Shot Down

di bekka981
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli attori ***
Capitolo 2: *** Chadwick James ***



Capitolo 1
*** Gli attori ***


La prima goccia toccò il parabrezza della Maserati nera quando la Luna, alta in cielo, illuminava la città, avvolta temporaneamente in quella che era una nube di silenzio.

La quiete prima della tempesta, aveva pensato l'autista bianco alla guida dell'auto mentre seguiva con lo sguardo quella goccia scorrere lentamente lungo il vetro, distraendosi così dal disco rosso del semaforo scattato pochi secondi prima che arrivasse all'incrocio.
Pochi secondi più tardi, invece, il suo sguardo cadde sullo specchietto retrovisore: rifletteva la figura di un ragazzo, seduto sui sedili posteriori, ed intento a guardare fuori dal finestrino la città buia.

La sua tonalità di pelle era ben diversa da quella rosa dell'autista, paragonabile ad una pesca poco matura, poiché si avvicinava ad una tavoletta di cioccolata al latte, ossia la causa del nervosismo serale dell'autista che, invano, aveva tentato di nascondere. D'altronde, una pesca poco matura non poteva essere altro che se stessa.

Sul bordo del marciapiede di pietra grigia che affiancava la Maserati nera, una donna bianca dai lunghi capelli mori prese per mano il figlio, di all'incirca quattro anni, dopo avergli comprato un bel pacchetto di caramelle gommose. La donna guardò una volta a destra e una volta a sinistra, prima di attraversare la strada e mantenere il passo lento del bambino; e mentre gli occhi dell'autista rosa e della donna si incrociavano, un sorriso spuntò sul volto del bambino non appena aveva notato la somiglianza tra le strisce bianche, che ornavano l'asfalto, e la zebra.

La seconda goccia che cadde, toccò il finestrino dell'auto che affiancava la Maserati nera, una semplice Cinquecento rossa, definita dalla proprietaria "piccola, ma graziosa". La ragazza dalla pelle lattea, a bordo di quest'auto, era affacciata a quel finestrino e, quando quella goccia aveva toccato il vetro, aveva sorriso appena, e tracciato con l'indice la sua traiettoria sulla condensa, creata dall'umidità di quella sera di settembre. In sottofondo suonava melodiosa la voce calma, ma glaciale, della madre che non smetteva di ripeterle le medesime cose degli ultimi cento giorni.

Il semaforo, posizionato sul ciglio della strada, era ancora rosso quando gli sguardi dei due ragazzi, entrambi affacciati a propri finestrini, si incontrarono per quell'arco di secondi. L'uno discriminato per la sua carnagione considerata un elemento che definiva diversa la razza a cui apparteneva, e l'altra che voleva solo cucire con ago e filo la bocca minuta della donna che l'aveva messa al mondo.

Un istante durò quel contatto di sguardi, silenzioso, breve, ma abbastanza da far percepire ad entrambi il bisogno che li accomunava, ossia gettarsi fuori dalla portiera non appena il motore delle due macchine si sarebbe acceso.

E bastò quello stesso istante affinché si illuminasse il disco verde del semaforo.

La madre bianca dai lunghi capelli mori accelerò il passo sulle strisce, tenendo sempre per mano il bambino, e raggiungendo in fretta la pietra grigia del marciapiede; mentre l'attenzione dell'autista rosa della Maserati nera e della donna, a bordo della Cinquecento rossa, tornò sul semaforo.

Verde.

Il motore delle due auto si accese, quest'ultime accelerarono in direzioni diverse e quel contatto di sguardi raggiunse il capolinea, senza che nessuno dei due ragazzi si gettasse davvero fuori dall'auto negli istanti che seguirono.

La terza, e ultima goccia prima della tempesta, venne a contatto con il tessuto nero del cappuccio di una ragazza che percorreva il marciapiede di pietra grigia sul lato opposto della città. 
I suoi anfibi neri, definiti da appuntite borchie, finirono per bagnarsi dalla pioggia che prese a cadere vorticosamente qualche secondo più tardi, avvolgendo la città in una nube d'acqua; ma a quella ragazza corvina non sembrò importare, tant'è che si sfilò il cappuccio lasciando scoperto i suoi capelli, i quali divennero fradici assieme ai suoi vestiti in pochi secondi.

E mentre questa ragazza si lasciava avvolgere dolcemente dalla nube d'acqua, poco prima di andare a ripararsi quasi svogliatamente sotto la tettoia del bar, nonché la sua meta; un ragazzo dalla chioma blu, conosciuto da molti ma amico di nessuno, maneggiava alle nove di sera con una forcina per capelli nella serratura di una panetteria non più aperta al pubblico. Il volto camuffato da un passamontagna, il cappuccio nero sulla nuca, e il corpo percorso da scariche di adrenalina.

Non appena riuscì nel suo intento e mise un solo piede all'interno del locale, il suo sorriso vittorioso si spense, però, nel sentire l'allarme. Il ragazzo si affrettò subito a scavalcare il bancone, e a procurarsi un sacchetto di carta per poter rubare i resti del cibo della giornata conclusasi.

Dei passi pesanti che scendevano le scale risuonarono però nel locale, ed una voce maschile e rauca interruppe il dialogo muto del ragazzo con il trancio di pizza che stava mangiando estasiato. Riccioli blu scavalcò per la seconda volta, con una strabiliante facilità e velocità, il bancone, a discapito del proprietario che, non riuscendo a prenderlo, gli urlò contro i peggior malocchi. Intanto, il giovane ladro correva via alzando in alto un braccio per mostrare il suo dito medio.

E, mentre il ragazzo nero scendeva dalla Maserati nera pagando l'autista bianco con una bella somma di denaro e si dirigeva verso l'entrata dell'edificio che gli avrebbe portato i peggior incubi; la ragazza lattea si tuffava con un sospiro pesante sul suo letto avvolta nella nube bianca che era la sua camera e fissava il soffitto, che campeggiava su di lei, con una terribile sensazione di vuoto; la ragazza corvina iniziava il suo turno notturno nel bar della città con l'enorme scritta rossa neon Red Room; ed infine, riccioli blu correva per le strade buie della città con un enorme sorriso in volto.

Vite diverse, pelli differenti, famiglie distinte, ma stesso film.
Loro erano gli attori passivi di un libro già scritto in tutti i suoi minimi dettagli.
Un libro che, però, avrebbe preso irrimediabilmente una piega diversa.

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Capitolo 2
*** Chadwick James ***


Splash.

Il biscotto toccò la superficie del caffè macchiato.

Rumoroso nella silenziosa sala da pranzo, ma confortante alle orecchie del ragazzo che rimase in ascolto.

Due paia di occhi, gli uni verdi luccicanti e gli altri neri come la pece, si voltarono nella direzione di quest'ultimo, chinato sulla sua tazza e con lo sguardo perso al suo interno.

La donna dagli occhi verdi, vestita in modo raffinato con una gonna rosso fuoco e un blazer del medesimo colore, rimase a fissare il ragazzo: colui che si era presentato senza alcun preavviso nella sua umile dimora di oltre cinquanta ettari di terreno.
Un colpo di tosse fece quando distaccò lo sguardo con pura irritazione e, fissando la sedia di pelle vuota davanti a sé con un piccolo sorriso, si portò la tazza di ceramica alla bocca per prendere un sorso del suo mattutino tè, aromatizzato alla menta.

In piedi, di fianco a lei, fermo e pietrificato come una statua, alloggiava il maggiordomo dagli occhi scuri, rivestito come un pinguino danzante con tanto di papillon e gilet grigio. Il suo nome era ignoto nella casa, tant'è che la donna vestita di rosso lo battezzava con un nome diverso ogni qualvolta lo nominasse. 
Non era molto esperto nel mestiere avendo solo ventisei anni ed essendo, esso, il suo primo lavoro. Infatti, quando si ritrovò a fissare il ragazzo con gli occhi fissi su quel biscotto, distolse immediatamente lo sguardo quasi come se si fosse scottato, per quel suo gesto così spontaneo tanto quanto poteva parere maleducato, o impertinente, agli occhi del suo capo.

Chadwick Frederick James si chiamava il ragazzo in questione, o almeno così lo conosceva la signora elegante, il maggiordomo dai tanti nomi, i più importanti imprenditori di Inghilterra e coloro che avevano fatto parte della sua infanzia, prima che i suoi divorziassero e che lui, assieme alla madre, lasciasse Brighton per nascondersi a Wyoming, lo stato meno popolato dell'America.

Nessuno sapeva cosa realmente fosse successo quell'anno, dieci anni prima. Giravano così tante voci a Brighton sul conto dei James che, alla fine dei conti, la verità non si avvicinava neanche lontanamente a quelle assurdità.

"Henry", la signora in rosso chiamò il maggiordomo.

"Mi dica, signora James".

"Portami...", un sorriso guizzò sulle labbra rosse della donna e fu esso a fermarla sulle sue stesse parole.
I suoi occhi scattarono nuovamente sul nuovo arrivato, il quale, fissava ancora il biscotto che ai bagnava sempre di più nel caffè.
"...due bicchieri di prosecco", concluse. "uno per me e uno per... Lucas".

Si dice che gli uomini ricchi siano snob, superflui, insensibili. Ed è vero, o meglio la maggior parte delle volte lo è. Negli altri casi si tratta solo di persone che hanno raggiunto quell'estremo conto in banca per pura ambizione, per portare la differenza nel mondo, per fare la storia.

Ma le donne, le donne ricche, quando sono potenti, si fanno valere molto più degli uomini. Sono esperte di provocazione e seduzione, sono tentatrici, predisposte a tutto purché si faccia a modo loro. 
Le donne ricche sono mille volte più potenti degli uomini, e Sadie Fleur Agatha James ne era la prova vivente.

Chadwick lo sapeva bene. La conosceva poco, certo, ma abbastanza da sapere che sarebbe stata disposta a tutto pur di avere tra le mani tutto il potere che possedeva il padre, nonché il suo terzo marito.

Non appena il maggiordomo uscì dalla sala da pranzo, lasciando soli i due con ben tre metri di distanza a dividerli, Sadie James sorrise con un che di divertimento, notando che il ragazzo non aveva ancora alzato lo sguardo, né risposto per correggere il nome che, lei stessa, aveva casualmente sbagliato.

C'era troppo silenzio in quella stanza, ma a nessuno dei due infastidiva.
Lei si cibava e nutriva da sempre del silenzio che correva per i corridoi lunghi ed infiniti della sua dimora.
Lui, invece, ne era immune, totalmente indifferente e resiliente a ciò che li circondava, e a colui che puntualmente era assente a tavola.

Chadwick alzò per la prima volta gli occhi dal suo caffè macchiato, quando il biscotto era affondato, e aveva toccato il fondo della tazza. 
Sapeva che il biscotto non sarebbe più riemerso nella stessa forma, così come lui stesso non sarebbe tornato ad essere il figlio perfetto che suo padre pretendeva che fosse. Non se, dopo ben dieci anni di assenza, non si degnava nemmeno di uscire dalla sua gabbia di ufficio per salutare suo figlio.

"Come è andato il viaggio?", si concesse, Sadie James, cortesemente di chiedergli.
Credeva che così lo avrebbe dissuaso dal suo stato di "mutità", ma si sbagliò.

Lui, infatti, non le rispose ed uscii dalla stanza senza proferire alcuna parola ad anima viva, nemmeno al maggiordomo che incontrò nel suo percorso verso la porta di ingresso, il quale, stava portando il vassoio d'argento recante il prosecco e i due bicchieri richiesti da Sadie James.

"Alla buona ora, Jordan!", affermò lei non appena lo vide varcare la soglia, scaricando così su di lui il nervosismo che l'aveva pervasa.

"Mi scusi, io-", ma Sadie James lo mutò con un gesto della mano.

Si lasciò andare ad un sospiro frustato alzandosi in piedi, prese un bicchiere di prosecco e se lo scolò tutto in un sorso, finendo per fare una smorfia di disgusto. "Fa pena".

Imbarazzo, puro imbarazzo, provò il giovane ragazzo maggiordomo.
"Vu-uole altro, signora James?", chiese paonazzo.

"Porta l'altro bicchiere ad Andrew. Se ne vuole un altro, daglielo. Anzi... portagli l'intera bottiglia", scrollò le spalle con un piccolo sorriso di circostanza. "Nel caso in cui si sbronzi, avremo due problemi in meno durante l'arco della giornata. Lui e...", fissò il fondo del bicchiere, l'ultima goccia trasparente con quel riflesso giallognolo. "... questo prosecco che fa ribrezzo pure alla mia collezione di borse di Louis Vuitton!".

* * *

La James Golden Future non era solo l'azienda più stimata e adibita di Brighton, ma anche la più importante e ricca di tutta l'Inghilterra. Essendo un'azienda petrolifera si trovava tra i maggior responsabili per il cambiamento climatico; ma, essendo fondata da Andrew Xavier James, nessuno aveva il potere di interferire nei suoi affari, né di impedirgli il commercio. 
D'altronde era indispensabile al giorno d'oggi, quando la bottiglia di plastica che, tutti i giorni, alloggia sulla tavola di tutti è stata fabbricata con il petrolio estratto dalla James Golden Future.

A Brighton, una città balneare inglese, a circa un'ora di treno a sud di Londra, sapevano tutti dei loschi commerci e affari di quest'ultimo. Ma nessuno aveva mai tentato di intromettersi in questioni simili. 
Vivi e lascia vivere era diventata la nuova filosofia adottata dagli abitanti di Brighton, soprattutto dopo quel giorno d'estate in cui tutto cambiò.

La stampa sosteneva le proprie idee, idee che erano state fatte passare dagli abitanti di Brighton come verità. Si sosteneva infatti che Sarah Cruz, la vecchia Sarah James, nonché la ex-moglie di Andrew James e la co-fondatrice della James Golden Future, aveva rotto ogni contatto con l'azienda, chiesto il divorzio dal marito e ottenuto la tutela del figlio, lasciandosi così alle spalle Brighton, per sempre.

Da quel momento, da quel giorno d'estate in cui la Mercedes di Sarah Cruz voltò la strada senza ritorno, l'azienda era rimasta nelle sole mani di Andrew James. 
E per gli anni che seguirono, l'umo in questione continuò a lavorare nell'ignoto, nell'oscurità, senza farsi più vedere in pubblico. Così losco e silenzioso che molti finirono per credere che fosse morto, e che qualcun altro stesse gestendo l'azienda all'insaputa della stampa.

Tutti sapevano che, sotto sotto, ci fosse ben altro di un semplice divorzio, ma nessuno aveva più avuto il coraggio di proferire parola sull'accaduto, o su quella famiglia. Forse per paura, o per altro, ma poco importava.

Vivi e lascia vivere.

E la situazione, così come tale filosofia, non mutò negli anni.
La James Golden Future fu dimenticata.
Andrew Xavier James fu creduto come morto, così come suo figlio e sua moglie.

Tutto, però, prese quella piega diversa che nessuno si sarebbe mai aspettato quando, quel tredici settembre alle otto di mattina, il figlio, nonché l'unico erede rimasto della famiglia James, varcò la soglia dell'Arcadia Valley High School, inaugurando così ufficialmente il ritorno dei James dall'oltretomba.

Una frase ben precisa vagava tra gli studenti della scuola: "Chadwick James è tornato".

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