Dangerous

di _Misaki_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap. 15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap. 17 ***
Capitolo 18: *** Cap. 18 ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 ***
Capitolo 20: *** Cap. 20 ***
Capitolo 21: *** Cap. 21 ***
Capitolo 22: *** Cap. 22 ***
Capitolo 23: *** Cap. 23 ***
Capitolo 24: *** Cap. 24 ***
Capitolo 25: *** Cap. 25 ***
Capitolo 26: *** Cap. 26 ***
Capitolo 27: *** Cap. 27 ***
Capitolo 28: *** Cap. 28 ***
Capitolo 29: *** Cap. 29 ***
Capitolo 30: *** Cap. 30 ***
Capitolo 31: *** Cap. 31 ***
Capitolo 32: *** Cap. 32 ***
Capitolo 33: *** Cap. 33 ***
Capitolo 34: *** Cap. 34 ***
Capitolo 35: *** Cap. 35 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


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Questa storia ed i personaggi in essa descritti sono frutto della mia fantasia. Qualsiasi similarità con persone reali o scomparse, luoghi o eventi è puramente causale e non intenzionale.





 
 
 DANGEROUS
 
- Cap. 1 -
 

 
   Erano quasi le sette di sera. Il tramonto si rifletteva sulle vetrate degli alti edifici di Seoul, colorandoli di arancione nella loro metà inferiore. L’ombra aveva raggiunto le strade, smorzando leggermente la calura estiva, esplosa già da settimane. Alcune macchine erano ferme al semaforo dell’incrocio, mentre sugli ampi marciapiedi le biciclette sfrecciavano a tutta velocità. Evitando il traffico, quattro ragazze scesero dal taxi che le aveva riportate a casa e attraversarono il viale alberato su cui era affacciato un altissimo complesso di appartamenti. Con le borse e gli zaini ancora in spalla entrarono nell’atrio dell’edificio e presero l’ascensore per dirigersi al ventesimo piano, dove da quando lavoravano insieme condividevano un appartamento piuttosto spazioso. All’interno dell’abitazione i rumori della strada arrivavano attutiti, perciò era abbastanza silenzioso, ma essendo rimasto disabitato per una settimana intera la temperatura era diventata torrida.
   «Aaaah~ Dopo questa missione voglio solo dormire per una settimana!» esclamò la prima ragazza ad aver varcato la soglia di casa, lasciandosi cadere fiaccamente sul divano. Per nulla intenzionata ad alzarsi di nuovo, mosse gli occhi, di un castano molto scuro, in cerca di un elastico per capelli. Ne vide uno sul mobiletto a fianco al divano e allungò il braccio per afferrarlo, dopodiché raccolse i lunghi capelli corvini in uno chignon senza pretese. In quei giorni la stagione estiva si era fatta davvero torrida e nemmeno il vestito di pizzo bianco che indossava, per quanto leggero, bastava a contrastare la calura. Nel tentativo di allontanare un po’ l’afa afferrò con le dita il tessuto dell’abito, che le cadeva morbido sui fianchi lasciando appena intravedere la sua corporatura esile, e lo tirò un paio di volte.
   «Iris!» la chiamò in tono supplichevole la più grande del gruppo, sedendosi accanto a lei sul divano «Ho bisogno di un bel massaggio…»
   «Lizzy, te lo faccio solo se mi prometti che poi lo fai anche a me e non ti defili con la scusa che hai sonno come l’altra volta… Anche le mie spalle implorano pietà!»
   «Non è colpa mia se sei talmente brava che causa sonnolenza! La prossima volta scegli la massaggiatrice come lavoro!» protestò Lizzy con voce squillante. Aveva da poco superato i trent’anni, ma nell’animo si sentiva ancora una ragazzina. Anche nell’aspetto, pur essendo in tutto e per tutto una donna adulta, aveva un ché di frivolo e giovanile. I capelli, tinti di biondo chiaro e perfettamente in piega, superavano di poco la lunghezza delle spalle. Gli occhi erano sottili e affilati, sempre truccati in modo da far risaltare il colore azzurro ghiaccio delle sue lenti colorate preferite. A differenza di Iris era piuttosto alta e anche per questo le piaceva sentirsi dire che somigliava a una ragazza del Nord Europa. Per far risaltare il generoso decolleté, quel giorno indossava un vestito senza maniche con un profondo scollo a V. La stoffa, nera con alcune decorazioni floreali, era molto elastica e aderiva perfettamente alle sue forme.
   «Ehi! Ma qui non c’è nulla da mangiare! Io ho fame!» interruppe la terza collega, l’unica tra le quattro ad avere realmente gli occhi chiari, di un colore tendente al verde, dopo aver constatato che il frigo era completamente vuoto.
   «Wendy, siamo state in missione per una settimana, nessuno ha avuto tempo di fare la spesa.» le ricordò la più piccola del gruppo, May «Ordiniamo qualcosa?»
   Senza proferir parola, Wendy prese in mano il telefono e ordinò una consegna a domicilio. Quando si trattava di mangiare non poteva proprio passarci sopra, lo stomaco vuoto era una delle cose che la infastidivano di più. Dopo aver concluso la chiamata si sdraiò sul pavimento davanti al divano, esausta a causa della lunga giornata appena trascorsa. I pantaloncini di jeans a vita alta, fermati da un paio di bretelle sottili, e la maglietta a mezze maniche bianca che lasciava scoperti uno o due centimetri di pancia cominciavano a darle fastidio. In più anche i capelli neri, stretti in una coda di cavallo fin dalla mattina, iniziavano a tirare un po’. Il tutto era sicuramente accentuato da una fame terribile. Nel tentativo di rilassarsi chiuse gli occhi e provò a non pensare a nulla.
   May, invece, mentre aspettava che arrivasse la cena, decise di andare a farsi una doccia rinfrescante. Prima di svestirsi si guardò attentamente allo specchio. I capelli castano chiaro, leggermente ondulati, le erano cresciuti molto dall’ultima volta che li aveva tagliati e arrivavano quasi in fondo alla schiena. Si passò una mano sul viso. Non aveva dormito molto i giorni passati, i suoi grandi occhi color nocciola mostravano segni di stanchezza. Senza stare a pensarci molto si voltò, dando le spalle allo specchio, e aprì l’acqua della doccia aspettando che diventasse tiepida. Sfilò la comoda maglietta nera con la scritta “Love” che indossava quel giorno, così come i pantaloncini bianchi, e ripose tutto nella cesta dei panni sporchi, seguito dal resto della biancheria. Poi entrò sotto la doccia e lasciò che il getto d’acqua le portasse un po’ di sollievo dal caldo torrido.
 
   Le chiacchiere e il meritato riposo, che sarebbero dovuti durare per tutto il fine settimana, furono interrotti bruscamente da una telefonata. L’orologio appeso al muro della stanza adibita a salotto segnava le sette e trentacinque. Passò quasi un minuto prima che una di loro cedesse e andasse a rispondere. Alla fine fu Wendy ad alzarsi per prima. Sbuffando andò a sollevare la cornetta e rispose.
   «Pronto?»
   «Ci sono nuovi ordini.» dall’altro capo del telefono si sentì una voce di donna che la ragazza riconobbe immediatamente come quella della segretaria del boss «L si scusa per il breve preavviso ma vi prega di prendere in carico questa nuova missione. È un’operazione piuttosto urgente.»
   «Di che si tratta?»
   «Dovete presentarvi all’asta di quadri che si terrà a Gangnam questa sera alle otto e mezza.»
   «Cosa?» protestò Wendy «No, no, siamo appena tornate dall’altra missione e ancora non abbiamo nemmeno mangiato. Assolutamente no!»
   Dalle parole della collega Lizzy aveva intuito di cosa si trattava. Sperando di poter cambiare la situazione, si alzò dal divano e si fece passare la segretaria al telefono.
   «In qualità di caposquadra vorrei chiederle di assegnare questo incarico a qualcun’altro. Il mio gruppo è appena tornato da un’altra missione, non siamo nelle condizioni fisiche e mentali adatte a sostenerne una nuova al momento.»
   «Ah, Lizzy!» esclamò la giovane donna riconoscendo la sua interlocutrice. «Purtroppo tutte le altre squadre sono già impegnate o hanno in programma missioni a partire da domani mattina… L è veramente spiacente, ma non ha potuto fare altrimenti. Si tratta di una cosa di poco conto comunque, si concluderà in serata.»
   Lizzy sospirò rassegnata. Per aver fatto impuntare così la propria segretaria voleva dire che L non aveva intenzione di cedere per nulla al mondo. Da quando erano diventate operative all’interno della sua associazione, che si occupava di combattere il crimine a livello internazionale, non c’era stato un attimo di tregua.
   «E va bene, ce ne occuperemo noi. Cosa dovremmo fare esattamente?»
   «Grazie infinite!» rispose la segretaria nel suo solito tono pacato e adulatorio «Troverete i dettagli nell’e-mail che vi ha inviato L stessa.»
   «D’accordo…»
   «Un’ultima cosa!» esclamò l’assistente, facendo poi una pausa di qualche secondo «Una di voi stasera dovrebbe venire in centrale per il resoconto dell’ultima missione…»
   «Non va bene domani?»
   «No! L ha chiesto espressamente che venga scritto entro oggi, per favore.»
   «Ho capito. Grazie.» rispose Lizzy in modo un po’ seccato, riattaccando poi il ricevitore. Subito dopo la bionda accese il computer e aprì l’e-mail, secondo l’orario segnato era stata inviata quel pomeriggio. L aveva già deciso tutto anche prima che provassero a ribattere. «Ecco i dettagli della missione. Prestatemi attenzione...» disse, iniziando a leggere ad alta voce.
   Nell’e-mail era precisato ogni dettaglio: un loro collega operativo in Russia aveva nascosto una micro SD contenente dati rilevanti sulle attività estere di un’associazione mafiosa di Seoul nella cornice di uno dei quadri provenienti dall’estero che sarebbero stati presentati quella sera all’asta di Gangnam. La loro missione era recuperarla e consegnarla a L.
   «Semplice come bere un bicchier d’acqua!» concluse Lizzy.
   «Certo che L poteva sbattersi a chiamare di persona almeno per presentarci delle scuse decenti… troppo impegnata ad abbuffarsi immagino!» commentò Wendy in tono seccato. In effetti non aveva tutti i torti. L, la misteriosa donna a capo dell’associazione, era prima di tutto un’amante del cibo, specialmente della pizza, e non si vergognava affatto di mostrarlo fieramente.
  «Quando si deciderà ad assumere nuovo personale saremo già in pensione probabilmente, capisco che i fondi sono quelli che sono, ma siamo troppo sottodimensionati!» osservò Iris, ancora seduta sul divano.
   «Già, dovrebbe almeno aumentarci gli stipendi. È scandaloso!» rincarò la dose May.
   «Ok.» le interruppe Lizzy «Faremo così: Io, Iris e Wendy andremo all’asta, mentre May andrà in centrale. Non ci saranno problemi, vero?»
  «Nessun problema. Sbrighiamoci e torniamo a casa in fretta, sono già stanca.» disse Iris, racimolando le poche energie rimaste per alzarsi e avviarsi verso il bagno a fare una doccia veloce prima di partire.
   Dopo essersi rinfrescata andò in camera a cercare qualcosa di adatto all’occasione. Ogni missione era diversa dalle altre e capitava spesso di doversi calare nei ruoli più impensati. Solitamente era l’associazione a recapitare alle agenti i travestimenti adatti, ma quella volta L non aveva accennato a consegnare nulla, perciò si sarebbero dovute arrangiare con ciò che avevano in casa. Per entrare all’asta di quadri sarebbe bastato un vestito da sera e per fortuna ne aveva conservati un paio dalle missioni precedenti. Fece scorrere una mano sugli abiti appesi nell’armadio e arrivò in fondo a sinistra, dove si trovavano quelli lunghi. I vestiti da sera erano ancora lì, incellofanati dopo essere stati ritirati dalla lavanderia. Li prese entrambi per osservarli. Quello nero le diede l’idea di essere troppo provocante, perciò decise che l’altro, lilla, poteva andare. Lo indossò e si osservò allo specchio. La parte che fasciava il seno era abbastanza rigida e decorata con una linea di brillantini nella parte superiore. Dalla base della scollatura, chiusa a forma di V rovesciata, partiva una lunga gonna di chiffon che formava alcune pieghe ondulate. Soddisfatta della scelta ripose l’altro abito nell’armadio, acconciò i capelli e completò il tutto con un trucco leggero.
   Dopo circa mezz’ora le quattro colleghe erano pronte a partire per la nuova missione e nel frattempo anche la cena ordinata da Wendy era arrivata.
   «Che peccato dover lasciare qui queste cose deliziose…» disse sconsolata quest’ultima, osservando il pollo fritto, la pizza e i noodles posati sul basso tavolino del salotto, davanti al divano.
   «Già, peccato…» concordò Iris, con lo stomaco che brontolava dalla fame.
   «Muoviamoci!» le richiamò all’ordine Lizzy, che aveva già un piede fuori dalla porta. Quest’ultima aveva indossato un vestito dalla gonna color champagne. La parte superiore era di un tessuto semitrasparente tempestato qua e là di paillettes oro e lasciava chiaramente intravedere il reggiseno a fascia dello stesso colore del vestito.
   Con Iris e Lizzy sarebbe andata anche Wendy. Esattamente come le colleghe aveva attinto dai vestiti delle precedenti missioni e indossava un abito color blu notte senza spalline. Parte della stoffa intorno alla vita era tirata in avanti e annodata per formare una sorta di cintura, mentre la gonna ricadeva dritta e morbida fino ai piedi.
   L’ultima a lasciare l’appartamento fu May, che in semplici jeans e t-shirt si recò in tutta fretta all’associazione, intenzionata a finire al più presto il lavoro.
 
  In circa mezz’ora Lizzy, Wendy e Iris raggiunsero l’entrata dell’hotel che ospitava l’asta, dove il loro nome era stato diligentemente segnato sulla lista degli ospiti, altra prova del fatto che L aveva già deciso tutto da tempo. A conti fatti era stato meglio così. In questo modo erano riuscite a entrare senza intoppi e ne avevano approfittato per dirigersi subito verso il buffet. Quello che non sapevano, però, era che qualcuno le stava tenendo d’occhio.
   «Mica male quella…» esclamò uno dei ragazzi asiatici che le osservava dall’altra parte della strada, riferendosi a Lizzy. Un ghigno malizioso si fece largo sul suo volto, distinto da una barba corta e da un po’ di baffi «Sempre lavoro e lavoro, che ne dite se ci divertiamo anche un po’ stasera?»
   «Ma se non pensi mai al lavoro? Sempre e solo alle donne!» lo rimproverò uno dei suoi compagni, sistemandosi la giacca dell’abito elegante che indossava per poi passare una mano tra i capelli come per controllare che fossero ben fissati all’indietro.
   «Dici così perché non ti sai divertire. Dai, ce ne sarà una che ti ispira in mezzo a tutta quella gente! Oppure sei gay?»
   «Ma per favore... smettila con le tue solite stronzate. Lo so benissimo che le paghi per venire a letto con te.»
   «Scommettiamo che quella ci sta senza darle un centesimo?»
   «Solo se fosse disperata.»
   «Nah, scommetto che è una che può avere tutti quelli che vuole e io sono il massimo a cui una donna potrebbe aspirare. E comunque il mio è un ottimo modo di unire l’utile al dilettevole! Con una perquisizione totale del soggetto l’SD non può sfuggirmi!» puntualizzò il barbuto con una risata compiaciuta.
   «Jiho! Taeoh! Fatela finita!» li rimproverò quello che aveva tutta l’aria di essere il leader del gruppo. Era leggermente più basso degli altri, ma anche solo a un primo sguardo si intuiva che era meglio non contraddirlo. Chi lo aveva visto arrabbiarsi sul serio poteva raccontare di aver avuto a che fare con il diavolo in persona. Quella sera, tuttavia, sembrava abbastanza tranquillo. Esattamente come gli altri si era vestito di tutto punto e si era anche sistemato i capelli, tinti di castano, fissando da un lato la frangia in modo da lasciare scoperta gran parte della fronte. «Ricordatevi che siamo qui per la missione. Daeju, hai trovato gli altri profili?» chiese a un quarto complice attraverso l’auricolare.
   «Dawon» esordì il compare «Se fossi in voi scherzerei poco, da quello che leggo nei loro fascicoli sono agenti addestrate in qualsiasi tipo di combattimento e non si faranno scrupoli.» così dicendo, Daeju iniziò a far scorrere i profili delle agenti e a compararli con il video della telecamera di sorveglianza che inquadrava l’ingresso dell’asta, abilmente collegata al proprio computer. «Sono le tre ragazze occidentali appena entrate! Quella col vestito lilla è Iris, 26 anni, 1,63m, capelli e occhi scuri. L’altra in blu è Wendy, 27 anni, 1,69m, capelli neri occhi verdi. La terza, in oro, è Lizzy, 30 anni, 1,74m, bionda, occhi castani. Ne manca una all’appello, May. 24 anni, 1,62m, capelli mossi castano chiaro e occhi color nocciola, non dovrebbe essere difficile riconoscerla nel caso si presentasse, anche lei è occidentale come le altre tre.»
   «Perfetto, nel caso ci siano novità tienici aggiornati.»
   «D’accordo leader. Passo e chiudo.»
   «Quindi» Dawon si rivolse ai presenti con l’obiettivo di dirigere la missione «Jiho, tu fai quello che ti pare con la bionda che ti piace tanto, ma almeno non ubriacarti e vedi di non tornare con un braccio rotto! Se non vi dispiace io mi occupo di quella col vestito blu. Taeoh, tu stai dietro a quella vestita di lilla.»
   «Affare fatto!» concluse Taeoh, pronto a entrare in azione.
   «Ehi, e io?» I ragazzi si erano completamente dimenticati del quinto e ultimo complice, nonché il più giovane del gruppo, che fino a quel momento era rimasto in disparte.
   «Beh, il quarto soggetto non c’è, quindi Minki, tu ci copri le spalle.» ordinò Dawon.
   «Uffa, che palle!» esclamò Minki mettendo il broncio e inarcando le sopracciglia nascoste dalla lunga frangia color castano chiaro.
   «Niente “ma”! Ricordate che siamo qui per lavorare, non per divertirci.» Così dicendo, Dawon si incamminò con Jiho e Taeoh verso l’entrata dell’asta, mentre Minki andò a passare il tempo in un bar nei dintorni dal quale poteva tenere d’occhio l’ingresso nel caso arrivasse la quarta agente. Poco dopo, i tre ragazzi di bella presenza vestiti di tutto punto entrarono nel salone, attirando su di sé gli sguardi avidi delle donne presenti all’asta.
 


Fine cap. 1
 

 
   Avvertenza
 
   Per la trascrizione dei nomi coreani ho adottato il sistema di traslitterazione ufficiale della Corea del Sud pubblicato dal Ministero della Cultura e del Turismo in Corea nel 2000, che utilizza solo caratteri alfabetici latini, senza accenti o tildi.
   Non mi dilungherò in spiegazioni, ma ci tengo a segnalare alcune vocali che si pronunciano in maniera particolarmente diversa da come si scrivono:
 
   ae corrisponde a un suono simile alla e aperta
   eo si pronuncia come una o aperta
   eu è un suono neutro pronunciato allargando le labbra che somiglia a una u
 
   La h finale in Tae-oh non si pronuncia.

 

 
   Ed eccomi a pubblicare questo primo capitolo di una storia dalla stesura davvero tormentata! Iniziata nel lontano 2016 con due amiche, quasi per scherzo in chat, ha subìto diverse interruzioni, è stata abbandonata per due anni e alla fine è stata ripresa da me durante la quarantena.
   Mi ero affezionata molto ai personaggi, perciò ci tenevo a finirla. L’ho modificata parecchio dalla stesura originale, che era quasi interamente dialogata, aggiungendo molte più descrizioni e riducendo i riferimenti alla lingua coreana, perché non volevo renderla troppo complicata per chi non ha familiarità con la lingua. Un po’ temo che così facendo si sia appesantita e abbia perso in comicità e spontaneità… (diaciamo che con i vari "hyung!" e "aish!" era più  colorita XD) In più negli esperimenti precedenti (altre storie scritte in chat come questa) mi era stato suggerito di ampliare le descrizioni e quindi ci ho provato! :)
   In ogni caso non potevo sopportare l’idea di abbandonarla in un cassetto, quindi ho deciso di farmi coraggio e pubblicarla una volta per tutte!
   È una storia completamente diversa da “Playlist”, la mia pubblicazione precedente, e soprattutto è molto meno ambiziosa, ma mi ha comunque lasciato tanto, perciò spero sia almeno divertente da leggere! ^^
   Al prossimo capitolo~
 
   Misa


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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei prestavolto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!


 


 
 

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


 DANGEROUS
 
- Cap. 2 -



   Appena entrata nell’hotel in cui di lì a poco si sarebbe tenuta l’asta di quadri, Lizzy aveva iniziato a cimentarsi in chiacchiere civettuole con i vecchi magnati pronti ad accaparrarsi i quadri migliori.
   «Mi chiedo cosa ci faccia una ragazza così bella in un posto pieno di uomini vecchi... posso offrirle qualcosa da bere?» si fece avanti un ragazzo baffuto. Lizzy lo squadrò da testa a piedi. Non era certo il primo a provarci in quel modo un po’ arrogante, ma pensò di prendere comunque in considerazione la sua offerta. Non aveva nessuna voglia di lavorare quella sera. Dopo l’ultima missione sentiva solo il bisogno di distendere i nervi e passare la serata in compagnia di un uomo di bell’aspetto non le dispiaceva affatto come opzione.
   «Solito vecchio cliché, ma accetto il drink. Mi sto annoiando…» rispose in tono ammiccante, incurvando abilmente le labbra dipinte di rosso in un sorriso accennato e passandosi le dita dietro all’orecchio per spostare una ciocca di capelli ribelle. Inconsapevole che si trattasse di Jiho, uno dei ragazzi che poco prima la stava tenendo d’occhio dall’altro lato della strada, aveva iniziato a condurlo nella sua trappola di seduzione. Quella sera si sarebbe divertita con un tipo niente male.
   «Ottima scelta...» le disse lui soddisfatto per poi prenderla a braccetto e avviarsi verso il banco degli alcolici. Dopo essersi versati qualcosa da bere, i due andarono a sedersi e a intavolare una conversazione. 
   «Sei qui per acquistare qualche quadro?» chiese Lizzy, sorseggiando un po’ di vino rosso dal calice di vetro.
   «Oh, beh, in realtà non credo ne comprerò. Sai, sono famosi e io me ne intendo abbastanza, ma nessuno ha suscitato il mio interesse quanto te.»
   «Di’ la verità, cosa ci fai qui? Non dirmi che sei venuto solo per abbordare ragazze…»
   «Non sono così vile! Ma non disprezzo la compagnia delle belle donne.»
   «In effetti… nemmeno io disdegno la compagnia di un uomo affascinante.» Lizzy sorrise pensando alla fortuna che le era capitata di trovare immediatamente qualcuno con le sue stesse intenzioni. Era anche per questo che adorava il suo lavoro, oltre al brivido dell’ignoto c’erano anche mille occasioni in cui esercitare l’arte della seduzione, in cui naturalmente era maestra. Doveva ammettere, però, che nonostante fosse la leader del gruppo, a volte esagerava un po’ con il divertimento e lasciava che a occuparsi della missione fossero le altre. Era consapevole del fatto che non fosse un comportamento responsabile e che spesso la prontezza delle colleghe le aveva coperto le spalle in situazioni in cui il non essere reperibile o l’isolarsi poteva rischiare di compromettere il risultato della missione. Tuttavia, specialmente quella sera, si sentiva stanca e bisognosa di affetto ed era sicura che le altre avrebbero agito meglio senza di lei.
 
   Nel frattempo anche Dawon, decisamente meno disinibito rispetto al collega e per nulla intenzionato a sedurre il proprio obiettivo, aveva pensato a un modo per approcciare Wendy e verificare se avesse con sé l’SD. Dopo aver preso del cibo e dell'alcol si era avvicinato al tavolo a cui era seduta la ragazza, che fortunatamente per la riuscita del piano era quello più libero nei paraggi.
   «Posso?» chiese impegnandosi in un sorriso cordiale. Lei gli lanciò un’occhiata fugace e annuì senza prestargli troppa attenzione. Notando il totale disinteresse della ragazza nei suoi confronti, Dawon pensò velocemente a qualche argomento per attaccare bottone. Se gli fosse riuscito di sembrare solo un qualsiasi ragazzo annoiato magari lei non avrebbe alzato la guardia e si sarebbe lasciata sfuggire qualche informazione.
   «Sei qui per la festa o per i quadri?»
   «Nessuno dei due.» rispose sinceramente e sinteticamente lei, senza badare più di tanto a quello che l’interlocutore avrebbe potuto pensare. Nel frattempo il suo sguardo continuava a vagare per la sala, tenendo d’occhio ora Lizzy, ora Iris. Si era subito accorta che la bionda stava flirtando con l’intenzione di concludere in bellezza la serata e la cosa la infastidiva parecchio. Per l’ennesima volta non avrebbero potuto fare affidamento su di lei.
   «Sei qui per via di amici?» provò a ipotizzare Dawon, come se non sapesse che Wendy era un’agente e che era lì per portare a termine un incarico.
   «Il cibo si raffredda, dovresti mangiare.» tagliò corto lei, non avendo la minima intenzione di lasciarsi coinvolgere in chiacchiere.
   «Come vuoi...» rispose lui, cercando di nascondere un certo fastidio per il fatto di essere stato snobbato in quel modo. Incurante di ciò, Wendy si alzò dal tavolo e si diresse verso il banco degli alcolici per riempire di nuovo il bicchiere.
 
   Intanto Iris aveva preso un bicchiere di vino bianco e si era messa a camminare davanti ai quadri che erano stati esposti nella sala del buffet prima di essere messi all’asta. Sorseggiando di tanto in tanto, li osservava fingendo estremo interesse per il loro contenuto, in modo da non destare sospetti. Dopo pochi minuti arrivò davanti al quadro di un pittore russo raffigurante un paesaggio marino che catturò immediatamente la sua attenzione. Stando alle indicazioni di L doveva essere quello contenente la mini SD. Iris si fermò e iniziò a osservalo meglio per capire in che punto della cornice fosse nascosto il piccolo oggetto, ma evitò di avvicinarsi più del dovuto per non attirare l’attenzione.
   «Anche a me piace questo quadro. Mi dà un senso di libertà.» esordì improvvisamente una voce abbastanza profonda proveniente da dietro le spalle della ragazza. Iris si voltò per vedere in volto il proprio interlocutore e notò con stupore che si trattava di un ragazzo di circa trent’anni. Quest’ultimo fece un passo avanti, portandosi accanto a lei e rivolgendo uno sguardo interessato al dipinto. Iris osservò per un attimo il suo profilo. La mascella ben scolpita, le labbra carnose, gli occhi a mandorla di un marrone intenso e i capelli corvini pettinati all’indietro che lasciavano scoperta la fronte. Non poté fare a meno di pensare che avesse decisamente dei bei lineamenti. Nonostante lo trovasse molto attraente, però, non aveva nessuna intenzione di distrarsi dalla missione. Era entrata a far parte dell’associazione a causa del proprio senso di giustizia ed era sempre stata estremamente ligia al dovere, con una perseveranza che spesso lei stessa ammetteva essere eccessiva. Fin da piccola era stata abituata a dare sempre il massimo e così aveva finito per diventare una donna estremamente intransigente con se stessa e che difficilmente cedeva ai sentimenti e alle emozioni.
   «Sì, è un bel quadro.» rispose in maniera educata ma poco coinvolta, cercando di evitare un seguito alla conversazione. Il ragazzo, notando lo scetticismo di Iris nei suoi confronti, pensò bene di sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi. Forse non aveva l’impudenza di Jiho nell’approcciare le ragazze o l’inventiva di Dawon, ma di certo era consapevole di essere piuttosto attraente in quanto ad aspetto fisico. Se la sensibilità non aveva fatto colpo, almeno aveva dalla sua parte ancora il fascino.
   «A te cosa trasmette? Sembravi molto concentrata nel guardarlo.» provò a tornare sull’argomento nella speranza di estorcere qualche informazione. L’SD era forse in quel quadro? O l’avevano già recuperata?
   Iris ebbe qualche difficoltà a rimanere impassibile davanti a un atteggiamento così amichevole e spontaneamente accennò un sorriso, ma ciò non le impedì di pensare a una scusa. Di certo non sospettava minimamente di avere davanti un soggetto alquanto pericoloso, ma la sua etica professionale le suggeriva di non fidarsi mai di nessuno durante una missione.
   «In realtà mi stavo solo chiedendo quanto potesse costare un’opera del genere. Anche se è molto bello ho notato qualche pecca nella tecnica.»
   «Te ne intendi di arte?»
   «Solo a livello amatoriale. Non saprei stimarne il valore.»
   «Beh, per le mie tasche per esempio costa troppo.» Taeoh si portò una mano dietro alla nuca con aria innocente. «La base d’asta parte da sette milioni di won.» (Circa 5.000 euro n.d.a)
   «Oh! È decisamente troppo anche per le mie di tasche!» esclamò Iris, fingendo stupore. Subito dopo realizzò che era piuttosto strano che quel ragazzo si trovasse all’asta se non aveva con sé abbastanza soldi. Poteva anche darsi che fosse solo un appassionato d’arte, ma la prudenza non era mai troppa. «È meglio che mi concentri su altro allora. È stato un piacere, buona serata!» lo salutò accennando un inchino col capo e sorridendo in maniera amichevole.
   «Buona serata anche a te!» rispose Taeoh, ricambiando il saluto con un sorriso di cortesia. Dopodiché la ragazza si allontanò da quell’uomo potenzialmente pericoloso per la sua concentrazione e per il buon esito della missione. Se non altro l’incontro le era stato utile per osservare indisturbata il quadro e individuare l’SD. Si trovava nell’angolo in basso a destra della cornice.
 
   Una volta allontanatasi dal quadro, Iris cercò Wendy tra la folla e la raggiunse.
   «Che sta facendo Lizzy?» chiese, non essendo riuscita a individuare la più grande del gruppo.
   «Ha lasciato a noi la missione ed è andata a divertirsi, poi come al solito si prenderà il merito.» sbuffò Wendy in tutta risposta. Sul volto di Iris si dipinse una smorfia di disappunto.
   «Chi era il tipo con cui parlavi prima?»
   «Ah?» Iris lasciò trasparire un lieve imbarazzo, ma cercò subito di nasconderlo dietro a parole disinteressate «Non lo so, si è avvicinato per parlare ma non gli ho dato molta confidenza.»
   «Era carino però, sembrava il tuo tipo! Alto, moro, sorriso che uccide…»
   Iris arrossì leggermente, tossicchiò per schiarirsi la voce e cambiò immediatamente discorso. «Parliamo di cose serie.» Prima di proseguire abbassò un po’ il tono «L’SD è in basso a destra, nella cornice del dipinto. Possiamo sfilarla facilmente quando sposteranno tutti i quadri dietro al palco per proporli all’asta.»
   «Con quale scusa vorresti infilarti là dietro? È pieno di sorveglianza.»
   «Lì vicino ci sono dei bagni, potrei far finta di esserci andata e di essermi persa mentre cercavo di tornare in sala. Così dovrei riuscire ad arrivare fino al quadro e quando si accorgeranno e mi rispediranno indietro avrò già recuperato quello che ci serve.»
   «D’accordo. Io ti copro le spalle. Se c’è qualche problema fammi un cenno.» Wendy sistemò il proprio auricolare.
   «Ok.»
 
   L’esposizione stava procedendo per il meglio e dopo un paio d’ore finalmente arrivò il momento in cui i responsabili annunciarono l’inizio dell’asta. I partecipanti furono fatti accomodare su alcune sedie precedentemente disposte davanti al palco, mentre gli addetti ai lavori erano indaffarati a trasportare i quadri dal salone in cui erano esposti a dietro le quinte, in modo che potessero man mano essere esibiti. Le tende del sipario erano ancora chiuse e nella stanza si era levato un forte chiacchierio. Lizzy continuava a flirtare con Jiho, ogni tanto prestando attenzione a ciò che accadeva intorno per scongiurare qualche evento imprevisto e assicurarsi che Iris e Wendy fossero pronte ad agire. Le altre due agenti, invece, avevano preso posto sulle sedie e osservavano i quadri man mano che venivano trasportati dietro al palco. Appena passò quello con l’SD, Iris fece un cenno a Wendy per comunicarle che sarebbe entrata in azione. Subito dopo entrò nel bagno vicino al palco, aspettando pazientemente che gli addetti ai lavori si allontanassero per andare a recuperare il dipinto successivo. Aspettò circa un minuto e si accertò che gli addetti si fossero allontanati, poi uscì dal bagno, si guardò intorno come se si fosse smarrita e svoltò di proposito dalla parte sbagliata. Giunta dietro al palco si avvicinò furtivamente al quadro e provò a estrarre l’SD con l'unghia, ma l’operazione si rivelò più complessa del previsto. «Cavolo!» imprecò tra sé e sé «L’hanno incastrata bene…» La ragazza sfilò una forcina dai capelli, raccolti sopra la nuca, e la infilò tra la cornice e il quadro, facendo così leva sull’SD e riuscendo finalmente a sfilarla.
   «Scusi signorina, le serve aiuto?» uno degli addetti arrivò alle sue spalle. Iris si alzò di scatto tenendo stretta nella mano l’SD.
   «Ah ecco... credo di essermi persa.» disse, fingendo una risatina imbarazzata «E mi è anche caduto un fermaglio per cappelli. Dev’essere finito qui intorno ma non lo trovo più.»
   Il fermaglio argento che aveva lasciato cadere prima di alzarsi non era sfuggito alla vista dell’addetto, che si abbassò a raccoglierlo e glielo porse.
   «Questo?»
   «Ah, sì è proprio quello! Grazie mille!» rispose lei in tono stupito, inscenando poi un sorrisetto grazioso.
   «La sala è da quella parte.» continuò l’addetto indicandole l’uscita.
   «La ringrazio, buon lavoro.» Iris accennò un inchino e gli diede le spalle, tornando verso la stanza con le sedie in cui la attendeva Wendy.
 
   «Signori e signore!» esclamò al microfono la voce di un uomo anziano in smoking che era appena uscito sul palco «Vi prego di accomodarvi, l’asta inizierà tra pochi minuti.»
   Seduti a qualche posto di distanza da Iris e Wendy c’erano Taeoh e Dawon. Quest’ultimo notò che subito dopo l’annuncio dell’inizio dell’asta le due ragazze si erano alzate e stavano lasciando la sala. Immediatamente fece segno al collega di prestare attenzione.
   «Cosa succede?»
   «Hai visto anche tu? Movimenti sospetti... devono averla presa loro.»
   «Sicuro? Come facciamo a riprenderla?»
   «Dobbiamo trovare il modo di avvicinarle. Almeno Lizzy è fuori gioco, è rimasta tutto il tempo con Jiho.»
   «Allora muoviamoci prima che spariscano.» disse Taeoh, alzandosi per lasciare la sala insieme a Dawon.
 
   «Lizzy, vai al bar. L’abbiamo presa.» sussurrò Wendy vicino al microfono incorporato nel suo braccialetto. Dall’altro lato della sala, l’agente ricevette il messaggio e picchiettò due volte col dito sul braccialetto che aveva al polso per confermare che aveva capito.
   «Scusami Jiho, vado a prendere ancora qualcosa da bere. Tu vuoi nulla?» disse alzandosi dalla sedia con i suoi soliti movimenti sinuosi.
   «Non vuoi che ti accompagni?» propose lui, nel tentativo di non perderla d’occhio.
   «Ti conosco da un paio d’ore e già fai il geloso? Non scappo con nessun’altro…»
   «Allora puoi portarmi lo stesso che prendi per te?» Jiho la tirò leggermente verso di sé e le stampò un bacio sulle labbra.
   «Certo...» rispose lei, sorridendo maliziosamente.
   Lizzy si diresse verso il bancone degli alcolici dove individuò Iris, seduta a fingere di bere un drink nell’attesa che arrivasse la complice. Wendy si trovava a poca distanza da loro e controllava che non si avvicinassero persone sospette. Lizzy si sedette nel posto accanto a Iris e ordinò due Martini.
   «Vedo che avete fatto in fretta...» disse senza guardare la collega.
   «Che ne facciamo di questa?» chiese Iris appoggiando l’SD sul tavolo davanti a Lizzy.
   «Lasciatela a me, ci penso io a tenerla al sicuro.» così dicendo, infilò l’SD nel reggiseno. «Potete anche andare ora, la missione è finita.» subito dopo arrivò la sua ordinazione. Prese i bicchieri di Martini e tornò al tavolo con Jiho.
 
   Iris e Wendy avevano già fatto la loro parte, ora spettava a Lizzy consegnare l’SD a L. La sala, svuotata dei quadri, non era più tanto affollata, anche se alcune persone erano rimaste comunque sedute ai tavoli a parlare e a mangiare il cibo del buffet che veniva continuamente rifornito dagli inservienti. Una musica tranquilla aleggiava nell’aria, creando un’atmosfera di calma e rilassatezza. Le due agenti decisero di intrattenersi ancora per un’oretta prima di rientrare a casa.
   «Ho di nuovo fame, non ho mangiato molto prima.» disse Wendy.
   «Andiamo a prendere qualcosa al buffet, ora ci sarà meno gente in fila visto che sono tutti all’asta.» propose Iris. Le due si diressero quindi al bancone del cibo e delle bevande. In quel preciso momento, Dawon e Taeoh riuscirono a individuarle di nuovo tra i presenti e decisero di seguirle. Per loro fu un sollievo che non avessero già lasciato la festa, recuperare l’SD era una questione di massima importanza: a detta di Ray, il capo dell’associazione mafiosa per cui lavoravano, quel piccolo oggetto nascondeva al suo interno informazioni estremamente sensibili sulle loro attività estere e se i servizi segreti ne fossero entrati in possesso sarebbe stata la fine.
   «Cibo, cibo, cibo! Ora non ci separa più nessuno!» canticchiò Wendy, prendendo alcune pietanze dai vassoi e mettendole nel piatto. Ignara di tutto, pensava che fosse appena iniziato un bel weekend di pausa per lei e le sue colleghe.
 

 
  Fine cap. 2
 


   Eccoci alla fine anche del secondo capitolo! Pian piano si sta scoprendo qualcosa di più anche sui ragazzi. Sì, sì, esatto, hanno sui trent'anni e li chiamo ragazzi, non uomini. Abbiate pietà ma sto andando per quella strada pure io e posso confermare che si è ancora gioooovanissimi a trent'anni u.u so che c'è chi mi capisce!
   Siamo solo all'inizio e dobbiamo ancora entrare nel vivo della vicenda, ma spero di essere riuscita a tenervi un po' di compagnia!
   Alla prossima~

   Misa


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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei presta volto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!
 

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 3 -


 
   Undici e tredici minuti. Non era trascorso molto tempo da quando Iris e Wendy avevano consegnato l’SD a Lizzy e avevano deciso di prendersi un po’ di tempo per godersi la serata. Da allora, Dawon e Taeoh si erano preoccupati di tenerle d’occhio a debita distanza, aspettando il momento giusto per agire. Erano del tutto convinti che l’SD fosse in mano a una delle due, perciò non avevano nessuna intenzione di lasciarsele sfuggire, ma isolarle sembrava tutto tranne che semplice. Se le ragazze avessero lasciato subito l’hotel che ospitava l’asta, loro avrebbero potuto seguirle ed eliminarle senza problemi in qualche vicolo sperduto. Sarebbe stato facile far passare l’omicidio per una rapina finita male o qualcosa del genere. Tuttavia, le due non sembravano intenzionate ad andarsene tanto presto e finché fossero rimaste nella sala non ci sarebbe stato alcun modo di agire senza uscire allo scoperto. Ogni minuto perso era potenzialmente pericoloso per l’esito della missione. Sarebbe bastato poco a cambiare le carte in tavola: la comparsa di un complice, la consegna dell’SD a qualcuno di non identificato dal database della loro associazione mafiosa o addirittura la consegna dei dati in maniera digitale al capo. L’unica soluzione possibile era tenerle impegnate e impedire loro di incontrarsi con altri possibili agenti o di mettere mano agli strumenti tecnologici. Approcciarle insieme sarebbe stato spudorato e la possibilità di essere snobbati era troppo alta, perciò ora che le due si erano separate era il momento ideale per agire. Dawon aveva visto Wendy al buffet e aveva colto l’occasione per avvicinarla. Con la scusa di prendere esattamente quello che stava prendendo lei, le sfiorò la mano.
   «Oh, scusa!»
   «Il mondo è piccolo, eh?» ironizzò la ragazza.
   «Eh già! Non partecipi all’asta?»
   «Questi quadri sono orribili.»
   «Te ne intendi di arte?» Chiese Dawon, facendole strada verso un tavolino a cui sedersi. Se davvero voleva sapere che fine avesse fatto quella maledetta SD doveva inventarsi qualcosa al più presto. L’ideale sarebbe stato cercargliela addosso, ma con quale scusa? Non poteva certo mettersi a frugarle tra i vestiti come se niente fosse.
 
   Contemporaneamente anche Taeoh si era avvicinato al proprio obiettivo. Aveva visto Iris andare a prendere un cocktail ghiacciato e l’aveva seguita con la scusa di un bicchiere di vino rosso. Fingendo un incontro fortuito richiamò l’attenzione della ragazza con un saluto amichevole. Lei si limitò a ricambiare sorridendo gentilmente, ma non aggiunse altro. Aveva un’aria un po’ stanca e non sembrava molto propensa a iniziare una conversazione. Una pessima premessa.
   «Quindi eri qui per il buffet, non per l’asta…» Taeoh decise di buttarla sul ridere.
   «Diciamo che ho accompagnato un’amica.» si giustificò lei, cercando di rimanere sul vago.
   «Anche io sono qui con un amico, è quel tizio laggiù.» il ragazzo indicò Dawon, che era seduto al tavolo con Wendy «Ora però credo sia più interessato a quella ragazza che a me.»
   «Ah!» esclamò Iris, un po’ sorpresa «Lei è l’amica con cui sono venuta qui!» improvvisamente percepì un leggero senso di inquietudine. Era davvero una strana coincidenza.
   «Oh, sul serio? Che strana coincidenza!» disse Taeoh quasi come se le avesse letto nel pensiero «Oppure, è destino…» non riuscì a resistere alla tentazione di insinuare che non era un caso se si erano incontrati. Poi improvvisamente sembrò ricordarsi di qualcosa «Oh! Che sciocco, non mi sono presentato. Mi chiamo Taeoh, molto piacere! Tu sei?»
   «Mi chiamo Iris. Piacere di conoscerti.» In non sapeva nemmeno più quanti anni non le era mai capitato di essere approcciata da un ragazzo carino, più o meno della sua età e pure educato. Normalmente l’avrebbe considerata una vera fortuna, ma qualcosa non la convinceva. Forse proprio perché era un evento così raro aveva il dubbio che non fosse casuale. Non era nemmeno più in servizio, quindi avrebbe potuto tranquillamente lasciarsi andare, ma si sentiva inquieta. Come se non bastasse, più il tempo passava più il sonno e la stanchezza accumulati nei giorni precedenti cominciavano a farsi sentire, aveva anche iniziato a girarle un po’ la testa, cosa che le succedeva spesso negli ultimi tempi. Cercò di scacciare quella strana sensazione di disagio e non dare peso alle coincidenze. Probabilmente era solo paranoica.
   «Ti dispiace se vado a sedermi?» chiese al ragazzo, indicando un tavolo libero davanti alla vetrata. Sperava che bastasse per non farsi seguire, non era nel pieno delle forze e non voleva rischiare di lasciarsi sfuggire qualche informazione riservata, ma Taeoh non aveva intenzione di demordere. Qualsiasi scusa sarebbe andata bene pur di guadagnare tempo.
   «Posso farti compagnia? Sai, a queste serate non c’è mai nessuno di interessante, o meglio, di giovane con cui parlare. E il mio amico, beh…» disse in tono quasi imbarazzato.
   «Capisco…» rispose Iris, rassegnata e anche un po’ intenerita. Per quanto la coincidenza fosse sospetta, Taeoh non le sembrava una cattiva persona. Purtroppo, però, questa volta si stava sbagliando nel giudicare chi le stava di fronte.
   «Andiamo a sederci lì.»
   «Ok!» rispose lui seguendola, mentre lei gli fece strada verso il tavolo. La superò e spostò la sedia quanto bastava per permetterle di sedersi «Prego.»
   Iris ebbe un attimo di smarrimento per il gesto del tutto inaspettato, ma si sedette ugualmente. «Grazie, ma non accorciare così le distanze, per favore. Non mi sento a mio agio…» disse, cercando di sorridere per smorzare il tono della critica. Taeoh si stava comportando in modo troppo galante e la cosa la insospettiva ancora di più, ma non era il caso di giungere a conclusioni affrettate.
   «Oh, scusa. Sei diretta, eh...» anche lui sorrise in modo imbarazzato. Forse era stata troppo acida nella risposta? Eppure non le sembrava di essere stata particolarmente scortese. Sorseggiò il suo drink pensandoci un po’ su.
   «Mi dispiace, non volevo offenderti…»
   «No, no tranquilla, capisco. A volte tendo a essere troppo espansivo.» Normalmente le ragazze cascavano ai suoi piedi dopo un paio di smancerie, invece Iris sembrava opporre resistenza. Agli occhi di Taeoh era piuttosto carina, ma non sembrava quel tipo di donna eccentrica a cui basta camminare per strada per attirare l’attenzione, anzi, gli pareva una persona piuttosto semplice e per nulla abituata a ricevere certe attenzioni, perciò gli sembrò strano che l’approccio non avesse funzionato. O era totalmente disinteressata o non era per nulla il tipo da starci facilmente. Ormai aveva capito che per quanto lui si fosse mostrato gentile e affabile lei non avrebbe minimamente accennato a dargli confidenza. Ancora una volta se ne stava in silenzio lì davanti a lui, limitandosi ad accennare un sorriso indecifrabile senza sollevare nuovi argomenti. La osservò rivolgere l’attenzione al proprio drink e girare il ghiaccio nel bicchiere con la cannuccia, lasciando che il silenzio prendesse il sopravvento. Che stesse già sospettando qualcosa? Era meglio andarci piano.
   «Tutto ok?» provò a chiederle con cautela.
   «Sì, sì, tutto ok. Stavo solo pensando a una cosa.»
   «Cioè?»
   «A dire il vero sono venuta qui anche con una terza amica, ma deve essersi trovata qualcuno con cui passare la serata.» La frase si interruppe quasi bruscamente, come se si fosse lasciata scappare qualcosa che non doveva dire e si fosse resa conto solo all’ultimo secondo. Si era anche morsicchiata leggermente il labbro inferiore con l’aria di chi si sta rimproverando mentalmente.
   «A-ah…» Taeoh sapeva perfettamente a chi si stava riferendo, ma come informazione non era di alcun aiuto. Il tempo passava e le occasioni per sapere se Iris aveva con sé l’SD si stavano esaurendo. Non sapeva proprio dove sbattere la testa. Normalmente sarebbe stato più diretto e spudorato, ma con lei non gli riusciva. E poi aveva la sensazione che se avesse proposto qualcosa, una qualsiasi cosa, si sarebbe comunque beccato un tanto cordiale quanto perentorio “no” come risposta.
 
   In un altro punto della sala, Dawon non se ne stava con le mani in mano. Dopo aver finito di mangiare era andato a prendere qualcosa da bere per sé e per Wendy.
   «Alla fine non mi hai più detto se te ne intendi di arte.» le chiese appoggiando malamente i bicchieri sul tavolo e rovesciando di proposito il contenuto di uno dei due addosso alla ragazza «Oh, no! Scusami!» Prese un tovagliolo e cercò di asciugarle il vestito. In questo modo ebbe l’occasione di controllare se ci fossero tasche nella gonna in cui potesse essere nascosta l’SD. Con sua delusione non c’era nulla di tutto ciò.
   «Merda!» imprecò Wendy alzandosi di scatto «Lascia stare, imbranato!» spostò la mano del ragazzo in modo molto brusco.
   «Non so davvero come scusarmi!» esclamò lui, inchinandosi più volte e fingendosi mortificato. «Ho una camera in questo hotel, andiamo lì, così puoi pulirti e posso anche comprarti qualcosa di nuovo nei negozi qui vicino.»
   «Non importa.» rispose Wendy in modo brusco. Poi prese la borsetta e si avviò verso il bagno. Era su tutte le furie. Non solo le aveva fatto una macchia enorme sul vestito, aveva pure peggiorato la situazione sfregandola con quel tovagliolo di carta. Ne aveva le tasche piene di questa serata.
   «Dico davvero, ti compro qualcosa e vai su in camera mia a cambiarti, non puoi tornare a casa così!» la seguì lui. Non poteva lasciarsi scappare anche questa occasione, doveva trovare il modo di recuperare l’SD nel caso la avesse lei.
   «Non seguirmi anche qui!» lo ammonì Wendy, entrando nel bagno delle donne. Subito dopo prese il cellulare e scrisse un messaggio a Iris «Ti aspetto fuori dall’hotel tra 5 minuti, questa serata è finita!» Una volta inviato il messaggio, ripose di nuovo il telefono nella borsetta e iniziò a sfregare il vestito con acqua e sapone, ma la macchia non accennava ad andarsene. Infuriata più che mai, uscì dal bagno per tornarsene a casa.
   «Grazie per la macchia amico, buona continuazione…» disse in modo scocciato.
   «Ehi! Ho detto che mi dispiace! Lascia almeno che ripari il danno!» provò di nuovo Dawon, fermandola per il polso.
   «Poi mi lasci andare a casa?»
   «Certo, certo. Scusami.» rispose lui, inchinandosi ancora un paio di volte e unendo le mani in segno di perdono. Un tono così brusco da una ragazza non l’aveva mai sentito. Cominciava a pensare di aver fatto un errore di calcolo imperdonabile non pensando alla possibilità di una reazione esplosiva. Continuando a scusarsi, però, riuscì ad avere la meglio. La portò in uno dei negozi vicino all’hotel che ospitava l’asta e le fece scegliere un vestito nuovo senza badare a spese. Poi le fece strada verso la propria camera e le permise di usare il bagno per cambiarsi. Poco dopo Wendy uscì col vestito nuovo, un tubino nero firmato.
   «Fatto. Ora sei contento?»
   «Certo, ti sta molto bene!» esclamò, nella speranza di riguadagnare qualche punto. A dirla tutta non stava mentendo affatto. «Questo lo porto in lavanderia. Se mi lasci il tuo indirizzo te lo faccio recapitare appena è pronto.» Le prese il vestito sporco dalle mani. Essendo un’agente non poteva certo essere così sciocca da lasciare l’SD nel vestito, quindi era meglio farsi dare l’indirizzo di casa. Taeoh non sembrava aver fatto progressi e probabilmente Lizzy non aveva con sé l’SD. Quasi sicuramente dopo questa serata infruttuosa avrebbero dovuto fare un sopralluogo a casa delle agenti.
   «Puoi anche buttarlo, quella macchia di vino non verrà più via.» rispose Wendy, che dopo l’esplosione di rabbia iniziale sembrava essersi calmata «Ora devo andare. Grazie per il vestito.» disse, avviandosi alla porta.
   «Figurati, è stata colpa mia. Vieni, ti accompagno.» Dawon chiuse la camera e riaccompagnò la ragazza nella sala del buffet.
 
   Iris aveva preso un altro drink e lo stava sorseggiando lentamente. Quella sera stava esagerando un po’ con l’alcol. Dopo la situazione di gelo iniziale, Taeoh era finalmente riuscito a rompere il ghiaccio. I due avevano iniziato a parlare del più e del meno in modo molto naturale e nel frattempo avevano riempito i bicchieri un’altra volta. Mentre erano intenti a parlare di viaggi, il telefono della ragazza iniziò improvvisamente a squillare dentro alla borsetta che teneva appoggiata allo schienale della sedia. Immaginando che potesse trattarsi di qualcosa di importante, lo prese e vide il tragico messaggio di Wendy, a cui rispose un po’ a malincuore con «Ok, ti raggiungo appena possibile.»
   «Taeoh… devo andare, la mia amica ha detto che vuole tornare a casa, mi ha chiesto di aspettarla fuori dall’hotel.»
   «Di già?»
   «Mi ha mandato un messaggio proprio ora. Sembra non se la stia passando bene… Mi dispiace di non poterti più fare compagnia!»
   «D’accordo. Beh grazie per la chiacchierata, spero di rivederti!»
   «Figurati, grazie a te! Passa una buona serata.» Anche se il dialogo tra i due non era cominciato nel migliore dei modi, tutto sommato non era stato così male passare un’oretta in sua compagnia, quasi ci sperava sul serio di rivederlo.
   «A presto allora, spero…» Taeoh sapeva benissimo che si sarebbero rivisti. Né lui né i suoi complici avevano ancora trovato quello che cercavano. Anzi, forse avrebbe dovuto anche sentirsi un po’ in colpa per non essersi impegnato molto a recuperare la famosa SD, ma se doveva proprio essere sincero non gli importava un granché. Non aveva la più pallida idea di che informazioni potesse contenere.
   Iris lo salutò di nuovo da lontano, agitando leggermente la mano. Poi uscì dall’hotel che ospitava l’asta e si mise ad aspettare Wendy sotto al portico dell’ingresso. Lo sbalzo di temperatura tra l’aria condizionata all’interno della sala e il caldo di quella serata estiva le fece venire un brivido lungo la schiena. Tutto sommato però si stava bene all’aperto, non era più afoso come in pieno giorno. Dopo aver aspettato per un po’, controllò lo schermo del cellulare. I cinque minuti erano già passati, ma di Wendy ancora neanche l’ombra. In quel momento le arrivò un messaggio da Lizzy: avrebbe passato la notte col ragazzo che aveva conosciuto quella sera. Dopo altri dieci minuti di attesa la collega comparve nella hall dell’hotel accompagnata da un ragazzo che Iris riconobbe come l’amico di Taeoh.
   «Grazie per la serata e scusa ancora.» Sentì Dawon scusarsi da lontano.
   «Non fa niente, buona notte.» Dopo averlo salutato, Wendy vide Iris fuori dall’hotel e le andò incontro.
   «Oh, eccoti finalmente! Uhm... hai cambiato vestito?»
   «Il tizio con cui parlavo, o meglio, che ha attaccato bottone con me, mi ha versato del vino addosso e poi ha insistito per comprarmi un vestito nuovo.»
   «Che pasticcio… Comunque, mi è appena arrivato un messaggio da Lizzy, ha detto che passerà la notte qui col ragazzo che ha conosciuto oggi. Spero non faccia cazzate.» Iris terminò la frase con un certo disappunto.
   «Avrebbe dovuto lasciare a noi l’SD, che irresponsabile! Quando si parla di uomini perde la testa anche mentre lavora.»
   «Già, ma ormai è tardi per fare irruzione in camera di quei due…»
   «Non ci penso nemmeno! Andiamo a casa.»
   Le due agenti scesero le scale, andando verso la strada, e presero un taxi per tornare a casa.



 
***

 
   Nell’hotel che ospitava l’asta di quadri, invece, Lizzy e Jiho avevano messo da parte il lavoro per dedicarsi ad attività ben più interessanti. Dopo aver preso l’ascensore avevano raggiunto la camera di Jiho, al terzo piano.
   «Prego, entra.» disse lui, aprendole la porta.
   «Oh! Ma come è lussuosa questa suite!» esclamò Lizzy, un po’ troppo ad alta voce. «Wow! King size bed!» continuò, piuttosto brilla. Le guance erano rosse per l’alcol e le veniva da ridere in continuazione.
   «Beh, io prenoto solo suite, mica stanzette ammuffite.» si vantò Jiho, per poi assestarle una pacca sul sedere. Lizzy cominciò a ridere in modo incontrollato e si lasciò cadere sul letto.
   «Dai, fammi tua…» lo provocò in tono ammiccante. Era completamente partita di testa.
Jiho non si fece pregare e si chinò su di lei, iniziando a baciarla con foga, prima sulle labbra, poi sul collo, lasciandole dei leggeri segni rossi. Dopo poco si alzò di nuovo in piedi, sfilò la cravatta e la gettò sul letto. Si sbottonò velocemente la camicia e la lasciò cadere per terra.
   «Ummm, niente male!» esclamò Lizzy, osservando il fisico atletico di Jiho. La ragazza si mise a sedere sul letto, si avvicinò a lui e fece scorrere l’indice della mano destra lungo tutto il corpo del ragazzo, tracciandone la linea degli addominali.
   «Facciamo un gioco.» propose lui, avvicinandosi ulteriormente e bendandola con la cravatta. Ancora una volta Lizzy rise divertita. Jiho le prese le mani e la fece alzare in piedi. Le slacciò il vestito e la aiutò a sfilarlo, lentamente. Subito dopo, la fece stendere di nuovo sul letto e si chinò su di lei, iniziando a baciarla. Le sue mani scorrevano su tutto il corpo della ragazza, dal basso verso l’alto. Lizzy fremeva, il suo respiro si era fatto più affannoso e non riuscì a trattenere qualche gemito. Le mani di Jiho raggiunsero la schiena della ragazza. Lei si incurvò, permettendogli di slacciarle il reggiseno. Non appena riuscì a liberarla dall’indumento, qualcosa cadde sul letto facendo un debole, quasi impercettibile fruscio. Il ragazzo scorse il piccolo oggetto nero e rettangolare con la coda dell’occhio, riuscendo a seguirne il tragitto, finché non lo vide fermarsi tra le pieghe del copriletto bianco e confondersi tra le stesse, rischiarate solo dalla luce soffusa della stanza. «L’SD!» realizzò, non appena riuscì a metterlo a fuoco. La raccolse e se la mise in tasca, così, quando si sarebbe rivestito per andarsene, l’avrebbe portata con sé.
   «Qualcosa non va?» chiese Lizzy, non sentendo più i baci di Jiho su di sé e impaziente più che mai di continuare.
   «Mai stato meglio…» rispose lui, con un sorriso beffardo in volto. La missione era stata portata a termine, poteva semplicemente dimenticarsi del lavoro e godersi la serata in compagnia di quella bella e ingenua agente.

 

 
***

 
    Al quartier generale dell’associazione, la quarta agente, May, era andata a stilare il rapporto della missione conclusasi quel pomeriggio. Arrivata davanti ai tornelli dell’ingresso strisciò il pass e si diresse verso l’ascensore. Non c’era quasi nessuno a quell’ora. Arrivata al piano in cui si trovava l’ufficio girò a destra e raggiunse la stanza in cui due ragazzi sovraccarichi di lavoro volevano solo tornarsene a casa presto e stavano facendo del loro meglio per smaltire i documenti rimasti.
   «May!» esclamò uno di loro vedendola entrare «Anche tu qui? L è impazzita! Ci sta facendo ricontrollare tutti i verbali! Domani mattina passa l’ispettore!» il ragazzo sembrava davvero disperato. Probabilmente era da qualche giorno che L aveva saputo dell’ispettore e li aveva messi al lavoro. Questo spiegava anche la sua fretta nel voler a tutti i costi ricevere il verbale della missione entro la mattina seguente.
   «Aiutaci, ti prego!» la implorò l’altro ragazzo, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
   «Shion, Jinki! Da quant’è che state lavorando? Sono tantissimi questi verbali!»
   «Stiamo facendo straordinari da una settimana!» esclamò Shion con in volto l’espressione di chi è in preda alla disperazione più totale.
   «Mi dispiace…» disse May, altrettanto preoccupata per il lavoro che avrebbe dovuto ultimare al più presto «Stasera L mi ha chiamata appena ho messo piede in casa per dirmi di venire qui! Vuole che le consegni il verbale della missione entro domani. Se mi avanza tempo vi do una mano!»
   «Grazie May!» risposero i due, facendole posto su una scrivania piena di documenti e rimettendosi all’opera. May prese gli appositi moduli e cominciò a compilarli. Riempì le caselle dell’intestazione, poi passò alle righe delle pagine successive, dando più dettagli possibili riguardo alle modalità di svolgimento della missione e agli equipaggiamenti che erano stati utilizzati. L’operazione richiese più tempo del previsto, ma riuscì comunque ad aiutare un po’ i due ragazzi. Quando finalmente ultimò il lavoro mancavano pochi minuti alla mezzanotte.
   «Fine!» esclamò la ragazza, sollevando il più possibile le braccia verso l’alto per stiracchiarsi la schiena. Jinki aveva concluso il proprio lavoro da circa dieci minuti e si era già avviato verso casa. Shion invece era ancora piegato sulla sua scrivania.
   «May, mi mancano un paio di documenti da riordinare e ho finito. Vuoi che ti riaccompagni a casa?» appartenendo a due squadre diverse, al ragazzo non capitava spesso di passare del tempo da solo con May, ma fin dal primo momento in cui l’aveva vista aveva iniziato a provare qualcosa per lei. Non aveva capito subito i propri sentimenti, era stato allo stesso tempo un colpo di fulmine e una presa di coscienza graduale. Nonostante fossero passati più di due anni da quando si erano incontrati per la prima volta, ancora non aveva avuto il coraggio di confessarle i propri sentimenti. Per il momento si accontentava dei pochi momenti passati insieme e di osservarla da lontano, ma era sicuro che prima o poi l’occasione giusta si sarebbe presentata, e allora non se la sarebbe lasciata sfuggire.
   «No, tranquillo, sono venuta in macchina.» rispose gentilmente lei.
   «Ah.» Colpito e affondato. Non era ancora arrivata l’occasione giusta a quanto pareva. «Ti… posso accompagnare alla macchina allora.» Inserì l’ultimo foglio in un pesante faldone, che chiuse facendogli fare un tonfo. Poi si alzò dalla sedia per avvicinarsi a May.
   «Va bene.» rispose lei con il sorriso stampato sulle labbra. Shion le aveva sempre messo simpatia. Aveva due anni più di lei ed era entrato in servizio un anno prima. Nonostante fosse più grande a volte le dava la sensazione di essere un po’ ingenuo, ma era comunque uno degli agenti migliori dell’associazione, infaticabile lavoratore ed estremamente abile nelle tecniche di combattimento. Quella sera le sembrava stranamente impacciato e vederlo così le metteva tenerezza. Le faceva piacere che fosse così premuroso nei suoi confronti, sapeva di poter sempre contare su di lui.
   I due lasciarono l’associazione e si diressero insieme verso la macchina. Shion aspettò che May salisse nella sua auto e la salutò.
   «Allora a domani, stai attenta a tornare a casa!»
   «Ok, anche tu! Ci vediamo!» la ragazza, tutto sommato di buon umore grazie a Shion, lo salutò di nuovo con un cenno della mano, mise in moto l’auto e sfrecciò per le strade di Seoul.
 
   Quando arrivò a casa, Iris e Wendy erano rientrate da pochi minuti.
   «Ehi May, com’è andata? Scritto tutto?» chiese Wendy appena la vide rientrare. Si era seduta sul divano e stava mangiando il cibo ordinato quella sera prima di partire.
   «Ciao May!» la salutò Iris passandole davanti in mutande e canottiera con in mano lo spazzolino e il dentifricio. Quella sera faceva caldo ma non le andava di accendere l’aria condizionata, quindi aveva optato per bandire il pigiama.
   «Heilà, che stanchezza!» esclamò la più piccola, lasciandosi cadere esausta sul divano accanto a Wendy. Poi si accorse che una di loro mancava all’appello «Scusate ma, dov’è Lizzy?»
   «Dobbiamo dirtelo?» chiese retoricamente Wendy.
   «È rimasta a dare sfogo ai suoi isvtinvti anivmalevschi!» urlò Iris dal bagno con il dentifricio in bocca.
   «È andata a letto con un altro? Ancora?!» esclamò May incredula.
   «Mevglio in hovtel che a cavsa novstra!»
   «Vero…» disse Wendy annuendo con il capo.
   «Ah quello di sicuro!» concordò anche May ridendo.
   «Bene, io vado a letto!» concluse Iris, uscendo dal bagno e stiracchiandosi «Ci si vede domani, dormite bene!» a fine frase non riuscì a trattenere uno sbadiglio. Subito dopo si ritirò nella propria camera.
   «Buona notte!» urlò May, alzandosi dal divano per andare in camera a cambiarsi.
   «Notte!» disse infine Wendy, che aveva optato per finire di mangiare prima di andare a dormire.
   Nonostante fossero agenti segreti una volta rientrate a casa erano ragazze del tutto comuni, stanche, stressate e finalmente in vacanza. O almeno così pensavano.



Fine cap. 3 

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  Eccoci alla fine anche di questo capitolo! Sia i ragazzi che le ragazze pensano di aver vinto... ma chi riuscirà a recuperare l'SD alla fine? La battaglia è ancora aperta! (E una buona parte di loro se ne sta fregando come se non li riguardasse XD ma dettegli... tanto poi se la vedono loro col capo.)
Alla prossima~

Misa

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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei presta volto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!

 

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 4 -

 
   
   Il giorno seguente, Iris, Wendy e May dormirono fino a tardi. Era già mezzogiorno inoltrato quando qualcuno cominciò a bussare insistentemente alla loro porta, svegliandole.
   «Aprite!» Era Lizzy, che implorava a gran voce.
   «Ogni volta dimentichi il codice di accesso. La prossima volta ti lascio fuori!» la rimproverò Wendy, dopo averle aperto la porta. La bionda era ancora in abito da sera. Molto probabilmente aveva lasciato l’hotel solo poco tempo prima.
   «Oh, Lizzy!» esclamò Iris, raggiungendo le colleghe nell’atrio «Sei andata in centrale a consegnare l’SD?»
   La ragazza varcò la soglia con aria stanca e seccata, e, senza badare minimamente alle parole della altre, esclamò «Abbiamo ancora una missione da svolgere, muovetevi!»
   «Che è successo stanotte? Mi sembri acida.» osservò May. Lizzy la fulminò con lo sguardo.
   «Muovetevi, abbiamo un uomo da cercare!»
   «Cosa vuol dire “abbiamo”?» chiese Iris in tono minaccioso, cominciando a intuire che qualcosa era andato storto.
   «Vuol dire che abbiamo una missione, idiota…» rispose Lizzy in modo ancora più aspro.
   «Cosa vuol dire che abbiamo una missione?!» ripeté Iris alzando la voce. «Dove hai messo quella maledetta SD!?» Stava cominciando ad alterarsi. Poteva lasciar passare la negligenza della sera precedente, ma non poteva tollerare che tornasse a casa completamente sfatta a impartire ordini a destra e a manca senza dare uno straccio di spiegazione.
   «Non lo so dove sia finita l’SD! Dobbiamo andare a cercarla!» rispose a tono Lizzy.
   «Stai scherzando, vero?!» intervenne May.
   «Ma tu non l’avevi tra le tette quella SD? Come hai fatto a fartela fregare?» chiese Wendy «Anzi, non voglio saperlo…» aggiunse immaginandosi la risposta.
   «Muovetevi e basta! Andate a cercarla!» così dicendo, Lizzy si chiuse in camera sbattendo la porta. Era ancora in post sbornia e le faceva male la testa. Come se non bastasse quando si era svegliata lui se ne era già andato, l’aveva mollata da sola a letto. Un risveglio a dir poco pessimo.
   «Razza di incompetente…» borbottò Iris, sull’orlo di una crisi di nervi.
   «Ok, calmiamoci tutte.» cercò di quietare la situazione Wendy «Prima troviamo l’SD e la consegniamo a L, poi la uccidiamo! Dobbiamo recuperare la lista degli invitati a quella festa e anche le registrazioni delle telecamere di sicurezza.»
   «Ho come il sospetto che la troveremo in mano al tipo con cui è stata ieri sera.» ipotizzò Iris «Sarebbe semplice se sapessimo come si chiama, ma immagino che Lizzy non se lo ricordi.» con aria spazientita si diresse verso la camera della collega e senza bussare aprì la porta «Come si chiama il tipo con cui sei stata ieri?»
   La bionda la ignorò e non rispose.
   «Lizzy!» la richiamò Iris. Stava facendo del suo meglio per trattenersi ma sentiva la rabbia ribollirle dentro. Non sopportava certi atteggiamenti infantili e nemmeno l’idea di dover rinunciare a un altro giorno di vacanza per rimediare agli errori della collega senza che lei muovesse un dito e senza ricevere nemmeno delle scuse.
   La bionda uscì dalla camera barcollando e batté con disprezzo la spalla contro quella di Iris, passando oltre, poi si rivolse alle altre due ragazze che in quel momento sembravano più ben disposte e più indulgenti nei suoi confronti.
   «Non abbiamo molto tempo per recuperarla.» esordì con aria mesta e voce spezzata, sperando di far loro pietà «Se non lo facciamo entro una settimana potremmo essere arrestate come fossimo delle spie, delle mere traditrici!»
   «Semmai tu verrai arrestata…» puntualizzò May «Non mi farò certo scrupoli a dire come sono andate le cose.»
   «Ok, ok.» prese la parola Wendy «Oltre al fatto che tu rischi di essere arrestata per negligenza e tradimento, non ricordi il nome del tipo, vero?»
   Lizzy scosse la testa in segno di diniego, impegnandosi a versare qualche lacrima di coccodrillo. Era maestra nell’interpretare il ruolo della vittima. «Mi ha drogata…» mentì spudoratamente.
   «Certo.» commentò Iris, arrivandole alle spalle. Non credeva a una sola parola. Fece un bel respiro e incrociò le braccia al petto nel tentativo di mantenere la calma. «Almeno la stanza in cui sei stata te la ricordi? Caso mai ti sia caduta per terra.»
   «Non lo so...» continuò egoisticamente Lizzy, che voleva solo essere lasciata in pace a recuperare le ore di sonno perdute «Tutto ciò che ricordo è che aveva un letto enorme.»
   «Una suite?» ipotizzò Iris.
   «Sì…»
   «Ti ricordi a che piano era? Sarete saliti in ascensore.» chiese May.
   «Terzo mi pare…»
   «Terzo piano, bene, abbiamo qualcosa su cui lavorare!» esclamò Wendy. «Io controllo la stanza; May la lista dei nomi; Iris, tu vieni con me.» impartì ordini Wendy, che in ordine di età era la seconda più grande del gruppo. «Lizzy, tu fai quello che ti pare. Rimani comunque inutile.»
 
   Le tre ragazze si diressero subito all’hotel che ospitava l’asta la sera prima e, dicendo ai receptionist che erano lì per indagare, si fecero consegnare i registri degli invitati e delle prenotazioni. Mentre May si occupava di controllare la documentazione, Iris e Wendy salirono al terzo piano per ribaltare da cima a fondo le suite. Su quel piano ce ne erano tre, tutte prenotate la sera precedente e tutte già state ripulite. Le ragazze si erano fatte consegnare le tessere per aprire le porte, si erano divise e avevano controllato minuziosamente in ogni angolo delle suite, senza però ottenere alcun risultato. Pensando che il personale delle pulizie potesse aver trovato l’SD, provarono a chiedere anche a loro, ma nessuno aveva visto niente. Era da escludere che stessero mentendo, un oggetto del genere non aveva nessun valore per chi non era a conoscenza del suo contenuto. Era ormai chiaro che la finalità della scappatella di quell’uomo con Lizzy fosse proprio rubarle l’SD. Iris e Wendy tornarono nella hall, sperando che May fosse stata più fortunata nelle ricerche.
   «May, hai trovato gli indirizzi dei tre delle suite?» chiese Iris, sporgendosi verso la scrivania a cui era seduta la più piccola per vedere i registri.
   «Una era di Kuk SongKun; una di un giapponese… Maki Tokugawa; e la terza di un certo Jung HeeByeol. Per ognuno abbiamo nome e indirizzo. Tutti e tre se ne sono andati stamattina.»
   «Merda… controlliamo chi abita agli indirizzi dichiarati. Sento che siamo finite in un vicolo cieco.» disse preoccupata Wendy.
   «Proviamo, se è lui lo riconosceremo.» concordò Iris, sospirando rassegnata. Le tre riconsegnarono i documenti, ringraziarono e uscirono dall’hotel.
 
   Al semaforo di fronte all’ingresso un taxi nero con a bordo un solo cliente aspettava che scattasse il verde. Wendy si fermò per osservare meglio l’uomo seduto sui sedili posteriori dell’auto, le ricordava qualcuno di familiare. Improvvisamente si ricordò dove lo aveva già visto.
   «Iris! Vedi anche tu quello che vedo io?» chiese alla collega, indicandole il taxi con la mano.
   La ragazza diresse il suo sguardo verso l’autovettura. Osservò prima il conducente, ma non le diceva nulla. Allora rivolse lo sguardo al passeggero e immediatamente spalancò gli occhi, incredula.
   «È lui!» esclamò, riconoscendolo come l’uomo che cercavano.
   «Veloci, la macchina!» ordinò Wendy, dirigendosi di corsa al parcheggio. Le ragazze la seguirono e Iris prese il posto del guidatore, immettendosi nella stessa corsia del taxi. Già più di cinque macchine le dividevano dal soggetto. Scattò il verde e il taxi ripartì.
   «Dai, dai, accelera!» esclamò Wendy.
   «Cerco di fare il possibile!» Iris ignorò un divieto e superò due delle macchine che avevano davanti mentre la corsia di senso opposto era libera. Neanche cento metri e il taxi dovette fermarsi di nuovo a un semaforo.
   «Cosa ne dite di sparargli alle gomme?» propose Wendy
   «No, siamo in mezzo al traffico, rischiamo di fare una strage se risponde al fuoco.» osservò Iris. Scattò di nuovo il verde e il taxi ripartì, svoltò in una strada secondaria e cominciò ad accelerare. Senza ombra di dubbio si era accorto di essere inseguito.
   «Presto, stagli dietro!» ordinò Wendy.
   Iris svoltò nella stessa stradina e accelerò a sua volta. Davanti a loro c’era di nuovo un semaforo. Era appena scattato il rosso, ma il taxi uscì ugualmente dall’incrocio a tutta velocità, rischiando quasi un incidente. La macchina davanti alla loro si fermò e un attimo dopo si ritrovarono bloccate nel traffico cittadino.
   «Merda! L’abbiamo perso!» imprecò Iris.
   «Non è difficile capire che ci hanno notate.» disse Wendy. «Non ci rimane che tornare sui nostri passi, oppure, potremmo persuadere L a darci l’autorizzazione per controllare le telecamere del traffico. In questo modo sarà facile capire la direzione che ha preso.»
   «Buona idea!» approvarono le altre due.
 
   Le agenti tornarono in centrale e fecero visionare le telecamere agli addetti, scoprendo il percorso seguito dal taxi. Il soggetto si era fatto lasciare alle porte di un quartiere piuttosto malfamato in cui non era raro incorrere in risse e incontri criminali. Per non parlare del fatto che fosse disseminato di locali ambigui dediti ad attività clandestine, come la prostituzione e il gioco d’azzardo. Dopo essere sceso dal taxi, l’uomo aveva proseguito per un po’ a piedi, addentrandosi in una stradina non sorvegliata e facendo così perdere le proprie tracce.
   «Avremmo dovuto immaginare che la pista ci avrebbe condotte nella zona più malfamata di Seoul.» commentò Wendy.
   «Già. Bel posticino...» aggiunse ironicamente Iris «Temo che dovremo andare nella tana del lupo stavolta. Non abbiamo altra scelta che rubare ai ladri.»
   «Il punto è... come? E dove? Dovremmo riuscire capire dove è andato di preciso per sorvegliare il posto. Una volta ottenuto l’indirizzo entreremo di nascosto.» continuò Wendy.
   «Ummm… la nostra associazione non sta già facendo ricerche in quell’ambito?» chiese Iris.
   «Sì!» rispose May, ne aveva parlato proprio la sera prima con Shion e Jinki «Minho, quel ragazzo della stessa squadra di Shion, avete presente?» le due annuirono. «È riuscito a infiltrarsi e sta lavorando per Ray, uno dei boss mafiosi a capo del quartiere. Potremmo chiedere a L di metterci in contatto con lui.»
   «Questa è un’ottima notizia!» esclamò Iris «Sicuramente ne sa qualcosa.»
 
   Le tre ragazze comunicarono l’accaduto a L, la quale si arrabbiò non poco, ma per il bene della missione fece in modo di metterle in contatto con Minho. Dopo essere stato avvertito, avrebbe trovato lui il modo di comunicare con loro. Tutto ciò che dovevano fare era attendere che si facesse vivo con un messaggio e pianificare un incontro.

   Passarono due giorni carichi di tensione. Le agenti non riuscirono a distendere i nervi nemmeno per un attimo. La sera del secondo giorno, finalmente, arrivò sul cellulare di Wendy un messaggio che diceva «Ciao, sono io. Come promesso sono riuscito a ritagliare del tempo per vederci. Facciamo domani allo Starbucks vicino a casa tua alle quattro?» Il mittente era senza ombra di dubbio Minho.
   «Evviva! Ho un appuntamento!» esclamò Wendy in modo ironico appena ricevuto il messaggio.
   «È lui?» chiese Iris, avvicinandosi alla collega, che se ne stava sdraiata a pancia in giù sul divano.
   «Già! Stavo impazzendo ad aspettare qui senza fare nulla. Sento ancora nella testa L che ci maledice!» Dopodiché Wendy scrisse un messaggio di risposta a Minho: «Perfetto! Domani alle 4, ci sarò!»
   Iris sospirò sollevata «Finalmente metteremo un punto a questa faccenda e torneremo a dormire sonni tranquilli!»
   «Come mi vesto? Sarà bello? Dici che devo provarci?» chiese Wendy, cominciando già a sentirsi esaltata e a immaginare chissà quale scenario possibile. Per tutta risposta Iris scoppiò a ridere.
   «Conosci forse un ragazzo della squadra di Shion che non sia bello?»
   Anche Wendy rise divertita. La squadra di Shion era composta da cinque ragazzi, quest’ultimo compreso, ed era uno dei gruppi più stimati all’interno dell’associazione non solo per la bravura, ma anche per la bellezza dei componenti, che ogni giorno facevano parlare di sé e sognare le ragazze dell’associazione. Fino ad allora le agenti avevano avuto modo di conoscere solo quattro di loro, che svolgevano anche altre attività nel quartier generale di L. Minho era il quinto ragazzo, si diceva fosse molto alto e di un fascino sorprendente. Il girono seguente lo avrebbero finalmente conosciuto di persona e non solo di fama.
   «Come la mettiamo con Lizzy?» chiese tutto a un tratto Wendy, facendosi seria «La tagliamo fuori dalla missione, oppure…»
   Iris ci pensò un attimo prima di rispondere. Lizzy era la leader della squadra, ma non si era mai rivelata di grande aiuto. Troppo spesso si limitava a impartire ordini e alla fine della missione si prendeva tutto il merito come se avesse coordinato magnificamente l’operazione. In più questa volta l’aveva combinata grossa. No, non era il caso di coinvolgerla, sarebbe stata solo d’impiccio.
   «Forse è meglio se risolviamo questa faccenda da sole. C’è il rischio che faccia altri danni.»
   «D’accordo, ma ci servirà aiuto dall’esterno.»
   «Una volta parlato con Minho credo ci converrà valutare e semmai chiedere rinforzi a L.»
   «Ok. Ora rilassiamoci e aspettiamo domani.»
   «C’è bisogno che venga anch’io all’incontro?» chiese Iris.
   «Perché?»
   «Domani pomeriggio è di turno Kibeom nella clinica dell’associazione… volevo andare a fare un check-up generale da lui, altrimenti potrei non fare in tempo prima del prossimo incarico.»
   Kibeom era un altro dei ragazzi della squadra di Shion, nonché caro amico di Iris. Era specializzato anche in medicina ed infermieristica, perciò, insieme ad altri colleghi, si occupava della salute degli agenti, soprattutto quando riportavano danni a causa delle missioni. In questi casi, infatti, non era facile spiegare la situazione al personale di un comune ospedale senza rivelare la propria professione.
   «Oddio! Sei incinta?» esclamò Wendy in tono scherzoso.
   «Sì, sicuramente...» rispose l’amica in tono ironico. Lo sapevano tutte che era single da una vita.
   «Comunque, non c’è problema. Mentre tu sei da Kibeom, May, mi farai da supporto? Non potete lasciarmi da sola con quel tipo, qualcuno deve controllare!»
   «Non preoccuparti, ci penso io ad accompagnarti.» rispose May.
 
   L’ora dell’appuntamento arrivò in fretta. Wendy e May erano uscite di casa un po’ prima del necessario in modo da arrivare con qualche minuto di anticipo. Wendy indossava il tubino nero rimediato all’asta di quadri e una giacca grigia dalle maniche in pelle nera. Al polso aveva il solito braccialetto con annesso microfono nascosto e al collo un normalissimo ciondolo a forma di ancora. Era proprio curiosa di vedere in faccia Minho e si sentiva anche un po’ agitata. Voleva fare bella figura e sembrare carina, ma allo stesso tempo voleva anche dimostrare di essere professionale.
   May aspettò qualche minuto prima di entrare nella caffetteria dell’incontro. Appena superata la porta d’ingresso fu investita dal getto gelido dell’aria condizionata, che la costrinse a infilarsi la giacca di jeans nera che aveva previdentemente portato con sé. Individuata la collega con lo sguardo, andò a ordinare un Green Tea Latte e si sedette a un posto singolo, rivolto verso la vetrata del locale, dal quale avrebbe potuto osservare indirettamente Wendy e Minho riflessi nel vetro ed essere pronta a intervenire in caso di bisogno.
   Le quattro di pomeriggio erano passate da circa dieci minuti. Il loro informatore era in ritardo. Verso le quattro e un quarto, un ragazzo asiatico piuttosto alto entrò nel bar e si guardò intorno come se stesse cercando qualcuno. Appena riconobbe Wendy, seduta a un tavolino da sola, le si avvicinò con aria affabile.
   «Wendy?»
   «Minho, immagino.» rispose lei, alzandosi in piedi in segno di rispetto e salutandolo con un cenno del capo. I due ripresero posto al tavolo, iniziando la conversazione con i soliti convenevoli.
   «Piacere di conoscerti!»
   «Piacere mio!»
   Dopo una prima chiacchierata per conoscersi meglio e vedere se potevano fidarsi l’uno dell’altra, i due agenti arrivarono al dunque.
   «Mi hanno riferito che non avete ricevuto l’oggetto ordinato.» disse Minho, dosando ogni parola per essere sicuro di non lasciarsi sfuggire nulla di compromettente. «Ecco, ho sentito i miei coinquilini che ne parlavano. Deve averlo erroneamente ritirato uno di loro.»
   «Davvero?» esclamò Wendy sorpresa «Ti prego, dimmi che era un tizio baffuto che ne parlava.»
   Prima di dire qualsiasi cosa, Minho prese un tovagliolino da quelli sul tavolo e scrisse il nome “Jiho” con una biro che aveva portato con sé. «Era lui che ne parlava.» disse passando il tovagliolino a Wendy «E sì, è un ragazzo baffuto.»
   «Finalmente qualcosa di buono da questa orribile settimana!»
   Dopodiché Minho riprese il foglietto e scrisse sul retro un indirizzo.
   «Comunque non c’è problema, puoi venire a prenderlo qui. Ti invierò un messaggio per dirti quando puoi passare.»
   «Perfetto!» desse Wendy. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso soddisfatto: la collaborazione di Minho si era rivelata una risorsa preziosissima. «È davvero un piacere lavorare con te.»
   «Ah, dimenticavo di dirti che puoi farti accompagnare dalle tue amiche se vuoi, non è un bel posto in cui andare da sole ed è possibile che io sarò impegnato col lavoro quel giorno, quindi non ti potrò accompagnare.» L’oggetto a cui si stava riferendo Minho era l’SD. Probabilmente aveva intenzione di tenere gli altri lontani da casa per permettere alle agenti di entrare indisturbate.
   «D’accordo.»
   «Ora devo scappare.» concluse il ragazzo, alzandosi e prendendo la propria giacca dallo schienale della sedia. «Ti scrivo io.»
   «Grazie.» rispose Wendy «E buona fortuna!»
   Minho lasciò il locale. Wendy finì di bere e poi si incamminò verso casa. L’ultima a uscire fu May. Le due si ricongiunsero solo una volta arrivate davanti al palazzo, come se si fossero incontrate per caso.



Fine cap. 4

 
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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei presta volto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!
 

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 5 -



 
   Mentre Wendy e May erano all’incontro con Minho, Iris si era recata alla clinica dell’associazione. Circa sei mesi prima, durante una missione, un corpo a corpo le aveva procurato delle brutte ferite. I tagli e gli ematomi erano guariti ormai da tempo, ma le conseguenze del trauma subìto alla schiena dopo essere stata scaraventata contro una vetrata che si era ridotta in frantumi tornavano ancora a tormentarla di tanto in tanto. Probabilmente anche questa volta aveva tirato troppo la corda per portare a termine tutti gli incarichi assegnati da L: era dalla sera all’asta di quadri che i capogiri non la lasciavano in pace. All’inizio aveva dato la colpa alla stanchezza, ma dopo un po’ era diventato chiaro che la causa del malessere fosse la schiena.
   Iris entrò nel grande edificio di vetro, salutò le impiegate dietro al bancone e raggiunse i tornelli di accesso. Appoggiò il badge sul lettore e, passato il controllo, svoltò a sinistra in un ampio corridoio. Prese l’ascensore e schiacciò il pulsante per salire al quindicesimo piano, dove si trovava l’infermeria. Quel giorno di turno c’era sicuramente Kibeom, un suo amico di vecchia data. Iris non amava molto i dottori e gli infermieri, ma di Kibeom poteva fidarsi, avrebbe capito al volo il problema e le avrebbe proposto una soluzione senza fare troppe congetture e senza imbottirla di farmaci inutili.
   Le porte dell’ascensore si aprirono, Iris uscì e raggiunse l’infermeria. Non aveva preso nessun appuntamento, ma essendo in confidenza con Kibeom era sicura che non ci sarebbero stati problemi. La porta era solo accostata, così entrò senza bussare.
   «Kibeom?» lo chiamò, non vedendolo dietro alla sua scrivania. Si guardò intorno e notò che la tenda bianca che separava i lettini dal resto dello studio era tirata. Tendendo l’orecchio sentì un fruscio provenire da quella parte della stanza. «Kibeom, sei lì dietro?» chiese di nuovo, avvicinandosi e scostando leggermente la tenda.
   «Yah!» urlò lui, separando immediatamente le labbra da quelle del ragazzo che stava baciando e staccandosi dallo stesso.
   «Scusa, scusa!» esclamò Iris imbarazzata, richiudendo di nuovo la tendina e girandosi di spalle. Il ragazzo in compagnia di Kibeom era Haru, il suo fidanzato, anche lui un agente della squadra di Shion. Quando si trovava all’associazione passava spesso a trovarlo in infermeria per rubargli qualche bacio.
   «Ormai il danno è fatto.» la rimproverò Kibeom, riaprendo la tenda.
   «Ciao Iris, come va?» chiese Haru, spuntando da dietro alla schiena del suo ragazzo.
   «Ciao!» rispose lei, voltandosi nuovamente verso di loro «Scusate, non volevo interrompere…»
   «Non importa. Dimmi, come mai sei qui?» Kibeom, indossò il camice bianco che aveva lasciato sullo schienale della sedia e fece gentilmente cenno a Haru di uscire. Quest’ultimo gli sorrise e lo salutò con la mano, poi lasciò lo studio, richiudendosi la porta alle spalle.
   «Per il solito problema, sono ricominciati i capogiri.» rispose Iris, sospirando e seguendo Kibeom alla scrivania.
   «Hai fatto altre missioni che hanno portato a combattimenti fisici?» le chiese lui, estraendo un fascicolo dal cassetto.
   «Ummm… ormai quattro giorni fa sono tornata da una missione di una settimana. Poi L ce ne ha subito assegnato un’altra.»
   «Intendo se hai ricevuto altri colpi.»
   «Beh, sì, abbiamo avuto alcuni scontri corpo a corpo. Nella confusione mi pare di aver picchiato di nuovo la schiena contro un muro, ma non ricordo i dettagli.»
   Kibeom picchiettò la punta della biro sulla cartella clinica di Iris, facendo scorrere con gli occhi i dettagli relativi ai mesi precedenti.
   «Hai fatto gli esercizi che ti ho spiegato?»
   «Ehm… li ho dovuti saltare per un po’, non ho avuto tempo.»
   «Esattamente cosa intendi per un po’?»
   «Quasi due settimane.»
   «Va bene.» si rassegnò Kibeom «Proviamo con un massaggio.» Così dicendo si alzò dalla scrivania e le fece strada verso i lettini. Iris lo seguì e si sedette sul primo, dandogli le spalle.
   «Togli la maglietta e stenditi.»
   «Ok, mi affido al mio dottore di fiducia!»
   Iris eseguì le indicazioni. Kibeom le massaggiò la schiena e il collo per quasi mezz’ora facendo pressione sui punti di maggiore tensione. Dopo pochi minuti, la ragazza aveva già iniziato a sentirsi molto più rilassata e distesa. Ancora una volta le venne spontaneo pensare che Kibeom era davvero bravo nel suo lavoro. Anni prima lo aveva aiutato a studiare per un corso di fisioterapia e in quell’occasione lui le aveva persino insegnato come fare alcuni massaggi, motivo per cui Lizzy ogni tanto reclamava massaggi da Iris al ritorno dalle missioni.
   «Ok, ora dovresti essere a posto.» disse Kibeom, terminando il lavoro e passandole la maglietta in modo che potesse rimettersela subito senza far raffreddare la schiena.
   «Grazie!» rispose lei, scendendo dal lettino.
   «Fatti fare un massaggio con questa dalle ragazze. Almeno dieci minuti ogni giorno, così allevi la tensione.» Kibeom le porse una pomata dalle proprietà antiinfiammatorie.
   «Ok, ricevuto! Questa posso tenerla io?» chiese Iris, prendendo il tubetto tra le mani e leggendone l’etichetta.
   «Sì, è per te. Io ne ho altre qui in infermeria.» Kibeom andò un attimo in bagno per sciacquarsi le mani «Non sforzare troppo la schiena sollevando pesi e prendi qualche antidolorifico se necessario. Se non passano i capogiri ci risentiamo. Certo, il lavoro che fai non aiuta a stare a riposo, di questo passo il problema continuerà a ripresentarsi. Se riesci fatti assegnare qualche missione a bassa intensità e riprendi assolutamente a fare gli esercizi!»
   «Sarà difficile poter scegliere la missione che voglio, sai che siamo sottodimensionati, ma proverò a chiedere. Comunque, grazie mille Kibeom!»  Esclamò contenta, sentendosi già molto più sciolta e piena di energie. Lo salutò con la mano e aprì la porta dell’infermeria per tornare a casa.
   «A presto!»
   «Non troppo presto, per favore!» disse lui, scongiurando altri infortuni.
   «Va bene, va bene!» rispose Iris ridendo. Una volta uscita dall’ufficio vide che Haru era rimasto in fondo al corridoio ad aspettare che Kibeom terminasse la visita. Stava sorseggiando un caffè appena preso alla macchinetta. Iris gli fece cenno che l’ufficio di Kibeom era libero e lo salutò, poi prese di nuovo l’ascensore e lasciò l’edificio.

 
***
 
 
   Il via libera per l’azione successiva non si fece attendere a lungo. Wendy era sdraiata a pancia in giù sul divano e stava giocando col cellulare quando le arrivò un messaggio da Minho: «Domani, ore 23.30. Ho casa libera per un’ora.»
   Una malsana idea sfiorò la mente della ragazza: il messaggio del loro collega suonava piuttosto ammiccante, perché non rispondere allo stesso modo? Le sue labbra si incurvarono in un sorriso divertito mentre toccava velocemente lo schermo dello smartphone per digitare la risposta: «Fatti trovare nudo ;)»
   «Avete da fare domani?» chiese poi ad alta voce per attirare l’attenzione delle altre. «Perché andiamo in gita!»
   Lizzy si precipitò immediatamente fuori dalla sua camera e spinse un po’ indietro Wendy per farsi spazio sul bordo del divano.
   «Che gita? Ci sono i maschioni?» ansiosa di risposte si sporse di lato e sbirciò lo schermo del cellulare della collega «Chi deve farsi trovare nudo?»
   «Nessuno per te! È per me almeno stavolta!» rispose in modo dispettoso Wendy.
   «Poi sono io la poco di buono!»
   «Disse colei che si è fatta fottere in tutti i sensi dal nemico.»
   «Ragazze!» esclamò Iris in tono di rimprovero. Anche lei e May si erano avvicinate al divano e avevano letto i messaggi dal telefono che Wendy teneva ancora in mano. «Lizzy… è per recuperare l’SD, non c’è nessuno nudo.»
   «E se Minho si fa trovare davvero nudo?» scherzò May.
   «Spero che resterà fuori a tenere a bada i “complici”!» disse Iris ridendo.
   «Iris, abbiamo un piano per entrare?» cambiò argomento Wendy.
   «Non ancora… Bisognerebbe entrare senza forzare la porta. Magari Minho ci lascia le chiavi da qualche parte.»
   «Oppure la lascia aperta.»
   «Anche questa è un’ipotesi.»
   «Forse ci scriverà indicazioni più avanti.» ipotizzò May.
   «A scanso d’equivoci…» Wendy prese l’iniziativa e scrisse un altro messaggio: «Lasciami la porta aperta.»
   «Ho risolto!» esclamò poi, soddisfatta.
   «Nudo con la porta aperta, andiamo bene…» commentò Lizzy, facendo roteare gli occhi e tornandosene in camera. Sapeva già che per questa volta sarebbe stata sollevata dall’incarico.
 

 
***
 
 
   Come stabilito, alle undici e mezza del giorno successivo, Iris, Wendy e May si recarono all’indirizzo che Minho aveva segnato sul foglietto di carta durante l’incontro con Wendy. Si trattava di una vecchia casa a due piani situata ai margini del quartiere di Itaewon, in una strada secondaria con una pessima illuminazione. L’area centrale del quartiere era piena di ristoranti, club e locali di ogni genere, oltre ad essere colorata dalle luci al neon delle insegne, che lampeggiavano insistentemente dando quasi l’impressione di trovarsi in uno strano luna park. Addentrandosi nella parte più periferica, invece, in alcuni punti l’illuminazione era scarsa e le strade praticamente deserte.
   «In giro non c’è nessuno.» asserì Wendy, avvicinandosi alla casa in questione. Le luci erano spente e la porta era stata lasciata aperta come da richiesta. «Andiamo, prima usciamo da qui, meglio è.» Varcò la soglia e solo dopo accese la torcia che aveva portato con sé. Era meglio che le stanze rimanessero buie, se qualcuno da fuori avesse visto la luce accesa avrebbe anche potuto avvertire i proprietari o entrare a fare un saluto. L’ingresso era quello di una normalissima casa di città. Le tre avanzarono e controllarono le stanze del piano terra, finché non arrivarono alle scale.
   «May, prosegui a controllare questo piano. Iris, io e te controlliamo di sopra.» ordinò Wendy. Le due ragazze salirono le scale e arrivarono davanti a un piccolo corridoio «Io vado a destra, tu a sinistra.»
   «Ok.» rispose Iris, avviandosi.
   Le agenti iniziarono a frugare un po’ ovunque usando dei guanti in lattice e stando attente a rimettere tutto nell’esatta posizione in cui l’avevano trovato.
Iris si era ritrovata in quella che aveva tutta l’aria di essere la camera di un ragazzo, a giudicare dal tipo di vestiti sparsi sul letto e sul pavimento. Appoggiata alla parete di destra c’era una scrivania piena di oggetti di ogni tipo, a sinistra un armadio a muro e un comodino con una sveglia. Gli occhi di Iris si posarono sui numeri luminosi della sveglia. Mezzanotte e venti. Il suo cuore ebbe un sussulto, erano rimasti solo dieci minuti. «Qui non c’è niente!» protestò tra sé e sé, mentre sollevava i vestiti dal letto per poi riappoggiarli nella stessa posizione di prima. Le tasche erano vuote. Nell’armadio non c’era nulla di importante e nemmeno sulla scrivania.
   Nel frattempo anche May, al piano di sotto, era entrata in una delle camere. Facendo scorrere la torcia da sinistra verso destra vide un tavolino pieno di profumi da uomo e prodotti per la pelle. Il letto era ben rifatto e in ordine. Improvvisamente la torcia illuminò il comodino e, sopra di esso, un piccolo oggetto nero. L’agente entrò subito in allerta e si avvicinò per guardare meglio. Non c’erano dubbi, era proprio l’SD! L’avevano lasciata così, in bella vista, in una camera completamente in ordine. Dentro di sé esultò dalla felicità. Prese il piccolo oggetto e salì al piano superiore per cercare le colleghe. Nel corridoietto incrociò Iris che stava uscendo dalla camera appena perquisita.
   «L’ho trovata!» esclamò, esibendo il piccolo quadratino di plastica che teneva tra indice e pollice. Alla sua vista gli occhi di Iris si illuminarono, ce l’avevano fatta!
   «Grande May!»
   Improvvisamente si sentì un tonfo che le fece sobbalzare, proveniva dalla stanza a fianco.
   «Aiutatemi!» esclamò Wendy.
   «Che succede?» chiesero le due affacciandosi dalla porta. Ciò che videro per poco non fece venire loro un mancamento. Wendy teneva in piedi uno scaffale con le mensole, mentre sul pavimento ai suoi piedi erano sparsi una marea di libri.
   «Ho sbattuto contro la libreria…» disse in tono di scuse.
   Le due colleghe corsero ad aiutarla e raddrizzarono il mobile.
   «Rimettiamo tutto a posto in fretta, abbiamo meno di dieci minuti!» avvisò Iris.
   «Presto, presto, mettete su questi.» disse May, iniziando a passare loro i libri che erano caduti più lontani. Le tre riempirono di nuovo le mensole alla bell’e meglio, sperando che gli inquilini non fossero grandi lettori e non si accorgessero della differenza.
   «Tre minuti e potrebbero tornare. Meglio levare le tende.» le spronò May, asciugandosi il sudore sulla fronte dopo aver illuminando con la torcia l’orologio della stanza.
   Le colleghe annuirono e insieme a lei lasciarono la casa.

 
***
 
 
   Il mattino seguente, Iris, Wendy e May si presentarono nell’ufficio di L per consegnare l’SD. Alla vista del piccolo oggetto il capo tirò un sospiro di sollievo.
   «Finalmente queste informazioni della massima rilevanza sono tornate in mano nostra! Avete rischiato grosso!»
   «Ma non è stata colpa nostra…» provò a lamentarsi Wendy.
   «Siete o non siete una squadra!? La responsabilità è di tutte!» ribadì L in modo severo. «Ora potete andare. Vi ho mandato per e-mail i dettagli della prossima missione. I biglietti aerei dovete solo stamparli e sono nominativi. Partirete questo lunedì.»
   «Partiamo? Di già?» esclamò Iris, sconcertata.
   «Voglio una paga più alta…» protestò tra sé e sé Wendy.
   «Che tipo di missione è stavolta?» chiese May, anche lei esausta come le sue colleghe.
   «Silenzio!» tuonò L «Di questi tempi c’è crisi, bisogna adattarsi! E i dettagli dopo! Insomma, non posso ricordarmi tutto, la mia segretaria vi ha scritto quello che dovete sapere nei minimi particolari! E ora sciò!» disse, facendo loro segno di andarsene con la mano per poi tirare fuori la pizza che aveva tenuto nascosta sotto al tavolo per tutto il tempo del colloquio e iniziare ad abbuffarsi senza ritegno.
   «Ma che capo è?» protestò Wendy «Non ha nemmeno un minimo di professionalità! Mi dia un pezzo di pizza almeno!»
   «Fuori!!!» ordinò di nuovo L, adirata.
   «Meglio andarsene hehe» fece notare May. A quel punto le guardie del corpo di L invitarono più o meno gentilmente le agenti a lasciare l’ufficio. Poco dopo, le tre erano di nuovo nel loro appartamento a scoprire in cosa consistesse la loro prossima tortura.
 

 
***
 
 
   Nel frattempo, a casa del nemico si era venuto a creare un certo scompiglio a causa della visita notturna delle tre agenti.
   «Dove cazzo è l’SD!? Chi l’ha toccata!?» Ray, il capo della banda, urlò così forte da far sobbalzare il povero Taeoh, pacificamente seduto sul divano a guardare la televisione.
   «Io non l’ho toccata, l’ha messa via Jiho.» puntualizzò Dawon, che essendo il leader della squadra in genere si assumeva la responsabilità della riuscita dell’incarico.
   «È sul mio comodino!» rispose Jiho indispettito, sentendosi tirato in causa.
   «Non c’è! Sennò non sarei incazzato, ti pare!?» urlò Ray, fuori di sé, alzando ancora di più la voce. Quella SD conteneva dati riguardanti le attività estere della sua organizzazione criminale, una volta finita nelle mani di L avrebbero passato dei grossi guai. Sicuramente avrebbe fatto chiudere un numero insostenibile di loro attività illegali. Come se non bastasse, era certo che L stesse cercando di vendicarsi di lui per dei vecchi trascorsi e sbatterlo in prigione: più scagnozzi avrebbe catturato, più ci sarebbe stata la possibilità che questi passassero dalla sua parte implorando pietà come conigli impauriti. Il solo pensiero gli fece andare il sangue alla testa.
   «Siete solo degli imbecilli!» continuò a sbraitare, riversando sui sottoposti la propria frustrazione «Ve la siete fatta fregare da sotto al naso!»
   «Com’è possibile!? Nessuno l’ha toccata e nessuno è entrato!» provò inutilmente a ribadire Jiho.
   «Ora sarà di sicuro nelle mani di quella stronza di L!» sbraitò Ray, passando di fianco al suo sottoposto e spintonandolo volutamente con la spalla. Poi salì al piano di sopra e si diresse in camera di Daeju.
   «Daeju! Ho notato che i libri nella mia camera sono stati scambiati di posto. Qualcuno è entrato in casa ieri sera! Controlla immediatamente le ultime missioni degli agenti di L.» ordinò, nella speranza di scovare il colpevole.
   «Non posso più, hanno scoperto l’hacking dell’altra sera e ora l’accesso è di nuovo bloccato.»
   «Ma che cazzo…» imprecò Ray tra sé e sé. Poi un’altra idea gli passò per la testa, qualcosa di gran lunga più efficace, che avrebbe dato a L il chiaro segnale che non doveva nemmeno provarci a sabotare i suoi piani mafiosi. «Hai ancora salvato il profilo delle quattro agenti?»
   «Sì, è tutto archiviato nella memoria del mio computer.»
«Anche le loro prossime missioni?»
   «Dunque…» disse Daeju, rovistando tra i file «L’ultimo aggiornamento che sono riuscito a spiare è di tre giorni fa.» le dita del ragazzo scorrevano veloci sulla tastiera per ritrovare i dati in mezzo a una miriade di file «Ecco qua, c’è una sola missione nuova registrata. Controllo immediatamente i dettagli.»
   «Perfetto! Ho deciso, le facciamo fuori, quelle troie! Voglio proprio vedere come la prenderà la nostra cara L!» Ray scoppiò in una risata smodata e folle.
 
   «Quanto lo odio...» bisbigliò Taeoh al piano di sotto, sentendo ciò che Ray stava ordinando a gran voce a Daeju e sicuro che da lì sotto non potesse sentirlo.
   «Che vuoi farci, Taeoh. C’erano informazioni compromettenti su di lui nell’SD.» rispose Dawon, per nulla toccato dalla scenata del suo superiore.
   «Perché se la vuole prendere con loro? Farle fuori non impedirà a L di fare piazza pulita delle sue attività estere.»
   «Non penso che abbia intenzione fare le cose in modo logico, come al solito. Probabilmente vuole solo nuocere a L. Sai, no, perché ce l’ha con lei?»
   «No, perché? Non so nemmeno che faccia abbia questa L.»
   Dawon abbassò la voce come se stesse per rivelare qualcosa di estremamente scandaloso e riservato «Ci sono alcune voci di corridoio, che credo siano vere.» fece una pausa prima di continuare. Taeoh e Jiho, seduti accanto a lui, lo ascoltavano con le orecchie tese «Quando era più giovane, Ray è stato addestrato dai servizi segreti: era un ragazzo molto promettente e richiestissimo per tantissime missioni. Ad un certo punto, però, deve essersi montato la testa. Non si sa esattamente cosa abbia fatto, ma il risultato è stato che L lo ha cacciato dalla sua associazione per cattiva condotta, rovinandogli per sempre la carriera.»
   «Ah, che babbione!» commentò Jiho. «E poi osa darci ordini!»
   «Nah, impossibile! Quello? Nei servizi segreti?» esclamò Taeoh, come se volesse la conferma che non lo stessero prendendo in giro.
   «Eppure sembra sia vero.» concluse Dawon.
   «Ricordatemi perché sono qui!» chiese retoricamente Taeoh, sconsolato.
   «Perché in qualche modo devi guadagnarti da vivere.» gli rispose Dawon, sospirando.



Fine cap. 5
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Hello everyone! 

Con immenso ritardo ecco il quinto capitolo di Dangerous! Mi scuso con chi segue il racconto, purtroppo non sapevo che avrei dovuto rimandare la pubblicazione e perciò non ho avuto modo di lasciare nemmeno un avviso al capitolo precedente x.x Farò del mio meglio per pubblicare settimanalmente! (Anche perché è già tutto scritto, si tratta di trovare il tempo di revisionare e decidermi a smetterla di fare modifiche lol)

Comunque ecco di nuovo le nostre agenti alle prese con l'SD. Alla fine hanno avuto la meglio, ma come si dice... "hanno vinto la battaglia non la guerra". L'avventura è appena cominciata!
Spero di essere riuscita a tenervi compagnia anche questa volta! Alla prossima! :)

Misa
 
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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei presta volto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!
 

 
  

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 6 -
 

 
   Una volta rientrate a casa, le agenti controllarono subito i dati della nuova missione inviati loro da L. Questa volta sarebbero state divise in due squadre: a Iris, Wendy e Lizzy sarebbe toccata una località lontana, Cancún, nella parte meridionale del Messico. Il ché era anche piacevole considerata la bellezza del luogo, una splendida zona di vacanza affacciata sul mar dei Caraibi. Il loro compito sarebbe stato quello di stanare un ricco magnate e fermare il suo traffico illecito di droga.
   May, invece, sarebbe partita per il Giappone con un nuovo compagno di missione, Shion. I due avrebbero dovuto fingersi una coppia per fare indisturbatamente da guardie del corpo a un ricco signore. Quest’ultimo, di nome Iwata, era il proprietario di un preziosissimo diamante, che sarebbe stato messo in esposizione in una mostra di gioielli di Tokyo. Iwata aveva ricevuto delle anonime minacce di morte ed era stato costretto a prendere provvedimenti per salvaguardare la propria incolumità e quella della moglie.
   «Questa volta ci mandano davvero in un bel posto!» esclamò Iris, guardando qualche foto di Cancún su internet «Chissà che non riusciremo anche a riposare, dopotutto è estate!»
   «Però sono gelosa!» protestò Wendy «A May tocca la recita romantica con Shion!»
   «Non è che sia divertente…» replicò la più piccola del gruppo, un po’ imbarazzata all’idea del compito che le spettava.
   «Come non è divertente? Forse sarà dura, ma ti divertirai un sacco, ci scommetto!» continuò Wendy.
   Le loro chiacchiere furono presto interrotte da Lizzy. La bionda uscì dalla sua camera sfilando davanti ai loro occhi con indosso un ridottissimo bikini di paillettes oro.
   «Cosa ne dite? Si vede bene il mio fisico da urlo?»
   «Troppo…» rispose Wendy con aria disgustata.
   «Bene!» esclamò soddisfatta Lizzy.
   «Ma che devi farci con quel coso?»
   La risposta fu un’alzata di spalle. Dopodiché Lizzy se ne tornò in camera a provare altri vestitini provocanti da sfoggiare a Cancún.

 
***

 
 
   Tre giorni dopo, Shion stava impazientemente aspettando May all’aeroporto da cui sarebbero partiti per il Giappone. La ragazza arrivò con la sua valigia dipinta di nero laccato e gli sorrise in modo solare. Lui la salutò con la mano e le andò incontro.
   «Ciao May! Questa sarà la nostra prima missione insieme! Sei pronta?»
   «Sì, prontissima! Tu sei pronto?»
   «Certo! Andiamo a imbarcarci, non vedo l’ora di arrivare in Giappone!»
   «Anch’io! Spero di riuscire anche a visitarlo un po’!»
   May si mise in coda insieme a Shion per imbarcare la valigia. I due sembravano andare già molto d’accordo e, una volta superato il check-in, iniziarono a calarsi nella parte, tenendosi per mano mentre giravano tra i duty free shop dell’aeroporto. Dopo circa un’ora di attesa, finalmente poterono salire in aereo e il loro volo partì per Narita.


 
***


 
 
   Le altre tre agenti, invece, si erano imbarcate per Cancún. Era già passata qualche ora dall’inizio del viaggio e la noia si stava facendo sentire. Dopo aver ritirato i vassoi del pranzo, il personale aveva oscurato i finestrini e spento le luci. I passeggeri si ritrovavano quasi completamente al buio, fatta eccezione per le spie che indicavano i lati del corridoio e per i monitor degli schermi posizionati dietro a ogni schienale.
   Le tre erano sedute nei posti al centro dell’aereo. Lizzy aveva a fianco un signore di mezza età, per questa volta le era andata male. Affianco a lei era seduta Wendy e, nel posto esterno a sinistra, Iris. Quest’ultima aveva rinunciato a guardare film e stava cercando di recuperare qualche ora di sonno, ma il sedile era davvero troppo scomodo e c’era anche poco spazio per le gambe. Completamente avvolta nella coperta in dotazione e con la mascherina calata sugli occhi cercò di rannicchiarsi, sistemando poi il cuscino tra il collo e il poggiatesta.
   «Iris … Psss …» la chiamò Wendy
   «Umm?»
   «Ho fame! Hai del cibo?»
   «No, hanno portato il pranzo un’ora fa...»
   «Ma io ho ancora fame!»
   «Uff, lasciami dormire.» Iris si girò dall’altra parte.
   «Bell’amica che sei!» sbottò Wendy, usando Iris come cuscino. La ragazza la spinse indietro col gomito e mugugnò «Basta…»
   «Ahi! Molesta! È per questo che non hai un fidanzato!» la rimproverò Wendy. Iris decise di lasciar perdere e continuò a cercare di dormire.

 

 
***

 
 
   Dopo circa due ore di viaggio, May e Shion sbarcarono in Giappone. Erano le undici e mezza di mattina quando si misero in coda per i controlli dell’immigrazione. Dopo una lunga coda consegnarono il passaporto e i questionari compilati in aereo, poi un impiegato fece loro una foto identificativa e rilevò le impronte digitali. Infine, i due poterono andare a ritirare le valigie e a prendere la navetta che li avrebbe portati da Narita a Shinjuku, dove avrebbero alloggiato.
   Una volta raggiunto l’hotel rimasero a bocca aperta, era davvero lussuoso e aveva una splendida vista sulla città. La sera gli ascensori venivano illuminati, così da fuori, con il buio, si potevano vedere le cabine che salivano e scendevano. Essendo un hotel molto costoso, lo staff li accolse immediatamente, riservando loro mille attenzioni, e assegnò loro una camera matrimoniale, aiutandoli anche a portare le valigie nella stanza. I due potevano finalmente godersi un po’ di relax prima della missione.
   Appena lo staff li lasciò soli, Shion si buttò sul letto.
   «Wow! Che meraviglia questo hotel!»
   «È stupendo!» concordò May, guardando il panorama dalla finestra. Era tutto così bello e lussuoso che si stava quasi dimenticando della missione.
   «Già!» esclamò Shion alzandosi dal letto e andando a controllare l’armadio, constatando che L non aveva perso tempo «Ci hanno già consegnato i vestiti per stasera!»
   «Vedere, vedere…» disse May, avvicinandosi «Oh! Che bello!» prese il proprio vestito dall’armadio e lo osservò da vicino. Era un elegante abito da sera nero. Sul lato destro si apriva uno spacco vertiginoso, lo scollo era a V e anche dietro le spalline si univano alla parte centrale riprendendo la stessa forma e lasciando scoperta la parte superiore della schiena. In vita era più stretto e formava una sorta di cintura in cui si intervallavano tre strisce di stoffa lucida e due, leggermente più spesse, di pizzo semitrasparente. Dopo l’iniziale entusiasmo, i due agenti cominciarono a sentire la stanchezza del viaggio, così decisero di riposarsi per un’oretta e poi, a turno, si fecero la doccia e si cambiarono per la serata. Al raffinato buffet che l’hotel preparava ogni sera per la cena li attendevano l’uomo che avrebbero dovuto proteggere e sua moglie.


 
***

 
 
   Dopo una ventina di ore di viaggio e uno scalo, finalmente anche Iris, Wendy e Lizzy arrivarono a destinazione. Una volta lasciato l’aeroporto, chiamarono un taxi e si diressero in hotel. A Seoul erano le due e quaranta di notte, mentre a Cancún erano ancora le undici e quaranta del mattino precedente. Probabilmente non sarebbe stata una passeggiata fare i conti con il jet lag. Nonostante ciò, Lizzy sembrava nel pieno delle forze e trascinava la sua valigia nella hall ancheggiando energicamente.
   «Muovetevi! Prima arriviamo e meglio è! Così posso iniziare a lavorare… sulla mia abbronzatura!» rise compiaciuta.
   «Sì, sì, cominciamo a prendere le stanze.» disse Iris, togliendo una cartelletta viola dallo zaino.
   «Sono tre singole, vero? Ti prego dimmi di sì…» pregò Wendy, incrociando le dita «Non voglio condividere mai più una stanza in vita mia con lei!» aggiunse poi, indicando Lizzy con un dito.
   Iris sfilò i fogli su cui aveva stampato la prenotazione delle camere e li fece scorrere con gli occhi «Sì, qui ci sono segnate tre singole.»
   Dopo il check-in alla reception, le tre agenti poterono finalmente prendere le stanze e farsi una bella doccia rilassante. Erano circa le quattro e mezza di pomeriggio, la giornata di sole non era ancora finita, così Iris, al posto di restare in camera, decise di fare una passeggiata in spiaggia. Il viaggio era stato davvero stancante e dopo tutte quelle missioni una di fila all’altra sentiva di meritarsi un po’ di riposo. Sicuramente anche le altre preferivano aspettare il giorno seguente per iniziare le ricerche. Prima fra tutte, Lizzy, che non se ne restò con le mani in mano: appena fu pronta uscì subito a fare conquiste tra i ragazzi del posto e i turisti. Wendy invece ordinò qualcosa da mangiare con il servizio in camera e non mise il naso fuori dalla sua stanza per tutto il pomeriggio. Quello che le tre ragazze non potevano immaginare, però, era che qualcuno fosse di nuovo sulle loro tracce.


 
***
 

 
   Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, May e Shion si erano preparati per incontrare il proprietario del diamante, il signor Iwata Daichi. Verso le sette avevano lasciato la camera e si erano diretti al buffet, agghindati nei loro abiti eleganti. La sala era gremita di persone vestite di tutto punto; essendo un hotel a cinque stelle evidentemente era tutta gente benestante. Quando si ritrovarono in mezzo alla folla, Shion mise un braccio intorno alla vita di May in modo da restare vicino a lei e sembrare il suo ragazzo.
   «Che imbarazzo… Non saremo troppo appiccicati?» disse sottovoce May.
   «Ti dà fastidio? Pensavo fosse una buona idea hehehe» chiese lui, un po’ imbarazzato. Temeva di aver fatto una gaffe.
   «Forse hai ragione, dobbiamo sembrare una coppia.» affermò la ragazza, che era leggermente arrossita in volto.
   «Buonasera.» li salutò una voce alle loro spalle. Era il signor Iwata in compagnia di sua moglie. Era un uomo sulla cinquantina, ma dimostrava più della sua età. Indossava uno smoking blu notte, la giacca gli calzava stretta a causa della pancia pronunciata.
   «Vi state godendo la cena?»
   «Buonasera!» i due agenti ricambiarono il saluto con un inchino.
   «È tutto molto lussuoso!» rispose Shion, sfoggiando un sorriso cordiale.
   Accanto al signor Iwata c’era sua moglie, più giovane di lui di qualche anno. Era una donna piuttosto bassa ma vestita in modo davvero impeccabile, soprattutto nella scelta dei gioielli.
   «Vi presento mia moglie, Masami.»
   «Salve.» disse in maniera affabile la signora Iwata.
   «Piacere di conoscerla.» rispose May.
   «Sua moglie ha davvero buon gusto nel vestire!» osservò Shion.
   Dopo le presentazioni il singor Iwata prese di nuovo la parola «Che ne dite di cenare con noi stasera? Potremmo fare due chiacchiere e conoscerci meglio.»
   «Molto volentieri!» rispose Shion.
   Le due coppie presero del cibo e si sedettero a un tavolo. Durante la serata i due agenti vennero a conoscenza del fatto che L era una cara amica del signor Iwata. Quest’ultimo, appena ricevute le lettere minatorie, per sentirsi più al sicuro aveva chiesto aiuto a una persona fidata e non semplicemente alla polizia, poiché temeva che le forze dell’ordine avrebbero preso sottogamba la situazione. Dopo essersi accordato con L, aveva espressamente richiesto di poter soggiornare nella camera immediatamente adiacente a quella delle sue guardie del corpo, così, nel caso fosse insorto qualche problema, avrebbero potuto prestargli soccorso immediatamente. Le lettere minatorie, infatti, dicevano che se lui si fosse presentato a Tokyo due giorni prima dell’esposizione, come richiesto dal regolamento, sarebbero cominciati atti intimidatori ben più violenti nei confronti suoi e di sua moglie. Quando arrivarono le undici di sera, dunque, Shion e May accompagnarono in camera i coniugi Iwata e assicurarono loro che in caso di bisogno sarebbero accorsi immediatamente.
 
   Tutto sembrava filare liscio, almeno finché i due agenti non si resero conto che quella sera avrebbero dovuto condividere il letto. Dopo essersi lavati e aver indossato il pigiama, si ritrovarono in piedi ai due lati opposti del letto matrimoniale a fissarsi con sguardo imbarazzato e titubante.
   «Ehm, May, se vuoi dormo nella vasca da bagno, non ho nessun problema!» esclamò Shion, rosso in viso, passandosi una mano dietro alla nuca. Certo non si aspettava di ritrovarsi a dormire con la ragazza che gli piaceva, almeno non così presto e in quelle circostanze.
   «Non dire sciocchezze, nella vasca è scomodo!» May sorrise nel tentativo di nascondere l’imbarazzo «Dai, non farti problemi e dormi anche tu qui.» aggiunse poi, sedendosi sul letto e battendo due volte la mano sulle coperte dalla parte di Shion.
   «Ok, se per te non è un problema…» il ragazzo entrò nel letto e si infilò sotto alle coperte. Anche lei fece lo stesso.
   «Allora, buona notte May.» Le sorrise e si girò dall’altra parte. Poi spense la luce della lampada che si trovava sul suo comodino.
   «Buona notte Shion!» rispose la ragazza, spegnendo a sua volta la luce e girandosi su un fianco.

 
 
 
***

 
 
   Erano circa le cinque di pomeriggio. Dawon e gli altri ragazzi avevano appena lasciato la loro stanza di hotel per recarsi sulle affollate spiagge di Cancún. Dopo che l’SD era stata sottratta alla mafia di Ray, quest’ultimo era andato su tutte le furie e aveva ordinato ai suoi adepti di eliminare le agenti di L. Jiho era stato mandato a Tokyo, sulle tracce di May, l’unica delle quattro a non conoscere il suo volto. Insieme a lui erano partiti anche Minki e Minho.
   Dawon, Taeoh e Daeju, invece, erano stati inviati a Cancún per occuparsi delle altre tre agenti. Dopo l’insuccesso della precedente missione, però, Ray non era più molto fiducioso nei loro confronti, così aveva affiancato loro due novellini, nonché suoi nuovi pupilli, James e Buffy. Neanche a dirlo, ciò aveva indispettito parecchio i ragazzi, che avendo molti più anni di esperienza alle spalle non potevano sopportare che il boss si fidasse di più di due ragazzini dai bizzarri nomi in codice che di loro.
   Una volta arrivati a destinazione si erano divisi le camere: Taeoh, Dawon e Daeju in una tripla; James e Buffy in una doppia. I tre speravano che i novellini sarebbero rimasti per i fatti loro, ma purtroppo fin dall’inizio della missione fu chiaro che non sarebbe stato facile scrollarseli di dosso. Il motivo per cui si erano precipitati in spiaggia a poche ore dall’arrivo, infatti, era riuscire a rintracciare le tre agenti il prima possibile. Si sarebbero presentati loro come semplici turisti, puntando sull’ “incredibile coincidenza” e, una volta ottenuta la loro fiducia, non sarebbe stato difficile isolarle e ucciderle.
   «Wooo!» esclamò James, guardandosi intorno «Ma qui è pieno di belle ragazze!»
   Anche Buffy era esaltato dalla vista di tutte quelle donne in bikini ridottissimi. «Quante possibilità abbiamo di portarcele a letto? Io credo il cento percento!»
   «Io dico nessuna!» li rimproverò Dawon, che anche per questa missione aveva ottenuto il ruolo di leader «Vedete di non intralciare il nostro lavoro con i vostri ormoni a palla! Non ho intenzione di restare qui più di una settimana!»
   Era sempre più convinto che Ray avesse fatto un grosso errore a coinvolgere i novellini. Oltre a essere inesperti non mostravano un minimo di professionalità. Come minimo erano convinti di essere in vacanza. Dopo averli rimproverati a dovere iniziò a dare direttive per la missione «Buffy, Daeju, venite con me. Taeoh e James invece andate da quella parte. Cerchiamo i soggetti.»
   Taeoh e Daeju annuirono e fecero in modo che anche i due novellini si adeguassero al loro metodo di lavoro.
   I primi tre passeggiarono un po’ sulla spiaggia e non passò molto prima che davanti ai loro occhi si stagliasse, in tacchi e paillettes, la silhouette della bionda Lizzy.
   «Eccone una…» disse sottovoce Dawon, ma non fece in tempo ad aggiungere altro che Buffy si avvicinò immediatamente alla ragazza e le fece l’occhiolino.
   «Ehi, bellezza!»
   Lizzy lo squadrò da testa a piedi con aria schifata e diresse subito il suo sguardo verso Daeju. Non era davvero niente male quel ragazzo: alto, ben piazzato, i capelli leggermente lunghi e quell’aria riservata che lo rendeva terribilmente sexy. Probabilmente aveva qualche anno in meno di lei, ma in fondo l’età era solo un numero.
   «Carino…» disse ammiccando.
   «Lo so, sono un figo!» esclamò Buffy gonfiando i muscoli delle braccia per mettersi in mostra davanti a Lizzy. Neanche a dirlo, la ragazza lo ignorò completamente e si avvicinò a Daeju.
   «Ehi, perché non andiamo a prenderci un drink e non lo beviamo insieme sulla spiaggia?»
   «Ah, ehm... ok?» rispose il ragazzo, visibilmente a disagio. Era per natura piuttosto timido e Lizzy era decisamente troppo audace per i suoi gusti, per non parlare del bikini succinto che le lasciava il seno abbondante bene in vista e non faceva altro che aumentare la sua agitazione.
   Dawon, al contrario, non perse occasione per sfruttare la situazione, se Daeju avesse passato un po’ di tempo in compagnia della ragazza sicuramente si sarebbe accattivato la sua simpatia e sarebbe stato facile isolarla e farla fuori.
   «Non farti problemi, vai pure. Ci vediamo dopo!» disse prontamente il leader, appoggiando una mano sulla spalla del collega. Poi gli sorrise, sperando che avesse colto il messaggio, e si allontanò portandosi dietro Buffy.
   «Ehi, aspetta! Non lasciarmi solo!» fece appena in tempo a protestare Daeju.
   «Ma non sei solo!» esclamò Lizzy «Andiamo!» aggiunse poi, stringendosi al suo braccio e trascinandolo con sé.
   «Un attimo, so camminare da solo!» protestò di nuovo il ragazzo, in preda al panico, senza tuttavia ottenere alcun risultato. Dawon e Buffy continuarono la ricerca ma non trovarono né Iris né Wendy. Al ché ne conclusero che potevano essere rimaste in hotel o che non erano riusciti a riconoscerle perché si confondevano facilmente tra i volti occidentali della folla sulla spiaggia.
 
   Nel frattempo, Taeoh e James avevano percorso la spiaggia a ritroso ed erano tornati in hotel.
   «Dobbiamo scoprire i numeri delle loro stanze.» spiegò Taeoh «James, pensaci tu, fammi vedere cosa sai fare.» aggiunse poi, in tono di sfida.
   Il suo vero scopo era lasciar fare il lavoro a James e riposarsi, non riusciva proprio a capire l’entusiasmo dei due novellini per questa missione. Anzi, non capiva nemmeno che senso avesse inseguire le agenti in capo al mondo e farle fuori solo per dare un segnale a L dei servizi segreti. Quando era entrato a far parte dell’associazione mafiosa di Ray non si era posto tante domande: dopo anni passati ad allenarsi con la promessa di entrare a far parte dell’associazione anti crimine che Ray stesso aveva promesso di fondare si era ritrovato ad avere urgentemente bisogno di soldi e aveva accettato di restare al suo servizio nonostante il drastico cambio di piani, ma in realtà commettere crimini e omicidi non era mai stata una delle sue massime aspirazioni.
   «Che palle!» sbuffò James «Come faccio a trovare le loro stanze? Cerca le tizie e poi seguile, sei tu che le hai viste in faccia!»
   Come non detto, anche questa volta gli era andata male.
   «Uff, e poi pretendete che Ray vi mandi in missione da soli... Non sapete ancora fare nulla! Resta a guardare.»
   Taeoh si alzò stancamente dal divano della hall su cui lui e James si erano seduti poco prima e andò verso la reception. Gli fu subito chiaro che la ragazza dietro al bancone lo stava guardando da un po’ e sembrava anche piuttosto interessata a lui, così sfruttò la situazione a proprio vantaggio. Gli bastò flirtare un po’ per farsi dire i numeri delle stanze. Dopo averla salutata con uno dei suoi splendidi sorrisi, raggiunse il complice.
   «209, 212 e 214» disse soddisfatto. Poi inviò un messaggio a Dawon per aggiornarlo sulla situazione e dirgli che lo avrebbero aspettato nella hall.
   «Che le hai promesso? Che te la porti a letto?» James squadrò Taeoh con uno sguardo di disprezzo
   «No, non io… tu.»
   «Che?! Ma sei scemo!?»
   «Non è colpa mia, eri più tu il suo tipo…»
   «Scordatelo, io non ci vado!» James non si era ancora reso conto che Taeoh lo stava prendendo in giro. In quel momento Dawon e Buffy li raggiunsero nella hall.
   «Ottimo lavoro Taeoh.» si congratulò il leader «Ho affidato Lizzy a Daeju, ha subito iniziato a fargli il filo e non sospetta di nulla. Se tutto va bene siamo già a meno una! Ora dobbiamo cercare le altre e fare in modo che sembri un incontro casuale.»
   «Per esempio potrei bussare alla porta di Wendy e offrirle un bel servizio in camera…» esclamò Buffy, al quale non sarebbe affatto dispiaciuto metterle le mani addosso.
   Dawon gli lanciò uno sguardo minaccioso da mettere i brividi.
   «Lei è il mio obiettivo, tu sei solo una spalla e sei troppo piccolo per pensare a cose così perverse. È il caso che tu e James cominciate a fare i seri, altrimenti potete tornarvene diretti a casa.»
   I due novellini, intimoriti, non ebbero il coraggio di ribattere. Sapevano perfettamente che in quanto ad aggressività Dawon poteva diventate un vero diavolo, gli sarebbero bastati due minuti per farli a brandelli.
   «Oppure…» interruppe Taeoh, prendendo dal tavolo della hall un volantino «Stasera l’hotel organizza una festa sulla spiaggia. Possiamo fare in modo che partecipino e sfruttare l’occasione per avvicinarle.»
   «Ottima idea!» esclamò James «Così mentre tu pensi a ripagare quella della reception io faccio cadere ai miei piedi la bassina.» aggiunse riferendosi a Iris. In questo modo James pensava che avrebbe ricevuto gli elogi di Ray e si sarebbe anche divertito un po’ con la ragazza.
   «Quale bassina?» chiese Taeoh «Ah, l’altra tizia della reception. Ok, fai pure…»
   «Non lei! L’agente di L!»
   «Di Iris mi occupo io, mi pareva di essere stato chiaro. Limitati a fare da spalla.» concluse Taeoh.
   James provò a ribattere, al ché il ragazzo aggiunse in tono minaccioso «Tocca il mio obiettivo e finisci male.»
   Trovava assurdo che i novellini si prendessero tante libertà. Ray aveva detto che li avrebbe affiancati a loro per imparare, eppure sembravano un po’ troppo irrispettosi e sicuri di sé per essere lì solo per apprendere. Era evidente che non si fidasse più al cento per cento di loro e la cosa lo infastidiva parecchio. Questi pensieri gli ricordarono per l’ennesima volta che lavorare per Ray non era stata una buona idea.


Fine cap. 6


Ed eccoci anche alla fine dal sesto capitolo!
Lizzy, Wendy e Iris si trovano di nuovo a dover collaborare, mentre May ha un nuovo compagno di avventure, Shion! Come se la caverà con questo nuovo alleato?
Nel frattempo i sottoposti di Ray sono stati mandati sulle tracce delle agenti e questa volta sono affiancati da due novellini tutt'altro che collaborativi!
Ci stiamo finalmente addentrando nel vivo della vicenda, ma ancora tutto può succedere!
Alla prossima~

Misa


 
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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei presta volto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!


 
  

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 7 -


Cancún, 6:32 PM.

   A Cancún erano circa le sei e mezza di sera. Dawon, che era andato da solo a procurarsi i biglietti per la festa sulla spiaggia, bussò alla porta della camera e si fece aprire dai due amici.
   «Guardate un po’!» disse sventolando i foglietti di carta che aveva in mano con sguardo soddisfatto. «Con questi abbiamo una buona probabilità che si presentino.»
   «Ora basta consegnarli e andare alla festa, giusto?» chiese Taeoh.
   «Esatto!»
   Poco dopo Taeoh lasciò i biglietti davanti alla porta di ognuna delle agenti, mettendoli bene in vista per essere sicuro che li avrebbero trovati.

 
***
 
 
   Dopo cena le ragazze si incontrarono nella camera di Iris per discutere su come dare il via alle indagini il mattino seguente. La prima cosa da fare era trovare il magnate o qualcuno dei suoi complici e lo avrebbero fatto sorvegliando attentamente la zona.
   «Ragazze, ma anche a voi è arrivato questo?» chiese Iris mostrando loro il biglietto per la festa in spiaggia, prima che la riunione fosse definitivamente sciolta.
   «Sì, ne ho uno anch’io.» rispose Wendy «L’ho trovato vicino alla porta.»
   «Non ci credo!» esclamò Lizzy, contrariata «Pure a voi… credevo di essere stata l’unica ad aver fatto colpo!»
   «A dire il vero, io pensavo che fossero biglietti omaggio dell’hotel.» puntualizzò Iris. La festa infatti era stata organizzata nella parte di spiaggia gestita dal loro albergo. «Comunque, andiamo a dare un’occhiata?»
   «Perché no, in camera mi stavo annoiando. Magari incontriamo anche qualcuno che ci può essere utile per completare la missione in fretta.» concordò Wendy.
   «Siete proprio delle stacanoviste… non ho la minima intenzione di mettermi a lavorare stasera! Voi fate come vi pare, io vado alla festa da sola. Anzi, vado subito a mettermi qualcosa di sexy, ho già conosciuto un ragazzo che mi interessa.» così dicendo, Lizzy si alzò dal letto di Iris e lasciò la camera.
   «Ci avrei scommesso…» protestò la collega.
   «Meglio così.» concluse Wendy «Ci vediamo qui fuori tra 20 minuti?»
   «Ok.»
   Poco dopo le due erano pronte per uscire. Iris aveva indossato dei pantaloncini di jeans e una camicetta bianca con le maniche a tre quarti. L’aveva legata in vita lasciando un po’ scoperta la pancia. Wendy invece aveva scelto dei pantaloncini di jeans a vita alta leggermente strappati sul davanti e una maglietta di pizzo bianca che lasciava scoperte le spalle. Insieme si recarono alla festa. Mentre camminavano lungo il corridoio per raggiungere l’ascensore, Wendy pensò bene di mettere in chiaro la situazione.
   «Facciamo una promessa. Se Lizzy si caccia nei guai, questa volta noi ne staremo fuori!»
   «Va bene, è meglio che impari ad assumersi le proprie responsabilità.»
   Convinte ad andare per la propria strada, le due raggiunsero la spiaggia e mostrarono gli inviti agli addetti della festa. Una volta entrate cominciarono a farsi largo tra la folla. C’era davvero molta gente, giravano alcolici e fumo ovunque, le luci erano soffuse e la musica non era ancora stata accesa, quindi in mezzo a tutta quella confusione si sentiva solo un gran vociare. Sorpassata la folla, che si era ammucchiata proprio davanti all’entrata, dove c’era una tavolata di cibo, si arrivava al piccolo bar della spiaggia e, poco più in là, c’erano dei divanetti e un falò.
 
   «Ehi, guarda chi è arrivato…» disse Taeoh, richiamando l’attenzione di Dawon e indicandogli le due ragazze. Nel tentativo di farsi strada tra la folla, le due avevano finito per separarsi involontariamente e ora si stavano guardando intorno cercando di ritrovarsi. Un’ottima opportunità per farsi avanti.
   Il leader sorrise maliziosamente e fece cenno a Taeoh di andare verso Iris, lui si sarebbe occupato di Wendy. Quest’ultima si era fermata in un angolo un po’ meno affollato per cercare l’amica, ma non riusciva a trovarla. Improvvisamente si sentì picchiettare sulla spalla e si voltò, pensando che fosse lei.
   «Sì?» Appena realizzò che a chiamarla era stato un ragazzo, assunse un’espressione perplessa. Aveva la vaga sensazione di averlo già visto, ma non le veniva proprio in mente dove.
   «Ciao! Ti ricordi di me? Sono Dawon!»
   «Chi?»
   «Ci siamo visti all’asta di quadri di Gangnam!»
   «Ah!» esclamò, ricordandosi improvvisamente di lui «Quel tizio, sì! Mi hai rovinato un bel vestito, sai…»
   «Ehm…» Dawon si affrettò a cambiare discorso «Che ne dici se ti offro un drink?»
   Wendy non fece in tempo a rispondere che comparve davanti a loro un altro ragazzo, all’apparenza più giovane di Dawon. Il leader era stato chiaro sul fatto che i due novellini non avrebbero dovuto impicciarsi, ma a quanto pareva non si erano fatti scrupoli e si erano procurati i biglietti per la festa.
   «Ehi, bella! Piacere, Buffy! Sono un amico di Dawon. Perché non vieni a bere qualcosa con me?»
   «Sicuro di avere l’età per bere?» chiese Wendy, dubbiosa. A prima vista gli avrebbe dato ventidue o ventitré anni, ma qualcosa le diceva che in realtà poteva anche essere molto più giovane.
   «Certo che ho l’età per bere!» ribatté lui.
   La ragazza si limitò a guardarlo in modo poco convinto. Dawon cercò di nascondere almeno in parte il disappunto per la presenza di Buffy e invitò entrambi a sedersi su uno dei divanetti, dopodiché andò a prendere tre drink. L’altro ragazzo, invece, era rimasto con Wendy e aveva pensato bene di divertirsi un po’ alle spalle degli altri.
   «Hai davvero delle labbra bellissime…» le sussurrò all’orecchio, avvicinandosi pericolosamente al suo volto.
   «E tu un bel cappello, ma stammi lontano!» gli puntò una mano contro il petto per allontanarlo da sé. Il suo fiato sul collo le stava dando la nausea. Incurante di ciò, Buffy le afferrò il polso per far sì che smettesse di allontanarlo e si fece via libera verso le sue labbra.
   «Non fare la timida, tanto non vede nessuno.»
   Proprio in quel momento tornò Dawon, che non esitò a piazzare una sberla ben assestata in testa a Buffy.
   «Spostati!» ordinò poi, sedendosi in mezzo ai due e posando un vassoio con tre bicchieri di birra sul tavolino di fronte a loro. Wendy tirò un sospiro di sollievo e lo ringraziò mentalmente per averla tolta dall’impiccio.
 
   Nel frattempo, Iris era ancora in cerca dell’amica. Non riusciva in nessun modo a farsi largo tra la folla e cercava disperatamente di vedere oltre le teste degli altri alzandosi sulle punte dei piedi. Taeoh, al contrario, ci mise un attimo a individuarla e a raggiungerla. Quando le fu alle spalle fece finta di inciampare, cadendole addosso e facendola andare a sbattere contro la folla.
Iris, recuperato l’equilibrio, si voltò immediatamente verso la persona che l’aveva urtata, intenzionata a dirgliene quattro.
   «Oh! Mi dispiace! Stai bene?» chiese Taeoh in tono colpevole, prima che lei potesse aprir bocca.
   «Taeoh?» esclamò, sorpresa di vederlo lì a Cancún. Si ricordava bene di lui, aveva passato in sua compagnia la serata di quella orribile missione dell’SD. «Cosa ci fai qui?»
   «Scusa? Ci conosciamo?» Taeoh non si aspettava di essere riconosciuto così in fretta e non voleva rendere ovvio il fatto che stesse cercando proprio lei, così fece finta di doverci pensare un po’ prima di capire che si trattava di Iris «Ah! Aspetta, sei la ragazza dei quadri, giusto?»
   «Sì!» rispose lei, ancora incredula.
   «Che coincidenza! Come stai?»
   «Già, un’altra coincidenza…» per un attimo sentì di nuovo quella strana sensazione di sospetto nei suoi confronti, ma decise di non darle peso.
   «Come si dice, il mondo è piccolo, no?» aggiunse lui, ridendo amichevolmente.
   «A quanto pare! Sei qui in vacanza?»
   «Sì, sono in vacanza con degli amici, e tu? Sei qui per lavoro o divertimento?»
   «Devo fare alcune ricerche per lavoro, ma nulla di troppo impegnativo.»
   «Beh, ma allora se ti va possiamo vederci qualche sera e uscire tutti insieme!»
   «Ah, ecco… dovrei sentire le mie colleghe, sai com’è, sono qui con loro…» 
   «Sarebbe bello, più si è più ci si diverte!»
   «Ok, allora glielo chiederò.» Iris cercò di tagliare la conversazione per tornare a cercare Wendy, ma Taeoh non sembrava della stessa idea.
   «Ti posso offrire qualcosa? Per colpa mia prima hai preso una bella botta…»
   «Ah, non preoccuparti, non fa niente!»
   Tutta questa ritrosia non andava affatto bene, sembrava quasi che facesse apposta a evitarlo a ogni costo, così Taeoh si vide costretto a forzare un po’ le cose.
   «Dai, non fare complimenti!» disse, prendendola per mano e facendole strada tra la folla fino ad arrivare al bar.
   «Ok, mi pare di non avere alternative.»
   I due si sedettero a un tavolo del bar sulla spiaggia e Taeoh ordinò da bere per entrambi. Il suo obiettivo era innanzitutto guadagnarsi la sua fiducia e perciò iniziò a parlarle del più e del meno con l’intento di dar luogo a una conversazione divertente. La chiacchierata iniziò fin da subito a scorrere piacevolmente e sembrava che entrambi ci stessero prendendo gusto, almeno finché Taeoh non si addentrò in domande più personali.
   «Cosa fai nella vita?»
   «Ah, beh…» Iris si trovò in difficoltà a rispondere. Non poteva dire con noncuranza di essere un’agente, ma non capiva perché tutto a un tratto le sembrò difficile dirgli una bugia. Forse aveva abbassato troppo la guardia, o forse non lo riteneva più un perfetto sconosciuto ma quasi un amico. Dopotutto quella sera all’asta di quadri avevano parlato davvero di molte cose. Anche se a pensarci bene non erano scesi troppo sul personale. Di lui sapeva solo che aveva trentun anni, che era di Seoul e che viveva in un appartamento condiviso con alcuni suoi amici e colleghi. Si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore pensando a una risposta, ma fortunatamente non ce ne fu bisogno perché, tutto a un tratto, iniziò la festa vera e propria.
   «Hanno acceso la musica!» esclamò con molto entusiasmo «Che ne dici se andiamo là anche noi?» aggiunse indicando il falò, intorno al quale si stava riversando la gente per ballare.
   «Va bene!» rispose lui «Pago questi e arrivo, inizia pure ad andare avanti!»
   Forse la missione sarebbe stata più veloce del previsto, con una scusa le avrebbe chiesto di seguirlo in un posto isolato e l’avrebbe eliminata facendo sparire ogni traccia. Doveva ammettere che un po’ gli dispiaceva, a forza di impiegare tutte queste energie per rincorrerla gli era quasi diventata simpatica.
   Iris, d’altro canto, ne approfittò per allontanarsi e distendere un po’ i nervi. Con la musica alta non era possibile parlare, così non ci sarebbe stato il rischio di ricevere altre domande indiscrete, in più alla cassa c’era coda, quindi Taeoh ci avrebbe messo un po’ ad arrivare. Mentre abbozzava qualche passo di danza, le si avvicinò un ragazzo che non aveva mai visto. Ad occhio e croce avrà avuto uno o due anni più di lei. Aveva i capelli neri, rasati ai lati e pettinati un po’ all’insù.
   «Ciao! Ho visto che prima parlavi con Taeoh!» le disse, avvicinandosi molto al volto della ragazza e alzando la voce per sovrastare la musica.
   «Lo conosci?» chiese lei, dubbiosa.
   «Sì, è mio amico, siamo qui in vacanza insieme.»
   «Ah, ho capito.»
   «Sono James.» le porse la mano.
   «Mi chiamo Iris.» rispose lei, stringendogliela.
   «Perché sei qui tutta sola?» le chiese James in tono malizioso.
   «Non sono sola, sto aspettando Taeoh…» puntualizzò lei. Quel ragazzo non le ispirava fiducia per nulla, così aveva ripreso a ballare per conto proprio, ma lui non sembrava intenzionato a demordere. Le stava troppo vicino per i suoi gusti, continuava a muoversi intorno a lei pensando probabilmente di essere sexy e attraente e la cosa le stava dando fastidio. Ormai era passata più di mezz’ora da quando aveva perso di vista Wendy, così decise di aspettare che Taeoh la raggiungesse per salutarlo e poi andare a cercarla. Non vederla in giro le faceva pensare che fosse rimasta anche lei impigliata in qualche situazione scomoda.
   Improvvisamente, James le si avvicinò da dietro e le cinse la vita con le braccia. Iris cercò di divincolarsi, ma lui insistette a stringerla con forza contro di sé, portando un braccio all’altezza delle spalle della ragazza, e le stampò un bacio sgradevolmente umido sul collo.
   «Che ne dici di andare in un luogo più appartato? L’atmosfera si sta facendo un po’ calda davanti a questo falò…»
   «Ehi! Lasciami stare!» protestò lei. Era palese che le buone maniere non avrebbero funzionato. Afferrò il mignolo del ragazzo e lo tirò con un colpo secco verso il dorso della mano. Non doveva essersi rotto, ma era stato sufficiente a fargli cacciare un urlo di dolore e a costringerlo a mollare la presa.
   Proprio in quel momento, Taeoh aveva finito di pagare e aveva visto tutto. Cosa ci faceva James alla festa? Dawon era stato chiaro sul fatto che lui e Buffy non dovessero intromettersi, e invece non solo aveva disobbedito, ma stava anche cercando di soffiargli l’obiettivo e magari prendersi tutti i meriti di fronte a Ray! Sentì il sangue ribollirgli nelle vene. Uscì dal bar a passo spedito e appena li raggiunse mollò un pugno dritto, dritto in faccia a James senza alcun preavviso.
   «Depravato…» fu il suo unico commento di rimprovero.
   «Ma che cazzo fai!?» urlò James, tenendosi la mano premuta sul naso. Il trambusto aveva richiamato l’attenzione della gente intorno a loro, così il ragazzo decise di non reagire. «Non ti smollo un rovescio solo perché sennò ci cacciano fuori, bastardo!»
   «Se non fosse che sei sotto la mia responsabilità ti avrei già fatto fuori. Mettimi di nuovo i bastoni tra le ruote e finisce male.» minacciò Taeoh vicino all’orecchio di James, in modo che potesse essere sentito solo da lui.
   «Fa quello che ti pare.» rispose il novellino, per poi sputare per terra in segno di disprezzo.
   In tutto ciò Iris era rimasta a guardare preoccupata, sperando che la smettessero da soli senza doversi immischiare. Dopotutto se le cose si fossero messe male, in quanto agente, avrebbe avuto il dovere di intervenire. Certo non poteva sapere che anche gli altri due non erano persone qualsiasi.
   Taeoh, vedendola un po’ in apprensione, la prese per mano e la portò lontano da lì. Dopo questo casino con quale faccia poteva chiederle di seguirlo altrove? Non avrebbe mai funzionato, ed era tutta colpa di quel moccioso.
   «Mi dispiace tanto… stai bene?»
   «Non importa, non è successo niente. Forse per questa sera è meglio chiuderla qua, no?» ed ecco che i timori di Taeoh si rivelarono assolutamente fondati. L’occasione era andata persa. «Penso che andrò a cercare la mia amica e le chiederò di tornare in hotel.»
   «Capisco, non preoccuparti.»
   «Allora ci si vede in giro!» Iris lo salutò con la mano e si allontanò tra la folla, ricominciando la sua ricerca. Taeoh ricambiò il saluto e andò anche lui a cercare Dawon, maledicendo mentalmente quell’idiota di James.
 
   Intanto Dawon continuava a offrire drink a Wendy con l’intenzione di renderla un po’ brilla. Lì vicino c’era una scogliera: non c’era niente di più facile che buttarla giù. Se fosse stata un po’ alticcia lo avrebbe seguito senza fare troppe storie e una volta eliminata, il mare avrebbe portato via il cadavere senza lasciarne traccia. Quando le onde avrebbero spinto a riva il suo corpo, sarebbe stato troppo tardi per trovare il colpevole e tutti avrebbero pensato a un suicidio. Peccato che l’unico a mostrare segni di cedimento fosse Buffy. A quanto pareva la ragazza aveva una buona resistenza all’alcol.
   «Allora, persone noiose…» esordì Wendy, alzandosi dal divanetto «io vado a ballare!»
   «Aspetta, perché non andiamo a fare una passeggiata laggiù?» provò a persuaderla Dawon. «È meglio che ballare in mezzo a tutta quella folla.»
   «No, grazie.» rispose lei lanciando un’occhiata nella direzione che le aveva indicato il ragazzo «Non mi piacciono le scogliere di notte.» così dicendo, si avviò verso il falò.
   «Sì, vengo anch’io!» urlò Buffy in piena sbornia «Balliamo insiemeee!!!» la seguì barcollando.
   Wendy si schiaffeggiò mentalmente. Cosa aveva fatto di male per passare una serata così orrenda? Sperò che Iris si facesse viva al più presto per potersene andare.
   «Senti, ragazzo con il nome da ragazza, smettila di seguirmi, stammi lontano!» protestò, non riuscendo più a trattenersi.
   «Cos’è? Giochi a fare la scontrosa adesso?» disse lui ridendo come uno scemo «Non puoi solo lasciarti andare? Non ti sto bene io? È questo il problema?»
   «Smettila!»
   «Beh? Non dirmi che preferisci quell’idiota di Dawon?»
   Wendy decise di non sopportare oltre e gli mollò un calcio nelle parti basse che lo fece piegare in due.
   «Cazzo!» urlò Buffy in preda al dolore.
   «Impara a rispettare chi è più grande di te e i tuoi amici!»
   Proprio in quel momento arrivò Iris. «Wendy! Finalmente ti ho trovata!» poi notò il ragazzo che se ne stava lì di fianco rannicchiato su sé stesso. «Questo è ubriaco? Che schifo, per me fra un po’ vomita, andiamo via!» esclamò, spingendo via l’amica.
   «Torniamo in hotel.» disse Wendy «Che serata di merda anche senza di Lizzy. Ma perché va sempre tutto storto?»
   «Già, siamo abbonate ai disastri!»

 
***
 
 
   A differenza dei suoi compari, Daeju aveva avuto vita facile, molto facile. Non solo Lizzy era disposta a restare sola in sua compagnia, ma era stata addirittura lei a proporre di andare là, sulla scogliera, al buio. Il posto perfetto per commettere un omicidio e rimanere impuniti. Quando i due raggiunsero l’estremità rocciosa, Lizzy chiese a Daeju di fermarsi a qualche passo da lei e di voltarsi nella sua direzione. Il ragazzo acconsentì tranquillamente alla richiesta e la lasciò fare.
   I due erano faccia a faccia, l’uno davanti all’altra. Senza dire nulla, Lizzy prese tra le dita la cerniera frontale del tubino bianco che indossava e la fece scorrere fino in fondo, poi abbassò le spalline e lasciò che il vestito cadesse ai suoi piedi.
Daeju rimase immobile a guardarla con aria interrogativa e anche un po’ imbarazzata.
   «Che… fai?»
   «Dai, facciamolo qui! In mezzo alla natura!» esclamò improvvisamente lei, avventandosi subito sui pantaloni del ragazzo.
   «Ma… oddio! Aiuto!!!» Daeju in preda al panico le voltò le spalle e se la diede a gambe levate. E così anche il terzo tentato omicidio fallì miseramente.



Fine cap. 7
_______________


Come promesso, eccomi qui! :)
E così la caccia alle agenti è cominciata! Riusciranno a salvarsi?
E i ragazzi riusciranno invece a mantenere la copertura e non farsi mettere nei guai dai novellini?
Chissà :3
Ringrazio tutte le lettrici e i lettori che finora hanno recensito, chi ha messo la storia tra le seguite e anche chi solo sta leggendo! <3
A settimana prossima~

Misa 


 
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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei presta volto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!

 
 

 
  

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 8 -



   Tokyo, 7:00 PM.

   Era passato un giorno dall’arrivo di May e Shion allo Hyatt Regency e da quando avevano fatto conoscenza dei coniugi Iwata. Quella sera i due agenti erano stati invitati a cena proprio da loro, avrebbero mangiato in un lussuoso ristorante tradizionale nel quartiere di Asakusa. Una volta arrivati, pagarono il taxi e lasciarono che il personale li conducesse verso la sala privata che avevano prenotato gli Iwata per l’occasione.
   «Buonasera.» salutò cordialmente Shion, inchinando il capo. May entrò subito dopo di lui e fece lo stesso.
   «Buonasera ragazzi.» li accolse il signor Iwata «Sedetevi pure. Mi sono permesso di cominciare a ordinare l’aragosta che piace tanto alla mia mogliettina, vero cara?»
   «Oh, sì, la adoro!» rispose la moglie, coprendosi la bocca sorridente con la mano.
   «Si vede che ha buon gusto!» provò a inserirsi nel discorso May.
   «Grazie cara… ti sta divinamente quel kimono!» ricambiò la donna. Per la cena i due coniugi avevano indossato il kimono e lo stesso aveva fatto May. Shion invece aveva optato per uno smoking.
   «Oh, grazie, ma a lei sta sicuramente meglio!»
   «Oh, mi fai arrossire, cara!»
   «Ok» tutto a un tratto Shion si fece serio «Se non vi dispiace, mentre preparano la cena vorrei fare chiarezza sul caso...»
   «Certamente.» rispose il signor Iwata, estraendo dei fogli di carta da una busta per documenti e porgendoli al ragazzo «Sarei molto grato se analizzaste le lettere che mi sono arrivate. Come vedete sono tutte scritte a computer, quindi è impossibile riconoscere l’autore dalla calligrafia. Io non so proprio chi possa avercela con me…» la sua voce lasciava intendere che si sentisse un po’ sconsolato a causa delle minacce.
   «Non le viene in mente proprio nessuno, che so, che possa essere invidioso o che voglia vendicarsi di qualcosa?»
   Alle parole di Shion, Iwata scosse la testa incurvando un po’ le sopracciglia in segno di rammarico, al ché la moglie decise di intervenire      «Mio marito non ha nemici. È un uomo buono e generoso, aiuta sempre il prossimo, nessuno oserebbe fargli del male.»
   «Vi è mai capitato prima di questo episodio di ricevere altre minacce?» provò ad approfondire la questione May.
   «Nemmeno, è la prima volta.» rispose la donna in tono afflitto, stringendo la mano del marito per ricevere conforto.
   «Capisco...» riprese la parola Shion, che nel frattempo aveva letto sommariamente le lettere in questione «Quindi le sono arrivate solo queste due e nella seconda si minaccia che qualcosa di brutto avverrà se lei si presenterà a Tokyo. Ma ancora non è accaduto nulla per fortuna.»
   «Ti prego aiutami, ho paura che possa succedere qualcosa di veramente brutto! Ma non voglio rinunciare all’esposizione! È un anno che la stiamo progettando, vero cara?» esclamò il signor Iwata in tono supplichevole.
   «Sì, è un diamante di famiglia molto caro e prezioso per noi... e l’esposizione ci aiuterà a raccogliere fondi da donare in beneficenza.»
   «Non vi preoccupate, d’ora in poi sarete sotto la nostra protezione, per qualsiasi cosa ci potrete chiamare, in ogni momento.» cercò di rassicurarli May «Non succederà nulla né a voi né al diamante.»
   I due coniugi le sorrisero amabilmente, ma la signora Iwata sotto, sotto non sentiva di potersi fidare del tutto della ragazza. Ai suoi occhi Shion, un uomo, era sicuramente più affidabile nel ruolo di agente. La moglie di Iwata era stata educata in una famiglia aristocratica di vecchio stampo, perciò non le sembrava giusto dare troppa fiducia a una donna, giovane per giunta, che avesse scelto un lavoro così pericoloso tanto per sé quanto per la sua futura famiglia, se mai avesse deciso di crearne una.
   Ciononostante, la cena proseguì senza intoppi e i coniugi, scortati da Shion e May, fecero ritorno in hotel. Una volta rientrati in camera, però, i due agenti non poterono nascondere l’un l’altro le proprie perplessità sulla situazione.
   «May, tu credi davvero che gli Iwata siano così amati da tutti?»
   «Ho i miei dubbi, la signora non mi sembra una che possa essere amata da tutti.»
   «Già, mi è sembrata diffidente anche se cercava di nasconderlo.»
   «Ho l’impressione che non si fidi di me... Ma in ogni caso ci lavorerò, che voglia o no dovremo collaborare.»
   «Già.» sospirò Shion. Il ragazzo improvvisamente si soffermò a osservare May nel suo kimono rosa. La stoffa era decorata con dei graziosi motivi floreali di diverse gradazioni di rosso, rosa e bianco. L’obi invece era nero, ricamato in oro e scarlatto, con motivi che riprendevano quelli del doura, la parte esterna della fodera.
   «Sai, quel kimono ti dona davvero molto!»
   Alle parole del ragazzo le guance di May si tinsero di un lieve rossore.
   «Grazie, anche tu stai molto bene in smoking.» ricambiò timidamente.
   Shion divenne ancora più imbarazzato di quanto non lo fosse la ragazza, arrossì e il suo cuore iniziò a battere velocemente. Avrebbe dovuto immaginare che la cotta che aveva nei confronti della sua collega gli avrebbe dato del filo da torcere. Per dissimulare i propri sentimenti cercò di parlare con naturalezza.
   «Immagino tu sia stanca dopo questa serata, ti aiuto a toglierlo? Deve tirare un sacco…» chiese, riferendosi al Kimono. Non ne aveva mai provato uno ma sapeva bene quanto la cintura stringesse e impedisse i movimenti. Si sentiva quasi soffocare per lei.
   «No, ce la faccio da sola, grazie.» rispose May, provando a sciogliersi il fiocco. Prima di cena una ragazza che lavorava in hotel l’aveva aiutata a vestirsi e aveva stretto per bene l’obi, così come tutti i vari strati di cintura. Ci vollero solo pochi secondi per convincere May che era meglio arrendersi e accettare l’aiuto del collega.
   «No ok, per favore aiutami.»
   «Ok, vediamo se ci riesco!» esclamò Shion, alzandosi dal letto e raggiungendo May davanti allo specchio.
   «Lo spero anche per te visto che sennò dovrai dormire con un salsicciotto al tuo fianco!» scherzò lei.
   «Ma che salsicciotto?» disse il ragazzo, ridendo mentre tirava energicamente i vari nodi per slegarli. Finalmente riuscì a liberare la ragazza dall’obi, togliere il doura sarebbe stato facile anche da sola. «Ecco fatto!»
   «Grazie mille! Ora vado in bagno a lavarmi e cambiarmi.» May non fece in tempo a muovere un solo passo che qualcuno cominciò a bussare energicamente alla loro porta.
   «Aiuto!!! Aiutoo!!! Shion! May! Aiutatemi!» La voce sembrava quella del signor Iwata. Il ragazzo corse ad aprire la porta.
   «Che succede?»
   May si disfò del doura, indossò una maglietta e un paio di jeans che aveva lasciato sulla sedia e raggiunse Shion.
   «Mia moglie!» Continuò il signor Iwata «Sta male! Sembra come avvelenata!»
   «Arriviamo immediatamente! Lei intanto chiami l’ambulanza!» ordinò il ragazzo, correndo nella camera a fianco, in cui si trovava la signora Iwata. La donna era distesa sul letto con indosso il suo yukata per la notte e si stava contorcendo dai dolori addominali, premendosi con forza entrambe le mani sulla pancia.
   «Signora Iwata! Che le succede?» chiese May allarmata, avvicinandosi alla donna «Quando sono iniziati i dolori?»
   «Poco dopo il rientro dal ristorante.» rispose lei, per poi emettere un gridolino di sofferenza.
   «Ha assunto altre sostanze dopo la cena? Medicine?»
   «Solo il mio solito digestivo. Ahi!»
   In pochi minuti l’ambulanza arrivò e la portò immediatamente all’ospedale. Il marito salì con lei sull’ambulanza mentre Shion e May si fermarono nella camera dei due coniugi per cercare qualche indizio. La ragazza diede un’occhiata al tavolo. La boccetta con i digestivi che aveva assunto poco prima la signora Iwata era ancora lì, l’aveva lasciata aperta. May prese una compressa tra le mani e la osservò da vicino. Non aveva niente di strano, nemmeno l’odore le suggeriva nulla. Poi il suo occhio cadde su una tazza di tè lasciata mezza piena lì a fianco.
   «E questo?» disse May, notando che la tazza era una di quelle dell’hotel «Che si sia sentita male mentre beveva il tè?»
   Shion, che stava controllando il comodino, lasciò perdere e raggiunse la collega.
   «Non potrebbe essere del signor Iwata, invece? Magari lo ha lasciato a metà per soccorrere la moglie.» provò a supporre. Dopotutto la signora aveva detto loro di non aver ingerito nient’altro oltre alla cena.
   «È sicuramente della signora Iwata.» confermò May, indicando una traccia di rossetto rimasta sul bordo della tazza. «Probabilmente mentre si contorceva dal dolore le è sfuggito di mente, o non pensava fosse rilevante perché ne ha bevuto davvero poco.»
   «Ma se i dolori sono comparsi immediatamente dopo aver sorseggiato questo tè…  allora è stata avvelenata davvero!» esclamò Shion.
   May provò ad avvicinare la tazza al naso e le fu immediatamente chiaro che non si trattava di un semplice tè verde. L’odore le fece contorcere il volto in una smorfia.
   «È disgustoso!» esclamò, allontanandolo immediatamente da sé. «La puzza sembra quella del bromo!»
   «Bromo!?» chiese allarmato Shion «Ne basta una goccia per avvelenare qualcuno!»
   «Maledizione, ma come ha fatto a berlo senza accorgersene?» Probabilmente la signora Iwata aveva bevuto il tè per mandare giù la pastiglia e aveva fatto tutto in modo talmente veloce e automatico che nemmeno aveva guardato cosa ci fosse nella tazza, pensò May.
   «Dobbiamo immediatamente comunicarlo all’ospedale!»
   I due telefonarono alla clinica e spiegarono la situazione in modo che la signora Iwata potesse ricevere cure adeguate. La dose ingerita non era sicuramente alta, quindi se la sarebbe cavata con un ricovero di qualche giorno. May e Shion raccolsero parte della sostanza incriminata, presero un taxi e si affrettarono verso i laboratori della struttura ospedaliera. Le analisi confermarono che si trattava di una piccola quantità di bromo disciolta nel tè, probabilmente un tentato omicidio, e anche un po’ grossolano visto la scelta pessima del veleno. La signora Iwata fu curata in tempo e per quella notte i due dovettero rimanere in ospedale per tenere sotto osservazione i coniugi. L’autore delle minacce aveva cominciato ad agire.
 

 
***
 
 
   Cancún, 9:05 AM.

   Era il secondo giorno di missione anche per Iris, Wendy e Lizzy. Le tre si erano date appuntamento per colazione e successivamente si erano dirette in spiaggia con l’intenzione di raccogliere qualche informazione sul magnate a cui stavano dando la caccia. Avevano riservato un ombrellone e tre lettini nei bagni privati dell’hotel, zona in cui, nell’ultima settimana, era stato più volte avvistato il soggetto. Mentre si fingevano delle comuni turiste, si guardavano intorno in attesa di scorgere qualche movimento sospetto.
   Passò più di un’ora prima che il loro obiettivo si facesse vivo. Un uomo sulla cinquantina che indossava abiti estivi visibilmente di marca sedeva al bar della spiaggia, in uno dei tavoli all’aperto, osservando il mare e sorseggiando una bevanda. Era un po’ lontano dal loro ombrellone per poterlo affermare con certezza, ma il volto sembrava proprio corrispondere a quello della foto sul fascicolo consegnato loro da L.
   «Ragazze… quello non vi sembra il nostro soggetto?» chiese Iris a bassa voce, indicando l’uomo con un cenno della testa. Wendy abbassò leggermente gli occhiali da sole, dirigendo lo sguardo in quella direzione.
   «Sì, potrebbe essere lui. Come agiamo?»
   «Una di noi dovrebbe andare a parlarci ed estorcere qualche informazione. La migliore in questo campo sarebbe Lizzy, ma se non collabora… vero Lizzy?» disse a voce un po’ più alta perché la collega potesse sentirla. La bionda non sembrava molto interessata al lavoro, non faceva che fissare tutti i bei ragazzi che passavano sulla spiaggia senza degnare nemmeno di uno sguardo il sospettato.
   «Lizzy, te la senti?» chiese Wendy, schioccando le dita davanti alla faccia della collega nel tentativo di ottenere una risposta.
   «Ufff…» sbuffò l’altra, mettendosi a sedere e squadrando l’obiettivo «D’accordo, ma sono stufa di fare sempre tutto io!» così dicendo, si alzò e si avviò verso il bar ancheggiando in modo provocante.
 
   «Salve…» disse Lizzy una volta raggiunto quello che doveva essere il loro soggetto. «Posso sedermi accanto a lei?»
   L’uomo la squadrò dall’alto in basso, constatando che era proprio una bella ragazza.
   «Ma certo, signorina.» rispose compiaciuto «Come ti chiami?»
   «Esmeralda.» mentì, pronunciando quel nome nel modo più sexy che le riuscì «Lieta di conoscerla signor…»
   «Signor Kang TaeYoo. Hai davvero un bel nome!»
   «Grazie. Sa, lei è un uomo molto affascinante…»
   Kang TaeYoo fece un sorriso compiaciuto. Alla sua età ancora riusciva ad attrarre le donne? Il potere dei soldi era davvero qualcosa di inestimabile!
   «Ti posso offrire un drink?»
   «Volentieri! Grazie!»
   L’uomo richiamò l’attenzione del barista.
   «Un sex on the beach per questa splendida ragazza!»
   «Arriva subito.» rispose lui, andando a prepararlo.
   «Cosa ci fa un uomo così affascinate tutto solo a Cancún?»
   «Stavo giusto per chiederti la stessa cosa, sono qui per un viaggio d’affari. E tu?»
   «Una vacanza con delle amiche, stiamo cercando di scappare dal lavoro… vogliamo solo rilassarci e divertirci.» rispose Lizzy, cercando di suonare sensuale e ammiccante.
   «Ma perché un giorno non vieni a divertirti con me su una delle mie barche? Puoi invitare anche le tue amiche!»
   «Barche? Quante ne possiede? Sarebbe un vero piacere farle compagnia!»
   «Ne ho una decina, sono una delle mie passioni, e i soldi certo non mi mancano, quindi…»
   «Wow! Oltre ad essere affasciante è davvero ricco! Che lavoro fa… se posso?»
   «Nessun problema, sono una persona onesta! Possiedo un’azienda di import-export, commercio in tutto il mondo! Anche quel magazzino che si vede passando sulla spiaggia è mio. Qui l’affitto è molto alto, ma grazie ai miei guadagni ne ho fatto costruire uno enorme! E pensa che ne ho più di mille in tutto il mondo.» continuò a elogiarsi lui.
   «Oh, mio dio! La prego, mi faccia essere la sua segretaria, farei qualsiasi cosa per lei, qualsiasi!»
   Kang TaeYoo si lasciò andare a una risata che risuonò estremamente volgare.
   «La segretaria sarebbe sprecata per te! Ti spetterebbe una posizione ben diversa!»
   Era chiaro che l’uomo l’avesse scambiata per una di quelle che si venderebbero volentieri pur di vivere nel lusso. Al contrario, Lizzy lo considerava solo un povero illuso e stava al suo gioco fatto di allusioni e corteggiamenti solo per estorcergli informazioni sul magazzino a cui lui stesso aveva accennato. Veramente un idiota. La sua sensazione era che gli uomini più invecchiavano più non ci stavano con la testa. Bastava un bel fisico e due paroline azzeccate che subito si credevano dei sex symbol.
   «Sono disponibile per tutte le posizioni che vuole! Ahahah!»
   «Me lo aspettavo, bella com’è!»
   «Ma, di preciso, dove si trova questo magazzino sulla spiaggia? Dev’essere davvero grande, ma sono arrivata da poco e non l’ho ancora visto!»
   «Oh, beh, è enorme! Ma d’altra parte quando si parla di me tutto è enorme…»
   Perfino Lizzy che era abituata a questo genere di uomini cominciava a sentirsi un po’ schifata dal suo atteggiamento. Ciononostante continuava ad ascoltarlo simulando quanto più interesse e devozione possibile.
   «Comunque se lo vedi lo riconosci subito, sarà circa due chilometri e mezzo da questo bar ed è molto speciale: è in legno laccato, molto duro e resistente… sai, la vicinanza col porto è un vantaggio, ma essendo sulla spiaggia non potevo certo rovinare il paesaggio con una costruzione scadente! E poi essendo così in bella vista mi faccio anche un’ottima pubblicità!»
   Un uomo vestito in smoking, look che faceva decisamente a pugni con l’ambiente della spiaggia, apparve alle spalle dei due, interrompendo la loro conversazione.
   «Signor Kang TaeYoo?»
   «Dimitri, dimmi!» il magnate sembrava conoscere molto bene quell’uomo dall’accento est europeo. Con ogni probabilità doveva essere uno dei suoi scagnozzi.
   «È richiesta la sua presenza per quel lavoro al magazzino, se non le dispiace.»
   «Oh, ma certamente. Mi dispiace Esmeralda, continueremo la conversazione la prossima volta. Il lavoro prima di tutto…»
   «Spero di ricontrarla presto! Vorrei fare con piacere un giretto su una delle sue barche!»
   «Volentieri cara! Mi farò vivo di nuovo,» così dicendo, Kang TaeYoo seguì l’uomo in smoking e si allontanò in direzione del magazzino sulla spiaggia.


 
Fine cap. 8

_________________________


Buonasera a tutti~
Eccomi con un nuovo capitoletto, questa volta incentrato soprattutto su May e Shion! Il misterioso individuo che minaccia il signor Iwata ha cominciato ad agire... riusciranno a proteggerlo?
Nel frattempo Iris, Lizzy e Wendy hanno rintracciato il loro obiettivo, Kang TaeYoo ha i minuti contati!
Alla prossima~

Misa
  
 
 
 
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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei presta volto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!

 
 


 
  

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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 9 - 




   Dopo aver parlato con il magnate a cui le agenti stavano dando la caccia, Lizzy raggiunse Iris e Wendy all’ombrellone. Si sistemò il costume di paillettes oro e si chinò verso le altre due, che erano sdraiate a prendere il sole mentre attendevano sue notizie.
   «Ha parlato di un grande magazzino sulla spiaggia, a due chilometri e mezzo dal bar… in quella direzione.» indicò con la mano il punto a cui si riferiva.
   «È strano che sia stato così esplicito…» osservò Iris, dubbiosa.
   «Io non mi fido!» aggiunse Wendy.
   «Pensate quello che vi pare. Ora, se volete scusarmi, ho intenzione di riprendere ad abbronzarmi… faccio tutto io qui! È ora che anche voi vi diate da fare!» così dicendo, Lizzy si sistemò sulla sdraio.
   «Va bene, va bene. Verso sera potrei andare a dare un’occhiata.» propose Iris.
   «Non sono convinta, non voglio che ti succeda nulla.» le disse Wendy.
   «Puoi sempre venire con me.»
   Wendy la guardò con sguardo riluttante.
   «Starò attenta, non preoccuparti.»
   «Mhmm, se lo dici tu…»
   «Salve ragazze!» esclamò Dawon, spuntando improvvisamente alle loro spalle.
   A seguire anche Taeoh si cimentò in un saluto in inglese, sfoderando uno dei suoi sorrisi amichevoli.
   «Hello
   «Ciao…» Iris ricambiò il saluto con un’espressione un po’ confusa sul volto. Si ricordava di Dawon, l’amico di Taeoh. L’aveva visto all’asta di Gangnam in compagnia di Wendy. Questa volta con loro c’era anche un terzo uomo, ma non aveva idea di chi fosse.
   «Daeju, tesoro, ieri sera sei scappato di corsa senza nemmeno salutare!» esclamò Lizzy alla vista del ragazzo che fin dall’arrivo a Cancún aveva catturato tutta la sua attenzione. O una buona parte di essa, almeno.
   «Lizzy… il fatto è che improvvisamente mi sono ricordato che avevo una cosa urgente da fare!»
   «E sarebbe?»
   «Ehm…»
   «Cos’è tutta questa confidenza? Li conoscete?» interruppe indispettita Wendy. Non le risultava che anche le colleghe avessero fatto conoscenze lì a Cancún e non era il tipo da avere una buona memoria in fatto di volti, perciò aveva anche dimenticato di aver già visto Taeoh.
   «Più o meno…» le rispose Iris.
   A quel punto toccò a Dawon intervenire per salvare la situazione.
   «Che sciocchi, non ci siamo presentati! Il fatto è che da quando siamo qua in vacanza i miei amici mi hanno parlato così tanto di voi che è come se vi conoscessi tutte!»
   «Hehehe, già!» lo sostenne Taeoh «Io e Iris ci eravamo già incontrati a Gangnam e ieri l’ho trovata alla festa in spiaggia! Non è incredibile?»
   «Esatto! E a me è successo lo stesso con Wendy! Poi appena arrivati a Cancún abbiamo incontrato Lizzy e lei e Daeju hanno subito fatto amicizia… ora vi abbiamo viste tutte e tre insieme e non potevamo non passare a salutarvi!»
   «Ma tra di voi non vi parlate?» concluse Daeju in modo tanto ingenuo quanto del tutto inappropriato. I colleghi gli lanciarono uno sguardo di rimprovero.
   «Ci parliamo, ma non siete mica così importanti da far parlare di voi…» ribadì acida Wendy.
   «Touché.» la buttò sul ridere Dawon. «Ad ogni modo, di che magazzino stavate parlando prima?»
   «Parlavamo dei grandi magazzini. Volevamo fare shopping, giusto?» mentì lei, lasciando intendere alle altre di darle manforte.
   «Già!»
   «Vero.» annuirono.
   «Ah capisco, ma quello a cui volevate dare un’occhiata stasera?» insistette il ragazzo.
   «Stavamo parlando di un magazzino?» finse Iris.
   «Sì, quello a cui devi andare stasera da sola!» specificò meglio Taeoh.
   Iris si maledisse mentalmente. Quei tre dovevano aver sentito molto di più di quel che pensava.
   «Ah, ma quello non è niente di interessante, sai, è per il lavoro… ti ho detto, no, ieri sera che sono qui per lavoro.» si inventò la ragazza. Per sua fortuna la sera precedente aveva raccontato al ragazzo di essere venuta a Cancún per un non meglio specificato impiego.
   «Ah, sì, certo! Mi ricordo!» esclamò Taeoh con enfasi, mostrandosi molto interessato, nella speranza di ricevere più dettagli. Naturalmente nessuna delle tre si sbottonò.
   «Capisco… Wendy, stasera sei libera? Non devi lavorare anche tu, vero?» cambiò argomento Dawon, facendo un’espressione che sembrava voler dire “è assurdo lavorare in un posto del genere e non godersi l’estate!”.
   «Ehm, ecco…» la ragazza guardò Iris in cerca di aiuto. Non aveva idea di cosa rispondere, ma non poteva metterci troppo tempo, altrimenti avrebbero capito che si trattava di una bugia «Io non ho nulla da fare!» disse infine, ridendo.
   «Hahaha meno male! Se tutti venissero in un posto come questo per lavorare e basta comincerei a preoccuparmi!» esclamò soddisfatto Dawon.
   «Sì…»
   «Visto che sei libera, perché non passiamo un po’ di tempo insieme? Ho prenotato un campo da beach volley per questo pomeriggio sul tardi.»
   «Beach volley? » chiese conferma Wendy. Gli occhi le si erano illuminati all’istante, era sempre stata appassionata di pallavolo.
   «Ti piace il volley? Ma allora è perfetto! Possiamo fare una partita io e te contro Lizzy e Daeju!» esclamò Dawon, contento di aver fatto colpo.
   «Ma che ottima idea!» disse Lizzy, avvinghiandosi al braccio di Daeju. Il ragazzo era stato costretto quasi con la forza a sedersi accanto a lei mentre gli altri quattro parlavano tra di loro. «Voglio proprio giocare con te, con questi bicipiti vinceremo di sicuro…»
   Come al solito, la bionda agente non perse occasione di flirtare: fece l’occhiolino al malcapitato e si mordicchiò il labbro inferiore. Un brivido gelato attraversò la schiena del povero ragazzo. Non riusciva a capacitarsi del perché i suoi colleghi non facessero nulla per aiutarlo. Lo lasciavano sempre solo con quella donna dissoluta che non perdeva occasione di mettergli le mani addosso.
   «C… comunque mi sembra un’ottima idea… almeno non saremo soli…» disse in tono titubante «Intendo… così saremo in buona compagnia!» si corresse.
   «Ehi, Iris!» Taeoh si avvicinò all’unica delle tre che non avrebbe preso parte alla partita «A quanto ho capito sei sola stasera… se vuoi posso accompagnarti io!»
   «Ma no, non ti preoccupare, sarà sicuramente un posto sperduto, poco interessante...» provò a rifiutare. Quel ragazzo le rendeva davvero difficile dirgli di no. Non capiva se fosse una questione di insistenza o se lo avesse preso in simpatia, ma quel che era certo è che la faceva sentire piuttosto a disagio col suo modo di fare amichevole e spontaneo. Le sembrava quasi di fargli un torto declinando l’offerta.
   «Allora è meglio se vengo con te, così posso proteggerti!» esclamò Taeoh in tono scherzoso. Dopotutto il vero pericolo era proprio lui.
   «Non credo che ce ne sarà bisogno, non è nulla di pericoloso, devo solo schedare della merce e fidati, è un lavoro davvero noioso…»
   «Ma io sono un tipo noioso! E poi non ho nulla da fare, quindi mi annoierei comunque… È deciso! Ti accompagno!»
   «E va bene, se proprio ci tieni…» Iris non poté fare altro che rassegnarsi nel vederlo annuire in modo compiaciuto. In tutto ciò non capiva proprio il motivo di tanto trasporto per un magazzino. Per un attimo la sfiorò il pensiero che Taeoh potesse essere interessato a lei, ma lo scacciò immediatamente, ricordando a sé stessa di non farsi strane idee. Ne concluse che doveva solo essere molto annoiato visto che era rimasto escluso dalla partita di quel pomeriggio.




 
***



 
 
   Dawon si sentiva alquanto soddisfatto. Senza James e Buffy tra i piedi era stato tutto più facile: il piano era andato a buon fine e nel tardo pomeriggio Wendy e Lizzy avevano raggiunto lui e Daeju per una partita a beach volley, così da dare modo a Taeoh di eliminare Iris indisturbato.
   «Lizzy, tu giochi così?» chiese Wendy, riferendosi al fatto che la bionda indossasse solo il suo bikini pericolante. Lizzy aveva un fisico mozzafiato che non perdeva occasione di mettere in mostra e questo sotto sotto la infastidiva un po’. Non sapeva dire con certezza se fosse gelosia, ma era qualcosa che ci si avvicinava molto.
   «Sì, perché?» chiese Lizzy, perplessa.
   «Mi sembra un tantino scomodo per giocare...»
   «Cos’è? Ora non posso giocare in bikini? Io gioco come voglio! Hai paura che ti distragga il compagno di squadra perché sono più bella?»
   «Non c’è nessun problema per me.» esclamò Dawon, cercando di riportare la calma nel gruppo. In ogni caso Lizzy lo lasciava piuttosto indifferente.
   «Posso giocare io con Wendy?» Daeju non diede peso alla discussione e pensò innanzitutto a mettere le mani avanti. Temeva che Lizzy avesse in mente un altro dei suoi piani di conquista. Wendy colse l’occasione per schierarsi con lui, decisamente più alto e più atletico di Dawon.
   «Ci sto! Mi sembri più in forma del tuo amico.»
   «Ehi, guarda che sono bravo anche io!» Intervenne Dawon, un po’ indispettito per essere stato rimpiazzato. Era vero che negli ultimi tempi aveva messo su un po’ di pancetta, ma non era comunque così male da essere scartato su due piedi. In fondo, però, che importanza poteva avere, Wendy avrebbe fatto una brutta fine in ogni caso, almeno, insolente com’era, non gli sarebbe dispiaciuto troppo una volta arrivato il momento di farla fuori.
 




 
***



 
 
   Iris e Taeoh si erano dati appuntamento nella hall dell’hotel per poi avviarsi insieme al magazzino. I due si erano incamminati lungo  la spiaggia, un po’ prestando attenzione alla strada e un po’ osservando il cielo tingersi gradualmente di spettacolari sfumature rosate. Il sole aveva appena iniziato a tramontare e i bagnanti si stavano dando un gran da fare a chiudere gli ombrelloni per tornare a casa o in albergo.
   «Allora, dove stiamo andando esattamente?» chiese Taeoh.
   «Stando a quello che mi hanno detto, a “un magazzino in legno laccato molto duro e resistente”.» rispose Iris, leggendo il post-it su cui Lizzy le aveva appuntato le parole del magnate. Taeoh la guardò in modo confuso.
   «Non hai qualcosa di più preciso?»
   «No, solo questo.»
   «Ma che razza di lavoro è? Sei sicura che non sia una truffa?»
   «Se non ti fidi puoi sempre tornare indietro.»
   «Ormai sono arrivato fin qui…»
   «Bene, perché ci siamo, dev’essere quello il magazzino.» Iris indicò uno stabile in legno sulla spiaggia, a pochi metri da loro.
   «Come “dev’essere quello”, non ne sei sicura? In fondo ci devi lavorare…» Taeoh non riuscì a trattenere una risata. Sotto sotto si stava divertendo a farle tutte quelle domande, voleva proprio vedere cosa si sarebbe inventata.
   «Beh, mi mandano in tanti posti diversi ed è la prima volta che vengo qui. Mi hanno solo detto più o meno dove si trovava, non credo ce ne siano altri simili nei paraggi. Comunque, andiamo a vedere se è aperto.»
   La preoccupazione maggiore di Iris era che quasi sicuramente avrebbero trovato la porta chiusa e non poteva certo mettersi a scassinarla davanti a Taeoh o l’avrebbe presa per una criminale. All’esterno l’ingresso non era bloccato da alcun catenaccio, probabilmente doveva avere un sistema di chiusura più sofisticato. Iris decise di fare comunque un tentativo. Si avvicinò e spinse il portone con la mano. Con sua grande sorpresa constatò che non era affatto stato chiuso.
   «Ah, perfetto, me l’hanno lasciato aperto!» Dentro di sé pensò che la cosa fosse alquanto sospetta.
   Taeoh si portò di qualche passo avanti a lei per vedere cosa ci fosse all’interno magazzino.
   «Ehm, non vorrei infierire, ma… è vuoto!» questa volta era stato preso anche lui alla sprovvista.
   Iris lo raggiunse. Aveva ragione, non c’era niente lì dentro, solo qualche imballaggio di legno mezzo rotto e abbandonato.
   «Ma che… Hanno portato via tutto?»
   «Sicura che sia quello giusto?»
   «È un grande magazzino in legno laccato eccetera, eccetera a due chilometri e mezzo dal bar della spiaggia, dev’essere questo per forza!»
   Forse la cosa non era poi così strana. Kang TaeYoo doveva essersi solo divertito a dare tutte quelle indicazioni a Lizzy. Sicuramente il vero magazzino si trovava da un’altra parte e questo era solo ciò che restava di quello vecchio, o meglio, della sua copertura.
   «A quanto pare ti hanno presa in giro...» le disse il ragazzo, dandole qualche pacchetta amichevole sulla testa. A dire il vero, però, questa situazione non piaceva nemmeno a lui, era palese che ci fosse qualcosa di strano.
   «Uff…» sbuffò lei, rassegnata «Darò comunque un’occhiata in giro.» Così dicendo, si avvicinò agli imballaggi abbandonati. Tra tutte quelle casse di legno ce n’era solo una ancora perfettamente intatta. Iris si avvicinò e alzò il coperchio per guardare al suo interno. Quando realizzò di cosa si trattava, spalancò gli occhi e lasciò cadere l’inutile coperchio per terra. Dentro c’era una bomba a orologeria e il timer segnava solo cinquantotto secondi all’esplosione.
   «Dobbiamo uscire di qui! Presto!»
   Taeoh, che era dietro di lei, aveva visto tutto. Senza pensarci due volte la prese per mano e cominciò a correre più veloce che poteva fuori dallo stabile. Iris lo seguì e continuò a correre con lui lungo la spiaggia, cercando di allontanarsi il più possibile da lì, finché il tempo a loro disposizione non giunse al termine. Il magazzino saltò in aria con un enorme frastuono, andando in mille pezzi. Un attimo prima che l’esplosione li raggiungesse, i due si buttarono a terra. Le schegge si sparsero ovunque sulla spiaggia, raggiungendo anche Iris e Taeoh e alzando un gran polverone. L’agente si coprì il volto con un braccio, mentre con l’altro cercò di proteggere il ragazzo, tirandolo il più possibile vicino a sé per riparargli il viso.
   Pochi secondi dopo, il trambusto si era esaurito e del magazzino non restava più nulla. Iris riaprì gli occhi e si allontanò un po’ da Taeoh.
   «Tutto a posto?» gli chiese, preoccupata.
   «Considerando che siamo quasi saltati per aria e che mi è arrivata un sacco di sabbia addosso… tutto ok.» Non si aspettava che Iris avrebbe scoperto le sue carte per proteggerlo e, soprattutto, sentiva di non meritarselo. Era andato lì con l’intenzione di ucciderla e la cosa lo faceva sentire in colpa.
   «Mi dispiace, non immaginavo neanche lontanamente che ci saremmo trovati in una situazione del genere.» si scusò lei, alzandosi e scrollandosi un po’ di sabbia dai vestiti.
   «Ma con che tipo di gente lavori?» chiese lui, facendo lo stesso.
   «Di solito non è così, mi lamenterò con il capo!»
   «Ti sei fatta male?»
   Improvvisamente, Taeoh si avvicinò a Iris e le prese il mento tra le dita, voltandolo delicatamente prima a destra e dopo a sinistra. Poi fece scorrere lo sguardo lungo il corpo della ragazza, dall’alto verso il basso e viceversa, controllando che non fosse ferita. Constatò che aveva solo qualche piccolo graffio qua e là e un taglio poco profondo sul braccio destro, nulla di grave.
   «È tutto a posto.» lo rassicurò lei, che sentendosi gli occhi di Taeoh addosso era arrossita e aveva distolto lo sguardo.
   Il ragazzo sospirò sollevato. Se l’erano vista brutta, ma per fortuna anche lui non aveva nulla di rotto. In fondo sarebbe stata una buona occasione per ucciderla, se non fosse che, nel momento in cui aveva visto la bomba, aveva solo pensato a mettersi in salvo e l’aveva istintivamente portata con sé.
   «Forse ci conviene tornare dagli altri.» osservò Iris, facendo un passo indietro.
   «Aspetta…» il ragazzo le rivolse uno sguardo tanto serio da sembrare quai minaccioso e le afferrò il braccio ferito, accorciando di nuovo le distanze tra di loro.
   «Che c’è?» Iris entrò in allerta.
   Taeoh tolse dalla tasca un fazzoletto di stoffa e lo legò intorno al braccio di Iris.
   «Per ora può bastare, ricordati di disinfettarlo quando torni in hotel.»
   «G-grazie…» rispose Iris, un po’ sorpresa per il gesto e un po’ dispiaciuta per aver pensato male di lui.
   «Tzk, è il minimo, mi hai praticamente fatto da scudo!»
   Questa volta le sembrò di sciogliersi davanti al sorriso solare di Taeoh. Ma che le stava succedendo? Non era il momento di perdersi in queste sciocchezze e soprattutto non era da lei simpatizzare con i ragazzi. Lo aveva deciso ormai da tempo che non si sarebbe innamorata, mai, di nessuno. Il lavoro era più importante e un lavoro come il suo non poteva coesistere con una relazione.
 




 
***



 
 
   Dopo l’ennesima disavventura, Iris e Taeoh erano tornati dagli altri, che erano ancora intenti a giocare a beach volley. Dawon aveva accumulato un po’ di svantaggio ma, dopo aver preso il comando del gioco e aver relegato Lizzy a un angolo del campo, stava finalmente rimontando, rendendo incerto il risultato del match.
   «Vai Wendy, schiaccia!» disse Daeju, passando la palla alla sua compagna di squadra.
   La ragazza colpì il pallone con tutta la forza che aveva in corpo, ma questa finì dritta dritta in faccia a Lizzy, rimbalzando e diventando un ottimo passaggio per Dawon, il quale riuscì a ributtarla oltre la rete. Daeju si gettò sulla palla, ma non fece in tempo a pararla, così la squadra di Dawon segnò un punto.
   «Wendy! L’hai fatto apposta?!» protestò la povera Lizzy, massaggiandosi la faccia.
   «Può essere!» l’amica le fece la linguaccia.
   «Si può sapere perché ce l’hai tanto con me? Sei una bulla!»
   «Sei tu che non l’hai schivata…»
   «Ragazze, non litigate proprio sul finale.» le interruppe Dawon «Se fate un punto avete vinto, ma se io e Lizzy ne facciamo altri due vinciamo noi! Stiamo rimontando!»
   «Io non perdo mai.» rispose Wendy, agguerrita.
   Dawon lanciò la palla, come prima Daeju la parò e la passò a Wendy, la ragazza fece abilmente una schiacciata, che andò di nuovo nella direzione di Lizzy. Quest’ultima non aveva idea di cosa fare, così Dawon cercò di buttarsi per parare al suo posto, ma inciampò e le andò addosso, facendo cadere entrambi rovinosamente a terra.
   «Punto nostro! Sì! Abbiamo vinto!» esclamò contenta Wendy, ma dovette frenare l’entusiasmo appena si accorse di ciò che stava accadendo dall’altra parte del campo.
   «Oh, beh, potevi dirlo subito se avevi voglia di fare altro… non sei male, sai!» Lizzy, dopo essere caduta sulla sabbia vicino a Dawon, non aveva perso occasione per provarci anche con lui.
   «No grazie...» il ragazzo si rialzò di corsa e andò a recuperare la palla.
   In quel momento Iris entrò in campo e raggiunse Wendy.
   «Com’è andata la partita?»
   «Non mi divertivo così da parecchio! Non è stato male incontrare nuovi amici!» esclamò Wendy.
   «Ragazzi, io vado a prendere da bere, volete qualcosa?» chiese Daeju.
   «No, grazie, noi due è meglio se torniamo in hotel.» Iris fece cenno a Wendy di seguirla. «Devo parlarti della ricerca.»
   «Sì, mi sembra una buona idea, non vi siete fatti male, vero?» chiese lei, notando il fazzoletto legato intorno al braccio della collega.
   «Meglio lasciare per dopo i dettagli.»
   «Ok, ci si vede in giro, ragazze!» le salutò innocentemente Daeju.
   «Per me porta una birra!» ordinò Dawon.
   «Una anche a me!» aggiunse Taeoh.
   «Ti accompagno!» Lizzy si appiccicò di nuovo a Daeju.
   «No, no! Cioè, non per cattiveria, ma prima devo andare in bagno e poi al bar, la cosa è un po' lunga, ti stancheresti sicuramente!» si giustificò lui, nel tentativo di levarsela dai piedi. Ogni giorno della sua vita si malediva per essere così accondiscendente, avrebbe voluto avere la sfacciataggine del leader Dawon nel dare rifiuti secchi senza sentirsi in colpa. Aveva la sensazione che nessuno lo prendesse sul serio a causa del proprio carattere mite.
   «Ti posso aiutare…» gli fece l’occhiolino lei.
   «No! Vado da solo!» Daeju la scansò e fuggì in fretta e furia, così Lizzy dovette demordere di nuovo.
   Poco dopo, il ragazzo tornò con le lattine di birra per sé e per i suoi amici, che nel frattempo si erano seduti in riva al mare.
   «È andata male anche oggi, vedo.» Dawon si rivolse a Taeoh. Già da un po’ aveva notato che si era riempito di graffi. «Che ti è successo?»
   «Merda!» imprecò lui, ricordandosi l’avvenimento di poco prima «Il magazzino era una trappola, siamo quasi saltati per aria! In realtà sarebbe stata un’occasione perfetta per ucciderla ma… non lo so, ho finito per trascinare fuori anche lei senza pensarci.»
   «Beh, dopotutto è un’agente, credo che in ogni caso non sarebbe rimasta lì a farsi saltare in aria.» sospirò rassegnato il collega «Per colpa del tipo a cui stanno dando la caccia rischiamo di rimetterci anche noi. Dobbiamo tenere gli occhi aperti!»
   «Già…»
   «La situazione si fa complicata, forse dovremmo frequentarle per qualche giorno e farci un’idea di che diamine stanno facendo. È rischioso andare alla cieca e sinceramente non ho voglia di rimetterci la pelle per un capriccio di Ray.»
   «Concordo, soprattutto per Lizzy!» esclamò Daeju.
   Taeoh mandò giù un sorso di birra e scoppiò a ridere.
   «Non ti va di fare nuove esperienze?»
   «Daeju, prima o poi dovrai rinunciare alla tua verginità, fattene una ragione!» rincarò la dose Dawon.
   «Ma che verginità e verginità! Io sono un professionista della seduzione!» ribatté Daeju.
   Sia Taeoh che Dawon cominciarono a ridere ancora più forte fino a quasi rotolarsi sulla sabbia.
   «E non ridete!!! È vero!»
   «Quanto vorrei che Minki fosse qui con noi!» esclamò Taeoh «Non sa cosa si sta perdendo! Hahaha»




Fine cap. 9

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Ed eccoci alla fine anche di questo capitolo! Forse il magnate Kang TaeYoo non è poi così stupido come ci vuole far credere! <_<
Ce la faranno ad acciuffarlo?
Gli scagnozzi di Ray non sembrano fare molti progressi. Sarà solo una questione di inefficienza o magari è perché non sono proprio tanto convinti degli ordini ricevuti?
Ah, per chi non si ricordasse di Minki, insieme a Jiho è uno dei colleghi di Taeoh, Dawon e Daeju, e a quanto pare è abbastanza in confidenza con questi tre. Per il momento ha avuto solo una piccolissima apparizione nel primo capitolo, ma tornerà più avanti, anche se non sarà uno dei personaggi principali.
Alla prossima~

Misa

 



 
  
 
 
 
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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei presta volto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!

 
 



 
  

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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 10 -



 Cancún, 6:25 AM.

   Il telefono di Dawon cominciò a squillare insistentemente. Il ragazzo provò a raggiungerlo con la mano, intenzionato a spegnerlo, ma si trovava troppo lontano, così ci rinunciò e nascose la testa sotto al cuscino per non sentirne il rumore. Chiunque stesse cercando di chiamarlo, tuttavia, non accennava a demordere, così Daeju, esasperato, si alzò controvoglia per rispondere al posto del collega.
   «Pronto?» chiese, coprendo uno sbadiglio con la mano. Dall’altro capo del telefono tuonò la voce rabbiosa di Ray.
   «Dawon!!!»
   «Sono Daeju.»
   «Come Daeju!? Io ho chiamato Dawon!»
   «Sono le sei e trenta di mattina qui… come potrebbe essere sveglio? Non è mai stato mattiniero.» rispose il ragazzo in tono pacato, scompigliandosi i capelli con una mano e sbadigliando di nuovo «E nemmeno io lo sono, ma lo squillo era davvero fastidioso…»
   Taeoh lanciò il suo cuscino in testa a Daeju per ricordargli di stare attento a ciò che diceva, ma il ragazzo si limitò a massaggiarsi la testa nel punto in cui era stato colpito.
   «Cazzate, mi sembra il minimo rispondere visto che non state concludendo niente!!! Avrete tempo quando sarete morti per dormire!!! Buffy e James mi hanno detto tutto! Che state aspettando!? Che si suicidino da sole?!»
   «Certo che no, ma non è semplice.» provò a giustificarsi Daeju.
   «E allora perché non accettate il loro aiuto anziché escluderli!?»
   «Perché sono incapaci e ci mettono i bastoni tra le ruote! Ecco perché falliamo!» Daeju non esitò a esternare il proprio disappunto.
   «Perché? Zitto Daeju…» lo ammonì Taeoh, il quale temeva la reazione di Ray.
   Ignorando le parole del proprio subordinato, Ray ribadì nuovamente quali erano gli ordini.
   «Riferisci al leader: le voglio morte entro tre giorni! Chiaro?! E guai a voi se vi fate scoprire! Razza di buoni a nulla!» Dopo aver sbraitato in questo modo, interruppe la comunicazione.
   «Era Ray?» chiese Dawon, che teneva ancora la testa nascosta sotto al cuscino.
   «Sì, ha detto che dobbiamo uccidere le ragazze entro tre giorni, e senza farci scoprire. E a quanto pare Buffy e James si sono lamentati con lui dicendogli che non concludiamo niente.»
   «Che palle!» protestò Taeoh, girandosi sull’altro lato e avvolgendosi meglio nelle coperte.
   «In ogni caso, ci penseremo dopo le dieci.» concluse Dawon, per poi rimettersi a dormire.
   «Notte!» anche Daeju si buttò di nuovo sul letto.
 
   I tre ragazzi continuarono a dormire, ignorando anche la sveglia delle dieci. Riuscirono ad alzarsi solo un’ora dopo e andarono a fare colazione in tutta calma. Quando erano a casa c’era sempre Ray a sbraitare e a lamentarsi, ma ora che erano dall’altra parte del mondo non vedevano una sola ragione per cui avrebbero dovuto stressarsi. Tanto non poteva certo venire a strozzarli.
   «Che ne dite di andare in spiaggia dopo pranzo?» propose Dawon, stiracchiandosi. Dopo la dormita si sentiva molto più tranquillo e rilassato.
   «Sì.» rispose Taeoh «E magari pensiamo a un piano, così Ray non romperà più le scatole.»
   «Giusto…» concordò il leader, facendosi più serio e iniziando a riflettere «Daeju, Lizzy vuole stare con te, perché non passate un po’ di tempo da soli e non sfrutti la situazione per ucciderla? Sarebbe già una in meno.»
   «Da solo con lei?» protestò il ragazzo «Mi fa paura.»
   «Ma dai, con lei è tutto semplice! Pensa solo al suo chiodo fisso!» osservò Taeoh.
   «È aggressiva!» continuò Daeju.
   «Nah.» disse Taeoh «Devi solo assecondarla! Per quanto riguarda Wendy e Iris, invece, è più complicato.»
   «Come facciamo?» chiese Dawon «Dovremmo dividerle e portarle in un luogo isolato.»
   «Umm, non so più che inventarmi. La scogliera non ha funzionato, l’esplosione casuale men che meno. Se affogassero?»
   «Sotto gli occhi di tutti? Che ne dici di un avvelenamento?»
   «L’avvelenamento è geniale!» concordò Daeju. «Potremmo invitarle a bere.»
   «E come lo mettiamo il veleno nel bicchiere?» chiese Taeoh.
   «Possiamo aspettare che vadano in bagno, oppure quando sono distratte.» spiegò Daeju.
   «Se ci stanno, direi di fare così: oggi le cerchiamo e passiamo la giornata con loro, così possiamo invitarle a bere questa sera. Quando non guardano mettiamo nel loro bicchiere una delle pastigliette di aconite che ci ha dato Ray. Dopo poco cominceranno i crampi e perderanno conoscenza. Poi ci disferemo dei cadaveri in mare.» propose Dawon.
   «D’accordo. L’unica cosa che mi lascia titubante... se muoiono avvelenate, le persone intorno a noi se ne accorgeranno, quindi dobbiamo fare in modo di essere lontani dai luoghi frequentati.»
   «Non moriranno all’improvviso, ci vorranno almeno quindici minuti.» spiegò Dawon «In quel lasso di tempo le porteremo da qualche parte.»
   «Troviamo il modo di farle bere in camera con noi!» propose Daeju
   «Con Lizzy potrebbe essere facile, ma non credo che le altre accetterebbero. Ricordiamoci che sono agenti e dobbiamo aspettarci di tutto.» osservò Taeoh.
   «Le porteremo in spiaggia, al buio.» concluse Dawon «Il caso sarà presto chiuso!»
 
 
 
***
 
 
 
   Nel pomeriggio, Dawon, Taeoh e Daeju si recarono di nuovo in spiaggia, dove, per loro brutta sorpresa, notarono che James e Buffy li avevano battuti sul tempo. I novellini avevano subito adocchiato due delle agenti sdraiate sotto l’ombrellone, come il giorno precedente, nell’attesa che il magnate facesse la propria comparsa. Quella mattina, però, non erano state molto fortunate, Kang TaeYoo non si era fatto vedere. Avevano il sospetto che avesse lasciato l’hotel dopo aver concluso il suo lavoretto al magazzino. Lizzy ne aveva quindi approfittato per andare a fare conquiste, lasciando Wendy e Iris a tenere d’occhio la spiaggia.
   «Chi non muore si rivede…» Buffy andò a disturbare Wendy, che stava prendendo il sole con le cuffiette nelle orecchie. In quel momento dal suo I-pod non stava uscendo nessuna musica, perciò aveva sentito benissimo le parole del ragazzo e aveva deciso deliberatamente di ignorarlo.
   «Ehi, bellezza!» continuò lui, spingendo il palmo della mano contro la sua spalla «Sei bollente!»
   Wendy si limitò a guardarlo male, così lui si sentì libero di frugare nella borsa della ragazza senza nemmeno chiederle il permesso e di prenderle la crema solare. Poi si chinò su di lei e le slacciò il costume, iniziando a spalmarle la crema sulla schiena.
   «Che schifo! Tieni giù le mani! Sono pure sporche di sabbia!» protestò la ragazza, scansandolo in malo modo e risistemandosi il costume. Senza aggiungere altro, Wendy si alzò dalla sdraio e si allontanò dai due soggetti molesti, dirigendosi verso la riva del mare.
   «Aspetta, Wendy!» Iris fece per raggiungere la collega, ma James la afferrò per un polso, mentre Buffy le si parò davanti.
   «E tu dove pensi di andare?» il primo la tirò per il polso, costringendola a girarsi verso di lui, e le rivolse un sorriso beffardo. «Non resti a farci un po’ di compagnia?»
   La ragazza strattonò il braccio con decisione, liberandosi dalla presa. Lo sguardo le cadde sulla mano di James. Il mignolino che gli aveva quasi rotto alla festa sulla spiaggia era ancora fasciato.
   «Lasciami in pace o te ne spezzo un altro di dito.» rispose infastidita.
   «Tzk! Lo sai, non sei brava a fare la stronza.» continuò insolente James, sottoponendola al suo sguardo strafottente come se la stesse passando ai raggi x. «In compenso sei molto carina…»
   «Se non la piantate vi denuncio! Ne ho abbastanza delle vostre molestie!» Iris sentì la rabbia ribollirle dentro e dovette fare un notevole sforzo di autocontrollo per non passare alle mani.
   «Oh, ma che pau… Ah! Ahia!»
   Taeoh, che aveva assistito a tutta la scena, si era avvicinato a James e l’aveva tirato per l’orecchio così forte da costringerlo a indietreggiare. Naturalmente era solo un piccolo anticipo della sua vendetta, ci avrebbe pensato più tardi a come farla pagare ai due novellini per essersi lamentati con Ray alle spalle sue e dei suoi colleghi.
   «Allora? La finite di fare i bulletti di quartiere?»
   «Che cazzo vuoi tu?» protestò James, liberandosi dalla presa e tenendosi l’orecchio dolorante.
   «Mah, non so, ero venuto a cercarvi con Dawon e Daeju, sai, siamo giusto un tantino incazzati…»
   «James, forse è meglio andare.» Buffy sembrò aver intuito a cosa si riferiva il loro superiore e non aveva nessuna voglia di prenderle da quei tre, soprattutto da quel diavolo di Dawon. Già si vedeva con le braccia spezzate e la testa fasciata. Conoscendolo li avrebbe lasciati in vita quel tanto che bastava per vederli contorcere dal dolore e gioire delle loro sofferenze.
   «E va bene, scusaci.» James dovette bruciarsi l’ultima briciola di orgoglio rimastagli per chiedere perdono.
   «Così va già meglio. Bene, ci si vede.» Taeoh fece loro cenno con la mano di sparire e i due se ne andarono a testa bassa senza ribattere.
 
   Dawon si sarebbe fermato volentieri a terrorizzare i due teppistelli, ma aveva faccende più importanti da sbrigare, come raggiungere Wendy, che dopo essersi allontanata dall’ombrellone si era messa a passeggiare lungo la riva.
   «Ehi, Wendy! Ciao!» richiamò la sua attenzione, salutandola con un sorriso.
   «Ciao!» rispose lei, togliendo le cuffie dalle orecchie.
   «Hai la crema spalmata male sulla schiena, rischi di prendere il sole a strisce!» osservò il ragazzo.
   «Cavolo!» esclamò lei, ricordandosi l’incidente di poco prima «Senti, potresti spalmarmela decentemente?» chiese poi, rivolgendosi a quello che ormai considerava un amico.
   «Certo! Nessun problema!» i due si fermarono un attimo, in modo che Dawon potesse spalmarle la crema, poi ripresero a camminare.
   «Grazie!»
   «Stai facendo anche tu una passeggiata?»
   «Se non voglio avere tra i piedi quel tipo lì … B-Baffo … Baffis …» cercò di ricordare il nome.
   «Buffy. Mi dispiace che sia così invadente, non vorrei mai ti rovinasse tutti i momenti di tempo libero! Comunque, se hai bisogno di aiuto chiamami pure, vedrò di rimetterlo in riga.»
   Wendy scoppiò a ridere.
   «Se mi sta lontano perché in giro ci sei tu allora mi appiccicherò a te!»
   Sentendo le sue parole, Dawon pensò bene di sfruttare la situazione a proprio favore.
   «Ah, certo, ha una paura folle di me! Stammi vicina e tutto andrà bene!»
   Wendy rise di nuovo divertita. Tutto sommato la compagnia di Dawon non le dispiaceva, anche il giorno prima aveva passato un bellissimo pomeriggio a giocare a beach volley con lui e nonostante fosse in missione le sembrava di star finalmente facendo una piccola vacanza.
   «Che ne dici di fare un bagno in mare?»
   «Ah, in realtà il mare non è che mi entusiasmi molto.»
   «Non ti piace nuotare?»
   «Diciamo che mare aperto e squali non sono la mia combinazione preferita… meglio la piscina!»
   «Vuoi dire che non è un’area di balneazione protetta questa?» chiese Dawon, stupito «Pensavo fosse controllata almeno!» proprio la sera prima lui e i suoi due amici si erano fatti una bella nuotata, ignari di tutto.
   «No, no, ci sono un sacco di squali...» scherzò lei, mantenendo un tono di voce serio per vedere se il ragazzo ci sarebbe cascato. «Grossi, enormi e affamati di leoni marini!» Concluse la frase punzecchiando la pancia di Dawon con un dito per sottolineare che il leone marino era lui.
   «Ehi!» protestò il ragazzo «Comunque se è così possiamo andare in piscina. L’hotel ne ha una, no?»
   Wendy cominciò di nuovo a ridere divertita.
   «Sto scherzando! Non ci sono squali, almeno credo. Sei facilmente impressionabile, leone marino!»
   «Ah, ok! Mi hai spaventato con questa storia degli squali! Ci tengo alla mia pelle!» Dawon rise a sua volta. «Comunque, stasera esco a bere con Taeoh e Daeju, perché non venite con noi? Così possiamo fare due chiacchiere tutti insieme!» Era giunto il momento di gettare l’esca per il piano.
   Wendy scrollò le spalle con aria dubbiosa.
   «Non lo so, non so cosa vogliono fare le altre… chiederò.»
   «Ok, mi farai sapere!» rispose Dawon, sorridendo gentilmente. Era sicuro che la risposta sarebbe stata affermativa.
 
   Taeoh, invece, si era fermato a fare compagnia a Iris. Era suo compito assicurarsi che anche lei cadesse nella trappola.
   «Allora, come va oggi? Sei fuggita a qualche altra esplosione?»
   «No, no. Mi stavo solo riposando un po’, prima che arrivassero quei due…»
   «Mi dispiace… sono davvero dei cretini, stanno combinando un sacco di guai!»
   «Ma perché li avete portati con voi? Non siete amici?» Iris si sedette sulla sdraio lasciando spazio anche a Taeoh. Questa volta fu lui a dover improvvisare una scusa plausibile.
   «Ah, non mi ci far pensare! Li conosciamo appena, e li abbiamo tirati dentro per avere uno sconto di gruppo. Col senno del poi avrei preferito spendere di più ma non averli tra i piedi!»
   «Posso immaginare…» Iris sembrò bersela senza problemi e cambiò discorso «Ah! Lizzy chiedeva di Daeju prima, è andata ad aspettarlo alla rete di pallavolo.»
   Taeoh lanciò un’occhiata al proprio ombrellone, dove in teoria doveva trovarsi l’amico, ma a quanto pareva Daeju aveva già levato le tende, perché lì sotto non c’era nessuno.
   «Onestamente non so dove sia, sarà andato a fare una corsetta…» ipotizzò. «Sembra che a Lizzy piaccia davvero molto Daeju!»
Iris si lasciò sfuggire un sorriso divertito.
   «A lei piacciono molto tutti…»
   «E a te? Piace qualcuno?» Taeoh le diede una gomitata amichevole, curioso di sentire la risposta.
   «Uhm… no, a dire il vero nessuno.»
   «Ah, ah! Hai esitato!»
   «Dico davvero, non mi interessa proprio di trovare qualcuno.»
   «Ma come?» il ragazzo sembrò quasi deluso. Solo in quel momento si rese conto di essersi lasciato coinvolgere più del dovuto con Iris e che probabilmente avrebbe scontato questa sua leggerezza quella sera stessa, quando sarebbe arrivato il momento di portare a termine un omicidio su cui non era nemmeno d’accordo solo per soddisfare le assurde richieste di Ray. Cercò di non pensarci e di godersi gli ultimi momenti di spensieratezza insieme. Ci avrebbe pensato il giorno dopo ad annegare nel rimorso. «Guarda che ci vuole un attimo a invecchiare, quando ti spunteranno le rughe poi sarà troppo tardi per andare a fare conquiste!» disse in tono scherzoso.
   «E tu allora? Sei pure più vecchio di me!»
   «Ho le rughe?!» chiese allarmato, toccandosi la faccia con entrambe le mani.
   «Per ora no!» lo rassicurò Iris, ridendo «Comunque dico davvero, sto bene da sola. Ho deciso di dedicarmi al lavoro al cento per cento.»
   «E va bene, stacanovista che non sei altro… allora mi presenterai i tuoi gatti quando sarai vecchia!»
   «Tzk.» Iris finse un’espressione offesa e si alzò dalla sdraio «Basta, non ci sto più a farmi prendere in giro da te, vado a farmi un bagno in mare!»
   «No, aspetta!» Taeoh la seguì, ridendo tra sé e sé «Scherzavo!»
   «Ti diverti, eh?»
   «Un pochino…»
   «Che cattivo… Comunque io non stavo scherzando, vado davvero a farmi una nuotata in mare.»
   «Vengo anche io!»
   «Come vuoi!»
   «Mhmm, ok vecchietta!» disse, caricandosela in spalla senza preavviso e portandola in acqua.
   «Mettimi giù! Non si trattano così le vecchie!»
   «Allora ammetti di essere vecchia, ah?»
   Appena furono abbastanza lontani dalla riva, Taeoh la lasciò cadere in mare. Iris finì sott’acqua per qualche secondo, poi si rialzò e si sfregò con le dita gli occhi, bruciacchianti per la salsedine.
   «Dopo questo non pensare di passarla liscia!» esclamò, decisa a ripagarlo con la stessa moneta.
   «Aiuto!» scherzò di nuovo lui, schizzandola nel tentativo di sfuggirle.
   «Smettila!» Iris riuscì lo stesso a raggiungerlo. Aiutandosi con la gamba, gli piegò il ginocchio, facendogli perdere l’equilibrio, e puntò le mani contro il suo petto, spingendolo in acqua. «Così siamo pari!» esclamò soddisfatta.
   Evidentemente Taeoh non era della stessa opinione, perché, un attimo dopo, sembrò molto compiaciuto di riemergere in tutto il suo splendore, mettendo in bella mostra gli addominali scolpiti, cosparsi di goccioline d’acqua che splendevano ai raggi del sole. Al ché Iris non poté fare altro che rituffarsi in mare e fingere che la visuale non la toccasse minimamente. Sembrava fosse comparso dal nulla solo per farle perdere la testa.
 
 
 
***
 
 
 
 
   Come previsto dai ragazzi, le agenti avevano accettato l’invito a uscire con loro. I tre si stavano quindi preparando per la serata.
   «Ragazzi, coff, coff…» disse Daeju poco prima di uscire, fingendo di avere la tosse «Sto proprio male, andate senza di me!»
   «Che hai?» chiese Dawon, perplesso.
   «Non lo so, sto proprio male! Oh, che dolore!» continuò a lamentarsi Daeju, chiudendosi in bagno «Ci vediamo al ritorno! Coff, coff!»
   «Ok, mi pare di aver capito che Lizzy lo terrorizza.» constatò il leader «Andiamo o faremo tardi.»
   «Sì.» concordò Taeoh «Abbiamo proprio un collega fifone!»
 
   Poco dopo, i due si trovavano davanti al bar in cui si erano dati appuntamento con le ragazze. Appena Iris, Wendy e Lizzy arrivarono, quest’ultima, vedendo che Daeju non c’era, decise di andarsene a cercare qualcun’altro con cui passare la serata. Incuranti della scelta della collega, Wendy e Iris raggiunsero i due nuovi amici.
   «Hello!» esclamò Wendy con il sorriso stampato in volto. Gli altri ricambiarono il saluto.
   «È un peccato che Lizzy e Daeju non siano rimasti.» disse Dawon «Ma direi che possiamo sederci e ordinare!»
   «Offriamo noi!» aggiunse Taeoh. Secondo i piani avrebbero fatto bere loro prima un paio di drink e successivamente quello avvelenato, così avrebbero avuto più occasioni per mettere il veleno nel bicchiere mentre loro erano distratte.
   La conversazione sembrava procedere normalmente, i quattro parlavano del più e del meno come un vero gruppo di amici e niente avrebbe fatto pensare che fosse in corso un omicidio premeditato, se non per il fatto che da parte dei due ragazzi c’era una certa tensione. Non si stava rivelando facile portare a termine questo compito dopo aver passato molto tempo insieme alle agenti. Avevano sempre pensato di essere spietati e che non gliene sarebbe importato niente, ma sapere che ora erano lì a ridere e scherzare come un gruppo di amici e un attimo dopo le due avrebbero fatto una brutta fine non era semplice da mandar giù.
   «Oh e quindi vivi a Seoul anche se sei americana.» chiese conferma Dawon, dopo aver ascoltato il racconto di Wendy «Dev’essere stato difficile imparare la lingua, ma la parli molto bene!»
   «Non particolarmente!» si sminuì lei.
   «È una fortuna poter viaggiare per lavoro!» aggiunse Taeoh «Per noi è il primo viaggio così lontano, di solito il nostro capo non ci dà molte vacanze. Chi l’avrebbe mai detto che ci saremmo incontrati proprio qui, dall’altra parte del mondo!»
   «Ragazzi» interruppe Dawon «Se per voi va bene andrei a prendere un ultimo drink per concludere la serata, porto qualcosa anche a voi?»
   Gli altri tre annuirono, così Dawon fece preparare quattro drink uguali e, prima di tornare al tavolo con il vassoio, lasciò cadere in due di questi il veleno. Per prima servì Wendy, passandole uno dei drink avvelenati, poi Iris, che passò il suo bicchiere a Taeoh, seduto accanto a lei. Dawon non ci fece caso dal momento che era intento a sostenere la conversazione con le due nel modo più naturale possibile per non destare sospetti. Taeoh invece era del tutto ignaro del fatto che l’amico avesse già messo il veleno nei bicchieri, perciò accettò il drink di Iris senza porsi problemi. Una volta finito di servire gli altri, Dawon si sedette di nuovo al proprio posto e iniziò a bere.
   «Bene bene, ho già pagato il conto, quindi dopo possiamo andare a fare due passi, se vi va di camminare.» disse, anticipando tra le righe l’esito della missione.
   «Ci sto!» esclamò Taeoh, per poi bere un bel sorso dal proprio bicchiere. Sentiva il bisogno di calmare i nervi.
   «Ah~ ci voleva proprio un’uscita così!» esclamò Dawon «Dovremmo farne più spesso.» aggiunse in modo velatamente sarcastico, scambiandosi uno sguardo d’intesa con Taeoh.
   «Questo drink è... yawn… una bomba.» commentò Wendy, senza poter fare a meno di spezzare la frase con uno sbadiglio.
«Che dite, usciamo? Wendy mi sembra cotta.» propose Dawon. Non voleva rischiare che le due si sentissero male all’interno del locale, sotto gli occhi di tutti.
   La passeggiata durò ben poco, in un paio di minuti Wendy e Taeoh avevano cominciato a sentirsi stanchi e assonnati. Ovviamente la cosa stava preoccupando Dawon, non solo perché i sintomi del veleno non erano quelli prospettati, ma soprattutto perché Iris non stava accusando alcun segno di cedimento, al contrario del proprio complice.
   «Ragazzi» disse Taeoh, sbadigliando rumorosamente «Sono stanco, voglio andare a dormire.»
   Dawon diede una gomitata a Taeoh come per dirgli di non scherzare, non capiva se stesse facendo sul serio. In tutta risposta, Taeoh gli si appoggiò alla spalla, non riuscendo a reggersi bene in piedi.
   «Dawon…»
   «Taeoh, datti un contegno!» disse il collega, scansandolo.
   L’altro ragazzo però non stava affatto fingendo, e così cercò faticosamente di tenersi in piedi, cominciando a preoccuparsi che l’amico l’avesse avvelenato al posto di Iris.
   Anche Wendy faceva sempre più fatica a camminare e ciondolava a destra e a sinistra.
   «Wendy, tutto a posto?» le chiese preoccupata Iris, ma la ragazza non riusciva nemmeno a rispondere e barcollava, spingendosi sempre più verso l’acqua, finché perse i sensi e le gambe non la ressero più. Prima che potesse cadere a terra, Dawon la prese in braccio. In quel preciso istante capì che anche Taeoh non stava affatto scherzando e lo assalì la preoccupazione di aver fatto un errore irrimediabile.





Fine Cap. 10
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Ed ecco il nuvo capitolo finalmente! Chiedo scusa per il ritardo. Non credevo che l'ennesima revisione avrebbe preso così tanto tempo. Anche se pensavo di poter chiudere un occhio e pubblicare la storia com'era senza farmi troppi problemi, in realtà mi sono resa conto che ci sono dei capitoli che proprio non mi vanno a genio e finisco per ribaltarli da cima a fondo... questo è uno di quelli! Insomma, meglio metterci un po' di più che pubblicare qualcosa che non mi convince!

E quindi... Wendy e Taeoh sembra siano stati avvelenati sul serio! Che succederà?

Come sempre rignrazio chiunque stia seguendo questa long! Alla prossima~

Misa
 
 
 
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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che è arrivata a pubblicare il capitolo 11 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 11 -




  Pochi minuti dopo essere scesi in spiaggia, Wendy e Taeoh avevano cominciato a sentirsi stanchi e ad avere capogiri, i loro movimenti erano diventati più faticosi e lenti e la ragazza era persino svenuta. Nonostante Dawon fosse preoccupato per l’errore commesso, qualcosa lo insospettiva e tranquillizzava allo stesso tempo, questi, infatti, non erano affatto i sintomi del veleno che aveva sciolto nei drink. L’aconitina avrebbe dovuto metterci molto più tempo ad agire e l’avvelenamento si sarebbe dovuto manifestare sotto forma di crampi violenti e perdita di conoscenza. Non si conoscono antidoti per questo veleno, quindi se il suo complice fosse rimasto avvelenato per errore, il processo sarebbe stato irreversibile. Per fortuna qualcuno doveva aver scambiato il veleno con qualcos’altro, probabilmente un banale sonnifero.
   Naturalmente anche Iris, completamente all’oscuro dei piani dei due ragazzi, era piuttosto preoccupata per ciò che stava accadendo e aveva cominciato a sospettare che il colpevole fosse il magnate. Forse le aveva scoperte e stava in qualche modo lanciando loro un monito perché smettessero di interferire con le sue attività.
   «Taeoh, tutto bene?» chiese Iris, avvicinandosi al ragazzo, che procedeva barcollando.
   «Umm? Che c’è?» lui la guardò con sguardo perso.
   «Appoggiati a me, per oggi è meglio tornare in hotel.»
   Taeoh accettò l’aiuto della ragazza e appoggiò un braccio intorno alle sue spalle, lasciando che lo stringesse intorno alla vita per aiutarlo a sorreggersi. Dawon non fece obiezioni e seguì gli altri due, portando in braccio Wendy.
   Una volta arrivati, passarono prima dalle stanze delle ragazze, che erano a un piano inferiore rispetto a quelle di Taeoh e Dawon. Dopo essersi fermati davanti alla porta, Dawon, seguendo le indicazioni di Iris, cercò nella borsetta di Wendy la tessera per aprire la stanza ed entrò. Nel frattempo, la ragazza lo aspettava fuori, ma Taeoh era sempre più debole e sostenerlo stava diventando impossibile, così decise di portarlo nella propria stanza e lasciarlo stendere sul letto. Prima di raggiungere Wendy, Iris controllò che il respiro e il battito del polso del ragazzo fossero regolari e si assicurò che non avesse la febbre, posandogli una mano sulla fronte. Fatta eccezione per il sonno non c’erano altri sintomi, era certa che si trattasse di un banale sonnifero. Anche se era decisamente sollevata dal fatto che lui e Wendy non fossero stati avvelenati, non riusciva a spiegarsi perché li avessero narcotizzati. Come atto intimidatorio sembrava un po’ blando per essere stato richiesto da un ricco magnate senza scrupoli. Con questi pensieri che le frullavano per la testa, Iris uscì dalla propria stanza e andò a controllare le condizioni dell’amica. Dawon aveva lasciato la porta leggermente socchiusa, così la ragazza entrò senza bussare, trovandosi di fronte a una scena alquanto fraintendibile. Dawon stava sfilando i pantaloni a Wendy, sdraiata a pancia in su sul letto e priva di sensi.
   «Non toccarla!» gridò istintivamente Iris, allontanandolo immediatamente da Wendy.
   «No! Aspetta! La stavo solo cambiando! Ho visto che il pigiama era lì sulla sedia e...» cercò di giustificarsi lui. Di certo non poteva raccontare che i sintomi erano quelli di un sonnifero ma che stava controllando che Wendy non avesse macchie sul corpo nel caso si trattasse di qualche altra sostanza velenosa che avrebbe ucciso anche il suo collega Taeoh.
   «Non mi interessa! Vai ad occuparti del tuo amico piuttosto!» Iris lo spinse fuori dalla porta senza accettare spiegazioni. «Non ci si può più fidare di nessuno…»
   Come aveva fatto poco prima con Taeoh, Iris controllò che Wendy non avesse sintomi di avvelenamento e, una volta constatato che anche lei era solo stata narcotizzata, le rimboccò le coperte e le mise il cellulare sul comodino, così avrebbe potuto chiamarla facilmente in caso di bisogno. Poi uscì, chiudendosi la porta alle spalle, e tornò nella propria camera.
   «Wendy sta bene, si è solo addormentata.» disse a Dawon, evitando di far riferimento ai propri sospetti sul magnate.
   «Menomale…» rispose il ragazzo, che era leggermente chinato verso il suo complice per controllare anche lui fosse vivo e vegeto. Improvvisamente Taeoh ebbe uno scatto nel sonno e abbracciò Dawon, cercando di baciarlo.
   «Stai fermo!!!» urlò Dawon, mettendogli una mano in faccia per allontanarlo da sé.
   «Ci stai provando anche con lui?» chiese sarcastica Iris.
   «No! è lui che mi sta importunando!»
   Taeoh desistette e tornò a dormire in modo composto, iniziando a russare leggermente.
   «Sembra stia bene.» osservò Iris «Come facciamo a portarlo in camera sua?»
   «Lasciamolo qui. Verrò domani mattina a vedere come sta.» propose Dawon.
   Iris non fece obiezioni, in fondo c’era spazio per entrambi sul letto ed era troppo stanca per trascinarlo fino al piano di sopra.
   «Ok, se succede qualcosa vengo a chiamarti. In che stanza siete?»
   «319. Perfetto, allora vado, cerca di non fare la pervertita stanotte.» insinuò Dawon, per restituire il favore alla ragazza che poco prima lo aveva frainteso.
   «Ehi! Non sono io quella che spoglia le persone!»
   «Sì, sì, buonanotte.» concluse Dawon, andandosene.
   «Notte...» Iris andò a cambiarsi in bagno e poi si infilò stancamente sotto le coperte.
Prima di spegnere la luce osservò per un attimo il viso di Taeoh, che dormiva tranquillamente. Era già la seconda volta che finiva per metterlo in pericolo. Prima l’esplosione del magazzino, ora una specie di avvelenamento mancato. Non poté fare a meno di sentirsi un po’ in colpa. Dopotutto era esattamente questo il motivo per cui si era ripromessa di non innamorarsi di nessuno: il suo lavoro era troppo rischioso, non solo per se stessa, ma soprattutto per le persone a lei più care. Si rese conto che giorno dopo giorno aveva iniziato a provare qualcosa per Taeoh, gli stava permettendo di avvicinarsi a lei, rischiando di metterlo in pericolo. Forse la cosa migliore era ricominciare a mantenere un certo distacco nei suoi confronti, come faceva con gli altri, o almeno doveva provarci. Immersa nei suoi pensieri, Iris diede le spalle a Taeoh e spense la luce. Si aggiustò il cuscino sotto alla testa e cercò di prendere sonno.
 
 
 
***
 
 
 
   Mentre Wendy e Iris erano alle prese con il tentato avvelenamento, Buffy e James se la ridevano sotto i baffi e aspettavano di vedere che faccia avrebbero fatto Taeoh e Dawon dopo l’ennesimo fallimento. Erano stati proprio loro che quella sera, prima che i due uscissero, si erano intrufolati nella loro camera d’albergo e avevano rimpiazzato le compresse di veleno con del sonnifero. Ovviamente, perché lo scherzo riuscisse, ne avevano scelto una marca che avesse pillole praticamente identiche a quelle del veleno e le avevano travasate nel piccolo barattolo che Dawon teneva in valigia. L’unico modo per riconoscerle sarebbe stato notare la sigla numerica incisa sulle pasticche, diversa da farmaco a farmaco, ma erano più che sicuri che i loro superiori non l’avrebbero mai controllata. Mentre aspettavano di ricevere notizie, se ne andavano in giro per i nightclub della città, parlando male dei colleghi e ridendo come dei pazzi.
   «Daeju è davvero uno sfigato! Quanto ci scommetti che stasera mi faccio Lizzy al posto suo?» esclamò Buffy.
   «Mi sembra più che ovvio… sarà fin troppo facile portartela a letto...» concordò James.
   «E quello sfigato che ancora non ce l’ha fatta, assurdo!»
   «Magari è gay…»
   «O magari è vergine!»
   «Ehi, ma quella non è Lizzy?» tutto a un tratto James si fermò. Aveva notato la bionda camminare per strada.
   «È lei!» esclamò Buffy «Resta a guardare…» disse, facendo un sorriso sornione e preparandosi a tendere la sua trappola.
 
 
 
***
 
 
 
   Lizzy stava passeggiando svogliatamente per le vie della città. Non poteva sopportare il fatto che Daeju non si fosse presentato all’appuntamento. Quel ragazzo non era in grado di apprezzarla come invece facevano tutti gli altri e ciò la faceva sentire estremamente frustrata. Tirò un calcio a una lattina abbandonata sull’asfalto. Tutti i suoi piani erano andati in fumo! Quanto tempo era che non andava a letto con un uomo? Troppo. Decisamente troppo. L’ultimo era stato forse quello stronzo che le aveva rubato l’SD. Persa nei suoi pensieri, Lizzy andò a sbattere contro una persona che camminava nel senso opposto al suo.
   «Ahi!» protestò.
   «Sorry…» davanti a lei c’era un ragazzo alto e moro, dai lineamenti orientali. «Ci siamo già visti da qualche parte?» chiese lui.
   «Umm, non saprei.» Lizzy lo scrutò da testa a piedi. Era sicuramente più giovane di lei, ma ipotizzò che non avesse meno di venticinque anni. Aveva deciso, sarebbe stato lui la sua preda quella sera.
   «Come ti chiami?»
   «Buffy.»
   «Piacere, io sono Lizzy, che ne dici se saliamo in hotel?»
   «Oh, piacere mio…» rispose Buffy. Il solo pensiero che quella sera avrebbe potuto prendersi una rivincita sui suoi colleghi lo eccitava. Aveva con sé il veleno di Dawon, sarebbe stato lui a mietere la prima vittima. Sembrava tutto facile, così facile che decise che prima si sarebbe divertito un po’ con lei. «Dove vuoi andare di preciso?»
   «Non ti preoccupare e seguimi, la camera la pago io, il vino lo offri tu.» rispose Lizzy, avviandosi verso un hotel nei paraggi.
 
   Una volta entrati in camera, i due ordinarono una bottiglia di vino rosso.
   «Come mai sei sola?» chiese Buffy, versandole il vino nel bicchiere «Non sei a Cancún col tuo ragazzo?»
   «No, sono qui con delle amiche, ma loro sono noiose… e poi non sono tipo da fidanzato, a meno che non sia ricco, molto ricco.» concluse la frase con una risata civettuola.
   «Ah, capisco, beh hai trovato quello giusto, stasera ci divertiamo senza pensare a niente!»
   Lizzy posò il bicchiere sul tavolo e si sedette in braccio a Buffy.
   «Ora basta chiacchiere.»
   «Come vuoi.» rispose lui, posando a sua volta il bicchiere.
   Senza che se ne fosse reso conto, Lizzy lo aveva fatto bere parecchio. Era già brillo. Improvvisamente sentì le labbra della bionda posarsi sulle sue e la lingua farsi strada prepotentemente nella sua bocca. Incapace di resisterle ricambiò il bacio, che fu presto interrotto dalla ragazza.
   «Andiamo sul letto.»
 
 
 
***
 
 
 
   Tokyo. 9:30 PM.

   Erano passati due giorni dal tentato avvelenamento della signora Iwata. La sera dell’esposizione era arrivata e la signora era ancora sotto osservazione in ospedale, anche se le sue condizioni erano di gran lunga migliorate. Per il resto non c’erano stati altri problemi e il signor Iwata si era recato con Shion e May all’esposizione. Una volta arrivati davanti all’altissimo grattacielo, erano stati accolti dal personale, che li aveva indirizzati verso l’accesso per i proprietari dei gioielli in esposizione. Successivamente una giovane donna li aveva invitati a entrare in un ascensore, aveva premuto il tasto per il quarantacinquesimo piano e li aveva salutati con un profondo inchino, finché le porte non si erano richiuse. In pochi secondi l’ascensore li aveva portati al piano dell’esposizione.
   Al centro del salone c’erano delle teche di vetro contenenti preziosissimi gioielli che scintillavano colpiti dalle luci dorate della stanza. Tutto intorno alla sala, ampie finestre mostravano una vista mozzafiato della città di notte. In fondo sulla destra, invece, c’era un bar con dei tavoli delle sedie in legno, per chi volesse sedersi e rilassarsi. Il signor Iwata indirizzò immediatamente i due agenti verso la sua teca.
   «Questo è il mio diamante!» disse in modo fiero.
   «Oh!» Shion si lasciò sfuggire un’esclamazione di ammirazione.
   «Che bello!» aggiunse May.
 
   In lontananza, gli scagnozzi di Ray avevano adocchiato i due agenti. Il capo non era stato molto chiaro sull’esecuzione di questa missione, a loro era dato solo di sapere che si trattava di una vendetta. A Minki e Jiho non importava poi molto di conoscere i dettagli, il loro “lavoro” funzionava così: niente obiezioni, niente domande. Al contrario, però, Minho era un infiltrato nella mafia di Ray e non avrebbe certo lasciato che i suoi colleghi corressero dei pericoli per colpa di quei pazzi assassini.
   «Psst, sono loro!» Minki, il più giovane del gruppo, richiamò l’attenzione di Jiho dandogli un colpetto col gomito. A prima vista Minki sembrava un ragazzo normalissimo, sempre allegro e solare, uno a cui piaceva fare chiasso. Aveva i capelli lisci di un castano chiaro, con la frangia che arrivava fino alle sopracciglia, coprendole leggermente. «Come facciamo a eliminarli?»
   «Dobbiamo dividerli.» rispose Jiho, intento a guardare le ragazze nella sala. Come sempre il divertimento per lui aveva la precedenza sullo sporco lavoro di Ray.
   «Che ne dite se ci provo con la ragazza? È molto carina.» colse subito l’occasione Minki, che nella missione all’asta di quadri era stato abbandonato dai colleghi in un bar della zona e non aveva fatto altro che aspettare fino a notte fonda «Sarebbe divertente giocarci un po’!»
   «Ottimo!» rispose Jiho, senza molto coinvolgimento «Ti avrei comunque affidato quell’incarico. Minho, tu occupati del ragazzo.»
   «Agli ordini!»
   «Sono davvero intelligente!» si vantò Minki.
   «Basta crederci…» rispose Jiho, per poi lasciare gli altri e andare a adescare qualche ragazza. Essere il capo della missione aveva i suoi vantaggi, come starsene a guardare da lontano godendosi la serata mentre gli altri facevano il lavoro sporco. Peccato che non fosse sempre facile trovare ragazze intraprendenti come quell’agente dell’asta di cui non ricordava il nome, con lei sì che si era divertito. Era un vero peccato che non lo avessero mandato di nuovo sulle sue tracce.
 
   Minki si specchiò sulla vetrina di un diamante e si sistemò la frangia con le dita. Si sentiva particolarmente in forma quella sera. Essendo l’ultimo arrivato era veramente raro che gli affidassero compiti di una certa portata, come adescare un obiettivo importante, perciò cominciava a sentirsi su di giri per l’emozione. Controllò che anche il nodo della cravatta fosse a posto e si avvicinò a May.
   «Ehm, ehm ... buonasera!» richiamò l’attenzione della ragazza in modo piuttosto buffo.
   «Buonasera.» rispose May, voltandosi verso di lui con un’aria tra l’interrogativo e il diffidente.
   «Posso farti compagnia? Sono solo stasera.»
   «Se vuoi unirti a me e al mio accompagnatore…»
   «Ah, capisco, una ragazza bella come te non poteva certo essere sola hahaha!» Minki rise nervosamente. Perché quando Jiho ci prova con le ragazze sembra tutto così facile? Per una volta che ci provava lui invece aveva già fallito dopo appena due frasi.
   May si limitò a ricambiare amichevolmente la risata, mentre il signor Iwata vide nella situazione la sua occasione per parlare a quattr’occhi con Shion. Sua moglie gli aveva detto di non fidarsi ciecamente di May, quindi era meglio escluderla il più possibile dalla questione delle minacce.
   «Shion, ho bisogno di parlarti un attimo a quattr’occhi.»
   «Certamente, dica.»
   «Non qui, andiamo all’area ristoro.»
   «Va bene. May, te la senti di aspettarci un attimo da sola?»
   «Certo, non preoccuparti, so badare a me stessa.» rispose lei.
   «Oh, perfetto!» esclamò tutto a un tratto Minki «Allora mentre loro parlano, posso farti fare un giro della mostra… May.»
   «Ma io l’ho già vista.» rifiutò l’invito lei.
   Minho stava osservando da lontano le tecniche di rimorchio di Minki e non poté fare a meno di trovarle patetiche. La sua impressione era che questi due non stessero prendendo per nulla sul serio il loro lavoro e, ovviamente, per lui era tutto di guadagnato.
   «Ah…» disse Minki in tono dispiaciuto «Che ne dici di un caffè allora?»
   «A quest’ora?»
   Dopo questo ennesimo fallimento di Minki, Minho decise di non tenerlo più d’occhio, la sua collega non avrebbe corso alcun rischio in compagnia di un incompetente del genere. Al contrario, era meglio avvertire entrambi gli agenti della presenza dei due mafiosi.
   «Hahahahaha! Sono un burlone!» esclamò Minki in preda al panico, non sapendo più cosa inventarsi. May, sentendosi un po’ dispiaciuta per lui, fece una proposta a sua volta «Possiamo andare a bere qualcosa quando torna Shion, che ne dici?»
   «Ma no, andiamo prima, così possiamo conoscerci meglio!» spazientito, la prese per mano e la trascinò più o meno indelicatamente verso il bar.
 
   Nel frattempo, Minho si era seduto a uno dei tavoli vicini a quello di Shion e del signor Iwata. Prima di muoversi osservò Jiho. Era tutto intento a flirtare e non sembrava prestare la minima attenzione a ciò che succedeva in sala, non avrebbe sospettato di nulla. Minho fece cadere di proposito le chiavi dell’auto. Come aveva previsto, il rumore distrasse Shion, che si voltò nella sua direzione. I due erano compagni di squadra all’associazione, ma da qualche tempo le missioni erano aumentate, così L aveva preferito dividerli in modo che ognuno di loro potesse svolgere singolarmente incarichi che normalmente avrebbero richiesto due o tre agenti. Ciò era stato possibile soprattutto grazie alla loro bravura, infatti erano tra le eccellenze dell’associazione, dei veri professionisti. Ovviamente Shion era al corrente del fatto che Minho fosse stato mandato in incognito nella banda di Ray, perciò appena lo vide gli fu subito chiaro che almeno uno dei mafiosi si trovava lì a Tokyo con loro. Minho e Shion si scambiarono uno sguardo di intesa, ma nessuno dei due si avvicinò a parlare con l’altro per evitare di destare sospetti. Probabilmente Minho avrebbe trovato il modo di contattarlo se ce ne fosse stato il bisogno.
 
   Minki e May, invece, si erano seduti al bancone del bar nella sala dell’esposizione.
   «Allora piccola, cosa posso offrirti?» chiese il ragazzo, non sapendo da che parte girarsi.
   «Del vino rosso.»
   «Ah, ok.» Minki non era esattamente un esperto di vini, anzi era un vero e proprio incompetente in materia «Ehm…» richiamò l’attenzione del barman «Ci porti del vino rosso! Uno buono per favore.»
   Il barman segnò l’ordine e poco dopo portò una bottiglia di vino rosso, la stappò davanti a loro e versò il contenuto nei bicchieri.
   «Dōzo.»1
   «Metta sul conto del ragazzo baffuto laggiù.» disse Minki, indicando con nonchalance il suo amico Jiho. Il barman rispose affermativamente e si congedò con un inchino.
   «Umm, questo aroma…» tentò di fare l’esperto Minki «Posso dire che è proprio quella marca lì… il… il… beh quel vino italiano, non mi viene il nome!»
   «Sì, sì, è buono.» rispose May, senza dargli corda.
 
   Dopo quasi mezz’ora di sopportazione di Minki, che non faceva altro che arrampicarsi sugli specchi e fare gaffe, May si accorse, con suo grande sollievo, che finalmente Shion e il signor Iwata avevano finito di parlare.
   Shion si era accorto fin dall’inizio della serata che Minki aveva adocchiato May e si era messo a provarci spudoratamente con lei e la cosa gli dava parecchio fastidio. Infatti, anche se i due erano una coppia solo per copertura, i sentimenti di Shion per la collega non erano affatto cambiati, anzi, erano ancora più forti di prima e il ragazzo non poteva fare a meno di sentirsi tremendamente geloso. Dopo aver raggiunto May, Shion le mise un braccio intorno alle spalle, tirandola verso di sé e restando in piedi dietro di lei.
   «May, abbiamo finito.» disse, rivolgendole uno sguardo dolce, per poi scrutare Minki in modo inquisitorio.
   «Perché non ci fai compagnia intanto che finisco il vino?» chiese lei.
   «Ottima idea, ne prendo un bicchiere anch’io.» rispose il ragazzo, sedendosi sullo sgabello alla sinistra della ragazza e ordinando da bere.
   «Ma è il tuo fidanzato?» chiese Minki alla ragazza.
   «Sì.» rispose lei con fermezza.
   «Esatto, stiamo insieme.» Shion prese il mento di May tra le dita, rivolgendo il volto della ragazza verso di sé e accennando un bacio sulle sue labbra. La reazione infastidita di Minki lo fece sorridere soddisfatto.
   May non si aspettava che il collega sarebbe stato capace di una mossa tanto intraprendente. Arrossì leggermente e cercò di non mostrarsi sorpresa per non far cadere la copertura, ma le sfuggì ugualmente una risatina nervosa.
   «Non vi ho ancora presentati!» cambiò argomento «Lui è Shion… e lui è Minki!» disse, indicando prima uno e poi l’altro.
   «Piacere!» Minki strinse fortissimo la mano di Shion. Erano entrambi asiatici, ma il saluto all’occidentale era decisamente più efficace per far capire a una persona quando è il momento di farsi da parte. O almeno questo era l’effetto che sperava di ottenere Minki stritolando la mano di Shion.
   «Piacere.» rispose l’altro, stringendo a sua volta.
   «Sappi che la storia del vostro fidanzamento non mi convince. Ci rivedremo.» concluse Minki, alzandosi e correndo dal proprio compare.
   «Ma che ha quello lì?» protestò Shion, guardando il ragazzo fuggire via.
   «Non farci caso, è un tizio strambo!» esclamò Miwa, finalmente libera dalle sue avance.
   «Decisamente! Ti ha dato fastidio?»
   «Non ha fatto niente di ché, a parte dire cose assurde una dopo l’altra.»
   «Pff… non dovrebbero far entrare certa gente agli eventi come questo!»
 
   Dopo aver lanciato la sfida a Shion, Minki era corso da Jiho, il quale aveva passato l’intera serata comodamente seduto a uno dei tavoli del bar, circondato da tre belle ragazze giapponesi in abito da sera.
   «Jiho! Jiho!!!»
   «Cosa c’è ora?» rispose il ragazzo baffuto con aria scocciata.
   «Ma è fidanzata! Come faccio?!»
   «Scusatemi un attimo donzelle…» Jiho si alzò dal tavolo tra le risa delle tre ragazze e trascinò Minki in un angolo più appartato. «Ma sei scemo? È palese che si tratta di una copertura! Menomale che eri intelligente, eh?» pronunciando l’ultima parola diede uno scappellotto in testa al povero Minki.
   «Ahi!»
   «Così impari! E ora lasciami tornare al lavoro.»


1“Prego” in giapponese.



Fine cap. 11
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   Ed eccoci alla fine anche di questo capitolo!
   Wendy e Taeoh si sono salvati dalla sbadataggine di Dawon per un vero e proprio colpo di fortuna! Una volta tanto Buffy e James sono serviti a qualcosa.
   Nel frattempo però Buffy è riuscito ad adescare Lizzy, che ne sarà di lei? Sarà la prima tra le agenti a fare una brutta fine o la riscopriremo più astuta del previsto?
   E infine, ecco che fanno la loro ricomparsa Jiho, Minki e l'affascinante agente sotto copertura Minho! Nuovi guai in vista!

   Grazie mille a chi ha recensito e a chi sta seguendo la storia!
Alla prossima~

   Misa



 
  
 
 
 
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Ciao a tutti~
E' la Misa del futuro che vi parla! La Misa che ha appena pubblicato il capitolo 12 precisamente.
Visto le difficoltà a ricordare i nomi coreani che sono emerse attraverso alcune recensioni, ho pensato di creare una sorta di schemino dei personaggi per facilitare il loro riconoscimento. 
Al posto di cercare dei presta volto li ho disegnati in modo stilizzato per non condizionare troppo la fantasia, continuate pure a immaginarli come preferite!

 
 



 
  

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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 12 -


 
   Cancún, 10:45 AM.

   
Taeoh era sveglio già da una decina di minuti, eppure si sentiva ancora un po’ intorpidito dal sonno. Non aveva idea di che ore fossero, ma non doveva essere tanto presto a giudicare da come il sole illuminava la stanza. Rimanendo sdraiato sul lato sinistro del corpo, mosse lo sguardo in direzione del comodino, cercando la sveglia, ma non la trovò. Qualcuno doveva averla spostata. Nonostante ciò, non si pose troppi problemi, decise di alzarsi dal letto e andare a farsi una doccia. Passando davanti allo specchio si rese conto di avere ancora addosso i vestiti della sera precedente. Non si ricordava quasi niente di ciò che era successo, forse la missione era andata a buon fine e aveva alzato un po’ troppo il gomito per festeggiare. O per dimenticare.
   Improvvisamente percepì un sottile senso di malinconia. Chissà, in una realtà parallela in cui non fosse stato un mafioso magari sarebbero stati buoni amici, lui e Iris. Era proprio un peccato che una giovane vita fosse stata spezzata così, per un capriccio. Non avrebbe mai più rivisto il suo sorriso, gli sarebbe mancato andarla a cercare, ridere e scherzare insieme a lei. Nel tentativo di scacciare la tristezza del momento, Taeoh entrò nella doccia e indugiò sotto il getto d’acqua tiepida per un tempo indefinito. Quando finalmente gli sembrò di aver recuperato il buonumore, spense l’acqua, si asciugò sommariamente e uscì dal bagno con l’asciugamano legato in vita. Lanciò i vestiti sulla sedia della camera e si guardò di nuovo allo specchio, cercando di sistemarsi i capelli, ancora un po’ bagnati. Oltre alla sveglia era sparito anche il gel. Ci rinunciò e decise di cambiarsi, ma appena fece per togliere l’asciugamano, un’esclamazione improvvisa gli fece realizzare di non essere solo.
   «Fermo!»
   Taeoh si bloccò immediatamente dov’era e si voltò di scatto. Seduta sul suo letto, dietro di lui, c’era Iris. La ragazza indossava una canottiera blu, probabilmente un pigiama, e aveva tutta l’aria di essersi appena svegliata.
   «Cosa ci fai in camera mia?!» esclamò Taeoh, spalancando gli occhi come se avesse visto un fantasma.
   «Sei tu che sei in camera mia!» puntualizzò Iris, che era arrossita visibilmente e si stava coprendo gli occhi con le mani.
   «Eh?» chiese lui, ancora più confuso di prima.
   Proprio in quel momento, Dawon bussò alla porta.
   «Dalle urla direi che siete svegli!»
   «Dawon, non è il momento!» rispose Iris, temendo che il ragazzo potesse fraintendere la scena. Taeoh, al contrario, non si fece problemi e andò ad aprire la porta. Appena vide l’amico, i flash di quello che era realmente accaduto la sera precedente illuminarono la sua memoria.
   «Ora ricordo! Dawon, sei un idiota!»
   Il più grande ignorò l’insulto e squadrò Taeoh da testa a piedi, riuscendo a stento a soffocare una risata.
   «Menomale che eri intontito ieri… ma vedo che ora stai benone.»
   «È colpa tua…» bisbigliò l’altro, rivolgendo all’amico lo sguardo accigliato di chi si aspetta delle spiegazioni. Dawon lo tirò in disparte e iniziò a parlare anche lui a bassa voce.
   «Qualcosa è andato storto, poi ti spiego.»
   «L’ho notato… mi hai quasi ammazzato!»
   In tutto ciò, Iris era rimasta sul letto, chiedendosi cosa avessero da bisbigliare.
   «Si può sapere che state facendo? Taeoh, mettiti qualcosa addosso per favore, è imbarazzante!»
   «Niente, niente.» rispose Dawon «Taeoh vai pure a cambiarti, quando hai fatto ti aspetto in camera nostra per parlare dell’escursione di oggi.» inventò di sana pianta.
   «Sì, sì.» rispose l’altro, tornando in bagno, ancora indispettito per il fatto di essere stato quasi avvelenato dal proprio complice. Una volta rimessosi i vestiti di prima, uscì e cercò di mantenere almeno una parvenza di buoni rapporti con Iris comportandosi in maniera educata.
   «Senti, non ricordo molto di ieri, ma grazie per ciò che hai fatto e scusa se ti ho fatto qualcosa.» dentro di sé non faceva altro che pensare che avrebbe voluto strozzare Dawon con le sue stesse mani per quello che era successo. Per fortuna Iris sembrava molto meno agitata e imbarazzata ora, la risposta non sarebbe stata troppo negativa.
   «Non preoccuparti, non è successo niente.» chiarì lei «Tu e Wendy vi siete sentiti male e vi abbiamo riaccompagnati in hotel. Era un po’ difficile portarti fino in camera tua, quindi abbiamo pensato che era più logico farti rimanere qui.»
   «Ah, ho capito.»
   «Forse è meglio se resti a riposo per oggi, ma credo sia tutto a posto.» concluse Iris, omettendo la parte del sonnifero. «Ora mi cambio e vado a vedere come sta Wendy, sono un po’ in pensiero.»
   «Certo, certo, vado anch’io. Ci si vede!» così dicendo, Taeoh corse da Dawon con l’espressione di chi è davvero su tutte le furie.
 
   Pochi minuti dopo, Iris bussò alla porta di Wendy. La ragazza stava ancora dormendo e rispose solo con un «Mhmm?»
   «Sono Iris! Tutto ok?»
   «Sì, vai via.»
   «Ok, quando ti svegli passa da me, devo dirti delle cose. La situazione di ieri non mi è piaciuta.» visto che Wendy non sembrava in vena di parlare, Iris pensò di rimandare il discorso a dopo, ma inaspettatamente la collega aprì la porta.
   «Di che parli?» le chiese, facendola entrare.
   «Ieri tu e Taeoh vi siete addormentati all’improvviso. All’inizio temevo vi avessero avvelenati, ma per fortuna si trattava solo di sonnifero. Di certo non sono stata io e non credo che Dawon volesse farci uno scherzo del genere, sembrava preoccupato anche lui. A questo punto mi viene in mente solo il magnate, ma non mi spiego il perché di un’azione tanto inutile.»
   «Non può averci scoperte così in fretta. Anche se in effetti il deposito che salta in aria… ma allora perché non prendersela con Lizzy?»
   «In realtà… lei non so dove sia. È in giro da ieri sera. Spero non le sia successo niente!»
   «Bah, quella donna è inutile!»
   «Ah, se sei in mutande è colpa di Dawon.» puntualizzò Iris.
   «Cosa vuoi dire? Dawon?» chiese Wendy, iniziando a preoccuparsi.
   «Vi ho lasciati soli un attimo e quando sono tornata di qua ti stava spogliando. A sua detta per metterti il pigiama. Però l’ho fermato prima che potesse fare qualsiasi cosa.»
   «Oddio!» esclamò Wendy, incredula «Non voglio più vedere quei due idioti! Mai più! E io che pensavo fossero persone per bene! Sono come i loro due amici pervertiti!»
   «Tranquilla, sono sicura che non ti abbia fatto niente. Poi stamattina è passato a riprendere Taeoh in camera mia e-»
   «Aspetta, che ci faceva Taeoh in camera tua?! Mi sono persa qualcosa?» Wendy la interruppe bruscamente.
   «Niente di quello che stai pensando! È rimasto da me a dormire visto che non riuscivamo a prenderlo di peso e portarlo in camera. Comunque, prima quei due farfugliavano qualcosa su un’escursione, non saprei.»
   «Mhmm, mah. Andiamo a fare colazione, ho fame.» si rassegnò Wendy, che non aveva la minima voglia di mettersi a fare congetture appena sveglia.
   «Ok, andiamo.»
 
 



 
***
 
 
 
 
   Nel frattempo, Taeoh era tornato in camera sua ed era decisamente arrabbiato con Dawon.
   «Razza di un idiota! E tu saresti il leader? Come diamine faccio a fidarmi? Mi hai quasi ammazzato! E se non fosse stato sonnifero? E come ci è finito il sonnifero lì dentro?!» disse tutto d’un fiato, senza riuscire a fermarsi.
   «Calma! Anche io sono rimasto sorpreso!» si giustificò Dawon «Non so esattamente come diamine sia finito a te il bicchiere sbagliato! Io l’avevo passato a Iris! Per il sonnifero invece un’idea ce l’avrei… qualcuno ha palesemente scambiato le capsule nel contenitore. All’esterno è palesemente quello del veleno, ma sull’involucro delle pastiglie c’è la sigla di un sonnifero. Forse dovremmo andare a fare una visita ai novellini Buffy e James prima che pensino di essere stati troppo astuti a farci questo scherzone…»
   «Doveva essere una missione semplice, era un’occasione perfetta, guarda invece come siamo ridotti! Due pivelli riescono a sabotarci come nulla. Dovremmo essere più furbi di loro, no?» protestò Taeoh, iniziando a sentirsi terribilmente frustrato.
   «Dev’essere stata dura…» disse Dawon, dandogli dei colpetti sulla spalla in segno di commiserazione «Prima avvelenato e poi finito nudo in camera del nemico.» fece un lungo sospiro «Tanto per curiosità, te l’ha chiesto lei di farlo? Ieri mi ha cacciato dicendo che ero un pervertito, ma vedo che sono un principiante a confronto!»
   «Ma di che stai parlando!?»
   «Parlavo del tuo strip tease!» rispose Dawon ridendo.
   «Cosa vai a pensare! Grazie a qualcuno che mi ha completamente stordito credevo di essere in camera mia e mi sono fatto una doccia! Tutto qui!» ribatté Taeoh. Il suo complice però non riusciva a smettere di ridere. «Ridi, ridi, idiota…»
   «Comunque...» Dawon cercò di ricomporsi «daremo una bella tirata di orecchie a quei due.»
   «Meglio, adiamo a fargli visita. Ray ci farà un’altra ramanzina per colpa loro!»
   Un attimo dopo, i due erano in camera dei traditori, ma uno dei due mancava all’appello. Buffy, infatti, era ancora con Lizzy.
   «Salve, che succede? Come va con le due agenti addormentate?»
   In meno di un secondo il novellino si era già tradito da solo. Senza pensarci due volte Taeoh e Dawon sfogarono la loro rabbia su di lui e lo riempirono di botte.
 
 
 
 
***
 
 
 
   Verso mezzogiorno Buffy riaprì gli occhi. Era sdraiato su un letto sfatto, in una camera che non era la sua. Sul tavolino davanti alla finestra c’erano una bottiglia di vino rosso mezza vuota e due bicchieri. Improvvisamente ricordò che la sera prima era venuto lì con Lizzy. Si alzò di scatto e si guardò intorno. Lei non c’era, né in camera, né in bagno. «Merda!» imprecò. Si sentiva un’idiota per averla fatta scappare così dopo aver tanto criticato Daeju per i suoi insuccessi. Voleva avvelenarla e andarsene, ma lei era stata più furba, lo aveva fatto bere, lo aveva usato e poi l’aveva lasciato lì da solo come un salame. Buffy si affrettò a cambiarsi per tornare in hotel. Probabilmente James si stava chiedendo che fine avesse fatto. Quando passò davanti alla reception, però, il personale lo fermò. Lizzy gli aveva lasciato da pagare sia la camera sia il vino! Altro che “la camera ce l’ho io, tu offri solo il vino”! La cosa lo fece arrabbiare ancora di più. Lo aveva fregato in tutto e per tutto! Pagò malvolentieri e tornò dal suo complice.
   «Sì?» disse James, aprendo la porta con un panetto di ghiaccio in testa.
   «Che ti è successo?» chiese Buffy, vedendo il suo amico in quelle condizioni.
   «Hanno scoperto il nostro scherzo… presto, entra, se ti vedono lì fuori riducono così anche te.»
   Buffy entrò, richiudendosi la porta alle spalle, e poi cacciò un urlo da crisi isterica. «Maledizione! Peggio di così non poteva andare!»
 
 
 
 
***
 
 
 
   Tokyo. 11:23 PM. 

   Nel frattempo, in Giappone, May e Shion stavano ancora lavorando come scorte per il signor Iwata. Era giunto il secondo giorno di esposizione e tutto stava procedendo per il meglio. Le persone dell’alta società ammiravano i gioielli nelle teche di vetro, scambiandosi pareri e complimenti, altri ospiti invece cenavano nel costoso ristorante dell’osservatorio o semplicemente si godevano il panorama. Il signor Iwata era intento a intrattenere alcuni suoi conoscenti, così Shion e May erano rimasti soli. Dalla cima del grattacielo la vista era stupenda. Le illuminazioni degli edifici e i fari delle auto frammentavano il buio della notte, illuminando la città in modo spettacolare, mentre, all’interno del salone, le luci soffuse rendevano l’atmosfera alquanto romantica. Shion si voltò verso May e rimase rapito dalla bellezza del suo volto.
   La ragazza si accorse di essere osservata e arrossì leggermente. «Che bel panorama da qui!» esclamò, per sciogliere la tensione.
La voce di May riportò Shion alla realtà e gli fece distogliere immediatamente lo sguardo da lei.
   «Ehm, già.» avrebbe tanto voluto fare un passo avanti e dichiararle i propri sentimenti, ma si sentiva così imbarazzato da non riuscire a dire nulla di senso compiuto. Era sempre stato piuttosto timido e l’atmosfera romantica lo stava mettendo sempre più in soggezione. Fece un respiro profondo. Sentiva che quello era il momento giusto per mettere da parte l’imbarazzo e farsi avanti. Raccolse tutto il suo coraggio e si decise finalmente a parlare.
   «Ehm, senti, May...»
   «Sì?» chiese lei. Le sue labbra si erano incurvate in un sorriso imbarazzato.
   «So che ora siamo in missione, ma… quando torniamo, che ne dici se... se usciamo insieme, noi due?»
   «Noi due? Da soli intendi?»
   Proprio in quel momento si sentì il rumore di un’esplosione e una coltre grigia ricoprì rapidamente la sala. Qualcuno aveva lanciato una bomba fumogena. La gente cominciò ad urlare in preda al panico e a spostarsi a tentoni cercando le vie d’uscita. May e Shion maledissero mentalmente chiunque avesse rovinato il loro momento.
   «May!» la chiamò il ragazzo «Tu pensa al diamante, io vado a proteggere Iwata! Potrebbero essere loro!»
   «Ricevuto!» rispose lei, avvicinandosi subito alla teca e tenendosi il naso e la bocca coperti con un braccio. Shion si fece strada attraverso la sala, riuscendo a fatica a individuare Iwata, dal momento che non si riusciva a vedere quasi nulla. Improvvisamente, due uomini completamente vestiti di nero si avvicinarono al diamante e quindi a May, lanciando degli shuriken nella sua direzione. La ragazza li schivò facilmente e contrattaccò, avvicinandosi il più possibile all’individuo per immobilizzarlo e smascherare la sua identità, ma l’uomo si rivelò più agile del previsto e diede inizio a uno scontro corpo a corpo. Nel frattempo, un altro uomo raggiunse in un batter d’occhio il signor Iwata e, da dietro, gli strinse un braccio intorno al collo con l’intento di strangolarlo. Shion intervenne immediatamente, colpendo l’aggressore e costringendolo ad allentare la presa. Lo allontanò da Iwata, dando inizio a un combattimento con lo sconosciuto.
   Nel frattempo, Minho, anche lui all’esposizione con Minki e Jiho, aveva notato i suoi compagni in difficoltà e aveva deciso di intervenire, mettendo a repentaglio la propria copertura, quando un terzo uomo, approfittando della confusione, si era avvicinato al diamante per rubarlo.
Raggiuntolo in un attimo, Minho afferrò l’uomo per la giacca, tirandolo indietro. L’uomo cadde a terra, ma si rialzò immediatamente e cercò di colpirlo con uno shuriken. Il colpo non andò in porto.
   Il fumo aveva iniziato a diradarsi, ma gli agenti non fecero in tempo a immobilizzare i tre individui, perché questi, al segnale di uno di loro, si dileguarono immediatamente, facendo perdere le proprie tracce e rinunciando a sottrarre il diamante al suo legittimo proprietario.
Anche Minho, dopo un veloce sguardo d’intesa con i suoi colleghi, si allontanò immediatamente dagli agenti per non destare sospetti.
   «Signor Iwata, si sente bene?» chiese Shion, assicurandosi che il suo cliente non avesse riportato danni.
   «Sì, sì, che spavento! Il diamante?»
   «È salvo!» esclamò May.
   «Grazie al cielo!» Il signor Iwata tirò un sospiro di sollievo e si lasciò cadere su una sedia.
   Subito dopo, Shion corse da May.
   «Tutto ok? Ti sei fatta male?» le chiese preoccupato, posando le mani sulle sue spalle e controllando che non fosse ferita.
   «Io tutto ok, tu come stai?»
   «È tutto a posto.»
   «Menomale!»
   «Chissà chi diamine erano quelli... assurdo! Sembravano dei ninja.»
   «Non ne ho idea, non sono nemmeno riuscita a vederli in faccia.» rispose lei, pensierosa.
   Il resto della serata passò senza altri intoppi, ma né May né Shion trovarono il coraggio di sollevare di nuovo l’argomento romantico. Dopo la chiusura serale della mostra, riaccompagnarono in hotel il signor Iwata e andarono direttamente a dormire. Il giorno seguente li avrebbe aspettati un’altra lunga giornata di lavoro.
   Anche Minho era tornato da Minki e Jiho. L’atmosfera che si respirava era strana, forse avevano intuito qualcosa, ma decise di non dire nulla, né tantomeno di giustificarsi, avrebbe solo rischiato di sollevare ulteriori sospetti.



Fine cap. 12
________________________

Ciao a tutti!!!
Le vicende procedo spedite! Taeoh e i suoi ripensamenti da un lato, la tentata confessione di Shion dall'altro.
E Lizzy ha dimostrato che è furba quando le interessa XD

Cooomunque, in alcune recensioni era emersa la necessità di avere un indice dei personaggi, specialmente di quelli con i nomi coreani, e così settimana scorsa mi sono messa a disegnarli e ho preparato uno schemino hahaha
Ora, l'immagine è ingombrantissima e ho avuto anche problemi con la qualità è.é, quindi appena capisco come fare la sistemo e se riesco la metto un pulsante tipo quelli di spoiler... non ho idea di come fare al momento lol quindi non faccio promesse. Per il momento però almeno c'è XD

Come sempre, grazie a chiunque stia seguendo questa storia! Alla prossima!

Misa.

 

PS: problema qualità dell'immagine risolto!
 

 

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Capitolo 13
*** Cap. 13 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 13 -



   Cancún, 10:53 AM.

   Dopo aver discusso sugli strani avvenimenti della sera precedente, Wendy e Iris erano scese al ristorante dell’hotel per fare colazione. Pochi minuti dopo che ebbero preso posto, fece la sua comparsa Lizzy, che non si faceva vedere dal giorno prima. La bionda le raggiunse e, senza nemmeno salutare, si sedette al loro tavolo.
   «Ragazze.» esordì «Poco fa ho ricevuto una telefonata da L. Un informatore messicano ha avvistato il magnate nei quartieri malfamati della città. Dovreste andare a farci un giretto.»
   «E tu?» chiese Wendy, decisamente infastidita dal comportamento superficiale e inaffidabile della collega.
   «Io sono…» ci pensò un attimo «Impegnata, naturalmente.»
   «E a fare cosa, sentiamo?»
   «Molte cose…»
   «Tipo?»
   «Comunque, non c’è tempo da perdere!» Lizzy si alzò di scatto dalla sedia. «Ora vado, ci sentiamo stasera! Fatemi sapere com’è andata.»
   Wendy, presa da uno scatto d’ira, le lanciò addosso la prima cosa che le era capitata tra le mani, ovvero un panino, sotto lo sguardo perplesso di Iris e dei presenti nella sala.
   «Ma sei pazza!?» urlò la bionda, spazzando via un po’ di briciole dal vestito.
   «Visto che sei tanto impegnata portati via la colazione e fila. Di corsa!» ribatté Wendy.
   «Razza di insolente…» farfugliò Lizzy, per poi dar loro le spalle e andarsene ancheggiando sui suoi tacchi da venti centimetri. Sembravano scarpe nuove. Evidentemente aveva trovato anche il tempo di fare shopping.
   «Ok…» Iris aprì bocca solo quando fu certa che Lizzy fosse abbastanza lontana. «Quindi ci tocca andare nei quartieri malfamati.»
   «Almeno senza di lei non attiriamo troppo l’attenzione. Possiamo giocarcela come turiste.»
   «Già. C’è qualcosa di bello da vedere lì?»
   «Murales, edifici antichi… purtroppo però sono zone perlopiù frequentate da spacciatori ormai.»
   «Capito.» rispose Iris, riflettendo sul da farsi. «Ci conviene fare un giro veloce tanto per dare un’occhiata. Dubito che troveremo qualcosa di utile in mezzo a quella confusione.»
   «Cosa?!» esclamò Dawon, inserendosi improvvisamente nella conversazione dopo averne captato solo qualche parola «Volete andare lì da sole? Siete pazze?»
   Sistemato per le feste James, anche Dawon e Taeoh erano scesi nel ristorante dell’hotel, quasi sicuri che vi avrebbero trovato le due agenti. Come al solito la loro supposizione si era rivelata esatta. Se finora nulla era andato per il verso giusto, almeno potevano contare sulla prevedibilità delle loro mosse. Probabilmente stavano cercando qualcuno in zona ed era facile incontrarle in hotel o alla spiaggia.
   «Non pensavo foste così temerarie!» osservò Taeoh.
   Prima di aprir bocca, Wendy lanciò un’occhiataccia a Iris. La sua espressione era indubbiamente quella di chi riceve una visita indesiderata e anche quella della collega non era da meno. Entrambe temevano che i due ragazzi avessero sentito troppo dei loro discorsi.
   «Cosa volete?» chiese Wendy.
   «Oh, niente. Abbiamo intercettato per sbaglio il discorso.» si giustificò Dawon.
   «Per sbaglio?»
   Dawon ignorò l’ultima domanda.
   «Mi ricordo che all’asta mi avevi detto di essere appassionata di arte, è per questo che vuoi vedere i murales? Se volete vi accompagniamo, è una brutta zona per andare da sole.»
   «No grazie, staremo bene da sole. Vero Iris?»
   «Sì, sappiamo badare a noi stesse.» Dopo l’esplosione del magazzino e il quasi avvelenamento della sera precedente non era proprio il caso di coinvolgerli di nuovo. Prima era necessario capire cosa fosse realmente accaduto.
   «Ho sentito che ci sono spesso delle risse in quella zona, è pericoloso!» rincarò la dose Dawon «E poi anche noi pensavamo di farci un salto in questi giorni, se andiamo in gruppo è meglio.»
   «Buon per voi. Noi adesso dobbiamo andare, quindi…» concluse Wendy, alzandosi da tavola. Fino al giorno prima pensava di potersi fidare di loro, ma dopo che le era stato raccontato che Dawon aveva provato a toglierle i vestiti era diventata estremamente diffidente. Anche Iris la seguì facendo un cenno di scuse, ma rimanendo ferma sulla propria posizione. A quel punto Taeoh picchiettò con il gomito il suo complice per istigarlo a fare qualcosa, così Dawon fece un ultimo tentativo.
   «Aspetta!» esclamò, fermando Wendy per il polso. «Perché non vuoi? Ho fatto qualcosa di male? Pensavo stessimo diventando amici.»
   «Ehm, amici? non direi…»
   «Volevamo solo essere gentili…» provò ad aiutarlo Taeoh «E poi visto che anche noi ci saremmo andati lo stesso pensavamo di visitarlo tutti insieme.»
   «Già, e poi ci tengo a conoscerti meglio, Wendy, mi sembri una ragazza con la testa sulle spalle.»
   «È quello che pensavo anche io di te fino a ieri sera…»
   Dawon sentì un tonfo al cuore. Li avevano scoperti? Come era successo? Poi improvvisamente realizzò che Iris aveva sicuramente raccontato all’amica dei vestiti e si tranquillizzò.
   «Aspetta… forse ho capito cosa intendi. Si tratta di un fraintendimento, davvero. Non sono quel tipo di persona. Volevo solo che stessi comoda e visto che Iris si stava occupando di Taeoh ho fatto da solo e non ho pensato che stavo per fare una cosa inopportuna. Mi dispiace, ti chiedo scusa e ti prometto che starò molto più attento d’ora in poi.» Dawon si inchinò in segno di scuse. Wendy rimase colpita dal fatto che avesse ammesso il suo errore davanti a tutti, senza preoccuparsi degli sguardi delle persone sedute ai tavoli intorno, non se lo aspettava.
   «E va bene, sei perdonato.»
   «Possiamo venire con voi?»
   «Ok.» Wendy decise di arrendersi alla richiesta. «A questo punto mi sembra maleducato rifiutare.»
   I due ragazzi si scambiarono uno sguardo soddisfatto.
   «Per che ora pensavate di andare?» chiese Taeoh.
   «Tra poco, mangiate pure con calma, ci vediamo nella hall tra un’ora.» concluse Wendy.
   «Perfetto. A dopo allora.»
   Le due ragazze andarono ad aspettare Dawon e Taeoh all’ingresso. Per l’ennesima volta le indagini sarebbero state rallentate dalla presenza di non addetti ai lavori. Anche se non si aspettavano di trovare niente, il rischio che correvano portandosi dietro due civili era piuttosto alto. D’altro canto, però, sarebbero stati molto utili per confondere le acque e spacciarsi per semplici turisti.
 
   Un’ora dopo, i quattro si erano addentrati per le vie del quartiere più povero e malfamato della città. Le pareti esterne degli edifici erano ricoperte di dipinti, ognuna presentava un’opera d’arte diversa. Alcuni murales erano più stilizzati, altri più precisi e dettagliati e nel complesso coloravano il quartiere con tinte vivaci, facendolo apparire migliore di quello che in realtà non fosse. Mentre osservavano i murales, le due agenti tenevano d’occhio anche qualche tipo apparentemente sospetto che gironzolava per le strade. Ad un certo punto passarono per strada due uomini dall’aria familiare. Bassi, tarchiati e dai capelli grigi: visti di spalle somigliavano entrambi al magnate Kang TaeYoo. Per un breve tratto camminarono entrambi nella stessa direzione, ma alla prima traversa presero due vie opposte, allontanandosi a passo spedito. Sia Iris sia Wendy li avevano notati e non ebbero bisogno di dirsi nulla, bastò uno sguardo per decidere come agire. 
   «Sentite, ormai sono quasi le due, direi di velocizzare un po’ la visita. Io vado da quella parte, esploro la zona.» disse Wendy, inseguendo il primo uomo.
   «Ok, io guardo cosa c’è di là.» concordò Iris, tenendo d’occhio l’altro.
   «Chiama se trovi qualcosa di interessante!»
   «Ok!» Iris pensò che fosse meglio portare con sé almeno uno dei due ragazzi, in modo da dividersi le responsabilità. «Taeoh, vieni con me?»
   «Arrivo!» come si aspettava, il ragazzo la seguì senza porsi problemi.
 
   L’uomo seguito da Iris aveva rallentato il passo e, avvicinandosi a lui, l’agente aveva realizzato che non si trattava del loro obiettivo. Al contrario, l’individuo pedinato da Wendy, si era in qualche modo reso conto di essere inseguito e aveva cominciato a correre, addentrandosi in una via secondaria e facendo perdere le proprie tracce prima che la ragazza riuscisse a raggiungerlo. Dawon era perfettamente consapevole di ciò che stava accadendo. Una persona normale avrebbe cominciato a fare mille domande pur di sapere perché Wendy si fosse messa a correre dietro a un passante, ma anche Dawon era curioso di scoprire chi era l’uomo a cui le agenti davano la caccia, così sacrificò la recita e seguì la ragazza senza fare obiezioni. Improvvisamente partì uno sparo. Appena svoltato l’angolo, i due si resero conto che un gruppo di ragazzi, molti dei quali probabilmente nemmeno maggiorenni, erano nel bel mezzo di una rissa con armi da fuoco e coltelli. Due dei ragazzi tra quelli che avevano una pistola fecero partire altri colpi intimidatori. Wendy, di riflesso, si abbassò per proteggersi ed estrasse la pistola dal fodero, che teneva all’altezza della vita, nascosta dai vestiti.
   «Cosa state facendo!?» I ragazzi si girarono verso Wendy e Dawon e, spaventati, cominciarono a sparare nella loro direzione. Wendy fece in tempo a nascondersi dietro a un cassonetto, mentre Dawon tentò di raggiungere un riparo dall’altra parte della strada, ma, prima che riuscisse a mettersi in salvo, un proiettile lo colpì al braccio. Istintivamente strinse la ferita con la mano opposta, non riuscendo a trattenere un gemito di dolore, e raggiunse il riparo. Non aveva nemmeno portato armi con sé, non avrebbe potuto fare nient’altro.
   «Dawon!» urlò Wendy, preoccupata. L’agente uscì di nuovo allo scoperto, sparando ai ragazzi e colpendone uno alla gamba. Gli altri, temendo l’arrivo della polizia, lo abbandonarono lì e scapparono. Vedendo che ormai il pericolo era passato, Wendy mise via la pistola e raggiunse Dawon, che, seduto a terra, cercava invano di fermare il sangue che sgorgava copioso dalla ferita.
   «Dawon, rispondimi, dimmi qualcosa!» esclamò, accovacciandosi accanto a lui e controllando le sue condizioni.
   «S-sto bene…» rispose il ragazzo. Il suo volto stava diventando pallido. Aveva assolutamente bisogno di cure. Wendy chiamò l’ambulanza e poi avvertì anche Iris, chiedendole di raggiungerli. Dawon era sempre più debole e la sua vista cominciava ad annebbiarsi.
   «Dawon!» esclamò di nuovo Wendy, scuotendolo, preoccupata più che mai «Ehi! Parlami! Dimmi qualcosa!» purtroppo non arrivò nessuna risposta perché, un attimo dopo, Dawon perse i sensi.
   «Accidenti! Svegliati, idiota!»
   Proprio in quel momento arrivarono Iris e Taeoh, trafelati per la corsa.
   «Wendy!» esclamò Iris, richiamando l’attenzione dell’amica.
   «Cos’è successo?» chiese Taeoh, preoccupato e allo stesso tempo incredulo che uno come Dawon si fosse lasciato colpire così facilmente.
   «Siamo rimasti coinvolti in una sparatoria.»
   In lontananza si sentì il rumore della sirena dell’ambulanza avvicinarsi nella loro direzione. I medici fermarono l’autovettura in mezzo alla strada e caricarono in tutta fretta Dawon e l’altro ragazzo ferito alla gamba sulle barelle per trasportarli al pronto soccorso.
 
   Una volta arrivati in ospedale, i due infortunati furono portati d’urgenza in sala operatoria, mentre gli altri dovettero fermarsi in sala d’attesa. Wendy era in preda al rimorso per non essere riuscita a impedire tutto ciò. Con i vestiti ancora sporchi di sangue si era seduta su una delle sedie del corridoio e teneva la testa tra le mani. Vedendola così preoccupata, Iris cercò di consolarla e distrarla.
   «Wendy, tutto ok? Vado a comprarti un cambio di vestiti?»
   «No. È tutta colpa mia… se fossi stata più attenta non sarebbe successo.»
   «Cosa è successo di preciso, si può sapere?» chiese Taeoh in tono un po’ brusco, camminando nervosamente avanti e indietro davanti alla fila di sedie metalliche della sala d’attesa.
   «Taeoh, per favore.» lo rimproverò Iris, che non voleva far sentire ancora più in colpa Wendy.
   Taeoh non disse nulla, si limitò a pensare e ripensare a come fosse possibile che uno come Dawon si fosse lasciato colpire così facilmente.
   «Sono sicura che hai fatto tutto il possibile.» continuò Iris, rivolta all’amica.
   «Dovevo preoccuparmi prima di lui che di me stessa…»
   «Chiunque avrebbe reagito così, se fossi rimasta ferita anche tu non avresti potuto soccorrerlo.»
   «Mi dispiace… non volevo…»
   «Non è colpa tua, non potevi prevederlo! Senti, vado a comprarti qualcosa da mettere, non poi restare tutta sporca di sangue.»
   «Non fa niente…»
   «Dai, non fare così, ti sentirai solo peggio… ci metto un attimo.»
   «Ti accompagno.» disse Taeoh. Se fosse rimasto solo con Wendy era sicuro che non sarebbe riuscito a mantenere la calma e avrebbe finito per incolparla di tutto. Mentre scendevano in ascensore, Taeoh ne approfittò per mandare un messaggio a Daeju, spiegandogli la situazione e chiedendogli di indagare, così quest’ultimo si affrettò ad andare sul luogo della sparatoria a cercare indizi e parlare con le persone della zona. Nel frattempo, Taeoh e Iris cercarono un cambio per Wendy in un negozietto di vestiti vicino all’ospedale.
   «Tutto ok?» chiese al ragazzo Iris, mentre piegava e rimetteva al suo posto una maglietta che non andava bene. «Scusa per prima. Non volevo che ti arrabbiassi con lei, ma immagino sia preoccupato anche tu.»
   «Scusami tu, sono solo un po’ agitato. Dawon non è uno sprovveduto, mi chiedo cosa stesse pensando in quel momento per lasciarsi ridurre in quel modo... non volevo arrabbiarmi con lei.»
   «Sono sicura che Wendy ci spiegherà cosa è successo quando si sarà ripresa, probabilmente Dawon è stato colto alla sprovvista.»
   «Forse… spero si riprenda presto.»
   Mentre parlavano, Iris aveva trovato la taglia giusta ed erano andati insieme a pagare alla cassa.
   «So che in questo momento non possiamo fare niente, però sono sicura che andrà tutto bene, dobbiamo avere fiducia.» continuò la ragazza una volta fuori dal negozio.
   «Sembra che tu abbia fatto questo discorso altre volte…» osservò Taeoh. Ogni tanto si dimenticava che Iris era un’agente e probabilmente davvero si era trovata molte volte in situazioni simili.
   «Il fatto è che non c’è una cosa giusta da dire in questi casi.»
   «Stavo solo scherzando…» sdrammatizzò lui.
   «Io dicevo sul serio, voglio fare del mio meglio per stare vicino a Wendy, ma anche a te e Dawon.»
   «Sei più sensibile di quel che pensassi. In positivo intendo.»
   «Già, me lo rimprovero spesso.» concluse Iris, pensando che se si trovavano in questa situazione era perché si era affezionata a lui e a Dawon e non li aveva tenuti lontani dal suo pericoloso lavoro. «Andiamo, Wendy ci sta aspettando.» la ragazza si affrettò a raggiungere l’amica, rimasta sola ad aspettare che Dawon uscisse dalla sala operatoria.
 
 
 
***
 
 
 
   «Eccoci!» esclamò Iris, andando incontro a Wendy «Spero di aver azzeccato la taglia.»
   Wendy annuì tristemente e rispose solo «Grazie…» con voce flebile.
   «Dai, vai a cambiarti, tra un po’ avranno finito di operarlo. Non vorrai farti vedere così quando si sveglierà! Si spaventerebbe!» l’amica cercò inutilmente di convincerla a cambiarsi.
   «Aspetto ancora un po’…»
   «Uffa, ma quanto ci mettono?» esclamò Taeoh, tamburellando nervosamente con un piede mentre se ne stava mezzo rannicchiato su una delle piccole sedie di metallo della sala d’attesa. Era passata quasi un’ora da quando erano arrivati in ospedale.
   Alle due passate, le porte della sala operatoria finalmente si aprirono e i medici portarono fuori la barella su cui giaceva Dawon, privo di sensi. Solo in quel momento Wendy decise di alzarsi dalla sedia per correre incontro ai medici.
   «Come sta? Si riprenderà completamente, vero?»
   «Al momento è molto debole.» spiegò il chirurgo «Abbiamo dovuto fargli una trasfusione, ma il proiettile non ha creato fratture ossee per fortuna, credo che entro domani tornerà stabile.»
   «Grazie!»
   Anche Taeoh e Iris tirarono un sospiro di sollievo.
   «Per ora dovrà restare sotto osservazione, ha bisogno di molto riposo.» continuò il dottore «Chi di voi è il suo tutore?» Wendy e Taeoh alzarono la mano contemporaneamente. Il dottore li guardò un po’ confuso. «E siete? Fratello? Ragazza?»
   «Io sono un amico e collega…» rispose Taeoh, non sapendo esattamente come funzionassero le cose.
   «Non c’è un parente più stretto?» insistette il dottore. A quel punto Wendy, sentendosi in colpa e volendo assolutamente fare qualcosa per aiutare Dawon, decise di intervenire.
   «Io sono la sua ragazza! Può andare bene?»
   Iris la guardò con gli occhi spalancati come per dire “sei sicura di ciò che stai facendo?”. Il chirurgo non fece nessuna obiezione e, al contrario, sembrò piuttosto soddisfatto della risposta.
   «Ok, perfetto, allora potrai stare con lui finché non si risveglierà.»
   «Per te va bene?» chiese Wendy a Taeoh, pensando che magari lui avrebbe preferito non affidare il suo amico a persone che conosceva solo da pochi giorni.
   «Sì, certo.» rispose il ragazzo. Sapeva che Wendy era un’agente, perciò era sicuro di potersi fidare. In più se fosse rimasta lei ad assisterlo la notte, lui avrebbe potuto continuare le indagini insieme a Daeju.
   «Va bene?» chiese anche all’amica, ma fu immediatamente interrotta dal dottore.
   «Perché non dovrebbe andare bene? Ora seguitemi nella stanza del paziente. E poi la pregherei di cambiarsi signorina, gli abiti sporchi di sangue non sono igienici.»
   «Ah, sì.» Rispose Wendy, realizzando di avere ancora addosso gli abiti macchiati.
   «Tieni Wendy.» Iris porse il cambio all’amica per poi rispondere alla domanda di prima senza essere di nuovo oscurata dal chirurgo «Se vuoi restare con lui stasera non c’è problema.»
   «Stanotte vorrei rimanesse solo lei ad assisterlo.» continuò il medico «Se si sente stanca può chiedere il cambio al collega a una certa ora. Non è il caso di affollare troppo la stanza.»
   «Non c’è problema, posso rimanere io.»
   «Perfetto, allora vi lascio.» concluse soddisfatto, lasciando che gli infermieri sistemassero la barella e le flebo di Dawon.
   «Scusate… Sapete nulla dell’altro ragazzo rimasto ferito?» chiese loro Iris.
   «È più o meno nelle stesse condizioni, tra poco porteremo anche lui in questa stanza.» rispose uno dei due infermieri. Questa era una buona notizia, quando avrebbe ripreso i sensi le agenti avrebbero potuto fargli domande più precise sull’accaduto. «Ora però vi chiederei di andarvene, il paziente ha bisogno di assoluto riposo.» concluse l’infermiere.
   «Certamente, grazie.» rispose Iris, salutando poi l’amica.
   «A più tardi.» rispose Wendy «Avverti anche Lizzy…» ora che lei era fuori gioco per occuparsi di Dawon e c’era questa nuova situazione da chiarire Lizzy non avrebbe potuto tirarsi indietro, non poteva occuparsi di tutto Iris, o almeno così sperava.
   «Lo farò.»
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Iris e Taeoh rimasero nei paraggi dell’ospedale fino all’orario di visita serale, quando tornarono a trovare Wendy e Dawon. Il ragazzo non si era ancora risvegliato, ma tutti i suoi parametri vitali erano rientrati nella norma. Era solo questione di tempo prima che riprendesse conoscenza.
   Taeoh lanciò un’occhiata all’orologio a muro della stanza e realizzò che il tempo per le visite stava per scadere.
   «Credo che noi qui non possiamo fare altro.» disse, scostando la schiena dal muro a cui si era appoggiato.
   «Già, credo ci toccherà andare.» concordò Iris. «Wendy, se avessi bisogno di qualsiasi cosa non farti problemi a chiamare.»
   «D’accordo, grazie.» l’amica annuì, sforzandosi di sorridere.
   «Allora a domani mattina!» la salutò Iris.
   «Prenditi cura di Dawon!» aggiunse Taeoh.
   Wendy ricambiò con un cenno della mano e rimase ad osservare i due mentre lasciavano quell’asettica stanza d’ospedale.
 
   Iris e Taeoh presero un taxi per tornare insieme in hotel, ma per tutto il tragitto nessuno dei due osò dire nulla. Né uno né l’altra erano presenti al momento della sparatoria, perciò avevano entrambi le idee un po’ confuse su quanto accaduto. Gli unici a sapere con precisione come si erano svolti i fatti erano Wendy e Dawon, ma nessuno dei due si sarebbe sbottonato in presenza di qualcuno dell’altro gruppo, perciò Iris e Taeoh non avrebbero potuto fare altro che aspettare l’occasione di parlare a quattr’occhi con i rispettivi colleghi.
   Iris era preoccupata soprattutto per lo stato d’animo di Wendy, che si sentiva ingiustamente in colpa, e temeva che avrebbe finito per trascurare sé stessa pur di restare accanto a Dawon. Tuttavia, anche Taeoh le dava da pensare. La sua impressione era che il ragazzo non riuscisse ancora a credere a ciò che era successo e percepiva chiaramente il suo stato di tensione.
   Scesi dal taxi, i due entrarono nell’hotel, attraversarono la hall e si diressero all’ascensore.
   «Hai già avvertito Daeju?» Iris provò a spezzare il silenzio mentre aspettavano che raggiungesse il piano terra. Naturalmente non immaginava nemmeno che Taeoh avesse già inviato il collega a cercare indizi. 
   «Umm?» solo in quel momento il ragazzo sembrò distrarsi dai propri pensieri e abbandonare per un attimo la sua espressione preoccupata. «Gliel’ho solo accennato per messaggio. Non volevo si preoccupasse troppo.»
   «Immagino. Passi da lui adesso?»
   Taeoh annuì con un cenno del capo. «Non mi sarei mai aspettato che ci saremmo ritrovati in una situazione del genere.» si lasciò scappare un sospiro.
   «Mi dispiace…» ora anche Iris cominciava a sentirsi un po’ in colpa per non aver impedito ai ragazzi di seguirle. La stupida cotta per Taeoh le stava facendo perdere la fermezza nel fare il proprio lavoro.
   «Direi che Cancún non sarà più nella mia lista delle vacanze…» cercò di sdrammatizzare lui, recitando mestamente il proprio ruolo di turista.
   L’ascensore arrivò al piano terra. Scesero quattro persone, ma nessun’altro salì oltre a Iris e Taeoh.
   «Spero si sistemerà tutto.» cercò di dargli coraggio Iris. Poi digitò sul display i numeri dei piani. Le porte si richiusero.
   «Sono sicuro di sì. Dawon è più forte di quanto sembri, basta mettergli del cibo sotto al naso e si riprenderà in fretta.» Taeoh ce la stava mettendo tutta per mostrarsi ottimista, ma dentro di sé era arrabbiato come non mai con chi aveva fatto del male all’amico e il suo stato d’animo era irrimediabilmente tradito dall’espressione dura dei suoi occhi. «Tu hai sentito Lizzy?»
   «Sì, mi ha detto che starà in giro anche stasera.»
   «Umm. Tra un’oretta credo andrò a mangiare qualcosa con Daeju. Ti va di unirti a noi?»
   Iris ci pensò un attimo. Razionalmente avrebbe dovuto rispondere di no, lo sapeva. Ma in quel momento si era resa conto che, per quanto lo stesse negando a se stessa, in fondo anche lei si sentiva frastornata, stanca, in balìa degli eventi. Persino l’idea di passare la serata in solitudine la rendeva inquieta. Ripetersi che era forte e indipendente, che non aveva bisogno di nessuno, non sarebbe servito a nascondere che invece avrebbe tanto voluto una spalla a cui appoggiarsi.
   «Va bene, grazie!»
   «Figurati. Bene, ora non mi resta che fare due chiacchiere con Daeju.»
   «In bocca al lupo! Spero non la prenda troppo male.»
   «Sono sicuro di no. In fondo Dawon si riprenderà, quindi non c’è motivo di disperarsi troppo.» ancora una volta il tono di voce di Taeoh suonava perfettamente tranquillo, ma l’espressione sul suo volto era rigida. Iris non riuscì a ignorarlo, forse perché vedeva in lui lo stesso bisogno di conforto a cui lei stessa anelava, e lo abbracciò.
   Taeoh rimase sorpreso. Stava davvero ricevendo supporto morale dalla ragazza che doveva uccidere? Pensò che Iris aveva una capacità di tenere i nervi saldi incredibile, ma era soprattutto la forza che stava dimostrando rassicurando costantemente lui e Wendy ad averlo colpito. Era abbastanza sicuro che anche lei dentro di sé non se la stesse passando bene. Come avrebbe potuto? Eppure non lo lasciava trasparire, almeno non a parole, perché, in quel momento, così vicina a lui, gli sembrò tanto piccola e fragile da non poter fare a meno di stringerla forte a sé e sorriderle nel tentativo di rassicurarla. Stava diventando sempre più difficile piegarsi al volere di Ray. Non era più indifferente. Probabilmente non sarebbe riuscito ad evitare il futuro, ma decise che almeno per quella sera voleva starle accanto in modo sincero.
   «Allora a dopo, sono arrivata.» La ragazza sciolse l’abbraccio. Sul display era apparso il numero del suo piano.
   «A presto.» La salutò Taeoh, guardandola scomparire oltre le porte automatiche. Lui sarebbe sceso al piano successivo.


Fine cap. 13
____________________________



Eccoci alla fine anche di questo capitolo!
Dawon è stato preso alla sprovvista ed è finito in un brutto guaio. Un bel paradosso essere salvato dalla ragazza che doveva uccidere! Chissà come la prenderà al risveglio.
Nel frattempo scopriamo un Taeoh più vulnerabile di quel che sembrasse. Ormai ha ceduto a Iris, ma il tempo scorre e ha un compito da portare a termine. Riuscirà ad impedire l'inevitabile?
Lo scopriremo nei prossimi capitoli! Stay tuned!

Misa

 

Ps: ho risolto il problema della qualità dell'immagine. :)
 
  

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Capitolo 14
*** Cap. 14 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 14 -



   Dal termine dell’orario di visita, Wendy era rimasta sola in quella stanza d’ospedale. Dawon e lo sconosciuto ragazzo della sparatoria giacevano ancora privi di sensi sulle rispettive barelle. Il silenzio assoluto era interrotto solo dal rumore intermittente dei macchinari che riportavano sui monitor le funzioni vitali dei due pazienti. Wendy si alzò dalla sedia, lasciandola accanto al letto di Dawon, e si affacciò alla finestra. Il sole era calato quasi del tutto e la stanza era illuminata a malapena dalla luce arancione del sole, che si rifletteva sugli edifici e sulle auto nel parcheggio della clinica. Tutta quella quiete la angosciava e le impediva di mettere un freno al flusso dei propri pensieri. Si rese conto che aveva iniziato a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza. E se Dawon non si fosse più risvegliato? No, non c’era nemmeno da pensarlo. La sua ferita era una cosa di poco conto, non era certo mortale e lei lo sapeva bene. Cinque anni di servizio come agente erano stati sufficienti per vederne di ogni. Eppure, non riusciva a darsi pace. Come poteva essere successo?
   Ripercorse con la mente ogni istante della sparatoria. Quel gruppo di ragazzi che aveva tutta l’aria di essere composto da due bande di quartiere in lotta tra loro. Gli attacchi verbali volavano nell’aria già da prima che i due voltassero l’angolo, tutto lasciava pensare che la rissa fosse in corso da un po’, ma non c’era nessun ferito. La cosa aveva poco senso. Una rissa con coltelli e armi da fuoco in cui nessuno spara e nessuno viene colpito da una lama affilata? Non aveva per nulla senso! C’erano troppe cose che non le tornavano. Quei ragazzi si erano accorti subito della loro presenza, appena avevano svoltato l’angolo, come se li stessero aspettando. Erano appena all’inizio della via quando alcuni di loro avevano iniziato a sparare colpi intimidatori verso lei e Dawon. In quello stesso momento avevano perso le tracce del sospettato Kang TaeYoo. Eppure lo stavano seguendo a una distanza abbastanza ravvicinata. Lo avevano visto chiaramente svoltare in quella via e lo avrebbero raggiunto appena qualche secondo dopo se non fosse sparito nel nulla. Probabilmente era entrato in qualche bar nelle vicinanze, ma allora perché a lui non avevano sparato? Era passato davanti agli occhi di quei teppistelli da quattro soldi senza essere degnato nemmeno di uno sguardo. O era stato ignorato di proposito?
   Wendy, dopo essere stata attaccata, ricordava di aver urlato “Cosa state facendo?!” e di aver puntato la pistola contro i ragazzi per poi correre dietro a un riparo. Forse era stato questo a far rivolgere le loro armi contro Dawon? Temevano che anche lui avesse una pistola? Il senso di colpa la pervase ancora una volta. Poi le tornò in mente che, quando lei era uscita di nuovo allo scoperto e aveva aperto il fuoco, colpendo il ragazzo ora ricoverato in quella stessa stanza, loro non le avevano sparato. Certo, la sua reazione era stata imprevista e tempestiva, ma avrebbero benissimo potuto contrattaccare, spavaldi com’erano. Invece no, erano fuggiti. Forse non si aspettavano questo capovolgimento della situazione. Già, perché sicuramente qualcosa, anche se diverso, se lo aspettavano. Più ci pensava, più ne era convinta. Quei ragazzi erano stati mandati da qualcuno e non avevano previsto che lei sarebbe stata armata. L’unico che poteva darle delle risposte era il ragazzo che aveva colpito alla gamba. Un po’ di pazienza e l’indomani, quando si sarebbe risvegliato, lei e Iris gli avrebbero fatto alcune domande.
   La conclusione a cui era arrivata aveva placato almeno in parte le sue preoccupazioni. In quel momento il suo stomaco brontolò, ricordandole che l’orario di cena era passato da un pezzo. Guardò di nuovo fuori dalla finestra, si era fatto buio. Per sicurezza decise di non allontanarsi troppo e prendere qualcosa alle macchinette dell’ospedale. Mangiò in fretta la cena e tornò a sedersi accanto a Dawon, finendo per addormentarsi, esausta, con la testa appoggiata alle braccia incrociate sul bordo della barella.
 
   La nottata sembrava procedere tranquillamente, ma, verso le tre di mattina, qualcuno entrò nella camera d’ospedale. Con passo cauto e leggero raggiunse il letto del ragazzo della sparatoria, che era il più vicino alla porta. Frugò nella tasca del suo camice bianco, causando un leggero fruscio, e ne estrasse una siringa e una provetta contenente del liquido. Aiutando la vista soltanto con la debole luce dei macchinari, riempì la siringa, eliminò l’aria in eccesso e iniettò il liquido nella flebo. A operazione conclusa, controllò che l’ago attaccato all’altra estremità del sacchetto di plastica fosse ben inserito nel braccio della vittima e rivolse lo sguardo verso Dawon. Appena si accorse della presenza di una terza persona il suo cuore mancò un battito. Al suo arrivo nella stanza, il sonno leggero di Wendy era stato interrotto e ora la ragazza, ancora non del tutto vigile, lo stava fissando da oltre il letto di Dawon.
 
   Improvvisamente, Wendy sentì qualcosa di molto simile a una scossa percorrerle la testa da un lato all’altro. Il suo intuito le stava segnalando un pericolo, c’erano una serie di dettagli fuori posto. Oltre all’orario inusuale, l’uomo che aveva di fronte sembrava un medico, ma stava facendo qualcosa di strano e il suo volto era coperto da una mascherina bianca.
   «Ehi! Chi sei? Che ci fai qui?» disse, alzandosi di scatto dalla sedia, pronta a inseguirlo. L’individuo sconosciuto si voltò di scatto e corse fuori dalla stanza. Wendy tentò di raggiungerlo, ma inciampò su un basso sgabello abbandonato in mezzo alla camera e cadde rovinosamente a terra. «Ahi! Accidenti!» La ragazza si rialzò per correre ad avvertire la sicurezza, ma non fece in tempo a lasciare la stanza che il macchinario a cui era attaccato il ragazzo della sparatoria iniziò a emettere un rumore acuto e continuo. Stava andando in arresto cardiaco.
   Wendy si voltò a guardarlo con aria confusa «C-cosa?» Senza perdere tempo corse a chiamare gli infermieri.
   «Cosa succede? Signorina, tutto a posto?»
   «Non lo so, un medico ha toccato qualcosa e all’improvviso il sensore si è messo a suonare!» spiegò in modo confuso, indicando il ragazzo della sparatoria.
   «Un medico? Strano, eravamo tutti nella sala del personale fino a poco fa.»
   «Presto! Sta andando in arresto cardiaco!» urlò un altro infermiere, entrando nella stanza con un defibrillatore. «Dobbiamo rianimarlo!»
   Non c’era tempo per le spiegazioni. I due infermieri provarono con una, due, tre scosse, ma non ci fu nulla da fare. Il segnale vitale si interruppe.
   «Ora del decesso: tre e quindici.»
   «Ora sarà ancora più difficile identificarlo.» osservò l’infermiera «Nessuno lo ha cercato finora. Possiamo solo portarlo in obitorio per un’autopsia.»
   Poco dopo li raggiunse anche il medico di turno quella notte, il quale accertò il decesso del ragazzo prima che lo portassero via. Poi visitò Dawon, constatando che era a posto. Per un tempo che le sembrò infinito, Wendy rimase abbracciata a Dawon, sconvolta e terribilmente preoccupata che potesse succedere qualcosa anche a lui. L’adrenalina accumulata la teneva ben sveglia e, ragionando lucidamente su quello che era successo, si rese conto che non poteva trattarsi di una coincidenza. Qualcuno aveva volontariamente tolto di mezzo quel ragazzino e se non si fosse svegliata in tempo anche Dawon avrebbe fatto la stessa fine. Nella peggiore delle ipotesi quell’ignoto individuo vestito da dottore avrebbe ucciso nel sonno anche lei.
   Passata la paura del momento, Wendy decise di mandare un messaggio a Iris per avvertirla di ciò che era successo e chiederle di controllare le telecamere dell’ospedale. L’amica, sentendo il telefono squillare, si svegliò di soprassalto. Quando lo prese in mano si rese conto che non si trattava di una chiamata. Inserì il codice di sblocco, lesse il messaggio di Wendy e la chiamò immediatamente.
   «Ciao, ho visto il tuo messaggio. Domani cercherò di controllare le telecamere. Tu e Dawon state bene?»
   «Sì tutto bene. Scusa se ti ho svegliata, ma è così strano… credo sia tutto collegato, ma non capisco se sono professionisti o no, e perché vogliano uccidere Dawon e il ragazzo della sparatoria. Qualcosa non torna.»
   «Se c’è modo, chiuditi in camera fino a domattina. È pericoloso restare sola… Pensi sia meglio tenerlo nascosto agli altri?»
   «Sì, non dirlo a Taeoh… potrebbe esserci sotto qualcosa di grosso. E non parlarne neanche a Lizzy. Non sarebbe comunque di aiuto.»
   «Ok, scopriranno del decesso una volta arrivati in ospedale. Penseremo domani a come gestire la situazione.» concluse Iris, riferendosi al fatto che con tutta probabilità qualcuno aveva tentato volontariamente di uccidere Dawon, credendolo in qualche modo connesso alle agenti, e che di conseguenza anche Taeoh e gli altri erano in pericolo.
   «Va bene. Buona notte.»
   «Notte.»
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Il resto della notte trascorse tranquillamente. Poco dopo le sette di mattina, finalmente Dawon riaprì gli occhi. Il ragazzo cercò di far leva con entrambe le braccia sul letto per mettersi a sedere e si accorse di avere il braccio sinistro fasciato. Sentì un po’ di dolore anche al destro, a causa della flebo, ma insistette e riuscì a sedersi ugualmente. Si sentiva ancora debole e intontito dagli antidolorifici, ma pian piano i ricordi di tutto quello che era accaduto iniziavano a farsi spazio nella sua memoria. Abbassò lo sguardo e vide Wendy, addormentata con le braccia e la testa appoggiate al letto. Doveva essere rimasta ad assisterlo tutta la notte. Probabilmente era stata lei a salvargli la vita e le era molto riconoscente per questo. Il solo pensiero che avrebbe dovuto ucciderla lo faceva sentire terribilmente in colpa. Già una volta aveva tentato di avvelenarla, ma ora con che coraggio avrebbe potuto farle del male di nuovo? Proprio mentre era assorto nei suoi pensieri, Wendy si svegliò e si stiracchiò la schiena, sbadigliando.
   «Che nottataccia! Oh? Dawon?» la ragazza notò che era sveglio.
   Lui provò a rispondere, ma aveva la gola troppo secca e non riuscì a emettere alcun suono. Wendy sembrò non farci caso e lo abbracciò calorosamente.
   «Mi dispiace tanto, è colpa mia! Mi dispiace!»
   Dawon emise un gridolino soffocato per la dolorosa pressione che sentì sul braccio ferito.
   «Scusa!» esclamò Wendy, lasciandolo subito e passandogli un bicchiere d’acqua. Dawon lo bevve tutto d’un sorso, sentendosi finalmente meglio.
   «Aaah… Grazie.»
   Lei riprese il bicchiere e lo posò sul comodino.
   «Sei stata tu a salvarmi? Sei rimasta qui tutta notte, vero?»
   «Se sei qui con una ferita d’arma da fuoco direi che non ti ho salvato la vita… è solo colpa mia se sei in questa situazione.»
   «Ma che dici? Ho visto chiaramente chi mi ha sparato, e ho visto anche che tu hai colpito uno dei delinquenti e sei corsa ad aiutarmi.» Dawon si rese conto di aver parlato troppo e si rimproverò mentalmente. Ora Wendy avrebbe dovuto giustificarsi per avere portato con sé una pistola e si sarebbero complicate le cose.
   «Quindi ti ricordi quello che è successo?»
   «Ricordo solo fino a che ti sei avvicinata, poi più nulla.»
   «Ora dovrò ucciderti però.»
   «Come scusa?»
   «Scherzo!»
   «Ci stavo credendo sul serio! Ah, ma perché hai con te una pistola?» Se voleva passare per una persona normale che non conosceva la vera identità di Wendy doveva andare fino in fondo. Ormai il danno era fatto.
   Fino a quel momento, la ragazza aveva fatto finta di nulla, ma, messa alle strette, decise di dire una mezza verità.
   «Non è vero che sono qui per lavoro con le colleghe, sono un’agente di polizia… e anche se sono in vacanza non riesco a non portarmi dietro la pistola, è una parte di me ormai. E poi scusa, non sono così pazza da andare in quella parte della città senza un’arma per difendermi.» concluse, ridendo nervosamente.
   In quel momento Dawon non poté fare a meno di pensare che era carina. Però non erano concesse distrazioni, così si sforzò di continuare la sua recita e mostrarsi sorpreso.
   «Davvero?! Allora sono stato fortunato! Se fossi stata una persona comune avresti potuto lasciarti prendere dal panico e io sarei morto dissanguato!»
   «Probabile!»
   «Taeoh e Daeju sanno quello che è successo?» escluse di proposito James e Buffy, con i quali non voleva avere nulla a che fare.
   «Ah sì, Taeoh sì. È stato qui fino all’orario di chiusura delle visite ieri… non so se ha avvertito Daeju, ma credo di sì.»
   «Perfetto…» Dawon stava per farle altre domande, ma proprio in quel momento passò un’infermiera a controllare le sue condizioni di salute.
   «Buongiorno! Vedo che è sveglio! Tra poco la porterò a fare gli esami di controllo e le diremo quando potrà essere dimesso.» L’infermiera diede un’occhiata ai valori sul monitor e poi andò a chiamare il dottore.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Tokyo, 3:02 PM.

   Il giorno successivo al tentato furto del diamante, Minho contattò May con le stesse modalità con cui aveva contattato Wendy giorni prima: le mandò un messaggio e le chiese di incontrarsi in un bar vicino all’hotel. La ragazza, dopo aver consultato anche Shion, si era messa d’accordo con Minho per vedersi il giorno stesso e, arrivato l’orario prestabilito, si era preparata per uscire come se stesse andando a incontrare un amico.
   «Bene.» disse, prima di uscire «Vado a incontrare Minho.»
   «Stai attenta...» le ricordò Shion «Io controllerò dalla terrazza dell’hotel. Se sarai in difficoltà arriverò immediatamente.»
   «Va bene! Grazie.» May rispose con un sorriso e uscì. Mentre percorreva la strada fino al bar, non poté fare a meno di pensare che tra lei e Shion era rimasto un discorso in sospeso. Non aveva avuto modo di rispondere alla sua domanda. “Che ne dici se... se usciamo insieme, noi due?”. Gli avrebbe detto sicuramente di sì se non fosse stata interrotta così bruscamente dai ladri. Shion le era sempre stato simpatico, nulla di più, ma da quando avevano iniziato a passare molto tempo insieme si era accorta dell’interesse che provava per lei. All’inizio forse non avrebbe ricambiato, ma col passare del tempo qualcosa in lei era cambiato, aveva cominciato a vedere ogni sua azione, ogni sua parola ed espressione in modo diverso, con più affetto. Un affetto che andava oltre l’amicizia di prima. Si stava innamorando di lui.
   Arrivata di fronte al bar, May dovette mettere freno ai propri pensieri e tornare a concentrarsi sul lavoro. Varcò la soglia e si guardò intorno. Minho la stava aspettando seduto a un tavolino a due posti nell’angolo in fondo al locale.
   «Ciao, scusa se ti ho fatto aspettare.» lo salutò e si sedette di fronte a lui.
   «Ciao. Nessun problema. Come sta andando il lavoro?»
   «A parte il piccolo disguido di ieri sta andando abbastanza bene.»
   Minho aspettò qualche secondo prima di rispondere. Il suo volto si incupì leggermente.
   «A proposito del lavoro…»
   «Sì?»
   «Jiho e Minki non sono coinvolti con la faccenda del diamante. Quello che intendo è che… sono nemici, ma non hanno nulla a che fare con la vostra missione attuale. Ci sono altre persone dietro al caso degli Iwata.»
   «Jiho, Minki?» chiese perplessa May «L’uomo che ha sottratto l’SD a Lizzy e il ragazzo che mi si è presentato l’altro giorno all’esposizione sono complici?»
   «Molto di più. Sono solo due dei componenti… di una squadra di criminali agli ordini di Ray.» nel pronunciare le ultime parole, Minho abbassò sensibilmente il tono della voce.
   «E gli altri?»
   «Non sono qui. Ho comunicato a L le loro identità, ma per ora ne sono a conoscenza solo i vertici. Due settimane fa un hacker ha violato il database dell’associazione. L crede che siano stati loro e teme che potrebbero pianificare un nuovo attacco informatico. In quel caso, se trovassero i loro dati schedati nei suoi server, sospetterebbero immediatamente di me come spia. In più Ray non mi ha riferito gli ultimi spostamenti degli altri ragazzi, quindi al momento non so dove si trovino.»
   «Però sei certo che il tentativo di furto non è opera loro.»
   «Sicuro al cento per cento. Non agirebbero mai in modo così eclatante.»
   «Capisco.»
   «Questo è tutto ciò che so per ora.»
   «Ok, direi che è più che sufficiente. Se dovessero esserci altri risvolti, ti prego di riferircelo il prima possibile.»
   «Certo, certo.» Minho si guardò intorno con circospezione e si alzò dal tavolo. «È meglio che vada adesso. Sono fuori da troppo tempo.»
   «Grazie di tutto, Minho. Buon lavoro.» lo salutò lei.
   Minho prese dal tavolo il tablet che aveva portato con sé per ingannare il tempo durante l’attesa e lasciò il bar. May aspettò qualche minuto prima di uscire, in modo che, se qualcuno della squadra di Ray fosse passato nei paraggi, non li avrebbe visti uscire insieme.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Tornato in hotel, Minho trovò Jiho e Minki ad aspettarlo. Erano rientrati prima del previsto, o forse sospettavano di lui e gli avevano comunicato un orario sbagliato apposta per testarlo?
   «Dove sei stato?» gli chiese il ragazzo baffuto con un ghigno.
   «Al bar. Avevo fame.» rispose Minho, nel modo più naturale possibile.
   «Umm... e perché non ci hai detto che uscivi? Sei sicuro di non starci nascondendo qualcosa?»
   «Mi avevate detto che non sareste tornati fino alle cinque e che non era necessario che venissi con voi… non credevo di dovervi dare spiegazioni se vado a mangiare nel mio tempo libero. Tanto più che queste quattro mura iniziano a starmi strette. Volevo farmi un giro e basta.» per un attimo Minho temette di essersi giustificato con troppa insistenza. Fornire troppi dettagli e dare spiegazioni troppo lunghe e specifiche sono spesso interpretati come segnali che la persona davanti a noi sta mentendo. Purtroppo non era riuscito a ragionare con sufficiente lucidità e prontezza per fermarsi dopo la prima frase. Ciononostante, Minki sembrò credere alle sue parole e guardò Jiho come a voler convincere anche lui della sincerità di Minho. C’era anche da dire, però, che Minki non era una cima intellettualmente parlando. Jiho, al contrario, era più acuto e anche più subdolo e diffidente.
   «Siamo una squadra.» puntualizzò il baffuto «E io sono il capo. Se fai qualcosa fuori programma sei tenuto a informarmi.»
   «Ok, ok.» rispose Minho, cercando di sembrare tranquillo «La prossima volta vi informerò.»
   «Così va meglio.»
   Vista la reazione di Jiho, Minho era quasi sicuro di averlo convinto, ma non per questo aveva intenzione di abbassare la guardia. Avrebbe continuato a svolgere il lavoro per L nel migliore dei modi, discreto ed efficiente.


Fine cap. 14

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Eccomi qua!
Chiedo umilmente perdono per il mega ritardo! Proprio ora che la faccenda si stava facendo movimentata!
Come potete immaginare è a causa delle revisioni. Già, perchè il caso di Cancun mi sta facendo dannare e se pensavo di riuscire ad accontentarmi e pubblicarlo così com'era mi sbagliavo di grosso!
C'erano troppi punti poco chiari e alcuni personaggi erano incoerenti nei loro comportamenti, quindi ho voluto riprendere tutto in mano e riscrivere quello che non mi piaceva. è.é
L'ideale sarebbe stato sistemare tutti i capitolo incriminati a distanza ravvicinata, ma ho avuto davvero poco tempo, quindi ho sforato di due settimane. E il punto è che non ho ancora finito! Ma almeno il problema maggiore sembra risolto, ora dovrebbe essere in discesa (l'importante è crederci).
Coooomuqnue! Grazie mille a tutte le persone che stanno recensendo o anche solo leggendo questo delirio di storia!
A presto!

Misa


 

 
  

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Capitolo 15
*** Cap. 15 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 15 -




   Cancún. 6:52 AM.

   Iris controllò per l’ennesima volta l’orario sul display del cellulare e si arrese ad alzarsi dal letto. La sveglia che aveva impostato non era ancora suonata. Dopo la chiamata con Wendy, avvenuta a notte fonda, non era più riuscita a chiudere occhio. Temeva che l’amica potesse avere bisogno di aiuto e l’adrenalina l’aveva costretta a rimanere vigile.
Wendy le aveva chiesto di controllare le telecamere di sorveglianza dell’ospedale, perciò il suo intento era quello di farsi una doccia veloce e tornare subito alla clinica per parlare coi medici. Appena varcò la soglia del bagno, però, un forte capogiro la fermò. Quanto era passato dall’ultimo check-up? Dieci giorni? Due settimane? Non si ricordava di preciso, ma non avrebbe dovuto ignorare le vertigini che ogni tanto si erano palesati anche nei giorni passati. Il suo amico e medico Kibeom le aveva raccomandato degli esercizi da fare ogni giorno per limitare gli effetti di quel brutto infortunio alla schiena rimediato durante una missione, ma da quando era arrivata a Cancún non ne aveva più trovato il tempo.
   Mancavano ancora tre ore all’inizio dell’orario di visita in ospedale, perciò decise di rimandare il controllo delle telecamere e prepararsi con calma. Prima di tutto fece gli esercizi per la schiena, poi andò a farsi la doccia. Accese l’acqua e diresse il getto caldo sul collo e sulle spalle, lasciando che le facesse un leggero massaggio. Avvolta nell’ampio asciugamano dell’hotel, si asciugò e pettinò i capelli. Poi si rivestì, indossando un semplice paio di jeans e una maglietta a mezze maniche lilla.
Quando finì erano le nove e qualche minuto, mancava ancora un’ora prima che iniziasse l’orario di visita in ospedale. Pensò che se si fosse seduta ad aspettare si sarebbe riaddormentata, così decise di uscire e andare a vedere se Taeoh e Daeju erano svegli. Prese l’ascensore, salì di un piano e si fermò per un attimo davanti alla porta della loro camera, rileggendo più volte il numero della stanza. 319. Era quella giusta. Bussò con decisione e attese risposta. Per un po’ non comparve nessuno. Era quasi sul punto di lasciar perdere, quando Taeoh aprì la porta con addosso solo un paio di boxer.
   «Sì?» mugugnò il ragazzo, arruffandosi i capelli con la mano. Aveva tutta l’aria di essersi appena svegliato ed era la seconda mattina di fila che le compariva davanti in quello stato. Iris non poté fare a meno di arrossire visibilmente e distogliere lo sguardo, ma non fu in grado di dire proprio nulla se non tossicchiare leggermente. A quel punto Taeoh sembrò svegliarsi del tutto e realizzare la situazione.
«Oh! B-buongiorno…» disse in modo impacciato «Aspetta un secondo.» chiuse la porta per mettersi addosso dei vestiti e poco dopo la riaprì di nuovo «Scusa, stavo ancora dormendo.» si giustificò, un po’ imbarazzato.
   «Ah, mi dispiace di averti svegliato! Tra poco pensavo di andare in ospedale a portare qualcosa a Wendy e vedere se Dawon sta bene, volete venire anche voi?» chiese riferendosi a lui e Daeju.
   «Non preoccuparti, avrei dovuto essere già sveglio a dire il vero.... Ci vediamo nella hall tra un quarto d’ora, ok? Sveglio Daeju.»
   «Ok, fate pure con calma, vi aspetto giù.»
 
 
 


 
***
 
 
 
 
   Verso le dieci, i tre arrivarono in ospedale.
   «Eccoci!» esclamò Iris, entrando insieme a Taeoh e Daeju. Proprio in quel momento, Dawon si era alzato dal letto, ma, essendo ancora debole, aveva avuto un po’ di vertigini e si era aggrappato a Wendy con il braccio sano.
   «Scusa…» disse Dawon. Wendy cercò di aiutarlo a rimettersi seduto, facendolo appoggiare a sé. Anche Taeoh corse a sostenerlo.
   «Tutto bene?» chiese Wendy all’infortunato.
   «Tutto ok, ho solo avuto un capogiro.» rispose lui, accettando il loro aiuto e sedendosi di nuovo. Dopo averlo lasciato, Wendy riuscì finalmente a rivolgere un saluto ai tre appena arrivati.
   «Buongiorno!» era percepibile una certa stanchezza sul suo volto, ma nel complesso sembrava più sollevata rispetto al giorno precedente.
   «Come stai?» chiese Taeoh al collega, felice di vedere che si era risvegliato.
   «Abbastanza bene. Ho fatto stamattina tutte le analisi e dicono che la situazione è migliore del previsto, potrei essere dimesso tra meno di una settimana.»
   «Questa è un’ottima notizia!» esclamò Taeoh.
   «Ero così spaventato quando Taeoh mi ha detto cosa ti era successo!» disse Daeju.
   «Sono contenta che ti stia riprendendo!» aggiunse anche Iris. Si sentiva più tranquilla ora che le cose stavano andando per il verso giusto. Era sicura che Wendy non avrebbe mai lasciato che succedesse qualcosa di irreparabile a un civile sotto la sua custodia. «Wendy, hai già fatto colazione?» si rivolse all’amica.
   «Non ancora, perché?»
   «Intanto che ci sono i ragazzi con Dawon che ne dici di fare una pausa? Ti accompagno a prendere qualcosa da mangiare!»
   «Mi sembra un’ottima idea.» concordò Dawon, ansioso di consultare i complici su quanto accaduto il giorno precedente «Sarai stanca.»
   «In effetti…» cedette Wendy. «Allora a dopo.»
   «A dopo! E grazie per stanotte.»
 
   Appena Wendy e Iris ebbero lasciato la stanza, Dawon prese la parola.
   «Ragazzi, cos’è successo di preciso ieri? Wendy mi ha detto che siamo finiti in uno scontro armato tra bande di quartiere!»
   «Nessuno scontro.» smentì Daeju «Mentre eravate tutti in ospedale, sono andato a indagare. Ho chiesto un po’ in giro e sembra che siano solo una banda di teppistelli di quartiere. La metà di loro non sono nemmeno maggiorenni, ma a volte fanno pestaggi e furti su commissione.»
   «Che diamine stavano facendo allora?»
   «Non ne ho idea.» Daeju scosse la testa in senso negativo «Forse era tutta una messa in scena.»
   «Per colpire le agenti?» chiese confuso Dawon.
   «Il fatto è che…» rispose Taeoh «non abbiamo trovato nessun nesso con il caso delle agenti.»
   «Vuoi dire che…»
   «Già, probabilmente l’obiettivo di chi li ha pagati per questa messa in scena eri proprio tu. O forse in generale uno di noi.»
   «Non mi viene in mente nessuno che potrebbe averci seguiti fin qui per farci fuori.»
   «Beh, possiamo sempre chiedere al ragazzino che hanno ricoverato insieme a te ieri.» propose ottimisticamente Taeoh.
   «Purtroppo non sarà possibile.» Dawon fece una breve pausa «È morto stanotte.»
   «Morto?» chiese Taeoh, come se non avesse capito bene.
   «Sì, di arresto cardiaco. Wendy lo aveva colpito alla gamba, non poteva essere in alcun modo una ferita mortale. L’operazione era andata bene, ma non ce l’ha fatta.»
   «Accidenti! È molto strano… era giovane! E per di più poteva essere un testimone utile.» osservò Taeoh.
   «Non vorrei fare ipotesi azzardate, ma la prima cosa che mi è venuta in mente quando me lo hanno detto stamattina è stata che qualcuno lo avesse ucciso di proposito.»
   «E Wendy? Ha visto qualcosa?» chiese Daeju.
   «È possibile, ma dubito che si sbilancerà a raccontarcelo.»
   «A questo punto, a meno che non andiamo a cercare gli altri ragazzini e li minacciamo, non credo scopriremo niente, ma non so se ne valga la pena.» osservò Taeoh.
   «Sarebbe uno spreco di energie inutile.» concordò Dawon «In ogni caso, però, è meglio se teniamo gli occhi aperti. Qui c’è qualcuno che sta sabotando i nostri piani, e comincio a credere che sia una terza persona, diversa sia dalle agenti sia dall’uomo a cui stanno dando la caccia.»
   «Ho la stessa sensazione anch’io.» confermò Taeoh.
   «James e Buffy sanno quello che è successo?» chiese Dawon.
   «No, non abbiamo detto nulla. È da ieri che non li vediamo.» riportò Daeju.
   «Meglio così. Non mi fido di loro.»
   «Credi che stiano tramando qualcosa?»
   «Non lo so, è solo una sensazione, ma c’è qualcosa che non mi torna.»
   «E con le agenti che facciamo?» chiese Taeoh, interrompendo lo scambio di battute tra i due.
   Dawon fece un lungo sospiro.
   «A dire il vero… se non fosse stato per Wendy non sarei qui a parlare con voi in questo momento. Più ci penso, più mi sento in debito.» Taeoh e Daeju rimasero in silenzio, aspettando che Dawon terminasse il discorso. «Non lo so se voglio portare a termine questo incarico.»
   «Stai dicendo che vuoi opporti a Ray?» chiese Daeju, un po’ allarmato.
   Dawon distolse lo sguardo, assumendo un’aria colpevole.
   «Mi dispiace, non lo so… probabilmente vi sembrerà una richiesta assurda ma, vorrei sospendere la missione, almeno finché non mi sarò ripreso. Non sono abbastanza lucido per decidere in questo momento.»
   «Non è affatto una richiesta assurda.» Inaspettatamente, Taeoh si mostrò molto comprensivo. Dopotutto anche lui si sentiva estremamente confuso. Se da un lato tradire Ray significava rischiare la vita, dall’altro temeva che se non l’avesse fatto se ne sarebbe pentito amaramente. «Tu pensa a riprenderti e a uscire da qui. Per il momento possiamo considerare la missione sospesa.»
   «Anche per me non c’è problema.» concluse Daeju.
   «Grazie, ragazzi. Cercherò di riprendermi il prima possibile.»
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Nel frattempo, Iris aveva portato Wendy in corridoio, lontano dalla camera di Dawon, e si era fermata davanti alle macchinette automatiche.
   «Beh? Perché ti fermi? Non andiamo a mangiare?» protestò Wendy.
   «Possiamo prendere qualcosa alle macchinette mentre mi racconti cosa è successo stanotte.»
   «Tu e le tue false promesse!» protestò Wendy «Almeno offri tu!»
   «Va bene.»
   Mentre le agenti parlavano di come il ragazzo della sparatoria fosse stato ucciso da una persona sconosciuta intrufolatasi nell’ospedale, nel corridoio stavano passando delle infermiere che parlavano di un cadavere rinvenuto in spiaggia proprio quella mattina.
   Verso le sei, un pescatore aveva notato un mucchio di stracci fermo a riva ma, dopo essersi avvicinato, si era reso conto che si trattava del cadavere di un uomo, con gli occhi e la bocca spalancati e un colpo d’arma da fuoco in mezzo alla fronte. Il pescatore aveva subito allertato la sicurezza, la quale aveva proceduto col riconoscimento della vittima. Si trattava di Gonzalo Navarro Pérez, uno spacciatore da tempo ricercato dalla polizia locale. L’autopsia aveva rivelato che l’uomo era stato prima freddato a distanza ravvicinata con un revolver calibro 44 e solo successivamente gettato in mare. Il corpo era probabilmente rimasto in acqua per due o tre giorni prima che la corrente lo portasse a riva.
   «Forse dovremmo chiedere informazioni.» osservò Iris «Era uno spacciatore, potrebbe essere connesso al nostro soggetto.»
   «Allora anche quei ragazzi della sparatoria potrebbero esserlo. Tutti qui potrebbero essere legati a lui. È così complicato, dannazione! Sento che qualcosa ci sta sfuggendo!»
   «È come se fossimo finite in mezzo a due casi diversi che si scontrano tra loro…» disse Iris, portandosi due dita al mento e inarcando le sopracciglia nell’espressione di chi si sta arrovellando il cervello.
   «Non ci capisco più nulla. Mi sta venendo mal di testa! Sulla sparatoria sappiamo qualcosa? Videocamere?»
   «Non ho ancora avuto modo di verificare, ma è una zona governata dalla criminalità, dubito riusciremo a reperire qualsiasi tipo di informazione a meno che non ci mettiamo a minacciare un po’ tutti.»
   «Già, un’operazione del genere risulterebbe troppo dispersiva, rischiamo di sprecare tempo e di farci ammazzare. Per il momento dobbiamo concentrarci sul nostro obiettivo principale. Proviamo comunque a fare qualche domanda sul cadavere trovato oggi.»
Iris annuì e si avvicinò alle due infermiere, che stavano ancora parlando tra di loro in modo concitato.
   «Scusate, siamo delle agenti e stiamo svolgendo alcune indagini in zona. Crediamo che il caso di cui state parlando potrebbe essere collegato al nostro. Vi dispiacerebbe darci più informazioni?»
   Le infermiere guardarono Iris e Wendy con aria confusa, così le due agenti mostrarono loro il badge di riconoscimento. A quel punto le infermiere chiamarono il medico legale che si era occupato dell’autopsia in modo che potesse dare loro tutti i dettagli sul ritrovamento del cadavere e sul corpo stesso. Una volta ottenute le informazioni che cercavano, le agenti ringraziarono per la collaborazione e lasciarono all’ospedale un recapito telefonico in modo che potessero avvertirle se si fossero presentati nuovi risvolti.
   «Perfetto.» disse Iris soddisfatta, dopo aver terminato il colloquio con il medico legale. «Sono più che sicura che si tratti di uno degli scagnozzi del magnate. Possiamo dare il suo nome a L e dirle di chiedere agli informatori nella polizia locale se ci sono altre persone legate a lui. Se scopriamo che giro fanno fare alla droga troviamo anche la base di Kang TaeYoo.»
   «Sì, speriamo non ci metta pressione addosso. Lizzy si è praticamente dileguata e lavorare solo in due sta diventando complicato!»
   «Effettivamente… Lizzy si sta comportando in modo strano. Ieri sera non è tornata, di nuovo.»
   «Strano, dici?» sbottò Wendy, non riuscendo più a trattenersi «Lo so io cos’ha! Ce l’ha con L per averci aumentato le ore di lavoro e vuole dimostrarle che non possiamo reggere il carico. Per questo la sta tirando per le lunghe. È il suo modo di scioperare! Ma intanto il lavoro va fatto e così ce lo sobbarchiamo tutto noi!»
   «Te l’ha detto lei questo?»
   «Ehm…» Wendy si accorse di aver parlato troppo «A dire il vero aveva chiesto di scioperare anche a me e, ecco, sono stata un po’ tentata, ma alla fine ho rifiutato. Mi aveva chiesto di mantenere il segreto perché era sicura che l’avresti cazziata.»
   «Ottimo, davvero ottimo…» commentò in tono sarcastico Iris «Comunque, a questo punto mi chiedo se sia il caso di dire chi siamo ai ragazzi. Comincio a temere per la loro incolumità.»
   «Anche su questo punto avrei dell’altro da raccontarti…»
   «Sentiamo.»
   «Stamattina ho rischiato di dover vuotare il sacco con Dawon. Mi ha vista usare la pistola ieri, ma gli ho detto che sono un’agente di polizia fuori servizio. Se può aiutarci a proteggerli possiamo usare questo come alibi.»
   «Ok, allora è meglio mantenere il segreto per ora.»
Wendy annuì.
   «E le telecamere dell’ospedale? Dovremmo chiedere di visionarle per capire chi è il tizio travestito da medico di stanotte.» le ricordò Iris.
   «Ci penseremo oggi pomeriggio. Ora torniamo dai ragazzi. L’orario di visita è quasi finito.»
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Tokyo. 6:30 PM.

   Come tutte le sere, da quando erano arrivati in Giappone, Shion e May stavano scortando il signor Iwata verso il grattacielo dell’esposizione, che si trovava a pochi minuti a piedi dall’hotel in cui alloggiavano. Il sole stava tramontando, i primi ristoranti cominciavano a riempirsi per la cena e il cielo, di un arancione vivo, si rifletteva sugli edifici e sui vetri delle torri. Erano già passati due giorni dal tentativo di furto del diamante. Non c’erano stati altri episodi eclatanti e gli agenti, oltre ad aver incontrato Minho, avevano potuto darsi da fare nel cercare indizi e interrogare svariati testimoni. Ciononostante, non era emerso proprio nulla. I conoscenti e i parenti di Iwata insistevano a dire che era una persona magnanima e amata da tutti e perfino suo fratello continuava a ribadire che il signor Iwata non aveva nemici.
   Mentre i tre erano ancora per strada, improvvisamente un uomo vestito di nero armato di coltello spuntò da una viuzza secondaria e si lanciò verso Iwata, urlando a squarciagola.
   «Attento!» esclamò May, intervenendo immediatamente per bloccare il braccio dell’aggressore e disarmarlo. Anche Shion corse in suo aiuto, tenendolo fermo e dando l’occasione alla ragazza di mettergli le manette ai polsi.
   Intorno non c’era nessuno. Una donna sulla sessantina aprì leggermente la porta del suo ristorante di Ramen, incuriosita dalle urla, e rimase a osservare la scena senza farsi notare. L’aggressore, un uomo con un leggero accenno di barba e leggermente in sovrappeso che doveva avere tra i quaranta e i quarantacinque anni, non la smetteva di dimenarsi e urlare.
   «Lasciatemi! Lasciatemi!!!»
   Gli agenti, abituati a gestire situazioni di questo genere, non si fecero troppi problemi.
   «Dobbiamo interrogarlo.» puntualizzò May.
   «Scusate, ma… ehm, l’esposizione. Devo essere lì tra dieci minuti!» provò a ribattere Iwata. Sembrava non rendersi conto del pericolo appena corso, o forse era solo una scusa per assicurarsi che il diamante fosse ancora al suo posto.
   «Ci penso io.» disse Shion «Tu scorta Iwata all’esposizione.» essendo più alto e più forte fisicamente di May avrebbe di certo avuto meno problemi a gestire l’aggressore.
   «Va bene.» concordò lei «Tienimi aggiornata.»
   «Sì, a dopo.»
 
   Shion trascinò quasi di peso l’aggressore in un luogo isolato. L’uomo aveva smesso di dimenarsi ma continuava a guardarlo in modo ostile.
   «Allora, si può sapere cosa pensavi di fare?» cominciò l’agente. Dall’altra parte non ricevette nessuna risposta, solo un’espressione sprezzante. «Rispondi!» tirò un pugno al muro, vicino al volto dell’aggressore.
   «Ok, ok…» ribatté l’uomo, spaventato. Era chiaro che non si trattasse di un professionista. «Ma in cambio voglio l’immunità o un compromesso.»
   «Così si ragiona.» disse Shion, con un ghigno sul volto. «Sei solo un pesce piccolo, a me interessa il vero colpevole.»
   «B-beh allora continua le tue indagini... io non mi faccio ammazzare!» balbettò l’interrogato, cercando di sgattaiolare via.
   «Fermo!» Shion lo bloccò di nuovo, questa volta puntandogli contro un pugnale. «Uff, come sei stupido.»
   «Meglio stupido che morto!»
   «Se non parli ti ammazzo io in ogni caso!» Disse in modo serio e perentorio, avvicinando il pugnale alla gola dell’uomo. Era sicuro che si trattasse di un criminale occasionale, un po’ di scena sarebbe bastata a fargli vuotare il sacco. «Allora?»
   «Rischieresti la carriera per un pesce piccolo?» l’uomo provò malamente a tirarsene fuori.
   «Tzk. Io non rischio proprio nulla...» rispose Shion. Le sue labbra si incurvarono in un sorrisetto sadico a supporto della sua recita. «Mi pagano per uccidere.»
   «Ma, ma, ma… non mi pare ti stia attaccando o minacciando, giusto?»
   «Poco importa. Nessuno cercherebbe il tuo cadavere in ogni caso. Spariresti nel nulla senza che nessuno se ne accorga… puff. Se invece parli, sei libero.»
   «Sì, certo, e io ci credo che mi lasciate andare. Siete tutti così, voi della yakuza
Shion scoppiò in una fragorosa risata.
   «Hahaha yakuza1? Certo, come no! Non immagini nemmeno con chi hai a che fare. Ti do l’ultima possibilità. Parla o taci per sempre.» l’agente avvicinò ancora di più il pugnale alla gola dell’uomo, fino quasi a lasciargli un segno sulla carne. «Smettila di fare tante storie! Chi ti manda?»
   «Ok, ok basta! È stato il fratello di Iwata! M-mi ha mandato lui!»
Shion non poté nascondere un certo stupore.
   «Il fratello minore?»
   L’uomo annuì ripetutamente.
   «Mi ha pagato… parecchi soldi. Io sono senza lavoro, ho una moglie e due figli piccoli, cerca di capire, ho accettato…»
   «E perché lo avrebbe fatto?»
   «Il diamante… vale milioni di yen. È andato in eredità al figlio maggiore, ma lui non lo ritiene giusto. Lo vuole tutto per sé! Vuole venderlo! Ha detto che mi avrebbe pagato l’altra metà del compenso con quei soldi!»
   «E quella specie di Ninja
   «N-ninja
   «Quelli che hanno cercato di rubare il diamante due giorni fa.»
   «N-non so nulla di loro. Solo che hanno fallito e quindi il secondogenito degli Iwata si è rivolto a me. Lavoravo per i coniugi Iwata come autista prima che mi licenziassero…»
   «Amati da tutti un cavolo, tzk.» Shion liberò dal coltello la gola dell’uomo. «Perfetto. Ora seguimi senza fare storie. Devo andare all’esposizione.»
   L’uomo brontolò un po’, ma non oppose resistenza, ancora intimorito dall’aggressività del giovane agente.
 
   Nel frattempo, all’esposizione, Minki era stato ingaggiato per flirtare con May. Lo scopo era quello di convincerla a restare sola con lui, ucciderla e sbarazzarsi del cadavere. La vendetta di Ray stava tardando troppo, a Tokyo come a Cancún, non c’era tempo da perdere.
   «Ehi bellissima, ci si rivede!» le si avvicinò, facendole l’occhiolino.
   «Uhm?» May rivolse lo sguardo verso il ragazzo. Appena lo riconobbe, si ricordò ciò che le aveva detto Minho e decise che era meglio tenere il più possibile le distanze. «Ah, buonasera.»
   «Sei qui da sola?»
   «Ancora per poco, il mio accompagnatore arriverà presto...»
   «Ma come si fa a lasciare tutta sola una bella ragazza come te? È proprio da stupidi.»
   «Sai, non si può rimanere sempre appiccicati, come le cozze.» sottolineò le ultime parole facendo un passo indietro rispetto a Minki, che le stava troppo vicino per i suoi gusti.
   «Se fossi nel tuo accompagnatore non ti perderei di vista nemmeno un momento. Stasera sei troppo sexy per andare in giro da sola…» Minki si leccò le labbra in modo viscido, cosa che fece rabbrividire May.
   «Scusa ma non sono interessata alle tue avances…»
   Ignorando la risposta della ragazza, Minki accorciò di nuovo le distanze e le mise una mano intorno alla vita, vicino, troppo vicino al sedere.
   «E a me non interessa se a te non interessano le mie avances
   Shion era appena arrivato e già aveva visto da lontano la scena. Un po’ preso dalla gelosia e un po’ ricordandosi ciò che gli aveva detto Minho, non se ne restò certo a guardare. In un attimo fu addosso a Minki e lo colpì con un pugno dritto in faccia.
   «Non la toccare!»
   «Shion!» esclamò May, colta di sorpresa.
   Minki era volato a terra con un labbro rotto. Jiho si era già avvicinato nel caso dovesse intervenire, ma non ci fu nessun contrattacco e anche Shion non infierì ulteriormente sull’avversario, aveva già attirato troppo l’attenzione dei presenti.
   «Questa me la paghi…» si limitò a dire Minki, rialzandosi e asciugandosi il labbro con il dorso della mano. Jiho gli aveva fatto cenno con il capo di raggiungerlo e lasciar stare. Agire così allo scoperto sarebbe stato solo controproducente.
   «May, è tutto a posto?» le chiese Shion, posandole le mani sulle spalle.
   «Sì, tutto a posto. Ma non avrai esagerato un pochino?» gli chiese poi all’orecchio, sottovoce.
   Shion scosse la testa in segno di dissenso.
    «May, non voglio che nessuno ti infastidisca…» Il ragazzo fece una piccola pausa e raccolse finalmente il coraggio di dare voce ai sentimenti che aveva represso per tutto quel tempo «Ormai è da tanto che mi trattengo, però, quando ho visto che Minki ti si avvicinava così, non ci ho più visto. Sapendo chi è poi…»
   La ragazza si limitò a guardarlo, aspettando impazientemente altre spiegazioni.
   «May, il fatto è che... mi piaci! Mi piaci da quando ti ho vista la prima volta, anche se non ho mai avuto il coraggio di dirtelo!»
   «Shion...»
   Il ragazzo prese delicatamente il volto di May tra le mani, avvicinandola a sé, e la baciò. May si sentì un po’ in imbarazzo e presa alla sprovvista, ma allo stesso tempo felice e si strinse di più a lui. Shion, sentendosi ricambiato, iniziò a baciarla in modo più appassionato, finché dalla sala non si sollevò uno scrosciante rumore di applausi. I presenti, che erano stati attirati poco prima dallo scontro con Minki, avevano assistito a tutta la dichiarazione. Addirittura, qualcuno fischiò e alcune signore iniziarono a lamentarsi coi mariti per non essersi dichiarati con un bacio a loro tempo. I due ragazzi, troppo presi dal flusso degli avvenimenti, non si erano accorti di essere al centro dell’attenzione e appena sentirono gli applausi si separarono immediatamente.
   «Shion, ora forse stiamo dando un po’ troppo spettacolo…»
   Il ragazzo si passò una mano dietro alla nuca, ridendo imbarazzato.
   «Ehm, sì, forse è meglio tornare discretamente alla nostra missione.»
   «Sì, credo sia meglio…» concordò May, anche lei rossa in volto.
   Shion la prese per mano e si avviò verso il bar, dal quale era possibile tenere d’occhio Iwata, il diamante e soprattutto, non essere seguiti dai curiosi.
   Iwata li raggiunse un attimo dopo.
   «Ragazzi, ma voi non eravate già una coppia?» chiese sottovoce, in tono interessato.
   «Ehm... sì, ma sa, quando si riaccende il fuoco della passione... hehehe» si giustificò May.
   «Hahaha! I giovani d’oggi!»
   «Comunque, abbiamo scoperto l’identità di chi vuole farle del male.» cambiò argomento Shion «Ho già avvisato il nostro capo, che ha subito inviato degli agenti della polizia locale ad arrestarlo. Si tratta di suo fratello minore.»
   «Eh?!» esclamò Iwata, incredulo «Com’è possibile...»
   «Sono desolato di darle una simile notizia...»
   «Come gli è venuto in mente di spingersi a tanto!?»
   «A quanto ci ha detto l’uomo che ha tentato di aggredirla poco fa, suo fratello ha pagato lui e quegli strani ninja per rubare il diamante e rivenderlo.»
   «Sciagurato! Se solo avessi saputo di un simile intento… lo avrei punito io stesso! Vi ringrazio ragazzi, ora dovrei essere al sicuro, no?»
   «Il suo aggressore al momento è in mano alla polizia, anche se lo rilasceranno non credo le darà più fastidio. Tuttavia, il nostro compito consiste nel proteggerla fino a quando la squadra locale non avrà arrestato il vero colpevole. Dopodiché potrà considerarsi al sicuro. Entro domani mattina dovrebbe essere tutto risolto.»
   «Ottimo lavoro, vi ringrazio, ragazzi.»
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   La serata era ormai giunta al termine. Shion e May avevano appena scortato il signor Iwata in hotel quando arrivò loro una chiamata dal quartier generale di L. I colpevoli erano stati catturati dalla polizia locale e la missione era stata portata a termine con largo anticipo. Ci sarebbero voluti almeno un paio di giorni perché L annunciasse definitivamente il loro rientro in Corea, così per quella sera decisero di uscire a festeggiare e godersi un po’ di relax. Per l’occasione scelsero un ricercato bar panoramico in cima a un grattacielo. La vista notturna di Tokyo era splendida, oltre che estremamente romantica.
   «Alla nostra missione!» disse Shion, brindando con del vino rosso.
   «Oggi mi hai davvero sorpresa!» esclamò May.
   «Hehehe» rise nervosamente lui «Avevo pensato e ripensato mille volte a come dirtelo, ma non immaginavo minimamente che sarebbe andata così!»
   «Direi scena degna di un film!» esclamò May. Un leggero imbarazzo traspariva dalle sue guance arrossate.
   «Ti confesso che se ci ripenso mi vergogno ancora, ma lo rifarei lo stesso altre mille volte.» Shion accennò un bacio affettuoso sulle labbra della ragazza. Lei gli sorrise compiaciuta.
   «Comunque, questo caso è stato davvero esilarante!» osservò May «E così alla fine i ninja erano dei semplici commedianti esperti in dimostrazioni di arti marziali. Assurdo!»
   «Davvero! Il fratello del signor Iwata è riuscito a corrompere veramente chiunque!»
   «Un vero pazzo!»
   «Cambiando discorso, invece… sono un po’ preoccupato per Minho. Stasera non l’ho visto all’esposizione. Ho paura di averlo messo in difficoltà e che ora sospettino di lui. Non si è mai tirato indietro per aiutarci, dovremmo fare qualcosa per lui.»
   «Hai ragione, ma cosa? Forse è il caso di parlargli.»
   «Vorrei farlo, ma… Non possiamo contattarlo senza preavviso, rischiamo di metterlo nei guai.»
   «In ogni caso, è meglio tenere gli occhi aperti. Se dovesse avere bisogno di aiuto dovremmo essere pronti a intervenire.»
   Shion annuì. Aveva la sensazione che stesse per accadere qualcosa di brutto.


 

1. Yakuza: mafia giapponese



Fine cap. 15

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Eccomi qui! Questa volta puntuale! Sono arrivata a revisionare il cap. 19, quindi per un po' dovrei essere in pari xD

Ad ogni modo... Taeoh e Dawon cominciano a vacillare, ce la faranno a opporsi a Ray?
Nel frattempo un nuovo indizio porta le agenti sempre più vicine a trovare il magazzino di Kang TaeYoo, ma Lizzy non collabora. Chissà se il suo sciopero avrà delle ripercussioni sul caso!
May e Shion hanno catturato l'autore delle minacce al signor Iwata, scoprendo qualcosa di veramente assurdo! Ma soprattutto, si sono finalmente dichiarati! E per celebrare questo evento, al posto di propinarvi il solito schemino dei personaggi, voglio proporvi l'opera di una disegnatrice coreana che adoro alla follia, Zipcy (@zipcy). I protagonisti di questo disegno somigliano tanto ai personaggi di May e Shion per come me li immagino~

Alla prossima!

Misa


 
 

 
  

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Capitolo 16
*** Cap. 16 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 16 -





   Cancún, 7:05 PM.
 
   Erano passati tre giorni dalla sparatoria, ma delle possibili correlazioni tra lo spacciatore e il magnate non se ne era saputo più nulla. Le indagini della polizia locale procedevano molto lentamente e gli interrogati si stavano dimostrando poco collaborativi.
   Quella mattina, Iris e Wendy avevano finalmente ottenuto le autorizzazioni necessarie a controllare le telecamere dell’ospedale, le quali, però, si erano rivelate molto meno numerose del previsto. Le uniche ad essere realmente attive, infatti, erano quelle puntate sugli ingressi. Le ragazze avevano passato l’intera giornata a visionare i filmati, ma non era emerso assolutamente nulla. Proprio quando stavano per gettare la spugna, però, Iris si accorse di un dettaglio fuori posto.
   «Aspetta, Wendy, hai visto?»
   «Cosa c’è ora?» chiese svogliatamente l’amica, intenta a bere un caffè rimediato alle macchinette. Sperava che il lavoro fosse concluso e di potersene finalmente tornare in hotel.
   «Prova a tornare un po’ indietro.»
   Wendy riavvolse di qualche secondo la registrazione della notte in cui il ragazzino della sparatoria era stato assassinato in ospedale.
   «Guarda l’uomo in nero col cappello da baseball e lo zaino in spalla.»
   «Beh? Che ha di strano?»
   «È l’unico ad essere rimasto in ospedale solo pochi minuti.»
   «Uhm?» Wendy si mise più composta sulla sedia e riavvolse la registrazione finché non vide l’uomo in nero comparire sullo schermo «È entrato alle 2:54» poi mandò avanti il filmato «Ed è uscito alle 3:07. Tredici minuti spaccati.»
   «Non era certo lì per assistere un parente... quanto ci vuole per raggiungere la camera di Dawon?»
   «Mah, stando larghi… quattro minuti prendendo l’ascensore. È al primo piano.»
   «Avrebbe avuto tutto il tempo di infilarsi il camice e uccidere il ragazzino. Considerando che lo hai sorpreso non si sarà trattenuto più di un paio di minuti nella stanza di Dawon.»
   «A pensarci bene, anche l’orario coincide! È lui l’assassino!»
   «Peccato solo che il cappello gli copra completamente il viso da questa angolazione.»
   «Merda! Siamo di nuovo a un punto morto!» Wendy abbandonò il telecomando sul tavolo e sprofondò nella sedia da lavoro. «Per oggi direi di smetterla qui.»
   «E va bene, torniamo in hotel.»
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Nel frattempo, Taeoh e Daeju erano andati a far visita a Dawon. La sera precedente era toccato a Taeoh il turno di notte, quindi questa volta sarebbe spettato a Daeju rimanere in ospedale, mentre Taeoh sarebbe tornato in hotel.
Appena varcata la soglia della hall, il ragazzo incontrò Lizzy, che lo salutò con fare entusiasta.
   «Ciao, Taeoh! Non c’è Daeju?»
   «Ciao, Lizzy. È rimasto in ospedale con Dawon, perché?»
   «In ospedale?» la ragazza sembrò cadere dalle nuvole.
   «Sì, è rimasto coinvolto in una sparatoria, non te l’hanno raccontato Iris e Wendy?»
   «A dire il vero, non le vedo da qualche giorno. Sai com’è, sono stata un po’ impegnata. Ma comunque, quando è successo? È grave?»
   «Tre giorni fa. È stato colpito a un braccio, ma per fortuna si sta riprendendo velocemente.»
   Lizzy si portò una mano davanti alla bocca con aria esterrefatta.
   «Accidenti, ragazzi! A quanto pare i vostri amichetti sanno mandare delle macumbe terribili!»
    «Che?» chiese Taeoh, confuso.
   «L’altro giorno ho visto Buffy… volevo solo passare una serata in compagnia, ma dopo un po’ che beveva vino ha iniziato a sproloquiare, non sai quante ve ne ha dette dietro!»
   «Buffy? Che ci facevi con Buffy?»
   «Ah, l’ho incontrato per caso. Non avevo capito subito che era lui, e, sai, siamo scesi un po’ in atteggiamenti… intimi, se così si può dire.» Lizzy sorrise divertita al ricordo di averlo abbandonato in hotel il mattino dopo. Appena si era messo a parlar male dei propri amici aveva iniziato a starle oltremodo antipatico.
   Taeoh la osservò con aria ancora più confusa. Come diamine c’era finita Lizzy a letto con Buffy?
   «E dai, non guardarmi con quella faccia!» protestò lei «Non dirmi che non sei tipo da one night stand!»
   «Non molto a dire il vero.» si giustificò Taeoh. Poi gli tornò in mente che la mattina prima della sparatoria lui e i colleghi avevano incontrato le agenti a fare colazione in hotel e, da quel poco che erano riusciti a captare da lontano, era stata proprio Lizzy a dire loro di recarsi nel quartiere malfamato di Cancún. «Senti, ma, di preciso, quand’è che vi siete incontrati tu e Buffy?»
   Lizzy non riuscì a trattenere una risatina compiaciuta.
   «Sei geloso? Non è che starai cambiando idea…» gli fece l’occhiolino in maniera ammiccante.
   «No, non è quello!» Taeoh sentì un brivido lungo la schiena.
   «Tranquillo, mica ti salto addosso!» rise di nuovo lei «Comunque deve essere stato quattro giorni fa. Anzi, ne sono sicura.»
   «Ah, perfetto, grazie.»
   «Comunque, è davvero antipatico! L’avevo pure invitato a vedere i murales con me e le ragazze, ma ha detto che non gliene fregava niente!» Lizzy ne approfittò per mettere una toppa a un suo errore. Quella sera, infatti, si era lasciata scappare che lei e le colleghe sarebbero dovute andare nel quartiere in questione il giorno seguente e si era lamentata di non averne assolutamente voglia. Era abbastanza sicura che Buffy, ubriaco com’era, non si sarebbe ricordato i dettagli, quindi era meglio far sapere a tutti la propria, falsissima, versione dei fatti, così avrebbero pensato che fosse stato lui a capire male. Certo non poteva immaginare che la sua confessione avrebbe colpito Taeoh come un fulmine a ciel sereno.
   Il ragazzo realizzò che Buffy e James sapevano dei murales. O meglio, potevano facilmente prevedere che lui e colleghi avrebbero seguito le agenti fin lì, come sempre d’altronde. Forse era un po’ azzardato pensare che fossero stati quei due a pagare i ragazzini per sparare e a uccidere il testimone, ma non era nemmeno una pista da abbandonare. Doveva avvertire al più presto i colleghi.
   «Sia lui, sia James sono dei veri dementi. Ora scusami ma devo andare.» così dicendo, Taeoh corse in camera per chiamare Dawon e Daeju, lasciando Lizzy a guardarlo con aria perplessa.
   «Ma che gli è preso? Volevo invitarlo da me stasera… uffi!»
 
   Pochi attimi dopo anche Iris e Wendy rientrarono in hotel e incrociarono Lizzy ancora ferma sull’ingresso.
   «Lizzy! Allora sei ancora viva! Si può sapere che fine avevi fatto?» la rimproverò Wendy.
   «Avevo da fare! Che ne sai tu?»
   «Sì, certo, da fare… hai intenzione di sparire di nuovo?»
   «Non chiedetemi di restare a casa stasera! Stanno allestendo tutto il quartiere!»
   «Beh, è arrivato il weekend... Ma non hai già fatto abbastanza vacanza tu?» continuò a punzecchiarla Wendy.
   «Te l’ho detto, sono in sciopero! E comunque devo assolutamente andare a conquistare qualche bel ragazzo del posto! Quando mi ricapita sennò?»
   «Tzk, non avevo dubbi.» commentò Wendy.
   «Fate un po’ come vi pare, io vado!» ribadì Lizzy, offesa, per poi voltare loro le spalle e andarsene ancheggiando agilmente sui suoi tacchi a spillo.
   «Però non ha tutti i torti.» osservò Iris «Potremmo andare anche noi, no?»
   «Cos’è, adesso vuoi farti anche tu i ragazzi del posto?»
   «No! Intendevo che potrebbe essere una buona occasione per mischiarsi tra la folla e raccogliere informazioni. In occasioni come queste la gente parla… e sicuramente da qualche parte gireranno i “prodotti” del nostro caro magnate.»
   «Non ti sono bastate le dodici ore di lavoro di oggi?» fece la tragica Wendy.
   «Dodici? Saranno state sei al massimo.»
   «Senti, non puntualizzare! Sei la solita stacanovista!»
   «Va bene, fai come vuoi. Io mi cambio e vado a cena fuori.»
   «Cena, dici?»
   «Sì, voglio provare un po’ di street food. Sono stanca del ristorante.»
   «Dieci minuti e sono pronta! Stasera si esce!»
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Pochi minuti dopo, le due agenti avevano raggiunto le innumerevoli bancarelle schierate per il quartiere e si erano immerse tra le persone più disparate che si erano riversate per le strade in quel weekend di festa. Bastava guardarsi un attimo intorno per vedere che c’era veramente di tutto, dagli stand col cibo a quelli con vestiti, borse o souvenir, oltre che moltissimi giochi da fiera. Anche i locali erano tutti estremamente affollati.
   Wendy si fermò per un attimo e inspirò a pieni polmoni l’aria impregnata di profumo di cibo.
   «Tu non hai ancora fame?»
   «Veramente ho appena finito i tacos che abbiamo preso prima.» rispose Iris, molto meno vorace dell’amica.
   «E smettila di stare a dieta…»
   «Non sono a dieta!»
   Improvvisamente, Wendy si sentì afferrare con prepotenza per la spalla, trovandosi costretta a voltarsi verso la persona che la stava importunando.
   «Chi non muore si rivede!» esclamò una voce familiare. A strattonarla era stato Buffy.
   Un po’ d’istinto e un po’ per antipatia verso il soggetto in questione, Wendy gli afferrò il braccio con cui l’aveva toccata, ruotandolo fino a bloccarglielo dietro alla schiena.
   «Ahi! Ehi, ferma!» si lamentò lui, liberandosi dalla presa e massaggiandosi la spalla dolorante.
   «Toccami ancora e la prossima volta te lo rompo…»
   «Hahaha ma sentila, la tua scontrosità mi eccita.» rispose Buffy, non prendendo per nulla sul serio la minaccia della ragazza e facendo il pervertito come al solito.
   «Quanta violenza…» commentò James, raggiungendo l’amico. Era abbastanza scontato che quei due fossero insieme, come sempre d’altronde. «Perché non vi calmate un attimo e non ci fate un po’ di compagnia, bamboline?»
   «No, grazie.» rispose sbrigativamente Iris, facendo per sorpassare i soggetti molesti e tirare dritta per la propria strada.
   Non contento della risposta, James la tirò per un braccio.
   «Oh avanti, non fate le preziose.»
   La ragazza, ancora più infastidita, si liberò dalla presa con uno strattone.
   «La fate finita!?»
   «Oh, oh, alza la voce…»
   «Spostatevi o finisce male.» Iris cercò di nuovo di superarli, ma i due non erano intenzionati a demordere. James le sbarrò la strada, spintonandola malamente per farla tornare al suo posto.
   «Tzk. A chi credi di far paura esattamente?»
   Indietreggiando, Iris andò a sbattere con la schiena contro alcuni passanti, i quali guardarono male il gruppetto di ragazzi e si allontanarono indispettiti. La ragazza fece un lungo sospiro. Stava per perdere le staffe e le ci volle parecchio autocontrollo per non alzare le mani contro quei due. Lo stesso valeva anche per Wendy. Buffy e James erano veramente insistenti, sembrava impossibile allontanarli con le buone maniere, ma sarebbe stato troppo rischioso dare luogo a una rissa nel caos delle strade. Oltre ad andare contro l’etica professionale, c’era troppa gente e avrebbero sicuramente attirato l’attenzione e insospettito qualcuno.
   Proprio quando la situazione sembrava senza via di fuga, fece la sua comparsa una delle poche persone che avrebbero potuto mettere a tacere Buffy e James senza sollevare troppo trambusto.
   «Che succede qui?» chiese Taeoh in tono di rimprovero, arrivando alle spalle dei due novellini e scansando indelicatamente James. Come aveva deciso insieme a Dawon e Daeju, la missione era sospesa, ma la cosa riguardava solo loro tre e il loro tradimento nei confronti di Ray, non certo Buffy e James, che, oltre ad essere alquanto sospetti, era sicuro avrebbero continuato a dare la caccia alle agenti. Per questo, fin da quando avevano lasciato l’hotel quella sera, li aveva seguiti a distanza. Inizialmente ce l’aveva messa tutta per non intervenire, ma vedere Iris spintonata in quel modo l’aveva a dir poco infastidito.
   «Ti sembra il modo di trattare una ragazza?»
   «Tzk, è arrivato il principe azzurro…» commentò con disprezzo James.
   «Ma che ne sai te di come si trattano le ragazze?» lo provocò Buffy.
   Taeoh si limitò a guardarlo dall’alto in basso e lasciò cadere nel vuoto la provocazione.
   «Andiamo.» disse poi rivolto a Iris e Wendy, facendo loro cenno di seguirlo tra la folla. I novellini non si azzardarono ad andargli dietro.
   «Non ho parole…» si lamentò Buffy con l’amico «Ma l’hai visto? Lui e gli altri non avranno mai il coraggio di farle fuori!»
   «Vorrà dire che avremo noi questo piacere…» lo rassicurò James. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso maligno. Buffy sorrise compiaciuto a sua volta.
   «Loro e quei coglioni dei nostri superiori.»
   «Siamo quasi a meno uno…»
   Convinti dei loro assurdi piani di conquista, i due si misero a ridere ad alta voce, attirando gli sguardi dei passanti. Nonostante sembrassero solo due svitati con manie di conquista, il loro piano lo stavano portando avanti sul serio, in un modo che i loro colleghi non potevano nemmeno immaginare.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Dopo che i tre si erano allontanati da Buffy e James, Wendy aveva insistito per prendere qualcos’altro da mangiare, perciò i Iris e Taeoh l’avevano accompagnata a uno stand di street food e insieme si erano messi a camminare tranquillamente tra la folla. I colori e la musica della città in festa erano molto allegri e vivaci, ma non sembrava di vedere nulla di utile alle ricerche. Forse la presenza di una moltitudine non indifferente di turisti non favoriva il diffondersi di pettegolezzi e discorsi riguardo ai fatti di cronaca di pochi giorni prima. Non c’erano nemmeno movimenti sospetti, tutto si stava svolgendo nel più tranquillo e usuale dei modi.
   «James e Buffy sono davvero dei pervertiti… mi dispiace che vi causino sempre problemi.» disse Taeoh tutto a un tratto.
   «Ah, non preoccuparti, rompono le scatole, ma alla fine non sono capaci di combinare nulla.» Iris cercò di sminuire la questione.
   «Lo spero…» conoscendo la loro vera identità, Taeoh non era per nulla tranquillo. Quei due non seguivano gli ordini di nessuno e davano libera interpretazione pure alle richieste di Ray.
   «Ma sì, ne sono più che certa, non preoccuparti.» al contrario, Iris pensava che fossero due persone comuni e che lei e Wendy avrebbero potuto metterli al tappeto in un attimo, perciò cercò di tranquillizzare Taeoh. «Vero, Wendy?» la ragazza si voltò in cerca dell’amica, rendendosi conto solo in quel momento che era scomparsa tra la folla. «Wendy?» la chiamò di nuovo, senza risultato.
   «Ma che fine ha fatto?» chiese il ragazzo, di nuovo allarmato.
   «Aspetta, provo a chiamarla.» Iris si spostò su un lato della strada e compose il numero dell’amica sul cellulare.
 
   «Shì?» Wendy rispose al telefono con la bocca ancora piena di cibo.
   «Tutto bene? Dove sei?»
   «Sto sparando…»
   «Sparando?» chiese Iris, un po’ preoccupata.
   «Sì… c’è una stupida papera che non vuole morire!»
   «Che?» chiese di nuovo Iris, senza capire a cosa si riferisse l’amica.
   «La papera! Devo andare!»
   «Non dirmi che…» Iris cercò di confermare i propri sospetti, ma Wendy aveva già riattaccato.
 
   «Che succede? Sta bene?» chiese Taeoh.
   «Sì, è andata a giocare al tiro al bersaglio!»
   «Tiro al bersaglio?» commentò lui, un po’ perplesso. Per un attimo aveva pensato che si trattasse di qualcosa di serio.
   «Già… è da questa parte, l’ho visto pri- ah.» Iris fu interrotta da uno dei suoi fastidiosi capogiri. Istintivamente chiuse gli occhi, scongiurando il senso di nausea, e si appoggiò a Taeoh.
   «Ehi, tutto bene?» chiese lui, mettendole le mani sulle spalle come per sorreggerla.
   «Scusa, sono solo un po’ di vertigini. Mi capita spesso, ci sono abituata.»
   Le ci volle quasi un minuto prima di riuscire a riaprire gli occhi. Una crisi così lunga non le capitava da un pezzo, rischiava di diventare un problema serio durante la missione. Si maledisse mentalmente per non aver seguito le indicazioni di Kibeom in modo costante.
   «Passato?» Taeoh si abbassò leggermente verso di lei per poterla guardare negli occhi.
   «Sì, è tutto ok.»
   Solo dopo essersi accertato che Iris avesse recuperato l’equilibrio, Taeoh lasciò la presa sulle sue spalle.
   «Stavo dicendo, è da quella parte il tiro al bersaglio.»
   «Ok, raggiungiamola.»
   I due si immersero di nuovo nella folla, in cerca di Wendy, ma dopo pochi passi si imbatterono in un’anziana signora, incappucciata e coperta da un largo mantello, che si piazzò davanti a loro sbarrando la strada col suo bastone.
   «Giovane coppia, perché non venite a farvi leggere il futuro?»
   «No, grazie.» rifiutò seccamente Taeoh, poco propenso a perdere tempo e ansioso di recuperare Wendy prima che potessero raggiungerla i due novellini.
   «Non fate complimenti, la prima volta è gratis!»
   «Veramente, avremmo altri piani…» cercò di svignarsela Iris.
   «Ho detto che è gratis!» ribadì in tono minaccioso la vecchia, lanciando loro uno sguardo torvo.
   «Se proprio insiste…» Iris fece per seguirla nel suo tendone pensando che se la sarebbero sbrigata più in fretta ascoltandola per un paio di minuti che continuando a rifiutare, ma Taeoh la trattenne per la mano. Al ché, la bizzarra veggente sollevò il bastone, indispettita, e lo picchiò con forza per terra.
   «Ok, ok.» A quel punto anche Taeoh si rassegnò a entrare nel tendone.
   L’interno era completamente buio, fatta eccezione per qualche candela posata sul tavolo intorno a una sfera di cristallo. La signora fece loro cenno di sedersi di fronte a lei e posizionò le mani intorno alla sfera, iniziando a esibirsi in gesti che avevano tutta l’aria di essere solo coreografici e in strani versi indecifrabili. I due malcapitati si guardarono con aria tra il divertito e il perplesso.
   «Vedo… vedo crisi nel vostro futuro!» esclamò con molta enfasi la veggente. «Vedo una strada segnata dalla menzogna, intenzioni spregevoli mascherate da gesti affettuosi. Vedo bugie, falsità. Il vostro amore è destinato a fallire!»
   «Ehm, ecco… non vorrei deluderla, ma, il fatto è che… non siamo una coppia.» cercò di correggerla Iris.
   Taeoh trattenne a stento una risata per il fallimento della predizione e fece per lasciare il suo posto, ma la vecchia si alzò di scatto e urlò «Fermi!», spalancando gli occhi come se avesse visto un mostro. Taeoh si rincollò immediatamente alla sedia.
   «Non volete sapere altro?» chiese poi la veggente, speranzosa di ottenere un pagamento.
   «A dire il vero no.» la deluse Taeoh.
   In quel momento, Iris ebbe un’idea. Quell’anziana signora sembrava piuttosto strampalata, ma era pur sempre una persona del posto, e si sa che tra gli anziani il gossip corre più in fretta che sui social media. Sicuramente ne sapeva qualcosa del cadavere rinvenuto a riva.
   «Io avrei una curiosità invece.»
   Taeoh guardò Iris con espressione sconvolta come per dirle “ma davvero le vuoi dare corda?”.
   «Che tipo di curiosità?» chiese la veggente.
   «Ecco, ho spesso sentito parlare di veggenti e medium che aiutano le indagini della polizia e mi chiedevo se anche lei lo facesse.»
   «Certamente, le mie predizioni sono accurate al cento per cento.»
   «Allora immagino avrà sentito parlare dello spacciatore morto trovato in mare l’altro giorno…»
   «Oh, no, non ho nessuna intenzione di immischiarmi in faccende che non mi riguardano.» La vecchia incrociò le braccia e assunse un’espressione offesa. Era il chiaro segnale che qualcosa sapeva.
   A quel punto Iris prese qualche spicciolo dal portafogli e glielo porse. La veggente allungò la mano da sotto al mantello scuro e prese le monete, ma non sembrò soddisfatta e continuò a fare silenzio, scuotendo la mano per indicare che ne voleva di più. Al ché la ragazza, un po’ a malincuore, passò alle banconote.
   «È sufficiente?» chiese Iris.
   La vecchia contò i soldi e se li misie in tasca.
   «Sì, può andare.» si schiarì la voce «Sei sicura di voler sapere? Certe faccende non sono umane, è meglio lasciare il segreto ai morti.»
   «In che senso non sono umane?»
   «Abito in questa città da molti anni, ne ho viste di morti come quella! E fidati, ragazza mia, se ti dico che anche solo sapere potrebbe metterti nei guai. Gli spiriti verrebbero a cercarti.»
   «Voglio sapere.» insistette Iris, del tutto convinta che ci fosse molto di umano e poco di ultraterreno in quella faccenda.
   «E va bene.» si convinse la veggente «Voi sciocchi penserete che ciò che sto per dirvi sia assurdo, ma è la pura verità. La leggenda dell’isola non è solo frutto della fantasia. Sono sicura che quello stupido uomo abbia osato avventurarcisi ed ecco che gli spiriti lo hanno punito!»
   «Quale isola?»
   «L’isola di cui tutti sanno ma nessuno parla. La leggenda narra che lì, più di cent’anni fa, furono fatte delle esecuzioni spietate e che gli spiriti dei morti ancora oggi si aggirino per la vegetazione senza riuscire a dimenticare il loro doloroso passato. Ogni anno qualche pazzo prova ad avventurarcisi, ma viene inevitabilmente giustiziato dagli spiriti e ritorna a riva con un buco in fronte, dopo essere stato torturato dalle onde per giorni e giorni. Anche lo sciagurato deve aver pensato di nascondersi lì ed è stato punito! Può sembrare un omicidio umano, ma credetemi, sono stati gli spiriti!»
   «Tutte baggianate… l’avranno ucciso e poi avranno gettato il cadavere in mare.» commentò sottovoce Taeoh.
   «Ummm, e dove sarebbe quest’isola?» provò a chiedere Iris.
   «Sciagurata! Non pensare nemmeno di andarci! Neanche se dovessi incapparci per sbaglio mentre giri in barca vicino alla costa!»
   «È vicina alla costa quindi?»
   «Non aggiungerò altro! Ho già detto troppo! Che gli spiriti dei dannati mi perdonino!» Così dicendo, la vecchia chiuse definitivamente il discorso, borbottò una strana preghiera e fece cenno ai ragazzi di andarsene.
   A quel punto Iris e Taeoh poterono finalmente raggiungere Wendy, che nel frattempo aveva continuato a vincere così tanti premi da riempirci una busta intera. In più accanto a lei c’era anche un peluche gigante a forma di panda, che era il premio più difficilmente conquistabile dello stand.
   «Questo voglio portarlo a Dawon!» esclamò Wendy, indicando il panda gigante «Così gli farà compagnia!»
   «Mi sembra un’ottima idea! Gli somiglia pure!» concordò Iris.
   «Un pochino sì.» rispose Wendy, sorridendo al pensiero della similitudine tra i cerchi neri intorno agli occhi del panda e l’accenno di occhiaie che caratterizzava gli occhi Dawon. «Comunque, pima di tornare in hotel passo in ospedale!»
   «In ospedale? Perché tutto a un tratto?» chiese Taeoh.
   «Beh, te l’ho detto, voglio portargli il panda gigante.»
   «Ti accompagniamo?» le chiese Iris, un po’ preoccupata all’idea di lasciarla andare da sola di notte in una zona così pericolosa, visti gli avvenimenti dei giorni passati. Se non altro era sicura che Wendy, da americana fanatica delle armi quale era, avesse con sé la sua pistola.
   «Non credo proprio che vi farebbero entrare, è meglio se vado da sola. Ho intenzione di usare ancora la scusa della ragazza, quindi verreste per nulla visto che non è orario di visita.»
   «Ok. Se hai bisogno chiamami.»
   «Tranquilla, ho il panda gigante a proteggermi. Ci vediamo più tardi in hotel!» così dicendo, Wendy si allontanò a passo spedito verso l’hotel, dove chiese a uno dei receptionist di chiamarle un taxi per raggiungere l’ospedale. Non sapeva spiegarsi il perché ma al solo pensiero di vedere Dawon si sentiva di buon’umore. Non vedeva l’ora di scoprire che faccia avrebbe fatto il ragazzo per la visita fuori programma.



Fine cap. 16
_______________________________


Rieccomiiiii *^*
A quanto pare i ragazzi sono passati da nemici a quasi alleati! Taeoh sembra non essere più tanto indifferente a Iris, e anche Wendy e Dawon sono un po' sospetti dal punto di vista romantico <_< cosa staranno combinando?
Nel frattempo le indagini continuano. Il traffico di droga di Kang TaeYoo ha i minuti contati!

Ormai è un po' di tempo che me la sto prendendo con calma a pubblicare. Non so se ci sia qualcuno che sta seguendo la storia al di fuori degli scambi, nel caso se questo modo incostante di pubblicare risulta fastidioso fatemi un cenno, cercherò di essere più puntuale!

Per oggi è tutto!
A presto~

Misa

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Capitolo 17
*** Cap. 17 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 17 -
  




 
   Cancún, 10:44 PM.
 
   Il taxi di Wendy era arrivato in fretta e la ragazza era salita con tanto di peluche gigante a forma di panda e di buste piene di premi vinti al tiro al bersaglio. Arrivata in ospedale, era riuscita a corrompere i medici grazie alla solita scusa di essere la ragazza di Dawon ed era entrata senza problemi nella camera in cui era ricoverato il ragazzo.
   «Buonasera!» esclamò esultante, varcando la soglia e appoggiando le buste sul tavolo della stanza.
   «Shhh…» Daeju si portò l’indice davanti alle labbra, avvisando Wendy di non fare rumore. Il letto affianco a quello di Dawon era stato occupato da un nuovo paziente, che in quel momento stava dormendo.
   «Ciao!» la salutò Dawon, cercando di mostrare il proprio entusiasmo senza alzare troppo la voce. Non si aspettava una visita proprio da lei «Come mai qui a quest’ora?»
   «Stasera c’era il tiro al bersaglio e ho vinto questo!» Wendy gli mostrò il panda di peluche e lo appoggiò sul letto del ragazzo. Tutta contenta in quel modo per una cosa così semplice sembrava una bambina. «Pensavo ti servisse compagnia la sera, e poi ti somiglia!»
   «Wooo!» esclamò sorpreso lui «È per me? Davvero?»
   «E io?» chiese Daeju, che era rimasto tutto il giorno a fare assistenza all’amico e non si era visto portare nessun regalo.
   «Tu non sei malato.» lo snobbò Wendy.
   «Uffa…»
   «Allora, come è andata oggi?» chiese la ragazza a Dawon.
   «Bene, mi sto riprendendo in fretta. Però stavo meglio quando mi facevi assistenza tu… Daeju non è abbastanza premuroso!» scherzò lui, divertendosi a punzecchiare il collega.
   «Anche tu mi escludi!?» protestò Daeju, sentendosi offeso.
   «Nessuno è più bravo di me a prendersi cura degli altri!» esclamò Wendy, in un improvviso picco d’autostima. Si rese conto solo in quel momento che Dawon le era mancato per tutto il giorno e che le sue parole la stavano rendendo più felice del dovuto. Era solo una battuta scherzosa, ma non poteva fare a meno di interpretarla come un piccolo complimento.
   «Sei venuta da sola?» continuò il ragazzo infortunato.
   «Sì, perché?»
   «Niente, è solo che di notte è una zona un po’ brutta questa. Vuoi che ti riaccompagni a casa Daeju?» Da quel che gli aveva riferito Taeoh qualche ora prima, Buffy e James si stavano comportando in maniera estremamente sospetta negli ultimi giorni e sicuramente erano ancora sulle tracce delle agenti. Era certo che il collega si stesse occupando di tenerli d’occhio, ma sapere Wendy in giro da sola lo preoccupava ugualmente. Se le avessero fatto del male non se lo sarebbe mai perdonato.
   «Beh? Mi cacci già via?» protestò la ragazza. Sotto sotto sperava di riuscire a passare almeno qualche ora con lui.
   «No, no! Anzi, vorrei che restassi, ma è già buio e non vorrei che facessi brutti incontri sulla via del ritorno.»
Wendy non capì bene come interpretare le parole di Dawon. La stava cacciando o era sinceramente preoccupato per lei?
   «So badare a me stessa! Ti ricordo che ho una pistola.» non riuscì a nascondere un tono leggermente offeso. Dopotutto era sempre stata piuttosto permalosa. «Ma se proprio non mi vuoi me ne torno a casa.» così dicendo, afferrò le buste coi premi e fece per andarsene.
   «Aspetta, Wendy.» la fermò lui. «Lo sai che non è quello che intendevo.»
   «Bene, se non è quello che intendevi allora domani vengo io a farti compagnia tutto il giorno.» disse per testare come avrebbe reagito.
   «Volentieri! Allora ti aspetto!»
   Dawon le sembrò inaspettatamente entusiasta della proposta, ma Wendy non aveva intenzione di cedere. Le aveva detto di andarsene e quindi se ne sarebbe andata, così lui avrebbe capito il peso delle proprie parole.
    «Tieni.» continuò Dawon, porgendole un bigliettino, che lei prese tra le mani. C’era scritto un numero di telefono. «Mandami un messaggio quando arrivi in hotel, altrimenti resto in pensiero!»
   «Oh, ok.» a quel punto Wendy si sentì sciocca. Non sapeva nemmeno lei perché si fosse arrabbiata per una cosa così stupida e se ne stava vergognando. «Allora buonanotte. Ci vediamo domani.» disse tutto d’un fiato, per poi lasciare frettolosamente la stanza. Non sarebbe riuscita a sostenere un secondo di più lo sguardo di Dawon dopo quella mezza scenata di gelosia.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Iris e Taeoh avevano salutato Wendy e avevano deciso di fare ancora due passi tra le bancarelle prima di rientrare in hotel. Dopotutto era ancora presto e nessuno dei due aveva voglia di andare a dormire o passare il resto della serata chiuso in camera.
   «Stasera ho incontrato Lizzy.» disse tutto a un tratto Taeoh. «Ma davvero non ne sapeva niente di Dawon?»
   «Sì, pensa che l’ho rivista anch’io stasera dopo giorni che non si faceva trovare!»
   «Ah, io pensavo foste in vacanza insieme.»
   «Più o meno… diciamo che sono qui per lavoro, ma prevedendo molto tempo libero le amiche sono venute con me.» cercò di giustificare Iris, memore del fatto che Wendy il giorno precedente avesse detto a Dawon di essere un’agente di polizia in vacanza, mentre a inizio missione lei aveva detto a Taeoh di essere a Cancún per lavoro. Mai come in questo incarico era emersa una scoordinazione del genere tra le colleghe ed era sicuramente colpa del malcontento per i ritmi assurdi imposti da L. In ogni caso ormai la bugia stava diventando troppo grande e troppo incasinata per reggere. Prima o poi si sarebbero dovute rassegnare a dire ai ragazzi la verità.
   «Oh.» Taeoh sembrò sorpreso. Si aspettava che le ragazze fossero più complici tra di loro e non poté fare a meno di chiedersi se stesse succedendo qualcosa all’interno del gruppo. «E quindi Lizzy va un po’ per conto suo e ora pure Wendy sembra più presa da Dawon che da tutto il resto. Certo che siete proprio un gruppo di vacanze bizzarro!» la buttò sul ridere.
   «Non posso darti torto su questo! Invece tu, Dawon e Daeju mi sembrate molto uniti!» Improvvisamente, Iris ebbe di nuovo un capogiro e si appoggiò per un attimo al palo di una bancarella, cercando di non dare a vedere il proprio disagio. Taeoh, però sembrò accorgersene lo stesso.
   «Di nuovo?»
   «Uhm?» chiese sorpresa Iris.
   «Ti gira la testa?»
   «Ah, solo un po’, non è niente.»
   «È già la seconda volta stasera, non è meglio se andiamo a sederci?»
   «Sì, forse è meglio.» Iris diede ascolto a Taeoh, che in quel momento le suonò molto come la voce della propria coscienza. Dopo la scoperta dell’isola abbandonata, le era venuto il sospetto che il magazzino del magnate potesse essere nascosto proprio lì e l’indomani aveva intenzione di andare a fare un giro di perlustrazione per accertarsene, perciò doveva evitare di strafare e assicurarsi di essere in forma per la missione.
   I due cercarono un bar con dei posti liberi e ne trovarono uno a pochi passi dalla spiaggia. Rispetto ai giorni precedenti, la zona era incredibilmente affollata e di conseguenza anche i tempi di attesa per il servizio al tavolo risultavano estremamente rallentati. Seduti al loro faticosamente conquistato tavolino, Iris e Taeoh aspettavano la loro ordinazione godendosi la vista notturna del mare.
   «Va meglio seduta?» le chiese il ragazzo.
   «Un po’ meglio, grazie. Sai, è la cervicale che mi dà le vertigini ogni tanto.»
   «La cervicale?»
   «Già, ho avuto un infortunio alla schiena ormai sei mesi fa e, non so bene come, mi è rimasto questo strascico. Il medico mi ha detto che è una questione di tensione muscolare e che devo avere pazienza che prima o poi se ne andrà.»
   «Non dev’essere molto piacevole conviverci…»
   «A volte mi fa proprio perdere la pazienza! Tipo oggi. Ma è migliorato molto dall’inizio, ci sono periodi in cui scompare completamente.»
   «Beh, spero sparisca presto! Comunque, hai programmi per domani?» le chiese Taeoh.
   «Ho un impegno di lavoro, perché?» restò sul vago Iris.
   «Non ho niente da fare… posso venire con te?»
   Alla ragazza per poco non venne un colpo per la bizzarra richiesta. Non gli era bastato rischiare di saltare in aria al magazzino, finire narcotizzato e vedere Dawon ricoverato in ospedale?
   Proprio in quel momento arrivarono le ordinazioni e Iris sfruttò l’occasione per mettersi a sorseggiare il suo tè alla pesca e cambiare discorso.
   «Ah, ci voleva proprio qualcosa di fresco!»
   «Quindi posso venire?»
   Piano miseramente fallito. Taeoh se n’era accorto e non aveva intenzione di demordere.
   «Sarebbe meglio di no…»
   «Perché? Cosa devi fare di così segreto?»
   «Niente di ché, devo fare dei controlli su un’isola.»
   «Quale? Isla Mujeres? O… non dirmi che vai a Holbox e non mi porti con te!» Tirò a indovinare Taeoh, citando due delle più famose isole vicine a Cancún. In cuor suo sperava che Iris volesse andare a controllare qualche luogo turistico, ma qualcosa gli suggeriva che era meglio insistere per saperne di più e poterla tenere d’occhio. Dopotutto Iris era sulle tracce di questo losco magnate, ma non sapeva che Buffy e James stavano cercando il momento buono per far fuori lei e le altre.
   «In quel caso ti avrei portato, ma non devo andare su un’isola turistica, quindi dubito che sarà un bel posto. Anche se probabilmente sarà più incontaminata dell’isola di Holbox
   «Umm, e che isola sarebbe?»
   «Mi hanno detto che è vicina alla costa…»
   Taeoh per poco non si strozzò con il cuba libre che stava bevendo.
   «Ma sei impazzita?!» esclamò. Ne era quasi certo, Iris voleva andare sull’isola di cui le aveva parlato la veggente. Ecco a che le servivano tutte quelle chiacchiere sui medium che aiutano la polizia, stava indagando sullo spacciatore trovato morto a riva. «Vuoi tornare anche tu con un buco in fronte?»
   «Di che stai parlando? Devo solo controllare un magazzino!» cercò di scamparsela Iris.
   «Certo, come no. L’ho capito benissimo che vuoi andare all’sola disabitata!»
   «Shhh!» Iris gli intimò di abbassare la voce. Era rischioso parlare di certe informazioni. Spie del magnate potevano essere in giro e riferirglielo. «Senti, è inutile che ti menta. Devo andarci, ma ho un buon motivo, non ti sto parlando da turista sprovveduta.»
   «Non se ne parla neanche! Non ti lascio andare da sola in un posto del genere! Se proprio non puoi farne a meno vengo anch’io! E poi non stai neanche bene. Se ti succede qualcosa mentre sei là?»
   «Taeoh, ascoltami,» cercò di rassicurarlo lei «ci sono alcune cose che al momento non posso rivelarti che darebbero un senso alle mie azioni.  Ho intenzione di raccontarti tutto quando la faccenda di cui mi sto occupando sarà conclusa, puoi aspettarmi ancora per un po’?»
   «Iris, io…» Taeoh avrebbe tanto voluto dirle che sapeva che lei era un’agente, che anche lui non era una persona qualsiasi e avrebbe benissimo potuto accompagnarla e darle una mano, ma così facendo avrebbe dovuto raccontarle tutta la verità e di sicuro non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, farle perdere la concentrazione sul lavoro e allontanarla definitivamente, perciò si trattenne. «Lì hanno freddato un uomo senza pietà! Non si faranno scrupoli a far fuori un’altra persona. Come posso lasciarti andare da sola e starmene qua tranquillo?»
   «Non sarò da sola, ci saranno anche alcune mie colleghe a darmi una mano, ma è proprio perché è pericoloso che non voglio che tu venga. Non mi perdonerei mai se ti succedesse qualcosa a causa mia.»
   «Ma-»
   «Niente ma. Tornerò sana e salva, è una promessa.»
   Questa volta Iris era estremamente determinata. Non ci sarebbe stato modo di farle cambiare idea, perciò Taeoh si arrese. Almeno gli aveva confermato che ci sarebbero state anche le colleghe e la cosa lo faceva stare più tranquillo.
   «E va bene. Allora finiamo in fretta e torniamo in hotel. Devi essere riposata per domani.»
   «Grazie per la comprensione. E scusami se ti faccio stare in pensiero.»
   Taeoh scosse la testa in senso negativo.
   «Il lavoro è lavoro.» Per quanto fosse preoccupato non poteva biasimarla, dopotutto anche il suo lavoro non era da meno in quanto a rischi.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Una volta tornata in hotel, Iris passò a bussare alla camera di Wendy. La collega le aprì la porta con tutti i capelli scompigliati e l’aria di chi si stava disperando.
   «Ciao Iris, come va?»
   «Ci sono novità. Ma, che è successo?»
   «Ho fatto una figuraccia con Dawonny!»
   «Dawonny?» Iris trattenne a stento una risata per il nomignolo che l’amica aveva affibbiato a Dawon.
   «Sì, Dawonny! Pensavo che mi stesse cacciando via perché non mi voleva vedere e ho fatto una mezza scenata.»
   «Oh, oh… e come l’ha presa?»
   «Mi ha lasciato il suo numero di telefono e mi ha detto che sarebbe molto contento se passassi la giornata con lui domani! Ho frainteso tutto! Sono un’idiota!»
   «Non ti rimproverare! Se ti ha chiesto di tornare avrà capito che era un malinteso.»
   «Facile dirlo da fuori! Non hai idea di come mi senta in imbarazzo! Come minimo starà pensando che sono follemente innamorata di lui e che gli ho fatto una scenata di gelosia!»
   «Beh, ma non è vero che ti piace almeno un pochino? Dopotutto sei voluta andare da lui anche stasera…»
   «Che!? Non mi piace per niente! E poi che ne sai tu di come funzionano queste cose? Non ti sei mai innamorata di nessuno, hai il cuore di ghiaccio!»
   «Ora non esageriamo…»
   «Zitta! Piuttosto, cosa sono queste novità?»
   «Forse ho scoperto dove è stato ucciso lo spacciatore ed è molto probabile che sia lo stesso posto in cui si trova il vero magazzino di Kang TaeYoo.»
   «Tutto questo mentre ero a trovare Dawon?»
   «Mentre giocavi al tiro al bersaglio.»
   «Ops, stavolta mi sa che ho seguito le orme di Lizzy…»
   «L’ho scoperto per caso, a dire il vero.»
   «Comunque, dove si trova?»
   «Su un piccolo isolotto disabitato vicino alla costa, per di più protetto da una leggenda funesta.»
   «Furbo il nostro magnate, sembra il posto perfetto per nasconderci della droga. Ma hai intenzione di andarci domani?»
   «Sì, prima lo scoviamo meglio è. Se gli viene il sospetto di essere stato scoperto non ci mette niente a trasferirlo.»
   «In effetti ha l’esplosivo facile… Ahhh che disastro!» Wendy si scompigliò di nuovo i capelli e si lasciò cadere sul letto «Se andiamo domani mi toccherà dare buca a Dawon e dopo la scenata che ho fatto penserà che ce l’ho con lui e che gli sto tenendo il muso!»
   «Non c’è bisogno che venga anche tu, posso chiedere a Lizzy.»
   «Lizzy? Perché tu credi che non sia già ubriaca fradicia per la città in cerca di qualche uomo facile?»
   «Togliamoci il dubbio…» Iris provò a chiamare la collega, ma il telefono risultava spento.
   «Visto?» le rinfacciò Wendy in un misto di ansia e ripensamenti.
   «Ok, ok, allora andrò io. Uff, non vedo l’ora che sia tutto finito.»
   «Da sola?»
   «Vedi altre alternative?»
   «Sei sicura? Sai che serve un supporto…»
   «Non è che io voglia andare da sola a tutti i costi, ma, pensandoci bene, siamo le uniche a sapere tutto. Se dovesse succedere qualcosa a entrambe sarebbe un disastro. Lizzy è irreperibile, non verrebbe mai a cercarci, magari neanche si accorgerebbe che siamo sparite! Mi sentirei più sicura sapendo di avere le spalle coperte.»
   «Questo è vero… allora tieniti sempre in contatto con me. Un piccolo movimento sospetto e sarò lì, intesi?»
   Iris fece cenno di sì con la testa.
   «Mi porterò via gli orecchini GPS che ci ha dato L.»
   «Ottimo. Allora a domani, buonanotte!» la salutò Wendy, facendole strada verso la porta. Il giorno seguente avrebbe dovuto alzarsi presto per andare da Dawon, ormai stava pensando sempre di più a lui, come se stesse cominciando a piacerle, ma era convinta che fosse solo un’impressione. Dopotutto stava passando molto tempo in sua compagnia ed era il tipo che legava facilmente con le persone. Non poteva avere ragione Iris, nessuno poteva conoscerla meglio di quanto si conoscesse lei stessa e ovviamente ci voleva ben altro per farla innamorare.
 
 
 
 

 
***



 
   Nel frattempo, anche Taeoh era tornato in hotel. Nonostante avesse promesso che non avrebbe seguito Iris sull’isola, non riusciva a stare tranquillo. Se davvero Lizzy continuava a sparire era improbabile che sarebbe stata pronta per partire l’indomani mattina. Forse sarebbe andata solo con Wendy? Era già una persona in meno e non potevano prevedere quanti uomini presumibilmente armati avrebbero trovato una volta arrivate sull’isola.
   Una volta raggiunta la propria camera, dovette distrarsi dai propri pensieri: Buffy e James lo stavano aspettando a braccia conserte di fronte alla porta.
   «Vedo che qui qualcuno si preoccupa un po’ troppo per il nemico…» disse il primo dei due con aria di superiorità.
   «Ancora qui? Dovreste essere già a letto.» rispose Taeoh, alquanto infastidito dalla loro presenza. Cercò di spostarli di mezzo per aprire la porta, ma loro non si mossero.
   «Eravamo nel tuo stesso bar, abbiamo sentito tutto.»
   «Levatevi dai piedi.» ribadì Taeoh in tono intimidatorio.
   «Calma, amico… sappiamo anche che domani le ragazze andranno sull’isola, abbiamo intenzione di seguirle e farle fuori, finalmente! Se vuoi puoi unirti a noi, diremo a Ray di graziarti.» cercò di convincerlo James. Un alleato in più non sarebbe guastato.
   «Sentite, fatevi gli affari vostri. Non vi deve interessare come agisco io nelle mie missioni e soprattutto, lasciatele stare per il momento. Ordini del leader
   «Tzk, e se il leader è un coglione tu lo segui senza batter ciglio? Perché non ti unisci a noi e non diamo inizio a questa fottuta missione? L’attesa sta durando troppo per i miei gusti!»
   «Sentite, non sono interessato alle vostre stronzate. Toglietevi di mezzo.»
   «Oh, ma non mi dire che invece quello col cuore tenero sei tu! Dai, si vede lontano un miglio che Iris ti sta raccontando un sacco di balle! È come tutte le altre troie, appena se ne va da Cancún sparisce e tanti saluti! E tu la vuoi anche graziare e finire nella merda per lei? Ma smettila!»
   Taeoh non riuscì a sopportare oltre. Prese per il collo James e lo spinse contro il muro con un braccio, stringendo con tutte le sue forze, fino quasi a soffocarlo.
   «Ho detto che non dovete interferire! Se la toccate, il prossimo cadavere che arriverà sulla spiaggia sarà il vostro! Chiaro!?»
   «E-ehi…» James prese il braccio di Taeoh con entrambe le mani, cercando di fargli allentare la presa, ma dovette intervenire anche Buffy per aiutarlo a liberarsi.
   «Ora simpatizzi con quella zoccola? Ma fammi il favore…» disse Buffy, mentre James tossiva e cercava di riprendere fiato «Piuttosto vedi di non interferire coi nostri piani domani, altrimenti non solo ci divertiremo un po’ con lei, visto che ci tieni tanto alla sua incolumità, ma facciamo fuori anche te! Sei uno contro due…»
   Senza nemmeno rispondere, Taeoh tirò un pugno in pieno volto a Buffy, buttandolo a terra.
   «Vedete di non farmi arrabbiare sul serio. Seguite gli ordini e statevene al vostro posto.»
   Buffy si rialzò e si asciugò il sangue che gli colava dal naso con la manica della camicia.
   «Tzk… facciamo quello che ci pare!» così dicendo, sia lui sia il suo compare rientrarono nella propria stanza, lasciando finalmente in pace Taeoh.
 
   Rientrato in camera, Taeoh notò che Daeju non era tornato. In quel momento si ricordò che spettava all’amico fare il turno in ospedale quella notte. Si sdraiò stancamente sul letto e controllò il cellulare. Dawon gli aveva mandato un messaggio per sapere se avesse scoperto qualcosa. Gli rispose riassumendo tutto quello che aveva scoperto sull’isola e dicendogli anche che James e Buffy avevano intenzione di uccidere le ragazze il giorno seguente. Non sapeva se fossero seri o meno, ma stavano guadagnando troppa autonomia mettendosi contro di loro. Il leader non sembrò particolarmente stupito di sentire che i due novellini stavano cercando di rimpiazzarli, probabilmente si erano montati la testa. In ogni caso ricordò a Taeoh che per il momento, essendo da solo, era meglio non fare mosse azzardate e di limitarsi a tenere sotto controllo la situazione senza mettersi in pericolo.



Fine cap. 17
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   Ed eccoci alla fine anche di questo capitolo! Che dire, è tutto pronto per portare finalmente a termine questa missione! E così Iris partirà da sola per l'isola, ma Buffy e James sono già sulle sue trecce. Chi avrà la meglio?
   Buone feste a tutti! Alla prossima~

   Misa

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Capitolo 18
*** Cap. 18 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 18 -
 
 
 
 
   Cancùn, 6:35 AM.
 
   Il mattino seguente, Iris si alzò presto e iniziò a prepararsi per l’imminente missione. La sera precedente aveva fatto una telefonata al quartier generale di L per sapere se ci fosse qualche informazione riservata sul territorio che era meglio sapere prima di avventurarcisi. Era risultato che l’isoletta fosse in realtà proprietà privata di un riccastro statunitense, incarcerato già da qualche anno per una montagna di accuse legate ai suoi fondi finanziari illeciti. Che ci fosse un qualche tipo di relazione tra lui e Kang TaeYoo era verosimile in quanto c’erano buone probabilità che l’isola disabitata avesse a che fare con il magnate. Dopotutto non c’è posto migliore di un luogo sconosciuto ai più per nascondere della droga. Ma, in ogni caso, a stabilire che connessione ci fosse tra i due ci avrebbero pensato altri agenti, la loro missione prevedeva solo di catturare Kang TaeYoo e mettere fine al suo traffico di droga.
   Mentre rifletteva su queste considerazioni, Iris si infilò un paio di pantaloncini di jeans e si sistemò in vita la pistola e il pugnale. Poi prese gli orecchini GPS e li posò davanti allo specchio del bagno. Osservò con attenzione il proprio riflesso, aveva un’aria stanca, ma almeno si sentiva ben salda a terra. La sua cervicale sembrava fare giudizio.
   Si pettinò e legò i lunghi capelli in una coda alta per poi lavarsi di nuovo il viso con dell’acqua fredda. Doveva fare in modo di essere ben sveglia e reattiva, la attendeva una giornata difficile. Si asciugò il volto e indossò gli orecchini, controllando che funzionassero a dovere. Dopodiché tornò in camera, prese una camicetta bianca dal taglio un po’ largo, che aveva appeso nell’armadio quando aveva disfatto le valigie, e la indossò. La allacciò e legò tra loro le due estremità inferiori, poi arrotolò le maniche fino ai gomiti. Si specchiò di nuovo, facendosi coraggio, e prese lo zaino che teneva sulla sedia. La sera precedente ci aveva messo dell’acqua, del cibo e altre cose che potevano tornarle utili in caso di emergenza. Infine, si infilò un paio di scarpe da ginnastica e uscì.
   «Ehi, Iris! Dove vai?» subito fuori dalla camera incontrò Lizzy, tutta agghindata, che stava andando a prendere l’ascensore.
   «A lavorare… ieri sera ho provato a chiamarti, ci sono aggiornamenti sul caso.»
   «Ah.» rispose la bionda, un po’ delusa, restando a fissarla. «Che novità?»
   «Forse abbiamo trovato il magazzino.» Iris si guardò intorno. Non c’era nessuno oltre a loro due. «Probabilmente si trova su un isolotto disabitato vicino alla costa. Sto andando a verificare. Vieni anche tu?»
   «Che domande, certo che no! Ormai sono pronta per andare in spiaggia. E poi servirà pure qualcuno che resti a fare la guardia!»
   «La guardia, come no…» protestò Iris.
   «Beh, cara, buona fortuna!» Senza accettare repliche, Lizzy si incamminò spedita verso l’ascensore.
   A quel punto Iris decise di non insistere e andò a bussare alla camera di Wendy. Un attimo dopo la collega aprì la porta.
   «Hello! Pronta per oggi?»
   «Pronta! Ho in programma di tornare prima di sera.»
   «Speriamo vada tutto bene, sono in ansia…»
   «A chi lo dici… semmai, sai dove trovarmi.» Iris le indicò gli orecchini.
   «Mi auguro che funzionino!»
   «Li ho appena testati, funzionano alla perfezione. Tu vai da Dawon?»
   «Sì, tra poco vado. Dov’è Lizzy?»
   «È passata di qui un attimo fa.»
   «Sono qui, orbe!» esclamò la bionda, spuntando di nuovo alle loro spalle. Aveva dimenticato la crema solare in camera. «Che fatica questa missione, ragazze! Non so voi, ma io ormai sono giorni che me ne sto appostata in spiaggia sotto al sole cocente!» disse, dopo essere uscita di nuovo dalla camera. «Kang-coso è scomparso. Volatilizzato! Sparito! Quindi nel frattempo ho deciso di divertirmi un po’, non preoccupatevi se non mi trovate al solito ombrellone, sono da Pablo. Ci si vede!» salutò le altre con un cenno della mano per poi andarsene di nuovo.
   «Appostata un cavolo…» protestò Wendy.
   «E adesso chi è Pablo?» chiese Iris.
   «Come minimo un povero malcapitato adescato ieri sera che nemmeno si chiama così!»
   Iris fece un lungo sospiro di esasperazione.
   «Bene, direi che è ora di andare. Ci vediamo più tardi, ok? Stai attenta.» concluse Wendy.
   «Ok, a più tardi!»
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Wendy prese un taxi per andare in ospedale, mentre Iris si recò in spiaggia, dove un signore noleggiava barche per turisti. Entrò sotto al gazebo adibito alle prenotazioni e si avvicinò al bancone, cosparso di volantini pubblicitari sui corsi di barca e di windsurf.
   «Salve, vorrei noleggiare una barca a motore, non troppo grande, una cosa semplice per girare nei dintorni, diciamo.»
   «Veramente… l’ultima l’abbiamo noleggiata proprio pochi minuti fa.»
   «Ah, capisco. Ci sono altri posti che le affittano da queste parti?»
   «Umm… non sono proprio nelle vicinanze, il primo è a sette chilometri da qui.»
   Iris stava per chiedere ulteriori informazioni, quando si sentì picchiettare sulla spalla. Si girò e si ritrovò di fronte Taeoh che la guardava con un sorriso innocente stampato in volto.
   «Ti serve un passaggio?»
   «Che ci fai qua?» chiese lei, in tono di rimprovero.
   «Lo so, lo so, ti avevo promesso che me ne sarei stato a casa, ma ho le mie buone ragioni.»
   «Ah!» esclamò sorpreso l’uomo dietro al bancone, aggiustandosi gli occhiali sul naso «È proprio lui quello a cui ho affittato l’ultima barca!»
   «Capisco… lo conosco, quindi mi metterò d’accordo con lui. La ringrazio per le informazioni, arrivederci!» Iris uscì dal gazebo trascinando fuori Taeoh per la mano.
   «Ehi…» disse lui, liberandosi dalla presa «Non ci sono altre barche, quindi volente o nolente devi portarmi con te.»
   «Taeoh.» La ragazza lo guardò dritto negli occhi e fece un lungo sospiro «Mi sembrava di essere stata chiara ieri sera… quel posto è pericoloso.»
   «Lo so. Comunque, dove sono le tue colleghe?»
   «Non ci sono.»
   «Mi hai mentito? Non dovevi andare con loro?» questa volta fu lui a biasimarla.
   «Non ti ho mentito, non sono potute venire.»
   «E tu stavi per andarci lo stesso. Da sola. I patti erano altri... avrai anche le tue preoccupazioni ma pure io ho le mie.»
   «Dai, non insistere. Se sono solo io in qualche modo me la posso cavare, ma non sono sicura di riuscire a proteggere anche te nel caso in cui ci trovassimo nei guai.»
   «E infatti non ho nessuna intenzione di scaricarti questa responsabilità! So badare a me stesso. Sono cintura nera di taekwondo, ho fatto boxe per anni e so anche sparare. Insomma, lo sai che in Corea il servizio militare è obbligatorio!» Taeoh si giocò il tutto per tutto, cercando di giustificare in qualche modo le proprie abilità per non insospettirla.
   «E quanti anni fa l’avresti fatto?» chiese dubbiosa Iris, calcolando che potevano esserne passati quasi dieci.
   «Insomma, non puntualizzare… a volte vado al poligono con gli amici, non mi sono dimenticato come si fa, ok?»
   «E va bene. Mi pare di capire che non ci sarà modo di farti cambiare idea.»
   «No, infatti. Andiamo, la barca è di qui.»
   «Aspetta. Visto che sai sparare, tieni questa.» Iris gli mise in mano la pistola.
   Taeoh ebbe un attimo di esitazione, aveva anche lui una pistola e, se si fossero trovati davanti Buffy e James, Iris avrebbe potuto trovarsi in difficoltà senza la sua, però, se avesse rifiutato, la cosa sarebbe risultata sospetta, perciò decise di accettare. Prese la pistola e fece strada fino alla barca.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Wendy era arrivata in ospedale e all’ingresso aveva incrociato Daeju, il quale stava per tornare a casa.
   «Ehi! Com’è andata stanotte?» gli chiese in modo allegro.
   «Ciao! Sembra bene. Ora è con l’infermiera nuova, vai pure a trovarlo.»
   «Infermiera nuova?»
   «Sì, una ragazza giovane, abbastanza carina… beh, io vado ora. Ci vediamo.»
   “Allora che ci sto a fare io se c’è una ragazza giovane e carina?” pensò Wendy tra sé e sé. «Ciao! Buona giornata.» lo salutò.
   Arrivata al primo piano, Wendy sentì dei rumori provenire dalla camera di Dawon e il ragazzo che urlava «Piano! Piano!». Un po’ preoccupata, accelerò il passo, bussò alla porta e vi si affacciò.
   «Posso?»
   Una ragazza sulla ventina, di statura minuta e dai capelli di un rosso sgargiante legati in una lunga treccia, stava cercando di alzare lo schienale del letto di Dawon stando praticamente sopra di lui e schiacciandogli in faccia il suo decolleté.
   «Ho interrotto qualcosa?» chiese Wendy, sentendo immediatamente accendersi la fiamma della gelosia.
   «Ma dov’è la leva?» continuò imperterrita l’infermiera, evidentemente alle primissime armi e anche un po’ maldestra, infilando le mani ovunque.
   «No, ehi! ferma!» si lamentava Dawon, cercando di liberare la testa.
   «Hello?» ripeté Wendy, alzando un po’ la voce. «Serve una mano?»
   «Wendy, per favore, falle vedere tu come si alza lo schienale!» implorò Dawon, ormai prossimo al soffocamento.
   «Ma non è nemmeno infermiera!» protestò la rossa.
   «Sì…» Wendy si avvicinò allo schienale, tirò la leva e lo reclinò in avanti «Così va bene?»
   «Oh, meglio!» disse Dawon, spingendo via l’infermiera col braccio sano e riprendendo fiato.
   «Ok, per ora ho finito!» esclamò la ragazza, come se avesse risolto lei il problema «A dopo ciccino!» uscì dalla stanza facendo l’occhiolino a Dawon.
   «Ciccino?» chiese Wendy.
   «Sì, è una nuova infermiera arrivata stamattina. È un po’ imbranata.»
   «Awww! Povero ciccino!» lo prese in giro lei, strizzandogli le guance «Pensavo fosse la tua nuova fiamma, sicuro che non vi ho disturbati?» Wendy cercò di buttarla sul ridere, ma per qualche motivo vedere quella ragazza avvinghiata a Dawon le aveva dato estremamente fastidio. Era convinta di sentirsi solo in colpa nei confronti del ragazzo, invece, pensandoci bene, la sera prima era stata a trovarlo anche se non era necessario e quella mattina si era svegliata presto solo per stare di nuovo tutta la giornata con lui. Tutto lasciava pensare che si fosse presa una bella cotta per Dawon, ma non poteva certo dirglielo apertamente, anzi, non poteva nemmeno ammetterlo a se stessa. E poi distrarsi per queste sciocchezze era un rischio per la riuscita del proprio lavoro.
   «No! Che nuova fiamma!? Ha fatto tutto da sola, io stavo solo per soffocare!» si giustificò il ragazzo, che aveva notato molto bene il disappunto di Wendy.
   «Seh, certo.» la ragazza prese posto sulla sedia vicino al letto.
   «Senti, per caso sai se passerà di qua anche Taeoh oggi? Non l’ho ancora sentito.» di solito Dawon e Taeoh si tenevano costantemente in contatto, ma da quando lui era entrato in ospedale, Taeoh era stato piuttosto indaffarato a indagare. La sera precedente gli aveva parlato delle brutte intenzioni di Buffy e James e gli aveva detto che li avrebbe seguiti a vista d’occhio, ma da allora Dawon non aveva più ricevuto aggiornamenti ed era ansioso di sapere se c’erano novità.
   «No, non ne ho la più pallida idea. Ieri sera però l’ho lasciato con Iris quando sono venuta qui.» rispose Wendy, rimanendo sul vago.
   «Davvero? Non me ne aveva parlato.»
   «In ogni caso non l’ho più visto neanch’io, quindi non saprei.»
   «Colazione!!!» esclamò euforica la stessa infermiera di prima, entrando in camera con un vassoio. «Oggi per il nostro orsacchiottone abbiamo latte e cereali!»
   «Orsacchiottone?» esclamò Wendy, non riuscendo a trattenere le risate.
Dawon sarebbe voluto scomparire per la vergogna.
   «Senti, Maria…» ci pensò un attimo prima di riuscire a ricordarsi il cognome dell’infermiera «Ramirez. Ti dispiacerebbe lasciare tutto sul tavolo e andare?»
   La ragazza lo guardò perplessa, con in mano già un cucchiaio per imboccarlo, così Wendy cercò di aiutarlo a salvarsi da quella situazione.
   «Senta, infermiera, mi farebbe il favore di smettere di chiamare con quei nomignoli ridicoli il mio fidanzato?»
   «Fidanzato? Mah, come vuole signorina…» Maria Ramirez posò il cucchiaio sul vassoio e se ne andò.
   «Wow, essere il tuo ragazzo mi salva da un sacco di guai! Mi piace questa cosa!» esclamò Dawon.
   «Non abituartici, appena uscirai da qui sarai di nuovo single.»
   «Peccato, mi piaceva essere viziato. Senti, tu hai già mangiato? Sennò potresti prendere qualcosa al bar di sotto e mangiarlo qui con me. Io non posso fuggire al momento, Maria Ramirez mi osserva!»
   «D’accordo, vado. Ma che sia chiaro, non sono una schiava. Ti faccio compagnia solo perché ti ho sulla coscienza.»
   «No, tranquilla, quando uscirò da qui ripagherò il favore.»
   Wendy sollevò il panda gigante dal comodino e lo lanciò a Dawon. «E vedi di trovargli un nome!» poi uscì a comprare la colazione. Wendy si rese conto troppo tardi di essere stata di nuovo scortese. Dawon si era preoccupato che anche lei mangiasse qualcosa e le aveva chiesto di nuovo di farle compagnia, eppure lei si era sentita a disagio e aveva agito d’istinto, accusandolo per nulla. Forse, però, era meglio così, se avesse iniziato a trattarlo troppo bene lui avrebbe anche potuto farsi illusioni sul suo conto e lei non aveva intenzione di cedere. Era fermamente convinta che ci volesse ben altro per conquistare il suo cuore.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Nel frattempo, Iris e Taeoh avevano quasi raggiunto l’isola. Arrivati a qualche metro dalla costa, spensero il motore e si avvicinarono con i remi fino a una distanza in cui l’acqua arrivava circa al ginocchio. A quel punto sarebbe toccato scendere in mare per spingere l’imbarcazione sulla spiaggia. Iris fece per alzarsi, ma Taeoh la bloccò immediatamente.
   «Ferma! Dove pensi di andare tu?»
   «A spingere la barca...» rispose lei, con aria confusa.
   «Ci penso io, non devi sforzare la schiena.»
   «Sì, ma-»
   «Ma è il tuo lavoro eccetera, eccetera. Non importa, non morirò per così poco. Prendilo come un favore.»
   «Va bene…» si arrese lei.
   A lavoro compiuto, Iris si sedette sul bordo dell’imbarcazione, ma, prima che potesse saltare sulla sabbia, il ragazzo le porse la mano per aiutarla a scendere.
   «Taeoh… ho solo ogni tanto le vertigini, non sono decrepita. Posso scendere da sola da un metro scarso di barca.» protestò pacatamente. Ricevere tutte quelle attenzioni la stava facendo sentire a disagio. Non perché le dessero fastidio, anzi. Ma era abbastanza sicura che non significassero nulla, che fossero solo parte del modo di fare di Taeoh, che, come amico, semplicemente si preoccupava per la sua salute. Mentre per lei ogni volta era una lotta contro se stessa, un mettere freno ai propri sentimenti e ricordarsi che, anche nella improbabile ipotesi in cui fosse ricambiata, non doveva innamorarsi di lui. Non poteva permetterselo, non voleva esporlo a rischi inutili.
   «Ok, scusa. Volevo solo essere gentile, non farti sentire decrepita.» rinunciò lui a galanteria rifiutata, realizzando che forse stava un po’ esagerando. In fondo Iris sembrava stare bene.
   «Va bene, va bene. Andiamo a dare un’occhiata in giro. Mi raccomando, restami vicino e non perderti.»
   «Agli ordini!»
 
   Come aveva detto la veggente, l’isola era piuttosto piccola. Dopo pochi metri di spiaggia cominciava una fitta foresta di alberi che cospargeva tutto il territorio, impedendo di scorgere se ci fosse altro più avanti.
   I due si addentrarono nella foresta e camminarono per diversi minuti senza trovare nulla. Gli alberi coprivano la luce e le erbacce ostruivano gran parte del cammino. Ad un certo punto si ritrovarono di fronte a uno spiazzo, al centro del quale si ergeva a fatica una casetta di legno dall’aspetto precario.
   «Lo sapevo che c’era qualcosa! Altro che disabitata!» esclamò Iris, contenta di aver verificato le proprie teorie.
   La ragazza si avvicinò cautamente e sbirciò attraverso la finestra per vedere se dentro ci fosse qualcuno. Subito notò che anche Taeoh stava facendo lo stesso. Almeno all’apparenza la casa era vuota. Il ragazzo la precedette nel raggiungere la porta e cercò di aprirla.
   «Per essere una catapecchia ha un bel lucchetto… hai una forcina?»
   «Dove le hai imparate certe cose?» chiese Iris. Temeva che Taeoh volesse giocare a fare l’agente. «Ci penso io.» Iris prese una delle forcine che aveva nascosto tra i capelli e scassinò il lucchetto, ma, appena fece per entrare, Taeoh glielo impedì, parandole un braccio davanti. L’agente lo guardò con aria confusa e cercò di fermarlo, ma ormai lui aveva già varcato la soglia, tenendo puntata davanti a sé la pistola che gli aveva prestato la ragazza. Iris mantenne il silenzio finché non ebbero appurato che la casa fosse assolutamente deserta, dopodiché non poté più trattenersi.
   «Taeoh!» lo rimproverò di nuovo. «Lo vuoi capire che non è un gioco? Se ci fosse stato qualcuno nascosto qui dentro che avresti fatto? Di questo passo mi farai morire d’infarto.»
   «Lo so che non è un gioco, per questo non ti avrei mai mandata avanti disarmata. Ti ricordo che ho io la tua pistola.»
   «Sì, ma chi è che sta lavorando qui tra i due?»
   «Tu. Hai ragione. Però se vuoi fare da sola almeno riprenditi questa.» le passò la pistola.
   «Non se ne parla neanche. Se dovesse succedere qualcosa tienitela stretta e scappa.»
   Per un attimo Taeoh credette di stare per impazzire. Non aveva affatto bisogno di essere protetto, anzi, era Iris che lo preoccupava, perché se per caso avessero incontrato Buffy e James o qualsiasi altro malintenzionato non avrebbe potuto combatterli ad armi pari. Allo stesso tempo, capiva la preoccupazione della ragazza, ma non poteva rassicurarla dicendole la verità, sarebbe stato controproducente. Doveva inventarsi al più presto qualcosa.
   «Il fatto è che… ho lavorato nell’esercito per diversi anni. Quindi davvero, sono pronto a qualsiasi evenienza. Non c’è motivo di preoccuparsi, anzi, posso persino esserti utile in questa situazione.» finalmente il suo cervello aveva elaborato una scusa plausibile. Nonostante ciò, Iris, con quel sopracciglio alzato e l’espressione corrucciata, aveva tutta l’aria di chi non se l’era bevuta affatto.
   «Fidati di me. Solo per questa volta, ok?» la implorò.
   La ragazza fece un lungo sospiro e decise di rassegnarsi. Dopotutto, fin dall’arrivo sull’isola, le era sembrato che Taeoh seguisse uno schema ben preciso, come se sapesse esattamente come muoversi in situazioni del genere, perciò stava iniziando a pensare che potesse esserci un fondo di verità in ciò che le aveva appena raccontato.
   «E va bene. Tieni d’occhio se arriva qualcuno, io controllo il resto.»
   Senza perdere tempo, Iris tornò a concentrarsi sul lavoro e iniziò a perquisire da cima a fondo la catapecchia. Non sembrava esserci nulla di strano. A sinistra c’era un vecchio armadio con all’interno un paio di coperte polverose e utensili di vario genere. Al centro un tavolo di legno su cui erano state abbandonate delle normalissime carte da gioco e, intorno a quest’ultimo, quattro sedie. L’agente si avvicinò all’unica porta presente nella stanza oltre a quella d’ingresso. Come prima, aprì la serratura usando una forcina.
   La porta dava su un ripostiglio, buio e senza finestre, stracolmo di scatoloni impilati uno sopra l’altro. Iris ne prese uno e, col pugnale che aveva portato con sé, lacerò il nastro adesivo da imballaggio per verificare cosa contenesse. Alla vista di alcune bustine contenenti una ben nota polverina bianca, le sue labbra si incurvarono in un mezzo sorriso. I sospetti erano fondati: quello era il vero magazzino di Kang TaeYoo.
   «Arriva qualcuno…» avvertì sottovoce Taeoh, che era rimasto a fare la guardia fuori dal ripostiglio.
   Iris nascose in fretta lo scatolone aperto sotto ad altri ancora intatti e richiuse la porta con il lucchetto.
   «Dalla finestra!» suggerì il ragazzo, sicuro che le persone arrivate sull’isola avessero quasi raggiunto la porta d’ingresso, dal lato opposto della stanza.
   L’agente scavalcò velocemente il davanzale, seguita a ruota da Taeoh, e fece cenno al ragazzo di nascondersi dietro alla folta vegetazione che circondava l’intera isola, dalla spiaggia fino a pochi metri dalla casa.
 
   Nel frattempo, due uomini erano entrati nel magazzino. Si lamentavano ad alta voce per aver trovato il lucchetto scassinato e giravano per tutta la stanza con passo pesante, controllando che non ci si stesse nascondendo qualcuno, cosa improbabile vista la quasi totale mancanza di arredamento. A giudicare dalla lingua dovevano essere messicani.
   «O qualcuno è stato qui, o quel coglione ha dimenticato di nuovo di chiudere!» esclamò uno dei due. Dal tono di voce sembrava più arrabbiato che preoccupato. Evidentemente era già successo che qualcuno di loro si dimenticasse di richiudere la porta col lucchetto.
   «Cazzi suoi! Noi facciamo solo da corrieri, non possono dirci nulla. Pigliamo la roba e andiamo.»
   «Ma sì, vaffanculo!»
   I due aprirono il ripostiglio, presero quattro o cinque scatoloni da portare a terra e lasciarono la casa, dando un calcio alla porta per richiuderla.
 
   «Andiamo a prendere la nostra barca e seguiamoli.» ordinò Iris, con l’intenzione di scoprire dove stessero portando la merce. Il fatto che non si fossero accorti dell’imbarcazione di Iris e Taeoh sulla riva giocava a vantaggio di questi ultimi.
   I due si affrettarono ad attraversare il bosco e raggiunsero la spiaggia. Una volta arrivati, tuttavia, trovarono soltanto una distesa di sabbia.
   «Dov’è finita la barca? Era qui un attimo fa!» esclamò Taeoh, preoccupato.
   «Com’è possibile?» anche Iris era incredula. «Non possono essersela portata via quei due! Sono andati in un’altra direzione.»
   La ragazza esaminò con attenzione i segni sulla sabbia. A pochi passi dai solchi lasciati dalla loro barca c’erano i segni di un’altra imbarcazione e anche le impronte per terra erano mischiate a quelle di altre persone.
    «Guarda.» continuò l’agente, abbassandosi per esaminare le tracce da vicino. «Dalla misura si direbbero scarpe da uomo, ma non mi sembrano le tue.»
   Taeoh provò a confrontarle con i solchi lasciati dalla suola delle proprie scarpe.
   «Già, sono completamente diverse.»
   «Non sembrano di altre due persone differenti?»
   «Umm…» anche Taeoh si abbassò per osservarle da vicino. «Già, in tutto ci sono quattro impronte diverse, due sono le nostre e le altre, chissà… che i messicani si siano accorti della nostra barca appena arrivati sull’isola e l’abbiano fatta sparire?»
   «Non sembravano sospettare di nulla, ma non è da escludere che stessero fingendo. In ogni caso l’inseguimento ormai è fuori discussione.»
   «E se invece fossero ancora sull’isola e ci stessero cercando?»
   «Beh, un modo per scoprirlo c’è. Facciamo un giro dell’isola, non dovrebbe volerci molto. Se siamo fortunati potremmo trovare la nostra barca e magari anche la loro.» Propose la ragazza.
 
   Nemmeno un’ora dopo, Iris e Taeoh avevano già percorso tutto il perimetro.
   «Bene, ci hanno fregato la barca, ora ne sono certo!» disse Taeoh, in un tono tra l’amareggiato e l’arrabbiato.
   «Già, e i solchi lasciati dall’imbarcazione dei messicani erano piuttosto distanti dalla nostra. Questo vuol dire che fino a poco fa c’era qualcun altro che girava indisturbato sull’isola.» constatò Iris. Se le impronte trovate prima erano di scarpe da ginnastica, quelle dei messicani sembravano più simili a ciabatte da spiaggia, non erano stati loro a rubare la barca.
   Nel frattempo, il cielo si era annuvolato e si era alzato un forte vento. Anche il mare si era increspato e le onde sbattevano rumorose contro la battigia, inghiottendo morsi di sabbia. Improvvisamente qualche goccia di pioggia cominciò a cadere dal cielo. Stava arrivando un temporale.
   Iris controllò il display del telefono.
   «Ovviamente non c’è campo.» disse, rassegnata. Se lo aspettava.
   «Siamo bloccati qui con una tempesta in arrivo. Grandioso, semplicemente grandioso.» ironizzò Taeoh. «Torniamo alla casa, non vedo altre soluzioni. Se non altro con la tempesta in corso nessuno verrà in questo postaccio.»
   «Sì, non ci resta che aspettare. Wendy sa che siamo qui, verrà sicuramente a cercarci quando il mare si sarà calmato.»
   «Bene, allora andiamo, sbrighiamoci.» concluse Taeoh, affrettandosi a riattraversare il bosco. Aveva già iniziato a piovere più forte.
 
    «Non c’è un bel niente in questo rifugio!» esclamò Iris, in cerca di qualcosa per asciugarsi dalla pioggia che, nel tragitto fino alla casa, aveva completamente inzuppato sia lei sia Taeoh. La camicetta bianca che aveva indosso da quella mattina le si era mezza appiccicata addosso, dando luogo a un fastidioso e umidiccio vedo non vedo.
   «Se non altro non ci serve granché, basta che stiamo al riparo dalla pioggia. Fino a domattina sopravvivremo senza proble- eh- tchù.» mentre parlava, Taeoh era intento ad accendere una lampada elettrica trovata in un angolo della stanza. Ormai era pomeriggio inoltrato e, un po’ anche a causa delle nuvole scure che coprivano il cielo, si stava facendo buio.
   «Tieni questo, ti prenderai un raffreddore.» Iris raggiunse il ragazzo vicino al tavolo e gli porse l’unico asciugamano che aveva portato con sé nello zaino per le emergenze preparato quella mattina.
   Taeoh si asciugò un po’ i capelli.
   «E tu?»
   «Sto bene così.»
   «Fradicia in quel modo? Vieni qui, non pensare di svignartela.» Taeoh la tirò a sé per una mano e le posò l’asciugamano in testa, sfregandole i capelli bagnaticci. «Sei gelata.»
   «Le mie mani sono sempre gelate. Sto bene, davvero. Tu piuttosto, vuoi qualcosa da mangiare? Ho sentito la tua pancia brontolare fin qui.»
   «Solo se ti asciughi per bene. Altrimenti faccio lo sciopero della fame! Sei troppo altruista, accidenti, al limite dell’abnegazione.»
   «Mi asciugo, mi asciugo. To’, ho pure il cambio.» replicò lei, passandosi l’asciugamano sul collo e tirando fuori una felpa dallo zaino.
   «C’è veramente di tutto lì dentro. Sembra la borsa di Mary Poppins!» Taeoh sollevò lo zaino da terra e lo appoggiò sul tavolo. «E pesa anche una tonnellata! Come te lo sei portata dietro tutto il giorno?»
   «Allenamento, tanto allenamento.» scherzò lei «Ma se ora mangiamo si svuoterà. Tieni, ho anche un paio di bottigliette d’acqua.» Iris tirò fuori l’acqua e qualche tramezzino preconfezionato. «Comunque, puoi girarti un attimo?»
   «Uhm? Perché?»
   «Mi voglio cambiare.»
   «Ah, sì, scusa.»
   Taeoh si voltò dall’alta parte, così Iris poté sfilarsi la camicia e indossare la felpa asciutta.
   «Fatto.» lo avvertì, appoggiandogli l’asciugamano sulla spalla. «Questo non mi serve più.»
   «Oh, ok.» questa volta Taeoh si tenne l’asciugamano senza fare obiezioni, tamponandosi un po’ la maglietta bagnata.
 
   I due mangiarono con calma, seduti al tavolo di legno. Fuori la tempesta non accennava a smettere.
   «Cavoli, quanto piove...» disse Taeoh.
   «Già, entra pure dalla finestra!» Iris notò che l’acqua stava creando una pozza sul pavimento e si alzò per cercare qualcosa con cui fermarla. Nell’armadio trovò un vecchio straccio stropicciato e lo stese lungo il davanzale. Proprio in quel momento un tuono rimbombò con grande frastuono, facendo tremare i sottili vetri del rifugio, e la fece sobbalzare. Come per riflesso, un capogiro un po’ più forte degli altri le fece perdere l’equilibrio.
   «Tutto ok?» le chiese Taeoh, che nel frattempo l’aveva raggiunta, permettendole di appoggiarsi a sé e mettendole un braccio intorno alla vita come per sorreggerla.
   «Sì, solita seccatura.» Iris chiuse gli occhi e aspettò qualche secondo. Recuperato l’equilibrio, rivolse lo sguardo verso Taeoh. Aveva i capelli arruffati e l’asciugamano ancora mezzo umidiccio sulle spalle. Quella notte avrebbe potuto starsene tranquillo e al riparo nella sua stanza d’hotel, invece per non lasciarla da sola si era ritrovato su un’isola deserta in mezzo a una tempesta. Eppure, per quanto le sembrasse sbagliato, era contenta che fosse lì con lei. La sua presenza stava rendendo molto più leggera quella missione e in un certo senso la rassicurava. Non riusciva più a distogliere lo sguardo e a rinunciare a quel lieve contatto fisico. Avrebbe tanto voluto restarsene un po’ accoccolata tra le sue braccia, ma la verità era che l’aveva di nuovo messo in pericolo e il solo formulare un pensiero del genere le sembrò egoista.
   «Passato?» le chiese Taeoh, riportandola alla realtà.
   «S-sì.» Iris arrossì e tolse immediatamente la mano dal suo braccio. Solo in quel momento anche Taeoh annullò il contatto fisico tra i due.
   «Accidenti a questo rifugio del cavolo. Non c’è neanche un posto dove stendersi un attimo!» protestò lui guardandosi intorno, in cerca per l’ennesima volta di un minimo di comfort che evidentemente non poteva esserci in quella catapecchia vuota e malridotta.
   «Mi dispiace. Ti ho messo di nuovo nei guai.»
   «Nah, sarei stato più in pensiero a restarmene in hotel.» rispose sinceramente lui, avviandosi verso il lato opposto della stanza, dove il pavimento era asciutto. «Vieni a sederti. Meglio il pavimento della terra se non altro.»
   Iris lo seguì e si sedette accanto a lui, con la schiena appoggiata al muro.
   «Taeoh…» richiamò la sua attenzione, facendosi più seria «Tu sapevi tutto già da prima, vero?»
   «In che senso?» chiese lui, preso un po’ alla sprovvista. Il suo cuore perse un battito. Lo aveva scoperto? Che fosse stato un pessimo attore era certo, ma perché non era arrabbiata se aveva scoperto la verità?
   «Che io, Wendy e Lizzy siamo agenti segreti. Lo sapevi anche prima di oggi, no?»
   «A-aspetta, perché me lo stai dicendo? Così, all’improvviso.» domandò di nuovo Taeoh.
   «Beh, non vedo come potrei tenertelo nascosto dopo che ti ho portato su un’isola deserta a inseguire degli spacciatori.»
   «In effetti… mi dispiace di averti messa alle strette insistendo per venire.» in quel momento Taeoh si rese conto che era stato sciocco pensare che seguirla durante le sue indagini non avrebbe portato a conseguenze. In più aveva commesso tutta una serie di errori: anche il più stupido degli stupidi si sarebbe fatto due domande se gli avessero messo in mano una pistola prima di salpare per chissà dove, ma lui, sapendo già tutto fin dall’inizio, non aveva minimamente pensato a come avrebbe dovuto reagire per sembrare ignaro dei fatti. Era logico che Iris se ne fosse accorta.
   «Non sentirti in colpa. Dopo quello che è successo a Dawon io e le mie colleghe abbiamo pensato più volte di mettervi al corrente della situazione, ma avevamo paura che potesse mettervi in pericolo più che proteggervi.»
   «Credi che quello che gli è successo c’entri col vostro caso?»
   «Non ne sono certa, ma non posso nemmeno escluderlo.»
   «Capisco.» a quanto pareva nemmeno le agenti avevano scoperto nulla sul mandante della sparatoria, ma, nonostante ciò, per tutto questo tempo si erano segretamente preoccupate dell’incolumità di Dawon e degli altri ragazzi.
   «Gli altri lo sanno?»
   «Non credo.» mentì Taeoh. «Dopo quello che Wendy ha detto a Dawon eravamo tutti convinti che foste agenti di polizia in vacanza. Certo, una vacanza un po’ strana…»
   «Uhm.» ci rifletté lei. «Non dirlo a nessuno allora. Non credo che l’uomo a cui stiamo dando la caccia sappia chi siamo, ma se per errore si spargesse la voce sareste i primi a subire le conseguenze dei suoi atti intimidatori. In questo momento siete le persone più vicine a noi, le uniche con cui abbiamo un legame, e non potrei mai perdonarmelo se vi succedesse qualcosa… soprattutto a te.»
   Ci fu una breve pausa di silenzio. La pioggia era aumentata di intensità e scrosciava rumorosamente contro il tetto di legno.
   «Scusa.» riuscì solo a rispondere Taeoh. Si sentiva terribilmente in colpa. Per quanto Iris si stesse impegnando a mantenere le distanze era evidente provasse qualcosa nei suoi confronti. Ed era stato lui a illuderla, ad avvicinarla a sé giorno dopo giorno e a pretendere la sua fiducia nonostante non potesse nemmeno garantirle che in futuro non le avrebbe fatto del male. Aveva egoisticamente insistito per seguirla, costringendola a rivelargli in prima persona una verità che già conosceva. Ma lui era la persona peggiore a cui potesse rivelarla, l’assassino che avrebbe dovuto ucciderla e che aveva dato inizio a questa messa in scena fin dall’inizio. E ora Iris era lì davanti a lui, su un’isola deserta, senza armi e senza difese, a scoprire tutte le proprie carte rendendosi vulnerabile. Se non era fiducia quella. In circostanze normali avrebbe semplicemente pensato che fosse una stupida ingenua e l’avrebbe uccisa senza batter ciglio, ma anche per lui, ormai, non era più una qualsiasi, era lei e non poteva fare a meno di sentirsi un essere spregevole e un bastardo a mentirle così.
   «Per cosa?» chiese Iris, interrompendo i pensieri del ragazzo.
   «Ah, niente.» Taeoh si limitò a rivolgerle un mesto sorriso di scuse e diresse lo sguardo alla finestra. «Piove ancora.»



Fine cap. 18
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   Ciao a tutti e buon anno! ^^
  E così alla fine Iris sull'isola non ci è andata da sola... mi sa che dopo la cotta di Wendy anche Iris l'abbiamo persa! XD E Taeoh coi suoi sensi di colpa si sta avvicinando al prendere una decisione drastica. Ma chissà perché gli dispaice così tanto ingannarla proprio non saprei... ormai lo sanno tutti tranne lui hehehe :3
   Beh, che dire, alla prossima! Ci saranno presto novità anche su May e Shion!


Misa

 

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Capitolo 19
*** Cap. 19 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 19 -
  
 





   Mentre Iris era sull’isola, Wendy si era recata di nuovo in ospedale ad assistere Dawon. La giornata era trascorsa abbastanza tranquillamente, incursioni dell’infermiera Maria a parte, ed era già arrivata l’ora di cena. Iris non si era ancora fatta sentire e Wendy cominciava a preoccuparsi. Aveva provato più volte a chiamarla al cellulare, ma non aveva mai ricevuto risposta; scattava sempre la segreteria con il solito avviso: “numero non raggiungibile”. Il GPS collocava Iris ancora sull’isola, ma si stava facendo buio e in più era scoppiato un brutto temporale. Si era alzato il vento e la pioggia era fitta, era praticamente impossibile allontanarsi in barca in quel momento.
   «Merda!» imprecò l’agente, camminando nervosamente avanti e indietro per la stanza con in mano il cellulare, controllando per l’ennesima volta il segnale GPS.
   «Wendy, tutto ok?» le chiese Dawon, un po’ preoccupato, ma fu ignorato. «Wendy?» provò a chiamarla di nuovo.
   «Cavoli, devo uscire…» disse tra sé e sé la ragazza, prendendo la giacca e andando verso l’uscita.
   «Wendy!» la richiamò Dawon, questa volta a voce più alta. Si era alzato dal lettino dell’ospedale e l’aveva fermata per un braccio. «Che sta succedendo?»
   «Devo andare. Iris è ancora sull’isola, devo andare a prenderla!» spiegò sbrigativamente.
   «Che isola?»
   «Non lo so, è partita stamattina per un’isola vicino alla costa e ha detto che sarebbe tornata entro stasera, ma non riesco a contattarla.»
   «Non puoi andare in mezzo a questa tempesta, è pericoloso! Sicuramente domani mattina il mare sarà più calmo e potrai andare a prenderla.»
   «Ma è là fuori da sola! Se le è successo qualcosa? Devo andarci!»
   «Se è sulla terra ferma in qualche modo se la caverà, non preoccuparti. Resta qui per stanotte, andare in mare è quasi sicuramente un suicidio.»
   «Ok…» rispose Wendy. Riflettendoci meglio, uscire in mezzo alla tempesta non avrebbe di certo risolto nulla.
   «Vieni, andiamo a sederci.» Dawon, con il braccio sano, spostò due sedie davanti alla finestra e si sistemò vicino a lei, pensando a un modo per tranquillizzarla. «Provo a chiamare Taeoh e Daeju, magari sanno se Iris è rientrata.»
   «Sì, chiamali. Magari è con loro…»
   Dawon provò a chiamare Taeoh, ma anche il suo telefono era irraggiungibile, allora chiamò Daeju.
 
   «Pronto?» rispose il ragazzo dall’altro capo del telefono.
   «Daeju, sai dov’è Iris? Wendy è un po’ preoccupata visto che non è ancora tornata.»
   «Uhm, Iris?» ripeté lui, pensandoci un attimo. Probabilmente non si aspettava quella domanda. «No, non so dove sia…»
   «Uhm. E Taeoh? Non risponde al telefono, per caso è lì con te?»
   «No, stamattina ha noleggiato una barca per andare su un’isola, sarà ancora là probabilmente.»
   «Su un’isola? Anche lui?» chiese conferma Dawon, un po’ allarmato.
   «Chi altro?»
   «Iris! Saranno andati insieme?»
   «È vero, ora che ci penso mi aveva detto che sarebbe andato a cercarla prima di partire. Di sicuro con questo temporale saranno rimasti là per la notte.»
   «Umm, ho capito. Va bene, ci vediamo domani allora. Se si mettono in contatto con te fammi sapere.»
   «Ok, ciao.»
 
   Dawon aveva messo la chiamata in vivavoce così che anche Wendy potesse sentire.
   «Quindi potrebbe essere con Taeoh. La cosa mi consola.» disse la ragazza, tirando un sospiro di sollievo.
   «A me non molto...» si lasciò sfuggire Dawon, pensando a ciò che gli aveva detto Taeoh la sera prima. Buffy e James non stavano rispettando gli ordini, probabilmente Taeoh era andato con lei per evitare che si trovasse da sola davanti a loro e poi erano rimasti entrambi bloccati sull’isola. Nella peggiore delle ipotesi anche i novellini erano con loro. Improvvisamente si rese conto delle complicazioni a cui stava andando incontro il collega per rispettare la sua richiesta di non uccidere le agenti. Da un lato si sentiva un po’ in colpa, ma dall’altro sentiva di voler proteggere Wendy e non avrebbe permesso a nessuno di fare del male a lei o alle sue amiche per un semplice capriccio di Ray.
   «Perché?» chiese preoccupata Wendy, risvegliandolo dai suoi pensieri.
   «Oh, ehm… perché Taeoh non sa badare a se stesso, non si porta mai dietro niente!» tentò di giustificarsi lui.
   «E quindi? Almeno non sono soli.»
   Dawon si affrettò a cambiare discorso.
   «Comunque, prova a chiamare anche Lizzy.»
   Wendy, non molto convinta dell’idea del ragazzo, provò comunque a chiamare la bionda, sperando ne sapesse qualcosa.
 
   «Che vuoi?» rispose la voce squillante di Lizzy dall’altro capo del telefono.
   «Iris è per caso tornata? È con te?»
   «No, e mi stavo godendo la vostra assenza. Sai mica dov’è Taeoh per caso?»
   «No… sia lui sia Iris sono scomparsi, per questo te lo chiedevo.»
   «Accidenti! Ma dov’è finito? Quell’uomo trasuda sesso da tutti i pori. Mamma mia, pure la voce è sexy! Ieri mi è sfuggito da sotto al naso, ma se lo becco stasera gli salto addosso!»
   «Lizzy, sei in vivavoce… con il suo migliore amico.»
   «Mi stai suggerendo di chiedere a lui?»
   «No, idiota! Ti sto dicendo che hai appena fatto una figura di merda!»
   Wendy le riattaccò il telefono in faccia senza dirle nient’altro.
 
   «Focosa la ragazza…» commentò Dawon, divertito per la figuraccia e incredulo allo stesso tempo.
   «Già. Comunque, Iris non è nemmeno con Lizzy, come pensavamo. Accidenti, sapevo che sarei dovuta andare con lei!»
   Vedendola così agitata, Dawon le mise un braccio intorno alle spalle per rassicurarla e cercò di tirarla su di morale.
   «Immagino quanto tu possa essere preoccupata, però non sentirti in colpa, ok? Sicuramente se ha deciso di andare da sola è perché sapeva che saresti andata a cercarla in caso di bisogno.»
   «Ma non posso andarci!»
   «Sono certo che domani mattina la troverai sana e salva. C’è anche Taeoh con lei, sicuramente non la lascerà sola.»
   «Lo spero…»
   «Io vorrei accompagnarti, ma in queste condizioni non posso muovermi da qui. Però chiederò a Daeju di venire con te domani, ok?» Dawon si sentiva veramente impotente da quando era entrato in ospedale. Avrebbe tanto voluto agire in prima persona e proteggere Wendy, non lasciare che si occupassero di tutto i colleghi. Li stava facendo finire in un mare di guai e, se da un lato cercava di tranquillizzare la ragazza, dall’altro anche lui era piuttosto preoccupato e aveva paura che potesse succedere qualcosa di brutto anche a lei.
   «No grazie, posso farcela da sola.»
   «Ma se andrai da sola starò in pensiero per te…» tentò di convincerla lui. Se fosse sparita anche lei come Iris gli sarebbe di certo preso un colpo.
   «Perché?»
   «Forse è un po’ fuori luogo, però...» prima di rendersene conto aveva iniziato a parlare in modo sincero dei propri sentimenti «Il fatto che tu ti sia presa cura di me in questi giorni…»
   «Beh, ti ho fatto quasi uccidere... non era intenzionale, però è stata pur sempre colpa mia.»
   «So che ti sentivi in colpa, ma avresti anche potuto non farlo. All’inizio ti ero solo molto grato, però… ora credo di provare qualcosa per te.»
   «C-cosa?» chiese lei, sorpresa.
   «Mi piaci.»
   Wendy rimase a bocca aperta. Tutto si aspettava tranne che Dawon si sarebbe preso una bella cotta per lei solo perché l’aveva accudito per qualche giorno. Certo, anche a lei non dispiaceva la sua compagnia e forse le piaceva anche, ma solo un pochino. Non era minimamente pronta ad affrontare una dichiarazione, era troppo presto e Dawon poteva anche starsi sbagliando, preso com’era dall’agitazione del momento. Era abbastanza sicura che l’avesse solo idealizzata. Figuriamoci, la credeva la sua salvatrice! Si stava sicuramente sbagliando e lei non avrebbe mai messo a repentaglio il proprio lavoro per assecondare un’emozione fugace.
   Vedendo che Wendy non accennava a rispondere, il ragazzo cominciò a sentirsi in imbarazzo per aver frainteso tutto. Era convinto di piacerle anche lui, ma evidentemente si era sbagliato.
   «Se non ti piaccio non sei costretta a ricambiare ovviamente.»
   A quel punto Wendy si fece coraggio e prese la parola.
   «Io no. Non ho mai, minimamente, pensato a te in quel modo.» Lo stava detestando per aver tirato fuori l’argomento. Non riusciva a sopportare la situazione di imbarazzo che si era creata tra loro. Avrebbe dovuto restare tutto com’era per poi dissolversi nel nulla al momento opportuno, invece così Dawon aveva messo i suoi sentimenti in parole e a lei era toccato prendere una posizione. L’unica cosa che era riuscita a fare era stata trattarlo duramente, era convinta che fosse l’unica soluzione possibile. Gli avrebbe fatto capire che si sbagliava sul suo conto, si era solo infatuato perché si era presa cura di lui.
   «Immaginavo, non fa nulla...» il rifiuto lo colpì più dolorosamente del previsto. «Credo andrò a letto ora, sono un po’ stanco.» Dawon pensò che sarebbe stato meglio per entrambi se avesse fatto finta di dormire, avrebbe evitato il disagio di sostenere forzatamente una conversazione.
   «D’accordo.» rispose freddamente lei. «Buona notte.»
   «Buonanotte.»
   Wendy rimase seduta davanti alla finestra, aspettando che il temporale cessasse. Immersa nei propri pensieri non poté fare a meno di chiedersi se avesse fatto bene a rispondere in modo così perentorio.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Tokyo, 6:42 PM.
 
   Nel frattempo, a Tokyo, Jiho aveva indetto una riunione nella sua camera di hotel. La missione dei due agenti si era già conclusa e c’era la possibilità che sarebbero presto rientrati a Seoul. Se fosse successo, ciò avrebbe comportato il fallimento del compito assegnato loro da Ray. May e Shion dovevano morire a Tokyo in circostanze misteriose.
Mentre Jiho spiegava il suo piano, Minki se ne stava seduto all’estremità del letto, ascoltando attentamente, mentre Minho aveva optato per una delle due sedie della stanza e sembrava piuttosto teso.
   «Quindi, visto che non vogliamo fallire» diceva Jiho stando in piedi davanti agli altri due «dobbiamo per forza inventarci qualcosa. Potremmo sfruttare il signor Iwata e costringerlo a fingere di aver ricevuto delle nuove minacce. In questo modo May e Shion non potranno fare altro che tornare all’esposizione per proteggerlo e noi avremo il campo libero per agire.»
   «Credo sia troppo dispendioso.» si oppose Minho. Da un lato non la riteneva davvero una buona strategia, ma dall’altro si sarebbe comunque opposto a qualsiasi proposta pur di non mettere in pericolo i suoi colleghi. In due giorni sarebbero rientrati in Corea, al sicuro, e la propria copertura non sarebbe saltata.
   «E perché sarebbe troppo dispendioso?» chiese Jiho, indispettito.
   «Beh, ovviamente per minacciare Iwata dovremmo introdurci nella sua villa piena di sorveglianza e sarebbe uno spreco di tempo. In più non è detto che lui riesca a recitare la sua parte come si deve e rischierebbe di farci scoprire. E poi, comunque vada, alla fine dovremmo farlo fuori. Lui, probabilmente la moglie e chiunque altro possa avere sospetti. Per non parlare di possibili testimoni della sua morte, eccetera, eccetera… due giorni non basterebbero e sembrerebbe tutto estremamente sospetto.»
   «Non la stai facendo un po’ troppo complicata, Minho?»
   «Non credo, bisogna tenere tutto in considerazione se si vuole fare un buon lavoro.»
   «Jiho!» interruppe Minki «Io avrei un’idea migliore!»
   «Sentiamo…» rispose il baffuto, con fare scettico. Era raro che Minki avesse buone idee. Certo lo riteneva un alleato fedele, ma spesso si era chiesto perché Ray avesse voluto una persona del genere nella sua squadra. Non era particolarmente acuto ed era anche un po’ sbadato. Tuttavia, cercò di non essere prevenuto come al suo solito e di ascoltare cosa avesse da dire.
   «Allora, io faccio finta di non riuscire a dimenticare May anche se ora sta con il suo collega Shion. Vado a cercarla in hotel e mi faccio vedere tristissimo. La convinco a parlarmi in privato e la bacio quando Shion può vedermi, così litigheranno e si separeranno. In quel momento, noi andremo prima da uno e poi dall’altro. Essendo in tre contro uno sarà una passeggiata eliminarli!»
   Jiho rimase così colpito dall’idea di Minki che cominciò ad applaudire in segno di approvazione.
   «Incredibile! Davvero incredibile! Non avrei mai pensato che sarei arrivato a dirlo ma è un’idea geniale.»
   «Grazie, grazie, modestamente sono un genio!» si vantò Minki in modo ingenuo.
   «Non credo sia una buona idea.» li contraddisse di nuovo Minho. Se il piano di Minki fosse andato in porto, lui si sarebbe trovato di fronte a una scelta estrema: uccidere May e Shion o far saltare la propria copertura.
   «Cos’hai da obiettare stavolta, Minho?» chiese Jiho in tono acido.
   Minho si rese conto di essere stato un po’ troppo impulsivo. Forse avrebbe dovuto rispondere più pacatamente o giustificare meglio la propria affermazione. Magari L gli avrebbe permesso di far saltare la copertura se le avesse detto che era una scelta finalizzata a catturare due scagnozzi di Ray. Però poi sarebbero mancati ancora gli altri tre: Taeoh, Dawon e Daeju. Come se non bastasse, Ray stava allenando altri ragazzi tra cui due, James e Buffy, sembravano particolarmente promettenti. Come avrebbero fatto a creare un’altra copertura per seguire le loro mosse?
   Il ruolo di Minho fino a quel momento si era rivelato essenziale per avvicinarsi alla loro cattura, senza di lui preziosissime informazioni non sarebbero mai venute alla luce. Anche ammesso che in seguito al suo fallimento provassero a sostituirlo, L non aveva alleati in quell’ambiente. Se una persona estranea compare dal nulla per lavorare per Ray può essere una coincidenza, ma se dopo aver scoperto che questa persona è un traditore ne arriva un’altra, nessuno cadrà più nel tranello. Tutto ciò faceva pensare a Minho che fosse il caso di dare la priorità alla copertura. Doveva solo sviare Jiho e Minki per altri due giorni, poi sarebbe stato quasi impossibile per loro avvicinare di nuovo gli agenti.
   «Allora? Illuminaci…» continuò Jiho, vedendo che Minho indugiava.
   «Dubito che May concederà a Minki di parlarle in privato.» disse in modo convincente. Probabilmente aveva anche ragione.
   «Ah sì, e come fai a dirlo, la conosci per caso?» il tono di Jiho era diventato ancora più aggressivo. Minho non gli era mai andato a genio. Fin da quando si era presentato a Ray, sei mesi prima, lo aveva subito insospettito. Era così abile nelle arti marziali e a maneggiare armi che lo avevano accorpato alla sua squadra, quella principale. Loro cinque da soli erano sempre bastati per portare a termine qualsiasi missione, non serviva un sesto componente. In più da quel momento i fallimenti erano aumentati esponenzialmente. C’erano state fughe di notizie sui loro spostamenti e persino le agenti di L erano riuscite a introdursi in casa loro. Jiho era sempre più convinto che c’entrasse Minho in tutto questo e aveva il sospetto che anche Ray lo sapesse. Anche il fatto che stesse allenando un’altra squadra di ragazzi per raggiungere il loro livello era ambiguo. Gli era venuto il dubbio che Ray volesse far commettere loro degli errori di proposito, così avrebbe potuto incolparli e toglierli di mezzo. E tutto questo perché stavano diventando troppo potenti e mettevano a rischio la sua autorità. Forse però era troppo presuntuoso a pensarla in questo modo. Soltanto grazie a questa considerazione Jiho aveva dato a Ray e a Minho il beneficio del dubbio. Ora però si era stancato. Voleva dimostrare a Ray di essere mille volte più efficiente di quel branco di ragazzini che stava allenando e per farlo avrebbe smascherato Minho. Era giunto il momento di metterlo alla prova per vedere se davvero era dalla loro parte come sosteneva di essere.
   Minho, d’altro canto, non si aspettava lo avrebbero sul serio messo alle strette, perciò cominciò a vacillare a inventare scuse poco plausibili.
   «Beh, è semplice… Ray ci ha chiesto di uccidere solo May per vendetta, visto che sono state le agenti di L a sottrargli l’SD. Non ci ha detto di uccidere anche Shion.»
   «Oh, ma certo, quindi tu pensi che se uccidiamo May poi Shion non verrà a cercarci, vero?»
   «Non dico questo, probabilmente ci cercherà, ma non riuscirà a trovarci una volta tornati in Corea.»
   «E perché non dovrebbe? Da quando sei arrivato tu L intercetta un po’ troppo spesso i nostri spostamenti, non ti pare?»
   «Cosa c’entro io adesso?!» disse Minho in tono evidentemente preoccupato. Cercava di mantenere la calma ma si vedeva che era agitato. Aveva cominciato a sudare e le vene del collo si erano gonfiate per la tensione.
   «Se non c’entrassi niente non ti scalderesti tanto, non ti pare?»
   «Non mi sto scaldando…»
   «Ah no? A me sembri piuttosto agitato invece.»
   «T-ti sbagli.» Minho si maledisse mentalmente. Perché non riusciva più a mantenere la calma?
   Jiho, al contrario, sentiva che quella era la sua occasione e decise di giocarsi il tutto per tutto.
   «Lo so cosa stai cercando di fare, l’ho capito molto tempo fa. Tu li vuoi proteggere! Tu sei agli ordini di L!»
   Minho si sentì mancare. Jiho aveva colto nel segno e lo sguardo stravolto del rivale gli bastò per confermare la propria tesi.
   «Ci ho preso!»
   «Che... stai dicendo?» provò a discolparsi Minho, ma ormai era troppo tardi.
   «Minho!» disse Minki «Ti stai comportando in modo sospetto!»
   Se anche Minki l’aveva capito, la copertura era ufficialmente saltata. Minho scattò in piedi, lasciando che la sedia si ribaltasse per terra con un tofo e con uno slancio raggiunse la porta. Prima che potessero fermarlo scappò fuori correndo il più velocemente possibile verso l’hotel di May e Shion.
   «Perché è scappato?» chiese Minki nel modo più ingenuo possibile «L’ho capito che si comporta così perché gli piace May, non c’era bisogno di vergognarsene tanto!»
   «Idiota!» Jiho tirò un pugno sulla testa di Minki. Ancora una volta si riconfermava tutto tranne che acuto. «Scappa perché è un infiltrato! Muoviti, dobbiamo fermarlo!»
   I due si lanciarono all’inseguimento. Minho era già lontano ma, per loro fortuna, si era addentrato in una via secondaria che a quell’ora era completamente deserta. Senza farsi scrupoli, Jiho sfoderò la sua pistola e sparò tre colpi, l’ultimo dei quali raggiunse Minho alla gamba sinistra, facendolo cadere rovinosamente a terra. L’agente provò a rialzarsi, ma fu del tutto inutile. Il sangue sgorgava dalla ferita e i due gli stavano alle calcagna. In un attimo Jiho gli fu addosso. Lo immobilizzò sedendoglisi sopra con tutto il proprio peso e gli sferrò dei colpi in pieno volto tenendolo per il colletto della maglietta. Mentre Jiho si occupava di lui, Minki andò a recuperare la macchina. I due lo buttarono sui sedili posteriori e partirono velocemente in cerca di un posto isolato dove nessuno sarebbe riuscito a trovarli.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Pochi isolati più in là, May e Shion erano appena tornati da una nuotata in piscina. L’hotel in cui alloggiavano aveva una terrazza al coperto all’ultimo piano, occupata quasi interamente da una vasca da cui si poteva osservare il panorama, così, quel pomeriggio, avevano scelto di godersi un po’ la compagnia l’uno dell’altra. Erano sicuri che appena rimesso piede a Seoul L li avrebbe sommersi di nuovo di incarichi. Recentemente alcuni validi agenti si erano ritirati dal servizio e ben due squadre erano impegnate in missioni che avrebbero richiesto mesi, perciò L era decisamente a corto di personale.
   May si trovava in piedi davanti allo specchio della camera e stava asciugando i lunghi capelli castani. Shion, che invece era seduto sul letto, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.
   «Che c’è?» chiese la ragazza dopo aver spento il phon, sentendosi osservata.
   «Niente, niente…» dissimulò lui.
   «Mi guardavi.»
   «No, niente affatto.»  Shion arrossì leggermente.
   May aveva finito di sistemare la piega, perciò ripose il phon dell’hotel in un cassetto del bagno e andò a sdraiarsi accanto a Shion.
   «Comunque sì, ti stavo guardando.»
   «Lo so.»
   «Ma ho le mie buone ragioni.»
   «Cioè?»
   «Cioè che sei bella!»
   May scoppiò a ridere. Shion non era proprio capace di dire questo genere di cose senza sembrare al contempo imbarazzato e imbarazzante.
   «Non ridere!» per vendicarsi, il ragazzo cominciò a farle il solletico alla pancia.
   «Smettila! Smettila! Non vale!» continuava a ripetere lei, divincolandosi senza riuscire a smettere di ridere.
   «Ti arrendi?»
   «No!»
   «Guarda che continuo!»
   «Ok, ok basta mi arrendo!»
   Shion mise fine alla scherzosa tortura e si fermò. Il suo viso era a pochi centimetri da quello di May. Le accarezzò i capelli, poi il volto, guardandola negli occhi. Non riuscì a resistere e annullò la distanza che li separava, unendo le labbra alle sue in un dolce bacio. May ne fu piacevolmente sorpresa e ricambiò il bacio, stringendo Shion più vicino a sé. Proprio in quel momento, squillò il cellulare. Entrambi ebbero come una brutta sensazione e si bloccarono immediatamente. La ragazza si alzò dal letto e lesse il numero sul display. Non le era familiare. Provò a rispondere, ma si trattava solo di pubblicità. I due si scambiarono uno sguardo preoccupato.
   «Minho non si è più fatto sentire…» osservò Shion.
   «È molto strano. Jiho e Minki sono qui per ucciderci, è sospetto che non ci abbia ancora fatto sapere nulla sui loro piani. Comincio davvero a credere che gli sia successo qualcosa.»
   «Già, anche io sono preoccupato. Proviamo a chiamare L, magari sa qualcosa di più.»
   May annuì e compose il numero. Rispose la segretaria, che la lasciò in attesa qualche minuto prima di riuscire a passarle L.
 
   «Ciao May. Avete fatto un ottimo lavoro lì in Giappone. A cosa devo questa chiamata?»
   «Salve. Ci chiedevamo se avesse ricevuto qualche notizia da parte di Minho. Da qualche giorno non abbiamo più sue notizie e, come già saprà, è anche lui qui a Tokyo insieme a due scagnozzi di Ray.»
   «Minho? Non ricevo più suoi report da almeno tre giorni.» Esclamò L. La notizia sembrò allarmarla. «È un grosso rischio, ma provate immediatamente a contattarlo e accertatevi delle sue condizioni. Non dovesse rispondere a breve vi autorizzo a mettervi immediatamente sulle sue tracce, anche a costo di far saltare la copertura. Non possiamo rischiare di perdere un agente di quel calibro.»
   «Ricevuto. La terremo aggiornata.»
   Così si concluse la chiamata di L. Evidentemente i timori di May e Shion erano giustificati. Era arrivato il momento di verificare che fine avesse fatto l’agente Minho. 



Fine cap. 19
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   Zan zan zan zan! L'integerrimo agente Minho è nei guai! Che vorranno farne di lui Jiho e Minki? Riusciranno May e Shion a mettersi sulle sue tracce prima che sia troppo trardi?
   Nel frattempo, Dawon, disperato e innamorato, ha parlato un po' troppo e Wendy sembra non aver preso troppo bene la cosa... ma la precedenza va alla missione. Riuscirà a recuperare Iris? E Taeoh si salverà dall'attacco focoso di Lizzy se mai tornerà sano e salvo dall'isola? Ah no, questo forse non era in programma... 

   In onore della dichiarazione di Dawon, anche questa volta vi mostro un disegno di @Zipcy. È incredibile che ogni volta tra le sue opere d'arte ne trovi una azzeccata! Questa volta la protagonista somiglia poroprio a come mi immaigno il personaggio di Wendy!


 


   Grazie di cuore a chiunque stia seguendo questo racconto! <3
   A presto!

   Misa

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Capitolo 20
*** Cap. 20 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 20 -





   Cancùn, 7:35 AM.
 
   Verso mattina il temporale era finalmente cessato. Il mare era ancora un po’ troppo increspato per salpare, ma, secondo le previsioni, nel giro di al massimo un’ora si sarebbe calmato. Wendy si era alzata e stava controllando il segnale GPS degli orecchini di Iris. Non si era mosso per tutta la notte, la collega doveva trovarsi ancora nello stesso posto della sera precedente.
Anche Dawon era sveglio già da un po’, ma non aveva ancora trovato il coraggio di aprire bocca, finché non vide che Wendy stava per lasciare la stanza.
   «Wendy» richiamò l’attenzione della ragazza, la quale si voltò verso di lui «Stai andando a cercare Iris?»
   «Sì, torno in albergo a prendere delle cose e poi vado sull’isola.»
   «Ieri sera ho chiesto a Daeju di accompagnarti, ti aspetta in hotel.»
   «Non ho bisogno di nessuno, posso farcela anche da sola!» sentenziò Wendy, in un improvviso scatto d’ira. Non era stata una reazione del tutto volontaria. Ovviamente voleva ribadire il fatto di essere una professionista e di non aver bisogno dell’aiuto di un comune cittadino. O almeno, questo era ciò che raccontava a se stessa. La verità era che, dopo la dichiarazione di Dawon, aveva iniziato a sentirsi a disagio con lui e probabilmente lo sarebbe stata anche con Daeju, che magari sapeva già tutto quello che era successo la sera prima.
   «Lo so che puoi farcela da sola, ma anche io sono in pensiero per Taeoh, visto che potrebbe essere con lei. Mi sembrava giusto che anche noi ci impegnassimo nelle ricerche.» cercò di giustificarsi Dawon, un po’ rattristato dal tono inacidito della ragazza.
   «Se Taeoh è con lei lo riporterò indietro, se invece non lo è lo cercheremo. Quindi no, non c’è nessun bisogno che vi mettiate a cercarlo anche voi, posso benissimo andarci da sola, mi sareste solo d’intralcio. Capito?» continuò Wendy, alzando la voce. A quel punto Dawon non riuscì più a trattenersi e dovette ribattere.
   «Wendy, si può sapere che hai? Ti sto solo chiedendo un favore. E poi sono io quello che è stato rifiutato, perché te la stai prendendo come se ti avessi offesa?»
   «Non vedo questo cosa c’entri, quindi se non hai altro da dire…» concluse lei in tono sprezzante, per poi uscire dalla stanza senza accettare repliche.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Poco dopo, Wendy raggiunse l’hotel e si diresse in camera per farsi una doccia e mettere dei vestiti più comodi in vista della partenza. Una volta pronta, si sistemò in vita la fedele pistola, riempì una borsa con il minimo indispensabile e aprì la porta per uscire.
   «Ciao!» esclamò Daeju, palesandosi improvvisamente davanti a lei. Immaginava che Wendy non avrebbe mai accettato di sua spontanea volontà di fare il viaggio in sua compagnia, perciò, appena l’aveva vista rientrare in hotel, l’aveva seguita e si era appostato fuori dalla camera. «Dawon mi ha chiesto di venire con te, sai, dovrei cercare Taeoh.»
   «No, non ho intenzione di lasciarti venire.» Wendy lo scansò senza troppi complimenti.
   «Dai, siamo seri, può capitarti qualsiasi cosa sull’isola, lascia che ti accompagni. E poi non ti intralcerò, vengo soprattutto per Taeoh, mi sembra legittimo preoccuparmi per un mio amico.»
   «Allora fai come ti pare, ma se ti succede qualcosa non è mia responsabilità. Non ho la minima intenzione di correre a salvarti.» se avesse avuto tempo da perdere lo avrebbe costretto a restare in hotel, ma era già mattino inoltrato ed era in pensiero per Iris.
   Senza più rivolgere la parola a Daeju, Wendy si diresse verso il noleggio gestito dall’hotel e affittò una barca a motore, consapevole che il ragazzo l’avrebbe seguita. Una volta saliti a bordo, accese il GPS, controllò di nuovo la posizione della collega e impostò la rotta.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Anche sull’isola il temporale era cessato e il sole era tornato a splendere, illuminando anche l’interno del rifugio attraverso i vetri di quell’unica finestra. Iris era ancora mezza assopita. Per qualche ragione si era svegliata come avvolta in una piacevole sensazione di tepore che avrebbe voluto prolungare ancora per qualche minuto. Per nulla conscia del posto in cui si trovava, si mosse quel tanto che bastava per accoccolarsi un po’ di più contro quella ignota fonte di calore, quando, all’improvviso, sentì una voce familiare chiamarla da molto vicino.
   «Sei sveglia?»
   D’istinto, Iris aprì gli occhi e rivolse lo sguardo verso l’alto, da dove proveniva la voce, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto di Taeoh. Il ragazzo era seduto per terra, con la schiena appoggiata al muro, e le teneva le braccia intorno alla vita. Lei, neanche a dirlo, era seduta davanti a lui e fino a quel momento se ne era stata tranquillamente raggomitolata contro il suo petto.
   Appena realizzata la situazione, Iris prese immediatamente le distanze, sentendosi terribilmente imbarazzata e anche mortificata per essersi addormentata in quel modo.
   «S-sì, sono sveglia, scusa!»
   In un istante era tornata completamente vigile e, nemmeno il tempo di finire la frase, si era ricordata cosa effettivamente fosse successo la sera prima.
   Con il temporale la temperatura era scesa e Taeoh le aveva detto di avere un po’ freddo ma, fatta eccezione per un paio di coperte polverose che puzzavano solo a vederle, all’interno del rifugio non c’era nient’altro per coprirsi. Così Iris si era rimessa la camicetta, ormai asciutta, e aveva prestato a Taeoh la sua felpa da usare a mo’ di piccola coperta. Lui però aveva insistito a dire che doveva tenerla lei e che altrimenti avrebbe preso freddo, così, a forza di tira e molla, di soluzione ne era rimasta solo una, usarla entrambi, e l’unico modo per riuscire a stare in due sotto quel ritaglio di stoffa era mettersi una davanti all’altro. Perciò, alla fine, Iris si era seduta tra le gambe di Taeoh e aveva finito per addormentarsi così com’era, appoggiata a lui, mentre Taeoh aveva messo le braccia intorno alla vita di Iris, che era l’unico modo per tenerle al caldo sotto alla felpa, la stessa felpa che ora era finita per terra dietro di lei.
   Ecco perché Taeoh non sembrava per nulla sorpreso o imbarazzato e la stava pure guardando con fare un po’ sorpreso, senza riuscire a nascondere un sorriso leggermente divertito per la sua reazione.
   «Ehi, perché ti scusi? Buongiorno.»
   «Ehm… niente. Buongiorno anche a te.» Iris sorrise, ma avrebbe voluto schiaffeggiarsi da sola per la figuraccia.
   Taeoh inclinò la testa di lato e rimase a guardarla. Era seduta in ginocchio davanti a lui, così vicina. I capelli morbidi sciolti sulle spalle e quel bottoncino slacciato di troppo sulla scollatura della camicetta. Le guance lievemente arrossate, le labbra un po’ schiuse. Gli era venuta una voglia irrefrenabile di baciarla. Allungò una mano col pretesto di sistemarle una ciocca di capelli dietro all’orecchio, raccontandosi che si sarebbe fatto bastare quel lieve contatto, ma fatto quel passo non riuscì più a tornare indietro. Le accarezzò una guancia con le dita e con un polpastrello le sfiorò le labbra. Scostando la schiena dal muro, le prese il volto tra le mani per tirarla delicatamente verso di sé.
   Lei si alzò sulle ginocchia quel tanto che bastava per poterlo guardare dritto negli occhi e si sporse verso di lui, appoggiando le mani sulle sue spalle. Aveva perfettamente capito cosa stava per succedere e, per quanto la coscienza le suggerisse di sottrarvisi, il suo corpo sembrava aver acquisito volontà propria e assecondava il gesto di Taeoh, avvicinandola sempre di più alle sue labbra. Temeva che se ne sarebbe pentita, ma ormai era troppo tardi, non sarebbe riuscita a rinunciarvi nemmeno per tutto l’oro del mondo.
   Se non fosse che all’improvviso Wendy spalancò la porta e puntò loro contro la pistola.
   «Iris!»
   I due si separarono in un batter d’occhio e Iris si lasciò cadere seduta sul pavimento, il più possibile lontana da Taeoh per fugare ogni sospetto.
   «W-wendy! Che spavento!»
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Wendy e Daeju avevano raggiunto l’isola con successo e si erano trovati davanti lo stesso scenario che era toccato a Iris e Taeoh il mattino precedente: una breve spiaggia dalla quale si estendeva un fitto bosco che sembrava ricoprire tutta l’isola. Dopo aver ormeggiato la barca, Wendy aveva controllato di nuovo il segnale GPS. Indicava che la sua collega non era distante. Così si era inoltrata tra gli alberi, mentre Daeju si era limitato a seguirla senza osare proferir parola per evitare di essere aggredito verbalmente come ogni volta che aveva provato ad aprire bocca con lei quella mattina.
   «Una casa?» chiese il ragazzo quando si trovarono di fronte al rifugio.
   «Il segnale indica che è lì dentro.» spiegò Wendy, prendendo la pistola e avvicinandosi alla porta. «Stai indietro.»
   Wendy si lanciò contro la porta e parò subito la pistola davanti a sé, convinta di dover cogliere di sorpresa chissà quale malvivente.
   «Iris!»
   «W-wendy! Che spavento!» esclamò Iris appena la vide entrare.
   «E c’è anche Daeju!» aggiunse sorpreso Taeoh. Entrambi si alzarono in piedi per andare incontro agli amici.
   «State bene?» chiese Wendy, mettendo via la pistola.
   «Sì, è tutto a posto!» esclamò l’altra agente «Qualcuno deve averci portato via la barca, così non abbiamo potuto fare altro che rifugiarci qua dentro.»
   «Bene, andiamo via da qui!» esclamò Taeoh, raggiungendo l’amico «Voglio fare un bagno di un’ora e dormire fino a domani!»
   «Torniamo a casa che è meglio… Wendy è furibonda!» si lamentò Daeju. Si era sorbito il malumore di Wendy per tutto il viaggio e non era riuscito a trattenersi.
   «Daeju, non farci caso, Wendy si arrabbia facilmente quando le succede qualcosa che non va, poi le passa hehehe» tentò di giustificarla Iris.
   «Tieni.» tagliò corto Wendy, passando all’amica una bottiglia d’acqua.
   «Grazie!» rispose lei, per poi bere un bel sorso. Solo in quel momento si rese conto di avere una sete terribile.
   «In marcia!» sollecitò Wendy «Prima andiamo via da qui e meglio è!»
   Iris si avvicinò un attimo a Wendy e le chiese sottovoce se fosse successo qualcosa. Le sembrava strano che l’amica fosse così irascibile senza un motivo. Alla sua domanda, però, Wendy sembrò intristirsi e non volle dare risposta.
   Mentre riattraversavano il bosco, Iris notò che Taeoh continuava a guardarla. Non capiva se fosse per via di quel bacio mancato poco prima che arrivassero i soccorsi o se ci fosse dell’altro, ma il suo sguardo la stava agitando come se, solo da quello, gli altri due potessero intuire ciò che era successo. Non che avessero fatto nulla di male, ma in un certo senso era come se si vergognasse delle sensazioni che stava provando. Dopotutto non sapeva quasi nulla di Taeoh e, nonostante fosse stata molto bene in sua compagnia, non poteva ignorare il fatto che avesse ostentato un po’ troppa sicurezza nel farle da spalla per essere solo un civile. Insomma, il suo cuore palpitava come quello di un’adolescente alla prima cotta, mentre la sua coscienza le diceva che abbassare la guardia era da autentica idiota. E in più temeva che Wendy avesse già fiutato qualcosa. Era il caso di andarci piano e prendersi un po’ di tempo per riflettere.
   «Chissà che sete avrai anche tu! Tieni.» dissimulò, passando a Taeoh la bottiglia d’acqua che le aveva dato poco prima la collega. A quel punto il ragazzo si rese conto che, involontariamente, si stava comportando in maniera troppo ovvia e decise di darle corda, sperando che Iris avesse realmente frainteso e pensato che avesse sete.
   «Ah! Grazie. Visto che era poca non avevo il coraggio di chiedertela.» disse, dopo aver bevuto. Il motivo per cui non riusciva a smettere di fissarla era che si sentiva totalmente, irrimediabilmente cotto. Tuttavia, nel giro di poco Dawon sarebbe stato dimesso e avrebbe dato loro nuovi ordini. Se avessero deciso di assecondare Ray avrebbe dovuto uccidere Iris e a Taeoh questo proprio non andava. Avrebbe dovuto trovare il modo di parlare con il leader e spiegargli la situazione.
   Arrivati finalmente alla barca, il gruppo di ragazzi poté finalmente rientrare senza intoppi a Cancún.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Giunti a destinazione, i quattro riconsegnarono la barca al noleggio dell’hotel, raggiunsero la hall e salirono insieme in ascensore. Le prime a scendere furono Iris e Wendy, che si diressero entrambe nella camera di quest’ultima.
   «Ok, dimmi tutto, che è successo che ti ha fatto arrabbiare così?» esordì Iris appena varcata la soglia, temendo in qualche nuova bravata di Lizzy.
   «Beh... non lo so... credo che Dawon si sia confessato. Si dice così? Io… l’ho rifiutato. In quel momento ero in pensiero per te, però poi... cioè... credo che lui mi piaccia.» rispose Wendy in modo confuso, come se si vergognasse a dire ad alta voce la verità e allo stesso tempo avesse le idee poco chiare «Per il mio lavoro non posso permettermi una relazione seria…» improvvisamente Wendy ricollegò la parola lavoro al fatto che si era dovuta portare Daeju sull’isola «E poi Dawon mi ha costretta a portare Daeju con me a cercarvi. Voglio dire, sono capace di fare il mio lavoro, non mi serve che quello spilungone mi faccia da spalla, è solo un civile... e in più non mi piace che mi vengano dati ordini.»
   «Aspetta, aspetta...» la interruppe Iris, completamente spiazzata dalla risposta. «Mi hai appena detto che Dawon ti si è dichiarato?»
   Wendy arrossì e si limitò ad annuire.
   «E tu lo hai rifiutato, ma lui ti piace.»
   «Credo...»
   «E in più voleva che Daeju ti seguisse.»
   «Sì, e la cosa mi ha dato fastidio.»
   «Però, pensaci bene, non credo lo abbia fatto per darti ordini, potrebbe voler dire che era in pensiero per te! Potresti provare a dargli una chance, dopotutto L non può pretendere che restiamo single per sempre!»
   «Ma se stesse fingendo? Io non voglio farmi male…»
   «Umm. Non hai tutti i torti. Forse prima di prendere una decisone dovremmo fare qualche ricerca sui ragazzi. Dopotutto, se ci pensi, non sappiamo nulla di loro se non i loro nomi.»
   «Perché questo dubbio improvvisamente?»
   «Ecco… della sparatoria non si è più saputo niente, ma ho l’impressione che c’entri più con loro che non con il nostro soggetto. E in più Taeoh si è comportato in modo strano sull’isola.»
   «Strano?»
   «Già. Mi è sembrato un po’ troppo a suo agio in certe situazioni per essere un semplice civile… mi ha detto di aver lavorato nell’esercito per diversi anni, ma c’è comunque qualcosa che non mi convince. E poi, ora che sa chi siamo mi sembra doveroso scoprire chi è lui.»
    «Aspetta, non gli avrai detto tutta la verità?»
    «Ho dovuto farlo, ad un certo punto era diventato troppo ovvio, anche perché ho avuto come la sensazione che avesse già intuito qualcosa.»
   «Accidenti… allora ci sono buone probabilità che anche gli altri lo sappiano.»
   «Già.»
   «Non ci resta che fare due chiamate al quartier generale. A questo punto voglio sapere con certezza chi sono Dawon, Taeoh e Daeju.»
   «Credi che L potrebbe avere informazioni sul loro conto? È strano che non ci abbiano avvertite. Se fossero state persone rilevanti ce lo avrebbe comunicato.»
   «Se non trovano niente vuol dire che siamo paranoiche, altrimenti...»
   «Anche questo è vero. Per quanto riguarda il nostro caso, invece, dirò a L di mettere sotto sorveglianza l’isola. È più che ovvio che si tratti del suo magazzino e non sarà difficile per la polizia arrestare qualcuno dei suoi e interrogarlo per farsi dire dove si nasconde.»
   «Ottimo.» annuì Wendy, per poi cambiare improvvisamente espressione e sfoderare un sorriso sornione. «Ma parliamo un po’ di te adesso! Com’è andata la nottata di fuoco? Mi sembra di capire che vi siete scambiati informazioni parecchio… intime.»
   «Che?»
   «Dai, non dirmi che non avete fatto niente? Eravate tutti soli soletti su un’isola deserta in mezzo al temporale…»
   «Che dovevamo fare?»
   «A chi vuoi darla a bere? Vi ho quasi beccati a baciarvi appena sono entrata! Pensavi mi fosse sfuggito?»
   «Ma che baciarci? Mi era solo entrato qualcosa nell’occhio e gli ho chiesto di controllare. Non è successo un bel niente se proprio lo vuoi sapere.» Inventò una scusa Iris, ma il rossore delle guance tradì il suo imbarazzo.
   «Bugiarda!» insinuò Wendy.
   «E va bene, ci stavamo per baciare, ma alla fine non è successo. Contenta?»
   «Ops, quindi vi ho interrotti proprio sul più bello… e dimmi, chi ha ceduto per primo confessando tutto il suo amore? Tu? Lui?» continuò Wendy in tono ironico.
   «Nessuno dei due.»
   «E allora perché gli stavi saltando addosso?»
   «Non gli stavo saltando addosso! Stava per baciarmi e basta.»
   «Quindi tu piaci a lui, ma lui non piace a te?»
   «Non è che non mi piaccia, ma-»
   «Ti piace! Lo sapevo!»
   «Sì, mi piace da un po’, ok? Ma te l’ho detto, c’è qualcosa che non mi torna e lo sai che non voglio relazioni al momento.»
   «Tzk, e poi dici a me di starci con Dawon. Dovevo immaginare di starti sopravvalutando!»
   «Senti, vado a farmi una doccia. Sono distrutta.»
   «Come ti pare. Io chiamo L.»
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Nel frattempo, Taeoh non se n’era rimasto con le mani in mano. Dopo essersi lavato e cambiato aveva ricevuto una telefonata dal leader ed era corso con Daeju all’ospedale, dove aveva trovato Dawon intento a riordinare le proprie cose. Era stato finalmente dimesso dopo gli ultimi controlli, che avevano avuto buon esito.
   «Finalmente ti dimettono!» esclamò contento Taeoh, entrando nella stanza dell’amico.
   «Già!» rispose Dawon, girandosi verso di lui e Daeju. «Taeoh, ma che è successo ieri sera? Sei sparito nel nulla, ero un po’ preoccupato.»
   «Ci hanno quasi fregati!»
   «Cioè?»
   «Qualcuno sapeva che io e Iris eravamo sull’isola, e non parlo dei trafficanti di droga... non siamo potuti ritornare perché qualcuno ci ha rubato la barca.»
   «È per quello che siete rimasti bloccati là?» chiese Dawon, un po’ allarmato. «Hai idea di chi possa essere stato?»
   «Non abbiamo visto nessuno, ma posso garantirti che qualcuno ci vuole fuori dai giochi, noi e anche le ragazze. Non è difficile capire di chi sto parlando visto le minacce degli ultimi giorni. È anche il motivo per cui sono andato sull’isola con Iris: Buffy e James mi avevano detto che sarebbe stata il loro primo obiettivo ed ero sicuro che l’avrebbero seguita per farla fuori alla prima occasione disobbedendo al tuo ordine di aspettare.»
   «Lo hai fatto solo perché andavano contro i miei ordini?»
   «Ehm…» Taeoh tossicchiò, evitando di rispondere alla domanda «Tra le altre cose, Iris mi ha confessato di essere un’agente.»
   «E…?»
   «E non me lo aspettavo. Onestamente mi è dispiaciuto. Voglio dire, io sono qui per ucciderla, però… non lo so, non mi va più. Non vedo che senso abbia questo ordine di Ray. Loro non hanno quella stupida SD e ammetto anche di essermi un pochino affezionato, ecco.» Taeoh arrossì leggermente dopo aver pronunciato le ultime parole. Per paura di rendere troppo evidenti i propri sentimenti, pensò subito di rettificare. «Sono simpatiche.»
   «Capisco cosa intendi. Io ci ho riflettuto molto nei giorni in cui sono stato rinchiuso qui e anch’io non voglio ucciderle. Anzi, a dire il vero… mi sono dichiarato a Wendy ieri sera.» i tentativi di Dawon di rimanere imperturbabile vennero miseramente vanificati dal rossore acceso sulle sue guance «Ma… ecco… mi ha rifiutato.»
   «Cosa? Tu hai dei sentimenti?» Taeoh la buttò sul ridere.
   «Certo, ovvio! Ma non per questo sono meno autorevole!»
   «E ti ha rifiutato perché? Sei un dittatore?»
   «Bada a come parli! Comunque, non mi ha dato spiegazioni, ma credo che sia perché è concentrata sul suo lavoro, o forse semplicemente non le piaccio.»
   «O perché sei un dittatore e dai ordini a tutti...»
   «Comunque!» sottolineò bene la parola «Ora che siamo definitivamente e dichiaratamente dalla loro parte credo che dovremmo dire loro tutta la verità. Essere onesti mi sembra il minimo se vogliamo che si fidino di noi. E non dimentichiamo che Buffy e James seguono ancora gli ordini di Ray… oltre a metterci i bastoni tra le ruote, è possibile che tornino presto in azione e le ragazze si potrebbero trovare in pericolo non sapendo chi sono in realtà quei due.»
   «Quindi siamo ufficialmente fuori dal giro?»
   Dawon annuì.
   «Siamo dei traditori adesso... e solo per delle donne. Chi lo avrebbe mai detto! Queste cose succedono solo nei film!» continuò Taeoh, non riuscendo a frenare l’agitazione «Daeju, sei con noi?»
   «I-io? Ehm, ecco...» Daeju, che fino a quel momento se ne era rimasto in silenzio, si trovò un po’ in difficoltà. Seguire i suoi amici e cacciarsi nei guai o continuare a servire Ray e diventare loro nemico? In fondo, però, nemmeno a lui erano mai piaciuti i modi di fare del boss, come tutti era finito nel giro per i soldi e questa poteva essere una buona occasione per redimersi. «Vi seguirò! Ma non per Lizzy! Lei non la voglio più vedere!»
   «Non è il tuo tipo?» Lo prese in giro Taeoh.
   «È aggressiva!» annuì Daeju, provocando le risate di entrambi gli amici.
   «Bene, non ci resta che pensare a come dire loro la verità.» concluse Dawon.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Dopo la doccia, Iris era tornata da Wendy per vedere se la ricerca avesse dato dei risultati.
   «Trovato nulla?» chiese, avvicinandosi all’amica, mentre si tamponava i capelli con l’asciugamano.
   «Nulla…» confermò Wendy.
   In cuor suo, Iris tirò un sospiro di sollievo.
   «Però non sono ancora convinta.» aggiunse Wendy. «Entro domani mi faranno sapere se Taeoh ha davvero lavorato per l’esercito. Non sarà difficile scoprirlo, ma servono dei permessi.»
   «Che ne dici se andiamo a trovarli o gli chiediamo di uscire stasera? Così potremo fare direttamente a loro qualche domanda.»
   «Possiamo provare, dici che dovrei scusarmi con Dawon?»
   «Beh, tecnicamente non è una colpa non corrisponderlo… però nel caso tu avessi cambiato idea puoi sempre dirglielo.»
   «Ummm... ok!» Wendy sembrò aver improvvisamente ritrovato il buonumore.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Le due agenti aspettarono fino all’ora di cena, pensando che per quell’orario i tre ragazzi sarebbero rientrati in hotel, ma, al contrario delle aspettative, non li incontrarono. Decisero così di avviarsi al ristorante insieme a Lizzy, la quale finalmente si era palesata per ricevere aggiornamenti sulle indagini. Solo verso la fine della cena i ragazzi fecero la loro comparsa.
   «Ciao!» Li salutò Iris nel modo più naturale possibile. L’idea era quella di attaccare bottone per dare modo a Dawon e Wendy di riappacificarsi e passare poi a domande più personali.
   «Ehi!» esclamò Taeoh, raggiungendole insieme agli altri. «Riposato bene?»
   «Sì, voi? Vedo che finalmente Dawon è stato dimesso!»
   «Nemmeno le infermiere lo sopportavano più...» scherzò Taeoh.
   «Ehi!» Dawon diede una gomitata di rimprovero al collega. «Comunque, sì.» rispose poi, evitando di approfondire. Si sentiva un po’ a disagio e, indeciso se chiedere subito loro di parlare, lanciò uno sguardo a Taeoh e Daeju, in cerca di approvazione. Al ché Taeoh si fece avanti al suo posto.
   «Sentite, vi va di fare due chiacchiere dopo cena?»
   «Ok.» annuì Iris. Era stato più facile del previsto, però qualcosa la preoccupava, era palpabile una strana tensione nell’aria. «Noi abbiamo quasi finito. Vi aspettiamo nella hall, va bene?»
   «Ok, allora a dopo.»
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Circa mezz’ora dopo, Taeoh, Dawon e Daeju raggiunsero le tre agenti e, insieme a loro, si misero in cerca di un posto tranquillo nei pressi dell’hotel. A fare strada fu Dawon, che condusse il gruppo in un punto isolato della spiaggia, finendo per insospettire ancora di più le ragazze.
   «Ehm…» spezzò il silenzio Iris «Perché proprio qui?»
   «Perché qui non dovrebbe sentirci né vederci nessuno.» rispose Dawon, in modo pacato ma estremamente serio «E questo principalmente perché si tratta di questioni della massima importanza.»
   Iris e Wendy si scambiarono uno sguardo preoccupato, mentre Lizzy sembrava totalmente disinteressata alla questione.
   «Tanto per cominciare,» continuò il leader «dobbiamo scusarci con voi. Siamo stati sleali fin dall’inizio.»
   Il cuore di Wendy perse un battito. Se lo sentiva che qualcosa non andava. Perché sull’archivio dell’associazione non c’era scritto nulla sul loro conto?
   «Sappiamo che siete agenti di L, che siete qui in missione e sappiamo anche che abbiamo sbagliato nel peggiore dei modi, ma, vi prego, ascoltate quello che abbiamo da dirvi.»
   Il volto di Wendy rimase completamente inespressivo, non riusciva a credere a quello che le stava dicendo Dawon. E lei che voleva anche chiedergli scusa e dirgli che lo ricambiava.
   «È uno scherzo per caso?» fu tutto ciò che Iris riuscì a dire. Aveva iniziato a sentirsi oltremodo agitata.
   «Purtroppo, no.» le rispose Taeoh. Era arrivato il momento di spiegare come stavano le cose e di essere sinceri fino in fondo. «Non siamo persone qualsiasi. Siamo dei criminali e lavoriamo, o meglio, lavoravamo per Ray. Il nostro compito inizialmente era quello di riprendere l’SD, per questo ci siamo incontrati all’asta di quadri, non è stato casuale. Finché si trattava solo di quello andava bene, ma poi… siete riuscite a sottrargliela e così lui ci ha ordinato di uccidervi. Per questo vi abbiamo seguite fin qui. Ma il motivo per cui non lo abbiamo ancora fatto, è che non crediamo sia giusto.»
   Iris si limitò a fissare Taeoh con sguardo cupo, mentre Wendy aveva già messo mano alla pistola che teneva nel fodero.
   «All’inizio pensavamo che sarebbe stato un lavoro come un altro.» riprese la parola Dawon «Ma poi ci siamo avvicinati a voi, abbiamo avuto modo di conoscervi meglio e… so che può sembrare strano, sospetto, e avete tutte le ragioni del mondo per dubitare di noi, ma non vogliamo più farlo. Non vogliamo sacrificare la vostra vita per un capriccio di Ray né di nessun altro. Più entravamo in confidenza con voi, meno aveva senso quello che ci aveva chiesto.»
   «Basta! Non voglio sentire altro!» lo interruppe Iris. Tutti quei segnali che le aveva mandato il proprio intuito fin dal primo giorno in cui aveva visto Taeoh, la sensazione che qualcosa non andasse, li aveva ignorati. Gli aveva permesso di entrare nella propria vita e di sconvolgerla, si era davvero innamorata di lui, a tal punto che aveva cercato di proteggerlo a tutti i costi. Solo quella mattina l’avrebbe baciato senza pensarci due volte, e ora lui le stava dicendo che era stata tutta una bugia, soltanto un’enorme bugia. Non riusciva a credere di essersi lasciata raggirare in quel modo. Si sentiva un’idiota e senza rendersene conto aveva iniziato a tremare dalla rabbia.
   «Aspetta, Iris...» provò a calmarla Taeoh «Abbiamo deciso di tradire Ray. Vogliamo aiutarvi, essere vostri alleati!»
   «Aiutarci? Essere alleati? Tu mi hai presa in giro fin dall’inizio!»
   «Iris, io…»
   «Non rivolgermi mai più la parola, non voglio mai più vedere la tua faccia!» Iris voltò le spalle a Taeoh e si allontanò dal gruppo. Tutto ciò in cui aveva sperato fino alla fine era stata solo una stupida illusione che si era creata da sola per non ammettere a se stessa che tra loro due non poteva e non ci sarebbe mai potuto essere nulla. Sentiva le lacrime scendere copiose dagli occhi e rigarle il volto. Evidentemente non era tagliata per essere un’agente. Era troppo sensibile, debole e ingenua.
   «Iris, aspetta!» la rincorse Taeoh, sperando di riuscire a trattenerla. Iris accelerò il passo, ma lui riuscì a raggiungerla e ad afferrarla per un polso «Aspetta… mi dispiace, non volevo ferirti. Sono stato un ipocrita a mentirti per tutto questo tempo, ma ora sono sincero. Non voglio perderti!»
   «La smetti?» lo fermò bruscamente lei, liberandosi dalla presa con uno strattone. «Ora è troppo tardi!»
   «Ti prego…» la implorò di nuovo Taeoh. Vederla in lacrime gli spezzava il cuore. Immaginava come potesse sentirsi ed era solo colpa sua. Lo sapeva perfettamente di piacerle e l’aveva trattata malissimo nonostante ricambiasse i suoi sentimenti. Non aveva fatto altro che alimentare le sue speranze senza riuscire a tirarsi indietro nonostante avesse paura che prima o poi Ray avrebbe dato l’ultimatum. Era terribilmente dispiaciuto, ma dopo tutta quella serie di bugie temeva proprio che nemmeno implorare il suo perdono in ginocchio l’avrebbe convinta che questa volta era sincero.
   Iris si rifiutò di ascoltare altre scuse, ormai le suonavano solo come parole vuote. Voltò di nuovo le spalle a Taeoh e se ne andò, iniziando a camminare sulla spiaggia senza una meta.
   A quel punto Taeoh, un po’ a malincuore, decise di non insistere, avrebbe solo peggiorato la situazione. Era meglio lasciarle il tempo di riprendersi dalla notizia.
 
   Wendy, Lizzy, Dawon e Daeju erano rimasti sulla spiaggia. Anche tra di loro la situazione non era delle migliori. Wendy aveva finito per schiaffeggiare in pieno volto Dawon dopo aver ascoltato quelle che reputava delle stupide scuse. Lui, d’altra parte, sentiva di meritarselo.
   «Mi dispiace.» si limitò a dire il ragazzo, abbassando la testa. Per un attimo calò il silenzio, poi continuò «Wendy, Quelle cose che ti ho detto ieri sera sul fatto che mi piaci… io le intendevo sul serio, ed è uno dei motivi per cui ho deciso di mettermi contro Ray. Ma so di non meritarmi di essere ricambiato, mi dispiace davvero per tutto quello che ti ho fatto.»
   «In fondo non siamo così diversi.» rispose Wendy, con una calma insolita e quasi malinconica «mentiamo a coloro che ci stanno attorno, ma almeno io sono dalla parte dei buoni e salvo delle vite, tu le togli senza motivo. Sai, stavo per chiederti scusa per averti rifiutato e chiederti un’altra chance, ma vedo che avrei dovuto continuare a fidarmi del mio istinto.»
   «Wendy…» Dawon si sentì ancora più in colpa e dispiaciuto per lei «È vero, finora ho vissuto in modo sbagliato. Ma voglio che le cose cambino, anche a costo di essere eliminato da Ray. E non solo, so che dopo questa notizia non hai più motivo di credermi, ma... state attente a Buffy e James. Sono ancora agli ordini di Ray e hanno cercato di mettere i bastoni tra le ruote anche a noi.»
   «Hai ragione, non ti credo.» disse lei. Purtroppo, però, pensava esattamente il contrario, poteva percepire una preoccupazione sincera nel suo modo di parlare. Non si sarebbe mai esposto così se i suoi sentimenti non fossero stati reali, non era il tipo da lasciarsi mettere alla gogna senza una buona ragione. «Le persone non cambiano, ma puoi pagare per i crimini commessi... sempre ammesso che questa non sia una tattica.»
   «Questa volta sono sincero.»
   «Bene, a questo punto non vale nemmeno la pena di sprecare altro fiato con te.» Wendy prese le manette e fece cenno a Lizzy di fare lo stesso «Dawon, sei in arresto. Metti le mani sopra la testa e voltati.»
   Dawon non oppose resistenza e Wendy poté stringergli le manette ai polsi senza difficoltà. Lizzy fece lo stesso con Daeju, poi li portarono nella camera di Wendy per interrogarli e avvertire L. Non avendo alcun tipo di supporto a Cancún non avrebbero potuto fare molto, ma era comunque giusto andare fino in fondo alla faccenda e sapere anche perché L non le avesse avvertite del pericolo che stavano correndo. Minho era infiltrato tra gli scagnozzi di Ray, quindi L conosceva sicuramente i loro volti. Avrebbe dovuto dare loro delle spiegazioni. In più sperava che Iris sarebbe tornata presto e l’avrebbe aiutata ad arrestare anche Taeoh, che per il momento non si era messa a cercare.



Fine cap. 20
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   Lo dico? Lo dico. Maledetta Wendy che ha interrotto il bacio tra Iris e Taeoh! Cosa devono fare questi due poveracci che si aspettano da 20 capitoli?
   *Autrice si ricompone*
   Ad ogni modo, questo è il capitolo della verità, il capitolo in cui finalmente cadono tutte le menzogne, sui sentimenti provati dalle agenti, dai ragazzi e sulla vera identità dei seguaci di Ray. Per come stanno le cose, non c'è dichiarazione d'amore che tenga e nulla può essere fatto per salvare il loro rapporto. Ma sarà davvero così? Che succederà dopo che li avranno consegnati a L? E soprattutto, dove starà andando Iris da sola in piena notte?

   Grazie a tutte le persone che stanno leggendo, recensendo e che hanno messo la storia tra i preferiti! <3  
   A presto!

   Misa

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Capitolo 21
*** Cap. 21 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 21 -





 
  
   Iris aveva continuato a camminare senza meta pensando incessantemente a ciò che era successo. Ad un certo punto si era ritrovata davanti a una barricata che impediva di proseguire sulla spiaggia, così era risalita sul lungomare e aveva imboccato un sentiero che portava in una zona alberata. Man mano che proseguiva, la vegetazione si faceva sempre più fitta, ma, incurante di ciò, continuò a seguire quel viottolo sterrato. Senza rendersene conto si stava dirigendo in cima alla scogliera, la stessa che si vedeva dalla spiaggia dell’hotel e che avevano notato la prima sera in cui erano arrivate a Cancún, durante la festa in spiaggia.
   Raggiunto il punto più alto, si avvicinò allo strapiombo e, da lassù, si guardò intorno. Le luci della città e del porto si riflettevano sulla superficie nera e increspata dell’acqua, creando uno scenario tanto suggestivo quanto inquietante. Rivolse lo sguardo verso il basso. Era così buio che a malapena si riusciva a scorgere il punto in cui il mare si infrangeva contro le rocce. Rimase ferma ad ascoltare il rumore delle onde che battevano violentemente contro la scogliera, cospargendo l’aria dell’odore della salsedine. Finalmente si sentiva meglio, la rabbia stava pian piano scemando. Presto sarebbe stata in grado di tornare indietro e di affrontare la situazione in maniera più razionale.
   «Ehi bella, cosa ci fai qui tutta sola?» esclamò una voce alle sue spalle. «Non è un posto sicuro per una bambolina come te…» Iris si girò di scatto e nel buio intravide due sagome avvicinarsi nella propria direzione. Bastò un attimo perché fossero abbastanza vicini da poter intuire di chi si trattava. Erano Buffy e James.
   «Che volete?» chiese in tono aspro, mettendosi sulla difensiva.
   «Vogliamo solo aiutarti! Ti serve giusto una spintarella…» continuò James.
   Evidentemente su questo Taeoh, Dawon e Daeju non avevano mentito. Il ghigno sul volto di quei due le faceva venire in mente una sola ipotesi: erano lì per farla fuori. Allungò la mano per prendere la pistola ma si rese conto di non averla con sé. Prima di andare sull’isola l’aveva prestata a Taeoh e tra una cosa e l’altra lui non gliel’aveva più restituita. Senza perdere tempo estrasse il pugnale e lo puntò verso quei i due prima che fossero abbastanza vicini da poterla buttare di sotto.
   «Non fate un altro passo! So tutto!»
   «Oh mamma, sa tutto!» la prese in giro Buffy, in modo strafottente. Ormai era arrivato a nemmeno un metro da lei. «Visto che abbiamo tanta paura dobbiamo fare qualcosa per eliminare il problema alla radice, no?» Senza aspettare oltre, Iris colpì Buffy col pugnale e sferrò un calcio in pieno stomaco a James, creandosi l’occasione per portarsi alle loro spalle e lasciare che fossero i due ragazzi a rimanere nelle immediate vicinanze dello strapiombo.
   «Perché non vi eliminate voi invece?»
   «Tzk, pensa di essere brava...» sentenziò James, massaggiandosi lo stomaco dolorante. Subito dopo estrasse la pistola, puntandola verso di Iris. Senza indugiare, la ragazza lanciò il pugnale contro la mano di James, costringendolo a lasciar cadere l’arma prima che potesse premere il grilletto. James trattenne a stento un urlo di dolore e di rabbia e si strinse la mano ferita con quella sana. Buffy non rimase a osservare la scena, si scagliò contro di Iris in uno scontro frontale. Un attimo dopo erano finiti a terra, a un passo dal bordo della scogliera. Buffy, sopra di lei, cercava di strangolarla, mentre Iris continuava a dimenarsi. Nel disperato tentativo di liberarsi dell’aggressore, l’agente puntò i piedi facendo leva contro il suo addome e riuscì a ribaltarlo verso lo strapiombo. Buffy fu costretto a lasciare la presa sul collo della ragazza, ma riuscì ad afferrarle una gamba, trascinando anche lei verso il mare. Iris rimase a stento aggrappata alla scogliera, ma era solo questione di attimi, il peso di Buffy l’avrebbe presto costretta a mollare la presa, facendola precipitare inesorabilmente insieme a lui.
   Proprio in quel momento, qualcuno la afferrò per le braccia. La ragazza sollevò lo sguardo verso l’alto, preoccupata che potesse trattarsi di James, ma con sua sorpresa vide che a sostenerla era Taeoh.
   «Ti tengo!» la rassicurò lui.
   Certa che non sarebbe caduta, Iris cominciò scalciare contro Buffy con la gamba libera, costringendolo a mollare la presa. Passarono solo pochi secondi prima che il ragazzo attraversasse il vuoto e si scontrasse con la superficie nera del mare, producendo un tonfo sordo.
   Liberatosi dal peso di Buffy, Taeoh non fece fatica a tirare Iris sulla scogliera. La ragazza rimase seduta sulla superficie rocciosa, cercando di riprendere fiato, e si guardò intorno. James era steso a terra poco più in là, privo di sensi.
   «Che… ci fai qui?» riuscì finalmente a dire, ancora col fiato corto e il cuore che le pulsava in gola.
   «Sono venuto a cercarti e quando ti ho trovata, beh...» rispose lui, indicando James. Anche Taeoh si era lasciato cadere per terra di fronte a lei. Sembrava accaldato, doveva aver corso parecchio per arrivare fin lì.
   Dopo aver lasciato Iris sulla spiaggia, infatti, Taeoh si era incamminato verso l’hotel, ma improvvisamente si era ricordato di avere ancora con sé la pistola che lei gli aveva prestato. Preoccupato che potesse succederle qualcosa proprio mentre era disarmata, si era messo immediatamente sulle sue tracce e, quando l’aveva trovata, era già intenta a lottare contro Buffy. Era riuscito a cogliere di sorpresa James, dandogli un colpo secco dietro alla nuca e mettendolo subito fuori gioco, ed era arrivato appena in tempo per evitare che Iris finisse in mare.
   «Non sei più dalla loro parte, giusto?» chiese ancora lei, indecisa se fidarsi o meno.
   «Non sono mai stato dalla loro parte. Fosse stato per me li avrei rispediti indietro tempo fa.»
   «Allora grazie. Mi hai evitato una nuotata in piena notte.»
   «Se non peggio! E poi... te lo devo.» rispose lui, abbassando la testa in segno di scuse.
   Iris cercò di alzarsi in piedi, ma un dolore pungente alla gamba destra la costrinse a fermarsi.
   «Ahi…»
   «Sei ferita?» Taeoh si avvicinò a lei e nel buio cercò di vedere in che condizioni fosse la gamba della ragazza. Aveva un taglio di circa dieci centimetri lungo lo stinco, ma per fortuna sembrava essere piuttosto superficiale.
   «Devi esserti fatta male sbattendo contro la scogliera.» ipotizzò Taeoh «Vieni, ti riporto in hotel.» si girò di schiena, facendole cenno di salire.
   «Non se ne parla neanche!» protestò lei, per nulla intenzionata ad avvinghiarsi proprio a lui dopo quello che era successo.
   «Dai, è il modo più veloce. Non vorrai mica restartene qua finché James non si sveglia?»
   «Ho detto di no!»
   «Va bene, allora ti porto via di peso.» Taeoh fece per caricarsela in spalla.
   «Aspetta, aspetta! E va bene, salgo.» in fin dei conti era meglio sacrificare per un po’ l’orgoglio piuttosto che farsi tutta quella strada a testa in giù con lo stomaco pigiato contro la sua spalla.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Una volta arrivati in hotel, Taeoh accompagnò Iris fino alla camera di Wendy, dove era sicuro che avrebbe trovato anche Dawon e Daeju. Ad aprire la porta fu proprio l’agente.
   «Cos’è successo?» chiese, un po’ preoccupata.
   «Possiamo entrare?» disse Taeoh, prima di dare qualsiasi risposta. Wendy si spostò e li fece entrare. Seduta su una sedia c’era Lizzy, intenta a cercare di chiamare L con il cellulare. In piedi, al lato opposto della stanza, invece, c’erano Dawon e Daeju.
Taeoh entrò e fece sedere Iris sul letto, poi raggiunse gli atri due.
   «Che hai fatto alla gamba?» Wendy notò la ferita.
   «Ho incontrato Buffy e James...» spiegò Iris «e decisamente sono agli ordini di Ray. Hanno cercato di farmi fuori. Per fortuna me la sono cavata con poco. Se non fosse arrivato Taeoh probabilmente sarebbe finita molto peggio.» Le costò non poco l’ultima affermazione, ma era comunque giusto mettere al corrente le colleghe di ciò che era successo.
   Mentre ascoltava il discorso, Wendy controllò la ferita di Iris.
   «È abbastanza superficiale, non servono punti per fortuna, ci posso pensare io.»
   «Grazie, Wendy. Per caso avete già contattato L?»
   «Non ancora, ci sta provando Lizzy, ma il telefono apparentemente è staccato.» rispose, prendendo il kit di pronto soccorso e preparando l’occorrente per disinfettare e fasciare la ferita.
   «Non c’è mai quando serve… ora che facciamo?»
   «Teoricamente dovremmo arrestarli, in pratica questo comporterebbe tenerli qui ammanettati finché L non risponde.»
   «È un bel problema non avere una base.»
   Nella stanza calò il silenzio. Wendy medicò e fasciò la gamba di Iris. Rimise a posto la cassetta del pronto soccorso e si avvicinò a Lizzy. Quest’ultima selezionò per l’ennesima volta il numero di L e provò a richiamare. Di nuovo il telefono squillò a lungo, finché la segretaria di L si decise a rispondere.
   «Solo un attimo, la metto in attesa.»
   Dopo circa cinque minuti, finalmente le passarono L.
   «Pronto?»
   «Sono Lizzy.»
   «Lizzy! Ci sono stati sviluppi dopo il rapporto di stamattina? Ho già fatto mettere sotto sorveglianza l’isola, hanno anche arrestato alcuni complici. Ora Kang TaeYoo è ricercato dalla polizia ed è solo questione di tempo prima che venga individuato.»
   «Non si tratta di questo…» l’agente spiegò brevemente quello che era successo, sottolineando la presenza della squadra di Ray a Cancún.
   «Cosa!?» esclamò incredula L «Come è possibile che siano sfuggiti al mio controllo? Minho ci ha riportato che Jiho e Minki sono a Tokyo, ma gli altri risultavano ancora a Seoul!»
   «Se li conosceva perché non ha inserito i loro profili nel database? Le mie colleghe hanno già chiesto di loro senza ricevere risposta. Ci ha fatto rischiare grosso!»
   «Non li ho inseriti per motivi di sicurezza, ovviamente! Di recente il nostro database è stato hackerato, se avessi aggiornato i loro profili Ray avrebbe potuto vederli e avrebbe subito sospettato di Minho.» Ad hackerare il sistema dell’associazione era stato proprio Daeju il giorno dell’asta di Gangnam. Effettivamente era riuscito a rubare parecchi dati prima che i servizi informatici di L bloccassero l’attacco.
Wendy fece cenno a Lizzy di passarle il telefono.
   «Pronto? Sono Wendy. Senta, Taeoh, Dawon e Daeju hanno tradito Ray e si sono costituiti. Noi li abbiamo arrestati, ma non abbiamo una base qui, non possiamo tenerli ammanettati in camera nostra!»
   Dall’altro capo del telefono ci fu una lunga pausa, poi L diede il suo verdetto finale.
   «Lasciateli andare.»
   «Che!? Ma sono criminali! Non possiamo lasciarli liberi!»
   «Ho un piano. Liberateli.» disse solenne L.
   «E se stanno mentendo?»
   «Che stiano mentendo o meno, torneranno comunque in Corea… o con voi o per seguire voi.»
   «Ma…»
   «Eseguite gli ordini e basta.» la interruppe L «So quello che faccio e se le cose andranno storte me ne prenderò la responsabilità.»
   «Certo, finché la vita in pericolo non è la sua…» si lamentò Wendy.
   «Da quando sottovaluti così le tue capacità, agente Wendy?»
   «Ok, ok, li lasceremo andare. Ma se torneremo sane e salve esigo una vacanza! Stiamo lavorando incessantemente da mesi.»
   «Lo so, lo so, siamo a corto di personale. Ad ogni modo, vi farò avere i dettagli per e-mail, come al solito. Per ora preoccupatevi solo di liberarli e dite loro di farsi trovare in camera domani mattina, così gli darete le informazioni necessarie.»
   «Ricevuto.»
   «Bene. A presto.»
   Così si concluse la chiamata.
 
   Wendy lanciò il cellulare sul letto. Le colleghe e i ragazzi rimasero a guardarla in attesa di sapere cosa le avesse comunicato L. Lei fece un sospiro e si decise a parlare, rivolgendosi ai tre criminali.
   «Non sono per niente d’accordo, ma dobbiamo lasciarvi andare per stasera.» tutti i presenti le rivolsero uno sguardo stupito. «Ovviamente però non è finita qui. Domani mattina vi daremo alcuni dettagli, quindi vedete di rigare dritto e di farvi trovare in camera vostra, altrimenti vi considereremo ancora alleati di Ray.»
   «Va bene.» rispose Dawon a nome di tutti. «Aspetteremo le vostre indicazioni.»
   Wendy e Lizzy si avvicinarono rispettivamente a Dawon e Daeju e li liberarono dalle manette.
   «Oh, perfetto! Quindi per stasera sono libera!» esclamò Lizzy, mettendo via le manette. «Se non vi dispiace vado a dormire! La mia pelle si sta rovinando con tutta questa tensione!»
   «Tzk, come se avesse fatto qualcosa finora…» si lamentò sottovoce Wendy.
   Lizzy, senza badare al commento, aveva già lasciato la stanza.
   «Allora, con permesso…» disse Dawon, inchinandosi leggermente in segno di saluto. Wendy gli fece cenno di andare con la mano. Daeju lo seguì a ruota, mentre Taeoh si fermò per un attimo sull’uscio e prese fiato come se volesse dire qualcosa, ma subito si girò per andarsene. Nemmeno un secondo dopo sembrò ripensarci e tornò indietro di nuovo.
   «Si può sapere che c’è?» gli chiese Wendy, in tono indispettito.
   «Ecco…» Taeoh avrebbe voluto restituire la pistola a Iris, ma aveva paura che avrebbe messo entrambi nei guai se Wendy fosse venuta a sapere che gliel’aveva prestata.
   «Allora?»
   «Devo restituire questa a Iris.» appoggiò la pistola sulla scrivania.
   Wendy rivolse uno sguardo estremamente giudicante alla collega.
   «Kang TaeYoo, Buffy e James, questi tre idioti, tutti ci vogliono ammazzare e tu te ne vai in giro da sola senza la pistola?»
   «Posso spiegare.» tentò di giustificarsi Iris.
   «È colpa mia, ho insistito per andare sull’isola e-» provò a spiegare Taeoh, ma Wendy lo interruppe immediatamente, arrabbiandosi con la collega.
   «Zitto tu! Altro che taglio, ti saresti meritata di rompertela quella gamba!»
   «Ehi! Almeno potresti ascoltare perché è successo!»
   «Non mi interessa! Sciò! Via entrambi dalla mia vista! Tra te e Lizzy mi farete impazzire!»
   «Ma-»
   «Ho detto sparite! E domani puntuali alle sette e mezza! Chiaro?»
   Iris, rinunciando a far ragionare l’intrattabile collega, si alzò dal letto e saltellò fino alla scrivania, mise nel fodero la pistola e uscì, richiudendosi la porta alle spalle. Taeoh le rivolse uno sguardo colpevole e lei gli fece cenno di andare. Poi riprese a saltellare fino alla propria camera, mentre Taeoh, che non aveva il coraggio di avvicinarsi, era rimasto a guardarla, fermo davanti alla porta chiusa della camera di Wendy, con le braccia a mezz’aria, come se volesse aiutarla ma non osasse farlo.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Il mattino seguente, al loro risveglio, le agenti trovarono l’e-mail a cui L aveva accennato la sera precedente. Il contenuto parlava innanzitutto del magnate Kang TaeYoo. Sotto minaccia, i due complici arrestati avevano cantato e grazie a loro quella notte la polizia aveva preso altre dieci persone coinvolte nel traffico di droga. Questi nuovi soggetti, tra cui il fedele braccio destro Dimitri, avevano confessato che Kang TaeYoo aveva già prenotato un volo per la Corea e che sarebbe partito il giorno seguente alle tre di pomeriggio. L aveva riservato alle agenti dei posti sullo stesso volo. Il loro compito sarebbe stato quello di assicurarsi che il magnate salisse effettivamente sull’aereo e arrestarlo una volta sbarcati in Corea.
   Per quanto riguardava la faccenda complici di Ray, invece, i ragazzi avrebbero dovuto muoversi di loro spontanea volontà. L aveva riservato dei posti sullo stesso volo delle agenti anche per Dawon, Taeoh e Daeju: se davvero avessero voluto costituirsi non avrebbero dovuto fare altro che seguirle e comunicare loro il volo che avrebbero preso Buffy e James. Per tutti e cinque, appena raggiunto il suolo coreano, sarebbe scattato l’arresto da parte di altri agenti che L avrebbe piazzato sulla pista d’atterraggio.
   Nell’e-mail L parlava anche della missione in corso a Tokyo. Si erano perse le tracce di Minho. May e Shion non erano ancora riusciti a trovarlo. Se le cose non si fossero risolte in tempi brevi, L avrebbe usato i complici di Ray arrestati per ricattarlo e salvare il proprio agente.
 
   Dopo aver letto attentamente le istruzioni, le tre agenti andarono a comunicare la decisione di L a Dawon, Taeoh e Daeju. Fu Dawon ad aprire.
   «Prego, entrate.»
   «Ci sono novità?» chiese Taeoh.
   «Lasceremo tutti Cancún domani con il diretto per Seoul delle tre e dodici. I posti sono già stati riservati, basta che presentiate i documenti.» disse Iris. Quel giorno Wendy non sembrava in forma e Lizzy si era persa metà delle vicende lì a Cancún, così Iris si era presa la briga di fare da portavoce di L al posto delle altre.
   «D’accordo.»
   «Dovreste farlo sapere a…» aggiunse poi sottovoce, indicando la stanza di Buffy e James.
   «Già fatto. Sicuramente stanno ascoltando.» rispose Taeoh a voce ancora più bassa. «Ieri notte sono rientrati entrambi. È andata bene a Buffy, è uscito pressoché illeso dalla caduta in mare.»
   Mentre Iris dava ai tre le informazioni necessarie, Wendy rimase tutto il tempo a sguardo basso. Nonostante li stessero praticamente aiutando a salvarsi da una condanna certa, non li aveva ancora perdonati, soprattutto Dawon. Fin da quando aveva aperto gli occhi quella mattina, la sola idea di doverlo incontrare le aveva dato la nausea. Si sentiva profondamente tradita e persino un’azione semplice come incrociare il suo sguardo sarebbe stato troppo da sopportare.
   Dawon, d’altro canto, si era accorto del disagio provato dalla ragazza e non poteva certo biasimarla. L’unica cosa che poteva fare era comportarsi nel modo più discreto possibile e fare del proprio meglio per non deludere la fiducia che suo malgrado gli stava concedendo.
   «Bene, questo è tutto.» concluse Iris.
   «Perfetto. Saremo puntuali, vero Dawon?» disse Taeoh.
   «Certamente! A questo punto non ho intenzione di tirarmi indietro.»
   «Lo stesso vale per me!» aggiunse Daeju.
   «Direi che ci vedremo domani sul volo.» concluse Taeoh.
   «A domani, buona giornata.» Iris li salutò in maniera formale e distaccata per poi lasciare la stanza insieme a Lizzy, che la aiutava a camminare senza sforzare troppo la gamba. Wendy, al contrario, indugiò ancora un attimo, e aspettò che le colleghe si fossero allontanate un po’. C’era qualcosa che si sentiva in dovere di dire.
   «Se hai intenzione di ferirla un’altra volta non ti azzardare a presentarti domani e sparisci per sempre. Se invece ci tieni a lei vedi di rimettere a posto la tua vita e sii onesto. Non avrai altre chance
   I ragazzi si guardarono tra di loro, senza capire fino in fondo a chi fosse diretta l’affermazione.
   «Sto parlando con te, Taeoh.»
   «Ho già preso la mia decisione.» rispose il ragazzo. Non capiva per quale motivo si fosse improvvisamente messa a parlare per Iris, ma dubitava che gliel’avesse chiesto lei. Per qualche motivo aveva come la sensazione che quelle parole fossero in realtà rivolte a Dawon ed era sicuro che il diretto interessato avesse recepito il messaggio. L’indomani sarebbe stato un giorno importante, avrebbero cambiato la loro vita, qualunque fosse stato il prezzo da pagare. Ormai non c’era modo di tornare indietro.
   Wendy annuì.
   «Spero di sbagliarmi sul tuo conto.» Così dicendo, uscì dalla stanza.
   «Tutto ok?» le chiese Iris, notando che aveva tardato a raggiungerle.
   «Sì, mi assicuravo solo avessero capito il concetto. Ora andiamo a fare le valigie.»
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
   Tokyo, 7:45 PM.
 
   Minho riprese lentamente i sensi. Aveva la bocca asciutta. Provò a deglutire ma tutto ciò che sentì fu un intenso sapore di sangue. Anche se aveva riaperto gli occhi, tutto intorno vedeva solo buio, fatta eccezione per una feritoia in cima sulla destra dalla quale filtrava la flebile luce dei lampioni lungo la strada. Era di nuovo sera. Non si ricordava da quanto tempo fosse segregato in quello scantinato, probabilmente due o tre giorni. Contrasse i muscoli nel tentativo di muoversi e si rese conto di essere ancora legato alla sedia. La porta si aprì. Qualcuno accese la luce. Minho fu costretto a chiudere gli occhi, da troppe ore abituati al buio pesto della stanza.
   «Ti sei svegliato finalmente, bastardo!» Era Jiho.
   Minho non disse nulla. Anche se avesse voluto le parole gli sarebbero morte in gola per quanto era secca. Era consapevole del fatto che si trattasse di una vendetta, sapeva che i due avrebbero continuato a torturarlo finché May e Shion non si fossero fatti vivi. Volevano ucciderlo davanti agli occhi dei suoi colleghi e poi sicuramente avrebbero ucciso anche loro. Questo Minho non poteva permetterlo.
Anche Minki entrò nella stanza e si sedette su una sedia, dal lato della porta.
   «Certo che però è tenace…  non possiamo ucciderlo e basta?»
   «Ci ha imbrogliati per tutto questo tempo, facciamolo soffrire ancora un po’.» Jiho diede un calcio alla sedia di Minho, buttandolo per terra. L’agente strinse i denti e incassò il colpo, sbattendo dolorosamente contro il pavimento di cemento.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Nel frattempo, May e Shion stavano continuando incessantemente le ricerche. Erano passati due giorni da quando Minho era stato dichiarato ufficialmente scomparso e mancavano solo sei ore al loro volo di ritorno in Corea. Ormai avevano perso le speranze di poter tornare a casa nei termini previsti, pregavano almeno di poter ritrovare Minho ancora vivo.
   Dopo aver vagliato tutte le telecamere di sicurezza della zona, finalmente le loro ricerche cominciarono a dare dei frutti. In una delle riprese videro due uomini dalle fattezze familiari entrare in un vecchio edificio abbandonato, vicino alla zona residenziale.
   «Sono loro!» esclamò May, riconoscendoli immediatamente.
   «La registrazione è di ieri sera, dopo che hanno aggiustato le telecamere della zona...» osservò Shion «Ci sono buone probabilità che siano ancora nei dintorni.»
   I due agenti presero nota della via e chiamarono un taxi per raggiungerla il prima possibile.
 
   Appena arrivati, May fece segno a Shion di non fare rumore. Entrambi si avvicinarono alla porta, tenendo ben stretta in pugno la pistola. La tensione era alta. Non sapevano in che condizioni avrebbero ritrovato il collega e, soprattutto, se lo avrebbero ritrovato.
   «Ci penso io.» disse Shion, facendo segno a May di restare qualche passo indietro. La ragazza annuì. Shion diede un calcio alla porta in legno, che cedette senza troppa resistenza. Trattandosi di un vecchio edificio, era debole e malandata. I due si guardarono intorno, ma dentro sembrava non esserci nessuno.
   «Andiamo a controllare le altre stanze.» propose May.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Minki e Jiho si trovavano al piano interrato in cui tenevano prigioniero Minho.
   «Hai sentito?» disse Jiho al compare, accorgendosi del rumore sospetto.
   «Viene dal piano di sopra.» rispose Minki.
   «Vai a controllare. Io tengo d’occhio Minho.»
   Minki si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza. Impugnando la pistola si avviò verso le scale per risalire al primo piano.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Mentre perlustravano il primo piano, May e Shion trovarono una porta chiusa a chiave. Era l’unica dell’edificio finora esplorato ad essere stata bloccata. Certo non potevano sapere che fosse una delle due entrate che portavano allo scantinato, ma il fatto che fosse chiusa a chiave li aveva subito insospettiti.
   «Voi due... fermi!» Minki comparve alle loro spalle ed esplose un colpo di pistola per farli allontanare. I due si voltarono di scatto, pronti a rispondere al fuoco.
   «Dove avete nascosto Minho?!» esclamò May, in tono minaccioso.
   «Minho è morto.» ghignò Minki. «Era diventato d’intralcio.»
   «Stai bluffando!» esclamò Shion. C’era una possibilità che avessero realmente ucciso Minho, ma non voleva assolutamente crederci. Era un suo prezioso amico e collega e sarebbe andato fino in fondo pur di riuscire a salvarlo.
   «Verificalo con i tuoi occhi.» Minki si avvicinò ai due, tenendo la pistola puntata contro di loro.
   May colse l’occasione per correre verso di lui e tirargli un calcio ben assestato. Preso alla sprovvista, Minki perse l’equilibrio e cadde a terra. Era convinta che Minho fosse ancora vivo e dovevano sbrigarsi a trovarlo se volevano salvarlo.
   «Merda!» imprecò Minki. Il ragazzo prese la pistola, che aveva fatto cadere a terra, e la puntò contro May.
   La ragazza fece lo stesso per fargli capire che se avesse sparato ci sarebbero state delle conseguenze, ma Minki fu più veloce e premette il grilletto, puntando alla testa dell’agente.
   Shion, che fino a quel momento era rimasto in disparte per non interferire, si lanciò verso May, gettandosi a terra insieme a lei ed evitandole di ricevere il colpo. Ancora a terra, sparò a Minki, prendendolo alla sprovvista e ferendolo a una gamba.
   «Stai bene, May?» le chiese, preoccupato.
   «È tutto a posto.» rispose lei.
   I due si rialzarono e presero la pistola di Minki, che era rimasto bloccato a terra, tenendosi la gamba sanguinante.
May decise di seguire il proprio istinto. Sparò un colpo alla porta, facendo saltare la serratura, e si precipitò giù dalle scale insieme a Shion. Proprio in quel momento, un altro colpo di pistola rimbombò in tutto il corridoio che scendeva verso lo scantinato. Pochi secondi dopo, May e Shion raggiunsero la stanza in cui era tenuto prigioniero Minho e videro cosa era successo. Jiho aveva colpito Minho dritto allo stomaco. May sparò immediatamente a Jiho, ferendolo alla spalla.
   Lo scagnozzo di Ray rispose al fuoco, ma Shion, accecato dalla rabbia per ciò che aveva fatto al suo amico, si scagliò contro di lui, buttandolo a terra e iniziando a colpirlo ripetutamente a pugni in faccia senza rendersi conto che Jiho lo aveva ferito di striscio ad un braccio nel momento in cui aveva risposto al fuoco.
   May corse a soccorrere Minho, ma il ragazzo stava perdendo moltissimo sangue. Si affrettò a chiamare l’ambulanza. Il collega era privo di sensi, ma respirava, c’era ancora una speranza.
 
   Mentre aspettavano i soccorsi, May e Shion ammanettarono Jiho e Minki. Nonostante il rancore ancora vivo, concessero loro di ricevere le cure mediche necessarie all’arrivo dell’ambulanza.
   Minho, invece, fu trasportato d’urgenza in ospedale, dove fu sottoposto a un’operazione chirurgica molto difficoltosa. Dovettero estrargli il proiettile dalle viscere, ma grazie al suo ottimo stato di salute riuscì a superare l’intervento.
   Una volta rassicurati dai medici che il collega si sarebbe ripreso, May e Shion avvertirono L sugli sviluppi della missione. L mandò un jet privato dell’associazione a prendere i due agenti in Giappone, così poterono rientrare in Corea scortando Minki e Jiho, il primo momentaneamente in sedia a rotelle e il secondo solo con qualche fasciatura. Minho, invece, sarebbe rientrato solo successivamente. Le sue condizioni erano ancora troppo instabili e non gli permettevano di lasciare l’ospedale, perciò sarebbe rimasto in cura in Giappone finché non fosse stato dichiarato ufficialmente fuori pericolo.



Fine cap. 21

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Ciaooooo! Dopo quasi tre settimane finalmente torno ad aggiornare! È un periodo in cui mi sto trovando nel caos più totale, ma ho comunque intenzione di arrivare fino alla fine di questa cosa, quindi non temete è.é

E così L sembra avere dei piani, mentre il povero Minho ha subito davvero un brutto infortunio. Insomma, gli equilibri sono stati sconvolti, ancora una volta tutto può succedere!

Grazie di cuore a chiunque abbia recensito, messo tra i preferiti o tra i seguiti la storia! <3

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Capitolo 22
*** Cap. 22 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 22 -



 
  

 
 
   Cancùn, 3:15 PM.
 
   Era una giornata soleggiata. Una leggera brezza rendeva il clima piacevole tanto da far pensare che fosse un vero peccato dover lasciare quel paradiso tropicale per tornare alle torride temperature estive di Seoul. Dopo aver raggiunto a malincuore l’aeroporto, le tre agenti, insieme a Taeoh, Dawon e Daeju, si erano imbarcate sul proprio volo. Come previsto, c’erano anche Buffy e James, che li avevano seguiti a distanza e non erano intenzionati a rivolgere la parola a nessuno di loro.
   Naturalmente tra i passeggeri c’era anche il magnate Kang TaeYoo, che si era riservato un posto in prima classe. La cosa sorprendente, invece, era che in compagnia di quest’ultimo ci fosse la veggente, la stessa donna che aveva parlato a Iris dell’isola segreta. Che avesse avvicinato il magnate per truffarlo in qualche modo? O magari era una sua informatrice? In ogni caso, all’arrivo li avrebbero arrestati entrambi. I dettagli della vicenda sarebbero saltati fuori durante gli interrogatori e non erano comunque affare loro.
   «Se ci riconosce che facciamo? Dici che hanno scoperto chi siamo?» chiese Wendy, dubbiosa.
   «No, non credo sospetti di nulla, ha visto solo Lizzy in faccia ed è stato quasi dieci giorni fa.»
   «A proposito, dov’è Lizzy?»
   «Mi sono seduta vicino a Daeju, se permettete!» rispose la diretta interessata, sporgendosi dal proprio sedile. Mentre le altre avevano preso i posti centrali, nell’ordine Iris, Taeoh, Dawon e Wendy, Lizzy si era seduta nei due posti laterali tra Daeju, vicino al finestrino, e uno sconosciuto, in esterno. «Durante questo lungo, estenuante viaggio noi due potremmo legare un po’ di più e diventare amici... intimi. Molto intimi…» aggiunse con il suo solito tono ammiccante. Il ragazzo però non sembrava dello stesso avviso.
   «Ho il mal di aereo, credo dormirò.» disse, chiudendo gli occhi e girandosi verso il finestrino.
   «Come procediamo?» chiese Wendy «Dobbiamo aspettare fino a Seoul, ma io non mi fido... dovremmo dividerci magari?»
   «Io proporrei di goderci il viaggio, tanto non può andarsene molto lontano!» disse Lizzy.
   «Una volta decollato l’aereo non può scappare, però possiamo per precauzione andare a turno fino alla prima classe per controllare la situazione.» propose Iris.
   «Andate voi però.» concluse Lizzy, calandosi sugli occhi la mascherina per dormire. «E ora scusate, la sveltina in bagno mi è saltata, quindi non mi resta che dormire. La mia pelle ha bisogno di riposo!»
   «Ovviamente…» protestò Wendy.
 
   Dopo qualche ora dall’inizio del viaggio, le agenti decisero che era il momento di controllare come se la stava passando il magnate. Lizzy ovviamente fingeva di dormire, così si propose Wendy. Entrò con discrezione in prima classe e notò che era tutto tranquillo. Il soggetto stava conversando con la veggente, a parte quello non c’era nulla di sospetto.
   Per qualche ora lasciarono correre, poi, la seconda volta, fu il turno di Iris di andare a fare un giro di controllo. Un attimo dopo che la ragazza si fu allontanata dal proprio posto, Wendy notò che anche Taeoh stava per fare lo stesso e sgattaiolare via.
   «Ehi, dove pensi di andare tu?» lo rimproverò.
   «In bagno.» rispose lui.
   «Non mi sembra che tu mi abbia chiesto il permesso.»
   «Devo chiedertelo? Mi pareva che L avesse detto che siamo liberi per ora.»
   «Fa come ti pare allora. Cavoli tuoi se ti sbatte in prigione per sempre.»
   Taeoh non le diede retta e si alzò lo stesso.
   Wendy aveva la netta sensazione che il ragazzo volesse seguire Iris per assicurarsi che non avesse bisogno di aiuto e la cosa la infastidiva parecchio. In un certo senso lui ci stava provando a farsi perdonare, si vedeva che ci teneva a lei, che si preoccupava, invece Dawon che stava facendo per farsi perdonare? Un bel niente. Da quando si era costituito se ne stava lì zitto e buono, obbediva a tutto senza contestare, nemmeno ci provava a contraddirla! Ma forse era meglio così, evidentemente non era l’uomo giusto per lei se non era disposto a fare di tutto pur di riconquistare la sua fiducia.
   Nel frattempo, Iris, fingendo di recarsi verso i bagni vicini alla prima classe, entrò e diede un’occhiata discreta. Anche questa volta non c’era nulla di strano, perciò uscì per tornare al proprio posto. In quell’esatto momento l’aereo incontrò una forte turbolenza e iniziò a traballare, facendole perdere l’equilibrio. La sua caduta fu frenata appena in tempo dalla persona che si trovava dietro di lei.
   «Mi scusi!»
   «Tutto bene?» Neanche a dirlo si trattava di Taeoh. «La gamba ti fa male?»
   Al contatto col ragazzo, Iris non poté che arrossire.
   «Ah, sei tu. È… tutto ok.» rispose in tono leggermente titubante per l’imbarazzo, sgridandosi mentalmente per non riuscire ad essere fredda e razionale.
   Vedendoli in piedi, una hostess si affrettò a ribadire le indicazioni che poco prima erano state date dall’altoparlante, ma a cui i due non avevano fatto caso.
   «Presto, tornate ai vostri posti! È pericoloso!»
   «Sì, ci scusi.» risposero entrambi.
   Senza sentire ragioni, Taeoh si portò il braccio di Iris intorno al collo e le cinse la vita, facendo appoggiare la ragazza a sé ed evitandole così di sforzare troppo la gamba o rischiare di perdere di nuovo l’equilibrio mentre si affrettavano a tornare ognuno al proprio posto.
   Anche se non era per nulla sicura di volerlo perdonare, Iris non riusciva a sentirsi del tutto indifferente alle sue attenzioni e improvvisamente incominciò a sentire una certa inquietudine per l’arrivo a Seoul. Una volta atterrati, Taeoh sarebbe stato immediatamente arrestato insieme agli altri complici di Ray e c’era la possibilità che non ne avrebbe saputo più nulla di lui.
 
   Dopo circa un quarto d’ora la turbolenza era passata ed era tornata la quiete. Dawon, che aveva passato tutto il tempo a cercare di addormentarsi, ci era finalmente riuscito. Senza accorgersene, aveva finito per appoggiare la testa sulla spalla di Wendy, seduta accanto a lui. La ragazza lo fissò per un attimo con sguardo dubbioso. Cos’era, un tentativo di riappacificazione? Una dimostrazione d’affetto? Figuriamoci, ronfava come un ghiro quello stupido bugiardo. Improvvisamente si sentì di nuovo in collera con lui e gli sbatté la testa dall’altra parte senza pietà.
   «E spostati!»
   «Ahi!» si lamentò il ragazzo, svegliandosi di nuovo.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
   Dopo il lungo e stancante volo, era finalmente arrivato il momento dell’atterraggio. Le agenti si erano pronte all’azione.
   «È ora di arrestare il panzone, sfaticate!» ordinò Lizzy.
   «Parla lei…» protestò Iris, ma la bionda fece finta di non sentirla.
   Wendy si diresse in prima classe prima che i passeggeri fossero autorizzati a lasciare l’aereo e anche Lizzy andò con lei, nel caso fosse necessario dare inizio a un inseguimento.
   «Kang TaeYoo! La dichiaro in arresto per traffico illecito di droga!» scandì chiaramente Wendy. Il magnate saltò in piedi in preda al panico, cercando una via di fuga. «Metta le mani dietro la schiena!»
   L’uomo esitò e la veggente prese l’iniziativa al posto suo. Con un gesto rapido della mano, sollevò il bicchiere di vino dal tavolino e gettò il contenuto verso le agenti allo scopo di distrarle, lanciandosi poi in una fuga impacciata tra i passeggeri ammucchiati nei corridoi e pronti a scendere. Il vino era finito tutto sul costoso vestito di Lizzy, così la ragazza, arrabbiata come non mai, rincorse la veggente, la buttò a terra senza troppi complimenti e la ammanettò con le braccia dietro alla schiena.
   Wendy, invece, arrestò senza troppa fatica il magnate, il quale non era decisamente un atleta.
   «Lasciami! Lasciami! Tu non sai chi sono io! Ti rovinerò l’esistenza, puttanella da quattro soldi!» continuava a urlare il magnate, dimenandosi come se potesse servire a qualcosa.
   «Spero si goda il soggiorno in prigione…» rispose Wendy, per nulla toccata dalle sue minacce da quattro soldi «Lì non hanno vino né tanto meno puttanelle.»
   «Aiuto! Aiuto! Hostess! Fermi questa pazza!»
   «Zitto. Non ce l’ha un po’ di dignità?»
   I passeggeri erano rimasti a fissare l’intera scena come se si trattasse di un film e stavano creando un bel po’ di trambusto, così le agenti chiesero alle hostess di bloccare la folla e farle scendere per prime per scortare al sicuro i due criminali.
 
   Appena gli addetti aprirono le porte, Buffy e James si precipitarono fuori dall’aereo, spintonando tutti nella speranza di fuggire il più in fretta possibile. Purtroppo per loro, la squadra di agenti schierata da L sulla pista di atterraggio li stava aspettando al varco e li arrestò appena misero piede a terra.
 
   Nel frattempo, Iris aveva scortato gli altri tre ragazzi fuori dall’aereo seguendo il flusso dei comuni passeggeri.  Per quanto ne sapeva, quella poteva essere l’ultima volta che li avrebbero visti, o comunque non avrebbero più avuto loro notizie per un periodo indefinito di tempo, perciò cercò di guadagnare qualche minuto in più, in modo che anche Wendy potesse liberarsi in tempo per salutare Dawon e riappacificarsi con lui prima della separazione.
 
   Appena consegnati Kang TaeYoo e la complice ai colleghi inviati da L, Wendy e Lizzy raggiunsero Iris.
   «Vi saluto agenti, è stato bello conoscervi.» disse Daeju.
   Alle sue parole, Lizzy scoppiò in un fiume di lacrime.
   «Nooo, non andare!»
   «Devo… abbiate cura di voi.»
   «Credo sia una liberazione per lui.» commentò Wendy sottovoce. Come previsto, infatti, Daeju corse subito a farsi ammanettare come se non stesse aspettando altro da tutta la vita.
   «Daeju! Non dimenticherò mai le nostre notti di fuoco!!!» continuò Lizzy.
   «Ma di che sta parlando?» borbottò tra sé e sé il ragazzo preso in causa. «Sì, sì, arrivederci agente Lizzy! È stato un piacere!» L’agente che lo teneva in manette gli lanciò un’occhiata d’invidia malcelata.
 
   In mezzo al trambusto creato da Lizzy, Iris e Wendy non stavano vivendo una situazione altrettanto comica. Iris avrebbe voluto dire mille cose a Taeoh. Avrebbe voluto in qualche modo rassicurarlo sul suo futuro, dirgli che era convinta avesse fatto la scelta giusta a tradire Ray e che era sicura che ce l’avrebbe fatta a riscattarsi. Se L aveva detto di avere un piano era perché aveva dei progetti in mente e se Taeoh avesse dimostrato le sue buone intenzioni sicuramente tanto male non sarebbe andata. Più di tutto il resto, però, Iris avrebbe voluto prendersi quel bacio che lui non era riuscito a darle la mattina passata sull’isola e dirgli che nonostante tutto provava ancora qualcosa per lui, che ci avrebbe provato ad aspettare il suo ritorno, anche se sarebbe stato difficile non sapere quando e se avrebbe potuto rivederlo. Dirgli una cosa del genere, però, le sembrava del tutto fuori luogo in quella situazione. Oltre a non sentirsi ancora del tutto pronta a perdonarlo, uscire così allo scoperto avrebbe rischiato soltanto di metterlo in difficoltà e rendere gli interrogatori di L ancora più severi, oltre che causare problemi anche a sé stessa, in quanto avrebbero potuto accusarla di aver in qualche modo favorito i complici di Ray.
   «Buona fortuna.» si limitò a dirgli «Non so cosa abbia in mente L, ma spero di rivederti un giorno.»
   Anche Taeoh avrebbe voluto dirle tante cose, chiederle di nuovo scusa per quello che le aveva fatto, sapere se l’aveva perdonato, dirle che non aveva finto i sentimenti nei suoi confronti, che gli piaceva sul serio e che avrebbe fatto del suo meglio per rivederla presto, ma riuscì a esprimersi solo in modo impacciato.
   «Iris… mi dispiace per i guai che ti ho causato. Ecco… so che ti ho mentito sulla mia identità, ma ho mentito solo su quello…» Senza aggiungere altro la abbracciò. «Grazie di tutto.»
   Iris ricambiò l’abbraccio, imprimendosi bene in testa quella sensazione di calore che chissà se un giorno avrebbe mai provato di nuovo.
   «Neanch’io ti ho mai mentito sul resto.» Disse sottovoce, in modo da poter essere sentita solo da lui.
   Non era ben chiaro a nessuno dei due se quella fosse una dichiarazione velata o meno, ma non c’era altro modo di dirsi tutto in quei pochi secondi prima che lo portassero via. Sciolsero entrambi quell’abbraccio durato troppo poco e si scambiarono un sorriso triste. Poi anche Taeoh si consegnò agli agenti di L.
 
   Dawon fino a quel momento si era limitato a guardare Wendy con aria colpevole. Dall’espressione della ragazza poteva chiaramente intuire che fosse ancora decisamente arrabbiata, perciò non sapeva se fosse il caso di aprire bocca. Dopotutto era consapevole di non meritare il suo perdono. Tuttavia, non aveva idea di cosa il futuro gli avrebbe riservato, perciò decise di non lasciare nulla di intentato. Voleva farle sapere che questa volta le sue intenzioni erano sincere e che non l’avrebbe delusa dopo la chance che gli aveva concesso.
   «Wendy, non so se potrai mai cambiare idea sul mio conto, ma ti prometto che farò del mio meglio per diventare una persona migliore.»
   «È impossibile.» rispose seccamente lei. «Sei solo un criminale.»
   Dawon capì che non era il caso di aggiungere nient’altro. Salutò Wendy e le altre a genti e anche lui si consegnò a L, col cuore spezzato ma ugualmente pronto ad affrontare qualsiasi punizione gli sarebbe stata imposta. Certo né lui né gli altri ragazzi potevano neanche lontanamente immaginare cosa li avrebbe aspettati da quel momento in avanti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Un mese dopo
 
   Seoul, 7:21 PM.
 
 
   Era passato un mese da quell’addio in aeroporto. Pur non essendo un periodo di tempo eccessivamente lungo si erano verificati diversi cambiamenti importanti. Wendy aveva deciso di prendersi una pausa dalle missioni e diventare istruttrice per le nuove reclute di L. Tutto sommato, L aveva accettato di buon grado la sua scelta, permettendole di dedicarsi fin da subito al suo nuovo lavoro, così, già dal rientro da Cancún, Wendy aveva iniziato a studiare per il test da insegnate che si sarebbe tenuto di lì a poco. Come conseguenza, la squadra composta dalle quattro agenti si era sciolta, permettendo ad ognuna di loro di seguire la propria strada.
   Iris aveva scelto di continuare a prestare servizio come agente. Più cercava di essere razionale e distaccata, più non faceva altro che pensare a Taeoh. Si chiedeva continuamente se stesse bene, cosa avesse in mente per lui L, se lo avrebbe mai rivisto e in che termini. L’unico modo per togliersi dalla testa questi ragionamenti assillanti, era stato gettarsi a capofitto nel lavoro. Appena si era ripresa da Cancún, aveva iniziato a impegnarsi in una missione dopo l’altra senza concedersi un attimo di sosta. Quando passava dall’associazione andava spesso a trovare Kibeom, si era finalmente rassegnata a seguire un percorso di fisioterapia e liberarsi definitivamente dei suoi capogiri. Durante le sedute parlava molto con il suo amico e qualche volta, dopo l’orario di chiusura dell’ambulatorio, se il fidanzato di Kibeom non c’era, andavano a cena insieme e finivano per parlare per ore ognuno dei proprio problemi di cuore e di lavoro. A lui aveva parlato molto di Taeoh. Era sempre stato un ottimo amico, sapeva ascoltarla e consigliarla senza giudicare a priori. E poi i consigli sulle questioni romantiche erano il suo punto debole, aveva una vera e propria passione per il gossip.
   May aveva continuato a vedersi con Shion. Avevano anche avuto un’altra occasione di svolgere missioni in coppia e con L non c’erano stati problemi. A dire il vero non era certa che lei sapesse che stavano insieme, ma se anche così fosse stato, non si era certo opposta. Quando si pensa a una relazione romantica tra colleghi si ha sempre la paura che possa inficiare negativamente sul lavoro, per questo nell’associazione, fin da quando si è semplici allievi, viene inculcata l’idea che l’amore sia qualcosa di negativo. Un agente dovrebbe essere freddo e impassibile, nel momento stesso in cui inizia a provare sentimenti, insicurezze e indecisioni, la sua fermezza vacilla e la missione ne risente. In realtà, però, tutti crescendo si accorgono che questa storiella è solo un mito. Che tu sia un agente o meno, resti un essere umano, forse sei in grado di nascondere i sentimenti come nascondi il dolore, ma questo non significa che non li provi. Però, convinti dal solito indottrinamento, spesso quando un agente decide di cominciare una relazione seria finisce per prendere la decisione estrema di non essere più attivo e farsi reimpiegare in un ruolo dietro alle quinte. Per May e Shion non era stato così. Per loro il lavoro era importante tanto quanto la loro relazione: nessuno aveva esplicitamente chiesto loro di lasciarsi o cambiare ruolo, quindi perché farlo di propria spontanea volontà?
   Lizzy, a differenza delle colleghe, aveva continuato a lavoricchiare solo il necessario per avere soldi a sufficienza. Di avventure ne aveva passate nelle ultime due missioni, in un certo senso le mancava il brivido dell’andare a letto col nemico, ma dopo Cancún non ne aveva più avuto occasione, ormai ripiegava sempre sullo stesso compagno serale, anche lui in cerca di sesso occasionale e nient’altro di impegnativo. Già da un paio di settimane, però, aveva iniziato a non sentirsi tanto bene, quindi anche le uscite con l’amante si erano diradate. Preferiva riposarsi, sperando di rimettersi in fretta. Era convinta di aver lavorato decisamente troppo.
 
   Quella sera, Wendy si trovava da sola nell’appartamento condiviso al ventesimo piano di un grattacielo di Seoul. Era intenta a svolgere l’ultimo grande ripasso per il test da istruttrice, che si sarebbe tenuto due giorni dopo.
Verso le sette, May rientrò dal lavoro. La sua ultima missione era stata in coppia con Shion, così il ragazzo l’aveva riaccompagnata fino alla porta di casa.
   «Allora ci vediamo domani.» disse il ragazzo, accarezzandole il viso e stampandole un bacio sulla bocca.
   «Buonanotte.» rispose May, sorridendo. Dallo scintillio nei suoi occhi si poteva scorgere chiaramente quanto fosse innamorata.
   Dopo averla salutata, Shion aspettò che rientrasse in casa, poi prese l’ascensore e tornò al parcheggio interrato del palazzo, dove aveva lasciato l’auto.
   «Ho portato sushi a volontà!» disse May, appoggiando sul tavolo della cucina due sacchetti di cibo comprati al take away vicino a casa.
   «Niente pizza?» chiese Wendy con aria acida, spuntando dalla propria camera. Da quando aveva scoperto la vera identità di Dawon era diventata intrattabile e sembrava non ci fosse verso di farla rinsavire. Qualsiasi cosa non andava bene, ogni fuoriprogramma era un complotto contro di lei. In più ci si erano messi i tempi strettissimi di preparazione dell’esame da insegnante a stressarla ulteriormente e a quel punto anche solo rivolgerle la parola rischiava di dare luogo a un vero e proprio dramma.
   «Se vuoi puoi chiamare il ragazzo delle consegne per la pizza. Più sushi per noi…» rispose May. Se in un primo momento tutte le ragazze avevano cercato di essere più comprensive con Wendy, dopo un po’ i suoi malumori avevano iniziato a pesare ed era diventato sempre più difficile mantenere la calma, anche perché, che si rispondesse gentilmente o a tono, poco cambiava in termini di reazione. «Comunque mi è arrivato un messaggio da Iris, stasera torna per cena.»
   Wendy sollevò le spalle e tornò sui libri, ma non dopo aver ordinato una pizza.
 
   Dopo circa mezz’ora arrivò anche Iris.
   «I’m back! Che si mangia per cena? Ho famissima!» esclamò contenta, reduce da una rigenerante seduta di fisioterapia.
   «Shhh!» le urlò Wendy dall’altra stanza «Qui c’è gente che cerca di studiare! Non come voi fancazziste!»
   «Sorry...»
   «C’è il sushi per cena.» le comunicò May sottovoce.
   «Oooh! Che bella sorpresa!»
   Ma le due non fecero nemmeno in tempo a raggiungerla la cucina, perché proprio in quel momento Lizzy spalancò la porta del bagno e lanciò un urlo spaventoso.
   «Noooooo!!!»
   «Che è successo?» chiese May, iniziando a preoccuparsi.
   «Non è possibile! Il test è positivo!!!»
   Wendy uscì di nuovo dalla camera, disturbata da tutto quel trambusto.
   «Non ho ancora fatto il test... è dopodomani, quindi se magari te ne stai zitta…» ribadì.
   «Non quel test!!!»
   «Che test allora?» chiese Iris, un po’ perplessa. A quel punto Lizzy mostrò loro un test di gravidanza.
   «Questo! Sono incinta! E non so nemmeno di chi!»
   «Cosa?» esclamò Iris.
   «E ora che farai?» chiese May.
   «Oh beh, quello si sapeva sarebbe successo prima o poi, di cosa ti sorprendi?» sentenziò Wendy.
   «Eppure ci sono stata attenta! Con tutti gli ultimi non ero ubriaca… anche se ho sospeso gli anticoncezionali ormonali ho sempre usato il preservativo che io ricordi! Oddio, aspetta…» fece una pausa tragica ricordando l’accaduto «Con Jiho non ricordo se l’ho usato! Ero un po’ brilla… Ma è successo più di un mese fa! Però non posso nemmeno escluderlo… oh merda!!!»
   «Jiho?» esclamò May, incredula. «Sei proprio sicura di non poterlo escludere? Cerca di ricordare anche le altre storielle... magari il pizzaiolo?»
   «Lui è solo lo scopamico settimanale, ma ci stiamo attenti quindi non può essere. Accidenti, non lo so, non lo so! Non mi viene in mente nessun’altro! Domani farò i test in ospedale per essere proprio sicura, poi deciderò se dirlo a L.»
   «Sì, conviene esserne certi prima. Ma si può sapere con quanti sei stata nel giro di un mese?» la rimproverò May.
   Lizzy prese la domanda troppo seriamente,
   «Allora... Jiho a Gangnam, poi Buffy e Pablo lì a Cancun se non ricordo male... un collega della sezione Antidroga e il pizzaiolo.»
   «Aspetta» la interruppe Wendy «Anche Buffy? Cioè... il cattivo?»
   «Beh, questo forse non dovevo dirvelo...»
   «Ma sei scema? Certo che ne hai di tempo da buttare! Mai pensato di trovarti un hobby meno rischioso?» la aggredì Wendy.
   «Voi non capite la situazione! Sono spacciata! Spacciata!!! Tornatevene a studiare e a mangiare! Sto abbastanza male da sola.» così dicendo, Lizzy si chiuse in camera a disperarsi.
   «Spero almeno che il magnate sia fuori da questa storia.» disse May, rabbrividendo al solo pensiero.
   «Non lo voglio sapere...» scacciò l’idea Iris «Ah, domani mattina vado via presto, ho un altro incarico. Mi sa che ho detto di sì a troppe richieste di L.»
   «Ancora? Sei sempre al lavoro ultimamente! Spero almeno ti alzi lo stipendio.»
   «Già, dovrebbe.»
   «Come mai così tanto lavoro?» intervenne Wendy «Voglio dire, so che sei una brava agente e ti piace ciò che fai, ma da quando siamo tornate da Cancún non ti sei fermata un attimo... non è che hai qualche tresca in realtà?»
   «Siamo a corto di agenti. E poi non ho nulla di meglio da fare al momento, preferisco tenermi impegnata.»
   «Non me la bevo, so ancora sniffare le bugie quando le sento.»
   «Giuro che non ho una storia con Min-Min!» si giustificò Iris, pensando che l’amica avesse frainteso. Negli ultimi tempi, infatti aveva sempre svolto missioni in coppia con un certo MinHyuk, un nuovo collega che chiamava confidenzialmente Min-Min.
   «Min-Min? Chi ha parlato di Min-Min? Io no, quindi hai una storia con lui?» continuò Wendy, alzando le sopracciglia in modo inquisitorio. Solo l’idea che persino Iris potesse essersi trovata il fidanzato la mandava su tutte le furie. Tutti si stavano divertendo tranne lei. Il mondo intero era contro di lei.
   «No… è carino ma non mi piace in quel senso.»
   Wendy tirò un sospiro di sollievo. Fortunatamente Iris non l’aveva battuta sul tempo, era solo la solita stacanovista.
   «Però ti farebbe bene uscire con qualcuno... senza rimanere incinta magari.» insistette.
   «Mi ci mancherebbe solo quello!»
   «Almeno sapresti chi è il padre…»
   «In ogni caso, sto dando la priorità al lavoro. Così come tu al test per diventare insegnante e May a Shion.»
   «Io non do la priorità a Shion!» protestò May, arrossendo «È tutto perfettamente bilanciato tra lavoro, amore e svago.»
   «Ecco, dovresti fare come May!»
   «Davvero, per ora sto bene così. E poi neanche tu hai il ragazzo, Wendy.»
   «Ma io sto preparando un test! Non ho tempo per le distrazioni!»
   «E dopo che lo avrai passato ne cercherai uno?»
   «Tzk, cercare? Ho la fila fuori che aspetta! Ora torno a studiare, succedono troppe cose qui.»
   May e Iris cenarono e andarono a letto presto, mentre Wendy tornò sui libri, per l’ennesima volta infastidita dal constatare come ogni volta le cose succedessero tutte insieme. Ne aveva passati di periodi noiosi, invece questa volta era più di un mese che non riusciva a tirare il fiato. Se non altro, se fosse riuscita a passare il test al primo colpo, avrebbe avuto degli orari di lavoro umani. Ormai mancava pochissimo.



Fine cap. 22

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   E così siamo giunti alla fine della "saga" di Cancun e Tokyo! Da questo punto in poi ci sarà un vero cambiamento. Wendy ha cambiato lavoro, Lizzy si è momentaneamente ritirata: della squadra originale restano solo Iris e May in servizio. Che succederà? E soprattutto, che avrà in mente L per i ragazzi? Lo scopriremo presto ;)

   Grazie a chiunque stia seguendo questa storia! <3 Ormai mancano una decina di capitoli, ma c'è ancora tanto da scoprire!
   Alla prossima!

   Misa 

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Capitolo 23
*** Cap. 23 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 23 -





 
   Un mese dopo l’esame
 
   Da quando Wendy aveva sostenuto e passato con successo il test per diventare istruttrice era già trascorso un altro mese. Di Dawon, Taeoh e Daeju non si era saputo più nulla. L non aveva detto alle agenti nemmeno cosa ne stesse facendo di loro e se sarebbero rimasti in carcere per sempre o oppure avrebbe trovato il modo di reimpiegarli tra le sue forze.
   Il nuovo lavoro di Wendy stava andando a gonfie vele. Subito dopo aver superato l’esame aveva ricevuto la sua prima squadra di allievi, dieci ragazzi molto giovani, dai diciotto ai vent’anni. Si era fin da subito trasferita in un appartamento più vicino al quartier generale, dove si trovava anche la sede di addestramento. All’interno di quell’enorme grattacielo c’erano anche l’ufficio di L, lo studio medico di Kibeom, svariate palestre e piscine, nonché gli uffici. Oltre a tutto ciò, l’associazione era dotata anche di una sede distaccata con il poligono di lancio. Da un paio di settimane, Wendy aveva tentato di iniziare un flirt con un collega insegnante, un certo Christian, di origine canadese, ma la cosa progrediva con lentezza sfiancante e non era riuscita a spingersi oltre a un paio di cene.
 
   Lizzy aveva deciso di tenere il bambino e aveva chiesto una sospensione dal servizio in modo da potersi dedicare ai preparativi per la nascita. Anche lei si era trasferita, tornando momentaneamente ad abitare a casa dei genitori, entrambi pensionati, a Busan. Chi fosse il padre del bambino ancora non l’aveva scoperto e aveva anche un certo timore a indagare, perciò aveva rinunciato a fare qualsiasi tipo di ricerca e stava cercando di abituarsi all’idea di vivere come madre single. Di certo i soldi non le mancavano e suoi genitori erano disposti a darle una mano, perciò non avrebbe avuto troppi problemi. Delle malelingue non poteva fregargliene di meno, aveva sempre fatto di testa sua, che la criticassero o meno.
 
   Iris e May, invece, avevano continuato a lavorare come agenti ed erano rimaste ad abitare nel vecchio appartamento, dopotutto mantenerlo non era certo un problema visto che lo stipendio era tutt’altro che modesto. Ogni tanto May andava a trovare Minho insieme a Shion. La convalescenza dell’agente era stata lunga e prima di riprendere servizio sarebbe passato ancora del tempo, ma nel complesso le sue condizioni erano notevolmente migliorate.
   Iris stava continuando a svolgere missioni con ritmo a dir poco frenetico. Nonostante la forte intesa lavorativa con MinHyuk avesse reso ogni loro missione in coppia un vero e proprio successo, a nessuno dei due sembrava importare nulla di avere una relazione, tantomeno l’uno con l’altra. Ufficialmente il loro unico obiettivo di vita restava accumulare soldi per ritirarsi al più presto in pensione alle Hawaii.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
   Seoul, 6:32 PM.
 
   Lunedì sera, L convocò Wendy nel proprio ufficio. Il motivo della riunione era parlarle di alcuni nuovi allievi, o almeno così le aveva detto. Non era entrata nello specifico. La ragazza attraversò il lungo corridoio che portava all’ufficio, ai piani alti della sede centrale. Il sole di fine settembre stava tramontando, creando un riverbero tanto bello quanto malinconico sugli edifici della città. Mentre camminava, Wendy si godeva lo spettacolo dalle ampie vetrate. Arrivata alla porta, bussò e L le rispose subito di entrare.
   «Voleva vedermi?»
   «Sì, siediti pure.»
   Wendy prese posto sulla solita sedia in cui si sedeva ogni volta che andava a parlare con L, a pochi metri dalla scrivania di quest’ultima.
   «Allora, come ti sei trovata durante questo primo mese di lavoro?»
   «Bene, torturare persone è la mia passione.» rispose in modo non troppo sarcastico.
   «Perfetto, perché tra i nostri insegnanti sei quella che ha ottenuto il punteggio più alto visto che i tuoi studenti hanno mostrato i progressi migliori.» La notizia non poté che lusingare Wendy, ma la ragazza era certa che L non l’avesse convocata solo per comunicarle la classifica degli insegnanti. «Loro ovviamente devono continuare ad allenarsi essendo ancora giovani, ma ritengo sia il caso di assegnarli a un altro istruttore. In poche parole, ti ho scelta per occuparti di un caso un po’ più complesso.»
   «Di che sta parlando?»
   «Sono arrivati degli allievi… speciali.»
   «In che senso speciali?»
   «Hanno un livello già molto alto, perciò la loro preparazione durerà al massimo una manciata di mesi. E proprio perché sono già bravi richiedono allenamenti particolarmente intensivi, quindi chi meglio di un’agente da poco ritiratasi dal servizio sa cosa è essenziale conoscere per sopravvivere sul campo? Pensi di potercela fare a addestrarli?»
   «È una trappola, vero?» chiese Wendy, dubbiosa.
   «Sto solo chiedendo sinceramente il tuo aiuto perché credo tu sia la persona più adatta. Ed essendo una situazione della massima rilevanza spero che tu possa accettare. Tuttavia, se ne hai bisogno posso lasciarti del tempo per pensare.»
   «E se declinassi?»
   «In questo caso sarei costretta a chiedere al secondo in carica, ma ammetto che non sarei altrettanto fiduciosa sulla riuscita dell’esperimento.»
   «E chi sarebbe il secondo in carica?»
   «SolHee.»
   Avrebbe dovuto immaginarselo. Da quando era entrata nel nuovo settore, SolHee era sempre stata la sua rivale numero uno. Un’insegnante competente, certo, ma estremamente arrogante e Wendy non riusciva proprio a sopportarla.
   «E va bene, accetto.» disse, senza più esitazioni.
   «Questo mi fa molto piacere! Domani pomeriggio alle tre li manderò nella tua palestra. Sono tre ragazzi.»
   «Solo tre?» chiese, di nuovo insospettita.
   «Sì, ti ho detto che sono di altissimo livello, avranno bisogno di essere seguiti scrupolosamente in ogni dettaglio. Bene, ora puoi andare, entro stasera ti recapiterò i loro profili completi... anche se credo non ce ne sarà bisogno.»
   «Ok.» rispose sbrigativamente Wendy. La faccenda stava suscitando la sua curiosità ed era impaziente di scoprire altre informazioni. Si alzò dalla sedia, salutò con un inchino e lasciò la stanza.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Martedì.
 
   Il pomeriggio del giorno seguente, un quarto d’ora prima delle tre, gli allievi erano già in palestra, curiosi di sapere chi sarebbe stata la loro nuova insegnante. Non appena Wendy aprì la porta della palestra, producendo un leggero cigolio, i tre si voltarono e, incrociato lo sguardo con quello della ragazza, non poterono fare a meno di rimanere esterrefatti.
   «Wendy?» esclamarono all’unisono.
   «Sì, sono io. Ho avuto la stessa reazione ieri sera quando L mi ha inviato i vostri fascicoli.» Come era facilmente prevedibile, i tre allievi altri non erano che Dawon, Taeoh e Daeju.
   «Che bello rivederti!» esclamò Dawon.
   «Ma non c’è anche Lizzy, vero?» si informò Daeju.
   «No, ci sono solo io.» rispose Wendy «Ah, tu non ci sei andato a letto, vero?»
   «Eh? Ovvio che no!» naturalmente Daeju non poteva sapere il motivo della domanda. Alla sua risposta Wendy tirò un sospiro di sollievo, evidentemente non era lui il padre del bambino.
   «D’accordo, visto che non servono presentazioni... a detta di L avete già un livello molto alto, ma io vi tratterò come se foste dei principianti, non sapete come comportarvi sul campo ancora. Quindi...» Wendy prese tre libri di trecento pagine dalla sua borsa e ne diede uno a testa ai ragazzi. Erano i manuali sul comportamento da tenere in missione e sulle regole, leggi e conseguenze delle varie possibili azioni sul campo. «Ecco qua. Uno a testa. Leggete tutto entro domani, vi farò qualche domanda per vedere se avete capito.»
   «Tutto questo?» chiese Dawon, in panico. Era sempre stato un bravo studente da piccolo, ma aveva qualche dubbio sulle proprie capacità di memorizzazione trattandosi di trecento pagine in una sola sera.
   «Ma è impossibile finirlo entro domani!» si lamentò Daeju.
   «L’insegnante sono io, decido io. Niente obiezioni.» li rimise in riga Wendy. «Oggi invece iniziamo con qualcosa di semplice, fate quaranta giri della palestra e poi passiamo al combattimento ravvicinato.»
   «E va bene, mettiamoci al lavoro.» disse Taeoh, senza sollevare obiezioni. Per qualche motivo sembrava essere più motivato rispetto ai suoi compagni di sventure.
   «Avete venticinque minuti per fare quaranta giri, quindi, prego…»
 
   Così cominciò l’allenamento esplosivo di Wendy. Una volta portato a termine il primo compito, l’insegnante, come aveva preannunciato, li fece passare al combattimento ravvicinato. Secondo le informazioni che aveva ricevuto da L, tutti avevano raggiunto i livelli massimi nel test fisico, perciò era il momento di verificare anche quanto fosse buona la loro tecnica.
   «Oggi il combattimento sarà quello a mani nude, alle armi ci arriveremo un altro giorno.»
   I tre annuirono.
   «Non avrete sempre a portata di mano un’arma con cui attaccare, quindi la prima regola è sapersi difendere. Dovete riuscire a interpretare in anticipo le mosse del vostro avversario. Daeju… perché tu e Taeoh non mi fate vedere qualcosa?»
   I due annuirono e presero posto al centro della stanza. Senza troppi convenevoli diedero inizio al match. Wendy osservò attentamente le loro mosse. Anche nel combattimento ci sapevano fare. Lo scontro durò non meno di quindici minuti. Alla fine, Taeoh riuscì a immobilizzare Daeju per più di dieci secondi, aggiudicandosi la vittoria.
   Una volta valutate le abilità dei due, Wendy si alzò e fece cenno a Dawon di prepararsi a battersi contro di lei.
   «Attacca.» ordinò, mettendosi in posizione di difesa. Ancora non l’aveva per nulla perdonato per averle nascosto la verità. Quale occasione migliore per riempirlo di botte se non la scusa di un allenamento?
   Dawon eseguì l’ordine, dando inizio al match. Il fatto di dover combattere contro di Wendy lo metteva a disagio, non voleva rischiare di farle male. Certo, sapeva che era un’agente addestrata e capace, però era pur vero che in quanto a forza fisica si trovava in una posizione di svantaggio rispetto a lui. In un primo momento non fece altro che prenderle di santa ragione.
   «Tutto qui?» cercò di spronarlo l’insegnante, che naturalmente aveva notato il basso livello di combattimento del suo avversario «Credevo fossi più bravo...»
   «Posso anche alzare il livello, ma...» cercò di giustificarsi lui.
   «Non mi romperò, Dawon. Il materasso è morbido e sono qui apposta per allenarvi.» Anche dopo aver ricevuto il via libera, il ragazzo dovette fare uno sforzo su sé stesso per dar vita a uno scontro alla pari. Wendy, però, sembrò soddisfatta del suo impegno. «Ora ci siamo!» La voglia di vendetta stava svanendo, lasciando spazio al gusto di un combattimento dall’esito incerto. Wendy provò più volte a mettere in difficoltà Dawon, ma lui riuscì sempre a districarsi. Dopo diversi minuti, lo scontro sembrava ancora non avere un vincitore, finché Dawon riuscì ad atterrare Wendy, finendo per terra sopra di lei. I loro volti erano così vicini che le labbra avrebbero potuto sfiorarsi, se non fosse che il ragazzo cercò immediatamente di salvare la situazione puntando le braccia a terra e allontanandosi un po’ da lei.
   «Così andava bene!» esclamò Wendy. La sua voce era leggermente increspata dal fiatone per lo sforzo fisico del combattimento, ma non sembrava curarsi molto del fatto che lui le stesse così vicino. Dawon, sentendosi lo sguardo della ragazza addosso, si imbarazzò ancora di più e si alzò velocemente da lei.
   «Ehm… scusa.» si limitò a dire, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi. Wendy accettò il suo aiuto e si rimise in piedi. Dopo aver ripreso fiato, ricominciò la sua lezione. In realtà anche su di lei la caduta aveva avuto un certo effetto, però era riuscita a nasconderlo bene e anche il rossore sul suo viso poteva essere scambiato per semplice affanno, perciò la soluzione migliore era riprendere a parlare come se nulla fosse successo.
   «Sapete come attaccare e la vostra difesa è buona, ma bisogna anche saper mantenere la calma e riflettere. Cogliere di sorpresa l’avversario è fondamentale perché tutto fili liscio e non si creino intoppi.» continuò a spiegare con nonchalance.
Dopo quattro ore di allenamento, Wendy decise che per quel giorno poteva bastare. Dawon e Daeju tornarono a casa, mentre Taeoh, che aveva bisogno di alcune medicazioni, era stato mandato in infermeria.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Seoul, 7:03 PM.
 
   In serata Iris aveva appuntamento allo studio di Kibeom. Negli ultimi due mesi non si era fermata un attimo, perciò aveva bisogno del solito check-up generale. Non aveva riportato ferite degne di nota nelle ultime missioni, ma la schiena aveva ancora bisogno di essere tenuta sotto controllo se voleva guarire del tutto. In più erano quasi due settimane che non vedeva l’amico, ne avrebbe approfittato per salutarlo e fare due chiacchiere, sperando che il discorso non finisse ancora sull’argomento Taeoh. Kibeom si divertiva molto a sentirne parlare, mentre a Iris faceva ancora un po’ male, anche se in fondo era consapevole che le sarebbe stato d’aiuto sfogarsi con qualcuno. Pronunciare ad alta voce i propri pensieri poteva essere utile per distaccarsene e superare la questione una volta per tutte.
   «Ciao Iris!» la salutò Kibeom appena messo piede nello studio.
   «Ciao! Com’è andata oggi?»
   «Solito lavoro stancante, ma tutto bene. Tu?»
   «Anch’io. Sono distrutta!»
   «Come va la schiena? Hai avuto ricadute?»
   «Sotto quell’aspetto devo dire che sto bene, ho molte meno ricadute del solito. Però sono stanca... ho poco tempo per riposarmi tra missioni e allenamenti.»
   «Dovresti chiedere a L un po’ di pausa, non ti fa bene tutto questo lavoro. Nel frattempo, se vuoi posso consigliarti delle vitamine, ma mi raccomando non esagerare.»
   «Grazie. Non avrei dovuto firmare quel contratto truffa per dare la mia disponibilità a coprire il buco lasciato da tutti gli agenti che hanno cambiato incarico negli ultimi mesi. All’inizio mi sembrava una buona idea tenermi impegnata, ma non credevo si sarebbe protratta così a lungo la questione. A sentire L sembra che tra le reclute non ci sia nessuno pronto a entrare in servizio! Mi sembra improbabile…»
   Qualcuno bussò alla porta.
   «Un paziente?» disse Kibeom, un po’ sconsolato «Stavo per chiudere.» A quell’ora di solito c’era l’ultima visita, ma ogni tanto capitava che qualcuno si infortunasse durante gli allenamenti e facesse una scappata in infermeria prima di tornare nei dormitori. «Avanti!» rispose, cercando di mantenere un tono di voce il più accogliente possibile.
   «È permesso?» il ragazzo che aveva bussato aprì la porta dell’infermeria «Mi dispiace disturbare a quest’ora, ma ho finito ora l’allenamento e...» Il suo sguardo incrociò quello della ragazza in piedi davanti alla scrivania dello studio.
   «Iris?» esclamò incredulo. Per un attimo fu come se il tempo si fosse fermato. Non si aspettava di rivederla proprio lì, ma ora, incurante del motivo per cui si era recato da Kibeom, vedeva solo lei.
   «Taeoh!» anche lei era altrettanto incredula. Quel ragazzo che le era mancato così tanto ora era lì davanti a lei e non sapeva se esserne felice o meno. Sarebbe voluta correre ad abbracciarlo, ma l’associazione era il luogo peggiore in cui esternare i propri sentimenti. Un piccolo errore e a L sarebbero potute arrivare versioni dei fatti totalmente distorte, cosa per nulla positiva, per nessuno dei due.
   «Quel Taeoh?» chiese Kibeom nell’orecchio a Iris. Lei si limitò ad annuire.
   «Che bello rivederti!» continuò il ragazzo, non riuscendo a smettere di sorridere. In quel momento, Iris notò il rivolo di sangue che aveva macchiato l’angolo delle sue labbra.
   «Che ti è successo?» chiese, un po’ preoccupata.
   «Ah, nulla!» rispose lui «Ho iniziato oggi gli allenamenti con Wendy.»
   «Wendy? Vi state allenando con lei? Vi ha lasciati liberi L?» Da quando Wendy si era trasferita, lei e le ragazze non si sentivano più molto spesso, non aveva ancora raccontato a nessuno dei piani di L. Prima che Taeoh potesse risponderle, però, Kibeom si intromise.
   «Vieni caro, non c’è tempo da perdere. Spogliati che controllo le ferite.» disse, facendogli segno di sedersi sul lettino delle visite. Mentre Taeoh non guardava, l’infermiere si rivolse a Iris muovendo solo le labbra «Mi ringrazierai dopo» e le fece l’occhiolino. Non ci fu nemmeno bisogno di capire cosa avesse in mente Kibeom, perché Taeoh si sfilò la maglietta senza pensarci due volte, scoprendo gli addominali scolpiti e la sua schiena decisamente troppo sexy per essere mostrata senza preavviso. Iris distolse lo sguardo e non poté fare a meno di arrossire. Si sentiva a disagio come se avesse volontariamente violato la sua privacy. Nonostante la situazione, Taeoh cercò di continuare la conversazione con lei. Si era sempre chiesto se al suo ritorno avrebbe trovato le cose cambiate o se lei provasse ancora dei sentimenti per lui. Tuttavia, l’unica cosa che poteva fare era cercare di parlarle normalmente, sarebbe stato imbarazzante sollevare la questione all’improvviso con l’infermiere di mezzo.
   «Sì, abbiamo collaborato con L, ci sta dando una seconda chance.» nel frattempo Kibeom aveva cominciato a disinfettare le piccole ferite e a tamponare i lividi che si era procurato Taeoh più o meno ovunque durante l’allenamento. Aveva preso la situazione fin troppo seriamente rispetto agli altri allievi.
   «Sono contenta!» rispose lei, cercando di suonare naturale, ma sentì che non ce la faceva più a sostenere il suo sguardo «Ehm, forse è il caso di parlare quando hai finito…» si voltò di spalle per nascondere il proprio viso, rosso come un peperone.
   Improvvisamente, Kibeom realizzò di avere sottomano la causa delle sofferenze di quella che per lui era ormai come una sorella minore, così non poté trattenersi dal fargli un po’ più male del necessario pigiando di proposito sulle ferite. Dopotutto era anche un pochino geloso che ci fosse sempre lui al centro dei pensieri di Iris e non solo il suo caro migliore amico. Taeoh non riuscì a trattenere un piccolo lamento per il dolore. La ragazza si girò appena per controllare che fosse tutto a posto, così Kibeom le fece cenno con la mano di voltarsi di nuovo.
   «Ho quasi finito, non preoccuparti.» applicò dei cerotti al malcapitato e concluse con una pacca sulla schiena mirando proprio a un bel livido viola. «Ecco fatto!»
   Taeoh strinse i denti e si rivestì.
   «Grazie...» poi tornò di nuovo da Iris per riprendere la conversazione «E tu? Sei ancora operativa?»
   «Sì, ho lavorato molto in questi ultimi mesi, infatti ero qui per una visita di controllo.»
   «Cough, cough!» interruppe di nuovo Kibeom «Iris, vieni, ti do un’occhiata alla schiena.»
   «Sì, arrivo…»
   «Ti dispiacerebbe uscire, Taeoh? Sai, la privacy del paziente...»
   Iris lanciò un’occhiata a Kibeom come per chiedergli a cosa fosse dovuto questo trattamento brusco nei confronti del ragazzo, ma l’infermiere ignorò la critica. Al contrario, Taeoh, non sentendosi molto ben accetto, decise di rimandare la chiacchierata a un secondo momento.
   «Oh, beh, allora è meglio se vado. Spero di rivederti presto!»
   «Taeoh.» lo chiamò lei, prima che lasciasse lo studio «So che sarai impegnato conoscendo Wendy, però appena posso passerò a trovarvi, magari riesco a fermarmi a fare due chiacchiere.»
   «Ci conto!» rispose lui con un largo sorriso dipinto sulle labbra e il cuore più leggero.
   «Allora a presto!»
 
   Appena Taeoh richiuse la porta, Kibeom si avvicinò pericolosamente a Iris.
   «Però! Ma che pezzo di manzo ti sei trovata? Ringrazia il cielo che ho una relazione stabile col mio fidanzato!»
   Iris fece cenno a Kibeom di stare in silenzio e gli assestò una pacca sulla spalla.
   «Shhh! Te l’ho detto che non stiamo insieme! Non so nemmeno se gli piaccio almeno un pochino! E poi che figure ci fai se ti sente?»
   «Sappi che un vero infermiere non si ferma davanti a niente!» si giustificò lui «Chi lo avrebbe mai detto che l’avremmo incontrato proprio qui.»
   «Già, a momenti mi è preso un colpo! Comunque, vero infermiere, controlla quello che devi controllare così poi vado, sono stanca e devo ancora guidare fino a casa.» Iris si sedette sul lettino dando le spalle a Kibeom e si sfilò la maglietta.
   «Va bene, mi spiccio.» il ragazzo iniziò a tastare la muscolatura del collo e delle spalle di Iris. «Ad ogni modo, mi raccomando, indaga bene su quello che gli sta facendo fare L e poi ovviamente vieni a spettegolare qui. Non ti avevo mai vista così presa da qualcuno!»
   «Sì, sì, poi ti racconto tutto, ma non alzare troppo le aspettative.»
   «Comunque, la schiena mi sembra a posto. Ti vedo molto più sciolta dell’ultima volta. Continua con i massaggi e non sforzarla troppo. Poi… ti do questi integratori, una bustina al giorno dopo pranzo. Se dovesse esserci qualche problema fammi sapere.»
   «Ok! Perfetto!» esclamò Iris, scendendo dal lettino delle visite e rimettendosi la T-Shirt. «Sei sempre il migliore!»
   «E... prescrizione del fisioterapista, manda a quel paese L se ti dà troppo lavoro! Ok il contratto, ma ribellati!»
   «Ci proverò. A presto!»
   «Ci vediamo, cara!»
   Iris uscì dall’ufficio di Kibeom. Taeoh se n’era già andato. Le sarebbe piaciuto passare più tempo in sua compagnia, ma forse era meglio che fosse andata così, avrebbe avuto modo di riordinare le idee e sarebbe passata a trovarlo un altro giorno, con più calma.
   La sera stessa L le mandò nuove disposizioni. Già dal mattino successivo sarebbe dovuta partire per una missione che sarebbe durata circa una settimana. Anche ammesso che L non avesse sequestrato il telefono cellulare a Taeoh, non poteva certo contattarlo per dirgli che non si sarebbe fatta viva nei prossimi giorni, sarebbe risultato sospetto. In più era quasi sicura che L non avesse lasciato loro proprio nulla di personale, soprattutto il telefono. Così si limitò ad avvertire solo May della propria partenza, come aveva sempre fatto.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Seoul. Mercoledì sera.
 
   Nei giorni successivi, May si era occupata di piccole faccende da sbrigare a Seoul, perciò le era sempre possibile rincasare la sera. Lo stesso valeva per Shion, infatti nessuno dei due aveva firmato il fantomatico contratto per gli straordinari. Non essendoci Iris, la casa era vuota e come ogni volta che succedeva, Shion andava a cenare dalla sua ragazza.
   «May?» chiese Shion, uscendo dal bagno. Indossava i pantaloni di una tuta grigia e una maglietta a mezze maniche nera. Aveva i capelli ancora bagnati dopo aver fatto la doccia e un asciugamano sulle spalle. «Cosa si mangia stasera?»
   «Takoyaki1!» rispose lei, che si era lavata per prima e poi si era messa ai fornelli. Quella sera indossava un grazioso vestito rosa con delle decorazioni nere e aveva i capelli mossi legati in una coda alta.
   «Nostalgia del Giappone?» chiese Shion, avvicinandosi. La abbracciò da dietro e si abbassò leggermente, appoggiando la testa sulla spalla della ragazza.
   «Ho comprato la padella apposta per farli! Ma probabilmente devo imparare meglio.»
   «Sono sicuro che saranno buonissimi invece.» Shion allungò la mano, infilzò con uno stuzzicadenti una delle polpettine già cotte e la mangiò in un sol boccone. «Sono perfetti!»
   May fece lo stesso e assaporò con attenzione il gusto della propria cucina.
   «Sì, dai, sono stata brava.» disse, compiaciuta del risultato.
   Senza aggiungere altro, Shion le diede un bacio sul collo e poi un altro sulle labbra.
   «Stasera non torna Iris, vero?»
   «Non dovrebbe.»
   «Posso fermarmi a dormire allora?»
   «Hai portato lo spazzolino?» chiese in tono scherzoso la ragazza.
   «Certo! È nello zainetto di scorta da lasciare sempre qui a casa tua!»
   «Ok allora. Detto così sembra molto lo zainetto per le emergenze tipo terremoti.»
   «Beh, vediamo il lato positivo, sarei pronto per qualsiasi emergenza.»
   «Ma quale emergenza? Mangiamo che è meglio.»
 
   Dopo cena, i due si sedettero sul divano a guardare la televisione, accoccolati l’uno all’altra. Quella sera non c’era molto di interessante, qualche drama che non avevano seguito dall’inizio, un programma comico abbastanza demenziale, il notiziario e altre cose non molto entusiasmanti. Dopo aver cambiato canale una ventina di volte, la televisione rimase accesa su un documentario che parlava dell’antica Roma. Nonostante avessero finito di lavorare relativamente presto, May e Shion erano comunque stanchi e la voce del presentatore, dal ritmo cadenzato e un po’ piatto, conciliava il sonno, perciò molto presto si addormentarono sul divano nella stessa posa in cui si erano seduti poco prima.



 

1 Takoyaki: cibo tipico giapponese. Polpette di pastella con all’interno un pezzetto di polpo. Solitamente considerato street food.



Fine cap. 23
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   E siamo giunti alla fine anche di questo capitolo! Come qualcuno di voi aveva intuito, L ha deciso di reimpiegare nelle sue forze Dawon, Taeoh e Daeju! Certo nessuno si aspettava che ad allenarli ci sarebbe stata una loro vecchia conoscenza, Wendy!
Anche Iris ha avuto modo di rincontrare Taeoh per un caso del tutto fortuito, ma come al solito il lavoro la sta tenendo impengata. Riuscirà a mantenere la promessa e andare a trovarlo dopo gli allenamenti?
Lo scopriremo presto :3

   Visto che molte cose sono cambiate, ecco qua un nuovo schemino dei personaggi e della loro situazione (con un piccolissimo spoiler, il nome di un personaggio minore che comparirà a breve):

 
Come sempre, grazie di cuore a chiunque stia recensendo, a chi ha messo la storia nei preferti o nei seguiti o anche solo sta leggendo. <3
Alla prossima~

Misa






 
  

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Capitolo 24
*** Cap. 24 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 24 -



 
  

 
 
   Tornando a mercoledì mattina.
 
   Dawon, Taeoh e Daeju, seduti sul pavimento della palestra, aspettavano impazientemente l’arrivo dell’insegnante. Era solo il secondo giorno di allenamento, ma l’ansia era già palpabile nell’aria. A preoccuparli era soprattutto il compito che Wendy aveva assegnato loro il giorno precedente. Se si fosse ricordata di interrogarli su quel maledetto libro di trecento pagine sarebbe stata una strage. Nessuno dei tre era riuscito a leggerlo per intero.
   «Buongiorno.» Wendy entrò con aria assonnata, richiudendosi subito la porta alle spalle. «Allora, avete letto i libri?» Evidentemente si ricordava eccome.
   Dawon guardò Daeju; Daeju guardò Taeoh e Taeoh chiuse il cerchio riguardando Dawon. Nessuno dei tre sapeva come discolparsi, così lasciarono la parola al leader.
   «Ehm, ecco, diciamo che abbiamo dato una lettura veloce...»
   «Vorrà dire che chiamerò L e le dirò che non siete fatti per diventare agenti.» ovviamente lo scopo del compito non era tanto quello di apprenderne il contenuto, quanto quello di valutare la loro forza di volontà nell’eseguire gli ordini.
   «Ehi, un attimo, non saprò scendere nei dettagli, ma a grandi linee me li ricordo gli argomenti, ero bravo a scuola!» puntualizzò Dawon. In realtà aveva letto i titoli dei paragrafi o poco più, poi era andato a dormire, sostenendo che era roba inutile, e aveva spento la luce, costringendo gli altri due compagni di stanza ad arrangiarsi al buio.
   «Io ci ho provato ma, ecco, il fatto è che non sono esattamente portato per la lettura veloce…» tentò di discolparsi Taeoh, che invece aveva passato la serata sul libro, nascosto sotto le coperte con una piccola torcia per non svegliare Dawon, arrivando a stento alla cinquantesima pagina e finendo rovinosamente per addormentarcisi sopra.
   «Ma era impossibile leggerlo tutto in una notte! Dacci più tempo!» implorò Daeju. Anche lui ci aveva provato a leggerlo, ma l’intera situazione non aveva aiutato, anzi, lo aveva quasi portato verso una crisi di nervi.
   Wendy si schiarì la voce e si posizionò a braccia conserte davanti ai tre.
   «In una missione non avete più tempo... non potete chiedere più tempo. “Ehi bomba, puoi aspettare a esplodere?”, “mi scusi trafficante di droga, non è che aspetterebbe ancora un po’?” Non esiste una cosa del genere. In una missione dovete eseguire gli ordini che vi vengono dati dai superiori senza discutere e senza perdere tempo, anche se dovesse significare non mangiare e non dormire per diverse ore. Se aveste letto le prime duecento pagine lo avreste già capito perfettamente lo scopo del compito che vi ho assegnato, ma è chiaro che non avete letto nemmeno le prime cinquanta.»
   «Per favore, dacci un’altra possibilità!» implorò Dawon. Proprio in quel momento fece la propria comparsa SolHee, la rivale di Wendy. La ragazza, alta poco più di un metro e cinquanta, entrò nella palestra seguita dalle sue cinque allieve. Aveva i capelli mossi, di colore castano scuro, legati in due trecce ben strette che partivano in cima ai due lati della testa e le arrivavano circa alla fine delle scapole. Indossava un top da ginnastica fucsia e dei pantaloni sportivi attillati grigio scuro. Evidentemente stava per iniziare a fare lezione anche lei.
   «Quindi sono queste le nuove reclute...» esclamò in tono canzonatorio, girando intorno ai ragazzi come se li stesse esaminando da testa a piedi, senza trascurare alcun dettaglio. «Però, niente male.» fece scorrere l’indice sul petto di Dawon, sorridendogli compiaciuta.
Preso alla sprovvista, il ragazzo fece un passo indietro.
   «SolHee!» esclamò Wendy, decisamente irritata dalla presenza della collega «Cosa vuoi? È una sessione privata, persone poco competenti come te non possono stare qui.»
   «Ehi, abbassa la cresta, bella. Ti ricordo che sei arrivata prima di me solo per un soffio.»
   «Se per un soffio intendi venti punti…»
   «Erano cinque scarsi che io ricordi! Comunque, sono venuta a vedere chi sono i tuoi nuovi allievi. Sai, stanno girando un sacco di voci per l’associazione e devo dire che sono vere… davvero molto carini, non hanno nulla a che invidiare ai ragazzi della squadra di Shion.»
   «Cosa vuol dire, scusa? Non devono essere carini, ma bravi.»
   «Io non sono “carino”, sono bello.» borbottò sottovoce Taeoh, rivolto a Dawon e Daeju.
   «Comunque, ora devo andare ad allenare le mie allieve, con permesso…» si avviò verso la porta «Oh, e, ci vediamo…» disse poi, voltandosi indietro e facendo l’occhiolino a Dawon.
   Prima di seguire la sua maestra, una delle allieve di SolHee, che era rimasta fuori dalla porta della palestra insieme alle compagne, sembrò lanciare una timida occhiata a Daeju. A giudicare dal lieve rossore sulle sue guance, il ragazzo aveva fatto colpo. Lui si limitò a sorriderle come si farebbe con una bambina. Era una ragazza carina, non troppo alta ma nemmeno bassa. Aveva i capelli biondi e gli occhi castani e sembrava più piccola di lui di qualche anno.
 
   «Bene, ricominciamo l’allenamento ora che se n’è andata?» chiese Dawon, che ancora non riusciva scrollarsi di dosso la fastidiosa sensazione di essere stato puntato da SolHee.
   «Sei tu il capo, provolone? Non mi sembra...» lo rimproverò Wendy, in tono alterato. Non poteva sopportare che la sua rivale si fosse avvicinata proprio a lui. Chiunque altro le sarebbe stato bene, ma non Dawon.
   «Provolone? Ma io non ho fatto niente, era quella che voleva saltarmi addosso!»
   «Bravo Dawon, falla arrabbiare di più già che ci sei…» disse ironicamente Taeoh all’amico.
   «Ma, io…»
   «Niente ma! Mi sembra di essere stata abbastanza chiara. Sono io il capo qui, quindi mettete giù la testa e leggete quei libri. Ora!» Prima che Dawon potesse ribattere qualsiasi cosa, Wendy uscì dalla palestra sbattendo indelicatamente la porta e facendole fare un tonfo secco. Ai tre ragazzi non restò altro che eseguire gli ordini e mettersi a leggere il manuale, saltando il pranzo e qualsiasi altra pausa, anche se Dawon ci era rimasto indubbiamente male per essere stato rimproverato ingiustamente.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Circa mezz’ora prima della fine dell’orario di allenamento, Wendy tornò in palestra.
   «Allora? Avete finito?» I tre ovviamente erano ancora intenti a leggere, non che stessero capendo molto del contenuto. «Metteteli via. Per domani voglio un riassunto di tutti i capitoli, nella speranza abbiate capito il significato di questa cosa.»
   «Sì, signora!» esclamò Dawon.
   «Morirò, mi sento gli occhi bucati...» mugugnò tra sé e sé Taeoh.
   «Ora, senza perdere altro tempo, iniziate a fare quattrocento addominali e quattrocento flessioni. Poi fate sessanta giri del campo qua fuori, e cinquanta volte le scalinate degli spalti. Ah… e, Dawon, smetti di chiamarmi signora, sono ancora giovane e bella.»
   «Ok… Wendy.»
 
   Questa volta i ragazzi non ebbero difficoltà a eseguire il compito, dopotutto erano abituati agli allenamenti estremi imposti loro da Ray. Dopo un’intensa ora di addestramento finalmente la giornata si era conclusa. Daeju e Dawon salutarono Wendy e andarono subito negli spogliatoi per farsi una doccia e cambiarsi prima di rientrare al dormitorio, mentre Taeoh si fermò ancora un attimo fuori dalla porta. Iris gli aveva promesso che sarebbe passata a salutarli dopo il loro allenamento, ma nonostante avessero sforato di più di mezz’ora non si era ancora fatta viva. Ovviamente non poteva sapere che proprio la sera prima L le aveva assegnato l’ennesima missione e che sarebbe stata lontana da casa per almeno una settimana. Appurato che non sarebbe passata, anche lui si rassegnò a raggiungere gli altri.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Appena entrato nello spogliatoio, Dawon si liberò dei vestiti impregnati di sudore e si gettò sotto la doccia, godendosi il getto fresco dell’acqua sulla pelle. Tra i tre era quello a cui piaceva di meno l’attività fisica. Per quanto si sforzasse i suoi addominali non ne volevano proprio sapere di diventare ben definiti come quelli dei suoi colleghi, perciò era da anni che ci aveva rinunciato ormai. Dopotutto l’aspetto esteriore non era certo sinonimo di bravura, negli scontri corpo a corpo era comunque sempre lui a vincere. Forse, però, stava iniziando ad accusare il colpo questa volta. A causa di tutto quell’allenamento aveva già dolori ovunque. Sarebbe stata dura reggere il ritmo nei giorni a venire. Dopo dieci minuti buoni, spense l’acqua e si legò l’asciugamano in vita, dirigendosi verso la zona comune tra uomini e donne, ovvero quella con i lavandini e i phon per capelli. Si specchiò per un attimo e si sfregò i capelli con un altro asciugamano. Anche se si stava avvicinando la fine di settembre non faceva particolarmente freddo e i suoi capelli erano comunque abbastanza corti, quindi decise che tamponarli un po’ poteva bastare e che non era necessario asciugarli con il phon. Soddisfatto del risultato, tornò indietro per prendere i vestiti dall’armadietto, ma appena entrò nello spogliatoio si trovò davanti Wendy avvolta in un asciugamano di spugna, con i capelli bagnati sciolti sulle spalle, una gamba sollevata, il piede appoggiato alla panchina, e un tubetto di crema idratante in mano.
   «W-Wendy! Cosa ci fai qui?» le chiese il ragazzo, iniziando ad agitarsi.
   La ragazza si girò verso di lui e lo guardò in volto. Non sembrava particolarmente stupita o in imbarazzo. Dopotutto lui l’aveva vista in bikini quando erano stati a Cancún, considerando questo fatto, ora era decisamente più coperta.
   «Ho finito la doccia, ovviamente… ti serve qualcosa?»
   «Ma... sei nello spogliatoio degli uomini!» non riuscendo a darsi una spiegazione, il cervello di Dawon stava già ipotizzando le peggio cose sconce e allo stesso tempo si schiaffeggiava mentalmente rimproverandosi di starle pensando.
   «Ehm, no…» sentenziò lei, indicando il cartello alle spalle del ragazzo «È quello delle donne.»
   «Come?!» Dawon si girò di scatto per verificare, ma la mossa troppo brusca gli fece cadere l’asciugamano dai fianchi mentre dava le spalle a Wendy. Nel panico più totale, il ragazzo lo raccolse da terra e se lo rimise subito addosso «Oddio, ho sbagliato! Scusa, ci vediamo domani!» senza voltarsi indietro, Dawon scappò alla velocità della luce, questa volta tornando nello spogliatoio giusto.
 
   Wendy si era trattenuta alla vista del sedere del ragazzo, ma, appena Dawon fu abbastanza lontano, non poté trattenersi e scoppiò a ridere da sola per la scena esilarante.
   «Beh? Che hai?» le chiese SolHee, che aveva appena varcato la soglia dello spogliatoio.
   «Hahahaha, lascia perdere, hahaha.» Wendy non riusciva a smettere. Non aveva comunque intenzione di stare a spiegarle quello che era successo.
   «Mah.» SolHee la squadrò con disgusto e andò a farsi la doccia.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Venerdì.
 
 
   Per tutti i giorni a seguire, Dawon non poté fare a meno di sentirsi in imbarazzo davanti all’insegnate. Al contrario, a Wendy veniva ancora da ridere al solo pensiero di quella sera negli spogliatoi, ma non per questo sentiva di essere tornata in buoni rapporti con l’ex criminale e i suoi amici. Il suo atteggiamento nei loro confronti era ancora estremamente rigido e il suo caratteraccio non accennava a mitigarsi.
   A peggiorarle l’umore c’erano le continue visite di SolHee, la quale di tanto in tanto compariva per lanciare occhiate ammiccanti a Dawon e osservarlo avidamente mentre si dava da fare tutto sudato durante gli allenamenti. Ovviamente con sé portava anche tutte le sue allieve, che, molto più giovani dei ragazzi, li ammiravano da lontano come fossero le loro celebrità preferite. Solo una, la ragazzina bionda, non osava commentare ad alta voce e se ne stava in disparte, insicura dei propri sentimenti e inconsapevole del fatto che avesse già attirato l’attenzione e l’interesse del ragazzo che le piaceva, ovvero Daeju.
   Quel giorno, tanto per cambiare, Wendy non era dell’umore giusto per sopportare le visite indesiderate di SolHee e appena quest’ultima fece la propria entrata in scena, lanciò un pugnale nella sua direzione.
   «Via dalle mie lezioni!»
   «Ehi! Vuoi ammazzarmi per caso?» protestò la collega, stizzita.
   «Ovvio che sì, sparisci!»
   «Mamma mia, quanta ostilità! Ho solo portato le mie allieve a guardare qualcuno più bravo di loro allenarsi. Dovranno pur imparare qualcosa, no? Sono solo alle prime armi!»
   «Beh, perché non glielo insegni tu al posto di venire qui a disturbare me? Non sei mica pagata per stare a guardare!»
   «Tzk, e va bene allora.» SolHee guardò Wendy con disprezzo e le voltò le spalle. «Andiamo ragazze.» fece cenno alle allieve di seguirla. «Luna?» dovette richiamare una seconda volta la ragazzina bionda, che, assorta nei propri pensieri, non si era accorta di essere rimasta indietro. Poi lasciò la palestra con a seguito le sue allieve. Fortunatamente per i poveri nervi di Wendy, quel giorno la rivale non si fece più vedere e la lezione filò liscia come l’olio.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Seoul. Venerdì, 7:07 PM.
 
   Quella sera, Iris era finalmente tornata dall’ultima missione e moriva dalla voglia di rivedere Taeoh. Era come se al solo pensiero la stanchezza accumulata in una settimana intera di lavoro potesse svanire nel nulla. Arrivata all’associazione in compagnia del collega MinHyuk, si era affrettata a salutarlo e si era subito diretta alla palestra di Wendy. Erano le sette di venerdì sera, dovevano essere quasi finiti gli allenamenti per quel giorno.
   Arrivata davanti all’ingresso della palestra di Wendy, Iris aprì leggermente la porta per sbirciare all’interno della stanza, senza interrompere la lezione. Taeoh era impegnato in uno scontro con Daeju e Dawon. Indossava una canottiera nera piuttosto attillata e, come probabilmente anche quella degli altri, la sua pelle era imperlata di sudore, cosa che rendeva la scena piuttosto sexy. Ora capiva il successo riscosso dai nuovi arrivati sulle ragazze dell’associazione. Al di là dell’aspetto fisico, però, ciò che più la affascinava era vederlo così concentrato sull’allenamento. Si stava impegnando davvero al massimo per riscattarsi, poteva chiaramente scorgere la determinazione nei suoi occhi.
   In ogni caso, il momento di adorazione non durò più di cinque secondi, perché Wendy, sentendo scricchiolare la porta, lanciò di nuovo il suo pugnale contro l’intrusa.
   Iris sobbalzò, emettendo un lieve gemito. Non si aspettava certo un’accoglienza del genere e non poté fare altro che spostare lo sguardo alla propria destra e provare un brivido di terrore vedendo il pugnale conficcato nello stipite della porta, ad appena un centimetro dal proprio naso.
   Wendy si voltò verso di lei e si accorse immediatamente dell’errore.
   «Oh santo cielo!» esclamò, correndo verso l’amica «Scusa!»
   «Sono venuta qua diretta dalla missione per salutarti e mi accogli così?» esclamò Iris, con una vena di ironia nella voce.
   «Pensavo fossi SolHee! Mi sta dando il tormento da una settimana.»
   «SolHee? È gelosa del tuo incarico?»
   «Sì, e vorrebbe anche palpare il sedere di Dawon!»
   «Allora è grave la situazione, il tuo Dawon non si tocca!» disse Iris, facendo una voce buffa.
   «Mio?»
   «Sì, di chi altra sennò?»
   Wendy iniziò ad agitarsi e a temere che il ragazzo le avesse sentite. Ufficialmente era ancora arrabbiata con Dawon, quindi non aveva alcuna intenzione di tornare sui propri passi e nemmeno le amiche dovevano sapere che provava ancora qualcosa per lui. Si era preoccupata di parlarne solo in termini negativi e disinteressati, quindi da dove le era uscita questa battuta? Che quell’idiota di Iris desse per scontato che la cotta non le era passata? Che stesse scherzando o meno, c’era di mezzo il suo orgoglio, non gliel’avrebbe lasciata passare.
   «Smettila con le tue stronzate.» gelida. «Mi dà solo fastidio che venga a fare l’oca quando lui si sta allenando, poi fuori possono fare ciò che vogliono.»
   «Scusa, stavo solo scherzando.» si arrese Iris. Dopotutto era solo una stupida battuta e forse la collega non aveva esattamente gradito. Non si aspettava che Dawon fosse ancora un tasto dolente per lei.
 
   Dopo tutto quel trambusto, Taeoh si era accorto dell’arrivo di Iris e, distrattosi, aveva smesso improvvisamente di allenarsi. Nemmeno un secondo dopo, il pugno di Daeju lo aveva colpito dritto, dritto in faccia.
   «Ahia! Daeju! Non hai visto che avevo smesso?» protestò, tenendosi il naso con le mani.
   «Ti sei fermato all’improvviso!»
   «Ragazzi, non vi ho detto che potevate fermarvi!» li rimproverò Wendy.
   «Tra quanto finite?» le chiese Iris.
   L’amica controllò l’orologio.
   «Tra non molto.» Improvvisamente le venne un’idea per mettere un po’ in imbarazzo Iris e vendicarsi del discorso sul “tuo Dawon”, oltre che di altre cosucce accumulatesi negli ultimi mesi. Era sempre stato un rapporto di amore e odio con Iris. Iris non mancava mai di essere gentile e disponibile, con un notevole sforzo di empatia le andava incontro anche quando si comportava in maniera intrattabile, eppure sotto, sotto, Wendy sentiva di detestarla. Non sapeva nemmeno lei perché, ma da quando si era trasferita e aveva smesso di sapere nel dettaglio cosa stesse facendo l’amica, questa sensazione era persino peggiorata. Somigliava a una sorta di invidia, come se, dopo tanto tempo in cui si era abituata a vederla sempre in difficoltà, ora le stesse dando fastidio vederla felice. Per quanto si sentissero di rado, anche quelle uniche volte odiava percepire la sua serenità mentre le parlava delle missioni in coppia con MinHyuk, immaginarla stanca ma appagata e soddisfatta al ritorno dal lavoro e ora persino vederla sorridere in presenza di Taeoh al posto di sentirsi a disagio al solo pensiero di rivedere la sua faccia come succedeva a lei con Dawon. Insomma, a conti fatti non era cambiato nulla nella vita di Iris, quindi perché la prendeva con tanto ottimismo? Che avesse o meno una tresca con MinHyuk, anche lei aveva avuto una mezza storia con il collega Christian, se Iris andava in missione, anche Wendy aveva il suo bel da fare come insegnante, quindi perché la sua amica non si lamentava? Perché non metteva giù il muso come faceva lei visto che non c’era proprio nulla di entusiasmante nella vita di entrambe? Si sentiva come sorpassata, tagliata fuori dal segreto della felicità, e la cosa le dava sui nervi in maniera spropositata. L’unica cosa che voleva vedere in quel momento era il disagio e l’imbarazzo sulla faccia di Iris e aveva anche i mezzi per realizzare il proprio desiderio. Avrebbe cancellato quel sorrisetto compiaciuto dalle sue labbra.



Fine cap. 24
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   Ciao a tutti~ eccomi finalmente con un nuovo aggiornamento!
   E così alla fine Iris ce l'ha fatta ad andare a trovare Taeoh, ma Wendy non ha molto gradito la visita... per qualche motivo è parecchio insoddisfatta della propria vita e vede nemici ovunque. Che vorrà combinare? Lo scopriremo nel prossimo capitolo!

   Come sempre ringrazio chiunque stia recensendo, mettendo la storia tra le preferite e le ricordate o anche solo leggendo <3
   A presto!

   Misa

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Capitolo 25
*** Cap. 25 ***


 
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- Cap. 25 -
 



 
   «Cosa ne dite di provare un combattimento uno contro uno con Iris?» Suggerì tutto a un tratto Wendy. La sua vendetta stava per avere inizio.
   «Adesso?» chiese Iris. Per poco non le era venuto un mancamento. Era stanca morta e più che mettersi a combattere sarebbe andata direttamente a letto.
   «Sì! Quale modo migliore di concludere un addestramento se non battersi contro un’agente in servizio? Ed è anche un ottimo esercizio per tenere allenati i tuoi riflessi, cara.»
   «Non credo potrei esservi molto d’aiuto in questo momento...» cercò di declinare l’offerta Iris, ma Wendy non volle sentire scuse e la spinse in mezzo al campo.
   «Ok, ok, però con calma, te l’ho detto, sono venuta qua diretta dopo una missione di una settimana, sono distrutta!» implorò Iris, ingessata in un tailleur grigio antracite. Qualcosa le suggeriva che se non avesse accettato Wendy avrebbe messo giù il muso e le avrebbe rovinato anche quegli unici cinque minuti in cui le era stato concesso di rivedere Taeoh. Sperando di spicciarsela in fretta, si sfilò le decolleté che aveva ai piedi e le spostò dal pavimento del ring.
   «Certo, lo so.» continuò imperterrita Wendy. Poi si avvicinò a Taeoh e gli diede una pacca sulla spalla «Vai tu. Forza, mostratemi cosa sapete fare!» In quel momento l’insegnante si sentì come se avesse appena fatto scacco matto. Era proprio curiosa di vedere come avrebbe reagito Iris sottoponendola alla stessa tortura che era costretta a subire lei tutti i giorni a stretto contatto con Dawon. «È tutta tua…» bisbigliò vicino all’orecchio di Taeoh.
   «Che?» chiese lui, perplesso.
   «Hai capito bene, ora vai, mangiatela viva!» bisbigliò di nuovo Wendy. Poi diede inizio al match. «Prego, iniziate!»
   Taeoh si portò al centro della stanza.
   «Prego! A te la prima mossa.» esclamò. Non aveva minimamente capito cosa gli avesse chiesto di fare Wendy e gli sembrava anche un po’ crudele chiedere a Iris di combattere vestita in quel modo. Di sicuro era un look molto professionale, ma non la lasciava certo libera nei movimenti.
   «Se questi sono i presupposti mi sento ancora più in svantaggio!» protestò scherzosamente Iris. «Vediamo un po’ che si può fare.»
   La differenza in quanto ad altezza e forza fisica era notevole. Se fosse stato un nemico avrebbe mirato direttamente ai punti vitali, ma, oltre a non essere consentito nei match amichevoli, non era certo sua intenzione accecare il povero Taeoh. L’agente si lanciò all’attacco, limitandosi a sferrare qualche pugno che venne intercettato facilmente dall’avversario. Anche i primi colpi di Taeoh non furono difficili da schivare, era sicura che non stesse facendo sul serio.
   «Taeoh! Non trattenerti! Quante volte ve lo devo ripetere ogni volta, ragazzi?» lo rimproverò Wendy.
   Iris guardò la collega come per chiederle “ma sei seria?”. In tutta risposta, Wendy le lanciò uno sguardo di sfida.
   «Uff, e va bene. Comincia a fare caldo qui dentro.» Iris si tolse la giacca e la lanciò fuori dal ring, vicino alle decolleté. Si arrotolò leggermente le maniche della camicia e tornò in posizione. «Ricominciamo.»
   Questa volta ad attaccare per primo fu Taeoh, con un colpo che l’agente schivò per un soffio. Il livello dello scontro si era decisamente alzato. In cinque minuti buoni era riuscita a beccarlo solo un paio di volte e in maniera del tutto superficiale. La faccenda rischiava di andare per le lunghe e la cosa non le andava per niente, così, alla prima occasione, servì la vittoria su un piatto d’argento al proprio avversario. La gonna, troppo stretta, le impediva di colpirlo con un calcio in maniera efficace e perciò fu esattamente con un calcio che decise di colpirlo; basso, sghembo e pure debole.
    Per Taeoh fu fin troppo facile immobilizzarla. Le afferrò la gamba, tirandola verso di sé, e si spinse contro di lei, facendole perdere l’equilibrio. Bloccata in quel modo, Iris cadde sulla schiena, ritrovandosi intrappolata tra Taeoh e il pavimento. Una volta accusata la caduta, non provò minimamente a liberarsi e, al contrario, annullò ogni tensione, appoggiando anche la testa al pavimento, nell’attesa che Wendy la dichiarasse sconfitta. Dichiarazione che stava tardando ad arrivare.
   Taeoh si scostò un po’ da lei e la guardò negli occhi.
   «Tutto ok? Ti ho fatto male?» le chiese, notando la sua arrendevolezza.
   «Sto bene, sono solo stanca.» “E imbarazzata, molto imbarazzata se mi guardi in quel modo”, avrebbe voluto aggiungere. Eppure, Taeoh non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Dopo tutto quel tempo, quelle labbra socchiuse in cerca d’aria e quelle guance arrossate contornate da una capigliatura ormai sfatta gli stavano di nuovo facendo perdere la testa.
   «Bene! Per oggi abbiamo finito!» esclamò finalmente Wendy.
   A quel punto, anche se un po’ a malincuore, Taeoh si allontanò da Iris e le porse una mano per aiutarla a rialzarsi. In tutto questo, Wendy annuiva soddisfatta per la riuscita della vendetta: agente professionista messa al tappeto da un novellino e non uno qualsiasi, quello per cui molto probabilmente aveva ancora una cotta. Una figuraccia che evidentemente esisteva solo nella sua testa.
   «Giuro che di solito non sono così scarsa…» tentò di giustificarsi Iris dopo la palese resa, sciogliendosi i capelli per rimediare all’acconciatura distrutta.
   «Sei appena tornata da una missione, sei stanca, logico.» disse Wendy, sussurrando poi nell’orecchio dell’amica «Volevo solo divertirmi un po’ alle tue spalle.»
   «E io che pensavo di farti un favore!» provò a protestare Iris, ma proprio in quel momento Taeoh le si avvicinò con la scusa di riportarle le scarpe e la giacca.
   «Quindi sei stata in missione tutto questo tempo?» le chiese il ragazzo.
   «Già, subito dopo averti detto che sarei passata a trovarvi L mi ha mandato via per una settimana intera. Tra l’altro in una missione di coppia... una settimana senza privacy è stata dura da sopportare.» spiegò.
   «È andato tutto bene spero…» disse Taeoh. Poi si rese conto di quello che aveva appena sentito e ripeté «Coppia?» come per essere sicuro di aver capito bene.
   «Sì, a L piacciono molto queste coperture.»
   «Ah, con Lizzy dici?» continuò lui, intenzionato ad assicurarsi che non c’entrasse un altro uomo.
   «No, Lizzy si è ritirata, ha scoperto di essere incinta.»
   «Cosa?!» poteva sembrare un’esclamazione riferita allo stato di Lizzy, ma in realtà era diretta al fatto che non fosse con lei che era andata Iris. La cosa lo stava allarmando.
   «Lo ha scoperto un mesetto fa...»
   «Ma quindi con chi eri in coppia se Wendy è qui?» tornò immediatamente sul discorso di prima.
   «Con un collega, MinHyuk.»
   «Un uomo?»
   «Sì...» rispose sinceramente Iris, senza pensare che a Taeoh non sarebbe piaciuta per niente quella risposta.
   «E cosa avete fatto di preciso?» insistette lui.
   «Mah, niente di ché... Dovevamo arrestare un tipo losco in crociera con l’amante.»
   Taeoh moriva dalla voglia di farle domande più dettagliate su chi fosse questo MinHyuk e quanto fossero intimi e di preciso cosa fosse successo in questa missione senza privacy che gli stava dando il tormento, ma si rendeva anche conto di non averne il diritto, quindi fece forza su sé stesso per tagliare corto.
   «Dev’essere stata dura...»
   «Comunque, pensavo che se vi va stasera potremmo cenare tutti insieme.» cambiò discorso Iris «Se il coach Wendy ci dà il permesso.»
   «Se volete andate pure.» acconsentì Wendy «Io non posso, ho già un appuntamento.» in realtà l’unico appuntamento che aveva era quello con il suo divano, ma in qualità di istruttrice non riteneva opportuno uscire con i propri allievi, in qualsiasi veste, che fosse di amica o altro. Nemmeno con la sua classe di prima lo aveva mai fatto.
   «Ah, capito… beh posso uscire con loro tre se vogliono, non li vedo da tanto.»
   «Per me va benissimo!» Taeoh ovviamente colse la palla al balzo «Vado a farmi una doccia e arrivo!»
   «Ok anche per me.» disse Dawon.
   «Idem!» fu la risposta di Daeju.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Dopo l’allenamento erano tutti andati negli spogliatoi e anche Iris ne aveva approfittato per darsi una rinfrescata. Il match di poco prima l’aveva fatta sudare e di sicuro non poteva andare a cena fuori in quelle condizioni. Mentre si rivestiva, Wendy spuntò alle sue spalle con aria minacciosa.
   «È così che si trattano le amiche?»
   «Di che stai parlando?» Iris non aveva idea del perché Wendy ce l’avesse con lei.
   «Pensavo che se vi va stasera potremmo cenare tutti insieme.» le fece il verso.
   Iris la guardò come per dirle “e quindi?”.
   «Perché non mi racconti mai niente?»
   «Riguardo a cosa?»
   «Oh, andiamo, io ti ho raccontato delle mie uscite con Christian! Perché tu non mi puoi raccontare dei tuoi fidanzati?»
   «Perché non ci sono?»
   «Ok, allora mettiamo che MinHyuk sia solo un collega. Che mi dici di Taeoh?»
   «È un amico.»
   «Lo hai invitato a cena!»
   «Ho invitato tutti, anche te, non è un appuntamento romantico.»
   «Fai sul serio?»
   «Scusa, ma tu al mio posto non saresti curiosa di sapere come se la sono passata in questi mesi sotto la supervisione di L? Dopotutto diventeranno nostri colleghi alla fine di questo allenamento.»
   «No, onestamente non mi interessa. Dawon mi ha delusa moltissimo e anche se ora spetta a me allenarli non me ne importa proprio nulla di come se la sono passata. Non sono come te, non perdono certe bugie.» fece l’offesa Wendy, andandosene ad asciugarsi i capelli. Forse su MinHyuk poteva essersi sbagliata, ma, anche se in sua presenza non l’aveva mai dato a vedere, era certa che Iris provasse ancora qualcosa per Taeoh. Altrimenti perché tutto questo entusiasmo nel venire a trovare degli ex nemici? Era anche vero che se Iris già non si sbilanciava normalmente, in associazione teneva la bocca ancora più cucita. E poi effettivamente da quando si era trasferita non è che avessero avuto così tante occasioni di sentirsi. Forse tutto sommato la battuta sul “tuo Dawon” non era per insinuare che sotto sotto quel criminale pentito le piacesse ancora, poteva anche essere del tutto casuale. Probabilmente si era scaldata per niente ma, a scaso d’equivoci, con quest’ultima scenata doveva aver fugato ogni dubbio.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Nel frattempo, Taeoh si stava fissando allo specchio dello spogliatoio. Puntando il dito contro il proprio riflesso, si ammoniva da solo.
   «Allora, Taeoh. Vedi di non fare cazzate stasera. Niente baci, niente abbracci, no, non provare nemmeno a tenerle la mano. Al momento tu non sei nessuno e lei potrebbe avere un altro. E niente domande indiscrete. Non hai nessun diritto di ficcare il naso nella sua vita privata, chiaro? Datti un contegno.»
   Dawon passò dietro di lui e gli tirò uno schiaffo sulla testa.
   «Si può sapere che stai farfugliando?»
   «Niente.» dissimulò Taeoh.
   «Andiamo, ci starà aspettando.»
 
 
 
 
***
 
 
 
   Iris e i ragazzi si recarono in un piccolo ristorante vicino all’associazione. Certo non era il massimo per la riservatezza, ma tutti e quattro avevano poco tempo libero e nessuno dei colleghi avrebbe avuto da ridire se anche avesse sentito due chiacchiere inerenti al lavoro, non era nulla di ingiustificabile davanti a L.
   Daeju e Dawon si sedettero uno a fianco all’altro, così a Taeoh toccò il posto vicino a Iris. Si era sempre sentito a suo agio accanto a lei, ma, ora che la rivedeva dopo più di due mesi senza sapere nulla di quello che era successo nel frattempo, percepiva una certa agitazione.
   «Come avete passato questi mesi? È stata cattiva L?» fortunatamente per Taeoh, fu lei a sciogliere il ghiaccio mentre aspettavano le ordinazioni.
   «È stato impegnativo.» rispose Daeju, rimanendo sul vago. «L è un po’ esigente.»
   «Sì, è molto esigente.» continuò Iris, che era abituata a parlare del boss in quei termini. Dopotutto non era nulla che L stessa non sapesse già. «Ad essere sincera temevo non vi avrebbe fatti uscire dal carcere per anni! Però mi sembra di capire che si fidi abbastanza.»
   «All’inizio ci è andata molto cauta.» cominciò a raccontare Dawon. «Ci ha sottoposti a una marea di interrogatori. Noi abbiamo sempre collaborato al meglio delle nostre possibilità, perciò non c’è stato bisogno di usare metodi violenti per estorcerci informazioni, ma nonostante tutto non si può dire che non fosse diffidente. Appena i suoi sottoposti finivano di chiederci tutto quello che volevano sapere, ci rispediva dietro le sbarre ad aspettare l’interrogatorio successivo. Ci sono volute tre settimane intere prima che fosse soddisfatta delle informazioni raccolte. Ha voluto farci interrogare singolarmente, facendoci chiedere le stesse cose da persone diverse e in modi diversi per accertarsi che stessimo dicendo la verità. Poi la quarta settimana, di punto in bianco, anzi che portarci nella solita squallida stanzina degli interrogatori con la luce puntata in faccia, ci ha portati in una specie di ospedale. All’inizio non sapevo cosa fosse, poi ho capito che l’associazione ha anche un piccolo settore medico. Insomma, per un bel po’ di giorni ci è toccato restare lì come dei pazienti malati. Ci ha fatto tutti gli esami possibili, ha persino controllato che non avessimo microchip sottopelle! Poi è passata ai test attitudinali con i suoi strizzacervelli e per concludere a quelli fisici. Alla fine di questi due mesi ha deciso di assegnarci a Wendy, dicendoci solo che ci saremmo allenati con un’ex agente perché temeva che le altre insegnanti non essendo passate da quel tipo di carriera fossero troppo blande.»
   «Dev’essere stata dura!» esclamò Iris.
   «Non è stato particolarmente difficile, dopotutto non ci ha torturati, ma sembrava non finire più! Senza il minimo riferimento, senza orologi, telefoni né contatti con il mondo esterno avevamo completamente perso la cognizione del tempo là dentro. Alla fine, però, è passato meno di quel che pensassi.» disse Taeoh.
   «Già, è molto più dura adesso con Wendy!» concordò Daeju.
   «E tu Iris, che hai fatto in questi due mesi?» cambiò discorso Taeoh. Si era ripromesso di non infastidirla, ma non era riuscito a resistere.
   «Nulla di nuovo, la mia solita vita da inguaribile stacanovista.» rise. «Ho ricominciato le missioni appena tornata da Cancún e ho finito oggi. Credo che mi faranno presto avere notizie per il prossimo incarico.»
   «Cavolo, L non ti dà tregua!» per qualche motivo la risposta lo rese felice. Quindi quel MinHyuk in fin dei conti era solo un collega e niente di più.
   «Già, siamo a corto di agenti, così io e altri abbiamo firmato un contratto per renderci disponibili a fare un po’ di straordinari. Non ci aspettavamo di essere così in pochi ad accettare, quindi ora siamo oberati di lavoro.»
   «Che fregatura…»
   Tra una chiacchiera e l’altra era già passata più di un’ora e avevano finito di cenare.
   «Si sta facendo tardi, è meglio che torni a casa. Domani mattina devo tornare all’associazione per sentire le nuove direttive di L.» disse Iris, cominciando a prendere borsa e giacca.
   «E noi abbiamo l’allenamento.» aggiunse Daeju «Inizia troppo presto! Salvaci!»
   «Ci siamo passati tutti, è duro, ma alla fine ricorderete questo periodo con nostalgia.»
   Tutti e quattro si alzarono dal tavolo e andarono a pagare il conto. Iris era rimasta per ultima. Notò che gli altri erano già andati avanti, solo Taeoh si era fermato ad aspettarla sulla porta. Le sorrideva in modo dolce, come sempre.
   «Da che parte vai?» gli chiese Iris.
   «Ai dormitori.» indicò a destra.
   «Ah, io al parcheggio interrato.» era dall’altra parte.
   «Ti va se ti accompagno? È buio la sera.»
   «Non hai il coprifuoco?» Un’altra delle scocciature di essere ancora un allievo era il dover soggiornare al dormitorio, dove il coprifuoco scattava alle dieci in punto.
   «Non preoccuparti, faccio in tempo.»
   «Va bene, allora.» accettò Iris. La proposta l’aveva resa più felice di quanto pensasse.
   I due si avviarono fino al parcheggio e raggiunsero l’auto di Iris.
   «Grazie per stasera. Passerò a trovarvi di nuovo!»
   «Grazie a te. Ci vediamo presto, allora!»
   Iris annuì e aprì la portiera dalla parte del guidatore, per poi trovarsi improvvisamente a temporeggiare. Un largo sorriso si era fatto spazio sul suo volto. Era felice che Taeoh fosse tornato e che in fondo nulla fosse cambiato tra loro. Avrebbe voluto passare più tempo con lui, ma, anche se aveva acconsentito ad essere accompagnata al parcheggio, sapeva benissimo che il ragazzo era già in ritardo per il coprifuoco. Non poteva trattenerlo oltre.
   «Buonanotte.» lo salutò, con un tono di voce dolce che non pensava avrebbe mai sentito uscire dalle proprie labbra. «Vai, o farai tardi.»
   «Sì, ora vado. Buonanotte.» anche lui non poteva fare a meno di sorridere, dopotutto aveva ancora una chance. La osservò entrare in macchina si avviò verso il dormitorio in tutta tranquillità. Non appena fu sicuro di essere fuori dal campo visivo della ragazza, però, iniziò a correre disperatamente, sperando di arrivare in tempo per non essere chiuso fuori. Mancavano solo cinque minuti allo scadere del tempo.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Nel frattempo, Wendy aveva cenato a casa e stava guardando la televisione sul divano. Ora che viveva da sola poteva godersi tranquillamente i propri spazi e non sottostare a nessun tipo di orario. Nonostante tutto, però, c’era qualcosa che non le permetteva di rilassarsi completamente, nella sua testa aveva un pensiero fisso: quanto le davano fastidio le avances di SolHee a Dawon! Non che potesse rivendicare qualcosa, ne era consapevole. Lo aveva rifiutato e non aveva intenzione di iniziare una relazione con lui, almeno per il momento, ma si arrabbiava come se le appartenesse di diritto in un certo senso. Insomma, i suoi sentimenti per lui non erano cambiati e non poteva sopportare la possibilità che mettesse gli occhi su un’altra. Per quanto odiasse SolHee, doveva ammettere che era comunque una bella ragazza, se lei avesse continuato a bistrattare Dawon lui magari a un certo punto avrebbe rinunciato e avrebbe ceduto alle avance dell’altra. Però non poteva tutto a un tratto cambiare idea e confessarsi, avrebbe fatto la parte di quella debole e non aveva intenzione di cedere.
   Proprio mentre Wendy era immersa nei propri pensieri, qualcuno suonò al campanello. La ragazza non aveva idea di chi potesse essere a quell’ora, ma andò comunque ad aprire.
   «Perché sei in casa? Oggi usciamo a bere noi insegnanti, non lo sai?» disse senza preamboli la voce squillante della sua acerrima nemica, nonché vicina di casa e ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.
   «Perché sei qui? Solo per dirmi questo?» rispose Wendy, già accingendosi a richiuderle la porta in faccia. La sua mossa fu poco efficace visto che SolHee aveva infilato un piede in mezzo alla porta per evitare che la chiudesse.
   «Ovvio, con chi dovrei competere in bellezza sennò? Magari viene anche Dawon, a volte ci sono alcuni allievi... e voglio una vittoria schiacciante! Quando vedrà quanto stanno bene il mio decolleté e il mio sedere perfetto in questo vestitino nuovo di zecca non potrà che cadere ai miei piedi!»
   «Ma che cosa vuoi da me? Vittoria di cosa? lasciami in pace...»
   «Guarda che ho visto che sguardi gli lanci... te lo mangi con gli occhi!»
   «Tzk, quella sei tu…»
   «E non mi piace che a lezione abbiate tutti quei momenti di skinship come se vi conosceste da una vita! Una mossa di karate qua, una di judo là, finite sempre uno sopra l’altra! Lo fate apposta?»
   «Ok, per prima cosa, non ci conosceremo forse da una vita ma di sicuro ci conosciamo da parecchio tempo e, seconda cosa, in ogni caso non sono affari tuoi.»
   «Che!? Come vi conoscete? Cosa avete fatto? Siete stati a letto insieme? Siete ex? Parla! Guarda che lo dico a L che ve la fate in associazione! È un tuo allievo, vergognati!» sentenziò a raffica SolHee, senza mai fermarsi a riprendere fiato.
   Wendy non le rispose nemmeno. Le pestò il piede per farglielo spostare e richiuse la porta.
   «Ahi!»  Urlò SolHee, sentendo già la rabbia pervaderla dallo stomaco. Non aveva idea di dove e come Wendy e Dawon si fossero conosciuti, ma non poteva tollerare che fossero più intimi di quanto pensasse. Ora le si era anche insinuato il dubbio che fossero amanti e al solo pensiero si sarebbe messa a prendere a calci la porta della sua vicina di casa. L’unica cosa che le venne in mente di fare fu tentare invano di fare invidia a Wendy gracchiando con la sua vocetta acuta, resa ancora più stridula dalla rabbia.
   «E comunque, vado alla cena, io! A mostrare il mio per-fect-bo-dy!!!»
   «Vai e strozzati!» le rispose Wendy, dall’altro lato della porta.
   «Gne!»
   Senza aspettare che SolHee si allontanasse dal suo appartamento, Wendy se ne tornò sul divano, tanto aveva già deciso di continuare a ignorarla in ogni caso.


Fine cap. 25
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   Sorpresa! Sono riuscita ad aggiornare in tempi brevi questa volta. A dire il vero il 24 e il 25 dovevano essere un capitolo unico, ma era troppo lungo e così l'ho spezzato. Quindi sono un paio di capitoli di assestamento diciamo, si tirano le somme e ci si prepara a qualcosa di nuovo, sì perché qualcosa sta per succedere! Probabilmente però anche il prossimo capitolo dovrò dividerlo in due.
   E comunque, alla fine la vendetta di Wendy non era nulla di ché e non ha sortito gli effetti desiderati. Iris e Taeoh tornano a "studiarsi" a vicenda e le insegnanti litigano come sempre. XD
  
   Grazie a chiunque stia seguendo la storia! <3
   A presto!!!

  Misa

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Capitolo 26
*** Cap. 26 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 26 -



 
 
   Un mese dopo.
 
   Era passato più di un mese da quando Dawon, Taeoh e Daeju avevano iniziato gli allenamenti sotto la supervisione di Wendy. L non aveva perso tempo e, vedendo gli ottimi risultati, aveva già predisposto le direttive per inserirli in alcune missioni. Ogni agente, infatti, durante il proprio addestramento impara le arti marziali e l’uso delle armi, oltre che il protocollo su come comportarsi sul campo, ma mettere in pratica queste abilità è tutt’altra cosa. Perciò, quando la preparazione degli allievi raggiunge un livello sufficiente, questi vengono inviati in alcune missioni reali per affiancare gli agenti più esperti. La missione viene quindi considerata come un esame, il cui buon esito permetterà loro di avanzare di grado e partecipare a missioni di livello più elevato, fino a non aver più bisogno del supporto di un superiore e diventare quindi agenti a tutti gli effetti.
   Ebbene, L aveva deciso che era giunto il momento di inviare uno dei tre ragazzi a svolgere una missione di livello B. Quella mattina, quindi, Wendy si era presentata in palestra pronta a comunicare loro la notizia.
   «Buongiorno!» li salutò. Sembrava stranamente di buon’umore.
   I ragazzi ricambiarono il saluto.
   «Oggi ho una bella notizia per voi! L vuole cominciare a mettervi alla prova.» Wendy fece una pausa e osservò le espressioni attente dei suoi allievi «Uno di voi verrà affiancato a un agente esperto per svolgere una missione di medio livello.»
   «E chi andrà di noi?» chiese Dawon.
   «Semplice, per decidere chi potrà partecipare oggi dovrete combattere... sarete tutti contro tutti. Quello che rimane in piedi si accaparra la missione.»
   I tre si guardarono a vicenda con sguardo serio e si avvicinarono al centro della palestra.
   «Potete usare tutte le strategie che volete, nessun colpo escluso. Ma mi raccomando, non fatevi male.» disse Wendy, mentre i ragazzi facevano un po’ di riscaldamento per preparare i muscoli.
   «Siete pronti? Via!» l’insegnante annunciò l’inizio del combattimento.
   Taeoh e Daeju si scagliarono insieme contro Dawon, che ritenevano quello più pericoloso. Ad avere l’onore di bloccarlo in una presa fu Daeju. Gli immobilizzò le braccia dietro alla schiena per poi fargli perdere l’equilibrio e sbatterlo a terra. Taeoh era rimasto a guardare. Come temevano, in un battito di ciglia Dawon riuscì a divincolarsi e questa volta fu lui a immobilizzare Daeju per terra. Qualcosa però andò storto.
   «Ahi! Basta, basta! Mi sono fatto male!» strepitò Daeju, battendo la mano libera sul pavimento.
   A quel punto Dawon lasciò la presa.
   «Tutto ok?» chiese preoccupato.
   Daeju si sollevò dal pavimento, tenendosi la spalla destra con la mano opposta «N-no… faccio fatica a muovere il braccio... ho paura di essermelo rotto!» il suo viso tradiva una chiara smorfia di dolore. Wendy fece immediatamente interrompere il combattimento e controllò le condizioni dell’infortunato.
   «Fammi vedere.» Disse, toccandogli il braccio con mano esperta «Non sembra una frattura… è una lussazione della spalla.»
   «Merda...» imprecò Daeju, ancora in preda al dolore.
   «Alzati, dai. Devo portarti in infermeria.» Wendy lo aiutò ad alzarsi e a tenere fermo il braccio mentre lo accompagnava da Kibeom. Dopo averlo affidato al suo collega fisioterapista, la ragazza tornò in palestra, dove la aspettavano gli altri due allievi.
   «Come sta Daeju?» chiese Dawon, in apprensione per l’amico. Ovviamente non era stata sua intenzione fargli del male, perciò si sentiva molto in colpa.
   «Daeju dovrà stare a riposo per circa due settimane, quindi sarà fuori dai giochi questa volta.»
   «Mi dispiace…» Dawon diresse mestamente lo sguardo verso il pavimento.
   «Ad ogni modo,» continuò Wendy «per quanto riguarda la missione, potete riprendere a combattere o scegliere tra di voi. A questo punto credo che conti poco chi sia il più bravo. Avete entrambi un ottimo livello, ormai siete più che pronti.»
   «Forse dovrei lasciare il mio posto a Taeoh.» propose Dawon «Dopotutto è colpa mia se Daeju si è fatto male.»
   «Taeoh?» chiese Wendy, per sapere se l’altro fosse della stessa opinione.
   «D’accordo, se sei sicuro.» rispose Taeoh.
   «Sì, credo sia la decisione migliore.»
   «Allora è deciso, Taeoh, stasera andrai all’ufficio di L. Ci penserà lei a fornirti tutti i dettagli visto che la missione è prevista tra tre giorni.» annunciò Wendy «Dawon, tu invece rimarrai qui con me ad allenarti e a portare enormi quantità di cibo a Daeju per espiare le tue colpe!» aggiunse poi, cercando di alleggerire un po’ l’atmosfera.
   «Ok! Sarà fatto.» annuì Dawon.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Seoul, 10:21 AM.
 
   Iris parcheggiò l’auto nel piano interrato dell’associazione, prese l’ascensore ed entrò nel palazzo. Era di umore nero. Non solo L continuava ad assegnarle le più disparate missioni senza darle tregua, ora le aveva anche appioppato un novellino per una missione di livello medio. Era la prima volta che le capitava un compito del genere e in più non poteva svolgerlo comodamente a Seoul e tornarsene a casa in serata, le sarebbe toccato andare fino a Macao! Era tornata solo il giorno prima da un’altra missione e non era riuscita a dormire nemmeno cinque ore prima di tornare al lavoro. Avrebbe davvero voluto rifiutarsi di partire questa volta, ma come sempre il suo ostinato senso del dovere la frenava dal protestare.
   Rassegnata com’era, si diresse verso la stanza in cui la aspettava il suo nuovo compagno di sventure. Arrivata davanti alla porta, aprì senza bussare. Dall’altra parte della stanza, un ragazzo girato di spalle osservava con aria nervosa il panorama autunnale fuori dalla finestra. Appena sentì aprirsi la porta si voltò nella direzione dell’agente.
   «Buongiorno!» lo salutò Iris, senza badare troppo a chi avesse di fronte e andando subito ad appoggiare la borsa sul tavolo. Un attimo dopo, una risata familiare la spinse ad alzare lo sguardo.
   «Tu?» esclamò incredula, realizzando che il ragazzo davanti alla finestra non era altro che Taeoh.
   «Io.» confermò lui.
   «Cosa ci fai qui? Dov’è il novellino?»
   «Immagino di essere io il novellino…»
   «Sicuro? Sei qui per andare a Macao?»
   «Se proprio non mi vuoi puoi sostituirmi con Dawon, speravo di piacerti almeno un pochino.» rispose lui, fingendo un’espressione offesa.
   «Non ti voglio sostituire!» si giustificò lei, lasciandosi sfuggire una risata. Nel corso del mese passato era successo un altro paio di volte che Iris andasse a trovare i ragazzi alle lezioni di Wendy e che uscissero a pranzo o a cena tutti insieme. In entrambe le occasioni, Taeoh le aveva dato l’impressione di starci provando. Ogni tanto le lanciava qualche battutina e aveva anche tentato di parlarle a quattr’occhi. Tuttavia, il solo pensiero che potesse sollevare l’argomento sentimenti nei pressi dell’associazione la agitava non poco. Era consapevole che la situazione tra di loro non era mai stata chiarita e che prima o poi avrebbero dovuto parlarne visto che probabilmente entrambi si aspettavano qualcosa l’uno dall’altra, ma se fosse giunta voce a L che tra loro c’era del tenero, era abbastanza convinta che avrebbero entrambi passato dei guai. L avrebbe potuto sospettare che Iris avesse favorito lui e i ragazzi in qualche modo, o addirittura che fosse passata dalla parte del nemico e che li stesse aiutando a infiltrarsi nell’associazione. A scanso d’equivoci, si affrettò a cambiare argomento. «È che mi aspettavo qualcuno di più inesperto a dire il vero. Ma è molto meglio così! Sarà più facile. Certo che non pensavo che L vi avrebbe già mandato in missione dopo soli due mesi di allenamento! Vuol dire che si fida.»
   «Sembra di sì.»
   «Ottimo.» esclamò Iris, sentendosi già più sollevata. «Allora iniziamo subito a visionare i particolari di questo caso. Non manca molto alla partenza.»
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Quello stesso pomeriggio, i due lasciarono Seoul per dirigersi a Macao. Questa volta il soggetto era un certo Jo SukTae, capo di un circolo di prostituzione. Diverse ragazze coreane erano state ingannate con la promessa di un lavoro all’estero per poi essere costrette a prostituirsi in uno squallido hotel sopra al casinò che il criminale in questione usava come copertura. Una volta sbarcati a Macao, i due agenti si erano diretti in un hotel nelle vicinanze del casinò, dove L aveva riservato loro una camera.
   «Come puoi constatare tu stesso, L risparmia sull’hotel, non ci dà tempo di riprenderci dal viaggio e molte altre cose, insomma ci sfrutta.» disse Iris, in tono per metà ironico e per metà di protesta. Aveva appena ritirato le chiavi della camera e stava attraversando il corridoio del terzo piano mentre chiacchierava con Taeoh.
   «Tranquilla, lo avevo capito tempo fa!»
   «La camera è una doppia ovviamente, così paga di meno.» continuò lei, scorrendo la chiave elettronica sulla serratura. «Però di solito ci fornisce i vestiti per la missione. Troveremo tutto nell’armadio.»
   «Speriamo non abbia risparmiato anche su quelli!»
   «Incrociamo le dita! Anche perché dobbiamo essere al casinò tra…» fece una breve pausa per controllare l’ora sull’orologio della camera «Un’ora e mezza.»
   «Faremmo meglio a sbrigarci allora!»
   Iris aprì l’armadio e guardò al suo interno. C’erano due vestiti, appesi e accuratamente incartati con il cellophane.
   «Umm, non sembrano male.» constatò, sollevando di qualche centimetro la plastica per toccare il tessuto.
   «Già.» concordò Taeoh, prendendo dall’armadio lo smoking a lui destinato. «Vuoi farti prima tu la doccia?» chiese poi. Avevano poco tempo per prepararsi.
   «Sì, grazie, così ho più tempo per sistemare trucco e capelli.»
Iris si fece la doccia e lasciò il posto al collega, che nel frattempo ne aveva approfittato per riposarsi un po’ dopo il volo.
 
   «Bene, io sono pronto!» esclamò Taeoh, uscendo dal bagno dopo essersi lavato e cambiato.
   «Ci sono quasi anche io!» rispose Iris, finendo di aggiustarsi i capelli con le mani per poi alzarsi dalla sedia, posizionata davanti allo specchio. Taeoh, in piedi dall’altro lato della stanza, non poté fare a meno di rimanere imbambolato come un idiota a fissarla.
   L le aveva assegnato un vestito da sera nero tanto semplice quanto provocante. Le spalline sottili attraversavano le spalle esili e bianche della ragazza, unendosi poi in uno scollo a V che le metteva in risalto il seno, non molto prosperoso ma piuttosto sodo e tondeggiante. Al collo aveva un ciondolo d’acquamarina molto semplice, che impreziosiva la scollatura. Il tessuto dell’abito le ricadeva morbido sui fianchi, accarezzandoli senza stringerli. Il tutto era completato da un vertiginoso spacco sul fianco destro, che a ogni movimento le scopriva la gamba affusolata. Le sue caviglie sottili erano strette nei laccetti di un paio di sandali dal tacco a spillo. Sugli occhi aveva un trucco leggero, appena percettibile, ma il rossetto, di un rosso intenso, le metteva meravigliosamente in risalto le labbra ben disegnate, donandole un aspetto alquanto sensuale. Si era raccolta i capelli, fermandoli con una bacchetta di metallo e lasciando libere due ciocche troppo corte a incorniciarle il viso.
   Iris aveva percepito lo sguardo di Taeoh su di sé e aveva inevitabilmente iniziato a sentirsi un po’ in imbarazzo. Anche lui stava davvero bene in abito elegante. Era vestito e pettinato quasi allo stesso modo della prima sera in cui si erano conosciuti ed emanava un fascino decisamente fuori dal comune.
   La ragazza spostò lo sguardo sull’orologio della camera e si accorse che era quasi ora di andare. Attraversò la stanza e si avvicinò a Taeoh per potergli dare le ultime istruzioni.
   «Bene, ci siamo quasi. Ascolta attentamente quello che sto per dirti.»
   Taeoh sembrò recuperare la concentrazione e annuì silenziosamente.
   «Del soggetto abbiamo già discusso ampiamente, ma ora abbiamo bisogno di un codice.»
   «Un codice?»
   «Sì. È estremamente probabile che troveremo il nostro obiettivo a giocare ai tavoli da poker. Sai giocare?»
   «Sì.»
   «Ottimo. Allora, tu ti presenterai come sfidante, io sarò la tua accompagnatrice. Fin qui non dovrebbe esserti difficile, conosci meglio di me il mondo della criminalità.»
   «In effetti…»
   «Il problema è quello che avverrà dopo. Non possiamo prevedere come si evolverà la situazione e c’è bisogno che sia solo uno di noi a “guidare il gioco”.»
   «Cioè?»
   «Semplice. In quanto tuo superiore ci penserò io a darti indicazioni su come agire ed è qui che entra in campo il codice. Nelle interazioni col nostro obiettivo, sicuramente ti troverai a dover compiere delle scelte. Se non ti tocco, opponiti alle sue proposte, se cerco il contatto fisico, assecondalo.»
   «In pratica è come se rispondessi tu al posto mio e io ti facessi da portavoce?»
   «Esattamente. A seconda di come si evolverà la situazione sarò io a trovare il modo di condurre il nostro soggetto nella trappola e a mettere pezze alle sue trovate. Pianificare la situazione in anticipo non serve a nulla, finisce sempre male.»
   «E questo codice vale anche al contrario?»
   «No, vale solo per me. È molto più facile che, data la situazione, sia tu a dover toccare me per sostenere la recita senza dover trasmette alcun messaggio che non viceversa. Rischierebbe di creare confusione.»
   Taeoh deglutì nervosamente.
   «Quindi mi dai carta bianca sotto a questo aspetto?»
   «Perché me lo chiedi? Hai intenzione di approfittartene?» Iris gli lanciò uno sguardo a metà tra il sospettoso e lo spiritoso.
   «Ehi, per chi mi hai preso? Era per capire fino a che punto posso calarmi nel mio personaggio.»
   «Stavo solo scherzando.» lo tranquillizzò lei, ridendo. «Ti vedevo un po’ teso. Comunque, non preoccuparti, tu muoviti come la gentaglia che frequenta questi posti e io ti reggerò il gioco. Devi dare l’impressione di essere tu il capo tra i due. E nel caso dovessimo comunicarci cose fuori programma, troveremo il modo, abbi fiducia e tieni gli occhi ben aperti.»
   «Ho capito. In tal caso, mi scuso in anticipo, potrei doverti trattare in maniera un po’… brusca.»
   «Attento che ti boccio, sai?»
   Taeoh la guardò con aria preoccupata.
   «Sto scherzando…» lo rassicurò di nuovo lei. «Comunque, un’ultima cosa. La mia collana è un microfono. Se avvicini il tuo orologio all’orecchio puoi sentire i rumori dell’ambiente circostante e, nel caso, le mie indicazioni.»
   «Oh, wow!» esclamò Taeoh, testando il proprio orologio.
   «Ha anche un’altra utilità.»
   «Sarebbe?»
   «È possibile che ci toccherà separarci. Nel caso farò il possibile per essere io ad andare nella tana del lupo, essendo una delle tue prime missioni potrebbe esserti difficile prendere l’iniziativa. Ecco, se dovesse succedere, potrei trovarmi in svantaggio numerico. Tieni controllato l’orologio, se dai rumori ti accorgi che sono in difficoltà, ti prego di non abbandonarmi dandotela a gambe levate e di venire in mio soccorso. Tutto chiaro?»
   «Tzk, mi sembra ovvio, non c’era bisogno di dirmelo.»
   «La prudenza non è mai troppa!»
   «Perché? Ti è successo?»
   «Non sai quante volte!» con una compagna di squadra come Lizzy per Iris l’abbandono durante le missioni era all’ordine del giorno, per non parlare di altre brutte esperienze che le erano capitate in passato e che Taeoh, intento a guardarla con espressione incredula, non poteva nemmeno immaginare. Una volta diventato un agente avrebbe sicuramente avuto modo di trovarsi anche in questo genere di situazioni, non c’era nessuna fretta di farglielo imparare.



Fine cap. 26

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   Rieccomi qua, questa volta con il mio solito ritmo di due settimane. Ma! Anche questo capitolo era uno solo e ho dovuto dividerlo in due per la lunghezza, quindi il prossimo aggiornamento potrebbe arrivare un po' prima.
   Ad ogni modo, Iris e Taeoh in missione insieme :3 Che combineranno questi due soli soletti? Ce la faranno a fare un passo avanti?

   Come sempre ringrazio chiunque abbia recensito, messo la storia tra preferite, ricordate e seguite o chi anche solo sta leggendo!
  A presto!

   Misa

 



 
  

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Capitolo 27
*** Cap. 27 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 27 -




   Macao, 10:35 PM.
 
   All’orario prestabilito, Iris e Taeoh si recarono al casinò. Nonostante avesse piovuto tutto il pomeriggio, la temperatura si aggirava ancora intorno ai trenta gradi centigradi, ma all’interno del locale non si erano risparmiati in quanto ad aria condizionata. Il piano era pronto: una volta entrati, avrebbero individuato il soggetto grazie alle foto fornite loro da L e lo avrebbero avvicinato in modo amichevole con lo scopo di isolarlo durante il corso della serata, così da arrestarlo facilmente. Dopodiché avrebbero liberato le ragazze del circolo di prostituzione in modo che potessero essere rimpatriate in Corea del Sud. A prendere in consegna il soggetto ed eventuali complici una volta catturati, invece, ci avrebbe pensato una squadra locale agli ordini di L.
   Varcata la soglia del casinò, i due agenti si guardarono intorno nel modo più discreto possibile e individuarono il loro obiettivo. Come previsto, era seduto a giocare a poker, circondato da quattro ragazze strizzate in vestiti succinti che lasciavano ben poco all’immaginazione. Come lo individuarono, Taeoh cominciò ad attraversare l’enorme sala, dirigendosi svelto e sicuro nella sua direzione, salvo poi accorgersi di aver lasciato un po’ indietro Iris, che coi tacchi a spillo non era riuscita a tenere il passo.
   «Datti una mossa, donna, non ho tempo da perdere.» le ordinò in tono estremamente sprezzante, voltandosi verso di lei e fermandosi ad aspettarla.
   «Come?» si lasciò sfuggire Iris, presa alla sprovvista. Non si aspettava un cambio di atteggiamento tanto repentino, ma evidentemente erano questi i “modi bruschi” che le aveva anticipato.
   In tutta risposta, Taeoh le rivolse uno sguardo glaciale se non addirittura minaccioso, che la fece sentire quasi in obbligo di scusarsi a testa bassa. Appena lo raggiunse, lui le mise un braccio intorno alla vita e la tirò seccatamente vicino a sé, assicurandosi che non rimanesse di nuovo indietro mentre raggiungevano il tavolo di SukTae.
   Il soggetto non mancò di notare il loro arrivo e restò a guardarli dalla propria postazione di gioco.
   «Buonasera, signori. Posso unirmi a voi?» chiese Taeoh in tono di sfida.
   SukTae sembrò gradire la proposta. Aveva già vinto quattro manche quella sera e non vedeva l’ora di spennare un’altra preda facile.
   «Certo, prego, accomodati…» fece cenno al ragazzo di prendere posto, allungando la grassoccia mano inanellata. Gli altri concorrenti, sconfitti, lasciarono il posto a Taeoh, che si sedette di fronte all’avversario. Iris rimase in piedi al suo fianco, esattamente come erano solite fare le altre ragazze a seguito di SukTae. Si prospettava una lunga serata intrisa di maschilismo da sopportare a denti stretti. Il solo pensiero le faceva ribollire il sangue nelle vene, ma pur di arrestare quel rifiuto umano era disposta a portare avanti la farsa.
   «A quanto ammonta la posta?» chiese Taeoh con fare arrogante.
   «280˙000.»1
   «Un po’ bassa, ma va bene.» commentò, come se avesse a disposizione un capitale. In realtà tutto ciò che aveva erano i soldi finanziati da L.
   «Perfetto.» sogghignò SukTae. «Diamo il via a questa partita.»
 
   Per quasi tutta la durata della prima partita, il soggetto ostentò sicurezza come se fosse stato sicuro di trovarsi in vantaggio, ma alla manche finale risultò essere quella di Taeoh la combinazione vincente.
   «Mi dispiace per lei, credo sia la fortuna del principiante... se vuole le do la rivincita.»
   «Principiante o meno, congratulazioni al vincitore! Ma credo che questa partita abbia bisogno di una svolta per spezzare la monotonia. Che ne dici di alzare la posta in gioco?»
   Iris appoggiò una mano sulla spalla di Taeoh, così il ragazzo, recepito il segnale, si finse interessato alla proposta. Annuì e aspettò che SukTae facesse la sua richiesta.
   «Mi interessa la tua accompagnatrice.»
   Taeoh si fece più serio.
   «Vuole aggiungere alla posta le ragazze?»
   «Vedo che sei perspicace. Se metti in gioco lei io metto in gioco una delle mie ragazze, quella che ti piace di più. Chi vince se la tiene per una notte.»
   Iris gli posò di nuovo la mano sulla spalla.
   «Ammetto che è la prima volta che mi capita...» cercò di prendere tempo Taeoh, non convinto di aver capito bene il segnale dell’agente.
   Iris fece scivolare la mano dietro alla nuca del ragazzo, tracciando un paio di cerchi con le dita all’attaccatura dei capelli come si trattasse di una carezza, e indugiò a ritrarsi, mantenendo il contatto. Evidentemente era un “sì” e forse anche uno “spicciati”.
   «…ma sembra divertente.» accettò Taeoh. Non aveva idea di cosa avesse in mente la sua accompagnatrice, ma gli sarebbe bastato aspettare le prossime indicazioni per scoprirlo.
   «Bene.» disse SukTae «Cominciamo.»
   La ragazza messa in gioco da SukTae si sedette per metà sul tavolo, esibendosi in pose tanto sensuali quanto innaturali e lanciando sguardi ammiccanti a entrambi i partecipanti. Era palese che fosse un’esperta del mestiere, oltre che una brava intrattenitrice, evidentemente.
   Al contrario, Iris era rimasta in piedi accanto alla sedia di Taeoh. Doveva trovare un modo per guidare la partita a proprio piacimento senza dare nell’occhio, e in fretta anche. Se avesse continuato a toccare la spalla di Taeoh, il gesto sarebbe risultato troppo ripetitivo e sicuramente SukTae avrebbe finito per accorgersene. Forse avrebbe potuto sedersi anche lei sul tavolo e picchiettargli di nascosto con il piede contro la gamba, ma da lì non avrebbe potuto vedere tutte le carte e quindi dargli indicazioni. Che altro poteva fare? Appoggiarsi allo schienale della sedia? Non sarebbe cambiato poi molto rispetto a stargli a fianco. Passare ai baci e alle moine? Molto probabilmente l’avrebbero presa per pazza. Nel frattempo, la partita era già ricominciata. Maledizione, cosa avrebbe fatto Lizzy al suo posto? Lei era perfetta per questo genere di ruoli! Finalmente le venne un’idea. Bastava sederglisi in braccio. Da lì avrebbe avuto visuale perfetta delle carte, libertà di “manovra” e bonus, possibilità di suggerirgli le mosse a bassa voce. Ma così le sarebbe toccato aspettare il momento giusto per approcciarglisi, altrimenti avrebbe rischiato di confonderlo. E poi sarebbe stata valida una richiesta del genere in quel mondo di misogini? Considerato l’atteggiamento sprezzante del personaggio che si era costruito aveva quasi paura a chiederglielo. Era meglio farcelo arrivare da solo, facendogli intuire che a forza di starsene lì in piedi le stava venendo un terribile mal di piedi, situazione tutt’altro che difficile da mettere in scena, visto che era la pura verità.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Non avendo ricevuto indicazioni, Taeoh stava gestendo la partita da solo. Non aveva idea di che direzione prendere, perciò era più concentrato sulle mosse di Iris che non sulle combinazioni delle carte da giocare. Da qualche minuto la ragazza aveva cominciato a cambiare il piede d’appoggio un po’ troppo spesso. Prima il sinistro, poi il destro, poi ancora il sinistro, dopo ancora si era appoggiata un po’ al tavolo, poi allo schienale della sedia. Che stesse cercando di dirgli qualcosa? Guardò l’orario sull’orologio che aveva al polso. Stavano giocando da quasi due ore. Forse voleva sedersi? Ma perché non sedersi sul tavolo come le altre ragazze allora? Giusto, le serviva di tenere sotto controllo le carte. E se invece non fosse stato un segnale? A quel punto meglio chiederglielo, possibilmente nel modo più antipatico che poteva venirgli in mente.
   «Ehi, bambolina, si può sapere che hai stasera? Mi stai facendo venire il mal di mare.»
   «Perdonami, mi fanno male i piedi.» Rispose Iris, in tono davvero dispiaciuto.
   SukTae scoppiò a ridere.
   «È alle prime armi? Non sembra molto a suo agio…» insinuò. Effettivamente non è che si fosse sforzata più di tanto per compiacerli o mettere in mostra la mercanzia, anzi.
   «È nuova del settore.» gli diede corda Taeoh.
   «Si vede che è giovane…» SukTae rise di nuovo. «Fammi indovinare, appena maggiorenne?»
   «Già.»
   «Davvero molto interessante... non mi resta che vincere questo match, vorrei proprio insegnarle un paio di cosucce…»
   Iris trattenne a stento una smorfia di disprezzo. Sul serio quel ciccione si stava arrapando credendola poco più che adolescente? Se avesse saputo che aveva quasi dieci anni di più forse avrebbe smesso di ridersela in quel modo.
   «Vieni qui. Siediti.» Taeoh la strattonò indelicatamente, mettendole un braccio in torno alla vita e trascinandola sulle proprie gambe. Finalmente aveva recepito il messaggio. «Allora, dove eravamo rimasti?» chiese poi, rivolto a SukTae.
   «Ho fatto la mia mossa, tocca a te.»
   Taeoh osservò attentamente le proprie carte. A seconda della scelta si sarebbe venuta a creare un’ottima combinazione, oppure una pessima combinazione. Allungò la mano verso la carta migliore, ma prima che potesse sfiorarla, Iris gli posò una mano sul petto. Di nuovo un contatto. Doveva assecondare SukTae. Gli stava suggerendo di perdere nonostante tutti i soldi che si erano aggiunti alla posta oltre che se stessa?
   “O la va, o la spacca”, pensò Taeoh, e compose la combinazione peggiore. Era giunto il momento dello show down. Una volta scoperte le carte fu subito chiaro chi era il vincitore.
   «Oh, ma che peccato…» esclamò SukTae, per nulla sorpreso. «Ho vinto io. Mi sa che era proprio la fortuna del principiante!»
   «Eh già, ha ragione lei…» commentò Taeoh, fingendo un tono di voce amareggiato.
   «Se non ti dispiace finisco qui la serata, ho fretta di riscuotere il mio premio.» continuò SukTae, con un sorriso soddisfatto in volto. I due si riunirono a un lato del tavolo, seguiti dalle ragazze.
   «Beh, micetta, è un vero peccato. Questa notte la passerai nel letto di un altro. Divertiti...» pronunciò Taeoh a pochi centimetri dal volto di Iris, dopo averle preso il mento tra le dita e averlo sollevato verso di sé.
   «Signorina, se vuole seguirmi.» la richiamò SukTae, con fare impaziente. Iris lo raggiunse obbedientemente. Prima di seguirlo in camera, si voltò un’ultima volta verso Taeoh e, con la scusa di salutarlo con un inchino, gli fece segno di tenere d’occhio l’orologio. Vide il ragazzo farle cenno di andare e rivolgerle uno sguardo rassicurante. Era abbastanza certa che avrebbe avuto le spalle coperte.
 
   Appena Iris e SukTae entrarono in ascensore, Taeoh prese a osservare l’orologio e finse che si fosse guastato per poterlo togliere dal polso e portare più vicino all’orecchio.
   «Accidenti, ma tu guarda se si doveva fermare proprio adesso!»
   I presenti non sembrarono curarsene. Taeoh si guardò intorno per valutare la situazione. Le altre ragazze erano rimaste al casinò ed erano intente a cercare nuovi clienti, come tutte le loro colleghe che non avevano partecipato alla partita in compagnia di SukTae. Due dei bodyguard presenti nella sala, invece, avevano lasciato la postazione e stavano scortando Iris e il soggetto in ascensore. Che avessero intuito qualcosa?
 
   «A che piano?» sentì la voce di Iris, trasmessa dalla collana. Stava cercando di dargli informazioni interagendo col soggetto.
Sentì SukTae ridere. «Non preoccuparti di queste cose. Lascia fare alle mie guardie del corpo.» Niente, non aveva abboccato. Taeoh alzò lo sguardo verso il piccolo monitor che segnava i piani percorsi dall’ascensore e notò che si era fermato al terzo piano. Senza perdere tempo salì di corsa le scale.
   «319. È questa la camera?» di nuovo la voce di Iris. Informazione molto più che utile, ma rischiava di correre un bel rischio a esporsi così.
   «Ma come siamo loquaci stasera. Non sarai mica agitata…»
   Nessuna risposta. Il rumore della porta che si chiuse.
   Arrivato al terzo piano, Taeoh si affrettò a percorrere il corridoio e raggiunse la camera che gli aveva indicato Iris.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   «Prego, accomodati pure.» disse in modo viscido SukTae, pregustando il divertimento della serata. Uno dei due bodyguard chiuse la porta e ci si piazzò davanti. Iris si guardò intorno, non ci voleva un grande intuito per capire che buttava male. Una squallida stanza di albergo. Lei da sola contro due energumeni larghi quanto un armadio e un ciccione.
   «Allora?» sogghignò SukTae, scambiando l’esitazione della ragazza per soggezione. «Accomodati sul letto. O se preferisci, prima puoi spogliarti. Non avrai molto sotto quel vestito…» il ciccione si avvicinò con fare viscido e le abbassò una spallina «Devo darti una mano?»
   «No grazie, ho cambiato idea.» rispose lei, facendo spallucce.
   SukTae aprì la bocca per protestare ma non fece in tempo a dire nulla che Iris gli piazzò un destro dritto, dritto sul naso e si risistemò la spallina. Non c’era motivo di aspettare, era in netto svantaggio, ma per qualche minuto poteva farcela a tenerli a bada da sola. Preferiva intrattenerli facendo andare fin da subito le mani che continuare con la recita dell’accompagnatrice.
   «Ahhh!» urlò il ciccione, tenendosi il naso con entrambe le mani. I bodyguard accorsero immediatamente in suo aiuto, mettendosi tra lui e Iris.
   La ragazza sfoderò la pistola che teneva nascosta sotto la gonna. Sfortunatamente la distanza ravvicinata non andò a suo favore. Uno dei due bodyguard la disarmò prontamente con un calcio. Iris scrollò per un attimo la mano dolorante e schivò un pugno, sfruttando lo slancio dell’avversario per colpirlo con una gomitata all’addome tutt’altro che efficace. Nel frattempo, l’altro le era già addosso. La afferrò da dietro, tenendole ferme le braccia, per permettere al compare di colpirla facilmente. Prima che quest’ultimo potesse avvicinarsi, Iris sollevò i piedi da terra, lasciando che fosse la presa dell’avversario a sorreggerla, e con entrambe le gambe spinse a terra l’aggressore davanti a lei.
Giunto fuori dalla stanza, Taeoh aveva fin da subito sentito un gran trambusto e si era preparato a intervenire. Rimesso l’orologio al polso, impugnò la pistola e fece saltare la serratura con un colpo, spalancando la porta con un calcio.
   «Appena in tempo!» esclamò Iris. La ragazza non era ancora riuscita a liberarsi dalla presa del bodyguard, ma con l’entrata in scena di Taeoh il compare aveva smesso di prenderla di mira e si era rivolto verso il ragazzo. In due era tutto più semplice. In poco tempo annientarono, ammanettarono e imbavagliarono tutti e tre i malviventi.
   A lavoro concluso, Iris chiamò L e le diede le coordinate. Potevano lasciare quei tre sacchi di patate nella stanza, ci avrebbe pensato lei a mandare una squadra a ritirarli e a informare la polizia locale per liberare le ragazze. I due agenti lasciarono il casinò indisturbati prima che la polizia facesse irruzione.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   «Complimenti! Hai passato l’esame!» annunciò con entusiasmo Iris appena furono rientrati in camera. «Ora devo solo compilare i moduli di valutazione da inviare a L e poi per oggi il lavoro è finito.» continuò, massaggiandosi la mano. Se la sentiva ancora indolenzita da quando uno dei due bodyguard le aveva tirato un calcio per disarmarla.
   «Grazie!» Taeoh sorrise, soddisfatto del risultato, ma subito sembrò ricordarsi di qualcosa e cambiò espressione. «Senti... mi dispiace se sono stato un po’ brusco al casinò, cercavo di essere credibile. Spero di non averti offesa.»
   «Nessun problema.» minimizzò lei.
   «Ma comunque, ti sei fatta male?» chiese Taeoh, prendendole la mano dolorante e tastandola per controllare che non ci fossero fratture.
   «Oh, non è niente, solo una botta.»
   Constatato che a parte un lieve ematoma non c’erano altri danni, Taeoh le lasciò la mano, ma non riuscì a smettere di osservarla, con le sopracciglia incurvate in un’espressione che lasciava trasparire tutta la sua apprensione. Voleva assicurarsi che non avesse ferite. In un certo senso gli sembrava incredibile che una ragazza così esile e all’apparenza innocua fosse appena uscita quasi indenne da un corpo a corpo contro due montagne di muscoli. Si avvicinò di più e posò una mano sulla sua guancia, sollevandole appena il volto per poterla guardare negli occhi.
   «Sicura che è tutto a posto? Vuoi del ghiaccio per la mano? Vado a prepararti un bagno caldo?» Senza rendersene conto aveva finito per sommergerla di domande.
   Iris portò la propria mano su quella di Taeoh. Era troppo vicino. Il cuore aveva iniziato ad accelerare i battiti e si sentiva arrossire in volto.
   «Non preoccuparti, sto bene. Solo che…»
   Taeoh si accorse di aver superato il confine e ritrasse di scatto la mano dal volto della ragazza.
   «Devi consegnare i documenti a L.»
   «Già. Vai pure prima tu a lavarti.»
   «Va bene.»
 
   Taeoh si chiuse in bagno e accese l’acqua della vasca. Ma che gli era preso? Si sentiva agitato, ma di certo non era l’ansia per l’esame appena passato. Si strofinò la faccia con le mani e si lasciò sfuggire un sospiro. L’acqua nella vasca stava salendo rapidamente. Si portò davanti al lavandino e si disfò di orologio, giacca e camicia, lasciandoli in un angolo. Poi osservò il proprio riflesso nello specchio. Probabilmente era persino migliorato nel combattimento grazie agli allenamenti di Wendy, quei due non l’avevano nemmeno sfiorato. Mentre era immerso nell’acqua calda, il pensiero che da qualche mese ormai gli dava il tormento tornò a farsi sentire prepotentemente. Voleva dire a Iris quello che provava per lei. Fino ad allora aveva sempre cercato di mantenere la relazione su un piano scherzoso e non aveva osato spingersi oltre. Voleva davvero che Iris capisse che era completamente cotto di lei già da un bel pezzo, ma temeva che se l’avesse messa davanti a una scelta nel momento sbagliato avrebbe finito per rovinare tutto, così si era limitato a stuzzicarla sperando si facesse avanti per prima, cosa che non accennava a succedere. Quella sera però era diverso, erano loro due da soli. Forse finalmente il momento era arrivato.
 
   Nel frattempo, Iris si era seduta alla scrivania e aveva acceso il laptop che si era portata da casa, iniziando a compilare velocemente i documenti richiesti da L. Inviata la mail, controllò l’orologio sul display. Erano già le tre di notte, li avrebbe sicuramente visti il mattino seguente appena arrivata in ufficio. Proprio mentre stava per spegnere il computer, sentì aprirsi la porta del bagno.
   «È libero!» esclamò Taeoh.
   Iris si voltò e per poco non cadde dalla sedia. Il ragazzo era uscito dal bagno con nient’altro che un asciugamano legato in vita. Gli addominali in bella vista e i vestiti di quella sera in una mano, le stava tranquillamente spiegando di aver già pulito la vasca e incominciato a riempirla di nuovo.
   La ragazza deglutì nervosamente. Per quante volte fosse già successo le faceva sempre un certo effetto e non solo perché lo trovasse attraente, ma soprattutto perché era lui, l’unico che in tutti quegli anni era riuscito a farle perdere la testa. Chissà se quella sera finalmente avrebbe trovato il coraggio di dirglielo apertamente.
   «A-adesso vado!» balbettò, affrettandosi a prendere il cambio dalla valigia e ad andare in bagno. Chiuse la porta e si sfilò l’abito da sera, lasciandolo cadere ai propri piedi. Come aveva fatto poco prima Taeoh, anche lei si guardò allo specchio, valutando i danni della missione appena compiuta. Aveva solo qualche piccolo livido qua e là, un danno del tutto trascurabile. Si struccò accuratamente e si immerse nell’acqua calda, sentendo le tensioni allentarsi e scivolare via insieme allo stress. Rimase immersa per venti minuti buoni. Il giorno prima non aveva dormito molto, ma, anche se era di nuovo notte fonda, non aveva particolarmente sonno. Uscita dalla vasca indossò una maglietta oversize e un paio di pantaloncini corti. Ringraziò Macao per quel clima mite nonostante fosse novembre inoltrato. A Seoul già stava arrivando il freddo e lei detestava l’inverno.
   Uscita dal bagno, trovò Taeoh seduto sul letto, questa volta in t-shirt e pantaloni da ginnastica.
   «Uhm? Sei ancora sveglio?» gli chiese.
   Il ragazzo annuì.
   «Volevo aspettarti prima di andare a letto.»
   Iris si sedette accanto a lui.
   Taeoh deglutì nervosamente e si mordicchiò il labbro inferiore. Era da tutta la sera che cercava di non lasciarsi distrarre da quella bocca così invitante, cosa che non gli stava riuscendo un granché bene. Si sforzò di riportare lo sguardo verso gli occhi di Iris, ma non servì affatto a calmarlo. Si stava trattenendo con tutte le proprie forze per non fare mosse azzardate. Voleva andare per gradi.
   «Già che sei qui,» Iris lo precedette «c’è una cosa che vorrei dirti da tanto tempo, ma non ne ho mai trovato l’occasione.»
   «Certo, dimmi.» Taeoh annuì e pregò che volesse parlargli di loro.
   «Ecco… ti ho perdonato per quello che è successo a Cancún.»
   Taeoh le sorrise. Trovava dolce che avesse sentito il bisogno di dirglielo nonostante fosse evidente, così come in quel momento era diventato evidente il rossore sulle guance della ragazza. Era sicuro che ci fosse dell’altro e sperava di non sbagliarsi, perché il suo cuore aveva già iniziato a battere all’impazzata.
   «E… volevo anche dirti che… è da tanto che mi piaci.»
   Improvvisamente, Taeoh le prese il volto tra le mani e la baciò. Non avrebbe potuto resistere un attimo di più.
   Per un istante Iris rimase sorpresa, ma presto si lasciò trasportare in un bacio lungo e appassionato. Appoggiò le mani sul petto di Taeoh e si fece più vicina a lui.
   «Anche tu. Da morire.» disse Taeoh quando si separarono. Le sue labbra si erano incurvate in un sorriso tanto spontaneo quanto imbarazzato.
   «Cosa ne dici se lo teniamo per noi per un po’?» chiese Iris.
   «Volevo chiederti la stessa cosa.»
   Questa volta fu Iris a trascinarlo in un nuovo bacio, tirandolo verso di sé e affondando le dita tra i suoi capelli. Taeoh portò un braccio intorno alla vita della ragazza e l’altro lungo la sua schiena, lasciandosi coinvolgere completamente. Era notte fonda e il giorno seguente avrebbero dovuto svegliarsi in tempo per prendere l’aereo che li avrebbe riportati a Seoul, ma proprio perché una volta tornati non sarebbe stato tanto facile passare del tempo insieme, nessuno dei due aveva intenzione di rinunciare a godersi ancora per un po’ la presenza dell’altro, senza pretese se non quella di essere sinceri e senza rimorsi per una volta.
 

1280.000 MOP (Pataca di Macau) corrispondono circa a 29.400 euro.



Fine cap. 27
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    E finalmente dopo un arresto, amici che mettono i bastoni tra le ruote e pure una missione insieme, Iris e Taeoh ce l'hanno fatta!!!
   Non so quante volte ho riscritto questo capitolo per trovare un equilibrio tra come era uscito all'inizio scritto a più mani (male lol) e una nuova versione completamente diversa mia... umm non lo so, probabilmente se non l'avessi pubblicato lo starei modificando ancora, ma di questo passo non si finisce più! Quindi spero vi sia piaciuto lo stesso, anche perché dai, questi due personaggi almeno una gioia se la meritano!

   Come sempre ringrazio chiunque mi stia accompagnando in questo lunghissimo percorso! <3 Ci stiamo avviando verso la conclusione, ma c'è ancora molto da scoprire!

   A presto!
   Misa

 

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Capitolo 28
*** Cap. 28 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 28 -



 
  



   Wendy e Dawon avevano passato la giornata ad allenarsi al poligono. Non c’era molto altro che potessero fare, ma mancava ancora un’ora alla fine degli allenamenti, così avevano deciso di tornare in palestra per le consuete esercitazioni corpo a corpo. Daeju non si era ancora ripreso e non avrebbe potuto prendere parte alle lezioni per un po’, mentre Taeoh era in missione con Iris, quindi Dawon e Wendy per qualche giorno sarebbero rimasti da soli.
   «Dobbiamo proprio? Sono stanchissimo!» provò a lamentarsi Dawon, ma fu subito zittito dalla sua insegnante.
   «Anche io, ma non mi lamento. Prima iniziamo, prima finiamo.»
   «Ok…» Dawon si preparò allungando un po’ i muscoli con dello stretching. «A te la prima mossa.»
   «Paura?» lo stuzzicò Wendy.
   «Tzk per nulla.»
   «Ti si legge in faccia…»
   «Dai, attacca, vediamo se ce la fai a sconfiggermi!» Dawon era sicuro che avrebbe vinto. Anche se tecnicamente erano sullo stesso livello, aveva dalla sua parte una maggiore forza fisica. Wendy attaccò Dawon. Lui all’inizio risparmiò le energie, impegnandosi principalmente sulla difesa, mentre Wendy puntava a stancarlo attaccandolo velocemente da diverse direzioni.
   «Tutto qui?» la provocò lui.
   «E tu?»
   «Io posso fare ancora di meglio!»
   «Sure… la pancia però non aiuta la tua velocità.»
   Dawon ci mise più energia e fece cadere Wendy, bloccandola sul pavimento, sotto di lui. Nulla di diverso dal solito se non fosse che quella volta erano soli. La teneva ferma per i polsi, senza stringere troppo. Trattandosi solo di un allenamento non voleva farle male. Lei cercò di liberarsi ma senza successo. Anzi che rialzarsi subito come faceva di solito, Dawon indugiò per un attimo. Il suo viso era a pochi centimetri da quello di Wendy. Lei aveva smesso di cercare di liberarsi, ma sembrava divertita. Il sole del tramonto entrava dalla finestra illuminando il suo sorriso e i suoi occhi verdi. Le labbra risaltavano in contrasto con l’incarnato bianco e le sue guance si erano tinte di un lieve rossore. Dawon non riuscì a resistere e la baciò. Wendy rimase a dir poco sorpresa, ma ebbe la prontezza di respingerlo immediatamente. Il ragazzo si rese allora conto dell’errore che aveva appena commesso. Era un suo allievo, doveva rimanere al proprio posto, specialmente durante gli allenamenti. Si alzò immediatamente, lasciandola libera.
   «Scusa... sono andato troppo oltre.» le porse una mano per rialzarsi, ma lei lo ignorò.
   «Per oggi è abbastanza, puoi andare.» disse Wendy in modo secco, affrettandosi a lasciare la palestra.
 
 
 
 
 
   Seoul, 8:00 AM.
 
   Come ogni mattina, Dawon aveva lasciato il dormitorio per recarsi agli allenamenti. Arrivato in palestra, aspettò qualche minuto, ma vedendo che la sua insegnante era in ritardo cominciò a fare qualche esercizio di stretching per riscaldarsi mentre la aspettava.
Wendy invece era ancora per strada e camminava quanto più lentamente possibile per allungare il tragitto verso la palestra. Quello che era successo la sera prima continuava a tornarle in mente e la tormentava. Prima di entrare fece diversi respiri profondi nel tentativo di calmarsi, ma non funzionò, continuava a sentirsi più tesa di una corda di violino. Rassegnata, aprì la porta e salutò il suo unico allievo presente.
«Buongiorno.» Dawon ricambiò il saluto nel modo più formale possibile. Era palese che lei volesse mantenere una certa distanza e non poteva darle torto. Era stato troppo avventato la sera precedente e, anche se non credeva, ora che Wendy si trovava davanti a lui si rese conto di essere piuttosto agitato. Avrebbe voluto scusarsi di nuovo, ma temeva di risultare inopportuno, quindi alla fine si limitò ad aspettare che Wendy gli desse degli ordini.
   «Vedo che hai già iniziato il riscaldamento.»
   «Sì, sono pronto per l’allenamento di oggi.»
   «Perfetto...» Wendy era riuscita a sembrare fredda e impassibile fino a quel momento, ma improvvisamente i pensieri le avevano di nuovo affollato la mente e senza rendersene conto era rimasta in silenzio a fissare il vuoto.
   «Tutto bene?» le chiese Dawon.
   «Ah?»
   «Cosa posso fare oggi? Proseguo con i soliti esercizi da solo?» cambiò subito discorso lui, per non chiederle quale fosse il problema, anche perché temeva di esserne la causa.
   «Oggi... ehm... le armi… sì, andiamo di nuovo al poligono.» la ragazza tornò in sé. Il poligono era la soluzione migliore per evitare il contatto fisico. «Proveremo diverse armi nuove.»
   «Ok, perfetto.» Dawon tirò un sospiro di sollievo. Anche lui non avrebbe saputo come comportarsi in un altro scontro corpo a corpo. I due presero i propri oggetti personali e si incamminarono velocemente al poligono.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
   Macao, 12:10 AM.
 
   A Macao era già passato mezzogiorno. Iris e Taeoh stavano ancora dormendo, abbracciati l’uno all’altra. Le tende erano chiuse per impedire alla luce del giorno di entrare e tutto sembrava finalmente tranquillo, ma la pace non durò a lungo, perché il cellulare di Iris cominciò improvvisamente a squillare. La ragazza allungò il braccio verso il comodino, constatando che era troppo distante per poterlo raggiungere dalla sua parte del letto.
   «Taeoh?» mugugnò, con la voce ancora impastata dal sonno «Mi passi il telefono per favore?»
   «Umm» annuì lui, facendole capire di aver recepito il messaggio. Allungò il braccio verso il comodino, tastando qua e là senza aprire gli occhi. Dopo qualche tentativo trovò il telefono e lo passò a Iris.
   «Pronto?» rispose lei, dopo essersi portata il cellulare all’orecchio.
   «Ora che la missione di Macao si è conclusa, ti invio i dettagli per la prossima, perché il tempo è davvero pochissimo.» era L «Stavolta la missione è a Sidney. Il volo è prenotato per domani mattina alle 5.»
   «Cosa? Ma torno stasera da Macao…»
   «Mi spiace, ma non possiamo permetterci di rallentare i ritmi. È urgente.»
   «Ok, ok, controllerò i dettagli al più presto.»
   «Perfetto. Buon rientro.»
   Iris lasciò il telefono sul letto e fece per alzarsi, ma un calo di pressione la costrinse a sdraiarsi di nuovo.
   «Tutto bene? Sei un po’ pallida.» le fece notare Taeoh.
   «L ha detto che appena rientro devo andare a Sidney per un’altra missione, ma mi sento così stanca… non ce la faccio nemmeno a tirarmi su.»
   Taeoh appoggiò il dorso della mano sulla fronte di Iris.
   «Ma tu scotti! Hai la febbre! Non puoi andare in missione conciata così, né tantomeno prendere un aereo...»
   La ragazza fece la stessa cosa. In effetti aveva la fronte molto calda rispetto alle mani e sentiva freddo.
   «Avrò qualche linea... non so dove andare a prendere un termometro per controllare.»
   «Rimani qui, lo cerco io.» Taeoh si alzò, si sistemò sommariamente e uscì a procurare un termometro e delle medicine. Fortunatamente c’era una farmacia vicino all’hotel e non gli ci volle più di un quarto d’ora per prenderle e tornare.
 
   «Non ci voleva…» disse Iris, dopo aver misurato la febbre. Aveva 39°C.
   «Direi che non è solo qualche linea... speriamo non si alzi.» Taeoh le prese il termometro di mano e le passò un bicchiere d’acqua con la medicina «Chiamo L e le dico di assegnare la missione ad altri. Tu da qui non ti alzi finché non starai bene.»
   «Grazie.» Iris tornò a raggomitolarsi sotto le coperte, mentre Taeoh si mise in contatto con il quartier generale.
   Fortunatamente, L sembrò capire la situazione e decise di affidare la missione ad altri. Iris e Taeoh sarebbero rimasti a Macao fino a quando la febbre della ragazza non fosse scesa, poi la segretaria di L avrebbe prenotato loro un volo di ritorno.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Seoul, 12:30 AM.
 
   A Seoul, May e Shion si stavano godendo il loro giorno libero, quando improvvisamente squillò il telefono.
   «Pronto?»
    «Ciao May! Abbiamo un problema. Domani mattina alle 5 qualcuno deve partire per Sydney, ma non ho più agenti disponibili. Potresti andare tu? È una missione in coppia con MinHyuk. Ti invio come sempre i dettagli per e-mail.» L disse tutto velocemente senza fare pause per paura che May rifiutasse l’incarico. «Ovviamente sono straordinari pagati…» si premurò di precisare.
May ci pensò un attimo.
   «E va bene, posso andare. Quanto durerà la missione?»
   «Circa una settimana.»
   «Umm. È un po’ improvviso, ma se proprio non c’è nessun’altro...» pensò bene di rimarcare il concetto che si trattava di una situazione straordinaria prima che a L venisse in mente di chiamarla ogni volta per fare straordinari anzi che assumere nuovi agenti.
   «Perfetto, May, conto su di te!»
 
   «Chi era?» chiese Shion appena May riattaccò.
   «L. Ha detto che devo sostituire un’agente per la missione di Sydney.»
   «Quella cicciona… non poteva rimandare?» commentò, per nulla contento.
   «Sembra di no, perché è successo tutto all’improvviso e non c’è altro modo.»
   «Quando devi partire?»
   «Domani mattina alle 5.»
   «Che palle… comunque, ti accompagno all’aeroporto!»
   «Grazie!»
   Ai due non rimase che mettersi insieme a studiare i dettagli del caso entro la sera.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Seoul, 6:47 PM.
 
   Nel frattempo si era fatta sera. Wendy e Dawon avevano passato l’intera giornata al poligono e stavano rientrando a piedi al quartier generale, quando improvvisamente sentirono una voce chiamarli da lontano.
   «Ehi! Ehiii!!!» I due si girarono e videro SolHee correre loro incontro. Una volta raggiunti, la ragazza si piegò in avanti, mettendosi le mani sulle ginocchia e fingendo di dover riprendere fiato da uno sforzo eccessivo.
   «Ciao.» la salutò Dawon per educazione.
   «Da dove venite?» attaccò subito bottone SolHee, improvvisamente ripresasi.
   «Dal poligono ovviamente...» non c’erano altre strutture dell’associazione nei paraggi.
   «Oh… anch’io so usare bene le pistole… la prossima volta se vuoi ci alleniamo insieme… Wendy non la portiamo perché sarà sicuramente più brava di noi ormai!»
   «Ti serve qualcosa SolHee?» chiese Wendy, che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
   «No, non mi serve niente.»
   «Beh in realtà siamo allo stesso livello.» riprese ingenuamente il discorso Dawon «Io e Wendy intendo... sai ero piuttosto bravino già di mio prima di venire assunto da L.»
   «Oh, che uomo che sei!» esclamò SolHee avvinghiandosi al braccio del ragazzo «Allora insegnami!»
   «Ma sei tu un’insegnante... dovresti già saperlo fare.» rifiutò lui, sfuggendo alla presa.
   “Ha appena ammesso che sono la migliore.” Pensò tra sé e sé Wendy. Ciononostante, decise di defilarsi in silenzio senza salutare nessuno per non essere costretta ad assistere alla patetica scena di SolHee che ci provava con Dawon.
   «Ah, io domani vado ad allenarmi in piscina.» continuò SolHee «Quando stacchi puoi venire con me... ti aspetto!»
   «Vedrò...» Dawon rimase sul vago. Il ché equivaleva a un no. «Ora scusa, ma sono stanco, torno al dormitorio.»
   «Ora che se ne è andata Wendy...» continuò la ragazza sottovoce, seguendolo «Sei molto sexy...»
   Lui si limitò a guardarla con espressione perplessa.
   «Ok, se vuoi compagnia chiamami!» gli porse il biglietto da visita con il suo numero di cellulare.
   «Allora ci si vede in giro eh... sai, sono un po’ di fretta.» Dawon si infilò il biglietto in tasca e si allontanò velocemente.
   «Ciao!» lo salutò lei da lontano, sperando che l’avrebbe chiamata.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Seoul, 4:25 AM.
 
   Per May era arrivato il momento di partire. Shion l’aveva accompagnata all’aeroporto e la stava salutando prima che si imbarcasse.
   «Sono più stanca di quando sono andata a letto…» si lamentò lei.
   «Uff... L ci ha rovinato il giorno libero.» continuò Shion.
   «Già, dopo questa missione spero avremo almeno un weekend libero da passare insieme!»
   «Comunque, mi raccomando, stai attenta e torna sana e salva!» la abbracciò.
   «Contaci!» rispose lei, indugiando un po’ tra le braccia del ragazzo e ricevendo da lui un tenero bacio. «Shion… è imbarazzante farci vedere così in aeroporto…» il collega con cui May sarebbe partita era già lì con loro.
   «Hai ragione, scusa… mi mancherai!»
   «Anche tu! Ci sentiamo appena arrivo!»
   «E tu, MinHyuk!» cambiò discorso Shion, sciogliendo l’abbraccio. «Stai attento! Se si fa male per colpa tua ti picchio!»
   «Certo, certo…» non poté che rispondere il povero malcapitato.
   «Haha, povero, è un professionista anche lui!» lo difese scherzosamente May. In quel momento gli altoparlanti sollecitarono i viaggiatori a fare il check-in.
   «Il volo parte tra poco, dobbiamo imbarcarci.» disse MinHyuk.
   «Ok, ci vediamo presto, Shion!» May lo salutò un’ultima volta e poi si avviò con il collega di missione verso il check-in.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Seoul, 6:52 PM.
 
   Erano passati due giorni da quel bacio rubato, ma la situazione tra maestra e allievo continuava a non essere delle migliori. La sera, tornando al dormitorio dopo l’allenamento, Dawon si accorse di non avere con sé le chiavi della propria stanza condivisa. Taeoh era ancora a Macao, mentre Daeju era sotto osservazione nell’infermeria dell’associazione, quindi non c’era nessuno che gli potesse aprire. Decise di fare un tentativo e di tornare in palestra a cercarle, ma dopo un’ora di ricerche si arrese e si rassegnò a chiamare Wendy. Gli metteva un po’ di pensiero disturbarla a quell’ora, era abbastanza sicuro che non avrebbe gradito. Inserì delle monete nel telefono del dormitorio e compose il suo numero. Essendo ancora in prova non aveva un cellulare personale, solo per le missioni L gliene avrebbe fornito uno, ovviamente estremamente controllato. Ci sarebbe voluto ancora del tempo prima di riuscire ad accattivarsi la sua fiducia.
 
   Quando le squillò il cellulare, Wendy stava cucinando la cena e, intenta com’era a curare le pentole, le venne automatico sollevare la cornetta e rispondere senza farsi troppi problemi.
   «Pronto?»
   «Ciao Wendy, ehm... per caso hai visto le mie chiavi?»
   «Dawon?» La ragazza fu piuttosto sorpresa di sentire la sua voce dall’altro capo del telefono. «Ehm, sì, credo. Ne ho trovato un mazzo in palestra stasera.» prima di tornare a casa Wendy era tornata a controllare che l’aula fosse in ordine e aveva trovato un piccolo mazzo di chiavi cadute in un angolo della stanza. Aveva ipotizzato fossero di Dawon, ma non aveva la minima intenzione di andare a cercarlo vista la questione che avevano in sospeso, così le aveva prese e portate a casa, decisa a ridargliele il giorno seguente a lezione. Naturalmente non credeva che lui non ne avesse un’altra copia o che non potesse chiedere a qualcun altro di aprirgli.
   «Menomale! Credevo di averle perse!» esclamò il ragazzo, estremamente sollevato «Sei a casa ora?»
   «Sì, perché?»
   «Passo a prenderle allora. Sono lì tra 10 minuti.»
   «Ah... o-ok.»
 
   Dawon si mise subito in marcia e dopo dieci minuti esatti suonò al campanello dell’appartamento di Wendy. La ragazza aveva di nuovo cominciato a sentirsi nervosa al pensiero del bacio rubato e appena sentì il suono del campanello sobbalzò.
   «Wendy? Sono io.» disse Dawon dopo un po’, non avendo ricevuto risposta. Wendy si fece forza e andò ad aprire controvoglia, cercando inutilmente di mantenere la calma.
   «C-ciao… ecco le tue chiavi.» balbettò, porgendogliele sull’uscio della porta.
   «Grazie! Menomale che le avevi tu! Temevo che sarei rimasto fuori stanotte! Ad un certo punto ho sospettato pure che me le avesse rubate quella pazza di SolHee! Invece sono solo stato sbadato…» Senza fare troppi complimenti, Dawon entrò e si richiuse la porta alle spalle.
   «Già, ora puoi dormire al caldo... Ehi, aspetta!» Wendy non lo aveva invitato a entrare, perciò era stata presa alla sprovvista.
   «Che c’è?»
   «Anche SolHee vive in questo condominio ed è meglio non farsi vedere insieme. Quindi dovresti andartene.»
Wendy aveva ragione, ma Dawon sentiva di non riuscire più ad aspettare. Decise che era il momento di prendersi di coraggio e parlare chiaro, altrimenti la situazione tra di loro avrebbe continuato ad essere tesa e non avrebbero fatto altro che evitarsi sempre più giorno dopo giorno.
   «Senti, per quello che è successo in palestra… il bacio intendo. Mi dispiace di essere stato inopportuno. Avrei dovuto restare al mio posto e invece ho rischiato stupidamente di metterti in difficoltà. Però devo confessarti una cosa. Non riesco più a tenermi dentro quello che provo per te. In tutti questi mesi non ti ho dimenticata, mi piaci ancora!»
   «Io… ehm… ecco» Wendy rimase senza parole per un attimo. «Vedi, ora sono la tua insegnante e non...»
   «Non mi aspetto che tu mi risponda ora. So che sei in una posizione difficile. Però pensaci.»
   «Io… non... io non ci devo pensare.» Wendy si decise a gettare la spugna. Come era difficile per lui tenersi tutto dentro, così lo era anche per lei e non voleva perdere l’ennesima occasione e allontanarlo di nuovo. «Tu mi piaci! Mi piaci da quando ho iniziato a venirti a trovare ogni giorno in ospedale! Ma prima eri un criminale e mi hai mentito spudoratamente e ora che fai parte dei buoni sei un mio allievo e non posso semplicemente innamorarmi di te. Non voglio essere licenziata perché esco con un mio studente. E poi… ho paura che mi spezzerai di nuovo il cuore.»
   «Io... a dire il vero temevo di non piacerti affatto.» disse lui, non riuscendo a trattenere un sorriso. Certamente si trovavano in una situazione complicata, ma almeno ora sapeva di essere ricambiato. Vedendola così agitata, cercò di rassicurarla.
   «Se è questo il problema sono disposto ad aspettare fino a quando sarò un agente a tutti gli effetti. E prometto che non ti deluderò se sceglierai di dirmi di sì… anche se all’inizio mi sono avvicinato a te per quello stupido compito assegnato da Ray, ho scelto di non portarlo a termine... e c’è solo un motivo per cui non l’ho fatto. Perché mi sono innamorato di te.»
   A quel punto nemmeno Wendy riuscì più ad aspettare, mise le braccia attorno al suo collo, tirandolo verso di sé e lo baciò. Dawon rimase a dir poco sorpreso dal gesto improvviso, ma ricambiò il bacio in modo appassionato. Ciò che stava aspettando da mesi era finalmente diventato realtà. Quando le loro labbra si separarono era ancora incredulo.
   «Immagino sia un sì...»
   Wendy arrossì vistosamente.
   «Mmh… ma ricordati che so usare la pistola…»
   Nonostante la minaccia velata, in quel momento Dawon si sentiva l’uomo più felice della terra.
   «Prometto che rimarrà un segreto assoluto fino a che non sarò diventato un agente! Allora ci vediamo domani per gli allenamenti, coach
   «Ok, a domani.» rispose lei, sorridendo. Dawon stava per uscire, ma all’improvviso tornò indietro e la strinse a sé, stampandole un altro bacio sulle labbra. Poi dovette cedere al proprio ruolo di allievo e tornare al dormitorio prima che qualcuno potesse scoprirli.



Fine cap. 28
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   Eccomi qui! Sono tornata prima del solito! ;) Anche perché altrimenti alla fine non ci arriviamo più. Mi è venuta l'ispirzione per scrivere finalmente un paio di extra su come le ragazze sono diventate agenti e i ragazzi sono entrati nella mafia di Ray. Uno è pronto, l'altro non ancora, ma in ongi caso li pubblicherò in coda, quindi c'è ancora parecchio tempo.

   Ad ogni modo, e così anche l'ultima coppia ce l'ha fatta! Finalmente Wendy ha ceduto, stava diventando una battaglia inutile!
   Iris invece ha avuto un crollo, dopo tutto questo tempo era inevitabile, ma niente paura, perché May è pronta a sostituirla! :)

   Come sempre ringrazio chiunque stia seguendo questa storia! <3
   A presto!

   Misa

 

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Capitolo 29
*** Cap. 29 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 29 -



 
  
   


   Seoul, 15:45 AM.

 
   Erano passati tre giorni dalla missione a Macao. Iris si era finalmente ripresa, così lei e Taeoh erano rientrati a Seoul. I due stavano attraversando a piedi il parcheggio dell’aeroporto in cui avevano lasciato la macchina alla partenza. Camminavano molto lentamente, mano nella mano, godendosi i timidi raggi di sole di quel pomeriggio di metà novembre. Ormai non mancava molto all’inverno, ma fortunatamente la giornata era tiepida e passeggiare all’aria aperta era ancora piacevole.
   «Grazie per essermi stato vicino questi tre giorni.» disse di punto in bianco Iris, appena raggiunsero l’auto. Dopo aver dato sfogo a sentimenti e paure soppresse per mesi, tutto lo stress e la frustrazione accumulati erano esplosi in una bella febbre che l’aveva messa k.o., ma non tutto era venuto per nuocere. Seppur non nelle migliori condizioni, aveva potuto passare del tempo in compagnia di Taeoh, che le era stato vicino e l’aveva accudita amorevolmente. Doveva ammettere che dopo questa vicenda se ne era innamorata ancora di più e ringraziarlo in quel modo le aveva permesso di esprimere almeno una briciola della gratitudine e dell’affetto che provava nei suoi confronti.
   «Non c’è di che. L’ho fatto volentieri.»
   Iris accennò un bacio sulle labbra del suo ragazzo, poi prese un foglietto piegato in due dalla tasca del cappotto e glielo porse.
   «Questo non farlo vedere a nessuno.»
   «Cos’è?» chiese lui, prendendolo in mano e aprendolo per leggere.
   «È il mio indirizzo di casa. Una volta tornati sono più che sicura che L mi manderà immediatamente in missione, però se mi capiterà di essere a casa mentre May è via potresti passare a trovarmi!»
   «Oh!» esclamò lui, un po’ sorpreso. Si erano detti di tenere la loro storia segreta, quindi non si aspettava che lei si sarebbe arrischiata a invitarlo a casa «Verrò sicuramente se ci sarà l’occasione!» questa volta fu Taeoh ad accennare un bacio sulle sue labbra. Dopo aver aspettato tanto era difficile staccarsene.
   «Bene, ora è meglio rientrare. Mi raccomando, una volta che saremo all’associazione, fai come se non fosse successo nulla.»
   «Non preoccuparti, terrò la bocca cucita!»
   Prima di aprire la macchina, Iris sembrò ripensarci e si voltò di nuovo verso Taeoh. Gli prese il volto tra le mani e lo guardò negli occhi con l’espressione di chi sta per fare qualche dispetto.
   «Giuro che è l’ultimo, solo perché poi mi mancherai da morire fino a quando non ci rivedremo.» Si sollevò sulle punte e lo baciò di nuovo, questa volta soffermandosi di più e in modo più intenso. Lui le strinse le braccia intorno alla vita, tirandola vicino a sé e ricambiando dolcemente il bacio, fin quando decisero, a malincuore, che era il momento di separarsi. Erano perfettamente consapevoli che prima di poter trascorrere di nuovo dei momenti di spensieratezza insieme sarebbe passato diverso tempo, probabilmente più di quanto immaginavano, ma a entrambi andava bene così: era l’unico modo per evitare che L stroncasse sul nascere la loro relazione o, peggio, facesse marcia indietro sui propri piani. Dopotutto si erano aspettati tanto, non era il caso di commettere un passo falso proprio adesso ed erano sicuri che resistere ancora un po’ ne sarebbe valsa la pena.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Purtroppo, i giorni da soli erano finiti anche per Wendy e Dawon. Taeoh era tornato da Macao e Daeju si era ripreso, così le lezioni di Wendy erano tornate a contare i suoi allievi al completo. Tuttavia, i due amanti non si erano lasciati scoraggiare e avevano ben pensato di incontrarsi di nascosto a casa di Wendy una volta a settimana. Proprio quella domenica, Dawon, bardato con mascherina di stoffa nera e cappello da baseball dello stesso colore, si era recato a casa di Wendy. Salite le scale del pianerottolo, suonò al campanello. Lei andò ad aprire e lui si intrufolò velocemente in casa, sbarazzandosi di mascherina e cappello appena la ragazza richiuse la porta.
   «Perché continui a bussare? Hai il codice1…» gli fece notare Wendy.
   «Scusa, mi dimentico sempre.» rispose lui, togliendosi l’anonimo giubbotto nero con cui era arrivato e sistemandolo sull’appendiabiti all’ingresso.
   «La cena è quasi pronta.»
   «Ho una fame! Cos’hai preparato di buono?»
   «JjaJangMyeon.2»
 
   Mentre i due si apprestavano a mangiare, la vicina di casa, SolHee, si era accorta che Wendy aveva visite. Appena sentito suonare il campanello, aveva subito drizzato le orecchie ed era corsa in camera ad appoggiare l’orecchio sulla parete comunicante con l’appartamento della rivale, nella speranza di captare qualcosa. Purtroppo per lei, però, non si sentiva proprio un bel niente. Ci pensò un attimo e decise di uscire sul pianerottolo per sbirciare attraverso le finestre dell’appartamento di Wendy, ma anche questa volta le andò male, erano tutte chiuse. Eppure, era sicura che sarebbe stata l’occasione buona per spifferare qualcosa a L e far retrocedere Wendy: una relazione con un proprio allievo sarebbe stata il top per incastrarla. In più il suo intuito le suggeriva che l’allievo in questione potesse essere proprio Dawon e questo non riusciva a sopportarlo. Doveva uscirsene con uno dei suoi piani geniali al più presto.
 
   Nel frattempo, Wendy e Dawon avevano finito di cenare e si erano accomodati sul divano a guardare un film. Proprio sul momento clou, qualcuno bussò alla porta. Wendy andò subito a controllare dallo spioncino, ma non aprì.
   «Chi è?»
   «Sono io…» era SolHee «Non è che hai delle uova? Stavo facendo una torta ma le ho finite.»
   «Mmmh... no, non le ho. Buona notte.» cercò di tagliare corto.
   «Posso entrare un attimo? Mi servono anche altre cose…»
   «Perché? Coff Coff» simulò la tosse «Ho un po’ di influenza… meglio se non entri.»
   «Lo so che sei in casa con Dawon!» esplose improvvisamente SolHee, vedendo che il proprio piano non dava i frutti sperati «Guarda che lo dico a L!!!»
   Wendy si voltò verso Dawon con espressione incredula.
   «Come fa a saperlo?» disse sottovoce.
   «Non c’era nessuno quando sono arrivato…» si giustificò Dawon, in preda al panico.
   «Vai sotto al letto! Non fare rumore!» ordinò a bassa voce, ma in modo concitato. Dawon eseguì gli ordini.
   «Allora!?!?» sbraitò di nuovo SolHee dall’altro lato della porta. Wendy si arrese e socchiuse leggermente l’uscio.
   «Coff coff, non c’è Dawon. Perché dovrebbe essere qui?»
   «Prima qualcuno ha suonato! Sono sicura!» senza troppi convenevoli, SolHee scansò Wendy ed entrò in casa a grandi passi.
   «No, non ha suonato nessuno. Non qui almeno.»
   «Il mio sesto senso non si sbaglia mai! Lo sai che non si possono fare favoritismi tra gli allievi. Lo dirò a L!»  
   «Senti, puoi andare via da casa mia? Coff coff!»
   Senza sentire ragioni, SolHee corse verso la camera da letto di Wendy. Se lo vedeva già davanti Dawon, nudo sul letto, circondato da petali di rose rosse ad aspettare la sua acerrima nemica, ma no, lei non avrebbe permesso tutto ciò!
   «Lo so che è qui!»
   Con sua grande delusione, in camera non c’era nessuno. Guardò anche nell’armadio, nel bagno, in cucina, ma non trovo un bel niente.
   «Te l’ho detto che non c’è Dawon... perché dovrebbe essere qui?»
   «Zitta! Stavolta non ne ho le prove, ma la prossima volta giuro che vi beccherò! Tzk… Dawon è solo mio! Gli ho messo io gli occhi addosso per prima!» così dicendo, se ne andò sbattendo la porta.
   «È andata?» sussurrò Dawon, facendo spuntare la testa da sotto al letto.
   «Sì. Ma sta tutto il giorno a spiarmi?»
   «Che scocciatrice!» il ragazzo uscì dal suo nascondiglio e si scrollò la polvere dai vestiti «È un bel problema averla come vicina di casa…»
   «Già, dovrei trovarmi un altro posto. E tu quando vieni metti il codice e basta, così forse non ci scopre.»
   «La prossima volta me ne ricorderò.» il ragazzo si avvicinò a Wendy con sguardo malizioso «Potremmo andare a vivere insieme quando sarò un agente.»
   «Sì può fare…» annuì lei, lasciandosi abbracciare mentre tornavano a sedersi sul divano «Così ti tengo d’occhio.»
   «Non era proprio quello che stavo insinuando, ma, ok.»
   I due ricominciarono a guardare il film, poi Dawon si affrettò a tornare al dormitorio prima delle dieci per non violare il coprifuoco.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Nel frattempo, anche tra Shion e May le cose stavano andando a gonfie vele. Quel giorno la ragazza si trovava in palestra per i suoi soliti allenamenti. Non frequentava il centro sportivo dell’associazione, come ambiente lo trovava asfissiante. Troppi occhi indiscreti, troppe malelingue pronte a tutto pur di affossare la carriera dei colleghi. Aveva quindi scelto una piccola palestra nel suo vicinato in cui recarsi regolarmente ogni mercoledì e venerdì.
   Mentre attraversava indisturbata il corridoio per raggiungere la sala attrezzi, un uomo brasiliano sulla quarantina le comparve improvvisamente alle spalle.
   «Hola sexy
   Lei cercò di ignorarlo, ma lui non sembrava intenzionato a cedere.
   «¿Cómo estás?»
   Proprio in quel momento sentì levarsi un’ovazione dalla sala di zumba.
   «Waaa è arrivato Gonzalo!!!» erano tutte signore di una certa età a frequentare quel corso.
   «Bene, ma non sono qui per fare zumba.» rispose quindi alla domanda di Gonzalo.
   «Señoras, señoras, calma! Gonzalo estoy aquí para ti!» disse lui, rivolto alle signore.
   «Scatenatevi!» nel frattempo il suo collega coreano fece partire la musica, cominciando a riscaldare l’atmosfera.
   May credeva di essersela scampata e cercò di allontanarsi senza farsi notare, ma Gonzalo tornò all’attacco.
   «E tu, señorita
   «Ahaha no, io no.»
   Gonzalo prese la mano di May e le fece fare una giravolta.
   «Perché non provi? Es muy divertente!»
   «Devo finire la sessione di pesi... e poi devo tornare subito al lavoro.»
   «La zumba es muy buena para glutei e muscoli di gambe... i pesi sono cosa vecchia!»
   «Mi piacciono le cose vecchie...» cercò di svincolarsi May.
 
   Proprio quel giorno, Shion era andato a prendere la sua ragazza in macchina. Conosceva quella palestra perché sua madre frequentava lì il corso di zumba con l’insegnate più adorato dalle signore di mezza età. Appena varcato l’ingresso, il ragazzo sbiancò alla vista di Gonzalo il donnaiolo insieme a May.
   «Gonzalo, Gonzalo, no...» corse subito ad allontanarli «prima mia madre, ora la mia ragazza... ci sono tante signore, provaci con loro!»
   «Oh, ragazzino! Donde está tua madre?»
   «Insomma, mia madre è quella signora che fa sempre zumba! Quella con i fuseaux grigi e azzurri!»
   «Es una donna muy caliente
   «Non ci pensare! È sposata!»
   «Scusateme, ma il corso está por comenzar!» Gonzalo si avviò verso la sala, ma prima di iniziare il ballo si rivolse di nuovo a May «Te aspeto!»
   «Shion, andiamo e portiamo via tua madre.» disse May nell’orecchio al suo ragazzo.
   «No, lei lasciala, tanto si diverte. Invece noi andiamo via. È proprio insistente Gonzalo…»
   «Sì, andiamo...»
   Così i due lasciarono la palestra, dove la musica roboante dello zumba e le urla entusiaste di Gonzalo e delle sue allieve echeggiavano con vigore, scuotendo le pareti di quella piccola palestra di città come fosse una discoteca.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   I mesi stavano volando in un battito di ciglia, pieni com’erano di corse per mantenere la routine frenetica di tutti i giorni. Gli allenamenti dei nuovi arrivati proseguivano con costanza. Wendy e Dawon ogni tanto si incontravano a casa di lei cercando di non destare sospetti. May e Shion continuavano felicemente la loro relazione e Iris era come sempre sommersa di lavoro. Era ormai dicembre inoltrato e non era ancora riuscita a invitare a casa Taeoh una sola volta. Quando poteva andava a trovarlo dopo gli allenamenti, ma non c’era mai nulla di più di un sorriso e un saluto. Qualche volta uscivano a cena insieme, sempre in compagnia di qualcun altro per mascherare la cosa. Sembrava impossibile vedersi di nascosto e non c’era altro da fare se non pazientare. Prima o poi le cose sarebbero cambiate.
   C’era però chi se la passava peggio, ovvero Lizzy. La bionda era ormai al quinto mese di gravidanza ed erano rimaste molte cose su cui doveva fare chiarezza prima che scoccassero i nove mesi. Tanto per cominciare, non era sicura di voler riprendere il servizio attivo come agente almeno per il primo anno di maternità, quindi avrebbe dovuto parlare con L perché le trovasse un altro incarico all’interno dell’associazione. A dire il vero la cosa non la preoccupava più di tanto, dopotutto poteva tornarle utile in mille altri ruoli. Poi invece c’era il padre del bambino. Per tutti quei mesi ci aveva pensato e ripensato, ma la risposta le sembrava sempre e solo una: il figlio era di Jiho. Era l’unico con il quale la situazione le era sfuggita di mano. Aveva bevuto troppo quella sera e non si ricordava quasi nulla di ciò che era successo. Tutte le altre volte invece ricordava perfettamente di esserci stata attenta e aver preso ogni precauzione possibile.
   La gravidanza era stata una realtà piuttosto dura da accettare. All’inizio non se ne era molto resa conto, poi, con le nausee e tutto il resto, aveva cominciato a capire che la sua vita sarebbe cambiata per sempre e aveva cominciato a disperarsi. Si era chiesta se avesse fatto bene a tenerlo o se invece avrebbe fatto meglio ad abortire. Dopo tanto struggersi, alla fine aveva accettato le conseguenze e si era convinta di aver fatto la scelta giusta. Ora però come lo avrebbe detto a Jiho? Di sicuro non gliene sarebbe importato nulla, ma se non ci avesse provato le sarebbe rimasto il rimorso per tutta la vita.
   Quella mattina si era recata all’associazione verso le nove e aveva chiesto a L di poter parlare con il padre del bambino. All’inizio L si era mostrata assolutamente contraria, ma dopo aver ascoltato nel dettaglio la situazione dovette cedere alle suppliche di Lizzy. Così, in via del tutto eccezionale, mandò due guardie per scortare Jiho dalla cella di massima sicurezza al luogo delle visite.
   Quando Lizzy entrò nella stanza, scorse subito Jiho dietro al vetro di sicurezza che lo avrebbe diviso da lei durante tutto il tempo della conversazione. Il ragazzo aveva l’aria un po’ confusa e stanca. La barba sembrava leggermente più lunga del solito e insieme alla divisa da carcerato gli dava un’aria sciatta. Se ne stava appoggiato allo schienale della sedia guardandosi intorno e chiedendosi chi mai avesse voluto vederlo dopo cinque lunghi mesi di prigionia in cui era stato in isolamento quasi totale.
   Lizzy raggiunse la sedia posizionata davanti al vetro e si sedette con cautela. Vedendolo sotto una luce diversa, inoffensivo e rassegnato, le fece un po’ pena. Lui la riconobbe immediatamente e la guardò in modo ancora più confuso, quasi infastidito.
   «Ciao…» cominciò la ragazza, cercando le parole giuste. «Immagino tu sia stupito di vedermi qui dopo tutto questo tempo, sempre che ti ricordi di me…»
   «Muoviti, che vuoi?» la interruppe Jiho, in tono arrogante. Se avevano mandato una donna incinta a impietosirlo per chiedergli di nuovo di sottomettersi a L come quei traditori di Dawon, Taeoh e Daeju si sbagliavano di grosso. Sarebbe uscito in altro modo da lì e sarebbe tornato a cercare vendetta, più cattivo di prima.
   Lizzy respirò profondamente, cercando di mantenere la calma e riprese la parola.
   «Sono incinta. Di tuo figlio.»
   Jiho sobbalzò e la guardò con occhi sgranati.
   «Che?!»
   «Quella notte, quando mi hai rubato la famosa SD, siamo andati a letto insieme…»
   «Sì, sì, mi ricordo…» la interruppe di nuovo, facendole segno di tagliare corto «Beh non mi interessa! Per quanto ne so potresti star bluffando e poi in ogni caso sono fatti tuoi, io non ne voglio sapere niente.»
   «Ma…»
   «Se non lo volevi potevi abortire, la responsabilità non è di certo mia.» le rispose in modo alterato. Poi si rivolse alle guardie «Riportatemi dentro, non voglio sentire altre stronzate.»
   Le guardie si avvicinarono a Jiho e comunicarono a Lizzy che il tempo per la visita era scaduto. Affiancarono Jiho e lo scortarono fino alla cella.
   La ragazza uscì dalla stanza delle visite e, appena fu sola, si appoggiò stancamente al muro del corridoio con la schiena. Chiuse gli occhi e cercò di respirare in modo regolare. Lo sapeva perfettamente che sarebbe finita così. Allora perché le stava facendo tanto male? Si accarezzò la pancia e ripeté tra sé e sé “va tutto bene, va tutto bene…”. Si staccò dal muro e riprese a camminare. Una volta sarebbe scoppiata a piangere per molto meno, ma ora non più. Se aveva imparato una cosa da tutta quella vicenda era che le difficoltà ti mettono alla prova ma ti fanno guadagnare anche una nuova maturità se sei disposto ad affrontarle sul serio.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Le guardie avevano scortato Jiho fino alla cella e lo avevano richiuso dentro. Era di nuovo solo. Si sedette sul letto vecchio e malconcio, appoggiando i gomiti alle ginocchia. Improvvisamente gli venne da ridere. Uno scatto, poi due, non riusciva più a fermarsi. Mandò indietro la testa e si lasciò sopraffare da una fragorosa risata fino a farsi gocciolare gli occhi. Dopo un po’, potevano essere una manciata di secondi così come diversi minuti in quella cella grigia in cui il tempo non era scandito da nulla, finalmente riuscì a calmarsi. Riprese fiato e si asciugò gli occhi con l’indice della mano destra. Forse non era forte come pensava, non se ne era accorto prima, ma i suoi nervi stavano iniziando a vacillare e il primo contatto umano dopo tutto quel tempo doveva averlo mandato fuori di testa. Non c’era dubbio che quella fosse una risata di disperazione, il segno che era al limite. Senza che se ne fosse reso conto, i suoi occhi avevano incominciato a lacrimare. Stava piangendo. Silenziosamente, senza singhiozzi. Quasi mezzo anno di vita buttato in una cella e forse ora aveva anche un figlio e non lo sapeva. Come se non bastasse aveva urlato in faccia alla madre che non gliene fregava niente della sua esistenza. Improvvisamente la sua mente sembrò tornare lucida e cercò di convincersi che era tutta una mossa di L per spingerlo a cedere. Non poteva mollare, non ora. Appena ne avrebbe avuto i mezzi, Ray si sarebbe mosso, li avrebbe tirati fuori da lì in qualche modo, lui Minki e gli altri. Continuò a ripetersi che doveva essere forte, mantenere i nervi saldi. Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi. Voleva dormire e dimenticare tutto, ma il volto di Lizzy mentre gli diceva che aspettava un figlio da lui continuava a ricomparire nella sua mente, era impossibile cancellarlo.
 
 
 
 
1 In Corea del Sud le case moderne hanno un display su cui digitare in codice per entrare al posto della classica chiave.
JjaJangMyeon: piatto coreano di noodles conditi con salsa di fagioli dolci, carne di maiale e verdure.




Fine cap. 29
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   Incredibile ma vero, sto riuscendo a pubblicare settimanalmente! Quasi non ci credo XD
   Cooomunque, questo è un capitolo che fa un po' il punto della situazione, gisto per sbirciare nella quotidianità delle nuove coppiette :3 Quella che se la passa peggio è la povera Lizzy, ma sta dimostrando molta forza e determinazione nel reagire alla situazione. Tra l'inizio e la fine della storia è un personaggio che si è evoluto e si evolverà molto pur rimanendo se stessa.

   È parecchio che non vi propongo un disegno di Zipcy. Per questo capitolo ho tenuto da parte il mio preferito! È un po' come mi immagino Iris e Taeoh in aeroporto *^* (Ok, Iris dovrebbe avere i capelli lunghi, ma dettagli).

 

   E anche per questa settimana è tutto! Spero il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chiunque stia recensendo, leggendo o mettendo tra preferite, ricordate o seguite la storia! Grazie di cuore! <3
   Alla prossima!

   Misa

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Capitolo 30
*** Cap. 30 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 30 -
  
 
 
 
 
   Era febbraio inoltrato. L stava osservando dalle vetrate del suo ufficio le strade gelide di Seoul. C’erano persone che passavano indaffarate, chiuse nei loro lunghi cappotti, e qualche ragazza temeraria che nonostante il freddo pungente e l’asfalto ghiacciato sfoggiava minigonna e tacchi alti. I rami degli alberi lungo il viale erano secchi e il cielo grigio sembrava un telo di nuvole che avvolgeva la città come a volerla isolare da tutto il resto. Il meteo prevedeva neve in serata.
   L distolse lo sguardo dal paesaggio e tornò a sedersi alla sua scrivania, dando le spalle alla vetrata. Pochi minuti prima aveva convocato gli allievi di Wendy per la loro ultima missione di prova, sarebbero arrivati a momenti. La segretaria bussò, aprì la porta e li fece entrare. Dawon, Taeoh, Daeju e Wendy si avvicinarono a L e presero posto nelle sedie precedentemente disposte davanti alla scrivania.
   «Ragazzi» esordì il capo «oggi vi ho convocati per una faccenda importante.» Tutti e quattro rimasero ad ascoltare con attenzione. «Ritengo che siate finalmente pronti per una missione di livello A. La vostra insegnante ha svolto un ottimo lavoro.» aggiunse, rivolgendosi a Wendy. Si poteva scorgere una nota di orgoglio nello sguardo dell’insegnate. «Prima di tutto» proseguì con calma e in tono pacato L «Date un’occhiata a questi documenti. Prendetevi tutto il tempo che vi serve per esaminarli, sono di fondamentale importanza.» Posizionò dei fascicoli davanti a ognuno di loro. I ragazzi e Wendy li aprirono e li sfogliarono, leggendoli con attenzione. Contenevano le informazioni relative all’ultimo caso, le foto delle vittime, i luoghi in cui erano avvenuti gli omicidi e le testimonianze degli interrogati della polizia.
   «Come potete notare, si tratta di un serial killer. Siamo di fronte a un individuo senza scrupoli, capace di commettere crimini efferati senza provare il minimo pentimento. Fino ad ora ha ucciso ben sette ragazze e la polizia non è riuscita a prenderlo né a identificarlo con i suoi soli mezzi. Nessuno lo ha visto in faccia, tranne forse un barista, che sostiene di aver visto una delle vittime in compagnia di un uomo sulla quarantina la sera prima del decesso. Tutto ciò che sappiamo è che le vittime sono state selezionate all’interno di una zona ristretta. Sembra siano state approcciate in una serie di club e bar per poi essere abusate e uccise in squallidi motel nelle vicinanze degli stessi. Come potete immaginare, la situazione sta scatenando il panico nei quartieri interessati e in quelli limitrofi, il business dei locali della zona ne sta risentendo, ma, nonostante ciò, non c’è nulla che la polizia possa fare restando nei termini della legalità. Per questo motivo è stato chiesto il nostro aiuto.»
   «Sta proponendo di mandare qualcuno sotto copertura?» chiese Wendy, abituata a questo genere di missioni.
   «Esattamente. A questo proposito, ho selezionato tre agenti che lavoreranno sotto copertura. È una missione molto rischiosa, quindi dovete assicurarvi di fare loro da spalla per individuare e fermare l’assassino. Le agenti che ho scelto sono professioniste, ma in casi come questi non si scherza, quando si lavora come esca il rischio è alto ed è sempre meglio che alle spalle ci sia una squadra di supporto pronta a intervenire.»
   «Chi sono le tre agenti che andranno sotto copertura?» chiese Wendy.
   «Dovrebbero arrivare a momenti.»
   La segretaria bussò di nuovo alla porta.
   «Si parla del diavolo... avanti!» ordinò L.
   La segretaria fece entrare le tre agenti, le quali salutarono L con un inchino appena accennato e rimasero in piedi dietro agli altri presenti. I tre ragazzi e Wendy si girarono per vedere di chi si trattava.
   «Probabilmente le conoscete già.» riprese L «Loro sono Iris, May e Krishna.»
   Vedendo Iris tra le agenti della missione, Taeoh si lasciò sfuggire un sorriso. Erano passati tre mesi da quell’ultimo bacio al ritorno da Macao e nel frattempo avevano avuto modo di vedersi solo all’interno dell’associazione, in qualità di amici e senza poter mai lasciar trapelare nulla. A volte temeva che questa lunga e incerta attesa lo avrebbe fatto impazzire ed era anche abbastanza sicuro che per lei fosse la stessa cosa.
   Il fatto che anche May fosse nella squadra facilitava le cose, lei e Iris avevano un’ottima intesa. Probabilmente, se Wendy e Lizzy non avessero preso strade diverse, L avrebbe scelto la vecchia formazione al completo, ma in questa situazione non aveva altra scelta che affiancare loro un’altra valida agente, Krishna. Di origini indiane, nata e cresciuta in America, era una bella ragazza dalla pelle ambrata. Due occhi scuri si stagliavano su un viso dai lineamenti decisi e il suo fisico dalle curve morbide e tonde era in parte nascosto da una tuta da ginnastica.
   «Bene, detto questo, riunitevi per conoscervi meglio. Le tre agenti sono già istruite su come agire, vi guideranno loro. Per quanto riguarda il tuo ruolo, Wendy… nel caso i tuoi allievi avessero bisogno di aiuto e non potessero mettersi in contatto con le agenti, potranno contattare te tramite questi.» L passò a ognuno dei presenti una piccola scatola con all’interno l’equipaggiamento per la missione, tra cui auricolari e microscopici microfoni facili da nascondere. Come sempre, la mia segretaria vi guiderà nella stanza che ho messo a vostra disposizione per organizzarvi, la missione avrà inizio stasera stessa e potrebbe protrarsi a lungo.»
   La nuova squadra lasciò l’ufficio di L. Appena si chiusero le porte, L si lasciò scivolare mollemente contro lo schienale della sedia e sfilò una scatola di cartone dal ripiano sotto alla scrivania. «Adesso a noi due.» la appoggiò davanti a sé e aprì il coperchio, annusando il profumo del pomodoro e della mozzarella filante. Prese una fetta di pizza e iniziò a mangiare. Non era nemmeno mezzogiorno.
 
   Una volta che i componenti della nuova squadra ebbero preso posto nella stanza che L aveva predisposto per la missione, fu Iris a prendere l’iniziativa.
   «Questa è la zona che dobbiamo esaminare.» disse, mostrando agli altri una piantina aperta sul tavolo su cui erano segnati con una X i luoghi in cui erano state ritrovate le vittime e con un cerchio gli altri locali considerati a rischio. «Prima di tutto abbiamo selezionato tutti i bar in cui le ragazze sono state viste per l’ultima volta. Ce ne sono tre in particolare che sembrano ricorrenti. Non abbiamo prove che il colpevole le abbia approcciate proprio lì dal momento che nessuno sembra aver visto nulla, ma andando a logica c’è una buona probabilità che sia proprio così. Successivamente deve averle convinte a passare la notte in sua compagnia, o forse le ha rapite, e le ha portate in dei motel a ore. I motel sono sette, tutti diversi, e si trovano più lontani l’uno dall’altro rispetto ai bar. Inoltre, sono quel tipo di locale in cui è essenziale rispettare la privacy dei clienti, in alcuni si può pagare e ritirare la chiave direttamente da una macchinetta, in altri è necessario passare dalla reception, ma le camere sono state prese a nome delle ragazze e lui deve averle raggiunte dopo. Questo ha spinto la polizia a pensare che lo abbiano seguito di loro spontanea volontà, ignare di tutto.»
   «E se invece le avesse minacciate in qualche modo per costringerle a prenotare la camera e farsi trovare lì?» ipotizzò May.
   «Potrebbe essere un’altra valida ipotesi.» rispose Iris. «Ad ogni modo, partiremo da qui tutti insieme, L ci ha riservato due stanze in un hotel da cui è facile tenere sotto controllo la zona, affacciato su uno di questi tre bar. Per stasera ci limiteremo a un giro di ricognizione, nei giorni successivi faremo qualche domanda in giro e, quando avremo raccolto informazioni a sufficienza, tenderemo la nostra trappola.»
   «Cosa intendi per giro di ricognizione?» chiese Taeoh.
   «Significa che dobbiamo prima conoscere il luogo, le vie di fuga e guardarci intorno per inquadrare la clientela, le facce che frequentano il posto.» fu Wendy a rispondergli. «Molto bene.» continuò «Taeoh, Daeju e Dawon, anche voi tre entrerete nel locale. Dovrete comportarvi normalmente, come tre amici qualsiasi, ma tenete d’occhio chiunque si avvicini alle ragazze. Taeoh, sei incaricato di fare da spalla a Iris, Dawon, tu ti occuperai di May e Daeju di Krishna.»
   «Potrei far finta di essere la ragazza di uno dei tre per essere più convincente. Non so... di Taeoh per esempio.» ipotizzò Krishna «Non avete problemi con il contatto fisico e i baci finti, vero?» chiese in generale, ma rivolgendosi principalmente a Taeoh. Nella testa di Iris scattò subito l’allarme rosso.
   «Non credo sia il caso per il momento!» intervenne con un po’ troppa enfasi «Limitiamoci a formare due gruppi per ora, a che tipo di esca buttare ci penseremo dopo.» tre lunghi mesi a comportarsi come semplici amici con Taeoh per non essere scoperti e ora spuntava fuori dal nulla Krishna che già pianificava di riempirlo di baci in nome della missione. Il solo pensiero le dava il mal di stomaco.
   «Infatti, e poi è meglio stare lontane dai ragazzi, o il killer non si avvicinerebbe altrimenti.» concordò May.
   «Effettivamente i nostri ragazzi sono così muscolosi che metterebbero timore al più terribile dei killer...» ammiccò di nuovo Krishna facendo l’occhiolino a Taeoh. Iris picchiettò la biro che teneva in mano sul tavolo, guardando di traverso la collega.
   «Krishna, per favore concentrati sulla missione, o qualcuno ci rimetterà la vita. E poi tu sei assegnata a Daeju.» la rimproverò Wendy.
   «Tranquilla, non sono un’irresponsabile! Cercavo solo di alleggerire l’atmosfera, mi sembra che la stiate prendendo un po’ troppo di petto.» protestò lei «Troppa tensione non gioverà di certo, meglio prenderla con ottimismo. Avremo anche la consumazione gratuita al bar!»
   «Non potete bere troppo! Siete in servizio, dovete rimanere vigili e lucide.» la ammonì Wendy.
   «Ma così daremo sicuramente nell’occhio!»
   «Certo che ordineremo qualcosa.» rispose Iris «Capisco a che genere di approccio alla missione ti riferisci, ma non credo sia il caso di prenderla alla leggera questa volta. Abbiamo a che fare con un elemento estremamente pericoloso.»
   «In ogni caso, io sarò nell'hotel se avrete bisogno.» cambiò discorso Wendy «Vi controllerò tramite i microfoni che L ci ha dato e se dovesse succedere qualcosa arriverò nel locale in pochissimo tempo. Per questa sera non separativi, restate vicine.»
   «Saremo noi tre ragazze e voi tre, come due gruppi separati di amici.» continuò Iris «Occhi aperti e massima serietà. Niente flirt, e massima attenzione agli uomini nella fascia d’età segnalata.»
   «Bene, quindi è deciso!» esclamò Taeoh. Cominciava a sentir salire l’adrenalina per quella nuova missione importante, voleva dimostrare di essere all’altezza. «Iris, non preoccuparti, non ti perderò di vista.» le fece l’occhiolino. Era stata Krishna a iniziare coi flirt, quindi si sentiva legittimato anche lui per una volta.
   «Non mi preoccupo, hai lavorato bene anche nella missione precedente.» rispose lei, mantenendo un tono formale, ma spostandosi subito a fianco a lui e facendo cenno anche agli altri di andare. La missione stava per cominciare.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   La squadra raggiunse l’hotel verso le nove. I gruppi si divisero in due stanze per cambiarsi. Come di consueto, L aveva fatto trovare loro i vestiti già pronti nell’armadio.
   «Che via colorata!» esclamò Krishna, guardando dalla finestra la via illuminata dalle colorate insegne a led. Poi corse verso l’armadio, cercando il proprio vestito «Uh, non sembra niente male!» così dicendo, lo tolse subito dalla stampella e andò per prima in bagno a cambiarsi. Per ognuna delle tre era stato preparato un mini dress, quello di Krishna era un tubino senza spalline interamente ricoperto di paillettes oro. Quello di May era bordeaux, con le spalline e un’ampia scollatura, la gonna era formata dalla sovrapposizione delle due estremità, risultando leggermente più lunga sui lati rispetto che al centro. L’abito di Iris, con le spalline e un leggero scollo a V, era per la maggior parte decorato di pietruzze argento disposte in modo da lasciare trasparenze del tessuto a livello dell’addome e nella parte finale della gonna. Invece Wendy, che non doveva partecipare sotto copertura, era un po’ dispiaciuta di non poter avere anche lei un bell’abito da indossare.
   «In bocca al lupo» disse quest’ultima «Occhi sempre ben aperti! E non esagerate con l’alcool!»
   Le altre risposero «Crepi!», tranne Krishna che borbottò qualcosa sul fatto di essere ottimista e non irresponsabile, poi tutte e tre si chiusero nei loro cappotti, messi direttamente sopra a quegli abitini decisamente troppo leggeri per la stagione, e andarono a bussare ai ragazzi, facendo loro cenno di seguirle a distanza di qualche minuto nel locale.
 
   Una volta entrate nel bar, si separarono a malincuore dai cappotti e andarono a sedersi ad un tavolo. Improvvisamente si accese l’auricolare per un test, dall’altra parte si sentì la voce di Wendy che diceva in tono scherzoso «Avrete abbastanza tette per questa missione?» Per un attimo sembrò loro di essere tornate ai tempi della vecchia squadra. A tutte e tre mancavano l’intesa e le battute anche nei momenti più tesi.
   «Chi lo sa…» rispose May. A seguire Iris «Dubito.» e Krishna «Vorrà dire che punteranno su di me!»
   Le tre agenti si guardarono un po’ intorno. C’erano due o tre soggetti sulla quarantina, ma era dura stabilire se c’entrassero qualcosa o meno in base allo scarno identikit a loro fornito. Oltre all’età sapevano solo che era magro e vestito in modo appariscente.
Dopo poco entrarono anche i ragazzi.
   «Pronto, pronto Wendy, mi senti?» Dawon fece una prova con l’equipaggiamento.
   «Sì?» rispose lei dall’altro capo.
   «Chu1
   «Chu
   «Era uno scherzo…»
   «Vedi di non chu con altre, ok?»
   «Sì signora!»
 
   Il gruppo rimase in attesa per almeno mezz’ora, ma nulla sembrava muoversi. I tre possibili soggetti avevano già lasciato il locale, perciò le tre agenti decisero che era meglio cambiare posto. Wendy controllava i loro spostamenti dall’alto.
   «In che locale stanno andando?» chiese Dawon, sempre attraverso l’auricolare.
   «In quello in fondo alla strada... con i neon azzurri.»
   «Fa molto anni Ottanta.» osservò Taeoh.
   Il procedimento di prima si ripeté. Le tre ragazze presero posto, ordinarono da bere e incominciarono a dissimulare guardandosi intorno. Questa volta, però, c’era qualcosa di diverso. Improvvisamente Iris si ammutolì. Era pallida in volto come se avesse visto un fantasma.
   «Che succede?» provò a chiederle May. La collega rispose a bassa voce «Cambiamo locale.», senza dare altre spiegazioni.
   «Di già? Perché?»
   «Andiamo e basta... non posso spiegarti ora.» Iris si alzò e si diresse verso l’uscita. Le colleghe la seguirono nonostante le loro perplessità.    Proprio in quel momento erano entrati anche i ragazzi. Notando l’espressione di Iris, Taeoh aveva provato a chiedere a Dawon e Daeju se sapessero cosa stesse accadendo, ma nessuno ne aveva idea, così i tre decisero di non fermarsi nel locale e continuare a seguire le agenti.

 
 

 
***
 
 
  
   Dopo aver ispezionato tutti e sette i locali, le due squadre rientrarono in hotel. Erano le tre di notte, ma lungo le strade c’era ancora vita e i bar, un po’ meno affollati del solito, continuavano la loro usuale attività. Agenti e allievi si erano tutti ritrovati in camera delle ragazze per decidere il da farsi. L’identificazione del colpevole era ancora lontana, ma almeno ora avevano un’immagine chiara della zona che avrebbe facilitato un eventuale inseguimento. Il piano prevedeva che l’indomani si sarebbero divisi in gruppi più piccoli e sarebbero andati a interrogare i proprietari dei locali ed eventuali altri personaggi utili che sarebbero potuti emergere dalla ricerca. Una volta accordatisi sul piano, Taeoh si ricordò della strana reazione di Iris dopo essere entrati nel secondo bar e decise di chiederle cosa fosse successo prima di cominciare le indagini.
   «Iris, scusa se sono indiscreto ma come mai hai deciso di uscire subito dal bar con l’insegna azzurra? È successo qualcosa?»
   «Immagino di dovervi una spiegazione.» realizzò lei. Era la prima volta che anteponeva i propri problemi personali alla missione. Si rendeva conto di essere stata un po’ impulsiva, ma era una reazione che non aveva potuto controllare. «Scusate se vi ho fatto uscire di corsa, ma c'era una persona che non volevo mi riconoscesse.» chiarì. in modo un po’ titubante.
   «Il tuo ex?» ipotizzò Krishna.
   Iris abbassò lo sguardo e scosse la testa.
   «Devon Jang.»
   L’espressione sorpresa e allo stesso tempo preoccupata che si dipinse sui volti di May e Wendy sentendo nominare quell’individuo lasciò trapelare che non si trattava di nulla di buono.
   «Era parecchio che non sentivo quel nome.» disse Wendy.
   «Già, speravo fosse una storia morta e sepolta. Credo di averlo raccontato solo a voi due in tutti questi anni.»
   «Possiamo sapere anche noi?» chiese Taeoh, iniziando a preoccuparsi. Iris lo guardò negli occhi, indecisa se continuare. Non voleva riportare alla memoria quei ricordi, ma era giusto che anche gli altri lo sapessero. Presa la sua decisione si fece coraggio e iniziò a raccontare.
   «Ecco... quando ero ancora un’allieva, ero stata affidata a lui. Era l’esaminatore di una delle mie ultime prove per essere promossa ad agente. La missione di quella volta era molto simile a questa. Dovevamo avvicinare un criminale, fare da esca.» Iris fece una breve pausa «Devon mi aveva detto di assecondarlo, che non dovevo preoccuparmi di nulla e che sarebbe immediatamente intervenuto per arrestare il colpevole, così ho eseguito gli ordini. Ho avvicinato il soggetto e ho lasciato che mi portasse nella sua camera d’hotel, ma i minuti passavano e Devon non si faceva vivo. Le cose per me si stavano mettendo male… se lo avessi fermato subito, quel criminale, forse avrei avuto qualche speranza di cavarmela da sola, ma per seguire diligentemente le indicazioni avevo aspettato troppo e avevo finito per trovarmi in svantaggio. E ovviamente il soggetto era convinto che io fossi disponibile a concedermi visto che lo avevo assecondato fino a quel punto, perciò quando ho opposto resistenza è andato su tutte le furie. Mi ha sbattuta sul letto e ha cercato di picchiarmi, mi è salito addosso per tenermi ferma e strapparmi i vestiti. Io continuavo a divincolarmi e a respingerlo con le braccia, cercavo di prendere tempo e impedirgli di mettermi le mani addosso, finché ho realizzato che nessuno sarebbe venuto a salvarmi. Non so come, improvvisamente ho visto la sua pistola sul comodino. Ho allungato il braccio e sono riuscita ad afferrarla. Senza pensarci due volte gli ho sparato. Mi tremavano le mani, non riuscivo a pensare in modo lucido. Per mia fortuna quell’idiota non aveva nemmeno messo la sicura alla pistola. Lo avevo ferito alla spalla e mentre urlava e imprecava dal dolore sono riuscita a scrollarmelo di dosso e buttarlo per terra. Però avevo paura che si rialzasse, non sapevo cosa fare. Ero ancora inesperta e spaventata, così... non sono riuscita a fermarmi e ho continuato a sparare. Gli ho sparato alle gambe, una, due, tre volte, fino a quando sono finiti i colpi. Solo in quel momento Devon è entrato. E non certo per venire in mio soccorso. Mi ha urlato di smetterla, che ero una cretina e che così lo avrei ammazzato. Mi ha strappato la pistola dalle mani e mi ha mollato un ceffone in pieno volto, continuando a rimproverarmi e a imprecare contro di me per non so quanto tempo. Al momento non avevo capito perché mi avesse abbandonata e soprattutto perché se la fosse presa con me... solo in seguito ho saputo che il criminale alla fine non era stato arrestato. Insomma, Devon era suo complice ed era d'accordo con lui per restare lì a guardare mentre faceva quello che voleva, o forse addirittura per dargli una mano! Sono rimasta tre giorni in ospedale, sotto shock. Appena mi hanno dimessa ho deciso di denunciare l’accaduto a L. Volevo lasciare l’agenzia, rinunciare a fare l’agente anche se ci avevo messo così tanto impegno per arrivare fin lì. L mi convinse a restare e aprì subito un’indagine sul suo conto. Ci è voluto poco per scoprire che anche altre allieve avevano subito lo stesso trattamento se non addirittura soprusi peggiori. Alcune erano state ricattate e costrette ad avere una storia con lui… cose gravissime e inaccettabili. L ha fatto in modo che venisse incarcerato. Per questo quando l’ho visto in quel locale è stato come vedere un fantasma. Non avevo idea che fosse già stato rilasciato, non sono passati nemmeno dieci anni! E in più temevo mi avrebbe riconosciuta e che avrebbe mandato a monte la missione.»
   «Spero per lui che non si faccia vedere domani, o lo uccido con le mie stesse mani!» disse Taeoh. Ascoltare questo racconto gli aveva messo una rabbia immensa e senza accorgersene stava stringendo i pugni fino quasi a farsi male.
   «Sono contenta che tu abbia trovato la forza di raccontarlo anche agli altri.» prese la parola May. Si era accorta della forte reazione di Taeoh e cominciava a credere che tra i due ci fosse qualcosa, o almeno da parte di lui. In ogni caso questo lo avrebbe reso un ottimo alleato nell’arginare il problema. Sicuramente ora che sapeva tutto sarebbe stato estremamente vigile. «Devon è un soggetto fortemente problematico e se tutti sappiamo ciò che è successo sarà più semplice tenerti alla larga da lui. Però a questo punto mi chiedo se non c’entri qualcosa con il serial killer che stiamo cercando…»
   «Domani chiamo L per avere più informazioni.» Si propose Wendy «Se doveste vederlo di nuovo fate più attenzione. Non è per nulla scontato che non c’entri niente.»
   «Ora come ora non abbiamo prove che sia coinvolto, ma di sicuro è un soggetto pericoloso. Domani credo sia il caso di tornare a parlare con il barista per chiedergli un identikit più preciso.» propose Iris.
   «Speriamo solo di non trovare cattive notizie nel frattempo. Anche se ormai è già notte fonda, per oggi non dovrebbe succedere niente.» concluse Wendy. «E ora tutti a letto, domani ci aspetta una giornataccia!» la ragazza fece segno ai colleghi di rientrare nelle proprie stanze. May e Iris uscirono insieme ai ragazzi per salutarli e, al momento di rientrare in camera, Taeoh rimase per ultimo e trattenne Iris per un braccio perché restasse un attimo fuori con lui. Senza dire nulla la abbracciò e la tenne stretta a sé per un po’.
   «Non ti preoccupare, comunque andrà non ti lascerò sola.» disse poi, guardandola negli occhi e accennando un bacio sulle sue labbra. Iris gli sorrise, perdendosi nei suoi occhi scuri, che avevano assunto un’espressione seria.
   «Lo so. Ti voglio bene, Taeoh.»
   In quel momento si aprì la porta della stanza delle ragazze. Wendy, che non aveva più visto entrare la collega, aveva iniziato a chiedersi che fine avesse fatto.
   «Allora? Ti muovi?» le disse, in tono di rimprovero. I due si erano allontanati alla velocità della luce, ma le sembrò comunque strano trovarla lì fuori con Taeoh. «Beh? Che state facendo?»
   «Niente, niente!» si affrettò a giustificarsi Iris. «Mi stava chiedendo una cosa per il programma di domani.»
   «Umm, va bene, adesso entra.» rispose la collega, assicurandosi che Iris varcasse la soglia una volta per tutte «Buonanotte.» si rivolse poi a Taeoh, chiudendo immediatamente la porta e lasciandolo in corridoio.
 

1 Chu: suono onomatopeico del bacio in coreano.



Fine cap. 30
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   Siamo giunti alla fine anche del capitolo 30!!! Tra pochi giorni sarà un anno che sto pubblicando, è indubbiamente il progetto più corposo che abbia mai scritto!
   E così anche Iris ha il suo bel passato tragico :/ brutta esperienza devo dire... ma ne è uscita più forte di prima! Riusciranno a fermare quel pazzo criminale di Devon Jang? È decisamente il nemico più spaventoso e violento che abbiano incontrato le nostre agenti fino ad ora!
   Come sempre ringrazio chiunque stia seguendo, recensendo o anche solo leggendo la storia! Grazie di cuore <3
   A presto!

   Misa
  

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Capitolo 31
*** Cap. 31 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 31 -
 
 
 
 
 
 
   Il pomeriggio seguente, come pianificato, gli agenti si divisero a coppie e si recarono dai proprietari dei vari bar della zona per fare loro qualche domanda. In particolare la testimonianza che più li interessava era quella del barista che aveva visto il serial killer in compagnia di una delle vittime.
   «E quindi lei ha visto questo uomo seduto al bancone in compagnia della ragazza il giorno dell’omicidio.» ricapitolò May, che si era recata al locale insieme a Dawon.
   «Esattamente.» rispose l’uomo.
   «Non saprebbe dirci qualcosa di più specifico sul suo aspetto?»
   «Non proprio… solo quello che ho già detto alla polizia.»
   «E se le facessi vedere una foto? Saprebbe riconoscerlo?» la comparsa di Devon non aveva convinto nessuno. Le agenti avevano deciso di farsi inviare una sua foto dall’associazione per verificare che non si trattasse di lui. Lo speravano perlomeno, visti i precedenti nessuno voleva averci nulla a che fare.
   «Posso provare…»
   May sottopose la foto al barista. L’uomo la prese in mano e la avvicinò al volto per carpirne meglio i dettagli. La osservò attentamente per svariati secondi e sembrò agitarsi sempre più man mano che la consapevolezza si faceva strada dentro la sua mente.
   «È lui!»
   May e Dawon si scambiarono uno sguardo d’intesa. Avevano fatto centro. Lasciato il bar, i due si diressero in altri dei locali segnalati ed ebbero modo di scoprire che anche lì Devon non era passato inosservato. Mettendo insieme le testimonianze raccolte dalle altre due squadre si era venuto a delineare un quadro piuttosto chiaro della situazione: da ormai una settimana il serial killer stava girando ogni sera tre bar della zona, tra cui anche quello con l’insegna blu in cui l’avevano visto il giorno precedente. Non c’era dubbio che stesse accuratamente scegliendo la sua prossima vittima.
   «Non ci voleva, tra tutti proprio lui doveva essere il colpevole?» esclamò May, un po’ sconsolata.
   «Beh, che ti aspettavi? Ho capito che c’entrava qualcosa appena ho sentito il suo nome! Non ce ne sono molti di psicopatici del suo calibro in giro!» sentenziò Wendy.
   «Per fortuna...»
   «A quanto pare il tempo in carcere non gli è servito a molto. Ma comunque, è il caso di pensare a un piano.» puntualizzò Wendy.
   «Siamo tutti orecchie.» disse Dawon.
   «May…» le lasciò la parola.
   «Tanto per cominciare, sembra che i locali presi di mira al momento siano tre.» continuò May «Certo non possiamo escludere che stasera cambi giro, ma è assolutamente necessario dividerci almeno uno per bar. Noi ragazze abbiamo il doppio vantaggio di poter far anche da esca, ma comunque non è necessario farsi notare, l’importante è tenerlo d’occhio e seguirlo. Se restiamo tutti in contatto sarà facile bloccarlo prima che compia un altro omicidio.»
   «Sì, ha senso.» disse Taeoh.
   «Ma quindi come ci dividiamo?» chiese Daeju.
   «Allora» continuò May, prendendo la lista dei locali «Io, Iris e Krishna ci divideremo nei tre locali più a rischio. Te la senti, Iris?»
   «Nessun problema. Non ho intenzione di tirarmi indietro davanti a una feccia del genere.» rispose determinata l’agente. Il solo pensiero di ritrovarsi faccia a faccia con Devon le dava ancora il voltastomaco. In circostanze normali lo avrebbe evitato come la peste, ma si trattava di una persona che dopo essere uscita dal carcere stava commettendo indisturbato un omicidio dopo l’altro, non c’era modo di restare impassibili davanti a un’atrocità del genere. Ce l’avrebbe messa tutta per lasciare da parte i propri problemi personali e consegnarlo alla giustizia una volta per tutte.
   «Ottimo. Ovviamente ci terremo tutti in contatto, quindi al minimo problema non esitare a contattarci. Oltre a questi tre ci sono altri cinque locali nelle vicinanze. I ragazzi si occuperanno di tenerli d’occhio. Wendy invece orchestrerà il tutto dall’alto ascoltando a distanza le vostre conversazioni. Quindi se trovate l’obiettivo segnalatelo prima di tutto a Wendy, si occuperà lei di dirigere gli altri sul posto.» May fece una breve pausa «Bene, tutto chiaro?» la squadra di agenti al completo annuì «Perfetto, stasera alle nove avrà inizio il nostro piano.»
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   L’orario stabilito arrivò in fretta. Gli agenti avevano indossato di nuovo i vestiti della sera precedente e si erano distribuiti nei vari locali, ordinando qualcosa da bere e sedendosi ognuno per conto proprio in punti da cui potevano avere una visuale abbastanza ampia delle sale.
   «Qui ancora nulla. Cambio.» comunicò Dawon dopo quasi due ore di attesa. Dovendo tenere d’occhio cinque locali in tre avevano deciso che a metà serata lui e Taeoh avrebbero cambiato locale se non avessero notato nulla di sospetto.
   «Ricevuto.» gli fece sapere Wendy dall’altro lato del trasmettitore. «Taeoh ancora non è uscito. Dalle altre parti tutto regolare.»
   Proprio in quel momento Iris notò un uomo molto alto, biondo e vestito di un bianco sgargiante sostare vicino all’ingresso del locale che stava sorvegliando. Era girato di spalle e si confondeva dietro a un gruppo di giovani fermi proprio davanti a lui. Cercò di seguirlo con lo sguardo, ma dopo poco lo perse di vista. «Maledizione!» pensò tra sé e sé. Non poteva essere certa al cento per cento che si trattasse di Devon, ma c’erano ben poche altre persone dall’aspetto così singolare da quelle parti, perciò le possibilità che si trattasse proprio di lui erano molto elevate. Insieme alla frustrazione per averlo perso d’occhio, Iris sentì crescere dentro di sé anche un fastidioso senso di ansia. Avevano incominciato a sudarle le mani, il battito cardiaco era leggermente accelerato e si sentiva estremamente tesa. Non le era mai successo di sentirsi così durante una missione. Di solito un po’ di tensione non era negativa, aumentava l’adrenalina, migliorava i riflessi e la velocità di reazione, ma questa volta si sentiva spaesata e aveva la mente annebbiata. Continuava a far vagare lo sguardo tra la clientela del locale e quella in prossimità dell’ingresso, ma non lo trovava da nessuna parte. Si voltò per vedere se fosse nei tavoli dietro. Niente, non era nemmeno lì.
   «Chi non muore si rivede.»
   Iris si voltò di scatto per guardare in volto la persona che aveva appena richiamato la sua attenzione. Il suo cuore mancò un battito. Devon Jang l’aveva trovata. Era lì, davanti a lei. E fu allora che capì, non era semplice ansia quella che provava, era paura. La paura folle di avere di nuovo a che fare con lui.
   «Cos’è quello sguardo truce, Iris... non dirmi che serbi ancora rancore nei miei confronti.» l’uomo esibì un sorriso beffardo e l’agente non poté fare a meno di pensare che avesse una bella faccia tosta a ripresentarsi così dopo tanti anni. Sarebbe voluta scappare, ma la rabbia le impose di restare. La paura non l’avrebbe fermata.
   «Perché dovrei?» rispose nel modo più freddo che le riuscì.
   «Allora non ti dispiacerà se mi siedo a fare due chiacchiere.»
   «Fai pure.»
   Devon si sedette al tavolo con Iris. Sembrava aspettare che qualcuno venisse a prendere le sue ordinazioni. La ragazza lo squadrò in maniera disinteressata. Non era sicura di star riuscendo a mascherare l’odio immenso che provava nei suoi confronti. Se non altro la parte positiva era che aveva abboccato da solo alla trappola, probabilmente nemmeno immaginava che gli agenti di L fossero sulle sue tracce. Non era cambiato di una virgola, era troppo sicuro di sé perché l’idea di fallire gli sfiorasse anche solo l’anticamera del cervello. La parte negativa, invece, era che, presa alla sprovvista, non aveva fatto in tempo a comunicare l’arrivo del soggetto a Wendy, e ora sarebbe stato difficile parlarle senza che il suo interlocutore se ne accorgesse.
   «Scusa!» Devon richiamò l’attenzione di una giovane barista «Mi porti una birra?» la ragazza segnò l’ordine e lo comunicò al bancone. «Allora, immagino che tu abbia lasciato il lavoro da agente.» rivolse poi la parola a Iris in tono sprezzante «Sai, si vede che non fai una bella vita… sola soletta in un bar di periferia a rovinarti il fegato con l’alcol.»
   Iris trattenne a stento una risata. Non aveva idea se fosse per l’assurdità appena sentita o perché, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a mettere a tacere quel senso di forte agitazione che la attanagliava da quando lo aveva visto in lontananza. Le sembrò incredibile che fosse convinto di averle rovinato per sempre la vita tanto da arrivare a certe conclusioni. Evidentemente il suo ego non poteva accettare di essere stato l’unico a essere caduto così in basso. Ad ogni modo, il suo pessimo spirito di osservazione stava andando a vantaggio di Iris. Giocherellando con il ciondolo del bracciale che portava al polso, la ragazza attivò il microfono che avrebbe permesso a Wendy di sentire le loro conversazioni. Sperava che sentendola parlare col suo interlocutore avrebbe capito la situazione.
   «Eh già, da quando ho lasciato l’associazione trovo solo lavori saltuari e sono sola come un cane.»
   Devon si lasciò andare a una risata smodata.
   «Bingo! Lo sapevo! Se tu mi avessi dato retta quel giorno… ora saremmo potuti essere grandi! E invece guardati, che pena! Io me la posso rifare una vita, ma tu?»
   «Eh già…» Iris non riusciva a credere alle proprie orecchie. O era già ubriaco o era definitivamente partito di testa. In ogni caso lo stava disprezzando così tanto che le stava venendo la nausea.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Dall’altro capo della ricetrasmittente, Wendy aveva captato i loro discorsi. All’inizio era rimasta un po’ confusa, poi quando Devon aveva iniziato a parlare del passato aveva capito tutto. Comunicò immediatamente agli altri il bar in cui si trovava il soggetto e disse loro di tenersi pronti a intervenire. Se Iris avesse continuato a tenere aperto il microfono le sarebbe stato semplice monitorare la situazione a distanza.
 
   «Se vuoi posso aiutarti…» ricominciò Devon.
   «Aiutarmi?» Iris non aveva idea di dove volesse andare a parare.
   «Sì, a rifarti una vita. Prenotiamo una camera stasera, vieni a fare due chiacchiere tra vecchi colleghi e ne parliamo.»
   Era strano. Il suo tono di voce, la sua espressione, tutto di lui tradiva un forte risentimento, una immensa voglia di vendetta. Iris pensò a come aveva ucciso brutalmente quelle ragazze e le venne la pelle d’oca. Non che un tempo fosse meno spregiudicato, ma stavolta sentiva di avere davanti un folle. Come poteva anche solo pensare che l’avrebbe seguito in camera di sua spontanea volontà? Era palese quello che aveva intenzione di fare: vendicarsi. L’avrebbe uccisa. Iris abbassò lo sguardo verso il proprio polso. Il microfono era acceso. Raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e rispose all’invito.
   «Va bene. Ci sto.» fu come fare un salto nel vuoto, vertiginoso. Ora poteva solo sperare che Wendy orchestrasse tutto a dovere e che gli altri arrivassero in tempo. Doveva avere fiducia.
   «Ottimo.» di nuovo quel sorriso da pazzo «Possiamo anche andare adesso.» Devon si alzò dalla sedia e le fece cenno di seguirlo. Iris si alzò a sua volta, concentrandosi al massimo per scongiurare che iniziassero a tremarle le gambe.
   «Dove andiamo?»
   «Al motel qui di fronte.»
 
   Recepito il messaggio, Wendy allertò gli altri agenti e disse loro di dirigersi immediatamente al motel di fronte al bar con l’insegna blu. Taeoh fu il primo a precipitarsi fuori dal locale e lanciarsi in una corsa folle. Si trovava abbastanza vicino, ma a piedi gli ci sarebbero voluti comunque almeno dieci minuti. Arrivato di fronte al motel, vide che May e Dawon erano già davanti all’ingresso.
   «Io entro.» disse, senza nemmeno riprendere fiato.
   «Aspetta.» lo fermò May «Non sappiamo in che stanza si trovi.»
   Taeoh si fermò e si voltò indietro «Merda…» d’istinto sarebbe andato a buttare giù tutte le porte una a una finché non l’avesse trovata, ma non era decisamente praticabile.
   «Sappiamo che la stanza è stata prenotata a nome suo. Krishna sta parlando con il receptionist. È questione di poco.»
   «Va bene.» Taeoh decise di aspettare, ma stava fremendo. Appena gli avrebbero comunicato il numero di stanza si sarebbe precipitato, non poteva sopportare nemmeno l’idea che quel bastardo psicopatico torcesse anche un solo capello a Iris.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Nella richiesta di Devon di prendere una camera a nome suo in quello squallido motel che garantiva il massimo della privacy, Iris aveva riconosciuto lo stesso schema utilizzato con le vittime degli omicidi su cui stava indagando. I due erano saliti in ascensore e, raggiunto il quinto piano, Devon si era diretto a passo spedito verso la camera prenotata.
   «Prego.» le disse, facendole cenno di aprire la porta. Le chiavi le aveva tenute lei. Iris si avvicinò alla porta e inserì la chiave nella serratura vecchia e malconcia. Si sentiva il fiato sul collo. Anche se Devon non si era scomposto percepiva la sua aura omicida. Era impaziente, ma a lei serviva più tempo. Non aveva avuto nemmeno modo di comunicare a Wendy il numero della stanza, quindi se la sarebbe dovuta cavare con le sue sole forze per un po’.
   Fece un lungo respiro e girò la chiave nella serratura. La porta si aprì con un cigolio alquanto sinistro. La ragazza non fece nemmeno in tempo a fare un passo dentro la camera che si ritrovò per terra. Devon l’aveva spintonata con forza e aveva lasciato che la porta si richiudesse da sola alle sue spalle. Senza quasi lasciarle il tempo di rialzarsi, si era scagliato contro di lei, sferrandole un colpo all’addome. Iris finì piegata in due dal dolore, ma lui non le lasciò tregua. La afferrò per un braccio, costringendola ad alzarsi, la buttò sul letto e le strinse con violenza le mani intorno al collo. La ragazza afferrò i polsi del suo aggressore nel disperato tentativo di liberarsi, ma non riuscì nemmeno a fargli allentare la presa. Continuò a scuotere le gambe e a divincolarsi, ma così schiacciata dal peso di Devon, che le stava seduto addosso, era impossibile liberarsi.
   «Credevi davvero che una volta uscito di prigione se ti avessi incontrata te l’avrei fatta passare liscia?» urlò d’un tratto lui, allentando inaspettatamente la presa sul suo collo. Iris iniziò a tossire dolorosamente come riflesso alla sensazione di ostruzione alle vie respiratorie. «Credevi davvero che l’avresti fatta franca dopo avermi distrutto la vita? Puttana!»
   Iris cercò disperatamente di riprendere aria, ma Devon le strinse di nuovo la gola. Si sentiva completamente impotente contro la sua furia. Questa volta temeva davvero che non ce l’avrebbe fatta. Invece lui allentò di nuovo la presa.
   «Vuoi morire, forse?»  Devon aveva gli occhi iniettati di sangue, le vene gonfie e il volto paonazzo. Urlò con tutto l’odio che aveva in corpo. «Non basta! Devi soffrire!» le tirò un pugno in pieno volto che le fece sanguinare il labbro. Poi eccolo di nuovo ad accanirsi contro il suo collo. Iris sentiva che le forze iniziavano ad abbandonarla.
   Improvvisamente ci fu un forte frastuono e Devon fu trascinato con forza sul pavimento. La ragazza si rialzò immediatamente, mettendosi in ginocchio sul letto e ricominciando a tossire rumorosamente. Si portò le mani alla gola e inalò tutta l’aria che poteva nei polmoni. In quel momento vide Taeoh per terra sovrastare Devon e colpirlo ripetutamente al volto coi pugni serrati. L’aveva trovata. Per un attimo tirò un sospiro di sollievo, ma non durò a lungo perché quell’uomo folle, molto più alto e più grande di Taeoh riuscì a rialzarsi e a capovolgere la situazione. Con un calcio ben assestato all’addome mandò il ragazzo a sbattere contro il muro. Poi con una mano lo prese per il collo, mentre con l’altra cominciò a colpirlo di nuovo all’addome. Doveva pensare a qualcosa, in fretta. Iris vide la lampada sul comodino. La base in metallo sembrava pesante. D’istinto l’afferrò e la sbatté in testa a Devon con tutta la forza che aveva in corpo. L’uomo lasciò andare Taeoh, tenendosi la testa tra le mani, ma si rivolse di nuovo verso di lei, più infuriato di prima. Iris indietreggiò velocemente.
   Si sentì uno sparo. Devon si piegò a terra stringendosi la gamba ferita e urlando come un dannato.
   «Eccoci!» era la voce di May.
   Nemmeno lo sparo riuscì a fermarlo, dopo un attimo riprese ad avanzare verso di Iris, mosso dalla forza di un odio senza speranza. May sparò ancora, colpendolo all’altra gamba. Dawon e Daeju corsero a immobilizzarlo. La ragazza si avvicinò a lui, puntandogli la pistola alla fronte finché non fu a pochi centimetri dal suo volto. Il terrore dell’uomo era palpabile, era sicuro di essere giunto al capolinea. A quel punto May mise la sicura alla pistola.
   «Mi spiace, ma non ti ucciderò. Meriti di marcire per sempre in prigione.» Devon spalancò gli occhi sbigottito, probabilmente avrebbe urlato qualche altro insulto, ma, un attimo dopo, Krishna l’aveva già sedato tirandogli un colpo ben assestato dietro alla nuca col manico della sua pistola.
   Questa volta era davvero finita. Iris sentì le gambe cederle e si ritrovò per terra. Taeoh corse subito verso di lei.
   «Iris! Stai bene?»
   Lei cercò di rispondergli ma non riuscì a emettere alcun suono. Si accorse che la gola le faceva ancora terribilmente male.
   «Taeoh, andate in ospedale. Ci pensiamo noi al resto.» li rassicurò May.
   «Su, portala via.» continuò Krishna «Quando ti hanno detto dove si trovava sei scattato via come un fulmine, pensavo saresti finito contro un muro prima di raggiungerla! Non vorrai perdere tempo ora?»
   Taeoh annuì e aiutò Iris ad alzarsi. Senza aggiungere altro, si affrettò a farla uscire da lì. La macchina si trovava a qualche isolato di distanza, ma non c’era tempo per raggiungerla a piedi, quindi si fece chiamare un taxi dal receptionist, che nel frattempo era rimasto nella hall ad attendere notizie sull’operazione di cattura. La soluzione migliore sarebbe stata dirigersi direttamente dai medici dell’associazione, ma Seoul si trovava a più di due ore di auto e Iris gli sembrava debole, voleva assicurarsi che non avesse nulla di grave, così chiese al taxi di lasciarli all’ospedale più vicino. Avrebbe raccontato che erano stati vittime di un’aggressione. In qualche modo L gli avrebbe coperto le spalle.
   Appena arrivati si diressero al pronto soccorso e uno dei medici venne loro incontro.
   «Prego, da questa parte.» si rivolse loro come se avessero un appuntamento. Taeoh non poté fare a meno di guardalo con aria confusa, al ché il medico si preoccupò di specificare meglio. «Tranquilli, sono dei vostri. Wendy mi ha avvertito.» Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, L aveva sparso agenti davvero ovunque.
   «Ok, grazie.»
   «Comincerei dalla ragazza. Attendi pure qui.» il medico fece cenno a Taeoh di sedersi in sala d’attesa e indirizzò Iris verso uno studio.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
   Iris lanciò un’occhiata all’orologio a muro della stanza. Erano quasi le due di notte. Ormai era passata più di un’ora da quando l’avevano lasciata su quel letto d’ospedale con una flebo di antidolorifico attaccata al braccio. Le avevano anche fatto alcune analisi per accertarsi che non avesse nulla di rotto, ma stava ancora aspettando i risultati. Si era presa un bello spavento questa volta. Era persino sorpresa di esserne uscita viva, ma, a parte quello, non si sentiva troppo male. Si sfiorò il labbro inferiore con le dita, si era gonfiato un po’, ma la ferita era stata disinfettata e non c’era stato bisogno di punti. Il collo e la gola erano ancora indolenziti, probabilmente quando si sarebbe vista allo specchio ci avrebbe trovato dei brutti segni viola, ma se non altro la voce le era tornata e respirava senza problemi. Mentre era persa in queste valutazioni fece la sua comparsa il medico che l’aveva visitata. Dietro di lui c’era anche Taeoh.
   «Sei sana come un pesce.» disse, passandole i fogli con le analisi «Un po’ ammaccata, ma appena sarà finita la flebo potrai tornare a casa tranquillamente.»
   Iris tirò un sospiro di sollievo.
   «Grazie.» diede un’occhiata veloce al referto e lo restituì al medico.
   «Bene, vi lascio soli. Ci vorrà ancora un’oretta e poi potrete andare entrambi.» così dicendo, l’uomo in camice tornò al suo lavoro, tirando la tenda bianca che separava il letto di Iris dagli altri nella stessa stanza. Taeoh prese posto su una sedia accanto al letto.
   «Taeoh, come stai?» chiese preoccupata Iris.
   «Io tutto a posto, ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco!» sminuì lui. In realtà gli faceva ancora male l’addome per come ci si era accanito quello psicopatico di Devon, ma non era nulla di più di qualche livido e sarebbe passato in fretta.
   «Menomale!»
   «Tu piuttosto! Come ti senti?»
   «Diciamo che potrebbe andare meglio, ma non voglio lamentarmi.»
   Taeoh le strinse la mano e sospirò sconsolato.
   «Ti prego, non cacciarti più in situazioni così pericolose. Questa volta ho avuto davvero paura per te!»
   «Ad essere sincera anch’io… ma qualcuno è corso subito a salvarmi.» gli fece l’occhiolino. Aveva sentito chiaramente le parole di Krishna: aveva detto che Taeoh era corso a cercarla appena gli avevano comunicato il numero della stanza.
   «Ehi, mi prendi in giro?» a Taeoh venne da ridere e allo stesso tempo si sentì un po’ in imbarazzo per essere stato esposto in quel modo.
   «No, affatto.» continuò lei, in tono scherzoso.
   «Ah sì… allora beccati questo.» Taeoh si alzò dalla sedia e si sporse verso di lei, dandole un bacio sulla bocca. Le labbra di Iris si incurvarono in un sorriso. Portò una mano sul volto del ragazzo, trattenendolo appena verso di sé e continuò a baciarlo.
   «Ragazzi!» senza preavviso Wendy aprì la tenda con May al seguito e i due si separarono immediatamente. «Che stavate facendo?»
   «Niente!» disse Iris.
   «Aveva un pelucchio sulla testa, gliel’ho tolto!» si giustificò Taeoh.
   «Ceeerto, ci credo sicuramente! Non me la raccontate giusta voi due!» poi si avvicinò a Iris con fare soddisfatto «Beccati… da quanto va avanti?»
   «Da Macao.» rispose sbrigativamente Iris per poi cambiare argomento «Comunque! Mi hanno detto che qui ci vorrà ancora un’ora.»
   «Lo sapevo!» esclamò May, anche lei tutta contenta.
   «Come facevi a saperlo?» chiese Taeoh, sbigottito.
   «Eh, i sospiri dicono più di mille parole…» scherzò la più piccola del gruppo.
   «Iris! Sei una pessima attrice!» finse di rimproverarla Taeoh.
   «Ma io non ho sospirato affatto!»
   «Sì, sì, come no…» continuò a stuzzicarla May «Comunque, torniamo seri per un attimo. Non dovete più preoccuparvi di niente. Devon è già sulla via del ritorno con Dawon, Daeju e Krishna.»
   «Dritto, dritto verso l’ergastolo!» rincarò la dose Wendy.
   «A questo punto se non avete bisogno di noi ci avvieremmo verso casa.» continuò May, facendo roteare le chiavi della sua auto sul dito.
   «Sì, nessun problema, posso guidare io al ritorno.» disse Taeoh.
   «Perfetto, allora vi lascio le chiavi dell’auto di Iris. L’abbiamo già spostata nel parcheggio dell’ospedale, così non ci sarà bisogno di tornare indietro.»
   «Ok.» rispose Iris, prendendo le chiavi che le stava passando la collega «Ah e, May, grazie! Sei arrivata giusto in tempo!»
   «Non c’è di ché!» May le fece l’occhiolino «Avrei solo voluto fargli più male…»
   «Perfetto, allora andiamo.» concluse Wendy. «Ah, domani pomeriggio siamo già convocati tutti da L. Immagino vorrà tirare le somme.» Uscì insieme a May, ma prima di tirare la tenda si voltò e disse con un sorriso sornione «Fate i bravi, mi raccomando!»
   «Wendy!» la rimproverò Iris, ma era troppo tardi, se ne stava già andando.



Fine cap. 31
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   E anche Devon Jang è stato sconfitto! Marcirà per sempre in prigione. Ormai manca davvero poco alla conclusione del racconto, ce la faranno i nostri eroi a trovare un po' di tranquillità dopo 31 capitoli di impegni frenetici e privazioni? Lo scopriremo molto presto! Restate con me fino alla fine! ;)
   
   Ringrazio chiunque stia seguendo, recensendo o anche solo leggendo la storia! Grazie di cuore! <3

   E ora è mezzanotte passata e dovrei dormire. Mi sembra di essere tornata ai fine settimana del liceo in cui stavo sveglia fino alle 3 solo per scrivere... ma temo non sia una bella cosa visto che erano anni pieni di ansie.
   Ok, la smetto con queste introspezioni e vado a dormire!

   A presto!

   Misa

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Capitolo 32
*** Cap. 32 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 32 -


 
   Le agenti, Wendy e i suoi allievi si trovavano davanti all’ufficio di L per la riunione da lei indetta la sera precedete. Li avrebbe ricevuti a momenti. Anche se l’ordine del giorno non era stato specificato nella mail che avevano ricevuto, erano tutti abbastanza sicuri che sarebbe stato un momento decisivo per decretare la promozione o meno degli allievi di Wendy ad agenti a tutti gli effetti. La tensione era palpabile nell’aria.
   «Prego.» La segretaria di L aprì la porta e li invitò a entrare. Sette sedie erano state ordinatamente disposte davanti alla scrivania perché gli invitati vi prendessero posto. L si trovava alla sua solita postazione dietro al tavolo.
   «Buongiorno.» li salutò «Anzi, buon pomeriggio.» i partecipanti ricambiarono il saluto con un inchino e si sedettero.
   «Allora, immagino sappiate perché siete qua.» continuò rivolgendosi ai tre allievi. I ragazzi annuirono. «Allora, cominciamo dalla missione di ieri. May, Iris, Krishna... ottimo lavoro. L’obiettivo è stato catturato con successo. Non c’è stata nessun’altra vittima e i civili non sono stati messi in pericolo.»
   «Grazie.» rispose May a nome di tutti.
   «Wendy… hai istruito bene i tuoi ragazzi. Di sicuro partivano da buone basi, ma grazie ai tuoi insegnamenti hanno mostrato qualità eccellenti per delle reclute.»
   «Mi fa piacere.» rispose Wendy.
   «La missione di ieri era il vostro ultimo test.» L si rivolse infine ai ragazzi «Come avrete capito, siete promossi. Ora siete agenti a tutti gli effetti.»
   Dawon, Taeoh e Daeju si guardarono a vicenda ed esultarono.
   «Detto questo… la vostra vita cambierà radicalmente d’ora in poi. Tanto per cominciare, rieccovi i vostri telefoni. Poi, entro la fine di questa settimana sarà pronto il vostro nuovo appartamento e potrete lasciare il dormitorio.»
   «Questa è un’ottima notizia!» esclamò Dawon.
   «Non ho finito.» disse L «Da ora siete la nuova squadra dell’associazione. Grazie a voi finalmente avremo più personale, ragion per cui domani sera partirete per la vostra prima missione.»
   «Di già?» provò a protestare Taeoh, che si era visto improvvisamente sfumare l’ennesima possibilità di passare un po’ di tempo con Iris.
   «Sì, di già. Come sapete alcune nostre valide agenti hanno riportato danni in questa missione, quindi dovrete sostituirle, giusto Iris?»
   «Ah, s-sì, giusto.» non poteva credere alle sue orecchie, finalmente si sarebbe fermata qualche giorno.
   «Ottimo. Iris, avrai una settimana di vacanza. May e Krishna, per voi non ci sono nuovi incarichi, riposatevi. Wendy, da settimana prossima ti sarà affidata una nuova classe. Dawon, Taeoh, Daeju… controllate le vostre e-mail per i dati sulla nuova missione. Per oggi è tutto. Ci si vede.» Senza aspettare che lasciassero la stanza, L prese la pizza che aveva tenuto nascosta nel cartone sotto la scrivania e si sfregò le mani grassocce con aria soddisfatta «E ora a noi due!»
   «E ti pareva…» protestò Wendy, che avrebbe voluto almeno una fetta per sé.
   «Qualche problema, professoressa Wendy?»
   «No, no.»
   «Bene, allora andate!»
   Il gruppo salutò Krishna e attraversò il corridoio in maniera silenziosa e pacata, ma appena giunse fuori dall’associazione, esclamazioni di felicità e congratulazioni cominciarono a riecheggiare nell’aria.
   «Evvivaaaa! Siete promossi!» esclamò Wendy.
   «Ce l’avete fatta!» esultò anche Iris.
   «Congratulazioni!» fu il complimento di May.
   «Grazie!» risposero i tre all’unisono.
   «Ma quindi domani siamo già in viaggio di nuovo?» chiese Taeoh «Ora capisco cosa intendevi con “è un ritmo massacrante”, Iris.»
   «Eh, già.» annuì lei «Però stasera bisogna festeggiare!»
   «Festeggiare?» chiese Dawon.
   «Sì. Io e May abbiamo preparato una sorpresa nel nostro appartamento, quindi siete tutti invitati!»
   «Woo! Si mangia?» chiese Wendy, entusiasta.
   «Sì, anche, quindi andate tutti a prepararvi che vi aspettiamo da noi!» esclamò May.


 
***


   Quella sera, dunque, Wendy e i suoi ormai ex allievi si recarono a casa di Iris e May.
   «Suonano al campanello! Sono loro!» disse la più piccola, andando ad aprire.
   «Eccoci!» esclamò Wendy, entrando in quella che fino a qualche mese prima era stata anche casa sua. Sedute sul divano non c’erano una, ma ben due persone. «Lizzy! Ci sei anche tu?» chiese sbalordita, vedendo la bionda ormai con un bel pancione al settimo mese di gravidanza salutarla dall’altro lato della stanza.
   «Ti sono mancata?»
   «Tzk, no.»
   «Ehi! Molto gentile eh!»
   «Buone…» le ammonì Iris «Abbiamo pensato di invitare anche lei, dopotutto fa pur sempre parte della nostra squadra storica!»
   «Anche questo è vero.»
   «Oh, Daeju!» esclamò Lizzy, vedendo il ragazzo venire verso di lei insieme a tutti gli altri.
   «Ciao...» neanche a dirlo il nuovo agente era ancora intimorito dalla presenza della bionda.
   «Quanto tempo! Mi sei mancato! Ma non potevi essere tu il padre del bambino anzi che quello stronzo di Jiho?»
   «Che!?» fu il coro generale. Dalla scoperta della gravidanza, Lizzy non aveva più fatto sapere niente, quindi nessuno sapeva che avesse definitivamente capito chi era il padre.
   «Ve l’ho detto che probabilmente era lui!» protestò con le colleghe come se avesse appena affermato un fatto ovvio.
   «Ma quindi è confermato?» chiese Wendy.
   «Non è che sia stato confermato o cose del genere, semplicemente non può essere altrimenti.»
   «Oh.»
   «Ho provato a dirglielo, comunque, ma non mi è sembrato interessato alla cosa.»
   «Cosa?! Quando saresti andata a dirglielo?»
   «Qualche mese fa... mi hanno concesso un colloquio in prigione.»
   «Cavolo, che brutta situazione.» cercò di essere comprensivo Daeju.
  «Ma, che voi sappiate, che fine hanno fatto Jiho e tutti gli altri? Non abbiamo più avuto loro notizie.» provò a chiedere Dawon. Anche se non correvano esattamente buoni rapporti tra loro, erano pur sempre stati colleghi.
   «A dire il vero non hanno fatto sapere più nulla nemmeno a noi...» rispose Iris.
   «Io ho chiesto qualcosa a L data la situazione.» spiegò Lizzy «Mi ha detto che non hanno voluto tradire Ray perché erano fortemente convinti che li avrebbe liberati. Ovviamente li hanno tenuti all’oscuro di tutto quello che è successo in questi mesi. Sono ognuno in isolamento nella propria cella e non gli è permesso di vedere nessuno.»
   «Oramai sono più di sei mesi di isolamento allora... che testardaggine a voler ancora lavorare per quell’incompetente di Ray.» osservò Taeoh, dopotutto il suo ex capo non gli era mai andato a genio.
   «Ma basta perdere tempo in questi discorsi! Andiamo a mangiare!» esclamò Wendy, aprendo le danze e dirigendosi verso la cucina, dove Iris e May avevano preparato ogni tipo di pietanze.
 
   Quella sera gli agenti mangiarono e bevvero fino a scoppiare, in un clima di leggerezza che non si percepiva da un bel po’. Tra una chiacchiera e l’altra ripercorsero le avventure vissute insieme fino ad allora e anche quelle passate, ridendo e scherzando. Finché, dopo aver concluso i festeggiamenti con una bella torta, arrivò il momento di tornare a casa. Per quella sera, Lizzy si sarebbe fermata a dormire nella sua vecchia camera. La casa dei genitori, dove era tornata ad abitare qualche mese prima, distava diverse ore di auto e non aveva voglia di mettersi alla guida in piena notte. I tre ragazzi e Wendy, invece, tornarono al dormitorio.
   «Ragazzi, andate pure avanti.» disse Dawon una volta che furono arrivati davanti all’associazione «Io riaccompagno Wendy a casa.»
   «Ok.» rispose Taeoh. Dopodiché insegnante ed ex allievo si incamminarono a piedi verso l’appartamento della prima, il quale si trovava solo a pochi minuti a piedi dall’associazione.
   «Per me stanno insieme...» disse sottovoce Taeoh a Daeju.
   «Dici? Perché?»
   «Non noti una certa tensione tra i due? E da un pezzo anche!»
   «Umm... non saprei.»
   «Dai, sai che Dawon si era anche dichiarato quando eravamo a Cancún! Secondo me zitti, zitti ci nascondono qualcosa.»
   «Oddio! È vero! Ma quindi! Non ci posso credere!»
   «Che ingenuo che sei.» lo stuzzicò Taeoh. «E io sto con Iris da un po’.»
   «Che!?»
   «Non ti eri accorto neanche di questo?»
   «Ma se non state mai insieme? Quando c’è uno non c’è l’altra!»
   «È questo il dramma.» disse sconsolato Taeoh «Maledetta L!»
   «Un attimo, ma quindi sono l’unico ancora single?»
   «Oh, io aprirei gli occhi fossi in te... non hai visto come ti guarda quella ragazza allieva di SolHee? Dovresti darle almeno una chance
   «Cosa?» esclamò Daeju, arrossendo «Non è vero!»
   «Tzk... comunque direi di andare, qualcosa mi dice che Dawon lo rivedremo direttamente domani mattina.»
   «Ehi!»
   «Su, su, che domani siamo in missione!» tagliò corto Taeoh, spingendo l’amico nel dormitorio.


 
***

 
   Nel tornare a casa, Dawon e Wendy non avevano osato tenersi per mano. Anche se ora lui era un agente a tutti gli effetti era meglio tenere un profilo basso ancora per un po’. Arrivati davanti alla porta d’ingresso, Wendy inserì il codice e lo invitò ad entrare. Sembrava non esserci nessuno in giro. Anche le luci dell’appartamento di SolHee erano spente, o era in giro o già dormiva.
   «Abbiamo mangiato bene stasera!» esclamò Wendy.
   «Già, ci voleva un po’ di leggerezza!» rispose Dawon. «Domani già si riparte!»
   «Io per fortuna sono in pausa fino a lunedì! Un po’ mi mancherà avere allievi svegli come voi!»
   «Svegli come noi o sexy come me?» disse lui, scherzando.
   «Ehi! Chi ti credi di essere?» rise lei.
   «Il tuo ragazzo!»
   «Vedi di fare il bravo in missione che è un attimo che ti retrocedo ad amico, eh!»
   «Ma che cattiva...» fece una finta espressione triste.
   «Comunque... ora non avete più il coprifuoco, vero?»
   «No, siamo liberi! Anche perché altrimenti non saremmo potuti restare con voi oltre la mezzanotte.»
   «Che ne dici di restare da me stanotte?»
   «Oh, oh... è una proposta sconcia?»
   «Ma che vai a pensare?!» lo ammonì lei «Intendevo a dormire!»
   «Ah. Va bene...»
   Rassegnato, il ragazzo si sedette sul divano, mentre Wendy occupò il bagno per struccarsi e mettersi il pigiama.
   «Ti aspetto a letto.» disse la ragazza, dopo essere uscita.
   Dawon andò in bagno a sua volta e si tolse i vestiti. Lasciava sempre una borsa con lo spazzolino e un cambio a casa di Wendy, ma era abituato a dormire in mutande, quindi non portava mai con sé il pigiama. La raggiunse in camera con addosso solo un paio di boxer rossi senza farsi troppi problemi.
   «Maniaco!» esclamò lei, scherzando. Non era la prima volta che lo vedeva in quelle condizioni «Cosa pensi di fare?»
   «Dormire, a dire il vero.» il ragazzo si lasciò cadere sul letto, sdraiandosi a pancia in su.
   «Lo sai?» disse lei, sollevandosi su un gomito e avvicinando il volto a quello di Dawon «Ti ho mentito.» Lui la guardò con aria interrogativa senza capire a cosa si riferisse. «Forse non intendevo proprio dormire e basta.» Wendy si avvicinò ulteriormente alle sue labbra iniziando a baciarlo in modo molto passionale. Le piaceva prenderlo in giro, ma la verità era che di lui non ne aveva mai abbastanza.
   «Interessante...» rispose lui, portando le braccia intorno ai fianchi della ragazza e tornando a baciarla. Si girò in modo da trovarsi sopra di lei e scese con le labbra lungo il suo collo, soffermandosi di più in alcuni punti e lasciandole dei lievi segni rossi. Lei lo assecondò, facendo scorrere le mani lungo la sua schiena nuda. Questa volta per entrambi era diverso. Era la prima volta che si incontravano senza doversi nascondere. Un po’ di timore nel rendere la relazione pubblica lo avevano ancora, ma almeno ora potevano stare tranquilli, non stavano contravvenendo a nessuna regola e tutto ciò che stavano facendo era perfettamente lecito. È vero che molte persone amano il rischio, ma in quel momento Wendy non poté fare a meno di pensare che si era tolta un peso dal cuore. Il rischio l’avrebbe lasciato ad altri, era molto meglio poter dire al mondo che Dawon era suo e non doverlo più nascondere.
   Lui si interruppe per un attimo e le sfilò la maglietta. Poi la guardò dritta negli occhi. Sembrava avesse riflettuto su qualcosa e preso una decisione.
   «Senti, pensavo... quando torno da questa missione, ti va se lo diciamo agli altri?»
   Wendy ci pensò per un attimo. Forse era prematuro, ma all’idea di continuare a nascondersi sentì di nuovo quel peso al cuore. Al diavolo i moralismi e le regole non scritte. Voleva cominciare a vivere alla luce del sole.
   «Va bene. Ci sto.» Spostò le braccia intorno al collo di Dawon, tirandolo verso di sé e ricominciò a baciarlo. L’indomani alle sei di pomeriggio, quello che aveva conosciuto come nemico, come allievo e come amante sarebbe partito con un volo per Busan e sarebbe diventato a tutti gli effetti anche un collega e un alleato. Non sapeva quanti giorni sarebbe stato via, non si può mai sapere per certo quando si torna una volta che si è partiti per una missione, ma se non altro c’era ancora tempo prima di domani e quel tempo l’avrebbe vissuto appieno insieme a lui.
 

 
***

 
   Il mattino seguente, verso le otto di mattina, Lizzy si risvegliò nel suo vecchio letto. Riaprendo gli occhi per un attimo le sembrò di essere tornata indietro nel tempo. Non era mai stata una stacanovista, ma le mancava il suo lavoro. L’interpretazione di un ruolo, la caccia al nemico, il gusto del rischio e soprattutto, la libertà di movimento. Tutte cose che non provava da un bel po’. Non lo sapeva nemmeno lei cosa l’avesse spinta a portare avanti quella gravidanza. I discorsi della sera precedente le avevano fatto pensare di nuovo a Jiho. Non sapeva praticamente nulla di lui, solo che era stato un nemico e che ora era in isolamento forzato. La prima e unica volta che era andata a parlargli l’aveva trattata malissimo. Era anche comprensibile che sospettasse che fosse solo una mossa per farlo cedere. D’altronde chi si aspetta di essere rintracciato dalla donna con cui ha avuto una scappatella perché si è messa in testa di tenere un figlio concepito per caso. Eppure, quella mattina Lizzy sentì che voleva riprovare a parlargli.
   Si alzò dal letto e andò in bagno. Le altre dormivano ancora. Decise che prima di tutto era meglio fare colazione. Forse cambiare aria e rivedere vecchie conoscenze l’aveva resa nostalgica e, tornando alla realtà, quegli strani pensieri le sarebbero passati. Rovistò nella credenza e prese dei cereali. Si scaldò una tazza di latte e mangiò svogliatamente qualche cucchiaiata della sua colazione. Non stava meglio. Stava fissando il vuoto. Senza finire del tutto il contenuto della tazza si alzò e la ripose nel lavandino. Andò a lavarsi i denti e indossò di nuovo i vestiti della sera precedente. Senza che lo volesse la sua mente le stava dicendo di affrettarsi ad andare all’associazione e il suo corpo eseguiva. Prese in prestito dal bagno delle ex colleghe un po’ di crema per il viso e si truccò leggermente con il make-up che aveva portato con sé nella borsa. Erano quasi le nove ma ancora nessuna si era svegliata. Vide dei post-it sul tavolo della cucina e decise di lasciare un messaggio.
   «Grazie per ieri sera. Io vado!».
 
   Uscì dall’appartamento e si diresse all’associazione. Come la volta precedente, chiese a L il permesso di incontrare Jiho e una guardia la scortò fino alla stanza adibita alle visite. L’avrebbe visto di nuovo attraverso un vetro. Dopo qualche minuto di attesa, il ragazzo si fece vivo, accompagnato anche lui da una guardia. Sembrava diventato un’altra persona. La barba incolta, i capelli spettinati, lo sguardo spento e la schiena ricurva. Le fece un po’ pena vederlo così.
Jiho si sedette sulla sedia, davanti al vetro, e si limitò a fissarla senza proferir parola.
   «Buongiorno.» lo salutò Lizzy.
   Lui fece un cenno col capo.
   «Immagino tu ti stia chiedendo perché sono di nuovo qui.»
   Di nuovo nessuna risposta.
   «A dire il vero non lo so nemmeno io.» Lizzy fece una pausa. Anche se Jiho non diceva nulla era sicura che la stesse ascoltando. «Però posso assicurarti che sono qui a titolo personale. L non c’entra niente. So che non te ne importa nulla di tuo figlio, non sono venuta a chiederti di prendertene la responsabilità o cose del genere... è che ieri ho rivisto le mie ex colleghe della missione a Cancún e c’erano anche i tuoi vecchi amici. Nessuno ha più avuto notizie tue e degli altri, quindi ho preso e sono venuta a farti visita, intanto che ero nei dintorni. Volevo sapere come stavi.»
   Jiho continuava a guardarla da dietro al vetro. Le diede la sensazione che stesse cercando il coraggio di chiederle qualcosa. Accennava ad aprire la bocca, come se stesse prendendo fiato prima di parlare, ma poi la richiudeva. Così Lizzy decise di restare in silenzio e aspettare che lui le rispondesse.
   «Fammi uscire da qui...» disse lui, tutto a un tratto. La sua voce aveva un tono basso e supplichevole. «Ti prego.»
   La reclusione forzata l’aveva logorato. Aveva superato bene i primi tempi, ma, giorno dopo giorno, la fiducia in Ray era andata scemando e quando aveva scoperto di star per diventare padre aveva iniziato a chiedersi che senso avesse tutto ciò. Non sapeva nemmeno se i suoi compari fossero ancora reclusi o se invece avessero già gettato la spugna. E se fosse rimasto l’unico a resistere e nessuno sarebbe mai venuto a salvarlo?
   «Sai che è troppo tardi.» rispose Lizzy. Forse era un giudizio un po’ affrettato, ma voleva vedere la sua reazione. Voleva essere sicura che fosse disperato, che non la stesse usando.
   «Ci deve essere un modo per rimediare. Farò tutto ciò che vuoi!» insistette lui. Ormai aveva cominciato, la sua dignità era persa. Era la prima volta dopo mesi di isolamento che parlava con una persona e anche solo pronunciare quelle parole aveva reso più vero che mai il suo desiderio: voleva uscire da lì. Voleva tradire Ray.
   «Non puoi fare niente per me.»
   «Mi prenderò cura del bambino!»
   «Sai che non mi importa. So cavarmela da sola.»
   «Ti prego! Dimmi cosa devo fare!» la supplicò.
   Fu allora che Lizzy decise che poteva essere abbastanza.
   «C’è un solo modo.» disse.
   Jiho rimase ad ascoltarla con la disperazione dipinta in volto.
   «Devi arrenderti. Non c’è possibilità che L ti lasci andare senza essersi accertata che tu sia un suo alleato... o che tu sia innocuo.»
   «Chiama L allora, ho preso la mia decisone. Mi arrendo. Non voglio più restare qui. Sono rimasto l’unico? Ci sono solo io? Gli alti sono usciti, vero?»
   «Questo non posso dirtelo.»
   Jiho ebbe un attimo di esitazione. Si rese conto che anche se gli altri fossero stati ancora dentro, la cosa non avrebbe cambiato la sua volontà. Era diventato troppo da sopportare.
   «Va bene, non importa. Voglio uscire da qui.»
   «Metterò una buona parola su di te con L.» lo informò Lizzy «Ma a una condizione. Promettimi che non ci tradirai. Altrimenti, farò in modo io stessa che tu marcisca qui dentro per sempre.»
   «Lo prometto! Lo giuro!» senza che potesse trattenerle, le lacrime avevano cominciato a scorrere copiose dai suoi occhi. Sarebbe stato per sempre grato a quella donna che era comparsa dal nulla per dargli un’altra possibilità. Era la sua chiave per la salvezza e non l’avrebbe buttata via questa volta.
   Lizzy lo guardò con sguardo deciso e giudicante. I suoi occhi non tradivano emozioni. Non sapeva nemmeno lei perché gli avesse dato una seconda chance. Sentiva solo che fosse giusto così. Forse era compassione, forse senso del dovere. Forse speranza che il padre del suo bambino non fosse poi così una cattiva persona.
   Lo congedò con un cenno del capo e lasciò la sala. Uscita da lì si diresse nell’ufficio di L. La trovò libera da impegni e le parlò della situazione. Voleva sapere anche degli altri. L le confidò che Minki aveva ceduto diversi giorni prima. Pochi mesi dopo la reclusione aveva iniziato a mostrare segni di instabilità mentale e alla fine, esasperato, aveva fatto chiamare L alle guardie e aveva giurato di disertare Ray. Si trovava tutt’ora sotto osservazione all’interno dell’organizzazione, i cui operatori erano intenti a sottoporlo a test psicologici e attitudinali per decretare se reimpiegarlo nelle forze dell’associazione o semplicemente lasciarlo in libertà vigilata finché l’associazione di Ray non fosse stata smantellata. Buffy e James invece erano fortemente convinti che Ray li avrebbe salvati e premiati per il loro coraggio, quindi erano ancora reclusi. Lizzy non poté fare a meno di pensare che erano veramente stupidi. Era più che sicura che il loro pessimo capo avesse intenzione solo di usarli fin dall’inizio. In ogni caso, L accettò di ricevere Jiho. Ci sarebbe stata una possibilità di redenzione anche per lui.


- Fine cap.32
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Rieccomi qui!!! *^* Non so se ci sia rimasto ancora qualcuno, ma finalmente ho ritrovato il tempo per aggiornare!
Quest'estate sono stata super impegnata perchè ho finalmente deciso di pubblicare il mio primo libro su Amazon per provare a partecipare al concorso di quest'anno! Ok, non ho grandi aspettative, ma ho colto l'occasione per mettermi alla prova. Se siete curiosi di vedere di cosa si tratta, vi lascio il link QUI!
Insomma, grazie per la pazienza, ormai manca poco alla fine di questa storia! Veramente poco! Non la lascerò incompleta.
A presto!

Misa

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Capitolo 33
*** Cap. 33 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 33 -


 
Erano le due di pomeriggio passate e Dawon ancora non si era fatto vivo. Taeoh e Daeju lo stavano aspettando impazientemente vicino alla macchinetta del piano terra dell’associazione. Di lì a poco si sarebbero dovuti recare in aeroporto per la loro prima missione da agenti a tutti gli effetti. Mentre aspettavano che la macchinetta finisse di riempire il bicchiere con il latte macchiato che Daeju aveva ordinato, le allieve di SolHee, di rientro dal poligono, si accodarono ai due ragazzi per prendere a loro volta qualcosa da bere. O forse solo per avere la scusa di vederli da vicino e interagire con loro neanche fossero delle celebrità. Soprattutto una delle ragazze, Luna, osservava timidamente Daeju senza trovare il coraggio di fare la prima mossa.
«Psst...» Taeoh picchiettò col gomito nel braccio di Daeju per suggerirgli di fare qualcosa. L’amico colse il segnale e decise di buttarsi.
«Oh, ciao Luna.» disse, in modo un po’ goffo «Posso offrirti qualcosa?»
«Ah... eh... dici a me?» la ragazzina andò totalmente in panico.
«Sì, Luna.» rispose lui, in tono confuso. Temeva di aver già sbagliato qualcosa.
«Grazie mille Daeju!» al contrario, Luna provò una gioia immensa per quel piccolo pensiero da parte del ragazzo. Si sentiva come una bambina che aveva appena ricevuto il regalo più bello di sempre.
«Ma figurati, non è niente di speciale...» sminuì il ragazzo, passandosi una mano dietro alla nuca in modo imbarazzato.
«Daeju, ma come facevi a sapere che oggi è il giorno del mio compleanno?»
«A dire il vero io non...» la verità era che non ne aveva la minima idea. Taeoh tirò di nuovo una gomitata a Daeju e pensò che questa fortunata coincidenza lo aveva perlomeno salvato da una rivolta di massa delle altre allieve. «Non lo sapevo fino a oggi! L’ho scoperto per caso, eh sì!» si corrésse immediatamente, dopo il segnale dell’amico. «Allora, cosa scegli?» cambiò discorso. Nel frattempo, il suo bicchiere era pronto, perciò lo spostò da sotto l’erogatore.
«Una cioccolata calda! SolHee non ci permette di mangiare la torta neanche in giorni speciali come questo! Ma grazie a te festeggerò degnamente i miei ventun anni!»
«Che cattiveria...» Daeju inserì i soldi e selezionò la cioccolata.
«Ma, Daeju.» sembrava non poter fare a meno di chiamarlo per nome «Tu quanti anni hai? Cioè, volevo dire, quando li compi?»
Taeoh sogghignava divertito. Erano entrambi imbranati, ma lei sembrava davvero interessata. Chissà come l’avrebbe presa quando avrebbe scoperto che avevano ben otto anni di differenza.
«Ah, io? Tra un bel po’. Il sette di ottobre ne faccio trenta.»
«Sembri molto più giovane!»
«Hehehe grazie!» gli rimase il dubbio: stava pensando che era troppo vecchio? In ogni caso, le passò la cioccolata, che ormai era pronta. Proprio in quel momento, una delle ragazze urlò: «C’è Minho!» e tutte le altre, Luna compresa, si voltarono verso la porta che dava sull’esterno.
L’agente rubacuori più affascinante dell’associazione fece il suo ingresso trionfale accennando un saluto alle ragazzine, che andavano sempre in totale delirio per lui. Dopo la brutta ferita da arma da fuoco che gli era quasi costata la vita a Tokyo aveva passato un periodo molto lungo di convalescenza, ma ora finalmente era pronto a riprendere servizio. Naturalmente Daeju ci rimase un po’ male nel vedersi rubare tutta l’attenzione così.
«Ragazze! Smettetela di infastidire gli agenti! Andiamo!» l’insegnante SolHee richiamò le sue rumorose allieve.
Le ragazze si quietarono all’istante e la seguirono disciplinatamente. Solo Luna si voltò verso Daeju e lo ringraziò nuovamente prima di andarsene.
«Hai fatto colpo amico!» si congratulò Taeoh.
«Caspita... sono davvero vecchio per lei. E ora?»
«Nah, cominciate a conoscervi meglio. Non sempre conta l’età.»
«Mah, se lo dici tu...»
«Ragazzi? Ma che era tutta quella folla?» disse Dawon, spuntando alle loro spalle.
«Ah! Mi hai spaventato.» protestò Daeju «C’era Minho...»
«Alla buon’ora, amico! Partiamo?» lo salutò Taeoh.
«Sono il leader, faccio quello che voglio.» si giustificò lui.
«Sì, sì, come no...»
«Comunque, vado un attimo a cambiarmi, metto due cose in valigia e arrivo.»
«Ok, vedi di non fare tardi. E non portare troppo che il tempo previsto è di cinque giorni.»
«Lo so, lo so...»
Dawon si preparò in velocità e finalmente raggiunse gli altri due colleghi per la loro prima vera missione. Era un po’ come lavorare per Ray ma molto meglio organizzati e con la consapevolezza che non gli avrebbero commissionato omicidi insensati e cose illegali. Era una bella sensazione. I tre lasciarono l’associazione e si diressero all’aeroporto per partire alla volta di Busan.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
«Pronto?» rispose al telefono May «Sì... sì, va bene, ho capito... ok, arrivederci.»
«Chi era?» chiese Iris, affacciandosi alla porta della camera dell’amica.
«La segretaria di L. Si riparte.» erano passati solo tre giorni dall’ultima missione. Quel lunedì erano partiti i tre nuovi agenti e l’indomani, di giovedì, sarebbe toccato a lei.
«Dove ti mandano stavolta?»
«A Bali. Sembra che un’idiota abbia rubato una grossa somma di denaro in Corea e sia fuggito a nascondersi lì, quindi non possono inseguirlo.»
«Ohhh, Bali! Se non altro ti farai un viaggetto.»
«Già! E vado con Shion, quindi questa volta mi è andata bene!»
«Alla grande direi!»
«Già, parto domani mattina.»
«Hai bisogno di un passaggio in aeroporto?»
«No, tranquilla, mi passa a prendere lui.»
«Ok! Senti, ti va di andare a mangiare fuori stasera? Ho una voglia incredibile di sushi!»
«Ci sto!»
 
Così le due ragazze si prepararono e uscirono a cena al loro abituale ristorante di sushi. Era uno dei loro luoghi preferiti perché ci andavano spesso quando erano ancora allieve. Mentre Lizzy e Wendy le avevano conosciute solo successivamente, quando si era venuto a creare il gruppo di agenti e si erano improvvisamente ritrovate ad abitare insieme, Iris e May si conoscevano già da prima. Da bambine abitavano nello stesso condominio, in Europa, e anche se avevano due anni di differenza potevano definirsi amiche di infanzia. Entrambe le famiglie si erano trasferite in Corea del Sud per lavoro quando Iris stava per cominciare le medie e May era agli ultimi anni delle elementari. Imparare la lingua era stato difficile, ma anche affascinante. Entrambe erano portate per le lingue straniere e avevano anche diversi interessi in comune. Negli anni il loro legame era andato rinforzandosi sempre più fino a potersi considerare come due sorelle. Avevano frequentato scuole diverse ma alla fine avevano intrapreso entrambe la stessa carriera di agenti, prima Iris e, due anni dopo, May. Non avevano condiviso la stessa insegnante, ma si incontravano spesso per confrontarsi e passare un po’ di tempo insieme. Sapevano di poter contare sempre l’una sull’altra e scherzavano spesso sul fatto che quando si sarebbero sposate avrebbero voluto essere vicine di casa.
La serata volò in fretta tra una chiacchiera e l’altra e il giorno seguente, di mattina, Shion passò a prendere May. La ragazza salutò l’amica e si diresse in aeroporto.
 
«Allora, sei pronta per questa nuova avventura?» le chiese il ragazzo in tono scherzoso.
«Pronta! Ma dici che si arrabbierà L se mi dimentico dell’obiettivo e vado a prendere il sole in spiaggia?»
«Direi di sì!»
«Che peccato, un po’ ci speravo...» continuò scherzando lei. Con Shion aveva instaurato un bel rapporto. Non che prima non stesse bene in sua compagnia, ma da quando stavano insieme anche lui era meno impacciato nei suoi confronti ed erano diventati estremamente complici, una cosa che, al contrario del luogo comune per cui se si ha una relazione o si è innamorati non si lavora bene e si perde la concentrazione, li aveva resi estremamente efficienti, soprattutto nelle missioni di coppia.
Come ogni volta, i due si imbarcarono, pronti a portare a termine il loro incarico, e questa volta sarebbero anche atterrati in un posto fantastico. A May venne spontaneo pensare che faceva una vita frenetica, ma era contenta così. Forse la stabilità non è così semplice da trovare, o forse dipende da cosa intendiamo per stabilità. Mettersi a rincorrere criminali poteva essere pericoloso, ma stare tutto il giorno chiusa in un ufficio sarebbe stato anche peggio, si sarebbe sentita soffocare. E poi in questo modo aveva anche la possibilità di viaggiare il mondo, se era fortunata, con la persona che amava al suo fianco.
Tenendosi mano nella mano con Shion, guardò fuori dal finestrino. Vide le nuvole bianche galleggiare leggere nel cielo azzurro e pensò che era felice. Era quella la vita che voleva.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
Il venerdì sera era arrivato in fretta. Iris stava sorseggiando una tazza di tè verde mentre osservava dalla finestra della cucina le luci di Seoul. Lungo l’ampio viale su cui era affacciato il suo appartamento era un susseguirsi di auto dirette chissà dove. Dopo tanti giorni di sole si era improvvisamente messo a piovere e l’acqua cadeva sull’asfalto e sugli edifici creando una moltitudine di riflessi colorati. Iris aveva lasciato la luce accesa in salotto, mentre in cucina l’aveva tenuta spenta per poter vedere bene all’esterno. Per un po’ rimase così, nel buio della stanza a contemplare il panorama e a godersi in silenzio lo scrosciare della pioggia. Non era il tipo da disdegnare una buona compagnia, ma anche la solitudine non le era mai dispiaciuta. Dopo gli ultimi mesi di lavoro intenso, i giorni di calma appena trascorsi le erano sembrati una benedizione. Ne aveva approfittato per fare ordine in camera e nei pensieri. In più era la prima volta da Cancún che aveva la casa tutta per sé.
La sua attenzione si spostò dal mondo esterno al proprio riflesso sul vetro. Mosse la testa prima a destra, poi a sinistra, osservando il collo, lasciato scoperto da un maglione bianco con un leggero scollo a V. I lividi bluastri erano migliorati molto e si stavano riassorbendo. Era un po’ come se l’incubo vissuto con la comparsa di Devon stesse finalmente scomparendo, dissolvendosi insieme alle tracce che aveva lasciato sul suo corpo. Iris aveva avuto davvero paura quella volta, ma l’aveva visto talmente miserabile che non provava più né rabbia né risentimento nei suoi confronti.
Qualcuno suonò al campanello, distogliendola dai pensieri. La ragazza andò a controllare il citofono. Non aspettava nessuno. Sullo schermo vide il volto di Taeoh. Era già al ventesimo piano, davanti a casa sua. Gli aprì subito la porta. Non si aspettava che sarebbe venuto a trovarla.
«Ciao!»
«Sorpresa!» esclamò lui, con un sorriso a trentadue denti stampato in volto.
«Entra, non stare lì.» lo invitò a varcare la soglia.
Il ragazzo si tolse le scarpe, lasciandole all’ingresso insieme a quelle di Iris, e si richiuse la porta alle spalle.
«Ti ho disturbata? Che stavi facendo?»
«Ma no, figurati. Stavo bevendo un tè. Vuoi qualcosa?»
«Umm... no, grazie.» Iris si incamminò verso la cucina, dove aveva lasciato la tazza, e Taeoh la seguì.
«Che sorpresa davvero vederti qui! Quando sei tornato?»
«Poco fa, sono passato dal dormitorio a cambiarmi e a lasciare giù la valigia e sono venuto subito qua.»
Iris non poteva fare a meno di sorridere. Si erano detti mille volte di incontrarsi a casa sua ma non c’erano mai riusciti e ora finalmente eccolo lì. Prese in mano la tazza e si appoggiò al davanzale, dando le spalle alla finestra e rivolgendo lo sguardo verso Taeoh. Anche lui rimase in piedi, a pochi centimetri da lei.
«Sta piovendo parecchio, hai i capelli un po’ bagnati.» disse Iris, passando delicatamente le dita sulla frangia del ragazzo. I capelli gli erano cresciuti parecchio negli ultimi mesi. Prima erano davvero corti, ora, invece, aveva una frangia lunga fino alle sopracciglia e li teneva un po’ più tagliati dietro e ai lati.
«Solo poco, non avevo l’ombrello.» Taeoh si sporse appena verso di lei e le stampò un bacio sulle labbra.
«È andato tutto bene a Busan?» gli chiese Iris, finendo di bere il tè.
«Benone direi! Ce la siamo cavata perfino prima del previsto. Sai, a dire il vero come lavoro mi piace molto più di quello di prima. Alla fine a livello pratico non cambia molto, ma almeno sento di star facendo qualcosa di utile e non dei danni.»
«Mi fa piacere sentirtelo dire! Dopotutto è un po’ anche colpa mia se la tua esistenza si è stravolta. Se avessi avuto rimpianti sarebbe stato un guaio.»
«Per merito tuo più che per colpa tua! Se penso al motivo per cui ci siamo conosciuti sono io che mi dispiaccio.»
«È acqua passata. E poi ho sempre avuto la sensazione che non volessi farlo sul serio...»
«Questo è vero... se proprio devo dirla tutta, il boss di prima era un vero idiota e poi più ti conoscevo e più temporeggiavo. Insomma, sarebbe stato troppo anche per me. Non ho mai amato l’illegalità in quanto tale, mi servivano solo soldi per vivere.»
«Non posso darti torto. Non eri certo in una bella situazione.»
Lui annuì.
«Comunque, Busan è molto bella come città. Un giorno potremmo andarci insieme.»
«Mi piacerebbe!»
«Non faccio promesse però, visto che ci sono voluti mesi per venire a trovarti.» rise leggermente.
«Ti va di andare sul divano?» Iris si allontanò dalla finestra, lasciò la tazza vuota nel lavandino e si diresse in salotto.
Taeoh annuì con un cenno del capo e la seguì.
«Vediamo un po’ cosa danno in televisione.» la ragazza prese il telecomando e cominciò a scorrere i canali. «Film deprimenti, documentari, telegiornale, film di spionaggio...» si soffermò per un attimo su quest’ultimo.
«Ehi, non vorrai sentir parlare di lavoro anche adesso che sei in vacanza?» la stuzzicò lui, puntandole un dito nel fianco e facendole venire da ridere.
«Ma ho cambiato canale!» rispose Iris, ricominciando lo zapping.
«Non è vero! Ti ho vista! Ti eri fermata sul film di spionaggio!» continuò lui, prendendo a farle il solletico alla pancia.
«Basta! Basta! Smettila!» protestò Iris tra una risata e l’altra. Non riuscendo a resistere, aveva iniziato a divincolarsi nel tentativo di sottrarsi a quella buffa tortura, ma Taeoh, che rideva a sua volta, non sembrava intenzionato a cedere. Iris riuscì ad afferrare un cuscino e iniziò a difendersi, colpendolo a casaccio, ma un movimento un po’ più brusco degli altri le fece perdere l’equilibrio, facendoli cadere entrambi su un lato del divano, lei sopra di lui. Taeoh smise di farle il solletico e iniziò a fissarla negli occhi. Le sue mani raggiunsero il volto della ragazza. La tirò verso di sé e iniziò a baciarla lentamente. Iris lasciò cadere il cuscino per terra e ricambiò quel bacio che si stava facendo sempre più passionale. Ad un certo punto, Taeoh puntò i gomiti contro il divano, sollevandosi in modo da far tornare entrambi seduti. Interruppe il bacio e le sfilò il maglione, per poi soffermarsi a guardarla. Con una mano le accarezzò il volto.
«I segni stanno andando via finalmente.» disse sollevato, notando che i lividi intorno al collo si erano molto attenuati e sull’addome non c’era più nulla. Non la vedeva dal giorno dopo essere tornati dalla missione che l’aveva messa in pericolo di vita ed era contento di scoprire che si stava riprendendo in fretta.
«Sto molto meglio.» Iris annuì, ma gli occhi di Taeoh continuavano a bruciarle addosso. Non riuscì a resistere e liberò anche lui dal suo maglione, constatando che i segni lasciati dall’ultimo scontro sul suo addome erano scomparsi del tutto. «E anche tu.»
Taeoh le sorrise, facendole definitivamente perdere la testa. Iris si sporse verso di lui e ricominciò a baciarlo, facendo scorrere una mano sulla sua pelle leggermente ambrata. Dal viso scese lungo il collo, attraversò il petto e raggiunse gli addominali, come sempre scolpiti da ore e ore di allenamenti. Taeoh la fermò, prendendo la mano di Iris nella sua, e interruppe il bacio.
«Senti… posso restare da te stanotte?» le chiese timidamente.
Iris si sentì pervadere da un misto di felicità e tenerezza. Per la prima volta le sembrò lui quello ingenuo tra i due.
«L’avevo già messo in conto.» gli rispose, arrossendo leggermente. «Andiamo di là.» aggiunse poi, indicandogli la propria camera. A quel punto, Taeoh si alzò in piedi, stringendo le braccia intorno ai fianchi di Iris e sollevandola dal divano. Lei mise le gambe intorno alla vita del ragazzo, aiutandolo a sorreggerla, e si lasciò portare sul letto. Finalmente, dopo tanta attesa, potevano godersi del tempo da soli e, con un po’ di fortuna, avrebbero passato insieme l’intero weekend.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Un mese e mezzo dopo.
 
Come ogni mattina, Wendy uscì di casa per recarsi al lavoro. Il tempo era volato, era già inizio aprile. La ragazza respirò a pieni polmoni l’aria primaverile e si godette per un attimo la sensazione del sole tiepido sulla pelle. Lungo la strada notò che i fiori avevano iniziato a sbocciare su molti alberi. Quell’anno le sarebbe piaciuto andare a vedere i ciliegi con Dawon, ma spesso lui era in viaggio e non riusciva più a vederlo di frequente come prima. Sarebbe stato difficile organizzare qualcosa. Lo stesso valeva per le amiche. Abitando da sola difficilmente le incrociava e anche nei weekend si ritrovava da sola, seduta sul divano a guardare la televisione. Una noia mortale. Ogni tanto usciva con il gruppo delle insegnanti dell’associazione, ma non era riuscita a legare molto con loro. Venivano tutte da background molto differenti dal suo, e poi c’era sempre quell’invidiosa di SolHee a rovinare l’atmosfera. Come Dawon e i ragazzi, anche Iris e May erano impegnate con le missioni, mentre Lizzy avrebbe partorito a giorni e la sua agitazione era alle stelle. Ogni tanto la chiamava per telefono ma non aveva idea di come tranquillizzarla. La gravidanza era un’esperienza a lei sconosciuta e sperava lo sarebbe stato ancora per molto tempo.
Da L aveva saputo che Jiho e Minki erano passati dalla loro parte. Non si sarebbe mai e poi mai immaginata che Jiho avrebbe ceduto proprio grazie a Lizzy. Non sapeva se fosse una specie di penitenza o gli interessasse davvero, ma andava anche a trovarla di tanto in tanto e le aveva persino promesso che avrebbe riconosciuto il bambino. Da cattivone per eccellenza a padre modello, insomma. Un bel cambiamento a 360 gradi per uno così. Quando gliel’avevano detto non aveva potuto fare a meno di pensare che il mondo era davvero strano.
Anche lavorativamente parlando, erano mesi che conduceva uno stile di vita tranquillo, se non addirittura monotono. Un mese e mezzo prima aveva iniziato ad allenare un nuovo gruppo di ragazzini e le lezioni procedevano alla rilenta. Era il suo primo vero gruppo di completi principianti dopotutto. Le capitava più e più volte di doversi ripetere e anche nel combattimento le toccava essere fin troppo clemente. Erano molto inesperti. Con un po’ di autocontrollo riusciva sempre a mantenere la pazienza, ma era davvero stancante, per non dire frustrante, vederli progredire così lentamente.
In ogni caso non è che le dispiacesse la vita da insegnante. Se l’era scelta lei e aveva guadagnato quel posto studiando duramente. Però un po’ le mancava l’avventura. Anzi, molto. Giorno dopo giorno usciva sempre allo stesso orario, percorreva a piedi la stessa strada, incontrava le stesse persone e mangiava negli stessi posti. Alla lunga questo stile di vita così ordinario la stava annoiando. Avrebbe voluto di nuovo prendere un aereo, ritrovarsi in qualche inseguimento in auto, scovare i criminali e suonargliele di santa ragione. Il brivido della vita da agente era qualcosa di inestimabile. E poi ogni volta che le sue colleghe venivano mandate in qualche posto esotico si sentiva terribilmente invidiosa. Soprattutto se si trattava di una missione in coppia. Quanto le sarebbe piaciuto andare all’avventura con Dawon un giorno!
Ancora pochi minuti e sarebbe arrivata all’associazione, pensò, passando l’intersezione con una stradina secondaria. In quel momento un uomo incappucciato e completamente vestito di nero corse fuori da quel vicoletto, dirigendosi verso di lei. Non fece nemmeno in tempo a capire cosa stava accadendo che l’uomo le fu addosso e la strinse da dietro in una morsa molto potente, costringendola a star ferma, mentre con una mano premette con forza un fazzoletto imbevuto di una sostanza dall’odore dolciastro contro la sua bocca e il suo naso. Wendy sentì che stava pian piano perdendo conoscenza. Doveva essere cloroformio. Le gambe le cedettero. Era totalmente in balia del proprio aggressore.



Fine cap. 33
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   E siamo giunti alla fine anche di questa parte! Finalmente un po' di gioie per questi poveri personaggi! Ma che sarà successo a Wendy? Chi è questo nuovo, misterioso aggressore che l'ha narcotizzata? E che le vorrà mai fare?
   Abbiamo ancora due capitolo per scoprirlo e risolvere il mistero! :)
   A presto!

   Misa

 

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Capitolo 34
*** Cap. 34 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 34 -



 
  
 
 
 
   Da quando aveva cominciato a lavorare a tempo pieno come agente, Dawon non riusciva più a vedere Wendy con la stessa frequenza di prima. La sera del giorno precedente era rientrato da una missione all’estero, così quella mattina aveva pensato di passare a salutare la sua ragazza a lezione. Diede un’occhiata all’orologio e si accorse che era già tardi. Gli allenamenti sarebbero iniziati in pochi minuti e ora che abitava in un vero appartamento e non più nel dormitorio dell’associazione avrebbe dovuto prendere la macchina per raggiungerla. Ci sarebbe voluto almeno un quarto d’ora. Dopo averci riflettuto un attimo, decise di fare comunque un tentativo. Se fosse arrivato a lezione iniziata si sarebbe trovato qualcosa da fare nell’attesa e l’avrebbe raggiunta per pranzo. Indossò il giubbotto nero che teneva sull’appendiabiti dell’ingresso, si infilò le scarpe, controllò di avere in tasca le chiavi dell’auto e uscì.
   Arrivato davanti alla palestra in cui si sarebbe tenuta la lezione, notò che la porta era ancora aperta ed entrò.
   «Buongiorno.» lo salutarono gli allievi, facendo anche un inchino in segno di rispetto. L’insegnante non c’era.
   «Ciao ragazzi. Non è ancora arrivata Wendy?»
  «No, non ancora.» si fece avanti un allievo un po’ più spigliato degli altri.
   «Strano… doveva essere arrivata quasi mezz’ora fa. Di solito è puntuale, no?»
   «Sì. Non è mai arrivata in ritardo.»
   «Umm… io resto nei paraggi, se non arriva fatemelo sapere.» Dawon congedò gli allievi di Wendy e si incamminò per i corridoi dell’associazione. Si diresse alle macchinette vicino all’ingresso, pensando che potesse essere lì, ma non la incontrò. Forse mezz’ora di ritardo non era poi così tanto, ma più i minuti passavano, più iniziava a temere che le fosse successo qualcosa. Prese il cellulare e provò a chiamarla, ma lei non rispose, il suo telefono risultava spento. In quel momento il ragazzo cominciò a preoccuparsi seriamente che si fosse sentita male o che le fosse capitata qualsiasi altra cosa. Uscì di corsa dall’associazione e provò a percorrere a ritroso la strada che Wendy faceva ogni mattina per andare al lavoro. Nulla, non c’era traccia di lei. Si spinse fino al suo appartamento e provò a entrare, ma anche lì non c’era nessuno. Improvvisamente sentì squillare il cellulare. Lo prese velocemente dalla tasca dei jeans e controllò il numero sul display nella speranza si trattasse di Wendy, ma si sbagliava. Era una chiamata di lavoro, perciò rispose ugualmente.
   «Agente Dawon?» lo chiamò la segretaria di L dall’altro capo del telefono.
   «Sì, mi dica.»
   «La prego di presentarsi nell’ufficio di L il prima possibile. Si tratta di una questione della massima importanza.»
   «Sono nei pressi dell’associazione. Arrivo subito.» non aveva idea di cosa si trattasse, ma aveva come un brutto presentimento. Si affrettò a richiudere la casa della ragazza e si diresse all’ufficio di L.
   Una volta arrivato vide che oltre a lui erano stati convocati anche Taeoh, Daeju, Iris, May e Minho.
   «Ragazzi, che sta succedendo?» chiese preoccupato.
   «Non lo sappiamo neanche noi.» rispose Taeoh. Dopo pochi minuti, L li fece entrare. Non aveva predisposto alcuna sedia e dopo aver fatto cenno alla segretaria di lasciare l’ufficio si era preoccupata anche di chiudere le tende. Doveva trattarsi di una questione urgente oltre che molto importante.
   Senza indugiare in formalismi, L girò verso di loro lo schermo del computer e fece partire un video. Quello che videro li lasciò spiazzati. C’era Wendy, imbavagliata e legata a una sedia, priva di sensi. Improvvisamente fece la sua comparsa sullo schermo il volto di Ray.
   «Ciao, ciao L… è un po’ che non ci si vede eh? Indovina un po’? Ho preso in ostaggio una tua cara agente. O forse non è più un’agente? Bah, che importa? Se non lo avessi già capito sto chiedendo che mi vengano restituiti i miei collaboratori. Tutti, nessuno escluso! Ti do tempo fino alle dieci di stasera, altrimenti…» il video mostrava Ray che si avvicinava a Wendy, le tirava la testa indietro afferrandola per i capelli e le puntava la lama di un coltello al collo «la tua preziosa agente farà una brutta fine. E ti assicuro che non sarà l’ultima!» Il video si concludeva con Ray di nuovo in primo piano che ribadiva l’ora dell’incontro e dava appuntamento a Iris, May e Minho in un’area dismessa di Seoul per effettuare lo scambio.
   Gli agenti convocati si scambiarono sguardi preoccupati. Nessuno di loro si capacitava di come potesse essere successa una cosa del genere. Soprattutto Dawon stava facendo seriamente fatica a mantenere i nervi saldi. Fosse stato per lui sarebbe corso immediatamente da Ray per liberare Wendy.
   Senza indugiare, L rimise a posto lo schermo del computer e prese la parola.
   «È evidente che Ray deve aver seguito Wendy e studiato le sue abitudini per poi rapirla. Ciononostante, dubito fortemente che i suoi informatori abbiano intuito che i suoi ex collaboratori non gli sono più fedeli.»
   «Non abbiamo mai accennato a nulla quando eravamo ancora sotto il suo comando.» confermò Taeoh. «Siamo stati direttamente imprigionati e abbiamo seguito gli allenamenti di Wendy senza avere più alcun contatto con lui.»
   «Ne sono certa.» confermò L «E credo anche che Ray si sia messo sulle vostre tracce solo di recente.»
   A tutti venne spontaneo pensare che fosse un ragionamento piuttosto logico. Di sicuro doveva aver avuto il tempo di trovare nuovi collaboratori fidati e, anche se questo teoricamente L non doveva saperlo, se si fosse messo sulle tracce di Wendy prima che Dawon fosse diventato un agente avrebbe di sicuro notato che si frequentavano e non avrebbe richiesto indietro “tutti i suoi agenti” scoperto il tradimento. Per tutti questi mesi doveva aver preparato la sua vendetta e alla fine era riuscito a trovare l’anello debole della catena proprio in Wendy, che era l’unica tra le agenti coinvolte ad avere una vita con orari regolari e prevedibili e che frequentava ancora l’associazione e i suoi dintorni.
   «Come facciamo?» chiese Dawon, impaziente di entrare in azione. Aspettare fino alle dieci gli sembrava improponibile. Si sentiva come se la preoccupazione lo avrebbe ucciso durante l’attesa.
   «Esattamente come ci ha chiesto.» rispose L.
   Gli agenti la guardarono con sguardi sbigottiti.
   «Ha intenzione di restituirci a Ray?» chiese allarmato Daeju.
   «Ho mai lasciato qualcosa al caso?» replicò L «Siete ancora miei sottoposti, perciò farò solo finta di riconsegnarvi. Al contrario, questa sarà una nuova missione per voi. In più, sarà un’ottima occasione per testare la loro fedeltà.»
   La porta dell’ufficio si aprì e fecero la loro comparsa Jiho e Minki.
   «Da quando si sono arresi, anche loro hanno scelto di essere reimpiegati nelle mie forze. Certo, non sono adatti come agenti al momento, ma possono comunque dimostrare le loro buone intenzioni restando dalla nostra parte. In più libererò anche Buffy e James. Saranno utili per rendere il tutto più realistico. Naturalmente loro non sanno chi è stato scarcerato e chi no, quindi vi manderò tutti insieme come se foste ancora alleati di Ray, scortati da Iris, May e Minho. Una volta effettuato lo scambio, anche se Buffy e James continueranno a dimostrarsi avversari, voi vi troverete quasi sicuramente in superiorità numerica e sarà più semplice catturare Ray e i suoi sottoposti.»
   «È troppo rischioso!» provò a obiettare Iris.
   «È sempre stato rischioso il vostro lavoro.» ribadì L «Questa è un’occasione d’oro che non possiamo lasciarci sfuggire. Vorrebbe dire annientare definitivamente la mafia di Ray. Senza il suo comando l’intero business fallirà e si dissiperà nel nulla.»
   «Ma non abbiamo alcuna certezza che Ray si presenterà sul luogo dello scambio!»
   «Io credo proprio che ci sarà. Hai pensato a perché ha chiesto esplicitamente che siate voi tre a presentarvi sul luogo dello scambio?» chiese L, riferendosi ai suoi tre vecchi agenti.
Iris ci pensò per un attimo e poi la risposta le fu chiara.
   «Per vendicarsi?»
   «Esattamente. Vuole recuperare la vecchia squadra e portare a termine l’omicidio che ha pianificato già molti mesi fa.»
   «Anche se così fosse, Wendy è già in mano sua, ma perché non convocare anche Lizzy?» osservò May.
   «Semplice, ora che è fuori servizio e vive a casa dei genitori, Lizzy è molto facilmente reperibile e sicuramente sanno in che condizioni si trova, perciò immagino non la reputino pericolosa. Allo stesso tempo, però, può essere che tenteranno di eliminarla in un secondo momento.»
   «Ma allora è in pericolo!»
   «Tranquille, ho pensato anche a questo. Ho già inviato una squadra sul luogo per proteggerla e al momento sta bene. Allora, vi ho convinti?»
   Gli agenti si guardarono tra di loro con aria preoccupata. Non sarebbe stato facile. Su Taeoh, Dawon e Daeju potevano contare, ma avrebbero comunque avuto contro Buffy, James, Ray e chissà chi altro. Per non parlare del fatto che non avevano idea da che parte si sarebbero schierati Jiho e Minki una volta arrivati sul campo.
   «Anche se non vi avessi convinto, il capo sono io, quindi niente obiezioni. Andate immediatamente a prepararvi alla missione. Questa è un’ottima chance, ma se il piano non andrà in porto ci ritroveremo con tutte le nostre carte scoperte e sarà un disastro. Non possiamo permetterci di fallire.»
   A quel punto tutti i presenti annuirono, anche se col cuore un po’ pesante, e lasciarono l’ufficio. Era il momento di unire le forze e prepararsi a liberare Wendy.
 
 
 
 
 
 
 *** 
 
 
 
 
 
   Dopo varie discussioni e piani d’azione rivisti e migliorati, erano giunte le nove di sera. Tutti gli ex alleati di Ray erano stati ammanettati e fatti salire insieme a Buffy e James, nelle stesse condizioni, sul furgone che li avrebbe condotti al luogo dello scambio. Alla guida, Minho si stava addentrando con cautela nelle strade sconosciute che li avrebbero condotti nell’area dismessa, e quindi isolata e protetta da sguardi esterni, indicata da Ray.
   Arrivarono un po’ in anticipo e attesero l’arrivo del nemico rimanendo all’interno dell’autovettura. Alle dieci e dodici minuti tre macchine raggiunsero il luogo e si posizionarono davanti al furgone dell’associazione. Al loro interno si potevano scorgere le sagome di Ray, tre complici e Wendy, seduta sul sedile posteriore di una delle auto. Gli agenti preferirono attendere che fosse lui a fare la prima mossa. Infatti così fu. Ray scese dall’auto di cui era alla guida, forte del fatto che gli agenti di L non gli avrebbero mai sparato a tradimento da lontano. I tre complici si comportarono allo stesso modo e uno di loro fece scendere dall’auto anche Wendy, imbavagliata e con le mani legate dietro alla schiena, conducendola in mezzo a loro mentre la teneva ben salda per un braccio e le puntava la pistola alla tempia. Colto il segnale anche Iris, May e Minho scesero dal loro mezzo.
   «Buonasera…» disse Ray, in tono sarcastico «dove sono i miei ragazzi?»
   «All’interno della vettura.» rispose Iris «Su ordine di L sono tutti presenti.»
   «Ottimo!» esultò il nemico. Dalla sua espressione si capiva chiaramente che stava ritenendo L una perfetta idiota. «Bene, consegnatemeli prima voi, o non se ne fa niente.»
   «Cominciate a non rivolgere la pistola contro la nostra collega!» ordinò Iris. «Altrimenti niente scambio.»
   Naturalmente Ray se lo aspettava. Fece cenno al suo sottoposto di abbassare le armi. A quel punto May fece uscire tutti i ragazzi dal furgone, ancora ammanettati.
   «I vostri alleati sono in superiorità numerica, mentre la nostra collega è da sola e in condizioni di svantaggio, perciò non possiamo accettare di consegnarvi prima tutti i nostri ostaggi.» ordinò Minho. Ray sembrò agitarsi. «Ma ho pensato a un compromesso. Mandiamo avanti gli ostaggi da soli, contemporaneamente.»
   «Quanto siete complicati…» sbuffò Ray «E va bene, mandateli avanti.»
   Appena i ragazzi cominciarono a camminare verso di Ray, il complice ordinò a Wendy di dirigersi verso i suoi alleati, spintonandola da dietro alla schiena. Appena la ragazza fu lontana di un paio di metri, però, il suo aguzzino puntò la pistola nella sua direzione. In un secondo anche i tre agenti di L estrassero le pistole.
   «Se sparate a Wendy è finita!» li ammonì Iris.
   «Stai tranquilla ragazzina, mi sembri un po’ agitata.» la schernì Ray, mettendo una mano sopra a quella dell’uomo con la pistola e facendogli cenno di abbassarla. Il sottoposto eseguì l’ordine. Pochi attimi dopo gli ostaggi raggiunsero indenni ognuno la propria squadra.
   «Wendy, stai bene?» le chiese Iris, togliendole immediatamente il bavaglio.
   «Si, maledizione!» imprecò lei, ancora incredula per quell’assurda situazione. Aveva anche una sete pazzesca. L’avevano tenuta legata su quella scomodissima sedia tutto il giorno e non le avevano dato né da mangiare né da bere per ore.
   «Le chiavi!» ordinò Ray da lontano. Gli agenti si scambiarono uno sguardo d’intesa. Erano quasi certi del fatto che appena il nemico avesse rimesso in libertà i suoi complici avrebbe ordinato loro di attaccarli e possibilmente ucciderli, forte del fatto che gli agenti si trovavano in netta inferiorità numerica.
   Minho prese un sacchetto con all’interno le chiavi delle manette e lo lanciò verso di Ray, che lo afferrò al volo. Nel frattempo, Iris liberò i polsi a Wendy con un pugnale.
   «Bentornati.» sogghignò Ray ai suoi scagnozzi, liberandoli uno ad uno dalle manette.
   «Capo, sei venuto a salvarci!» esclamò Buffy. Lui e James erano euforici, mentre gli altri si limitarono a fingere una reazione di felicità più pacata.
   «Non è tempo di festeggiare! Sapete cosa fare! Ammazzate gli agenti!» ordinò all’improvviso, facendo segno ai suoi seguaci di lanciarsi all’attacco. L ci aveva visto giusto, non era nient’altro che il proseguimento del piano di vendetta di Ray.
   «Oh, non credo proprio.» lo fermò immediatamente Dawon, tirandogli un pugno in pieno volto. Quello fu il segnale che lo scontro aveva avuto inizio. Taeoh si avventò prontamente contro James, mentre Daeju si occupò di Buffy. A quel punto anche Jiho e Minki scelsero definitivamente da che parte stare e si affrettarono a tenere impegnati due dei tre complici. Al terzo ci pensò Minho, che nel frattempo aveva raggiunto la folla.
   «Ma che cazzo… sta succedendo?!» urlò Ray incredulo.
   «Sei proprio cretino… nemmeno ti sei accorto che avevi già perso la nostra fiducia da molto tempo!» gli fece notare Dawon, urlandogli contro tutto il suo disprezzo. Dopo tanti anni di servizio aveva voluto rimpiazzarli con dei ragazzini incapaci, li aveva fatti seguire dimostrando di non fidarsi di loro e per lui questo era sempre stato inaccettabile.
   «Che stai dicendo? È uno scherzo?» chiese indietreggiando.
   «Tu che dici?» continuò a colpirlo.
 
   I tre alleati sconosciuti erano stati messi al tappeto in pochi minuti e ammanettati da Iris e May, che nel frattempo erano andate a prestare soccorso ai colleghi. Buffy e James erano stati un po’ più restii a cedere, ma fermarli non era risultato un problema per Taeoh e Daeju, che se l’erano cavata egregiamente. L’unico avversario temibile sembrava essere Ray, ma nessuno osava mettersi tra lui e Dawon. Sapevano perfettamente che per lui questo scontro si era in parte trasformato in una questione personale per aver rapito e tentato di sparare a Wendy. Se all’inizio Dawon sembrava in vantaggio, un attimo dopo si era ritrovato scaraventato a terra. Senza indugiare si era rialzato e aveva ricominciato ad attaccare Ray. Dopo un susseguirsi di attacchi incassati, lanciati o andati a vuoto da entrambe le parti, ad un certo punto Dawon riuscì a colpire l’avversario alla bocca dello stomaco, costringendolo a piegarsi su se stesso. Senza esitazione lo calciò, buttandolo faccia a terra. Si sedette sopra di lui e gli tirò indietro le braccia con forza, ammanettandolo.
   «Fine dei giochi.»
   «Bastardo! Siete tutti dei bastardi! Io mi fidavo di voi!»
   «Ma quando mai…» gli fece notare Taeoh che si trovava non molto distante, pronto a intervenire in caso di bisogno.
   «Lasciatemi! Non potete farmi questo! I miei alleati vi verranno a cercare! Siete spacciati!»
   «Mi sembra un po’ rumoroso questo…» disse Dawon, che ancora lo teneva fermo a terra, aspettando che smettesse di divincolarsi. Stanco di attendere gli tirò un colpo secco dietro alla nuca, facendogli perdere i sensi. «Molto meglio, pensaci tu, Taeoh.» lasciò il peso morto in carico all’amico e corse da Wendy, ansioso di sapere come stesse.
   «Wendy!» la chiamò da lontano, per poi andarle incontro «Stai bene? Ti hanno ferita?» le chiese, osservandola con sguardo preoccupato.
Vedendolo così in apprensione per lei, Wendy non poté fare a meno di sorridere e provare un certo senso di tenerezza.
   «Solo molto assetata e affamata, ma sto bene… tu piuttosto, guarda come sei conciato!» disse, asciugando un rivoletto di sangue che era sceso da un taglio sulla sua guancia. Solo in quel momento Dawon si rese conto che di botte ne aveva date ma ne aveva anche prese parecchie e iniziò a sentire dolore ovunque.
   «Ahi, ahi, sono vecchio… dovrai accudirmi per un po’, guarda come mi hanno ridotto!» scherzò.
   «Ma smettila, scemo!» rispose lei, ridendo e dandogli una pacca sulla spalla. Per tutta risposta lui la abbracciò teneramente.
   «Ho davvero avuto paura di perderti questa volta.»
   «Per chi mi hai presa? Non mi sarei certo fatta annientare così facilmente!»
   «Lo so, lo so…» rispose lui, senza lasciarla andare.
   Nel frattempo, tutti i criminali erano stati ben immobilizzati e caricati sul furgone, pronti per essere spediti nelle carceri del quartier generale di L.
   «Piccioncini, vi lasciamo qua o venite?» Taeoh interruppe la coppia facendo loro cenno di entrare.
   «Che vuoi?» lo guardò male Dawon, per poi entrare nel furgone subito dopo di Wendy.
   Le auto di Ray sarebbero rimaste lì per un po’. Non sarebbe stato un problema mandare qualcun altro dell’associazione a recuperarle.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Una volta consegnati i criminali all’associazione, il compito degli agenti era terminato. Persino L aveva atteso fino alla fine delle operazioni per poter verificare di persona che fossero tutti incarcerati e messi sotto stretta sorveglianza. Dopo tanti anni, così, aveva rivisto in volto quello che era stato uno dei suoi agenti più talentuosi, ma anche più spregiudicati e immorali e che più di dieci anni prima era stata costretta a licenziare a causa della quantità intollerabile di regole infrante, che in un paio di casi avevano portato anche a vittime innocenti. Da allora, Ray aveva iniziato a lavorare nell’ombra, cercando di realizzare quella che era la sua idea di giustizia. Aveva reclutato dei giovani ragazzi con la promessa di un futuro brillante per poi sottoporli ad allenamenti estenuanti e isolarli da tutti, famiglia e amici. Infine, aveva disatteso le promesse fatte loro e li aveva esposti ai pericoli della criminalità organizzata anziché impiegarli per i nobili scopi come aveva loro promesso. Negli anni il suo business aveva messo radici a Seoul e si era espanso in molte altre città e paesi. L era sempre stata consapevole di ciò di cui Ray era capace, ed era ben consapevole che prima o poi sarebbe arrivato il momento di fermarlo. E infatti così era stato.
 
   Una volta conclusasi l’intera vicenda si era fatta notte fonda e finalmente L aveva congedato gli agenti che avevano partecipato alla missione. Jiho e Minki avevano finalmente dimostrato la loro fedeltà, perciò nei giorni a venire avrebbe dato loro la possibilità di essere allenati e reimpiegati all’interno dell’associazione, mentre per gli altri tutto sarebbe proseguito come sempre.
   «È finitaaa!!!» esclamò Taeoh appena furono usciti dall’associazione, sollevando improvvisamente Iris per i fianchi e facendole fare un giro.
   «Piano, piano!» lo rimproverò lei, colta alla sprovvista, mettendo le braccia intorno al suo collo per sorreggersi.
   «Siete proprio euforici!» osservò Wendy, notando che anche gli altri due ragazzi erano un po’ su di giri.
   «Per noi rappresenta la fine di una via che ci sembrava senza uscita.» spiegò Dawon «A differenza di Buffy e James, che sono arrivati quando Ray era già un noto mafioso, all’inizio noi ci eravamo schierati con lui perché ci aveva promesso che lo avremmo affiancato nel combattere la criminalità, ma come già sapete è successo tutto il contrario… e quando hai speso la tua vita a servirlo non puoi pensare di uscire tanto facilmente dal suo giro.»
   «Già… quindi essenzialmente voi siete state la nostra seconda chance, l’opportunità di fare le cose nel modo giusto questa volta.» puntualizzò Taeoh, riferendosi alle tre agenti.
   «Bene, se non vi dispiace io mi incammino con Wendy… sai non vorrei mai che la rapissero di nuovo!» disse Dawon, mettendo un braccio intorno alle spalle della ragazza.
   «Non sono così sprovveduta!» provò a protestare lei.
   «Su, su, andiamo.» la prese un po’ in giro il ragazzo. Dopodiché i due salutarono i colleghi e si incamminarono verso casa della ragazza. Per quella sera sarebbe rimasto con lei.
   In quel momento, nel buio videro una macchina nera parcheggiare vicino all’ingresso. Una persona scese e si diresse nella loro direzione. Era Shion di ritorno da una missione.
   «Ciao!» li salutò «Anche voi avete finito a quest’ora?»
   «Eh già.» rispose May. «Come mai qui in associazione?»
   «Devo consegnare un po’ di scartoffie prima di tornare a casa.» rispose, indicando una cartelletta che teneva in mano in cui c’era il report dell’ultima missione «Vuoi venire da me dopo, May?» provò a chiedere, nonostante fosse già l’una di notte.
   «Va bene!» rispose contenta lei. Questo appuntamento imprevisto era proprio quello che le ci voleva per distendere i nervi e ricaricare le energie «Allora vi saluto.» disse poi, rivolgendosi al resto del gruppo «Accompagno Shion e torno con lui!» Lo prese a braccetto e si incamminò con lui all’interno dell’edificio dell’associazione.
   «Ok, buona notte!» le rispose Iris. Dopodiché Iris, Taeoh, Daeju e Minho scesero nel parcheggio sotterraneo dell’associazione, dove avevano lasciato le loro auto.
   «A questo punto vi saluto anche io.» disse Minho, prendendo le chiavi della propria macchina «Ci si vede!»
   I tre rimasti lo salutarono e salirono sull’auto di Iris, dirigendosi verso il palazzo con le vetrate in cui si trovava l’appartamento della ragazza e, da quando erano agenti a tutti gli effetti, anche quello di Taeoh, Daeju e Dawon. Una volta entrati nell’edificio, presero l’ascensore e, raggiunto il ventesimo piano, Iris prese per mano Taeoh e scese, portandolo con sé.
   «Ehi, ma tu non devi scendere qui! Il nostro appartamento è al piano di sopra!» provò a protestare Daeju. Taeoh sollevò leggermente la mano, ancora stretta a quella di Iris.
   «Che vuoi farci, mi sembra un chiaro invito a restare…» lo prese un po’ in giro.
   «Uffa! Ma perché sono l’unico solo?»
   «Non è colpa mia se ti scegli ragazze troppo giovani che stanno ancora seguendo gli allenamenti e hanno il coprifuoco.»
   Da qualche giorno, finalmente, Daeju aveva trovato il coraggio di fare un passo avanti ed era così iniziata la sua relazione con la giovane Luna, l’allieva di SolHee.
   «Ma se me l’hai detto tu di non mollare che l’età è solo un numero!»
   «Ciao, ciao Daeju!» Taeoh scacciò definitivamente il povero collega selezionando per lui il numero sul display in modo che le porte si richiudessero e l’ascensore se lo portasse via.
   «Non sarai stato un po’ troppo cattivo?» lo punzecchiò Iris.
   «Nah, se la caverà.» rispose Taeho, mentre la ragazza digitava il codice di accesso sul display. Senza badare ulteriormente sulla solitudine di Daeju, i due entrarono nell’appartamento.
 


   Fine cap. 34
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   E dopo ben 34 capitoli, Ray è stato sconfitto e le coppie hanno finalmente la loro felicità!!!
   Ma c'è ancora un ultimo capitolo prima che sia tutto conluso per davvero, restate con me fino alla fine~
   Ci sono alcuni aspetti del background dei personaggi che avrei voluto approfondire meglio, perciò sono in programma anche due extra, che devo ancora decidere se pubblicare di seguito o sepatatamente. Uno è già pronto, mentre l'altro spero di avere presto il tempo di scriverlo.
    Ci vediamo presto! Con il 35esimo e ultimo capitolo di questa long durata quasi un anno e mezzo <3

   Misa

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Capitolo 35
*** Cap. 35 ***


 
 DANGEROUS
 
- Cap. 35 -



 
  

 
 
 
   Un anno dopo
 
   «Non vi sembra di aver già visto questa scena?» chiese Iris appena messo piede su una delle splendide spiagge di Cancún. Il sole era alto nel cielo e il vociare dei bagnanti e dei turisti riecheggiava in ogni dove.
   «Tu dici?» rispose ironicamente Lizzy.
   «Chissà perché questi criminali si vengono a rifugiare sempre qui.» sospirò Wendy. Era passato un anno dalla cattura di Ray e dei suoi complici. Nei mesi a venire, L aveva inviato i suoi agenti nei luoghi più disparati a smantellare definitivamente la sua organizzazione criminale, che nel tempo aveva messo radici in giro per tutto il mondo.
   «Bene, direi che possiamo andare.» esortò Iris, pronta per la nuova missione. La giornata si prospettava impegnativa, erano sulle tracce di una banda che qualche settimana prima aveva svaligiato una banca, causando anche alcuni morti e feriti, per poi fuggire senza lasciare traccia. Un informatore di L situato a Cancún le aveva fatto sapere informalmente di aver visto alcuni componenti della banda aggirarsi tra i negozi della città, così lei non aveva esitato a inviare sul luogo le sue tre migliori agenti e altre due squadre di supporto per pattugliare l’intera città. Si era detta convinta che con il suo supporto sarebbero stati rintracciati in un paio di giorni e riconsegnati alla giustizia in men che non si dica.
   Le tre ragazze avevano il compito di monitorare la parte della spiaggia e le zone limitrofe. Un compito tutto sommato non così male. Proprio mentre stavano per incamminarsi lungo una colorata fila di ombrelloni, il telefono di Lizzy cominciò a squillare insistentemente.
   «Scusate un attimo…» disse la bionda, affrettandosi a controllare il numero sul display «È Jiho, l’ho lasciato a casa col bambino.» senza farlo attendere, Lizzy rispose.
    Qualche mese dopo la nascita del bambino aveva deciso di tornare in servizio. Jiho, al contrario, aveva avuto una crisi esistenziale e per un po’ non era riuscito proprio a decidersi su cosa fare del suo futuro. L’unica cosa di cui era certo era che Ray l’aveva deluso troppo e non aveva la minima intenzione di tornare a fare un lavoro del genere, rischioso e, soprattutto, alle dipendenze di un nuovo capo. Inoltre, aveva scoperto di trovarsi molto bene in compagnia di Lizzy, quindi i due avevano deciso di provare a vivere insieme e per un po’. Lui si sarebbe occupato del figlio, anche se naturalmente lei già spingeva perché si trovasse un lavoro. Non le andava molto a genio doverlo mantenere in tutto e per tutto ed era sicura che L lo avrebbe reimpiegato volentieri tra i suoi segretari.
   «Come? …Piange?» chiese preoccupata «Lo hai cambiato?... Gli hai dato da mangiare?» le risposte dall’altro capo del telefono non sembrarono soddisfarla più di tanto «E allora! ...Non è lui che piange a caso! Sei tu che non sei capace di tenerlo!» rimproverò in tono severo il suo convivente «Senti, sono al lavoro… Sì… Sì… Vedi di trovare una soluzione, e in fretta anche!»
   «Tutto bene?» chiese Iris, sentendo la concitata conversazione della collega.
   «Sì, è sempre il solito! Mai una volta che sappia risolvere un problema da solo.» rispose Lizzy, che nel frattempo aveva riattaccato.
   «Vedo che sta andando bene la convivenza, eh…» aggiunse ironica Wendy.
   «Ma che ne sai te? Dovrò assumere una babysitter vera se va avanti così!»
   Per tutta risposta, Wendy le fece la linguaccia. Da un paio di mesi anche lei e Dawon avevano cominciato a convivere, ma per il momento di figli non se ne parlava. Era decisamente troppo presto. E poi, lavoro spericolato o meno, le sembrava quantomeno doveroso ricevere una seria proposta di matrimonio prima di arrivare a un cambiamento del genere, che avrebbe inevitabilmente messo in pausa la sua carriera appena recuperata. Dopo aver allenato per diversi mesi la squadra di novellini di L, infatti, aveva definitivamente capito che l’insegnante non era un lavoro che faceva per lei: troppo monotono e ripetitivo, ogni giorno le toccava vedere le stesse facce, percorrere le stesse strade e frequentare gli stessi luoghi. Era arrivata al punto in cui sentire i racconti delle avventure spettacolari delle sue colleghe la faceva soffrire. Alla fine si era fatta coraggio e aveva deciso di tornare sul campo, così la vecchia squadra di agenti era tornata al completo.
   «Ma May? Come mai non l’hanno mandata con noi?» chiese Lizzy.
   «May è di nuovo in missione a Tokyo con Shion.» rispose Iris.
   «Sempre fortunella lei…» commentò Wendy.
    «Di che ti lamenti? Almeno tu ce l’hai un fidanzato decente!» esclamò Lizzy.
   «Beh, la vita di ognuno è il risultato delle sue azioni!»
   «Ragazze…» le ammonì Iris «Su, andiamo che si fa tardi. Stasera ho un impegno che non ho intenzione di rimandare!»
   Giorno dopo giorno, Iris era rimasta fedele alla propria vocazione di agente. Dopotutto era sempre stata convinta al cento per cento che non ci fosse nessun’altro lavoro in grado di darle le stesse soddisfazioni. Con l’entrata in campo dei nuovi agenti finalmente si era liberata dell’assurdo contratto firmato con L e, insieme al termine dello stesso, anche gli straordinari si erano conclusi, permettendole finalmente di tirare il fiato e vivere in maniera più equilibrata. Grazie ai consigli del suo amico e fisioterapista Kibeom aveva anche risolto una volta per tutte i problemi alla schiena e, ultimo ma non meno importante, la relazione con Taeoh stava andando a gonfie vele. A differenza di come si erano evolute le storie delle altre due colleghe, però, non c’erano stati grandi cambiamenti per lei. Nessuno dei due era ancora pronto a vedere invaso il proprio spazio privato e perciò avevano preferito restare a vivere ognuno nel rispettivo appartamento. Forse si sentivano ancora troppo giovani nonostante la loro età, o forse un anno era troppo poco per conoscersi a fondo come avrebbero voluto. In ogni caso la pensavano allo stesso modo, quindi non c’era nessun problema. Anzi, Iris sentiva di poter affermare con certezza di star vivendo uno dei migliori periodi della propria vita.
   «Che hai da fare?» chiese Wendy.
   «Tante cose. Su, su, andiamo…» tagliò corto lei, usando un tono scherzoso, intenzionata a mantenere segreti i propri piani. Dopodiché iniziò a incamminarsi e le colleghe la seguirono a ruota.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Nel frattempo, a Tokyo era notte fonda. May e Shion erano appena rientrati in hotel dopo una estenuante serata come guardie del corpo di una loro vecchia conoscenza, il signor Iwata.
   «Certo che ce ne ha sempre una questo Iwata!» esclamò May, in un tono tra l’ironico e l’incredulo. Indossava ancora l’abito da sera rosa cipria con il quale si era recata alla mostra per tenere d’occhio i due coniugi Iwata. Seduta sullo sgabello di fronte allo specchio della camera, si stava sfilando gli orecchini.
   «È fortunato ad essere amico di L! Altrimenti si sarebbe dovuto accontentare dei controlli un po’ blandi della polizia locale.» osservò Shion, intento a disfare il nodo alla cravatta.
   Esattamente come la volta precedente, il signor Iwata aveva ricevuto delle minacce subito dopo aver indetto una piccola mostra di diamanti primaverile finalizzata a raccogliere fondi per una clinica privata di Tokyo in cui era stato curato con successo l’anno precedente, con la speranza di ringraziarli aiutandoli a implementare gli impianti e le attrezzature. A dirla tutta, i due agenti avevano già un’idea di chi fosse il colpevole: il proprietario della clinica rivale, un omone panciuto sulla cinquantina che già quella prima sera aveva scoperto le proprie carte bazzicando per la mostra. Era possibile che il signor Iwata avrebbe ricevuto altre minacce nei giorni successivi, perciò May e Shion lo avrebbero tenuto d’occhio con costanza, ma a vedere che tipo fosse il delinquente, un dilettante alle prime armi, difficilmente si sarebbe spinto oltre le parole. Come si suol dire, “can che abbaia non morde”.
   «Già, è tutto tranne che una missione per agenti del nostro calibro!» osservò May. «Però tutto sommato va bene anche così. Non è nulla di impegnativo e almeno siamo insieme a Tokyo. Sembra quasi una vacanza!»
   «E quale missione migliore se non mimetizzarsi tra la folla fingendosi una coppia quando si è davvero una coppia?»
   «Dici che L lo sa?»
   «Può essere… ma nell’ultimo periodo siamo gli agenti che hanno portato a casa i risultati migliori nelle missioni di coppia, quindi perché non inviarci comunque a proteggere il suo amico?»
   «Hai ragione, non può comunque rimproverarci nulla. E siamo anche tra gli agenti più giovani. L’avevi notato?»
   «Vero! Deve tenerci stretti se non vuole perdere una preziosa risorsa!»
   Come sempre tra i due c’era un’ottima complicità. Erano seri e attenti quando si mettevano al lavoro e sapevano divertirsi e scherzare nella vita privata. Tra i loro amici erano stati anche la prima coppia a formarsi nonostante fossero i più giovani. Questo aveva spesso lasciato pensare loro che in fin dei conti la persona giusta la trovi un po’ per caso, quando meno te lo aspetti. A volte l’hai sempre avuta a fianco ma ci hai solo messo più tempo a realizzarlo o magari a volte non si trova perché deve ancora arrivare. Il mondo è bello perché è vario e ognuno ha la propria storia da scrivere. La loro non poteva andare meglio di così e speravano sarebbe continuata per sempre, anzi, si erano ripromessi di fare tutto il possibile perché continuasse. Ad ogni modo, non avevano nessuna fretta di bruciare le tappe, anche loro avevano intenzione di continuare a vivere separati per qualche anno, in fondo erano giovani.
   «Bene, vado a farmi un bagno caldo e poi basta. Domani mattina siamo ancora dagli Iwata.» disse May, dirigendosi verso il bagno. Appena rientrata in camera aveva acceso l’acqua per riempirla.
   «Anch’io voglio fare un bagno!» Shion, nel frattempo, aveva lasciato la giacca sul letto e si stava sbottonando la camicia correndo verso la porta del bagno. Dal ghigno divertito che aveva sul volto il ragazzo, May aveva già intuito cosa avesse in mente.
   «Ma c’ero prima io!»
   «Chi ha detto che non possiamo farlo insieme?»
   «Non ci stiamo, non vedi che è piccola la vasca?» giocò a smentirlo lei.
   «Allora vince chi arriva primo!» Shion cominciò a togliersi di corsa i vestiti per potersi immergere per primo nella vasca.
   «Ok, allora fai pure.»
   Shion si fermò coi pantaloni mezzi calati.
   «Ehi, ma… così hai mandato in fumo tutti i miei piani!»
   «Ti conosco troppo bene!» rispose lei, ridendo «Riprovaci più tardi…» gli fece l’occhiolino e uscì dal bagno, chiudendogli la porta.
   «Guarda che non mollo!» rispose lui ridendo, dall’altro lato della porta.
   «È una minaccia?»
   «No, è una promessa!»
   Anche a May venne da ridere.
   A quel punto Shion riaprì la porta del bagno.
   «E va bene, dai, vai prima tu.» cedette, tanto il suo malefico piano era saltato, per il momento.
   «Grazie!» May non si lasciò sfuggire l’occasione ed entrò nel bagno, ma prima che Shion potesse allontanarsi, gli mise le braccia intorno al collo e lo baciò, trascinandolo dentro con sé e richiudendo la porta con un piede. Lo scherzo era riuscito in pieno.
Del tutto preso alla sprovvista, Shion ricambiò il bacio e la aiutò a togliersi il vestito. Poi si immersero entrambi nell’acqua bollente della vasca. May non poté fare a meno di sorridere. Sarebbe stata una missione divertente ed era sicura ce ne sarebbero state molte altre in futuro.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   A Cancún le tre squadre di agenti avevano svolto il proprio lavoro in maniera eccellente. In una sola giornata tutti i fuggitivi erano stati individuati e segnalati alle forze dell’ordine. La sera, dopo cena, i rappresentanti delle tre squadre si erano riuniti nella hall dell’hotel per tirare le somme della missione e comunicare il tutto a L. Tra questi c’era anche Dawon, che aveva mantenuto la propria posizione di leader all’interno del gruppo.
   Finita la riunione, il ragazzo lasciò gli atri due colleghi e si diresse verso la camera di Wendy. Pensando che la missione sarebbe durata almeno due giorni non avevano pianificato nulla, perciò sperava fosse libera. Arrivato alla camera bussò alla porta.
   «Oh, Dawon!» rispose lei, aprendo appena la porta.
   «Sei sola?» chiese lui. Questa volta le tre agenti condividevano la camera. Iris si era guadagnata il titolo di leader della squadra visto l’impegno e la continuità dimostrata nel proprio lavoro, perciò fino a poco prima Dawon era in riunione anche con lei ed era sicuro che non avesse ancora lasciato la hall, ma non sapeva se ci fosse o meno l’altra collega.
   «No, c’è Lizzy.»
   «Capito… ti va se andiamo giù al bar a prenderci qualcosa da bere?»  
   «Va bene, dammi qualche minuto però, ero già in pigiama.»
   Wendy andò a cambiarsi in un semplice vestito estivo e raggiunse il ragazzo, che nel frattempo era rimasto ad aspettarla fuori dalla porta. Dopodiché, i due scesero al bar dell’hotel e ordinarono dei cocktail ghiacciati.
   «Fa parecchio caldo qui.» disse Wendy, sventolandosi con la mano.
   «Un po’, ma almeno domani abbiamo la giornata libera.»
   «Certo che ne è passato di tempo da quando sei diventato un agente. L’ultima volta che siamo stati qui eravamo nemici.»
   «Già, a pensarci mi sembra assurdo.» Dawon bevve un bel sorso dal proprio bicchiere.
   «Sai cosa è assurdo?» Esclamò improvvisamente Wendy, in tono polemico «Che in un anno non ci abbiano mai mandato una volta in missione assieme! May la mandano sempre con Shion! Iris un paio di volte ci è andata con Taeoh. Noi invece mai! Non è giusto!»
   «Tecnicamente ora siamo insieme…»
   «Sì, ma non insieme, insieme. Siamo comunque in due squadre separate.»
   «Beh, però al momento è come se fossimo in vacanza insieme, non è meglio? E poi credo che capiterà l’occasione prima o poi.»
   «Umm, lo spero. È brutto dover sempre stare separati tanti giorni.»
   «Cosa posso fare per tirarti su il morale?»
   Wendy ci pensò per un attimo.
   «Beh, una cosa ci sarebbe…»
   «Dimmi pure.»
   «Visto che abbiamo finito e il volo di rientro è dopodomani siamo in vacanza, no?»
   «Sì…»
   «Allora stasera portami a ballare! E domani passiamo tutta la giornata insieme!»
   «Tutto qui?»
   «Esatto. L’altra volta per colpa delle missioni, di Lizzy che faceva la pazza e di quegli scemi di Buffy e James ho passato un mucchio di serate orribili! Questa volta voglio che sia finalmente memorabile. Voglio andare a letto col sorriso!»
   «Se è questo quello che vuoi, nessun problema, abbiamo solo l’imbarazzo della scelta su dove andare.»
   «Yeh! Let’s go!» Tra una chiacchiera e l’altra i due avevano finito di bere. Wendy si alzò dalla sedia e prese sottobraccio Dawon, trascinandolo con sé a cercare la migliore festa nelle vicinanze. Finalmente si sarebbe scatenata a dovere.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Dopo la riunione con Dawon e MinHyuk, ovvero i leader della seconda e terza squadra inviate a Cancún, Iris era rimasta nella hall dell’hotel. Seduta al tavolo dove si erano riuniti, stava svolgendo le ultime formalità per L. Appena concluso il lavoro, guardò l’orologio. Erano già le dieci e tre quarti. Chiuse il laptop e si stiracchiò la schiena.
   «Finito di lavorare?»
   Iris sollevò lo sguardo, era Taeoh. Il ragazzo, con il quale aveva un appuntamento quella sera, vedendo che gli altri erano già rientrati mentre lei non si era ancora fatta viva aveva deciso di andare a cercarla.
   «Taeoh! Scusa il ritardo, ho finito adesso.»
   «Non importa, immaginavo avessi ancora da fare.» rispose lui, scuotendo leggermente la testa «Vogliamo andare?»
   «Andiamo.»
   I due riportarono il computer in camera della ragazza, scesero in spiaggia e cercarono un posto tranquillo dove sedersi sulla sabbia ad ascoltare il rumore del mare. In questo erano molto simili, a nessuno dei due piacevano la folla e il caos, preferivano starsene un po’ da soli in tutta tranquillità.
   «Qui dovrebbe andare bene.» disse Taeoh, una volta raggiunto un punto un po’ isolato in cui non c’era nessuno.
   «Ahhh, finalmente un po’ di meritato relax!» esclamò Iris, sedendosi stancamente sulla sabbia.
   Il ragazzo fece lo stesso.
   «Già! Abbiamo camminato tutto il giorno. E poi… tu se non ti fai male non sei contenta.» le fece notare il ragazzo, in tono decisamente troppo dolce per suonare come un rimprovero.
   Istintivamente, Iris si portò una mano alla piccola fasciatura che aveva sul braccio, un souvenir lasciatole dall’ultimo uomo acciuffato quel pomeriggio, proprio non voleva saperne di essere ammanettato.
   «Pensavi che non me ne fossi accorto, eh?» la punzecchiò come al solito lui.
   «Non è niente, è solo un graffio.» sminuì Iris, in fondo non si trattava di nulla di grave.
   «Insomma…» Taeoh la abbracciò, tirandola verso di sé e stringendola forte «Non fare sempre la dura, lasciati coccolare un po’!»
    «Aiuto, soffoco! Lasciamiii!» rispose lei in tono scherzoso, giocando a liberarsi dall’abbraccio.
   «No, non ti lascio andare da nessuna parte!»
   «E va bene, non che mi dispiaccia la cosa.» Iris lo abbracciò a sua volta e appoggiò la testa alla sua spalla.
   «Ah, ah! lo sapevo che era una finta!»
   «Sì, forse.» Iris avvicinò il volto a quello di Taeoh e gli stampò un bacio sulle labbra.
   Lui portò una mano tra i capelli della ragazza, la avvicinò di nuovo a sé e ricominciò a baciarla. In quel momento, il cellulare di Iris iniziò a squillare insistentemente.
   «Uffa...» protestò Taeoh.
   «È L.» disse Iris, guardando il numero sullo schermo.
   «Perché non ci può lasciare in pace un minuto? Lì sarà anche mattina, ma lo sa che ore sono qua? Sono le undici e mezza! È tardi, tardissimo, e questo è confiscato!» esclamò il ragazzo, prendendo il cellulare dalla mano della ragazza. Naturalmente si divertiva a scherzare, ma un po’ si preoccupava che la sua ragazza fosse sempre così ligia al dovere, di sicuro non era nulla che L non potesse chiederle il giorno seguente e non era il caso di stressarsi per accontentare ogni sua richiesta. Dopotutto il segreto del successo è anche un po’ farsi desiderare.
   «Che fai? Ridammi il cellulare!» Iris allungò le braccia per riprenderlo, ma Taeoh lo teneva troppo in alto. Nel tira e molla caddero entrambi sulla sabbia. Nel frattempo, il cellulare aveva smesso di squillare. Taeoh rimase così, sdraiato a terra con Iris sopra di lui. Le infilò il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e portò le braccia intorno alla sua vita.
   «Visto, non era nulla di urgente. Può aspettare.»
   In quell’esatto momento iniziò a suonare il telefono di Taeoh. Iris fu più veloce del proprietario e glielo sfilò dalla tasca.
   «Oh, oh… L! Mi sa che ti tocca rispondere.» gli fece la linguaccia.
   Questa volta Taeoh doveva ammettere di essersi tirato la zappa sui piedi. Si schiarì la voce e rispose.
 
   «Pronto?»
   «Si può sapere perché nessuno mi risponde?!» ovviamente Taeoh non poteva saperlo, ma Dawon e Wendy erano nel bel mezzo di una festa sulla spiaggia con la musica a tutto volume e di certo non si erano minimamente accorti della chiamata. Lizzy era impegnata in una videochiamata con Jiho e il figlio, che si erano appena svegliati, e anche gli altri agenti probabilmente erano a divertirsi da qualche parte. Tranne Daeju, lui probabilmente aveva chiamato Luna prima degli allenamenti di SolHee ed era andato direttamente a dormire.
   «Ehm, non saprei…» rispose Taeoh, portandosi una mano con le dita unite perpendicolare alla gola come per dire “mi ammazza”. Iris trattenne a stento una risata. Era abbastanza vicina da riuscire a sentire l’intera conversazione.
   «Comunque, volevo solo dirvi che ho cercato di anticipare il vostro volo di rientro, ma proprio non c’è posto! Mi dispiace, dovrete rimanere a Cancún fino a dopodomani.»
   «Ci mancherebbe! Non si preoccupi, nessun problema.»
   «Ci pensi tu a riferirlo agli altri?»
   «Assolutamente! Buona giornata!»
 
   Appena terminata la chiamata, i due scoppiarono a ridere.
   «Ma che peccato, siamo forzatamente in vacanza!» esclamò Iris, spostandosi da sopra Taeoh e sdraiandosi accanto a lui, con un braccio del ragazzo a farle da cuscino.
   «Già… proprio non vedevamo l’ora di tornare!» lui le prese la mano, intrecciando le dita con le sue.
   «Si vedono bene le stelle da qui.» osservò lei, alzando lo sguardo.
   «È sempre affascinante il cielo di notte.» annuì Taeoh.
   «Domani che vuoi fare?» gli chiese Iris.
   «Assolutamente niente. Spiaggia, mare, sole e dormite.»
   «Affare fatto!»
   Almeno per quella volta era servito a qualcosa spicciarsi e concludere in fretta la missione. Le vacanze a sorpresa erano sempre le migliori.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Qualche mese dopo.
 
   «Pronto, prova. Agente Wendy, mi senti?» Iris attivò la ricetrasmittente. Erano passati due mesi dall’ultima missione a Cancùn. Questa volta sarebbe toccato a lei coordinare da lontano. Appostata sulla cima di un tetto teneva d’occhio le strade sottostanti nell’attesa che il soggetto facesse la sua comparsa.
   «Che vuoi Iris!?»
   «Sei pronta per la tua prima missione in coppia con Dawon?»
   «Non mi distrarre!» protestò Wendy, facendo come per tirare un pugno alla figura immateriale di Iris che la disturbava attraverso l’auricolare.
   «Shhh, non ti agitare, May mi ha comunicato che sta arrivando!» Anche May, in un altro punto della zona stava tracciando le mosse del criminale e lo aveva visto girare l’angolo che lo avrebbe condotto sulla strada in cui si trovavano i due.
Improvvisamente, Dawon afferrò Wendy per le spalle, spingendola contro il muro e baciandola senza preavviso sotto lo sguardo confuso della ragazza. Il soggetto passò davanti a loro senza degnarli di uno sguardo.
   «Ottima mossa!» esclamò May all’auricolare. «Ora seguitelo, in fondo alla strada c’è Lizzy, non può scappare!»
   «Ricevuto.» rispose Dawon.
   «Perfetto.» concluse Iris, soddisfatta. «Passo e chiudo.»



Fine.
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   Non ci posso credere, è davvero l'ultimo capitolo T_T Dopo più di un anno di pubblicazione, anni in cui è stata scritta a riprese, lasciata nel cassetto e ripresa... è davvero la fine. Non vedevo l'ora di finirla, ma penso proprio che mi mancherà!
   Come avevo preannunciato, ci saranno degli extra. In particolare ne ho in mente due, uno è già scritto, mentre l'altro non ho ancora avuto tempo di realizzarlo. Spero di poter presto tornare a scrivere, perché ormai saranno almeno due mesi che non ho più tempo e non voglio smettere come avevo fatto durante l'università! Mi mancano sempre il tempo e l'energia per scrivere, che è una cosa fondamentale per sentirmi bene!
   Ad ogni modo, grazie di cuore a tutti i lettori che sono arrivati fin qui! Grazie a chi ha recensito e a chi ha solo letto. Spero sia stato un piacevole viaggio e di tornare presto a condividere questa meravigliosa passione della scrittura con tutti voi!
   Se qualcuno fosse interessato, il mio primo libro è disponibile su Amazon QUI. È un giallo ambientato in Giappone, ma è accompagnato anche da una dolce storia romantica. Passate a dare un'occhiata ;)
   Grazie ancora tutti e a presto!

   Misa
   

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