Bakumatsu Bride Boy

di Miharu_phos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


 

 

 

 

Era una bella giornata quella in cui per la prima volta incontrai Tenma, il ragazzo più dolce e bello della terra, l'amore della mia vita.

 

Io sbuffavo annoiato mentre la mia tata non faceva che blaterare su quanto la mia dieta fosse sbilanciata, camminando di fianco a me con il suo grazioso cestino colmo di verdura e frutta fresca appeso al braccio.

 

Un ragazzo di buona famiglia come me non dovrebbe andare a spasso per il mercato cittadino, per di più insieme alla propria domestica; eppure fin da piccolo io amavo passare del tempo con lei, che mi donava amore più di quanto potesse darmene la mia famiglia.

 

Ero spensierato, punzecchiavo Midori di continuo facendola arrabbiare per dispetto e lei era così presa dai nostri battibecchi che quando quell'urlo furioso attirò la nostra attenzione, fu totalmente inaspettato.

 

Tenma era lì, scaraventato per terra a pochi metri dai nostri piedi. Aveva appena rubato del pane, un semplice e minuscolo panino per potersi sfamare, ma il fornaio non era stato affatto clemente con lui e lo aveva cacciato fuori dalla panetteria a suon di palate sulla schiena.

 

Ero stato cresciuto come un gentiluomo, non potevo restare impassibile di fronte ad una scena simile: fin da bambino ai ragazzi ricchi come me viene insegnato a rispettare tutte le diverse caste che compongono la società, anche quelle inferiori alla propria.

 

Quel ragazzino, Tenma, si poteva dire che allora fosse davvero ai piedi della scala sociale; era scalzo, sporco e ricoperto di graffi e piccole ferite.

 

Il mio animo nobile mi aveva spinto subito a prestargli soccorso, proteggendolo con il mio stesso corpo dall'uomo che continuava ad inveire contro di lui.

 

-Non vedete che non si regge in piedi?! Lasciatelo stare!- avevo gridato.

 

Io non gridavo mai, ero un ragazzo educato e rispettabile, solo i criminali e i pezzenti gridano, la mia tata me lo diceva sempre.

 

Eppure in quel momento sentii un forte istinto dentro di me che mi obbligava a proteggere quel poveretto con tutte le mie forze.

 

Lui si allontanò da me quasi strisciando, aveva paura e mi guardava come se temesse che da un momento all'altro avrei potuto fargli del male.

 

Mi allontanai subito, volevo lasciarlo libero di muoversi ma era evidente che non fosse capace di farlo, era allo stremo delle forze.

 

-Vieni piccolino dammi la mano, ti aiuto- gli avevo detto gentilmente.

 

Midori mi aveva attirato a sé spaventata, sperando che lo lasciassi andare.

 

-Venite via signorino ci guardano tutti- aveva detto lei preoccupata.

 

Io allora l'avevo tranquillizzata con lo sguardo, concedendole un breve sorriso.

 

-Dammi una delle tue mele Midori- le avevo detto gentilmente e lei mi aveva guardato per pochi secondi in preda alla confusione, poi aveva preso una mela dal suo cesto e me l'aveva offerta.

 

-Tieni, hai fame?- avevo domandato poi, regalando il frutto al ragazzino. Lui l'aveva guardato affamato ma non aveva avuto il coraggio di prenderla, così gliel'avevo adagiata con estrema delicatezza in una mano.

 

Lui l'aveva allontanata spaventato, poi si era rilassato un po'. Aveva stretto la mela con entrambe le mani e ci aveva premuto le labbra tremanti sopra, era impaziente di poterla mangiare ma si vergognava.

 

-Adesso lasciatelo stare, potrebbe avere qualche malattia, potrebbe graffiarvi con quelle unghie sporche signorino!- aveva insistito la tata.

 

Il ragazzino continuava a restare a capo chino, così io mi sfilai la mantella e gliela adagiai sulle spalle, poi cercando di non fargli troppo male provai a tirarlo su.

 

Tenma si mise in piedi a fatica, era pelle e ossa e la sua pelle era ricoperta da lividi ed escoriazioni; di certo pagava il poco cibo che riusciva a racimolare con il proprio corpo, ovvero ricevendo continue percosse come quelle appena prese.

 

-Signorino Kyousuke non lo tocchi!- 

 

-Sta tranquilla, lo accompagno in un posto sicuro- avevo spiegato.

 

Mantenevo le minuscole spalle del ragazzino, a giudicare dalla sua statura e dalla sua magrezza gli avevo dato dodici anni inizialmente, nonostante ne avesse già diciassette; era talmente denutrito da aver compromesso la sua crescita, e pur essendo ormai quasi adulto aveva ancora le fattezze di un ragazzino.

 

Sentivo le ossa sporgergli attraverso gli stracci che teneva indosso e mi piangeva il cuore. Volevo aiutarlo, volevo curarlo e tenerlo al sicuro, ma non sapevo cosa poter fare per lui più di offrirgli un po' di cibo e qualcosa che potesse tenerlo in caldo.

 

Lui non fiatava, stringeva la mela lucida fra le piccole mani e moriva dalla voglia di addentarla. Dovevo lasciarlo solo oppure non avrebbe mangiato nulla.

 

-Ecco, qui dovresti stare al sicuro. Non cacciarti più nei guai per favore, va bene?- gli avevo domandato, facendolo sedere su di una panchina accanto al ponte.

 

-Midori dammi tutto il cestino- avevo ordinato poi alla tata e lei me lo aveva concesso sospirando.

 

-Ecco qui, mangia pure quanto puoi. Domani ti porterò qualcosa di più nutriente, va bene?- gli avevo domandato cercando di usare il tono di voce più dolce che io potessi produrre, ma lui era così spaventato, ancora non parlava e non mi guardava neanche, non alzava il mento da quella mela che continuava a premere sulla bocca.

 

Gli lasciai una carezza fra i capelli castani. Erano scompigliati e sporchi, ruvidi, cresciuti come quelli di un leone selvatico.

 

Lui si scostò, terrorizzato dal mio tocco. 

 

Non lo faceva con cattiveria, aveva davvero molta paura di chiunque gli si avvicinasse; ne dedussi che dovevano avergli fatto davvero molto male.

 

-Domani aspettami qui, d'accordo? Ti porterò di nuovo da mangiare- gli avevo detto, questa volta però distanziandomi da lui. Non volevo più spaventarlo, volevo che si fidasse almeno di me anche se a quei tempi ancora non capivo quanto questo fosse impossibile.

 

Penso di non averlo mai capito fino alla fine in realtà.

 

Lui come al solito non rispose; sospirai speranzoso e mi allontanai con la mia tata, voltandomi di tanto in tanto per controllare che stesse mangiando.

 

Lui aveva tirato un morso alla mela a fatica, sembrava avere la mascella dolorante ma la fame era più forte, così cominciò a masticare.

 

-Adesso dovrò fare tutta la spesa daccapo, ma come vi è saltato in mente signorino Kyousuke!- mi aveva rimproverato Midori sbuffando.

 

Sorrisi fingendo di essere divertito dalle sue lamentele ma non smisi neanche per un attimo di pensare a Tenma.

 

A quei tempi non conoscevo ancora il suo nome, non conoscevo niente di lui; eppure sentivo nei suoi confronti un forte attaccamento ed un grande istinto di protezione.

 

Volevo accertarmi che stesse bene, che fosse al sicuro.

 

"Domani ritornerò da te piccolino" pensai dentro di me, allungando sempre di più la distanza fra i nostri corpi ma avvicinandomi sempre di più a lui con il cuore, perché con un solo sguardo mi aveva rapito, mi aveva completamente soggiogato pur non avendo fatto assolutamente niente.

 

Il petto mi faceva malissimo, la pena per lui era troppo grande.

 

Ricordavo i suoi occhi esausti e spaventati e sentivo già un groppo formarsi nella mia gola.

 

Non ero mai stato un ragazzo tanto sensibile, mio fratello Yuuichi lo era di certo molto più di me, tanto che aveva deciso di dedicare la propria vita alla giustizia, entrando a far parte della Shinsengumi.

 

Non avevo mai riflettuto sulle classi disagiate prima di allora; sapevo che andassero aiutate, i miei genitori mi spingevano a fare beneficenza periodicamente.

 

Ma quel ragazzino, spinto per terra con così tanta violenza, colpito senza pietà, per me era stato l'incarnazione stessa della sofferenza.

 

Non riuscivo a ricordare la scena senza provare dolore fisico per l'impossibilità di cambiare la sua vita, per la mia incapacità di salvarlo.

 

Mangiai a malapena quel giorno. Volevo tornare da lui, offrirgli un riparo, dei vestiti che gli permettessero di superare la notte senza patire troppo il freddo.

 

Sapevo che uscire di notte dalla nostra abitazione fosse vietato, infondo c'erano numerose guardie a pattugliare il nostro immenso giardino, mi avrebbero di sicuro scoperto, pensai.

 

Così presi in prestito la divisa di mio fratello e lasciai che i nostri servitori mi scambiassero per lui. 

 

Volevo aiutare quel ragazzino, ormai era diventato il mio chiodo fisso. Io dovevo salvarlo.

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


 

 

 

 

Mentre quella notte camminavo per le strade con la divisa della Shinsengumi sulle spalle, per la prima volta mi resi conto del potere intimidatorio del quale i suoi componenti potevano godere.

 

Nessuno si insospettiva, nessuno si azzardava neanche a guardarmi in faccia; i pochi passanti presenti in strada si nascondevano nei vicoli, sperando di non essere catturati dal mio sguardo.

 

Una volta giunto davanti al ponte non ci trovai, ahimè, il mio piccolo Tenma.

 

Era notte fonda, doveva certamente essersi cercato un riparo per superarla e stare al caldo.

 

Avevo un fagotto con me che avevo riempito di ogni genere di indumento che potesse essergli utile; avevo preso per lui anche del pane, un paio dei miei sandali e delle lunghe calze che potessero tenerlo al caldo.

 

Avrei tanto voluto portarlo direttamente con me a casa mia, ma sapevo perfettamente che la mia famiglia sarebbe stata contraria, così avevo deciso di fare il possibile prendendomi cura di lui in quel modo.

 

-Ehi tu fermo! - avevo detto ad un vagabondo che si era già preparato a fuggire dalla mia divisa.

 

-Si mio signore, ditemi pure sono al vostro sevizio- aveva biascicato quello prostrandosi per terra a mò di inchino.

 

-Avete visto da queste parti un ragazzino? Alto così, dodici anni circa- avevo detto, facendo cenno sul mio petto per mostrargli la statura del poveretto.

 

-Ne ho visti tanti signore, non so a chi vi riferiate di preciso-

 

-Portava una mantella blu di velluto- gli avevo detto allora. Si trattava della mantella che gli avevo regalato al mercato, quando lo avevo aiutato ad alzarsi da terra.

 

-Uno così non passa di certo inosservato, lo avranno derubato subito. Provate a controllare sotto il ponte ad est, spesso ho visto dei marmocchi rifugiarsi lì sotto perché è riparato- aveva spiegato l'uomo.

 

Lo avevo ringraziato educatamente e mi ero incamminato verso il luogo indicato, con il cuore pieno zeppo di speranze. Temevo che lo avessero derubato davvero e che stesse patendo il freddo, così alzai il passo e nel giro di trenta minuti finalmente raggiunsi il ponte, sotto al quale avevo già notato una piccola brace fumante ormai in via di spegnimento.

 

Corsi più veloce quando riconobbi il suo testone arruffato, stava abbracciato a qualcosa che non riuscivo ad identificare, così alzai ulteriormente il passo e lo raggiunsi ormai con il fiatone.

 

Avevo temuto che si trattasse di una persona e invece l'amico del mio Tenma si era rivelato soltanto un cane; un vecchio cane malandato e secco, con un grande istinto di protezione.

 

Non appena si era accorto di me infatti era scattato sull'attenti ed aveva cominciato a ringhiare, svegliando il piccolo Tenma, rannicchiato in mezzo ad un mucchio di stracci logori e maleodoranti.

 

Lui si era tirato indietro spaventato, forse dai colori della divisa che indossavo, così me la sfilai piano e la posai per terra, poi mi avvicinai a lui con cautela, mostrando il fagotto che gli avevo preparato.

 

-Ciao piccolino, sono io il ragazzo di stamattina, quello della mela. Ti ricordi di me?-

 

Lui non aveva risposto ma anzi si era rannicchiato ancora di più in quel mucchietto, quasi come a volersi proteggere da me.

 

-Io mi chiamo Kyousuke, ti ho portato qualcosa di caldo da indossare- gli avevo detto utilizzando il tono di voce più gentile che avessi e solo in quel momento avevo notato che non portasse con se la mantella, né riuscivo a vedere nei paraggi la cesta con la frutta che gli avevano donato.

 

-Hai mangiato?- gli chiesi allora, così lui deglutì dispiaciuto ed abbassò il capo, nascondendo il viso fra le sue gambe magre.

 

Supposi che lo avessero derubato sul serio; era stata colpa mia in effetti, lo avevo reso un bersaglio facile dandogli quella mantella lussuosa e per colpa mia era rimasto anche a stomaco vuoto.

 

Per fortuna avevo preso da casa del pane caldo, che i miei cuochi stavano cuocendo come al solito a notte fonda, così che potessimo avere pane fresco ogni mattino.

 

Aprii il fagotto e come prima cosa gli porsi una delle pagnotte ancora tiepide. Lui aveva ancora paura, non si azzardava a muovere un muscolo, così mi avvicinai ulteriormente e glielo lasciai vicino ai piedini sporchi e induriti dalla miseria. 

 

Mi allontanai sperando che lo prendesse e lui, timidamente, allungò una delle sue mani scheletriche verso di esso e lo accarezzò, facendosi venire gli occhi lucidi per la commozione.

 

-Mangialo, dai. Devi avere molta fame. Non ti preoccupare io non ti faccio niente, ti voglio solo aiutare- gli avevo spiegato allora.

 

Lui aveva preso con le dita tremanti il panino e lo aveva portato sul petto, aspirandone poi l'odore mentre chiudeva gli occhi estasiato.

 

Non volevo che si vergognasse con me ma non sapevo come fare, era così spaventato che avevo timore anche ad aprire bocca davanti a lui, temevo che scappasse.

 

Presi la trapunta che avevo portato da casa per lui e con delicatezza gliela adagiai sulle spalle; lui si paralizzò spaventato, tanto da lasciar cadere la pagnotta che subito afferrai, senza che toccasse il terreno.

 

-Ecco tieni. Non avere paura di me, ti prego mangia- avevo insisto, porgendogliela ancora.

 

Volevo che la prendesse da solo, che superasse le proprie paure una volta per tutte.

 

Lui allungò piano la mano e finalmente la prese; poi la portò alle labbra e provò a dargli un morso, ma un lamento di dolore lo fece bloccare.

 

Doveva avere dei denti marci e malati, supposi; presi il pane dalle sue mani delicatamente e glielo spezzai, poi scavai all'interno e gli offrii la parte più morbida ponendogliela direttamente sulle labbra.

 

Lui le schiuse con fare incerto e senza alzare lo sguardo cominciò a masticarla piano.

 

Ero contento, ero riuscito ad avvicinarmi moltissimo e lui stava mangiando addirittura dalle mie mani, come un cucciolo che pian piano prende fiducia.

 

Allora mi ricordai del suo cane e quando mi voltai a cercarlo scoprii che ci stava guardando affamato.

 

Gli lasciai per terra le croste e lui le mangiò subito, poi portai il mio fagotto davanti a Tenma e lui lo guardò incuriosito ma senza dir nulla.

 

-Queste cose sono tutte per te, ci sono dei vestiti caldi e delle scarpe, e ovviamente altri panini. Adesso io devo andare perché per me si sta facendo tardi, okay? Domani vorrei tornare per medicarti le ferite però. Mi aspetteresti qui?- gli domandai con voce gentile.

 

Lui finalmente ebbe una reazione: annuì, poi abbassò nuovamente il viso per nasconderlo.

 

-Adesso mi dici il tuo nome?- 

 

Lui deglutì, forse stavo correndo troppo.

 

-Va bene, scusami. Se vuoi puoi dirmelo domani- gli dissi allora, poi presi la divisa di mio fratello dal suolo e cominciai ad incamminarmi per andare via.

 

-Tenma- mormorò lui con un filo di voce quando ormai ero a diversi metri di distanza da lui.

 

Io mi voltai toccato e lo guardai con gli occhi pieni di commozione.

 

-Tenma? È un nome così dolce-

 

"Come te" pensai.

 

Lui abbozzò un minuscolo sorriso che mi sciolse il cuore, ancor più di quanto lui stesso con tutto il suo essere così piccolo e fragile aveva fatto fino ad allora.

 

Decisi di lasciarlo in pace, anche se avrei desiderato di poter restare con lui per tutta la notte. 

 

Non vedevo l'ora che fosse l'indomani, volevo parlargli ancora ed avvicinarmi maggiormente a lui. Lo avrei curato da tutte le sue ferite e gli avrei portato qualcosa di delizioso da mangiare, volevo anche dargli del denaro affinché potesse comprarsi il necessario e magari offrirgli quotidianamente un bagno alle terme cittadine così che potesse ristorarsi. 

 

Avrei curato anche il suo cane, volevo che entrambi stessero meglio, non vedevo l'ora di vederlo rifiorire e star bene.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


 

 

Il giorno in cui andai a cercare Tenma per la seconda volta fu decisamente uno dei più traumatici della mia vita.

 

Ero certo di trovarlo vicino al ponte dove gli avevo detto di aspettarmi e al massimo sarei andato a cercarlo nel suo rifugio, quello dove rimaneva insieme al suo cane per la notte.

 

Non lo trovai in nessuno di questi due posti però e la cosa più angosciante fu trovare il suo giaciglio di stracci vuoto, le cose che gli avevo regalato cosparse lungo il fiume ma soprattutto il suo povero cane picchiato e lasciato ammollo sulla riva del fiume.

 

Trattenni un conato di vomito, non riuscivo a credere alla scena catastrofica che mi ero ritrovato sotto agli occhi; presi subito la povera bestia e la adagiai sul mucchio di stracci, sperando che si riprendesse.

 

Mi dispiaceva per il cane ma ero decisamente più preoccupato per il ragazzino, per il mio Tenma che ero stato così stupido da non salvare quando avevo potuto.

 

Avevo aspettato ed avevo sbagliato; lui era sparito ed io mi colpevolizzavo da morire per non averlo preso con me la notte prima.

 

-Piccolino dov'è il tuo padrone? Per favore devi aiutarmi almeno tu, ti prego- gli dicevo, quasi come se sperassi che lui potesse aiutarmi davvero.

 

La povera bestiola era in fin di vita e reagiva a malapena ai miei solleciti, così dovetti lasciarla in pace e guardarmi attorno rassegnato.

 

Non riuscivo a credere di averlo perso davvero, come potevo essere stato così stupido? Il mio Tenma era proprio lì poche ore prima, probabilmente ad aspettare pazientemente che arrivasse l'alba per potermi rivedere ed io lo avevo lasciato lì in balia dei malintenzionati che avevano trafugato tutta la sua roba e fatto a lui chissà cosa.

 

Certo, non fu il momento più terribile nella mia storia con Tenma, ma di certo fu il primo di tanti.

 

Ho sempre fatto un mucchio di errori con lui, con il mio angelo innocente che desiderava soltanto di essere lasciato in pace, di stare al sicuro da solo.

 

Quello fu soltanto il mio catastrofico inizio.

 

Mi recai subito da mio fratello, al dipartimento in cui lavorava insieme ai suoi colleghi per spiegargli l'accaduto; gli altri si misero a ridere quando ascoltarono il mio racconto, ma lui ed il suo collega più affezionato si dispiacquero molto per me e si offrirono di aiutarmi a cercarlo.

 

Non fu affatto facile ritrovare il mio piccolino, lo ricordo bene; passammo la giornata a domandare in giro, ad interrogare i contrabbandieri e i commercianti illegali di schiavi, sperando che sapessero qualcosa di lui ed ottenemmo diverse piste, che si rivelavano una dopo l'altra sempre più inutili.

 

Solo in tarda serata, quando Yuuichi pattugliava con il suo amico Soji lungo le strade dei sobborghi di Kyoto, costellate di locali pieni di ubriaconi, sequestrò un carro carico di ragazzini ammassati e pronti ad essere venduti come servitori.

 

Io non mi ero perso d'animo, avevo portato in salvo il cane ed avevo continuato per ricerche per conto mio, ma quando tornai a casa ricevetti il bentornato più piacevole che avessi mai potuto desiderare: la mia tata mi aveva consegnato il messaggio lasciatomi da mio fratello, dove spiegava l'accaduto e in cui mi domandava di raggiungerlo alla Shinsengumi.

 

Non persi neanche un solo minuto, mi ci precipitai in groppa al cavallo di mio fratello che aveva lasciato a casa per me di proposito e mi diressi trafelato all'interno.

 

-Kyousuke, sei arrivato! Vieni, abbiamo ricoverato tutti i ragazzi in un centro di accoglienza, devi solo dirci chi era il tuo amico- mi aveva detto Yuuichi prendendomi per mano.

 

Io ero così emozionato, mi batteva forte il cuore e non vedevo l'ora di posare ancora una volta gli occhi sul mio dolcissimo Tenma, volevo scusarmi per averlo lasciato lì e supplicarlo di lasciarsi portare via da me.

 

Insieme ai due poliziotti raggiunsi il piccolo ricovero per senzatetto e subito cominciai con discrezione a scorrere sui vari visini giovani e scavati dalla fame di quei poveretti. Una donna stava tagliando loro i capelli, così ne approfittai per osservare le loro testoline mentre attendevano il proprio turno.

 

Non riconoscevo in nessuno di loro i capelli del mio Tenma, così descrissi la sua capigliatura alla donna e lei mi indicò un ragazzino in camicia da notte che se ne stava rannicchiato davanti ad una finestra e guardava fuori singhiozzante.

 

Non avrei saputo riconoscerlo da dietro, ma la statura piccola e scarna sembrava proprio la sua, così mi feci coraggio e mi avvicinai, chiamando cautamente il suo bel nome.

 

-Sei tu? Tenma?-

 

Lui si voltò intimorito, mostrando il suo dolcissimo viso pulito e rigato dalle lacrime. Restai folgorato dalla sua estrema e delicata bellezza, mi sembrava così perfetto da togliere il fiato.

 

Spalancò gli occhi nel riconoscermi e subito abbassò il capo fino al pavimento in segno di rispetto, asciugandosi velocemente le guance.

 

-No Tenma che stai facendo, non c'è alcun bisogno! Ti prego rialzati!- gli avevo detto allora inginocchiandomi davanti a lui per accarezzargli le piccole spalle e fargli sollevare il capo.

 

-Ti hanno fatto del male?- gli chiesi timoroso e lui sussultò a causa del pianto senza rispondere, così gli accarezzai timidamente la schiena, facendo massima attenzione a non essere troppo rude nelle movenze. Non volevo fargli male, dopotutto aveva diversi punti del corpo fasciati e medicati, lì dove avrei potuto medicarlo io se solo lo avessi preso con me la notte prima.

 

-Mi dici perché stai piangendo? Sei preoccupato per il tuo cane, non è così?- domandai, intenerito dalla sua immensa bontà.

 

Lui mi guardò speranzoso ed io gli sorrisi con fare rassicurante.

 

-Non devi preoccuparti per lui, l'ho affidato ai miei servitori e presto starà meglio. Vorrei prendermi cura di lui se me lo permetti e anche di te...vorrei portarti con me a casa mia, lì tu ed il tuo piccolo amico stareste al sicuro- spiegai un po' imbarazzato ma con il cuore colmo di speranza.

 

Il suo sguardo era così sorpreso, a dir poco meravigliato. Temevo che rifiutasse, che volesse restare lì in quel ricovero e lo avrei capito; lo avevo già abbandonato a se stesso una volta, non aveva motivo di fidarsi di me.

 

-Ti prego vieni con me Tenma- lo pregai ancora quasi con le lacrime agli occhi.

 

Lui abbassò il capo con riconoscenza e mi baciò le mani stringendole con delicatezza. Vederlo così mi spezzava il cuore, pur essendo cresciuto per strada conosceva le buone maniere molto meglio di molti aristocratici che conoscevo.

 

Lo trovai così tenero che lo lasciai fare, era il suo modo per sdebitarsi ed io volevo nella maniera più assoluta che lui si sentisse sempre libero di fare quel che sentiva con me.

 

-Allora verrai?- gli domandai accarezzandogli i capelli ormai corti e puliti.

 

Lui sollevò il viso e mi sorrise debole ma emozionato.

 

-Si mio signore- soffiò con la voce più dolce e tenera che io avessi mai sentito.

 

Mi aveva reso così felice soltanto con quelle tre parole, salvarlo e farlo star bene era tutto quello che desideravo ormai, e poterlo tenere con me mi sembrava un sogno.

 

-Allora vieni, donerò del denaro a queste donne per ringraziarle di averti curato, poi gli dirò che sarò io a prendermi cura di te d'ora in poi, okay?-

 

-Si mio signore- rispose ancora lui con gli occhi lucidi.

 

-Chiamami Kyousuke d'accordo? Non sono il tuo signore sono un tuo amico. E tu sei il mio, sarai il mio migliore amico, Tenma- mormorai entusiasta.

 

Lui abbassò nuovamente il capo per l'imbarazzo, così io gli porsi una mano per aiutarlo ad alzarsi; barcollava per la stanchezza e per le ferite, così gli chiesi il permesso di prenderlo in braccio e lui nascose un piccolo sorriso che mi sembrò essere una risposta positiva.

 

Lo strinsi forte a me, annusando il buon profumo di pulito che adesso il suo corpo emanava. Era pelle e ossa, riuscivo a tastargliele semplicemente tenendolo in braccio.

 

Lui allacciò debolmente le gambe attorno ai mei fianchi, era talmente leggero da sembrare un bambino piccolo. Non vedevo l'ora di fargli assaggiare ogni delizia possibile e viziarlo con tutti i lussi della mia casa. Sarebbe stato felice e non gli sarebbe mancato mai niente.

 

Parlai con mio fratello e lo incaricai di informare le donne e lasciare loro del denaro, poi con il suo cavallo tornai nella tenuta della mia famiglia, con il corpicino di Tenma aggrappato al mio; lo feci scendere prendendolo nuovamente in braccio e lo portai in casa di nascosto.

 

I miei servitori facevano finta di niente, ma i miei genitori si sarebbero aspettati una spiegazione ed io sarei stato pronto a fornirgliela.

 

In quel momento però erano già a dormire ed io ero impaziente di veder riposare Tenma nel mio letto.

 

Feci preparare per me un altro letto nella mia stanza, poi offrii il mio a lui. Era così timido e riconoscente, non voleva prenderlo perché gli sembrava troppo, ma io insistetti con gentilezza e alla fine lo convinsi.

 

Lo osservai mentre si stendeva timidamente fra le mie coperte, immaginando la sua pelle liscia accarezzata dalle lenzuola che ogni notte accarezzavano me. Avrei tanto voluto dormire subito con lui, ma mi sembrava invadente, era già tanto se dormivamo nella stessa stanza.

 

Avrei potuto dargli una stanza sua ma non volevo rischiare di metterlo in pericolo, lui doveva stare con me, sarei diventato la sua guardia del corpo.

 

-Non so come ringraziarla mio signore- aveva ammesso dispiaciuto, evitando accuratamente il mio sguardo.

 

Io avevo sorriso per la tenerezza guardandolo dalla distanza dei nostri letti.

 

-Ti prego chiamami per nome. Se lo farai saprò quanto mi sei grato- avevo richiesto allora.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


 

 

 

Mi sembrava che l'incubo fosse finito nel giorno in cui finalmente mi risvegliai nella stessa stanza con Tenma.

 

Lui dormiva profondamente, sembrava così sereno e rilassato, si sarebbe detto che stesse sognando cose meravigliose in quella piccola testolina graziosa.

 

Scivolai cautamente sul letto in cui dormiva e mi stesi accanto a lui, facendo attenzione a non fare movimenti bruschi per non svegliarlo e cominciai ad ammirarlo mentre sonnecchiava sereno.

 

Immaginai che per lui dovesse essere strano dormire in un letto comodo e pulito, al riparo dal freddo e dalle intemperie del tempo; mi permisi si far scorrere alcune dita sulla sua guancia destra, accarezzando la pelle rovinata e pallida del suo piccolo viso.

 

Lui sussultò spaventato, era chiaro che fosse estremamente spaventato dal tocco altrui ed era perfettamente comprensibile quindi che scattasse sull'attenti non appena si sentisse minimamente minacciato.

 

Si ritirò all'indietro nel percepire un altro corpo accanto al proprio, anche se si trattava soltanto del mio.

 

-Ehi piccolino cosa ti prende? Sono io Kyousuke, il tuo amico. Sei a casa mia, ricordi?- gli domandai, così lui si mise a sedere mantenendo la sua espressione diffidente e si guardò attorno preoccupato.

 

-Scusami, non avrei dovuto toccarti. Ti prego torna a dormire, devi essere molto stanco-

 

-Sto bene- aveva soffiato lui con la sua teneva vocina, facendomi sorridere largamente.

 

Sentirlo parlare era talmente raro da farmi memorizzare all'istante ogni singola parola che usciva dalle sue piccole labbra malate.

 

-Oggi vorrei farti visitare da un medico, per te va bene? Vorrei che ti controllasse i denti e che ti prescrivesse una dieta per mettere su un po' di peso- gli avevo detto, mantenendomi a debita distanza da lui.

 

Tenma non mi rispose, si sentiva così indegno delle mie attenzioni che non riusciva a parlare, neanche per ringraziarmi.

 

-Va bene Tenma?- gli domandai avvicinandomi di poco.

 

Lui non si allontanò più e sollevo i suoi grandi occhioni lucidi verso di me, poi piegò la testa sul letto a mo di inchino come aveva fatto la sera prima e cominciò a piangere in silenzio.

 

Era incredulo nel vedere qualcuno che volesse aiutarlo e ricevere delle attenzioni lo emozionava. Io mi sentivo malissimo nel vederlo piangere a quel modo, così gli accarezzai le braccia sottili e mi piegai accanto a lui, mettendo la mia testa esattamente vicino alla sua.

 

Già in quel momento avrei dovuto capire di provare per lui qualcosa che andava ben oltre l'affetto e l'istinto di protezione, ma non capivo, avevo da poco compiuto diciotto anni e ancora non mi rendevo conto di cosa fosse esattamente l'amore, non lo avevo mai provato prima.

 

Volevo abbracciarlo ma lui mi sembrava talmente fragile da potersi spezzare alla minima pressione, così mi limitai a guardarlo negli occhi, resistendo al mio impulso di ricoprirlo di baci.

 

-Ti andrebbe di mangiare qualcosa prima della visita del medico? Poi potremmo andare a guardare come sta il tuo cane se ti va-

 

Gli avevo posto quella domanda tenendo la testa appoggiata sulle lenzuola, a pochi centimetri dalla sua che mi guardava ancora emozionato.

 

-Io non merito tutto questo mio signore- aveva ammesso con tono colpevole.

 

-Lo meriti Tenma, invece. Meriteresti anche di più. Ed io ti offrirò tutto quello che posso, farò ogni sacrificio possibile per te io te lo giuro-

 

-Ma perché proprio me, signore?- aveva domandato timoroso.

 

-Perché ho già rischiato di perderti una volta piccolino. Adesso non voglio più rischiare e voglio tenerti per sempre con me, o almeno finché tu lo vorrai. Lo vuoi, Tenma? Starai qui con me?-

 

-Io vorrei essere un vostro servitore se me lo permettete mio signore- aveva mormorato con un filo di voce.

 

-Io non sono il tuo signore. Sono un tuo amico, Kyousuke. Ti prego, chiamami per nome. Mi addolori chiamandomi signore- gli spiegai.

 

-Mi dispiace tanto, perdonatemi Kyousuke!- si era affrettato a dire nascondendo il piccolo viso contro le lenzuola.

 

Gli accarezzai i capelli, ogni suo gesto mi spezzava il cuore. Lo amavo profondamente ma non riuscivo a comprenderlo ancora, non riuscivo a classificare quel forte ardore che mi bruciava dentro ogni volta in cui lo vedevo agire così.

 

-Sii solo mio amico, te ne prego Tenma- gli dissi allora speranzoso.

 

 

 

Quel mattino mi assicurai che il mio amico facesse un'abbondante colazione, poi assistetti alla visita del medico ed infine andammo a far visita al suo cane, lasciato a riposo dopo aver ricevuto le migliori cure.

 

Proprio mentre io e Tenma, vestito dei migliori abiti pregiati che avevo acquistato apposta per lui, accarezzavamo il suo piccolo amico, mia madre fece ingresso nella stanza e si schiarì la voce per attirare la nostra attenzione.

 

-Non mi hai ancora presentato il tuo amico, Kyousuke. Chi è il nostro ospite?- domandò scettica.

 

-Madre, perdonatemi per non avervi presentato prima il mio migliore amico Tenma. Vorrei accoglierlo in casa nostra- spiegai deciso a mia madre.

 

Lei squadrò il povero Tenma dalla testa ai piedi con orrore, mentre lui tremava di paura a pochi centimetri da me.

 

Gli strinsi la mano nella mia per infondergli coraggio e lui si nascose dietro le mie spalle per il timore.

 

-Mi sembra di aver capito che provenga dalla strada. Spero che tu ti sia fatto controllare da un dottore dopo averlo fatto dormire nelle tue stanze-

 

-Tenma è pulito ed è perfettamente sano, l'ho fatto visitare oggi stesso. Deve solo rinforzare un po' i muscoli e le ossa. Per quanto riguarda la sua provenienza trovo che non abbia importanza madre, mi avete insegnato voi a mostrare riguardo per ogni vita umana, indipendentemente dal ceto sociale-

 

Lei aveva stretto le labbra irritata, poi si era avvicinata a me per tirarmi un lieve schiaffo sul viso.

 

-Addolori tua madre con questa saccenteria, Kyousuke. Liberati al più presto di questo...esemplare, grazie. Non costringermi a far intervenire tuo padre-

 

Io guardai mia madre con le lacrime agli occhi per la rabbia.

 

Si dimostrava la solita ipocrita, fingendo benevolenza con gli estranei ma trattando con disprezzo chiunque non considerasse alla sua altezza.

 

-Tenma è un mio amico e resta con me, madre.- misi in chiaro senza paura.

 

Lei mi guardò disgustata e si voltò, cominciando poi ad allontanarsi da noi mentre i suoi abiti svolazzavano dietro di lei.

 

Tenma si lasciò sfuggire un singhiozzo, così mi affettai a rigirarmi per abbracciarlo e nasconderlo nella mia veste, premendo il suo piccolo capo sul mio petto.

 

-Riportatemi in strada Kyousuke- mi supplicò.

 

Potevo solo immaginare quanto si sentisse emarginato in casa mia, per lui quelli dovettero essere proprio dei tempi difficili, io ero il suo unico protettore e non solo mia madre si era dimostrata ostile alla sua presenza, ma in più i miei servitori non facevano che guardare il povero Tenma con invidia, parlando male di lui sottovoce ad ogni nostro passaggio.

 

Riportai Tenma delle mie stanze e lo rassicurai a lungo; pranzammo insieme facendoci servire il pranzo nella mia stanza da letto, e fu lì che finalmente riuscii a scoprire qualcosa in più su di lui.

 

Venni a sapere che aveva in realtà diciassette anni, e non dodici come pensavo io; gli domandai se ricordasse qualcosa della sua famiglia di origine, ma lui sembrava irrigidirsi di fronte alle domande sul suo passato, così decisi di non insistere oltre.

 

Mi raccontò però di come avesse trovato il suo cane, lo aveva chiamato Sasuke ed era grazie a lui se Tenma era riuscito a sopravvivere talmente a lungo, perché la sua fedele bestiola lo proteggeva da tempo dagli attacchi di altri predatori o malintenzionati.

 

Volevo scoprire di più sulla sua famiglia ma vedevo come l'argomento lo mettesse a disagio e volevo che lui con me si sentisse sempre al sicuro, così mi sforzai di resistere.

 

Dopo pranzo gli offrii un bagno nelle terme di casa Tsurugi e lui per fortuna accettò di farne uso con me.

 

Fu in quella occasione che per la prima volta potei guardarlo nudo. Cominciai a capire che qualcosa in me non andasse, perché il mio corpo di fronte al suo aveva reazioni anomale.

 

Con un panno morbido imbevuto di detergente profumato mi offrii di lavargli la schiena  e lui me lo lasciò fare; fu così difficile trattenermi dallo sfiorare le sue cosce, i suoi pettorali piatti e la sua gola sottile.

 

Non mi ero mai sentito così tanto infiammato verso qualcuno, neanche verso le donne; forse era perché Tenma, oltre a mio fratello, era la prima persona al mondo che avessi mai visto nuda fino ad allora, ma la mia intimità cominciò ad eccitarsi ed io mi spaventai moltissimo.

 

-Tieni Tenma, continua tu- gli dissi gentilmente porgendogli il panno.

 

Lui mi guardò preoccupato, così mi affrettai ad inventare una scusa.

 

-Per me l'acqua è troppo calda, ma tu continua pure. Mi farò una doccia fredda e ti aspetterò all'esterno, quando hai fatto ti riporto nelle nostre stanze per la cena, d'accordo?-

 

Lui annuì imbarazzato e cominciò a sfregarsi piano il corpo con il panno che gli avevo ceduto.

 

Più lo guardavo più mi eccitavo, più mi sentivo in colpa. Dovevo allontanarmi da lì e dovevo farlo al più presto, guardare Tenma in quelle condizioni mi faceva stare molto male e non riuscivo a sopportarlo.

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


 

 

A tavola regnava un silenzio glaciale la prima sera in cui chiesi a Tenma di partecipare ad una cena a casa Tsurugi.

 

Dopo la litigata con mia madre avevo deciso di imporre con la forza la presenza del mio amico e smettere di relegarlo in camera mia, permettendogli di muoversi liberamente ogni volta in cui lo avesse desiderato; ovviamente io sarei stato sempre al suo fianco.

 

Quella sera mia madre guardava Tenma con disprezzo, mio fratello non emetteva un fiato e mio padre mangiava il proprio pasto, sforzandosi di non far trapelare il proprio disagio per la presenza del mio ospite.

 

Tenma stava inginocchiato davanti al proprio tavolino come tutti noi ma non toccava cibo; tremava di paura e fissava le proprie pietanze perché non aveva il coraggio di volgere lo sguardo altrove.

 

-E come ehm, come si chiama il nostro ospite, Kyousuke?- aveva domandato mio padre, schiarendosi la voce.

 

-Si chiama Tenma, padre. Vorrei che diventasse a tutti gli effetti parte della famiglia in realtà-

 

-È un randagio- aveva biascicato acidamente mia madre, lanciando occhiate colme di disappunto verso la figura del mio povero amico.

 

-Le sue origini non hanno importanza, adesso farà parte della famiglia Tsurugi-

 

-Questo lascialo decidere a tuo padre!- aveva tuonato mia madre scattando in piedi.

 

Tenma aveva sobbalzato di terrore e si era chiuso ancora di più in se stesso, così avevo allungato una mano ed avevo toccato la sua veste distesa per terra, per tranquillizzarlo.

 

-Cara, siediti su. Siamo stati noi ad insegnare la generosità ai nostri figli e Kyousuke ha sempre avuto un cuore buono, è comprensibile che voglia aiutare un amico- aveva detto mio padre cercando di calmare la moglie.

 

-Dormono insieme, nello stesso letto! Fanno il bagno insieme completamente nudi! Questo tu lo chiami essere amici?! Tutto questo è indecente e per di più quello è un miserabile proveniente da chissà quale vicolo malfamato di Kyoto! Io non posso tollerare una situazione così scandalosa nella nostra casa!-

 

Mentre mia madre pronunciava quelle parole io osservavo Yuuichi e lo vedevo tremare.

 

Sembrava atterrito, quasi come se fosse schiacciato da una colpa; quelle accuse sconce riguardavano noi due, eppure sembrava come se mio fratello le stesse incassando personalmente, come se fossero state rivolte direttamente a lui.

 

-Sono certo che nostro figlio non sia un tale depravato, cara. Vuole soltanto farlo ambientare in casa, vedrai che presto Tenma diventerà più indipendente-

 

-Sono tremendamente ripugnata da questa situazione e tu caro marito mio mi deludi. Che cosa dirà la gente quando verrà a sapere che l'unico erede della nostra casata giace con un uomo?! Non ci hai pensato?! Abbiamo già dovuto cedere un figlio a causa del suo amore per la legge, adesso perderemo anche il piccolo, e solo per colpa di un lurido pezzente!-

 

-Kyousuke prenderà moglie come tutti i suoi coetanei- aveva messo in chiaro mio padre.

 

Io deglutivo per il profondo dispiacere che provavo per il povero Tenma, volevo obbligare mia madre ad accettarlo e invece lo stavo soltanto mettendo pubblicamente alla gogna.

 

Mi dispiaceva così tanto per averlo messo in quella situazione.

 

-Oh, lo spero bene. Sarebbe veramente una pagliacciata se si venisse a scoprire che non voglia sposarsi perché ama gli uomini- aveva biascicato irritata mia madre ed ancora una volta Yuuichi aveva tremato, chiudendo gli occhi quasi come se volesse mettersi a piangere.

 

-Io non amo gli uomini madre, ma amo il mio amico come amo mio fratello. Voglio proteggerlo e tenerlo in questa casa perché provo affetto per lui- avevo spiegato, così lei si era voltata verso di me, lanciandomi uno sguardo ripugnato.

 

-Non voglio sapere quali siano i tuoi desideri devianti nei confronti di quel randagio, ma sarà meglio per te che te ne liberi subito. Non voglio diventare lo zimbello della mia città- 

 

Detto ciò aveva lasciato la sala da pranzo e mio padre aveva sospirato, riprendendo a mangiare mentre mio fratello si era educatamente congedato dopo aver tamponato le proprie labbra con un fazzolettino.

 

Era successo qualcosa a Yuuichi, era visibilmente turbato, ma allora non potevo ancora capire quali rammarichi tormentassero il suo cuore puro.

 

 

Cercai di convincere Tenma a mangiucchiare qualcosa ma lui non ne aveva il coraggio; attesi che mio padre avesse terminato il proprio pasto e mi alzai dopo di lui, chiedendo che la cena del mio amico gli fosse portata in camera.

 

Lui sembrava stare molto male, guardava fuori dalla ampia finestra e deglutiva con gli occhi lucidi.

 

Mia madre lo aveva molto ferito, tanto da farlo sentire inadeguato alla nostra casa, alla mia amicizia.

 

Mi restava a distanza, come se avesse paura di contaminarmi con il sudiciume che era ancora convinto di portarsi addosso; io mi avvicinai a lui da dietro e lo avvolsi con entrambe le braccia, premendo il suo corpo minuto contro il mio più alto.

 

-Io ti voglio qui con me Tenma. Ti giuro che sarai felice, farò ogni cosa possibile per farti star bene. Devi solo avere fiducia in me- gli aveva sussurrato vicino all'orecchio.

 

Lui non aveva risposto, così lo avevo accompagnato a letto e lui si era tenuto lontano da me di proposito.

 

Quel suo comportamento mi feriva moltissimo ma lui non poteva capirlo e a dirla tutta neanch'io; non capivo perché mai io desiderassi così tanto un contatto fisico con lui, per me era la prima volta in cui avvertivo un tale desiderio verso qualcuno e non riuscivo a classificarlo in altro modo se non come un sentimento anomalo ed innaturale.

 

Dormimmo separati, e fu uno dei tanti errori che commisi allora; al mio risveglio realizzai infatti che Tenma, durante la notte, mi fosse stato portato via.

 

Andai fuori di testa.

 

Supplicai mia madre di ridarmelo, di indicarmi il punto in cui lo avesse relegato, di darmi almeno la certezza che fosse vivo; lei si rifiutava di parlarmi e mio padre non si pronunciava.

 

Mi ritirai nelle mie stanze rifiutandomi categoricamente di mangiare e di bere per tutto il giorno; pensavo al mio Tenma, mi struggevo per lui e per qualunque crudeltà gli fosse stata inflitta da parte di mia madre.

 

L'indomani venni svegliato presto e fui obbligato a vestirmi con abiti eleganti. Ero ancora angosciato per il mio piccolo Tenma ma nessuno, neanche mio fratello, sembrava sapere dove lo avessero portato.

 

Fu allestita una abbondante colazione e mi vennero presentati diversi ospiti; furono condotte al mio cospetto numerose ragazze, fra le quali avrei dovuto scegliere la mia futura moglie.

 

Ero disgustato dal comportamento di mia madre, la guardavo mentre mi sorrideva vittoriosa e la detestavo con ogni cellula del mio corpo. Facendomi sposare una donna avrebbe messo un freno alle tendenze devianti che secondo lei avevo sviluppato con Tenma.

 

Fu allora che ebbi l'idea di legare a me per sempre il mio amico, così da impedire a chiunque da allora in poi di separarlo da me, il suo protettore.

 

-Mi sposerò Madre, ma soltanto quando avrò riavuto il mio amico nelle mie stanze- misi allora in chiaro, senza curarmi della presenza dei nostri ospiti.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


 

 

 

 

Una fitta dolorosa mi attraversò il cuore quando quella sera Tenma mi venne gettato davanti ai piedi come un vecchio straccio.

 

Subito mi precipitai ad aiutarlo, guardando sconvolto mia madre che lo aveva trascinato per la veste da chissà dove.

 

Era tutto sporco, sembrava quasi che lo avesse tenuto nelle stalle in quei tre giorni in cui mi era stato portato via; aveva un labbro spaccato e piangeva con piccoli singhiozzi silenziosi e sommessi, con il corpo quasi denudato e coperto a malapena dalla sottoveste che gli facevo indossare sotto gli abiti.

 

-Che cosa gli avete fatto?! Perché è in queste condizioni?!-

 

Tenma aveva sobbalzato per lo spavento a causa del mio tono di voce troppo alto, così avevo subito cercato di rimediare, inginocchiandomi davanti a lui per stringerlo a me.

 

-Scusami, non volevo spaventarti. Stai bene? Sei ferito gravemente?- gli avevo domandato, e lui mi aveva guardato supplicante, era chiaramente al limite della sopportazione.

 

-Vi prego Kyousuke dovete lasciarmi andare- mi aveva pregato, con un tono di voce talmente straziato da squarciarmi il cuore per la pena.

 

Avevo gli occhi lucidi e li stringevo per non permettere alle lacrime di uscire, ma tremavo fortemente per il furore nei confronti della donna che mi aveva generato.

 

-Adesso esigo che tu mi comunichi la donna che hai scelto per il tuo matrimonio. Vedi di tenere nascosto quel miserabile cencioso e guai a te se ti azzarderai un'altra volta a mostrarlo in pubblico.- aveva messo in chiaro spietata mia madre.

 

Aveva poi fatto svolazzare la sua veste nel voltarsi, allontanandosi da me con il volto invaso dallo sdegno.

 

Io avevo sospirato di dolore, guardare Tenma in quelle condizioni pietose era veramente troppo. Io che gli avevo promesso la salvezza e la protezione lo avevo ridotto adesso come una povera bestia alla mercé delle crudeltà infinite di mia madre.

 

-Mi dispiace così tanto Tenma, io non volevo che ti capitasse questo, ti prego di perdonarmi- gli avevo detto piangendo mentre lui si lasciava stringere privo di alcuna volontà.

 

Perché non reagiva? Perché non mi stringeva a sua volta? Non si fidava di me, temeva forse che lo avrei messo ancora in pericolo?

 

Sarebbe stato plausibile da parte sua pensarlo, dopotutto era stato soltanto a causa mia se mia madre lo aveva percosso e gettato chissà dove.

 

Non avrei mai potuto perdonarmi per la mia infinita incuranza nell'aver lasciato Tenma da solo quella notte, permettendo così a quella strega di sottrarmelo nel sonno.

 

Lo presi in braccio con delicatezza, ormai era come un peso morto, non faceva neanche più lo sforzo di opporsi o aggrapparsi a me e questo mi uccideva.

 

Stava solo ubbidendo al mio ordine di restare con me, di essere mio. E purtroppo quella fu solo la prima volta.

 

Lo adagiai sul mio letto e lui non si mosse, prendendo a guardare il soffitto con il viso devastato dall'angoscia.

 

Voleva andare via, preferiva tornare a vivere per le strade piuttosto che stare insieme a me, prigioniero in quella casa, preda della perfidia vagante che vi aleggiava.

 

-Io e te ce ne andremo da qui, va bene piccolo? Andremo a stare in una casa lontano da qui, dove ci saremo soltanto io e te. Ti voglio sposare Tenma, anche se sei un ragazzo ma non importa, ti sposerò e ti proteggerò per sempre, mai più nessuno si azzarderà ad alzare un dito su di te, perché tu sarai mia moglie, te lo giuro- gli avevo detto mentre gli massaggiavo le gambe nude e infreddolite.

 

Lui non aveva risposto, aveva socchiuso gli occhi per la stanchezza ed aveva serrato le labbra senza rivolgermi neanche uno sguardo.

 

-Tenma ti prego parlami. Dimmi che lo vuoi, dimmi che ti va bene-

 

-Liberami- aveva detto soltanto lui con un filo di voce.

 

Non mi aveva mai dato del tu prima di allora e questo mi fece realmente capire quanto fosse serio in quel momento.

 

Ma io credevo in me stesso, credevo nel mio progetto, nella mia capacità di renderlo realmente felice.

 

-Dimmi una cosa Tenma, perché vuoi tornare in strada? Non saresti felice insieme a me? Avresti tutto- gli avevo detto allora gentilmente e lui finalmente mi aveva guardato debolmente, permettendomi di riprendere a respirare.

 

-Una bella casa grande soltanto per me e te, il tuo amato Sasuke che dorme nel tuo letto pulito e comodo. Ognuno di noi due dormirebbe nella propria stanza e starei tranquillo perché saprei che li, nella nostra casa, nessuno potrebbe farti del male. Avresti bei vestiti e buon cibo caldo e nutriente ogni giorno. Avresti un amico, me. Tuo marito...-

 

Il suo sguardo color tempesta mi aveva sorriso appena, seppur molto debolmente.

 

-Io non posso essere vostra moglie Kyousuke, sono un uomo proprio come voi- aveva detto allora lui, nonostante fosse rimasto visibilmente affascinato dalla mia illustrazione -inoltre non ho una casa di appartenenza, non ho nulla da offrirvi...-

 

-Il matrimonio è l'unione eterna di due persone che si amano, ci basta questo e noi due ci amiamo anche se in modo fraterno. Tu mi ami non è vero Tenma? Sono un tuo amico-

 

-Si signore vi amo- aveva risposto lui in modo un po' forzato.

 

-Voglio che tu sia sincero con me, mio piccolo Tenma. Diventeremo compagni per la vita ma tu sarai libero, solo che sarai al sicuro e in salute-

 

-Va bene- aveva ceduto allora lui -mi tratterete come una moglie?-

 

-No, no non potrei mai! Saremo solo compagni, te lo prometto- avevo detto subito ed in quel momento ci credetti davvero, ero determinato esclusivamente a proteggerlo, non avevo doppi fini.

 

Non li ho mai avuti, lo giuro. 

 

Tutti i miei errori sono stati commessi a causa della mia impulsività, a causa della mia incapacità di trattenere gli istinti.

 

-Allora mi sposerai, Tenma?- gli domandai ancora e lui si morse debolmente il labbro, poi mi sorrise.

 

Io gli presi entrambe le mani per portarmele alle labbra e baciarle con ardore, guardandolo completamente invaso dalla gioia e dal sollievo.

 

-Ti giuro che sarai la persona più felice del mondo piccolo mio. Farò di tutto per vederti sempre sorridere- mormorai, guadagnandomi così uno dei suoi preziosi sorrisi.

 

-Non mi lasciate più da solo allora, finché saremo qui. Ho tanta paura- 

 

Quella sua richiesta mi fece saltare il cuore nel petto.

 

-Dormirò con te in questo letto finché non saremo andati via di qui- gli promisi, poi gli baciai lievemente la fronte e gli adagiai la testa contro il mio torace, godendomi il suo respiro caldo sulla gola scoperta.

 

Già allora mi sentivo un impostore, ma gliel'avevo promesso, non lo avrei mai trattato come una moglie e ci credevo davvero.

 

Eppure sentirlo così vicino a me, scatenava nel mio corpo così tanta frenesia da farmi quasi tremare per l'impeto incontenibile che mi bruciava dentro.

 

Volevo convincermi di star facendo tutto ciò soltanto per benignità, così mi trattenni a lungo, confidando di riuscire col tempo a sopprimere i miei pensieri.

 

Amare un uomo non era normale ed io mi sforzavo con ogni cellula del mio corpo di dimostrare a me stesso che quella fiamma che ardeva nel mio cuore non fosse amore romantico, ma semplice affetto.

 

 

 

 

 

L'indomani informai mio fratello della mia scelta e lui mi guardò commosso ma al tempo stesso estremamente spaventato.

 

Mi aiutò nella stipulazione dei documenti e nel giro di due giorni io e Tenma, fatto passare accuratamente per una donna, fummo legalmente sposati all'insaputa dei miei genitori.

 

Mio fratello fu accanto a me quando comunicai loro la notizia; Tenma era già al sicuro nella casa che i miei genitori avevano preparato per la mia famiglia negli anni addietro, per cui mia madre non poté più sfogare in alcun modo la sua rabbia su di lui.

 

Ascoltammo la sua sfuriata, poi venne il turno di mio padre, al cui parere tenevo particolarmente.

 

-Sognavo una cerimonia in grande per il mio unico figlio in grado di sposarsi. Mi dispiace tanto che tu abbia deciso di farlo di nascosto Kyousuke, ma capisco il tuo timore, data la vera natura della tua attuale sposa. Sta solo attento a tenere la cosa segreta, per favore. Non vorresti mai gettare biasimo sul buon nome della nostra famiglia, ne sono certo-

 

-Certo che no padre, Tenma passerà per sempre per una donna quando saremo in pubblico. Quanto alla cerimonia sono pronto a concedervela se la ritenete necessaria per la nostra immagine- 

 

Mio padre aveva annuito, era innegabilmente deluso dalle mie azioni ma faceva del suo meglio per non darlo a vedere.

 

-Dimmi soltanto una cosa Kyousuke. Tu provi attrazione sessuale per quel ragazzo?-

 

Yuuichi si irrigidì e deglutì pesantemente di fronte alla domanda che mi era stata posta.

 

-No padre. Voglio solo proteggerlo, non potrei mai deludervi in quel modo-

 

Mio fratello strinse le palpebre e sospirò pesantemente, spaventandomi ancora di più.

 

-Ne ero sicuro. I miei figli sono brave persone. E adesso andate, congedatevi-

 

Io e mio fratello ci inchinammo, poi ci allontanammo dalla sala; io per salire a cavallo, mio fratello invece per raggiungere le proprie stanze.

 

Non mi insospettii neanche in quel momento, quando lo vidi chiaramente piangere mentre attraversava il porticato interno della casa.

 

Lo osservai perplesso, poi lasciai quella triste abitazione alla quale non appartenevo più.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


 

 

 

 

 

Un semplice bacio sulla guancia per suggellare la nostra unione, un sorriso sincero e devoto sul viso di Tenma ed un sospiro rassegnato da parte di mio padre.

 

I festeggiamenti che riempirono il giorno del nostro matrimonio furono brevi, semplici ma estremamente raffinati.

 

Il ragazzo che da quel giorno diventava pubblicamente mia moglie era circondato da infinite attenzioni, mille riguardi e gentilezze come non ne aveva mai ricevuti prima di allora; si stringeva a me, come se volesse sfuggire da tutta quella socialità nascondendosi nella mia veste.

 

Ci fu un elegante banchetto per l'occasione, alcuni brevi spettacoli di danza per intrattenere i nostri invitati ma niente di troppo eccessivo; Tenma non solo veniva fatto passare per una donna, ma era anche privo di alcuna genealogia e cognome che potesse rendergli onore in qualche modo, per cui mio padre ritenne saggio non mettere troppo in vista la sua figura.

 

Lui non parlava, sia per l'eccessiva timidezza, sia per mascherare il suo tono di voce che personalmente avevo sempre trovato molto grazioso.

 

Nessuno sembrava avere alcun sospetto, era talmente delicato e gentile nei suoi modi che a vederlo con quegli abiti femminili io stesso lo avrei scambiato per una ragazza.

 

Ci ritirammo insieme nella nostra abitazione, a bordo di una carrozza ricevuta in dono quello stesso giorno. Tenma sembrava sereno, aveva ormai in me grande fiducia e mentre osservava l'esterno con aria tranquilla io cercai la sua mano sul sedile, incontrando subito il suo favore.

 

La strinse a sua volta concedendomi un dolce ed appena accennato sorriso; io sospirai per la beatitudine e mi sporsi su di lui per baciargli la fronte, poi gli avvolsi la schiena con un braccio e lo strinsi a me delicatamente.

 

-Come ti senti, sei stanco?-

 

-Un po' ma sto bene Kyousuke, vi ringrazio- mi aveva risposto lui timidamente.

 

-Voglio che d'ora in poi tu mi dia del tu, sono tuo marito ricordi?- gli avevo domandato con un piccolo sorriso divertito.

 

Lui però il sorriso lo aveva perso, di fronte a quella frase.

 

-Ma certo, scusami- aveva risposto prontamente, diventando tutto d'un tratto rigido fra le mie braccia.

 

Era così difficile interagire con lui, così pericoloso quasi. L'equilibrio fra noi era estremamente fragile, lui si fidava ma non completamente, perché conservava per me nonostante tutto ancora un po' di timore.

 

Se gli domandavo di fare una cosa ubbidiva, prendendolo come un ordine impartito da un capo; non riuscivo a capire se la sua continua assertività, fosse dovuta al suo effettivo essere costantemente d'accordo con me, oppure ad un innato istinto di accontentare le mie richieste nella paura di contrariarmi.

 

E fu proprio questa mia incapacità di riconoscere le sue azioni svolte spontaneamente ad ingannarmi, a guidarmi verso la demolizione di quel ragazzo tanto puro ed ingenuo, un ragazzo che si fidava di me e che mi stava affidando la sua vita, il suo corpo.

 

-Ci facciamo servire la cena appena arriviamo a casa? Cosa ne pensi?- gli avevo domandato per cercare di avere nuovamente la sua attenzione.

 

-Ti faccio compagnia mentre ceni se è quello che desideri- mi aveva risposto subito lui.

 

-Vorrei cenare insieme a te- gli avevo sussurrato io allora, prendendogli una mano per baciarla teneramente sul dorso.

 

Sapevo che lui non era realmente mia moglie, sapevo di non potermi prendere certe libertà. Ma vederlo vestito in quel modo mi faceva sentire fortemente vicino a lui e desideravo soltanto poter accorciare la distanza per stringerlo a me, stringerlo forte senza nulla a separarci, neanche i vestiti.

 

Lui sforzò un piccolo sorriso, poi abbassò lo sguardo.

 

-Allora ceneremo insieme- aveva detto con un filo di voce.

 

-E poi dormiremo nella nostra camera nuziale- avevo aggiunto io contento, facendolo deglutire palesemente a disagio.

 

-Si- aveva risposto in un soffio.

 

Avrei dovuto capirlo, si avrei dovuto perché Tenma ci era già arrivato.

 

Ma non si oppose mai, o meglio non in modo esplicito.

 

Lui voleva rendermi lieto, offrirmi un servizio eterno con la sua presenza che io avevo richiesto, come la prestazione di una comune domestica.

 

Non riuscivo a vederlo ancora, ma era così che lui intendeva il nostro rapporto; lo capii più avanti, quando fu talmente chiaro da non poter più essere frainteso.

 

Cenammo in silenzio, uno di fronte all'altro; poi lo accompagnai in camera da letto e lo guidai verso il nostro letto matrimoniale, di fronte al quale lui mi guardò spaventato, quasi supplicante.

 

-Se preferisci possiamo dormire separati, qui non potrà portarti via nessuno. Puoi tenere il tuo cane, questa è camera tua-

 

-Tu vuoi dormire insieme a me?-

 

Era una domanda, una richiesta di informazioni per capire come allietare meglio il proprio padrone.

 

Io però lo presi come un invito.

 

Avevamo trascorso la prima notte in quella casa insieme, ma solo perché avevo ancora un po' di paura nel lasciarlo solo e volevo rasserenarlo.

 

Quella sera però non c'erano scuse, Tenma era ormai al sicuro. Avrei potuto lasciarlo solo. Avrei potuto lasciarlo solo tutte le notti a seguire.

 

-Mi piacerebbe moltissimo Tenma- gli risposi allora in preda alla contentezza.

 

Ci cambiammo indossando le vesti da notte, uno di fronte all'altro senza vergogna.

 

Non era la prima volta in cui lo vedevo completamente nudo, eppure quella sera fu diverso perché ero diventato suo marito.

 

Sentivo di avere su quel corpo un diritto, un diritto che però non ti viene concesso da un pezzo di carta.

 

Mi avvicinai a lui da dietro e lo abbracciai. Eravamo nudi, pelle contro pelle, il mio petto contro la sua schiena, la mia intimità contro il suo bacino piccolo e stretto.

 

-Ti voglio bene Tenma- gli soffiai contro, respirando poi il profumo del suo collo.

 

Lui sorrise brevemente, aspettando pazientemente che io mi fossi staccato, poi si affrettò a ricoprire il suo corpo, come se un semplice pezzo di stoffa sarebbe potuto bastare per proteggerlo da me.

 

Ci stendemmo sotto le coperte ed io strinsi subito insieme i nostri corpi. Quella notte non lo toccai, a malapena toccavo me stesso all'epoca, non avrei saputo neanche come fare, cosa fare di preciso.

 

Credevo in me, mi illudevo di volere da lui solamente quello, una forte vicinanza e dei ti voglio bene sussurrati nel buio, dove lui non poteva vedere la mia espressione eccitata ma poteva sentire i miei respiri pesanti sulla sua pelle. 

 

-Qui saremo felici amico mio. Te lo giuro- gli dissi vicino all'orecchio.

 

-Ti credo, Kyousuke- aveva detto lui allora, mormorando quelle parole come se fossero state una richiesta, una supplica di non squarciare il velo sottile di castità che ancora era debolmente teso nel nostro rapporto, ma che si andava sempre di più sfilacciando.

 

 

 

 

 

 

Detesto pensarla così, ma fu colpa di mio fratello.

 

Di mio fratello e del suo compagno, il suo caro amico che si concedeva a lui in segreto ogni giorno, contro la parete del loro ufficio al dipartimento della Shinsengumi.

 

Quando li trovai mi sentii privato della mia innocenza, anzi della mia intera infanzia. Mi sentii sciocco, stupido, cieco.

 

Erano passati pochi giorni dal mio matrimonio ed ogni notte il mio dolce Tenma mi aveva permesso di appoggiarmi contro il suo corpo, avvertendo il mio bisogno ma assecondandomi nel volerlo ignorare.

 

Non ne parlavamo, non c'era problema se entrambi lasciavamo che fosse soltanto un segreto nascosto nelle tenebre della notte.

 

Quel giorno però, di fronte a quella scena erotica e proibita, qualcosa in me si risvegliò: era la lussuria. 

 

La verga di Yuuichi affondava fra le natiche del suo amico Soji con gentilezza, i loro fianchi si muovevano in sincronia e le labbra di entrambi rilasciavano lievi e quasi impercettibili sospiri di piacere.

 

Ero geloso, avevo scoperto un mondo a me negato, morivo dal bisogno di unirmi al corpo di qualcun altro e dare sfogo ai miei istinti soppressi.

 

Seguivo la mano gentile di mio fratello sulla lunghezza del suo compagno e desideravo imitare quel gesto su di me...su Tenma.

 

Non biasimai neanche per un secondo Yuuichi e Soji; li invidiai. 

 

Avevano un paradiso segreto, si davano piacere a vicenda, erano felici.

 

Anch'io volevo essere felice e mi convinsi di poterlo essere con il mio amico, il mio compagno Tenma, mia moglie, il mio sposo.

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


 

 

 

Avrei potuto cercarmi qualcun altro, adesso per me è facile pensarlo.

 

Si avrei potuto, nessuno mi avrebbe giudicato, dopotutto i bordelli sono popolati da donne e uomini pronti ad esaudire ogni richiesta dei propri clienti, esistono proprio per questo.

 

Nella mia mente però c'era solo Tenma, era a lui che pensavo mentre ricordavo la scena che avevo guardato di nascosto nell'ufficio di mio fratello.

 

Io come Yuuichi e lui come Soji. Era questo che volevo, da stupido ragazzino viziato quale sono, abituato ad ottenere sempre tutto quello che vuole.

 

-Buongiorno caro Tenma. Mi stavi aspettando per pranzare?- domandai al mio sposo, entrando nella sala da pranzo allestita durante la mattinata.

 

Avrei voluto passare le mie intere giornate insieme al mio piccolo tesoro, ma mio padre mi aveva affidato parte delle sue responsabilità dopo il mio matrimonio, e dovevo dunque cominciare a fare la mia parte nella famiglia Tsurugi.

 

Invidiavo mio fratello, lui era totalmente libero dagli impegni di mio padre grazie alla professione che si era scelto; io avevo deciso però di non deludere ulteriormente l'uomo che mi aveva generato ed avevo acconsentito ad occuparmi insieme a lui dei nostri affari.

 

Per tutta la mattinata però non avevo fatto che pensare a Tenma. Ricordavo la scena di mio fratello con il suo amico, ricordavo i loro gemiti e mi eccitavo, cercando di sopprimere le mie emozioni e contenerle fino al mio ritorno a casa, dove il mio dolce e bellissimo sposo mi aspettava.

 

Immaginavo il nostro incontro come quello di due sposi veri, dove la moglie si inchina davanti a suo marito e attende umilmente di essere posseduta da lui, dalla sua forza.

 

Sognavo, vagavo con la mente immaginando il mio Tenma prostrato per me, mentre si apriva con fiducia sotto al mio corpo e mi pregava di farlo suo.

 

Scoprire che il sesso fra uomini fosse possibile mi aveva aperto un mondo che fino ad allora mi era stato negato; io e Tenma potevano davvero unirci, potevamo fare l'amore esattamente come uomo e donna.

 

Ed io non vedevo l'ora di fare di lui la mia sposa a tutti gli effetti, consumando il nostro matrimonio ancora acerbo e casto.

 

Mi piegai su di lui baciandogli una guancia affettuosamente, poi presi posto davanti al mio banco e gli augurai buon appetito.

 

Lui era silenzioso, lo era sempre stato infondo, anche se ormai in casa nostra tutti i nostri domestici conoscevano perfettamente il suo tono di voce, così come la sua vera natura.

 

Si ostinavano a chiamarlo Signora, era stata una mia richiesta, così come lo era stato farli giurare sulla propria vita che il genere sessuale di Tenma sarebbe rimasto per sempre un segreto, una verità da custodire nella nostra abitazione senza mai farla trapelare all'esterno.

 

Nell'intimità della nostra casa esigevo che il mio compagno potesse sentirsi libero di non fingere più. Era per quello che gli avevo concesso di vestirsi con abiti maschili, non volevo di certo forzarlo, anche se vederlo in vesti da donna al nostro matrimonio mi aveva a dir poco incantato.

 

Terminammo il nostro pasto, gli posi alcune domande e lui si sforzò di rispondere con premura e cortesia.

 

Gli proposi un bagno nelle nostre vasche termali che non avevamo ancora provato e lui accettò, prendendo la mano che gli porgevo.

 

Mentre camminavo con il suo piccolo corpo accanto al mio mi trattenevo, cercavo di resistere almeno finché non fossimo rimasti completamente soli.

 

Lo spogliai io, delicatamente e con lentezza, lui mi lasciò fare guardandomi negli occhi soltanto una volta ma trovandoci dentro impazienza, ardore, abbassando poi subito lo sguardo.

 

Lo presi per un fianco per guidarlo nell'ampia vasca, lui si immerse lentamente in acqua ed io subito mi affiancai a lui.

 

Lo abbracciai da dietro, premendo il suo sedere nudo contro la mia intimità, lui si irrigidì ma non si oppose ancora; cominciò a farlo quando posai una mano sul suo membro a riposo.

 

Fu la prima volta in assoluto in cui Tenma si rifiutò tacitamente di eseguire una mia richiesta.

 

Scappò letteralmente dalle mie braccia, sgusciando via grazie all'acqua calda che ci circondava.

 

Guardai il suo corpo fuggire via dalla vasca senza alcuna spiegazione, mentre rischiava ripetutamente di scivolare a causa dei piedi bagnati e del corpo gocciolante.

 

Ero rabbioso, non riuscivo ad accettare quel suo modo di fare, mi feriva. 

 

Non aveva mai reagito in una maniera simile e per me fu estremamente deludente non incontrare il suo favore.

 

Non ci vedemmo più per tutto il giorno.

 

Quella sera feci preparare sul nostro letto nuziale degli abiti femminili, spiegando alla domestica che avrebbe dovuto farli indossare a Tenma: erano le tipiche vesti giapponesi dedicate alla prima notte di nozze di una sposa.

 

Avevo la mascella serrata mentre mi dirigevo verso la nostra camera da letto con decisione, con l'intenzione chiara di consumare il nostro matrimonio, di bruciare di passione contro il suo corpo candido, quel corpo di mia proprietà.

 

Quando entrai nella nostra stanza rimasi esterrefatto dalla perfezione della sua figura. Era inginocchiato sul letto, con quei graziosi vestiti a decorare il suo corpo minuto.

 

Sorrisi, avviandomi lentamente verso di lui, salii sul letto apprestandomi al suo corpo e gli presi il viso fra le mani, scoprendovi delle lacrime che lo rigavano lungo le guance.

 

-Stai bene piccolo mio?- gli domandai premurosamente.

 

Lui non rispose, mi guardò con quegli occhi colmi di dolore e paura, facendomi stringere il cuore nel petto.

 

-Voglio farti vedere una cosa bella, moglie mia. Una cosa che non avrei mai creduto possibile-

 

Lui chiuse gli occhi addolorato ed io gli scoprii una spalla, baciandogliela subito dopo mentre inspiravo il profumo soave della sua pelle.

 

Gli baciai il collo, risalendo fino al mento, poi avvicinandomi sempre di più alla bocca lo guardai e con un ansimo gli catturai le labbra contro le mie.

 

Lui spalancò gli occhi atterrito e si ritirò indietro debolmente, strizzando gli occhi per l'orrore.

 

-È così, dunque- singhiozzò intimorito -mi tratterete come una moglie, Signor Tsurugi- 

 

Fu quel modo di chiamarmi a farmi risvegliare, quel suo modo di rimarcare i nostri diversi ruoli all'interno dell'accordo che infondo restava il nostro matrimonio.

 

Solo allora, di fronte a quella frase così piena di rassegnazione, mi ricordai della promessa che gli avevo fatto.

 

Lui era mio amico, il mio compagno di vita, certo ma pur sempre un mio amico, mio fratello.

 

Mi guardai dall'esterno per la prima volta, realizzando quanto la mia figura fosse stata nei nostri primi giorni di matrimonio abusiva e irrispettosa.

 

Tenma era il mio sposo, certo, ma era un uomo proprio come me e purtroppo non sembrava voler assumere la stessa attitudine di Soji.

 

Supposi che volesse attuare l'opposto, sarei stato anche disposto ad umiliarmi come Soji pur di unirmi a lui; ma sembrava che a lui spaventasse l'idea di avere un rapporto in generale, di qualunque natura esso fosse stato.

 

Non voleva, non mi voleva. 

 

Era giusto così, lo avevo accettato, si lo avevo finalmente capito; l'errore successivo, l'unico errore che Tenma abbia mai commesso, infatti fu proprio il suo.

 

-Hai ragione, non so cosa mi sia passato per la mente, Tenma. Ti prego di perdonarmi e dimenticare l'accaduto di questa sera. Buonanotte- gli dissi con il cuore attanagliato dal rimorso.

 

Lui non disse niente, ed io non lo guardai più; lo lasciai libero, volevo solo che lui stesse bene, volevo che potesse dimenticare quello che avevo fatto, perché le mie azioni stavano facendo soffrire anche me, mi facevano sentire sporco, meschino.

 

Mi pentii dei miei tentativi perversi di sottometterlo a me e giurai di non torcergli mai più neanche un capello.

 

Mi andava bene, purché lui potesse dimenticare tutto e ricominciare con me come due amici, come due semplici conviventi.

 

Tenma però era talmente puro da cominciare a colpevolizzarsi senza che io potessi saperlo. Se solo lo avessi capito, se solo non mi fossi lasciato guidare soltanto dai miei bisogni animaleschi e lo avessi guardato attentamente negli occhi lo avrei percepito.

 

Quello però fu il suo errore: non essere sincero con me.

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