Remus e Tonks. Storia della luna e della sua rosea metà.

di serejane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Prologo

Una terribile tempesta infuriava nel cielo quel pomeriggio di inizio agosto. Non era particolarmente strano, a Londra il tempo cambiava in continuazione, poteva esserci un sole splendente e, pochi attimi dopo, una pioggerellina fine e fastidiosa. Nel sottosuolo della città, all'interno del Ministero della Magia, i dipendenti ne erano ignari, ben protetti e nascosti da tutto e da tutti.

In quel momento, però, c'era qualcuno irritato quasi quanto la bufera che imperversava fuori. Ninfadora Tonks era intenta ad analizzare un'infinita pila di documenti e di certo quella non era una delle sue attività preferite. Era diventata Auror per poter combattere attivamente contro i criminali, non per stare seduta alla scrivania. I suoi capelli, che cambiavano colore in base alle sue emozioni, erano rossi come ogni volta che doveva affrontare qualcosa di terribilmente seccante. 
«Per la barba di Merlino! Nessuno mi aveva avvisata di tutte queste scartoffie», imprecò sbattendo un pugno sulla scrivania e facendo volare dei fogli per terra. 

«Ecco ci mancava solo questa, accidenti a me e alla mia sbadataggine!» 

Iniziava a innervosirsi sempre di più, ma dato che in quel momento si trovava da sola in ufficio poteva dare libero sfogo alla propria frustrazione. Divideva la stanza con il suo superiore, Kingsley Shacklebolt, un mago di bell'aspetto ma soprattutto simpatico e disponibile. Per la ragazza era più un amico che un capo, con lei era sempre stato alla mano e pronto ad aiutarla e indirizzarla. All'inizio di un nuovo lavoro è difficile per tutti adattarsi, ambienti e persone sconosciute mettono a dura prova chiunque, ma Kingsley l'aveva presa per mano e l'aveva affiancata. L'aveva fatta sentire meno sola e l'aveva trattata da pari. Di solito Tonks non aveva quindi problemi a lasciarsi andare davanti a lui, ma si sentiva più a suo agio senza la sua presenza.

Tre colpi ben decisi contro la porta la fecero sussultare. Non aveva idea di chi potesse essere.

«Chi è?»  

«Alastor»   , rispose una voce dura e inconfondibile.

«Entra!»  

La ragazza gli corse incontro abbracciandolo. Chi conosceva Alastor Malocchio Moody sapeva quanto fosse burbero e poco incline ad esternazioni affettuose. Ninfadora però costituiva un'eccezione per lui, era stato il suo mentore durante l'addestramento Auror e l'aveva sin da subito considerata la sua protetta. Era raro che una persona entrasse nelle grazie dell'uomo ma lei lo aveva in qualche modo affascinato, aveva capito che dietro alla sua solarità non si nascondeva superficialità ma del potenziale. Così l'aveva seguita per tutto il periodo accademico e le aveva insegnato tutto ciò che sapeva. 
La ragazza lo invitò a sedersi:

«Che cosa ci fai qui? Ti annoi troppo in pensione?»  

Malocchio ignorò la frecciatina di Tonks e le disse:

«Immagino che tu sappia le novità.»

«Ti riferisci al ritorno di Voldemort o alle direttive di Caramell? In tutta sincerità non ho mai creduto che avesse il coraggio di un leone, quindi mi aspettavo che avrebbe smentito la notizia.»

«Brava ragazza, sapevo che non saresti stata d'accordo con il suo atteggiamento e infatti sono qui proprio per questo.»

«Che vuoi dire?"

Alastor lanciò un incantesimo insonorizzante verso la porta e rispose:

«Credo che i tuoi genitori ti abbiano parlato della Prima Guerra e di come spesso abbiano aiutato l'Ordine della Fenice....»

Lo interruppe ed esclamò:

«Sì certo! Silente lo ha formato di nuovo?»

«Esatto e sta cercando nuove reclute. Stasera ci sarà la prima riunione e vorrei sapere se sei interessata a venire.»

Ninfadora si alzò in piedi eccitata e rispose:

«Andiamo Malocchio per chi mi hai preso?! Certo che lo sono! Se c'è anche solo una remota possibilità di poter fare qualcosa contro Voldemort, voglio partecipare!»

«D'accordo, ti aspetto fuori dal Ministero alla fine del tuo turno.»

«Oh dai! Non mi dirai altro fino a stasera?»

«E' troppo rischioso farlo qui, avrai tutte le risposte più tardi.»

Alastor si alzò dalla sedia pronto ad andarsene, ma si fermò di colpo, come se si fosse appena ricordato qualcosa.

«Prima che me ne dimentichi, preparati ad incontrare tuo cugino.»

Tonks rimase scioccata e chiese:

«Di quale dei tanti pazzi stai parlando?»

«Sirius Black.»

La ragazza non riuscì a trattenersi e urlò:

«Che cosa?!»

«Ecco te l'ho detto proprio per evitare che tu reagissi così dopo. È innocente, ma ci sarà tempo per le spiegazioni. Ci vediamo dopo.»

Ninfadora rimase da sola e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza. Continuava a pensare alle parole del suo mentore e a ciò che le aveva rivelato di Sirius. Prima che venisse imprigionato ad Azkaban era stato spesso il suo babysitter dato che era molto legato a sua madre Andromeda. Tonks lo adorava, la faceva divertire e l'aveva sempre trattata come una piccola principessa. In tutti quegli anni non aveva mai creduto alle accuse contro di lui ed era stata contenta di sapere che fosse riuscito a fuggire, solo che lo credeva nascosto chissà dove, non si aspettava certo di poterlo rivedere. Quella riunione si prospettava molto interessante e la ragazza non vedeva l'ora di terminare il suo lavoro.

Quel pomeriggio sembrava interminabile, ma quando arrivò la fine del suo turno Ninfadora corse fuori. Notò subito Alastor e lo raggiunse. Lui la condusse in una stradina poco trafficata in modo da potersi smaterializzare senza essere notati e le fece leggere un pezzetto di pergamena che recitava: GrimmauldPlace n°12.

«Imparalo a memoria e distruggilo», le disse con il suo solito tono autoritario.

«D'accordo», Tonks chiuse gli occhi per pensare e quando li riaprì diede fuoco al foglietto.

In un attimo si ritrovarono in una via di Londra che Ninfadora non conosceva, ma non aveva un grande senso dell'orientamento, sarebbe stata capace di dimenticarla dopo esserci passata più volte. Rimase a guardare il palazzo davanti a sé che stonava con tutti gli altri accanto. Era un vecchio e scuro edificio che non aveva niente a che fare con quelli intorno bianchi e ben più moderni. Malocchio le diede una pacca sulla spalla e la invitò a seguirlo. L'ambiente interno non era migliore di quello esterno: una carta da parati consumata, damascata e dalle sfumature verdi tendenti al nero riempiva tutto il corridoio mentre il pavimento era ricoperto da tappeti rosso Borgogna. Quadri che ritraevano probabili antenati della famiglia erano appesi uno dietro l'altro, separati solo da pochi centimetri. Ninfadora girava la testa a destra e a sinistra disgustata, l'odore di muffa le impregnava le narici  impedendola di respirare. Non sapeva a chi appartenesse quella casa ma di sicuro i proprietari avevano il gusto dell'orrido. Con la testa all'insù e lo sguardo perso inciampò in un qualcosa di duro e indefinito.

«Ahi! Cosa accidenti era?!», urlò cercando di intercettare in quell'oscurità l'oggetto che le aveva causato tanto dolore. Dietro di sé c'era un grande porta ombrelli grigio a forma di gamba di troll.

«Non avevano proprio altro posto dove metterlo?», esordì irritata più per la propria goffaggine che per l'oggetto posizionato in mezzo al corridoio.

«Traditori nella mia casa! Sporchi mutaforma! Cacciate i sanguemarci da qui!!!!»

Una voce squillante iniziò ad urlare talmente forte che Ninfadora dovette tapparsi le orecchie, mentre Alastor non sembrava neanche più farci caso.

«Ma chi è?», chiese la ragazza nel rendersi conto che il suono proveniva da uno dei ritratti.

«Oh! Vedo che hai conosciuto la mia simpatica madre.» Tonks, che nel frattempo aveva abbassato le mani, si girò e riconobbe subito la persona che aveva parlato. Non lo vedeva da dodici anni ma non avrebbe mai potuto dimenticare il suo viso.

«Sirius», sussurrò. I due cugini rimasero a guardarsi per un tempo indefinito. Entrambi con gli occhi che brillavano, lucidi di lacrime pronte a scendere da un momento all'altro. I cuori che battevano all'impazzata come se risuonassero un ritmo già conosciuto. Poi, in un attimo, Ninfadora corse e si tuffò tra le braccia di Sirius. Lui la strinse forte, la sollevò e la fece volteggiare proprio come faceva quando era ancora piccola. Lei iniziò a ridere tra le lacrime e quasi gli urlò:

«Quanto mi sei mancato!

«Oh sicuramente tu di più principessa!» Le rispose felice di averla ritrovata.

La rimise giù, la scostò un po' da sé per guardarla e le disse:

«Devo dire che sei cresciuta bene! Sei bellissima!»

«Oh smettila!» Rispose lei imbarazzata, assestandogli una pacca sulla spalla. Poi guardò oltre e si accorse che dietro c'era un grande tavolo attorno al quale erano sedute un sacco di persone con gli occhi puntati su di loro. Sirius si rese conto di quanto a tutti dovesse sembrare strano un benvenuto del genere, così le prese la mano e la condusse all'interno della stanza. Tonks diventò tutta rossa, non solo aveva dato spettacolo appena entrata con l'incidente con la gamba di troll e il quadro della zia, aveva pure frignato davanti a tutti. Di sicuro non era il comportamento che si sarebbero aspettati da un Auror.

Silente, che si trovava alla sua sinistra, si alzò per toglierla da quella situazione d'imbarazzo.

«Eccola qua la nostra nuova recluta, Ninfadora Tonks!»

La ragazza storse il naso nell'udire il suo nome che tanto odiava, ma cercò di trattenersi nel correggere subito il suo vecchio insegnante.

«Alastor ci ha detto grandi cose su di te, sono molto contento che tu abbia accettato di venire. So che conosci già alcuni membri, ma preferirei che rimandaste i saluti e le presentazioni a dopo la riunione, purtroppo non ho molto tempo.» Silente le sorrise e la invitò con un gesto a prendere posto.

«Solo un'ultima cosa Ninfadora», proseguì.

«Sì?»

«Benvenuta nell'Ordine!»

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Ninfadora si guardò intorno alla ricerca di un posto e notò una sedia libera proprio di fronte a suo cugino e accanto a un uomo che non aveva mai visto. Quando si accomodò lui parve non notare la sua presenza: era troppo intento ad ascoltare ciò che Silente aveva da dire.

«Non mi dilungherò nel parlare del ritorno di Voldemort, se siamo qui è perché tutti ci crediamo e non penso di dovervi convincere...», stava dicendo Albus Silente in quel momento.

Tonks però non sentiva neanche una parola, non riusciva a distogliere gli occhi dalla persona al suo fianco. Dalla posizione in cui si trovava non aveva una chiara visuale, ma ciò che più l'aveva attirata e incuriosita era la sua guancia piena di cicatrici. Ricordava una tela con cui un bambino si era divertito nel dare spennellate casuali. Ninfadora non riusciva a capire come mai non fosse riuscito a cancellarle, probabilmente erano la conseguenza di un incantesimo di Magia Nera. Come attratto da una calamita l'uomo si girò e le sorrise. La prima cosa che la ragazza pensò è che aveva un meraviglioso sorriso, di quelli che riescono a riscaldarti il cuore; in contrasto con gli occhi che invece erano malinconici, segnale di una qualche sofferenza interiore. Si accorse solo dopo che tutto il viso era ricoperto da segni. Anche Tonks sorrise e lui non poté fare a meno di notare quanto risplendesse, sembrava aver portato il sole in quella lugubre stanza. Si guardarono per un tempo indefinito, come incatenati da un filo trasparente. 

«Remus, Ninfadora il primo turno di domani lo affido a voi!» La voce di Silente riscosse i due che si sentirono come colti in fallo. I capelli della ragazza diventarono rossi per l'imbarazzo, ma cercò di ricomporsi subito. Il problema più grosso è che non aveva capito niente di quello che aveva detto il preside e che non aveva la più pallida idea di che cosa avrebbe dovuto fare con l'uomo di cui ora, per lo meno, conosceva il nome.

«Remus»,continuò Silente, «ti affido Ninfadora perché sono certo che saprai guidarla e dirle ciò che deve sapere come membro dell'Ordine».

«Certo, sarà un piacere», gli rispose senza però esserne troppo convinto.

Tonks osservava questo scambio di battute pensierosa: prima di tutto avrebbe dovuto ricordare a Silente che odiava il suo nome e in secondo luogo si domandava il perché dell'inquietudine di Remus. Non sembrava troppo felice nel doverla aiutare e non ne capiva il motivo, neanche la conosceva. 
Nel frattempo il preside aveva concluso la riunione e tutti si erano alzati. Anche la ragazza seguì il loro esempio, voleva parlare con Sirius e farsi raccontare che cosa si sarebbe dovuta aspettare dal pattugliamento, a costo di fare la figura della sciocca.

«Tesoro caro che bello rivederti!», una donna dagli inconfondibili capelli rossi stritolò Tonks tra le sue braccia.

«Molly!»Riuscì a rispondere nonostante la stesse quasi soffocando.

«Ci sei mancata moltissimo nell'ultimo periodo! Devi rimanere a cena con noi, ho preparato un sacco di cose e non accetterò un no!»

«Mamma ha ragione, è quasi un mese che non passiamo un po' di tempo insieme», si intromise Bill dandole anche lui un abbraccio.

Ninfadora non si sarebbe mai sognata di rifiutare, mamma Weasley sapeva essere molto autoritaria, ma soprattutto aveva una gran voglia di passare del tempo con tutta la famiglia. Ai tempi della scuola aveva conosciuto Charles con cui era nata una stretta amicizia, ogni anno per le feste o durante l'estate lei andava spesso a trovarlo alla Tana e così si era affezionata a tutti gli altri. Era presto diventata come una di famiglia.

«Mi dispiace, anche voi mi siete mancati, ma purtroppo al Ministero è scoppiato il caos e io ho dovuto lavorare molto più del solito.»

«Tonks non fartene una colpa, conosco bene anche io la situazione», l'ultimo ad arrivare fu Arthur che le diede un bacio sulla fronte proprio come se fosse sua figlia.

Intanto Sirius e Remus erano in piedi in un angolo ad osservare la scena.

«Lunastorta non fare il timido come sempre, va da lei a presentarti!» Sirius lo incitò con una pacca sulla spalla. Era arrivato il momento, gli altri componenti dell'Ordine erano dovuti tornare alle loro occupazioni quindi rimaneva solo lui. Remus, però, non era mai particolarmente contento di incontrare nuove persone, in un modo o nell'altro a un certo punto si trovava costretto a confessare il suo segreto ed ogni volta era terrorizzato. Era stato rifiutato o allontanato troppe volte nella sua vita, la gente era disgustata e lui non riusciva a fargliene una colpa. Si accorse che i Weasley non circondavano più Tonks e che lei stava giusto andando verso di lui e suo cugino, così fece un respiro profondo e le andò incontro.

Attirò la sua attenzione e le disse:

«Ninfadora, non mi sono ancora presentato ufficialmente, sono Remus Lupin.»

La ragazza sussultò nel sentire il suo nome, si accorse che in realtà non le dava fastidio come al solito ma non poté fare a meno di dire:

«Tonks, per favore. É davvero un piacere poter conoscere uno dei più cari amici di Sirius, quando ero piccola mi parlava spesso di voi.»

«Tuo cugino mi aveva avvisato di non chiamarti per nome, ma io lo trovo adorabile!»

«Che cosa?! Questa è bella, oltre a mia madre non ho mai sentito nessuno dire una cosa del genere!» Esclamò con gli occhi sbarrati.

«Beh allora spero che questo mi conceda il diritto di poterlo usare», rispose lui con una strizzata d'occhio complice.

Ninfadora fece finta di riflettere ma ricambiò l'occhiolino e rispose:

«Ci devo pensare.»

«Tonks!!!» Fred, George e Ron Weasley, fin ad allora rinchiusi in un'altra stanza, arrivarono di corsa e si gettarono addosso alla ragazza per abbracciarla. Non se lo aspettava, perse l'equilibrio e caddero tutti a terra sopra di lei.

«Accidenti, nessun uomo era mai riuscito a metterla in una posizione del genere e ce la fanno dei pischelletti come voi!!!» Esclamò Bill che non aveva fatto a meno di notare l'ingresso eclatante dei fratelli.

«William!!! Stai zitto!» Gli intimò per poi rivolgersi agli altri:

«É bello rivedervi ragazzi, ma potreste rialzarvi ora? Sto per diventare un tutt'uno con il pavimento.» Fece la parte della finta stizzita, in realtà quei ragazzi riuscivano sempre a farla ridere.

«Scusaci, eravamo sorpresi dal tuo arrivo!» Fred le tese una mano e l'aiutò a rimettersi in piedi. Poi disse a Bill:

«Sai fratellone credo che sia la prima volta che sento qualcuno pronunciare il tuo nome, neanche la mamma lo fa!»

Il ragazzo iniziò a ridere e rispose:

«Oh ti abituerai presto, Tonks lo fa sempre quando la faccio arrabbiare e io adoro scatenarla!»

Nel frattempo anche qualcun altro si godeva lo spettacolo e Sirius non poté fare a meno di intromettersi:

«Devo dire di essere alquanto sconvolto cuginetta, possibile che tu non abbia mai avuto un fidanzato?»

«Non tocchiamo l'argomento per favore, sono anni che cerco di farla innamorare di uno dei miei figli!» Rispose mamma Weasley senza neanche dare il tempo a Ninfadora di farlo.

«Molly, ti prego, non insisterai ancora con questa vecchia storia? E comunque Sirius è una conseguenza del mio essere Metamorfomago, gli uomini sono sempre stati interessati a uscire con me solo per potermi chiedere di trasformarmi nella donna dei loro sogni e non è molto incoraggiante. In ogni caso negli ultimi anni sono stata così impegnata con l'addestramento e il lavoro da non averne il tempo.»

Sirius rimase a bocca aperta:

«Accidenti, non credevo che noi maschi potessimo arrivare a tanto, sono proprio cambiati i tempi!»

Tonks preferì troncare quella discussione, così chiese:

«Dov'è Ginny? Credevo che fosse qui con voi.»

«È di sopra con Hermione, staranno spettegolando come al solito.» Le rispose Ron disgustato.

«Tonks!» Proprio in quel momento le ragazze entrarono nella stanza.

«Piccola! Stavo giusto chiedendo di te!» Ninfadora andò incontro a Ginny e la strinse forte. Poi si voltò verso la sua accompagnatrice:

«Tu devi essere Hermione, ho sentito parlare di te, è un piacere conoscerti.»

«Anche per me! Ginny mi ha detto che sei come una sorella per lei e che sperava di rivederti quanto prima.»

«Oh sì, l'ho vista crescere e le sono molto affezionata», rispose Tonks continuando a tenere la ragazza tra le braccia.

«É l'ora di mettersi a tavola!» Molly invitò tutti a prendere posto.

Dopo gli anni di prigionia Sirius era davvero felice di avere compagnia e soprattutto di tornare a ridere. Era davvero troppo tempo che non lo faceva e si sentiva rinato. Tutti scherzavano, si prendevano in giro, ma era sua cugina in particolare l'anima della festa. Esaudiva ogni desiderio dei ragazzi e trasformava il suo viso in tanti modi diversi: prima in gallina, poi in anatra, maiale e qualsiasi altra cosa venisse loro in mente. Il preferito di tutti era però l'arcobaleno che riusciva a creare con i suoi capelli, le bastava una scrollata di testa per dare vita a uno spettacolo luccicante di colori prima di tornare al suo rosa preferito. Allora sì che partiva lo scroscio di applausi e nuove richieste.

Ninfadora era felice di tanta eccitazione, era la prima ad essere entusiasta e divertita dalle sue metamorfosi. Quel pomeriggio, quando rimuginava, non si era certo aspettata un'accoglienza del genere. Aveva ritrovato suo cugino e con i Weasley si sentiva a casa, quindi per lei era solo un piacere poterli intrattenere; vedere i loro sorrisi la ricompensava appieno. Non poteva però fare a meno di osservare anche Remus, a primo impatto le era sembrato triste, o per lo meno con qualche preoccupazione di troppo per la testa, invece in quel momento anche lui sembrava apprezzare e partecipare alla gioia generale. Ogni tanto incrociavano lo sguardo e le loro bocche non potevano evitare di allargarsi in un sorriso. È facile accontentare persone che conosci già da tempo, ma è molto più difficile farlo con gli altri e Tonks provava un'intensa allegria nel vedere Remus più sereno. E lui lo era davvero perché Ninfadora quella sera, come una ventata d'aria fresca, era riuscita a spazzare via le nuvole che gli ottenebravano la mente.

Terminata la cena Sirius attirò l'attenzione di sua cugina per poterle parlare in privato.

«Qualcosa non va?» Gli chiese.

«No no, anzi! Volevo chiederti una cosa in realtà. I Weasley, Hermione e Remus si tratteranno qui per un po', di sicuro fino all'inizio dell'anno scolastico. Mi farebbe piacere se rimanessi anche tu, naturalmente potrai restare anche quando gli altri se ne saranno andati.»

«Oh Sirius, dici davvero? Ne sarei felice, così recupereremmo il tempo perso!»

«Allora siamo d'accordo! Purtroppo non potrò aiutarti nel portare le tue cose qui, ma lo chiederò a Remus!»

«Domandarmi che cosa?» L'interessato fece giusto la sua comparsa in quel momento, era entrato nella sala alla ricerca di un libro senza sapere di trovare qualcun altro.

«Tonks ha appena accettato di stabilirsi qui con noi e stavo pensando che potresti darle una mano nel preparare i bauli. Io non posso muovermi e in ogni caso sappiamo entrambi quanto tu sia più ordinato di me!»

«Oh di sicuro anche più di me, non spaventarti quando vedrai quanto so essere caotica!»

Lupin rise:

«Non preoccuparti, non potrai mai essere peggio di Sirius! Ti aiuterò volentieri.»

La ragazza fece un enorme sorriso e gli rispose:

«Grazie mille, lo apprezzo molto.» Poi domandò:

«Che ne dici, andiamo subito? O sei troppo stanco?»

«No per niente, prima lo facciamo e prima potrai stare con noi.»

Ninfadora rimase colpita da quelle parole, le era sembrato speranzoso nel dirlo, quasi felice. Non capiva perché fosse particolarmente interessata ai sentimenti di una persona appena conosciuta, ma si riscosse subito dai suoi pensieri e si avvicinò all'uomo.

«Se sei d'accordo andiamo insieme, così ti mostro dove si trova il mio appartamento.»

«Certo»,le rispose.

Tonks lo prese a braccetto e si smaterializzarono.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Ninfadora condusse Remus sul pianerottolo di fronte al suo appartamento. Tolse gli incantesimi di protezione davanti a lui con estrema tranquillità, era un membro dell'Ordine e il migliore amico di Sirius, poteva dargli fiducia.

Lo fece entrare e gli disse: 
«Scusami, come ti dicevo prima qui regna il caos. A dire il vero non sono mai stata molto ordinata ma nell'ultimo periodo passo la maggior parte del mio tempo al Ministero.»

Lui le sorrise comprensivo:

«Non preoccuparti, dimmi piuttosto come posso aiutarti.»

La ragazza ci pensò un po' e dopo essersi guardata intorno gli chiese:

«Vedi quei documenti lì sul tavolo? Sono delle pratiche a cui dovrei lavorare, magari potresti riorganizzarle in modo da poterle portare via.»

«Certo, nessun problema.»

«Per caso ti andrebbe del tè nel frattempo?»

«Volentieri.»

«Lo preparo subito allora.» 
Ninfadora lo lasciò nel salotto e si diresse verso la cucina. Remus ne approfittò per guardarsi intorno: l'appartamento non era grande ma molto luminoso. La sala aveva le pareti dipinte di rosso: su una di esse era appeso un grande stemma di Tassorosso, su un'altra invece c'era un quadro con un ritratto di Tonks che sorrideva e con in mano il suo diploma di Auror, una era invece in gran parte coperta da un camino in mattoni, anch'essi rossi ma di una tonalità più scura, su cui poggiava una mensola occupata solo da fotografie. Lupin riconobbe i Weasley, un Sirius molto giovane e altri che immaginò fossero i genitori di lei.

Notò infine una bella libreria in legno intarsiata e non poté fare a meno di avvicinarsi per curiosare tra i titoli.

Ninfadora intanto si era affacciata dalla porta della cucina e lo osservava. Era strano per lei avere qualcuno in casa, era abituata a passarci poche ore e in solitaria. Trovava piacevole però guardare Remus così concentrato sui suoi libri. Prima che lui si accorgesse della sua presenza gli chiese:

«Ti intendi di letteratura babbana?»

«Oh sì, amo molto leggere e non sono riuscito a trattenermi nel venire a guardare la tua collezione.»

«Hai fatto bene, non trovo mai nessuno con cui parlarne in realtà.»

Tonks gli si avvicinò per porgergli la tazza di tè.

«Grazie. Allora qual è il tuo romanzo preferito?» Le chiese interessato.

«"Orgoglio e pregiudizio" di...»

«Jane Austen», la interruppe lui.

La ragazza sbarrò gli occhi stupefatta:

«La conosci?»

«Sì, però ho letto solo "Persuasione".» Le rispose imbarazzato.

«Oh bellissimo anche quello. A essere sinceri li ho divorati tutti.» Poi cercò la sua copia del romanzo e gliela porse:

«Tieni, te lo presto, dovresti proprio dargli un'occhiata. Parla di un amore profondo che matura con il tempo ma che vince su tutto, anche sulle differenze che ci sono tra due persone che all'inizio sembrano ostacoli insormontabili.»

«Grazie. Domani lo inizio subito, ormai mi hai incuriosito. Ora però mettiamoci al lavoro, non vorrei che si facesse troppo tardi. A che ora inizi il turno domani?»

«Alle otto. Non vado mai comunque a letto molto presto, come hai potuto vedere ho spesso delle pratiche extra da visionare.» Rispose lei con un sospiro.

Remus le mise una mano sulla spalla incoraggiante, come se si trattasse di una sua studentessa e le disse:

«Dato che starai con noi, magari potremmo esserti di aiuto le prossime volte. Di sicuro le tue giornate saranno ancora più impegnative d'ora in avanti.»

Tonks trovò confortante quel semplice gesto e con un sorriso radioso lo ringraziò. I tempi erano davvero bui e non era facile conoscere persone disponibili, tutti cercavano di proteggersi e di difendere il proprio orticello. Era quindi colpita da quell'uomo che sembrava sempre pronto a dare una mano. Provò l'istinto di abbracciarlo, ma lo aveva conosciuto giusto qualche ora prima e non voleva metterlo in imbarazzo, si sarebbe di certo vergognata dopo. Così lo lasciò a sistemare i documenti e si diresse verso la camera per preparare un baule di vestiti.

Remus, da bravo ex professore, riuscì a riordinare le pile di fogli in poco tempo. Attraversò il corridoio dipinto di un giallo acceso che ricordava i raggi del sole nelle giornate estive e si affacciò alla camera da letto di Ninfadora. Rimase appoggiato allo stipite della porta, così come aveva fatto lei poco prima, ad osservarla: il colore dei suoi capelli si intonava in maniera perfetta a quello rosa delle pareti. Quella casa sembrava rispecchiare la sua proprietaria, era confortevole, ma soprattutto luminosa ed energizzante. L'uomo inoltre si rendeva sempre più conto che quando Tonks aveva parlato di "caos" non aveva esagerato. Sul letto c'era un vero e proprio groviglio di vestiti: jeans, magliette, felpe, gonne, alcuni dei quali con i colori tipici della casa Tassorosso. Sul pavimento invece erano sparse un bel po' di scarpe, per lo più sportive o anfibi simili a quelli che indossava in quel momento. Da una cassettiera aperta spuntava la biancheria intima ma l'uomo, da perfetto gentiluomo quale era, distolse subito lo sguardo per posarlo sul comodino dove c'erano collane, orecchini e bracciali, anche essi intrecciati tra di loro. C'era anche un libro però: "Amleto" di William Shakespeare, era una delle opere teatrali che più amava. Lupin non era una persona vendicativa ma comprendeva molto bene il tormento interiore del protagonista, anche lui aveva spesso provato il forte istinto di uccidere chi gli aveva portato via i suoi cari, ma aveva presto capito che ciò non lo avrebbe liberato del dolore, ma solo ancor più inaridito. Non era privo di sentimenti, ma dopo la perdita di James e Lily e il tradimento di colui che credeva un amico, aveva sempre di più chiuso il suo cuore per ripararsi da nuove delusioni o sofferenze. Era perso nei suoi ricordi e pensieri quando la voce di Tonks gli fece girare la testa, rimasta fissa sull'opera.

«Tutto bene?»

Lui la guardò e, proprio come era successo a cena, i suoi occhi dolci e il suo sorriso luminoso riuscirono a scacciare quelle tenebrose riflessioni.

«Sì scusami, ero venuto per chiederti se avevi bisogno di aiuto, ma poi mi sono incantato a guardare la tua copia di "Amleto".»

«Oh giusto, avevo proprio iniziato a leggerlo qualche sera fa, porterò anche quello almeno potrò terminarlo.» Ninfadora si guardò intorno imbarazzata, poi continuò a parlare: «Ti sembrerò una pazza in mezzo a tutta questa confusione, ma giuro che ho quasi finito!»

Lupin scoppiò a ridere e le disse:

«Credo che la pazzia faccia parte della genetica dei Black, per fortuna tu e Sirius avete ereditato la parte sana!»

Anche la ragazza lo imitò e gli rispose:

«Ah ah ah, credo che tu abbia ragione. Non godiamo di buona fama in effetti noi Black, anche se devo ammettere che dipende dai punti di vista.» Accompagnò l'ultimo frase con un occhiolino.

Non appena ebbe terminato di sistemare i suoi abiti, richiuse la casa con i soliti incantesimi di protezione e ritornò con il suo accompagnatore a Grimmauld Place.

«Tutto sommato non ci avete messo molto. Ho dato una sistemata alla camera accanto alla tua Lunastorta, mi sembrava la migliore», li accolse Sirius che li aveva sentiti arrivare.

«Lunastorta?» Chiese curiosa Tonks.

I due amici si scambiarono un'occhiata d'intesa, Remus non era ancora pronto a rivelare il suo problema, così liquidò la cosa:

«Oh non è niente, solo un vecchio e sciocco soprannome.»

Ninfadora sembrò accontentarsi della spiegazione e ringraziò il cugino. Poi Lupin la accompagnò al piano superiore e le indicò la stanza:

«Ecco è questa qua. Allora buonanotte Ninfadora.»

«Sbaglio o ho detto che ci avrei pensato riguardo alla questione del nome?»

«Vero, ma dato che non mi piacerebbe chiamarti per cognome sto tentando di fartici abituare», le spiegò con malizia.

«Sei un uomo coraggioso Remus Lupin. Buonanotte anche a te.»

Si sorrisero un'ultima volta e poi entrambi sparirono dietro due porte adiacenti.

La camera di Tonks era dello stesso stile antico del pianterreno, ma Sirius aveva cercato di renderla un po' più confortevole: il letto era stato rifatto con lenzuola di color viola e un piumone peloso molto caldo, il camino era acceso e un armadio era stato svuotato per fare spazio ai vestiti della ragazza. 

Ninfadora era troppo stanca per sistemare le sue cose, così indossò il pigiama e si infilò subito sotto le coperte. Prima di crollare, però, le venne in mente come un lampo che la sera dopo sarebbe stata di guardia con Remus e che aveva completamente dimenticato di chiedere a suo cugino spiegazioni. Non fece però neanche in tempo a pensare di andare a cercarlo per farlo, che cadde in un sonno profondo. 

Il mattino dopo Lupin si alzò presto come sempre, ma in cucina c'era già una grande confusione: Molly era intenta a preparare lacolazione per tutti, sopratutto per quelli che sarebbero andati a lavorare e che erano già a tavola. Mancava Tonks e si stava giusto chiedendo dove fosse quando la sentì urlare:

«Fred!!!George!!! Provateci un'altra volta e giuro che vi schianto!!!»

Tutti si voltarono nella direzione delle scale e videro i gemelli ridere come dei matti e correre verso di loro.

«Che avete combinato questa volta?» Chiese Bill.

Con estrema eccitazione gli risposero:

«Hai presente le orecchie oblunghe? Abbiamo provato a crearne una versione simile con gli occhi.»

«E che cosa c'entra Tonks in tutto questo?» Questa volta a domandarlo fu mamma Weasley, ma non con lo stesso tono curioso del figlio.

«Mamma andiamo non guardarci così, dovevamo testarle! Conosci un modo migliore per farlo di quello di approfittare di una bella ragazza sotto la doccia?»

«Siete incorreggibili, non so davvero da chi abbiate preso!»

Bill cercò di calmarla:

«Dai mamma, lascia perdere, sono dei ragazzini dopo tutto. In quanto a voi due, immagino che nel vostro piano abbiate dimenticato di calcolare che Tonks è un Auror e vi avrebbe subito beccati.»

«D'accordo, è vero, dobbiamo perfezionarci, però l'idea è super!!!» Fred e George si diedero il cinque, ma non erano gli unici elettrizzati, anche Sirius che fin ad allora non aveva detto nulla si congratulò:

«Siete davvero formidabili! Se vi servisse una mano sarei felice di poter contribuire, d'altra parte anche noi ne abbiamo combinate parecchie quando eravamo giovani, giusto Remus?» Diede una gomitata all'amico che quasi si strozzò con il suo tè, non era abituato a parlare con altri dei suoi tempi da malandrino.

«Spero tanto che voi due non vi facciate coinvolgere troppo, non vorrei ritrovarmi a fare del male a due membri dell'Ordine, non gioverebbe a nessuno.» Ninfadora era giusto entrata in quel momento e aveva sentito le ultime parole della conversazione; aveva salvato Lupin dal rispondere alla provocazione di Sirius, ma lui era comunque arrossito.

«Su cuginetta, non prendertela, è stato solo un piccolo scherzo! Tu magari non ti sarai divertita, ma noi sì e non c'è niente di meglio dell'iniziare la giornata con il sorriso.» Poi si rivolse a Remus sottovoce:
«Sbaglio o sei arrossito quando è entrata?»

«Vecchio mio, noto che in questi anni hai mantenuto la tua fervida immaginazione.»

Tonks, che nel frattempo aveva bevuto il suo caffè e riacquistato il suo buonumore di sempre, si apprestò a salutare:

«Bene, sono contenta che il nostro spettacolo mattutino vi abbia reso così felici. Io scappo, sono già in ritardo. Ci vediamo più tardi.»

Tutti ricambiarono il saluto e la ragazza si smaterializzò.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Remus e Sirius, terminata la colazione, iniziarono le loro pulizie giornaliere. La casa dei Black era impregnata di Magia oscura, in ogni angolo si nascondeva qualche oggetto o creatura misteriosa; a partire dal quadro di Walburga, la cui immagine non dava pace a nessun visitatore con le sue urla, che di sicuro era appeso con un incantesimo permanente. L'abitazione era diventata una specie di roccaforte per tenere lontano chiunque tentasse di entrare. Così i due amici, una stanza alla volta, cercavano di liberarla da tutto ciò per renderla più vivibile.  

Molly diede loro una mano mentre i ragazzi impiegavano il loro tempo tra giochi, studio e letture. Come Tonks, Bill e Arthur erano andati al lavoro e non sarebbero rientrati prima di metà pomeriggio.

La mattinata trascorse piuttosto velocemente e dopo pranzo Remus si rintanò in biblioteca, la sua stanza preferita, per iniziare a leggere "Orgoglio e Pregiudizio". Come sempre, però, qualcuno non era intenzionato a lasciarlo in pace e venne interrotto giusto pochi minuti dopo:

«Lunastorta non vorrai passare tutto il tuo pomeriggio chiuso qui dentro, vero? Che ne diresti di una partita a scacchi come ai vecchi tempi?»

Lupin non poté fare a meno di ridere al ricordo e gli domandò:

«Sai che ti straccerò come in passato, vero Sirius?»

«Come fai a essere così sicuro di riuscirci ancora? Ad Azkaban ho avuto tanto tempo per riflettere, potrei aver affinato la mia tecnica!»

«Davvero? Non sapevo che i dissennatori avessero l'abitudine di intrattenervi con giochi di società.»

«Ah ah ah, molto spiritoso. Andiamo, mi sto annoiando, potremmo divertirci un po' insieme», si lagnò Black.

Lupin si rassegnò e acconsentì:

«Forza allora, mostrami quanto sei migliorato Felpato!»

«Ora ti faccio vedere io, signor saputello!»

Dopo un paio d'ore Sirius era già spacciato, ma non voleva ammetterlo e si intestardiva nel voler continuare, fino a che la partita non fu interrotta da Malocchio:

«È già rientrata Tonks?»

«No, avrà dovuto trattenersi di più. È successo qualcosa? Sembri parecchio arrabbiato, più del solito intendo.»

«So che sei cugino e che non avrebbe problemi se lo facessi, ma preferisco parlarne prima con lei», Alastor si buttò a sedere su di una poltrona esasperato e proseguì: «Quella ragazza mi farà diventare matto se non si dà una calmata.»

Remus non poté trattenersi e gli disse:

«Beh mi dispiace non poterti rincuorare, ma è una Black, è difficile che se la dia.»

«Ecco dove vi eravate nascosti!» Ninfadora entrò giusto in quel momento e fu sorpresa nel trovare anche il suo mentore:

«Che cosa ci fai qui? Non abbiamo una riunione, o sbaglio?»

«Non si tratta di nessun incontro, sono venuto per te», le rispose burbero.

Lei con il suo solito fare sbarazzino gli domandò:

«Per me? Accidenti, a cosa devo l'onore?»

«Non fare la finta tonta con me, so benissimo che cosa hai combinato oggi al Ministero.»

«Che cosa ho...non ti starai mica riferendo alla mia chiacchierata con Caramell? E tu come lo sai?!» Tonks sbottò.

«Non importa come, ma credo invece che sia necessario discuterne.»

La giovane allargò le braccia in un gesto d'invito:

«Benissimo, sono qui, che cosa hai da dire?»

«Forse sarebbe il caso di andare in un'altra stanza.»

Lunastorta e Felpato, che fino ad allora li avevano osservati in silenzio, fecero per alzarsi ma, con lo sguardo fisso sul suo mentore, lei li fermò:

«Restiamo qui, loro possono rimanere, non ho nulla da nascondere.»

Così i due amici rimasero seduti, sempre più interessati ad ascoltare.

«Che cosa ti è saltato in mente? Andare a discutere con il primo ministro in persona! Lo trovo assurdo!»

I capelli di Ninfadora, fino a quel momento rosa, si trasformarono in un rosso fuoco accecante:

«Assurdo!? Tu lo trovi assurdo?! Come fai a dire una cosa del genere?! Ti rendi conto di quello che pensano di fare?! Aumentare le restrizioni per i lupi mannari! È da barbari!!!»

Remusi iniziò a muoversi in maniera nervosa sulla sedia, ma sperò che nessuno lo notasse.

«E tu ti rendi conto che sei un Auror? Vuoi perdere il lavoro che sogni di fare da sempre?!»

«Sì è vero lo sono, ma lo sono diventata non solo per combattere i criminali, ma anche per lottare contro le ingiustizie! E questa la è! Non sono tutti uguali i lupi mannari, non sono tutte creature pericolose che uccidono o trasformano i bambini, ce ne sono alcuni che sono persone come tutte le altre: corrette, rispettose e soprattutto non degli assassini! E io non posso starmene zitta davanti a certe discriminazioni! Non io che sono la prima ad essere sempre stata considerata diversa e strana perché sono una metamorfomaga! Hai ragione, faccio ciò che desidero da sempre, ma non è questo il Ministero che ho deciso di servire, va contro ogni mio principio!» Iniziò ad alzare sempre di più la voce, tanto da avere il fiatone.

«Tutto ciò è davvero nobile da parte tua, ma scontrarti con Caramell non è certo produttivo! Non puoi proprio ora che sei diventato un membro dell'ordine mettere a repentaglio il tuo posto. Abbiamo bisogno di averti lì dentro per ottenere tutte le informazioni possibili.» Malocchio, al contrario di lei, cercò di non alzare troppo il volume del suo tono, rimanendo pur sempre autoritario.

Ninfadora sentì un dolore all'altezza del petto, come se un pugno l'avesse colpita in pieno. Non si era resa conto di quanto potesse essere stata sconsiderato il suo comportamento, aveva agito di impulso, seguendo ciò che le dettavano il suo cuore e la sua morale, ma senza pensare che le conseguenze del suo gesto avrebbero potuto danneggiare anche le altre reclute di Silente. Remus invece era davvero impressionato, forse era stata un po' sconsiderata, ma non aveva mai visto nessuno, a parte i malandrini, difendere in quel modo i diritti di una creatura come lui.

«Mi dispiace, non ci ho pensato. Mi sono fatta prendere dalla rabbia e dal disgusto senza rifletterci fino in fondo, ma non sopporto certe idee retrograde e dannose per tutti.»

«Tonks ti conosco da qualche anno ormai, non ti ammirerei così tanto se non vedessi in te un giusto e forte spirito combattivo, oltre alle tue notevoli abilità magiche; quindi capisco le tue intenzioni ma dovrai sforzarti e fare più attenzione. In ogni caso questa volta è andata bene, so che Cornelius non se l'è particolarmente presa e che per il momento non ha ancora deciso nulla riguardo a nuove leggi.»

La giovane sospirò di sollievo, non solo perché alla fine non aveva causato troppi problemi ma anche per il rinvio dei decreti.

«Ne sono felice», disse con l'accenno di un piccolo sorriso. Si sentiva in difetto, come una bambina piccola che è appena stata brontolata, oltretutto davanti a persone con maggior esperienza; avrebbe dovuto dimostrare che potevano contare su di lei e che non era solo una combinaguai.

Si aspettava che Malocchio la rimproverasse ancora e invece le mise una mano sulla spalla e le disse:

«Ora vado, avete un turno che vi aspetta tra non molto. Mi raccomando vigilanza costante, ragazza mia.»

«Certo», rispose lei con un filo di voce.

«Alastor aspetta, ci sono alcune cose di cui vorrei parlare con te, andiamo in cucina.» Sirius si era alzato di scatto per seguirlo, di sicuro voleva lasciare la cugina da sola con Lupin. Immaginava che l'amico avesse da dire qualcosa riguardo alla discussione a cui avevano assistito. In effetti non aveva tutti i torti, la testa di Remus frullava alla velocità della luce, come se i suoi pensieri stessero giocando una partita di ping pong; voleva dire la verità a Tonks ma non era per niente facile, non lo era mai stato. Si sentiva un po' più tranquillo dopo quello che lei aveva detto, ma un conto è difendere una razza, un'altra è lavorare fianco a fianco con un mostro. Sapeva anche però che prima o poi qualcuno se lo sarebbe lasciato sfuggire e preferiva dirglielo lui, quello poteva essere il momento giusto. Anche Ninfadora stava per uscire dalla biblioteca e così la fermò:

«Malocchio non l'avrà presa troppo bene ma io ti sono grato.»

Lei lo guardò scettica, non capiva per che cosa potesse esserle riconoscente, allora gli domandò:

«Mi ringrazi per aver messo a rischio il mio ruolo di informatore per l'ordine?»

L'uomo notò che aveva gli occhi lucidi, doveva farle capire che il suo gesto era stato importante e non solo azzardato, così si mise in piedi e alzò un po' il tono della voce per cercare di scuoterla dal suo dispiacere:

«Non hai fatto solo quello, ma hai lottato per quello in cui credi, per i diritti di noi lupi mannari!»

Ecco l'aveva detto, ormai era fatta, ma lei non appariva colpita:

«Sì d'accordo quelle erano le mie intenzioni, ma...» Si interruppe, era pietrificata, come se fosse stata colpita da un fulmine, poi ritrovò le parole: «un momento, che cosa hai detto?»

«Hai sentito bene... sono un lupo mannaro Ninfadora.» Lupin lo ripeté con non poca fatica.

«Mi dispiace...davvero...se l'avessi saputo avrei avuto più riguardo prima nel parlarne.»

«Io ti dico che sono un mostro e tu invece di urlare o disgustarti come farebbe chiunque altro, ti preoccupi di averne parlato male?»

«Tu non lo sei! Ti conosco solo da ieri, ma combatti contro Voldemort, sei il migliore amico di mio cugino e ti sei reso subito disponibile ad aiutarmi! Sarai anche un lupo mannaro ma non sei come la maggior parte di loro, sono certa che non uccideresti nessuno!» Mentre lei esponeva la sua tesi con così tanto fervore, l'uomo non poteva fare a meno di sorridere, sentiva un calore propagarsi all'interno del suo petto; essere accettati era la sensazione più bella e appagante del mondo. Tonks notò l'espressione di Remus e chiese:

«Perchè mi guardi così? Ho fatto di nuovo qualcosa di sbagliato?»

«Oh no, assolutamente no, anzi! Non mi aspettavo una reazione del genere.»

«Pensavi che sarei scappata disperata come una donzella in difficoltà?» Scherzò lei.

«Non saresti la prima a farlo e io non ti biasimerei. Hai ragione, non sono un assassino, quando posso mi procuro la pozione anti-lupo, altrimenti mi reco in un luogo isolato da tutti. Sarò diverso da altri, ma rimango una creatura pericolosa.» 

«A mio avviso no, dato che prendi tutte le precauzioni necessarie. Ed è proprio per persone come te che oggi mi sono sentita in dovere di parlare.»

«Purtroppo Caramell è terrorizzato, è evidente dal suo modo di rinnegare il ritorno di Voldemort, di conseguenza è facile manovrarlo. Motivo per il quale i maghi purosangue all'interno del Ministero cercano di convincerlo ad attuare leggi restrittive nei confronti di coloro che ritengono inferiori. Per il momento forse ha ancora un po' di lucidità, ma presto anche quelle poche tracce svaniranno e sarà ancora più influenzabile.»

«Vorrà dire che quando arriverà il momento, con la giusta attenzione, ritorneremo all'attacco per difendere i vostri diritti.»

Remus era senza parole, si era presentato a quella ragazza da sole poche ore e già era pronta a sostenerlo per la sua causa.

«Grazie, davvero.»

«Oh non devi, siamo colleghi giusto? Quando si fa parte di una squadra ognuno dà il proprio contributo, ed è proprio ciò che cerco di fare.» Gli disse con un grande sorriso.

«Che ne dici di andare a cena ora? Abbiamo un turno che ci aspetta.» Lupin stava già dirigendosi verso la porta quando lei lo fermò:

«Ecco a tal proposito, ormai ho già fatto abbastanza figuracce che credo una in più non possa peggiorare ciò che pensi di me. Ecco ieri, alla riunione, io ero un po'...come dire...spaesata! Forse mi sono distratta nel momento sbagliato.» Si vergognava moltissimo, ma non poteva andare in missione impreparata, si fece coraggio e gli chiese:

«Che cosa dovremmo fare questa notte?»

Remus non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, quella ragazza lo stupiva ogni secondo di più, passava dall'essere una donna forte e tenace a una timida e impacciata. Lei abbassò lo sguardo in imbarazzo.

«Scusami, non volevo prenderti in giro. Il nostro compito è quello di sorvegliare il dipartimento dei misteri.»

«Perché?» Chiese lei stupita.

«Ci aspettano tante ore da passare insieme, ti racconterò tutto dopo. Ora andiamo a mangiare o faremo tardi.»

«Certo, hai ragione.»

Scesero insieme le scale che conducevano alla cucina, ma prima di entrare Remus trattenne Ninfadora prendendole un braccio e le disse:

«Sai quando prima ti ho detto che mi aspettavo che avresti reagito come chiunque altro?» Lei annuì e lui continuò: «Beh ecco, non lo sei affatto, sei decisamente unica.»

Tonks arrossì, non era abituata ai complimenti, ma non riuscì a ringraziarlo perché furono interrotti da Molly e la sua chiamata all'adunata. Presto però sarebbero stati di nuovo soli e avrebbe avuto tutto il tempo per farlo.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


La cena si svolse nella solita maniera confusionaria. L'unico a non partecipare alla conversazione e alle risate era Remus che era così concentrato in un dialogo con se stesso da non ascoltare ciò che gli altri dicevano. Sempre così calmo e ponderato, l'uomo non poteva fare a meno di maledirsi per essersi lasciato andare con Tonks. Teneva gli occhi fissi sulla credenza che si trovava dall'altra parte del tavolo, se avesse potuto ci avrebbe sbattuto la testa contro, lui non era così, non lasciava mai trapelare le proprie emozioni o pareri personali. Quando era un professore aveva avuto occasione di complimentarsi con i propri studenti, ma era giusto farlo, serviva a incoraggiarli; quello che invece non riusciva a capire era il motivo per il quale con la sua nuova collega si era sentito così libero di esprimersi. Avrebbe rimediato tornando a mantenere un atteggiamento distaccato come era abituato a fare da sempre, d'altra parte un essere come lui non meritava l'amicizia o la compassione di una donna giovane e piena di vita come Ninfadora.

«Remus, credo che sia l'ora di andare», la ragazza gli si era avvicinata e lo aveva fatto sussultare per la sorpresa.

«Accidenti scusami, non volevo spaventarti!»

«Oh no figurati, ero solo sovrappensiero. Prendo le mie cose e poi possiamo partire.» Lupin recuperò il suo mantello e il libro che aveva iniziato nel pomeriggio, sperava che potesse servire a troncare sul nascere un qualsiasi tipo di conversazione.

Poco dopo si trovavano fuori dalla porta del Dipartimento dei Misteri, coperti da un incantesimo di disillusione e seduti nel corridoio uno di fianco all'altro.

«Finalmente puoi dirmi che cosa dobbiamo sorvegliare», disse Tonks mentre distendeva le gambe e appoggiava la schiena alla scura parete che si trovava alle sue spalle.

«Voldemort vuole impossessarsi di un'antica profezia che riguarda il suo destino e quello di Harry Potter. Siamo certi che i suoi seguaci tenteranno di prenderla, più informazioni ottiene e più diventa pericoloso, quindi dobbiamo impedirglielo.»

«Sai ora capisco perché i ragazzi ti adoravano come professore, quando spieghi qualcosa hai un tono affascinante, come se raccontassi una favola.» Lei lo pensava davvero, la sua voce era piacevole e in qualche modo rassicurante.

«Ti hanno raccontato che sono stato un insegnante?» Remus rimpiangeva molto i tempi in cui gli era stata affidata la cattedra ad Hogwarts, ne parlava poco perché era doloroso farlo, ogni volta gli ricordava la sua condizione.

«Oh certo, Ginny e i gemelli lo hanno fatto, ma non ci conoscevamo ancora. Ho fatto il collegamento quando l'altra sera mi hai detto il tuo nome. Erano davvero entusiasti delle tue lezioni, al contrario di quelle del finto Malocchio, manchi molto agli studenti.»

«E loro a me, ma non c'è una soluzione, quindi inutile parlarne.» Lupin si irrigidì, non voleva affrontare quell'argomento, così prese il libro che si era portato dietro per dare un incisivo segnale alla collega. Lei lo guardò sorpresa e non potè fare a meno di chiedere:

«Se non si dovesse presentare nessuno sarà una lunga notte noiosa, vero?»

«Beh sì.» Lui aveva intuito dove volesse andare a parare con quella domanda e non sapeva come uscirne.

«E vorresti davvero passarla in silenzio e a leggere?» L'espressione di Ninfadora era implorante e gli occhi così dolci da rendere a Remus l'impresa di resistergli quasi impossibile. Determinato a non cedere gli rispose:

«Sì, la mia intenzione era proprio questa. Con Sirius non ho mai un attimo di pace per farlo, almeno stanotte potrò dedicarmi un pò al romanzo che mi hai prestato.»

«Giusto, lo capisco.» Tonks non aggiunse altro, si strinse le ginocchia al petto e buttò lo sguardo sulla porta di fronte a sé. Era simile ad altre del Ministero, ma molto più inquietante, si intonava in maniera perfetta all'oscurità del corridoio in cui si trovava. La giovane fu percossa da un brivido, quel luogo era opprimente e la calma notturna non aiutava a migliorarlo. Era stata invitata, in maniera gentile, a stare zitta ma ci riuscì per soli pochi minuti.

«Remus...»

«Dimmi..» Rispose lui senza neanche alzare lo sguardo dal suo libro.

«Sinceramente non ho molta voglia di ascoltare il nulla per tutte le prossime ore.. Magari potremmo parlare un pò.» Tonks non riusciva proprio a capire come una persona gentile potesse essere allo stesso tempo così scorbutica.

Lupin si aspettava un comportamento del genere, una ragazza vivace come lei non era certo abituata a stare ferma e senza chiacchierare.

«Per esempio di cosa?» Le chiese poi con noncuranza.

«Oh beh di qualsiasi argomento. Potresti dirmi il tuo colore preferito o la musica che ascolti o le materie che amavi studiare, insomma quello che ti viene in mente.»

«Rosso.»

«Bene, wow. Nient'altro?»

«Non ti arrendi mai, vero Ninfadora?»

«Ah ah ah, ho capito, vuoi usare il trucchetto di indispettirmi per chiudermi la bocca.»

«Sì, più o meno.» Rispose lui cercando di nascondere il sorriso che stava per nascere sulle sue labbra. Quella giovane Auror lo divertiva, doveva ammetterlo.

«Comunque no, non demordo facilmente. Le cose migliori si ottengono lottando, non stando fermi ad osservarle.»

«Punto di vista interessante.»

Rimasero a fissarsi per qualche secondo, in quel momento gli occhi di Tonks erano blu oceano e l'uomo non riusciva a interrompere il contatto. Non si sentiva a suo agio ma vulnerabile, come se lei potesse leggergli dentro, solo che una forza a lui sconosciuta lo attirava verso la dolcezza di quelle iridi che potevano cambiare colore.

Ninfadora, confusa quanto lui da quel contatto visivo, si fece guidare dall'istinto: alzò una mano, gli accarezzò una delle cicatrici sulla sua guancia e gli chiese:

«Ti fa molto male? La trasformazione intendo...» Lui sussultò al suo tocco, ma lo trovava piacevole, era una sensazione nuova.

«Oh scusami, a volte sono troppo diretta.» La ragazza si maledì, era mortificata. Di sicuro si era spinta troppo oltre e lo aveva messo in difficoltà.

«Non devi. È solo che... di solito a nessuno interessa.»

«Oh...come è possibile? Io davvero non mi capacito di come le persone possano essere così sciocche e insensibili.»

Remus le aveva già chiarito che non riusciva a biasimare chi era terrorizzato da lui, se avesse potuto anche lui sarebbe scappato dal lupo, ma non era così che funzionava e quindi aveva provato a conviverci. Per non indugiare oltre sulla questione decise di rispondere alla sua domanda.

«Non so se sono in grado di descriverti in maniera corretta come mi sento, è molto doloroso. Tutte le volte il mio corpo inizia a bruciare, come se avessi la febbre molto alta, mi sento percorrere da scosse elettriche e dentro di me sembra esserci qualcosa che vuole a tutti i costi uscire. Hai mai avuto un'emicrania così forte da pensare che prima o poi la testa ti sarebbe esplosa? Ecco io lo provo in tutto il corpo, fino a che inizia un dolore che peggiora di minuto in minuto e dà il via alla trasformazione, prima le braccia e le gambe e dopo il resto. A quel punto la sofferenza finisce di colpo, come se non fosse successo nulla. Solo che subentrano i desideri del lupo e io perdo ogni tipo di controllo su me stesso. L'unica cosa che mi è di aiuto è la pozione anti-lupo che, come saprai, non permette alla creatura di prendere il sopravvento e mantiene la mia mente umana. Per fortuna la mattina dopo la trasformazione è indolore, ma rimango stremato per tutto il giorno.» A Remus era costato molto raccontare tutto ciò, ma essere ascoltati era davvero troppo piacevole per potervi rinunciare. Da anni ormai era abituato a vivere la sua malattia nella completa solitudine.

Tonks era colpita, poteva solo provare a immaginare quanto fosse difficile dover sopportare una cosa del genere ogni mese. Si lasciò sfuggire una lacrima, lo trovava davvero ingiusto.

«Mi dispiace così tanto. A nessuno dovrebbe essere imposto un destino del genere.» La ragazza si fermò un attimo a riflettere, poi come se avesse letto nei pensieri dell'uomo proseguì:

«Sappi però che non sei solo, Rem.»

«Rem?»

«Beh ho pensato che visto che ti ostini a usare il mio nome, anche io ho il diritto di chiamarti come voglio!»

«Non ti batti solo per i diritti dei lupi mannari allora, hai molta cura anche dei tuoi!»

Scoppiarono a ridere entrambi, Ninfadora con il suo modo di fare giocoso era riuscita a risollevare il morale di tutti e due.

«D'accordo è vero, ogni tanto la paladina della giustizia la faccio anche per me stessa.»

«Tutto chiaro, di giorno sei una normale dipendente del Ministero e la notte invece salvi il mondo.»

«Oh nooo, hai già scoperto il mio segreto. Ecco, vedi, non riesco mai a tenere la bocca chiusa, mi frego da sola!»

Si fecero prendere da un nuovo attacco di risate, quella notte si stava rivelando tutt'altro che noiosa e Remus si era miracolosamente dimenticato del suo libro che ormai giaceva abbandonato sul pavimento.

Si interruppero all'arrivo del patronus di Malocchio: voleva assicurarsi che la situazione fosse tranquilla e informarli di una riunione del giorno dopo.

«Tipico di Alastor, ha inventato un codice anche per i nostri ritrovi.»

«La sicurezza non è mai troppa in questi casi.» Le disse Lupin, con il suo solito tono da professore.

«Potresti farmi un favore?»

«Certo.»

«Tienimi sveglia all'incontro, anche domani il mio turno inizia di mattina, quindi non avrò neanche il tempo di dormire e rischio davvero di crollare sul tavolo.»

«Posso utilizzare qualsiasi metodo per farlo?» Chiese Remus con malizia, in compagnia di lei sentiva spesso ritornare a galla il suo spirito malandrino.

«Tutto pur di non farmi urlare contro da Malocchio per l'ennesima volta!»

«Sembra una sfida interessante, sono certo che mi divertirò.»

Tonks gli colpì un braccio con un pugno e gli disse:

«Heiii, io stavo parlando seriamente!»

«Anche io, d'altra parte sei stata tu a chiedermi di aiutarti.»

«Non oso immaginare che cosa mi aspetta.» Si finse disperata e ripresero di nuovo a sghignazzare.

Alla fine il tempo era volato e trascorsero il poco rimasto tra chiacchiere e battute. La serata era partita a rilento, Remus avrebbe preferito mantenere un certo distacco, ma aveva scoperto che con lei era facile lasciarsi andare e si era sentito sereno. Anche per Ninfadora era lo stesso, era piacevole passare del tempo con una persona che sa ascoltare e, anche se era stato difficile, era contenta che anche lui le avesse raccontato qualcosa di sé.

Alle sette il Ministero cominciava a ripopolarsi e così, poco prima, ritornarono a Grimmauld. Salutarono gli altri e gli comunicarono che era andato tutto bene, poi si avviarono verso le loro rispettive camere. Si fermarono sul pianerottolo per salutarsi:

«Buon riposo, Rem.»

«Buon lavoro a te. Mi raccomando cerca di rimanere sveglia in ufficio, Ninfadora.»

«Ci proverò!»

Lupin le sorrise e aprì la porta della sua stanza, ma lei lo richiamò:

«Dora.»

«Cosa hai detto?»

«Puoi chiamarmi Dora, mi sembra un giusto compromesso. Così tu non dovrai usare il mio cognome e io non mi infastidirò ogni volta che pronunci il mio nome.» Non avrebbe mai ammesso che in realtà trovava quasi piacevole sentirlo dire da lui.

«Mi sembra perfetto. Allora a più tardi, Dora.»

«A più tardi, Rem.»

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Ninfadora si trascinò verso la cucina, il suo turno era finito ed era tornata a Grimmauld, dove presto sarebbe iniziata la riunione. Salutò i membri già presenti, poi vide Remus farle cenno e si andò a sedere accanto a lui.

«Caffè?» Le chiese porgendole una tazza.

«Oh sì grazie!!!»

Lui le regalò uno dei suoi dolci sorrisi e le disse:

«Immaginavo che ne avresti avuto bisogno.»

«Sei il mio salvatore!» Gli schioccò un bacio sulla guancia per ringraziarlo, solo dopo si accorse dello sguardo divertito con cui la guardava Sirius e del colore che aveva assunto il viso di Lupin. Scoppiarono a ridere tutti e tre, riuscirono a stemperare l'imbarazzo mentre gli occhi degli altri erano puntati su di loro incuriositi.

«A disposizione», le sussurrò poi Remus nell'orecchio.

«Ben trovati. Sono contento che siate riusciti tutti a venire nonostante il poco preavviso. Vi ho convocati per un motivo particolare, ho bisogno di volontari che facciano da scorta a Harry Potter nel viaggio da casa sua a qui.»

Molte mani si alzarono, tra cui anche quella di Black.

«Sir, non fare il furbo, tu non puoi venire», lo rimbrottò Tonks.

«Oh andiamo, non potrò stare rinchiuso per sempre, io voglio aiutare il mio figlioccio.»

«Dora ha ragione, arriverà il momento in cui potrai uscire, ma non ora.» Intervenne Remus.

«Dora?»

Gli strizzò l'occhio e gli rispose:

«Una gentile concessione di tua cugina.» Poi si scambiò uno sguardo complice con la ragazza, come a riprova del fatto che stesse dicendo la verità.

«Sono compiaciuto nel vedere tutti voi così solerti nel voler proteggere il ragazzo. Bene allora, andrete dopodomani. Ora parliamo di come dovrete procedere.»

Silente iniziò a spiegare il piano d'azione, ma Ninfadora non riusciva proprio a seguirlo, più tentava di tenere gli occhi aperti e più quei traditori si opponevano. A un tratto perse ogni controllo del proprio corpo: le palpebre si chiusero e la testa le cadde sulla spalla di Remus. L'uomo non si era accorto di tutto ciò fino a che non aveva sentito la collega cadergli addosso. Per la seconda volta diventò color porpora, chissà cosa avrebbero pensato gli altri di quel contatto tra loro, doveva subito porre rimedio. Solo che quando si girò per guardarla rimase paralizzato: il suo viso a forma di cuore era così rilassato e la bocca accennava un sorriso, sembrava una bambina, diversa dalla donna iperattiva di sempre. Le spostò una ciocca di capelli che le ricadeva sugli occhi dietro l'orecchio, non lo aveva mai fatto, non si era mai spinto a toccare il viso di una donna, ma in quel momento gli era sembrato così naturale, come se un qualche istinto assopito dentro di lui avesse preso il sopravvento. 

Qualcuno si schiarì la gola e lo riscosse da quello stato di trance in cui era caduto. Alzò la testa e vide Sirius con un sopracciglio sollevato che lo guardava, sembrava sorpreso oltre che divertito.

«Sai, penso che sia il caso di svegliare la bella addormentata.» Gli disse.

«Sì certo, hai ragione.» L'uomo iniziò a chiamare Dora sottovoce ma lei, invece che ascoltarlo e aprire gli occhi, si attaccò al suo braccio e si mise più comoda.

Allora Lupin tentò con più fermezza:

«Ninfandora, andiamo, devi svegliarti o presto ti noteranno tutti». Lei non si mosse neanche di un millimetro, così pensò ad un metodo di gran lunga più efficace: le fece il solletico pizzicandole un fianco.

Tonks si alzò di scatto e urlò:

«Heiii!»

Poi realizzò dove si trovava e che cosa era appena successo, si sarebbe sotterrata in quel preciso istante, tutti la guardavano e si stavano tappando la bocca per non ridere.

«A quanto pare Tonks ha la stessa difficoltà che aveva a scuola nel rimanere concentrata.» Piton, il suo ex professore di pozioni, aveva spesso l'abitudine di riprenderla durante le lezioni, a quanto pare non aveva perso il vizio.

«Chissà se con Lupin sarebbe stata in grado di prestare attenzione.»

«Sai, Severus, forse trovava le tue spiegazioni un pò troppo pesanti. In questi giorni ha lavorato troppo ed è semplicemente esausta.» L'ex insegnante gli rispose con un tono gelido che Dora ancora non gli aveva mai sentito usare, ma non poteva certo nascondere il piacere che le aveva procurato l'essere difesa, così si lasciò scappare un sorriso. Poi si rivolse a Silente:

«Mi dispiace essere crollata, non succederà più.»

«Oh posso immaginare che Remus sia un ottimo cuscino ma sarebbe meglio testarlo dopo la riunione.» Albus le fece l'occhiolino e riprese a parlare: «A questo punto non ci resta che pensare a una soluzione per allontanare gli zii di Harry da casa».

Mentre tutti riflettevano, Tonks si accostò all'orecchio di Lupin e gli chiese:

«Grazie per avermi difesa con Piton, ma la prossima volta non potresti svegliarmi con più delicatezza?»

Anche lui le si avvicinò con fare cospiratorio e le rispose:

«Ci ho provato, ma non ha funzionato, sembravi in letargo e poi sei stata tu a dirmi che ero libero di usare qualsiasi mezzo.»

«Oddio, è proprio tipico di me. In ogni caso ora ho scoperto di che cosa sei capace.»

«Oh no, questo non è ancora nulla», le disse lui con malizia.

«È una minaccia?» Domandò lei stando allo scherzo.

«Io direi piuttosto una promessa.» Remus stava scoprendo pian piano che le piaceva giocare con lei, c'era sempre una voce dentro di lui che cercava di frenarlo, ma era liberatorio lasciarsi andare ogni tanto. Dora d'altro canto era sempre stata la regina delle risate, quindi era felice di aver trovato una persona che, nonostante le evidenti difficoltà, sapeva divertirsi con lei. Doveva però riscattarsi dalla figuraccia fatta poco prima, quindi lasciò cadere l'argomento e si concentrò per farsi venire un'idea. Suo padre, Ted, era un nato babbano e le aveva trasmesso un pò di informazioni sulle loro abitudini, perciò non le fu difficile elaborare una proposta.

«Potremmo mandar loro una lettera per posta dove gli comunichiamo che hanno vinto un premio. Una cosa del tipo "Complimenti, tra tutti i prati suburbani d'Inghilterra il tuo è risultato il migliore! Vieni a ritirare la targa che abbiamo preparato per te..." e poi scriviamo un falso indirizzo.»

«Meravigliosa idea Tonks, puoi occupartene tu?» Le chiese Silente.

«Certo, nessun problema!» Era davvero orgogliosa di sé, anche Lupin si voltò a guardarla ammirato e si complimentò:

«Sei stata bravissima!»

«Dai non così tanto, è stato abbastanza semplice in realtà. I miei nonni erano babbani, quindi grazie a papà so molte cose su di loro.»

«Beh però per una che si è appena svegliata, sei stata geniale.»

«Oooh finiscila!» Gli assestò un pugno sul braccio mentre cercava di trattenersi dal ridere.

«Vedo che voi due state facendo amicizia», si inserì Sirius che continuava a guardarli.

«Ma se Rem non fa altro che prendermi in giro!»

«Sei tu che mi offri sempre l'occasione giusta!»

«Questo non è vero!» Incrociò le braccia davanti al petto e mise il broncio, poi si accorse di come entrambi gli uomini la osservassero con il sopracciglio alzato e disse:

«D'accordo forse hai ragione, ma solo un pochino!»

«Cuginetta io rimango del parere che i tuoi spettacoli fanno bene a tutti, per lo meno ci fai ridere.»

«In pratica mi stai dando del pagliaccio?»

«Ah ah ah, dai non puoi negare che tu un pò lo sia!»

«Albus, noto che la famiglia Black si diverte molto alle tue riunioni.» Piton si intromise di nuovo ma con un tono di voce decisamente più alto del solito. Sembrava godere del fatto che tutti sentissero le sue malignità. Sirius e Dora si girarono di scatto per fulminarlo, ma questa volta fu Silente a rispondere:

«Andiamo Severus lasciali stare, un pò di risate non fanno certo male. Sono tempi bui ma per fortuna c'è qualcuno che sa ritrovare la luce. Bene, è arrivato per me il momento di andare, ulteriori dettagli ve li potrà fornire Alastor. Ci rivediamo tra qualche giorno.» Si alzò per andarsene e alcuni membri lo seguirono.

Prima di partire Malocchio si rivolse ai rimasti:

«Voi che sarete la scorta di Potter ricordatevi che dopodomani il ritrovo sarà direttamente a casa del ragazzo. Vi aspetto tutti alle 20 e, per chi non lo sapesse, non gradisco i ritardatari.» Non aggiunse altro e si incamminò verso la porta con i colleghi che non si fermavano a Grimmauld.

Anche Dora si alzò, si scusò con Molly per la sua mancanza di appetito, augurò la buonanotte a tutti e corse a letto.

Due giorni dopo Tonks si occupò di verificare che la lettera spedita fosse arrivata a destinazione. La sera, finito il suo turno di lavoro, si recò nuovamente a casa dei Dursley per riunirsi agli altri. Non c'erano ancora tutti, Lupin la vide arrivare e le andò incontro:

«Sei puntuale!» Le disse ironico.

La ragazza si finse arrabbiata e gli rispose:

«Grazie per questo tono sorpreso Rem, è bello ricevere un benvenuto così caloroso!»

L'uomo che si divertiva troppo a prenderla in giro, continuò:

«Che tipo di accoglienza ti aspettavi esattamente?»

«Oh beh, non so, forse un "Ciao, come è andata oggi?", per esempio?» Ninfadora provò a rimanere seria, ma era davvero difficile.

«Accidenti ti facevo meno formale di così. La prossima volta ti chiederò come era il tempo durante il viaggio, meglio?»

«Sai credevo che fosse Sirius il peggiore dei malandrini, ma sto iniziando e rivalutare la tua posizione.»

«Ah ah ah, non so quali storie ti abbia raccontato tuo cugino ma io non ho mai detto di essere il più bravo del gruppo!»

«Ma se la maggior del tempo sei taciturno o rintanato in biblioteca!!!» Ribattè lei impettita.

«Vero, ma a quanto pare se riesco a sorprenderti, possiedo molte qualità nascoste.» Le rispose lui con malizia.

«Ti chiamavano anche modesto oltre che Lunastorta? Domani comunque mi procurerò una pala, così potrò scavare a fondo per trovare tutte queste tue qualità nascoste.» La ragazza pronunciò queste ultime parole facendogli il verso.

Lui inclinò leggermente la schiena, piegò il braccio sinistro contro il petto e allargò il destro simulando un inchino, poi le disse:

«Accomodati.»

A quel punto Dora non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere, poi buttò lo sguardo oltre di lui e vide che stavano arrivando anche gli ultimi volontari, così prese Remus per un braccio e gli sussurrò:

«Non vedo l'ora in effetti, ma adesso andiamo a recuperare Harry o mio cugino ci ucciderà.»

Si unirono al resto del gruppo e seguirono Malocchio all'interno della casa: ispezionarono il piano terra, controllarono il salotto e la cucina, dove ovviamente Tonks non mancò di dare prova della sua goffaggine rompendo un piatto.

«Capisco sempre di più perchè hai rischiato di essere bocciata all'esame di Segretezza e inseguimento», le sussurrò Lupin all'orecchio. La ragazza sobbalzò, non aveva visto che si trovava dietro di lei:

«Rem potresti evitare di spaventarmi? Faccio già abbastanza danni da sola!»

Si avviarono poi verso il corridoio per raggiungere Malocchio che aveva giusto in quel momento scorto Harry in cima a delle scale foderate di moquette.

«Professor Lupin!» Esclamò Potter sorpreso.

«Ciao Harry, sono contento di vedere che stai bene. Spero che Alastor non ti abbia spaventato, siamo venuti a prenderti.»

Tonks si avvicinò ancora di più a Remus, ma non riusciva ad inquadrare bene la figura del ragazzo illuminata solo da un raggio di luce che proveniva da un lampione esterno.

«Perchè continuiamo a rimanere al buio?» Domandò più che altro a se stessa e, senza attendere una risposta, pronunciò l'incantesimo: «Lumos.»

Il giovane sgranò gli occhi, non aveva mai visto quella donna dai capelli rosa. Il suo ex insegnante doveva aver notato l'espressione spaesata di Harry e gli spiegò:

«Questa è Ninfadora...»

«Remus! Non Ninfadora!» Lo rimproverò subito lei.

«Questa è Ninfadora Tonks, ma che preferisce essere chiamata solo Tonks.» Lupin gli presentò anche gli altri poi gli disse:

«Ora dovresti andare a preparare il tuo baule, così possiamo partire.»

«Andremo alla Tana?»

«No, troppo rischioso, abbiamo scelto un luogo più sicuro, ma è bene non parlarne qui.»

«E come viaggeremo?»

«Con le scope! Remus ci ha detto che sei bravissimo a volare. Andiamo ti aiuto io con la tua valigia.» Si offrì Dora, passò accanto a Lupin e gli diede un pizzicotto sul braccio.

«Hei!» Si lamentò lui.

«Tu prova a chiamarmi un'altra volta Ninfadora», gli rispose prima di fargli una linguaccia e correre sulle scale dietro a Harry.

Quella donna riusciva a trovare il lato divertente in ogni situazione, Remus era certo che l'avrebbe fatto impazzire, ma non poteva negare che da quando c'era lei, anche se erano trascorsi solo pochi giorni, Grimmauld aveva rivisto la luce. Anche Sirius era più felice e lei non perdeva occasione per impedire a entrambi di autocommiserarsi: il cugino per la vita che lo aveva reso un eterno prigioniero e lui per la malattia che lo aveva condannato a un'esistenza da eremita.

Con molta probabilità lo avrebbe fatto impazzire, ma poteva quasi concordare con se stesso che non sarebbe stato poi così male avere un'amica come lei.

Poco dopo la vide riaffacciarsi dal pianerottolo di sopra con il baule di Harry.

«Siamo pronti!» Esclamò con il suo solito tono vivace. Uscirono tutti per prendere posizione sopra le loro scope.

«Mantenete la formazione qualsiasi cosa accada! Se qualcuno di noi muore non fermatevi!»

«Certo, certo lo sappiamo Malocchio, VIGILANZA COSTANTE!!!» Lo prese in giro Tonks che ormai conosceva le parole del suo mentore a memoria.

Il viaggio durò poco e per fortuna non ci furono intoppi di alcun tipo. Arrivati di fronte alla casa dei Black, Dora recuperò dalla scopa il bagaglio di Harry e Remus le si avvicinò:

«Serve una mano?»

«Vuoi farti perdonare per aver usato il mio nome?»

«E se così fosse? Potrei ritenermi assolto?»

«Sei uno sciocco Professor Lupin se pensi di potermi comprare con così poco, però è un inizio. Quindi, sì, un aiuto mi farebbe davvero comodo.»

«A sua disposizione Signorina Tonks.»

«Hei voi due, volete muovervi?» Li richiamò Alastor che stava per entrare in casa.

«Arriviamo, arriviamo!» Gli rispose Ninfadora scocciata.

Poi si girò verso Remus e, come due ragazzini appena colti con le mani nel barattolo della marmellata, scoppiarono a ridere. Non smisero fino all'arrivo alle scale dell'abitazione. Giunta all'ultimo gradino, però, la ragazza inciampò e sarebbe di sicuro caduta se Lupin non avesse abbandonato il baule per agguantarle un braccio.

«Grazie», gli disse. Alzò la testa e si ritrovò persa a guardare dentro gli occhi nocciola di lui, le piaceva quel colore, ma soprattutto l'intensità con cui anche l'uomo la stava scrutando in quel momento. Se qualcuno li avesse visti avrebbe sicuramente potuto notare delle scariche elettriche passare da un corpo all'altro, ma non loro, che non riuscivano proprio a spiegarsi perché quello scambio di sguardi li turbasse così tanto.

Lupin però preferì non indugiare oltre, quelle sensazioni che cominciavano a presentarsi a tradimento lo spaventavano e così le rispose:

«Di niente.»

Anche lei sembrò come riscuotersi da un sogno, ripresero la valigia e raggiunsero gli altri, come se niente fosse successo.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


La mattina dopo Ninfadora scese di buon'ora per fare colazione, sarebbe dovuta andare in ufficio intorno alle 9 e non poteva permettersi di fare tardi. Quel giorno avrebbe affiancato Kingsley durante una delle sue lezioni agli aspiranti Auror, per lo meno si sarebbe divertita un pò, era sempre esilarante guardare i nuovi studenti, alcuni dei quali davvero pessimi. Per lei, spesso criticata per la sua goffaggine, era una sorta di rivincita vedere che alla fine dei conti non era poi così male se paragonata alle nuove reclute.

Stava per entrare in cucina quando sentì le voci di Remus e Sirius: erano impegnati in una discussione accesa.

«Andiamo Lunastorta, non capisco perché tu debba intestardirti così. Nessuno avrà da ridire se stasera salti il turno.»

«Non ce n'è bisogno.» La porta era socchiusa e Dora tentava di osservare la scena da un piccolo spiraglio: intravedeva Lupin con un'espressione severa ma indecifrabile. Evidentemente, come al solito, cercava di non mostrare ciò che gli passava per la testa in quel momento.

«Quale è il vero motivo Remus? Vuoi passare del tempo da solo con mia cugina?» Gli domandò con una punta di acidità.

«Di che accidenti blateri?»

«Oh beh, ho notato che state diventando molto amici, magari preferisci passare del tempo con lei piuttosto che riposare come dovresti.» Tonks non riusciva a capire se Black stesse scherzando o se ci fosse qualcosa che lo infastidisse.

«Non c'entra niente questo!» Sbottò Lunastorta, ormai vicino a perdere la pazienza, e tirò un pugno sul tavolo, versando parte del contenuto della sua tazza da tè.

«Sarà... ma una cosa posso dirla, non ti ho mai visto guardare una donna così come fai con lei!»

«Che...» Ninfadora non gli permise di finire la frase, era troppo agitato e non le piaceva come suo cugino stesse infierendo su di lui. Così entrò nella stanza, sbattendo con troppa energia la porta di legno usurata dal tempo.

«Che cosa sta succedendo qui?»

Gli uomini si girarono in contemporanea verso di lei con gli occhi sbarrati, non si aspettavano di essere interrotti e soprattutto non da Tonks.

«Bene Remus, perché non chiediamo a lei che cosa ne pensa?» Lo sbeffeggiò l'amico.

La ragazza fece finta di non aver sentito niente e chiese:

«Riguardo a cosa?»

«Domani ci sarà la luna piena, non è al massimo delle sue forze ma si ostina nel voler restare comunque di guardia questa notte.»

«Rem posso farlo da sola, oppure chiediamo a qualcuno di darti il cambio, non c'è davvero bisogno che tu venga.»

«Ti ringrazio per la comprensione, ma non mi serve. Sono perfettamente in grado di svolgere i miei compiti, quindi vi pregherei di smetterla di intromettervi.» Dora fu colpita da quel suo modo di fare, non aveva mai reagito in maniera così dura con lei, nemmeno quando all'inizio sembrava intenzionato a non darle troppa corda. Il rosa acceso dei suoi capelli scolorì, senza che lei riuscisse a fermare il cambiamento, non sopportava quando le sue emozioni prendevano il sopravvento a quel modo, ma a volte non poteva proprio trattenersi. Remus la guardò con uno sguardo colpevole che la mandò ancora di più in subbuglio. L'uomo aprì la bocca come per dire qualcosa, ma lasciò perdere, le passò accanto sfiorandole un braccio senza volerlo e uscì dalla cucina.

«Non volevo farlo arrabbiare, speravo di poter essere di aiuto piuttosto.»

«Non è colpa tua cuginetta, il nostro Lunastorta è sempre così durante la prima fase lunare e odia sentirsi inutile.»

«Vado a parlargli.»

«Non so quanto sia saggio», Black provò a fermarla, ma lei era già sparita.

Salì di corsa le scale, rischiava di fare tardi ma non le importava, avrebbe saltato la colazione ma voleva rimediare a tutti i costi. Bussò alla porta di Remus ma non lo sentì rispondere, così provò a entrare. Le si gelò il sangue quando lo vide: era seduto sul letto con le braccia appoggiate sulle gambe e la testa tra le mani, non le sembrava che stesse piangendo, ma di sicuro appariva disperato. 
Dora si avvicinò con cautela e si sedette al suo fianco, ma lui continuava a non muoversi, come se preferisse rimanere chiuso nel suo mondo. E così era in effetti, era un lupo mannaro, i suoi sensi erano più acuti del normale e aveva capito subito chi si trovava fuori dalla porta pochi attimi prima. Sperava che non dando segni di vita lei si sarebbe arresa ed invece era entrata. Non voleva farsi vedere così, ma quando gli sfiorò il braccio e pronunciò sottovoce il suo nome non poté fare a meno di alzare la testa e guardarla: il colore dei suoi capelli era ancora opaco e i suoi occhi avevano una sfumatura indefinita, come se non sapessero che tonalità assumere. Lei di sicuro non amava i cambiamenti così repentini del suo corpo, ma lui invece trovava interessante osservarli e cercare di capire che cosa significassero. Entrambi erano incapaci di proferire parola, non sapevano cosa dire o quale fosse il modo migliore per scusarsi, fino a che all'unisono proruppero con:

«Mi disp...» Sorrisero e poi Remus le disse: «Prima tu.»

«Non volevo farti arrabbiare o offendere in alcun modo. Tu sei stato disponibile con me fin dal primo momento, questa volta volevo esserti io di aiuto.» Dora era imbarazzata, non riusciva a tenere alta la testa mentre pronunciava quelle parole, ma si fissava le mani che si tormentava in maniera nervosa. Lupin era intenerito da quell'atteggiamento, non voleva che lei si desse così tanta pena per lui. Mise una mano sopra quelle di lei per tranquillizzarla e le rispose:

«Non hai nessuna colpa, sono io a dovermi scusare. Purtroppo quando si avvicina la luna piena perdo con facilità il controllo. Non ce l'avevo con te, so che le tue intenzioni erano buone, ma le persone mi hanno sempre ritenuto inadeguato a mantenere un qualsiasi tipo di impegno. Ogni volta che iniziavo un lavoro dopo due o tre mesi si rendevano conto che ero spesso malato e mi licenziavano. Essere un membro dell'Ordine è l'unica cosa che per ora mi tiene occupato, che in qualche modo mi rende utile. Sarò già fuori dai giochi domani e il giorno dopo come minimo, non voglio esserlo anche stasera.» Questa volta era lui ad aver tenuto basso lo sguardo, gli costava parlare di sé, esporsi, ma ancora una volta con Dora gli era venuto spontaneo sfogarsi. Lei non lo giudicava, lo ascoltava in silenzio, cercava davvero di capire che cosa provava o aveva da dire.

«Mi dispiace così tanto Rem, non è certo il destino che ti meriti e sono sicura che prima o poi le cose cambieranno.» Lui scosse la testa contrariato, Tonks allora gli mise una mano sotto il mento e con delicatezza glielo fece alzare per farsi guardare. «Ce la faremo, non presto magari, ma riusciremo a migliorare la situazione per te e gli altri lupi mannari integrati nella comunità. Fino ad allora tu sei indispensabile per l'Ordine, mettitelo in testa! E se sei davvero sicuro di potercela fare stanotte, io ti credo e poi, beh, accanto a un Auror talentuoso come me non corri nessun pericolo.» Scoppiarono entrambi a ridere dopo quest'ultima frase, alleggerendo la tensione che aleggiava nella stanza. Smisero solo quando apparve il patronus di Kingsley:

«Tonks dove sei finita? La lezione sta per iniziare, ho bisogno di te!»

La ragazza saltò su dal letto e quasi urlò:

«Oh accidenti, ho fatto tardissimo! Devo scappare scusami, ci vediamo per cena!»

Poco prima che sparisse però Lupin la fermò:

«Dora aspetta, grazie, grazie davvero.» La dolcezza con cui glielo disse stava di nuovo per farle perdere la concezione del tempo e dello spazio, ma non poteva permetterselo, così gli diede un veloce bacio sulla guancia in risposta e scappò via.

Quel giorno le ore volarono, Remus e Sirius non avevano più voglia di discutere e si riappacificarono subito, alla fine facevano sempre così, tante urla, una gran confusione e poi dopo un attimo di nuovo amici come prima. Ninfadora invece, come previsto, si divertì a fare da spalla al suo capo e a giocare a fare l'autoritaria con i giovani allievi.

I due amici si trovavano in cucina quando sentirono un forte rumore provenire dall'ingresso:

«È arrivata Tonks!» Esclamarono in contemporanea.

«Serve aiuto cuginettaaaaaa???»

In tutta risposta la ragazza piombò nella stanza:

«Quando ti deciderai a togliere quella maledetta zampa di troll dal corridoio?»

«Il giorno che smetterai di inciamparci e quindi non sarà più utile a nessuno.»

«Ah ah ah spiritoso! Ciao Rem, sei riuscito a sopportarlo tutto il giorno?» Gli chiese mentre si avvicinava alla credenza per prendere il necessario per prepararsi un caffè.

«Con difficoltà come al solito. Le tue lezioni come sono andate?» Le chiese con sincero interesse. 

«Oh benissimo, sono sempre molto stimolanti!» Disse mentre litigava con la caffettiera.

«Vuoi che faccia io?» Le chiese Lupin che nel frattempo si era alzato per porre fine alla disputa.

«Sì grazie, io e gli incantesimi domestici non andiamo d'accordo.»

«Non rientra tra i requisiti essenziali di un talentuoso Auror?» Le chiese prendendola in giro.

«Scemo!» Lo apostrofò lei prima di fargli la linguaccia.

«Tonks sei tornata! Possiamo mangiare allora, così tu e Remus avrete tutto il tempo di andare al Ministero», la salutò Molly che era appena entrata in cucina.

Dopo cena infatti partirono subito, come la volta precedente presero posto di fronte alla porta del Dipartimento dei Misteri, ma Dora era preoccupata.

«Rem sei sicuro di stare bene? Mi sembri davvero pallido. Per caso hai la febbre?» Gli tastò la fronte, aveva notato del sudore colargli lungo le tempie.

«È solo un pò di spossatezza, è normale.» Cercò di tranquillizzarla lui senza essere troppo convincente.

«Sarà lunga la notte, perché intanto non dormi un pò? Posso svegliarti se succede qualcosa, sempre che non cadi in letargo come me.»

«Sono venuto per dare una mano e ora dovrei lasciarti sola? Assolutamente no. Dove è finita la tua parlantina? Raccontami qualcosa dai.» Lupin aveva bisogno di mantenersi sveglio, si sentiva esausto, ma non voleva permettere alla stanchezza di sopraffarlo.

«Lo sai vero che sei proprio testardo? D'accordo allora, vorrà dire che stavolta sarò particolarmente logorroica!» Gli disse con aria di sfida e lui, come ormai era diventato d'abitudine, non potè fare a meno di stuzzicarla:

«Stavolta? Perchè non lo sei sempre?»

«Vedo che oltre alla cocciutaggine stasera hai tirato fuori anche la tua parte più galante. Per favore smettila di farmi tutti questi complimenti o correrò il rischio di innamorarmi!»

«Ah ah ah, non c'è pericolo te lo assicuro! Non l'ho mai visto succedere in tutti questi anni, quindi puoi stare tranquilla, sei salva!» Rideva, ma in realtà dentro di sé nascondeva una sorta di malinconia e rassegnazione. Dora era un'abile osservatrice e stava imparando a conoscere Remus e i modi con cui tentava di non dire tutto ciò che provava. Non sarebbe stato da lei accogliere quella battuta senza replicare, così chiese:

«Vuoi dire che non hai mai avuto una fidanzata?»

«Perché sei così sorpresa? Una delle prime cose che ho sentito su di te è che anche tu non hai mai avuto una relazione. Di sicuro è molto più facile capire il perché nessuno si innamori di un lupo mannaro, la gente scappa da me, non sono certo l'ideale romantico di una donna.»

«Oh assurdo, non è la tua malattia a determinare le tue possibilità di essere amato.» Come al solito Ninfadora esponeva le sue tesi con grande fervore e Lupin ne era commosso, ma era ingenua se pensava che una creatura come lui potesse avere una normale famiglia come tutti.

«Lo è invece, sono il primo a crederci Dora. Riguardo a te piuttosto, non posso proprio credere che gli uomini si siano interessati a te solo per chiederti di trasformarti a loro piacimento.»

«Oh, mi piacerebbe dirti che era una bugia. All'inizio ne soffrivo moltissimo, più che una ragazza sembravo un fenomeno da baraccone, i maschi mi chiedevano senza ritegno di andare a bere una burrobirra con loro con le sembianze della donna dei loro sogni. Io non cambio mai volutamente il mio aspetto, solo il colore dei capelli, per il resto sono sempre me stessa, solo gli occhi mutano a seconda delle emozioni che provo, quindi era così umiliante. Con il tempo ho imparato a farci l'abitudine, ad avere un pò più di autostima. Non ho mai ceduto alle loro richieste, ho sempre avuto la convinzione che prima o poi sarebbe arrivato qualcuno che mi avrebbe apprezzata così come sono.» Mentre parlava aveva lo sguardo perso chissà dove, Remus la osservava in silenzio: le guance avevano assunto una tonalità di rosso incantevole, le labbra rosee le tremavano in maniera quasi impercettibile e alcune ciocche di capelli assumevano a intermittenza sfumature diverse. Era evidente che non era facile per lei raccontargli certe cose, ma gli aveva aperto il suo cuore, così come aveva fatto lui stesso la mattina di quel giorno. A volte la mente umana era inspiegabile, come non si potesse apprezzare Tonks, per lui che la trovava incantevole, era un mistero. Senza rendersi conto di esprimere i propri pensieri a voce alta disse:
«Credo che non sarò mai in grado di comprenderli, io ti trovo bellissima.» Ninfadora lo aveva sentito eccome, si girò a guardarlo sorpresa, con i battiti del cuore accelerati e i loro occhi ritrovarono la giusta via. Entrambi emozionati, confusi da quello strano contatto che continuava a crearsi tra di loro, persi in una dimensione che poco aveva a che fare con la realtà in quel momento.

Un forte rumore li fece sobbalzare. Ebbero giusto il tempo di riprendere il controllo di loro  stessi e capire che si trattava dell'ascensore, prima di veder sbucare all'inizio del corridoio un uomo incappucciato: era un mangiamorte. Protetti dal loro incantesimo di disillusione non potevano essere visti, dovevano approfittare di quel vantaggio per fermarlo. Tonks fu più veloce di Remus, un raggio di luce azzurro partì dalla sua bacchetta e colpì l'avversario in pieno petto che cadde a terra pietrificato. Poi scattò in piedi, sarebbe stato sciocco pensare che fosse venuto da solo, così si preparò a ricevere altri servitori di Voldemort che non tardarono a spuntare dal lato opposto. Erano in quattro contro due, Dora sarebbe stata curiosa di sapere chi fossero, ma avevano tutti la maschera e inoltre non c'era il tempo di pensare  ma solo di agire.

«Stupeficium!» Gridò in direzione di uno di loro, nel frattempo Lupin si era posizionato al suo fianco e aveva iniziato a lanciare incantesimi a sua volta. Nella testa della ragazza continuava a risuonare forte e chiaro l'avvertimento del suo mentore "vigilanza costante", ma con la coda dell'occhio poteva vedere i scarsi riflessi di Remus, era certa che ciò dipendesse dalla sua stanchezza e che avrebbe potuto costargli la vita. Lo sapeva anche lui, ma per quanto sentisse la sua energia venir meno in maniera troppo repentina, non demordeva ma anzi cercava di sfruttare al meglio quelle poche risorse che gli erano rimaste.

Nonostante si difendessero in maniera ammirevole, un paio di attacchi di Lupin e Tonks andarono a buon fine e due dei mangiamorte rimasero bloccati stesi sul pavimento. Ora la lotta non era più squilibrata, erano due contro due, ma la ragazza si accorse subito che Remus stava per crollare, ci fece caso dagli occhi che stavano iniziando a perdere il loro solito luccichio e dal movimento del braccio sempre più lento; non ci pensò due volte e urlò: «Protego Horribilis!»

Uno scudo nebuloso iniziò a formarsi attorno all'uomo che, a riprova del fatto che l'azione della giovane fosse quella giusta, cadde a terra quasi svenuto. Lei gli si piazzò davanti come ulteriore protezione senza smettere di contrattaccare i nemici. Per qualche minuto lampi di luce colorata continuarono a rimbalzare da una parte all'altra, nessuno riusciva a colpire in maniera decisiva l'avversario. Dora era un Auror ben addestrato e, malgrado fosse rimasta sola, era in grado di reggere, almeno per un pò, un combattimento contro due maghi.

Ad un tratto uno dei mangiamorte rimasti si tolse la maschera, la donna era praticamente certa di averlo riconosciuto dalla bacchetta e infatti non si sbagliava:

«Malfoy», disse a denti stretti.

«Ninfadora, è un piacere rivederti. Coraggioso da parte tua difendere il tuo sporco amico, potrebbe essere l'occasione giusta per eliminare un parassita come lui.» I capelli di Tonks diventarono rosso fuoco, serrò ancora di più la mano intorno alla sua arma e urlò:

«Non osare toccarlo!!!» La stanchezza stava iniziando a farsi sentire anche per lei, ma la rabbia che le divampò dentro al petto le diede di nuovo la giusta carica per continuare a sferrare attacchi.

«Lasciala a me, vai via e porta con te questi altri due falliti.» Disse Lucius con disgusto all'uomo al suo fianco.

«Ma gli ordini del Padrone non erano questi!»

«Ho detto: VAI!!!» Tuonò Malfoy prima di rivolgersi di nuovo a Tonks: «E ora cara Ninfadora, a noi due.»

«NON CHIAMARMI NINFADORA!!!» Dalla bacchetta della ragazza partì un fiotto di luce potente che tramortì l'uomo, ma dal quale riuscì a riprendersi subito.

«Accidenti mi aspettavo di più da un Auror, forse il Ministero dovrebbe sottoporvi a esami più difficili prima dell'idoneità.»

Dora sapeva a che gioco stava giocando, cercava di deconcentrarla con le sue offese, ma un'allieva di Malocchio non avrebbe mai permesso che ciò succedesse, la preoccupazione per Remus aveva già rischiato di distrarla, non poteva commettere errori. Continuarono a lanciarsi attacchi di ogni tipo, a Tonks non era permesso usare maledizioni senza perdono, ma ovviamente ciò non valeva per un servitore di Voldemort; uno dei vari tentativi di Malfoy la colpì. La ragazza cadde a terra in preda al dolore, era addestrata a sopportarlo, ma Lucius non si accontentò e con un sorriso maligno disse:
«Crucio.»

Questa volta fu più faticoso non urlare, ma lei non voleva dargli quella soddisfazione.

«Sai, tutto questo non sarebbe successo se tu avessi scelto di schierarti dalla parte giusta.»

Remus, che nel frattempo aveva perso conoscenza, stava ricominciando a svegliarsi come se una voce lo avesse chiamato per dirgli che c'era bisogno di lui. Riuscì a prendere la bacchetta che era rotolata poco lontano e la puntò contro Lucius che non ebbe il tempo di difendersi e cadde a terra svenuto. Poi si avvicinò a Tonks, le sollevò il busto e la testa per farglieli appoggiare sul proprio braccio:

«Stai bene?» Le chiese.

«Sì, direi di sì. E tu?»

«Anche io.» Si guardarono e in entrambi iniziò a farsi sentire la consapevolezza della vicinanza dei loro corpi, lui la teneva stretta in preda alla preoccupazione, come se con quell'abbraccio avesse potuto ridonarle l'energia di cui aveva bisogno e lei si sentiva protetta come non le succedeva da tanto tempo. Dora gli risistemò un ciuffo di capelli che gli era caduto sulla fronte e gli disse:

«Grazie per avermi salvata.»

«Non è stato niente, sei tu quella che ha fatto tutto il lavoro e hai difeso entrambi, oltre alla profezia.»

«Credo che non ci troveremo mai d'accordo su questo, che ne dici se diciamo che è merito di tutte e due?»

«Potrebbe essere un buon compromesso.» Le rispose lui con quel dolce sorriso che lei apprezzava ogni giorno di più.

«Che ne facciamo di Malfoy? Lo portiamo nel suo ufficio?»

«Se venisse trovato qui non converrebbe nemmeno a lui dire la verità, ma non si sa mai cosa potrebbe inventarsi, quindi direi che la tua è una buonissima idea.» Le rispose, poi con tono malizioso aggiunge: «Sembra che stia diventando un'abitudine farti da cuscino.

«Hai le braccia un pò troppo magre, però devo ammettere che non si sta poi così male», gli rispose dopo aver ormai ritrovato la sua positività contagiosa di sempre.

Si alzarono controvoglia, nonostante il freddo del pavimento e la stanchezza post-combattimento si sarebbero crogiolati volentieri in quello stato di benessere e conforto donato da quell'intimo contatto. Trasportarono il corpo di Lucius nella sua stanza e tornarono a casa.

Erano sfiniti, non avevano voglia di raccontare subito ciò che era successo, ma necessitavano piuttosto di una doccia  e di un letto morbido e accogliente.

Due ore dopo Dora si risvegliò, doveva andare al Ministero, ma notò sul comodino un biglietto dove c'era scritto:

«Ho mandato un patronus a Kingsley, gli ho raccontato dell'attacco e gli ho detto che ti prendi due giorni di riposo. Sapevo che, testarda come sei, saresti comunque corsa a lavoro. Riposa, se riesco ci salutiamo prima della luna di stanotte. Rem»

Un sorriso si fece strada sulle labbra di lei e il sonno la colse di nuovo.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Ninfadora si risvegliò nel tardo pomeriggio, era stremata, di sicuro le maledizioni ricevute l'avevano indebolita. Quando si rese conto dell'ora balzò giù dal letto, voleva vedere Remus prima della sera. Si vestì in fretta e provò a bussare alla porta della sua camera.

«Chi è?» Chiese l'uomo prima di invitare chiunque a entrare, non aveva molta voglia di ricevere visite in quel momento.

«Sono Dora.» La ragazza attese speranzosa, immaginava che non fosse in forma, ma le avrebbe fatto piacere salutarlo.

«Vieni pure», fu felice di sentire la voce di lei, in effetti era l'unica per cui avrebbe fatto un'eccezione.

«Grazie per avvisato Kingsley, avevi ragione, sarei andata in ufficio oggi», Tonks si sedette sul bordo del letto accanto a lui. Buttò un occhio sulla coperta e le scappò una risatina, la tonalità così chiara era in netto contrasto con quella più accesa della sua.

«Ne ero certo, ma perché stai ridendo?

«Oh niente, stavo solo notando quanto i colori dei nostri letti siano opposti.»

«Sirius si è divertito ad arredare le camere in base alle nostre personalità.»

«Quindi mi stai dicendo che io sono vivace e trasgressiva e tu smorto e noioso?» Lo punzecchiò lei per sdrammatizzare, aveva osservato bene il suo viso e non era solo pallido ma anche sofferente.

«Ti approfitti del fatto che non sono in grado di rispondere ai tuoi scherni?»

Lei cercò di assumere un'aria innocente e gli disse:

«Rem, ma per chi mi hai preso! Non lo farei mai!»

«Ti ha mai detto nessuno che non sai fingere?»

«Accidenti, credo che rientri tra i difetti di un metamorfomago. Avrebbero dovuto darmi un manuale di istruzioni alla nascita.»

Nonostante non fosse al massimo delle sue forze Remus riusciva a lasciarsi travolgere dall'ironia di Dora. Era strano per lui, solo i genitori e i suoi vecchi amici lo avevano supportato in quei frangenti che precedevano la luna piena, da quella sera invece c'era qualcun'altro a farlo e, in cuor suo, sperava avrebbe continuato per molto tempo.

«Dove passerai la notte?»

«Nel seminterrato della casa, lo abbiamo sistemato con tuo cugino, non voleva che io andassi troppo lontano. Lo proteggeremo con tutti gli incantesimi necessari, anche se non sono ancora del tutto convinto che sia la soluzione giusta. Piton, per fortuna, mi ha preparato la pozione, quindi almeno in parte gli effetti saranno attutiti.»

«Io invece trovo ottima questa decisione, è molto meglio sapere che sei qui con noi, piuttosto che chissà dove, sarebbe ancora più rischioso.»

Remus non poté fare a meno di ridere.

«Sono io in primis il pericolo e tu ti preoccupi per me e di cosa potrebbe succedermi là fuori?»

«Certo che lo faccio! Sei comunque un membro dell'ordine e soprattutto nelle foreste si aggirano altre creature con cui sarebbe preferibile non scontrarsi.»

«Sei davvero una sorpresa costante! Prima mi difendi a spada tratta davanti ai mangiamorte e ora temi per ciò che potrebbe accadermi mentre sono trasformato.» Con lei tutto era una novità ed era innegabile che fosse felice di averla conosciuta e di lavorare con lei. Non le diede il tempo di rispondere perché voleva scendere e accordarsi per un'ultima volta con l'amico.

«Ora è bene che vada giù, tra non molto sarà ora.»

«Vengo con te.»

In cucina trovarono Sirius:

«Ti stavo proprio aspettando Lunastorta, come al solito vuoi fare le cose con largo anticipo.»

«Lo sai che voglio essere sicuro che vada tutto bene.»

«Si si d'accordo, andiamo. Cuginetta vieni ad aiutarmi con gli incantesimi di protezione?»

«Certo.»

Arrivati al piano di sotto, prima di chiudere la porta, Black disse a Lupin:

«Per farti stare più tranquillo ho chiesto a Molly di far dormire tutti alla Tana per stanotte.»

«Grazie, mi hai tolto un peso. E Dora? Perché non hai fatto andare via anche lei?»

«Andiamo, è un Auror e poi sono certo che non avrebbe voluto. Giusto?» Chiese rivolgendosi alla ragazza.

Tonks era persa ad osservare quella stanza spoglia e dalle pareti scure. Le faceva tristezza pensare a dove Remus avrebbe passato la notte, ma sperava che non se ne sarebbe reso conto. Si riscosse per rispondere:

«Vero. Preferisco restare.»

«Visto!?» Disse il cugino con un'aria della serie "te l'avevo detto", poi continuò:

«Bene, dato che è tutto a posto, noi andiamo.»

«Ti ricordi ogni passaggio, vero Felpato?»

«Sì prof, conosco a memoria la procedura! Ci vediamo domani mattina.» L'amico uscì ma Dora non lo seguì subito. Si avvicinò a Lupin e gli diede un bacio sulla guancia:

«Spero che con la pozione non sarà una notte troppo pesante per te. A domani allora.»

«So che l'ho detto spesso nelle ultime ore ma... grazie.» Non riuscì a trattenersi, o forse non voleva e le accarezzò una guancia, un gesto che provocò alla ragazza un'ondata di brividi mai provata prima. La dolcezza dell'uomo e il modo in cui l'aveva guardata erano del tutto nuovi per lei, di sicuro era tutto dovuto alla gratitudine nei suoi confronti ma ne era comunque felice. Non avevano altro da dirsi e così la giovane raggiunse il cugino.

Chiusero la porta e insieme inserirono gli incantesimi di protezione necessari.

«Non sono per niente contenta. Perché dobbiamo rimanere qui fuori e lasciarlo da solo?»

«Ai tempi della scuola diventando Animagus io, James e Peter eravamo riusciti a convincerlo e a fargli compagnia durante le notti di luna piena, ma ora che è qui preferisce che io resti solo a controllare che la situazione non gli sfugga di mano.»

«Andiamo Sir, sai anche tu quanto sia sciocco tutto ciò, prende la pozione, non può succedere niente.» Tonks apprezzava che Remus fosse un mago assennato e scrupoloso, ma tendeva ad esagerare in quel caso.

«Sono d'accordo con te, ma sai, non sei l'unica a essere testarda.»

«Va bene, allora vado a farmi un altro caffè, un panino e torno qui.»

«Perché invece non vai a dormire? Posso rimanere io di guardia.»

«Resto a farti compagnia.» L'uomo sapeva che quella era una partita persa in partenza, così si offrì di portarle qualcosa da mangiare. Nel frattempo Ninfadora si perse nei suoi pensieri, si mise seduta per terra con la schiena appoggiata alla porta, stranamente di colore chiaro ma erosa come tutto il resto del mobilio di quella casa. Le ritornò in mente quanto fosse brutta la stanza dove si trovava Remus in quel momento: vuota, senza un letto o un qualsiasi altro tipo di giaciglio e soprattutto non aveva neanche un camino. Era sciocco, come lupo mannaro non ne avrebbe avuto bisogno, non poteva sentire il freddo o la necessità di un posto comodo dove riposare, ma era convinta che in qualche modo avrebbero potuto rendere più piacevole e confortevole quel luogo.

«Ecco qua», le disse Sirius che era appena tornato.

«Grazie. Dato che finalmente abbiamo un attimo di calma per parlare, dimmi, come stai davvero? A cena sei sempre di compagnia, ridi, scherzi, ma immagino che non sia sempre così, giusto?»

«Sai, è bello che, nonostante siano passati tanti anni, tu mi conosca ancora.» Le si era seduto accanto e lei gli appoggiò la testa sulla spalla, poi lo guardò in attesa che continuasse.

«Non posso dire di stare male, di sicuro è molto meglio che ad Azkaban. Qui ho te, Remus e almeno per un po' posso godere della presenza di Harry. Mi è mancato molto non poter stare al fianco di tutti voi e soprattutto tenere fede al mio ruolo di padrino, quindi sono contento di poter recuperare almeno in parte. Solo che ho nostalgia della libertà, di poter essere utile alla causa come lo ero in passato.»

«Sir, ma tu lo sei. Non puoi uscire è vero, ma sei comunque di grande supporto per il tuo figlioccio. Quando sarà a Hogwarts sono certa che riuscirai comunque a fornirgli il sostegno di cui necessita. Inoltre pensa a Remus, senza di te sarebbe solo, così invece riuscite a farvi compagnia l'un l'altro e sono certa che lui apprezzi molto la tua amicizia. Per finire, potrai sempre prestarmi la tua spalla nei momenti difficili!»

«Accidenti ti ho perso di vista per dodici anni e sei diventata una grande e saggia donna!»

«Oh beh saggia non lo so, spesso sono troppo impulsiva. Di sicuro però ho imparato che è con il sorriso che si affrontano i problemi, soprattutto quelli più tosti. Lasciarsi andare alla disperazione o all'autocommiserazione non porta nulla di buono.» Diede un morso al panino che ancora non aveva toccato.

«Ora capisco cosa intendeva dire Remus quando mi ha raccontato che gli hai dato il sostegno di cui aveva bisogno. Ah ovviamente questo non dovresti saperlo, mi ucciderebbe se gli giungesse voce che te l'ho detto.»

«Ah ah ah, tranquillo ho la bocca cucita! Mi fa piacere essergli stata utile, ho solo cercato di ricordargli che è un membro essenziale dell'Ordine anche se ha un grande fardello da portare. In effetti è simile a quello che ho detto a te, a quanto pare avete molto in comune.»

Sirius appoggiò la testa alla porta, alzò gli occhi al cielo e tirò un forte sospiro, poi disse:

«In realtà non ho mai provato nulla del genere prima d'ora, è sempre stato Lunastorta a sentirsi inferiore o in una posizione di svantaggio. Eravamo noi a tirarlo su di morale o a cercare di rendergli l'esistenza migliore ma ora, per certi aspetti, siamo sulla stessa lunghezza d'onda.»

«Bene, vorrà dire che ci penserò io a dare una sterzata ai vostri tristi pensieri.» Gli prese la mano e gliela strinse per infondergli sicurezza. Lui però la tirò verso di sé e la abbracciò con forza.

«Sei la cugina migliore del mondo!» Le disse con una dolcezza che usava in rarissime occasioni. Tonks era commossa, ma non ebbe neanche il tempo di rispondergli che un urlo squarciò l'aria e gli fece subito separare.

«Dannazione! Ho dimenticato di insonorizzare la stanza!» Urlò Sirius.

Dora era balzata in piedi, con una mano sfiorava la porta e lacrime silenziose le scendevano dagli occhi alle guance. Avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non dover sentire la sofferenza dell'amico, ma qualcosa dentro di lei glielo impediva, come se partecipare a quello spettacolo sonoro fosse di aiuto e potesse trasmettere forza a Remus.

«Ehi tutto bene?» Black le mise una mano sulla spalla, era preoccupato.

«Come si può...come si può sopportare una cosa del genere? Non è giusto...non è giusto.»

«Tesoro lo so, ma vedrai che presto sarà passato e non sentirà più nulla.»

«Non possiamo lasciarlo solo...»

«Te l'ho già detto, non vuole che entriamo!»

«Non mi interessa, senti come urla accidenti!!!» Tonks sentiva il cuore frantumarsi in mille pezzi, non aveva mai assistito a tanta sofferenza, in confronto la Crucio le sembrava una semplice secchiata d'acqua gelata.

«Sir io vado, non posso farcela a rimanere qui senza fare nulla.» Il cugino si fece da parte, sapeva che era del tutto inutile provare a fermarla, avrebbe fatto i conti con Lupin non appena sarebbe stato in grado, ma in fondo era contento che lei gli facesse compagnia.

La ragazza disattivò tutti gli incantesimi ed entrò nella stanza. Non era preparata allo scenario che le si presentò davanti: Lunastorta era ancora in minima parte in forma umana, era spuntato il pelo e braccia, gambe e busto erano quasi del tutto trasformati, ma ciò che era davvero terribile era il modo in cui si contorceva dal dolore.

Lei lo chiamò:

«Rem!» Si girò a guardarla, dapprima sorpreso e poi terrorizzato. La pozione gli permetteva di mantenere il suo stato mentale equilibrato, senza che il lupo lo sopraffacesse, quindi poteva scorgere con chiarezza la ragazza.

«Va via...» Riuscì a dire con fatica tra un urlo e un altro.

«No.» Disse, poi gli si avvicinò e si buttò in terra al suo fianco. Il cambiamento era quasi terminato, lui era già a quattro zampe e Dora, con delicatezza, gli accarezzò la schiena. Lupin provò a ritrarsi ma le fitte erano ancora troppo forti, così si arrese al suo tocco.

Lei, come una madre amorevole, tentò di tranquillizzarlo:

«Shhh...va tutto bene, ci sono io con te.» Pochi minuti dopo per fortuna la sofferenza cessò e Remus si sdraiò a terra sfinito. Lei continuò a far scorrere la mano su di lui, arrivando anche alla testa. All'inizio il lupo era troppo stanco per reagire, poi piano piano si rialzò e prese a fissarla negli occhi: la giovane poteva scorgere la solita sfumatura nocciola dell'uomo e vi leggeva un misto tra vergogna e rassegnazione, ma non aveva perso la sua dolcezza di sempre.

«Sai, devo ammettere che non sei poi così male, anzi sei quasi carino», lo prese in giro per allentare la tensione, poi continuò: «Ok, lo so che probabilmente mi stai odiando in questo momento, ma sei stato uno sciocco a pensare che avrei potuto lasciarti da solo. Non sei pericoloso con la pozione anti-lupo, lo sappiamo entrambi, quindi non c'è alcun motivo per cui io non possa rimanere a farti compagnia.» Fu scossa dai brividi e si lasciò sfuggire le parole successive: «Certo che fa freddo qui.»

Prima che potesse accendere un fuoco, però, Remus le si avvicinò ancora di più e si sdraiò con parte del corpo sopra le sue gambe senza gravarla troppo del suo peso. Poi la guardò come se si aspettasse una conferma del fatto che quel contatto non la infastidisse troppo. Dora era tutt'altro che disgustata e lo rassicurò:

«Accidenti, sei un forno! Grazie, ora va decisamente meglio.» Si accomodò contro il muro e riprese ad accarezzare Remus, era rilassante farlo, ed era contenta se poteva aiutarlo nel rendergli quelle dannate ore più serene. Lupin, abituato a passare le notti di luna piena da solo e, soprattutto, a soccombere al forte potere del lupo, si sentiva per la prima volta tranquillo e completamente accettato. Percepiva attraverso il tocco di Dora tutto il suo affetto ed era una sensazione così forte e nuova che a tratti temeva che il cuore potesse scoppiargli di gioia; in passato i suoi amici gli erano stati accanto ma lei lo stava travolgendo di dolcezza e lui non poteva che esserne commosso.

«Per favore... domattina non prendertela troppo con Sirius. Non c'entra nulla lui, mi ha ribadito che non avresti voluto, ma io non ho sentito ragioni. Si era dimenticato di insonorizzare la stanza e io non potevo sopportare di ascoltare la tua sofferenza senza fare niente. Trovo così ingiusto e orribile che tu debba attraversare tutto ciò una volta al mese, ma se mi permetterai di starti accanto e se ciò può alleviarti almeno un pò, ne sarò felice.» A Remus sfuggì un leggero ululato.

Lei rise e chiese:

«Devo prenderlo come un sì o come un no? E comunque io non capisco le tue paure, altro che lupo mannaro sei mansueto come un agnellino!» Nonostante la situazione decisamente inusuale Dora non perdeva la sua voglia di scherzare, perché lei non vedeva Remus come un emarginato o una persona da cui fuggire, ma piuttosto come un brav'uomo a cui era capitato un destino crudele.

Dato che lui non poteva conversare come sempre Tonks prese a raccontargli dei suoi tempi a Hogwarts, di tutti i danni che combinava durante le ore passate con Piton a causa della sua goffaggine, di come avesse sempre avuto un debole per le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure e del suo grande desiderio di diventare Auror. A un tratto si accorse che l'amico si era addormentato, forse con i suoi racconti era riuscita a rilassarlo tanto da permettergli di lasciarsi andare. Aveva riposato per svariate ore quel giorno ma iniziava anche lei a sentirsi stanca, così, con tutta la delicatezza di cui era capace, spostò il corpo di Lupin sul pavimento e vi si sdraiò accanto. Si rannicchiò al suo fianco per godere di tutto il calore che emanava e, con un sorriso di soddisfazione sulle labbra, si fece accogliere dalle braccia di Morfeo.

La notte passò tranquilla, Remus si risvegliò a trasformazione terminata, era difficile che riuscisse a dormire nelle notti di luna piena e quindi era un po' stordito ma non debole come al solito. Sentiva una leggera pressione all'altezza del petto, abbassò lo sguardo e vide una massa di capelli rosa sparsi sopra di lui, la realizzazione di ciò che era accaduto nelle ore precedenti lo colpì facendolo sussultare. Al leggero sballottio che ne conseguì, Dora si lamentò nel sonno.

Se Lupin aveva pensato che si trattasse di un sogno in quel momento dovette ricredersi per forza: si trovava sdraiato su un pavimento freddo e umido, con una bellissima donna mezza sdraiata sopra di lui, ma soprattutto completamente nudo. Doveva porre subito rimedio, ma non voleva neanche svegliarla in modo brusco, si guardò intorno e vide che per fortuna la sua bacchetta non era troppo lontana. Si spostò piano piano portandosi dietro la ragazza e, raggiunta la sua arma, lanciò un incantesimo per recuperare il cambio di vestiti che si era portato; quelli rotti li avrebbe riparati più tardi. Riuscì a infilarsi pantaloni e boxer ma non c'era alcun modo di mettersi la maglietta senza infastidire troppo Tonks, la quale stava giusto iniziando a muoversi. Ci mise un po' a tirare su le palpebre, intontita dal sonno, stava anche lei cercando di ricordare dove si trovasse, poi alzò la testa e i suoi occhi incrociarono quelli di Remus.

«Buongiorno», gli disse come se niente fosse.

Lui le lanciò uno sguardo che era un misto tra il divertito e l'imbarazzato e le rispose:

«Buongiorno.»

Dora si guardò intorno e, solo in quel momento, si rese conto della posizione compromettente in cui si trovava: era appiccicata all'uomo, la testa e una mano appoggiate sul suo petto nudo. In un attimo diventò tutta rossa, capelli compresi e scoppiarono entrambi a ridere. La ragazza si tirò su a sedere e gli disse:

«Prima di iniziare a brontolarmi, dimmi come ti senti.»

Lui seguì il suo esempio e le rispose:

«Decisamente meglio del solito. Sono stanco ma non distrutto come le altre volte. In realtà dovrei farti una super ramanzina e lo sai anche tu, ma ammetto che la tua presenza mi ha fatto molto bene. Quindi grazie di aver combattuto contro la mia testardaggine.»

«Direi che ne abbiamo tutti e due da vendere, questa volta diciamo che ha vinto la mia.» Lupin non rispose, si era accorto che lo sguardo di Dora era sceso verso le cicatrici sparse sul suo petto, se ne vergognava, non aveva mai permesso a nessuno di vederle. Lei non lo guardava con disprezzo ma con tenerezza e, come se ci fosse un filo a guidarle la mano destra, la alzò e iniziò a percorrere alcuni segni. Non c'era niente di malizioso in quel tocco, voleva fargli capire che niente di ciò che vedeva poteva cambiare le cose, anzi semmai era sempre più dispiaciuta per il peso che era costretto a portare Remus. Le carezze della donna lo riempirono di calore, gli sembrava di andare a fuoco, poi posò una mano sulla sua e gliela strinse. Si continuarono a scrutare per quelli che parevano lunghi e interminabili secondi, incapaci di parlare, tanto non ce ne era bisogno, ci pensavano le loro emozioni a farlo. Quella che avevano condiviso nelle ore precedenti era un tipo di intimità che non si poteva spiegare con delle semplice frasi ma solo vivere. Ninfadora aveva superato la barriera che Lupin si era costruito con tanta meticolosità e l'uomo sentiva nel petto un garbuglio di sentimenti contrastanti che necessitavano di una profonda riflessione. La ragazza non era da meno, se da un lato si sentiva felice per aver aiutato l'amico a cui iniziava ad affezionarsi sempre di più, dall'altro stentava a riconoscere se stessa; mai aveva sentito nei confronti di una persona dell'altro sesso un istinto così forte da farle dimenticare ogni tipo di inibizione.

Dei due fu la prima a parlare, quella tensione emotiva la stava agitando troppo:

«Immagino che tu ora abbia bisogno di stenderti su un letto comodo, io vado a farmi un caffè e approfitto dell'essere a casa per lavorare su alcune pratiche.»

«Non pensi che sarebbe il caso che riposassi anche tu?»

«Magari più tardi.»

Remus si alzò in piedi e offrì la mano a Dora per aiutarla a fare lo stesso. Uscirono dalla stanza e si diressero in cucina dove trovarono Sirius che li accolse con affetto:

«Buongiorno a tutti e due! Come è andata stanotte?» I due si scambiarono uno sguardo complice e Lupin rispose:

«Bene, ma ovviamente faremo i conti più tardi. Ora vado a sdraiarmi, ci vediamo più tardi.» Guardò un'ultima volta Tonks e se ne andò in camera sua.

«Accidenti cuginetta, hai fatto un miracolo! Non ho mai visto Lunastorta così dopo la luna piena!»

«Siamo a riusciti a dormire un po', di sicuro gli ha giovato. Vado a darmi una rinfrescata poi torno qui, ho del lavoro da sbrigare.» 
Black notò che in lei c'era qualcosa di strano e provò a chiederle:
«Tutto a posto?»

«Sì, perché?» Non se la sentiva di parlare con lui di ciò che aveva provato poco prima, non fino a che non ci avesse capito qualche cosa.

«No niente, mi sembravi un po' pensierosa.»

«Solo stanchezza davvero.» Si diresse verso la sua stanza per cambiarsi e prendere i documenti che le servivano. Prima di dirigersi verso la cucina, però, scrisse un biglietto e lo passò sotto la porta di Remus con la speranza che lo leggesse prima di addormentarsi. Per fortuna lui lo notò e, incuriosito, lo scorse subito:

"So che per te non è stato facile e da parte mia forse un po' azzardato, ma...grazie per avermi permesso di restarti accanto e per la fiducia che hai avuto in me...riposa bene e se hai bisogno chiamami..."

Lupin si infilò sotto le coperte con il biglietto in mano, quella giovane e frizzante ragazza sapeva come arrivare dritta al cuore, più tardi avrebbe avuto tempo per ripensare ai motivi per cui sarebbe stato meglio che non gli fosse amica, ma in quel momento voleva solo godersi il calore che gli aveva donato e che ancora lo avvolgeva.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Remus si risvegliò qualche ora più tardi, si sentiva più in forma del solito quindi non aveva bisogno di rimanere a letto tutto il giorno. Il calore provato prima di addormentarsi era stato ben presto sostituito dall'angoscia non appena aveva aperto gli occhi. Immagini di Dora che lo guardava trasformarsi, che lo accarezzava, che percorreva le sue cicatrici iniziarono a dargli il tormento. La consapevolezza di essersi messo a nudo, in tutti i sensi, di fronte alla ragazza lo colpì in pieno petto come un pugno. Si coprì il volto con le mani come se in qualche modo potesse scacciare la vergogna che gli attanagliava lo stomaco, la mente e il cuore. Sentiva dolore ovunque, in ogni parte del corpo, come se ci fossero mille aghi a pungerlo e torturarlo; si diede dello sciocco per aver provato felicità per l'affetto di Tonks. Non se lo meritava, era una creatura indegna dell'amicizia di una giovane, bella e frizzante donna come lei, come aveva potuto permetterle di assistere proprio non lo capiva.

Che accidenti stesse succedendo al suo cervello e alla sua anima non gli era chiaro, non si era mai lasciato trasportare e mai aveva ceduto all'impulsività o all'istinto. Doveva ammettere, però, che con Dora niente era abitudinario, lei era solare, positiva, una boccata d'aria fresca per un uomo che aveva smesso di sorridere da molto tempo. Era entrata nella sua vita come un uragano e per lui era stato sin troppo facile farsi travolgere; era stata dolce e gentile, ma lui non poteva certo contaminarla con l'oscurità che regnava dentro di lui. Se ripensava alla notte precedente si sentiva mancare l'aria, doveva dirle che non poteva concederle di stare al suo fianco durante la luna piena, che quello che era successo era stato un errore.

Si alzò dal letto, prese dei respiri profondi per calmarsi e si vestì per scendere a parlarle, preferiva farlo subito.

Aprì la porta e quasi si scontrò con Sirius che stava giusto per bussare.

«Sei già in piedi!» Esclamò Black sorpreso.

«Sì, mi sento meglio rispetto alle ultime volte», gli rispose senza entusiasmo.

«Ok, entriamo, hai qualcosa che non va vero?» Remus lo fece passare e l'amico andò a sedersi su una poltrona vicino al letto. Rimasero in silenzio per qualche minuto.

«Ti decidi a parlare o no?»

Lupin a quel punto non riuscì più a trattenersi e cominciò ad urlare:

«Che diavolo avevi in testa ieri sera?? Perché non l'hai fermata??»

Felpato si appoggiò allo schienale per accomodarsi meglio, intrecciò le mani e poi, con un tono di ovvietà, rispose:

«Bene, quindi stiamo parlando di Ninfadora.»

«Certo e di chi sennò!? Ha visto il mostro che sono, mi sono svegliato nudo abbracciato a lei!!! Come hai potuto Sirius???»

«Un momento, cosa hai detto? Tu, Remus Lupin, in una posizione compromettente con una ragazza?? Accidenti ho dovuto passare dodici anni ad Azkaban prima di sentirti dire una cosa del genere!» Black era piegato in due sulla poltrona senza riuscire a smettere di ridere.

«Puoi riuscire a rimanere serio per una volta?? Non sto parlando di romanticherie!!!»

«Questo solo perchè tu non vuoi vederle! Lei è corsa da te senza lasciarsi fermare da niente e da nessuno, avete passato la notte insieme e vi siete svegliati intrecciati l'uno all'altro, se non è romantico questo! Devo ammettere che la mia cuginetta ci sa fare!»

Remus tentò di calmarsi, sapeva bene che era quello l'obiettivo dell'amico, si sedette sul letto e gli rispose:

«Sirius, ti prego, sai benissimo che in tutto questo non c'entrano niente i sentimenti... mi conosci da una vita, sai che era già difficile ai tempi della scuola condividere con te e gli altri la mia malattia, come pensi che io mi senta oggi dopo che lei mi ha visto?»

«A giudicare dal fatto che stamani non eri un cadavere e che ora sei già in piedi, direi in ottima forma.» Black continuava a insistere con la sua ironia, credeva che fosse la strada giusta per ridimensionare le paranoie dell'amico, ma non era proprio la giornata più adatta, più continuava con quell'atteggiamento e più Lupin riprendeva fuoco.

«Sei venuto per vedere se stavo bene giusto? Visto che ritieni che io sia in ottima forma puoi andartene!»

«Oggi non hai proprio intenzioni di rilassarti eh?»

«Ho detto...VAI VIA!» Odiava urlare e buttare fuori tutta la negatività che gli bruciava dentro, ma Sirius sembrava proprio non capire ciò che cercava di dirgli.

«Non lo farò, non fino a che non ti sarai tranquillizzato. Come ha reagito mia cugina?»

«Che cosa c'entra questo?»

«Tu rispondimi!»

«Era tranquilla, come se fosse una cosa normale quella a cui stava assistendo.» L'uomo sembrava aver ripreso il controllo di sé e parlava con più calma.

«Ti ha visto senza vestiti, giusto? Quindi immagino che abbia anche notato le cicatrici che cerchi sempre di nascondere.»

«Sì...esatto...»

«E che cosa ha fatto? Era disgustata?»

«No, per niente, anzi...lei...» Il flash di quello che era successo la mattina gli si presentò davanti agli occhi, l'immagine di Tonks che con le mani percorreva il suo petto lo riempì di nuovo di calore, non era facile parlarne, soprattutto perché era la prima volta che una donna aveva un tale effetto su di lei, ma Sirius era l'unico dei suoi migliori amici rimasto al suo fianco e non glielo avrebbe nascosto; così continuò: «Lei le ha accarezzate.»

Felpato sgranò gli occhi, non era certo la risposta che si aspettava.

«Accidenti, quando prima ho detto che Ninfadora ci sa fare non credevo fino a questo punto.»

«Non me ne intendo, è vero, però il suo tocco non sembrava avere doppi fini, era come se volesse comprendere il mio dolore...»

«Quindi direi che non c'è nessun problema.»

«Non c'è?»

«No...hai detto che non era schifata, che è rimasta serena per tutto il tempo, quindi io proprio non capisco per che cosa tu ti stia così affliggendo!»

Era Remus a non comprendere, tutti gli anni che aveva passato in carcere forse gli avevano fatto dimenticare come lui si sentisse e come si vergognasse del suo problema. Si alzò in piedi e riprese ad alzare il tono della voce:

«Non ci arrivi davvero?» Sirius lo guardava perplesso, in attesa che continuasse.

Ninfadora, che nel frattempo si trovava ancora al piano di sotto, a quell'ennesimo urlo di Lupin decise di andare a controllare che cosa stesse succedendo. Stava per bussare quando sentì pronunciare il suo nome e preferì rimanere ad ascoltare che cosa c'entrasse lei in quello scoppio d'ira..

«Dora mi ha lasciato un biglietto in cui mi ringrazia per la fiducia che le ho dato nel permetterle di rimanere con me. Non è andata così! Non ha mostrato ribrezzo è vero, ma potrebbe aver provato semplicemente pena per me! Io non le ho dato fiducia, lei mi ha costretto, TU mi hai costretto, sapevate che non sarei potuto scappare e mi avete obbligato a farmi vedere in quello stato e TU sai quanto lo odio!!! Ha oltrepassato il limite e ha visto il mostro che è in me e questa è l'ultima cosa al mondo che voglio!!!»

A quelle parole la ragazza si sentì ribollire di rabbia, si accorse che la porta non era del tutto chiusa così la spalancò con forza. Non disse una parola ma a Remus, dopo essersi ripreso dalla sorpresa di vederla lì, bastò lo sguardo fulmineo con cui lo trafisse da parte a parte. Si sentì un verme, si era fatto prendere dalla foga senza rendersi del tutto conto di ciò che stava dicendo. Sperava che parlasse ma continuava a non farlo, così provò a spiegarsi mentre Sirius li scrutava in silenzio.

«Dora, lascia che ti spieghi per favore...» Le lanciò un'occhiata al limite del disperato, che parve non colpirla.

«Non ce n'è bisogno, sei stato chiarissimo. Almeno ora so come la pensi.» Detto questo se ne andò senza ammettere repliche. Aveva bisogno di sfogarsi e, dato che era qualche giorno che non si allenava come di consueto, pensò che fosse il momento giusto di farlo. Andò a cambiarsi, ignorò la voce di Lupin che la chiamava fuori dalla sua camera e si precipitò all'ingresso della casa come una furia.

In strada prese un respiro profondo e cercò di calmarsi, poi iniziò a correre. Per un Auror la resistenza è una delle caratteristiche essenziali, Tonks era quindi abituata a farsi un po' di chilometri alla settimana per aumentarla, in quel frangente poi era davvero un toccasana. Purtroppo però i pensieri non si decidevano ad abbandonarla, non sapeva con chi fosse più arrabbiata, se con se stessa o con Remus. Ammetteva di aver fatto un qualcosa che lui non gradiva, ma pensava che avrebbe apprezzato la sua presenza e il suo misero tentativo di aiuto, non che se la prendesse così con lei e con Sirius. Continuava inoltre a domandarsi se lui fosse intenzionato a dirle tutto o se invece avrebbe taciuto se lei non lo avesse sentito. Proseguì il suo percorso senza quasi rendersi conto del tempo che passava fino a che non si fece buio e fu costretta a rientrare, non voleva far preoccupare gli altri che di sicuro erano tornati. Le sue riflessioni le avevano dato il tormento ogni minuto ma si sentiva più tranquilla, anche se non aveva voglia di vedere Remus.

Arrivata a casa fu chiamata da Molly che l'aveva intravista dalla cucina:

«Oh cara, sei tornata! Scusaci se non ti abbiamo aspettata ma i ragazzi avevano fame.» La giovane si avvicinò alla porta per rispondere:
«Non preoccuparti, ho fatto tardi io.» Incontrò gli occhi di Lupin ma senza riuscire a interpretare la sua espressione, non sembrava addolorato o pentito, ma sorpreso. Non ebbe il tempo di trovare una spiegazione che fu distratta da Fred:

«Accidenti Tonks, dovresti vestirti così più spesso!!!» Gli occhi indagatori del ragazzo passavano con velocità dalla sua canottiera rosa ai leggins neri attillati. Non era in vena delle sue battute e gli disse solo:

«Sì beh ero ad allenarmi.»

Mamma Weasley tirò al figlio uno scappellotto dietro la testa e chiese speranzosa a Dora:

«Mangi vero? Ho preparato un sacco di cose.»

«Sì certo, però prima vado a rinfrescarmi», replicò e si diresse verso le scale.

Fred però non era l'unico ad aver notato l'abbigliamento della donna. Quando lo aveva guardato Lupin avrebbe abbassato volentieri la testa, ma non ne era stato capace. Era rimasto incantato, aveva sempre visto Ninfadora indossare felpe e jeans strappati, mai con vestiti che mettevano così in risalto le sue curve e le gambe muscolose. Non era solo quello però, la fatica le aveva arrossato le guance, arruffato i capelli e fatto nascere in lui un forte desiderio di passarci le mani, di risistemare quei ciuffi ribelli che le cadevano davanti agli occhi. L'aveva considerata bellissima sin dal primo istante in cui l'aveva vista ma così sconvolta era ancora più attraente. Non aveva fatto a meno di notare lo sciocco ammicco del gemello Weasley e non gli era piaciuto, forse perchè gli aveva fatto ricordare come gli uomini si erano comportati con Tonks in passato o più sinceramente perchè riteneva che la ragazza meritasse molto di più di infantili sguardi maliziosi.

«Lunastorta tutto bene?» Catturò la sua attenzione Sirius. Si sarebbe maledetto per il corso che avevano preso i suoi pensieri e sperava che l'amico non avesse notato nulla.

«Sì certo.»

Nel frattempo Dora era già tornata e si era accorta che, come al solito, l'unico posto rimasto libero era quello accanto a Remus. Fece finta di niente, si mise a sedere e si servì dell'arrosto con patate. Non aveva molta fame, ma non voleva fare un torto a Molly e al suo lavoro, così iniziò a mangiare senza partecipare alla conversazione degli altri. Lupin ne approfittò e le domandò nell'orecchio:

«Possiamo parlare dopo cena?»

«Non hai già detto abbastanza?» La voce di lei era dura, era difficile sentirla così, ma l'uomo ritentò con dolcezza:

«Ho un'offerta di pace.»

«Sarebbe?»

«Cioccolata calda e caminetto, ho giusto prenotato un posto per noi in biblioteca.» Dora si lasciò scappare un sorriso, aveva pianificato tutto, sapeva che in quella stanza nessuno li avrebbe disturbati.

«Potrei pensarci.»

«D'accordo, allora tu finisci di cenare e io ti aspetto di sopra.»

«E se dovessi metterci tutta la notte?» Lo punzecchiò lei.

«Vorrà dire che attenderò per tutto il tempo che ti serve», le rispose con uno dei suoi adorabili sorrisi e si alzò.

«Dove vai Remus? Credevo che volessi giocare a scacchi con noi.» Gli chiese Black sorpreso.

«Dato che stasera hai già chi ti tiene compagnia, io vado un pò a leggere.»

«Noioso come sempre eh?!»

«Certe cose non cambiano mai.»

Tonks cercò in tutti i modi di non scoppiare a ridere davanti a quello scambio di battute, ma il cugino notò la sua espressione divertita e le chiese:

«Che hai?»

«No niente, pensavo ad altro.» Non voleva mentirgli, ma rischiava di farsi sentire dagli altri e preferiva non condividere la discussione, se così si poteva definire, avuta con Remus.

«Sei molto arrabbiata con lui?»

«Sir, preferisco non parlarne.» Cercò di troncare subito la conversazione, ma si aspettava l'insistenza di lui, che infatti, riprese il discorso:

«Vorrei spezzare una lancia in suo favore... so che poteva sembrare offensivo o ingrato, ma ti assicuro che era la vergogna a ragionare...magari potresti ascoltarlo, sono certo che...»

La ragazza lo interruppe:

«Non c'è bisogno che tu lo difenda, gli ho già detto che ne discuterò con lui.»

«Ma allora è andato di sopra perchè vuole rimanere solo con te???»

«Shhhhh!!! Potresti abbassare la voce? Cosa penserebbero gli altri se ti sentissero parlare così.» Si guardò intorno per controllare ma per fortuna nessuno prestava loro attenzione.

«Non capisco che cosa ci sarebbe di male, non mi sembra un segreto di stato. Oppure c'è qualcosa che mi nascondi?»

«Assolutamente no. Solo che non mi va di far sapere i fatti miei.» In realtà non sapeva bene neanche lei perché la infastidisse così tanto il pensiero che ad altri giungesse la voce dell'incontro chiarificatore, preferiva però che nessuno interferisse in un momento del genere.

«Sarà..a me sembri molto strana però.» Sirius pensava che la cugina se la prendesse troppo a cuore, di solito non aveva problemi a condividere le proprie cose o idee, c'era qualcosa sotto, ne era convinto, ma forse anche lei ancora non se rendeva conto.

«Ti assicuro di no, ora vado.» Si alzò riuscendo a non dare troppo nell'occhio e raggiunse l'amico. 

Remus era seduto in terra di fronte al camino, con la schiena appoggiata a una poltrona, sentì la porta aprirsi e accolse Dora:

«Sai pensavo che mi avresti punito facendomi aspettare per ore ed ore».

«In effetti ci avevo pensato, ma mi ci vedi a passare tutto quel tempo in silenzio senza venirti a dire nulla?» Gli rispose stando al gioco, non avrebbe avuto senso mettersi subito sul piede di guerra.

«Ah ah ah, no in effetti no...dai vieni qui.» Le fece cenno con la mano di prendere posto al suo fianco.

«Ok...spara...che cosa volevi dirmi?» Gli chiese a bruciapelo.

«Diretta come sempre, vedo...», si fermò per un attimo a guardarla, indossava una maglietta della sua band preferita e pantaloni della tuta un po' troppo larghi per lei, sembrava quasi una bambina in confronto a lui, vecchio, per niente originale e con abiti malconci. Era riuscito a tranquillizzarsi ma, osservando la giovane e bella ragazza al suo fianco, la vergogna gli aveva di nuovo formato il groppo in gola e tolto il fiato. Dora notò che qualcosa non andava, lo vedeva dal suo cambio di espressione e da come cercava di aprire il primo bottone della camicia. Era ancora arrabbiata ma si lasciò in parte intenerire, gli prese la mano e gliela strinse, poi gli disse:

«Ehi, è tutto a posto...parlami...» Gli fece un largo sorriso di incoraggiamento e lui si sentì pronto a farlo:

«Vorrei scusarmi e chiudere la questione ma, se ti conosco un poco, so che non ti basterebbe... quando oggi mi hai sorpreso a parlare con Sirius non ero del tutto in me, ero agitato, arrabbiato, esasperato e non avevo il pieno controllo di ciò che dicevo... al mio risveglio stamattina, devo ammetterlo, ero felice...mi sentivo meglio del solito e soprattutto era bello avere qualcuno al mio fianco...»

«Cosa è successo poi?»

«Quando mi sono ripreso nel pomeriggio ho realizzato fino in fondo lo spettacolo a cui ti avevo fatto assistere...sarei dovuto essere più deciso e farti andare via, non permetterti di rimanere a guardare il mostro che divento!» Gli costava molto aprirsi così, ma Dora meritava la verità, non poteva fargli credere che ciò che gli era sfuggito qualche ora prima con Sirius fosse la verità.

«Rem, tu non sei un mostro! Odio sentirtelo dire, credevo di essere stata chiara su questo. Sono un Auror, non sei il primo lupo mannaro che vedo ma posso assicurarti che tu non sei cattivo e temibile come gli altri. Avevi ragione su una cosa, mi sono arrogata di un diritto che non mi appartiene, dovevo rispettare la tua volontà e non l'ho fatto ma...»

«Ma?»

Tonks non capiva perché si sentisse così protettiva nei confronti di una persona appena conosciuta, ma c'era qualcosa in lui che la colpiva e la spingeva a essere del tutto sincera. Sospirò e poi rispose:

«Non so se ti ricordi tutto ciò che ti ho detto stanotte, ma non riuscivo a sopportare di ascoltare le tue urla di dolore e a starti lontana, mi sentivo impotente e speravo, così facendo, di alleviare un po' la tua pena...non è compassione la mia, sono stata onesta nel non mostrare disgusto nei confronti della tua forma da lupo, perché non ne provo...per me rimani il Remus di sempre...» L'uomo era davvero commosso da quelle parole, quella donna lo stupiva ogni volta di più.

«Mi dispiace davvero per oggi, avrei dovuto solo ringraziarti!»

«Oh no, non voglio un grazie!»

«E cosa allora?» Le chiese lui inarcando un sopracciglio.

«La cioccolata calda ovvio!!!» Scoppiarono a ridere entrambi, poi Lupin recuperò le tazze e gliene porse una.

«Comunque non vale! Avevo preparato tutto un discorso su quanto mi sentissi offesa per le tue parole e arrabbiata con te e invece, non so come mai, sei riuscito subito a trovare il modo di addolcirmi.»

«Oh beh era il mio scopo fin dall'inizio!»

«Accidenti a te, avevi programmato tutto? Hai sfruttato il mio lato sensibile?!» Ninfadora cercò di mostrarsi indignata, ma fallì miseramente.

«Ma certo!»

La ragazza posò la sua bevanda sul pavimento e iniziò a prendere a pugni il petto dell'uomo che tentò di ribellarsi:

«Che fai?? Così mi farai rovesciare tutta la cioccolata!»

«Oh ti consiglio di difenderla allora perché ora meriti una punizione!»

«Ah sì? Ora ti faccio vedere io!» Si liberò della sua tazza e cominciò a farle il solletico sui fianchi per cercare di fermare i suoi attacchi. Ridevano come matti, tutta le tensione era sparita, erano rimasti solo due amici con una gran voglia di godere della loro riappacificazione. Caddero sdraiati sul pavimento e continuarono a solleticarsi a vicenda fino a che non si ritrovarono senza fiato e Lupin disse:

«Ok, basta tregua!»

«Scusami, avevo dimenticato quanto sei vecchio!» Lo prese in giro lei, ora che avevano chiarito erano ritornati a scherzare come sempre.

«Gli anziani come me non si divertono con certi giochi al pari dei bambini come te!»

«Come mi hai chiamata?!!» Si precipitò verso la tazza dell'amico e la inclinò:

«Ritira quello che hai detto oppure la rovescio!»

«No, la cioccolata no, sarebbe un delitto! D'accordo, stavo scherzando!»

«Così va meglio!»

Dora tornò a sedersi, finì di bere e si accoccolò accanto a Lupin, gli circondò il braccio sinistro con le sue e per un po' rimasero in silenzio. Non c'era imbarazzo però, ci sono momenti in cui non serve sprecare parole, quel contatto e i sorrisi sui loro volti si esprimevano più di tanti lunghi discorsi. Ad un tratto la ragazza si appisolò, Remus era divertito dalla facilità con cui si addormentasse sulla sua spalla, a quanto pare per lei era un ottimo cuscino. Si concesse di approfittarne per guardarla per un po', in realtà avrebbe potuto farlo per tutta la notte. Sembrava così serena abbracciata a lui, la Ninfadora arrabbiata del pomeriggio era stata sostituita da quella dolce e tenera, aveva un grande cuore e non ci voleva molto per capirlo. Lo aveva accettato subito, dal primo momento in cui gli aveva detto che era un lupo mannaro, ma la notte precedente aveva dimostrato con i fatti che era realmente disposta a tollerare anche la sua parte più oscura. Era una donna sorprendente e lui, rimostranze a parte, era felice della sua amicizia; sperava solo di meritarla. Le accarezzò una guancia e poi, con delicatezza, la prese in collo per portarla in camera. Non voleva svegliarla e così la mise a letto posandole sopra la coperta.

Prima di uscire le diede un bacio sulla fronte e le disse:

«Dormi bene dolce Dora.» Lei, nel sonno, gli regalò un sorriso in risposta e Lupin, contento per come era andata la serata, seguì il suo esempio e andò nella sua stanza a dormire.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Trascorsero un paio di settimane serene tra turni, lavoro, giochi e pulizie. Remus e Dora passavano i momenti liberi insieme a Sirius e gli altri, ma spesso anche da soli, rafforzando sempre di più la loro amicizia.

Il mese di agosto era agli sgoccioli, Kingsley concesse a Tonks un giorno libero per poter scortare i ragazzi a Diagon Alley ad acquistare il necessario per il nuovo anno scolastico, ormai alle porte. Quella mattina la ragazza bussò di buon'ora alla porta di Remus che si trovava ancora a letto.

«Chi è?»

«Sono io!» La donna non aveva bisogno di pronunciare il proprio nome tanto sapeva che l'avrebbe riconosciuta.

«Entra pure.»

Non se lo fece ripetere due volte e piombò nella stanza, le venne spontaneo mettersi una mano davanti alla bocca e scusarsi alla vista di Lupin senza maglietta. Lui non mancò di prenderla in giro:

«Che cosa c'è? Non mi pare che l'ultima volta ti sia fatta problemi a vedermi così.» Tonks si diede della sciocca, era diventata tutta rossa come una scolaretta, capelli compresi, non sapeva spiegare neanche a se stessa la sua reazione. Arricciò il naso, scosse la testa e si ricompose, poi gli rispose:

«Hai ragione, ero solo sorpresa.»

«Siediti dai, che volevi dirmi?»

Ninfadora si mise sul bordo del letto un po' troppo stretto per entrambi, così Remus incrociò le gambe per farle spazio e lei prese posto davanti a lui. Le loro ginocchia si sfioravano e la donna fu percorsa da un brivido, quel giorno i suoi ormoni dovevano essere decisamente impazziti, non aveva senso il suo comportamento.

«Che ne diresti di farmi da assistente oggi?»

«Assistente?» Chiese lui sorpreso.

«Si daii, sai che devo andare ad accompagnare i ragazzi a fare shopping, verresti anche tu?»

«E di che aiuto avresti bisogno esattamente?» Rispose di nuovo con una domanda senza darle ancora una risposta.

«Capisco sai perché eri un professore, sempre a puntualizzare tutto!» Tirò un lungo sospiro e poi continuò: «D'accordo allora, se ti dicessi che avrei piacere a passare del tempo con un amico? Meglio?»

«Ah ah ah, ecco così è molto più onesto!»

«Mi scusi Prof. se non ho usato prima le parole giuste. Allora? Vieni? Non farti pregare!»

Per Remus era impossibile immaginare di potersi rifiutare, non davanti all'espressione di Dora: aveva la testa un po' inclinata, gli occhi che luccicavano e il labbro inferiore che copriva il superiore formando un adorabile broncio.

«D'accordo, sarò dei vostri, ma giusto perché passeremo dalla libreria.»

Tonks si finse offesa, gli diede un pizzicotto sul braccio e rispose:

«Bell'amico che sei e io che pensavo venissi per il piacere della mia compagnia!»

«Siamo modeste eh?!»

«E tu mi raccomando, attento a non sbilanciarti troppo!» Stavolta si era risentita per davvero, si alzò pronta per andarsene ma Remus la prese per una mano e la riportò indietro, solo che invece di finire sul letto gli cascò tra le braccia. Quell'intimità lasciò entrambi senza parole, la goffaggine di Dora aveva interferito come sempre; un conto era portarla in collo addormentata, un altro era avere il suo viso a pochi centimetri di distanza e da sveglia. La temperatura nella stanza sembrava essere aumentata di colpo, Lupin si sarebbe strappato la pelle di dosso se avesse potuto e lei la t-shirt. La ragazza si era fatta da poco la doccia e il dolce profumo del sapone invase le narici dell'uomo; si sentiva stordito, aveva la gola secca e deglutì con forza per cercare di riprendere il controllo di sé, ma invano.

La prima a parlare, seppur con fatica, fu Ninfadora che balbettò:

«Scu..scusa...sono sempre così sbadata..»

«Non devi, sono stato troppo irruento nel tirarti...» Le loro bocche si muovevano come se fossero degli automi, ma i loro occhi continuavano a rimanere incatenati tra di loro senza perdere il contatto.

«Ti lascio preparare allora, così poi possiamo andare...»

«Aspetta...» Remus era intenzionato a fermarla, ma era inutile perché, nonostante quello che aveva detto, la ragazza non accennava a muoversi;lo prese come un invito a continuare:

«Sei la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto e sono onorato che tu voglia passare del tempo con me.» Le parole gli uscirono di getto, non aveva la forza di trattenerle e, a dirla tutta, neanche la voglia.

Il viso di Tonks si illuminò, nuovi brividi le attraversarono il corpo e, anche lei senza quasi pensare, rispose:

«Il mio gentiluomo preferito.»

Quando realizzò ciò che aveva detto, si rialzò e corse fuori dalla stanza. Lui questa volta non la trattenne ma rimase per svariati minuti con uno sciocco sorriso stampato sulla faccia.

Ninfadora si rinchiuse nella sua stanza, aveva l'affanno ed era paonazza, cercò di analizzare ciò che aveva detto: le parole "mio" e "preferito" rimbombavano nella sua testa. Di sicuro neanche le ragazzine che aveva avuto come alunne si erano comportate in maniera così stupida con lui, prima gli era volata tra le braccia e poi lo aveva definito "suo".

«Ora calmati però..su su..» Si incoraggiò per poi darsi ulteriormente della folle, ci mancava che iniziasse a parlare da sola. Stava giusto cominciando a tranquillizzarsi quando realizzò ciò che le aveva detto Remus: la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto, di sicuro voleva solo essere gentile, non poteva pensarlo davvero di un disastro come lei. Il suo cuore cominciò comunque a battere all'impazzata al ricordo del sorriso con con cui aveva accompagnato quelle parole e al modo in cui la teneva stretta.

Sentì il forte vociare dei ragazzi al piano di sotto, doveva sbrigarsi, aveva un compito da svolgere.

Arrivati a Diagon Alley Remus e Dora furono contagiati dall'eccitazione degli altri, quelle strade e negozi li riportavano ai loro anni da studenti.

«Venivo sempre con James e Sirius a comprare ciò che ci serviva per la scuola. Era diventata una tradizione farlo insieme», le raccontava felice mentre si lasciava rapire dalla visione dell'infinità di dolciumi di Mielandia. Al pensiero dell'affiatato gruppo che erano in passato si agitavano in lui sentimenti contrastanti, di gioia e malinconia. Tonks, in maniera del tutto spontanea, lo prese a braccetto e gli chiese:

«Non ne vuoi parlare, vero?»

Lui capì subito dove volesse andare a parare:

«Intendi di Peter?»

«Mmm...mmm...», gli confermò. Lupin lasciò vagare lo sguardo lontano davanti a sè, sembrava su un altro pianeta. Non voleva farlo in effetti, non gli piaceva nominare il suo vecchio amico, ma alla ragazza aveva preso l'abitudine di confidare tutto e non aveva senso nasconderle la verità, soprattutto quando l'aveva già intuito da sola. Inoltre si erano giusto fermati davanti ad una vetrina, in attesa dei ragazzi che erano entrati a comprare delle nuove tuniche.

«Hai ragione, non amo farlo. Anzi direi proprio che ho una grande avversione per l'argomento "Minus".» Teneva gli occhi puntati sulle divise delle diverse casate, ma senza guardarle realmente. Tonks, di parecchi centimetri più bassa di lui, gli si mise davanti e gli prese con delicatezza il mento per abbassarlo, in modo che lo potesse scrutare negli occhi.

«Posso solo immaginare il dolore che avete provato dopo aver scoperto il suo tradimento. Deve essere stato orribile, quindi comprendo il tuo silenzio al riguardo.» Remus sorrise, era sempre così dolce e gentile, era impulsiva, spesso si intestardiva e arrivava al limite nel forzare le persone a sfogarsi, ma lo faceva per rendersi utile e sapeva quando era il momento giusto di fermarsi. L'uomo però non aveva mai condiviso quella sofferenza e ne sentiva il bisogno.

«Orribile credo sia la parola più adatta. Avevo subito la perdita di lui e James e non sapevo cosa pensare di Sirius, non lo ritenevo capace di un gesto del genere ma ogni prova era contro di lui. Quando ho scoperto che era vivo, la gioia che ho provato è stata subito sostituita dal disgusto per la realizzazione di ciò che era successo. Eravamo migliori amici ma lui ci aveva pugnalati alle spalle, aveva permesso la morte di uno di noi e la carcerazione a vita di un altro. Ero dilaniato all'inizio, una delle persone di cui più mi fidavo al mondo era stata capace di tanta malvagità, l'unica cosa che mi consola è sapere Sirius, per quanto non ancora del tutto libero, fuori da quella prigione.»

Rimasero entrambi in silenzio per un attimo, per l'uomo era stato liberatorio esprimere ciò che provava; Tonks gli accarezzò una guancia e lui, per qualche secondo, appoggiò la testa sulla sua mano, come se potesse assorbirne tutto il conforto che voleva donargli. La giovane vide, con la coda dell'occhio, i ragazzi aprire la porta del negozio, interruppe il contatto ed esclamò entusiasta:

«Sapete che cosa ci vuole ora?! Un buon gelato!»

Tutti accolsero felici quella proposta e si incamminarono verso la bottega, solo Remus la guardò sorpreso:

«Andiamo, ti farà bene!» Lo tirò per un braccio e si accodarono agli altri.

Dopo qualche minuto erano tutti con i loro coni in mano, Tonks non perse l'occasione per prendere in giro Lupin:

«Cioccolato...prevedibile!»

«Tu invece a quanto pare hai abbinato il gusto al colore dei tuoi capelli!» Iniziarono a ridere e Ninfadora quasi infilò la faccia nel gelato, scatenando l'ilarità della comitiva.

«Sai Tonks sarebbe divertente portarti in giro con il naso sporco, di sicuro non passeresti inosservata,» le disse Fred, che si beccò una linguaccia in risposta, la ragazza era talmente impegnata nello sganasciarsi che neanche se ne era accorta.

«Sei il solito bambino, muoviamoci piuttosto che non abbiamo ancora preso i libri.», lo rimproverò Hermione.

«Oh no, non possiamo lasciare la nostra super secchiona senza i suoi testi preferiti», disse George con finta disperazione.

«Lascialo perdere Herm, dai andiamo», Ginny la prese per un braccio dopo aver visto l'espressione truce dell'amica e si avviarono verso la libreria.

Lupin intanto aveva tirato fuori un fazzoletto e offrì il suo aiuto a Dora:

«Dai fatti pulire, trovo allettante l'idea di Fred ma credo che ci pensino già i tuoi capelli a farti notare.»

«Ehi! Mi dispiace se rischi di essere al centro dell'attenzione e di rovinare la tua distinta immagine per colpa mia!» Tentò invano di rimanere seria ma si lasciò sfuggire un sorriso.

«Direi che tra i due quella che rischia di più sei tu, visto che ti fai vedere in giro con un lupo mannaro.» Remus aveva accettato di uscire con lei ma non amava farsi notare in luoghi affollati, dopo ciò che era successo al terzo anno di Harry la sua malattia era nota a molti. Non si era sentito però di rifiutare, sapeva che ne sarebbe stata felice e anche lui adorava passare il tempo con lei. Finì di toglierle le macchie e abbassò la mano, ma Dora aveva visto il suo cambio di umore e gliela prese. Intrecciò le dita con quelle dell'uomo come a dimostrazione del fatto che aveva capito cosa lo angustiasse. Lui puntò lo sguardo sulle loro mani unite e poi controllò che intorno nessuno li avesse notati, non aveva solo paura che qualcuno potesse diffondere malignità su un Auror che se ne andava a giro con una creatura come lui, a spaventarlo era anche la forte emozione che lo travolgeva ogni volta che Dora lo sfiorava o stringeva. In passato aveva avuto altre amiche, l'unica però che gli era stata molto vicina era Lily Potter, con lei qualche volta si erano abbracciati, ma mai ne era rimasto così sconvolto. Gli erano sempre sembrati scambi affettuosi simili a quelli che poteva avere con i suoi migliori amici.

Con Tonks però era molto diverso ed era intimorito da ciò che provava, da quel calore che si diffondeva nel suo corpo. La donna, proprio come aveva fatto di fronte alla vetrina, riportò lo sguardo dell'uomo su di lei e gli disse:

«Ascoltami bene, so cosa stai pensando. Non me ne frega un accidente di ciò che gli altri potrebbero avere da ridire su di me, sono un Auror, è vero, ma sono libera di frequentare chi voglio. Quindi, a meno che tu non sia un Mangiamorte e mi stia nascondendo la tua doppia vita, sono felice di averti come amico. Il resto del mondo può pensare ciò che preferisce, per me non sarà mai un problema.» Era impossibile non sorridere davanti all'espressione autoritaria con cui aveva pronunciato quelle parole. Remus le sfiorò il palmo della mano con il pollice e le rispose:

«Non hai idea di quanto IO sia contento...soprattutto di averti incontrata.»

La ragazza si sentì sciogliere come neve al sole, rischio che ormai stavano correndo anche i loro gelati dei quali si erano del tutto dimenticati. Con un tacito accordo ripresero a camminare e raggiunsero gli altri che avevano ormai terminato i loro acquisti. Erano pronti per rientrare, i ragazzi erano soddisfatti, trovavano sempre divertente andare a Diagon Alley e lasciarsi incantare dalla quantità di oggetti meravigliosi che vi si poteva trovare; di sicuro però i loro accompagnatori lo erano molto di più.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Arrivati a Grimmauld notarono subito un gran chiacchiericcio provenire dalla cucina, Remus e Tonks si guardarono perplessi, non avevano idea di chi potesse esserci in casa dato che non avevano in programma alcuna riunione.

Si affacciarono alla stanza e, dopo aver visto le persone sedute al tavolo, la ragazza esclamò:

«Mamma, papà! Che cosa ci fate qui?»

«Eccola la mia Dora!» Ted si alzò in piedi e corse ad abbracciarla.

«Dato che non ti abbiamo più vista nell'ultimo periodo Ninfadora, abbiamo chiesto ad Alastor di portarci qui. Volevo rivedere Sirius», Andromeda la accolse in maniera meno calorosa del marito. Era una donna abbastanza affettuosa, ma era comunque una Black e manteneva alcuni tratti derivanti dall'educazione rigida ricevuta.

«Mamma prima di tutto sai che non voglio che usi il mio nome e poi sai anche benissimo quanto sono stata impegnata con il lavoro e l'Ordine», le rispose stizzita.

«E come dovrei chiamarti, di grazia? Dato che è il nome che ho scelto io stessa non vedo proprio perché dovrei usarne altri», Dora la fulminò e stava giusto per replicare quando il padre intervenne per porre fino a quel battibecco. Si rivolse a Lupin:

«Tu devi essere Remus, Sirius ci ha parlato molto di te.»

«Sì esatto, è un piacere conoscere entrambi.»

«Dai sediamoci tutti a bere qualcosa, così posso presentarvi i ragazzi e spero vogliate rimanere per cena!» Molly come sempre era la più ospitale del gruppo.

«Non vorremmo disturbare», le disse Ted.

«Ma no! Ci fa solo piacere!»

Tonks in realtà non era molto entusiasta all'idea, adorava il papà che era il primo a sostenerla e incoraggiarla, ma con la mamma erano frequenti le occasioni di litigio. Le sembrava strano che non l'avesse ancora rimproverata per il colore eccentrico dei capelli o i jeans strappati. "Non potresti essere un po' più sobria?" oppure "Una ragazza non si veste così, sei il solito maschiaccio!" erano le tipiche frasi che le ripeteva da anni.

Remus, come sempre comprensivo, aveva notato il suo disagio e le si era seduto accanto.

«Non essere troppo felice mi raccomando», le disse in un orecchio e lei, anche senza guardarlo, poteva intuire che stesse sorridendo.

Si girò e gli chiese sottovoce:

«Stai usando la Legilimanzia con me? Non è molto corretto sai.»

«Non ce n'è alcun bisogno, conosco quello sguardo.»

«Quale?»

«Quello con cui dici "salvatemi"», le rispose lui buttando gli occhi al cielo.

«Visto che lo sai perché non hai già provveduto a farlo?»

«Sarebbe un po' strano portarti via proprio quando ci sono i tuoi genitori, non credi? Però posso darti qualcosa per tirarti su, l'importante è che stai attenta a non fartelo andare di traverso.» Prese una tazza dal tavolo e, con un tono di voce più alto, le domandò:

«Caffè Dora?»

«Sì certo», non le sfuggì l'occhiata che le lanciò il padre, di solito era l'unico a cui era permesso l'uso abbreviato del suo nome, quindi era decisamente stupito che fosse concesso a qualcun'altro. La ragazza alzò le spalle a conferma della sua approvazione. Remus non glielo aveva mai detto ma in realtà era orgoglioso di poterla chiamare così e si lasciò sfuggire un sorriso davanti a quello scambio silenzioso tra padre e figlia.

«Che cos'hai da ridere?» Gli chiese Tonks, ma furono interrotti da Molly che annunciava che la cena era quasi pronta.

«Ti aiuto ad apparecchiare!» Si propose la giovane pur di trovare, per qualche minuto, una via di fuga, scattò in piedi ma fu subito fermata da mamma Weasley:

«Oh no cara, non è necessario, riposati, è stata una lunga giornata.»

«Molly immagino che Ninfadora ti abbia già mostrato le sue grandi abilità come distruttrice di piatti», intervenne Andromeda, che se agli altri parve scherzare a Dora era invece arrivata tutta la sua acidità. Sentì il petto gonfiarsi di rabbia ma Lupin, sempre pronto, le posò una mano sul braccio per calmarla e farla sedere.

«Non te la prendere, devi solo superare la cena.»

«D'accordo, io evito di tirarle la tazza addosso, tu però dopo mi aiuterai a sfogarmi.»

«Che cosa hai in mente esattamente?» Le domandò preoccupato, lei gli fece l'occhiolino e, con malizia, disse:

«Oh vedrai. Ora mangia, avrai bisogno di essere al pieno delle tue forze.»

«Inizi a spaventarmi.»

«Dove è finito il tuo coraggio da Grifondoro?» Lo prese in giro lei.

«Forse l'ho dimenticato in camera questa mattina o probabilmente si è nascosto dato che con te non so mai che cosa aspettarmi!»

Tonks scoppiò a ridere, se nessuno aveva ancora notato la loro chiacchierata privata in quel momento si girarono a guardarli. La giovane si era dimenticata della mano dell'uomo ancora appoggiata sulla sua, così la alzò subito per dargli una pacca sulla spalla e per dire:

«Scusate, non volevo interrompervi, è colpa di Remus, è sempre così spiritoso!» La donna cercò di toglierli dall'imbarazzo ma era impossibile non vedere il color peperone delle loro guance. Si sarebbero volentieri sotterrati, Dora era abituata alle figuracce ma Lupin faceva di tutto per non farsi notare. Anche se non era nel suo stile, intervenne Sirius a cercare di salvarli:

«Oh sì vero, lo era sempre anche da ragazzino.» Remus sbarrò gli occhi, ma l'amico lo fulminò con uno sguardo come a dire "reggimi il gioco".

«A proposito di ragazzini, Signora Black perché non ci racconta qualche aneddoto su Tonks?!» Fu Fred a fare quella domanda e rischiò di essere maledetto dall'amica che aveva già la mano sulla bacchetta.

«Perché invece non pensiamo a mangiare? Sono sicura che non interessa a nessuno!» Rispose la figlia senza dare il tempo ad Andromeda di farlo.

«Oh andiamo Ninfadora, cosa ci sarà mai di male, non sei mai stata tipo da vergognarti. Comunque per favore Fred, chiamami per nome, tra di noi possiamo evitare certe formalità. Beh che posso dire, in realtà non era molto diversa da ora, sempre con quei jeans strappati, gli anfibi e i capelli fluorescenti. Si divertiva a farmi impazzire cambiando colore ogni momento, oppure si appostava dietro agli angoli per farmi paura trasformando la faccia ogni volta in modo diverso.»

«E a scuola come era?» La invitò a continuare George.

«Per carità non me lo far ricordare, era sempre in detenzione e faceva esplodere calderoni in continuazione!»

«Posso immaginare però che le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure fossero il suo forte. L'ho visto combattere ed è davvero esemplare,» Dora si voltò a guardare Remus, o meglio il suo salvatore, con occhi sognanti e domandadosi perché non avesse avuto prima la fortuna di incontrarlo.

«Oh sì questo è vero, anche se...»

«Molly questo stufato è buonissimo», Ted interruppe la moglie. La amava moltissimo, nonostante fossero passati tanti anni non aveva mai smesso di farlo, ma a volte era davvero troppo critica nei confronti della loro unica figlia, così aveva preferito cambiare argomento per non riprenderla davanti a tutti.

«Grazie Ted, ma è una cosa semplice semplice», la donna, sempre così umile e generosa tendeva spesso a sminuire il suo grande lavoro.

«Di sicuro moriremmo tutti di fame se non ci fossi tu», le disse Arthur che sapeva sempre come farla sentire apprezzata.

Per fortuna gli argomenti successivi presero una direzione diversa e le chiacchiere su Tonks furono accantonate; la ragazza ne approfittò per dire a Remus:

«Grazie per avermi difesa, ma ovviamente questo non cambierà i miei piani per il dopo cena.»

«Oh non avevo dubbi, quando ti metti in testa qualcosa non c'è verso di farti cambiare idea.»

«Senti chi parla», gli rispose lei con quel broncio che lui tanto adorava.

«Pensi di potermi corrompere ogni volta mettendo il muso?» Le chiese divertito.

«Ci riesco?» La domanda lo spiazzò, avrebbe potuto continuare quel gioco, ma due semplici lettere uscirono di getto dalla sua bocca:

«Sì.» Anche Dora rimase sorpresa, non si aspettava di certo quell'affermazione, arrossì un poco ma gli regalò un grande sorriso in risposta. Non servivano altre parole, ci pensarono gli occhi a dirsi tutto il resto.

Non appena ebbero finito di mangiare i coniugi Tonks si preparano per ritornare a casa. Ted prese da parte la figlia per salutarla:

«Non arrabbiarti troppo con la mamma, sai com'è fatta, è colpa del suo passato, ma ti vuole un gran bene.»

«Sì lo so. Grazie, meno male ci sei tu.» Si abbracciarono e il padre si raccomandò:

«Cerca di venire più spesso a trovarci, ci manchi.»

«Lo farò, promesso.»

«Ninfadora spero di avere presto l'onore di rivederti.»

«Sì mamma, l'ho già detto a papà, farò il possibile.»

«Bene..e per favore, ora che fai parte anche dell'Ordine cerca di essere un po' più femminile, non sia mai che finalmente ti trovi un fidanzato. Di certo la scelta non manca!» Esclamò dando un'occhiata intorno a sé.

«Mamma, non iniziare con questa storia.» Si lagnò Dora innervosita da quelle parole.

«D'accordo, tanto non c'è speranza. Andiamo Ted.» Prese il marito per un braccio e, terminati gli ultimi saluti, se ne andarono.

Tonks cercò subito con lo sguardo Remus, dopo averlo intercettato lui la raggiunse. Gli prese la mano e lo portò fuori dalla cucina:

«Dai ora andiamo in camera tua!»

«In camera mia?! Dora che cosa dobbiamo fare?!» Era andato nel panico, ma lei neanche lo ascoltava, lo stava già trascinando su per le scale.

Entrati nella stanza, le domandò:

«Mi vuoi spiegare ora?»

«Andiamo apri l'armadio!»

«Che cosa?»

«Dai ce l'avrai una tuta! Tirala fuori!»

«Una tuta?! Che intenzioni hai?!»

«Andare a correre con te ovvio!»

«Stai scherzando?!!»

Dora gli si avvicinò con fare provocante e gli rispose:

«Cos'è sei troppo vecchio? Hai paura di non reggere il passo? Stai tranquillo, non ti lascerò indietro.»

«Molto gentile da parte sua signorina Tonks.»

«Allora prof, la tuta?»

«Ce l'ho, ce l'ho!» Lupin non era felice di mostrare alla ragazza i suoi pochi e malconci vestiti, ma come al solito lo aveva messo alle strette; in ogni caso lo vedeva tutti i giorni quindi di sicuro aveva notato il suo abbigliamento. Tirò fuori dei pantaloni, una felpa e una t-shirt che era solito usare il giorno dopo la luna piena.

«Visto?! Ci voleva tanto!?»

L'uomo si fermò a guardarla, poi le disse:

«Dora?»

«Che c'è? Forza mettila!»

«Hai intenzione di rimanere qui a guardare mentre mi spoglio?» L'idea in effetti non dispiaceva del tutto a Ninfadora, ma non era certo il caso di ammetterlo.

«Come mi hai ricordato giusto tu questa mattina, ho avuto già il piacere di vederti senza parte dei vestiti.»

Remus non sapeva se essere più sorpreso o divertito.

«Il piacere?» Tonks realizzò solo in quel momento le parole che aveva pronunciato, diventò tutta rossa e iniziò a balbettare:

«Sì beh..ecco...volevo solo dire che... che andrò nella mia stanza a prepararmi anche io...ci vediamo qui fuori tra cinque minuti!»

Si avviarono insieme al piano di sotto e, avvisato Sirius della loro idea, uscirono per strada.

«Quindi dove andiamo Dora?»

«L'altro giorno ho scoperto un parco non molto lontano da qui.»

«D'accordo allora andiamo.»

Iniziarono a correre, dapprima in silenzio, si scambiavano giusto qualche sguardo e sorriso. Remus era da tempo che non lo faceva in forma umana e doveva riconoscere che era liberatorio, respirare a pieni polmoni l'aria fresca estiva della sera era davvero rigenerante.

«Dai ora puoi dirlo.»

«Che cosa?»

«Che la mia idea è geniale e ti stai divertendo!» Era quella ragazza a divertirlo sempre di più.

«Vuoi sempre averla vinta eh?»

«Assolutamente no! Che gusto ci sarebbe nell'ottenere qualcosa senza lottare? Semplicemente lo so.»

«Non starai mica usando la Legilimanzia?» Le chiese prendendola in giro, proprio come aveva fatto con lui prima di cena.

«Certo che no! Lo vedo dal tuo sguardo.»

«Ah sì eh? E quale sarebbe?»

«Quello che dice "Dora meno male che ci sei tu a farmi uscire da quella vecchia e orribile casa per svagarmi un po'"!»

«Ah ah ah, la mia faccia dice tutto questo?»

«Certo, basta saperla interpretare.»

«E tu sei così certa di saperlo fare?»

Si fermarono per un attimo, il respiro accelerato, il petto di entrambi che si muoveva più freneticamente del solito, le bocche dischiuse e gli occhi nocciola di lui annegati in quelli blu notte di lei.

«Sì, credo proprio di sì.»

«E ora che cosa vedi?» In quel momento non sapeva proprio cosa rispondere, non riusciva a dare un nome neanche alle emozioni che si agitavano dentro di lei ogni volta che lui la guardava così. Sembrava perso, incantato, dolce ma allo stesso tempo deciso come se con quello sguardo volesse comunicarle i suoi più profondi desideri. Così sfruttò l'arma che meglio sapeva usare, l'ironia:

«Un vecchietto che è già stanco dopo pochi chilometri!!!» Quelle parole ebbero senza dubbio il potere di riscuoterlo.

«Sbaglio o inizi ad avere sempre di più il vizio di sfidarmi?»

«Mmm.. può darsi!»

«Vieni ragazzina, ora te lo faccio vedere io chi è quello sfatto!» La prese per mano e ricominciarono a correre. Ben presto, come era tipico per la città di Londra, iniziarono a cadere dal cielo goccioline d'acqua dapprima fini e poi sempre più grandi e fastidiose. La visibilità per Dora era ridotta, ma non per Remus, la cui vista era resa più acuta dal lupo che albergava dentro di lui; si sentiva quindi sicura con l'uomo a farle da guida, non le avrebbe mai permesso di inciampare.

La pioggia in realtà aveva solo reso la corsa più eccitante, i due iniziarono a ridere come dei bambini che si divertono a saltare da una pozzanghera all'altra; continuarono per un po', poi la condusse sotto una grande quercia rossa per cercare di riprendere fiato. Alzò le mani e disse:

«Ok tregua!»

«Ah ah ah, te l'avevo detto che eri stanco!!!»

«Più che fisicamente lo sono del dovermi preoccupare di non farti scivolare sul bagnato!» Dora lo colpì su un braccio fingendosi offesa:

«Spiritoso come sempre Lupin!»

«Da quando usi il mio cognome?»

Tonks si alzò sulle punte dei piedi, le mani sui fianchi e cercò di guardarlo dritto in faccia:

«Da quando mi offendi!»

Lui si inchinò, tanto che le punte dei loro nasi si sfiorarono e le disse:

«Chiedo umilmente perdono N-I-N-F-A-D-O-R-A!»

Poi scappò via e le urlò:

«Forza dimostrami che non sei la ragazza goffa che tutti credono!»

«Se ti prendo ti ammazzo!!!» Gli gridò lei di rimando e cominciò a rincorrerlo.

Era stata sfidata e questo le aveva dato la concentrazione necessaria per non inciampare o slittare sul terreno, ma ad un tratto, a causa della vista offuscata da pioggia e nebbia, perse le tracce dell'amico.

«Remus! Remus, dove sei?» Iniziò a chiamarlo cercando di non farsi prendere dall'ansia. Provò a muovere qualche passo senza allontanarsi troppo dalla posizione in cui si trovava. Tentò per vari minuti di urlare il nome dell'uomo, fino a che non sentì una risata alle sue spalle, si girò e lo vide appoggiato al tronco di un platano che spiccava alto verso il cielo.

«Da quanto tempo sei lì?» Gli domandò prima di procedere verso di lui.

«Da sempre, ma era troppo divertente osservarti girare intorno con questi ciuffi rosa ritti a cui non dai pace!» Dora portò in maniera automatica le mani verso la testa e gli chiese:

«Sono orribile vero??!»

Lupin la guardò: l'acqua le aveva fatto aderire ancora di più i vestiti al corpo, che mettevano così in mostra la vita stretta, il seno e i fianchi larghi ma non troppo; i capelli erano disordinati ma non avevano perso la bellissima tonalità di rosa che tanto piaceva alla ragazza e non solo a lei; gocce di pioggia le scivolavano dentro la scollatura della canottiera che indossava e trascinavano con loro gli occhi dell'uomo che non poteva fare a meno di distoglierli. Sembrava che qualcuno gli avesse lanciato contro un "Incendio", il sangue gli ribolliva nelle vene e il suo cuore gli sarebbe saltato fuori dal petto da un momento all'altro, ne era certo.

«No, per niente.» Lei gli sorrise rincuorata, poi alzò la mano per rimettergli a posto quel ciuffo che troppo spesso gli cascava sulla fronte. Forse Remus non era il tipo di uomo che oggettivamente tutte avrebbero definito "bello", Dora immaginava che ai tempi della scuola quel ruolo spettasse più a Sirius o magari a James, ma per lei lo era davvero. I suoi occhi nocciola l'avevano attratta sin dai primi momenti in cui l'aveva visto, le cicatrici la affascinavano perché ricordavano ciò che l'aveva reso la persona che era, umile, buona e gentile; il fisico a primo impatto pareva molto asciutto ma, in realtà, la tuta e la maglietta bagnata mettevano in risalto gli addominali e le gambe muscolose. I pensieri che le attraversavano la mente avevano colorato le sue guance di rosso ma sperava che lui non se ne accorgesse.

«Che cosa stai pensando? Sembri da un'altra parte», gli chiese.

«Mi stavo domandando come ho fatto, proprio io, a meritare la compagnia della più bella donna che abbia mai visto.»

L'aveva lasciata senza parole, furono i brividi a parlare per lei, tanto che Remus iniziò a passarle le mani sulle braccia nel tentativo di riscaldarla:

«Credo che sia il caso di rientrare», le propose.

«Preferirei rimanere un altro po'.» Il tempo con lui, la corsa, le risate, ciò che le aveva detto, tutto le aveva permesso di dimenticare il comportamento della madre che la tormentava da anni, facendola sentire troppo spesso inadeguata. Non voleva rinunciare a quella serenità, voleva crogiolarvisi ancora.

«Dai vieni qui allora», Remus allargò le braccia e lei quasi vi si tuffò dentro. Si permise di tenerla stretta, di darle tutto il calore di cui era capace, di godere delle emozioni scaturite dei loro corpi bagnati cinti l'uno con l'altro, era la sensazione più bella e forte che avesse mai provato e se, da una parte ne era spaventato, dall'altra non era pronto a farla finire.

Ad un tratto Tonks tirò su la testa per scrutarlo:

«Sai quando prima ho detto che so interpretare la tua espressione?»

«Mm mm...» I loro visi erano a pochi centimetri di distanza, era incapace di ragionare o di costruire una frase di senso compiuto.

«Beh sai che cosa vedo ora?»

«Cosa?»

Il tempo sembrò fermarsi per un attimo prima che lei rispondesse.

«Felicità.»

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


La vigilia dell'inizio dell'anno scolastico era arrivata, Molly aveva deciso di organizzare una piccola festicciola per salutare i ragazzi e in onore della nomina a prefetti di Ron e Hermione. Tutti si erano impegnati per darle una mano, i ragazzi avevano pulito a fondo la sala, Remus e Sirius si erano occupati di montare dei festoni e supportarla in cucina. In realtà Black era abbastanza disastroso come cuoco quindi, per lo più, passava il tempo a disturbare l'amico che invece sapeva cavarsela. Tutti gli anni passati da solo gli avevano di sicuro insegnato l'arte dell'arrangiarsi.

Il tempo volò quel giorno e presto fu l'ora di cena. Arthur e Kingsley rientrarono insieme dal lavoro, seguiti poco dopo da Malocchio.

«Tonks non c'è?» Chiese Alastor con il suo solito tono burbero; si guardava intorno disgustato, tutte quelle smancerie non facevano per lui, ma per una volta aveva deciso di poterlo sopportare.

Sirius cominciò a ridere e gli disse:

«L'ultima volta che l'hai chiesto non era per un buon motivo, è successo qualcosa?» «Dobbiamo definire gli ultimi dettagli per domani.»

«È ancora al lavoro ma è in ritardo, quindi spero davvero che non le sia capitato nulla», intervenne Lupin pensieroso. Aveva preso l'abitudine di controllare spesso l'orario per vedere quanto mancasse all'arrivo della ragazza dal suo turno. Di solito le faceva trovare un caffè o una cioccolata a seconda del momento della giornata in cui tornava, sapeva che lo apprezzava e per lui era una cosa da nulla.

Nel frattempo Tonks, al Ministero, continuava a maledire il suo collega, Dawlish, per averle chiesto di sbrigare alcune pratiche insieme a lui.

«John ne abbiamo ancora per molto?» Gli chiese sbuffando.

«Dai dopo ti offro la cena, che ne dici? Così passiamo un po' di tempo insieme fuori da queste mura», le propose posando la mano destra su una delle sue. Ninfadora la ritrasse subito, l'uomo era abbastanza simpatico, una brava persona, ma lei non era per niente interessata e soprattutto voleva raggiungere gli altri a Grimmauld.

«Ti ringrazio, ma no, ho un impegno. Quindi guardiamo questi ultimi documenti e poi ce andiamo.»

«Cosa c'è? Ti aspetta uno spasimante migliore di me?» Si allungò sulla scrivania con fare provocatorio, si avvicinò al viso della donna e cercò di baciarla. Dora si alzò di scatto, assestandogli un sonoro schiaffo sulla guancia. Era letteralmente rossa dalla rabbia, capelli compresi; aveva rovesciato la sedia ma era troppo infuriata per pensarci, piuttosto che rimetterla a posto l'avrebbe tirata in testa all'uomo che la guardava allibito.

«Non provarci mai più! Pensavo di essere stata chiara con il mio rifiuto, ma a quanto pare avevi bisogno di un incentivo! Dato che il mio turno si è concluso da un pezzo, puoi finire da solo.» Non aspettò una risposta e si precipitò fuori dalla stanza.

«Tonks aspetta, non intendevo....» Provò a fermarla, ma lei ormai non lo sentiva più.

Entrata in casa del cugino, data la gran confusione, nessuno la sentì arrivare, così ne approfittò per salire in camera e togliersi la divisa. I suoi capelli non erano ancora tornati del suo rosa preferito, aveva bisogno di riprendere fiato e calmarsi, preferiva non farsi vedere così.

Si concesse qualche minuto e poi scese nella sala dove fu accolta dall'entusiasmo del cugino:

«Lunastorta hai visto! Non c'era bisogno di preoccuparsi, eccola qua!»

«Sera a tutti, scusatemi per il ritardo.» Rispose lei con un sorriso e guardandosi intorno. Si avvicinò a Black che stava parlando con Remus e Kingsley. Quest'ultimo notò la sua espressione stanca e le domandò:
«Tutto a posto al lavoro? Problemi con Dawlish?»

«No, se escludiamo il fatto che mi è quasi saltato addosso.» Non era del tutto intenzionata a rispondere così, ma l'acido che le saliva dallo stomaco le aveva fatto sputare quelle parole tutte d'un fiato.

«Che cosa?» Il collega sbarrò gli occhi sorpreso.

«Mi ha invitata a cena, ma a quanto pare non voleva sentirsi dire di no. Comunque è tutto a posto King davvero.» Per Remus invece niente era a posto, si sentì ribollire di rabbia, chiuse a pugno le mani che, come era solito fare, teneva dentro le tasche dei pantaloni. Non era certo che si trattasse di gelosia quel fuoco appiccato nel suo petto, di sicuro sapeva che aveva una grandissima voglia di correre al Ministero e prendere a manate quell'essere che si era permesso di toccare Dora. Non stava ascoltando più neanche una parola, la sua testa era troppo impegnata, in bilico tra il dare una lezione all'Auror e accertarsi che la ragazza stesse bene. Fu proprio lei a riscuoterlo da quello stato di tensione, non si era neanche accorto che erano rimasti soli:

«Davvero eri preoccupato?» Lo scrutava con quell'espressione dolce e ingenua che tanto adorava.

«Certo! Eri in ritardo e non ci avevi dato notizie!» Le rispose con troppa foga, lasciando uscire un po' di quella collera che ancora pulsava dentro di lui.

Tonks rimase spiazzata, non riusciva a capire che cosa avesse Remus, non era da lui parlarle così.

«Mi dispiace...ero troppo presa dai documenti che non ci ho pensato.»

Lupin era mortificato, non voleva certo riversare su di lei la sua frustrazione.

«Scusami, non so che mi è preso. Sei sicura di stare bene?»

«Sì certo, credo di aver dato un chiaro messaggio a Dawlish», gli rispose facendogli l'occhiolino.

«Avrai fame, vuoi mangiare qualcosa?» Dora sorrise, ora era tornato l'uomo galante di sempre.

«In realtà non molta, preferirei bere qualcosa.»

«Allora vieni dai», le appoggiò una mano sulla schiena e la condusse verso un tavolino che avevano preparato per l'occasione. Le versò della burrobirra, ma lei non ebbe nemmeno il tempo di iniziare a berla che Bill catturò la sua attenzione e, con un cenno della mano, le chiese di raggiungerlo.

«Credo che voglia presentarti una persona», le disse Remus. Mentre Tonks raggiungeva il ragazzo, Lupin si concesse del tempo per osservarla da lontano: indossava una semplice maglietta viola con delle maniche a sbuffo ma non troppo pompose, una minigonna di jeans a balze e un paio di stivaletti neri con delle borchie. Sembrava una ragazzina in quel momento e non la donna forte e battagliera che aveva visto combattere con grinta. Sorrideva alla nuova arrivata del gruppo, Fleur Delacour, ma senza troppo entusiasmo; non era da lei in effetti, forse qualcosa della giovane Veela l'aveva disturbata. Gli piaceva osservarla, cercare di capire ogni suo cambio di espressione, cosa si nascondeva dietro alla gentilezza che era solita usare. A riprova del fatto che aveva visto giusto, Ninfadora si girò verso di lui inviandogli con lo sguardo una muta richiesta di aiuto, la raggiunse e disse:
«Scusate, devo proprio portarvela via, dobbiamo parlare con Alastor prima che se ne vada.»

«Ma certo, domani farete da scorta ai ragazzi, me ne ero quasi dimenticato», rispose Bill.

Quando si furono allontanati Tonks chiese sottovoce all'amico:

«A te è piaciuta?»

«Intendi il suo fascino da Veela o il resto?»

«Tutto, mi ha guardato dall'alto in basso con una particolare attenzione per i miei capelli. A quanto pare non mi ritiene alla sua altezza», si fermò di colpo per poi proseguire: «Un momento, hai detto Veela? Quindi mi sono persa il momento in cui ti sei incantato come un pesce lesso davanti a lei?» Lo prese in giro Dora che lo guardava con un'espressione di stupore.

«Non essere troppo delusa, non ti sei proprio persa nulla. È solo per un quarto Veela quindi il suo potere è relativo e io sono un lupo mannaro e non lo subisco; in ogni caso, potrà avere da ridire quanto vuole su di te, ma non può reggere il confronto.» La ragazza non potè fare a meno di imbarazzarsi davanti a quel complimento, ma le emozioni che la colsero furono interrotte dall'arrivo, tutt'altro che delicato, di Malocchio:

«Finiscila di chiacchierare Tonks, non ho intenzione di rimanere tutta la notte, quindi muoviamoci a definire gli spostamenti di domani.»

Lei in tutta risposta sbuffò:

«Scusami se ho avuto una giornata pesante e stavo tentando di rilassarmi, comunque andiamo in cucina a discuterne, qui c'è troppa confusione.»

L'ex Auror non era di molte parole quindi in poco tempo comunicò il suo piano a Tonks, forse le sue preoccupazioni erano eccessive ma meglio essere prudenti.

«Oh eccoti Alastor, avevo paura che te ne fossi andato, mi servirebbe il tuo aiuto», gli disse Molly che era appena entrata nella stanza per rifornire i vassoi di cibo; con quello che avevano cucinato gli avanzi li sarebbero durati per giorni.

«Stavo giusto per partire in effetti, di cosa hai bisogno?»

«Oggi sono stata nel salottino e ho notato uno strano scrittoio, potresti dargli un'occhiata?»

«Sì certo», le rispose l'uomo che iniziò a muovere con frenesia l'occhio magico, mentre Dora lo guardava disgustato, non poteva sopportarlo.

«Si tratta di un molliccio», sentenziò prima di chiederle: «Vuoi che vada ad eliminarlo?»

«No no, non preoccuparti, ci penserò io più tardi.»

«Bene allora se è tutto chiaro, io me ne vado. Mi raccomando a voi», disse rivolto a Remus e Tonks.

«Certo, VIGILANZA COSTANTE!» Lo imitò Ninfadora che non perdeva mai l'occasione di prendersi certe libertà con il suo mentore.

«Torniamo di là Rem? Magari riesco finalmente a bere qualcosa in santa pace!»

«Prometto di farti da scorta per impedire a chiunque di distrarti», scherzò lui.

«Mi sembra un'ottima idea!» Lo prese a braccetto e lo portò con sé nella sala.

L'atmosfera era così serena e confortevole che presto Dora dimenticò ciò che era successo, non era tipo da prendersela troppo per certi episodi, ma non sopportava l'arroganza e la presunzione di certi uomini, come se tutto gli fosse dovuto da una donna. Osservava gli amici intorno a sé, suo cugino, i loro sorrisi, la loro voglia di ridere e prendersi in giro; era bello sperare che potesse essere così per sempre. Sapeva che era un pensiero sciocco, la guerra avrebbe presto bussato alle loro porte e, occasioni come quella, sarebbero state sempre più rare, ma in quel momento erano felici ed era tutto ciò che contava. Remus, al suo fianco come promesso, notò il suo sguardo perso; quando era incantata era ancora più bella, ma la curiosità ebbe la meglio e le chiese:

«A che cosa stai pensando?»

«A quanto mi piacerebbe poterli vedere così spensierati ancora per un bel po', senza il peso di ciò che grava su tutti noi. Guarda Sirius, sorride di nuovo come una volta, immagino che da domani non sarà facilissimo per lui senza Harry.»

«I Weasley se ne andranno dato che non ci saranno più i ragazzi, anche se presumo che verranno spesso a trovarci. Tu che pensi di fare? Rimarrai? Sono certo che a tuo cugino farebbe bene la tua compagnia e lo aiuterebbe a pensare di meno alla lontananza del suo figlioccio.»

«Solo a lui?» Si sarebbe morsa volentieri la lingua, come al solito parlava troppo, ma non era riuscita ad evitarlo, aveva bisogno di saperlo. L'uomo in effetti fu sorpreso da quella domanda, ma le posò una mano sulla sua spalla e rispose con sincerità:

«No...In realtà anche a me farebbe molto piacere averti ancora in giro per casa.» A quelle parole un grande sorriso illuminò il volto della giovane che espresse la sua volontà:
«Bene allora rimarrò, ma ad una condizione!»

Remus inarcò un sopracciglio e le chiese:

«Quale?»

«Che tu continui a viziarmi con caffè e cioccolata!»

«Ti ho abituata male eh?!»

«Per quanto mi riguarda direi benissimo!!!» Scoppiarono a ridere entrambi prima di unirsi al gruppo di amici, poi Lupin le sussurrò all'orecchio:

«Prima non ho risposto, ma sarò felice di continuare a prendermi cura di te.» Dora rimase senza parole, lo guardò girarsi per parlare con i ragazzi e rimase per un attimo ad ammirare quel sorriso che ogni volta la faceva rabbrividire. Non aveva mai incontrato un uomo come lui, protettivo e sempre pronto a farla sentire coccolata.

Fu Ginny a distrarla, la abbracciò per poi esprimerle i suoi sentimenti:

«Mi mancherai un sacco da domani! Natale sembra così lontano!»

«Oh piccola, anche tu, ma ovviamente ci scriveremo e magari riusciremo a incontrarci a Hogsmeade!» Le rispose restituendo la stretta.

«Sarebbe fantastico!» Esclamò Hermione che a sua volta si era inserita tra le braccia di Tonks.

«Dovete prometterci di stare attenti, con le orecchie sempre ben aperte e lontano dai guai! E questo vale per tutti!»

«Dora ha ragione, inutile nascondervi che le cose si complicheranno, quindi mettetevi in contatto con noi per qualsiasi necessità», aggiunse Remus.

Sirius non amava i saluti, era sempre spavaldo ma non era fatto per gli addii, soprattutto non in momenti come quelli, in cui avrebbe di nuovo dovuto separarsi dal figlioccio appena ritrovato, così interruppe quel momento di raccomandazioni e gesti affettuosi:

«Direi che si è fatto tardi, è ora che andiate a letto.» Nessuno avrebbe voluto farlo, non si sentivano stanchi, piuttosto eccitati per il ritorno in quel luogo magico che tanto amavano, ma seguirono comunque il consiglio e salirono nelle loro camere. Anche Black, che di solito rimaneva alzato fino a notte fonda, preferì rintanarsi nella sua stanza, aveva bisogno di restare un pò da solo.

Dopo che tutti gli invitati se ne furono andati, Ninfadora, Arthur e Remus si misero a riordinare la sala.

«Arthur, Molly dov'è?» Chiese la ragazza dato che non la vedeva da una mezz'ora buona.

«Era in cucina fino a poco fa, ma poi è voluta andare nel salottino ad occuparsi di un molliccio.»

Delle urla provenienti dal piano di superiore li fecero sobbalzare.

«Molly!» Esclamò semplicemente il marito.

Corsero da lei e la trovarono in terra davanti al corpo senza vita di Ron, che piangeva e senza la forza di reagire.

«Riddikulus!» Urlò Lupin senza aspettare neanche un secondo.

Nel frattempo tutti i ragazzi erano accorsi ma Arthur preferì dare tempo e spazio alla moglie per calmarsi, così li fece tornare a letto.

Remus intanto le si era avvicinato per confortarla e la donna si buttò tra le sue braccia:

«Devo sembrarvi una sciocca, faccio parte dell'Ordine e non so neanche distruggere un misero molliccio», frignava senza ritegno.

«Andiamo Molly nessuno lo pensa, può capitare a tutti un momento di debolezza», cercò di calmarla l'uomo.

«Non posso permettermelo Remus, devo essere in grado proteggere la mia famiglia!»

Lupin le alzò il viso per guardarla negli occhi e, con fermezza, le disse:

«Lo sei, sei di grande supporto per i tuoi figli e Arthur e lo sarai sempre. Quando arriverà il momento di combattere, sono certo che sarai all'altezza. Asciugati le lacrime e fai un bel respiro, non è successo nulla.»

«Grazie, grazie davvero. Credo che andrò a dormire, è stata una giornata pesante.»

Tonks aveva seguito tutta la scena con gli occhi colmi di ammirazione per come l'amico avesse gestito la situazione; mamma Weasley le passò accanto e la ragazza, posandole una mano sulla spalla, la incoraggiò:

«Cerca di riposare, ne hai bisogno. In ogni caso Remus ha ragione, sei una mamma fantastica.» Le diede un bacio sulla guancia prima di lasciarla andare, poi insieme a Lupin si diressero verso le loro stanze.

«Buonanotte Dora», le augurò mentre stava aprendo la porta. Lei però si fermò e gli chiese:

«Hai sonno?»

«A dire il vero non molto.»

«Dai allora entra, non mi sento ancora così stanca, parliamo un po'.»

«Certo.»

Si sedettero sul letto, uno di fianco all'altro, le schiene appoggiate ai cuscini e le gambe distese di fronte a loro.

«Hai la camicia zuppa», la ragazza prese la bacchetta e, con un incantesimo silenzioso, gliela asciugò.

«Grazie, non ci avevo fatto caso.»

«Perché pensi sempre agli altri prima che a te stesso. Sei stato fantastico con Molly.»

«Non credi che sia stato troppo duro?» Teneva la testa bassa, come se si sentisse in difetto.

«Che cosa?? Remus John Lupin guardami in faccia!» Lui si voltò spiazzato dalla voce autoritaria di Ninfadora, che continuò: «Devi smetterla di colpevolizzarti. Sei stato affettuoso e fermo, era quello di cui aveva bisogno! L'hai rincuorata e tranquillizzata.»

Lui non rispose, la guardava meravigliato, non si capacitava di come ci riuscisse, di come in un attimo con le sue parole fosse in grado di spazzare via il suo tormento. Tonks gli accarezzò una guancia, era sempre così pronto a fare di tutto per gli amici, in quel momento era intenzionata a essere lei la spalla di cui aveva bisogno. Voleva incoraggiarlo a parlare, a lasciarsi andare, ma lui fece di meglio: prese la sua mano e vi posò sopra un bacio, così delicato che sembrava quasi che avesse paura di poterla rompere. La sensazione delle labbra di lui, a contatto con la sua pelle, le diede una scarica elettrica che le attraversò tutto il corpo; niente a che vedere con il disgusto che aveva provato poche ore prima davanti al misero tentativo di Dawlish. Si rese conto, senza saperlo, di bramare con tutta se stessa che lui la sfiorasse ancora in quel modo; era così diverso dagli abbracci che di solito si davano, c'era qualcosa nel modo in cui l'aveva toccata e poi guardata da farle desiderare che lo rifacesse ancora e ancora. Remus non riusciva a staccarsi dalla sua mano, così la posò sulle coperte ma la tenne stretta.

«Sei magica», le disse. Tonks, troppo nervosa per riuscire a trattenersi dal ridere, scherzò:

«Sì beh, questo lo sapevo.»

Lupin però non sorrise, al contrario, la sua espressione era estremamente seria:

«Non sto parlando delle tue abilità.» Alzò la mano che era intrecciata alla sua e gliela pose sul petto, quindi continuò: «La tua vera magia è qui», poi la spostò sulla tempia e disse: «E qui»; sfiorò le sue labbra per ripetere: «E qui», infine indicò la sua mano: «E qui». Lei lo guardava affascinata, con la gola secca e la parlantina, che la contraddistingueva, sparita; aspettò che lui riprendere il suo discorso:

«Hai un cuore immenso, leale, capace di grande affetto; sei intelligente, giusta e, anche se a volte rischi di chiacchierare troppo, sei di sicuro una grande oratrice, ma soprattutto sei di grande sostegno per le persone che ti sono vicine. Ogni volta che qualcosa mi turba o fa star male, tu hai la capacità di farmi tornare il sorriso e nessuno ci è mai riuscito così facilmente. Ecco che cosa intendo con magica.»

«Io...io non so cosa dire...» Aveva gli occhi lucidi, si mordeva il labbro inferiore per evitare di piangere, non ricordava di essere mai stata così tanto apprezzata in vita sua. Remus era stato sincero, non era mai stato bravo ad esprimere ciò che sentiva o pensava, ma voleva che lei sapesse quanto era speciale e non solo per lui.

«Ecco questo è molto strano.» Scoppiarono a ridere, poi Dora si decise ad esprimere ciò che le frullava per la testa:

«In effetti c'è una cosa che vorrei chiederti.. Quando sono rientrata dal turno e ti ho domandato se ti eri davvero preoccupato, mi hai risposto in maniera troppo dura, sembravi arrabbiato, come mai?»

L'uomo tirò un forte sospiro, come se dovesse prepararsi a ciò che aveva da dire:
«Lo ero... per quello che ti era successo...»

«Ti riferisci a Dawlish?» Remus non la guardava, ma poteva capire l'intensità dei suoi pensieri da come le stringeva la mano.

«Sì...anche se non ci conosciamo da molto, credo che tu abbia capito che ci tengo a te...non mi piace che qualcuno possa infastidirti o ancor peggio recarti sofferenza...»

«Sto bene Rem, davvero, ero solo innervosita ma non è successo nulla», voleva tranquillizzarlo ma lui sembrò non ascoltarla:

«Meriti di più...meriti qualcuno che sappia amarti e apprezzarti per il tuo grande valore, proteggerti e confortarti quando ne hai bisogno, non che ti forzi come ha fatto quel viscido!»

Serrò la presa attorno alle dita di Dora, era impossibile non percepire la sua rabbia, ma per quanto la ragazza apprezzasse ciò che le aveva detto e il suo volerla difendere dai pericoli, non era intenzionata a farlo crogiolare in quei sentimenti negativi. Con la mano libera iniziò ad accarezzargli quella intrecciata alla sua, cercando di farlo rilassare, poi gli posò la testa sulla spalla prima di parlare:

«Non ho mai visto nessuno prendersi a cuore un mio problema in questo modo, non che non abbia avuto amici sinceri o presenti, ma tu sei decisamente il migliore! Non devi preoccuparti però, so cavarmela e soprattutto non è niente di importante. Abbiamo passato una bella serata, non ci ho più pensato e, sinceramente, ora preferirei godermi il tempo insieme a te.»

Lupin riuscì a tranquillizzarsi e si appoggiò a lei, ma senza rispondere altro. Se qualcuno fosse entrato in quel momento di sicuro avrebbe trovato uno spettacolo interessante: un uomo e una donna, con un'evidente differenza d'età, i capelli rosa di lei a contrasto con quelli castani e striati di grigio di lui, le mani ancorate tra di loro come se temessero di perdersi, i vestiti colorati e giovanili di lei che si scontravano con quelli lisi e dai colori sbiaditi di lui, il viso a cuore di Dora e gli occhi luminosi che spiccavano su quello segnato e con l'espressione di chi ha sofferto molto di Remus. Il giorno e la notte, o meglio ancora il sole e luna, ecco ciò che sembravano; ma c'era una forza invisibile che sembrava unirli e attirarli l'uno all'altro, un qualcosa di indefinito, a cui non sapevano dare un nome, ma che, come un bisogno vitale, volevano assecondare.

Iniziò a regnare il silenzio, ma non era pesante, anzi confortevole; si erano già detti così tanto che non avrebbe avuto senso sprecare altro fiato. Piano piano iniziarono entrambi ad appisolarsi, l'un l'altro cullati dai fievoli rumori dei loro respiri, in una sintonia così perfetta da sembrare una melodia musicale.

A un tratto Lupin riaprì gli occhi, fece per alzarsi e lasciare Dora a riposare ma lei lo trattenne. Si sdraiò senza neanche guardarlo e lo tirò per invitarlo a fare altrettanto:

«Resta ti prego...» Gli disse con un filo di voce. Remus non si aspettava una richiesta del genere, ci pensò per un po'; l'ultima volta che era successo se ne era pentito per un giorno intero, ma poi lei lo abbracciò, posando la guancia sul suo petto e colmandolo di tenerezza. La decisione era stata presa, come sempre Dora aveva avuto la meglio sul suo raziocinio e gli aveva permesso di addormentarsi con un enorme sorriso sulle labbra.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Dall'inizio dell'anno scolastico il tempo, per gli abitanti di Grimmauld Place, trascorse in maniera relativamente tranquilla: Sirius cercava di mantenersi il più sereno possibile, ma spesso la depressione lo colpiva con durezza ed era capace di rinchiudersi nella sua stanza per ore senza voler parlare con nessuno; Remus si teneva occupato con i turni dell'Ordine o compiti assegnatogli da Silente, ma, oltre che con l'amico, condivideva sempre più momenti con Tonks che invece era oberata di lavoro.

Il mese di Dicembre arrivò in un lampo, presto si sarebbero riuniti con i ragazzi per passare le vacanze e festeggiare insieme. Black era diventato incontenibile, continuava a contare i giorni che mancavano all'arrivo di Harry e, per Lupin, era sin troppo divertente vederlo così eccitato; quel ragazzo tirava fuori il meglio di lui.

Mancava poco a Natale, Remus stava aspettando il rientro di Dora che quella notte era di pattuglia con Malocchio e sapeva che non sarebbe ritornata troppo felice. Era l'alba ormai e l'uomo sentì i passi della ragazza riecheggiare nel corridoio; lei, andando a colpo sicuro, lo raggiunse in cucina.

«Giorno», gli disse con poca convinzione.

«Tutto bene?»

«Sì, per quanto possa affermarlo dopo un turno con Alastor.» Si avvicinò all'uomo per dargli un bacio sulla guancia, poi continuò: «Tu invece, hai riposato un po' o sei rimasto sveglio ad aspettarmi?»

Lui sorrise, ogni volta ripetevano le stesse domande e risposte scontate come un rituale:

«Sono stato qui a leggere.»

«Avresti dovuto dormire almeno un po', lo sai.»

«E tu sai che non riesco a prendere sonno se non so che sei qui al sicuro.» Dora, che nel frattempo gli si era seduta accanto, rimase a guardarlo in silenzio, quelle parole la emozionavano come se fosse la prima volta che le sentiva. Sebbene fosse stanca, il rapporto speciale nato fra di loro le era di conforto e, come spesso accadeva, gli appoggiò la testa sulla spalla per godere della sua vicinanza.

«Quando devi andare al Ministero?»

Si stava appisolando ma riuscì comunque a dire:

«All'ora di pranzo.»

«Bene, allora  possiamo andare a letto», riuscì a farla alzare ma un rumore improvviso nel corridoio fece sobbalzare entrambi. Si lanciarono un'occhiata confusa, non aspettavano visite, impugnarono subito le bacchette pronti a difendersi, ma rimasero ancora più sconvolti nel vedere Silente con Harry, Hermione e i giovani Weasley dietro di lui.

«Albus!» Esclamò con stupore Remus prima di chiedere: «Che cosa ci fate qui?»

Ginny nel vedere Ninfadora le corse tra le braccia con le lacrime agli occhi.

«Arthur ha subito un attacco al Ministero, loro rimarranno qui in modo che possiate accompagnarli al San Mungo non appena avrete notizie da Molly.»

«Non sapete altro? Si rimetterà?» Domandò Tonks, mentre accarezzava i capelli della giovane amica, ma la risposta era palese nelle espressioni dei figli Weasley.

«Devo tornare a scuola, confido di vedervi più tardi in ospedale.» Sparì senza aggiungere altro, la donna allora si rivolse a Lupin:

«Che ne dici di preparare un tè? Io salgo a svegliare Sirius.»

«Sì certo», le rispose sovrappensiero. Era lì ma la sua testa si trovava altrove, approfittò della preparazione della bevanda per cercare di riprendere il controllo di sé. La prima cosa che aveva pensato, dopo le parole del preside, era che quel turno spettava a Dora ma Malocchio aveva deciso di farsi accompagnare per un appostamento fuori Malfoy Manor. Si sentiva in colpa perché, nonostante la preoccupazione per il collega a cui era affezionato, aveva tirato un sospiro di sollievo, la sola immagine della ragazza ferita gli provocava la nausea e un dolore acuto al cuore. Ecco perché rimaneva sempre sveglio nell'aspettare il suo ritorno, aveva scoperto che l'ultima cosa che desiderava al mondo era perderla e, ogni volta, viveva quelle ore lontano da lei con l'ansia che potesse capitarle qualche incidente. Il rumore dell'acqua sul fuoco, che stava bollendo, lo ricconnettè con la realtà, prese delle tazze e le passò ai ragazzi che non avevano alcuna voglia di conversare.

«Chi vi ha avvisato dell'accaduto? So che vostro padre era da solo, è stato in grado di mandarvi un messaggio?» Chiese speranzoso. Tutti si girarono a guardare Harry, che provò a rispondere ma fu interrotto dall'arrivo di Sirius e sua cugina:

«Eccomi, Tonks mi ha detto cosa è successo. Sono certo che presto ci saranno ottime novità, perchè non provate a riposare un po'? Immagino che ne abbiate bisogno, non appena ci contatterà Molly vi verremo a svegliare.» Black cercò di incoraggiarli.

«Sir ha ragione, dovreste dormire, si vede che siete esausti,» intervenne la ragazza.

«Penso che farà bene a tutti, muoviamoci su!» Fu Hermione la prima a tirarsi su dalla sedia e ad invitare anche gli altri a seguirla. Harry aspettò di vederli salire per poi rivolgersi al padrino:

«Potrei parlarti un attimo?»

«Certo, vieni, andiamo in sala», gli sorrise con affetto, gli posò un braccio sulle spalle e lo condusse fuori dalla cucina.

Ninfadora si lasciò andare su una seggiola, era esausta.

«Accidenti...Se penso che il suo turno spettava a me, sarebbe stato più giusto, magari sarei rimasta ferita io piuttosto che lui...ha una moglie e dei figli che lo piangerebbero... io invece...»

«Tu cosa Dora?» Le chiese Remus serio, sapeva che si sentiva in colpa, ma non sopportava di udirla pronunciare certe parole. Continuò a tenere lo sguardo basso e rispose:

«Beh io...sarei sicuramente una perdita minore rispetto a lui...»

Fino a poco tempo prima non era mai riuscito a trovare niente di paragonabile al dolore della trasformazione, ma quel giorno ciò che aveva capito era, che di simile, c'era solo il pensiero della morte della ragazza; da quando l'aveva conosciuta, ma soprattutto dopo che si erano così tanto avvicinati, non poteva più immaginare la propria esistenza senza di lei al suo fianco. Si inginocchiò accanto alla sua sedia per poterla guardare negli occhi e le alzò la testa, prima cercò di stabilire il contatto e poi le disse:

«Ascoltami bene, so cosa stai provando, penso di potermi definire un esperto nel campo dei sensi di colpa, ma tu non c'entri, prima di tutto perché è stato Malocchio a stabilire il vostro scambio e in secondo luogo Arthur sapeva benissimo, come qualsiasi altro membro dell'Ordine, i rischi che correva.»

«Sì ma...»

«Non ho finito. Non provare mai più a dire che la tua scomparsa sarebbe meno importante di quella di qualcun'altro. Pensa a Sirius, ai tuoi genitori, ai Weasley tutti ne rimarrebbero colpiti e addolorati.» Se Remus non si era nemmeno reso conto di non essersi incluso nell'elenco, Tonks lo aveva notato e non poté fare a meno di chiedere:

«E tu?»

«Io cosa?» La guardò stupito.

«Beh hai nominato un sacco di persone, ma tu? Cosa proveresti?»

«Mi si spezzerebbe il cuore.»

Non si aspettava quella risposta, come del resto tante delle altre che lui le aveva dato, in cui le aveva chiaramente fatto capire quanto tenesse a lei. Spesso le aveva detto quanto la sua positività gli fosse d'aiuto per cancellare un po' di quella oscurità che tanto lo angosciava, ma lui era in grado di darle lo stesso supporto. Ogni volta che qualcosa la preoccupava riusciva a farle tornare il sorriso e la solarità che la caratterizzava, con la sua calma e saggezza sapeva come farla tornare in sé.

«Vorrà dire che allora farò di tutto perché ciò non accada», gli disse riprendendo a sorridere.

«Ecco la Dora che conosco, vieni qui.» Le allargò le braccia, ma la donna vi si buttò con troppo impeto e caddero entrambi a terra.

«D'accordo è chiaro il concetto, volevi dimostrare di essere di nuovo te stessa!» Lei lo colpì sul petto e scoppiarono a ridere come due bambini, chiusi in un modo tutto loro, senza preoccupazioni e sofferenza. Ecco i momenti che spesso condividevano e che tanto amavano; quelli in cui riuscivano a staccare in maniera completa il cervello e a godere solo dell'eco delle loro risate. Rimasero quasi senza fiato, prima di accorgersi della posizione in cui si trovavano: Dora stesa su di lui che la avvolgeva stretta e le gambe intrecciate tra di loro. Se non ci fosse stato l'imbarazzo a colpirli quello di sicuro sarebbe stato il modo migliore per passare il resto della giornata.

Lei, fino a quel momento con la testa appoggiata sul suo petto, si tirò un po' più su per poterlo osservare e accarezzargli una guancia, ma la sua mano fu attirata dalle labbra che guardava davvero per la prima volta. Ne seguì il percorso e si rese conto di quanto avrebbe voluto posarvi un bacio, assaporarle e scoprire se vi fosse qualche traccia della cioccolata che era solito bere. Si stupì dei suoi stessi desideri che l'avevano travolta così all'improvviso, provocandole ondate di calore in tutto il corpo; ma Remus non era da meno, poteva intuire ciò che attraversava la mente della meravigliosa donna che continuava a stringere e, per quanto non avesse mai provato niente del genere, doveva ammettere che bramava la stessa identica cosa. Ciò che più voleva era che lei non smettesse di sfiorarlo, ogni movimento delle sue dita lo infiammava ma soprattutto lo portava in un'altra dimensione dove non esisteva la paura dell'essere ignorato o allontanato, perché lei lo aveva accettato e colmato di affetto sin dal primo istante.

Sempre più attirata dal viso dell'uomo e dalla espressione con cui la guardava, come se non esistesse niente più bello di lei al mondo, gli si avvicinò con lentezza per studiare la sua reazione, ma lui non si mosse, vittima del potere di quelle nuove emozioni che lo stavano travolgendo; Dora lo prese come un invito a proseguire ma si fermò poco prima di raggiungere le sue labbra e sussurrò:

«Remus...»

Una luce argentea si piazzò davanti a loro, interrompendo brutalmente il contatto tra i due, che si alzarono di scatto per ascoltare ciò che il patronus di Molly aveva da dire:

«Arthur non è in pericolo di vita, sono riusciti a curare le ferite; riposerà per qualche ora, nel pomeriggio potrete venire a trovarlo.»

Lupin aiutò Tonks nel rialzarsi, erano sollevati e felici della buona notizia, ma non dissero una parola su ciò che era quasi accaduto pochi attimi prima.

«Visto che ora possiamo rilassarci, perché non vai a sdraiarti un po'?»

«Sei stato sveglio tutto la notte anche tu, tranquillizziamo i ragazzi e poi andiamo a dormire anche noi.»

Lo preso per mano e lo costrinse a seguirla, diedero la buona notizia ai Weasley che l'accolsero con grande entusiasmo, poi si diressero verso le loro stanze.

«Vuoi che ti venga a chiamare dopo?»

«Perché invece non resti con me? Almeno puoi controllare che io riesca davvero a svegliarmi.» Lo guardò con quell'espressione implorante di sempre a cui l'uomo non sapeva proprio resistere e, anche se non era certo che fosse una buona idea, accettò:

«D'accordo, ma giuro che ti butto giù dal letto se come al solito non sarai in grado di farlo da sola.»

«Aggressivo Prof eh!?»

«Io direi pratico.»

Il pensiero che Arthur si sarebbe rimesso li facilitò nel prendere sonno e presto si addormentarono entrambi, l'uno di fianco all'altro con le mani intrecciate, che si erano cercate in maniera quasi automatica, sempre pronte a darsi sostegno. 

 

 

«Bella addormentata, è ora di alzarsi!!!»

«Accidenti Rem, devo ancora capire come fai a essere così attivo dopo solo qualche ora di riposo!» Si lamentò la ragazza che non aveva alcuna intenzione di aprire gli occhi. Le sollevò le palpebre per guardarla e la minacciò:

«Ti avviso che sto per darti una spintarella, quindi, fossi in te, mi muoverei!»

«Sei crudele Lupin!»

«È sempre un piacere ricevere i tuoi complimenti NINFADORA!» Scandì le ultime parole per schernirla, prendersi in giro era uno dei loro giochi preferiti.

«Ora ti faccio vedere io il piacere che posso procurarti!!!» Prese un cuscino e cominciò a sbatterglielo contro con energia, lui per difendersi recuperò il suo e iniziò a contrattaccare dando il via ad una battaglia che di sicuro sarebbe andata avanti per le lunghe, se non fosse per il fatto che Tonks doveva seriamente scappare al lavoro.

«Ok, ok tregua! Chiudi gli occhi che devo mettermi la divisa e non provare a barare!»

«Ehi per chi mi hai preso?!» Le rispose con finto risentimento.

«Giusto, dimenticavo che sei un perfetto gentiluomo e che quindi non lo faresti mai!» Dopo quello che era successo qualche ora prima ed essersi reso conto di quanto in realtà la desiderasse, non poteva certo negare che avrebbe volentieri ammirato il suo corpo senza vestiti, ma la verità era che in nessuna occasione si sarebbe permesso di farlo di nascosto. Aveva sempre pensato che il mostrarsi a qualcun'altro dovesse dipendere da una scelta libera e consapevole, non da una costrizione, quindi nonostante fosse la prima volta in assoluto che provava quell'intenso trasporto per una donna, non avrebbe mai superato il limite.

«Fatto, puoi riaprirli!»

«Perfetta come sempre», constatò con un sorriso.

«Grazie Prof, ora vado. Mi dispiace non poter passare con voi da Arthur cercherò di farlo a fine turno.»

«Ricordati di avvisare se dovessi ritardare.»

«Certo e tu non divertirti troppo senza di me!» Gli disse prima di dargli un bacio sulla guancia e precipitarsi fuori dalla porta.

«Impossibile», replicò senza che lei potesse sentirlo. 

 

«Tonks, tutto bene?» Era china su una pila di fogli, ma sembrava assente e infatti neanche sentì la domanda postale da Kinglsey. Il collega, che si trovava alla sua scrivania sommerso anche lui dai documenti, si alzò e le mise una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione.

«Tonks», ritentò.

Lei sobbalzò e, con il gomito, diede una spinta a una parte delle pratiche che finì sul pavimento.

«Oh scusami King, ero distratta. Che cosa stavi dicendo?»

«Me ne sono accorto, ti ho giusto chiesto se è tutto a posto. Sei preoccupata per Arthur?» Le chiese comprensivo, sapeva dello scambio dei turni e, conoscendo la giovane Auror, immaginava che ne fosse rimasta turbata.

«Sì, ma sono contenta che presto starà meglio, sono solo stanca, tutto qua.» Gli rispose cercando di essere convincente.

«Perché non vai via un po' prima? Posso finire da solo.»

«Non ce n'è bisogno, ce la faccio.»

«D'accordo, se ne sei sicura. Vado a prendere del caffè per entrambi», uscì dalla stanza e la lasciò sola con i suoi pensieri.

Dora sperava che le avesse creduto, non era stata sincera, in realtà era anche troppo sveglia, non riusciva a smettere di pensare a quello che era successo con Remus, da quando aveva cominciato a desiderare qualcosa di più oltre alla semplice amicizia non lo sapeva. Eppure ciò che aveva provato le era più che chiaro, se non fosse stato per il patronus lo avrebbe baciato, era arrivata così vicina alle sue labbra che sarebbe stato impossibile tornare indietro o accampare scuse. Oltre a cercare di mettere ordine in quel groviglio confuso di sentimenti e fantasie, si interrogava su quello che poteva essere passato nella testa di Lupin. Non le era sembrato dispiaciuto e non l'aveva allontanata, forse aveva provato lo stesso o magari era troppo gentiluomo per rifiutarla, ma la disonestà non faceva parte del suo carattere quindi un comportamento del genere non era neanche da prendere in considerazione; sperava che non la ritenesse una ragazzina sciocca che cercava di accalappiare un uomo saggio, maturo e semplicemente unico come lui. La pazzia era vicina, ne era certa, più cercava di indovinare i sentimenti dell'amico e peggio stava, doveva darsi pace ed aspettare che capitasse un'occasione simile per mettere alla prova entrambi.

Cercò di concentrarsi sul suo lavoro per non riportare più la sua attenzione su quelle riflessioni.

Fortunatamente il tempo volò meglio del previsto, riuscì anche a fare un saluto veloce ad Arthur prima che i medimaghi la buttassero fuori dalla stanza per farlo riposare. Era felice di avergli potuto parlare anche se solo per poco, non sarebbe stata contenta di sé se non fosse passata dal collega. Prima di rientrare a casa però aveva intenzione di fare una commissione per risollevare l'umore dei ragazzi, si rammentò di inviare un Patronus a Remus per avvisarlo e si diresse alla ricerca di un negozio ancora aperto.

 

«Sono tornata! Spero per voi che abbiate ancora fame! Ho portato rifornimenti speciali!»

Si trovavano tutti in sala e, al suono della voce di Tonks, si erano voltati a scrutare incuriositi le buste della spesa che teneva tra le mani.

«Che cosa hai portato?» Chiese per primo Fred.

«Tutto ciò che possa far mettere ciccia sui fianchi, soprattutto a noi ragazze, ma che aiuta a dimenticare le brutte giornate! Ho pensato che sarebbe stato carino rispettare la nostra vecchia tradizione di Pigiama Party Tonksley, includendo anche gli altri ovviamente!» Accompagnò le ultime parole con un occhiolino.

«Tonksley?» Domandò Sirius perplesso.

«Oh andiamo, Tonks-Weasley! Lo facevamo tutte le estati, in principio fu un'idea mia e di Charlie e poi abbiamo continuato. Quindi ora andiamo tutti a cambiarci e iniziamo ad ingozzarci!» Cominciò a sbracciarsi per invitarli a muoversi, ma non ce ne fu bisogno perché erano più che pronti a farsi coinvolgere dall'entusiasmo della ragazza.

Remus fu l'ultimo ad alzarsi e a raggiungerla:

«Grazie per avermi mandato il Patronus, quel coniglietto è proprio come la sua padrona: salterino e pieno di energia!»

«Ah ah ah, in effetti è parecchio movimentato. Comunque l'avevo quasi dimenticato, ovviamente, ma il non farti preoccupare ha avuto la meglio sul mio essere così smemorata!» Rispose lei con sincerità.

«Non avevo dubbi, nella tua idea frullano sempre troppe cose perché tu possa ricordarle tutte. Come per esempio quella di stasera, geniale! Sono certo che i ragazzi ne saranno molto felici!»

«Non è nulla ho solo immaginato che potessero aver bisogno di una distrazione. Ora comunque dobbiamo prepararci anche noi!»

Lupin non era abituato a farsi vedere in abiti per la notte ma, per una volta, avrebbe fatto un'eccezione, se non altro perché gli era sempre più difficile battere in ritirata davanti a una proposta di Dora.

Presto furono di nuovo tutti in sala, seduti in terra in cerchio. Agli ex malandrini sembrava di essere tornati ai tempi di Hogwarts, quando si riunivano nella Sala Comune per rilassarsi e discutere su qualche nuovo progetto o di ragazze; non erano più dei bambini ormai ma si erano lasciati trascinare facilmente dagli altri. La serata trascorse in un'armonia perfetta: risero, scherzarono, si raccontarono di quei mesi passati lontani e mangiarono una quantità di schifezze assurde ma, grazie alla sorte, non c'era Molly a cui di sicuro si sarebbero rizzati i capelli in testa nell'assistere a uno spettacolo del genere.

Tonks e Lupin erano seduti accanto, avevano le gambe incrociate e le ginocchia che si sfioravano ogni volta che si muovevano e, quando succedeva, si lanciavano occhiate furtive e sorrisi semi nascosti si affacciavano sui loro visi. Per lei era un piacere poterlo vedere sereno, senza i propri tormenti ad occupargli la mente; era un successo riuscire a distrarre anche lui oltre a tutti gli altri. A un certo punto la stanchezza iniziò a farsi sentire, Ginny si buttò tra le braccia di Dora:

«Grazie per ciò che hai fatto, non mi stancherò mai di ripetere che sei la sorella che avrei voluto!»

«Lo stesso vale per te, lo sai. Comunque è stato un piacere, prima che torniate a scuola lo rifaremo!» Le disse ricambiando l'abbraccio.

Remus osservava quel tenero scambio, l'espressione negli occhi di entrambe: vi lesse affetto, gratitudine e ammirazione. Ad un tratto, guardando Ninfadora, tutto gli fu chiaro, era stato così cieco o forse si era opposto ai segnali che bussavano alla porta del suo cuore: l'aveva considerata bellissima sin dal primo istante in cui aveva varcato la soglia della cucina, con i suoi capelli rosa, il viso a forma di cuore e il colore degli occhi che cambiava in continuazione; lo faceva ridere più di chiunque altro al mondo e dimenticare tutto ciò che lo angosciava; lo aveva fatto sentire accettato senza pregiudizi e discriminazioni; si preoccupava per lei se ritardava e si trovava fuori per qualche missione; era rimasto affascinato dal suo essere positiva e solare e allo stesso tempo combattiva e pronta a donare se stessa per gli altri; si era sentito morire al pensiero di poterla perdere e non da ultimo l'irrefrenabile desiderio che lo aveva colpito quella mattina quando stavano per baciarsi. Unì tutte quelle informazioni e, come pezzi di un puzzle che finalmente combaciano, ciò che provava gli si palesò in tutta la sua potenza, di sicuro sarebbe caduto se non si fosse già trovato seduto. Ormai lo sapeva con certezza, l'amava, con un'intensità che mai avrebbe creduto possibile; aveva visto James e Lily, ciò che li legava era cristallino per tutti ma non aveva la più pallida idea di che cosa si provasse sulla propria pelle e Ninfadora Tonks era comparsa nella sua vita, come un uragano, per farglielo scoprire. Quella giovane e dolce Auror gli era entrata dentro e, nonostante sapesse, a causa della sua malattia di non poter rivelarle il suo attaccamento per lei, dubitava che sarebbe riuscito a dimenticarla.

Come se fosse in grado di sentire il richiamo dei suoi pensieri, la donna alzò la testa che teneva posata su quella di Ginny e lo guardò, il sorriso luminoso che gli regalò gli accelerò i battiti a ulteriore conferma del magico potere che aveva su di lui.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


La Vigilia di Natale era arrivata, Grimmauld Place non sembrava neanche più la stessa casa, Sirius si era sbizzarrito con le decorazioni e aveva costretto tutti a mettersi all'opera. Arthur, per la felicità della famiglia e dei colleghi, era stato dimesso proprio quel giorno così avrebbe partecipato al cenone organizzato da Molly.

Tonks aveva deciso di pranzare dai suoi genitori il giorno successivo, così quella sera sarebbe rimasta coi ragazzi. Sentiva una gran confusione al piano di sotto, si trovava ancora in camera a prepararsi; non si era mai interessata in modo particolare al suo aspetto ma, per una volta, sentiva il bisogno di fare un'eccezione. Bussarono alla porta, di sicuro per incitarla a scendere.

«Chi è?» Chiese mentre finiva di sistemarsi i capelli.

«Ginny! Posso entrare?»

«Certo!»

«Per la Barba di Merlino!!!» Esclamò la giovane Weasley non appena ebbe varcato la soglia.

Dora si girò di colpo e le domandò:

«Che succede? Ho qualcosa che non va?»

«Stai scherzando??! Sei bellissima! Non che tu non lo sia tutti i giorni, ma stavolta hai davvero esagerato!» L'amica la osservava incantata, come se si trovasse davanti a un angelo.

«Oh dai, mi sono solo messa un vestito e un filo di trucco. Per il resto sono sempre io», rispose imbarazzata.

«Vedremo cosa ne penseranno gli altri, su ora andiamo!» La ragazzina la fece quasi correre per le scale, fremeva all'idea di festeggiare e passare una serata divertente, di nuovo al fianco di suo padre.

Entrate nella sala, i presenti si voltarono a guardare Ninfadora, non erano abituati a vederla con un abito elegante e, se possibile, emanava ancora più luce del solito; la persona maggiormente colpita era Remus che rischiò di rovesciare il bicchiere che teneva in mano. Le sue guance diventarono bordeaux, per evitare di sottoporsi a quell'accurato esame si diresse subito a salutare Arthur, aveva passato il pomeriggio in ufficio e non era riuscita ad accoglierlo insieme agli altri.

Lo abbracciò e gli disse:

«È bello riaverti con noi!»

«Sono felice anch'io di poter passare le feste insieme a voi», le rispose ricambiando la stretta.

«Cuginetta ti sei sbizzarrita questa sera eh?! Andy sarebbe contenta, domani dovresti proprio rivestirti così», Black le prese una mano e le fece fare una giravolta per mettere ancora più in risalto l'abito: la parte superiore aveva un corpetto rosso a forma di V con delle punte che salivano verso l'alto ma si fermavano un po' in più in basso delle spalle, anche il resto le aderiva a tutto il corpo fino a metà coscia; all'altezza della vita c'erano dei brillantini che davano forma a un piccolo fiore da cui partivano due veli di tulle, della stessa tonalità scarlatta, lunghi fino ai piedi e che la circondavano sui fianchi e sul retro, lasciando scoperta la parte anteriore.

«Non scherziamo Sir, indosserò la mia solita tenuta natalizia degli ultimi anni!» Scoppiarono a ridere, poi l'attenzione della ragazza fu attirata da Remus che le stava facendo cenno di raggiungerlo a bere qualcosa. La osservò mentre si dirigeva verso di lui, un pò insicura nel camminare con i tacchi che aveva deciso di abbinare al vestito ma, anche se non del tutto consapevole, riusciva a fargli girare la testa.

Quando gli si avvicinò rimase per un attimo con un'espressione, che ne era certo, trasmetteva tutto l'amore e il desiderio che provava in quel momento, riuscì però a dire:

«Wow. Capelli rossi eh?»

«Qualcuno una volta mi ha confessato che è il suo colore preferito, così ho pensato di provare.»

«Ti stanno a meraviglia, anche se ormai non potrei più rinunciare a vedere il tuo, o dovrei nostro, amato rosa.»

Ninfadora gli sorrise, quella reazione di stupore era proprio quella che sperava di scatenare in lui; poi indicò uno dei calici che aveva in mano e gli chiese:

«Questo è per me?»

«Sì certo, tieni.»

«Grazie. Sei bellissimo Lupin», lo provocò lei con malizia.

Diventò tutto rosso e la guardò sbigottito mentre lo squadrava: portava una giacca molto semplice, nera come i pantaloni e una camicia bianca, ma per la donna era perfetto così.

«Il completo è di Sirius, l'ho solo riadattato nelle misure», le spiegò.

«Sta sicuramente molto meglio a te che a lui», gli rispose facendogli l'occhiolino. Adorava la sua delicatezza, non gli avrebbe mai fatto pesare la sua impossibilità nel poter rifornire il proprio guardaroba.

«Ci sei mancata oggi, è stato divertente addobbare la casa.»

«Avete fatto un ottimo lavoro, se mi fossi messa in mezzo avrei distrutto non so quante palline!» Era così spesso sbadata che piuttosto che mortificarsi, aveva imparato ad ironizzarci sopra.

«Forse, ma io sarei stato molto più felice.» Dora non ricordava di aver mai sofferto così tanto di tachicardia in tutta la sua vita, se avesse perseverato nel reagire in quel modo ogni volta che lui le dimostrava il suo affetto, era fuor di dubbio che sarebbe morta di crepacuore.

«Daiii Tonks!!! Vieni a ballare con noi!!!» Fred Weasley, che non poteva immaginare di essere di troppo in quel momento, stava già tirando la ragazza per un braccio per farsi seguire. Lei si girò verso Remus, come se cercasse una qualche conferma, ma il giovane rincarò la dose:

«Non farti pregare, manchi solo tu!»

«Ma se c'è un sacco di gente che non balla!» Protestò lei indicando con la mano altri membri dell'ordine seduti in un angolo.

«Non sto di certo parlando dei vecchietti come i miei o Malocchio!»

Lupin si finse offeso:

«Ehi attento come parli, per voi ragazzini sono sempre tutti vecchi!»

«Allora dimostra di essere ancora giovane, non vorrai mandarmi da sola!» Tonks adorava fare confusione ma la coordinazione non era il suo forte, soprattutto con le scarpe che indossava, sperava quindi nel suo appoggio.

«Preferisco ammirarvi da qui», replicò divertito.

«Ti odio, sappilo!!!»

I fratelli Weasley avevano messo una musica troppo movimentata per i suoi gusti, non era un eccellente ballerino ma con una melodia più lenta avrebbe anche potuto rifletterci su. La verità era che non si sarebbe perso l'occasione di osservare la donna che amava da quella posizione così favorevole, avrebbe conversato con qualcun altro senza perderla di vista. Si dice che l'amore sia cieco, ma lui trovava impossibile non adorare una ragazza come Tonks ed era certo che per chissà quanti altri uomini sarebbe stato difficile resisterle. Era circondata dai ragazzi che ridevano insieme a lei, probabilmente di qualche battuta o scherzo; non era aggraziata nei movimenti, ma a lui piaceva così, nella sua semplicità e nel suo essere sempre se stessa, senza paura del giudizio altrui; brillava di luce propria come una stella, senza mai oscurare gli altri. A un tratto si girò verso di lui, il sorriso e lo sguardo che si scambiarono riempì entrambi di calore, fu un attimo, ma bastò per inviarsi un silenzioso messaggio: "Anche se non sono fisicamente al tuo fianco, ti penso".

Il resto della serata continuò tra danze, chiacchiere e qualche gioco, era ormai notte inoltrata quando tutti iniziarono a sentirsi esausti e ad avviarsi verso le loro stanze. Prima di augurarsi la buonanotte Dora fermò Remus sul pianerottolo delle loro camere:

«Ho lasciato i regali sotto l'albero così, anche se domani non ci sarò, potranno aprirli, ma il tuo preferirei dartelo ora.»

«Sai che non dovevi vero?»

«Oh andiamo Rem, non fare il solito precisino, è stato un piacere! Dai vieni con me», gli prese la mano per farsi seguire.

«L'ultima volta che mi hai trascinato di forza è stato per correre sotto la pioggia, spero che tu non abbia intenzioni simili a quest'ora!» Scherzò lui, anche se in parte mostrava la sua preoccupazione.

Gli fece la linguaccia prima di rispondere:

«Lupin fifone, ti sto solo portando nel seminterrato!»

«Che cosa dobb..?» Provò a chiedere ma, giunti a destinazione, le parole gli morirono in bocca.

«Ta-daaaa! Ho sempre odiato questa stanza, così triste e spoglia!» L'uomo si guardava intorno senza riuscire ad emettere alcun suono, quella camera non sembrava neanche più lo stesso luogo di prima: alle pareti c'era una nuova carta da parati con il disegno di copertine di libri, nel centro del pavimento uno spesso tappeto rosso, vicino un divano bordeaux abbastanza grande da permettergli di riposare nella sua forma da lupo; c'era infine un piccolo armadio di legno sistemato in un angolo.

«Non restare imbambolato, guarda nel mobile!» Lo incitò fremente. Si avvicinò per aprirlo mentre lei spiegava:

«Ho pensato che potesse farti comodo qualche cambio in più.»

«E queste pozioni?» Riuscì a chiedere anche se immaginava già la risposta.

«Ho procurato un po' di ingredienti a Piton perché preparasse qualche dose di scorta, non si è mai abbastanza prudenti di questi tempi.»

Remus si girò e le prese le mani:

«Non so proprio cosa dire, penso che sia il regalo di Natale più bello di sempre, anche se naturalmente hai fatto davvero troppo.» Era commosso e, se non fosse riuscito a controllarsi, gli sarebbe di sicuro scivolata una lacrima sulle guance.

«Non lo è, passi più tempo a pensare agli altri che a te stesso e sei pronto a sostenermi quando ne ho bisogno. Per una volta volevo essere io a fare qualcosa», era soddisfatta, ciò che più desiderava era vederlo felice e poteva leggerlo nei suoi occhi.

«Dovresti sapere in quante occasioni sei stata di aiuto per me», insistette lui.

«Sì d'accordo, allora diciamo che ho colto l'opportunità per provare a migliorare, almeno un po', le notti di luna piena. Non sarà la soluzione, ma per lo meno è più accogliente di prima.»

«È perfetta», le disse in un sussurro.

«Ora però tocca a te scartare il tuo regalo.»

«Che cosa?»

«Non provarci neanche a pronunciare le parole non dovevi, siamo pari!» Le sue finanze non gli permettevano gesti eclatanti, ma non si sarebbe mai presentato senza un dono per lei.

«Ecco», le porse una scatolina impacchettata con della carta rossa e un fiocco dorato; poi continuò: «Ho notato che porti quasi sempre delle collane, ma mancava qualcosa.»

Dora sollevò il coperchio, non era un tipo di persona che piange con facilità ma in quel momento rischiava di sciogliersi, tanto era colpita da quell'oggetto: un ciondolo a forma di quarto di luna, colorato di rosa e appeso ad un cordoncino nero.

«Tu sei l'unica che, nonostante la paura di farti correre dei rischi, mi ha permesso di scoprire di poter vivere in maniera più serena la mia maledizione e, ovviamente, volevo che fosse della tua sfumatura preferita.»

«È bellissima, la adoro, grazie.» La indossò subito, era certa che non vi si sarebbe più separata.

«Dai ora dobbiamo testare il divano, tanto non ho sonno!» Gli prese la mano e lo tirò per farlo sedere con lei.

«Devo ammettere che hai fatto un'ottima scelta! È comodissimo», si rilassò mettendo la testa sullo schienale e un braccio sulle spalle di Tonks, che gli strinse al fianco.

«Beh almeno, se le cose dovessero mettersi male al Ministero, avrei un talento alternativo da usare!»

«Certo, di te potremmo sempre dire: "Dora, la ragazza che acquista il sofà giusto per te"!»

«Quanto sei scemo!!!» Scoppiarono a ridere e a solleticarsi a vicenda, fino a che la donna non si decise a dargli tregua e si sdraiò posando il capo sulle sue gambe. La stanchezza stava iniziando ad avere la meglio su di lei, si scambiarono qualche altra parola, ma alla fine il sonno la colse.

Lupin, senza frenarsi, cominciò ad accarezzarle i capelli rossi e morbidi, ancora non riusciva a credere al fatto che avesse cambiato il colore solo per vedere se a lui sarebbero piaciuti, per non parlare dell'immenso presente di Natale che continuava a lasciarlo a bocca aperta. Mentre si tormentava, in bilico tra la gioia di averla tra le braccia e il senso di colpa per averle permesso di avvicinarsi così tanto, anche lui si addormentò.

Le vacanze passarono in fretta e i ragazzi tornarono a scuola. Trascorsero i giorni, tutto sembrava tacere, ma Voldemort portava avanti il suo progetto e presto una notizia sconvolse il mondo magico: una fuga di massa di detenuti, tra cui alcuni dei più fedeli seguaci del Signore Oscuro, da Azkaban. Tonks si trovava al lavoro quando furono avvisati del fatto e Silente aveva convocato una riunione per la sera stessa.

Il Ministero era nel caos e la ragazza riuscì ad arrivare solo a incontro già iniziato, insieme a Kingsley.

«Avete delle novità per noi?»

«In realtà no, a parte che la cara zietta Bellatrix è tra gli evasi», rispose la donna con ironia prendendo posto accanto a Remus.

«Dobbiamo capire quale sarà la loro prossima mossa, di sicuro Voldemort ha già qualcosa in mente», disse Silente.

«Posso occuparmene io», si offrì Piton con il suo solito tono gelido.

«No Severus, potrebbe essere sospettoso un tuo intervento in questo momento, aspettiamo che sia lui a contattarti. Stavo pensando di inviare un infiltrato dai Malfoy, un appostamento fuori casa è insufficiente. Qualche volontario?» Alcuni membri alzarono la mano, ma fu Dora a parlare:
«Albus, puoi evitare di girarci intorno, vuoi che vada io, vero?» Tutti le puntarono gli occhi addosso sorpresi, in particolare Remus e Sirius che non capivano da dove provenisse la sua certezza.

«Perspicace come sempre Ninfadora, in effetti sì. Ritengo che tu potresti essere, come dire, la più persuasiva,» le disse inclinando la testa e guardandola al di sopra degli occhiali.

«Posso provare, ma le cose cambiano nel tempo, come facciamo a sapere se..»

Non riuscì a terminare la domanda che fu anticipata da Malocchio:

«Se è ancora interessato a te?» Dora rimase sbalordita, non si aspettava una risposta da lui. Sentiva lo sguardo di Lupin fisso su di lei, ma non riusciva a girarsi per affrontarlo; non era pronta a far vedere che spiacevoli ricordi la turbavano più di quanto avrebbe voluto. Il suo mentore riprese a parlare:

«Ho trovato questo nell'ufficio di Malfoy al Ministero.» Le si avvicinò per mostrarle un album di fotografie che la ritraevano nei suoi giorni a Hogwarts di cui non era certo a conoscenza. Cercò di non mostrare il forse disgusto che provava, era un Auror e doveva essere pronta a mettere da parte le proprie debolezze o sentimenti per il bene della lotta contro il male che stavano affrontando.

«Quindi il piano è sedurlo e ottenere più informazioni possibili, giusto?» Remus girava la testa, in maniera quasi frenetica, spostando gli occhi dalla ragazza al preside con la speranza che qualcuno gli dicesse che era tutto uno scherzo; non poteva sopportare l'immagine della sua Dora in balia di quell'uomo. "Sua", come se potesse esserlo, ma non gli importava perchè, anche se da lontano, lui avrebbe sempre pensato a lei e a fare il possibile per proteggerla.

«Più o meno sì», le confermò Silente.

«Immagino di dovermi andare a preparare allora», si alzò in piedi e si diresse verso camera sua senza incrociare lo sguardo di nessuno. Lupin dovette appellarsi a tutto il proprio autocontrollo per impedirsi di prenderle la mano e farla sedere di nuovo, non poteva permettersi quel lusso, in realtà come nessun altro, era impensabile rifiutare una missione.

Tonks scese poco dopo, indossava lo stesso abito della Vigilia di Natale ma con alcune modifiche: aveva eliminato il tulle e allungato un pò la gonna che ora le arrivava poco sopra le ginocchia. Portava una giacca rossa per ripararsi dal freddo e tenere la bacchetta a portata di mano; infine aveva raccolto i capelli in uno chignon, solo alcuni riccioli le ricadevano sul viso. Remus la trovava bella come sempre, ma non era la Ninfadora che conosceva e soprattutto, oltre all'espressione battagliera, c'era in lei qualcosa di strano, come se fosse tormentata.

«Sono pronta», dichiarò avvicinandosi ad Albus.

«Non c'è bisogno che ti dica di fare molta attenzione, aspetterò il tuo rapporto domani. Ci vediamo al prossimo incontro, direi che non abbiamo altro da dirci.» Comunicò rivolgendosi a tutti.

Dora, che nel frattempo si era già avviata verso l'uscita, fu fermata da Lupin; voleva parlarle e, per una volta, se ne era fregato di ciò che avrebbero pensato gli altri nel vederlo correrle dietro.

«Aspetta», la chiamò poco prima che arrivasse alla porta.

«Rem», si girò confusa.

«Che succede? Non sarà facile, ma non ti ho mai visto spaventata o preoccupata, c'è dell'altro, ne sono certo.»

«Ne parliamo dopo ok?» Sperava che non se ne fosse accorto, non voleva farlo agitare, ma aveva imparato a leggerla così bene che era diventato impossibile nascondergli i suoi pensieri.

«Quindi ho ragione», constatò lui, ma non ne era felice, tutt'altro.

«Sì, prometto di raccontarti tutto al mio rientro, ma ora devo andare», cercò di sembrare risoluta.

Lupin sollevò la mano destra per accarezzarle una guancia e le disse in un sussurro:

«Sii prudente... ti prego».

Lei sorrise e rispose:

«Vigilanza costante!» Intrecciò le dite alle sue per un attimo, come per suggellare un patto, poi lo lasciò andare e sparì.

Si smaterializzò davanti al cancello di casa Malfoy, tirò un forte sospiro e si decise a inviare un incantesimo per avvisare della propria presenza. Quasi saltò dalla sorpresa quando Lucius le apparve davanti per accertarsi di chi si trovasse fuori dalla sua abitazione; si ricompose subito e gli domandò:

«Narcissa è dentro?»

«No, sono da solo», dalla sua espressione era evidente che non si aspettava quella richiesta.

«Bene, perchè avrei bisogno di parlarti.»

«È mia moglie e pur sempre tua zia, per quale motivo non può ascoltare?» Lucius si faceva sempre più dubbioso, ma soprattutto curioso.

Ninfadora si avvicinò alle sbarre che la separavano dall'uomo e, con fare seducente, gli disse:

«Non credo che sarebbe felice di sapere che ha una nipote interessata a suo marito.»

L'uomo sembrò pensarci su per qualche secondo e, senza dire niente, tolse la protezione e le permise di entrare; percorsero un lungo viale in silenzio, dopo la condusse in un salottino al primo piano della villa.

«Vuoi unirti a me?» Da un carrello portavivande, in legno intarsiato, aveva preso due bicchierini e una caraffa di vetro contenente del liquido ambrato.

«Perchè no», sapeva di dover stare al gioco per sembrargli convincente.

Le versò del whisky e iniziò a berlo tenendo sempre lo sguardo fisso su di lui; durante il suo addestramento da Auror aveva imparato che era importante mantenere il contatto con il proprio avversario, perdere la concentrazione si sarebbe potuto rivelare fatale.

La invitò poi ad accomodarsi su un'elegante poltrona di velluto verde dai braccioli dorati; si sedette con le gambe accavallate, con un gesto lento ma che cercò di rendere il più naturale possibile e fingendo di sistemare la gonna che le scopriva più di metà coscia.

Aveva centrato l'obiettivo, poteva vederlo dagli occhi dell'uomo puntati verso il basso; quel momento di debolezza le diede l'opportunità di iniziare a parlare:

«Immagino che tu voglia sapere che cosa ci faccio qui.»

«Confesso di essere rimasto sorpreso, l'ultima volta che ci siamo visti non sembravi ansiosa di ripetere l'incontro.»

«Sono stata una sciocca e spero che non sia troppo tardi ora», si finse preoccupata, cercò di pensare a qualcosa di doloroso per inumidirsi gli occhi e fargli credere di essere sul punto di piangere.

«Continua», alzò la mano in un gesto d'invito.

«Avrei dovuto darti retta anni fa, quando mi hai indicato la parte giusta da cui stare, solo ora l'ho capito. Sono costretta a mentire tutti i giorni, intrappolata in un ruolo che non fa per me», si alzò in piedi per dare enfasi al suo discorso, «Non era questo ciò che desideravo, ho commesso un grosso sbaglio, vorrei solo distruggere con le mie mani tutte quelle facce sorridenti e perbeniste che sono obbligata a frequentare.»

Lucius le si avvicinò, con un dito tracciò un percorso a partire dalla sua guancia destra fino all'attaccatura del vestito, passando lungo le vene che le pulsavano sotto il collo. Dora si sentì scuotere da un brivido di totale disgusto ma che cercò di mascherare: inclinò la testa all'indietro, chiuse gli occhi e sospirò, come se ne trasse piacere. Sarebbe voluta scappare via per non sentirsi sfiorare da lui, ma la prima immagine che le apparve davanti agli occhi fu quella di Remus, doveva solo resistere e presto sarebbe corsa da lui.

Malfoy si chinò su di lei per dirle nell'orecchio:

«Come ben sai, posso aiutarti a rimediare. Ti sarà richiesto di dimostrare la tua fedeltà al Signore Oscuro.»

«Che cosa posso fare?» Sarebbe stato un giochetto da ragazzi imperiarlo per ottenere le informazioni che le servivano, ma era un Auror in primis e non poteva ricorrere a quel tipo di maledizione, doveva essere brava ad aggirarlo.

«A questo avremo modo di pensarci, Narcissa potrebbe rientrare tra un po', direi che potremmo impiegare in maniera migliore il tempo che ci rimane.»

Dora si sentì messa all'angolo, si girò di spalle e tentò di pensare in fretta ad una strategia vincente, infine parlò:

«Sono stata fortunata a non trovarla in casa, immagino che sia con Bellatrix in questo momento.»

«Dovresti sapere come siete voi donne, fate le dure ma non riuscite a rinunciare al vostro lato smielato», le rispose mentre le stringeva un fianco e le poggiava il petto contro la sua schiena.

Ogni fibra del suo essere urlava di fuggire, di mettere fine all'agonia che le procurava il tocco dell'uomo, ma Ninfadora non era una codarda, anzi, avrebbe lottato fino al suo ultimo respiro.

Si girò verso di lui e gli posò una mano all'altezza del cuore:

«Le mie zie ce lo hanno ancora? Sono certa che non possa essere l'unico motivo.» Gli disse mentre giocherellava con il bordo del suo mantello nero e si stringeva a lui cercando di mettere in evidenza la sua scollatura per distrarlo.

«Ovviamente no.»

Dora continuò con quei lenti movimenti, ma sapeva di doversi spingere oltre per farlo sciogliere di più, era pur sempre un Mangiamorte, quindi non così stupido da lasciarsi sfuggire informazioni importanti. Lucius la desiderava da così tanto tempo che cominciò a sentirsi sempre più debole e succube di quell'atteggiamento provocatorio.

«Sembra che tu abbia caldo», gli sfilò la cappa e gli sbottonò qualche bottone della camicia bianca che indossava, per continuare la sua lenta tortura al di sotto.

«Sicuramente deve trattarsi di qualche grande novità se Cissa è corsa da lei, subito dopo la sua evasione», deglutì per cercare di ricacciare indietro l'acido che le stava salendo dallo stomaco e gli lasciò, con estrema calma, una scia di baci lungo i pettorali.

La lucidità stava, con maggiore insistenza, allontanandosi dalla testa di Malfoy, per lasciare spazio a una forte bramosia e alle parole che non avrebbe dovuto farsi scappare:

«Il Signore Oscuro ha scoperto che esiste un collegamento tra la sua mente e quella di Potter, presto gli tenderemo una trappola e lo attireremo al Ministero per recuperare la profezia sul loro destino.» Dora si staccò di colpo, come se si fosse scottata; si accorse dell'errore quando ormai era troppo tardi: Lucius l'aveva sollevata tra le proprie braccia.

«Ora basta giocare», la sua espressione era glaciale.

«Che cosa stai facendo?» Gli chiese mentre, senza alcuna delicatezza, la buttava sul divano che si trovava vicino a una parete della stanza. La paura si stava impadronendo di lei, mentre le risuonavano le parole del suo mentore "Vigilanza costante" e quelle di Remus "Sii prudente"; era stata stupida, ma il pensiero di Harry in pericolo le aveva fatto perdere il controllo della situazione.

«Mi prendo quello che, fino a pochi minuti fa, sembravi così pronta a darmi», le spiegò con durezza. Si era posizionato sopra di lei e, in un colpo solo, le aveva strappato il corpetto del vestito. Cercò di rialzarsi ma era impossibile muoversi sotto al suo peso.

«E se ci scoprissero?» Provò a fermarlo ma lui non la ascoltava, le prese con forza un seno e la zittì premendo le labbra sopra le sue. La paura si stava impadronendo di lei, si sforzò di ricordare qualcosa di bello che potesse aiutarla a calmarsi e reagire, mentre l'esplorazione dell'uomo continuava a indebolirla. La colpì il pensiero di Remus, ma soprattutto la realizzazione che lui fosse l'unico da cui volesse farsi toccare e amare, nessun altro sarebbe stato capace di renderla felice. Si divincolò per liberare un braccio, ma prima di riuscire a sfilare la bacchetta dalla giacca, lui le graffiò una guancia; nonostante la fitta di dolore non perse tempo e lo colpì:

«Stupeficium!» Gridò e Malfoy volò dalla parte opposta del salotto. Approfittò del suo momento di smarrimento per lanciare un altro incantesimo:

«Petrificus Totalus.»

Poi gli si avvicinò:

«La tua sete di potere, il tuo narcisismo e il bisogno di sottomettere gli altri ti hanno reso cieco. Ascoltami bene, mai e poi MAI avrei potuto desiderare una persona come te. Non provare a cercarmi al tuo fianco, perché mi troverai sempre di fronte a te con la bacchetta sollevata, pronta a lottare per ciò in cui credo. Immagino che ci rivedremo presto, ma per favore, ricordati di salutare le mie zie. Anche se, ora che ci rifletto, lo dimenticherai tra un attimo.» Aveva bisogno di sfogarsi, di sputargli addosso il suo disgusto, peccato che non lo avrebbe rammentato. la cosa più giusta da fare era cancellargli la memoria riguardante il loro incontro:

«Oblivion.» Pronunciate quelle parole e terminato il suo lavoro, si smaterializzò e fece ritorno a Grimmauld.

«Dora sei tu?» Remus aveva sentito un rumore all'ingresso ed era corso a controllare. La trovò piegata su stessa in terra, sembrava sconvolta; si buttò in ginocchio e le sollevò la testa per guardarla, notò subito la ferita.

«C'è qualcun altro sveglio?» Gli chiese.

«Molly, Sirius e Arhur ti stavano aspettando insieme a me.» Aveva le braccia strette intorno a sé ma Lupin non riusciva a capirne il motivo, poi le aprì e gli fu chiaro.

«Ti prego, dì loro solo che sono tornata, non voglio farmi vedere in questo stato.»

«Certo, aspettami qui, torno a prenderti.»

Pochi minuti dopo era di nuovo da lei, la sollevò con delicatezza, facendola sentire di nuovo a casa e la condusse nella sua stanza per farla sedere sul letto.

Nessuno riusciva a parlare, ma Dora non era più in grado di trattenersi, non davanti all'uomo con cui sapeva di poter essere completamente se stessa e scoppiò a piangere:

«Ti prego, abbracciami», gli sussurrò.

Lupin era ansioso di sapere che cosa fosse successo con Malfoy, ma doveva rispettare i suoi tempi, in ogni caso era ben contento di poterle essere di consolazione.

«Shh..va tutto bene, ora sei con me...» La cullò e le accarezzò i capelli fino a quando i suoi singhiozzi cominciarono a rallentare e il respiro a farsi di nuovo regolare. Rimasero per un po' così, poi Tonks si allontanò per guardarlo meglio:

«Scusami, devo esserti sembrata una sciocca.»

«Per niente», sollevò la bacchetta per guarirle la guancia, poi continuò: «Vuoi parlarne ora o preferisci riposare?»

«No, va bene...solo che vorrei cambiarmi, potresti prestarmi qualcosa? Così evito di uscire da qui e rischiare di incontrare qualcuno.»

«Sì certo», le porse una maglietta e dei pantaloni, poi si mise girato in piedi davanti all'armadio, in modo da permetterle di vestirsi.

«Ho fatto», richiamò la sua attenzione per farlo tornare al suo fianco, poi prese di nuovo a parlare, senza guardarlo:

«Avevo 17 anni la prima volta che l'ho incontrato, all'epoca era già un membro del consiglio e spesso veniva a Hogwarts per parlare con Silente. Cercavo di mantenere le distanze, tra me e Narcissa non c'era alcun rapporto e di certo non ne volevo con lui. Solo che ogni volta che capitava a scuola sembrava che trovasse sempre il modo di incrociarmi. Si mostrava gentile, interessato al mio rendimento e interessi, ma più provavo a tenermi alla larga e più lui tentava di avvicinarmi. Iniziò a presentarsi con una frequenza troppo costante, da insospettire anche Albus, ma, a parte qualche lusinga, non mi aveva mai toccata o infastidita seriamente.»

Un brutto presentimento iniziò a farsi strada nella testa di Remus, non gli era mai piaciuto Malfoy e nemmeno ciò che era stato detto alla riunione e lo stato in cui era tornata la donna dalla missione.

«Che cosa è successo poi?» Chiese ansioso.

La donna fissava con insistenza la porta di fronte a sé, non era in grado di sostenere il suo sguardo, quel ricordo continuava a farle male.

«Il Natale dello stesso anno i miei genitori partirono per un viaggio e io non andai a casa per le vacanze. Alla festa della Vigilia venne anche Lucius, approfittò di un momento in cui ero rimasta sola e, con una scusa, mi portò fuori. Non avevo chiare le sue intenzioni, non si era mai dichiarato apertamente, ma mi disse che si era invaghito di me sin dalla prima volta che mi aveva vista e che ero diventata un chiodo fisso per lui. Lo rifiutai, ma non poteva accettarlo e così mi prese con la forza...» Lupin sentì il suo respiro accelerare in maniera frenetica, d'istinto le prese la mano:

«Ehi, è tutto a posto, ci sono io....»

Finalmente riuscì a stabilire un contatto visivo, la sua stretta riusciva a donarle il coraggio necessario.

«Mi baciò, mi strappò i vestiti e non voglio pensare a che cosa avrebbe potuto farmi se non fosse arrivato Silente. Un'amica dell'epoca si era preoccupata per la mia assenza e lo aveva allertato, non li ringrazierò mai abbastanza per avermi salvata. Inutile che ti dica che è rimasto impunito, un uomo del suo lignaggio e con il potere che ha sempre avuto era intoccabile; così da allora ho cercato in tutti i modi di evitare di rivederlo.»

Remus si sentiva ribollire di rabbia, l'immagine di Ninfadora in balia di uno dei più fedeli seguaci di Voldemort lo aveva torturato per tutte le ore precedenti e, con il suo racconto, le paure si stava trasformando in realtà.

«Questa sera è stato come rivivere un flashback», lui non aveva bisogno di farle ulteriori domande, bastava guardare il vestito strappato per capire ogni cosa, ma lei continuò:

«Quello che mi ha fatto più schifo è stato il mio tentativo di seduzione, il doverlo avvicinare, toccare, ci sono stati dei momenti in cui ho davvero temuto di non potercela fare...sarei voluta scappare...»

La ascoltava in silenzio, tentando di mantenersi calmo e di infondere tranquillità alla sua mano tremante; avrebbe voluto stringerla, confortarla, cancellare ogni ricordo dalla mente di entrambi, perché era troppo insopportabile anche per lui immaginarla tra le braccia di Malfoy.

«Sai chi mi ha salvata questa volta?»

La guardò dubbioso, senza capire.

«Tu», gli disse senza smettere di perdersi nei suoi occhi.

«Che vuoi dire?»

«Ero alla disperata ricerca di qualcosa che potesse aiutarmi, che mi desse la forza di reagire e mi sei apparso tu. Ho capito che l'unico uomo che avrei desiderato stringere eri tu e nessun'altro. Noi che ridiamo, corriamo sotto la pioggia, passiamo le notti a chiacchierare, che dormiamo con le mani intrecciate, ci prendiamo in giro e tentiamo di sollevare il morale a Sirius come una vera squadra; questo mi ha tratta in salvo, perché il mio pensiero felice è ovunque ci sei tu.»

Remus la guardava senza parole, non avrebbe mai creduto possibile di essere la fonte di gioia di qualcuno e soprattutto non della donna che amava; la tensione nell'aria era palpabile ma non passò molto tempo, entrambi si avvicinarono e le loro labbra fecero il resto. Non c'era alcuna via da cercare, nessun punto di ritrovo, era come se conoscessero il percorso da sempre. Bastò quel contatto e il mondo intorno a loro esplose, non esistevano più dolore, preoccupazione, dubbio; quel bacio stava spazzando via ogni sorta di negatività per lasciare spazio solo a gioia e desiderio. Le braccia che gli circondavano il collo, le mani di lui sulla schiena e nei capelli di lei, i corpi che, se avessero potuto, si sarebbero fusi l'un con l'altro pur di sentirsi più vicini; non c'era bisogno di alcun invito, dischiusero all'unisono le loro bocche e diedero il via ad una danza, dapprima lenta ma poi frenetica e passionale, in cui cercarono di dirsi tutto ciò che i loro cuori urlavano. Non avevano mai baciato nessuno, mai bramato così tanto un contatto fisico; la gioia di essere insieme e di poter godere di quell'agognato momento li travolse talmente tanto da far dimenticare loro tutto il resto. Si staccarono solo un attimo per riprendere fiato, ma non per riflettere, si cercarono di nuovo, liberandosi di ogni inibizione; presto o tardi sarebbero dovuti tornare alla realtà, ma non era ancora arrivata l'ora. Esistevano solo Remus e Dora e non avrebbero permesso che qualcosa si frapponesse tra di loro e quel magico intreccio.

 

Spazio autrice:

Parlando con un'amica e lettrice, ho pensato, anche se a posteriori, che questo capitolo avesse bisogno di alcune spiegazioni. Seppur si tratti di una fan fiction cerco sempre di non modificare la natura dei personaggi, in questo capitolo ho "forzato" un po' le cose. Mi piace, quando scrivo una storia, inserire al suo interno dei messaggi, che siano di denuncia di problematiche attuali o di speranza. Sentivo quindi la necessità di toccare un argomento, purtroppo, di cui si parla molto ma mai abbastanza, ovvero il tema della violenza sulle donne. Ho "giocato" con il personaggio di Silente mettendo in maggior risalto il suo comportamento spesso dubbio; probabilmente non avrebbe mai chiesto a nessuno di perdere la propria dignità, ma era necessario che ci fossero persone (un po' come i membri dell'Ordine che si oppongono) che non dessero peso alla cosa e a ciò che aveva subito Ninfadora in passato. Sfortunatamente esiste anche chi non crede a determinate cose o ai racconti delle donne che hanno subito violenze. Lucius per me è sempre stato uno dei personaggi peggiori della saga, con la sua mania di potere, di controllo e di superiorità che lo porta a considerarsi parte di una fascia di élite; mi sembrava quindi un possibile carnefice, perché in un quadro del genere è facile considerare anche le donne come essere inferiori. Veniamo a Dora, in quanto Auror credo che sia normale che non si tiri indietro davanti ad un incarico, anche se non significa che sia giusto mettere in gioco la propria dignità; ciò che volevo evidenziare però è che spesso le vittime non riescano a denunciare chi le ha maltrattate, non solo per paura ma anche perché a volte entra in gioco un insieme di sentimenti e pensieri più complesso e che porta le donne a continuare a credere nell'amore che provano per il loro carnefice e viceversa. Nella "scena del divano" ho voluto far capire come la paura e il dolore possano indebolirci, ma quanto, allo stesso tempo, i pensieri positivi e i ricordi felici ci diano la forza di reagire e lottare. Il discorso finale di Dora ci ricorda come la brama di potere e il considerarsi migliori degli altri porti alla cecità più totale e a mettere in circolo solo negatività. Il tutto si conclude con la cancellazione della memoria che simboleggia la denuncia dell'aggressore. L'ultima cosa che vorrei aggiungere è il fatto che Silente nella prima aggressione non faccia niente per punire Malfoy, anche qui è stata una scelta voluta, perché sappiamo bene quanto giochino le raccomandazioni e l'avere un nome famoso.

Mi sono dilungata ma mi sembrava giusto spiegarmi, soprattutto riguardo al perché ho portato i gesti dei personaggi un po' più "all'estremo"; spero anche così di rendere il mio messaggio più incisivo! 

A presto!

 Serena

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


La mattina dopo Dora si risvegliò nella camera di Remus, le ci volle qualche minuto per mettere a fuoco l'ambiente circostante e, soprattutto, per ricordare ciò che era successo la sera prima. D'istinto si portò una mano sulle labbra, come se potessero confermarle le immagini che le si erano affacciate alla mente.

Si girò verso Lupin che era già sveglio e seduto sul letto, con lo sguardo perso chissà dove; gli diede un bacio sulla guancia dopo essersi tirata su per raggiungerlo.

«Buongiorno», gli augurò con una dolcezza tale che era impossibile non capire quanto fosse felice.

«Buongiorno, come ti senti oggi?» Le chiese con gentilezza, ma lei aveva già notato qualcosa di strano nella sua espressione.

«Benissimo ovviamente, ma direi che non è lo stesso per te», la delusione si impadronì di lei. Dato che lui non sembrava intenzionato a rispondere si fece coraggio e domandò:

«Vuoi spiegarmi che cosa ti succede?»

Come se si fosse svegliato da una sorta di trance si decise a parlare:
«È stato un errore.»

«A che cosa ti riferisci?» La ragazza aveva già i suoi sospetti ma sperava di sbagliarsi.

«Credo che tu lo sappia benissimo...al bacio.» L'uomo aveva passato la notte a rimuginare, se da una parte provava gioia per ciò che avevano condiviso, dall'altra non poteva fare a meno di sentirsi indegno, un miserabile lupo mannaro che si era preso una libertà che non gli apparteneva.

«Ok e quale sarebbe lo sbaglio?»

Lui si alzò di scatto e si allontanò da lei:

«Dora non fingere di non capire!»

Anche lei seguì il suo esempio e si mise in piedi:

«Sai cosa? Per una volta mi piacerebbe davvero non comprendere niente e di sicuro non avrei voluto sentire ciò che hai detto!»

Era agitata, lui la guardava con i suoi vestiti troppo grandi che la facevano apparire piccola e indifesa; tutto ciò che desiderava era confessarle quanto la trovava bella, prenderla tra le braccia e baciarla di nuovo; solo che non poteva e quella realizzazione lo colpiva dritto al cuore sbriciolandoglielo in mille pezzi.

«Lo penso sul serio», replicò in un sussurro.

Ninfadora era in guerra con se stessa, non sapeva se essere più arrabbiata con lui o addolorata per quelle parole; tentò di calmarsi e di provare a discuterne con calma. Gli si avvicinò e gli prese le mani, lui sussultò ma la donna tenne la presa ben salda, non gli avrebbe permesso di interrompere quel contatto.

«Dammi una sola ragione per cui non dovremmo ripeterlo, credevo che lo volessi anche tu.»

«Qui non si tratta di quello che desidero, ma di ciò che è meglio per te.»

«E pensi di saperlo prof?» Scherzò lei per sdrammatizzare.

«Meriti una persona sana, giovane, che possa provvedere a te e non sono io quell'uomo», abbassò lo sguardo nel pronunciare tali parole, si vergognava così tanto che sarebbe solo voluto fuggire via; le avrebbe regalato il mondo ma a Remus John Lupin non era stata concessa la possibilità di essere una persona normale.

«Non mi interessa, l'unico che voglio sei tu.» 
Con uno strattone si separò da lei:

«Non puoi essere seria! Ragiona per favore, sono un lupo mannaro, un pericolo per te e per chiunque mi stia vicino; ci differenziano tredici anni e non riesco a mantenere un posto di lavoro, che futuro potrei darti??» Dora percepiva il tormento che lo logorava, ma era decisa a fargli cambiare idea.

«Credi davvero che mi importi tutto ciò? È da quando ci conosciamo che ti ripeto che non ho paura di te, abbiamo anche affrontato insieme le notti di luna piena, non vedo perché ora dovrebbe essere diverso...»

«E se ti ferissi? Se non fossimo sempre così fortunati? Hai idea di come mi sentirei dopo? E poi non si tratta solo di questo, un conto è essere amici ma come fidanzati presto o tardi diventeresti un'emarginata come me, inizierebbero a provare disgusto nei tuoi confronti solo perché mi hai scelto come compagno; per non parlare del tuo lavoro, cosa direbbero al Ministero di un Auror che decide di vivere al fianco di un mostro? Non è questo che voglio per te!»

La rabbia iniziò a travolgerla, la tranquillità che aveva cercato di mantenere era svanita, così esplose:
«Credi di essere onnisciente vero??! Non puoi decidere per me! Ho mai prestato ascolto a ciò che la gente dice di me? Ho mai dato valore ai soldi? Mi hai mai vista al fianco di un altro uomo? Rispondo io per te, no e lo sai anche tu!!! Sono sempre io, la stessa Dora che conoscevi prima che ci baciassimo! Solo una cosa è cambiata, la gioia che provo, o meglio provavo fino a poco fa, perché ieri sera è stata la più bella della mia vita!»

Remus rimase interdetto da quello scoppio ma si riprese subito:

«Pensi che per me non sia così? Nessuno mi ha mai reso felice come fai tu!»

«E allora perché non mi permetti di continuare a farlo?!»

«Non è giusto Dora! Sarei un maledetto egoista!» Si avvicinò di nuovo a lei, la accarezzò per asciugare le lacrime che avevano iniziato a scivolarle lungo le guance, poi continuò:

«Sei una donna meravigliosa, non posso essere la causa della tua rovina, non me lo perdonerei mai.»

Ninfadora non riusciva a smettere di piangere, quelle parole la ferivano più di quanto avrebbe mai potuto pensare, ma lei non era certo tipo da arrendersi, aveva sempre lottato per difendere i suoi principi e, per l'uomo di fronte a lei, avrebbe fatto lo stesso. Gli prese una mano e se la posò sul cuore:

«Remus come puoi essere così cieco? Non lo senti come batte il mio cuore quando mi sei vicino? Non vedi come sono felice ogni volta che sono con te? Come ti cerco quando rientro dal lavoro o mi alzo la mattina? Come puoi anche solo immaginare che io starei meglio senza di te?»

Lupin sospirò, sentiva un fortissimo dolore al petto, gli era insopportabile guardare la solare e gioiosa Tonks in quello stato per colpa sua.

«Non continuerai a pensarla così, non quando dopo tutti ti giudicheranno e disprezzeranno. È meglio interrompere questa discussione, devi andare da Silente e, in ogni caso, non arriveremo da nessuna parte.»

Fuggì via e Tonks quasi neanche se ne accorse, le faceva malissimo la testa ma non lo avrebbe lasciato andare, gli corse dietro lungo le scale e lo fermò:
«Ti prego aspetta! Dove vai?»

Non si girò verso di lei, stava piangendo ed era decisamente meglio nasconderglielo; cercò quindi di assumere il suo solito tono:

«Ho bisogno di prendere un po' d'aria e tu faresti meglio a prepararti.»

«Questo è quanto hai da dire? Credi che me ne importi qualcosa di fare tardi quando ci sei tu a voltarmi le spalle senza neanche ascoltarmi?»

«L'ho fatto.»

«Sei scappato senza lasciarmi il tempo di finire», la disperazione aveva di nuovo lasciato spazio alla sua determinazione. Dato che si ostinava a non voltarsi si appoggiò alla sua schiena e lo abbracciò:

«Per favore, guardami.»

Era troppo debole in quel momento per poter mantenere la propria posizione, così la accontentò e fu allora che lei capì, era sempre stato abituato a soffocare i propri desideri ed emozioni e non voleva che lei comprendesse quanto soffriva.

«Dora...» le disse in un sussurro, era stremato dopo la notte in bianco e le loro incomprensioni.

«C'è una cosa che devi sapere...io...io ti amo Remus e non smetterò mai di combattere per dimostrarti che sei tu l'unica persona che desidero.» Credeva di poter migliorare le cose con la sua dichiarazione e di farlo crollare ma era in errore, lui sbarrò gli occhi terrorizzato, come se non se lo aspettasse e le rispose:

«Ti passerà, sono certo che sia solo una cosa momentanea, non puoi amare uno come me.»

Si diresse verso l'ingresso, ma prima di uscire lei gli urlò di rimando:

«Ti sbagli se pensi che io sia solo una ragazzina infatuata, non mi arrenderò così facilmente!!!»

L'unica replica che ottenne, però, fu il rumore della porta sbattuta; crollò in terra, i singhiozzi iniziarono a scuoterla in modo irrefrenabile, era la prima volta che si innamorava e insieme alla gioia che poteva regalare quel sentimento aveva anche subito scoperto l'altra faccia della medaglia. Non passò molto tempo che venne avvolta dalle braccia del cugino:
«Vi ho sentiti urlare, che sta succedendo tra di voi?»

«Ci siamo baciati ieri sera...»

«E lui oggi ti ha rifiutata vero?»

Dora alzò la testa per incrociare i suoi occhi, in attesa di una spiegazione.

«È la prima volta che lo vedo avvicinarsi così ad una donna, era amico di Lily a scuola, ma non hai mai guardato nessuna come fa con te; sei riuscita a fare breccia nella corazza che si è costruito, con grande cura, in questi anni, ma per lui è troppo pensare di avere una relazione con te, si ritiene inferiore e immeritevole di qualsiasi tipo di affetto.»

«Ma è una sciocchezza! Ho conosciuto degli uomini prima di lui, ma mai ho provato niente di simile, continuavo a domandarmi perché lo cercassi sempre, o desiderassi tanto la sua approvazione e, ieri, mentre ero con Malfoy, mi è stato chiaro. Io lo amo e non posso sopportare di vederlo autocommiserarsi a quel modo, vale molto di più di quello che crede.» Stava cominciando a riprendere il controllo di sé, come se l'immagine di Remus che passa il tempo a sottovalutarsi le avesse acceso un fuoco dentro.

«Glielo ripeto da quando eravamo due ragazzini, ha bisogno di tempo, ma vedrai che riusciremo a convincerlo.»

«Lo spero proprio.» Rimasero per un po' abbracciati, godendo di quel conforto fraterno che riuscivano sempre a donarsi da quando si erano ritrovati. Dora però aveva un dovere da compiere, ringraziò Sirius e si preparò per andare da Silente e in ufficio.

Poco dopo Lupin rientrò a casa, la sua intenzione era quella di rinchiudersi in camera ma, ovviamente, fu subito intercettato da Black:

«Non così in fretta Lunastorta.»

«Non ho voglia di parlare», gli rispose con un sospiro.

«Benissimo, non farlo, mi ascolterai e basta», l'arte dell'insistenza era una della sue specialità, non si sarebbe certo risparmiato, soprattutto in un'occasione come quella.

Presero posto su due poltrone del salottino, Remus con lo sguardo fisso sul logoro tappeto che copriva il pavimento, come se tentasse di dare un senso ai disegni ricamati ma, quasi del tutto, sfilacciati.

«Quindi l'hai baciata e poi respinta?»

«Bel riassunto, non avrei raccontato in questo modo la dinamica degli eventi, ma sì, è andata così.»

«Ti conosco da una vita, ti ho sempre considerato intelligente e saggio, ma ci sono dei momenti in cui avrei voglia di aprire quella tua testolina dura per vedere che cosa contiene! Finalmente permetti ad una donna di entrare nella tua vita, vi innamorate e tu invece di essere felice la abbandoni in lacrime in un corridoio??!»

Quelle parole riuscirono a far alzare lo sguardo di Lupin in cui era facile leggervi il forte senso di colpa che provava.

«È giovane, è convinta di amarmi, ma presto si renderà conto che non è così e le passerà.» Non faceva altro che ripetere quella litania, non perché ci credesse, ma per autoconvincersi che lo avrebbe dimenticato.

Sirius però scattò in piedi, infuriato:

«Non osare parlare così di mia cugina, non è una ragazzina in piena crisi ormonale, è una donna che sa perfettamente ciò che vuole. Ha sempre accettato il tuo piccolo problema peloso, è stata al tuo fianco quando ne avevi bisogno e non solo nei momenti felici, ogni volta che eri fuori per qualche missione era più agitata del solito; quello che prova non è una cosa passeggera, lei ti ama.»

«Ma merita di...»

«Non dire di meglio! Non dirlo Lupin!» Era raro vederlo in quello stato, anche quando frequentavano Hogwarts non era solito lasciarsi andare a scatti d'ira, ma davanti alla sofferenza di due delle persone più importanti della sua vita, gli era impossibile mantenersi calmo; con la certezza che l'amico non l'avrebbe interrotto, continuò:

«Ascolto da anni questa spazzatura, ora non la tollero più! Credi davvero che Tonks starebbe meglio senza di te? L'hai guardata bene? Era così ferita, l'unica cosa che le ha dato forza è la speranza di riuscire a farti cambiare idea!»

«Ma non posso!!! Potrei metterla in pericolo e in ogni caso rovinerei la sua vita! Nessuno vorrebbe più frequentarla vedendola al mio fianco!» Si sentiva incompreso, fare del male alla donna, che amava più di ogni altra cosa al mondo, non rientrava certo nei suoi piani; credeva che il suo sentimento rimanesse unilaterale, non si aspettava che venisse ricambiato, ma dato che era successo era suo dovere proteggerla.

«Ma non le interessa!!! Gira per il Ministero con i capelli rosa e i jeans strappati, ti sembra una ragazza che dà peso a ciò che la gente dice o pensa di lei? Datevi un'occasione Remus, siamo in guerra e non ci è dato sapere come finirà, le nostre vite sono appese a un filo, non sprecare il tempo che potresti passare al suo fianco.»

Lo guardò sorpreso prima di rispondere:

«Quando parli così mi ricordi James e i monologhi che faceva a Lily per convincerla a diventare la sua fidanzata.»

«Ogni tanto sapeva essere una persona assennata e visto che, purtroppo, non può essere qui con noi, sono costretto a fare anche la sua parte. Sai benissimo che anche loro ti avrebbero voluto vedere felice.» Non riusciva a rimanere adirato con il suo più caro amico per troppo tempo, dopo il suo sfogo, la calma aveva già iniziato a impadronirsi di lui; inoltre il ricordo dei Potter conduceva entrambi in uno stato malinconico ma comunque familiare e confortante.

«Sirius, la amo troppo per permetterle di fare una vita da eremita come la mia, che sia essa corta o lunga.»

«Promettimi almeno che ci penserai.»

«D'accordo, ma non aspettarti un mutamento della mia opinione.»

«Oh vedrai, sono certo che presto o tardi ti faremo capitolare vecchietto!»

«Vorrei ricordarti che lo sei tanto quanto me!»

«Io di sicuro porto molto meglio di te i miei anni!»

Anche se Dora non era scomparsa dai loro pensieri, si erano fatti avvolgere dal clima di serenità che era solita donar loro l'amicizia che li legava. Erano tornati a ridere e scherzare come sempre, mettendo da parte le loro incomprensioni.

Purtroppo, però, per Remus niente era cambiato, era più che deciso a difendere la donna da se stesso. Così iniziò a evitarla in tutti i modi: scambiava i turni con altri membri, fuggiva da una stanza se rischiava di rimanere da solo con lei, non la aspettava più al suo rientro e ignorava ogni suo tentativo di parlargli o di riaprire la vecchia discussione. L'espressione ferita e delusa, che Tonks assumeva ogni volta che la allontanava, lo pugnalava dritto al cuore ma, per quanto desiderasse cedere, era convinto di agire solo per il suo bene.

I giorni passarono, arrivò Marzo e, con esso, il compleanno di Remus. Il passare del tempo gli ricordava, inesorabilmente, il suo stato miserabile nonché gli anni che lo separavano dalla giovane amata. Non aveva voglia di festeggiare, convinto che mancassero i motivi per farlo; ma Sirius non era dello stesso avviso. Quell'anno, le vacanza pasquali, cascavano proprio in quei giorni e Black aveva organizzato una festicciola coi ragazzi.

Ninfadora aveva tentennato fino all'ultimo, non era certa che la sua presenza facesse piacere al festeggiato, sarebbe stato facile trovare una scusa per la sua assenza, ma il cugino aveva insistito fino allo sfinimento e lei aveva ceduto. Era stata al lavoro tutto il giorno e, quando era rientrata, gli invitati avevano già iniziato a bere e mangiare; Molly, come sempre, aveva superato se stessa preparando un meraviglioso buffet.

Rimase per un attimo a osservare il sorriso sul volto di tutti i presenti, era una ricorrenza speciale, ma non era come l'aveva sognata; si era immaginata al fianco dell'uomo che adorava, a ridere con lui, a scompigliargli i capelli e il ciuffo ribelle che si rifiutava di stare al suo posto, a guardarlo, con orgoglio, tagliare la torta, perché lei non lo trovava vecchio e mai lo avrebbe considerato in quel modo; a passargli i regali da scartare e a brindare con entusiasmo, correndo il solito rischio di rompere qualche bicchiere. Invece, si trovava lì, all'ingresso della sala, con uno sguardo vuoto e sola, perché nonostante fosse circondata da amici, era così che si sentiva. Notò come Emmeline Vance si era un po' troppo avvicinata a Remus per fargli gli auguri, lui ricambiava con cortesia i sorrisi della collega ma, anche se non erano neanche lontanamente paragonabili, a quelli che in passato le regalava, non riusciva a non essere gelosa di quelle attenzioni. Era sempre più convinta che fosse stata una cattiva idea presentarsi lì, ma non le fu permesso di fuggire.

«Oh Tonks ben arrivata! Iniziavo a temere che avessi avuto qualche problema in ufficio!» Tutti si girarono verso di lei, anche Remus, che in cuor suo aveva sperato di vederla.

«Nessuno Molly, grazie, solo molto lavoro», rispose fingendo naturalezza.

Si unì ai ragazzi, amava stare in loro compagnia e voleva approfittare della loro presenza a Grimmauld, ma la morsa che le stringeva lo stomaco non accennava a lasciarla libera, così dopo un po', senza dare troppo nell'occhio, si allontanò per prendere aria. Al piano superiore c'era un piccolo terrazzino dove spesso si era ritrovata a chiacchierare con Remus, ma, nonostante fosse portatore di ricordi agrodolci, era più confortante dell'ambiente soffocante dove era stata fino a poco prima. Respirò a pieni polmoni la brezza leggera della sera, tentando di calmarsi, presto Molly avrebbe portato la torta e sarebbe stata troppo evidente la sua assenza.

A un certo punto, però, sentì qualcuno salire le scale, riconobbe all'istante il rumore dei passi dell'uomo che le aveva rubato il cuore e che continuava a tenere in ostaggio, anche contro la sua volontà.

«Immaginavo di trovarti qui», le disse rimanendo dietro di lei, a distanza.

«Hai deciso di concederci una tregua per il tuo compleanno? A proposito, auguri», gli rispose senza girarsi, con un tono che era un misto di rabbia e delusione.

«Non siamo in guerra Dora...»

«Ah no? Mi ignori da quella mattina in cui ti ho detto ciò che provo per te... da allora non ho solo perso l'uomo che amo, ma anche il mio più caro amico...»

«Pensavo che con un distacco netto sarebbe stato più facile», il senso di colpa lo torturava ma credeva davvero in ciò che diceva. A quel punto lei si voltò furente:

«Per chi? Perché io sinceramente non mi sono sentita facilitata! Mi manchi Rem e ogni giorno sempre di più...»

«Anche tu mi manchi...» Era rimasto così sorpreso dalle parole della donna che non era riuscito a frenarsi e a dirottare l'argomento, ma solo a rispondere ciò che sentiva nel profondo.

Gli si avvicinò per posargli le mani sul viso:

«E allora perché non mi permetti di stare al tuo fianco?» Dopo un primo momento di debolezza, però, Lupin si riprese e le abbassò le braccia:

«Sai che non posso, ne abbiamo già parlato.»

«Già..e ovviamente hai deciso tutto tu...Comunque ho un regalo per te e, per favore, non dire che non dovevo...» Lo fermò prima che lui potesse aprire bocca per ribattere.

Gli mise un pacchetto nella tasca della maglione che indossava e, senza dargli il tempo di reagire, gli appoggiò una mano dietro il collo e posò le labbra sulle sue.

Remus sentì le forze abbandonarlo, sarebbe dovuto scappare, ma si lasciò sopraffare dalla gioia dell'essere di nuovo così vicino a Dora e dal desiderio che nutriva nei suoi confronti. Le appoggiò una mano sulla schiena e la strinse ancora di più a sé; li colse una frenesia che non avevano provato la prima volta, in parte dovuta alla lontananza dell'ultimo periodo ma anche al forte bisogno di entrambi di esprimere il proprio amore. La fece indietreggiare, senza perdere il contatto, fino a che non si ritrovò schiacciata tra la parete della casa e il corpo dell'uomo. Una luna, non ancora al suo stadio completo, era l'unica spettatrice di quello spettacolo di fuochi d'artificio, di mani impazienti aggrovigliate tra i capelli che tentavano di accarezzare ogni centimetro di pelle scoperta dai vestiti, di due bocche che, come combattenti, avanzavano lungo il collo avversario, seguendo un percorso invisibile, per imporre la propria supremazia all'avversario. Come sottofondo musicale c'era un alternanza di sospiri impazienti e gemiti di piacere, che seguiva il tempo dettato dai battiti dei cuori dei due amanti, che sembravano aver trovato il loro ritmo. Non erano intenzionati a fermarsi, ma, prima che fosse troppo tardi per tornare indietro, la voce di Sirius richiamò la loro attenzione:

«Remuuuuus!!! Dobbiamo tagliare la torta, dove sei finito?»

Lupin si allontanò da Dora di colpo, lasciando entrambi con una sensazioni di gelo in tutto il corpo, come se fossero stati privati della loro principale fonte di calore.

«Arrivo subito!» Gridò di rimando e sentì Black scendere le scale; l'amico aveva capito che non era da solo, ma con Tonks e preferiva lasciar loro spazio.

Guardò la ragazza di fronte a lui, alla quale aveva promesso protezione, invece era bastato un attimo per rendergli impossibile ogni tipo di resistenza. Cercò di stabilizzare il proprio respiro affannato, per la foga che lo aveva travolto, e poi parlò:

«Mi dispiace...»

«Ti prego, non sopporto queste parole..e non dire nemmeno che non avresti dovuto...»

«Ma sai che è così...»

«L'unica certezza che ho Remus è ciò che sento per te e il dolore che provo ogni volta che mi rifiuti..ma ora va, ti aspettano...» Non osò chiederle di seguirlo, anche se era ciò che desiderava.

Non appena se ne fu andato, Dora si lasciò cadere a terra, le fu impossibile fermare le lacrime che si stavano affacciando ai suoi occhi. Si sfogò per qualche minuto, ma poi si rialzò; era cocciuto, ma amava Lupin e non sarebbe stata contenta di sé se non lo avesse raggiunto. Gli avrebbe mostrato con i fatti che non era disposta a lasciarlo andare senza lottare e che, anche contro ogni rimostranza, era sempre al suo fianco.

L'uomo, come da tradizione, stava giusto tagliando la torta quando vide Ninfadora entrare nella sala, con i capelli e i vestiti di nuovo in ordine, gli occhi asciutti e l'espressione rilassata; più la guardava e più si rendeva conto della donna forte e tenace che era, non si trovava lì per fare la vittima o impietosirlo ma per dargli una dimostrazione, i suoi occhi dicevano "Non mi arrenderò" e, per quanto la sua testa continuasse a credere che dovesse lasciarlo perdere, il cuore nutriva la speranza contraria.

Mantennero per un po' quella connessione visiva, non ancora disposti a perdere quello che avevano condiviso poco prima, poi gli invitati iniziarono a porgere al festeggiato i propri regali e fu per loro impossibile perseverare nel guardarsi.

Quando tutti si furono ritirati per la notte, Remus, prima di addormentarsi, si ricordò di avere ancora un dono da aprire.

Lo recuperò dalla tasca e lo liberò della carta che lo avvolgeva, era un libro: "Persuasione" di Jane Austen, sorrise e iniziò a leggere il biglietto accompagnatorio:

So quanto ami le vecchie edizioni da collezione, così sono andata alla ricerca nelle librerie di antiquariato babbano. Ricordi quando ne abbiamo parlato la prima volta? Ci eravamo appena conosciuti e di certo non avrei mai immaginato che saresti diventato così importante per me. Credo che tu sappia perché abbia scelto proprio questo romanzo, finché avrò fiato in corpo non smetterò di ripeterti che non mi importa di tutti gli ostacoli che potremmo trovare davanti a noi, ti aspetterò e lotterò fino al giorno in cui ci riuniremo proprio come Anne e Wentworth.

Buon compleanno Rem,

Tua Dora

Strinse la lettera e il volume al petto, come se potesse assorbirne tutto l'amore e il calore di Ninfadora; erano due testardi, sarebbe stata dura convincerla ma, proprio per il forte sentimento che provava nei suoi confronti, avrebbe continuato a proteggerla e a tenerla lontano da lui e dalla sua odiata malattia.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Passarono i mesi ma, nonostante Sirius e Ninfadora tentassero di far ragionare Remus, lui continuava a rimanere fermo sulla sua decisione di tenere lontana da sé la donna dei suoi sogni. Dato che non tutto il male viene per nuocere, però, i due cugini avevano iniziato a passare sempre più tempo insieme; quando lei era libera si rintanavano nel salottino, spesso con un bicchiere di Whisky incendiario, a sfogarsi dei propri tormenti o a raccontarsi aneddoti divertenti per rilassarsi e dimenticare i cattivi pensieri. Cercavano così di recuperare gli anni che erano stati loro negati, in un certo senso avevano anche scoperto alcune affinità che li rendevano più simili di quanto credessero. La loro complicità si era man mano intensificata e ne erano talmente felici che speravano che quell'equilibrio potesse durare ancora per molto tempo; ma purtroppo, una sera, avvenne qualcosa di inaspettato.

«Daii Sir ridammelo!!!» Tonks si allungò verso di lui per tentare di recuperare il bicchiere che le aveva tolto di forza dalle mani. Erano seduti davanti al camino, ormai quasi pronti per andare a letto.

«Scordatelo signorina, direi che per stasera ne hai avuto abbastanza!»

«Sei il solito guastafeste!» Presero a ridere come dei matti, una cosa che riusciva loro sempre molto bene quando erano insieme. L'ilarità fu interrotta bruscamente dall'arrivo di Malocchio:

«Dov'è Lupin?»

«Di sopra, perché?» Chiese dubbiosa Dora, non solo per l'oggetto della domanda ma anche per il modo in cui Alastor l'aveva posta, sembrava nervoso.

«Vai a chiamarlo, dobbiamo andare via subito!»

«È successo qualcosa?» Sirius iniziava ad agitarsi, era evidente che l'ex Auror tentasse, invano, di nascondere il motivo della sua fretta.

«Harry e alcuni suoi compagni sono al Ministero!»

«Che cosa??!» Urlarono in contemporanea i Black.

«Voldemort lo ha attirato in una trappola, gli ha mostrato una visione in cui ti stava torturando per ottenere informazioni», rispose rivolto a Sirius.

«Ma non stava studiando l'occlumanzia con Piton?! Gli abbiamo detto in tutti i modi di stare attento, soprattutto in casi come questo!!!»

«Sir calmati, sai quanto tiene a te, probabilmente non è riuscito a mantenere la giusta calma per ragionare! Salgo subito da Remus», Tonks se ne andò lasciando dietro di sé le grida del cugino che non riusciva a tranquillizzarsi, troppo preoccupato per il proprio figlioccio.

Bussò alla porta dell'amico:

«Rem! Sono io, fammi entrare!»

«Dora, va via, non ho voglia di parlare....»

«Smetti di fare l'idiota per una volta, non si tratta di noi, ma di Harry!!! È con i ragazzi al Ministero, gli hanno teso una trappola, dobbiamo andare ad aiutarlo!» Come se si fosse improvvisamente risvegliato da uno stato di trance, l'uomo corse subito fuori dalla stanza.

«Bene, vedo che ti sei deciso ad ascoltarmi, dai andiamo!» Lo trascinò giù per le scale, prendendolo per una mano.

Arrivati al piano di sotto lei si fermò di colpo:

«Sir, che stai facendo con la bacchetta in mano?!»

«Non penserete davvero che me ne stia qui mentre Harry rischia la vita per me?! Vengo anche io!»

«Non se ne parla nemmeno!!! Alastor non vorrai permetterlo, vero?» La donna, senza accorgersene, aveva decisamente alzato il tono della voce, ma non era d'accordo nel far correre al cugino un rischio del genere.

Remus le mise una mano sulla spalla, nel tentativo di rassicurarla, poi parlò a Felpato:

«Dora ha ragione, è troppo pericoloso, potresti essere catturato.»

«Stiamo continuando a perdere tempo, non riuscirete a fermarmi, non questa volta! Ha bisogno di me e io devo esserci per lui!»

«Va bene, ora basta! Muoviamoci!» Intervenne Malocchio, la tempestività in certi momenti era fondamentale, la testardaggine di Black non era un mistero; perseverare nel tentativo di convincerlo li avrebbe solo rallentati.

Arrivati al Ministero trovarono Kingsley ad aspettarli, si diressero sicuri alla sala delle profezie ma non trovarono nessuno, iniziarono così a perlustrare il piano del Dipartimento Misteri fino a che, aprendo la porta della Camera della Morte, videro una serie di scintille saltare da una parte all'altra della stanza. Sirius, Malocchio e Shacklebolt si gettarono immediatamente nel mezzo dello scontro per combattere i Mangiamorte; Remus trattenne per un attimo Dora:

«Stai attenta», le disse con apprensione.

Lei lo tirò verso di sé per dargli un veloce ma intenso bacio, non avevano idea di quello che sarebbe potuto succedere loro e in qualche modo aveva bisogno di ricordargli quanto lo amava.

«Anche tu», gli sussurrò a fior di labbra per poi correre dagli altri.

«Oh ma tu guarda, è arrivata la mia cara nipotina, che cosa era quello? Non ti basta avere una madre che ha disonorato la famiglia, vuoi anche accoppiarti con un lurido lupo mannaro?» Tonks fu attirata dalla voce di Bellatrix che, al contrario degli altri, non si era lasciata sfuggire quel gesto affettuoso e, con esso, l'occasione per insultarla. 

«Non osare parlare così di lui!!!» Urlò con una tale rabbia che avrebbe potuto ucciderla con lo sguardo; le lanciò uno schiantesimo ma la trovò pronta a difendersi.

«Prendi fuoco facilmente vedo», disse accennando ai suoi capelli diventati rossi, «Ti sei innamorata del mostro Ninfadora?»

«Non chiamarmi NINFADORA!!!» Sapeva di dover rimanere calma mentre continuavano a tirarsi e ad alternare incantesimi di attacco e difesa, ma Remus era il suo punto debole e la donna aveva capito che, colpendola proprio lì, l'avrebbe deconcentrata. Era un Auror e, come tale, non era pronta a dargliela vinta con facilità, così cercò di ignorare la sua tattica e di non rispondere alle provocazioni.

«È tutto qui quello che sai fare? Che cosa vi insegnano all'accademia? Che ne dici di cominciare a fare sul serio? Sarà un piacere consegnare alla cara Andy il tuo corpo! Crucio!»

«Protego!» Tonks riuscì a ripararsi da quell'attacco, ma seppur stupita dalla sua velocità, la zia non perse tempo nel ricominciare ad accanirsi contro di lei.

Bellatrix, però, non era certo l'unica ad avere una gran voglia di uccidere qualcuno, gli altri mangiamorte, infatti, non erano da meno, lanciavano maledizioni con grande rapidità, l'unico a cui cercavano di infliggere meno danni possibili era Harry, ma solo perché era loro necessario per l'ascolto della profezia e, soprattutto, era destinato a Voldemort. In ogni caso, Sirius si trovava al suo fianco, proprio come desiderava, per difenderlo e proteggere la sfera che custodiva in mano.

Il primo a cadere fu Malocchio, sconfitto da Dolohov, ma nessuno era in grado di correre da lui per accertarsi che fosse ancora vivo e, di sicuro, lui non avrebbe voluto; anche da svenuto era quasi possibile udire le sue parole "Vigilanza costante". Kingsley e Remus tenevano impegnati altri nemici mentre Sirius duellava con Malfoy che aveva preso di mira il suo figlioccio.

Se qualcuno fosse entrato in quel momento, avrebbe assistito ad un vero e proprio spettacolo di luci e colori, di sguardi assassini, supponenti, ma anche combattivi o impauriti, di gocce di sudore che scivolavano dalle tempie dei maghi, le cui braccia non era disposte a perdere il ritmo; sembrava di assistere ad una danza frenetica, il cui ritmo era dettato da urla e sospiri; peccato, però, che in tutto ciò non ci fosse niente di affascinante o esilarante, in gioco non c'erano solo le vite di tutti i partecipanti, ma quelle del mondo intero.

Nelle teste dei membri dell'Ordine regnava però anche la preoccupazione per i propri compagni e i ragazzi a cui era stato imposto di farsi da parte per non partecipare attivamente alla battaglia.

Lupin cercava in tutti i modi di non pensare a Dora, ma aveva sentito l'accoglienza da parte di Bellatrix ed era certo che avrebbe cercato di farle del male in ogni modo possibile. Sconfitto il mangiamorte con cui stava lottando, si diresse verso la donna per aiutarla, ma era troppo tardi, la vide cadere mentre un raggio luminoso la colpiva in pieno petto; lo guardò per un attimo prima di chiudere gli occhi, proprio come se fosse l'unica persona a cui era riuscita a pensare in quel momento. Si era distratta per un istante, era rimasta concentrata così a lungo da non rendersi conto di ciò che stava succedendo intorno a lei, sperava che Remus fosse ancora in piedi e si era concessa di lanciargli uno sguardo fugace, rivelatosi però fatale. L'uomo scorse in lei una sorta di richiesta di aiuto, ma anche di serenità, come se fosse felice di vederlo; sentì un'ondata di nausea salirgli in gola, non era riuscito a prestarle soccorso, non era arrivato in tempo e, soprattutto, ciò che gli faceva più male era il non averle detto quanto l'amava; non sapeva se si sarebbe ripresentata un'altra occasione e quella realizzazione gli toglieva letteralmente il fiato. Sentimenti di dolore e rabbia lottavano per la supremazia nel suo petto, ma non poteva permettersi di rimuginarci, si preparò ad attaccare la causa del suo tormento, ma fu preceduto da Sirius.

«E così ci incontriamo di nuovo, Bella!» Esclamò con scherno.

«Sarà un piacere mettere fuori gioco tutti i traditori della famiglia!!!» L'uomo odiava da sempre quel suo modo di fare viscido e pazzoide e, dato che la sua amata cugina era rimasta vittima della sua malignità, aveva ancora maggiori motivi per combatterla e farle scomparire quel sorriso vittorioso dalla faccia.

«Arriverà il giorno in cui perderai tutta questa tua sicurezza!»

«Tu dici?»

La risposta di lui le arrivò direttamente dalla bacchetta ma, come sempre, era pronta a tutto, riuscì a difendersi e a contrattaccare subito. Diedero il via ad un concitato duello e, anche se Sirius non era più allenato come in passato, possedeva ancora abbastanza forze per reggere quel ritmo.

Mentre Lupin, Shacklebolt e Harry erano ancora impegnati, apparve Silente che riuscì a fermare quasi tutti i duellanti, legandoli. Bellatrix però non rientrava tra questi, lei e il suo avversario non erano intenzionati a smettere, ormai presi entrambi da una frenesia tale che si sarebbe placata solo a vendetta compiuta.

Black non si era accorto, però, di essersi pericolosamente avvicinato al velo nero della morte posto al centro della stanza; la spavalderia e la voglia di mettere fuori gioco il nemico, lo tenevano troppo impegnato.

La donna, al contrario, aveva fatto bene i suoi calcoli, d'altra parte, dalla più fedele serva del Signore Oscuro, era impossibile aspettarsi di meno; con un colpo ben assestato riuscì a spingerlo attraverso l'arco.

Remus e Harry rimasero pietrificati nel vederlo svanire come un fantasma, avrebbero voluto urlare, piangere, correre verso di lui nella speranza di riuscire a riportarlo tra loro, ma erano paralizzati, vittime degli eventi, di una forza molto più grande di loro; neanche il più potente degli incantesimi avrebbe potuto contrastarla o annullarne gli effetti.

Sirius se ne era andato, portandosi con sé, un pezzo dei loro cuori. Avrebbero barattato la vita per poter udire di nuovo la sua risata contagiosa ma, l'unica che era loro concesso di sentire, era quella squillante e isterica di Bellatrix che saltellava felice come una pasqua per aver ucciso l'uomo.

«Smettila di ridere!!!» Gridò Potter, lanciandosi verso di lei e iniziando un inseguimento a cui prese parte anche Silente, nel tentativo di fermarlo.

Ripresosi per un attimo, i pensieri successivi di Lupin furono tutti per Dora. Non desiderava la vendetta, l'unica sua preoccupazione in quel momento era di non perdere anche la donna che amava. Corse da lei e si inginocchiò al suo fianco, tirò un sospiro di sollievo nel vederla respirare; tentò di rianimarla ma invano, così la accolse tra le sue braccia per cullarla. Era fredda come il ghiaccio, le guance prive del loro solito rossore e i capelli avevano perso la loro vivacità, assumendo una triste sfumatura grigia. Affondò il viso nella sua chioma, dove ritrovò quel dolce profumo che riusciva sempre a calmarlo, ma niente in quel momento avrebbe potuto consolarlo. Il suo più caro amico, l'unico che, insieme a lui, manteneva ancora in vita il ricordo dei malandrini e del gruppo che erano, lo aveva lasciato. Niente sarebbe stato più lo stesso, con Sirius morto e la donna che non gli era concesso di amare, inerte; lui di sicuro sarebbe cambiato senza più una parte di sé.

«Dora, ti prego, resisti..non lasciarmi anche tu...» Disse mentre un fiume di lacrime iniziava a scorrergli lungo le guancia. «Non importa se non posso averti al mio fianco, imparerò ad accettarlo, ma tu vivi, devi farlo! Non sopporterei di perdere anche te...»

Dall'altra parte della stanza Kingsley era riuscito a risvegliare Malocchio; osservavano Remus stretto alla loro collega e amica, era impossibile non accorgersi di quanto tenesse a lei: gli lasciarono il tempo di calmarsi, poi lo raggiunsero.

Alastor gli mise una mano sulla spalla per riscuoterlo:

«Dobbiamo portarla al San Mungo, di sicuro sapranno cosa fare.» Era raro sentirsi incoraggiare dall'ex Auror, ma era affezionato alla sua protetta e di sicuro sperava in una sua veloce ripresa.

«Ci pensiamo noi, immagino che Harry avrà bisogno di te», intervenne Shacklebolt.

«Grazie, fatemi sapere non appena avrete novità.»

«Certo, è tosta la ragazza, sono certo che si rimetterà presto.»

Lupin li vide allontanarsi con lei e partì alla ricerca del ragazzo e di Silente, ignaro dell'arrivo di Voldemort al piano superiore del Ministero. Li trovò nell'atrio, il preside alle prese con un Caramell particolarmente sconvolto e agitato e Harry in terra, piegato su se stesso, distrutto dal dolore. Corse ad abbracciarlo, non era certo di potergli donare il conforto di cui aveva bisogno, ma sapeva che James e Sirius lo avrebbero voluto al fianco del ragazzo e, lui, era pronto a tutto per il figlio dei suoi più cari amici; non erano più fisicamente lì ma non se ne sarebbero mai andati dai loro cuori e pensieri. Non dissero nulla, non c'era bisogno di parole, il loro tormento era lo stesso, così si lasciarono semplicemente andare ad un libero sfogo senza preoccuparsi di ciò che stava succedendo intorno a loro. Avrebbero pensato dopo a che cosa fare.

«Remus...» La voce di Molly lo riscosse dai suoi pensieri, «Stiamo andando all'ospedale per vedere come sta Tonks e se si è svegliata, vuoi venire con noi?»

«No, magari ci andrò in un altro momento.»

«Sono certa che sarebbe felice di averci tutti lì, non sarà facile quando saprà cosa è successo», insistette la donna, a cui non era sfuggito il modo in cui entrambi si guardavano o il tempo che passavano insieme.

«Ci sarete già voi e i suoi genitori, sono sicuro che non noterà nemmeno la mia assenza, passerò a visitarla domani», non era intenzionato a cambiare idea, così Arthur e la moglie se ne andarono lasciandolo solo.

Si trovava alla Tana, non aveva il coraggio di tornare a Grimmauld a recuperare le sue cose inoltre, con l'incertezza che fosse ancora un luogo frequentabile e sicuro, i Weasley preferivano ospitarlo. Aveva accettato controvoglia, non gradiva stare in compagnia; lo guardavano tutti con un misto di tenerezza e pietà, sapeva che erano preoccupati per lui ma non desiderava compassione, solo poter piangere Sirius. Si affacciò alla finestra, era una calda e soleggiata giornata, neanche una nuvola oscurava il cielo, in netto contrasto alla tempesta che si agitava nel suo petto.

Non gli piaceva mentire, era certo che non sarebbe passato da Dora, ma altrettanto difficile spiegare e giustificare il suo comportamento. Non era propenso a condividere ciò che provava con gli altri, ma non poteva neanche fare finta di nulla e creare false aspettative nella donna. L'accanimento di Bellatrix nei suoi confronti lo aveva sempre di più convinto di essere nel giusto nel tenerla lontana da sé; Tonks era già in una brutta posizione per il tradimento suo e della madre, non poteva peggiorare la situazione restandole accanto. Si tormentava pensando a lei, ricordando il suo corpo freddo steso sul pavimento, lo stesso che lo incendiava e bramava di stringere tra le braccia ad ogni ora. Se avesse seguito ciò che gli dettavano il cuore e l'istinto, in quel preciso istante, sarebbe stato al suo fianco, a tenerle la mano aspettando il suo risveglio; ma il suo raziocinio e il bisogno di proteggerla riuscivano ancora a mantenere il controllo delle sue azioni. In ogni caso, lo tranquillizzava il saperla tra amici sinceri, che lo avrebbero comunque aggiornato.

Nel frattempo Dora dormiva ancora, le erano state somministrate diverse pozioni; l'incantesimo che l'aveva colpita era molto potente ma, fortunatamente, non era riuscito a provocare danni permanenti.
La ragazza stava sognando immagini indefinite, senza un particolare senso, si sentiva come in una sorta di limbo; vedeva lampi di luce colorata, udiva qualcuno gridare e una risata diabolica, ad un tratto la attraversò anche la sensazione di essere avvolta tra le braccia di Remus; c'era qualcosa di strano in tutto ciò, non le sembravano i normali incubi che a volte le capitava di fare la notte. Provò ad aprire gli occhi per scacciare tutti quei fotogrammi, ma si rese conto di quanto le costasse fatica, nonché dolore.

«Guarda Ted, sta muovendo le palpebre!» Riconobbe la voce della madre e si domandò subito che cosa ci facesse lì con lei.

«Ma..mma...» Disse con fatica.

«Sono qui», le si avvicinò prendendole una mano.

Tonks cercò di nuovo di aprire gli occhi e mettere a fuoco dove si trovasse; identificò subito le tristi pareti dell'ospedale, poi riuscì a ruotare un po' la testa e si accorse della presenza di Molly, Arthur e Malocchio.

«Come ti senti?» Le domandò il padre.

«Molto stanca, ma tutto sommato direi abbastanza bene,» notò la mancanza di Remus, come sempre era la prima persona a cui pensava da sveglia, senza contare le volte che le appariva anche quando non lo era.

«Ci hai fatto prendere un colpo, sai», intervenne Molly che era davvero felice di essere presente al risveglio della ragazza; era come una figlia per lei e nelle ore precedenti si era logorata dalla preoccupazione per il suo stato di salute.

«Che cosa è successo? Gli altri stanno bene?» Abbassarono tutti lo sguardo tranne Alastor che lo tenne puntato su di lei. Non era facile comunicare brutte notizie, soprattutto ad una persona che si trovava sdraiata in un letto d'ospedale.

«Perché non mi rispondete?» Si mise seduta di scatto sul letto, ignorando il giramento di testa procuratole dal movimento brusco, terrorizzata.

Andromeda sobbalzò ma fu l'unica a farsi coraggio e a parlare:

«Vedi...Sirius...» Non c'era bisogno di aggiungere altro, Dora poteva vedere la sofferenza nei suoi occhi e la sua incapacità di continuare la frase era un altro chiaro messaggio.

«NO! Sirius NO!» Urlò disperata, mentre le prime lacrime iniziavano a scivolarle lungo il viso e la colpiva, in pieno stomaco, una sofferenza acuta, peggiore di quella causata dalla maledizione cruciatus.

I suoi amici le si avvicinarono ancora di più nel tentativo di confortarla e tranquillizzarla.

«Chi??» Chiese con il solito tono alto di voce.

«Calm...» Cercò di dirle Ted, ma fu interrotto bruscamente.

«Ho chiesto chi!!!»

«Bellatrix», Tonks quasi neanche sentì che era stato il suo mentore a pronunciare quel nome, perchè le era bastato solo quello per sentirsi nuovamente pugnalare.

«Per favore, lasciatemi sola», espresse la sua richiesta senza riuscire a guardare i presenti, ma piuttosto le mani che le avevano impedito di sconfiggere sua zia.

Nessuno provò a ribattere, comprendevano ciò che stava provando, Molly però la rassicurò lo stesso:

«Siamo qui fuori, chiamaci se hai bisogno di qualcosa...» 

L'ultima ad attraversare la porta grigia che affacciava sul corridoio era Andromeda, ma fu fermata dalla voce della figlia:

«Mamma...tu potresti rimanere?» I loro rapporti erano spesso stati altalenanti, ma era pur sempre sua madre, le voleva bene e stavano condividendo la stessa perdita, avrebbe giovato a entrambe confortarsi.

«Certo», quella richiesta inaspettata la intenerì e non perse tempo nel tornare seduta accanto a Dora e prenderla tra le sue braccia. Le era sembrata la scelta più ovvia e naturale ed era proprio ciò di cui la ragazza aveva bisogno.

Le accarezzò la schiena con l'intento di calmare il suo pianto incessante, un po' come quando era bambina e la cullava intonando una dolce melodia; Tonks non amava crollare, mostrarsi fragile, ma in quel momento si permise di essere semplicemente se stessa; la scomparsa di Sirius la faceva soffriva in un modo che non era in grado di descrivere, non aveva mai provato un dolore così intenso. Nonostante la loro lunga separazione, in poco tempo era diventato un amico, confidente, una presenza solida su cui poter contare e con cui aveva la libertà di esprimersi senza doversi preoccupare di un eventuale giudizio.

Non era solo la sua perdita a torturarla, però; le parole le uscirono senza che potesse fare niente per fermarle:

«Mamma è colpa mia...»

«Che stai dicendo?» Le chiese dubbiosa, ma senza allontanarla.

«Stavo combattendo con Bellatrix, se l'avessi fermata sarebbe ancora vivo...»

Andromeda la prese con delicatezza per le braccia e si scostò per poterla guardare negli occhi:

«Ascoltami bene, sai perfettamente che mia sorella ci odia, aspettava con ansia un'occasione per colpirci e farci del male e non si fermerà. È una strega potente, esperta di magia nera, non si risparmia con i suoi attacchi e metterebbe in difficoltà una marea di maghi, non puoi sentirti responsabile per questo. Siamo in guerra Ninfadora, le cose peggioreranno e tutti, prima o poi, ci sentiremo colpevoli o troppo deboli, ma dobbiamo imparare a convivere con queste sensazioni. Possiamo fare solo del nostro meglio e continuare  a lottare.»

«Fa così male...» La donna guardava la sua piccola ormai cresciuta, gli occhi gonfi e rossi, le guance pallide, i capelli che ancora non avevano ripreso la loro tonalità accesa; era stata spesso dura con lei, la paura che il mondo le si rivoltasse contro come era successo a lei l'aveva resa una mamma a volte troppo rigida, ma la verità era che adorava Ninfadora, l'amava più della sua stessa vita e ammirava la sua tenacia e forza nell'affrontare le difficoltà e le critiche della gente. Era fiera di lei, della persona e Auror che era diventata, osservarla in quello stato la pugnalava, ma era certa che possedesse le armi per affrontare quel momento difficile.

«Lo so amore mio, ma presto andrà meglio, ricordati che non sei sola e puoi contare su di noi.»

«Grazie...ti dispiace se provo a riposare un po'? Mi sento molto stanca...» Si lasciò andare con la testa sul cuscino, era stremata.

«Dormi tranquilla, io resto qui...»

Dora rimase al San Mungo per un paio di giorni, il pomeriggio della dimissione Molly si presentò per invitarla a passare del tempo alla Tana; i ragazzi stavano per rientrare da Hogwarts e sarebbero stati felici di averla con loro,

«Mi farebbe piacere...» Si fermò prima di chiedere ciò che occupava i suoi pensieri da quando si era svegliata:

«Tu sai perché Remus non è venuto a trovarmi?» Immaginava come potesse stare male dopo la perdita del suo migliore amico, ma le bruciava così tanto il non averlo visto; sembrava preoccupato per lei prima della battaglia, nei suoi occhi oltre a quello, però, vi aveva letto tutto l'affetto che provava nei suoi confronti. Sapeva, nonostante si ostinasse a rifiutarla, che ciò che sentiva per lei non era semplice amicizia o attrazione, quindi non riusciva a spiegarsi perché non si fosse presentato neanche solo per pochi minuti.

«Cosa? Mi ha detto che lo avrebbe fatto...Ha trascorso molto tempo con Silente, ma ero convinta che fosse passato anche di qui...» Mamma Weasley la scrutava dispiaciuta.

«No...dove posso trovarlo? Avrei bisogno di parlargli...»

«È a Grimmauld a recuperare le sue cose, partirà la prossima settimana.»

«Perché non ne sapevo nulla? Dove deve andare?» Chiese mentre l'angoscia, come una morsa, iniziava a stringerle lo stomaco.

«Albus gli ha affidato una missione giusto ieri, si unirà a un branco di lupi mannari per cercare di convincerli a schierarsi dalla nostra parte.»

Sarebbe caduta in terra se non si fosse appoggiata alla parete vicina a lei, non era pronta a ricevere quella notizia, aveva perso Sirius e anche Remus se ne sarebbe andato per chissà quanto tempo. Senza dare alcuna spiegazione all'amica si precipitò fuori dall'edificio e si smaterializzò di fronte all'ingresso di casa Black.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Tonks non perse tempo ed entrò subito nella casa a lei tanto familiare, senza essere però preparata al colpo allo stomaco che ricevette nel varcare quella porta, realizzando che non ci sarebbe più stato Sirius ad accoglierla.

Fece un paio di passi e, in un attimo, si ritrovò la bacchetta di Remus puntata contro; l'uomo aveva sentito dei rumori ed era corso a vedere di chi si trattasse.

«Rem, abbassala, sono solo io!» Lo intimò lei stizzita.

«Scusami, non ti aspettavo...» Le rispose cercando di non guardarla, si vergognava così tanto per il suo comportamento.

«Oh no certo, questo lo so!» Non sapeva se era più arrabbiata o delusa, ma rimase in attesa di una qualsiasi spiegazione.

«Immagino che tu sia venuta a recuperare le tue cose.»

«È questo che pensi? Credi davvero che mi importi dei miei vestiti quando ho appena perso una delle persone più importanti della mia vita e l'uomo che amo non si è neanche degnato di venire a trovarmi in ospedale?!» Le era impossibile rimanere calma, la remissività di Lupin, nonché i suoi continui tentativi di negare ciò che era nato tra di loro, la facevano esplodere con facilità.

«Io pensavo che..»

«Sì che un distacco netto avrebbe reso le cose più semplici, lo hai già detto tempo fa e continuo a ripeterti che ti stai sbagliando», gli si avvicinò e posò una mano sulla guancia, «Per favore, almeno guardami...»

Incatenò gli occhi con i suoi, era impossibile non notare i solchi neri sottostanti e il suo pallore; stava soffrendo e lui sapeva di esserne una delle cause. Le prese con delicatezza il polso per allontanarla da sé e rispondere:

«Mi dispiace...Non avevo alcun diritto di venire, di stare al fianco della tua famiglia e delle persone a te più care...»

«Come puoi dire una cosa del genere? Hai idea di quanto mi abbia fatto male svegliarmi, cercarti tra tutti loro e non trovarti! E non si tratta solo di me, ero preoccupata perché immaginavo quanto soffrissi, volevo condividere con te queste ultime ore, non passarle guardando continuamente il corridoio nella speranza di vederti arrivare!» Disse tutto d'un fiato, dando libero sfogo al dolore che aveva caratterizzato gli ultimi giorni, ma era certa che ci sarebbe voluto del tempo prima di riuscire a lasciarlo andare del tutto.

«Dora, ne abbiamo già parlato, ho già perso l'ultimo dei più cari amici che mi fosse rimasto, credi davvero che sarei in grado di rischiare anche con te??! Ho sentito quello che ti ha detto Bellatrix al Ministero,come potrei sopportare l'idea di saperti in costante pericolo per colpa mia?!» Sarebbe corso da lei al San Mungo subito dopo lo scontro, la realtà è che non avrebbe neanche voluto lasciarla nelle mani di Malocchio, ma accompagnarla personalmente, le parole di Lestrange, però, lo tormentavano dall'istante in cui le aveva udite.

«Hai visto che cosa ha fatto a Sirius! Mia zia ce l'ha con noi da quando ci siamo schierati contro la famiglia per combattere Voldemort, non smetterà di tentare di uccidermi comunque, con o senza di te al mio fianco!»

«Non voglio aggravare la tua posizione!»

«E quindi ti sei convinto che la cosa migliore fosse accettare una missione suicida e scappare, vero?»

Remus sbarrò gli occhi, non pensava che glielo avessero già comunicato. Non voleva fuggire, o meglio quello era ciò che si ripeteva, ma di sicuro aveva bisogno di allontanarsi da lei, da quel forte desiderio che provava ogni volta che le era vicino, da quell'amore incondizionato che sentiva anche al solo sentir pronunciare il suo nome e soprattutto aveva bisogno di rendersi utile per l'Ordine ed era l'unico a poter svolgere quel compito.

«Quindi lo sai..»

«Me lo ha detto Molly, è per questo che sono corsa qui...Non posso credere che Silente ti abbia proposto una cosa del genere...» La rabbia si era dissolta per lasciare spazio alla paura di non vederlo per chissà quanti mesi.

«Non c'è niente di strano, abbiamo bisogno di rinforzi e io sono l'unico in grado di farlo, in fin dei conti andrò tra i miei simili...»

«Questo non puoi dirlo, tu non c'entri nulla con loro!»

«Ti ostini a negarlo, ma io sono un lupo mannaro, sono come loro!!!» Dora poteva leggere la vergogna nei suoi occhi, il senso di inferiorità a cui faceva spesso prendere il controllo dei propri pensieri. Non le importava se si era staccato da lei non appena lo aveva sfiorato, gli prese il viso nelle mani per comunicargli anche con lo sguardo ciò che sentiva:

«So benissimo cosa sei, sei tu che lo dimentichi! Hai la malattia che ti accomuna agli altri, ma non lo stile di vita, non le scelte che hai fatto. A differenza loro rimani un uomo buono, gentile e generoso, non lasci conquistare il controllo al lupo, non fai del male alle persone...Non andare, ti prego...»

Rimase senza fiato, come se fosse la prima volta che Dora gli diceva ciò che pensava di lui, era impossibile non percepire tutto l'amore che proveniva da quelle parole e dal modo in cui lo sfiorava; ma mentre il cuore gli diceva di cedere, di darle ascolto, di mollare tutto per passare il resto della vita a tentare di renderla felice, la testa lo bloccava e gli ricordava i suoi doveri:

«Non posso rifiutare una missione dell'Ordine, lo sai anche tu...»

Tonks, senza quasi accorgersene, forse perché era successo in troppe occasioni ormai, iniziò a piangere in silenzio; sentì Remus, che non era riuscito a trattenersi, avvolgerla e stringerla forte; fu invasa da un'ondata di calore, l'unica davvero in grado di ricomporla.

«Ho paura...Resta con me...Non posso perdere anche te...»

Gli sarebbero bastate poche lettere per rassicurarla, un semplice "rimango", invece rispose:

«Voglio fare la mia parte, non posso deludere Silente, ha fatto così tanto per me...» Più cercava di essere razionale, di pensare al bene della lotta e più l'unica cosa che la torturava era il pensiero di non avere più la possibilità di vederlo o di sapere le sue condizioni; non le interessava di fare la figura della sciocca o della debole, non dopo la perdita di Sirius che le aveva ricordato quanto le loro vite fossero in bilico, sempre sul filo del rasoio, pronte ad essere spazzate via da una semplice folata d'aria.

«Promettimi almeno che starai attento e tornerai...»

Remus sciolse l'abbraccio per scrutarla, pose le mani sulle sue spalle e assunse la sua tipica aria da professore, come se si trovasse davanti a uno studente a spiegare una semplice nozione:

«Sai che non funziona così...Dimenticami Dora, è la cosa migliore...Trova qualcuno che possa renderti felice come meriti...»

«Voglio te, Rem, solo te...»

Se fosse possibile sentire il rumore di un cuore che va in frantumi, anche le pareti della casa avrebbero dovuto tapparsi le orecchie per non udire l'esplosione prodotta da quelli di entrambi, mentre si scomponevano in mille piccole schegge; separarsi era la decisione più difficile che potessero prendere o subire.

«Ma sono sbagliato per te...»

«Lascialo dire a me...»

«Con il tempo lo capirai....»

Approfittò di un attimo di incertezza, o meglio di turbamento di Dora, che in quel momento si era sentita troppo affranta per replicare, si diresse verso la porta e in un attimo si smaterializzò. Così per l'ennesima volta in pochi mesi, la donna si lasciò cadere in ginocchio nel corridoio, scossa da irrefrenabili singhiozzi.

Come attratta da una calamita, iniziò a vagare per le stanze di Grimmauld; prima nel seminterrato, dove aveva condiviso tanti momenti con Remus, fu investita dal ricordo delle lune piene passate insieme e della Vigilia di Natale, quando l'uomo le aveva regalato la collana da cui non si separava mai, sfiorò con la mano il divano dove avevano dormito insieme senza aver ancora realizzato il sentimento che li legava. Si diresse poi nella sala più grande dove avevano vissuto ore felici con tutti i ragazzi, per poi passare a quella più piccola dove aveva chiacchierato, bevuto e riso con Sirius. Salì le scale ed entrò nella camera del cugino, il suo profumo inconfondibile ancora presente, le procurò una nuova ondata di lacrime; le mancava così tanto, non riusciva a capacitarsi del fatto che non l'avrebbe più stretta tra la sue braccia come un fratello maggiore. Si sdraiò sul suo letto, avvolgendosi nelle coperte, osservando una foto sul comodino che li ritraeva la sera precedente all'inizio dell'anno scolastico. Black guardava davanti a sé per poi girarsi e osservarla con occhi pieni di ammirazione e orgoglio, le sembrava di poter udire la sua voce rimproverarla, non avrebbe voluto vederla così, lo sapeva, ma non riusciva a comportarsi altrimenti; era sicura che prima o poi avrebbe imparato a convivere con la sua assenza, ma era ancora troppo presto. Così si concesse di piangere fino a che, sfinita, si addormentò.

I giorni successivi volarono, Kingsley aveva suggerito a Tonks di prendersi qualche giorno di riposo, ma lei non era d'accordo nel restarsene a casa senza far niente, il mondo andava avanti, così come la loro lotta e aveva il dovere di svolgere il proprio compito; inoltre sperava che la aiutasse a pensare meno.

Quello che, purtroppo, non riusciva a dimenticare era l'imminente partenza di Remus, non lo aveva più sentito ma per lei restava un chiodo fisso. Molly le aveva inviato un gufo invitandola ad andare da loro a cena, ci sarebbero stati quasi tutti i membri dell'Ordine ad augurare buona fortuna a Lupin, lei però aveva gentilmente rifiutato. Si trovava nel suo appartamento, seduta di fronte alla finestra, incerta sul da farsi. Non riusciva a decidersi, vedere l'uomo che continuava a rifiutarla, per un'ultima volta, prima di una lunga separazione forzata, le avrebbe spezzato ancora una volta il cuore; ma non ricordargli che sarebbe rimasta ad aspettarlo le faceva altrettanto male. Avrebbe urlato per l'esasperazione a cui la portava quella confusione di pensieri, ma, proprio quando aveva deciso di scacciare dalla propria testa ogni tipo di riflessione e correre da lui, bussarono alla porta. Sussultò per la sorpresa, non aspettava nessuno, così chiese:

«Chi è?»

«Io...» La voce ridotta ad un sussurro, ma per lei inconfondibile.

«Remus...» Disse aprendo la porta senza riuscire a dire altro. Sembrava sconvolto, aveva l'affanno e la osservava come se neanche lui sapesse perché si trovasse lì. Con un gesto lo invitò a entrare:

«Pensavo che fossi alla Tana a salutare tutti.»

«So che non dovrei essere qui, Molly mi ha detto che hai rifiutato il suo invito...»

Lei abbassò lo sguardo per la vergogna, poi disse:

«Mi dispiace...non sapevo che cosa fare...»

Le sollevò il mento per scrutarla negli occhi:

«Lo capisco, è colpa mia...ma non potevo andarmene senza vederti...» Aveva trascorso la giornata a rimuginare sulla decisione giusta da prendere, ma quando a cena, circondato da tutti i suoi amici, si era reso conto di quanto gli mancasse l'unica persona veramente importante per lui, aveva smesso di pensare e trovato un modo per scappare via.

«Sono contenta che tu sia qui», gli regalò uno di quei dolci sorrisi che lo avevano fatto capitolare nella trappola dell'amore.

«Sembra passata un'eternità dall'ultima volta», replicò guardandosi intorno. La verità era che, per un attimo, era stato facile abbandonare la razionalità ma, in quel momento di calma, non sapeva proprio che cosa dire.

«A che ora devi partire?»

«Domani mattina all'alba, mi incontrerò con Silente per gli ultimi dettagli.»

«Come faremo ad avere tue notizie?» Gli domandò la cosa che più la preoccupava, era già abbastanza difficile dovergli stare lontana.

«Troveremo un luogo dove poterci vedere con Albus, cercherò il più possibile di non usare la magia, si insospettirebbero altrimenti.»

«Certo, comprendo.» Le mancava l'aria, il petto le faceva malissimo e le era difficile parlare.

Remus poteva vederla soffrire tanto quanto lui, lo capiva da come lei cercava in tutti i modi di nasconderglielo, non voleva caricarlo di un ulteriore peso; l'aveva ferita ma lei si ostinava a dare il massimo per lui. Se non fosse subito corso via, dopo sarebbe stato troppo tardi; più tempo passava con lei e più gli risultava difficile separarsi, così le disse:

«Abbi cura di te, Dora.»

Non lo stava guardando, ma dal rumore dei suoi passi le era chiaro che stava avviandosi verso l'uscita; non sapeva cosa rispondere, così si lasciò guidare dall'istinto e lo fermò:

«Aspetta!»

Lo raggiunse e, senza concedergli il tempo di reagire, lo abbracciò.

«Rimani ancora un po'...» Gli chiese lanciandogli un'occhiata inequivocabile, una di quelle che lo faceva rabbrividire e non per il freddo.

«Non so quanto possa essere saggio...» Le parole gli uscirono di getto, ma anche a lui risuonarono sciocche, non riusciva a mantenere la lucidità mentre lo stringeva.

«Me ne frego della saggezza Remus, starai via per un numero indefinito di mesi e l'unica cosa a cui riesco a pensare in questo istante è quanto ti voglio! Non provare a negare, lo so che è lo stesso per te!» Si tirò sulle punte dei piedi e lo baciò, premendo con decisione le labbra sulle sue. L'uomo, preso alla sprovvista, le mise una mano tra i capelli come se potesse avvicinarla ancora di più a sé; gli faceva girare la testa e accendeva in lui un fuoco difficile da domare. Ninfadora interruppe il contatto delle loro bocche solo per dirgli:

«Amami...» Remus rimase bloccato, ma solo per un attimo, si sentiva letteralmente bruciare, si sarebbe strappato i vestiti di dosso se solo fosse servito a dargli pace. Guidato da una forza a lui sconosciuta, la prese in collo e la condusse in camera.

Gli sarebbe piaciuto convincersi che fosse l'istinto da lupo a guidarlo, ma sapeva perfettamente che non era così, lui la desiderava più di ogni altra cosa al mondo; non era certo l'esito della missione e avrebbero anche potuto non incontrarsi più, si sarebbe concesso, per una sola notte, di farle capire che il suo cuore le apparteneva.

Dora non si aspettava che rispondesse così alla sua richiesta, non credeva che sarebbe riuscito ad abbattere il muro che li separava, ma la frenesia e la felicità che la colsero le impedirono di pensare ad altro.

La rimise a terra e restarono per qualche istante a guardarsi, come se cercassero un muto consenso a proseguire negli occhi dell'altro, ma era impossibile non recepire il messaggio, perché entrambi lanciavano scintille.

Viste le temperature estive Remus indossava solo una camicia, senza perdere il contatto visivo, prese a sganciargli i bottoni per poi sfilargliela; lo aveva già visto a torso nudo, ma era la prima volta che veniva colta da una bramosia tale da non riuscire a frenarsi. Iniziò a sfiorare le cicatrici con le mani per poi lasciarvi una scia di baci, facendolo rabbrividire; all'uomo sembrava di impazzire sotto il suo tocco, gettò la testa indietro, portandosi una mano ai capelli per spostare il suo ciuffo ribelle; le permise di continuare quella dolce tortura ancora un po', prima di aiutarla a liberarsi della propria maglietta e reggiseno. Rimase incantato ad ammirarla, inutile nascondere a se stesso quante volte aveva immaginato di poterla guardare così. Le posò una mano sulla schiena per avvicinarla a sé e cominciare a baciare ogni centimetro di pelle scoperta, a partire dall'orecchio, passando dal collo per arrivare al seno. Si soffermava per qualche secondo ogni volta che le labbra entravano in contatto con il corpo di lei, come se potesse far durare quel gesto un'eternità. Ninfadora si lasciò completamente travolgere dal piacere di quell'esplorazione e dai sospiri che la accarezzavano; quando si staccava per spostarsi un po più in basso la portava a desiderarne sempre di più.

Sentiva le gambe deboli e probabilmente sarebbe caduta se lui non l'avesse presa per adagiarla sul letto; Lupin si liberò dei pantaloni e delle scarpe e lo stesso fece lei, si concesse qualche secondo per contemplarla, poi si lasciò sfuggire una risatina.

«Che cosa hai da ridere?» Gli chiese imbarazzata.

«Credo che tu abbia qualche problema con i tuoi poteri», le spiegò accennando ai capelli. Lei prese una ciocca e rimase quasi accecata dall'intermittenza con cui cambiava colore. Lo tirò verso di sé, prendendolo per un braccio:

«Vieni qui scemo!»

«Devo ammettere che è affascinante», continuò a prenderla in giro.

«Mi fa piacere che tu ti diverta», gli disse convinta; perché la verità era che le era mancato molto, lo voleva così tanto da provare un dolore quasi fisico quando gli era lontana, ed era davvero felice che, anche in un momento come quello, riuscissero a trovare il familiare modo di scherzare insieme.

«Sei sicura di volerlo?» Le domandò tornando improvvisamente serio, quel momento di pausa rischiava di permettergli di dare ascolto a tutti i suoi dubbi e motivi per cui avrebbe dovuto fermarsi, ma lei non gli diede l'opportunità di farlo.

«Come mai prima d'ora», gli rispose prima di riprendere a baciarlo, avevano parlato anche troppo.

«Un'ultima cosa...» In realtà non sapeva bene come porle la domanda, non era preparato alla piega che aveva preso quella serata, ma era certo di non voler correre rischi. Fortunatamente lei sembrò intercettare il corso dei suoi pensieri e lo precedette:

«Prendo una pozione che non mi permette di avere bambini», davanti all'occhiata dubbiosa dell'uomo, continuò, «La utilizzo da quando sono Auror, ho imparato a mie spese di cosa sono capaci gli uomini e vorrei evitare di mettere al mondo un'innocente vittima di un atto malvagio». Quella donna lo stupiva ogni volta di più, era tanto solare quanto consapevole e previdente nei confronti dei pericoli che correva con il suo mestiere.

«Ora smettila di pensare e baciami, non ti permetterò di cambiare idea, non questa volta.»

«Non ho intenzione di andare da nessuna parte, ho la donna che amo tra le mie braccia, non esiste niente che io desideri di più.»

Dora rimase spiazzata da quelle parole, sapeva ciò che l'uomo provava per lei o non si sarebbe sempre così preoccupato di proteggerla, ma sentirgli pronunciare quelle parole le aveva regalato un'emozione che neanche credeva si potesse provare.

Quel momento di pausa non era riuscito a placare i bollenti spiriti di entrambi, anzi, forse non aveva fatto altro che aggiungere legna al fuoco che divampava tra di loro. Ripresero ad accarezzarsi, sfiorarsi, conoscersi, cercando di imprimere nelle loro teste ogni istante di quella notte.

Nonostante fosse la prima volta per tutti e due, non diedero peso all'imbarazzo o alla paura di risultare impacciati, concessero all'amore il potere di guidarli e indicare loro la strada da seguire. Si liberarono degli ultimi indumenti che ancora li separavano.

«Sei bellissima Ninfadora», le disse in un orecchio, provocandole una nuova scarica di brividi, solo lui riusciva a farle apprezzare quel nome; poi con la delicatezza e gentilezza che lo contraddistinguevano la fece sua.

Era stato un professore, la sua sete di sapere lo aveva sempre portato a leggere e studiare molto, ma se gli avessero chiesto di descrivere ciò che provava nell'unirsi alla donna dei suoi sogni, non sarebbe stato in grado di farlo. La verità era che nessun romanzo o saggio lo aveva istruito su quella tempesta di sentimenti ed emozioni che la ragazza riusciva a scatenare in lui; gioia, desiderio, piacere e tutto ciò a cui non riusciva a dare un nome avevano annullato ogni suo tormento o dubbio; niente aveva più importanza da quando i loro corpi avevano trovato insieme la loro completezza.

Anche Tonks era impreparata, come se si fosse presentata a un G.U.F.O. senza aver studiato; certe cose non puoi impararle e nessuno può insegnarle, ma solo viverle. Ciò che poteva dire con sicurezza, era che non aveva mai provato niente di paragonabile alle sensazioni che le regalava il donare tutta se stessa all'uomo che l'aveva conquistata sin dal primo dolce sorriso. Non le importava se dopo, come al solito, l'avrebbe rifiutata, in quel momento gli apparteneva e lui era suo, ed aveva la certezza che per entrambi non ci sarebbe più stata via di ritorno; avevano legato le loro anime e i loro cuori per sempre.

Come l'onda del mare, riuscirono a trovare il loro ritmo, intervallato solo da gemiti e sospiri; ad ogni movimento si stringevano sempre di più, come se potessero fondersi l'un con l'altro. L'apice li colse quasi nello stesso istante, a conferma che non possa esserci niente di più perfetto di due spiriti che finalmente trovano la propria metà.

Restarono abbracciati, privi di ogni energia, lasciandosi cullare dallo stato di beatitudine raggiunta; non esisteva la guerra, la perdita subita, la missione, la malattia o i litigi, ma solo e semplicemente Remus e Dora e, per una volta, avrebbero permesso ai loro sentimenti di avere la priorità su tutto, crogiolandosi nell'illusione che potesse essere così tutti i giorni.

«Dora...» Riprese a parlare, la voce ridotta ad un sussurro.

«Shh...ti prego, non ripetere proprio ora le tue solite ragioni...» Era terrorizzata dal fatto che potesse ricominciare in quel momento con i suoi dubbi. Le prese il viso per costringerla a guardarlo:

«Sai che non posso cambiare idea, ma in realtà volevo ringraziarti per avermi regalato la notte più bella della mia vita...»

«Oh...» Sospirò interdetta, paralizzata dall'impatto che quelle parole avevano su di lei, ma cercò comunque di ritrovare il fiato per rispondere:

«Ti amo Remus.»

«Ti amo anche io...»

«Ti prego, dimostramelo ancora, non voglio rinunciare neanche a un minuto del tempo che ci rimane...»

E per l'ennesima volta, quella notte, Lupin mise da parte ogni remora e si lasciò avvolgere dalla più completa felicità, conducendo Tonks con sé, direttamente su un altro pianeta, dove niente li avrebbe potuti scalfire. 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Era quasi l'alba, Dora giaceva nel letto addormentata e Remus non aveva alcuna intenzione di svegliarla, sapeva che non sarebbero stati in grado di dirsi addio; ciò che li aveva uniti la notte precedente era sicuramente il modo migliore per salutarsi.

Si concesse qualche minuto in più per poterla guardare e imprimere nella mente il suo viso rilassato; era certo di aver sbagliato, ma non era riuscito a fermarsi, si desideravano troppo entrambi e di sicuro avrebbe conservato quel ricordo per sempre.

Le scostò una ciocca di capelli rosa dalla fronte e le posò un bacio sulla fronte, gli faceva così male lasciarla; gli procurava un dolore peggiore delle trasformazioni, perché non aveva né un momento di calo, né una fine, era costante.

Si impose di mantenere il controllo, mentre la sua testa gli gridava di chiamarla, di prenderla tra le sue braccia e fregarsene di tutto il resto; purtroppo conosceva bene i suoi doveri e tra quelli rientrava anche il proteggerla da chi poteva farle del male.

Decise di lasciarle almeno un biglietto, sperava solo che lei non si sentisse usata, che fosse riuscito a farle capire quanto la adorasse nonostante gli impedimenti ad ostacolarli. La osservò ancora per un'ultima volta, lasciandosi scappare un sorriso, poi prese coraggio e si diresse a Hogwarts.

Era piacevole, ma allo stesso tempo malinconico, attraversare i corridoi della scuola dove aveva vissuto i migliori momenti della sua vita. Gli era impossibile non soffermarsi davanti all'aula dove aveva insegnato ad Harry a evocare un Patronus, o ai suoi studenti a sconfiggere un molliccio; affacciarsi di fronte al chiosco esterno dal quale sembravano ancora giungere le risate di Sirius, James e Peter, non poteva fare a meno di domandarsi come avrebbero reagito al racconto di ciò che avevano condiviso lui e Tonks; gli mancavano molto, ma in qualche modo percepiva comunque la loro vicinanza.

«Non li hai mai persi veramente, ci sono persone che rimangono ancorate al nostro cuore», Lupin sobbalzò nell'udire la voce di Silente, non perdeva mai l'abitudine di apparire all'improvviso e non c'era una volta in cui non anticipasse i pensieri del suo interlocutore.

«Albus», si voltò per salutarlo.

«Allora Remus sei pronto? So di non averti affidato un incarico semplice, ma ho fiducia in te e nelle tua capacità, sono certo che saprai come affrontarlo. Mi aspetto un tuo rapporto almeno una volta al mese, ovviamente l'Ordine è pronto a intervenire nel caso tu avessi bisogno di aiuto. Come già ben sai, l'uso della magia dovrà essere limitato, quindi sfrutta l'occasione migliore per inviarmi un Patronus, mi sembra la soluzione migliore per evitare di farti spostare e esporti a un maggior rischio.»

«Come farò a ricevere invece vostre notizie?» Chiese preoccupato, il preside non ne aveva fatto parola.

«Faremo in modo che non si presenti la necessità», gli rispose, ma continuò vedendo l'espressione dispiaciuta dell'uomo, che si sentiva impazzire al solo pensiero di non sapere nulla dei suoi amici e soprattutto di Tonks; «So che non sarà facile, mi dispiace, ma lo faccio per la tua sicurezza e per la buona riuscita della missione.»

«Certo, lo capisco.»

«Credo che non ci rimanga altro che salutarci, buona fortuna Remus», lo incoraggiò stringendogli una spalla.

«Grazie, arrivederci Albus.»

Non riuscì a dire altro, forse perché non era in grado di trovare parole appropriate; aveva cercato in tutti i modi di nascondere ciò che provava nel lasciarsi tutto alle spalle, per un tempo indefinito e nell'affrontare la convivenza con quelle creature con le quali mai avrebbe voluto intrattenersi.

Raggiunse Hogsmeade, prendendosi comunque del tempo per salutare la sua amata vecchia casa, poi si smaterializzò.

Si ritrovò sulla costa della contea del Dorset, più precisamente a Bournemouth, una città non particolarmente frequentata dai maghi, ma con affaccio su una baia le cui grotte tenevano lontani i curiosi, data la pericolosità del tragitto da percorrere per raggiungerle. Praticamente un nascondiglio perfetto per dei lupi mannari assetati di sangue.

Lupin si fermò a distanza, concedendosi ancora qualche minuto prima di presentarsi al branco, si perse per un po' ad osservare il mare e il suo movimento lento e confortante, se non fosse stato per ciò che lo attendeva, sarebbe sicuramente stato un posto meraviglioso dove portare la sua amata per una passeggiata sulla spiaggia. Infilò le mani in tasca, come era solito fare, e si diede dello sciocco mille volte per i suoi sogni infantili; preso dai suoi pensieri, non realizzò subito che ci fosse un pacchettino. Lo aprì e riconobbe la calligrafia di Dora sul biglietto che avvolgeva il dono che le aveva fatto a Natale. Sentì subito gli occhi inumidirsi, ma anche con la vista ofuscata provò a leggere ciò che gli aveva scritto:

Rem,

sono certa che domattina non vorrai svegliarmi, sarebbe difficile per entrambi salutarci e, per una volta, devo quindi ammettere di essere d'accordo con te. In questo momento stai dormendo e non posso fare a meno di sorridere nel guardarti e nel pensare a ciò che abbiamo vissuto insieme poco fa. So che non cambierai idea, che te ne andrai e che continuerai a impedirmi di renderti felice, ma io non smetterò di provarci. Ti affido la collana che mi hai regalato, così avrai sempre qualcosa, oltre al mio cuore, da portare con te. Attenderò con ansia il giorno in cui me la restituirai, non temere sarò lì ad aspettarti.

Ti amo, 
Tua Dora (Anche se, giusto per questa volta, confesso che non suona così male Ninfadora quando sei tu a dirlo!)

Remus sorrise, anche nelle situazioni più dure trovava un modo per sdrammatizzare; poi non riuscì a trattenersi, scoppiò a piangere, scosso dai singhiozzi, la sua piccola e testarda Black era l'unica ad aver fatto breccia nel muro che in quegli anni avevo costruito tanto accuratamente. Era sbagliato e niente sarebbe riuscito a fargli credere il contrario, ma avrebbe tenuto stretto tutto quell'amore che solo lei sapeva concedergli, perché in un mondo in cui l'oscurità aveva di nuovo preso il potere, lei era il suo faro, la sua speranza.

Così si asciugò il viso e, mosso da una rinnovata forza, prese un bel respiro e si avviò verso l'ingresso della grotta di Fenrir Greyback.

---------------

Tonks si svegliò proprio in quel momento, come se fosse arrivato un segnale silenzioso alla sua testa a dirle "È fatta"; non si stupì di ritrovarsi da sola nel letto e credeva davvero che fosse la cosa migliore. Non sarebbe riuscita a trattenersi dal piangere e, anche se Remus conosceva bene la sua sofferenza, non voleva che fosse quella l'ultima immagine che avrebbe ricordato di lei.

La camera, senza di lui, le sembrava così vuota e fredda; nonostante la mancanza di voglia, dovette costringersi ad alzarsi, l'ufficio la aspettava. Notò un biglietto sul cuscino accanto al suo e iniziò subito a leggerlo:

Dora,

sei qui accanto a me che dormi serenamente, scusami ma proprio non ce la faccio a svegliarti, sappiamo entrambi come andrebbe a finire. Non credevo, proprio io, di ricevere l'affetto che tu sei sempre riuscita a darmi, soprattutto nelle ultime ore; ma ammetto di essere stato egoista, non sono stato in grado di fermarmi, ciò che provo per te è stato più forte del buon senso che avrei dovuto invece usare. Spero che questi mesi di lontananza possano servire per farti capire che meriti di meglio. Non aspettarmi, ti chiedo solo di non dubitare mai dei miei sentimenti, il mio cuore è e sempre sarà irrimediabilmente tuo.

Remus

«Accidenti a te e alla tua testardaggine!!!» Tonks esplose, con una mano battè un pugno contro il materasso e con l'altra accartocciò la lettera che l'aveva fatta infuriare. Neanche provò a fermare le lacrime che iniziarono a scenderle prepotenti lungo il viso, ormai era diventata un'abitudine quando c'erano di mezzo Lupin e le sue paranoie. Si trascinò verso il bagno, sperava con una doccia di far scivolare un po' di quel dolore che, come una morsa, le attanagliava il petto e le impediva di respirare. Ciò di cui non si accorse però, era che l'acqua aveva portato via anche il colore dai suoi capelli, ora di un grigio spento, ben lontano dalla sua solita tonalità accesa.

Finì di prepararsi e andò al Ministero, sforzandosi di mantenere un normale ritmo di vita.

In ufficio trovò Kingsley già seduto alla sua scrivania e impegnato con alcuni documenti; sobbalzò nel vederla entrare:

«Tonks tutto bene?» Le chiese preoccupato.

«Sì, perché?» Avrebbe potuto dirgli la verità, in fin dei conti l'uomo più che un capo era un amico, ma non se la sentiva di affrontare la questione.

«I tuoi capelli, che ne hai fatto del rosa?»

La ragazza rimase sorpresa, non lo aveva cambiato quella mattina, per lo meno non volontariamente; prese una ciocca e sbarrò gli occhi sorpresa nel vederla scolorita, tentò di mutare ma solo un paio di ciuffi si trasformarono. Cercò di non dargli peso, soprattutto non davanti al collega e disse:

«Probabilmente sono un po' stanca.»

«Non è un periodo facile, lo capisco. Sai che se ti serve una pausa, puoi chiedermelo in qualsiasi momento», le propose comprensivo.

«Grazie King, ma preferisco lavorare.»

«Come vuoi.»

Dora non replicò altro, preferì mettersi subito a sbrigare le proprie pratiche, non aveva molta voglia di parlare in effetti e trovava difficoltà nel concentrarsi; continuava a pensare a Remus e a domandarsi che cosa stesse facendo.

---------------

Lupin si addentrò nella grotta, a primo impatto sembrava uguale a tante altre e non di certo il covo di un branco di lupi ma, purtroppo, era certo di trovarsi nel posto giusto. Non dovette aspettare molto prima di essere accerchiato da alcuni uomini, la cui natura era identificabile a causa delle numerose cicatrici sui loro volti e braccia.

«Chi sei? Che cosa vuoi?» Gli domandò con arroganza uno di loro, puntandogli contro un coltello.

«Remus Lupin, sono uno di voi», mentire non avrebbe avuto senso, nonostante fosse piccolo quando era stato morso, Greyback avrebbe potuto riconoscerlo per la somiglianza a suo padre. Inoltre, mostrandosi sincero, dimostrava di poter essere una persona di cui fidarsi.

«Oh ma davvero e fino ad ora dove sei stato?» Era preparato a quel tipo di reazione, era normale che fossero diffidenti.

«Ho cercato per anni di integrarmi tra i maghi, pensando che fosse la decisione più giusta; ma mi sono reso conto di non appartenere a quel mondo, non sarò mai uguale a loro.»

«Quindi cosa vorresti? Unirti a noi?»

«Esattamente.» Calò il silenzio, l'uomo cercò di mantenere la calma, non voleva mostrarsi agitato o preoccupato, altrimenti non sarebbe sembrato convincente. Gocce di sudore iniziarono a scorrergli lungo il corpo, non erano calde però, sembrava piuttosto che qualcuno gli avesse infilato dei cubetti di ghiaccio nei vestiti. Non aveva paura che potessero fargli del male, era abituato a sopportare il dolore, ma cacciarlo senza neanche dargli una possibilità.

«Non siamo noi a decidere chi può rimanere, ti portiamo dal capo», si decise a parlare il solito ragazzo senza abbassare l'arma. Due dei suoi compagni presero Remus per le braccia e lo bendarono, gli era impossibile fidarsi di lui, non senza il permesso di Fenrir; se avesse tentato la fuga avrebbe potuto rivelare la loro posizione e il Ministero non avrebbe perso tempo nell'attaccarli.

Lo condussero attraverso una serie di vie dal pavimento roccioso e disconnesso, ciò che poteva percepire, soprattutto, era l'umidità di quel luogo, gli entrava nelle ossa, era molto diverso dal tepore che solo fino a poche ore prima lo aveva avvolto; l'immagine della sua amata gli si affacciò subito alla mente e fu scosso da un brivido, uno di quelli che solo lei era in grado di fargli provare. Il ricordo di Tonks lo accompagnava e supportava e ne era grato; inviò una preghiera silenziosa a chissà chi, con la speranza che Ninfadora stesse bene e non avrebbe sofferto troppo per la sua assenza.

Gli parve di percorrere una strada interminabile, ma ad un tratto si sentì strattonare e fu costretto ad inginocchiarsi, cercò di ignorare la fitta lancinante causatagli dallo scontro con dei sassi taglienti. Lo privarono del pezzo di stoffa che aveva davanti agli occhi e li puntò verso quelli del suo carnefice; non lo vedeva da molti anni, ma era infattibile dimenticarlo.

«Guarda un po' chi si rivede, Lupin, giusto? Ti sei stancato di fare il bravo ragazzo e di negare che anche tu fai parte del mondo dei cattivi?» Lo schernì, facendo una smorfia di disgusto.

Il suo viso era molto diverso da quello di qualcuno come Remus, che aveva scelto di far prevalere la propria parte umana; era invece evidente che su Fenrir il lupo detenesse il comando, non solo per le numerose cicatrici che lo segnavano, ma anche per la sua forma appuntita e la folta peluria che ricopriva quasi interamente le guance; tanto che era difficile capire da dove partisse l'attaccatura dei capelli.

«Non credo che conti il tempo perso, l'importante è che io l'abbia capito, o sbaglio?» Gli rispose con tono di sfida, sollevando la testa in segno di supponenza; davanti a lui era necessario dimenticare i modi gentili che era solito usare. per essere accettato era indispensabile apportare dei cambiamenti.

«E come mai sei venuto proprio da me? Credevo che mi odiassi», insistette lui.

«Forse all'inizio, ma non potrei giurare fedeltà a nessun altro, in fin dei conti sei stato proprio tu a rendermi ciò che sono. Ora che so qual è il mio posto, sei tu l'unico al quale potrei chiedere asilo», se c'era una cosa che Lunastorta sapeva sugli alfa è che amano essere lusingati e avere il pieno controllo dei propri seguaci; quindi sperava con le sue parole di riuscire a persuaderlo, nonostante la convinzione che non sarebbe stato così semplice.

Greyback gli si avvicinò per osservarlo, gli mise la mano sotto il mento per guardarlo più da vicino, come si fa con una preda succulenta, poi lo annusò:

«Mmm...hai uno strano odore, dolce, quasi stucchevole...» Lupin non riuscì a impedirsi di pensare a Dora e al suo buon profumo; una fitta di gelosia lo trafisse, non voleva condividerlo con quell'essere indegno; probabilmente sarebbe stato più saggio tentare di camuffarlo con qualcos'altro, ma la verità era che desiderava sentirlo su di lui il più a lungo possibile.

«Immagino si tratti di una donna, non è meraviglioso il suono delle loro urla quando le intrappoliamo e possediamo?»

Fece una pausa prima di proseguire:

«Perchè l'hai presa con la forza, vero? Non penso di doverti ricordare che tutto ciò che vogliamo lo otteniamo senza chiedere il permesso.»

Se avesse potuto avrebbe vomitato davanti a quelle domande, la sola idea di dover violentare una ragazza e di fare del male a Tonks in particolare, lo disgustava come nient'altro al mondo. Non gli era concesso però perdere la concentrazione o mostrarsi debole, sapeva che lo stava provocando proprio per ottenere un qualche tipo di reazione, se gliela avesse data vinta la sua missione sarebbe finita prima di cominciare. Così ingoiò la bile che gli era risalita dallo stomaco e gli lanciò un'occhiata d'intesa, cercando di imitare il più possibile un'espressione colma di malignità:

«Ma certo, d'altra parte chi mai si concederebbe di sua spontanea volontà a un lupo mannaro», si sentì tremendamente in colpa per quelle parole, Dora non le meritava, non lo aveva mai giudicato per quello, anzi solo amato; però non aveva alternativa e, per stare al gioco, aggiunse:

«È così eccitante il terrore che si legge nelle iridi di una persona messa alle strette e senza alcuna via di scampo.»

«Bravo ragazzo», gli disse dandogli una pacca sulla spalla, come se fossero vecchi amici, «Puoi restare, ovviamente dovrai dimostrare di essere davvero uno di noi, ti terrò d'occhio.» Si rivolse a una delle giovane reclute e gli ordinò::

«Luke portalo di là, dormirà con te.»

«Sì signore», assentì con il capo abbassato come simbolo di remissione; si accostò a Remus facendogli cenno di seguirlo, ma furono di nuovo fermati da Fenrir:

«Dimenticavo Lupin, niente trucchetti di magia, non è tollerata qui.»

«Certo», preferì non aggiungere altro e seguì il suo compagno. Fingendo di essere curioso del luogo e soffermandosi ad osservare le pareti rocciose, cercò di ascoltare quello che stava dicendo l'alfa al resto del branco:

«Sarà compito di ognuno di voi controllarlo e, vostro dovere, riferirmi qualsiasi suo comportamento strano. Se scoprirò che mi sta tradendo, non avrò pietà per chi è stato suo complice.»

Non riuscì ad udire altro, ma gli bastò quello a conferma della mancanza di fiducia da parte di Greyback, avrebbe dovuto agire con cautela e senza fretta, altrimenti la sua copertura sarebbe saltata con un semplice schiocco di dita. Tirò, in ogni caso, un sospiro di sollievo, il primo passo era fatto, ora si sarebbe dedicato allo studio di un piano per perseguire il suo obiettivo.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Remus attraversò un'altra serie di gallerie al fianco di Luke, se non fosse stato il covo di un branco di creature oscure, avrebbe trovato affascinante quel luogo. Camminavano con delle torce in mano, dato che non era loro concesso l'uso della magia e l'uomo, ogni tanto, si soffermava per guardarsi intorno.

Le pareti frastagliate davano vita a delle forme particolari in cui ognuno, con la propria immaginazione, avrebbe potuto dare loro un senso o personale interpretazione; come quando si guardano le nuvole nel cielo fantasticando su ciò che rappresentano. Lupin si era, senza rendersene conto, incantato ad osservare una serie di sporgenze che gli ricordavano le orecchie di un coniglio e non potè fare a meno di pensare ad un certo Patronus e alla sua proprietaria.

Fu il suo compagno a riscuoterlo:

«Avrai tempo per esplorare la grotta, ora andiamo!»

Lupin annuì e riprese a seguirlo, c'erano alcuni tratti in cui l'acqua gli arrivava quasi alle ginocchia e, se non fosse stato troppo impegnato nel non perdere l'equilibrio a causa della pavimentazione irregolare, si sarebbe di certo perso a guardare i giochi di luce sul soffitto. Aveva letto molti libri di avventura durante la sua adolescenza e si era spesso domandato che cosa avrebbe provato nell'andare lui stesso all'avanscoperta di una caverna, di certo, nei suoi sogni, non rientrava la convivenza con altri lupi mannari.

Ad un tratto il giovane si fermò in una specie di stanza che ricordava più un loculo che una camera:

«Ecco, qui è dove dormo, tu puoi sistemarti lì», gli disse indicandogli una vecchia e malandata brandina, di gran lunga diversa dal comodo letto che lo aveva accolto, negli ultimi mesi, a Grimmauld. Continuava a fare quei tipi di paragoni che, inevitabilmente, lo torturavano ma allo stesso tempo, come un'ancora, gli offrivano il supporto di cui aveva bisogno: i ricordi dell'amore e affetto, ricevuti nella casa dell'amico, erano l'unica cosa a dargli ancora conforto.

Non sarebbe stata una facile esperienza, ma lo doveva a tutte le persone che avevano riposto fiducia in lui, Sirius per primo, che non aveva esitato un attimo nel dare la propria vita per il suo figlioccio e per un bene più grande.

Remus appoggiò la sua piccola valigia vicino al letto, voleva accertarsi di non aver bagnato niente per errore.

«Hai portato solo libri in quella borsa?» Gli domandò Luke, sorprendendolo, ma probabilmente agli occhi di una persona abituata a vivere lontano dalla civiltà doveva apparire molto strano il suo interesse per la lettura.

«Quasi», gli rispose sorridendo, poi riprese a parlare, «Da quanto tempo vivi con Greyback?»

Si sedettero entrambi, Lupin non aveva idea di come si sarebbero svolte le loro giornate, ma sospettava che avrebbero avuto molto tempo libero da passare insieme, quindi tanto valeva iniziare a conoscersi meglio.

«Sin da piccolo, avevo circa sei anni quando sono stato morso.»

Si prese del tempo per scrutarlo, dimostrava di avere circa vent'anni, nonostante la sua pella fosse estremamente segnata, si poteva notare l'assenza di rughe; gli occhi erano chiari, in netto contrasto con i capelli neri come la pece; dai vestiti logori e lacerati si intravedeva un fisico atletico, di sicuro allenato dalla caccia. Quello era proprio ciò che più spaventava Remus, non era uno sciocco, uno dei motivi per cui aveva scelto di non vivere tra i suoi simili era l'alimentazione; sapeva che erano soliti andare nei boschi a procurarsi il cibo. Per quanto apprezzasse la carne più di tutto il resto, data la sua natura, comprarla non era neanche minimamente uguale a ciò che comportava l'inseguire una preda e metterla alle strette per poi azzannarla.

Sperava con tutto se stesso di avere del tempo per prepararsi a farlo, perchè non era assolutamente pronto a fare ciò che aveva evitato per tutta la vita.

«Ci sei ancora?» Fu di nuovo riscosso dai suoi pensieri, normalmente era Dora a riportarlo sulla terraferma se si perdeva troppo nelle sue riflessioni e si rese conto di quanto già gli mancasse il suono della sua voce.

«Sì scusami, mi ero distratto, stavi dicendo qualcosa?»

«Ti ho chiesto se anche tu eri un bambino quando sei stato scelto.»

«Sì, avevo quattro anni, ma che cosa intendi con scelto?» Gli domandò dubbioso, quella parola lo aveva spiazzato, non riusciva a capire che cosa volesse dire.

«Il capo non attacca mai casualmente, ma predilige dei ragazzini rispetto ad altri», gli rispose come se stesse dicendo un qualcosa di ovvio.

«Immagino che abbiano dei requisiti particolari...» Azzardò Lupin iniziando a intuire dove volesse andare a parare con quel discorso.

«Ma certo! Greyback sa intuire se un piccolo è adatto per entrare nel branco. Deve essere obbediente, non può cercare di prevaricare sugli altri, perché è nell'alfa che dobbiamo riconoscere la nostra sola e unica guida, ma le cose più importanti sono il coraggio e la forza, indispensabili per prendere ciò che vogliamo senza chiedere alcun permesso. Non ammette persone deboli, evidentemente deve aver commesso uno sbaglio con te.»

Lupin sapeva che Fenrir cercava semplicemente di trasformare il maggior numero possibile di uomini per aumentare il suo potere e esercito con cui schierarsi al fianco di Voldemort.

A quanto pare, quindi, faceva il lavaggio del cervello ad ogni nuovo membro in modo da garantirsi la loro duratura fedeltà, sarebbe stato quindi ancora più difficile convincere qualcuno di loro ad allearsi con l'Ordine.

«Tu credi che io abbia deciso di vivere tra i maghi per vigliaccheria?»

«Sì, non riesco a pensare ad un altro motivo per cui tu l'abbia fatto.»

Remus sentiva dentro di sé che era ancora troppo presto per spingersi a confidarsi, avrebbe messo a repentaglio la missione, così cercò di cambiare argomento:

«Magari un giorno ti spiegherò, ma raccontami qualcos'altro, come passate le vostre giornate?»

«Oh beh andiamo a caccia, facciamo a turno così la grotta non rimane sempre scoperta e non rischiamo di attirare l'attenzione, ci divertiamo a girovagare per le gallerie, a raccontarci storie; di sicuro ciò che aspettiamo con ansia sono le lune piene speciali.» Pronunciò l'ultima frase con un entusiasmo e un ghigno che fece rabbrividire Remus. Nonostante non fosse certo di voler conoscere la risposta, provò a domandare:

«Speciali? Che significa?»

«Lo scoprirai, non voglio rovinarti la sorpresa!» Replicò con malcelata malizia. Si accontentò di quello che gli aveva detto, purtroppo mancavano pochi giorni all'evento e forse avuto modo di scoprirlo di persona.

«Invece tu cosa hai combinato finora?» Gli chiese mentre si sdraiava sul letto, appoggiando la testa sulle mani e lo sguardo rivolto verso l'alto.

«Ho per lo più vissuto alla giornata, ho frequentato Hogwarts e per un po' sono stato un insegnante», preferì mantenersi sul vago senza proferire parola su come aveva passato gli ultimi mesi.

«E così hai fatto quella stupida scuola, che banalità, ma d'altra parte me lo sarei dovuto aspettare da te!» Gli diede uno sguardo di sufficienza, come se fosse una nullità.

«Perché odi così tanto il mondo magico?»

«La magia... le bacchette... puah... sono tutte assurdità! Siamo lupi mannari, non abbiamo bisogno di quelle stupide lucine per combattere e poi non si può certo dire che i maghi siano accoglienti con noi!»

Remus si sentì ribollire di rabbia, gli avrebbe volentieri tirato uno schiaffo per levargli quell'aria spavalda e supponente; era il primo a sentirsi escluso ed emarginato, ma era proprio per il comportamento barbaro della maggior parte delle creature se non venivano accettati dalla società. Era inutile avviare una discussione, se ci fosse stata Dora di sicuro gli avrebbe detto di non dar retta alle sciocchezze che sparano le persone giusto per il gusto di farlo. Gli parve quasi di sentirla e, se da una parte provò una fitta lancinante al petto, dall'altra sentì l'ira scivolare via dal suo corpo.

«Vero, ma hanno comunque dei motivi per non apprezzare tutti quelli come noi. In ogni caso siamo forti, ma non infallibili, gli incantesimi possono comunque offrire un supporto in più», rilassatosi usò la diplomazia a cui ricorreva abitualmente per non alimentare contrasti.

«Su quali argomenti facevi lezione?» Gli chiese con nonchalance, ma Lupin non potè fare a meno di notare che era diventato, tutt'a un tratto, curioso, tanto da essersi girato per guardarlo negli occhi.

«Difesa contro le arti oscure.»

«Interessante...» Iniziò a tormentarsi il labbro, mentre rifletteva su ciò che gli aveva appena comunicato, poi continuò:

«Parlavi anche di noi?»

«Sì certo, anche noi rientriamo nell'elenco delle creature da cui dover imparare a difendersi.»

«Ah ah ah, questo sì che è divertente! Un lupo mannaro che spiega a dei ragazzi come ripararsi dai suoi simili!» Lunastorta si innervosì di nuovo, per quanto fosse il primo ad essere impaurito nel ricoprire quel ruolo, l'opportunità che gli aveva offerto Silente per lui era un dono di inestimabile valore e non gli piaceva come quel ragazzino l'aveva ridotta alla stregua di una barzelletta. D'improvviso, però, smise di ridere e ritornò serio:

«Ma quindi, se ho capito bene, sei un esperto di protezioni?»

«Sì diciamo di sì, perché?»

«Oh così, pura curiosità, non ho mai parlato con un mago prima d'ora. Comunque ora raggiungo gli altri, oggi sono di turno, tu rimani qui presto ti daranno istruzioni.»

Se ne andò senza neanche aspettare una risposta, Remus aveva la sensazione che nascondesse qualcosa, ma preferì non pensarci e approfittare di quegli attimi per godersi un po' di solitudine e tranquillità. Senza alcuno sforzo, la prima domanda che gli si affacciò alla mente riguardava Ninfadora e che cosa stesse facendo in quel momento ma, ben presto, il peso di una notte passata quasi in bianco iniziò a farsi sentire e si addormentò.

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Tonks stava cercando con tutta se stessa di concentrarsi sui documenti davanti a lei, ma non ne era proprio in grado quel giorno. Sicuramente una pausa le avrebbe fatto bene, così si rivolse al collega:

«King, vado a prendermi un caffè, vuoi che ti porti qualcosa?»

«No grazie, andrò più tardi, a giudicare dalle tue occhiaie ne hai bisogno più di me», le rispose con un sorriso d'incoraggiamento.

«Già...»

Non disse altro e uscì dalla stanza, si diresse verso l'ascensore per raggiungere una delle zone ristoro del Ministero.

Era talmente sovrappensiero che non si accorse di una persona che stava camminando proprio verso di lei, fino a quando non ci sbattè contro:
«Mi scusi...» Iniziò a dire prima di riconoscerla, «Bill! Ero distratta, non ti ho proprio visto!»

«Me ne sono accorto!» Replicò ridendo.

«Che cosa ci fai qui?»

«Stavo cercando te! Ma che succede ai tuoi capelli? Eri stanca di portarli tutti rosa e hai pensato di mischiarli al grigio?» Le domandò prendendo tra le mani alcune ciocche per osservarle meglio.

«Ho qualche problema con le metamorfosi, di sicuro è per la stanchezza. Comunque vieni con me, così mi dici di cosa avevi bisogno.»

Raggiunsero una saletta poco affollata, non era ancora l'orario in cui, di solito, la maggior parte dei maghi e streghe si ritrovava per un attimo di sosta e chiacchierare. Si sedettero a un tavolino, Dora prese a girare lo zucchero senza prestarci attenzione e con lo sguardo perso verso il quadro di un Auror vittima della Prima Guerra, che a sua volta la osservava con la testa inclinata e si sbracciava per tentare di farla disincantare.

«Tonks credo che ormai tu lo abbia fatto sciogliere tutto.»

«Come?» Finalmente girò la testa verso di lui e, vedendola confusa, le indicò la tazza che, dato il ritmo con cui la ragazza muoveva il cucchiaino, rischiava di essere rovesciata ; fortuna che stava usando quello e non la bacchetta, altrimenti avrebbe rischiato di far esplodere tutto in aria. Dora seguì lo sguardo dell'amico e si fermò.

«Stai bene? Mi sembri strana...»

«Sì sì, davvero, ho solo dormito poco», cercò di rassicurarlo.

«Lo sai che se c'è qualcosa che non va io ci sono», insistette prendendole una mano. Lei gli voleva molto bene, lo conosceva da così tanti anni e si erano spesso confidati, ma non si sentiva pronta a farlo e, quel contatto, le fece irrimediabilmente pensare a quanto fosse diverso dal tipo di tocco che tanto bramava. Non si allontanò però e gli sorrise grata:

«Stai tranquillo, piuttosto tu avevi qualcosa da dirmi, parla!»

«Vorrei chiederti un favore, una delle prossime sere mi piacerebbe portare Fleur a cena alla Tana, so che l'ho già presentata a tutti, ma sarà la prima volta che...come dire...»

«Ufficializzi la vostra relazione?» Gli venne in soccorso, notando il suo imbarazzo.

«Sì esatto, sai come sono i ragazzi, casinisti, superficiali; potrebbe non trovarsi a suo agio in un ambiente famigliare così caotico. Avresti voglia di venire anche tu per supportarci? Sei sempre stata brava con le persone, a capirle e accoglierle, sarebbe di conforto averti vicina. Capisco che non sia una grande proposta la mia, magari dopo quello che è successo non hai nemmeno voglia di...»

«Bill, stai tranquillo! Va bene, non c'è nessun problema, non ti negherei mai un favore», lo interruppe per fermare quel fiume di parole dettato dall'ansia.

«Grazie, grazie davvero! Lo apprezzo molto!» Si riteneva davvero fortunato nell'avere un'amica come lei.

«Per così poco! Ora devo tornare in ufficio, fammi sapere il giorno!»

Si alzarono entrambi per darsi un breve abbraccio e salutarsi:

«Certo, grazie ancora!»

Dora tornò indietro, la sua vita amorosa era un disastro ma, per lo meno, sarebbe stata utile a qualcun altro e questo, per il momento, le bastava.

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I primi giorni della nuova vita di Remus furono piuttosto ordinari, tutto taceva, come se Greyback non fosse interessato al nuovo membro, ma lui sapeva che non lo avrebbe ignorato a lungo. Passò così il tempo con i suoi libri e con Luke, sfruttando quelle ore per iniziare a capire se avrebbe potuto trovare in lui un possibile alleato.

Fenrir aveva scelto di aspettare il momento giusto per iniziare a mettere l'uomo alla prova, andò a parlargli proprio il pomeriggio che precedeva la notte di luna piena:

«Lupin, mi dispiace averti trascurato fino ad ora, ma sai come capo branco sono molto impegnato», gli disse con quella ghigna detestabile che lo contraddistingueva.

«Immagino», gli rispose con falsa accondiscendenza, aspettando che proseguisse, di certo non era andato da lui senza una precisa ragione.

«Devo ammettere che non hai una bella cera, c'è qualcosa che ti affligge?» Accompagnò quella sciocca domanda con un fastidiosissimo broncio, Remus sapeva che voleva solo provocarlo e correva il rischio di cascarci; ma non ebbe neanche il tempo di provare almeno a fingere una risata che fu anticipato:

«Suvvia, era solo una battuta, dov'è il tuo senso dell'umorismo?»

«Ah non lo so, forse me lo ha rubato Luke nel sonno!» Tentò di rimediare dando una risposta altrettanto insulsa e scoppiando a ridere.

«Hai sentito? Spiritoso il nostro nuovo amico eh?» Si rivolse al giovane che, fino a quel momento rimasto in silenzio, si lasciò coinvolgere dall'attacco di ilarità dei compagni.

A guardarli sembravano tre vecchi compagnoni impegnati nel raccontarsi qualche storiella divertente, ma bastava osservarli meglio per cogliere nei loro sguardi la tensione; assomigliavano a degli artisti del circo impegnati a camminare su un sottilissimo filo, un passo falso e l'equilibrio sarebbe andato perso. In un attimo l'alfa si ricompose e riprese a parlare:

«Bene, questa notte avrai modo di dimostrarci che sei davvero uno di noi. Cerca di non deludermi, non perdono mai un errore.»

Non attese una risposta e se ne andò lasciando Remus in uno stato di confusione e con un grande interrogativo in testa; senza perdere altro tempo domandò a Luke:

«Che cosa voleva dire?»

«Non l'hai capito? E meno male che eri un professore, ad intuito non sembri messo molto bene! Si aspetta che tu morda qualcuno, è come una specie di rito di iniziazione, lo chiede a tutti, ma a maggior ragione a uno come te spuntato all'improvviso. Andremo in città, così avremo più possibilità», gli spiegò tutto ciò come si trattasse di una cosa normale e banale, ma per Lupin non lo era per niente; fuggiva da sempre dalla possibilità di diventare la causa della trasformazione di qualcun'altro.

«Andate in paese ogni plenilunio?»

«Certo che no! Non siamo così pazzi, avrebbero già trovato il modo di denunciarci e catturarci altrimenti! Questa è un'occasione speciale, vedila un po' come una festa di benvenuto per te!»

Luke appariva eccitato e lo era davvero, abituato a vedere solo quel tipo di vita era ben felice di poter soddisfare i desideri del lupo.

Lunastorta, al contrario, al pensiero di ciò che lo aspettava sentì lo stomaco aggrovigliarsi e il petto stretto in una morsa d'angoscia tale da togliergli il respiro; avrebbe dovuto usare tutta la razionalità di cui era in possesso per studiare un piano ed evitare di fare del male a un innocente e allo stesso tempo accontentare Greyback. L'istinto gli urlava di scappare via, ma qualcosa in cuor suo, invece, infondendogli fiducia, gli sussurrava che avrebbe trovato una soluzione.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Il tempo iniziò a scorrere e, a Remus, sembrava che qualcuno ne avesse modificato la velocità rendendola simile a quella della luce. Non mancava troppo alla sera e, più ci rifletteva, più non aveva idea di come sarebbe riuscito a uscire dalla trappola tesagli da Greyback.

Non era uno sciocco, sapeva che presto o tardi sarebbe stato messo alla prova, solo che sperava non avvenisse così presto. Era estremamente nervoso, teso come una corda di violino, il respiro accelerato a causa della paura di ciò che gli era stato chiesto di fare. Si conosceva bene però e quando si agitava così non era più in grado di ragionare in maniera lucida, quindi come prima cosa gli serviva un espediente per distrarsi e rilassarsi; solo a quel punto avrebbe potuto riprendere a ragionare con calma e attuare un piano sensato.

Non aveva voglia di parlare e, per sua fortuna, Luke si era addormentato, a quanto pare non era l'unico a essere debole quel giorno. Prese la sua valigia e iniziò a guardare tra i propri libri per sceglierne uno che potesse servire allo scopo, gli capitò tra le mani la copia di "Orgoglio e pregiudizio" prestatagli da Dora; probabilmente era uno stupido sentimentale ma, quando ancora non aveva trovato nelle tasche la collana di lei, aveva deciso di portarsi qualcosa che le appartenesse, come se potesse trarne un po' della sua energia.

Non era ancora riuscito a finirlo, concentrarsi su qualcosa di nuovo sarebbe stato sicuramente di aiuto; era un metodo che aveva già sperimentato in passato, proprio quando si trovava in situazioni che lo impanicavano o mettevano in estremo disagio.

Prese a sfogliare le pagine, le stesse che erano già state accarezzate dalla sua amata e, anche se lo trovava assurdo, cominciò a sentire parte dell'ansia scivolargli via dal corpo.

Ricercò il punto dove si era fermato l'ultima volta, evidentemente, lo sballottio a cui aveva sottoposto il romanzo, aveva fatto cadere il segnalibro; non gli fu difficile ritrovarlo, di solito possedeva una buona memoria per certe cose.

Si rammentava di essersi interrotto nel momento in cui la protagonista aveva ricevuto una lettera dall'uomo che le si era dichiarato poco prima, ed è proprio da lì che riprese a leggere.

"Leggeva con un'ansia che a stento le permetteva di capire, mentre l'impazienza di sapere ciò che diceva la frase successiva le impediva di cogliere il significato di quella che aveva sotto gli occhi."

Gli venne da ridere, doveva ammettere di trovarsi molto in sintonia con la ragazza, se fosse stata una persona che crede nei segni, di sicuro vi avrebbe trovato un qualche messaggio nascosto inviatogli dall'universo. Purtroppo, però, non era mai stato particolarmente fortunato e non pensava certo che, una scrittrice vissuta in un altro secolo, potesse fornirgli un qualche tipo di supporto per ciò che la attendeva.

Un attimo dopo si accorse di qualcosa che spuntava tra le pagine del libro.

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Ninfadora, quello stesso giorno, aveva ricevuto l'invito da parte di Bill. Si era smaterializzata in un punto lontano dall'ingresso della casa, voleva approfittare di una passeggiata e respirare a pieni polmoni l'aria refrigerante della sera.

Il cielo era limpido, senza neanche l'ombra di una nuvola ad oscurarlo e, il sole, stava iniziando a calare per lasciare il posto alla luna. Adorava i tramonti, amava perdersi ad osservare quelle sfumature di colore che cambiavano ogni sera, a volte arancioni, altre viola o grigie se cadeva la pioggia. Spesso, con Remus, si erano ritrovati sul terrazzino di Grimmauld ad ammirare quello spettacolo, divertendosi a scommettere sulla tinta che avrebbe assunto il cielo e lei, cambiava i propri capelli a seconda della sua proposta. Vinceva quasi sempre lui, non era mai stata brava ad interpretare i cambiamenti atmosferici, ma era un gioco che permetteva loro di svagarsi, faceva parte di quella routine che aveva contribuito ad avvicinarli.

La nostalgia la colpì come una pugnalata, la mancanza dell'uomo, nonché del suo ultimo ennesimo rifiuto, le provocava quasi un dolore fisico, desiderava, con ogni fibra del proprio essere, riaverlo accanto; le sembrava di sentire ogni cellula del suo corpo urlare il nome dell'amato, perché la verità era che Lupin non le aveva solo rubato il cuore, ma le era entrato dentro; le loro anime si erano ritrovate, come se si cercassero da sempre, fuse insieme, rendendo a entrambi impossibile vivere separati. Ne era certa, nonostante si ostinasse a non lasciarsi andare, sapeva che anche lui soffriva senza averla al suo fianco perché, seppur in un modo singolare, gliene aveva fornito la prova.

Era felice di poter rammentare le ore vissute insieme, come un piccolo bagaglio a portata di mano, non tutti possono essere così fortunati di innamorarsi di qualcuno e essere ricambiati e, questa consapevolezza, le donava comunque conforto e la forza di continuare a lottare per lui.

Persa nei suoi pensieri, non si accorse di essere arrivata alla porta della Tana fino a che non rischiò di sbatterci contro. Tirò un lungo sospiro e bussò, pochi istanti dopo fu l'amico ad aprire, felice di vederla:

«Grazie di essere venuta», la strinse tra le proprie braccia per poi chiederle:

«Ancora problemi con i poteri eh?»

«Già, ma non preoccuparti troppo! Sono sicura che si tratta di una cosa temporanea», cercò di sembrare convincente e tranquilla, ma la verità era che non aveva nessuna voglia di stare in compagnia. Non erano ancora arrivate notizie di Remus e, in quello stato di apprensione, avrebbe preferito rimanere sola per trovare rifugio in un libro o magari una pattuglia con Malocchio che avrebbe richiesto la sua completa concentrazione. Aveva però fatto una promessa ed era pronta a mantenerla.

Così indossò il suo sorriso migliore e si recò all'interno della casa, decisa a impegnarsi il più possibile per supportare Bill; come sempre fu accolta da tutti con calore e si lasciò pervadere dal senso di serenità che sapevano donarle.

L'inizio della cena fu accompagnato da un insolito e pesante silenzio, come se aleggiasse tra di loro la paura di dire la cosa sbagliata e fu proprio Tonks a intervenire:

«Allora Fleur, come ti trovi alla Gringott? Ti sei ambientata bene?»

«Oh Oui...sì! Il lavoro è così affoscinante e Bill mi sta aiutando très con la lingua!» Rispose entusiasta, seppur inciampando su qualche parola, non aveva ancora del tutto abbandonato il Francese.

Dora udì con chiarezza Fred farsi scappare una risatina e sussurrare a George:

«Già mi immagino il tipo di aiuto...» Lo fulminò con lo sguardo per farlo smettere.

In ogni caso era riuscita nel suo intento, aveva rotto il ghiaccio ed uno ad uno iniziarono ad inserirsi nella conversazione, ognuno con le proprie curiosità o commenti. Il resto del pasto trascorse in maniera molto più rilassata di come era iniziato, Fleur continuava ad apparire agli altri come una presuntuosa so tutto io ma per lo meno erano stati in grado di portare avanti la serata senza particolari intoppi.

Finito di mangiare si trasferirono in salotto per continuare a chiacchierare, Tonks ne approfittò per uscire a prendere una boccata d'aria per qualche minuto.

Puntò subito lo sguardo verso la luna e fu scossa da un brivido glaciale, le era impossibile non pensare a Remus e alla trasformazione che, di sicuro, era già iniziata; non aveva idea di che cosa fosse successo in quei giorni, se Greyback lo avesse accettato e come avrebbe trascorso quella notte, ma sperava che almeno avesse letto il suo biglietto e che sapesse di averla, in un modo o in un altro, al suo fianco.

Non si accorse del rumore di passi, prodotto da Bill, mentre le si avvicina; sobbalzò nel sentirsi stringere le spalle, ma riconobbe subito il tocco del suo vecchio amico. Alcune lacrime silenziose avevano iniziato a scorrerle lungo il viso, tutta quella incertezza la torturava; non gradiva farsi vedere così, ma il ragazzo la conosceva troppo bene e aveva già capito che c'era qualcosa che la turbava. Infatti le chiese:
«Che cosa hai Tonks? Sei stata fantastica come sempre a cena, senza di te sarebbe stato difficile avviare una conversazione, ma non sei tu. Si tratta di Sirius?»

Lei sorrise, per lo meno una conferma c'era, la loro amicizia non era stata scalfita dal passare degli anni e ne era contenta. Si convinse a girarsi e a guardarlo, lui notò subito il suo viso bagnato e glielo accarezzò.

«Avevamo legato molto negli ultimi mesi, eravamo simili e la sua morte è stata davvero un duro colpo per me.»

«Lo capisco certo, ma non si tratta solo di questo, vero?» Dora a quella domanda sbarrò gli occhi, non credeva di essere così cristallina.

«Come lo hai capito?»

«Andiamo, abbiamo passato tanto di quel tempo insieme. Sei positiva, solare, non neghi mai a nessuno una parola di conforto, ma so bene quando nascondi qualcosa.»

«Beccata...» Gli confermò, sarebbe stato inutile continuare a mentire.

«Dai racconta.»

«Mi sono innamorata...» Il ragazzo rimase allibito davanti a quell'affermazione, non lo aveva compreso nè tanto meno notato e non si capacitava di come fosse possibile.

«Sorpreso eh?! Ci sono cascata pure io alla fine...»

«Lo conosco?»

«Sì, si tratta di Remus.»

«Vi ho visti passare spesso il tempo insieme, ma credevo che foste solo amici.»

«All'inizio sì, mi sono resa conto di amarlo quando sono andata in missione a Malfoy Manor. Lui ha ammesso di ricambiare i miei sentimenti, ma continua a rifiutarmi a causa della sua malattia, è convinto che mi metterebbe in pericolo e farebbe di me un'emarginata», ogni volta che ricordava ciò che era solito ripeterle, veniva colta dall'abituale fervore; solo la reazione dei suoi capelli era diversa, un timido rossore si affacciava su qualche filo, ma niente di più.

«È...»

«Ottuso? Idiota? Irragionevole?» Lo interruppe prima che potesse finire ciò che aveva da dire.

«Comprensibile», vedendo lo sguardo esterrefatto della ragazza, alzò la mano per fermarla,

«Fammi finire per favore, quello che intendo è che se tiene davvero a te è normale che voglia proteggerti ed evitarti pericoli.»

«Quindi gli stai dando ragione?»

«No, dico che capisco le sue paure. Se però lui è la tua scelta, sono certa che puoi convincerlo, alla fine si tratta di una sola volta al mese e con le dovute precauzioni potete ovviare al problema», le spiegò cercando di calmarla.

«È quello che dico sempre anch'io e gli ripeto in continuazione, ma ora non posso nemmeno continuare a provarci...»

Bill la prese tra le sue braccia, ci sono momenti in cui una stretta vale più di qualsiasi altra cosa, è il miglior modo per dimostrare presenza e affetto.

«Passerà questo periodo Tonks e, lo sai, potrai sempre contare su di me...»

«Grazie...»

Si guardarono per un attimo, grati l'uno all'altro per il supporto reciproco, che mai si negavano; poi le scompigliò la chioma e si raccomandò:

«E vedi di far ritornare rosa questi capelli, perché alla storia della stanchezza non ci credi neanche tu!»

«Ah ah ah, sarà fatto!»

Dora lanciò un'ultima occhiata alla luna e poi si diressero di nuovo verso casa.

------------------

Remus, nel frattempo, si stava recando in città insieme a Luke, Greyback e qualche altro membro del branco, ad alcuni non era stato permesso di andare con loro, probabilmente perché l'alfa non voleva comunque lasciare incustodito il loro nascondiglio.

Non mancava molto allo spuntare della luna e, l'uomo, era sempre più nervoso, voleva scappare, correre lontano, tornare al fianco di Dora per amarla di nuovo e non lasciarla più; sapeva però che non era ciò che tutti si aspettavano da lui, non poteva farlo, doveva compiere l'unico compito per cui sarebbe davvero stato utile all'Ordine. Approfittò di qualche momento di solitudine per respirare l'aria a pieni polmoni e ritrovare la calma.

Fenrir aveva preso da parte Luke per dargli istruzioni:

«Tu accompagnerai Lupin, non lasciarlo nemmeno per un attimo, sceglietevi una casa e osservalo, vedremo se è davvero pronto a essere uno di noi o se tenterà di fuggire prima della trasformazione.»

«Certo signore.»

Il ragazzo si avvicinò di nuovo a lui invitandolo a seguirlo, cominciarono a camminare per le strade, quasi deserte, di Bournemouth; gli abitanti a quell'ora erano pressoché tutti rincasati, cosa che di sicuro giocava a loro favore e gli permetteva di non essere notati.

Lunastorta non aveva idea di che cosa dovesse fare di preciso, così attese che il giovane, che camminava guardandosi intorno, gli fornisse ulteriori spiegazioni; ad un tratto lo vide fermarsi come attirato da qualcosa.

«Vedi quella casa laggiù, dove c'è una signora seduta in cortile?» Gli chiese, senza indicarla, ma Remus la inquadrò subito e annuì.

«Bene, la aggireremo per entrare dal retro e nasconderci. Una volta dentro, non appena sarai mutato, potrai dare il via alla tua prova di iniziazione.»

Al solo suono di quella parola non poté fare a meno di immaginarsi il corpo di quella povera donna martoriato, proprio dalle sue stesse mani; sentì lo stomaco rivoltarsi, fu scosso da un conato, ma cercò di deglutire in maniera decisa per evitare di vomitare a causa di quei pensieri. Era un lupo mannaro e sapeva di doverlo dimostrare per guadagnarsi qualche chance di riuscita della missione. Troppo impegnato nel tentare di trovare la forza per affrontare ciò che lo attendeva, non si accorse che Luke era già ripartito fino a che non lo chiamò:

«Allora, ti muovi o no? Non abbiamo molto tempo!»

«Sì certo...» Non sapeva proprio come nascondere il disgusto che provava, nonché l'immensa paura che lo privava della lucidità, sperava solo che lui non lo notasse.

Come suggerito poco prima, imboccarono una stradina laterale all'abitazione in modo da poter entrare senza essere scoperti. Scrutarono l'interno, per quanto possibile, per valutare la presenza di luci accese e di altre persone, ma niente fece loro presupporre che vi fosse qualcuno. Tutto appariva buio e silenzioso, evidentemente l'anziana era l'unico ospite della villetta.

Luke si accertò che non ci fosse nessuno nei dintorni che potesse vederli poi, ormai abituato a farlo dopo anni di esperienza, aprì una finestra che dava su un salotto semi illuminato da quella piccola parte di sole ancora visibile.

Facendo attenzione a non provocare rumore, si intrufolarono nella stanza; dovevano sfruttare il tempo concesso loro dall'assenza della proprietaria di casa per trovare un posto dove nascondersi in attesa della trasformazione.

Difficile spiegare ciò che Remus provasse in quegli attimi, neanche lui ci riusciva, aveva i nervi del proprio corpo talmente tesi che temeva potessero spezzarsi da un momento all'altro; il cuore gli batteva all'impazzata, sembrava volergli uscire dal petto per trovare un po' di refrigerio, come se il suo solito ambiente iniziasse a risultargli troppo stretto; la cosa che però più lo torturava erano le immagini che gli si affacciavano alla mente, senza alcuna intenzione di fermarsi, come se ci fosse un proiettore a trasmetterle in loop.

Non si era mai comportato così, non si era mai appostato o teso trappole a nessuno, mai si era presentata la necessità poiché, ad ogni plenilunio, si era ben guardato dal trovarsi nelle vicinanze di qualcuno. Non sapeva proprio come poter fuggire da quella situazione, così si limitò a seguire il giovane che, di sicuro, era molto più preparato di lui nel muoversi in maniera furtiva alla ricerca di un nascondiglio.

Sembrava avere un'idea precisa di dove dirigersi e, infatti, arrivati alla soglia della cucina, in un sussurro, gli disse:

«Di solito queste case hanno una cantinetta al piano inferiore. Lì vicino al bancone c'è una porta, tu rimani qui a controllare che lei non rientri, io vado a vedere cosa c'è dietro.»

«D'accordo», non aggiunse altro, non era necessario; rimase ad osservarlo mentre si avvicinava all'obiettivo. Si concesse un attimo per osservare la stanza, come se in qualche modo potesse capire qualcosa di quella signora a cui, presto, avrebbe inevitabilmente fatto del male.

I mobili erano verdi, anche se non se ne capiva in maniera chiara la tonalità, c'erano alcuni sportelli da cui si potevano intravedere serviti di tè e piatti, al centro un piccolo tavolo bianco di legno, intorno al quale vi erano quattro sedie con dei cuscini dal tema floreale; il ripiano, utilizzato per cucinare, era davvero ampio e vi poggiavano una grande quantità di utensili e attrezzi. Era tutto posizionato in maniera precisa, quasi maniacale e, nonostante la scarsa illuminazione, ogni cosa sembrava tirata a lucido, immacolata e, a Lupin, fu impossibile non pensare al contrasto di ciò che avrebbe provocato, invece, il passaggio di due creature oscure.

Fortunatamente non ebbe che qualche attimo per rimuginarci, Luke riapparve dalla porta facendogli cenno, con una mano, di raggiungerlo.

«Ho trovato ciò che pensavo, vieni!»

Remus attraversò la cucina e prese a scendere una breve scalinata che lo portò in un seminterrato dove era quasi impossibile orientarsi. Il compagno cercò a tastoni l'interruttore e lo tirò su per un breve istante, giusto per dargli il tempo di dare uno sguardo veloce intorno a loro. Se al piano superiore regnava l'ordine lì, al contrario, era sovrano il caos, tra oggetti di ogni tipo, scatoloni, cassettiere e scaffalature.

Nell'angolo più lontano dalla scala vi era un grande armadio, non troppo accostato al muro, dietro il quale, convenirono entrambi puntando lo sguardo nella stessa direzione, nessuno avrebbe potuto vederli.

Fu così, che spenta nuovamente la luce, si appostarono in attesa della trasformazione alla quale, ormai, mancava sicuramente poco. Udirono alcuni movimenti sopra le loro teste, evidentemente la donna era rientrata in casa e si era soffermata a trafficare nel cucinotto.

Remus era felice della loro impossibilità di conversare, non ne aveva voglia e, probabilmente, neanche la forza. Il terrore lo privava di ogni energia, era costretto a restare in piedi, ma si sarebbe volentieri buttato sul pavimento per lasciarsi sopraffare dal cambiamento, inevitabile, del proprio corpo e dagli eventi. Non contava più le volte in cui i sentimenti negativi quali paura, tristezza, angoscia, lo avevano spinto a cedere, a non lottare, convinto che fosse ciò che meritava un mostro come lui; in altrettante occasioni, però, c'era stato chi lo aveva preso per mano e aiutato ad affrontare tutti i suoi turbamenti, non da ultima la meravigliosa donna che la vita aveva posto sul suo cammino.

Fu con la visione di quel dolce viso a forma di cuore, contornato da brillanti capelli rosa che, a un uomo ordinario come lui, riuscivano a far girare la testa, che iniziò a percepire i primi segni del mutamento; non c'era più niente da fare, ciò che temeva sarebbe presto avvenuto e poteva solo cedere al dolore che, con prepotenza, aveva preso a torturarlo. Non riuscì neanche a prestare attenzione al giovane, ma solo a sentire le urla che si mescolavano alle sue.

Così come era arrivato, ben presto, il calore febbricitante e familiare lo abbandonò, al suo posto erano arrivate le zampe, il pelo e le zanne desiderose di trovare soddisfazione.

Con tutto ciò, però, era anche arrivato un grandissimo sollievo, anche da lontano Tonks era riuscita a fornirgli la soluzione di cui aveva bisogno. Era un lupo sì, ma solo fisicamente, perché dentro, era rimasto, con i piedi ben piantati, Remus Lupin. Nonostante non ci avesse creduto fino in fondo, perché non aveva rispettato alla lettera i tempi di assunzione, la pozione aveva funzionato.

Quel pomeriggio, mentre era intento a leggere, aveva trovato un biglietto di Dora che lo avvisava di un doppio fondo incantato della valigia, dove vi erano riposte alcune dosi di antilupo da usare in caso di emergenza. Lui, che non riusciva ad immaginare una situazione migliore di quella in cui farne uso, aveva approfittato del ragazzo al suo fianco addormentato e l'aveva bevuta. Ormai non lo credeva più possibile, ma, quella splendida Auror, era in grado di stupirlo anche senza stargli vicino e davvero non sapeva come avrebbe mai potuta ringraziarla adeguatamente; perché lei, più di chiunque altro, aveva dimostrato di capire la sua difficoltà nell'affrontare una missione del genere e cercato il modo per aiutarlo concretamente.

Ora, con la mente connessa alla realtà, sperava solo di superare quella notte senza troppi intoppi, perché il compito affidatogli da Greyback, come una spada di Damocle, continuava a pesare su di lui.

Senza quasi accorgersene, con Luke avevano rovesciato il mobile dietro il quale si trovavano e che ora lasciava loro via libera; lo vide scattare in avanti per raggiungere il piano superiore; senza neanche riflettere, lo attaccò alle spalle e lo scagliò contro il muro, aveva bisogno di metterlo, almeno per un po', fuori gioco, per guadagnare tempo. Non si era certo illuso di riuscire subito a bloccarlo e, in infatti, il ragazzo gli saltò addosso. Rotolarono sul pavimento, schiacciando una serie di oggetti indefiniti, alternando la loro posizione nel tentativo di stabilire il comando l'uno sull'altro. Lupin era svantaggiato, non era abituato a combattere nella sua forma da lupo e, soprattutto, non aveva il cervello disorientato come l'altro e con il solo intento di mordere. Per un po' nessuno dei due riuscì ad abbattere l'altro e Remus non intendeva cedere; avendo la capacità di poter vedere anche al buio, si accorse che si erano avvicinati ad una pila di scaffali su cui erano riposti una serie di ciottoli, pentole e altre chincaglierie simili.

Strinse tra le proprie zampe il muso di Luke e lo fece colpire, cercando di non usare troppa forza, contro il mobile in modo da stordirlo; scattò poi via per lasciare posto a tutte le cianfrusaglie che presero, rovinosamente, a cadere sul pavimento e addosso al ragazzo. Non potendo valutare quanto sarebbe rimasto bloccato in quella posizione, si diresse con velocità di sopra, trovava molto strano che la signora non si fosse affacciata a capire che cosa stesse succedendo nel seminterrato, ma, in ogni caso, voleva trovare un modo per salvarla.

Solo che non era per niente preparato allo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi: la cucina era stata buttata all'aria, tutti i cassetti erano stati rovesciati e un quantità indescrivibile di porcellana si trovava in terra, distrutta in mille pezzi. Non capiva proprio che cosa fosse accaduto, si diresse verso la sala e trovò la donna impegnata nel tentativo di liberarsi da un uomo che la teneva bloccata contro il muro, con una mano sulla bocca.

Lo sconosciuto, probabilmente, era alla ricerca di qualcosa, ma si era spaventato nel sentire la confusione del piano di sotto e stava zittendo la signora per impedirle di urlare ed attirare l'attenzione, forse con la speranza di proseguire con la sua ricerca in un successivo momento. Peccato però che non avesse messo in conto di ritrovarsi davanti a un lupo mannaro; Lunastorta si avventò contro il ladro per allontanarlo dalla malcapitata e lasciarle la possibilità di scappare.

Non aveva previsto che la situazione potesse precipitare in quel modo e, di certo, non era il caso che lui e il suo compagno si facessero trovare lì. Nonostante si trattasse di un delinquente, la forte morale di Remus lo spinse ad accertarsi del suo stato; nello spingerlo via, oltre ad averlo graffiato su un braccio, lo aveva visto sbattere contro un tavolino posto al centro del salotto. Gli si avvicinò per controllarlo, impregnandosi del sangue che gli usciva lentamente da dietro il collo, ebbe, però, solo il tempo di verificare che respirasse ancora, prima di sentirsi, all'improvviso, scagliato via da Luke che, riuscitosi a liberare facilmente, era stato attirato dall'odore metallico. Lupin ululò di dolore, nel cadere aveva urtato e rotto un vaso di ceramica un cui pezzo appuntito gli si era conficcato nella gamba.

Mentre si affannava nel cercare di estrarlo per evitare ulteriori danni, il giovane approfittò di avere il campo libero per mordere la sua preda; Remus, seppur zoppicante, cercò di raggiungerlo per fermarlo ma soprattutto per farlo fuggire insieme a lui. Mago o meno, qualcuno prima o poi sarebbe arrivato, attirato dalla fuga dell'anziana e dalle sue grida, non potevano assolutamente farsi beccare.

Finse così di interessarsi anche lui al ladro, sapeva che così Luke si sarebbe sentito sfidato e privato di una propria conquista, sperava inoltre di essere lui stesso una buona esca a causa del suo taglio.

Riuscì a distrarlo, si guardarono per un istante che parve durare un'eternità, dichiarandosi entrambi guerra, come se gli occhi fossero in grado di scagliarsi fulmini; Lupin capì che poteva solo mettere in atto l'unica cosa che, per un predatore, rende ancora più eccitante la caccia: la fuga.

Pose fine a quella connessione creatasi tra di loro e si precipitò verso l'uscita della casa, senza guardarsi indietro, ma non dovette attendere molto, perché riconobbe il rumore dei passi e l'ululato del compagno che lo inseguiva.

La cosa fondamentale era allontanarsi il più possibile dalla città per non causare altri problemi, così si diresse verso il mare e le grotte; confidava nel fatto che la parte più critica della notte fosse passata, ma non riusciva ad impedirsi di pensare a quel criminale e a chiedersi se fosse riuscito ad interrompere il morso, prima di diventare così profondo da riuscire a trasmettere la maledizione. 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Ninfadora non riuscì a dormire quella maledetta notte, passò le ore a rigirarsi nel letto alla ricerca di un po' di pace, ma il suo sguardo continuava a vagare oltre la finestra, dritto fino alla luna. Era così preoccupata per Remus, che i suoi occhi erano determinati a rimanere vigili e a non farla riposare.

Fino ad allora non aveva amato davvero o ceduto il suo cuore ad anima viva, solo lui era riuscito dove nessun altro ce l'aveva fatta. Con le sue cicatrici che l'avevano affascinata sin dal primo istante, il suo sorriso gentile, il modo in cui era solito osservarla, come se non esistesse niente al mondo di più prezioso, i gesti d'affetto che riservava solo a lei e che, come l'acqua per un fiore, avevano fatto crescere piano piano il suo sentimento.

Mai aveva sentito una preoccupazione o angoscia tale, ciò che la teneva sveglia non era solo il dolore per la mancanza di Lupin, ma soprattutto l'agitazione per il suo stato di salute, e ciò che gli stava succedendo; ogni immaginario possibile le si affacciava alla mente e sperava, con tutta se stessa, che avrebbe superato quelle ore senza troppi problemi.

Prima della sua partenza aveva pensato di recuperare da Grimmauld la scorte di antilupo e, visto che le si era presentata l'occasione, aveva deciso di nascondergliele nella valigia; era certa che lui non lo avesse fatto per evitare il rischio di mettersi nei guai, ma, lei, nonostante fosse un Auror scrupoloso, preferiva essere più tranquilla e tentare di aiutarlo almeno in qualche modo.

Era rimasta così contenta di trovare nella borsa la copia del suo libro, erano proprio quelle piccole cose a farle capire quanto lui tenesse a lei, racchiudevano tutto l'amore che nascondeva dietro ai suoi innumerevoli rifiuti. A Dora servivano da incoraggiamento per perseverare nella sua lotta per la conquista di quell'uomo, di cui non poteva più fare a meno.

Attese l'arrivo del giorno facendo la spola tra il letto, il divano e la cucina, non c'era verso di placare quell'inquietudine che le attanagliava lo stomaco e cercava un modo di distrarsi, con un libro, un tè, o riordinando alcuni vecchi documenti sparsi sulla sua scrivania.

Stava giusto iniziando a prepararsi per andare al Ministero quando, l'improvvisa comparsa di un Patrono, la fece sussultare di paura. Non aspettava messaggi da nessuno, ma la sorpresa fu ancora più grande nel momento in cui la scia luminosa prese la forma definita di un lupo. Tonks si portò, d'istinto, una mano davanti alla bocca spalancata per l'incredulità.

Dora, Silente è in attesa di un rapporto da parte mia, so che avrei dovuto contattare lui, ma volevo ringraziarti, senza il tuo aiuto non ce l'avrei fatta. Per favore riferiscigli che sono stato accolto dal branco e che gli invierò aggiornamenti appena possibile. Abbi cura di te.

Al solo suono della voce di Remus, la ragazza iniziò a piangere, non lo vedeva che da pochi giorni, ma le mancava anche il semplice sentirlo parlare; il sollievo di saperlo salvo, però, la consolava, tanto che una timida sfumatura di rosa le colorò per, un attimo, i capelli.

Sapeva di non potergli rispondere, sarebbe stato troppo pericoloso, ma era davvero felice che avesse inviato notizie proprio a lei e, quelle ultime parole, con cui dimostrava, come sempre, quanto si preoccupasse per lei, l'avevano colpita dritta al cuore. Avrebbe potuto leggerne tutti i molteplici significati, tra cui "Dimenticami" o "Non aspettarmi", ma in quel momento, proprio non ne aveva voglia, l'unica sua intenzione era quella di lasciarsi cullare dal conforto di quel piccolo dono, come un raggio di sole in una giornata di tempesta.

Era vivo, aveva iniziato la missione e, per quanto lei non fosse completamente d'accordo, era a conoscenza dell'importanza che aveva per Remus; aveva trovato la pozione ed infine le aveva confermato che continuava a pensare a lei. Non intendeva lasciarsi sopraffare dalla negatività, non era di utilità per nessuno; se si fosse rivelato necessario, si sarebbe ripetuta quei punti, come un disco incantato, all'infinito.

Avvertì Kingsley del suo ritardo, comunicandogli che gli avrebbe fornito ulteriori dettagli più tardi e si diresse ad Hogwarts.

Era strano ritrovarsi in quella scuola deserta, per l'inattività estiva, senza studenti schiamazzanti o impegnati con un ripasso dell'ultimo minuto. Quel luogo era colmo di ricordi, dalle lezioni noiose di pozioni o appassionanti di Difesa contro le Arti Oscure, alle chiacchiere e risate con gli amici e alle ore passate in detenzione dopo essersi trasformata, per l'ennesima volta, in uno dei suoi professori. Era sempre stata la burlona della classe, si divertiva molto a dare spettacolo e suscitare le risate dei suoi compagni; ma aveva anche passato ore in biblioteca, china sui libri, per affrontare al meglio gli esami che le avrebbero dato l'accesso all'accademia degli Auror.

Gioia e malinconia iniziarono, dentro il suo petto, una battaglia senza fine, dove non sarebbe stato decretato nessun vincitore, perché, ci sono dei posti, che hanno il medesimo effetto ogni volta che ci si mette piede. Quando era ancora studentessa non aveva certo tutte le preoccupazioni che era costretta ad affrontare ora, ma non aveva neanche provato l'immensa felicità di conoscere Remus; per quanto avesse la compagnia dei suoi amici, sentiva che le mancava qualcosa per potersi definire completa.

Mentre camminava, con la testa completamente persa in quelle riflessioni, si rese conto di essere passata davanti all'aula di Difesa contro le Arti Oscure, così tornò indietro. Probabilmente era stato proprio il suo inconscio a portarla lì e, anche se non era del tutto opportuno perdere tempo, decise di aprire la porta per dare uno sguardo alla stanza.

Se all'inizio cominciò a rivedere la Tonks di qualche anno prima, concentrata nell'imparare nuovi incantesimi, dopo prese ad immaginare il Remus professore, l'unico suo lato in cui non aveva avuto davvero l'occasione di ammirarlo. Come un sogno ad occhi aperti, lo vide seduto al tavolo mentre teneva lezioni teoriche, o in piedi con la bacchetta in mano per spiegare i movimenti corretti da eseguire. Le venne da ridere, era una fortuna che non fosse stato il suo insegnante, avrebbe appreso poco o nulla, trascorrendo l'ora a guardarlo incantata, sbavando come erano solite fare le adolescenti. Cosa, che non escludeva di aver fatto anche in età adulta, le prime volte che si era ritrovata ad osservarlo rapita.

Una vocina dentro di lei, simile a quella di Malocchio, la rimproverò, rammentandole che aveva un dovere da compiere. Riprese, a passo svelto, a percorrere i corridoi che conducevano all'ufficio di Silente.

«Tonks!» L'inconfondibile voce della Mcgranitt, attirò la sua attenzione e quasi inciampò nell'arrestarsi di colpo.

«Ciao Minerva», la salutò, dopo essersi voltata verso di lei.

«Come mai sei qui? È successo qualcosa?»

«Ho ricevuto un messaggio da Remus, sono venuta per riferirlo ad Albus.»

«Ti accompagno allora», le posò una mano sul braccio invitandola a seguirla.

«Grazie», le rispose con un sorriso.

«Che cosa è successo ai tuoi capelli? Credo di non averti mai visto con un colore così...» Si interruppe alla ricerca dell'aggettivo opportuno, così Dora le venne in aiuto:

«Da vecchia?»

«Noto che non hai perso il tuo senso dell'umorismo», la canzonò fingendosi offesa, «Volevo dire spento.»

«Ho qualche problema con le metamorfosi, sicuramente colpa della stanchezza», replicò con noncuranza ma, la sua ex professoressa, la conosceva troppo bene per crederci, così provò a insistere:

«Ne sei sicura?» Dora vide l'occhiata indagatoria tipica della donna, ma si era ripromessa di non abbattersi quel giorno e, trattando l'argomento sentimentale, non ne sarebbe stata capace, quindi mentì con la speranza di risultare convincente:

«Sì, certo!»

Per fortuna erano giunte a destinazione e, la conversazione, non ebbe modo di continuare; pronunciata la parola d'ordine, le due salirono la scala che portava all'ufficio del Preside.

«Entrate pure», le accolse l'uomo sentendo il loro bussare.

«Buongiorno», lo salutò la giovane.

«Oh Ninfadora, che piacere!» A quanto pare non aveva ancora perso il vecchio vizio di chiamarla per nome ma, notando il suo disappunto, si corresse:

«Perdona il mio errore, Tonks. Che cosa ti porta qui?»

«Ho ricevuto un messaggio da Remus, mi ha chiesto di dirti che per ora procede tutto bene, si è inserito nel branco e ti contatterà prima possibile per aggiornarti», era innegabile la sua soddisfazione nell'essere la destinataria del Patrono dell'uomo e, ovviamente, Silente se ne accorse.

«Ti ringrazio per avermelo riferito subito, mi sembri contenta.» Dora, con l'aria di un bambino che viene colto con le mani in un sacchetto di caramelle, confermò l'evidenza ma cercando di ricomporsi:

«Sì beh, non è una missione facile quella che deve affrontare, mi fa piacere se per lo meno è riuscito a farsi accettare.»

«Certo, certo, è comprensibile», le disse con un'espressione dubbiosa, aveva sempre posseduto la capacità di leggere dentro le persone; poi proseguì:

«Prima che tu vada c'è una cosa che vorrei domandarti. A settembre si porrà la necessità di intensificare la sorveglianza qui a Hogwarts, l'ho già accennato a Kingsley, se anche tu fossi d'accordo, ti vorrei tra gli Auror d'istanza qui. Sarebbe comodo e mi renderebbe più tranquillo poter contare su un membro fidato dell'Ordine.»

«Capisco bene, purtroppo anche all'interno del Ministero sta diventando sempre più difficile intuire gli schieramenti di ognuno. Parlerò con il mio capo, ma credo che concorderemo tutti sui benefici della mia presenza qui.» La scuola era sempre stata come una casa per lei, inoltre c'erano i ragazzi lì, la sua seconda famiglia, si sarebbe sentita molto più utile alla causa nel proteggerli da vicino.

«Benissimo, allora ti lascio tornare ai tuoi doveri.»

«Buona giornata Albus, Minerva», li salutò e si alzò per congedarsi, ma fu fermata da Silente che, con un sorriso incoraggiante, si raccomandò:

«La prossima volta che ci rivedremo, spero che i tuoi capelli avranno ritrovato il loro splendore.»

«Anche io», non aggiunse altro e uscì dalla stanza, la sua scrivania l'aspettava.

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Dopo essere fuggito dalla città, Remus, aveva condotto Luke di nuovo verso le grotte, ma il ragazzo non era soddisfatto della caccia, non ne era rimasto del tutto appagato e così, attirato dal sangue di cui era impregnato il pelo di Lupin, attaccò anche lui, nel tentativo di sfogare la sua brama.

Il combattimento, però, non durò molto, la lotta nel seminterrato, i colpi ricevuti, nonché la botta presa in testa, avevano indebolito il giovane, impedendogli di essere al piano delle sue forze. A un certo punto cadde stremato vicino all'ingresso del loro nascondiglio, faticava a respirare e, soprattutto, a trovare la forza per rialzarsi e riprendere lo scontro.

Si addormentò poco dopo e ciò concesse anche a Lunastorta la libertà di riposare per le restanti ore di quella orribile notte; anche se, doveva riconoscere, che sarebbe sicuramente potuta andare peggio.

Quando al mattino si risvegliò non si sentiva distrutto, come spesso gli capitava, il sollievo di non aver morso nessuno lo rinfrancava, ma non poteva certo definirsi contento. Aveva comunque assistito ad uno degli atti più ignobili che un uomo possa commettere e non era stato in grado di fermare il compagno in tempo, o per lo meno non ne era certo. La vittima era un criminale, aveva attaccato una donna per cercare di derubarla, ma, per Remus, niente giustificava comunque la condanna ad una vita vergognosa come la sua. Preferiva, di gran lunga, che fosse la legge a punire in maniera giusta chi se lo meritava.

In cuor suo, quindi, sperava che il ladro potesse sopravvivere e che il suo destino non fosse segnato; non vedeva l'ora di potersi ripulire del sangue sparso ovunque, l'odore metallico lo nauseava e gli impediva, anche solo di provare, a smettere di tormentarsi con il ricordo del corpo dell'uomo steso a terra, in netto svantaggio, bloccato da quello di Luke di cui era chiara la superiorità.

Sapeva, però, di dover aspettare, non sarebbe stato credibile se, al risveglio del ragazzino, si fosse fatto trovare tutto pulito e vestito; così decise di approfittare del momento di solitudine per inviare sue notizie ad Albus.

Qualcosa gli fece cambiare idea, il sorriso compiaciuto di Dora gli si affacciò alla mente, perché era perfettamente a conoscenza dell'espressione da lei assunta dopo aver riposto le pozioni nella valigia; gli sembrava quasi di poterla vedere davanti a sé, come se avesse assistito alla scena. 
Non era sempre stato corretto con lei, anche se tutti i suoi comportamenti erano dettati dal suo desiderio di proteggerla, era conscio della freddezza a cui era spesso ricorso per poterla allontanare. Nonostante ciò, la donna continuava a sorreggerlo e a dargli supporto, anche senza essere al suo fianco.

Doveva ringraziarla, se non fosse stato per lei, non aveva idea di come sarebbe sopravvissuto a quella luna piena senza destare sospetti; era pur sempre un membro dell'Ordine e l'amicizia che li aveva legati, per lungo tempo, era chiara a tutti gli altri, quindi non sarebbe parso troppo strano l'invio del messaggio proprio a lei.

Non poteva dire molto, era indispensabile essere telegrafici e perdere il meno tempo possibile per evitare il rischio, che qualcuno potesse scoprirlo mentre usava la magia per contattare un esterno.

Spedì il suo patronus, con poche parole, ma colme di significato e amore; un sentimento che non sarebbe mai riuscito a spegnere, perché nella sua vita, aveva avuto la prova che una persona come Ninfadora non la si incontra tutti giorni, ma solo una volta, e che se provi l'immenso onore e piacere di instaurare un rapporto con lei, non esiste la possibilità di dimenticarla.

Sebbene fosse convinto di agire per il meglio, sapeva che non avrebbe più sentito una risata sincera e coinvolgente come la sua, o trovato il fascino che irradiavano i suoi cambiamenti e non solo perché il suo era un potere raro, era il modo di fregarsene di volerlo controllare e di mostrarsi vera davanti agli altri, a renderla unica. Era certo che non esistessero labbra più dolci di quelle di Tonks da baciare, che nessuno emanasse un profumo fruttato e piacevole come il suo, ma soprattutto era sicuro che mai e poi mai qualcun'altra l'avrebbe guardato come era solita fare lei, con tenacia e frustrazione quando si ritrovava davanti al suo ennesimo rifiuto e con ammirazione e amore, per il resto del tempo.

Cercava di non mostrarlo ma, la verità, era che soffriva terribilmente senza di lei, più tentava di non pensarci, di ricordarsi che era corretto farsi da parte e permetterle di costruirsi una vita migliore, di quella che lui avrebbe potuto regalarle, più si sentiva attirato da lei come una calamita e non era facile trovare una soluzione per provare meno dolore. Probabilmente perché non esisteva.

Aveva anche provato a trattenersi, a non far trapelare la sua preoccupazione per Dora, ma non aveva potuto fare a meno di raccomandarsi con lei, alla fine della sua missiva, perché l'ultima cosa al mondo che desiderava, era il vederla soffrire; lui avrebbe anche potuto patire le pene dell'inferno ma, a lei, augurava di poter sorridere per il resto della sua vita, senza alcuna ombra ad oscurare il suo luminoso viso a forma di cuore.

Perso nei suoi pensieri, con lo sguardo fisso verso il mare che, quel giorno, agitato come era, interpretava in maniera perfetta l'andamento delle sue emozioni; si accorse, ad un tratto, che Luke, poco distante da lui, si stava risvegliando.

«Giorno», biascicò scrutandolo, «A giudicare dal nostro aspetto, direi che ci siamo divertiti parecchio stanotte».

Remus non amava l'occhiata con cui lo stava squadrando, odiava mostrarsi nudo, a maggior ragione ricoperto di sangue, cosa che persisteva nel disgustarlo; inoltre avrebbe definito in altro modo quella notte, ma fu costretto a confermarlo e a nascondere il suo disagio:

«A quanto pare.»

«È un peccato averlo dimenticato. Beh, comunque, non so te, ma io preferisco di gran lunga spostarmi da qui e andarmene a letto a dormire.» Si alzò con grande difficoltà, erano evidenti i segni lasciati dalla lotta e iniziò a dirigersi verso la loro stanza.

«Ti raggiungo tra poco», gli rispose, anche se, in realtà, non lo stava ascoltando.

Prima di tutto desiderava sciacquarsi, con la speranza di liberarsi anche di quell'odore insopportabile, poi sarebbe andato a riposare.

Quando, finalmente, iniziò a sentirsi di nuovo se stesso, si recò a recuperare dei vestiti ma, invece di sdraiarsi, prese ad esplorare zone della grotta mai viste prima. Il resto del branco ancora non aveva dato segni di vita, era stata per tutti una notte movimentata, per un po' non avrebbe incontrato nessuno in giro.

I percorsi da poter scegliere sembravano infiniti, a Remus, pareva di trovarsi in uno di quei labirinti di cui aveva letto nei romanzi; ogni strada, strettoia o arco si assomigliavano tra di loro, era pressoché impossibile distinguerli. 
Trovatosi davanti all'ennesimo bivio, cominciò a domandarsi se fosse il caso di proseguire ma, proprio quando stava per tornare indietro, una strana luce colorata catturò la sua attenzione. Si guardò intorno, alla ricerca di un'ulteriore conferma di non essere in compagnia, poi si diresse verso quella fonte luminosa.

Non riusciva proprio a spiegarsi di che cosa potesse trattarsi ed, ancora una volta, proprio come nelle ore precedenti, rimase interdetto davanti a ciò che gli si presentò davanti. Era senza parole, la stanza appariva come un misto tra un'aula di pozioni e uno di quei luoghi babbani dove studiavano la scienza, di cui aveva sentito parlare, per l'appunto, a Babbanologia.

Iniziò a girare tra i banconi di legno che vi si trovavano al centro, facendo attenzione a non rompere nulla, cercò di distinguere i vari prodotti contenuti in ampolle, fiale e barattoli dalle diverse forme. C'erano erbe, liquidi colorati, attrezzi vari per mescolare o tritare, non era in grado di riconoscere tutto, qualche contenitore riportava sopra un'etichetta ma altri erano di gran lunga più misteriosi. Inoltre, almeno a un primo sguardo, non seguivano un ordine preciso, ma erano posizionati sui tavoli alla rinfusa; forse solo chi li utilizzava era in grado di raccapezzarcisi.

Quello che proprio non gli era chiaro e, che continuava a chiedersi, era a che cosa stessero lavorando delle persone che avevano scelto chiaramente di vivere come dei lupi; quali interessi potessero avere nel creare quegli intrugli, non riusciva a spiegarselo.

Era intento a rigirarsi tra le mani una fiala, il cui contenuto assumeva sfumature grigie, verdi o blu, ad ogni movimento, quando una voce lo fece sobbalzare, tanto che per poco non gli cadde sul pavimento.

«Vedo che hai scoperto il nostro piccolo segreto, Lupin. Credevo di trovarti a dormire a dire il vero», gli disse Greyback, con la solita aria di chi la sa lunga; non era granché infastidito di trovarlo lì, cosa che Remus trovò molto strana, ma che non servì a placare l'ansia che gli stringeva lo stomaco in una morsa.

«Ho riposato fino a poco fa, ero annoiato, così sono venuto a fare due passi», mentì, con la speranza di ingannarlo; era decisamente singolare farsi trovare in piedi dopo la luna piena e, per di più, con l'espressione di chi è stato colto in fallo.

«Magari speravi di trovare qualcosa», insistette facendogli un sorriso sghembo carico di malizia.

«In realtà stavo camminando senza meta, sovrappensiero, non credevo certo che mi sarei imbattuto in una specie di magazzino.»

«Oh è molto di più di questo, te lo assicuro. In effetti meriteresti una punizione per aver ficcato il naso dove non avresti dovuto ma, riflettendoci, credo che potresti anche tornarmi utile», era impossibile non notare la soddisfazione impressa sul suo volto.

Nonostante temesse la risposta, Lunastorta aveva estremo bisogno di sapere che cosa lo aspettava questa volta, a quale nuova prova sarebbe stato sottoposto, così domandò:

«Come potrei essere di aiuto?»

«Una persona che ha frequentato la scuola di quel vecchio di Silente, è sicuramente più preparata di noi. Dato che, come ben sai, non amiamo molto la magia, soprattutto visto il disprezzo che maghi e streghe provano nei nostri confronti, vogliamo imparare a difenderci a modo nostro. Sono in grado di insegnare al mio branco solo pochi e basilari incantesimi, ma abbiamo bisogno di migliorarci», iniziò a spiegare davanti all'espressione dubbiosa di Remus.

«Quindi state cercando di creare una pozione che vi garantisca protezione?»

«Ci sei andato vicino, li ho visti farlo, con le bacchette si possono creare degli scudi dietro i quali nascondersi. Noi lupi siamo bravi ad attaccare ma siamo più deboli nel ripararci, soprattutto se attaccati da lontano e con la magia. Abbiamo quindi cominciato a studiare e tentare di realizzare un qualche miscuglio che ci renda più forti, invincibili oserei direi.»

Lupin era allibito davanti all'espressione di Fernir, vi si poteva leggere la fama di potere, la necessità di avere tutto sotto controllo, il desiderio di diventare come un immortale e, tutto questo, lo faceva rabbrividire, quasi come se fosse la prima volta che veniva a contatto con quella dura realtà.

L'alfa non perdeva occasione per ricordargli quanto odiasse il suo mondo e che, piuttosto che cercare un modo per essere accettato ed integrato, preferiva trovare un metodo per contrastarlo. Non faceva che ripetersi quanto sarebbe stata dura portare qualcuno dalla propria parte, ma non si sarebbe arreso, non questa volta; così, armatosi di coraggio, ritrovò la parola:

«Che cosa dovrei fare?»

«Conosci le erbe e le loro proprietà?»

«Sì certo.»

«E sai anche dove trovarle?»

«Ad Hogwarts c'è una delle più grandi serre a noi conosciute», nell'udire la risata di Greyback si sarebbe morso la lingua fino a sanguinare, ma non era riuscito a pensare a nessun'altra alternativa.

«Centro! Dato che sei un esperto di quel posto, dopo che avrai capito quali ingredienti ci sono necessari, andrai a rubarli per noi. Devo immaginare che non ti dispiaccia, vero?»

Lupin si sentì messo alle strette, come se ci fossero delle mani intorno al suo collo pronte a strangolarlo, di sicuro avrebbe ricevuto il supporto di Albus, ma lo scopo non era certo quello di aiutare i lupi; sperò, con tutte le sue forze, che fosse la cosa giusta da fare per dimostrare fiducia e ottenere così il loro ascolto in futuro.

«No certo che no», rispose tutto d'un fiato, senza più pensare.

«Benissimo, puoi iniziare quando vuoi!»

C'era solo un ultimo problema, aveva mentito, non era mai stato così appassionato di erbologia e le nozioni che aveva appreso, o per lo meno ricordava, erano molto limitate. Conosceva una persona, però, che si era sempre distinta in quel campo, avrebbe solo dovuto trovare tempo e modo di contattarla.

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


I giorni iniziarono a trascorrere in maniera monotona, Remus era in attesa di trovare un'occasione adatta per contattare Dora; non era solo il rischio di essere scoperto a preoccuparlo, in realtà si sentiva anche in colpa nel chiedere aiuto proprio a lei. Non era l'unica esperta in erbologia in grado di dargli le informazioni necessarie, ma non riusciva a dominare il bisogno e la voglia di sentire la sua voce anche se solo attraverso un patronus.

Incontrarla sarebbe stato decisamente troppo pericoloso per entrambi, ma poteva accontentarsi di un breve scambio e, soprattutto, di sapere se stesse bene.

Immaginava che necessitasse del tempo per superare la morte di Sirius e che le cose al ministero, dopo l'accettazione del ritorno di Voldemort, fossero sempre più difficili e, in qualche modo, tentava di autoconvincersi di non averle causato troppo dolore.

Faceva fatica a trovare un equilibrio con quel turbinio di pensieri che gli occupavano la mente, si sentiva perennemente in bilico tra il concedersi la libertà di amare e il rimorso di essersi spinto troppo oltre.

Era a conoscenza, però, del non poter indugiare ancora per molto, presto Greyback avrebbe iniziato a pretendere dei risultati da parte sua o, per lo meno, di vederlo impegnato nel lavorare sulla pozione che sognava di realizzare.

Lupin non era del tutto certo di possedere la capacità di creare ciò che l'alfa desiderava, ma si sarebbe comunque dimostrato volenteroso per non destare sospetti.

Era intento a dare una scorsa a uno dei suoi vecchi volumi di scuola, traeva conforto nel farlo, gli ricordava i momenti felici passati seduto al banco ad ascoltare i professori o in biblioteca; inoltre sperava di trovarvi qualche ispirazione per il suo obiettivo. Fu la voce di Luke a distrarlo:

«Che cosa stai leggendo?» Gli chiese alzandosi dal letto e prendendo posto su una sedia al suo fianco.

Remus gli porse il volume per farglielo vedere.

«Pozioni...sembra interessante, stai cercando qualcosa che possa esserci di supporto?»

«Sì, fa bene rinfrescarsi la memoria», gli rispose con un sorriso e osservandolo da vicino. Appariva così giovane e ingenuo, tutto ciò che gli era stato insegnato riguardava la violenza, il potere, la supremazia; gli avevano negato l'affetto, strappato l'infanzia e tolto ogni possibilità di vivere come tutti gli altri. Anche se sembrava non soffrirne, Lupin era certo che se avesse potuto vedere qualcosa di diverso a quello a cui era abituato, lo avrebbe apprezzato.

«Raccontami qualcosa del tuo mondo», gli domandò allungando le gambe davanti a sé, alla ricerca di una posizione comoda.

«Del mio? Nostro vorrai dire», gli rispose scettico.

«Beh tecnicamente ora ti sei schierato con noi, ma fino a poco tempo fa facevi parte anche tu di quel gruppo di persone che non ci accettano», replicò con una smorfia senza guardarlo negli occhi.

«Ha mai pensato al perché non veniamo accolti?» Non era casuale il fatto che si fosse incluso lui stesso, per quanto ci fossero alcuni che lo amavano e che erano stati in grado di andare oltre il suo problema, sapeva che ce ne erano altri che invece continuavano ad allontanarlo.

«Semplice, ci considerano inferiori, esseri indegni», Luke non riuscì a nascondere una certa amarezza nel pronunciare quelle parole.

«C'è chi la vede così, non posso negarlo ma, per fortuna, non tutti credono alle differenze tra razze e sangue. La visione che hanno di noi però, spesso, è alimentata dai nostri comportamenti.»

«Che cosa vuoi dire?» Il ragazzo lo scrutò con fare dubbioso e indagatorio; Lupin non era sicuro che fosse già arrivato il momento per iniziare a sbilanciarsi, ma forse se avesse provato a convincere almeno lui, avrebbe potuto trovarvi un alleato e, al suo fianco, tentare di invitare altri membri ad unirsi alla loro causa. Si sentiva come sulla cima di un dirupo, dietro di sé c'era la tranquillità di non essere scoperti ma, di fronte, l'alta probabilità di essere cacciato o di subire una sorte peggiore.

Nella sua vita tutto era stato accompagnato dal rischio, da piccolo si sentiva un pericolo per i suoi genitori; quando era studente avrebbe potuto essere cacciato dai propri amici dopo essere stato colto in flagrante; da professore si era di gran lunga avvicinato al fare del male ai propri allievi; azzardandosi a diventare uno stretto amico di Dora le aveva concesso di esporsi al giudizio pubblico e ora, la minaccia di essere ucciso o di vedere l'espressione delusa di Silente, incombeva su di lui come una spada di Damocle.

Non gli era concesso di tentennare, di farsi frenare dalla paura, doveva buttarsi e accettare le conseguenze, così come aveva spesso fatto. Decise di iniziare a lanciare qualche messaggio, senza raccontare il suo vero obbiettivo e si preparò a spiccare un salto nel vuoto.

«Non siamo obbligati a mordere, a fare del male a degli innocenti. Quando ci trasformiamo siamo attirati dal sangue, ma potremmo metterci sempre in una condizione che ci permetta di starne lontani. Sono i nostri atteggiamenti a dare il via alle voci», gli spiegò con quel tono calmo e rassicurante che lo contraddistingueva ogni qual volta esprimeva un concetto.

«Vorresti quindi dirmi che la colpa è nostra se i maghi hanno un'opinione negativa di noi?» Luke iniziò ad agitarsi, lo si notava da come non riuscisse più a stare fermo sulla sedia, si muoveva in maniera scattosa e una gamba gli tremava senza sosta.

«C'è una buona dose di pregiudizio in tutto ciò, ma le azioni di noi lupi mannari tendono frequentemente a confermarle.» I tempi non erano ancora maturi, il ragazzino era troppo devoto a Greyback e a ciò che gli aveva insegnato, non era pronto ad ascoltare fino in fondo Remus, che prese a cercare qualcosa nella sua valigia. Ne estrasse un vecchio testo ingiallito e dall'aria decisamente vissuta e glielo passò:

«Ecco, potresti leggere questo.» Gli disse quasi scoppiando a ridere davanti all'espressione sconvolta del giovane.

«Storia della magia?» Domandò, prendendo il volume tra due dita e tenendolo a distanza, come se stesse ispezionando un calzino maleodorante.

«Narra di molti eventi avvenuti in passato e che potrebbero esserti di aiuto per capire un po' meglio il mondo che definisci avversario.»

«Sai vero che non tocco un libro da secoli?»

«Hai di meglio da fare? Mi sembra che tu abbia parecchio tempo a disposizione», gli rispose con il suo solito sorriso sghembo e un'alzata di sopracciglia.

Luke sbuffò e se ne tornò a letto, non avrebbe voluto dargli soddisfazione, ma la curiosità ebbe la meglio e, dopo qualche minuto, cominciò a sfogliare l'antico volume. Anche Remus ne approfittò per riprendere i suoi studi sulle pozioni.

Mano a mano che le ore passavano, però, all'uomo era sempre più chiara la necessità di ricevere una consulenza da qualcuno di più esperto. Attese ancora e, quando fu notte inoltrata, si avviò verso l'uscita della grotta, assicurandosi, durante il tragitto, che tutti stessero dormendo.

Respirò a pieno polmoni l'aria all'esterno, non andava spesso fuori ed era piacevole poter fare due passi all'aperto; camminò un po', beandosi di quella sensazione di libertà scaturita dall'allontanamento da quel luogo soffocante. Non appena si sentì ancora più al sicuro, si sedette sulla sabbia e, dopo essersi domandato per l'ennesima volta se stesse facendo la cosa giusta, inviò un Patronus a Ninfadora.

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Tonks fu svegliata di soprassalto da una forte luce bluastra, preoccupata di poter ricevere brutte notizie o un qualche tipo di convocazione da parte dell'ordine o dai colleghi Auror, cercò di mettere a fuoco il più possibile il patronus per capirne la forma.

Riconobbe subito il lupo di Remus, ma se da una parte era consapevole che significava che fosse vivo, dall'altra era comunque spaventata che potesse avere bisogno, con impellenza, del suo aiuto. Si tirò su di scatto, pronta all'azione e attese, per quelli che parvero interminabili secondi, che la voce di Lupin raggiungesse le sue orecchie.

«Non ho molto tempo, come immaginerai, e mi dispiace disturbarti a quest'ora, ma è l'unico momento in cui posso rimanere da solo. Ho bisogno di te, non posso spiegarti, però sei molto più competente di me e avrei bisogno che mi indicassi alcune piante da poter usare per una pozione che serva ad aumentare la capacità di difesa e protezione. Per favore, dimmi come stai.» 

Dora si rese conto di essere rimasta in apnea per tutta la durata del messaggio, solo quando sentì il flusso d'aria uscirle dalla bocca. Il sollievo di sentirlo di nuovo, ma soprattutto l'emozione che gli procurava il poterlo ascoltare, annullava la sua capacità di riflessione. Doveva farlo però e in fretta.

Cercò di calmarsi e di svuotare la mente, si batté le mani sulla fronte per incitarsi:

«Andiamo! Pensa, pensa, pensa!!!»

Ormai del tutto sveglia, tentò di ricordarsi i nomi di alcune delle principali piante utilizzate per lo scopo indicatole dall'uomo; non appena fu pronta dettò la risposta al proprio coniglio, per inviarla:

«Ho sicuramente bisogno di rinfrescarmi la memoria, ma immagino che sia urgente, tra le più efficaci ci sono l'assenzio, l'iperico, la ruta e il cumino. Non sono facili da reperire, ma ricordo che la Sprout ne coltivava sempre un po' per averle di scorta. Mi manchi...»

Non era riuscita a trattenersi, non voleva farlo agitare e dirgli che in realtà senza di lui non poteva sentirsi bene, perché era stata privata, in maniera brusca, di una parte fondamentale di sé. Dora stava imparando, a sue spese, che non basterebbe neanche un millennio a superare un distacco come quello, perché quando una persona ti ruba l'anima, il cuore e ti riempie la testa non puoi imparare a farne meno, a vivere senza, puoi solo cercare di non soccombere alla sua mancanza.

Attese il ritorno del lupo, anche se era a conoscenza dell'impossibilità di Remus di avviare una vera e propria conversazione. Quando stava per cedere e riaddormentarsi, fu avvolta di nuovo da quel chiarore familiare che la toccò in profondità e diede la forza, giusto a poche ciocche dei suoi capelli, per ricolorarsi .

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Mi manchi...

Quelle parole continuavano a risuonare al pari di un eco, come se volessero marchiarlo a fuoco; Remus chiuse gli occhi nel tentativo di imprigionare dentro di sé le chiare informazioni ricevute dall'amata. Non lo dimenticava e sapeva quanto fosse sbagliato crogiolarsi nella sensazione di benessere che gli regalava quella consapevolezza; doveva sperare ben altro, che lei andasse avanti, che si concentrasse su altro, ma non era in grado di farlo in fondo, non quando anche lui, in primis, provava la stessa medesima cosa.

Rischiava di essere scoperto ma proprio non riusciva a decidersi, a porre una tregua a quella guerra tra razionalità e passione; ma alla fine, l'intensità delle sue emozioni, esplodendo come fuochi d'artificio in una festa di paese, conquistarono la vittoria e gli suggerirono la più perfetta delle repliche:

«Anche tu.»

Non era il caso di illuderla, ma lui era consapevole del suo stato d'animo, del suo dolore; la conosceva troppo bene, quando ometteva qualcosa era per non metterlo in apprensione e lui voleva che sapesse quanto la comprendeva.

Se ne tornò a letto, con la speranza che le sue azioni fossero la scelta giusta da intraprendere.

Il giorno dopo si recò di buon'ora da Greyabck, per comunicargli le sue ricerche:

«Ho trovato alcune erbe che potrebbero fare al caso nostro e penso che l'unico posto dove poterle recuperare sia Hogwarts.» Cercò di nascondere l'ansia che gli arrovellava lo stomaco nel nominare quel luogo a lui così caro.

«Bravo ragazzo!» Esordì Fernir battendogli una pacca sulla spalla e, senza notare, il lieve sussultò del mago nel subire quel tocco non richiesto.

«Quando devo andare?»

«Oh non così in fretta, aspettiamo settembre, non sarebbe divertente far visita alla scuola proprio ora che è così deserta, giusto?» Accompagnò quella domanda con il suo solito ghigno perfido.

Lupin deglutì forte e dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non vomitargli in faccia ciò che realmente pensava; l'alfa, come un bambino al parco giochi, trovava sempre divertente tutto ciò che lo disgustava ma, per il momento, non poteva comportarsi altrimenti, se non con accondiscendenza. Non doveva smettere di avere fiducia e raggiungere in fretta il suo scopo principale, così presto quell'agonia sarebbe finita.

 

Spazio Autrice:
 

Capitolo più breve del solito e un po' di passaggio ma volevo rassicurarvi: sono viva!!! ah ah ah ah! Voglio ringraziarvi davvero, c'è chi mi ha scritto per sapere se sto bene, chi rilegge più e più volte la storia in attesa di un aggiornamento e chi mi supporta con costanza e affetto.. GRAZIE, perché siete preziosi e la mia forza!
Sono in un periodo un po' incasinato, per chi non lo sapesse sono anche una mamma e le priorità di mia figlia, a volte, non mi permettono di dedicarmi alla scrittura! Nel prossimo capitolo succederà un qualcosa che per me è importantissimo (chi mi conosce bene di sicuro ha capito) e voglio dedicargli lo spazio che merita, quindi, anche se avevo previsto di inserirlo in questa parte, preferisco rimandarlo! 

Cercherò di aggiornare più velocemente e grazie ancora a voi che non mi lasciate mai!
Serena

 

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Il 1° settembre, per i maghi e le streghe, era, da secoli, un giorno molto particolare; ognuno lo viveva a modo suo, i più piccoli erano di sicuro impauriti oltre che ansiosi di cominciare, i grandi invece non vedevano l'ora di incontrarsi di nuovo e di ripercorrere i familiari e amati corridoi di Hogwarts. Ciò che di sicuro accomunava tutti era l'estremo stato di eccitazione con cui affrontavano l'attesa dell'Espresso, al binario 9 e ¾ di King Cross. 
Sembrava di assistere ad una grande festa, genitori che incitavano i propri figli a sbrigarsi, carrelli spinti alla velocità della luce come se fossero macchine autoscontro babbane, bauli stracolmi che riuscivano a rimanere chiusi grazie al supporto della magia; la baraonda era accompagnato da urla, risate, pianti di commozioni e abbracci lunghi un'eternità.

C'era però qualcuno, che quel giorno, non riusciva a viverlo come era stato solito fare per sette anni.

Dora era posizionata vicino ad una colonna della stazione in modo da non trovarsi in mezzo alla calca e avere una chiara visuale della situazione. Sperava di non essere notata da chi la conosceva e, probabilmente, grazie alla sua trasformazione, nessuno lo avrebbe fatto.

Un cambiamento dettato, non da una delle sue metamorfosi, ma da un sentimento che continuava a logorarla sempre di più e a cibarsi delle sue energie e positività. L'amore era la causa del grigio definito dei suoi capelli, del suo dimagrimento e pallore.

Se prima era come una candela appena accesa, splendente e forte, ora la cera si era completamente sciolta, portando via con sé tutto il calore che era capace di irradiare e lasciando solo un piccolo moccolo annerito.

Non c'era più il rosa, il sorriso che riusciva a contagiare chiunque si trovasse al suo fianco, la carica con cui affrontava ogni dì, anche il più duro; la lontananza da Remus e il suo rifiuto le avevano rubato tutto. Si sentiva come se avesse affidato la sua anima all'uomo che amava e, mano a mano che il tempo passava, la luce che lui manteneva viva, si affievoliva con maggior prepotenza.

Non era in grado di partecipare alla gioia collettiva che la circondava, percepiva la confusione in maniera ovattata, come protetta da una bolla di sapone; l'unica parte di sé che manteneva vigile erano gli occhi.

Aveva un dovere da compiere: verificare che non ci fossero intoppi e accertarsi che gli studenti prendessero quel treno senza essere ostacolati.

Il dolore la stava distruggendo, non poteva né voleva negarlo, ma era un Auror e niente avrebbe mai potuto impedirle di adempiere ai suoi obblighi; nonostante stesse vivendo una sofferenza mai provata prima, non si sarebbe lasciata sopraffare al punto di non poter più lavorare.

Non era a suo agio in quella situazione, faticava a respirare in maniera naturale e desiderava solo poter fuggire e non essere più così esposta.

Pochi minuti dopo, finalmente, il mezzo, con a bordo tutti i ragazzi, partì e Dora buttò fuori l'eccesso d'aria trattenuto nel suo corpo, insieme al vapore seguito dal suo tipico fischio.

Qualche ora dopo, aveva già preso posizione ad Hogsmeade, pronta a verificare che gli allievi si dirigessero verso Hogwarts.

Di nuovo si piazzò in un punto non molto visibile, ai giovani sarebbe parso strano vedere un estraneo a sorvegliarli; spettava a Silente il compito di avvisarli della presenza sua e dei colleghi alla scuola.

Vide passare Hermione, Ron, Ginny, i gemelli e alcuni dei loro amici che conosceva solo per nomea, ma si accorse subito della mancanza di Harry. Notò come il gruppo si guardava intorno, alla ricerca di qualcuno, sicuramente di lui, ma non poteva richiamare la loro attenzione per porre delle domande. Avrebbe dovuto cavarsela da sola e tentare di capire che cosa fosse successo.

Un senso crescente d'ansia iniziò a impadronirsi di lei, stringendole lo stomaco in una morsa; non appena il binario fu sgombro, Tonks cominciò a percorrerlo a passo svelto, con la bacchetta sollevata, pronta per qualsiasi evenienza.

Si accorse di un vagone che stonava con gli altri, perché le tendine non erano state tirate su, difficilmente c'era chi volesse dormire durante il viaggio; l'adrenalina, di solito, impediva a chiunque di rilassarsi.

Salì sul treno che appariva tranquillo, ma soprattutto, vuoto. Sentì la classica vibrazione di accensione del motore e, senza indugi, pronunciò:

«Homenum Revelio.»

Sul pavimento, coperto dal Mantello dell'Invisibilità, c'era proprio Potter, ricoperto di sangue e immobile come una statua.

«Ciao», gli disse prima di scongelarlo, in modo da permettergli di sedersi e ritrovare stabilità.

«Che cosa ci fai qui?» Era oltremodo stupito di vederla, ma anche grato, se non fosse stato per lei nessuno lo avrebbe soccorso.

«Silente ha richiesto la presenza degli Auror per proteggere la scuola, quindi ora sono distaccata qui.»

Lo aiutò a rialzarsi e si offrì di sistemargli il naso e, nonostante il ragazzo non fosse del tutto fiducioso, glielo permise. Aveva avuto brutte esperienze in passato, ma Dora era stata addestrata per riparare danni lievi, senza il bisogno di ricorrere ad un medico esperto.

«Non perdiamo tempo, dobbiamo scendere, il banchetto di benvenuto ti aspetta», disse in un tono molto diverso da quello abituale.

Saltarono giù dalla locomotiva che ancora non aveva preso velocità e si avviarono verso la scuola; la donna lo invitò ad indossare il suo magico indumento, così da non correre rischi inutili ed inviò un Patronus ad Hagrid per avvisarlo del suo ritardo, di sicuro si sarebbero preoccupati non vedendo arrivare il ragazzo.

Percorsero i metri che li separavano dalla loro destinazione in silenzio, era inevitabile notare lo stato di apatia con cui si presentava Ninfadora, Harry presupponeva che dipendesse dalla recente scomparsa di Sirius, ma non riusciva a trovare parole di consolazione adatte. Non era mai stato bravo in certe cose e sperava di potersi separare da lei quanto prima; quella nuova versione di lei lo rendeva nervoso e lo metteva a disagio, più di quando era una grande chiacchierona curiosa, sempre pronta a fare domande.

Arrivarono ai cancelli, ma non potevano varcarli senza il supporto di qualcuno a conoscenza degli incantesimi di protezione, che vi erano stati lanciati. Attesero pochi minuti quando videro apparire la luce d'una lanterna:

«Guarda, qualcuno sta venendo a prenderti», esclamò Dora, in cuor suo contenta di poter concludere quella giornata; aveva temuto di essere costretta a passare la notte con il prescelto e, avere compagnia, era l'ultima cosa che bramava.

Rimase sorpresa quando identificò la persona, che prese subito a parlare:

«Potter, che onore, pensavo che quest'anno non volessi degnarci della tua presenza», Piton lo scrutò dall'alto in basso e poi proseguì, «Niente divisa? Vuoi dare il via ad una nuova tradizione? Immagino che speri di trovare nuovi accoliti entusiasti della tua idea di indossare abiti babbani.» Non gli diede il tempo di replicare e si rivolse a Tonks:

«Non è necessario che lo aspetti Ninfadora, ovviamente il ragazzo è in buone mani», aggiunse lanciandogli un'occhiata di disgusto.

«Il mio messaggio era per Hagrid, in realtà», rispose non senza rabbrividire all'udire il suo nome.

«Credevi davvero che mi sarei potuto perdere la novità?»

Harry li guardò confuso, senza capire a che cosa si riferisse, ma non si lasciò sfuggire lo sguardo truce che la ragazza lanciò all'uomo.

«Sono rimasto deluso sai, quello di prima era più potente e luminoso, ora direi che è alquanto...come dire...palliduccio, ma d'altra parte non potrebbe essere altrimenti, rispecchia perfettamente l'aspetto del suo primo proprietario.»

L'Auror si sentì gelare di fronte all'acidità di quelle parole, non solo per il tono che Severus aveva usato, ma anche per la supponenza con cui l'aveva osservata; come se provasse un profondo ribrezzo; lui, che invece, di cuori infranti ne sapeva più di chiunque altro.

Preferì non avviare una discussione ma salutare il ragazzo che, nel frattempo, aveva affiancato il suo insegnante pronto a seguirlo e sempre più allibito da ciò che era stato detto in maniera, per lui, incomprensibile.

Si avviò di nuovo verso il paese, per mettere quanta più distanza possibile da ciò che aveva appena sentito, come se l'alone di negatività emanato da quel discorso la stesse rincorrendo.

Non era da molto che il suo Patronus era mutato assumendo la forma di un lupo, come quello di Remus e doveva ammettere di esserne rimasta alquanto sorpresa.

Sapeva che potevano subire cambiamenti, ma non si aspettava di certo che succedesse a lei.

Se ne era accorta una mattina, per l'ennesima volta non era riuscita a dormire e le si era presentato il bisogno di avvertire Kingsley del suo ritardo. Aveva fatto vari tentativi ma inutili, la sua depressione non le permetteva di lanciare l'incantesimo in maniera adeguata; dalla bacchetta uscivano solo piccole e deboli scintille luminose. Non poteva certo dire di non possedere ricordi felici, ogni momento passato accanto a Lupin lo era, ma anche il pensiero del loro primo bacio sembrava aver perso intensità, come se fosse un segno premonitore del fallimento di una relazione tra di loro.

Non aveva perso la fede, avrebbe sprecato fino all'ultimo misero rimasuglio di fiato per tentare di fargli cambiare idea; il non averlo vicino le impediva, però, di portare avanti la sua battaglia e questo la tormentava, ogni istante, in maniera più potente. Si sentiva come uno scoglio che viene eroso, ogni giorno con maggiore intensità, dalla potenza del mare; le sembrava di essere una di quelle rocce che tenta in tutti i modi di resistere, ma che non può fuggire all'inevitabile sgretolarsi, causato dalla forza dell'acqua. L'uomo era paragonabile a quell'elemento: aveva la capacità di dissetarla e di soddisfare i suoi desideri e, allo stesso tempo, di scontrarsi contro di lei e distruggerla.

Rammentava perfettamente che si era lasciata andare ad un fiume di lacrime, come l'avevano sconquassata i singhiozzi, davanti a quel nuovo segno di debolezza. Aveva perso i suoi poteri di Metamorfomago, non poteva permettersi di smarrire anche la potenza degli incantesimi; lo doveva a se stessa, a quanto aveva duramente studiato per diventare un Auror, a chi si affidava a lei per portare avanti la guerra contro il male.

Aveva cercato di ritrovare la calma, sussurrando e chiedendosi:

«Remus che cosa mi hai fatto...»

Nonostante le uniche testimoni di quello sfogo fossero le pareti spoglie della sua nuova stanza a Hogsmeade, qualcuno sembrò ascoltarla; forse quell'unico barlume di lucentezza che le pulsava nel petto. Con suo enorme stupore aveva visto la propria bacchetta dare forma ad un animale diverso dal suo coniglio; le bastò un secondo per appurarne la somiglianza con quello della persona che le aveva rubato ogni parte di sé.

Impossibile dimenticare quel momento, era rimasta incantata davanti a quel lupo che, ai suoi occhi, appariva fiero e splendente come non mai; probabilmente perché a lei non aveva mai dato fastidio il problema di Lupin, forse perché l'aveva sempre vista come un qualcosa di affrontabile.

Non aveva bisogno di conferme, conosceva benissimo l'intensità del suo sentimento, sia per quanto riguardava i risvolti negativi, sia i positivi; era stupita, però, dal constatare in prima persona quanto, anche la magia, fosse influenzata dalle emozioni.

Per la prima volta non aveva più modo di trasformarsi e assisteva ad un mutamento sostanziale del suo fedele messaggero; per la prima volta aveva scoperto quanto l'amore possa travolgerti, trasformarti, modificare ogni prospettiva, indirizzare i pensieri; farti rabbrividire per un semplice tocco, incendiare ogni fibra del tuo essere, farti piangere come mai avresti creduto possibile o sfiorare il cielo senza necessariamente volare, cavalcando una scopa.

Con quell'ulteriore novità Dora aveva davvero compreso che non c'è niente che possa fermare un cuore che batte incessantemente, non più solo per la propria sopravvivenza, ma anche per adeguarsi al ritmo del suo gemello che tanto ha faticato per trovare.

Se il rifiuto aveva reso possibile tutto ciò, la donna nutriva sempre di più la speranza che, il vivere ciò che li legava, avrebbe potuto irradiare di luce vera il loro mondo, quello che si affannavano a proteggere.

Non avrebbe concesso a Piton, o a nessun altro come lui, di fermarla; le occhiate di disapprovazione non potevano cancellare un sentimento come quello, anzi solo infuocarlo ancora di più e, se c'era una cosa che Tonks aveva giurato a se stessa, era che mai avrebbe smesso di mostrare a Remus quanto meritasse di restare al suo fianco. Non aveva importanza la quantità di tempo necessaria, lei era certa che prima o poi sarebbe riuscita a farlo capitolare.

------------------

L'estate per Remus era trascorsa in maniera relativamente tranquilla, non aveva ricevuto particolari pressioni da parte di Greyback e aveva cercato di avvicinarsi a Luke. Era un ragazzo socievole, se lo si conosceva meglio, spiritoso e, soprattutto, desideroso di imparare cose nuove. 

L'uomo era per lui come un cicerone che lo guidava alla scoperta di tematiche di cui neanche aveva mai sentito parlare; Lupin sperava di riuscire a fargli vedere gli aspetti positivi della magia, le qualità che caratterizzano l'essere umano e non solo i difetti che era abituato a conoscere. Ciò che aveva assimilato vivendo con il branco lo aveva portato ad inaridirsi, ad essere scostante, diffidente con chiunque; ma, il suo nuovo compagno di stanza, lo invitava ogni giorno di più ad aprirsi, a prestare l'orecchio all'ascolto di verità diverse dalle uniche a cui era stato costretto a prestare attenzione.

Nonostante stessero instaurando un rapporto e ciò infondesse speranza nel cuore di Remus, per la buona riuscita della missione, non poteva allontanare, dalla sua testa, le immagini che continuavano ad affacciarvisi.

L'importanza del suo compito era indiscutibile ma, Dora, aveva comunque la priorità nei suoi pensieri e cuore. C'era una frase del romanzo "Persuasione" che continuava a ripresentarsi, come un eco, nella sua mente:
"Non potevano esservi stati altri due cuori così aperti, altri gusti così simili, altri sentimenti così all'unisono, altri volti così amati".

Per quanto fosse sbagliato, pericoloso e ingiusto, trovava perfette quelle parole per ciò che avevano condiviso; perché sebbene sapesse che Tonks meritasse di meglio, credeva che nessuno avrebbe mai potuto amarla di più, era pressoché impossibile; così come aveva la certezza che lei era la sola capace di donarsi a lui, in maniera completa e incondizionata.

Ogni volta che pensava al suo sorriso, gli occhi luminosi, le onde rosa che le ricadevano sulle spalle, il tocco gentile, veniva scosso dai brividi e il petto gli si infiammava; ma, al contempo, una voce dentro di sé, forse quella della sua coscienza, gli rammentava l'essere indegno che era e gli sbagli che aveva commesso.

Ninfadora era per lui croce e delizia e, c'erano dei momenti, in cui si sarebbe buttato a capofitto nelle lingue rosse dell'inferno pur di avere la possibilità di sfiorarla ancora una volta o baciarla fino ad esaurire anche l'ultima briciola d'aria custodita dai polmoni.

Si illudeva di poter occupare le ore parlando e scambiandosi racconti con Luke, ma lei era sempre presente, al pari delle cellule del proprio corpo.

Erano ormai vicini all'equinozio d'autunno quando Greyback ordinò a Lupin di recarsi a Hogwarts a rubare le erbe di cui avevano bisogno. Ovviamente non sarebbe andato da solo ma con il suo giovane nuovo amico; il capo non si fidava ancora del tutto di lui e desiderava che ci fosse qualcuno a sorvegliarlo. Gli era noto l'attaccamento di Remus a quella scuola, nonché al preside che gli aveva concesso di frequentarla; temeva quindi che potesse ingannarlo e non adempiere all'incarico affidatogli.

Lunastorta, approfittando come sempre, di un momento di tranquillità post luna piena,  era riuscito ad avvisare Silente dei piani di Fenrir e gli aveva preannunciato ciò che gli serviva e che presto sarebbe andato a prendere.

Albus gli aveva fornito le istruzioni per potere superare i cancelli, così, quella fresca serata settembrina, non gli fu difficile aprirli.

«Accidenti, è stato un gioco da ragazzi!» Esclamò Luke al suo fianco, mentre ispezionavano l'area, controllando che non ci fosse nessuno nei dintorni.

«Non dimenticare che sono stato un professore, ero tenuto a sapere tutto riguardo alla sicurezza», gli rispose sperando di risultare credibile.

«Ora che facciamo?» Domandò mentre fissava incantato le affascinati guglie delle torri dell'edificio. Era la prima volta che le osservava e era impossibile non soffermarsi ad ammmirare come svettavano verso il cielo e davano vita ad un gioco di luci in netto contrasto con il buio della notte.

Lupin si intenerì davanti ai suoi occhi sognanti, era un peccato che non avesse potuto studiarvi, camminare per quei lunghi e interminabili corridoi, diventare matto per i continui spostamenti delle scale o conoscere il vero significato di amicizia. Purtroppo però, non erano lì per un giro turistico e dovevano muoversi.

«La serra si trova da quella parte», gli disse puntando il dito verso l'infinita distesa d'erba, poi proseguì, «Dai andiamo, non abbiamo tempo da perdere.»

Presero a correre, poi Lupin si arrestò e gli indicò il chiostro, dove spesso aveva trascorso i suoi momenti di pausa con i malandrini:

«Tu resta qui, così potrai sorvegliare la zona, io vado a prendere le scorte.»

«D'accordo, fai presto e torna vincente, così facciamo contento il capo», replicò facendogli l'occhiolino.

L'ex professore sperava davvero di fare una buona impressione, era proprio ciò che gli serviva per fornire prove di fiducia a Fenrir. Il gazebo a lui tanto familiare non si trovava molto lontano, ma procedette comunque a passo svelto per non impiegare troppo tempo.

Era quasi giunto a destinazione quando notò la sagoma di una persona camminare nelle vicinanze del tendone, come se stesse facendo una sorta di ronda. il preside gli aveva comunicato dell'aumento della sorveglianza, quindi doveva sicuramente trattarsi di un Auror.

Si appostò dietro ad una grossa quercia, nell'attesa che si spostasse e lui potesse avere il via libera; quando si fermò e mise a fuoco, però, il respiro gli si mozzò in gola e il cuore iniziò a battere all'impazzata.

Era voltata di spalle, ma era impossibile non riconoscere il suo modo di camminare, o come le svolazzava il mantello nero ad ogni movimento; i capelli non erano i suoi o, per lo meno, non del colore che adoravano entrambi, ma lui si era perso a guardarla così tante volte che avrebbe potuto identificarla anche in mezzo alla più opprimente delle calche.

Come succedeva quando si trovava in sua presenza, rischiava di perdere ogni capacità di raziocinio; mentre ogni parte del suo essere gli gridava di raggiungerla, la testa gli imponeva di fermarsi.

Nel frattempo, nel perdurare della sua lotta interiore, non si era accorto del fatto che Tonks, ora, si stesse dirigendo verso di lui; preso alla sprovvista, d'istinto, scattò indietro, come se dovesse fuggire da un nemico. Calpestò una foglia, il cui scricchiolio mise subito in allarme la ragazza.

«Chi c'è?» Chiese sollevando la bacchetta. L'uomo si accorse immediatamente del cambiamento ma, per quanto si presentasse cupa e spenta, per lui era luminosa come il primo giorno che aveva messo piede nella sua miserabile vita. Non voleva spaventarla e, in ogni caso, lo avrebbe trovato, così decise di uscire allo scoperto.

«Sono io...»

«Rem...» Tre lettere faticose da pronunciare e accompagnate da un sussulto di sorpresa.

Neanche un "Petrificus Totalus" avrebbe potuto gelarli più di così, erano immobili, distanti l'uno dall'altro; le braccia abbandonate lungo i fianchi in segno di resa, gli occhi incatenati tra di loro pronti a scrutarsi e perdersi, come erano soliti fare prima di quella separazione forzata, le labbra leggermente socchiuse che non bramavano altro che potersi toccare di nuovo, il petto di entrambi che si alzava e abbassava a ritmo, alla ricerca dell'ossigeno che solo l'altro era in grado di donargli. Come in una danza, tutto era in sincronia; nonostante la lontananza, in un attimo, l'uomo aveva ritrovato la sua prima ballerina, perché non sarebbe bastato un intero corpo di ballo per fargliela dimenticare.

L'amore è così, può farti raggiungere le più alte vette che conducono all'Olimpo o lanciarti nel profondo dirupo fino ai confini della terra; ma solo quando è quello giusto, non smette mai di tenere legate due persone da un filo invisibile e indissolubile, che neanche il tempo e lo spazio possono tagliare.

Remus aveva detto così tante volte a Dora che lo avrebbe dimenticato e trovato qualcuno di migliore, ma come poteva spiegargli che solo con lui era in grado di riconoscersi, di ritrovare il suo vero io che smarriva quando la rifiutava; di respirare, di sorridere e, quella sera, ne aveva avuto l'ennesima conferma.

Cercò di avvicinarsi, ma lui, comprese le sue intenzioni e le disse:

«Non qui», la prese per mano, con fare protettivo e la portò con sé all'interno della serra, non senza essersi prima guardato intorno.

Tonks non attese un secondo di più e si gettò tra le sue braccia, si aggrappò al suo mantello come per constatare che fosse reale e non un'allucinazione, inspirò il suo profumo familiare e si lasciò semplicemente ricomporre. Remus non riuscì a fermarla, ancora una volta la passione ebbe la meglio sulla razionalità; la accolse e dimenticò il resto.

Erano di nuovo a casa.

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Non ci sono parole per descrivere quanto, a volte, il destino possa essere crudele e giochi a tuo sfavore. Ti sembra di essere nel bel mezzo di un sogno e, un attimo dopo, la realtà viene a bussare alla porta con insistenza.

L'abbraccio in cui erano stretti, che li ancorava con forza l'uno all'altro, era riuscito, con la sua potenza, a far loro dimenticare il buio che li circondava. Non solo quello causato dall'ora tarda, ma anche ciò che non era nient'altro che la conseguenza di una guerra ormai alle porte.

C'erano stati litigi, incomprensioni, rifiuti, lacrime, ma la verità era una sola: il loro amore gridava a gran voce al di sopra di tutta la negatività e splendeva, con una luminosità tale, da scacciare via il resto.

Remus e Dora sembravano i protagonisti di un quadro, le braccia intrecciate e serrate intorno alle rispettive schiene, come se non avessero abbastanza, ma potessero in qualche modo fondersi. Lei poggiava la testa sul suo petto, all'altezza del cuore, nel tentativo di udirne il battito incessante e che galoppava al pari del proprio. Lui, invece, con la fronte chinata sul collo della ragazza, per ispirare di nuovo quel profumo che tanto adorava e lo aveva stordito innumerevoli volte arrivando a privarlo del sonno. Anche i rispettivi mantelli si erano aggrovigliati, come se potessero legarli ancor di più.

Si erano entrambi abbandonati, lasciati andare a quel piccolo momento di calore che bramavano da mesi; ma, allo stesso tempo, erano saldi e stabili come le colonne di un antico tempio greco.
Tra loro era così sin dall'inizio, si concedevano di sfogarsi, di mostrarsi deboli, in un modo che ad altri non era permesso e si ergevano al pari di una roccia, a cui potersi aggrappare per non cadere nel profondo oblio.

Purtroppo, però, sapevano entrambi di non poter continuare a crogiolarsi in quel conforto ritrovato.

Lupin si scostò di poco, per poterla osservare; con tocco leggero, le sfiorò il mento per invitarla a guardarlo; poi si rigirò tra le dita una ciocca grigia dei suoi capelli e le chiese:

«Che ti succede? Non ti ho mai vista portare un colore del genere, sei pallida e decisamente più magra.»

«Parli tu?» Sorrise e gli accarezzò un paio di cicatrici che si intravedevano dalla porzione di pelle lasciata scoperta dal maglioncino logoro che indossava; poi continuò, «Queste non le avevi l'ultima volta».

«Dora, non scherzare», l'ammonì con un sospiro.

«Non lo faccio, ma riterrai con me che la tua domanda è alquanto sciocca. Non stiamo certo affrontando un periodo semplice e, soprattutto, lo facciamo separatamente.»

«Lo so, ma non è da te. Neanche nelle giornate più dure hai mutato il rosa, o perso così l'appetito», insistette lui con maggior foga.

«Il punto è proprio questo, non lo sto facendo volutamente», gli rispose liberandosi dalla stretta e voltandogli le spalle. Non era facile ammettere e mostrare la depressione in cui era caduta, ma era impossibile non notarla e lei sapeva che l'uomo sarebbe stato il primo a non riconoscere la solita donna positiva ed energica. Era sempre stata lei l'anima della festa, la compagnona di turno, quella che non può starsene ferma nel vedere qualcuno in un angolo ad autocommiserarsi.

Era diventata una di quelle persone che normalmente sarebbe andata a consolare e non era semplice ritrovarsi in quella situazione e non riuscire a mascherarla.

«Che cosa vuoi dire?»

«Non sono in grado di trasformarmi, i miei poteri non funzionano come prima. Lavoro molto comunque, sono quasi sempre fuori e capita che mi dimentichi di mangiare.» Non poteva sostenere il suo sguardo ma immaginarselo, a testa bassa, intento a fissare il pavimento colmo di foglie, terriccio e residui di vegetali. Era certa che volesse domandarle dell'altro ed era alla ricerca del coraggio.

Sentiva solo il suo respiro accelerato ma, se la sua testa fosse stato come un macchinario, di certo avrebbe udito il rumore degli ingranaggi. Lo conosceva così bene, il suo modo di riflettere o la maniera in cui i pensieri negativi e i sensi di colpa si facevano strada nella sua mente. Alla fine si decise e lo ascoltò mentre le poneva la questione che lo assillava:

«Da quanto tempo non puoi più cambiare?»

«Dalla mattina della tua partenza, solo qualche ciocca era rimasta rosa, ma presto sono sbiadite anche quelle», gli rispose cercando di sembrare il più ferma possibile. Il ricordo, però, del risveglio di quel maledetto giorno, diede il via alla discesa di alcune lacrime sulle sue guance. 
Remus non era da meno, la conseguenza delle sue azioni, dell'essersi aperto e averle permesso di entrare, di non averla fermata prima che potesse innamorarsi di lui lo colpì in pieno petto, tanto da fargli perdere per un attimo la stabilità. La prese e la costrinse a voltarsi:

«Non era così che doveva andare, ti avevo detto di...»

«Cosa? Dimenticarti?! Come hai potuto essere davvero così ingenuo da crederlo?» Nonostante avesse preso subito fuoco, era strano non vederla incendiarsi come al solito. Non c'era alcun rossore sulle sue gote o capelli, ma gli occhi lanciavano fulmini, perché se c'era una cosa che non aveva perso, era il bisogno di far capire all'uomo quanto fosse testardo e ingenuo.

«È per il tuo bene, lo è sempre stato. Sono stato capace di ridurti in queste condizioni senza stare con te, figurati cosa succederebbe se ci impegnassimo in una relazione!»

«Possibile che tu ancora non l'abbia capito? Proprio perché tu non ci sei e ti ostini a rifiutarmi sto male; non me ne frega niente del rischio, dell'opinione degli altri, dell'essere allontanata dalla società. L'unico abbandono che può e potrà mai farmi soffrire è quello da parte tua, non dalla gente. Possono andare a farsi benedire tutti e le loro opinioni retrograde. Tu sei l'unico di cui mi importi!»

Non attese una replica e, per avvalorare ancora di più la sua tesi, gli prese il viso fra le mani e lo baciò.

Lupin fu colto alla sprovvista ma, invece di indietreggiare, le posò una mano dietro la testa per avvicinarla ancora di più. Lo faceva impazzire, la sua sola presenza aveva il potere di cancellargli ogni pensiero razionale dalla mente; le labbra invece avevano la forza di un uragano, pronte a spazzarlo via e condurlo in una dimensione che non era quella reale.

Se qualcuno, anni addietro, avesse detto loro che un giorno avrebbero offerto uno spettacolo del genere alla moltitudine di piante racchiuse nella serra, probabilmente sarebbero scoppiati a ridere.

Quel contatto però, non aveva niente di divertente, non era accompagnato dall'euforia classica dei primi e travolgenti amori; ma sapeva di urgenza, di desiderio, del bisogno di ritrovarsi, di riconoscersi, della necessità di calmare quel dolore, quasi fisico, causato dalla distanza tra i loro corpi.

Remus e Ninfadora non riuscivano mai ad azzeccare il momento giusto, quante volte erano stati interrotti o un ostacolo si era frapposto tra di loro. La passione che scorreva nelle vene di entrambi non poteva semplicemente essere dimenticata; se da una parte, ad assecondarla, c'era l'impulsività della donna, dall'altra la debolezza dell'uomo che gli impediva di resisterle. Nonostante Lupin avesse tentato, in più occasioni, di fuggire, non gli era sempre risultato facile ma, al contrario, si era ritrovato incatenato a lei senza via d'uscita.

Una voce li costrinse ad allontanarsi di scatto:

«Tonks! Dove sei?» Sentirono urlare, mentre si guardavano immobili, separati l'uno dall'altra e con il fiatone.

«Chi è?» Le chiese Lupin preoccupato, solo Silente sapeva della sua visita alla scuola e di certo non sarebbe stato positivo se avessero scoperto lui o Luke.

«Dawlish, è di turno con me questa sera», gli rispose con noncuranza.

«Tonks! Mi senti? Stai bene?!» Udirono di nuovo la voce dell'Auror avvicinarsi sempre di più.

«A quanto pare si preoccupa molto per te», si lasciò sfuggire Remus, preso da un attacco di gelosia. Non era un sentimento a cui era solito cedere ma, ciò che provava per Dora lo aveva condotto alla scoperta di emozioni che non credeva di poter vivere. Pensava quasi di esserne immune ed era vicino all'odiarsi, perché non era certo quello che avrebbe dovuto sentire, ma piuttosto il sollievo dettato dal fatto che ci fosse qualcuno interessato alla ragazza e che magari, prima o poi, avrebbe potuto ricambiare. La verità era che avrebbe tanto desiderato uscire e dirgli in faccia che Ninfadora stava bene, perché era con lui, anche se un lupo mannaro non era certo l'emblema della sicurezza.

Alla giovane non sfuggì la nota di disappunto contenuta nelle sue parole e gli rispose:

«Sai, mi piacerebbe potermi abituare a queste tue esternazioni, è molto meglio vederti infastidito per le attenzioni che qualcuno mi riserva, piuttosto che ascoltarti ripetere i tuoi soliti rifiuti.» Era affranta, non solo per l'ennesima discussione ma perché il tempo, nei loro confronti, era sempre tiranno e li stava, ancora una volta, dividendo.

«Dora... Io...» Non sapeva neanche lui che cosa volesse dirle, ma la sofferenza che poteva vedere sul suo viso, gli strappava il cuore e glielo calpestava senza pietà. Voleva consolarla ed era consapevole di non poterlo fare. Fu lei ad andare in suo soccorso:

«Lascia stare... Dimmi che cosa devi fare, così posso lasciarti campo libero e andare a distrarlo.» Era tornata in modalità Auror e Lupin la ammirava così tanto, il suo modo di reagire ed essere combattiva, quando era opportuno, lo avevano sempre affascinato.

«Credo che Albus mi abbia preparato le erbe che mi avevi consigliato. Devo trovarle e poi tornare indietro. Non sono da solo però, il mio compagno è nascosto nel chiostro.»

«D'accordo, me ne occupo io, porterò Dawlish lontano da qui. Cerca comunque di fare presto, è rischioso.» Tonks sentì il collega chiamarla ancora, prima di raggiungerlo, però, si perse un'ultima volta nel guardare colui che le aveva rubato l'anima.

«Fai attenzione», aggiunse e gli voltò nel spalle per avviarsi verso la porta. La cosa migliore sarebbe stata lasciarla andare ma Lupin non era bravo quando si trattava di prendere decisioni appropriate.

La tirò con delicatezza per un braccio e la fermò:

«Ti prego, abbi cura di te...posso affrontare tutti i dolori del mondo, ma non il tuo...» Quelle parole la colpirono più di un "Ti amo", erano la conferma del fatto che non l'aveva dimenticata, che sebbene si ostinasse a rifiutarla, ciò che provava per lei erano ancora vivido.

«Solo una cosa spero...che un giorno tu capisca che la chiave per la mia felicità l'hai sempre avuta tu.» Non disse altro, non era necessario, corse fuori dal collega per impedirgli di mandare a monte la missione di Remus.

All'uomo non fu difficile scoprire dove Silente aveva preparato la sacca con le erbe di cui necessitava, di sicuro nessun altro sarebbe passato dalla serra di notte, quindi non avrebbe avuto senso nasconderla particolarmente bene.

Dopo essersi assicurato che non ci fosse qualcuno nei dintorni, lasciò la serra e raggiunse Luke.

Una volta rientrati alla grotta, Lunastorta attese che il ragazzino si addormentasse, per rimanere da solo con i suoi pensieri. Era successo tutto così in fretta, l'incontro con Dora, il litigio, il bacio e si sentiva ancora in subbuglio per le emozioni che lo avevano travolto. Gli aveva fatto così male osservarla in quel suo nuovo stato, negli occhi aveva scorto la scintilla che la caratterizzava ma, per il resto, sembrava un'altra persona.

Sperava di trovare pace e riposo, ma sapeva che per quella notte non sarebbe stata un'impresa facile, se non impossibile. Nel togliersi il maglione, prima di mettersi a letto, fu attratto da un filo che vi era rimasto attaccato; se lo rigirò tra le mani ma il colore rosa gli saltò subito all'occhio, era senza dubbio un capello di Tonks.

Forse, presi dalla passione, non si erano accorti che una o più ciocche, per un istante, avevano ripreso vita. Le ultime parole che gli aveva rivolto iniziarono a martellarlo in testa con maggior insistenza, come poteva un lupo mannaro essere la felicità di qualcuno non era in grado di spiegarselo; se quello era un segno, in ogni caso, non era abbastanza. Non per uno come lui, che si riteneva una creatura indegna e capace solo di distruggere e perdere ciò che amava.

Nel frattempo anche Ninfadora era presa dallo stesso tormento, Dawlish le parlava, affiancandola nella ronda, ma lei non gli prestava ascolto. Si sfiorava in continuazione le labbra, con l'illusione che il calore che vi sentiva non l'avrebbe abbandonata. Per l'ennesima volta aveva fallito, erano scoppiati entrambi e le era stato sbattuto in faccia il rifiuto che accompagnava ogni loro ultimo incontro.

Neanche quello l'avrebbe fermata, era certa dei sentimenti di Remus, ne aveva percepito la forza sulla propria pelle; allo stesso tempo, però, la depressione cancellata da quei pochi istanti passati tra le sue braccia, stavo ritornando a pesarle addosso come una spessa coltre di nuvole.

Non aveva idea di quando si sarebbero rivisti ma di sicuro l'eterna guerra tra di loro non era ancora finita.

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I mesi iniziarono a scorrere e, in un lampo, arrivò Dicembre. Remus stava camminando sulla spiaggia innevata, il freddo non lo aveva mai particolarmente infastidito ed aveva bisogno di allontanarsi dall'ambiente chiuso della caverna e respirare aria fresca.

Aveva trascorso il periodo precedente per lo più rinchiuso in quella sorta di laboratorio, alla ricerca di un modo per poter combinare le erbe che aveva recuperato ad Hogwarts. Ore ed ore passate chino su fiale, provette e bacinelle simili a calderoni, senza trovare una soluzione ideale che rendesse soddisfatto Greyback.

L'alfa mostrava segni di nervosismo ma, soprattutto, appariva sempre più spazientito. Lupin sapeva di doversi muovere in fretta e, infatti, era contento dei risultati ottenuti dal rafforzarsi del suo legame con Luke. Almeno in quello aveva fatto enormi passi avanti e sperava di potergli rivelare, al più presto, il vero scopo della sua missione.

Si avvicinò, senza quasi accorgersene, all'ingresso della cittadina marina; gli edifici erano agghindati a festa, dalle finestre pendevano lucine colorate, a forma di stella o abete e si potevano sentire i primi canti natalizi; probabilmente si trattava di artisti di strada o di qualcuno che stava provando per un concerto.

All'uomo fu impossibile non ricordare l'anno passato, come aveva addobbato insieme a Sirius Grimmauld, o quanto fosse bella Dora quella sera e il regalo che gli aveva donato. Ora, invece, si ritrovava solo, distante dagli affetti e in mezzo a un branco di lupi mannari che ancora non sembravano del tutto convinti di potersi fidare di lui. Un opprimente senso di frustrazione misto a malinconia si impadronì di Remus; c'erano dei momenti in cui avrebbe davvero desiderato avere l'opportunità di spegnere il cervello e non pensare più, ma ci sono avvenimenti che non si possono semplicemente cancellare perché rimangono ancorati al cuore, senza l'utilizzo di un incantesimo permanente.

Con la scusa di alcune ricerche da fare, aveva ottenuto il permesso da Fenrir di partire per pochi giorni e senza essere accompagnato; forse era un ennesimo modo per metterlo alla prova e constatare se sarebbe tornato. La Tana era la sua destinazione, avrebbe così avuto la possibilità di confrontarsi con altri maghi, tra cui magari Piton e ricavarne qualche buon suggerimento. Di certo se nessuno aveva ancora inventato una pozione simile a quella richiesta dal capo, significava che non fosse di così facile preparazione, ma forse avrebbe potuto creare qualcosa che servisse a guadagnare del tempo utile.

Qualche dì più tardi, si apprestò a partire e a raggiungere i propri amici. Bussò alla porta della dimora in cui vi trovava sempre conforto, fu accolto da Molly che lo strinse tra le proprie braccia, in quel suo tipico modo che toglieva il fiato.

«Buon Natale Remus!!! Quanto sei magro, vieni dentro, così potrai scaldarti e mangiare un pasto caldo, chissà da quanto tempo non ne fai uno decente», esclamò contrariata.

«Di sicuro dalle cene che ci preparavi dopo le riunioni», accennò un sorriso per non mostrarsi troppo abbattuto davanti alle sue parole.

Doveva ammettere, però, che lo spettacolo che gli si presentò di fronte faceva bene al cuore, tutti i ragazzi erano riuniti a tavola e lo salutarono con entusiasmo prima di riprendere la conversazione o meglio a fare confusione come era loro abitudine. Era bello constatare che, nonostante le difficoltà, riuscissero a trovare spazio per scherzi e risate.

Lupin si fece travolgere dall'atmosfera familiare ma impallidì all'istante quando sentì pronunciare il nome che lo torturava giorno e notte:

«Mamma come mai non sei riuscita a convincere Tonks a unirsi a noi?» Domandò Ginny, la prima fan della ragazza, dato che la considerava come una sorella.

«Mi ha detto che era di turno, ma ammetto di non averle creduto». le rispose la madre dubbiosa.

«Perché?»

«Non lo so, ho avuto la sensazione che preferisse rimanere da sola.»

«Beh, io non ne sento così tanto la mancanza», si intromise Ron parlando con la bocca piena.

«Ronald!!!» Lo rimproverò Hermione.

«Che ho detto? Non potete negare che non sia più simpatica come prima, ma decisamente musona!» Replicò, ma non sembrava offeso, anzi piuttosto sicuro della propria affermazione.

«Come puoi essere così insensibile? La perdita di Sirius deve averla sconvolta e non fa altro che passare il tempo a lavorare, prova a metterti nei suoi piani!» Ginny cercò di difenderla e di mostrare una visione differente al fratello.

Remus ascoltò quello scambio senza proferire neanche una sola sillaba, non avrebbe voluto ricevere quel tipo di conferme sullo stato di Dora, sperava anzi di ricevere notizie positive sul suo conto. Il vagare dei suoi pensieri fu interrotto da Harry, che fino a ora non aveva aperto bocca ma aveva una questione da porgli:

«A proposito, c'è una cosa che vorrei chiederti.»

«Dimmi pure», gli rispose con gentilezza, ma aveva la netta sensazione che non si trattasse di nulla di buono.

«Un patronus può cambiare?»

«Sì, non è comune come cosa, ma a volte dei bruschi cambiamenti di vita o un evento negativo traumatico possono mutarne la forma, come mai me lo domandi?» Probabilmente avrebbe dovuto trattenersi ma la curiosità ebbe la meglio.

«Quello di Tonks è diverso, l'ho visto al mio arrivo ad Hogsmeade, ne ha inviato uno a Piton e sono rimasto sorpreso, non sapevo che potesse succedere», gli disse con noncuranza, soddisfatto delle spiegazioni ottenute.

L'ex insegnante invece iniziò a sudare freddo, poteva chiaramente sentire delle gocce scorrergli lungo il collo e la schiena, ma non poteva chiudere l'argomento, doveva indagare:

«Quali sembianze ha preso?»

«Azzarderei a dire di un lupo, anche se non posso esserne certo», non aggiunse altro perché la sua attenzione venne richiamata da un picchiettio sulla porta, chiaro segno di qualcuno che stava bussando.

Lupin invece diventò più pallido della camicia bianca che indossava, era sicuro della forma assunta dal patronus della donna, non poteva essere altrimenti; a quanto pare il suo rifiuto l'aveva distrutta in profondità, ma non fece in tempo a dare retta ai sensi di colpa che cominciavano a farsi strada nel suo petto, che la voce di Molly lo distrasse:

«Tonks, che bella sorpresa! Vieni, guarda un po' chi è tornato!» La donna, a conoscenza dei motivi della sofferenza della ragazza, sperava che il Natale fosse l'occasione giusta per una riconciliazione.

Dora era conscia del rientro alla base dell'uomo, aveva passato parecchio tempo a rimuginare sul da farsi, ma aveva bisogno di vederlo e accertarsi del suo stato di salute. Non le importava di nient'altro, né di riaprire le vecchie discussioni, né di dichiarargli ancora una volta il suo amore, solo di vederlo vivo e vegeto, seppur con qualche cicatrice in più. 
Aveva sbagliato i suoi calcoli però, non era preparata all'effetto di ritrovarsi nuovamente nella stessa stanza con lui, gli occhi negli occhi e la voglia di correre tra le sue braccia che minacciava di sopraffarla.

Si accorse degli sguardi curiosi dei presenti puntati su di lei e si schiarì la voce nel vano tentativo di ricomporsi:

«Remus», lo salutò con un cenno del capo per poi rivolgersi a Molly, «In realtà sono venuta solo per lasciarvi i regali.»

«Non ti fermi neanche un momento?» Le chiese senza mascherare una nota di delusione.

«No grazie, devo proprio andare», insistette Tonks, non aveva la forza di affrontarlo davanti a tutti, non ancora. Nei mesi trascorsi la depressione si era impadronita sempre di più di lei, come quando d'autunno il verde delle foglie inizia a cedere il passo al giallo, piano piano, fino a che, quel nuovo colore, le priva di ogni energia facendole cadere. Ed era proprio ciò che aveva paura le succedesse; puntava i piedi per terra in maniera salda per impedirlo ma avrebbe desiderato tanto potersi aggrappare all'uomo che amava per ritrovare la forza che la stava abbandonando.

Osservò un'ultima volta Lupin, salutò tutti e se andò. Remus non era riuscito a parlare, non ne aveva avuto il coraggio, ma la notizia ricevuta da Harry lo aveva sconvolto e voleva placare i propri dubbi..

Si scusò con gli altri, prese il mantello e rincorse la giovane prima che si smaterializzasse:

«Dora aspetta!» Lei si arrestò ma senza voltarsi, stava piangendo e preferiva non mostrarsi così debole, non di nuovo.

«Harry me lo ha detto...» Le confessò di getto, senza neanche pensare, ma solo con una gran necessità di saperne di più.

«Che cosa?»

«Del tuo patronus...» Sussurrò, come se avesse paura a dirlo.

«A quanto pare le voci corrono e pensare che di solito siamo noi donne quelle definite pettegole», rispose con una punta di acidità.

«Perché?»

All'udire quella domanda Tonks si girò di scatto:

«Davvero Rem? Me lo stai chiedendo? Forse perché è la prova di ciò che tu continui a rinnegare?» 

«Sai benissimo che non è così, ma che ci sono mille ragione per cui non dovrebbe esserci niente tra di noi.»

«Non ricominciare, ti prego, non ti vedo da settembre, questo è tutto ciò che hai da dirmi?»

L'uomo la guardò, c'erano così tante cose di cui avrebbe preferito conversare, ma ogni minuto che passava al suo fianco rischiava di aumentare il desiderio di sfiorarla e non poteva permetterlo.

«Vieni con me», lo invitò lei.

«Che cosa?»

«Ti ho chiesto di seguirmi», mosse qualche passo nella sua direzione, fin quasi a toccarlo, consapevole dell'effetto che aveva su di lui.

«Non credo che sia una buona idea», la voce gli uscì tremolante, segno dell'avvicinarsi della perdita del controllo.

«Io penso invece che non ti piacerebbe dare spettacolo e dato che sto per baciarti, credo che sarebbe opportuno andarcene», nonostante la sofferenza che la ingrigiva, la sola presenza di Remus era in grado di riaccendere il suo sorriso e di tirare fuori quel lato malizioso che, solo a lui, era concesso di conoscere davvero.

Non attese il suo tentativo di rifiuto, lo prese per mano e lo condusse nella sua stanza ad Hogsmeade.

Fu colta alla sprovvista, però, quando si ritrovò le labbra dell'uomo premere sulle proprie con urgenza. Credeva di doverlo convincere, di costringerlo a dimenticare tutte le sue dannate ragioni per ricevere le attenzioni che bramava ed invece, per una volta, Lupin sembrava davvero essersene fregato.

Ed era così, non poteva smettere di considerarsi sbagliato per lei, ma la rivelazione di Potter, le lacrime di Dora, il pallore del suo viso, le occhiaie profonde e, infine, ciò che gli aveva detto prima di trascinarlo via, gli avevano fatto abbattere ogni barriera. Quella era la vera forza della donna, arrivargli dritta al cuore, dove nessuno era mai riuscito a entrare, fargli scordare tutto il resto e pensare che anche lui meritasse l'amore che tanto agognava.

Nella camera divampò il fuoco, neanche una lunga lontananza può cancellare il desiderio di due persone che si adorano e che non agognano nient'altro che ritrovarsi. Se la loro prima unione era stata accompagnata dalla calma, dalla curiosità di imparare qualcosa in più l'uno dell'altra, in quel momento furono entrambi colti da una bramosia tale che li portò a liberarsi velocemente dei vestiti e a ritrovarsi nudi sul letto.

I cervelli disconnessi, i cuori che battevano all'impazzata, le mani che stringevano e accarezzavano; le labbra che sfioravano ogni centimetro di pelle, le gambe intrecciate nel tentativo di avvicinarsi ancora di più.

Non esistevano più le lotte, i dissapori, il nero che li circondava, gli ostacoli; c'erano solo due persone, né il mago, né la strega, ma comuni, che stavano facendo dialogare le loro anime che sussurravano parole d'amore; alla ricerca di una pace che solo loro erano in grado di donarsi. Si erano così tanto cercati, sofferto della distanza che li separava, che l'unione fisica era l'unica in grado di placare la furia che imperversava dentro di loro e che li sconquassava di brividi incontrollabili.

Si fermarono giusto per un istante, prima di finire la scalata che gli avrebbe condotti insieme alla vetta; il tempo di rinnovare, anche con il suono della loro voce, la loro promessa d'amore:

«Ti amo...»

«Anche io Dora, anche se...»

«Shh, non dire altro, non ora...»

L'uomo si lasciò zittire, ancora una volta la forza del suo sentimento aveva avuto la meglio su ogni pensiero razionale.

C'era qualcos'altro però, conscio tanto quanto loro, che il giorno dopo Lupin sarebbe stato di nuovo sopraffatto da rimorsi e sensi di colpa, si trattava dei capelli di Ninfadora. A differenza della volta precedente, il grigio era ben ancorato su di essi e non intenzionato a mutare in un arcobaleno di colori; perché se c'era una cosa che anche la magia della ragazza sapeva, era che ancora Remus non era pronto a crollare definitivamente.

Come il sovrano di uno Stato, aveva firmato un armistizio, ma la vittoria del paese avversario non era ancora stata proclamata.

 

 Spazio autrice:
 

Come sapete non sono solita farlo, ma vorrei avvisarvi che potrei impiegare qualche giorno in più del solito per pubblicare il prossimo capitolo! Sabato si sposa una delle mie più care amiche e le farò da testimone, quindi potete immaginare come saranno pieni i miei prossimi giorni!!! Cercherò in ogni caso di non tardare troppo, ma voglio dedicarmi come si deve all'evento! Nel frattempo vi ringrazio dal più profondo del mio cuore, la storia continua a crescere e a rivere apprezzamenti e io non posso che esserne sempre più felice!

Vi abbraccio,

Serena

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Dicembre era passato e ancora una volta Remus e Dora erano stati costretti a separarsi. Se da una parte l'uomo pensava che potesse servire a permetterle di rifarsi una vita, dall'altra il dolore che le causava la sua mancanza lo opprimeva sempre di più.

Con l'arrivo di Febbraio Lupin pensò che fosse giunto il momento di parlare con Luke, avevano approfondito il loro rapporto ed ora si sentiva pronto a confidarsi.

Facevano spesso dei giri di perlustrazione lungo la spiaggia per assicurarsi che non ci fossero dei curiosi interessati all'esplorazione delle grotte; fu proprio durante una di quelle passeggiate che si decise a raccontare al ragazzo la verità:

«Luke c'è qualcosa che vorrei dirti.»

«Che succede? Sembri preoccupato», gli chiese sorpreso, notando in lui un'espressione corrucciata. In effetti l'uomo era agitato, non era facile affrontare un argomento del genere e soprattutto nel modo giusto.

«Vorrei spiegarti il motivo che mi ha spinto ad unirmi al branco.»

Il giovane sbarrò gli occhi allibito:

«Che significa? Credevo che avessi chiesto asilo perché non ti sentivi più a tuo agio tra i maghi.»

Immaginava una reazione del genere, sperava solo di non farlo troppo innervosire e che fosse comunque disposto ad ascoltarlo fino in fondo.

«Lasciami continuare, ti chiarirò tutto. Ho mentito, non lo nego, ma avevo bisogno di una scusa per avvicinarmi a Greyback e a voi. Da quando Voldemort è tornato insieme ad altri lottiamo per contrastarlo; già in passato, all'epoca della Prima Guerra, ho avuto modo di combatterlo come avversario. Ho visto gli effetti devastanti del suo potere, ho perso amici, altri sono stati torturati, tante sono state le menti plagiate; non c'è modo di fuggire alla sua furia se finisci nelle sue mani o in quelle dei seguaci. Cerca di raccogliere consensi parlando di libertà, ma in un mondo sotto il suo controllo regnerebbe il caos e noi non saremmo altro che delle marionette da lui sottomesse.»

Remus liberò il fiato trattenuto, non amava ricordare le perdite che aveva subito o ciò di cui era capace il Signore Oscuro e inoltre non sapeva se fosse in grado di convincere il giovane.

«Quindi che cosa sei venuto a fare esattamente?»

«Abbiamo bisogno di aiuto per portare avanti la nostra battaglia, più siamo e maggiori sono le chance di vincere. Sono un gran numero le persone o le creature che si stanno unendo a lui illudendosi di poter ottenere chissà quali guadagni. Sono qui per cercare di convincere il capo a schierarsi dalla nostra parte, ma per farlo mi è necessario il tuo supporto e di tutti gli altri che vorranno darci retta. Non posso sperare che mi presti attenzione se presento la mia tesi da solo, ho più possibilità se ci sarà qualcun altro ad affiancarmi.»

«Perché dovrei crederti? Hai raccontato delle bugie per essere accolto e ora ciò che mi stai dicendo è tutto il contrario delle parole udite in questi anni. Dammi un buon motivo.» I dubbi di Luke erano leciti, ne erano entrambi a conoscenza, ma Lupin non poteva fallire, doveva giocarsi bene le sue carte per tentare di fargli mutare opinione.

«Hai ragione, all'inizio non sono stato sincero, ma in questi ultimi mesi hai avuto modo di starmi vicino, di osservarmi, di conoscere la persona che sono. In questo non c'è mai stata finzione, mi sono aperto mostrando me stesso e la realtà che mi circonda. Sono certo che interrogandoti saprai constatare da solo che questa è la verità.» Non era sicuro di dover aggiungere altro, se ciò che aveva esposto fosse sufficiente, ma non aveva neanche intenzione di confonderlo con lunghi discorsi; il succo della questione era stato sviscerato e sperava che gli potesse bastare.

«Ritengo che tu possa capire che non sia facile per me darti una risposta immediata, ho bisogno di rifletterci e decidere se posso davvero fidarmi di me», Luke era scettico, era stato abituato ad essere diffidente e a tenersi lontano dalla comunità magica, non era scontato riuscire a cambiare idea così in fretta.

«Certo, è naturale e comprensibile. Prenditi pure il tempo necessario, non sto meditando di fuggire», gli rispose con ironia per sdrammatizzare la situazione. Forse era solo una sensazione ma l'aria intorno a lui iniziava a farsi pesante, ora che era uscito allo scoperto il rischio di essere cacciato o di subire una sorte peggiore era cresciuto a dismisura. 
Non poteva tergiversare ancora però, si trattava solo di attendere qualche giorno e vedere se si fosse completamente sbagliato sul conto di Luke.

Continuarono il loro giro in silenzio, tutti e due con una moltitudine di pensieri ad occupare le loro menti.

Quella sera stessa e il dì successivo Remus li passò nel laboratorio, era un ottimo modo per distrarsi e per non destare sospetti in Fenrir. Non dovette aspettare molto però, prima del previsto il suo compagno di stanza lo raggiunse.

«Ho trascorso queste ore ricordando i momenti che abbiamo passato insieme ed è vero, non ho mai trovato tracce di menzogna nel tuo comportamento. Grazie a te ho imparato che non tutti i maghi sono uguali o pronti a condannarci, che collaborando e, senza necessariamente ricorrere alla violenza, si può ottenere di più e vivere sereni. Tutto questo non posso dimenticarlo, tu mi hai indicato un'alternativa di cui neanche conoscevo l'esistenza, perché non vedevo altro che il modo di relazionarmi a cui mi hanno abituato.»

Lupin rimase colpito da quelle parole, era felice del risultato ottenuto, non sapeva ancora che cosa aveva deciso, ma era già soddisfatto di aver avuto la possibilità di mostrare ad un ragazzo di possedere la facoltà di scegliere delle alternative. Preferì non interromperlo e, con un gesto della mano, lo invitò a proseguire:

«Credevo di essere contento della mia vita, ma ora so che posso combattere e provare ad aspirare a qualcosa di più. Sono disposto ad aiutarti e a seguire le indicazioni, quindi dimmi che cosa posso fare», terminò con un sorriso e gli allungò la mano destra per suggellare il loro accordo.

A Lupin parve strano il suo repentino cambio di parere, gli era parso arrabbiato o comunque pieno di incertezze, ma decise di lasciar perdere dandosi del paranoico. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentì fiero di sé, non aveva ancora terminato la missione ma aveva fatto un grande passo in avanti verso il raggiungimento dell'obiettivo finale.

«Con gli altri hai un rapporto migliore di quello che abbia io, potresti cominciare a tentare di convincerli a unirsi a noi. Nel frattempo lavoreremo anche alla pozione, non ho fiducia nella sua buona riuscita ma ci servirà per non permettere a Greyback di diffidare di noi.»

«D'accordo, mi metterò subito all'opera», replicò eccitato, come se per una volta avesse ricevuto un incarico che non lo disgustava.

«Un'ultima cosa, mi fa davvero piacere che tu mi abbia ascoltato», gli diede una pacca amichevole sulla spalla, come era solito fare con i suoi studenti per incoraggiarli.

«Anche a me, non sai quanto», gli confermò e poi si diresse verso le stanze dei loro compagni.

A Remus non era dato sapere quanto sarebbe durata ancora la sua permanenza in quel luogo angusto, ma di sicuro quel giorno aveva accorciato i tempi.

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Dora stava rientrando dopo un lungo turno nella sua stanza a Hogsmeade, era Giugno ormai, il caldo iniziava a farsi sentire ma non era in grado di sciogliere il gelo che si era impossessato di lei. Era sempre più grigia e depressa e ogni tentativo di nascondere il suo stato d'animo era inutile. Non aveva più rivisto il suo amato da quella sera in cui la passione li aveva travolti senza lasciarli via di scampo e non le erano neanche giunte sue notizie. Passava le giornate con i suoi colleghi a sorvegliare Hogwarts o a sventare gli attacchi dei Mangiamorte che diventavano sempre più frequenti. 
Era esausta e anche se probabilmente gli incubi sarebbe tornati a farle visita, sperava di poter avere qualche ora di pace.

Dopo essere entrata nella sua camera si buttò sul letto e gettò per terra il mantello. Si fermò per un attimo ad osservare le pareti bianche e spoglie, la vecchia Dora non avrebbe mai accettato di vivere in un posto così angusto, come minimo lo avrebbe ridipinto o affisso poster delle Sorelle Strane e quadri super colorati. La nuova Dora però non aveva apportato nemmeno il più piccolo cambiamento, non aveva dato il suo tocco personale a quella camera che era una chiara rappresentazione del suo stato d'animo. Con maggior prepotenza una voce dentro di lei le domandava come avesse potuto lasciarsi andare così, ma la verità era solo una: senza Remus lei non era più in grado di essere se stessa. Non poteva certo dire che il suo mondo non fosse sgargiante prima di conoscerlo, ma lui era riuscito a tingerlo di nuove tonalità e a renderlo ancora più luminoso. Nessun altro avrebbe mai potuto prendere il suo posto e lei non aspettava altro che vederlo entrare dalla porta per poterlo reclamare.

Inaspettatamente qualcuno bussò e Ninfadora si tirò subito dal letto con il cuore che le batteva all'impazzata.

«Tonks aprimi! È un'emergenza!» Il suono della voce squillante di Dawlish le colpì le orecchie come un razzo, insieme alla realizzazione e delusione che non si trattava dell'unica persona che avrebbe voluto accogliere. Era stata una sciocca a credere che potesse esserci Lupin sul pianerottolo, ma a volte il desiderio può raggiungere dei livelli tali da farti sperare anche nelle cose più assurde.

Stava quasi per aprire quando si rinvenne, non era prudente commettere errori in periodi bui come quelli che stavano attraversando:

«Domanda di sicurezza?»

«Come hai reagito quando ho cercato di baciarti?»

«Ti ho tirato uno schiaffo. Che succede?» Chiese con un tono che era un misto tra lo spazientito e l'affranto; bramava solo un po' di riposo ma, per l'ennesima volta, doveva essere pronta a combattere.

«C'è stato un attacco da parte di quel famoso lupo mannaro, come è che si chiama?» Domandò gesticolando con le mani, alla ricerca del nome dell'aggressore.

«Greyback?» La donna aveva iniziato a tremare e pronunciato quelle parole in un sussurro, il terrore si stava impossessando di lei e pregava, con tutte le sue forze, che non vi fosse coinvolto Remus.

«Sì, proprio lui. A quanto pare ha preso d'assalto un paesino vicino alla costa e non era da solo.»

La paura si tramutò in fuoco e Dora reagì all'istante tirando il collega per la giacca:

«Quale paesino? Dimmelo, dannazione!!!»

«Calmati, Tonks! Che ti prende?» Si liberò dalla sua presa e poi continuò:

«Bournemouth, alcuni Auror dovrebbero già essere sul posto ma è meglio sbrigarci.»

Non aggiunse altro, ma non ce n'era bisogno, era tutto ciò che a Ninfadora serviva di conoscere. Senza neanche aspettarlo si smaterializzò, diretta verso il luogo dell'accaduto; se fosse successo qualcosa a Remus non se lo sarebbe mai perdonato.

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Proprio quel giorno Lupin aveva terminato una sorta di pozione. Era certo di non aver raggiunto il risultato tanto agognato da Fenrir, ma con Luke e altri ragazzi avevano pensato ad un piano.

Il compito del giovane era di comunicare all'alfa ciò che avevano creato e di chiedergli di indire una riunione in cui gliela avrebbero presentata, in modo da avere così una scusa per tentare di convincerlo a unirsi alla causa di Silente.

L'ansia lo stava divorando mentre attendeva nel laboratorio il ritorno di Luke. Percorreva il perimetro della stanza avanti e indietro, con le mani in tasca e le dita della destra che stringevano con forza la collana di Dora. Cercava di trarne tutta l'energia positiva che lei era sempre riuscita a donargli; probabilmente non era un'idea brillante credere nel potere di un ciondolo, ma il ricordo di Ninfadora e del suo sorriso gli forniva un ottimo appiglio a cui aggrapparsi per non sprofondare nello sconforto.

«Remus!» Luke arrivò trafelato e con un'espressione indecifrabile sul viso. «Ho detto al capo della pozione...» Si fermò per riprendere fiato ma Lupin era troppo impaziente per aspettare.

«Parla! Che cosa ti ha detto?» Aveva quasi urlato nel porre quella domanda, ma non poteva più nascondere l'angoscia trattenuta fino a quel momento.

«Non ha accettato la mia proposta, ha detto che non gli basta una semplice prova ma vuole testarla subito.»

«Che significa? Che cosa ha in mente?»

«Vuole attaccare la città, spera che i pochi maghi che ci sono escano allo scoperto per difendersi e che magari a loro si uniscano degli Auror, così da valutare l'efficacia dell'intruglio.» Il giovane strinse la spalla del compagno, cercando di consolarlo.

«Mi dispiace, davvero, ma se non andiamo si insospettirà e non possiamo permettercelo. Deve avere completa fiducia in noi.»

«Hai ragione, ma non sono nemmeno sicuro che funzioni.»

«Non importa, dobbiamo almeno provarci. Non rendiamo vano il nostro lavoro, sei proprio tu che mi hai insegnato a credere in me e non scoraggiarmi, ora non farlo tu!» lo incoraggiò come spesso l'uomo aveva fatto con lui; non c'era alcuna via d'uscita, se volevano avere una qualche possibilità di convincere Fenrir la mossa più saggia da fare era obbedire per l'ennesima volta.

«Andiamo, immagino che non ci attenderà a lungo», spronato dalle parole dell'amico Remus si preparò ad affrontare l'ennesima trovata di Greyaback, non poteva tirarsi indietro proprio ora che la fine della missione sembrava avvicinarsi. Aveva trovato dei nuovi alleati, non era solo e ciò gli sarebbe stato sufficiente per tentare il tutto per tutto.

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Dora arrivò a Bournemouth ma non era preparata allo spettacolo che vi si presentò davanti, era convinta di trovarvi caos, duelli, urla; invece regnava un inquietante e inspiegabile silenzio. Non si percepiva alcun rumore, non tirava neanche un misero filo di vento; il tempo sembrava essersi fermato, spettatore di un avvenimento che ancora all'Auror non era ben chiaro.

Fu presto affiancata da Dawlish che iniziò a guardarsi intorno confuso quanto lei, poi un urlo squarciò l'aria e colpì dritto al cuore di Tonks come se potesse frantumarlo. Un flebile sussurro le uscì dalla bocca:

«Remus...» Prese a correre all'impazzata, la stanchezza di quel giorno era stata sostituita da un miscuglio di emozioni che le gridava di correre, di non perdere tempo, che la persona più importante della sua vita aveva bisogno di lei. Le lacrime che avevano preso a scenderle dagli occhi non riuscivano a raggiungere le guance, perché spazzate via dalla velocità con cui muoveva un passo dietro l'altro. I capelli da grigi erano mutati in rosso, giusto per un secondo, sintomo di come la rabbia, verso chi aveva inflitto del dolore a Lupin, avesse preso il sopravvento su tutti gli altri sentimenti.

Senza neanche rifletterci aveva imboccato una strada che confluiva, insieme ad altre, in una piazza. Fu al termine della via che si arrestò di colpo e ingoiò il grido di panico che stava per lasciare il suo corpo e unirsi a uno nuovo, ma altrettanto straziante, di Remus.

Nessuno può farti da guida o indicarti il modo migliore per assistere alla sofferenza di chi ami, ognuno reagisce in una maniera del tutto personale e non serve a niente immaginarselo, costruire mille castelli in aria; quando ti trovi in una situazione del genere puoi solo incassare cercando di mantenere una sorta di stabilità e di combattere la sensazione di impotenza che ti lacera, tirando fuori la parte più bella e luminosa che racchiudi dentro di te.

Ninfadora si tappò la bocca con la mano libera per non emettere alcun suono e ricacciare indietro un conato di vomito. Quasi cadde in terra alla vista di Lupin in ginocchio sul ciottolato, tenuto fermo da due ragazzi e con Greyback chino su di lui intento a morderlo.

Il suo istinto le avrebbe ancora una volta suggerito di muoversi velocemente, di frapporsi tra la vittima e il carnefice, ma l'impulsività il più delle volte è un'arma che non gioca a favore di chi le presta ascolto. Era meglio razionalizzare e studiare la situazione, nonostante la disperazione, con dei denti aguzzi pari a quelli del lupo, le stesse lacerando l'anima. Avrebbe barattato la propria vita pur di non far patire le pene dell'inferno a colui che le aveva rubato il cuore.

Nel frattempo Dawlish si era piazzato dietro di lei, ma degli altri Auror non vi era alcuna traccia, forse erano stati rallentati da qualche imprevisto e non era un segnale positivo.

La scena davanti a loro era raccapricciante: c'erano delle donne, con i propri bambini tra le braccia, terrorizzate, che tremavano e piangevano e uomini, alcuni probabilmente maghi, immobili e trattenuti sotto minaccia dalle bacchette impugnate dai membri del branco. Era difficile distinguere i babbani ma di sicuro dopo avrebbero dovuto occuparsi anche di obliviarli. 
Tutti assistevano con orrore all'esecuzione messa in atto da Greyback; era evidente, per lo meno per Tonks, che la sua intenzione fosse quella di umiliare Remus e di infliggergli dolore, non avrebbe avuto alcun senso torturarlo così altrimenti. La donna non poteva spiegarsi le ragioni di un tale accanimento ma avrebbe provveduto a farsi raccontare tutto da Lupin successivamente.

La voce dell'alfa la fece sussultare:

«Assistete a quello che succede a chi crede di potersi prendere gioco di me! Sciocco Remus pensavi davvero che mi sarei fidato di te, che ti fossero amici i tuoi compagni? Vivere nel mondo dei maghi ti ha davvero rimbecillito, ma ascoltami bene, non sarai mai come noi, ma nemmeno uno di loro!»

«Ti sbagli!!!» Remus aveva mantenuto lo sguardo basso fino a un attimo prima, troppo afflitto per affrontare le occhiate della gente, ma solo una donna possedeva quel tono melodioso e insieme autoritario al punto giusto; la sua Dora. Credeva che le sue orecchie fossero state tratte in inganno, tale era il desiderio di poterla salutare un'ultima volta, certo che la sua fine fosse vicina. Quando però i loro occhi si incatenarono in simultanea, come erano soliti fare, ogni dubbio fu scacciato via.

Davanti a lui, pallida e magra, ma splendente in quel modo che da sempre lo aveva accecato, con la bacchetta sollevata e i piedi ben piantati per terra, pronta a combattere, c'era la sua luce, l'unica persona in grado di farlo sorridere e renderlo felice. Per quanto fosse sbagliato e ingiusto, lui lo aveva presto capito, solo Ninfadora era stata capace di fargli conoscere il vero amore e di nuovo era lì pronta a dimostrarglielo.

Non avrebbe voluto che lo vedesse così, sanguinante, distrutto, senza forze, completamente soggiogato da una creatura miserevole come lui. C'era però una parte di lui che non poteva far altro che gioire nell'ammirarla temeraria, determinata e pronta a difenderlo.

«È uno di voi perché tu lo hai costretto ad esserlo, ma non sarà mai crudele come voi, non si abbasserà mai a compiere atti come questi, a spaventare o ferire degli innocenti. È per questo che invece sarà sempre considerato e accolto tra noi maghi!» Tonks finì il suo discorso lanciando un incantesimo verso i due che tenevano Lunastorta e lo liberò.

Fenrir le si avvicinò e le disse:

«Sai il tuo profumo non mi è nuovo, giurerei di averlo sentito addosso a Lupin.» La ragazza lo squadrò con odio e disgusto, soprattutto quando lui mosse ancora un passo verso di lei. Poi si voltò verso Remus e gli domandò:

«Non ti dispiace vero se l'assaggio? Ha un odore così invitante», accompagnò quelle parole a un forte respiro, a conferma del piacere che gli donava l'annusarla.

«Non osare toccarla!» L'uomo ritrovò l'energia perduta, doveva proteggerla ad ogni costo, anche della sua stessa esistenza. Si avventò contro l'alfa proprio mentre stava per saltare addosso alla giovane, che era comunque pronta a difendersi.

Li osservò per un attimo lottare e rotolarsi sulla strada, doveva riuscire assolutamente a farli fermare per scagliare un incantesimo mirato a Greyback. Con la coda dell'occhio vide arrivare altri Auror a prestare soccorso a Dawlish che aveva già iniziato a liberare alcuni degli ostaggi. Ciò le fornì l'occasione giusta per distarli:

«Rem resisti, stanno arrivando!!!» Entrambi gli uomini si girarono a guardarla e lei urlò di nuovo, «Petrificus Totalus!»

Riuscì a pietrificare Fenrir e si gettò al fianco dell'amato; nello stesso istante in cui lo abbracciò il mondo svanì. Non sentivano i rumori dei combattimenti e non vedevano i membri del banco che tentavano di fuggire o i sorrisi delle persone finalmente salve. C'erano solo loro due, i cuori che battevano all'unisono mescolati ai propri respiri affannati e le dita strette ai vestiti. Ninfadora gli accarezzò con delicatezza una guancia e gli chiese:

«Pensi di potercela fare a smaterializzarti?»

«Credo di sì», sussurrò in risposta.

«Allora ti porto via da qui.»

«Non devi aiutare gli altri? Avranno bisogno di te», protestò lui che come sempre anteponeva il benessere di qualcun altro al suo.

«Possono fare a meno di me, io voglio pensare a te e a curarti queste ferite. Quindi smettila di opporti e dammi la mano.» Gli fu impossibile obiettare a causa della debolezza che gli impediva di ragionare in maniera sensata, così obbedì e si fece trasportare a Hogsmeade.

Ritrovò però quasi subito la forza di parlare:

«Avresti dovuto lasciarmi lì...»

«Che cosa stai dicendo?»

«Non merito il tuo supporto o di guarire, ho fallito, ho mandato all'aria la missione.»

Tonks non riuscì a trattenere la rabbia:

«E per questo credi di meritare la morte? Tutti noi commettiamo errori Rem, ogni dannato giorno, ma finché ci vengono concesse delle nuove possibilità dobbiamo coglierle al volo per rimediare. Quindi ora finiscila con queste assurdità e non osare muoverti.»

Dora si sedette sul bordo del letto dopo averlo fatto sdraiare. Gli sfilò la camicia e i pantaloni, fulminandolo ogni volta che provava a lamentarsi.

Cercò di non mostrarsi troppo preoccupata, ma era così addolorata nel vedere le ferite che gli aveva inferto il lupo; le ispezionò una a una versandoci del dittamo e accarezzandole per alleviare la sensazione di bruciore.

«Non posso neanche pensare di aver rischiato di perderti...» Una lacrima silenziosa iniziò a scorrerle lungo la guancia. Remus le sollevò il mento per guardarla:

«Sono qui ed è solo grazie a te. Mi hai salvato di nuovo», le sorrise in un modo così dolce che non potè fare a meno di accorciare le distanze e lo baciò. Erano passati dei lunghi mesi ma le loro labbra si erano ritrovate e riconosciute subito, come se non avessero mai fatto altro che sfiorarsi o la separazione non fosse avvenuta. Si dischiusero per dare il via a un'esplorazione che aveva il sapore di conforto, sollievo, casa o più semplicemente di amore.

Neanche il più famigerato dei lupi mannari era riuscito a frapporsi tra loro, perché ci sono dei legami invisibili che non puoi toccare ma che incatenano due anime in maniera indistruttibile. Ciò che univa Remus e Ninfadora aveva dimostrato ancora una volta la forza imbattibile che possedeva.

Si separarono per riprendere fiato e lei provò a chiedergli:

«Vuoi raccontarmi che cosa è successo?»

«Sei la solita impaziente», la prese in giro scoppiando a ridere.

«Ho solo paura di trovare il letto vuoto al mio risveglio», gli rispose con tono affranto.

«Non succederà, sarò qui», la rassicurò intrecciando le sue dita a quelle della ragazza.

«Promesso?»

«Promesso.»

Lei si lasciò andare tra le sue braccia soddisfatta senza sentire il successivo sussurro dell'uomo: «Dormi bene amor mio...» 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***



Dora fu svegliata di soprassalto da un urlo, si tirò su dal letto di scatto e impugnò la bacchetta. Si guardò intorno ma non avvistò alcun pericolo, era talmente abituata a stare all'erta che non si era presa nemmeno un secondo per razionalizzare.

Superato l'iniziale intontimento, causato da una brusca interruzione del sonno, realizzò di essersi addormentata tra le braccia di Remus e che era stato proprio lui ad emettere quel suono agghiacciante.

Lo vide rigirarsi in maniera agitata tra le lenzuola, tornò accanto a lui e prese ad accarezzargli la fronte e i capelli. Come una mamma che si prende cura del proprio bambino, accompagnava il gesto a parole di conforto:

«Shh... Tranquillo, è tutto a posto. Ci sono io con te...»

Lo strinse a sé, cercando di calmarlo; era sempre composto e pronto a sostenere chiunque ne avesse bisogno, ma in quel frangente le pareva così indifeso e bisognoso di affetto da commuoverla. Poteva continuare a rifiutarla, a tentare di ignorare ciò che li legava, ma non sarebbe mai stato in grado di cancellare il sentimento che lei provava. Ed era in occasioni come quella che la ragazza capiva ancora di più quanto sentisse il bisogno di amarlo, di riempirlo di quel calore di cui, ne era certa, necessitasse.

Lupin sembrò tranquillizzarsi e trovare una posizione confortevole; le si accostò ancora di più, intrecciando le proprie gambe a quelle della donna, come se desiderasse di intensificare quel contatto.

Ninfadora si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto, era da tempo che bramava sentirlo così vicino. Presto però la paura iniziò a farsi strada dentro di lei, sgretolando quel senso di beatitudine; non si erano fatti alcuna promessa la sera precedente, lui era debole per le ferite e non avrebbe potuto muoversi, ma il timore che presto l'avrebbe di nuovo lasciata non la abbandonava.

Dopo qualche minuto l'uomo riprese a muoversi e aprì gli occhi. Tirò su la testa per accertarsi di trovarsi davvero al fianco di Ninfadora e che non stesse sognando:

«Dora...» Pronunciò il suo nome e non aggiunse altro.

«Ehi, hai avuto un incubo vero? Hai cominciato ad urlare e ti ho abbracciato... Speravo di aiutarti», si sentì quasi in dovere di giustificare i suoi gesti. In effetti Remus non si era ancora reso conto della posizione in cui si trovavano, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Anche per Tonks lo era, ma non era sicura che anche lui si trovasse a suo agio.

«Mi dispiace averti disturbata», le rispose spostandole una ciocca di capelli che le copriva il viso, dietro l'orecchio.

«Non essere sciocco, sono comunque abituata a dormire poco. Piuttosto come ti senti?»

«Indolenzito e con un po' di dolori sparsi qua e là, ma tutto sommato abbastanza bene. Le tue cure sono state fondamentali», le sorrise con dolcezza e Ninfadora non poté fare a meno di accogliere con gioia i brividi familiari che la scuotevano ogni volta che lo faceva. Quanto le era mancato sentirsi così, osservarlo mentre la guardava in quel modo speciale e esclusivo. Resistette all'impulso di baciare quelle labbra incurvate all'insù per rispondere:

«Sono contenta di essere riuscita a guarirti con delle manovre basilari, almeno ti ho risparmiato un viaggio al San Mungo. In questo periodo è di gran lunga più affollato del solito. Vuoi raccontarmi che cosa ti stava turbando e quello che è successo?»

Prese a giocare con il ciuffo di capelli che gli cadeva sulla fronte, in attesa di una sua replica.

«Non dovresti riposare? Non sei di turno domani mattina?»

«Ormai non lo so neanche più quando non lo sono, lavoro in continuazione. In ogni caso te l'ho detto, mi sono abituata a ritmi di sonno del tutto diversi da quelli del passato.»

«Chi sei tu? E che ne hai fatto della Dora dormigliona che conoscevo?» La prese in giro in memoria dei vecchi tempi, in cui la voglia di scherzare non era stata sostituita da litigi e lunghe separazioni.

«Le ha rubato il posto la nuova me, quella che ha trascorso notte e giorno in attesa di un segnale dall'uomo che ama», gli disse in tono affranto, ma non duro, in fondo non lo incolpava, anche se pregava ogni istante che lui potesse cambiare idea su una possibile relazione tra di loro. Remus però rimase colpito da quelle parole, ancora una volta la consapevolezza che tutta la sofferenza di Ninfadora fosse causata da lui gli trafiggeva il cuore. Esattamente come fa una freccia, scoccata con precisione, che finisce dritta nel centro del bersaglio.

«Mi dispiace, io...»

«Lascia stare. Raccontami, per favore, non tenerti tutto dentro come al solito. Sono qui per ascoltarti», lo esortò la donna in un modo così tenero che gli era proprio impossibile rifiutarsi.

«Quando sono entrato nel branco Greyback mi ha affidato ad un compagno di stanza, Luke, quello con cui sono venuto ad Hogwarts a recuperare le erbe. Aveva il compito di controllarmi, ma ho pensato che sarebbe stato un buon punto di partenza instaurare un rapporto con lui. Così ho approfittato delle ore che trascorrevamo insieme per approfondire la nostra conoscenza; gli ho parlato di noi maghi, di come sono stato educato, ho voluto soprattutto fargli capire che esiste una realtà diversa a quella a cui era abituato.»

«Immagino che sia rimasto affascinato dalle tue parole, tu sai spiegare in un modo speciale», gli regalò un sorriso di incoraggiamento, ma lui non era certo che potesse bastargli per continuare a narrare la parte peggiore di ciò che era successo; quella di cui si vergognava..

«Beh sembrava effettivamente disposto ad ascoltare e attratto dalla possibilità di iniziare una nuova vita, così decisi di dirgli del nostro piano, del vero motivo per cui mi trovassi in mezzo a loro. Si rese disponibile ad aiutarmi, a collaborare con me nel tentativo di convincere altri compagni; nel frattempo io avrei continuato a lavorare alla pozione per non destare sospetti in Fenrir.» Si fermò, incerto sul come proseguire e Tonks, che ormai aveva imparato a capirlo più di chiunque altro, gli prese una mano e gli disse:

«Non smettere, qualsiasi cosa sia accaduta dopo non fa di te un fallito.»

«Ti sbagli, il fatto è che non avevo capito niente Dora. Ero convinto di aver riposto la mia fiducia nella persona giusta, invece mi ha tradito! Luke non era affatto cambiato, era rimasto una spia di Greyback.»

«Quindi è lui che ti ha denunciato? Dopo averti promesso supporto?» Era sconcertata, come ogni volta che si trovava davanti a esempi di cattiveria e falsità umana.

«Esatto. Ieri avrebbe dovuto far indire dal capo una riunione per mostrargli la pozione, avremmo sfruttato l'occasione per chiedergli di unirsi a noi.»

«Invece ti hanno teso una trappola...» La donna sentì gli occhi inumidirsi, Remus aveva ancora una volta subito un trattamento ingiusto e lei non sopportava di vederlo sempre più tormentato. 

«Sì, mi hanno condotto in città facendomi credere che avrebbero testato la pozione scatenando l'ira dei maghi e costringendoli a combattere. Il vero scopo era quello di umiliarmi davanti a tutti, fino all'ultimo ho creduto che non sarei sopravvissuto.»

«E come hai detto giusto poche ore fa, hai addirittura pensato di meritarlo!» Lui le si allontanò di scatto.

«Ninfadora, non capisci!? Mi era stato affidato un compito, l'unico che fossi in grado di compiere, adatto ad una creatura miserabile come me! Mi sono comportato da sciocco, mi sono fatto abbindolare dalle sviolinate di un ragazzino e ho mandato tutto all'aria. Che idea avrà ora di me Albus? Gli altri componenti dell'Ordine?», prese fiato per un istante prima di terminare, «E tu?»

«L'unica reazione da parte mia di cui dovresti preoccuparti, al momento, è quella scatenata dal sentire il mio nome, ma lascerò correre. Sei davvero convinto che qualcuno potrebbe avere minor stima di te? Andiamo, Silente in primis sapeva che sarebbe stato estremamente difficile convincere Greyback. Tu hai fatto del tuo meglio, hai sopportato per mesi una convivenza forzata e tutte le conseguenze. Hai visto del buono anche in chi non lo merita e questo Rem è uno dei tuoi migliori pregi, a volte tendi ad esagerare magari, ma è ammirevole la maniera in cui riesci ad apprezzare gli altri.»

Nonostante la debolezza l'uomo si era alzato dal letto e ora le dava le spalle. Così si avvicinò e gli posò la testa sulla schiena e lo avvolse tra le braccia.

«Non è colpa tua», gli sussurrò.

Lui si ritrasse e alzò il tono della voce:

«Smettila di trovare sempre delle attenuanti, lo è eccome! Per l'ennesima volta sono stato incapace di ottemperare ai miei doveri!» Non aggiunse altro e iniziò a raccogliere i propri vestiti.

«Che stai facendo?!»

«Me ne vado, non avrei dovuto coinvolgerti di nuovo...»

«Dove pensi di andare in queste condizioni? Sei ancora debole, ti prego riposa almeno un altro po'!» Lo guardava allibita, ancora una volta era pronto a fuggire da lei e, per quanto le sembrasse impossibile che potesse ricapitare, sentì il cuore spezzarsi.

«Non posso restare e vedere la compassione nei tuoi occhi, non merito il tuo affetto.»

«Possibile che tu non ti sia ancora stancato di dire certe assurdità? Io ti amo, lo vuoi capire?!» Ora anche lei stava urlando, dando il via libera al dolore, alla rabbia repressa e alle lacrime trattenute.

«Anche io Dora, ma questo non cambia le cose. Tu sarai sempre una meravigliosa e splendente donna e io una bestia da cui scappare.» Le diede un ultimo sguardo e proprio mentre lei stava dicendo: «Ti prego non te ne andare», si smaterializzò.

La ragazza si lasciò cadere a terra, senza forze e scossa dai singhiozzi. In innumerevoli occasioni si era costretta a resistere, ma quella notte si abbandonò alla disperazione più totale. Si concesse di sfogare tutto quel buio che racchiudeva dentro di sé, con la certezza che presto avrebbe ripreso a toglierle il respiro e la gioia di vivere.

Passarono i giorni e Tonks li trascorse in maniera abitudinaria, senza ricevere più alcuna notizia di Lupin, sperava che fosse al sicuro e non da solo, sperduto in chissà quale parte del mondo.

Ormai era la fine di Giugno, la giovane era rientrata nel tardo pomeriggio ed era stata raggiunta da Bill che non le aveva mai fatto mancare il proprio sostegno e andava spesso a trovarla.

«Allora, hai novità?» Gli domandò. Gli aveva chiesto di avvisarla se avesse ricevuto notizie dell'amato.

«È passato da noi e lo abbiamo invitato a restare. Non ha un altro posto dove andare», le rispose accomodandosi sul letto accanto a lei.

«Grazie per essere venuto, almeno ora so che è tra amici...» Avrebbe preferito di gran lunga essere lei ad ospitarlo, ma in ogni caso la notizia la rincuorava.

«Ero certo che fossi in ansia e lo sai che non sopporto di vederti soffrire», le scompigliò i capelli in modo affettuoso, come era solito fare quando erano ancora degli studenti.

«Non saresti il mio migliore amico altrimenti! Come sta Fleur?» Lui non ebbe il tempo di risponderle perché vennero raggiunti da un patronus, destinato a entrambi, che con la voce della Professoressa McGrannit richiedeva la loro presenza immediata ad Hogwarts.

Rimasero tutti e due stupiti di quello strano messaggio, ma non persero tempo e si presentarono alla scuola.

Quando arrivarono però, non trovarono solo Minerva ad attenderli, c'era anche Remus. Dora non se lo aspettava e rimase, per un attimo, interdetta. A lui invece, a quanto pare, non era sfuggito il suo essere comparsa accompagnata; le parve di notare un certo fastidio, ma fu come una nuvola passeggera, il vento la soffiò via velocemente.

«Grazie per la celerità. Silente sarà assente per qualche ora e mi ha suggerito di chiamarvi per controllare la situazione. In certi periodi più siamo e meglio è», li accolse l'insegnante di Trasfigurazione.

«Certo, quindi che facciamo? Ci dividiamo?» Fu Tonks a porre la domanda.

«Sì, tu e Remus andrete al primo piano e noi invece al secondo. Della sala comune e dei giardini si occuperanno gli Auror di turno. Inviate un patrono se dovessero sopraggiungere dei problemi», le disse Minerva facendo cenno a Weasley di seguirla.

Ninfadora prese posto accanto all'uomo e si avviarono verso le scale.

«Di guardia insieme come ai vecchi tempi eh?!» Scherzò lei, dandogli una leggera gomitata sul braccio.

«Già, adoravi riempirmi di domande piuttosto che lasciarmi in pace a leggere», replicò reggendole il gioco.

«Te lo ricordi davvero?» Si arrestarono entrambi e lei lo scrutò con occhi indagatori e colmi di speranza.

«Certo, non potrei mai dimenticare i momenti passati con te.»

Lei gli accarezzò una guancia prima di dire:

«Nemmeno io.»

Rimasero immobili per qualche istante, persi l'uno nell'altra, come se da entrambi stessero partendo scariche elettriche pronte ad incendiare il filo invisibile che li teneva legati. Sarebbe bastato un semplice passo per annullare quella distanza che tanto pesava loro e mettere a tacere il desiderio che,al pari di tanti piccoli aghi, li punzecchiava in ogni parte del loro corpo. Peccato che il momento non fosse uno dei più appropriati, scambiarsi effusioni non rientrava di sicuro tra i compiti di un sorvegliante.

Così si riscossero e ripresero a camminare in silenzio. Ci sarebbero state così tante cose di cui parlare, scuse da pronunciare per l'ennesima discussione avvenuta giorni addietro o semplicemente un cenno che confermasse che il sentimento di ognuno era vivo e costante e non aveva subito mutamenti.

Preferirono tacere però e far scontrare ogni tanto le loro mani, senza preoccuparsi di far apparire quel gesto più o meno casuale; era un modo per ricordarsi che non erano soli.

Salirono le scale di corsa, probabilmente con troppa foga, dato che Tonks non riuscì a farlo senza inciampare. Remus la sentì imprecare sottovoce e si voltò, la vide in ginocchio su uno dei gradini e con le mani davanti a sé per riparare il viso da uno spiacevole incontro con il pavimento. Per poco lui non scoppiò a ridere, poteva essere ingrigita e immusonita, ma alla fine rimaneva sempre la piccola e buffa Dora che gli aveva fatto girare la testa non appena aveva messo piede nella cucina di Grimmauld Place.

«Le vecchie abitudini non muoiono mai eh?!»

«Togliti dalla faccia quel sorrisetto, Lupin. Il mantello mi si è intrecciato tra le gambe, è tutta colpa sua.» Rispose aggrappandosi alla sua mano per ritirarsi su.

«Magari per la prossima volta la scorciamo un po'!» Perseverò nel prendersi gioco di lei, aveva bisogno più che mai di smorzare la tensione che si creava ogni volta che erano insieme.

«Geniale, davvero un'idea brillante!» Gli fece una linguaccia fingendosi offesa.

Iniziarono poi a perlustrare i corridoi dove tutto taceva. Gli studenti erano a letto e non si sentiva volare neanche una mosca. Continuarono a procedere avanti e indietro, in tutta tranquillità, per circa un'ora.

Ad un tratto però si scontrarono con Ginny che stava correndo come una forsennata.

«Tonks! Professore! Meno male che siete qui!!!»

«Che succede?» Le chiesero, in simultanea, preoccupati.

«Ci sono i Mangiamorte nel castello!» Era agitata come non mai, ma diede loro la notizia con voce ferma e sicura.

«Dove?»

«Di sopra! Ero con Neville e Luna ma ci siamo separati per cercare aiuto!»

«Prova ad andare a chiamare qualche insegnante, noi nel frattempo andiamo a fermarli», le ordinò Remus, prima di scattare con Dora verso il punto che era stato loro indicato.

Arrivati al piano superiore videro subito del fumo e una serie di scintille colorate saltare da una parte all'altra dell'androne.

Riuscirono a scorgere Bill, Minerva, i ragazzi e circa cinque o sei incappucciati. La situazione non era ben chiara e lasciava ben poco spazio per pensare o attuare un qualche tipo di strategia.

Lupin trattenne la donna per raccomandarsi:

«Ti prego fai attenzione.» Lei annuì e replicò:

«Anche tu.»

Un ultimo sguardo e si gettarono nella mischia.

Per lunghi interminabili minuti si ritrovarono in mezzo al caos. Sembravano dei soldati che avevano lasciato la relativa tranquillità della trincea per lanciarsi in mezzo agli spari. Tutti lanciavano incantesimi a raffica e, al contempo, tentavano in ogni modo di difendersi.

La scuola, un luogo che chiunque avrebbe associato a ricordi piacevoli, gioiosi, ma soprattutto emozionanti, era costretta ad ascoltare maledizioni e magie di attacco, non per il mero scopo di essere tramandate agli studenti, ma per colpire e ferire.

Anche le pareti si sarebbero volentieri ribellate a quelle gesta che non facevano altro che profanare lo splendore dell'edificio.

Nessuno era ancora caduto ma, ad un certo punto, Ninfadora vide, con la coda dell'occhio, un uomo gettarsi addosso a Bill e stenderlo. Sarebbe stato troppo pericoloso correre in suo soccorso, così provò subito a fermare il nemico con cui stava combattendo.

Dopo vari tentativi uno dei suoi incantesimi andò a segno e ne approfittò per raggiungere l'amico, solo che era troppo tardi. Riconobbe subito colui che lo aveva messo fuori gioco: Fenrir Greyback. Prima che qualcuno potesse aiutarlo, l'alfa gli aveva già affondato i denti nella spalla.

«Allontanati da lui!!!» Urlò Tonks.

«A quanto pare ci incontriamo di nuovo», le rispose strusciandosi la lingua sulla bocca per recuperare il sangue della sua vittima che gli stava colando sul mento. Lei lo guardò disgustata e con la bacchetta in posizione, pronta a ripagarlo con la stessa moneta.

«Peccato che non abbia il tempo di vedermela con te, ragazzina. Ho impegni più urgenti che mi aspettano.» Confusa lo vide seguire alcuni suoi compagni in direzione della torre di Astronomia e si inginocchiò in terra accanto al giovane ferito.

«Bill! Rispondimi!» Era inerme e non reagiva a nessun tipo di segnale. Aveva un bisogno impellente di cure ma, allo stesso tempo, i compagni stavano per essere sopraffatti dai Mangiamorte.

Remus non ebbe neanche un attimo per osservare la scena, aveva però chiaramente udito il grido dell'amata e sarebbe intervenuto se Fenrir avesse provato anche solo a sfiorarla. Provò a corrergli dietro ma fu respinto da una barriera magica invisibile, di cui non si spiegava l'utilità.

Erano rimasti da soli, i seguaci del Signore Oscuro aveva interrotto la battaglia attirati da un qualche tipo di segnale che i membri dell'Ordine non avevano colto. Tutto era accaduto talmente in fretta, che quasi non si erano accorti dell'arrivo di Piton che, senza neanche dire una parola, era riuscito a superare l'ostacolo e ad accodarsi agli avversari.

«Che cosa sta succedendo?» Dora diede voce alla questione che, non solo lei, continuava a porsi. Nessuno però sapeva trovare una spiegazione a quanto appena vissuto.

«Portiamo Weasley in infermeria, qui per il momento non possiamo fare altro», suggerì Minerva, con il suo tipico fare autoritario.

Così fecero e, ben presto, Tonks si ritrovò seduta sul bordo del letto dove era sdraiato Bill; con Lupin appoggiato ad una finestra, non troppo distante da lei.

La giovane era in apprensione e non smetteva di accarezzare la mano pallida e gelata del suo migliore amico. Sperava di osservarlo risvegliarsi quanto prima.

Ciò che accadde dopo, però, fu un qualcosa di davvero imprevedibile e devastante. Dopo l'arrivo di Hermione, Ron e Minerva, finalmente si presentò anche Harry, affiancato da Ginny. Portavano con loro la più terribile delle notizie, perché la perdita di una guida, spesso paragonabile a quella di un genitore, comporta una sofferenza indicibile da cui non è mai semplice riprendersi. Fu proprio la piccola Weasley, forte e coraggiosa, a dare ai presenti la comunicazione di quanto avvenuto:

«Silente è morto...»

«No!!!» Remus, dalla natura ferma e controllata, davanti a quelle tre parole non riuscì a trattenersi e si lasciò cadere su di una poltrona, con la testa fra le mani, in un atto di disperazione.

Dora, affranta e demoralizzata, non solo per il dolore che le causava la scomparsa dell'ex preside, ma anche per l'impotenza che provava davanti al tormento di Lupin, chiese che cosa avesse provocato il suo decesso.

Scoppiò il putiferio quando Potter confessò di aver visto Piton ucciderlo e di non aver potuto fare niente per fermarlo. Tutti erano sempre stati incerti sull'affidabilità del professore, ma Albus giurava di avere dei buoni motivi per credergli. Quella, per loro, era la prova che anche i più grandi miti di una vita possono sbagliare e valutare in maniera errata una persona.

Ognuno iniziò a dire la propria, a sfogare la rabbia nei confronti di coloro che credevano un compagno e che si era invece rivelato un traditore e un assassino. Furono interrotti dall'ingresso di Molly, Arthur e Fleur, che volevano accertarsi delle condizioni del figlio.

La madre si gettò tra le braccia del figlio che ancora non aveva ripreso conoscenza e piagnucolò:

«Figlio mio, come ti hanno ridotto! Così sano e bello e pronto per il matrimonio, si sono presi il meglio!»

«Che cosa signifie? Stai dicendo che non voglio plus sposarlo?» La attaccò la futura nuora, inferocita.

«Ma no, io...» La donna non aveva idea di che cosa rispondere, aveva parlato ma senza riflettere davvero sugli effetti, colpa dell'agitazione che le attanagliava lo stomaco.

«Questo non cambia le cose, il mio fascino basterà per les deux. Non saranno certo due graffi a fermarmi.» La bella Delacour non aggiunse altro ma fu stretta tra le braccia di Molly che voleva rimediare e scusarsi.

Tutti gli occhi erano puntati sulla coppia ma la voce di Tonks, rivolta in direzione di Remus, fece mutare il punto su cui era focalizzata la loro attenzione:

«Ecco, hai visto! Lei lo sposerà lo stesso! Se ne frega di ciò che comporterà il morso!»

«Non puoi paragonare la nostra situazione alla loro, Bill non sarà un vero lupo mannaro come me, ci renderanno simili solo alcuni tratti», rispose cercando di calmarla.

«Ma non mi importa, te l'ho detto un milione di volte e ora anche loro mi sono testimoni!» Indicò gli altri, cercando di fargli capire che se fosse stato necessario lo avrebbe urlato al mondo intero. 

«E io ti ho altrettante volte ripetuto che sono troppo vecchio, povero e pericoloso per te! Meriti di meglio e non sono l'unico a pensarlo...» Aggiunse esasperato.

«Ti sbagli Remus caro, noi concordiamo nel ritenerti alquanto sciocco!» Si intrufolò nel discorso Molly che ricevette man forte da un cenno affermativo del capo da parte di Arthur.

«In ogni caso ora non è il momento di discuterne, Silente è morto...»

«Sono certa che se fosse qui ti darebbe uno scappellotto e ti direbbe di seguire il tuo cuore», gli rispose la McGrannit contrariata.

Calò il silenzio, la comparsa di Hagrid placò gli animi riscaldati e il risveglio di Bill diete a tutti un qualcosa di nuovo a cui pensare.

Dora, ormai decisamente allo stremo delle forze, sarebbe voluta fuggire via; la sua dichiarazione aveva sortito l'ennesimo buco nell'acqua e lei non sapeva quanta resistenza potesse ancora pretendere da se stessa. Un ospite inatteso venne a cercarla e a fornirle la scusa per allontanarsi. 

«Scusatemi, non volevo disturbare ma stavo cercando Tonks.»

«John che succede?» Si alzò in piedi per avvicinarsi al collega.

«Stai bene?» Le domandò Dawlish scrutandola dall'alto in basso per accertarsene.

«Sì, è tutto a posto.» L'uomo si accorse di come i presenti lo stessero guardando incuriositi, solo Lupin lo avrebbe volentieri cacciato via, dato che aveva preso la cattiva abitudine di presentarsi nei momenti meno opportuni.

«Possiamo uscire un attimo da qui? Avrei alcune cose da dirti.» Chiese imbarazzato da quella situazione che lo faceva sentire sotto esame.

«Sì certo», la ragazza lo seguì dopo aver salutato gli altri e promesso a Bill di tornare a visitarlo.

Tutti a quel punto si voltarono ad osservare con insistenza Lupin, ma fu proprio il povero e malandato Weasley ad intervenire:

«La lasci andare così? Vuoi davvero rischiare che qualcuno te la porti via?»

L'ex insegnante sollevò la testa, con un'espressione allibita sul viso, come se si stesse destando da un lungo sonno e vedendo, dopo svariate ore, di nuovo la luce.

Non si premurò di dichiarare alcunché e corse fuori dall'infermeria. Si bloccò all'istante nel trovarsi davanti e poco distanti, i due Auror.

Dawlish le stava dicendo che Kingsley aveva concesso loro, dati gli avvenimenti, un giorno libero e che quindi era il caso di andare a riposare. Lupin però lo interruppe e si rivolse alla donna senza guardarlo:

«Se avete finito avrei bisogno di parlarti...» Tonks lo squadrò dubbiosa, trovava il suo atteggiamento indecifrabile.

«Sì certo», salutò John frettolosamente, mentre l'uomo l'aveva presa per mano invitandola a seguirlo.

«Dove mi stai portando?» Non ricevette risposta ma non dovette attendere molto perché, non appena varcata una grande porta di legno intarsiato, riconobbe l'Aula di Difesa Contro le Arti Oscure.

«Che ci facciamo qui?»

«So che sei impaziente, lo sei sempre stata, ma stavolta per favore lasciami spiegare...»

«Ti ascolto», sussurrò quelle parole, impaurita dalle sue intenzioni.

Lupin si allontanò da lei e si concesse qualche secondo; le parole di Bill avevano fatto traboccare il vaso che tanto accuratamente tentava di tenere sigillato, ma la verità era che non aveva idea di come districare il groviglio di pensieri che gli annebbiava la mente e di intavolare un discorso di senso compiuto che non confondesse anche Ninfadora. Poi, per pura coincidenza, o forse no, un caro ricordo gli donò lo spunto per iniziare.

Lei, mentre aspettava con crescente ansia, iniziò a stropicciarsi un lembo del mantello e a trattenere il fiato, senza neanche rendersene conto.

«Nella mia vita sono state tre le occasioni in cui posso dire di aver davvero visto la luce del sole e di averne sentito il calore. La prima quando ho conosciuto Sirius, James e Peter e sono diventati miei amici. La seconda quando sono entrato in questa stanza come insegnante e mi è stata concessa la possibilità di fare lezione e stare in mezzo agli studenti. La terza...» Si fermò, incatenò i suoi occhi con quelli della ragazza e proseguì:

«Quando ho incontrato te. Sei entrata nella mia vita all'improvviso, con il tuo sorriso, i tuoi capelli rosa, la tua energia, la tua parlantina, il tuo essere buffa e imbranata e, nonostante non sapessi riconoscere i segnali, mi sei entrata nel cuore sin da subito. Non potrei mai dimenticare la tua discussione con Malocchio, come ti sei schierata dalla parte dei lupi mannari senza neanche sapere che lo fossi anche io, o quando mi sei stata accanto durante la luna piena.»

Si interruppe nuovamente e, con lentezza, mosse qualche passo verso di lei.

«E sai qual'è un altro momento che non scorderò mai? La sera in cui mi hai chiesto di amarti, con una sola parola hai sgretolato il muro che mi sono costruito in tutti questi anni. Sono stato uno stupido, ottuso, avrei dovuto mettermelo in testa prima. Neanche se andassi dalla parte opposta del mondo sarei in grado di starti lontano, perché prima o poi, in un modo o in un altro tornerei sempre da te.»

Dora era sopraffatta, le lacrime avevano preso a scorrerle lungo il viso con veemenza, ogni tentativo di fermarle sarebbe stato vano. Non era in grado di proferire neanche una sillaba e lasciò a Remus il compito di continuare.

Lo vide prendere qualcosa dalla tasca:

«Come questa volta, che sono qui per rimettere al suo posto ciò che mi hai chiesto di custodire.» Le spostò i capelli con gentilezza, facendole venire la pelle d'oca non appena le sue dita entrarono in contatto con la sua pelle e le allacciò la collana che le aveva regalato, al collo.

«Non lo so che cosa ci aspetta domani, la guerra è alle porte e tutto è così incerto, ma se tu volessi perdonare e accettare un vecchio e povero lupo mannaro come me nella tua vita, ora sono pronto ad iniziare quest'avventura con te.» Il sorriso speranzoso che le regalò, al termine di quel lungo monologo, ebbe il potere di scatenare un nuovo attacco di pianto che sapeva di gioia e amore.

«Oh Remus!» Gli saltò tra le braccia e si lasciò stringere in una maniera del tutto nuova, libera e sicura; perché ora entrambi sapevano che il tenebroso futuro che li aspettava, lo avrebbero affrontato insieme.

«Sei il più testone degli uomini probabilmente, ma sei anche l'unico che potrei amare. Questa volta non ti permetterò di fuggire.» Gli disse avvicinandosi alle sue labbra.

«Non ho intenzione di andare da nessuna parte, a meno che non ci sia tu al mio fianco.»

«Sarà meglio per te, Lupin.»

«È una minaccia Ninfadora?»

«Mmm...La definirei una promessa.»

Scoppiarono a ridere entrambi prima di scontrarsi l'un con l'altro e unirsi in un bacio che suggellava il loro patto. E fu così che proprio nell'aula in cui avevano imparato o insegnato la loro materia preferita, diedero vita al loro percorso insieme. Non poteva essere il terrazzo di Grimmauld Place, la camera di Dora, o la serra di Hogwarts, quello in cui si trovavano era il luogo doveva avevano coltivato i propri sogni e non esisteva un punto di partenza migliore.

Tutto ciò che era successo quella sera e che li aveva profondamente colpiti, fu spazzato via; come un uragano distrugge tutto ciò che incontra, l'amore, con la stessa potenza, dissolve le tenebre e ricompone i cocci.

Si separarono per riprendere fiato, poi Remus le prese una mano e, uniti in quella stretta, si avviarono fuori dal castello.

A un tratto Tonks si fermò di colpo e richiamò la sua attenzione:

«Rem guarda! Una stella cadente!»

«È strano sai...»

«Che cosa?»

«Con i Malandrini abbiamo passato tante sere ad ammirare il cielo per poter esprimere un desiderio. È davvero assurdo che, stavolta, ciò che voglio non sia racchiuso nelle mie fantasie, ma qui accanto a me e che, soprattutto, risplenda di rosa.»

Dora, commossa da quella dichiarazione, prese d'istinto una ciocca di capelli e lo stesso fece lui. Le loro dita si intrecciarono tra quei fili colorati e lei, entusiasta, disse:

«Mi hai guarita!»

«Ti sbagli, se tra i due c'è qualcuno in grado di curare, sei tu amore.» Le sorrise e catturò di nuovo le sue labbra prima di riprendere il cammino.

«Dove andiamo, Remus?»

«A casa naturalmente.»

E in un attimo Dora capì; si smaterializzarono nel loro posto speciale, dove gli aveva prestato il suo libro preferito e, per la prima volta, si erano donati completamente e senza riserve, l'uno all'altro. 

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