ho trovata prima nel frigobar dell’appartamento.-

Il biondo sorrise all’amica e accettò l’offerta, ma non riuscì ad aprirla, poiché uno scoppio e una nube di fumo li fece trasalire. Tutti i digiprescelti si preoccuparono quando notarono che i due amici che mancavano all’appello, si erano allontanati insieme in quella direzione. Corsero tutti, rimanendo quasi senza fiato, fino a ritrovarsi davanti a quella caverna. Non c’erano altri passaggi se non via mare, ma non potevano agitarsi prima di accertarsi che fossero là dentro.

-E se fossero tornati all’appartamento?- la voce speranzosa della sorella di Taichi rincuorò per un attimo gli amici, ma durò poco, perché Mimi, in mezzo alle macerie, ritrovò il pareo della sua migliore amica e cominciò a piangere, seguita da Hikari. Koushiro chiamò subito i soccorsi che non tardarono ad arrivare, poiché quel boato era stato sentito in tutta la zona.

La squadra di soccorso di Kamakura aveva iniziato ad usare le trivelle, stava cercando di raggiungerli da un ingresso alternativo, poiché l’entrata era crollata. Stavano perforando lentamente per evitare di fare crollare la caverna. Tutti i digiprescelti stavano contribuendo per quello che potevano. Erano disperati.

-Presto farà buio, buttate giù tutta l’attrezzatura.-

Continuarono senza sosta tutta la notte, ma, ad un certo punto, la perforazione causò una frana. Adesso sì che erano davvero tutti allarmati e ancora più preoccupati per i due ragazzi.

Intanto, all’interno della caverna, Sora, nonostante la forte esplosione, si stava svegliando. Le orecchie ronzavano. Si trovava in uno stato confusionale accelerato. Riuscì ad aprire gli occhi e si ritrovò abbracciata al suo Taichi. Con il suo corpo era riuscito ancora una volta a salvarla. Si divincolò dalla sua stretta e cominciò ad accarezzarlo, sussurrando con un filo di voce il suo nome.

-Taichi, ti prego svegliati, non puoi lasciarmi, mi hai promesso che mi avresti salvata sempre, non puoi farmi questo.-

Le lacrime scendevano copiose, annebbiandole la vista.  Era disperata, continuava a lisciargli il viso, aspettando un suo risveglio, come se dovesse aprire gli occhi da un momento all’altro e portarla via da lì. Il suo cuore batteva, ma lui non dava alcun segno di vita. Notò attraverso la fioca luce del piccolo lago, mentre stringeva la mano del ragazzo, che aveva le vene delle braccia e delle mani nere come la pece. Era senza fiato, non riusciva più a parlare, la voce era secca. Un pipistrello, che sfrecciava verso la fonte d’acqua luminosa, la fece sbloccare da quella sorta di stato confusionale. Strisciò al suolo versò quel piccolo lago e riempì il palmo della mano d’acqua per berne un po’. Si accucciò accanto al ragazzo aspettando la sua fine, quando, ricordandosi delle parole che Taichi le aveva detto prima dello scoppio, trovò un briciolo di forza per cercare una soluzione. Doveva portarlo fuori da lì, stavolta toccava a lei trarlo in salvo. Si alzò barcollando un poco e cercò di andare verso l’ingresso. Un rumore di trivelle le accese una speranza, ma subito dopo si rese conto che di quel passo la caverna le sarebbe crollata addosso. Ispezionò presto tutti gli angoli e, quando trovò un piccolo tunnel, corse verso il digiprescelto e lo trascinò attraverso un'apertura tra le rocce che evidentemente aveva creato l’esplosione. Appena arrivò in superficie, lasciò il ragazzo privo di sensi sulla sabbia e corse con tutte le forze che le erano rimaste a cercare aiuto, verso dove arrivano i rumori delle trivelle.

-Siete degli stupidi, grazie alla frana che avete causato, i nostri amici saranno morti di sicuro!- Yamato stava inveendo contro uno dei soccorritori, quando la voce di Sora che lo chiamava, lo fece voltare di scatto.

-Sora!- corse verso di lei abbracciandola, seguito dal resto degli amici.

-Come stai? Come sei uscita?- le accarezzò teneramente il viso pieno di lividi e ferite.

-Non c’è tempo. Qualcuno ci vuole morti! Dobbiamo portare Taichi in ospedale.-

 

***

 

Arrivarono con estrema urgenza all’ospedale di Tokyo.  Taichi sembrava in ipertermia, era in coma, intubato ed attaccato a chissà quanti macchinari.

-La radiografia del torace mostra delle ostruzioni a livello polmonare, il livello di ossigeno, infatti, è estremamente basso e il fegato sta peggiorando. Inoltre, la creatinina è raddoppiata ed i reni stanno iniziando a collassare. Che diavolo ha il ragazzo?-

Nessun medico riusciva a spiegarsi cosa potesse avere. Dietro alla vetrata di quella tetra stanza di ospedale, la famiglia Yagami piangeva in silenzio, osservando il figlio adagiato inerme su quel letto, mentre la piccola Hikari singhiozzava stringendosi al petto del suo migliore amico Takeru. Nel frattempo, una dottoressa esperta in malattie infettive era entrata nella stanza per parlare con i paramedici.

-Allora. Che abbiamo qui?-

-Mai visto nulla del genere. È arrivato privo di sensi, gli arti contratti, i polmoni peggiorano e la funzionalità renale è compromessa. Ha mai visto questi sintomi?-

-Purtroppo sì, settimane fa portarono qui uno scienziato, unico superstite del suo team, con gli stessi identici sintomi. E proprio ieri mi hanno chiamato d’urgenza dalla scuola superiore Tsukishima, perché quattro ragazzi, tra i tredici ed i sedici anni, erano nelle stesse condizioni.-

-E la cura qual è?-

-Non lo so. Sia l’uomo, sia i quattro ragazzi sono morti dopo poche ore dal loro arrivo in ospedale.-

Dopo quella frase, con aria molto delusa, lasciò la stanza del ragazzo e si spostò in quella della sua amica per cercare di capirne qualcosa in più su quello che era successo. La ragazza, a differenza dell’amico, ne era riuscita abbastanza illesa. Per facilitarne la respirazione, le avevano somministrato ossigeno tramite una maschera d’ossigeno . Per fortuna si era ripresa nel giro di pochissimo tempo. Accanto alla rossa c’erano la madre, Yamato e Mimi che non si allontanavano da lei un attimo e, un po’ più in disparte, Koushiro e Joe che cercavano di ragionare sul complotto in cui ora avevano la certezza di essere caduti. Perché volerli morti? Quando si accorsero che la dottoressa era entrata insieme al dottor Kido, nonché padre di Joe, si avvicinarono al letto di Sora per avere notizie sul loro amico.

-Come va, Tachenouchi?-

-Io sto bene, Taichi come sta?-

-Non bene al momento. Sospettiamo un avvelenamento. Tu, per fortuna, sei stata infettata in minor parte rispetto a lui da questa sorta di virus, riuscendo a guarire in poco tempo.- Rispose il padre di Joe, visibilmente dispiaciuto. Ormai conosceva quei ragazzi da quando ne aveva memoria e vedere quella situazione gli metteva angoscia.

-Io non riesco a capire però perché tu stai bene e lui no, visto che vi trovavate nello stesso posto. Le tue analisi rispetto a quelle di Taichi sono perfette.- continuò il medico, appoggiando il reperto sul letto della ragazza.

-Taichi si è disteso su di me, coprendo tutto il mio volto con il suo petto, magari il suo corpo ha evitato che io fossi esposta quanto lui.-

-Ecco dunque, spiegato il perché è più infetto di te. Lui è riuscito ad attutire l’inalazione. Il problema è che adesso Taichi non si sveglia.- Il povero genitore del prescelto della sincerità era destabilizzato dal dolore, che vedeva negli occhi dei ragazzi che aveva visto crescere insieme al figlio. Qualcuno accanto a lui, però, non era così negativo. Fu proprio il figlio a prendere parola, dopo aver gettato un’occhiata sulle analisi dell’amica.

-Aspettate tutti, e se avessimo una sorta di antidoto in questa stanza?-

La rossa sentendosi osservata aggrottò le sopracciglia.

-Io?-

-Sì, esatto, prima ho visto le analisi di Taichi e vedendo adesso le tue mi sono reso conto che avete lo stesso gruppo sanguigno. Forse l'antidoto sta proprio nel tuo sangue Sora e se così fosse potremmo tentare una trasfusione, che ne pensi papà?-

Sia il padre del ragazzo, sia la dottoressa accanto a lui erano chiaramente confusi quanto ammirati dall’affiatamento e dalla sapienza del ragazzo.

-Andiamo a preparare tutto, torniamo fra un attimo.- e sorridendo al figlio per la sua preparazione uscì dalla stanza, seguito dalla dottoressa.

Quando rimasero soli, Sora osservò Koushiro e Joe, e chiese loro se erano convinti che in quel modo lo avrebbero salvato. Fu il rosso a risponderle stavolta.

-Non lo so Sora, ma è l’unica chance che abbiamo. Il tuo sangue in un qualche modo risulta privo di tossine. Non hai inalato la stessa quantità di gas di Taichi, proprio grazie al suo gesto. Il che mi fa pensare che in qualche modo il tuo corpo sia riuscito a ripulirsi autonomamente dal virus. Probabilmente grazie alla trasfusione, anche il corpo di Taichi sarà in grado di combattere il virus.-

In tutti i presenti si riaccese la speranza che l’amico potesse finalmente riaprire gli occhi. Mentre aspettavano delucidazioni da parte dei medici, Sora, raccontò nei dettagli quello che era successo nella caverna, omettendo ovviamente il bacio con il castano. Koushiro, che aveva ascoltato ogni dettaglio del racconto, iniziò ad abbozzare delle supposizioni facendo delle ricerche sul suo fidato portatile.

-Mi sono documentato su quella caverna e posso affermare con certezza che sia piena di magnetite. Forse quella roccia, in un qualche modo, diventa velenosa. Che possa dipendere magari dal calore... forse è questo a renderla tossica o qualcosa del genere. In qualche modo il vapore acqueo trasforma le particelle di veleno che si trovavano nelle rocce del lago e le fa diventare un aerosol.-

-Sol... che?- chiese curiosa Mimi.

-Per aerosol si intende la dispersione di particelle solide o liquide in una soluzione sospesa aeriforme tipo un gas. La nebbia ne è un esempio quotidiano-.

-Ora capisco. Quindi quella sostanza che ci sembra fumo e che ci fa mancare l’aria in realtà è un virus.- disse infine Sora mesta.

-Sì, ma perché noi? Sora ha detto che quelle conchiglie avevano formato una sorta di pista per portarli lì. E poi non scordiamoci che abbiamo vinto questa vacanza tutti insieme. Perché volevano ucciderci?- Yamato era più agitato del solito.

 

***

 

-Sono sicura che quei due a quest’ora sono morti, come del resto sono morti anche gli altri quattro. Ne mancano solo sei da fare fuori.-

-Gli altri quattro?- Nishijima era confuso.

-Esatto. C’erano altri quattro digiprescelti oltre a loro. Con quei mocciosi è stato più facile del previsto. Lo stesso giorno che abbiamo infettato i due prescelti nella caverna, abbiamo condotto con una banale scusa i ragazzi nella loro a scuola, nella stanza dei computer. E’ bastata solo una piccola dose di questi per infettarli ed ucciderli in breve tempo.-

La donna dai capelli neri era esaltata e stava ammirando delle boccette di vetro contenenti un liquido violaceo.

-Cosa sono quelle?- l’hacker era davvero adirato, più stava in quel laboratorio, più scopriva cose subdole.

-Un estratto puro del nostro virus direttamente dalla magnetite.-

-E che cosa ne vuoi fare?-

-Appena mi libererò una volta per tutta di tutti quei mocciosi, così che non possano irrompere nel nostro vero piano, contamineremo tutta Digiworld.-

-Vuoi infettare tutti i Digimon?-

-Esatto, non ne deve rimanere neanche uno in quel dannato posto!-

 

***

 

Non passò molto tempo che la dottoressa tornò con un infermiere nella stanza di Sora.

-Signorina Tachenouchi, con il suo consenso siamo pronti a procedere con la trasfusione*.-

-Facciamolo subito!- rispose con una certa fretta, doveva salvare Taichi.

Sora era pronta in posizione semi sdraiata, sua madre era accanto a lei a stringerle la mano, mentre la dottoressa, con l’appoggio dell’infermiere, usava un piccolo ago per inserire la flebo in una delle sue vene. La procedura durò quasi due ore.  Sora, ebbe un fastidio con la puntura iniziale, aveva il braccio leggermente indolenzito, ma non le importava. Doveva farlo per il suo Taichi.

Dopo aver eseguito l’operazione, la dottoressa raccomandò alla rossa di riposarsi, e, mentre la salutò, il paramedico che assisteva il giovane Yagami, entrò impetuosamente nella stanza per avvisarla di un problema che era sorto. La donna corse e rimase sconcertata nel vedere il castano in quello stato.

-Il ragazzo sta collassando!-

-Presto. Rianimazione. Massaggio. Ventilazione.-

-Carica! Libera! Carica! Libera! Epinefrina!-

-Andiamo, Taichi! Non puoi lasciarci, non dopo quello che ha appena fatto la tua amica per te! C’è battito?-

-Niente.-

Nella stanza di Sora si creò il panico generale, Sora era disperata. Koushiro scoppiò facendo trasalire i presenti -Aspettate, se la mia teoria di prima è giusta... se il calore attiva il virus, forse, il freddo può anche disattivarlo. Devo dirlo alla dottoressa, subito-  e scattò facendo uscire insistentemente la donna che, vista la conoscenza e la caparbia che il rosso aveva dimostrato di avere prima, non dubitò. Portarono il ragazzo d’urgenza in un’altra stanza e procedettero all’ibernazione.

Quando le analisi successive mostrarono una drastica diminuzione della presenza del virus nel suo corpo, riportarono la sua temperatura corporea ad un valore normale. Aveva funzionato, il battito del giovane Yagami aveva ripreso a battere normalmente. Procedettero quindi a fare trasfusione per poter eliminare ciò che restava del virus nel suo corpo. La situazione del ragazzo cambiò all’improvviso. La donna, dopo essersi assicurata della buona riuscita, tornò a dare la lieta notizia alla famiglia del ragazzo, alla signorina Tachenouchi e al resto del gruppo.

-I suoi organi hanno ripreso a funzionare, adesso però sta riposando. Ci vorrà un po’ di tempo per sciogliere la prognosi, ma l’organismo reagisce bene al tuo sangue. Grazie Sora!-

La ragazza guardò il dottor Kido e la sua collega con gli occhi lucidi. C’era riuscita. L’aveva salvato lei stavolta. Era talmente felice che nulla in quel momento l’avrebbe scalfita. Tutto, tranne il rumore che fece voltare i presenti nella stanza. Mimi aveva fatto cadere il telefono dalle mani. Era bianca come un lenzuolo e il suo viso era senza espressione. I suoi amici la scrutarono inebetiti. Yamato si avvicinò a lei cercando di farla tornare in sé.

-Mimi, va tutto bene?-

La prescelta cominciò a singhiozzare, non riusciva a parlare, così indicò al biondo il suo telefono. Yamato lo raccolse e, leggendo il messaggio, anche il suo sguardo si incupì. Guardò i suoi amici e con un magone rivelò il contenuto del messaggio.

-Daisuke, Ken, Miyako e Iori sono morti, hanno contratto una sorta di virus.-

La stanza cadde in un silenzio tombale. Tutti piangevano, erano pietrificati, impauriti, indifesi. Quelli che ce l’avevano con loro, erano già riusciti ad uccidere quattro di loro, togliendogli un pezzo del loro mondo.

I ragazzi continuarono a crogiolarsi e a chiedersi il perché, ma nessuno riuscì a risolvere quell’enigma.

 

*Trasfusione: come accennato nelle pre-note, non ho nessuna competenza medica. Mi sono informata su internet come meglio potevo cercando di rendere il più verosimile la situazione. Ma non posso dar per certo che tutto quello scritto in quest’ambito sia giusto.

 

 

 

NOTE FINALI

Pff… Giuro che ho sudato sette camice per scrivere sto capitolo ma è andata!

Che dire? Taichi ne passa tante ma ovviamente alla fine la situazione drastica sembra cambiare in meglio. Quindi dal prossimo capitolo vedremo il nostro Taichi tornare? Forse.. xD Effettivamente scrivere un capitolo intero con lui assente mi ha rotto un po’ le balle. Vabbè non voglio fare spoiler.

Dunque quelli convolti in questo complotto non erano solo loro otto, ma anche quelli di 02 (ma perché?), che non avendoli mai considerati più di tanto, proprio ora che avevo deciso di farlo cosa faccio? Ovviamente li ho fatti morire. Non ho mai fatto morire nessuno nelle mie fanfiction.. mo’ quasi quasi ci sto prendendo gusto sapete? 20 scienziati e 4 ragazzi..  wow… na strage praticamente. Ma giustamente a tutto c’è sempre un motivo!

Nel prossimo capitolo si capirà qualcosa? Mmm… probabilmente no! Vi anticipo che inizierete ad avere le idee chiare su quello che ho in mente solo nel 4 capitolo. Dai non è molta l’attesa.

Vabbè bando alle ciance. Grazie sempre a chi legge.

Wendy

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Capitolo 3
*** Cortinarius orellanus ***


PRE NOTE

Eccomi tornata con il terzo capitolo (sotto minaccia di Taichi, il nuovo ritorno sul fandom Digimon). Dunque, eravamo rimasti alla scoperta che i quattro digiprescelti di 02 erano schiattati (pace all’anima loro) e si stava aspettando il risveglio di Taichi. Quindi andiamo a vedere se il nostro amato digiprescelto si è svegliato più carico di prima. Buona lettura.

 

                                                            Virus

   Capitolo 3

    Cortinarius Orellanus


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Quella stessa notte, nell’ospedale di Tokyo arrivò un altro caso grave. Un uomo sui trentacinque anni, che faceva parte della squadra di soccorso di Kamakura, aveva contratto il virus rovistando tra le macerie della caverna. Stavolta i medici, memori dell'esperienza vissuta con il giovane Yagami, tentarono di ripetere le stesse operazioni di quel giorno, ma, con loro stupore, qualcosa andò storto. L’uomo, nonostante la trasfusione fatta con il sangue del fratello, avente lo stesso gruppo sanguigno, e nonostante l’ibernazione, non si salvò. Il dottor Kido fin dal principio aveva avuto dei dubbi a riguardo, ma non aveva avuto il coraggio di fare supposizioni. Adesso, però, gli era tutto più chiaro: non era il sangue pulito a far guarire dal virus, ma nello specifico era quello di Sora. Evidentemente il fatto che fosse una digiprescelta aveva fatto sì che il suo sangue avesse salvato l’amico. Il medico non poteva di certo dare spiegazioni di questo genere in ospedale, la paura che potessero utilizzare gli amici di suo figlio come cavie lo irritò profondamente. Ne avrebbe parlato con Joe a casa.

 

***

Nessuno dei digiprescelti, dopo la notizia della triste e prematura scomparsa dei loro quattro amici, era riuscito a chiudere occhio quella notte. Erano davvero sconvolti, nessuno di loro aveva detto qualcosa sull’accaduto.

Quando la notizia del risveglio di Taichi si sparse in tutto l’ospedale, Sora scattò dal letto per andare nella stanza dell’amico, scordandosi per un attimo di quello che era successo. Si guardarono soltanto, sorridendosi a vicenda. Non parlarono, ma la complicità dei loro sguardi diceva una miriade di cose. Lei gli accarezzò il viso e lui continuò a fissarla grato. Nelle loro menti c’era un pensiero a quello che era successo in quella caverna prima che si scatenasse il caos generale. Per un istante, entrambi rivolsero un’occhiata alla zona bluastra che avevano entrambi sul braccio destro, dove era rimasto il segno dell’ago, a causa della trasfusione subita. Un livido che li legava.

E poi c’era Yamato dietro di loro, che osservava la scena da lontano. Sapeva che non era il momento di mettersi a fare il geloso, eppure qualcosa lo infastidiva nel vedere quella scena che si proiettava davanti a lui. Il dottor Kido entrò facendo uscire Sora dalla stanza.

-Come ti senti, Yagami?-

-Come se una tonnellata di rocce mi avesse investito.-

-Noto che hai un ottimo umorismo, mi fa piacere, ragazzo.-

-A dire il vero non sto benissimo, mi sento come se fossi intorpidito.- Non riusciva a smuovere i muscoli del suo corpo e non sentiva nessun dolore. L’uomo usò l’ago di una siringa su una delle mani del giovane, ma lui non ebbe nessuna reazione.

-Questa paralisi può essere causata da quello che è successo.-

-Ma è una cosa momentanea, no?-

-Procederemo ad effettuare tutti i controlli dovuti, sperando che si tratti solo di una sintomatologia temporanea-. gli occhi del castano divennero neri e senza vita.

-Taichi… tu e Sora siete gli unici sopravvissuti a quel virus. Virus che tecnicamente non è terrestre. Non conosciamo i suoi effetti, sappiamo solo che siete gli unici ad essere sopravvissuti ad esso.-

-Ma se lei è guarita, guarirò anch’io, giusto?- riuscì a far riemergere l’ultimo scorcio di speranza che gli era rimasto, ma la risposta del padre di Joe glielo fece sgretolare in un battibaleno.

-Lei non era grave quanto te, ma credimi, faremo di tutto per aiutarti. Con la riabilitazione riusciremo senz’altro a vedere i risultati in poco tempo, ma tu devi essere forte, non devi mai mollare la presa.-

Uscì poi dalla stanza lasciandolo solo a combattere con i suoi pensieri. Quella conversazione lo aveva destabilizzato. Il pensiero di poter restare paralizzato per sempre, lo agitava. Non avrebbe più potuto giocare a calcio? E il sogno di entrare in Polizia, avrebbe dovuto abbandonarlo? “Giammai”, fu l’unica cosa che pensò quando iniziò a sforzare la mano come a voler prendere qualcosa dal piccolo comodino accanto a letto. Si affaticò fino a cadere a faccia in giù. Il tonfo e i suoi lamenti si sentirono al punto che Sora, che era davanti al distributore automatico del caffè con Toshiko, si apprestò a correre nella vana impresa di aiutarlo. Lui iniziò ad inveire contro di lei.

-“Chiama quella cazzo di infermiera!” -“Vattene, Sora!”

Perché adesso la stava trattando in quel modo? Eseguì l’ordine e tornò nella stanza quasi con le lacrime agli occhi.

Quando Yamato tornò in ospedale, notò la sua ragazza scossa e lei gli raccontò l’episodio che era successo qualche ora prima con l’amico.

-Sarà orgoglio maschile, non vuole essere aiutato, non prendertela!-

-Non è quello. Taichi non mi avrebbe mai trattata in quel modo, non è da lui.-

-Senti Sora, so che hai salvato Taichi e che questa cosa ti lega a lui, ma Taichi ora non è in grado di esprimere gratitudine.-

-Fanculo la gratitudine, Yamato, c’è senza dubbio qualcos’altro che non vuole dirmi.-

 

Quella sera, Yamato stava tornando a casa e trovò il digiprescelto del coraggio nella grande hall dell’ospedale, su una sedia a rotelle, intendo a fissare le luci di Tokyo, attraverso la grande vetrata.

-Ehi, come stai amico?-

-Benissimo, non si vede?- bofonchiò vistosamente irritato dalla domanda.

-Senti Taichi, hai contratto un virus mortale, capisco che adesso tu ce l’abbia con il mondo intero, ma andrà tutto bene, lo so.-

-Lo sai? Cosa sei un sensitivo adesso? Tu non sai niente Yamato e io non ho bisogno dei tuoi consigli di merda.-

-Ok, me ne vado! Ma se vedi Sora nei paraggi, per favore, sii gentile con lei.-

-Cosa? E quando mai non lo sono stato?-

-Oggi ti sei comportato da idiota con lei, ma sei sempre uno stupido egoista del resto.-

-Ah, quindi sarei io l’egoista? Ma da quale pulpito viene la predica? Ti ricordo che qualche giorno fa, mentre la tua ragazza rischiava di annegare, tu ti sei assentato per non so quale razza di motivo.- Il biondo nonostante l’attacco non demorse, voleva uscirne vincitore in quella conversazione.

-E tu allora hai pensato di approfittare del mio momento di debolezza e della nostra piccola crisi, per portartela in quella caverna, per giunta sapendo che rischiavate di essere in pericolo, ed entrare in modalità amore con Sora.-

-Sei patetico, Ishida! Ti parlo del fatto che stavi lasciando che Sora morisse davanti ai tuoi occhi e tu mi vieni a parlare di gelosia?- se non avesse avuto quella dannata paralisi, lo avrebbe preso a pugni senza pensarci, come facevano ormai da una vita.

-Ti sbagli, Taichi, non sono geloso di te! Sora ha scelto me. So tutto del bacio che vi siete dati, prima che lei si mettesse con me. Un vero uomo accetta la sconfitta e va avanti!- e dopo quella frase, se ne andò con una nonchalance che infastidì profondamente il ragazzo sulla sedia a rotelle. Si calmò al pensiero di quello che Yamato non sapeva: il bacio che c’era stato nella caverna era la prova vivente che quello che aveva detto Yamato non era del tutto veritiero.

                                        

                                        ***

 

Il mattino seguente Sora lasciò l’ospedale e, prima di andarsene, passò dalla stanza dell’amico, rimanendo sbigottita nello scoprire che qualche ora prima si era fatto trasferire in un centro di riabilitazione. Era sconvolta, non l’aveva nemmeno salutata. Per farla svagare, Yamato la invitò per quella sera al cinema, ma lei non era dell’umore. Insistette fino allo sfinimento tutto il pomeriggio, riuscendo poi a convincerla.

-Non posso credere che tu mi abbia convinto a vedere quest’oscenità di film! Lo sai che non ho mai amato Harry Potter.-

La rossa rise di gusto mentre si metteva comoda nella poltrona rossa in velluto del cinema nei pressi di Shibuya. Odiava quel maghetto, i film che piacevano a lei non piacevano a Yamato e viceversa. Lei aveva gli stessi gusti di Taichi, avrebbe voluto vedere con lui uno di quei Fast and Furious o Deadpool, film con tanta azione insomma, piuttosto che quel noioso occhialuto. Ecco, continuava a avere in testa lui, era sempre lui il suo pensiero costante e lo era ancora di più in quel periodo. Quel bacio continuava a tormentarla. Era annoiata e lo si poteva notare anche da una distanza chilometrica. Continuava a guardare il telefono cercando un messaggio invano, sotto lo sguardo indagatore del suo ragazzo.

-Il film non ti piace perché non ti concentri a fondo. Mi spieghi perché continui ad armeggiare con quel telefono?-

-Niente, controllavo solamente la posta.-

-Te lo requisisco fino alla fine del film.- e glielo tolse dalle mani mettendoselo in tasca.

-Va bene, ok... ma devo andare un attimo in bagno.-

-Ma ti perdi il più bello!-

-Ah sì? Muore Voldemort per caso? Scommetto mille yen che Harry elimina l’horcrux e lo uccide una volta per tutte!- lo guardò e, grazie allo sguardo amareggiato del suo ragazzo, si accorse di aver centrato il seguito del film. Poi si avviò verso il bagno. Proprio in quel momento arrivò un messaggio di Taichi sul telefono di Sora e Yamato non esitò a leggerlo.

“Non riesco a scrivere, ho i muscoli bloccati. Mi spiace per averti aggredita ieri. Mi manchi!”

Si irrigidì repentinamente e senza rendersene conto, prima che tornò Sora, lo cancellò.

 

                                      ***

 

-Maledetti! Quei bastardi sono vivi.- Himekawa era infuriata.

-Bene, dobbiamo risolvere diversamente questi due piccoli problemi.

-Di cosa parli?- Nishijima guardò confuso la donna.

-I due mocciosi sono vivi e c’è dell’altro. Sono venuta a sapere, tramite un infiltrato in ospedale, che uno dei soccorritori è entrato a contatto con il virus e che, a differenza di quei due, è morto. Ciò significa che se i dottori decidessero di indagare a fondo alla questione, potrebbero anche decidere di farli diventare due antidoti ambulanti. Devono essere eliminati, una volta per tutte!-

-Che vuoi fargli?- la donna dai capelli neri aprì una scatola in latta piena di cerotti e gli iniettò un liquido trasparente.

-Cos’è quello?-

-È una Cortinarius Orellanus, un estratto di un fungo velenoso della foresta nera. Viene dalla Germania. La sua azione è a rilascio graduato. Basta un cerotto imbevuto di questa sostanza, posizionato su una ferita aperta, per poter mettere in circolo facilmente il veleno. Ma la cosa migliore di questa sostanza tossica è che è irrintracciabile.- e congelò lo sguardo dell’hacker con la sua solita risata malefica.

 

                                           ***

 

Taichi continuava a fare riabilitazione in quel lungo corridoio bianco e spoglio. Si sforzava e risforzava. Voleva fare sempre più di quello che il suo corpo gli permetteva. Chiedeva continuamente all’infermiera di provare a camminare senza deambulatore e ogni volta, puntualmente, finiva, dopo un paio di passi, con la faccia a terra. Ma i miglioramenti erano comunque evidenti e anche Hikari, che restava puntualmente accanto a lui insieme a Takeru, lo aveva notato e lo incoraggiava a continuare in quel modo. I due riuscirono finalmente decisero di mettere Taichi al corrente della morte dei loro amici e il prescelto, che in quel periodo era molto sensibile, cominciò a piangere. Stava andando tutto male, non ci stava capendo più nulla. Si sfogò anche con la sorella e l’amico, raccontando di essere profondamente dispiaciuto per essersi comportato male con molti di loro e parlò anche del messaggio a cui Sora non aveva riposto.
-Vedrai che ti risponderà, magari vuole solo vendicarsi un pochino.- lo rassicurò la sorellina.

-Ne avrebbe tutto diritto!- lo punzecchiò il biondino facendolo ridere per un attimo.

L’orario delle visite era finito da un pezzo e Taichi continuava a fissare il telefono non capendo il motivo per cui Sora non gli avesse ancora risposto al messaggio. Possibile che fosse così arrabbiata? Non era da lei. Poi un ricordo lo ridestò da quel pensiero. Riaffiorò nella sua mente una scena relativa al giorno prima di partire per Kamakura. Daisuke era andato a trovarlo a casa sua. Stavano bevendo un frullato ai mirtilli preparato dalla madre, davanti a un vecchio film di Jackie Chan, quando il più piccolo si rivolse sognante all’amico: “Taichi, voglio fare anch’io il poliziotto! Se quest’anno riesci ad entrare in polizia, voglio che tu mi dia tutte le dritte per riuscire a diventare un tuo degno successore.” Il castano rimaste sorpreso e allo stesso tempo molto colpito. “Te lo prometto, Daisuke”.

Ora, però, non avrebbe più potuto mantenere fede a quella promessa, visto che, il suo amico era morto. Un’altra lacrima rigò il suo viso, poi un infermiere, che il castano non aveva mai visto, entrò nella stanza distraendolo dal ricordo che lo stava opprimendo. Il tizio alto e tarchiato si presentò al paziente come suo nuovo assistente personale, ovviamente non avrebbe mai potuto pensare che quell’uomo fosse in combutta con il nemico.

Il giorno successivo, questa nuova figura propose a Taichi di aiutarlo a radersi. Ingenuamente, il digiprescelto accettò il suo aiuto. Un piccolo taglio sotto al mento bastò per far sì che, alla fine della rasatura, Taichi necessitasse di un cerotto per tamponare la fuoriuscita di sangue.

Quella stessa mattina, davanti alla porta di casa Tachenouchi si presentò una donna con un tesserino dell’ospedale, che spiegava di essere stata mandata dalla dottoressa che li aveva assistiti insieme al dottor Kido, per controllare i parametri di Sora. Controllò prima di tutto il colorito della cute e l’ossigenazione sanguigna con un saturimetro. Poi misurò la frequenza respiratoria con uno spirometro, con un termometro la temperatura corporea ed infine con un fonendoscopio la frequenza cardiaca. Nella rapidità di riprendere il fonendoscopio, con la pietra appuntita dell’anello che portava all’anulare, la donna lasciò un taglio superficiale sul polso della rossa e, scusandosi in modo retorico, le disinfettò la piccola apertura, mettendoci poi sopra il cerotto che aveva nella sua cassettina medica portatile. L’altra scagnozza di Himekawa salutò poi soddisfatta la ragazza e sua madre e lasciò l’abitazione, avvisando subito la sua superiore di aver svolto il suo compito.

Nel frattempo, Yamato era in compagnia del fratello e, dopo giorni passati ad auto colpevolizzarsi per il messaggio cancellato, riuscì finalmente a confidarsi con lui.

-Sei impazzito? Non puoi fare una cosa così infantile. Taichi era giù di morale, pensava che lei ce l’avesse con lui per come l’aveva trattata quel giorno, quando invece era sconvolto perché aveva appena scoperto di avere una sorta di paralisi.-

-Paralisi? Di che stai parlando, Takeru?-

-Taichi, da quando si è svegliato, non comanda più i suoi muscoli. Sta facendo di tutto per recuperare a camminare, ma al momento non è ancora riuscito a tornare a muoversi come prima. Potrebbe anche non giocare più a calcio per il resto della sua vita.-

Ora Yamato si sentiva in colpa doppiamente, adesso poteva capire il suo stato mentale e il perché sembrava avercela con il mondo intero. E lui cosa aveva fatto? Non solo lo aveva fatto sentire più inutile, ma aveva rimosso il messaggio che lui aveva inviato a Sora, peggiorando gli stati d’animo ad entrambe le persone che, insieme al fratello, amava più al mondo. Si sentiva uno schifo, doveva rimediare.

-Grazie Takeru, devo andare a parlare con Sora.- Il giovane digiprescelto della speranza lo guardò contento mentre usciva dal bar dove gli aveva offerto la colazione. 

 

Non appena entrò a casa della sua ragazza, il biondo disse che doveva parlarle di una cosa importante. Non si rese nemmeno conto che la sua fidanzata aveva una faccia quasi dolorante, finché non svenne. Fortunatamente con i suoi riflessi riuscì a sorreggerla in tempo prima che cadesse a terra. Chiamò subito Toshiko, dopo averla appoggiata sul divano, si resero conto subito che aveva la febbre alta. Le fecero continui impacchi di acqua fredda, ma senza risultati. Nel frattempo arrivò anche Mimi, che quasi morì nel vedere l’amica in quello stato pietoso. Aveva saputo solo da pochi giorni che Miyako era morta, la paura di perdere anche la sua migliore amica le sembrò una pugnalata. Chiamarono l’ambulanza. Nel frattempo la rossa sembrava non dare più segnali, come se non fosse in sé, ormai le convulsioni avevano preso il sopravvento. La digiprescelta della purezza continuava ad accarezzare l’amica stesa sul letto, quando si accorse di un cerotto che si era inumidito un poco per via degli impacchi d’acqua fredda. Decise così di rimuoverlo totalmente. Non passarono nemmeno cinque minuti, che, come per magia, Sora riaprì gli occhi e sembrò stare meglio. Arrivò proprio in quel momento l’ambulanza e, dopo che Toshiko si scusò per averli chiamati invano, per precauzione controllarono ancora una volta, i parametri della giovane e, dopo essersi accertati della sua incolumità, se ne andarono. Mimi era quella più insospettita da quel cambiamento drastico. Ne era felice, ma aveva un dubbio che la crucciava nel più profondo, quindi, dopo aver messo in un fazzoletto la prova della sua incertezza ed essersi raccomandata che l’amica riposasse, scappò dicendo di avere un impegno importante. Sora si accucciò nel suo letto per mantenere fede alla promessa fatta all’amica, ma, prima di chiudere gli occhi, chiese a Yamato cosa era venuto a dirle. Non era quello il momento di darle un ulteriore dolore, quindi rispose che era una sciocchezza e che ne avrebbero parlato in un altro momento.

Al contrario di Sora, però, Taichi non fu così fortunato. Non aveva nessuno pronto ad aiutarlo, anzi, il digiprescelto del coraggio aveva il nemico al suo capezzale pronto a vederlo morire, per poi avvisare il suo capo di aver concluso il suo compito. I signori Yagami e Hikari erano stati tenuti all’oscuro e li avevano obbligati a non andare a trovare il ragazzo momentaneamente, per facilitarne il percorso della riabilitazione. Il prescelto peggiorava, tremava come una foglia, la febbre aumentava e le forze svanivano sempre di più.

 

Mimi, nel frattempo aveva chiamato Joe e gli aveva dato appuntamento a casa di Koushiro. Il rosso, non appena aprì la porta, rimase spiazzato nel ritrovarsi i due cari amici davanti.

-Allora Mimi, che succede?- Il digiprescelto della conoscenza era curioso, non era di certo una cosa frequente che la bella Tachikawa si presentasse con una certa fretta nel suo appartamento. Rimase ancora più stupito quando la ragazza le mostrò un fazzoletto che conteneva un cerotto pieno di sangue.

Raccontò velocemente quello che era accaduto qualche ora prima a casa Tachenouchi e alla fine rivelò ai due amici che a suo modesto parere c’era qualcosa che non tornava in quella strana storia.

-So che mi credete matta e so anche che non sono mai stata considerata da voi come una ragazza così sveglia, ma, credetemi, sono quasi sicura che in questo cerotto ci sia qualcosa che ha fatto stare male la nostra Sora.-

Rimase quasi disorientata quando dai discorsi dei due, capì che avevano creduto senza batter ciglio alle sue parole.

-Koushiro, si può analizzare per individuare un eventuale veleno?- domandò l’occhialuto, notando poi che l’amico si stava già attrezzando di liquidi vari. Quella sorta di ufficio era pieno di materiali biochimici, microscopi e macchinari strani, che lo rendevano in parte un laboratorio. Senza proferire parola, aveva già preparato diversi contenitori pieni di liquidi diversi.

-Ci sono dodici veleni qui dentro, se quel cerotto è velenoso, come dice Mimi, uno di questi diventerà blu.

Dopo qualche minuto di attesa che sembrò eterno, tutto rimase com’era, ma la ragazza non si arrese.

-Ma non potrebbe trattarsi di un veleno che lì non c’è?-

-No!- Il rosso era sicuro di sé, ma all’improvviso cambiò espressione. –Aspettate… a meno che... potrebbe trattarsi di… Cortinarius Orellanus.-

-Il Cortinarius che?- L’amica lo guardò confusa.

-Lo definiscono il killer silenzioso. È un veleno irrintracciabile.- E mentre lo diceva si stava già adoperando di un nuovo contenitore.

-Fai sul serio, hai anche quello?- Il ragazzo dai capelli blu era sbigottito.

-No, è solo un reagente.- Sorrise mesto. In pochi istanti di attesa i tre si pietrificarono alla visione di ciò che si formò davanti a loro.

-Blu. Bingo!- Berciò poi il digiprescelto suscitando quasi paura negli occhi dei due amici.

-Dobbiamo avvisare subito Sora, domattina ci vediamo tutti a casa sua.-

 

 

NOTE FINALI:

Minchia che bordello… Taichi si è svegliato ma non carico e pimpante come tutti volevamo. Scopriamo anche che è stato proprio il sangue di Sora a salvarlo, ma al momento non abbiamo dettagli sulla cosa. Inizia sta benedetta riabilitazione e non appena ci sono un paio di miglioramenti viene avvelenato (ma è proprio sfigato!) Verranno tempi migliori anche per lui, giuro.

Sora due volte su due ne esce illesa.

Il triangolo (non amoroso) Mimi-Koushiro-Joe scopre il losco del cerotto avvelenato.

E Mo’? E mo’ ci vediamo al prossimo capitolo. Vi spoilero il titolo “Rivelazioni”, quindi prometto che alla prossima pubblicazione vi spiaccico in faccia tutte le risposte ai vostri dubbi. Che brava che sono. xD

Detto ciò... grazie come sempre a chi legge e recensisce… e in particolare ringrazio la mia amata beta Digihuman, che oltre a supportami e sopportarmi mi aiuta a migliorare sempre di più!

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Rivelazioni ***


PRE-NOTE

Hola carissimi lettori, ecco sfornato anche il 4 capitolo, già pronto da un bel po’, ma per mancanza di tempo ho tardato la pubblicazione. (Ridatemi la Quarantena!) XD

Scherzi a parte. Perché questo capitolo si chiama “Rivelazioni”? Come vi ho già accennato nelle note dei precedenti capitoli, perché vi spiaccico in faccia tutte le risposte!

Il capitolo sarà diviso in 2 parti: nella prima parte finalmente scopriremo che fine ha fatto Taichi, visto che anche questa volta ho lasciato il mio adorato in bilico tra la vita e la morte.

Pensate che sono cattiva? Ancora non avete visto nulla! xD Ovviamente non con lui, già ha visto abbastanza!

La seconda parte spiegherà appunto tutto!

Quindi buona lettura!

 

Virus

Capitolo 4

Rivelazioni






https://i.postimg.cc/fRjvH2HR/cap-4.png

 

 

La mattina seguente, Yamato, dopo una nottata insonne, riflettendo sulle parole del fratello, si sentì ancora più in colpa e, già alle prime luci dell’alba, si alzò per fare colazione al bar vicino casa di Sora. Si presentò alla sua porta con un cornetto con marmellata di albicocche, il suo preferito, e un cappuccino da asporto.

-Che sorpresa! Come mai così presto?-

-Ecco io… volevo sapere come stavi e… volevo parlarti di una cosa importante.-

Si accomodarono al tavolo della cucina e iniziarono un dialogo tranquillo. Toshiko, la mamma di Sora, li salutò in fretta per scappare a lavoro e lasciarli conversare in serenità. Sora spiegò al suo ragazzo che quella notte era stata bene, ma che si sentiva come se qualcosa la turbasse, ma non capiva cosa.

-Mi sento come se dovesse capitare qualcosa di brutto da un istante all’altro.-

-Hai passato un brutto momento e sono anche morti dei nostri amici. Magari sei solo intimorita da tutto il trambusto di questi giorni.- La ragazza sospirò e lui si sentì morire ancora di più, perché sapeva che era arrivato il momento di sganciare quella famosa bomba ad orologeria.

-Sora, io devo confessarti una cosa molto grave che ho fatto nei tuoi confronti.- La rossa inarcò le sopracciglia e lo guardò confusa, così il digiprescelto, che aveva tutta la sua attenzione, continuò.

-Quando eravamo al cinema, ti ricordi che ti ho sequestrato il telefono durante la proiezione?- aspettò che la compagna annuì e, dopo aver preso fiato, ammise la sua colpa senza indugio.

-Quando sei andata in bagno, ti è arrivato un messaggio di Taichi che ti diceva che non riusciva a scrivere, che gli dispiaceva per tutto e che gli mancavi. Ed io... l’ho cancellato!-

-Cos’hai fatto?- lo sguardo della digiprescelta dell’amore cambiò subito da confuso, ad irritato. Lui sapeva che in quei giorni lei si stava torturando per il comportamento che Taichi aveva avuto nei suoi confronti. “Come ha osato fare una cosa del genere?” si domandò Sora.

-Lo so, sono uno stronzo, mi dispiac…-

-Vattene!- gli occhi infuocati di Sora lo intimidirono.

-Io… ho paura di perderti. Ero geloso e adesso mi faccio schifo da solo.- Sora era veramente arrabbiata, aveva le lacrime agli occhi e lo guardava con disprezzo. Il citofono li fece sobbalzare, la prescelta dell’amore asciugò velocemente le lacrime, che non era più riuscita a trattenere, con la manica della felpa e corse verso la porta. Rimase stupita nel trovarsi davanti Mimi, Koushiro e Joe.

-Buongiorno, abbiamo delle cose da dirti.- la voce gelida della sua migliore amica fece trasalire Sora, che tornò nella cucina seguita dai tre digiprescelti.

-Bene, sei qui anche tu- disse il rosso rivolgendosi al prescelto dell’amicizia, appoggiando un contenitore sul tavolo.

-Cos’è?- né lei, né Yamato riuscirono a capire cosa fosse quel cerotto immerso in quel liquido blu.

-Sora, qualcuno ha cercato di avvelenarti, ecco perché stavi così male. Se Mimi non ti avesse tolto il cerotto, mentre eri in quello stato di convulsione, probabilmente adesso la situazione sarebbe drastica.- 

Koushiro era stato diretto e conciso e l’amica era sbiancata a quella rivelazione. Non riusciva a spiegarsi il perché di quell’azione nei suoi confronti.

-Ma chi mi vuole morta?- continuò lei strabuzzando gli occhi.

-Evidentemente gli stessi che ci hanno teso quella trappola mortale a Kamakura.- disse Mimi quasi rassegnata.

Ma il dubbio di Joe fece aprire finalmente gli occhi ai presenti -scusate, io penso che la stessa persona che ha tentato di diffondere questo virus, ora voglia uccidere Sora proprio per via della sua immunità-

-Immunità?- chiese la rossa confusa.

-Ho parlato con mio padre. Dice che anche un altro uomo ha contratto il virus e che il medesimo procedimento svolto su Taichi non ha funzionato. In poche parole, pensiamo che la guarigione di Taichi possa essere influenzata dall'essere un digiprescelto!-

-Taichi… se quello che dici è vero… Taichi è in pericolo!- la frase di Sora mandò in panico tutti quanti. Prese il telefono, mettendo da parte tutto quello che gli aveva confessato qualche minuto prima il suo ragazzo.

-Non risponde! Chiamata deviata.- il cuore di Sora si sgretolò in un instante e l’ansia si impossessò di lei.

-Dobbiamo andare da lui!- Yamato non aveva dubbi: dovevano salvarlo. Prese il telefono e chiamò il fratello per farsi dare l’indirizzo del centro di riabilitazione. Joe prese la macchina su cui salirono anche Yamato, Sora e Mimi. Lasciarono un posto libero per Taichi; lo avrebbero portato fuori da quel posto con le buone o con le cattive, questo era poco ma sicuro. Koushiro nel frattempo tornò a casa: avrebbe smosso mari e monti pur di trovare il modo di chiudere la questione una volta per tutte.

 

***

 

Al centro di riabilitazione, il telefono dell’aguzzino di Himekawa suonò.

-Buongiorno, capo!-

-Come sta il digiprescelto?-

-E’ ancora vivo. Velocizzo la cosa?-

-Sì, bravo. Fa quello che devi fare!-

-Ok, Himekawa!-

La donna rise soddisfatta davanti allo sguardo contrariato di Nishijima, che ne aveva abbastanza di vedere tutto quel dolore. Voleva fare qualcosa per salvare quei ragazzi. Ma cosa? Quando la sua superiore decise di prendersi una pausa e farsi un pisolino nella stanza accanto, il giovane hacker fu attirato da qualcosa sul suo computer.

 

***

 

I quattro digiprescelti arrivarono al centro di riabilitazione di Shibuya. Joe e Mimi chiesero subito di Yagami alla donna posta all’ingresso della hall dell’ospedale e questa rispose loro che il ragazzo non poteva ricevere visite. Avevano già previsto un’eventualità del genere, quindi, mentre loro due la distraevano, Yamato e Sora si infiltrarono nel lungo corridoio.

-Takeru mi ha detto che si trova nella stanza 21!-

 

Taichi era ancora cosciente, aveva origliato la chiamata del presunto infermiere. Aveva capito di essere nella merda, ma non fino a quel punto. Doveva provare a fare qualcosa per uscire da quella brutta situazione, nonostante le sue forze non glielo permettessero. Stava iniziando a fare grandi miglioramenti grazie alla fisioterapia, ma, dopo l’arrivo di quello stronzo, tutti i progressi erano andati a farsi fottere. Approfittò dell’uscita dell’uomo, che, sicuramente, era andato a preparare nella stanza accanto il veleno, o qualsiasi altra cosa che avrebbe accertato il suo decesso a breve e, con movimenti stile bradipo, riuscì a scendere dal letto e a nascondersi sotto di esso. Il bastardo in questione riuscì a trovarlo senza problemi, del resto non sarebbe mai potuto andare oltre quelle quattro mura, viste le difficoltà motorie. Lo prese per un braccio e lo spinse fuori dal letto, facendolo strisciare a terra, con lo sguardo di chi aveva vinto, e posizionò la siringa sul suo collo.

-Butta quella siringa, bastardo!-

Finalmente Yamato e Sora arrivarono. Non avrebbero mai permesso che gli succedesse qualcosa. Il biondo prese il sorvegliante dalla spalla e gli sferrò un pugnò allo stomaco. Nel frattempo, Sora, con gli occhi lucidi, si buttò sull’amico abbracciandolo e strappandogli il cerotto da sotto il mento, lasciandolo quasi interdetto da quel gesto. Azione che scordò velocemente, insieme al contesto in cui si trovavano, quando vide la rossa sorridergli ed accarezzargli il viso liscio. Il castano ricambiò con un lieve movimento delle labbra e degli occhi; era felice di vederla. Da quando non gli aveva risposto al messaggio, aveva pensato di tutto, soprattutto che lo odiasse per come l’aveva trattata quella volta in ospedale. Poi un tonfo fece sciogliere quegli sguardi e, quando si voltarono, videro il prescelto dell’amicizia, accasciato su un mobiletto, che, per via della spinta, era caduto a terra disperdendo in tutta la stanza i medicinali posti sopra di esso. Con esso cadde anche l’omone grasso che era già pronto a colpirlo. Sora, di getto, afferrò da terra la siringa che il bestione stava iniettando al suo amico qualche istante prima e gliela infilzò sul collo. Rimasero tutti e tre allibiti nel vederlo istantaneamente buttarsi a terra, con la schiuma alla bocca. Il pensiero che, se non fossero arrivati in tempo sarebbe toccato al prescelto del coraggio, li fece rabbrividire. 

-Dobbiamo andarcene subito da qui!-

Yamato si alzò di scatto e, insieme all’aiuto di Sora, riuscì a fare alzare l’amico, scappando dall’ospedale e correndo verso il parcheggio dove li attendevano Mimi e Joe. Durante il tragitto raccontarono a Taichi tutto quello che era successo ed il rischio che stavano correndo lui e Sora. Nell'udire tutti quei discorsi, si sentì male, aveva bisogno di tanto riposo. Decisero che il giorno dopo si sarebbero visti tutti a casa Yagami. Quella sera, Taichi ne approfittò per rilassarsi con un bel bagno caldo, passando un po' di tempo con la sua famiglia come non faceva da tempo. 

Koushiro era stato avvisato della riuscita, nell’impresa di portare in salvo l’amico e ne era felice, ma sapeva anche che non era ancora finita.

-Bene, Joe, ci vediamo domani mattina alle dieci a casa di Taichi. Avvisa gli altri, ho tante cose da dirvi.-

Il rosso, quel giorno, non era rimasto a casa a far nulla, aveva scoperto finalmente cosa si celava dietro a quel virus ed al suo utilizzo. Era riuscito a mettersi in contatto con qualcuno, che, finalmente, gli aveva dato tutte le risposte che cercava ormai da settimane.

 

*****

 

Quella mattina, i prescelti furono particolarmente puntuali. Alle dieci, infatti, erano tutti davanti ad un tè fumante alle erbe che Yuuko, la madre di Taichi e Hikari, aveva gentilmente preparato prima di uscire per fare la spesa e lasciare soli i ragazzi durante la visita. Sora riuscì ad avvicinarsi a Taichi. Voleva sapere come stava, non avevano avuto veramente modo di parlare da quando si era risvegliato in ospedale, visto che l’aveva trattata in quel modo quando lei ci aveva provato.

-Come ti senti?-

-Considerando che ieri stavo per incontrare il paradiso, bene.- sorrisero, ma furono presto interrotti. Koushiro si schiarì la voce per fermare i discorsi generici dei loro amici.

-Ho scoperto delle cose che è bene che voi tutti sappiate.- Quando si accorse di avere tutta l’attenzione su di lui, continuò.

-Il virus con cui sono venuti in contatto Taichi e Sora deriva dalla magnetite, come già avevamo previsto. È stato sviluppato in un laboratorio da alcuni scienziati, per conto di un uomo potente di Tottori. Durante lo studio di questa magnetite sono morti tutti gli scienziati che avevano preso parte al progetto, circa venti. L’uomo in questione, nonché capo del governo federale, ha come scopo quello di eliminare noi digiprescelti onde evitare che distruggiamo il suo vero piano.-

-Cioè, non siamo noi il vero problema?-

-No, Yamato, noi siamo solo degli ostacoli. Vogliono assicurarsi di toglierci di mezzo, così da non avere intralci per il loro piano diabolico. Il loro vero scopo è quello di diffondere il virus a Digiworld.-

-Ma tu come fai ad essere a conoscenza di tutte queste cose?- Mimi, che era stata taciturna fino a quel momento, voleva sicurezze.

-Sono riuscito a rintracciare il punto esatto da dove sono partiti i sismi quel giorno a Kamakura e sono risalito al computer che ha avviato quel processo. Un certo Daigo Nishijima, un hacker che è stato ingannato e costretto a fare tutto questo, mi ha inviato un'email raccontandomi tutto quello che vi ho appena detto.-

-E chi ci dice che possiamo fidarci di questo Nishijima?- il dubbio di Takeru era più che lecito e non era l’unico ad avere quelle incertezze.

-Hai ragione, Takeru. Infatti, mi sono documentato su questo tizio. Ho scavato negli archivi del computer del laboratorio e sono riuscito a trovare il contratto di lavoro che gli hanno fatto firmare. Stanno minacciando la sua promessa sposa e purtroppo non può tirarsi indietro nonostante tutto. Mi ha mandato questa email, ma ha rischiato parecchio e spero vivamente che quella stronza non lo abbia scoperto, perché altrimenti sarebbe già morto.-

Taichi colpì il tavolo con la mano ancora mezza intorpidita, facendo girare tutti verso di lui.

-Sì, ma non mi torna una cosa. Perché quel bastardo vuole distruggere Digiworld?-

-Purtroppo Nishijima non sapeva nulla a riguardo, come vi ho detto, lo hanno indotto a fare quelle cose con la forza. Ma sono riuscito a scoprirlo da solo. Le notizie in rete non si possono cancellare!- disse vittorioso, mostrando ai ragazzi un articolo di giornale che aveva stampato, datato Agosto 1999, risalente proprio al periodo in cui loro erano stati catapultati a Digiworld. I ragazzi lo guardarono compiaciuti, sapevano quanto fosse fenomenale il loro amico, ma stavolta si era proprio superato.

-Cosa dice l’articolo?- chiese curiosa la giovane Hikari.

-Nel periodo in cui noi affrontammo il nostro primo viaggio a Digiworld, la figlia di un membro dell’istituto di ricerca di Tottori, Meiko Mochizuki, trovò uno strano animale con le sembianze simili ad un gatto. L’animale in questione non era altro che un digimon a livello campione. Si trattava di Meicoomon, detto anche Libra. La bambina portò il digimon in casa, trattandolo come un animale domestico, gli faceva il bagno, ci dormiva insieme… poi d’un tratto Meicoomon iniziò a comportarsi in modo anomalo, mostrando il suo lato feroce. Il Professor Mochizuki portò la creatura in questione ai laboratori di Tottori per esaminarla. In poche parole, Meiko e Meicoomon dovevano far parte del nostro gruppo di digiprescelti quella volta, ma qualcosa andò storto. Meicoomon perse il controllo e uccise molti membri dell’equipe e non si limitò a quello poiché fece fuori anche la figlia. E con questo posso solo dedurre che il padre non abbia mai voltato pagina e che adesso, che è al capo del governo federale, voglia vendicarsi.-

Erano tutti attoniti e nessuno riusciva a proferire parola dopo quelle rivelazioni. Poi la voce triste di Sora fermò quel silenzio.

-Che proponi di fare, per farla finita una volta per tutte?-

-Ho pensato che stavolta potremmo essere noi a tendergli una trappola. L'idea sarebbe quella di fargli arrivare, in qualche modo, la voce di un nostro possibile incontro con lo scopo di aprire un varco, per andare a trovare i nostri Digimon. Non perderanno di certo l’occasione di farci fuori tutti in un colpo. Ma noi, grazie all’aiuto del fratello di Joe, che lavora in polizia, stavolta non ci faremo cogliere impreparati!-

-Sei un fottuto genio, amico!- Taichi era veramente fiero di lui. Avrebbero preparato un piano con fiocchi a quei bastardi.

Erano tutti fiduciosi e allo stesso tempo preoccupati, ma dovevano riuscirci per il loro bene e per quello di Digiworld.

Koushiro non aveva concluso.

-Ho un’ultima cosa da dirvi. Qualcuno dì voi già ne è in parte al corrente, ma è meglio che sia Joe a spiegarvi tutto.- Lo sguardo del prescelto, per un attimo, preoccupò i suoi amici. Il ragazzo dai capelli blu spiegò di un dialogo che aveva avuto con il padre la sera precedente. Raccontò dell’uomo che era arrivato in ospedale e che, nonostante i vari tentativi alla fine era morto.

-Da questa cosa, mio padre ha dedotto che Taichi si sia salvato dal virus solo perché la trasfusione è avvenuta con il sangue di Sora e non di una qualunque altra persona.-

Sora si sentiva compiaciuta del proprio gesto verso il suo amore segreto, gli aveva promesso che lo avrebbe salvato e lo aveva fatto sul serio. Accanto a lei, Taichi, sconvolto all'idea che, se non ci fosse stata Sora, propria la Sora di cui si era reso conto di amare, lui sarebbe morto.

In seguito a questa deduzione, che spiazzò i ragazzi, prese parola ancora Koushiro.

-A questo proposito, sono riuscito a mettermi in contatto con Gennai e mi ha confermato che i nostri geni sono modificati. Nel caso di Taichi e Sora, la riuscita è dovuta al loro legame, in quanto portatori della digipietra del coraggio e dell’amore. Questo significa che il sangue di Sora potrebbe non salvare uno di noi. I geni, a detta di Gennai devono essere compatibili tra di loro. In poche parole Taichi è stato fortunato. Inoltre, se Miyako, Ken, Cody e Daisuke fossero stati con noi, probabilmente avremmo potuto provare a salvarli.-

Il rosso era stato chiarissimo. Taichi guardò Sora e la ringraziò con lo sguardo.

-Ora si spiegano ancora più cose sul perché vi avevano preso di mira. Loro vi vedono come antidoti ambulanti, oltre che digiprescelti.- disse triste la più giovane del gruppo, guardando con occhi lucidi il fratello e l’amica.

Ora che erano veramente al corrente di tutte quelle rivelazioni, avevano bisogno di un piano dettagliato. Non potevano sbagliare nulla. Quella sarebbe stata la resa dei conti e loro dovevano uscirne vincitori per liberarsi una volta per tutte da quella malvagità.

Quando i ragazzi lasciarono l’appartamento di Taichi, il digiprescelto della saggezza chiese a Sora di trattenersi qualche altro minuto, sotto lo sguardo di disappunto del suo ragazzo. Sora accettò e, quando rimasero solo loro due, insieme a Taichi ed alla sorella, il rosso raccontò l’ultima parte che non aveva osato dire davanti al resto del gruppo.

-Prima ho omesso un piccolo particolare riguardo la storia della trasfusione. Come vi ho già spiegato, per far sì che la guarigione riesca, i geni modificati devono essere compatibili tra di loro-

-Okay... quindi?- il suo amico non capiva e voleva ulteriori spiegazioni.

-Gli elementi del coraggio e dell’amore sono legati tra di loro sin dal principio e rispecchiano i vostri sentimenti. Il loro legame è forte a tal punto da far permettere tutto ciò.- Koushiro notò le facce basite e confuse dei tre amici, perciò approfondì il discorso rivelatogli da Gennai.

-Quando i profeti crearono le digipietre per noi, prima di distribuircele, ci studiarono. Di conseguenza, non è un caso se queste sono state assegnate a voi. Coraggio e amore sono destinati a stare insieme, quindi, in un certo qual senso, lo siete anche voi. Ecco, mi sembrava giusto dirvelo in privato.- disse, infine, quasi imbarazzato, notando che anche i due amici erano paonazzi, mentre la piccola Hikari se la rideva sotto i baffi.

-Detto ciò, io scappo. Ho da preparare un piano con Nishijima.- e uscì in fretta.

Hikari lo imitò: era giusto che quei due rimanessero da soli dopo quella scoperta.

Rimasti soli, Taichi e Sora non riuscirono a proferire parola, finché lui, da gentiluomo, decise di iniziare il discorso.

-Bene, quindi se in quella caverna non ci fossi stata tu, io non sarei sopravvissuto.- disse con un tono melodrammatico e un sorriso mellifluo.

-A quanto pare- ricambiò il sorriso con una dolcezza che schernì il cuore dell’amico.

-Grazie di cuore, Sora, ti devo la vita.- la ragazza stava per rispondergli, quando la suoneria del suo telefono richiamò la sua attenzione: era Yamato.

-Allora, hai finito? Ti sto aspettando davanti al bar all’angolo.-

-Sì, arrivo!- sorrise mesta all’amico per poi salutarlo e lasciare l’appartamento per raggiunge quello che, nonostante tutto, era il suo fidanzato.

 

 

NOTE FINALI

Ecco fatto! Spero di non avervi deluso con le spiegazioni in merito a tutti gli enigmi… come vedete Taichi è salvo, sì ancora un po’ acciaccato ma si rimetterà, ve lo assicuro.

Andiamo in ordine:

I cattivi (che per chi conosce il fandom sono tratti da Digimon Tri, usandoli però per una versione tutta mia visto che ho cambiato tutte le loro identità) vogliono eliminare Digiworld a causa di una vendetta. Meiko doveva morire in qualche modo. Quindi dovevo trovare il modo io... (spero che le mie comari del fanclub “MUORI COZZA” apprezzino).

L’arcano è stato svelato grazie all’aiuto di Nishijima (che non avrei mai potuto far diventare cattivo) in collaborazione col genio Koushiro.

Quindi i nostri eroi sconfiggeranno quei pazzi criminali? Lo scopriremo al prossimo capitolo. Spero di ritrovarvi e di non perdervi durante il tragitto.

Ringrazio come sempre la beta del mio cuore Digihuman.

Ringrazio tutti i lettori e recensori e ringrazio anche chi si stia accollando questa long pur non conoscendo il fandom e leggendola da originale.

Grazie di cuore a tutti

Wendy

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Capitolo 5
*** La resa dei conti ***


PRE-NOTE

Hola gente!

Nel precedente capitolo ho introdotto un personaggio che, da Digiworld, ha dato parecchie informazioni a Koushiro. 

Sto parlando di Gennai. https://i.postimg.cc/cHpbh3ky/Gennai-8951.jpg

Chi legge questa storia come un'originale, non sa chi è quest’uomo e, visto che anche in questo capitolo parlerò di lui, ho deciso di darvi qualche piccola informazione in più su di lui.  
Gennai è un’essenza che si trova nel mondo digitale e che nel corso della prima stagione guida i digiprescelti verso la liberazione del mondo digitale dal male. Si tratta per lo più di un essere digitalizzato, ma, al contempo, dall'aspetto umano, che veste i panni della guida spirituale dei digiprescelti, aiutandoli nei momenti di difficoltà e dandogli sempre le giuste informazioni per superare le avversità. Un’altra cosa che voglio aggiungere per chi invece conosce il fandom e ha visto Digimon Tri, è che questa è ufficialmente la mia versione. Questo capitolo spiegherà esattamente come sarebbe dovuta andare nel mio modo di vedere le cose.

E dopo questa delucidazione, diamo inizio alle danze. La fine è vicina. E per fine non intendo la fine della storia!

Buona lettura. :*

 Virus

Capitolo 5

La resa dei conti

https://i.postimg.cc/9FvvbvSw/IMG-20200520-015020.jpg

 

Avevano organizzato il piano nei dettagli e, grazie al giovane hacker Nishijima, che durante la notte interagiva con Koushiro alle spalle della sua superiore, i due riuscirono a fare arrivare la voce di un incontro tra i Digiprescelti. Avrebbero aperto un varco nel loro posto di ritrovo, ovvero sotto al Raimbow Bridge, dove erano soliti incontrarsi, e sarebbero tornati a Digiworld tramite il portale per ricordare i loro quattro amici digiprescelti, morti recentemente. Di certo, con quella scusa non avrebbero potuto mai sospettare che si trattasse di una trappola. Gli dispiaceva dover usare i loro amici in quel modo, ma avrebbero compiuto quel gesto solo quando sarebbero riusciti a mettere i cattivi della situazione dietro le sbarre.

 

-Quegli stupidi digiprescelti ci stanno solo facilitando le cose!- la solita risata malefica di Himekawa echeggiò nella piccola stanza.

-Di cosa stai parlando?- il giovane Nishijima continuò a fare domande per fare sorgere dubbi nella donna.

-Quei mocciosi hanno organizzato un incontro per fare un elogio funebre ai quattro che abbiamo fatto fuori e guarda caso lo faranno proprio a Digiworld. Praticamente li uccidiamo e, tramite il loro varco, ci addentriamo nel mondo di questi bastardi e scateniamo l’inferno.- quella risata, che tanto detestava, stavolta lo fece godere di sottecchi: era caduta nella trappola. Finalmente tutto quel male sarebbe cessato.

 

***

 

Era tutto pronto. Come previsto nell’accordo con la polizia, dopo aver raccontato tutta la storia, con la complicità del fratello di Joe - che in polizia aveva un ruolo importante - i poliziotti in borghese si posizionarono nei pressi della zona in questione. Un’allegra famiglia spingeva un passeggino contenente un bambolotto talmente colmo di coperte, che quasi non si vedeva. Più avanti, un ragazzo ben vestito delle migliori marche, stava passeggiando con il suo Akita Inu. Mentre in prossimità delle scale per accedere sotto il ponte, due ragazzi, vestiti idoneamente per fare running, stavano facendo degli esercizi di riscaldamento. Infine, altri, che invece non si vedevano, erano nascosti tra i cespugli.

Dopo gli eventi di Higarikaoka e di Odaiba, sempre più gente era venuta a conoscenza dei digimon, quindi collaborare con la polizia non fu certo un problema, soprattutto quando, anche grazie al supporto di Shuu Kido, il fratello del digiprescelto della sincerità, raccontarono tutto quello che era successo durante quelle settimane.

Arrivarono anche i digiprescelti, tutti. Avevano provato a convincere in tutti i modi Taichi a rimanere a casa, visto il suo stato fisico, ma, ovviamente, non c’erano riusciti. Quel ragazzo aveva la testa più dura di una roccia e non si sarebbe mai perso il momento in cui avrebbero stanato i colpevoli di tutto quel massacro.

 

L’ora cruciale era arrivata. Sospirarono tutti. La trappola stava per scattare.

-Forza, ragazzi, il portale è rimasto chiuso per anni, ma, grazie a Gennai, stiamo per tornare dai nostri amici.- proclamò il genio del gruppo cospirando con il suo fidato portatile.

-Bene, le coordinate per Digiworld indicate da Gennai sono corrette. Usiamo il potere dei nostri simboli per aprire il varco!-

E così, tutti ragazzi puntarono il digivice versò il display e magicamente si aprì il portale davanti a loro. Come loro stessi si aspettavano, in pochissimi instanti si apprestarono a venire verso di loro circa sei figure vestite di nero, più precisamente in smoking. Sarebbero apparsi come i classici men in black della situazione, se non fosse che indossavano anche una maschera nera antigas. Al centro, invece, c’era una donna in tailleur nero: la voce era sicuramente di Himekawa. Daigo aveva già avvisato Koushiro che sarebbe scesa in scampo lei stessa questa volta.

-Salve a tutti! Bene, cosa abbiamo qui, una festa? Mi sento come Cenerentola, non sono stata invitata al ballo.- schernì beffarda la donna.

I digiprescelti la guardarono in cagnesco, ma lei sembrò non farci caso e continuò a discutere con aria di sfida.

-Mi presento, sono Maki Himekawa, faccio parte di un’agenzia governativa. Sono un ufficiale gestionale di secondo grado. Prima di farvi fuori, voglio presentarvi una persona.-

Arrivò un uomo con la maschera antigas in mano, con due uomini alti e nerboruti accanto. Aveva i capelli grigi, gli occhiali ed anche lui vestiva di nero.

-Io sono il Professor Mochizuki. Finalmente ci vediamo, miei cari prescelti!- disse l’uomo con un tono di voce aspro.

-Che cosa vuole da noi?- urlò il leader con tutto il disprezzo che aveva.

-Cosa voglio? Uccidervi, ovvio! E poi far sparire tutti quei mostri che hanno ucciso mia figlia. Farete anche voi la stessa fine.-

-Noi non c’entriamo nulla con la morte di sua figlia Meiko. E i digimon non sono dei mostri!- borbottò il prescelto del coraggio.

Non appena l’uomo sentì pronunciare il nome della figlia, spalancò gli occhi.

-Vedo che siete informati. Quindi sarete anche a conoscenza del fatto che è stata uccisa da uno stupido digimon, no?-

-Sì, lo sappiamo, ma noi con tutto questo cosa c’entriamo?- lo fronteggiò il digiprescelto dell’amicizia.

-Dovete sapere che la prima volta che siete approdati a Digiworld, Meiko avrebbe dovuto far parte del vostro gruppo. Ma questo penso lo sappiate già. Ciò che invece non sapete, è che in quel periodo non sono riuscito ad evitare che quel coso entrasse in casa nostra, nonostante notai fin da subito in lui qualche anomalia. All'epoca ero un membro dell’Istituto di ricerca, quindi mi informai su quella strana creatura. In quel frangente scoprii tutto sui digimon, grazie anche al caso di Higarikaoka, perché, proprio in quel periodo, come tutti voi del resto, abitavamo anche noi in quel quartiere.- I ragazzi rimasero sbalorditi da quell’affermazione, ma il professore non aveva ancora finito.

-Mia figlia era di salute cagionevole, ma da quando quello strano essere era entrato a casa nostra, lei stava stranamente meglio. La nostra unica speranza era che avesse un partner, di conseguenza, nonostante le anomalie, lasciammo correre la cosa. Poi quel trentuno Luglio, la notte prima di venire a Digiworld con voi, Meicoomon perse il controllo. La portai d’urgenza ai laboratori Tottori. Iniziò ad eruttare magma come un vulcano e cominciò ad uccidere tutti, compreso la mia bambina. Ho visto morire mia figlia davanti ai miei stessi occhi, mentre quel mostro si dileguò come se nulla fosse.- Tutti i presenti rimasero impietriti, compresi i poliziotti nascosti tra i cespugli che stavano ascoltando e registrando ogni dettaglio di quelle dichiarazioni.

Proprio in quel momento, dal varco uscì una figura umana che allarmò tutti i presenti. Un uomo dai lunghi capelli castani, legati in un codino e con gli occhi azzurri si posizionò davanti all’uomo occhialuto.

-Gennai!- gridarono all’unisono i prescelti, sorpresi nel vederlo.

-Loro non hanno nulla a che fare con la morte di sua figlia, signor Mochizuki.-

-E chi, allora?- rispose senza lasciar trapelare nessun tipo di emozioni all’uomo che era appena apparso.

-Meicoomon, come ha detto lei stesso, doveva essere il partner di Meiko, ma è stata accidentalmente infettata da un'anomalia molto forte. È diventata una creatura che deteneva troppa potenza. Conteneva un frammento dei dati di Apocalymon, in altre parole un lato oscuro di Digiworld. Tuttavia, quando l'energia repressa del digimon venne liberata, esplose con una forza madornale. Era diventata un interruttore capace di far perdere il controllo anche agli altri digimon, in quanto contaminante. La sua esistenza mirava a sterminare il genere umano. Una volta che la sua energia innata esplose, non aveva più alcuna ragione avere un partner, ecco perché si scordò di Meiko. È stata cancellata da Homeostasis per far sì che si ritrovasse l'armonia e la stabilità nel mondo. Purtroppo, però, è stato eliminato troppo tardi. Ma né i prescelti, né tanto meno i digimon sono il motivo della sua perdita.-

L’uomo dai capelli grigi rise sotto i baffi, per poi prendere parola.

-Quindi mi sta dicendo che, a causa di un errore di puntualità, io ho perso mia figlia e che adesso che ho pianificato tutto questo per distruggere Digiworld e tutti i suoi abitanti, dovrei farmi da parte? Non ci penso proprio!-  Urlò in preda alla collera e, infilandosi la maschera antigas, diede l’ordine all’ufficiale Himekawa di procedere. La donna posizionò tra le sue mani un marchingegno, mentre i cinque uomini accanto a lei spingevano verso Gennai e i ragazzi una sorta di cannone.

-Appena premerò il pulsante, libererò un virus che vi ucciderà uno ad uno in una dolorosissima morsa di agonia, esattamente come è successo ai vostri quattro amici. E poi, finalmente, attraverso questo varco potremo fare fuori anche quei mostri. Nessun Digimon rimarrà vivo.-

Proiettò lo sguardo in direzione di Taichi e di Sora, che erano proprio dietro a lui, e, puntando un dito verso i due, ghignò malefica schernendogli contro. -Stavolta nemmeno voi riuscirete a salvarvi.-

Proprio nel momento in cui stava per premere il pulsante, uno sparo, proveniente da dietro un cespuglio, colpì la mano di Himekawa. Shuu, il fratello di Joe, era stato bravissimo a centrare l’obiettivo. A causa del dolore atroce provato, lasciò cadere dalle mani il marchingegno e cominciò a dimenarsi. La prontezza di Gennai impedì al telecomando di arrivare a terra e pigiando accidentalmente il suo interruttore. Gli altri poliziotti saltarono fuori dai cespugli puntando le armi contro gli uomini che ora cercavano di scappare, trovandosi davanti gli altri agenti in borghese saltati fuori dal nulla. Erano in trappola. In poco tempo furono tutti ammanettati e portati via.

Stavolta era davvero finita. Dopo quello che avevano confessato, non li avrebbero più visti a piede libero.

Il signor Mochizuki abbassò lo sguardo senza riuscire più a proferire parola, mentre Himekawa imprecava, oltre che per il dolore del proiettile, che le aveva forato la mano, contro qualcuno che si avvicinò a loro.

-Maledetto, sei tu che ci hai traditi! Me la pagherai brutto bastardo!- Un uomo dai capelli nero corvino, non curante delle offese della donna, si accostò al gruppo.

-Ragazzi, vi presento Daigo Nishijima. Colui che ci ha aiutati a porre fine alle angherie di quelle persone diaboliche.- annunciò Koushiro.

Tutti lo ringraziarono, compresi Gennai e Shuu. Dopodiché, il fratello di Joe si congedò e raggiunse i suoi colleghi.

-Ragazzi, io sono dispiaciuto per tutto quello che è successo…-

-Lo sappiamo che tu non c’entri nulla, Koushiro ci ha spiegato delle minacce, stai tranquillo!- lo calmò il prescelto del coraggio.

L’hacker sospirò.

-Ed è tutto merito tuo se siamo riusciti a portarli dietro le sbarre!- Continuò il biondo, rincuorandolo ulteriormente.

-Bene! E’ stato un piacere aiutarvi, ora vado.. devo finire di organizzare un matrimonio.-
-A presto ed auguroni per tutto!- lo salutò Koushiro
, stringendogli la mano.

Non appena lo salutarono anche gli altri, si dileguò anche lui, e, mentre lo guardavano allontanarsi in silenzio, Gennai riportò su di lui l’attenzione.

-Visto che il portale è già aperto, che ne direste di venire a trovare i vostri partner?-

La felicità dei ragazzi era evidente, ma Hikari annunciò che prima doveva fare una cosa molto importante.

Si fece accompagnare a casa con la macchina da Joe, per prendere un borsone. Tornò il più in fretta possibile. Tutti la guardarono confusi, ma avevano talmente tanta voglia di tornare a Digiworld che decisero di non perdere altro tempo prezioso. Oltrepassarono il varco con facilità.

Inutile dire che ogni volta l’impatto era sempre più doloroso, ma poco gli importava, poiché, quando aprirono gli occhi, il dolore sparì lasciando spazio ad un senso di gioia nel rivedere i loro digimon. Agumon, Byomon, Gabumon, Palmon, Tentomon, Gomamon, Patamon e Gatomon saltarono addosso ai loro rispettivi partner. Un po’ più distanti a loro, Veemon, Hawkmon, Armadillomon e Wormmon guardavano quella scena avvolti in un triste silenzio. Quando i prescelti si resero conto del loro dispiacere, corsero a salutare anche loro. Hikari, per smorzare la tensione che si era creata, aprì il borsone contenete caramelle, dorayaki, mochi e alte prelibatezze Giapponesi, facendo strabuzzare gli occhi ai digimon che si erano già fiondati sul cibo, cominciando ad ingozzarsi.

-Sei andata a casa per quello?- Chiese Takeru alla sua migliore amica.

-No, in realtà dovevo prendere un’altra cosa. Ma visto che ero già a casa, ho riempito il borsone di tutto quello che ho trovato per fargli una sorpresa.-

-E cosa dovevi prendere?- chiese, rimanendo stupito nel notare ciò che l'amica aveva appena preso dalla grande borsa.

Tutti si concentrarono su Hikari e lei, mostrando le digipietre e i digivice dei quattro amici prematuramente scomparsi, disse che li aveva chiesti ai loro genitori per lasciare qualcosa di loro anche in quel mondo.

Tutti furono contenti dell’idea avuta dalla giovane Yagami. Presto si spostarono tutti nella città della rinascita, un piccolo insediamento composto da edifici fatti di grossi mattoni colorati, situata nella landa oscura, ai piedi del monte Mugen. Takeru chiese il permesso di seppellire gli oggetti dei loro amici al suo caro amico Elecmon, un digimon a cui lui era particolarmente affezionato fin da piccolo e che si prendeva cura con dedizione delle digiuova e dei piccoli digimon neonati. Quando gli spiegarono il motivo, il digimon non si oppose. Scavarono, dunque, quattro piccole buche e sotterrarono al loro interno i digivice. Quando coprirono le cavità del terreno, creando delle piccole montagnette di sabbia, poggiarono sopra ad ognuno di esse i ciondoli con le digipietre appartenenti ai defunti.

-Grazie!- Disse Wormoon con gli occhi lucidi.

-Sì, grazie a voi adesso possiamo venire a trovarli tutte le volte che vogliamo. Ci avete lasciato una parte di loro.- concluse emozionato Veemon.

Presto i ragazzi salutarono i digimon e Gennai e si apprestano ad attraversare il portale, per poi tornare a casa.

Erano tutti estremamente esausti. In quella giornata infinita avevano fatto di tutto, ma quel che contava è che erano riusciti a mettere fine alle problematiche accadute in quei giorni. Erano anche riusciti a ricordare i loro amici, persi in una battaglia senza veri e propri combattimenti ed erano cresciuti ancora di più proprio a causa di quegli avvenimenti.

Quello più stremato era Taichi, che, avendo poche forze in corpo, riuscì solamente a mettersi sul suo letto in tempo prima di crollare. Il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi andò a Sora. Non avevano avuto modo di parlare con lei da quel bacio, eppure lui, per quanto la amasse, si sentiva terribilmente in colpa nei confronti di Yamato. Ormai era troppo tardi per il loro amore e il giorno dopo ne avrebbe di certo parlato anche con lei.

 

 

***

 

La mattina seguente, come previsto, Taichi chiamò Sora e le diede appuntamento al parco. La rossa si agitò, sapeva che era arrivato il momento di parlare di quello che era successo nella caverna prima del delirio e di quello che Koushiro gli aveva spiegato qualche giorno prima sul loro legame. Forse lo amava più di ogni altra cosa al mondo e, in quelle settimane, la paura di perderlo e tutto il resto glielo avevano fatto capire chiaramente. Ma Yamato in tutto ciò? 

Arrivò al parco in men che non si dica e trovò Taichi su una panchina. Si accomodò imbarazzata accanto a lui, sussurrandogli un ciao. Il ragazzo la guardò estasiato. “Dio, come l’amo”, pensò mentre la scrutava avvolta in quel vestitino azzurro come il cielo, che si adattava al significato del suo nome. 

Dopo qualche attimo di silenzio, il castano tornò in sé e, prendendo coraggio, iniziò a parlare. Adesso nessun occhio e orecchio indiscreto si sarebbe potuto intromettere. 

-Sora, riguardo il nostro bacio…- la prescelta dell’amore arrossì vistosamente e spostò lo sguardo in direzione del ragazzo.

-Ecco… è stato divino. E probabilmente lo rifarei altre cento o mille volte. E per quanto riguarda quello che ci ha detto Koushiro sul legame delle nostre digipietre, sono più che sicuro che i profeti non si sbaglino affatto. Siamo sempre stati destinati a stare insieme e lo dimostra il fatto che tu sia riuscita a salvarmi da quel maledetto virus.-

Non era riuscita a proferire parola. Le bruciavano gli occhi per le parole e il discorso appena fatto dall’amore della sua vita, ma, quello che disse in seguito Taichi, trasformò magicamente la sua felicità. Dal toccare il cielo con un dito, si ritrovò ad un passo dalle fiamme dell’inferno.

-Sora, nonostante tutto… la realtà dei fatti è che mi sento un verme nei confronti di Yamato. Gli ho anche detto delle cose veramente brutte una sera in ospedale. Credimi, ciò che voglio è solo la tua felicità. E tu e Yamato... sono sicuro che sarete sempre felici insieme.- la ragazza rimase di sasso.

Avrebbe voluto dirgli che la sua felicità era lui, ma si limitò ad annuire, cercando di scacciare le lacrime che tentavano di uscire. L’amico le accarezzò il viso, per poi porgerle una piccola bustina colorata.

-E’ un piccolo pensiero che ti ho preso a Kamakura, quando non sei voluta venire alla visita dei templi.- la ragazza scartò l’involucro e si ritrovò un omamori rosso. Si trattava di un amuleto della felicità. Il fatto che gli avesse regalato proprio quel simbolo, e che adesso le stesse praticamente negando la felicità di cui aveva bisogno, le lacerò il cuore.

-Ti voglio bene, Sora.-

Ma la ragazza ricordava ancora quel giorno alla grotta, prima dell’esplosione, quando lui le aveva detto di amarla. Non avrebbe mai potuto scordarlo.

Ma non riuscì a dirgli nemmeno questo, ingoiò il tutto con malinconia e cercò di sorridergli, ringraziandolo per il pensiero.

Cambiarono argomento e Taichi le offrì un gelato e le confessò che, dal giorno successivo, si sarebbe dedicato alla riabilitazione e allo studio per poter entrare in polizia. Se prima si trattava solo di un suo desiderio personale, ora lo avrebbe fatto a maggior ragione per Daisuke. Glielo doveva. E per fare ciò probabilmente si sarebbe dovuto trasferire e Sora, per l’ennesima volta in quella mattina, si sentì una fitta al cuore.

 

 

***

 

 

Il resto dell’estate passò velocemente.

La scuola ricominciò per Hikari e Takeru che ora frequentavano il secondo anno e per Koushiro e Mimi che ormai erano all’ultimo.

Joe continuò a studiare all’università di medicina che già frequentava da un anno.

Sora, come previsto da tutti, si dedicò la scuola di giardinaggio della madre.

Yamato lasciò momentaneamente la band e si dedicò allo studio per entrare all’università di Aeronautica Spaziale. I problemi con la magnetite lo invogliarono ancora di più a scoprire tutto quello che era legato alla N.A.S.A. e alla luna. Portò, inoltre, avanti la sua relazione con Sora.

Taichi, come aveva detto all’amica quel giorno al parco, si dedicò con tutto sé stesso alla riabilitazione facendo passi da gigante. Alternava tutto ciò allo studio per entrare in Polizia.

Erano tutti abbastanza impegnati, in particolare i più grandi del gruppo. Ogni tanto si davano appuntamento per portare un fiore ai loro amici, ma, oltre a quello, le loro strade e i loro impegni li avevano allontanati.

 

 

NOTE FINALI

Sembrerebbe una storia ben conclusa no?

Seee, nei sogni!

Wendy non potrebbe mai concludere una storia con la Sorato. GIAMMAI!

Nella prima bozza della scaletta doveva concludersi qui la storia (più che una long, era nata come una mini long) ovviamente Taichi e Sora si sarebbero messi insieme e tutto è ben quel che finisce bene. Dalla piega che aveva preso sarebbe stata più che logica e molto semplice come conclusione che quei due si mettessero insieme. No?

 

Beh, e invece no! Mi volevo complicare la vita ulteriormente… e poi qualcuno mi ha detto che sono frettolosa a far finire insieme Taichi e Sora. Quindi mo’ sudatevela! XD

Ora basta scherzare… torniamo ad essere seri perché le sventure non sono ancora finite.

-Moriranno altre persone? Probabile, mi sento particolarmente stronza in questo periodo. Voi per sicurezza preparate i fazzoletti.

-Quando farai lasciare Yamato e Sora? Tempo al tempo, tutto accade per una ragione e la Sorato non s’adda fa. Tranquilli!

Che altro dire, dal prossimo capitolo si cambia regime.

Meno virus, più mistero, più suspence, più thriller, più dolore e soprattutto più amore nell’aria. (certo che mettere l’amore in tutta sta tragedia è controcorrente, ma al prossimo capitolo penso che tutti capirete dove la mia mente malefica vada a parare).

Vi anticipo che i nostri otto digiprescelti saranno più grandi e ci sarà un nuovo enigma da risolvere.

 

Grazie sempre alla mia beta Digihuman, per essermi sempre accanto capitolo dopo capitolo.

Grazie a chi legge e recensisce e grazie alle autrici dello scambio del giardino che sono un vero e proprio stimolo per andare avanti.

Grazie di cuore

Wendy 

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Capitolo 6
*** Salto temporale ***


PRE-NOTE

Piccola premessa: questo sarà un capitolo di transizione. A differenza delle scorse premesse, ho deciso, anche grazie al consiglio della mia carissima beta, di dividere il capitolo in due parti, poiché sarebbe risultato lunghissimo da leggere.

Di conseguenza stavolta leggerete solo ed esclusivamente cosa è successo ai nostri otto digiprescelti in questo lasso di tempo e cosa sono attualmente diventati.

Ah… al posto del solito collage/copertina iniziale ho preparato per voi i miei primi otto aesthetic su ognuno di loro per rendere un tantino meglio la mia idea.

Spero vi piacciano.

Buona lettura!

 

Virus

Capitolo 6

Salto temporale

 

 

3 anni dopo.

Erano passati esattamente tre anni da quando gli otto digiprescelti erano riusciti a porre fine alle angherie del Professor Mochizuki e del suo team. La storia del virus era solo un brutto ricordo, erano andati tutti avanti. Ognuno di loro aveva preso strade diverse e, non riuscendo a conciliare il tempo libero per via degli impegni costanti, non riuscivano a vedersi molto tra di loro.

 

Hikari Yagami, la digiprescelta della luce, aveva rinunciato all’università e, come il fratello, aveva deciso di dedicarsi solo ed esclusivamente al suo sogno: la fotografia. La giovane prescelta, appassionata da sempre, si era dedicata a vari corsi e Master fotografici. Lavorava come fotografa per una rinomata rivista Giapponese, Vivi, una visione completa di moda per donne giovani, ma sofisticate. Una rivista che, attraverso le sue fotografie, descrive i migliori look e prodotti lifestyle e dà consigli sulla cura personale. Inoltre, aveva anche partecipato a diversi workshop sulla fotografia di moda, astratta, ritrattistica, paesaggistica, naturalistica, e in bianco e nero. Aveva diversi attestati e ormai era parecchio conosciuta in zona, motivo per cui, nel tempo libero, fuori dall'orario del suo vero lavoro, veniva chiamata per qualche shooting fotografico o per qualche evento di cosplay da fotografare. Ma quello non era l’unico passo che Hikari aveva fatto, finalmente la bella prescelta era riuscita a dichiararsi al suo migliore amico Takeru, per il quale provava da anni ormai remoti qualcosa che andata oltre e, visto che anche lui provava dei sentimenti nei suoi confronti, non passò molto prima che i due si fidanzassero.

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Takeru Takaishi
, il digiprescelto della speranza, solo dopo qualche tempo rivelò alla sua ragazza di non essersi mai dichiarato prima per rispetto nei confronti di Daisuke. Sapeva quanto il suo amico amasse la bella Yagami e motivo per cui, anche dopo la sua morte, non riuscì a confessarle i suoi sentimenti. Si rassegnò all’idea che avrebbero dovuto superare quel lutto, quindi non si tirò di certo indietro quando la ragazza si dichiarò a lui e accettò quell’amore che respingeva e custodiva da ormai troppo tempo.

Il giovane Takaishi, anche lui neo diplomato come la sua ragazza, nel frattempo si era iscritto alla facoltà di lettere presso la Today, l’università imperiale di Tokyo, la più prestigiosa dell’intero Giappone, scegliendo il campus con sede a Nakano. Inutile dire quanto fosse stata dura accedere a quella scuola, visto l’alto livello degli esami di ammissione. Ma, grazie al supporto della sua famiglia e della sua ragazza, era riuscito nel suo intento. Takeru aveva sacrificato le uscite con il gruppo ed Hikari, pur di realizzare il suo sogno, ovvero quello di diventare uno scrittore.

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Mimi Tachikawa, la digiprescelta della purezza, aveva intrapreso, invece, una carriera un po’ bizzarra. Gli anni trascorsi in America con la sua famiglia le avevano fatto conoscere il mondo del make-up.

Si accinse quindi, non appena diplomata, a frequentare tutti i corsi di formazione possibili ed immaginabili al fine di diventare una make-up artist. E, dopo poco più di un anno, aveva già raggiunto una certa fama in tutto il Giappone; era molto conosciuta perfino in Corea. La definivano un’artista, allo stesso livello di un pittore, di uno scultore o di uno stilista. Perché, con una personalità così eccentrica ed esplosiva, una femminilità che non passava di certo inosservata, non poteva che riuscire nel suo scopo. Il motto di Mimi era quello di far riscoprire alle donne la propria bellezza attraverso il trucco, i capelli e l’abbigliamento. Grazie alla sua bravura, era ormai ricercata come sponsor di prodotti di bellezza e aveva un articolo dedicato alle sue opere nella rivista mensile di Vogue Japan. Aveva usato - in senso giocoso - negli anni con la sua migliore amica Sora come cavia e poi era finita per fare di quella sua fissazione un vero e proprio lavoro.

Conobbe un certo Kazuyuki, un professore di cosmesi, che le aveva insegnato molto durante un corso di aggiornamento, ed ebbe con lui una relazione. Non si sentiva, però, innamorata al punto da instaurare con lui una relazione seria, perciò, dopo sei mesi, chiuse la storia imponendosi di intraprendere una nuova relazione solo ed esclusivamente una volta conosciuto il vero amore.

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Koushiro Izumi
, il digiprescelto della saggezza, era già al secondo anno di I.A., ovvero Intelligenza Artificiale, all’Istituto di tecnologie di Tokyo.

Nel tempo libero, al contrario, lavorava insieme a Nishijima, il quale nel frattempo si era anche sposato e aspettava il suo primogenito. L’hacker era stato risarcito per i danni morali che aveva subito. Entrambi i gèni erano stati assunti dalla giunta comunale per poter importare migliorie in città.

In occasione delle Olimpiadi, che quell’anno si sarebbero dovute tenere proprio nella loro città, si stavano dedicando alla realizzazione di robot volontari ed altri dispositivi elettronici per supportare le gare. Per citare un esempio, avevano già creato un esoscheletro hi-tech da fare indossare ai volontari per reggere i bilancieri nelle competizioni di sollevamento pesi. Lo scopo reale, però, di queste protesi tecnologiche era quello di agevolare le deambulazioni di pazienti e anziani con difficoltà motorie. L’intelligenza di Koushiro era utile per i suoi concittadini e, grazie a quell’occasione, conobbe una collega con le sue stesse doti, Momoka Hirai, che riuscì a fargli saltare tutti i circuiti in testa.

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Joe Kido, il digiprescelto della sincerità, frequentava, invece, il quarto anno della facoltà di medicina e stava già facendo tirocinio presso l’ospedale dove lavorava suo padre. Da lì a poco, sarebbe diventato un bravissimo medico anche lui. In ospedale si era rivelato un elemento fondamentale e, grazie all’esperienza avuta con il virus, aveva deciso di intraprendere un percorso più complesso. Si sarebbe dedicato, infatti, allo studio delle malattie infettive per poter diventare un infettivologo.

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Yamato Ishida, il digiprescelto dell’amicizia, avrebbe dovuto svolgere da lì a breve l’esame di stato per la triennale di Aeronautica spaziale. Con quella laurea, che si occupava di progettazione, costruzione e manutenzione dei velivoli, avrebbe potuto trovare presto un impiego nei vari settori specializzati. Ma, quello a cui il prescelto puntava, era diventare, con il tempo, un vero e proprio astronauta. Era talmente impegnato a superare quell’esame che ormai non riusciva a vedere nemmeno la sua ragazza.

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Sora Takenouchi, la digiprescelta dell’amore, capendo la situazione, appoggiò l’idea dello studio ferreo del suo compagno e decise così di non disturbarlo fino al giorno dell’esame, lasciandolo concentrare per realizzare il suo sogno.

Proprio quest’ultima, ormai da tre anni, impartiva lezioni presso la scuola di giardinaggio della madre. Chi meglio di lei avrebbe potuto fare quel lavoro. Inoltre, la sua passione per l’ikebana aveva fatto sì che diventasse famosa in tutta la città per i cha no yu, ovvero le cerimonie del tè - una delle arti tradizionali zen più note. Sora, quando veniva chiamata per questo tipo di eventi, sistemava i tatami nella stanza, detta chashitsu: da un lato metteva il tokonoma, una piccola nicchia in cui appendeva uno scritto eseguito da un calligrafo esperto di Shodoo, e realizzava una piccola composizione simile all’ikebana, particolarmente adattata alla circostanza e con grande coerenza con la stagione in corso, detta chabana, ovvero fiori per il tè. La cerimonia si basava su quattro principi fondamentali dello zen: armonia, rispetto, purezza e tranquillità. Doti che di certo a Sora non mancavano. Accoglieva gli ospiti e li invitava a lavarsi le mani, poi li invitava ad accomodarsi sul tatami assegnato e designava tra questi l’ospite d’onore. Da maestra era tenuta ad offrire un pasto leggero, poi disponeva il carbone, in modo da poter riscaldare l’acqua, ed infine preparava delle deliziose tazze di tè. Questa sua arte rendeva orgogliosa sia lei che sua madre.

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Ed infine, ultimo ma non meno importante, vi era Taichi Yagami, il digiprescelto del coraggio. Come lui stesso aveva promesso, si era dedicato, dopo la riabilitazione, che aveva affrontato con successo, a studiare per entrare in polizia. Grazie ai suoi sforzi, era riuscito a mantenere fede alla promessa fatta a sé stesso ed al suo caro amico Daisuke. Aveva prima superato le preselezioni brillantemente, poi le prove fisiche, quelle psicoattitudinali e, infine, le visite mediche. Dopo essere venuta al corrente della sua paralisi temporanea, la commissione era rimasta piacevolmente sorpresa dagli sforzi fatti dal ragazzo. L’addestramento di nove mesi era andato benissimo. Il giuramento fu un’emozione grande, soprattutto quando, dopo tutti quei mesi impegnativi senza i suoi amici e la sua famiglia, scoprì che erano tutti presenti all’appello. Dopo il giuramento, Taichi prese servizio un paio di mesi in un kōban nel quartiere di Ginza, per poi essere trasferito per un intero anno in un kōban a Yokohama.

Attualmente vestiva il ruolo di un junsa, un semplice agente di polizia. Seppur ambisse ad altro, si dovette accontentare di dover vestire quel semplice ruolo, almeno inizialmente.

Il kōban è una piccola stazione di polizia al servizio di tutti per informazioni di ogni tipo. Taichi, giornalmente era invaso da turisti e non solo, pronto a dare indicazioni sulla locazione di negozi, kombini, uffici e via discorrendo. Continuava a segnare le cartine ai passanti, sognando di salire di ruolo e di tornare nella sua amata città. E, finalmente, a fine anno, grazie alle indicazioni del fratello di Joe, che era ormai un junsa-bucho, ovvero sergente, riuscì a superare un concorso e ad avere una promozione che lo fece diventare un junsa-cho, ovvero un agente anziano.

A quel punto ottenne il trasferimento a Kasumigaseki, l’edificio principale del dipartimento di Polizia Metropolitana di Tokyo, che si trovava nel quartiere di Chiyoda, al centro della città. Un grande edificio a cuneo con torre cilindrica di ben diciotto piani d’altezza, che gestisce centodue stazioni della prefettura. Quante volte il prescelto del coraggio aveva sognato di lavorarci, passando di lì mentre andava con Sora ed i suoi amici a comprare qualche videogame ad Akihabara. E finalmente, grazie alla sua dedizione, era riuscito a realizzare il suo sogno. Visto il suo posto statale e la paga ben retribuita, non tardò a fare un mutuo per comprare una casa proprio vicino al posto di lavoro. Non si limitò nella scelta, comprò un attico incantevole al diciassettesimo piano, situato nel cuore del quartiere di Chiyoda, importante sia dal punto di vista storico, sia amministrativo, esattamente accanto alla Tokyo Central Railway Station, la stazione ferroviaria e metropolitana più frequentata della città.

Quell’attico fu amore a prima vista: dall’ingresso principale si passava al soggiorno, uno spazio unico diviso in due angoli con un comodo divano di design con isola, disposto verso la TV a schermo piatto e al camino in pietra lavica. Le finestre, grandi e a specchio, affacciavano sulla strada e, in particolare, sul Palazzo Imperiale di Tokyo, la residenza ufficiale dell’imperatore Giapponese. La cucina era modernamente attrezzata di tutto quello che si poteva desiderare. Il bagno, dipinto in colore carta da zucchero, era piccolo, ma molto elegante. Una scala a chiocciola conduceva alla camera da letto patronale, la quale aveva un meraviglioso letto matrimoniale rotondo ed annesso uno spazioso bagno in suite con una piccola vasca idromassaggio ad angolo ed una doccia super tecnologica di ultima generazione. La seconda camera da letto si trovava dalla parte opposta dal corridoio. Da entrambe le stanze ci si poteva affacciare alla terrazza, arredata da un piccolo giardino pensile, che consentiva una vista impagabile sui tetti di Tokyo, ed un piccolo tavolo con dei divanetti in vimini.

Aveva il lavoro e l’appartamento dei suoi sogni. Avrebbe voluto avere anche la famiglia dei suoi sogni, ma sapeva benissimo che quella non avrebbe di certo potuta comprarla.

Conobbe una collega quando tornò a Tokyo. Era bellissima, con due occhi azzurri che, non appena oltrepassava la soglia della stazione di Polizia, gli facevano battere il cuore. Forse anche i suoi magnifici capelli rossi, che tanto gli ricordavano qualcuno di sua conoscenza, erano gli artefici di quelle sensazioni. Si chiamava Menoa Bellucci, aveva solo un anno in più, e anche lei sembrava essere interessata al lui. Dopo molte pause pranzo insieme e vari cappuccini davanti al distributore automatico del corridoio di fronte gli uffici, Taichi si decise una volta per tutte e la invitò a cena a casa sua. Il primo appuntamento andò abbastanza bene, la cena andò al meglio e, grazie al vino, non esitarono e passarono la notte insieme. Si sentì per una notte vivo, come non lo ero da quando aveva baciato Sora in quella caverna, prima che tutto gli si ritorcesse contro, facendolo decidere di non rovinare il rapporto tra lei e Yamato, costringendolo a lasciarla andare tra le sue braccia, ancora una volta. Nonostante avesse realizzato i suoi sogni, si sentiva marcio dentro ogni qualvolta ripensava a lei.

La storia con Menoa, però, non gli giovò particolarmente. Non avevano argomenti in comune, non riuscivano ad ascoltare la musica, o a vedere un film insieme, perché avevano gusti totalmente diversi e finivano per litigare. Per non parlare delle partite. Non poteva guardarne una, che subito la ragazza iniziava ad urlare come una forsennata.

Non avendo altro in comune, tutta la loro storia era basata solo ed esclusivamente sul sesso. Ma la cosa che più non tollerava Taichi, era la fissa che Menoa aveva per le foto e i social media. Aveva provato a farle capire in tutti i modi che lo infastidiva, eppure lei continuava a farsi selfie provocanti ovunque si trovassero, per pubblicarli poi su Instagram. Non era gelosia, ma a Taichi stancava fargli da fotografo in tutte le loro uscite. Non si accontentava mai del primo scatto e finivano per passare le serate così.

-Basta! Non ho mai capito questa tua fissa stupida. Se proprio volevi fare l’influencer, perché sei entrata in polizia?- sbroccò Taichi.

Si alzò di scatto per andare a pagare il conto del locale dove stavano bevendo un drink. Non era la ragazza con cui avrebbe voluto avere una famiglia, non era quella giusta, forse nessuna più lo sarebbe stata. “Rimarrò scapolo a vita!” pensò rassegnato il ragazzo prima di tornarsene a casa.

Da quella sera, lui e Menoa si parlarono solo per motivi di lavoro e lui riprese la sua vita dedita solo ed esclusivamente al suo bel lavoro.

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NOTE FINALI

 

Come avrete sicuramente notato ho parlato di Taichi molto di più rispetto agli altri. 

Ebbene sì, da questo momento il mio pupillo sarà il protagonista ufficiale del resto della storia.

 
Grazie sempre alla mia beta Digihuman per essermi sempre accanto.

Grazie a chi legge e recensisce e grazie a chi legge anche da originale la mia Virus! :*

Wendy

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Capitolo 7
*** Uno strano caso ***


Pre-note:

Ed eccomi tornata dopo due settimane di pausa con un nuovo capitolo “scoppiettante”.

Vi confesso una cosa: al momento, è il mio capitolo preferito ma allo stesso tempo mi preoccupa e mi incuriosisce la reazione di qualcuno. Abbiate pietà di me!

Buona lettura.

 

Virus

Capitolo 7

Uno strano caso

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Seppur il Giappone come è ben risaputo abbia un livello di criminalità bassissimo, quella mattina l’agente Yagami fu chiamato dal Sergente Yoshida per un caso molto particolare. A bordo di una Toyota Corona, due agenti e lo stesso Sergente si avviarono nei pressi di Nakano per risolvere un caso. Appena arrivati sul posto, l’odore di costolette di maiale al barbecue allarmò gli agenti. Non erano di certo stati chiamati per una grigliata tra colleghi, bensì era stato rinvenuto un corpo carbonizzato in un vicolo deserto del quartiere. La scena del crimine era già stata delimitata con un nastro giallo. Taichi era davvero sconvolto, un’espressione di disgusto gli deformò il viso, ma, nonostante fosse una visione ripugnante, non riusciva a staccargli gli occhi dosso. Da quando era diventato un poliziotto non aveva mai visto una cosa del genere. Il corpo era irriconoscibile; solo due oggetti erano rimasti quasi integri durante la combustione. Uno dei colleghi del prescelto imbustò le due prove per poi porgerle al suo superiore. Dopo averle esaminate, non capendo cosa potessero essere quegli affari strani, li porse all’agente Yagami rimanendo basito, costatandone il suo stato emotivo.

-Agente Yagami, questi devono essere portati alla scientifica, nella speranza di poter risalire all’identità del cadavere.-

Con lo sguardo spento e madido di sudore, il ragazzo afferrò, con la mano che tremava, la busta. Quando ebbe la certezza di conoscere benissimo quegli oggetti, si sentì mancare l’aria.

-Agente.- cercò di farlo tornare in sé il Sergente.

-Io mi rendo conto che, essendo la prima volta che si trova in una situazione del genere, possa sentirsi destabilizzato, ma, se vuole fare questo lavoro, deve abituarsi. Potrebbe capitare altre volte di rinvenire dei corpi.- quell’uomo aveva preso a cuore il giovane e voleva aiutarlo, non conoscendo però il vero motivo del perché Taichi fosse in quello stato.

Si sforzò di rispondere nonostante la voce rotta.

-Io, a dire il vero…- Non riusciva quasi a parlare, ma, notando lo sguardo indagatore e confuso dei colleghi, si sforzò nuovamente.

-Io penso di sapere di chi sia il corpo.- Tutti rimasero senza parole e si resero davvero conto del perché dello stato del collega.

-Sei in grado di contattare la famiglia e farla venire all’obitorio?- chiese il suo capo.

-Sì.- concluse desolato e con gli occhi lucidi.

Fissava incredulo il corpo carbonizzato e la strana sensazione che aveva alla bocca dello stomaco lo stava divorando. Non appena arrivarono alla stazione di polizia, si dileguò in bagno. Aveva bisogno di piangere, di sfogarsi. Strinse a sé quegli oggetti. Non poteva crederci. Perché mai avevano potuto fare una cosa del genere. Pianse lacrime amare per una manciata di minuti, fino a quando uno dei due colleghi che aveva assistito alla scena entrò in bagno e gli porse una bottiglietta d’acqua.

-Mi spiace tanto per la sua perdita!-

-La ringrazio.- disse piano, quasi a sentirsi solo lui.

-Se ha bisogno di essere sostituito per avvisare la famiglia, posso farlo io.-

-No, ho scelto questo lavoro perché lo volevo fare, non mi ha costretto nessuno. È giusto che mi prenda sia il bello che il brutto. Tocca a me farlo!- Si asciugò le lacrime e uscì in una terrazza dell’edificio. Compose un numero e tirò un respiro prima di inviare la chiamata.

-Ehi, Taichi. Che piacere sentirti!- Una voce allegra dall’altro lato del telefono gli provocò una fitta allo stomaco.

-Ciao Sora, ti disturbo?-

-No, affatto, ho appena finito di lavorare e sto aspettando la metro per tornare a casa.-

-Devo dirti una cosa, puoi aspettarmi lì? Passo a prenderti io.-

-D’accordo! Ma è successo qualcosa? Ti sento strano.-

-Ci vediamo fra un po’!- concluse chiudendo la chiamata.

Si sentì affaticato come se avesse appena finito di fare una maratona, ma sapeva benissimo che quello era solo l’inizio. Compose un altro numero.

-Ciao onii chan!-

-Ciao sorellina, dove sei?-

-Sono davanti al Campus dove studia Takeru. Stiamo aspettando…- ma la bloccò.

-Devi farmi un favore grandissimo! Dì a Takeru di chiamare i suoi genitori e raggiungetemi in ospedale.-
-Ma è succ…-

-Niente domande, te lo chiedo per favore, Hikari.-

-Va bene, onii chan.- Hikari capì che dal suo tono ci fosse qualcosa di strano, ma acconsentì alla richiesta del fratello.

Quando concluse la chiamata, si apprestò ad avvisare il Sergente Yoshida che la famiglia era stata avvisata e stava arrivando in ospedale. Disse anche che al telefono non aveva detto nulla sul motivo per cui li aveva mandati a chiamare e il Sergente si complimentò con gli occhi. Il tatto delicato del giovane era di certo una cosa apprezzata in quell’ambiente.

Taichi prese una moto della polizia e, come stabilito, raggiunse la ragazza alla stazione della metropolitana vicino alla scuola di giardinaggio in men che non si dica. Quando la ragazza lo vide arrivare, bello come non mai, con la divisa e la moto della Polizia, quasi rimase estasiata.

-Oh mio Dio, Taichi… non ti avevo riconosciuto, sembri così… diverso!- “e così bello” pensò la rossa, omettendo quest’ultima frase. Corse ad abbracciarlo. Il castano ricambiò l’abbraccio, ma Sora, dopo essere salita sulla moto ed essere partiti, chiese senza sotterfugi cosa dovesse dirle di così urgente. Così il prescelto cambiò argomento.

-Allora, come va con le lezioni alla tua scuola?- la ragazza si stranì per la risposta mancata, ma rispose normalmente alla domanda dell’amico.

-Benissimo! Ah, sai… mi hanno anche confermato una mostra di Ikebana. Verrai, vero? Inoltre, Yamato ha l’esame per la triennale la prossima settimana. Vogliamo fare una piccola festa…- nell'udire quel nome, il prescelto, senza rendersene conto, cominciò a correre con la moto. L’amica si strinse a lui preoccupata.

-Taichi, ti prego, guida più piano.- ma lui non l’ascoltò.

-Taichi, per favore- stavolta urlò. E lui decelerò. Il resto della strada proseguì senza che i due proferissero parola, finché arrivarono davanti all’ospedale. Quando il ragazzo posteggiò, l’amica rimase sconvolta.

-Che… che ci facciamo in ospedale?- non rispose, si limitò a stringerle la mano e a condurla all’ingresso. Non appena entrarono, trovarono il Sergente ad accoglierli. Sora era diventata improvvisamente bianca come un lenzuolo. Non riusciva più ad esprimersi. Il pensiero andò dritto alla madre, ma quell’idea si volatilizzò nel momento in cui vide entrare e correre verso di loro Hikari, Takeru e i suoi genitori.

-Che è successo, Taichi?- sbottò il signor Ishida. Taichi stava iniziando a parlare, ma il suo capo lo interruppe facendogli capire che avrebbe gestito lui la cosa da quel momento.

-Seguitemi!- li condusse nella sala mortuaria e, quando arrivarono all’interno e videro quel corpo carbonizzato, si guardarono confusi e preoccupati allo stesso tempo. Il Sergente cominciò a dare spiegazioni.

-Stamattina siamo stati avvisati da alcuni passanti di un corpo carbonizzato nei pressi di Nakano. Giunti sul posto, non potendo riconoscere l’identità, stavamo per mandare il corpo alla scientifica. Ma sono stati rinvenuti due oggetti di proprietà del deceduto, che l’agente Yagami ha riconosciuto. Taichi puoi farglieli vedere, per favore?-

Il ragazzo aprì il borsello e, con gli occhi spenti, mostrò la busta trasparente contenente il digivice e il digimedaglione con la pietra dell’amicizia rovinati, ma evidentemente riconoscibili. A Sora cedettero le gambe e l’amico si appresto a sorreggerla. La signora Takaishi iniziò a piangere come una pazza e l’ex marito cercò di farla calmare con lo sguardo assente. Takeru cominciò a dare pugni al muro, fermato dalla sua ragazza, anch’essa con le lacrime agli occhi. Seguirono dei momenti devastanti in quella stanza. Taichi, ad un certo punto, scoppiò pure a piangere in silenzio, e strinse a sé una Sora in preda ad uno stato di shock e quasi priva di vita.

-Perché? Cosa aveva fatto di male?- Urlò il biondino, peggiorando gli animi dei presenti.

-Purtroppo non lo sappiamo. Ma vi assicuro che faremo di tutto per scoprirlo!- Dopo quella frase il Sergente si congedò, spiegando che avrebbe dovuto portare con sé gli oggetti del giovane per indagare.

La famiglia di Yamato tornò a casa. Quella sera, anche il padre di Takeru rimase in casa con lui e sua madre. Nonostante il divorzio, non l’avrebbe mai lasciata sola in un momento così doloroso per tutti loro. Anche Hikari non lasciò da solo il suo fidanzato e rimase con loro. Taichi riportò Sora a casa sua, senza proferire parola durante il tragitto. Quando arrivò davanti a casa sua, e la ragazza scese dalla moto, l’amico, vedendo che non si reggeva in piedi, non ci pensò due volte e la accompagnò fino al suo appartamento. Quando aprì la porta, la madre della rossa le corse incontro preoccupata.

-Sora, ti chiamo da ore, mi hai fatto stare in pensier..- non riuscì a concludere la frase che, alla vista della figlia affranta e con gli occhi gonfi, e di Taichi, in divisa, che non vedeva da tempo, capì che fosse successo qualcosa di grave.

La prescelta dell’amore si buttò al collo della madre e iniziò a raccontare tra i singhiozzi quello che era successo, lasciandola sbigottita. Le due donne trascorsero quella notte abbracciate l’una all’altra.

Mentre Taichi, dopo aver riportato la moto al posto di lavoro, tornò nel suo attico e si buttò sul divano. Era distrutto. Si sentiva svuotato come un pesce fuori dall’acqua.  Aveva un ultimo dovere da compiere. Avvisò Joe, Koushiro e Mimi dell’accaduto. Era giusto che anche loro fossero al corrente della prematura e ingiusta scomparsa del loro amico. Dopo quell’ultima azione, non riuscì nemmeno a spostarsi in camera da letto. Si addormentò sul divano, stanco e provato com’era, rivolgendo il suo ultimo pensiero a Yamato.

Era angosciato e arrabbiato, sì, ma allo stesso aveva una grande sete di vendetta. Se mai avesse scoperto l’assassino del suo migliore amico lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani. 

 

 

 

Note finali:

Ops!

Vi avevo avvisato che ci avevo preso gusto ad uccidere la gente! Chiedo umilmente scusa a quelle persone che amavano il personaggio di Yamato. Spero di non perdere lettori a causa di questa nuova morte, ma questa scelta ha il suo perché, e no, non mi riferisco solo al fatto che adesso Sora è libera!

Adesso le domande sono:

-Chi è stato ad uccidere Yamato?

-Perché lo ha fatto?

-E come reagiranno i nostri digiprescelti a questa perdita?

 

Ringrazio sempre la mia beta Digihuman e tutti coloro che continuano a leggere e a darmi sempre una spinta in più a non mollare la storia.

Perché diciamocelo chiaro, adesso che non siamo più sigillati a casa causa pandemia, il tempo a disposizione è praticamente contato col contagocce!

Ma giuro che questa storia avrà una fine.

Alla prossima!

Wendy

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Capitolo 8
*** L'ultimo saluto ***


Virus

capitolo 7

L’ultimo saluto

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La morte non è che un cancello…

con la morte finisce niente,

è un cancello che si deve attraversare per proseguire il viaggio.

                                                              Dal film Departures

 

 

La mattina seguente Taichi fu svegliato da un tuono. Non appena aprì gli occhi, sobbalzò dal divano e, ancora destabilizzato dalla sera precedente, cercò di capire cosa ci facesse in cucina ancora con la divisa addosso, quando, finalmente, riuscì a collegare ciò che ero accaduto il giorno precedente. No, non era un incubo. Ora si ricordava tutto: il suo migliore amico Yamato era stato ucciso brutalmente da chissà chi e per chissà quale motivo. Si affacciò alla finestra e guardò il cielo nero e la pioggia tagliente che sbatteva contro la vetrata. Anche il cielo piangeva e si ribellava alla tragedia che li aveva avvolti senza preavviso. Se solo avesse saputo che non lo avrebbe più rivisto, avrebbe fatto di tutto per riabbracciarlo un’ultima volta. Nei suoi pensieri tornò a bussare il viso stravolto e quasi assente di Sora nel momento in cui il Sergente Yoshida aveva rivelato in quel freddo obitorio cosa fosse accaduto. Una fitta al cuore lo colpì violentemente. Aprì il frigo e si versò nel bicchiere un po’ di acqua, bevendola tutto d’un fiato. Il suo battito era accelerato e la frustrazione si era impossessata di lui. Salì le scale a chiocciola iniziando a spogliarsi. Buttò i vestiti madidi di sudore nella cesta dei panni sporchi ed entrò nella doccia. L’acqua calda scorreva sul suo corpo liscio e scolpito. Non si accorse che calde lacrime si stavano mischiando a quelle dell’acqua che fuoriusciva dal soffione. Uscì tamponando tutto il corpo con l’asciugamano, si diresse verso la sua camera, per poi infilarsi un paio di boxer neri e una divisa pulita. Era presto, ma non aveva nessuna voglia di rimanere a casa per torturarsi il cervello. Scendendo in cucina inserì una cialda nella macchinetta del e, dopo aver bevuto il suo primo caffè della giornata, munendosi di ombrello, uscì di casa per correre alla stazione di Polizia.

Essendo in anticipo, chiese al collega all’ingresso se il Sergente fosse già arrivato e, quando quello annuì, andò verso l’ufficio del suo superiore.

-Buongiorno, Sergente Yoshida.-

-Oh, Agente Yagami, entri pure!- asserì l’uomo non appena lo vide davanti alla porta.

-Ci sono novità sul caso del mio amico?- chiese rivolgendosi con uno sguardo speranzoso.

-No, mi dispiace, purtroppo niente in particolare. Il testimone che ci ha chiamato, ha sentito l’esplosione ed è corso nel vicolo, ma non ha visto nulla di sospetto.-

-Capisco.- rispose il prescelto demoralizzato.

-Yagami, perché non vai a casa a riposarti, sarai esausto per la situazione.-

-La ringrazio, Sergente, ma sto bene!- mentì il ragazzo. Stare a casa da solo avrebbe solo peggiorato la situazione.

Tornò nel suo ufficio e cominciò a sistemare vari documenti sparsi sulla scrivania per tenere occupata la sua mente.

Quando riuscì ad ordinare tutto, la sua ex fidanzata, l’agente Bellucci, gli portò una carpetta contenente il caso Ishida.

-Il capo ti ha fatto delle fotocopie, se vuoi darci un’occhiata… magari può venirti in mente qualcosa.-

-Ah… okay.- le disse prendendo in mano i documenti.

-Taichi, mi dispiace tanto per il tuo amico.-

-Grazie, Menoa.- le rivolse un sorriso quasi accennato. In fondo non era cattiva, erano solo incompatibili. “E’ stata gentile”, pensò tra se.

Continuava a guardare e riguardare quei documenti, ma niente. Non riusciva a trovare nessun dettaglio che potesse condurlo alla verità. Yamato era sicuramente un ragazzo apparentemente freddo e distaccato, si irritava facilmente e con lui se ne erano date di santa ragione in passato, ma non aveva mai fatto male ad una mosca. Un episodio in particolare lo riportò al passato.

 

Flashback 

Digiworld 1999

Dopo essersi reso conto che suo fratello Takeru non aveva più bisogno di lui, Yamato si era allontanato dal gruppo insieme al suo fidato Gabumon. Aveva fatto quella scelta per maturare e crescere interiormente, ma, quando incontrò Cherrymon, il misterioso e intelligente digimon dalle sembianze di un albero di ciliegio, nonché servo di Puppetmon, uno dei quattro padroni delle tenebre, Yamato era particolarmente frustrato. Il digimon, riuscendo a captare la sua vulnerabilità, riuscì così a convincerlo che il suo vero nemico fosse proprio Taichi e che la cosa più giusta fosse quella di attaccare proprio lui per ritrovare la sua vera personalità. Era l’ennesima trappola di un digimon malvagio ed il ragazzo c’era caduto con tutte le scarpe. Così tornò dal gruppo di amici, visibilmente felici del suo ritorno.

Taichi gli era corso incontro felicissimo di rivederlo.

-Ciao Yamato, dov’eri? Ti abbiamo cercato dappertutto!- Nemmeno il tempo di cantare vittoria per quel ritorno o di ottenere una risposta, che rimasero tutti attoniti nel vedere che MetalGarurumon, il digimon del biondo, aveva attaccato Agumon chiedendogli uno scontro.

-Ma che sta facendo? Glielo hai detto tu di comportarsi così?-  anche Sora si era messa tra i due ragazzi cercando di portare l’amico sulla retta via.

-Adesso basta, Yamato, convincilo a smettere subito.- continuò Taichi incredulo da quella situazione.

-No, Taichi, non lo fermerò!- il digiprescelto dell’amicizia aveva risposto con uno sguardo crudele.

-Non lo fermerai? Sei impazzito?- il castano era veramente stupito da quel comportamento, così come anche il resto del gruppo.

Inutile dire che la discussione andò per le lunghe e ancora una volta Sora si fiondò tra i due per mettere pace, ma il biondo non aveva nessuna intenzione di smettere, al contrario di Taichi che si allontanò sbuffando.

-Dove pensi di andare. Battiti con me!- urlò il biondo.

-Non ho voglia di battermi, ci vuole tanto a capirlo?-

Solo quando MetalGarurumon gli barrò la strada, cominciando ad attaccarli, non ci fu più niente da fare. La battaglia tra i due digimon iniziò. Come i loro partner, anche Yamato e Taichi iniziarono a litigare. Continuarono a prendersi a pugni e ad azzuffarsi per un pezzo. Il piano di Cherrymon aveva funzionato: li aveva messi l'uno contro l'altro, proprio come voleva lui. Per fortuna in tutto quel trambusto un’entità amica si impossessò del corpo di Hikari che iniziò a spiegare tutti motivi per cui erano stati scelti per essere i bambini prescelti. Aggiunse, inoltre, che ogni digimedaglione rappresentava la qualità migliore di ognuno di loro.

Dopo quelle spiegazioni, Yamato si era tranquillizzato. Taichi gli propose di proseguire il viaggio insieme, ma lui rifiutò.

-Ritenevo che affrontandoti sarei riuscito a trovare la risposta che cercavo. Lo so che chiedere scusa non servirà a niente, ma mi dispiace. In ogni caso, per me è arrivato il momento di scoprire la mia vera natura. E questo, amici, è una cosa che devo fare da solo. Perciò non proseguirò il viaggio insieme a voi.-

Non si capacitava del fatto che proprio a lui avessero dato la digipietra dell’amicizia. Si separarono ancora una volta.

Fine flashback

 

A quei ricordi un’altra lacrima rigò il suo viso. Dopo quell’episodio Yamato cambiò, divenne finalmente più maturo. Ciononostante, avevano continuato a punzecchiarsi negli anni e il motivo principale era sempre stato Sora. Continuava, però, a non capacitarsi del perché potessero averlo ucciso.

Si era crogiolato per così tanto, che non si rese conto che era già pomeriggio e che aveva saltato il pranzo. Ma del resto non aveva nemmeno un po’ di fame. Quando il suo turno finì, tornò subito a casa. Si era messo in tuta e aveva bevuto un energy drink giusto per rimettersi un po’ in forza. Accese la tv e si buttò sul divano, quando il suo telefono vibrò. Era un messaggio di Sora:

Ciao Taichi, il funerale di Yamato sarà domani alle 16:00.”

Ingoiò un magone inesistente. Visto lo stato del corpo dell’amico, avevano deciso di saltare la veglia come era solito fare in Giappone, secondo la tradizione Buddista.

Non rispose a Sora, non gli andava di scriverle “ci sarò” visto che si trattava di un evento spiacevole. Ma era più che logico che sarebbe stato presente anche lui. Chiamò, invece, il Sergente per informarlo della sua assenza a lavoro, in maniera tale da essere presente al funerale, il quale, comprendendo, non obiettò minimamente.

Spense la tv e salì nella sua camera. Stavolta non si sarebbe addormentato sul divano. Quando si adagiò sul letto, nonostante fosse solo tardo pomeriggio, crollò. Aveva pensato talmente tanto quel giorno, che non voleva più pensare a nulla.

 

***

 

Sora era rimasta tutto il giorno a casa della famiglia del suo fidanzato defunto. Erano tutti devastati dal dolore e il fatto che non potessero nemmeno organizzare una veglia per lui, fece irritare il signor Ishida, che continuò a sbraitare con l'impresa di pompe funebri.

Nella veglia, avrebbero dovuto chiamare un Tanatoesteta. Il suo compito sarebbe stato quello di dare al corpo freddo di Yamato, una bellezza che sarebbe durata per sempre, con calma, con precisione, ma soprattutto con tanta amorevolezza.

Poi, avrebbero presentato il corpo ai congiunti, come se fosse ancora vivo, e amici e parenti lo avrebbero potuto visitare e salutare come si deve, partecipando ad una ricca cena che sarebbe divenuta momento di condivisione del dolore. Il diritto di sepoltura, secondo i Giapponesi, è quello di preparare il defunto per una partenza serena. Invece, per Yamato Ishida tutto questo non sarebbe stato possibile, poiché la morte che aveva affrontato non permetteva tutto ciò.

Takeru era immobile e ammutolito sul divano della cucina da ore. La sua fidanzata continuava a spronarlo a mangiare o a bere senza risultati. Sembrava un vegetale.

Ancor peggio, la madre era rimasta a letto tutto il giorno, non voleva vedere nessuno e continuava a colpevolizzarsi di non essere stata una madre presente per Yamato a causa del divorzio. C’erano dei momenti in cui l’ex marito andava a controllarla e premurosamente cercava di consolarla.

E poi c’era lei, Sora Takenouchi, che si sentiva così vuota e sola. Si sentiva un macigno sullo stomaco e avrebbe avuto bisogno di un abbraccio in quel momento. Già, ma da chi? Pensò per un attimo a Taichi. Lui, nonostante tutto, era stato il suo migliore amico e, proprio in quel momento, aveva tanto bisogno di lui. Non lo avrebbe chiamato di certo, eppure continuava a pensare che la sua presenza in quel momento per lei sarebbe stata vitale. Quando gli organizzatori stabilirono quando si sarebbe svolto il funerale, pensò di avvisarlo, ma, da parte dell’amico, non arrivò nessuna risposta.

Proprio in quel momento arrivò Mimi e, quando la vide da sola in un angolo a fissare il vuoto, le si buttò al collo e cominciarono a piangere all’unisono senza dirsi nulla. Per fortuna, almeno in quel momento aveva trovato una spalla su cui piangere.

 

***

 

Il pomeriggio del funerale arrivò.

Davanti all’altare del tempio, il corpo di Yamato era disposto dentro una bara. Davanti a quella, c’era una tavoletta di legno con inciso il nome postumo assegnato dal sacerdote. Il nome postumo è un nome diverso da quello che la persona ha avuto nella sua vita, e che si suppone aiuti ad evitare che il defunto ritorni ogni volta che venga pronunciato il suo nome. Erano tutti presenti: i genitori del ragazzo, il fratello e la sua fidanzata Hikari, Sora e sua madre, Taichi, Koushiro, Joe, Mimi, tutte le famiglie dei digiprescelti, i componenti della vecchia band in cui suonava Yamato, gli “Knife of day”. C’era anche Daigo Nishijima e sua moglie. E altri amici di famiglia e compagni di facoltà del ragazzo.

Erano tutti vestiti di nero: gli uomini con il pantalone e la giacca e le donne in abito o kimono.  Ciascun membro della famiglia offrì incenso in ordine gerarchico, seguito dagli amici. Ogni persona che gli offriva l’incenso giungeva dinnanzi all’urna posta davanti alla bara, si metteva sull’attenti, tenendo in mano il rosario, si inchinava e poneva un pizzico di incenso all’interno; poi si inchinava nuovamente e tornava al suo posto. Dopo che il sacerdote terminò la lettura del sutra, i presenti si allontanarono. Saltarono la procedura di mettere i fiori nella bara, poiché era già stata sigillata per motivi più che ovvi. Dopodiché, la bara fu disposta su un carro funebre e ,tutti coloro che avevano assistito al rito funebre, proseguirono lungo il corteo, verso il luogo della cremazione.

Arrivati al luogo stabilito, i familiari assistettero al procedimento della bara scaricata verso il forno crematorio e, non appena l’urna fu riempita delle ceneri del ragazzo, e venne coperta con un panno bianco, si svolse un altro corteo funebre per trasportarla al cimitero. Dopo quest’ultima fase, tutti salutarono la famiglia e andarono via tutti quanti. Tutti, tranne Taichi, che rimase con lo sguardo spento e assopito davanti alla tomba dell’amico.

-Mamma, rimango un altro po’.- disse Sora a Toshiko, mentre si avvicinava all’amico. La signora Takenouchi, notando che non sarebbe rimasta sola, annuì e tornò a casa.

-Ciao.- la voce di Sora fece sobbalzare il castano.

-Sora, come stai?- fu l’unica frase sensata che riuscì a spiccicare.

-Strana.- rispose con schiettezza l’amica.

Contemplarono la tomba in silenzio, poi Taichi sospirò, entrambi si voltarono a guardarsi intensamente.

-È tutto così surreale.- asserì l’amico.

Sora annuì senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Provò a cacciare una lacrima indietro senza riuscirci e, notandolo subito, il ragazzo gliela asciugò con il pollice. A quel gesto Sora scoppiò in un pianto quasi liberatorio e lo abbracciò istintivamente. Taichi all’impatto rimase spiazzato, ma poi la strinse con forza a lui, accarezzandole i capelli.

Quell’abbraccio, che Sora aveva tanto desiderato, la fece sentire meglio. Rimasero stretti una manciata di minuti in silenzio, poi lei si staccò dal suo petto e lo fissò.

-Taichi, per favore, promettimi che mi starai vicino.-

A quella richiesta esplicita sgranò gli occhi.

-Te lo prometto! Ci sarò tutte le volte che lo vorrai.- 

Entrambi si sorrisero a vicenda, per poi salutare il digiprescelto dell’amicizia. Poi, Taichi accompagnò Sora a casa. Lo aveva promesso a lei, ma anche a se stesso: le sarebbe stato accanto ad aiutarla a superare questo brutto momento.

 

La morte ci rende tutti uguali: ricchi, poveri, uomini, donne, non esiste differenza quando bussa alla nostra porta. Ma quando le persone che ami se ne vanno, lasciano anche la tristezza del vuoto incolmabile a farci compagnia.

 

 

 

Note finali:

E niente, oggi sono di poche parole: sarà colpa del capitolo un po’ triste (che tra l’altro, considero più un capitolo informativo che altro), saranno le poche ore di sonno che ho addosso (circa 4, o forse anche meno), sarà che ultimamente sono intasata di lavoro (e per fortuna, aggiungerei).

Fatto sta che oggi non mi dilungherò come al solito.

Unica cosa che voglio dire è che se dovessi mancare per un paio di settimane sia con gli aggiornamenti sia con gli scambi è solo perché è il periodo incasinato e non trovo né tempo né concentrazione. Quindi chiedo scusa in anticipo, ma non appena mi rassereno e trovo qualche ora di pace torno tra di voi, croce sul cuore!

Ringrazio come sempre la mia beta Digihuman e tutti coloro che leggono e recensiscono, compreso i lettori silenziosi.

A presto <3

Wendy

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