VIRUS di Wendy_88 (/viewuser.php?uid=640511)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di un incubo ***
Capitolo 2: *** Taichi è in pericolo ***
Capitolo 3: *** Cortinarius orellanus ***
Capitolo 4: *** Rivelazioni ***
Capitolo 5: *** La resa dei conti ***
Capitolo 6: *** Salto temporale ***
Capitolo 7: *** Uno strano caso ***
Capitolo 8: *** L'ultimo saluto ***
Capitolo 1 *** L'inizio di un incubo ***
PRE-NOTE
Sì,
ok probabilmente
questa quarantena mi ha dato alla testa. Siamo nel bel mezzo della
pandemia,
causata da un dannato virus e tu che fai ti metti a scrivere una
fanfiction su
un virus? Ma sei
cretina? Ebbene sì… come
infliggere ancora più dolore ai lettori. xD
No
dai… scherzi a parte,
questa long nasce prima di tutto dalla noia di questo periodo. E un
giorno mi
sono detta: Ma dai Wendy perché non provi a complicarti la
vita, scrivendo su
un genere che NON ti appartiene? Quindi eccomi qui. Mi sono lasciata
ispirare
da una serie tv che ho visto per sbaglio di recente, quindi di certo
non si
parlerà di coronavirus. Ho usato parzialmente i termini
scientifici/ospedalieri
dalla serie appunto, perché non sono né una
scienziata né un medico, cercando
di creare la storia nel contesto dei Digimon e ricreare qualcosa di
particolare
e di diverso attorno a questa cosa. Vabbè ora basta dire
cazzate. Se siete qui
volete leggere, spero di avervi incuriositi almeno un pochino. In tal
caso…Buona
lettura!!!
Ringrazio
la mia beta Digihuman
per aver corretto i miei errori abituali e per spronarmi nella
scrittura,
insieme a Kisachan e LadyItalia_UsabellaDream.
Virus
Capitolo
1
L’inizio
di un incubo
Tutti
i Digiprescelti quel giorno avevano
ricevuto la stessa lettera, sapevano che c'era qualcosa sotto, non era
certo
una coincidenza che tutti gli otto amici avessero vinto una settimana
in una
casa sul mare a Kamakura. Ciò nonostante erano al settimo
cielo, passare sette
giorni tutti insieme in quel posto fantastico, gli fece scordare le
cose
negative. Del resto era una bellissima zona di mare, cosa mai sarebbe
potuto
capitare di così brutto. L’unico un po’
infastidito da quella situazione di
convivenza era Taichi Yagami, che, essendo innamorato segretamente
della sua
migliore amica Sora, sarebbe stato asfissiante vederla cinguettare con
il suo
ormai fidanzato Yamato che, qualche anno prima gliel’aveva
soffiata da sotto il
naso. Ma non era nessuno per poter rovinare il programma agli altri,
quindi
rassegnato preparò la valigia e seguì il resto
degli amici in quell’avventura,
non sapendo ancora a cosa avrebbe portato. Comunque, pensandoci bene,
quella
vacanza non sarebbe stata di certo un male, visto che proprio in quel
mese
Taichi, Sora e Yamato avrebbero affrontato la maturità per
poi iniziare a
frequentare l’università. Sora si sarebbe
dedicata, come tutti già prevedevano,
alla scuola di giardinaggio della madre, Yamato avrebbe preso una pausa
dalla
musica per studiare alla facoltà di tecnologia aerospaziale
ed infine Taichi
avrebbe fatto dei concorsi per entrare in polizia. Ovviamente sarebbero
rimasti
a Tokyo. Questi erano i sogni dei tre digiprescelti quasi diplomati.
***
Arrivò
finalmente la settimana di Luglio
tanto attesa per i ragazzi, settimana che comprendeva anche il sedici
di
Luglio, giornata per loro importante perché festeggiavano
l’Umi No Hi,
ovvero la festa del mare. In
quel giorno di festa, che avviene il terzo lunedì di Luglio,
i giapponesi si
riversano nelle spiagge per onorare il mare e per pregare
affinché possa
portare sempre abbondanza e prosperità al Giappone. Una
delle zone più popolari
per queste feste è proprio Kamakura, oltre ad Enoshima e
Zushi ed alla spiaggia
artificiale di Odaiba, dove avevano sempre festeggiato fin da piccoli.
Nonostante la qualità dell’acqua lasciasse a
desiderare, loro si limitavano ad
abbronzarsi sulla sabbia calda ammirando alle loro spalle il bellissimo
Rainbow
Bridge.
Era
una calda domenica. Dopo un’ora di treno
arrivarono finalmente a destinazione e, sotto consiglio del padre di
Taichi ed
Hikari, andarono come prima cosa a bere un vero caffè
giapponese al bar Rondino
che si trovava a una decina di metri, a sinistra dalla stazione. Era
davvero
buono, ricordava il caffè americano, ma si preparava grazie
ad una serie di
cilindri di vetro, infilati uno dentro all’altro e riscaldati
dentro un
fornelletto. Continuarono poi la passeggiata verso la loro abitazione
sul mare,
rimanendo estasiati dal fascino di Kamakura. Quella piccola cittadina
era una
delle mete preferite dagli abitanti della capitale per una gita fuori
porta.
Era piena di surfisti, che si sfidavano nella baia su cui si affacciava
la
città. Percorsero il viale principale pieno di alberi di
ciliegio provando una
sorta di pace e serenità e, dopo circa quindici minuti a
piedi, arrivarono
all’appartamento che li avrebbe ospitati per tutta la
settimana. L’odore del
mare e la brezza gentile li aveva fatti innamorare di quel posto
incantevole
fin da subito. Quello splendido appartamento sorgeva sulla zona
costiera della
città, con una posizione privilegiata sulla collina e con
una vista sul mare da
lasciarci il fiato. Un uomo basso e pelato, sulla quarantina,
mostrò ai
digiprescelti la casa posta su due piani. L’ingresso della
casa era sensazionale,
vi era una veranda di legno bianca con una piscina che dava sul mare.
Il primo
piano aveva un’immensa cucina-soggiorno in stile Giapponese.
Al piano
superiore, invece, vi erano due camere da letto, che offrivano una
vista
panoramica spettacolare, grazie anche alle abnormi finestre in vetro, e
due
bagni dotati di tutti in comfort. Avrebbero vissuto una settimana
esaltante,
una vacanza da sballo, tra quella casa, il mare, la piscina e i posti
da
visitare.
Quella
stessa sera, dopo aver cenato ed essersi
goduti al meglio un bagno rilassante, ignari di ciò che li
aspettava il giorno
dopo, andarono a letto presto. La mattina seguente visitarono il tempio
di
Kotoku-in che ospitava l’Amida Buddha, una statua di tredici
metri in bronzo
sopravvissuta allo tsunami nel XV secolo. Mentre all'ora di pranzo
tornarono
nell’appartamento per rilassarsi un po’ al mare.
***
Un uomo e una donna stavano farneticando in
un piccolo laboratorio dove facevano delle ricerche sulla magnetite e
le
attività sismiche. Si trattava di un incarico riservato e
ordinato dal governo
federale per verificare la teoria per rilevare e prevedere i terremoti.
Nelle
mani sbagliate, avrebbe potuto generare sismi e distruggere qualsiasi
posto. Ma
il giovane dipendente non sapeva ancora per chi stava lavorando e le
vere
intenzioni che si celavano dietro le menti malvagie di quei pazzi
criminali.
-Quello
che ci serve adesso è una scossa
estremamente circoscritta e moderata!-
L’hacker
dai capelli nero corvino stava
spiegando alla sua superiore come si doveva eseguire quel test.
-Bene!
Avvia il programma Nishijima.-
L’uomo
tirò un respirò profondo e premette il
pulsante rosso, cercando di non pensare a quello che avrebbe provocato
in
quell’esatto momento. Dei suoni di bip
rimbombavano nella stanza avvolta
nella penombra, mentre il ghignò malefico di Himekawa
risultò quasi più
fastidioso di quei rumori.
-Che
il test cominci!-
***
I
ragazzi del gruppo erano stanchi da quella
partita di beach volley, ma, quando le ragazze apparvero davanti ai
loro occhi
con un banchetto coi fiocchi, quasi gli parvero un miraggio.
Manicaretti di
tutti i tipi deliziarono il loro palato, le giovani digiprescelte erano
state
veramente brave.
A pancia piena, la maggior parte di loro si era distesa a prendere al
sole.
C’era poi Sora che, prima di andare in digestione, aveva
deciso di fare un
bagno. Taichi e Yamato avevano, invece, iniziato una partita a
racchette. Poi,
il delirio. Una scossa di terremoto fece sussultare la terra. I
bagnanti erano
terrorizzati, urlavano senza tregua, ma, nonostante la paura, a Taichi
non
sfuggirono di certo le grida di Sora che era ancora in acqua.
Guardò Yamato che
la fissava quasi sbigottito e titubante, poi, senza pensarci, si
accinse a
correre in acqua urlando il suo nome per farle capire che stava andando
ad
aiutarla. Arrivò in una nuotata veloce da lei, ma non
riusciva a tirarla verso
di sé, perché, presa com’era dallo
stato di panico, continuava a dimenarsi.
-Sora,
sta tranquilla, ci sono io adesso!-
Finalmente
la ragazza a quella voce si
ridestò e afferrò la mano del suo soccorritore,
ma ciò non bastò, era quasi
impossibile con quelle scosse riuscire ad emergere del tutto
dall’acqua.
A
quel punto, Yamato riuscì finalmente a
darsi una svegliata e quando si accorse di una barca, provò
a trascinarla in
mare per raggiungerli “Possibile che debba essere sempre lui
a salvarla?” pensò
quasi scocciato da quel blocco. L’aveva tirata fuori dal
pericolo a Digiworld e
lo stava facendo anche adesso che era più di sua competenza.
Si diede dello
stupido mentre trainava la piccola imbarcazione. Ma si accorse che
quelle
scosse sismiche avevano smesso e che il suo amico e la sua compagna
stavano
ormai raggiungendo la riva.
L’avevano
scampata, ma Sora, a differenza dei
suoi amici, era quella più tesa, aveva qualcosa di represso.
Si stava
asciugando i capelli, dopo aver fatto un bagno ristoratore, quando il
suo
fidanzato bussò.
-Sora,
posso entrare?- la rossa aprì la porta
quasi scocciata e facendoglielo anche notare.
-Come
stai?-
-Come
vuoi che stia?-
Lui
non parlò, era più che giustificabile
l’ira della digiprescelta.
-Yamato,
perché continuavi a fissarmi senza
fare nulla?-
Nonostante
la paura, lo aveva notato anche
lei che il suo partner era rimasto bloccato, come se fosse un
baccalà.
-Io...
lo so, Sora, sono stato un codardo, ti
chiedo scusa.-
-È
tutto qui quello che hai da dire?-
-Ecco
io… non saprei cosa dirti…-
-Bene,
lascia perdere allora.-
E
sbattendo la porta dietro di lei scappò al
piano di sotto, aveva bisogno di una boccata d’aria in quel
momento come se
fosse una cosa vitale. Non c’era nessuno in cucina, erano
tutti esausti e
giustamente erano andati a letto presto, o forse non proprio tutti.
Taichi era
appoggiato alla ringhiera bianca di legno della veranda e stava bevendo
una
birra, immerso nell’oscurità dell’oceano
nero, quando fu distratto dalla
presenza della sua amica.
-Ehi
Sora, come stai?-
Questa
volta, la reazione della ragazza fu
completamente diversa da quella avuta precedentemente con il
digiprescelto dell’amicizia.
-Bene,
grazie. Io… volevo ringraziarti per
oggi Taichi!-
-Che
ti è successo? Tu sei capace di
nuotare.-
-Ero
in un vortice! Prova ad immaginare un
minuscolo insetto che va giù per lo scarico.-
Risero
entrambi per quel paragone esilarante.
-Taichi,
anche quella volta a Digiworld mi
hai salvata, la prossima volta tocca a me salvarti.-
-Ok
se ci tieni così tanto, sono pronto a
farmi salvare da te, quando vuoi.-
Un’altra
fragorosa risata riecheggiò in
quella tiepida serata estiva. Decisero di andare a dormire. Sora
raggiunse la
camera dove già dormivano Hikari e Mimi, mentre Taichi
quella dei ragazzi, ma a
differenza di Takeru, Koushiro e Joe, il biondo era sveglio e lo
guardò in
cagnesco. Taichi in cuor suo ne conosceva il motivo, ma non gli diede
peso e si
accucciò nel letto provando a scordarsi di quella giornata
terribile appena
conclusa. Sora, invece, non riuscì a prendere sonno
facilmente. Pensò e ripensò
alla maturità del castano, cosa che qualche anno prima non
aveva capito, e che,
al contrario, aveva sottovalutato.
Flashback
Era
ormai sera. Erano entrambi usciti dagli
spogliatoi ed erano felici di aver vinto quella partita. Taichi, era
più
euforico che mai ed erano anche da soli. Lui l'abbracciò
come mai aveva fatto,
fino a ritrovarsi vicino alle sue labbra. Un bacio a stampo, seguito
poi
dall’abbraccio delle loro lingue mentre i loro cuori
impazzivano di sentimento
e desiderio. Ogni carezza risuonava, sembrando quasi amplificata e di
una
delicatezza indescrivibile. Il giorno dopo lei si svegliò di
buon umore e corse
dal suo amico, ma con suo stupore lui non rivolse un solo pensiero al
trascorso
della sera prima.
Passarono
giorni e, nonostante lei tentò in
tutti i modi di restare sola con lui, lui continuava ad evitarla. Era
incazzata,
il suo migliore amico era un immaturo, stop. Decise così di
cedere alle avance
di Yamato, cercando di scordarsi di Taichi e del loro magnifico bacio.
Fine
Flashback
“Hai
fatto i calcoli male, cara Sora.
Maturità non vuol dire di certo rimandare o evitare un
argomento imbarazzante,
la vera maturità sta nel prendersi le proprie
responsabilità quando qualcuno a
cui vuoi bene sta male o è in pericolo. Yamato, quel giorno,
aveva dimostrato
non solo di non esserlo, ma anche di non tenere a lei. “Sei
una stupida, Sora”.
Dopo essersi crogiolata a lungo, si addormentò cercando di
opprimere i ricordi
dell’accaduto.
***
A
differenza dei ragazzi, qualcuno non
dormiva ma complottava alle loro spalle.
-Vuoi
creare un altro terremoto, Himekawa?-
-Per
favore, quello era solo un test per
capire cosa può provocare quella roccia, ma i terremoti sono
già storia
vecchia, caro il mio Nishijima. Abbiamo usi migliori per questa
bellezza
naturale. Di certo non abbiamo portato quei ragazzini proprio a
Kamakura con
l’inganno solo per farli assistere ad una piccola ed
innocente scossa.-
Il
suo tono era davvero diabolico.
-Cosa
vuoi fargli?- il giovane hacker era
pentito di aver accettato quell’incarico, mai e poi mai si
sarebbe aspettato di
far parte di un piano così oscuro.
-Vieni
Nishijima, ti faccio vedere una cosa.-
E
gli piazzò davanti al viso un tablet che
mostrava un video di un uomo sui sessant’anni in preda al
panico. L’uomo
spiegava che il suo team stava eseguendo dei test e controllava come
reagiva la
magnetite al calore. Quando l’avevano riscaldata oltre i
duecento gradi aveva
emesso una sorta di gas velenoso. Lui era arrivato troppo tardi,
l’intero
laboratorio era pieno di fumo viola, gli scienziati erano tutti in coma
e le
vene delle braccia e delle mani erano nere: erano morti tutti entro le
ventiquattro ore.
Il
giovane era rimasto senza parole, così la
donna gli diede il colpo di grazia.
-Grazie
a loro abbiamo scoperto l’arma letale
perfetta!-
E
continuava ancora imperterrita. Era persa
nel suo perfido mondo e il povero Nishijima non poteva nemmeno scappare
da
quell’inferno. Una delle clausole che il governo gli aveva
fatto firmare,
quando lo aveva trascinato in quella carneficina, prevedeva che se si
fosse
tirato indietro, avrebbero ucciso la sua futura moglie. Ma lui al tempo
non
diede peso alla cosa, anche perché i soldi che gli avevano
proposto per far
parte dello staff, avrebbero ricoperto in pochissimo tempo i debiti che
aveva
accumulato per l’organizzazione del matrimonio e per il mutuo
della casa. Lui,
però, quando firmò il contratto, non aveva capito
che aveva fatto un patto con
il diavolo ed ora si sentiva maledettamente in colpa.
-È
qualcosa di fantastico non credi? Quelle
vene nere sono un sottoprodotto del virus. Un virus intrappolato nella
magnetite e non c’è cura ovviamente
perché la roccia viene dalla luna.-
-Cosa
farai adesso?- gli occhi del ragazzo
ormai non riuscivano più a guardare la donna di qualche anno
più grande di lui.
-La
magnetite è stata scoperta dagli
scienziati proprio in una caverna sulla spiaggia di Kamakura, quando
qualcuno
entrerà, innescheremo un meccanismo per riscaldare la
roccia, così il mondo
intero scoprirà sia il virus, sia che non può
essere debellato.-
-Sì,
ma altri scienziati potrebbero trovare
un antidoto se avranno accesso al virus!- disse il moro quasi
speranzoso.
-Abbiamo
già pensato anche a questo. L’intero
posto esploderà subito dopo aver contagiato quei mocciosi.-
-Sì
ma perché qualcuno di loro dovrebbe
andare in quella caverna? Aspetta… non dirmelo, avete
pensato anche a questo.-
L’ultimo brandello di speranza di Nishijima svanì,
mentre il ghigno della donna
esplodeva nel piccolo laboratorio.
***
I
quattro giorni a seguire passarono
regolarmente. Nessun’altra scossa li aveva sorpresi,
nonostante la loro paura
abbastanza evidente. I digiprescelti continuarono la loro vacanza
premio,
divertendosi tra giochi in spiaggia, grigliate di carne e di pesce e
bagni in
piscina al chiaro di luna. Solo Sora e Yamato non si beavano di quei
momenti di
estremo piacere, erano freddi l’uno con l’altro e
si parlavano a malapena.
Tutti notarono la cosa, ma nessuno cercò di interferire tra
di loro, seppure a
malincuore. I sei prescelti restanti visitarono altri posti durante
quei
giorni, Kamakura era anche famosa perché aveva
più di cento templi buddhisti e
shintoisti. Fuori da ogni tempio si poteva mangiare frutta caramellata
e i
ragazzi ne approfittarono per assaggiare quelle delizie. Taichi nel
frattempo
si era allontano in una delle tante bancarelle dove si potevano
acquistare
amuleti vari. Non ne sapeva nemmeno lui il motivo, ma ne aveva preso
uno a
Sora. Era un omamori della felicità.
Voleva solo quello per lei, vederla
in quei giorni così isolata e triste gli faceva male.
Quel
sabato, essendo il penultimo giorno
prima di tornare alla loro vita, qualcuno non lasciò scelta
alla coppia in
crisi.
-Basta
stare nelle vostre stanza a meditare!-
I
due non riuscirono ad opporsi alla ragazza
dai capelli color cenere che li intimava a scendere in spiaggia con
loro,
perciò acconsentirono ma tenendosi comunque alla larga. Mimi
e Hikari erano in
acqua a schizzarsi e parlare del più e del meno, Yamato
aveva iniziato una
partita a bocce insieme al fratello e a Joe, Koushiro era immerso nel
suo
studio su chissà quale materia complicata ed infine Sora,
che stava prendendo
il sole, stava guardando in direzione del suo migliore amico fisso a
raccogliere qualcosa e ad allontanarsi sempre più da loro.
Così, senza farsi
notare da nessuno, e ignorando cosa potesse pensare il digiprescelto
dell’amicizia, spinta dalla curiosità, si
avvicinò verso di lui.
-Che
stai facendo?-
-Ehi
Sora… cercavo delle conchiglie.-
-Conchiglie?
Da quando collezioni
conchiglie?-
-Da
adesso!- Risero.
-Ecco
vedi, non sono solito fare una cosa del
genere, ma non sono le solite conchiglie. Guarda tu stessa.-
E
porgendogliene una, Sora si accorse che
l’amico aveva ragione, era come ammaliata da quei gusci.
-Sì
è vero, sono meravigliose!-
Quei
colori di una tonalità verde smeraldo
con striature gialle sembravano delle pietre preziose.
I
due amici, intenti a parlare di argomenti
generici, raccogliendo quelle strane conchiglie simili a tratti a dei
fossili,
si accorsero inseguito che erano disposte come ad indicargli un
percorso. Era
una sorta di scia che sembrava volerli condurre a qualcosa e ovviamente
anche
quello non era un certo caso, come avevano già sospettato
circa la vittoria di
quella sorta di vacanza.
-Cos’è
una tresca? Prima la vacanza gratis,
poi il terremoto ed infine questo.-
La
rossa iniziava a preoccuparsi davvero e Taichi lo poteva leggere
perfettamente
nei suoi occhi ambrati. Spazientito, gettò le conchiglie a
terra e ordinò
all’amica di tornare dagli altri, per seguire la scia da solo
e capire quale
mistero si celasse una volta per tutte dietro quel complotto.
-Sei
impazzito! Io vengo con te.-
Il
suo sguardo non avrebbe ammesso di certo
repliche o rifiuti, la conosceva benissimo per dubitarne,
così le strinse la
mano e insieme iniziarono a seguire il percorso che li portò
davanti ad una
caverna. I due si guardarono confusi, ma poi, mano nella mano, decisero
di
entrare.
-Sora,
stammi vicino e non allontanarti da me
per niente al mondo.- cercava di non far trapelare
l’agitazione nei suoi occhi.
-Ok!
Prima però voglio lasciare una traccia
per far capire che siamo entrati qui.-
Si
sfilò il pareo giallo con le margherite e lo
incastrò
a una sporgenza della grotta. Aveva in un certo qual modo una sorta di
sesto
senso che le faceva pensare che non ne sarebbero usciti tanto
facilmente. Come
biasimarla dopo tutto quello che stava succedendo. Di
certo era una caverna
formatasi a causa della corrosione della marea, l'ingresso era di
roccia
calcarea
erosa dalle
onde. Le stalattiti e le stalagmiti formate nel corso degli anni
insieme al
riverbero prodotto dal suono delle onde, davano a quella grotta
un’atmosfera mistica
che quasi inquietò i due digiprescelti. Era abitata da soli
pipistrelli ed
essendo ormai una tarda ora del pomeriggio, Taichi e Sora sobbalzarono
nel
vederne sfrecciare qualcuno sulle loro teste. L’unica cosa
rassicurante in quel
luogo era un minuscolo laghetto che faceva apparire l’acqua
di un blu così
immenso ed etereo da poter intravedere perfino il fondale.
***
I
due
studiosi stavano osservano i due attraverso le telecamere.
-Ma
sono
solo due ragazzi indifesi, perché volete fargli questo?-
-Ah…
Nishijima come sei ingenuo. Quelli non sono due ragazzi normali, sono
due degli
otto digiprescelti. Forza, inizia a scaldare la magnetite.-
***
Sora
scivolò, era troppo
viscido il pavimento pieno di concrezioni, e il castano
riuscì a mantenere
l’impatto a terra afferrandola subito dal braccio. Quando la
ragazza si ritrovò
davanti a lui lo fissò quasi dispiaciuta.
-Che
c’è?-
-Avevo
detto che toccava
a me salvarti.- Facendo ridere di gusto l’amico a
quell’affermazione.
-No,
mia cara Sora, hai
firmato un contratto quella volta a Digiworld alla piramide.
Sarò sempre e solo
io il tuo eroe.-
Disse
lui con un vocione
esaltato, quasi come fosse un attore teatrale. L’amica lo
guardò sorridendo e
lui si avvicinò per spostarle una ciocca di capelli e
sistemargliela dietro
l’orecchio, facendole perdere un battito a quel contatto. Non
riusciva a
capirne il perché, ma aveva maledettamente bisogno di
baciarlo, di assaggiare
quelle labbra. Senza rendersene contò, dimezzò la
distanza e il digiprescelto
del coraggio colse quel gesto per poi azzerarla e fare
l’unica cosa che
volevano in quel momento. Scordandosi il vero motivo per cui erano
entrati in
quel posto, e senza farsi scrupoli, la bacio e lei ricambiò
subito lasciandosi
trascinare con lui in quel vortice di passione. Erano entrambi presi ad
assaporarsi a vicenda, che non si accorsero che l’aria si era
contaminata di un
fumo viola. Taichi la sollevò dalle anche per appoggiarla su
una roccia.
Sarebbero andati oltre al bacio da lì a breve, lo sapevano
benissimo, ma gli
importava poco, solo un bip quasi assordante e
soprattutto allarmante li
riportò alla realtà facendo sciogliere quel bacio
infuocato.
-Taichi,
cos’era quel
rumore?-
-Io...
non lo so,
aspetta qui vado a vedere.- cercò di rassicurarla lui,
ancora senza fiato per
quello che stavano facendo fino a qualche secondo prima. Si resero
finalmente
conto anche del fumo, visto che iniziarono a tossire vistosamente e
tapparsi il
naso con la mano.
I
bip continuavano.
Finalmente il castano era arrivato alla fonte di quei rumori. -Cazzo!-
imprecò
correndo verso la sua amica.
-Sora,
dobbiamo uscire
subito!- urlò con un tono agghiacciante.
La
digiprescelta correva
verso il castano confusa.
-Che
succede, Taichi?-
-E’
una bomba!-
-Una
bomba?-
-Sì,
corri!-
Raggiunsero
mano nella
mano l’uscita della caverna, ma, con loro stupore,
l’ingresso era chiuso. Erano
in trappola e non c’era il tempo per provare a disinnescarla,
ormai era finita.
Era chiaro come il sole che qualcuno li voleva morti. Taichi sudava
freddo,
Sora invece era in preda al panico. La strattonò verso il
laghetto, ovvero il
posto secondo lui più lontano dalla bomba, la fece sdraiare
e si posizionò
sopra di lei stringendola come a volerla proteggere.
-Moriremo
vero, Taichi?-
singhiozzava con il viso appoggiato al suo petto. Non rispose, sapeva
anche lui
che non avevano scampo, le possibilità di sopravvivere ad
una bomba non erano
di certo molte. I bip erano più veloci.
-Sora,
devo dirti una
cosa.-
-Cosa?-
-Ti
amo, ti ho sempre
amata!-
Nemmeno
il tempo di
realizzare la dichiarazione che
Taichi le aveva
appena fatto, che un boato assurdo assordò tutti i suoi
pensieri.
NOTE
E
per questo capitolo ho
dato. Se siete arrivati a leggere fino a qui, vi ringrazio
immensamente,
e spero di ritrovarvi nei prossimi capitoli, perché strano
ma vero sono piena
di idee che vorrei riuscire ad elaborare per portare questa storia
avanti al
meglio. Spero anche che il fandom con la quarantena in corso emerga un
po’ più
del solito e niente spero che vi sia piaciuto quello avete appena
leggendo!
Al
prossimo capitolo.
Wendy
|
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Capitolo 2 *** Taichi è in pericolo ***
PRE-NOTE:
Ola...
eccomi tornata con il secondo capitolo. Ho avuto grossi
problemi durante la stesura di questa parte (abbastanza complicata, per
chi
come me, è ignorante in ambito medico) che grazie
all’aiuto della mia amatissima
beta Digihuman penso di aver risolto. (E siamo solo
al secondo XD) Non
so come farei senza di lei. Spero che questo capitolo non deluda le
aspettative
di chi legge, perché come già accennato in
precedenza, ho delle idee carine che
scriverò a mano a mano nel corso della storia. Buona lettura.
Virus
Capitolo
2
Taichi
è in pericolo
Nishijima
si sentiva terribilmente in colpa, aveva appena
azionato una bomba per uccidere due ragazzi indifesi? Non se lo sarebbe
mai
perdonato. Fissava il vuoto inerme, quando la sua superiore prese il
telefono e
chiamò felicemente il suo capo.
-Il
diversivo è andato a buon fine. Abbiamo già
azionato
la bomba come previsto e si è anche attivato il macchinario.
I ragazzi hanno
prestato attenzione solo alla bomba e non si sono nemmeno resi conto di
tutto
il resto.-
-Di
quale macchinario stai parlando?- chiese il giovane
hacker, quasi infastidito, quando Himekawa staccò la
chiamata. Era sempre più
sconvolto da quel piano, così dettagliato.
-Caro
il mio Nishijima, sei proprio un ingenuo! La bomba
serviva solo per camuffare il meccanismo presente sul fondale del lago
di cui
ti ho già parlato, quello per riscaldare la roccia e portare
l’acqua ad
altissime temperature- la donna lo guardò meglio per poi
entrare più nei
dettagli -l’acqua trasforma le particelle in vapore, il quale
rilascia e
sprigiona il veleno nell'aria, fino a venir inalato dai ragazzi
così da
infettarli. Grazie all'esplosione, le macerie della grotta andranno a
sotterrare e insabbiare il macchinario. Quando troveranno i loro corpi,
sarà
troppo tardi.-
***
Yamato
stava iniziando ad agitarsi, aveva notato che la
sua ragazza si era allontanata con il suo migliore amico. Non li vedeva
più,
ormai si erano dissolti nel nulla. Ripensava al giorno del terremoto e
si malediceva
per la sua codardia, se non fosse stato per Taichi, probabilmente Sora
sarebbe
annegata. Forse non era degno di stare con lei, quei pensieri gli
stavano
lacerando il cervello. Mimi se ne accorse e lo ridestò dalla
sua riflessione
-Yamato, vuoi una birra? L’ho trovata prima nel frigobar
dell’appartamento.-
Il
biondo sorrise all’amica e accettò
l’offerta, ma non
riuscì ad aprirla, poiché uno scoppio e una nube
di fumo li fece trasalire.
Tutti i digiprescelti si preoccuparono quando notarono che i due amici
che
mancavano all’appello, si erano allontanati insieme in quella
direzione.
Corsero tutti, rimanendo quasi senza fiato, fino a ritrovarsi davanti a
quella
caverna. Non c’erano altri passaggi se non via mare, ma non
potevano agitarsi
prima di accertarsi che fossero là dentro.
-E
se fossero tornati all’appartamento?- la voce
speranzosa della sorella di Taichi rincuorò per un attimo
gli amici, ma durò
poco, perché Mimi, in mezzo alle macerie, ritrovò
il pareo della sua migliore
amica e cominciò a piangere, seguita da Hikari. Koushiro
chiamò subito i
soccorsi che non tardarono ad arrivare, poiché quel boato
era stato sentito in
tutta la zona.
La
squadra di soccorso di Kamakura aveva iniziato ad
usare le trivelle, stava cercando di raggiungerli da un ingresso
alternativo,
poiché l’entrata era crollata. Stavano perforando
lentamente per evitare di
fare crollare la caverna. Tutti i digiprescelti stavano contribuendo
per quello
che potevano. Erano disperati.
-Presto
farà buio, buttate giù tutta
l’attrezzatura.-
Continuarono
senza sosta tutta la notte, ma, ad un certo
punto, la perforazione causò una frana. Adesso sì
che erano davvero tutti
allarmati e ancora più preoccupati per i due ragazzi.
Intanto,
all’interno della caverna, Sora, nonostante la
forte esplosione, si stava svegliando. Le orecchie ronzavano. Si
trovava in uno
stato confusionale accelerato. Riuscì ad aprire gli occhi e
si ritrovò
abbracciata al suo Taichi. Con il suo corpo era riuscito ancora una
volta a
salvarla. Si divincolò dalla sua stretta e
cominciò ad accarezzarlo,
sussurrando con un filo di voce il suo nome.
-Taichi,
ti prego svegliati, non puoi lasciarmi, mi hai
promesso che mi avresti salvata sempre, non puoi farmi questo.-
Le
lacrime scendevano copiose, annebbiandole la
vista. Era
disperata, continuava a
lisciargli il viso, aspettando un suo risveglio, come se dovesse aprire
gli
occhi da un momento all’altro e portarla via da
lì. Il suo cuore batteva, ma
lui non dava alcun segno di vita. Notò attraverso la fioca
luce del piccolo lago,
mentre stringeva la mano del ragazzo, che aveva le vene delle braccia e
delle
mani nere come la pece. Era senza fiato, non riusciva più a
parlare, la voce
era secca. Un pipistrello, che sfrecciava verso la fonte
d’acqua luminosa, la
fece sbloccare da quella sorta di stato confusionale.
Strisciò al suolo versò
quel piccolo lago e riempì il palmo della mano
d’acqua per berne un po’. Si
accucciò accanto al
ragazzo aspettando la sua fine, quando, ricordandosi delle parole che
Taichi le
aveva detto prima dello scoppio, trovò un briciolo di forza
per cercare una
soluzione. Doveva portarlo fuori da lì, stavolta toccava a
lei trarlo in salvo.
Si alzò barcollando un poco e cercò di andare
verso l’ingresso. Un rumore di
trivelle le accese una speranza, ma subito dopo si rese conto che di
quel passo
la caverna le sarebbe crollata addosso. Ispezionò presto
tutti gli angoli e,
quando trovò un piccolo tunnel, corse verso il digiprescelto
e lo trascinò
attraverso un'apertura tra le rocce che evidentemente aveva creato
l’esplosione. Appena arrivò in superficie,
lasciò il ragazzo privo di sensi
sulla sabbia e corse con tutte le forze che le erano rimaste a cercare
aiuto,
verso dove arrivano i rumori delle trivelle.
-Siete
degli stupidi, grazie alla frana che avete
causato, i nostri amici saranno morti di sicuro!- Yamato stava inveendo
contro
uno dei soccorritori, quando la voce di Sora che lo chiamava, lo fece
voltare
di scatto.
-Sora!-
corse verso di lei abbracciandola, seguito dal
resto degli amici.
-Come
stai? Come sei uscita?- le accarezzò teneramente il
viso pieno di lividi e ferite.
-Non
c’è tempo. Qualcuno ci vuole morti! Dobbiamo
portare
Taichi in ospedale.-
***
Arrivarono
con estrema urgenza all’ospedale di
Tokyo. Taichi
sembrava in ipertermia,
era in coma, intubato ed attaccato a chissà quanti
macchinari.
-La
radiografia del torace mostra delle ostruzioni a
livello polmonare, il livello di ossigeno, infatti, è
estremamente basso e il
fegato sta peggiorando. Inoltre, la creatinina è raddoppiata
ed i reni stanno
iniziando a collassare. Che diavolo ha il ragazzo?-
Nessun
medico riusciva a spiegarsi cosa potesse avere.
Dietro alla vetrata di quella tetra stanza di ospedale, la famiglia
Yagami
piangeva in silenzio, osservando il figlio adagiato inerme su quel
letto,
mentre la piccola Hikari singhiozzava stringendosi al petto del suo
migliore
amico Takeru. Nel frattempo, una dottoressa esperta in malattie
infettive era
entrata nella stanza per parlare con i paramedici.
-Allora.
Che abbiamo qui?-
-Mai
visto nulla del genere. È arrivato privo di sensi,
gli arti contratti, i polmoni peggiorano e la funzionalità
renale è
compromessa. Ha mai visto questi sintomi?-
-Purtroppo
sì, settimane fa portarono qui uno scienziato,
unico superstite del suo team, con gli stessi identici sintomi. E
proprio ieri
mi hanno chiamato d’urgenza dalla scuola superiore
Tsukishima, perché quattro
ragazzi, tra i tredici ed i sedici anni, erano nelle stesse condizioni.-
-E
la cura qual è?-
-Non
lo so. Sia l’uomo, sia i quattro ragazzi sono morti
dopo poche ore dal loro arrivo in ospedale.-
Dopo
quella frase, con aria molto delusa, lasciò la
stanza del ragazzo e si spostò in quella della sua amica per
cercare di capirne
qualcosa in più su quello che era successo. La ragazza, a
differenza dell’amico,
ne era riuscita abbastanza illesa. Per facilitarne la respirazione, le
avevano
somministrato ossigeno tramite una maschera d’ossigeno . Per
fortuna si era
ripresa nel giro di pochissimo tempo. Accanto alla rossa
c’erano la madre,
Yamato e Mimi che non si allontanavano da lei un attimo e, un
po’ più in
disparte, Koushiro e Joe che cercavano di ragionare sul complotto in
cui ora
avevano la certezza di essere caduti. Perché volerli morti?
Quando si accorsero
che la dottoressa era entrata insieme al dottor Kido, nonché
padre di Joe, si
avvicinarono al letto di Sora per avere notizie sul loro amico.
-Come
va, Tachenouchi?-
-Io
sto bene, Taichi come sta?-
-Non
bene al momento. Sospettiamo un avvelenamento. Tu,
per fortuna, sei stata infettata in minor parte rispetto a lui da
questa sorta
di virus, riuscendo a guarire in poco tempo.- Rispose il padre di Joe,
visibilmente dispiaciuto. Ormai conosceva quei ragazzi da quando ne
aveva
memoria e vedere quella situazione gli metteva angoscia.
-Io
non riesco a capire però perché tu stai bene e
lui
no, visto che vi trovavate nello stesso posto. Le tue analisi rispetto
a quelle
di Taichi sono perfette.- continuò il medico, appoggiando il
reperto sul letto
della ragazza.
-Taichi
si è disteso su di me, coprendo tutto il mio
volto con il suo petto, magari il suo corpo ha evitato che io fossi
esposta
quanto lui.-
-Ecco
dunque, spiegato il perché è più
infetto di te. Lui
è riuscito ad attutire l’inalazione. Il problema
è che adesso Taichi non si
sveglia.- Il povero genitore del prescelto della sincerità
era destabilizzato
dal dolore, che vedeva negli occhi dei ragazzi che aveva visto crescere
insieme
al figlio. Qualcuno accanto a lui, però, non era
così negativo. Fu proprio il
figlio a prendere parola, dopo aver gettato un’occhiata sulle
analisi
dell’amica.
-Aspettate
tutti, e se avessimo una sorta di antidoto in
questa stanza?-
La
rossa sentendosi osservata aggrottò le sopracciglia.
-Io?-
-Sì,
esatto, prima ho visto le analisi di Taichi e
vedendo adesso le tue mi sono reso conto che avete lo stesso gruppo
sanguigno.
Forse l'antidoto sta proprio nel tuo sangue Sora e se così
fosse potremmo
tentare una trasfusione, che ne pensi papà?-
Sia
il padre del ragazzo, sia la dottoressa accanto a lui
erano chiaramente confusi quanto ammirati dall’affiatamento e
dalla sapienza
del ragazzo.
-Andiamo
a preparare tutto, torniamo fra un attimo.- e
sorridendo al figlio per la sua preparazione uscì dalla
stanza, seguito dalla
dottoressa.
Quando
rimasero soli, Sora osservò Koushiro e Joe, e chiese
loro se erano convinti che in quel modo lo avrebbero salvato. Fu il
rosso a
risponderle stavolta.
-Non
lo so Sora, ma è l’unica chance che abbiamo. Il
tuo
sangue in un qualche modo risulta privo di tossine. Non hai inalato la
stessa
quantità di gas di Taichi, proprio grazie al suo gesto. Il
che mi fa pensare
che in qualche modo il tuo corpo sia riuscito a ripulirsi autonomamente
dal
virus. Probabilmente grazie alla trasfusione, anche il corpo di Taichi
sarà in
grado di combattere il virus.-
In
tutti i presenti si riaccese la speranza che l’amico
potesse finalmente riaprire gli occhi. Mentre aspettavano delucidazioni
da
parte dei medici, Sora, raccontò nei dettagli quello che era
successo nella
caverna, omettendo ovviamente il bacio con il castano. Koushiro, che
aveva
ascoltato ogni dettaglio del racconto, iniziò ad abbozzare
delle supposizioni
facendo delle ricerche sul suo fidato portatile.
-Mi
sono documentato su quella caverna e posso affermare
con certezza che sia piena di magnetite. Forse quella roccia,
in un
qualche modo, diventa velenosa. Che possa dipendere
magari dal calore...
forse è questo a renderla tossica o qualcosa del genere. In
qualche modo il
vapore acqueo trasforma le particelle di veleno che si trovavano nelle
rocce
del lago e le fa diventare un aerosol.-
-Sol...
che?- chiese curiosa Mimi.
-Per
aerosol si intende la dispersione di particelle
solide o liquide in una soluzione sospesa aeriforme tipo un gas. La
nebbia ne è
un esempio quotidiano-.
-Ora
capisco. Quindi quella sostanza che ci sembra fumo e
che ci fa mancare l’aria in realtà è un
virus.- disse infine Sora mesta.
-Sì,
ma perché noi? Sora ha detto che quelle conchiglie
avevano formato una sorta di pista per portarli lì. E poi
non scordiamoci che
abbiamo vinto questa vacanza tutti insieme. Perché volevano
ucciderci?- Yamato
era più agitato del solito.
***
-Sono
sicura che quei due a quest’ora sono morti, come
del resto sono morti anche gli altri quattro. Ne mancano solo sei da
fare
fuori.-
-Gli
altri quattro?- Nishijima era confuso.
-Esatto.
C’erano altri quattro digiprescelti oltre a
loro. Con quei mocciosi è stato più facile del
previsto. Lo stesso giorno che
abbiamo infettato i due prescelti nella caverna, abbiamo condotto con
una
banale scusa i ragazzi nella loro a scuola, nella stanza dei computer.
E’
bastata solo una piccola dose di questi per infettarli ed ucciderli in
breve
tempo.-
La
donna dai capelli neri era esaltata e stava ammirando
delle boccette di vetro contenenti un liquido violaceo.
-Cosa
sono quelle?- l’hacker era davvero adirato, più
stava in quel laboratorio, più scopriva cose subdole.
-Un
estratto puro del nostro virus direttamente dalla
magnetite.-
-E
che cosa ne vuoi fare?-
-Appena
mi libererò una volta per tutta di tutti quei
mocciosi, così che non possano irrompere nel nostro vero
piano, contamineremo
tutta Digiworld.-
-Vuoi
infettare tutti i Digimon?-
-Esatto,
non ne deve rimanere neanche uno in quel dannato
posto!-
***
Non
passò molto tempo che la dottoressa tornò con un
infermiere nella stanza di Sora.
-Signorina
Tachenouchi, con il suo consenso siamo pronti
a procedere con la trasfusione*.-
-Facciamolo
subito!- rispose con una certa fretta, doveva
salvare Taichi.
Sora
era pronta in posizione semi sdraiata, sua madre era
accanto a lei a stringerle la mano, mentre la dottoressa, con
l’appoggio
dell’infermiere, usava
un piccolo ago per inserire la flebo in una delle sue vene. La
procedura durò quasi due ore.
Sora,
ebbe un fastidio con la puntura iniziale, aveva il braccio leggermente
indolenzito, ma non le importava. Doveva farlo per il suo Taichi.
Dopo
aver eseguito l’operazione, la dottoressa
raccomandò
alla rossa di riposarsi, e, mentre la salutò, il paramedico
che assisteva il
giovane Yagami, entrò impetuosamente nella stanza per
avvisarla di un problema
che era sorto. La donna corse e rimase sconcertata nel vedere il
castano in
quello stato.
-Il
ragazzo sta collassando!-
-Presto.
Rianimazione. Massaggio. Ventilazione.-
-Carica!
Libera! Carica! Libera! Epinefrina!-
-Andiamo,
Taichi! Non puoi lasciarci, non dopo quello che
ha appena fatto la tua amica per te! C’è battito?-
-Niente.-
Nella
stanza di Sora si creò il panico generale, Sora era
disperata. Koushiro scoppiò facendo trasalire i presenti
-Aspettate, se la mia
teoria di prima è giusta... se il calore attiva il virus,
forse, il freddo può
anche disattivarlo. Devo dirlo alla dottoressa, subito-
e scattò facendo uscire insistentemente la
donna che, vista la conoscenza e la caparbia che il rosso aveva
dimostrato di
avere prima, non dubitò. Portarono il ragazzo
d’urgenza in un’altra stanza e
procedettero all’ibernazione.
Quando
le analisi successive mostrarono una drastica
diminuzione della presenza del virus nel suo corpo, riportarono la sua
temperatura
corporea ad un valore normale. Aveva funzionato, il battito del giovane
Yagami
aveva ripreso a battere normalmente. Procedettero quindi a fare
trasfusione per
poter eliminare ciò che restava del virus nel suo corpo. La
situazione del
ragazzo cambiò all’improvviso. La donna, dopo
essersi assicurata della buona
riuscita, tornò a dare la lieta notizia alla famiglia del
ragazzo, alla
signorina Tachenouchi e al resto del gruppo.
-I
suoi organi hanno ripreso a funzionare, adesso però
sta riposando. Ci vorrà un po’ di tempo per
sciogliere la prognosi, ma
l’organismo reagisce bene al tuo sangue. Grazie Sora!-
La
ragazza guardò il dottor Kido e la sua collega con gli
occhi lucidi. C’era riuscita. L’aveva salvato lei
stavolta. Era talmente felice
che nulla in quel momento l’avrebbe scalfita. Tutto, tranne
il rumore che fece
voltare i presenti nella stanza. Mimi aveva fatto cadere il telefono
dalle
mani. Era bianca come un lenzuolo e il suo viso era senza espressione.
I suoi
amici la scrutarono inebetiti. Yamato si avvicinò a lei
cercando di farla
tornare in sé.
-Mimi,
va tutto bene?-
La
prescelta cominciò a singhiozzare, non riusciva a
parlare, così indicò al biondo il suo telefono.
Yamato lo raccolse e, leggendo
il messaggio, anche il suo sguardo si incupì.
Guardò i suoi amici e con un
magone rivelò il contenuto del messaggio.
-Daisuke,
Ken, Miyako e Iori sono morti, hanno contratto
una sorta di virus.-
La
stanza cadde in un silenzio tombale. Tutti piangevano,
erano pietrificati, impauriti, indifesi. Quelli che ce
l’avevano con loro,
erano già riusciti ad uccidere quattro di loro, togliendogli
un pezzo del loro
mondo.
I
ragazzi continuarono a crogiolarsi e a chiedersi il
perché, ma nessuno riuscì a risolvere
quell’enigma.
*Trasfusione:
come accennato nelle pre-note, non ho nessuna competenza
medica. Mi sono informata su internet come meglio potevo cercando di
rendere il
più verosimile la situazione. Ma non posso dar per certo che
tutto quello
scritto in quest’ambito sia giusto.
NOTE
FINALI
Pff…
Giuro che ho sudato sette camice per scrivere sto
capitolo ma è andata!
Che
dire? Taichi ne passa tante ma ovviamente alla fine la
situazione drastica sembra cambiare in meglio. Quindi dal prossimo
capitolo
vedremo il nostro Taichi tornare? Forse.. xD Effettivamente scrivere un
capitolo intero con lui assente mi ha rotto un po’ le balle.
Vabbè non voglio
fare spoiler.
Dunque
quelli convolti in questo complotto non erano solo loro
otto, ma anche quelli di 02 (ma perché?), che non avendoli
mai considerati più
di tanto, proprio ora che avevo deciso di farlo cosa faccio? Ovviamente
li ho
fatti morire. Non ho mai fatto morire nessuno nelle mie fanfiction..
mo’ quasi
quasi ci sto prendendo gusto sapete? 20 scienziati e 4 ragazzi.. wow… na strage
praticamente. Ma giustamente a
tutto c’è sempre un motivo!
Nel
prossimo capitolo si capirà qualcosa? Mmm…
probabilmente
no! Vi anticipo che inizierete ad avere le idee chiare su quello che ho
in
mente solo nel 4 capitolo. Dai non è molta
l’attesa.
Vabbè
bando alle ciance. Grazie sempre a chi legge.
Wendy
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Cortinarius orellanus ***
PRE
NOTE
Eccomi
tornata con il terzo capitolo (sotto minaccia di Taichi,
il nuovo
ritorno sul fandom Digimon). Dunque, eravamo rimasti alla scoperta che
i
quattro digiprescelti di 02 erano schiattati (pace all’anima
loro) e si stava aspettando
il risveglio di Taichi. Quindi andiamo a vedere se il nostro amato
digiprescelto si è svegliato più carico di prima.
Buona lettura.
Virus
Capitolo 3
Cortinarius
Orellanus
Quella
stessa notte, nell’ospedale di Tokyo arrivò un
altro caso grave. Un uomo sui trentacinque anni, che faceva parte della
squadra
di soccorso di Kamakura, aveva contratto il virus rovistando tra le
macerie
della caverna. Stavolta i medici, memori dell'esperienza vissuta con il
giovane
Yagami, tentarono di ripetere le stesse operazioni di quel giorno, ma,
con loro
stupore, qualcosa andò storto. L’uomo, nonostante
la trasfusione fatta con il
sangue del fratello, avente lo stesso gruppo sanguigno, e nonostante
l’ibernazione, non si salvò. Il dottor Kido fin
dal principio aveva avuto dei
dubbi a riguardo, ma non aveva avuto il coraggio di fare supposizioni.
Adesso,
però, gli era tutto più chiaro: non era il sangue
pulito a far guarire dal
virus, ma nello specifico era quello di Sora. Evidentemente il fatto
che fosse
una digiprescelta aveva fatto sì che il suo sangue avesse
salvato l’amico. Il
medico non poteva di certo dare spiegazioni di questo genere in
ospedale, la
paura che potessero utilizzare gli amici di suo figlio come cavie lo
irritò
profondamente. Ne avrebbe parlato con Joe a casa.
***
Nessuno
dei digiprescelti, dopo la notizia della triste e
prematura scomparsa dei loro quattro amici, era riuscito a chiudere
occhio
quella notte. Erano davvero sconvolti, nessuno di loro aveva detto
qualcosa
sull’accaduto.
Quando
la notizia del risveglio di Taichi si sparse in
tutto l’ospedale, Sora scattò dal letto per andare
nella stanza dell’amico,
scordandosi per un attimo di quello che era successo. Si guardarono
soltanto,
sorridendosi a vicenda. Non parlarono, ma la complicità dei
loro sguardi diceva
una miriade di cose. Lei gli accarezzò il viso e lui
continuò a fissarla grato.
Nelle loro menti c’era un pensiero a quello che era successo
in quella caverna
prima che si scatenasse il caos generale. Per un istante, entrambi
rivolsero
un’occhiata alla zona bluastra che avevano entrambi sul
braccio destro, dove
era rimasto il segno dell’ago, a causa della trasfusione
subita. Un livido che
li legava.
E
poi c’era Yamato dietro di loro, che osservava la scena
da lontano. Sapeva che non era il momento di mettersi a fare il geloso,
eppure
qualcosa lo infastidiva nel vedere quella scena che si proiettava
davanti a
lui.
Il
dottor Kido entrò facendo uscire Sora dalla stanza.
-Come
ti senti, Yagami?-
-Come
se una tonnellata di rocce mi avesse investito.-
-Noto
che hai un ottimo umorismo, mi fa piacere,
ragazzo.-
-A
dire il vero non sto benissimo, mi sento come se fossi
intorpidito.- Non riusciva a smuovere i muscoli del suo corpo e non
sentiva
nessun dolore. L’uomo usò l’ago di una
siringa su una delle mani del giovane,
ma lui non ebbe nessuna reazione.
-Questa
paralisi può essere causata da quello che è
successo.-
-Ma
è una cosa momentanea, no?-
-Procederemo
ad effettuare tutti i controlli dovuti,
sperando che si tratti solo di una sintomatologia temporanea-. gli
occhi del
castano divennero neri e senza vita.
-Taichi…
tu e Sora siete gli unici sopravvissuti a quel
virus. Virus che tecnicamente non è terrestre. Non
conosciamo i suoi effetti,
sappiamo solo che siete gli unici ad essere sopravvissuti ad esso.-
-Ma
se lei è guarita, guarirò anch’io,
giusto?- riuscì a
far riemergere l’ultimo scorcio di speranza che gli era
rimasto, ma la risposta
del padre di Joe glielo fece sgretolare in un battibaleno.
-Lei
non era grave quanto te, ma credimi, faremo di tutto
per aiutarti. Con la riabilitazione riusciremo senz’altro a
vedere i risultati
in poco tempo, ma tu devi essere forte, non devi mai mollare la presa.-
Uscì
poi dalla stanza lasciandolo solo a combattere con i
suoi pensieri. Quella conversazione lo aveva destabilizzato. Il
pensiero di
poter restare paralizzato per sempre, lo agitava. Non avrebbe
più potuto
giocare a calcio? E il sogno di entrare in Polizia, avrebbe dovuto
abbandonarlo? “Giammai”, fu l’unica cosa
che pensò quando iniziò a sforzare la
mano come a voler prendere qualcosa dal piccolo comodino accanto a
letto. Si
affaticò fino a cadere a faccia in giù. Il tonfo
e i suoi lamenti si sentirono
al punto che Sora, che era davanti al distributore automatico del
caffè con
Toshiko, si apprestò a correre nella vana impresa di
aiutarlo. Lui iniziò ad
inveire contro di lei.
-“Chiama
quella cazzo di infermiera!” -“Vattene,
Sora!”
Perché
adesso la stava trattando in quel modo? Eseguì
l’ordine e tornò nella stanza quasi con le lacrime
agli occhi.
Quando
Yamato tornò in ospedale, notò la sua ragazza
scossa e lei gli raccontò l’episodio che era
successo qualche ora prima con
l’amico.
-Sarà
orgoglio maschile, non vuole essere aiutato, non
prendertela!-
-Non
è quello. Taichi non mi avrebbe mai trattata in quel
modo, non è da lui.-
-Senti
Sora, so che hai salvato Taichi e che questa cosa
ti lega a lui, ma Taichi ora non è in grado di esprimere
gratitudine.-
-Fanculo
la gratitudine, Yamato, c’è senza dubbio
qualcos’altro che non vuole dirmi.-
Quella
sera, Yamato stava tornando a casa e trovò il
digiprescelto del coraggio nella grande hall dell’ospedale,
su una sedia a
rotelle, intendo a fissare le luci di Tokyo, attraverso la grande
vetrata.
-Ehi,
come stai amico?-
-Benissimo,
non si vede?- bofonchiò vistosamente irritato
dalla domanda.
-Senti
Taichi, hai contratto un virus mortale, capisco
che adesso tu ce l’abbia con il mondo intero, ma
andrà tutto bene, lo so.-
-Lo
sai? Cosa sei un sensitivo adesso? Tu non sai niente
Yamato e io non ho bisogno dei tuoi consigli di merda.-
-Ok,
me ne vado! Ma se vedi Sora nei paraggi, per favore,
sii gentile con lei.-
-Cosa?
E quando mai non lo sono stato?-
-Oggi
ti sei comportato da idiota con lei, ma sei sempre
uno stupido egoista del resto.-
-Ah,
quindi sarei io l’egoista? Ma da quale pulpito viene
la predica? Ti ricordo che qualche giorno fa, mentre la tua ragazza
rischiava
di annegare, tu ti sei assentato per non so quale razza di motivo.- Il
biondo
nonostante l’attacco non demorse, voleva uscirne vincitore in
quella
conversazione.
-E
tu allora hai pensato di approfittare del mio momento
di debolezza e della nostra piccola crisi, per portartela in quella
caverna,
per giunta sapendo che rischiavate di essere in pericolo, ed entrare in
modalità
amore con Sora.-
-Sei
patetico, Ishida! Ti parlo del fatto che stavi
lasciando che Sora morisse davanti ai tuoi occhi e tu mi vieni a
parlare di
gelosia?- se non avesse avuto quella dannata paralisi, lo avrebbe preso
a pugni
senza pensarci, come facevano ormai da una vita.
-Ti
sbagli, Taichi, non sono geloso di te! Sora ha scelto
me. So tutto del bacio che vi siete dati, prima che lei si mettesse con
me. Un
vero uomo accetta la sconfitta e va avanti!- e dopo quella frase, se ne
andò
con una nonchalance che infastidì profondamente il ragazzo
sulla sedia a
rotelle. Si calmò al pensiero di quello che Yamato non
sapeva: il bacio che
c’era stato nella caverna era la prova vivente che quello che
aveva detto
Yamato non era del tutto veritiero.
***
Il
mattino seguente Sora lasciò l’ospedale e, prima
di
andarsene, passò dalla stanza dell’amico,
rimanendo sbigottita nello scoprire
che qualche ora prima si era fatto trasferire in un centro di
riabilitazione.
Era sconvolta, non l’aveva nemmeno salutata. Per farla
svagare, Yamato la
invitò per quella sera al cinema, ma lei non era
dell’umore. Insistette fino
allo sfinimento tutto il pomeriggio, riuscendo poi a convincerla.
-Non
posso credere che tu mi abbia convinto a vedere
quest’oscenità di film! Lo sai che non ho mai
amato Harry Potter.-
La
rossa rise di gusto mentre si metteva comoda nella
poltrona rossa in velluto del cinema nei pressi di Shibuya. Odiava quel
maghetto, i film che piacevano a lei non piacevano a Yamato e
viceversa. Lei
aveva gli stessi gusti di Taichi, avrebbe voluto vedere con lui uno di
quei
Fast and Furious o Deadpool, film con tanta azione insomma, piuttosto
che quel
noioso occhialuto. Ecco, continuava a avere in testa lui, era sempre
lui il suo
pensiero costante e lo era ancora di più in quel periodo.
Quel bacio continuava
a tormentarla. Era annoiata e lo si poteva notare anche da una distanza
chilometrica. Continuava a guardare il telefono cercando un messaggio
invano,
sotto lo sguardo indagatore del suo ragazzo.
-Il
film non ti piace perché non ti concentri a fondo. Mi
spieghi perché continui ad armeggiare con quel telefono?-
-Niente,
controllavo solamente la posta.-
-Te
lo requisisco fino alla fine del film.- e glielo
tolse dalle mani mettendoselo in tasca.
-Va
bene, ok... ma devo andare un attimo in bagno.-
-Ma
ti perdi il più bello!-
-Ah
sì? Muore Voldemort per caso? Scommetto mille yen che
Harry elimina l’horcrux e lo uccide una
volta per tutte!- lo guardò e,
grazie allo sguardo amareggiato del suo ragazzo, si accorse di aver
centrato il
seguito del film. Poi si avviò verso il bagno. Proprio in
quel momento arrivò
un messaggio di Taichi sul telefono di Sora e Yamato non
esitò a leggerlo.
“Non
riesco a scrivere, ho i muscoli bloccati. Mi spiace
per averti aggredita ieri. Mi manchi!”
Si
irrigidì repentinamente e senza rendersene conto,
prima che tornò Sora, lo cancellò.
***
-Maledetti!
Quei bastardi sono vivi.- Himekawa era
infuriata.
-Bene,
dobbiamo risolvere diversamente questi due piccoli
problemi.
-Di
cosa parli?- Nishijima guardò confuso la donna.
-I
due mocciosi sono vivi e c’è dell’altro.
Sono venuta a
sapere, tramite un infiltrato in ospedale, che uno dei soccorritori
è entrato a
contatto con il virus e che, a differenza di quei due, è
morto. Ciò significa
che se i dottori decidessero di indagare a fondo alla questione,
potrebbero
anche decidere di farli diventare due antidoti ambulanti. Devono essere
eliminati,
una volta per tutte!-
-Che
vuoi fargli?- la donna dai capelli neri aprì una
scatola in latta piena di cerotti e gli iniettò un liquido
trasparente.
-Cos’è
quello?-
-È
una Cortinarius Orellanus, un estratto di un fungo
velenoso della foresta nera. Viene dalla Germania. La sua azione
è a rilascio
graduato. Basta un cerotto imbevuto di questa sostanza, posizionato su
una
ferita aperta, per poter mettere in circolo facilmente il veleno. Ma la
cosa
migliore di questa sostanza tossica è che è
irrintracciabile.- e congelò lo
sguardo dell’hacker con la sua solita risata malefica.
***
Taichi
continuava a fare riabilitazione in quel lungo
corridoio bianco e spoglio. Si sforzava e risforzava. Voleva fare
sempre più di
quello che il suo corpo gli permetteva. Chiedeva continuamente
all’infermiera
di provare a camminare senza deambulatore e ogni volta, puntualmente,
finiva,
dopo un paio di passi, con la faccia a terra. Ma i miglioramenti erano
comunque
evidenti e anche Hikari, che restava puntualmente accanto a lui insieme
a
Takeru, lo aveva notato e lo incoraggiava a continuare in quel modo. I
due
riuscirono finalmente decisero di mettere Taichi al corrente della
morte dei
loro amici e il prescelto, che in quel periodo era molto sensibile,
cominciò a
piangere. Stava andando tutto male, non ci stava capendo più
nulla. Si sfogò
anche con la sorella e l’amico, raccontando di essere
profondamente dispiaciuto
per essersi comportato male con molti di loro e parlò anche
del messaggio a cui
Sora non aveva riposto.
-Vedrai che ti risponderà, magari vuole solo vendicarsi un
pochino.- lo
rassicurò la sorellina.
-Ne
avrebbe tutto diritto!- lo punzecchiò il biondino
facendolo ridere per un attimo.
L’orario
delle visite era finito da un pezzo e Taichi
continuava a fissare il telefono non capendo il motivo per cui Sora non
gli
avesse ancora risposto al messaggio. Possibile che fosse
così arrabbiata? Non
era da lei. Poi un ricordo lo ridestò da quel pensiero.
Riaffiorò nella sua
mente una scena relativa al giorno prima di partire per Kamakura.
Daisuke era
andato a trovarlo a casa sua. Stavano bevendo un frullato ai mirtilli
preparato
dalla madre, davanti a un vecchio film di Jackie Chan, quando il
più piccolo si
rivolse sognante all’amico: “Taichi,
voglio fare anch’io il poliziotto! Se
quest’anno riesci ad entrare in polizia, voglio che tu mi dia
tutte le dritte
per riuscire a diventare un tuo degno successore.” Il
castano rimaste
sorpreso e allo stesso tempo molto colpito. “Te lo
prometto, Daisuke”.
Ora,
però, non avrebbe più potuto mantenere fede a
quella
promessa, visto che, il suo amico era morto. Un’altra lacrima
rigò il suo viso,
poi un infermiere, che il castano non aveva mai visto, entrò
nella stanza
distraendolo dal ricordo che lo stava opprimendo. Il tizio alto e
tarchiato si
presentò al paziente come suo nuovo assistente personale,
ovviamente non
avrebbe mai potuto pensare che quell’uomo fosse in combutta
con il nemico.
Il
giorno successivo, questa nuova figura propose a
Taichi di aiutarlo a radersi. Ingenuamente, il digiprescelto
accettò il suo
aiuto. Un piccolo taglio sotto al mento bastò per far
sì che, alla fine della
rasatura, Taichi necessitasse di un cerotto per tamponare la
fuoriuscita di
sangue.
Quella
stessa mattina, davanti alla porta di casa
Tachenouchi si presentò una donna con un tesserino
dell’ospedale, che spiegava
di essere stata mandata dalla dottoressa che li aveva assistiti insieme
al
dottor Kido, per controllare i parametri di Sora. Controllò
prima di tutto il
colorito della cute e l’ossigenazione sanguigna con un
saturimetro. Poi misurò
la frequenza respiratoria con uno spirometro, con un termometro la
temperatura
corporea ed infine con un fonendoscopio la frequenza cardiaca. Nella
rapidità
di riprendere il fonendoscopio, con la pietra appuntita
dell’anello che portava
all’anulare, la donna lasciò un taglio
superficiale sul polso della rossa e,
scusandosi in modo retorico, le disinfettò la piccola
apertura, mettendoci poi
sopra il cerotto che aveva nella sua cassettina medica portatile.
L’altra
scagnozza di Himekawa salutò poi soddisfatta la ragazza e
sua madre e lasciò
l’abitazione, avvisando subito la sua superiore di aver
svolto il suo compito.
Nel
frattempo, Yamato era in compagnia del fratello e, dopo
giorni passati ad auto colpevolizzarsi per il messaggio cancellato,
riuscì
finalmente a confidarsi con lui.
-Sei
impazzito? Non puoi fare una cosa così infantile.
Taichi era giù di morale, pensava che lei ce
l’avesse con lui per come l’aveva
trattata quel giorno, quando invece era sconvolto perché
aveva appena scoperto
di avere una sorta di paralisi.-
-Paralisi?
Di che stai parlando, Takeru?-
-Taichi,
da quando si è svegliato, non comanda più i suoi
muscoli. Sta facendo di tutto per recuperare a camminare, ma al momento
non è
ancora riuscito a tornare a muoversi come prima. Potrebbe anche non
giocare più
a calcio per il resto della sua vita.-
Ora
Yamato si sentiva in colpa doppiamente, adesso poteva
capire il suo stato mentale e il perché sembrava avercela
con il mondo intero.
E lui cosa aveva fatto? Non solo lo aveva fatto sentire più
inutile, ma aveva
rimosso il messaggio che lui aveva inviato a Sora, peggiorando gli
stati
d’animo ad entrambe le persone che, insieme al fratello,
amava più al mondo. Si
sentiva uno schifo, doveva rimediare.
-Grazie
Takeru, devo andare a parlare con Sora.- Il
giovane digiprescelto della speranza lo guardò contento
mentre usciva dal bar
dove gli aveva offerto la colazione.
Non
appena entrò a casa della sua ragazza, il biondo
disse che doveva parlarle di una cosa importante. Non si rese nemmeno
conto che
la sua fidanzata aveva una faccia quasi dolorante, finché
non svenne.
Fortunatamente con i suoi riflessi riuscì a sorreggerla in
tempo prima che
cadesse a terra. Chiamò subito Toshiko, dopo averla
appoggiata sul divano, si
resero conto subito che aveva la febbre alta. Le fecero continui
impacchi di
acqua fredda, ma senza risultati. Nel frattempo arrivò anche
Mimi, che quasi
morì nel vedere l’amica in quello stato pietoso.
Aveva saputo solo da pochi
giorni che Miyako era morta, la paura di perdere anche la sua migliore
amica le
sembrò una pugnalata. Chiamarono l’ambulanza. Nel
frattempo la rossa sembrava
non dare più segnali, come se non fosse in sé,
ormai le convulsioni avevano
preso il sopravvento. La digiprescelta della purezza continuava ad
accarezzare
l’amica stesa sul letto, quando si accorse di un cerotto che
si era inumidito
un poco per via degli impacchi d’acqua fredda. Decise
così di rimuoverlo
totalmente. Non passarono nemmeno cinque minuti, che, come per magia,
Sora
riaprì gli occhi e sembrò stare meglio.
Arrivò proprio in quel momento
l’ambulanza e, dopo che Toshiko si scusò per
averli chiamati invano, per
precauzione controllarono ancora una volta, i parametri della giovane
e, dopo
essersi accertati della sua incolumità, se ne andarono. Mimi
era quella più
insospettita da quel cambiamento drastico. Ne era felice, ma aveva un
dubbio
che la crucciava nel più profondo, quindi, dopo aver messo
in un fazzoletto la
prova della sua incertezza ed essersi raccomandata che
l’amica riposasse,
scappò dicendo di avere un impegno importante. Sora si
accucciò nel suo letto
per mantenere fede alla promessa fatta all’amica, ma, prima
di chiudere gli
occhi, chiese a Yamato cosa era venuto a dirle. Non era quello il
momento di
darle un ulteriore dolore, quindi rispose che era una sciocchezza e che
ne
avrebbero parlato in un altro momento.
Al
contrario di Sora, però, Taichi non fu così
fortunato.
Non aveva nessuno pronto ad aiutarlo, anzi, il digiprescelto del
coraggio aveva
il nemico al suo capezzale pronto a vederlo morire, per poi avvisare il
suo
capo di aver concluso il suo compito. I signori Yagami e Hikari erano
stati
tenuti all’oscuro e li avevano obbligati a non andare a
trovare il ragazzo
momentaneamente, per facilitarne il percorso della riabilitazione. Il
prescelto
peggiorava, tremava come una foglia, la febbre aumentava e le forze
svanivano
sempre di più.
Mimi,
nel frattempo aveva chiamato Joe e gli aveva dato
appuntamento a casa di Koushiro. Il rosso, non appena aprì
la porta, rimase
spiazzato nel ritrovarsi i due cari amici davanti.
-Allora
Mimi, che succede?- Il digiprescelto della
conoscenza era curioso, non era di certo una cosa frequente che la
bella
Tachikawa si presentasse con una certa fretta nel suo appartamento.
Rimase
ancora più stupito quando la ragazza le mostrò un
fazzoletto che conteneva un
cerotto pieno di sangue.
Raccontò
velocemente quello che era accaduto qualche ora
prima a casa Tachenouchi e alla fine rivelò ai due amici che
a suo modesto
parere c’era qualcosa che non tornava in quella strana storia.
-So
che mi credete matta e so anche che non sono mai
stata considerata da voi come una ragazza così sveglia, ma,
credetemi, sono
quasi sicura che in questo cerotto ci sia qualcosa che ha fatto stare
male la
nostra Sora.-
Rimase
quasi disorientata quando dai discorsi dei due,
capì che avevano creduto senza batter ciglio alle sue parole.
-Koushiro,
si può analizzare per individuare un eventuale
veleno?- domandò l’occhialuto, notando poi che
l’amico si stava già attrezzando
di liquidi vari. Quella sorta di ufficio era pieno di materiali
biochimici,
microscopi e macchinari strani, che lo rendevano in parte un
laboratorio. Senza
proferire parola, aveva già preparato diversi contenitori
pieni di liquidi
diversi.
-Ci
sono dodici veleni qui dentro, se quel cerotto è
velenoso, come dice Mimi, uno di questi diventerà blu.
Dopo
qualche minuto di attesa che sembrò eterno, tutto
rimase com’era, ma la ragazza non si arrese.
-Ma
non potrebbe trattarsi di un veleno che lì non
c’è?-
-No!-
Il rosso era sicuro di sé, ma all’improvviso
cambiò
espressione. –Aspettate… a meno che... potrebbe
trattarsi di… Cortinarius
Orellanus.-
-Il
Cortinarius che?- L’amica lo guardò confusa.
-Lo
definiscono il killer silenzioso. È un veleno
irrintracciabile.- E mentre lo diceva si stava già
adoperando di un nuovo
contenitore.
-Fai
sul serio, hai anche quello?- Il ragazzo dai capelli
blu era sbigottito.
-No,
è solo un reagente.- Sorrise mesto. In pochi istanti
di attesa i tre si pietrificarono alla visione di ciò che si
formò davanti a
loro.
-Blu.
Bingo!- Berciò poi il digiprescelto suscitando
quasi paura negli occhi dei due amici.
-Dobbiamo
avvisare subito Sora, domattina ci vediamo
tutti a casa sua.-
NOTE
FINALI:
Minchia
che bordello… Taichi si è svegliato ma non carico
e
pimpante come tutti volevamo. Scopriamo anche che è stato
proprio il sangue di
Sora a salvarlo, ma al momento non abbiamo dettagli sulla cosa. Inizia
sta
benedetta riabilitazione e non appena ci sono un paio di miglioramenti
viene
avvelenato (ma è proprio sfigato!) Verranno tempi migliori
anche per lui,
giuro.
Sora
due volte su due ne esce illesa.
Il
triangolo (non amoroso) Mimi-Koushiro-Joe scopre il losco
del cerotto avvelenato.
E
Mo’? E mo’ ci vediamo al prossimo capitolo. Vi
spoilero il
titolo “Rivelazioni”, quindi prometto che alla
prossima pubblicazione vi
spiaccico in faccia tutte le risposte ai vostri dubbi. Che brava che
sono. xD
Detto
ciò... grazie come sempre a chi legge e
recensisce… e in
particolare ringrazio la mia amata beta Digihuman, che
oltre a supportami
e sopportarmi mi aiuta a
migliorare sempre di più!
|
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Capitolo 4 *** Rivelazioni ***
PRE-NOTE
Hola
carissimi lettori, ecco sfornato anche il 4 capitolo,
già pronto da un bel po’, ma per mancanza di tempo
ho tardato la pubblicazione.
(Ridatemi la Quarantena!) XD
Scherzi
a parte. Perché questo capitolo si chiama
“Rivelazioni”?
Come vi ho già accennato nelle note dei precedenti capitoli,
perché vi
spiaccico in faccia tutte le risposte!
Il
capitolo sarà diviso in 2 parti: nella prima parte
finalmente scopriremo che fine ha fatto Taichi, visto che anche questa
volta ho
lasciato il mio adorato in bilico tra la vita e la morte.
Pensate
che sono cattiva? Ancora non avete visto nulla! xD
Ovviamente non con lui, già ha visto abbastanza!
La
seconda parte spiegherà appunto tutto!
Quindi
buona lettura!
Virus
Capitolo
4
Rivelazioni
La
mattina seguente, Yamato, dopo una nottata insonne,
riflettendo sulle parole del fratello, si sentì ancora
più in colpa e, già alle
prime luci dell’alba, si alzò per fare colazione
al bar vicino casa di Sora. Si
presentò alla sua porta con un cornetto con marmellata di
albicocche, il suo
preferito, e un cappuccino da asporto.
-Che
sorpresa! Come mai così presto?-
-Ecco
io… volevo sapere come stavi e… volevo parlarti
di
una cosa importante.-
Si
accomodarono al tavolo della cucina e iniziarono un
dialogo tranquillo. Toshiko, la mamma di Sora, li salutò in
fretta per scappare
a lavoro e lasciarli conversare in serenità. Sora
spiegò al suo ragazzo che
quella notte era stata bene, ma che si sentiva come se qualcosa la
turbasse, ma
non capiva cosa.
-Mi
sento come se dovesse capitare qualcosa di brutto da
un istante all’altro.-
-Hai
passato un brutto momento e sono anche morti dei
nostri amici. Magari sei solo intimorita da tutto il trambusto di
questi
giorni.- La ragazza sospirò e lui si sentì morire
ancora di più, perché sapeva
che era arrivato il momento di sganciare quella famosa bomba ad
orologeria.
-Sora,
io devo confessarti una cosa molto grave che ho
fatto nei tuoi confronti.- La
rossa inarcò
le sopracciglia e lo guardò confusa, così il
digiprescelto, che aveva tutta la
sua attenzione, continuò.
-Quando
eravamo al cinema, ti ricordi che ti ho sequestrato il
telefono durante la proiezione?- aspettò che la compagna
annuì e,
dopo aver preso fiato, ammise la sua colpa senza
indugio.
-Quando
sei andata in bagno, ti è arrivato un
messaggio di Taichi che ti diceva che non riusciva a scrivere, che gli
dispiaceva per tutto e che gli mancavi. Ed io... l’ho
cancellato!-
-Cos’hai
fatto?- lo sguardo
della
digiprescelta dell’amore cambiò subito da confuso,
ad irritato. Lui sapeva che
in quei giorni lei si stava torturando per il comportamento che Taichi
aveva
avuto nei suoi confronti. “Come ha osato fare una cosa del
genere?” si domandò
Sora.
-Lo
so, sono uno stronzo, mi dispiac…-
-Vattene!-
gli occhi infuocati di Sora lo
intimidirono.
-Io…
ho paura di perderti.
Ero
geloso e adesso mi faccio schifo da solo.- Sora era veramente
arrabbiata, aveva
le lacrime agli occhi e
lo guardava con
disprezzo. Il citofono li fece sobbalzare, la prescelta
dell’amore asciugò
velocemente le lacrime, che non era più
riuscita a trattenere,
con la manica della felpa e corse verso la
porta. Rimase stupita nel trovarsi davanti Mimi, Koushiro e Joe.
-Buongiorno,
abbiamo delle cose da dirti.- la voce gelida della sua
migliore amica fece trasalire Sora,
che
tornò nella cucina seguita dai tre digiprescelti.
-Bene,
sei qui anche tu- disse il rosso rivolgendosi al prescelto
dell’amicizia, appoggiando un contenitore sul tavolo.
-Cos’è?-
né
lei, né Yamato riuscirono a capire cosa fosse quel cerotto
immerso in quel liquido blu.
-Sora,
qualcuno ha cercato di avvelenarti, ecco perché
stavi così male. Se Mimi non ti avesse tolto il cerotto,
mentre eri in quello stato
di convulsione, probabilmente adesso la situazione sarebbe drastica.-
Koushiro
era stato diretto e conciso e l’amica era
sbiancata a quella rivelazione. Non riusciva a spiegarsi il
perché di
quell’azione nei suoi confronti.
-Ma
chi mi vuole morta?- continuò lei strabuzzando gli
occhi.
-Evidentemente
gli stessi che ci hanno teso quella
trappola mortale a Kamakura.- disse Mimi quasi rassegnata.
Ma
il dubbio di Joe fece aprire finalmente gli occhi ai presenti -scusate,
io penso che la stessa persona che ha
tentato di diffondere questo virus, ora voglia uccidere Sora proprio
per via
della sua immunità-
-Immunità?-
chiese la rossa confusa.
-Ho
parlato con mio padre. Dice che
anche un altro uomo ha contratto il virus e che il medesimo
procedimento svolto
su Taichi non ha funzionato. In poche parole, pensiamo che
la
guarigione di Taichi possa essere influenzata
dall'essere un digiprescelto!-
-Taichi…
se quello che dici è vero… Taichi è in
pericolo!- la frase di Sora mandò in panico tutti quanti.
Prese il telefono,
mettendo da parte tutto quello che gli aveva confessato qualche minuto
prima il
suo ragazzo.
-Non
risponde! Chiamata deviata.- il cuore di Sora si
sgretolò in un instante e l’ansia si
impossessò di lei.
-Dobbiamo
andare da lui!- Yamato non aveva dubbi:
dovevano
salvarlo. Prese il telefono e chiamò il fratello per farsi
dare l’indirizzo del
centro di riabilitazione. Joe prese la macchina su
cui salirono anche Yamato, Sora e
Mimi. Lasciarono un posto libero per Taichi; lo avrebbero
portato fuori
da quel posto con le buone o con le cattive, questo era poco ma sicuro.
Koushiro nel
frattempo tornò a casa: avrebbe smosso mari e monti pur di
trovare il modo di chiudere
la questione una volta per tutte.
***
Al
centro di riabilitazione, il telefono dell’aguzzino di
Himekawa suonò.
-Buongiorno,
capo!-
-Come
sta il digiprescelto?-
-E’
ancora vivo. Velocizzo la cosa?-
-Sì,
bravo. Fa quello che devi fare!-
-Ok,
Himekawa!-
La
donna rise soddisfatta davanti allo sguardo
contrariato di Nishijima, che ne aveva abbastanza di vedere tutto quel
dolore.
Voleva fare qualcosa per salvare quei ragazzi. Ma cosa? Quando la sua
superiore
decise di prendersi una pausa e farsi un pisolino nella stanza accanto,
il
giovane hacker fu attirato da qualcosa sul suo computer.
***
I
quattro digiprescelti
arrivarono
al centro di riabilitazione di Shibuya. Joe e Mimi chiesero subito di
Yagami
alla donna posta all’ingresso della hall
dell’ospedale e questa rispose loro
che il ragazzo non poteva ricevere visite. Avevano
già previsto
un’eventualità del genere, quindi,
mentre loro
due la distraevano, Yamato e Sora si infiltrarono nel
lungo corridoio.
-Takeru
mi ha detto che si trova
nella stanza 21!-
Taichi
era ancora cosciente, aveva origliato
la
chiamata del presunto infermiere. Aveva capito di essere nella merda,
ma non fino a quel punto. Doveva provare a fare
qualcosa per uscire da quella brutta situazione, nonostante le sue
forze non
glielo permettessero.
Stava iniziando a fare grandi miglioramenti grazie alla fisioterapia,
ma, dopo
l’arrivo di quello stronzo,
tutti i progressi erano andati a farsi fottere.
Approfittò dell’uscita dell’uomo, che,
sicuramente, era andato a preparare
nella stanza accanto il veleno, o qualsiasi altra cosa che avrebbe
accertato il
suo decesso a breve e, con movimenti stile bradipo, riuscì
a scendere
dal letto e a nascondersi sotto di esso. Il bastardo in questione
riuscì a
trovarlo senza problemi, del resto non sarebbe mai potuto andare oltre
quelle
quattro mura,
viste le difficoltà motorie. Lo prese per un braccio e lo
spinse fuori dal
letto, facendolo strisciare a terra, con lo sguardo di chi
aveva vinto,
e posizionò la siringa sul
suo collo.
-Butta
quella siringa,
bastardo!-
Finalmente
Yamato e Sora arrivarono.
Non avrebbero mai permesso
che gli
succedesse qualcosa. Il biondo prese il sorvegliante dalla spalla e gli
sferrò
un pugnò allo stomaco. Nel frattempo, Sora, con gli occhi
lucidi, si buttò
sull’amico abbracciandolo e strappandogli il cerotto da sotto
il mento,
lasciandolo quasi interdetto da quel gesto. Azione che
scordò velocemente,
insieme al contesto in cui si trovavano,
quando vide la rossa sorridergli ed accarezzargli il viso liscio. Il
castano
ricambiò con un lieve movimento delle labbra e degli occhi;
era felice di vederla. Da quando non gli
aveva risposto al messaggio,
aveva pensato di tutto, soprattutto che lo odiasse
per come l’aveva trattata quella volta in ospedale. Poi un
tonfo fece
sciogliere quegli sguardi e, quando si voltarono, videro il prescelto
dell’amicizia, accasciato su un mobiletto, che, per via della
spinta, era
caduto a terra disperdendo in tutta la stanza i medicinali posti sopra
di esso.
Con esso cadde anche l’omone grasso che era già
pronto a colpirlo. Sora, di
getto, afferrò da terra la siringa che il bestione stava
iniettando al
suo amico qualche istante prima e gliela infilzò sul collo.
Rimasero tutti e
tre allibiti nel vederlo istantaneamente buttarsi a terra,
con la schiuma alla bocca. Il pensiero che, se non
fossero arrivati in tempo sarebbe toccato al prescelto del coraggio, li
fece
rabbrividire.
-Dobbiamo
andarcene subito da qui!-
Yamato
si alzò di scatto e,
insieme all’aiuto di Sora, riuscì
a fare alzare l’amico, scappando dall’ospedale e
correndo verso il parcheggio
dove li attendevano Mimi e Joe. Durante il tragitto
raccontarono a
Taichi tutto quello che era successo ed il rischio che stavano
correndo lui e Sora.
Nell'udire tutti quei discorsi, si sentì male, aveva bisogno
di tanto riposo.
Decisero che il giorno dopo si sarebbero visti tutti a casa Yagami.
Quella
sera, Taichi ne approfittò per rilassarsi con un bel bagno
caldo, passando un
po' di tempo con la sua famiglia come non faceva da tempo.
Koushiro
era stato avvisato della riuscita,
nell’impresa di portare in salvo l’amico e ne era
felice, ma sapeva anche che
non era ancora finita.
-Bene,
Joe, ci vediamo domani mattina alle dieci a casa di Taichi.
Avvisa gli altri, ho tante cose da dirvi.-
Il
rosso,
quel giorno, non era
rimasto a casa a far nulla, aveva scoperto finalmente cosa si celava
dietro a
quel virus ed al suo utilizzo. Era riuscito a mettersi in contatto con
qualcuno, che, finalmente, gli aveva dato tutte le risposte che cercava
ormai
da settimane.
*****
Quella
mattina, i prescelti furono particolarmente
puntuali. Alle
dieci,
infatti,
erano tutti davanti ad un tè fumante alle erbe che Yuuko, la
madre di Taichi e
Hikari, aveva gentilmente preparato prima di uscire per fare la spesa e
lasciare soli i ragazzi durante la visita. Sora
riuscì ad avvicinarsi a
Taichi. Voleva sapere come stava, non avevano avuto veramente modo di
parlare
da quando si era risvegliato in ospedale, visto che l’aveva
trattata in quel
modo quando lei ci aveva provato.
-Come
ti senti?-
-Considerando
che ieri stavo per incontrare il paradiso,
bene.- sorrisero, ma furono presto interrotti. Koushiro si
schiarì la voce per
fermare i discorsi generici dei loro amici.
-Ho
scoperto delle cose che è bene che voi tutti
sappiate.- Quando si accorse di avere tutta l’attenzione su
di lui,
continuò.
-Il
virus con
cui sono venuti in contatto Taichi e Sora deriva dalla
magnetite, come già avevamo previsto. È stato
sviluppato in un laboratorio da
alcuni scienziati, per conto di un uomo potente di Tottori.
Durante lo studio di questa magnetite sono morti tutti gli scienziati
che
avevano preso parte al progetto, circa venti. L’uomo in
questione, nonché
capo del
governo federale, ha come scopo quello di eliminare noi digiprescelti
onde
evitare che distruggiamo il suo vero piano.-
-Cioè,
non siamo noi il vero problema?-
-No,
Yamato, noi siamo solo degli ostacoli.
Vogliono
assicurarsi di toglierci di mezzo, così da non avere
intralci per il
loro piano diabolico. Il loro vero scopo è quello di
diffondere il virus a
Digiworld.-
-Ma
tu come fai ad essere a conoscenza di tutte queste
cose?- Mimi,
che era stata taciturna fino a quel momento, voleva sicurezze.
-Sono
riuscito a rintracciare il punto esatto da dove
sono partiti i sismi quel giorno a Kamakura e sono risalito al computer
che ha
avviato quel processo.
Un certo Daigo Nishijima, un hacker che è stato
ingannato e costretto a fare tutto questo, mi ha inviato
un'email raccontandomi tutto
quello che vi ho appena detto.-
-E
chi ci dice che possiamo fidarci di questo Nishijima?-
il dubbio di Takeru era più che lecito e non era
l’unico ad avere quelle
incertezze.
-Hai
ragione,
Takeru. Infatti, mi sono documentato su
questo tizio. Ho scavato negli archivi del computer del laboratorio e
sono
riuscito a trovare il contratto
di lavoro che gli hanno fatto firmare. Stanno
minacciando la sua promessa sposa e purtroppo non può
tirarsi indietro
nonostante tutto. Mi ha mandato questa email,
ma ha rischiato parecchio e spero vivamente
che quella stronza non lo abbia scoperto, perché altrimenti
sarebbe già
morto.-
Taichi
colpì il tavolo con
la
mano ancora mezza intorpidita,
facendo girare tutti verso di lui.
-Sì,
ma non mi torna una
cosa. Perché quel bastardo vuole distruggere Digiworld?-
-Purtroppo
Nishijima non sapeva nulla a riguardo, come vi
ho detto,
lo hanno indotto a fare quelle cose con la forza. Ma sono
riuscito a
scoprirlo da solo. Le notizie in rete non si possono cancellare!- disse
vittorioso, mostrando ai ragazzi un articolo di giornale che aveva
stampato,
datato Agosto 1999, risalente proprio al periodo in cui loro erano
stati
catapultati a Digiworld. I ragazzi
lo guardarono compiaciuti, sapevano quanto fosse
fenomenale il loro amico, ma stavolta si era proprio superato.
-Cosa
dice l’articolo?- chiese curiosa la giovane Hikari.
-Nel
periodo in cui noi affrontammo
il nostro primo
viaggio a Digiworld, la figlia di un membro dell’istituto di
ricerca di Tottori,
Meiko Mochizuki, trovò uno strano animale con le sembianze
simili ad un gatto.
L’animale in questione non era altro
che un digimon a livello campione.
Si trattava di
Meicoomon, detto anche Libra. La bambina portò
il digimon in casa,
trattandolo come un animale domestico, gli faceva il bagno, ci dormiva
insieme…
poi d’un tratto Meicoomon iniziò a comportarsi in
modo anomalo, mostrando il
suo
lato feroce. Il Professor Mochizuki portò la creatura in
questione ai
laboratori di Tottori per esaminarla. In poche
parole, Meiko e Meicoomon
dovevano far parte del nostro gruppo di digiprescelti quella volta, ma
qualcosa
andò storto. Meicoomon perse il controllo e uccise molti
membri dell’equipe e non
si limitò a
quello poiché fece fuori anche la figlia. E con questo posso
solo dedurre che
il padre non abbia mai voltato pagina e che adesso, che
è al capo del
governo federale, voglia vendicarsi.-
Erano
tutti attoniti e nessuno riusciva a proferire
parola dopo quelle rivelazioni. Poi la voce triste di Sora
fermò quel silenzio.
-Che
proponi di fare, per farla finita una volta per
tutte?-
-Ho
pensato che stavolta potremmo
essere noi a tendergli una
trappola. L'idea sarebbe quella di fargli arrivare, in qualche modo, la
voce di
un nostro possibile incontro con lo scopo di aprire un varco, per
andare a
trovare i nostri Digimon. Non perderanno di certo l’occasione
di farci fuori
tutti in un colpo. Ma noi, grazie all’aiuto del fratello di
Joe, che lavora in
polizia, stavolta non ci faremo cogliere impreparati!-
-Sei
un fottuto genio, amico!- Taichi era veramente fiero
di
lui.
Avrebbero preparato un piano con fiocchi a quei bastardi.
Erano
tutti fiduciosi e allo stesso tempo preoccupati, ma
dovevano riuscirci per il loro bene e per quello di Digiworld.
Koushiro
non aveva concluso.
-Ho
un’ultima cosa da dirvi. Qualcuno dì
voi già ne è
in parte al corrente, ma è meglio che sia Joe a spiegarvi
tutto.- Lo sguardo
del prescelto, per un attimo,
preoccupò i suoi amici. Il ragazzo dai capelli blu
spiegò
di un dialogo che aveva avuto con il padre la sera precedente.
Raccontò
dell’uomo che era arrivato in ospedale e che, nonostante
i vari
tentativi alla fine era morto.
-Da
questa cosa,
mio padre ha
dedotto che Taichi si sia salvato dal virus solo perché la
trasfusione è
avvenuta con il sangue di Sora e non di una qualunque altra persona.-
Sora
si sentiva compiaciuta del proprio gesto
verso il suo amore segreto, gli aveva promesso che lo avrebbe salvato e
lo
aveva fatto sul serio. Accanto a lei, Taichi, sconvolto all'idea che,
se non ci
fosse stata Sora, propria la Sora di cui si era reso conto di amare,
lui
sarebbe morto.
In
seguito a questa deduzione,
che spiazzò i ragazzi,
prese
parola ancora Koushiro.
-A
questo proposito, sono riuscito a mettermi in contatto
con Gennai e mi ha confermato che i nostri geni sono modificati.
Nel caso di
Taichi e Sora, la riuscita è dovuta al loro legame, in
quanto portatori della
digipietra del coraggio e dell’amore. Questo significa che il
sangue di Sora
potrebbe non salvare uno di noi. I geni, a detta di Gennai devono
essere
compatibili tra di loro. In poche parole Taichi
è stato fortunato. Inoltre, se Miyako, Ken,
Cody e Daisuke fossero stati con noi, probabilmente avremmo potuto
provare a
salvarli.-
Il
rosso era stato chiarissimo. Taichi guardò
Sora
e la ringraziò con lo sguardo.
-Ora
si spiegano ancora più cose sul perché vi avevano
preso di
mira. Loro vi vedono
come antidoti
ambulanti, oltre che digiprescelti.- disse triste la più
giovane del gruppo,
guardando con occhi lucidi il fratello e l’amica.
Ora
che erano veramente al corrente di tutte quelle rivelazioni,
avevano bisogno di un piano dettagliato. Non
potevano sbagliare nulla. Quella sarebbe stata la resa dei conti e loro
dovevano uscirne vincitori per liberarsi una volta per tutte da quella
malvagità.
Quando
i ragazzi lasciarono l’appartamento di
Taichi, il digiprescelto della saggezza chiese a Sora di trattenersi
qualche
altro minuto, sotto lo sguardo di disappunto del suo ragazzo. Sora
accettò e,
quando rimasero solo loro due, insieme a Taichi ed alla sorella, il
rosso
raccontò l’ultima parte che non aveva osato dire
davanti al resto del gruppo.
-Prima
ho omesso un piccolo particolare riguardo la
storia della trasfusione. Come vi ho già spiegato, per far
sì che la guarigione
riesca, i geni modificati devono essere compatibili tra di loro-
-Okay...
quindi?- il suo amico non capiva e voleva
ulteriori spiegazioni.
-Gli
elementi del coraggio e dell’amore sono legati
tra di loro sin dal principio e rispecchiano i vostri sentimenti. Il
loro
legame è forte a tal punto da far permettere tutto
ciò.- Koushiro notò le facce
basite e confuse dei tre amici, perciò approfondì
il discorso rivelatogli da
Gennai.
-Quando
i profeti crearono le digipietre per noi,
prima di distribuircele, ci studiarono. Di conseguenza, non
è un caso se queste
sono state assegnate a voi. Coraggio e amore sono destinati a stare
insieme,
quindi, in un certo qual senso, lo siete anche voi. Ecco, mi sembrava
giusto
dirvelo in privato.- disse, infine, quasi imbarazzato, notando che
anche i due
amici erano paonazzi, mentre la piccola Hikari se la rideva sotto i
baffi.
-Detto
ciò, io scappo. Ho da preparare un piano con
Nishijima.- e uscì in fretta.
Hikari
lo imitò: era giusto che quei due
rimanessero da soli dopo quella scoperta.
Rimasti
soli, Taichi e Sora non riuscirono a
proferire parola, finché lui, da gentiluomo, decise di
iniziare il discorso.
-Bene,
quindi se in quella caverna non ci fossi
stata tu, io non sarei sopravvissuto.- disse con un tono melodrammatico
e un
sorriso mellifluo.
-A
quanto pare- ricambiò il sorriso con una
dolcezza che schernì il cuore dell’amico.
-Grazie
di cuore, Sora, ti devo la vita.- la
ragazza stava per rispondergli, quando la suoneria del suo telefono
richiamò la
sua attenzione: era Yamato.
-Allora,
hai finito? Ti sto aspettando davanti al
bar all’angolo.-
-Sì,
arrivo!- sorrise mesta all’amico per poi
salutarlo e lasciare l’appartamento per raggiunge quello che,
nonostante tutto,
era il suo fidanzato.
NOTE
FINALI
Ecco
fatto! Spero di non avervi deluso con le spiegazioni in merito a tutti
gli
enigmi… come vedete Taichi è salvo, sì
ancora un po’ acciaccato ma si
rimetterà, ve lo assicuro.
Andiamo
in ordine:
I
cattivi (che per chi conosce il fandom sono tratti da Digimon Tri,
usandoli
però per una versione tutta mia visto che ho cambiato tutte
le loro identità)
vogliono eliminare Digiworld a causa di una vendetta. Meiko doveva
morire in
qualche modo. Quindi dovevo trovare il modo io... (spero che le mie
comari del
fanclub “MUORI COZZA” apprezzino).
L’arcano
è stato svelato grazie all’aiuto di Nishijima (che
non avrei mai potuto far
diventare cattivo) in collaborazione col genio Koushiro.
Quindi
i nostri eroi sconfiggeranno quei pazzi criminali? Lo scopriremo al
prossimo
capitolo. Spero di ritrovarvi e di non perdervi durante il tragitto.
Ringrazio
come sempre la beta del mio cuore Digihuman.
Ringrazio
tutti i lettori e recensori e ringrazio anche chi si stia accollando
questa
long pur non conoscendo il fandom e leggendola da originale.
Grazie
di cuore a tutti
Wendy
|
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Capitolo 5 *** La resa dei conti ***
PRE-NOTE
Hola
gente!
Nel
precedente capitolo ho introdotto un personaggio che,
da Digiworld, ha dato parecchie informazioni a Koushiro.
Sto
parlando di
Gennai.
Chi
legge questa storia come un'originale, non sa chi è
quest’uomo e, visto
che anche in questo capitolo parlerò di lui, ho deciso di
darvi qualche piccola
informazione in più su di lui.
Gennai
è un’essenza che si trova nel mondo digitale e
che nel corso
della prima stagione guida i digiprescelti verso la liberazione del
mondo
digitale dal male. Si tratta per lo più di un essere
digitalizzato, ma, al
contempo, dall'aspetto umano, che veste i panni della guida spirituale
dei
digiprescelti, aiutandoli nei momenti di difficoltà e
dandogli sempre le giuste
informazioni per superare le avversità. Un’altra
cosa che voglio aggiungere per
chi invece conosce il fandom e ha visto Digimon Tri, è che
questa è ufficialmente
la mia versione. Questo capitolo spiegherà esattamente come
sarebbe dovuta
andare nel mio modo di vedere le cose.
E
dopo questa delucidazione,
diamo inizio alle danze. La fine è
vicina. E per fine non intendo la fine della storia!
Buona
lettura. :*
Virus
Capitolo
5
La
resa dei conti
Avevano
organizzato il piano
nei dettagli e,
grazie al giovane hacker Nishijima, che durante
la notte interagiva
con Koushiro alle spalle della sua superiore,
i due riuscirono a
fare arrivare la voce di un incontro tra i Digiprescelti. Avrebbero
aperto un
varco nel loro posto di ritrovo, ovvero sotto al Raimbow Bridge, dove
erano
soliti incontrarsi,
e sarebbero
tornati a Digiworld
tramite il portale per ricordare i loro quattro amici digiprescelti,
morti
recentemente. Di certo, con quella scusa non avrebbero potuto mai
sospettare
che si trattasse di una trappola. Gli dispiaceva dover usare i loro
amici in
quel modo, ma avrebbero compiuto quel gesto solo quando sarebbero
riusciti a
mettere i cattivi della situazione dietro le sbarre.
-Quegli
stupidi digiprescelti
ci stanno solo facilitando le cose!- la solita risata malefica di
Himekawa
echeggiò nella piccola stanza.
-Di
cosa stai parlando?- il
giovane Nishijima continuò a fare domande per fare sorgere
dubbi nella donna.
-Quei
mocciosi hanno
organizzato un incontro per fare un elogio funebre ai quattro che
abbiamo fatto
fuori e guarda caso lo faranno proprio a Digiworld. Praticamente li
uccidiamo e,
tramite il loro varco, ci addentriamo nel mondo di questi bastardi e
scateniamo
l’inferno.- quella risata,
che tanto detestava,
stavolta lo fece godere di sottecchi: era caduta nella trappola.
Finalmente
tutto quel male sarebbe cessato.
***
Era
tutto pronto. Come previsto
nell’accordo con la polizia, dopo aver raccontato tutta la
storia, con la
complicità del fratello di Joe
-
che in polizia aveva un ruolo importante - i poliziotti in borghese si
posizionarono nei pressi della zona in questione. Un’allegra
famiglia spingeva
un passeggino contenente un bambolotto talmente colmo di coperte,
che quasi non si vedeva. Più avanti, un ragazzo
ben vestito delle migliori marche, stava passeggiando con il suo Akita
Inu.
Mentre in prossimità delle scale per accedere sotto il
ponte, due ragazzi,
vestiti idoneamente per fare running,
stavano facendo degli esercizi di riscaldamento.
Infine,
altri, che invece non si vedevano,
erano nascosti tra i cespugli.
Dopo
gli eventi di Higarikaoka
e di Odaiba,
sempre più gente
era venuta a conoscenza dei digimon, quindi collaborare con la polizia
non fu
certo un problema, soprattutto quando, anche grazie al supporto di Shuu
Kido,
il fratello del digiprescelto della sincerità, raccontarono
tutto quello che
era successo durante quelle settimane.
Arrivarono
anche i
digiprescelti, tutti. Avevano provato a convincere in tutti i modi
Taichi a
rimanere a casa, visto il suo stato fisico, ma,
ovviamente,
non c’erano riusciti. Quel ragazzo aveva la testa
più dura di una roccia e non si sarebbe mai perso il momento
in cui avrebbero
stanato i colpevoli di tutto quel massacro.
L’ora
cruciale era arrivata.
Sospirarono tutti. La trappola stava per scattare.
-Forza,
ragazzi, il portale è rimasto chiuso per anni, ma,
grazie a Gennai,
stiamo per tornare dai nostri amici.- proclamò il
genio del gruppo cospirando con il suo fidato portatile.
-Bene,
le coordinate per
Digiworld indicate da Gennai sono corrette. Usiamo il potere dei nostri
simboli
per aprire il varco!-
E
così,
tutti ragazzi puntarono il digivice versò il
display e magicamente si aprì il portale davanti a loro.
Come loro stessi si
aspettavano, in pochissimi instanti si apprestarono a venire verso di
loro
circa sei figure vestite di nero, più precisamente in
smoking. Sarebbero
apparsi come i classici men in black della
situazione,
se non fosse che indossavano anche una maschera
nera antigas. Al centro,
invece,
c’era una donna in tailleur nero: la voce era
sicuramente di Himekawa. Daigo aveva già avvisato Koushiro
che sarebbe scesa in
scampo lei stessa questa volta.
-Salve
a tutti! Bene, cosa
abbiamo qui, una festa? Mi sento come Cenerentola, non sono stata
invitata al
ballo.- schernì beffarda la donna.
I
digiprescelti la guardarono
in cagnesco, ma lei sembrò non farci caso e
continuò a discutere con aria di
sfida.
-Mi
presento, sono Maki
Himekawa, faccio parte di un’agenzia governativa. Sono un
ufficiale gestionale
di secondo grado. Prima di farvi fuori,
voglio presentarvi una persona.-
Arrivò
un uomo con la maschera antigas
in mano, con due uomini alti e nerboruti accanto. Aveva i capelli
grigi, gli
occhiali ed anche lui vestiva di nero.
-Io
sono il Professor Mochizuki.
Finalmente ci vediamo,
miei cari prescelti!- disse l’uomo con un tono di voce aspro.
-Che
cosa vuole da noi?- urlò
il leader con tutto il disprezzo che aveva.
-Cosa
voglio? Uccidervi, ovvio!
E poi far sparire tutti quei mostri che hanno ucciso mia figlia. Farete
anche
voi la stessa fine.-
-Noi
non c’entriamo nulla con
la morte di sua figlia Meiko. E i digimon non sono dei mostri!-
borbottò il
prescelto del coraggio.
Non
appena l’uomo sentì
pronunciare il nome della figlia,
spalancò gli occhi.
-Vedo
che siete informati.
Quindi sarete anche a conoscenza del fatto che è stata
uccisa da uno stupido
digimon, no?-
-Sì,
lo sappiamo, ma noi con
tutto questo cosa c’entriamo?- lo fronteggiò il
digiprescelto dell’amicizia.
-Dovete
sapere che la prima
volta che siete approdati a Digiworld, Meiko avrebbe dovuto far parte
del
vostro gruppo. Ma questo penso lo sappiate già.
Ciò che invece non sapete,
è che in quel periodo non sono riuscito ad
evitare che quel coso entrasse in casa nostra,
nonostante notai fin da
subito in lui qualche anomalia. All'epoca ero un membro
dell’Istituto di
ricerca,
quindi mi informai su quella strana creatura. In
quel frangente scoprii tutto sui digimon,
grazie anche al caso di Higarikaoka, perché,
proprio
in quel periodo,
come tutti voi del resto,
abitavamo anche noi in quel quartiere.- I ragazzi
rimasero sbalorditi da quell’affermazione,
ma il professore non aveva ancora finito.
-Mia
figlia era di salute
cagionevole,
ma
da quando quello
strano essere era entrato a casa nostra,
lei stava stranamente meglio.
La nostra unica speranza era che avesse un partner, di
conseguenza,
nonostante le anomalie,
lasciammo correre la cosa. Poi quel
trentuno Luglio, la notte prima di venire a Digiworld con voi,
Meicoomon perse
il controllo. La portai d’urgenza ai laboratori Tottori.
Iniziò ad eruttare
magma come un vulcano e cominciò ad uccidere tutti, compreso
la mia bambina. Ho
visto morire mia figlia davanti ai miei stessi occhi,
mentre quel mostro si dileguò come se nulla fosse.- Tutti i
presenti rimasero
impietriti, compresi i poliziotti nascosti tra i cespugli che stavano
ascoltando e registrando ogni dettaglio di quelle dichiarazioni.
Proprio
in quel
momento,
dal
varco uscì una figura umana che allarmò tutti i
presenti. Un uomo dai lunghi
capelli castani,
legati in un codino e con gli occhi azzurri si posizionò
davanti all’uomo occhialuto.
-Gennai!-
gridarono all’unisono i prescelti, sorpresi nel vederlo.
-Loro
non hanno
nulla a che fare con la morte di sua figlia, signor Mochizuki.-
-E
chi,
allora?- rispose senza lasciar trapelare nessun tipo di emozioni
all’uomo che
era appena apparso.
-Meicoomon,
come
ha detto lei stesso, doveva essere il partner di Meiko, ma è
stata
accidentalmente infettata da un'anomalia molto forte. È
diventata una creatura
che deteneva troppa potenza. Conteneva un frammento dei dati di
Apocalymon, in
altre parole un lato oscuro di Digiworld. Tuttavia, quando l'energia
repressa
del digimon venne liberata,
esplose con una forza madornale.
Era diventata un interruttore capace di far perdere il controllo anche
agli
altri digimon,
in quanto contaminante. La sua esistenza mirava a sterminare il
genere umano. Una volta che la sua energia innata esplose, non aveva
più alcuna
ragione avere un partner,
ecco perché si scordò di Meiko. È
stata cancellata da
Homeostasis per far sì che si ritrovasse l'armonia e la
stabilità nel mondo.
Purtroppo, però, è stato eliminato troppo tardi.
Ma né i prescelti, né tanto
meno i digimon sono il motivo della sua perdita.-
L’uomo
dai capelli grigi rise sotto i baffi,
per poi prendere parola.
-Quindi
mi sta dicendo che, a causa di un
errore di puntualità,
io ho perso mia figlia e
che adesso che ho
pianificato tutto questo per
distruggere Digiworld e tutti i suoi abitanti,
dovrei
farmi da parte? Non ci penso proprio!-
Urlò
in preda alla collera e,
infilandosi la maschera antigas,
diede l’ordine all’ufficiale Himekawa di procedere.
La
donna posizionò tra le sue mani un marchingegno, mentre i
cinque uomini accanto
a lei spingevano verso Gennai e i ragazzi una sorta di cannone.
-Appena
premerò il pulsante,
libererò un virus che vi ucciderà uno ad uno in
una dolorosissima morsa di
agonia, esattamente come è successo ai vostri quattro amici.
E poi,
finalmente,
attraverso questo varco potremo fare
fuori anche quei mostri. Nessun Digimon rimarrà vivo.-
Proiettò
lo sguardo in direzione di Taichi e di Sora, che
erano proprio dietro a lui, e,
puntando un dito verso i due,
ghignò malefica schernendogli contro. -Stavolta nemmeno voi
riuscirete a salvarvi.-
Proprio
nel momento in cui stava per premere il pulsante,
uno sparo, proveniente da dietro un cespuglio, colpì la
mano di Himekawa. Shuu, il fratello di Joe,
era
stato bravissimo a centrare l’obiettivo. A causa del dolore
atroce provato,
lasciò cadere dalle mani il marchingegno e
cominciò a dimenarsi. La prontezza di
Gennai impedì al telecomando di arrivare a terra e pigiando
accidentalmente il
suo interruttore. Gli altri poliziotti saltarono fuori dai cespugli
puntando le
armi contro gli uomini che ora cercavano di scappare,
trovandosi davanti gli altri agenti in borghese saltati
fuori dal nulla. Erano in trappola. In poco tempo furono tutti
ammanettati e
portati via.
Stavolta
era davvero finita. Dopo quello che avevano
confessato, non li avrebbero più visti a piede libero.
Il
signor Mochizuki abbassò lo sguardo senza riuscire
più a
proferire parola, mentre Himekawa imprecava,
oltre
che per il dolore del proiettile,
che le
aveva forato la mano, contro qualcuno che si avvicinò a loro.
-Maledetto,
sei tu che ci hai traditi! Me la pagherai brutto
bastardo!- Un uomo dai capelli nero corvino, non curante delle offese
della
donna, si
accostò al gruppo.
-Ragazzi,
vi presento Daigo Nishijima. Colui che
ci ha aiutati a porre fine alle angherie di quelle persone diaboliche.-
annunciò Koushiro.
Tutti
lo ringraziarono, compresi Gennai e Shuu. Dopodiché,
il
fratello di Joe si congedò e raggiunse i suoi colleghi.
-Ragazzi,
io sono dispiaciuto per tutto quello che è
successo…-
-Lo
sappiamo che tu non c’entri nulla, Koushiro ci ha
spiegato delle minacce, stai tranquillo!- lo calmò il
prescelto del coraggio.
L’hacker
sospirò.
-Ed
è tutto merito tuo se siamo riusciti a portarli dietro
le sbarre!- Continuò il biondo, rincuorandolo ulteriormente.
-Bene!
E’ stato un piacere aiutarvi, ora vado.. devo finire
di organizzare un matrimonio.-
-A presto ed auguroni per tutto!- lo salutò Koushiro,
stringendogli la mano.
Non
appena lo salutarono anche gli altri,
si dileguò anche lui, e,
mentre
lo guardavano allontanarsi in
silenzio, Gennai riportò su di lui l’attenzione.
-Visto
che il portale è già aperto, che ne direste di
venire
a trovare i vostri partner?-
La
felicità dei ragazzi era evidente, ma Hikari
annunciò che
prima doveva fare una cosa molto importante.
Si
fece accompagnare a casa con la macchina da Joe, per
prendere un borsone. Tornò il più in fretta
possibile. Tutti la guardarono
confusi,
ma avevano talmente tanta voglia di tornare a Digiworld che
decisero di non perdere altro tempo prezioso. Oltrepassarono il varco
con
facilità.
Inutile
dire che ogni volta l’impatto era sempre più
doloroso, ma poco gli importava,
poiché,
quando aprirono gli occhi,
il
dolore sparì lasciando
spazio ad un senso di gioia
nel rivedere i loro digimon. Agumon, Byomon, Gabumon, Palmon, Tentomon,
Gomamon, Patamon e Gatomon saltarono addosso ai loro rispettivi
partner. Un po’
più distanti a loro, Veemon, Hawkmon, Armadillomon e Wormmon
guardavano quella
scena avvolti in un triste silenzio. Quando i prescelti si resero conto
del
loro dispiacere,
corsero a salutare anche loro. Hikari, per smorzare la
tensione che si era creata,
aprì il borsone contenete caramelle, dorayaki,
mochi
e alte prelibatezze Giapponesi,
facendo strabuzzare gli occhi ai digimon che si erano già
fiondati sul cibo, cominciando ad ingozzarsi.
-Sei
andata a casa per quello?- Chiese Takeru alla sua
migliore amica.
-No,
in realtà dovevo prendere un’altra cosa. Ma visto
che
ero già
a
casa,
ho riempito
il borsone di tutto quello che ho trovato per fargli una
sorpresa.-
-E
cosa dovevi prendere?- chiese, rimanendo stupito nel notare
ciò che l'amica aveva
appena
preso dalla grande borsa.
Tutti
si concentrarono su Hikari e lei,
mostrando le digipietre e i digivice dei quattro amici
prematuramente scomparsi,
disse
che li aveva chiesti ai loro genitori per lasciare qualcosa di loro
anche in
quel mondo.
Tutti
furono contenti dell’idea avuta dalla giovane Yagami.
Presto si spostarono tutti nella città della rinascita, un
piccolo insediamento
composto da edifici fatti di grossi mattoni colorati, situata nella
landa oscura,
ai piedi del monte
Mugen. Takeru chiese il permesso di
seppellire gli oggetti dei loro amici al suo caro
amico Elecmon, un
digimon a cui lui era particolarmente affezionato fin da piccolo e
che si prendeva cura con dedizione delle digiuova e dei piccoli digimon
neonati. Quando gli spiegarono il motivo, il digimon non si oppose.
Scavarono,
dunque, quattro piccole buche e
sotterrarono al loro interno i
digivice. Quando
coprirono le cavità del terreno,
creando delle piccole montagnette di sabbia, poggiarono sopra ad
ognuno di esse i ciondoli con le digipietre appartenenti ai
defunti.
-Grazie!-
Disse Wormoon con gli occhi lucidi.
-Sì,
grazie a voi adesso possiamo venire a trovarli tutte le
volte che vogliamo. Ci avete lasciato una
parte di loro.- concluse emozionato
Veemon.
Presto
i ragazzi salutarono i digimon e Gennai e si apprestano ad attraversare
il
portale,
per
poi tornare a casa.
Erano
tutti estremamente esausti.
In quella
giornata infinita avevano fatto di tutto, ma quel che contava
è che erano
riusciti a mettere fine alle problematiche accadute in quei giorni.
Erano anche
riusciti a ricordare i loro amici,
persi in una battaglia senza veri e propri combattimenti ed
erano cresciuti ancora di più proprio a causa di quegli
avvenimenti.
Quello
più stremato era Taichi, che,
avendo poche forze in corpo,
riuscì solamente
a mettersi sul suo
letto in tempo prima di crollare. Il suo ultimo pensiero prima di
addormentarsi
andò a Sora. Non avevano avuto modo di parlare con lei da
quel bacio, eppure
lui, per quanto la amasse,
si
sentiva
terribilmente in colpa nei confronti di Yamato. Ormai era troppo tardi
per il
loro amore e il giorno dopo ne avrebbe di certo parlato anche con lei.
***
La
mattina seguente,
come previsto, Taichi chiamò Sora e le
diede appuntamento al parco. La rossa si agitò, sapeva che
era arrivato il
momento di parlare di quello che era successo nella caverna prima del
delirio e
di quello che Koushiro gli aveva spiegato qualche giorno prima sul loro
legame.
Forse lo amava più di ogni altra cosa al mondo e, in
quelle settimane, la paura di perderlo e
tutto il resto glielo avevano fatto capire chiaramente. Ma Yamato in
tutto
ciò?
Arrivò
al parco in men che non si dica e trovò Taichi su una
panchina. Si accomodò imbarazzata accanto a lui,
sussurrandogli un ciao. Il
ragazzo la guardò estasiato. “Dio, come l’amo”,
pensò mentre la scrutava avvolta in
quel vestitino azzurro come il cielo, che si adattava al significato
del suo
nome.
Dopo
qualche attimo di silenzio, il castano tornò in
sé e,
prendendo coraggio,
iniziò a parlare.
Adesso nessun occhio e orecchio indiscreto si sarebbe potuto
intromettere.
-Sora,
riguardo il nostro bacio…- la prescelta dell’amore
arrossì vistosamente e spostò lo sguardo in
direzione del ragazzo.
-Ecco…
è stato divino. E probabilmente lo rifarei altre
cento o mille volte. E per quanto riguarda quello che ci ha detto
Koushiro sul
legame delle nostre digipietre,
sono
più che sicuro che i profeti non si sbaglino affatto. Siamo
sempre stati
destinati a stare insieme
e lo dimostra il fatto che tu
sia riuscita a salvarmi da quel maledetto virus.-
Non
era riuscita a proferire parola.
Le bruciavano gli occhi per
le parole e il discorso appena fatto dall’amore della sua
vita, ma, quello che
disse in seguito Taichi, trasformò magicamente la sua
felicità. Dal
toccare il cielo con un dito,
si ritrovò ad un passo dalle
fiamme dell’inferno.
-Sora,
nonostante tutto… la realtà dei fatti
è che mi sento
un verme nei confronti di Yamato. Gli ho anche detto delle cose
veramente
brutte una sera in ospedale. Credimi, ciò
che voglio è solo la tua felicità. E tu e
Yamato... sono sicuro che sarete sempre felici insieme.-
la ragazza
rimase di sasso.
Avrebbe
voluto dirgli che la sua felicità era lui,
ma
si
limitò ad annuire, cercando di scacciare le lacrime che
tentavano di uscire.
L’amico le accarezzò il viso,
per poi porgerle una piccola bustina colorata.
-E’
un piccolo pensiero che ti ho preso a Kamakura, quando
non sei voluta venire alla visita dei templi.-
la ragazza scartò l’involucro e si
ritrovò un omamori rosso. Si
trattava di un amuleto della felicità. Il fatto
che
gli avesse regalato proprio quel simbolo,
e che adesso le stesse
praticamente
negando la felicità di cui aveva bisogno,
le lacerò
il cuore.
-Ti
voglio bene, Sora.-
Ma
la ragazza ricordava ancora quel giorno alla grotta,
prima dell’esplosione, quando lui le aveva detto di amarla.
Non avrebbe mai
potuto scordarlo.
Ma
non riuscì a dirgli nemmeno questo, ingoiò
il tutto
con malinconia e cercò di sorridergli,
ringraziandolo per il pensiero.
Cambiarono
argomento e Taichi le offrì un gelato e le
confessò
che, dal giorno successivo, si sarebbe dedicato alla riabilitazione e
allo
studio per poter entrare in polizia. Se prima si trattava solo
di un suo
desiderio personale,
ora lo avrebbe fatto a maggior ragione per Daisuke. Glielo doveva. E
per fare
ciò probabilmente si sarebbe dovuto trasferire e Sora, per
l’ennesima volta
in
quella
mattina, si sentì una fitta al cuore.
***
Il
resto dell’estate passò velocemente.
La
scuola ricominciò per Hikari e Takeru che ora
frequentavano il secondo anno e per Koushiro e Mimi che ormai erano
all’ultimo.
Joe
continuò a studiare all’università di
medicina che già
frequentava da un anno.
Sora,
come previsto da tutti,
si dedicò la scuola di giardinaggio
della madre.
Yamato
lasciò momentaneamente la band e si dedicò allo
studio per entrare all’università di Aeronautica
Spaziale. I problemi con la
magnetite lo invogliarono ancora di più a scoprire tutto
quello che era legato
alla N.A.S.A.
e alla luna. Portò,
inoltre, avanti la sua relazione con Sora.
Taichi,
come aveva detto all’amica quel
giorno al parco,
si
dedicò con tutto sé stesso alla riabilitazione
facendo passi da gigante.
Alternava tutto ciò
allo studio per entrare in Polizia.
Erano
tutti
abbastanza impegnati, in particolare i più
grandi del gruppo. Ogni tanto si davano appuntamento per portare un
fiore ai
loro amici, ma,
oltre
a quello,
le
loro strade e i loro impegni li avevano allontanati.
NOTE
FINALI
Sembrerebbe
una storia ben conclusa no?
Seee,
nei sogni!
Wendy
non potrebbe mai concludere una storia con
la Sorato. GIAMMAI!
Nella
prima bozza della scaletta doveva
concludersi qui la storia (più che una long, era nata come
una mini long) ovviamente
Taichi e Sora si sarebbero messi insieme e tutto è ben quel
che finisce bene.
Dalla piega che aveva preso sarebbe stata più che logica e
molto semplice come
conclusione che quei due si mettessero insieme. No?
Beh,
e invece no! Mi volevo complicare la vita
ulteriormente… e poi qualcuno mi ha detto che sono
frettolosa a far finire
insieme Taichi e Sora. Quindi mo’ sudatevela! XD
Ora
basta scherzare… torniamo ad essere seri
perché le sventure non sono ancora finite.
-Moriranno
altre persone? Probabile, mi sento
particolarmente stronza in questo periodo. Voi per sicurezza preparate
i
fazzoletti.
-Quando
farai lasciare Yamato e Sora? Tempo al
tempo, tutto accade per una ragione e la Sorato non s’adda
fa. Tranquilli!
Che
altro dire, dal prossimo capitolo si cambia
regime.
Meno
virus, più mistero, più suspence, più
thriller, più dolore e soprattutto più amore
nell’aria. (certo che mettere
l’amore in tutta sta tragedia è controcorrente, ma
al prossimo capitolo penso
che tutti capirete dove la mia mente malefica vada a parare).
Vi
anticipo che i nostri otto digiprescelti
saranno più grandi e ci sarà un nuovo enigma da
risolvere.
Grazie
sempre alla mia beta Digihuman, per
essermi sempre accanto capitolo dopo capitolo.
Grazie
a chi legge e recensisce e grazie
alle autrici dello scambio del giardino che sono un vero e proprio
stimolo per
andare avanti.
Grazie
di cuore
Wendy
|
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Capitolo 6 *** Salto temporale ***
PRE-NOTE
Piccola
premessa: questo sarà un capitolo di transizione. A
differenza delle scorse
premesse, ho deciso, anche grazie al consiglio della mia carissima
beta, di
dividere il capitolo in due parti, poiché sarebbe risultato
lunghissimo da leggere.
Di
conseguenza stavolta leggerete solo ed esclusivamente cosa è
successo ai nostri
otto digiprescelti in questo lasso di tempo e cosa sono attualmente
diventati.
Ah…
al posto del solito collage/copertina iniziale ho preparato per voi i
miei primi
otto aesthetic su ognuno di loro per rendere un tantino meglio la mia
idea.
Spero
vi piacciano.
Buona
lettura!
Virus
Capitolo
6
Salto
temporale
3
anni dopo.
Erano
passati esattamente tre anni da quando gli otto digiprescelti erano
riusciti a
porre fine alle angherie del Professor Mochizuki e del suo team. La
storia del
virus era solo un brutto ricordo, erano andati tutti avanti. Ognuno di
loro
aveva preso strade diverse e, non riuscendo a conciliare il tempo
libero per
via degli impegni costanti, non riuscivano a vedersi molto tra di loro.
Hikari
Yagami,
la digiprescelta della luce, aveva rinunciato
all’università e, come il
fratello, aveva deciso di dedicarsi solo ed esclusivamente al suo
sogno: la fotografia.
La giovane prescelta, appassionata da sempre, si era dedicata a vari
corsi e
Master fotografici. Lavorava come fotografa per una rinomata rivista
Giapponese, Vivi, una visione completa di moda per
donne giovani, ma
sofisticate. Una rivista che, attraverso le sue fotografie, descrive i
migliori
look e prodotti
lifestyle e dà consigli sulla cura
personale. Inoltre, aveva anche partecipato a diversi workshop sulla
fotografia
di moda, astratta, ritrattistica, paesaggistica, naturalistica, e in
bianco e
nero. Aveva diversi attestati e ormai era parecchio conosciuta in zona,
motivo
per cui, nel tempo libero, fuori dall'orario del suo vero lavoro,
veniva
chiamata per qualche shooting fotografico o per
qualche evento di cosplay
da fotografare. Ma quello non era l’unico passo che Hikari
aveva fatto, finalmente
la bella prescelta era riuscita a dichiararsi al suo migliore amico
Takeru, per
il quale provava da anni ormai remoti qualcosa che andata oltre e,
visto che
anche lui provava dei sentimenti nei suoi confronti, non
passò molto prima che
i due si fidanzassero.
Takeru
Takaishi,
il digiprescelto della speranza, solo dopo qualche tempo
rivelò alla sua
ragazza di non essersi mai dichiarato prima per rispetto nei confronti
di
Daisuke. Sapeva quanto il suo amico amasse la bella Yagami e motivo per
cui, anche
dopo la sua morte, non riuscì a confessarle i suoi
sentimenti. Si rassegnò
all’idea che avrebbero dovuto superare quel lutto, quindi non
si tirò di certo
indietro quando la ragazza si dichiarò a lui e
accettò quell’amore che
respingeva e custodiva da ormai troppo tempo.
Il
giovane Takaishi, anche lui neo diplomato come la sua ragazza, nel
frattempo si
era iscritto alla facoltà di lettere presso la Today,
l’università
imperiale di Tokyo, la più prestigiosa dell’intero
Giappone, scegliendo il
campus con sede a Nakano. Inutile dire quanto fosse stata dura accedere
a
quella scuola, visto l’alto livello degli esami di
ammissione. Ma, grazie al
supporto della sua famiglia e della sua ragazza, era riuscito nel suo
intento.
Takeru aveva sacrificato le uscite con il gruppo ed Hikari, pur di
realizzare
il suo sogno, ovvero quello di diventare uno scrittore.
Mimi
Tachikawa,
la digiprescelta della purezza, aveva intrapreso,
invece, una carriera
un po’ bizzarra. Gli anni trascorsi in America con la sua
famiglia le avevano
fatto conoscere il mondo del make-up.
Si
accinse quindi, non appena diplomata, a frequentare tutti i corsi di
formazione
possibili ed immaginabili al fine di diventare una make-up
artist. E,
dopo poco più di un anno, aveva già raggiunto una
certa fama in tutto il
Giappone; era molto conosciuta perfino in Corea. La definivano
un’artista, allo
stesso livello di un pittore, di uno scultore o di uno stilista.
Perché, con
una personalità così eccentrica ed esplosiva, una
femminilità che non passava
di certo inosservata, non poteva che riuscire nel suo scopo. Il motto
di Mimi
era quello di far riscoprire alle donne la propria bellezza attraverso
il
trucco, i capelli e l’abbigliamento. Grazie alla sua bravura,
era ormai
ricercata come sponsor di prodotti di bellezza e aveva un articolo
dedicato
alle sue opere nella rivista mensile di Vogue Japan.
Aveva usato - in senso
giocoso - negli anni con la sua migliore amica Sora come cavia e poi
era finita
per fare di quella sua fissazione un vero e proprio lavoro.
Conobbe
un certo Kazuyuki, un professore di cosmesi, che le aveva insegnato
molto
durante un corso di aggiornamento, ed ebbe con lui una relazione. Non
si
sentiva, però, innamorata al punto da instaurare con lui una
relazione seria,
perciò, dopo sei mesi, chiuse la storia imponendosi di
intraprendere una nuova
relazione solo ed esclusivamente una volta conosciuto il vero amore.
Koushiro
Izumi,
il digiprescelto della saggezza, era già al secondo anno di
I.A., ovvero Intelligenza
Artificiale, all’Istituto di tecnologie di Tokyo.
Nel
tempo libero, al contrario, lavorava insieme a Nishijima, il quale nel
frattempo si era anche sposato e aspettava il suo primogenito.
L’hacker era
stato risarcito per i danni morali che aveva subito. Entrambi i
gèni erano
stati assunti dalla giunta comunale per poter importare migliorie in
città.
In
occasione delle Olimpiadi, che quell’anno si sarebbero dovute
tenere proprio
nella loro città, si stavano dedicando alla realizzazione di
robot volontari ed
altri dispositivi elettronici per supportare le gare. Per citare un
esempio,
avevano già creato un esoscheletro hi-tech
da fare indossare ai
volontari per reggere i bilancieri nelle competizioni di sollevamento
pesi. Lo
scopo reale, però, di queste protesi tecnologiche era quello
di agevolare le
deambulazioni di pazienti e anziani con difficoltà motorie.
L’intelligenza di
Koushiro era utile per i suoi concittadini e, grazie a
quell’occasione, conobbe
una collega con le sue stesse doti, Momoka Hirai, che riuscì
a fargli saltare
tutti i circuiti in testa.
Joe
Kido,
il digiprescelto della sincerità, frequentava,
invece, il quarto anno
della facoltà di medicina e stava già facendo
tirocinio presso l’ospedale dove
lavorava suo padre. Da lì a poco, sarebbe diventato un
bravissimo medico
anche lui. In ospedale si era rivelato un elemento fondamentale e,
grazie
all’esperienza avuta con il virus, aveva deciso di
intraprendere un percorso
più complesso. Si sarebbe dedicato, infatti, allo studio
delle malattie
infettive per poter diventare un infettivologo.
Yamato
Ishida,
il digiprescelto dell’amicizia, avrebbe dovuto svolgere da
lì a breve l’esame
di stato per la triennale di Aeronautica spaziale. Con quella laurea,
che si occupava
di progettazione, costruzione e manutenzione dei velivoli, avrebbe
potuto
trovare presto un impiego nei vari settori specializzati. Ma, quello a
cui il
prescelto puntava, era diventare, con il tempo, un vero e proprio astronauta.
Era talmente impegnato a superare quell’esame che ormai non
riusciva a vedere
nemmeno la sua ragazza.
Sora
Takenouchi,
la digiprescelta dell’amore, capendo la situazione,
appoggiò l’idea dello
studio ferreo del suo compagno e decise così di non
disturbarlo fino al giorno
dell’esame, lasciandolo concentrare per realizzare il suo
sogno.
Proprio
quest’ultima, ormai da tre anni, impartiva lezioni presso la
scuola di
giardinaggio della madre. Chi meglio di lei avrebbe potuto fare quel
lavoro.
Inoltre, la sua passione per l’ikebana
aveva fatto sì che diventasse
famosa in tutta la città per i cha no yu,
ovvero le cerimonie del tè -
una delle arti tradizionali zen più note. Sora, quando
veniva chiamata per
questo tipo di eventi, sistemava i tatami nella
stanza, detta chashitsu:
da un lato metteva il tokonoma, una piccola nicchia
in cui appendeva uno
scritto eseguito da un calligrafo esperto di Shodoo,
e realizzava una
piccola composizione simile all’ikebana,
particolarmente adattata alla
circostanza e con grande coerenza con la stagione in corso, detta chabana,
ovvero fiori per il tè. La cerimonia si basava su quattro
principi fondamentali
dello zen: armonia, rispetto, purezza e tranquillità. Doti
che di certo a Sora
non mancavano. Accoglieva gli ospiti e li invitava a lavarsi le mani,
poi li invitava
ad accomodarsi sul tatami assegnato e designava tra
questi l’ospite
d’onore. Da maestra era tenuta ad offrire un pasto leggero,
poi disponeva il
carbone, in modo da poter riscaldare l’acqua, ed infine
preparava delle
deliziose tazze di tè. Questa sua arte rendeva orgogliosa
sia lei che sua
madre.
Ed
infine, ultimo ma non meno importante, vi era Taichi Yagami,
il
digiprescelto del coraggio. Come lui stesso aveva promesso, si era
dedicato,
dopo la riabilitazione, che aveva affrontato con successo, a studiare
per
entrare in polizia. Grazie ai suoi sforzi, era
riuscito a mantenere fede
alla promessa fatta a sé stesso ed al suo caro amico
Daisuke. Aveva prima
superato le preselezioni brillantemente, poi le prove fisiche, quelle
psicoattitudinali e, infine, le visite mediche. Dopo essere venuta al
corrente
della sua paralisi temporanea, la commissione era rimasta piacevolmente
sorpresa dagli sforzi fatti dal ragazzo. L’addestramento di
nove mesi era
andato benissimo. Il giuramento fu un’emozione grande,
soprattutto quando, dopo
tutti quei mesi impegnativi senza i suoi amici e la sua famiglia,
scoprì che
erano tutti presenti all’appello. Dopo il giuramento, Taichi
prese servizio un
paio di mesi in un kōban
nel
quartiere di Ginza, per poi essere trasferito per un
intero anno in un kōban
a Yokohama.
Attualmente
vestiva il ruolo di un junsa, un semplice agente di
polizia. Seppur
ambisse ad altro, si dovette accontentare di dover vestire quel
semplice ruolo,
almeno inizialmente.
Il
kōban
è una piccola stazione di polizia al servizio di tutti per
informazioni di ogni
tipo. Taichi, giornalmente era invaso da turisti e non solo, pronto a
dare
indicazioni sulla locazione di negozi, kombini,
uffici e via
discorrendo. Continuava a segnare le cartine ai passanti, sognando di
salire di
ruolo e di tornare nella sua amata città. E, finalmente, a
fine anno, grazie
alle indicazioni del fratello di Joe, che era ormai un junsa-bucho,
ovvero sergente, riuscì a superare un concorso e ad avere
una promozione che lo
fece diventare un junsa-cho, ovvero un agente
anziano.
A
quel punto ottenne il trasferimento a Kasumigaseki,
l’edificio principale del
dipartimento di Polizia Metropolitana di Tokyo, che si trovava nel
quartiere di
Chiyoda, al centro della città. Un grande edificio a cuneo
con torre cilindrica
di ben diciotto piani d’altezza, che gestisce centodue
stazioni della
prefettura. Quante volte il prescelto del coraggio aveva sognato di
lavorarci,
passando di lì mentre andava con Sora ed i suoi amici a
comprare qualche
videogame ad Akihabara. E finalmente, grazie alla sua dedizione, era
riuscito a
realizzare il suo sogno. Visto il suo posto statale e la paga ben
retribuita,
non tardò a fare un mutuo per comprare una casa proprio
vicino al posto di
lavoro. Non si limitò nella scelta, comprò un
attico incantevole al
diciassettesimo piano, situato nel cuore del quartiere di Chiyoda,
importante sia dal punto di vista storico, sia amministrativo,
esattamente
accanto alla Tokyo Central Railway Station, la stazione ferroviaria e
metropolitana più frequentata della città.
Quell’attico
fu amore a prima vista: dall’ingresso principale si passava
al soggiorno, uno
spazio unico diviso in due angoli con un comodo divano di design con
isola,
disposto verso la TV a schermo piatto e al camino in pietra lavica. Le
finestre, grandi e a specchio, affacciavano sulla strada e, in
particolare, sul
Palazzo Imperiale di Tokyo, la residenza ufficiale
dell’imperatore Giapponese.
La cucina era modernamente attrezzata di tutto quello che si poteva
desiderare.
Il bagno, dipinto in colore carta da zucchero, era piccolo, ma molto
elegante.
Una scala a chiocciola conduceva alla camera da letto patronale, la
quale aveva
un meraviglioso letto matrimoniale rotondo ed annesso uno spazioso
bagno in
suite con una piccola vasca idromassaggio ad angolo ed una doccia super
tecnologica di ultima generazione. La seconda camera da letto si
trovava dalla
parte opposta dal corridoio. Da entrambe le stanze ci si poteva
affacciare alla
terrazza, arredata da un piccolo giardino pensile, che consentiva una
vista
impagabile sui tetti di Tokyo, ed un piccolo tavolo con dei divanetti
in
vimini.
Aveva
il lavoro e l’appartamento dei suoi sogni. Avrebbe voluto
avere anche la
famiglia dei suoi sogni, ma sapeva benissimo che quella non avrebbe di
certo
potuta comprarla.
Conobbe
una collega quando tornò a Tokyo. Era bellissima, con due
occhi azzurri che,
non appena oltrepassava la soglia della stazione di Polizia, gli
facevano
battere il cuore. Forse anche i suoi magnifici capelli rossi, che tanto
gli
ricordavano qualcuno di sua conoscenza, erano gli artefici di quelle
sensazioni. Si chiamava Menoa Bellucci, aveva solo un anno in
più, e anche lei
sembrava essere interessata al lui. Dopo molte pause pranzo insieme e
vari
cappuccini davanti al distributore automatico del corridoio di fronte
gli
uffici, Taichi si decise una volta per tutte e la invitò a
cena a casa sua. Il
primo appuntamento andò abbastanza bene, la cena
andò al meglio e, grazie al
vino, non esitarono e passarono la notte insieme. Si sentì
per una notte vivo,
come non lo ero da quando aveva baciato Sora in quella caverna, prima
che tutto
gli si ritorcesse contro, facendolo decidere di non rovinare il
rapporto tra
lei e Yamato, costringendolo a lasciarla andare tra le sue braccia,
ancora una
volta. Nonostante avesse realizzato i suoi sogni, si sentiva marcio
dentro ogni
qualvolta ripensava a lei.
La
storia con Menoa, però, non gli giovò
particolarmente. Non avevano argomenti in
comune, non riuscivano ad ascoltare la musica, o a vedere un film
insieme,
perché avevano gusti totalmente diversi e finivano per
litigare. Per non
parlare delle partite. Non poteva guardarne una, che subito la ragazza
iniziava
ad urlare come una forsennata.
Non
avendo altro in comune, tutta la loro storia era basata solo ed
esclusivamente
sul sesso. Ma la cosa che più non tollerava Taichi, era la
fissa che Menoa
aveva per le foto e i social media. Aveva provato a
farle capire in
tutti i modi che lo infastidiva, eppure lei continuava a farsi selfie
provocanti ovunque si trovassero, per pubblicarli poi su Instagram.
Non
era gelosia, ma a Taichi stancava fargli da fotografo in tutte le loro
uscite.
Non si accontentava mai del primo scatto e finivano per passare le
serate così.
-Basta!
Non ho mai capito questa tua fissa stupida. Se proprio volevi fare
l’influencer,
perché sei entrata in polizia?- sbroccò Taichi.
Si
alzò di scatto per andare a pagare il conto del locale dove
stavano bevendo un
drink. Non era la ragazza con cui avrebbe voluto avere una famiglia,
non era
quella giusta, forse nessuna più lo sarebbe stata.
“Rimarrò scapolo a vita!”
pensò rassegnato il ragazzo prima di tornarsene a casa.
Da
quella sera, lui e Menoa si parlarono solo per motivi di lavoro e lui
riprese
la sua vita dedita solo ed esclusivamente al suo bel lavoro.
NOTE
FINALI
Come
avrete sicuramente notato ho parlato di Taichi molto di più
rispetto agli altri.
Ebbene
sì, da questo momento il mio pupillo sarà il
protagonista ufficiale del
resto della storia.
Grazie
sempre alla mia beta Digihuman per essermi sempre
accanto.
Grazie
a chi legge e recensisce e grazie a chi legge anche da originale la mia
Virus!
:*
Wendy
|
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Capitolo 7 *** Uno strano caso ***
Pre-note:
Ed
eccomi tornata dopo due
settimane di pausa con un nuovo capitolo
“scoppiettante”.
Vi
confesso una cosa: al momento, è
il mio capitolo preferito ma allo stesso tempo mi preoccupa e mi
incuriosisce
la reazione di qualcuno. Abbiate pietà di me!
Buona
lettura.
Virus
Capitolo
7
Uno
strano caso
Seppur
il Giappone come è ben risaputo abbia un livello di
criminalità bassissimo, quella mattina l’agente
Yagami fu chiamato dal Sergente
Yoshida per un caso molto particolare. A bordo di una Toyota Corona,
due agenti
e lo stesso Sergente si avviarono nei pressi di Nakano per risolvere un
caso.
Appena arrivati sul posto, l’odore di costolette di maiale al
barbecue allarmò
gli agenti. Non erano di certo stati chiamati per una grigliata tra
colleghi,
bensì era stato rinvenuto un corpo carbonizzato in un vicolo
deserto del
quartiere. La scena del crimine era già stata delimitata con
un nastro giallo.
Taichi era davvero sconvolto, un’espressione di disgusto gli
deformò il viso,
ma, nonostante fosse una visione ripugnante, non riusciva a staccargli
gli
occhi dosso. Da quando era diventato un poliziotto non aveva mai visto
una cosa
del genere. Il corpo era irriconoscibile; solo due oggetti erano
rimasti quasi
integri durante la combustione. Uno dei colleghi del prescelto
imbustò le due
prove per poi porgerle al suo superiore. Dopo averle esaminate, non
capendo
cosa potessero essere quegli affari strani, li porse
all’agente Yagami
rimanendo basito, costatandone il suo stato emotivo.
-Agente
Yagami, questi devono essere portati alla
scientifica, nella speranza di poter risalire
all’identità del cadavere.-
Con
lo sguardo spento e madido di sudore, il ragazzo
afferrò, con la mano che tremava, la busta. Quando ebbe la
certezza di
conoscere benissimo quegli oggetti, si sentì mancare
l’aria.
-Agente.-
cercò di farlo tornare in sé il Sergente.
-Io
mi rendo conto che, essendo la prima volta che si trova
in una situazione del genere, possa sentirsi destabilizzato, ma, se
vuole fare
questo lavoro, deve abituarsi. Potrebbe capitare altre volte di
rinvenire dei
corpi.- quell’uomo aveva preso a cuore il giovane e voleva
aiutarlo, non
conoscendo però il vero motivo del perché Taichi
fosse in quello stato.
Si
sforzò di rispondere nonostante la voce rotta.
-Io,
a dire il vero…- Non riusciva quasi a parlare, ma,
notando lo sguardo indagatore e confuso dei colleghi, si
sforzò nuovamente.
-Io
penso di sapere di chi sia il corpo.- Tutti rimasero
senza parole e si resero davvero conto del perché dello
stato del collega.
-Sei
in grado di contattare la famiglia e farla venire
all’obitorio?- chiese il suo capo.
-Sì.-
concluse desolato e con gli occhi lucidi.
Fissava
incredulo il corpo carbonizzato e la strana
sensazione che aveva alla bocca dello stomaco lo stava divorando. Non
appena
arrivarono alla stazione di polizia, si dileguò in bagno.
Aveva bisogno di
piangere, di sfogarsi. Strinse a sé quegli oggetti. Non
poteva crederci. Perché
mai avevano potuto fare una cosa del genere. Pianse lacrime amare per
una
manciata di minuti, fino a quando uno dei due colleghi che aveva
assistito alla
scena entrò in bagno e gli porse una bottiglietta
d’acqua.
-Mi
spiace tanto per la sua perdita!-
-La
ringrazio.- disse piano, quasi a sentirsi solo lui.
-Se
ha bisogno di essere sostituito per avvisare la famiglia,
posso farlo io.-
-No,
ho scelto questo lavoro perché lo volevo fare, non mi
ha costretto nessuno. È giusto che mi prenda sia il bello
che il brutto. Tocca
a me farlo!- Si asciugò le lacrime e uscì in una
terrazza dell’edificio.
Compose un numero e tirò un respiro prima di inviare la
chiamata.
-Ehi,
Taichi. Che piacere sentirti!- Una voce allegra
dall’altro lato del telefono gli provocò una fitta
allo stomaco.
-Ciao
Sora, ti disturbo?-
-No,
affatto, ho appena finito di lavorare e sto aspettando
la metro per tornare a casa.-
-Devo
dirti una cosa, puoi aspettarmi lì? Passo a prenderti
io.-
-D’accordo!
Ma è successo qualcosa? Ti sento strano.-
-Ci
vediamo fra un po’!- concluse chiudendo la chiamata.
Si
sentì affaticato come se avesse appena finito di fare
una maratona, ma sapeva benissimo che quello era solo
l’inizio. Compose un
altro numero.
-Ciao
onii chan!-
-Ciao
sorellina, dove sei?-
-Sono
davanti al Campus dove studia Takeru. Stiamo
aspettando…- ma la bloccò.
-Devi
farmi un favore grandissimo! Dì a Takeru di chiamare
i suoi genitori e raggiungetemi in ospedale.-
-Ma è succ…-
-Niente
domande, te lo chiedo per favore, Hikari.-
-Va
bene, onii chan.- Hikari capì che dal
suo tono
ci fosse qualcosa di strano, ma acconsentì alla richiesta
del fratello.
Quando
concluse la chiamata, si apprestò ad avvisare il
Sergente Yoshida che la famiglia era stata avvisata e stava arrivando
in
ospedale. Disse anche che al telefono non aveva detto nulla sul motivo
per cui
li aveva mandati a chiamare e il Sergente si complimentò con
gli occhi. Il
tatto delicato del giovane era di certo una cosa apprezzata in
quell’ambiente.
Taichi
prese una moto della polizia e, come stabilito,
raggiunse la ragazza alla stazione della metropolitana vicino alla
scuola di
giardinaggio in men che non si dica. Quando la ragazza lo vide
arrivare, bello
come non mai, con la divisa e la moto della Polizia, quasi rimase
estasiata.
-Oh
mio Dio, Taichi… non ti avevo riconosciuto, sembri
così… diverso!- “e così
bello” pensò la rossa, omettendo
quest’ultima frase.
Corse ad abbracciarlo. Il castano ricambiò
l’abbraccio, ma Sora, dopo essere
salita sulla moto ed essere partiti, chiese senza sotterfugi cosa
dovesse dirle
di così urgente. Così il prescelto
cambiò argomento.
-Allora,
come va con le lezioni alla tua scuola?- la
ragazza si stranì per la risposta mancata, ma rispose
normalmente alla domanda
dell’amico.
-Benissimo!
Ah, sai… mi hanno anche confermato una mostra
di Ikebana. Verrai, vero? Inoltre, Yamato ha l’esame per la
triennale la prossima
settimana. Vogliamo fare una piccola festa…- nell'udire quel
nome, il
prescelto, senza rendersene conto, cominciò a correre con la
moto. L’amica si
strinse a lui preoccupata.
-Taichi,
ti prego, guida più piano.- ma lui non
l’ascoltò.
-Taichi,
per favore- stavolta urlò. E lui decelerò. Il
resto della strada proseguì senza che i due proferissero
parola, finché
arrivarono davanti all’ospedale. Quando il ragazzo
posteggiò, l’amica rimase
sconvolta.
-Che…
che ci facciamo in ospedale?- non rispose, si limitò
a stringerle la mano e a condurla all’ingresso. Non appena
entrarono, trovarono
il Sergente ad accoglierli. Sora era diventata improvvisamente bianca
come un
lenzuolo. Non riusciva più ad esprimersi. Il pensiero
andò dritto alla madre,
ma quell’idea si volatilizzò nel momento in cui
vide entrare e correre verso di
loro Hikari, Takeru e i suoi genitori.
-Che
è successo, Taichi?- sbottò il signor Ishida.
Taichi
stava iniziando a parlare, ma il suo capo lo interruppe facendogli
capire che
avrebbe gestito lui la cosa da quel momento.
-Seguitemi!-
li condusse nella sala mortuaria e, quando
arrivarono all’interno e videro quel corpo carbonizzato, si
guardarono confusi
e preoccupati allo stesso tempo. Il Sergente cominciò a dare
spiegazioni.
-Stamattina
siamo stati avvisati da alcuni passanti di un
corpo carbonizzato nei pressi di Nakano. Giunti sul posto, non potendo
riconoscere l’identità, stavamo per mandare il
corpo alla scientifica. Ma sono
stati rinvenuti due oggetti di proprietà del deceduto, che
l’agente Yagami ha
riconosciuto. Taichi puoi farglieli vedere, per favore?-
Il
ragazzo aprì il borsello e, con gli occhi spenti,
mostrò
la busta trasparente contenente il digivice e il digimedaglione con la
pietra
dell’amicizia rovinati, ma evidentemente riconoscibili. A
Sora cedettero le
gambe e l’amico si appresto a sorreggerla. La signora
Takaishi iniziò a
piangere come una pazza e l’ex marito cercò di
farla calmare con lo sguardo
assente. Takeru cominciò a dare pugni al muro, fermato dalla
sua ragazza,
anch’essa con le lacrime agli occhi. Seguirono dei momenti
devastanti in quella
stanza. Taichi, ad un certo punto, scoppiò pure a piangere
in silenzio, e
strinse a sé una Sora in preda ad uno stato di shock e quasi
priva di vita.
-Perché?
Cosa aveva fatto di male?- Urlò il biondino,
peggiorando gli animi dei presenti.
-Purtroppo
non lo sappiamo. Ma vi assicuro che faremo di
tutto per scoprirlo!- Dopo quella frase il Sergente si
congedò, spiegando che
avrebbe dovuto portare con sé gli oggetti del giovane per
indagare.
La
famiglia di Yamato tornò a casa. Quella sera, anche il
padre di Takeru rimase in casa con lui e sua madre. Nonostante il
divorzio, non
l’avrebbe mai lasciata sola in un momento così
doloroso per tutti loro. Anche
Hikari non lasciò da solo il suo fidanzato e rimase con
loro. Taichi riportò
Sora a casa sua, senza proferire parola durante il tragitto. Quando
arrivò
davanti a casa sua, e la ragazza scese dalla moto, l’amico,
vedendo che non si
reggeva in piedi, non ci pensò due volte e la
accompagnò fino al suo
appartamento. Quando aprì la porta, la madre della rossa le
corse incontro
preoccupata.
-Sora,
ti chiamo da ore, mi hai fatto stare in pensier..-
non riuscì a concludere la frase che, alla vista della
figlia affranta e con
gli occhi gonfi, e di Taichi, in divisa, che non vedeva da tempo,
capì che
fosse successo qualcosa di grave.
La
prescelta dell’amore si buttò al collo della madre
e
iniziò a raccontare tra i singhiozzi quello che era
successo, lasciandola
sbigottita. Le due donne trascorsero quella notte abbracciate
l’una all’altra.
Mentre
Taichi, dopo aver riportato la moto al posto di
lavoro, tornò nel suo attico e si buttò sul
divano. Era distrutto. Si sentiva
svuotato come un pesce fuori dall’acqua.
Aveva un ultimo dovere da compiere. Avvisò Joe,
Koushiro e Mimi
dell’accaduto. Era giusto che anche loro fossero al corrente
della prematura e
ingiusta scomparsa del loro amico. Dopo quell’ultima azione,
non riuscì nemmeno
a spostarsi in camera da letto. Si addormentò sul divano,
stanco e provato
com’era, rivolgendo il suo ultimo pensiero a Yamato.
Era
angosciato e arrabbiato, sì, ma allo stesso aveva una
grande sete di vendetta. Se mai avesse scoperto l’assassino
del suo migliore
amico lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani.
Note
finali:
Ops!
Vi
avevo avvisato che ci avevo preso
gusto ad uccidere la gente! Chiedo umilmente scusa a quelle persone che
amavano
il personaggio di Yamato. Spero di non perdere lettori a causa di
questa nuova
morte, ma questa scelta ha il suo perché, e no, non mi
riferisco solo al fatto
che adesso Sora è libera!
Adesso
le domande sono:
-Chi
è stato ad uccidere Yamato?
-Perché
lo ha fatto?
-E
come reagiranno i nostri digiprescelti
a questa perdita?
Ringrazio
sempre la mia beta Digihuman
e tutti coloro che continuano a leggere e a darmi sempre una spinta in
più a
non mollare la storia.
Perché
diciamocelo chiaro, adesso che
non siamo più sigillati a casa causa pandemia, il tempo a
disposizione è praticamente
contato col contagocce!
Ma
giuro che questa storia avrà una
fine.
Alla
prossima!
Wendy
|
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Capitolo 8 *** L'ultimo saluto ***
Virus
capitolo
7
L’ultimo
saluto
La
morte non è che un cancello…
con
la morte finisce niente,
è
un cancello che si deve attraversare
per proseguire il viaggio.
Dal film Departures
La
mattina seguente Taichi fu
svegliato da un tuono. Non appena aprì gli occhi,
sobbalzò dal divano e, ancora
destabilizzato dalla sera precedente, cercò di capire cosa
ci facesse in cucina
ancora con la divisa addosso, quando, finalmente, riuscì a
collegare ciò che
ero accaduto il giorno precedente. No, non era un incubo. Ora si
ricordava
tutto: il suo migliore amico Yamato era stato ucciso brutalmente da
chissà chi
e per chissà quale motivo. Si affacciò alla
finestra e guardò il cielo nero e
la pioggia tagliente che sbatteva contro la vetrata. Anche il cielo
piangeva e
si ribellava alla tragedia che li aveva avvolti senza preavviso. Se
solo avesse
saputo che non lo avrebbe più rivisto, avrebbe fatto di
tutto per riabbracciarlo
un’ultima volta. Nei suoi pensieri tornò a bussare
il viso stravolto e quasi
assente di Sora nel momento in cui il Sergente Yoshida aveva rivelato
in quel
freddo obitorio cosa fosse accaduto. Una fitta al cuore lo
colpì violentemente.
Aprì il frigo e si versò nel bicchiere un
po’ di acqua, bevendola tutto d’un
fiato. Il suo battito era accelerato e la frustrazione si era
impossessata di
lui. Salì le scale a chiocciola iniziando a spogliarsi.
Buttò i vestiti madidi
di sudore nella cesta dei panni sporchi ed entrò nella
doccia. L’acqua calda scorreva
sul suo corpo liscio e scolpito. Non si accorse che calde lacrime si
stavano
mischiando a quelle dell’acqua che fuoriusciva dal soffione.
Uscì tamponando
tutto il corpo con l’asciugamano, si diresse verso la sua
camera, per poi
infilarsi un paio di boxer neri e una divisa pulita. Era presto, ma non
aveva
nessuna voglia di rimanere a casa per torturarsi il cervello. Scendendo
in
cucina inserì una cialda nella macchinetta del e, dopo aver
bevuto il suo primo
caffè della giornata, munendosi di ombrello, uscì
di casa per correre alla
stazione di Polizia.
Essendo
in anticipo, chiese al
collega all’ingresso se il Sergente fosse già
arrivato e, quando quello annuì,
andò verso l’ufficio del suo superiore.
-Buongiorno,
Sergente Yoshida.-
-Oh,
Agente Yagami, entri pure!-
asserì l’uomo non appena lo vide davanti alla
porta.
-Ci
sono novità sul caso del mio
amico?- chiese rivolgendosi con uno sguardo speranzoso.
-No,
mi dispiace, purtroppo niente
in particolare. Il testimone che ci ha chiamato, ha sentito
l’esplosione ed è
corso nel vicolo, ma non ha visto nulla di sospetto.-
-Capisco.-
rispose il prescelto
demoralizzato.
-Yagami,
perché non vai a casa a
riposarti, sarai esausto per la situazione.-
-La
ringrazio, Sergente, ma sto
bene!- mentì il ragazzo. Stare a casa da solo avrebbe solo
peggiorato la
situazione.
Tornò
nel suo ufficio e cominciò a
sistemare vari documenti sparsi sulla scrivania per tenere occupata la
sua
mente.
Quando
riuscì ad ordinare tutto, la
sua ex fidanzata, l’agente Bellucci, gli portò una
carpetta contenente il caso
Ishida.
-Il
capo ti ha fatto delle
fotocopie, se vuoi darci un’occhiata… magari
può venirti in mente qualcosa.-
-Ah…
okay.- le disse prendendo in
mano i documenti.
-Taichi,
mi dispiace tanto per il
tuo amico.-
-Grazie,
Menoa.- le rivolse un
sorriso quasi accennato. In fondo non era cattiva, erano solo
incompatibili.
“E’ stata gentile”, pensò tra
se.
Continuava
a guardare e riguardare
quei documenti, ma niente. Non riusciva a trovare nessun dettaglio che
potesse
condurlo alla verità. Yamato era sicuramente un ragazzo
apparentemente freddo e
distaccato, si irritava facilmente e con lui se ne erano date di santa
ragione
in passato, ma non aveva mai fatto male ad una mosca. Un episodio in
particolare lo riportò al passato.
Flashback
Digiworld
1999
Dopo
essersi reso conto che suo
fratello Takeru non aveva più bisogno di lui, Yamato si era
allontanato dal
gruppo insieme al suo fidato Gabumon. Aveva fatto quella scelta per
maturare e
crescere interiormente, ma, quando incontrò Cherrymon, il
misterioso e
intelligente digimon dalle sembianze di un albero di ciliegio,
nonché servo di
Puppetmon, uno dei quattro padroni delle tenebre, Yamato era
particolarmente
frustrato. Il digimon, riuscendo a captare la sua
vulnerabilità, riuscì così a
convincerlo che il suo vero nemico fosse proprio Taichi e che la cosa
più giusta
fosse quella di attaccare proprio lui per ritrovare la sua vera
personalità. Era
l’ennesima trappola di un digimon malvagio ed il ragazzo
c’era caduto con tutte
le scarpe. Così tornò dal gruppo di amici,
visibilmente felici del suo ritorno.
Taichi
gli era corso incontro
felicissimo di rivederlo.
-Ciao
Yamato, dov’eri? Ti abbiamo
cercato dappertutto!- Nemmeno il tempo di cantare vittoria per quel
ritorno o
di ottenere una risposta, che rimasero tutti attoniti nel vedere che
MetalGarurumon, il digimon del biondo, aveva attaccato Agumon
chiedendogli uno
scontro.
-Ma
che sta facendo? Glielo hai
detto tu di comportarsi così?-
anche
Sora si era messa tra i due ragazzi cercando di portare
l’amico sulla retta
via.
-Adesso
basta, Yamato, convincilo a
smettere subito.- continuò Taichi incredulo da quella
situazione.
-No,
Taichi, non lo fermerò!- il
digiprescelto dell’amicizia aveva risposto con uno sguardo
crudele.
-Non
lo fermerai? Sei impazzito?-
il castano era veramente stupito da quel comportamento, così
come anche il
resto del gruppo.
Inutile
dire che la discussione
andò per le lunghe e ancora una volta Sora si
fiondò tra i due per mettere
pace, ma il biondo non aveva nessuna intenzione di smettere, al
contrario di Taichi
che si allontanò sbuffando.
-Dove
pensi di andare. Battiti con
me!- urlò il biondo.
-Non
ho voglia di battermi, ci
vuole tanto a capirlo?-
Solo
quando MetalGarurumon gli
barrò la strada, cominciando ad attaccarli, non ci fu
più niente da fare. La
battaglia tra i due digimon iniziò. Come i loro partner,
anche Yamato e Taichi
iniziarono a litigare. Continuarono a prendersi a pugni e ad azzuffarsi
per un
pezzo. Il piano di Cherrymon aveva funzionato: li aveva messi l'uno
contro
l'altro, proprio come voleva lui. Per fortuna in tutto quel trambusto
un’entità
amica si impossessò del corpo di Hikari che
iniziò a spiegare tutti motivi per
cui erano stati scelti per essere i bambini prescelti. Aggiunse,
inoltre, che
ogni digimedaglione rappresentava la qualità migliore di
ognuno di loro.
Dopo
quelle spiegazioni, Yamato si
era tranquillizzato. Taichi gli propose di proseguire il viaggio
insieme, ma
lui rifiutò.
-Ritenevo
che affrontandoti sarei
riuscito a trovare la risposta che cercavo. Lo so che chiedere scusa
non
servirà a niente, ma mi dispiace. In ogni caso, per me
è arrivato il momento di
scoprire la mia vera natura. E questo, amici, è una cosa che
devo fare da solo.
Perciò non proseguirò il viaggio insieme a voi.-
Non
si capacitava del fatto che proprio
a lui avessero dato la digipietra dell’amicizia. Si
separarono ancora una
volta.
Fine
flashback
A
quei ricordi un’altra lacrima
rigò il suo viso. Dopo quell’episodio Yamato
cambiò, divenne finalmente più
maturo. Ciononostante, avevano continuato a punzecchiarsi negli anni e
il
motivo principale era sempre stato Sora. Continuava, però, a
non capacitarsi
del perché potessero averlo ucciso.
Si
era crogiolato per così tanto,
che non si rese conto che era già pomeriggio e che aveva
saltato il pranzo. Ma
del resto non aveva nemmeno un po’ di fame. Quando il suo
turno finì, tornò
subito a casa. Si era messo in tuta e aveva bevuto un energy drink
giusto per
rimettersi un po’ in forza. Accese la tv e si
buttò sul divano, quando il suo telefono
vibrò. Era un messaggio di Sora:
“Ciao
Taichi, il funerale di
Yamato sarà domani alle 16:00.”
Ingoiò
un magone inesistente. Visto
lo stato del corpo dell’amico, avevano deciso di saltare la
veglia come era
solito fare in Giappone, secondo la tradizione Buddista.
Non
rispose a Sora, non gli andava
di scriverle “ci sarò” visto che si
trattava di un evento spiacevole. Ma era
più che logico che sarebbe stato presente anche lui.
Chiamò, invece, il
Sergente per informarlo della sua assenza a lavoro, in maniera tale da
essere
presente al funerale, il quale, comprendendo, non obiettò
minimamente.
Spense
la tv e salì nella sua
camera. Stavolta non si sarebbe addormentato sul divano. Quando si
adagiò sul
letto, nonostante fosse solo tardo pomeriggio, crollò. Aveva
pensato talmente
tanto quel giorno, che non voleva più pensare a nulla.
***
Sora
era rimasta tutto il giorno a
casa della famiglia del suo fidanzato defunto. Erano tutti devastati
dal dolore
e il fatto che non potessero nemmeno organizzare una veglia per lui,
fece
irritare il signor Ishida, che continuò a sbraitare con
l'impresa di pompe
funebri.
Nella
veglia, avrebbero dovuto
chiamare un Tanatoesteta. Il suo compito sarebbe
stato quello di dare al
corpo freddo di Yamato, una bellezza che sarebbe durata per sempre, con
calma,
con precisione, ma soprattutto con tanta amorevolezza.
Poi,
avrebbero presentato il corpo
ai congiunti, come se fosse ancora vivo, e amici e parenti lo avrebbero
potuto
visitare e salutare come si deve, partecipando ad una ricca cena che
sarebbe divenuta
momento di condivisione del dolore. Il diritto di sepoltura, secondo i
Giapponesi,
è quello di preparare il defunto per una partenza serena.
Invece, per Yamato
Ishida tutto questo non sarebbe stato possibile, poiché la
morte che aveva
affrontato non permetteva tutto ciò.
Takeru
era immobile e ammutolito
sul divano della cucina da ore. La sua fidanzata continuava a spronarlo
a
mangiare o a bere senza risultati. Sembrava un vegetale.
Ancor
peggio, la madre era rimasta
a letto tutto il giorno, non voleva vedere nessuno e continuava a
colpevolizzarsi di non essere stata una madre presente per Yamato a
causa del
divorzio. C’erano dei momenti in cui l’ex marito
andava a controllarla e
premurosamente cercava di consolarla.
E
poi c’era lei, Sora Takenouchi,
che si sentiva così vuota e sola. Si sentiva un macigno
sullo stomaco e avrebbe
avuto bisogno di un abbraccio in quel momento. Già, ma da
chi? Pensò per un
attimo a Taichi. Lui, nonostante tutto, era stato il suo migliore amico
e,
proprio in quel momento, aveva tanto bisogno di lui. Non lo avrebbe
chiamato di
certo, eppure continuava a pensare che la sua presenza in quel momento
per lei
sarebbe stata vitale. Quando gli organizzatori stabilirono quando si
sarebbe
svolto il funerale, pensò di avvisarlo, ma, da parte
dell’amico, non arrivò
nessuna risposta.
Proprio
in quel momento arrivò Mimi
e, quando la vide da sola in un angolo a fissare il vuoto, le si
buttò al collo
e cominciarono a piangere all’unisono senza dirsi nulla. Per
fortuna, almeno in
quel momento aveva trovato una spalla su cui piangere.
***
Il
pomeriggio del funerale arrivò.
Davanti
all’altare del tempio, il
corpo di Yamato era disposto dentro una bara. Davanti a quella,
c’era una
tavoletta di legno con inciso il nome postumo assegnato
dal sacerdote.
Il nome postumo è un nome diverso da quello che la persona
ha avuto nella sua vita,
e che si suppone aiuti ad evitare che il defunto ritorni ogni volta che
venga
pronunciato il suo nome. Erano tutti presenti: i genitori del ragazzo,
il
fratello e la sua fidanzata Hikari, Sora e sua madre, Taichi, Koushiro,
Joe,
Mimi, tutte le famiglie dei digiprescelti, i componenti della vecchia
band in
cui suonava Yamato, gli “Knife of day”.
C’era anche Daigo Nishijima e sua
moglie. E altri amici di famiglia e compagni di facoltà del
ragazzo.
Erano
tutti vestiti di nero: gli
uomini con il pantalone e la giacca e le donne in abito o kimono. Ciascun membro della
famiglia offrì incenso
in ordine gerarchico, seguito dagli amici. Ogni persona che gli offriva
l’incenso giungeva dinnanzi all’urna posta davanti
alla bara, si metteva
sull’attenti, tenendo in mano il rosario, si inchinava e
poneva un pizzico di
incenso all’interno; poi si inchinava nuovamente e tornava al
suo posto. Dopo
che il sacerdote terminò la lettura del sutra, i presenti si
allontanarono.
Saltarono la procedura di mettere i fiori nella bara, poiché
era già stata
sigillata per motivi più che ovvi. Dopodiché, la
bara fu disposta su un carro
funebre e ,tutti coloro che avevano assistito al rito funebre,
proseguirono
lungo il corteo, verso il luogo della cremazione.
Arrivati
al luogo stabilito, i
familiari assistettero al procedimento della bara scaricata verso il
forno
crematorio e, non appena l’urna fu riempita delle ceneri del
ragazzo, e venne
coperta con un panno bianco, si svolse un altro corteo funebre per
trasportarla
al cimitero. Dopo quest’ultima fase, tutti salutarono la
famiglia e andarono
via tutti quanti. Tutti, tranne Taichi, che rimase con lo sguardo
spento e
assopito davanti alla tomba dell’amico.
-Mamma,
rimango un altro po’.-
disse Sora a Toshiko, mentre si avvicinava all’amico. La
signora Takenouchi,
notando che non sarebbe rimasta sola, annuì e
tornò a casa.
-Ciao.-
la voce di Sora fece
sobbalzare il castano.
-Sora,
come stai?- fu l’unica frase
sensata che riuscì a spiccicare.
-Strana.-
rispose con schiettezza
l’amica.
Contemplarono
la tomba in silenzio,
poi Taichi sospirò, entrambi si voltarono a guardarsi
intensamente.
-È
tutto così surreale.- asserì
l’amico.
Sora
annuì senza distogliere lo
sguardo dai suoi occhi. Provò a cacciare una lacrima
indietro senza riuscirci e,
notandolo subito, il ragazzo gliela asciugò con il pollice.
A quel gesto Sora
scoppiò in un pianto quasi liberatorio e lo
abbracciò istintivamente. Taichi
all’impatto rimase spiazzato, ma poi la strinse con forza a
lui, accarezzandole
i capelli.
Quell’abbraccio,
che Sora aveva
tanto desiderato, la fece sentire meglio. Rimasero stretti una manciata
di
minuti in silenzio, poi lei si staccò dal suo petto e lo
fissò.
-Taichi,
per favore, promettimi che
mi starai vicino.-
A
quella richiesta esplicita sgranò
gli occhi.
-Te
lo prometto! Ci sarò tutte le
volte che lo vorrai.-
Entrambi
si sorrisero a vicenda,
per poi salutare il digiprescelto dell’amicizia. Poi, Taichi
accompagnò Sora a
casa. Lo aveva promesso a lei, ma anche a se stesso: le sarebbe stato
accanto
ad aiutarla a superare questo brutto momento.
La
morte ci rende tutti uguali:
ricchi, poveri, uomini, donne, non esiste differenza quando bussa alla
nostra
porta. Ma quando le persone che ami se ne vanno, lasciano anche la
tristezza
del vuoto incolmabile a farci compagnia.
Note
finali:
E
niente, oggi sono di poche
parole: sarà colpa del capitolo un po’ triste (che
tra l’altro, considero più un
capitolo informativo che altro), saranno le poche ore di sonno che ho
addosso
(circa 4, o forse anche meno), sarà che ultimamente sono
intasata di lavoro (e per
fortuna, aggiungerei).
Fatto
sta che oggi non mi
dilungherò come al solito.
Unica
cosa che voglio dire è che se
dovessi mancare per un paio di settimane sia con gli aggiornamenti sia
con gli
scambi è solo perché è il periodo
incasinato e non trovo né tempo né
concentrazione. Quindi chiedo scusa in anticipo, ma non appena mi
rassereno e
trovo qualche ora di pace torno tra di voi, croce sul cuore!
Ringrazio
come sempre la mia beta Digihuman
e tutti coloro che leggono e recensiscono, compreso i lettori
silenziosi.
A
presto <3
Wendy
|
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