Gli Eredi di Lèsin Rove

di Elsie Haru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Il Concilio ***
Capitolo 3: *** L'Era degli Dei ***
Capitolo 4: *** L'Isola di Moran ***
Capitolo 5: *** Alyandra ***
Capitolo 6: *** Verso l’isola di Argandh ***
Capitolo 7: *** Il sacrificio ***
Capitolo 8: *** Il compleanno di Ederik ***
Capitolo 9: *** Le trame oscure di Ictar ***
Capitolo 10: *** Il rapimento di Kieran ***
Capitolo 11: *** Il Piano Elementale del Fuoco ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


 

UNA PICCOLA TABELLA INTRODUTTIVA DELLE CASATE REALI CON I SUOI COMPONENTI E DELLE DIVINITa'





REGNI: TELNAR - RUSGAR - AVATAR - ALTURIUS - ICTAR - PARGASKOR - NEDSTAR - LOBOR 

Casata Reale di Telnar
Orion

Zoe

Prudence

Chantal

Alyssa Reg.Halima Re Ferran Ready

………………………………………………………………………………………………..

Casata reale di Rusgar

Ederik

Leine 

Dustin

Arion Reg.Marien Re Odion Birmangh

……………………………………………………………………………………………….

Casata Reale di Ictar

Tristan

Kieran

Morgan

Wainwrit

Joline Reg.Liana     Re Grant Vinnian

………………………………………………………………………………………………….

Casata Reale di Pargaskor

Vivien

Trent

Gaynohr

Reg.Adena    Re Boltan
Lorcain

………………………………………………………………………………………………….

Casata Reale di Nedstar

Fraiser

Quinn

Iona Reg.Iona       Re Monroe Theeros

………………………………………………………………………………………………….

Casata Reale degli Elfi di Lobor

Nami

Hayleen

Aleendy

Reg.Estellyn       Re Nathaniel Myron

…………………………………………………………………………………………………..

Casata Reale di Avatar

Xavier

Rhiannon

Kyrsen

Bjorn Reg.Dacey      Re Kalman Fraystor

…………………………………………………………………………………………………..

Casata Reale di Alturius

Scarlet

Reg.Elisera      Re Arbion Leigh

 

 

 

 

 

DEI:

Dio del Bene: Hamon

Dea del Male: Demetra

Dea Della Neutralità: Ramya

Dea del Destino: Lexstates

Dio dell’Oscurità : Ylam

Dea della Luce : Drihid

Dea della Giustizia: Vesta

Dea della Pace : Alea

Dea del Vento: Xylia

Dio del Fuoco: York

Dio dell’Acqua: Gilen

Dio della Terra: Nuri

Dio dello Spazio-Tempo: Hermus

Dio dell’Equilibrio : Rhys

Dea della Natura : Cardia

Dea della Fauna: Shany

Dea della Flora: Wirona

Dio del Caos: Seth

Dio della Guerra: Malik

Dio della Forza: Kruff

 

Dea Suprema della Magia e della Neutralità : Ares

 

L’Imperatore :Tibos

L’Imperatrice : Harian

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Capitolo 2
*** Il Concilio ***


Prologo

 

“Il mio mondo si chiama…”

Le parole gli morirono in gola mentre il suo sguardo volgeva alle spalle del suo interlocutore. Il cielo era così diverso da quello che vedeva ogni giorno dal suo pianeta. Gocce di sudore freddo scesero ad imperlargli la schiena, mentre l’assurdità di tutto quello che aveva visto in quei giorni cadevano a pesare sulle sue spalle già troppo stanche. Lo stomaco prese a contorcersi. La sua impresa era impossibile, ma non poteva arrendersi ora.

Alzò il capo deciso fissando negli occhi la persona seduta dall’altro lato del tavolo.

“Il mio mondo si chiama Lésin Rove.”con rinnovata sicurezza tese un foglio sgualcito.

“Potrà capirne meglio la conformazione e la geografia guardando queste cartine.”

Una mano affusolata afferrò le pergamene.

“Si trova nel sistema planetario denominato Kastor, di cui fanno parte dieci pianeti, di cui sei popolati e quattro no. Tre soli, sette lune e un’infinità di satelliti di svariate dimensioni.”

Prese il bicchiere che aveva dinanzi e sorseggiò l’acqua fresca prima di continuare.

“Su quella pergamena è disegnato il mio pianeta con le isole più importanti fra le quali, quella magica aerea di Dàrin Rove. È lì che vi dimorano gli Dei e i creatori d’ogni essere vivente del mio mondo, gli Imperatori Unicorno Tibos e Harian. La leggenda narra, furono chiamati così perché c’è chi li vide sprigionare il loro immenso potere e nella loro potente luce, videro le sagome di due unicorni, ma il loro aspetto è umano quanto il mio e il vostro. Tibos e Harian, come ho già detto, hanno donato la vita ad ogni creatura su lesin Rove, si dicono persino più potenti degli Dei che furono da loro stessi creati. Sul nostro continente comunque, esistono diverse razze; umani, elfi, orchi, scraft, genotauri e molti altri. Ma la supremazia sulle razze va agli esseri umani e agli elfi, ai quali vanno anche gli otto Regni tra cui sono state divise le terre del mondo. Otto Regni, otto casate Reali. Qui potrete vedere, le varie dinastie.”

Allungò un’altra pergamena satura di alberi genealogici delle casate Reali di Lésin Rove, suddivise negli otto Regni; Telnar, Rusgar, Pargaskor, Nedstar, Alturius, Lobor, Ictar e Avatar.

“I Regni più estesi e importanti sono Rusgar e Telnar, gli altri si dividono in fazioni quasi uguali alleati all’uno o a l’altra. Ci sarebbero un’infinità di cose da dire su Lésin Rove, ma la cosa che mi preme di più tu sappia ora è che i nostri regni hanno un unico vero nemico comune ed è Stethiel Karayan dell’isola di Stoyan. L’Isola Maledetta del mago oscuro è parte del Regno di Ictar ma nessuno ne conosce esattamente l’ubicazione, come del resto nessuna sa perché Stethiel non sia mai stato apertamente cacciato da Lésin Rove o rinchiuso in qualche segreta. Il mago oscuro è scaltro e anche se sappiamo che dietro alla maggior parte dei problemi di Lésin Rove ci sia lui, nessuno può accusarlo, perché è molto bravo a non lasciare dietro ai suoi misfatti prove o testimoni. Insomma…”

Bevve un altro sorso d’acqua per bagnare la gola arsa dalle parole e dallo sguardo penetrante del suo ascoltatore che non lo aveva lasciato un’attimo, se non per un breve istante, per una scorta veloce alle pergamene.

Che persona strana aveva dinanzi. Non una domanda, non un’incertezza, nessun segno di derisione o dubbio,gli stava narrando di un pianeta lontano,anni luce differente da quello in cui si trovava ora ma il suo interlocutore non batteva ciglio.

“La storia è lunga e io avrei bisogno, per far capire l’urgenza della mia missione, di spiegarla nei più dettagliati particolari che possano aiutarmi a farvi comprendere la veridicità delle mie parole e l’importanza dell’aiuto che vi sto chiedendo.”

Con tranquilla pacatezza l’ascoltatore, si appoggiò allo schienale della sedia. Distese le gambe dinanzi a sé e appoggiò le pergamene una affianco all’altra sul tavolo ben in vista.

“Fino al tramonto non ho nessun impegno. Ho molte ore a sua disposizione e tutta la mia attenzione. Cominci pure dall’inizio signor…”

“Mi scusi...” una giovane bionda entrò nella stanza.

“…posso portare qualcosa di caldo e un piccolo spuntino?”

Mentre il suo stomaco prendeva a brontolare al pensiero del cibo, lanciò uno sguardo alla persona interpellata che mutamente chiese il suo parere,allora lui annuì.

“Se abbiamo tanto tempo a disposizione, direi di sì. Mi serve qualcosa nello stomaco, la storia di Lésin Rove sarà piuttosto lunga.”



AD 504

Darìn Rove – Palazzo Imperiale

 

Incubi

 

Harian si svegliò con un violento sussulto. Il cuore le batteva furiosamente in pieno petto e la sua pelle era ricoperta da un velo di sudore. Alzandosi a sedere sul letto si passò una mano sul viso cercando di tornare in sé, ma l’incubo che l’aveva svegliata continuava ad avvolgerla come un manto nero, cupo e agghiacciante.

Con decisione si alzò e con le mani leggermente tremanti s’infilò la lunga e impalpabile vestaglia di seta bianca. Senza smettere neppure un istante di rivivere nella sua mente l’orribile incubo, uscì dalla sua stanza attraversando quell’ala del palazzo riservata solo agli Imperatori. Il lungo corridoio era illuminato dalle torce appese accanto ad ogni porta, sorvegliate da guardie imperiali immobili come statue e dal chiarore niveo di Lemengatis, la luna bianca e quello luminescente di Minara, la luna verde.

Nascosta nell’ombr,a una figura rimase ad osservare il suo passo elegante anche se affrettato.

Harian aveva lunghi capelli argentei sciolti sulle spalle e mentre sembrava fluttuare a pochi centimetri dal terreno con incedere leggero e spedito, la sua lunga veste si distendeva dietro ad ella come un’impalpabile scia di luce bianca. Harian era una visione pura e estatica nonostante il suo viso tradisse un certo turbamento.

Quando l’Imperatrice scomparve dietro le porte del Santuario, l’ombra si disperse nell’oscurità da dove era venuta.

 

“Lexstates! Dea del Destino, ti convoco con urgenza, vieni a me, amica mia.”

La mano ancora leggermente tremante posta sulla sfera magica con la quale gli Imperatori potevano convocare a se gli Dei. Harian cercò di concentrarsi sull’immagine della sua amica consigliera accantonando per un attimo le atroci visioni dell’incubo, ma con scarsi risultati. Nemmeno la pace e la serenità di quel luogo magico riuscivano a placare il tormento del suo cuore. Il Santuario era il luogo dove gli Imperatori compievano il loro ruolo di “osservatori” del mondo sottostante,del loro mondo, e da dove potevano esercitare la loro magia senza occhi e orecchie indiscrete che li spiasse. Sotto ai piedi dell’Imperatrice quello che doveva essere un pavimento di pietra e terra era in realtà una superficie solida di liquido blu scuro penetrante. Ad ogni suo passo cerchi concentrici si aprivano a diramarsi dal punto in cui la creatura toccava la superficie creando l’effetto di un placido lago smosso dal suo incedere. Sopra al capo di ella invece,al posto di un arcata di calce e massi,vi era un cielo stellato,una finestra sull’universo che permetteva agli Imperatori di tenersi in contatto con gli altri mondi e con gli esseri divini come loro. Pochi attimi dopo la sua convocazione, nonostante il suo debole richiamo, la dolce figura di Lexstates apparve dinanzi al piedistallo d’oro su cui era posta la sfera dell’evocazione.

“Amica mia.” alla sua apparizione Harian la apostrofò con dolcezza e allungò una mano alla Dea che s’inchinò sfiorando con le labbra l’anello Imperiale. Dopo il solito rito, però, l’Imperatrice non ritirò la sua mano e Lexstates la strinse con affetto, nell’unico gesto di conforto che le era permesso da ella.

“Imperatrice che cosa la turba a quest’ora tarda?”

Harian si aggrappò per un attimo alla mano della Dea cercando conforto nel calore della sua sincera amicizia e nel suo viso dolce e roseo, dai lineamenti perfetti e arrotondati, come dipinti da delicate e morbide pennellate di un maestro pittore.

“Lexstates ho un terribile presentimento.”

Harian lasciò la mano della Dea e si diresse verso il trono di cristallo lasciandosi poi cadere su di esso in un gesto di stanchezza e sconforto. Nemmeno le stelle che sembravano brillare più luminose quella notte, riuscirono a placare anche solo di poco il tormento del suo cuore,nonostante la loro straordinaria bellezza l’avessero sempre affascinata.

“Mi parli del suo problema.”

Lexstates la seguì rimanendo a qualche passo di distanza dal trono.

“Un incubo che è più che un sogno e meno di una certezza, un incubo che mi tormenta da qualche sera.”

Harian poggiò il gomito sul bracciolo e la fronte sulla mano aperta di tal braccio. I capelli le ricaddero sul viso e sul corpo come uno scialle di fili di seta argentea.

“La fine di Lésin Rove per mano di forze oscure a noi sconosciute, una Dea malvagia che entrerà nel nostro mondo, incredibilmente potente e devastante. Morte e distruzione. I nostri Regni caduti, i nostri popoli in schiavitù, i nostri campioni e i nostri soldati su campi di battaglia tra migliaia di demoni… tutti morti.”

Lexstates non mutò la sua espressione serena, Harian sapeva che lei non poteva in alcun modo dare conferma o meno ai suoi sospetti, anche se come Dea del Destino avrebbe potuto interrogare il futuro. Il ferreo codice degli Dei era chiaro e lei non poteva rivelare ciò che sapeva del futuro di Lésin Rove,nemmeno agli Imperatori.

“E’ certa che sia qualcosa di più di un incubo che rispecchi alcuni vostri timori diurni?”

“Non ho timori!” Harian alzò il capo di scatto fissandola con angosciata durezza.

“Il mio unico timore è quello di vedere in sogno il futuro di Lésin Rove, la nostra rovina, il mio mondo in pezzi. Ogni giorno l’incubo si fa più vivo e intenso e io non posso più ignorarlo.”

Lexstates cercò d’infondere nell’animo tormentato della Imperatrice un po’ di calma e serenità e le sorrise.

“Ne ha parlato all’Imperatore?”

“No.” Harian scosse la folta chioma argentea.

“Non sapevo se parlarne con lui, ma ad ogni minuto che passa sono sempre più convinta che la disgrazia incombe su noi. Lexstates, intendo chiamare gli Dei a consiglio. Non posso permettere che il seme del dubbio mi tormenti per gli anni avvenire, dobbiamo fare in modo che il nostro mondo non sia impreparato davanti ad una simile disgrazia.”

“Gli Dei?”

La maschera inflessibile di compostezza di Lexstates s’incrinò e la Dea sgranò gli occhi stupita.

“Mia Imperatrice non può dire sul serio!? Gli Dei non possono intervenire sul destino di Lésin Rove.”

“Io ho contribuito a costruire questo mondo!”

Harian batté i palmi aperti sui braccioli del trono alzandosi in piedi.

“Non ho bisogno che tu mi rimembri le sue leggi, ma non permetterò che ciò che ho creato venga distrutto senza cercare di salvarlo. Non darò loro scelta Lexstates, dovranno aiutarmi a trovare una soluzione. Se l’Imperatore Tibos sarà con me gli Dei non avranno possibilità.”

Lexstates rimase per un lungo attimo a fissarla attonita. Harian sembrava ancora più sconvolta di prima. Le mani chiuse a pugno e il viso pallido tirato e stravolto da diverse emozioni. Gli incubi subiti dovevano averla davvero provata. La Dea chinò il capo in segno di scusa e remissione.

“Mi perdoni mia Imperatrice se ho osato contestarla. Sono convinta che gli Dei saranno dalla vostra parte, qualsiasi sarà la decisione che prenderete o le misure che deciderete adottare. Non avrei mai voluto causarle un ulteriore turbamento.”

Harian si mosse, poi la Dea percepì la mano fresca della Imperatrice sulla pelle nuda del braccio.

“Non scusarti Lexstates.” la voce ora controllata di ella le diede la certezza di poter risollevare il viso e lo sguardo. Ora sembrava più tranquilla, ma fu con triste rassegnazione e un pizzico di insofferenza che tornò a parlarle.

“E’ che a volte vorrei poterti capire. Vorrei sapere se i tuoi consigli, se le tue parole sono atte a fermarmi o a spronarmi. Vorrei che tu non fossi obbligata a rispondermi con enigmi o con finta indifferenza.”

“Harian.”

Lexstates sorrise permettendosi il lusso così raro di chiamarla per nome.

“Non potrò consigliarvi, ma potrò sempre esservi amica e farò di tutto per indirizzarvi sulla retta via senza trasgredire al mio codice. Sarò sempre al vostro fianco e vi sosterrò ogni volta che avrete bisogno di me.”

“Lo so.” Harian sospirò lievemente.

“Ed ora il compito che ti darò sarà greve, raduna gli Dei Lexstates, intercedi in favore della mia campagna, io nel frattempo penserò all’Imperatore Tibos.”

 

Il concilio

 

Quando Tibos, Imperatore Unicorno, fece il suo ingresso nel Santuario, le stelle sembrarono brillare più intensamente mentre l’acqua sacra ai loro piedi rispecchiava la loro luce avvolgendo i presenti di un candido chiarore stellare opalescente. Nessuna magia avrebbe mai potuto eguagliare la sua figura e mille parole sarebbero bastate a descriverne la magnificenza.

Il suo corpo, ammantato in morbide vesti di pregiato tessuto bianco, era statuario e i suoi capelli biondi leggermente lunghi sfioravano il collo del mantello di velluto anch’esso candido come la neve. I suoi occhi azzurri come il ghiaccio scorsero i presenti riuniti attorno ad un lungo tavolo di cristallo blu per poi posarsi sulla sua consorte che lo attendeva in piedi accanto ai loro troni, impeccabile ed eterea come sempre. Raggiungendola Tibos le sorrise, poi attese di essere svestito del mantello e porgendole la mano assieme ad ella si sedette a capo dell’imponente consiglio degli Dei riunito.

“Come portavoce designato di questo consiglio le do il bentornato mio Imperatore, spero che il vostro viaggio sia stato proficuo e ristoratore.”

Hamon, Dio del Bene, aveva atteso che tutti si accomodassero prima di alzarsi e prendere parola. Hamon era un consigliere fidato di Tibos ed ad un primo acchito sarebbe potuto essere scambiato per l’Imperatore stesso data la straordinaria somiglianza dei due esseri divini. Ma la superiorità di Tibos trasudava da ogni sua cellula rendendolo al di sopra di qualsiasi imperfezione che invece si riconoscevano nella figura del Dio.

L’Imperatore annuì e quando parlò la sua voce calda e sicura fece vibrare la luce delle stelle.

“Vi ringrazio, sì, il mio viaggio è stato soddisfacente anche se ahimé non lo avrei mai intrapreso se avessi saputo in che stato di angoscia si trovava la nostra Imperatrice.”

Gli occhi di Tibos s’incupirono mentre poggiava una mano in gesto di conforto su quella di Harian che tenne gli occhi bassi in un chiaro atto di sottomissione.

“Siamo al corrente Altezza del perché della nostra venuta qui e non credo ci sia necessità di sviare il problema.”

Rhys, il Dio dell’Equilibrio, prese parola e Hamon rispettò l’anziana saggezza del suo pari accomodandosi sulla sua scranna di marmo bianco.

Tibos portò l’attenzione sulla figura esile, ma autorevole dell’anziano uomo barbuto alla sua destra. Ad un occhio meno attento, Rhys sarebbe potuto sembrare un vecchio mago trascurato, ma tutti lì, conoscevano il suo valore e la sua potenza. Tibos rispettava la sua saggezza e il suo sapere perciò accettò di buon grado la dura schiettezza del Dio.

“Non credo sia possibile per noi ciò che ci è stato richiesto, se intervenissimo sul destino di Lésin Rove sarebbe un’azione grave e imperdonabile.”

La mano di Harian posta sotto la sua ebbe un lieve sussulto, ma l’Imperatore sapeva già cosa si sarebbe sentito dire dal consiglio quel giorno ed era preparato

“Credo che la vostra parola sia quella di molti Rhys quindi non starò ad interrogarvi uno per uno, ma vi chiedo di concedere a me, ora , di esporvi il mio punto di vista.”

Rhys tornò a sedersi senza aggiungere altro. La richiesta di Tibos d’altronde era pura formalità e non esigeva risposta.

“Se le visioni avute dall’Imperatrice Harian dovessero corrispondere alla verità amici miei, significherà che il nemico che entrerà nel nostro mondo sarà più potente di quanto noi ci immaginiamo. Se riuscirà a prendere possesso di Lésin Rove, quindi significherà che noi non riusciremo a salvarlo e lo perderemo. A quale popolo applicheremmo allora le leggi degli Dei? Saremo ancora li quel giorno per chiederci se abbiamo oggi preso la decisione giusta nel confronto di Lésin Rove e di quello che Harian ha veduto?”

“Mio Imperatore…”

Ramya, Dea della Neutralità, fece tintinnare i numerosi bracciali che le adornavano i polsi alzandosi mentre la sua treccia castana ricadeva ad un lato del suo viso duro.

“…non sono certo a sminuire la gravità degli incubi della nostra Imperatrice, ma rimangono tali. Altezza, lei ci chiede di stravolgere l’intero equilibrio di Lésin Rove e le sue leggi, basandosi su un incubo che per quanto terribile sia, non può avere fondamenta veritiere e confutabili.”

Harian ebbe un nuovo sussulto e gli occhi di Tibos s’indurirono impercettibilmente per l’accusa velata della Dea. Ramya avvertì il suo cambiamento e abbassò il capo in un gesto di scusa.

“Potremmo averne la prova se il consiglio votasse favorevolmente. C’è chi può confermarci o meno se i sogni dell’Imperatrice sono previsioni del futuro.” proseguì l’Imperatore deciso.

Lexstates Dea del Destino alzò il capo di scatto.

“Altezza m’inganno o mi sta chiedendo di violare le mie regole e svelare il mio sapere?”

“Sì.”

Un mormorio si levò nel Santuario mentre Harian si volgeva verso il suo consorte.

“No, Tibos.”

Lui non la guardò, ma la zittì con un gesto imperioso della mano. Sapeva di non potersi permettere di mollare la presa sul suo obbiettivo e non voleva interruzioni,se gli Dei li avessero visti in disaccordo avrebbe perso saldezza ai loro occhi. Se il consiglio avesse approvato la sua idea Lexstates sarebbe stata obbligata a svelare il futuro che poteva conoscere.

“Come potete reagire in siffatto modo alla mia richiesta? Mi sembra equa e giustificata, se non assolutamente indispensabile e necessaria. Lexstates, Dea del Destino possiede i poteri per interrogare il futuro di Lésin Rove e se avremo conferma degli incubi dell’Imperatrice il problema sulla loro veridicità sarà risolto e si riaprirà il consiglio su nuove basi.”

“Sono d’accordo.”

Hermus, Dio dello Spazio-Tempo, prese la parola e il suo tono di voce deciso e pacato ebbe il potere di placare gli altri Dei. Con calma Hermus si alzò sovrastando il consiglio con la sua imponente figura. La calma e il calore dei suoi occhi neri come l’ebano attirarono l’attenzione dei presenti catturandola totalmente.

“Sono d’accordo e mi sembra la soluzione più giusta. Come sempre il nostro Imperatore riesce a trovare il modo migliore per risolvere ogni aspetto delle controversie. Se sapremo la verità potremo decidere il da farsi senza dubbi o incertezze.”

Lexstates avrebbe voluto ribattere, ma vedendo molti degli Dei annuire e Tibos accennare un sorriso e un ringraziamento ad Hermus lei non poté far altro che tacere, mordendosi impercettibilmente il labbro inferiore e lanciando un occhiata fugacemente malevola al Dio dello Spazio-Tempo.

“Direi di votare allora.”

Tibos sorrise agli astanti fingendo di non vedere lo sguardo carico di risentimento di Lexstates che stava per essere costretta dal consiglio a trasgredire alle sue regole d’onore e di vita.

“Chi è d’accordo con me, di pregare la Dea Lexstates di condividere con noi il suo sapere, ai fini giusti e benevoli di preservare il futuro di Lésin Rove, alzi la mano.”

Diciassette mani su venti si alzarono contemporaneamente. Lexstates scorse i volti dei presenti lanciando un ringraziamento silenzioso a Rhys e Ylam, Dio dell’oscurità, appena visibile in piedi nell’ombra del santuario davanti al consiglio riunito, che l’avevano sostenuta. Ylam non si sedeva mai con loro e Tibos glielo permetteva.

Tibos annuì soddisfatto, mentre Harian non osò alzare lo sguardo sull’amica.

“Molto bene allora, Lexstates vi prego di farci partecipi di ciò che sapete del destino di Lésin Rove.”

Lexstates tentennò ancora un momento, poi quando l’attenzione di tutti convertì sulla sua persona ella si alzò con grazia, senza osare parlare, per non tradirsi, con un tono troppo ostile o tremolante. Raggiunse il centro del Santuario e alzò le mani dinanzi a se. A quel gesto seguì un intenso bagliore scarlatto e una sfera del medesimo colore apparve sospesa sulle sue mani aperte.

Gli astanti la udirono bisbigliare alcune formule di parole arcane mentre il bagliore della sfera aumentava o diminuiva, alternando la sua intensità. Il suo volto da sereno si animò in un espressione, prima di stupore, poi di sgomento e infine di dolore. Con un lungo gemito Lexstates cadde in ginocchio, pallida e spossata mentre la sfera del Destino scompariva.

Hamon fu subito al suo fianco, mentre Hermus scattava in piedi visibilmente turbato. Anche Harian tradiva ora un certo tormento. Nonostante al solito fosse fredda e distaccata dinanzi agli altri, temeva il verdetto di Lexstates più di ogni altro.

La Dea del Destino si rialzò aggrappandosi al Dio Hamon e con voce leggermente tremante, ma con sguardo fermo decretò il destino di Lésin Rove.

“E’ la verità mia Imperatrice, Lésin Rove cadrà.”

Il caos scoppiò naturale ed immediato tra gli astanti. Chi non aveva creduto, ora credeva e gli animi erano agitati e combattuti. Mentre Lexstates portava alle labbra riarse un calice d’acqua e Hamon lanciandole uno sguardo preoccupato ritornava alla sua scranna, Tibos chiese l’attenzione degli Dei.

“Calma, vi prego di ritornare al silenzio e alla calma. Propongo a coloro che sarebbero, almeno in parte favorevoli, ad un nostro intervento sull’incombente caduta di Lésin Rove di cercare una soluzione al nostro grave problema. Dobbiamo accorrere in aiuto del nostro mondo senza però stravolgerlo completamente.”

Al suo appello gli Dei caddero in un cupo silenzio pensoso. Mentre alcuni scuotevano il capo in segno di velato dissenso, altri sembravano valutare ogni soluzione plausibile al loro grave dilemma. Salvare Lésin Rove senza trasgredire del tutto al loro dovere di non intervenire liberamente nel mondo degli uomini.

Tibos si volse verso Harian e sussurrandole parole di conforto si portò poi una sua mano alle labbra. Un rumore secco fece sollevare di scatto molte teste, compresa quella dell’Imperatore, mentre il sorriso di Harian spariva d’incanto. Un altro suono seguì il secondo divenendo presto un lento applauso.

“Ma che bel concilio.”

Una voce suadente e calda, carica di sarcasmo, raggiunse gli astanti dall’angolo più buio e remoto del Santuario, poi con grazia felina Ares, Dea Suprema , uscì dalle ombre.

Il volto di Tibos si corrucciò lievemente, mentre gli Dei tornarono a borbottare tra loro. Ares si avvicinò al consiglio con eleganza, solcando le acque sacre con i suoi minuti piedi scalzi appena coperti dalla tunica stretta e scarlatta, ricoperta da rune dorate. Sul suo volto dai tratti morbidi non vi era traccia del suo disappunto, ma i suoi occhi allungati e frangiati da ciglia scure, mandavano lampi di collera in direzione di Tibos.

Quest’ultimo lasciò la mano di Harian e si erse in tutta la sua statura prima di scorrere la sensuale figura di Ares, partendo dai capelli lisci e corvini che coprivano a malapena il colletto alto della sua tunica, fino ad arrivare ai suoi piedi nudi e sfacciati. Nonostante fosse di esile statura, la Dea non portava scarpe o ampi vestiti ingombri per sembrare più imponente. La forza del potere di Ares scaturiva da ella stessa, impregnando l’aria di un aurea potente e minacciosa, tanto in contrasto con la delicata e minuta figura del corpo che la conteneva.

“Mi piacerebbe sapere chi si è dimenticato di consegnarmi la mia convocazione. Il vostro personale di servizio è un po’ scadente Altezza, ultimamente.”

Lexstates strinse i pugni inghiottendo dolorosamente la risposta che avrebbe voluto darle e lanciò uno sguardo carico di aspettativa verso gli Imperatori. Tibos era al corrente che Harian le aveva chiesto di non convocare la Dea Suprema?

“Mi era giunta voce che voi non foste ne su Dàrin Rove, ne su Lèsin Rove e non sapevamo dove rintracciarvi.”

In maniera del tutto noncurante Tibos ignorò sia gli sguardi furenti di Ares, che quelli interrogativi di Lexstates, registrando quella spiacevole novità. Avrebbe chiarito più tardi con Harian quella faccenda.

“Beh è stato informato in malo modo.”

Con un gesto fluido Ares fece comparire un trono di velluto, colore smeraldo, accanto alla scranna di marmo di Hamon e si accomodò con grazia. Ares non degnò di un occhiata nessuno e senza alzarsi espose con nitida chiarezza la sua opinione.

“E’ un errore che non possiamo commettere. Se Lésin Rove cadrà sarà il suo destino e noi non dobbiamo intervenire.”

Senza distogliere lo sguardo da quello di Tibos, Ares assaporò con gusto il caos che scoppiò alle sue parole.

“Mi dispiace, ma sono pienamente d’accordo con lei.”

Demetra, Dea del Male, si alzò subito imitata da Hamon.

“Come puoi dire questo? Noi abbiamo il diritto di difendere il nostro mondo.”

L’ira del Dio ora era rivolta verso la sua eterna nemica, ma Seth, Dio del Caos si alzò in difesa di Demetra, seguito a ruota da Malik, Dio della Guerra che alzò la sua tonante voce in favore di Hamon. Pochi secondi e tutti gli Dei si alzarono scontrandosi gli uni contro gli altri. Solo cinque rimasero seduti.

Harian, cinerea in volto, fissava impassibile il consiglio fuori controllo, mentre Rhys scuoteva il capo in controllato silenzio. Lexstates fissava il suo calice troppo coinvolta per esprimere il proprio parere. Ma la guerra delle ormai due fazioni distinte degli Dei contro e degli Dei favorevoli, non era la sola che si stava svolgendo nel santuario. Con le braccia comodamente poggiate sui braccioli del suo trono smeraldo e le dita delle mani affusolate che giocherellavano battendo le une contro le altre sollevate davanti a sè, Ares fissava con soddisfazione mal celata Tibos.

Dal canto suo, Tibos mal celava il furore che gli stava montando dall’intero e se avesse potuto avrebbe fulminato all’istante quella piccola peste intrigante. Ares, Dea Suprema della Magia e della Neutralità, aveva ceduto il posto già da tempo di Dea Minore della Neutralità a Ramya, ma amava ancora creare scompiglio nell’equilibrio.

“Adesso basta!”

Imperioso e furente Tibos si alzò facendo tremare il Santuario. L’aria si raggelò notevolmente, le luci si abbassarono e il silenzio tornò padrone del luogo incantato.

 

 

Gli eredi di Lésin Rove

 

Lentamente, ad uno ad uno, gli Dei tornarono a sedersi, ma ormai la calma era stata spezzata e la tensione regnava sovrana nel Santuario.

“Tutto questo trambusto è ridicolo e fuori luogo. Mi aspetto disciplina e ordine da questo consiglio e non accetterò un'altra scena da mercato come quella appena veduta.”

Nonostante l’Imperatore non avesse alzato la voce, il suo tono rigido e agghiacciante fece capire agli astanti la sua collera.

“Ora…” passando in rassegna con lo sguardo duro ogni volto presente ed evitando quello di Ares, Tibos tornò a sedersi.

“…senza ulteriori indugi, ordino a coloro che sono favorevoli di alzare la mano e a coloro che desiderano astenersi di poggiare il palmo destro sul tavolo. Vi darò questa scelta per non mettere in difficoltà chi non vuole schierarsi da nessuna parte.”

Con estrema decisione Lexstates fu la prima a muoversi e con cipiglio scuro poggiò la mano sul tavolo. Dall’oscurità Ylam si fece avanti e la imitò alzando una mano coperta da un guanto nero, capovolta verso il basso, mentre Malik, Dio della Guerra e Hamon Dio del Bene alzarono la loro. Poi fu la volta di Nuri, Dio della Terra, di Alea della Pace e Xylia e Drihid, rispettivamente Dee dell’Aria e della Luce. Ramya Dea della Neutralità si astenne, come anche Rhys, mentre Kruff, Dio della Forza e Gilen dell’Acqua negarono il loro assenso.

Tibos passò in rassegna i volti degli Dei, aggiungendo agli assensi, Shany della Flora e Wilora della Fauna. Hermus alla fine decise per il no, come Vesta, Dea della Giustizia.

Assieme a Cardia, della Natura e York, del fuoco, gli assensi furono dieci, contro sei negazioni e quattro astenuti.

Non bastavano per avere pieno appoggio, ancora una volta l’intervento di Ares sarebbe stato decisivo. Trattenendo dentro se le emozioni forti che provava di rabbia e rancore, Tibos fissò la superficie levigata di cristallo blu dell’immenso tavolo. Poi quando si sentì pronto, con indifferente pacatezza, scorse con lo sguardo l’intera superficie di esso per raggiungere la Dea Suprema che attendeva con serena soddisfazione il suo turno .

Lontano da lui, dal capo opposto al suo, Ares si crogiolava nel suo nuovo momento di gloria.

“Ebbene Ares, sembra proprio che il vostro voto sarà decisivo.”

Con grazia, atteggiandosi a una finta remissione e devozione, Ares abbassò il capo in un gesto di assenso pieno di sussiego, poi si alzò lentamente.

“Avrei una proposta per il consiglio prima di dare il mio voto. Se il consiglio darà buon assenso ad essa forse potremmo trovare un giusto compromesso a questa controversia.”

Tibos socchiuse leggermente gli occhi sospettoso. A che cosa stava puntando ora la Dea? Ma nonostante il suo scetticismo, gli concesse di continuare con un gesto della mano.

Ares iniziò la sua esposizione annullando dal suo comportamento qualsiasi inflessione che potesse irritare gli altri Dei. Ora era la totale quintessenza della perfezione e la sua aurea di potere e saggezza si sprigionava attorno a loro. Il suo charme era potente e l’attenzione di tutti fu da ella catalizzata.

“Un Cavaliere per ognuno di noi che vorrà dare un aiuto a Lésin Rove. Alla nascita di quello che ogni Dio riterrà essere degno portatore nel mondo del suo potere e del suo credo, scenderà a donare a costui il suo appoggio divino. Questo cavaliere potrà essere seguito e aiutato con doni materiali nella sua crescita, tanto da renderlo un essere superiore a tutti, capace di affrontare il potere di un essere superiore come la Dea che ci attaccherà. Per far questo sarà necessario che siano di nobili origini, per non creare squilibri nei Regni, addirittura delle casate Reali direi, non possiamo dare a un contadino un potere superiore. Fra di loro ci dovrà essere complicità e amicizia, perché saranno uniti dall’invisibile catena del potere divino che li unisce. Se sapranno sfruttare appieno il potere da noi donatogli e dimostreranno devozione, sacrificio, senso della giustizia e dell’onore, sono sicura che riusciranno a superare il difficile scontro che li attenderà.”

Tibos sconcertato da tale piano, ardito sicuramente molto prima della sua venuta quel dì, rimase ancor più allibito nel vedere ammirazione sul volto degli Dei favorevoli al loro intervento divino e ancor più, mutato il parere di quelli contro, che ora annuivano compiaciuti.

“Ma…”

Ares alzò di un tono la propria voce indurendo il suo bel viso.

“…metteremo una condizione a questo intervento, una condizione che riporterà l’equilibrio sulla bilancia del giusto.”

Mentre Ares esponeva la condizione necessaria per far sì che il loro intervento non fosse un’eccessiva trasgressione delle Leggi degli Dei, molti visi si oscurarono in segno di orrore, ma alla fine della sua esposizione, a malincuore, Tibos dovette vedere un quasi totale assenso tra gli astanti.

L’aveva beffato!

Ares lo aveva beffato per tornare ad avere la popolarità tra gli Dei che da tempo ormai era andata a perdere. Tibos si volse verso Harian che nonostante la sua avversione naturale verso la Dea, sembrava anch’ella ben disposta verso la sua proposta. L’Imperatrice gli toccò la mano avvicinandoglisi per potergli sussurrare.

“E’ stata indisponente lo so, ma anche se la sua proposta risulta alla fine molto dura verso il nostro popolo, mi sembra molto sensata.”

La speranza negli occhi di Harian smorzò le sue ultime riserve.

“Con il nostro aiuto Lésin Rove si salverà Tibos.”

L’Imperatore dovette ammettere la sua sconfitta. Ares aspettava solo una sua parola, non aveva bisogno di chiedere il parere del consiglio, si leggeva nello sguardo di quasi tutti gli Dei che erano d’accordo. Ma Tibos non l’avrebbe fatta uscire di lì vincitrice, aveva ancora un conto molto vecchio da saldare con ella.

“Io sono d’accordo e mi pare che anche il consiglio lo sia...”

Ares sorrise con sincero calore mentre brusii positivi si alzavano dalla congrega riunita.

“Io nonostante ciò, vi chiedo di potermi astenere Vostra Altezza.”

Ylam, Dio dell’Oscurità si fece avanti.

“Sapete bene che non sono il tipo giusto per avere un discepolo da accudire.”

La voce profonda, ma glaciale e spettrale dell’uomo incappucciato fece venire i brividi a molti dei presenti. Ylam sembrava un’irreale creatura dell’oltretomba. E Tibos annuì.

“D’accordo, ma allora chiederei a Drihid, Dea della Luce di fare altrettanto. Desidero mantenere l’equilibrio in questa storia.”

A malincuore la solare Drihid chinò il capo accettando il suo volere.

“Come desidera Altezza.”

Tibos annuì soddisfatto mentre Ylam si ritirava nelle ombre.

“Prima però di chiarire gli ultimi dettagli ho io ora una richiesta da fare alla Dea Ares.”

 

 

 La fine del popolo dei Mistici

 

 

Il sorriso sul viso di Ares si spense lentamente, mentre scorgeva il lampo cinico degli occhi di Tibos e i visi improvvisamente seri e tirati di alcuni degli Dei. Presagendo già un imminente attacco da parte dell’Imperatore, ferito dalla sua vittoria, la Dea si risedette pronta a sfoderare tutte le sue armi.

Tibos attese che l’ordine e il silenzio tornassero sovrani nel Santuario poi sorrise internamente alla vista dell’agitazione palese del Consiglio. Loro sapevano cosa stava per fare, erano stati loro a chiederglielo,innumerevoli volte,con le loro innumerevoli lamentele. Si erano lagnati per anni, ma non si aspettavano che lo avrebbe fatto proprio in quel momento, con loro presenti. Ma se lo meritavano quello smacco, d’altronde non lo avevano fatto passare anche a lui pochi istanti prima?

“Approfitterei di questo consiglio, oggi, per sollevare una questione che da tempo desta preoccupazione nel pantheon qui riunito. Una questione che ormai non posso più ignorare e che è arrivato il momento di risolvere in maniera definitiva.”

Ares strinse i denti e le sue labbra divennero sottili mentre si sforzava di serrarle per non urlare in faccia all’Imperatore la parola che gli era salita spontanea.

Ipocrita!

Sapeva a cosa Tibos si riferiva. In più di un loro incontro gliene aveva parlato, sorridendo e beffandosi dei timori degli altri Dei, ma ora era intenzionato a punirla come una bimba cattiva dinanzi a tutti e l’avrebbe costretta a fare ciò che tutti da tempo ormai volevano da lei, ma no!

Mentre una furia cieca l’avvolgeva e un calore tangibile sprigionava dal suo corpo, i suoi occhi si accesero di fiamme danzanti. Non avrebbe dato questa soddisfazione all’Imperatore, mai!

Ares si alzò e molti sguardi stupiti la fissarono mentre con estrema forza di volontà, tornava padrona di se stessa.

“Voglio alleggerirvi del peso per voi così gravoso di ciò che state per chiedermi Vostra Altezza, proponendo a voi e al consiglio una soluzione che spero vi aggradi.”

Lo aveva fatto di nuovo! Gli aveva nuovamente tolto la parola scavalcandolo!

Tibos ormai al limite della sopportazione per la sua sfacciataggine fu tentato d’incenerirla sul posto, ma impossibilitato a far ciò, si limitò ad annuire col capo in maniera brusca.

Non poteva di nuovo averla vinta! Non gli avrebbe permesso di umiliarlo, ma come poteva impedirle di parlare!?

Ares fissò Tibos con risoluzione e poggiò le mani sul cristallo del tavolo, prima di parlare con estrema lentezza.

“Quando nella notte dei tempi andati, mi faceste l’onore di propormi il posto di Dea Suprema di Dàrin Rove per dare l’opportunità a voi Maestà di alleggerirvi dei gravosi impegni delle interminabili trattative di pace con gli Dei dei sistemi solari a noi attigui, fui ben felice di accettare tale onere e onore, ma un regalo chiesi a voi. L’opportunità di avere per me una cerchia ristretta…”

Un sommesso brusio di protesta si levò fra gli astanti, anch’ella sapeva che ognuno era a conoscenza di quella storia e che la cerchia da lei appena nominata non era poi così ristretta.

“…vi prego…”

Ares sorrise con accondiscendenza mista a irritazione,accennando un gesto del capo cortese all’indirizzo del consiglio scontento.

“…pazientate ancora un minuto e chiarirò i punti del mio discorso.”

Il brusio andò scemando e ormai curioso di sentire dove sarebbe andata a parare per salvare ciò che gli era caro, Tibos le fece segno di continuare sorridendo sarcastico.

Ares trasse un sospiro per tornare a calmarsi. Avrebbe volentieri scaricato la sua furia contro un paio dei suoi pari li dentro.

“…una cerchia ristretta di miei fedeli, denominati Mistici, che mi avrebbero aiutata e seguita nel mio compito. Ammetto…” e a quel punto sfoderò un sorriso stucchevole di scusa e pentimento.

“…di aver lasciato correre un po’ troppo la mia ambizione e l’autogestione di quegli eletti nei miei lunghi periodi di assenza. I Mistici sono negli anni divenuti forti, hanno prolificato, edificato e la mia cerchia ristretta è diventato un popolo potente e indipendente, comandato da un Reggente troppo superbo e ambizioso. La città di Selion è di troppo su Dàrin Rove e il mio popolo ormai troppo forte e indipendente per servire solo allo scopo per cui era stato istituito. Non è questo che volevate dirmi Vostra Altezza?”

Tibos annuì indeciso se sentirsi oltraggiato o ammirato, ma una cosa lo era di sicuro; curioso, estremamente curioso. L’avrebbe ascoltata fino in fondo, ma non gliela avrebbe data vinta quella volta.

“Amici miei…”

In un gesto estremamente teatrale Ares, allargò le braccia per comprendere tutti gli astanti nelle sue parole.

“…ammetto il mio errore e ammetto di aver lasciato correre fino ad ora peccando di orgoglio e bramosia. Mi sentivo onorata e estremamente gratificata di questo mio popolo, ma mi rendo conto che abbiamo errato. I Mistici hanno abusato della mia e della vostra benevolenza e meritano una punizione.”

Ares tacque per lasciare il tempo agli Dei di assimilare la sua ammissione di colpa e per dare maggior enfasi alla sue successiva decisione. Ora era tornata sicura di sé, sapeva come agire per salvare il salvabile e avrebbe vinto di nuovo quel dì.

“ I Mistici meritano di essere sterminati.”

“Per gli Dei!”

Alea, Dea della Pace non riuscì a trattenere il suo grido d’orrore, mentre ancora una volta il trambusto esplodeva nel Santuario. Tibos spalancò gli occhi e Harian si coprì le labbra in un gesto di malcelato disgusto.

“Perché questa agitazione?”

Ares alzò la voce per sovrastare il frastuono,guardando gli astanti con stupore.

“Consiglio!”

Il richiamo di Tibos ebbe nuovamente effetto immediato. Il silenzio questa volta si prolungò. Tibos non sapeva cosa dire per non sembrare in torto davanti al consiglio scioccato, d’altronde, non era quello che aveva voluto fin dall’inizio, la sterminazione dei Mistici? Ma vista la reazione degli Dei non poteva accettare tranquillamente la proposta di Ares senza sembrare crudele e dittatore. Ma la Dea Suprema non aveva finito e involontariamente gli venne in aiuto.

“Ritorno a domandarvi... Perché tale trambusto quando è ciò che avete sempre voluto, ed è l’unica soluzione possibile?”

“Suprema Ares.”

Hamon si alzò con espressione oltraggiata sovrastandola alla sua destra con la sua elevata altezza.

“Noi siamo Dei e possiamo compiere gesti estremi come l’eliminazione di una vita per una giusta causa, ma questo mi sembra un eccesso di potere. Non potete sterminare un popolo, il vostro popolo, come fareste con un insetto insidioso. È immorale ed estremamente oltre ciò che sono i nostri diritti e doveri sugli uomini.”

“Il popolo dei Mistici volente o no mi appartiene, nessuno di voi ha alcun potere su di loro, è mio diritto farne ciò che voglio. Non stava infastidendo la maggioranza di voi o sbaglio?”

Ares riversò il suo furore sul Dio.

“Cosa proponete? La schiavitù? I Mistici sono superiori a qualsiasi essere umano, hanno poteri elevati e il dono della lunga vita, sono orgogliosi e nobili, si ribellerebbero e sarei costretta ad intervenire drasticamente comunque.”

“Sì, ma la sterminazione!”

Alea Dea della Pace si alzò rossa in viso per il disgusto e l’indignazione.

“Per gli Dei, Ares, non potete cancellare dopo centinaia di anni l’impronta che i Mistici hanno avuto su Dàrin Rove e Lésin Rove come un insulso disegno sulla sabbia.”

“Mia cara…”

Ares si rivolse ad ella con espressione dolcemente sarcastica e decisamente offensiva.

“Cosa propone il vostro buon cuore allora? Illuminatemi perché non trovo soluzione degna di nota. I Mistici hanno abusato dei miei doni e della mia lungimiranza. Meritano di essere puniti e grazie a voi ho aperto gli occhi su questo mio imperdonabile errore.”

Mentre la discussione accesa, ma moderata entro i limiti, si svolgeva tra le varie fazioni degli Dei, Tibos cercava di sondare la mente e il comportamento di Ares per capire. Era sicurissimo che lei stesse bluffando, non poteva volere la sterminazione di tutti i Mistici, lui aveva la certezza che ci fosse qualcuno fra il popolo incriminato che lei volesse salvare, ma non lo aveva ancora nominato, perché? Poi Vesta, Dea della Giustizia parlò con la sua voce dolce e carezzevole e Tibos capì.

Mentre una furia cieca superava in potenza di gran lunga ogni emozione provata quel giorno, vide lo sguardo di Ares accendersi della gioia della vittoria.

“Potremmo dargli una possibilità? Potremmo salvare una cerchia di eletti che avranno il compito di ristabilire il nome e l’onore dei Mistici. In futuro li mettereno a dura prova e potranno cpsì tramandare il loro sapere e potere solo a coloro dei loro discendenti che daranno prova di essere meritevoli di tale onore.”

La fugale espressione di vittoria di Ares fu colta solo dall’Imperatore che la osservava attentamente, al resto del Consiglio la Dea parve dubbiosa mentre soppesava le parole di Vesta valutando il suo consiglio.

“Non so…”

Con finta indifferenza che gli fece scattare i nervi in corpo pronti a saltarle addosso per strangolarla, Ares alzò lo sguardo dubbioso e incerto più falso del mondo su di lui e Tibos per la seconda volta quel giorno, si sentì sconfitto.

“Cosa ne dite Vostra Altezza?”

Già…cosa avrebbe dovuto dire lui ora, quando tutti lo fissavano in attesa. Quando tutti avevano taciuto alle parole di Vesta consapevoli che la sua proposta era la più accomodante tra tutte. Chi voleva la terminazione dei Mistici avrebbe avuto soddisfazione, chi era contro avrebbe accettato la salvezza di pochi. Il sacrificio della maggioranza del popolo dei Mistici che fatto loro un torto con l’arroganza e l’ambizione dei loro cuori avrebbe risolto il problema che da anni creava malumori,tornando a portare la pace tra gli Dei. Tibos allora si arrese e proclamò.

“Se nessuno, dopo le mie parole, avanzerà obbiezioni riterrò approvata la proposta di Vesta.”

Tibos attese qualche attimo prima di continuare, lasciandosi il tempo per accettare questa nuova partita persa con la sua eterna rivale.

“Sceglieremo nove fra i più meritevoli e onorevoli dei Mistici, nove fra uomini e donne di eguale potere e abilità, saranno otto destinati ai Regni terrestri e uno Dàrin Rove. Il compito degli otto sarà quello di vegliare sui Cavalieri degli Dei e sui Regni, dovranno aiutare i giovani a crescere nella giustizia e nell’onore per limitare al massimo l’intervento di voi Dei nelle loro vite. Li addestreranno nelle armi e sorveglieranno i Portali Astrali di Lésin Rove. Grazie ai loro poteri potranno aiutare i prescelti nella lotta contro il male, limitando o addirittura sventando l’intrusione di estranei nel nostro sistema solare. Saranno costantemente sotto esame e forse un giorno diventeranno meritevoli di continuare la loro stirpe. Colui o colei che rimarrà su Dàrin Rove, sarà il nostro tramite con gli altri e proteggerà il Portale Astrale che collega il nostro mondo a Lésin Rove.”

Mentre parlava e le idee gli scorrevano veloci nella mente vide molte teste annuire piene di ammirazione e seppe di poter uscire trionfante da quella piccola sconfitta.

“Potranno avere dei validi guerrieri che li aiutino in questo compito, ma saranno al di fuori del loro popolo. Inoltre, naturalmente, Ares, potrete scegliere due o tre dozzine di chierici che vi aiutino nel vostro compito di mediatrice tra le loro fila, ma che rimarranno confinati entro i limiti dei vostri templi.”

Il silenzio che seguì le sue parole decretò il destino del popolo dei Mistici, ma Ares non aveva ancora esposto il suo parere.

“Accetto! Sono fermamente convinta di poter scegliere fra i mistici i chierici più fedeli e meritevoli di salvezza e altrettanto convinta che il Principe Knich Valeré saprà trovare fra i suoi sudditi gli otto più valorosi destinati a ripristinare il nome onorevole dei Mistici.”

“No.”

Il secco rifiuto di Tibos fece volgere tutte le teste verso la sua persona.

“La casata Reale, colpevole più che mai di ambizione e superbia sarà completamente annientata!”

Ares che era tornata a sedersi si alzò di scatto.

“E’ assurdo. Chi meglio di lui potrà farlo, la sua casata è la più potente, non per nulla è stata votata a reggenza del loro popolo.”

Tibos scosse il capo con vigore.

“Non otterremo nulla se lasceremo in vita il seme della ribellione in colui che fa parte della massima autorità dei Mistici. Potrebbe un giorno decidere di ristabilire il suo potere e ci ritroveremo da capo con il problema.”

Ares la fissò incredula.

“Con un pugno di uomini e donne al suo fianco? Sarebbe un folle! Knich Valeré porterà su di sé, come un grosso fardello, la responsabilità della distruzione della sua casata e del suo popolo. Dovrà essere il migliore per riportare onore ai Mistici, dovrà essere umile e riconoscente, a me e a voi della vostra grazia accordatagli. Conosco il suo potenziale, perché il Re dei Mistici mi chiese la benedizione del suo primogenito e quando gliela concessi percepii una notevole forza nel neonato.”

“Dea Ares, non desidero essere ancora disubbidito.”

La insofferente furia di Tibos era ora visibile e tangibile per tutti, ma Ares non si arrese.

“Vi prego di ascoltare fino alla fine. Lascerò un anno di tempo al Principe Knich per allenare duramente gli otto eletti, poi verranno sottoposti al vostro esame, se li riterrete degni tutti e nove li allontaneremo da Dàrin Rove, tranne il Principe e decreterò la fine di Selion con tutto il suo popolo.”

Vi prego…Tibos valutò la supplica di Ares. Era ben misera cosa se confrontata a tutti gli affronti che lei gli aveva inflitto quel giorno e in passato, ma agli occhi di tutti lei lo stava supplicando e dentro di sé lui sapeva che il suo assenso quel giorno sarebbe potuto essere una buona arma in futuro contro di lei.

“Accetterò le vostre condizioni Ares, ma ne apporrò una mia che non dovrà mai essere contestata da nessuno ed è un ordine il mio. Se Knich Valeré o uno dei Mistici verrà meno al suo compito o trasgredirà alle regole imposte loro sarà eliminato istantaneamente. Sono stato chiaro?”

Ares lo fissò duramente, incapace in quell’istante di comprendere se avesse vinto definitivamente quella battaglia o se fosse caduta nella sua rete, intrappolata come una stolta dal suo stesso piano.

No, ci avrebbe riflettuto, ma era certa che il tempo avrebbe premiato quella piccola remissione, che quel dì le aveva permesso di raggiungere il suo scopo. Lentamente un sorriso le illuminò il viso.

“Chiarissimo mio Imperatore, vi ringrazio per la vostra benevolenza.”

Tibos annuì poi si rivolse al consiglio.

“Ora proporrei di vagliare i dettagli sulla vita dei Cavalieri Prescelti.”

 

 

 

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Capitolo 3
*** L'Era degli Dei ***



AD 505

 

Orion

 

Regno di Telnar.

 

Halima, Regina del regno di Telnar, camminava tranquilla per l’immenso parco verde che circondava il suo castello. Quel giorno il sole azzurro Resteres splendeva alto riscaldando l’aria e la sua pelle candida, con un lieve tepore.

Aveva deciso di uscire sola, perché ormai, al termine della gravidanza, le sue dame di compagnia erano diventate soffocanti e terribilmente irritanti. D’altronde non era colpa loro. Halima scosse il capo sorridendo. Il suo caro Ferran, appena saputo che aspettava il loro primogenito era divenuto istantaneamente premuroso oltre ogni dire e aveva ordinato a tutti di sorvegliarla a vista e di trattarla con la massima delicatezza e premura. Dal suo canto Halima, non si era mai sentita tanto forte e sicura di sé come nel periodo della sua gravidanza, per questo era quasi sicura di aspettare il tanto agognato erede.

Quel bambino le infondeva una forza inspiegata, ma per non contrariare apertamente il Re, anche quel dì si era portata appresso una scorta e la cara governante Agnes, assieme alla dolce Susy, sua cameriera personale, camminavano con discrezione a diversi passi dietro di lei.

Halima entrò nel suo roseto personale ammirando con infinita gioia, come ogni stagione, i suoi splendidi fiori in rigogliosa fioritura. Con estrema lentezza si inchinò su un delicato fiore azzurro come il cielo per aspirarne il profumo.

“Che meraviglia!” disse poi con un sospiro.

“Mai come la visione che ho dinanzi.”

Halima chiuse gli occhi deliziandosi della voce dolcemente carezzevole del marito che le giunse dal viale parallelo al suo. Non si meravigliava che lui l’avesse raggiunta lì.

“Immancabilmente galante mio Re.”

Lentamente la Regina si rialzò per sorridere all’amato, ma una fitta improvvisa ai lombi la costrinse a gemere lievemente. Mentre si portava le mani al grembo, Agnes e Ferran le corsero al fianco.

“Halima.”

Ferran la raggiunse in poche falcate e quando l’ebbe dinanzi vide il suo volto stravolto dalla gioia.

“Ferran è lui, il tuo erede. È ora mio adorato.”

Senza tanti preamboli, il Re la sollevò tra le braccia senza alcun sforzo mentre un emozionantissima Agnes si rivolse a Susy.

“Corri bambina, avverti la servitù!”

La giovane cameriera non se lo fece ripetere due volte, si raccolse le gonne e in un attimo volò attraverso il giardino chiamando a gran voce la nutrice.

 

 

“Eccoci sua Maestà.”

La nutrice si avvicinò commossa al giovane regnante che, a discapito di ogni convenzione, aveva assistito la sua sposa dal primo all’ultimo momento del parto, minacciando di morte chiunque volesse allontanarlo dal suo capezzale.

“Il vostro erede.” gli disse porgendogli il prezioso fagotto che aveva tra le braccia.

Prossimo alle lacrime Ferran non riuscì più a trattenerle mentre la donna gli metteva fra le braccia un perfetto e docile paffuto maschietto.

“Ti prego, fammelo vedere. Lo sapevo Ferran che era un maschio, lo sapevo.” Halima tremendamente scossa, ma felice fino a scoppiare d’amore e d’orgoglio, tese le braccia verso il marito che le consegnò il bimbo con un pizzico di rammarico.

La Regina scostò totalmente i lembi della coperta che avvolgeva il neonato e incontrò lo sguardo sereno e assonnato del figlio. I suoi occhi azzurri rispecchiavano quelli del cielo che aveva visto quella mattina.

Ferran si accoccolò delicatamente sul letto accanto a lei, mentre Agnes faceva ritirare la servitù per lasciare ai regnanti un po’ di intimità. Sarebbero tornati più tardi ad accudire il nascituro e la puerpera.

“Orion Edwin Gregor Ready di StarlightSun di Telnar, benvenuto in famiglia.”

Ferran si chinò a baciare il capo del suo erede, poi quello della moglie. Si ripromise di rimanere solo pochi minuti per dare la possibilità alle fantesche di accudire la sua Regina, ma un’improvvisa stanchezza lo vinse e in pochi brevi attimi i regnanti dormivano sereni.

Nessuno si accorse dell’improvviso abbassarsi delle fiamme delle candele o della strana nebbia che avvolse la camera reale, ma quando essa sparì un vecchio mal vestito, appoggiato a un malconcio bastone curvo stava in piedi accanto al lussuoso letto a baldacchino.

Rhys, Dio dell’Equilibrio, si chinò sulla Regina che teneva ancora in grembo il suo dolce fardello. Il piccolo era sveglio e lo fissava con una strana espressione insolita per un bimbo appena venuto al mondo.

“Ebbene, siete voi il piccolo furfante che diverrà il mio protetto?”

L’infante emise un piccolo gridolino e il vecchio saggio sorrise.

“Beh, mi fa piacere saperti così entusiasta.”

Rhys alzò una mano sul capo del bimbo, poi si punse un dito con uno spillone argentato. Una goccia di liquido simile ad argento fuso cadde sulla fronte del bimbo, poi scomparì e un bagliore luminoso illuminò per un istante la stanza a giorno. La benedizione e il potere del Dio lasciarono un'unica traccia dietro di sé. Gli occhi dell’infante ora avevano perso il loro colore azzurro ed erano grigi come nubi cariche di pioggia.

Il Dio tracciò una runa invisibile sopra il corpo del piccolo che lottava ora contro il sonno che cercava di avvolgerlo, ma alla fine la stanchezza lo prese e Orion si addormentò.

“Abbi cura di te, ci vedremo molto presto. Arrivederci piccolo Orion.” e così com’era apparso, il Dio scomparve.

 

 

Foresta di Stoyan

 

“E così il secondo Cavaliere è venuto al mondo oggi.”

Una figura ammantata in morbide vesti nere si staccò dalla balaustra e rientrò all’interno della stanza semibuia, una seconda figura lo seguì più lentamente.

“Non capisco la ragione per cui te ne stai qui, così, senza far nulla. Stethiel, avrei giurato che avresti mosso mari e monti per impedire questa follia.”

Una risata bassa e roca accompagnò le sue parole, mentre l’uomo si versava un calice di vino scuro avvicinandosi poi all’unica fonte di luce, il camino acceso.

“Perché dovrei smuovermi per siffatto motivo, non temo la nascita di questi Cavalieri.”

“Allora sei uno stolto.” rispose il suo interlocutore con stizza.

“Cosa?” Stethiel guardò la figura in penombra che ebbe un fremito. Stethiel Karayan non era particolarmente alto, ma con un suo solo sguardo poteva far tremare anche una persona molto coraggiosa. Quella notte in particolare, il potente mago trasudava potere e pericolosità da ogni poro del suo splendido corpo asciutto e ben fatto.

La donna lo fissò con ammirazione soffermandosi sulla sua vita stretta e le spalle larghe, non nascoste quel giorno dalla tunica nera che solitamente indossava. Per chi non sapesse della sua natura, Stethiel non sarebbe apparso mai come un mago, il suo fisico rispecchiava più quello di un guerriero, nonostante non avesse la muscolatura prominente e sviluppata del combattente.

Il suo sguardo si posò sul suo viso spigoloso per poi passare alle sue labbra marcate, ma sensuali e al suo naso perfettamente modellato. I suoi occhi mandavano lampi di collera al suo indirizzo, ma quelle profondità nere, ebbero solo il potere di farla fremere d’eccitazione e non di paura. Avrebbe voluto affondare le mani nei suoi lunghi capelli neri e non farlo arrabbiare.

“Scusami, ma pensavo che avresti gioito volentieri alla notizia di un imminente arrivo di una Dea Oscura che potrebbe rivelarsi una buona alleata.”

Così com’era salita veloce, la collera di Stethiel svanì e lui le sorrise in modo seducente.

“Non mi curo di questa Dea e tanto meno dei Cavalieri, credo che la loro nascita mi sarà più di aiuto che d’intralcio.”

La donna sollevò un sopracciglio scettica odiandolo, perché da tempo ormai non si fidava più di lei tanto da metterla al corrente dei suoi piani. Ma presto avrebbe scoperto che cosa le nascondeva. Con grazia si avvicinò al vino e se ne versò una coppa.

“Deduco che i tuoi piani siano molto ben studiati allora se il fatto che a Telnar e a Rusgar siano nati due potenti paladini, non ti innervosisca nemmeno un po’.”

Stethiel sogghignò sicuro di sé tornando a bere dalla coppa prima di risponderle con noncuranza.

“Mia cara, non sarà certo il figlio bastardo di Odion di Rusgar o il primogenito di Ferran a vedere la mia fine e non riuscirai ad ottenere nulla da me questa notte. Conosco la tua doppiaggine e le tue moine non mi ingannano. Piuttosto sono i Cavalieri Mistici a innervosirmi un po’, è un colpo basso che non mi sarei aspettato.”

La donna si voltò di scatto furiosa.

“I cavalieri Mistici non sono affari che ti riguardano, e non osare insultarmi Stethiel Karayan, non lo accetto da gente della tua risma.”

“Ah, davvero?!”

Fu lui stavolta a guardarla con scetticismo mentre le si avvicinava minaccioso.

“E di che risma saresti tu, piccola gatta selvatica, tu che giochi con la vita degli altri come se fossero burattini?”

Pregustando quello che sarebbe accaduto dopo la loro lite, come sempre, ella gli lanciò addosso la coppa di vino.

“Non starò qui un minuto di più a farmi insultare, quando avrei dovuto ricevere solo ringraziamenti da te stanotte.”

Con un abile e veloce movimento Stethiel l’afferrò per la vita gettando il suo calice per terra assieme al proprio.

“E’ un ringraziamento che vuoi?” disse chinandosi su di lei con fare sarcastico e malizioso “Allora lo avrai.”

 

 

Era l’alba quando Stethiel fu raggiunto nel suo laboratorio dalla persona che aveva fatto convocare la sera prima. Il cavaliere entrò con spavalderia, per niente meravigliato delle cose strane e spaventose che alloggiavano in siffatto luogo. Come ogni buon laboratorio magico,anche quello di Stethiel era ben rifornito di barattoli e fiale che non contenevano solo erbe e pozioni ma anche raccapriccianti membra di ogni creatura possibile, atta a servire come ingrediente o studio per i propri incantesimi.

“Bene bene, a cosa devo l’onore di questa convocazione.”

Stethiel alzò lo sguardo dall’incantesimo che stava scrivendo e sorrise lievemente.

“Quanto sarcasmo. So di non averti reso felice con il mio invito, ma noi abbiamo ancora un conto in sospeso ed è arrivato il momento di saldarlo.”

Il bel volto dinanzi a lui si storse in una smorfia di disgusto.

“Non speravo tu te ne fossi dimenticato, ma in questo delicato periodo sai che sono molto impegnata e non ho tempo per i tuoi giochetti.”

“Siediti Krizia, non era una richiesta la mia.”

Ora il mago non sorrideva più e con insofferenza la giovine si sedette, facendo strisciare la lunga spada appesa al fianco, appositamente, contro la scrivania.

“Godine Karayan, perché sarà la prima e l’ultima volta che mi darai degli ordini.”

Stethiel soffocò un sorriso mentre con stizza lei si sedeva a braccia conserte.

Il Dio Seth del Caos, a cui Krizia era devota, aveva improntato il suo carattere nella protetta e più volte, spinta da una volontà per lei indispensabile come la vita, di generare confusione nell’equilibrio, la guerriera si era ritrovata nei guai per quello. Era da uno di questi che lui l’aveva salvata anni addietro e aveva sempre saputo che un dì ne avrebbe tratto il suo tornaconto. Un tornaconto di grande valore visto che Krizia era uno dei Cavalieri Ombra dell’Imperatore Tibos.

I Cavalieri Ombra erano le sue spie, immortali e potenti come semidei, dei quali l’Imperatore si serviva per sapere tutto e controllare tutto sui suoi Regni, dall’oscurità dell’ombra in cui essi si muovevano.

Erano una setta di venti paladini più o meno potenti, ma tutti mutaforma ai massimi livelli. Potevano divenire all’occorrenza uccello, albero, vento, sapevano nascondersi nelle tenebre e la loro capacità camaleontica di mimetismo li rendeva invisibili a chiunque. Sia alla vista che a qualsiasi altro senso.

Stethiel sorrise al pensiero di ciò che Krizia gli doveva e sapeva che la battagliera giovine non avrebbe ceduto alle sue richieste senza lottare, d’altronde era quello che voleva.”

“Ne godrò finché potrò...perciò ho conservato questo piacere fino ad ora. Rallegrava le mie notti tristi il sapere che avrei potuto chiamarti in ogni momento e tu saresti accorsa.”

“Grrr…”

Krizia digrignò i denti in modo molto poco femminile.

“Mi disgusti.”

Stethiel la ignorò, felice di averla già irritata fino a quel punto. Krizia era infiammabile come una scintilla.

“D’accordo passiamo oltre il nostro dolce interludio.”

Il mago incrociò le dita sul tavolo riacquistando la sua compostezza.

“Ho bisogno che tu tenga d’occhio per me due persone. Tibos e Ares.”

Krizia sbatté i suoi occhi verdi, frangiati da lunghe ciglia scure, per qualche secondo prima di scoppiare in una sincera argentina risata.

“Oh per gli Dei, Stethiel, ti giuro, non conoscevo il tuo lato comico.”

Ma il mago non si scompose e attese che la sua ilarità scemasse, allora Krizia tornò a fulminarlo con lo sguardo.

“Impossibile, la mia lealtà và a Tibos e mi ucciderebbe se sapesse che lo sto spiando. Inoltre non posso nascondermi ai suoi sensi e tu dovresti saperlo. Per quanto riguarda la Dea Ares, evita anche solo di pensarlo!”

Stethiel scosse piano il capo.

“Sorvolando sulla comicità della tua dichiarazione di fedeltà, parola a te sconosciuta, fatto in molte occasioni provato e confutato. Non ti sto chiedendo di spiarli in quel senso. Puoi tramite i cavalieri Ombra, che sanno tutto di lui, dirmi quando e quante volte si incontreranno e in quali circostanze. Naturalmente se riuscirai a scoprire qualcosa di più, avrai la mia riconoscenza e sei abbastanza intelligente da sapere che tale, può essere una buona cosa per te in futuro.”

Krizia diniego con decisione.

“La mia risposta sarà sempre no Stethiel. Non l’Imperatore. Chiedimi di Ares, ma non di Tibos.”

Stethiel si preparò a sferrare l’ultimo colpo.

“Certo potrei trovare qualcosa di più piacevole da farti fare, oppure decidermi a divulgare ciò che ti è successo cinque anni fa.”

Krizia si alzò in piedi battendo le mani sulla scrivania.

“Ahi.” la giovane si ritirò di scatto dopo aver sollevato la mano ferita da una scheggia di vetro.

Con rabbia si appropriò del pezzo di stoffa che lui le allungò scorgendo il sangue che le ricopriva il palmo.

“Piantala di burlarti di me, ricorda che non ti temo e se sono qui è solo perché sono costretta da quello stupido vincolo. Ti odio e odio il fatto di non aver trovato il modo di essermi liberata di quel tuo maleficio.” disse guardandolo malevola.

Se gli occhi avessero avuto il potere di uccidere, lui sarebbe morto, ma Stethiel rimase in silenzio e in impassibile in attesa. Dopo una ferrea lotta di sguardi Krizia sbottò rabbiosa.

“E sia!”

Scagliando la pezza sul tavolo con forza, Krizia si diresse alla porta, ma prima di uscire si volse e gli puntò un dito contro.

“Ma non voglio rischiare la vita per te. Sarò io a venirti a cercare quando potrò e non mi stare sul collo come un segugio.”

Stethiel rimase immobile, ma alla fine chinò impercettibilmente il capo sorridendole.

“Come vuoi, ma non farmi attendere troppo o dovrò prendere provvedimenti.”

Krizia avrebbe voluto augurargli ogni male, ma era sicura che lui ne avrebbe goduto, perciò se ne andò sbattendo la porta.

Lentamente Stethiel si alzò e si diresse alla scranna su cui era seduta Krizia. Come aveva previsto un paio dei suoi lunghi capelli rossi, sempre sciolti sulle spalle, erano rimasti impigliati nella scheggiatura del legno che fuoriusciva dalla spalliera. Con cura li raccolse, poi prese la pezza con le macchie visibili del sangue della donna.

“Ed ora scopriamo i segreti della straordinaria capacità di mimetismo e mutazione dei Cavalieri Ombra.”

 

Dàrin Rove

 

Dàrin Rove – Palazzo Imperiale

 

Ryin Valeré, Principe del popolo dei Mistici osservò di sottecchi il compagno e amico Markus, Duca di Lerner, appena tornato dalla prova a cui lo avevano sottoposto gli Imperatori di Lésin Rove. L’amico non sembrava ferito, anche se mostrava segni visibili di stanchezza e dolore. Erano ormai da ore fermi, in piedi, in rigido controllo dinanzi ai troni degli Imperatori nella grande sala delle udienze e ormai la stanchezza stava prendendo possesso delle sue membra doloranti.

Uno per uno erano stati invitati ad uscire dalla sala e a raggiungere un luogo magico dove avevano dovuto affrontare diverse prove fisiche e psicologiche che se superate a pieni voti, gli avrebbero permesso di entrare a far parte di quella schiera di paladini eletti, per sorvegliare e proteggere il loro mondo. Le sue prove erano state davvero difficili, ma grazie al duro allenamento di suo fratello Knich, era riuscito a superarle tutte con moderata facilità.

Il ricordo dei mesi di addestramento tornarono a fargli digrignare i denti dal disappunto, ma Ryin sapeva di dover rilegare quei pensieri ora nell’angolo oscuro dei conti da saldare con il fratello maggiore. Spostò lo sguardo su Tibos, l’Imperatore Unicorno che ora sorseggiava un infuso in tranquilla serenità, circondato dai suoi seguaci, lasciando loro fermi come delle statuine ad aspettare il ritorno di Knich dalla prova.

Avrebbe voluto scuotere la testa dal disappunto o sgranchirsi le gambe, ma era sicuro che Shadow alla sua destra lo avrebbe disapprovato e segnalato poi a Knich.

I minuti passavano lenti come ore e ormai non riusciva più a capire da quanto il fratello si fosse allontanato, ma gli sembrava un’eterntià. Anche Diane, primo chierico della Dea Ares mandata da ella in sua vece a tale importante cerimonia, sembrava leggermente preoccupata. Ryin cercò lo sguardo di Shadow che si mosse impercettibile per guardarlo, poi la sua attenzione fu catturata dal cancelliere che trafelato raggiunse il trono dell’Imperatore.

Tibos si chinò per ascoltare quello che l’uomo aveva da dirgli, poi allontanò tutti e portò lo sguardo su di loro.

“Molto bene cavalieri, il vostro Principe sta tornando tra noi e tra poco saprete chi avrà superato appieno le prove.”

Shadow strinse forte le mascelle per soffocare le diverse emozioni che lo attanagliavano, ormai non sentiva più lo stomaco, aveva l’impressione di aver dentro sé un enorme buco nero. Poteva percepire a pelle l’agitazione di Ryin e Kryan accanto a lui e tutti i suoi sensi erano allertati fino allo spasimo.

Poi le grandi porte del salone si aprirono e l’imprecazione che gli salì alle labbra fu soffocata solo dal suo rigido addestramento e dai denti che serrarono le labbra ferendole.

Ryin però non riuscì a trattenere il…ma cosa!...che gli uscì spontaneo e lui dovette colpirlo leggermente con la spalla per riportarlo all’ordine.

Knich sull’uscio della porta era il fantasma di se stesso. La sua armatura era ammaccata e macchiata del suo stesso sangue, la tunica era a brandelli e un lungo taglio solcava il braccio destro. Il viso graffiato e livido era inespressivo e controllato come sempre. L’Imperatore sembrò noncurante, mentre gli astanti e l’Imperatrice stessa,sobbalzarono sbigottiti. Nessuno di loro era uscito così provato dalla prova.

Knich non abbandonò nemmeno per un momento il suo obbiettivo. Teneva lo sguardo fisso su Tibos e lentamente, ma senza vacillare raggiunse i troni.

Shadow avrebbe voluto soccorrerlo, ma invece diede ordine ai suoi compagni di formare un'unica fila con il loro Principe e senza guardare nessuno di loro, si apprestò a udire il responso dell’Imperatore.

Tibos tamburellò le dita sul bracciolo del trono cercando di non mostrarsi eccessivamente soddisfatto alla vista del corpo martoriato del Principe Knich. Odiava quell’essere e Ares non presentandosi alle prove gli aveva fatto solo un favore più che un dispetto. Quella piccola intrigante avrebbe lanciato fuoco e fiamme su di lui se avesse visto il suo protetto ridotto a quel modo. Trattenendo un sospiro soddisfatto si alzò con indolenza dal trono per elargire il suo verdetto.

“Nonostante mi abbiate ripetutamente assicurato che i vostri cavalieri sono i migliori di tutto in nostro sistema planetario Kastor e che la loro disciplina e i loro addestramenti siano i più duri e rigorosi che possano esistere, noto ancora molte pecche nel loro comportamento, Principe Knich. Devo supporre che voi non siate poi il rigido e valoroso comandante che andate vantando di essere, visto il vostro aspetto e la reazione scomposta di poco fa dei vostri uomini.”

Shadow accanto a Knich avvertì distintamente il digrignare dei suoi denti serrati con forza e il gemito sommesso di Ryin che aveva peccato con la sua esclamazione di stupore.

Knich non gli avrebbe fatto passare liscia la mancanza di poco prima, specie dopo il velato insulto di Tibos. Knich non rispose, diplomaticamente,accettando in silenzio le critiche. I presenti si guardavano l’un gli altri per cercare di capire cosa fosse successo al Principe e come mai Tibos dimostrasse una palese acredine verso di lui.

“Comunque…” soppesando bene le parole, Tibos continuò con deliberata lentezza.

“…devo dire che alla fine i vostri cavalieri hanno superato decentemente le prove a cui li ho sottoposti e in base a ciò, il mio verdetto sarà il seguente. Markus Duca di Lerner fate un passo avanti.”

Scattando rigidamente, il prestante cavaliere dai profondi occhi blu si avvicinò di un passo agli Imperatori e al successivo ordine di Tibos s’inginocchiò.

“Vista la vostra notevole forza e maestria nelle armi, vi nomino Cavaliere di Pargaskor. Possa il vostro sapere, essere d’aiuto ai fieri e potenti combattenti di quell’aspro Regno e la loro saggezza e lealtà essere a voi d’insegnamento per il futuro.”

Con un profondo inchino, Markus tornò ad alzarsi.

“Vi ringrazio profondamente vostra Altezza per l’onore accordatomi.”

Tibos annuì mentre il cavaliere tornava nei ranghi. L’Imperatore attese qualche istante prima di parlare nuovamente, come se stesse valutando ancora i pretendenti.

“Avanzate Dryu, Contessa di Shintil.”

Sobbalzando lievemente dopo tanta tensione e per la sorpresa, la giovane donna fece un deciso passo avanti mentre i riccioli biondi che le incorniciavano il viso dolce ondeggiavano leggermente.

“La vostra conoscenza della flora e il vostro amore per la fauna, unita all’abilità con l’arco che possedete vi rendono la candidata ideale per proteggere e servire il Regno puro e incantato del popolo degli elfi di Lobor. Possa la vostra impeccabile educazione e i vostri alti principi morali servire al meglio uno dei più antichi e venerati regni di Lésin Rove.”

Dryu avrebbe voluto ridere e piangere allo stesso tempo per la gioia immensa che provava, ma si limitò ad inchinarsi e abbassare lo sguardo per celare la commozione agli Imperatori.

“Amerò quelle terre come se fossero la mia terra natia e proteggerò e veglierò su tale prezioso luogo con la mia vita e con tutto il mio potere.”

“Non ne dubito, ma solo il tempo vi darà conferma.”

Tibos passò in rassegna i volti dei cavalieri saltando deliberatamente quello di Knich, poi tornò indietro e lo fissò negli occhi sorridente.

“Ryin Valeré Principe di Selion.”

Ormai consapevole di ciò che si aspettava da lui, Ryin fece un passo avanti e s’inginocchiò prontamente, mentre lo stomaco gli si annodava per l’agitazione e le grandi mani strette a pugno prendevano a coprirsi di sudore freddo. Tibos non guardò a lui, ma continuò a fissare Knich. Se Ryin non lo avesse ritenuto assolutamente impossibile avrebbe giurato che l’Imperatore guardasse al fratello con malcelato sarcasmo e cinismo.

“Sono rimasto alquanto compiaciuto di un paio delle vostre prove Ryin. Dimostrate un abilità discretamente alta nelle arti magiche e una conoscenza alchemica soddisfacente. Nonostante siate anche un ottimo cavaliere, dimostrate più propensione agli studi magici e credo di essere nel giusto indicandovi come degno cavaliere del Regno di Ictar. Da sempre, la posizione di quel regno e le sue tradizioni, hanno incrementato la magia e sulle sue terre sono nati alcuni dei più grandi praticanti di arti magiche di tutto Kastor. Credo che la vostra posizione non potrà che accrescere le vostre potenzialità e giovare ai giovani di tale luogo, che impareranno da voi la giusta via da seguire.”

Nonostante gli sforzi erculei inflittosi per rimanere impassibilmente stoico, Knich non riuscì ad impedirsi di socchiudere gli occhi in preda ad una furia omicida, mentre Tibos sorrideva soddisfatto e il suo ingenuo fratello si prostrava in inchini e ringraziamenti per quello che credeva, un grande riconoscimento. Knich avrebbe voluto spezzare in due Tibos e sbattere la testa vuota di Ryin contro un muro.

Se l’Imperatore aveva spedito Ryin su Ictar era stato solo per fare un dispetto a lui, per complicargli la vita. Da sempre Ictar era il covo di tutti gli intrighi più loschi che serpeggiavano su Lésin Rove e proprio in quel regno si trovava l’isola maledetta di Stoyan, Regno del terribile stregone Stethiel Karayan.

L’imberbe e scapestrato Ryin sarebbe stato un boccone troppo ghiotto per quel viscido animale di Stethiel e lui avrebbe dovuto faticare duro per aiutare e salvare il fratello e mantenere il suo ruolo di protettore di Dàrin Rove come gli aveva detto la Dea Ares.

Mentre Knich lottava per mantenere il sangue freddo, l’Imperatore chiamò Kylie e ammirando le sue doti di erbologia e le sue abilità tattiche e l’amore per l’arte, le affidò il Regno di avatar. Knich sospirò internamente e ringraziò la buona sorte, di essere riuscito a nascondere i suoi sentimenti per la giovane sorella di Dryu con i grandi occhi verdi e i delicati capelli lisci color del grano. Se avesse saputo del suo sentimento, Tibos l’avrebbe mandata in un covo di serpi e non nel placido Regno di Avatar, da sempre il più piccolo e pacifico. Già temeva abbastanza per Alysia, sua sorella, ma lei era diversa da Kylie.

Alysia era forte e indipendente come lui e se la sarebbe cavata meglio persino di Ryin.

“Kryan di Lerner.”

Il più valoroso e indolente dei suoi cavalieri si fece avanti.

“Siete un cavaliere con un alto senso della giustizia Kryan e sapete quando farvi temere e quando accettare un aiuto prezioso. Il vostro carattere fa di voi un ottimo comandante e un leale suddito, la vostra forza e la vostra resistenza fisica vi permette di destare fiducia e protezione nelle persone affidatevi. Per queste vostre qualità, mi sento nel giusto affidandovi uno dei regni più importanti di Lésin Rove e con grande fiducia vi concedo la difesa di Telnar, il Regno delle ricchezze.”

Un mormorio di sconcerto e approvazione corse fra i presenti e il biondo e serafico Kryan fu all’altezza della sua fama e del suo Principe, mantenendo un contegno impeccabile e deferente. Knich per la prima volta quel giorno si sentì davvero soddisfatto, forse Tibos avrebbe davvero cercato di tirar fuori qualcosa di buono da quella deplorevole situazione.

“Alysia, Principessa di Selion.”

Knich irrigidì nuovamente le mascelle mentre Alysia avanzava. L’Imperatore ammirò con sfrontatezza, che solo lui che non lo lasciava mai con lo sguardo notò, la figura morbida della sorella e i lineamenti delicati, ma decisi.

Quando la giovane gli lanciò uno sguardo carico di sfida, irritata sicuramente da ciò che aveva visto nel suo sguardo e dal trattamento riservato a lui, Knich gemette internamente, costernato e preoccupato.

Tibos le sorrise e ammirò il suo coraggio e la sua determinazione, ma disapprovò la testardaggine e avventatezza dimostrata a volte, perciò la delegò a Nedstar. Knich provò un po’ di pietà per lei.

Nedstar era un regno piccolo e impervio, quasi sempre battuto dal gelo e dal freddo. I suoi regnanti erano famosi per la loro rigidità e la loro devozione maniacale all’Imperatore. La vita di Alysia non sarebbe stata facile, ma forse ne avrebbe ricavato qualcosa e avrebbe imparato una disciplina che lui non era riuscito in fondo a inculcargli. Ora mancavano solo Shadow e Jeliv, i suoi migliori elementi e i due Regni di Rusgar e Alturius.

Rusgar era il secondo regno più potente e veniva chiamato il Regno del Sole per la sua prosperità. Telnar e Rusgar si contendevano dai tempi dei tempi l’indiscusso potere su Lésin Rove e gli altri Regni accettavano la loro potenza, alleandosi chi all’uno, chi all’altro. Alturius non era particolarmente ricco, ma era il Regno Verde di Lésin Rove e si trovava nel punto più strategico di tutti, affacciato sul mare e posto tra Rusgar e Telnar. era da sempre il paese neutro dell’intero continente.

Quando Tibos chiamò Shadow di Lerner, fratello gemello di Markus anche se completamente diverso, la sala rimase con il fiato sospeso.

“Shadow siete davvero un abile stratega devo dirvelo, siete fra tutti colui che non si è lasciato mai ingannare o cogliere di sorpresa, e avete vinto tutte le sfide mostrando astuzia, coraggio e determinazione. Credo che le vostre conoscenze non potranno far altro che migliorare la diplomatica e strategica posizione di Alturius su Lésin Rove e grazie a voi quel regno potrà sicuramente migliorare e prosperare.”

Shadow annuì soddisfatto e Knich come lui.

Non poteva non essere contento di avere l’efficiente, fredda e distaccata Jeliv su Rusgar, finalmente la sua buona fortuna gli sorrideva.

“Principe Knich Valeré di Selion.” Knich fece un passo avanti.

“Devo a malincuore darvi la spiacevole notizia che nonostante voi siate il Principe e il comandante di questi cavalieri, io non vi considero il più valente e degno della carica di protettore di Dàrin rove. Jeliv Leont, Contessa di Reningad ha dimostrato un efficienza e un’impeccabilità nell’esecuzione delle sue prove che rasentano la perfezione. Per questo delego la suddetta al nostro Regno e per dimostrarmi magnanimo e darvi un'altra possibilità, vi lascerò l’onore di proteggere Rusgar, che come ben sapete è uno dei miei Regni più importanti.”

Il caos scoppiò in sala e Diane saltò in piedi sgomenta protestando.

“Vostra Altezza, la Dea Ares…”

“Non è qui!”

Tibos imperioso e adirato si volse verso Diane che s’inginocchiò abbassando lo sguardo spaventata e irritata allo stesso tempo

“Non è qui, Somma Sacerdotessa e non ha assistito alle prove, quindi non può decidere o dare suggerimenti su ciò che è giusto o sbagliato.”

Il silenzio calò all’istante.

Tibos tornò a fissare Knich che non aveva cambiato espressione o vòlto lo sguardo. Jeliv, a pochi passi da lui invece, era allibita e preoccupata. La Dea Ares non sarebbe stata contenta e lei ne avrebbe subito le conseguenze.

“Principe Knich, come vedete vi ho comunque elargito il privilegio del dubbio, nonostante non fossi pienamente soddisfatto del vostro lavoro ho voluto ricredermi e dare fiducia a voi e ai vostri cavalieri e non potrete mai sbagliare o mancare alla fiducia da me accordatavi. Inginocchiatevi cavalieri e giurate solennemente di proteggere fino alla morte Lésin Rove e Dàrin Rove, i loro portali e i loro discendenti, come vi verrà indicato in futuro. Dovrete proteggere la prole dei regnanti e insegnare ai suddetti il valore, l’onestà e l’onore. Dovranno essere pronti a diventare cavalieri valorosi e invincibili e voi sarete responsabili di loro e della loro educazione. Giurate ora.”

In coro i Cavalieri Mistici giurarono obbedienza all’Iperatore e ai doveri da lui assegnategli.

“Pagherete con la morte i vostri errori o mancanze al vostro compito e dovere verso il vostro Imperatore e il vostro Regno. Ora andate con la mia benedizione.”

I cavalieri si alzarono solenni e quando Knich alzò il capo verso Tibos intuì ciò che sarebbe successo successivamente e giurò a se stesso che un giorno avrebbe avuto la sua vendetta, mentre una collera cieca lo invadeva.

L’Imperatore sorrise cercando di fingersi mesto e dispiaciuto.

“Spero che un giorno riuscirete, grazie al vostro valore, a restituire al vostro popolo l’onore perduto e magari, in un futuro lontano, avrete l’opportunità di perpetuare la vostra discendenza e mantenere viva la vostra razza. Buona fortuna Cavalieri Mistici.”

Mostrando una sofferenza che Knich sapeva era ben lungi dal provare, Tibos ignorò il, “no” sommesso di Diane che lo implorava di non pronunciare davanti agli ignari e ora confusi cavalieri, le parole che avrebbero per sempre annientato il loro mondo.

“Primo Sacerdote Krenios, potete procedere con la totale distruzione del restante popolo dei Mistici.”

 

 

 

AD 508

 

Dàrin Rove – Palazzo Imperiale, Santuario

 

Avvolta nella veste da camera, Harian fissò la superficie increspata dell’acqua sotto di sé. Da qualche ciclo di lune ormai aveva sviluppato una straordinaria capacità di vedere premonizioni del futuro in quel luogo magico e quell’evento le aveva finalmente regalato il dono di un riposo sereno e di controllare meglio le visioni che saltuariamente aveva. Il futuro di Lésin Rove rimaneva ancora incerto per lei. I brutti presagi di sventura non erano cessati con la nascita dei primi Prediletti e la sua inquietudine minava la sua sanità mentale e fisica, rendendola debole e depressa.

“Mio tesoro.”

Harian sobbalzò spaventata quando l’alito caldo di Tibos le sfiorò la nuca. Fece per volgersi a guardarlo, ma lui la tenne ferma posandole le mani sulle spalle, poi le sfiorò la pelle del collo con un lieve bacio. Harian chiuse gli occhi rilassandosi contro di lui.

“So cosa ti turba mia luce, e io non posso più vederti in questo stato di prostrazione.”

“Lo so.” lei sospirò amareggiata e dispiaciuta.

“Ma non posso contrastare ciò che vedo e sento. Il dolore e la preoccupazione mi logora come un tarlo insidioso.”

Tibos abbassò la spallina della veste per deporle un altro bacio sulla spalla nuda, mentre le massaggiava le braccia.

“Conosci il modo per risolvere questo problema, se solo mi dicessi di sì, io potrei alleviare il tuo dolore.”

“Tibos no!”

Harian si liberò dal suo abbraccio voltandosi di scatto, mentre i suoi impalpabili capelli ricadevano a coprire le spalle scoperte.

“Lo sai che questo non è possibile!”

“Harian...”

Lui l’attirò a sé stringendola forte.

“Sei la mia vita, la cosa più importante per me, pensa alle conseguenze positive del nostro gesto. Non saremmo i soli a beneficiare di ciò.”

“Oh, Tibos.”

Harian si abbandonò contro di lui lasciandosi confortare dal suo amore e dal suo calore.

“Lo farò allora, lo farò per te.”

Tibos nascose il viso nei suoi capelli profumati nascondendo un sorriso sornione, poi con voce dolce le disse di amarla ancora una volta per poi baciarla con passione.

 

 

 

 

Nel buio di una notte senza lune, due figure solitarie si stagliarono in cima ad una torre.

Due uomini molto simili fra loro si avvicinarono per parlare senza essere uditi da nessuno, i cappucci dei loro mantelli calati a celare i loro volti bellissimi e perfetti.

“Il tuo compito è finito per ora, la tua lealtà sarà premiata puoi dirle di terminare, le visioni non sono più necessarie.”

“Sarà fatto.” l’uomo più basso s’inchinò con deferenza.

“I miei complimenti mio Signore, la fama della vostra grandezza non rende giustizia al vostro effettivo potere.”

La risata bassa e stridente che seguì le sue parole, avrebbe agghiacciato molti uomini, ma non colui che inclinato rendeva omaggio al suo Signore.

“Grazie, ma non ho bisogno di tali complimenti. A differenza di altri, io conosco il mio potere e ora vai, sarai contattato appena avrò di nuovo bisogno di te.”

“Come volete mio Signore.” con un ultimo inchino, l’uomo si alzò e scomparve.

 

 

 

 

All’alba del giorno successivo, il Consiglio degli Dei assistette scontento e impotente all’arringa con cui Tibos, spiegò loro i motivi del suo nuovo intervento, da lui ritenuto necessario, sulla questione dei Prediletti.

“Per questo e per altro che non ritengo di dovervi spiegare, io e l’Imperatrice abbiamo deciso di elargire i nostri favori a due umani che manterranno l’equilibrio e decideranno le sorti della guerra con il sostegno delle nostre benedizioni. Così è stato deciso.”

Non ci furono votazioni, non ci furono assensi o dissensi, al cospetto di un concilio muto e rassegnato, Tibos decretò la sua Legge Superiore e senza lasciar adito a nessuna rivendicazione o ribellione prese la mano alla sua sorridente e serena Imperatrice e uscì a passo marziale dal santuario.

 

 

 

 

A.D. 512

 

Regno di Ictar  -  Castello di LightShadow

 

Il piccolo Principe Tristan poggiò l’orecchio sulla lucida superficie di legno della porta. Le urla della madre Liana gli arrivavano distintamente anche dal corridoio, ma sperava in quel modo di poter udire anche le voci della nutrice e delle cameriere che la assistevano. Imponendosi di non versare lacrime per quelle grida strazianti, strinse forte le manine ora serrate a pugno desiderando correre al fianco della genitrice. Erano ore che la madre versava in quelle condizioni e lui era terrorizzato all’idea che lei potesse morire.

Quando erano nati i gemelli lui aveva solo poche lune e non ricordava nulla, ma gli era bastato vedere lo sguardo preoccupato della sua balia per capire che quella volta qualcosa stava andando storto.

Era riuscito a sfuggire a Inda,la sua governante, senza che lei se ne accorgesse e adesso avrebbe voluto far qualcosa per alleviare quel dolore che gli trafiggeva il petto e salvare la madre da quel orribile agonia, ma cosa poteva fare lui? I suoi sei lustri non bastavano nemmeno a permettergli di cenare con i suoi genitori, figurarsi se gli averebbero permesso di entrare nella stanza della Regina.

Sua madre urlò ancora più forte e Tristan si coprì le orecchie con le mani lasciandosi scivolare contro la porta, si sedette sul freddo pavimento poggiando la testa sulle ginocchia delle gambe ripiegate. Soffocando le lacrime che minacciavano di sopraffarlo, il piccolo giurò che non avrebbe mai inflitto nella sua vita ad una donna una simile tortura a costo di perdere la possibilità di diventare Re. A lui non importava il trono che il padre usava per soffocarlo di regole e doveri, lui non avrebbe mai avuto una Regina da sacrificare per il bene del Regno. Mai!

Tristan alzò il capo di scatto. Non sapeva da quanto si trovava in quella posizione, ma ora qualcosa aveva penetrato la sua barriera di dolore allertandolo.

Silenzio.

Eco cos’era stato. Terribile, penetrante, assoluto silenzio. Colto all’improvviso da un panico mai provato, Tristan si alzò di scatto e si aggrappò alla maniglia della porta per poi ritrarsi subito dopo, con espressione sgomenta e atterrita.

Chiusa.

Perché la porta era chiusa? Non avrebbe dovuto essere chiusa.

 

 

All’interno della stanza Demetra, Dea del Male, osservava la regina Liana con malcelato disgusto. La mortale si era arresa e se lei non fosse intervenuta il bambino sarebbe morto. Una giovane lady, forse parente della puerpera, stringeva le mani della donna con espressione sconvolta. Due cameriere in lacrime si abbracciavano l’un l’altra mentre la levatrice stravolta guardava i piedini del bimbo che spuntavano dal grembo materno.

Prima che con il suo potere, la Dea bloccasse ogni movimento dei presenti, ella aveva gridato alla sua Regina che se si fosse arresa avrebbe perso il figlio, ma scoppiando in lacrime la donna si era accasciata sul letto sussurrando un patetico, “mi dispiace”.

Demetra sbuffò e con un gesto di stizza si allontanò i lunghi capelli corvini dal viso che le ricaddero sulla schiena accarezzandole i fianchi e la veste nera come la notte. Un aurea sulfurea color porpora avvolgeva il corpo minuto, ma perfetto della Dea, mentre le sue labbra vermiglie atteggiate ad un piccolo broncio risaltavano sul viso candido. Gli occhi neri e collerici mandavano lampi d’indignazione.

Quella insulsa creatura avrebbe ucciso il suo bambino, il suo protetto!!

Con un gesto imperioso della mano allontanò la figura statica della levatrice poi si avvicinò al letto e iniziò a cantilenare alcune parole arcane nella lingua magica degli Dei. Pochi istanti e un frugoletto vivo e palpitante, perfettamente lindo, volò con delicatezza nell’incavo del suo braccio pronto a riceverlo.

Demetra sorrise e il suo viso bellissimo si rischiarò di una luce gioiosa.

“Mio piccolo cucciolo.”

Il bambino non pianse, anche se non era incantato dal potere della Dea, ma rimase a fissarla come ammaliato dalla sua aurea. Demetra accarezzò con un dito la peluria sul capo del neonato ammirando la perfezione dei suoi lineamenti.

“Non sarai mai figlio degli umani, che dicano gli altri, ma non permetterò che loro ti posseggano. Vivrai con loro, ma crescerai con i miei ideali, sarai mio nel corpo e nell’anima.”

Mentre pronunciava quelle parole con voce amorevole un pugnale apparve davanti a lei. Demetra rivolse il polso destro verso di esso e l’arma incantata incise la sua pelle con un movimento lento, ma netto. Il sangue scuro della Dea formò una linea sottile e lei si apprestò ad avvicinare la mano alle labbra del neonato.

Quando la sacra essenza entrò nel corpo del piccolo, la creatura fu avvolta dalla stessa aurea della Dea. I suoi finissimi capelli divennero scuri e i suoi occhi da azzurri, neri come quelli della sua Divina Madre. Demetra sorrise soddisfatta e mentre il taglio si apprestava a scomparire magicamente sollevò un piedino del neonato ammirando la piccola stella scura che era appena apparsa.

“Questo sarà il mio marchio e ti accompagnerà per l’eternità, ti chiameranno Wainwrit e nessuno ricorderà mai le circostanze dolorose della tua nascita. Tu per tutti sarai nato con un parto tranquillo e sereno in un caldo mattino di sole.”

“Madre!”

Demetra si girò di scatto esterrefatta mentre la pesante porta di legno veniva sbattuta con forza contro la parete. Una furente piccola creatura dai capelli selvaggi e gli occhi simili ad un cielo blu di tempesta la fissarono mandando scintille di furia cieca.

Il bambino sembrava in preda ad una possessione, il suo corpo mandava un aurea oscura e temibile, nonostante fosse poco più che un lattante. Demetra cercò di ricordare se in quella casa ci fossero altri Prediletti, ma gli unici che le venivano in mente erano i gemelli Kieran e Morgan, prescelti dalla Dea del Destino Lexstates. La Dea fece una smorfia di disgusto al pensiero della rivale, ma in quella il ragazzino dinanzi a lei fece un passo nella sua direzione.

“Lasciate andare il neonato. Cosa avete fatto a mia madre!?”

Demetra socchiuse gli occhi e alzò una mano per bloccarlo, ma quando il suo potere entrò in contatto con quella creatura un brivido le corse dalle dita fino alla spalla e mentre il bambino s’impietriva lei capì. Il potere che aveva avvertito non era nuovo per lei, più volte si era unita alla fonte di esso.

“Ylam!”

Demetra sgranò gli occhi sorpresa. Il Dio dell’Oscurità aveva ritenuto di non voler partecipare alla creazione dei Prediletti, lasciando così anche la Dea Drihid della Luce in disparte a guardare. Possibile che stesse tramando nell’ombra per sbilanciare l’equilibrio o L’Imperatore Tibos era al corrente del suo cambio d’opinione?

Demetra scosse il capo.

No, Ylam l’avrebbe messa al corrente. Ylam le raccontava ogni cosa. I suoi occhi si socchiusero mentre una rabbia furiosa la invadeva. No, era evidente che il Dio dell’Oscurità non la riteneva più degna della sua fiducia. Wainwrit si mosse fra le sue braccia e Demetra fu riscossa dai suoi gridolini di protesta, mentre l’infante si conficcava il pugno in bocca.

La Dea sorrise ritornando padrona di sé.

“Hai ragione piccolo, è ora che ti lasci alla tua famiglia adottiva, ma tornerò presto da te. Ora devo occuparmi di una questione urgente e tu devi nutrirti.”

Con passo sicuro si avvicinò alla culla e depositò il neonato con delicatezza.

“Ylam mi deve delle spiegazioni e mi auguro per lui che siano convincenti e sappia ricompensarmi se vuole il mio silenzio.”

Demetra depositò un bacio sulla fronte di Wainwrit.

“Arrivederci figlio mio.”

 

A.D. 514

 

Dàrin Rove – Palazzo Imperiale

 

Il primo giorno della stagione delle Piogge i regnanti di Lésin Rove vennero convocati al cospetto dell’Imperatore Unicorno e del suo seguito. Quando la folla riunita fu al completo, Tibos e Harian entrarono con passo regale nella sala che all’istante si fece attenta e silenziosa.

Tibos attese che ogni membro delle casate Reali gli rendesse omaggio prima di alzarsi con espressione grave.

“Miei devoti sudditi.”

L’Imperatore aprì le braccia come per abbracciare i Reali.

“Vi ho convocato qui per mettervi a parte di un evento che potrebbe stupirvi o preoccuparvi, ma spero che invece riempia il vostro cuore solo di onore.”

La sala prese a sussurrare alle sue parole.

“Una profezia lanciata da una strega molto potente dice di un imminente sfortuna che potrebbe abbattersi sul nostro mondo.”

I mormorii s’intensificarono assieme agli sguardi preoccupati degli astanti, ma Tibos mosse le mani in un gesto che voleva esortarli a mantenere la calma.

“Non dovete allarmarvi, come ben sapete il vostro Imperatore desidera solo il meglio per il suo pianeta ed è per questo e per rassicurare i vostri animi che ho intenzione di fare a tutti voi un grande regalo.”

Il silenzio accolse le sue parole mentre l’Imperatore ora sorrideva.

“Non temo questa profezia, ma credo che sia venuto il momento di rafforzare le difese del nostro pianeta, per questo ho chiesto aiuto agli Dei e pregato loro di intervenire e di elargire ad alcuni dei vostri eredi dei doni che possano renderli valorosi combattenti o maestri di magia. Grandi chierici o abili strateghi.”

Ora il caos scoppiò fragoroso in sala mentre i Regnanti parlavano a gran voce all’unisono, chi per lo scontento o chi colto da dubbi che affollavano le loro menti.

“Vi prego, vi prego.”

Con calma, ma fermezza Tibos riportò l’ordine.

“Ognuno di voi potrà in seguito esprimere la propria opinione, ma vi prego di riflettere su ciò che vi dirò prima.”

Tibos si volse a guardare Harian che gli sorrise rassicurante.

“I vostri eredi potranno divenire dei valorosi comandanti a capo delle vostre legioni di soldati. Potranno, con i loro doni e gli insegnamenti che verranno loro elargiti nel corso della loro istruzione militare e magica, perpetuare una nuova dinastia, fatta di combattenti straordinari e sudditi più leali e affidabili. Non dovrete temere i vostri ruoli, nulla cambierà nella successione ai troni e tutti vi ricorderanno come i Regnanti che hanno dato forma e sostanza ai Cavalieri degli Dei, una nuova schiera di fedeli in grado di proteggere Lésin Rove al meglio, oggi, come nei secoli avvenire.”

Tibos tornò a sedersi facendo segno ai Regnanti di poter ora discorrere fra loro.

Mentre chini gli uni verso gli altri Re e Regine iniziavano la loro esposizione di idee, lui si chinò verso Harian.

“Era la cosa migliore da fare, dovevano essere messi al corrento. Dovremmo trovare il modo di convincerli ad accettare perché non riusciremo per molto a mascherare le potenzialità dei giovani Prediletti e presto il fatto già compiuto sarà evidente.”

Harian gli strinse la mano sorridendo.

“Gli hai già convinti caro, devono solo accettare il fatto che i loro eredi saranno più forti e potenti di loro. Non è facile reprimere l’orgoglio di un Re.”

Tibos annuì e Ferran Re di Telnar assieme a Odion Re di Rusgar si alzarono chiedendo il permesso di parlare. L’Imperatore accordò con un gesto della mano. Fu Odion il primo.

“Come avverrà tutto questo? Cosa dovremmo aspettarci dagli Dei?”

Tibos ponderò la sua risposta prima di parlare.

“Gli Dei sceglieranno i più meritevoli tra i vostri eredi e li metteranno alla prova per decidere se il prescelto sia meritevole, dopodichè gli elargirà un dono ed egli dovrà giurare lealtà al Dio abbracciando la sua fede e accettando i suoi insegnamenti. Non ci saranno prove pianificate, gli Dei potranno intervenire come e quando meglio riterranno opportuno.”

Odion guardò Ferran e i due Re annuirono.

“Devo quindi dedurre che il dono si tramanderà in successione ai posteri dei nostri figli e che loro saranno tenuti a difendere i Regni e a seguire la missione dei loro genitori?”

Tibos tornò ad annuire alle parole di Ferran.

“Sì il loro compito sarà greve, ma necessario. Lésin Rove sta diventando un mondo ricco e prospero e l’invidia degli invasori diviene ogni giorno più potente. Gli Dei non possono intervenire per la salvezza delle vostre terre, ma possono sostenervi con il dono dei loro manufatti più potenti.”

Ferran e Odion si scambiarono qualche parola poi si congedarono per consultarsi con gli altri Regnanti. Quando tornarono davanti ai troni il loro verdetto fu più che favorevole, ma Tibos non aveva ancora concluso.

“I poteri che verranno elargiti ai vostri fogli non dovranno mai e ripeto, mai, essere usati per guerre fratricide fra di voi o fra di loro. Se i vostri Regni entreranno in guerra e i Cavalieri degli Dei combatteranno conoscerete la punizione divina o addirittura la morte. Giurate di usare tali poteri solo per difendere Lésin Rove da invasori interni o esterni al vostro mondo, ma mai contro voi stessi.”

I Re si alzarono solenni poggiando la mano destra sul cuore.

“Lo giuro.”

Il coro degli otto suonò potente e fiero. Tibos sorrise e inchinò leggermente il capo soddisfatto. Era riuscito con le giuste parole e una piccola dose di raggiro a far credere ai regnanti che avessero avuto scelta e parola in quella faccenda,cosicchè non ci sarebbero potuto essere rimostranze un giorno. Tibos si alzò tornando ad allargare le braccia tronfio.

“Sia fatta allora l’Era degli Dei.”

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Capitolo 4
*** L'Isola di Moran ***


A.D. 520

 

Telnar - Porto di Arioch

 

 

 

 

Dustin Birmangh di Rusgar – 16 anni

Orion Ready di Telnar – 15 anni

Xavier Fraystor di Avatar –15 anni

Zoe Ready di Telnar – 14 anni

Fraiser Theeros di Nedstar - 14 anni

Vivien Lorcain di Pargaskor – 13 anni

Tristan Vinnian di Ictar – 13 anni

Morgan Vinnian di Ictar –12 anni

Kieran Vinnian di Ictar – 12 anni

Ederik Birmangh di Rusgar – 12 anni

Nami Myron di Lobor – X anni

 

 

 

Infreddolito e affamato Ederik, Principe di Rusgar cercò con lo sguardo il fratello Dustin che camminava accanto a lui poi si coprì meglio col mantello. Era dal mattino che erano in viaggio e da allora non avevano fatto altro che camminare in balia di vento e pioggia. Trattenendo un gemito di desolazione Ederik portò lo sguardo sui gemelli Kieran e Morgan, Principi di Ictar, davanti all’imbarcazione ormeggiata a qualche passo da lui.

Come lui, i gemelli avevano compiuto dodici lustri la stagione precedente, ma al suo contrario sembravano entusiasti di quella spedizione. Lanciando un'altra occhiata al fratello, maggiore di lui di quattro lustri, si chiese ancora una volta perché avesse insistito così tanto perché lo accompagnasse in quella spedizione. Sopratutto lo disturbava che non li avesse messi al corrente del motivo di quella missione nella stagione più fredda e piovosa dell’anno.

Dustin aveva mandato alcune lune addietro, missive a tutti i principi di Lésin Rove chiedendo loro di supportarlo in un viaggio verso l’isola di Moran, una piccola isola al largo del Regno di Alturius, evitata dai marinai per la pessima fama di luogo maledetto. Un brivido gli corse lungo la schiena al pensiero, mentre scuoteva il capo ricordando di come molti lo compagni fossero accorsi festosi all’idea di un avventura tanto pericolosa.

Dal canto suo, avrebbe preferito rimanere al castello di Solaire al caldo leggendo un buon libro, ma il padre lo aveva costretto ad accompagnare Dustin. Il Re aveva speranza, che se avesse mostrato un certo valore e coraggio, uno degli Dei di Dàrin Rove gli avrebbe concesso i suoi favori,cosa che non era accaduta purtroppo con suo sommo scontento. Una stretta dolorosa al cuore gli rammentò quanto il padre soffrisse per il fatto che il suo erede al trono non avesse ancora ricevuto alcuna visita dagli Dei, la contrario di molti suoi attuali compagni di viaggio.

Orion di Telnar, che ora scendeva con espressione irritata dall’imbarcazione che avevano appena avvicinato, aveva ricevuto il Sacro Guanto da Rhys, Dio dell’Equilibrio, all’età di nove lustri e tutto Lésin Rove aveva festeggiato il glorioso momento con un lussuoso e glorioso torneo durato quindici giorni. Da allora molte altre casate erano state onorate dagli Dei, ma non la sua.

Ederik fece una smorfia di dolore. Orion già alla sua età mostrava una postura da vero cavaliere e leader e con il suo volto angelico e i lineamenti perfetti faceva già sospirare molte dame alla sua corte. I suoi capelli erano tagliati molto corti e i suoi occhi grigi erano penetranti e sicuri.

“Niente da fare, nessuna nave è disposta a portare dei ragazzini su Moran.”

Orion strinse i pugni irritato raggiungendo il piccolo gruppo che lo attendeva, come da sue disposizioni. Dustin, come gli altri lanciarono ogni tipo di protesta e insulti e sbirciandolo di sottecchi Ederik si chiese per l’ennesima volta come mai il fratello lasciasse sempre che fosse Orion a prendere il comando della situazione. Dopotutto era lui il più grande.

“Che cosa possiamo fare allora?”

Passandosi una mano fra i capelli castani fradici, Dustin si volse verso Zoe di Telnar. La ragazzina di un anno più piccola del fratello, sembrava più un piccolo soldato che una Principessa.

I suoi capelli color mogano erano legati e nascosti sotto un cappello, mentre il suo spigoloso viso era atteggiato ad un espressione di velata insoddisfazione e stizza. Infagottata in abiti da ragazzo e fradicia fino all’osso sembrava perfettamente a suo agio. Anche Zoe aveva ricevuto tre anni addietro un dono.

Il Dio Malik della Guerra aveva lasciato a bocca aperta l’intero mondo scegliendo un acerba giovinetta come suo Cavaliere. Lo spadone magico che pendeva dalla sua schiena, coperto dal mantello, era il suo dono per Zoe, assieme a un Medaglione di cui lui non conosceva le proprietà.

Molti erano insorti a quell’evento, troppo allibiti per tale scelta, ma chi conosceva lo spirito fiero e battagliero della ragazzina non si era stupito. Da allora Zoe era stata addestrata come un cavaliere e molte Principesse stavano seguendo il suo esempio.

“Potresti andare tu Zoe.” le disse Dustin.

“Perché?” la giovane lo fissò con fare guardingo.

“Attento Dustin perché se le dirai che i grossi e minacciosi marinai potrebbero intenerirsi davanti ad una donzella potresti trovarti a nuotare nelle acque gelide di Asid prima ancora di finire la frase.”

Il gruppo scoppiò a ridere alle parole di Orion e Dustin alzò le mani scoccando alla truce Zoe un sorriso ammiccante.

“Lungi da me dal dire tal eresia. Se lo avessi detto o pensato lo avrei fatto all’indirizzo di Nami e non sicuramente di Zoe.”

La leggiadra Principessa elfica sollevò leggermente il capo che teneva nascosto sotto il cappuccio e i suoi straordinari occhi viola gli lanciarono uno sguardo dolce mentre una ciocca di capelli dorati le scendeva sul viso.

“Lo considero un complimento, ma meglio non rischiare direi di essere riconosciuti.” rispose lei con voce soave.

“Già... la etera Nami non passa certo inosservata.”

Appoggiato con noncuranza ad un palo poco distante, Tristan, Principe di Ictar, s’intromise per la prima volta quel giorno in un loro discorso e lei lo premiò con un altro dolce sorriso,anche se il tono con cui le si era rivolto era sarcastico e strafottente. Davanti alla dolcezza di Nami però persino il cupo e sostenuto erede di Ictar mitigò i suoi modi bruschi e schivi accennando un sorriso di risposta.

“Eih mocciosi…cercate un passaggio giusto?”

Un marinaio dall’aspetto malconcio, con le braccia totalmente tatuate si avvicinò loro zoppicando leggermente. Xavier di Avatar, il più vicino all’uomo, fu il primo a rispondere. Il Principe di Avatar aveva la stessa età di Orion ma era quasi grosso il doppio nonostante già di suo Orion non fosse mingherlino.

“Dipende da quanto chiedete e dall’imbarcazione che portate. Con questo mare non vogliamo cogliere rischi viaggiando su una bagnarola.”

L’uomo rise sguaiatamente e indicò con un dito una bella nave a tre alberi in fondo al molo.

“Sei ardimentoso giovanotto comunque la mia bagnarola è quella. Può andarvi bene?”

I ragazzi si volsero a guardare la nave e dopo essersi consultati con sguardi silenziosi annuirono.

“Può andare, ma a quale costo e quali sono le condizioni?”
Orion fece un passo avanti prendendo in mano la situazione.

“Dieci monete d’oro a testa. La nave non si avvicinerà troppo all’isola, ma vi farò scortare a riva dai miei uomini. Al ritorno dalla nostra rotta, al sorgere del quarto giorno vi verremo a riprendere. Non aspetteremo un ora di più dopo il sorgere di Restres, il sole azzurro.”

“Dieci monete a testa?”

Zoe fece un passo avanti bellicosa, ma Orion costrinse la sorella a tacere con una sola occhiata.

“Otto e ci aspetterete fino al sorgere di Sohen, il sole giallo.”

Il marinaio soppesò la sua offerta poi annuì borbottando parolacce e intimandogli di non farlo aspettare, la nave sarebbe salpata di li a poco. Mentre i ragazzi gioivano per la buona fortuna e Vivien di Pargaskor consigliava alle ragazze di affrettarsi verso il mercato per prendere le ultime cose necessarie, Orion vagò con lo sguardo sulla banchina pensieroso.

L’arrivo tempestivo del marinaio e la facilità della contrattazione lo avevano insospettito, ma ad un tratto una sagoma a lui famigliare si staccò dall’ombra di un imponente veliero e si allontanò in direzione del villaggio. L’andatura sicura e spavalda dell’uomo non gli lasciò dubbi sull’identità del cavaliere e Orion sorrise scuotendo il capo,il Cavaliere Mistico Kryan Lerner, suo mentore, non aveva resistito alla fine e li aveva seguiti per essere sicuro che ce l’avrebbero fatta ad imbarcarsi.

“Grazie Kryan.”

 

 

Lemengatis era alta nel cielo quando il cuoco raggiunse il capitano al timone.

“Splendida notte capitano, non, trovate?”

Aspirando una boccata dalla lunga pipa che teneva in mano offrì il viso alla brezza della notte e ai raggi argentei della luna.

“Non avrei dovuto accettare.”

Il capitano scuro in volto accennò con il capo verso la ragazzina che in fondo alla nave sedeva su un cassa fissando il cielo sopra di lei. Il cuoco alzò le spalle soffiando con lentezza e noncuranza il fumo dalla bocca.

“Non sono affari nostri se si vogliono ammazzare, hanno pagato bene e il decreto mostrato da quel giovane diceva che qualunque cosa accada nessuna accusa cadrà su di voi.”

Il capitano scosse il capo mesto e amareggiato.

“Non m’importa di quel decreto, sono solo ragazzini e quell’isola è maledetta. Da quando apparve dal nulla molti anni fa, qualsiasi avventuriero che vi abbia messo piede non vi ha più fatto ritorno. Non mi piace pensare che li porteremo verso una fine sicura.”

Mentre i due uomini continuavano la discussione iniziando a raccontarsi le varie versioni delle leggende che ruotavano attorno all’isola mostruosa, Fraiser si staccò dall’ombra dell’albero maestro e raggiunse Vivien a prua.

“Non ti piace navigare? Non riesci a prendere sonno?”

Se Fraiser aveva pensato di coglierla silenziosamente di sorpresa si accorse di essersi sbagliato di grosso, nonostante la posa rilassata Vivien aveva udito e visto tutto quello che era accaduto attorno a lei.

Vissuta in un Regno di guerrieri e maestri di ogni genere di arte di combattimento, designata erede dal padre fin dalla nascita, Vivien aveva maneggiato la sua prima spada di legno a sei anni e cucito il suo primo arazzo da sola a sette. Abituata a una vita ligia e rigorosa sapeva essere una lady cortese, ma anche un attento e ben addestrato scudiero.

“Adoro navigare, ma la mia natura non mi permette di ronfare tranquilla su una nave sconosciuta tra marinai come questi. Sono validi, ma alcuni di loro sono poco più che animali.”

Fraiser cercò di individuare i suoi straordinari occhi porpora nella penombra, ma lei continuò a fissare il cielo, con tranquillità saltò sulla cassa al suo fianco.

“Meglio quindi restare sola sul ponte? Davvero molto sicuro.”

Vivien si mosse spostando la spada che ora lui vedeva appoggiata al suo fianco sinistro.

“Sì, molto meglio. E tu Fraiser di Nedstar? Ami navigare? Dalle vostre parti sulle impervie montagne di Stoness non credo abbiate molte occasioni per solcare i mari.”

Fraiser aggrottò la fronte accigliato e contrariato per quel suo tono formale.

“Dovresti imparare a rilassarti sai? Se continui di questo passo credo che invecchierai prima del tempo.”

La sua testa si volse di scatto e la sua coda di cavallo castana quasi lo schiaffeggiò mentre i suoi occhi si sgranarono per lo stupore. Fraiser dovette riconoscere che già a tredici anni era una vera bellezza, le sorrise, ma lei lo fulminò con lo sguardo.

“Non mi meraviglio che tua madre si lamenti che nonostante la tua età sei ancora un ragazzino indisciplinato. Ti sembra il modo di rivolgerti a una persona?”

Fraiser sorrise ancora più apertamente anche se il riferimento alla rigida e severa madre lo aveva infastidito non poco.

“Ad una persona non so, a Vivien di Pargaskor, sì. Da quanto è che non ci tiriamo i capelli rotolandoci nell’erba? Tre anni?”

Vivien chiuse gli occhi sospirando come incredula per ciò che aveva appena udito e fissandolo con sufficenza.

“Può darsi, ma tu hai quattordici anni ora e io tredici, i tempi in cui ci rotolavamo sull’erba sono finiti. Mi chiedo cosa abbia visto in te il Dio Kruff della Forza, per farti dono dei suoi favori e della sua potentissima Ascia sacra.”

L’irritazione del ragazzino sparì in un baleno sostituita da una voglia irresistibile di dirle, che forse i tempi per rotolarsi nell’erba sarebbero tornati e anche più divertenti, ma se lei avesse compreso il significato malizioso delle sue parole lo avrebbe gettato in mare, perciò si fece serio.

“Credi che dovremmo avvertire gli altri di quello che abbiamo udito? Saranno vere le parole del capitano?”

Ancora una volta Vivien si stranì per il repentino cambiamento di argomento e umore di Fraiser. Fin da piccoli lui aveva avuto una propensione per lei e non mancava mai di tirarle tiri mancini o irritanti battute scherzose. Rimase per un attimo a soppesare le sue parole, pensando. Vivien si prese tutto il tempo di sondare i suoi occhi scuri e cercare di scorgere in lui il passare degli anni che li stava portando alla maturità,ma in lui scorgeva ancora il bambino ribelle di qualche anno adddietro. Probabilmente lui non sarebbe mai cambiato e piuttosto che sottomettersi al giogo della Regina Iona si sarebbe allontanato da Nedstar, perché era un anima libera e non avrebbe mai abbandonato i panni dello scapestrato ragazzaccio.

“Penso che dovremmo tacere. Se l’Imperatore ci ha assegnato questo viaggio credo che ci sia un motivo più che valido e nessun pericolo mortale per noi. Forse il manufatto che dobbiamo recuperare è legato a qualche Dio che ci sta mettendo alla prova. Ederik e Dustin di Rusgar, Morgan, Kieran e Tristan di Ictar non hanno ancora ricevuto nessun dono dagli Dei e forse questa è una prova. Se parlassimo delle storie raccontate dal capitano otterremo solo di abbassare il morale della compagnia. Ederik è già molto ritroso e anche Kieran nonostante mostri entusiasmo è alquanto incerto. No…”

Vivien scosse la testa con decisione.

“…io terrei per noi queste informazioni.”

Fraiser continuò a fissarla in silenzio anche dopo che ebbe finito la sua filippica poi balzò giù dalla cassa e sorrise.

“Farò come volete vostra altezza, dimostrate una saggezza davvero sorprendente.” sogghignò spolverandosi i pantaloni.

“Comunque fate attenzione, mi avete fatto venire i brividi poco fa mi siete sembrata molto mia madre, siete davvero troppo seriosa.”

Le ammiccò avendola di nuovo lasciata a bocca aperta.

“Buona notte milady, manterrò per me il mio sapere.”

Vivien non riuscì a replicare e lo seguì con lo sguardo finché non scomparve sottocoperta chiedendosi quando Fraiser Theeros fosse diventato così complicato e incomprensibile.

“Vostra altezza?...mah.”

 

 

Tristan si sistemò meglio la spada che aveva sul fianco e si aprì la camicia sbottonando i primi tre bottoni.

Erano scesi dalla nave da parecchio tempo ormai e il cielo era sgombro di nubi. Quella calura che li soffocava era davvero molto insolita per la stagione in cui si trovavano e nonostante la presenza in cielo di Restres e Lensar, la temperatura era molto più alta della media.

Si volse all’indietro per controllare i fratelli minori. Morgan se pur leggermente affaticato procedeva di buon passo accanto a Fraiser, ma Kieran sembrava già non reggere più e chiudeva la fila poco più avanti di Ederik,i capelli biondi lunghi appiccicati al viso e gli occhi azzurri offuscati dalla fatica.

Tristan provò un istante di pietà per loro. Kieran non era adatto a certe fatiche, come il giovane Principe di Rusgar Ederik, era un topo da biblioteca più abituato a sfogliare libri che ad andare in cerca di avventure. Morgan era diverso, nonostante come Kieran studiasse da due anni la magia , lui amava anche allenare il suo fisico oltre la mente e spesso si giostrava con gli scudieri del padre con la spada. Quando incrociò il suo sguardo i suoi occhi verdi gli lanciarono un’espressione sostenuta,come sempre,non si erano mai piaciuti e non erano mai andati d’accordo. Tristan tornò a voltarsi senza dare al suo sguardo curanza.

Per quel che riguardava lui invece, la sua era una situazione alquanto complicata. Come primogenito della famiglia reale di Ictar a lui era stata preclusa la magia, era destinato a diventare un cavaliere, ma Tristan non lo aveva mai accettato.

Diversi anni addietro preso dallo sconforto si era recato dal grande mago Stethiel Karayan padrone e Signore dell’isola di Stoyan e lo aveva implorato di prenderlo al suo servizio. Sarebbe stato disposto a qualunque sacrificio pur di diventare un mago, persino a rinunciare ad un trono che oltretutto non desiderava affatto.

Dapprima il mago aveva rifiutato e lo aveva cacciato, ma poi era stato lui stesso a cercarlo e confidandogli di aver percepito in lui un insolita potenza magica, aveva accettato di accoglierlo nella sua scuola, ma a condizione che lui non rinunciasse alla successione al trono di Ictar.

Molto presto, secondo il suo maestro, le cose sarebbero cambiate su Lésin Rove e lui avrebbe potuto un giorno fare grandi cose come Re. Stethiel gli aveva donato quindi un prezioso manufatto, una sfera contenente due grandi e potenti incantesimi che gli permettevano con estrema facilità di condurre la sua doppia vita di apprendista mago e scudiero.

Ma le sorprese per lui non erano finite lì, come aveva scoperto un anno addietro, perché il Dio Ylam dell’Oscurità, si era presentato a lui nella stagione degli Elementi comunicandogli di essere il suo prescelto. Anche quello però, era un privilegio che non poteva vantare. Il medaglione Obscure infatti era un manufatto sacro che solo un praticante di arti magiche avrebbe potuto indossare, perciò aveva convenuto con il Dio che per il momento anche il suo avvento sarebbe rimasto segreto.

Per tutti quei motivi Tristan affrontava con estrema facilità quella situazione disagevole, perché il suo vero essere era nascosto sotto la maschera dell’apprendista cavaliere e lui era costretto ad indossare armi e armature ogni giorno,la fatica di quel percorso,non lo toccava.

“E’ incredibile, ancora sabbia!”

L’esclamazione di stupore di Dustin lo riscosse dai suoi pensieri. Il gruppo si fermò davanti ad un bivio del sentiero che avevano imboccato dopo lo sbarco. Approdati sull’isola si erano ritrovati davanti ad una foresta straordinariamente maestosa e fitta.

Considerando che non avevano una mappa, ma che l’oggetto da loro cercato era un libro sacro con rune argentee incise su pelle nera, avevano supposto ci fosse una costruzione o un tempio. Si erano allora inoltrati nella foresta attraverso un sentiero battuto, sperando di imbattersi in qualcosa da cui poter iniziare le ricerche.

Con l’inoltrarsi nella foresta però non avevano trovato nulla oltre ad alberi altissimi dalle folte chiome a loro apparentemente sconosciuti, cespugli spinosi e fitti e sabbia, solo ed esclusivamente sabbia.

“Com’è possibile che questi enormi alberi mettano radici in un terreno così disagevole, quest’isola non sembra avere terra, ma solo sabbia.”

“Una sabbia finissima e faticosissima da percorrere.”

Il brontolio di Ederik non arrivò al fratello, ma Kieran di fronte a lui si volse e detergendosi il sudore dalla fronte gli sorrise annuendo e confermando in modo complice le sue parole.

“Hai ragione Dustin è molto strano, ma direi di proseguire, può darsi che l’isola sia molto piccola e che la sabbia la ricopra tutta.”

Nami che ora si era liberata dal peso del mantello che l’aveva nascosta fino all’arrivo li, si raccolse i lunghi capelli biondi sulla sommità del capo puntandoli con un pezzo di ramo trovato a terra. Con i capelli raccolti i suoi lineamenti e le orecchie allungate rendevano il suo viso estremamente affascinante e sbarazzino.

Xavier la fissò assorto prima di rivolgersi ad Orion quando lei si accorse di essere osservata.

“Destra o sinistra?”

Orion intento a parlare con Vivien scrutò i due sentieri che divenendo entrambi molto più stretti del principale si perdevano con due brusche curve nella foresta sempre più fitta.

“Destra. A voi va bene?”

Scorse i volti dei compagni che non trovarono nessuna obbiezione, ma quando incrociò gli occhi della sorella, Zoe incatenò il suo sguardo con un cipiglio cupo.

“Che c’è Zoe?”

“Non ci sono animali.”

La sua esclamazione seria e tirata ebbe il potere di far zittire tutti e catalizzare l’attenzione su di lei.

“Non può essere normale. Non un insetto, non un rumore prodotto da piccoli o grandi esseri viventi. Nell’eccitazione dell’avventura abbiamo trascurato un particolare che mi sembra allarmante.”

“Accidenti.”

Tristan si guardò attorno stranito mentre Fraiser al suo fianco alzava il viso a scrutare le fronde sopra di loro.

“E’ vero non promette nulla di buono un posto evitato persino dagli insetti.” borbottò.

“Se la vegetazione continua ad essere così secca e povera per tutta la superficie, sfido qualsiasi animale a sopravvivere su questa isola.”

Nami parlò da esperta qual era. Principessa del popolo degli elfi di Lobor, Nami amava molto la flora e la stagione precedente Wirona, Dea della Flora aveva donato ad ella il suo Flauto incantato, permettendo alla giovane di avere poteri stupefacenti. Come devota figlia di un druido, Nami aveva già capacità straordinarie, ma grazie al Flauto di Wirona ora poteva comandare la flora e ricevere da ella protezione e aiuto.

“Sì, ma almeno qualche insetto potrebbe esserci.”

La puntualizzazione di Zoe la fece annuire.

“Questo è vero.”

Sul gruppo calò il silenzio, ma dopo qualche istante Orion riprese in mano le redini della situazione.

“Questo non deve interferire con la nostra missione, nessuno ci ha detto che quest’isola fosse gremita di fauna, perciò non abbattiamoci e proseguiamo.”

Mentre i compagni annuivano e riprendevano il cammino sul nuovo sentiero, Ederik passò dinanzi a Kieran borbottando.

“Auguriamoci di avere cibo a sufficienza allora, sabbia e conchiglie non sono il mio piatto preferito ultimamente.”

La risata argentina di Kieran si perse tra i meandri della foresta di Moran.

 

 

Passarono diverse ore e altri bivi da scegliere prima che il paesaggio attorno a loro mutasse. In realtà l’unica mutazione fu dovuta da una parete rocciosa che ad un tratto apparve davanti ai loro occhi dopo un ennesima curva a gomito.

“Fantastico, una roccia al centro di un cumulo di sabbia.”

Morgan si lasciò cadere a terra pesantemente abbeverandosi poi di gusto alla borraccia presa dallo zaino.

“Fai attenzione Morgan.”

Vivien fermò la sua mano dopo tre lunghe sorsate e lui strinse gli occhi contrariato.

“Non sappiamo ancora se esiste acqua potabile in questo luogo, la fame si sopporta, ma la sete con questo caldo può provocare seri problemi.”

“Vivien ha ragione.”

Orion si avvicinò ai due alzando la voce e cercando l’attenzione del gruppo.

“So che il caldo ci fa perdere molti liquidi, ma dosate con attenzione la vostra acqua.”

Kieran mascherò una smorfia di disappunto dietro un assenso forzato, aveva quasi finito la sua razione qualche ora prima.

Zoe che si era allontanata dal gruppo per andare in avanscoperta tornò in quel momento.

“Dietro quel masso inizia un sentiero che sale sulla roccia. Proporrei di salire per vedere se riusciamo a scoprire qualcosa di più su quest’isola.”

Orion le si avvicinò e le batté una mano sulla spalla.

“Ottimo lavoro Zoe. È agibile il sentiero?”

Lei annuì mal celando la gioia che il suo complimento le aveva procurato. Fin dai tempi in cui Rhys aveva insignito suo fratello cavaliere del Sacro Onore di Lésin Rove donandogli il guanto magico dell’armatura Antrex e il compito di ristabilire l’ordine cavalleresco perduto, lei aveva desiderato farne parte al suo fianco e diventare un guerriero. I complimenti rari e ponderati di Orion erano come acqua fresca in una giornata afosa come quella per lei.

“Sconnessa e stretta, ma siamo giovani, forti e snelli, nessuna difficoltà a salirlo.”

“Parla per te.”

Le parole di Ederik stavolta arrivarono forti e chiare grazie dall’improvviso silenzio che aveva seguito la domanda di Orion e dieci paia d’occhi si riversarono sulla sua persona.

“Qualche problema Eddy?”

Zoe sostenuta usò appositamente il nomignolo del Principe per accentuare il suo già evidente imbarazzo. Ederik era un ragazzino biondo, buono e tranquillo, ma a suo avviso si crogiolava troppo nella protezione materna. La Regina lo coccolava troppo e lo relegava sempre nel castello con il naso nei libri degli studi piuttosto che mandarlo su qualche altro regno a imparare a divenire un cavaliere valoroso.

Le famiglie Reali di Telnar e Rusgar erano molto unite, se pur rivali e la situazione di Ederik oltre che infastidirla, l’addolorava. Avrebbe dovuto reagire non brontolare e nascondersi dietro mille scuse. Da parte sua Ederik desiderò che la sabbia sotto i suoi piedi decidesse all’improvviso di risucchiarlo nelle viscere dell’isola, ma sapeva che tale grazia non gli sarebbe mai stata concessa.

“Problema?”

La voce semi balbettante che uscì dalla sua gola lo fece arrossire ancora di più.

“Nessun problema Zoy. Disagi, caldo, sete, stanchezza…quello sì. Problemi…mai.” sottolineò le parole con un cenno del capo deciso e una smorfia.

Il silenzio che seguì le sue parole fu rotto improvvisamente da Kieran.

“Non pensate potremmo fermarci un attimo prima di salire? Non possiamo bere, ma stiamo sudando tantissimo. Se ci riposassimo all’ombra almeno un poco, magari, ci sentiremmo tutti meglio.”

Xavier compatendo il povero Ederik e intuendo il disagio di Morgan, Kieran e forse anche di Nami che sembrava un poco pallida, si apprestò a circondare le spalle del Principe di Ictar con fare incoraggiante e amichevole.

“Hai ragione Kieran mi sembra un ottima idea.”

Orion rimase pensieroso per qualche secondo poi sorrise a Xavier con fare condiscendente.

“Credo non ci sia bisogno che saliamo tutti per il momento. Zoe, Tristan, Vivien, Fraiser cosa ne dite di salire un po’, giusto per dare un occhiata? Non ha senso affaticarci tutti inutilmente. Se non ci porterà a nulla quel sentiero torneremo indietro.”

I quattro nominati annuirono e Xavier scambiò un occhiata significativa con Orion. Aveva preso la decisione giusta,come sempre. Nami sembrò sollevata dalle sue parole e Kieran si lasciò cadere accanto al fratello.

“Quando faremo ritorno a Rusgar parleremo del tuo allenamento Ederik. Sei davvero troppo fuori forma”

Il ragazzino sobbalzò quando Dustin gli giunse alle spalle, il fratello lo fissò con durezza poi si allontanò dal gruppo,scuotendo il capo davanti alla sua aria mesta. Ederik fece scivolare il proprio zaino a terra e trascinandolo sulla sabbia si diresse verso Kieran borbottando.

“Che pessima idea accettare questo viaggio. Pessima idea,davvero.”

 

 

Man mano che il sentiero saliva, Fraiser s’avvide che gli alberi della giungla erano davvero altissimi e gli impedivano di vedere quanto fosse grande l’isola o qualsiasi altra cosa che non fossero i loro fusti grandissimi e le chiome folte.

Orion procedeva davanti a lui con circospezione, rimanendo qualche passo avanti per sondare il terreno. Fraiser lo vide superare la curva e quando anch’egli arrivò in quel punto si fermò di colpo.

“Alt! Fermi!”

Fraiser bloccò Zoe dietro di lui perché Orion si era fermato e non c’era spazio per due persone sullo stretto sentiero e lei fece lo stesso con Tristan alle sue spalle. Fraiser si avvicinò di qualche passo a Orion che fermo dinanzi ad una caverna scrutava nel buio.

“Orion?”

Il ragazzo alzò una mano per zittirlo e lui si fermò.

Il Principe di Telnar si avvicinò alla caverna e quando constatò di non incorrere in nessun pericolo imminente abbassò la mano.

“Avanzate...”

Fraiser raggiunse Orion dinanzi alla grotta dove il sentiero si allargava creando un terrazzo di roccia.

“Fantastico. Proprio quello che ci voleva per movimentare un po’ la giornata.”

Soddisfatto sorrise gli sorrise e sbirciò all’interno della caverna. Orion scosse il capo sorridendo. Fraiser riusciva a trovare il lato positivo di ogni genere di situazione.

“E’ molto buia, potrebbe essere profonda.”

Zoe gli si affiancò seguita da Tristan e Vivien.

“Entriamo?”

Tristan guardò con fare interrogativo Orion. Non gli piaceva rivolgersi a lui per ogni cosa, ma gli altri l’avevano silenziosamente eletto capo gruppo e andare contro il resto della compagnia avrebbe reso il viaggio ancor più difficile.

Orion annuì.

“Direi di sì, armiamoci però, non vorrei incontrare qualche pericolo.”

“Non sarebbe meglio chiamare almeno Xavier e Dustin?”

Vivien prudente come al solito l’interrogò mentre si preparava per entrare nella caverna. Il Principe di Telnar sembrò valutare le sue parole, ma diniegò alla fine.

“Chiamare loro equivarrebbe a escludere gli altri, si sentono già in difetto per non essere riusciti a salire fin qui, si mortificherebbero ancora di più. Andiamo noi.”

Vivien fu d’accordo con lui.

“Sì, forse a Morgan piacerebbe perlustrare la caverna, ma anche lui era molto stanco quando li abbiamo lasciati.”

“Qualcuno dovrebbe rimanere fuori.”

Pratica e pragmatica, Zoe si sistemò lo zaino in spalla estraendo la lama e esternando il suo pensiero.

“Se non dovessimo fare ritorno, gli altri ci metterebbero una vita a soccorrerci o arrivare fin qui e organizzare la ricerca.”

“Xavier sa già cosa fare.”

Orion preparò le torce mentre le rispondeva.

“Abbiamo già stabilito i tempi, se non ritorniamo prima che la clessidra che gli ho lasciato finisca il suo quarto giro, verranno a cercarci.”

Zoe si fermò nell’atto di raccogliere una torcia e rimase ad ammirare il profilo sicuro e risoluto del fratello. Se un giorno avesse potuto vantare di essere degna di fargli da braccio destro si sarebbe già sentita appagata. Era sempre preparato e non gli sfuggiva nulla.

Lui non diede peso al suo sguardo ammirato. Sapeva che Zoe lo considerava un esempio da seguire, ma non lui lo accettava. Il peso di essere il primo ad aver ricevuto il Dono degli Dei aveva gravato molto sulle sue giovani spalle e anche il compito di ristabilire l’ordine cavalleresco del Sacro Onore era un dovere non da poco.

Orion non si sarebbe mai sognato di lamentarsi, considerava il compito affidatogli un onore grande, ma non voleva essere considerato un esempio, era ben lungi dall’esserlo.

“Pronto!”

Fraiser si aggiustò il giustacuore e sfoderò l’ascia di Tuk, essendo un’arma magica non pesava relativamente nulla per lui che era ancora un ragazzino e riusciva a maneggiarla molto bene.

Orion estrasse la sua spada porgendo la terza torcia a Tristan, flettendo la mano sinistra che calzava il guanto di Antrex, tornò a guardare Zoe.

“Non credo sia necessario indossare l’armatura ora, ma restiamo in allerta.”

Il gruppo annuì, poi lui si avviò all’interno della caverna buia sollevando la torcia dinanzi a sé.

 

 

 

Vivien procedeva in silenzio tendendo il suo corpo in un massimo stato d’allerta, attenta ad ogni piccolo suono o movimento. Era già da molto tempo che camminavano e ancora non avevano visto nulla di diverso dalla nuda roccia umida della grotta.

“La corrente d’aria è cambiata, credo che tra non molto troveremo un’apertura.”

Le parole di Orion rimbombarono attorno a loro. Il giovane proseguiva sicuro accanto a Tristan davanti a lei e Vivien ammirò la scioltezza con cui affrontava ogni situazione.

“Accidenti.” l’esclamazione di Tristan e il suo arresto improvviso la fecero quasi sobbalzare tanto era tesa.

“Adesso che facciamo?”

Vivien sbirciò da dietro le sue spalle. A qualche metro davanti a loro vi era un grande masso che sbarrava la strada. Tristan abbassò la torcia e lei gli passò dinanzi avvicinandosi alla lastra di pietra.

“Non è chiuso, è solo un impressione. Guardate.”

Vivien indicò un punto alla sua destra. Una rientranza nascosta nell’oscurità permetteva il passaggio di una persona.

“Credo si possa aggirare passando per quella feritoia.”

Si avvicinò maggiormente mentre gli altri la imitavano. Prima di insinuarsi nel buco si volse verso Orion per avere la sua approvazione.

“Avanza se ti senti sicura.”

Al riverbero delle torce gli occhi grigi di lui risplendettero di un bagliore quasi metallico. Vivien sorrise, grata per quel gesto di fiducia e lo ringraziò con un impercettibile segno del capo. Portandosi al petto lo scudo di Xylia il dono della Dea del Vento come protezione, scivolò nella feritoia.

Un piccolo cunicolo stretto e lungo terminava dopo pochi passi in un debole fascio di luce. Vivien proseguì quasi strisciando a ridosso della roccia dietro di lei, Orion la seguiva d’appresso.

Respirando pesantemente con il cuore in tumulto percorse decisa gli ultimi passi e si ritrovò in una stanza immensa. Era scavata nella roccia, di forma circolare e con diverse aperture che portavano ad altri tunnel come quello da cui erano arrivati. La fioca luce entrava attraverso un foro nell’alto soffitto.

Zoe alzò lo sguardo verso quell’apertura ed ebbe l’impressione di non riuscire a vederne la fine, doveva senza dubbio discendere dalla cime della montagna.

“Ragazzi guardate qua. Quest’isola era popolata da animali bellissimi e esotici.”

Fraiser si era avvicinato ad una parete dal lato opposto a cui erano entrati e l’aveva trovata piena di affreschi che rappresentavano diverse scene di vita su quella che, a rigor di logica doveva essere l’isola su cui si trovavano.

“Qualcosa non torna…”

Fraiser si accigliò passeggiando di fronte alla parete.

“…se fosse quest’isola sarebbe cambiata radicalmente oggi, queste terre sono verdi, rigogliose, sature di fauna.”

“Per gli Dei!”

L’esclamazione di Tristan poco più avanti di lui li fece accorrere al suo fianco.

“Ninfe!” con una mano indicò il dipinto davanti ai suoi occhi mentre guardava basito da loro al muro di pietra.

“E’ l’isola perduta delle Ninfe.”

“Ma certo! Guardate.” Zoe indicò un altro punto.

“Quelle sono Fate.”

Un gruppo di piccoli esseri alati erano radunati accanto ad un essere anziano grande quanto un uomo.

“Volete dirmi che ci troviamo sull’isola che fu una volta abitata da Fate e Ninfe? Ma non era scomparsa…”

“...quando loro lasciarono Lésin Rove.”

Orion finì la frase per Vivien, chiamandoli con un cenno a sé. Era distante dai compagni e davanti a lui un affresco rappresentava una Ninfa bellissima assieme ed un uomo. Il popolo magico si distingueva nitidamente grazie al color verde acqua dei loro lunghi capelli, alla corporatura minuta e al fatto che era una razza di soli esseri femminili. La Ninfa in questione era ritratta abbracciata ad un umano.

Il dipinto successivo mostrava i due condotti davanti alla Veggente, Regina del popolo delle Ninfe. I dipinti terminavano con l’allontanamento dei due e l’abbandono di Lésin Rove da parte del popolo magico.

“Siete consapevoli di ciò che abbiamo appena veduto, vero?”

Orion non attese la loro risposta tropo sconvolto dalla verità appena appresa.

“La storia della nascita di Dustin...”

“Ma certo!”

Zoe si batté una mano sulla fronte colta dall’improvviso ricordo della storia udita tanti anni addietro.

“Alyandra la madre di Dustin era una Ninfa, fu il suo insano amore per Re Odion a provocare l’ira della Veggente e la scomparsa delle Ninfe e delle Fate da Lesìn Rove. Dopo quell’accaduto infatti si rifugiarono su Dàrin Rove e non aiutarono più gli esseri umani.”

Orion fissò assorto l’affresco.

“Re Odion l’amava talmente che la sposò a discapito di tutto e tutti, ma il loro matrimonio non fu mai accettato. L’Imperatore Tibos fu molto duro con lui e dopo la nascita di Dustin, Alyandra scomparve lasciando il bambino e Odion si risposò. Nessuno seppe mai cosa accadde in realtà, ma Dustin non fu mai riconosciuto legittimo nonostante la Regina Marien lo allevò come figlio suo.”

Nello stupore generale Orion continuò il suo racconto.

“Dustin non è mai stato erede al trono e soffre ancora terribilmente per le origini della sua nascita.”

Fraiser lanciò un piccolo fischio attonito.

“Cavoli...”

Zoe vagò al ricordo di ciò che gli avevano raccontato.

“Io ricordo che le fate erano un aiuto prezioso per Lésin Rove per quanto riguardava l’equilibrio dell’ambiente e in magia creavano manufatti davvero stupefacenti.”

“Questa nostra scoperta spiega molte cose su quest’isola.”

Vivien ripresasi dallo shock intervenne soprappensiero.

“Gli alberi sconosciuti, gli animali esotici e a noi sconosciuti, doveva essere tutto opera della magia dell’isola che abbandonata a sé, forse è riapparsa alla vista umana, ora in decadenza e morte.”

“E la sabbia…” Fraiser annuì nella sua direzione aggiungendo il suo pensiero.

“Le Ninfe hanno piedi palmati, per loro camminare nella sabbia era come essere su di un terreno normale.”

“Questa dovete vederla. È preoccupante e spaventoso.”

La voce di Tristan proveniente da una cavità alla loro sinistra fece notare la sua assenza. Il gruppo lo raggiunse.

Il tunnel che percorsero terminava anch’esso in una stanza più piccola di quella precedente. Quando sollevarono le torce per vedere meglio le pareti rimasero sconvolti dall’orrore.

Gli affreschi erano meno elaborati, ma altrettanto rappresentativi. Scene di caccia raccapriccianti mostravano come la fauna si fosse letteralmente estinta. Una tabella abbozzata in un angolo riassumeva le specie esistite sull’isola e sulla maggior parte di esse una croce molto significativa non lasciava adito a dubbi sulla estinzione di quella razza.

La causa di tale devastazione sembrava non essere stata naturale o causata dall’abbandono del luogo, ma da una terribile bestia. La mostruosa creatura raffigurata aveva le fattezze di un ...

“Drago!?”

Fraiser scosse il capo senza fiato. La creatura aveva una lunga lingua biforcuta e sul capo spuntavano un paio di grosse corna.

“Non esistono draghi su Lesìn Rove. Ne abbiamo solo testimonianze rilasciate dai mondi vicini.”

disse Zoe sconvolta.

“Credete che abiti ancora sull’isola?”

Tristan diede voce al pensiero che aveva solcato la mente di tutti.

“Non lo so, ma una cosa è certa, qui deve trovarsi la sua tana.”

Orion puntò un dito verso un punto dell’affresco. Vi era disegnato un tempio circondato da acque. Accanto alla costruzione, che sembrava costruita su un isoletta collegata a Moran da un sentiero di sabbia, vi era incisa una croce con una rappresentazione del mostro accanto. Il dipinto era una specie di mappa del luogo. Dalla parte opposta del monte su cui si trovavano vi era segnato una fitta rete di piccole pozze d’acqua attorniate dalla giungla e oltre a quelle vi era il tempio.

“Evidentemente quello è il luogo in cui dimoravano le Ninfe...”

Vivien indicò la rete di pozze “...e quello deve essere il tempio del Dio Nuri che esse adoravano.”

Tristan non mascherò la smorfia contrariata che gli solcò il viso.

“Perché tutto ciò mi fa temere che all’interno del tempio sia custodito il libro e la bestia sia li per proteggerlo come un tesoro?”

Zoe annuì d’accordo con lui prima di dar voce al suo pensiero.

“Magari ti sei avvicinato molto alla verità Tristan e il drago è la nostra prova da superare.”

Fraiser la fissò stranito.

“Ma l’Imperatore è pazzo!? Come pensa che potremmo affrontare una simile creatura?”

Indicando l’affresco il ragazzino perse la sua consueta maschera di noncuranza.

“Non parlare così dell’Imperatore Fraiser non è mai saggio.”

Orion lo fulminò con lo sguardo mentre l’altro serrava le mascelle contrito.

“Non possiamo rifiutarci di andare al tempio, magari non sarà necessario affrontarlo.” ribattè duro.

“Certo che possiamo rifiutarci. Nessuno è mai tornato vivo da quest’isola e persino il capitano della Farron si era pentito di averci condotti qui dichiarando che ci avrebbe accompagnati a morte certa.”

Vivien gli lanciò un occhiataccia, ma Fraiser la ignorò continuando ad affrontare Orion.

“Se così deve essere, sarà!”

Stoico come un guerriero consumato, Orion non batté ciglio.

“Ho piena fiducia dell’Imperatore Tibos. Se ci ha affidato questa missione è perché credeva avessimo buona possibilità di farcela. Se non riusciremo, sarà solo colpa della nostra incompetenza.”

Il silenzio che seguì le sue parole fu glaciale.

Zoe non avrebbe mai contrariato suo fratello, come Vivien del resto. Dal canto suo Tristan era davvero molto curioso di scoprire se il tempio celava un tesoro. I popoli magici delle Ninfe e delle Fate che avevano dimorato sull’isola potevano aver lasciato più di un semplice libro e con il medaglione Obscure al sicuro al suo collo si sentiva relativamente protetto.

“Cosa pensi che dirà Dustin di tutto questo?”

A muso duro Fraiser espletò il rospo che non riusciva a mandar giù da quando aveva scoperto gli affreschi.

Il Principe di Rusgar era stato attratto li con un evidente l’inganno e avrebbe sofferto per quella situazione. Dustin non parlava mai della madre e delle sue origini perché la odiava. Orion chiuse gli occhi sopraffatto per un attimo al pensiero dell’amico e della sua sofferenza. Doveva ammettere di non aver pensato a Dustin e ai suoi sentimenti, troppo preso dalla scoperta dell’identità dell’isola e del mostro.

“Non possiamo dirglielo, si rifiuterebbe di proseguire.”

Vivien parlò in vece del pensiero di tutti.

“Allora cosa proponete? Di continuare ad ingannarlo? Di lasciarlo qui con una scusa? Se si trovasse solo ad affrontare il mostro sarebbe in grave pericolo mortale. Allora che facciamo? Lo lasciamo in questa grotta dicendogli che andiamo a scoprire i segreti di sua madre?”

Orion riaprì gli occhi di nuovo padrone di sé.

“Niente di tutto questo. Dustin ha dovere di venire a patti con la verità della sua nascita e forse solo all’interno del tempio o concludendo questa missione riuscirà a farsi una ragione di ciò che gli è accaduto. Questo è il mio parere. Dobbiamo proseguire come se non avessimo mai fatto questa scoperta.”

 

 

 

 

Si erano rimessi in viaggio dopo essere ritornati dal resto della compagnia e aver riposato brevemente anche loro. Avevano deciso di tacere la parte che riguardava le Ninfe e le Fate agli altri, anche se Fraiser si era chiuso in un silenzio carico di disapprovazione.

Le reazioni al racconto della scoperta della mappa per raggiungere il tempio e le raffigurazioni del drago dei loro amici erano state svariate. Morgan aveva avuto lo stesso pensiero di Tristan e aveva proclamato entusiasta che il tempio avrebbe potuto nascondere tesori davvero interessanti. Orion non era stato molto d’accordo al pensiero di portar via altro da quel luogo sacro che non fosse il libro, ma non poteva spiegare loro il perché,quindi per il momento aveva preferito tacere.

Dustin e Xavier si erano accigliati, ma avevano convenuto con Orion che era meglio proseguire. Nami era leggermente impallidita, ma si era detta curiosa, un tempio avrebbe forse contenuto una biblioteca e magari avrebbe trovato un libro che illustrasse le piante del luogo e le loro proprietà.

Nessuno di loro quattro aveva dato troppa importanza al drago o non lo aveva dato a vedere. Kieran aveva indietreggiato di un passo invece sgranando gli occhi colpito e Ederik sarebbe sicuramente caduto se non fosse stato già seduto. Ora l’erede di Rusgar camminava a testa china evitando di strascicare i piedi per non umiliarsi ulteriormente, ma si sentiva davvero molto triste e pesante.

Possibile fosse l’unico a pensare che un drago era una creatura troppo potente per loro undici imberberi ragazzini?

Kieran dinanzi a lui si voltò a guardarlo poi si fermò e lo aspettò per camminargli affianco.

“Coraggio Ederik. Magari la creatura avrà abbandonato già l’isola avendo sterminato tutto ciò che di vivo l’abitava. Oppure è morta di stenti.”

Kieran gli sorrise sperando di confortarlo, ma Ederik lo fissò ancora più pallido e stranito.

“Magari no … “ Il tono beffardo di Morgan li raggiunse raggeladoli “... e noi saremo il suo succulento pasto dopo tanto digiuno.”

Morgan davanti a loro sogghignò poi schernendoli e Ederik bloccandosi di scatto alle sue parole si girò verso i cespugli rigettando la colazione.

 

Camminarono tutto il giorno per aggirare la montagna. Il paesaggio rimase lo stesso, sempre desolato e privo di vita. Al giungere della notte si accamparono.

Kieran si sedette su di un tronco trasportato davanti al piccolo falò acceso. Non avendo incontrato nessun mostro o sentito nessun suono sopspetto per tutto il tragitto fin li, avevano deciso di accendere un fuoco almeno il tempo necessario per cuocere il cibo che si erano portati appresso. Nami gli si avvicinò e sedette accanto a lui.

“Non mangi Kieran?”

“Non ho appetito.”

Kieran le sorrise scuotendo il capo. Faceva ancora un caldo infernale e lui aveva una sete tremenda già così. Se avesse pure mangiato sarebbe morto di arsura. La giovane elfa inclinò il capo di lato scrutandolo poi si allungò verso il suo zaino e ne estrasse un frutto rosso e polposo.

“Tieni. Ti placherà la fame e anche la sete.”

Kieran abbassò lo sguardo sul frutto valutando l’alternativa di dirle che non ne aveva bisogno, per non fare la figura dello schiocco, ma lei si sporse e glielo lasciò cadere tra le mani.

“Non fa nulla Kieran. Non è facile resistere alla sete posso capirti, ma promettimi che se domani non troveremo l’acqua lo dirai a Orion. Hai già le labbra tutte screpolate rischieresti la disidratazione affrontando un altro giorno di caldo secco come questo.”

“Grazie.”

Kieran tornò a fissarla e arrossì sotto il suo sguardo limpido e amorevole. Nami era davvero una ragazzina eccezionalmente buona e intelligente. Lei scosse piano il capo poi tolse un altro frutto dallo zaino e lo addentò di gusto.

Xavier dall’altro lato del piccolo bivacco corrugò la fronte guardandoli poi si alzò leggermente irritato.

“Comincio io il primo turno di guardia, Fraiser mi guardi le spalle tu?”

Il ragazzino ancora incupito dal disappunto per le bugie dette annuì e si avviò con lui per perlustrare la zona limitrofa. Orion seguì con lo sguardo Xavier, stupito dal suo fare seccato, ma non ebbe tempo di comprendere il suo malumore perché Zoe lo raggiunse e lo trasse in disparte.

“Che c’è?”

Orion scrutò il viso duro della sorella.

“Non mi importa se il compito di quella bestia è sorvegliare il tempio. Dubito che le Ninfe e le Fate abbiano lasciato qualcosa di prezioso al suo interno. Quella creatura ha sterminato un’intera isola di esseri viventi e chissà quanti esseri umani, è un pericolo per chiunque. Promettimi che tenteremo il tutto per tutto per annientarla e se sarà necessario torneremo su Telnar lasciandola vivere, ma poi ritorneremo con i rinforzi e la uccideremo. La scia di morte che si lascia dietro non può rimanere impunita.”

Il Principe fu estremamente orgoglioso di lei e della sua forza, ma dentro di sé aveva alcuni interrogativi importanti sulla creatura e prima di agire impulsivamente avrebbe dovuto trovare delle risposte. Per placare la sua ira comunque annuì.

“Faremo tutto quello che è in nostro potere Zoe, ma ricordiamoci che alcuni di noi sono molto indifesi ancora, il nostro primo dovere è la loro sicurezza.”

Zoe annuì soddisfatta e tornò al campo, ma Orion rimase a fissare il buio della foresta. Troppe cose ancora gli erano oscure e insondabili come quella notte,troppe cose lo impensierivano.

 

 

 

Il mattino successivo partirono prima dell’alba, ma già il caldo avvolgeva i loro corpi come un manto soffocante. Tristan a capo della fila si asciugò il viso con un fazzoletto maledicendo quel tempo folle, avrebbe dovuto essere una stagione rigida e piovosa, non calda e afosa. Solo Xavier, erede al trono di Avatar sembrava sopportare stoicamente quel clima.

Tristan lo invidiò perché al contrario del suo Regno Ictar, sempre buio, tetro e piovoso, quello di Xavier era caldo, soleggiato e asciutto. A volte anche troppo però, tanto che la desertificazione era un problema e le spiagge già abbondanti di Avatar rischiavano di ricoprire tra qualche centinaia d’anni la sua intera superficie.

“Beh, sempre meglio di paludi e acquazzoni però.” borbottò tra sé.

“Parli di Ictar?”

Vivien che lo aveva affiancato gli allungò una borraccia d’acqua, Tristan l’accettò dopo un breve tentennamento e la sua risposta fu solo un alzata di spalle, non gli piaceva fraternizzare con gli altri, non era nella sua indole.

Con uno sbuffo risentito Vivien si riappropriò della sua borraccia, quel Tristan era davvero insopportabile e dire che nessuno aveva mai fatto nulla per indispettirlo.

“Fra non molto dovremmo raggiungere le pozze d’acqua.”

Fraiser le fu accanto quando lei lasciò Tristan ai suoi silenzi e per un attimo sembrò tornato rilassato come all’inizio del viaggio.

“Già.”

Vivien gli appoggiò una mano sul braccio.

“Senti Fraiser non dovresti essere così duro con…”

“Tutti giù!!”

L’urlo di Xavier bloccò le sue parole e un attimo dopo Fraiser la scaraventò a terra coprendola in parte con il suo corpo. Un buio improvviso calò su di loro per la frazione di un attimo, qualcosa di gigantesco passò volando sopra le loro teste e lei dietro ad un cespuglio semi nascosta da Fraiser riuscì ad alzare il capo in tempo per intravedere un enorme ala sfiorare le cime degli alberi.

“Per gli Dei, è gigantesco”

Fraiser non riuscì a trattenere le sue parole bisbigliate vicino al suo orecchio e Vivien ringraziò mentalmente il suo corpo che la stringeva, per un attimo infatti un panico terrorizzante si era impossessato di lei. Rimasero nascosti immobili finché non udirono uno schianto tremendo tra gli alberi che li fece sussultare poi un grido angosciante squarciò l’aria facendoli rabbrividire.

Vivien chiuse gli occhi, anche se avrebbe voluto avere le mani libere per coprirsi le orecchie, un essere vivente stava morendo in maniera orribile. Pochi istanti e l’ombra ripassò sopra di loro portandosi via anche quel terribile grido straziato di morte.

Fraiser si sollevò un poco e invece di lasciarla andare l’abbracciò, Vivien ricambiò la sua stretta nascondendo il viso nella sua spalla ancora tremante mentre i compagni che si erano protetti a vicenda iniziavano cautamente ad alzarsi. Sentì Xavier cercare di tranquillizzare Nami e Zoe chiedere a Ederik se stava bene. Vivien dal canto suo non stava bene,non stava affatto bene. La sola presenza del drago l’aveva pietrificata,era stato orribile! Orribile!

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Capitolo 5
*** Alyandra ***


Spaventati e inorriditi, ma decisi a proseguire con una nuova risoluzione interiore, il gruppo si rimise in marcia accompagnati da un cupo silenzio.

Ederik era morto di paura quando aveva visto il drago, ma ciò che era successo alla creatura assalita, aveva inferto un duro colpo al suo senso di giustizia e ora, provato, ma anche arrabbiato, avanzava con passo più deciso. La loro missione non era quella di epurare l’isola dalla presenza della bestia ma se nel portare a termine il loro compito si fossero davvero dovuti affrontare con essa lui non si sarebbe tirato indietro. Il drago agiva sicuramente per istinto naturale ma era una di quelle creature bandite da Lèsin Rove dai suoi antenati da secoli e secoli e se erano state bandite c’era indubbiamente un valido motivo. Probabilmente la loro malvagità minava la pace,la stabilità e l’equilibrio del loro mondo. Se una volta sterminate tutte le creature di quell’isola la bestia avesse deciso di allontanarsi da quel luogo e spingersi fin alle loro terre avrebbe messo in pericolo i loro popoli e Ederik non poteva permetterlo.

Il drago fece una breve ricomparsa dopo qualche ora di cammino ma ancora una volta non notò la loro presenza perché furono lesti a nascondersi. Il paesaggio attorno a loro nel mentre era mutato leggermente e gli alberi sembravano meno fitti e più verdi. Zoe era molto nervosa, si stavano allontanando troppo dalla riva su cui erano sbarcati, se non avessero trovato presto il tempio avrebbero rischiato di non riuscire a tornare indietro in tempo per andarsene.

Ad un tratto la foresta si diradò ulteriormente e davanti ai loro occhi si aprì una vastissima radura con decine e decine di pozze più o meno grandi a ricoprirla.

Xavier si fermò accanto ad Orion al limitare della radura.

“Dovremo aggirarla. È troppo esposta, se il drago passasse di qui nel mentre la attraversiamo, ci vedrebbe sicuramente.”

Il Principe di Telnar s’incupì.

“Maledizione questo ci comporterà un ulteriore ritardo di tempo.”

Dustin si avvicinò seguito dal resto del gruppo.

“Qualcuno dovrebbe andare ad assaggiare l’acqua delle pozze. Non dureranno molto le scorte d’acqua con questo caldo.” propose giustamente.

“Vado io.”

Kieran fece un passo avanti deciso, lasciando sbalorditi molti di loro, Nami lanciandogli un occhiata di sottecchi gli sorrise in modo complice.

“Che dici Kieran?”

Morgan afferrò per un braccio il gemello. Il fratello non era precisamente un codardo, anzi, a volte in situazioni critiche mostrava grinta e risoluzione davvero notevoli, ma non era nemmeno il tipo da offrirsi volontario per affrontare un pericolo.

“Quelle pozze sono in pieno spazio aperto, è pericoloso.” non lo avrebbe fatto andare,non voleva si mettesse nei guai. Tra i due il più grande,seppur di poche ore,era lui e da sempre aveva avvertito il sentimento di proteggere e difendere il gemello. Si sentiva responsabile per lui e della sua salvaguardia.

“E con questo?”

Kieran si rivolse al gemello con sguardo serafico e tranquillo e Orion percependo la sua risoluzione decise di soffocare sul nascere le proteste di Morgan.

“Perché no? Kieran è piccolo e esile, riuscirà a nascondersi in quegli arbusti all’occorrenza.” disse indicando la bassa vegetazione che cresceva attorno alle pozze.

“Oppure ritieni che tuo fratello non sia capace di affrontare questo compito?”

Morgan si accigliò, non gli piaceva che Kieran affrontasse un tale pericolo da solo, ma se si fosse offerto di accompagnarlo o sostituirlo lo avrebbe messo in ridicolo davanti agli altri e non voleva sminuirlo.

“Fai attenzione.” si arrese infine e dandogli poi una pacca sulla spalla si ritirò accompagnato dal cenno di compiacimento di Orion e dal sorriso di ringraziamento di Kieran.

“Credo che noi potremmo iniziare ad aggirare la radura nel frattempo, ci terremo a ridosso del bordo così non ti perderemo di vista. Ti consegneremo le borracce e dovrai controllare alcune delle pozze più grandi per vedere se ci sono pesci o esseri viventi. Non farebbe male avere del cibo in più.” Orion gli diede le istruzioni fiducioso. Si confidava di Kieran, non era spavaldo o guerrigliero ma era molto intelligente e non si sarebbe mai offerto se non avesse pensato di poter portare a termine il compito.

Anche se si sentiva incerto Kieran non lo diede a vedere, continuò a sorridere sicuro e accettò i brevi consigli anche di Dustin e Xavier su come muoversi senza attirare troppa attenzione o capire se l’acqua era potabile o meno.

Tristan non parlò, a suo avviso il fratello minore aveva bisogno di simili piccole sfide, non potevano che fargli bene, perciò non tentò di fermarlo. Quando il gruppo si avviò e Morgan non li seguì subito lui lo raggiunse.

“Andiamo.”

Disse strattonandolo mentre fissava il gemello preoccupato che carico di borracce, si avviava verso le pozze. Morgan si rivoltò astioso.

“Non toccarmi, se a te non importa nulla di lui non significa che debba essere così anche per me.”

Tristan chiuse le mani a pugno trattenendo la voglia di assestargli un ceffone. Morgan diveniva ogni giorno più strafottente e il suo fare arrogante lo facevano infuriare. Non erano mai andati d’accordo fin da piccoli. Le loro nature erano diametralmente opposte. Anche se studiavano la magia da solo pochi anni i gemelli tendevano a quei rami di essa essenzialmente di natura benefica e protettiva,mentre lui era sempre stato attratto dalla magia oscura e offensiva. Non avrebbero mai potuto per natura essere compatibili.

“Non provocarmi Morgan e datti una mossa.”

Fulminandolo con lo sguardo Tristan poi si volse per seguire il gruppo. Morgan lo seguì con un grugnito tirando un calcio ad una conchiglia stizzito che rotolo davanti a lui ma senza colpirlo. Tristan lo ignorò e si accodò al gruppo.

 

 

 

La breve missione di Kieran si concluse senza nessun tipo di intoppo. Soddisfatto e dissetato il ragazzino accettò le pacche amichevoli degli amici con finta noncuranza consegnando loro le borracce piene. L’acqua delle pozze era fresca e la più buona che avessero mai assaggiato, ma Kieran portò la notizia che a suo avviso le polle erano disabitate,non aveva visto pesci o altri generi di creature al loro interno.

Dopo essersi rinfrescati si rimisero in marcia. Vivien si affiancò a Orion che ora chiudeva la fila.

“Non ti è sembrato strano il ritrovamento degli affreschi Orion?”

Sistemandosi meglio lo zaino sulla spalla lui le rivolse tutta la sua attenzione.

“Ti riferisci a quelli successivi all’abbandono dell’isola vero?”

Lei annuì e lui sospirò annuendo.

“Sì anche a me è sembrato tutto molto strano. C’è qualcosa che mi sfugge. È come se l’isola fosse ancora abitata, ma non ne abbiamo la certezza. Non abbiamo incontrato nessun segno di civiltà sul nostro cammino. Forse qualcuno si è installato sull’isola tempo addietro ed è rimasto il tempo necessario a lasciare quei dipinti poi è fuggito o perito per mano della creatura.”

Vivien fece un cenno del capo ma non sembrava convinta. D’altronde non convinceva nemmeno lui quella teoria.

“Può essere, ma perché se è riuscito a fuggire non ha poi chiesto aiuto alle terre vicine per liberare l’isola. Tutti sanno che i draghi sono banditi da Lèsin Rove,nessuno avrebbe rischiato che quella bestia arrivasse sulle nostre terre se avesse saputo della sua presenza. Tutte quelle pareti affrescate poi, non possono essere opera di un paio di giorni di lavoro. O quella persona è morta,o è ancora sull’isola a mio avviso.”

Orion scosse il capo.

“Magari non era una sola persona. Magari erano diversi e sono fuggiti raccontandolo ma senza essere creduti. L’isola di Moran non è riapparsa da moltissimi anni ma le leggende sulla sua maledizione sono molteplici e svariate”

“Credo che ci siamo ragazzi.” La voce di Dustin interruppe le loro elucubrazioni.

L’amico fece segno a tutti di fermarsi e indicò il sentiero che stavano battendo che ad appena cinquanta passi davanti a loro sembrava terminare. In fondo ad esso infatti si intravedeva la spiaggia e il rumore del mare si era fatto più intenso e vicino.

“Saremo dalla parte giusta?” chiese poi guardandoli.

Zoe estrasse la mappa improvvisata che aveva abbozzato copiando quella della caverna e la consultò.

“Io credo di sì.” rispose sicura mentre Orion si faceva avanti tra i compagni.

“Andremo in avanscoperta.”

L’erede di Telnar appoggiò lo zaino al tronco di un albero.

“Xavier, Dustin,venite con me?” chiese senza nemmeno voltarsi.

“Certo.”

I due risposero quasi all’unisono.

“Voi preparatevi per andare al tempio nel mentre. Radunate le cose sotto i cespugli e tenete addosso solo il minimo indispensabile. Un ultima cosa…”

Le ultime parole lasciate in sospeso ebbero l’effetto di bloccarli ognuno nell’atto che stavano compiendo mentre lui si apprestava a partire e si volgeva nella loro direzione.

“…fate tutto questo nel massimo rispetto del luogo in cui ci troviamo.”

Anche se la sua raccomandazione poté sembrare strana nessuno ebbe nulla da ridire. Erano tutti molto tesi perciò che stava per accadere, ma lui aveva tenuto particolarmente a metterli in avviso. L’isola permeava ancora della magia che l’aveva costruita e popolata, vi erano molte possibilità che come Galywen, la foresta degli elfi, anche quella avesse una vita propria. Il viaggio era già stato abbastanza difficile senza dover rischiare di inimicarsi pure le entità che popolavano l’isola. Meglio portar essa rispetto il più possibile.

 

 

Giunti al termine del sentiero i tre ragazzi si acquattarono tra i cespugli nascosti dietro gli alberi. Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi era straordinario.

La spiaggia candida si stendeva per diversi piedi di lunghezza, dinanzi ad essa vi era quello che doveva essere un golfo molto profondo, al centro del quale si ergeva il tempio. Un sentiero di sabbia e conchiglie, molto battuta, era la via che conduceva al luogo sacro.

“Che meraviglia, la salsedine e le intemperie sembrano non aver mai scalfito quel luogo. Risplende come se fosse stato appena costruito.”

Dustin ammirò la fine architettura del tempio che rifletteva il colore del mare variando come esso delle sue variopinte sfumature azzurre. Era maestoso,di fattura rettangolare con colonne esterne e si intravedeva dietro di esse un’enorme portone intarsiato.

“E’ inaccessibile! Troppo scoperto! Come facciamo a rischiare tanto?”

Xavier scosse il capo contrariato interrogando Orion.

“Non lo so, il drago potrebbe essere ovunque, passare per quella passerella di sabbia è come servirci spontaneamente come pasto alla bestia.” rispose lui contrito.

“Vero, ma d’altronde…”

Xavier s’interruppe di colpo mentre un fragore tuonante irruppe dal mare. La sabbia sotto di loro tremò e onde gigantesche s’innalzarono dal centro del golfo proprio accanto al tempio. Un gorgo d’acqua si formò davanti ai loro occhi e pochi istanti dopo la gigantesca figura del drago apparve dal centro di esso emergendo dall’acqua. La sua figura serpentiforme dotata di ali membranate era dello stesso colore del mare profondo. Aveva protuberanze coriacee che correvano su due linee parallele dal capo fino alla lunga e nerboruta coda. Essa terminava in diversi aculei taglienti. Occhi gialli terrificanti e serpentini. Le robuste zampe erano palmate e dotate di artigli accuminati. Il lungo collo anteriormente mostrava le stesse protuberanze del dorso, che facevano bella mostra di sé anche sul mento della creatura rendendo il suo muso ancora più mostruoso e feroce. Tutta il suo corpo era ricoperto da grosse e spesse scaglie aguzze.

Ad occhi sbarrati Orion osservò la creatura innalzarsi in volo lasciando dietro a se una scia bagnata sulla spiaggia. Il momento non avrebbe potuto essere più propizio, sarebbero corsi al tempio ora che si era allontanata. I tre ragazzini si affrettarono ad avvertire la compagnia che in un attimo fu pronta all’azione.

Orion indossò l’armatura del Dio Rhys ed ognuno sfoderò la propria arma. Con circospezione e celerità si diressero verso il tempio e in breve riuscirono a raggiungerlo senza incappare nel mostro.

Le porte si aprirono con estrema facilità e il gruppo ancora ansante e teso entrò con cautela al suo interno. L’ingresso principale dava direttamente nel luogo di preghiera, davanti a loro un altare perlaceo si trovava direttamente sotto un immensa statua del Dio Nuri. Ai piedi dell’altare vi era un cesto di fiori freschi e su di esso, fra tante consunte e spente, una candela era ancora accesa.

Ai lati della stanza che correvano per le pareti, vi erano raffigurazioni del Dio venerato da Fate e Ninfe e diverse statue significative e rappresentative del popolo magico che aveva abitato l’isola.

“Guardate,fiori e candele accese.Allora l’isola è ancora abitata!! State in guardia.”

Xavier portò la mano alla spada di Enat e si avvicinò maggiormente a Nami come a volere proteggerla. Orion non riuscì a stupirsi per quella scoperta e a differenza del Principe di Avatar abbassò la spada pronto all’inevitabile che sarebbe accaduto di li a poco. Cominciava ad avere dei sospetti concreti ora,sia sul motivo di quella missione sia su chi o cosa abitasse ancora l’isola.

“In che razza di posto mi avete portato?”

Il suono della voce bassa e minacciosa di Dustin fermo in fondo al gruppo fece voltare di scatto Kieran, Morgan e Xavier.

Orion scambiò una lunga occhiata con Zoe e mutamente le fece capire che avrebbe dovuto tenere lei la guardia alzata poi con un grosso respiro si volse verso il Principe di Rusgar.

“Cosa intendi Dustin?”

Ederik accanto al fratello indietreggiò di un passo, non lo aveva mai visto così infuriato. Gambe leggermente divaricate, occhi socchiusi e pugni serrati, uno dei quali attorno all’elsa della spada, Dustin fissava furioso Orion. Gli era bastato un solo sguardo al tempio e uno a Fraiser che lo aveva guardato implorando perdono per capire che...

Loro sapevano!

Orion sostenne il suo sguardo accusatore con stoicismo.

“La scelta di non dirtelo è partita da me, ma ti inganni se credi lo sapessimo dall’inizio, lo abbiamo scoperto nella caverna. Assieme alle raffigurazioni del mostro c’erano anche quelle del popolo che abitava l’isola.”

Ederik confuso guardò dall’uno all’altro senza capire, fintanto che il suo sguardo non cadde su una riproduzione di una Fata.

“E’ l’isola magica delle Ninfe e delle Fate!” disse allora con stupore. Credeva fosse svanita assieme alle creature che la abitavano quando avevano lasciato Lèsin Rove.

Morgan e Kieran sobbalzarono alle sue parole mentre Nami si lasciò sfuggire un ansito prima di coprirsi la bocca con una mano sconvolta, Xavier si volse verso Orion stupito e confuso.

“Orion, ma cosa dici?”

“Dice che è un vile! Che colpisce gli amici alle spalle senza rimorso.” Dustin sputò le parole con rabbia e disgusto.

“Ciò che dici è ingiusto Dustin!”

Vivien si parò dinanzi a Orion per difenderlo da quelle accuse, ma lui la scansò deciso passandole oltre e avvicinandosi all’amico. I suoi occhi ora sembravano due lame d’acciaio.

“Io non ti ho tradito Dustin. Venire al tempio era la nostra missione, una missione alla quale tu mi hai confessato tenevi molto. Se avessi saputo chi abitava l’isola ti saresti rifiutato di proseguire.”

“E avrei rovinato i tuoi perfetti piani non è vero!?”

Incurante del pericolo che avrebbe potuto celarsi ovunque, Dustin alzò la voce collerico e Orion si fermò a pochi passi da lui scuotendo il capo contrariato.

“Che avresti fatto allora prode paladino? Non potevi certo abbandonarmi da solo con quel mostro nei paraggi e allora avresti dovuto rinunciare alla missione e a coprirti di gloria.”

“Basta Dustin! Basta!!”

Ederik lo afferrò per un braccio facendolo volgere dalla sua parte, Dustin alzò il pugno verso di lui d’istinto, ma prima che gli altri potessero intervenire in sua difesa Ederik era già avanzato di un passo.

“Avanti. Fallo se ti fa star bene.” il suo tono e il suo gesto ribaldo bloccarono il pugno del fratello.

“Orion ha sbagliato forse a non dirtelo, ma sono sicuro l’abbia fatto in buona fede.”

Calmo e risoluto Ederik non cedette davanti alla furia di Dustin.

“Capisco la tua rabbia. Anche se fai di tutto per mascherarlo il dolore per la perdita di tua madre e per il suo abbandono è così tangibile che a volte mi pare di viverlo assieme a te sulla mia pelle.”

Il fratello fece un passo indietro abbassando le braccia e lanciandogli uno sguardo duro come a intimargli di non proseguire oltre ma Ederik non si scoraggiò.

“Ci sono tante domande che ti hanno sempre perseguitato e tu e nostro padre siete troppo orgogliosi per affrontare una verità, che credo, vi farebbe scontrare duramente e addolorare entrambi. Non so se l’Imperatore ci abbia voluti qui intenzionalmente, ma ormai ci siamo e credo che dovresti affrontare questa prova cercando di trarne tutto il vantaggio possibile. Forse fra queste mura ci sono le risposte alle tue domande e credo che tu dovresti cercarle.”

Il fratello lo fissava in un silenzio opprimente ma Ederik continuò accorato. Sapeva quanto Dustin soffrisse per gli eventi della sua infanzia. Nessuno aveva mai parlato con lui di quello che era accaduto ma nel corso degli anni Dustin aveva sentito spesso la gente sparlare di lui quando credevano di non essere uditi. Aveva sentito dire che la madre lo aveva abbandonato perché non lo voleva, che era tornata dal suo popolo. Chi avrebbe mai voluto un figlio mezzosangue,erano le parole aveva udito dire più spesso. Dustin aveva sempre reagito con indifferenza davanti a quelle dicerie e non aveva mai chiesto nulla di lei al Re che di contro non gli avevano mai dato una sua versione dell’accaduto. Era troppo tempo che il fratello evitava quel argomento e tutto quel rancore e quei dubbi trattenuti dentro lo stavano logorando. I sudditi di Rusgar non lo avevano mai discriminato, nonostante i suoi lineamenti tradissero il suo retaggio di nascita,il Re lo aveva riconosciuto come figlio e tutti lo trattavano come un Principe ma era lui stesso a sentirsi diverso e inadeguato. Era arrivato il momento di fare i conti con quel suo tormento e lui voleva aiutarlo ad affrontarlo.

“Non puoi continuare ad odiarla senza sapere perché ti ha lasciato.”

Il fratello sgranò gli occhi e tutto il dolore che aveva dentro per un attimo si riflesse nei suoi occhi, poi abbassò il capo in un gesto di resa.

“Proseguiamo. Ma non m’importa di lei. Non rimango per lei. Portiamo a termine questa missione e togliamoci il pensiero.”

 

 

 

Vagarono in quel luogo sacro facendosi ammagliare dallo splendore di ogni stanza e di ogni oggetto rimasto. Sembrava veramente che qualcuno si fosse occupato di quel tempio nei suoi anni dopo l’abbandono del popolo magico, ma non incontrarono nessuno attraverso il dedalo di corridoi e stanze che visitarono. Un ultima porta più massiccia e grande delle altre terminava in un corridoio spoglio. Orion si fermò davanti ad essa e tutti si misero in posizione di difesa.

“Speriamo sia questa la stanza giusta o comincerò a credere che non troveremo mai quel libro.”

disse Xavier con un certo malcontento.

Il Principe di Telnar spinse il battente e la porta si aprì.

Entrarono cautamente per ritrovarsi in quella che doveva essere la biblioteca delle Ninfe. Assicurandosi di non incappare in trappole e imboscate imminenti, Orion si avvicinò al grande braciere intravisto in un angolo della camera e avvicinandogli una torcia ottenne il risultato sperato. Questi si accese illuminando tutto il lato destro della biblioteca.

“Meraviglioso.”

Tristan ammirò estasiato gli alti scaffali attorno a lui. Molti erano semi vuoti, ma portavano comunque ancora una buona dose di volumi di ogni dimensione e fattura. Orion annuì soddisfatto. Forse erano sulla buona strada,allontanandosi dal braciere diede le direttive al gruppo.

“Sparpagliamoci, ma restiamo a portata di voce. Xavier dovrebbero esserci altri bracieri, vedi se riesci ad accenderli tutti. Il libro che cerchiamo deve essere qui.”

Nessuno gli rispose ma tutti si apprestarono a eseguire. Dopo la sfuriata di Dustin e il timore reverenziale di quel luogo carico di magia, ognuno aveva perso loquacità.

Fraiser come gli altri si mise a controllare i volumi partendo da quelli più bassi, prendendo il corridoio centrale e quando fu a metà circa di esso, la sua attenzione fu catturata da una sagoma scura a ridosso della parete in fondo alla galleria. Avvicinandosi con la torcia, visto quel lato era ancora molto buio, s’avvide di trovarsi dinanzi ad uno scrittoio finemente intagliato e dipinto dalle mani delicate quasi sicuramente, delle Fate.

Doveva senza dubbio essere il tavolo di lavoro della Ninfa addetta alla biblioteca, su di esso infatti vi era un candelabro coperto di cera, un calamaio con alcune penne, una bottiglietta di sabbia e un grosso libro ancora aperto. Aggirandolo Fraiser scostò la scranna di legno posta davanti ad esso e si chinò sul volume incastonando la fiaccola nel candelabro. La scrittura fine ed elaborata era in lingua antica e come ad ogni Principe, anche lui era stata insegnata dal suo precettore sia a leggerla che a scriverla.

Mosso dalla curiosità, Fraiser prese a sfogliarlo con attenzione e subito si accorse di trovarsi di fronte al diario dell’isola. Ogni giorno in cima alla pagina era segnata la data.

Anno 503- sedicesima alba- Stagione dei Soli.

Oggi Alyandra, figlia della Madre è stata condotta dinanzi alla corte riunita del Gran Consiglio Anziano. Alyandra si è presentata con l’umano Odion suscitando così indignazione tra il popolo. I due, accusati di essere amanti da tempo, non hanno negato. Anzi il Re di Rusgar ha affermato di voler sposare Alyandra anche contro il volere della Madre Veggente e dell’Imperatore Tibos. Il consiglio inorridito ha proclamato a gran voce il suo dissenso e le sue ragioni, ma Alyandra alla luce di tali ha dichiarato di aspettare un bambino. La figlia della Madre ha così disonorato il suo popolo e violato tutte le sue leggi. Il Consiglio non ha potuto fare più nulla per lei. Alyandra è stata considerata sacrilega e sarà privata dei suoi poteri e allontanata dall’isola e dal suo Regno per sempre. Dopo questo terribile affronto inferto al nostro popolo dalla razza umana, il Consiglio degli Anziani ha successivamente deciso di abbandonare Lésin Rove, ritenendo queste terre indegne del nostro aiuto e di questo sarà eternamente accusato colui che ha osato innamorarsi e disonorare un essere magico fatato.”

“Fhiuuu…”

Fraiser si lasciò sfuggire un lungo fischio sommesso.

“Dovevano amarsi davvero molto per aver affrontato questo pur di stare assieme. Persino l’Imperatore non era d’accordo”

Saltò alcune pagine per scorgere le ultime parole scritte.

“…oggi lasceremo per sempre quest’isola e ci trasferiremo su Dàrin Rove. Abbandoneremo il tempio che rimarrà con all’interno ciò che non ci è indispensabile e tutta la fauna che abbiamo custodito e allevato finora. È crudele, ma indispensabile. Solo alcuni cuccioli saranno portati nel luogo dove andremo e cresceranno con le caratteristiche indispensabili per vivere nel nuovo habitat. Con noi spariranno anche i nostri villaggi e costruzioni solo questo luogo sacro verrà lasciato intatto per rispetto al Dio Nuri che ce lo ha donato.”

“Caspita. Che brutta storia.”

Fraiser raccolse il libro e lo richiuse, l’avrebbe consegnato a Dustin e lui avrebbe deciso cosa farne. Dopotutto vi erano molte informazioni su sua madre e suo padre e popolo delle Ninfe da cui proveniva.

 

 

Dustin era uscito dalla biblioteca. Non aveva nessuna voglia di rimanere in quel luogo, come non aveva voglia di restare sull’isola. Detestava il pensiero di sua madre e non voleva sapere perché lo aveva abbandonato o che fine avesse fatto.

Chiudendosi piano la porta alle spalle tornò nel corridoio e si appoggiò al muro. Non avrebbe più pensato a lei, il suo cuore non avrebbe più sanguinato per quell’essere che aveva scaricato lui e suo padre senza nessun rimpianto. Ostinatamente corrugò la fronte e fissò la parete davanti a se cercando di svuotare la mente dai dubbi e tormenti che lo assalivano quando pensava alla madre. Ad un tratto qualcosa di anomalo però gli saltò alla vista.

Una pietra, circa all’altezza del suo viso, era di un colore più scuro delle altre e leggermente sporgente. Colto dalla curiosità attraversò il corridoio e giunto davanti ad essa impresse una lieve pressione. Il sasso sotto alle sue dita si spostò all’interno del muro, poi lateralmente. Il meccanismo segreto si avviò e presto le pietre dinanzi a lui si scomposero dando vita ad un passaggio della grandezza di una porta.

Dustin avanzò di un paio di passi, c’era un piccolo corridoio che svoltava a destra. Una luce fioca rivelava una qualche forma di illuminazione dopo la svolta. Estraendo la spada dalla guaina decise di ispezionare il cunicolo da solo e oltrepassò la soglia deciso.

Una sensazione strana dentro di lui, gli diceva che non aveva nulla da temere e che stava percorrendo la strada giusta , ma il ragazzino ignorò con tutte le sue forze quella sensazione. Avanzando silenziosamente percorse lo stretto tunnel e sbirciò cautamente oltre la curva. Il passaggio terminava dopo una decina di passi, in una stanza debolmente illuminata.

Dustin rimase in ascolto per cercare di carpire qualsiasi suono potesse provenire dalla stanza e quando fu abbastanza sicuro che fosse vuota proseguì fino a raggiungerla.

Era una stanza molto piccola con pareti bianche, al centro del quale si trovava un piccolo scrittoio. Dustin sgranò gli occhi stupito e sbigottito. Gli scaffali appoggiati ai muri contenevano poche bottiglie di vetro con strani liquidi all’interno e un unico tomo rilegato. Posta sulla superficie del tavolino vi era una sfera luminosa dalla quale proveniva la luce che illuminava la stanza, ma ciò che lo lasciò veramente senza fiato fu la nicchia dietro lo scrittoio. Al centro di essa sospesa a mezz’aria vi era un libro con strane rune argentee.

“E’ quello il libro che cerchiamo.”

Dustin si avvicinò ad esso. La nicchia brillava di una luce verde e una spessa coltre di essa sembrava serrare il libro con una magia nel muro. Lui non praticava magia, ma sapeva bene che non era saggio toccare campi magici o qualsiasi cosa di incantato senza premunirsi di conoscere la malia che lo possedeva.

Si guardò attorno e solo allora s’avvide del piccolo volume posto sullo scrittoio. Non vi era traccia alcuna di polvere su di esso, come sulla lucida superficie di legno.

Un formicolio improvviso gli solleticò la nuca e una forza invisibile lo spinse a muoversi verso il mobile. Dustin toccò il libro lentamente e con il fiato sospeso l’aprì chiudendo gli occhi pronto a qualsiasi evenienza. Quando si accorse di non essere incappato in nessuna maledizione o incantesimo li riaprì e scorse le parole vergate molto piccole.

Questa notte ho pregato Nuri perché proteggesse mio figlio. Lo faccio sempre, ma questa volta ho pregato di più perché so che non si sente bene. Ha avuto una forma gravissima di un morbo sconosciuto e ancora non si è ripreso del tutto. Lui è venuto anche stasera, vorrei potergli raccontare ogni cosa, ma so che non sarebbe giusto per entrambi…”

Dustin si adombrò confuso, scorse il libro tornando indietro di una pagina. In cima alla facciata vi era una data; Anno 514- Seconda Alba- Stagione del Gelo.

Colto da un improvvisa intuizione scorse velocemente le pagine. Le date si susseguivano a distanza di sette giorni l’una dall’altra. Con un gesto brusco chiuse il diario e dentro di sé sentì montare una rabbia furibonda che salì ad opprimergli il petto, poi con lentezza aprì la prima pagina.

Diario di Alyandra, figlia della Madre Veggente. Anno 506- Stagione delle Piogge- ventesima alba.”

“Traditrice!” Dustin prese il libro e lo scaraventò contro il muro.

Era tornata nella sua cara isola allora e pregava per lui! Certo, come no!

Dimentico di ogni cosa fuorché la voglia di scappare da quel posto, dove con ogni probabilità viveva ancora la madre, fece per uscire dalla porta, ma ad un tratto la voce di Ederik gli giunse nitidamente attraverso il muro.

“Ehi ragazzi! C’è qualcuno che arriva a questo libro? È troppo alto per me.”

Intuendo immediatamente che gli amici stavano per trovare la stanza, Dustin tentennò. Non era sicuro di volersi far trovare lì. L’esclamazione di meraviglia di Ederik seguì lo spostamento dello scafale su cui si trovava l’unico libro della stanza. Tirando un profondo respiro si rassegnò e attese che il mobile si muovesse rivelando gli amici sbalorditi e in posizione di difesa dentro la biblioteca. Alzò una mano per tranquillizzarli.

“Sono io rilassatevi.”

Alleggerendo la tensione Zoe abbassò la spada.

“Dustin! Non ci eravamo nemmeno accorti che tu ti fossi allontanato.”

Orion gli lanciò uno sguardo carico di interrogativi, ma lui distolse il suo posandolo su una fiala di vetro posta su un sostegno sullo scaffale alla sua destra.

“Il libro è là.”

Indicò con il pollice della mano il tomo alle sue spalle. Mentre tutti accorrevano per vederlo con esclamazioni di sollievo e sorpresa, lui rimase dov’era infilandosi le mani in tasca.

“Cavoli fratello hai trovato prima di noi la stanza segreta e il libro, complimenti.”

Ederik lo superò mentre Orion molto lentamente seguiva gli altri continuando a fissarlo. Dustin lo ignorò, non aveva voglia di dare spiegazioni a nessuno.

“Dovremmo fare qualcosa per scoprire quale magia lo protegge o non riusciremo a portarlo via.”

Kieran fattosi improvvisamente allegro e vivace si affaccendò attorno al libro assieme a Morgan. Tristan li osservava da vicino per controllare che eseguissero le procedure giuste senza però interferire. Il resto del gruppo si mise alle loro spalle in trepida attesa.

“Dovremmo sbrigarci sapete? Il drago potrebbe tornare in qualsiasi momento!”

Zoe batté il piede per terra nervosa.

“Eih essere da combattimento! Vedi di non farci fretta, al mondo c’è di più che cappa e spada e queste cose richiedono tempo!”

Morgan le rispose tra il divertito e lo spazientito e Zoe s’inviperì.

“Senti fattucchiere da strada, sbrigati o ti faccio vedere io cosa sa fare la mia spada!”

Morgan sorrise al suo rimbottò e tutti sghignazzarono per un attimo più rilassati.

“Forse ci vuole meno tempo e fatica di quel che pensiamo.”

L’affermazione di Orion li lasciò tutti sbalorditi.

“Che intendi?”

Tristan l’interrogò curioso e Orion passò con lo sguardo dal libro a lui che gli aveva domandato spiegazioni. Il Principe di Telnar ponderò ancora al meglio il pensiero che gli aveva solcato la mente, poi annuendo convinto spostò lo sguardo sulla schiena di Dustin.

“Dustin hai provato a prendere il libro?”

L’attenzione generale si riversò sul Principe di Rusgar che irrigidì maggiormente le spalle, poi con lentezza estrema si voltò con sguardo duro.

“No. Perché avrei dovuto. Non mi piace giocare con la magia è rischioso.”

Orion annuì come se fosse d’accordo ma non era quello che entrambi avevano pensato.

“Però credo che dovresti farlo.”

La testa di Dustin scatto all’indietro come se lui lo avesse colpito ma non per lo stupore.

“Credo che tu potresti prendere il libro senza problemi,non lo pensi anche tu?”

I pugni dell’altro si chiusero istantaneamente.

“Dici questo perché sono della loro razza, vero?”

Orion tornò ad acconsentire tranquillo.

“Sì, lo dico per questo e non è un insulto il mio. Sbagli se lo prendi come tale, il sangue che scorre nelle tue vene è uno dei più nobili e magici che esistano e sai bene che nessuno di noi ti ha mai additato o schernito per la condizione della tua nascita. Non dovresti rivoltarti così verso i tuoi amici e compagni, perché a noi non importa che tu sia un essere umano, fatato o demoniaco. Tu sei Dustin, punto e basta. E ti rispettiamo e vogliamo bene per quello che sei.”

La vergogna e il pentimento sostituirono la rabbia e il rancore negli occhi del ragazzino.

“Scusa Orion, ma tutto ciò è difficile per me.”

Abbassò il capo per un attimo. Orion aveva ragione. Era arrabbiato con la madre e avrebbe voluto andarsene da quell’isola alla svelta ma non doveva prendersela con i suoi amici. Loro non lo avevano mai giudicato e non meritavano la sua rabbia. Rialzò il capo deciso e attraversò la stanza con passo marziale. Senza esitazione protese la mano verso il libro. Ignorando i respiri trattenuti dei compagni e lo sguardo fiero di Orion, Dustin affondò la mano nella luce verde che racchiudeva il libro e un bagliore accecante colpì tutti i presenti.

Quando Orion riaprì gli occhi vide Dustin volgersi verso di loro, tra le sue mani vi era un pugnale inserito in un fodero di pelle nera con rune argentee incise sopra.

 

Il caos scoppiò nella stanza alla vista dell’oggetto.

Il gruppo iniziò a parlare e le voci si sovrapposero alzandosi e abbassandosi tra mille interrogativi.

“La cosa migliore da fare è andare dall’Imperatore Tibos con il pugnale. Credo ci sia una spiegazione molto recondita e specifica per ciò che è successo.”

Xavier alzò la voce su gli altri e alcuni si zittirono.

“Sì hai ragione, non credo ci siamo ingannati, questo è ciò che dovevamo recuperare.”

Zoe indicò l’arma in mano a Dustin e Fraiser continuò per lei.

“Forse è proprio quello che protegge il drago. Forse per qualche ragione a noi sconosciuta le Ninfe non potevano portarlo con sé,magari è legato alla magia del tempio.”

“Se è così è meglio sbrigarci ad uscire di qui.”

Nami solitamente silenziosa e pacata ora parlò con urgenza sovrastando la voce di tutti.

“Se questo pugnale è un manufatto magico, non escludo che la creatura sia stata avvertita del suo allontanamento dalla magia che lo custodiva e ora potrebbe essere molto arrabbiata.”

Una corrente invisibile di gelo corse tra i ragazzini.

“Via di qui, presto.”

Orion li esortò mettendoli così tutti in movimento. Dustin ancora un po’ sconvolto da ciò che era accaduto, fissò il pugnale che vibrava tra le sue mani. Non aveva avvertito gli altri di quel particolare perché già sembravano agitati, ma lui ora lo era ancora più di loro. Era indubbio che la malia che permaneva in quel manufatto lo avesse riconosciuto e avesse risposto al suo tocco.

“Dustin?”

Orion lo chiamò a pochi passi da lui,vedendolo assorto e il suo capo scattò verso l’amico sollevandosi.

“Si?”

“Tieni tu il pugnale? Te la senti?”

Quando lo guardò, vide riflesso nei suoi occhi il proprio tormento e timore. Forse Orion aveva già intuito il suo legame con il pugnale. Avrebbe voluto parlare di molte cose con lui ora, ma non era ne il momento ne il luogo.

“Certo amico mio.”

Il Principe di Telnar ebbe un’esitazione di stupore poi per la prima volta da quando erano partiti per la missione, sorrise annuendo.

 

Nessuno all’interno della camera si era accorto della sua assenza. Erano stati troppo presi dal libro e poi dal pugnale per notare Ederik che durante la breve lite fra Dustin e Orion si era allontanato. Quando sbucarono nel corridoio principale dal passaggio segreto lo trovarono li.

Ederik sedeva a terra, le gambe ripiegate contro il petto, le braccia avvolte attorno ad esse e il capo appoggiato sulle ginocchia, un piccolo lamento ritmico usciva dalle sue labbra.

“Ederik? Che cosa è successo?”

Dustin allarmato gli corse accanto e toccandogli una spalla lo fece muovere. Il viso pallido e sconvolto del giovane Principe si mostrò loro rigato di lacrime. Il fratello fece per domandargli di nuovo cosa fosse accaduto, ma lo sguardo gli cadde su un piccolo libro rilegato posato sulle sue gambe.

“Cosa hai fatto?”

Dustin lo scrollò ora furente.

“Come ti sei permesso di leggerlo?”

Scuotendolo per le spalle non si curò del fatto che era sconvolto, troppo ferito dal suo gesto invadente. Non avrebbe dovuto permettersi di immischiarsi in quegli affari suoi privati,non senza il suo permesso. Xavier si precipitò su di lui per allontanarlo da Ederik aiutato da Tristan.

“Lascialo Dustin!” gli ordinò afferrandolo per un braccio.

“Cosa diamine significa tutto questo!?”

Zoe infuriata lo spintonò via mentre i due amici lo afferravano per le braccia poi si chinò su Ederik.

“Cosa c’è Eddy? Perché questa disperazione?” gli chiese poi con tono affettuoso.

“Perché l’hai letto? Che diritto avevi di farlo?”

Dustin incurante degli altri continuò a inveire contro il fratello finché questi non lo guardò. Le iridi verdi di Ederik erano triste e spente.

“E’ terribile … devi ascoltarmi.” la sua voce era bassa e spezzata, ma lui la sentì comunque.

“Ascoltarti? Non ci penso nemmeno. Quella traditrice è tornata sull’isola! Mi ha lasciato ed è tornata alla sua vita. Ero un peso troppo grande vero? Che se ne faceva una pregiata ninfa reale di un mezzosangue con me,eh?!”

Ederik si alzò di scatto mentre una furia cieca lo coglieva. Zoe fu percorsa da una sottile scarica elettrica come se essa si irradiasse dal Principe di Rusgar e fece uno scatto indietro.

“Taci!”

Ederik strinse forte il diario di Alyandra tra le mani serrandole fino a farsi sbiancare le dita.

“Taci perché insulti la sua anima pura e devota con queste blasfemie!”

Scioccati come forse non lo erano stati nemmeno dinanzi al drago, il gruppo si immobilizzò.

“Lei ti ama al di sopra di ogni cosa. Della sua stessa vita!”

Dustin sbottò con un sorriso beffardo e amaro.

“Dici…”

“Taci ho detto!”

Dustin richiuse la bocca serrando le labbra in una linea dura e sottile al grido del fratello mentre lui alzava il diario davanti al suo viso.

“Ti avrei risparmiato questo, se tu non l’avessi butta via a quel modo, se tu non la insultassi con il tuo odio ingiustificato.”

Ansante e quasi tremante Ederik si bloccò. Come avrebbe voluto evitare a Dustin quell’atroce verità! Ma lui doveva sapere!

“Alyandra sposò nostro padre andando contro alla Madre Veggente sua madre, al consiglio degli anziani e all’Imperatore Tibos. Fu bandita e perse i suoi poteri di Ninfa, ma non ne fu infelice. Una vecchia leggenda sul suo Popolo infatti era stata la causa principale per la quale non aveva accettato la corte di nostro padre, ma lui l’aveva convinta a non credere a una simile fiaba. Il loro amore era troppo grande per non essere colto e assecondato per lui che l’amava alla follia. In ogni modo…”

Ederik abbassò lo sguardo non potendo sopportare ciò che avrebbe letto negli occhi di Dustin.

“Alyandra credeva che divenendo umana non avrebbe subito la sorte della leggenda, se essa fosse stata vera, ma si sbagliò. Quando capì l’errore commesso decise di appellarsi al suo Dio per chiedere clemenza e l’ottenne.”

“Certo che l’ottenne si liberò di noi.”

Ederik tornò a guardarlo di nuovo furente per le sue parole.

“La leggenda narrava che qualsiasi creatura nata maschio fra le Ninfe sarebbe stata divorata dalla madre, che marchiata impura da una simile onta, si sarebbe trasformata in un orribile bestia e avrebbe ucciso il figlio cibandosi delle sue carni.”

“Per gli dei!”

Nami si appoggiò al muro colta da un improvviso mancamento alle sue parole,quando ne comprese il significato. Xavier lasciò il braccio di Dustin e corse al fianco di ella per sostenerla. Ora libero lui allontanò Tristan e corrugando la fronte perplesso cercò gli occhi di Ederik che aveva abbassato nuovamente lo sguardo.

“Che significa? Spiegati.”

Ederik tentennò lanciandogli un fugace sguardo pietoso e Dustin volse lo sguardo tra i compagni in cerca di risposta. Morgan, Kieran, Fraiser e Vivien sembravano non capire come lui, ma l’espressione di Orion e Nami gli fecero accapponare la pelle.

“Ederik?”

Il suo tono di voce ora alto e furente fece sobbalzare il fratello.

“Che significa? Spiegami!”

Quest’ultimo trattenne il respiro poi con lentezza snervante alzò gli occhi lucidi su di lui.

“Quando Alyandra seppe che la maledizione si sarebbe compiuta alla tua nascita perché la Madre gliela predisse in lacrime prima di abbandonarla si recò qui al tempio di Nuri e pregò il Dio di aiutarla. Nuri apparì ad ella e colpito dall’arringa appassionata che lei gli fece sull’amore che provava per voi le concesse una soluzione. Lui ti avrebbe salvato e le avrebbe concesso due anni di vita accanto a voi, ma poi la maledizione si sarebbe compiuta e lei avrebbe dovuto abbandonarvi o ti avrebbe ucciso compiendo la maledizone.”

“No.”

Dustin scosse la testa incredulo mentre lacrime silenziose iniziarono a rigare il volto di Ederik.

“Allo scadere dei due anni Alyandra vi abbandonò e tornò sull’isola per affrontare il suo destino. Nuri mosso a pietà le concesse un ultimo dono, un manufatto magico che le avrebbe permesso di tornare se stessa ogni sette giorni per una notte intera.”

Mentre le parole di Ederik penetravano nella sua mente Dustin sentì tutta la rabbia e l’odio lasciare il suo corpo svuotandolo e lasciandolo distrutto e vuoto davanti a quella rivelazione agghiacciante.

“No!”

Dustin colmò in un unico passo la distanza fra loro e lo afferrò per la camicia.

“Dimmi che menti! Dimmi che non è vero!”

Morgan si slanciò verso di lui, ma Kieran lo bloccò. Ederik scoppiò in singhiozzi dolorosamente consapevole del male che gli aveva appena fatto.

“No Dustin. Mi dispiace. Mi dispiace.”

“No!”

L’urlo di Dustin colpì e rimbalzò contro le pareti mentre si lasciava cadere per terra coprendosi la testa con le mani.

“Dustin.”

Ederik si lasciò cadere accanto a lui e lo abbracciò.

Stravolta Vivien si allontanò voltando le spalle a quella scena straziante e notando il diario ancora a terra lo raccolse. Inevitabilmente lo sguardo le cadde sulla pagina aperta.

“Poverina.”

Sentendo un nodo salirle alla gola Vivien lesse le parole di Alyandra.

“E’ tornato per il nostro anniversario nel luogo dove ci siamo conosciuti e purtroppo mi ha vista. Ero distante, mi trovavo dall’altra parte del lago. Gli ho detto che sono stata imprigionata in quelle acque e che mi è permesso uscire solo ogni sette giorni. L’ho pregato di non raccontare nulla perché non c’è niente da fare per me. Gli ho anche detto di non presentarsi mai di giorno perché c’è una terribile creatura che sorveglia su di me. Ha pianto, inveito contro il mio popolo, giurato che avrebbe fatto qualsiasi cosa per liberarmi, ma io gli ho raccontato del Dio Nuri e di come ci siano cose che nemmeno un Dio può sciogliere o canbiare. L’ho pregato di vivere felice e di andare avanti per me e per il nostro Dustin. Alla fine ha capito,si è arreso. Sono stata una codarda. Non ce l’ho fatta a dirgli che sono io la terribile bestia che fa scempio delle vite che popolano l’isola. Che sono diventata un mostro sanguinario, anche se ho scelto di esserlo per salvare nostro figlio. Soffro tanto e spero che un giorno qualcuno riesca a liberarmi da questa maledizione dandomi la pace eterna a cui tanto bramo.”

“Perché le hanno fatto questo? Perché lo ha permesso?”

Dustin si sollevò, era ancora furente. Ora aveva compreso tutto e anche la presenza del libro e del perché aveva risposto a lui.

“Devo riportare indietro il pugnale.”

Prima ancora che capissero le sue intenzioni, era già corso via dentro il passaggio segreto.

“Dustin?!”

Orion gli corse appresso e arrivò in tempo per vederlo infilare la mano nella nicchia magica, ma quando l’aprì per lasciarvi il pugnale, quest’ultimo ricadde con un tonfo per terra.

“No! Perché?”

Dustin lo raccolse e ritentò, ma ancora una volta il pugnale cadde. Impietriti i compagni rimasero a fissarlo tentare e ancora ritentare finché preso da una rabbia cieca non scagliò l’arma lontano e prese a colpire il muro attorno alla nicchia.

“Stupido, stupido, stupido congegno. È il suo unico sollievo non la priverò anche di questo. Funziona maledizione, funziona.”

“Basta.”

Xavier si affrettò al suo fianco e afferrandolo per le braccia lo spinse contro il muro mentre Dustin si arrendeva spossato e stravolto.

“Perché? Xavier…perché?”

disse allora con un filo di voce disperato.

“Perchè le hanno fatto questo..perchè lo ha permesso..”

L’amico lo lasciò andare.

“Non lo so Dustin, non lo capisco.”

“Tua madre l’ha fatto per amore.”

Nami gli si avvicinò e cercando di infondergli tutto il bene e l’amore che aveva dentro lo abbracciò.

“Tu non l’hai privata di nulla,non è stata colpa tua. Avrebbe potuto rinunciare a te, ma non lo ha fatto. Tu non hai colpe Dustin, nessuna.”

Un calore improvviso s’irradiò dal corpo soffice di lei e Dustin avvertì un’immediata sensazione di calma alleviarli tutta la tensione e la rabbia. Il potere benefico degli elfi di Lobor lo avvolse placando la sua disperazione. Il dolore si mitigò e la nebbia offuscante di frustrazione e angoscia che gli ottenebrava la mente svanì al tocco di lei. Dustin si abbandonò a quella sensazione e poggiò il capo sulla sua spalla perdendo i sensi.

 

Dustin si riprese imbarazzato e abbattuto come mai era stato. I compagni lo convinsero a confidare nell’Imperatore Tibos e a riportargli il pugnale come aveva richiesto. Lui avrebbe trovato il modo di aiutare Alyandra,ne erano sicuri. Erano stati nel tempio più del dovuto e il rischio che ora Alyandra fosse tornata era elevato.

Orion mise in guardia i compagni dicendo loro di sfoderare le armi e Dustin lo fissò cupo e allarmato.

Orion gli si fece appresso comprensivo.

“Non cercheremo lo scontro con lei e faremo di tutto per non danneggiarla nell’eventualità che ci attaccasse, ma dobbiamo ricordare che Alyandra non è in sé e non ragiona da essere umano nelle sembianze di drago. Lo comprendi vero?”

Dustin annuì, ma non parlò.

Orion sperò con tutto il cuore di evitare di combattere contro Alyandra o non avrebbe potuto garantire l’incolumità di questa ultima o la reazione dei compagni nel caso si fossero trovati in pericolo.

“Allora ragazzi.”

Orion si portò davanti all’uscita del tempio guardando i compagni.

“Appena fuori dobbiamo correre il più velocemente verso la foresta, non perdiamoci a guardarci attorno, dobbiamo evitare il più possibile lo scontro con lei.”

“Kieran credi di farcela?”

Morgan si avvicinò al fratello che gli rispose affermativamente. Di animo nobile ed emotivo il gemello subiva spesso sulla propria pelle le emozioni del suo prossimo e il dolore e la storia di Dustin e Alyandra lo aveva scosso molto nel profondo,si vedeva.

Orion aprì piano le porte e sbirciò all’esterno.

“Via libera, allora al mio tre. Uno…due...tre.”

Spalancando le porte si slanciò fuori seguito da vicino dal resto della compagnia. Morgan prendendo per mano il gemello lo trascinò per aiutarlo e spronarlo così ad andare più veloce. Kieran da parte sua cercò di stargli al passo ventilando il più possibile, essendo anche rimasto senza fiato per la differenza di clima che vi era dall’interno del tempio all’esterno. L’aria era soffocante e il fiato gli veniva a mancare, ma quello che lo allarmava di più era il brivido che gli faceva rizzare i capelli sulla nuca. Non prometteva mai nulla di buono.

“Morgan abbiamo un problema…”

Strattonò il fratello, ma lui non gli diede ascolto.

“Morgan!”

Gettò uno sguardo verso il mare ed ad un tratto il blu della baia si fece più cupo mentre alcuni cerchi concentrici salivano dal fondo ad increspare la superficie. La sabbia sotto i loro piedi cominciò a tremare e lui barcollò rischiando di cadere.

“Correte più forte!”

L’urlo di Xavier alle loro spalle fu sovrastato dal boato proveniente dall’interno del gorgo che si andava a creare proprio dinanzi a loro. Impietrito Kieran si bloccò imitato dai compagni.

Come la volta precedente in un attimo la figura del drago comparve dall’acqua a pochi metri di distanza.

“Maledizione!”

Orion piantò saldo i piedi a terra sollevando la spada imitato da Xavier che evocò il potere di Enat la sua arma, rivelando la lama fiammeggiante formata dalle fiamme perenni del vulcano Gran Durule, dono del Dio del fuoco York.

“Cosa facciamo?”

Xavier cercò Orion con lo sguardo mentre Zoe accanto a lui si preparava allo scontro dominando perfettamente la sua paura. Tristan dietro i gemelli fu colpito da un intuizione basata da alcuni racconti letti sulle specie bandite da Lésin Rove dove raccontava anche dei draghi. In base a ciò che aveva letto forse lui poteva conoscere un modo per temporeggiare e scappare, ma per farlo avrebbe dovuto usare la sua magia.

Lo sguardo gli cadde sui gemelli, se fosse successo qualcosa a tutti e tre la sua sorellina,la piccola Joline, sarebbe rimasta sola con Wainwrit e quella megera della loro matrigna e questo non poteva permetterlo. Il ricordo della madre scomparsa dando alla luce la sorellina tornò a farlo soffrire. Le aveva promesso che avrebbe vegliato sulla sorellina sul suo letto di morte.

“E va bene.”

Vincendo la lotta contro se stesso, Tristan afferrò Orion per un braccio.

“Allontanati. Fidati di me la terrò a bada il tempo per farvi scappare.”

Orion corrugò la fronte perplesso, ma non ebbe tempo di protestare o chiedere spiegazioni perché il drago lanciò un urlo terrificante emergendo del tutto dall’acqua.

“Mi fido di te.” gli disse allora con un cenno del capo.

E lo pensava davvero, a discapito di tutti i dubbi che gli altri avevano contro il Principe di Ictar,lui,si fidava.

“Muovetevi, correte! Scappate verso la foresta!”

Con il tono di comando che gli aveva permesso più di una volta di distinguersi come capo del gruppo, li esortò e senza attendere un solo istante i Principi si slanciarono verso la foresta. Dustin che aveva assistito allo scambio fra lui e Tristan si voltò verso quest’ultimo prima di seguire gli altri.

“Non farle male.”

Tristan lo ignorò e si volse dando le spalle ai compagni, poi afferrò il medaglione Obscure che aveva al collo da sopra la camicia e chiuse gli occhi. Ci vollero pochi istanti per evocare la magia dono di Ylam Dio dell’Oscurità. In un attimo una cupola nera più della notte scese a rinchiudere la creatura che prese a lanciare grida ancora più acute.

“Sì!”

Soddisfatto di se stesso Tristan corse seguendo il suo istinto fuori dalla coltre di buio magico e raggiunse gli altri.

“Come hai fatto?” Fraiser lo fissò stranito quando li raggiunse quasi a ridosso della spiaggia.

“Avevo letto che alcuni draghi faticano a vedere al buio. Semplice fortuna e un giochetto insegnatomi da un vecchio precettore.”

L’altro annuì ammirato, ma Morgan poco davanti a loro storse la bocca in una smorfia disgustata. Lui che praticava magia da un paio di anni non aveva certo bevuto la frottola del fratello. L’incantesimo di Tristan era tropo potente e complesso per essere un gioco da illusionisti e ora molti dubbi sulle frequenti scomparse del fratello erano stati sedati. Una rabbia giustificata montò in lui.

“Morgan?” Kieran gli lanciò uno sguardo significativo,anche lui si era accorto della magia troppo potente di Tristan ma non era il momento per accusarlo di nulla.

“Non ora Kieran.”

Ormai erano arrivati alla spiaggia, mancavano pochi metri e una volta giunti alla foresta avrebbero avuto più possibilità di fuggire e nascondersi, ma la magia di Tristan non durò allungo.

Appena libera Alyandra si avventò su di loro ad una velocità fulminea. I Principi si sparpagliarono cadendo e rotolando sulla spiaggia appena raggiunta, mentre la creatura planava sulle loro teste gridando furiosa. Non sarebbe servito a nulla ora raggiungere gli alberi,li avrebbe stanati anche nella foresta. Con un rapido movimento, troppo veloce e agile per la sua immensa mole, il drago virò girando su se stesso proprio sul corpo di Xavier che si stava rialzando.

Il giovane sentì l’aria turbinare attorno a sé mentre Enat vibrava nella sua mano che la stringeva avvertendo il pericolo. Per un attimo si sentì perduto, impossibilitato a rispondere all’attacco in quella posizione ma improvvisamente dalla foresta gli alberi si curvarono verso la creatura e i loro rami si allungarono fino a colpire le ali della bestia costringendola ad allontanarsi.

Sovrastando il frastuono dello scontro, una musica soave giunse alle sue orecchie e Xavier vide alla sua sinistra Nami. La giovane teneva appoggiato sulle labbra il flauto magico di Wirona che aveva richiamato i poteri della natura contro Alyandra.

Un attimo dopo però il drago si era liberato con artigli e coda dei suoi avversari e con un colpo d’ali ravvicinato scaraventò la Principessa elfica verso la foresta mentre il flauto volava in alto lontano da lei.

“Nami!” Xavier riuscì ad alzarsi del tutto e evocando la fiamma di Enat corse al suo fianco.

“Sto bene.”

Nami sconvolta ma illesa gli sorrise e gli permise di aiutarla ad alzarsi in piedi. Orion intanto si sollevò dalla sabbia mentre essa fluiva fuori dalla sua armatura.

“Difendiamoci. Non possiamo scappare e i segni sono chiari, Alyandra è diventata umana ieri notte, dobbiamo combattere!”

Urlò per sovrastare il rumore della creatura che continuava a volare in cerchio su di loro.

“No! Non possiamo colpirla, hai promesso!”

Dustin si rivoltò furioso affrontandolo.

“Ragiona Dustin, cercheremo solo di difenderci.”

Orion cercò di portarlo a ragionare e in quell’attimo Alyandra fulminea li sovrastò cercando di colpirli con la coda. Orion si gettò su Dustin e uno degli aculei coriacei del mostro lo colpì alla schiena. Quando lo vide poggiarsi sulla sabbia e colpire di nuovo verso i Principi di Ictar, Zoe si lanciò verso i gemelli, ma un attimo prima che lei riuscisse a raggiungerli questi svanirono nel nulla.

La giovane sgranò gli occhi fermandosi di colpo e la coda del drago la colpì in pieno scaraventandola coma una bambola di pezza sui cespugli.

“Zoe, no!”

Orion la vide cadere con violenza e restare scompostamente così come era precipitata. Mentre si rialzava colto da un terrore mai provato, ignaro persino del dolore alla schiena, vide Nami correre verso la sorella. Gli sembrò di vivere in un mondo al rallentatore. Nami portò le mani alla gola di Zoe poi cercò il suo sguardo e annuì. Lo vide tornare a respirare poi tornò ad occuparsi di Zoe.

Sapeva che tra le straordinarie proprietà di Hellinott, il medaglione di Malik, vi era anche il potere di indurire magicamente la pelle del suo possessore, ma sapeva anche che il suo effetto era temporaneo doveva cercare di curarla con le sue preghiere prima che esso svanisse.

“Fermati…non farlo…sono io madre, sono Dustin!”

Dustin nel frattempo si era parato a braccia aperte dinanzi alla creatura per attirarne l’attenzione su di sé. La bestia si volse verso di lui con il lungo collo e spalancando le fauci fece per colpirlo.

“Via di li!”

Tristan cercò di metterlo in guardia, ma lui non si mosse, mentre il suo pensiero correva anche ai gemelli scomparsi.

“Xilen, fulmine!”

Parandosi dinanzi a Dustin all’ultimo momento, Vivien evocò il potere dello scudo di Xylia, Dea dell’Aria. Una delle rune incise sul suo scudo s’illuminò e un fulmine a ciel sereno si abbatté sul muso del drago. Ululando dal dolore la bestia s’innalzò in volo stillando sangue da una ferita sotto l’occhio destro.

“Cosa fai?!”

Dustin la strattonò e Vivien in risposta si volse e lo schiaffeggiò con violenza.

“Tu cosa fai! Vuoi farti uccidere, così che il suo sacrificio per te sia stato vano. Vuoi che lei veda il tuo corpo straziato per mano sua, è questo che vuoi? Dobbiamo difenderci finché non riusciremo a scacciarla o scappare. La notte potrebbe esserci amica, ma dobbiamo salvare la pelle fino ad allora. Dustin!”

Colpito dalle sue parole, lui annuì e senza molta convinzione estrasse la spada.

“D’accordo faremo come dici tu.”

 

Morgan e Kieran si ritrovarono improvvisamente in una dimensione illusoria, tutto attorno a loro vi erano pareti invisibili, bianche e incorporee.

“Morgan? Dove siamo finiti?”

Il gemello scosse la testa, non sapendo cosa rispondere.

“Siamo morti?”

Morgan si volse a guardarlo di scatto a bocca semi aperta.

“Kieran, ma che dici!?”

Una risata lieve e argentina gli giunse dal nulla mettendoli in allerta e dopo poco una figura longilinea prese a prendere forma dinanzi a loro.

“No non siete morti Kieran Vinnian di Ictar.”

Era una giovane donna molto alta con lunghi capelli castano dorati mossi e splendenti occhi azzurri. Indossava una tunica bianca bordata di azzurro e si appoggiava leggermente ad un bastone niveo, terminante con una sfera racchiusa dentro una gabbia di fili argentei intrecciati. La sua bellezza era estasiante e presto i gemelli si trovarono a fissarla senza fiato.

“Miei cari...”

Salutandoli con un cenno del capo la donna si mosse di un passo verso di loro. Ad un tratto un barlume di consapevolezza attraversò la mente di Kieran. La sua mano scattò a colpire il braccio del fratello senza smettere di fissare la visione.

“Lexstates, Dea del Destino.”

Il suo sussurro ebbe l’effetto di un pugno sul gemello che cadde prostrato ai piedi della Dea, subito seguito da lui.

“Alzatevi vi prego. Con mio enorme rammarico temo di non avere molto tempo per dirvi ciò che devo. Dobbiamo accelerare i tempi.”

Lexstates li incitò e loro si alzarono lentamente. L’eccitazione e la commozione stringevano i loro cuori e mozzavano loro i respiri in gola.

“Avrei voluto scegliere un momento più consono per convocarvi, ma questa drammatica situazione richiedeva il mio intervento. Sono giunta a voi per insignirvi a miei cavalieri e farvi un dono prezioso.”

Gli occhi dei gemelli presero a brillare commossi e onorati mentre i loro cuori si innalzavano ad una vetta di gioia mai provata.

“Arriveranno tempi bui per Lésin Rove e voi sarete chiamati ad affrontare prove durissime. Ci saranno momenti in cui potrete pensare che noi Dei vi abbiamo abbandonato, ma sappiate che noi veglieremo sempre su di voi. Ora non posso dirvi di più, ma voglio donarvi questo.”

Tra le mani di Lexstates apparve un medaglione.

“Dentro questo manufatto vi è un potere molto grande che non sarò io a svelarvi, ma che dovrete scoprire da soli, ma esso è troppo potente per essere controllato da un solo essere umano.”

I gemelli trattennero il fiato.

“Per questo ho deciso di scindere il medaglione…ecco, questo è il mio dono per voi.”

Lexstates volse il palmo della mano verso l’alto. La sfera all’interno del bastone s’illuminò e un raggio di luce colpì il medaglione che si sollevò dal suo palmo. Sospeso in aria il manufatto si divise in due parti uguali poi sprigionò una luce che avvolse i presenti. Quando la luce scomparve attorno al collo di Kieran e Morgan una catena pendeva sui loro petti terminando con il medaglione spezzato.

Kieran sollevò una mano per accarezzare il prezioso oggetto, caldo al tocco.

“Non dovete pensare con questo mio dono di essere costretti a dipendere l’uno dall’altro. Ognuna delle due parti del medaglione possiede poteri potenti che scoprirete crescendo e sviluppando la vostra magia, ma sappiate che il potere Unico del medaglione sprigionerà tutta la sua forza solo quando sarete in perfetta simbiosi.”

I Principi annuirono ancora, troppo emozionati per parlare.

“Si chiama Xsyrio e il nome del manufatto deriva dal protettore del tale. Xsyrio è un drago leggendario e potente che se evocato per una giusta causa vi difenderà dai pericoli in cui incorrerete, proprio come il drago che state affrontando ora.”

Kieran guardò Morgan e i due capirono al volo ciò che avrebbero dovuto fare.

“Sì.”

Lexstates annuì sorridendo, leggendo i loro pensieri.

“Ma ricordatevi, certi poteri, come l’evocazione di Xsyrio potranno essere sprigionati solo da entrambi e solo per una giusta causa e davanti ad un pericolo davvero mortale. Se il potere di Xsyrio venisse usato per fare del male al popolo di Lèsin Rove, la punizione per voi sarà durissima. Principi?”

Il tono di voce della Dea uscì duro dalle sue labbra e i due ragazzini ebbero un fremito.

“Il medaglione di Xsyrio è un manufatto sacro del Bene e per tale scopo dovrà essere usato.”

“Certo.”

Ritrovando la parola i gemelli annuirono con foga e lei sorrise benevola.

“Bene. Nella vostra tasca destra troverete una gemma magica che vi donerà un potere speciale, grazie ad essa, potrete teletrasportarvi l’uno dall’altro ogni qual volta lo vorrete. Queste gemme vi aiuteranno ad alimentare l’empatia fra di voi e a congiungere le vostre forze e le vostre anime.”

Morgan fece scivolare la mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una gemma azzurra grande come una nocciola.

“Ora dovete andare:”

Il disappunto evidente di Kieran la fece sorridere, ma subito la Dea divenne seria e mesta.

“Con l’aiuto di Xsyrio riuscirete a tenere a bada il vostro nemico però vi avverto, l’unico finale possibile e più giusto per tutti oggi, sarebbe quella di privare Alyandra della vita.”

“Cosa? Come può dire questo?”

Kieran la fissò sconvolto e lei lo raggiunse venendosi a trovare ad un palmo da lui.

“Kieran...”

Con uno sguardo comprensivo e compassionevole, Lexstates poggiò una mano sul suo viso e lui si sentì incredibilmente forte, potente e invincibile. Il tocco della Dea fu un emozione esaltante e inebriante, ma lui non riuscì a scordare le sue parole e il suo sorriso s’intristì. Lexstates lo fissò.

Sapessi il tuo buon cuore quanta sofferenza ti porterà figlio mio.

Scacciando quel pensiero molesto lei lo accarezzò, poi lo lasciò.

“Alyandra soffre e il suo dolore è ingiusto e inumano, ma nessuno di noi può salvarla. Se Dustin la colpisse con il pugnale di Nuri la sua anima sarebbe libera dalla maledizione e lei troverebbe la pace.”

Kieran scosse il capo afflitto.

“Quanto dolore però... povero Dustin.”

Lexstates annuì.

“Lo so, ma un giorno anche lui troverà la serenità, te lo prometto.” Rincuorato il ragazzino annuì.

La Dea si volse verso Morgan e sfiorò anche lui con una lieve carezza. I tempi delle gelosie sarebbero arrivati anche troppo presto nella vita di quei giovani e avrebbero dovuto combattere guerre più cruente di quelle dei campi di battaglia.

“Sforzati di capire Morgan, perdona e aiuta.”

Estasiato lui annuì, ma in seguito avrebbe ripensato a lungo alle sue parole e solo molto tardi le avrebbe comprese

“Ora…andate.”

 

 

Dustin vide Orion attaccare per l’ennesima volta il drago mentre un turbine di vento evocato da Vivien cercava di ostacolarne i movimenti. La spada del Principe di Telnar colpì la zampa destra del mostro senza ferirlo minimamente, questa si volse però infuriata e lo colpì col muso gettandolo a terra.

Erano quasi tutti feriti e Zoe non si era ancora ripresa. Xavier, l’unico ad aver ottenuto dei risultati sulla creatura con Enat, combatteva dinanzi a lui per proteggerlo. Aveva smesso di lottare contro i compagni, ma non riusciva proprio ad attaccarla o a colpirla per difendersi. Ad un tratto Alyandra si erse in tutta la sua statura gonfiando il petto.

“Via di qui, allontanatevi presto.”

Xavier urlò con quanto fiato aveva in gola intuendo la mossa del drago. Afferrò Dustin per un braccio trascinandolo via mentre la creatura sputava stiletti di ghiaccio lunghi quanto un braccio, appuntiti come frecce. Alcuni di essi caddero infilandosi nel terreno poco distante a loro. Il rumore sfrigolante che produssero gli fecero intuire che contenevano veleno o acido.

“Aaah!!”

L’urlo di Ederik ebbe su Dustin l’effetto di una doccia fredda. Il fratello steso a terra si contorceva dal dolore urlando, una sottile asta di ghiaccio gli aveva perforato la gamba sinistra totalmente. In una frazione di secondo s’avvide che i compagni erano troppo distanti per metterlo in salvo. La creatura ormai stanca dei loro giochetti si rivolse verso il fratello pronta a finirlo. Dustin allontanò con una spallata Xavier e si slanciò verso Ederik.

“Adesso basta!”

Senza rendersi conto del gesto compiuto estrasse il pugnale di Nuri dal fodero e la lama sottile si trasformò in una grossa lama dentata, divenendo una spada. Il drago si ritrasse con uno stridìo penetrante davanti all’arma sguainata. Dustin si parò dinanzi ad Ederik.

“Alyandra. Il tuo potere è troppo grande per lasciarti sopraffare così dalla bestia che cerca di manipolarti. Ascoltami, sono Dustin, tuo figlio e ti supplico di fermarti e lasciarci andare.”

La creatura si placò come soggiogata dalle sue parole e dall’arma che teneva in mano.

“Lo so che hai sofferto enormemente in tutti questi anni, ma noi non ne abbiamo colpa e ti prometto che faremo di tutto per aiutarti.”

Mentre parlava alla madre Dustin cercò di escogitare un piano per salvare gli amici. Lentamente si spostò di lato attirando l’attenzione della creatura e allontanandosi dai compagni. Appena il drago si trovò di fianco al fratello, Orion e Xavier si affrettarono a soccorrerlo. Coraggioso Ederik taceva ora il suo dolore, ma l’agonia prodotta dalla ferita e dal veleno distorceva i suoi lineamenti in una maschera trasfigurata.

Il drago sembrava ascoltare Dustin battendo furiosamente la coda al suolo, ma ad un tratto Kieran e Morgan apparvero dietro il Principe di Rusgar e la bestia lanciò un grido penetrante aprendo le ali e gonfiando il petto nuovamente.

“No!”

Dustin sollevò la spada, ma una luce improvvisa lo bloccò, alle sue spalle due voci all’unisono cantilenavano alcune parole a lui sconosciute poi il caos scoppiò sulla spiaggia. Lasciando tutti a bocca aperta i gemelli alzarono i medaglioni sopra le teste e un attimo dopo un drago verde apparve su di lui nella sua maestosa e inquietante bellezza. Era molto simile a Alyandra ma la sua linea era più aggraziata e le sue scaglie color smeraldo. Due lunghe corna a spirale spiccavano sul suo capo e la sua figura sembrava quasi evanescente come se non fosse reale. Appena comparso Xsyrio spiegò le ali ruggendo potentemente e Alyandra lo imitò sollevandosi in aria con un balzo che gettò sabbia e detriti contro Dustin.

“Dustin!”

I gemelli gli corsero accanto mentre lui allibito seguiva con lo sguardo le due titaniche creature che volavano oltre il tempio attaccandosi ferocemente.

“Che cosa significa?”

Sgranando gli occhi portò l’attenzione sui due Principi.

“Non abbiamo tempo di spiegarti, ma dobbiamo solo dirti che la nostra unica salvezza è il pugnale di Nuri, dovrai usarlo contro di lei.” disse Morgan precipitoso.

Sobbalzando come se lo avesse colpito fisicamente, lo guardò con rabbia e disgusto.

“Sei impazzito! Non ci penso minimamente. Le stavo parlando prima che arrivaste voi. Lei mi ascoltava. Mi capiva!”

“Dustin!”

Kieran poggiò una mano sul suo braccio. Il suo viso tirato e triste lo colpirono più delle parole di Morgan.

“La Dea Lexstates ci è apparsa. La verità è dolorosa e vorremmo che ci fosse un altro modo ma non c’è. Il fatto è che solo l’arma sacra di Nuri può liberare l’anima di Alyandra e darle finalmente pace.”

Lui scosse il capo con violenza, non voleva starli a sentire.

“Se ci fosse stato un modo per salvarla il Dio Nuri o tuo padre l’avrebbero liberata. Tu sai che non puoi fare nulla per lei. Cosa succederà quando rimarrà senza cibo sull’isola? Dustin…pensa alle sue parole. Alyandra soffre, questa violenza è per lei una pena più grande della morte. Se arriverà sulle terre dei Regni la cattureranno e la uccideranno ma per la sua anima non ci sarà pace.”

Kieran lo vide impallidire, mentre il dolore per ciò che lo stava costringendo a fare gli strinse il petto in una morsa soffocante. Dustin tornò a scuotere il capo, poi lasciò cadere la spada che al contatto con la sabbia tornò un pugnale dalla fattura comune, poi il ragazzo abbassò il capo fissando le onde che s’infrangevano dinanzi a lui.

“Non potete chiedermi questo...”

L’aveva appena trovata. Aveva appena conosciuto la sua storia. Non era nemmeno riuscito a vederla una volta nella sua vera natura di Ninfa e non ricordava nemmeno il suo volto o il suono della sua voce. Non potevano chiedergli di ucciderla.

“Presto Dustin! Stanno tornando:”

Morgan lo incitò con urgenza e in quel attimo un’ombra apparve accanto alla sua.

“Lo farò io per te.”

Orion si chinò a raccogliere l’arma ai suoi piedi , ma quando avvolse le dita attorno all’impugnatura e lo sollevò questi rimase un pugnale semplice senza trasformarsi. Dustin portò lo sguardo sull’arma che parve brillare sotto il suo sguardo penetrante poi lentamente risalì lungo il braccio dell’amico fino al volto.

“No.”

Orion sentì Morgan protestare lievemente, ma lui sapeva a cosa si riferiva il diniego di Dustin.

“Sei sicuro?”

Fissandolo intensamente,Orion, vide i suoi occhi farsi vitrei e spenti.

“E’ l’unica salvezza per la sua anima,lei lo voleva,nel diario...lei ha pregato che la salvassero da questa maledizione.”

Orion annuì alle sue parole, poi gli porse l’arma. Appena le dita di Dustin si chiusero attorno al manico, questo prese a vibrare e in un attimo tornò una spada luccicante. I suoi occhi non lasciarono un istante quelli dell’amico e Orion cercò di infondergli tutta la forza che aveva.

“Portali via di qui.” disse con voce roca e rotta. Orion annuì con in cuore greve.

“Kieran, Morgan andiamo, veloci.”

Senza guardarli impartì loro l’ordine secco poi poggiò la mano sulla spalla di Dustin e la strinse in un ultimo gesto di conforto. Nami china sulla gamba ora libera dallo stiletto di ghiaccio di Ederik, alzò lo sguardo e vide i tre amici correre verso di loro. Dustin, ora solo sulla riva stringeva fortemente la spada dentata. I suoi piedi si mossero e si posizionarono in modo da sprofondare meglio nella sabbia e dare maggior stabilità al corpo.

Il vento proveniente dal mare gli scompigliavano i cappelli castani leggermente lunghi e gli abiti. Nami trattenne il respiro. Possibile che fossero lacrime quelle che s’impigliavano tra i suoi capelli scompigliati?

“Che cosa sta facendo? Cosa vuol fare?”

Ederik afferrò con forza la sua mano che cercava di curarlo stringendola interrogando Orion che ora a pochi passi da loro. Avevano intuito tutti cosa era successo ai gemelli,anche se non ne conoscevano i dettagli ma perché ora avevano lasciato il fratello da solo sulla riva? Dustin si volse leggermente e Ederik poté distinguere il suo volto di profilo.

Il suo cuore mancò un battito. I suoi lineamenti sembravano scolpiti nella pietra, ma dai suoi occhi lacrime silenziose e copiose scendevano a seguire il profilo fiero della mascella.

“Orion!”

Ederik cercò di slanciarsi verso l’amico ora fermo davanti a lui rivolto verso il mare ma ricadde in avanti. Ignorando il dolore e Nami che cercava di trattenerlo,strisciò fino al Principe di Telnar e si aggrappò ai suoi pantaloni.

“Cosa fa? Orion…”

L’amico si volse a guardarlo e la sua espressione insolitamente sconvolta e tormentata diede risposta a ciò che pensava. Dustin voleva uccidere Alyandra.

“No! Fermati!Fermalo Orion,fermalo!!”

Ederik cercò di alzarsi, arrancando nella sabbia ma Nami si buttò su di lui e Orion si inchinò al suo fianco prendendolo fermamente per le spalle.

“Non fare così Ederik.” Nami cercò di calmarlo con i suoi poteri mentre lui si dibatteva furioso ma anche lei ora soffriva per l’amico. Orion lo bloccò saldamente cercando il suo sguardo.

“Non ha scelta Ederik.” gli disse duro cercando di controllare la propria voce resa roca dalla sofferenza per l’amico

“No! No!” Ederik cercò di allontanarli. “Qualcuno lo fermi! Fermatelo vi prego! Non fateglielo fare.Deve esserci un altro modo, no! Dustin!”

“Arrivano!”

L’urlo di Fraiser fu come un colpo al cuore per lui. Ederik alzò lo sguardo verso la spiaggia trattenendo il respiro mentre le parole gli morivano in gola. Non poteva credere a quello che Dustin stava per fare. Il dolore per quel gesto lo avrebbe annientato,non poteva sopportare l’idea che lo facesse davvero,doveva fermarlo o il fratello non se lo sarebbe mai perdonato. Xsyrio ora si trovava a pochi metri da Dustin ormai.

All’ultimo momento il drago verde scomparve in una nuvola di fumo, e Alyandra che lo seguiva d’appresso si ritrovò al centro della nube smarrita e rallentò la sua corsa.

Dustin sollevò la spada preparato all’inevitabile. La sua vista era offuscata e davanti a lui tutto era indistinto, ma dentro di sé vi era la consapevolezza che quel fatto era irrilevante. La spada di Nuri non avrebbe fallito. Doveva farlo. Non aveva altra scelta.

“Grazie madre per avermi amato tanto e perdonami se puoi.”

La figura della creatura riapparve dinanzi a lui oltre la nube verde di Xsyrio, un urlo angosciante gli proruppe dalle labbra, mentre scagliava con tutta la forza che aveva l’arma contro di lei. Avvolta da un fascio luminoso la spada saettò micidiale contro il drago e si conficcò letale nel suo petto. La bestia ululò di dolore portandosi le zampe al petto, ma fu questione di un attimo, poi il suo corpo maestoso cadde sulla sabbia alle spalle di Dustin. Con il fiato sospeso i Principi videro il corpo ferito a morte contorcersi per un istante per poi esalare l’ultimo respiro.

Dustin rimase fermo immobile,il volto rivolto verso il mare e gli occhi chiusi chiedendosi se mai, un giorno, quel peso che gli opprimeva il cuore così dolorosamente si sarebbe alleviato almeno quel tanto da permettergli di non soffrire ad ogni respiro, come in quel momento.

Ederik vide le spalle del fratello curvarsi lentamente sotto il peso del gesto appena compiuto e il suo capo ricadere in avanti mentre i capelli nascondevano il viso alla loro vista. Rimase in silenzio, troppo sconvolto persino per sentire il dolore acuto della gamba ferita.

“Ragazzi guardate.”

Vivien attirò la loro attenzione puntando un dito contro la creatura morta. La figura del drago stava lentamente scomparendo dissolvendosi in un luccichio argenteo informe. Quando il bagliore scomparve, al posto dell’orribile bestia rimase solo il pugnale sulla sabbia e una figura di donna avvolta in una veste azzurra. La donna volgeva loro le spalle. I suoi capelli erano verdi e le sue estremità nude estremamente sottili e delicate. Ederik sentì il cuore scoppiargli in petto per l’emozione. Nessuno osò proferir parola.

“Dustin. Figlio mio.”

Al suono melodioso della voce di Alyandra, il Principe sobbalzò poi si volse piano. Il suo viso ancora rigato di lacrime passò dallo sconvolto, allo stupito per poi aprirsi in un sorriso radioso.

Alyandra si mosse e un attimo dopo i due si ritrovarono abbracciati saldamente l’uno altro. Il suono soffocato dei singhiozzi di Nami arrivò fino a loro. Alyandra si staccò dal figlio e gli accarezzò il viso.

“Perdonami, vorrei stare qui ad abbracciarti per l’eternità, ma il tempo concessomi è limitato. Voglio ringraziarti Dustin e sollevarti da qualsiasi senso di colpa che tu possa provare. Grazie all’intervento della Dea Lexstates e del Dio Nuri ora la mia anima è libera e non potrò mai ringraziare abbastanza ne loro ne te amore mio. Il tuo gesto coraggioso mi ha reso libera.”

Dustin si asciugò il volto non riuscendo a trovare nulla da dirle.

“Nuri è un Dio onorevole Dustin, non portargli rancore, se avesse potuto salvarmi lo avrebbe fatto. Promettimi che sarai giusto nei suoi confronti e anche verso tuo padre.”

“Te lo prometto.”

Questa volta commosso lui le rispose e Alyandra gli sorrise con amore.

“Ti ho amato tantissimo e soffrivo al pensiero che tu non conoscessi la ragione del mio abbandono…Dimmi che cercherai di perdonarmi.”

“No, madre no.” Dustin scosse la testa stupito.

“Voi non avete nulla da farvi perdonare, mi avete regalato la vita due volte, cosa potreste mai avere da farvi perdonare.”

Alyandra sollevò nuovamente la mano accarezzandogli ancora il viso.

“Diventerai un uomo meraviglioso Dustin, sappi che sarò sempre fiera di te.”

Il Principe sentì una fitta dolorosa al cuore alle sue parole poi l’immagine di lei prese ad affievolirsi.

“No. Ti prego aspetta.” Dustin angosciato cercò di trattenerla.

“Ti voglio bene Dustin.”

Lui allungò una mano per toccarla, ma le sue dita non riuscirono a sfiorarla e la trapassarono.

“Anch’io mamma, anch’io.” le disse disperato con la voce rotta.

Alyandra alzò una mano appoggiandola invisibilmente sopra la sua.

“Addio amore mio.”

L’ultima cosa che vide di lei prima che svanisse del tutto fu il suo dolce sorriso. Dustin rimase a fissare il punto dove era scomparsa per quella che gli parve un eternità e quando tornò a sentirsi padrone di sé alzò lo sguardo sui compagni. Erano tutti fermi, in silenzio, ognuno con un emozione diversa dipinta in volto; dolore, tristezza, commozione.

Dustin allora raccolse il pugnale di Nuri e si mosse verso di loro annuendo nella loro direzione, non c’era bisogno di dire nulla. Non sarebbe riuscito a dire nulla e loro di contro rispettarono il suo silenzio assecondandolo. La sua anima,il suo cuore ora erano straziati e non potevano avere parole che sarebbero riuscite a alleggerire quell’enorme peso per il momento. Gli si strinsero solo tutti attorno mentre lui s’inginocchiava dinanzi al fratello e lo abbracciava.

“Andiamo a casa fratellino.”

 

- Davanti ad una pinta di birra, il Capitano della Farron racconta ogni volta che torna al porto di Arioch, la storia dei Principi che affrontarono la terribile bestia sull’isola di Moran. La sua storia, passata di bocca in bocca come una leggenda, racconta di come il Principe di Rusgar Dustin uccise la bestia che prese le sembianze della madre colpita anni prima da una terribile maledizione.

I bardi cantano le gesta dei Principi partiti bambini e tornati adulti, carichi di un bagaglio di esperienza ed emozioni più grandi di loro.

Dustin Birmangh di Rusgar venne insignito cavaliere del Regno e Cavaliere del Dio Nuri, che gli consegnò il potente pugnale Indil.

I cantori emozionano vecchi e donzelle raccontando ieri e tutt’ora di come Dustin avesse rinunciato a tutta la sua gloria e padrone di un potere fatato donatogli dalla Veggente, Madre delle Ninfe tornò sulla sua isola natia e li vi visse ridandole l’antico splendore in memoria dell’amata madre. -

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Capitolo 6
*** Verso l’isola di Argandh ***


Dàrin Rove- Regno degli Dei

 

Krizia, cavaliere ombra s’inchinò dinanzi alla Dea Drihid della Luce con fare mesto e condiscendente.

“Il Dio Ylam dell’Oscurità sarà punito per il suo insano gesto, ma Tibos Imperatore Unicorno vi prega di non rivelare questo fatto spiacevole agli altri Dei. Rischierebbe una maggiore disarmonia e acredine nel Pantheon.”

Drihid strinse con forza la corolla della margherita gialla che aveva tra le dita mandandola in mille pezzi.

“Come può chiedermi questo? Il gesto di Ylam è un affronto e un grosso squilibrio a sfavore della causa che ci vede protagonisti!”

Krizia annuì.

“Lo so mia Signora, ma il desiderio dell’Imperatore è in primo luogo quello di mantenere la pace. Chiede quindi il vostro intervento nella questione dei Cavalieri degli Dei e l’assoluto riserbo sull’intera faccenda. Tibos non desidera ritornare su una questione per lui già risolta e a sua detta, irritante e tediosa.”

Drihid offesa e arrabbiata le volse le spalle e Krizia trattenne il fiato.

“Chi ha scoperto l’inganno e come faranno con il ragazzo?”

Il cavaliere sorrise senza farsi vedere. Nonostante la rabbia la Dea non avrebbe mai osato andar contro la parola dell’Imperatore.

“Io mia Signora, mi trovavo sull’isola quando Tristan di Ictar ha utilizzato Obscure senza minimamente curarsi di celarne il potere. Il giovane Principe non diverrà mai Re. Nessun regnante di Ictar può essere un praticante di magia. Se l’attuale regnante dovesse decedere assieme alla Regina, il trono passerebbe alla sorella minore. E’ già stabilito.”

Drihid rimase in silenzio assorta nei propri pensieri. Le mani scurite dal sole carezzavano distrattamente i fiori che lei le aveva portato, ora posati sulla mensola dinanzi alla Dea. Quando la vide voltarsi, Krizia si apprestò ad abbassare gli occhi, ma non prima di aver visto i suoi occhi color dell’ambra furiosi e rassegnati.

“E sia, ma non sarà facile ora trovare un degno Cavaliere della Luce. L’Imperatore dovrà riconoscere un giorno il mio gesto estremo.”

Krizia s’inchinò nascondendo alla vista della Dea la sua espressione soddisfatta.

“Lo farà mia Signora. Lo farà.”

 


Isola di Stoyan

 

 

Stethiel percorse velocemente il corridoio che lo conduceva al suo studio e quando vi fu di fronte aprì la porta che con un tonfo secco sbatté contro la parete. La giovane era là.

I capelli rossi raccolti in una folta coda di cavallo posata su una spalla e gli occhi verdi vigili e sornioni. Sulle sue labbra un sorriso canzonatorio e la sua snella figura distesa in una posa indolente sulle pergamene sulla scrivania. Krizia accavallò le gambe.

“Allora?” le chiese sbrigativo.

“Quanta impazienza…” rispose lei con malcelata soddisfazione.

Questa volta era tornata vincitrice e si sarebbe gustata la sua rivincita con calma.

“…chi è ora ad avere il coltello dalla parte del manico?”

Con due lunghe falcate Stethiel la raggiunse furioso poi l’afferrò per la giacca e sollevandola di peso la fece alzare dai suoi documenti.

“Giù le mani Stethiel Karayan!”

Oltraggiata lei gli afferrò i polsi, ma lui la fece cadere sulla scranna senza troppe cerimonie, poi poggiando le mani sui braccioli la imprigionò chinandosi su di lei minaccioso.

“Donna! I tuoi giochetti arrivano nel momento sbagliato. Rimani al tuo posto Cavaliere ombra.”

Per nulla intimorita lei si alzò di scatto poggiandogli le mani sul torace e spingendolo contro la scrivania.

“Il tuo collo è salvo stregone e il mio debito saldato.”

Stethiel socchiuse gli occhi per scrutarle il volto in cerca della verità. Krizia si portò la coda di cavallo dietro la schiena con un gesto rabbioso.

“Drihid manterrà il silenzio e Tristan Vinnian e Ylam saranno al sicuro da Tibos, ma ti avverto, non voglio più vedermi i tuoi tirapiedi ovunque e non risponderò mai più ad una tua chiamata. Se desideri uno spione a palazzo mandaci uno dei tuoi servi, io non faccio parte di loro.”

Stethiel ammirò la sua forza e il suo coraggio. Nonostante fosse molto potente, Krizia sapeva che in uno scontro con lui avrebbe perso. La rabbia accumulata da quando aveva appreso del gesto di Tristan lo abbandonò e il suo volto si aprì in un sorriso disarmante.

“No, tu non sei un mio servo, ma io sarò sempre il vostro mia carissima, qualsiasi sia il guaio in cui dovrò salvarvi a voi basterà solo chiamarmi per vedermi accorrere al vostro servizio.”

L’espressione di disgusto di Krizia lo fece scoppiare a ridere.

“Crepa Stethiel.”

Senza aggiungere altro lei se ne andò e lui continuando a sorridere girò attorno alla scrivania, poi toccò la sfera che vi dimorava poggiata sopra ad un piedistallo a forma di ragno. Un attimo dopo un uomo incappucciato entrò nello studio.

“Mi avete chiamato Maestro?”

“Sì Olac, mandami Darkness.”

 

Tristan camminava nervosamente avanti e indietro per l’aula. Stethiel l’aveva mandato a chiamare diverse ore prima e ancora non si era visto. Quell’attesa era logorante. Non ci voleva un genio per capire il motivo di quella chiamata. Lui doveva aver scoperto dell’uso di Obscure. Tristan si colpì la mano sinistra con il pugno destro.

“Cosa avrei dovuto fare per gli Dei!”

Arrabbiato e preoccupato maledisse la situazione in cui si era andato a cacciare, ma d’altronde prima o poi sarebbe stato inevitabile l’uso del medaglione, o no? La porta si aprì di scatto e lui sobbalzò con il cuore in gola.

“Tristan.”

Scuro in volto Stethiel fece il suo ingresso nell’aula. La veste nera nonostante la sua ampiezza non riusciva a mascherare la potenza del fisico del suo maestro e ancora una volta lui non poté trattenersi dal chiedersi il perché un mago così potente sentisse il bisogno di allenare anche il fisico oltre che la propria magia.

“Maestro.”

Tristan s’inchinò per poi rialzarsi subito, ma mantenne un atteggiamento umile e dimesso. Stethiel si fermò dinanzi alla scrivania e si appoggiò ad essa a braccia conserte.

“Credo tu conosca il motivo per il quale ti ho convocato.”

Il suo tono greve lo allarmò ulteriormente e Tristan temette il peggio.

“Io non avrei voluto, non avrei dovuto, ma…”

Non osando alzare gli occhi su di lui cercò di giustificarsi mestamente.

“No non avresti dovuto, ma sei stato in gamba Tristan.”

Le sue parole lo stupirono talmente che lui alzò la testa di scatto. Il volto di Stethiel era serio, ma sereno.

“Il Dio Ylam è riuscito a salvarti da una punizione esemplare, ma ritiene sia meglio che tuo padre e i tuoi fratelli non sappiano ancora del tuo potere. Non capirebbero e cercherebbero di ostacolarti o ti caccerebbero. Io confido ancora in te e ho per te grandi progetti.”

Sentendo dentro di sé svanire paura e rabbia, sostituite da felicità e adorazione per il Maestro, lui annuì.

“Dovrai imparare a farti rispettare e a combattere senza usare la tua magia, se non in casi estremi come quello accaduto e cercherai di non farti scoprire in futuro.”

Tristan annuì deciso e grato. Le parole del suo Maestro furono di enorme sollievo.

“Lo farò, grazie Maestro.”

Stethiel abbozzò un lieve e rarissimo sorriso, solitamente si mostrava a loro allievi sempre severo e stoicamente serio e inavvicinabile.

“Bene. So che farai del tuo meglio, ma ora devo chiederti un favore.”

Tristan rimase a bocca aperta. Un favore? A lui?

“Darkness?”

Al suo richiamo la porta si aprì e una ragazzina seria e magrissima entrò timidamente avvicinandosi a Stethiel. Tristan rimase sbalordito dalla sua evidente bellezza. Nonostante fosse molto pallida e denutrita, la ragazzina aveva lineamenti fini e delicati, labbra rosse e piene e occhi neri penetranti, frangiati da lunghe ciglia. I suoi capelli lunghi si snodavano in ciocche setose e inanellate nere con riflessi bluastri.

“Vieni.”

Stethiel l’avvicinò a sé poggiandole un braccio sulle spalle e lei mantenne gli occhi bassi e fissi.

“Darkness ti presento Tristan, il migliore dei miei allievi.”

Gonfiando il petto per l’emozione che l’aveva colto a quelle parole, Tristan sorrise alla ragazzina che sollevò brevemente lo sguardo su di lui per poi riabbassarlo in fretta arrossendo.

“Tristan?”

“Sì?” il Principe rispose pronto al suo Maestro.

“Darkness è la figlia di una mia cara amica che purtroppo è venuta a mancare.”

Il viso ora preoccupato e triste di Stethiel si posò sulla ragazzina.

“La piccola mi è stata affidata e io desidero che lei si trovi bene qui. Non credo abbia grosse capacità, ma potrà essere comunque felice fra di noi. Darkness è molto timida e solitaria, ma ti chiederei la cortesia di occuparti di lei quando ti trovi a Stoyan. Un po’ di compagnia potrebbe giovarle. Forse con il tempo si aprirà di più e diverrà più socievole e allegra. Pensi di poterlo fare?”

Tristan scrutò ancora una volta i lineamenti dolci e delicati di lei e qualcosa simile alla simpatia e alla pietà si mosse dentro di lui. Darkness sembrava così cupa e triste. Annuì deciso.

“Lo farò con vero piacere.”

Stethiel ne fu contento.

“Ora puoi andare Tristan, ti ho trattenuto anche troppo oggi.”

Tristan si avvicinò a Darkness e le sollevò una mano sfiorandola lentamente con le labbra come un vero gentiluomo.

“Arrivederci allora Darkness.”

Lei annuì imbarazzata e Tristan si allontanò con un ultimo saluto al Maestro. Qando la porta si richiuse alle sue spalle, Stethiel si allontanò dalla ragazzina per avvicinarsi alla finestra e osservare l’oscurità che avanzava sopraffacendo il giorno con il suo manto nero e minaccioso. Darkness lo osservò raddrizzando le spalle fiera, i suoi occhi s’indurirono stringendosi collerici all’indirizzo dell’uomo.

“Vai. Sai quello che devi fare. Cerca di non deludermi.”

Senza rispondere, alle sue parole girò sui tacchi.

“Darkness?”

Lui la fermò sulla soglia.

“Sì?”

“Tristan è un lavoro per te e se lo porterai a termine il tuo debito sarà pagato, non dimenticarlo.”

“Certo.”

Darkness uscì poi s’avviò lungo le scale a chiocciola.

“E come potrei scordarlo, tu certo non me lo permetterai.”

 

 

A.D. 522

 

Castello di StarlightSky – Regno di Telnar –

Stagione della Rinascita

 

Leine Birmangh di Rusgar - 16 anni

Ederik Birmangh di Rusgar - 14 anni

Zoe Ready di Telnar - 16 anni

Chantal Ready di Telnar - 15 anni

Prudence Ready di Telnar - 14 anni

Xavier Fraystor di Avatar - 17 anni

Rhiannon Fraystor di Avatar - 13 anni

Kyrsen Fraystor di Avatar - 13 anni

Scarlet Leigh di Alturius - 13 anni

 

 

Verso l’isola di Argandh

 

 

Chantal, Principessa di Telnar controllò per l’ennesima volta il suo zaino e quello della sorella minore Prudence.

“Questo c’è, questo servirà…”

Spostandosi di lato per controllare il suo baule urtò con il piede qualcosa. Con perplessità la sua attenzione si soffermò sulla sacca degli abiti. Era stranamente poggiata a terra accanto al letto afflosciata su se stessa, vuota. Lasciando lo zaino si chinò a raccoglierla.

“Dove sono spariti gli abiti di ricambio per il viaggio?”

Chantal si guardò attorno confusa.

“Lorelai? Hai vuotato tu questa sacca?”

Chiamò la fantesca che uscì trafelata dallo spogliatoio.

“No signorina. Quando l’ho notata l’ultima volta era sopra il letto pronta.”

Chantal scosse il capo stupita poi girò su se stessa per cercare con lo sguardo attorno a se gli abiti. Spaziò attentamente per tutta la camera ed ad un tratto la sua attenzione fu catalizzata da un piccolo dettaglio insolito. Sorridendo posò la sacca.

“Grazie Lorelai, puoi tornare alla tua occupazione.”

La giovane s’inchinò e uscì.

Chantal si stampò sul volto l’espressione più seria che riuscì ad assumere e si portò al centro della stanza battendo ritmicamente a terra il piede nella sua consueta manifestazione di disappunto.

“Alyssa Eliza Millicent Ready, esci immediatamente dal tuo nascondiglio, presto!”

Chantal fissò la tenda scarlatta che tratta da un lato dava all’ampia vetrata modo di illuminare la camera a giorno. Un lembo di tessuto verde sbucava da esso.

“Ally!!”

Il fastidio prese il sopravento sul divertimento e lei alzò la voce di un tono per farsi obbedire dalla sorellina appena decenne, minore di lei di un lustro.

“Abbi il coraggio di uscire da dietro quella tenda.”

Le sue parole furono accolte nel modo da lei sperato. Con un cipiglio corrucciato e altezzoso, Alyssa sbucò da dietro il tessuto.

“Paura? E di cosa dovrei aver paura? Piuttosto volevo farti uno scherzo e sbucare all’improvviso appena fossi stata assorta. Non ti fa onore questo tono Tilly, cominci malino il tuo periodo di addestramento.”

Chantal corrugò la fronte. Alyssa si riferiva all’addestramento che stava per intraprendere come chierico del Dio del Bene Hamon.

“Non ti rivolgere a me con quel tono signorina.”

Alyssa alzò le pupille al cielo.

“Comunque, non ho fatto nulla di male.”

“Cosa ti fa credere che ti volessi accusare di qualcosa? Hai fatto una cosa sbagliata Ally?”

La ragazzina capì di essersi tradita, ma non tornò sui suoi passi o mitigò il suo fare arrogante. Con tranquilla leggerezza fece spallucce e dirigendosi verso la poltroncina imbottita si lasciò cadere su di essa pesantemente.

“Mi vuoi sempre sgridare quando usi quel tono. Sicuramente troveresti un motivo per farlo. Lo fanno tutti.”

Ultimogenita troppo viziata e cocciuta, Alyssa si sentiva ben e spesso incompresa e punita sempre ingiustamente. Chantal ammirò la sua capacità di girare la questione a suo vantaggio facendo leva sul suo amore per lei, ma questa volta non gliela voleva far passare liscia e non demorse.

“Sei sicura che non ci sia un motivo più che giustificato per il quale io dovrei sgridarti. Sii onesta.”

La sorellina prese dal vassoio sul tavolino della colazione un biscotto poi lo rimirò con studiata lentezza prima di alzare su di lei gli occhini nocciola, colmi di finta innocenza.

“Non so Chantal…davvero. Cosa potrei aver fatto stavolta? Sono stata tutta la mattina nelle stalle, guarda!”

Con un gesto plateale segnò con la mano libera la sua gonna da lavoro verde e gli stivali infangati.

“Già, ma poco fa eri dietro la tenda e i miei indumenti da viaggio sono spariti.”

Chantal tornò a sbattere il piede a terra irritata dalla sua ostinata bugia, più del gesto in sé.

“E io che centro? I tuoi vestiti? Chiedi alla servitù dove sono, io non mi occupo del tuo guardaroba.”

Senza guardarla Alyssa prese a sbocconcellare il biscotto di malavoglia. Chantal andò su tutte le furie per l’ulteriore beffa. Sapeva di dover intraprendere la strada della calma e della pazienza, ma il suo addestramento non era ancora iniziato e ora ne aveva abbastanza.

“Adesso basta Alyssa. Sei bugiarda e villana. Sono due giorni che cerchi in tutti i modi di farmi saltare la pazienza e il fatto di saperti nelle scuderie stamattina mi aveva già allarmato. Ora questo scherzo infantile.” indicò la sacca vuota poi tornò a guardarla. “Non vorrai costringermi a dirlo a Orion, vero?”

Al suono del nome del fratello maggiore, Alyssa scattò in piedi e il biscotto tra le sue mani si frantumò in milioni di briciole.

“Io non sto facendo nulla di tutto questo e poi sai cosa mi importa se lo dici ad Orion. Tutto quel blaterare sui miei miglioramenti nell’addestramento e poi ora guardami…” come la migliore delle attrici consumate, aprì le braccia in un gesto drammatico ed esagerato.

“…lasciata indietro come una scarpa vecchia.”

“Ally!” Chantal la fissò incredula, stupita da tale sfogo.

“Sei troppo piccola per intraprendere questo viaggio.”

“Piccola?” Alyssa si batté i pugni sul petto.

“Io piccola? E Prudence allora? Ci sono solo quattro anni fra di noi e tre con Rhiannon e Kyrsen che verranno con Xavier.”

Chantal scosse il capo cercando di parlarle con tono pacato e convincente.

“Tre o quattro anni di addestramento in più sono una enormità Ally! Orion manderà con noi persino dei cavalieri, non sarà un viaggio facile. Lo sai che gli ultimi attacchi di quelle creature, di cui ancora non sappiamo la provenienza, sono stati violenti e sanguinosi. Sono molto forti.”

Gli occhi di Alyssa persero il furore che li infiammava e divennero tristi e intrisi di sconforto, ma la sua risposta fu dura e accorata.

“Io sono pronta. Sono ad un livello di combattimento più elevato di molti miei coetanei. Di tutti direi! Mi sono allenata più duramente in quest’ultimo mese. Pensavo che Orion lo apprezzasse e riconoscesse il mio valore.”

Chantal mosse alcuni passi verso di lei.

“Lo riconosce e apprezza il tuo impegno, anche se non lo dimostra come vorresti. Ti capisco Ally, ma non basta questo per intraprendere questo viaggio lungo e difficile.”

“Basta!”

L’urlo di Alyssa la bloccò mentre cercava di blandirla. Dopo essersi portata le mani sulle orecchie per non ascoltarla le abbassò dinanzi al suo silenzio. Le nocche delle sue mani chiuse a pugno, erano bianche dallo sforzo e dalla tensione e gli occhi furenti lucidi.

“Non me ne starò qui sola sapendo che affronterai un viaggio pericolosissimo che ti porterà in quella dannatissima isola, dove ti segregheranno per due anni lontana da tutto e tutti per diventare uno stupidissimo chierico.”

Ora il suo corpo tremava di rabbia e forse nemmeno si accorse, della lacrima galeotta che le solcava una guancia impolverata lasciando una scia lucida sulla sua pelle.

“Ally…”

Chantal capì e in un attimo la raggiunse e l’abbracciò forte. La propria angoscia per quella separazione e perciò che l’attendeva si fuse con quella della sorellina. Chantal le baciò i capelli con affetto.

“Lo so, lo so che è difficile, mi si spezza il cuore a lasciarti, ma è la mia vocazione, il mio destino.”

Alyssa rimase rigida per un po’, ma poi si lasciò andare ricambiando il suo abbraccio.

“Non lasciarmi Tilly, ti prego.” la sua voce uscì spezzata, ma nessuna lacrima seguì la prima, era troppo forte per cedere.

Chantal la scostò a fatica da sé e le prese il viso fra le mani.

“Due anni volano Alyssa e tu hai tante cose da fare e da imparare in questo tempo. Non ti accorgerai della mia assenza perché nel momento in cui inizierò a mancarti io sarò già di ritorno. Orion ti sarà accanto, fra non molto arriveranno i Principi e i cavalieri per l’addestramento e sono sicura che quest’anno gli farai da braccio destro.”

“No…” con la sua consueta testardaggine lei diniegò per poi ripensare alle sue parole subito dopo.

“Dici davvero?”

Chantal sorrise.

“Ne sono quasi convinta.”

Alyssa annuì.

“Sì, ma mi mancherai da subito lo so e mi sentirò triste e sola senza di te.”

“Ma no sciocchina…” le pizzicò leggermente le guance prima di lasciarla. Sapeva che Alyssa lo odiava, infatti si ritirò con una smorfia, però già più serena.

“…ricordati che Prudence tornerà indietro, la obbligherò a fare le mie veci e a difenderti davanti a papà e Zoe. Poi c’è Kryan che ti vuole bene e che ci sarà sempre ogni volta che avrai bisogno di aiuto o solo di un amico.”

Alyssa rimase in silenzio soppesando le sue parole, poi con falsa timidezza e dolcezza espresse la domanda che da un po’ le pizzicava la lingua pronta ad emergere nel momento opportuno. Sbatté le ciglia e si buttò.

“Mi lascerete qui lo stesso vero?”

Chantal scoppiò a ridere dinnanzi al suo ultimo tentativo di commuoverla e corromperla.

“Sì, ti lasceremo qui e ora voglio indietro i miei vestiti.”

 

 

 

Nella corte del palazzo di StarlightSky Orion avvicinò Alyssa che china sotto un carro di un mercante di passaggio parlava con voce suadente ad un batuffolo di pelo.

“Non dovresti stare li. Quei cavalloni grossi la davanti potrebbero calpestarti sai?”

“E tu non dovresti rotolarti nella polvere così vestita signorina.”

“Aih!” alla voce del fratello maggiore Alyssa era scattata in piedi battendo la testa nell’asse del carro.

Orion trattenne l’accenno di riso che gli era salito alle labbra quando un’immusonita e scontrosa Alyssa lo fissò con disappunto.

“Questi fronzoli mi soffocano, nemmeno dovessi andare ad un ballo.”

Con una smorfia di disgusto la piccola tirò il laccio del vestito che le chiudeva la gola.

“Sei carina oggi perché Chantal parte e la corte sarà riunita a salutarla. Ricordatelo.”

Parlandole come da adulto ad adulto lui non addolcì il tono. Alyssa si trattenne dal manifestare ancora una volta il suo disappunto per tutta quella situazione. Anche Orion quel giorno era vestito molto elegantemente e le braghe nere e la tunica verde fasciavano il suo corpo già sviluppato e ben proporzionato.

“Starò attenta, non voglio buscarmi l’ennesimo rimprovero oggi.”

“Brava, nel pomeriggio potrai scendere ad allenarti, ma solo dopo aver fatto le tue lezioni con la signorina Betany.”

Questa volta la noia e la malavoglia trapelarono visibilmente sul suo viso.

“Alyssa è necessario lo studio.”

Orion l’ammonì severo, ma lei alzò le mani.

“Io non ho detto nulla.”

Il fratello sorrise con fare sornione.

“Certo, come no.”

Un guaito attirò la sua attenzione sull’animaletto che ora gli masticava l’orlo dei pantaloni.

“E questo?”

“Oh, sei uscito finalmente.”

Alyssa si chinò a raccogliere il cagnolino nero.

“L’ha portato Ederik, in realtà era un regalo per Prudence, ma quando gli si è avvicinato e lei ha iniziato a starnutire si è velocemente diretto verso di me dicendo che era un regalo per me.”

Osservando il cucciolo mordicchiare la manica del vestito di Alyssa e lasciarle visibili impronte di sporco sul corpetto Orion scosse il capo rassegnato, poi ripensò alle parole della sorellina.

“Te lo ha detto lui?”

Alyssa sorrise con fare cospiratore ridacchiando poi da vera monella qual era, quando il cucciolo prese a leccarle una guancia dimenandosi.

“Non era necessario che lo dicesse. E’ diventato tutto rosso per l’imbarazzo davanti all’allergia di Prue e poi credi davvero che avrebbe portato un dono a me!?”

Come una civetta adulta e melensa lei sollevò una mano agitandola come una signora smaliziata.

“Lui ha occhi solo per la nostra biondina. Prudence di qua, Prudence di la.”

Davanti alla sua espressione sbalordita Alyssa scoppiò a ridere, di lui stavolta, chinandosi su se stessa con il cagnolino che scodinzolava felice.

“Orion ma dove vivi? Non dirmi che non te ne eri accorto?”

Lui corrugò la fronte scontento. Avrebbe voluto ammonirla, ma sarebbe stato ipocrita perché lei aveva ragione, lui viveva in un suo mondo fatto di onore, obblighi e doveri e ben e spesso, purtroppo, tralasciava la vita vera. Soprattutto si accorse con rammarico di occuparsi troppo dell’addestramento delle sorelline e troppo poco del fatto che crescendo andavano in contro a situazioni che a lui garbavano davvero poco. Soprattutto quella.

Ederik non poteva permettersi di innamorarsi di Prudence, un unione tra le due famiglie era fuori discussione e lui doveva saperlo. I due regni più potenti di Lèsin Rove non potevano creare un’alleanza simile o sarebbe nato del malcontento negli altri regni. Sopratutto perché Ederik era l’erede al trono.

“Scommetto che nemmeno le vedi tutte le servette che ti muoiono dietro o le donzelle che adorano e coccolano me, solo quando tu sei nei paraggi. Per non parlare delle falsissime amiche di Prue e Chantal. Amiche loro solo per venire al castello per vedere te.”

L’ilarità di Alyssa che parlava di argomenti troppo impertinenti per lei e per la sua età, gli fece saltare la mosca al naso. Pronto a sgridarla, rosso d’imbarazzo e di indignazione alzò un dito minaccioso verso di lei.

“Senti…”

“E’ arrivata Scarlet!”

Senza nemmeno prendersi la briga di lasciarlo finire di parlare, Alyssa strinse il cucciolo con un braccio e sollevò le gonne con la mano libera.

“Alyssa!”

Orion non riuscì a fermarla. La sorellina correva già come un fulmine verso il portone dove Scarlet Principessa di Alturius stava facendo il suo ingresso affianco al Cavaliere Mistico Shadow di Lerner e alla sua scorta.

“Scarlet! Scarlet!”

Saltellando attorno alla cavalcatura dell’amica, Alyssa la chiamava a gran voce beandosi della sua figura solare e longilinea. Fra i tanti Principi e Principesse di Lésin Rove lei era di gran lunga la sua preferita.

A tredici anni l’amica aveva ancora i lineamenti morbidi e arrotondati dell’infanzia con una chioma foltissima rosso fuoco e lucenti e vivaci occhi verdi bosco. Vicina più di altri, in quanto Alturius confinava e dimorava tra Rusgar e Telnar, Scarlet faceva spesso visita alla loro corte portando una ventata di allegria e spensieratezza ad ogni suo passaggio tra loro.

“Milady mi permetta la prego!”

Con finto sussiego e un sorriso ammiccante e provocatorio, Willard Weaver amico fidato di Ederik, le si avvicinò porgendo una mano verso di lei e sollevando il cucciolo trattenendolo per la collottola.

“La povera bestiola riluce di riflessi verdastri a furia di saltelli e se non volete vedere il vostro grazioso abitino imbrattato dall’ultima cena del povero giocattolo nuovo, vi conviene consegnarlo in mani più amorevoli.”

Alyssa socchiuse minacciosa gli occhi all’indirizzo del giovane mago sedicenne portandosi le mani hai fianchi.

“Peste, non è il mio giocattolo nuovo. Inoltre con me è tranquillo e felice Messer Arrogante; ma vi permetterò di portarlo nelle cucine visto che sicuramente dovrete sbrigar li qualche faccenda. Non credo che il mio nuovo amico abbia ancora fatto colazione.”

Calcando il tono sulla parola amico, Alyssa lo liquidò con un gesto imperioso della mano e il giovane lord per nulla contrariato da tale sfoggio d’insolenza le fece un breve inchino.

“Come volete Principessa, mi complimento con voi per il nome del cucciolo, essendo una vostra proprietà non avrebbe potuto riceverne uno più appropriato direi.”

Il suono argentino della risata di Scarlet giunse dalle spalle di Alyssa.

“Oh Willard di Stafford non avreste potuto dire cosa più veritiera.”

 

 

Quello stesso pomeriggio dopo aver assistito alla cerimonia ufficiale di saluto per la Principessa Chantal, Shadow di Lerner salutò il fratello Kryan e si avvicinò alla Principessa Scarlet che chiacchierava in tono allegro e concitato con le sue migliori amiche, Rhiannon e Kyrsen di Avatar.

“Principessa permette?”

Scarlet si girò istantaneamente al suono della sua voce, quando lui, mani intrecciate dietro la schiena le arrivò alle spalle.

“Shadow.”

Con un sorriso smagliante la ragazzina lo prese a braccetto suscitando una risatina maliziosa da Rhiannon e un sopracciglio curioso inarcato di Kyrsen.

“Ragazze vi ricordate del mio carissimo Shadow. Permetto? Vi permetto qualsiasi cosa mio Lord.”

Sorridendole condiscendente Shadow fece un cenno rispettoso di saluto alle Principesse e scortò Scarlet nella corte, dove cavalieri e servi erano già pronti per partire.

“Scarlet un giorno mi farete impiccare per la troppa confidenza con cui mi trattate.”

La giovane fece una smorfia divertita attaccandosi maggiormente al suo braccio.

“E quel giorno i vostri aguzzini assaggeranno l’Arco di Diana, il mio dono della Dea Cardia della Natura e pagheranno il loro insano gesto.”

Shadow scoppiò in una sonora risata sollevando il capo al cielo.

“Voi siete il mio protettore Shadow e la mia vita senza il vostro sostegno non sarebbe che una vita vuota e senza sostanza.”

Il ragazzo scosse il capo sorridendo e pizzicandole il naso.

“Voi non avete bisogno di me Scarlet, avete più forza e sostanza di tutti i miei cavalieri e più protezione di quanta mai potrò darvene io con tutti i miei impegni.” e dicendole questo le indicò i quattro scudieri che attendevano la loro Principessa accanto al suo cavallo.

“Ah no! Shadow non dirmi che mi talloneranno fino all’isola e ritorno!”

Scarlet lo obbligò a fermarsi fissandolo con risoluta cocciutaggine. Shadow non mutò la sua espressione calma e sorridente.

Scarlet Leigh era l’unica figlia di Re Arbion e per proteggere la figlia e la successione al trono di Alturius, il Re aveva assegnato ad ella, quattro giovani scudieri ora sedicenni, maggiori quindi di lei di tre anni. I quattro dovevano, crescendole affianco, proteggerla e essere la sua ombra finché sposandosi non ne avessero perso la custodia per passarla al marito.

Quindi Kilian, Danerough, Zoshua e Etienne eseguivano da un paio d’anni, sotto la guida di Shadow, il loro dovere con solerzia e serietà.

“Scarlet io vi dirò che vi seguiranno e che dovrete abituarvi per il bene di tutti alla loro presenza. I vostri scudieri sono in gamba e discreti e non vi creeranno nessun problema.”

“Sono noiosi.” Scarlet abbozzò un piccolo broncio misto ad un sorriso mascherato.

“No, sono diligenti. Voi siete troppo espansiva, creativa e attiva per i loro poveri e severi obblighi e li mettete in agitazione e imbarazzo.”

“Scusami Shadow, giuro che non cercherò più di trattarli come amici.” rispose lei sollevando lo sguardo al cielo.

“Scusatemi! Scusatemi. Principessa vi prego non datemi del tu.”

Questa volta fu lei a scoppiare a ridere alla sua espressione falsamente severa.

“Va bene Shadow. Va bene. Arrivederci allora.”

Scarlet lo abbracciò poi s’inchinò e corse via dietro a Rhiannon e Kyrsen che l’avevano oltrepassata poco prima dirigendosi verso i cavalli.

 

 

Ederik cavalcava tranquillo in fondo alla carovana. Quella posizione strategica gli permetteva di guardare liberamente Prudence senza farsi notare troppo. La sua amata stava col cavallo al passo accanto a Chantal, dietro alle rumorose gemelle di Avatar e alla sorridente Scarlet che al centro delle due si divideva girando il viso dall’una all’altra ascoltando i loro racconti con un infinita pazienza.

Prudence scoppiò a ridere per una battuta udita da Willard dietro di lei e si girò sulla sella permettendogli di vederle il volto. Capelli biondi finissimi circondavano il volto leggermente allungato dove spiccavano un paio di occhi verdi chiari e un grazioso nasino a patata.

Ederik sospirò stampandosi un sorriso ebete sulle labbra mentre ringraziava ancora gli Dei che quella mattina, di due giorni prima, lei non si fosse accorta della gaffe fatta con il cagnolino. Erano in viaggio ormai da due giorni e tutto procedeva in tranquillità.

“Ti metterai nei guai e io ti ho già avvertito.”

Leine, sua sorella maggiore, lo affiancò intonando il rimprovero con il solito tono arrogante e superiore.

“Taci per piacere.” lui l’ammonì arrossendo, ma lei non si curò di chi potesse sentirli.

“E’ fuori discussione ciò che cerchi. Non perdere la testa per Prudence, combineresti solo dei guai.”

Colpito dalle sue parole si chiuse in un silenzio offeso. Possibile che Leine non potesse fare a mano di mortificarlo sempre?

“Non sono io il combina guai di famiglia e poi le cose potrebbero cambiare in futuro.”

Leine lo beffeggiò ridendo di lui e scuotendo le lunghe trecce rosse diniegò con forza.

“Sempre a stare a cercare le cose impossibili. Quand’è che smetterai di fantasticare? Il Regno di Rusgar sarà tuo un giorno e tu non fai altro che studiare quei polverosi libri di scienze e correre dietro a quella gonna che ti sarà per sempre reclusa. Fa un favore a lei se non vuoi rassegnarti tu, non darle un illusione. Telnar e Rusgar non potranno mai unirsi sotto un unico blasone o insorgerebbe una guerra, diventerebbero troppo potenti.”

Un nodo gli strinse lo stomaco alle sue parole.

“Sei cattiva senza scusanti.” Ederik le ribatté mesto mentre un nodo alla gola di delusione lo opprimeva.

“Capisco perché il Dio Seth del Caos ti ha scelta fra tanti.”

Se rimase ferita dalle sue parole non lo diede a vedere, ma la sua risposta fu velenosa e colpì micidiale il segno.

“Almeno io sono stata scelta.” e così dicendo spronò il cavallo e raggiunse Zoe in cima alla carovana.

Il capo di Ederik ricadde in avanti e lui poggiò il mento al petto.

“Leine sa essere pungente e letale, specialmente quando viene contraddetta su cose che sa essere vere.”

Konrad Botfelse scudiero di Rusgar lo avvicinò per consolarlo e al suo silenzio continuò.

“Ederik le cose potrebbero cambiare solo se tu rinunciassi al trono e forse nemmeno allora l’Imperatore accetterebbe la vostra unione.”

“Io l’amo.” Ederik alzò il capo a guardare la figura minuta ed elegante di Prudence.

“Se mi vorrà non m’importerà di niente e nessuno al di fuori di lei.”

 

 

Leine raggiunse Zoe nell’attimo stesso di Xavier che era tornato a unirsi a loro dopo una breve escursione dei dintorni con alcuni cavalieri.

“E’ un po’ che non vengo a Telnar, ma so che siete stati attaccati spesso. Cosa si sa di queste creature?”

Cercando di vincere la preoccupazione e l’irritazione che il battibecco con il fratello le avevano procurato, Leine interrogò l’amica. Zoe cavalcava all’amazzone su una sella da combattimento e ormai aveva il fisico asciutto e scolpito da anni e anni di addestramento con il fratello.

Legato al suo maestoso destriero nero faceva bella mostra di sé lo spadone magico che si era guadagnata vincendo un torneo su Pargaskor l’anno precedente. Orgoglioso come un padre, Orion le aveva fatto confezionare da un potente mago un fodero magico come quello della Falce Teshy che il Dio Seth aveva donato a Leine e che riduceva il peso e le dimensioni dell’arma permettendo anche a ragazzine come loro di portarsele appresso con facilità.

“Non sappiamo molto purtroppo.”

Zoe scosse il capo irritata.

“Colpiscono sporadicamente, velocemente e in gruppi numerosi.”

“Come sono?”

“Creature ibride, misti fra animali e uomini. A volte prendono sembianze di razze conosciute tipo genosfingi, troll o minotauri.”

Leine aggrottò la fronte.

“Come sapete che non sono veramente appartenenti a tali razze?”

“Vero?” Xavier intervenne curioso.

“Lo abbiamo capito dopo diverse indagini, alcune anche molto pericolose. Abbiamo mandato, a costo di diverse vite purtroppo, degli emissari nei vari villaggi delle creature e ottenuto dopo molti tentativi collaborazione, specialmente da parte dei minotauri con cui abbiamo sempre convissuto pacificamente. Le genosfingi hanno reagito violentemente ma alla fine abbiamo compreso che non erano loro ad attaccarci. Non so come possa essere, o abbiamo a che fare con illusioni visorie o con esseri molto potenti che reclutano sporadici combattenti nelle fazioni segretamente.”

“Credete quindi a ciò che i capi vi hanno raccontato?”

Xavier sembrava dubbioso.

“Sì, Orion gli crede.”

Zoe annuì senza ombra di dubbio, come sempre per lei l’opinione del fratello era innegabile e indiscutibile.

“E Re Ferran cosa ne pensa?”

Un ombra scura passò sul volto di Zoe e Leine captò il suo cambio d’umore ancor prima che lei parlasse.

“Ultimamente nostro padre è molto assente e in disaccordo con Orion. Non ostacola il suo lavoro, ma pensa che stia…come dire.”

Assunse un espressione pensierosa, per lei doveva essere difficile parlare in termini negativi di suo padre.

“Pensa che Orion si stia caricando di troppe responsabilità e è come se…”

“Minasse la sua autorità?”

Leine finì la frase per lei e Zoe si rivolse corrucciata.

“Orion non cerca di usurpare l’autorità del Re.”

“No non lo fa.” Xavier gli poggiò una mano sul braccio per placarla.

“Leine non intendeva quello, ma il fatto è che Re Ferran è spesso assente dai suoi doveri e alcuni lo hanno notato. Orion prima di tutti.”

Zoe avrebbe voluto difendere il padre, ma sapeva che Xavier era un confidente fidato del fratello e sapeva anche che le sue parole corrispondevano al vero.

“Anche mio padre non sembra più lo stesso ultimamente.”

Leine portò lo sguardo dinanzi a sé.

“E’ come se questa storia dei Cavalieri degli Dei avesse creato una sorta di calderone pieno di ogni situazione complicata. La corsa a chi ha il figlio con il dono più prestigioso, il vanto di più Cavalieri nel proprio casato, una sorta di pace interiore dei Regnanti dagli obblighi e doveri perché ci sono degli apprendisti eroi che possono espletarli al posto loro. Un misto di orgoglio e…insoddisfazione. Paura di essere soppiantati o lasciati indietro come esseri inferiori,nonostante loro siano i primi a farsi da parte.”

“Ciò che dici è quasi assurdo. Incomprensibile.”

Zoe la fissò stranita, ma Xavier annuì pensieroso.

“Sì, ma fin troppo vicino alla verità.”

 

“Danerough giusto?”

Kyrsen e Rhiannon si affiancarono una per lato al giovane scudiero di Scarlet che si era distaccato leggermente dal gruppo. Il ragazzo le salutò con un cenno del capo.

“Sì milady, Danerough Ellande di Flowyre.”

Rhiannon sorrise in modo sfacciato al bel scudiero.

“E fate la scorta alla nostra Scarlet dall’inizio della Stagione scorsa se non sbaglio. Ditemi vi piace il vostro lavoro?”

La Principessa si avvicinò maggiormente con il cavallo sfiorando con una gamba la sua. Danerough iniziò a sentire un caldo eccessivo mentre la splendida creatura bionda e sbarazzina batteva le ciglia in modo seducente.

“Sì…sì…è un onore per me servire la Principessa Scarlet.”

“E non vi pesa il doverla sempre seguire e proteggerla in ogni momento?”

Kyrsen con i capelli corvini lucenti e i profondi occhi smeraldo gli poggiò una mano sul braccio. Voltandosi di scatto Danerough si allentò il colletto della camicia con un dito mentre una goccia di sudore scendeva lungo la sua tempia.

“No…no…non mi pesa affatto. Ho lavorato duramente per questo ruolo e sono contento di ciò che faccio.”

Mentre il suo collo diveniva rosso, lui si maledì per tanta goffaggine. Kilian il suo compagno d’arme affiancò Rhiannon.

“Danerough! La Principessa è rimasta in fondo alla carovana non dovresti essere qui.”

Il suo cipiglio corrucciato e lo sguardo che lanciò all’indirizzo di Rhiannon la dissero lunga sul perché della sua irritazione.

“Oh, ma certo Kilian vi raggiungo subito.”

Danerough gli sorrise grato per averlo salvato, nonostante lui lo stesse fulminando con lo sguardo.

“Rhiannon, Kyrsen.”

Xavier trattenne la sua cavalcatura per avvicinarsi alle sorelle.

“Non costringetemi a confinarvi in un carro. Comportatevi come si deve!”

“Oh!” Kyrsen s’imbronciò.

“E’ Rhiannon che ha cominciato.” borbottò piccata.

“Ah!” la gemella la guardò a bocca aperta.

“Io? Sei tu che volevi parlargli!”

Rosso per l’imbarazzo Danerough voltò il cavallo muovendosi controcorrente. La voce di Xavier però gli giunse chiara e forte anche mentre a diversi metri da lui tornava a chiudere il cerchio attorno a Scarlet.

“Nel carro! E senza discutere.”

 

“Zoe non potremmo fermarci?” Chantal si avvicinò alla sorella maggiore.

“Sei stanca?” Le chiese lei con sguardo preoccupato.

Non lo era, ma dopo la sfuriata di Xavier di poco prima la carovana era caduta in un silenzio imbarazzato e una sosta non poteva che allentare un po’ la tensione mentre si ristoravano.

“Non eccessivamente, ma credo che ci farebbe bene un po’ di riposo. Le ragazze sono inquiete con tutti questi baldi giovani nei dintorni e i cavalieri faticano a tenere i ranghi e gli scudieri concentrati.”

Zoe si accigliò girandosi sulla sella per sbirciare la compagnia.

“Gli darò una raddrizzata allora, devono stare al loro posto.”

Chantal scoppiò a ridere di fronte alla sua rudezza e inflessibilità.

“Oh Zoe, avrei giurato che avresti detto così.” Sorrise dolcemente e il cipiglio accentuato di Zoe si spianò un poco.

“Non è colpa degli scudieri, quanto non lo è delle piccole civette che li istigano. Siamo nella Stagione della Rinascita sorellina e i giovani amoreggiano al tiepido tepore di Lensar più del solito. Non senti la magia nell’aria?”

La smorfia della sorella maggiore la fece ridere di nuovo e dietro alle sue spalle molti visi tirati si distesero a quel suono sereno e argentino.

“Se non fossi ti conoscessi Zoe direi che la vita da guerriero ti porta sulla cattiva strada, ma so che il tuo grande amore è la tua passione per le armi e il cavalierato. Difficilmente troverai uno amore più grande.”

Se fosse stato un altro a rivolgerle certe parole, Zoe lo avrebbe sfidato a difendere le sue incaute parole con la spada, ma Chantal poteva permettersi questo ed altro, perché ciò che diceva le veniva dal cuore e corrispondeva sempre alla verità.

“Anche tu non sembri risentire il richiamo dei sensi però.”

Chantal sollevò il viso verso il sole beandosi del suo calore.

“La mia missione è un'altra ora e la mia devozione ad Hamon Dio del Bene deve riempire ogni mio senso e pensiero, arriverà il mio tempo per l’amore, ma non è ora.”

Zoe ammirò il suo profilo dolce e gentile. Il sole splendeva sui suoi capelli castani mossi dal lieve vento,illuminando la sua pelle delicata . Non aveva nessun dubbio sulle sue parole. Chantal non avrebbe avuto nessuna difficoltà a trovare un uomo che l’amasse con devozione e passione. Sospirando, per una strada che lei sapeva non avrebbe mai potuto intraprendere, si volse verso il gruppo di cavalieri.

“Liam, cerca un luogo opportuno per accamparci. Ci fermiamo.”

Come sempre con celerità il suo ordine fu accolto con un unico secco cenno del capo dal suo scudiero.

 

Ictar - Palazzo di LightShadow

 

Ilya, Regina di Ictar entrò nella biblioteca dove i suoi figliastri stavano studiando con passo armonioso e placido.

“Morgan, Kieran.”

Al suono della sua voce melliflua i due ragazzini alzarono la testa di scatto. Un attimo prima erano concentrati negli studi e rilassati mentre ora scattarono in piedi e con gesti forzati salutarono la matrigna.

“Joline?”

Sollevando un sopracciglio accurato Ilya chiese della loro sorellina di sei anni e Morgan prontamente si chiuse in un muto silenzio di sfida.

La donna non aveva nessun interesse per loro, ma le eccessive attenzioni che rivolgeva alla piccola Principessa avevano destato cupi sospetti nei gemelli. Ilya li odiava e non faceva nulla per nasconderlo, il fatto che portasse sul palmo della mano Joline faceva tremare Kieran mentre il sospetto che la matrigna volesse usarla contro loro s’intensificava giorno dopo giorno.

La Regina infatti sapeva benissimo che la piccola era l’unica ragione per la quale i fratelli andavano forzatamente d’accordo e per il quale benessere avrebbero fatto qualsiasi cosa. Farsela amica e conquistare la sua fiducia era il mezzo più potente che ella potesse avere per assoggettare ai suoi voleri i figli maschi del Re.

“Allora?”

Kieran sobbalzò al suo aspro richiamo e lanciò un occhiataccia a Morgan per intimargli di smetterla con quel comportamento. La linea dura delle labbra del gemello e i suoi occhi lampeggianti di odio l’avrebbero mandata su tutte le furie e l’ira della matrigna sfociava sempre in terribili punizioni.

“E’ con la balia madre, oggi pomeriggio ha giocato molto e si è stancata con le lezioni di comportamento, è salita con una mezz’ora di anticipo.”

Kieran si sforzò di assumere un tono e un atteggiamento amichevole e fu ricambiato da un cenno benevolo e un sorriso.

“Bene andrò a controllare come sta, ma non prima di avervi comunicato un importante decisione presa con vostro padre il Re questo oggi.”

Le spalle di Kieran s’irrigidirono di fronte al luccichio pericoloso degli occhi della donna, la quale aggirò il tavolo e andò a sedersi sulla sedia a capotavola.

“Il Re nutriva già da tempo dei grossi dubbi a riguardo della vostra educazione. Sapete che fin dai tempi antichi la magia sotto ogni sua sembianza è stata ben accetta nella famiglia reale di Ictar, anche se il fatto che entrambi l’avete seguita ha creato diversi fastidi al Re.”

Morgan serrò i denti con forza, tanto che Kieran riuscì a sentirlo mentre un brivido di freddo lo faceva rabbrividire. Temeva dove volesse ad andare a parare la matrigna. Se avesse proibito a Morgan, il più grande dei due, di usare la magia per preservare il casato nell’eventualità che l’erede Tristan, fosse venuto a mancare, non sapeva cosa sarebbe potuto accadere. Avevano giurato a Tristan che avrebbero mantenuto il suo segreto, sul suo uso della magia ma se la matrigna l’avesse proibita al gemello, Morgan non avrebbe più taciuto. Se Ilya avesse saputo la verità, Tristan sarebbe stato nei guai.

“Ma…” giocherellando con l’immancabile ventaglio nero che si portava appresso ovunque, la Regina lasciò le parole in sospeso per tenerli sulle spine.

“…non è questo il punto più preoccupante che non ci fa dormire sereni, della vostra educazione. Il Re ed io…”

Ilya calcò come al solito la voce sul nome del Re per far intendere che ogni questione partisse da lui, ma i gemelli sapevano che il padre era un burattino nelle sue mani.

“…pensiamo che il vostro vivere in simbiosi, questo vostro eccessivo attaccamento sia malsano e deleterio per il vostro futuro.”

Kieran trattenne il respiro mentre un cupo presentimento gli oscurava il pensiero, gelido e pesante come un macigno.

“Morgan.”

Quando pronunciò il suo nome il fratello s’irrigidì maggiormente serrando i pugni e Kieran credette di sentire i suoi muscoli e i suoi legamenti tendersi fino allo spasimo.

“…il tuo carattere ribelle, forte e prepotente oscura la personalità di Kieran e questo nuoce alla sua indipendenza…”

“No, non è così.” protestò lui.

La voce gli uscì tremante, ma lui non poté trattenersi dal replicare. Ciò che Ilya diceva era terrificante perché lui sapeva già a cosa avrebbe portato tutto quello e la sola ipotesi era inconcepibile per lui.

“Ti prego di non interrompermi Kieran.”

Ilya lo riprese con tono calmo e pacifico e Morgan scattò rabbioso.

“Questo non è un soffocare la sua indipendenza?”

“Morgan.”

Quando posò lo sguardo sul gemello la matrigna non mascherò i suoi pensieri. Lo considerava un insetto fastidioso da schiacciare perché minava la sua autorità e il suo potere e in un modo o nell’altro lo avrebbe eliminato.

“Credete che liberandovi di me lo avrete in pugno.”

Morgan fuori di sé per la rabbia e la paura per il gemello fece un passo avanti a pugni serrati.

“Non lo conoscete se pensate questo. Kieran non sarà mai dalla vostra parte. Credete che sia io il punto forte, ma vi sbagliate.”

Controllando con maestria il furore che le si leggeva nello sguardo la Regina non fermò lo sfogo mentre Kieran impallidiva maggiormente ad ogni parola.

Quando Morgan finì di sputare il suo veleno sulla sua persona, Ilya si alzò con un sorriso.

“Hai appena confermato le mie parole piccolo sciocco, parli come se voi foste un'unica entità, ma non è così. Il vostro modo di vivere è sbagliato e il Re ha preso la decisione di mandarti a studiare presso il mago Hitzeden a Nedstar. È molto valido e severo e t’insegnerà quella disciplina che noi qui per troppa indulgenza non sappiamo inculcarti.”

“No.”

Kieran barcollò e Morgan divenne livido di rabbia e frustrazione.

“E’ assurdo, non potete farlo! Lexstates Dea del Destino non lo permetterà!”

Morgan s’appellò alla sua Dea per salvarsi, ma la matrigna sorrise soddisfatta.

“La Dea Lexstates non ha poteri decisionali sulla vostra educazione e il dono da lei donatovi si divide in due metà distinte. Persino lei ha capito che dovete crescere imparando a vivere ognuno senza l’altro e così farete da domani. Il Re l’ha deciso e i tuoi bagagli sono già pronti.”

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Capitolo 7
*** Il sacrificio ***


Telnar – Foresta di Pertinoc

 

Liam, scudiero di Telnar, si appoggiò con noncuranza ad un albero calando il cappello che lo proteggeva dal sole sugli occhi. Da li nessuno avrebbe fatto caso a lui e avrebbe potuto scrutare con calma la sua preda. In realtà il termine preda non era esatto per riferirsi alla Principessa Prudence perché era ben lungi dall’azzardarsi a guardare una delle Principesse in maniera più che mai distaccata. Se solo lo avesse fatto, guardarle in modo diverso, Zoe lo avrebbe accecato per poi portarlo a Orion perché lui potesse finirlo. Era proprio il Principe ad averlo inviato in missione per conto suo.

Ecco! La parola giusta…missione.

Prudence era la sua missione, in quanto lui doveva tenerla d’occhio per poi riferire al suo comandante Orion ciò che aveva notato tra lei e il Principe Ederik. Il Principe era molto preoccupato e a ben donde. Ederik in quel momento si stava esibendo in un esagerato inchino davanti alla Principessa Prudence seduta sotto un arco di arbusti che la riparavano dal sole. La giovane sorrise timidamente al Principe accettando con grazia la carne che lui le aveva allungato su di un tagliere.

Ederik arrossì fino alla punta dei capelli e piombò a sedere accanto a lei con la grazia di un orso. Prudence si scansò un poco con decoro sempre mantenendo un espressione soave sul viso.

Liam sghignazzò.

Possibile che l’imbambolato Principe non s’accorgesse della facciata falsa da angelo di lei? Prudence se lo rigirava come un pollo allo spiedo con quelle moine da gran signora o magari il suo vero io da Principessa, che peraltro lui non aveva mai veduto, sbocciava proprio dinanzi a quello che ormai non aveva più dubbi, fosse il suo innamorato.

Liam sospirò preoccupato e rammaricato. Non avrebbe voluto tradire la sua Principessa, ma il suo dovere era quello di servire il suo comandante e al ritorno da quella missione avrebbe dovuto riferire a Orion che i suoi dubbi erano più che fondati.

Distogliendo lo sguardo da ciò che lo faceva sentire così a disagio lo lasciò vagare per la radura. Kyrsen Principessa di Avatar sedeva su di una coperta trattenendo un grazioso ombrello sul capo, attorno a lei Rhiannon e Scarlet si rotolavano sull’erba ridacchiando mentre Chantal leggeva seduta in una posa rilassata. Liam non poté trattenere un sorriso quando vide Zoe, braccia incrociate e viso truce che teneva a bada gli scudieri e i cavalieri a debita distanza dalla distrazione chiamata Principesse.

Come sempre però Rhiannon non poteva passare inosservata e mentre Scarlet le faceva il solletico rideva in modo eccessivo attirando l’attenzione.

“Il fuoco e l’acqua.”

Scuotendo il capo Liam passò con lo sguardo dalla gattina selvatica bionda con i capelli arruffati, alla posata e tranquilla bellezza bruna che con un sorriso compiacente guardava la gemella lottare con la giovane Scarlet.

Proprio lei.

Se non ci fosse stata Scarlet tra le due gemelle non sarebbero state complete e lei rappresentava quella forza naturale che dava vigore e brio a Kyrsen e calma e riflessione a Rhiannon, ma per gli Dei come non invidiava quei quattro ragazzi che dovevano farle da scorta. Liam si beò delle tre figure gemendo piano.

Le sorelle di Telnar erano a modo suo tutte graziose, ma quelle tre erano pericolose come mine vaganti per il buon senso di ogni uomo.

“Liam!”

la voce di Zoe lo fece scattare e arrossire come un bimbo colto con le dita nella marmellata.

“Sì!”

Zoe a pochi passi da lui che non si aspettava una simile reazione lo guardò tra il divertita e lo spazientito.

“Pensavo ti stessi appisolando.”

“No, no. Ero solo soprappensiero.”

Zoe strinse gli occhi quando lui evitò il suo sguardo.

“Liam? Non mi dirai che anche tu…” la ragazza ormai al limite della sopportazione era pronta a riversare su di lui tutta la sua irritazione quando un movimento improvviso catturò la sua attenzione.

Kyrsen lasciò cadere di scatto l’ombrellino e si alzò in piedi cinerea in volto.

“Presto. Stanno per attaccarci.”

 

 

Nessuno che conosceva Kyrsen e le sue percezioni avrebbe potuto esitare un attimo al suo grido di allarme. Zoe corse al carro ordinando ai cavalieri di schierarsi in difesa delle Principesse.

“Da dove Kyrsen, quanti?”

Xavier corse dalla sorella che si stropicciava le mani agitata cercando di concentrarsi.

“Tanti Xavier, dal cielo.”

“Dal cielo?”

Il fratello sgranò gli occhi mentre i soldati si chiudevano a cerchio attorno a Chantal, Kyrsen e Rhiannon, Prudence accorse in un attimo scortata da un allarmatissimo Ederik.

“Dovrebbero nascondersi in un carro.”

“No.”

Zoe dinigò sopraggiungendo con Scarlet che si era precipitata a recuperare l’arco sacro di Diana.

“Sarebbero più a rischio. Accerchiatele e difendetele con la vita.”

Il Medaglione di Hellinat s’illuminò lievemente di una luce rossastra infondendole forza e coraggio. Zoe avvertì il suo calore attraverso la cotta di maglia.

“Dieci o cento non farebbero differenza per i cavalieri di Telnar. Il vostro obbiettivo non è la sconfitta del nostro assalitore, ma la difesa delle Principesse. Fate che il vostro comandante sia fiero di voi e non si penta dell’importante gesto di fiducia elargitovi assegnandovi la protezione delle loro vite.”

Xavier vide i volti tirati dei cavalieri distendersi in un espressione di pura esaltazione e reverenza verso quella ragazzina che camminava tra loro a testa alta impugnando il suo spadone da guerra come un veterano e seppe che il medaglione del carisma non era la sua unica forza.

“Arrivano.”

Kyrsen afferrò la mano di Rhiannon che risoluta, ma pallida scrutava il cielo. Un rumore sordo e costante accompagnato da acuti stridii si avvicinò da ovest mentre le chiome degli alberi si agitavano come scosse da forti raffiche di vento.

 

Gli avoral furono loro addosso in un attimo. Zoe non riuscì a contarli, ma erano decisamente troppi.

Mezzi uomini e mezzi uccelli, gli avoral combattevano calando su di loro dal cielo fulminei, micidiali e precisi. Nell’improvviso trambusto una cosa sola riuscì a penetrare nella sua concentrazione della battaglia, erano armati di spade e questo era un fatto anomalo. Quegli esseri umanoidi infatti combattevano con colpi delle loro ali possenti quando erano a terra e con gli artigli quando erano in aria, la guardia di difesa dei loro territori usava lance o armi li legno ma mai erano stati visti armati di armi di ferro o altre leghe metalliche.

Zoe si sentì percorrere da un senso di gelo alla vista degli esseri che come fulmini si abbattevano sul capo dei soldati con forza e ferocia. In pochi attimi molti di loro erano già feriti.

“Zoe non riusciamo a colpirli.”

Ederik al suo fianco fendette l’aria quando un avoral scartò la sua spada portandosi in salvo in alto a diversi metri da lui.

“Io sì.”

Senza alcuno sforzo Scarlet incoccò una nuova freccia. La punta di essa era formata da un bocciolo mettalicco di rosa nero. Quando micidiale e precisa la freccia partì in direzione della creatura mirata il bocciolo esplose in tanti minuscoli proiettili di petali affilatissimi che colpirono attorno a loro come rasoi implacabili.

“Attenta!”

Un petalo cadde accanto ai piedi di un cavaliere e Zoe si rivoltò contro Scarlet.

“Ottima arma, ma pericolosa. Non mirare sopra le nostre teste.”

Mentre un avoral scendeva ad attaccarla con una spada molto rudimentale, Zoe si rivolse ad affrontarlo perdendosi l’espressione rammaricata di Scarlet. Nel clamore dello scontro Scarlet cercò di allontanarsi. Zoe aveva ragione. Se avesse potuto appostarsi e mirare agli avoral più lontani sarebbe stato più saggio.

Nascondendosi nella foresta aggirò velocemente la radura e individuò il punto ideale.

“Il carro. Devo raggiungerlo, solo con il mio arco posso colpirli in volo.”

Lanciando un occhiata preoccupata ai molteplici esseri alati fece un respiro profondo e chiuse gli occhi.

“Proteggimi Cardia Dea della Natura.” Scarlet riaprì gli occhi di scatto poi corse a perdifiato verso il carro.

Fu troppo lenta.

Una creatura la adocchiò mentre cercava di raggiungere la sua meta e si precipitò in picchiata su di lei. L’esitazione che la colse, correre più veloce o fermarsi e incoccare una freccia, le sarebbe costata cara se all’improvviso una macchia scura non scattò fuori dalla foresta per attaccare alla gola la nerboruta creatura ibrida. L’avoral cercò di strapparsi di dosso l’essere che l’aveva aggredito, ma i canini affilati di Sabath lacerarono la sua carotide privandolo della vita ancor prima che se ne accorgesse.

“Sabath!”

Ad occhi sbarrati Scarlet vide il cucciolo di lupo alato staccarsi sanguinante dal suo nemico e fiondarsi su un nuovo obbiettivo con ferocia.

“Bestiaccia disobbediente dovresti essere a casa!”

Furiosa, ma grata, che il cucciolo affidatole da Cardia non avesse eseguito i suoi ordini di aspettarla ad Alturius e l’avesse seguita fin lì, Scarlet approfittò di quella inaspettata protezione e corse verso il carro arrampicandosi a cassetta. Puntò un piede sul sedile poi sollevò l’altro sulla spalliera e incoccò l’arco.

“Perfetto. E ora a noi maledetti. Sabath, fuori di lì!”

Il cucciolo non se lo fece ripetere due volte e mentre una nuova mortale freccia colpiva il bersaglio senza errore lui era già ai suoi piedi pronto a difenderla appena lei ne avesse avuto bisogno.

 

 

In ginocchio l’una stretta all’altra Kyrsen e Rhiannon cercavano di difendersi dai colpi degli avoral e dai corpi dei cavalieri che chiusi strettamente attorno a loro cercavano di proteggerle dagli attacchi. Rhiannon coprì il capo di Kyrsen con il proprio corpo proteggendo la sorella in un abbraccio disperato. Un cavaliere cadde accanto a loro e Rhiannon chiuse gli occhi per non vedere il suo viso sfigurato dagli artigli della creatura che lo aveva abbattuto. Le grida di Xavier si confondevano con le strida degli avoral.

“Non possiamo resistere a lungo. Non possiamo colpirli, ci faranno a pezzi. Dobbiamo arretrare nella foresta Zoe.”

“No!”

L’urlo furioso di Zoe le straziò il cuore. L’orgoglio era l’unica pecca di quella valorosa creatura, ma quanti di loro sarebbero sopravvissuti se avessero continuato a combattere. In quel momento Rhiannon provò un moto di stizza violento che si sovrappose alla paura, poi tutto tacque. Il suo capo scattò per volgere lo sguardo attorno a se. Ciò che vide la raggelò

Immobilità, silenzio, sangue, morte.

Tutto nella radura era fermo. Guerrieri con spade alzate e scudi in posizione di difesa, avoral in volo o immobili a terra. Feriti i cui tagli non sanguinavano più, grida e parole morte in gola. Rhiannon rimase stravolta mentre il mondo attorno a lei sembrava bloccato in una stasi magica.

“E lo è.”

Una voce profonda e marcata giunse dalle sue spalle e lei si volse di scatto mentre un onda di gioia pura incontaminata e devastante le mozzava il respiro. Lacrime istantanee le salirono agli occhi. Lentamente sotto di lei Kyrsen si sollevò scostandola da sé e tutto quello che lei aveva provato passò rapido a susseguirsi nel suo sguardo mentre lo lasciava a vagare attorno a se per posarsi poi sul Dio.

Hermus, Dio del Tempo-Spazio era fermo accanto ad un albero al limitare della foresta.

“Rhiannon, Kyrsen vi prego venite da me.”

A fatica, in quanto le gambe le tremavano in maniera incontrollabile Rhiannon si alzò aiutando la gemella a fare altrettanto,poggiandosi l’una all’altra.

Alto, maestoso e prestante. A corte il Dio sarebbe potuto passare per un nobile dei più facoltosi con i ricchi tessuti degli abiti lavorati finemente e l’eleganza e la postura fiera del suo aspetto, ma la sua innegabile aura di potere e la perfezione della sua bellezza non avrebbero dato adito a dubbi sulla sua discendenza divina.

Quando giunsero davanti ad egli, aggirando i corpi statici dei cavalieri le due ragazzine gli caddero ai piedi. Hermus sorrise loro con tenerezza.

“Se non conoscessi la vostra erudità e il vostro amore per gli astri e le scienze mi presenterei, ma immagino che con voi mie predilette non sia necessario.”

Rhiannon si riprese dall’emozione esercitando un notevole controllo sulla sua persona e i respiri profondi di Kyrsen le fecero capire che anche la gemella si stava riavendo dallo shock.

“No, mio Signore Hermus, le presentazioni non sono necessarie.”

“Ma necessario era il mio intervento.”

Cupo in volto, ora il Dio distolse la sua attenzione da lei per volgerla sulla radura.

“Una forza oscura molto potente manovra queste creature ed era mio dovere proteggere voi mie discepole da un orrenda fine sicura.”

Kyrsen rabbrividì a quelle parole. Sarebbe stata incauta a domandare ad un Dio di svelare ciò che sapeva sul loro nemico?

Gli occhi penetranti di Hermus la colpirono immergendosi nei suoi.

“Non incauta, ma astuta, la ragione infatti vi dice che noi Dei dovremmo essere a conoscenza di tutto ciò che accade su Lésin Rove, ma ahimè non è così.”

Kyrsen non si stupì del suo potere di leggerle la mente. Chi meglio di lei poteva capire il potere del pensiero, lei che così spesso ne aveva assaggiato le potenzialità.

“Ed è proprio questa la ragione per la quale vi ho scelte.”

Vedendo lo sguardo interrogativo di Rhiannon che non aveva compreso il loro scambio di battute, Hermus si affrettò a rassicurarla.

“Tua sorella ti spiegherà a tempo debito.”

Hermus sollevò un sacchetto di velluto ed estrasse dal suo interno due piccole sfere. Una bianca e una nera.

“Allungate la mano destra Rhiannon e voi la sinistra Kyrsen.”

Le ragazzine alzarono le mani tremanti e Hermus sollevò le sfere. Illuminandosi esse si portarono sulle mani delle giovani poi sparirono posandosi sulla loro pelle.

“ Da oggi il potere della BlackSphere sarà tua Rhiannon e tuo Kyrsen quello della WhiteSphere. Nessuno potrà mai privarvi del vostro dono, esso infatti ora fa parte integrante di voi. Potrete evocare le sfere chiamandole e allora esse diverranno visibili o potrete usare il loro potere semplicemente sprigionandolo dalle vostre mani.”

Kyrsen si guardò la mano dove ora sul dorso una mezza luna bianca come un tatuaggio faceva bella mostra di sé.

“Il potere delle sfere è potente e in esso sono racchiusi diversi incantesimi molto potenti. Troverete al vostro ritorno ad Avatar un libro in biblioteca, un tomo molto pesante e antico che solo voi potrete leggere e che vi parlerà dei poteri delle sfere.”

Rhiannon annuì commossa e Hermus tornò a sorridere.

“Ma dovete sapere che il vostro vero potere è più grande delle sfere ed è prettamente mistico e spirituale. Se un giorno riuscirete ad entrare in perfetta armonia con i vostri doni scoprirete che in realtà siete voi il potere più grande e loro solo i mezzi di espansione del potente dono che in realtà portate già dentro di voi.”

Rhiannon si passò una mano sul cuore d’istinto poi altrettanto inconsciamente prese la gemella per mano. Hermus annuì poi spostò lo sguardo oltre la radura.

“Un avvertimento, ricordatevi che per quanto il vostro potere possa essere grande ci saranno sempre creature nell’universo che potranno esserne immuni. Ricordate le mie parole, tenetele bene a mente.”

Kyrsen e Rhiannon si voltarono per seguire lo sguardo del Dio. Seduto in una posa di attesa. Sabath il cucciolo di Scarlet guardava verso di loro con sguardo vigile e attento. Non era stato fermato dal tempo come tutti gli altri essseri presenti nella radura.

“Ma come può essere?”

Kyrsen si volse verso Hermus, ma il Dio era già scomparso, nemmeno un battito di ciglia e attorno a loro tornò a scoppiare l’inferno.

 

“Ma maledizione.”

Nuovamente al centro della battaglia, sconvolta e incerta a Rhiannon sfuggì un impropero contro la drastica e fuggevole visita di Hermus scomparso così velocemente e senza preavviso.

“Rhin che facciamo?”

Kyrsen l’afferrò per mano aggrappandosi poi al suo braccio. Rhiannon alzò la mano destra col palmo rivolto verso l’alto.

“BlackSphere.”

Concentrandosi mentalmente sulla mezza luna nera che spiccava sul suo dorso la Principessa evocò il potere della sfera nera. Un formicolio partì dal centro del suo essere percorrendo velocemente il suo corpo e raggiungendo il braccio destro.

Come un liquido caldo viaggiante nelle sue vene ,correndo a velocità elevata in ogni capillare del suo corpo, così la magia della BlackSphere l’attraversò riversandosi in un attimo nel suo palmo. Una sostanza simile al vapore scura uscì dai suoi pori vorticando come un minuscolo tornado tra le sue dita semi chiuse, poi Rhiannon gioii di quella sensazione al contempo gradevole e sgradevole fino a che scomparve lasciando una sfera di una spanna di diametro sospesa sul suo palmo ora asciutto ed estremamente caldo.

Kyrsen accanto a lei non tentennò un attimo di più e imitò la gemella. Pochi attimi e il suo palmo gelato controllava una sfera candida al cui interno una densa nebbia bianca vorticava piano.

“Ed ora?”

Kyrsen si rivolse alla sorella, ma la risposta alla sua domanda arrivò dritta nella sua mente da una forza telepatica ormai conosciuta.

Vi guiderò io in questo primo passo. Sollevate le sfere davanti a voi e mantenete il contatto.”

Rhiannon annuì alla voce di Hermus e sollevò la BlackSphere dinanzi al cuore, intrecciando poi le dita della mano libera con quella della gemella.

“Siamo pronte.”

 

 

Cento anni non sarebbero bastati a Xavier per riaversi dallo stupore di quello che vide quando un incauto avoral, sceso a terra per attaccarlo con la spada, cadde ai suoi piedi dopo un fendente micidiale colpo della spada Enat fiammeggiante, lasciandogli il campo visibile davanti a se.

Rhiannon e Kyrsen non erano più al centro del cordoglio dei cavalieri. Con frenesia le cercò nella radura con il cuore in gola e le vide. I suoi occhi si sgranarono stupiti alla vista delle due sfere che reggevano in mano. Le gemelle studiavano stregoneria da un paio d’anni ma mai le aveva sentite parlare di sfere magiche in loro possesso.

Una avoral piombò su di lui dal cielo, ma Xavier rispose lesto al suo attacco colpendo il nemico ad una zampa che si ritrasse con un colpo d’ali allontanandosi velocemente. Quando tornò a guardare le gemelle il respiro che aveva appena espirato si mozzò.

Si stavano sollevando da terra!

Avrebbe voluto urlare, ma non vi riuscì. Girando attorno formando in piccolo cerchio in aria le sue sorelle si sollevarono a diversi metri da terra mentre un vento forte sollevatosi all’improvviso vorticava loro attorno scompigliando le loro vesti e i capelli.

“Per gli Dei.” quel sussurrò fu l’unica cosa che riuscì a invocare come una preghiera.

Rhiannon e Kyrsen si staccarono e una dinnanzi all’altra sollevarono con entrambe le mani le sfere in alto sopra il capo. I due globi galleggiarono tra le loro dita, mentre le loro chiome sollevate in aria creavano un effetto stupefacente unendosi in trame intrecciate, ma senza mai entrare nel campo di forza delle due sfere. Poi tra lo stupore generale e le grida degli avoral esse si sollevarono maggiormente distaccandosi dalle gemelle e si unirono divenendo un unico globo diviso in due perfette metà, una bianca e una nera, poi per li avoral non ci fu più scampo.

Fasci di luce argentee e oscure presero ad uscire dalla sfera magica che roteava come impazzita colpendo gli esseri in volo. Lo scopo dell’azione fu chiaro molto presto. Le sfere non solo ferivano i nemici, ma li colpivano anche alle ali facendoli precipitare al suolo. L’urlo di battaglia di Zoe lo riscosse dal suo torpore e Xavier si lanciò nella mischia con Enat che ora poteva colpire senza mancare mai il suo bersaglio.

 

 

Ederik non riuscì a quantificare mai quanti nemici avesse ucciso o quanto fosse durato quello scontro. Seppe solo che grazie alle magie di Willard e a Konrad che gli proteggeva le spalle si ritrovò alla fine con un unico taglio profondo, ma non gravissimo, sull’avambraccio sinistro e un graffio quasi insignificante sul petto. Le braccia gli dolevano e la spada gli cadde di mano quando riuscì ad aprire le dita rigide, ma si era battuto con coraggio e forza e un sorriso gli spuntò improvviso sul volto. Knich Valere, il suo mentore, sarebbe stato fiero di lui. Ma il suo sorriso fu di breve durata quando si guardò attorno.

Dieci dei trenta cavalieri di Telnar che erano partiti dal loro paese non sarebbero più tornati e quel fatto era ben evidente a prima vista purtroppo perché i loro corpi erano stati dilaniati senza pietà.

Ederik ricordò un immagine di uno di loro sollevato in aria da due avoral e scuotendo il capo con forza cercò di allontanare quella visione per soffocare anche il volta stomaco che l’odore di sangue e quel pensiero gli avevano provocato.

“Tutto bene?” Konrad gli poggiò una mano sulla spalla.

Ederik annuì. “Sì e voi?”

Willard si avvicinò, era scosso e un po’ malandato, ma vivo.

“Sono orgoglioso e fiero di voi, palerò delle vostra gesta di oggi a mio padre il Re con infinita solerzia.”

Konrad si strinse nelle spalle con modestia e Willard si gonfiò di orgoglio poi lo sguardo di Ederik corse a cercare Prudence e quando la vide abbracciata a Zoe si rincuorò. Le avrebbe lasciato il tempo di riprendersi prima di avvicinarla per darle conforto. Stava per accingersi a controllare l’intera situazione attuale quando un urlo angosciato gli gelò il sangue nelle vene.

 

 

Liam singhiozzava penosamente. In ginocchio reggeva il suo corpo dondolandosi avanti indietro come impazzito.

Che la battaglia fosse vinta e finita da un po’ per lui non aveva importanza dal momento che ella si era gettata su di lui per salvargli la vita, sacrificando la sua. Un manto nero lo aveva avvolto quando i suoi dolci occhi si erano chiusi e lui aveva capito che la spada che l’aveva trafitta le aveva centrato in pieno il cuore uccidendola all’istante.

L’avoral che lo aveva attaccato alle spalle giaceva morto a qualche passo da lui,ma Liam non lo vedeva. Il suo capo era immerso nei suoi profumati capelli castani ormai madidi delle lacrime versate. Il sangue che andava rapprendendosi univa la sua veste alla sua camicia, ma nulla di tutto quello riusciva a penetrare nella spessa coltre di dolore che provava.

Chantal era morta per lui e la sua anima con lei.

 

Prudence svenne ed Ederik non ebbe nemmeno la forza di soccorrerla mentre fissava inebetito Zoe che cercava di strappare il corpo di Chantal dalle braccia di Liam con furia cieca. Xavier corse a fermarla, l’unico che potesse farlo, l’unico che potesse sollevarla mentre scalciava come un ossessa urlando ogni genere di improperio contro di lui e contro tutto quello che le girava attorno.

Mentre Leine con una delicatezza a lui sconosciuta convinse lo scudiero a lasciare il corpo della Principessa e Willard già al suo fianco ne accertava il decesso, Scarlet abbracciò il giovane.

Zoe fu al suo fianco dopo aver assestato un gancio a Xavier da farli sanguinare il naso e dopo aver ascoltato il cuore della sorella lanciò un grido terrificante abbracciandone il corpo come se volesse darle una parte della propria vita.

Kyrsen e Rhiannon caddero in ginocchio sconvolte, Xavier incurante del sangue che gli usciva dal naso le raggiunse e si lasciò cadere accanto a loro accogliendole fra le sue braccia.

Ederik provò a sentire. Sentire il dolore assalirlo, sentire le lacrime salirgli agli occhi, sentire la rabbia per ciò che era appena accaduto, ma nulla. Il vuoto che aveva dentro lo lasciò immobile e fisso a guardare dinnanzi a se.

Chantal non c’era più, quella era l’unica cosa che sentiva.

 

Alyssa stava compitando una tabella quando una morsa gelida come una mano che le stritolasse il cuore l’afferrò al petto. Il gessetto che aveva in mano cadde a terra infrangendosi in diversi pezzi. La signorina Betany sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo, gli occhialini sul naso e l’espressione accigliata inaspriva il suo viso rugoso, ma dolce.

“Milady se continuate di questo passo finirete le scorte di gessi di tutto StarlightSky.”

Rimproverandola senza troppa severità tornò al suo libro, ma dopo un attimo risollevò lo sguardo. La giovane Principessa aveva il volto terribilmente cinereo e marmoreo. La sua pelle tirata era ricoperta da un lieve strato di sudore.

“Lady Alyssa? Non vi sentite bene?” la voce della bambina suonò atona.

“Chantal è morta.”

La donna si alzò facendo cadere il libro.

“Alyssa che dite?”

Alyssa non la vide, non la sentì. Con un unico gesto rabbioso allontanò la sedia e corse fuori dalla stanza ignorando i richiami dell’istitutrice.

Era morta! Come era morta? Cos’era successo? Com’era possibile?

Non sapeva la ragione per la quale era convinta di quella cosa, era come se all’improvviso lei avesse saputo. Qualcosa dentro di lei era andato in frantumi come il gesso nella stanza degli studi. Correndo a perdifiato giù dalle scale cadde sul pianerottolo, ma si rialzò all’istante.

Doveva vedere. Doveva sapere. Finché non avesse appurato non avrebbe creduto, accettato.

Eppure lo sentiva, era come se lei fosse li, dove, ne era certa, la sua amatissima sorella aveva perso la vita. Sfrecciò attraverso corridoi e stanze, sbatté il fianco contro un tavolino, continuò la sua corsa, gli occhi dei servi che la guardavano stupiti non la sfiorarono nemmeno.

Il portone d’ingresso si aprì e Krevi, il maggiordomo, entrò con una missiva. Alyssa lo scartò velocemente e saltò i gradini d’ingresso. Attraversò la corte e svoltando un angolo si diresse verso le scuderie. Aveva appena attraversato il campo di addestramento quando due braccia forti l’afferrarono sollevandola.

Alyssa non si mosse mentre il suo petto ansante si sollevava e abbassava freneticamente. Kryan Lerner la rimise a terra dopo averla afferrata al volo. Era da un po’ che la seguiva con lo sguardo e qualcosa nella sua espressione lo aveva turbato.

“Monella che combini?”

La piccola aveva una sbucciatura sanguinante su un ginocchio e il vestito strappato su un fianco. Alyssa lo fissò, le labbra socchiuse mentre il respiro usciva affannoso, lo sguardo vitreo.

“Chantal è morta.”

Una sensazione di gelo lo pervase, i peli sulle braccia si rizzarono istantanei.

“Un brutto sogno? Ti sei appisolata a lezione?”

Non credeva nemmeno lui a ciò che le chiedeva, ma doveva sondare perché lei gli stava facendo paura.

“No Kryan, portami da lei, Chantal non c’è più.”

Il Cavaliere Mistico cadde su un ginocchio e le poggiò le mani sulle spalle, ora era alla sua altezza.

“Alyssa, Chantal è protetta e al sicuro. Viaggia verso Argandh, dovrebbe essere a metà strada ormai.”

“Kryan.”

Alyssa allungò le piccole mani verso di lui posandogliele sulle guance.

“Chantal è morta. Portami da lei ti prego.”

Il suono angosciato, ma terribilmente calmo della sua voce lo fulminò come una folgore a ciel sereno. Le mani attorno alle sue esili spalle si irrigidirono.

“Facciamo così.Ora ti prendo in braccio e ti porto da tua madre e ti giuro, ti prometto su ciò che di più caro ho al mondo che correrò da Chantal e solleverò mari e monti per portartela sana e salva. Ti fidi di me Alyssa?”

La bambina rimase impassibile e fissa, ma lentamente annuì.

“Fai quello che puoi Kryan.”

 

Zoe sistemò le staffe della sella anche se sapeva di non averne alcun bisogno. Avevano scaricato i carri, il primo ora era carico di avoral che avrebbero consegnato al Re per poterli esaminare. Era sempre più convinta infatti non facessero parte della colonia che abitava sull’isola a largo delle coste di Avatar. Il secondo carro portava avvolto in un feretro bianco il corpo di Chantal.

Zoe poggiò il capo contro il collo del suo destriero cercando di controllarsi. Come avrebbe fatto a vivere con il peso sulla coscienza della morte della dolce e amorevole sorella? Come avrebbe fatto a guardare negli occhi i genitori quando il suo cocciuto orgoglio aveva ucciso Chantal? Come poteva dire ad Alyssa e Orion che lei non c’era più?

“Zoe.”

Xavier alzò una mano per carezzarle il capo, ma poi lo riabbassò. Vide le sue spalle alzarsi mosse da un profondo respiro poi lei si volse.

“Ti devo le mie scuse.”

“No.” Xavier scosse il capo senza riuscire a guardarla.

“No, non dirlo mai. Avrei reagito forse peggio di te nella medesima situazione.”

Zoe non replicò e si limitò a poggiargli una mano sul braccio, poi con un balzo montò in sella.

“”Ti prego dai tu l’ordine. Ritorniamo a StarlightSky.”

“Certo.”

Xavier si volse proprio mentre sopraggiungeva Kilian al galoppo dal fondo della carovana.

“Zoe per tutti i fulmini vieni a vedere.”

Lo sgomento dei suoi occhi le fece girare il cavallo di scatto rischiando di colpire nuovamente Xavier e nemmeno badò al tono confidenziale del giovane scudiero, in certe situazioni le formalità non esistevano.

Mentre spronava il cavallo dietro a quello di Kilian, Zoe vide con la coda dell’occhio Xavier correrle dietro e Prudence ancora in lacrime seduta dinnanzi a Ederik sul suo cavallo, se le sembrò sconveniente non ci fece caso.

Lo scudiero la condusse verso l’ultimo carro e passando dinnanzi al primo che portava il suo funereo fardello voltò lo sguardo, codarda e dilaniata dal dolore. Ma il dolore fu per il momento sostituito dalla rabbia quando giunta a destinazione trovò il mezzo vuoto.

“Dove sono i corpi degli avoral?”

Chiudendo la mano a pugno, Zoe sentì la collera infiammargli le vene e ridare calore al suo corpo.

“Non riusciamo a capire Zoe, sono scomparsi.”

Dall’altra parte del carro Leine aveva il suo stesso sguardo omicida mentre indicava la pila di corpi ammucchiati accanto agli alberi, anch’essi ora scomparsi.

“Svaniti nel nulla, come se non fossero mai esistiti.”

“No.” Zoe sbatté con violenza il pugno sulla sponda del carro innervosendo il cavallo che scartò di lato.

“Com’è possibile. Che siano dannati. Come possono scomparire, erano reali per gli Dei, non illusioni. Erano reali quelle bestie, quelle orrende creature. Li c’è la prova!”

E con tutta la rabbia che ora la sosteneva si volse verso il feretro di Chantal, ma le parole le morirono in gola. La salma di sua sorella era svanita.

 

 

Hamon, Dio del Bene, sfiorò con le dita i capelli della giovane. Il suo bel viso si distorse in una smorfia di disappunto notando che stavano già perdendo di lucentezza. Come aveva fatto a permettere ciò? Stizzito voltò le spalle alla creatura senza vita adagiata sull’altare. Avrebbe dovuto sorvegliarla di più, invece di…

Hamon afferrò una panca e la scagliò con forza contro il muro mandandola in mille pezzi.

“Non doveva succedere!”

I vetri della cupola tremarono dinnanzi alla collera del Dio. Lei si era sacrificata per il bene di un servo! In quale essere esistente su Lésin Rove avrebbe trovato lo stesso altruismo, lo stesso amore per il prossimo, la stessa passione per il bene e la giustizia. Per questo aveva scelto lei e ora non l’aveva più. Nessuno era più meritevole di quella creatura di portare il suo nome e il suo credo nel mondo. Nessuno avrebbe potuto sostituire la sua bontà e la sua devozione.

Il suolo iniziò a tremare mentre lui stringeva i pugni, arrabbiato con se stesso e con la sua manchevolezza. Quando la collera scemò in lui permettendogli di ragionare con lucidità, Hamon si aggiustò le vesti e passò una mano tra i capelli. Vi era un'unica soluzione a quella spiacevole situazione e lui avrebbe usato tutte le sue carte per risolverla nel modo migliore.

 

“Hamon sapete che quello che mi state chiedendo è impossibile.”

Tibos Imperatore Unicorno si alzò dal trono e prese a passeggiare per la sala.

“Vi prego mio Signore, solo voi potete ridare la vita a quella giovane senza incorrere in conseguenze pericolose.”

“Amico mio.” Tibos si girò a guardare il Dio che era rimasto in ginocchio dal primo momento in cui aveva iniziato a perorare la sua causa.

“Sarebbe un grave squilibrio sulla bilancia della libertà di esistenza che abbiamo dato agli esseri umani. Le leggi parlano chiaro, nascono, vivono e muoiono come meglio credono. Questo è il percorso della loro esistenza e noi non possiamo interferire.”

Hamon soffocò il gemito che gli era salito alle labbra.

“Lei era speciale, era destinata a divenire il mio Cavaliere.”

“Ah.” Il monosillabo secco dell’Imperatore risuonò nella sala vuota.

“Ne troverete un altro. Mi rammarico molto di questo, ora sarà dura sostituirla, sia per voi che per la vostra causa, ma le cose non cambieranno.”

Tibos volse le spalle al Dio che con risoluzione si alzò. Non avrebbe mai voluto arrivare a tanto, ma se non intendeva cedere doveva spingersi fino al limite.

“Questo spiacevole incidente potrebbe nuocere a…”

Il Dio venne interrotto dalla porta che si aprì mentre Tibos furente per le parole di Hamon, che sapeva a cosa alludevano, si girava di scatto.

“Mio Imperatore perdonatemi, ma Knich Valeré sta torturando tutti i vostri servitori, desidera parlarvi con urgenza e non demorde.”

Gli occhi di ghiaccio di Tibos si strinsero in due fessure minacciose. Ammonì con lo sguardo Hamon intimandogli di tacere.

“Fatelo entrare dunque.” con studiata lentezza l’Imperatore tornò al trono e Hamon si ritirò nell’ombra.

Knich entrò con passo marziale nella sala.

“Imperatore, mi scuso per questa intrusione.”

“A ben donde Valeré, con quale diritto vi permettete di venire nel mio palazzo a tiranneggiare.”

Knich non si scompose dinanzi alla sua ira.

“Il diritto datomi come portavoce di un Regno devastato dal dolore Altezza. Chantal Ready, Principessa di Telnar e deceduta ieri a causa di un attacco ai danni della carovana che l’accompagnava su Argandh dove avrebbe servito il Dio Hamon per divenire un chierico.”

L’attenzione del giovane si spostò in un punto nell’ombra dietro all’Imperatore per poi tornare su di lui.

“Avoral, sono stati loro ad attaccarli.”

L’Imperatore si accigliò.

“Strano, gli avoral vivono in pace su Lésin Rove.”

Knich annuì.

“Di solito sì, ma questi attacchi insoliti non sono nuovi su Lésin Rove. Stiamo cercando di lavorarci e presto arriveremo alla risoluzione di quella che potrebbe essere una cospirazione molto pericolosa.”

“Cercate di giungere in fretta al nocciolo del problema e debellarlo. Certi fatti non dovranno più accadere.”

Knich serrò la mascella stizzito, ma per il bene di Kryan e del favore chiestogli da egli tacque.

“Certo Altezza. Comunque sono qui per appellarmi alla vostra grandezza. Il corpo della giovane Chantal è scomparso poco dopo il suo decesso ed è introvabile. Non posso trovare le parole adatte per rendervi il dolore dei parenti della Principessa che non hanno un corpo da piangere e non capiscono la ragione di questa scomparsa.”

“Che cosa mi state chiedendo Knich?”

Knich prese un grosso respiro e s’inginocchiò, stupendo persino l’Imperatore.

“Pietà. Vi sto chiedendo pietà e il vostro aiuto. So che voi potreste trovarla e ridare pace a quelle persone. I giovani Principi di Telnar saranno segnati a vita da quello che è successo. Aiutateli almeno ad avere il se pur minimo conforto di una tomba su cui pregare e piangere. La Principessa Chantal era un anima pura e rara. Il sostegno di quella famiglia di guerrieri che a volte trascurano troppo i sentimenti a favore delle armi. La Principessa era l’amore grande e incontaminato di una piccola Principessa che non riesce nemmeno a piangere tanto è il dolore che la pervade.”

“Alyssa...”

Tibos lasciò vagare lo sguardo lasciando quel nome disperdersi nel silenzio. Quando tornò a guardare Knich non lasciò trapelare nessuna emozione.

“Potete andare Valeré, farò quello che posso.”

Knich tentennò, ma poi omaggiò l’Imperatore e si congedò, sapeva con le sue ultime parole di aver fatto tutto quello che era in suo potere. Quando le porte si richiusero alle sue spalle Tibos sorrise senza farsi vedere da Hamon, poi parlò.

“Portatemi da lei.”

 

Quando riaprì gli occhi Chantal si trovava stesa su di una lastra di marmo fredda. Si alzò confusa per ritrovarsi in un tempio bellissimo. Sentendosi un po’ debole e scossa si mise a sedere con calma e quando tornò ad alzare il capo si ritrovò di fronte il Dio Hamon. Un esclamazione stupita le sfuggi dalle labbra prima che la mano salisse a coprirle.

“Chantal, ben tornata tra noi.”

Il sorriso perfetto e bellissimo del Dio le scaldò le membra intorpidite.

“Ti chiederai cosa succede. Te lo spiego. La tua bontà, la tua prodezza e il tuo senso del bene ti hanno portata a compiere il gesto estremo di sacrificare la tua vita per il bene di un ragazzo.”

Gli occhi di Chantal si dilatarono mentre ella ricordava la battaglia.

“Il tuo gesto d’amore ti ha privata della vita, ma ti ha anche concesso una seconda possibilità. In fede mia non credo che ci sia altro essere umano più giusto per il compito che io sto per assegnarti.”

Hamon fece apparire un bastone bianco tra le sue mani e Chantal abbassò il braccio per scoprire le labbra.

“Questo è Sorivan, un manufatto sacro molto potente che ti aiuterà nel tuo compito di Cavaliere attraverso il tuo tumultuoso cammino. Sarai la mia voce tra il popolo e porterai la mio fede come Primo Chierico del Bene.”

Hamon tacque e lei scosse piano il capo.

“Io…io non so cosa dire.”

Il Dio allungò una mano e Chantal esitante la prese. Il tocco dell’essere divino le ridiede tutte le forze perdute lasciandola colma di un benessere e di una pace mai provati prima.

“Non devi dire nulla Chantal, la tua fede incondizionata è il ringraziamento più grande che tu possa elargirmi.”

Hamon l’aiutò a mettersi in piedi e un attimo dopo mentre lei era persa nei suoi occhi celesti, il mondo attorno a loro cambiò e si ritrovarono nel giardino fiorito di StarlightSky. Chantal si guardò attorno smarrita mentre Hamon la lasciava andare.

“Ritorna dai tuoi cari che ti credono perduta.” la giovane annuì.

“Sappi che coloro che ti sono accanto ti amano infinitamente. L’anima meravigliosa che possiedi ti rende unica e speciale agli occhi e nei cuori di chi ti è accanto. Non dubitare mai della tua fede e di ciò che sei.”

Ancora senza fiato e parole, Chantal commossa tornò solo ad annuire, poi il Dio si avvicinò maggiormente e la baciò sulla fronte. Quando le sue labbra toccarono la sua pelle lei si sentì bruciare come se l’avessero marchiata per sempre.

“Ciò che è accaduto ieri non accadrà più. Quando sarai in pericolo, ora lo saprò.”

Lasciandola imbambolata e scossa Hamon le sorrise un ultima volta poi scomparve.

“Arrivederci Chantal.”

Non seppe nemmeno quanto tempo rimase immobile a fissare il punto in cui l’essere supremo, il Dio del Bene Hamon aveva fatto di lei una sua Protetta. Le sue parole l’avevano colpita nel profondo e Chantal ripensò all’infinito a quell’incontro magico. Sarebbe rimasta forse lì anche per giorni persa nelle emozioni di ciò che era successo, ma qualcuno aveva già saputo del suo arrivo. In meno che non si dica un impazzita di gioia Alyssa, le si attaccò al collo con un balzo. Chantal dovette assistere al caloroso incontro con i suoi congiunti e successivo banchetto, per tutto il tempo con Alyssa in braccio fino a notte fonda quando, con un ultimo bacio la lasciò sfinita dal sonno nel suo letto.

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Capitolo 8
*** Il compleanno di Ederik ***


Anno 524

 

Leine Birmangh di Rusgar -18 anni

Ederik Birmangh di Rusgar -16 anni

Orion Ready di StarlightSky -19 anni

Prudence Ready di StarlightSky -16 anni

Alyssa Ready di StarlightSky -12 anni

Tristan Vinnian di Ictar -17 anni

Kieran Vinnian di Ictar -16 anni

Wainwrit Vinnian di Ictar -14 anni

Quinn Theeros di Nedstar -16 anni

Iona Theeros di Nedstar -13 anni

Vivien Lorcain di Pargaskor -17 anni

Nami Myron di Lobor

Hayleen Myron di Lobor

Scarlet Leigh di Alturius -14 anni

Rhiannon Fraystor di Avatar -15 anni

Kyrsen Fraystor di Avatar -15 anni

 

Regno di Rusgar – Stagione dei Soli

 

La Regina Marien di Rusgar uscì dalla sua stanza scortata dalle sue dame di compagnia. Quell’ultima settimana era stata molto pesante per lei e con l’avanzare dell’età il riposo pomeridiano diveniva sempre più lungo. Ricevere tanti Principi per il compleanno di Ederik richiedeva molto impegno e organizzazione. Con un sospiro la Regina pensò che sinceramente non vedeva l’ora che finisse,non era più così giovane da amare certe feste in grande stile. Quella sera si sarebbe tenuto il gran banchetto e l’indomani, lentamente e con ordinata successione le corti dei vari Regni avrebbero dovuto abbandonare Rusgar nell’ordine prestabilito, ma lei già sapeva che il caos alla fine avrebbe regnato sovrano facendola ammattire e correre per tutto il castello per altri tre giorni.

“Avreste dovuto riposare ancora Maestà, siete davvero molto pallida.”

Marien si volse verso la contessa di Reville con sorriso stanco.

“I miei ospiti necessitano della mia presenza, mi sono allontanata troppo anzi.”

Mentre la contessa le ribadiva che si stancava davvero troppo per la sua salute alquanto cagionevole, Marien per poco non andò a scontrarsi con Ederik, che appena svoltato l’angolo dinanzi a loro stava correndo come una furia a testa bassa.

“Attenzione!” la contessa lo ammonì appena in tempo e il figlio scarmigliato e sporco dalla testa ai piedi si bloccò all’istante evitando per poco di urtarle .

“Ederik che modi sono questi?”

Leggermente spaventata perché non si era aspettata una simile irruzione, la madre lo redarguì con voce un po’ severa portandosi una mano al cuore. Ederik a capo chino omaggiò le signore, ma tenne lo sguardo fisso a terra cercando di controllare il battito impazzito del cuore e il respiro ansante.

“I miei omaggi Madre. Buon pomeriggio Dame. Mi scuso per la mia condotta, ma andavo di fretta.”

Marien alzò un sopraciglio sospettosa. Qualcosa nel suo tono tirato e nel suo evitare i loro sguardi la insospettì subito. Suo figlio non era tipo da trascurarsi a quel modo il giorno della sua festa e lei lo conosceva abbastanza da capire che qualcosa non andava.

“Signore per cortesia precedetemi nella sala del tè e avvertite Miss Land che può iniziare a servire tra dieci minuti, le altre dame posso attendere.”

Le donne annuirono e inchinandosi si allontanarono. Ederik irrigidì leggermente le spalle.

“Tesoro, guardami.”

Lui mantenne lo sguardo fisso sulle sue scarpe, sapeva già che se l’avesse guardata, se avesse alzato gli occhi sul suo volto dolce e amorevole lei avrebbe capito subito cos’era accaduto.

“Non è dal mio adorato ed educato figlio correre per i corridoi del palazzo, coperto di fango, con le mani, che hai cercato di nascondermi, escoriate e i pantaloni strappati, invece di essere in giardino a festeggiare il suo compleanno. Cosa è accaduto Ederik?”

Il Principe continuò a tacere e lei gli si avvicinò maggiormente, poi con delicatezza gli poggiò una mano sotto in mento per sollevargli il viso. Ederik cercò di opporgli un ultima resistenza poi cedette ben consapevole che non lo avrebbe lasciato andare finché non le avesse parlato, così la guardò cercando di mascherare ciò che provava.

“Nulla che non si possa sistemare con un cambio d’abito e una ripulita madre.” cercò di sorriderle, ma lei non gli credette nemmeno per un attimo.

“Cosa ti ha spinto a fare a pugni in una giornata così lieta per te? Non sei un ragazzo rissoso e sicuramente non hai dato il buon esempio se sei stato veduto.”

Il lampo di tristezza e collera che gli oltrepassò lo sguardo le fecero capire il problema e Marien sospirò dispiaciuta.

“Leine. Nevvero?” Ederik distolse gli occhi.

“Perché vi siete scontrati oggi? Non potreste lasciare i vostri dissapori in disparte almeno per una giornata?”

“Non dovete preoccuparvi madre non è successo nulla di grave.”

“Però lo dici senza guardarmi negli occhi Ederik e ormai conosco abbastanza bene i vostri litigi da poter dire con assoluta certezza che non nascono mai per nulla e non finiscono mai in modo leggero.”

Questa volta la guardò non potendo più tenersi dentro il peso che lo opprimeva.

“Ha voluto battersi, voleva deridermi e mettermi in ridicolo. Ancora! Proprio oggi! Non sopporta che la gente mi ascolti e mi rispetti anche se non parlo di combattimenti o armi. Mi considera ancora il ragazzino spaurito e inerme di qualche anno fa.”

Ederik strinse i pugni cercando di placare la rabbia con grossi respiri.

“Ma lei non c’era il giorno in cui ho assistito alla tragedia che ha colpito Dustin sull’isola. Lei non può capire cosa ho provato quando abbiamo rischiato di perdere Chantal! Sono cambiato madre!”

Si sbatté la mano aperta sul petto.

“Non sarò un ragazzo votato alle armi e al comando, ma non sono più uno spaurito vigliacco e sono stanco dei suoi sberleffi. Allora l’ho affrontata e battuta, nonostante lei abbia usato scorrettamente il suo potere, ma…”

Ederik s’interruppe non volendo proseguire. Non amava la sorella come un tempo quando l’ammirava e stimava, ma non l’avrebbe messa nei guai. Marien però sapeva quello che lui taceva o almeno lo immaginava dall’espressione ferita di lui.

“Non volendo accettare la sconfitta ti ha di nuovo sottolineato che lei è stata scelta dal Dio Seth mentre tu da nessuno.”

Quelle parole se pur veritiere furono ancora più amare sentite da lei. Ederik barcollò leggermente e non fu in grado di negare. La Regina sospirò amareggiata toccandosi la fronte in un gesto di sconforto.

“Io non vado poi così fiera che mia figlia possieda il favore del Dio del Caos, Ederik.”

Stupito dalla sua rivelazione Ederik sgranò gli occhi.

“Leine è sempre stata inquieta e indomabile, ma da quando è stata scelta non è più la stessa. Credo che tua sorella non riesca a gestire bene il suo potere e questo la porti ad agire con maggiore egoismo e cattiveria.”

Marien si accorse di aver parlato più del dovuto. Aveva espresso un pensiero che da tempo la preoccupava, ma non avrebbe dovuto farlo dinnanzi ad Ederik. Sorridendogli scosse piano il capo come per alleggerire quel cupo presentimento.

“Tua sorella ti vuole bene e credo che a modo suo lei cerchi di spronarti a fare del tuo meglio perché percepisce il tuo malcontento per questa situazione. So che il suo non è il comportamento più…diciamo, adeguato o giusto, ma devi cercare di sopportare.”

Non volendo chiedere spiegazione delle parole della madre sulla sorella e il Dio Seth, avendo colto il suo disagio dopo averle espresse, lui cercò di assecondarla.

“Lo faccio madre, ma a volte ho l’impressione che Leine si vergogni di me.”

“No.”la sua risposta fu immediata.

“No, non lo devi pensare Ederik. Tu vali tantissimo e lei lo sa, è che cerca solo di aiutarti, sbagliando atteggiamento forse, ma non agisce certo in mala fede. Ne sono convinta.”

Lui no,non lo era per nulla ma non voleva impensierire ulteriormente la madre. Rifiutandosi però nel contempo di accettare in modo ipocrita una versione dei fatti a cui lui non credeva per nulla, decise solo di congedarsi rasserenandola.

“Vi prometto che farò del mio meglio perché cose così spiacevoli non accadano più. Andrò d’accordo con Leine e voi non angustiatevi ne per me, ne per lei. È davvero in gamba e con il duro allenamento a cui si sottoporrà nel suo nuovo viaggio tornerà di nuovo la nostra Leine più controllata e serena.”

Marien annuì, ma il suo viso non era ancora perfettamente sereno e mentre la baciava, prima di allontanarsi, Ederik pregò affinché davvero il potere del Caos non prendesse il sopravvento su Leine.

 

Vivien si soffermò davanti ad uno degli specchi antichi dell’anticamera per rimirare la sua figura. L’abito che aveva scelto non era particolarmente sofisticato, ma la sfumatura verde s’intonava perfettamente con la sua capigliatura color mogano e la sua pelle leggermente abbronzata. Dandosi un’ultima aggiustatina al cerchio che le tratteneva i capelli tirò un lungo sospiro e si apprestò verso il giardino in cerca degli amici. Era un bel po’ che non vedeva alcuni di loro, chissà se Fraiser l’avrebbe trovata cambiata? Con un sorriso emozionato stampato sul viso arrossato fece capolino dall’immenso terrazzo. Individuò all’istante Quinn di Nedstar il fratello minore di Fraiser, perché nonostante i colori del suo aspetto fossero totalmente diversi, come movenze e lineamenti i due si assomigliavano molto.

Quinn sedeva sull’erba in una posa allungata e rilassata e intonava versi poetici all’indirizzo di una splendida giovane seduta sul bordo della fontana che rideva in modo molto grazioso del ragazzo ai suoi piedi. Vivien li avvicinò lentamente per non disturbarli, ma quando la ragazza alzò il parasole per gettare la folta chioma rossa alle sue spalle alzando il viso al sole il suo stupore prese il posto dell’esitazione.

«Scarlet, per gli Dei, sei fiorita come una rosa nella stagione della Rinascita.»

L’interpellata rivolse l’attenzione verso di lei mentre Quinn ruotava su sé stesso per vedere chi avesse interrotto la sua poesia.

«Vivien!»

Calda ed esuberante come sempre Scarlet lasciò cadere il parasole e la raggiunse abbracciandola. Non prima di aver calpestato Quinn cercando di scavalcarlo, resa goffa dal vestito da pomeriggio ingombrante. Vivien rise di gusto ricambiando il suo abbraccio e lanciando un’occhiata compassionevole ma ridente, all’indirizzo del Principe che reggendosi la mano contusa si stava alzando.

«Hai ragione sai, queste curve malefiche tendono ad ingigantirsi ad ogni stagione e mio padre vuole proibirmi di vestirmi da ragazzo persino quando vago nei boschi! Non se ne può più.»

Sconsolata Scarlet si guardò il seno abbondante e Vivien invidiando per un attimo il suo fisico ben modellato le tirò un ricciolo.

«E ha ben ragione. Sei una tentazione bambolina, chissà se ai tuoi cavalieri sono già spuntati i capelli bianchi?»

Scarlet scoppiò di nuovo a ridere indicando un gruppo di ragazze che circondavano i suoi quattro cavalieri.

«Io direi di no, ma sono dell’idea invece che in quanto a conquiste rivaleggiamo come con le armi.»

Vivien annuì mentre Quinn tossicchiava per attirare la loro attenzione.

«Ricordati Scarlet che la tua prima conquista rimango sempre io, dubito che qualcun altro ti abbia ammirata e corteggiata prima di me. Avevi due settimane quando ci siamo conosciuti.»

Scarlet alzò gli occhi al cielo in un puro gesto di compatimento, ma a Vivien non sfuggì il fatto che era arrossita.

«E tu ne avevi appena due Quinn molto precoce come dongiovanni non ti pare?»

Vivien si allungò e gli offrì la guancia da baciare.

«Non è mai presto quando si parla di sirene incantatrici come Scarlet.» Quinn le scoccò un sonoro bacio ammiccandole.

«Sei incorreggibile Poeta, ma a proposito di dongiovanni…»

Vivien si guardò attorno.

«Dov’è tuo fratello?»

Quinn si massaggiò la mano dolorante.

«Non è riuscito a venire, questioni urgenti lo richiedevano a nord.»

«Oh!» Vivien cercò di mascherare il suo disappunto, ma dentro di sé sentì scemare tutta l’allegria e l’aspettativa per quella festa.

«Però mi ha accompagnato la piccola Iona, ho dovuto faticare mille camice, ma alla fine sono riuscito a convincere nostra madre a farla venire. Iona? Vieni a vedere chi c’è?»

Quinn ignorò di aver spento, come l’acqua del Dio Gilen, che gli aveva dato i poteri un anno addietro, il fuoco interiore di Vivien e si volse a richiamare la sorella. L’appena tredicenne Principessa di Nedstar che si era allontanata non appena Quinn era riuscito ad intercettare Scarlet, li raggiunse. Vivien dimenticò per un attimo il suo rammarico quando Iona, le mani congiunte davanti a sé e lo sguardo basso li raggiunse salutandola con un breve inchino.

Aggrottando la fronte non poté fare a meno di notare quanto corrispondessero al vero le dicerie sentite. Iona era completamente soggiogata dal rigido protocollo reale della madre la Regina Iona di Nedstar che non riuscendo a controllare i figli maschi come voleva sfogava sulla giovane figlia i suoi malumori.

Iona era cresciuta dimessa e controllata, ma la lieve postura delle spalle incurvate erano il chiaro segno che quella facciata era solo un peso da sopportare. La giovane non poteva essere così diversa dai fratelli da essere per davvero così docile e arrendevole.

Accortasi in ritardo che Iona le aveva posto una domanda, Vivien si schiarì la mente per visualizzare che cosa le avesse chiesto, ma con suo rammarico si accorse di non averla ascoltata fatto.

«Scusami Iona, hai detto?»

«Mi chiedevo come stesse vostra sorella la piccola Eriana e i Principi Trent e Gaynohr?»

«Oh stanno benissimo grazie. I ragazzi si stanno addestrando nella speranza di poter l'anno prossimo entrare a far parte dei giovani allenati da Orion per diventare Cavalieri del Sacro Onore e la piccola Eriana ha appena compiuto sei anni. Quell'angioletto è un raggio di sole per noi è così allegra e tranquilla.»

Vivien mentre parlava notò un leggero sussulto in Iona ma fu talmente lieve che pensò di essersi sbagliata.

«Quando si dice che si parla di una persona e appare. Guardate chi c'è la! E dire che diceva di non poter presenziare!» proclamò Scarlet a gran voce.

Quinn seguì lo sguardo ammirato e ridente di Scarlet e scorse Orion che scendeva le gradinate del palazzo puntando proprio verso di loro. Dal canto suo Vivien vide distintamente Iona farsi un fascio di nervi e alzare timidamente lo sguardo. Seguendo il suo esempio anche lei si volse verso il nuovo venuto.

Orion ormai era diventato un uomo e che uomo!

Vestito immancabilmente di nero, elegante ma con moderazione, l'amico solcava il giardino con sicurezza catturando al suo passaggio una scia di sguardi . Quelli rapiti delle donne e quelli ammirati e un po' invidiosi dei ragazzi.

«Cavoli e io che pensavo che fossi cambiata tu Scarlet.»

Per nulla soggiogata da cotanto splendore, Vivien si volse verso Scarlet che le rispose con un commento piccante suo Orion, nel momento stesso in cui Iona riabbassava gli occhi cercando di mascherare ciò che provava, ma Vivien era una donna e conosceva bene quello sguardo. Iona aveva guardato Orion con un'intensità e un'emozione selvaggia e in quell'attimo si era eretta in tutta la sua statura per poi tornare la creatura dimessa e posata che doveva essere, non appena lui si era avvicinato.

Vivien sorrise fra sé e sé, dopotutto non si era sbagliata. Iona era come suoi fratelli, passionale, istintiva e ribelle. C'erano ancora speranze per lei per ribellarsi alla madre. Si ripromise di parlarne più tardi con Quinn.

 

«Oh andiamo Alyssa metti giù quella spada prima che qualcuno si faccia male!»

Arion il fratellino minore di Ederik cercò di trattenere l'amica per un braccio, ma Alyssa lo scaraventò via e brandendo la sua spada fece un passo verso Wainwrit di Ictar. Il ragazzo più grande di lei di due anni non si mosse continuando a fissarla con malcelato rancore.

«Lasciami Arion, gli farò rimpiangere ciò che ha detto con le buone o con le cattive. Non ho paura di un fattucchiere da strapazzo come lui.»

Un po' schiarendosi la gola per attirare la sua attenzione, un po' ringhiando per l'offesa generale alla sua specie magica, Willard ammonì Alyssa senza nessun risultato e incrociò le braccia sul petto con fare arreso.

«Fai qualcosa Willard!»

Arion, ancora per terra dopo che lei lo aveva spintonato, lo fulminò con lo sguardo e Willard scosse il capo con forza, sgranando gli occhi come se fosse impazzito.

«Io? Fermare lei? … neanche morto.»

Willard conosceva Alyssa da quando era nata e sapeva per esperienza che nemmeno con armato di frusta in un posto deserto senza nessun pubblico l'avrebbe fermata, figuriamoci a mani nude in un parco pieno di gente importante che assisteva alla scena. Se uno come lui avesse anche solo osato dirle qualcosa o intervenire, lei lo avrebbe scuoiato vivo.

«Quello che ho detto è quello che penso. Tuo padre dovrebbe incatenarti nella torre e lasciarti lì a marcire finché non avrai capito come si vive. Sei viziata, prepotente e arrogante. Ma lui è troppo impegnato a divertirsi e a godersi le sue ricchezze per accorgersi che in seno alla sua famiglia cresce una simile serpe. Se il popolo di Telnar si rendesse conto di come viene regnato scoppierebbe una rivoluzione.»

Willard gemette a quelle parole. Anche se sapeva che gran parte di esse erano veritiere detestava profondamente quel giovane, che in quanto ad arroganza e cattiveria poteva rivaleggiare con il maestro in carica di tale ruoli. Alyssa non gli avrebbe fatto passare liscia quegli insulti e lui si augurò che qualcuno tra la folla che si stava riunendo si decidesse ad avvertire qualcuno di più influente di lui. Willard non poteva farlo, doveva rimanere li non poteva muoversi. Nel caso in cui le cose si fossero messe davvero male sarebbe dovuto intervenire per il bene della festa già semi disastrosa di Ederik.

«Come osi parlare così di mio padre il Re di Telnar! Chiederai scusa supplicandomi quando avrò finito con te.»

Rossa in volto dall'ira Alyssa si avvicinò maggiormente e Wainwrit infilò una mano in tasca. Willard strinse la mascella, se Alyssa lo avesse attaccato il Principe di Ictar le avrebbe scagliato contro un incantesimo e allora sì che sarebbero stati guai.

«Wainwrit che cosa stai facendo?»

Ansante Kieran si fece largo tra la gente riunita e raggiunse i due. Willard chiuse gli occhi gemendo. Di male in peggio. I Principi di Ictar non erano famosi per il loro amore fraterno.

«Fatti gli affari tuoi Kieran.»

Astioso e bellicoso Wainwrit socchiuse gli occhi fino a farli divenire due fessure nere.

«Alyssa ti prego.»

Kieran alzò una mano verso la ragazzina che lo ignorò mentre le sue dita ora stringevano convulsamente l'elsa della spada. Ormai era fuori di testa e niente e nessuno l'avrebbe dissuasa dall'attaccare quel damerino arrogante, questa volta Wainwrit aveva toccato il fondo. Non trovando aiuto in Alyssa,Kieran tornò a rivolgersi al fratello.

«Wainwrit non costringermi a…»

«Che cosa?»

Come un serpente pericoloso il fratello fece un passo nella sua direzione di scatto. Kieran non lo aveva mai visto così. Doveva essere accaduto qualcosa di grave. Sapeva che Wainwrit non amava mischiarsi con gli altri nobili, ma arrivare ad attaccare a quel modo Alyssa.

«Cosa farai Kieran? Non temo te e la tua stupida e insulsa magia bianca. Sarai anche ad un livello superiore al mio, ma non ti temo fratello tu…»

Non lo aveva visto nemmeno arrivare, quando lo vide era troppo tardi. Tristan fu su di lui in un attimo e lo colpì violentemente con uno schiaffo che gli fece girare la testa. Il silenzio cade pesante come un macigno.

«Parli a vanvera come sempre. Insulti cose di cui nemmeno comprendi la ragione o la grandezza. Il tuo elemento non ti dà nessun diritto di offendere la sacralità di un altro. Come Principe se non come mago, devi portare rispetto per i tuoi pari, per ciò che non puoi comprendere e per i Regni che governano Lésin Rove. E ora chiedi scusa a Lady Alyssa, al Re Odion per aver mancato di rispetto alla sua ospitalità e al Principe Orion che veste le veci del padre oggi su Rusgar.»

Alyssa sobbalzò a quelle parole e in quel momento vide Orion accanto a Willard. Fissava i due fratelli di Ictar ma a pelle, lei poteva sentire tutta la sua disapprovazione avvinghiarglisi addosso.

Wainwrit incapace di contenere le violente emozioni che lo devastavano, tornò a volgere il capo volto dal colpo con calma . Tristan lo sovrastava di parecchie spanne e in quel momento si stava godendo come un pazzo quell'affronto inflittogli e il suo momento di gloria.

Lo odiò… Lo odiò talmente tanto che ogni altro sentimento, ogni altro pensiero scomparì dalla sua mente . Kieran affranto da ciò che era successo e dalla nuova ferita insanabile apertasi fra i suoi fratelli lo vide alzare lo sguardo su Tristan.

«No.» rispose secco e senza aggiungere altro corse via.

«Wainwrit!!»

Tristan fece per seguirlo, ma il richiamo di Orion lo fermò.

«Aspetta Tristan, chiariamo la questione prima.»

Alyssa si irrigidì a quelle parole, la sua mente si era sbollita ora e troppo tardi si era accorta di avere una buona parte di colpa per ciò che era accaduto.

«Willard com'è cominciata?»

Orion non la guardò e il fatto che non avesse chiesto a lei la ferì e colpì profondamente. Willard guardò a lei tacendo. Era ingiusto il comportamento di Orion. C'era troppa gente che assisteva alla scena, voleva punirla lo sapeva, ma così la stava umiliando.

«È inutile ora discutere su di chi è la colpa.»

La voce di Knich Valerè irruppe tra i presenti. Il Principe dei Mistici avanzò al centro del cerchio mettendosi davanti ad Alyssa.

«Ciò che è stato detto o fatto non sarà cancellato da delle scuse forzate da coloro che si sono affrontati. Sono sicuro comunque che Re Odion non vorrà sicuramente tenere conto di un litigio tra teste calde e di parole dettate dall'ira del momento e non credo lo farà nemmeno Re Ferran.»

Orion suo malgrado annuì.

«Mi chiedo e spero solo…»

Il suo sguardo si posò su Alyssa e quando i suoi occhi si allacciarono ai suoi lei si sentì mancare come se dentro di sé si fosse aperta una voragine.

«… che entrambi sarete in grado di assumervi le vostre colpe e di cercare, anche se non riuscirete magari a dimenticare, di sanare questo vostro litigio. Mi auguro che saprete superalo prendendolo per quello che è e cioè un fraintendimento affrontato in malo modo da due personalità forti e orgogliose.» Alyssa accennò un assenso.

«Chiederò scusa a Wainwrit e al Re.»

Knich allora la guardò e le sorrise lievemente.

«Sono sicuro che lo farete e che sarete consapevole del vostro sbaglio e sincera.»

Lei annui di nuovo poi non aspettò l'intervento di nessun altro. Fece un breve inchino,era scossa e non ne capiva il perché, senza attendere oltre Alyssa si girò e si allontanò a passo fermo e deciso.

 

Hayleen Principessa elfica del regno di Lobor assistette alla scena con il cuore stretto in gola.

Non le piacevano le liti, tanto meno quelle fra fratelli o tra loro amici. Quella doveva essere un'occasione allegra e festosa, ma man mano che si susseguivano i giorni e le ore, l'esuberante contentezza di ritrovarsi tutti assieme si stava trasformando in palpabile e forzata convivenza tesa. Non avrebbe dovuto essere così, loro erano tutti amici e ciò che sentiva dentro e vedeva fuori non le piaceva.

Perché quell'antagonismo? Quell'astio, quei forzati atteggiamenti.

Scosse i riccioli neri per schiarirsi le idee e Nami al suo fianco le prese la mano.

«Qualcosa non va Hayleen?» la giovane si volse verso la sorella.

«No Nami, nulla.»

«Andiamo allora non sta bene attardarsi qui.»

Hayleen si guardò attorno. La gente si stava disperdendo tra mormorii sommessi e visi pieni di disapprovazione. Una figura solitaria che si allontanava nel giardino dietro al castello attirò la sua attenzione.

«Vai avanti ti raggiungo.»

Nami seguì il suo sguardo e non lasciò la sua mano.

«Tristan è cambiato Hayleen e devo ammettere purtroppo che non è un miglioramento il suo. Le voci sulle oscure trame di Ictar diventano sempre più insistenti e comincio a credere che ci sia del vero. Non è saggio che tu lo frequenti ancora.»

«Nami?!»

Stupita e irritata Hayleen staccò la mano dalla sua. Sapeva che non le diceva quelle parole con cattiveria, ma solo perché era preoccupata ma non le piacque comunque sentirle dire ciò.

«Non sono l'unica qui a fidarmi dei Principi di Ictar e non mi allontanerò da loro solo perché alla gente piace sparlare. Io so quanto essa può divenire crudele e cattiva a volte.»

Nami sentì una fitta al cuore per lei. Sapeva che Hayleen soffriva per il fatto che molti parlavano di lei e del suo aspetto. Diversa da tutti gli altri elfi, alta, di corporatura statuaria e occhi verdi con folti capelli neri, la sorella usciva da tutti i dettami classici degli elfi di Lobor e per questo fin dalla nascita era stata additata come una Drifia. Le Drifie, creature mitologiche abitanti di Dàrin Rove erano nate dal connubio tra un elfo e una ghaele, essere semidivino dai poteri straordinari e dalle magiche doti di cura e arte. Una leggenda del loro popolo raccontava che ogni mille anni una Drifia nascesse sul Lésin Rove ed essa era portatrice o di grandi sventure o di grandi cambiamenti. Il Re Nathaniel loro padre aveva sempre negato simili assonanze con la sua amata figlia, ma la gente guardava alla sorella con reverenza e timore e ben spesso veniva evitata.

Non che la gente non l'amasse, ma molti di loro non riuscivano ad ignorare il richiamo della leggenda e Hayleen soffriva molto chiudendosi in sé stessa. Nami aveva da tempo notato che la sorella nascondeva i suoi doni come Cavaliere della Dea Shany e i suoi poteri stupefacenti di druido per non alimentare le chiacchiere su di lei e quello non era un bene.

«Hayleen tesoro, tu non sei come Tristan.»

Gli occhi grandi e cupi della sorella si sgranarono maggiormente.

«Vorrei che non fosse così, ma forse siamo più simili di quanto tu pensi.»

 

Orion si poggiò alla balaustra di marmo guardando l'orizzonte. Lensar e Sahen stavano calando dietro i monti Siring bagnando la terra di luce dorata.

Rusgar era chiamato il Regno del Sole e in quel momento mentre Sahen bagnava le sue terre con i suoi raggi dorati sembrava davvero un luogo splendente come la luce dei soli. Eppure lo splendore di quel tramonto non gli scaldò l'animo. Era lì da appena un'ora ed era già stato richiamato dai suoi doveri. Non sarebbe dovuto presenziare a quel compleanno, ma suo padre doveva consegnare una missiva al Re Odion e gli era sembrato giusto farlo di persona visto il lieto evento.

Il fatto di poter così tenere d'occhio Prudence e riaccompagnare le sorelle a casa era stato poi un incentivo maggiore che lo aveva spinto a partire. Ederik era scomparso da diverse ore e Rhiannon gli aveva detto che dopo un litigio con Leine era fuggito.

Non era giusto, non avrebbero dovuto continuare a prenderlo di mira, ma le abitudini erano dure a morire e nonostante fosse cresciuto e maturato molto Ederik si sentiva dentro di sé ancora un bersaglio troppo facile e fragile per la sferzante e pungente Leine e il suo seguito. Ederik si sarebbe sempre sentito a disagio nel suo ruolo come lui oggi tra quella folla.

Orion si sporse dal parapetto e affacciandosi sul giardino sottostante. Anche lui era sfuggito alla massa perché tra i tanti gli unici due con cui si trovava a suo agio in quei tempi non erano presenti. Dustin ormai si era trasferito sull'isola di Moran e Xavier era dovuto intervenire in un villaggio di confine che era stato nuovamente attaccato da forze sconosciute.

Cosa stava accadendo a Lésin Rove? Possibile che la sventura a cui aveva accennato l'Imperatore Tibos fosse reale e si stesse abbattendo su di loro? Nell'aria negli ultimi anni aleggiava un'atmosfera sempre più tetra anche se le giornate erano soleggiate e le persone allegre. Dentro di lui però albergava la stessa inquietudine che gli procurava l'avvento di un temporale devastante, quando nuvole nere, minacciose e veloci si addensavano sopra la terra oscurandola e soffocandola con le loro pesanti promesse di tempesta.

Se ciò era vero però, qualcosa non gli era chiaro. Perché i Re non si riunivano per far fronte ai piccoli e grandi problemi che ogni giorno si moltiplicavano? Perché i Principi non rispondevano come dovuto al dovere verso il loro mondo che erano stati chiamati ad assolvere anni prima, ma si limitavano a qualche sporadico allenamento e missioni a volte tardive e infruttuose?

Doveva fare qualcosa per trovare delle risposte e agire prima possibile perché se un'infausta minaccia si fosse abbattuta sul Lésin Rove ora il mondo non sarebbe stato pronto a sventarla.

La figura silenziosa di Knich Valerè si affiancò alla sua. Il Cavaliere si affacciò come lui sul giardino scrutando la vita allegra che lo popolava. A detta di Kryan, persona in cui lui faceva un forte affidamento, Knich era il cavaliere più giusto e in gamba che lui conoscesse e la sua stima per il Principe dei Mistici andava sopra ad ogni altra cosa per lui. Forse Knich avrebbe potuto aiutarlo?

Seguendo il suo sguardo, concentrato su qualcosa, s’avvide che fissava Alyssa messa in castigo da Prudence. La sorellina sedeva per terra a ridosso di un albero con un grosso libro fra le mani, l'inseparabile amico Arion steso accanto a lei.

«Vi devo le mie scuse Principe Orion per essere intervenuto poco fa a quel modo, avrei dovuto mantenere il mio ruolo di sorvegliante e non intromettermi in cose che non mi riguardano.»

Orion vide Alyssa chiudere il libro di scatto e sbirciare attorno a sé per trovare una via di fuga e nonostante tutto non riuscì a trattenere un sorriso.

«Il giorno in cui un povero ma brav'uomo deciderà di sollevarmi dal fardello del tenere a bada quella selvatica creatura brinderò alla mia libertà e alla sua salute. Non temete Knich non avete fatto nulla di cui scusarvi.»

Alyssa sgattaiolò dietro l'albero mentre Prudence che stava iniziando un nuovo gioco con Rhiannon e Kyrsen non si accorse della sua fuga. Knich scosse il capo sogghignando.

«Mentite Principe, quel giorno desidererete infilzarlo con la spada perché vi porterà via una parte importante della vostra vita. Amate tutte le vostre sorelle, ma lei è speciale e se tanta gente non lo sapesse si sarebbe già presa tante sculacciate da rimanerne segnata a vita.»

Orion scoppiò a ridere di gusto.

«Per gli Dei avete ragione Knich.» entrambi lasciarono passare l'ilarità momentanea restando a guardare la fuga di Alyssa.

«Sapete dove potrei trovare Ederik?»

Orion lo interrogò e Knich scosse il capo.

«Potrebbe essere ovunque e non è bene che se ne stia nascosto.»

Il Principe di Telnar si incupì.

«No, non è bene. Inoltre necessito di parlargli. Ci sono troppi cupi pensieri che mi affollano la mente. Ho bisogno di riunire i Principi più adulti e trattare argomenti molto delicati.» lo sbirciò di sottecchi e lo vide irrigidirsi nonostante mantenesse un'espressione serena.

«Avete bisogno di aiuto Orion? Sapete di poter contare sempre su Kryan per questo.»

Orion annuì.

«Lo so, ma voi siete il Principe dei Mistici e godete di una posizione che vi permette di controllare e gestire molte più cose e di maggior rilievo.»

Knich increspò leggermente le labbra in una piccola smorfia.

«Non è esattamente così, ma parlatemi dei vostri pensieri.»

Orion tornò a fissare l'orizzonte ormai i soli stavano calando del tutto e presto sarebbe scesa la notte.

«Non ho bisogno di dirvi che questi attacchi stanno diventando sempre più molesti e preoccupanti. Prima i minotauri, gli avoral e i troll, ora creature ibride, ombre che attaccano e scompaiono.»

Knich si limitò ad annuire.

«Ma ciò che mi preoccupa è l'indifferenza che vi è a corte… in tutte le corti. La gente… il popolo, è insoddisfatto, malcontento, le voci su un complotto proveniente dai meandri di Ictar sempre più pressante. Inoltre questa storia dei Cavalieri degli Dei sta creando grosse faide e problemi.»

Il silenzio di Knich si protrasse per diversi minuti finché lui non si staccò dalla balconata e lo guardò. Il Principe dei Mistici si prese ancora qualche secondo poi gli rispose.

«I Cavalieri Mistici si stanno occupando degli attacch, presto arriveremo al problema e quando avrò delle certezze vi prometto che sarete fra i primi che saranno avvertiti degli sviluppi. Per quanto riguarda il resto…»

Impassibilmente Knich non mostrò nessuna emozione, ma a Orion parve di percepire una frustrazione intensa provenire da lui poi si volse.

«Voi siete un ragazzo davvero in gamba Orion, ma la vostra forza e la vostra intelligenza non possono bastare a risolvere e a capire cosa sta accadendo e io non posso fare nulla per voi. Mi auguro solo che presto l'animo dei Cavalieri degli Dei si riscuota e dentro di loro si risvegli la consapevolezza di quello che comporta la loro nomina e di ciò che potrebbe spettar loro in futuro. Da parte mia proverò a spronare i miei Cavalieri ad aiutare i giovani Principi a capire che è tempo di abbandonare i giochi e gli agi e di iniziare a pensare e agie come i paladini che devono diventare. Non dubito che voi farete lo stesso.»

«Lo farò fin da ora. È tempo che Ederik esca dalla sua tana e affronti i suoi doveri di erede al trono. Rusgar potrebbe aver bisogno di un nuovo Re che sappia governarla con polso, coraggio e onore e Ederik deve essere pronto per quel momento.»

«Ben detto.»

Knich gli allungò una mano e Orion la strinse con vigore.

«Andiamo a stanare il fuggitivo.»

 

Hayleen lo trovò in un gazebo molto nascosto. Sedeva su una sedia intrecciata i gomiti appoggiati alle ginocchia, le mani penzoloni e il corpo reclinato in avanti. Quando la udì entrare alzò il capo di scatto.

«Ah, sei tu!»

Hayleen entrò con passo leggero e si sedette swulla panca in angolo davanti a lui.

«Mora e occhi verdi anch'io, ma non sono la tua Kyrsen.»

Tristan socchiuse gli occhi, Hayleen era solita canzonarlo sulla sua vecchia infatuazione per la Principessa di Avatar.

«Se sei venuta per infastidirmi puoi tornartene dov'eri.» lei scosse il capo.

«No, scusami.»

Tristan distolse lo sguardo dal suo volto sereno e sorridente, gli faceva male maltrattarla, Hayleen non se lo meritava.

«… e poi non è la mia Kyrsen.»

«Bella certo, ma vive in un mondo tutto suo quella affabile streghetta.» rispose lei e Tristan alzò le sopracciglia come per dire " sì certo ", ma non replicò.

Ogni tanto lui e Hayleen si scrivevano e tempo addietro lui le aveva confidato di essersi invaghito della Principessa di Avatar, ma la giovane non lo aveva mai considerato. Il silenzio calò fra di loro ma a Hayleen non pesò.

«Non dovresti allontanarti da loro, dai l'impressione di avere qualcosa da nascondere o di cui vergognarti.» La reazione di Tristan fu immediata.

«Io non ho nulla di cui vergognarmi.»

«Lo so, ma fa male comunque.»

Le sue parole serene in risposta alle sue rabbiose ebbero l'effetto di bloccargli in gola ogni replica. Hayleen assunse un'espressione mesta.

«Vorrei che la gente non mi vedesse come una sfortuna o una cosa rara e preziosa da ammirare a distanza. Vorrei poter essere me stessa, fare quello che voglio e esprimere liberamente il mio potere. Tu sei come me Tristan.» quando lui non rispose continuò.

«Obbligato a essere ciò che non sei. Odi quelli che ti stanno attorno perché credi che loro siano liberi, credi che loro si ritengano migliori. Odi i tuoi fratelli perché possono fare quello che vogliono della loro vita. Forse hai ragione, ma tutto questo rancore non ti porterà a vivere diversamente.»

Tristan avrebbe voluto dirle che si sbagliava che la forza del suo odio lo stava portando al momento in cui avrebbe visto la sua gloria e la sua rivincita, ma non poteva.

«Io non sono come te Hayleen.»

Arrendendosi all'evidenza lei annuì.

«Già, credo tu abbia ragione.» lui fissò la porta con ostinazione.

Dentro di lui combatteva l'eterna lotta tra il giusto e lo sbagliato. Era lì per una ragione quel giorno. Il suo Maestro gli aveva dato un incarico da svolgere e lui avrebbe potuto farsi aiutare da Hayleen. Inconsapevolmente lei lo avrebbe fatto, gli avrebbe fornito le giuste informazioni che cercava, ma detestava l'idea di servirsi di lei.

Un fruscio gli fece intuire che si era alzata.

«Non m'importa cosa dicono o pensano gli altri Tristan Vinnian, tu sei mio amico e se avrai bisogno di me ci sarò sempre.»

Quando la stoffa del suo vestito gli sfiorò la punta delle scarpe il suo profumo gli colpì le narici. Sapeva di bosco e di fiori selvatici, Tristan chiuse gli occhi.

«Ricordatelo, io non sarò mai come loro. Cercami se hai bisogno, per qualsiasi cosa.»

Hayleen gli baciò il capo poi si allontanò triste. Aveva sempre pensato che un giorno lui si sarebbe aperto tanto da farsi aiutare ma forse quel dì non sarebbe mai arrivato. Rimasto solo lui assaporò fino all’ultimo momento il suo odore e il suo tocco, grato a quella creatura così pura e dolce per quell'amicizia incondizionata che gli aveva sempre donato.

«Il mio dono per te sarà il mio distacco. Rimani al sicuro nella tua foresta Hayleen perché lontano da lì rischiereste di rimanere troppo coinvolta e io non potrò aiutarti più.»

«Parli da solo?»

Tristan trasalì alzandosi di scatto. Si era fatta sera e i contorni del nuovo venuto rimanevano nell'ombra al di fuori del gazebo. Tristan uscì dal suo rifugio e si avvicinò alla creatura tenebrosa ma bellissima. Dopo il primo momento di smarrimento l'aveva riconosciuta. Lei se ne stava lì, tranquilla e rilassata.

I suoi capelli raccolti in un'elaborata acconciatura cadevano in morbidi riccioli a sfiorarle il collo inclinato da un lato in una posa di attesa. Il vestito blu come la notte si mescolava perdendosi tra le ombre come se invece di camuffarsi in esse volesse assorbirle. Il suo sguardo ebbe come sempre il potere di accenderlo, nemmeno l'infatuazione per Kyrsen avrebbe mai potuto farlo sentire così caldo ed eccitato.

«Sei venuta.»

Darkness si mosse per raggiungerlo muovendosi con passo felino, aggraziata e pericolosa come una pantera. La ragazzina pelle e ossa che aveva conosciuto anni addietro era sparita quando crescendo lei era divenuta una creatura sicura e fiera, consapevole della sua bellezza selvaggia e oscura.

Molti a Stoyan la vedevano ancora come l'oggetto soggiogato di Stethiel, la sua schiava pronta a servirlo e a fare tutto quello che lui chiedeva, ma Tristan sapeva che Darkness non era solo quello. Oh lei amava il suo protettore e lo serviva instancabilmente e con devozione, ma in lei c'era qualcosa che nessuno a parte lui aveva ancora scoperto.

«Certo che sono venuta, avevi bisogno di me.»

La sua voce leggermente roca cancellò le ultime tracce di turbamento che ancora provava per ciò che era accaduto nel pomeriggio e per ciò che era venuto a fare alla festa.

«Io non ho bisogno di nessuno.»

Abbassò il capo per guardarla negli occhi mentre lei alzava il suo verso di lui.

Darkness alzò una mano e gliela posò sulla nuca poi intrecciò le dita nei suoi capelli lunghi afferrandoli.

«Certo, ma adesso sono qui e tu non mi hai ancora salutato come si conviene.»

Tristan non se lo fece ripetere due volte e stringendola in un abbraccio mozzafiato la baciò con passione.

 

Ederik puntò il suo attrezzo verso il cielo e spense la torcia che illuminava il piazzale dove si trovava in cima alla torre ovest del castello.

Quella notte come tante prima di essa si preparava a studiare le lune e le stelle che popolavano il firmamento. La prima che sarebbe apparsa quella sera era Minara, la verde, che con il suo splendore evanescente avrebbe bagnato la terra di un'aurea mistica e quasi palpabile. Dopo di lei si sarebbe alzata Lemengatis, la bianca, e il suo candore avrebbe oscurato quello più tenue di Minara.

Loca, Sira, Vifa, Yila e Rani sarebbero comparse solo a tarda notte e l'aurea viola prodotta dal loro potere sarebbe stato l'unico indizio visibile dalla loro oscura presenza in cielo. Nonostante tutto però le cinque lune nere erano importanti per la vita e l'evoluzione di Lésin Rove quanto le altre due.

Come ogni sera della Stagione dei Soli lui si sarebbe goduto lo spettacolo del firmamento studiando e annotando ogni cambiamento e nuova scoperta, nulla sarebbe stato diverso, perché avrebbe dovuto esserlo?

Con un grosso sospiro Ederik si fece cadere sulla comoda poltrona che aveva trasportato sul tetto. Forse perché quattrocento invitati si sarebbero presi gioco di lui e suo padre si sarebbe infuriato da morire?

«Tanto lo farebbero comunque.»

Anche se lui si fosse presentato alla festa la gente avrebbe sussurrato al suo passaggio e suo padre si sarebbe arrabbiato per il litigio avuto con Leine.

«Trovato! Ah se non ci fossi io!»

La figura di Alyssa sbucata sopra la sua testa immersa nei pensieri lo fece sobbalzare violentemente mentre il cuore gli saltava in gola.

«Ederik Birmangh scendi immediatamente da questo tetto e fila alla tua festa.»

Con cipiglio severo e battagliero Alyssa si piazzò dinanzi a lui a gambe leggermente divaricate con le mani puntate sui fianchi. Ancora sotto shock per lo spavento e arrabbiato Ederik si alzò facendola arretrare.

«Sparisci Ally.»

Alyssa si afferrò il mento con le dita pensierosa.

«Accidenti Ederik cosa non capisci della frase fila alla tua festa? Devo cambiare tono? Solitamente con me funziona.»

Ederik fece una smorfia incredula facendo schioccare la lingua contro la guancia.

«Ok.»

Alyssa alzò le braccia ammettendo l'eresia appena detta.

«Con me non funzionerebbe, ma con tanti altri sì.»

«Ti prego Lyssa non darmi il tormento.» voltandole le spalle si avvicinò al parapetto.

«Scendi Eddy gli invitati sono tutti presenti ormai.» era ancora seria, ma il tono autoritario di prima era scomparso.

«Non mi importa.»

«Dovrebbe.» lei lo reguardì severa.

«Ti capisco Ederik, ma per gli Dei adesso smettila di piangerti addosso e presentati di sotto.»

Ederik scosse il capo.

«Con tutto il rispetto, ma non puoi capire.»

«Cosa fai scherzi?»

Alyssa gli fu accanto in due falcate e lo strattonò facendolo voltare.

«Ogni giorno mi alzo e so che non verrà mai l'alba in cui vedrò un Dio elargirmi dei suoi favori e dentro di me muore un pezzettino ogni volta.»

«Non essere sciocca, tu sei ancora piccola.»

Lei diniegò.

«No e sai che non è così. Ormai quasi tutti gli Dei hanno fatto la loro scelta e io non avrò mai i requisiti adatti per diventare un Cavaliere degli Dei. La gente crede che io non lo sappia, ma lo so e nonostante questa consapevolezza oggi avrei ucciso Wainwrit per avermi sbattuto in faccia i miei difetti e il fatto che non sarò mai degna di un onore così grande.»

«Cosa dici?»

Ederik aggrottò la fronte e lei annuì decisa.

«Sì oggi nel tuo giardino ho fatto scoppiare un pandemonio e tu non c'eri a fermarmi.»

«Ridicolo, non ci sarei mai riuscito.»

Scosse il capo sorridendo, ma lei lo fulminò con lo sguardo.

«Esatto, ma avresti dovuto essere lì a provarci.»

Non sapendo cosa ribattere Ederik si allontanò e si sedette sulla poltrona.

«Smettila di fuggire dai tuoi doveri Eddy.» lui continuò a diniegare.

«Non concluderai nulla comportandoti così. Combattili, combatti contro tutto e tutti, ma non nasconderti.»

Ederik prese a fissare il firmamento.

«La vita non è fatta solo di combattimenti Lyssa.»

«Ma allora sei sordo!»

Alyssa fu su di lui come una furia afferrandolo per il bavero della camicia ben sapendo che non l’avrebbe mai sollevato.

«Non parlo di combattimenti, ma della forza che è in te, di quella forza che a volte riesci a far uscire e che ti rende valoroso e capace. Unisci quella forza alla tua intelligenza e diventerai migliore di qualsiasi Cavaliere degli Dei, non hai bisogno di quel titolo Ederik, tu sei il Principe di Rusgar!»

Lentamente lui gli allentò le dita della mano staccandola dalla sua camicia, allontanandola poi da sé.

«Continui a non capire...»le disse mesto.

«Lo credi davvero?»

Alyssa lo derise.

«Tu ti nascondi e sfuggi ai tuoi obblighi perché speri che la gente non ti consideri degno di divenire Re di Rusgar. Soffri perché nessun Dio ti ha scelto ma sopporti con stoicismo e dentro di te, nel tuo profondo, ne sei felice, perché se rimarrai un buono a nulla tuo padre potrebbe decidere di scegliere Leine o Arion come nuovo regnante e tu saresti libero di sposare Prudence.»

Sulle prime lui boccheggiò per come un pesce alle sue parole poi divenne rosso fuoco e si alzò di scatto nervoso.

« Come lo hai capito?» le chiese sconvolto.

«Vantaggi e svantaggi di essere il piccolo cucciolo di una famiglia influente e numerosa mio caro, sono a volte invisibile, ma tanto attenta.»

Ederik si allontanò di qualche passo furioso.

«Alyssa cavati subito dalla faccia quell'espressione soddisfatta e compiaciuta, non sono cose che ti riguardano e di cui dovresti parlare.»

«Il mondo lo sa Ederik e non è zittendo me che lo nasconderai.»

Lui si portò le mani nei capelli cominciando a camminare nervosamente attorno alla poltrona.

«Diventa l'uomo che potresti essere, fallo per lei e per il popolo di Rusgar che non si merita un simile comportamento da parte tua.»

«Alyssa!»

Disperato Ederik si fermò aprendo le braccia.

«Non posso, se sarò Re la perderò.»

«Non puoi dirlo, non puoi denigrare te stesso e metterti alla berlina per questa ragione Eddy, Prudence ti amerà lo stesso e lotterà con te, ma non lo farà da sola.»

Ederik prese a scuotere il capo tristemente e riprese a camminare agitato.

«Lei non mi ama e non rischierà mai di farlo sapendo a cosa andiamo incontro, ma io voglio avere una speranza e la manterrò viva così. Però detesto questa cosa, Xavier e Nami sono fidanzati da anni ormai e tutto va bene, perché io non posso permettermi il lusso di amare chi voglio?»

Alyssa storse il naso.

«Non a tutti fa felice questa cosa di Xavier e Nami, ma sorvoliamo.» lo intercettò nel suo impazzito andirivieni e gli poggiò le mani sul torace.

«Eddy, Eddy, Eddy ascoltami.» puntando i piedi lei riuscì a bloccarlo e a farsi guardare. «Non maledire il tuo lignaggio privilegiato perché potrebbe esserti favorevole un giorno.»

Il suo discorso fece braccia nella sua disperazione incuriosendolo.

«Spiegati.»

Ormai fuori di testa era disposto a qualsiasi cosa per uscire da quel labirinto.

«Tu sei il Principe di Rusgar e un giorno ne sarai Re, fra i tanti uno dei più influenti. Diventa anche il più giusto, il più valoroso, il più fidato e onorevole. Fai in modo di essere più in alto, più in alto di tutti e quel giorno potrai essere a un passo dai tuoi sogni perché quando ti incoroneranno Re sarai talmente tanto in gamba che la tua parola sarà sacra, sarà presa come giusta e fidata. Quel giorno Ederik perorerai il tuo amore all'Imperatore Tibos e ai Re e loro, tuoi amici e compagni di vita, sapranno che il tuo unico interesse è solo la nostra dolce Prudence e non il potere. Sono convinta che loro sorrideranno mentre daranno il loro consenso alle nozze,perchè lo faranno e lei ti amerà Eddy, ti amerà tantissimo.»

Gli occhi gli si offuscarono mentre il suo cuore si colmava di una speranza che non aveva mai sentito così viva e concreta.

«È questo che ti spinge Lyssa?»

«Ogni giorno della mia vita. Me ne infischio di quello che dice la gente, io sarò grande e amata e la gente parlerà di me in tutte le ere a venire.»

Ederik annuì non aveva nessun dubbio ora della veridicità delle sue parole profetiche.

«Vi voglio bene Lyssa, a te e a tutta la tua famiglia, non voglio fare nulla che potrebbe nuocervi.»

Alyssa lo abbracciò.

«Non lo farai, fidati di me.»

 

Plaudendo mentalmente la giovane e sorprendente Alyssa, Knich scese le scale di fretta.

Non voleva farsi trovare a origliare ma era rimasto talmente esterrefatto dalla scaltrezza e perspicacia di quella bambina che si era accorto tardi che Ederik si era deciso a scendere. Per fortuna il Principe doveva riporre le sue cose prima di farlo o lo avrebbero trovato dietro la porta ad ascoltarli.

Knich sorrise nonostante mille problemi gli occupassero la mente e solo uno era appena stato risolto. Alyssa Ready era un portento e lui sperò con tutto il cuore di essere ancora vivo e presente il giorno in cui donna, avrebbe raggiunto il suo obiettivo di grandezza perché ne era sicuro, ce l'avrebbe fatta.

«Knich? Avete trovato Ederik?»

A metà delle scale incontrò il Principe di Telnar.

«Sì, ma non sono stato io il primo.»

Orion lo interrogò con lo sguardo.

«Vostra sorella lo ha convinto a scendere e credo anche ad abbandonare la sua vita trascurata.»

«Prudence? Era sola con lui? Dannazione!»

Il Principe fece per superarlo cupo e salire le scale, ma Knich lo bloccò sbarrandogli il passo.

«Valerè, vi prego.»

Orion lo affrontò risoluto, ma lui lo rincuorò.

«Alyssa non Prudence. È lei l'artefice del miracolo, ma venite scendiamo prima che ci vedano.»

Troppo stupito il giovane si fece scortare per un gomito giù per le scale.

«Alyssa avete detto?»

Knich si adombrò.

«Non mi credete Ready?»

Orion non si risentì per il modo poco rispettoso con cui gli si rivolse, ma si affrettò a scusarsi.

«Certo che vi credo ne sono solo rimasto stupito.»

Raggiunsero il corridoio e le voci di Ederik e Alyssa gli giunsero dall'alto.

«Grazie di tutto comunque Knich, scenderò nel salone ora.»

Orion si inchinò lievemente e si allontanò, ma Knich decise di fermarlo.

«Orion.»

«Sì?»

Knich soppesò bene le sue parole mentre questi si girava.

«Dovreste… no…» si schiarì le idee e ricominciò. «Le vostre sorelle sono davvero speciali Principe, ho avuto modo di osservarle crescere di persona e attraverso i racconti di Kryan e credo che voi siate fiero di loro.»

Knich lasciò le sue parole in sospeso e Orion non deluse la sua aspettativa.

«Lo sono.»

«È per questo che credo dovreste accordare loro la vostra fiducia. Prudence è schiva e riservata, ma giudiziosa e intelligente non credo farebbe mai qualcosa che andrebbe contro il bene della sua famiglia.»

Orion valutò le sue parole mentre le voci sopra di loro si avvicinavano.

«L'amore porta ad azioni sconsiderate. È un sentimento che porta, se forte e sincero, a dimenticare ciò che è giusto o sbagliato. Odion e Alyandra ne sono stati la mia prova. Cerco solo di proteggerli.»

«Vero…» Knich annuì. «ma se fosse amore forte e sincero Orion nemmeno voi riuscireste a fermarlo, vi chiedo solo di fare attenzione, una pressione sbagliata potrebbe essere più dannosa che utile.»

«Ci penserò. Grazie per i vostri consigli.»

Orion si allontanò. Knich era davvero un ottimo mentore, ma lui non capiva ciò che voleva dire vivere con quella spada sospesa sopra la testa, lui adorava Prudence e stimava Ederik e purtroppo anche contro il suo volere avrebbe dovuto stroncare subito quel sentimento o presto sarebbe stato troppo tardi.

 

Ederik si volse per un attimo verso il grande specchio che ricopriva la parete in cima allo scalone principale del castello. Rimirò la sua immagine riflessa con occhio critico poi annuì soddisfatto.

L'abito scuro da cerimonia gli donava un aspetto sicuro e maturo evidenziando il suo fisico tonico e risaltando il verde dei suoi occhi. Lo specchio rimandò a lui la sua immagine e Ederik vide riflessa in essa la nuova tenace certezza e sicurezza che ora sentiva dentro.

Quella sera i suoi amici avrebbero conosciuto un nuovo Ederik e la sua faticosa campagna contro lo scetticismo e il disprezzo sarebbe iniziata dal momento stesso in cui avrebbe varcato le porte del salone. Li avrebbe conquistati tutti!

Sistemandosi meglio il bavero della giacca raddrizzò le spalle. L'indomani sarebbe partito per un addestramento faticoso così come aveva deciso Leine e avrebbe portato con sé solo i suoi amici più fidati, coloro che lo avrebbero poi seguito nella sua ascesa al trono.

I Principi di Lésin Rove avrebbero imparato molto presto ad amarlo e rispettarlo e non avrebbe fallito nella sua impresa per niente al mondo.

Ederik si volse verso lo sfarzo dell'ingresso del suo castello, Solaire e scosse con vigore il capo. Quell'immagine di ricchezza e solida sicurezza non sarebbe più stata per lui una fuga, quel luogo non sarebbe più stato un comodo e facile nascondiglio, si sarebbe conquistato amore e gloria su tutta Lésin Rove così che il mondo intero avrebbe imparato a fidarsi di lui, a contare sul suo appoggio e a rispettarlo.

«Ederik…»

Al suono di quella voce incerta a lui tanto cara il suo sguardo corse al corridoio.

La figura longilinea di Prudence apparve ai piedi dello scalone. I lunghi capelli biondi erano sciolti sulle esili spalle e il suo viso sereno e luminoso reso ancora più brillante dalla sopravveste azzurra. Nonostante la sua espressione incerta lei gli sorrise dolcemente.

«Ti aspettavo.»

Ederik si beò della sua immagine guardandola rapito.

La sua voce, era fuoco fuso che gli colmava le vene di forza, la sua figura armoniosa, determinazione che accrebbe le sue risoluzioni per il futuro, il suo viso, amore che gli strinse il cuore in una morsa ferrea. Da quel dì avrebbe lottato contro il mondo perché lei potesse diventare sua.

Prudence inclinò il capo in attesa di una sua reazione e il suo movimento lo riscosse dall'incanto.

«Se non fossi venuto? Come facevi a sapere che sarei sceso dopo quello che hai visto oggi?»

Il viso di Ederik si indurì mentre il ricordo di lei sconvolta mentre lui correva dentro al castello lo ferì profondamente.

«Penserai che sono uno sciocco, il mio comportamento è stato imperdonabile.»

Il sorriso che le fece fu amaro.

«Che brutta immagine di me che ti ho mostrato, mi considererai un buono a nulla.»

La risata argentina di lei lo colse alla sprovvista. Non aveva potuto vedere i suoi occhi ridenti perché aveva abbassato lo sguardo colmo di vergogna e non si era certo aspettato un simile sfoggio di ilarità. La guardò, ma in lei non vide derisione ma solo bonaria compassione.

«Ederik, dovrò aggiungere la presunzione ai tuoi difetti, non lo avrei mai pensato.» lui aggrottò la fronte perplesso.

«Presunzione?»

«Sì.» Prudence divenne seria. «Presunzione di sapere cosa penso di te. Tu non sai cosa penso o non ti saresti stupito di trovarmi qui ad aspettarti.»

Involontariamente Ederik arretrò di un passo colpito dalle sue parole serie.

«Non è il momento questo per aprirti il mio cuore e dirti quello che penso di te Eddie.»

Il suo cuore mancò un battito mentre Prudence lo fissava dritto negli occhi.

«Ma voglio dirti una cosa sola. Nasconditi dal mondo perché ti fa paura o indifferenza. Fuggi ai tuoi doveri e agli scherni perché non vuoi la responsabilità del regno e non ti piace combattere, ma non farlo per me.»

Ederik fece per replicare ma lei lo zittì.

«Ti ho visto oggi, hai lottato finché non ti sei accorto della mia presenza poi ti sei arreso. Non è giusto questo, io non lo voglio.»

Le sue mani si strinsero l'un l'altra con forza.

«Quello che provo per te non cambierebbe se tu fossi un codardo, un poveretto, un Re o un Cavaliere, ma non mi piace vederti soffocare la tua natura che vuole essere qualcosa di più per amor mio. Non lo accetto e mi allontanerò da te se continuerai a comportarti così.»

«Non lo farò.» questa volta la interruppe risoluto facendo un passo nella sua direzione. «Qualcuno a te molto caro mi ha fatto vedere le cose nella giusta prospettiva, evidenziando il mio errore e indirizzandomi verso una strada che non aveva valutato. Da oggi in poi non dovrai più vergognarti di me, ti darò la mia parola che sarò migliore.»

«Io non mi sono mai vergognata di te!»

Con gli occhi lucidi per l'emozione Prudence fece un passo verso le scale.

«Sarai al mio fianco Prudence?»

Quelle parole dette di getto gli mozzarono il respiro in gola mentre il suo viso diveniva scarlatto per l'imbarazzo. Prudence si illuminò di un sorriso radioso.

«Io sarò sempre al tuo fianco.» alzò una mano verso di lui. «Perché ti avrei aspettato qui se non lo fossi. Andiamo mio Principe, facciamo vedere al mondo di che pasta siamo fatti.»

Il cuore di Ederik prese a battere furiosamente e in un baleno fu dinnanzi a lei scendendo le scale di corsa. Le prese la mano con delicatezza e se la portò alle labbra.

«Riuscirò a conquistare il popolo e la fiducia dei Re, Prudence e allora potrò conquistare il tuo cuore e il diritto di averti e sarai orgogliosa di me.»

Ubriaca di felicità Prudence scosse piano il capo.

«Che testone che sei Eddie. Io sono già orgogliosa di te e il mio cuore è già tuo.»

 

Al loro ingresso nella sala il silenzio calò su tutti i presenti.

Ederik strinse forte la mano di Prudence posata sul suo braccio e alzò il capo fiero. Leine sedeva accanto alla loro madre sui troni reali e quando i loro occhi s'incontrarono a lui parve di cogliere un guizzo di sorpresa nei suoi. Poi ella sorrise annuendo con il capo in un gesto di piena approvazione.

Ederik mosse un passo all'interno del salone e fece per dirigersi verso i genitori quando una voce ruppe il mormorio della sala che era andato crescendo, dopo il primo attimo di imbarazzante silenzio.

«Auguri infiniti al nostro Principe, gloria e onore al futuro Re di Rusgar.»

Ederik seguì gli sguardi increduli dei presenti e giunse al latore di quei sinceri e accorati auguri. Willard in piedi sulla panca svettava sulla folla riunita con un calice in mano. Moran che tentava di tirarlo giù s'avvide dell'attenzione generale e con finta indifferenza mollò la presa sulla sua tunica e iniziò a battere le mani.

A quel suono tutti seguirono il suo esempio e la sala intera scoppiò in un fragoroso applauso accompagnato da un coro unanime di auguri. Ederik sarebbe scoppiato a ridere di gusto se la situazione lo avesse permesso, ma mantenendo con riserbo il contegno sorrise solo ringraziando con il capo tutti presenti. Quando scrutò il viso di Prudence lo vide rilassato e aperto in un gioioso sorriso.

«Auguri Ederik.»

La voce soave di Scarlet lo distolse dall'incanto dagli occhi della sua amata.

La Principessa di Alturius lo avvicinò e sporgendosi a baciargli le guance gli consegnò un enorme mazzo di rose rosse.

«Sono felice che tu sia qui Ederik. Ci dispiace molto per quello che è successo oggi non accadrà più te lo prometto.»

Ederik accettò il suo dono commosso.

«Grazie Scarlet, anch'io sono felice di essere qui e anch'io ti prometto una cosa…» lei inclinò il capo di lato in attesa. «… io non permetterò più che accada. Da oggi in poi chiunque potrà sempre contare sulla protezione dei membri del casato reale di Rusgar e il nostro valore non verrà mai più messo in dubbio. Saremo...sarò il pilastro forte su cui tutti potranno sempre appoggiarsi e contare e non una trave malconcia della cui sicurezza dubitare.»

«E così sarà.»

Scarlett annuì poi scoppiò a ridere.

«Permettetemi di unirmi a voi ragazzi.»

Prese Ederik per l'altro braccio e sorridendo a Prudence si avviò trascinandoseli dietro verso il punto in cui erano riuniti tutti gli altri Principi.

 

Rhiannon si appoggiò alla colonna alle sue spalle contenta.

Aveva temuto, come tutti del resto, che Ederik non si sarebbe fatto vivo quella sera, scatenando una reazione di malcontento e sfiducia sui presenti di cui avrebbe poi risentito l'intero regno di Rusgar.

Lésin Rove ruotava già da un po' di tempo immerso in una fitta nebbia di cupa incertezza e un piccolo cedimento nella solida muraglia di forza e potere di uno dei Regni più influenti avrebbe potuto far piombare il loro mondo ancora più nel caos. Chissà se Ederik si era accorto di quello che avrebbe potuto causare la sua scenata di quel giorno se non fosse finita nel migliore dei modi.

Tradendo la sua inquietudine Rhiannon si avvolse un ricciolo biondo attorno al dito indice della mano.

Lei sapeva cose di cui avrebbe voluto verificare la veridicità assieme agli altri Cavaliere degli Dei, ma un velo di insicurezza opprimente la frenava dal chiedere consiglio agli altri.

Nonostante la magia fosse ben accolta sul Lésin Rove, le streghe con poteri particolari come lei e Kyrsen non erano viste di buon occhio e spesso aveva parlato delle sue visioni davanti a visi increduli e annoiati.

I Principi le avrebbero creduto se lei avesse raccontato delle strane visioni che la tormentavano? L'avrebbero ascoltata e capita se gli avesse interrogati ponendogli quelle domande che da tempo la tenevano sveglia la notte? Le stelle le parlavano. Nelle sue consultazioni astrologiche loro mormoravano di fatti strani e oscuri che accadevano sul Lésin Rove, ma quando tornava nel piano terreno attorno a lei tutto sembrava tranquillo e normale e allora si chiedeva a cosa dovesse credere.

Come fare a capire senza destare sospetti, senza essere additata come visionaria o addirittura rivoluzionaria?

Riportò l'attenzione su Ederik che in quel momento si accingeva presso i fratelli di Ictar e nell'istante in cui con malcelato discontento Wainwrit, sotto l'occhio vigile di Tristan, si inginocchiava dinanzi al Principe di Rusgar, accadde!

L'aria si fece improvvisamente irrespirabile e Rhiannon si sentì soffocare, si staccò dalla colonna muovendo qualche passo e portandosi una mano alla gola mentre la vista le si offuscava.

Nessun suono di aiuto riuscì ad uscire dalle sue labbra e un attimo dopo non era già più lì.

Immobile, inebetita, la giovane divenne nuovamente spettatrice involontaria di un futuro lontano, di un mondo che non conosceva come reale. I volti attorno a lei mutarono, ma questa volta la scena rimase nel luogo in cui lei si trovava poco prima, su Rusgar nel palazzo reale.

Ederik e Prudence erano la e inchinato ai loro piedi Wainwrit chiedeva clemenza... al Re!

Rhiannon sbarrò gli occhi.

Ederik era Re, ma come così chiaramente sapeva che quei giovani uomini e donne attorno a lei erano i suoi amici, così come visivamente faticava a riconoscere in quei volti gli amici di un tempo.

Qualcosa era cambiato… Lésin Rove era cambiato e i protagonisti della storia della vita che le scorreva dinanzi avevano qualcosa di diverso e inquietante. Una giovane donna dai corti capelli neri con una bellissima tiara di diamanti le si fece vicina con volto preoccupato.

«Ritorna in te Rhiannon.»

Con uno scatto la giovane si rizzò a sedere respirando a pieni polmoni.

Alyssa in ginocchio al suo fianco le stringeva una mano mentre Kilian Nysseswar,cavaliere di Scarlet, le circondava le spalle con un braccio. Diverse persone avevano fatto cerchio attorno a lei che evidentemente era svenuta.

«Rhiannon sei di nuovo in te meno male.»

Alle parole di Alyssa lei corrugò la fronte confusa alla ricerca di un ricordo, di un collegamento che ora le sfuggiva mentre il tono di ella e le sue parole facevano riapparire per un attimo il volto della donna che si frappose al suo.

Possibile che fosse stata l’Alyssa del futuro? Eppure era così diversa!

«Rhiannon vi sentite meglio?»

L'ultimo barlume della visione se ne andò al suono delle parole di Kilian e il brusio della gente attorno a lei che parlottava la colpì infastidendola. L'avevano sentita parlare mentre era incosciente? Cosa aveva detto?

«Lasciatemi, sto bene!»

Allontanò il ragazzo rabbiosa e si appoggiò ad Alyssa per rialzarsi.

«Kilian ti ha afferrata prima che tu battessi la testa. Cosa ti è accaduto?»

Ancora confusa lei non rispose. Ancora una volta Lésin Rove era mutato sotto i suoi occhi, nella sua mente. Ancora una volta visi sconosciuti prendevano le sembianze dei Principi dei Regni. Doveva parlare con qualcuno o sarebbe impazzita.

«Alyssa, dov'è tuo fratello?»

«Orion?»

Stupita dalla sua domanda lei ci mise un attimo a registrarla, ma quando lo fece le indicò l'altro lato della sala.

«Laggiù, ma… Rhiannon.»

Kilian fece per riafferrarla quando la vide barcollare di nuovo, ma con un'occhiata glaciale lei lo allontanò.

«Sto bene. Grazie per prima, ma ora devo raggiungere Orion.»

Cadaverica e tremante scansò di malagrazia la gente dinnanzi a lei e si allontanò. Alyssa rimase a fissarla incredula poi guardò Kilian e fece spallucce.

«Che vuoi dire, quella tipa è davvero stramba.»

Alyssa lo lasciò solo e Kilian seguitò a seguire la figura bionda che si faceva largo tra la folla serrando i pugni. Avrebbe fatto meglio a girarle alla larga d'ora in poi, Rhiannon Fraystor era ben al di sopra di uno come lui e non lo avrebbe mai degnato di alcuna attenzione.

«Sei un uomo fortunato Orion di Telnar.»

 

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Capitolo 9
*** Le trame oscure di Ictar ***


ANNO 525

 

Alyssa Ready di Telnar -13 anni

Chantal Ready di Telnar- 18 anni

Prudence Ready di Telnar- 17 anni

Orion Ready di Telnar- 20 anni

Zoe Ready di Telnar -19 anni

Ederik Birmangh di Rusgar - 17 anni

Leine Birmangh di Rusgar - 19 anni

Dustin Birmangh di Rusgar - 21 anni

Tristan Vinnian di Ictar - 18 anni

Kieran e Morgan Vinnian di Ictar - 17 anni

Wainwrit Vinnian di Ictar -15 anni

Joline Vinnian di Ictar - 9 anni

Vivien Lorcain di Pargaskor - 18 anni

Eriana Lorcain di Pargaskor - 7 anni

Xavier Fraystor di Avatar - 20 anni

Rhiannon e Kyrsen Fraystor di Avatar - 16 anni

Scarlet Leigh di Alturius - 15 anni

Nami Myron di Lobor

Hayleen Myron di Lobor

 

REGNO DI TELNAR - Stagione degli Elementi

 

Rinchiusa nella sua camera Alyssa era rannicchiata nell'angolo più buio tra l'armadio e lo scrittoio.

Le mani saldamente afferrate l'una all'altra sembravano non voler smettere il loro incessante tremare nonostante le braccia avvolgessero ferree le ginocchia ripiegate contro il petto. I suoi occhi fissi nel vuoto non riuscivano a versare lacrime, lo shock e il terrore le avevano bloccate nel recondito della sua gola dove un nodo quasi soffocante bloccava ogni parola, ogni suono. Due pensieri fissi le martellavano la mente.

Perché l'aveva fatto? Si sarebbe salvata?

L'ira furibonda che l'aveva spinta a quell'insano gesto era svanita da un pezzo lasciando il posto solo all'acuta certezza che stavolta non l'avrebbe passata liscia. Aveva esagerato e aveva messo a repentaglio la vita di Chantal. Chiuse gli occhi sopraffatta dalle immagini raccapriccianti della sorella ferita.

Quando era partita alla volta del villaggio degli Athach, mostruosi giganti a tre braccia e vistose zanne ricurve, non aveva pensato a Chantal. Resa cieca dall'orgoglio e dalla rabbia dell'umiliazione aveva pensato solo a sé stessa, ma avrebbe dovuto sapere che Chantal non l'avrebbe mai lasciata partire da sola e se non fosse stato per Liam sarebbero morte entrambe. Il giovane scudiero aveva avvertito Zoe che riunito un piccolo esercito aveva seguito le sorelle e salvato Chantal all'ultimo.

La rabbia devastatrice che l'aveva condotta al villaggio, dopo che un gruppo di giovani Athach l'aveva aggredita e lasciata mezza nuda appesa ad un albero a testa in giù umiliandola,l’aveva abbandonata non appena si era resa conto delle conseguenze del suo gesto impulsivo.

L’orgoglio le aveva offuscato il giudizio talmente tanto da portarla ad affrontare il capo villaggio, padre di uno dei giovani e costringere così Chantal, ora Chierico di Hamon, a combattere per difenderla. Da dove proveniva quel lato così oscuro del suo carattere che cercava di soffocare?Perchè non aveva ragionato prima di agire? Dov’erano finiti tutti gli insegnamenti di Orion in quel maledettissimo momento?

Un colpo alla porta le fece spalancare gli occhi.

«Alyssa, apri la porta!»

Il Re! Alyssa scattò in piedi.

«Apri o la faccio buttare giù.»

Il sangue le defluì totalmente dal viso mentre le urla e i colpi del genitore facevano tremare gli stipiti della porta e il suo corpo.

«Buttate giù la porta.»

«Per gli Dei.»

Alyssa si lasciò sfuggire un rantolo aggrappandosi con le mani allo scrittoio. Suo padre l'avrebbe fustigata a morte e né Orion, ora lontano, né Chantal l'avrebbero potuta salvare. Zoe non avrebbe mai osato disobbedire al padre e Prudence era troppo mite per farlo.

La porta vibrò sotto i colpi delle guardie.

Aveva sbagliato, certo, ma il padre non aveva mosso un dito quando aveva saputo quello che le era accaduto nella foresta. Non aveva punito gli Athach per l'ardire di girare indisturbati nelle foreste vicino a Bleac e aver umiliato una Principessa di Telnar.

Lei si era solo difesa, aveva difeso l'onore della casata. Magari era stata impulsiva ma…

Dopo il terzo colpo la porta si aprì sbattendo contro il muro tale fu la violenza con cui fu spalancata. Alyssa si impose di non sobbalzare. Due mortificati cavalieri seguirono a passo marziale il Re nella stanza. Alyssa si erse e affrontò il padre che l'afferrò brutalmente per un braccio.

«Sciocca, sciocca impudente ragazzina viziata. Cosa ti è saltato in mente, rispondi?»

Le sue dita sprofondarono dolorosamente nella carne delle sue scarne braccia, ma lei alzò il viso stoicamente verso il padre senza emettere alcun suono serrando forte le labbra. Cosa avrebbe dovuto dirgli quando lui non avrebbe mai ammesso la sua parte di colpa. Quando ancora una volta avrebbe cercato di piegarla alla sua volontà ingiusta senza tenere conto dei suoi voleri, dei suoi sentimenti. L'uomo furioso e insensibile che la scuoteva con violenza non era più il padre buono e affettuoso della sua infanzia e lei non si sarebbe piegata davanti all'individuo che era divenuto.

La sua punizione più grande era sapere Chantal ferita gravemente a causa sua, qualsiasi cosa lui le avesse fatto ora non le importava. Persa nel suo stato catatonico non rispose alle ingiurie e alle domande del Re finché quest'ultimo non la scaraventò contro le guardie che l'afferrarono per le braccia.

«Sono stanco della tua ribellione Alyssa, stanco dei guai che combini a causa della tua cocciutaggine e alterigia. Ti piegherai e chiederai perdono, promettendo di seguire le regole del destino che ti riserveremo o in nome degli Dei ti giuro che ti disconoscerò. Questa volta il mondo intero dovrà conoscere la tua colpa e vedere che sei stata punita.»

Il Re distolse lo sguardo da lei come se la sua vista lo ferisse e lo disgustasse.

«Portatela nella stanza in cima alla torre ovest finché non si deciderà a chiedere perdono e tagliatele i capelli.»

«No!»

Alyssa scattò in avanti sorprendendo i cavalieri che la lasciarono, ma il Re non ebbe pietà e la colpì con uno schiaffo facendola cadere.

«Prendetela e portatela via.»

Sconvolta Alyssa si portò una mano alla guancia mentre i due soldati la sollevarono.

«I capelli!? Sarà un'onta! Un disonore!»

Rabbia e dolore fecero scendere quelle lacrime che non era riuscita a versare fino a quel momento.

«Che ti sia da lezione.»

Chantal apparve sulla soglia soretta da due fantesche e supplicò il padre con voce flebile.

«Padre vi prego. Mio signore non potete farlo.»

Il Re si rivoltò furibondo.

«Tu non ti intromette, non avresti dovuto alzarti. Portatela a letto e se peggiorerà vi riterrò responsabili.»

«Tilly.»

Alyssa fece per muoversi verso la sorella che ancora più cadaverica di prima veniva sospinta via dalle fantesche impaurite. I cavalieri la trattennero mentre lei si dibatteva come un'ossessa.

Il suono sommesso delle lacrime di Chantal che si allontanava dopo averle lanciato uno sguardo addolorato e straziato decretò la sua fine ma Alyssa non se ne sarebbe andata così.

«Lasciatemi.»

La sua voce uscì dura e sicura così, come l’aveva sentita provenire da Orion o Zoe ogni volta che volevano farsi rispettare dai loro cavalieri. I due uomini si bloccarono ma non la lasciarono

«Lasciatemi ho detto. Camminerò da sola fino alla torre»

Il Re socchiuse gli occhi minaccioso mentre i due cavalieri la lasciavano andare titubanti.

Alyssa si erse nuovamente in tutta la sua altezza davanti al padre e con stizza si asciugò le lacrime che le avevano bagnato il viso

«Non chiederò perdono per quello che ho fatto, perché ho difeso l’onore della Casata Reale e il mio unico errore è stato coinvolgere Chantal in questo. La mia punizione, saranno le sue ferite delle quali mi riterrò responsabile e in torto a vita. Fate di me quello che volete ma se credete che mi piegherò davanti alla vostra indolenza, vi sbagliate di grosso. Non vi chiederò mai perdono e non vi perdonerò mai per questo.»

Il Re sembrò sul punto di colpirla ancora una volta ma all’ultimo momento, mentre avanzava verso di lei con la mano alzata,qualcosa nei suoi occhi mutò e lo bloccò.

«Portatela via. Non uscirà dalla torre finché io non darò l’ordine di liberarla. Se decidesse di chiedere perdono…»

Il Re la avvicinò e la sovrastò fissandola negli occhi gelido.

«Lasciatela li comunque e tagliatele i capelli a zero.»

Alyssa non battè ciglio,non lo avrebbe mai fatto,piuttosto sarebbe in morta in quella torre. Con un movimento deciso e sicuro si voltò e con passo marziale si mosse verso l’uscita scortata dai cavalieri. E così Alyssa, fu rinchiusa nella torre.

 

 

CITTA' DI RAITY - Regno di Nedstar

 

Orion sollevò il boccale di sidro sbirciando da oltre il suo bordo, gli avventori della piccola e fumosa locanda.

Era in viaggio da diversi mesi ormai e la missiva giunta a lui, di Morgan Vinnian, l'aveva raggiunto per puro caso nella città porto di Zebelat su Rusgar una decina di giorni addietro. Strano come quel messo, avesse parlato del suo compito di consegnare quella lettera proprio con Derem, il cavaliere suo braccio destro, con cui era partito per quel viaggio e come poi lui l'avesse condotto al suo cospetto.

I segni del destino lo lasciavano a volte davvero sorpreso.

La missiva di Morgan l'aveva preoccupato, vista l'urgenza con cui l'amico chiedeva di poterlo vedere. Orion quindi si era messo subito in viaggio, alla volta di Raity, dove lo aveva raggiunto nella scuola di magia dove era costretto a vivere già da diversi anni. Derem si mosse inquieto sulla panca accanto a lui, adocchiando una procace cameriera che non lo aveva lasciato un attimo con lo sguardo da quando erano entrati.

Orion sorrise divertito allontanando per un attimo i cupi pensieri.

«Vai dai, divertiti.»

L'amico si girò con finta innocenza sul bel volto angelico. Per quanto lui tentasse di nascondersi alla gente girando sempre incappucciato e infagottato, per quanto Derem non faceva altro che esaltare il suo fascino ammaliante, sorridendo e ammiccando alle fanciulle e offrendo bevute e giocando con gli uomini.

A Orion non importava, lui si nascondeva perché molte, troppe persone, erano solite riconoscerlo. Erano una buona squadra assieme loro due, da sempre. Orion preferiva indagare nei templi e nei mercati piuttosto che tra le cameriere e i locandieri, per quel compito c'era Derem che lo assolveva con solerzia e piacere.

«Non so se posso lasciarti da solo, oggi hai l'aria di uno che ammazzerebbe per una battuta di troppo.»

Le parole del compagno rievocarono quelle di Morgan dette al loro colloquio del mattino risvegliandogli la bile amara in bocca.

«Sciocchezze. Divertiti e già che ci sei vedi di capire che aria tira da queste parti e quanti stranieri interessati alle cave dei Rock sono passati di qui. Ho l'impressione che dovremmo addentrarci maggiormente tra i monti di Stoness se le voci giuntemi non verranno smentite.» la smorfia di disappunto di Derem lo fece sorridere nuovamente.

«Non potremmo indagare sulle meravigliose coste di Avatar vero?»

«Uhmm… no mi dispiace, Xavier se la cava benissimo da solo.»

Con un sospiro esagerato Derem si alzò dal tavolo.

«Va bene, vorrà dire che mi rintanerò sotto le calde coperte di qualche signora in previsione del freddo pungente che soffriremo nei prossimi giorni.»

Orion non rispose, ma annuì. Erano amici da troppo tempo perché Derem non avesse già capito che sarebbe andato a fondo in quella faccenda finché non avesse fatto un po' di luce.

Prendendo sottobraccio la disponibile ragazza, Derem sparì dietro la porta del retro e lui tornò a guardarsi attorno ripensando a Morgan. Le accuse che il Principe aveva rivolto ai membri del suo casato erano davvero pesanti. Morgan sosteneva di essere stato bandito da Ictar perché la sua matrigna tramava un complotto contro le due potenze di Lésin Rove, Telnar e Rusgar e la sua presenza a palazzo era per lei motivo di disappunto in quanto lui non si fidava di lei e la controllava costantemente.

Orion non aveva voluto accettare la sua accusa con leggerezza e quando aveva chiesto a Morgan delle prove,lui non gliene aveva portate, dicendogli che doveva fidarsi della sua parola. Inoltre aveva accusato Tristan dicendogli che non era quello che mostrava di essere e l'aveva pregato di non fidarsi di lui.

Per ultima, ma non meno pesante, l'accusa era scesa su Wainwrit ora discepolo del negromante Anvoladen su Pargaskor e portatore del titolo di Cavaliere della Dea Oscura Demetra.

Morgan lo aveva pregato di tenere il fratello minore sotto sorveglianza perché il potere malvagio della Dea non poteva,a detta sua, che alimentare le manie di grandezza e potere del giovane Principe. Orion non sapeva cosa pensare di tutto ciò. Possibile che davvero le dicerie sulla malvagità intrinseca del Regno dell'Ombra non fossero solo tali,pettegolezzi e che una forza malvagia tramasse addirittura nel cuore del casato Reale?

O l'odio di Morgan verso coloro che lo avevano allontanato dal Regno e dal gemello lo avevano portato a massimizzare semplici dissapori famigliari? Morgan aveva un astio recondito verso la magia nera del fratello opposta alla sua e poteva essere la causa principale che lo aveva portato ad accusare Wainwrit. Con la Regina Ilya e Tristan i rapporti non erano mai stati sereni e con gli anni erano andati a peggiorare. Orion scosse il capo facendo un grosso respiro. Non era una situazione semplice e stava valutando se mettere al corrente o meno Kryan Lerner di quelle accuse.

«Un altro giro di sidro straniero? Offro io.»

Il cappuccio del mantello gli ricadde sulle spalle mentre girava su sé stesso per vedere in volto la persona che lo aveva interpellato.

«Vivien?»

La figura infagottata in diversi strati di vestiti maschili si scoprì il capo allentando il pesante giaccone che ricopriva la sua persona e sollevando il cappello che le copriva il volto e i serici capelli castani.

«In persona mio caro.»

Orion sollevò un sopracciglio stupito.

«Come mi hai riconosciuto?»

Vivien lo aggirò lasciandosi cadere sulla panca dinanzi a lui dall'altro lato del tavolo.

«Rain, ho allattato e allevato personalmente quello splendido animale, puoi camuffarlo da ronzino quanto ti pare, ma riconoscerei quel cavallo tra un milione.»

Orion scosse il capo ridendo.

«Sei incredibile.»

Fece un cenno all'oste che capì al volo e si apprestò a servirgli due boccali pieni mentre lui tornava a coprirsi il capo.

«Cosa ci fai qui?»

Vivien si tolse i guanti fregandosi le mani l'una con l'altra.

«Dopo ti farò la stessa domanda. Sono con lei, doveva recapitare un oggetto magico a Hitzeden, il maestro di Morgan Vinnian e ho deciso di accompagnarla. Faremo una visita a Silverwall dopo.»

Mentre parlava indicò qualcuno alle sue spalle e girandosi Orion vide Leine entrare nella locanda. Strabuzzò gli occhi e tornò a guardare Vivien.

«Leine Birmangh? Giuro Vivien è l'ultima persona su Lésin Rove con cui ti avrei pensata in viaggio.»

L'amica fece spallucce.

«È cambiata. Vedrai, ti stupirai.»

«Allora era davvero lui.»

Aggraziata e sinuosa Leine si allungò nella panca accanto a lui passandogli un braccio attorno alle spalle. Ancora più sorpreso di prima si volse a guardarla e lei s'inchinò a baciargli una guancia prima di sedersi.

«Ben trovato Orion.»

Senza saper cosa dire lui si sentì avvampare e preso il boccale bevve un lungo sorso. Quella notte si prospettava davvero lunga e piena di sorprese.

 

 

Castello di Silverwall - Regno di Nedstar

 

Orion sollevò lo sguardo sulle imponenti mura di Silverwall tirando le redini di Rain per rallentarlo.

Derem al suo fianco lo imitò e per quanto fosse loro possibile nello stretto sentiero le due Principesse cercarono di affiancarli. Orion rabbrividì per il vento freddo e per quella sensazione di gelo e timore che la maestosa fortezza riusciva sempre a suscitare in ogni suo visitatore.

«Non sono propriamente convinto che i Regnanti di Nedstar faranno i salti di gioia per il nostro arrivo non annunciato, soprattutto la Regina Iona.»

«Avanti Orion.»

Derem scosse i riccioli biondi bagnati dalla foschia umida esortandolo con il solito tono scanzonato.

«Non tutti sono ligi alle formalità come te, vedrai che non saranno per nulla seccati.»

«Sarà, ma non…»

«I patti erano chiari, tu ci accompagnavi a Silverwall e noi ti avremmo fatto da spalla nella spedizione alle Cave dei Rock.»

Leine lo redarguì canzonandolo e facendo l'occhiolino a Derem. Orion si mosse a disagio sulla sella, la confidenza di quei due rasentava il limite del decoro e della decenza. Derem doveva capire che nonostante i suoi modi spigliati e sfacciati Leine rimaneva sempre una Principessa di Rusgar e non una ragazza da taverna.

In quella questione però non poteva intervenire suo malgrado. Derem era il suo compagno d'armi più fidato e non poteva certo rimetterlo al suo posto con parole dure e se lo avesse fatto Leine lo avrebbe scuoiato vivo.

Nonostante Vivien avesse ragione riguardo al cambiamento dell'amica, Leine rimaneva sempre la stessa nel suo profondo. L’aveva trovata più controllata certo, in grado ora di gestire il suo potere caotico quasi magistralmente, ma era pur sempre una creatura con un'indole selvaggia e ribelle che ora era diventata più amabile e astuta.

«Una gatta selvatica.» borbottò tra se e se.

«Scusa?»

Leine alzò un sopracciglio interrogativo al suo borbottio.

«Dicevo che non ho chiesto la vostra scorta per la mia missione.»

«Noi sì.»

Vivien intervenne prima che Leine potesse infiammarsi alla sua brusca risposta.

«Avevamo già deciso di passare da qui, ma le parole di Morgan hanno reso questa visita maggiormente importante. Frasier merita di essere messo al corrente del vostro colloquio e chi meglio di te può riportarglielo.»

Orion annuì.

«Certo hai ragione, ma più tardi parleremo della nostra convivenza dei prossimi giorni. Voi due siete fari nella nebbia.»

E lanciando un'ultima occhiata alla folta chioma rossa di Leine esibita senza premure di nasconderla, riportò Rain al passo. Leine lo lasciò passare sorridendo a Derem che sminuì le parole dell'amico con una smorfia, non vista, prima di seguirlo.

«Senti chi parla di fari nella nebbia. Dico Vivien, hai mai visto due tipi più sbalorditivi di quei due? Uno solare come Rastres e uno oscuro come Vifa, ma entrambi fanno girare più teste di un plotone di fusti mezzi nudi.»

Vivien sogghignò alle sue parole affiancando il cavallo al suo.

«Beh un tipo meglio lo conosco, ma su quei due ti do ragione.»

Il suo sguardo corse alle torri del castello che ora intravedeva svettanti sopra le mura.

«E poi Orion si sbaglia sai, se la memoria non m'inganna credo ci sia una Iona in quel castello che lo accoglierà a braccia aperte.»

 

 

Ruhnas - Regno di Lobor

 

La carrozza filava veloce tra le vie frenetiche e caotiche della città porto di Ruhnas.

Hayleen lasciò cadere la tendina riportando l'interno alla penombra.

«Sei nervosa?»

Lanciò un'occhiata a Nami seduta dinnanzi a lei prima di sprofondare di nuovo nel sedile.

«Non saprei dirti. Ancora no, credo.»

Nami le sorrise serena e Hayleen sbuffò.

«Come fai a non essere nervosa?! Stai lasciando Lobor per sempre e vivrai in un luogo così… così... diverso, pieno di persone diverse da te.»

Il viso rilassato della sorella non cambiò espressione, ma i suoi meravigliosi occhi color ghiaccio si incupirono.

«Mi rattrista lasciare Lobor Hayleen, ma non sono nervosa. Addolorata forse, ma non nervosa.»

«Scusami Nami.»

Hayleen si sporse fino a prenderle le mani che teneva poggiate in grembo. Erano terribilmente fredde. Cercò di scacciare la terribile sensazione di sventura che si portava appresso dopo il sogno della notte precedente e le confessò.

«Tu stai per sposare Xavier e trasferirti per sempre ad Avatar e io ti incupisco invece di aiutarti a stare serena.»

Nami tornò a sorridere e lei si alzò per sederle accanto e poggiarle una mano sul viso.

«Il fatto è che credo di essere io più nervosa di te, sia per il matrimonio, sia per il vuoto che lascerai nella mia vita.»

«Hayleen, Avatar non è su un altro pianeta e in nave risulta più vicino di qualsiasi altro regno. Ci vedremo spessissimo vedrai.»

Hayleen annuì e il suono dolce delle parole della sorella le placarono l'animo.

«Xavier ti vuole bene o non avrebbe mosso mari e monti per sposarti. So che non vi conoscete affondo, ma sono sicura che farà di tutto per renderti felice.»

Nami non riuscì a trattenere una risata fresca e argentina.

«Ma tutto questo io lo so già sorellina. Chi stai cercando di nuovo di rassicurare, me o te?»

Hayleen non poté che non darle ragione e si unì alla sua allegria con il cuore più leggero. Stavano ancora ridendo quando la carrozza si fermò sulla battigia per farle scendere, ma la loro gioia fu di breve durata perché il Re degli Elfi le accolse con espressione funerea al loro arrivo.

«Padre?! Cosa è accaduto?»

Re Nathaniel rimase in silenzio cercando le parole adatte dinnanzi alle figlie. Scorse per primo il volto di Hayleen, così duro e bruno se paragonato alla delicatezza dei lineamenti della sua figlia maggiore. La pelle di Nami, resa ancora più lucente e nivea dai capelli argentei e dagli occhi chiari, sembrava ora freddo marmo mentre impallidiva dinnanzi alla sua espressione tetra in un giorno così lieto.

«Padre.»

Hayleen lo esortò nuovamente e il Re prese coraggio e guardò negli occhi Nami dolente di essere lui latore di una così grave notizia.

«Mia cara mi rammarico di doverti comunicare un funesto evento. Re Kolman e la Regina Dacey sono stati coinvolti in un drammatico incidente due notti orsono. Il tetto del locale in cui si trovavano per festeggiare il loro anniversario è crollato improvvisamente, non si è potuto salvarli, la dipartita è stata immediata.»

«Oh no, povero Xavier!»

Nami si coprì le labbra con una mano mentre con l'altra si aggrappava a quella della sorella in cerca di conforto e appoggio.

«Cosa ne sarà del matrimonio?»

Hayleen diede voce ai suoi pensieri e Nami trattenne il respiro in attesa.

«È volere del Principe Xavier che avvenga dopo i funerali reali e i successivi dieci giorni di lutto del Regno. Dopodiché avverrà l'incoronazione e infine il matrimonio.»

«L'incoronazione?»

Nami bisbigliò quella parola come se il solo pronunciarla forte potesse essere un insulto, ma essa entrò nella sua mente in profondità come uno spillo doloroso nelle carni. Sarebbe stata Regina di Avatar. Lei era troppo giovane per essere Regina e anche Xavier per essere Re.

Come avrebbero fatto novelli sposi a prendere in mano assieme le redini di un regno se a malapena si conoscevano? E le giovani Rhiannon e Kyrsen e la piccola Bjorn come avrebbero reagito a tutto quello?

«Che gli Dei ci aiutino.»

Nami vacillò sotto il peso di quell'evento devastante e ad Hayleen, che in cuor suo aveva temuto una sventura imminente, non restò che abbracciarla per confortarla.

 

Regno di Ictar - Palazzo di Lightshadow

 

Il conte Kenric seguì il corridoio semi buio con estrema naturalezza e sicurezza.

Conosceva quella strada a memoria ormai e avrebbe potuto farla anche bendato senza inciampare o sbattere da nessuna parte. Arrivato a circa metà del corridoio si mise in ascolto e quando fu sicuro di essere solo scostò l'arazzo dinnanzi a lui e aprì la porta segreta.

L'oscurità più totale lo avvolse quando la richiuse, ma non se ne curò, pochi passi e un'altra porta lo introdusse nella stanza da lui cercata. Non bussò per farsi annunciare, lei lo stava aspettando.

«Mia signora.»

Kenric si inchinò al cospetto della Regina di Ictar mentre ella abbandonava il suo posto accanto allo scrittoio per farglisi vicino.

«Conte di Aloy puntuale come sempre. Devo congratularmi per la vostra nomina e addolorarmi per la vostra perdita.»

Il giovane le baciò la mano che lei gli aveva porto inchinandosi con il busto poi con un ghigno sardonico si rialzò.

«Grazie vostra altezza, ma entrambi sappiamo che dobbiamo solo gioire della dipartita del mio caro genitore.»

Ilya annuì e andò a sedersi sul divanetto mentre lui si accingeva a servire ad entrambi un calice di vino.

«I nostri piani procedono come previsto senza intoppi.»

Kenric le porse il calice e le si sedette dinanzi.

«Me ne compiaccio Conte, me ne compiaccio. Credete ora di poter convincere il Re come avevamo convenuto? Io dal mio canto ho già tessuto le vostre lodi a mio marito in più di un'occasione, ma voi siete così giovane…»

Kenric rise dei suoi dubbi mentre ella spostava la grossa treccia nera su una spalla facendola ricadere sul seno generoso.

«Giovane sì, ma valoroso. Mi sono distinto già in diverse occasioni mia signora e sono sicuro che il Re accetterà il mio aiuto ora che la sua vecchiaia lo porta a oziare sempre di più. Il mio aiuto risulterà presto indispensabile e il passo ad arrivare a comandare il vostro esercito sarà breve,sopratutto ora che il posto è vacante. Il Principe Tristan me ne sarà solo grato non sembra amare molto il ruolo del cavaliere.»

Ilya mosse una mano a mezz'aria con noncuranza.

«Non pensate nemmeno ai miei figliastri tra non molto non costituiranno più un problema per noi, l'unica a cui dovrete pensare è Joline.»

Kenric parve perplesso.

«Come potrei fare a ingraziarmi la giovane Principessa e a quale scopo?»

«Col tempo lo capirete e il modo non m'interessa, siete un giovane di bell'aspetto non sta a me spiegarvi certe cose.»

Il conte si alzò nervoso.

«Per gli Dei, ma ha solo nove cicli.»

Ilya finì il suo vino e alzandosi con fare mellifluo lo avvicinò.

«Non vi ho detto di sedurla mio caro, fate solo in modo che si abitui alla vostra presenza come a quella di un confidente e amico. Al resto penserò io in seguito.»

Gli accarezzò un braccio con un dito pensierosa poi si riscosse ridendo.

«Non guardatemi con quell'espressione, quel cucciolo spaurito e insipido pregusta di divenire una giovane molto bella e non vi dispiacerà sposarla ve lo assicuro.»

«Sposarla?»

Kenric poggiò il suo calice prima che la sorpresa lo mandasse in frantumi per terra.

«Ma certo sciocco, sposerete la Principessa e ho molte altre gradite sorprese per voi in futuro. So come premiare chi mi è fedele.»

Stordito da tale notizia il giovane conte si inchinò quando lei accennò a congedarlo, con una reverenza adorante.

«E io sarò sempre il più fedele Maestà.»

Ilya gli sfiorò il capo con la punta delle dita.

«Lo so mio caro.»

Quando lui si ritirò la Regina si diresse verso il suo scrittoio e afferrò il suo ventaglio magico che si illuminò. Ilya sorrise soddisfatta.

«Presto tutto si avvierà al raggiungimento dei nostri piani mia potentissima Signora e quel giorno Lésin Rove conoscerà la sua disfatta.»

 

 

 

Regno di Rusgar - Palazzo di Solaire

 

Il cozzante clamore delle spade risuonava nell'arena mentre si avvicinava al campo di addestramento.

Knich si portò a ridosso delle tribune e incrociando le braccia sul petto rimase ad osservare i giovani duellanti. Konrad Batfelse ora si trovava al centro del campo grondante di sudore e coperto di polvere dalla testa ai piedi e cercava di parare i fendenti micidiali del Principe di Rusgar.

Un insolito e raro sorriso gli incurvò le labbra alla vista dell'impegno con cui Ederik si batteva, come se si trovasse dinnanzi il suo peggior nemico invece di uno dei migliori.

Moran Vyrn sedeva sulla staccionata in abiti logori d'addestramento e un sempre impeccabile e sgargiante Willard Weaver faceva bella mostra di sé stesso in una sedia reclinabile dall'aspetto bizzarro al limitare dell'arena. Da molti mesi oramai i quattro giovani erano inseparabili e i loro progressi mirabolanti.

Knich aveva avuto molti giovani scudieri e apprendisti per le mani, ma mai nessuno, escluso i suoi Cavalieri Mistici, gli aveva dato la stessa soddisfazione di Ederik. Anzi, forse nemmeno i suoi Cavalieri.

Non che il Principe fosse loro superiore, questo era impossibile, ma nell'ultimo anno trascorso Ederik si era impegnato anima e corpo in tutte le discipline di combattimento e tecnica di comando, studiando la strategia di pari passo e con la stessa passione della scienza, destreggiandosi con le armi come nello studio dell'etichetta.

Due volte la settimana portava personalmente i suoi saluti ai fittavoli e scendeva al villaggio ogni volta che poteva per constatarne l'andamento e ascoltare i popolani e le loro richieste.

Assisteva il padre ad ogni riunione ufficiale tanto che a volte il Re lasciava al figlio le decisioni minori e le deleghe meno importanti, quando prima non lo avrebbe mai fatto. Nel frattempo diveniva ogni giorno più forte e capace nel combattimento acquistando fiducia e sicurezza.

Konrad e Moran lo seguivano di pari passo senza abbandonarlo mai come due ombre vigili e Willard aveva finalmente scelto la magia neutrale come suo indirizzo. Ederik aveva convocato per lui il miglior maestro di Pargaskor perché lo istruisse al castello. Con un ultimo affondo ben assestato il Principe fece volare via la spada di Konrad che inciampò finendo con il didietro nella polvere e le mani alzate.

Moran saltò con un agile balzo a terra per riconsegnare la tunica al suo signore e Willard batté le mani indolente. Ederik si asciugò la fronte madida e prima di rivestirsi aiutò l'amico a rialzarsi.

Vedendo i suoi occhi così pieni di sicurezza e maturità Knich faticò a riconoscere il ragazzino insicuro e capriccioso che Lady Alyssa aveva ripreso un anno addietro.

«Siete fortunato che il vostro avversario vi sia amico Ederik, un nemico vi avrebbe sconfitto minuti orsono.»

Cancellandosi dal volto qualsiasi espressione soddisfatta, Knich avvicinò i giovani. Ederik colto nell'atto di rivestirsi uscì con il capo dalla tunica pieno di disappunto, ma cercò di mascherare la delusione per quel rimprovero dietro un fintissimo sorriso.

«Knich, ci siete mancato. Come sta vostro fratello Ryin su Ictar.»

«Come un pollo mascherato da pavone, come sempre. Dovrebbe pensare più al suo dovere che al suo aspetto e alla bella vita, non smetterà mai di crearmi problemi.»

Willard si alzò con grazia dalla strana seggiola che sparì non appena lui l'ebbe lasciata vuota.

«Aih aih… chissà perché queste parole mi suonano familiari e mi colpiscono sul vivo.»

Ederik rise rinfrancando l'amico.

«Andiamo Willard, Knich non parlava di te.»

«Certo che no.»

Knich soppesò con occhio critico l'abbigliamento ridicolo del giovane e il cappello ornato di piume multicolore.

«Ciò non toglie che Willard abbia validi motivi per riconoscersi in tale ritratto di fannullone e damerino.»

I tre Cavalieri risero di gusto all'espressione offesa di Willard.

«Si dà il caso mastro Cavaliere che durante la sua assenza ho ricevuto gli elogi del mio maestro per la mia bravura e che i miei progressi con la spada sono davvero notevoli.»

«Sarà mia premura verificarli di persona allora. Che ne dici di domattina?»

Willard assunse un colore vagamente verdastro, maledicendo gli sberleffi di Konrad ed Ederik e la superbia sufficienza di Moran.

«Ma non stavamo parlando delle mancanze del nostro Principe, Sir Valerè?»

L'occhiata inceneritrice di Ederik non tardò a trafiggerlo, ma Willard fece spallucce con finta innocenza. Knich lasciò correre per il momento tornando a rivolgersi all'amico.

«Già, vero.»

Incrociò le braccia sul petto ritornando a fissarlo con severità ed Ederik si ripromise di farla pagare cara a quell'illusionista da quattro soldi.

«Vi lodo altezza perché vi state impegnando veramente a fondo nei vostri allenamenti, ma la vostra tecnica fa acqua da tutte le parti.»

«Non capisco Knich, davvero, mi sembrava di essere migliorato.»

«Certo lo siete, ma a parte una notevole forza e grinta che vi distingue devo a malincuore dire che siete un combattente da manuale.»

«Un combattente da manuale?»

Konrad lo interrogò in quanto nessuno di loro aveva inteso le sue parole.

«Sì, vedervi combattere è stato come assistere ad un ballo di sala, ogni mossa, ogni parata o affondo era talmente tanto preciso e calcolato da risultare ovvio ancor prima che l'azione fosse iniziata. Un avversario più esperto del nostro Konrad vi avrebbe disarmato all'istante.»

«Ho capito.» Ederik si incurvò leggermente abbattuto. «La mia tecnica è troppo prevedibile, troppo semplice. Può andare bene per una giostra o in un’allenamento, ma in un vero combattimento non servirebbe a un granché. Mi ricordo lo scontro con gli Avoral nella foresta, contro di loro mi è andata bene effettivamente ma non sarebbe lo stesso contro un nemico scaltro e veterano.»

«Sì è proprio quello che volevo dire e lo stesso vale per voi due.»

Knich passò in rassegna il volto dei tre giovani per poi ritornare su Ederik.

«Dovete imparare a distinguervi, fare vostra una tecnica base certo, ma da questa poi creare un vostro personale modo di combattere basato sull'attacco o sulla difesa, sulle mosse veloci, sulle acrobazie. Stupite l'avversario con la vostra velocità o con una tecnica particolare sviluppata sulla concentrazione o sulla forza. Scegliete qual è il vostro modo di agire più consono e in esso metteteci il vostro io più profondo. Imparerete a distinguervi e ad essere sempre l'enigma più pericoloso per il vostro nemico. Solo allora sarete praticamente invincibili. Perché avrete il vantaggio della sorpresa e del sapere, perché avrete studiato a fondo ogni tecnica e da essa avrete carpito il meglio per voi e l'avrete fatto vostro.»

«Caspita mastro Knich, ci avete distrutto.»

Konrad abbandonò le braccia lungo i fianchi scoraggiato e Knich lesse lo stesso negli occhi di Ederik. Alzò una mano e l'appoggiò con forza sulla sua spalla.

«Non dovete abbattervi Ederik e nemmeno voi.» guardò Konrad e Moran lanciando un'occhiata significativa anche a Willard.

«Inizieremo subito la vostra specializzazione e vedrete che impegnandovi a fondo supererete quello che ora vi pare un grosso ostacolo con facilità, prima di quanto crediate.»

Gli occhi verdi di Ederik si riaccesero di speranza.

«Avete una forza interiore incredibile Ederik e riuscirete a distinguervi sopra a tutti e porterete questi ragazzi con voi sulla vetta. Ce la farete e allora mi sorprenderete e sarò orgoglioso di esservi stato di aiuto nel cammino che percorrerete verso la gloria, il giorno in cui regnerete con sicurezza e maestria.»

Ederik annuì e Knich seppe di aver detto abbastanza per quel giorno.

«Preparatevi e riposate bene stanotte, domani inizia un duro addestramento.»

I tre giovani gli risposero con entusiasmo e lui si allontanò, ma prima di essere troppo distante per farsi udire si fermò senza però volgersi.

«Anche tu Willard. Ti voglio qui alle sette in punto.»

«Ma… ma…»

Mentre Knich proseguiva e loro scoppiavano a ridere, Ederik passò lo sguardo dallo stupefatto e incredibilmente senza parole Willard alla schiena di Knich che si allontanava.

Quell'uomo era pieno di enigmi e oscuri segreti. Era la persona più importante per lui in quel momento, perché sentiva che grazie a lui e alla sua guida sarebbe riuscito a distinguersi nella vita e avrebbe finalmente trovato la via giusta per arrivare al suo sogno.

«Arriverà quel giorno Knich, sarete fiero di me.»

 

 

 

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Capitolo 10
*** Il rapimento di Kieran ***


ANNO 527

 

Alyssa Ready di Telnar - 15 anni

Chantal Ready di Telnar - 20 anni

Prudence Ready di Telnar - 19 anni

Orion Ready di Telnar - 22 anni

Zoe Ready di Telnar - 21 anni

Ederik Birmangh di Rusgar - 19 anni

Leine Birmangh di Rusgar - 21 anni

Dustin Birmangh di Rusgar - 23 anni

Tristan Vinnian di Ictar - 20 anni

Kieran e Morgan Vinnian di Ictar - 19 anni

Wainwrit Vinnian di Ictar - 17 anni

Joline Vinnian di Ictar - 11 anni

Vivien Lorcain di Pargaskor - 20 anni

Eriana Lorcain di Pargaskor - 9 anni

Frasier Theeros di Nedstar - 21 anni

Quinn Theeros di Nedstar - 19 anni

Iona Theeros di Nedstar - 16 anni

Xavier Fraystor di Avatar - 22 anni

Rhiannon e Kyrsen Fraystor di Avatar - 18 anni

Scarlet Leigh di Alturius - 17 anni

Hayleen Myron di Lobor

Nami Myron di Lobor

 

Regno di Avatar - Stagione del gelo

 

Kyrsen chiuse il libro che stava leggendo con una strana sensazione di disagio alla bocca dello stomaco.

Si agitò inquieta sulla poltrona dinnanzi al fuoco attirando l'attenzione di Nami che sollevò lo sguardo dal cuscino che stava ricamando per posarlo sulla cognata.

«Cosa ti succede Kyrsen?»

La giovane non staccò i suoi occhi dal fuoco mordicchiandosi un'unghia accigliata.

«Non so, una strana previsione di sventura mi ha colta all'improvviso.»

Le delicate mani dell'elfa strinsero la stoffa morbida.

«Xavier?»

Il suo novello sposo era partito da un paio di giorni per un'incursione, non propriamente amichevole sull'isola degli Avoral che a discapito degli innumerevoli ultimatum del loro Re continuavano ad attaccare i Regni di Lésin Rove. Il capo degli Avoral continuava a difendersi proclamando con forza l'estraneità della sua gente dai vili agguati a loro imputati, ma Xavier stanco delle lamentele degli altri Re aveva deciso di recarsi sull'isola con un piccolo esercito per rafforzare con pugno di ferro il suo veto di allontanarsi dal loro territorio e indagare più a fondo.

Kyrsen sedò i suoi dubbi scuotendo i riccioli neri.

«No, Xavier sta bene non temere.»

Nami sospirò di sollievo. Nonostante il suo matrimonio non fosse un idillio amava profondamente e silenziosamente Xavier e aspettava con ansia il suo ritorno rammaricata che lui non la considerasse mai all'altezza di accompagnarlo nelle sue missioni. Il marito sembrava aver scordato nell'istante stesso in cui l'aveva sposata che anche lei era un Cavaliere degli Dei e Nami era stata rilegata al ruolo di Regina, chiusa nella splendente dimora di RareShell proprio con una cosa rara e fragile da ammirare e proteggere.

Il secondo sospiro che le uscì dalle labbra non aveva nulla a che fare con il sollievo, ma Kyrsen era troppo persa nei suoi pensieri per accorgersi dei problemi di Nami e si alzò.

«Raimel?» la sua cameriera personale si staccò dall'angolo dove attendeva.

«Sì signorina.»

«Prendimi il mantello per favore.»

«Esci?»

Nami sollevò il volto per guardarla.

«Sì, ho bisogno di fare due passi.» Nami le sorrise teneramente.

«Copriti bene fa molto freddo.»

Kyrsen posò lo sguardo sul suo viso dolce e gentile. Nami era come un balsamo per le ferite profonde del suo animo tormentato dal dolore per la morte dei genitori. Si occupava di loro sorella con solerzia e affetto e Kyrsen era grata a Xavier per averla portata lì. Eppure, nonostante tutto, il rigido protocollo insegnato a Nami nella distaccata casata Reale elfica non le permetteva di avvicinarsi troppo a loro e i rapporti restavano freddi e lontani, ben diversi dal calore e trasporto in cui erano cresciuti.

Anche Xavier risentiva di quell'impassibile e distaccato comportamento della moglie, ma non stava a lei parlare a Nami, il fratello avrebbe dovuto risolvere quel problema ma Xavier era sempre lontano e indaffarato.

«Grazie Nami.» l'arrivo di Raimel la distolse dai suoi pensieri mentre la giovane annuiva con il capo sorridendole.

Kyrsen non aggiunse altro e uscì.

 

 

Regno di Ictar

 

Joline entrò a precipizio nel castello con la vista offuscata dalle lacrime, terrorizzata. Appena varcato il portone principale si scontrò con forza contro un giovane Cavaliere.

«Principessa!» due braccia forti la sostennero stringendola con calore.

«Ke… Kenric…»

Singhiozzando la ragazzina si aggrappò con le mani alla casacca dell'amico che non la lasciò andare come il decoro avrebbe voluto, ma scorse il suo viso con preoccupazione.

«Cosa è accaduto? Calmatevi.» la scena attirò l'attenzione di diversi domestici, ma Kenric non se ne curò, Joline sembrava davvero sconvolta.

«Kieran… Kie...ran.»

Il giovane la staccò un po’ da sé per guardarla meglio.

«Kieran? Cos'è successo a vostro fratello?»

Joline cercò di frenare il tremore che la invadeva, ma non vi riuscì, le parole strozzate dal pianto uscirono a fatica dalla sua gola.

«Era… Eravamo al recinto dei cuccioli… sta… stavamo am… ammirando…»

«Cosa sta succedendo qui? Conte, lasciate mia sorella.» la voce adirata e imperiosa di Tristan la interruppe e Joline vide il fratello discendere le scale.

«Tristan…»

Joline lasciò Kenric che con disappunto seguì l'esile figura di lei scagliarsi tremante fra le braccia del fratello maggiore.

«Joline?»

Il volto sempre freddo e inespressivo del Principe si trasformò sotto l'effetto dell'amore e della preoccupazione.

«Kieran… Tri… Tristan… Kieran è stato assalito… è scomparso.»

«Cosa?»

«Sì… sì… il terreno ha tremato… gli… gli animali sono fuggi… ti, non… non ha potuto nem… meno… reagi… re, una sfera nera… lo… lo ha avvolto… una luce… come una… saet… ta lo ha colpito… ha… ha urlato poi è scom… parso!»

«Calmati Joline, calmati. Portate dell'acqua presto.»

Tristan scortò la sorella nel salone e la fece sedere seguito da Kenric.

«Devi calmarti piccola o non riusciremo a capire.»

Il conte si avvicinò, ma Tristan che non apprezzava affatto l'amicizia di egli con la sorella lo allontanò di malagrazia.

«Dove… dovete salvar… lo Kenric… dovete aiuta… rlo.»

La supplica della Principessa rivolta al cavaliere ferì profondamente il fratello mentre con espressione gongolante il Conte si inchinava ai suoi piedi.

«Lo salveremo, ma ora dovete prendere un bel respiro e tranquillizzarvi.»

Il maggiordomo arrivò con l'acqua e Tristan si volse per prenderla e per darsi un istante per incassare il colpo subito. La sua arte magica ormai era arrivata a livelli molto alti tanto che aveva percepito l'incredibile forza che aveva assalito il fratello prima dell'arrivo di Joline, ma al mondo intero doveva mostrare di essere un inetto e sfaticato Principe, poco avvezzo alle armi e ai combattimenti. Persino Joline lo considerava meno valente di quell'odioso Conte.

«Bevi mia cara, poi raccontarci quello che è successo.»

Passando tra Joline e Kenric, che si alzò per fargli spazio, si accomodò accanto la sorellina sorreggendole il bicchiere mentre lei annuiva scossa.

«Tristan, cos'è questo caos?»

Ryin Valerè entrò senza essere annunciato e nessuno dei due giovani presenti sembrò contento di quell'arrivo inaspettato, solo Joline rivolse al nuovo venuto un tremulo sorriso pieno di speranze.

«Principe Valerè meno male che siete qui… Kieran è stato rapito.»

 

 

Isola di Stoyan

 

Un lampo di una potenza inaudita squarciò la mente di Stethiel Karayan facendolo sobbalzare.

La fiala che aveva in mano cadde a terra frantumandosi e il liquido al suo interno si sparse tutt'attorno. Le gocce bluastre toccarono l'orlo della sua veste provocandone l'immediato scioglimento nel punto esatto con cui vennero a contatto e la stessa sorte toccò alle gambe del tavolo e al tappeto, ma il mago non se ne curò.

La potenza dell'aura dell'essere che aveva varcato i confini del suo territorio lo aveva colpito lasciandolo di stucco.

Chi mai poteva avere un potere così grande se non un essere superiore?

E se i suoi dubbi erano fondati,sulla provenienza di quel potere… cosa ci faceva su Ictar? Superando con una falcata rabbiosa il liquido che continuava a sfrigolare sul pavimento Stethiel fece scomparire il calderone acceso in mezzo alla stanza con un unico gesto e si avviò verso lo scrittoio. Posò la mano sulla sfera postavi sopra e in un attimo un servitore apparve nella stanza.

«Chiamatemelo.»

Si lasciò cadere sulla scranna cercando di concentrarsi su quella potenza avvertita , ma essa era già lontana e quasi inavvertibile persino a lui ora.

«Mi avete mandato a chiamare?»

Stethiel si alzò furibondo quando il nuovo venuto apparve magicamente davanti al suo tavolo. Si allungò fulmineo e lo afferrò per la gola trascinandolo per metà sopra il lucido legno scuro.

«Vi avevo già avvertito, ma voi non mi state a sentire. Entrate un'altra volta in questa stanza a questo modo e di voi rimarrà solo un vaghissimo ricordo in questo mondo.»

A nessuno era permesso muoversi con la magia nella sua torre, ma egli continuava a disubbidirgli. Il volto cadaverico del mago divenne scarlatto sotto la sua stretta mortale.

«Perdonatemi mio Signore.»

Stethiel lo lasciò disgustato,spingendolo via arrabbiato e allontanandolo così di diversi passi mentre questi si inchinava a testa bassa massaggiandosi il collo dolorante.

«È successo qualcosa di grave su Ictar, molto probabilmente a palazzo. Scopritelo, poi riferitemi.»

«Sì mio Signore sarà fatto.»

Arretrando fino alla porta la sua spia uscì velocemente. Presto la sua spavalderia e la sua sicurezza sarebbero scomparse e avrebbe imparato a capire che a lui doveva solo rispetto e completa devozione o l'avrebbe piegato con la forza. Stethiel si diresse verso l'armadio e con una formula magica lo apri, al suo interno sul ripiano centrale, una sinistra luce oscura brillò al riverbero della luminosità della stanza.

Su un cuscino di velluto rosso un bracciale argenteo con una pietra nera incastonata al centro vibrò quando lui allungò la mano per afferrarlo.

«E ora vediamo di scoprire se è davvero colui che ho intuito ad aver invaso i miei confini.»

 

 

Regno di Avatar

 

Kyrsen uscì nel giardino.

Il suo passo frettoloso produceva un rumore stridente sulla ghiaia gelata dal freddo. Quella brutta sensazione non accennava a diminuire, anzi, un'aura oscura e minacciosa sembrava aleggiare su tutta Lésin Rove.

Kyrsen si fermò dinnanzi alla fontana. Il primo gelo che come sempre era arrivato improvviso e fulmineo aveva ghiacciato gli zampilli provocando uno spettacolare gioco di ghiaccio al centro della lastra ghiacciata che prima era stata fresca acqua pura nella fontana. Il capo di Kyrsen scattò verso il cielo mentre la sua mano sinistra, dimora della White Sphere, prese a informicolirsi.

No, l'aura non aleggiava sul Lésin Rove, ma era qualcosa di più tangibile e si muoveva a velocità sorprendente verso di loro. Il suo sguardo corse al cielo limpido mentre una dolorosa emozione fatta di paura e frustrazione si impadroniva di lei.

Ma quei sentimenti così angoscianti non erano suoi, erano di un essere che chiedeva aiuto.

Mentre il suo corpo iniziò a tremare in preda a brividi di freddo e paura, Kyrsen cercò di concentrarsi sulla provenienza di quel disperato richiamo e in quell'istante l'oscurità la sovrastò. Ad un essere umano qualsiasi sarebbe stato impossibile vederla, ma lei nonostante la velocità estrema con cui si muoveva, lo vide.

Un manto denso e corporeo come nebbia, grigio come il fumo e al centro una sfera oscura accerchiata da una coltre di elettricità che come fulmini veloci e saettanti correvano attorno e all'interno della sfera. Fu come se il tempo si fosse fermato nell'attimo in cui quella sconosciuta forza era apparsa nel suo campo visivo e solo in un secondo momento Kyrsen si accorse che era proprio così.

La White Sphere era uscita dalla sua mano e fermato lo scorrere del tempo.

Stravolta dalle intense emozioni che la invadevano e dalla novità appena appresa sul potere della sfera sentì le ginocchia cederle. La ghiaia le ferì le carni, ma lei non se ne curò e tornò a concentrarsi sull'essere che soffriva e il suo volto gli apparve dinanzi come in una visione.

Trasfigurato dalla sofferenza il dolce viso di Kieran le apparve quasi irriconoscibile.

«Kieran!»

Alzò una mano d'istinto come per toccarlo, ma in quell'istante l'oscura forza che tratteneva l'amico si liberò del potere della White Sphere e scomparve veloce.

«Kieran!!»

Il cielo tornò sereno sopra di lei e mentre urlava il suo nome la sfera ritornò nella sua mano.

«Signorina! Principessa!»

Raimel sopraggiunse di corsa lasciandosi cadere al suo fianco e circondando le sue spalle scosse dal tremito del corpo incontrollabile.

«Principessa, cosa le è accaduto?»

Le parole si incagliarono nella gola riarsa mentre piegata su sé stessa Kyrsen cercava di riprendere il controllo di sé tenendo la mano sinistra stretta al petto.

«Kyrsen!»

Rhiannon si precipitò come un fulmine fuori dal castello.

«Cosa è successo? Kyrsen?»

La gemella la raggiunse in un baleno, doveva aver avvertito l'attacco psichico che l'aveva assalita.

«Kyrsen!»

Rhiannon le scostò i capelli dal viso per scorgere i suoi occhi dilatati e sconvolti.

«Kylie… mandate a chiamare il Cavaliere Mistico presto… Kieran è in pericolo di vita dobbiamo richiamare i Cavalieri degli Dei.»

 

 

StarlightSky - Regno di Telnar

 

«Mio signore una parola.»

Con passo svelto Knich Valerè raggiunse Orion al centro della corte.

«Sir che piacere vederla.»

Orion gli sorrise con calore allungando la mano per salutarlo, ma l'espressione seria e l'urgenza della sua voce lo bloccò.

«Che succede Valerè?»

«Un messaggio da Ictar, Ederik vi prega di leggerlo e agire in fretta. Fra meno di un'ora dovreste essere pronti.»

Il Cavaliere gli porse una pergamena che recava il sigillo rotto del casato dei Vinnian.

«Un messo di tal rango non può portare che gravi notizie.»

Knich chinò il capo.

«Aihmè lo sono altezza. Contatterò immediatamente Kryan, lui vi raggiungerà già informato del suo ruolo e degli eventi.»

«Grazie.» mentre il Cavaliere si allontanava Orion svolse il messaggio.

«Orion?» Alyssa appena giunta dall'addestramento gli si fece accanto. «Era Knich Valerè?»

Passandosi la mano ancora umida fra i capelli corti attese che il fratello finisse di leggere la missiva. La sua espressione era molto tesa e lo scambio di parole con Knich era stato veloce e conciso.

«Sì Alyssa era Valerè. Cattive notizie da Ictar. Kieran Vinnian è stato rapito da una forza oscura, Tristan chiede il nostro aiuto.»

«Maledizione!»

Alyssa si tese come una corda di violino pronta a scattare ad un suo ordine.

«Dobbiamo partire subito allora,avverto gli stallieri.»

«No, sarà Kryan a portarci ad Ictar con il potere dei Mistici e da lì inizieremo le ricerche.» la sorellina annuì.

«Meglio ancora, cerco subito Prue e Chantal.» si volse per correre a chiamare le sorelle ma Orion l'afferrò per la manica.

«Alyssa aspetta.» avvertì sotto le dita tutta la sua tensione attraverso il muscolo sviluppato dell'avambraccio.

Dopo la terribile esperienza della torre e del taglio di capelli si era buttata anima e corpo nel suo addestramento, ma lui sapeva che la Regina, loro madre, era sempre più contrariata da ciò. Zoe era stata un'eccezione alla regola per la corte di StarlightSky e i due regnanti non avevano nessuna intenzione di perdere un'altra figlia per colpa delle armi. Avrebbe dovuto fermarla prima, ma ogni volta che la vedeva combattere qualcosa l'aveva sempre trattenuto.

Alyssa era un fuoco ardente e ribelle e nonostante tutti i tentativi fatti per addestrarla al ruolo di Principessa nessuno era riuscito ad imbrigliarla in quel ruolo. Tanto che dopo la Torre non si era più fatta ricrescere i capelli per sfida e continuava a tagliarseli da sola,nonostante la disapprovazione e le continue punizioni dei genitori.

«Tristan dice che Ryin Valerè ha percepito una presenza di gran lunga più potente a qualsiasi mai sentita finora su Lésin Rove e richiede l'aiuto dei Cavaliere degli Dei.»

Ecco, l'aveva detto.

Nonostante non lo avesse potuto evitare si era aspettato però la sua reazione. Alyssa arretrò di alcuni passi sgranando gli occhi mentre accusava il colpo. Lei non era un Cavaliere degli Dei,non lo sarebbe mai diventata.

Per un attimo pensò che sarebbe scappata via infuriata. Negli ultimi tempi era divenuta molto più disciplinata e rispettosa e non si sarebbe mai sognata di fargli una scenata, specialmente in pubblico. Infatti, si volse per andarsene, ma poi tentennò e tornò a guardarlo decisa.

«Non farlo Orion, te ne prego.»

Le labbra piene e cesellate del fratello si serrarono in una linea dura pronto allo scontro, ma Alyssa non voleva litigare con lui.

«Non lasciarmi qui a struggermi per l'impotenza e la pena. Vi farò da scudiero e ti giuro che saprò farmi da parte nel momento del maggior pericolo. Avete bisogno di qualcuno che vi aiuti e io sono il miglior scudiero che tu possa avere.»

«Non voglio uno scudiero Alyssa, tu non lo sei e lo sai bene, verrò punito se ti farò partecipare a questa impresa.»

Il sorriso della sorella fu spontaneo e pieno di calore.

«Nessuno ti punirà Orion, tu sei il Primo, un gioiello troppo prezioso per essere toccato.»

Quel nome affibbiatogli tempo addietro come un marchio, una targa su un trofeo da esibire, lo infastidiva sempre.

«Sai cosa intendo.»

Alyssa annuì.

«Starò nelle retrovie con Ederik.» gli poggiò una mano sul petto allargando il suo sorriso mentre lui corrugava la fronte.

«Ederik non è un Cavaliere degli Dei e…»

«Verrà.»

Un luccichio sfavillante e accattivante illuminò gli occhi di Alyssa.

«… e io sarò lì per proteggere le sue regali spalle.»

Si alzò sulle punte dei piedi e gli scoccò un raro bacio sulla guancia.

«Saremo pronte in un attimo.»

Alyssa corse come un fulmine nel castello lasciandolo al centro della corte con la pergamena ancora stretta nel pugno.

«Sarai la mia dannazione un giorno Ally.» sospirò concedendosi un mezzo sorriso poi si affrettò verso le scuderie.

 

 

Avatar - Città porto di Sinbur

 

Grazie alla magia di Knich Valerè, Principe dei Mistici si ritrovarono riuniti a Sinbur in meno di tre ore.

Kyrsen, Rhiannon e Nami li aspettavano già sul molo.

«Tristan.»

Nami si fece incontro all'erede di Ictar con fare accorato, fece per prendergli le mani ma qualcosa nello sguardo freddo e distaccato di lui la bloccò.

«Troveremo Kieran e tutto si sistemerà. Kyrsen continua ad avvertire il percorso che stanno effettuando e dirigerà la spedizione.»

«Molto bene, partiamo allora.» rispose lui secco senza nessun cenno di preoccupazione.

Nami lanciò un'occhiata oltre alle sue spalle verso il gruppo riunito che si scambiavano i saluti di convenienza.

«Morgan?» chiese quando non vide tra gli amici il volto del fratello.

Tristan scosse il capo.

«Non c'era tempo per avvertirlo!»

«Non avete avvertito il gemello?» lei lo guardò stranita.

«Io e Wainwrit bastiamo, è ora di partire.»

Senza aggiungere altro la lasciò e si avviò verso la goletta che li attendeva.

Nami rimase a fissare la sua schiena avvolta nei consueti abiti scuri, con cui amava vestirsi, avvertendo un opprimente senso di gelo.

«Nami.»

Sua sorella Hayleen la raggiunse abbracciandola.

«Hai visto?»

Nami la scostò da sé indicando con il capo l'erede di Ictar ormai a bordo.

«Non dire nulla Nami era da un po' che non lo vedevo, ma mi ha lasciata sgomenta.»

«Già, più tardi farò due chiacchiere con Orion. La sua freddezza e il suo distacco mi preoccupano.»

Hayleen annuì poi cercò il suo sguardo.

«Senti, ho parlato con Rhiannon e mi ha detto di Xavier, non pensi fosse il caso di andarlo a prendere?»

Gli occhi limpidi della sorella si incupirono.

«La missione a cui si è avviato è molto delicata. Se ci saranno peggioramenti lo chiamerò, ma penso che riusciremo a cavarcela anche senza di lui.»

«Ma Nami, Xavier non vorrebbe…»

«Hayleen basta.»

Il suo sguardo rovente e il tono glaciale della sua voce la bloccarono.

«So quello che è meglio per mio marito e il mio regno e posso cavarmela anche da sola, ora scusami ma devo parlare al capitano.»

Hayleen non cercò di fermarla. Ciò che Rhiannon le aveva confidato poco prima le avevano finalmente aperto un quadro molto concreto di quello che era il rapporto fra sua sorella e suo marito. Avrebbe desiderato però fosse Nami a confidarsi con lei, invece le aveva sempre temuto nascosti i suoi problemi.

«Una bella nave vero?»

Hayleen sobbalzò al suono della voce bassa e roca, stupita si volse per trovarsi dinanzi Wainwrit. Ammantato in una morbida veste nera il giovane ormai diciassettenne sembrava a proprio agio e tranquillo come se non fossero tutti lì in agitazione per la scomparsa del fratello.

Cercò di sorridergli nonostante l'aura malvagia scaturita da Eliban, il bastone donato al giovane dalla Dea del Male Demetra, le procurasse un lieve fastidio.

«Sì, è una bella nave.»

«È elfica vero?» indicò la scritta incisa sulla chiglia della goletta in armoniosi caratteri argentei.

«Sì, vuol dire Regina Nami.»

Il sorriso del giovane sembrò più cinico e beffardo che benevolo e compiaciuto come lui voleva mostrare.

«Che pensiero amorevole, è bello che due dei nostri cari amici abbiano trovato una unione così benedetta dagli Dei, non è vero?»

Hayleen non seppe cosa rispondere, perché il suo tono derisorio smentiva decisamente le sue parole.

«Vai a dare il tormento a qualcun altro tu.»

Rabbiosamente Rhiannon che aveva udito le sue parole allontanò Hayleen da Wainwrit che uscendo in una risata provocatoria si allontanò.

«Ai vostri ordini mia Signora.»

«Verme.»

Rhiannon strinse i pugni mentre egli si allontanava.

«Che succede Rhiannon? Possibile che nel Regno di Lobor siamo così estraniati dal resto del mondo da non udire o vedere cosa succede sul Lésin Rove?»

«Mi piacerebbe dirti che non è così tesoro, ma in realtà questo mondo sta cadendo in una fitta rete di intrighi malvagi che nessuno è in grado di svelare o sventare. Per quel che riguarda quel tipo, ti posso solo dire che è un serpente e non mi consola il fatto che la sua natura malvagia fosse l'unica in grado di ospitare i poteri della Dea Oscura, non mi piace, non mi piace per nulla.»

«Andiamo Rhiannon…»

Scarlet di Alturius si avvicinò a loro cercando di rabbonirla.

«Fa parte del gioco dell'equilibrio, servono persone come Wainwrit per equilibrare quelle come la nostra Chantal, lo sai. Questo non significa che sia un pericolo per noi o per il nostro mondo.»

«Sarà…» Rhiannon digrignò i denti mentre Wainwrit si apprestava verso la goletta. «…ma lo terrò d'occhio.»

 

 

La notte era calata da un pezzo quando Ederik trovò Alyssa sul ponte.

Incurante degli spruzzi gelidi delle onde del Mar Dorato la giovane fissava il buio orizzonte esponendo il viso al vento sferzante.

«E così l'hai convinto a portarti. Cosa avresti fatto se io non mi fossi unito al gruppo?»

Alyssa si volse nella sua direzione ammiccandogli con fare birichino.

«Avrei improvvisato direi, ma non avevo alcun dubbio sul fatto che nemmeno tu ti saresti lasciato mettere da parte. L'Ederik Birmangh di oggi non lascerebbe mai un amico in pericolo senza provare il tutto per salvarlo.»

«Non essere severa Lyssa nemmeno tre anni fa lo avrei fatto.»

Ederik atteggiò le labbra ad un piccolo broncio chiudendosi meglio il giaccone attorno al collo. Alyssa lo guardò con espressione poco convinta.

«Forse no, ma saresti rimasto nelle retrovie a borbottare.»

Ederik non replicò e lei tornò a fissare l'oscurità.

«Cosa credi sia accaduto Eddy? Cosa dicono i grandi cervelloni di sotto?»

Si riferiva alla riunione tenuta dai membri più anziani dell'ordine dei Cavaliere degli Dei.Non erano in molti purtroppo, senza Xavier e Frasier, Orion, Vivien e Nami erano i più esperti e autorevoli fra loro. Suo fratello era molto preoccupato.

«Sono ancora chiusi nella sala del capitano. Prima di lasciarci Knich ha parlato di una potenza magica proveniente probabilmente da un demone o uno stregone molto potente.»

«Karayan?»

Ederik scosse il capo.

«No, Stethiel non c'entra, Ryin Valerè ne ha verificato l'estraneità. I Mistici non escludono che possa essere stato aperto un portale, ma al di fuori di quelli del nostro mondo. La cosa strana è che non vi è ne movente né traccia di qualsiasi riscatto o rivalsa sulla casata di Ictar.»

Alyssa scrollò il capo lentamente.

«Assurdo. Questa cosa sembra che voglia attrarci intenzionalmente in qualche luogo e noi non possiamo far altro che assecondarla.»

«Già.»

Ederik iniziò ad avvertire brividi prolungati di freddo, avrebbe voluto scendere sotto coperta, ma sperava che Alyssa avesse qualcosa per lui.

«Lyssa non è che…»

Il sorriso sornione che le aleggiò sulle labbra gli fece capire che lo aveva intenzionalmente tenuto sulle spine.

«Oh già, tieni.» gli allungò furtiva una lettera e lui velocemente la nascose in tasca.

«Sei malefica.» borbottà bonariamente e lei scoppiò a ridere.

«No sono troppo buona, se Orion lo venisse a sapere non mi aiuterebbe più con mia madre.»

Ederik si fece serio e le passò una mano sulla guancia.

«Lo so Lyssa e noi te ne siamo immensamente grati, lo sai.»

La mano gelida di lei salì a coprire la sua mentre il suo sorriso si spegneva.

«E voi sapete che sarò sempre qui per voi, ma mi raccomando Eddy stai attento con Prue o potrebbe restare molto ferita.»

«Lo farò piccola.»

Ederik le scoccò un sonoro bacio sui corti capelli umidi poi si avviò verso il caldo riparo della sua cambusa.

Alyssa sospirò tornando a guardare il mare. Erano anni ormai che faceva da corriere tra sua sorella e Ederik per il loro scambio amoroso di missive e quando poteva,faceva sì che i due potessero incontrarsi di nascosto,come quella notte. Aveva preso la cuccetta con Prudence proprio per lasciarla libera di vedersi con Ederik. Alyssa era consapevole del perché Orion non fosse d’accordo con quell’amore ma non poteva far a meno di sperare che il tempo avrebbe cambiato le cose,dando modo ai due di potersi sposare felicemente.

«Sarà una lunga notte.»

«Come mai petalo di rosa? Non riuscite a chiudere occhio?»

Gli occhi di Alyssa si socchiusero in due fessure infastidite mentre cercava di ignorare quella presenza irritante.

«Sparite Willard.»

«Cucciola, non dovreste saltare dalla gioia per aver finalmente l'opportunità di stare un po' con me e per la gratitudine, visto che vi ho portato questo!»

Con il suo solito fare spensierato Willard le allungò un giaccone di cuoio.

«Non lo voglio e ora portate le vostre parole sdolcinate e i vostri modi stucchevoli nella vostra cuccetta.» Willard fece una smorfia.

«Ah che acidità elevata in una così piccola e minuta creaturina.»

Senza farsi intimidire l'afferrò per le spalle e la costrinse a voltarsi verso di lui.

«Lasciatemi, che fate?!»

I muscoli di Alyssa si tesero sotto le sue dita e Willard si bloccò per un attimo stupito sino a che lei non alzò lo sguardo tormentato su di lui, allora le sorrise dolcemente.

«Rilassatevi piccola cerbiatta, non c'è nessun cacciatore pronto a mettervi con le spalle al muro, non dovete sempre essere così combattiva. Venite qua e non fate storie.»

Non senza fatica le avvolse il giaccone attorno le spalle.

«Smettetela Willard vi conosco e…»

«Appunto.» lui le diede una leggera scrollata sempre mantenendo un tono gaio e il sorriso sulle labbra.

«Mi conoscete cucciola, sono io, Willard, il buffone di corte, con me non avete bisogno di erigere quella stupida barriera, vi ho vista muovere i primi passi lo sapete?»

La fronte di Alyssa si corrugò maggiormente.

«E voi non eravate nemmeno decenne allora non iniziate a farmi delle prediche ora.»

«Allora voi smettete di fare i capricci.»

Willard le allacciò il giaccone attorno alla gola in modo un po' burbero e Alyssa lo lasciò fare poi lui le passò una mano tra i corti capelli facendole sgranare gli occhi.

«Smettete di tenere rigide quelle spalle e serio questo bel visino, avrete tempo per crescere e addossarvi i pesi del mondo credetemi e se inizierete così presto a nascondervi dietro questa durezza arriverà un giorno in cui non riuscirete più a scrollarvela di dosso. Siete giovane, coraggiosa e carina. Sorridete petalo di rosa e rilassatevi, stanotte non dovete affrontare nessun demone.»

Le tirò sul capo il cappuccio poi con decisione la fece volgere e appoggiare la schiena sul suo petto e senza aspettare una sua reazione infilò le mani nel giaccone che le pendeva sulle spalle.

«Coraggio piccola, bando ai formalismi e concediamoci un po' di calore in questa buia e fredda notte senza sogni.»

Lentamente la sua voce gaia e rilassante sortirono l’effetto voluto e dopo poco la sentì abbandonarsi contro di lui. Quella creatura così indomita e ribelle non avrebbe dovuto essere piegata con la forza e l'esilio, ma purtroppo Alyssa stava vivendo l'adolescenza in un mondo caoticamente in evoluzione e attorno a lei la gente era poco incline e priva di tempo per gestire come si deve una crescita turbolenta come la sua.

«Pensate davvero che io sia carina? O la vostra è un'ennesima parola smielata e bugiarda atta a dar aria alla vostra bocca da damerino lezioso.»

In un altro momento Willard sarebbe scoppiato a ridere per la sua sciarada velenosa, ma si limitò a risponderle serio.

«Perdinci se lo penso Principessina. Nessun brutto abito o taglio di capelli potranno negare la vostra acerba bellezza, se non credete a me chiedetelo ad Arion. Perché credete che abbia disubbidito agli ordini di Ederik e si sia imbarcato di nascosto se non per proteggere la sua amata splendida Lyssa?»

«Che cosa? Arion è qui?»

Alyssa fece per voltarsi, ma lui la trattenne.

«Non preoccupatevi per lui e non accentuate la sua vergogna correndo ad assistere alla lavata di capo umiliante che Moran gli sta propinando. Domani potrete bastonarlo come sempre e sarà già più di buonumore.»

Nonostante tutto le sue parole le strapparono un sorriso e Alyssa tornò ad abbandonarsi contro di lui.

«Va bene Willard, allora vi concederò per un altro po' l'onore della mia compagnia.»

Willard sorrise scuotendo leggermente il capo.

«Come siete magnanima mia signora.»

 

 

 

«Ciao stupenda visione.»

Scarlet si fermò nell'atto di rientrare nella cabina che divideva con Rhiannon e Kyrsen, all'arrivo di Quinn.

Un intenso rossore le salì alle gote mentre nella penombra lui si avvicinava con passo felpato. All'età di diciannove anni ormai, l'amico d'infanzia, aveva perso i lineamenti infantili e ora sulla sua mascella squadrata spuntava persino un filo di barba che lo rendeva ancora più uomo.

A differenza di suo fratello Frasier, Quinn, nonostante la corporatura sviluppata restava molto snello e aggraziato e il suo viso deciso era comunque dolce e morbido. Lei lo preferiva alla scultorea figura di Frasier. Da giovani aveva sempre accolto le sue attenzioni con una risata allegra e una battuta di spirito. Perché ora le parole le morivano in gola e si sentiva in fiamme? Per la miseria doveva aver assunto la tonalità scarlatta dei suoi capelli!

«Ciao Poeta.»

Si appoggiò alla porta mentre lui con disinvoltura le depositava un bacio lieve sulla guancia accaldata.

Speriamo non si noti troppo in questa luce fioca,il mio rossore.

Scarlet rimase immobile mentre le parole con cui era solita apostrofarlo un tempo le sfuggivano di mente. Certo che era davvero cambiato. Quando erano più giovani Quinn era solito corteggiarla in maniera sfacciata e spropositata. Le sue lodi alla sua bellezza e i canti e le poesie che le dedicava erano così enfatizzati da rendere il loro interludio sempre un gioco scherzoso, ma ora era cambiato.

Da quando lo aveva incontrato quel pomeriggio Quinn non faceva altro che guardarla come se volesse mangiarla con quello sguardo intenso e carezzevole. Le sue parole ora, erano più mirate e misurate, atte ad un vero e proprio corteggiamento e Scarlet si era ritrovata spiazzata di fronte a quel nuovo Quinn.

«Cavoli mia cara sei diventata sfuggente come un pesce, non siamo ancora riusciti a stare soli un attimo tutt'oggi.»

«Beh Quinn…» Scarlet si passò nervosamente una mano tra i capelli «… non è che siamo propriamente in gita di piacere, questa situazione ci ha resi tutti tesi e frenetici e ci sono tante cose da valutare e sistemare.»

«Certo lo so.»

Il suo sorriso seducente le fece salire le farfalle nello stomaco mentre lei parlottava veloce come un'imbranata.

«Però ora siamo soli e senza fretta.»

«Non proprio, Kyrsen mi sta aspettando ma possiamo parlare un po' se vuoi. Dimmi, come hai fatto a far venire Iona con noi? Tua madre non sarà stata molto contenta.»

La smorfia che stravolse il suo bel sorriso e arricciò le sue labbra morbide, confermarono le sue parole.

«Nostra madre non è affatto contenta dell'investitura di Iona a Cavaliere degli Dei, ma per non contraddire Re Odion di Rusgar, visto che Frasier non è potuto venire, ha deciso di assecondarmi, ma mi ha fatto chiaramente capire che se le succederà qualcosa mi scuoierà vivo.»

«Già, conoscendo la Regina Iona posso ben immaginare.»

Scarlet iniziava a sentirsi a suo agio mentre parlavano del più e del meno, ma ad un certo punto Quinn si fece più vicino.

«Ma ora basta parlare di cose futili, non è esattamente il momento più propizio lo so, ma c'è un tarlo che mi gira per la testa da un po' di tempo. Una cosa che riguarda te e il mio futuro…»

«Da… Davvero?»

Il cuore le saltò in gola mentre Quinn le accarezzava una guancia. I suoi occhi si erano incupiti e il suo respiro le solleticava la pelle.

«Abbiamo sempre scherzato molto da ragazzini su di noi, ma ci tenevo a dirti che anche se giocando con le parole, io ho sempre impresso un fondo di verità ad ogni cosa che ti ho detto. L'ho capito in uno splendente giorno di sole quando mi sono reso conto che quel tarlo che mi rodeva aveva grandi occhi verdi e lucenti capelli di fuoco. Ora però mia dolce Scarlet, devo capire se quello che penso sia vero e se tu…»

Mentre le parlava con voce bassa e sensuale i suoi occhi si incatenarono ai suoi facendole vibrare tutti i sensi. Il suo capo intanto si abbassava sempre di più lentamente verso di lei e Scarlet con il cuore in tumulto dischiuse le labbra pronta a ricevere il suo bacio.

«Milady…»

Il suono metallico della voce di Etienne, uno dei suoi cavalieri, la fece sobbalzare mentre Quinn socchiudeva gli occhi contrariato lasciandosi sfuggire un gemito simile a un breve ringhio.

«Credo sia ora che vi ritiriate, nevvero Principe?»

Scarlet lanciò un'occhiata di fuoco oltre a Quinn verso Etienne che fermo, appoggiato al legno del corridoio nell'ombra, dava l'impressione di essere lì da parecchio tempo. Furiosa, ma conscia di non potere e non riuscire ad esprimere il suo furore in siffatto momento, Scarlet inghiottì rabbiosamente l'ingiuria che le era salita alla gola.

«Certo Sir avete ragione, Milady deve riposare ora.»

Con estrema compostezza e noncuranza, Quinn le sollevò una mano depositandovi un bacio.

«Buonanotte mia adorata.»

«Buonanotte Poeta.»

Sorridendogli con calore Scarlet aspettò che si fosse allontanato prima di volgersi verso l'ombra con cui si mescolava Etienne.

«Vado a dormire ora, potete accucciarvi davanti all'uscio se lo desiderate. Tanto il vostro unico obiettivo è farmi da cani da guardia giusto!? Siete la mia dannazione voi quattro, vi detesto.»

Detto ciò marciò decisa nella sua stanza furente e piccata.

 

 

Roccaforte di Tipekeeper - Regno di Rusgar

 

Knich Valerè camminava nervosamente lungo il camminatoio della sua roccaforte.

Gli uomini di guardia agitati dal trambusto delle ultime ore continuavano a lanciarsi occhiate furtive muovendosi a disagio ogni qual volta lui passava loro accanto. Sapeva di non dare un bello spettacolo, ma tutta quella situazione lo stava facendo uscire di senno. Dopo aver teletrasportato i Cavaliere degli Dei con i loro poteri aveva rispedito i Mistici ognuno nel loro regno ammonendoli di raddoppiare lo stato d'allerta.

Da dove proveniva siffatta potenza?

«Knich ho bisogno di te.»

La voce melodiosa della Dea Ares gli si insinuò nella mente e come ogni volta lui non tentennò nemmeno per un istante e si affacciò alla corte.

«Sellatemi un cavallo presto.»

 

Raggiunse il Tempio Sacro degli Dei in breve tempo e come al solito entrò dal retro dove il Chierico di Hamon viveva e preservava i Sigilli del Tempio. Come d'abitudine bussò alla porticina e poco dopo la runa incisa sopra ad essa brillò di luce dorata proprio come il sole Shaen che rappresentava. Ogni volta che qualcuno si presentava al tempio, una delle rune sul portone si attivava,in base alla benevolenza o meno del suo visitatore,dando modo al chierico di capire chi o cosa volesse udienza.

Dopo il chiaro sintomo di benevolenza dell'essere che chiedeva udienza, il Chierico aprì magicamente l'uscio.

«Che ora infausta per una visita Principe Valerè.»

Knich entrò nella salettina con urgenza.

«Perdonatemi maestro, ma ho premura di interrogare la mia Dea su una questione della massima urgenza.»

«Non dovete chiedere perdono Cavaliere, vi è stato fatto dono del grande privilegio di far uso di questo sacro luogo e potete farlo quando volete.»

Il canuto uomo si allontanò verso il fuoco del camino mentre Knich come d'abitudine si toglieva mantello e armi per poggiarli sul tavolo principale. Quel vecchio a prima vista moribondo era il più potente Chierico del Bene esistente su Lésin Rove e sorvegliava da decenni quel luogo prezioso, dono dell'Imperatore ai suoi Regnanti e omaggio privato alla casata di Rusgar.

«Sono pronto.»

Il Chierico annuì poi senza muoversi dal caldo angolo in cui era andato a sedersi intonò una preghiera. I sigilli della porta che davano al Tempio si aprirono e ringraziando ancora il sant'uomo Knich entrò.

Era già stato decine di volte in quel luogo, dove i Re e i ritenuti più meritevoli da essi, potevano recarsi per interrogare gli Dei, ma ogni volta si soffermava qualche istante ad ammirare la volta celeste magica che faceva da infinito soffitto di quel Tempio. Lo faceva sia per ammirarne la bellezza, sia per rassicurare sé stesso, finché il firmamento non fosse cambiato egli sapeva che il suo mondo, Dàrin Rove era ancora collegato con Lésin Rove e al sicuro.

Senza ulteriori indugi si avviò verso il centro del salone, ignorando quella volta le pareti affrescate dietro le colonne di marmo che raccontavano la vita sul Lésin Rove mutando nel corso degli anni per dare vita alla storia del mondo come un grande libro illustrato.

Quando giunse dinanzi all'altare dorato, dopo aver superato il circolo degli otto troni si inchinò dinanzi ad esso a capo chino.

«Sono qui Mia Dea.»

Quand'ella apparve il Tempio fu illuminato da un bagliore di intensa luce rossa e quando essa si affievolì lui poté alzare lo sguardo. In tutto il suo divino splendore Ares stava in piedi al centro dell'altare.

I suoi minuscoli piedi scalzi all'altezza dei suoi occhi sembravano vellutati tanta la perfezione della sua pelle.

«Knich, mi sei mancato.»

Il viso del giovane si illuminò riscaldato da quel sorriso speciale dedicato solo a lei.

«Sono passati solo venti giorni mia Dea.»

«Troppi. Se non sono io a chiamarti tu non mi invochi mai.»

Con fare aggraziato si chinò leggermente porgendogli la mano e lui si alzò. Afferrandole leggermente le dita la sostenne mentre come se scendesse invisibili scalini fatti d'aria lei scendeva dall'altare.

«Non mi sognerei mai di disturbarla senza un motivo grave, voi lo sapete.» mentre il consueto formicolio si impadroniva del suo corpo propagandosi dalle dita che lei stringeva, lui si sentì beare in ogni cellula del suo corpo.

«Non smetterò di dirti che devi cercarmi ogni volta che lo desideri. Non fosse solo per il piacere di conversare con me.»

Knich fece per scortarla verso un trono, ma lei lo trattenne con una lieve pressione delle dita poi lo lasciò, lui cercò di mitigare il solito disappunto per quella perdita rafforzando il suo sorriso.

«Sareste costretta a trasferirvi a Tipekeeper allora perché bramerei sempre la vostra presenza.»

Ares sorrise irradiando di luce divina il suo cuore.

«Sono troppo dispendiosa per te mio adorato e ora bando ai convenevoli perché è della scomparsa di Kieran Vinnian che dobbiamo parlare.»

La felicità che ella era solita donargli si smorzò dinnanzi al brusco risveglio della realtà in cui lo ripiombò.

«Già, ancora non riesco a capacitarmi di come una simile potenza abbia potuto attaccarci indisturbata senza che io me ne sia accorto. Devo agire in fretta, temo per i Cavalieri degli Dei.»

«Non dovrai fare nulla invece.»

Ares bloccò le sue parole con tono severo

« E non accorarti per ciò che è successo, nonostante le tue facoltà non avresti potuto far nulla per impedirlo, ciò che è in ballo va oltre alla tua comprensione e il tuo ruolo in questa faccenda è limitato al minimo. Se i Cavalieri degli Dei usciranno indenni da ciò che li attende avranno un futuro radioso, se no, saranno caduti valorosamente, nel tentativo di dimostrarsi degni.»

Un brivido freddo corse lungo la spina dorsale di Knich.

«Immagino che ogni domanda o recriminazione sia futile...»

Ares annuì poi aprì una mano e quattro sfere azzurre simili ai globi planetari appartenenti ai Mistici,con i quali loro si muovevano tra i mondi e tra i regni, scesero dalle sue dita legati ad altrettanti cordoni neri.

«Questo è il tuo compito Knich, rintraccia Xavier Fraystor, Dustin Birmangh, Zoe Ready e Frasier Theeros comunicagli che devono raggiungere i loro compagni e grazie a questi potranno farlo. Basterà concentrarsi su una delle persone partite e vi si ritroveranno accanto. Nessuna domanda, alcuna spiegazione.»

Knich afferrò le sfere mentre la sua mente lavorava febbrilmente cercando di ricomporre l'intricato puzzle con i pochi elementi a sua disposizione.

«Perché non Morgan Vinnian?»

Ares sorrise furbescamente scuotendo il capo.

«Niente domande Knich e ora con mio rammarico ti lascio, dovrai svolgere il tuo compito non prima del sorgere di Resteres, ma con più velocemente lo porterai a termine maggiore saranno le possibilità di salvezza dei Cavalieri degli Dei.»

«Non prima del sorgere di Resteres? Non subito?!»

Ares sembrò non sentirlo nemmeno mentre la sua figura prendeva già ad affievolirsi.

«Arrivederci Knich caro.»

Nonostante il suo tentativo di bloccarla Ares si portò una mano alle labbra lanciandogli poi un bacio simbolico mentre la sua figura scompariva definitivamente nell'etere.

 

 

Mar Dorato - La Regina Nami

 

Prima ancora che la corsa di Alyssa si arrestasse davanti alla sua porta Orion era scattato in allerta pronto e vigile. La sorella irruppe con foga facendo sobbalzare Tristan intento a leggere un libro.

«Ragazzi se fossi in voi mi catapulterei sul ponte all'istante, quello che è appena apparso è uno spettacolo che non vorreste perdervi ne sono sicura.»

Tristan chiuse il libro di scatto e Orion raccolse la spada seguendola a ruota, perché prima ancora di aver finito la frase la sorellina era scomparsa nuovamente veloce come un fulmine. Orion li trovò tutti sul ponte raggruppati gli uni accanto agli altri in attonito silenzio, rotto solo dallo sciabordio delle onde contro la chiglia.

Si avvicinò a Ederik e non appena lui lo vide gli fece un cenno con il capo.

«Amico mio ci siamo, Kyrsen dice che l'aura finisce lì.»

Facendosi largo raggiunse Kyrsen e Rhiannon accanto a Quinn e Vivien, i primi ad aver raggiunto le due gemelle. Da quel punto la vista era ancora più sconvolgente.

A qualche centinaia di metri dalla prua della Regina Nami un immenso arco di nuvole temporalesche si ergeva creando un imponente portale offuscato all'interno da una coltre di nebbia fittissima. Dalle nubi scaturivano lampi e saette che si infrangevano nell'acqua sottostante e al centro del mare sotto l'arco un vortice nero come la pece vorticava minaccioso.

«Dobbiamo fare scendere i marinai.»

Chantal si avvicinò facendo risuonare sulla superficie del legno il ticchettio di Sorivan.

«Cosa?»

Ancora soggiogato dalla vista del portale, Orion scosse il capo per schiarirsi le idee.

«Dobbiamo far scendere i marinai, Arion e Alyssa. Non perdiamo tempo, dobbiamo proseguire. Tentennare non modificherà l'imponenza di quell'arco verso cui dobbiamo dirigerci, ma dobbiamo salvaguardare la salvezza di questi marinai e degli indifesi. Grazie a Kyrsen e Rhiannon noi troveremo un modo per tornare indietro.»

«Io non scendo non provarci Tilly.»

Alyssa scansò in malo modo Quinn per portarsi davanti alla sorella.

«Ally.» risoluta Chantal fece un passo avanti, ma Orion si frappose tra loro.

«Hai ragione non c'è tempo per gli indugi e nemmeno per irrisolvibili litigi. Siete tutti d'accordo?»

Ignorando lo sguardo ammonitore di Chantal e quello soddisfatto di Alyss,a passò in rassegna i volti dei compagni che pur con qualche riluttanza annuirono.

«Le coste dell'isola di Lett non sono distanti i marinai potranno raggiungerle facilmente.»

Orion aspettò il consenso di Nami che approvò la scelta.

«Io rimango.»

Il capitano si fece avanti avvicinandosi a Nami.

«Con l'aiuto dei vostri amici riuscirò a portare la Regina Nami anche nel Regno dei Morti e ritorno, ma non abbandonerò né lei né voi mia Signora.»

Nami ponderò la sua risposta poi annuì ringraziandolo con una breve stretta di mano.

«Vi ringrazio Davis, preparate le scialuppe allora e che gli Dei accompagnino noi e i vostri uomini.»

 

L'attraversata del portale fu relativamente facile, il vortice li risucchiò verso il centro, i fulmini schivarono sfiorandole le cime degli alberi della nave ma senza mai colpirli e la nebbia li avvolse come un manto gelido che penetrò sotto le armature e le vesti. Kyrsen chiuse gli occhi stringendo la mano di Rhiannon, tendendo ogni suo senso pronta a percepire ogni minimo segnale di pericolo.

Fu come se l'aria attorno a loro divenisse tangibile e si fondesse con le cellule del suo corpo prima comprimendole soffocandola poi espandendosi nell'infinito scomponendosi in miliardi di particelle. Il silenzio l'avvolse nella sua totale pienezza così spaventosamente asettico e opprimente poi sotto le sue palpebre esplose un caleidoscopio di colori e un calore improvviso cancellò istantaneamente ogni traccia di umidità.

La mano di Rhiannon tornò ad essere qualcosa di tangibile e confortante, finché le sue dita non si strinsero attorno alle sue in modo convulso e allora aprì gli occhi. Un'esclamazione di stupore le uscì spontaneo dalle labbra ora socchiuse.

«Ditemi che sono svenuto e sto sognando.»

Arion diede voce per primo al pensiero collettivo mentre, come un gruppo di bimbi davanti ad un nuovo balocco, gli amici fissavano il mondo che si espandeva attorno a loro nella sua immane bellezza.

Erano approdati davanti ad una spiaggia bianchissima e attorno alla nave l'acqua era di un limpido fuori dal comune. Nemmeno le famose coste di Avatar potevano vantare un paesaggio così spettacolare. Blocchi di granito simili a quelli che delimitavano i confini dei Regni di Lésin Rove, fluttuavano sulla superficie del mare e da essi scendevano rigogliosi getti d'acqua.

Tra i verdi alberi che crescevano oltre la spiaggia, uccelli di ogni forma e colore volavano in armonia riempiendo l'aria di canti melodiosi e briosi.

Orion si schiarì rumorosamente la gola riscuotendo i compagni che iniziarono a parlare quasi all'unisono.

«Calma ragazzi, calma.»

Il Principe erede di Telnar saltò su un mucchio di corde per elevarsi al di sopra degli altri alzando le mani per riportare l'ordine. Quando tornò il silenzio portò l'attenzione su Kyrsen.

«Cosa puoi dirci? Avverti ancora la scia dell'aura di Kieran?»

Kyrsen si concentrò evitando gli sguardi puntati su di lei poi annuì e volgendosi verso l'entroterra puntò un dito.

«Verso sinistra… è dolorante e angosciato.»

«Dobbiamo fare attenzione quindi e non farci ingannare dall'aspetto tranquillo di questo luogo.»

Vivien prese parola e parecchi annuirono d'accordo con loro.

«Qualcuno dovrebbe restare qui nel caso non tornassimo indietro. So di farvi un torto, ma proporrei Rhiannon, Hayleen e Arion. Non mi dispiacerebbe nemmeno se lasciaste di guardia anche Moran e Konrad, Ederik.»

«Perché io?»

Rhiannon diniegò contrariata.

«Puoi usare i tuoi poteri per capire come possiamo ritornare nel nostro mondo e grazie al potere di Kyrsen sarete sempre in contatto. Hayleen può trasformarsi grazie alla Dea Shany in un falco nel caso fosse necessario rintracciarci in fretta. Arion ti pregherei di non discutere ulteriormente e rimanere a proteggere la nave.»

L'espressione bellicosa del suo ex scudiero si distese in un segno di comprensione e accettazione.

«Se qualcuno di voi vuol dire la sua si faccia avanti.»

Come sempre le sue decisioni furono accettate senza ulteriori indugi.

«Molto bene allora, andiamo a salvare Kieran.»

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Capitolo 11
*** Il Piano Elementale del Fuoco ***




S'inoltrarono nella foresta dopo essersi alleggeriti dei capi pesanti indossati alla partenza. Dovunque si trovassero infatti in quel luogo faceva relativamente caldo e a Ederik tornò alla mente l'avventura vissuta sull'isola di Moran dove viveva ora il fratello Dustin.

Chissà come stava? Era da molto che non lo vedeva. Leine, sua sorella, che ora gli camminava accanto, si era recata a trovarlo la stagione passata, dichiarando che il duro lavoro di Dustin aveva fatto miracoli sull'isola devastata. Ederik lanciò un'occhiata alla sorella fasciata in una stretta mise di pelle, portava la Falce Teshy dono del Dio Seth legata sulla schiena. Aveva legato i lisci capelli rossi in una treccia e il suo viso atteggiato nella consueta maschera di freddezza era tirato più del solito.

Tempo addietro era stato Kieran ad affiancarlo mentre arrancavano stanchi e sudati nella sabbia che si stendeva per tutta l'isola di Moran. Strinse i denti al pensiero dell'amico in pericolo augurandosi di raggiungerlo in tempo. Kieran era un Cavaliere degli Dei, era forte ma erano molte ore ormai che si trovava in mano al nemico.

Dovevano salvarlo a tutti i costi, non solo per lui ma anche per Tibos, se l’Imperatore Unicorno avesse saputo della perdita di uno dei suoi Cavalieri non sarebbe stato certamente contento. Ederik allontanò il nefasto pensiero con decisione.

Non accadrà mai. Tieni duro Kieran, stiamo arrivando.

«Comincio a odiare i portali ve lo avevo mai detto?»

Alyssa con il suo consueto tono noncurante attirò l’attenzione generale mentre il gruppo rallentava il suo passo. Dinnanzi a loro si ergevano due enormi monoliti ricoperti da arbusti e muschi, un arco di pietra partiva dal centro di essi innalzandosi per svariati metri verso il cielo.

Strane incisioni runiche erano impresse lungo tutto il suo arco. Per lui risultarono incomprensibili e lo furono anche per chi di loro praticava arti magiche ed erano più esperti di lui di linguaggi,magici e non.

«Comunque non credo sia un portale Ally.»

Chantal studiò l'arco con attenzione.

«Assomiglia molto a quello che conduce a Lobor, ma come vedete non vi è nessuna barriera magica attiva all’interno di esso.»

Nami si avvicinò alla struttura.

«Dico bene Wainwrit?»

Il giovane mago le si portò accanto.

«A mio avviso hai ragione. Possiamo proseguire tranquillamente. Qualsiasi fosse l'utilizzo di questo arco,se di magia si trattava, ora è inattivo.»

Orion annuì,soddisfatto delle loro osservazioni e valutazioni.

«Potrebbe essere solo un'iscrizione d'altronde come un monito o un benvenuto per chi si addentra come noi in queste terre provenendo dal mare. Proseguiamo.» disse poi per spronare i compagni a proseguire.

Iona Theeros accanto al fratello sbirciò Orion di sottecchi ammirandolo per l'ennesima volta. Il Principe di Telnar riusciva a controllare la spedizione e loro con maestria e sicurezza, infondendo in tutti i presenti con i suoi modi fermi e decisi,calma e senso di ordine. Orion non era mai autoritario o arrogante ma si rivolgeva a loro con rispetto e educazione. Non era facile come poteva sembrare,essere a capo del loro gruppo, perché ognuno di loro era ormai abituato al proprio modo di agire e combattere ed essendo passato molto tempo dall'ultima missione collettiva era difficile collaborare all'unisono. Ormai tutti avevano preso piena consapevolezza dei loro poteri e del loro valore individuale e sottostare ad un comandante o rendere conto ad dei compagni di egual potere e valore non era cosa da poco.

«Andiamo Iona, rimani concentrata.»

Quinn che non gli si era allontanato di un passo da quando erano scesi dalla nave la esortò a proseguire afferrandole un gomito.

«Sì Quinn.»

 

Wainwrit lasciò passare i compagni per accodarsi a loro rimanendo nelle retrovie.

Aveva un buon motivo per agire in quel modo. Lui non era come Willard Weaver che oltre alla magia sapeva destreggiarsi anche con le armi, quella pratica lo lasciava del tutto disgustato. Un buon mago che si ritenesse tale non avrebbe mai dovuto ricorrere alle armi, ma Weaver non era sicuramente un buon mago o non avrebbe avuto bisogno di nient'altro per difendersi e combattere tranne che della sua magia. Essendo incapace quindi di difendersi in un corpo a corpo con un essere armato preferiva allora rimanere nelle retrovie e usare all’occorrenza la sua magia per difendersi.

La difesa personale comunque non era il solo motivo per cui si teneva per ultimo, ma lo faceva anche per non essere costretto a parlare con gli altri. Detestava tutti quei pomposi damerini con cui non aveva mai voluto aver nulla a che fare fin da ragazzino. Tutto quel finto buonismo e amor di fratellanza lo inorridivano e disgustavano. Perché mai avrebbe dovuto essere amico e compagno di coloro che l'avevano sempre guardato con diffidenza per il luogo in cui era nato?

Loro, che si ritenevano superiori solo perché erano stati più fortunati ed erano nati in quei Regni benedetti dagli Dei assegnati ai loro padri nei tempi dei tempi. Amore e fratellanza, che orrore, erano nemici mascherati da falsi amici mentre ognuno di loro in realtà covava risentimento e invidia gli uni verso gli altri, chi per un motivo, chi per l'altro.

«Che ipocrisia.»

Se non fosse stato per Joline addolorata per il fratello, non si sarebbe nemmeno preso la briga di andare a salvare Kieran.

«Tanto è come loro, falso e debole.» mentre borbottava tra sé e sé contrariato Wainwrit fissava il terreno sotto i suoi piedi seguendo i compagni, senza accorgersi di stare per oltrepassare l'arco di pietra.

Quando il suo piede sinistro, l'ultimo fra tutti quelli dei presenti, toccò il terreno sotto l’arcata,esso sprofondò in diversi centimetri di…

«Cenere!»

Il suono strozzato che uscì dalla gola di Prudence dinnanzi a lui accompagnò il suo sbotto.

«Maledizione, ci siamo cascati.»

Tutto attorno a loro il panorama mutò all’improvviso. La foresta non era più verde e rigogliosa ma carbonizzata e agonizzante, mentre piccoli falò consumavano gli alberi e gli arbusti. Cumuli di cenere e carboni anneriti facevano da cornice ad un luogo fumoso e afoso dove regnava odore di zolfo, fumo e morte.

«Ci hanno teletrasportato in un altro luogo.»

Quinn teso diede voce al pensiero di molti.

«No.»

Wainwrit batté Eliban a terra per dare maggior enfasi alla sua affermazione e al suo disappunto mentre i compagni si volgevano a guardarlo.

«Siamo sempre nello stesso luogo, solo su un piano diverso.»

«Che cosa?» Vivien si fece avanti. «Vuoi dire che ci hanno attirato in una trappola? Che siamo persi nei piani astrali?» lui scosse il capo.

«Non ti so dire se siamo persi, ma di certo siamo in un piano differente a quello dove eravamo poc'anzi. Lo avverto chiaramente e non solo per quello che vediamo. La magia qui è diversa,l’aurea attorno a noi è diversa.»

«Dice il vero.» Tristan gli diede man forte. «Credetegli, Wainwrit ha studiato a lungo i piani sa quello che dice.»

Alle sue parole molti volti si adombravano preoccupati, altri irati, dal canto suo Wainwrit si sentì ribollire di rabbia per l’intervento del fratello e la successiva reazione dei compagni. Senza la parola di Tristan gli avrebbero creduto lo stesso?

Magari sì, ma non in quel momento. Strinse i pugni e fissò con rabbia il fratello maggiore facendosi una promessa.

Uscirai da qui senza la tua maschera Tristan te lo giuro. Oggi i tuoi amici sapranno chi sei in realtà.

Poi Orion prese parola.

«Ora dobbiamo proseguire, il come uscire da qui sarà un problema che ci porremo in un secondo momento. Sono abbastanza sicuro che chi ha rapito Kieran volesse che noi lo seguissimo fino a qui. Kyrsen, puoi percepire ancora l’aurea di Kieran e del suo rapitore?»

Kyrsen salì su un masso pieno di fuliggine e chiuse gli occhi per collegarsi mentalmente con Kieran. Le occorsero pochi istanti mentre il gruppo tratteneva il respiro nell'ansia di aver perso le tracce poi saltò giù decisa.

«Si li percepisco ancora. Direzione Nord-ovest,Orion. Kieran è debole, ma è una traccia sicura.»

«Proseguiamo allora, massima allerta.»

Orion tornò a spronare la compagnia che annuì all'unisono,lanciò un’occhiata di apprezzamento anche a Wainwrit ma il giovane aveva già rivolto il volto nella direzione opposta alla loro e stringeva i pungi rabbioso. Orion si adombrò mentre la compagnia si muoveva seguendo Kyrsen. Wainwrit era una pozione instabile e pericolosa. Doveva tenerlo d’occhio. Non che non si fidasse di lui ma dopo le parole di Morgan e visto il suo atteggiamento non poteva volgergli le spalle con disinvoltura e sicurezza. Aspettò che anche il giovane si incamminasse poi si posizionò in modo da tenerlo sott’occhio. Quella missione di salvataggio si stava rivelando ancora più dura del previsto.

 

Chantal osservò l'orlo della sua veste bianca completamente annerito dalla cenere su cui camminavano.

Era terribilmente in ansia per Kieran, era passato troppo tempo da quando era stato rapito. La debolezza del contatto di Kyrsen era dipesa dalla lontananza o il povero Kieran era ormai allo stremo delle forze? Strinse forte la mano attorno al suo bastone sacro Sorivan e innalzò una preghiera al Dio del Bene Hamon.

Vegliate su di lui,aiutatelo a resistere fino al nostro arrivo.

Intuendo dal muovere silenzioso delle sue labbra che era raccolta in preghiera, Alyssa attese di vederle sollevare il capo prima di rivolgerle la parola.

«Vedrai che andrà tutto bene e noi usciremo da questa grande avventura come dei veri eroi.»

L'esclamazione entusiastica della sorellina le strappò un lieve sorriso.

«Beato giovane ottimismo, Principessina. Se sarete tanto spavalda, coraggiosa e fiduciosa come sembrate anche in battaglia, non vedo l'ora di avervi al mio fianco e di vedervi combattere.»

Kilian Nysseswor, Cavaliere di Scarlet, le affiancò ammiccando ad Alyssa.

«Andiamo Sir non chiamatemi così mi fate sentire ancora una poppante.»

La giovane Lady arricciò le labbra in una smorfia contrariata.

«Mi scuso Milady, ma non posso fare a meno di rammentare ogni volta che vi vedo, la prima volta che vi incontrai. Eravate davvero una cosina molto minuta.» rispose lui sorridendole.

«Già, ma ne è passata di acqua sotto i ponti Sir e ora posso rivaleggiare con qualsiasi scudiero della mia età e sono pronta alla battaglia.» rispose Alyssa sollevando le spalle e gonfiando il petto con orgoglio.

«Se fossi in voi non ne dubiterei Nysseswor.»

Willard passò un braccio attorno alle spalle di Kilian intervenendo e chinandosi sul ragazzo con fare cospiratorio.

«La giovane Lyssa ha unghie affilate e denti aguzzi e una maestria con le armi invidiabile. Per non parlare della lingua affilata, nessuna spada per quanto magistrale può ferire come la sua lingua tagliente.» Alyssa fece una smorfia irritata alle sue parole sollevando lo sguardo al cielo.

«Willard siete spregevole! Dovrò rivolgermi ad Ederik duramente stavolta, dovrebbe tenere d'occhio i suoi segugi indisponenti e non lasciarli a corda libera come fa con voi.»

Un coro di risa seguì la risposta piccata di Alyssa mentre Willard sorrideva sornione.

«Che vi avevo detto mio caro.» confermò con fare ammiccante lanciandole un’occhiata furba.

Alyssa divenne scarlatta dalla vergogna mentre Chantal cercava di blandirla,intervenendo prima che la sorellina si scaldasse troppo.

Ma all'improvviso fu l’aria tutto attorno a loro a surriscaldarsi, tanto da diventare quasi irrespirabile mentre il calore diveniva cocente. Sei fuochi apparvero dal terreno accerchiandoli elevandosi in colonne di fuoco accecanti e brucianti. Il momento di divertimento finì all'istante mentre i guerrieri agirono d’istinto e celermente formarono un cerchio attorno a coloro meno avvezzi alle armi e al combattimento corpo a corpo,facendo loro da scudo. Le colonne di fuoco sembrarono elevarsi all'infinito fino a quando non svanirono in nubi di fumo bianco.

Mentre il fumo andava a diradarsi davanti a lui, Orion lanciò uno sguardo a Tristan al suo fianco. Il compagno fece un cenno con il capo per indicargli che era pronto e così fece Vivien dal lato opposto. Orion serrò la mascella con forza. Non che non si fosse aspettato compagnia ma come ogni volta prima di uno scontro la tensione salì in lui tendendo le sue membra.

Era responsabile della Compagnia e doveva assicurarsi che tutti uscissero sani e salvi da quella missione. Soprattutto coloro che non erano Cavalieri degli Dei.

Si era preso una grossa responsabilità concedendo loro di seguirli e lui non sarebbe stato il solo a pagare il prezzo di quella scelta se le cose non fossero andate bene. Knich Valerè aveva interceduto a nome suo con l'Imperatore e si era detto concorde con la sua scelta.

Quando il fumo si fece quasi impercettibile, attraverso ad esso riuscì a scorgere una bassa ma poderosa figura. La mano attorno all'elsa della spada si fece più salda e il nemico apparve in tutta la sua fierezza e temerarietà.

Era un grosso nano, con la pelle brunita tendente al dorato, i suoi occhi sembravano lava fusa, i suoi capelli erano del colore del fuoco e sembravano muoversi come lingue di esso. Indossava un gonnellino fatto di piastre che parevano roventi e il suo intero essere emanava un forte calore. Orion poteva percepirlo sul viso ora scoperto dall'elmo, se non avesse indossato Antrex che lo proteggeva dagli elementi, era sicuro che quel calore si sarebbe percepito anche attraverso l'armatura. Il pensiero corse ai compagni che non avevano il suo stesso equipaggiamento. Tra le mani del nano sollevato a mezz'aria, un poderoso martello da guerra che come il gonnellino sembrava bruciare come metallo immerso nel fuoco, quasi gli pareva di vedere il calore al suo interno pulsare come un cuore vivo.

«Vuoi stranieri avete oltrepassato i confini del regno di Azaram. Abbandonate le armi e seguiteci in pace per conferire con il nostro Signore.» mentre gli si rivolgeva in un linguaggio comune stentato le labbra del nano si sollevarono in un ghigno beffardo.

«Non volevamo sconfinare. Siamo sulle tracce di un amico in difficoltà, proseguiremo senza creare problemi.»

Ma i problemi c'erano già e lo si leggeva sul volto del nano. Non avevano alcuna intenzione di farli proseguire. Wainwrit sfiorò con le dita della mano sinistra Eliban preparandosi al peggio e quando sentì le parole del nano evocò l'incantesimo protettivo attorno a sé. Orion aveva appena terminato la sua risposta quando lui sbottò.

«Non credergli, sono Azer servitori schiavi del Signore del Piano del Fuoco Azaram non ci lasceranno mai proseguire fanno solo prigionieri.»

Accadde tutto molto velocemente. Alle parole di Wainwrit il nemico partì all'attacco senza nessuna remora. Il martello scese a colpire direttamente il suo petto ma Orion evocò lo scudo che la sua armatura possedeva e puntando saldamente i piedi a terra si apprestò ad incassare il colpo.

A contatto con il metallo una vampata di fiamme si scaturirono dall'arma nemica e automaticamente l'elmo apparve attorno al suo capo avvolgendo il suo viso e proteggendolo da esse.

«Complimenti umano, sarai un degno avversario.»

Ghignando il nano lo beffeggiò schivando il suo colpo di rimando e allontanandosi da lui.

«Tutto ciò non è corretto. Non potete semplicemente attaccarci in questo modo.»

Cercando di farli ragionare Orion si limitò a parare un nuovo colpo ma questi tornò a sorridere sarcastico.

«O morti o prigionieri. Le regole sono chiare. Combatti o morirai.»

Alle loro spalle Orion udì gli amici in lotta. Non c'era più tempo per la diplomazia. Socchiudendo gli occhi minaccioso sfoderò un poderoso attacco.

«Allora se è così. Sarete puniti per la vostra tirannia.»

 

Mentre i guerrieri facevano crocchio attorno a lei, Chantal accanto a Kyrsen e Nami innalzò una preghiera ad Hamon. Non c'era luogo su Lésin Rove dove il suo Dio non potesse raggiungerla.

«Hamon mio signore, proteggi i miei compagni, dona loro la forza e la volontà, preserva i loro corpi e allontana la malvagità e il caos da loro.»

Un invisibile benedizione calò sui suoi compagni mentre Orion cercava di venire a patti con i nuovi venuti ma Wainwrit alzò la sua voce contro le creature del fuoco e il caos scoppiò immediato. I nani attaccarono i guerrieri in prima linea mentre attorno a lei i compagni evocavano incantesimi a difesa e protezione degli amici.

Chantal avvertì il pericolo un attimo prima che arrivasse. Sentì il terreno tremare leggermente e gettando lo sguardo a terra vide la cenere farsi brillante davanti a lei.

«Allontanatevi!»

Afferrando Nami fece un balzo indietro un secondo prima che un muro di fuoco si innalzasse davanti a lei.

Li avevano divisi!

Un muro magico infuocato ora si era diramato sul terreno a croce dividendo il gruppo. Chantal si voltò alla ricerca di Alyssa. Quando la vide era accanto a Kyrsen ma nessun guerriero era al suo fianco a proteggerla, anzi, teneva la spada sollevata a protezione dell'amica.

Il panico la colse. Non poteva lasciarla combattere. Non poteva lasciarle rischiare la vita.

«Hamon Dio del bene ascolta la mia preghiera.» sollevando il bastone e protendendolo verso la sorella Chantal invocò il potere del Dio. «Che nulla la possa toccare. Che lei non combatta.»

Una luce scaturì da Sorivan colpendo Alyssa e una sfera luminosa avvolse la sorella rinchiudendola al suo interno. Stranita Alyssa la cercò con lo sguardo e quando i suoi occhi la trovarono lei le lanciò un'occhiata mortificata di scuse. Vide le labbra della sorella urlare rabbiose ma Chantal non si fece impietosire, mosse il capo in un gesto di diniegò.

«No Alyssa, mi dispiace.» poi tornò a concentrarsi sulla battaglia.

 

Tristan stava combattendo contro uno degli Azer spalleggiato da Vivien. Aveva il corpo bruciante. Ogni colpo che andava a segno, da ambedue le parti, delle fiamme scaturivano da quell'infernale creatura ustionandolo. Se fosse stato da solo avrebbe cercato di contrastare l’avversario con qualche incantesimo ma non poteva destare sospetti nei compagni. Mentre il nano con un pugno violento scaraventava via Vivien da sé, lui fece per attaccarlo al fianco ma un dolore lancinante seguito da un intenso bruciore gli squarciò la schiena strappandogli un grido.

L'Azer approfittò della sua momentanea confusione per attaccarlo violentemente e Tristan riuscì a parare il suo colpo per un soffio, ma nuovamente le fiamme avvamparono surriscaldando il metallo del suo guanto d'arme fino a farlo sembrare rovente. Tristan strinse forte le labbra mentre la schiena prendeva ad ardere dal dolore. Mentre si allontanava con uno scatto dal nano cercando di spingerlo via con forza vide alle spalle della creatura Vivien caricarla con foga. Valutò se distrarre il nano o scansarsi lesto, per cercare nel frattempo di comprendere cosa lo avesse attaccato alle spalle ma in quel momento Vivien venne gettata a terra nuovamente. Tristan sgranò gli occhi mentre la compagna a terra si dibatteva in lotta con qualcosa che non riusciva a vedere. Alcuni fiotti di sangue schizzarono dal suo corpo, qualcosa la stava graffiando e mordendo.

«Invisibili! Sono invisibili, ci stanno attaccando!» lo urlò con quanto fiato aveva in gola per avvertire i compagni.

Leine e Iona stavano affrontando un Azer assieme quando udirono l'urlo di Tristan. Iona si volse verso l'amico e vide Vivien a terra in difficoltà. Schivando il colpo del nano si allontanò agilmente mentre Leine lo attaccava furiosamente. Iona si toccò il petto chiudendo gli occhi.

«Vesta Dea della Giustizia aiutami ad alleviare le sue ferite.»

Non appena la magia prese vita il suo corpo fu dilaniato dal dolore. Iona strinse forte i denti sopportandolo stoicamente. Non appena evocata la preghiera sapeva già cosa le sarebbe successo, parte delle ferite di Vivien ora sarebbero state inflitte a lei dando all'amica sollievo e tempo per reagire. Il pugno di Vivien colpì qualcosa proprio mentre alcuni dardi di luce piovevano dal cielo colpendo la creatura invisibile. Iona volse lo sguardo e vide al di là delle fiamme magiche Kyrsen con la mano tesa verso l'amica in difficoltà.

«Iona ho bisogno di te.»

Leine la richiamò alla battaglia mentre nuovi dardi colpivano l'Azer e Tristan si slanciava su Vivien fendendo l'aria con la sua spada per colpire il nemico che l'attaccava. Prima di tornare da Leine, vide il Principe di Ictar tirare in piedi Vivien e i due mettersi spalle contro spalle. Era un'ottima idea doveva suggerirlo a Leine!

Si girò di scatto per raggiungerla ma all'improvviso qualcosa la immobilizzò.

«Cosa pensi di fare stupida donnetta.» una voce terrificante le bloccò il respiro e la mente e Iona prese a tremare.

 

Mentre a pochi passi da lui Ederik e Konrad si battevano contro un Azer spalleggiati da Willard e Prudence che cercava di lanciare i suoi pugnali magici attraverso il fuoco in difesa anche degli amici lontani, Wainwrit si godeva lo scontro protetto dalla sua barriera invisibile.

Non era ancora il momento che intervenisse. I Cavalieri degli Dei, pensò con disgusto, se la stavano cavando anche senza di lui. Sarebbe intervenuto solo in caso estremo e solo se vedeva preclusa la sua possibilità di tornare sano e salvo. Gli Azer erano dei validi combattenti, oltre a padroneggiare il fuoco da cui erano nati avevano corpi robusti e resistenti ai danni da armi o magici, quelle che per altri potevano essere ferite mortali per loro erano poco più che taglietti da fogli di carta.

In pochi dei Principi avevano armi che potevano metterli seriamente in difficoltà, forse solo Leine ma se avesse usato il potere del Caos avrebbe messo in pericolo anche gli amici, era un'arma che poteva usare solo in casi estremi. L'urlo di avvertimento di Tristan arrivò a loro e fu in quel preciso momento che Willard Weaver fu attaccato dagli stessi esseri di cui Tristan li aveva avvisati o almeno credeva. Ederik corse a soccorrere l'amico lasciando il suo Cavaliere Konrad da solo contro l'Azer. Wainwrit fece una smorfia contrariata. Quella poteva essere una brutta gatta da pelare. Senza troppa fretta mise mano alla sua sacca di ingredienti magici.

«Perché dovresti aiutarli?»

Una voce bassa e profonda parlò direttamente nella sua testa. Wainwrit si irrigidì. Si volse ma alle sue spalle non c'era nessuno. Cercò attorno a sé ma nessuno guardava nella sua direzione, erano tutti presi dallo scontro.

«Loro non meritano il tuo aiuto. Puoi andartene di qui anche da solo, sei molto più potente di questi miseri Cavalieri.»

Wainwrit scosse il capo come se un insetto fastidioso stesse ronzando attorno alla sua testa. Non gli piaceva che qualcuno cercasse di manipolarlo e ancor meno che entrasse nel suo subconscio senza permesso.

«Esci dalla mia testa. Non ho certo bisogno delle tue lusinghe e dei tuoi consigli.»

Wainwrit cercò di contrastare quel potere che cercava di avvincerlo lavorando febbrilmente alla ricerca di un incantesimo che potesse bloccare quell'assalto mentale.

«Ma sai che ho ragione. Non meritano il tuo aiuto e tu non hai bisogno del loro. Sei in gamba… Lo sento.» le sue parole riuscirono a deconcentrarlo facendogli sfuggire le parole dell'incantamento che cercava di evocare. «Hai paura di me?» la voce beffarda lo irritò pungendolo sul vivo.

«Certo che no!» gli rispose secco e la creatura annuì con un suono.

«Lo sapevo. Lo sentivo che eri valente. Perché non ti allei con me allora? Sono sempre in cerca di validi alleati. Ti farò uscire da questa situazione indenne.»

Wainwrit sorrise.

«Alleati dici? E perché dovrei allearmi con te?» l'essere rise nuovamente.

«Perché io riesco a vedere nel tuo cuore. So cosa desideri. Ucciderò questi inetti per te. Ti darò gloria e ricchezze. Quelle che brami.»

Wainwrit mosse la testa come se stesse sciogliendo i muscoli tesi del collo.

«Morire dici eh?» il suo sorriso si fece ancora più infido. «Potrebbe essere l'occasione giusta per liberarmi di loro in effetti.»

Abbassò il capo e il cappuccio della tunica scese a coprire parte del suo volto atteggiato ora ad un'espressione soddisfatta.

«Potrei lasciarli morire certo…» la sua mano si chiuse a pugno dentro la bisaccia e Wainwrit risollevò il capo di scatto facendo scivolare il cappuccio sulle spalle. «Ma non ora!» disse a voce alta con tono duro socchiudendo gli occhi e facendosi risoluto.

«… e non per mano tua.»

I suoi occhi mandarono lampi d'ira mentre estraeva dalla sacca della polvere e la lanciava in aria davanti a sé.

«Vuoto.»

Pronunciò un'unica parola, poi mentalmente evocò l'incantesimo bloccando la propria mente al nemico e scaraventandolo fuori da essa mentre accortosi del suo gesto essa urlava il suo disappunto silenziandosi poi in un istante. Scuotendo le spalle come se si fosse liberato di un peso insignificante Wainwrit tornò a risollevare il cappuccio sul capo ma nel farlo incontrò lo sguardo di Tristan attraverso il muro di fiamme. Senza prestargli attenzione gli girò le spalle con un sorriso sardonico sul volto.

 

Erano in difficoltà. Erano decisamente in difficoltà.

Mentre cercava di rendersi utile scagliando frecce verso i nemici, Scarlet temette per i suoi cavalieri e Quinn. Nel momento stesso in cui il fuoco magico si era eretto dal terreno dividendoli, Quinn e i suoi cavalieri non avevano esitato un istante ad accerchiarla per proteggerla e ora combattevano fianco a fianco come un sol uomo ma avevano due nani contro e una terza creatura che sferzava attacchi invisibili senza dar loro tregua.

I suoi cavalieri non erano ragazzi con poteri o armi speciali e subivano gli effetti del fuoco dei nani ferendosi ad ogni attacco, inoltre Quinn avendo il potere dell'acqua risentiva maggiormente quella situazione.

Quando Etienne fu nuovamente colpito al fianco dalla creatura invisibile Scarlet ne ebbe abbastanza. Sollevò l'arco puntandolo nella sua direzione e lo incoccò.

«Cardia…» concentrandosi sul potere e sull'arco Scarlet evocò il potere della sua Dea. «Ho bisogno del tuo aiuto mia Dea. Fa sì che questa freccia non possa mancare il bersaglio.»

L'arco brillò di una luce dorata e una freccia verde smeraldo lucente apparve tra le sue dita.

«Che possa trovarlo anche se celato. Che la sua magia non possa frenare la sua corsa. Concedimi il tuo potere Cardia, trova il nemico, rivela la sua presenza.»

Scarlet lasciò andare la freccia quando avvertì il caldo tepore della mano di Cardia sulla sua. La freccia brillante solcò l'aria decisa e veloce come il vento. In un attimo si conficcò nella creatura invisibile che lanciò un urlo di dolore simile a un ruggito.

«Lì!»

Scarlet puntò allora il dito sulla freccia ancora visibile mentre la luce da essa scaturita evidenziava una sagoma ferina ora simile a luce solida.

«Etienne è tua ora!»

Il suo cavaliere non esitò un attimo al suo richiamo e si slanciò con la sua spada sulla bestia.

«Sì!» Scarlet esultò e tornò ad inculcare l'arco. Potevano farcela. Potevano ancora farcela.

 

«Quante volte ancora dovrai sentirti dire che sei inutile prima di arrenderti. Cosa credi di fare Iona?»

Le membra presero a tremarle mentre un terrore cieco la invadeva.

«Chi… chi sei?»

La sua voce uscì debole mentre la sua spada sembrava improvvisamente più pesante e difficile da sostenere.

«Tua madre ti aveva avvertito. Tu non sei fatta per essere un Cavaliere degli Dei, un paladino. Sei troppo debole Iona. Troppo debole.»

La gola le si serrò mentre muoveva diversi passi incerti lontano dalla battaglia.

«Tu… tu non dici la verità.»

La testa le pulsava, gli occhi le bruciavano e il cuore ora batteva all'impazzata.

«Io… io sono un Cavaliere. Io… io sono un paladino della Giu… Giustizia.»

«Povera Vesta…» dura e beffarda la voce tornò a deriderla. «Doveva davvero essere disperata per aver scelto te come suo Cavaliere. Forse non c'era nessun altro erede ormai da insignire se si è accontentata di una nullità come te.»

Iona prese a scuotere il capo. Non riusciva più a respirare. Si sollevò l'elmo e lo tolse gettandolo a terra. Stava sudando freddo ora.

«Non è vero…» continuava a scuotere il capo guardando la cenere ai suoi piedi. «Non è così…» protestò debolmente.

«Fuggì Iona. Allontanati prima che anche loro si accorgano della nullità che sei, prima che lui si accorga che sciocca donnetta senza valore ha al suo fianco. Ma lui in fondo lo sa già, lo sa già.»

No… Dentro di sé Iona urlò tutta la sua disperazione. Orion non pensava quello di lei, non lo pensava, nessuno lo pensava. Due lacrime scesero a rigarle il viso.

«Iona! Iona! Per gli Dei! Iona.»

Il richiamo di Leine sembrò lontano e senza importanza. Le sue gambe sembravano muoversi di volontà propria mentre si allontanava dalla battaglia. Tristan udì il richiamo di Leine mentre Vivien attaccava l'Azer e si voltò per capire cosa stesse succedendo. Quando vide Iona muoversi barcollante e allontanarsi dalla battaglia con la spada lungo il fianco un dubbio lo colse. Aveva visto Wainwrit parlare da solo poco prima e scuotere il capo confuso. Qualcuno stava cercando di dominare le menti dei suoi compagni. Una furia cieca lo invase.

«Wainwrit, maledetto moccioso idiota!»

Urlò l'imprecazione per sfogare la sua rabbia. Il fratello sapeva degli attacchi ma non aveva avvisato i compagni! Tristan cercò velocemente una soluzione ma lui non poteva lasciare Vivien alle prese con due nemici e Leine già era in difficoltà.

«Orion!» cercando di attirare l'attenzione del compagno, Tristan lo richiamò urlando i loro nomi. «Iona!Fai qualcosa Orion! Deve essere in difficoltà.»

Quando sentì Tristan urlare il suo nome Orion colpì con lo scudo violentemente l'Azer che aveva dinanzi facendolo arretrare. In quel momento diversi dischi di pietra presero a colpire il nano che tempestato dall'attacco di Kyrsen si coprì il volto con il braccio arretrando. Chantal aveva evocato due lupi che combattevano con la creatura invisibile che aveva attaccato lei e Nami ed entrambe cercavano di aiutare magicamente i compagni cercando di sondare la battaglia attraverso le cortine di fuoco e fumo. Grazie al supporto di Kyrsen, Orion poté cercare con lo sguardo Iona e la vide che si stava allontanando dalla battaglia incespicando. Qualcuno doveva averle fatto qualcosa e se Tristan aveva chiamato lui era perché non poteva aiutarla. Cercò con lo sguardo Kyrsen e Chantal ed entrambe annuirono.

«Vai Orion.» gli urlò Chantal ma l'Azer era troppo potente non poteva lasciarle da sole.

«Orion, vai!»

Tornando a lanciare dischi di pietra al nano Kyrsen lo incalzò. Orion lanciò una nuova occhiata a Iona che era ancora più lontana.

«È qui che ci si allena per caso?»

Il tono beffardo e sicuro della voce di Xavier lo colsero alla sprovvista. Un fascio di luce apparve al suo fianco e Xavier con esso. Orion non poteva essere più felice di vederlo. Non c'era tempo per domande o spiegazioni.

«Lascio il nemico a te!»

Orion spiegò le ali di Antrex mentre Xavier sfoderava Enat assieme ad uno sguardo duro ma serafico.

«Ci penso io non temere.»

Senza esitare, Orion volò al di là del fuoco e con poche poderose spinte delle ali metalliche si ritrovò davanti alla Principessa di Nedstar che però non diede alcun segno di vederlo. I suoi occhi erano spenti e vitrei, le sue labbra bluastre e la sua pelle cadaverica.

«Iona!» l'afferrò per le spalle e la scosse mentre lei si bloccava, lo sguardo fisso e perso.

«Iona, cosa c'è? Iona rispondimi.»

Orion tornò a scuoterla e Iona crollò a terra come una bambola di stoffa. Riuscì a sorreggerla e a non farle sbattere la testa al suolo ma ancora non dava segni di coscienza. Qualcosa o qualcuno le stava prosciugando la vita, sembrava consumarsi lentamente davanti suoi occhi. Un panico improvviso lo colse. Non era preparato a quello. Non sapeva cosa fare.

«Iona!» cercò di chiamarla ancora.

Si sfilò un guanto e le poggiò la mano sul viso, era fredda come un cadavere. All'improvviso le immagini di lei e di come l'aveva sempre veduta, così serena, pura e perfetta, quasi irreale come un perfetto dipinto di un artista gli si affollarono nella mente facendolo rabbrividire. Non era ancora abbastanza esperto per tentare una guarigione su di lei. Non sapeva nemmeno cosa avrebbe dovuto guarire. Quando quel pensiero attraversò la sua mente però evocò il volto della sorella e Orion sollevò lo sguardo dalla battaglia in cerca di Chantal. Fu in quel momento che come un'apparizione santa lei apparve davvero davanti a lui. Che fosse stato il suo desiderio, la preghiera eretta a Rysh o un incantesimo poco importava. Chantal si inginocchiò prontamente accanto a loro poggiando una mano sulla fronte di Iona.

«Chantal, sta morendo.» le disse cercando di non lasciar trapelare le sue emozioni ma sua sorella lo conosceva bene e sollevò uno sguardo comprensivo su di lui.

«Non finché ci sarò io Orion. Non finché Hamon ascolterà le mie preghiere.»

Gli sorrise allora e il suo sorriso sicuro cancellò come un colpo di spugna ogni suo timore. Orion annuì tornando padrone di sé.

«La lascio nelle tue mani allora.» Con delicatezza depositò il capo di Iona al suolo poi si sollevò fiero e tornò ad alzare lo sguardo duro sulla battaglia. «È ora di vincere questa battaglia Chantal.»

 

Orion tornò a spiegare le ali e con un poderoso balzo si sollevò in alto nel cielo fino a che non raggiunse un'altezza tale da riuscire a vedere l'intero campo di battaglia. La visiera di Antrex si richiuse quando l'aria si fece irrespirabile. Gli ci vollero pochi istanti per capire la situazione dello scontro. Valutò velocemente le condizioni e le capacità dei compagni poi annuendo con fare deciso ridiscese verso il terreno dirigendosi verso Scarlet e i suoi compagni.

«Quinn dubito che questi Azer sappiano nuotare!»

Al suono della sua voce l'amico visibilmente ferito gli lanciò uno sguardo confuso ma poi Orion lo vide annuire con l'elmo.

«Scarlet, se l'acqua non li ferisce forse il ghiaccio è il loro punto debole.»

«Ricevuto comandante.»

Mentre gli amici rispondevano ai loro comandi lui si mosse verso il gruppo di Ederik.

«Prudence usa le loro stesse capacità, so che puoi farlo. Wainwrit, Willard tenetevi fuori dallo scontro o intralcerete i guerrieri.»

Orion non attese risposta e si adoperò per raggiungere Tristan.

«Leine, è ora di finirla con i giochi non credi?»

Il suo tono era duro e quello di lei fu beffardo.

«Te ne prenderai tu la responsabilità?» chiese lei sfuggendo ad un attacco dell'Azer.

«Mi fido di te e so che non mi deluderai. Tristan, Vivien confidate in Leine!»

Mentre i compagni rispondevano all'unisono lui cercò Nami e Kyrsen che spalle contro spalle cercavano di colpire l'essere invisibile che le attaccava. Orion discese al suolo poco distante da loro e non appena i suoi piedi toccarono terra sguainò la sua spada puntandola verso la loro direzione.

«Creatura del Piano elementale del Fuoco, io sono Orion Ready Principe di Telnar ed ora sono io il tuo avversario.»

Il potere del suo incantamento si attivò e Orion sentì la magia scorrere in lui. Ora la creatura avrebbe desiderato solo lui come avversario.

«Avete avuto l'opportunità di lasciarci in pace ma avete scelto di combattere. Ora non ci sarà più pietà per voi. Kyrsen, Nami aiutate i vostri compagni ora.»

 

Alle parole di Orion, Quinn cercò dentro di sé la soluzione al suo avvertimento.

Gli Azer non sapeva nuotare… Ora i due nemici erano in lotta con Dan, Kilian e Zoshua.

Gli Azer non sapeva nuotare… Certo che probabilmente non sapevano nuotare ma lui… Certo! Quinn ebbe un'illuminazione e rinfoderò la spada. Dovevano distrarli però, o non sarebbe servito a nulla il suo tentativo.

«Scarlet, ho bisogno di un diversivo!»

Quinn si volse a cercarla e la trovò già pronta con l'arco di Diana incoccato.

«Quando vuoi Quinn.»

Quinn allora portò la mano al pettorale dell'armatura, lì dove sotto dimorava il simbolo sacro del suo Dio.

«Gilen, mio signore Dio dell'Acqua invoco il tuo aiuto e innalzo a te la mia preghiera. Fa che il tuo elemento sia potente contro queste creature temibili.»

Quando le sue vene si fecero come fredde a contatto con la magia divina di Gilen che scorreva in lui, Quinn tornò a levare lo sguardo sulle due creature.

«Ora Scarlet!» le urlò.

«Cavalieri via di lì!» l'avvertimento di Scarlet arrivò un attimo prima della sua preghiera a Cardia.

«Confido in te mia Dea, che essa possa toccare il gelo assoluto.»

I tre cavalieri colpirono fortemente i due nani poi si slanciarono lontano da essi proprio nel momento in cui la freccia si conficcava nel terreno tra loro. I due Azer furono presi alla sprovvista e portarono simultaneamente lo sguardo alla freccia che a ragion di logica aveva mancato il bersaglio, ma fu nello stesso istante che essa esplose in un violento colpo di energia gelida congelando un'area attorno a sé di diversi metri di diametro.

I due Azer urlarono dal dolore provocato dalle migliaia di piccolissime schegge gelide che li travolsero.

«Adesso!»

Quinn rilasciò la sua magia. Un potente fiotto d'acqua simile ad un piccolo torrente si riversò dalle sue mani colpendo i due Azer. I nani dopo il primo momento di smarrimento puntarono saldamente i piedi a terra gonfiando i muscoli delle braccia e del petto e resistendo stoicamente al suo assalto. Quinn sorrise. Era proprio quello che voleva. All'improvviso evocò il secondo incantesimo preparato e chiuse le mani a pugno. L'acqua si trasformò istantaneamente in due sfere che si formarono attorno ai nani racchiudendoli al loro interno. Le due creature presero ad annaspare lasciando le loro armi.

«Zoshua, Kilian ora.»

Scarlet diede l'ordine e i suoi cavalieri prontamente si slanciarono contro i nani per dar loro il colpo di grazia ma un attimo prima che le loro armi trafiggessero i loro corpi le due creature svanirono sotto i loro occhi.

 

Non appena la creatura su di loro portò la sua attenzione verso Orion, Kyrsen si volse verso Nami.

«Vado a soccorrere gli altri, rimani con loro.»

Aveva tentato i suoi incantesimi di spostamento e quando aveva visto Chantal scomparire e riapparire esattamente dove voleva aveva avuto conferma del loro funzionamento anche in quel piano. Non avrebbe voluto usare Chantal come cavia ma non avevano avuto molto tempo per rifletterci e lei aveva accettato senza riserbo. Senza attendere una risposta da Nami, Kyrsen disegnò un semicerchio nell'aria davanti a sé e pensò a Scarlet. Il portale si aprì immediatamente e lei piombò accanto all'amica proprio mentre lanciava la freccia verso i due Azer. Kyrsen valutò la situazione e quando la freccia esplose e Quinn evocò la sua magia capì che la loro battaglia stava volgendo a loro vantaggio.

«Kyrsen…» Scarlet attirò la sua attenzione chiamandola. «Aiuta Etienne.»

Kyrsen cercò il guerriero. Era distante e stava combattendo contro una creatura invisibile. Kyrsen si sollevò le gonne e corse nella sua direzione. Quando fu ad una distanza sufficiente ma ancora abbastanza lontano dal nemico per poter essere lontana dal pericolo, raccolse nella sua mente gli incantesimi conosciuti. Come poteva aiutarlo? Non poteva sprecare tutti i suoi incantesimi ora, non sapevano quando avrebbero potuto riposare e recuperare la loro energia magica necessaria a lanciarne ancora. Doveva ponderare bene.

«Ci sono!»

Kyrsen tornò a correre ma questa volta verso il combattimento con i nani.

«Danerough la tua frusta! Lanciamela!»

Momentaneamente fuori dalla lotta mentre Quinn attaccava gli Azer, Dan si svolse la frusta dalla vita.

«Guarda che la rivoglio Principessa.» le urlò prima di lanciargliela con forza.

Kyrsen annuì mentre si sporgeva per afferrarla. Non appena l'ebbe tra le mani evocò l'incantesimo.

«Prendi vita.» le ordinò.

Il suo potere s'infuse nell'arma e la frusta prese a fremere nelle sue mani.

«Ci siamo.»

Kyrsen tornò verso Etienne e quando vide la freccia di Scarlet ancora ancorata a quella che doveva essere il corpo della creatura lanciò la frusta con quanta forza aveva.

«Avvolgiti!»

Augurandosi che il suo lancio fosse abbastanza vicino all'essere, Kyrsen impartì l'ordine alla frusta. Essa cadde a terra e come un serpente prese a volgersi poi in strette spire attorno al nemico dando modo a Etienne di attaccarlo con più facilità visto che esso aveva preso a contorcersi e a ruggire ancora più violentemente.

«A buon rendere Principessa!» le urlò Etienne.

«Non farti ammazzare!»

Kyrsen in pena per le ferite che vedeva sul suo corpo non poteva più far molto per lui ma contava sulle sue capacità ora per sopraffare il nemico. Era ora di andare a dare supporto agli altri.

 

Wainwrit non poteva essere più d'accordo.

Orion gli aveva ordinato di non rischiare la vita per non dover pesare sui guerrieri che non potevano anche proteggere loro e così avrebbe fatto. Tornò ad innalzare una barriera protettiva su di sé e si godette lo spettacolo con noncuranza.

 

Wainwrit non stava affatto combattendo!

A malincuore dopo l'ordine di Orion anche Ederik gli rivolse lo stesso comando e Willard attivò uno scudo a sua protezione augurandosi che il suo Principe non avesse davvero bisogno di lui. Una smorfia stravolse il suo viso solitamente sereno e beffardo. Aveva creduto di essere pronto ma non lo era come aveva creduto. Stringendo i pugni rabbioso, il suo pensiero corse a Lady Alyssa. Sperava con tutto il cuore che stesse bene.

 

«Usa le loro armi Prudence. So che puoi farlo» erano state queste le parole di Orion. Le loro armi… Prudence valutò quello che sapeva dei loro nemici. Fuoco, forza, velocità, invisibilità… Certo… Aveva capito.

«Ederik, Konrad cercate di non disperdervi, state vicini.»

Sapeva che il suo avvertimento poteva sembrare inutile e bizzarro ma i nani conoscevano il linguaggio comune non poteva rischiare che comprendessero le sue parole. Mentre armeggiava con le boccette alchemiche nella sua cintura si augurò che i due comprendessero le sue parole. Ederik stava affrontando la creatura invisibile mentre Konrad l'Azer e non era messo bene per nulla. Era molto ferito e ustionato, non avrebbe retto ancora per molto. Se si fossero avvicinati lei avrebbe potuto attaccare velocemente entrambe le creature sotto l’effetto dei suoi estratti magici.

Prudence prese la boccetta verde opaco e si affrettò ad ingerirla. Era un estratto di, velocità. Ora si sarebbe mossa più velocemente, almeno il doppio della sua normalità e lei era già molto veloce e agile. Non appena sentì il potere espandersi nel suo corpo prese la seconda boccetta. Invisibilità… Anche lei poteva diventare invisibile. Stappò la fiala e la portò alle labbra gettando uno sguardo ai compagni. Ora Ederik indietreggiando era molto vicino a Konrad.

Bravo il mio ragazzo, intelligente.

Prudence si guardò la mano sollevata in aria. Quando la vide brillare capì che l'estratto era attivo.

«Ci siamo»

Prudence non attese un secondo di più. Si slanciò verso Konrad. Doveva essere veloce… Ancora più veloce perché nonostante la sua invisibilità il nemico avrebbe visto le sue impronte sulla cenere e essa sollevata dal suolo,quindi doveva essere imprevedibile. Quando fu alle spalle di Konrad sfiorò il suo braccio sollevato con la spada con la mano destra. Il guanto di Deregon della Difesa si attivò al suo comando mentale e una forte energia di cura si propagò da esso al cavaliere curando buona parte delle sue ferite. Prudence poi si chinò velocemente e sollevando la mano sinistra usando il guanto dell’Attacco e lanciò una raffica di pugnali magici contro il nano che preso alla sprovvista non riuscì a pararli e fu seriamente ferito.

«Ma cosa?»

Konrad stranito perse il colpo che stava fendendo rischiando di essere colpito dal martello del nano ma Prudence sollevò uno scudo di energia davanti a lui grazie al potere di Ramya. Konrad si riprese velocemente gratificato dalla sua cura e Prudence lesta aggirò l'Azer. Era rischioso e doloroso quello che stava per fare ma era l'unico modo veloce per permettere a Konrad di sopraffarlo. Prudence fece un balzo e saltò sulle spalle del nano.

«Ora Konrad!» urlò al giovane, un'esplosione di dolore la sopraffece mentre il fuoco sprigionato dall'Azer le bruciava pelle e vesti. Stringendo i denti Prudence cercò di non urlare mentre il nano si dibatteva per liberarsi di lei e Konrad lo attaccava con ferocia. Uno dei colpi del giovane andò a segno trafiggendo il nano e la sua gamba avvolta attorno ad esso. Prudence urlò, l'Azer si smaterializzò sotto di lei scomparendo e la sua magia scomparve mentre lei tornava visibile. I suoi abiti erano in fiamme e il dolore ora le trafiggeva il corpo. Voleva aiutare Ederik ma non c'era riuscita.

 

Ederik udì Prudence urlare dal dolore.

Dov'era!? Si volse di scatto sconvolto e vide Konrad estrarre la spada dal corpo dell'Azer. Nello stesso momento il nano scomparve evaporando in una nube di vapore e il corpo agonizzante e bruciante di Prudence apparve nel punto in cui esso era scomparso.

«Konrad!»

Ederik fu attaccato dal nemico che mandò a segno il colpo. Gli artigli poderosi della creatura danneggiarono il guanto d'arme e due di essi penetrarono nel suo braccio ma Ederik nemmeno li sentii. Vide l'amico gettarsi sul corpo di Prudence abbandonando la sua arma mentre con le mani cercava di spegnere le fiamme sul suo corpo. Ederik reagì d'istinto… Non era un tipo violento. Non amava combattere, ferire o uccidere, ma c'erano due cose sole in grado di farlo reagire con inaudita ferocia.

L'amore per le persone a cui teneva e la difesa di coloro e ciò che erano importanti per lui. Ignorando le ferite e il dolore Ederik reagì velocemente all'attacco e con una mossa fulminea il braccio ferito scattò in avanti. Quando le sue dita afferrarono quella che doveva essere la creatura, senza esitazione Ederik l'attirò a sé con tutta la forza che aveva. Sentiva come una folta pelliccia tra le sue dita. La bestia furiosa e presa alla sprovvista partì al contrattacco mordendolo e graffiandolo ma Ederik non mollò la presa. Lasciò cadere la spada e con quanta forza aveva prese a picchiare la creatura a pugno chiuso. L'essere si dibatteva, lo feriva ma anche lui ora finalmente poteva colpirlo. Ederik entrò in lotta corpo a corpo con la bestia e si gettò a terra con essa colpendola ripetutamente, poi lo vide.

Un sasso. Lasciandosi mordere nuovamente Ederik si sporse verso ad esso, lo afferrò poi con quanta forza aveva colpì la creatura verso quella che doveva essere la sua testa. Il colpo fu duro e violento e dopo di esso l'essere smise di muoversi. Davanti suoi occhi sotto di sé apparve la forma ora visibile del nemico, sembrava un grosso felino ma Ederik non aveva tempo per rimanere ad osservarlo. Un po' incespicando cercò di rialzarsi e si slanciò verso Konrad.

«Per gli Dei!»

Prudence era svenuta ora, il suo corpo era gravemente ustionato e ferito.

«Aiuto!» Ederik lo urlò con quanto fiato aveva in gola. «Chantal!»

 

«Te ne prenderai tu la responsabilità?»

Leine parò un nuovo colpo del nano, le fiamme le bruciarono il braccio e lei imprecò mentalmente.

«Mi fido di te, so che non mi deluderai, Tristan, Vinnian confidate in Leine.»

Maledizione Orion ti odio. Leine gli lanciò un impropero mentale. Odiava che lui contasse su di lei. Non voleva essere affatto l'eroina di turno. Lei e Vivien erano abituate a lavorare assieme, l'amica si fidava già di lei e per quanto riguardava Tristan si sarebbe tenuta per sé ciò che pensava di lui per ora.

«Vivien! Come ad Antoress.» le urlò allora per farsi capire solo da lei.

«Antoress? Sei impazzita per caso?»

Vivien rispose duramente e lei sogghignò tornando ad attaccare l'Azer.

«Hai sentito il comandante no?» la beffeggiò.

«Maledizione Leine ci ammazzerai tutti!»

«Possibile, ma tu obbedisci.»

Leine vide il nano davanti a lei tentennare nel nuovo attacco e lei gli ammiccò.

«Paura?» con un ruggito di gola per tutta risposta lui la attaccò con maggiore violenza.

«Vivien non farti pregare!» le urlò allora Leine.

«Maledizione!» lo sbotto dell'amica fu rabbioso.

«Corri Tristan! Corri!»

Vivien si mise a correre trascinandosi appresso Tristan. Si stava dirigendo proprio nella loro direzione e la bestia che li attaccava doveva essere alle loro spalle. Almeno sperava. I due li sorpassarono e Leine vide le impronte lasciate dalla creatura che li seguiva dappresso.

«Bel lavoro fiorellino. Ora sparisci!»

Vivien si bloccò all'improvviso frenando anche la corsa di Tristan.

«Tristan sta giù!»

Vivien si inginocchiò a terra pronunciando un comando secco. Mentre il Principe di Ictar l'imitava, una runa dello scudo di Xylia si attivò. Un muro di vento si erse davanti ai due sollevando cenere e carbone. Un ruggito della creatura le fece capire che era andata a sbattere contro il muro. Un sorriso cinico le incurvò le labbra mentre i suoi occhi ora brillavano soddisfatti. L'Azer si bloccò all'improvviso come se avesse letto nel suo sguardo il verdetto del loro incontro. Ma Leine non era fatta per tentennare o graziare. Non era nella sua natura. Sollevò la falce in aria.

«Seth! Chaos… Distruggi.»

Un bagliore rossastro illuminò la falce mentre lei con un colpo deciso la piantava nel terreno. L'esplosione che ne seguì fu devastante. L'onda d'urto colpì tutto ciò che aveva davanti a lei distruggendolo. Leine sentì solo l'urlo di Vivien che pregava Ramya di proteggerli. Una densa nube di cenere si sollevò davanti a lei e per un attimo sembrò quasi che i rumori della battaglia si attenuassero fino a scomparire. Leine attese con un filo di preoccupazione. Non gli importava molto di Tristan ma di Vivien sì e se li avesse uccisi sarebbero stati grossi guai . Quando la cenere si diradò il vento di Xylia disperse la rimanente ancora in aria facendo apparire Vivien e Tristan davanti a lei.

«Tu sei folle.» sbottò Tristan duro.

Leine guardò Vivien che sollevò un sopracciglio sorridendole.

«Sapevamo già avrebbe funzionato.»

Vivien scosse il capo. «Più o meno.»

Leine annuì poi si volse attorno per cercare di comprendere lo stato delle battaglie degli amici ma fu a quel punto che sopra di loro piovve il fuoco!

 

Kyrsen stava per lasciare Scarlet e compagni quando percepì il pericolo. Ebbe la visione del fuoco qualche attimo prima che esso piovesse dal cielo.

«Proteggeteli dal fuoco!» Il suo messaggio telepatico raggiunse gli amici incantatori alla velocità della luce. «White Sphere!»

Kyrsen evocò la Sfera Bianca del Tempo, la mezzaluna si illuminò sul dorso della sua mano.

«Tutti qui presto!»

Uno scudo di energia prese forma sulla sua testa mentre i compagni correvano sotto ad esso al riparo.

«Per gli Dei!»

Scarlet raggiunse Kyrsen mentre decine di sfere infuocate apparse nel cielo esplodevano su di loro. Il bagliore e il calore si fecero quasi insopportabili. Qualcuno l'afferrò attirandola a sé e stringendola tra le braccia. Un suono assordante seguì l'esplosione e Scarlet ad occhi chiusi si aggrappò saldamente al corpo che la stringeva. Quinn fu scaraventato a terra da Danerough mentre questi si gettava su di lui per fargli da scudo. Con orrore Quinn sentì l'esplosione e il calore ma niente li colpì per fortuna. Kyrsen era riuscita a proteggerli. Quinn a terra sollevò la testa e vide Scarlet circondata dalle braccia di Kilian mentre Zoshua le si era parato di fronte e Etienne era corso a protezione di Kyrsen. Tutto si svolse in pochi istanti ma lui non avrebbe mai scordato il gesto eroico di quei quattro uomini che si erano eretti scudi umani davanti a loro Cavalieri degli Dei.

 

«State tutti bene?»

Mentre le lingue violente e devastatrici del fuoco magico continuavano a divampare attorno a loro, Chantal reggendo con un braccio Iona interrogò gli amici. Era riuscita a proteggere Tristan, Leine, Vivien e Alyssa grazie all'aiuto divino di Hamon. Sorivan era caldo tra le sue dita come il fuoco divampava al di là della sfera di energia creata dalla luce divina scaturita da Sorivan. Alyssa furente ma composta corse al suo fianco per reggere Iona.

«Grazie a te, sì.» rispose Vivien raggiungendole per aiutare Alyssa.

«Cosa diavolo è stato?»

Leine corrucciata vagò lo sguardo attorno a loro al di là della barriera.

«Palle di fuoco… Uno sciame. Una magia davvero molto potente.» Tristan scuro in volto fissava un punto imprecisato davanti a sé. «Un monito dell'essere che stiamo inseguendo, ne sono quasi certo.»

«Cosa dici?» Vivien sollevò il capo nella sua direzione colpita dalle sue parole.

«Temo di sì, ma chiederemo conferma a Kyrsen.»

Tristan aveva detto anche troppo ne era consapevole, ma era quasi sicuro della sua affermazione. Gli Azer non potevano possedere un simile potere. Qualcuno non li voleva lì, e quello era un chiaro monito a non proseguire o una chiara azione per distruggerli.

«Raggiungiamo gli altri. Voglio assicurarmi stiano tutti bene. Statemi vicini, Sorivan ci proteggerà.»

Chantal si avviò verso il muro di fuoco con ansia ma cercando di mostrare sicurezza. Finché non avesse visto tutti gli amici sani e salvi non sarebbe riuscita a tornare a respirare normalmente.

 

La cupola di pietra che era apparsa rinchiudendoli al loro interno scomparve quando il potere di Sorivan li avvolse. Willard era riuscito ad evocare un rifugio che li aveva protetti. Ederik ancora con Prudence svenuta fra le sue braccia sollevò lo sguardo in cerca di Chantal. Quando videro la sorella ferita sia lei che Alyssa corsero al loro fianco.

«Prudence!» Alyssa sbiancò visibilmente.

«Eddy, cosa è successo?»

Chantal prese a esaminare con una mano la sorella mentre con l'altra reggeva ancora Sorivan che teneva lontano da loro le fiamme.

«Si è sacrificata per sconfiggere il nemico ma i suoi abiti hanno preso fuoco.» Fu Konrad a rispondere.

Chantal bisbigliò alcune parole come una preghiera poi sollevò lo sguardo su Ederik.

«L'ho stabilizzata ma per curarla dobbiamo abbandonare questo posto, non posso proteggere voi e curare lei. Prendila in braccio Eddy, usa cautela la sua pelle potrebbe rimuoversi e creare maggiori ferite.»

Ederik annuì poi si sollevò portando con sé delicatamente Prudence.

«Meno male siete vivi!»

Orion sbucò dalle fiamme assieme a Xavier. Lui era protetto dalla sua armatura mentre l’amico aveva il potere del Dio del Fuoco York che lo teneva al sicuro e il fuoco sembrava non sfiorarlo.

«Orion.» Alyssa corse incontro al fratello. «Prudence è grave.»

Alle parole della sorella il Principe corse verso il gruppo riunito.

«Dobbiamo uscire da quest'inferno Orion o non riuscirò a curarla.»

Chantal scambiò uno sguardo allarmato con il fratello che annuì poi tutti gli occhi furono su Xavier.

«Come sei arrivato qui?» chiese Leine.

Fu Orion a risponderle. «È una lunga storia, ora affrettiamoci e speriamo di trovare fuori di qui gli altri.»

Chantal allora si alzò e facendosi largo con Sorivan si incamminò verso quella che credeva la salvezza.

 

«Dobbiamo tornare là in mezzo.»

Scarlet puntò i piedi arrabbiata mentre Kilian le sbarrava la strada.

«No Principessa. Attenderemo qui per qualche minuto e se nessuno uscirà da quelle fiamme torneremo alla nave.

«Scarlet.» Quinn si avvicinò ai due con fare greve. «Sai che gli ordini di Orion sarebbero questi. Non vorrebbe che rischiassimo la nostra vita per tornare in quelle fiamme.»

«Stai scherzando vero?» Scarlet si rivolse a lui furiosa. «Ci sono i nostri amici là non possiamo andarcene e lasciarli morire.»

Kyrsen si unì alla discussione poggiando una mano sul suo braccio.

«Sii ragionevole Scarlet, non abbiamo le capacità di trarli in salvo e non sappiamo nemmeno se sono ancora vivi.»

«Non lo sai?» Scarlet la guardò. Era arrabbiata, frustrata e delusa. «Come fai a non saperlo? Puoi percepire Kieran a miglia di distanza e non sai se i nostri amici laggiù sono in salvo?»

Kyrsen sembrò ferita dalle sue parole. Si morse un labbro e gli occhi verde smeraldo si incupirono.

«Mi dispiace Scarlet.» la sua voce era mesta. «Non li percepisco e ciò potrebbe voler dire…»

«Non dirlo nemmeno!» Scarlet si portò le mani alle orecchie in un gesto disperato.

«Kilian, Principe Quinn dobbiamo decidere alla svelta.» Etienne si fece loro accanto.

«Potrebbero tornare altri nemici. Non sappiamo nemmeno se sono stati tutti sconfitti.»

«Dovete piantarla!» battendo un piede a terra Scarlet urlò tutto il suo sdegno. «Io non me ne andrò finché…»

«Guardate!»

Il richiamo di Danerough attirò la loro attenzione. Una luce più intensa delle fiamme stava prendendo forma tra esse. Scarlet con il cuore in gola corse in quella direzione e poco dopo Chantal e il gruppo degli amici apparve dal muro di fuoco.

«Per gli Dei! Chantal! Alyssa! Vivien!»

Con le lacrime agli occhi Scarlet corse ad abbracciare Alyssa che ricambiò la sua stretta.

«Prudence... Scarlet. Prudence è ferita…»

«Depositala lì Ederik.» cercando di mantenere la calma Chantal indicò ad Ederik una roccia poco distante. Il Principe depose il suo dolce fardello.

«Copritela. Eddy, un mantello per favore.»

Mentre il gruppo faceva crocchio attorno Prudence, Xavier prese per un braccio Quinn.

«Nami… Hai visto Nami, Quinn?»

«Xavier, tu qui?» L’amico annuì.

«Knich Valerè mi ha portato qui.»

Quinn lo fissò stranito per un’attimo poi il suo sguardo si fece smarrito e dispiaciuto e il cuore gli saltò in petto.

«Non l’ho vista Xavier.»

«Orion! Nami non è qui!» l'amico sgranò gli occhi lievemente chiamando il compagno.

«E Wainwrit?» Tristan si fece loro incontro e Quinn diniegò con il capo.

«Dobbiamo cercarli.»

Orion serrò la mascella alle parole di Xavier.

«Xavier non possiamo rimanere qui per molto.»

«Cosa?» Xavier si rivolse a lui rabbioso. «È di mia moglie che stiamo parlando Orion!»

«Non posso andarmene senza Wainwrit anche se gli Dei mi sono testimoni, lo farei volentieri, quella serpe…»

«Oh non adularmi troppo fratello o potrei emozionarmi.»

La voce beffarda di Wainwrit interruppe le discussioni e dalle fiamme una sfera nera come la notte uscì rivelando poi la figura di Wainwrit al suo interno dissolvendosi.

«Bastardo.» Tristan si fece avanti rabbioso.

«Non userei quel termine Tristan, insulti la tua amata madre così.»

Tristan lo afferrò per il davanti della tunica sollevandolo verso di sé.

«Non dovrei chiamarti serpe quando non hai minimamente combattuto e hai taciuto la presenza dell'essere che ha attaccato Iona?»

Wainwrit sorrise cinicamente.

«Non sono la balia di nessuno e poi tu? Tu, fratello… hai combattuto davvero? Non mi pare tu abbia combattuto nel pieno delle tue capacità.»

Tristan sentì il sangue montargli alla testa.

«Maledetto!» sollevò la mano per colpirlo mentre gli occhi di Wainwrit lo sfidavano a farlo.

«Adesso! Basta!»

Il comando secco e perentorio di Orion bloccò la mano di Tristan e fece volgere tutti nella sua direzione. Orion attese di avere il silenzio e l'ordine e quando i due fratelli si allontanarono l'uno dall'altro con stizza, guardò a Xavier. L'amico era un fascio di nervi.

«Non possiamo rimanere qui. Ci sono molti feriti che necessitano di cure, gli incantatori e chierici di riposo. So di dirti una cosa che non vorresti sentirti dire Xavier, ma dobbiamo proseguire. Per il bene del gruppo e della missione. Nami è in gamba, molto più di quello che credi e Wirona la protegge. Se è viva ci troverà o tornerà alla nave. Non ci allontaneremo molto, il tempo di trovare un luogo più sicuro per riprenderci.»

Xavier gli si fece vicino fermandosi ad un passo da lui.

«Le tue parole sarebbero le stesse se ci fosse una delle tue sorelle disperse?»

Orion affrontò la sua furia stoico.

«Sì Xavier.» rispose con sincerità. Un muscolo guizzò sulla mascella di Xavier.

«Sarai anche a capo di questa spedizione Orion ma non sei il mio Re e non sei il mio comandante. Io cercherò mia moglie e tu non puoi obbligarmi a seguirti.»

«E non tenterei nemmeno di farlo amico.»

Alle sue parole Xavier si stupì. Orion gli sorrise.

«Trovala Xavier e poi raggiungici.» Xavier sembrò confuso.

«Ma hai detto…» Orion annuì.

«Quello che dovevo dire Xavier ma tu sei un Re di Lésin Rove e il mio più caro amico. Non ti obbligherei mai ad andare contro il tuo volere. Trovala Xavier. So che lo farai.»

L'amico annuì poi sollevò la mano a stringere la sua a mezz'aria.

«Chantal?» senza nemmeno guardarla Orion la interrogò.

«Possiamo muoverci Orion, non è in pericolo di vita.» rispose la sorella decisa.

Orion tornò ad annuire e sorrise a Xavier.

«A presto fratello.»

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