Il colore del grano, la fragilità della rosa

di fennec
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima ***
Capitolo 2: *** Parte seconda ***
Capitolo 3: *** Parte terza ***
Capitolo 4: *** Parte quarta ***



Capitolo 1
*** Parte prima ***


Parte prima
 
 




 
Perché quando si trattava di lei si ritrovava sempre con un occhio nero, un labbro spaccato o una costola incrinata? E, se andava male, con questi ed altri simili souvenir?
 
- Stammi bene a sentire: io non voglio un compagno di giochi, ma un compagno d’armi! –
 
Sì, ecco, doveva avere a che fare con questo.
Avrebbe dovuto capirlo sin da subito, già da quando la vide per la prima volta. Lui aveva otto anni e lei sette, ma non era la bellissima bambina di cui la nonna gli aveva parlato o, meglio, bellissima lo era per davvero, ma di sicuro non poteva essere una femmina, su questo non aveva avuto alcun dubbio. Non assomigliava per niente alle bambine che fino ad allora aveva conosciuto, men che meno a Christine*, la fanciulla che gli aveva strappato una promessa di matrimonio e che gli aveva regalato una ciocca di capelli, a imperitura memoria del suo affetto, poco prima che partisse per trasferirsi a casa De Jarjayes, una vita fa.
Una trottola e un coltello con il manico rosso. Questi erano i tesori dell’infanzia di Oscar e una spada fu il primo regalo che ricevette da lei.
 
- Nonna, mi vuole uccidere! Sei una bugiarda! Mi avevi detto che era una damigella! –
 
Uno schiaffo (quando gli andava bene) era la risposta che sua nonna gli riservava ogni qualvolta mettesse in dubbio la femminilità della bambina. Ma uno sguardo severo e un sonoro rimprovero costituivano il trattamento altrettanto spiacevole che il Generale e la stessa Oscar gli destinavano quando, per rivolgersi a lei, non usava il maschile.
“Il mondo è davvero terribilmente complicato” pensava André.
Ma se lo sarebbe fatto andare bene lo stesso.
 
- Che giochi facevi con gli altri bambini prima di arrivare qui? –
Una domanda dolorosa per lui che, dopo aver perso il padre e la madre, aveva dovuto dire addio anche all’unica vita che conosceva, agli amici e al piccolo e povero paesino di campagna che lo aveva cullato negli anni più teneri.
Non avrebbe mai mostrato il suo dolore, però, non di fronte a quel bambino (o bambina?) dai capelli biondi e dallo sguardo fiero, che si era subito rammaricato di dovergli insegnare a tirar di scherma.
- Cosa vorrebbe dire che qualche volta hai giocato coi bastoni? – aveva sbottato con incredulo disprezzo.
André, però, aveva imparato in fretta e altrettanto in fretta stava imparando a conoscere Oscar.
- Con gli altri bambini giocavo a far la lotta – rispose con un mezzo sorriso, pregustando già una piccola soddisfazione – Vedi? Si fa così! –
E, senza preavviso, l’aveva buttato a terra con uno spintone.
Oscar l’aveva guardato stupito, le sopracciglia inarcate, e per qualche interminabile secondo il silenzio che seguì gli fece pensare al peggio. Presto si sarebbe ritrovato per strada, cacciato da casa De Jarjayes dopo appena qualche mese. Si avvicinò al bambino preoccupato, la mano tesa per aiutarlo ad alzarsi e una scusa pronta sulla punta delle labbra quando…
Qualcosa lo colpì alle gambe, lo fece rovinare a terra e, in men che non si dica, si ritrovò Oscar a cavalcioni sopra di lui.
- Sai, André… Mio padre di sicuro disapproverebbe, ma a me sembra un passatempo piuttosto divertente! –
Fu così che assaporò con amarezza e vergogna il pugno di una bambina o insomma… di quello che Oscar avrebbe dovuto essere. Se lo avesse raccontato ai suoi amici, lo avrebbero preso in giro fino alla morte, ma in quel momento non poteva permettersi di piangere per il suo orgoglio ferito: la lezione di Oscar non era ancora finita e presto si ritrovarono a rotolare per terra in un innocente scontro all’ultimo sangue.
Quando, ormai stanchi, si alzarono pesti e doloranti da terra (o almeno ci provarono), Oscar, con suo grande stupore gli sorrise e scoppiò a ridere: - Lo sai, André? Come spadaccino lasci alquanto a desiderare, ma nella lotta non sei male, forse è solo questione di esperienza! –
Inutile dire che sua nonna non fu altrettanto entusiasta. Il mattarello che aveva usato per colpirlo aveva reso i suoi lividi ancora più vistosi e dolorosi.
Ma questo aveva poca importanza.
Oscar era raggiante e per la prima volta pensò che forse avrebbe potuto veramente diventare sua amica… o suo amico… sì, insomma, sarebbero stati bene insieme.
 
Naturalmente non poteva immaginare che quello era stato solo un piccolo assaggio di tutte le sfide che lui e lei avrebbero affrontato, di tutte le avventure che avrebbero vissuto insieme.
Come quella volta in cui avevano rischiato di affogare nel laghetto vicino a casa perché Oscar voleva vedere quanto era profondo; o come quell’inverno in cui lo aveva svegliato in piena notte per fare un pupazzo di neve in giardino… André non ricordava di aver mai sofferto così tanto freddo in vita sua, ma per l’amico era il momento perfetto, la neve sembrava non voler smettere di cadere; o ancora quando la cattura di Jeanne Valois li aveva condotti in quel castello sperduto chissà dove e, per un soffio, non erano saltati in aria nell’incendio che era seguito; o quando, durante la ricerca del Cavaliere Nero, Oscar con l’inganno era stata fatta prigioniera nel Palazzo del Duca di Orléans e André aveva rinunciato al suo occhio sinistro pur di salvarla…
Forse il Generale non lo aveva messo accanto ad Oscar per assicurarsi che quest’ultima, circondata da donne sin da prima di nascere, crescesse affiancata da almeno una compagnia maschile, ma, conoscendo l’indole tumultuosa e a volte troppo avventata della figlia, sperava che André, abitualmente più docile e tranquillo, potesse placare l’ardore della giovane, come se fosse possibile domare Pegaso e le sue ali selvagge…
E ora…
Ora lui era lì, accasciato sul sudicio pavimento dell’armeria della Guardia Metropolitana.
Le ferite che più gli bruciavano, però, non erano quelle del corpo, ma quelle dell’anima. Piaghe pulsanti che forse non si sarebbero mai rimarginate.
- Oscar, ti prego, non ti sposare –
Non si ricordava in quale momento esatto aveva smesso di vedere in Oscar un amico fraterno ed il suo affetto per lei si era trasformato in amore profondo, una passione che tentava di nascondere, perché, se spegnere la fiamma era impossibile, almeno poteva evitare che si trasformasse in incendio e bruciasse tutto ciò che aveva con cura costruito fino ad allora.
Forse la prima scintilla era scoppiata all’inizio dell’adolescenza, quando per la prima volta aveva osato disobbedire a un ordine del Generale non solo rifiutandosi di convincere Oscar ad indossare la divisa delle Guardie Reali, ma addirittura supplicandola di ribellarsi a quello stesso padre che, accecato dai propri sogni, aveva cresciuto una figlia come un figlio e aveva fatto di un ragazzino sconosciuto il suo amico più fedele.
 
- Oscar, non è ancora troppo tardi. Fermati e diventa una donna! –
 
Di sicuro, però, tutto era finito appena qualche settimana prima.
La sera più maledetta e più benedetta della sua vita.
Quando Oscar si scoprì donna e lui si mostrò uomo (o quello che era diventato) nel modo peggiore in cui potesse succedere.
Ma la visione dei seni bianchi della donna che amava… i suoi seni bianchi e gli occhi… Dio, perdonami! I suoi occhi spaventati, in lacrime, ma così vivi! E il sapore della sua bocca… L’unica ragione per cui era riuscito a resistere fino ad allora era che non aveva ancora conosciuto il sapore della sua bocca.
Se l’Inferno e il Paradiso esistevano veramente, quella sera li aveva visitati entrambi… o forse erano la stessa cosa?
“La morte e la vita sono così terribilmente complicate”.
Ormai, tuttavia, non riteneva possibile che tutto potesse andare bene lo stesso.
 
- Ma certo, adesso capisco tutto. Credo che vi ami, Comandante. Beh, allora io vi lascio soli, penso che sia meglio che vi occupiate voi di André... In ogni caso vi ama tanto da rischiare la vita per voi –
Era la risata beffarda di Alain quella che aveva sentito allontanarsi? E… Dio, ti prego, non sarà stata Oscar la persona con cui stava parlando! Cosa avrà visto? Cosa avrà sentito? Cosa starà pensando? Era ancora lì?
Non si era mai sentito così nudo e indifeso. Desiderava soltanto svenire, come un codardo, per non provare più tanta vergogna.
E mentre si aggrappava a quel dolce desiderio, il sapore del sangue che bagnava le sue labbra spaccate si mescolò a quello di un ricordo, la bocca di Oscar, il nettare degli dei. E per un attimo le sue labbra (o quello che ne era rimasto) si tesero in un sorriso.
“L’amore è così terribilmente complicato”.
 


*Christine è un personaggio che Riyoko Ikeda ha introdotto diversi anni dopo la "conclusione" della serie, in onore del suo quarantennale. È
 un'amica d'infanzia di André, teneramente e profondamente innamorata di  lui sin da quando erano bambini e, naturalmente, avrà anche lei un destino abbastanza triste.




 
 



 
 
Salve, popolo di EFP e abitanti del fandom di Lady Oscar, e grazie per aver avuto l’ardire di arrivare sino alla fine di questo primo capitolo.
Come ho già confessato, è la prima volta che scrivo ispirandomi a questo anime prezioso: saranno più di vent’anni che lo conosco, ma ogni volta che lo rivedo mi colpisce qualcosa di diverso… Così un giorno, per vostra sfortuna, mi sono detta: “Perché non provare a scrivere qualcosa su Oscar e André? Magari di quando erano bambini, in modo da poter usare dosi generose di fantasia e divertirmi un po’ a sondare la loro innocenza?”
Invece ne è venuta fuori questa… cosa. Non saprei bene nemmeno io come definirla, ma si è scritta quasi da sola e spero voglia dire qualcosa di positivo e soprattutto che possa essere quantomeno decente da leggere. Magari mi hanno ispirato anche i bellissimi racconti di Sacrogral, in modo particolare “Ci penserò domani”… A proposito, vi consiglio di darci un’occhiata, ne vale davvero la pena!
Teoricamente questo mio esperimento si compone di due parti, la seconda è già pronta… Ma nulla toglie che possa avere una terza parte e magari anche una successiva: dipende dalla mia ispirazione e un po’ anche dal vostro parere, se ritenete che sia il caso, potrei tentare di nuovo la sorte.
Ma ora ciancio alle bande e bando alle ciance, vi ho annoiato anche troppo! Grazie per il vostro tempo e… se vorrete lasciare un commento, positivo o negativo che sia, sarà per me un grande piacere leggerlo.
A presto (spero!),
fennec

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Capitolo 2
*** Parte seconda ***


Parte seconda
 
 


 
Fu strappato all’incoscienza da Morfeo quando il fuoco della bocca incontrò il ghiaccio terribile della realtà…
O almeno così gli parve. Come se dovesse essere punito per i suoi sogni arditi e, si sa, niente può essere più labile del confine tra sogno e incubo.
Perché quando riaprì gli occhi o, meglio, l’unico occhio che gli era rimasto, il bagliore del colore del grano che così bene conosceva e che così tanto amava lo colpì come uno stiletto al cuore.
- Oscar? –
Desiderio e paura al tempo stesso… possibile che un solo nome potesse riassumere una vita intera, l’unica vita che valesse la pena di assaporare?
- Sta’ zitto, André, non so come tu faccia a parlare con un labbro così gonfio! –
Allora di quello si trattava, la realtà ghiacciata che gli aveva morso le labbra non era altro che il panno fresco e bagnato con cui Oscar gli stava tamponando la bocca, attenta e dolce come solo lei sapeva essere.
- Mi spiace, André, ho provato a cercare del disinfettante in tutta l’infermeria, ma proprio non l’ho trovato. Mi viene il dubbio che il dottore usi il Cognac per pulire le ferite o stordire i pazienti… per te, del resto, non dovrebbe essere una novità – aggiunse con un tono di rimprovero.
“Ma senti un po’ da che pulpito” pensò. Non ebbe, però, il coraggio di replicare, i loro rapporti erano così tesi che un solo passo falso avrebbe potuto rompere il sottile filo su cui giocavano a fare gli equilibristi.
Piuttosto pensò bene di recuperare (ammesso che fosse possibile) quel poco di pudore e di orgoglio che aveva perso cedendo alla passione.
- Vi ringrazio per la vostra premura, Comandante, ma non ce n’è bisogno, posso far da solo, al massimo mi darà poi un’occhiata il dottore –
- Non è in servizio ed evidentemente la Guardia Metropolitana, agli occhi di chi di dovere, non è abbastanza importante da avere un medico sostituto sempre a disposizione. E forse è meglio così… – aggiunse, pensierosa - Se il dottore ti avesse visto e avesse saputo il motivo del tuo stato, avrei dovuto scrivere un rapporto… –
“Come se la situazione non fosse già terribilmente complicata” sembrava volesse aggiungere.
Allora era questo, il vero problema?
“E ditemi, Comandante, quale sarebbe la ragione del mio stato?”
Anche questo, però, non poté dirlo. Lo sguardo di Oscar era così triste che non sarebbe stato corretto andare oltre.
Le rose hanno le spine ma sono fragili, dopo tutto.
E lui, forse, non aveva mai imparato ad osare, ma sapeva bene come cogliere una rosa e quello non era il modo. Forse non lo sarebbe mai stato.
- Non vi preoccupate, Comandante, so badare a me stesso. Voi avete altri problemi per cui preoccuparvi –
Parole dette da un innamorato folle e quasi cieco che era appena stato massacrato di botte dai suoi camerati ed era stato salvato da un amico mezzo nobile, mezzo criminale e da una donna che vestiva ed agiva come un uomo… Ecco, forse quelle parole infondevano più ilarità, che sicurezza. Ma Oscar non replicò, non fece nemmeno una smorfia o, almeno, ebbe la decenza di risparmiargli anche questa umiliazione.
Sembrava impossibile che appena qualche anno prima si dicessero tutto, ogni segreto, ogni pensiero, in piena libertà e il silenzio serviva solo a dare forma a ciò che con le parole non si poteva esprimere.
- Ammetto di essere molto preoccupata per te, André –
Lui le dava del voi e lei gli dava del tu… chi dei due stava sbagliando? Entrambi oppure nessuno? L’amore era così terribilmente complicato.
Ma Oscar aveva parlato di sé al femminile, le volte che lo aveva fatto si potevano contare sulle dita di una mano… forse André poteva ancora permettersi di sperare.
- E io ti ripeto – (il passaggio al tu era stato intenzionale) – che non c’è ragione per cui ti debba preoccupare per me –
- Un buon Comandante si preoccupa sempre per i suoi uomini –
Questo di certo non se lo sarebbe mai aspettato e, a giudicare dalla sua espressione sorpresa, lei per prima non credeva alle sue stesse parole.
Qualcosa di nuovo e indefinito sembrò congelarli per un attimo eterno. Oscar che stringeva ancora il panno inumidito a mezz’aria e André, se possibile ancora più stordito di prima, che non capiva più se stesse sognando o se fosse sveglio.
Magari stavano sognando entrambi senza saperlo.
“Sognare è così terribilmente complicato”.
- André, io… - sembrò soppesare le parole con accuratezza, come un medico che deve confessare una diagnosi terribile, ma era un tono deciso e al contempo affettuoso quello con cui si rivolse a lui, lo stesso che usava quando erano bambini e volevano fare la pace dopo aver litigato.
- Ti voglio molto bene, André, ma non voglio che tu ti faccia del male. Non potrei mai perdonarmelo –
 
- Ma se voi, Maestà, volete ugualmente la morte di André, allora io ho il dovere di difenderlo. Chiedo, Maestà, che venga sottoposto a un regolare processo e, se questa mia richiesta non sarà accolta, prenderò io il posto di André sul patibolo! -
 
- Giuro che un giorno, se sarà necessario, darò la mia vita per te come tu sei stata capace di fare per me. È un impegno solenne quello che prendo con te, Oscar: un giorno, se il destino lo vorrà, sacrificherò la mia vita per te! –
 
Forse erano stati loro stessi a scegliere la loro condanna tanti anni prima.
Oppure, come in una favola terribile e senza tempo, il destino, ancor prima che nascessero, si era voluto prendere gioco di loro: della figlia che avrebbe dovuto essere un figlio e del figlio che non aveva mai conosciuto il proprio padre. E ora, in un’infermeria militare, in cui solo le umide e fredde mura facevano da spettatrici, un altro atto aveva fine ed uno nuovo aveva inizio, verso un finale quanto mai incerto.
- Nemmeno io voglio che tu ti faccia del male, Oscar. Sono qui per proteggerti, qualsiasi cosa voglia significare… Se è vero che ognuno di noi nasce con uno scopo, allora il mio è sempre stato questo. Ti chiedo solo di accettarlo e di perdonarmi per… -
Esattamente per cosa avrebbe dovuto perdonarlo? Per ciò che le aveva fatto? Perché aveva visto la donna che era e che cercava in tutti i modi di nascondere? Perché l’amava troppo? Perché non aveva saputo custodire questo segreto fino alla fine? Era sempre più confuso e la stanchezza, il dolore e l’incertezza rendevano tutto più difficile, così terribilmente complicato.
Stava per concludere con un vago e disperato “per tutto” che poteva significare anche “niente” quando il colore del grano gli venne incontro luminoso, un colpo di vento fresco, forte e fragile, che si scontrò sul suo petto, sprizzando scintille e André non seppe dire se erano di gioia o di dolore.
Si rese appena conto che il suo corpo rigido sembrò sciogliersi, inebriato dal profumo di quella rosa, le cui spine erano fonte di immensa gioia e di eterna disperazione. E, mentre dei singhiozzi (era lei a piangere od erano entrambi?) scuotevano i loro corpi, si disse che anche lui, in fondo, era una rosa e se avessero potuto appassire insieme sarebbe stato l’uomo più felice e più fortunato del mondo. Del resto, forse, era stato così fin dall’inizio.
“L’amore, a volte, è così terribilmente semplice”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve, popolo di EFP e abitanti del fandom di Lady Oscar,
Innanzi tutto vi ringrazio per avermi accolto in modo così caloroso! I vostri commenti mi hanno fatto un immenso piacere e mi hanno anche aiutato a correggere alcune imprecisioni: il nome della bambina innamorata di André (Christine) e del corpo militare che viene assegnato ad Oscar (sapevo che non poteva essere la Guardia Cittadina, ma l’aggettivo “Metropolitana” proprio non mi veniva)… grazie!
Per quanto riguarda l’utilizzo di aggettivi alcune volte maschili e altre femminili in riferimento ad Oscar, la scelta alternata chiaramente non è casuale, ma dipende da come il personaggio si percepisce o viene percepito da altri. Infine, il grande dilemma: fedeltà al manga o all’anime? Io ho optato per entrambi dove e quando fosse possibile e, per licenza poetica, talvolta mi sono permessa di ricontestualizzare cronologicamente qualche battuta dell’anime.
Postrema autem non minimus, nuntio vobis gaudio magno: habemus tertiam et quartam partem! Verranno pubblicate ogni settimana o poco più, concedetemi il tempo di andare e tornare dalle vacanze.
Ed ora ciancio alle bande e bando alle ciance, spero che questa continuazione non vi abbia deluso troppo! Grazie per il vostro tempo e… se, vorrete concedermeli, i vostri preziosi commenti/consigli/insulti e via dicendo.
Alla prossima (spero!),
fennec

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Capitolo 3
*** Parte terza ***


Parte terza
 

 
 

Perché quando si trattava di lui lo ritrovava sempre con un occhio nero, un labbro spaccato o una costola incrinata? E, se andava male, con questi ed altri simili souvenir?
 
- Cosa volevi, Oscar? –
- Siamo in attesa di ordini, così pensavo di tornare a casa con te – In realtà aveva appena avuto conferma della sua quasi completa cecità e voleva portarlo al sicuro, prima che fosse troppo tardi.
- So di quali ordini parli e preferisco restare qua con i miei compagni –
- No, André… – lo interruppe prendendolo per mano – Voglio che stavolta tu venga con me. Vedi, le strade sono molto pericolose in questi giorni e io ho paura! – aggiunse ridendo.
 
Era sempre stato il suo rifugio, un luogo sicuro a cui ritornare e dal quale, in fondo, non si era mai allontanata.
 
Il temporale infuriava già dal tardo pomeriggio, ma non sembrava ancora voler cessare. Malgrado fosse nel suo letto morbido, confortevole e caldo, Oscar non riusciva a dormire. I lampi illuminavano all’improvviso il buio della stanza, come infernali lingue di fuoco, e i tuoni che seguivano rimbombavano nella notte, minacciosi come la voce del demonio.
Sin da piccola quella era stata la sua unica debolezza. Sua madre le aveva spiegato più volte che non c’era nulla da temere e le aveva anche promesso che non avrebbe detto mai niente a suo padre, ma lei non poteva fare altro che sentirsi terribilmente spaventata tutte le volte che il caos sembrava voler rompere il cielo. Se ne vergognava terribilmente e nessuno avrebbe dovuto saperlo: ormai aveva sette anni e mezzo, per Giove! Tuttavia, quando un tuono più forte degli altri fece tremare i vetri della stanza, saltò giù dal letto e in punta di piedi si diresse verso la camera di André.
Bussò alla porta. Nessuna risposta. Bussò un po’ più forte, controllando guardinga che non ci fosse nessun altro in corridoio. Stava per bussare per un’ultima volta quando la porta si aprì. Un bambino ancora profondamente assonnato fece capolino.
- Cosa c’è, Oscar? È già l’ora di alzarsi? – le chiese con voce impastata, strofinandosi gli occhi.
“Ma come fa ad essere così tranquillo nel bel mezzo di un temporale?”
- Non riesco a dormire… – preferì non raccontargli proprio tutta la verità – E così mi chiedevo se… -
Proprio in quel momento un tuono, il più forte e terribile che avesse mai sentito, si manifestò in tutta la sua potenza.
Fu quasi sicura di non avere urlato. Forse giusto un gridolino piccolo piccolo, un lieve sobbalzo. Sta di fatto che, quando tornò il silenzio ed aprì gli occhi, si trovò tra le braccia di uno sbalordito e (accidenti a lui!) anche un po’ divertito André.
Fu abbastanza gentile da non burlarsi di lei, strinse solo le labbra in una buffa smorfia, poi aggiunse serio: - Se vuoi, puoi restare un po’ con me. Possiamo contare quanti secondi passano tra i lampi e i tuoni e vedere quali sono i più forti –
Dato che ebbe solo il suo silenzio come risposta, continuò: - Sai, la prima notte che ho passato qui ero molto spaventato, era tutto così nuovo per me e la mia stanza era così grande, così buia e silenziosa… Allora uscii in giardino, c’era una luna enorme e bellissima che illuminava tutto d’argento e un vento leggero soffiava tra gli alberi e l’erba. Mi addormentai sotto la quercia, mi ricordava quella del mio villaggio, e appena sorse il sole corsi subito sotto le coperte, perché nessuno sapesse che avevo dormito fuori –
Oscar dapprima lo guardò corrucciata, poi pensierosa e infine si aprì in un sorriso, accomodandosi sul letto. In men che non si dica erano sotto le coperte e passarono la notte a contare quanti secondi passavano tra i lampi e tuoni e a stabilire quali fossero i più potenti.
Da allora Oscar imparò ad amare i temporali.
 
Sì, ecco, doveva avere a che fare con questo. 
Con questo e con il fatto che, in fondo, lui le era stato accanto sempre e comunque, anche quando lei glielo aveva proibito.
 
- Dal momento che ho deciso di vivere come un uomo, volevo dirti che non intendo più continuare ad avere il tuo aiuto, André. Vedi, io ancora non so quale sarà il mio prossimo incarico, ma appena lascerò la Guardia Reale credo che non avrò più alcun bisogno di te: devo imparare a vivere senza appoggiarmi a nessuno –
 
Non era difficile da capire, tutto considerato.
Non serbava rancore per quanto era successo dopo, solo una immensa tristezza: sin da bambini erano stati condannati ad amare senza essere ricambiati, due anime gemelle suggellate da un destino crudele.
Tuttavia, per la prima volta André aveva osato ribellarsi al suo volere e si era arruolato nei soldati della Guardia Metropolitana. Vinto dalla nascita, dalla classe sociale ed ora anche dal suo rifiuto. Eppure lui persisteva, si ribellava strenuamente e… scioccamente. Come se una fragile rosa potesse opporsi alle gelide dita dell’inverno.
“Ma che cos’era una rosa, in fondo?”
 
- Sei tu, André? Come ti ho già detto, verrai con me a Parigi, desidero ringraziare il generale Bouillé per quello che ha fatto. Voglio che venga tu quale rappresentante dei soldati della Guardia –
- Va bene -
 
Se solo André avesse ascoltato Alain.
 
- Se vuoi, accompagno io il Comandante al tuo posto – gli propose serio.
- Stai scherzando? –
- André, hai idea di quanto sia pericolosa Parigi? Con l’occhio in quelle condizioni non sei certo in grado di difenderti! –
- Grazie delle tue premure, ma sono inutili –
- Per una volta che, incredibile a dirsi, mi preoccupo per te! –
- Non fare tanto l’altruista: la verità è che vuoi solo stare con Oscar -
 
André… Più i suoi occhi erano incapaci di vedere la luce, meglio vedeva il suo cuore. 
“In fondo, non si vede bene che col cuore”.
 
- Dammi retta, André, dovresti smetterla di volerle bene. Vedi, è un ottimo Comandante, su questo non ho più il minimo dubbio… anche se a volte ho la netta sensazione che stia fuggendo da qualcosa. È una donna da ammirare, non da amare: si finisce in un mare di guai per un amore impossibile… Non ho dubbi, per quella donna tu saresti disposto a dare anche la vita –
 
Non era certo la prima volta che passavano per il faubourg di Saint-Antoine. Ma per la prima volta si sentiva a disagio: una carrozza così fastosa ed elegante che passava per un quartiere così povero e misero… Se ne vergognò profondamente.
Era talmente persa in quei tristi pensieri che di tutto ciò che accadde dopo ebbe solo un vago ricordo. Le braccia terribili che la avvinghiavano e la trascinavano fuori dalla carrozza, che li separavano. Gli insulti, le percosse, il dolore, la folla e André, André sempre più lontano.
La paura.
Ora che André le era stato strappato con la forza, aveva di nuovo paura.
Lui che non c’entrava nulla, lui che non era un nobile e allo stesso tempo era più nobile di tutti loro.
“Era forse quella la pena a cui era stato condannato? Un figlio del popolo dall’animo talmente nobile da meritare la morte per mano dei suoi stessi fratelli?”
Mentre intorno tutto perdeva consistenza per trasformarsi in pura disperazione, le sembrò di sentire una voce familiare… a chi apparteneva?
Non era la voce di André. Di questo era desolatamente certa.
- Oscar, tornate in voi! Tornate in voi, Oscar! –
Il Conte di Fersen… Cosa ci faceva lì?
- E André? Non avete visto André? Che cosa ti hanno fatto, André? Che cosa ti hanno fatto? Lasciatemi andare, il mio André è in pericolo! –
Cosa stava succedendo? Il mondo aveva smesso di girare? Perché lei era ormai in salvo mentre André era ancora intrappolato nella bocca dell’inferno? Due anime gemelle potevano forse essere separate?
“Dio, con questo cosa mi vorresti dimostrare?”
- Avete detto il “mio” André? –
Era forse il Conte a parlarle? Non era lui che desiderava.
Il suo silenzio valse quanto mille parole.
- D’accordo. Sì, restate qui, Madamigella Oscar. Penserò… penserò io a salvare il vostro amico
Amico.
Quand’era stata l’ultima volta che aveva sentito quella parola?
 
- Vi prego soltanto di una cosa, Madamigella Oscar, non dovete mai dimenticare che voi siete stata per me il migliore amico che abbia mai avuto e inoltre che io ho fatto del mio meglio per essere il vostro migliore amico –
 
“Il mio migliore amico è sempre stato André” avrebbe voluto rispondergli.
Possibile che fosse cambiato tutto nell’arco di qualche mese? La luna splendeva di giorno al posto del sole, la neve cadeva d’estate e l’inverno sembrava ardere come il fuoco. Dio, è tutto così folle o sono solo io ad essere impazzita?
Eppure l’unica cosa che importava in quel momento era ritrovare il suo André, altrimenti la rosa sarebbe appassita e il colore del grano non avrebbe più brillato. La vita dello svedese aveva significato solo se fosse riuscita a salvare quella dell’amato. Se così non fosse stato, era pronta a morire senza nessun ripensamento.
 
- Ho saputo adesso che ieri notte il Conte di Fersen è tornato sano e salvo nei suoi alloggi. –
A questo era destinata l’amicizia di Fersen: le aveva salvato la vita diverse volte ma, sopra ogni cosa, aveva salvato la vita di André. André, che doveva essersi alzato a fatica dal letto, la testa fasciata e un braccio legato al collo, solo per darle quella notizia. André che ora le sorrideva senza sapere di essere ormai suo. André che, se Fersen l’avesse ricambiata, sarebbe morto di dolore ma l’avrebbe lasciata libera di rifugiarsi nell’abbraccio di un altro, di gustare il sapore delle labbra di un altro.
- Mi fa piacere saperlo. Vuoi del cioccolato, André? –
- No, ti ringrazio, Oscar –
E mentre lo guardava allontanarsi con passo incerto e un po’ zoppicante, si accorse di essere stata cieca per una vita intera. Per fortuna, però, era ancora in tempo: quando erano piccoli André le aveva insegnato ad amare i temporali, ora che erano adulti Oscar aveva imparato ad amare se stessa, ad amare la sua anima gemella, ad amare André.
 
“In fondo, non si vede bene che col cuore”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ta-daaaaan! Eccomi qui con il terzo capitolo.
Cosa dire? Ancora prima di sapere come continuare la fanfiction avevo deciso di dividerla in quattro parti: due con la prospettiva di André, due con il punto di vista di Oscar, per ragioni di simmetria.
Come avrete notato c’è qualche piccola incongruenza cronologica per quanto riguarda le battute in corsivo (per lo più prese dall’anime e in minima parte dal manga)… suvvia, concedetemelo! Mentre la scena di Oscar e André bambini è stata inventata da me di sana pianta… episodio improbabile? Non so, mi sembrava giusto rendere Oscar un tantino più “umana” attribuendole una paura infantile decisamente comune… ad ogni modo mi serviva per fini narrativi, quindi non si discute! xD
Spero che questa continuazione vi possa piacere. Intanto vi ringrazio per la lettura e ancor più se vorrete lasciare un commentino. Vi aspetto tra una decina di giorni con la quarta ed ultima parte.
A presto,
fennec

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Capitolo 4
*** Parte quarta ***


Parte quarta
 


 
 
Se solo avesse scoperto prima il suo amore per André, sarebbe stato tutto diverso.
Ancora si ricordava il loro primo incontro, il loro primo giorno insieme, come se fosse stato ieri.
 
Lui doveva essere appena arrivato.
Lo incrociò scendendo la scalinata di marmo che dava sull’atrio. Sarà stato neanche una spanna più alto di lei e sembrava esile come un giglio.
- Ehi, tu! Come ti chiami? –
Due occhi spaventati, un viso pulito, uno sguardo sincero. Le bambole di porcellana delle sue sorelle sapevano incutere più soggezione.
- A… André… André Grandier –
Gli piaceva il suono della sua voce. Non era molto diversa dalla sua, solo più insicura.
- Ah, allora sei tu il bambino che è stato assunto come mio compagno di giochi!
Stammi bene a sentire: io non voglio un compagno di giochi, ma un compagno d’armi! –
 
Eppure André non sarebbe stato solo il suo compagno d’armi. Presto sarebbe diventato il suo compagno di avventure, un amico da prendere a pugni e con cui confidarsi, il fratello che non aveva mai avuto, la sua anima gemella, il suo solo e unico compagno. Colui con cui avrebbe condiviso una vita intera fino a condividere il suo stesso cuore.
 
- Ho deciso di rinunciare all’uniforme e non essere più il vostro Comandante… E questo perché l’uomo che io amo, l’uomo della mia vita forse mi chiederà di battermi insieme al popolo in rivolta… e io lo farò. Amici, io ora sono la compagna di André Grandier e come tale seguirò il mio uomo, qualunque cosa faccia. Tutto sommato la mia è una scelta facile, per voi forse non lo sarà altrettanto e giuro che mi dispiace –
 
“Se qualche tempo prima mi avessero predetto questa mia decisione, non ci avrei creduto.
Io che non mi sono piegata alla scelta di mio padre di crescermi come un maschio, ma che ho abbracciato questa decisione e l’ho fatta mia, anche quando lui, tornando sui suoi passi, avrebbe preferito che mi sposassi come le mie sorelle; Io che mi sono rifiutata di obbedire agli ordini del re e della regina quando questi mi parevano ingiusti; Io che ho difeso la nobiltà per poi oppormi ad essa sentendomi fortemente tradita dai suoi crimini e peccati; Io che ho amato Fersen e ho deciso di dire addio agli uomini e al mio essere donna, perché il mio amore era destinato a una morte lenta e dolorosa; Io ora mi abbandono alle braccia, al cuore, all’anima dell’uomo che mi ha sempre amata per ciò sono, per chi sono veramente e che null’altro mi ha mai chiesto in cambio se non di potermi amare a sua volta.
Perché non vedo stupore negli occhi dei miei soldati? Perché il mio stesso padre, colui che era stato così ingenuo da organizzare per me un ballo a scopo matrimoniale, non si era scandalizzato quando André aveva preso le mie difese, offrendosi, anzi, pregando di poter morire prima di me? Il nostro amore è davvero così luminoso e cristallino da fugare qualsiasi dubbio, qualsiasi stupore?”
 
- Adesso vorrei stringervi la mano, Comandante, ed è anche il caso che mi congratuli con voi, ragazzi -
 
Alain, colui che l’aveva rifiutata come Comandante e che tuttora negava di amarla come donna, ora le tendeva la mano, un sorriso triste e consapevole sulle labbra.
Aveva difeso André sin dall’inizio, Alain, e aveva cercato di proteggerlo. Ancora non lo sapeva, ma lo avrebbe protetto sino alla fine, invano.
 
- Comandante! André è stato colpito, è ferito, Comandante, è ferito! -
 
Non era possibile. Dio non poteva volere questo.
Lo stesso Dio che li aveva avvicinati da bambini, che li aveva fatti crescere insieme, che era stato testimone della loro amicizia e del loro amore; lo stesso Dio che aveva sorriso alla loro unione sotto un manto di stelle e il volteggiare delle lucciole; lo stesso Dio che li aveva benedetti con il colore del grano e l’innocenza della rosa; quello stesso Dio ora li voleva separare nel modo più crudele e allo stesso tempo più equo che esistesse: una vita per una vita. Perché era stato un proiettile diretto ad Oscar che aveva colpito André in pieno petto, un proiettile che la stessa donna aveva deviato. Aveva salvato la propria vita e nel medesimo istante l’aveva persa, perché il sacrificio dovuto era la vita di André.
 
- Giuro che un giorno, se sarà necessario, darò la mia vita per te come tu sei stata capace di fare per me. È un impegno solenne quello che prendo con te, Oscar: un giorno, se il destino lo vorrà, sacrificherò la mia vita per te! –
 
Non era possibile. Dio non poteva volere davvero questo.
Ma se così fosse stato, lei non gliel’avrebbe data vinta. Avrebbe lottato per il suo uomo sino all’ultimo.
 
- Prenderò io il posto di André sul patibolo! -
 
Oscar era una furia, terribile e bellissima. Mentre sfidava la morte, seguita dai suoi soldati, il suo unico pensiero andava ad André, all’uomo che amava e che, stretto tra le braccia di Alain che, fedele e leale, lo teneva in sella, forse… Dio, ti prego! Forse poteva essere salvato. Doveva essere salvato.
O il mondo avrebbe avuto fine. Per sempre.
 
- Il sole sta tramontando, non è vero, Oscar? –
- Sì, sulla città è tornata la calma. Non si sente più rumore di spari, vero? –
- No, sento solo i piccioni che volano in alto per trascorrere la notte.
Che cosa c’è, Oscar? Perché stai piangendo? –
- Ascolta, André, io vorrei… vorrei diventare tua moglie. Vorrei che mi portassi in un piccolo villaggio, in una piccola chiesa dove ci sarà una semplice cerimonia… Ecco, André, vorrei solo che mi dicessi che io… diventerò tua moglie –
- Ma certo, Oscar, lo diventerai. È la cosa che più desidero al mondo… Oscar, perché stai piangendo? –
- Ricordi, André, ricordi quando eravamo ragazzi? Le splendide albe che abbiamo visto ad Arras? Bene, io vorrei… Vorrei tornare laggiù con te e vivere di nuovo quei meravigliosi momenti, stavolta in maniera più completa, perché adesso ci amiamo e l’amore rende tutto più bello –
 
Il tramonto rosso sangue lasciò il posto alla notte buia.
Rosalie soffocò un singhiozzo sul petto di Bernard.
Alain si tolse il cappello e lo strinse a sé, senza parole.
Le stelle cadenti tagliarono il cielo.
Il vento li colpì come un turbine, come se dovesse scacciare via tutto quello che fino ad allora era stato. Quello che lei era stata. Quello che loro erano stati.
E lei…
Lei si alzò in piedi, come se in questo modo potesse allontanarsi dal dolore.
L’aveva chiamato, ma non le aveva risposto.
Dicono che l’Inferno sia una cacofonia di urla, pianti e gemiti. Ma il suo Inferno era silenzioso, maledettamente silenzioso, perché André non le avrebbe più risposto. Mai più.
 
- No, non è giusto, André! Non avresti dovuto lasciarmi sola! -
 
Avevano cavalcato insieme quella notte. Poi lei si era svegliata e tutto si era dissolto.
Finché André non era ritornato per lei.
Aveva mantenuto anche quell’ultima e prima promessa.
 
- Non lo devi perdere di vista, André Grandier, nemmeno per un attimo, mi hai capito? Da ora in poi sarai responsabile di lui e di tutto ciò che gli accadrà. Oscar è forte e coraggioso, ma è giovane e talvolta manca di giudizio. Tu farai in modo che non gli succeda nulla di male, intesi? –
Il bambino annuì.
- Bene. Ora promettimelo solennemente, André –
- Glielo prometto, signor Generale. Proteggerò Oscar e mi prenderò cura di lei… ehm, volevo dire di lui –
 
André che le era sempre stato fedele; André che non l’aveva mai abbandonata; André che l’aveva amata come nessun altro; André che ora le sorrideva e le tendeva la mano per accompagnarla nel loro ultimo grande viaggio.
 
- André mi sta aspettando… Mettimi giù –
“Non mi sono mai sentita così serena prima d’ora”.
- Rosalie, ti prego… Seppelliscimi con André… Dopotutto, siamo marito e moglie –
“Dopo tutto, eravamo destinati ad essere marito e moglie”.
 
“Il destino, in fondo, è così terribilmente semplice”.
 
Due tombe bianche.
Due tombe bianche salutavano ogni giorno l’alba su una dolce collina di Arras.
Un campo di grano le illuminava d’estate e le rose sorridevano loro in primavera.
Non vi erano nomi a solcare il marmo. Non servivano, perché ormai erano diventati una cosa sola e tutti sapevano che Oscar e André, che erano stati fratello e sorella, compagni e sognatori, su quella collina si erano amati e su quella collina si sarebbero amati in eterno.
 
L’amore, in fondo, è così terribilmente semplice.
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Salve, gente!
Eccomi qui con la parte finale di questa fanfiction, spero vi sia piaciuta.
Vi ringrazio per aver dedicato un po’ del vostro tempo alla lettura di questa storia, siete stati per me di grande supporto. Grazie mille per i commenti e l’incoraggiamento!
Se vorrete regalarmi un’ultima recensione, sarà per me un grande piacere leggerla.
Un caro saluto a tutti,
fennec

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