Crossroads

di gyikhu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

Link dell'account dell'autrice:
https://www.fanfiction.net/u/2367223/gyikhu

Link al primo capitolo in lingua originale:
https://www.fanfiction.net/s/6358147/2/Crossroads

NOTE DELL’AUTRICE:
A coloro che pensano di conoscere questa storia: avete indovinato. Crossroads è una fanfiction pubblicata per la prima volta nel 2010, ma ai tempi avevo un pessimo inglese. Nel corso degli anni ho imparato molto, ho migliorato la mia scrittura, così sono tornata su questa storia perché ho pensato che meritasse una lucidatura.
A chi legge per la prima volta: la storia è un crossover tra Tomb Raider e Uncharted. Un omaggio a tutti coloro che amano l'avventura, l'azione e pensano che Lara e Nate siano fatti per lavorare insieme.
Spero che vi piaccia, sarò felice di leggere le vostre recensioni e i vostri commenti.





Lady Croft si annoiava a morte, al punto da non avere idee su come affrontare la giornata. Sdraiata sul divano del suo studio, con le gambe intrecciate sul tavolo, ammazzava il tempo guardando una mosca che girava attorno alla lampada sopra la sua testa.
Tenere gli occhi sul piccolo animale volante le sembrava un’attività curiosamente interessante. Erano passati mesi da quando era tornata dalla sua ultima avventura, e le sue giornate erano diventate monotone e insensate. Hilary e Bryce avevano cercato di convincerla a impegnarsi in qualche attività, ma senza riuscire nell’intento. Perché sprecare tempo ed energie per qualcosa che comunque non le arrecava alcun interesse?
Quando, con suo grande fastidio, perse di vista la mosca, Lara si alzò a malincuore col busto, posò i piedi per terra e si convinse a scendere le scale. Le piante dei piedi nudi non fecero rumore durante la sua camminata taciturna al piano terra. Il silenzio riempiva il maniero, dando l’errata impressione che gli unici due oltre lei che lo occupavano la evitassero spaventati. Lara non era di cattivo umore, ma solo annoiata a morte.
Accanto all'ingresso, la posta del giorno giaceva su un tavolino insieme all'edizione del London Times. Lara prese le buste e le sfogliò disinteressatamente. In realtà, non le importava della posta. Forse, in segreto, sperava di trovare qualche nuova eccitante offerta di lavoro su un artefatto pericoloso e perduto da tempo, ma ovviamente non ce ne furono tracce: oltre i continui tentativi di convincerla a comprare un'altra carta di credito o una nuova poltrona per massaggi, non aveva trovato nulla di importante. Bollette, promozioni, pubblicità spazzatura.
Li rimise sul tavolo e si costrinse per noia a prendere il giornale. Che diavolo, pensò, camminando verso il salotto. Si adagiò sul divano, i suoi occhi scrutavano i titoli dei giornali. Sbadigliò, senza nemmeno cercare di nasconderlo. Sfogliando le pagine, alcuni annunci di appuntamenti in fondo alla testata catturarono la sua attenzione come mai era successo prima. Che sciocchezze, pensò, ma nonostante la sua indifferenza non fece a meno di continuare la lettura. Un bell'uomo sulla cinquantina cerca una donna magra per dare un po' di pepe alla sua vita, ne lesse uno ad alta voce, ridendo. Probabilmente il bell’uomo sulla cinquantina altro non era che un noioso impiegato di banca con un regolare stipendio a cui nessuno prestava attenzione. All'improvviso, le venne in mente ciò che avrebbe letto in un annuncio del genere se fosse stata lei a scriverlo: cacciatrice di tesori annoiata a morte cerca qualcuno che abbia qualche avventura pericolosa da condividere. Chissà quanti avrebbero risposto? Mettendo giù il giornale, sentì bussare debolmente dalla porta: Hilary entrò con una tazza di té fumante su un vassoio tra le mani.
“Il tè, signorina.” Lo mise sul tavolo davanti a lei, e fu allora che Lara si rese conto che era già pomeriggio. Che diavolo aveva fatto per tutto il giorno per non essersi accorta che fosse già così tardi?
“Grazie, Hilary,” disse Lara, fissando impotente la tazza da tè.
“Non preoccuparti, Lady Croft. Ci saranno presto delle sfide da affrontare,” disse Hilary cercando di distrarla.
“Non è mai successo prima di non ricevere delle missioni per così tanto tempo. Non ci sono più tombe da trovare?” chiese Lara al suo maggiordomo, guardandolo coi suoi grandi e impercettibilmente sconfortati occhi nocciola. Hilary sorrise con simpatia. Da un lato era preoccupato per Lara, non voleva che si abituasse a questo stato di inattività; dall'altro lo sguardo sul suo viso lo divertiva un po'. Sembrava così indifesa ora che non si trovava ad affrontare ogni giorno trappole mortali, e Hilary lo trovava sconcertante ed affascinante. Era più che certo che non sarebbe durata a lungo. Era solo questione di tempo prima che Lara si abbandonasse di nuovo a qualcosa di estremamente pericoloso.

***

Bryce era seduto al suo computer e aveva un’espressione determinata sul volto. Non riuscendo a sopportare di vedere Lara trascinarsi da una stanza all'altra per settimane, aveva deciso di trovare una sfida adatta a lei, ma non era così facile come aveva pensato. Adottava metodi che non erano del tutto legali, ma questi tipi di informazioni erano difficili da avere su due piedi, non come chiedere una vacanza ai Caraibi al Centro Informazioni Turistiche. In tutti questi anni, Lara non aveva mai chiesto da dove venissero i suoi dati, in una sorta di tacito accordo stipulato silenziosamente tra loro. A Lara non importava da dove provenissero le informazioni, e Bryce chiudeva un occhio sui metodi con il quale si appropriava di manufatti. Era il risultato ciò che contava. O, per meglio dire, la sfida e l'avventura che ne avrebbero conseguiti.
Bryce aveva analizzato ogni fonte che conosceva o che aveva usato in passato. Digitando alcuni codici da hacker, entrò nei server dei musei e delle università, esaminando gli ultimi risultati delle ricerche in corso. Dopo diverse ore di indagini infruttuose si imbatté in qualcosa: due piccole parole catturarono la sua attenzione sullo schermo e smise di scorrere col mouse.
Gli occhi di Chagatai.
Aggrottò la fronte. Dov’è che aveva già sentito? Per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordarselo, ma per un motivo inspiegabile sentiva che era importante. Così cercò su Google, comprendendo le ragioni del suo intuito subito dopo aver guardato il primo sito della lista. Saltò dalla sedia come se un feroce orso lo stesse seguendo e uscì correndo a perdifiato dalla sala dei pc. Era sicuro che Lara sarebbe impazzita per la scoperta appena fatta.

***

Bryce capitombolò non appena aprì la porta del soggiorno in cui si trovava Lara, guardando impotente il suo maggiordomo mentre gli chiedeva se le sue ricerche avevano avuto più fortuna del suo equilibrio. Il fatto che Bryce fosse caduto non appena si era spalancata la porta sorprese un po’ Lara, ma non fu sufficiente ad agitarla.
“Lara, credo di aver trovato qualcosa... si tratta degli occhi di Chagatai,” esclamò finalmente ansimando.
Quando sentì quel nome, Lara saltò dal divano. “Ne sei certo? Che cosa hai trovato?”
La noia e lo sconforto svanirono dai suoi occhi, e un'eccitante lucentezza le accese lo sguardo, segno che qualcosa di adrenalinico e pericoloso era in vista. Hilary non ci capì nulla. Lavorando per Lara aveva anche acquisito una conoscenza storica piuttosto ampia, ma questo nome non gli diceva niente, contrariamente alla sua padrona. Il tè fu lasciato lì mentre tutti e tre si affrettarono ad andare nella sala dei computer.
“Stavo dando un occhio al server dell'Università di Harvard, quando ho intravisto quel nome,” spiegò Bryce con una faccia innocente. Cliccando sullo schermo, aprì un documento. Gli occhi di Lara scorsero veloci sul testo, leggendolo rapidamente alla ricerca delle informazioni chiave.
“Così li hanno trovati. Incredibile,” sussurrò ipnotizzata dalle parole sul monitor. “Da ciò che vedo i nostri colleghi non hanno idea dell'importanza delle loro scoperte,” soggiunse con sempre maggiore entusiasmo mentre continuava a leggere. “Ma tanto meglio. Avremo il tempo di procurarcelo da soli,” sancì Lara raddrizzandosi energicamente, entusiasta degli sviluppi.
Si precipitò sugli scaffali e prese la cartella in pelle con i suoi appunti. Nel corso degli anni, aveva dedicato molto tempo a risolvere questo enigma, ma con suo grande rammarico non si era mai avvicinata alla soluzione. Questi nuovi dati avrebbero potuto cambiato tutto.
Hilary era ancora in piedi all'ingresso, con la faccia incredula, a guardare i due che lavoravano in sincronia. Anche se non aveva idea di cosa stesse succedendo, era felice di vedere Lara tornare alla sua solita vita e studiare con entusiasmo i suoi appunti.
“Eccolo qui,” parlò di nuovo Lara. “Ho sempre saputo che Chagatai nascondesse il diario che sto cercando.”
I due uomini la guardarono con un'espressione che la fece sorridere. Lei si fermò, muovendo lo sguardo dal tecnico dei computer al maggiordomo.
“Lasciate che mi spieghi,” disse avvicinandosi alla scrivania per posare i documenti che aveva in mano. “Non è Chagatai che mi interessa, ma Temüjin. La tomba di Temüjin mi affascina fin da quando ero bambina, e da che ho memoria ho sempre voluto essere io a trovarla. Sarebbe stata la più grande scoperta del secolo, al pari di Tutankhamon nel 1922,” soggiunse lanciando lo sguardo determinato che i due uomini conoscevano più che bene. “Temüjin fu sepolto in gran segreto, e chiunque ne conoscesse il luogo fu ucciso. I mille anonimi, così chiamarono le quasi mille persone che parteciparono alla costruzione del luogo di sepoltura e furono poi uccise senza eccezioni. Uno di loro, però, secondo la leggenda, creò un diario nel quale vi descrisse i lavori e soprattutto la posizione.”
Lara passeggiava su e giù per la stanza mentre raccontava la storia, quasi non riusciva a credere che avrebbe finalmente fatto il passo successivo verso la scoperta.
“Purtroppo quell'uomo è stato catturato e giustiziato prima che potesse nascondere il diario. Tutti pensarono che la descrizione fosse stata distrutta. Ho passato innumerevoli giorni e mesi a fare ricerche prima di scoprire che era finito nelle mani di Chagatai, e che doveva essere nascosto nella sua tomba.”
Lara fece un piccolo respiro, ricordando il giorno in cui se n’era resa conto.
“Potete immaginare quanto fossi felice, ma non durò a lungo, perché, pur trovando l’ubicazione della tomba di Chagatai, accedervi è impossibile senza gli occhi.”
Notando lo sguardo confuso di Hilary, Lara roteò lo sguardo.
“Gli occhi di Chagatai sono due sfere di pietra. Le ho cercate per anni senza successo. Sono scomparsi senza lasciare traccia, pochi ne sapevano l’esistenza e quasi non esisteva alcuna documentazione. Tutto quello che ho potuto scoprire è che Chagatai ordinò ai suoi uomini di nascondere gli occhi da qualche parte nel mondo dopo la sua morte. Potrebbero essere ovunque.”
Lara smise di passeggiare mentre tornava dai suoi ricordi.
“Ma ora, amici miei, sappiamo dove sono e li prenderò. Quando li avrò tra le mani, nessuno potrà impedirmi di risolvere il segreto di Temüjin.”
“Questo Temüjin doveva essere una persona molto importante. È davvero insolito il fatto che non l'ho mai sentito nominare, sembrerebbe che io abbia ancora bisogno di ampliare le mie conoscenze,” confessò Hilary.
“Sono sicura che ne hai sentito parlare, ma forse con un nome diverso,” convenne Lara con un sorriso edotto, riprendendo i suoi appunti. “Ti dice qualcosa Gengis Khan?”
Hilary alzò le sopracciglia con sorpresa, annuendo con stupore. Naturalmente conosceva quel nome. Chi non lo conosceva? “Ora capisco perché tutti vogliono trovare la sua tomba.”
“Chagatai era il figlio di Gengis Khan che guidò le costruzioni della tomba dopo la morte di suo padre,” continuò Lara. "Desidero avere quel diario, e questo è l'unico posto rimasto in cui può essere.”
“Ma ora che gli occhi sono stati trovati, anche la tomba di Chagatai e il diario saranno rivelati,” sottolineò Hilary in modo molto logico.
“Non credo proprio,” replicò Lara tornando al computer. “Il documento che Bryce ha trovato descrive gli avvenimenti in una sorta di diario di viaggio. Guarda qui,” toccò un dito sullo schermo. "Gli occhi di Chagatai hanno poi intravisto luoghi che nessuno ha mai visto prima... eccetera,” lesse il testo ad alta voce. “Il nostro collega sembra parlare degli effettivi occhi di Chagatai. Pochissime persone sanno che in realtà sono due oggetti di pietra. Finora questo documento non è stato collegato né al diario né alla tomba di Chagatai, per non parlare di Genghis Khan. Quindi sfrutterò l'occasione e mi prenderò la gloria.”
“È naturale che tu lo faccia, Lady Croft,” convenne Hilary con un sorriso.
“Mettiamoci al lavoro. C'è ancora molto da fare in pochissimo tempo,” disse felice Lara. I due uomini si scambiarono sguardi, contenti di vedere che finalmente era tornata ad essere se stessa. Vivace, professionale e brillante.

***

L'elicottero si avvicinò al suolo, ma non atterrò. Lara scese la scala di corde e poi saltò verso la radura. Salutò il pilota da lontano e il velivolo si allontanò, lasciandola tutta sola nella natura selvaggia che, con l’allontanarsi dell’elicottero, ritrovò la sua consueta e mistica quiete. Si guardò intorno, vedendo solo giungla intorno a lei ad ogni direzione. Eccoci qui, pensò, aggiustando le fondine sulle cosce e stringendo la coda di cavallo.
“Il posto nel quale si cela il primo occhio non dovrebbe essere lontano da qui,” disse nel proprio auricolare mentre digitava le coordinate nel GPS.
“Secondo le indicazioni a circa un chilometro e mezzo a ovest,” confermò Bryce.
Lara prese la direzione indicata, scostando con le braccia il fitto sottobosco. Era incredibile che il primo occhio si fosse allontanato così tanto dalla Mongolia, ma il documento era stato molto chiaro sulla sua posizione. A quanto pare i mongoli non l'avevano lasciata al destino e avevano portato l'occhio il più lontano possibile dalla tomba. Lara non avrebbe mai immaginato di arrivare fino in Thailandia.
Mentre continuò a muoversi, un'antica struttura di pietra si rivelò davanti ai suoi occhi tra le fronde. Era molto fatiscente, composta da enormi pietre di cui la giungla si stava lentamente impossessando. Il verde strusciava sulle rocce, abbracciandole, nascondendole agli occhi inesperti. Lara guardò la scena con ammirazione, affascinata da tali miracoli della storia. Con cautela, si appropinquò, cercando l'ingresso che nel tempo era stato invaso dalla vegetazione. Lara ci mise circa quindici minuti per scoprire una fessura alta poco più di un metro all'interno della struttura. “Muoviamoci,” mormorò, poi strisciò nella fenditura, che si allargò in un corridoio, dandole modo di potersi finalmente rialzare. La sua mano scivolò fino all'elsa della pistola mentre si spostava più in basso nel passaggio buio. Fissando il bengala alla cinghia del suo zaino, fece luce nell’ambiente cercando di evitare di cadere in qualche trappola.
“Stai attenta,” sentì Bryce nell'orecchio con voce ansiosa. Lara alzò gli occhi al cielo: come se fosse stata la prima volta che entrava in un posto come questo. Mentre procedeva, le pareti si stringevano e il corridoio spariva nell'oscurità; si vedevano solo le punte di alcune lance affilate. Dopo un'attenta riflessione, Lara fece qualche passo indietro, poi corse e saltò dall'altra parte. Non era molto difficile da evitare, pensò tra sé e sé. Un lieve fruscio le fischiò vicino alle orecchie e il fascio del suo bengala illuminò due lame giganti uscite dalle pareti del passaggio che, seguendo i binari incastonati nella roccia, si stavano velocemente avvicinando a lei. Lara ebbe solo il tempo di lasciarsi sfuggire un’imprecazione a denti stretti. Si lanciò in avanti, il suo corpo agile scivolò tra le due spade. Le enormi lame di metallo sfrecciarono sopra e sotto di lei, il fendente le sfiorò la pelle tagliandole una ciocca di capelli. Anche quando atterrò a terra, le lame cambiarono direzione, accelerando di nuovo verso di lei.
“È davvero fantastico,” disse Lara girando sui tacchi. Corse lungo il corridoio più veloce che poteva, senza curarsi di dove andava. Le lame la inseguivano, senza lasciarle alcuna possibilità di scappare.
“Lara, attenta!” le urlò Bryce nell'orecchio, ma era troppo tardi. Il terreno le scivolò da sotto i piedi. Fuggendo dalle lame non si rese conto di aver raggiunto un ripido pendio, ed inevitabilmente avrebbe scivolato giù nel nulla. Prima di fare ciò, si lanciò in avanti, allungò una mano e all'ultimo momento afferrò una pietra sporgente sul muro di fronte a lei. Appoggiando i piedi alla parete, prese fiato, spostando il bengala per vedere dove fosse atterrata.
“Stai bene?” si sentì dire da Bryce.
“Sì, certo. È solo un po' scomodo.”
Il corridoio continuava sulla sinistra, seguendo una forma a L. L'abisso sotto di lei sembrava senza fondo. “Non credo di voler sapere cosa c'è laggiù,” commentò cercando di salire più a sinistra, ma le pietre sotto i suoi piedi tremavano in modo minaccioso.
Bryce seguì tutta la scena dalla telecamera. "Va’ via da lì.”
“Credimi, ci sto lavorando,” disse Lara appoggiando i piedi e tenendosi con un braccio solo. Prima che le pietre crollassero, usò il rampino fissato alla cintura verso l’alto e si mise a dondolare oltre la fessura, atterrando abilmente dall'altro lato del passaggio. Per un attimo, Lara si fermò per fare un profondo respiro, poi un altro ancora. La mancanza di alcune settimane di allenamento era chiaramente evidente. Guardò ancora una volta verso l'abisso, poi si scrollò le spalle e continuò per la sua strada.
Trovando stabilità sotto i suoi piedi, Lara colse l’occasione per guardarsi intorno. Prendendo una piccola videocamera, registrò il passaggio, puntando il dispositivo su tutte le spesse mura che la circondavano, proprio come farebbe un buon archeologo. Le pareti erano fatte di pietre enormi, ma su di esse non si vedeva alcun ornamento o iscrizione. Lara continuò il suo percorso, illuminando gli angoli bui col suo bengala. Fermò i suoi passi quando sentì di nuovo qualcosa. Un suono acuto e lo sbattere di piccole ali. Lara si mise la mano davanti al viso quando lo sciame di pipistrelli si precipitò su di lei, urtandola alla cieca dopo che la luce li aveva svegliati.
“Dannazione,” imprecò scrollandosi di dosso l'ultimo animaletto che si era impigliato nei suoi capelli.
“Dio quanto odio quei piccoli cosi,” commentò Bryce con disgusto.
“È un bene che tu sia seduto davanti ai tuoi computer, allora,” ironizzò Lara continuando lungo il corridoio verso la stanza da cui erano usciti i pipistrelli.
“Meravigliosa,” borbottò avventurandosi più all'interno. Dal pavimento spuntavano pilastri antichi e verdi che ne adornavano le pareti. Colonne giganti sostenevano l'alto soffitto dove la luce solare entrava attraverso crepe e buchi. Tutt'intorno, Lara vide diverse aperture posizionate in vari livelli che conducevano alla stanza.
“Spero di aver preso la strada peggiore,” mormorò, ma non ne ebbe mai abbastanza della vista. Il sole portava con sé fasci di luce che tagliavano l'aria come raggi tangibili al tatto. “Mi senti, Bryce?” chiese con voce rapita camminando con la macchina fotografica.
“Forte e chiaro,” rispose. “È tutto molto bello. Non ho mai visto tante belle rovine,” continuò con sarcasmo. “Adesso potresti camminare fino alla piattaforma, prendere l'occhio e andartene da lì prima che l'intero posto crolli?”
“Pazienta, amico mio. Non crollerà se ha retto fino a questo punto,” rispose Lara con calma, studiando tutto nei dettagli.
Ma poi la sua curiosità vinse e direzionò la telecamera per trasmettere le immagini a Bryce. Tra le pietre sparse e la fitta vegetazione verde si ergeva un piccolo piedistallo sul quale era stato riposto il primo occhio adagiato su un piatto di pietra. La tentazione di afferrarlo era enorme, ma Lara resistette e si avvicinò lentamente per vedere se c'erano trappole. Era a circa tre metri di distanza, a tre metri dal raggiungere ciò che desiderava da anni. Per un attimo esitò, temendo che ci fosse un meccanismo nascosto da qualche parte nella piattaforma, così aggirò nuovamente il piedistallo. A prima vista, l'occhio sembrava tutt'altro che importante. Era una sfera di pietra ben scolpita e levigata, senza alcuna particolarità, ma Lara la guardò come se fosse il diamante più bello del mondo. Incantata dalla sua semplicità, allungò un dito per toccarlo. Era talmente assorta nella scoperta che non si rese conto di un movimento sospetto. Da qualche parte sopra di lei, in una delle aperture che conducevano nella stanza, qualcuno si affacciò sulla stanza, dondolando davanti a lei con una tale velocità che Lara poté solo sbattere le palpebre. Quando guardò di nuovo il piedistallo, l'occhio non c'era più.
“Ma che diavolo?” disse quasi contemporaneamente a Bryce. Il rumore di passi agitati si avvicinò da ogni lato. Lara ebbe il tempo di nascondersi dietro una colonna prima che due gruppi di mercenari si riversassero nell'antica stanza.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

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NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Chiunque voglia dedicare del tempo per scrivere una recensione, non solo sarà una persona meravigliosa, ma avrà in cambio un piccolo regalo! Farò da intermediaria per tradurre la vostra recensione in inglese e passarla all'autrice, così da potergliela far leggere! E chissà, magari riceverete una risposta da lei.







Le mani di Lara scivolarono sull'elsa delle pistole e nello stesso momento una leggera scossa sconquassò il terreno sotto i suoi piedi. Si faceva più forte ad ogni secondo, come se stesse arrivando un terremoto. Lara perse quasi l'equilibrio.
I detriti cadevano dal soffitto alto, i pilastri tremavano pericolosamente. I soldati fermarono la loro marcia, guardandosi intorno con i volti spaventati mentre lottavano per rimanere in piedi.
“È ora di andare,” concluse Lara e, senza neppure aspettare la risposta di Bryce, si precipitò verso il corridoio da cui proveniva più luce. L'esperienza le fece comprendere che non restava molto tempo prima che le pareti antiche e secolari seppellissero tutto ciò che racchiudessero. L'istinto di sopravvivenza le fece dimenticare il fastidio provato precedentemente di aver perso il primo occhio: ci sarebbe stato tempo di pensarci dopo essere uscita da quella trappola mortale.
Prima di entrare nel corridoio che sperò portasse all'esterno, guardò ancora una volta la magnifica stanza, sentendosi dispiaciuta per la perdita inestimabile. Così vecchia, così bella, ebbe la sensazione che probabilmente sarebbe stata l'ultima persona a vederla.
I mercenari correvano in preda al panico, cercando di raggiungere le uscite più vicine, ma il terremoto crescente li travolse. I primi blocchi di pietra caddero dal soffitto con un forte fragore seguiti dall'urlo di morte di uno dei soldati. I corpi addestrati corsero dall’altro lato, ma realizzando poco dopo la situazione disperata in cui erano costretti, gettarono via tutto ciò che avevano in mano per agevolarsi i movimenti.
Lara scappò più veloce che poté per salvarsi la vita. Velocizzò ogni movimento delle gambe, sperando di non cadere in qualche trappola. Il soffitto tremava ed alcuni blocchi caddero dinanzi a lei, bloccandole la strada mentre rotolavano sul pavimento polveroso. Lara saltò di lato per evitarne uno enorme, rotolò e si rimise in piedi per correre di nuovo. Il corridoio fece una svolta e un sospiro di sollievo le fuoriuscì dalle labbra quando intravide la luce. Un'altra ondata di tremore scosse la struttura e Lara cadde a terra. L'uscita sembrava lontana, e col crollare inesorabile dell’edificio la via si stava inesorabilmente bloccando. Solo venti metri, si disse facendosi coraggio, percependo il silenzio di Bryce che tratteneva il respiro. Corse a perdifiato, si lanciò in avanti e con un salto disperato passò attraverso la fessura, atterrando energicamente all'esterno due secondi prima che la buca, sbuffando polvere, si chiudesse definitivamente.
Lara rotolò in avanti, ansimando e fissando il cielo soleggiato nascosto dietro la fronda fitta degli alberi. L’edificò tremò ancora una volta, e tutti i corridoi si chiusero con un forte schianto, sputando un'enorme quantità di polvere. Lara giaceva sull’erba riflettendo di essere stata l'unica ad esserne uscita viva. Si alzò lentamente, spolverandosi le gambe e il torace.
“Be’, è stato un bello spettacolo da vedere, no?” disse con voce leggera, ma Bryce era ancora senza parole per la paura.
“Non è difficile immaginare modi migliori per passare la giornata. Stai bene?” chiese con voce cauta.
“Certo, sto bene,” disse Lara come se non fosse successo nulla. Sistemò l'auricolare e la videocamera e si diresse verso la radura. Bryce ammirava sempre la maniera in cui rimaneva così calma dopo essere scampata alla morte per la milionesima volta. “Mandatemi l'elicottero e scoprite subito chi diavolo mi ha rubato l'occhio. Chiunque sia stato dovrà restituirmelo. Sarò nella stanza d'albergo tra circa un'ora. Analizza la registrazione, e scopri tutto ciò che puoi.”

***

Uscita dalla doccia della piccola e malandata stanza del motel, coi capelli ancora gocciolanti, Lara vide il volto di Bryce apparire sullo schermo del portatile. Nonostante fosse una trasmissione via satellite, la ricezione era piuttosto scarsa, ma abbastanza buona per lo scopo. Lara si stabilì davanti al computer, gettando le gambe sulla scrivania, il corpo coperto solo da un asciugamano.
“Purtroppo non ho buone notizie,” iniziò Bryce con un'espressione amareggiata sul viso. L'immagine sfarfallava.
“Non dirmi che non sei riuscito a scoprire chi è stato a prendermi l’occhio sotto il naso.”
“Mi lasci finire?”
“Scusa. Continua,” disse Lara con un sorriso. Odiava quando Bryce giocava a torturarle i nervi, ma gli permise di divertirsi per quanto volesse disperatamente sapere chi avesse rovinato i suoi piani. Nessuno si sarebbe frapposto tra lei e Gengis Khan. Prese una bottiglia d'acqua e la portò alle labbra per sorseggiarla.
“Allora... il suo nome è Nathan Drake. Cacciatore di tesori americano, lavora per lo più per conto di ricchi collezionisti d'arte,” riassunse in due frasi.
“Drake?” ripeté sorpresa. Naturalmente aveva sentito parlare di lui, ma finora non si erano mai incrociati. “Che cosa hai scoperto? Voglio sapere tutto. Chi è, per chi lavora, come sa degli occhi, qual è il suo scopo, persino cosa ha mangiato a cena ieri sera.”
“Pazienza, Lara,” continuò Bryce, e Lara lo sentì battere a macchina sulla tastiera con una velocità diabolica. “Non è stato a lungo nel giro, ma ha avuto qualche colpo di fortuna. Tutte le prove indicano che attualmente lavora per Elias Johansson.”
“Conosco quel tipo. È un bastardo senza scrupoli, capace di tutto pur di accaparrarsi un artefatto. Usa le armi per ottenere ciò che vuole, ma non sapendo nulla di storia antica assume qualcuno che faccia il lavoro al posto suo. Mi ha contattato più di una volta. Ma... come ha fatto a venire a conoscenza degli occhi?”
“Probabilmente ha comprato le informazioni al mercato nero. Cercherò di saperne di più.”
I pensieri correvano nella testa di Lara, allontanandosi da Bryce e si riversandosi su Johansson e Drake. Quanto ne sapevano degli occhi? Erano a conoscenza di entrambi o solo del primo e Johansson voleva farne l’ennesimo artefatto da aggiungere alla sua collezione? Conoscevano il collegamento con Gengis Khan? No, era impossibile, convenne Lara, e anche se fosse non si sarebbe lasciata sfuggire questo reperto. Aveva speso troppe energie per cercarlo e per troppo tempo le era stato tenuto nascosto. Era una questione di orgoglio e di prestigio, e non li avrebbe ceduti a nessun americano. Non glielo avrebbe permesso.
“Una cosa è strana, però,” rifletté Lara. “I soldati che ho incrociato sembrava volessero inseguire Drake piuttosto che aiutarlo.”
Svuotò la bottiglia, la gettò nel bidone della spazzatura prima di alzarsi dalla sedia.
“Devo stare attenta finché non sapremo chi è dalla parte di chi. In ogni caso, devo ottenere il secondo occhio prima che i nostri amici se ne impossessino. Dopodiché possiamo pensare al prossimo passo.”
Lara uscì dalla visuale della telecamera e si è vestì. “Manda un elicottero tra mezz'ora, Bryce. Devo arrivare in Malesia il prima possibile.”

***

Nathan Drake era seduto al volante di una jeep ammaccata e vissuta, con cui procedeva su un percorso impraticabile nelle profondità della giungla malese. Il veicolo brontolava così tanto sulla strada che doveva stare attento a non mordersi la lingua. Ciononostante, era soddisfatto degli attuali sviluppi. Era vero che aveva acchiappato il primo occhio all'ultimo momento, ma non importava, contava solo il risultato.
Visto che un piccolo esercito lo aveva inseguito, non gli rimase molto tempo per trovare altri indizi nell'antico edificio. Il suo cliente non sembrava troppo contento che trattenesse qualche piccola informazione. Nel trambusto, non si era nemmeno accorto che qualcuno era in piedi dinnanzi all’occhio sul piedistallo. La sua attenzione si era concentrata sul prendere la pietra e sull'ottenere un po’ di anticipo sui mercenari. Ora che ci pensava, Nate ricordava vagamente qualcosa. Potrebbe essere che la persona che stava lì in piedi fosse una donna? Una donna l'aveva quasi superato? L'idea sembrava intrigante, ma non era sicuro di ciò che aveva visto. Chiunque fosse, aveva avuto quasi un colpo di fortuna. Nate aveva vinto e questo era ciò che contava alla fine.
Sorrise soddisfatto, pensando a come la donna potesse essersi sentita - perché era sempre più sicuro che fosse stata una donna - quando notò che l’occhio era scomparso sotto il suo naso. Sarebbe stato un momento degno di essere visto.
Con l'umore alleggerito e il fischiando sommessamente, continuò il suo cammino attraverso la fitta foresta. Nate di solito non pianificava e non si preparava, lasciava che le cose accadessero e basta. Si fidava della sua fortuna. Le sfide erano lì per essere risolte, e il pericolo... be’, non lo cercava volontariamente, ma in qualche modo lo trovava sempre. Forse questa volta sarebbe stato fortunato. Avvicinandosi alla sua destinazione, guardò la mappa che giaceva sul sedile del passeggero, un fitto cerchio rosso che segnava la posizione del secondo occhio. Mancavano solo poche centinaia di metri.
Arrivato a un pendio, tornò indietro, accelerando. Il luogo era talmente deserto che non sapeva se qualcuno ci fosse stato nelle ultime centinaia di anni. Foglie spesse e sottobosco coprivano il percorso appena visibile. Spesso doveva spostare la testa per non essere colpito dai ramoscelli degli alberi.
Proseguendo, intravide un tronco d'albero caduto in mezzo alla strada. Nate si fermò e scese dall'auto per controllarlo: si trovava vicino al ciglio, come se qualcuno avesse cercato di spostarlo non riuscendo completamente nell’impresa. Una brutta sensazione s’insinuò di lui, ma poi scrollò le spalle. Non c'era modo che qualcun altro fosse venuto qui prima di lui.
Dopo qualche centinaio di metri, Nate fermò il tragitto e saltò fuori dalla jeep, seguendo le indicazioni della mappa nella profondità della giungla. Secondo la descrizione, la pietra doveva trovarsi in una stanza sotterranea. Tutto quello che doveva fare era trovare l'ingresso.
Scostò alcune foglie che gli bloccavano il passaggio ed intravide alcune rocce abbandonate. Enormi blocchi erano sparsi per terra ed uno di essi, di medie dimensioni, era ancora in piedi, ma Nate non era in grado di capire che tipo di struttura sorreggessero. Si avventurò più vicino, cercando una sola cosa: l'ingresso per andare sotto le rovine. Con i piedi spingeva le piante, camminando lentamente, toccando con la mano gli antichi pilastri. Fu quando ne raggirò uno che trovò un buco quadrato nel terreno che portava sotto il suolo buio. La brutta sensazione che aveva precedentemente provato si rafforzò.
L'ingresso era stato aperto e le piante erano state spostate. Nate si accigliò. Non gli piaceva, ma scese con cautela nell'apertura e vide alcune torce adagiate sulle pareti del corridoio. Era uno stretto pozzo scavato nella terra e la luce del fuoco inondava il corridoio con un caldo bagliore giallo. Il soffitto era basso, Nate riusciva a malapena a stare in piedi, ed il terreno era morbido sotto i suoi piedi. Si muoveva lentamente, ma le trappole erano già scattate. Le lance uscivano dalle pareti, le loro estremità appuntite rimaste arrugginite col tempo. Nate si strinse le spalle mentre attraversava la fessura rimasta tra le punte e, con crescente timore, entrò nella piccola stanza in fondo al corridoio. Non c'era niente lì dentro. Nessuna decorazione, nessun oggetto, solo una piattaforma al centro dove avrebbe dovuto esserci il secondo occhio. Ma, al posto della palla di pietra, Nate vi trovò sopra un pezzo di carta con un breve messaggio scritto a mano. Dopo averlo letto, lo infilò in tasca con evidente fastidio.
"Dannazione,” imprecò prendendo a calci alcuni detriti. “Devo riprendermi l’occhio,” mormorò, correndo verso l’uscita.

***

Nathan entrò nella malandata stanza del motel di Kuala Lumpur, e sbatté la porta con una tale forza che l'uomo seduto davanti alla televisione fece un sussulto.
“Cosa c'è che non va, ragazzo?” chiese Sully mentre spegneva la soap opera. Non era comunque interessato alla tv spazzatura e conosceva Nate da anni, convenendo che il suo amico di solito era di umore migliore. “Non sembri molto allegro.”
Nate agitò una mano e si gettò su una delle poltrone che cigolò sotto il suo peso. I due avevano lavorato insieme da solo Dio sapeva quanto, e Sully gli aveva salvato il culo diverse volte. Grazie a lui, Nate non era a marcire in una prigione turca per anni, comprendendo che non sarebbe mai stato in grado di ripagarlo. Per questo un buon bottino sarebbe stato d'aiuto.
“Ho perso il secondo occhio. Ecco qual è il problema,” spiegò mentre si toglieva le scarpe. “Non posso crederci. Pensavo che nessuno sapesse di quella dannata stanza sotterranea, ma qualcuno mi ha superato. Com'è possibile? Avevo una fonte esclusiva.”
“E ora? Non andiamo lontano con un occhio solo.”
“Grazie per la rivelazione. Ora indovina un po’ perché sono incavolato,” disse Nate, poi fece un bel respiro. Essere arrabbiato con il suo migliore amico non lo avrebbe di certo aiutato. “Chiunque abbia preso l'occhio sapeva che da solo non sarebbe valso niente. Ho trovato un messaggio sul piedistallo.”
“Questo è un inizio. Quindi sappiamo di chi è?”
Nate pescò il pezzo di carta dalla sua tasca e lo passò a Sully, che lo lisciò per poterlo leggere. Incontriamoci alle cinque del pomeriggio del 25 nella piazza principale di Kuala Lumpur. Vieni da solo.
Lara Croft

“Bella calligrafia,” commentò Sully mentre piegava di nuovo il foglio. “Lady Croft. È passato molto tempo dall’ultima volta che l’ho vista.”
Nate si sedette sulla poltrona e alzò le sopracciglia. Da un lato non lo sorprese il fatto che Sully conoscesse la donna, dall'altro... una Lady? Ma che diavolo. Gli vennero in mente immagini assurde di ogni tipo su una donna con un cappello ridicolo e un vestito lungo. Sicuramente non combaciava con la persona in piedi tra le rovine in Thailandia, ma in fondo, coi mercenari alle calcagna, era successo così in fretta che non aveva avuto la possibilità di osservare il suo avversario.
“C'è qualche donna al mondo che non conosci, Sully?” gli chiese.
Vedendo la sua faccia, Sully si mise a ridere.
“Beh, ce ne sono alcune, ma ci sto lavorando.”
“Non posso crederci.”
Nate era sempre stato stupito di quanto successo avesse avuto Sully con le donne. Non importava dove e come, ma alla maggior parte di loro si faceva facilmente calare le mutande da lui.
“Purtroppo non conosco Lara Croft nella maniera che pensi, anche se sicuramente non andrebbe contro i miei gusti.” Sorrideva mentre prendeva un sigaro. Tenendo l'accendino, lo accese e soffiò il fumo nella direzione opposta. “L'ho incontrata un paio di anni fa ad un'asta a Londra.”
“Allora, cosa sai di lei?” chiese Nate. Qualsiasi informazione avrebbe potuto aiutarlo a recuperare l'occhio. Quella donna non poteva essere un ostacolo pericoloso, ma era meglio non sottovalutarla, rifletté. Quante volte si era messo nei guai a causa di donne.
“So che sei in guai seri, ragazzo,” ammise Sully chinandosi all'indietro e poggiando i piedi sul mobile che in quel momento fungeva da tavolo.
A Nate non piacque quello che aveva sentito. “Che vuoi dire?”
“Lara Croft ottiene sempre quello che vuole. Indovina chi se n’è andata dall'asta con il pugnale cinese che cercavo.”
L'affermazione non sembrava un'opinione personale, ma piuttosto una legge fondamentale della fisica che non poteva essere cambiata. Beh, Nate si convinse che l'avrebbe cambiata.
“Grazie per l'incoraggiamento. Hai così poca stima di me?”
“No, ragazzo. Ma conosco Lara Croft.”
“Da che parte stai?”
“Sempre dalla tua, ragazzo, ma devi essere preparato se hai intenzione di incontrarla. Lei ovviamente sa chi sei, e sa anche che il tuo obiettivo è quello di avere entrambi gli occhi. Questo significa che sa anche della tomba di Chagatai.”
Le ultime parole di Sully avevano un senso, pensò Nate. Se Lara Croft avesse saputo a cosa servivano gli occhi, non glieli avrebbe di certo consegnati solo perché glielo avrebbe gentilmente chiesto. Ma forse Sully si sbagliava. Le informazioni sulla tomba provenivano da una fonte privata, questa donna non poteva averne sentito parlare.
“Non credo che sarà un problema, ho avuto avversari più pericolosi di una Lady.”
Sully sbuffò. “Stai facendo un errore, ragazzo. Ma lo vedrai tu stesso. Quella donna è brava. Brava, tosta e dannatamente sexy.”
“Beh, scopriremo a breve quanto è davvero brava,” concluse Nate con determinazione.

***

Mancava dieci alle diciassette quando Nate scese dal taxi non lontano dal luogo menzionato nel messaggio. La posta in gioco era alta, voleva essere preparato, così aveva perlustrato il quartiere. Il messaggio poteva provenire da chiunque si firmasse a nome di Lara Croft, compreso il suo ex datore. Non voleva cadere nella trappola di Johansson.
L'aria era calda e umida ed iniziò a sudare dopo due minuti di passeggiata. Girò intorno alla piazza guardando lo sciame di gente che la ghermiva. Locali, turisti, uomini d'affari. Una grande folla colorata. Non aveva idea di come avrebbe riconosciuto una donna che non aveva mai visto prima, se davvero era lei. Ma da qualche parte, nel profondo, Nate sapeva che il messaggio non era una trappola, e la sua sicurezza vacillò. Se Lara Croft fosse stata davvero brava come aveva detto Sully, Nate avrebbe avuto un serio problema a sbarazzarsi di lei. Questa volta voleva lavorare da solo. Si era stufato dei cosiddetti soci che alla fine lo tradivano e cercavano di fregargli il bottino o persino di ucciderlo. Non era così che avrebbe dovuto funzionare una collaborazione.
Lara Croft ottiene sempre quello che vuole. Le parole di Sully gli tornarono in mente, ma si scrollò di dosso il brutto presentimento. Non voleva arrendersi, e soprattutto non si sarebbe tirato indietro. Svoltò un angolo della strada e osservò la scena. Niente di sospetto. Gli uomini di Johansson si erano persi di vista in Thailandia, ma Nate sapeva che il suo ex cliente non si sarebbe arreso facilmente.
Sondò con lo sguardo la piazza, cercando chiunque potesse essere Lara Croft. Sully aveva detto che sarebbe stato impossibile non vederla. Nate tirò fuori un piccolo binocolo e lo avvicinò agli occhi. Turisti, un negozio di fiori, altri turisti, gente del posto che vendeva qualcosa ai turisti. Poi la vide. Era davvero impossibile ignorare la sua presenza. Era seduta sulla terrazza di un caffè, in fondo al locale, lontano dalla folla. La sua schiena era abbandonata allo schienale e il viso rivolto verso il sole per godersi il clima caldo. Un paio di occhiali da sole dalle lenti circolari le coprivano gli occhi. Aveva posato le lunghe gambe su un'altra sedia, incrociate alle caviglie, ed i suoi pesanti stivali ballavano a ritmo di una musica nelle orecchie.
Sully non aveva esagerato, pensò Nate. Era sexy. I vestiti stretti mostravano le curve del suo corpo, e quelle curve gli dicevano che la donna era tonica e si allenava parecchio.
Si diresse verso di lei. Quando fu a pochi passi di distanza, lei aprì gli occhi e, come se lo avesse sentito, si tolse le cuffie e lo guardò dritto in faccia.
“Si sieda, signor Drake,” disse poggiando i piedi per terra e raddrizzandosi con la schiena. Nate non poté non notare il suo sottile accento inglese che suonava così nobile. “Sono contenta che sia venuto.”
“Non mi hai lasciato altra scelta,” disse sedendosi. “Il mio viaggio in Malesia non è finito come mi aspettavo.”
“Quindi non sono l'unica ad essere un po' delusa dagli sviluppi attuali.”
“Bel modo di dirlo. Il mio primo pensiero è stato: che sfiga.”
Lei sorrise, un sorriso che lui interpretò come un buon segno. Forse non era così dura, dopo tutto. “È frustrante desiderare qualcosa che si ha così vicino e non poterla avere.”
“Spero che tu non ti senta così per colpa mia. Odio deludere le persone,” scherzò Nate apprezzando la conversazione più di quanto pensasse. Entrambi brancolavano nel buio, testando le reazioni dell'altro, vedendo fin dove potevano arrivare. Come il primo round di una partita a poker. Era bravo a giocare d'azzardo.
“Non preoccuparti,” lo rasserenò Lara e si tolse gli occhiali da sole mettendoli sul tavolo. “Non mi hai deluso. Al contrario.”
Neanche lei lo deluse. Quei meravigliosi occhi nocciola si intonavano perfettamente al suo viso.
“È davvero impressionante che tu mi abbia quasi superato,” ammise lei.
“Quasi?” chiese Nathan alzando la fronte. “Correggimi se sbaglio, ma credo di avere avuto io il primo occhio, non tu.”
“È stata una piccola sfortuna. Una momentanea incertezza da parte mia che non si ripeterà. Imparo dai miei errori. Acqua?" offrì Lara porgendo la bottiglia ad un bicchiere.
“Be’, il tuo errore è stata la mia fortuna,” disse Nate afferrando il bicchiere, ma non bevve. Ancora non si fidava. “Ad ogni modo, come conosci la leggenda degli occhi?”
Lara non si preoccupò di versare acqua nel proprio bicchiere, ma bevve direttamente dalla bottiglia. Forse voleva mostrargli che non c'era niente nell'acqua. “Non credo che dovrei ancora condividere i miei segreti con te. Forse un giorno. Ma non ora.”
Spostò la bottiglia sul proprio lato, mise le braccia sul tavolo ed intrecciò le dita. Si fissarono a lungo, cercando di leggere i segni, di valutare le loro possibilità. Nate non sapeva cosa aspettarsi da lei, e dal momento che non parlava ruppe il silenzio.
“Senti, abbiamo bisogno di un accordo. Tu mi dai il secondo occhio, e in cambio avrai il cinque per cento del bottino. È un'offerta generosa, considerando che non devi nemmeno muovere il mignolo per averla.”
Lara inclinò la testa di lato come se stesse contemplando. Le sue dita correvano lungo la linea del mento, mentre le labbra si curvavano in un sorriso. “La tua offerta è davvero generosa, ma temo di non poterla accettare. Non mi interessa il cinque per cento del bottino. Voglio essere io ad aprire la tomba. Se è l’oro ciò che vuoi, posso arrivare al venti per cento della stessa cifra.”
Lo guardò negli occhi in una maniera così risoluta che Nate capì che potevano stare seduti lì fino a Natale e non arrivare a un accordo.
Tirò un sospiro. “Okay. In questo modo non andremo da nessuna parte,” ammise a voce alta. Rifletté per un po’ e si guardò intorno, cercando qualche sgherro di Johansson nascosto da qualche parte nelle vicinanze. “Cosa suggerisci?”
“Io porto il primo occhio, tu il secondo e cerchiamo insieme la tomba,” propose Nathan. Non era quello che sperava, ma meglio di niente. “Che ne dici?”
Questa volta il sorriso di Lara sembrava genuino. “Ora siamo in affari. Ci vediamo tra due giorni a Shanghai. Partiremo da lì. Mi occuperò del trasporto, basta che arrivi in tempo e non dimentichi l'occhio.”
Che diavolo, pensò Nate mentre l’ascoltava. Ebbe la sensazione di essere caduto dritto nella sua trappola, ma non aveva ancora capito dove e quale fosse. L’accordo che avevano sancito era forse quello che lei voleva e verso il quale lo aveva portato? Era la vincitrice?
“Quindi sai dov'è la tomba?”
“Certo.”
Questa ammissione lo sorprese, ma non più di tanto. Sembrava una tipa in gamba.
“Va bene,” concordò Nate, capendo che non c'era più modo di tornare indietro. “Ma questo non fa di te il capo.”
“Ci vediamo tra due giorni.” Lara posò nuovamente i piedi sulla sedia al suo fianco, si rimise le cuffie e gli occhiali da sole e chiuse gli occhi. Aspettò che Drake sparisse dalla vista e poi cercò il suo cellulare. Mentre componeva il numero, teneva gli occhi fissi su ciò che la circondava. Sarebbe stupido commettere un errore ora che tutto era andato così bene.
“È andato tutto secondo i piani,” disse al telefono quando Bryce rispose. “Non so quanto sappia, ma credo di essere riuscita a convincerlo che mi interessa solo la tomba di Chagatai. L'importante è che io ci entri. Ci dovrà esser la possibilità di ottenere il diario senza che lui lo veda e ci sarà abbastanza oro da tenerlo distratto.”
“Lo spero.”
“Organizza il mio viaggio da Shanghai. Sai qual è la meta.”
Mise via il telefono e chiuse gli occhi per godersi il sole.




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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

Link dell'account dell'autrice:
https://www.fanfiction.net/u/2367223/gyikhu

Link al terzo capitolo in lingua originale:
https://www.fanfiction.net/s/6358147/4/Crossroads

NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Chiunque voglia dedicare del tempo per scrivere una recensione, non solo sarà una persona meravigliosa, ma avrà in cambio un piccolo regalo! Farò da intermediaria per tradurre la vostra recensione in inglese e passarla all'autrice, così da potergliela far leggere! E chissà, magari riceverete una risposta da lei.







Shanghai, 2 giorni dopo


Il secondo occhio era riposto sul tavolo davanti allo specchio. Una semplice palla di pietra che replicava un globo oculare. Niente di particolare, eppure Lara aspettava da anni di possederlo. Era sdraiata sul letto di fronte allo specchio in una piccola stanza d'albergo di Shanghai e non smetteva per un attimo dii rimirare la palla.
Alla base del letto, sul pavimento, era sparso un piccolo arsenale di armi, tra cui pistole, granate, coltelli e un riffle. Le piaceva essere preparata. E fino a quel momento tutto il viaggio aveva riservato delle sorprese, a cominciare dalla perdita del primo occhio, per finire con un compagno imprevisto. Perciò, stavolta si era preparata in anticipo.
Bryce aveva organizzato un elicottero che li avrebbe portati nel nord della Cina, dove si trovava la tomba. Il fatto che fosse costretta a portare Drake con sé non le piaceva particolarmente, ma non era la fine del mondo. La tomba di Chagatai non era il suo obiettivo principale, quindi avrebbe accettato la sua presenza. All’interno ci sarebbe stato un enorme tesoro, e il diario era l'unica cosa che le interessava. Una volta dentro, avrebbe dovuto trovare un escamotage per prenderselo. I due si sarebbero separati, lei avrebbe continuato la sua ricerca della tomba di Gengis Khan e non si sarebbero più incontrati.
Si mise in piedi, si avvicinò allo specchio e sollevò l'occhio: pesava più di quel che credeva sul suo palmo aperto. Anche se l'aveva esaminato una dozzina di volte non riusciva a scoprire a cosa le servisse. All’interno non era nascosto alcun meccanismo, non c’erano scanalature o bassorilievi, nessuna idea su come potesse venir usato. Sembrava un semplice pezzo di pietra. Un pezzo di pietra che in qualche modo le avrebbe permesso di accedere al diario, ne era sicura.
Lara si mise la cuffia nell'orecchio. “Hai scoperto qualcosa sugli occhi?”
“Niente di nuovo,” rispose Bryce. “Il documento che ho trovato non dice nulla su come usarli. Sembra che tu abbia ragione, quegli idioti non hanno nemmeno scoperto cosa siano in realtà.” Le sue dita sfrecciarono di nuovo sulla tastiera.
“Bene, allora lo scoprirò sul posto. Non sarà la prima volta che dovrò improvvisare.” Prese il suo zaino e ci mise dentro la pietra. “Sono quasi le tre, devo andare al punto d'incontro. È tutto fatto?"
“Sì. L'elicottero ti aspetta sul tetto.”
“Bene. Spero che Drake si faccia vivo.”
“Sono sicuro che lo farà. Avrete bisogno l'uno dell'altro. Neanche lui andrà da nessuna parte con un occhio solo,” sostenne Bryce continuando a scrivere compulsivamente. “Assicurati solo che non scopra del diario.”
“Non preoccuparti, non sarà un problema. Sarò molto felice quando entrerò nella tomba di Chagatai. E sarò ancora più felice quando avrò il diario tra le mani. Lo convincerò che cercavo la tomba e nient'altro.”
“Abbi cura di te.”
“Farò il check-in appena decolleremo,” lo informò. Si tolse l'auricolare e se lo mise in tasca. Prima di partire, scelse due pistole e una granata da portare con sé, giusto per essere sicuri. Una ragazza non poteva mai essere abbastanza prudente.
Si mise gli occhiali da sole e diede un'ultima occhiata alla stanza prima di chiudersi la porta alle spalle.
Le strade erano piuttosto affollate quando uscì dall'albergo. Di tanto in tanto, si fermava alla finestra di un negozietto e faceva finta di guardare la merce, ma la sua vera intenzione era quella di controllare i dintorni. Alla seconda fermata, vide un uomo dall'altro lato della strada che sembrava camminare alla stessa velocità. Non l'aveva già visto nell'atrio? Camicia scura, occhiali da sole, braccia possenti. Sicuramente non era un turista abituale che si aggirava per le strade.
Lara accelerò il passo, svoltò su una strada laterale e l'uomo la seguì. Dannazione, pensava con irritazione. Come l'avevano trovata? Avrebbe dovuto scollarselo di dosso prima di dirigersi verso il punto d'incontro.
Percorse tutta la strada laterale e la vista dietro l'angolo la soddisfò: alla fine del vicolo c'era un enorme mercato ghermito di gente. Proprio quello di cui aveva bisogno. Dopo aver dato un'occhiata dietro, entrò nella folla. L'uomo non era solo, perché lo vide dare segnale ad altri che si immisero da ogni parte. Non le piaceva.
Velocemente, si precipitò tra gli spalti cercando di schivare la gente senza destare sospetti. I colori si combinavano, l'odore delle spezie si mescolava, i volti si giravano verso di lei e la gente le mandava sguardi curiosi. Sentì alcuni commenti spiacevoli dietro di sé, mentre l'uomo con la camicia scura spingeva la gente per avanzare.
Le restavano trenta minuti, doveva sbrigarsi.
Controllando le sue possibilità, si voltò a sinistra e, prima che l'uomo la seguisse, si mise al riparo in in una bancarella di sciarpe. L'uomo passò di lì, ma Lara vide un altro tipo simile con una camicia nera in fondo alla fila. Le sue possibilità erano limitate: o avrebbe aspettato che la trovassero o sarebbe scappata tentando la fortuna. Scelse la seconda.
Uscì velocemente dalla copertura correndo lungo gli spalti, spintonando la gente che le si parava dinanzi la strada. L'uomo con la camicia nera l’adocchiò e parlò ad un apparecchio prima di correrle dietro. Il mercato cominciò ad agitarsi: stava succedendo qualcosa, ma nessuno sapeva cosa fosse. Quando Lara raggiunse un chiosco di spezie in una zona appartata, si fermò in un'alcova e sbirciò in direzione dell'uomo che la seguiva. Sembrava averla persa di vista perché rallentò l’andatura, controllando ogni bancarella.
Lara aspettò l’occasione giusta.
L'uomo si accovacciò, guardò sotto il banco delle spezie, poi si alzò e scrutò la folla con un'espressione nervosa. Il suo capo non sarebbe stato contento di sapere che aveva perso il bersaglio, pensò Lara, e si preparò. Quando l'uomo fece un passo verso di lei, agì immediatamente: avvolse il braccio sotto il suo mento e lo trascinò nell'alcova. I muscoli si strinsero attorno al collo di lui per soffocarlo.
“Per chi lavori?” chiese tenendolo stretto. Le sue dita le afferrarono il braccio, ma lei non allentò la presa. “Sputa il rospo.”
“Vai... all'inferno,” riuscì a dire.
“Davvero?” Prese una pistola e gliela spinse contro la tempia, facendolo smettere di dimenarsi. “Annuisci se vuoi dire di sì. Lavori per Johansson?”
L'uomo mosse la testa.
“Significa sì?”
Questa volta annuì due volte.
“Bravo bambino,” disse Lara togliendogli il braccio dal collo e rubandogli la radio dalla cintura. “Ora dici agli altri che mi hai appena visto all'entrata est.”
Quando lui esitò, lei premette più forte la pistola.
“Fallo.”
L'uomo prese la radio e parlò brevemente. Quando finì, Lara vorticò attorno a lui. “È stato un piacere conoscerti,” disse colpendo l'uomo in mezzo alla fronte con il calcio della pistola, lasciandolo cadere a terra. “Sogni d'oro.”
Dopo aver aspettato qualche minuto, spiò dal banco delle spezie e si sentì sollevata nel vedere che gli uomini con le camicie nere scomparvero uno ad uno. Ne approfittò per dirigersi verso ovest.

***

Nate rimase bloccato nel taxi in un ingorgo a cinque minuti di macchina dal luogo dell’appuntamento. I clacson riempivano le strade, nei sedili posteriori faceva caldo come in una sauna, persino coi finestrini aperti. L'aria era umida e non c’era un filo di vento. Guardò l'orologio, accorgendosi che gli restavano solo quindici minuti.
Tirando un sospiro cercò dei soldi, diede qualche banconota all'autista e uscì. Una bella corsa con questo caldo era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.
Poco dopo, arrivò all'edificio della torre. Il suo sguardo si spostò in cima, dove avrebbe dovuto esserci un elicottero ad aspettarli. Sperava con tutto il cuore che Lara Croft fosse una tipa affidabile. Dopo il loro incontro in Malesia, cercò alcune informazioni su di lei, ma il tempo a disposizione era limitato e le parole di Sully non lo avevano rassicurato. Erano avversari, inseguivano lo stesso bottino, ma per ora erano entrambi dalla stessa parte. Non da quella di Johansson.
La situazione lo infastidì oltre misura, ma cercava di trarne il meglio. Doveva stare attento a non perdere il controllo. Lara Croft si era dimostrata molto più dominante in quella mezz'ora di riunione di quanto lui ritenesse accettabile. E ancora non riusciva a togliersi dalla testa la sensazione di essere caduto nella sua trappola. Un disegno predisposto secondo i suoi piani.
All'ultimo piano, Nathan uscì dall'ascensore e salì le poche scale che conducevano alla porta. L'elicottero era in piedi all'estremità del tetto, il rotore era ancora immobile.
All'ombra del muro, Lara Croft lo aspettava con la schiena contro la parete, le braccia incrociate sul petto. Era stata la prima ad arrivare, di nuovo. Doveva aver avuto una bella fortuna Nate, quella volta, quando la superò rubandole il primo occhio.
“Sono felice di vederti, Lady Croft.”
“Chiamami Lara. Non c'è bisogno di complicare le cose se lavoriamo insieme,” replicò la ragazza. Nate non si aspettava questo tono amichevole, ma era felice di sapere che non avrebbero passato i giorni successivi a fissarsi l'un l'altro come due nemici.
“Nate,” disse offrendole la mano, che Lara accettò. La stretta era forte da entrambe le parti, ma nessuno dei due cercò di esagerare. “Allora, siamo pronti a decollare?”
“Immagino non ci sia bisogno di chiedere se hai con te l'occhio.”
“Immagino non ci sia bisogno chiedere se hai con te il tuo.”
Lara alzò le mani in segno di consenso. "Mi sembra giusto,” convenne, e quello fu il momento in cui entrambi capirono di essere partner alla pari. “Non perdiamo tempo, allora.”
Prese il suo zaino e si diressero insieme all'elicottero. Il sole splendeva a picco ed il cielo era limpido, con neppure una nuvola all'orizzonte. Una strana luce scintillò per una breve frazione di secondo sul tetto adiacente, attirando l’attenzione di Nate. Si fermò, drizzò le orecchie, e quando sentì un’eco crescente dirompere nell’aria si gettò a terra trascinando Lara con sé. Il razzo colpì l'elicottero sul fianco facendolo esplodere con un botto assordante. L'onda d'urto calda travolse il tetto, spingendo i due verso l'ingresso.
Nate cadde rovinosamente contro il muro, le orecchie gli pulsavano di dolore. Quando aprì gli occhi, il fumo nero occupò tutta la visuale e non riuscì a distinguere le sagome bruciate del relitto dal resto del tetto. Tossì per schiarirsi la gola.
“Stai bene?”
Lara si alzò sui gomiti e gettò via i suoi occhiali da sole rotti. “Cos'è stato?”
“Un razzo. Johansson non scherza.”
“Non capisco. Se ci vuole morti, perché non ha aspettato che entrassimo?”
Nate si grattò la testa. “Questa è una bella domanda. Forse non voleva rischiare di perdere gli occhi.”
Un rumore di passi pesanti si fece strada da dietro la porta. “Meglio pensarci dopo e andarcene da qui.”
Lara saltò in piedi e bloccò la porta con una sbarra di metallo.
“Troviamo un modo per uscire. Subito,” sancì coprendosi il viso con la mano per evitare che i fumi le entrassero negli occhi. Nate si avvicinò al relitto in fiamme, raggiunse il margine del tetto e guardò in basso. “Questo non ti piacerà.”
“Mi piace qualsiasi cosa purché mi porti via da qui,” disse Nate, guardando anch'egli in basso, e vide la piattaforma lavavetri appesa qualche piano sotto di loro.
I mercenari raggiunsero la porta colpendola dall'interno con tutta la loro forza. Lara sapeva che non avrebbe retto ancora per molto.
“Forza, salta!” esclamò Nate gettandosi oltre il bordo. La porta si aprì e i primi colpi sfrecciarono nell'aria, a pochi centimetri dalla testa di Lara. Lei non ci pensò due volte. La caduta era rischiosa, ma per fortuna atterrò sulla piattaforma che tremò sotto il loro peso. Quando il primo soldato guardò in basso, Lara volse il suo fucile verso l'alto e sparò. L'uomo perse l'equilibrio e cadde, mancando di poco la piattaforma.
“Perché diavolo sono così arrabbiati con te?” gridò, mentre Nate premeva il pulsante vicino alla ringhiera e la piattaforma partì verso il basso in una maniera ridicolmente lenta.
“È una lunga storia,” rispose Nate sparando due colpì agli uomini sopra di loro. “Te la racconto dopo.”
“Non vedo l'ora.”
Lara mancò di striscio un mercenario, dandogli modo di saltare oltre il bordo ed atterrare sulla piattaforma accanto a Nate. Il peso dei due uomini fece sbilanciare pericolosamente il lato della piattaforma e Lara dovette afferrare le corde di metallo per non perdere l’appoggio, al contrario di Nate che scivolò assieme al nemico verso il basso. La cacciatrice di tombe mirò con la pistola in direzione del mercenario, ma Nate si trovava in mezzo e questo non le permetteva di avere una visuale pulita. I due ebbero una colluttazione, e più Nathan rispondeva ai colpo del nemico più la piattaforma oscillava pericolosamente.
Un proiettile le passò vicino e si incagliò nella finestra accanto alla sua testa.
“Maledizione,” imprecò Lara appoggiando entrambe le mani sulla ringhiera e mettendosi a penzoloni. Quando Nate ricevette un pugno che lo fece inarcare all’indietro, liberandole la visuale, Lara piantò un duro calcio nelle costole del mercenario. L'uomo inciampò all'indietro, e lo slancio lo fece scivolare oltre la ringhiera.
“Merda!” gridò Nate, mentre il soldato gli prese il braccio e lo tirò giù con sé. Riuscì ad afferrare la ringhiera all'ultimo momento, e rimase appeso all'altezza del decimo piano, con il soldato aggrappato ai piedi. “Toglimelo di dosso!” urlò sentendosi la mano scivolare via dal metallo.
“Smettila di dimenarti!” esclamò Lara mirando con la sua pistola. Aveva una sola possibilità, doveva cogliere l’attimo giusto. Sparò e colpì l'uomo in mezzo alla fronte, il quale cadde senza fare alcun rumore.
Nate afferrò la ringhiera anche con l'altra mano, e Lara lo aiutò tirandolo a sé. “Non so se dovrei ringraziarti, mi hai quasi ucciso.”
“So quello che faccio,” disse lei sorridendo mentre la piattaforma era scesa quando bastava perché i proiettili dall’alto non li raggiungessero più.
Una volta arrivati a terra, saltarono oltre la ringhiera ed andarono di corsa a ripararsi in una strada laterale. La zona sembrava pulita, ma Nate non voleva affidarsi troppo alla fortuna. “E adesso? Credo che ci serva un nuovo piano.”
“Dobbiamo andarcene da qui. Bryce non sarà in grado di far venire un nuovo elicottero così su due piedi. Dobbiamo trovare un altro modo.”
“Penso di sapere cosa fare. Dammi il tuo telefono,” propose porgendole la mano, aspettando che lei reagisse.
“Non hai nemmeno un telefono?”
“Non mi piace portarmi troppa roba in viaggio,” scherzò prendendo il cellulare che Lara gli aveva porto e digitando veloce un numero. Dopo aver preso la chiamata, parlò brevemente spiegando dove si trovavano. “È fatta. Il veicolo arriverà in circa dieci minuti, a due strade più in là. Andiamo.”
I mercenari non si vedevano da nessuna parte, così sgattaiolarono fuori dal vicolo e, seguendo la strada, si diressero verso sud. All'angolo successivo, Nate si fermo di colpo e bloccò Lara dietro l'edificio.
“Ehi...” disse, ma lui la fece tacere.
“Laggiù,” indicò nel luogo opposto, dove due uomini in camicia nera perlustravano la strada guardando i passanti e controllando i negozi.
“Mi toglieresti la mano di dosso?”
Tenendo gli occhi sul nemico, Nate non si accorse di avere ancora il braccio davanti a lei che l’addossava al muro.
“Scusa,” disse spostando il braccio. “Non volevo... comunque... Se ne sono andati. Andiamo.”
Sfruttarono l'occasione di uno sciame di persone che attraversò la strada, mimetizzandosi tra la folla. Nate andò per primo, Lara dopo di lui, controllando la strada dietro di loro di tanto in tanto. Quando il gruppo raggiunse l'angolo successivo, cambiarono direzione scomparendo in un altro vicolo.
“Il punto d'incontro è laggiù. Abbiamo ancora un minuto.”
“Spero che il tuo contatto sia affidabile,” mormorò Lara.
“Credimi, è brava.”
“Brava?”
Nate non ebbe il tempo di rispondere che un'auto svoltò d’improvviso in strada e si fermò davanti a loro. Una donna seduta al volante sbirciò dal finestrino aperto e salutò Nathan con la mano.
“Ci siamo,” disse Nate saltando in macchina e facendo cenno a Lara di seguirlo, che si mise ai sedili posteriori. “Lara Croft, lei è Chloe Fraser. Chloe, lei è Lara.”
Le due donne si scambiarono sguardi nello specchietto retrovisore, poi Chloe sgommò e la macchina schizzò nel traffico, più veloce che poté.
“Perché questa macchina? Se diventata una casalinga di periferia, adesso?” chiese Nathan osservando il minivan.
“Mi aspettavo qualcosa come 'Ciao Chloe, che bello vederti, grazie per avermi salvato il culo di nuovo.”
Nate si mise a ridere. “Ciao Chloe, che bello vederti, e grazie per avermi salvato il culo di nuovo.”
“Quand’è che ci siamo sentiti l'ultima volta? Un anno fa? Che fine hai fatto?”
“E' meglio che tu non lo sappia,” rispose Nate sballottato verso la portiera mentre la macchina curvava ad alta velocità.
Chloe guardò nuovamente allo specchio. “E hai trascinato di nuovo qualcuno nelle tue folli imprese. Tesoro, stai attenta. Il guai sono la sua passione preferita.”
A Lara piaceva questa donna. “Non preoccuparti per me, i guai li conoscono fin troppo bene.”
“Segui il mio consiglio e vattene finché sei in tempo,” ironizzò suonando il clacson per superare qualcuno, attraversando un incrocio a tutta velocità.
“L’occasione di poterlo fare, ormai, è andata.”
Chloe fece uno sguardo di sbieco a Nathan, che evitò il contatto visivo, poi guardò di nuovo allo specchio per studiare Lara. “È così sono già stata rimpiazzata.”
“Che vuoi dire?” chiese Lara confusa.
“Niente,” s’intromise Nathan. “Noi due non siamo... comunque. Portaci alla stazione di polizia, per favore.”
“Potrei raccontarti storielle interessanti su questo individuo. Quando ci frequen...”
“Chloe,” alzò la voce Nate. “È roba vecchia. Non credo che voglia saperla.”
“Io credo proprio di sì,” disse Lara con un sorriso avvicinandosi col busto.
La stazione che si presentava alla fine della strada salvò Nate dall'imbarazzo.
“Forse la prossima volta, tesoro,” disse Chloe schiacciando forte il freno facendo fare un testa coda alla macchina.
Nate si chinò e le diede un bacio sulla guancia. “Grazie per avermi salvato il culo, Chloe.”
“Non c'è di che,” rispose l’indiana, ed i suoi occhi lo seguirono mentre scendeva e si avviava verso nord.
“Ehi,” disse a Lara prima che aprisse la portiera. “Prenditi cura di lui, ok? È un bravo ragazzo.”
“Certo,” assicurò, ed il loro sguardo s’incrociò un'ultima volta prima di uscire dalla macchina e raggiungere Nate.
“E non dimenticatevi di mandarmi una cartolina,” scherzò Chloe salutando con la mano. Fece ruggire il motore e si precipitò in città.

***

“Che peccato, mi sarebbe piaciuto sentire qualche storiella sul tuo conto,” disse Lara mentre si precipitavano a perdifiato in stazione.
“Ci scommetto,” rispose Nathan stringendosi tra la folla in piedi davanti alla biglietteria. “Forse la prossima volta. Ma ricordati, qualsiasi cosa ti dirà Chloe non credere a una sola parola.”
Lara alzò gli occhi al cielo e lo seguì fino ai binari. Non appena avrebbe avuto modo di contattare Bryce gli avrebbe chiesto di scoprire qualcosa sullo strano passato di Nate. Cominciò ad avere la sensazione che le cose non andassero mai secondo i piani quando era nei paraggi.
La stazione era un grande vortice di persone, e ciò fu di buona sorte. I mercenari sembravano essersi persi, non avendo visto nessun uomo in camicia nera o chiunque altro sembrasse sospetto.
Nate guardò verso la bacheca delle informazioni. “Merda. Il treno sta per partire. Se non lo prendiamo, dovremo aspettare due ore.”
“Non mi va di aspettare due ore,” disse Lara correndo lungo il primo binario. Notò un treno un po' più lontano, un vecchio trasporto con i vagoni rossi e ringhiere ammaccate, ed una locomotiva a vapore in testa. “Andiamo, sta partendo!” esclamò Lara raccogliendo tutte le sue forze per correre a più non posso.
La donna era veloce, pensò Nate mentre rimaneva indietro. Il treno cominciò a muoversi, il vapore fuoriuscì dal tubo mentre la locomotiva investì la zona con un rumore acuto che sovrastò il chiacchiericcio della gente. A Nate mancavano ancora cinque metri dal treno quando quest’ultimo cominciò a scivolare sui binari prendendo velocità, con Lara in piedi sul vagone in coda al treno.
“Corri, Nate!” gridò porgendogli la mano. , pensò trovandosi irritato dal suo sorriso, che man mano si affievolì, prendendo coscienza che non sarebbe andata da nessuna parte senza il primo occhio.
“Ora o mai più,” disse tra sé e sé, e si lanciò in avanti afferrandole la mano. La forza della ragazza lo sorprese, e grazie a ciò ebbe modo di raggiungere la ringhiera. Il treno accelerò e poco dopo qualche minuto lasciò la stazione. “Grazie,” mormorò spolverandosi i pantaloni.
Lara aprì la porta che conduceva al carro. Dentro c'erano solo poche persone sedute, ma per precauzione i due decisero di proseguire, cercando una zona tranquilla dove poter parlare. Tre vagoni più avanti trovarono una cabina vuota e si buttarono sui primi sedili disponibili. Lara prese la cuffia. “Bryce. Ci serve un altro elicottero,” disse senza salutare.
“Perché? Che ne è stato di quello che ti ho mandato?”
“Be’, abbiamo avuto qualche problema a Shanghai. Spero che tu l’abbia assicurato.”
“Cristo, Lara.”
“Ci stiamo muovendo in treno verso nord. Procurami un nuovo elicottero e mandalo a prenderci.”
Bryce fece un sospiro. “Va bene.”
“Farò il check-in il prima possibile,” tagliò corto Lara interrompendo la linea, mise via l'auricolare e si appoggiò al sedile. “Che c’è?” chiese confusa notando Nate che la guardava dal sedile opposto.
“Mi piace il tuo accento.”
La bocca di Lara tirò un sorriso. “Bene. Sono contenta perché non posso cambiarlo.”
“E mi piace il modo in cui gestisci le cose. Non mi sembri rimasta sorpresa dall'attacco.”
“Succede anche a me ogni tanto,” ammise allungandosi e mettendo i piedi sul bordo del sedile. “Perché non mi racconti i motivi per il quale Johansson ti seguiva?”
"È una lunga storia. Mi ha contattato perché voleva ritrovare gli occhi di Chagatai, pagandomi per scoprire dove si trovassero. Così ho iniziato un'indagine e ho scoperto i luoghi nei quali erano stati nascosti. Quando però Sully mi ha detto a cosa servivano e che tipo di persona è Johansson, decisi che non glieli avrei dati. Non era molto contento quando ha scoperto che avevo tenuto alcune informazioni per me, come ad esempio dove si trovasse il primo occhio. Mi ha fatto seguire ed è così che ho incontrato te.”
“Hmm... quell'errore mi è costato molto,” rifletté Lara.
“Può essere. Questo viaggio comincia a piacermi,” scherzò Nathan prendendo il primo occhio e aprendo il palmo della mano. “Cosa dovremmo farne?”
“Non lo so. Conosco il posto in cui si trova la tomba di Chagatai da anni, ma non sono potuta entrare senza gli occhi. Quando saremo lì, scopriremo a cosa servono.”
Lara prese il secondo occhio, imitando i gesti del compagno di avventura. Erano due palle di pietra pressoché uguali.
“Sully aveva ragione,” ammise Nate spostando lo sguardo dagli occhi di pietra a quelli della ragazza. “Sei una tosta.”
“Sully…” ripeté Lara cercando di ricordare un volto. “Sullivan, giusto?”
Nate annuì e la ragazza ripose il secondo occhio nello zaino. “Ora ricordo, l'asta a Londra, cercava un pugnale cinese.”
“Che alla fine ti sei preso tu.”
Il suo sorriso era tornato. “Sullivan non fu persuasivo. Dopo l'asta mi invitò a bere qualcosa, ma non fu persuasivo neppure in quell’occasione.”
“Tipico di Sully. Gli hai spezzato il cuore,” disse Nathan mettendosi a ridere. “Non prenderla come un'offesa, lui è fatto così,” soggiunse riponendo anch’egli l'occhio nella sua borsa. “Ma lo capisco, chi resisterebbe alla tentazione di offrirti un drink.”
“Sembra che tu abbia imparato molto da lui,” convenne Lara con uno sguardo di curiosità. Sopraggiunse il silenzio e Lara osservò il paesaggio naturale oltre le vetrate. “Chloe è molto bella.”
“È stato secoli fa. È complicato.”
Il treno attraversò un ponte e fece rimbombare il fischio tra le pareti anguste e rocciose. Nate non voleva parlare di Chloe: a quale donna piaceva sentire parlare delle vecchie fiamme di un uomo? Dalla prima volta che sentì parlare di Lara Croft, gli crebbe un singolare quesito che non sapeva come esporre. Lara alzò la fronte notando il suo sguardo insistente e Nate non riuscì a trattenere la sua curiosità.
“Sei una Lady?” le chiese.
Lara si mise a ridere mentre apriva la sua giacca di pelle. “Ti aspettavi una nobildonna con corsetto e parrucca bianca?”
“Forse no, ma di sicuro il tuo titolo mi ha sorpreso,” ammise Nathan ricordandosi della prima volta che la vide al caffè in Malesia in vestiti casual e comodi. Anche adesso indossava abiti simili, che nonostante tutto non riuscivano a nascondere le sue curve impressionanti. “Sarei curioso di vederti in corsetto, però.”
“Non credo di averne uno.”
“Non ne hai bisogno.”
Il sorriso di Lara gli confermò che non era infastidita dalle sue parole. Sembrava piuttosto incuriosita, come se avesse cambiato la sua opinione su di lui.
Il rumore monotono del treno venne disturbato dal rombo di un motore e dalle grida di alcuni uomini.
“Merda,” disse Nate guardando fuori dal finestrino notando un camion avvicinarsi al vagone in coda. Uomini in camicia nera saltarono sul treno con armi pesanti sulla schiena. “Non ci posso credere.”
Lara si unì a lui. “Immagino che la parte piacevole del viaggio sia finita. Andiamo.”
Presero le valigie, nascosero le armi nella cintura e si diressero nei vagoni più avanti. Quando Lara si trovò all’esterno, tra una carrozza e l’altra, scorse gli uomini sparire dalla sua vista.
“Sono entrati.”
“Allora ce ne andremo noi,” disse Nate, che balzò afferrando il bordo del tetto e si tirò su. “Forza,” incitò Lara porgendole la mano per aiutarla. Arrivati in cima, si nascosero dietro una scatola di ventilazione per valutare la situazione.
“Riesci a vederli?” chiese Lara mentre infilava le cartucce nel caricatore della pistola.
“Non ancora,” rispose Nathan sbirciando oltre la scatola di ventilazione. Poco dopo, scorse il primo tizio salire sul tetto e sostare davanti a loro, in attesa di un ordine. “Ci penso io a lui.”
Nate rotolò giù per la fiancata del carro aggrappandosi al bordo, avanzò verso il mercenario finché non gli fu proprio sotto. Qualche passo soltanto e ci siamo, pensò sondando ogni movimento del nemici. Quando quest’ultimo camminò verso il margine, Nathan lo afferrò per la cintura e lo gettò oltre il bordo con una sola e potente spinta. Il mercenario cadde tra i cespugli ai lati dei binari.
“Bella mossa,” si complimentò Lara al ritorno di Nate.
Altri due uomini armati sopraggiunsero sul tetto, procedendo a passo felpato in direzione del loro nascondiglio. Con la schiena contro il condotto di ventilazione, Nate impugnò il fucile. “Al tre?”
“Io prenderò quello a destra.”
Quasi nello stesso secondo i due cacciatori di tombe si sporsero, spararono ognuno un colpo e i due uomini caddero all’indietro lasciando scivolare dalle mani le loro pistole.
Nate si chinò sui due corpi per controllare se fossero morti. “Non mi sono rimaste molte munizioni.”
Alcune urla giunsero dal basso: appartenevano ai mercenari che, quasi sicuramente, avevano sentito gli spari.
“Corri!” gridò Nate. I due corsero lungo il tetto saltando sopra gli interstizi tra i carri. Sentirono il sibilo dei proiettili alle loro spalle sfrecciare in aria e si gettarono dietro una bocchetta di ventilazione, restituendo il fuoco. Due del gruppo di mercenari caddero dal treno. Nathan e Lara lavoravano in squadra come se si conoscessero da anni e sapessero d’istinto ciò che l'altro stava per fare.
Il treno continuava il suo viaggio, confermando che il macchinista non sembrava aver notato quello che stava succedendo. Durante una curva un mercenario perse l'equilibrio e cadde dal treno.
“Uno in meno,” annotò Nate dietro la copertura contando quante munizioni aveva ancora. “Non si mette bene.”
“Mi è rimasta solo una cartuccia,” informò Lara addossandosi con la schiena alla copertura e prendendo fiato. “Così ci accerchieranno.”
Rimaneva un solo vagone da percorrere prima di raggiungere la locomotiva. Nate sbirciò fuori dal cofano, ma si tirò subito indietro non appena una dozzina di colpi vennero sparati in sua direzione. “Ne stanno arrivando altri.”
“Fantastico,” ironizzò Lara inserendo l’auricolare nell'orecchio. “Bryce, dov’è l’elicottero? Dobbiamo assolutamente andarcene. Ora!”
“Ehi, Lara, dovrebbe essere lì tra due minuti.”
“Ottimo tempismo, Bryce.”
La cacciatrice di tombe sparò due volte atterrando un mercenario, ma non bastò a fermare la truppa di mercenari. Nate ne uccise altri due.
“Va’ avanti!” esclamò Nathan coprendola per permetterle di saltare sull’ultimo vagone. Quando il cane della pistola scattò a vuoto, Lara gli lanciò al volo una delle sue.
Il rumore di un rotore si avvicinò a loro mescolandosi al clangore del treno. Lara alzò gli occhi al cielo e avvistò in lontananza l’elicottero. “Forza, ce ne andiamo!” gridò a Nate a tutto fiato con le orecchie assordate dal sibilo violento del vento, il clangore del treno e il fischio delle eliche a tutta velocità.
I mercenari vennero spintonati dall’aria che l’elicottero provocava a una decina di metri da loro; alcuni si accucciarono con le mani salde a terra per non cadere e altri cercarono riparo. Una scala di corda rotolò accanto a Lara, la quale l’afferrò con una mano mentre con l’alta puntò il fucile sui mercenari, facendo partire un colpo in direzione loro mentre Nate corse verso di lei.
Quando anche quest’ultimo afferrò la scala, l’elicottero si allontanò, trascinandoli via prima che raggiungessero l’abitacolo.
“Fate buon viaggio!” gridò Nathan mentre ai soldati rimasti sul treno, che non potettero far altro che seguirli impotenti con lo sguardo.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

Link dell'account dell'autrice:
https://www.fanfiction.net/u/2367223/gyikhu

Link al quarto capitolo in lingua originale:
https://www.fanfiction.net/s/6358147/5/Crossroads

NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Ringrazio infinitamente devil_may_cry_wrath_92m e ReverendBrute80 per le recensioni lasciate. E' sempre bello ricevere feedback dagli appassionati di Tomb Raider ed Uncharted!
Chiunque voglia dedicare del tempo per scrivere una recensione, non solo sarà una persona meravigliosa, ma avrà in cambio un piccolo regalo! Farò da intermediaria per tradurre la vostra recensione in inglese e passarla all'autrice, così da potergliela far leggere! E chissà, magari riceverete una risposta da lei.







Lara passò un auricolare a Nate. “Dirigiti a nord,” disse al pilota.
“Qual è la destinazione?” chiese quest’ultimo impugnando il collettivo e facendo girare l’elicottero.
“Te lo dirò a tempo debito.”
“C’è mancato poco,” disse Nate tenendo gli occhi sul treno fino a quando non scomparve dalla sua vista. Il vento freddo entrò dalle porte aperte e l’elicottero sorvolò una fitta foresta.
“Pensavo ti piacesse l'avventura,” ironizzò Lara allungando la mano dietro allo schienale del sedile per prendere una grossa borsa sportiva nera. Quando l’aprì, trovo diverse pistole, gadget, munizioni e altre attrezzature. “Bryce conosce il suo lavoro.”
Nate fischiò. “Mi sento come alla mattina di Natale.”
“Puoi sceglierne una e restituirmi la mia.”
Inarcando le sopracciglia, Nate estrasse la suddetta pistola dalla cintura. “Bella. Heckler & Koch. Non sapevo che ne fossi così affezionata.”
“Non mi ha mai deluso,” rivelò Lara afferrando la pistola e infilandola nel suo zaino. “Un telefono satellitare,” notò scorgendo l’attrezzo accatastato nello zaino tra gli altri e prendendolo in mano. “Mi piace che Bryce pensi a tutto.”
“Ora potremo combattere un esercito,” disse Nate impressionato dalla collezione, domandandosi tra sé e sé come Lara potesse far viaggiare un tale arsenale oltre i confini nazionali.
“Porteremo la maggior parte della roba con noi.”
Dopo aver chiuso la borsa, Nate la sollevò. “Pesa un po’.”
“Adesso ti lamenti?”
“Non se la porti tu.”
“Uomini...” ironizzò Lara con un mezzo sorriso.
Diede una pacca sulla spalla del pilota per dargli ulteriori istruzioni, quando il telefono satellitare squillò. Lara assottigliò gli occhi quando vide che il suo collega la stava chiamando. “Bryce, cosa c’è?”
“Non ti piacerà.”
Lara non sentiva bene a causa del rumore, ma decise di non usare l’altoparlante dell’elicottero. Bryce deve aver avuto un buon motivo per chiamarla al telefono.
“Dimmi qual è il problema.”
“L'elicottero sta inviando uno strano segnale da circa dieci minuti. Sto cercando di scoprirne la destinazione.”
“Credo di saperne il motivo,” mormorò Lara tenendo d'occhio il pilota. Era coinvolto? “Quindi siamo rintracciati?”
“Ne sono quasi sicuro. Johansson c’entra qualcosa.”
“Grazie, Bryce. Me ne occuperò io,” tagliò corto Lara interrompendo la linea. “Dannazione,” imprecò mentalmente, ma fu felice di non aver dato al pilota l'esatta posizione della tomba. Non era una coincidenza che il loro elicottero fosse stato fatto saltare in aria a Shanghai. Johansson aveva pianificato tutto. Prese un pezzo di carta e ci scarabocchiò sopra con rabbia qualche riga.
Appoggiando l’indice sulle labbra di Drake per far segno di rimanere in silenzio, gli porse il foglio, poi si sedette sul sedile dietro quello del pilota.
“Ehi, il tempo è buono?”
Durante la chiacchierata, Nate lesse il messaggio e aprì la bocca in procinto di parlare, ma lo sguardo della compagna lo fece tacere.
Quest’ultima si voltò nuovamente verso il pilota. “Sai qual è la pista di atterraggio più vicina?”
“C'è un villaggio tra qualche chilometro, ma non ci troverai nulla se non case disabitate,” informò il pilota.
“Va bene,” rispose Lara: sembrava il luogo perfetto per il suo piano. “Faremo una sosta lì. Devo occuparmi di alcune cose, non ci vorrà molto.”
Il pilota fece una faccia sorpresa, ma poi scrollò le spalle. “Se è ciò che desideri.”
Guidò l'elicottero verso il villaggio, e in pochi minuti scesero sopra una radura. L'elicottero si fermò in aria, si mosse lentamente verso il basso fino a toccare terra. Gli alberi intorno a loro combatterono una battaglia a senso unico contro il vortice del rotore.
Quando il pilota spense il motore e si tolse il casco, Lara gli puntò la pistola alla testa. “Ora alza le mani, scendi e allontanati dall'elicottero. Non fate niente di stupido.”
“Che diavolo stai facendo? Sei impazzita?”
Non le importava sapere se lui fosse coinvolto o meno, e comunque non ebbe il tempo di scoprirlo. “So del segnale.”
“Quale segnale?” chiese il pilota spalancando i suoi occhi impauriti. Non le interessava se temeva più lei o Johansson.
Anche Nate uscì, afferrò il braccio dell'uomo mentre apriva la porta. Dopo una rapida perquisizione, lo fece scendere dall’aereo. “Non ha niente con sé che possa essere utile.”
“Va bene,” disse Lara abbassando la pistola. Salì sul sedile del pilota. “Vieni, Nate, ce ne andiamo.”
Il rotore si rimise in moto.
“Spero che farai una bella vacanza,” disse Nathan al pilota salutandolo con la mano prima di mettersi le cuffie. L’elicottero decollò e fu divertente vedere il volto incredulo dell'uomo mentre lo lasciavano indietro.
“Avrà bisogno di qualche giorno per andarsene da questo posto e trovare un telefono. Saranno sufficienti per raggiungere la nostra meta,” ragionò Lara mentre controllava il cruscotto per regolare la direzione. C'erano così tanti pulsanti e interruttori che Nate non aveva idea di cosa stesse facendo.
“Non mi hai detto che sai pilotare un elicottero. Perché è così, spero.”
“E non hai visto tutte le altre cose che so fare,” scherzò Lara rivolgendogli un sorriso. Nate amava le prese in giro. Di sicuro non era la Lady che lui aveva immaginato. “Non possiamo usare questo aereo ancora per molto, altrimenti porteremo Johansson direttamente alla tomba.”
Dopo un'ora, Lara ricontrollò le coordinate e inclinò l'elicottero in curva. Nate afferrò il bordo del sedile.
“Cosa stai facendo?”
“Cerco di trovare un posto dove atterrare.”
La foresta era ancora fitta, ma mentre si dirigevano a nord il paesaggio cambiò, divenendo più brullo. I pini sembravano minuscole lance puntate in alto tra rocce e ruscelli. “Troverò un posto vicino al nostro obiettivo, ma non troppo. Dovremo camminare un po’.”
“Mi sembrava troppo facile...”
Nate notò in lei una naturale maestria nella guida dell’elicottero, la quale spostava le mani da un comando all’altro senza batter ciglio. Sicuramente non era la prima volta che guidava.
Appropinquandosi col velivolo al suolo, polvere e foglie vorticarono nell’aria e la foresta si mosse finché il rotore non si fermò, facendo calmare la natura.
“Eccoci qui,” dichiarò Lara agganciando la cuffia ad un supporto. Uscì ed aprì la porta sul retro per prendere la borsa sportiva. “Lasceremo qui l'elicottero e cammineremo una decina di chilometri.” La cacciatrice di tombe sbirciò in giro, controllando se sentiva qualche suono sospetto che non appartenesse alla foresta. L’alba stava rischiarando il cielo, svegliando col suo arrivo la natura.
“Non possiamo portare tutto con noi. Scegliamo un'arma e le munizioni, GPS, un coltello, e un...”
Nate le si mise di fianco. “Ti sembro uno che lo fa per la prima volta?” chiese sicuro di sé afferrando una pistola. Controllò che funzionasse bene ed infilò tre set di cartucce nello zaino. “Pronta?”
Lara chiuse la porta dell'elicottero. “Scusami. Non sono abituata a lavorare con qualcuno.”
Si diresse nella foresta, digitando le coordinate nel GPS. Il terreno sotto i loro piedi era morbido, ricoperto con un tappeto di aghi di pino. Un gufo budolò il suo canto bitonale sopra le loro teste.
Nate la raggiunse stando al suo passo. “Com'è che non hai mai lavorato con nessuno?”
“Non lo so,” rispose Lara perlustrando gli alberi finché non trovò un sentiero che la portasse nella giusta direzione. “Non vado d'accordo con gli altri. Mi piace avere la mia libertà e non essere costretta a badare a qualcun altro.”
“E se quel qualcun altro sapesse badare a se stesso?”
“Può essere. Ma perché condividere la gloria di una scoperta se può essere tutta mia?”
Il sole tramontava tra le colline, lontano dagli alberi, e dipingeva lunghe ombre sul terreno con le luci dorate dei suoi ultimi raggi. “C’è Bryce a darmi una mano, e io so come muovermi.”
“Lo vedo,” ritenne Nate non avendo idea di dove fossero, se non da qualche parte nel nord della Cina, in una foresta. “Non è la prima volta che vieni qui, vero?”
“No. Come ti ho detto, ho trovato la tomba di Chagatai anni fa, ma non avevo i manufatti degli occhi. E ritrovarmi con una porta chiusa che non potevo aprire non era la gloria che cercavo.”
Avanzarono a velocità costante, seguendo il sentiero che attraversava rocce, tronchi d'albero tagliati, un piccolo ruscello, sentendosi addosso occhi diffidenti di animali che li seguivano dalle fronde dei cespugli.
“Ora dimmi come hai scoperto la posizione degli occhi,” disse lei, scambiando con lui il ruolo di chi faceva le domande nella conversazione.
“Be’, ho le mie conoscenze nei circoli degli archeologi,” rispose Nate, e Lara non sapeva come decifrare quella frase. Ovviamente nascondeva qualcosa. La domanda era se l'avesse fatto per diffidenza o a causa di certi schemi che aveva intenzione di perseguire. Chloe aveva detto che Nate era un bravo ragazzo, ma Lara non conosceva Chloe.
I colori del cielo cambiarono rapidamente, l'arancione si trasformò in blu che si annerì fino a nascondere ogni cosa ai loro occhi. Lara si fermò.
“E tu?” chiese Nathan. “Come hai trovato gli occhi?”
“Pensi che te lo direi dopo la risposta enigmatica che mi hai dato?” incalzò Lara alzando il bengala. “Dannazione. È buio pesto. Speravo di poter atterrare più vicino alla tomba.”
“Sai come si dice... nella vita si pianifica e poi va tutto all’aria. Ironico come c’entri sempre con il volo.”
Lara gli mandò un'occhiataccia sospettosa. “Non mi piace,” disse guardandosi intorno preoccupata. Aggirarsi nell'oscurità era rischioso, lo sapevano entrambi, e la notte li rallentava.
“Non ci credo,” mormorò Lara muovendosi a sinistra mentre il fascio del bengala si proiettò su un mucchio di rami e foglie. Erano piuttosto grandi, pensò Nate.
“Cosa?” chiese incuriosito.
Una piccola luce brillò sotto i rami che Lara spinse via, ed un sorriso le si spalancò sul viso. “È la cosa migliore che potesse capitarci,” disse, accelerando i suoi movimenti. “Aiutami.”
Mentre altri rami venivano rimossi, apparve la forma di un'auto verde, la cui vernice mancava in alcuni punti. Sembrava che avesse violente ammaccature dovute a grandi urti.
“È tua?”
“Sì, me n’ero completamente dimenticata,” rispose Lara mentre controllava le gomme su entrambi i lati. "Come ti ho spiegato, sono già stata qui. E l'ultima volta sono dovuta andar via piuttosto in fretta…”
Quando finirono il lavoro, Lara levò la polvere dal finestrino laterale e guardò dentro. “Può tornarci utile.”
“Fico. Mi piacciono le Range Rover,” disse Nate aprendo la portiera anteriore sinistra. “Guido io,” soggiunse mentre si sedeva sul sedile, poi aggrottò la fronte. “Ma che diavolo...”
“Stai dimenticando qualcosa,” disse Lara con un sorriso entrando dall'altro lato del veicolo. Ribaltò l'aletta parasole e un mazzo di chiavi le cadde sulla mano.
Nate fece un sospiro. “Gli inglesi e le loro macchine al contrario.”
“Gli uomini e le loro convinzioni di poter essere gli unici guidatori,” lo scimmiottò lei, e avviò il motore. La macchina gemette e tossì, furono necessari una decina di tentativi, ma poi si accese.
“Speriamo di avere abbastanza carburante.”
La Range Rover sobbalzò lungo il percorso, attraversò un ruscello e raggirò alcune rocce. Era un’andatura lenta, ma senz’altro più comoda rispetto a camminare.
“Quindi Johansson ti sta alle calcagna?" chiese Lara mentre con la macchina evitò un albero caduto.
“Immagino di sì. Non mi piaceva il modo in cui parlava di artefatti, senza alcun rispetto.”
“Quindi tu sei il bravo ragazzo in questa storia?”
“Sai com'è,” disse sorridendole. “Più di una volta ho cercato di smettere di fare l'eroe, ma finisco sempre in queste situazioni. Salvare il mondo, salvare la donna. E ogni volta un esercito cerca di liberarsi di me.”
“Non preoccuparti, non ho bisogno di essere salvata. Ti alleggerisco un po’ il lavoro.”
Nate adorava la sua risata e il modo in cui gestiva le situazioni e le conversazioni. La questione della gloria lo aveva in qualche modo infastidito, ma ne aveva accettato le ragioni. Alcuni la chiamavano avventura, altri gloria. Il trambusto della pubblicità non l'aveva mai attratto, e decise perciò di lasciare la gloria a lei.
“Questo lo vedremo.”
Dopo altri quindici minuti, Lara rallentò e parcheggiò al lato di un grosso albero. Dopo aver tirato il freno a mano spense i fari. Il buio cadde su di loro e i suoni della foresta si animarono di nuovo.
“Perché ti sei fermata?” chiese Nate chinandosi in avanti senza riuscire a vedere niente.
“Non possiamo andare oltre. Ci sono rocce laggiù e dovremo arrampicarci,” spiegò Lara uscendo dalla macchina. Quando Nate la raggiunse, la vide aprire il baule, e la lucina accesa al suo interno illuminò il viso di Lara e un paio di fondine. “Non sapevo di averle lasciate qui.”
Nate si appoggiò al retro della macchina e la guardò posare un piede sul paraurti per far scivolare le fondine dai polpacci alla cosce. Non appena chiuse i lacci, infilò le sue due pistole gemelle, prese il suo zaino e attaccò una luce a LED alla cinghia che le attraversava il petto. Infine, si mise dei guanti di pelle tagliati all’altezza del metacarpo e chiuse il baule.
“Non vuoi prepararti?”
“Sono nato pronto,” disse Nate con un altro sorriso, godendosi lo sguardo confuso e divertito sul viso della ragazza. Quest’ultima si avvicinò alle rocce arrampicandosi con facilità, e lui la seguì con lo sguardo. In apparenza sembrava un gioco da ragazzi, ma quando Nate la imitò sentì lo sforzo nei suoi muscoli, e con molta probabilità, pur nascondendolo, era così anche per lei. Lara si fermò su di un cornicione.
“Siamo arrivati?” chiese Nate. “L’entrata sarebbe questa fessura minuscola?”
“Il modo migliore per nascondere qualcosa è farlo sembrare insignificante,” disse Lara rimuovendo alcune pietre. “Nessuno noterebbe niente di strano in questa pila di massi qualunque. Nessuno tranne me.”
Si lasciò cadere nell'intercapedine e Nate la seguì. Atterrarono in un piccolo spiazzo non più grande di una stanza. Tutte e quattro le pareti erano vuote, piatte, di pietra levigata.
“L'ingresso esterno,” spiegò Lara.
“Bello. Come si entra?” chiese Nathan tracciando una mano lungo i muri, seguendo il movimento con la torcia. Sul lato destro, trovò un buco.
“Tira la leva all'interno,” disse Lara raggiungendo una rientranza simile sul lato sinistro.
Nate infilò la mano nel buco e le sue dita tastarono alla ricerca del meccanismo. Provò una strana sensazione, fredda e secca, avvertendo uno spiffero che soffiava da qualche parte e gli correva lungo l'avambraccio. Una ragnatela gli si incollò sulla pelle, ma trovò la leva. Quando entrambi tirarono contemporaneamente, il muro di pietra davanti a loro sprofondò nel pavimento, rivelando un corridoio buio.
Lara entrò senza esitazione e accese le torce sui muri laterali con un accendino.
“Non sapevo che fumassi,” commentò Nate a pochi centimetri più avanti.
“Non fumo, ma non significa che non possa portare un accendino. Mi torna utile, a volte.”
Le torce illuminavano il corridoio, ma non si riusciva a vedere la fine. “Andiamo. Non preoccuparti delle trappole, le ho disattivate tutte.”
Lara prese una torcia e ne accese diverse altre mentre avanzava.
“Ora dimmi una cosa. Come saresti entrata da sola? Con due leve da tirare che non si possono raggiungere contemporaneamente,” rifletté a voce alta Nathan. Moriva dalla voglia di saperlo, e sperò che almeno una volta potesse metterla alle strette.
“Sono già stata qui,” rispose mentre oltrepassarono due lame immobili incastrate nelle pareti. “Credimi, non ho bisogno di nessuno per entrare.”
A Nathan, quella donna, piaceva sempre più ad ogni risposta che dava.
Il corridoio era quasi alla sua fine: dopo un salto e un altro paio di lame rotte si allargò, concludendosi in una magnifica stanza amplia e alta. Le statue dei soldati mongoli si allineavano lungo le pareti e circondavano la stanza da entrambi i lati. Nate ebbe la sensazione che i loro occhi li seguissero mentre lui e la compagna si avventuravano all'interno. Davanti a loro, un'enorme statua bloccava la strada, un guerriero con spada e scudo in mano che superava d’altezza tutti gli altri.
“C'è qualcosa che non va,” disse Nate, grattandosi la testa.
“So cosa vuoi dire,” concordò Lara avvicinandosi ad essa.
Entrambi gli occhi della statua erano inaspettatamente intatti, già incastrati nella statua.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

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Link al quinto capitolo in lingua originale:
https://www.fanfiction.net/s/6358147/6/Crossroads

NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Ringrazio nuovamente devil_may_cry_wrath_92m e ReverendBrute80 per le recensioni! Sappiate che siete proprio voi a darmi la carica per continuare a tradurre questa magnifica storia!
Chiunque voglia dedicare del tempo per scrivere una recensione, non solo sarà una persona meravigliosa, ma avrà in cambio un piccolo regalo! Farò da intermediaria per tradurre la vostra recensione in inglese e passarla all'autrice, così da potergliela far leggere! E chissà, magari riceverete una risposta da lei.







Nathan si avvicinò alla statua che si ergeva al centro della stanza, assottigliando lo sguardo per mettere a fuoco il volto di pietra. “Che strano, avrei giurato che...”
“Fosse senza occhi,” concluse la frase Lara guardandolo meditabonda. “Lo so. Questo è stato il problema fin dalla prima volta che sono venuta qui. Se la statua ha entrambi gli occhi, a cosa servono i manufatti di Chagatai?”
“Oltre al fatto che questo tizio non è Chagatai,” disse Nate dopo aver diretto il fascio della sua luce sul volto della statua.
“Vedo che hai fatto i compiti,” si complimentò Lara tracciando un dito lungo il soldato di pietra. “Fin dalla prima volta che sono venuta, ho ragionato su come dover usare gli occhi. Sarebbe stato più logico presupporre che dovessero essere inseriti nei bulbi di una statua che non li avesse, ma non è questo il caso, come vedi. Ed eccoci qui, a un passo dal luogo in cui riposa Chagatai senza poter far nulla. Sembra quasi che ci voglia prendere in giro.”
“Non glielo permetterò,” disse Nate afferrando i piedi della statua. “Vado lassù a vedere cosa trovo.”
Anche Nathan riteneva sempre più fastidioso che questi antichi imperiali cercassero di ingannarli. Non aveva rischiato tanto per andarsene a mani vuote.
Si avvicinò al ginocchio del soldato e saltò per raggiungere una delle braccia piegate. Le pietre sotto le sue mani tremarono, ma fortunatamente l’arto di pietra non si ruppe. A circa tre metri di altezza, balzò e trovò un sostegno sul muro accanto alla testa della statua.
“Vedi qualcosa?” chiese Lara guardando verso l'alto.
“Ancora niente. Devo guardare più da vicino,” rispose Nate. Si appropinquò ancora di più, con i piedi che cercavano un appoggio sul collo del soldato, riuscendo nell’intento. “Gli occhi sembrano far parte della struttura. Non riesco a muoverli,” informò mentre li tastava con le mani. Prese un coltello tentando la fortuna, ma i bulbi oculari erano di pietra massiccia. Tentando di spostarsi verso il secondo occhio, scivolò col piede.
“Merda!” gridò Lara quando Nate perse l'equilibrio e precipitò nel vuoto. Atterrò ai piedi della statua e, con grande fortuna, sopravvisse alla caduta grazie alle gambe della statua che attutirono il colpo. “Stai bene?”
“Ahia!” gridò massaggiandosi la schiena. “È stato doloroso.”
Osservandola da terra, Nathan notò che la statua sembrava ancora più alta. Sentì uno strano sfregamento. All'inizio pensava che fosse la voce della compagna, ma capì che veniva da sopra di lui. La polvere cominciò a turbinare per aria e il clangore divenne sempre più forte, come quando si strofina pietra contro pietra: il rumore inconfondibile di superfici che macinavano.
Lara strabuzzò gli occhi. “Non posso crederci. Non so come hai fatto, ma ne è valsa la pena.”
“Lo dici perché non sei tu ad esserti fatta male,” scherzò Nate guardando la statua con stupore mentre lottava per non perdere di nuovo l’equilibrio.
La testa della statua si girò di centottanta gradi e, non appena il cumulo di polvere né liberò la visuale, comparve un altro volto scolpito.
“Guarda chi è arrivato,” disse Nate con un sorriso prendendo il suo taccuino e confrontando il volto con un disegno. “Il nostro amico, Chagatai.”
“Sì, è lui.”
“E la migliore notizia è...”
“...che gli mancano gli occhi,” finì la frase Lara al posto suo, guardando affascinata il figlio di Gengis Khan. Non riusciva a credere che finalmente era ad un passo dall'aprire la tomba, e sperava di trovare il diario che aveva cercato per anni. Da quel momento, doveva stare molto attenta a non rivelare le sue reali intenzioni.
“Sei pronta per un'altra scalata?” chiese Nate, ma Lara non reagì. “Lara?”
“Mhh... sì, cosa?” rispose la cacciatrice di tombe sbattendo le palpebre un paio di volte, costringendosi a scacciare via la folle, infantile gioia che provava per la scoperta appena fatta. “Arrampicarsi? Sì, certo.”
“Dopo di te,” le disse Nate lasciandola passare e facendo stavolta più attenzione alle parti scivolose. Si fermarono all’attaccatura del collo della statua, raggiungendo il volto quasi contemporaneamente.
Non appena trovò una posizione comoda e sicura, Lara tirò fuori il secondo occhio dallo zaino.
“Pronto?” propose lanciando un’occhiata a Nathan sorpresa di vedere la stessa eccitazione. Forse il suo partner non faceva tutto questo solo per l’oro, pensò lei, e le sue labbra si incurvarono in un sorriso mentre Nate mostrò il primo occhio.
“Facciamolo,” disse, ed entrambi inserirono le palline di pietra nelle fessure vuote.
Per un attimo non successe nulla, ma poi gli occhi rotearono all'interno e la statua tremò sotto di loro. Il soldato oscillò ancora una volta e, al centro del suo corpo, apparve una crepa che si allargò, fino a quando la statua si aprì in due come leante di un cancello, rivelando un corridoio buio. I due si arrampicarono il più velocemente possibile, si fermarono davanti all'apertura e fissarono l'ignoto dove nessuno aveva messo piede per secoli.
Le loro torce sfavillavano nel buio mentre entrarono e avanzarono con cautela. Il posto era nuovo anche per Lara e dovevano stare attenti alle trappole. Le pareti erano le stesse di prima, piatte, levigate, senza decorazioni o intagli. Più si allontanavano, più Lara pensava che qualcosa non andasse.
“Non mi piace. È troppo facile,” considerò fermandosi d’improvviso e aspettando che Nate la raggiungesse.
“O forse, visto che ci hanno fatto girare mezza Asia per ritrovare gli occhi di Chagatai, avranno ritenuto che bastava e avanzava per metterci in difficoltà.”
Lara si accorse osservando il viso di Nate che neppure lui credeva alle sue stesse parole. Le tombe antiche erano sempre state protette da predoni e intrusi, perciò era inverosimile che qualcuno potesse entrare senza rischiare almeno un arto.
“Vogliono farci credere che siamo al sicuro,” asserì Lara facendo scorrere la torcia lungo i muri nel buio. La fiamma riuscì a illuminare solo per alcuni metri, ma l’oscurità era tale che si mangiava tutto il resto del corridoio. “Andiamo avanti.”
Camminarono altri cinque minuti senza riscontrare alcun pericolo, quando Lara si fermò così bruscamente che Nate la urtò senza volere.
“Qualcosa non va?”
“Non lo so, ma qualcosa non mi torna,” spiegò la cacciatrice di tombe. Si guardò intorno e non vide né accadde nulla, ma lo sentiva nelle ossa. La sensazione strisciava su e giù per la colonna vertebrale, facendole accapponare la pelle. Mentre sostavano a riflettere, un silenzio perfetto li circondava, non c’era niente che si muovesse. L'aria era pesante, odorava di secoli di attesa.
“Credo che tu stia esagerando,” disse Nathan facendo un passo, e poi qualcosa scattò. Fu un unico, silenzioso scatto che diede il via alla trappola: il suolo sotto di loro cominciò ad aprirsi mosso su due binari incastrati nelle mura.
“Corriamooo!” gridò Lara quando il terreno tremò, ma era troppo tardi. Il pavimento scomparve sotto di loro e atterrarono bruscamente in una fossa buia, che si richiuse sopra di loro poco dopo. Non vedevano più nulla.
“Oh merda!” esclamò Nate, e riaccese la torcia. Il bagliore non aiutò molto, tutto quello che trovò furono pareti di cemento intorno a loro e un soffitto così alto da non riuscire a toccarlo.
“Te l'avevo detto che c'era qualcosa che non andava. Perché non mi hai ascoltato?” urlò Lara.
“Sì, va bene, signorina so-tutto-io. I tuoi commenti alla 'te l'avevo detto' non ci aiuteranno, ora!”
Nate fece il giro della stanza quadrata, rimanendo deluso nel vedere che era vuota. Non c’era un bel niente. Niente di niente. Soltanto un grosso, grasso zero. “Troviamo un modo per uscire di qui.”
Lara scosse la testa. “Non vedi che non c'è via d'uscita?” Si sedette a terra in un angolo. “È finita.”
Nate si fermò e si voltò a guardarla. Quando il fascio di luce le schiarì sul viso, Lara mosse una mano davanti agli occhi per non farsi accecare.
“Non ti capisco. Sei sempre così? Ti abbatti al primo ostacolo e aspetti di morire?” chiese perplesso Nathan.
Lei gli strizzò gli occhi. “Non vedo nessun meccanismo che possa farci uscire da qui. E tu?”
“Tutto qui? Ci sediamo e aspettiamo di trasformarci in mummie?” s’inalberò Nate. Aveva notato come le si erano assottigliati gli occhi, il primo segno di rabbia: comunque era pur sempre meglio un’emozione del genere che uno stato di pessimista apatia come quello antecedente. “Andiamo. Dimmi ciò che pensi davvero. Dimmi che è tutta colpa mia, che non dovremmo essere qui, e che non hai mai voluto un compagno. Che staresti meglio da sola. Dimmelo, Lara.”
Lei balzò in piedi, raggiungendolo in due passi. I suoi occhi nocciola lampeggiavano di rabbia, ma più a lungo guardavano dentro di lui più la rabbia si calmava. Fece un respiro lungo, poi espirò profondamente.
“Hai ragione,” concordò Lara. Accese la sua torcia e controllò la parete sinistra. Piatta, levigata, vuota. Proprio come fuori.
“Così va meglio,” valutò Nate imitando i movimenti della compagna sul lato destro. “Possiamo sicuramente trovare qualcosa. C'è sempre una via d'uscita.” Graffiò qualcosa sul muro, ma si rivelò essere solamente un po' di sporco. “E se così non fosse, passerò le ultime ore in piacevole compagnia. Che ne pensi?" soggiunse sorridendole quando si incrociarono nuovamente in fondo alla stanza.
“Sei fuori di testa,” disse Lara con finta irritazione. Non era poi così male, dopotutto. Dire che era tutta colpa sua sarebbe stato sbagliato. Per quanto abbia fatto il passo fatale che aveva azionato la trappola, era stata solo sfortuna. Sarebbe potuto accadere anche con lei. “Spero che tu non stia pensando di fare una cena a lume di candela.”
Nathan si mise a ridere. “Non era proprio quello che immaginavo.”
Rimase in piedi davanti a lei e, decifrando l’espressione palese che aveva sulla faccia, Lara capì che stava pensando a qualche porcheria sessuale.
“Non ci credo. Perché gli uomini pensare sempre alle stesse cose?” disse e, per dimostrargli che non era interessata a passare le sue ultime ore tra le sue braccia, lo spinse via. Non duramente, ma quanto bastava per fargli capire il messaggio.
“Hai spezzato anche il mio cuore,” scherzò Nathan ridendo, incespicando qualche passo indietro e sbattendo con la schiena contro il muro. Sentì un suono provenire da dietro di sé, una sorta di clangore metallico come se fosse partita una slot machine.
“Non posso crederci, ci sei riuscito di nuovo. Sei letteralmente arrivato alla soluzione!” esclamò Lara andando ad analizzare una sezione del muro che si era aperta, rivelando uno strano dispositivo. “Che cos'è?”
“È la mia magia,” rispose sorridendo e mettendosi di fianco alla ragazza. “Mi sembra un'antica serratura a combinazione.”
Il dispositivo aveva tre ruote fatte con una specie di metallo giallastro, probabilmente rame, decorate con dei simboli, otto ciascuno. Lara lo trovava affascinante. Tutte e tre le ruote potevano essere girate separatamente, e facendolo emettevano lo stesso rumore metallico che avevano sentito prima.
“Sembra davvero una serratura, ed è probabile che sia la via d'uscita. Dobbiamo solo trovare la combinazione giusta,” ritenne Lara. Ruotò un ingranaggio, poi il successivo, confrontando i simboli. Quando indietreggiò di un passo, il suo stivale fece gorgogliare lievemente il suolo. “Cos’è?” chiese dirigendo la torcia verso terra. Notò una pozzanghera ai suoi piedi e sentì una goccia caderle sulla fronte. Man mano il getto s’intensificava fino a diventare una piccola cascata.
“Sembra che non abbiamo molto tempo per trovare la combinazione,” commentò Drake mentre controllava gli angoli in alto. L’acqua usciva da tutti e quattro e si riversava nella fossa, diventando più veloce ad ogni secondo. Nel giro di poco tempo, i due avventurieri erano coi piedi sprofondati. “Allora, quali simboli dovremmo scegliere?”
“Perché guardi me? Non eri tu il grande cacciatore di tesori?” ironizzò. Non era più rilassata come prima, l'umore leggero che Nate era riuscito a farle avere con le sue battute scomparve tanto velocemente quanto era arrivato.
“Ho sentito dire da chiunque che Lara Croft ottiene sempre quello che vuole. Quindi eccoci qua.”
La cacciatrice di tombe fece un lungo respiro. “Stiamo litigando per queste stronzate o stiamo cercando di trovare una soluzione?” Quando l'acqua arrivò alle caviglie fece di nuovo girare le ruote. “Concentriamoci.”
Nate analizzò una ruota, sicuro di aver visto alcuni di quei simboli da qualche parte, o forse molto simili. Probabilmente in Tibet.
L'acqua salì e raggiunse gli stinchi.
“Questo è mongolo, ne sono sicura,” dichiarò Lara afferrando una reminiscenza su quello che sapeva del Khan. I ricordi si confusero e l'acqua fredda che le toccava le cosce non aiutava. Gli schizzi divennero più forti. “Devono essere collegati con Chagatai. Dopotutto è la sua tomba.”
“Ok, concentriamoci su Chagatai,” concordò Nate, che nel frattempo, non avendo un'idea migliore, tentava la fortuna girando le ruote a caso.
Il livello dell'acqua arrivò alla vita.
“Chagatai,” ripeté Lara. Doveva calmarsi, capire come unire i pezzi. “Potrebbero essere delle date?”
“Nessuna data. Sono solo tre ruote e questi simboli non sono sicuramente numeri.” Quando l’acqua gli bagnò il petto, Nate alzò la torcia sopra la testa. “Qualche altra idea?”
“Oh Dio... sono così familiari, ma non riesco a ricordare dove li ho visti.”
Nate ebbe la stessa sensazione. Girò di nuovo la ruota, un'ultima volta, prima che il meccanismo sparisse completamente sott'acqua. “Questo qui,” disse lui indicando un simbolo. “Sono sicuro di conoscerlo.”
“Si mette male,” mormorò Lara cominciando a galleggiare perché non riusciva più a toccare terra. Pochi secondi dopo, anche Nate dovette fare lo stesso. Il soffitto si stava pericolosamente avvicinando.
“Non so cosa sia meglio, la fame o l'annegamento.”
Lara alzò gli occhi al cielo. “Magari pensare alla soluzione? Non ci resta molto tempo.”
“Circa dieci minuti, direi. Non c’è più nulla da fare.”
“Non hai detto che c'è sempre una via d'uscita?”
“Sì che c’è, solo che non conosciamo la combinazione,” ribatté, qualcosa gli scattò in testa. Il simbolo. Sapeva dove l'aveva visto. “Quello è il segno di Ödegei.”
“Cosa?”
"Quel segno sul terzo ingranaggio. Lo conosco. È il segno di Ödegei.”
Qualcosa scattò anche nella testa di lei. “Giusto!” esclamò Lara. S’immerse, nuotò fino agli ingranaggi e girò il primo. Era diventato tutto chiaro. Si spostò sul secondo, ma non trovò ciò che cercava. Non era possibile. Riemerse prendendo un respiro profondo. Solo la testa era fuori dall'acqua, a pochi centimetri dal soffitto. “Bisogna impostare il terzo ingranaggio. I tre fratelli. Certo. Chagatai aveva tre fratelli. Ödegei era uno di loro.”
“È vero,” disse Nate sorridendo e si tuffò per ruotare il simbolo. “Due sono pronti,” disse tornando in superficie. “Qual è il terzo?” “Non lo so,” ammise Lara. La disperazione le balenò negli occhi, e lui non poteva accettare che si sarebbero bloccati proprio all'ultimo momento.
L'acqua stava salendo.
“Dobbiamo indovinare. Rimangono otto possibilità e un minuto circa. Ce la faremo,” disse Lara.
L'acqua era fredda, un trauma per i loro corpi.
“Ok. Facciamolo!” concordò Nathan annuendo con rassicurazione. “E, Lara... sono felice di averti conosciuta.”
S’immersero ed esplorarono le tenebre dell’acqua. Era sempre più profonda e usciva da ogni parte, riempiendo l’ultimo, piccolo anfratto rimasto. Lara premette il viso contro il soffitto, ma l'acqua aveva già raggiunto il mento. Un ultimo respiro... non c'era abbastanza aria, non c'era abbastanza aria.
Fece un respiro profondo e si abbassò per l'ultima volta. Un'ultima possibilità... Si tuffò, il rumore dell'acqua le rimbombava nelle orecchie. Aveva bisogno di pensare, di trovare la soluzione.
In fondo alla stanza, vide la ruota. Quale potrebbe essere l'ultimo segno? L'ultimo che li avrebbe salvati... lo fece roteare... non c'era abbastanza aria.
Si allungò ancora una volta, ma la ruota con i simboli mongoli si offuscò davanti ai suoi occhi. Le linee si distorsero, il suo cervello urlava per avere ossigeno. Non c'era abbastanza aria... Non c'era abbastanza aria...
La sua mente era in precario equilibrio tra la consapevolezza e l'incoscienza. Vide ancora una volta la ruota, o forse la immaginò soltanto. Non accadde nulla. Era buio, freddo, c’era solo acqua intorno a lei, e non riusciva a respirare.
Lara era al punto di aprire la bocca per prendere un grosso sorso d'acqua, ma si costrinse a non farlo. Non doveva farlo, o sarebbe finito tutto. Avrebbe smesso di sentire qualsiasi cosa.
O forse no. Qualcosa la percepì: una stretta al polso. Ma ormai non importava più.
Galleggiò, sempre più in alto. Poi, all'improvviso, il freddo se ne andò, e inalò aria con una tale forza da farsi male ai polmoni. Più l'ossigeno riempiva il suo corpo, più la sua consapevolezza tornava gradualmente in lei. Sentiva un sostegno duro sotto la schiena. Quando aprì gli occhi le si presentò un volto dai contorni sfocati, che ad ogni battito di ciglia riusciva a vedere sempre più nitidi. Nathan Drake la stava fissando con l'acqua che gli colava dai capelli scompigliati.
“Lara? Stai bene?”
Sentiva la sua voce lontana.
“Stai bene?”
Questa volta era più chiara.
Si alzò malamente col busto puntellandosi coi gomiti. “Che cosa è successo?”
“Neanche tu puoi lamentarti della tua fortuna. Sembra che in qualche modo tu abbia trovato il simbolo giusto,” le disse aiutandola ad alzarsi e appoggiarsi al muro del corridoio. “Mi hai fatto preoccupare… stavo per iniziare la respirazione bocca a bocca.”
Il suo tono scherzoso la fece sorridere. “Idiota.”
Si sedettero a terra, adagiati sul corridoio buio, vicini alle due torce abbandonate sul pavimento che dipingevano ombre oscure e ballerine sul muro. C’era mancato poco, rifletté Lara, pensando ai loro corpi inabissati per sempre in quel pozzo in cui nessuno li avrebbe mai trovati. Era valsa la pena quel pericolo mortale? Abbandonò la testa all'indietro e si rispose tra sé e sé: sì, per trovare la tomba di Gengis Khan lo avrebbe fatto anche due volte.
“Cosa ne diresti se andassimo avanti a scoprire cosa c'è oltre il corridoio?” propose Nathan girando la testa in direzione della caverna buia e inesplorata. Lara seguì la traiettoria con lo sguardo e fece spallucce.
“Sì, perché no? Non può essere peggio di questo pozzo.”

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

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NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Un ulteriore ringraziamento speciale va a devil_may_cry_wrath_92m e ReverendBrute80 per le loro recensioni! Per farvi contenti, sto cercando di velocizzare la traduzione e postare quanto prima i nuovi capitoli!







Dopo una camminata senza incidenti, Lara e Nathan raggiunsero una porta alla fine della strada. Il tempo aveva affondato i suoi inesorabili artigli nel legno nodoso delle ante in massello, rendendole vecchie, rapprese e marce.
“Credo che i nostri amici mongoli pensassero di aver fatto un buon lavoro con la trappola dell'acqua, non preoccupandosi di rinforzare la porta,” ritenne Lara toccando il legno.
“Me ne occuperò io,” si propose Nate spostando da parte la compagna, poi, con un calcio ben mirato, fece schizzare l’anta malconcia dai cardini, facendola atterrare sul pavimento con un tonfo sordo. La polvere turbinò in aria, riempiendo tutta la visuale, ed il cumulo era così denso che il fascio della torcia non fu abbastanza intenso per oltrepassarla.
“Bene,” disse Lara agitando una mano davanti al viso per scacciare la polvere. Dovette tossire appena entrò, trovando alcune torce sul muro che accese, una dopo l'altra. “Benvenuti nel luogo di riposo di Chagatai.”
La vista mozzafiato la fermò. Era anni che lo desiderava, e ora si trovava nella tomba del figlio di Gengis Khan, a un passo dal raggiungere il diario. Il suo sguardo correva intorno alla stanza e analizzava ogni dettaglio, ma doveva stare attenta a non rivelare il suo obiettivo finale. Così, seguì il protocollo ed elargì un sorriso. Non che le fosse costato molto farlo.
La bara di pietra di Chagatai era situata in mezzo alla stanza, circondata da statue di soldati di fattezze molteplici che brandivano armi bianche, ognuna diversa dall’altra. I mongoli avevano come rito funebre quello di preparare i morti alla battaglia, contrariamente agli egiziani che li predisponevano per la vita eterna. Casse piene di armamenti erano state accostate lungo il muro, ed una scultura a grandezza naturale di un cavallo d'oro in fondo alla stanza sostava calmo, rilassato, come in attesa che il suo cavaliere lo cavalcasse.
Lara si diresse alla bara, lasciando che le sue dita scorressero ammaliate sull’altorilievo del ritratto di Chagatai. Il volto, l'armatura... era lui, senza dubbio.
“Incredibile,” disse Nate, dirigendosi subito alle casse piene d'oro all’altro lato della stanza. I mongoli avevano conquistato enormi territori pieni di ricchezze quando il loro impero era al culmine dello splendore. “Ora sì che si ragiona!” esclamò afferrando un coltello decorato con gemme. “Questo aiuterà Sully a dimenticare il pugnale che non ha vinto all’asta.”
“Ne sono contenta,” disse Lara, ma non lo ascoltava per davvero. Una sola cosa le passava per la testa: il diario che le avrebbe svelato l'ubicazione di una tomba molto più grande e importante: quella di Gengis Khan. Esaminò di nuovo la bara, ma non vi trovò alcun nascondiglio. Quando cercò di spostare il coperchio e ne sentì il peso, poté solo sperare che il diario non fosse all’interno. Avanzando nella stanza, sentì Nate parlare in sottofondo di Sully e di qualche tesoro, ma non vi prestò attenzione. Finché il compagno era occupato con l’oro, aveva tutto il tempo di guardarsi intorno. Per mantenere le apparenze prese una coppa d'oro, la ispezionò ma la trovò molto meno eccitante del libricino consumato che stava cercando. Scattò alcune foto e proseguì. Nell'angolo più in fondo notò qualcosa di insolito, una scrivania riccamente intagliata con sopra delle vecchie mappe srotolate. Non osò toccarle, ma le trovò affascinanti. Quei pezzi di carta valevano da soli una fortuna incommensurabile. Con attenzione, li scostò leggermente e osservò la scrivania, alzando lo sguardo di tanto in tanto per vedere cosa stava facendo Nate. Si chinò, fece scorrere le dita lungo i bordi ma non trovò nulla. Niente da spingere, niente da spostare, nessuna apertura segreta. Il diario doveva essere lì, pensò, e trovò sempre più intrigante che il piano del tavolo fosse così spesso. Insolitamente spesso. Si inginocchiò per controllare la parte inferiore.
Niente.
Il diario doveva essere lì. Lo sentiva nelle sue viscere.
Dopo altri dieci minuti di ricerca infruttuosa, in procinto di arrendersi, lasciò cadere accidentalmente un vassoio d'oro, e fu lì che ebbe la soluzione. Come in uno specchio, vide riflesso il lato inferiore della scrivania, e su di esso una piccola macchia che non aveva notato prima. Ci adagiò la punta del coltello e lo spinse dentro, ed una piccola parte della superficie della scrivania si aprì con uno scatto.
Alzò la testa e controllò Nate, ma lui era ancora impegnato con il ritrovamento.
L’emozione le provocò la pelle d’oca, e dopo aver aperto il coperchio vide un piccolo libretto rilegato in pelle.
“Chi si vede,” sussurrò, non trovando parole migliori. L'impulso di aprirlo proprio lì e di trovare le informazioni di cui aveva bisogno la investì, ma si costrinse a calmarsi e affondò il libretto nel suo zaino.
“Ehi, perché passi il tempo là dietro?”
Lara rimise il coperchio al suo posto. “Stavo guardando queste vecchie mappe. Sono magnifiche.”
“Davvero guardi quella vecchia robaccia quando hai tutto questo tesoro attorno a te?” chiese Nathan lanciandole uno sguardo incredulo. “Guarda questo,” soggiunse raccogliendo un oggetto rotondo e dorato che suscitò l'interesse di Lara. Non aveva mai visto niente del genere. “Per sicurezza lo porterò con me,” soggiunse l’avventuriero nascondendolo nella camicia.
Lara si avvicinò, infilò due oggetti a portata di mano nella borsa non riuscendo a trattenersi dal sorridere come una stupida scolaretta. Servivano a coprire le spese dell’elicottero che era stato fatto saltare in aria. Era per una giusta causa.
“Non possiamo prendere tutto adesso. Manderò qualcuno per il resto,” suggerì Lara. “Non preoccuparti, avrai la tua parte come avevamo concordato. Mantengo le mie promesse.”
Nathan si avvicinò e le porse la mano. “Non mi preoccupavo di questo,” ammise sorridendole non appena Lara ricambiò la mano. “Abbiamo fatto un buon lavoro.”
“Sì,” riuscì a dire la ragazza. “Un buon lavoro. Manda i miei saluti a Sully.”
“Lo farò senz’altro.”
Quando Lara lasciò la presa, Nathan prese un altro pugnale al volo e si diresse alla porta. “Spero che ci vedremo presto, Lady Croft.”
“Chissà,” disse, incerta su ciò che provava in quel momento.

***

3 giorni dopo, maniero dei Croft

Dopo essere entrata nel suo maniero, Lara si diresse come prima cosa alla sala dei computer. Gettò il suo zaino su una sedia e si buttò sul divano.
“Buongiorno anche a te,” disse Bryce lanciandole un'occhiata di traverso. “Com'è stato il viaggio di ritorno a casa?”
Lara sorrise. Sapeva che la cortesia non era una delle sue forze quando era eccitata per una nuova scoperta, e lo sapeva anche Bryce. Il quale continuò a battere a macchina sulla tastiera come se non fosse successo nulla.
Hilary apparve sulla porta con in mano un vassoio pieno di prelibatezze.
“Bentornata a casa, Lady Croft. Hai fatto buon viaggio?”
“Salve, Hilary. È stato molto piacevole, grazie.”
Il vassoio le fu messo accanto, e Lara prese qualche boccone. “Vedo che qui non è cambiato nulla.”
Quando Hilary fu in procinto di posare una bottiglia d’acqua sulla scrivania del computer, per la mancanza di rispetto che qualche macchina potesse andare in corto circuito, Bryce gli lanciò uno sguardo così torvo che Lara dovette ridere. “Sì, non era cambiato davvero niente.”
“Com'è andata?” chiese Bryce dopo essere riuscito a dissuadere Hilary dall'usare la sua scrivania come tavolo di servizio. “A giudicare dall'espressione del tuo viso, hai ottenuto quello che volevi.”
“Mi conosci bene,” disse Lara. Il che era una buona cosa, pensò. Poteva fidarsi di loro, sapeva cosa aspettarsi e non l'avevano mai delusa. Sarebbe stato sbagliato aggiungere un altro membro alla sua lista esigua di persone cui si fidava?
“Fammi vedere,” disse Bryce con la stessa eccitazione negli occhi che Lara aveva visto su quelli di Nate.
La ragazza prese lo zaino, recuperò un calice d'oro e la statuetta di un guerriero. Erano pezzi eccezionali, bellissimi e valevano una fortuna, ma nessuno dei due uomini sprecò più di un’occhiata su quei reperti. Aspettarono con impazienza il libretto consumato.
“Allora, è tutto qui?" sussurrò Bryce, e fu allora che Lara mise il diario sulla scrivania. Nessuno osò toccarlo per una lunga manciata di secondi, fissandolo con la paura irrazionale che potesse dissolversi nel nulla.
“Prego,” disse Lara.
A quelle parole, Bryce avvicinò la mano e aprì il diario. Era in condizioni sorprendentemente buone, il nascondiglio deve averlo salvato dall'inevitabile distruzione del tempo. Voltò una pagina, poi un'altra, completamente rapito dalla lettura. “Ci vorrà un po' di tempo per tradurlo.”
L'intero diario era stato scritto in caratteri dell'antica Mongolia, l'unica scrittura in ideogrammi verticali che doveva essere letta da sinistra a destra. Nonostante Lara avesse imparato molte lingue, sfortunatamente il mongolo antico non rientrava tra queste.
“Non perdiamo tempo, allora.”
Bryce avvicinò a sé il diario. “E Drake?”
“Drake? Ci siamo salutati e lui è tornato negli Stati Uniti. Avrà la sua parte come da accordi. Siamo entrambi soddisfatti del risultato, cosa possiamo desiderare di più?”
“Quindi sei riuscita a nascondergli il diario?”
“Avevi dubbi a riguardo?” chiede Lara. Prese di nuovo lo zaino e si avvicinò alla parete di vetro. "Drake non ha niente a che fare con questo. Ha la sua parte, e Gengis Khan è solo mio.”
Se ne andò, lasciando i due uomini con il diario.

***

Una settimana dopo

Lara non riusciva a dormire. Alle 4 del mattino, sdraiata sul suo letto matrimoniale, fissava il soffitto in silenzio. Non perché il letto non fosse comodo: essere di nuovo a casa per qualche giorno le piaceva molto, ma la voglia di rincorrere la tomba di Gengis Kahn la ossessionava più che mai. Casa dolce casa, pensò ironicamente dimenandosi sotto il lenzuolo.
Arresa all’insonnia e dopo aver indossato un paio di pantaloni, scese le scale e vide Bryce ancora seduto al computer. La luce bluastra gli illuminava il viso stanco, riuscendo a stento a tenere gli occhi aperti.
La traduzione del diario era in corso da giorni.
Bryce aveva digitalizzato le pagine e caricate in un software che gli avrebbe dato una traduzione approssimativa, ma erano i dettagli il vero problema da risolvere. Non esistevano molti i libri che trattavano i simboli degli antichi mongoli.
Lara si chiese a cosa servisse che Bryce rimanesse seduto a guardare la striscia arancione avanzare lentamente verso il 100%. Odiava dover aspettare. Sedersi in attesa a non fare nulla, attendendo le informazioni nascoste di quel maledetto diario.
Sperando di poter iniziare presto uno dei viaggi più importanti della sua vita, Lara tornò al suo programma di allenamento. Non poteva permettersi momenti di debolezza come in Thailandia. Un solo attimo di esitazione poteva portare al fallimento.
Iniziò con semplici flessioni, poi continuò con alcune mosse di ginnastica leggera, infine passò al suo percorso di allenamento. Si trovava in equilibrio in cima a una colonna di diversi metri di altezza quando Bryce sfondò la porta della palestra. “Lara! Ce l’ho fatta!”
Il tecnico dei computer si bloccò sotto la soglia della porta per cercarla con lo sguardo, non pensando di guardare verso l'alto. Presa alla sprovvista dalla voce squillante e improvvisa dell’amico, Lara si deconcentrò, oscillò su un piede solo e, prima di perdere l'equilibrio, saltò giù, afferrò un'asta di metallo e ci girò intorno due volte. Quando lasciò la presa, atterrò sul pendio scivolando giù con grazia proprio davanti a Bryce.
“Wow,” si complimentò scorrendo gli occhi su di lei. “Ti sei alzata presto.”
“Chi dorme non piglia pesci,” disse Lara prendendo un asciugamano bianco per asciugarsi il sudore dalla fronte. “Cos’è che hai detto prima?”
“Niente di che, volevo sapere come vuoi le uova per colazione. E nel mentre, potresti sfogliare qualche rivista, o il Post, o magari il diario mongolo che ho appena finito di tradurre.”
Lara ebbe bisogno di alcuni secondi per afferrare le ultime parole, poi gettò l’asciugamano a terra. “Hai pronta la traduzione?”
“Sì, credo di sì. Se ancora ti interessa.”
“Molto divertente.”
Lo prese per il braccio e lo tirò con sé.

***

“Questo sì che è interessante,” disse Lara leggendo il testo sul monitor. “La tomba potrebbe essere così lontana? Come hanno potuto tenere segreta un'impresa del genere? Incredibile.”
Continuò a leggere con attenzione, poi puntò il dito contro lo schermo. “Qui dice che hanno marciato per quaranta giorni e quaranta notti. Se elaboriamo i dettagli, possiamo seguire il loro percorso verso la tomba.” Tirò fuori un cassetto e cercò una mappa.
“Aspetta,” s’intromise Bryce. “Qui scrivono qualcosa su una grande acqua. Non mi pare che i mongoli viaggiassero per mare.”
“Anche per me è una novità,” concordò Lara srotolando la mappa dell’Asia. “Secondo la descrizione, non è stato un lungo viaggio in nave. Quindi la destinazione deve essere stata una delle piccole isole vicine.”
“Non così piccola. Guarda quanto a lungo hanno marciato in seguito.”
Con pazienza, raccolsero i pezzi importanti del testo, mettendo insieme ogni parte per tracciare la rotta. Passò una giornata intera senza che neanche se ne accorgessero. Hilary veniva di tanto in tanto, portando per loro qualcosa da mangiare o da bere, ma i due non sembravano nemmeno accorgersi di quello che si mettevano in bocca. Avrebbe potuto dar loro un panno lustrascarpe e non avrebbe fatto differenza.
Lara si chinò sulla carta geografica e, con una penna in mano, cercò di disegnare il percorso dei mongoli. La mappa era piena di linee, cerchi e altri segni che rappresentavano le possibili tappe del viaggio. Con un righello collegò i punti, misurò la distanza, poi inserì i dati nel computer e lasciò che calcolasse il percorso per loro. A un certo punto, nel cuore della notte, Lara si raddrizzò.
“Deve essere qui,” affermò con l’indice teso su un punto verde. “Sri Lanka.”
Bryce sbadigliò e si strofinò gli occhi. “Sei tu l'esperta. Se dici che è lo Sri Lanka deve essere lo Sri Lanka.”
“Non può essere nessun altro posto. Tutto quadra,” ripeté cercando di convincere se stessa tanto quanto lui.
“Sì, sembra proprio così. Se non abbiamo fatto errori lungo la strada, gli indizi conducono allo Sri Lanka. E non ne abbiamo fatti.”
“Lo spero proprio,” mormorò Lara sospirando, troppo stanca per sentirsi felice. “Una cosa però mi disturba. La conclusione del testo riguardo la tomba di Temüjin. Che cosa significa? Dopodiché il disco solare chiuse l'ingresso e scomparve. Nessuno disturberà più il Khan prima che il sole sorga nuovamente.”
Lara si versò un bicchiere d'acqua e lo bevve.
“Cosa ne pensi?” chiese Bryce.
“Ho un brutto presentimento. Cos'è questo sole? Perché non ci sono altri testi nel diario che lo riguardano? Non voglio finire di nuovo in un vicolo cieco com’è successo anni fa,” disse la ragazza massaggiandosi gli occhi stanchi. “Forse intende il sole vero e proprio?"
Bryce fece spallucce con un'espressione impotente sul viso. “Posso vedere cosa riesco a trovare su internet.”
“Ci deve essere un motivo per chiamarlo sole,” continuò Lara come se non l'avesse sentito. “Temo che sarà un qualcosa di necessario per entrare nella tomba. Ma di che si tratterà?”
Strinse la mano dietro la schiena e percorse avanti e indietro la stanza. Quando guardò l'orologio ebbe un déja vu: erano le 4 del mattino. La sua mente si agitava, i pensieri si confondevano, e poteva solo sperare che la soluzione non le avrebbe portato via altri tre anni.

***

Trascorse un’altra settimana senza successo, nonostante passassero ogni minuto davanti al computer. Lara aveva letto la traduzione un migliaio di volte, ne conosceva a memoria ogni parola. Mancava qualcosa, lo sapeva, ma non riusciva a capire cosa.
Avevano provato di tutto. Possibili metafore del sole, tutti i sinonimi, altri significati, storie collegate, miti, leggende, fiabe. E non era servito a nulla. Lara arrivò quasi al punto di arrendersi.
“Non posso crederci. Sto per diventare matta,” mormorò Lara coprendosi il viso con le mani e alzando la testa verso il soffitto come per pregare un dio. O forse maledirlo.
“Pazienta, Lara. È passata solo una settimana.”
“Una settimana e non stiamo andando da nessuna parte. Non c'è nessun indizio, nessun riferimento, niente, a parte che quel maledetto sole.”
Lara afferrò una pallina di gomma e la strinse nella mano.
“Ok. Ricominciamo da capo. Cosa sappiamo del sole?”
Ne avevano discusso una dozzina di volte, ma le serviva un'angolazione diversa. Qualcos'altro a cui non avevano ancora pensato.
Anche Bryce fissò il soffitto. “Il sole è rotondo, giallo e splendente,” disse col tono di uno studente annoiato che cantilenava i suoi compiti.
“Sì, sì,” disse Lara andando di nuovo in su
e in giù per la stanza, senza ascoltare. Poi si fermò. “Che cosa ha detto?”
“Niente,” rispose Bryce facendo cenno con una mano. “Stavo solo scherzando.”
“No, no. Ripetilo.”
“Ho solo detto che è rotondo, giallo e splendente. Roba da scuola elementare.”
Lara scioccò le dita. “Esattamente,” disse ed il suo cervello funzionò di nuovo a pieno regime. “E cos'altro è giallo e lucido” chiese arcuando le sopracciglia.
“L'oro…” rifletté Bryce sedendosi. “Hai dannatamente ragione, è oro,” ripeté calmando un po’ il suo entusiasmo. “Ma già sospettavamo che fosse un oggetto, questo non ci aiuta tanto, a parte che è d’oro? Un sole dorato?”
“Un sole dorato,” ripeté Lara e man mano un’immagine riaffiorò nella sua mente. Oro, rotondo, lucido. Un sole dorato. “Maledizione. So cos'è.”
Dev'essere così, pensò Lara invasa dall’eccitazione. Ricordò Nathan Drake nella tomba di Chagatai che teneva in mano un oggetto d'oro. Un disco rotondo, lucido, che non aveva mai visto prima. Chagatai aveva custodito la chiave della tomba di suo padre.
“Drake,” sussurrò Lara.
Bryce alzò la fronte all'improvviso cambio di argomento. “Che c’entra lui?”
“Drake ha il disco solare.”
“Che vuoi dire? Come può averlo?”
“Era nella tomba di Chagatai. Dannazione. L'ho visto mentre lo prendeva. Era… un oggetto importante, e neppure lo sapevo,” disse sconfortata Lara. Prese il diario e lo chiuse nella cassaforte a muro. “Abbiamo una missione: devo recuperare quel disco.”

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

Link dell'account dell'autrice:
https://www.fanfiction.net/u/2367223/gyikhu

Link al settimo capitolo in lingua originale:
https://www.fanfiction.net/s/6358147/8/Crossroads

NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Un ulteriore ringraziamento speciale va a devil_may_cry_wrath_92m e ReverendBrute80 per le loro recensioni! Come vedete, sto aggiornando piuttosto frequentemente <3 E ho un'altra bella notizia: ho scoperto da poco che questa fanfiction di 13 capitoli ha anche UN SEQUEL di 16: si chiama Crossroad - Back Again. Ho già iniziato la prima stesura di traduzione! :D Intanto, godetevi questo capitolo. Buona lettura!







“Qual è il tuo piano?” chiese Bryce fissando la traduzione del diario mongolo sul monitor. “Vuoi convincere Drake a restituirti il disco solare?”
Lara passeggiava per la sala computer riflettendo con una mano sotto il mento. Quando finalmente era riuscita a risolvere l'enigma del diario, le si era presentato un nuovo ostacolo. Ne aveva abbastanza degli intoppi che sopraggiungevano sulla sua strada per la tomba di Gengis Khan. Se avesse incontrato Drake per chiedergli del disco, avrebbe subito capito che aveva qualcosa in mente, facendo di tutto per partecipare, o, chissà, per rubarle la gloria. E su questo lei non avrebbe transatto: Gengis Khan sarebbe stato suo e suo soltanto. Si fermò.
“Chi ha parlato di convincerlo?” disse Lara con un sorriso furbo. Ormai aveva preso la sua decisione, e cercare di fare un accordo con Drake non rientrava tra i piani. “Controlla nel mercato nero. È improbabile trovarci il disco solare, ma tentar non nuoce.” Raggiunse la parete di vetro e tornò indietro. “Fammi sapere se trovi qualcosa.”
Bryce aspettò che lei parlasse di nuovo, ma Lara aveva già altre cose per la testa. Nella sua mente si stava formando un piano piuttosto pericoloso. Era debole e composto più da supposizioni che da sicurezze, e se anche una fosse stata sbagliata avrebbe senz’altro fallito. Non poteva permetterselo. Avrebbe riavuto il disco a qualsiasi costo.
Trascorse un'altra ora a riflettere sui dettagli, poi tornò nella sala computer per cercare aiuto da Bryce.
“Non ho trovato niente,” le disse senza essersi mosso dallo schermo neppure un attimo.
“Lascia perdere,” sancì Lara sedendosi sul divano con lo sguardo fisso su quello di lui. “Scopri dove vive Drake. Devo fargli una visita. Ma fa’ attenzione, non voglio che sappia delle mie intenzioni.”
Bryce smise di scrivere. “Non ti capisco. Vuoi incontrarlo senza che lui sappia che sei lì?”
“Non voglio incontrarlo, è questo il punto.”
Bryce sbatté le palpebre un paio di volte, poi si massaggiò la faccia. “Vuoi rubare quella cosa, vero?”
“Esatto.”
“Cristo, Lara, sai quant’è rischioso?” imprecò Bryce allontanandosi dal tavolo scivolando all’indietro con la sedia con le rotelle. “E se il disco non ci fosse? Se l'avesse venduto? O l'avesse dato a quel tale di nome Sully?”
“È possibile, ma devo fare un tentativo. L'ha portato con sé, perciò potrebbe essere a casa sua. È la mia unica possibilità.”
“Non lo è. Puoi contattarlo e fare un accordo. Non devi dirgli perché hai bisogno di quella cosa.”
Lara agitò una mano per aria. “Andiamo, Bryce, Drake non è un idiota, capirebbe subito che sto tramando qualcosa.”
Si alzò in piedi e si mise a camminare per la stanza. Anche senza bisogno che lo dicesse, Bryce sapeva che il piano era folle. Aveva un sacco di incognite e una bassa probabilità di successo. “Ci proverò comunque. Dammi l'indirizzo.”
Bryce alzò arreso le mani. “Se è ciò che vuoi,” borbottò tornando al computer. “Se dovessi fallire, puoi sempre provare a parlargli.”
“Vedremo.”
Lara lasciò la stanza dei computer e cominciò a vagare senza meta per la villa. Perché le era successo di nuovo? Nathan Drake che le ruba da sotto il naso il primo occhio, e ora anche il disco. Quando avevano trovato la tomba di Chagatai si rese conto che in fondo non le dispiaceva lavorare con lui. Drake era un professionista e insieme formavano una buona squadra. Ciò la sorprese perché in tutti quegli anni neppure le affiorò l’ipotesi di avere un compagno, e non fu così male. Ma con Gengis Khan era un’altra storia. Era un’ossessione che la perseguitava da anni e Lara non sarebbe scesa a compromessi.
Le tornarono in mente le parole che Drake stesso aveva usato con lei: Lara Croft ottiene sempre quello che vuole. E aveva ragione, pensò tra sé e sé con un sorriso mentre si preparava al viaggio.

***

4 giorni dopo, Boston

Lara era seduta all’angolo di un bar di fronte al palazzo di Nathan Drake. L'aveva osservato per giorni al fine di studiare le sue abitudini, prendendo appunti ed escogitando un modo per entrare nel suo appartamento. La situazione sembrava buona. Drake trascorreva le sue giornate nella monotonia: era spesso a casa, non riceveva quasi mai visite, ma se ne andava in giro ogni sera per diverse ore. Era più che sufficiente per Lara.
Dietro la copertina di un giornale, portò un binocolo agli occhi e lo guardò uscire di nuovo alla stessa esatta ora di ogni sera. Trascorse un paio d’ore era di ritorno a casa, ma stavolta non solo.
“Guarda guarda chi c’è,” sussurrò Lara in cuffia. Il dispositivo inviava un'immagine dal vivo ad alta risoluzione al computer di Bryce. “Riesci a vedere anche tu?”
“Se intendi la donna, sì, la vedo. Carina.”
“Non ti sembra familiare?” chiese Lara regolando il binocolo e zoomando su di lei.
“Aspetta un attimo... ora che mi ci fai pensare...”
“Esattamente. È l'assistente del dottor Theodor,” disse Lara. “L'ho vista ogni tanto a qualche conferenza.”
“Quel dottor Theodor? Quello che ha scritto l’articolo sugli occhi di Chagatai che avevamo trovato?”
“Proprio lui. Ora sappiamo dove Drake ha preso le sue informazioni. Molto originale. Trova un ricercatore che abbia una bella assistente e ottieni da lei quello che vuoi. Ti fa risparmiare un sacco di tempo.”
Lara perse i due bersagli di vista quando entrarono all’ingresso nell'edificio. “È una fortuna che Theodor non abbia trovato il collegamento tra gli occhi e Gengis Khan.”
“La prossima volta proverò anch'io il metodo di Drake,” scherzò Bryce.
“Vado a prepararmi. Stasera, dopo che Drake se ne sarà uscito, entrerò e cercherò il disco.”
Lara mise via il binocolo e assottigliò gli occhi. Quella sarebbe stata la sera che avrebbe rimesso in moto le sue ricerche.

***

Erano le 22 quando Drake lasciò l'edificio, salì su un taxi e si diresse in città. Lara puntò il binocolo alle finestre del suo appartamento, controllando che tutte le luci fossero spente. Nei dieci minuti successivi, non notò alcun movimento; per sicurezza ne aspettò altri quindici per assicurarsi che Drake non tornasse. Ripose il binocolo nello zaino, si mise in spalla quest’ultimo e si avviò.
Il portone d’ingresso non era chiuso a chiave. Dopo essersi assicurata che non ci fossero telecamere nella hall, premette il pulsante dell'ascensore. L'edificio era vuoto e non incontrò nessuno. Era la prima volta che doveva fare un lavoro così facile. Sorpassò le porte delle varie abitazioni finché non trovò il suo nome scritto su di un pezzo di carta incollato sulla cornice.
“Carino,” sussurrò inginocchiandosi e spingendo un dispositivo acuminato nella serratura. Dopo qualche secondo e alcuni movimenti praticati, la porta si aprì silenziosamente. Un'altra occhiata in giro ed entrò nell'appartamento, chiudendo la porta dietro di sé.
L'abitazione la sorprese. Considerando che ci alloggiava un solo uomo, era organizzata e ordinata. Nessun piatto vuoto in soggiorno, niente biancheria appesa sullo schienale della poltrona, contrariamente a ciò che si aspettava. Lara accese la torcia elettrica e la direzionò lungo tutte le pareti. Notò un quadro appeso al muro e lo scostò, ma non c'era niente dietro.
“Dove potrebbe essere la cassaforte?” si chiese camminando a passo felpato. I pochi libri sullo scaffale erano veri, non un camuffamento. Trovò alcune foto che ritraevano Drake su una nave, poi da qualche parte in Tibet e nella giungla con Sully. Osservando quest’ultimo le tornò in mente il giorno dell’asta a Londra e i suoi tratti caratteristici: un sorriso sfrontato, baffi folti e un sigaro in mano.
Una cosa era certa: Drake non aveva speso i suoi soldi per l’appartamento.
Lara si spostò nella camera da letto sul retro. La vista la sorprese di nuovo: il letto non era sfatto, il pavimento era pulito, le lenzuola fresche. Guardò sotto la base, poi aprì la cabina armadio, trovandola piuttosto sprovvista. Drake non era certo un maniaco della moda, pensò Lara scostando un bomber imbottito, alcune camicie, jeans, scarpe da ginnastica e stivali.
Alla fine trovò finalmente quello che cercava: una cassaforte abbastanza grande da contenere qualche manufatto. Tracciò con un dito guantato la parte anteriore, valutando la fattura e lo spessore. Non sembrava un lavoro facile.
“Non sono sicura di riuscire a decifrarlo in pochi minuti,” disse avvicinando la cuffia.
“Ti avevo detto che era una pessima idea.”
Si tolse lo zaino. “È troppo tardi per ripensarci.”
“Non è troppo tardi. Puoi ancora uscire da lì e provare a fare a modo mio.”
“Sì, il modo noioso,” ribatté Lara mentre disfaceva lo zaino. “Pensavo mi conoscessi meglio di così.”
“Allora mettiti al lavoro in fretta. Spero di non doverti tirare fuori da una stazione di polizia di Boston...”
“Molto divertente.”
Usando un trapano professionale, Lara si mise al lavoro. Le costò un'ora e tre teste di trapano per arrivare abbastanza in profondità. Le venne solo allora in mente che rubare a Drake non era una cosa carina da fare, ma scacciò il pensiero. Con tutte le cose che aveva sgraffignato alla tomba di Chagatai, sottrargli quel solo pezzo non avrebbe fatto differenza. Quando finalmente raggiunse la serratura, spense il trapano e si asciugò il sudore sulla fronte.
“Che cassaforte impegnativa,” disse Lara afferrando la minuscola telecamera endoscopica per inserirla nel foro. “Riesci a vedere?”
“Alla perfezione,” rispose Bryce. “Spostala più all'interno, non riesco ancora a vedere la serratura. Più a destra. E ora pazienta, ho bisogno di un secondo per avere le informazioni.”
“Non ho molto tempo.”
“Lo so più che bene,” rispose Bryce battendo sulla tastiera. “Due minuti.”
Un suono improvviso di passi e chiacchiericcio animato filtrò dalla sala e si avvicinò all’appartamento: erano colpi di tacchi cadenzati e la risata di una donna che si mescolava ad una voce maschile molto familiare. “Non mi è rimasto neppure un minuto a disposizione,” avvisò Lara non appena riconobbe la voce di Drake. Tirò fuori la telecamera endoscopica dal foro e infilò velocemente l'attrezzatura nello zaino.
Fu in procinto di scappare dalla finestra quando Drake aprì la porta dell'appartamento, riempiendolo con voci e risate. Lara non ebbe altra scelta che chiudersi nell’armadio sperando che non gli venisse l'idea di cambiarsi.
“Sono in trappola,” sussurrò nella cuffia mentre si ritraeva verso l'angolo.
“Cristo, Lara,” sibilò Bryce.
“Shh...”
Sentì la voce della donna. “Solo un drink, ok? Domani devo lavorare.”
Lara avrebbe dovuto capirlo che se Drake aveva l’appartamento così pulito e ordinato era per invitarci una donna. Si maledisse per non averci pensato.
“La notte è ancora giovane,” rispose Drake. “E quale lavoro può essere così importante per rimandare?”
“Lo sai che sto lavorando a una ricerca. Conosci la leggenda di Chagatai?” chiese la donna mentre tintinnavano i bicchieri.
Lara roteò gli occhi al cielo. Che gioco divertente. Non le fu difficile immaginarsi quella volpe di Drake fare lo gnorri e rispondere alla donna con sguardo bonaccione di non aver mai sentito parlare di quel Chaga-come-diavolo-si-pronuncia.
“Sì, me l'hai detto. Quel progetto è ancora in corso?” chiese con voce neutrale. Lara tese un orecchio: i dettagli interessavano anche a lei.
“È affascinante,” ridacchiò la donna e Lara alzò di nuovo gli occhi al cielo. “Non siamo andati granché avanti, ma il dottor Theodor pensa che siamo a una svolta.”
Oh sì, pensò Lara. Una svolta. Ma prima ancora di comprendere quale fosse, la tomba di Chagatai sarebbe stata esposta nei musei col suo nome tra i ricercatori che l’avevano scoperta. E quello di Drake, indubbiamente. Ma questo non aveva importanza. Quello che voleva era Gengis Khan.
“Sembra eccitante,” rispose Drake con voce ovattata. Probabilmente era impegnato in qualcosa di diverso dal parlare. “Mi farai sapere se scoprirai qualcosa di nuovo?”
“Certo... oh, Nate, smettila,” ridacchiò la donna e Lara si addossò all’angolo quando li sentì avvicinarsi alla camera da letto. I passi incerti le dissero che Nate stava tentando la fortuna con la donna. Sperò di non dover assistere all'intero spettacolo. “Smettila. Devo essere all'università domattina presto.”
“L'università non scappa.”
Oh cielo, pensò Lara con un misto di divertimento e irritazione. Puoi fare di meglio, Drake.
Per un po’ ci fu il silenzio, poi Lara sentì un sospiro di resa.
“Andiamo, Lizzy. Non puoi lasciarmi qui da solo.”
Per un attimo, Lara pensò che la donna avrebbe ceduto, ma fu sorprendentemente forte e uscì dalla camera da letto. Tirò un sospiro mentale, visto che ascoltare i due mentre erano a letto non sembrava un programma serale divertente. Anche Nate uscì da camera, e non li sentì per un po'.
“Ci vediamo domani?” chiese Nate sulla porta.
“Vedremo. Ti chiamerò,” rispose la donna, poi se ne andò. Il rumore dei tacchi si affievolì man mano che si avvicinava all’ascensore.
La porta si chiuse e i passi fecero capire a Lara che Drake era tornato in camera da letto. Le molle scricchiolarono sotto il suo peso.
Lara si concentrò sui piccoli rumori che potevano aiutarla a capire cosa stava succedendo. Quella sera non avrebbe avuto la possibilità di aprire la cassaforte, ma la priorità, in quel momento, era uscire di casa senza essere scoperta.
Una musica improvvisa le colpì le orecchie, ma venne sostituita da un chiacchiericcio nevrotico, poi ancora musica e infine un commentatore che gridava qualcosa che non capì. Che diavolo, pensò, realizzando che Nate stava facendo zapping tra un canale televisivo e l’altro. Trattenne un’imprecazione, costringendosi a calmarsi con l'irritante pensiero di non poter intromettersi. Appoggiandosi contro il muro, chiuse gli occhi e aspettò. Passarono alcuni minuti, poi mezz'ora e infine, dopo due ore, la stanza divenne silenziosa. Lara aprì gli occhi e guardò l'orologio. Erano le due del mattino.
Per nascondere i segni della sua visita, spalmò nel buco della cassaforte un materiale speciale color metallo che si indurì in pochi minuti. Con lo zaino in mano, si avvicinò di soppiatto all’anta, la socchiuse e sbirciò fuori. Vide le sagome dei mobili tracciati dal chiaro di luna e la figura di Nathan sul letto. Il suo respiro era fermo e lento. Approfittando delle sue scarpe di gomma, Lara si avvicinò in punta di piedi alla porta d’ingresso, con gli occhi fissi sul letto. Quando Nate si mosse, Lara si bloccò, e lui si voltò nel sonno dall'altro lato. La ragazza trattenne il respiro mentre superava a passo felpato il letto. Il silenzio si fece pesante, quasi assordante. Lara posò una gamba in avanti, ma, quando adagiò il piede, il legno del parquet scricchiolò: in quel silenzio assoluto sembrò un forte urlo nella notte. Congelò i muscoli, sbirciando Nate per appurare che non si fosse svegliato. Era rimasto nella stessa posizione. Ci era mancato poco.
Nel momento in cui fece un altro passo, una luce inondò la camera da letto e le accecò gli occhi. Maledizione, pensò fermandosi all'ingresso. Sarebbe stato da codardi scappare. Il letto scricchiolò sotto il peso del suo ex compagno di avventure che fece una torsione col busto.
“Lady Lara Croft,” disse lui in tono divertito. “Chi avrebbe mai pensato che ti avrei rivista in questa circostanza.”
Lara imprecò a denti stretti all’idea della sua espressione sbruffona.
“Cosa ci fai nella mia camera da letto nel cuore della notte?” chiese in tono eloquente.
La sua mente non riuscì a trovare una risposta adeguata, e si maledisse per non essersi preparata per questa evenienza. Aveva bisogno di una storia plausibile per giustificare l’improvvisa presenza nella sua camera da letto, a un continente di distanza dal suo maniero.
Non avendo trovato nulla di meglio, disse le prime parole che le vennero in mente...

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 8 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

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NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Un ulteriore ringraziamento speciale a devil_may_cry_wrath_92m e ReverendBrute80 per le bellissime recensioni! Si è parlato, ultimamente, di capitoli della fanfiction un po' "morti" ma necessari a livello narrativo. Ebbene, sappiate che d'ora in avanti è tutta una salita grandiosa di scene mozzafiato, emozioni forti e adrenalina! <3







“Se ti dicessi che non riesco a levarmi dalla testa le ultime due settimane trascorse con te mi crederesti?”
Lara tentò la fortuna e il silenzio che ne seguì la convinse che era sulla strada giusta. Per quanto Nate non le avesse pienamente creduto, considerò quella possibilità come vera. Era abbastanza bello perché le donne si interessassero a lui.
Si alzò, e Lara sentì i suoi passi felpati sul pavimento di legno. Nei due secondi successivi, avrebbe dovuto prendere una decisione e vide una sola opzione: giocare la partita.
Si voltò e, non appena Nate la raggiunse, gli elargì un sorriso. Il ragazzo aveva un bell'aspetto: jeans, una t-shirt bianca, capelli disordinati. Non era un gioco così difficile da realizzare.
Le dita di Lara gli scivolarono sul petto per carezzarlo e trovarono un anello su una cinghia di cuoio intorno al collo. Dato che Nathan non si ritrasse, la cacciatrice di tombe lo spinse leggermente facendolo indietreggiare fino a fargli urtare i piedi contro una sedia. Quando ci cadde sopra, Lara mantenne sguardo, cercando di decidere fino a dove avrebbe dovuto spingersi. Lo sguardo di lui era attento ma indecifrabile. Nate non fece nulla, aspettando una mossa della ragazza. Lara rifletté con preoccupazione che spingersi troppo lontano avrebbe portato ad un unico, inevitabile risultato.
“Pensavo...” cominciò a dire appoggiandosi con le mani alle sue spalle e scivolando sul suo grembo a cavalcioni. “Pensavo che sarebbe stato carino farti una sorpresa.”
Si chinò ed avvertì il piccolo movimento che lui fece per avvicinarsi. Le mani di Nathan le cinsero la vita. La situazione stava iniziando a piacerle un po' troppo per i suoi gusti. Che diavolo le stava succedendo? Non era il tipo di donna che raggiungeva i suoi obiettivi con la seduzione. Per un momento esitò, ma ormai si era spinta troppo. Se si fosse tirata indietro adesso, lui avrebbe capito che aveva mentito. Che diavolo, pensava, mentre le sue labbra si avvicinavano alle sue. Vicino. Sempre più vicino. Poi la sua mente s’illuminò. “Ma... mi sembra che tu riesca a cavartela molto bene anche senza di me.”
Si allontanò improvvisamente a malo modo e si diresse verso la porta. Era la sua occasione per andarsene. A metà strada sentì la sua voce.
“Lara, aspetta.”
Si fermò, chiuse gli occhi e si maledì per la reazione appena avuta. Forse avrebbe dovuto ignorarlo e varcare la porta d’ingresso, fingendo di non voler sentire le sue scuse. Ma era troppo tardi, perché Drake la prese per mano e la voltò.
“Non fare la stupida,” disse. “Ora sei qui, sarebbe un peccato perdere questa opportunità. Mi piace quando le donne fanno la prima mossa.”
Nathan sorrise e la tirò a sé così vicina che sentì il suo corpo contro il suo. Il suo disappunto si trasformò in sorpresa quando lo vide avvicinare le labbra a pochi centimetri dalle sue. Ma lui si spinse oltre e la sua bocca si adagiò sul collo. Una semplice, leggera carezza che le fece dimenticare il disco per una buona manciata di secondi. Lara sentiva il suo respiro caldo sulla propria pelle farle il solletico all'orecchio. Sarebbe riuscito senz’altro a sedurla non appena avesse detto qualcosa di romantico.
“È stato un meraviglioso tentativo, ma ora dimmi davvero cosa diavolo ci fai qui.”
La mente di Lara rinsavì tanto velocemente quanto il suo tocco che l'aveva annebbiata Spinse via il ragazzo infastidita dal suo sguardo divertito. Nate pensò che l’espressione sulla faccia di lei non avesse prezzo. Ne era valsa la pena. Forse, persino perdendo l’occasione di baciarla e toccarla. Forse.
“Ho sempre saputo che stavi bluffando,” disse Nathan lasciando la presa.
“Allora perché diavolo non me l’hai detto subito?”
“Mi è sembrato giusto. Una piccola presa in giro per una piccola presa in giro. Per dimostrarti che non puoi ottenere sempre tutto con il tuo fascino.”
Se uno sguardo potesse uccidere, pensò Nate, a quest’ora sarebbe senz’altro morto, ma la situazione lo divertiva comunque. Non importava quali fossero le conseguenze. Sapeva che lei voleva qualcosa per arrivare a tanto e quel trucchetto gli diede un po’ di vantaggio. “Sii felice di non aver provato questo trucco con Sully. Si sarebbe posto qualche domanda solo al mattino seguente tra le lenzuola sfatte.”
“Va' all'inferno, Nate,” scattò Lara.
“Ehi, non essere arrabbiata con me per il casino che tu stessa hai cominciato.”
Lara prese lo zaino e afferrò la maniglia della porta d’ingresso, ma Nate si mise in mezzo. “Non mi hai ancora detto perché sei qui.”
“Non importa. Mi sbagliavo.”
“Qualunque cosa sia, è abbastanza importante se sei arrivata a irrompere nel mio appartamento e hai cercato di mentirmi. Un comportamento non molto da signora, comunque. Devo tirare a indovinare?”
“Lasciami andare,” sancì Lara scostandolo da sé e i suoi occhi brillavano di rabbia. Più per se stessa che per lui.
“Come vuoi,” disse Nathan alzando le mani. “Questa porta è sempre aperta. Chiamami se cambi idea.”
La mano di Lara abbassò la maniglia e socchiuse la porta. Poi la chiuse di nuovo. Girandosi, vide Nate era seduto sulla stessa sedia di prima, adesso accostata ad un tavolo.
“Ciò che voglio è il disco d’oro,” informò.
“Ora sì che si ragiona. È un'altra caccia al tesoro? Dammi più dettagli,” disse Nate con le mani sul tavolo e uno sguardo pieno di viva aspettativa.
“Stavolta è diverso. Significa molto per me...”
“Lo so. La gloria.”
Lara ebbe l’impressione che Nate si sentisse ferito da quelle parole. Ne aveva davvero un motivo?
“Pensavo che avessimo già superato questa fase,” concluse lui facendo un sospiro. Si alzò, camminò fino alla camera da letto e, dopo essere tornato in sala, gettò il disco d'oro sul tavolo. “Ecco, è tuo.”
Lara non sapeva cosa pensare. Era una trappola? Il disco che desiderava così tanto giaceva sul tavolo, ma non si mosse di un centimetro per prenderlo. Aspettava che Nathan dicesse qualcosa, ma rimase in silenzio. Si sentì colta da uno strano stato d’animo che non aveva nulla a che fare con l’entusiasmo che si prova per una vittoria.
Nel momento in cui afferrò il disco, il vetro della finestra esplose in mille pezzi seguito da uno schianto che prese alla sprovvista entrambi. Un proiettile si conficcò nel muro passando sopra la spalla della cacciatrice di tombe, seguito da una dozzina di altri. Raggi laser rossi si proiettarono sulle pareti e girarono intorno a loro, i quali si erano gettati a terra senza poter fare nulla. I colpi continuarono ad arrivare a raffica, distruggendo tutto ciò che li circondava. Schegge di vetro caddero sul pavimento, libri strappati volarono in aria atterrando come spazzatura. Alcune finestre scoppiarono sopra di loro mentre si accovacciavano verso la porta.
“Non posso crederci. Come ci hanno trovato?” chiese Lara a voce alta per sovrastare il rumore degli spari.
“Quindi pensi che sia Johansson?”
“C'è qualcun altro che ha un motivo per spararti?” “Andiamocene da qui,” disse Nate cercando la chiave della macchina. Un punto rosso gli illuminò la mano e i proiettili partirono appena prima che riuscisse a ritrarla illesa con le chiavi tra le dita. “Merda! Andiamocene!” urlò a Lara in mezzo al fracasso assordante.
“Aspetta, il disco!” Il disco d'oro era ancora sul tavolo dove l'avevano lasciato. “Non me ne vado senza. Prendi la macchina, io prendo il disco!” esclamò Lara e si abbassò per tornare in sala.
“È pazza,” mormorò Nate guardandola sgattaiolare sul tavolo. Un proiettile colpì una mela, facendola esplodere in aria in tanti, minuscoli spicchi.

***

Non era necessario aspettarla nell’atrio del palazzo, Nathan sapeva che Lara riusciva a badare a se stessa. Uscì di nascosto dall'edificio e si avviò alla macchina mentre i mercenari ancora sparavano alle finestre. Dove diavolo è finita? pensò tamburellando con le dita sul volante. Il tempo era un lusso che non avevano. Come erano riusciti gli uomini di Johansson a trovarlo? E perché continuavano a seguirlo?
La porta del palazzo si aprì e Lara uscì in strada. Nate girò le chiavi nel blocchetto di accensione e notò una berlina scura dietro di sé accendere i fari e far rombare il motore.
Nathan guidò verso di lei e le aprì la portiera con l’auto in corsa. “Sali!” esclamò sgommando prima che Lara chiudesse la portiera. Le ruote fumarono e la macchina sparì nella notte. Anche i loro inseguitori accelerarono, ed uno di loro si sporse dal finestrino e sparò. Il proiettile frantumò il finestrino posteriore e alcune schegge li colpirono. “Figlio di puttana!” imprecò Nate.
“Vedo che Johansson ti sta ancora col fiato sul collo,” osservò Lara.
“Non pensi che invece stiano cercando te?” disse Nate schiacciando a più non posso l'acceleratore per sorpassare un furgone.
“Me?” ripeté Lara confusa. Possibile che quegli uomini stessero inseguendo proprio lei senza che se ne fosse accorta? Si voltò indietro e vide che la berlina nera avvicinarsi sempre più a loro. “Accelera, Nate, o non andremo tanto lontano!”
“Faccio quello che posso,” replicò lui girando velocemente il volante in curva per dirigersi in un vicolo stretto.
“Non riusciremo a passare di là!” gridò Lara.
“Fidati, ce la faremo.”
Lara s’immobilizzò stringendosi a Nate mentre la macchina raggiunse l'ingresso del vicolo. La fiancata sfiorò gli alti muri che si ergevano su entrambi i lati. Il veicolo traballò e il metallo della carrozzeria sferragliava e scintillava come fuochi d'artificio mentre veniva graffiato e ammaccato dalla pietra. Gli specchietti laterali si ruppero provocando un boato. Nathan prese velocità e la fine del vicolo ormai prossima sboccava su una strada a doppia corsia. Lara non avrebbe mai pensato che sarebbero riusciti a percorrerlo, ciononostante l’auto, per quanto danneggiata, ancora funzionava.
“Appena li avrai seminati, dirigiti all’aeroporto!” gridò Lara mentre gli inseguitori continuavano a sparare dal vicolo. “Attento!”
Alcuni clacson arrabbiati suonarono al loro arrivo, seguiti da alcune sgommate. Il traffico si faceva più intenso e Nate dovette concentrarsi di più per evitare le auto. Svoltò sulla corsia di destra e in seguito di sinistra, poi di nuovo a sinistra fin quando un furgone davanti a loro cambiò direzione e Nathan dovette zigzagare in mezzo alla strada.
“Gli sgherri di Johansson arrivano da destra,” lo avvertì Lara intervallando lo sguardo tra lui e la berlina nera.
“Lo so!” gridò disperato, e non avendo altra scelta guidò la macchina sul lato opposto della strada. Vennero accecati dai fari e i guidatori, spaventati, svoltarono sui cigli urlando e imprecando. O così intuì Lara osservando le loro facce. “Fa’ qualcosa!” urlò Nate con l’attenzione completamente rivolta alla strada.
Con un movimento improvviso, girò la macchina sul lato destro, attraversò tre corsie, lasciando il caos dietro di sé, ma la berlina nera con molta fortuna riuscì a passare. Un autobus slittò fino a fermarsi, un camioncino li oltrepassò a pochi centimetri. “Forza, forza, forza!” urlò ancora Nate cercando di sorpassare un guidatore della domenica che si trovava sulla loro strada. Diede un pugno al clacson imprecando alla vista della berlina nera nello specchietto retrovisore. “Maledetto idiota,” gridò riuscendo all’ultimo secondo ad accelerare, pochi attimi prima che un'altra serie di proiettili partì e colpì il bagagliaio, delineando permanentemente una linea curva sulla carrozzeria.
“Siamo a soli dieci miglia dall'aeroporto,” informò Lara leggendo il cartello sul lato della strada. “Seminali.”
“E come suggerisci di farlo? Questa dannato rottame non va più veloce di così.”
La berlina li colpì da dietro, staccando una parte del paraurti che penzolò sopra l’asfalto. Lara sbatté contro la portiera, ma si rialzò rapidamente. Raggiunse il suo zaino e tirò fuori una pistola.
“Hai un’arma? Perché diavolo non mi hai detto che avevi un’arma?” chiese Nathan sbigottito.
Lara fece spallucce con un sorriso. “Quando posso sono una pacifista.”
Nate alzò gli occhi al cielo.
Quando la berlina li colpì di nuovo, Lara si voltò affrontando i due uomini così da vicino da vedere i loro denti ingialliti. “Vai un po' più a destra,” ordinò a Nate. “Non riesco a vedere le gomme da qui.”
“Ma certo, ogni tuo desiderio è un ordine,” scherzò sarcastico. “Spara e basta.”
“Ci sono.”
Lara puntò la pistola, notando come il sorriso sui volti degli uomini, dopo aver preso coscienza di ciò che stava per succedere, si trasformò in turbamento. La volata della pistola scintillò e la gomma anteriore esplose. “Addio, ragazzi.”
L'autista tenne fermo il volante più che poteva per tenere la macchina sulla strada, ma perse il controllo. La berlina piombò sul ciglio polveroso, si capovolse più volte in aria e atterrò a testa in giù nel fosso.
Qualche auto si fermò nelle vicinanze, ma nessuno dei guidatori o passeggeri riuscì a vedere nulla oltre la nuvola che si era sollevata in cielo.
“Bel colpo,” si complimentò Nate seguendo la scena dallo specchietto retrovisore mentre sfrecciavano via. “Penso che per un po’ non ci daranno problemi.”
“Speriamo,” convenne Lara osservando per un’altra manciata di secondi la berlina, dopodiché si voltò verso Nate. “Ecco l'uscita,” informò indicando il cartello. “Per gli aerei privati, non per il terminal degli aerei di linea.”
Nate lasciò la strada all'ultimo secondo rallentando per confondersi nel traffico, anche se le condizioni dell'auto non resero facile l’impresa. “Avrei dovuto saperlo,” mormorò. “Una Lady non viaggia in seconda classe.”

***

Dell’auto non rimase che uno spettacolo pietoso. Mancava più vernice di quella che vi era rimasta sopra, le fiancate erano rigate e ammaccate, uno specchietto laterale era rimasto miracolosamente appeso senza vita mantenuto da un unico cavo. Una fila di piccoli fori decorava il bagagliaio, ed era difficile supporre dai pochi frammenti di vetro rimasti che il finestrino posteriore fosse mai esistito. Nate spense il motore e l’auto emise un brontolio.
“Sully non sarà contento di questo,” disse Nate grattandosi la testa. “Avevo preso in prestito la sua macchina solo per qualche giorno.”
“Gliene comprerai una nuova col bottino che ti farai.”
Nate alzò la fronte. “Bottino? Pensavo che volessi fare la spedizione da sola. E la gloria?”
“È ancora mia. Ma mi va di essere gentile piuttosto che lasciarti qui con gli uomini di Johansson. Non potrei sopportare questo peso,” spiegò Lara con un sorriso. “Non trarre conclusioni affrettate,” sancì contrariata dall'espressione del suo volto. Prese lo zaino e si diresse verso l'edificio.
“Sì, certo,” mormorò Drake. Sorrise e la seguì.

***

Passarono la sicurezza e i controlli, e Nate si domandò come fosse possibile che tutto fosse andato liscio così facilmente. Lara aveva un permesso ufficiale per trasferire un raro manufatto d'oro da Boston a Londra, timbrato da un qualche ufficio di cui Nate non aveva mai sentito parlare.
“Non si lasciano le cose al caso, vero?” le sussurrò mentre lasciavano gli ufficiali. “E la pistola?”
“L'ho lasciata in macchina. Nemmeno a me è permesso andare in giro con una pistola in un aeroporto.”
“Davvero? Pensavo che tu e le tue pistole foste inseparabili.”
“Non era mia. Se non posso esportare una pistola fuori dallo stato, non posso neppure importarla.” Lara salutò con la mano un uomo che stava facendo il pieno all'aereo. “Le mie pistole sono lì dentro.”
Nate notò un piccolo aereo bianco dal corpo elegante, snello e tonico come quello di Lara. Era tutto bianco, eccezion fatta per il telaio della fusoliera decorato con una grande C. I motori rombavano sotto le eleganti ali. Nate fischiò mentre la porta si aprì in avanti mostrando le scale, salendole assieme alla compagna.
“Sono impressionato.”
“Una ragazza ha bisogno delle sue comodità,” disse con un sorriso, poi si voltò verso l'abitacolo. “Non dirmi che piloterai anche questo.”
“Perché no? Non ti fidi di me?" chiese Lara divertita dallo sguardo di sconcerto che gli passò per un attimo il volto. Si mise a ridere. “Non preoccuparti. Stavo solo scherzando."
Nate la seguì fino ai sedili in pelle e la imitò, allacciandosi la cintura di sicurezza. L'interno era tranquillo, il rombo dei motori era solo un fievole ronzio di sottofondo.
“Benvenuta a bordo, Lady Croft,” disse un uomo in uniforme che venne a salutarli. “Qual è la sua destinazione?”
“Capitano White, lui è Nathan Drake. Si è aggiunto a noi da poco,” lo presentò Lara, approfittando che si stringessero la mano per guardare fuori dalla finestra e vedere se qualcuno li seguiva. “Dobbiamo partire immediatamente. La nostra destinazione è Colombo, Sri Lanka.”
“Certo,” rispose il capitano annuendo. “Partiremo non appena mi sarò messo ai miei posti,” soggiunse e si avviò alla cabina di pilotaggio.
“Sri Lanka?” chiese Nate con sguardo interrogativo.
“Ti spiegherò tutto per strada. Avremo un sacco di tempo.”
Dopo un’ulteriore occhiata prudente all'edificio dell'aeroporto, si chinò sul sedile e chiuse gli occhi.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 9 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

Link dell'account dell'autrice:
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Link al nono capitolo in lingua originale:
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NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Un ulteriore ringraziamento speciale a ReverendBrute80 per la recensione! E mi scuso ancora della gaffe riguardo il tuo sesso! XD Non avevo mai avuto lettori maschi su EFP, tranne una volta nel lontano 2013, quindi prendo sempre per scontato che siano femmine. xD







Una volta che l’aereo raggiunse la quota prevista, Lara prese il cellulare e chiamò Bryce.
“Stiamo andando a destinazione,” lo informò.
“Stiamo? Non sei sola?” chiese Bryce.
“Oh, giusto, ho dimenticato di dirtelo. C’è anche Drake. Ho dovuto portarlo con me.”
A quelle parole, Nate alzò gli occhi al cielo. Seriamente?, pensò. Ha dovuto, certo.
“Fa’ in modo di farci avere un mezzo di trasporto quando arriviamo,” continuò Lara. “Parleremo del resto una volta arrivati.”
L'esperienza le suggerì di non menzionare la loro destinazione al telefono. Non sapeva mai chi avrebbe ascoltato. Terminata la chiamata, si tolse l'auricolare, lo mise sul tavolo e si voltò a guardare fuori dalla finestra. Era buio, non vedeva molto, ma la vista la tranquillizzò. Le nuvole galleggiavano sotto di loro compatte come un mare agitato congelato nel tempo, le stelle costellavano la parte superiore del cielo, ed un’alba nel lontano est cominciò a rischiarare tutto. Nonostante la vista mozzafiato, non riuscì a ignorare lo sguardo di Nate che chiedeva una spiegazione. Così prese la sua borsa e afferrò il diario, gettandolo sul tavolo in mezzo a loro. Il libretto scivolò sulla superficie fino a fermarsi davanti a Nate.
“Questo è ciò che cercavo nella tomba.”
Nate mantenne lo sguardo su di lei, cercando di leggerle negli occhi un qualche tipo di indizio, poi prese il diario. Girò qualche pagina avanti e indietro, e alla fine la guardò di nuovo.
“È davvero fantastico, ma spero che non ti aspetti che lo legga. Immagino che tu l'abbia già decifrato, quindi dimmi di cosa si tratta.”
“Va bene,” rispose Lara facendo un sospiro. “Questo diario è stato scritto durante i lavori di costruzione della tomba. Mi ci sono voluti tre anni per scoprire la sua ubicazione, e una volta saputo dove fosse, si è presentato il problema degli occhi di Chagatai. Non credo sia necessario che ti racconti i dettagli, basti sapere che finalmente sono entrata nella tomba e ho ottenuto il testo che mi serviva.”
“Nascondendola magistralmente da me.”
“Una donna ha pur sempre i suoi piccoli segreti. Cerca di non pensarci.”
“Sì, certo. Tu e la gloria.”
Lara aprì la bocca per controbattere, ma non replicò. Era vero, dopotutto. “Mi ci è voluto un altro po' di tempo per tradurre il testo e mettere insieme i pezzi. Non è una lingua facile, come puoi vedere tu stesso,” disse prendendo il taccuino e accarezzandone con riguardo le pagine antiche. “Alla fine sono giunta alla conclusione che la tomba deve trovarsi a Sri Lanka. Ed ecco che arriva il secondo imprevisto.”
“Immagino che sia qui che il disco entra in scena. Il pezzo d'oro che avresti ottenuto in una maniera molto creativa.”
Lara sorrise. “Non prenderla sul personale. Gli affari sono affari,” scherzò, ma poco dopo il suo volto si fece serio. “Devi capire, ho dedicato anni a questa ricerca.”
Nate la fisso con attenzione “Di cosa hai paura? Che ti stenda a terra e ti rubi il tesoro?”
“Tu non capisci, non si tratta del tesoro, ma del mistero. Tempi antichi mai trovati, risolvere gli enigmi che da secoli si celano all’interno… essere la prima.”
Nathan la capiva. Ogni cacciatore di tesori che si rispettava veniva ammaliato dal passato, dal mistero e dalla storia. Il tesoro era solo una cosa in più.
“C’è solo una cosa che ancora non so,” disse Nathan, e fece una pausa di sospensione. “Di chi è la tomba di cui parliamo?”
Il sorriso tornò sul viso di Lara. “Di Gengis Khan,” rispose, compiacendosi della sorpresa sul viso del compagno.
“Bene bene. Ora capisco perché lo volevi tutto per te. Se la leggenda è vera, quella tomba nasconde un'enorme ricchezza. Oro, argento, reliquie e Dio solo sa cos'altro. Entrarci è quasi impossibile. Ma se hai un resoconto, sarà come una passeggiata.”
“Devo deluderti. Il diario non parla dell'interno della tomba, perché chiunque l’abbia scritto non ci era mai entrato, ma sapeva dov’era l’ingresso,” spiegò Lara infilando il diario nello zaino. “E questo è tutto.”
“Interessante,” mormorò Nate concedendosi un momento per metabolizzare quello che aveva sentito. “Ti ho dato il disco e nessuno ti ha trattenuta dall’andartene. Perché mi hai portato con te?”
La domanda la sorprese e non trovò la risposta. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Non ne era sicura.
“Sembra che non ci sia sempre una spiegazione a tutto. Sii felice di essere qui con me.”
“Ammetti che ti è piaciuta la nostra ultima avventura,” la stuzzicò Nathan. Oh, lui amava prenderla in giro, e lei si dimostrò un avversario alla pari.
“Continua a sognare, Nate. Continua a sognare,” disse Lara con un sorriso e chiuse di nuovo gli occhi. “Approfitta del volo per dormire,” soggiunse prima di abbassare lo schienale del sedile e girarsi di lato.

***

Le ruote dell'aereo scivolarono lunga l'asfalto della pista d'atterraggio, fumando e lamentandosi con l’azionarsi dei freni. Una piccola spia si illuminò indicando ai passeggeri che l'aereo era atterrato. Lara era sveglia da un po' e rifletteva sul suo piano. Cercò di memorizzare la mappa, di ricordare ogni parola del diario. Quando il suo sguardo si spostò su Nate, che ancora stava dormendo, il filo dei suoi pensieri si interruppe. Il ragazzo aveva visto giusto dicendo che non le dispiaceva averlo come compagno. Questo sentimento le era nuovo. Dopotutto, non sarebbe qui senza di lui: sarebbe annegata nella trappola mortale della tomba di Chagatai, forse. Ma chissà cosa sarebbe successo se non si fossero mai incontrati? Se fosse stata la più veloce dei due a prendere il primo occhio. Se fosse andata nella tomba di Chagatai da sola, magari evitando la trappola all’interno della grotta. E ancora tanti se. Non aveva senso rimuginare sulle incognite, il passato non poteva comunque essere cambiato. Non che lo volesse, perché le andava bene così. Aveva il disco d'oro, il diario, sapeva dov’era l'ingresso della tomba, e... e aveva Nate dalla sua parte che rendeva l'intera avventura un po' più interessante.
Quando l'aereo si fermò, lei si alzò e scosse la spalla di Nate.
“Sveglia, bella addormentata. Benvenuto nello Sri Lanka.”
Nathan si stiracchiò, sbadigliò e la guardò camminare verso un armadio. Dopo aver digitato il codice, Lara aprì le due ante.
“Bella collezione,” si complimentò alla vista dell’arsenale che si celava al suo interno. La scorse prendere una mitragliatrice, le sue solite due pistole gemelle e una granata.
“Questo è per te,” disse Lara porgendogli una pistola. “Hai bisogno di qualcos'altro?”
“Affatto,” rispose Nate controllando il caricatore pieno e rimettendolo al suo posto. “Andiamo.”
Quando uscirono dall'aereo, il calore e l'umidità li investì con una forza devastante. Una Jeep li aspettava all'uscita dell'aeroporto privato e stavolta Lara non diede alcuna possibilità di scelta a Nate: saltò sul sedile del guidatore, accese il motore e partì ancor prima che il compagno riuscisse a chiudere la portiera.
“Non c'è tempo da perdere,” spiegò Lara notando lo sguardo d’incognita di Nate.
La Jeep barcollò a tutta velocità lungo le strade sterrate della giungla, facendosi strada tra le rocce e il fango. Talvolta le ruote si erano bloccate nella melma, girando in agonia senza muovere il veicolo di un centimetro, ma Lara era sempre riuscita a disincagliarsi.
La ragazza sapeva esattamente dove voleva andare, conoscendo a memoria ogni parola del diario. Secondo i calcoli, avrebbero potuto guidare per la maggior parte del tragitto, percorrendo a piedi solo l'ultimo tratto di viaggio più ripido.
“Qual è il tuo piano?” chiese Nate, cercando di non mordersi la lingua mentre parlava.
Con una mano sola, Lara stese la mappa sul cruscotto. “L'ingresso deve essere qui,” lo informò indicando la parte settentrionale delle montagne. “Quindi aggiriamo la catena.”
La Jeep slittò sull’acqua, perse leggermente il controllo, ma Lara riuscì a controllare il tragitto ritrovando poco dopo il comando. A causa del rombare del motore, uno stormo di uccelli sbatté le ali e volò via.
“E se andassimo da questa parte?” chiese Nate puntando un dito sulla mappa, ma Lara fece segno di silenzio indicando il cellulare che vibrava. Prese le cuffie e se ne mise una all’orecchio.
“Dimmi, Bryce.”
“C'è un problema,” riferì quest’ultimo. “L'immagine satellitare mostra dell’attività insolita nella zona di destinazione.”
“Cosa vuoi dire? Che tipo di attività?”
“Un insediamento. Un sacco di camion e veicoli militari che perlustrano la zona. Mi viene in mente solo una persona che lo farebbe.”
“Johansson. Com'è possibile? Solo io e te abbiamo visto il diario.”
“Non ne ho idea.”
“Scoprilo. Non voglio altre sorprese,” tagliò corto Lara prima di staccare la linea. Guardò Drake con la coda dell’occhio. “Cambio di programma: dobbiamo camminare di più. La macchina è facile da individuare e il tuo amico è qui.”
“Johansson?”
“Ti aspettavi qualcun altro?”
Lara fermò la macchina e guardò la mappa. “Dirigiamoci da questa parte e lasciamoci la Jeep.” “Fantastico,” disse Nate togliendo la sicura della sua pistola.
La giungla si fece più fitta, la strada – se così si poteva chiamare – non era altro che una sottile striscia di terra nel verde del fitto sottobosco. Dopo trenta minuti di agonizzante viaggio, Lara parcheggiò la macchina di lato, nascondendola tra i cespugli.
“Dobbiamo fare attenzione, Johansson non deve mettere le mani sul disco,” disse dopo essere uscita mettendosi lo zaino. “Prendi la mappa.”
“Un'altra macchina destinata a rimanere nella giungla. Forse un giorno ne approfitterai,” scherzò Nathan con la mappa in mano inoltrandosi con lei nel bosco. Le zanzare lo attaccarono alla sprovvista, dandogli filo da torcere mentre cercava di liberarsi di loro. Con qualche difficoltà ci riuscì e si fece strada nel labirinto di vegetazione. Una cappa insopportabile li avvolse, rendendo la respirazione piuttosto difficile. I loro vestiti si appiccicarono sulla pelle sudata e gli stivali sprofondarono nel terreno bagnato. Lara si fermò, prese la borraccia e bevve a grandi sorsi.
Nate si pulì il viso con l’avambraccio per liberarsi dalle gocce di sudore. “Bel clima. Mi mancava,” scherzò reggendosi con una mano su un tronco, distrutto dalla spossatezza.
“Non l'avevo pianificato,” disse Lara versandosi dell'acqua in faccia. Le gocce scivolarono lungo il collo, mescolandosi con il sottile strato di sudore sulla pelle. “Riesci a sentirlo?” chiese alzando la testa e rizzando le orecchie. “Acqua,” soggiunse, e, senza aspettare alcuna reazione del compagno, si incamminò nel bosco. Nate sentì solo il fruscio provocato dalla cacciatrice di tombe mentre avanzava nei cespugli.
“Aspetta, dove stai andando?” chiese confuso Nathan, e, non avendo altra scelta, la rincorse standole a stento dietro. Era veloce, doveva ammetterlo. Seguì i rumori necessitando di qualche minuto per ritrovarla. Quando sboccò su una radura, trovò Lara immersa fino alla vita in un laghetto tra gli alberi. L’acqua sembrava meravigliosamente limpida. Attorno a lei, alcune ninfee galleggiavano sull'acqua, mentre la luce che filtrava tra gli alberi illuminava la superficie creando dei riflessi d’oro e danzanti. Un piccolo ruscello serpeggiava tra le rocce più in alto rovesciandosi nel lago sotto forma di una piccola cascata. Nathan rimase in piedi di fianco agli alberi, appoggiato con la spalla su uno di essi, e la guardava mentre si gettava l’acqua su tutto il corpo.
Il suo zaino, le armi e i suoi stivali erano stati lasciati incustoditi sulla riva.
Quando Lara si tolse la maglietta, gli occhi di Nate misero a fuoco la striscia nera del reggiseno sotto le scapole.
“Che cosa stai aspettando? Non abbiamo molto tempo e l'acqua è fantastica,” gli disse Lara senza voltarsi. “Non sono timida.”
“Sarebbe un peccato,” rispose Drake. Si avvicinò al bordo del lago, si accovacciò, prese l’acqua con le mani a coppa e si lavò la faccia. Dopo aver subito i raggi ardenti del sole e la cappa pesante, quell’acqua fu una rinfrescante panacea per i suoi muscoli indolenziti. Si tolse la maglietta e si immerse a torso nudo, e nello stesso istante Lara uscì dall’acqua e si sedette sull’erba.
“Che c’è?” chiese quando si rese conto che la stava fissando. “Immagino tu abbia già visto una donna in biancheria intima.”
La bocca di Drake si incurvò in un sorriso. “Sai cos’ho sentito dire sulla biancheria nera?”
Lara si rimise la maglietta bagnata. “Sono proprio curiosa.”
"Che le donne la indossano quando intendono mostrarla a qualcuno.”
Toccò a lei sorridere. “L'hai letto su Cosmopolitan?”
Il modo in cui lo disse era adorabile. Una presa in giro senza malizia, con un pizzico di ironia.
“Puoi riempire questo per me?” chiese la cacciatrice di tombe lanciandogli la borraccia che lui prese al volo e mise sott’acqua.
Lara si accovacciò per legarsi l’ultimo stivale, e Nate, quando fu anch’egli fuori dall’acqua, l’aiutò a tirarsi su. Il viso della ragazza era molto vicino al suo, e Drake vide l'oro nei suoi occhi nocciola. “Non avrei mai pensato che tu leggessi certa roba,” le disse con voce bassa.
“Non l’ho mai fatto.”
“Nemmeno io,” replicò Nathan sostenendo lo sguardo di lei, compiacendosi delle sue stesse parole. “Dobbiamo andare avanti,” ritenne poi passandole la bottiglia. Sull’angolo della bocca di Lara comparve un sorriso che non riuscì a nascondere. E forse non volle.
“Dopo di te,” disse Nate restituendole lo zaino e lasciandosi guidare da lei.

***

Dopo un'estenuante ora nella giungla, Nate arrestò ogni movimento e posò l’indice sulle proprie labbra guardando la compagna. Fece cenno in avanti e Lara notò la testa di un mercenario in fondo alla strada con la schiena rivolta verso di loro.
“Lo prendo io,” le sussurrò Nate avvicinandosi all’obiettivo.
“Aspetta,” cercò di fermarlo Lara, ma era troppo tardi. Un brutto presentimento le percorse la spina dorsale.
Sfruttando la via momentaneamente libera, la cacciatrice di tombe fece il giro largo osservando il compagno strisciare dietro al soldato. Nate afferrò il collo dell'uomo ma la presa non fu perfetta, e il nemico gemette forte prima di crollare a terra. Sentendo il rumore sospetto, altri due mercenari uscirono da altri cespugli e Nate cominciò a sparare. Lara sussultò al suono improvviso che squarciò la calma della giungla. Cominciò a correre. Perché gli uomini sono così fissati con le armi?, pensò.
Uno dei mercenari cadde a terra trapassato da parte a parte da un proiettile, ma l'altro riuscì a nascondersi dietro una copertura e a sparare nella loro direzione. Gli spari echeggiarono. Un proiettile rimbalzò su una roccia e sprofondò nel fango vicino ai piedi di Lara.
“Dannazione,” imprecò riparandosi dietro ad un albero e affacciandosi con la testa.
“Attenta!” urlò Drake.
Lara non capì da dove fosse venuto, ma si sentì afferrare il braccio da lui e tirare via dall’albero prima che un proiettile le colpisse la testa.
Una truppa di mercenari si unì al nemico e una pioggia di proiettili volò in direzione di Lara, la quale si gettò a terra.
“Che diavolo ti è venuto in mente? Sei pazzo?” lo rimproverò Lara mentre strisciavano insieme al riparo. “Ora abbiamo venti persone alle calcagna, e Dio solo sa quanti altri arriveranno.”
“Ok, ma adesso scappiamo!” esclamò Nathan afferrandole di nuovo il braccio precipitandosi in direzione opposta. I proiettili dei nemici penetrarono l'aria, alcuni ramoscelli e foglie strappati dai rami caddero sui loro visi mentre cercavano di scappare via dai soldati. Alle loro spalle, le grida e le parolacce si affievolirono sempre più, fino a spegnersi tra gli altri suoni della giungla.
I due avventurieri si fermarono addossati contro un enorme albero, guardandosi intorno per vedere dove si trovassero.
“Credo che li abbiamo seminati,” ritenne Drake.
“Sì, ma perdendo completamente le nostre tracce.”
Nate si piegò in avanti per riprendere fiato, sostenendosi con le mani tese sulle ginocchia. “Le ritroveremo.”
“Perché diavolo l’hai fatto?!” gridò Lara picchiando a malo modo il suo petto col dito. “Per poco non stavano per ucciderci!”
“Mi dispiace,” disse Nate alzando le mani e facendo un passo indietro. “Pensavo di riuscire a stenderlo in silenzio.”
"Non è stato così,” replicò Lara ormai senza più controllo. “Usa la testa prima di tirare fuori la pistola e fare una cosa tanto stupida.”
“Oh, ehi, è stato un errore, ok? Poteva succedere anche a te!”
Lara si voltò verso di lui ignorando i segnali di errore del GPS che non riusciva più a trovare la loro posizione satellitare. A meno di un passo da Nathan, assottigliò gli occhi e abbassò le sopracciglia. “Quello che hai fatto va ben al di là di un semplice errore. È stato uno sbaglio da principianti.”
“Intanto è stato proprio questo principiante a fregarti sotto il naso il primo occhio. Dico bene, Lady perfezione?”
“Neanch’io sono perfetta, e l’averti portato in missione con me ne è l’evidente prova!”
Nate prese il viso di Lara tra le mani e la baciò. Accadde così in fretta che Lara neppure riuscì a reagire. Sentiva solo le labbra del ragazzo sulle sue, e, prima ancora di comprendere i motivi di quel gesto, si domandò perché non lo stesse rifiutando. Chiuse gli occhi, abbandonata in quel bacio, dimenticandosi di qualsiasi cosa.
Nathan si staccò da lei, la quale sbatté esterrefatta le palpebre per schiarirsi le idee.
“Volevo solo vedere se litigare fosse l'unica cosa che fai con così tanta passione,” disse Nate sorridendo. “Non è stato male.”
“Lara, Lara,” si sentì chiamare dall’apparecchio alla cintura. La voce di Bryce le rimbombò nell'orecchio. “Esci subito da lì!”
“Che succede?!”
“I mercenari stanno arrivando da ogni direzione. Sono veloci. Dietro di te! Si stanno avvicinando!”
“Perché non me l'hai detto prima?”
“Ho avuto problemi con il satellite. Mi dispiace.”
Si disinteressò subito del gesto inaspettato e inopportuno di Nathan non appena udì le voci alcuni uomini sempre più vicine. Dimenticò la rabbia, il bacio, persino la meta. Una sola cosa le passò per la testa: doveva mettere al sicuro il disco.
Cominciò a correre, ma non andò tanto lontano. Nate era in piedi qualche metro più avanti con le mani già in alto; di fronte a loro, i mercenari vestiti in nero gli puntarono contro le mitragliatrici.
Tirando un sospiro, Lara alzò le mani e si unì a Nate. Non c'era possibilità di poter scappare.

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 10 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

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NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Un ulteriore ringraziamento speciale a ReverendBrute80 e devil_may_cry_wrath_92m per le recensioni! Sono sempre tanto sentite e appassionate, e mi danno tantissimo la carica! Ho giusto ieri finito di tradurre tutta la storia, rileggendo sempre ogni capitolo prima di postare per una tripla sicurezza (rileggo sempre tutto almeno tre volte xD), ed è davvero, davvero una storia bellissima. Sono felice che la stiate leggendo tutta anche voi! <3







Nate fece un passo in avanti, ma si rese conto con grande rammarico che non c'era via d'uscita senza che gli sparassero. La boscaglia stormiva, accompagnata da alcune voci distanti. Passi concitati riecheggiarono tra gli arbusti mentre altri soldati uscivano a sciami dal bosco con le canne dei loro fucili puntate su Nate e Lara, decine di caschi neri che non promettevano altro che guai. I due avventurieri rimasero immobili, paralizzati dal pericolo mortale e imminente.
“Mettete le mani dietro la testa,” disse perentorio il capo avanzando verso loro. Camminò lentamente sotto la protezione dei suoi uomini con un sorrisetto compiaciuto sul volto. “Perquisitelo,” ordinò ad un uomo armato con una cicatrice sulla testa indicando con un cenno rapido e nervoso Nathan. Il soldato fece un lavoro veloce: fece scivolare le mani lungo il corpo dell’avventuriero, prendendogli la pistola e svuotandogli le tasche.
“Questo è tutto quello che aveva con sé,” informò gettando l’arma a terra e porgendo una piccola collana al suo capo. Sulla catena era appeso una placca d’oro di strana manifattura. Lara alzò un sopracciglio confusa: era convinta che il suo compagno avesse un anello d’argento, non quel monile. Il capo dei mercenari sollevò la collana all'altezza degli occhi, la lasciò oscillare un paio di volte e poi la intascò. “Questa non ti servirà più.”
L'uomo con la cicatrice si voltò verso Lara, ma il capo lo fermò. “Lei è mia.”
Si avvicinò a lei, facendo scorrere i suoi occhi lascivi su tutto il corpo. Lara mantenne lo sguardo, non lasciando trapelare alcuna emozione. Se ne sarebbe pentito.
Sfruttando la situazione a suo favore, l'uomo le si mise alle spalle e fece scorrere le mani lungo i fianchi, godendosi ogni momento.
“Carine,” disse togliendole le pistole gemelle. “Le terrò con me.”
Si avvicinò ulteriormente, e Lara non poté fare a meno di sentire l'odore del suo respiro passarle sui lobi dell'orecchio. Percepì le mani scivolare più in basso, e Nate perse la pazienza. Si mosse, ma la canna della mitragliatrice puntellata con forza al fianco gli fece cambiare idea e rimase fermo.
“Rilassati, amico. La tua chance con la ragazza l’hai avuta. Ora tocca a me,” disse il capo fronteggiandolo e, dopo essersi acceso una sigaretta, soffiandogli il fumo a pochi centimetri dalla faccia. “Puoi guardare, se vuoi.”
Mettendo la sigaretta tra le labbra, tornò ai suoi passi e continuò la perquisizione con evidente gioia sul viso, ricevendo su di sé gli sguardi d’invidia dei suoi uomini. Lara teneva la testa alta mentre l'uomo le accarezzava le cosce; poi alzò la mano, con il viso a un centimetro dal suo. Le labbra di Lara si incurvarono in un sorriso inaspettato. Fu solo un piccolo movimento della sua testa, veloce come l'attacco di un cobra, e la fronte gli colpì il centro del suo viso. Il capo sentì il proprio naso rompersi e fece un lamento di dolore. Lara provò un’eccitante soddisfazione nel vedere i rivoli rossi colare tra le dita che premeva sul setto.
“Dannazione,” gridò l'uomo chinandosi in avanti. Il sangue gocciolò copiosamente a terra. Allo schiocco delle dita, un soldato superò la truppa e raggiunse la ragazza. Quest’ultima sentì solo un colpo improvviso sulla nuca, e tutto divenne nero davanti ai suoi occhi.

***

“Lara?... Lara!”
Sentì una voce da qualche parte in lontananza, mentre la sua mente si schiariva e il dolore si faceva strada, percorrendole il collo fino all’attaccatura della testa. Lui la stava chiamando. I suoi sensi tornarono e gemette di dolore per la rigidità dei muscoli, come se non volessero ubbidire alla sua volontà. Lara aprì gli occhi, sbatté le palpebre più volte per schiarirsi la vista. Mentre l'ambiente circostante si metteva man mano a fuoco, con grande e lenta difficoltà, Nathan Drake si avvicinò con un’espressione preoccupata in viso. Succedeva fin troppe volte, rifletté ricordando la stessa circostanza, lo stesso sgomento e gioia nel trovarla sveglia dopo averla salvata dall’annegamento nella tomba di Chagatai.
“Dove diavolo siamo?” mormorò a fatica Lara, rendendosi conto che aveva le mani legate dietro lo schienale della sedia su cui era seduta. Fece forza con le braccia, agitò i polsi, ma le corde erano troppo strette.
“Lascia perdere, ci ho già provato io, ma sanno come fare i nodi,” disse Nate cercando di scivolare in avanti con la sedia verso la compagna. “Credo che ci troviamo nell’accampamento di Johansson, ma nessuno è ancora entrato. Non so che stiano aspettando. Come ti senti?” “Mai stata meglio,” scherzò Lara scuotendo la testa, ignorando con tutte le forze il dolore che il movimento le aveva causato. “Che posto è questo?”
La stanza non aveva un pavimento vero e proprio, e tra le mattonelle della pavimentazione grossolana fuoriuscivano ciuffi di erba ed edera che si arrampicava sugli angoli delle pareti. Pareva una vecchia abitazione allestita su due piedi. Al centro erano state disposte le due sedie di metallo su cui erano seduti ed un tavolo da campeggio con sopra uno zaino che non sembrava essere stato aperto.
“Non ne ho idea. Un accampamento in mezzo alla giungla?”
“Maledetti mercenari,” imprecò Lara, e improvvisamente la sua mente si schiarì. Ricordò ogni cosa: il disco, l'albero, il posto in cui l'aveva nascosto. Quella presa di coscienza la animò. “Spero che ti ricordi da che parte siamo venuti.”
Nate sembrò sorpreso, ma non ebbe il tempo di rispondere che la maniglia della porta dismessa si girò e Johansson entrò in compagnia di cinque uomini armati. Il sorriso tirato sul suo volto era tutt'altro che accogliente.
"Signorina Croft, sono così contento di vederla con noi. Dopo tanto tempo, finalmente, la incontro di persona.”
“Mi scusi se non condivido il suo entusiasmo. Sono più garbata con le persone che non mi legano a una sedia,” replicò Lara con una rabbia che le bolliva dentro, ma in apparenza rimase calma, senza neppure muovere un muscolo per dimenarsi. Inutile fargli capire le sue intenzioni. Johansson camminava in mezzo ai due avventurieri, guardandoli con sospetto.
“Signor Drake, ultimamente mi ha causato un sacco di problemi. Non mi piace.”
“Faccio quello che posso,” scherzò Nate con un mezzo sorriso colmo di furbizia. Roteò gli occhi su Lara, cercando di scoprire osservandone le espressioni cosa aveva in mente.
Johansson sorrise. “Sono contento che trovi ancora energie per fare battute. Ma ho molto tempo con me, signor Drake, e tanta pazienza.” Tornò al tavolo, prese lo zaino di Lara e versò il suo contenuto sul piano in una sola, lenta mossa. Un cellulare si riversò sul tavolo, seguito da un coltellino, due bombe a mano, un libretto e qualche foglio di carta. Dopo che una granata rotolò fino al bordo del tavolo, fece cadere noncurante lo zaino vuoto a terra. Ignorando completamente gli ospiti, Johansson analizzò gli oggetti, ma il suo viso indurito smentì le sue stesse parole, dimostrando di non avere la pazienza di cui si vantava. Aprì il diario e lo lanciò con incuria sul tavolo.
Nate lanciò uno sguardo fugace a Lara, che gli fece intendere di tenere la bocca chiusa.
“Dov’è?” chiese Johansson.
“A cosa ti riferisci?” replicò sorniona Lara, forzando un'espressione innocente sul suo volto mentre riferiva la risposta cliché per eccellenza in queste occasioni.
“Sta giocando con la persona sbagliata, signorina Croft. Non so cosa si aspetta, ma non c’è via di fuga per lei e il suo amico. So che è una donna intelligente, oltre che tenace, e avrà capito da sola che siete arrivati al capolinea.”
Lara soppesò le parole dell’uomo, lasciandolo parlare mentre ragionava su possibili piani di fuga. Con le mani legate, le possibilità che riuscissero a disarmare cinque uomini senza che gli sparassero erano irrisorie, per non dire nulle. Decise quindi di continuare il suo gioco fin quando non avesse trovato idee migliori.
Ovviamente Johansson sapeva del disco d’oro, ma non era interessato né al diario né al suo contenuto. Il che le fece capire che poteva aver avuto informazioni sull’esistenza del disco da qualche altra parte. O forse sapeva già cosa c’era nel diario, e in tal caso non avrebbe mai creduto che lei non conoscesse l’artefatto. Lara aveva bisogno di tempo, di una possibilità qualsiasi per liberarsi e scappare. E per guadagnare quel tempo era costretta a stare al gioco.
“Dimmi cosa vuoi e potrei essere in grado di aiutarti.”
Johansson sbuffò e si avvicinò a lei, incombendo con la sua possente figura, con in viso espressione calma e, ciononostante, minacciosa. “Le do trenta minuti per cambiare idea. Quando tornerò, mi darà il disco. Non complichi le cose. Quando lo avrò tra le mani, potrete andarvene via illesi.”
“E se dico di no?” chiese lei tenendogli testa con lo sguardo fermo, quando lui le alzò il viso facendo pressione con un dito sotto il meno per guardarla negli occhi.
“Non parliamo di conseguenze spiacevoli, per il momento,” rispose pacatamente. Le lanciò uno sguardo minaccioso, si allontanò e lasciò la stanza senza neppure guardarsi indietro. I mercenari lo seguirono. Dopo che la porta si chiuse alle loro spalle, Nate si dimenò sulla sedia impaziente di farle la domanda fondamentale.
“E allora? Dov'è il disco?” sussurrò.
“Spero che tu non mi abbia scambiato per una principiante,” disse Lara con un sorriso. “L'ho nascosto prima che i soldati ci accerchiassero. Per questo è importante che tu ti ricorda della via del ritorno.”
“Ma che brava, avresti potuto dirmelo prima. Che ne sai che non abbiano steso anche me?” replicò Nate alzando gli occhi al cielo. “Non è un piano sicuro.”
“Allora, te lo ricordi o no?” insistette Lara. Non c’era tempo per discutere dei se e dei ma.
“Penso di sì. Ma a che serve, visto che siamo bloccati qui? Mi sentono ad ogni movimento che faccio. Questa sedia scricchiola peggio di un vecchio giocatore di calcio.”
“Ci inventeremo qualcosa,” sostenne Lara. Si dimenò, fece forza con le braccia, roteò i polsi, ma le corde erano talmente strette che le graffiarono la pelle, tagliandole la carne. Quando udì dei passi avvicinarsi, si bloccò. “È stata una mezz'ora veloce,” ritenne ironicamente.
La marcia si avvicinò, fino a fermarsi davanti alla porta. “Qualunque cosa accada, non dirgli nulla. Gengis Khan è mio. Capito?”
Nathan le rivolse un’espressione esitante, ma annuì. Quella della compagna era un’idea folle, rifletté, perché non ci si poteva aspettare mai niente di buono da Johansson. Era uno psicolabile mascherato da uomo di classe.
La porta si aprì con un lungo scricchiolio e Johansson entrò con i suoi precedenti compagni. Questa volta un altro uomo si era unito a loro, e Lara lo riconobbe dal naso gonfio.
“Signorina Croft, spero tu abbia preso la decisione giusta,” disse Johansson con un sorriso ampio ma freddo.
“Credevo di avere mezzora di tempo. Il suo orologio sembra andare un po' più veloce del mio.”
“Ho ritenuto che non fosse necessario aspettare così tanto per una decisione. È una donna intelligente, dopotutto.”
Tenendo gli occhi su di lei, si appoggiò coi fianchi sul tavolo, il quale si mosse al suo peso facendo tentennare gli oggetti sul piano. “Ebbene?”
“Va' all'inferno,” s’intromise a malo modo Nate.
“Non avrebbe potuto dirlo meglio,” concordò Lara con un sorriso.
Johansson fece un respiro profondo, apparentemente calmo, ed espirò con la stessa intensità. “Mi aspettavo un atteggiamento del genere. Sa, c'è una cosa che non ho mai capito: perché le persone intelligenti scelgono sempre la via più difficile? La più dolorosa?” disse rimirandosi le unghie, come se stesse avendo una qualsiasi conversazione mondana. “Olaf,” chiamò, senza distogliere lo sguardo dalla propria mano. L'uomo con il naso gonfio fece un passo avanti, si massaggiò le mani ed emise un grugnito. Scrutò la ragazza per un po’, ricordandosi del loro precedente incontro. Lara sapeva che il dolore che gli aveva arrecato non se lo sarebbe scordato per un po’, ma lo scagnozzo di Johansson non fece l’errore di toccarsi il naso per confermare quella teoria. Gli altri soldati rimasero in un rispettoso e sottomesso silenzio, come se lo temessero più dei loro stessi nemici. Olaf avvicinò a Lara, con passi lenti e cadenzati, allungando l’attesa della prima mossa in un sadico gioco di paura. E funzionò, ritenne Nathan tra sé e sé vedendolo fermarsi davanti a Lara. Quand’era in procinto di intervenire, accorgendosi delle sue intenzioni, Olaf si voltò e gli diede un pugno nello stomaco con tutta la sua forza.
L'aria uscì da Nate in un solo, impercettibile sibilo, e si abbandonò in avanti. Fu solo grazie alle mani legate allo schienale che non cadde al suolo. Gli scoppiò un attacco di tosse incontrollato ed ebbe bisogno di un momento per riprendersi. Si raddrizzò con la schiena e sputò a terra: “Tutto qui?”
La mano chiusa di Olaf si alzò di nuovo, rigettandosi sullo stomaco dell’avventuriero in un colpo violentissimo. Nate tossì di nuovo e soffocò, e Lara assistette alla scena deglutendo. Non sarebbe certo morto per soli due colpi, ragionò lei, ma Dio solo sapeva fino a che punto si sarebbe spinto quello stronzo. Drake rimase in silenzio, rivolgendole uno sguardo fermo e determinato.
Johansson alzò la mano in segno di fermarsi. La sua esperienza gli aveva insegnato a comprendere subito la tenacia e la resistenza fisica di una persona.
“Credo che stiamo commettendo un errore,” rifletté con voce contenuta. "Non credi, Olaf? Il signor Drake è un tipo troppo duro per crollare davanti ad una donna. Apprezzo quando un uomo ha spina dorsale... Vediamo che succede se ribaltando la situazione.”
Comprendendo il vero messaggio nelle parole fintamente adulatrici del nemico, Nathan venne travolto dal disgusto. “Che uomo meschino sei,” disse sputando di nuovo.
“Hai ancora la possibilità di fermare tutto questo, signor Drake,” replicò Johansson con una voce così inadeguatamente allegra da far crollare i nervi di Nate. “Datemi quello che mi serve.”
Nate guardò preoccupato Lara, ma vide nei suoi occhi un inamovibile dissenso. Un freddo ordine di non cedere. Così, Drake si arrese alle volontà di Lara e fece segno di diniego con la testa guardando Johansson dritto negli occhi. Dopodiché, abbassò le palpebre per non vedere Olaf mentre si dirigeva verso la ragazza, ma non riuscì a resistere per molto. Non sapere ciò che succedeva sarebbe stato peggio.
Olaf si prese il suo tempo. Si toccò il naso dolorante ed elargì un sorriso, sempre più largo, con gli occhi fissi su di lei. Nathan individuò la stessa espressione che aveva assunto nella giungla quando si era avvicinato a Lara per la prima volta. Uno sguardo lascivo, insolente, di qualcuno a cui piaceva fare del male e ostentare la propria superiorità.
Nonostante Lara sapesse cosa stava per succedere, la forza del colpo le tolse il respiro, trovandosi impreparata. Ogni cosa attorno a lei le si offuscò davanti agli occhi. La testa le oscillò di lato, una goccia di sangue le uscì dall'angolo delle labbra ed il suo sapore metallico si propagò nella bocca. Nessuno si mosse per un lungo secondo, mentre il dolore le martellava da dietro le palpebre chiuse. Sentiva la voce indignata di Nate, la sua protesta, ma il suo compagno non poteva fare nulla contro quel brutale attacco.
Per schiarirsi le idee, Lara mosse la mascella, si leccò via il sangue dalle labbra, ma un rivolo scivolò giù per il mento. La rabbia le riempì gli occhi, e riuscì persino, per un attimo, a far affievolire il sorriso sadico di Olaf.
“Te ne pentirai, Johansson!” gridò Nate, con gli occhi che correvano freneticamente su di lei, come a domandarle se stesse bene.
“Una tua parola e tutto sarà finito,” insistette Johansson, e rispetto al portamento contegnoso precedente non riuscì a mantenere la voce bassa, facendo sì che il suo temperamento irascibile uscisse fuori. Le sue dita tamburellavano nervosamente sul tavolo. “Una sola parola, signor Drake.”
“Bastardo,” borbottò Nate scuotendo la testa, supplicando con lo sguardo Lara di dirgli dove si trovava il disco. Era un orribile tormento vederla così inerte lasciarsi picchiare senza poter fare niente. E quel pugno era solo l’inizio, comprendendo che quell’Olaf era pazzo come Johansson. Gli occhi della compagna gli dissero che non le avrebbe fatto tanto male, che aveva bisogno di loro. Nathan non ne era così sicuro. Solo uno dei due sarebbe stato necessario: chi era, invece, la persona sacrificabile?
Johansson si avvicinò. “Mi ascolti, signorina Croft, le ho dato abbastanza tempo. Sono un uomo tollerante, ma la mia pazienza ha dei limiti. Mi dia il disco,” disse, con una voce che, ormai, aveva perso tutta la finta cordialità precedente. Le parole erano fredde, calcolate. Tirò fuori dalla cintura un attrezzo che i due avventurieri riconobbero solo dopo che, sotto il riflesso della luce tenue del soffitto, ne venne illuminata la lama corta ma tagliente. Lara si divincolò vedendolo avvicinare a lei. Ora non era più così sicura che Johansson non volesse farle del male.
“Dammi il disco,” ripeté l’uomo. Il freddo del metallo le toccò il viso, lo accarezzò, ma non lasciò alcuna traccia. Non ancora. Era solo una carezza, ma la minaccia di tagliare era presente in ogni movimento.
La ragazza si allontanò, per quanto poté, cercando di nascondere la paura nei suoi occhi. Trattenne il respiro mentre la lama le scivolava alla gola.
“Figlio di puttana!” gridò Nate, ma due uomini lo trattennero quando tentò di saltare. Lo trattennero ben saldo sulla sedia e lo afferrarono per i capelli per costringerlo a guardare lo spettacolo. Lara trattenne il respiro quando la lama le graffiò la pelle e un filo di sangue le colò sul viso. “BASTA!” urlò Nate, sapendo che Lara era troppo orgogliosa e testarda per farlo, nonostante la situazione. “Lara non sa nulla. Vi mostro dov'è il disco, ma dovete liberarla.”
Johansson fece roteare in aria il coltello. “Bene, bene, signor Drake.”
“Lasciatela andare.”
La lama gli arrivò in faccia. “Pensi di essere nella situazione di poter contrattare? Lei resterà vicino a me. Portami al disco o deturperò questo suo bel faccino.”
“Ok,” acconsentì Nate con voce arresa. “Ma ora lasciala in pace.”

“Molto bene, affare fatto,” disse Johansson riponendo il coltello nella cintura. “Un vero gentiluomo. Non mi aspettavo diversamente da te.”
Johansson gesticolò ai suoi uomini e andò alla porta. “Preparatevi, ce ne andremo presto. E la signorina Croft ci accompagnerà lungo la strada, così, non appena Drake farà qualcosa di stupido, manterrò la mia promessa.”
Il sorriso vuoto gli tornò in faccia, dopodiché se ne andò, lasciando Lara e Nate nuovamente soli.
Lara espirò l'aria che aveva trattenuto senza accorgersene, un respiro profondo che rivelò a Nate quanto fosse stata in realtà spaventata. Avrebbe voluto odiarlo per essersi arreso, ma sapeva che non aveva altra scelta. Anche lei avrebbe fatto lo stesso: Johansson non si sarebbe senz’altro fermato dopo il piccolo graffio che le aveva bruciato la pelle. Per scacciare l'umiliazione subita, avrebbe voluto togliersi il sangue dal viso, ma le sue mani erano ancora legate.
“Mi dispiace,” disse Nate.
“No, dispiace a me. Non avrei dovuto metterti in una situazione del genere,” replicò Lara. Per quanto fosse fastidioso, sapeva che era così. Ma non si sarebbe arresa, poiché il disco non era ancora tra le mani del nemico. Camminare liberi nella foresta senza l’immobilità forzata di una sedia era persino preferibile alla situazione attuale, offrendo molte possibilità di fuga. “Abbiamo guadagnato un po' di tempo. Approfittiamone per ragionare sulle prossime mosse.”
Accorgendosi di essere in sintonia nel modo di pensare, le labbra di Nathan si incurvarono in un sorriso. Anch’egli, nell’istante in cui Johansson aveva lasciato la stanza, stava riflettendo su come volgere la situazione a loro vantaggio per fuggire da quel pazzo. Con il disco con sé, naturalmente. Lo sguardo dei due avventurieri si incrociò e luccicò della stessa determinazione. Lara restituì il sorriso, per quanto non fosse il momento più adatto per festeggiare.
“Qual è il tuo piano?” chiese la ragazza.
“Ancora non lo so. Vedremo quel che succederà lungo la strada. Quando si presenta l’occasione, fai quello che faccio io senza fare domande.”
“Sei molto sicuro di te. Mi piace.”
“Sai, c'è sempre una via d'uscita. Un uomo molto saggio l'ha detto non molto tempo fa,” scherzò Nate ridendo e alleggerendo l’animo di Lara, la quale non riuscì a trattenere un sorriso di silenziosa riconoscenza.
“Sono felice che i miei ospiti si divertano,” disse Johansson entrando inaspettatamente nella stanza. La lama brillò nuovamente sotto la luce, ma stavolta tagliò la corda attorno ai polsi di Lara. Quest’ultima si alzò e si massaggiò la pelle dolorante e graffiata.
“Non così in fretta,” li avvisò Johansson quando fu di fronte a Nate. “Non penserete davvero che vi lascerò andare liberamente in giro?”
Non avendo altra scelta, Lara e Nate allungarono le mani aspettandosi di essere legati di nuovo, ma con loro grande sorpresa Johansson fece scattare solo una manetta attorno ad ognuno dei polsi: una si trovava sulla mano destra di Lara, l’altra sulla sinistra di Nate. “Sarà più facile per me se restate insieme.”
“Fantastico,” disse sarcasticamente Lara guardando le loro mani vicine.
“E ora muovetevi. Non credo ci sia bisogno di indicarvi la strada.”
Lara non riusciva a credere che Johansson trovasse divertenti quei commenti, ma non ebbe il tempo di discuterne dal momento che uno degli uomini spinse di malo modo Nate, trascinando di conseguenza anche lei.

***

La piccola truppa si fece strada a fatica nel fitto sottobosco, accompagnata dalle imprecazioni dei mercenari sudati. Nate e Lara si trovavano davanti la fila, muovendosi con cautela dal momento che non era facile avanzare con le mani legate. Due uomini si erano appostati subito dietro di loro e Lara sentì i loro sguardi persistenti e vigili su di sé. Johansson si era ritirato in accampamento con il resto del gruppo. Probabilmente non voleva rimanere troppo vicino ora che non erano legati saldamente alle sedie, rifletté Lara. Al pensiero, il graffio sul viso le faceva ancora male.
Faceva un caldo afoso e soffocante. Le tornò in mente l'immagine del laghetto, e si sarebbe venduta l'anima per un sorso d'acqua. Lanciò uno sguardo di sfuggita a Nate, il quale sembrava preoccupato quanto lei. Ad ogni passo, si avvicinavano sempre più al punto in cui erano stati catturati senza che si fossero ancora presentate possibilità di fuga.
Un basso rumore proruppe prepotentemente, attutendo i suoni della giungla. Alcuni uccelli nascosti sugli alberi spiegarono le ali per volare via, mentre il ronzio metallico di un elicottero diventava sempre più persistente. I mercenari scrutarono il cielo, confusi per quell’inaspettata entrata in scena, e fu proprio in quell’istante che Nate tirò la catena per attirare l’attenzione di Lara. Fu sufficiente una frazione di secondo perché lei capisse le intenzioni del compagno. Quando gli uomini armati guardarono nuovamente in avanti, erano già scomparsi.
Correvano tanto velocemente quanto era possibile per i muscoli delle loro gambe. Attraversarono le frasche, aggirarono i tronchi e saltarono radici alte e massicce, con le braccia alzate all’altezza del viso per proteggersi da foglie e ramoscelli. Il fruscio della vegetazione alle loro spalle aumentava ad ogni secondo: gli uomini armati li stavano raggiungendo ed erano molto più veloci dei due avventurieri visto che non erano legati. Lara si guardò indietro, notando il luccichio del sole sulla canna di uno dei fucili. Le loro voci concitate erano sempre più vicine, e Lara venne colta da un’ansia incontrollata.
“Ma che diavolo?” sentì dire dal compagno.
Nate si fermò all’improvviso, ma la ragazza non ebbe i riflessi sufficientemente pronti per riuscire ad agire di conseguenza. Sentì mancarle l’appoggio sotto ad un piede, ma l’altro riuscì in tempo a bloccarsi nel terreno al margine di un burrone. L’equilibrio le venne a meno, ma prima che cadesse in avanti si sentì tirare all’indietro per la catena e poi cinta all’altezza dello stomaco da un braccio che la mantenne saldamente in piedi. I loro corpi erano attaccati l’un l’altro, e grazie a ciò Lara ritrovò il baricentro.
Si affacciò in avanti con cautela, scorgendo oltre il burrone altissimo un fiume veloce e copioso che scorreva lungo un letto pericolosamente roccioso, con diversi massi verticali e appuntiti ai margini. “E adesso?”
Avevano pochi secondi per decidere.
“Dobbiamo saltare,” decretò Nate mentre guardava il burrone. Era profondo. Fin troppo profondo.
“Sei pazzo? Ci sfracelleremo!”
“O questo o Johansson.”
Le voci si avvicinavano, gli uomini erano a pochi secondi di distanza. Era una follia, ma non c'era altra scelta, o sarebbero corsi dritti dritti tra le braccia di Johansson. Lara fece un passo indietro e guardò il suo compagno.
“Cosa stiamo aspettando, allora?”
Per quanto non fosse convinta della scelta, Nathan percepiva la sua determinazione.
Sentendo alcuni proiettili sfrecciare sopra le loro teste, decisero che il momento non era più rimandabile. Si spinsero in avanti con tutte le loro forze e fecero un salto lungo oltre il burrone. Gli uomini armati non riuscivano a credere ai loro occhi: guardarono i due agitarsi e scalciare in aria senza poter far altro che seguirli increduli con lo sguardo.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 11 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

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NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Altri ringraziamenti sentitissimi a devil_may_cry_wrath_92m e ReverendBrute80 per le recensioni! GRAZIE GRAZIE GRAZIE. Davvero, non ringrazierò mai abbastanza! <3







Lo schianto in acqua fu talmente intenso che Nathan e Lara, impreparati al dolore, ebbero l’impressione di essere stati colpiti dal cemento. Furono inghiottiti dal buio, sballottati da una serie di vortici contro cui non riuscivano ad opporsi, per quanto cercassero di combatterli con tutte le loro forze. Avvicinandosi quasi per miracolo alla superficie, Lara aprì gli occhi e vide il sole filtrare tra le bolle dell’acqua torbida. Per un momento riuscì a riprendere fiato, ma la corrente impervia la sommerse nuovamente. Notò nel fondale la forma sbiadita e buia del suo compagno, ed una roccia appuntita che si stagliava sulla sua traiettoria. Aiutata dalla corrente, Lara nuotò in direzione di Nate per spingerlo via ed evitare che si sfracellasse, ma nel farlo sbatté col fianco sulla roccia. Il colpo fu doloroso e sentì la pelle graffiarsi. Nathan aprì gli occhi in quell’istante e, rendendosi conto di ciò che era successo, sbracciò impedito dall’oscurità riuscendo ad afferrarla per l’avambraccio. L’avvolse a sé e, non appena trovò un appoggiò sotto i suoi piedi, si spinse con le gambe verso alto con tutta la forza che aveva.
Finalmente uscì dall’acqua, tenendo ben stretta la compagna che inalò una bella boccata d’aria. Sporse il braccio libero dalle manette alla sponda per trovare un appiglio, e così fece anche lei. La pelle venne scorticata dalle rocce, ma dopo una manciata di secondi Nathan riuscì ad afferrare una radice nodosa di un albero secolare. Si tirarono su assieme, riuscendo finalmente a raggiungere la riva fangosa. Nathan tossì un paio di volte e si accasciò su di lei. Quando si riprese, si alzò col busto e scostò preoccupato la mano dal fianco della ragazza, notando del sangue sulle dita.
“È solo un graffio,” bisbigliò Lara elargendo un sorriso affaticato.
“Mi hai salvato,” realizzò Drake con un filo di voce. Si guardarono in silenzio per una manciata di secondi. In un gesto spontaneo e sbalorditivo persino per se stesso, Nathan le accarezzò impercettibilmente la guancia col dorso della mano, per evitare di sporcarla di sangue.
“Non vorrei sembrare maleducata, ma sei piuttosto pesante,” disse Lara con un filo di voce. Non che avesse un fisico esile, ma dopo le fatiche subite e il respiro che quasi le era mancato, anche la minima pressione al torso le sarebbe sembrata insopportabile.
Nathan si alzò all’indietro con la schiena puntellandosi con le mani a terra. “Sarebbe stato meglio a ruoli invertiti. Sai, è la mia posizione preferita.”
Lara ridacchiò stancamente, ancora spossata, e gli tirò un buffetto leggero. Si alzò col busto mantenendosi con le mani al suolo. “Dobbiamo allontanarci dalla riva. Gli uomini di Johansson potrebbero perlustrare la zona dall’alto e notarci,” disse. Si alzarono a fatica e si trascinarono per qualche metro, fino ad arrivare alla parete del burrone. Si sdraiarono a pancia in su, osservando il cielo terso, alleggeriti dal gioco di ombre che creavano le fronde sopra di loro.
“E adesso?” chiese Nate senza muoversi. Iniziò a sentire tutte le fatiche in quel momento. “Non sappiamo dove siamo, non abbiamo l'attrezzatura, siamo ancora ammanettati e tutti bagnati.”
“Grazie del riassunto,” scherzò Lara gesticolando con la mano destra che, a causa delle manette, riuscì ad alzare da da terra solo di una decina di centimetri. “Ci riprenderemo il disco. Dammi solo un momento.”
Nate si mise a ridere, spostando lo sguardo verso le rocce più a monte del fiume. “Ammetti che è stato un bel salto.”
“Ho sempre saputo che eri pazzo.”
La parete del burrone non aveva pendenze: era completamente verticale e liscia. Lara non riusciva a credere di aver saltato da lì. “Per prima cosa dobbiamo liberarci delle manette.”
“E come?”
“Troviamo una pietra,” ragionò Lara. Si guardò intorno e ne vide una sotto i cespugli. Allungò la mano e l'afferrò. “Ci serve qualcosa di duro come superficie.”
Nate trovò un'altra pietra tra i fili d’erba più liscia e sottile. “Metti la mano qui e dammi il sasso,” disse. La catena si allungò con l’allontanarsi delle mani, e Nate sollevò la pietra. “Al tre,” contò, poi schiacciò sulla catena, ma il metallo non cedette. “Così non va bene.”
Continuarono a provare per un po’ senza successo.
Nate si rialzò a terra. “Dobbiamo trovare l’accampamento e prendere delle armi.”
“D'accordo. Muoviamoci.”
Lara si diresse verso il punto da cui erano saltati, solcando la fitta vegetazione. “Non voglio aspettare che faccia buio.”
La via del ritorno era accidentata, il terreno bagnato e fangoso, l'aria piena di zanzare. Le faceva male il polso, e la catena stretta le tagliava la pelle ad ogni movimento. La sua mente e il suo corpo erano stanchi.
Quando arrivarono sul posto, Nate guardò la parete. Contrariamente a prima, le rocce sembravano più in pendenza ed irregolari, da offrire maggiori punti di appiglio. Avevano sicuramente scalato muri più difficili, ma l’essere legati assieme rendeva le cose più complicate.
“Non ne sono sicuro,” disse Nathan.
“Che vuoi dire?”
“Siamo stanchi, presto farà buio e i mercenari potrebbero ancora cercarci. È troppo rischioso,” reputò il cacciatore di tesori mentre testava con attenzione un punto d'appoggio nelle rocce. “Aspettiamo fino al mattino.”
Lara odiava aspettare più di ogni altra cosa. Il disco d'oro era là fuori, nascosto, e gli uomini di Johansson stavano perlustrando la zona. Il pensiero di doversi sedere e aspettare una notte intera era tutt'altro che confortante, ma Nate aveva ragione: con la spossatezza e il buio sarebbe stato facile cadere e sfracellarsi al suolo.
“Ok. Almeno penseranno che siamo morti,” concordò Lara. Si guardò intorno. “Troviamo un posto per la notte.”
Si avviarono insieme alla base di un grosso albero nodoso, si sedettero sulla morbidezza del muschio e delle foglie, aderendo la schiena al tronco. Il sole tramontava sul fiume, colorandone la superficie di toni accesi tra il giallo e l’arancione. Lara piegò le gambe in su e appoggiò il mento sulle ginocchia, fissando l’orizzonte.
Nate teneva gli occhi su Lara, sul suo profilo che si fondeva con la morbida luce della sera. Il graffio sotto i suoi occhi era ancora visibile e la rabbia gli ribollì di nuovo. Senza accorgersi della sua occhiata, ma in qualche modo come se se la fosse sentita addosso, Lara corse l’indice lungo la cicatrice e il movimento le fece tornare in mente Johansson che le premeva il coltello sulla pelle. La mano di Nate si chiuse in un pugno.
“A che pensi?” le chiese.
“Niente,” rispose Lara assente.
“A Johansson?”
Nate riusciva a malapena a trattenersi dal toccarle la faccia, per carezzarla come qualche minuto prima. Non era certo di quanto sarebbe stato appropriato e sicuramente non sarebbe servito a placare la propria rabbia.
“Mi dispiace che ti stia dando la caccia. E mi dispiace per il taglio.”
“Non pensarci,” lo tranquillizzò Lara, e gli angoli della bocca si alzarono in un lieve sorriso di rassicurazione. “Il nostro non è un mestiere facile.”
La luce della sera si affievolì, lasciando dietro di sé un crepuscolo accogliente.
“È un bel tramonto, vero?” affermò la cacciatrice di tesori.
Nate soppesò saggiamente le sue parole. “Credo di conoscerti abbastanza bene per dire che non stai pensando al tramonto.”
Il sorriso di Lara era diverso, più incerto. Nathan adorava quell’espressione esitante, così rara. Qualsiasi cosa la frenasse dal parlare, la metteva in imbarazzo.
“Nel tuo appartamento...” cominciò a dire la ragazza, tenendo gli occhi sull'orizzonte. “Quella notte... come sapevi che stavo bluffando?”
“Oddio…” disse Nate ridendo, per quanto si fosse forzato nel trattenersi. “Ci stai ancora rimuginando sopra?”
“Non è così. Ma ora che ho tempo, mi piace vedere le cose chiare.”
“Sì, certo,” scherzò Drake, trovandosi preso contropiede. Non si aspettava questa domanda. “Fin quasi dalla prima volta che ti ho conosciuta, ho capito che non sei il tipo di donna che raggiunge i suoi obiettivi con la seduzione.”
“Davvero?”
“Certo,” rispose Nathan rivolgendole un sorriso. “Ma ho ancora qualche bel manufatto a casa, se vuoi dimostrarmi il contrario.”
Lara gli diede una gomitata nelle costole. “Continua a sognare, Nate. Continua a sognare.”
C’era ancora un quesito a cui la cacciatrice di tesori non trovava risposta: il bacio di qualche ora prima. Ma ritenne l’affare di secondaria importanza, e riuscì a nasconderlo persino agli occhi attenti e indagatori del compagno.
“Allora buonanotte,” disse, dandogli la schiena e appoggiandosi con la spalla al tronco.

***

La mattina seguente, Nate fu il primo a svegliarsi. I raggi del sole rischiaravano la natura, facendo brillare le gocce che scivolavano sulle foglie bagnate. Accanto a lui, Lara dormiva sdraiata su un fianco, con la mano a pochi centimetri dalla sua a causa della catena. Alcuni anelli erano ammaccati nei punti in cui li aveva scalfiti con la pietra, ma, come aveva previsto la sera precedente, non erano abbastanza danneggiati da poterli distruggere.
I vestiti di Lara si erano asciugati durante la notte, delineando le meravigliose curve del suo corpo che ancora lo stupivano. Era perfetta. Quando si allungò per svegliarla e, forse, per seguire un desiderio incontrollabile, si sentì afferrare la mano così velocemente che si spaventò.
“Ehi, sono io,” sussurrò Nate.
Lara lo mise a fuoco e abbassò la guardia. Era anni che, ogni notte, si svegliava al più piccolo movimento. Era una maniera per rimanere vigile ed evitare attacchi notturni. Più di una volta si era salvata la vita grazie a ciò.
“Sì, scusami,” disse la ragazza lasciando la presa. Si stiracchiò, tirandogli involontariamente il braccio, poi si alzò col busto per sedersi e schiarirsi le idee. “È ora di avviarci.”
I due si avvicinarono al fiume per lavarsi il viso.
“Riprendiamoci ciò che è nostro,” disse Nathan assottigliando gli occhi con un mezzo sorriso.
Avanzarono verso il burrone e si fermarono sulle rocce, scrutando con attenzione la superficie. Anche se c'erano abbastanza punti d'appoggio ed era ormai giorno, l’arrampicata sembrava comunque pericolosa.
“Possiamo farcela,” disse Nate mettendo il piede nella prima fessura. Osservandolo stendere le braccia, Lara ne imitò i movimenti, trovando subito un pertugio per il suo piede. I primi cinque metri non causarono alcun problema. Lentamente e con attenzione, salirono senza compiere errori. Lara sentì finalmente i suoi muscoli lavorare, un bel cambiamento rispetto la notte passata in una posizione scomoda a causa delle manette. L'attività fisica l'aveva sempre calmata, concentrando la sua mente e mettendo a tacere ogni altro pensiero scomodo.
“La mano destra,” disse Nate sentendosi trattenuto dalla catena al polso di Lara. "Muovi la mano destra verso l'alto.”
“Faccio quello che posso,” sostenne la cacciatrice di tesori, optando di cercare un percorso diverso al fine di non allontanarsi troppo dal compagno. Quando appoggiò il piede allungando un po’ troppo la gamba, perse l’equilibrio.
“Stai attenta,” esclamò Nathan tenendola di peso con il braccio. Si fermò per riprendere fiato, aspettando che Lara raggiungesse la stessa altezza. “Ormai manca poco.”
“Finora non è stato così difficile,” convenne Lara adocchiando le rocce sporgenti sopra di loro. “Se arriviamo lassù, ce la faremo.”
“Puoi giurarci.”
Si mossero contemporaneamente, cercando un'altra crepa, trovando un altro punto d'appoggio. I muscoli lavoravano fino a sforzarsi, il sudore scivolava giù per la schiena. Mentre il sole saliva a picco, il calore diventava più persistente ad ogni minuto che passava, e i movimenti diventavano dolorosi ed estenuanti. A un passo da Nate, Lara si issò, poggiò le punte su una pietra sporgenza, ma, quando si puntellò, essa crollò sotto il suo piede. La mano scivolò dalla roccia ed alcuni detriti caddero nell’abisso del burrone.
“Dannazione!” esclamarono all’unisono al dolore lacerante delle manette che scorticavano le loro carni. Lara era appesa a penzoloni, tenuta solo dalla catena attaccata alla mano sinistra di Nate. Quest’ultimo, con tutte le sue energie, si sforzò di trattenerla con una mano rimanendo saldo con l’altra alla sporgenza, finché la compagna non fosse riuscita a trovare di nuovo un appiglio.
“Afferra la parete,” disse Nathan tra i denti stretti, e, stringendo la catena in un pugno, la fece oscillare. Quando Lara toccò una delle rocce, piccoli detriti caddero nuovamente nel burrone ed il suono echeggiò per tutta la valle. Infine, al terzo tentativo, riuscì a ritrovare un appoggio saldo, affondando gli stivali in due cavità naturali.
Ansimando e gemendo, Nate raggiunse per primo la cima, si rotolò a pancia in giù e tirò su anche Lara. La spalla e il polso gli facevano male, il metallo gli aveva tagliato la pelle, lasciando un segno rosso intenso. Anche il polso di Lara non aveva un aspetto migliore.
Nathan si toccò la spalla dolorante. “Non direi di no ad un massaggio, adesso,” mormorò gemendo.
“Non guardare me,” replicò Lara. Si strofinò il polso sotto le manette. “Dobbiamo proprio sbarazzarci di queste,” convenne. I graffi le circondavano quasi tutto l’avambraccio, ed in alcuni punti sanguinava leggermente.
“Sono d'accordo,” concordò Nate. Si stracciò un lembo della manica della maglietta, la strappò e gliela porse. “Per quanto mi piaccia starti vicino, farei a meno di queste catene,” soggiunse facendo gesto alla compagna di infilare la stoffa sotto i polsini per attenuare gli urti.
Drake percepì dei movimenti nel bosco davanti a loro, si nascose dietro un albero e tirò Lara al riparo con sé. Mostrando due dita e roteandone uno, le comunicò i suoi piani: due uomini, mettiamoci dietro di loro. Lara annuì, ma i suoi occhi severi gli mandarono un altro messaggio: stavolta non sparare.
Quando i mercenari furono a tiro, Nathan e Lara si distanziarono, e nel giro di pochi secondi, a seguito di un efficacie attacco silenzioso, i due uomini giacevano inerti a terra.
“Una bella fortuna. Non avrei mai pensato che saremmo tornati in pista così in fretta,” ritenne Nate mentre perquisiva un soldato. Adocchiò delle munizioni e un walkie-talkie e se li mise in tasca. “Ora sì che si ragiona,” soggiunse entusiasta trovando una automatica. “Metti la mano a terra e voltati. Sparerò alla catena.”
“Ehi, ehi,” lo fermò Lara tirando a malo modo le manette. “Che ne dici di queste?” suggerì facendo oscillare in aria un piccolo mazzo di chiave in faccia al compagno. “Perché non le proviamo prima di sparare?”
“Anche questa è un'idea,” convenne Nathan scrollando le spalle. Lara infilò la chiave nella serratura e, dopo uno scatto, le manette caddero finalmente nel fango. “Oh Dio, che bella sensazione.”
“Ora dobbiamo solo ritrovare il disco.”
Dopo un'ora di vagabondaggio nella foresta, trovarono la zona dove erano stati catturati, ma non erano soli: alcuni uomini in camicia nera stavano setacciando il bosco proprio in quel momento. Johansson non era stupido, sapeva che Lara aveva nascosto il disco in quella zona.
La ragazza si accovacciò e sbirciò da dietro una grande foglia. “Se iniziamo a sparare ci ritroveremo sulle sedie dell’accampamento,” rifletté guardandosi intorno, identificando poco dopo l’albero dove aveva nascosto il disco solare. Era a una decina di metri da loro. La forma del tronco era così caratteristica che lo rendeva indistinguibile. “Si stanno avvicinando. Dobbiamo fare in fretta. Perché non li distrai mentre recupero il disco?”
“Come pensi che possa farlo, esattamente? Dovrei correre a zonzo col mirino sulla schiena?”
“Sono sicura che ti inventerai qualcosa,” sancì Lara allontanandosi dalla postazione. “Sarebbe meglio se attirassi i mercenari alla parte opposta dell’albero. Ci vediamo tra poco.”
“Fantastico,” mormorò Nate guardandola immobile mentre si inoltrava nel bosco. Valutò la situazione: lui da solo contro una dozzina di uomini. Facile come contare fino a tre. Impugnò la pistola appena rubata, controllò il caricatore e le munizioni. Lasciò la copertura e si accovacciò dietro ad alcune rocce mirando ad uno dei mercenari. Sapeva che non appena avesse sparato, si sarebbe scatenato l'inferno. Sperava solo che sarebbe durato quanto bastava alla compagna per riappropriarsi del disco. E per rimanere vivo.
Deglutì, poi premette il grilletto.

***

Quando lo sparo risuonò nell’aria in un’eco feroce che annientò la pace della giungla, uno stormo di uccelli prese il volo e alcune scimmie gridarono nel silenzio. Lara aspettò che gli uomini tirassero fuori le loro pistole per dirigersi nel punto dove aveva sotterrato il disco. Povero ragazzo. Sperava che stesse bene. Lo sperava davvero.
Quando il sentiero fu libero, corse verso l'albero, cadde in ginocchio e scavò a mani nude nel terreno morbido. Le ci volle solo un minuto per trovare il disco e, tenendolo tra le mani, fece un largo sorriso. Era di nuovo suo.
Trovò anche l'auricolare, nascosto assieme all’artefatto, e se lo infilò velocemente nelle orecchie.
“Bryce, ci sei?”
“Lara! È bello sentire la tua voce. Che è successo?”
“Te lo dico dopo. Guarda dove sono gli altri uomini di Johansson. Fa’ rapporto appena hai informazioni. Ora devo andare.”
Sentendo altri spari, Lara corse veloce, saltò alcune radici ed evitò i rami scivolando nel fango. Adocchiò il primo mercenario che colpì senza fermarsi, poi sparò ad un altro al cuore e ad uno alla testa. I colpi echeggiarono nella giungla, sentendoli sempre più intensi man mano che si avvicinava al punto in cui si era divisa da Nathan. Vide quest’ultimo dietro un grosso albero, con il tronco talmente pieno di fori di proiettile da non avere quasi più una corteccia.
Fece un giro largo a semicerchio, uccise altri due uomini e si gettò dietro la copertura dell'albero.
“Ehi, te la stai cavando bene,” si complimentò la ragazza sbirciando fuori e sparando a un mercenario.
“Sono contento che ti stai divertendo. Hai il disco?” chiese Nate prima di lanciare una granata a due soldati. L'esplosione scosse il terreno attorno a loro.
“Una granata. Bella. Dove l'hai presa?” chiese Lara porgendogli un fucile da cecchino rubato ad un cadavere. “Sì, ho il disco. Dobbiamo andarcene prima che Johansson ce lo porti via,” suggerì ritrovandosi il fucile tra le mani che il compagno le restituì per poterle permettere di difendersi da un soldato pericolosamente vicino. "Vedi quell'altura laggiù di circa duecento metri? La raggiungo e ti libero la strada.”
Nate controllò il posto ed annuì. “Ti copro io.”
Nonostante la dozzina di proiettili che si conficcavano negli alberi attorno, Nathan e Lara si sorrisero l’un l’altra, riflettendo che non avrebbero voluto essere da nessun'altra parte.
“Siamo una bella squadra, non credi?” ritenne Nate.
“Sì, immagino di sì.”
Drake si arrampicò in un punto più alto di qualche metro, imbracciando uno shotgun. “Vai!”
Con le braccia tese in avanti e le pistole ben puntate, Lara corse sparando a tutto ciò che si muoveva davanti a lei. Un proiettile dello shotgun tagliò l’aria, facendo cadere un mercenario che le stava pericolosamente vicino. Ogni colpo che partiva dalle sue spalle era preciso e mortale, cogliendo ogni nemico per sgomberarle la strada. Quando la ragazza raggiunse il punto stabilito, si mise al riparo, attendendo che Nate smettesse di sparare. Prese il fucile di precisione ed aspettò.
Quando lo notò uscire dalla copertura, lo seguì col mirino telescopico mentre correva attraverso la giungla, sparando a chiunque gli si avvicinasse senza esitare. Quando anche l’ultimo proiettile fuoriuscì dalla canna, il silenzio tornò ad impadronirsi della giungla. Nate uscì dal cespuglio e i loro sguardi si incrociarono.
“Bel lavoro,” si complimentò Lara gettando via il fucile scarico.
Invece di rispondere, Nate alzò il fucile e glielo puntò.
Lo sparo che partì spezzò nuovamente il silenzio della giungla.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 12 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

Link dell'account dell'autrice:
https://www.fanfiction.net/u/2367223/gyikhu

Link al dodicesimo capitolo in lingua originale:
https://www.fanfiction.net/s/6358147/13/Crossroads

NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Altri ringraziamenti sentitissimi a devil_may_cry_wrath_92m e ReverendBrute80 per le recensioni! <3 Ormai ci siamo, cari lettori: siamo al penultimo capitolo! Questa avventura ha quasi raggiunto il suo epilogo! Ricordo a chi non lo sapesse che c'è anche un SEQUEL, che ho già cominciato a tradurre! E' una dolce consolazione, no? <3







Lara si gelò, non riuscendo a muovere un muscolo. Il proiettile sfrecciò a pochi centimetri dal suo volto, colpendo un mercenario alle sue spalle che impugnava un coltello. Facendo un gemito, l’uomo crollò a terra.
“Grazie,” disse Lara realizzando che Nathan le aveva appena salvato la vita, vergognandosi di se stessa per aver anche solo un momento pensato che il colpo fosse rivolto a lei. Aveva proprio ragione Chloe: Nate era un bravo ragazzo.
“Non c’è di che,” rispose riponendo la pistola alla cintura dei pantaloni. “Be’, e adesso?”
“Siamo vicini all’ingresso,” rivelò Lara scansionando la zona, pervasa da una soddisfazione e una gioia senza precedenti. Più di una volta aveva pensato di non potercela fare, più di un ostacolo le si era presentato; erano stati catturati, legati, feriti, torturati, ma alla fine erano a pochi passi da uno dei più grandi tesori che venissero portati alla luce, ed avevano la chiave: il disco d’oro. Prese veloce l’auricolare, senza curarsi di infilarselo bene nell’orecchio. “Bryce, aiutaci.”
“Non manca molto. Spostati verso ovest, alle rocce. Secondo la descrizione del diario, un altopiano dovrebbe condurre all’ingresso.”
“Va bene. Ci incamminiamo.”
Il terreno diventava accidentato ad ogni passo che facevano. Il suolo fangoso s’induriva sempre più, divenendo di roccia granitica e pietrisco che sdrucciolava sotto ai loro piedi. La superficie era scivolosa, l'aria pesante. Avanzando cautamente per non lasciare tracce, notarono di sfuggita una scimmia curiosa che li seguiva con lo sguardo dal ramo di un albero. Nate scivolò col piede per la quarta volta, e guardò Lara che si arrampicava davanti a lui senza problemi, stupito di quanto fosse agile ed esperta. Gli elogi di Sully sulla sua nuova compagna gli riecheggiarono nelle orecchie, e quasi si mise a ridere realizzando quanto fosse stato ingenuo a pensare che Lara Croft non sarebbe stata alla sua altezza; che non sarebbe stata un problema per le sue ricerche. E dire che quella donna non era altro che un problema, ma l’ammirava per questo. Il modo di riuscire ad avere il sangue freddo in situazioni disperate, il coraggio, la caparbietà e tenacia avuti in circostanze che sembravano fossero senza speranza. Nate aveva incontrato ragazze toste che non avevano ceduto neppure con un coltello puntato alla gola, ma Lara le superava tutte. E il suo aspetto non era da meno.
Sì, un bel tipo, pensò mentre la guardava arrampicarsi e tirarsi su. Il suo corpo era agile e veloce come se non avesse bisogno di alcuno sforzo per superare qualsiasi ostacolo.
Raggiunsero l'altopiano e si fermarono per un momento, così che Lara potesse usare il binocolo per controllare la zona. La vista era stupefacente. Le alte rocce si ergevano dal tappeto verde e incontaminato della giungla. Gli alberi attorno a loro era lussureggianti e fitti, ed un magnifico cielo terso si stagliava sulle loro teste.
“L’ingresso è laggiù,” disse Lara indicando una sporgenza non molto distanze.
In prossimità, giacevano colonne e oggetti di pietra scolpita, segno evidente che qualcosa era stato costruito.
Nate si chinò per studiarne i particolari. “Deve essere stato un bel cantiere. È enorme,” ritenne alzandosi e riparandosi gli occhi dal sole. “Come ci arriviamo lassù?”
“Non ne sono certa,” rispose Lara osservando il perimetro col binocolo analizzando le rocce. “Credo che la via migliore sia quella all’estrema destra. Non la più breve, ma sembra la più sicura.”
Nathan le prese il binocolo per controllare il percorso a sua volta. “Sì, immagino di sì. Cosa stiamo aspettando allora?”
Drake amava il modo in cui la compagna sorrideva quando l’avventura era alle porte, il fatto che il loro cervello funzionasse allo stesso modo. Lara si girò e cominciò a correre, e Nathan accettò la sfida, considerandola come una gara infantile a chi arrivasse per primo alla parete dell’altopiano. La ragazza la raggiunse appena un secondo prima di lui, e si arrampicarono contemporaneamente, atterrando di peso sulla superficie rocciosa.
Dapprincipio non se ne resero conto, ma il terreno cominciò a tremare sempre più intensamente, facendo quasi perdere loro l’equilibrio.
“Ma che diavolo…” affermò Lara facendo un passo in avanti, ma il suolo cedette sotto di loro e caddero all’ingiù assieme ad esso. Scivolarono in un pozzo stretto e buio a una velocità inarrestabile, accompagnati da detriti che pericolosamente si staccavano dalle pareti. Non riuscendo a vedere, Lara urtò contro il muro un paio di volte e atterrò bruscamente subendo un colpo feroce sul fianco. Nate la seguì un secondo dopo, e il silenzio fece di nuovo capolino.
“Merda!” imprecò con un gemito di dolore Nathan, sputando la polvere. “Che è successo?”
Lara accese la torcia che aveva rubato ad uno dei mercenari e diresse il fascio ad ogni direzione. “Sembra un corridoio,” ragionò spostando la luce sul buco in alto da cui erano venuti. “E quello sembra un vecchio condotto d'aria.”
“L’importante è che siamo dentro,” ritenne Nate con un sorriso accendendo anche la sua torcia. Il corridoio era amplio: passavano circa due metri da parete a parete, mentre il percorso scompariva nell’oscurità.
“Mi chiedo se troveremo mai la strada giusta. Potremmo essere ovunque,” convenne Lara mentre camminava rasentando il muro. D’improvviso, trovò una torcia antica, notando altre che la seguivano più avanti.
Allo sguardo eloquente della ragazza, Nate fece spallucce. “Provaci.”
Lara cacciò fuori l’accendino, lo accese e lo avvicinò alla torcia. Mentre le fiamme prendevano vita, il fuoco si diffuse lungo una scanalatura nel muro, accendendo anche il resto delle torce. La luce inondò il corridoio.
“Davvero impressionante,” fischiò Nate guardandosi intorno. Le pareti, adesso ben illuminate, erano composte da piccole pietre che luccicavano alla luce giallastra delle torce.
Nathan si fermò udendo un debole rumore in lontananza. “Cos’è?” chiese tendendo le orecchie, e ne sentì un altro e un altro ancora, sempre più vicini. I colpi si ripetevano ad intervalli regolari ed ebbe un brutto presentimento.
All'ultimo boato, un colpo improvviso e stridente simile al metallo che sbatte sulla pietra, il cacciatore di tesori sussultò, comprendendo la fonte del rumore.
“Corri!” gridò Lara capendo anch’ella ciò che stava succedendo. Ogni cinque metri circa, una grata cadeva dal soffitto per chiudere la strada. Se ciò fosse accaduto a loro, non ne sarebbero mai usciti vivi.
Senza pensarci due volte, si girarono e corsero lungo il corridoio senza curarsi delle trappole. Non c'era tempo per preoccuparsene. I colpi si avvicinarono, inseguendoli senza pietà. Sul soffitto, altre grate aspettavano obbedienti il loro turno per seppellire gli intrusi della tomba per l’eternità.
“Altri cinque,” contò Lara, e accelerò percependo dei colpi d'aria dietro di sé. Il botto metallico le fece venire un brivido lungo la schiena. Così forte, così pesante, così decisivo.
L'ultima grata tremò sopra di loro, sapendo che sarebbe caduta in pochi secondi. Si scagliarono in avanti, rotolando sul pavimento, e scivolarono sotto la struttura portante nell'ultima fazione di secondo.
“Merda, c'è mancato poco,” urlò Drake. Si sdraiarono sul pavimento ansimando, con l'adrenalina che scorreva feroce nei loro corpi. “Non posso crederci che ce l'abbiamo fatta di nuovo.”
“Non puoi certo dire che ti ho portato in un posto noioso,” scherzò Lara sorridendo, innamorata come mai di quell'eccitazione.
“Mi sono lamentato?”
“Direi di no,” disse la cacciatrice di tombe girandosi di fianco. “Sono un po' preoccupata, però. Se questo è solo il corridoio, non oso immaginare che trappole ci saranno nella stanza della tomba.”
“Vedremo,” disse Nate alzandosi e porgendole una mano per tirarla su. Si spolverò i jeans strappati. “Andiamo?”
Lara annuì e continuarono fianco a fianco a percorrere il corridoio, il quale terminò con un triplo incrocio. Le strade sembravano identiche, buie e in egual misura rischiose. Improvvisamente, udirono delle voci distanti: due uomini che parlavano e si avvicinavano. Nate spinse Lara all’angolo e ne percepì il fastidio, ma dato il pericolo imminente non se ne lamentò.
“Sembra che anche Johansson abbia trovato l'ingresso,” sussurrò Nate mentre i due uomini in camicia nera li oltrepassarono non accorgendosi della loro presenza nascosta nel buio. Si fermarono all'incrocio, esitando per un attimo, poi presero la seconda uscita. In pochi secondi, si udì un forte schianto, seguito da dolorose urla di morte, poi il silenzio.
“Porca miseria,” mormorò Lara avvicinandosi in prossimità dell’entrata del corridoio. Indirizzò il fascio della torcia nell'oscurità e vide un'enorme struttura che spuntava dal muro piena di lance, le quali avevano trafitto i due uomini nelle viscere. I loro corpi senza vita si erano aggrappati alle punte insanguinate. “Non credo che dovremmo prendere questa strada.”
Nate fece una smorfia alla vista orripilante dei cadaveri sfigurati. “Venivano da lì, e credo che non abbiano trovato la tomba. Quindi rimane solo un'opzione.”
“Prendiamo la strada a destra.”
Controllando ogni centimetro del corridoio, si spostarono in avanti, pronti a saltare o a schivare al primo rumore sospetto. Trovarono una fossa con all’interno un tappeto di punte di ferro acuminate, ma non fu un problema oltrepassarla aggrappandosi ai muri laterali. A un certo punto, il corridoio si restrinse, ed il soffitto divenne così basso che riuscirono a malapena a camminare in piedi.
“Non sono sicuro che questo sia un buon segno,” sostenne Nate toccando le pietre bagnate del soffitto, sperando che non finissero di nuovo in una trappola con l’acqua.
Dopo qualche minuto di difficoltà nell’avanzare, Lara si fermò. “C'è luce laggiù,” informò a Nathan. Il corridoio finiva in pochi metri con una svolta improvvisa. Lara la raggiunse e sbirciò fuori.
Vide una stanza di base circolare con una serie di condotti che convogliavano in essa. Al centro era stato costruito un ampio corridoio che probabilmente fungeva da ingresso principale. Sulla parete opposta, una struttura sofisticata e metallica chiudeva la via, ed aveva un foro circolare al centro. Lara sorrise uscendo dallo stretto corridoio. Imbracciando il suo fucile, si guardò intorno, ma non vide traccia dei mercenari.
“Questo dev’essere l’ingresso,” ritenne recandosi alla struttura, tracciandoci sopra un dito con acceso stupore. Aveva una configurazione affascinante, un capolavoro architettonico e incredibilmente sofisticato comparato alle tecnologie odierne. Non aveva idea di come fosse possibile che secoli prima la gente riuscisse a costruire una cosa del genere.
Lara prese il disco dallo zaino. L'aveva studiato così tante volte che non aveva difficoltà a capire cosa doveva fare. Metà del simbolo di Gengis Khan decorava la parte superiore del foro, così Lara inserì il disco e lo girò in modo che il disegno diventasse completo.
Un lieve click le assicurò che la sua teoria era giusta. La struttura si mosse, gli ingranaggi girarono, cigolarono e sferragliarono, poi una trave di metallo si tirò indietro e il cancello si aprì.
“Spettacolare,” disse Nate spalancando gli occhi rapito dal meccanismo.
“Sì, davvero impressionante,” concordò Lara.
Un’altra voce fece capolino dietro loro, e la ragazza si voltò di scatto scorgendo Johansson uscire dall’oscurità insieme ad Olaf. Entrambi puntavano le armi contro di loro.
“Sapevo che non mi avreste deluso,” disse Johansson elargendo un sorriso tirato, avvicinandosi e mantenendo la mira su Lara e Nate.
La ragazza si maledisse per essere stata così sbadata, distratta dalla magnificenza della stanza pur sapendo che anche il suo avversario aveva trovato l'entrata. I suoi occhi si assottigliarono quando videro Olaf sorriderle.
“Dov’è finito il resto dei tuoi segugi?” chiese Nate con ironia.
“Purtroppo per loro entrare nella tomba ha significato un sacrificio più grande di quanto pensassi,” rispose Johansson parlando della morte dei suoi uomini senza alcun segno di emozione. “Ora allontanatevi dal cancello, o sarà Olaf a costringervi a farlo.”
Lo sgherro ringhiò contro Lara strofinandosi le mani possenti. Il livido sul naso era ormai diventato blu. Sembrava gonfio e doloroso.
La cacciatrice di tombe alzò le mani in segno di resa, ma non si mosse.
“Le ho detto di togliersi di mezzo,” ripeté Johansson in tono più duro, facendo scattare il caricatore della pistola. Nel mentre, Olaf si avvicinò lentamente a Lara con evidente piacere sul viso.
Stronzo, pensò la cacciatrice di tombe. Indietreggiò leggermente, quanto bastava per poter guardare Nate. Fu sufficiente un’occhiata per dirgli che non avrebbe ceduto. Quando Olaf le fu davanti e allungò la mano, Lara gliela afferrò di scatto, gli diede un calcio nello stomaco e, tirandogli i muscoli del braccio, gli ruppe due dita.
L’uomo gridò di dolore.
“Stupida puttana,” gridò Johansson e sparò, ma entrambi agirono rapidamente e saltarono di lato. Nate si lanciò in avanti, e, prima che Johansson potesse sparare di nuovo, gli fece cadere la pistola dalle mani. Nel mentre, Lara affrontò Olaf.
L'uomo era molto più grande di lei, ma ciò non la spaventò e schivò i suoi pugni, usando la propria agilità contro la massiccia lentezza dell’uomo. La ragazza gli assestò un pugno al naso gonfio, ed Olaf urlò di dolore premendo la mano sul viso. Il sangue gli gocciolò a terra. Cieco per il dolore e la rabbia, prese a pugni l'aria, senza nemmeno sapere dove fosse l’avversaria. Si voltò con un ruggito selvaggio, marciò verso di lei, ma non ebbe alcuna possibilità. Lara gli diede un calcio alle ginocchia, finché cadde a terra, ruggendo con rabbia impotente.
“Non sei più così forte ora, vero?” disse la ragazza fronteggiandolo in piedi. La mente fu affollata dalle immagini di quell’uomo del giorno prima. Il suo respiro all'orecchio, le mani sulle cosce, il pugno sullo stomaco che la fece tossire di dolore. Il sapore del sangue. “Va' all'inferno!” gridò Lara colpendo con lo stivale la faccia del nemico con una tale forza che gli fece subito perdere conoscenza.
Lo scontro alle spalle di lei stava diventando disperato. Nate subì un pugno in faccia, ma si riprese in fretta e sferrò un colpo nello stomaco dell’avversario. Quando Johansson si piegò, Nate lo fece cadere colpendogli gli stinchi, gli si lanciò sopra e gli diede un pugno in faccia. E un altro ancora e ancora e ancora e ancora, guidato da una rabbia che lo aveva completamente annebbiato al ricordo di tutte le volte che quel bastardo gli aveva sparato, li aveva inseguiti e minacciati. E, peggio ancora, a quel taglio indelebile che aveva fatto al viso di Lara.
“Smettila! Basta!” urlò Lara afferrandolo per il braccio e allontanandolo dal corpo immobile di Johansson. “È finita.”
Nathan cadde in ginocchio e Lara lo seguì, aggrappata alle sue spalle per tenerlo fermo. La mente del ragazzo si schiarì e la sua rabbia, man mano, scomparve. Il respiro affannoso cominciò a ritornare al ritmo cadenzato di sempre, e vide atterrito del sangue sulle proprie nocche. Sentì le mani della sua compagna cingergli il petto. La sua voce rassicurante gli aveva assopito ogni istinto omicida.
“Va tutto bene,” ripeté Lara mettendoglisi davanti, inginocchiata, per levargli il sangue dalla fronte.
“Mi spiace. Ho esagerato.”
La ragazza gli regalò un sorriso calmo e composto. “Non fa niente. Un po’ se lo meritava.”
“Grazie,” disse Nathan guardandola negli occhi. “Grazie per avermi fermato.”
Lara gli prese la mano insanguinata, gliela pulì e gliela avvolse con una benda all’altezza delle nocche. “So che non sei il tipo d'uomo che risolve le cose con un omicidio.”
“Lo pensi davvero?”
“Sì,” rispose con sincera determinazione Lara, cingendo il pugno ferito di Nathan tra le sue dita, indugiando per un po’, fin quando, rendendosi conto di ciò che stava facendo, scacciò via le mani e si alzò. “Sei pronto ad incontrare Gengis Khan?”
“Quando vuoi tu.”
Lara si avvicinò a Olaf, lanciandogli un ultimo sguardo tagliente. Con malcelata repulsione, si chinò per prendergli dalle tasche le doppie pistole che le aveva rubato nella giungla, riponendole nuovamente alle fondine sui fianchi. “E questa è tua, se non sbaglio,” disse Lara cacciando la collana con la placca d’oro dalla camicia di Olaf.
“Stronzo,” disse Nate dandogli un calcio nelle costole. Quell'uomo non era migliore di Johansson.
Senza più i nemici tra i piedi, la stanza era tornata ad essere tranquilla, pacifica, con i frammenti di storia che indugiavano nell'aria.
“Vogliamo vedere cosa c'è dietro il cancello?” chiese Lara con genuina curiosità. Nate si chiedeva cos’altro la trattenesse dall'entrare.
“Drake!” urlò una voce dietro di loro, accompagnata dal rumore del caricatore. Johansson stava in piedi con la pistola in mano, il volto contorto dall'odio e dal disgusto. Accadde in un secondo, ma Lara assistette alla scena come se si trovasse in un film a rallentatore. Appena l’uomo premette il grilletto, il proiettile fuoriuscì dalla canna con una scintilla di fuoco, sfrecciando nell'aria. Rotolandosi di lato, anche Nate impugnò la pistola e fece pressione sul grilletto.
Johansson fermò ogni movimento, il fiato gli si bloccò in gola. Il sangue gli dipinse la camicia di rosso, trasudando tra le dita premute sullo stomaco. Quando aprì la bocca, non arrivò alcun suono, solo alcuni rivoli rossi che gli scivolarono sul meno. I suoi occhi si spalancarono come stupiti del fatto che non fosse invincibile. Nate mantenne severo lo sguardo su di lui fino a quando non vide l'uomo cadere in ginocchio e poi in avanti, con la faccia riversa nella polvere.
“Ora è finita,” disse Nathan mettendo la pistola in tasca.
Lara gli appoggiò una mano sul braccio per dargli forza. Sospirò e si voltò per affrontare il corridoio buio oltre il cancello. Prima di entrare, prese il disco e preparò la sua mente alle trappole e agli enigmi che li avrebbero attesi.

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 13 ***


Questo autore è straniero e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie (info nelle bio).

Link dell'account dell'autrice:
https://www.fanfiction.net/u/2367223/gyikhu

Link al tredicesimo capitolo in lingua originale:
https://www.fanfiction.net/s/6358147/14/Crossroads

NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Grazie ancora a devil_may_cry_wrath_92m e ReverendBrute80 che mi hanno spronato a scrivere questa traduzione! E’ anche un po’ grazie a loro se sono arrivata fino all’ultimo capitolo, il tredicesimo.







Avvolto nell’oscurità, il corridoio si estendeva davanti a loro vuoto e abbandonato. L'aria era pesante, odorava di solitudine e antichità. Le ragnatele ne riempivano la parte alta, rassomigliando molto al corridoio della tomba di Chagatai. Le pareti erano composte di pietra levigata ed il soffitto si incurvava in un arco.
Con una sensazione familiare all’eccitazione, Lara prese il corridoio cercando di fare attenzione a ogni possibile errore. Ora che Johansson era fuori dai giochi, non voleva fallire. Non adesso che era così vicina al suo obiettivo.
Gli echi dei loro spassi li seguirono nel cammino, squarciando il silenzio assoluto, fino a che non giunsero davanti ad una porta chiusa.
“Tutto qui?” chiese Nate, chiedendosi sorpreso come avessero potuto arrivare senza problemi alla fine del corridoio.
“Temo di no,” rispose Lara osservando la manifattura della porta. Sembrava robusta, nonostante i secoli trascorsi nell’usura e il disuso. E sicuramente era chiusa a chiave. “Non credo che riusciremo ad arrivare a Gengis Khan tanto facilmente.”
La preoccupazione si mescolò all'imprevedibilità, ma lei adorava anche questa sensazione. Non sapere cosa li aspettava, che tipo di trappole dovevano evitare, quali enigmi dovevano risolvere. Il rischio. L'attesa. L'avventura. E ora, condividerla con qualcun altro che la pensava allo stesso modo, inaspettatamente, non faceva altro che ampliare la sua euforia.
Quando si guardò intorno con la torcia, trovò una leva accanto alla porta.
“È molto sospetto,” disse Nate accigliandosi.
Lara fece spallucce. “Hai ragione,” ritenne controllando con cura ogni centimetro del posto, ma non trovarono alcun accenno di pericolo. “C'è solo un modo per scoprire se le tue impressioni sono vere.”
“Se la pensi così,” disse Nathan facendo un passo verso la leva e mettendoci una mano sopra. Dopo aver dato un'altra occhiata a Lara ricevendo la conferma di un cenno con la testa, tirò la leva. Il meccanismo si mosse con una lentezza agonizzante, gemendo come un vecchio rottame. E quando la leva scese del tutto, la porta a muro davanti a loro si alzò.
Lara fece scorrere gli occhi intorno al posto, ma non si mosse nulla: né frecce, né lance acuminate, né fuoco. Neanche l'acqua. Con le armi alzate, entrarono con cautela.
Vennero accolti da una vista simile alla precedente: un corridoio buio che si stagliava davanti a loro con le pareti lucide e levigate. Ciò che lo rese un po’ diverso fu che il percorso, anziché essere rettilineo, curvava leggermente.
“Be’, non c’è niente di nuovo... whoa!” esclamò Nate con sorpresa, udendo alle proprie spalle il rumore improvviso della porta che si chiudeva in un tonfo, bloccando ogni via d'uscita.
“Questa sì che è una novità,” proruppe Lara toccandone la superficie di pietra, ma non trovò nulla che potesse riaprirla. Erano chiusi dentro. “Senz’altro la via d'ingresso non sarà quella d'uscita.”
Pochi secondi dopo cominciò a diffondersi un rombo, dapprincipio basso e distante come un tuono che scoppia a chilometri di distanza, e in seguito sempre più intenso, fino a diventare un vero e proprio frastuono. Quando Lara direzionò la luce alla sua destra, individuò un enorme masso che si precipitava verso loro.
“Corriamo!” urlò al compagno girandosi alla direzione opposta.
L’enorme masso aveva il diametro grande quanto tutto il corridoio, e non c’era anfratto dove potersi nascondere per evitarlo. Nel buio vedevano solo la luce tremolante delle loro torce elettriche mentre correvano inseguiti dalla minacciosa trappola di pietra. La sua velocità era costante, e ciò diede loro il tempo di guardarsi intorno ma non di fermarsi. Non c'erano porte, né fessure, né vie di fuga.
“Guarda, laggiù!” esclamò Nate individuando una porta chiusa simile a quella da cui erano entrati.
Quando Lara si fermò un attimo per controllarla, la speranza che si era risvegliata in lei si spense alla stessa velocità. “È la porta da cui siamo venuti. Stiamo girando in tondo.”
Il masso non si fermò ed il suo suono roboante li seguì.
“Merda. Dobbiamo trovare una via d'uscita. Non possiamo correre a cerchio fino a morire,” sostenne Nathan.
“Ci sto lavorando,” replicò Lara accelerando di nuovo e proiettando la luce della torcia tutt’intorno. Le pareti erano alte e non riusciva a vedere il soffitto. Niente statue, niente incisioni, niente leve. Niente che avrebbe potuto fermare il masso. “Ci dovrà pur essere qualcosa.”
“Sai, c'è sempre una via d'uscita,” ritenne Nate facendosi prendere dal panico quando, avvistando nuovamente la porta, si accorse di stare facevano un altro giro. “Merda.”
La torcia scrutava le pareti, sfrecciava su e giù mentre correvano lungo il corridoio, e all'improvviso Lara notò qualcosa. All'inizio pensò solo di immaginare la macchia rossa sopra di loro, ma quando spostò la luce su di essa all’indietro, la vide di nuovo.
“Là. Sopra di noi,” informò fermandosi per un attimo e lasciando che il masso si avvicinasse pericolosamente. “Acceleriamo e guadagniamo un po’ di tempo.”
Sforzarono i muscoli delle gambe come un corridore che raccoglie le ultime energie e si allontanarono dal masso. Quando raggiunsero nuovamente il punto stabilito, Lara afferrò le sue pistole e sparò al segno rosso. Lo colpì una, due, tre volte, ma non successe nulla. “Deve essere così che bisogna fare. Nate, spara!” gridò disperata.
“Quella cosa sta arrivando,” avvisò il cacciatore di tesori scorgendo il masso con la coda dell'occhio, e sapeva che avevano poco tempo prima che li schiacciasse.
“Spara. Ora,” insistette la ragazza. Spararono con tutte e tre le pistole contemporaneamente, colpendo il punto rosso proprio nel mezzo, ed il rombo tacque. Il masso rallentò, rotolò per qualche metro ancora, e i due indietreggiarono finché non si fermò del tutto.
Il luogo fu inondato da un’improvvisa luce.
Strizzando gli occhi abituati ad una vista più buia, dopo aver messo a fuoco l’ambiente, i due cacciatori di tesori si guardarono intorno.
“Bel posto,” disse Nate.
Era davvero bello. Molto diverso da quello che Lara si era immaginata nell’oscurità. Era una stanza enorme, rotonda, con il soffitto alto come una cattedrale. Alcune pareti al centro ne celavano una parte, non avendo idea di cosa ci fosse oltre. Mentre camminavano, notarono una scala alta sul muro esterno che portava ad una sporgenza, ma era impossibile raggiungerla.
“Questa è la nostra via d'uscita,” disse Lara.
“Sì. E come ci arriviamo lassù?”
Il muro esterno era piatto, senza punti d'appoggio, senza sporgenze. A parte i graffi che il masso aveva lasciato, non c'era niente.
“Non lo so ancora,” ammise la ragazza continuando a camminare, tracciando una mano sul muro.
Nate passeggiò nella stanza, tenendo gli occhi sulle parti più alte fino a quando il collo non cominciò a fargli male. Lara lo perse di vista, udendo solo i suoi passi in lontananza.
“Che ne pensi di questo?” chiese Nathan. Sentendo la sua voce dietro una delle curve, Lara si precipitò verso di lui.
“Una bella scoperta,” convenne la ragazza. Una sottile rampa di scale partiva dal centro della parete interna, serpeggiando intorno alla parte centrale fino alla cima. “Ma è ancora troppo alta. Non possiamo raggiungerla.”
“È più bassa della scala di prima,” sostenne Nate.
“Ma non abbastanza.”
Colto dalla delusione, Nate passeggiò lungo il corridoio alla ricerca di tutto ciò che potesse essere d'aiuto. Ci deve essere un modo per raggiungere quelle scale, pensò arrivando ai piedi del masso. Gli diede un'occhiata attenta, accorgendosi che in realtà non era un masso, ma un qualcosa più simile ad un enorme rullo con le estremità piatte. Appoggiò le mani su di esso e si mosse.
“Credo di aver trovato la soluzione,” gridò a Lara. “Questa cosa si muove. Potremmo farla rotolare fino alle scale e salire.”
Riflettendoci, Lara capì che poteva funzionare. “Facciamolo.”
Entrambi si sforzarono di spingere il pesante rullo che si muoveva lungo la superficie piana. Era piuttosto faticoso.
“Ora va bene. Smetti di spingere,” disse Nate lasciando la presa, e il rullo si fermò proprio sotto le scale. “Potrebbe funzionare.”
“Funzionerà,” sostenne Lara con determinazione. “Dammi una spinta per salire sul masso.”
Nathan unì le mani e la ragazza ci appoggiò un piede. Al tre, si spinsero verso l’alto e la cacciatrice di tesori si arrampicò. Poiché il rullo non rimaneva del tutto fermo, dovette faticare un po’ per rimanere in equilibrio. Quando trovò il baricentro, si sdraiò lentamente a pancia in su e porse la mano per aiutare Nate a raggiungerla.
Quando entrambi furono sul rullo, Lara si avvicinò al muro e saltò per afferrare la prima sporgenza. La rampa di scale era così stretta che dovettero appiattirsi contro il muro e spostarsi di lato. Gli scalini antichi scricchiolavano sotto il loro peso, ed uno si ruppe quando Nate ci passò sopra. Cadde a terra emettendo uno schianto, lasciando uno spazio vuoto.
“Attenzione,” disse Lara. "Potremmo aver bisogno di scendere di nuovo.”
Di tanto in tanto scivolavano coi piedi. Nate le agguantò il braccio per evitare che cadesse, notando che stava incespicando in avanti. Giunti in cima, si girarono e si arrampicarono sul muro, arrivando ad una piattaforma abbastanza larga da poterci stare sopra.
“Mhh. Non so se questa vista mi piace,” commentò Nate grattandosi la testa.
La parte centrale della stanza sotto ai loro piedi fungeva da gigantesca cisterna, ed era piena d'acqua fino al bordo. Una piscina senza onde così profonda che il fondo era solo una macchia sfocata di colori e forme sbiadite. Ciò gli ricordò la terribile trappola della tomba di Chagatai.
“Ancora acqua. Sembrano tenerci tanto a questo elemento,” scherzò Lara facendo un passo laterale e studiando la piscina. “A cosa servirà?”
“Sicuramente non a farci tornare bei ricordi,” rispose Drake. Si guardarono all’unisono, riscontrando le stesse emozioni contrastanti. Quel giorno erano quasi morti, ma ne seguì un’avventura clamorosa. “Vado a dare un'occhiata.”
Nathan si tuffò in acqua e nuotò fino al fondo. Lara lo guardò dal muro, cercando di capire cosa stesse facendo. Dopo aver seguito il perimetro del muro, Nate si fermò per armeggiare con qualcosa, poi riprese a nuotare e riemerse prendendo una grossa boccata d’aria.
“Ho bisogno del tuo aiuto,” disse alla compagna afferrando il bordo del muro. “Ho trovato una leva sul fondo, ma non si muove.”
Lara si tuffò con un balzo e una postura aggraziati, ed il suo corpo si tese colpendo l'acqua senza schizzare. Mentre s’immergeva sempre più, i ricordi dell'annegamento le affiorarono la mente, mandando un'onda di paura lungo il corpo, ma riuscì subito a scacciare via la spiacevole sensazione. Una sola, brutta esperienza non le avrebbe impedito di andare avanti. Soprattutto ora che stava per entrare nella tomba che aveva inseguito per anni.
Arrivati al fondale, afferrarono la leva e, quando Nate annuì, tirarono assieme, puntellando i piedi contro il muro per darsi più forza.
La leva si abbassò.
Riemersero scalciando velocemente, curiosi di sapere ciò che sarebbe successo. Accanto alla leva si aprirono diversi cunicoli, che fecero scendere con piccoli vortici il livello dell’acqua. Quest’ultima si riversò nella stanza circolare dove si trovava il masso.
“Ora è tutto chiaro,” disse Lara sorridendo. “A questo modo raggiungeremo la scala.”
“Andiamo,” esclamò Nate immergendosi e nuotando lungo i cunicoli sul fondale, giungendo alla stanza principale dove il livello dell'acqua si alzava man mano, fino a che la scala non fu alla loro portata di mano.
“Mi piace questo meccanismo,” disse Lara concitata, allungando il braccio per afferrare la scala impaziente che l’acqua raggiungesse la quota giusta.
Nate amava lo sguardo sul suo viso. Il luccichio dei suoi occhi, il sorriso che si nascondeva nell'angolo della bocca. “Prima le signore,” disse, e lei rispose con uno sguardo pieno di gioia.
Arrivata al cornicione, si girò, guardò la struttura sottostante e si chiese come fosse stato possibile che una cosa del genere fosse stata costruita più di otto secoli prima: il cerchio esterno della stanza dove si trovava il masso era pieno d'acqua, mentre quello interno mezzo vuoto, ed i livelli combaciavano perfettamente. I due cacciatori di tesori erano in piedi al di sopra di tutto questo, con lo stupore dipinto sui loro volti.
“Non è incredibile?” chiese Lara incantata.
Nate, in piedi di fianco a lei, capiva bene cosa volesse dire. Era davvero stupefacente. “Sì, hai ragione,” concordò, ed era sbalorditivo anche il fatto che finora fossero sopravvissuti a tutti quei maestosi ed ingegnosi meccanismi. “Ma ora dovremmo vedere dov'è finito il buon vecchio Gengis.”
Allontanare gli occhi dalla stanza richiedeva un certo sforzo, ma ciò che li aspettava era molto più eccitante.
Proprio come nella tomba di Chagatai, dopo la trappola, il corridoio era scarno e normale, e conduceva a una stanza simile a quella dove Johansson li aveva sorpresi: un piccolo ambiente di base circolare, con una serie di statue di soldati allineati su entrambi i lati a guardia dell'ingresso, costituito da una porta con un foro circolare al centro.
“Eccoci di nuovo,” disse Lara avvicinandosi alla porta e tirando fuori il disco dalla borsa. Dopo averlo inserito nel foro, lo ruotò verso destra, fino a quando le due metà del simbolo non si unirono. Ma non successe nulla.
“Deve esserci qualcosa che non va,” ritenne Nate avvicinandosi a lei. “Sei sicura che questo sia il simbolo giusto?”
“Certo. Lo stesso di prima: il simbolo di Gengis Khan,” rispose Lara ruotando il disco ancora una volta, ma fu vano. Il cancello rimase chiuso.
Lara roteò il disco in entrambe le direzioni, azzardando ogni simbolo. Niente. Gli ingranaggi rimasero immobili, il cancello chiuso.
“Non posso crederci,” esclamò Lara prendendo a calci la porta. “Gengis Khan si prende gioco di me, di nuovo. Dopo tutto questo tempo.”
Estrasse la pistola puntandola alla porta.
“Ehi, ehi,” la fermò Nate cingendole saldamente il polso prima che potesse sparare. “Non farlo. So che sei frustrata, ma questo non ti aiuterà.”
Lara fece un sospiro sconfitto. “Lo so. Lo so, cazzo, lo so.”
“Diamo un'occhiata in giro,” propose Nathan senza lasciarle la mano, come a spronarla di seguirlo.
Le statue si ergevano maestose e in silenzio, con gli occhi che sembravano seguissero l’incedere cadenzato di Lara e Nate, i quali sondavano ogni centimetro della stanza. Erano quasi certi che quei soldati deridessero la loro incapacità di proseguire.
Ai piedi di uno di essi, Lara si sedette a terra e allungò le gambe in avanti. “Non lascerò che Gengis Khan vinca di nuovo.”
Nate le si sedette accanto, avvilito quanto lei. “Siamo arrivati così lontano.”
Con la testa all'indietro, rimasero in silenzio osservando i soldati che incombevano su di loro. “Li odio,” disse Lara, illuminando con la torcia uno dei volti.
Nate sorrise. “No che non li odi.”
“Hai ragione,” ammise Lara con un sospiro. “Ma lo vorrei.”
La torcia lampeggiò un paio di volte, poi la luce si spense definitivamente. “Oh, andiamo. Proprio adesso,” disse la ragazza battendo l’attrezzo contro l'altro palmo della mano per riportarlo in vita. Il fascio di luce si proiettò da qualche parte sul muro sopra i soldati, poi scomparve di nuovo.
Nate si alzò in piedi. “Aspetta un momento. Spostiamo di nuovo la luce laggiù,” disse prendendole la torcia. “Proprio lassù.”
Assottigliando gli occhi, Lara si alzò e vide ciò che Nate aveva notato. Sulla superficie del muro erano stati tracciati dei piccoli disegni, e ciò era atipico: finora non avevano mai visto intagli o raffigurazioni nelle tombe, e adesso ecco che li avevano trovati. Era una coincidenza? Lara afferrò il binocolo mettendolo in modalità notturna, ingrandendo l’immagine il più possibile.
“È incredibile,” disse rapita camminando lentamente in avanti. “Credo sia la storia di come questa tomba è stata chiusa e nascosta al mondo. C’è un tizio raffigurato in piedi davanti alla tomba che tiene il disco solare sopra la testa. Nella scena successiva lo dà a qualcuno, che presumo sia Chagatai.”
“Questo lo sapevamo già. E poi cosa succede?”
“Abbi pazienza, Nate,” replicò Lara, ma la sua voce tradì una certa eccitazione. “Che diavolo è quell’oggetto disegnato dopo?”
“Fammi vedere,” le disse Nathan rubandole il binocolo. “È… non ne ho idea. Qualcosa di piccolo. Un altro oggetto?”
Con un movimento impaziente, Lara gli strappò dalle mani il binocolo. “Non riesco a capire. È qualcosa di simile ad una corda, con appeso un oggetto all’estremità. Un oggetto attorno ad una fune. Oppure... Porca miseria!” esclamò girandosi e avvicinandosi a Nate. Con una velocità che lo colse di sorpresa, gli infilò una mano nella tasca dei pantaloni.
“Questo dovrebbe essere un invito?” scherzò Nathan con un mezzo sorriso, ricevendo il solito sguardo storto – ma pur sempre divertito – della compagna. “Ok, qualunque cosa tu stia facendo, stai attenta perché ti trovi molto vicino ad una zona delicata...”
Lara tirò fuori la collana con la placca d'oro. “Dove l'hai presa?”
“L'ho trovata nella tomba di Chagatai. Pensi che...?”
La ragazza neppure aspettò il resto della frase che si precipitò al cancello e inserì di nuovo il disco. Quando lo girò, non successe nulla, proprio come in precedenza. Ma stavolta era a conoscenza di un particolare fondamentale che le fece notare un dettaglio sulla porta: una minuscola fessura al centro del disco, come se si trattasse di una piccola serratura.
“Deve essere questo,” disse tenendo il piatto dorato tra due dita, e cominciò a vacillare. Era la sua ultima possibilità, e una parte di lei aveva timore di sapere se la sua deduzione fosse giusta o meno.
“Fallo,” la spronò Nate che, accorgendosi della sua esitazione, mise una mano sopra la sua, infondendole coraggio. “Facciamolo insieme.”
Le diede la forza di fare l'ultimo passo, di superare le paure. Deve essere così, continuava a ripetersi mentalmente Lara mentre avvicinava il ciondolo piatto della collana alla fessura. Il bordo s’incastrò perfettamente ed la superficie piatta scivolò da sé nella serratura, come una chiave che aveva trovato il suo posto.
Gli ingranaggi si girarono, cigolarono, e i due fecero un passo indietro guardandoli muoversi. Dev'essere così, pensò Lara ancora una volta osservando la trave metallica spostarsi di lato e il cancello aprirsi.
Con una torcia in mano, Lara varcò la soglia con gli arti che le tremavano e lo stomaco in subbuglio. Accese una fiaccola al lato del cancello ed il fuoco, come in precedenza, divampò nella piccola fessura che percorreva tutte le pareti, illuminando l'immensa stanza piena di meravigliose ricchezze. E, nel mezzo, era situata la tomba dorata di Gengis Khan che li aspettava in silenzio, circondata dai suoi fedeli guerrieri a guardia del suo sonno eterno.
“Questo sì che è un tesoro,” disse Nate eccitato, ma lasciò che fosse lei a fare il primo passo nella stanza, senza intralciarla in alcun modo con la sua presenza. Lasciamo che si goda il suo momento.
Lara rimase per un po’ a rimirare l’ambiente, poi si voltò verso il compagno, regalandogli un sorriso ed un luccichio negli occhi che non avevano eguali. Senza pensare, Nathan la tirò a sé, la sollevò e la fece volteggiare in aria. “L'hai trovata. Sapevo che l'avresti trovata.”
“L'abbiamo trovata,” esclamò la ragazza buttando la testa all'indietro, e la risata che fece attraversò la stanza, riempiendola di vita dopo otto secoli.
Drake si fermò e adagiò la compagna a terra, la quale rimase con le mani aggrappate alle braccia del ragazzo. Fu colto dalla sorpresa quando la vide gettarglisi al collo e cingerlo, posando la testa sull’incavo della spalla.
“Grazie,” mormorò Lara stringendo forte, e Nate sorrise, ricambiandole l’abbraccio. La ragazza pensava davvero a ciò che aveva detto. Il suo compagno l’aveva aiutata più di una volta, salvata, spronata quando il coraggio le era mancato, e le aveva reso il viaggio più divertente e intenso. Si rese conto solo allora che l’euforia nel trovare una tomba perduta nel tempo era la stessa di sempre, ma condividerla con qualcuno rendeva la sua gioia ancora più viva.
Nathan affondò il viso tra i ciuffi di Lara che fuoriuscivano dalla treccia sfatta. Ripensò al loro viaggio, alle sparatorie e alle trappole, ai sorrisi che gli regalava ogni volta che veniva invasa dall’adrenalina e che l’avventura le si presentava davanti. Una parte di lui si rattristò all’idea che era tutto finito.
Si allontanarono, ma le dita rimasero intrecciate, come se non riuscissero a sancire una vera e propria fine.
“Forza. Andiamo a dire al mondo ciò che hai trovato,” disse Nathan con un sorriso. Lara glielo ricambiò e, infine, lasciò la presa.

***

Due settimane dopo, maniero dei Croft

Lara era sdraiata sul divano con le gambe appoggiate al bracciolo come qualche settimana prima, ma stavolta era ben lontana dall'annoiarsi. Aveva tante cose di cui occuparsi e una serie di avvenimenti da organizzare, e l’idea le piaceva molto. La scoperta della tomba era stata solo il primo passo di un lungo cammino.
Il modo in cui aveva trascorso le ultime settimane la faceva sorridere. Aveva vissuto una grande avventura che aveva conseguito un importante successo in scala mondiale, ma che le aveva regalato anche tante emozioni e divertimenti. Talvolta, quando si trovava da sola, si metteva a ridere a crepapelle ripensando a tutte le cose folli che aveva fatto con Nate. Trappole, tombe, sparatorie, inseguimenti in auto. E infine, ma non meno importante, avevano trovato il tesoro più famoso di tutti i tempi.
Mentre i pensieri turbinavano intorno a Drake, sentì un debole bussare alla porta dello studio. Vide Hilary entrare con un vassoio in mano su cui giaceva una grande busta bianca.
“È arrivata posta per lei, Lady Croft,” annunciò porgendole il vassoio e aspettando che lei prendesse la lettera.
“Grazie, Hilary,” rispose Lara girando la busta chiusa, ma non c'era il mittente, solo l’indirizzo del suo maniero scritto con una grafia abbozzata. Notò il francobollo di provenienza americana, e un sorriso si delineò sul volto senza che riuscisse a fermarlo. Aprì la busta con il coltellino che Hilary aveva posato sul vassoio. All'interno, trovò un giornale di una settimana fa con un grosso titolo in prima pagina: il New York Times dello scorso mercoledì che aveva già sfogliato, ma che volle comunque leggere nuovamente.

LARA CROFT HA TROVATO LA TOMBA DI GENGHIS KHAN
LA SCOPERTA DEL SECOLO

La cacciatrice di tombe scorse con gli occhi sull'articolo, leggendo il titolo che già conosceva. Voltando pagina per continuare, un bigliettino scritto a mano si sfilò e le cadde sulle gambe. Lo afferrò e lo avvicinò a sé.

La gloria è tutta tua, come volevi. Spero che tu ne sia felice. Mi sono goduto ogni minuto. N.D.

Un sorriso le attraversò il viso, non sapendo bene nemmeno il perché. Piegò il foglio, lo ripose in tasca e si alzò.
“Puoi mettere il giornale con i restanti,” disse a Hilary, dirigendosi verso la porta. Il sole pomeridiano attraversava le alte vetrate e illuminò la lama della spada di Gengis Khan che adornava la parte superiore del caminetto.
Quando la vide uscire, Hilary pensò che, qualsiasi cosa fosse stata scritta in quel biglietto, aveva reso la sua padrona felice come non accadeva da molto tempo.







NOTE DELLA TRADUTTRICE:
Ed eccoci alla fine. Questa storia è stata una meravigliosa avventura che mi ha fatto rimanere incollata allo schermo fin dalla prima lettura in inglese. Credo che questo sia il più giusto dei finali, dolce e nostalgico.
A voi lettori che avete amato quanto me questa fanfic, vi dico già che a breve posterò anche il seguito. Mi serve giusto una settimanella al massimo per rivedere un po’ le traduzioni… ma se mi prende bene e ho tempo, potrete vederla online già domani. Chissà! XD Rimanete con gli occhi puntati nella sezione “Tomb Raider”, e chi vuole può anche scrivermi in privato. Mi piace sempre scambiare qualche chiacchiera con i lettori!
A presto!


V a l y

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