Danger [COMPLETA]

di FreddyOllow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Prologo ***
Capitolo 2: *** II. Capitolo ***
Capitolo 3: *** III. Capitolo ***
Capitolo 4: *** IV. Capitolo ***
Capitolo 5: *** V. Capitolo ***
Capitolo 6: *** VI. Capitolo ***
Capitolo 7: *** VII. Capitolo ***
Capitolo 8: *** VIII. Capitolo ***
Capitolo 9: *** IX. Capitolo ***
Capitolo 10: *** X. Capitolo ***
Capitolo 11: *** XI. Capitolo ***
Capitolo 12: *** XII. Capitolo ***
Capitolo 13: *** XIII. Capitolo ***
Capitolo 14: *** XIV. Capitolo ***
Capitolo 15: *** XV. Capitolo ***
Capitolo 16: *** XVI. Capitolo ***
Capitolo 17: *** XVII. Capitolo ***
Capitolo 18: *** XVIII. Capitolo ***



Capitolo 1
*** I. Prologo ***


Dopo gli eventi di GTA IV

Niko Bellic era in una tavola calda a fare colazione con un caffè e una brioche al cioccolato. Il locale era pieno di gente e il vociferare delle persone era quasi assordante. Niko pareva irritato da questo e cercava inutilmente di non farci caso.
D'un tratto, due tizi con addosso un casco da motociclista, si avvicinarono alla vetrina della tavola calda.
Niko fece per guardarlo, quando i due puntarono i loro AK contro di lui e spararono. La vetrina andò in frantumi. Niko si abbassò sotto il tavolo, mentre la gente fuggiva dal locale in preda al terrore. 
I due tizi guardarono oltre la vetrina, quando vennero raggiunti dalle pallottole di Niko.
I due crollarono a terra.
Niko sgattaiolò da sotto il tavolo e lasciò la tavola calda. Gettò un occhiata ai due tizi che aveva ucciso e corse via.

Arrivò nel suo attico frastornato e confuso. Lasciò la pistola sul tavolo e si sciacquò la faccia al lavello della cucina. 
"Chi cazzo erano quei due?" Disse fra sé. "Chi cazzo mi vuole morto?"
Non fece in tempo a perdersi nei suoi pensieri, che qualcuno bussò alla porta.
Niko si precipitò a prendere la pistola senza fare rumore e sbirciò dallo spioncino. 
Era suo cugino Roman.
Niko aprì la porta.
"Ehi, cugino! Dove sei sparito?" Roman entrò nell'appartamento. "Ti stavo aspettando? Dovevamo andare al Bowling."
Niko richiuse la porta. "E' successo un casino."
Roman notò la pistola. "Che vuoi fare con quella? Qualche figlio di puttana ti ha pestato i piedi?" Rise.
Niko sospirò e posò la pistola sul tavolino. 
"Merda, Niko." Aggiunse Roman. "Cosa è successo? Non farmi preoccupare." Andò in panico.
"Stai zitto e siediti, Roman."
"Ok, ok, Niko. Ma dimmi cosa è successo."
"Due tizi hanno cercato di uccidermi." Tagliò corto Niko.
"Cosa?" Gli occhi di Roman si spalancarono dalla paura. "Oh no. C-chi? Chi erano?"
"Che cazzo ne so. Indossavano dei caschi. Forse gli albanesi..? Non lo so."
Roman si alzò dal divano. "Ora cosa facciamo? Non voglio più fuggire."
"Sono io quello che ha rischiato la vita, qui, non tu!" Niko alzò le mani irritato.
"Ma io sono tuo cugino." Rispose Roman, facendo avanti e dietro. "Se la prenderanno con me. Se la prendono sempre con me! Oh no! Mi sono appena sposato con Mellorie. Non..."
"Basta!" Gridò Niko. "Mi stai facendo innervosire."
Roman si ammutolì. Poi andò in cucina, prese una bottiglia di birra dal frigorifero e fece un sorso.
"Ora che stai facendo?" Domandò Niko.
"Bevo per dimenticare quello che mi hai appena detto." Aggiunse Roman disperato.
Niko alzò gli occhi al soffitto esasperato. 

Mezz'ora dopo, scese dal suo attico ed entrò nella sua Banshee nera con una striscia verde al centro. Aveva lasciato Roman a disperarsi e a piangere come un bambino. C'era molto traffico, così come la gente che passeggiava in strada. Il suo attico era Albany Avenue. Un quartiere ricco, frequentato da gente potente e ricca. 
Raggiunse Jacob nel suo appartamento verso le tredici. Stava fumando dell'erba sdraiato sul divano, assieme a Badman.
"Ehi, Niko." Sorrise Jacob nel vederlo. "Come va?" Si alzò per salutarlo.
"Beh, non male, a parte che due tizi hanno cercato di farmi saltare la testa."
Badman si pietrificò.
"Roba pesante." Aggiunse Jacob. "Sono fuggiti?"
"Li ho uccisi." Rispose Niko.
Jacob fece un tirò alla sigaretta. "Le strade sono diventate ostili, Niko. Ora persino un idiota vuole fare un tiro dalla stessa canna, mi segui?" Schioccò la lingua.
Badman parlò velocemente, ma Niko non capì nulla.
"Quello che vuole dire, Badman." Disse Jacob sedendosi sul divano. "E che ha sentito una voce in giro. Un tizio, un russo, ti voleva morto."
Badman parlò nuovamente senza farsi capire.
"Badman dice che è gente pericolosa. Gente legata alle famiglie mafiose in Russia. Un certo Petrov Volkov."
"Non conosco nessuno con quel nome." Rispose Niko confuso.
Badman fissò sia Jacob che Niko. Poi guardò paranoico fuori dalla finestra.
Niko corrugò la fronte. "Qualcosa non va?"
Jacob inspirò l'erba. "Problemi, Niko. Soliti problemi con qualche cane sciolto. Gente che non vuole pagare la quota a Badman."
Girandosi, Badman parlò rapidamente.
"No, Badman." Disse Jacob. "Niko non è così stupido."
Niko si accigliò in cerca di una risposta.
"Badman dice che ti sei fatto seguire." Aggiunse Jacob.
"Cosa? Impossibile."
Badman gettò uno occhiata oltre la finestra. Sui marciapiedi c'era gente, ma serrò gli occhi nel vedere tre uomini all'angolo. Erano vestiti con giubbotti da motociclisti e lanciavano sguardi verso la finestra. 
Badman si voltò turbato e parlò veloce.
"Sicuro?" Domandò Jacob, buttando la cicca nel portacenere
Badman indicò i tre uomini, mentre Jacob diede un occhiata.
"Merda, Niko." Disse Jacobs. "Ti sei fatto seguire."
Niko non lo credette sul momento, finché non li vide con i suoi occhi. Non sapeva cosa dire.
"Ok, Niko." Aggiunse Jacobs. "Facciamo fuori quei tre stronzi!"

Uscirono dall'appartamento armati di Uzi, ma si accorsero che i tre uomini erano spariti. Badman si guardava attorno perplesso. Qualche auto passava in strada con la musica a palla. 
"Dove sono andati?" Disse Niko.
"Devo chiedere ai ragazzi." Rispose Jacob. "Forse loro hanno visto qualcosa."
Vennero a sapere da uno spacciatore che i tre tizi non erano da soli. Altri uomini stavano girando nel quartiere con delle moto sportive. Ne avevano contati trentadue. 
Confuso, Badman parlò rapidamente.
"Badman crede che sia una vera invasione del nostro quartiere." Spiegò Jacobs a Niko. "Vuole mettere su un gruppo armato. Gente che sa sparare, mi capisci?" Schioccò la lingua.
Badman aggiunse qualcosa.
"Lo so, lo so." Jacob si voltò verso Niko. "Ascolta, Niko. Noi non vogliamo problemi con le altre bande, ma Badman vuole aiutarti lo stesso. Tu in passato ci hai aiutato, anche se non sei del giro, mi spiego?" Fece schioccare la lingua.
Niko allargò le braccia, incredulo. "Beh, grazie, Jacobs. E grazie anche te, Badman."
Badman annuì, disse qualcosa a Jacob e andò via.
"Seguimi, Niko." Disse Jacob. "Badman vuole che scoviamo quella gente, mentre lui raduna i ragazzi."

Badman entrò nel bar, che era il covo dei suoi ragazzi. Il locale era piccolo e sembrava quasi un porcaio, con al centro un biliardo, un bancone da bar e qualche sedia. Nell'aria c'era un forte odore di erba. Molti ragazzi bevevano, chiacchieravano e fumavano. 
Quando videro entrare Badman, tutti si ammutolirono.
Badman parlò velocemente.
Dodici uomini si alzarono dalle sedie e lo raggiunsero. Quindi uscirono con lui, incamminandosi verso due auto che sembravano cadere a pezzi. Era tutta apparenza, perché quelle auto avevano dei motori in perfetto stato. Le usavano per trasportare droga e per fare spedizioni punitive. Passavano inosservate nei quartieri poveri.
"Sei sicuro che siano Albanesi?" Disse improvvisamente un uomo robusto.
"Così ha detto Badman." Rispose un uomo calvo.
"Perché hanno invaso il quartiere? E poi perché non hanno sparato nemmeno un colpo?"
Badman si fermò e disse in tono rabbioso qualcosa all'uomo robusto. Quello non parlò più.

Nel frattempo, Niko e Jacob stavano camminando per il quartiere. Ogni ragazzo che incontravano diceva loro che gli uomini sulle moto, si erano diretti a nord. 
"Forse ci stanno aspettando." Disse Niko, pensando a perché fossero andati tutti là.
"Che ci provino pure." Rispose Jacob, fumando dell'erba. "Loro non sanno che ti stiamo aiutando."
"Ne sei sicuro?"
"Certo, Niko. A nord non c'è niente. Ci sono case abbandonate." Inspirò la sigaretta. "Ho qualche ragazzo, là. Ma il posto è trafficato da drogati, mi capisci?" Schioccò la lingua.
"Ma non hai risposto alla mia domanda." Niko scosse la testa.
"Le risposte sono come le armi, Niko. Quando decidi di usarle, possono incepparsi, mi segui?"
Niko aggrottò le sopracciglia confuso, ma non disse nulla.
Qualche tempo dopo, arrivarono a Nord del quartiere. Nelle strade c'era una via via continuo di drogati in cerca di una dose o di qualcuno da derubare. Negli spiazzi era facile vedere le carcasse delle auto arrugginite, che erano lì da chissà quanto tempo. Le case erano quasi tutti abbandonate. Molte di queste erano a un passo dal crollare del tutto. I vicoli pieni di spazzatura e siringhe, oltre che di barboni e gente che scopava alla luce del sole. Gli spacciatori erano invisibili, perché si nascondevano nei palazzoni o case e sbirciavano in strada dalle finestre sbarrate da assi di legno. Ogni tanto qualche auto proseguiva lentamente in strada, facendo sempre lo stesso giro. Gli occupanti tenevano d'occhio la situazione, in caso fossero arrivati guai.
Jacob fermò un auto di queste. Un SUV nero.
"Ehi, Jacob." Disse il guidatore, un uomo magrissimo e con gli occhi infossati. "Qualcosa non va?"
"Hai visto uomini sulle moto, Jeb?" Gli domandò.
"Sì. Li abbiamo inseguiti per un po'. Pensavo fossero in cerca di guai."
"Dove sono ora?"
"Nella villa abbandonata. Si sono radunati tutti lì. Ho mandato alcuni uomini a tenerli d'occhio."
"Perché tu non sei con loro?" Domandò Niko.
Jeb gli lanciò uno sguardo caricò di tensione.
"Niko, Jeb si è comportato bene." Disse Jacob. "Nel quartiere devono esserci almeno tre auto, in caso di problemi."
Jeb distolse lo sguardo da Niko. 
"Quanti uomini ci sono lì?"
"Quindici."
"Ok, seguici." Disse Jacob. "Ma una volta lì, resterete di guardia, mi spiego?" Schioccò la lingua. "Badman sta arrivando con un gruppo armato."
"Merda." Rispose Jeb. "Sembra roba grossa."

Badman li raggiunse poco dopo, armati di mitra e AK. Scesero da quattro macchine e si radunarono tutti all'ingresso di un condominio diroccato, il cui unico occupante era un anziano di novanta anni. 
"Il piano è semplice." Disse Jacob. "Circondiamo la villa e li facciamo fuori!"
Niko controllò il caricatore dell'uzi. 
"A chi dobbiamo sparare?" Chiese l'uomo robusto.
Irritato, Badman parlò velocemente.
L'uomo robusto rimase in silenzio.
Niko guardò Jacob in attesa di una risposta.
"Badman gli ha detto di chiudere quella fogna di bocca." Jacob buttò la cicca sul pavimento. 
In quell'istante, arrivò correndo un ragazzo che teneva d'occhio la villa. Tutti lo guardarono, mentre riprese fiato. "Vogliono parlare."
Badman lanciò uno sguardo a Jacob.
"Perché vogliono parlare?" Disse Jacob. "Hanno invaso il nostro quartiere. Non vogliono parlare."
Il ragazzo non sapeva cosa rispondere.
"Vogliono me." Aggiunse Niko.
"Tu sei uno di noi, Niko." Jacob scioccò la lingua.
Badman annuì.

I trentadue uomini che si erano segregati nella villa, furono accerchiati dal gruppo armato. Si nascosero dietro la recinzione di pietra mezza crollata che cingeva la villa. 
Niko vide la faccia di un uomo spiare dalla finestra.
D'un tratto un uomo dai capelli rasati uscì dalla villa. Si fermò sotto il portico. "Vogliamo Niko Bellic!" Urlò con voce rauca. "Consegnatecelo e lasceremo il quartiere!"
Jacob guardò Niko. "Forse non ha capito che non è nella posizione di fare richieste."
"Già." Rispose Niko confuso. "Ma non capisco perché si sono chiusi nella villa."
Badman parlò rapidamente.
"Badman dice che sono degli idioti."
"Può essere." Aggiunse Niko.
"Allora?" Urlò l'uomo rasato. "Avete un minuto per pensarci." Mise le mani dietro la schiena.
I ragazzi di Badman fremevano per entrare in azione.
"Avete commesso un grosso sbaglio!" Gridò Jacob. "Niko Bellic è un nostro fratello! Se avete problemi con lui, allora avete problemi con tutti noi!"
L'uomo rasato smorzò un leggero sorriso e tornò in casa.
"E' ora di..." Jacob non finì la frase.
Dozzine di uomini armati comparvero da dietro gli angoli delle case e dei palazzi. Aprirono il fuoco contro il gruppo di Jacob, che venne decimato ancor prima di sparare un colpo. Badman ordinò ai suoi uomini di sparare, ma vennero affiancati e fatti a pezzi. Niko sparò una raffica contro cinque uomini, uccidendoli, mentre Jacob frastornato da ciò che era successo, corse da Badman e lo aiuto a proteggersi dietro un bidone. Niko li raggiunse poco dopo.
"Era una trappola!" Urlò Niko, mentre le pallottole fischiavano tutt'attorno. "Sapevo che era una fottuta trappola!
Badman parlò così velocemente, che nemmeno Jacob lo capì.
Altri uomini di Badman, che cercavano di fuggire, vennero crivellati di proiettili. Le strade si riempirono di sangue. Dalla villa uscirono altri uomini che si affiancarono agli altri. 
"Dobbiamo fuggire!" Disse Niko. "O ci accerchieranno."
Badman parlò velocemente.
"Badman non vuole fuggire. Ci sono i nostri fratelli là fuori. Dobbiamo aiutarli."
"Moriranno!" Urlò Niko. "Non possiamo far nulla per loro."
Jacobs comprese le sue parole e cercò di convincere Badman, ma quello non si mosse. Anzi, si alzò e si mise a sparare ciecamente da dietro il bidone. Il fuoco s'intensificò sulla loro posizione.
"Cazzo! Dobbiamo andare!" Gridò Niko. "Convincilo, Jacob. Li vendicheremo in un altro momento."
Non ci fu bisogno che Jacob lo persuadesse, perché Badman fu d'accordo.
Si misero a correre, mentre le pallottole foravano muri e cemento stradale. Entrarono nell'auto con cui era venuto Badman e fuggirono via dal luogo dello scontro.
Niko sfrecciava a tutto gas. Si accorse che alcuni uomini lo stavano inseguendo con le moto. Ormai aveva capito che erano albanesi. Non era la mafia russa, a meno che non si servissero di loro.
I motociclisti aprirono il fuoco contro la macchina.
Niko ne fece sbandare uno, urtandolo con la fiancata dell'auto. Il motociclista finì contro il palo del semaforo.
Jacob e Badman spararono dal finestrino dell'auto. Un motociclista venne colpito sul casco, che gli salvò la vita, scivolando sull'asfalto. 
Niko svoltò a destra.
Jacobs centrò la ruota anteriore di una moto, facendo sbalzare in aria il motociclista, che si schiantò sul tettuccio di un auto.
Una pallottola vacante colpì Badman a un braccio.
"Merda!" Urlò Jacob.
Niko si voltò a guardare, credendo che Badman fosse morto.
"Vai più veloce, Niko!" Disse Jacob.
"Più veloce di così non va!" Rispose Niko.
Proseguì per cento metri, finché girò a sinistra. In fondo alla strada vide un posto di blocco; due auto e cinque Albanesi che gli sparavano addosso. 
"Abbassate le teste!" Urlò Niko.
La macchina si aprì un varco tra le due auto. L'ultimo motociclista finì contro il bagagliaio di una delle due auto che, schizzando in aria, si schiantò sul marciapiede con il casco.

Quando raggiunsero l'appartamento di Badman, videro che era in fiamme. 
Badman era svenuto, dopo aver perso molto sangue.
Niko lo guardò, fermando l'auto accanto al marciapiede. 
"Cosa fai, Niko?" Disse Jacob, che teneva le mani sulla ferita di Badman. "Portaci via da qui."
"Vi porto al bar?"
"Non credo che il bar sia un luogo sicuro. Forse tutto il quartiere non è più sicuro."
Niko ci mise un po' per rispondere. "Mi dispiace, Jacob. E' tutta colpa mia."
"Non pensarlo neanche, Niko. Siamo fratelli. Una famiglia, mi spiego?"
Niko annuì.

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Capitolo 2
*** II. Capitolo ***


 
Niko entrò nell'ingresso del palazzo in cui abitava. Si guardò attorno, in cerca di sicari, ma vide che era tutto tranquillo. Uscì fuori e raggiunse Jacob. Insieme presero Badman e lo portarono nel suo appartamento.
"Merda!" Disse Jacob. "Sta perdendo troppo sangue."
Posarono Badman sul divano che lentamente si riempiva di sangue.
"Ok, ci penso io." Niko raggiunse il bagno da dove prese delle bende da un armadietto a specchio. Poi andò nuovamente da Jacob. "Il proiettile è nel braccio?"
Jacob scrutò la ferita di Badman. "No, credo di no."
"Fammi vedere..." Niko ci diede un occhiata. "E' uscita dall'altra parte."
Jacob fece per bendarli la ferita, quando Niko lo fermò, afferrandogli il polso. "Dobbiamo disinfettarla, prima." Andò in cucina, prese una bottiglia di bourbon da sopra il tavolo e ritornò da Jacobs. "Ok, Badman." Disse. "Questo farà male."
Badman che era quasi incosciente mosse le labbra. Niko e Jacob non capirono cosa stava borbottando.
Quando Niko versò il bourbon sulla ferita, Badman urlò dal dolore.
"Tranquillo, B." Bisbigliò Jacob. "Il dolore è il primo passo verso la guarigione, mi spiego?" Schioccò la lingua.
Badman parlò rapidamente.
"Ci occuperemo dopo del quartiere." Rispose Jacob. "Prima devi rimetterti in sesto."
"Passami le bende, Jacob." Disse Niko.
Jacob gli diede le bende.
"Ok, Badman." Aggiunse Niko. "Ora cerca di non gridare." Gli passò una benda attorno alla ferita.
Badman strinse i denti, cercando di soffocare il dolore.
"Bravo, B." Disse Jacob. "Continua così."
"Fatto." Aggiunse Niko. "Ora deve solo riposare."
"Grazie, Niko. Rispetto!"
Badman bisbigliò qualcosa.
"Badman ti ringrazia."
Niko annuì. "Credo che si era capito."
"Dove hai imparato a leccare le ferite, Niko?" Domandò Jacob.
"In Europa." Niko abbassò gli occhi al ricordo. "C'era la guerra nel mio paese. Molti di noi si arrangiavano come potevano e..."
Il telefono di Jacob squillò. "Scusami, Niko." Prese il cellulare dalla tasca. "Ehi, T. Novità?"
Niko osservò Jacob in silenzio per un poco.
"Ok, Grazie, T." Disse Jacob. "Continua a volare basso." Rimise il telefono in tasca. "Il quartiere è caduto."
Niko abbassò lo sguardo, mentre Badman spalancò gli occhi.
"La maggior parte dei ragazzi sono caduti." Continuò Jacob. "Il bar è stato dato alle fiamme. Ora Babilonia è ovunque."
"Babilonia?" Chiese Niko.
"Gli sbirri." Spiegò Jacob. "E' stata una carneficina. Quei bastardi corrotti faranno finta di indagare, come sempre, anche se non gliene frega un cazzo se ci ammazziamo tra noi."
Badman parlò rapidamente, anche se ogni tanto si fermava come se stesse per svenire.
"Lo so, Badman. Gli affari sono andati. Siamo alla deriva. Una scialuppa in mezzo un vasto oceano, mi spiego?" Schioccò la lingua.
Badman contrabattè duramente.
"Rilassati, B." Jacob sbirciò fuori dalla finestra. "Non ci hanno seguito. Questo posto è sicuro."
D'un tratto qualcuno bussò alla porta. Tutti e tre si guardarono ansiosi.
Niko accennò loro di stare zitti. Si avvicinò allo spioncino con la .9mm in mano.
"Niko!" Gridò Roman da dietro la porta, facendo sobbalzare i tre.
"Dannazione..." Bisbigliò Niko fra sé, aprendo la porta.
Roman si precipitò dentro. Stava per parlare, quando vide Jacob e poi Badman con la giacca insanguinata. Si portò le mani sulla bocca. "Oh cazzo!"
"Ehi, Roman." Disse Jacob.
Roman fissò la ferita bendata di Badman. "Moriremo tutti! No, no, non voglio morire! Sono ancora giovane! Non..."
"Zitto, Roman!" Urlò Niko.
"Voglio avere figli." Continuò Roman a lagnarsi. "Visitare San Andreas, Vice City e..."
"Smettila!" Niko si avvicinò alla faccia di Roman che si ammutolì. "Finalmente."
"Roman, bello." Disse Jacob. "Devi imparare a gestire le tue emozioni. Non puoi navigare se prima non sai nuotare, mi spiego?" Schioccò la lingua.
Confuso, Roman fissò Jacob.
Badman parlò rapidamente.
"E' il cugino di Niko." Gli rispose Jacob. "Possiamo fidarci."
"No, non mi piace questa frase." Aggiunse Roman. "Non voglio entrarci in..."
"Roman, torna da Mallorie." Disse Niko, spingendolo verso l'uscita. "Non puoi restare. Dobbiamo occuparci di una cosa." Niko spintonò fuori Roman dall'appartamento.
"Oh no, morirò, lo so." Disse Roman allontanandosi dalla porta.
Niko scosse la testa esasperato.
"Ehi, Badman!" Disse Jacob, preoccupato. "Mi senti?"
"Che succede?" Niko chiuse la porta e andò da loro.
"Non lo so. Forse è svenuto.
Niko posò due dita sulla fronte. "Scotta. Forse è meglio chiamare un dottore."
Jacob prese il cellulare dalla tasca e chiamò Jamston.
Il cellulare squillava.
"Merda, Jam." Disse Jacob fra sé. "Quando servi, non ci sei mai."
In quell'istante rispose Jamston.
"Badman ha bisogno di te. Siamo..."
Jascob lo ascoltò poco irritato.
"Non siamo lì. Te lo stavo dicendo, ma mi hai interrotto."
Ascoltò nuovamente.
"Ok, scuse, accettate. Vieni a Downtown, sulla 68° strada." Poi guardò Niko. "Numero del palazzo?"
"trecentoventidue."
"Fermati al numero trecentoventidue, mi spiego? Ok, fai presto. E' urgente." Jacob rimise il cellulare in tasca.
Niko si sedette sulla poltrona. "Pensavo di essermi lasciato la merda alle spalle."
Jacob lanciò un occhiata a Badman, che stava delirando nel sonno. Poi si sedette davanti a Niko. "A volte la merda è come l'oro, Niko. Quando pensi di aver trovato l'oro, in realtà hai trovato una montagna di merda, mi spiego?" Schioccò la lingua.
"Già... Mi è capitato un sacco di volte." Niko sospirò addolorato. "Prendi Kate. Sono stato la sua rovina. Se non mi avesse conosciuto, a quest'ora sarebbe viva. Lei pensava di aver trovato l'uomo della sua vita. Era pronta a invecchiare come me. Come hai detto tu, ero una montagna di merda, ma Kate non la vedeva. Vedeva oro al suo posto."
"Niko..."
"No, Jacob. La verità è questa. Ogni cosa che tocco è destinata a crollare. Persino la mia vita non fa altro che crollare ogni volta che alzo la testa."
"So che era importante per te." Rispose Jacob. "Ma devi andare avanti. Lei vorrebbe questo, Niko."
Niko lo fissò, ma non disse nulla.
Rimasero in silenzio per un minuto.
"Senti, Niko." Disse Jacob. "Non voglio mancarti di rispetto parlando di altro, ma ora mi sono ricordato di una cosa. Un mio amico, Redman, può aiutarci a uscire da questa situazione. Gestisce un Burger Shot a Beechwood."
Niko aggrottò le sopracciglia perplesso. "Come può aiutarci se vende Hamburger?"
"E' una copertura, Niko. Vende droga sotto banco. Inoltre, è una dei pezzi grossi nel traffico di armi."
"Mmm... Non l'ho mai sentito nominare."
"Perché è un aquila che vola basso, mi spiego?" Jacob schioccò la lingua.
"OK..." Rispose Niko confuso.
"Vai al Burger Shot. Lo chiamerò per dirgli che stai arrivando."
Niko si alzò e uscì dall'appartamento.

 
Niko prese a camminare verso la metro. C'era molta gente in strada, perciò sarebbe stato facile seminare chiunque lo avesse pedinato. Scese i gradini e si fermò davanti alla fermata della metro. Si guardò attorno, posando una mano sulla sua .9mm che teneva dietro i pantaloni, mentre la gente si muoveva intorno.
Non avvistò nessuno di sospetto.
Il treno arrivò poco dopo e ci entrò, mettendosi con le spalle rivolte ai binari, così da avere tutto sotto controllo. Il treno ripartì un momento dopo. C'erano poche persone a bordo che se ne stavano in silenzio per conto proprio. Niko non abbandonò la presa dalla .9mm.
Dieci minuti dopo, il treno arrivò a Schottler, poiché Beechwood non aveva una metro. Uscì dalla stazione e s'incamminò. Gettò uno sguardo dietro le spalle, quando si accorse che due uomini distolsero lo sguardo.
Niko s'inoltrò in un vicolo e i due uomini lo seguirono. Svoltato l'angolo di un palazzo, mise le spalle contro il muro e attese. Il tizio con i capelli corti fu il primo a sbucare da lì. Niko lo afferrò per la gola, tenendo la .9mm puntata contro la sua testa.
L'altro tizio con i baffi, estrasse la pistola e cominciò a sparare. Niko si fece scudo dell'uomo con capelli corti e sparò a sua volta, uccidendo l'uomo con quattro pallottole in petto. Poi, vedendo che l'uomo con i capelli corti era morto, lo gettò a terra.
"Fanculo!" Bisbigliò fra sé.
In quell'istante altre pallottole volarono dietro di lui. Niko sgattaiolò dietro un bidone e sparò, tenendo la testa bassa. I proiettili forarono il muretto di cemento dove si erano nascosti altri tre uomini. Le pallottole fischiavano tutt'attorno, mentre nell'aria si sentivano le sirene della polizia.
Niko corse verso il muro alla sua sinistra e un proiettile volò a due centimetri dalla sua testa. "Merda!"
Dal muretto i tre uomini continuavano sparare, mentre due di loro cercarono di avanzare.
Niko uscì un attimo dal muro, sparò tre colpì all'uomo alla sua sinistra e ritornò a nascondersi. Quello cadde sulla spazzatura, morto.
Le sirene si facevano sempre più vicine.
Niko sbirciò dal muro, quando si vide la faccia di uomo contro la sua. Trasalì e sparò prima che lo facesse il sicario. L'uomo fu colpito allo stomaco e si accasciò al suolo. D'un tratto fu placcato dal terzo uomo, che cercò di sferrargli pugni in faccia. Niko si protesse bene e riuscì ad afferrargli il collo. L'uomo cercò di ribellarsi dalla presa, graffiandogli il dorso della mano, quando Niko lo spinse di lato.
"Ehi!" Gridò una voce autoritaria. "Alzate le mani in alto!"
Niko notò che a trenta metri da lui cinque poliziotti stavano correndo verso di loro con le armi puntate. Si alzò rapidamente, afferrò la .9mm e scappò via. Il sicario, che incespicava a respirare, prese la sua pistola e si mise a sparare ai poliziotti, mentre se la dava a gambe. Quelli aprirono il fuoco all'unisono, facendolo a brandelli.
Niko ne approfittò per fuggire via tra i vicoli.

 
Quando fu sicuro di essersi allontanato un bel po', si mise a sedere sulla panchina. Aveva raggiunto un piccolo giardinetto senza accorgersene. Prese fiato e nascose la pistola dietro i pantaloni. La gente che passava di lì lo guardava con indifferenza. Beechwood era piena di gente del genere. A nessuno fregava niente degli altri.
In fondo alla strada, vide un macchina della polizia venire lentamente nella sua direzione. Alzandosi, Niko si nascose dietro un cespuglio.
L'auto di pattuglia passò con calma. Niko intravide tra le foglie un poliziotto che teneva in mano una radio e si guardava intorno. Per sua fortuna il marciapiede era pieno di gente. Se non lo fosse stato, l'avrebbero avvistato fin da subito.
"Spero non mi abbiano visto in faccia, prima..." Disse Niko fra sé.
Quando l'auto di pattuglia si perse all'orizzonte, Niko saltò fuori dal cespuglio e superato cinque isolati, arrivò davanti al Burger Shot.
D'un tratto, il cellulare di Niko squillò. "Roman."
"Ehi, cugino. Come stai?" Rise Roman, cercando di nascondere la paura.
"Come sto?" Disse Niko in tono seccato. "Ma sei.."
"Volevo dire che Mallorie ha un amico che può aiutarti."
Niko sospirò. "Ok, lo terrò in mente. Ora però non posso parlare."
"Perché? Sei stato rapito? Oh no, non..."
Niko riattaccò.

Entrò nel locale e notò che era affollato.
Raggiunse la cassa.
"Devo parlare con Redman."
La cassiera lo guardò di sottecchi.
"Ehi, amico. Aspetta il tuo turno." Disse un uomo obeso nella fila.
Niko lo guardò in malo modo, ma non rispose. Poi si voltò verso la cassiera. "Chiama Redman."
"Chi?" Chiese la cassiera infastidita.
Niko sospirò irritato.
"Vuoi metterti in fila come tutte le altre persone, testa di cazzo?" Urlò l'uomo obeso.
Niko si girò, andò da lui e gli mollò un cazzotto sulla mascella. L'uomo crollò sul pavimento con un tonfo.
Alcune donne gridarono e si portarono le mani alla bocca. Altra gente si accalcò attorno all'uomo obeso.
"Allora?" Gridò Niko alla cassiera. "Vuoi chiamare Redman?"
"Ma, io..."
"E' tutto a posto, Margaret." Disse un uomo magro dalla carnagione rossastra e grandi occhi neri. "Tu." Disse a Niko. "Seguimi." Poi rivolgendosi a Margaret. "Offri un pasto a quell'uomo."

 
Raggiunsero l'ufficio dell'uomo, che era una piccola stanzetta poco illuminata e piena di cianfrusaglie.
"Sono Redman." Disse l'uomo, allungando una mano Niko che gliela strinse. Indossava una camicia bianca, un pantalone nero e un tessera d'identificazione sul petto con su scritto Roger Miller.
"Niko Bellic."
"Sì, lo so." Redman andò a sedersi dietro la scrivania. "Siediti, Niko."
"Jacob mi ha detto che puoi aiutarci."
"Potrei, in effetti, ma..." Redman fece un pausa. "Ma non posso. Vedi, ho le mani legate con una banda rivale. Sono in piena guerra. Non posso aprire un altro fronte. Rischierei di rimanerci secco."
"Allora perché Jacob mi ha fatto venire da te se non puoi aiutarci?"
"Perché tu puoi aiutare me."
Niko aggrottò la fronte. "Aiutare te?"
"Con questo problema. Jacob mi ha detto che sei il migliore. Che puoi risolvere ogni cosa."
"Non mi ha informato su questo."
"Ti pagherò, ovviamente." Redman prese una busta di carta da un cassetto della scrivania. "Cinquemila."
"Prima parlami del lavoro." Disse Niko, senza guardare la corposa busta.
Redman la posò sulla scrivania. "Devi eliminare un covo di spacciatori. Stanno danneggiando i miei affari. Tentano di farmi uscire dal giro e di prendere i miei contatti. Sono tredici in tutto."
"Cinquemila sono pochi, non credi?"
Redman lo fissò per un istante. Poi rise fra sé. "Ok, Niko Bellic. Ti darò otto bigliettoni."
"Mmm... Ok. Può andare."

 
Niko uscì dal Burger Shot, fermandosi nel piccolo parcheggio. Prese il cellulare dalla tasca e chiamò Roman.
Il telefono squillò diverse volte.
In quell'istante, avvistò una macchina della polizia venire verso di lui. Così si abbassò dietro una macchina per non farsi vedere.
"Ehi, Niko. Sei tu giusto? Se non sei tu, allora non conosco nessuno Niko. Non so di cosa parlate. Io non..."
"Stai zitto, Roman." Rispose Niko seccato. "Chi è l'amico di Mallorie?"
"Ah, che bello sentirti, cugino. Pensavo che ti avessero rapito. Tu non mi hai chiuso il telefono in..."
"La smetti di parlare a cazzo? Chi è l'amico di Mallorie?"
"Ok, ok, calmati."
"Sono calmo. Dimmi il nome."
"Redman."
Niko alzò gli occhi in aria. "Ci ho appena parlato, Roman. E' un amico di Jacob."
"Ottimo, Niko. Ottimo, davvero." Rispose Roman, felice. "Quindi ora nessuno cercherò di ammazzarci? Siamo dei grandi Niko! Siamo..."
"Devo ancora risolvere questa situazione."
"Cosa?" Disse Roman scioccato. "Oh no. Ora mi toccherà nascondermi. Non..."
Niko riattaccò. "Una lagna continua..." Disse fra sé.

 
Venti minuti dopo raggiunse il quartiere Bohan. Un distretto malfamato, con palazzi cupi, case diroccate e vicoli pieni zeppi di barboni, puttane e spacciatori. La polizia si vedeva di rado da queste parti, anche perché era facile che partissero colpi d'arma da fuoco senza una ragione.
Niko arrivò a bordo di una Emperor Rusty, che aveva rubato per usarla in un eventuale fuga. Era un auto malandata, con la carrozzeria che cadeva a pezzi e una dei finestrini posteriori rotti. La parcheggiò dall'altra parte della strada, di fronte alla casa di due piani degli spacciatori. Una casa dal tetto spiovente, i muri pieni di crepe e le finestre sbarrate da assi di legno.
Quando Niko uscì dalla macchina, vide che una donna uscì dalla casa, sbattendo la porta alle sue spalle.
"Stronzo!" Urlò lei, irata. Era una donna esile, sulla trentina. Aveva corti capelli rossi fino al mento e occhi incerchiati da chi fa troppo uso di meth. Indossava una corta maglietta fin sopra l'ombelico con fasce orizzontali rosse e bianche, una cortissima gonna nera e degli stivali dello stesso colore. 
Dalla porta uscì un uomo tarchiato. "Fottuta puttana! Torna qui!" Era basso, con forte accento ispanico, occhi piccoli e il doppio mento. Aveva una maglietta gialla a maniche corte sporca di chissà cosa e dei pantaloncini di Jeans. "Giuro che ti ammazzo se non vieni qui!"
Niko assistette alla scena, poggiando i gomiti sul tettuccio della Emperor Rusty.
"Tu mi stai solo usando, brutto verme!" Gridò la donna, ferma sul vialetto di casa.
"Ma no." Rispose l'uomo tarchiato cambiando del tutto tonalità di voce. "Come puoi pensare una cosa del genere?"
"Mi hai appena chiamata puttana!" Urlò lei con gli occhi in lacrime.
"L'ho detto solo perché... Perché ero arrabbiato. Non lo penso per davvero."
La donna lo guardò.
"Dai, vieni qui. Vuoi un po' di meth?" Disse lui con un sorriso.
La donna era combattuta, ma alla fine mollò e lo raggiunse. Quello le mollò dapprima un ceffone in faccia, poi un pugno nello stomaco. La donna cadde sulla ginocchia. L'uomo tarchiato la prese per un polso e la trascinò in casa, mentre la donna si dimenava.
"Che figlio di puttana..." Disse Niko fra sé. "Sarà un piacere farlo fuori."

Estrasse la .9mm da dietro il pantalone e controllò il caricatore. Poi si tastò le tasche per assicurarsi di aver messo abbastanza proiettili, si diresse alla casa e sfondò la porta.
Due uomini, ubriachi, che erano seduti sul divano, si alzarono di scatto e fecero per prendere gli Uzi dal tavolino, quando vennero raggiunti dai proiettili di Niko. Un altro uomo sbucò dal muro, ma Niko fu rapido a sparargli due colpi in pieno petto. Altri due uomini si affacciarono dalle scale, sparando verso Niko, che sgattaiolò dietro il muro della cucina.
"Uccidete questo stronzo!" Urlò la voce dell'uomo tarchiato provenire del secondo piano.
"Ti farò rimpiangere di essere nato!" Gridò un altro uomo.
Niko uscì dalla sua copertura, scattò in vanti e sparò ai due uomini che scendevano le scale. "Voi cattivi avete un vocabolo così povero!" Poi, con la coda dell'occhio, vide un uomo che gli puntava un fucile a pompa dal soggiorno. Niko balzò dietro il divano, mentre i pallettoni forarono la parete dietro lui. Niko si alzò e sparò tre colpi all'uomo col fucile a pompa. Quindi si abbassò, tolse il caricatore e inserì le nuove pallottole.
"Uccidetelo! Cazzo! Gridò l'uomo tarchiato. "Questa è opera di Redman. Quel fottuto bastardo lo ucciderò con le mie mani!"
Accovacciandosi, Niko superò la cucina e uscì nella sala pranzo che era un covo di drogati. Quattro uomini e due donne giacevano a terra con gli sguardi persi nel vuoto. Sul tavolino, Crack, cocaina, erba e metanfetamina.
"Devono essere delle cavie..." Disse Niko fra sé. "Assaggiano la roba prima di venderla. Se uno di questi muore, nessuno farà domande. Non mancheranno a nessuno. Poveri bastardi..."
"L'avete trovato?" Urlò l'uomo tarchiato.
"No, capo." Rispose una voce pesante.
Niko capì che era dietro di lui e non l'aveva visto. Così gli sparò due colpi nella schiena. In quell'attimo, due uomini spararono una raffica di mitra verso Niko, colpendo due drogati che si erano appena alzati confusi dal frastuono delle armi.
Niko ne approfittò per ucciderli. Poi, afferrando un mitra, si diresse cautamente alle scale. "Ne rimangono solo due..." Si disse.
Gettò un occhiata sui gradini, ma si accorse che non c'era nessuno. Salì lentamente, tenendo il mitra puntato sui corrimano del secondo piano.
Tutto tranquillo.
Si mise a esplorare la prima stanza a sinistra, scoprendo un piccolo arsenale di armi. Poi entrò nella stanza di fronte. Un materasso sporco era messo al centro della stanza con sopra i vestiti e la biancheria intima della donna che aveva visto là fuori. Controllò il piccolo bagno adiacente alla stanza, ma non vide nessuno, a parte il water ostruito dalle feci. Tornò nel corridoio e raggiunse l'ultima porta.
Fece per aprire la maniglia, quando si fermò di colpo. Si mise al lato del muro e girò la maniglia. La porta fu crivellata dalle pallottole di un AK.
"Merda..." Si disse Niko. "Meno male che uso la testa in queste situazioni..."
La porta cadde a terra con un tonfo, alzando della polvere in aria.
"Chi ti manda, brutto stronzo?" Urlò l'uomo tarchiato, accorgendosi di non averlo ucciso. "Eh? Redman? Badman? La mafia italiana? I signori spagnoli? Chi cazzo ti manda?"
"Non ha importanza." Rispose Niko. "Oggi morirai!"
L'uomo tarchiato rise a crepapelle dal terrore e sparò una raffica contro il muro in cui era nascosto Niko. "Sarai tu a morire!"
Niko non si mosse. Attese.
Quando l'uomo tarchiato finì il caricatore, Niko uscì allo scoperto, puntandogli il mitra. Si fermò nel vedere che l'uomo si faceva scudo della donna nuda. Le puntava un coltello alla gola, mentre con l'altra mano puntava una pistola contro Niko, che aggrottò le sopracciglia.
"Credevi che fossi così stupido, eh?" Disse l'uomo tarchiato ridendo.
La donna con la faccia tumefatta, cercò di coprirsi le parti intime e i seni.
"Sei una lurida puttana!" Aggiunse l'uomo tarchiato. "Non fingere pudore! Spalanchi le gambe al primo che ti offre della droga! Ma oggi morirai insieme a questa testa di cazzo!"
Niko, che non stava rispondendo, in realtà stava cercando un modo di sparare in testa all'uomo, ma non trovava il momento giusto per farlo.
Poi l'uomo tarchiato puntò i suoi occhi su Niko. "Adios, amigo!" Fece per sparargli, ma Niko vide che l'uomo aveva appena scoperto la testa, così Niko gli sparò dritto nell'occhio sinistro. Il sangue e le cervella schizzarono sulla parete. Quello indietreggiò contro il muro e ci si accasciò con le spalle.
La donna si abbassò, coprendosi la testa.

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Capitolo 3
*** III. Capitolo ***


"Ehi." Disse Niko alla donna. "Va tutto bene."
La donna andò a nascondersi dietro una poltrona sfilacciata, spiando da sotto un ciuffo di capelli.
"Ti porto i tuoi vestiti, ok?"
La donna lo fissò, ma non disse nulla.
Niko andò a prendere i vestiti e tornò nella stanza. La donna era ancora lì, tremante dalla paura.
"Tieni." Niko posò i vestiti e la biancheria intima sulla poltrona e si voltò.
La donna, gli occhi arrossati dalle lacrime, uscì da dietro la poltrona e cominciò a vestirsi.
Niko stava pensando a quanti uomini aveva ucciso. Redman aveva parlato di tredici uomini e lui ne aveva uccisi dodici. "Dov'è l'ultimo?" Si disse.
Quando la donna finì di vestirsi, rimase immobile. Temeva Niko. Temeva che potesse ucciderla o che fosse uno psicopatico come il suo ragazzo che lui aveva ucciso.
Niko si girò in quell'istante, tenendo lo sguardo basso in caso la donna fosse ancora nuda. "Ok. Bene. Vedo che ti sei vestita."
La donna non riusciva a guardarlo negli occhi.
"Mi chiamo Niko. Niko Bellic."
"Vi-Victoria Phillips."
"Piacere di conoscerti Victoria, anche se..." Niko si guardò attorno. "Le circostanze non sono piacevoli."
Victoria non rispose.
"Forse è meglio lasciare questo posto." Disse Niko, guardando il cadavere dell'uomo tarchiato.
"N-no. Voglio rimanere qui." Rispose Victoria, tremando
Niko non parlò subito. "Presto questo posto sarà pieno di sbirri. Non ti conviene farti trovare qui."
La donna lo guardò negli occhi per la prima volta. E in quel momento, un uomo stava puntando la pistola contro la nuca di Niko. Victoria gridò e Niko si girò di scatto, mentre l'uomo sparò, mancandolo di un soffio. 
Niko si lasciò cadere a terra e svuotò tutto il caricatore addosso all'uomo che crollò nel corridoio.
"Merda!" Si disse Niko, quando sentì il CLICK della pistola.
Victoria tornò a nascondersi dietro la poltrona.
Niko si alzò e sbirciò fuori nel corridoio. L'uomo era morto, ma pensava fossero giunti i rinforzi. Poi si ricordò che quello era l'ultimo che mancava all'appello. Ritornò da Victoria. "Su, viene con me. Lasciamo questo posto."
Victoria non si mosse e si rannicchiò su sé stessa.
Niko non poteva lasciarla là. L'avrebbero arrestata per spaccio di droga o per la mattanza nella casa. Alla polizia di Liberty City non gliene fregava niente se eri innocente o meno. Per loro ogni scusa era buona per sbattere dentro qualcuno, così da avere una promozione.
"Dobbiamo andare, Victoria!" Disse Niko, aggirando la poltrona. Le allungò una mano. "Non ti farò del male. Te lo prometto. Puoi fidarti."
Victoria alzò gli occhi rossi e afferrò la mano di Niko.

Uscirono dalla casa, quando le sirene della polizia erano a tre isolati di distanza. Niko prese dolcemente la mano Victoria, che sussultò dalla paura, senza ribellarsi e la condusse all'auto di fuga. 
"Salì!" Le disse.
Entrambi salirono nell'Emperor Rusty e Niko partì rapidamente, mentre da dietro tre macchine della polizia si fermarono davanti alla casa degli spacciatori con le luci delle sirene che roteavano. Le strade erano deserte per via del conflitto a fuoco che c'era stato poco prima. La gente sapeva che doveva tenersi alla larga se non volevano guai.
Dopo essersi allontanato per cinque isolati, Niko rallentò la velocità. Si accorse che Victoria lo stava guardando di sottecchi. Niko fece finta di nulla.
"G-grazie." Bisbigliò lei.
Niko le sorrise. "Devo ringraziarti anch'io. Non avevo visto quell'uomo dietro di me."
Victoria non rispose.
Rimasero per un lungo momento in silenzio, mentre Niko guidava con calma. 
"Dove abiti?" Le chiese lui.
Victoria rimase in silenzio.
"Voglio solo accompagnarti a casa."
Victoria guardò fuori dal finestrino. "Middle Park West."
"Bel posto." Rise Niko per smorzare la tensione.
La donna si strinse nelle spalle, come se Niko volesse andare a parare da tutt'altra parte.
Niko non parlò più, perché iniziava a credere che stava solo peggiorando le cose.

Arrivarono a Middle Park West dieci minuti dopo. L'emperor Rusty non passava inosservata in un quartiere simile, visto che auto di lusso sfrecciavano ovunque. Era un quartiere molto ricco, frequentato da gente importante o da chi piaceva passeggiare nel parco. I passanti lanciavano occhiata inorridite alla carrozzeria malandata dell'auto, abituai a veicoli puliti o di grossa cilindrata.
"Fermati qui." Disse Victoria.
Niko si fermò davanti a un condominio di lusso. 
La donna non uscì. Guardò davanti a sé, come se si trattenesse per qualcosa.
"Va tutto bene?" Le chiese Niko.
Victoria gli lanciò uno sguardo sfuggente, ma non rispose. 
Niko provò pietà per quel viso tumefatto. Un occhio era del tutto gonfio e un labbro era spaccato. "Se vuoi posso portarti all'ospedale."
"No." Aggiunse Victoria. "Niente ospedale. Non posso andarci."
"Perché? Pensi che chiameranno la polizia? Beh, in effetti potrebbe succedere."
"Non posso andarci e basta." Disse Victoria mezza stizzita. "Non potresti capire."
"Ok, Ok."
Rimasero in silenzio per qualche secondo. La gente li guardava di sfuggita e rabbrividiva nel vedere il volto di lei.
"Posso fare qualcos'altro per te?" Le domandò Niko.
"V-vuoi..."
Niko serrò gli occhi incuriosito. "Sì?"
"No, niente. Lascia stare." Victoria fece per uscire, ma Niko la trattenne per un polso. "Cosa c'è? Hai paura?"
"Sì, e che..." Victoria gli lanciò uno sguardo da sotto un ciuffo di capelli. "Non so come dirtelo."
"Dillo e basta." Sorrise Niko.
"Vuoi il mio numero?" Aggiunse Victoria incespicando con le parole e voltandosi dall'altra parte.
Niko aggrottò la fronte perplesso. Non si sarebbe aspettato una frase del genere. "Uhm, va bene. Sì, certo." Niko prese il cellulare dalla tasca. "Intendi chiamarmi in caso avessi paura?"
Victoria giocherellò con le dita, ansiosa. "Sì, voglio dire. Se ti va di, di uscire con me. Io..." Victoria si ammutolì arrossendo dalla timidezza.
"Certo. Mi farebbe molto piacere."
Victoria fece per uscire dalla macchina, quando Niko le disse. "Ti sei dimenticato di darmi il numero?"
La donna, impacciata per aver fatto una figuraccia, gli diede il numero di cellulare. Poi entrò nel condominio.
"Spero non sia un federale come Karen." Si disse Niko, ridendo fra sé. "Non ho molta fortuna con le donne, specialmente a Liberty City."

Quattro ore dopo, dopo essersi fatto una doccia nel suo appartamento e indossato uno smoking nero con cravatta rossa, Niko raggiunse Redman al parcheggio del Burger Shot. Quest'ultimo trafficava nel bagagliaio della sua Vigero, molto simile a una Chevrolet Camaro. 
"Ehi, Niko." Disse Redman. "Quasi non ti riconoscevo conciato così." Rise. "E' andata bene, giusto?"
Niko annuì e allungò una mano. Redman gli consegnò la busta con gli otto testoni, che Niko mise nella giacca. 
Redman stava sistemato delle armi in alcuni borsoni.
"Non pensi che possano vederti?" Gli domandò Niko.
"Chi? La polizia? FIB?" Sorrise Redman. "Stai tranquillo. Non mi vedranno."
"Se lo dici tu."
"Com'è andata?"
"Lavoro pulito."
"Nessun imprevisto?"
"Solo una donna. Credo fosse la ragazza di un uomo robusto."
"Xavier..." Disse Redman fra i denti. "Quel pezzo di merda. Sono contento che tu l'abbia ucciso. Hai ucciso anche la ragazza?"
Niko aggrottò le sopracciglia inorridito dal pensiero. "Certo che no."
Redman smise di mettere le armi nel borsone e fissò Niko negli occhi. "Perché?"
"Perché?" Disse Niko sorpreso. "Perché non c'entrava niente con quel figlio di puttana. La picchiava e la usava per scoparsela. Crede che se ne servisse per testare la qualità delle droghe, insieme ad altri drogati."
"Tipico di Xavier." Redman chiuse il primo borsone e lo posò sull'asfalto. Poi cominciò a sistemare le pistole in un altro borsone.
"Volevi che uccidessi anche la ragazza?" Niko incrociò le braccia.
Redman scosse la testa. "No, no. Volevo vedere le tue qualità morali. Jacob dice che sei fin troppo onesto e leale per fare un lavoro come questo. Uomini come te sono rari e vengono subito ammazzati dai peggiori. Non credevo alle parole di Jacob, finché non le ho sentite dalla tue labbra."
"Beh, grazie."
"Dove hai portato la ragazza?"
"Al suo appartamento."
"Sei davvero un galantuomo." Scherzò Redman, chiudendo l'ultimo borsone e posandolo a terra.
Niko sbuffò divertito.
Redman chiuse il bagagliaio e fischiò. Un uomo dalla carnagione scura e una larga maglietta azzurra uscì dall'angolo del Burger Shot. Raggiunse Redman che lo salutò con lo sguardo. Poi l'uomo prese i due borsoni e sparì in un vicolo a due passi da Niko.
"Fai tutto questo alla luce del sole?" Gli chiese Niko.
"Gli affari non hanno un orario." Disse Redman.
"Solitamente questi affari si fanno di notte."
"Solitamente." Rise Redman, entrando nella sua auto. "Entra dentro, Niko." 

Lasciarono il Burger Shot e si immersero nel traffico della città, tra il frastuono dei clacson, il vociferare continuo dei passanti e le bestemmie dei guidatori.
"Faremo un salto a Schottler." Disse Redman. "Andremo a vedere cosa stanno combinando gli Albanesi."
"Non sappiamo se ci sono loro dietro a tutto questo." Rispose Niko.
"Sono sempre dappertutto. Persino gli Italiani li usano per non sporcarsi le mani."
"Non tutti."
"Gli Ancelotti li usano spesso."
"Infatti ora sono quasi a pezzi." Aggiunse Niko, guardando un barbone che stava pisciando sulle ruote di un Taxi parcheggiato.
"La mafia italiana non è più potente come una volta."
"Conosci Joe Gravelli della famiglia Gambino?"
"Conosco qualcuno della sua famiglia." Redman svoltò a sinistra. "Gente in gamba, ma è meglio starne alla larga. Se te li fai nemici, beh, ti tocca scappare, anche se ti troveranno ovunque andrai. Non mollano mai la presa."
"Già."
"Tu hai conosciuto Joe?"
"Forse."
"Non è una risposta." Sorrise Redman. "Comunque la mafia Russa sta diventando ogni giorno più forte. Hanno agganci ovunque. Persino la mafia italiana non gli tiene più testa."
"Ci sono più mafiosi russi in questa città, che Americani."
Redman rise alla battuta.

Superarono tre isolati e raggiunsero Schottler. Il quartiere pareva tranquillo, fatta eccezione per qualche rissa tra barboni. Nei vicoli, Niko vide alcune puttane lavorare di bocca in pieno giorno. I clienti erano perlopiù gente ricca di altri quartieri, oltre a qualche spacciatore o studenti universitari travestiti da falsi gangsters, che al primo accenno di pericolo se la davano a gambe.
"Non vedo Albanesi." Disse Niko.
"Non sapevo che li fiutassi." Rispose Redman.
"So distinguerli dagli altri."
"Un talento innato."
"Una cosa del genere."
La Vigero di Redman percorse le strade principali della banda di Badman, gli Yardes. Non avvistò nessuno di loro, non che se lo aspettassero, ma non videro nemmeno gente sospetta.
"Tutto ciò è strano." Disse Redman.
"Già. Fin troppo strano." Rispose Niko.
Redman fermò la macchina e spense il motore. "Forse sono nei vicoli."
"Non credo."
Redman uscì dall'auto, seguito da Niko. Si guardarono attorno circospetti. I marciapiedi non erano pieni di passanti e questi, finivano per inoltrarsi nei vicoli. Niko e Redman intuivano che era gente di passaggio o di altri quartieri venuti lì per comprare droga, sbrigare qualche affare o farsi una puttana. 
"Tieni la mano sulla pistola, Niko." Disse Badman, posando una mano dentro la sua giacca rosa.
S'incamminarono nel vicolo alla loro destra, pieno zeppo di spazzatura, bidoni e casse. Le mosche ronzavano sulle feci umane o di ratto, mentre alcuni cani cercavano cibo nella spazzatura. I barboni dormivano nelle loro case fatte di cartoni o dentro i cassonetti. Alcuni di loro litigavano per lo spazio o perché il vicino gli aveva rubato un cartone. Le puttane se ne stavano agli angoli con le cosce e i seni in mostra. Ce ne erano di tutti i tipi; esili, robuste, formose, obese. La maggior parte di loro aveva la pelle scura, altre erano mulatte. Quasi tutte erano indaffarate con uno o più uomini. Altre entravano nelle macchine dei loro clienti.
Non c'erano papponi, anche perché ogni puttana si gestiva da sola o formavano un gruppo per gestirsi. Badman e Jacob avevano cacciato i papponi da anni, assicurando alle donne la loro protezione da chiunque, senza guadagnarci su.
Niko e Redman perlustrarono il vicolo, attirando l'attenzione sia dei barboni che delle puttane. Inizialmente pensavano fossero sbirri, ma riconobbero Redman e quindi rimasero alla larga.
"Andiamo nell'altro isolato." Disse Redman.
Fu tutto inutile. Non trovarono traccia di Albanesi o Russi, eppure sapevano che erano lì, nascosti da qualche parte.
"Schottler appartiene loro." Disse Niko. "Perché rimangono rintananti come topi?"
"Non lo so." Rispose Redman. "Ma forse è meglio tornare alle mia auto. Ho la strana sensazione di essere osservato."
Quando vi arrivarono, la trovarono ridotta a una carcassa. Mancavano le ruote, le portiere, il motore e la radio.
"Cazzo!" Imprecò Redman infuriato, guardandosi attorno. "Sono stati loro!"
"Sicuro? Il quartiere è povero. Potrebbe essere opera di..."
"Non pensarlo nemmeno, Niko. Questa gente mi conosce. Non farebbero mai niente contro di me. Sono stati gli Albanesi o i Russi."
Niko non rispose, pensando che Redman forse aveva ragione. 
"Sono qui intorno." Aggiunse Redman. "Ci stanno osservando."
"Ma perché non ci attaccano?"
"Non lo so."
"EHI!" Gridò qualcuno a venti metri da loro. 
Si voltarono e videro che era Jeb.
"Jeb?" Disse Redman confuso, ma ancora arrabbiato per ciò che era successo alla sua macchina.
Niko aggrottò la fronte.
"Redman." Aggiunse Jeb. "Cosa ci fai qui?"
"Tu cosa ci fai?" Rispose lui.
"Ci vivo. Perché siete qui?"
"Secondo te?" Redman spalancò le braccia.
"Ah, merda. Siete qui per i Russi."
"Russi?" Sottolineò Niko perplesso.
"Schottler appartiene ai russi, adesso." Disse Jeb.
"Solo ai russi?" Gli domandò Redman.
"Sì, è quello che ho detto."
"Quindi non ci sono albanesi." Disse Niko a Redman.
"Albanesi?" Aggiunse Jeb confuso. "No, quelli sono i sicari dei Russi. Li usano per lavori sporchi."
"Lo sapevo che era così." Rispose Niko. 
"Sai dove si trovano?" Chiese Redman a Jeb.
"Ovunque." Si guardò attorno. "Forse in questo momento ci osservano."
Niko e Redman lanciarono degli sguardi circospetti.
"Perché non hai lasciato il quartiere?" Domandò Redman.
"Te l'ho detto." Rispose Jeb. "Io ci vivo, qui. Non ho nessun altro posto in cui stare." 
"E' strano che tu sia ancora vivo." Sottolineò Niko.
Jeb lo guardò malamente. "Che vuoi dire?"
"Dimmelo tu."
"Stai insinuando che lavori per i russi?"
Niko lo fissò in silenzio, incrociando le braccia.
Jeb si avvicinò a Niko con sguardo di sfida.
"Ehi, Jeb." Redman si intromise tra loro. "Calmati, ok? Siamo solo tesi."
Jeb si allontanò da Niko, ma continuò a fissarlo minaccioso.
"Guarda cosa hanno fatto alla mia bella macchina." Aggiunse Redman.
"Cazzo!" Rispose Jeb. "Non vedevo un auto ridotta così da un casino di tempo."
"Eppure prima non l'hai degnato di uno sguardo." Aggiunse Niko.
Jeb diventò rosso dalla rabbia, ma non parlò.
"Ok, Jeb. Credo che ora dobbiamo andare." Disse Redman, trascinando per un braccio Niko.
"Va bene, R." Rispose Jeb con un falso sorriso. "Dammi un colpo, se intendi venire di nuovo a Schottler."
"Contaci."
Niko e Redman si allontanarono con i nervi tesi, mentre Jeb li guardò andare via. Sapevano di essere osservati dalle finestre o dagli angoli dei palazzi, ma cercarono di apparire tranquilli. 

Una volta lasciato il quartiere, presero la metro e arrivarono a Albany Avenue, dove Niko aveva il suo appartamento. Aveva lasciato Jacob e Badman in casa sua. Durante il tragitto Badman si era lamentato con sé stesso di aver portato la sua macchina migliore.
Niko aprì la porta del suo appartamento e vide che Jamston stava visitando Badman. 
Jamston era un uomo alto, magrissimo e con un paio di occhiali piccoli e rotondi. Avevo lo sguardo da idiota, ma era molto bravo nel suo lavoro. Indossava una camicia nera, sopra a un pullover grigio con le maniche arrotolate fino ai gomiti e un pantalone a scacchi verde e rosso. 
"Ehi, Niko! Redman!" Disse Jacob, andando ad abbracciare i due. "Avete saputo qualcosa?"
"Schottler è in mano ai Russi." Aggiunse Redman.
"E gli Albanesi?"
"Erano solo dei sicari." Rispose Niko.
"Vi hanno attaccato?" Chiese Jacob.
"No." Disse Redman. "Non abbiamo incontrato nessun Russo."
"Aspetta un attimo. Se non li avete incontrati come sapete che sono là?"
"Ce l'ha detto Jeb." 
"Jeb?" Sottolineò Jacob confuso. "Ma non era morto?"
"A quanto pare no." Rispose Niko. "A me sembra che faccia il doppio gioco."
"Gli agnelli a volte pensano di essere leoni, mi segui?" Jacob schioccò la lingua.
"Mi hanno smontato l'auto." Disse Redman.
"Merda... E' stato Jeb?"
"No, non credo. " Redman si accigliò irato. "E' opera dei Russi."
"Jacob." Disse Jamston, chinò su Badman. "Dovete portarlo all'ospedale o morirà."
"Cosa? Non posso portarlo lì. La polizia farebbe un sacco di domande."
"Devi farlo se non vuoi che muoia."
"Ma è solo una ferita al braccio." 
"No. Ha un infezione nel sangue."
"Cazzo che storia." Jacob si mise a fare avanti e indietro, preoccupato.
"Io non posso fare più nulla." Jamston si alzò e afferrò la sua borsa medica. "Mi dispiace, Jacob."
"Posso procurarti tutto quello che ti serve. Ti basta chiedere."
"Ha bisogno di cure specifiche. Io non posso dargliele. Serve che vada all'ospedale. Gli rimane solo un ora o due, prima che..." Jamston fece una pausa. "Insomma, hai capito."
Niko, Redman e Jacob rimasero spiazzati dalla frase.
Jacob si sedette sulla poltrona, mettendosi le mani in faccia. "Non posso portarlo lì, merda. Non posso."
"Puoi portarlo in una clinica privata." Aggiunse Niko. "Lì nessuno farà domande o avvertirà gli sbirri."
Jacob si alzò di scatto. "Cazzo, Niko! Rispetto! Sei un grande!" Lo abbracciò calorosamente. "Hai sempre la soluzione a tutto. Sei come un capitano che sa sempre dove navigare durante la tempesta, mi segui?" Schioccò la lingua.
Niko fece un sorriso modesto.

Redman lasciò l'appartamento di Niko per andare a prendere un furgone che usava per prendere la merce per il Burger Shot. Poi tornò nuovamente lì. Niko, Jacob e Redman trasportarono Badman nel furgone e partirono verso la clinica privata. 
Venti minuti dopo, la raggiunsero. Era un grande edificio di tre piani circondato da un lussureggiante giardino molto curato e recintato da un basso muretto. I pazienti passeggiavano nei sentieri, giocavano a scacchi, a carte o ballavano con l'istruttore di danza.
"Sicuro che sia una clinica privata?" Domandò Redman. "Sembra più una casa di riposo."
"Rilassati, R." Rispose Jacob. "Badman si troverà benissimo qui. Pace e tranquillità."
"Se lo dici tu."
Parcheggiarono il furgone all'ingresso della clinica e si fecero aiutare dagli infermieri a trasportare Badman nella stanza 58. Jacob aveva già pagato d'anticipo tramite un suo conto off shore all'estero.
"Hai fatto bene ad anticipare il pagamento." Disse Redman, sedendosi nella sala d'attesa.
"Se non l'avessi fatto," rispose Jacob "questi ricconi si sarebbero voltati dall'altra parte. Non vedi come andiamo vestiti noi due? Pensi che ci avrebbero aiutato per bontà d'animo? Pensi che Niko, vestito in giacca e cravatta, li avrebbe persuasi ad aiutarci senza prima sganciare i verdoni?"
"Merda, J. Sei troppo teso."
"Scusa, R. Mi ci vuole una bella canna."
"Jacob, ha ragione." Disse Niko. "Le cliniche privato costano e non aiutano gratis."
"L'intero sistema ospedaliero non è gratis." Sottolineò Redman.
"Ma almeno negli ospedali pubblici non ti lasciano morire dissanguato." Rispose Jacob. "Ti ricordi di K-Hole? Lo portammo in una clinica privata pensando che ci avrebbero aiutati e invece non hanno fatto un cazzo. A quei tempi pensavo che ogni ospedale fosse pubblico."
"Non è stata colpa tua." Disse Redman. "K-Hole era uno stronzo. Andava sempre in cerca di problemi, finché non ci è rimasto."
"Lasciamo stare va." Jacob scacciò l'aria con una mano.
Rimasero in silenzio per un minuto. Gli infermieri si muovevano in continuazione e una vecchietta con le sedie rotelle fece un largo sorriso sdentato a Niko, che sorrise confuso a sua volta.
"Stavo pensando a una cosa." Disse Jacob. "Ora possiamo radunare un paio di ragazzi e scacciare i Russi da Schottler."
"Non sappiamo nemmeno dove si nascondono." Rispose Redman.
"Andiamo lì armati fino ai denti e setacciamo ogni angolo del nostro quartiere. Magari qualche barbone può darci informazioni utili per un centone."
"Non è meglio aspettare?" Aggiunse Niko. "Non sappiamo chi c'è dietro ai Russi."
"Certo che sì." Disse Jacob. "Petrov Volkov. E' il tizio che ti vuole morto, ricordi?"
"Ci sono un sacco di mafiosi Russi in città. Voglio essere sicuro che sia lui. Non voglio ritrovarmi un altro Russo incazzato alle calcagna. Uno basta e avanza."
"Niko ha ragione." Aggiunse Redman. "Prima accertiamoci che sia lui ad aver invaso il tuo quartiere o non qualche mafioso russo di periferia. Come ha già detto Niko, ci sono troppi mafiosi russi che pensano in grande, sopratutto quando sono sotto troppo ubriachi."
"Sono sicuro che sia lui." Rispose Jacob. "Da quando io e Badman abbiamo preso le difese di Niko, i Russi si sono riversati nel quartiere. Comunque, forse sono troppo avventato. Devo assolutamente fumarmi una canna per calmarmi." Si alzò e uscì fuori dalla Clinica privata.

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Capitolo 4
*** IV. Capitolo ***


Una volta congedatosi da Jacob e Redman, Niko si recò al suo appartamento. Vide il divano e il pavimento sporco di sangue, così diede una pulita. Smontò il divano e tolse il tessuto dai cuscini. Poi spazzò il pavimento con la candeggina. Mise il tutto nella lavatrice. Infine, si fece una doccia. 
Un ora dopo, indossò una maglietta bianca, una giacca della tuta blu con strisce bianche sulle braccia e un pantalone nero. 
Aveva intenzione di andare a Broker e dare un occhiata al quartiere, così da scoprire di più su chi voleva ucciderlo e perché. 
Lasciato il palazzo, prese la metro che lo portò dritto a Broker. Un quartiere povero, abitato per la maggior parte da russi, slavi e albanesi. Mesi a dietro, Roman gestiva un agenzia di taxi che stava lentamente crescendo in quella zona, prima che la mafia Russa gliela bruciasse. Stessa sorte toccò al lurido e piccolo appartamento di suo cugino.
Erano due settimane che Niko non entrava nel suo vecchio quartiere. Conosceva la zona e sapeva muoversi senza farsi vedere, quindi fu facile per lui sgattaiolare nei vicoli e passare inosservato. Le strade erano battute da uomini di Petrov. Niko lo intuiva. I Russi erano molto territoriali e non amavano gli stranieri che ficcavano il naso, ma non erano un granché nell'individuare gli spettri come Niko.
Entrò nel Bar Soviet. Un piccolo bar dall'aspetto malandato frequentato da lavoratori in nero e ubriaconi, che aveva preso il posto del Bar Comrade, dopo la morte di Vlad, ucciso da Niko. Era poco illuminato e nell'aria, c'era un forte odore di sudore.
Nikò lanciò un rapido sguardo in giro, prima di sedersi al bancone. 
Un barista sulla quarantina gli si avvicinò. "Cosa ti porto?" Chiese con forte accento russo.
"Una birra." Disse Niko.
Quando il barista se ne fu andato, Niko gettò un altro sguardo. Dieci uomini stavano festeggiando il compleanno di un loro amico tra grida e risate. 
Uno di loro, un uomo stempiato dal viso arrossato, stava abbracciando i suoi amici. "Oggi è il gran giorno, gente." Disse. "Finalmente entrerò tra quelli che contano."
"Bastardo fortunato." Gli rispose un uomo con la giacca unta di olio. "Ti è bastato solo un lavoretto. Soltanto uno." Rise.
I due si abbracciarono e tracannarono dello scotch.
Niko fece finta di guardare la partita di Baseball alla Tv, mentre teneva le orecchie ben tese. 
Il barista gli portò la birra per poi tornare dal festeggiato. "Petrov è un grand'uomo. Sta rimettendo in piedi Broker. Vuole finanziare il Luna Park."
"Chi te l'ha detto?" Domandò l'uomo stempiato, sospettoso.
"Petrov. Vuole che faccia lavorare mio figlio come organizzatore o qualcosa del genere."
"Dii la verità, l'hai supplicato per farlo lavorare lì, giusto?" Scherzò l'uomo con la giacca unta.
"Ok, ok." Il barista alzò le mani in aria. "Mi avete beccato.
"Quindi sapevi della mia promozione?" Disse l'uomo stempiato.
"Ma certo. Hai convinto quel fesso di Samov ad accettare l'offerta di Petrov."
"Come ho già detto, a questo idiota gli è bastato un cazzo di lavoro per salire ai piani alti." Rispose l'uomo con la giacca unta. 
Tutti risero e bevvero, anche se l'uomo con la giacca unta sembrava molto invidioso del suo amico.
Niko aveva ascoltato abbastanza. Petrov aveva intenzione di allargare il suo giro di affari. Il Luna Park di Broker era rimasto chiuso da più di un anno. Nessuno aveva intenzione di rilevare quell'attività, perché la mafia Russa avrebbe preteso una percentuale sugli incassi in cambio della protezione. Così, comprandolo, Petrov poteva trarre profitto senza interferenza e riciclare i suoi enormi guadagni, derivati dalla traffico di droga, di armi, dalla prostituzione, scommesse illegali e racket.
Niko lasciò due dollari sul bancone e stava per andarsene, quando sentì l'uomo stempiato dire. "Sì, esatto. Ha intenzione di mantenere il controllo sul territorio degli Yardes. Inoltre, vuole vendicare suo zio Mikhail Faustin."
"Petrov è sempre stato un uomo troppo vendicativo. Chi sarà il capo di quella zona?" Domandò l'uomo con la giacca unta.
"Non lo so."
"Non credo che sceglierà te, Ivanov!" Rise il barista, seguito dagli altri.
Niko ora aveva la certezza che era stato Petrov ad invadere il territorio di Jacob, oltre che a tentare alla sua vita per via del fatto che Niko aveva ucciso Mikhail. Non restava che informarlo.

Quando arrivò alla clinica privata, Jacob era seduto al capezzale di Badman, mentre Redman stava guardando fuori dalla finestra un infermiera. Badman non si era ancora ripreso, ma era stabile. Non aveva più l'infezione nel sangue.
"Guarda che schianto..." Disse fra sé Redman. "Un bel culetto sodo."
"Ehi, Niko." Jacob lo salutò con un abbraccio. Lo stesso fece Redman.
"E' stato Petrov." Aggiunse Niko. "Ho anche scoperto perché mi voleva morto. Vuole vendicare suo zio Mikhail Faustin."
"La vendetta è una ruota che non si ferma mai, mi spiego?"Jacob schioccò la lingua. Poi si sedette. "Sapevo che dietro c'erano i Russi? Me lo sentivo."
Redman si allontanò dalla finestra. "Ora che sappiamo chi è il nemico, dobbiamo prepararci a una lunga guerra."
"Quale guerra?" Disse Jacob. "Gli ultimi Yardes rimasti, sono una dozzina. Non possiamo competere con il porcaio che ha disposizione Petrov. Non puoi attaccare un orso con la sola forza di volontà, mi spiego?" Schioccò la lingua.
"Io posso mettere disposizione una ventina di uomini."
"Sono troppo pochi."
"Cosa facciamo, allora?"
"Dobbiamo cercare alleati." Jacob si girò verso Niko. "Forse Dwayne può aiutarci."
"Non saprei." Rispose Niko, incerto. "Dwayne è un tipo..." 
"Lo so, Niko. Ma non abbiamo altra scelta."

Un ora dopo, Niko bussò alla porta di Dwayne. Abitava nell'appartamento di fronte a quello di Playboy, che ora apparteneva a Niko. Playboy era stato il pupillo di Dwayne, che l'aveva salvato da una brutta fine in strada. Gli aveva dato una casa e un lavoro, ma lui anni dopo lo tradì con ingratitudine e slealtà, quando Dwayne fu sbattuto in galera e lui prese le redini della banda. Niko fu costretto a prendere una decisione: uccidere Dwayne o Playboy. Niko si alleò con Dwayne e freddò Playboy in un vicolo.
Dwayne aprì la porta e fece entrare Niko. "Vuoi una birra?"
"No, sono a posto così."
Si sedettero sulle poltrone nel soggiorno. L'appartamento di Dwayne era modesto, quasi del tutto spoglio. Non si era ancora ripreso dalla depressione e l'ambiente lo diceva chiaramente.
"Mi fa piacere che trovi sempre tempo per un vecchio cane come me." Disse Dwayne.
"Lo sai che avrò sempre tempo per un amico."
"Grazie, Niko." Dwayne abbassò lo sguardo. "Questo significa molto per me."
Rimasero per alcuni secondi in silenzio. Poi Niko disse. "Sai cosa è successo a Jacob e Badman?"
"Ho sentito delle voci. Dicono che gli Yardes sono distrutti, che i Russi hanno preso il controllo del loro quartiere."
"In un certo senso è vero. Jacob e Badman sono al sicuro, ma gli Yardes non sono stati eliminati."
"Beh, brutto affare." Dwayne si alzò, prese una birra dal frigo e fece un sorso. "I Russi sono temibili come nemici e ottimi come alleati."
"Voglio chiederti un favore, Dwayne." Niko incrociò le mani, nervoso.
"So cosa mi vuoi chiedere." Dwayne guardò fuori dalla finestra. "Riconosco quello sguardo. L'ho visto moltissime volte."
Niko si alzò e lo raggiunse, imbarazzato. 
Dwayne fece un lungo sorso. "Riguarda Jacob e Badman, non è vero? Vuoi che metta a disposizione i miei uomini contro i Russi?"
"Solo contro uno in particolare." Disse Niko. "Sai benissimo che ci sono molte famiglie mafiose a Broker e quasi tutti si detestano a vicenda. Non avrai problemi da loro."
"E chi sarebbe questo uomo particolare?" Sottolineò Dwayne. 
"Petrovic Volkov."
"Ho sentito parlare di lui. Ha spazzato via una dozzina di clan mafiosi come fossero foglie secche." Dwayne si voltò verso Niko. "Ha un conto in sospeso con te, lo sai?"
Niko aggrottò la fronte, sorpreso. "Non sapevo fossi così informato. Se l'avessi saputo, sarei venuto qui, invece di andare a Broker a reperire informazioni."
Dwayne posò la birra vuota sul cornicione della finestra aperta. "Mi sto rimettendo in sesto. Sto cercando di essere quello di un tempo. Non voglio trovarmi impreparato quando qualcuno busserà alla mia porta o mi pugnalerà alle spalle."
"Sono contento che tu ti stia riprendendo." Sorrise Niko.
"Grazie, Niko. Ma non posso aiutarti."
Niko non voleva insistere. Non lo faceva mai, ma questo era importante. "Pensaci bene, Dwayne. Un domani potrebbe capitare a te. Sai bene che Petrov non si fermerà finché non avrà ai suoi piedi Liberty City."
"Ti sei dimenticato degli Italiani." Aggiunse Dwayne. "Non è gente che spazzi via facilmente."
"Dopo la morte di Gravelli, si sono indeboliti. Petrov cercherà di farli fuori sottraendo loro gli affari."
"Può essere. Ma non voglio rischiare quello che ho appena ricostruito."
Niko sospirò, depresso. "Abbiamo bisogno del tuo aiuto, Dwaine. Senza di te saremo eliminati uno ad uno."
Dwayne lo fissò per un attimo. Poi si voltò, guardando il cielo fuori dalla finestra.
Rimasero in silenzio per una decina di secondi.
"Va bene, Niko." Disse Dwayne, girandosi verso di lui. "Tu mi hai sempre supportato. Mi hai aiutato quando ero un passo dal spararmi in testa. Tu ci sei sempre stato, amico, e ti ringrazio per questo. Davvero. Ti devo più di un favore, quindi conta pure su di me. Cercherò di fare del mio meglio." Abbracciò Niko.
"Grazie, Dwayne."

Verso le sette di sera, Niko andò a mangiare qualcosa al Burger Shot di Redman. Lui era tornato al suo locale dopo che Niko era andato a parlare con Dwayne.  Aveva ordinato ai suoi uomini di sorvegliare il quartiere e di mettere delle sentinelle sui tetti degli edifici. 
Niko sedeva su una poltroncina in un angolo, mangiando un panino con hamburger, insalata e patatine fritte. Di tanto in tanto, lanciava occhiate ai clienti che entravano nel locale, pronto ad ogni evenienza. 
Redman si sedette di fronte a lui. "Dwayne è con noi?"
Niko annuì, ingurgitando l'ultimo boccone.
"Ottimo. Devo...."
D'un tratto squillò il cellulare di Niko. Lo prese dalla tasca. "Chi parla?"
"S-sono Victoria.... Ti, ti ricordi di me?" La voce della donna era minuta, quasi sofferente.
"Certo. Come stai?"
"S-sto male, Niko. Sono... Sono in astinenza."
Il volto di Niko si oscurò.
"Qualcosa non va?" Chiese Redman, preoccupato.
"Devo andare." Niko mise cinque dollari sul tavolo.
"Aspetta, Niko. Gli amici non pagano." Disse Redman, mentre Niko lasciava il Burger Shot.

Entrò nella sua Banshee e si diresse al condominio di Victoria.
"Ehi, Vic." Disse Niko al telefono. "Parlami. Dimmi qualcosa."
"Io non so cosa dirti." Rispose Victoria
"Ti piace lo sport?" Chiese Niko con la prima frase che gli venne in mente.
"Un po'."
"Che sport?"
"Pallavolo."
"Che squadra tifi?"
"Mi piace praticarlo, non vederlo." Victoria tossì.
Niko svoltò a destra e si bloccò nel traffico. "Cazzo!" Batté una mano sul manubrio.
"Cosa?"
"No, nulla." Niko fece retromarcia e s'immise in un vicolo che si allungava per due isolati.
"Tu invece? Che sport ti piace?" Domandò Victoria.
"Da giovane giocavo a calcio."
"Ed ora?" La voce di Victoria era sempre più debole.
"Non più. Sono passati più di vent'anni, ormai." Niko sentì il cellulare di Victoria cadere a terra con un tonfo. "Ehi, tutto bene?"
Nessuna risposta.
"Victoria! Rispondimi! Stai bene?" Udiva solo qualche colpo di tosse secca.
Girò a sinistra e proseguì a tutto gas. Sfrecciava tra le auto e gli incroci, provocando incidenti e sterzate improvvise tra i guidatori che imprecavano verso di lui.
"Vic, mi senti?" Si rese contò che la chiamata era terminata da un minuto. La chiamò nuovamente. Il cellulare squillava, ma Victoria non rispondeva.
Svoltò a destra, accelerò per duecento metri e parcheggiò la macchina con una sterzata, facendo fischiare le ruote posteriori sull'asfalto. 
Uscì dalla macchina e si diresse al citofono. Non sapeva dove citofonare. Controllò velocemente i nomi, finché vide V. Philipps. Pigiò il tasto più volte.
Nessuna risposta.
Fece per entrare nel condominio, quando si accorse che il portone era chiuso. Sfondò la porta con un calcio e salì al primo piano, controllando ogni nome sulla porta. 
Arrivò al quarto piano, quando notò il cognome di Victoria sulla targhetta. Sfondò la porta: vide Victoria rannicchiata su un tappetto rosso e nero. Il suo corpo era scosso da continui tremiti, mentre i suoi occhi roteavano senza vedere nulla. 
Niko si precipitò da lei, le alzò la testa. "Ehi, Vic!"
Lei non gli rispose.
La prese in braccio e la distese sul divano. 
Victoria sudava, borbottando frasi incomprensibili. Niko non capiva cosa stesse dicendo. Poi lei lo afferrò per un braccio e i suoi occhi dalle palpebre rossastra si spalancarono, sofferenti. "Hai una dose?" Domandò con voce sottomessa.
Niko aggrottò le sopracciglia. "Va tutto bene, Vic. Ci sono qua, io."
"Ti prego, solo una dose." Rispose Victoria, allungando una mano sull'inguine di lui.
Niko si ritrasse un poco. 
"Ti faccio un pompino, se mi dai una dose. Oppure puoi picchiarmi, puoi fare tutto quello che vuoi." Disse Victoria con un sorriso inquietante. "Ma ti prego, dammi una dose." Pianse, disperata. Poi fece per alzarsi, ma Niko la fermò. "Lasciami andare, stronzo!" Iniziò a urlare e Niko le mise una mano sulla bocca, che lei cercò di mordere.
"Ferma!" Aggiunse Niko, trattenendola a stento.
"Lasciami andare!" Victoria gli graffiò il dorso della mano e le braccia, cercando perfino di graffiargli la gola.
Niko le tenne strette i polsi, mentre Victoria gridava a squarcia gola.
"Ma che succede?" Disse una ragazza, entrando nell'appartamento di Victoria. Per un attimo fissò la porta abbattuta.
"E' in astinenza." Disse Niko. "Chi cazzo sei?"
"Chi cazzo sei tu, piuttosto?" Domandò la ragazza, mantenendosi distante per come era vestito Niko e dal suo atteggiamento ostile.
"Sono un amico di Victoria."
"Victoria ha molti amici." La ragazza incrociò le braccia e fissò Victoria che si stava lentamente calmando.
"Calmati, ok?" Disse Niko a Victoria.
La donna parve non sentirlo e tornò a barbottare parole incomprensibili. 
La ragazza si avvicinò sospettosa verso Niko. "Sei il suo spacciatore?"
"Chi?" 
"Quello che gli vende l'anfetamina."
"No! Ora mi vuoi dire chi cazzo sei?"
"Sono Lucy Wilde. Una sua amica. Abito di fronte." Indicò con un dito la porta aperta di fronte all'appartamento di Victoria.
"Ok."
"Pensavo la stessi violentando." Lucy guardò Niko da capo a piede.
Niko le lanciò uno sguardo spaventoso.
"Lei ha sempre spacciatori in giro. Spesso la sento urlare. La maggior parte di loro sono vestiti come te." Lucy si chinò e cominciò ad accarezzarle i capelli. "Quando se ne vanno, la trovo sempre a pezzi."
"Quindi tu entri spesso quando... Quando, insomma..." Niko non sapeva quali parole usare.
"Sì." Rispose Lucy. "Ma solo dopo che gli spacciatori se ne sono andati. A volte è uno solo, ma spesso sono più di uno." Fece un pausa. "Poveretta... Oggi stava urlando più del solito. Così mi sono fatta forza e sono venuta a controllare."
"Non avrà più problemi con loro."
La ragazza lo fissò perplessa. "Che vuoi dire?"
"Hai capito cosa voglio dire."
Lucy sussultò intimorita e abbassò lo sguardo.
"Non ti farò del male, se è quello che pensi. Sono qui per aiutare Victoria."
La ragazza lo guardò. "Scusa per prima."
"Acqua passata. Ora aiutami con Vic."
Rimasero in compagnia di Victoria, mentre lei ogni tanto si dimenava o gridava, offrendo a Lucy del sesso in cambio di una dose, ma lei non era per nulla sorpresa. Questo fece capire a Niko, che diceva la verità sul fatto degli spacciatori. 
Passarono quella sera a prendersi cura di Victoria, finché Lucy si addormentò sulla poltrona. Niko accese la tv e guardò un film d'azione a basso volume, tenendo un occhio vigile verso Victoria.
Verso le undici di sera, Lucy si svegliò. Disse a Niko che l'indomani mattina doveva svegliarsi presto, perché aveva un esame universitario, quindi lasciò Victoria con lui. 
Dopo due ore, Niko spense la TV e si addormentò seduto sul divano vicino a Victoria, che teneva la testa sul suo grembo. Da là fuori arrivava il rumore del traffico notturno.

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Capitolo 5
*** V. Capitolo ***


Niko aprì gli occhi e notò che Victoria si era già alzata. Dalla cucina proveniva un buon profumo di caffè. Niko sbadigliò, si alzò in piedi e la raggiunse. Il sole filtrava attraverso la finestra, quando Victoria posò la tazzina sul bancone.
"Ehi." Disse Niko in un saluto.
"Ciao, Niko." Rispose Victoria con un sorriso. Aveva le occhiaie e si era cambiata i vestiti, dopo aver fatto la doccia. Indossava un leggings nero che delineava perfettamente il suo sedere sodo e le sue forme sensuali, oltre a una larga maglietta bianca con su scritto dentro a un cuore rosso: I Luv LC.
Niko le sorrise imbarazzato, portando una mano dietro la nuca.
"Vuoi una tazza di caffè?" Gli chiese Victoria.
"Sì, grazie." Niko vagò con lo sguardo.
Victoria non sembrava per nulla imbarazzata. Anzi, sembrava una donna diversa, rispetto a quella che aveva incontrato nel covo degli spacciatori o a quella che supplicava per una dose. Diede la tazza di caffè a Niko, che fece un piccolo sorso, constatando che il caffè era caldo. 
"Siediti, Niko."
"Grazie."
"Non devi sempre dire grazie." Gli sorrise Victoria.
Niko annuì.
"Prima è passata Lucy. Mi ha detto tutto." Victoria deviò lo sguardo di lui.
"Mi ha aiutato molto ieri sera."
"E' un ottima amica. Ha cercato di farmi smettere più volte, ma non ci riesco. Non riesco a trattenermi."
Niko si domandava se Victoria ricordava quello che aveva fatto ieri sera. "Ci vuole pazienza. Sei una donna forte."
Victoria lo scrutò per un attimo, confusa. "Una donna forte non ti avrebbe..." Si fermò di colpo e si voltò verso la finestra.
Niko aveva intuito cosa stava per dire. "Lo sei, credimi."
"No, non lo sono." Si girò verso di lui. "Volevo farti un pompino per una dose. Ok, l'ho detto, finalmente." Alzò le mani in aria in segno di arresa. "Questa è la verità."
Niko non sapeva cosa dire. Così fece lungo sorso, scottandosi un poco il labbro superiore.
Victoria si alzò dalla sedia e lo guardò. "Ieri... Ieri non ti sei approfittato di me. Lo fanno tutti, ma tu non l'hai fatto. Per me questo significa molto." Fece una pausa, arrossendo. "Mi hai aiutata, anche se potevi non farlo. Non pensare che non ricordi nulla di, di ieri sera. Purtroppo ricordo tutto perfettamente, almeno finché non sono svenuta."
Niko posò la tazza sul tavolo. "Se hai chiamato me, vuol dire che ti fidavi."
"Veramente..." Victoria vagò con lo sguardo, imbarazzata. "Ti ho chiamato perché pensavo che potessi darmi una dose. Scusami, non volevo che tu..."
"Va tutto bene." Disse Niko. "So come la droga può piegare un uomo o una donna. A Broker ho visto molta gente distruggere tutto ciò che aveva per una cosa così piccola." Avvicinò pollice e indice.
"Perdonami, Niko. Non volevo..."
"Non hai fatto nulla. Anzi, sei la prima ragazza che incontro dopo tanto tempo che dice le cose come stanno. Apprezzò il tuo modo di essere diretta."
Victoria smorzò un sorriso. 
D'un tratto squillò il cellulare di Niko, lo prese dalla tasca della giacca sportiva e si alzò, andando nel soggiorno. "Pronto?"
"Niko, sono Redman."
"Ehi, Redman. Che succede?"
"Vieni al Burger Shot. Ti devo parlare."
"Non puoi parlare al telefono."
"No, vieni il prima possibile."
Niko mise il cellulare nella tasca della giacca e andò in cucina, notando che Victoria si era messa a lavare le due tazze e i piatti nel lavello. "Devo andare."
Victoria si voltò.
"Grazie per il caffè."
La donna scacciò l'aria con una mano come a dire: di nulla. "Ti va di pranzare insieme?"
"Quest'oggi?"
"Certo."
"Ho un affare da sbrigare." Disse rapidamente Niko, quasi seccato, anche se non lo era. "Non so se sono libero prima di pranzo."
Victoria abbassò gli occhi, tristemente. "Va bene, allora. Fammi sapere."
"Certo."

Quando raggiunse il Burger Shot, Niko si era sentito in colpa verso Victoria, anche se era la verità. Victoria ci teneva a ringraziare Niko, preparandogli da mangiare, ma Niko non l'aveva capito. 
Entrò nell'ufficio di Redman, che stava contando i soldi, prendendoli da una valigetta.
"Ehi, Niko." Disse l'uomo, abbracciandolo.
"Che succede?" Chiese Niko, sedendosi di fronte a lui.
"Sta per arrivare un grosso carico di armi. Voglio che supervisioni l'affare."
"Perché? Credi che i Russi..."
"Petrov tenterà di prendersi armi e soldi, Niko." Redman mise un blocco di banconote da duemila dollari nel cassetto. "Siamo in guerra. Cercherà di eliminarmi, colpendo i miei affari. Non può farlo direttamente. Sa che le famiglie italiane e le altre bande lo stanno tenendo d'occhio. A nessuno piace avere un vicino di casa troppo potente."
"Se le cose stanno così, perché non tentiamo di creare una specie di... Com'è che si chiama."
"Fazione? No, Niko." Redman scosse la testa. "Non accetteranno mai. Se fosse stato possibile, l'avrei già fatto di persona. Persino Jacob ci sarebbe arrivato. Dobbiamo farcela con le nostre forze."
"Capisco. Le armi serviranno per affrontarli?"
"Ho bisogno di armare i miei uomini e quelli di Dwaine. Gli Albanesi stanno gironzolando ai confini del mio quartiere. Devo trovarmi pronto quando loro scateneranno l'inferno contro di me."
"Vedo che hai pensato a tutto."
"Non sarei qui, se non lo facessi, non credi?" Sorrise Redman, compiaciuto.
"Cosa dovrei fare di preciso?" Chiese Niko.
"Devi soltanto tenere supervisionare l'incontro da un tetto. Se qualcosa va storto, usa il fucile da cecchino che ti darà B-Jaz. Ho già avvisato gli Irlandesi che potremo avere problemi con Petrov, quindi sono già pronti a difendere il loro carico."
"Quali Irlandesi? Quelli di..."
"No, Niko. Non sono tuoi amici. Sono di fuori città. Non li conosci." Redman chiuse la valigetta e la mise sul pavimento. "B-Jaz ti pagherà quando tutto sarà finito."

Incontrò B-Jaz fuori dal Burger Shot, mentre due dipendenti donne stavano fumando fuori dal locale. Era un massiccio e basso afroamericano, con la testa calva e una barba nera molto curata. Vestiva jeans larghi e una canotta arancione. Al collo, una spessa catena d'oro. Sembrava appena uscito dagli anni '80.
"Tu devi essere l'uomo di Redman?" Disse B-Jaz con voce profonda. Poi aprì il portabagagli. "Avvicinati."
Niko osservò un fucile da cecchino dentro un lungo borsone nero. 
"Userai questo, ok?"
Niko annuì.
"Ti accompagno all'incontro."
I due entrarono in un Esperanto rossa dalla carrozzeria sporca di terra. Quando B-Jaz accese il motore, udirono bussare sul finestrino del guidatore. B-Jaz alzò gli occhi e vide la sua ragazza: Wanda. 
"Cosa c'è?" Domandò B-Jaz, abbassando il finestrino.
"Ho bisogno di duecento dollari." Rispose Wanda con voce aspra. Era una donna molto grassa, dalla carnagione mulatta, che guardava tutti dall'alto in basso. 
"Quanto?"
"Dai, tesoro. E' urgente." Lo supplicò lei, anche se lo stava fulminando con gli occhi.
"Te li darò dopo. Prima devo..."
Wanda afferrò il bicipite del suo ragazzo. "Mi servono ora!"
Niko li guardava di sottecchi, facendo finta di cliccare cose a caso sul cellulare.
B-Jaz cercò di levarsi dalla presa, finché lei gli affondò le unghia nella pelle. "Merda, dolcezza!" Urlò B-Jaz, uscendo dalla macchina e sbattendo la portella. 
Wanda mise una mano sul fianco con fare presuntuoso. Poi allungò una mano con il palmo rivolto in alto. "Allora?"
B-Jaz si lamentava fra sé, quando prese il portafoglio dalla tasca posteriore e le diede duecento dollari. 
Wanda mutò espressione. "Sei un tesoro. Non sai quanto sia felice, ora." Lo abbracciò, lo baciò e gli sussurrò qualcosa all'orecchio.
B-Jaz annuì, eccitato e compiaciuto. "Oh, sì, sì. Non vedo l'ora che arrivi stasera per farti..."
Wanda si voltò di colpo e andò via, cercando di darsi delle arie. B-Jaz aggrottò la fronte confuso. Poi entrò in macchina.
"Scusa, Niko. Sai come sono le donne."
Niko, che era a disagio, si limito ad accennare il suo consenso con la mano.

Mezz'ora dopo, arrivarono a Alderney. Un concentrato di fabbriche e villette residenziali, separate da un confine invisibile. Un confine che solo i residenti conoscevano. 
Un turista poteva passeggiare per le via alberate e tranquille dei sobborghi, per poi finire, svoltando l'angolo, nel parcheggio di una fabbrica di mobili. 
Il distretto era gestito da cinque famiglie Italiane, dedite ad ogni sorta di affare illegale: racket, gioco d'azzardo, truffe, scommesse illegali online, traffico di armi e droga. Non tutte però, maneggiavano la droga. Inoltre, c'era una altra famiglia Italiana per cui Niko aveva lavorato, prima che tutto andasse in malora: i Pegorino. Erano una piccola famiglia che cercava inutilmente di farsi notare per avere un seggio nella commissione. Per le cinque famiglie, i Pegorino non erano altro che una banda di strada. Fu il signor Pegorino a uccidere Kate, la fidanzata di Niko, per vendetta.
A Alderney c'erano anche i Lost, una banda di motociclisti che trattavano armi e droga. Ma erano ormai spariti da mesi. Il loro covo era stato dato alle fiamme, dopo una violenta guerra intestina che aveva portato al quasi annientamento della banda.
L'esperanto discese una piccola stradina sterrata, inoltrandosi in quella che un tempo era un enorme fabbrica metallurgica con diverse prefabbricati tutt'attorno. 
Niko non vide nessuno.
B-Jaz fermò l'auto vicino all'ingresso di un vecchio e grigio casolare diroccato. "Prendi il fucile."
Niko uscì dalla macchina, aprì il portabagagli e afferrò il fucile dal borsone. Poi entrò nel casolare, salendo le scale fino al settimo piano. Le pareti erano piene di crepe e in alcuni punti il pavimento dei pianerottoli avevano grosso fessure. Niko dovette fare attenzione a dove metteva i piedi.
Quando raggiunse il settimo piano, notò che le scale che portavano al penultimo piano, erano bloccate da materassi, casse, sbarre di ferro, sedie e reti da letto. 
Si mise alla finestra di fronte, posò il fucile da cecchino sul cornicione e guardò attraversò l'ottica del telescopio. Non vide da subito gli Irlandesi, finché questi non sbucarono a piedi da dietro i resti scheletrici di una lunga casa, il cui tetto era crollato tempo a dietro. 
Niko calibrò il telescopio, mentre una Cavalcade nera si fermò davanti un basso muretto di cemento. Altri quattro Irlandesi scesero dal Suv e si mischiarono con gli altri cinque. 
Niko guardò altrove, ma non vide presenza degli uomini di Redman, nemmeno B-Jaz che doveva concludere l'affare.
Gli Irlandesi si scambiarono quattro chiacchiere, mentre cinque di loro, armati di SMG e fucili d'assalto, si guardavano attorno. 
Il posto che Redman aveva scelto per fare l'affare, era molto appartato e circondato da tre palazzoni grigi. Uno di essi era quasi del tutto crollato.
Un istante dopo, arrivarono tre Huntley Sport, seguite dall'esperanto di B-Jaz. Gli uomini di Redman, otto in tutto, parcheggiarono le tre auto vicino a quelle degli Irlandesi, che Niko non poteva scorgere. 
Niko cominciò a guardare tutti gli angoli da cui potevano spuntare i Russi, senza distogliere un occhio dall'affare.
Un uomo di Redman diede la valigetta a B-Jaz, che la portò agli Irlandesi. Il loro capo, un uomo con un giubbotto nero e corti capelli biondi, disse qualcosa a un suo uomo, che andò a contare i soldi. Quando ebbe finito, disse qualcosa al capo, che si voltò verso un altro uomo, facendo un accenno con la testa.
Quello, aiutato da tre uomini, presero due grandi borsoni a testa dai sedili posteriori della auto e li portarono davanti a B-Jaz, che ordinò a due dei suoi uomini di controllare la merce.
Niko non vedeva ancora nessun Russo o Albanese. Non sapeva se Petrov avesse ingaggiato gli Albanesi oppure avrebbe usato i suoi uomini per far fallire l'affare. Ma non era nemmeno sicuro che si facessero vivi.
Il capo degli Irlandesi e B-Jaz si scambiarono due parole e qualche risata, prima di salutarli. Ma quando fecero per andare alle auto, ecco che dal nulla sbucarono una Feroci grigia e tre Intruder nere.
Niko puntò la canna del fucile da cecchino verso le auto, che con una violenta sterzata, si fermarono. Tredici Russi armati di fucili d'assalto, SMG, fucile a pompe e pistole, scesero dalle macchine. 
Tutti cominciarono a sparare, ma cinque uomini di Redman, che si trovavano esposti in mezzo al nulla, furono crivellati di colpi. 
Gli Irlandesi si rifugiarono dietro le loro auto, mentre B-Jaz e quattro dei suoi uomini, si ripararono dietro i muri della casa lunga, senza tetto.
Sparando all'impazzata, i Russi cercarono di aggirare per prima gli irlandesi, che erano meglio armati di B-Jaz e i suoi uomini. Quelli facevano fuoco con pistole semiautomatiche. Due Russi concentrarono le raffiche dei fucili per non farli sparare.
Tre Irlandesi furono raggiunti dal fuoco incrociato dei Russi. Il loro capo arretrò dietro un blocco di cemento, assieme a cinque dei suoi, mentre un altro fu colpito dietro la nuca.
Niko aveva la visuale bloccata da una mezza colonna crollata, ma appena vide sbucare un Russo nel suo mirino, intento a scovare il capo degli Irlandesi, gli sparò in petto. Il riverbero del fucile d'assalto, fece rabbrividire i Russi, che indietreggiarono. Non si aspettavano un cecchino. 
Niko uccise altre due uomini che arretravano, sparando al primo in testa e al secondo dietro la spalla. Quest'ultimo si era nascosto dietro ai detriti, pensando di essere al sicuro, invece dava le spalle a Niko. Andò sul sicuro sparandogli alla schiena, invece che in testa, perché quello teneva la testa in movimento.
I Russi, vedendo che alcuni dei loro compagni erano morti, si nascosero dietro le loro auto. Niko aveva di nuovo la visuale ostruita dalla colonna.
Gli Irlandesi ebbero respiro e cercarono di avanzare tra i muretti, i cumuli di macerie e blocchi di cemento. B-Jaz e i suoi, si affiancarono a loro.
Niko doveva cambiare posizione. 
Scese rapidamente gli scalini, ma arrivato al terzo piano, il pianerottolo crollò. Niko precipitò nel vuoto e si schiantò su un materasso sporco di piscio e su alcune pietre.
"Cazzo!" Imprecò, alzandosi e pulendosi la polvere dai vestiti. Tossendo, uscì dal casolare. 
Raggiunse gli Irlandesi, mettendosi a trenta metri a sinistra. I Russi non l'avevano visto, ma lui vedeva i loro fianchi.
Niko sparò in testa al primo, senza usare il mirino ottico.
I Russi si accorsero allora della presenza di Niko e corsero per aggirarlo, ma lui ne colpì uno sotto l'ascella. Poi ne vide tre sbucare a quindici di metri di distanza, aprendo il fuoco verso di lui, che fuggì via, tenendo la testa bassa.
Gli Irlandesi ne approfittarono per farli fuori. 
Niko gettò a terra il fucile da cecchino e afferrò quello d'assalto. Correndo, scivolò dietro un muro, mentre le pallottole fischiavano tutt'attorno. 
I cinque russi rimasti, sgattaiolarono via dalle loro auto e sparirono tra i palazzoni abbandonati per non farsi individuare. 
"Prendete quelle armi." Disse B-Jaz a bassa voce ai suoi quattro uomini.
Niko lo udì, ma anche i Sicari che, appena i quattro uomini fecero per prendere le armi dei Russi caduti, furono travolti dalle pallottole.
Niko osservò il volto stravolto di B-Jaz. 
Nell'aria era sceso uno strano silenzio. Niko sapeva che i Russi erano vicini. Forse stavano cercando un modo di ucciderli utilizzando il fuoco incrociato. La stessa cosa stava pensando il capo Irlandese che, sbirciando da dietro il blocco di cemento, ordinò a due uomini di avanzare. 
Poi Niko avvistò un Russo dietro la finestra della casa lunga, che puntava l'SMG verso il capo Irlandese. Niko sparò una raffica, colpendolo al petto, all'addome e a una gamba. 
Il capo Irlandese intuì che Niko gli aveva salvato la vita e lo ringraziò con un cenno del capo. 
Di colpo, B-Jaz uscì dal suo nascondiglio e con rapide falcate, si diresse verso un basso muretto. Niko lo seguì con lo sguardo. 
Un russo uscì da lì e stava per uccidere B-Jaz, quando un Irlandese lo centrò all'addome con tre colpi. Niko sparò dopo di lui, mentre B-Jaz rimase con la pistola inceppata in mano. Premette più volte il grilletto, incredulo e scioccato.
Tornò di nuovo il silenzio.
Una dozzina di secondi dopo, tre Russi uscirono da dietro una parete e corsero verso la Feroci. Salirono a bordo, accesero il motore, ma quando fecero per partire, l'intera auto fu travolta dalle pallottole di diversi calibri.
I tre Russi giacevano nell'auto interamente inzuppati di sangue e crivellati in ogni dove.

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Capitolo 6
*** VI. Capitolo ***


"Quelli erano gli ultimi." Disse il capo Irlandese.
"Figli di puttana..." Rispose B-Jaz, infuriato. "Hanno massacrato tutti i miei uomini."
Niko abbassò lo sguardo. 
"Doyle." Aggiunse il capo Irlandese. "Chiama Jessie. Digli di venire qui con una squadra. Dobbiamo seppellire i nostri ragazzi e quelli di B-Jaz."
"Erano tutti Russi." Disse Niko, scrutando il volto di uno di loro. "Non hanno ingaggiato gli Albanesi. Forse pensavano che sarebbe stato una passeggiata far saltare l'incontro."
"Non credo." Rispose il capo Irlandese. "Se fosse così, avrebbero mandato i loro cani. Volevano mandare gente seria. Gente che sa fare il loro lavoro."
"Li abbiamo uccisi." Aggiunse B-Jaz. "Non credo che erano all'altezza del lavoro."
"E' grazie a Niko se siamo vivi." Rispose il capo Irlandese. "Ci ha salvato la vita. Ha ucciso molti di loro, mentre tentavano di aggirarci." Si voltò verso Niko. "Grazie."
Niko annuì.
"Cazzo, sei hai ragione." B-Jaz abbracciò Niko, che si sentiva sempre a disagio quando lo facevano. "Rispetto, Niko!"
"Evan." Disse Doyle al capo Irlandese. "Stanno arrivando."
"Ok, B-Jaz." Aggiunse Evan. "L'affare è concluso." Allungò una mano e B-Jaz gliela strinse. "Salutami Jacob e Badman." Poi si voltò verso Niko. "Grazie ancora, Niko. Ti farò arrivare un regalo, ok?"
"Non preoccuparti." Rispose Niko. "Non mi devi nulla."
"Lo sono, invece." Disse Evan con fare serio. "Lascia che mi sdebiti." Niko stava per dirgli che non serviva, quando Evan lo zittì con una mano. "Se non accetti il mio regalo, lo prenderò come un insulto, Niko. Accettalo."
"Va bene, va bene." Rispose Niko, imbarazzato.
Minuti dopo, quattro furgoni discesero la stradina sterrata e si fermarono vicino al parapetto di cemento. Dieci uomini scesero dalle macchine e raggiunsero i corpi dei loro amici, che erano stati affiancanti dai rimanenti uomini di Evan. Li posarono nei portabagagli dei furgoni. Poi adagiarono anche gli uomini di B-Jaz.
Niko, B-Jaz e Evan assistettero alla scena con una nota di tristezza.

B-Jaz accompagnò Niko al Burger Shot. Poi sparì con Wanda chissà dove.
Niko entrò nell'ufficio di Redman, che stava parlando con un suo uomo.
"Ok, adesso vai." Disse Redman al suo uomo. "Fai capire a tutti che siamo in guerra."
L'uomo lasciò l'ufficio.
"Siediti, Niko." Disse Redman. "Com'è andata?"
"I Russi ci hanno attaccato. Hanno fatto fuori tutti gli uomini di B-Jaz e..."
"Cosa?" Redman spalancò gli occhi, incredulo. "Sono, sono morti tutti? Pure gli irlandesi?"
"No, gli Irlandesi hanno subito poche perdite."
"Ma l'affare?"
"Concluso."
Redman tirò un sospiro di sollievo. "B-Jaz sta bene?"
"Sì. E andato via con la sua donna."
"Non immagino cosa sarebbe successo, se l'incontro fosse andato male." Redman si lasciò andare sullo schienale della poltrona.
"Non è successo. Perché preoccuparsi?"
"Mai abbassare la guardia, Niko." Aggiunse Redman. "Nel nostro mestiere è legge."
"Lo so, ma... Voglio dire, abbiamo ucciso tutti gli uomini di Petrov. Sicuramente ora sarà incazzato nero. Gli abbiamo inferto un duro colpo."
"Sono contento di questo. Davvero." Mentì Redman. "Ma non dobbiamo sottovalutare, Petrov. Ha molti amici ed è molto potente."
"Qualsiasi uomo può essere ucciso." Rispose Niko. "Magari non oggi, non domani, ma morirà."

Quando Niko uscì dal Burger Shot, gli squillò il cellulare. Lo prese dalla tasca della giacca e si stranì nel vedere che era un numero sconosciuto. "Chi parla?"
"Sono Karen. Ti ricordi di me?" Rispose la donna con voce tremula.
"Come potrei scordarmi di te, dopo quello che mi hai fatto."
Karen rimase in silenzio per un po'. "Volevo dirti una cosa?"
"Sentiamo."
"L'FIB sta indagando su di te e i tuoi amici. Avete attirato troppo l'attenzione."
"E a te che ti frega?"
Ci fu un altro breve silenzio. "Niente. Non mi frega niente. Ma dovevo dirtelo."
"Perché? Vuoi forse ricattarmi? Vuoi fottermi come hai già fatto l'altra volta?" "Aggiunse Niko, irritato.
"Non è importante. Tieni gli occhi aperti."
"Forse ho capito. Ti senti in colpa per avermi pugnalato alle spalle, non è vero?"
"Pensala come vuoi." Rispose Karen poco seccata.
"E' difficile per te ammettere la verità. Eppure lavori per, per..." Niko in realtà non sapeva se Karen lavorasse per l'FIB o per un agenzia del genere. "Per i buoni. Lavori per loro. Combattere il terrorismo nel mondo o fottute stronzate del genere!" Sottolineò Niko.
"Ascolta, Niko. Mi sento in colpa per quello che ti ho fatto. Non lo meritavi. Sei un bravo ragazzo."
"Però non ci hai pensato due volte a tradirmi."
Karen rimase in silenzio. "Ora devo andare."
"Certo, come no."

Nikò tornò nel suo appartamento, si fece un doccia calda e crollò nel sonno. Al mattino, si alzò un po' dolorante per la caduta che aveva fatto nel casolare diroccato. "Per mia fortuna sono caduto sul materasso. Se non ci fosse stato, probabilmente sarei morto sul colpo." Pensò più volte a questo. Era un pensiero estraneo alla sua mente. Non rimuginava mai su queste cose. Sapeva che il suo lavoro era rischioso. Non poteva permettersi di soffermarsi su questo pensiero. Ma al mattino, quando si alzava, la sua mente veniva invasa da una moltitudine di pensieri. Pensieri che scacciava poco dopo come fossero mosche.
Quando lasciò il suo appartamento, incravattato e profumato, andò a fare colazione in un bar. La tavola calda in cui faceva sempre colazione da mesi, era stata chiusa per via della sparatoria. Spesso qualche poliziotto bazzicava lì vicino con aria grave e sospettosa.
Si sedette al bancone, ordinò una kraffen al cioccolato con caffè latte e mangiò con calma. Il bar era frequentata da gente ricca e da universitari. Era molto spazioso e ben soleggiato, con grandi vetrate, quadri, tappetti e una leggera musica di sottofondo. 
Niko si sentiva fuori posto in quell'ambiente, perché veniva dalla povertà e trovava difficile amalgamarsi con la ricchezza, ma era l'unico bar che sfornasse kraffen decenti. Quindi poteva sopportarlo. Stessa cosa non si poteva dire di suo cugino Roman. Vestiva come un barbone e sperperava tutti i soldi in scommesse online, ma ultimamente, con l'aiuto di Mallorie che lo teneva al guinzaglio, stava imparando a gestire i conti.

Quando finì di fare colazione, raggiunse Redman e Jacob alla clinica privata. Da quel che sapeva, Badman non aveva ancora ripreso conoscenza.
Jacob stava fumando dell'erba vicino alla finestra aperte. Era già stato ripreso più volte dalle infermerie e i medici sul fatto che fumava in stanza, chiudendosi dentro. Chi entrava veniva sommerso dal fumo della marijuana. Jacob si era giustificato, dicendo loro che faceva bene a Badman e che lui avrebbe voluto così, ma un medico gli fece cambiare, rispondendogli che l'avrebbe ucciso visto la situazione del suo amico.
Redman invece, stava parlando con qualcuno al telefono.
"Ehi." Disse Niko, entrando nella stanza.
"Come va, Niko?" Jacob lo salutò con una stressa di mano fraterna e un colpo di spalla.
Redman accennò un saluto.
"Come sta, Badman?" Chiese Niko a Jacob.
"Migliora. Il medico dice così. Spero per lui che abbia ragione, visto i soldi che ho speso per questa fogna."
"Forse non hai mai visto una vera fogna, Jacob." Sorrise Niko. Poi si sedette, seguito da Jacob, che buttò prima la cicca fuori dalla finestra.
"Tra poco le infermiere si lamenteranno dei tuoi mozziconi."
"Sono io che do loro il pane, Niko. E poi i giardinieri avranno più lavoro."
"Se lo dici tu."
Redman chiuse la chiamata, andò dietro un comodino e prese una borsa nera. Poi la gettò ai piedi di Niko. "Il regalo di Evan."
Niko scosse la testa, sorridendo imbarazzato.
"Evan è un grande uomo." Disse Jacob. "Leale con i suoi amici." Si colpì due volte il petto con il pugno. "Spietato con i suoi nemici."
Aprendo il borsone, Niko vide una marea di soldi. Rimase a bocca aperta. "Ma..."
"Evan sa essere generoso." Aggiunse Redman con un sorriso.
"Ma devono essere più di cinquanta mila dollari, forse di più."
"Gli hai salvato la vita, Niko." Disse Jacob. "Redman mi ha detto tutto."
Niko chiuse la borsa. "Beh, non so che dire." 
"Non dire nulla, Niko." Rispose Redman
D'un tratto Niko si ricordò delle parole di Karen. "A proposito, devo dirvi una cosa. L'FIB sta indagando su di noi."
Jacob e Redman si scambiarono delle occhiate.
"Che vuoi dire?" Domandò Redman, confuso.
"Qualcuno... Qualcuno mi ha avvisato. Mi ha detto che l'FIB è sulle nostre tracce."
"Poi?" Aggiunse Jacob.
"Mi ha solo avvisato. Nulla più."
Redman si accigliò, confuso. "Lo conoscevi?"
Jacob smorzò un sorriso. "Solo una persona può averlo avvisato, dico bene, Niko?"
"E' stata Karen." Confermò Niko.
"Chi sarebbe?" Redman guardò dapprima Niko, poi Jacob.
"E' una storia complicata." Rispose Jacob per Niko. "Dovrebbe dirtelo lui."
"Ho conosciuto Karen tramite Mellorie, la moglie di mio cugino." Disse Niko, chinando il busto e guardandosi le mani. "Ero appena sbarcato e non conoscevo nessuno, così Mellorie mi ha convinto a frequentare la sua amica. Siamo usciti un paio di volte e faceva sempre domande invadenti. Voleva sapere con chi andavo, cosa facevo, chi erano i miei amici, se facevo qualcosa di illegale e cose del genere. Pensavo che le ragazze di Liberty City fossero tutte così, ma sono stato ingenuo, anche se all'inizio mi era sorto qualche dubbio. Era molto strana, oltre al fatto che il suo appartamento era sempre pieno di robe sigillate. Alla fine mi ha tradito. Più avanti abbiamo avuto una specie di chiarificazione. Mi ha confessato di aver provato qualcosa per me e che si sentiva in colpa per quello che aveva fatto, ma era troppo incazzato per perdonarla."
"Ti ha sbattuto dentro?" Chiese Redman.
"No, anche se c'è mancato poco."
"Possiamo fidarci di lei?" Domandò Jacob.
"Non lo so, Jacob. Dopo quello che mi ha fatto..." Niko fece un pausa. "Non voglio essere preso in giro di nuovo. Magari mente per depistarci. Non mi fido, ma dall'altra parte..."
"Ok, Niko. Tranquillo." Jacob guardò Redman. "Di ai tuoi uomini di volare basso. Se l'FIB sta indagando su di noi, userà qualsiasi pretesto per sbatterci dentro. Una volta lì, beh, per Petrov sarà un gioco da ragazzi farci fuori."
"I miei affari sono già ridotti da questa guerra," Rispose Redman. "Non posso volare basso. La mia zona andrà in pezzi. Non avrò più soldi per pagare i miei uomini."
"Sono sicuro che hai qualcosa da parte."
"Non voglio prendere i soldi dalla mia cassa. Se uso quelli, finiranno in due settimane."
Jacob rimase silenzioso per un po'. "Non hai altra scelta, R. Anche io navigo in acque agitate. La mia nave è alla deriva, i miei marinai morti, il mio capitano," accennò con gli occhi Badman "è in mano al Dio del mare. Tutti noi dobbiamo fare sacrifici." Schioccò la lingua.
Redman lo fissò per un istante con gli occhi infuriati. "Siamo su due correnti diverse. Io sopravvivo grazie ai miei affari. Gestisco un canale per le armi e per la droga. Se cessò le mie attività, tutti i miei fornitori andranno da qualcun'altro e sarò tagliato fuori dagli affari."
"Non ho detto di smettere di fare affari, ma di volare basso. Di fare affari puliti, sicuri. Niente roba grossa."
"E' la stessa cosa, Jacob. Verrò fatto a pezzi dalla concorrenza."
"La concorrenza tenterò sempre di farti a pezzi. Anche noi cerchiamo di distruggere loro. Sono sicuro che potrai farcela. I tuoi uomini ti sono leali."
Redman sbuffò contrariato. Poi si alzò e lasciò la stanza.
"Accetterà?" Chiese Niko a Jacob.
"Lo farà. Sa che ho ragione."

Verso mezzogiorno, Niko andò via dalla clinica privata. Mise il borsone pieno di soldi nel portabagagli della Banshee e si diresse al suo appartamento. Non aveva più sentito Victoria da quando aveva rifiutato il suo invito a pranzo il giorno prima. Era tentato di mandarle un messaggio, magari qualcosa del tipo: come va? Ma non lo fece. 
La chiamata di Karen l'aveva turbato non poco.
Rimase imbottigliato nel traffico della città. Più avanti c'era stato un incidente tra diverse auto. Una banda di rapinatori aveva assaltato un portavalori della banca, innescando una sanguinosa sparatoria. Erano rimasti uccisi sei rapinatori e diciotto poliziotti, oltre a una cinquantina di passanti tra feriti o morti. Il portavalori era stato svaligiato, ma durante la loro fuga, gli ultimi tre superstiti erano finiti contro un albero. La refurtiva era stata ripresa dalla NOOSE, ma i tre rapinatori erano morti.
Non era raro vedere questi tipi di crimini a Liberty City. Anzi, Niko si era abituato facilmente a questo regime di sparatorie, inseguimenti e follie omicide. La città sembrava essere popolata unicamente da gente fuori di testa. I poliziotti non erano da meno. Molti erano corrotti fino al midollo, ma c'era sempre qualcuno mosso dal buon senso, che finiva freddato dalle bande o dalle famiglie Italiane. Il tutto, innescava guerre senza quartiere, che più delle volte veniva vinta dalla NOOSE, supportata svogliatamente dalla polizia.
L'FIB operava in silenzio. Cercava di infilare talpe in ogni distretto della città, cercando informazioni o prove per ricattare i Boss emergenti. La vecchia guardia, fatta di Boss che erano al potere da quasi mezzo secolo, collaborava con i pezzi grossi dell'FIB. Entrambi beneficiavano dell'accordo, ma in pubblico si scontravano senza regole. Era una scena. Un dramma necessario per l'opinione pubblica. 
Solo Gravelli era a un livello superiore. Collaborava con un uomo misterioso, la cui identità Niko non aveva mai scoperto. Aveva svolto svariati lavori per quest'uomo e per Gravelli. Sapeva che i due erano talmente potenti, da sembrare perfettamente innocui. Una maschera perfetta per sorprendere e distruggere i nemici. E da quanto aveva intuito Niko, di nemici ne avevano uccisi a bizzeffe.
Karen lavorava per un agenzia segreta come l'FIB, un agenzia contorta e subdola, che ancora doveva serrare i suoi tentacoli attorno a Karen. Quest'ultima aveva ancora tracce di pentimento e risentimento, cose che sarebbero andate via lavorando a lungo per gente come loro. Gente apatica, calcolatrice e priva di moralità.
Niko imprecò fra sé, suonò il clacson come molti altri che aspettavano in auto e infine, aprì la chat di Victoria, indeciso se inviarle il messaggio. Fissò lo schermo per un po'. Poi scrisse: Ciao, come va?
Lo cancellò subito dopo.
Mise il cellulare sul vano portaoggetti e cercò di dimenticare la chiamata di Karen, grugnendo tra sé.

Arrivò al suo appartamento verso le quattro di pomeriggio. Sorseggiò dello scotch e guardò un film drammatico seduto in poltrona. Il protagonista cercava vendetta per il suo amico morto, dopo che era stato tradito da un membro della sua gang per della cocaina. In seguito, si scoprì che l'aveva fatto solo perché comprarsi la droga che scarseggiava. Niko rimase perplesso per quanto assomigliasse in parte alla sua storia. Solo che lui alla fine non aveva ucciso Darko, pur sapendo che aveva tradito lui e la sua squadra per mille testoni. Era stato Roman a fargli cambiare idea. A dirgli di buttarsi il passato alle spalle e ricominciare una nuova vita. Senza le parole di suo cugino, Niko l'avrebbe ucciso. Forse gli avrebbe fatto un favore, come gli aveva confermato Darko, del tutto distrutto e assuefatto dall'eroina.
Quando finì il film, Niko afferrò il cellulare che teneva accanto a sé sulla poltrona e controllò la chat di Victoria. Era tentato di mandarle il messaggio. Lo stesso messaggio che non aveva inviato prima. Era combattuto con sé stesso, finché Dwaine lo chiamò al cellulare.
"Ehi, Dwaine."
"C'è gente strana nel mio quartiere, Niko." Rispose Dwaine, preoccupato. "Non li ho mai visti passare da qui. Nemmeno i miei ragazzi. Sono i Russi?"
Niko arricciò le labbra, sentendosi in colpa. "Scusami, Dwaine. Dovevo avvisarti. L'FIB ci sta sul collo. Stanno indagando su di noi."
Dwaine non parlò, ma Niko lo udì grugnire tra i denti. "Merda, Niko!" Sbottò infuriato dopo pochi secondi. "Sono qui a rischiare la testa per te, fratello. Non puoi scordarti di dirmi questo cose, cazzo! E se non li avessi visti? Se avessi organizzato un grosso carico di droga? Merda! Cazzo! A quest'ora sei spiaggiato su una fottuta branda per il resto della mia fottutissima vita! E tutta per colpa tua, Niko. Perché ti eri scordato di avvisarmi, merda!"
Niko rimase in silenzio, anche perché non sapeva cosa dire per farsi perdonare.
"Non voglio finire dentro!" Il tono di Dwaine si era fatto più aspro. "Non ci voglio più tornare. Ho già perso abbastanza tempo rinchiuso tra quattro fottute sbarre! Non ho intenzione di tornarci di nuovo. Preferirei spararmi un colpo in testa! Bang! Fine dei giochi!"
Poi per un lungo momento nessuno dei due parlò.
Niko si passò il cellulare all'altro orecchio. "Senti, Dwaine. Mi dispiace. Non era mia..."
"Lo so, lo so, Niko." Rispose Dwaine, cercando di calmarsi. "Scusami, non volevo urlati contro, Niko. E che... Voglio dire, sto cercando di uscire dalla mia fottutissima paranoia, ma se..." Si bloccò per un istante per non esplodere di rabbia. "Non importa. So che sei nel giusto, Niko. Scusami se ho alzato la voce. Non dovrei farlo con te. Tu mi sei leale. Per me sei come un fratello. Scusami, Niko."
"Non devi scusarti, Dwaine. E' colpa mia. Non ti ho avvisato."
"Non pensiamoci più." Disse Dwaine poco convinto. 
Entrambi rimasero per un po' in silenzio. Un silenzio imbarazzante.
"Devo avvisare i miei, Niko." Aggiunse Dwaine. "Pace, fratello!"
"Ok, Dwaine. Ci vediamo."

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Capitolo 7
*** VII. Capitolo ***


Passarono due giorni. Due giorni di quiete.
Niko stava uscendo dal supermercato con la spesa in mano, quando sentì squillare il suo cellulare. Si fermò un attimo e rispose al cellulare.
"Niko!" Urlò Roman, disperato. "Mellorie è sparita!"
"Cosa?" Rispose Niko, confuso. "Sei sicuro?"
"Certo che lo sono! L'hanno rapita. Sono stati i Russi. Quelli che ci vogliono uccidere. Oh no, no, come farò adesso a..."
"Calmati, Roman, ok?"
"Come faccio? Sono nel panico. Mellorie è sparita. L'amore della mia vita è andata."
"Sono sicuro che sta bene." Niko posò la spesa sul sedile della banshee.
Roman iniziò a piangere.
"Ehi, Roman, cugino. Ascoltami. Quando l'hai vista l'ultima volta?"
"Tre ore fa."
Niko sbuffò, irritato. "Tre ore? Tre ore sono poche. Potrebbe essere ovunque, magari con le sue amiche o..."
"No, Niko." Urlò Roman, singhiozzando. "Tu non capisci. Lei mi manda sempre messaggi. Mi chiama in continuazione. Sa che corro dei rischi, perché sono un uomo importante e..."
"Tu? Importante?" Rise Niko. "Ma non dire stronzate." Niko si sedette al posto di guida.
"Senti, Niko. Mellorie è sparita, ok? Lo so. Io lo sento."
"Parli della tua famosa intuizione, Roman?" Lo prese in giro Niko. "Quella cosa che ti spinge a scommettere fino all'ultimo centesimo nelle bische? Non dovresti essere milionario a quest'ora?"
"Fottiti, Niko!"
Niko si mise a ridere.
"Il tuo problema è che non mi credi mai, cugino. Fai sempre così! Pensi che io dica solo stronzate, beh, ti sbagli, Niko. Come ti sei sbagliato anche quando ti ho detto che gli uomini di Faustin mi stava pedinando, ricordi?"
Niko rimase in silenzio. Roman diceva un sacco di balle, ma su questo aveva ragione. Solo che era difficile per Niko capire quando scherzava o quando diceva il vero.
"Allora, cugino? Non rispondi più, eh?"
"Ascolta, Roman. Non conosco bene Mellorie, quindi non so se hai uno dei tuoi soliti attacchi d'ansia o..."
"Vedi? Lo vedi? Non credi mai a tuo cugino!"
"Ok, ok." Rispose Niko esasperato. "Dimmi dove sei?"
"Nel tuo appartamento."
"Cosa? Come sei entrato in casa?"
"Dai, Niko. Siamo cugini. Ciò che è mio è tuo e stronzate del genere, no? Fratelli per la vita!"
Niko roteò gli occhi al cielo, sospirando. "Aspettami lì. Arrivo."

Dieci minuti dopo, Niko entrò nel suo appartamento e trovò Roman sdraiato sul divano con una bottiglia di Wishky.
Niko lasciò la spesa sul bancone della cucina. "Sei ubriaco?"
"Oh, Niko, finalmente." Roman si alzò dal divano e barcollò un poco. "Mi gira la testa."
"Merda, Roman. Sono qui per aiutarti e tu che fai? Ti ubriachi?"
"E dai, è solo..." Roman cominciò a piangere. "Io..."
"Ok, Roman. Andiamo a cercare tua moglie."

Entrarono nella Banshee e si misero a cercare Mellorie. Per loro fortuna, le strade non era trafficate verso le tre del pomeriggio. Era una giornata soleggiata, sporcata un po' dalle nuvole.
"Sai dov'era andata Mellorie?" Domandò Niko a suo cugino.
"Non lo so." Roman aveva il viso arrossato dalla sbronza. "Mi ha... Mi ha parlato di una sua amica. Mi ha detto che doveva andare a Broker. Non so per..." Roman si tappò la bocca per non vomitare.
"Merda." Niko accostò la sua banshee vicino al marciapiede. "Falla fuori!"
Suo cugino aprì la portiera e vomitò addosso a un passante. 
"Ma che cazzo..." Disse quello. Un uomo di mulatto vestito con una felpa verde e un cappello bianco.
Roman lo guardò di sfuggita, poi senza contenersi, vomitò di nuovo addosso all'uomo.
L'uomo indietreggiò con i pantaloni sporchi di bile e stava per estrasse una pistola, quando Niko gli sferrò un pugno alla mascella. Quello cadde con i muscoli tesi.
"Mi dispiace, Niko." Disse Roman, barcollando. "Io non volevo..." Si mise una mano davanti alla bocca, mentre la gente assisteva alla scena. Molti erano indifferenti, ma i turisti filmavano l'accaduto. 
"Ehi!" Urlò un poliziotto, facendosi largo tra la folla.
"Sali a bordo, Roman!" Niko si precipitò in macchina, seguito da Roman che si gettò di testa sul sedile.
Le ruote dell'auto fischiarono sull'asfalto e la banshee si allontanò. Il poliziotto, un po' in sovrappeso, cercò di prendere la targa dell'auto, ma non ci riuscì per via delle altre auto.
"La devi smettere di mettermi sempre nei casini, Roman!" Urlò Niko, infuriato.
"Scusa, cugino, io... Io non volevo. E poi..." Roman mutò espressione. "E' colpa tua, Niko. Guidi come uno psicopatico. Se guidassi come le persone normali, non avrei vomitato."
"Oh, Roman!" Sospirò Niko, irritato. "Ora la colpa è mia? Tu ti ubriachi, vomiti sulla gente e poi incolpi me dell'accaduto?"
Roman lo fissò un attimo con aria confusa e assonnata. Si era dimenticato quello che aveva appena detto.
Niko gli lanciò uno sguardo, accorgendosi che Roman si era addormentato. "Cazzo, Roman! Svegliati!"
"Chi? Cosa? Non picchiarmi!" Roman si girò verso Niko, realizzando che era suo cugino, non qualche allibratore a cui doveva qualche testone. "Niko, per fortuna che ci sei tu. Cosa farei senza di te."
"Dobbiamo cercare Mellorie. Te lo sei dimenticato?"
Roman sbarrò gli occhi, sorpreso. Si era dimenticato anche di lei. Quando la sbronza lo colpiva in pieno, si scordava di ogni cosa, causandogli sonnolenza. "L'hanno rapito Niko. Sono..."
"Lo so, Roman! Me l'hai già detto. Stiamo andando a Broker per trovarla. Intanto chiamala al cellulare. Vedi se ti risponde."
Roman la chiamò, ma il cellulare risultava spento. "Non risponde, Niko. Nemmeno prima rispondeva." Era a una passo dall'addormentarsi di nuovo. 
Niko gli mollò un ceffone. "Merda, Roman! Rimani sveglio!"
"Sì, scusami, cugino. Devo rimanere concentrato e sveglio. Ok, Ok, sono sveglio."

Raggiunsero Broker.
Girarono a lungo nel quartiere abitato dai Russi, cercando di passare inosservati. Roman si era addormentato di nuovo e Niko lo lasciò dormire. Non voleva che suo cugino gridasse in un quartiere pieno di gangster russi armati fino al collo. 
Guidò nelle strade principali e quelle secondarie, dando una prima occhiata. Non c'era molto traffico. Qualche macchina sfrecciava qua e di là, ma l'intera zona sembrava tranquilla. 
Niko rimase confuso. Quando al comando c'era Faustin e poi Dimitri, il quartiere era sempre sotto sopra. Un caos continuo, dove la tranquillità era estranea. Spesso scoppiavano risse, che finivano con un morto e una decina di feriti. Senza contare sparatorie, pestaggi, furti, rapine e ogni genere di crimine di cui Broker era famosa, meglio dire Hove Beach, il quartiere Russo. Ora sembrava regnare la pace. Una pace forse mantenuto con la paura.
Niko parcheggiò la Banshee a Downtown, la parte più civilizzata di Broker. Non che ci abitassero i ricconi, ma per lo meno Niko non rischiava di ritrovarsi con l'auto rubata.
Spense il motore.
"Ehi, Roman!" Disse Niko, smuovendo Roman. "Svegliati!"
Suo cugino aprì gli occhi assonnato. "Altri cinque minuti, Niko. Voglio dormire."
Niko gli mollò un schiaffo in piena faccia.
"Ok, ok." Rispose Roman, accarezzandosi la guancia arrossata. "Smettila di prendermi a schiaffi."
"Dove abita l'amica di Mellorie?" 
"Non lo so."
"Come non lo sai?" Niko aggrottò la fronte.
"Mi ha detto che abita a Broker. Non so nient'altro."
"Sicuro?"
Roman ci pensò su, come se non fosse nemmeno lui sicuro di ciò che aveva detto. "Sì... Credo."
"Credi?" Niko alzò gli occhi al cielo. "Quindi non lo sai nemmeno tu?"
"Mellorie ha tanti amici. Proprio come me." Roman si stava lentamente riprendendo dalla sonnolenza. 
Niko rimase in silenzio per non dar corda alle fantasticherie del cugino. Cercava un modo per rintracciare Mellorie. Infine disse: "Sai dove abita una delle sue amiche?"
Roman, ancora un po' sbronzo, ci pensò su. "Betty! So dove abita. Magari è lì. Possiamo..."
"Abbassa la voce." Gli disse Niko, notando i volti sospettosi degli uomini sui marciapiedi.
Roman lanciò uno sguardo agitato attorno a sé e si ammutolì.

Si diressero verso casa di Betty, mentre Roman non face altro che guardarsi di continuo alle spalle. Ogni tanto barcollava, quindi camminava con un mano sui muri per mantenersi in equilibrio.
Niko incrociò alcuni sguardi sospetti, ma cercò di non soffermarsi troppo. Sapeva di essere controllato a vista, ma era un controllo superficiale. L'aspetto di Niko e Roman era simile per molti cittadini della zona. Non davano nell'occhio, quanto un uomo incravattato.
"Betty abita qui." Disse Roman, indicando un grigio condominio di dodici piani.
"Citofona." Gli rispose Niko, guardandosi attorno.
Roman pigiò il tasto.
"Chi è?" Disse una voce da donna, una decina di secondi dopo.
"Sono Roman. Roman Bellic. Il marito di..."
"Ah, sei tu. Che vuoi?"
"Mellorie è da te?"
"No, perché?"
"La sto cercando." Aggiunse Roman con voce preoccupata, anche se faticava a scandire le parole.
"Sei ubriaco, Roman?" Domandò la donna con tono indignato. "Vieni sempre qui quando sei ubriaco. Non pensare che non sappia perché lo fai."
"No, no." Roman guardò Niko, imbarazzato. "Sono solo preoccupato... Io..."
"Sei sempre ubriaco, Roman! Ma come diavolo ha fatto Mellorie ha sposare con uno come te?"
Niko sospirò irritato e si fece avanti. "Sai dove può essere Mellorie?"
"E tu chi sei?" Rispose la donna, sorpresa.
"E' mio cugino. Niko." Spiegò Roman.
"Allora?" Insistette Niko.
"Non l'ho vista." Rispose la donna.
"Sicura?" Chiese Roman. 
"Te l'ho appena detto. E' venuta qui tre giorni fa. Mi ha aiutato a farmi la piega."
"Sai dove può essere andata, oggi?"
"E io che ne so." La donna fece una pausa per pensare. "Le è successo qualcosa?"
"E' quello che stiamo cercando di capire." Rispose Niko.
"La mia bella e dolce, Mellorie..." Aggiunse Roman con tono soffocato. "Come farò senza di lei. L'amore della mia vita. Il mio angelo..."
"Spero non le sia capitato niente di male." Disse la donna, che si rattristì nell'udire Roman.
"Puoi chiamare Roman se sai qualcosa su Mellorie?" Gli chiese Niko.
"Certo. Vi farò sapere."
"Grazie."
Niko trascinò via Roman da un braccio, perché stava piangendo come un bambino. Alcuni passanti si misero a ridere, mentre alcune vecchiette sembravano dispiaciute. 
"Ehi, Roman." Disse Niko, quando lo spinse in un vicolo. "Non piangere. Attirerai l'attenzione su di noi. Se gli uomini di Petrov ci riconoscono, siamo fottuti."
"Ok, cugino." Rispose Roman, asciugandosi le lacrime. "La smetto. La smetto..." Ricominciò a piangere peggio di prima.
Niko sbuffò e attese che si calmasse.

Niko portò Roman nel suo appartamento. Avevano cercato Mellorie in lungo e in largo per cinque ore, senza mai fermarsi. Avevano setacciato Broker da capo a piede, senza trovare nulla. 
Roman pareva depresso, stanco e abbattuto. Crollò sul divano nel soggiorno e si addormentò subito, tra un singhiozzo e l'altro.
Niko si fece un goccio di Scotch, tenendo nell'altra mano il cellulare di Roman. Era intenzionato ad aiutarlo. Roman poteva anche essere stupido, ingenuo e infantile, ma voleva molto bene a Niko. E lo stesso valeva per lui. Erano più che cugini. Erano fratelli.
Iniziò a credere che Mellorie fosse stata rapita per davvero. "Forse Roman ha ragione. Petrov ha rapito Mellorie, ma non capisco perché non ha chiamato." Pensò Niko. "Forse l'hanno uccisa? No, non credo. Perché disturbarsi di rapirla?" Più Niko pensava, più tutto quanto diventava caotico.
Gli venne in mente il rapimento di Roman da parte di Dimitri. Quest'ultimo aveva chiamato Niko per dirgli che avevano suo cugino e che l'avrebbero ucciso se non si fosse presentato all'incontro. Quel giorno Niko fece una strage e liberò Roman, anche se Dimitri era fuggito.
Questa evento lo spinse a non credere che fosse opera di Petrov, ma non abbandonò del tutto l'ipotesi.
Niko si accomodò sulla poltrona e accese la tv, guardando un film di guerra che stava per finire. 
Di tanto in tanto, gettava uno sguardo al cellulare di Roman, finché non si addormentò.

Si svegliò alle quattro di mattina.
Il cellulare squillava nella giacca di Niko, che l'afferrò assonnato e rispose, senza accorgersi che era Roman. "Sì?
"Avrò la mia vendetta, Niko!" Disse Roman ubriaco fradicio, tra un singhiozzo e l'altro. "Vendicherò Mellorie!"
"Cosa?" Niko si alzò di scatto dalla poltrona e guardò il divano vuoto, realizzando di non essere in un sogno. "Ma, ma quando sei uscito?"
"Non volevo svegliarti, cugino." Scandì male le parole. "Devo farlo da solo. Devo essere un uomo." Scoppiò in un pianto sommesso.
"Dove sei, Roman?." Niko afferrò le chiavi della banshee da sopra il comodino.
"Vuoi aiutarmi? Vuoi aiutare tuo cugino? Tu sei sempre pronto ad aiutarmi. Io sono codardo. Non ti aiuto mai. Perdonami, Niko. Sono un vigliacco. Io non faccio altro che..."
"Dove sei?" Niko alzò la voce per farlo smettere di parlare.
"Ti ricordi del Comrades bar? Sono lì. Ora si chiama... Non mi ricordo. Ma ora basta. Non voglio essere più un vigliacco. Oggi sarò un Bellic! Vendicherò la mia Mellorie. La mia bellissima..."
"Aspettami lì! Non fare casini, ok? Ti vengo a prendere." Niko chiuse la chiamate, mentre Roman continuava a descrivere quanto fosse bellissima e amorevole Mellorie.

Niko lo raggiunse cinque minuto dopo, guidando come un pazzo. Lasciò la sua Banshee a Downtown e si mise a correre più veloce che poté da Roman.
Nel bar c'era una grande confusione. Il locale non era per nulla cambiato, se non per il nome: Hurrah. 
Niko si fece largo a suon di gomitate e sentì urla di incitamento infondo alla sala.
Quando ci arrivò, vide due uomini prendere a calci Roman, disteso sul pavimento con una bottiglia di birra in mano. La gente formava un piccolo cerchio attorno loro.
"Che hai detto, stronzo? Disse l'uomo calvo. "Non ho sentito? Ripeti!" 
L'uomo con il pizzetto si mise a ridere, cercando di sollevare Roman.
"Avete..." Roman gemette dal dolore. "Ucciso... Mellorie!" Urlò. "Ve la farò pa-pa-pa..."
"Pa? Ma che cazzo stai dicendo? E Chi cazzo è, Mellorie?" Disse l'uomo con il pizzetto. Poi si voltò verso l'uomo calvo. "Tu la conosci? E' qualche puttana che ti fai?"
"Mica so i loro nomi. Io le scopo e basta." 
"EHI! Gridò Niko, attirando l'attenzione dei due. 
Sferrò un pugnò in faccia all'uomo calvo e parò il colpo dell'uomo con il pizzetto, contrattaccando con una ginocchiata nello stomaco e un gomitata in faccia.
I due rimasero a terra, contorcendosi.
La folla, che aveva assistito al breve scontro, esultò eccitata, sollevando le bottiglie di birra. Poi si complimentarono con Niko, dandogli delle pacche sulle spalle. Niko si divincolò dalla loro presa.
"Sono tutti ubriachi." Pensò Niko. "Forse non mi riconosceranno."
Roman si alzò lentamente con la faccia tumefatta e la bottiglia incollata in mano.
"Ma che cazzo hai fatto?" Chiese Niko, arrabbiato. "Ti ho detto di non fare casini!"
"Volevo v-v-vendicare Mellorie. L'hanno u-uccisa, Niko." Biascicò. 
"Usciamo da qui." Niko fece per trascinare Roman fuori dal bar, quando una manona gli si posò sulla spalla. 
"Come ti chiami?" Disse un uomo imponente con una cicatrice sulla guancia sinistra. Era sbronzo e il suo alito sapeva di Wiskhy. Niko sapeva riconoscere un uomo ubriacato alla prima occhiata, anche se questo non dava segni di esserlo. L'uomo aveva un espressione apatica, fredda e autoritaria.
"Mi chiamo Maxim." Mentì Niko, sperando che non lo riconoscesse. Gli uomini di Petrov sapevano chi era Niko. In un bar del genere, che era come la tana del lupo, nessuno si sarebbe aspettato la presenza di Niko. Sarebbe bastato individuarlo, per mettere fine alla guerra e alla vendetta di Petrov.
"Hai steso due dei miei uomini, Maxim." Aggiunse quello con farei serio.
Niko rimase in silenzio, per vedere dove voleva arrivare.
"Sai difenderti. Dove hai imparato a farlo?"
"Per strada."
L'uomo annuì, scrutando Niko. "Ci siamo già vista da qualche parte?"
"Non credo."
"Hai una faccia familiare." L'uomo lo scrutò negli occhi. "Molto familiare"
"Me lo dicono in tanti."
L'uomo fissò Roman. "Dove lo stai portando?" Chiese a Niko.
"E' ubriaco. Si mette sempre nei guai quando beve."
"Non faceva altro che ripetere 'Mellorie?' Chi è?"
"La sua ragazza. L'ha lasciato... giorni fa."
Roman, che era da tutt'altra parte con la mente, non li stava a sentire. Se ne stava in piedi e barcollava di tanto in tanto, mentre Niko lo teneva per un braccio per non farlo cadere.
"Perché voleva vendicarsi?" Chiese l'uomo.
Tutte quelle domande stavano infastidendo Niko.
"Crede che sia scappata con uno di qui."
"Un mio uomo?" L'uomo alzò un sopracciglio.
"Un artista di strada. Uno di questo quartiere."
"Allora perché si stava lamentando nel mio bar? Non l'ho mai visto fin'ora, come non ho visto nemmeno te." Sottolineò quelle frasi come se fosse una sorta di accusa.
Niko sentì una fitta allo stomaco. Forse l'uomo li aveva scoperti e si stava divertendo nel sentire le bugie di Niko, anche se dalla sua espressione non sembrava?
"Ci siamo trasferiti altrove, due anni fa." Mentì Niko. "A Dukes. Forse per questo non ci avete mai visti. Ma il nostro cuore rimane qui." Sapeva che si stava inventando scuse che non stavano né in cielo né in terra, ma sperava che l'uomo le avrebbe bevuto, essendo poco sbronzo.
L'uomo sembrò credere a quelle parole. "So cosa si prova. Posso offrirti una birra?"
"Meglio un altra volta." Si azzardò a dire Niko, deviando lo sguardo su Roman.
L'uomo lo guardò dritto negli occhi. Uno sguardo penetrante, freddo.
Niko si sentì a disagio. Era circondato da Russi. Per la maggior parte uomini di Petrov. Bastava un ordine e tutti l'avrebbero assalito e fatto a pezzi. Nessuno avrebbe fatto parole di quello che era successo. E Niko e Roman sarebbero spariti per sempre. Magari gettati in mare come Niko aveva fatto con Vlad, ma con la sola differenze, che sarebbero rimasti ad abitare il fondale per sempre.
"Va bene. Un'altra volta." Disse l'uomo, accigliandosi un poco. "Porta a casa quel ubriacone prima che faccia qualche altra stronzata." Era più un ordine, che un consiglio.
Niko annuì e lasciò il bar, trascinandosi dietro Roman con la mente altrove. Non sapeva dirsi se l'uomo l'aveva riconosciuto o si era bevuto quella marea di cazzate, ma si allontanò dal quartiere più veloce di un ghepardo a bordo della Banshee.

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Capitolo 8
*** VIII. Capitolo ***


Niko guidò fino all'appartamento, mentre Roman dormiva sul sedile. Durante il viaggio, Victoria aveva mandato un messaggio a Niko, dicendogli che le avevano svaligiato l'appartamento. Preoccupato, Niko le disse di venire da lui.
Quando arrivò davanti all'appartamento, Niko la vide davanti al portone. Era seduta e si guardava attorno. Parcheggiò la Banshee e fece uscire Roman, che barcollava.
"Ehi, Victoria." Le disse Niko. "Stai bene?"
La donna l'abbracciò e lui rimase di sasso. 
Victoria arrossì; Niko vagò con lo sguardo, imbarazzato.
Confuso, Roman li guardò un istante. Poi sorrise e biascicò qualcosa di incomprensibile per Victoria. "E' questa bella donna chi è, cugino?" Gli chiese Roman con un occhio aperto. Faticava a reggersi in piedi ed era a un passo dall'addormentarsi.
"Entra dentro, Roman." Rispose Niko, trascinandolo nell'ingresso del condominio.

Quando arrivarono nell'appartamento, Niko accompagnò Roman a letto, che crollò addormentato. Poi raggiunse il soggiorno e vide che Victoria era seduta sulla poltrona. "Vuoi qualcosa? Un tè, un birra o..."
"Grazie, ma sto bene così." Victoria sembrava piuttosto scossa.
Niko andò a prendere una birra dal frigo e le si sedette di fronte. "Vuoi raccontarmi quello che è successo?"
Victoria gli lanciò uno sguardo, poi si guardò le mani. "Ho avuto tanta paura. Pensavo che fossero in casa, che volessero rapirmi."
Niko fece un sorso. "Rapirti?" Disse confuso.
"E' già successo in passato." Gli rispose Victoria con le lacrime agli occhi. "Venivano di notte, quando dormivo. Avevo persino cambiato appartamento, ma era inutile. Sapevano sempre dove abitavo."
"Parli degli spacciatori che ho ucciso?"
Victoria annuì.
"Non capisco. Li ho uccisi tutti." Niko fece una pausa, pensando a Petrov. Forse era opera sua? "Sicura che non sia stato qualche ladro d'appartamento?"
"Io... Io non lo so."
"Puoi rimanere qui, se vuoi. Sarai al sicuro."
Victoria alzò lo sguardo e accennò un mezzo sorriso.
"Ti va bene?"
Victoria annuì.
Niko non le disse di Petrov. Non sapeva se centrasse qualcosa. "Fai come se fossi a casa tua." Le sorrise. 
La donna ricambiò, arrossendo un poco.

Victoria dormì sul divano.
Niko si sdraiò sul terrazzo e sorseggiò una birra, guardando il cielo stellato, mentre il traffico di Liberty City ronzava tutt'attorno.
Si svegliò quando il sole lo colpì in viso. Socchiuse gli occhi e si mise seduto. La birra gli era scivolata via fino a un vaso di fiori.
In quel momento, Victoria uscì sul terrazzo con una tazza di caffè fumante in mano. "Buongiorno, Niko."
Niko la guardò un istante, poi si soffermò sul caffè che aveva in mano. "Sei uscita?"
"Non c'era caffè in casa."
"Faccio sempre  colazione alla tavola calda." Niko si alzò in piedi, sfregandosi gli occhi assonnati. "Non c'è molto nel mio frigo, perché raramente sono in casa. Credo tu l'abbia notato." 
Victoria non rispose.
"Vado a farmi una doccia."

Uscito dalla doccia, Niko si vestì con una tuta nera e andò a controllare Roman. Quello russava spaparanzato sul letto. Le tapparelle erano aperte e il sole illuminava la stanza. Per Roman non faceva molta differenza. 
"Ehi, Roman." Disse a bassa voce.
Il cugino non rispose.
Niko gli smosse il braccio. "Roman."
Roman socchiuse gli occhi, ma subito dopo li richiuse.
"Roman!" Urlò Niko.
Roman si svegliò impaurito, contorcendosi nel letto. "No, non voglio morire!"
"Sono io, Niko."
"Ah, cugino." Roman fece finta di nulla e si mise seduto. "Che ore sono?
"Le undici."
D'un tratto Roman sbarrò gli occhi. "Mellorie!" Si alzò in piede, ma Niko lo rimise a sedere.
"Ehi, ehi, calmati, ok? L'altra sera ci hai fatto quasi uccidere. Ora rimani qui."
Roman lo guardò un momento, poi prese il cellulare dalla tasca e chiamò Mellorie. Il cellulare era spento. "Dovremo uscire a cercarla, cugino"
Niko non sapeva cosa dire.
Roman si alzò e andò in bagno.
Quando Niko uscì dalla camera da letto, Victoria era vicino alla soglia.
"Come sta?" Gli disse Victoria.
"Bene." Mentì Niko. Sapeva che da lì a poco Roman avrebbe compiuto un altra cazzata se non l'avesse tenuto sotto controllo.
"Ieri era piuttosto... Ubriaco." Sottolineò Victoria, abbassando gli occhi. 
"Si ubriaca solo quando vuole fare qualcosa che non riesce a fare da sobrio."
"Sarebbe?"
Niko rimase in silenzio per qualche secondo. "Non è importante."
Victoria non fece altre domande. Sapeva quando fermarsi.

Si spostarono sul terrazzo, mentre sotto di loro i marciapiedi si popolavano di gente. Era quasi mezzogiorno. L'ora di punta per chi mangiava fuori dagli uffici.
Niko si sentiva stranamente bene accanto a Victoria. Una sensazione che aveva avuto solo con Kate. Ciò lo frenava dal sentirsi felice, perché quando lo era: tutto andava a puttane.
"Hai fame?" Le chiese Niko, guardando un ragazzo entrare in un fast-food.
"Sì, ma..." 
"Ma?"
"Ti va se ti preparo qualcosa da mangiare?" 
"L'ultima volta ho dovuto rifiutare, anche se non volevo." Rispose Niko.
"Questa volta non avrai scuse." Gli sorrise Victoria.
Niko ricambiò, imbarazzato. "Ci toccherà fare la spesa."
"Non è un problema"
"Va bene, allora. Vado a vedere che fine ha fatto mio cugino."
"Non sapevo che fosse tuo cugino."
"Ora lo sai." E andò via.

Niko bussò alla porta del bagno. "Roman? Hai finito?"
Nessuna risposta dall'altra parte.
"Roman!" Alzò la voce.
Ancora nessuna risposta.
"Sto entrando." Niko girò la maniglia. Era chiusa. "Roman!"
Victoria gli arrivò alle spalle. "Che succede?" 
"Non lo so." Le rispose Niko, preoccupato. Fece per sferrare un calcio alla porta, quando questa si aprì di colpo. Niko andò a vuoto e finì sul pavimento.
Roman lo guardò confuso. "Ma che fai?" Indossava l'accappatoio di Niko e aveva delle cuffiette da cui sentiva Radio Vladivostok dal cellulare. 
"Dannazione, Roman!" Imprecò Niko, alzandosi nervoso.
Victoria smorzò una risata, che non riuscì a domare del tutto.
"Perché non mi hai risposto?" Disse Niko al cugino.
Roman si accigliò. "Non ti ho sentito. Ascoltavo la radio." Alzò il cellulare per farglielo notare.
Niko sospirò irritato.
"Io e Niko stiamo andando a fare la spesa." Disse Victoria. 
Roman lanciò a Niko uno sguardo ambiguo. "Ok, divertitevi."
"Non fare casini, Roman." Aggiunse Niko. "Ci metteremo un minuto."
"Non preoccuparti per me. Vai, vai." Roman lo spinse fuori e chiuse la porta con un sorriso, anche se i suoi occhi dicevano tutt'altro.

Venti minuti dopo, i due tornarono nell'appartamento. Victoria andò a cucinare, mentre Niko andò a controllare suo cugino. Non lo trovò in bagno, ma sul terrazzo. Era con i gomiti posati sul cornicione e guardava giù in strada.
"Ehi, Roman." Disse Niko.
Roman lo salutò con un cenno con la mano, senza girarsi.
"Tutto bene?" Niko lo affiancò. Si accorse che aveva il cellulare in mano.
"L'ho chiamata una ventina di volte. Risulta spento. Non so più che fare." Roman si voltò verso Niko. "E se fosse fuggita con un altro?"
"Non dire stronzate, Roman. Mellorie non ti farebbe mai una cosa del genere."
"Sì, hai ragione."
D'un tratto trillò il cellulare di Niko.
Roman spalancò gli occhi. Pensava che forse avevano ritrovato Mellorie. Aveva sparso la voce a tutti i suoi amici, quindi credeva che avessero avvisato Niko per primo. Lui risolveva sempre i problemi di suo cugino. Ormai era risaputo.
Niko rimase turbato, quando guardò lo schermo del cellulare.
"Che succede?" Gli chiese Roman.
Niko sospirò. "E'... E' Meglio se non te lo dico."
"Oh no, Mellorie è..."
"No, non è Mellorie, Roman." Gli rispose Niko, irritato. Poi raggiunse il soggiorno, sedendosi su una poltrona. Guardò il messaggio. 

Inviato da: U.L Paper.
Vieni nel mio ufficio. Dobbiamo parlare.

Niko fissò il messaggio per un istante. Poi lo cancellò. 
Quelle parole l'avevano turbato. Credeva di aver finito di lavorare per U.L Paper, ma a quanto pare ora non ne era più sicuro.
Si alzò e andò in cucina. Non poteva dire a Victoria che doveva andare, così fece finta di non aver ricevuto nessun messaggio.
Victoria gli sorrise, mentre scolava l'acqua della pasta nel lavello.
"Che buon profumo." Disse Roman, entrando in cucina. "E' da molto che non mangio pasta e sugo."
"Ti ingozzi solo di panini e cibo surgelato." Rispose Niko.
"Sono un uomo impegnato. Non ho tempo per... per..."
Niko scosse la testa. "Ma non la smetti mai di sparare cazzate?"
"Sì, sì, certo, cugino. Pensala come vuoi."
"Prendi tre piatti, Niko." Disse Victoria, posando la pentola sul bancone.

Pranzarono in silenzioso.
Victoria aveva intuito che era successo qualcosa a Roman. Non sapeva cosa, ma non voleva chiederlo. Così si limitò a mangiare.
Ma quel silenzio non durò a lungo.
"Chissà cosa starà facendo, Mellorie..." Disse Roman, ingozzandosi di pasta.
"Sta bene." Gli rispose Niko. "Non ossessionarti. Se l'avessero ra..." Si zittì, lanciando uno sguardo sfuggente a Victoria.
"L'hanno rapita, invece."
Niko guardò per un attimo Victoria, che aveva smesso di mangiare.
"Nessuno sa niente della mia dolce Mellorie..." Roman continuò a mangiare, mentre barbottava tra sé.
Victoria non sapeva cosa dire. Era a disagio.
"Ricordati che parliamo di Mellorie." Gli disse Niko. "E' una donna forte. Lo sai anche tu che è così."
Roman sembrò tranquillizzarsi un poco.
Ormai Niko conosceva bene gli sbalzi d'umore di suo cugino. Doveva solo pazientare e cercare di farlo ragionare. Arrabbiarsi con lui, equivaleva a gridare contro un muro. 
Finirono di pranzare in silenzio, anche se Roman di volta in volta parlava fra sé. 

Victoria aiutò Niko a lavare i piatti, anche se questo le aveva detto che non doveva. Gli sembrava di essere tornato con Kate. Victoria era uguale alla donna che aveva amato, anche se nel profondo sapeva che non era lei. 
Roman invece, era andato sul terrazzo. Lo tranquillizzava il traffico di Liberty City. Sembrava che gli impedisse di non pensare a Mellorie, almeno per un po'.
Niko posò l'ultimo piatto nell'anta in alto. "Grazie per avermi aiutato con i piatti."
"Di nulla." Le disse Victoria.
Rimasero a guardarsi per un po'. 
Imbarazzato, Niko si portò una mano dietro alla nuca.
"Ti è piaciuto il pranzo?" Gli chiese Victoria.
"Sì, molto. Non ho mai mangiato così bene. Dico sul serio"
Victoria arrossì, abbassando gli occhi.
"Ora dovrei sbrigare una... una commissione." Niko aspettò che Victoria rispondesse, ma lei rimase in silenzio. Anche Kate faceva così, ma lei sapeva cosa faceva Niko. Inoltre, credeva che Victoria dopo il fatto con gli spacciatori, aveva intuito chi era Niko o se ne aveva fatta un idea.
"Bene, allora..." Niko si voltò, non sapendo cosa dire e fare.
"Baderò a tuo cugino." Gli rispose Victoria.
"Ah sì, Roman. Mi ero dimenticato di lui." Gettò uno sguardo verso il terrazzo. "Non farlo uscire o si metterà nei guai. Minaccialo, se non ti ascolta."
"Ma non mi conosce."
"Ti rispetterà. Basta alzare la voce."
"Come i bambini?" Sorrise Victoria.
Niko ricambiò. "Qualcosa del genere."

Arrivò davanti al grattacielo verso le cinque di pomeriggio. U.L Paper aveva un ufficio in una di quelle stanze. Stanze che erano tutti uguali. L'edificio veniva usato come copertura per gli affari interni, ma Niko non era sicuro che U.L Paper lavorasse per loro. Non l'aveva mai scoperto.
Aveva trovato poco traffico nel quartiere The Triangle, dove si trovava il grattacielo. Era una zona centrale di Liberty City, con molti uffici e negozi di lusso. Molti turisti invadevano i marciapiedi per fare stupide foto ricordo e i taxi sfrecciavano nel traffico per rubarsi i clienti. In ogni angolo, c'era almeno un poliziotto per prevenire scippi ai turisti o allontanare i barboni. Di solito c'era molto movimento nel quartiere, ma non quella volta.
Salì all'ufficio di U.L Paper e bussò alla porta. 
"Avanti." Disse una voce grave dietro di essa.
Niko chiuse la porta e guardò U.L Paper.
Era un uomo sulla cinquantina, corti capelli grigi pettinati di lato e un paio di occhiali neri. Indossava un completo nero, con una cravatta grigio-nera e una camicia bianca. Era serio in viso e squadrava Niko, tenendo una sigaretta tra le dita.
Niko si avvicinò alla scrivania. "Allora... Cosa mi dovevi dire?"
"Hai fatto incazzare della gente." Disse U.L Paper. 
"Come al solito." Rispose Niko.
"Siediti. Mi fa piacere vedere che sei ancora vivo."
"Oh, ma grazie." Disse Niko sarcastico. "Per me vuol dire tanto."
"Ok, basta con le scemenze. L'FIB è sulle tue tracce." Fece un tiro alla sigaretta. "Stanno cercando anche i tuoi amichetti." Il fumo gli uscì dalle narici. "Forse già lo sai, visto che ho fatto pedinare Karen, ma poco importa. Così ho pensato di aiutarti in cambio di alcuni favori."
"La solita storia." Sospirò Niko, rassegnato.
"Non proprio." U.L Paper fece un altro tiro e si sporse in avanti. "Gli agenti FIB che ti stanno cercando, sono persone corrotte. Sospetto che ci sia Petrov dietro di loro." Buttò il fumo fuori dalla bocca e si mise comodo. "Ultimamente muove molto fili. Non so quale sia il suo obiettivo, ma credo che sia semplice: prendere il controllo della città. Una cosa impossibile. C'è gente più potente che non è in grado di gestire questa città di psicopatici ma, ehi: chi sono io per rovinare i sogni della gente?"
"Parli della famiglia Gambetti?"
"Non serve specificare." U.L Paper posò la cicca nel portacenere. "Quello che devi sapere è che Petrov sta guadagnando potere molto rapidamente. All'inizio, credevo che alle sue spalle ci fossero uno o più pezzi da novanta, ma invece..." Fece spallucce. "Sembra che sappia usare la testa. Una cosa molto rara da queste parti. L'ultimo che è riuscito a prendersi quasi tutta Liberty City è stato Dimitri, ricordi?"
"Come potrei dimenticare quel figlio di puttana." Niko serrò la mascella.
"Il passato è passato. Certo, non dobbiamo dimenticare chi siamo e da dove veniamo, ma soffermarsi troppo è... Deleterio, non credi?"
Niko sapeva che si riferiva a Darko Brevic. "Già."
"Dobbiamo guardare il futuro ed è ciò che so fare meglio." U.L Paper rimase in silenzio e fissò Niko per un momento. "Anche perché il mio lavoro consiste in questo." Disse con un freddo sorriso.

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Capitolo 9
*** IX. Capitolo ***


"Ok, Niko. Ora pensiamo al da farsi." Disse U.L Paper. "Questo tizio ha molti contatti nei paesi dell'Est. E' un uomo che può procurare di tutto, e quando dico di tutto, intendo veramente di tutto. Sono otto anni che gli do la caccia, ma riesce sempre a fuggire. Rifornisce di armi le cellule terroristiche sparse per il mondo. Grazie ai suoi agganci, i terroristi in questi anni hanno fatto esplodere diversi luoghi e procurato un certo caos in Europa. E' un uomo che va eliminato. Arrestarlo, non servirà a nulla. Anche perché, molta gente vuole venderlo in una fossa."
Niko aggrottò la fronte. "Come farò a trovarlo? Voglio dire, in questi anni non sei riuscito ad acciuffarlo, come potrei farlo io?"
U.L Paper scosse la testa. "Hai sentito cosa ti ho detto? Non devi prenderlo. Devi eliminarlo. Conosco la sua posizione. E' in un hotel a Middle Park. Sicuramente sarà protetto da qualche guardia, ma non credo che per te sarà un problema, non è vero, Niko?"
"Come si chiama?"
"Non è rilevante." U.L Paper prese una foto dal cassetto e la fece scivolare sulla scrivania. "Ecco. Questo è il tuo uomo."
Niko la prese e guardò il viso del bersaglio. Era un uomo dal viso ovale, occhi piccoli, zigomi pronunciati e lunghi capelli neri. Era stato fotografato mentre si guardava circospetto intorno. "Non sembra un terrorista."
"Lo so." U.L Paper posò le spalle sullo schienale della sedia. "Sembra una Rockstar. Un cantante Metal o porcherie del genere." Incrociò le mani sul ventre.
"A me sembra un Hippie."
"Fa lo stesso." Disse U.L Paper con un cenno della mano.
Niko si alzò e fece per lasciare l'ufficio.
"Stanza duecentotré." Disse U.L Paper in tono grave. "Non dimenticarlo."
Quando Niko lasciò l'ufficio, vide Karen in fondo al corridoio. Si scambiarono degli sguardi, ma nulla di più. Poi Niko prese l'ascensore e uscì dal grattacielo.

Raggiunse Middle Park, una decina di minuti dopo. Era un quartiere tranquillo, con un grande e verdeggiante parco nel mezzo. C'era persino un laghetto pieno di anatre e piccoli anatroccoli. Molta gente veniva qui per rilassarsi. Ogni stradina era battuta da qualche poliziotto. Non c'erano barboni, ma solo persone che fluivano qui da tutta Liberty City.
Niko parcheggiò la Banshee un poco più avanti del Hotel Cardez. Poi entrò nell'edificio, affollato all'ingresso da ricchi uomini d'affari e da escort. Salì al ventesimo piano.
Quando uscì dalla porta delle scale antincendio, senza far rumore, vide tre uomini sorvegliare il corridoio. L'ultimo, un uomo stempiato, stava dormendo su una sedia. Se fosse arrivato con l'ascensore, i tre uomini l'avrebbero visto e intimidito di lasciare il piano.
Niko per quel lavoro si era portato dietro una pistola con il silenziatore. Era l'ideale per un lavoro del genere. Si riparò dietro un muro e attese, accertandosi che nel corridoio ci fossero solo loro tre. Uomini importanti o ricercati dai federali, avevano l'abitudine di affittare l'intero piano dell'Hotel per ragioni di sicurezza. Questo Niko lo sapeva bene.
I due uomini di guardia alla porta, stavano parlando tra loro. Dall'accento, Niko dedusse che dovevano essere Russi o Armeni. Aveva conosciuto un Armeno quando abitava in Europa. Gli aveva offerto un lavoro come guarda spalla, che Niko rifiutò. Una settimana dopo, quell'uomo fu massacrato dalla mafia Armena, mentre Niko salì su una nave cargo.
Niko sbirciò dall'angolo del muro. Il terzo uomo dormiva ancora. 
Fece passare altri due minuti. 
Poi con un rapido scatto, sgusciò fuori e sparò cinque colpi ai due uomini. Li centrò in pieno petto, quindi, per sicurezza, li finì con due pallottole in fronte.
L'uomo stempiato che russava, non udì nulla. Niko gli toccò lo stinco con la punta del piede. L'uomo si svegliò, borbottando tra sé. Quando mise a fuoco il volto di Niko, si ritrovò con una pallottola in fronte.
"Troppo facile." Pensò Niko. "Forse non si aspettavano visite."
Girò la maniglia della porta, ma era chiusa. Così controllò le tasche dei tre uomini, senza trovare nulla. 
Niko non aveva altra scelta che bussare, ma prima di fare ciò, nascose i tre corpi in fondo al corridoio. Poi tornò alla porta e bussò. 
Dopo un momento qualcuno disse: "Chi è?"
"Servizio in camera."
"Un attimo." 
Niko attese un momento. Poi fu pervaso da una strana sensazione; così si spostò di lato. In quell'istante, la porta fu crivellata dalle pallottole di un AK.
"Merda." Si disse Niko fra sé. "Ecco perché le guardie non avevano le chiavi. Era tutto organizzato."
Le pallottole continuarono a fischiare accanto a Niko, finché l'AK smise di sparare. Niko rimase immobile. Quando sentì le scarpe della guardia scricchiolare sotto il legno della porta, uscì allo scoperto e gli sparò tre colpi in corpo.
Mentre l'uomo cadde di faccia sul pavimento, altri due uomini aprirono il fuoco su Niko, che scivolò dietro un divano. Le due guardie sparavano dietro due colonne doriche che separavano il piccolo cucinotto. Niko non poteva attendere che le due guardie ricaricassero i mitra. Il divano sarebbe stato fatto a pezzi molto prima.
Niko sgattaiolò di lato, prese l'AK dal pavimento e sparò una raffica cieca. Colpì lo stomaco e una gamba della guardia a sinistra. L'altro uomo arretrò dietro il bancone del cucinotto.
Niko si precipitò dietro la colonna e sbirciò in cucina. La trovò vuota.
Quando fece per entrare, la guardia uscì fuori e sparò verso di lui, mancandogli di poco la scapola.
Mentre sparava, Niko si lasciò cadere di schiena sul pavimento. La guardia fu colpita al petto e alla gola e sbatté le spalle contro il frigo. Poi si accasciò e soffocò nel suo stesso sangue.
Niko gettò un occhiata attorno. Non vide altre guardie, così si diresse nell'unica porta che conduceva nella camera da letto. La trovò chiusa.
Sparò alla serratura e la porta si spalancò. All'interno non c'era nessuno, ma vide una scala a chiocciola salire sul tetto. 
Quando arrivò sul terrazzo, notò che il bersaglio stava scavalcando un basso muretto che dava sull'edificio accanto. Niko lo inseguì, mentre quello gli sparava ogni tanto con la pistola. Infine, superato altri cinque parapetti e svoltato una cisterna d'acqua, il bersaglio si fermò. Era giunto in un vicolo cieco.
Niko gli si avvicinò con l'AK puntata verso la sua testa.
Il Bersaglio fece per sparare, ma si accorse di aver finito le munizioni. Il volto gli si sbiancò. Così gettò la pistola a terra e sollevò le mani. "Non uccidere. Posso pagare te." Disse con un forte accento Russo. "Io uomo ricco. Avere soldi. Monete." Il bersaglio sgranò gli occhi terrorizzato
Niko lo fissò negli occhi.
"Tu volere soldi? Uno milione dollari Americano? Due? Tu numero. Numero soldi."
Quando il bersaglio abbassò di poco le mani, pensando di averlo persuaso, Niko gli sparò a bruciapelo. Quello indietreggiò di due passi e si afflosciò di lato sul cornicione, poi scivolò giù dall'Hotel.
Niko sbirciò oltre il cornicione. Il bersaglio era spiaccicato sul marciapiede. Una piccola folla si era radunato attorno ed altri guardavano su, verso Niko. Da quell'altezza era impossibile che lo vedessero bene. 
Una volta lasciato l'Hotel, con la polizia che era appena arrivata sul posto e diceva ai passanti di allontanarsi dal cadavere, Niko mandò un messaggio a U.L Paper. "Fatto." Poi lasciò la zona.

Il giorno seguente, non avendo ricevuto alcun messaggio da U.L Paper, si disse fra sé che aveva certamente saputo quello che era successo alla Hotel Cardez. 
Pranzò con Roman e Victoria, che aveva preparato riso e funghi. Niko non aveva mai assaggiato un piatto del genere. Roman parlottava dicendo di aver mangiato ogni genere di piatto in questa vita, perché era un uomo importante. Nessuno dei due lo prese sul serio, ma Roman non sembrava farci caso. 
Nel pomeriggio, Victoria si mise a studiare sui suoi libri di medicina. Roman invece, fissava lo schermo del telefono in terrazza. Niko gli era vicino, ma non poteva far nulla per suo cugino. Si sentiva impotente.
Poi, quando lo convinse a guardare insieme un film thriller nel soggiorno, ricevette una chiamata da Redman. 
"Ehi, R." Disse Niko, uscendo nel terrazzo.
"Niko, amico." Aggiunse Redman preoccupato. "Jacob è stato arrestato dall'FIB."
"Merda...
"L'hanno rapito, Niko. Sono venuti con un furgone nero e lo hanno preso." Sospirò. "Sembrava un fottuto rapimento, non un arresto."
"Non doveva succedere..." Disse Niko fra sé. Pensava che U.L Paper avrebbe tenuto sotto controllo gli uomini di Petrov o chi era sul suo libro paga. Non era sicuro che fossero agenti corrotti, ma da ciò che aveva detto Redman, gli sembrava proprio così.
"Cosa non doveva succedere?" Sottolineò Redman, perplesso.
"Niente, R. Non è importante."
"Li ho seguiti, Niko. I Federali non lavorano così... Voglio dire, fanno sempre chiasso quando arrestano un bravo lavoratore. Amano farsi vedere ed essere sulle prime pagine dei giornali. Sono persone arroganti, ma questi... Questi non volevano farsi notare."
"Lo so, R. Comunque li hai seguiti tutto il tempo, giusto? Ora dove sono?"
"In un magazzino. A Tudor."
"Tu sei ancora lì?"
"Certo, dove potrei essere?"
"Aspettami lì. Arrivo."

Tudor era un quartiere di piccole case da una parte e grandi magazzini dall'altra. La famiglia Pegorino gestiva gli affari in questa zona, prima che Niko lo uccidesse per aver ammazzato Kate al matrimonio di suo cugino. C'erano anche gli Angels of Death, un banda di motociclisti che spacciavano metanfetamina e altre droghe dal Motor Club. Era un distretto caotico durante il giorno, ma silenzioso come un cimitero di notte
Quando raggiunse l'esperanto di Redman, Niko bussò al finestrino. Redman sobbalzò dallo spavento, imprecò tra i denti e aprì la portiera a Niko.
"Scusa, R." Disse Niko, sedendosi.
"Non è colpa tua. Sono troppo teso." 
"Questi magazzini sembrano tutti uguali."
"Infatti lo sono." Redman puntò il dito verso il grande magazzino con il portone verde. "Lo vedi? No, non quello. L'altro. Lo hanno portato là."
"Perché portarlo in un magazzino?"
Redman fece spallucce.
"Petrov ha degli agenti sul libro paga. Forse..." Niko serrò gli occhi per pensare. "Sì, devono essere loro."
"Sicuro? Non voglio ritrovarmi i Federali in casa."
"Sono già in casa nostra, solo che questi" Niko indicò il portone verde "lavorano per Petrov. Se hanno preso Jacob, forse vogliono farlo parlare. Sapere dove siamo noi due."

Mentre il sole tramontava, Redman e Niko si avvicinarono circospetti al portone verde. Non c'era nessuno di guardia. Sgusciarono dietro ad alcune casse e scatoloni. Poi Niko ci salì sopra e spiò nel magazzino dalle finestre rettangolari.
"Cosa vedi?" Gli chiese Redman.
"Niente. Sembra che non ci sia nessuno."
"Impossibile. Li ho..."
"Sssh!"
Niko vide tre uomini con giacconi blu scuro e la scritta FIB sulla schiena. Fecero sedere Jacob su una sedia da ufficio. Poi gli legarono mani e piedi con un laccio. Jacob era conciato piuttosto male in viso. 
Uno degli agenti corrotti, che aveva i capelli castani portati di lato, disse qualcosa a Jacob, che gli rispose sputandogli addosso.
Quello si pulì il viso e gli sferrò un pugno in faccia. Jacob perse i sensi.
Niko digrignò i denti.
"Allora?" Disse Redman a bassa voce.
Niko scese dalle casse. "Sono in tre, ma non so se all'interno ce ne sono degli altri."
"Nessuno è entrato dopo di loro. Hai visto anche Jacob?"
"E' ridotto male."
I due rimasero in silenzio un momento.
"Ok, facciamo così." Disse Niko. "Tu sorveglia la porta. Io mi occuperò di quei tre."
Redman annuì.

Quando entrò nel magazzino, gli ultimi fasci solari filtravano dalle larghe finestre rettangolari poste vicino al tetto. La maggior parte dell'enorme stanza era avvolta dall'oscurità, il che era un ottima cosa per Niko. Si sarebbe avvicinato agli agenti senza farsi vedere. 
Proseguì lungo il corridoio fatto di alti scaffali pieni di casse e cartoni, svoltò a destra e si ritrovò a qualche metro dagli agenti. Quelli stavano cercando di far svegliare Jacob con sberle e grida, ma era inutile. Jacob era ridotto davvero male. Se ne resero conto anche loro, borbottando e incolpandosi a vicenda.
Niko sgattaiolò fuori e sparò in testa ai tre. Fu rapido come un aquila in picchiata sulla preda. Gli agenti non ebbero il tempo di capire cosa stava succedendo che erano belli che morti.
Niko si precipitò da Jacob. Gli tastò la mandibola. "Ehi, Jacob. Mi senti?" Posò due dita alla base del collo. Respirava. Niko si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
Nella fretta di liberare Jacob dai lacci, Niko non prestò attenzione alle spalle. Un agente corrotto girò l'angolo del corridoio che portava in una piccola stanza. Si portò una mano sulla pistola nel vedere i tre agenti con un foro in testa. Poi vide le spalle di Niko e gli puntò la pistola.
Uno sparo echeggiò nel magazzino.
Niko si voltò di scatto con il cuore in gola. Vide Redman puntare la pistola verso l'agente morto. Poi gli tastò il corpo con la punta del piede.
"Merda..." Disse Niko.
"L'ho visto arrivare con una macchina." Redman indicò il corridoio da dove l'uomo era uscito. "E' entrato dal retro, così l'ho seguito." Accennò alla pistola dell'agente morto. "Meno male che l'ho fatto."
"Mi hai salvato la vita, R. Grazie."
"Figurati." Rispose Redman con un cenno della mano. "Ci copriamo le spalle a vicenda, no?"
"Giusto, anche se non è da me commettere questi errori."
"Rilassati, Niko. Siamo umani, non robot. L'importante è apprendere dai nostri errori."
"Mi sembra di sentire Jacob." Sorrise Niko. "Dice le stessa merda."
Redman scosse la testa e rise.

Portarono Jacob nel retro del Burger shot, nell'ufficio di Redman. Inizialmente, Niko aveva optato per il suo appartamento, ma là c'erano Roman e Victoria, che avrebbero fatto troppe domande. E poi Roman sarebbe schizzato come al solito. Già l'ansia di non sapere che fine aveva fatto Mellorie, lo stava distruggendo, figuriamoci la vista di Jacob pestato a sangue. Sarebbe impazzito e fatto qualche stronzata delle sue.
"Non è meglio portarlo alla clinica privata?" Disse Redman.
Posarono Jacob sul divanetto.
"Non è sicuro. Potrebbero rapirlo di nuovo."
Redman chiuse la porta dell'ufficio. "In effetti l'hanno preso mentre usciva da lì." Poi andò ad abbassare le tende veneziane alle finestre.
"Badman come sta?" Chiese Niko.
"E' protetto. Ho messo alcuni uomini di guardia e pagato gli infermieri. Dovrebbe essere al sicuro."
"Bene, anche se non capisco perché non abbiano preso anche Badman."
Redman fece spallucce.
Niko si chinò su Jacob. "Ehi, Jacob." Attese un attimo, quindi gli scrutò il viso. "L'hanno conciato proprio male."
"Già." Redman abbassò lo sguardo, rattristito.
"Forse era gente inesperta."
"Erano corrotti. I porci corrotti sono sempre degli idioti." Redman andò a prendersi una birra dal mini frigo. "Ne vuoi una?"
Niko scosse la testa. "Ho conosciuto gente che venderebbe persino la madre per qualche dollaro."
"Qui per una dose fanno la stessa cosa." Sorrise Redman, che non capì la serietà di Niko. 
Rimasero per un memento in silenzio.
"Chiama quel medico..." Niko corrugò la fronte per pensare. "Com'è che si chiama?"
"L'ho già avvisato quando eravamo in macchina. Arriverò a minuti. Tra l'altro, bell'auto, Niko."
Niko annuì.

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Capitolo 10
*** X. Capitolo ***


Il giorno seguente, mentre Niko stava finendo di cenare con Roman e Victoria, U.L Paper gli mandò un messaggio. "Domani mattina fatti trovare nel mio ufficio. E' importante."
Niko cancellò il messaggio e finì la cena.
Stare in stretto contatto con Victoria, lo aveva reso meno circospetto, meno vigile. Nel magazzino aveva quasi rischiato la vita. Non era da lui fare questi sbagli. Lo sapeva. Passò tutto la serata a meditare su questo.
L'ultima volta che aveva abbassato la guardia, aveva perso Kate. Non voleva che succedesse di nuovo. Che fosse lei, Roman o qualcun'altro. Non voleva abbassare di nuovo la guardia. Non poteva permetterselo.
Verso le dieci di sera, Niko guardò un film di azione con Roman e Victoria. Suo cugino, che era ancora turbato dalla scomparsa di Mellorie, se ne stava in silenzio. Non aveva aperto bocca tutto il giorno, il che preoccupò Niko.
Victoria sapeva che c'era qualcosa che non andava, ma preferiva starne fuori. 
Quando finirono di guardare il film, Roman andò a sdraiarsi sul terrazzo. 
Niko lo seguì con un bicchiere di Wiskhy in mano. "Ehi, cugino."
Roman lo salutò con un cenno della mano. In strada il traffico notturno di Liberty City cominciava a farsi sentire; schiamazzi, urla, clacson, auto che sfrecciavano da una parte e l'altra. Dopo il tramonto, la città assumeva un aspetto più allegro: non freddo e apatico come durante il giorno.
Niko gli si sedette accanto. "Tutto bene?"
"Sì. Tutto bene, Niko." Rispose Roman con un falso sorriso.
Rimasero in silenzio per un momento.
"Com'è possibile che nessuno sappia niente di Mellorie?" Disse Roman.
"Ritornerà. Non preoccuparti."
"Come faccio a non esserlo?" Roman alzò le mani. "Non faccio altro che pensare a lei. Non riesco a fare più nulla. Ormai apro bocca solo per ripetere le stesse cose."
Niko gli posò una mano sulla spalla per consolarlo.
Roman trattenne le lacrime. 
Niko rimase sorpreso che suo cugino non fosse esploso come al solito.
Roman incrociò le mani e ci appoggiò sopra il mento. "E' tutta la mia vita, Niko. Senza di lei..." Si ammutolì e serrò gli occhi per non piangere.
Rimasero in silenzio e ascoltarono il caos levarsi dalla strada.

Il mattino seguente, verso le dieci, Niko si recò da U.L Paper. Vide Karen nell'ufficio di fronte, seduta a una scrivania. Sfogliava alcuni documenti con aria ansiosa, quasi incredula. Niko non la salutò e tirò dritto nell'ufficio di U.L Paper.
Trovò l'uomo seduta dietro la sua scrivania con le mani incrociate sul ventre e un sigaro sulle labbra. Fece cenno a Niko di sedersi.
"Allora..." Disse Niko. "Cosa volevi dirmi?"
"Ho saputo cosa hai fatto nel magazzino, Niko." Gli rispose con sguardo apatico. "No, per favore. Non parlare. Non serve che mi dici come sono andate le cose. So già tutto." U.L Paper inspirò il fumo del sigaro. "Erano agenti corrotti." Espirò il fumo dalle narici. "Karen è già a lavoro. E' rimasta sorpresa nel scoprire che i tre agenti corrotti, erano suoi vecchi amici dell'accademia. Quanto è piccolo il mondo, non è vero?"
"Vecchi amici?" Sottolineò Niko confuso. "Karen non mi ha parlato di vecchi amici. Mi ha solo detto che Petrov aveva sul libro paga degli agenti."
"Non poteva saperlo. Nemmeno io era a conoscenza di quei nomi."
"Questo vuol dire che..."
"Che ci sono molti agenti alle dipendenze di Petrov."
Niko sbiancò di colpo.
"Anche tu sembri sorpreso." U.L Paper posò il sigaro nel portacenere. "Nella mia vita ho conosciuto criminali di ogni genere. Dimitri, ad esempio, era uno di quelli che vola talmente in alto, che se non gli tagli le ali in tempo, quello ti si fionda come un aquila." Accennò un mezzo sorriso. "E' molto raro incontrare questa gente, perché, parliamoci chiaro, Niko, quasi tutti i criminali sono degli idioti. Non hanno cervello, ma uomini come Dimitri e Petrov, quelli sì che sono tutti cervello. Hanno conosciuto la fame, la povertà. Hanno cercato di uscirne fuori con astuzia e intelligenza. Sanno come muoversi, quando colpire e chi colpire. Del resto, sono uomini del genere che mantengono la quiete nelle strade. Che evitano che le gang si scannino tra loro e..."
"Arriva al punto." Disse Niko un po' seccato.
"Devi entrare nel quartiere generale del FIB."
Niko sbarrò gli occhi. "Cosa?"
U.L Paper gli sorrise. "Ho bisogno che tu rubi i fascicoli dei tre agenti corrotti. Quelli che hai ucciso."
"Ho per caso la faccia di un buon samaritano?" Nikò si indicò il volto. "Mi scopriranno."
"No, ma è un punto a tuo favore. Forse hai visto troppo film. Nessuno del FIB ha una faccia d'angelo. Quasi tutti sembrano usciti da Wall Street o direttamente dalla prigione." U.L Paper si lasciò andare sullo schienale della poltrona.
"E se anche entrassi, non farei molta strada. Quel posto è una fortezza. Lo sanno tutti."
"Ricordati che conosco ogni debolezza di quella fortezza e di altre fortezze come quelle. Più delle volte, è solo illusione. Ti fanno credere che è impossibile entrarci o fare qualcosa all'interno, ma più delle volte non è così. Anzi, è la stessa sicurezza che è obsoleta. Dopo tutto, il mio lavoro consiste nel..." U.L Paper si ammutolì. "Sto divagando troppo."
Niko lo fissò senza dire nulla.
"Ok, Niko." U.L Paper si tirò avanti e posò i gomiti sulla scrivania. "Ecco cosa devi fare..."

Quando Niko lascio l'ufficio di U.L Paper, vide Karen nel corridoio con dei fogli in mano.
"Niko." Karen gli si avvicinò con fare sbrigativo. "Questo è il pass livello 7." 
Niko prese la scheda di riconoscimento con il suo volto impresso. Si chiamava Edgar London ed era nato nel New Jersey. Gli sembrò strano vedersi in una piccola scheda, ma per di più, vedersi come membro del FIB.
"Puoi accedere fino al settimo piano. Se vai oltre, c'è il rischio che..."
"Lo so, finirò ammazzato."
"No, ti arresteranno." Rispose Karen stizzita.
Niko arricciò le labbra, annuendo. "Quelli sono per me?" Indicò i fogli nella mano della donna.
"No. Buona fortuna." Karen entrò nell'ufficio di U.L Paper.

Niko lasciò l'edificio e salì sulla banshee. C'era molto traffico nelle strade principali della città, quindi prese le strade secondarie. Raggiunse l'appartamento mezz'ora dopo, in quanto c'erano ingorghi ovunque. Ma ormai Niko ci era abituato. Quando un anno prima era giunto a Liberty City, aveva trovato un nuovo mondo. Un modo artificioso, falso e meschino. Costruito interamente sul denaro e la fama. Il potere era solo passeggero. Potevi essere il padrone del città per un giorno e diventare un barbone il giorno dopo. Tutto era in continuo mutamento. 
Niko trovò difficoltà ad ambientarsi, in quanto proveniva da un piccolo paesino dell'Est Europa. Gli sembrava di vivere dentro un film. Un film la cui trama era la pura essenza della cruda realtà, che nei film raramente emergeva.
Quando entrò nell'appartamento, si accorse che Victoria non c'era. Forse era andata da qualche parte. Roman invece, se ne stava sul terrazzo, nella penombra. 
"Ehi, Roman." Disse Niko. 
Roman alzò una mano per salutarlo.
"Vado a farmi una doccia. Ho una questione da sistemare."
Suo cugino non gli rispose.

Una volta uscito dalla doccia, Niko indossò una camicia bianca, una giacca nera e un pantalone nero. Tutto interamente di seta. Era il suo miglior abito. Lo aveva pagato tremila dollari.
Chiuse il suo armadio, prese la scheda di riconoscimento e la mise al collo.
"Sto andando, Roman." Disse Niko, ma Roman non gli rispose.
Entrò nella Banshee e si diresse al quartiere generale del FIB.

L'ingresso era sorvegliato da due uomini. Alcune persone stavano entrando nell'edificio. Non c'era molto via vai, almeno così credette Niko, finché non fu all'interno. 
Si trovò in un ampio salone. Sul pavimento, c'era disegnato il logo del FIB. Poco più avanti, la reception. Un uomo sulla trentina stava parlando con un donna, quando intravide con la coda dell'occhio Niko. Serrò per un attimo gli occhi, poi ritornò a parlare alla donna.
Niko non si accorse del suo sguardo, ma altri come quell'uomo lo stavano osservando di sottecchi. Molti di loro distoglievano lo sguardo nel vedergli il badge al collo.
Niko raggiunse l'ascensore e ci entrò.
Insieme a lui c'erano altri due uomini e una donna. Se ne stavano in silenzio con lo sguardo fissò davanti a sé. Niko si sentì a disagio e cercò di rimanere tranquillo. Una rilassante melodia suonava all'interno.
L'ascensore si aprì e i due uomini uscirono al quarto piano.
La donna si spostò affianco a Niko, sempre con lo sguardo in avanti. 
L'ascensore riprese a salire, finché arrivò al settimo piano. Entrambi uscirono dall'ascensore e la donna andò a sinistra, mentre Niko rimase a guardarsi intorno. Il corridoio aveva le pareti bianche e il pavimento blu chiaro. Qualche quadro si intervallava lungo le mura. Paesaggi freddi, tristi, con qualche accenno a un grattacielo anonimo o edifici di inizio '900.
Doveva raggiungere la stanza centodue. Là c'erano i fascicoli di quei tre agenti. Grazie ad essi, U.L Paper poteva risalire a tutti i loro contatti e scartare quelli inutili.
Percorse il lungo corridoio e arrivò vicino alla stanza. Quando ci entrò, vide una bella donna sulla ventina seduta davanti a una scrivania. 
Lei alzò lo sguardo nel vedere Niko. "Serve qualcosa?" Lo chiese come se Niko fosse lì per lei.
"Devo vedere alcuni vecchi fascicoli." Mentì Niko.
La donna si accigliò, perplessa. "Ti riferisci a vecchi casi?"
"Sì."
"Hai sbagliato stanza. Devi andare alla centootto. Qualche porta più avanti."
Niko sentì una fitta allo stomaco. "Sono nuovo. Pensavo fosse questa."
La donna lo fissò, senza dire nulla.
Niko ebbe l'impressione che non si era bevuta nulla di quello che aveva detto. Forse la donna aveva intuito che Niko non fosse del FIB. Ma non era sicuro. Forse si stava facendo prendere dal panico.
Uscì dalla stanza e riprese fiato in corridoio. Fissò per un attimo la porta da cui era uscito, aspettandosi che da un momento all'altro sbucasse la donna, ma non fu così.
Attese ancora un po'. Poi cercò di trovare una scusa. Doveva assolutamente prendere i tre fascicoli. 
Quando fece per entrare, la donna uscì dalla stanza. Lo guardò sospettosa per un momento. Poi si accarezzò i capelli castani e abbassò gli occhi. Credeva che Niko volesse il suo numero. Lo trovava carino, perciò rimase immobile, aspettando che lui parlasse. Ma Niko interpretò male quel gesto. Si avvicinò con un sorriso impacciato e le sferrò un pugno sulla mascella. La donna cadde di spalle nella stanza. Niko lanciò uno sguardo nel corridoio: non vide nessuno. Così richiuse la porta.
La prima cosa che fece, fu chiamare U.L Paper. Non sapeva cosa fare con la donna. Per ora aveva perso i sensi, ma quando si sarebbe ripresa avrebbe gridato aiuto.
"Hai preso i fascicoli?" Rispose U.L Paper al cellulare.
"Non ancora, ma ho un problema."
"Sarebbe?" La voce di U.L Paper era grave.
"Ho dovuto neutralizzare una donna. Credo che avesse capito che non fossi del FIB."
"Dannazione, Niko. Doveva essere un lavoro pulito. Dovevi solo prendere quei maledetti fascicoli."
"E come avrei fatto? C'era questa donna a sorvegliare la stanza."
"Sorvegliare?" Urlò U.L Paper irato. "Nessuno sorveglia quella stanza. Sei sicuro che sei nel posto giusto? Ah, lascia perdere, dannazione. E' un agente?"
"Non lo so." 
"Guardale il tesserino."
Niko notò che sul tesserino c'era scritto visitatore. "No, non lo è. Qui c'è scritto che è un avvocato."
"Non ci voleva, poteva esercitare il mio grado su..." U.L Paper si ammutolì. "Non importa. Devi ucciderla. Non possiamo permetterci che parli."
"Cosa?"
"Fallo, Niko. O manderai tutto a puttane. E la prossima volta, accertarti chi sia la persona davanti a te, prima di farti prendere dal panico."
"Ma... Ma non posso farlo."
"Non hai altra scelta." U.L Paper riattaccò.
Niko fissò la donna per un momento. Le guardo il collo esile. Poi lei riprese lentamente i sensi: Niko reagì d'istinto. 
Le mise le mani attorno al collo e strinse più che poté. Vide gli occhi della donna gonfiarsi come palle da golf, mentre si dimenava, tirandogli pugni e schiaffi. Niko deviò il suo sguardo. La donna cercò di parlare, di liberarsi, ma uscirono solo rantoli soffocati. Infine, smise di muoversi. Niko strinse ancora un po', poi lasciò la presa.
Gli occhi della donna fissavano i suoi. Niko si guardò le mani, poi si alzò incredulo. Non si capacitava di ciò che aveva fatto. Ma sapeva che andava fatto. Ripensò alla donna che stava cercando di parlare. Forse gli implorava pietà o forse gli stava dicendo che non avrebbe mai parlato. Ma non poteva rischiare. Lo sapeva.
Una volta ripulito le sue impronta dal collo della donna, la prese dalle caviglie e la trascinò in fondo alla stanza, dietro a due enormi scaffali. La guardò un ultima volta. Poi si mise a cercare i fascicoli. 
Minuti dopo, un altra donna entrò nella stanza. "Adrienne ho trovato ciò..." La donna dai corti capelli neri si guardò in giro. 
Niko si nascose dietro uno scaffale. 
La luce delle lampade da soffitto, illuminavano debolmente la stanza per via degli innumerevoli scaffali pieni di cartoni.
"Adrienne?" Disse la donna. "Sei qui?" Camminò tra gli scaffali, mentre Niko si muoveva per non farsi vedere. Poi la donna si fermò a un passo da dove si trovava il corpo senza vita di Adrienne. Niko era pronto a saltarle alle spalle. Sapeva che se avrebbe scoperto Adrienne, avrebbe dovuto ucciderla. Poi la donna ritornò indietro, gettò uno sguardo alla scrivania e vide la borsa di Adrienne. 
Niko la udì borbottare qualcosa. La donna prese la borsa e uscì fuori.
Niko tirò un sospiro di sollievo. 
Trovò i tre fascicoli dopo qualche minuto. Sfoglio i documenti e ci trovò un sacco di nomi di informatori. Alcuni erano persino della mafia Italiana. Sicuramente U.L Paper avrebbe trovato un pista seguendo tutto quei nomi, così da capire quanto fossero gli agenti sul libro paga di Petrov. 
Con circospezione, Niko aprì la porta, sbirciò nel corridoio e uscì dalla stanza. 
Aveva uccisa una donna, oggi. Sapeva che questa cosa un giorno gli avrebbe creato rimorsi. Forse l'avrebbe superato o l'avrebbe lacerato dall'interno, com'era successo quando era nell'Est Europa. Costretto a fare azioni immorali per il bene del suo plotone. Una vita che aveva cercato di distruggere. Ma sapeva bene che i ricordi non si possono distruggere, al massimo dimenticare. Come sapeva che un giorno sarebbero riapparsi senza preavviso.

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Capitolo 11
*** XI. Capitolo ***


 

Una volta lasciato i tre fascicoli alla reception della United Liberty Paper, Niko si diresse al suo appartamento.
Trovò Victoria davanti al portone con due buste della spesa.
"Ehi, lascia fare a me." Le disse Niko, prendendo le due buste.
Victoria smorzò un sorriso e aprì il portone.
Quando arrivarono nell'appartamento, trovarono Roman disteso sul divano. Russava con in mano una bottiglia di birra e nell'altra il cellulare.
Niko provò pietà per suo cugino. Non dormiva da giorni. Il rapimento di Mellorie l'aveva distrutto, ridotto a uno stato quasi vegetativo.
"Vado a preparare la cena." Aggiunse Victoria un poco imbarazzata.
"Ti aiuto a sistemare la spesa."
Niko se la prese molto comoda, sistemando con molta cura il contenuto del frigo. Non l'aveva mai fatto, ma era l'unico modo per stare vicino a Victoria, visto che non aveva nulla da dire. Una volta finito, Niko guardò di sfuggita Victoria che stava cuocendo delle fettine nella padella. Lei si accorse subito del suo sguardo e fece finta di nulla.
"Io... Io vado a dare un occhiata a Roman." Disse Niko un po' a disagio.
Victoria annuì con un sorriso.
Roman dormiva ancora nella stessa posizione; la bocca semi aperta, la bava sul cuscino fatto con una giacca.
Niko si sedette sulla poltrona di fronte. Non disse nulla. Si limitò a fissarlo per qualche minuto. 
Poi il cellulare di Niko vibrò. Lesse il messaggio.

Messaggio inviato da: U.L Paper
Abbiamo un grosso problema, Niko. Domani mattina vieni nel mio ufficio. 

Niko cancellò il messaggio. U.L Paper non diceva mai nulla per iscritto, ma ebbe come l'impressione che fosse per causa della donna che aveva ucciso. Gli venne una fitta allo stomaco nel ricordare le sue mani attorno al collo della donna. Cercò di scacciare i pensieri, ma quelli diventarono più opprimenti, invadenti. Rivide davanti a sé gli occhi della donna gonfiarsi, la pelle diventare viola e le sue labbra rantolare frasi sconnesse.
Si alzò di colpo, spaesato. L'ultima volta che un ricordo aveva preso il sopravvento, era stato quando Niko e il suo plotone avevano fatto fuori un intero villaggio. Sentì la schiena gelarsi. Raggiunse il terrazzo a passo svelto e si fermò davanti al cornicione, poggiando i gomiti. Aveva il fiatone. Fece lunghi respiri, mentre il sole tramontava all'orizzonte. 
"Niko." Disse Victoria.
Niko sussultò nell'udire il suo nome. Si girò. "Si?"
"La cena è in tavola." Victoria si accigliò un poco, non capendo perché Niko era triste.
"Sì... Vengo subito."
Victoria non rispose ed entrò dentro.
Quando Niko entrò nel soggiorno, vide Roman alzarsi dal letto. L'odore di carne arrosto l'aveva messo il buon umore o almeno così gli sembrò a Niko.
Roman si sistemò i capelli scompigliati con un passata di mano. Poi guardò il cellulare. Nessun messaggio o chiamata. Si rabbuiò un poco, finché incrociò lo sguardo di Niko.
"Ehi, Niko." Disse Roman spalancando le braccia. "Dai un abbraccio al tuo buon cugino." 
Niko rimase fermo e Roman lo abbracciò.
Cenarono con carne arrosto e dell'insalata. Roman parlò come un fiume in piena, ma Niko capì che era solo una facciata. In realtà Roman passava dall'estrema depressione, all'esaltazione più totale. Spesso a Niko gli sembrava di parlare con qualcun'altro, non con suo cugino. Ma ormai lo conosceva da sempre. 
Per Victoria invece, tutto questo risultava strano e inquietante. Lei non lo ammetteva, ma più ore passava in contatto con Roman, più capiva quanto era imprevedibile. Pensava che fosse colpa delle droghe o delle birre, ma Roman non assumeva droghe e crollava alla seconda birra. Era un pensiero maturato da poco. Si era decisa di non farsi immischiare dalle faccende di Niko o di Roman, solo che era le era quasi impossibile non farci caso. 

L'indomani, verso le dieci, Niko si diresse all'ufficio di U.L Paper. Non trovò molto traffico, fin quando non fu a un isolato dall'edificio. Lì era successo una sparatoria. I poliziotti tenevano lontano la folla attorniata vicino al cadavere di un uomo di mezza età. L'avevano colpito cinque volte al petto e una in fronte. Era una vera esecuzione. Le famiglie italiane non usavano uccidere in pubblico, a meno che non volessero inviare un messaggio intimidatorio.
Quando Niko entrò nell'ufficio, U.L Paper stava fumando un sigaro e guardava fuori dalla finestra. Si voltò. "Hai visto?" Gli chiese.
"Cosa?" Rispose Niko.
"Dopo la morte di Gravelli, le famiglie sono impazzite." Andò a sedersi dietro la scrivania.
"Capisco."
"Vado al punto, Niko." U.L Paper posò il sigaro nel portacenere. "L'FIB ha un video di te che esci dalla stanza dei fascicoli. Lo so, lo so, non parlare, ok? Fammi finire. Non sapevo che ci fossero delle telecamere nel corridoio. Voglio dire, non davanti alla stanza dei fascicoli. Ora, siccome hanno trovato il cadavere della donna, sospettano che sia stato tu. Anzi, è questione di ore prima che ti sbattano dentro. Ti hanno visto sferrare un pugno, solo che sembrava... Come dire, che avessi colpito l'aria. Comunque, devi eliminare quella registrazione. Si trova al terzo piano, in una cassetta di sicurezza. Non preoccuparti, il codice è 2-8-3."
"Non puoi occupartene tu? Non posso entrare di nuovo nel quartier generale del FIB. Mi arresteranno."
U.L Paper si lasciò andare sullo schienale della sedia. "Ho le mani legate. I miei uomini farebbero troppe domande. Voglio dire, lo farebbero alle mie spalle. Non possono permettermi una cosa del genere."
"Stai dicendo sul serio? Non dicevi che avevi tutti per le palle o qualcosa del genere?"
U.L Paper fece spallucce. "Il casino l'hai fatto tu."
Niko scosse la testa irritato. "Ora la colpa è mia?"
"E' unicamente tua, Niko. Dovevi semplicemente rubare i fascicoli, ma tu hai complicato le cose. Ora tocca a te risolverlo."
Niko sbuffò, alzandosi in piedi. 
"Karen ti accompagnerà all'entrata di servizio." Disse U.L Paper con un freddo sorriso. "Pensavi davvero che ti avrei mandato allo sbaraglio come un idiota?" Rise. "Lo avresti fatto di sicuro, conoscendoti. Ma devo salvaguardare i miei interessi. Se ti beccano, avrò anch'io dei grattacapi. E a me non piacciono i grattacapi, figuriamoci avere degli agenti FIB che non posso domare e che spulciano nei miei affari."
Niko non rispose.
U.L Paper fece un cenno alla porta. "Ok, ora vattene dal mio ufficio." Niko fece per uscire, quando U.L Paper aggiunse. "E se non riesci a distruggere quel video, non farti più vedere qui. Io non ti conosco e non potrai nemmeno incolpare me. In questo edificio lavorano un centinaio di uomini che corrispondono alla mia descrizione." Fece una pausa per guardare Niko dritto negli occhi. "Quindi è una caccia alle streghe, mi capisci, vero?"
Niko non era molto sorpreso. Gli aveva già fatto questa ramanzina in passato, quando l'aveva conosciuto per la prima volta un anno fa.

Una volta nel corridoio, vide Karen vicino all'ascensore con le braccia conserte. La raggiunse.
"Ciao, Niko." Disse la donna senza guardarlo in faccia.
"Karen."
Ci fu un attimo di imbarazzo. Poi le porte dell'ascensore si aprirono ed entrarono. Karen pigiò il tasto piano terra.
"Ti vedo bene." Disse Karen impacciata.
"Anche tu, Michelle... Ehm, Karen."
"Grazie."

Raggiunsero l'auto di Karen, che era parcheggiata di fronte all'edificio da cui erano usciti. Salirono in macchina e presero la strada principale per arrivare al quartier generale del FIB. Non si scambiarono nemmeno una parola durante il tragitto. Karen gli lanciava sguardi con la coda dell'occhio, mentre Niko guardava fuori dal finestrino. I marciapiedi erano pieni di gente, sopratutto al centro della città. 
Dieci minuti dopo arrivarono davanti al palazzo del FIB. Karen fece il giro dell'isolato e parcheggiò a trenta metri dall'ingresso di servizio.
"C'è sempre una guardia." Karen puntò il dito verso l'uomo con le spalle larghe e gli occhiali scuri. "Non puoi entrare senza averla neutralizzata."
"Mi toccherà ucciderlo."
"No." Karen lo guardò in malo modo. "Ti basterà metterlo fuori gioco."
"Si sveglierà primo o poi. Non posso rischiare."
"Lo legheremo nel portabagagli della mia auto."
Niko la fissò per un istante. "Perché mi stai aiutando? Dovevi solo accompagnarmi qui."
Karen non gli rispose. 
Niko la guardò negli occhi. Poi uscì dall'auto.
La guardia se ne stava con le spalle poggiate al muro. Niko capì che la guardia non aveva mai avuto problemi. Doveva essere un lavoro noioso. Niko stesso non capiva l'esigenza di mettere una guardia all'entrata di servizio.
La guardia lo scrutò per un po', poi volse lo sguardo altrove. 
Niko si guardò attorno, facendo finta di andare da qualche parte. Quando si accertò che non ci fosse nessuno, si avvicinò alla guardia, che ora lo stava guardando accigliato e gli mollò un pugno. La guardia deviò il colpo e cercò di colpirlo alla mascella, ma Niko arretrò la testa in tempo. Poi gli sferrò un calcio sul ginocchio. La gamba della guardia cedette. L'uomo alzò lo sguardo e si vide arrivare una ginocchiata in faccia. Crollò a terra e perse i sensi.
Karen uscì dall'auto e andò ad aprire il portabagagli, mentre Niko si mise in groppa la guardia. Poi lo depositò nel portabagagli.
Niko stava per parlare, ma Karen fu più veloce. "Non preoccuparti. Se si sveglia, lo farò addormentare di nuovo."
Niko rubò la tessera dalla tasca della guardia e si diresse all'ingresso di servizio. Passò la scheda nell'apparecchio accanto alla porta ed entrò.

Era in un lungo corridoio dalle pareti bianche e il pavimento di marmo. Si diresse verso l'unica porta in fondo, l'apri e con amara sorpresa si ritrovò all'ingresso del quartiere generale, coperto lievemente dall'ampio sottoscala che conduceva al secondo piano.
Entrare dalla porta di servizio non era servito a niente, o almeno così credette Niko, finché non vide una porta alla sua destra. Era poco nascosta dalle foglie di una pianta. La scostò e si infilò dentro. Una scala saliva fino alla terrazza. Arrivò al terzo piano, camminò nel corridoio ed entrò nella stanza in cui si trovava la videoregistrazione. Era piccola, illuminata solo da un piccola lampada sul tavolo.
Un uomo stava guardando vari schermi di sorveglianza che filmavano vari punti dell'edificio. Niko era stato fortunato quando aveva ucciso la donna. Forse l'uomo era in pausa o non era attento in quel momento.
L'uomo non si accorse di Niko, che avanzò di soppiatto e lo colpì dietro la nuca. L'uomo perse i sensi sulla sedia.
Niko diede un occhiata agli schermi. Vide la stanza dei fascicoli sigillata con del nastro giallo. Non notò telecamere che riprendevano l'ingresso di servizio, il corridoio da cui era entrato o quello che aveva appena percorso.
U.L Paper aveva ragione sulla sicurezza obsoleta del palazzo del FIB. Si poteva entrare senza essere visti dall'ingresso di servizio. Bastava mettere fuorigioco la guardia come aveva fatto lui. Forse l'FIB si arrogava troppa sicurezza data dal potere esercitato per via intimidatoria. Credevano che nessuno fosse così idiota da entrare nel loro palazzo, ma a Liberty City si poteva trovare sempre uno squilibrato che l'avrebbe fatto anche senza motivo. Niko pensò che fosse lui lo squilibrato, ma accantonò quel pensiero. Era lì per un motivo.
La cassetta di sicurezza era sotto il tavolo, su cui erano poggiati gli schermi della sorveglianza. Pigiò i tasti 2-8-3 e sentì uno scatto interno. Quando aprì lo sportello, vide una chiavetta USB e alcuni fogli bianchi. Li lesse di sfuggita. Erano scritti nomi che a Niko non dicevano nulla. Quindi posò i fogli, afferrò la chiavetta USB e chiuse lo sportello. Poi, prima di lasciare la stanza, sbirciò nel corridoio e uscì. Corse verso la porta, scese a due a due le scale e si lanciò nel lungo corridoio, uscendo dall'edificio.

Karen era vicino al portabagagli e si guardava attorno. Niko notò un gruppo di uomini e donne venire verso di lui. 
"Dov'è Jason?" Disse una donna.
Quelli del gruppo guardarono dapprima lei, poi Niko.
"Non lo so." Disse Niko.
Il gruppo rimase per un po' in silenzio. Infine, ad uno ad uno, entrarono nell'ingresso di servizio.
Niko si incamminò verso l'auto di Karen, che salì a bordo.
Quando Niko fu dentro, disse. "Si ricorderanno la mia faccia."
"Non credo." Rispose Karen, accendendo il motore.
"Che vuoi dire?"
"Sono nuovi. I nuovi entrano sempre dalla porta di servizio."
"Non lo sapevo. E tu come lo sai?"
"Riconosco le facce pulite. E comunque dobbiamo lasciare il nostro passeggero a qualche isolato da qui."
"Anche lui potrebbe riconoscermi." 
"Ci penserò io. Ho chiamato una squadra che risolverà il problema."
"Vuoi ucciderlo? Ma non avevi detto che..."
"No, niente affatto." Disse stizzita Karen. "Userò modi persuasivi. U.L Paper mi ha lasciato carta bianca."
"Capisco." Ripose Niko, anche se non capiva che modi avrebbe usato. "Quindi sapeva della guardia."
"Sa sempre tutto."
"Eppure ha mandato me a..."
"Ti sei incasinato, Niko." Disse Karen. "Non tocca agli altri risolvere i tuoi problemi."
Niko si ammutolì. Erano le stesse parole di U.L Paper.

Dopo aver superato un isolato, Karen parcheggiò la macchina in un vicolo. Niko scese e aprì il portabagagli. Poi slegò i polsi e le caviglie dell'uomo e lo lasciò dietro a un bidone della spazzatura. Infine, ripartirono.
Quando l'auto lasciò il vicolo, Niko disse. "Quella guardia parlerà."
"Non lo farà." Rispose Karen.
"Tu come lo sai?"
"So fare il mio lavoro."
"Ma ora sei con me. Come puoi essere sicura che non parlerà?"
Karen lo guardò. "Proprio non ci arrivi, eh?"
Niko non rispose e continuò a fissarla.
"Quell'uomo non lavora più per l'FIB. Ora lavora per U.L Paper, solo che non lo sa."
"Ah, perfetto." Sbuffò Niko, alzando le mani. "Se era così semplice, perché lo steso? Non potevate corromperlo o stronzate del genere?"
"Fai troppe domande, Niko." Rispose Karen con tono irritato. "Ad ogni risposta, tu mi fai una nuova domanda, oppure insisti con le stesse domande. Sprechi solo fiato."
Niko la guardò per un istante, poi volse lo sguardo fuori dal finestrino.
Mezz'ora dopo, Karen raggiunse l'appartamento di Niko. Lui scese dalla macchina senza salutarla e lei sparì nel traffico. 

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Capitolo 12
*** XII. Capitolo ***


Nove giorni dopo.
Quando Niko tornò nel suo appartamento, vide Roman che parlava al cellulare.
"Sì.. Sono io, Roman Bellic... Siete sicuri? E' Mellorie?" Le lacrime gli rigarono il viso. "Dite sul serio? Lei, lei stai bene..? Ok, arrivo."
"Che succede?" Gli domandò Niko.
Roman lo guardò. Avevo gli occhi iniettati di odio. 
Niko non aveva mai visto quello sguardo su suo cugino. Per un momento ne fu quasi intimorito.
"Mellorie." Disse Roman. "L'hanno trovata."
"Ma è fantastico, Roman." Fece per abbracciarlo, ma suo cugino lo respinse. "Lei sta bene? Dov'è, ora?"
"Andiamo con la tua banshee."
Niko si accigliò. "E' successo qualcosa?"
Roman andò alla porta e si girò. "Allora?"
Victoria, che era sulla soglia della cucina, lanciò un occhiata a Niko. Poi se ne tornò in cucina.
"Ok." Niko prese le chiavi dell'auto dal comodino e lasciò l'appartamento insieme a Roman.

Una volta in macchina, si diressero verso l'ospedale. Il sole era tramontato da un ora e la gente si stava assembrando davanti ai night club. 
Passarono davanti al Maisonette, il night club più famoso di Liberty City. Niko notò un bodyguard davanti alla porta, che cercava di tener fuori le persone ubriache. 
Arrivarono all'ospedale verso le nove e trenta di sera. Quando Niko fece per trovare parcheggio, Roman uscì dalla macchina ancora in movimento. 
"Ehi" Gridò Niko, ma suo cugino si era già incamminato verso l'ospedale.
Una volta lasciata la banshee nel parcheggio dell'ospedale, Niko entrò nell'edificio. C'era molta gente all'entrata: la maggior parte seduti in fondo alla stanza. 
Andò alla reception, dove due infermiere stavano parlando.
"Scusate." Disse Niko. L'infermiere smisero di parlare. "Sapete dirmi in che stanza si trova Mellorie Bardas?"
"Sì, un attimo." L'infermiera pigiò i pulsanti sulla tastiera e scrollò la rotellina del mouse. "Stanza 72." Disse.
"Grazie." Niko si diresse lungo il corridoio, svoltò a destra e continuò per qualche metro. Poi entrò nella camera.
Roman era al capezzale di Mellorie. Aveva la faccia tumefatta e un gesso alla gamba destra. Niko si avvicinò a suo cugino, che stava cercando di reprimere le lacrime.
Quando gli toccò la spalla, Roman si scostò. 
Niko capì che voleva rimanere da solo. Quando fece per uscire, un dottore entrò nella stanza.
Roman si girò a guardarlo. 
Il dottore diede un occhiata alla cartella ai piedi del letto. Poi andò da Mellorie, le aprì le palpebre e fece scorrere una lucetta nei due occhi. Sembravano muoversi e rispondere alla luce.
Roman lo guardava preoccupato, mentre Niko era vicino alla porta.
"Quando si sveglierà?" Gli chiese Roman.
"Non lo so." Rispose il dottore. "Dipende da lei." E andò via.
Niko lo seguì nel corridoio. "Aspettate, dottore."
L'uomo si voltò. 
"Cosa le è successo?"
"E' stata violentata più volte." Gli rispose in tono dispiaciuto. "Ha gravi ematomi su tutto il corpo. L'hanno trovata assiderata a Beechwood City. La polizia ha aperto un indagine."
"Quindi non hanno preso il colpevole?" 
"Che io sappia no. Ora se mi vuole scusare, o altri pazienti." 
Niko ritornò nella stanza da Roman e si sedette vicino alla finestra. Roman teneva le labbra sul dorso della mano di Mellorie. Piangeva in silenzio e se le sue spalle scattavano su e giù per i singhiozzi.
"So cosa vuoi dirmi, Niko." Disse Roman dopo qualche minuto. "Voglio trovare quel figlio di puttana e ucciderlo con le mie mani. Ecco la risposta alla tua domanda."
Niko si alzò, anche se non comprese perché l'aveva fatto. "Lo so, Roman."
"E' tutto quello che hai da dire?"
Niko lo guardò per un attimo. "Cosa vuoi che ti dica? Quello stronzo pagherà per ciò che ha fatto a Mellorie. Lo sistemerò come si deve."
"No, Niko. Non hai capito." Roman si alzò di scatto. "Devo farlo io! Io! Non tu! Tocca a me massacrare quel figlio di puttana. A me!" Si avvicinò a Niko. "A me? Capito?" Il viso di Roman era diventata rosso dalla rabbia.
Niko indietreggiò un poco, quasi intimorito. Non gli sembrava Roman, ma uno squilibrato. "Ok, Ok, Cugino." Alzò le mani in segno di arresa.
Roman tornò a sedersi.

Niko raggiunse il distributore automatico all'entrata dell'ospedale. Prese un caffè-latte e si sedette. La gente era diminuita. Alla reception era seduta una giovane infermiera tutta presa dalla conversazione al cellulare. Niko intuì che stava parlando con qualcuno che le piaceva, visto come ridacchiava ogni tanto.
Quando finì di bere il caffè-latte, Niko gettò il bicchierino nel cestino e tornò da Roman. 
Suo cugino era ancora seduto vicino a Mellorie. 
Niko andò alla finestra per prendere un po' d'aria. Non gli piacevano gli ospedali. Gli mettevano ansia.
"E' stata violentata, Niko." Disse improvvisamente Roman, senza voltarsi.
Niko non rispose.
"E io non ero lì a proteggerla." Fece una lunga pausa. "Se fosse morta..."
"Non lo è, Roman." Rispose Niko. "Ora è qui con te."
Dopo un altro lungo silenzio, Roman si volto e disse: "Ho pensato a Kate. Lei è morta tra le tue braccia."
Niko abbassò lo sguardo sul pavimento. Poi si voltò a guardare il cielo dalla finestra.
"Ora capisco come ti sei sentito... La tua rabbia, il tuo rancore, il tuo odio. Ora capisco, Niko. Ora capisco."

Un'ora dopo Niko uscì fuori dall'ospedale. Jacob lo stava aspettando in macchina, assieme a due ragazzi. Niko lo aveva chiamato, informandolo di ciò che era successo.
"Ehi, Niko" Disse Jacob salutandolo con un abbraccio. "Brutta storia quella di Mellorie. Le donne sono fragili e forti contemporaneamente, mi capisci?" Schioccò la lingua. "Comunque ho sparso la voce. Beechwood City è il nostro quartiere. Chiunque ha fatto questa cosa, è la vergogna della nostra gente. Non possiamo tenere un iena tra i leoni, mi capisci?" Schioccò la lingua.
"Grazie, Jacob. Io e Roman lo apprezziamo molto."
"Roman è ancora dentro?"
"Ci rimarrà finché Mellorie non riprenderà conoscenza."
"Hai avvisato Dwaine?" Chiese Jacob.
"No."
"Dovresti farlo. Dwaine ha molto contatti. Potrebbe aiutarti."
"Grazie del consiglio, Jacob."
Jacob lo abbracciò di nuovo. "Sei un mio fratello, no? Ci copriamo le spalle a vicenda. Un branco di lupi è più forte quando cacciano insieme." Schioccò la lingua. "Ora devo andare. Mi metto a cercare quella carogna nelle strade."
"Ok, Jacob. Tienimi aggiornato."
Jacob entrò nella Marbelle nera, sedendosi sul sedile posteriore destro, mentre i due uomini si misero davanti. Poi Jacob salutò Niko con un mano e l'auto andò via, lasciando una piccola nuvoletta di fumo nero dietro di sé.

Redman arrivò verso le undici di sera. Aveva la faccia stanca e gli occhi rossi. Entrò nella camera e salutò Niko, ma quando fece per salutare Roman, quello non si alzò.
"Sembra che non dormi da giorni, Redman." Disse Niko.
"Infatti è così." Gli rispose. "Ho avuto problemi con i Coreani. Quei bastardi mi hanno rubato una partita di armi."
"Merda. Quando è successo?"
"Questo pomeriggio." Redman si sedette. "Ma non importa. Comunque ho saputo di Mellorie." Guardò Roman. "Mi dispiace molto, Roman." 
Roman non rispose.
"Ho ordinato ai miei di setacciare gli isolati della mia zona. Se è lì, lo troveranno."
"Grazie, Redman." Bisbigliò Roman.
"Non devi." Redman si alzò. "Vado a prendermi un caffè. Ne vuoi uno, Roman?"
"Sto bene così."
"Tu Niko?"
"Vengo con te."
Lasciarono la camera e si diressero al distributore automatico. C'erano due persone in fila: stavano aspettando di prendere qualcosa da lì.
"I Coreani sono con Petrovic?" Chiese Niko a Redman.
"No. Quei fottuti stronzi lavorano da soli."
"Ma come hanno saputo del carico?"
"Non lo so, ma credo ci sia una spia tra i miei. Ultimamente ogni mia spedizione incontra dei problemi. Stavolta sono andati sul sicuro. Hanno uccisi alcuni miei ragazzi e rubato il carico. Sapevano dove e quando colpire."
"Beh, qualcuno ha parlato di certo."
Redman pigiò la casella del caffè sulla tastiera del distributore. "Devo solo scoprire chi è il fottuto giuda."
Poco dopo ritornarono da Roman. Quando Niko fece per sedersi, gli squillò il cellulare. Posò il bicchierino fumante di caffè-latte sul tavolino e rispose.
"Niko." Disse Dwaine. "Ho trovato lo stronzo. I miei uomini l'hanno portato in un palazzo abbandonato."
"Grazie, Dwaine. E' una notizia grandiosa."
Roman si alzò dalla sedia, come se avesse intuito ciò che gli aveva detto Dwaine. "Che succede, Niko?"
"Dwaine ha trovato lo stupratore."
Roman serrò gli occhi minaccioso. "Dov'è?"
"In un palazzo abbandonato, nel quartiere di Dwaine." Poi si rivolse a Dwaine. "Grazie, D. Saremo lì tra venti muniti." E riattaccò.
Quando Niko alzò lo sguardo, vide che Roman stava guardando Mellorie. Era combattuto se restare lì con lei, oppure andare dallo stupratore. Alla fine si girò verso Niko. "Portami da quel figlio di puttana."

Niko e Roman andarono con la Banshee, mentre Redman li seguì con la sua Emperor. Arrivarono mezz'ora dopo e parcheggiarono le auto a ridosso di un albero. Poi si diressero al palazzo abbandonato, che era al centro di un terreno accidentato e tappezzato da arbusti e rocce. Da lì si poteva vedere la luna specchiarsi nel mare sereno di Liberty City. Il suono delle onde infrangersi sugli scogli e l'odore di salsedine pervadere l'aria.
Due ragazzi di Dwaine sedevano su un cumulo di pietre e parlavano tra loro. Quando avvistarono i tre, li guardarono per un attimo e poi tornarono a parlare.
Entrando nel palazzo, Niko teneva d'occhio Roman. Aveva uno sguardo che non gli piaceva affatto. Lo stesso sguardo che aveva visto tra i ribelli nel suo vecchio paese. Uomini crudeli che amavano uccidere e far del male agli altri. Poi cercò di scacciare quei pensieri, in quanto Roman non era come loro. Ma quegli occhi lo confondevano.
S'incamminarono in un piccolo corridoio. Le mura erano puntellate da crepe e piccole fessure, ricoperte parzialmente dalle piante rampicanti che spuntavano da sotto il pavimento dissestato, contorcendosi fino al soffitto mezzo crollato. Qualche topo zampettava veloce lungo i battiscopa. C'era una forte odore di orina e feci. Svoltarono a sinistra, proseguirono per un qualche metro ed entrarono nella stanza alla loro sinistra. Una debole luce illuminava la scala che conduceva allo scantinato. La discesero e si trovarono in una piccola stanza. 
Al centro, un uomo sulla cinquantina era legato a una sedia. Aveva delle occhiaie nere e muoveva freneticamente la testa avanti e indietro, bisbigliando alcune frasi senza senso. Indossava una semplice maglietta strappata in varie punti ed era scalzo, con le piante dei piedi nerissimi dallo sporco. Lungo gli avambracci, c'erano molteplici fori di siringa. 
Dwaine gli stava vicino con le braccia conserte, mentre Jacob fumava dell'erba appoggiato al muro. Un gufo bubbolava fuori dall'edificio, rompendo il silenzio nello scantinato.
Roman si bloccò nel vedere l'uomo. Strinse le mani a mo' di pugno e si fiondò contro. Dwaine fece per fermarlo, ma Roman lo spintonò via. Niko rimase esterrefatto dalla forza di Roman. Dwaine pesava sui 100 chili, tutto muscoli ed era impossibile che Roman fosse capace di spintonarlo via. Eppure lo aveva fatto.
Roman sferrò un pugno in faccia all'uomo, prima di venire bloccato da Jacob, Niko, Redman e Dwaine.
"Fermati!" Gridò Niko. "Fermo!"
Gli occhi di Roman si dilatarono dalla rabbia come una bestia rabbiosa. Cercò di togliersi dalla loro presa, ma fu sopraffatto. Lentamente si calmò e mollarono la presa di poco. Poi Roman scattò in avanti e furono costretti a metterlo di nuovo a terra.
"Fermati un attimo!" Urlò Niko. 
"No!" Gridò Roman con gli occhi arrossati dalle lacrime. "Quel figlio di puttana ha stuprato la mia Mellorie! Deve morire. Lo voglio morto. Morto!" Si dimenò con più forza, riuscendo quasi a liberarsi, ma Dwaine, che era il più forzuto del gruppo, lo tenne fermo con il suo peso.
L'uomo legato alla sedia, iniziò ad alternare pianti e risate. Poi cominciò a dondolare con i piedi.
Roman grugnì dalla rabbia, ma Dwaine lo tenne fermo.
"Ma è un tossico." Disse Niko. 
"E allora?" Disse Jacob. "Chi ti aspettavi?"
"Non so, ma..." Niko indicò l'uomo. "Di certo non uno ridotto così male."
"Lo stai giustificando, Niko?" Gridò Roman dalla rabbia. "Sei il mio fottutissimo cugino! Hai visto cosa ha fatto a Mellorie? Hai visto la sua faccia? Hai visto com'è la ridotta?" Scoppiò a piangere dal nervoso.
Dwaine, Jacob e Redman guardarono Niko, che si voltò verso il tossico.
"Voglio uccidere quel fottuto stronzo!" Urlò Roman. 
Il tossico smise di dondolarsi e li guardò. "Avete della roba, uh?" Disse incespicando. "Metanfetamina? Crack? Eroina? Allora, uh? Avete qualcosa?"
Niko si accorse che l'uomo stava sudando dalla fronte. Era in astinenza. Poi si voltò verso Roman. "Sei sicuro di volerlo fare? Me ne posso occupare io."
Dwaine lasciò andare Roman, che scattò in piedi. Quindi lanciò uno sguardo verso Jacob e gli si avvicinò.
Jacob, che aveva una pistola in una mano, capì le intenzioni di Roman, anche se ormai era palese a tutti.
Roman strappò la pistola dalla sua mano. Poi si diresse verso il tossico, che guardava Roman come se gli dovesse dare una dose.
Roman puntò la pistola alla tempia dell'uomo. Lo guardò per qualche secondo. "Perché? Perché l'hai fatto?" Gridò.
Il tossico lo fissò negli occhi e rise a crepapelle.
Roman serrò la mascella e lo colpì alla tempia con il calcio della pistola.
L'uomo rise ancora di più. "Quella puttana ha gridato quando le ho aperto le gambe. Come gemeva. Dovevi sentirlo! Le piaceva. Oh sì, se le piaceva." Continuò a ridere.
Roman strinse i denti, ma non riusciva a premere il grilletto. Le lacrime gli rigarono il viso.
Niko lo raggiunse alle spalle.
"Lascia fare a me." Gli disse Niko.
Roman serrò gli occhi irato. Poi vedendo il viso sorridente del tossico, fece partire un colpo. Il proiettile si piantò sotto l'occhio destro. Roman spalancò gli occhi incredulo. Fissò la pistola per un attimo. Poi la mano cominciò a tremargli. Niko gli prese la pistola.
Rivoli di sangue scesero dal volto del tossico, la nuca appoggiata sulla spalliera della sedia, gli occhi dilatati a fissare il soffitto
Jacob e Redman si avvicinarono a loro due.
Niko posò una mano sulla spalla di Roman, che sussultò ansioso e si precipitò verso la porta, sparendo tra le scale.

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Capitolo 13
*** XIII. Capitolo ***


"L'ha fatto." Disse Niko quasi incredulo. "Mio cugino ha ucciso un uomo."
"Un tossico." Sottolineò Jacob. "Quello bastardo non era un uomo." Espirò il fumo dalle narici.
Redman scrutò il viso insanguinato del tossico. "Non mi aspettavo che lo facesse davvero. Voglio dire, conosco Roman, ma ora credo di non conoscerlo affatto."
"Già." Rispose Niko. "Lo stesso vale per me."
Rimasero per un momento a fissare il cadavere senza parlare.
Jacob buttò la cicca sul pavimento. "Dirò ai miei uomini di farlo sparire."
"Posso occuparmene io. Dopotutto, toccava a me sistemare la questione."
"Non preoccuparti, Niko. Me ne occupo io."
"Grazie, Jacob." E lasciò lo scantinato.

Fuori dal palazzo abbandonato, con i gomiti posati sulla ringhiera, Roman stava osservando il mare piatto.
"Ehi, cugino." Disse Niko mettendosi affianco. "Tutto bene?"
Roman non rispose.
Rimasero a guardare il mare, finché udirono i due ragazzi di Jacob sistemare il cadavere dietro il baule di un SUV.
"Mi tremano ancora le mani." Aggiunse Roman. "L'ho ucciso."
"Stai bene?"
"Come dovrei stare? Ho ucciso una persona. Una fottuta persona." 

Niko e Roman raggiunsero l'ospedale verso le due del mattino. Non c'era molta gente e un gruppo di infermiere era fuori dall'ospedale a fumare una sigaretta. 
Roman si sedette accanto il letto di Mellorie. 
Niko andò alla finestra, quando squillò il cellulare.
"Niko." Disse Victoria. "Dove siete finiti tu e Roman?"
"Oh, ehi Victoria." Rispose Niko. "Siamo all'ospedale. Hanno trovato Mellorie, la moglie di mio cugino."
"E' successo qualcosa?"
"Aspetta un attimo." Niko si diresse nel corridoio per non farsi sentire da Roman. "L'hanno violentata."
Si udì un sospiro dall'altra parte del cellulare. "Mi... Mi dispiace. Io non lo sapevo..."
"Lo so."
"Ecco perché Roman era molto preoccupato."
"Sì, era per quello." Disse Niko. "Mellorie ancora non si è svegliata."
"E' in coma?"
"Non lo so."
"Cosa ha detto il dottore?"
"Che tocca a lei svegliarsi."
Rimasero per un momento in silenzio. "Vuoi che venga lì?" Chiese Victoria "Magari ti faccio compagnia."
Niko non sapeva cosa rispondere. Da una parte gli sarebbe piaciuto stare con Victoria, ma dall'altra doveva tenere d'occhio Roman. "Forse è meglio di no. Roman è molto scosso."
"Capisco..." Rispose Victoria con tono deluso. "Allora vado a dormire."
"Va bene. Buonanotte."

Verso le nove del mattino, mentre Niko tornava nella stanza dopo aver preso del caffè dal distributore automatico, Roman uscì dal bagno, che era adiacente alla stanza.
"Niko." Disse Roman. "Ho pensato a Petrov. Forse posso aiutarti."
Niko corrugò la fronte perplesso. "Aiutarmi? Che vuoi dire?"
"Come cosa voglio dire? Voglio aiutarti. Stanare quel figlio di puttana a farlo fuori."
"Non è come uccidere un tossico, Roman." Disse Niko.
"Questo che cazzo vuol dire?"
"Che è un mio problema. Petrov vuole solo me."
"Io sono tuo cugino." Rispose Roman con tono irritato.
"Lo so, ma forse sei ancora scosso per ieri."
Roman si sedette accanto a Mellorie. Poi si rivolse a Niko. "Senti, voglio darti una mano, ok? Fino a ieri mi sono comportato sempre come un codardo. Scappavo da tutto. Avevo paura di ogni cosa. Ma da ieri tutto è cambiato. Ora voglio aiutarti. Siamo cugini. Siamo fratelli, Niko. Tu ci sei sempre stato quando io mi cagavo letteralmente nelle mutande. Mi hai persino salvato da quello psicopatico di Faustin e poi da Dimitri. Ora voglio ricambiare. Voglio essere per te una spalla su cui contare, cugino."
Niko non rispose, si grattò dietro la nuca. "Vedi, Roman... Non so come dirtelo, ma..." Si ammutolì quando vide aprirsi gli occhi di Mellorie. 
Roman si voltò verso sua moglie, gli occhi spalancati dalla gioia. "Mellorie..." Disse quasi un bisbigliò.
"Roman..." Rispose Mellorie con un filo di voce.
Roman si mise a piangere per la felicità. Niko si avvicinò loro.
"Non muoverti." Disse Roman. "Devi riposare, ok?"
"Sto bene, Roman." Sorrise Mellorie. "Ho solo mal di testa e mi fa male il braccio."
Roman le strinse delicatamente la mano. Poi le baciò il dorso. "Non sai quanto sia felice che tu ti sai ripresa."
"Vale anche per me." Disse Niko sorridendo a Mellorie.
"Roman, smettila di piangere." Aggiunse Mellorie.
"E che sono troppo felice." Rispose Roman. "Forse mi verrà un infarto per quanto lo sono."
"Dai, smettila." 
D'un tratto Niko sentì squillare il suo cellulare. Fece cenno a Mellorie e Roman che doveva rispondere e lasciò la stanza. Poi prese il cellulare dalla tasca della tuta e rispose.
"Ehi, Jacob." Disse Niko. "Stavo per chiamarti..."
"Sono nella merda, Niko." Rispose Jacob a bassa voce. "L'FIB è qui, merda! Credo siano gli agenti corrotti. Ero andato a vedere come stava Badman e mi ritrovò in un covo di serpenti."
"Maledizione." Niko si sedette nel corridoio. "Dove sei?"
"Alla clinica privata. Ho dovuto abbandonare Badman. Non potevo più fare niente per lui."
Niko sentì il cuore fermarsi per un secondo. "E' morto?"
"No, merda. Sta bene. Spero che non lo trovino, sennò sono fottuto."
"Sei sicuro che sono lì per te?"
"Niko, fratello. Ti sembra il momento di scherzare?"
"Scusa, Jacob. Era per essere sicuro?"
"Sicuro? Merda, Niko. Hai fumato per caso?"
"No, Jacob. Che cazzo dici."
"Allora vieni qui. Gli agenti del cazzo sono dappertutto. Mi sono nascosto in un fottutissimo ripostiglio, merda!"
"Ok, arrivo. Non muoverti."
"E chi cazzo si muove." Jacob riattaccò.
Niko tornò nella camera. "Devo andare." Disse a Roman.
"Dove?" Gli rispose, ma suo cugino se ne era già andato.

Niko arrivò alla clinica privata venti minuti dopo e lasciò la banshee nel retro dell'edificio. Non sapeva se fossero agenti corrotti o veri agenti. S'incamminò lungo il giardino fiorato, sotto lo sguardo indifferente di infermiere e anziani.
Quando arrivò sotto la finestra della stanza di Badman, ci sbirciò dentro. Vide solo Badman nel letto. Scavalcò la finestra e sgattaiolò alla porta. Sentì due uomini parlare di un paziente nel corridoio. Niko aprì la porta e con fare tranquillo, gettò uno sguardo attorno. Oltre i medici, le infermiere e qualche anziano, non c'era traccia di agenti. Non che fossero facili da riconoscere, ma in un luogo del genere, le loro facce dure, sarebbero spiccate sugli altri. 
Niko si mise a camminare nel corridoio, svoltò a destra e vide una porta con su scritto - Non entrare. Solo staff. - 
Quando fece per girare la maniglia, si ritrovò con una pistola puntata in faccia.
"Merda, Niko..." Disse Jacob abbassando la pistola. Dalla sua fronte scendevano rigoli di sudore.
"Non c'è nessuno." Rispose Niko, guardandosi attorno. "Dove hai visto gli agenti?"
Paranoico, Jacob sbirciò fuori dalla porta. "Erano davanti alla stanza di Badman. Erano tre o forse sei."
Niko aggrottò le sopracciglia. "Non ricordi quanti erano?"
"Babilonia sono come formiche. Prima ne vedi due, poi ne compaiono dieci."
"Ok, come dici tu." Aggiunse Niko distratto. "Ora torniamo da Badman."
"Ma hai capito cosa ho detto?"
"Non c'è nessuno, Jacob. Solo vecchi ricconi con il culo cagato."
Jacob lo guardò serio per un istante. Poi scoppiò a ridere.
"Ora che c'è?"
Jacob non riusciva a smettere di ridere.
"Dannazione, Jacob." Disse Niko infastidito e andò via.

Niko si sedette accanto a Badman, quando Jacob entrò furtivo e chiuse la porta alle sue spalle. Poi, lanciando un occhiata a Niko, si diresse alla finestra. Scrutò in giardino per un momento e si precipitò nuovamente alla porta.
"Ma cosa fai?" Domandò perplesso Niko.
"Babilonia o la falsa Babilonia è qui."
Niko si alzò in piedi. "Non c'è nessuno, Jacob. Forse è arrivato il momento di smettere di fumare quella robaccia."
"Sssh." Aggiunse Jacob, mettendo un orecchio sulla porta.
Niko non aveva mai visto Jacob in questo stato. Non sapeva se ridere o piangere. Forse gli era partita una rotella, oppure Jacob aveva un sesto senso per percepire i federali nei paraggi.
Niko andò alla finestra. Non vide nessuna persona sospetta, a parte innocui vecchietti. Ma quando fece per voltarsi, con la coda dell'occhio, vide un volto dietro un grosso cespuglio. Aveva un paio di occhiali neri e sembrava osservare Niko. Non era sicuro, ma la paranoia di Jacob lo investì in pieno. 
"Jacob." Niko si allontanò dalla finestra. "Jacob, vieni qui."
"Non posso."
"Cazzo, vieni qui, Jacob!"
Jacob lo guardò un attimo. Poi a malincuore lo raggiunse. 
Niko indicò con gli occhi qualcosa alla sua sinistra.
Jacob aggrottò la fronte confuso. Infine guardò in giardino e avvistò l'uomo. Sussultò. "E'... E' lo stesso che ho visto."
"Ok, rimaniamo calmi."
Jacob stava per estrarre la pistola, quando Niko gli afferrò il polso. "Che cazzo vuoi fare?"
"Voglio ammazzare quel verme."
"Vuoi metterti a sparare in una clinica privata?"
"Forse siamo circondati."
Niko non rispose subito. "Ma non è un buon motivo di mettersi a sparare all'impazzata."
Jacob si tolse dalla presa di Niko e levò la sicura all'arma. "In caso contrario, voglio essere pronto."
"Cosa facciamo con Badman?" Domandò Niko. "Non possiamo lasciarlo qui. Se quel tizio è un federale, prenderanno Badman, lo riempiranno di domande e lo sbatteranno dentro per sempre."
"Ma non è cosciente."
"Nulla ferma il governo."
"Merda, Niko." Rispose Jacob con un mezzo sorriso. "Mi sembra di parlare con Height, un tizio che parlava di complotti, religione e stronzate del genere."
"E chi sarebbe?"
"Quel pazzoide che predicava la fine del mondo davanti al tuo vecchio appartamento a Bohan. Ricordi?"
"Ah, sì, quel vecchio. Ma cosa c'entra con questo?"
"Niente, Niko. Lasciamo perdere."
D'un tratto si aprì la porta.
Jacob puntò la pistola, seguito da Niko, che l'estrasse in quel momento.
Impaurita, l'infermiera alzò le mani. 
"Merda..." Disse Jacob, abbassando la pistola. "Mi hai fatto venire un colpo."
L'infermiera non comprese le parole di Jacob. Troppo terrorizzata per ascoltare.
"Chiudi la porta." Disse Niko all'infermiera con tono gentile. 
"Che vuoi fare?" Chiese Jacob. 
"Dobbiamo portare via Badaman da qui."
Jacob serrò gli occhi. "E l'infermiera cosa c'entra?"
"Ci aiuterà a portarlo fuori."

Niko fu il primo a uscire dalla clinica privata. Non incontrò i federali. L'agente dietro il cespuglio era sparito. "Forse si è spostato." Pensò Niko. "O forse avrà chiamato i rinforzi."
Aprì la portiera della banshee e accese il motore. Poi voltandosi, alzò un mano. Jacob, che era rimasto alla finestra a guardare, vide il suo gesto e si precipitò a uscire con Badman e l'infermiera.
Niko ne approfittò per guardarsi intorno con in mano una pistola. La teneva bassa, la canna rivolta al suolo.
Poco dopo avvistò Jacob e l'infermiera. Spingevano la barella sui cui era adagiato Badman. Attraversarono il vialetto in tutta fretta. La donna, bianca in viso e con le labbra secche, le tremavano le mani.
"Ok, mettiamolo là." Niko indicò il sedile passeggero.
"E io dove mi metto?" Chiese Jacob.
"Sempre lì. Lo terrai in braccio."
Jacob fissò il sedile. Non aveva ben presente cosa doveva fare. Poi aiutò Niko e l'infermiera a mettere Badman sul sedile.
Quando finirono, la donna si mise a piangere e singhiozzare. Si coprì il viso con le mani. "Non uccidetemi, vi prego..."
Niko prese cento dollari dalla tasca della tuta. "Tieni." Le disse.
L'infermiera sbirciò tra una fessura delle dita. Era troppo scossa per prenderli. Quei cento dollari erano per lei una manna dal cielo, poiché spesso arrancava ad arrivare fine mese.
"Su, forza. Prendili."
L'infermiera smise di piangere e afferrò i contanti.
"Ora vai." Nikò scacciò l'aria con una mano. "Puoi andare."
La donna guardò impaurita Niko e Jacob. Poi fece per incamminarsi nel vialetto.
"Aspetta." Disse Niko. 
La donna sussultò spaventata. Si girò.
"Non dire a nessuno quello che è successo qui, intesi?"
L'infermiera annuì.

Si diressero al cancello della clinica privata. Nel gabbiotto, un guardia grassoccia stava vedendo un film in un piccolo televisore. Rideva a crepapelle e sorseggiava una tazza di caffè.
La banshee si fermò davanti alla guardiola. Niko era pronto a usare la pistola. La teneva sulle sue gambe.
La guardia smise di ridere. Era confuso. Dapprima lanciò una occhiata a Niko, poi a Badman che era sopra a Jacob.
"Problemi?" Chiese Niko.
"Mi prendi in giro?" Rispose la guardia irritata.
Niko mostrò la pistola.
La guardia sbiancò di colpo e premette un bottone. La sbarra si sollevò.

"Troppa calma." Disse Jacob quando furono abbastanza lontani. "Non credi?"
"Già." Rispose Niko.
La banshee proseguì lungo la strada, svoltò a sinistra in un vicolo per non imbottigliarsi nel traffico e si fermò dietro un basso muretto di cemento, nascosta da chi veniva dalla strada.
"Che stai facendo?" Chiese Jacob.
"Secondo te? Mi accerto che nessuno ci segua."
"Ma siamo in un vicolo. Possono chiudere le uniche due uscite."
"Non se pensano che abbiamo proseguito."
Jacob aggrottò le sopracciglia. "Ma che vuol dire?"
"Niente. Ora vado a dare occhiata." Niko uscì dall'auto, raggiunse il muro di fronte e spiò nel vicolo da cui era venuti. Tutto era calmo. Le persone camminavano sul marciapiede e le macchine sfrecciavano sull'asfalto.
Niko rimase ancora un po' a guardare. Percepiva qualcosa di strano. Lo avvertiva fin dentro le ossa. Poi, come apparsa dal nulla, una buffalo nera svoltò nel vicolo, procedendo lentamente. Si fermò davanti a un cassonetto, a tre passi da Niko. 
Tre uomini incravattati uscirono dall'auto. Si guardarono intorno per un momento. Poi il più vecchio tra loro indicò il muretto a un suo collega più giovane, che estrasse l'arma da sotto la giacca. Infine, si diresse cauto in quella direzione.
Niko uscì alla scoperto, puntandogli la pistola. L'agente gli sparò, ma Niko si ritrasse appena in tempo dietro il muro. 
Gli altri due agenti parteciparono allo scontro.
Una pioggia di proiettile scalfì il muro. Niko arretrò, precipitandosi sotto la soglia di una porta. 
I tre agenti avanzarono impavidi, credendo di averlo ferito.
Niko uscì allo scoperto e sparò tre colpi in corpo all'uomo a sinistra.
Mentre i due agenti continuarono a bersagliare Niko, uno di loro cercò di portare il collega colpito dietro un cassonetto.
Niko ne approfittò per uscire dal riparo e sparare. I proiettili colpirono l'agente anziano al volto e al petto. L'altro agente, rimasto da solo, sparò le ultime pallottole e si precipitò verso la buffalo. 
Niko prese la mira e gli sparò alla schiena. 
Uno strano silenzio scese nel vicolo. Poi Niko cominciò a sentire le urla, le sirene della polizia, come se giungessero da molto lontano. Poco dopo si rese conto che erano molto vicine. 
Corse alla banshee. Quando Niko svoltò il muretto, Jacob si lasciò scappare un colpo. Il proiettile forò la porta di emergenza di un edificio.
"Cristo Santo, Jacob!" Imprecò Niko. "Mi hai quasi preso."
"Merda, merda. Scusami Niko. Non volevo. Pensavo che..."
"Cazzo! Ho sentito il proiettile volare a un centimetro dalla mia testa."
"Scusami, Niko... Io..."
"Sì, ok, ok." Niko entrò nella banshee, accese il motore e andò via facendo raschiare le ruote sull'asfalto.

"Ok, aiutami a portarlo sulle scale." Disse Niko. Ci avevano impiegato mezz'ora per arrivare all'appartamento. Volevano essere sicuri che nessuno li aveva pedinati.
"Prendiamo l'ascensore, no?" Rispose Jacob. "Sono un casino di piani."
"E' rotto, Jacob. Pensi che mi piaccia complicarmi la vita?"
Jacob fece l'ultimo tiro alla canna e la gettò oltre il portone del palazzo.
"Allora?" Lo incalzò Niko. "Anche se è un mucchietto di ossa, Badman pesa."
"Già. Quella è tutta ansia?"
"Ansia? Ma che c'entra l'ansia con il peso?"
"I problemi Niko." Jacob afferrò Badman dalle gambe. "I problemi possono diventare macigni, capisci?" Schioccò la lingua. "Ho conosciuto gente che è morta per questo."
"Se sguazzi nella merda, primo o poi ci resti secco."
"No, Niko. Non hai capito. Non parlo di cazzate da ghetto o da gangster. Parlo di catene mentali. Di fottuti problemi. Di gabbie mentali, capisci?"
"Per questo esistono gli psicologi."
"Quella è gente che pensa a fare soldi sulle persone. Fanno di tutto per incasinarti ancor di più il cervello. Certo, magari trovi quello bravo, che ti capisce, ma il resto sono solo iene in agguato." Schioccò la lingua. "Viviamo in una giungla di cemento, Niko."
"Certo, Jacob. Certo."

Arrivarono davanti alla porta dell'appartamento esausti e impregnati di sudore. Niko bussò alla porta con la punta del piede. 
"Citofona, Niko." Disse Jacob.
"E come?" Rispose Niko. "Con la mente? Non vedi che ho le mani occupate come te."
"Ah, fanculo. Sono troppo teso." Schioccò la lingua. "Scusa, Niko. Ho bisogno di una canna."
Niko bussò nuovamente con la punta del piede.
Un momento dopo, Victoria aprì la porta. Rimase spaventata e incredula nel vedere Jacob e Niko trasportare dentro Badman. 
"Ehi, Vic." La salutò Niko alzando il mento.
Victoria chiuse la porta e li seguì nel soggiorno. Voleva fare delle domande, ma si decise che era meglio non farle. 
Adagiarono Badman sul divano.
"Oh, finalmente." Aggiunse Jacob, cascando sulla poltrona.
"Merda, Jacob." Disse Niko. "Sei completamente sudato. Alzati da lì. Vatti a sedere in cucina o in terrazza, o meglio ancora fatti una doccia."
"Vado a farmi due tiri." 
"Ok. Perfetto."
Victoria guardò Niko. Poi Niko le disse. "E' solo momentaneo."
"E' casa tua. Non devi scusarti."
Niko si grattò dietro la nuca. "Eh, già..." Balbettò. "Vado... Vado a farmi una doccia."

Verso le due del pomeriggio, Niko andò a trovare Mellorie all'ospedale. Jacob era rimasto con Badman, mentre Victoria era andata a studiare da una sua amica. 
Niko trovò Roman alla finestra. Guardava il medico visitare Mellorie, attorniata da tre specializzandi.
"Ehi, Roman." Disse Niko.
Il medico si voltò. "Solo i parenti possono entrare."
"E' mio cugino:" Rispose Roman tra i denti.
Il medico si girò.
"Come sta, Mellorie?"
"Bene. Hanno detto che la rimetteranno fra tre giorni." 
"E' fantastico."
"Si, lo è."
Entrambi guardarono il medico esaminare Mellorie. Dopo cinque minuti, il medico e gli specializzandi lasciarono la stanza.
"Ehi, Mellorie." Disse Niko avvicinandosi.
"Ciao, Niko." Sorrise Mellorie.
"Come ti senti?"
"Bene, grazie. Non vedo l'ora di uscire da qui e di tagliare le palle al figlio di puttana che mi ha violentata. Gliele farò ingoiare."
Niko lanciò uno sguardo a Roman. 
Mellorie li guardò entrambi insospettita. "Che succede?"
"Niente." Disse Niko.
"Roman!" Mellorie lo fulminò con gli occhi. "Devo sapere qualcosa?"
"Amore, io... Ho fatto le mie solite stronzate."
"Hai ripreso a buttare soldi nelle bische?"
"Io... Lo sai, io..."
Niko non riusciva a stare zitto. "Roman ha sparato in testa al figlio di puttana."
Mellorie spalancò gli occhi ammutolita, fissò Roman. Sulla stanza scese un tetro silenzio. Poi gli occhi di Mellorie si addolcirono e lei prese le mani di Roman. "Oh, il mio amore. Il mio amore mi ha vendicato. Il mio dolce tesoro."
Roman guardò Niko perplesso. Si aspettava che Mellorie gli tirasse un cazzotto a sorpresa, ma invece lei lo baciò.
"Oh, Roman." Disse Mellorie. "Ho dentro di me ogni sorta di antidolorifico eppure sono bagnata fradicia. Sono così eccitata."
Niko fece finta di non sentire. "Devo andare a chiamare Jacob." Disse imbarazzato. "Devo dirgli una cosa." E lasciò la stanza, mentre Roman non sapeva se sbattersi Mellorie in una stanza di ospedale. Anche se la cosa lo eccitava.

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Capitolo 14
*** XIV. Capitolo ***


Mentre Niko usciva dalla banshee, Dwaine lo chiamò al cellulare.
"Ehi, Dwaine."
"Niko. Il mio quartiere è sotto sopra." Disse Dwaine agitato. "Gli uomini di Petrov hanno ammazzato un paio dei miei."
"Cosa?"
"Hanno dato fuoco ai miei due magazzini e rubato le scorte di droga."
"Ora dove sei?"
"Rintanato nel mio appartamento. Ho chiamato alcuni ragazzi in caso..."
"No, Dwaine. Ascoltami. Petrov non vuole ucciderti, ma danneggiarti. Forse sa che sei un mio amico. Vuole fare terra bruciata attorno a me."
"Allora perché cazzo non facciamo fuori quella testa di cazzo? Cosa aspetti, Niko?"
"Calmati, D. Non so chi è Petrov. So solo che mi vuole morto, perché ho ucciso suo zio Faustin."
"Cazzo!" Urlò Dwaine. "Dici sul serio? Non sai nemmeno com'è fatto?"
"Forse è meglio parlarne di persona."
Dwaine non rispose subito. "Ok. Vieni da me."

Niko raggiunse North Holland, il quartiere di Dwaine. Guidò con calma, osservando ogni angolo di strada. Tutto sembrava tranquillo, anche fin troppo. Gli uomini che normalmente se ne stavano in gruppo agli angoli delle strade, erano scomparsi. Niko sapeva che tra i ragazzi di Dwaine c'era dello scontento. Alcuni fedeli di Playboy X lavoravano per Dwaine, ma rubavano percentuali dallo spaccio di droga. Dwaine non sapeva ancora gestire le testa calde tra i giovani. Giovani che finivano ammazzati dietro un vicolo con le cervella sparse sui muri. Giovani che non si sapevano accontentare o che volevano fare il passo più lungo della gamba. 
Niko arrivò sotto l'appartamento di Dwaine, sorvegliato da un paio di uomini della vecchia guardia. Li salutò, salì le scale fino al decimo piano e bussò alla porta.
Un uomo di colore venne ad aprire e fece accomodare Niko.
"Niko." Disse Dwaine, uscendo dalla cucina. "Vuoi una birra?"
"No, sto bene così."
Dwaine si sedette sulla poltrona. Poi fece un sorso. "Pensavo che sarebbe stata una questione di giorni. Che avremmo steso quel figlio di puttana per sempre."
"Non è così semplice."
"Niente è mai semplice. La stessa fottuta vita non è mai semplice. In prigione lo impari in fretta."
"Ascolta, Dwaine. Ho intenzione di scoprire chi è Petrov, ma prima dobbiamo sistemare le cose."
"Sistemare le cose?"
"Dobbiamo prepararci alla merda. Petrov può mandarci contro un intero esercito e se anche li eliminassimo tutti, ne manderebbe degli altri."
Dwaine serrò gli occhi e bevve. "Capisco."
Niko lo fissò. Non capiva cosa voleva dire Dwaine con - Capisco. -
"Quindi è una partita persa in partenza?" Dwaine abbassò gli occhi con fare stanco.
"No, D. Lo so che ultimamente le cose per te non vanno bene, ma..."
Dwaine scattò in piedi furioso. "Non vanno bene? La mia vita sta andando a puttane! Gli unici amici che avevo sono morti o in galera. Gli altri sono qui con me, ma sono troppo pochi per gestire questo fottuto quartiere. Ogni ragazzino con un po' di soldi in mano crede di poter prendere il mio posto. Crede di essere arrivato in cima, mi capisci?"
Niko ascoltava in silenzio.
"Ho un fottuta guerra in casa. Fratelli che uccidono, rubano e fottono altri fratelli. Ogni fottuto viso che incontro in strada potrebbe essere un cazzo di sicario, Niko. A volte penso che dovrei tornarmene in prigione. Da quando sono uscito, mi sono trovato catapultato in una città estranea. Una fottuta vita alienante, cazzo! I miei uomini non fanno altro che drogarsi, fottere e ammazzarsi a vicenda per una dose o per un fottuto dollaro in più!"
Niko non sapeva cosa dire.
Dwaine fece un sorso, lanciò infuriato la bottiglia contro la parete che esplose in mille pezzi e si sedette con la testa tra le mani. "Scusami, Niko... Ho sopportato troppa merda di recente. Non so cosa mi è preso."
"Non preoccuparti, Dwaine."
"Lo sai che puoi contare su di me. E solo che..." Dwaine fissò i pezzetti di vetro. "Lasciamo stare."

Niko lasciò l'appartamento di Dwaine insoddisfatto. Non sapeva perché, ma credeva che Dwaine fosse arrivato al limite. Forse un giorno di questi si sarebbe sparato un colpo in testa e avrebbe smesso di soffrire. Una sofferenza mentale. Un dolore estraneo agli occhi, ma visibile nel cuore.
Niko aveva incontrato molta gente in questo stato, ma non tutti erano incatenati negli anfratti della loro mente. Un abisso capace di divorare ogni barlume di felicità.
Arrivò al suo appartamento verso le cinque di pomeriggio. Quando aprì la porta, vide Victoria completamente nuda in soggiorno. La guardò per un istante, poi distolse lo sguardo imbarazzato. Sembrava che lo stesse aspettando, perché era seduta sulla poltrona.
Victoria gli sorrise e gli si avvicinò, prendendogli le mani. "Toccami."
Niko si senti avvampare i genitali. Il cuore gli batté impazzito. Uno strano formicolio gli avvolse la testa. "Io..."
Victoria condusse le sue mani sui suoi seni morbidi. Niko le accarezzò un capezzolo. Non capiva più nulla. Poi la guardò negli occhi e la baciò. 
Fecero l'amore come due selvaggi. Forte, intenso e a lungo. Niko si sentì scivolare via tutto il peso dei problemi accumulati. Non pensava più a nulla. In quel momento esistevano solo loro. Tutto il mondo taceva.

Quando finirono di fare l'amore, Victoria andò in bagno a darsi una sciacquata. Niko rimase nel letto, le mani incrociate dietro la nuca. Fissava il soffitto con uno stupido sorriso sulle labbra. Un sorriso che era svanito da quanto Kate era morta. Ora però, il suo chiassoso cervello era spento. Si godeva la quiete dentro di sé, ascoltando il rilassante rumore della doccia provenire dal bagno.

Roman lo chiamò al cellulare. Erano le otto di sera. Niko stava bevendo una birra in terrazza, scrollando il sito di fantasyleaguebatswingers, una pagina di baseball.
Non che gli piacesse il baseball, ma era lì solo perché era annoiato.
"Roman." Rispose Niko al cellulare.
"No, amico. Sono Brucie. "
"Ah, sì, la montagna di steroidi"
"Ah ah ah." Rise falsamente Brucie. "Davvero divertente."
"Perché mi hai chiamato con il cellulare di Roman? E' successo qualcosa?"
"No, Roman sta bene. Ho il cellulare scarico. Ero qui per sua moglie. Sai, tra amici ci si conforta. "
"Certo, come dici tu. Cosa vuoi?"
"Oh, Niko. Perché mi tratti male?"
"Dai, Brucie. Che vuoi?"
"Ho bisogno di un passaggio. Puoi venire a prendermi?"
"Non sono un autista."
"Ascolta, ascolta, Niko. Vuoi la verità? Ok, ti dico la verità."
"Aspetta un attimo. Se parli di... cose illegali, io non so nulla."
"Illegali?" Brucia pareva confuso. "Oh sì, quelle cose da spia. Da agente KGB. Oh sì..."
"Ma che cazzo stai dicendo?"
"Colpa degli steroidi di squalo. Non pensarci."
Niko sbuffò esasperato. "Mi dici che cazzo vuoi?"
"Ho bisogno di un favore, amico. Senza di te sono spacciato. Finito. Brucie perderà i suoi bellissimi bicipiti, il quadricipite e..."
"Datti un cazzo di calmata, Brucie."
"Ti pagherò, Niko, fratello. Ma aiutami. Ho bisogno delle tue doti da KGB. Ho..."
Niko sospirò irritato. "Ok, ok. Basta che chiudi quella bocca del cazzo. Arrivo."

Trovò Brucie fuori dall'ospedale. Era vicino al suo Turismo, un bolide da 110.000 dollari. Diceva a tutti che l'aveva assemblata lui, ma la verità era che l'aveva presa da un debitore. Un uomo che gli doveva mezzo milione di dollari. Brucie, genio della stupidità, aveva preteso la Turismo per saldare tutto il debito. L'uomo l'aveva ceduta senza battere ciglio, poiché così facendo, si sarebbe liberato di lui, anche se gli doveva più di 400.000 dollari.
Brucie aveva creduto di averlo fottuto per bene, finché gli altri non gli dissero che era stato lui quello inculato, visto che la Turismo non copriva tutto il debito.
Allora Bruce aveva preteso i 400.000, ma l'uomo era sparito a Vice City. 
Nei mesi successivi, tutti ridevano di lui e alcuni debitori si rifiutavano di pagarlo. Poi l'uomo che gli doveva i 400.000 fu trovato morto sulla spiaggia di Vice City. Un colpo in fronte. Nessuno sapeva chi lo avesse ucciso, così Brucie ne approfittò per dire a tutti che era stato lui a farlo fuori, aiutato da un Domenicano di nome Luis, che si era messo contro gli Ancelotti.
Niko gli si avvicinò. "Brucie. Qualcuno ti ha sfasciato la macchina, eh?"
"Fottuto bastardo." Rispose Brucie quasi in lacrime. "La mia bellissima auto. Guarda, Niko. Guarda come l'hanno ridotta." Accarezzò la carrozzeria rigata. "La mia auto... La mia puttana..."
"Chi hai fatto incazzare, Brucie?"
"Io non ho nemici. Sono uno spasso. Tutti vogliono stare con me. Tutti vogliono essere miei amici."
"Mai pensato di andare da uno psicologo? Da uno bravo, non da uno schizzato come te."
Brucie ridacchiò falsamente. "Sì, sì, bravo, Niko. Ridi pure di me, come fanno tutti."
"Dai, Brucie. Non fare così."
Brucie abbracciò il cofano della Turismo. "Come hanno potuto farti questo... Come hanno potuto..."
"La smetti di fare la femminuccia."
Brucia si voltò di scatto. "Io sono un uomo. Un uomo con le palle. Guarda i miei bicipiti. Tocca! 43 centimetri di bicipiti. Tutta potenza. Muscoli. Sono uno schianto."
"Sì, certo. Allora Brucie. A chi devo spezzare le gambe?"
"Oh sì." Brucie lanciò un occhiata alla sua macchina. Poi guardò Niko. "Alvaro... Alvaro qualcosa. Non ricordo il cognome. E' un perdente, perché dovrei ricordarmelo, eh? Ah sì. Già. E' un ispanico che mi fa concorrenza. Un coglione pelle ossa che sta cercando di tagliarmi fuori dal giro. Questa..." Indicò la Turismo. "Questo casino è opera sua. Ci scommetto le palle."
"Quel che ne rimangono vuoi dire." Disse Niko.
"Ride pure, Niko. Le pollastrelle dicono tutt'altro."
"Certo, certo. Dove trovo questo 'perdente?'"
"Tra i perdenti, no? Ha un garage a BOABO. E' quasi vicino al mio. Da qui capisci che vuol essere come me. Essere me! WOOH!" Sferrò un pugno a vuoto.
"Sei sicuro che non sia stato tu a volergli rompere le palle?"
Brucie lo fissò perplesso, con gli occhi spalancati. "Io..." Scoppiò in una risata nervosa. "Ma che dici, Niko. Io non ho bisogno di infastidire degli scarafaggi. Sono un uomo di successo. Sono..."
"Te lo dissi mesi fa, non voglio far parte della tua merda." Niko indicò la Turismo. "Questa non è opera di un tizio che aggiusta taxi per arrotondare."
"Conosci Alvaro?" Chiese Brucie stupido.
"E' un brav'uomo. Ha tre figli e li mantiene con ciò che prenda da quel piccolo garage. Gli hai fregato tutti i clienti e ora vuoi farlo fallire?"
Brucie cominciò a fare avanti e indietro dal nervoso. "Ma... Io... Ecco..."
"Lo vedi perché non posso lavorare per te? Vuoi che pesti un uomo che non ti ha fatto nulla."
"Ma tu... Tu non lo puoi sapere. Io... Io so. E' stato lui."
"Ascolta, Brucie. Sei mio amico, ma certe cazzate non le tollero. O mi dici chi è stato oppure ti lascio qui a piagnucolare?"
Brucie alzò le braccia in segno di arresa. "E va bene, Niko. Va bene, ok? Volevo metterti alla prova. Volevo vedere il tuo intuito da spia del KGB."
Niko sospirò e incrociò le braccia.
Brucie abbassò la testa, come un bambino che è stato scoperto. "Rodrigo..."
"Rodrigo?"
Brucie gli lanciò un occhiata di sfuggita. "Il tipo delle corse, ricordi?"
"Ah sì, il vecchio campione in carica."
"Sì, proprio lui. Da quando l'hai battuto, non fa altro che spargere stronzate sul mio conto. Dice che gli ho manomesso i freni e altre cazzate."
"E' vero?"
"No." Disse Brucie sorpreso. 
"Ok. Quindi per vendicarsi ha distrutto la tua auto?"
"Esatto." Rispose Brucie con un sorriso da stupido. "Noi siamo dei campioni. Gente di classe. Rodrigo è un perdente."
"Non so perché, ma credo che non sia questo il vero motivo."
Brucie scosse la testa imbarazzato. "Tutti vogliono le mie auto, Niko. Da quando hai vinto, molti suoi clienti sono venuti da me. Credono che i miei motori sono 'speciali'. Lo sono in effetti. Brucie tratta solo pezzi di qualità. Lo sai anche tu. Le mie mani sono oro e..."
"Ho capito. Ho capito. Basta."
"Andrai a bruciargli il locale?"
"Oh! Ma che cazzo dici. Distruggerò solo la sua macchina. Occhio per occhio, no?"
Brucie lo fissò per un istante. Voleva dirgli di bruciargli il locale, ma Brucie sapeva che era meglio non far incazzare Niko. "Ok, fratello. Vieni qui. Abbracciami. Un abbraccio tra fratelli."
Niko si divincolò dal suo abbraccio.
"Dai, Niko. Abbracciami. Possono fare un quadro sui nostri corpi che si stringono. Immagina. Due statue greche, cazzo! Due spartani pronti a..."
Niko andò via, mentre Brucie parlava da solo, pompando i bicipiti.

Erano le nove di sera. Una leggera pioggia tamburellava sul tettuccio della banshee e qualche sporadico fulmine illuminava l'ammasso di nuvole nel cielo. C'era poca gente in strada, per lo più barboni in cerca di una sistemazione dentro i cassonetti o sotto la tettoia di una fabbrica.
Niko guardò l'entrata del magazzino di Rodrigo. Sapeva che smontava le auto rubate e poi ne rivendeva i pezzi a prezzi stracciati. Ultimamente i suoi affari andavano bene, da quando Brucie non faceva altro che bruciare i motori delle auto. Ma questo era dovuto alla perdita del meccanico che lavorava per lui. Da quanto se ne era andato, Brucie aveva fatto un casino dietro l'altro, ma non per questo aveva perso clienti. 
Niko vide arrivare Rodrigo sulla sua Comet grigia. Parcheggiò l'auto di fronte a una saracinesca. Rimase per qualche secondo nella macchina, quindi scese ed entrò in una porta. 
Niko afferrò la mazza da baseball da sopra il sedile passeggero, uscì dalla macchina e corse verso la Comet. Gettò un ultimo sguardo alla porta da cui era entrato Rodrigo, e sferrò una mazzata contro il parabrezza. Colpì la portiera, il cofano, i finestrini, il lunotto e i fanali, che esplosero. 
L'intera auto si deformò sotto i colpi di Niko. 
Continuò finché non vide una pattuglia della polizia lunga la strada. Allora si fermò, ma i due poliziotti lo avevano scorto. Le sirene risuonarono nella strada quasi del tutto deserta, Niko se la diede a gambe levate. Corse verso un vicolo, inseguito dall'auto della polizia. Dopo cento metri, deviando cassonetti e saltando un basso muretto, girò a sinistra, in una stretta stradina. I poliziotti scesero dall'auto, intimandogli di fermarsi. Ma Niko era già svanito sotto una pioggia torrenziale.
Venti minuti dopo, quando i poliziotti andarono via, uscì da dietro un muro ed entrò nella Banshee. Era inzuppato d'acqua. Posò la mazza da baseball sul sedile, accese il motore e andò via.

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Capitolo 15
*** XV. Capitolo ***


 

Passarono sei giorni da quando Niko aveva sbrigato un lavoro per Brucie, che da quel momento aveva avuto seri problemi con un'altro meccanico di North Holland. Alvaro, il tizio cui Niko aveva sfasciato l'auto, non era altro che un esca per far scoppiare una guerra. Una guerra che Brucie avrebbe perso in partenza. 
"Felix Hernandez." Disse Jacob fumando dell'erba. "Uno spacciatore che si è messo a fare il meccanico. Ha aperto un garage a North Holland e ne ha acquistati altri in tutta la città."
"Visto, Niko?" Rispose Brucie ansioso. 
Niko si voltò verso Brucie. "Visto cosa, Brucie? Mi hai mandato a dare una lezione ad Alvaro, un uomo che non è più nel giro."
"M-Ma... Io non lo sapevo."
"Se continui così, finirai per beccarti una pallottola in testa dalla prima testa calda."
Brucie sbiancò dal viso.
"Ok, Niko, ascolta." Aggiunse Jacob. "In giro si dice che stia con Petrov, che faccia affari con i suoi ragazzi, ma la gente parla, sai com'è. E da quanto ho capito, Felix ti ha fatto cadere in una trappola. Con la scusa di proteggere il suo amico Alvaro, ha distrutto il garage di Brucie come rappresaglia."
"Il fatto che spaccia nel quartiere di Dwaine la dice lunga sul casino che sta passando." Rispose Niko.
"Già, ma forse è arrivata il momento di fare qualcosa, Niko."
"Sì, facciamo così." Urlò Brucie. "Gli faremo rimpiangere di essersi messo contro di noi."
Niko scosse la testa. "Non c'è nessun noi, Brucie. Stanne fuori."
Brucie lo guardò sorpreso. "Hanno bruciato un mio garage."
"Solo per intimorirti. Vogliono isolarmi dai miei amici. Petrov sa come colpire senza sporcarsi le mani."
"Dobbiamo scoprire chi è Petrov." Disse Jacob. "Sono passate diverse settimane e ancora non sappiamo nulla di questo animale. Una volta capito chi è, colpiremo i suoi affari."

Quando Brucie e Jacob andarono via, Roman lo chiamò al cellulare. Niko camminava sul marciapiede.
"Buone notizie, cugino!" Urlò Roman esaltato. "Dimetteranno Mellorie. Oggi stesso."
"E' una bella notizia, Roman. Passo a prendervi?"
"No, no... Anzi, sì. Vieni a prenderci. Il mio taxi è dal meccanico."
"Veramente è saltato in aria mesi fa."
"Dettagli, Niko. Dettagli."
Niko prese la Intruder che usava di rado e si diresse all'ospedale. Quel giorno la città era avvolta dalla nebbia. 
Dieci minuti dopo arrivò all'ospedale.
Roman lo aspettava all'ingresso insieme a Mellorie seduta sulla sedia rotelle.
Niko uscì dall'auto. "Vuoi una mano, Mellorie?"
"No, Niko." Sorrise la donna. "Faccio da sola." Ma Roman l'aiutò a sedersi sul sedile posteriore dell'auto, mise la sedia rotelle nel bagagliaio ed entrò in macchina.
"Portaci al mio appartamento, Niko." Disse Mellorie.
Roman si voltò. "Al nostro appartamento."
"Certo, amore, certo."

Roman e Mellorie abitavano vicino Middle Park, un ricco quartiere frequentato da gente ricca. Fra questi c'erano politici corrotti, viscidi uomini d'affari e arrampicatrici sociali. Roman era del tutto fuori luogo in un contesto simile, ma finalmente poteva permettersi una vita agiata. 
Niko parcheggiò l'auto di fronte a un palazzo. 
"Grazie, Niko." Disse Mellorie.
"Ti aiuto a scendere?"
"Niko. Cugino." Rispose Roman. "Sono per caso invisibile? La aiuterò io."
"Ok, Roman."
Roman scese dall'auto e prese la sedia rotelle dal bagagliaio. Poi aprì la portiera dell'auto, aiutò Mellorie a salire sulla sedia a rotella e andarono via.

Niko tornò al suo appartamento e trovò Victoria in terrazza a sorseggiare una tazza di Tè verde.
"Ciao, Niko." Disse Victoria con un sorriso. "Il tuo amico è sveglio."
Niko corrugò la fronte perplesso. "Badman?"
Victoria annuì.
Niko rimase impalato per un attimo. Poi si diresse dall'uomo. 
Era steso sul letto, quando Niko entrò nella camera degli ospiti.
Badman lo guardò e disse qualcosa così velocemente che non lo capì.
"Che bello vederti in piedi." Disse Niko. "Vado a chiamare Jacob."
Badman scosse la testa e parlò rapidamente.
Niko cercò di sforzarsi per capirlo, ma non ci riuscì. 
Poi Badman mimò una pistola con la mano mentre parlava.
"Ok, B. Aspetta un attimo. Chiamo Jacob." E andò via ancor prima che Badman potesse dirgli qualcosa.
Una volta nel soggiorno, Niko prese il cellulare dalla tasca e chiamò Jacob. 
"Niko." Rispose Jacob.
"Badman si è ripreso."
"Merda, davvero?"
"Vieni qui. Non lo capisco quando parla."
Niko ritornò da Badman. "Jacob sta arrivando."
Badman si mise a farfugliare, gesticolando e puntando il dito in varie direzioni. Quindi si mise a sparare a vuoto come se volesse uccidere qualcuno.
Niko annuì a ogni cosa che diceva.
Jacob arrivò una ventina di minuti dopo. Quando vide Badman, lo abbracciò e si misero a parlare in uno stretto slang inglese che Niko non capì.
Poi Badman si rivolse a Niko. "Vuole riprendersi il quartiere."
"Cosa? Come?"
Badman rispose a Niko.
"Quello che vuole dire Badman è che vuole riunire un paio di ragazzi per ripulire il quartiere."
"Ma si è appena ripreso." Rispose Niko incredulo.
"Un leone finisce di lottare solo quando è morto, mi segui?" Jacob schioccò la lingua.
"Non dirmi che..."
"Niko, fratello. Io seguirò Badman sempre e comunque. Due leoni cresciuti in una foresta possono contare solo sulle proprie forze, mi capisci?" Schioccò la lingua. 
"Ok..." Rispose Niko confuso.
Badman disse qualcosa a Jacob.
"Sei con noi, Niko?" Domandò Jacob.
"Certo che sì."
"Allora andiamo riprenderci la tana."

Niko non fece in tempo a salutare Victoria, che venne trascinata dalla loro voglia di vendetta. Jacob sapeva sempre come far cambiare idea a Niko. Forse perché in realtà Niko non era molto diverso dai suoi valori morali; Famiglia, onore e libertà.
Entrarono nel emperor di Jacob, che si mise subito dopo a chiamare Redman.
"Ehi, fratello." Disse Jacob. "Il leone si è svegliato... Vogliamo riprenderci il quartiere. Tu hai qualche arma da prestarci? ...Grazie, fratello. Porta qualche arma in più. Con noi ci saranno anche altri ragazzi. A dopo, Red." Jacob chiuse la chiamata, accese il motore e partì.

Verso le cinque di pomeriggio, arrivarono a limitare di Schottler. Enormi palazzoni grigi si ergevano sulle loro teste.
Jacob fermò l'emperor vicino al marciapiede e spense il motore. 
"Redman sarà qui a momenti." Disse Jacob. 
"Non è meglio aspettare fuori dall'auto?" Domandò Niko.
Badman parlò velocemente.
"Sì, hai ragione." Disse Jacob. "Badman la pensa come te."
Uscirono dall'auto e si diressero all'angolo di un vicolo, guardandosi attorno circospetti. C'erano pochi passanti, per lo più senzatetto.
"Ho una pistola, J." Aggiunse Niko, mostrandola. 
"Tienila nella giacca." Disse Jacob. "Possono esserci delle iene qui vicino."
Badman disse qualcosa rapidamente.
"Lo so, B. Questa strada è sicura. Ci bazzicano pochi spacciatori."
In fondo alla via, un esperanto rossa si avvicinava lentamente.
Niko mise una mano nella giacca e fissò l'auto.
L'esperanto si fermò dietro l'emperor di Jacob. Redman uscì dalla macchina e i tre tirarono un sospiro di sollievo.
"Merda." Disse Niko. "Stavo quasi per spararti."
Redman abbozzò un mezzo sorriso e andò dietro il bagagliaio. "Forza, venite."
Quando lo raggiunsero, Redman aprì un grosso borsone nero. "Servitevi."
Niko prese un MP5, Jacob due Glock, Badman due Tech-9 e Redman un ak-47 da dietro i sedili posteriori.
I barboni, vedendo i quattro armati fino ai denti, si allontanarono in fretta. Presto in strada non si vide nessuno.
"Dove sono i tuoi ragazzi?" Domandò Redman a Badman.
Badman gli rispose, ma solo Niko non capì.
"Qual è il piano?" Disse Niko.
"Quale piano?" Rispose Jacob. "Non c'è nessun piano. Ammazziamo chiunque si metta tra noi e la nostra tana. E' semplice."
"Come facciamo a sapere chi dovremo sparare?"
"Non preoccuparti, Niko. Lo saprai."
Attesero all'angolo del vicolo ancora un paio di minuti, finché non videro due Huntley nere dirigersi verso di loro. 
Redman e Niko puntarono le armi.
"Sono i nostri." Disse Jacob. "Tranquilli."
Le due Huntley si fermarono davanti l'emperor di Jacob. Otto uomini uscirono dalle macchine e si diressero da Jacob.
"Le armi sono nel bagagliaio dell'esperanto." Disse Jacob. "Armatevi e seguitemi."
Poco dopo l'intero gruppo marciò verso la tana.
Mentre camminavano, la gente aumentava il passo per allontanarsi da loro. Non incontrarono nessun opposizione, fin quando arrivarono al cuore del quartiere; il covo degli Yarde, un bar dove Jacob e Badman organizzavano gli affari.
Quando i due uomini di guardia alla porta avvistarono il gruppo di Jacob, fuggirono all'interno. "Mi aspettavo gli Albanesi." Disse Niko.
"Sono gli uomini di Jeb." Rispose Jacob.
"Jeb?" Sottolineò Niko. "Quello che... Il figlio di puttana che non mi andava a genio."
"Neanche a me piaceva." Disse Redman.
Badman parlò velocemente.
"Lo so, B. Jeb dev'essere all'interno. Se non è uscito vuol dire che è con i Russi."
Badman fece segno di sparare al locale.
Proprio in quel momento si aprì la porta del bar.
"Ehi, gente!" Disse Jeb ad alta voce squadrandoli uno ad uno. "Wooh. Quante armi. L'avete rubate allo zio Sam?" Ridacchiò. Dalla porta alle sue spalle uscirono una decina di uomini armati di mitra e pistole.
"Vattene dal quartiere, se non vuoi ritrovarti un pallottola in fronte!" Urlò Jacob.
Niko serrò gli occhi, stringendo con forza l'MP5.
Jeb rise a crepapelle, spalleggiato dai suoi uomini che fecero altrettanto. "Cosa hai detto? Non ho capito."
Jacob aggrottò la fronte arrabbiato.
Nel frattempo, la strada era diventato un deserto.
Badman parlò rapidamente e con rabbia.
"Siete passati!" Gridò Jeb. "Questa zona non vi appartiene più!"
Niko gli puntò l'MP5. "Lo vedremo, testa di cazzo!"
Da ambo le parti, una pioggia di proiettili invase la strada. Tre uomini di Jacob caddero sull'asfalto, mentre gli altri si ritirarono dietro a blocchi di cemento, muri o auto parcheggiate. 
Il gruppo di Jeb si precipitò nel bar per apparire subito dopo sul tetto, sparando all'impazzata.
"Merda!" Disse Jacob. "Siamo esposti. Dobbiamo colpirli alle spalle." Si rivolse a Niko. "C'è una porta nel retro. Entra da lì e libera il bar, mentre noi terremo occupati le iene sul tetto, mi segui?" Schioccò la lingua.
"Ok, J." Rispose Niko e andò via.
Il gruppo di Jacob coprì i suoi movimenti, facendo fuoco di supporto.
Niko corse lungo il vicolo laterale del bar. Quando svoltò l'angolo, per poco un fucile a pompa non gli fece saltare la testa. Si gettò a terra e sparò due colpi all'uomo di guardia alla porta. Poi alzandosi, raggiunse la porta e girò la maniglia. Per suo grande stupore non c'era nessuna all'intero della piccola stanza. 
Niko strisciò lungo il muro ammuffito pieno di crepe, arrivando davanti a un altro ingresso. Quando fece per aprire la porta, quella venne colpita in piena da una tempesta di pallottole. Niko rimase appiccicato al muro e quel che rimaneva della porta crollò a pezzi. 
Ben presto l'intero bar si riempì di polvere fuoriuscita dai fori nei muri.
Niko si sdraiò in pancia in giù e strisciò dietro un divanetto, arrivando dall'altra parte del locale. Quindi aguzzò la vista, tenendo l'avambraccio sul naso per non respirare la polvere e sparò al primo che gli capitò a tiro. Gli altri due, allarmati dalla sparo, si voltarono, ma prima che realizzassero dove fosse Niko, vennero colpiti dall'MP5. 
Niko piegò un ginocchio sul pavimento. Attese. 
Quando capì che non sarebbero giunti altri uomini, si alzò e raggiunse la porta del secondo piano. Salì gli stretti gradini e si ritrovò in un piccolo corridoio immerso nell'oscurità. Anche qui attese un momento per accertarsi che nessuno si fosse nascosto. Poi, aprendo la porta della terrazza, vide gli uomini di Jeb dargli le spalle al ridosso del cornicione.
Niko alzò l'MP5 e scaricò su di loro tutto il caricatore. Due uomini volarono giù dal tetto, mentre gli altri furono finiti con un colpo in testa
Infine Niko si affacciò in strada e sventolò una mano. Jacob annuì e portò i suoi uomini nel bar.
"L'hai ucciso?" Domandò Jacob una volta dentro.
"Non c'era." Rispose Niko. "Forse è fuggito."
Badman disse qualcosa rapidamente preso dalla rabbia.
"Rilassati, B." Aggiunse Jacob. "Lo troveremo."
"Faccio una chiamata ai miei informatori." Disse Redman prendendo il cellulare dalla tasca. "Lo scoveranno." E lasciò il bar.
Niko, Jacob e Badman guardarono le mura del bar tappezzati di fori. In alcuni punti si erano persino staccati grossi pezzi di cemento.
"La nostra tana..." Bisbigliò Jacob fra sé malinconico.
Badman gli rispose velocemente, gesticolando o puntando il dito in varie direzioni.
Jacob rise. "Beh, abbiamo sempre pensato di rinnovare il bar. Credo sia il giunto l'ora di farlo."

Lasciarono il bar poco prima dell'arrivo della polizia. Questi chiamarono i paramedici e si dileguarono dopo una decina di minuti. Il loro intervento non era mai tempestivo. Anzi, tardavano di loro iniziativa. Preferivano che i criminali si ammazzassero tra loro, invece di mettere un freno.
Come sempre, tutto i cadaveri furono portati all'obitorio e il caso venne archiviato per mancanza di prove. In realtà di prove ne avevano in abbondanza.

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Capitolo 16
*** XVI. Capitolo ***


Quattro giorni dopo, Jacob e Badman rimisero in piedi i loro affari. Dovettero cacciare a suon di pallottole alcuni spacciatori che si erano insediati sotto il comando di Jeb.
Niko non partecipò, poiché U.L Paper lo aveva chiamato al cellulare dicendogli di venire subito.
Quando Niko entrò nell'ufficio, vide Karen seduto davanti alla scrivania di U.L Paper. L'uomo guardava attraverso le tende veneziane fumando un sigaro.

"Ciao, Niko." Disse Karen.

"Ehi."

"Ecco il nostro uomo." Aggiunse U.L Paper sedendosi. "Là sul tavolo."

Niko non capì.
U.L Paper indicò la foto.
Niko la prese e la guardò. Era un uomo sulla cinquantina, corti capelli neri, viso squadrato e il labbro superiore spaccato. "Chi sarebbe?"

"Il tuo uomo." Rispose U.L Paper.

"Petrov?"

"Esatto."

Niko fissò la foto per un momento. "Non ci credo..."

"Il tuo amico è molto anonimo." Aggiunse U.L Paper. "Non si fa vedere in giro. Ho dovuto mandare un mio uomo nel Perestroika per scattargli quella foto. Per altro, ho saputo che ha molte guardie del corpo."

"Quel figlio di puttana sa che sono pericoloso."

"Può darsi, Niko. Ma può anche essere che sia un uomo scrupoloso. Alla fine, mezza città lo vuole morto."

"Eppure è ancora vivo."

U.L Paper si mise comodo sulla sedia. "Perché è un uomo con molto potere. Gli uomini potenti incutono un certo timore ai loro nemici."

"Qualsiasi uomo può essere ucciso. Potente o meno."

"Certo, certo, Niko. Sai, potevo occuparmene io. Avevo la giusta opportunità di ucciderlo. Il mio infiltrato poteva sparargli dietro la nuca. Un lavoro pulito, ma..."

"Hai pensato a me?" Sorrise Niko. "Sei un uomo di parola. Se l'avresti fatto saresti venuto meno alla tua parola."

"Tutto il mio lavoro si regge sulle parole. Uno proficuo scambio reciproco. Molti non lo capiscono ed altri non sanno neanche cosa sia un giuramento."

"Ne so qualcosa."

"Lo so, Niko. Lo so. Ma come ben sai, questo favore richiede qualcosa in cambio." U.L Paper guardò Karen.

"Ho fatto delle indagini." Disse Karen a Niko. "Ricordi gli agenti corrotti da Petrov? Beh, si raduneranno tutti alla zona industriale. Non so perché, ma se Petrov ha deciso di incontrarli tutti lì, forse avverrà qualcosa di grosso."

"Lo penso anch'io." Aggiunse U.L Paper.

"Potrebbe essere una trappola." Rispose Niko.

"Per cosa?" Chiese Karen.

"Per me. Vuole attirarmi là per farmi fuori."

"Non credi di esagerare?"

"E' una ipotesi da non scartare." Disse U.L Paper. "Anch'io come Niko pensavo fosse una trappola per ucciderlo. O per far fuori una ipotetica squadra che avrei mandato."

Karen guardò U.L Paper. "Quindi lo mandiamo da solo? E' un suicidio."

"Lo sottovaluti. Niko ha tutte le carte in regola per far fuori un intero esercito di terroristi."

Karen alzò un sopracciglio. "Non dirai sul serio?"

U.L Paper la fulminò con lo sguardo. "Osi contraddirmi?"

Karen abbassò gli occhi remissiva.

"Ascoltate." Disse Niko. "Posso portare Jacob con me. Può aiutarmi a farli fuori."

"Potrebbe." Ripose U.L Paper posando il sigaro nel portacenere. "Ma non servirà. Ho intenzione di aiutarti. Questa può essere una buona opportunità per far finanziare il mio progetto dai piani alti."

Niko aggrottò la fronte. "Che vuoi dire?"

"Manipoleremo i motivi che hanno portato a questa strage. Questa città è piena zeppa di anarchici, terroristi, trafficanti d'armi e via dicendo. Ho sempre avuto un budget fin troppo ristretto per muovermi liberamente, così come il potere effettivo su questa feccia. Quindi, faremo qualcosa di grande. Qualcosa che attirerà l'attenzione dei media e della gente incollata sugli schermi dei cellulari."


*************


Una volta uscito dall'ufficio di U.L Paper, Niko si diresse al bar di Jacob. Lo trovò seduto sulla poltrona a fumare una canna. Guardava Badman parlare con un suo uomo, ma Niko non capì di cosa parlassero.

"Ehi, eroe!" Lo salutò Jacob.

"Come va, Jacob?"

"Nelle strade scorre cattivo sangue. Badman vuole far freddare Jeb."

"Non lo avete ancora trovato?"

Badman si intromise nella discussione parlando velocemente.

"Ok, B." Rispose Jacob. Poi si rivolse a Niko. "Badman dice che un amico di un amico sa dove si nasconde Jeb. Vuole che tu lo trovi e lo freddi."

Badman parlò rapidamente con fare paranoico.

"Badman dice che si fida solo di te. Ti pagherà 6 testoni."

Niko arricciò le labbra nel sentire quella cifra. "Sono tanti soldi. Perché volete pagarmi quando potete mandare qualcun'altro?"

Badman guardò Jacob con aria confusa. Non capiva perché Niko aveva risposto in quel modo.

"Sei un killer, fratello." Disse Jacob. "Nessuno dei miei uomini, seppur coraggiosi come leoni, possono arrivare al tuo livello. Sei una macchina di morte. Mi stupisco che tu mi abbia risposto in quel modo." Schioccò la lingua. "Credo che valga lo stesso per Badman. Lui deve capire ancora chi sono i veri amici e i falsi amici. Ecco perché vuole te."

Badman confermò parlando velocemente.

"Non sto rifiutando." Rispose Niko. "Pensavo che... Voglio dire, avete ripreso il quartiere. Eliminato la concorrenza. Fatto dei cambiamenti. Credevo che Jeb fosse un vostro problema."

Jacob e Badman rimasero in silenzio. Entrambi non capivano dove volessere arrivare Niko. 
Poi Jacob si alzò in piedi. Badman lo seguì con lo sguardo.

"Niko." Disse Jacob. "Io e Badman ti siamo stati vicini. Abbiamo preso le tue difese in queste guerra contro Petrov. Una guerra che non ci appartiene. Potevano benissimo voltarti le spalle, ma non l'abbiamo fatto, perché siamo fratelli. Siamo una famiglia, mi segui?" Schioccò la lingua. "Abbiamo perso molti bravi fratelli là fuori. Perso gli affari e il quartiere, ma in tutto questo, ti siamo rimasti fedeli. Leali." Si diede due colpi sul petto. "Ora perché cazzo parli in questo modo?"

Niko non sapeva bene cosa dire. Le parole di Jacob l'avevano colpito e affondato. "Forse è il troppo stress." Disse abbassando gli occhi imbarazzato. "Non faccio che fuggire da ogni cosa. Anzi, sembra che la merda mi segua dappertutto. Devo sempre stare in allerta, pronto a scattare ad ogni minimo pericolo. Ogni volta che la vita prende una buona piega, ecco che mi piovano addosso tonnellate di merda. Kate ad esempio. Lei non c'entrava niente con la mia vita, eppure..." Niko si guardò le mani. "Eppure è morta tra le mie braccia..."

Jacob non parlò subito. "Mi dispiace, Niko. Ma sono cose fuori dal nostro controllo. Non puoi dannarti all'infinito. Non è stata colpa tua." Posò una mano sulla spalla di Niko. "Da quel giorno sei cambiato. Io lo vedo. Non sei più quello spietato assassino con gli occhi di ghiaccio. No, fratello. Sei cambiato. Anche Badman me lo diceva."

"Voglio buttarmi il passato alle spalle." Rispose Niko. "Avevo intenzione di... di smettere di fare questa vita."

"L'hai fatto, Niko. Ci sei riuscito, ma ti hanno tirato dentro. Ecco perché dobbiamo far fuori Petrov. Solo allora potra cercare di seppellire il passato."

"Grazie, Jacob. Sto passando un periodo di merda. Ultimamente sono diventato troppo sensibile. Peggio di Roman." Rise, seguito da Jacob e Badman.

"Segno che stai cambiando in meglio. Che stai diventando una persona migliore." Sorrise Jacob. "La nostra debolezza è la nostra vera forza." Schioccò la lingua, lasciandosi cadere sulla poltrona.


***********


Prima di andare via, Niko apprese che il nome del contatto era Alphonse. Un anziano uomo che viveva nel loro quartiere da mezzo secolo. Aveva visto molti spacciatori freddati sui marciapiedi e altri che erano arrivati in cima. Ma tutti loro erano morti nello medesimo modo: crivellati da pallottole. 
Niko trovò Alphonse nel suo piccolo emporio. Era seduto dietro il bancone e guardava un film in una piccola tv.

"Salve." Disse Niko.

Alphonse lo guardò da dietro le sue palpebre cadenti. Aveva la carnagione mulatta, un viso rugoso, un paio di grosso baffi grigi e un occhio quercio. "Come posso aiutarla?"

"Sono qui per il nostro amico in comune."

Alphonse lo scrutò un istante. Sospettava che non fosse il sicario mandato da Jacob. Anzi, per un momento aveva creduto che Niko fosse un tirapiede di Jeb. Poi ascoltando il suo intuito si rilassò. "Non sei come nella descrizione fatta da Jacob. Non sei per nulla intimidatorio."

"È una qualità ben nascosta."

"Gli uomini che non sembrano pericolosi in realtà sono i più terribili." Disse Alphonse con voce roca.

"Concordo." Rispose Niko. "Allora, dove si trova Jeb?"

Alphonse spense la tv, prese un foglietto da dietro una fila di sigaretta e lo porse a Niko. "È tutto qui. La mia memoria non è buona come un tempo. Perciò ho l'abitudine di scrivere sui foglietti le cose importanti."

"Non credi sia rischioso? Qualcuno potrebbe trovarli, sopratutto se sono tipi come me."

Alphonse fece un mezzo sorriso. "Guardami, ti sembro pericoloso?"

Niko lo fissò per un momento. L'anziano uomo era poco ricurvo in avanti per un principio di gobba. Inoltre, era tremendamente lento nei movimenti. "Forse per uno stupido, ma non è questo il motivo. Potresti dimenticare di aver lasciato un foglietto da qualche parte. E se qualcuno lo trovasse..."

"Ti preoccupi troppo per un vecchio come me." Lo interruppe Alphonse con un sorriso. "Questo mi riempe il cuore, ma da altra parte mi dice che tu non sei il freddo assassino di cui parla Jacob. Lo so, non dire nulla. Nel quartiere devi incutore timore per avere rispetto, oppure essere indifeso come me. I ragazzi di Jacob mi hanno sempre protetto dagli sbandati, drogati e stronzi simili. Per questo avrà sempre il mio rispetto e la mia riconoscenza. Jacob ti stima molto. L'ho percepito quando mi ha chiamato. Ecco perché dico tutto ciò. Arrivati alla mia età, si impara subito a conoscere una persona."

"Sei un ottimo osservatore." Rispose Niko sorpreso. Poi lesse il foglietto. "Si trova a cinque isolati da qui."

"È fuori dal quartiere di Jacob e Badman."

"Ora capisco perché volevano mandare me." Niko mise il foglietto nella tasca della tuta.

Alphonse accese la tv, si sedette e guardò un film come se Niko non ci fosse.

"Ci vediamo, Al." Lo salutò Niko. L'anziano uomo alzò debolmente la mano tremante.


****************


Niko si diresse all'indirizzo. Camminò per una decina di minuti, finché non vide tre uomini seduti davanti i gradini di un palazzo fatiscente. Parlavano fra loro e alcune volte ridevano.
Tutti gli edifici che si affacciavano sulla strada erano ridotti male.
Due Suv erano parcheggiati davanti al palazzo. 
Mentre Niko attraversava la strada, uno dei tre si alzò ed entrò nel palazzo. Ci rimase per un minuto. Una volta fuori, vide i due amici stesi sui gradini con una pallottola in fronte. Fece per estrarre la pistola e gridare aiuto, quando sentì qualcosa poggiarsi dietro la nuca. Uno sparo. Cadde in avanti, rotolando sugli scalini.
Niko abbassò la canna della pistola ed entrò nel palazzo.
Era all'ingresso. Davanti a sé, poco a sinistra, una scala conduceva al secondo piano. Per sua fortuna si era portato dietro una pistola con silenziatore. Aveva fatto fuori le tre guardie senza allertare nessuno, anche se non aveva nascosto i cadaveri. Chiunque li poteva trovare, ma Niko sapeva che da quella strada non passava nessuno. A meno che le guardie di Jeb non fossero uscite, nessuno li avrebbe scoperti.
Niko strisciò lungo il muro crepato e ammuffito, arrivando accanto allo soglia di quello che un tempo doveva essere il soggiorno. Lo scheletro di un divano era accanto a una scrivania mezza sfasciata e il pavimento di legno era bucato in vari punti. 
Niko sentì scricchiolare un asse del soggiorno. Sbirciò da dietro la soglia e vide un uomo camminare verso la finestra. Quando prese un pacchetto di sigarette dalla tasca del cappotto, si accorse che era vuoto. Grugni qualcosa sotto i denti, gettò il pacchetto dalla finestra e si girò. Si vide puntata una pistola in faccia. Non riuscì a vedere chi gliela puntasse quando partì il colpo. L'uomo crollò sul pavimento.
Niko lasciò il soggiorno circospetto e si diresse in cucina.
Due uomini bevevano e ridevano attorno a un tavolino rotondo pieno di bottiglie di birre vuote. 
Niko li scrutò per un attimo. Poi attese che non entrasse nessuno alle loro spalle. Non sapeva dove conducesse quell'ingresso, ma non voleva ritrovarsi l'intero covo su di lui se l'avessero scoperto.
Quando capì che i due uomini erano soli, uscì allo scoperto e sparò sette colpi. Quelli non si accorsero nemmeno di essere morti per quanto erano ubriachi.
Un solo colpo non aveva fatto centro. Si era piantato nel muro con rumore sordo. Questo era bastato per attirare l'attenzione dell'uomo che si trovava nella stanza adiacente.

"Ehi! Tutto bene?" Disse una voce.

Niko si nascose dietro il frigo.

L'uomo sbucò in cucina. Quando si vide davanti i due uomini morti, dapprima si mise una mano nei capelli, poi puntò l'Uzi in varie direzioni con il volto scosso. "Merda! Cazzo!" Imprecò. "Dove sei figlio di puttana?" Indietreggiò lentamente verso dove era entrato. Non voleva dare le spalle ai cadaveri. Pensava che se l'avesse fatto, l'avrebbero ucciso. Ma non pensò nemmeno per un secondo di essere già sotto tiro. Un proiettile si conficcò nello stomaco e un altro gli recise la gola. Urtò le spalle al muro e scivolò sul pavimento, tentando di respirare e di tappare il foro alla gola. 
Niko gli si avvicinò, la pistola silenziata puntata in faccia. Lo finì con un colpo in testa.
Nella stanza da dove era uscito l'uomo non c'era nessun'altro. Era vuota, a parte un lavatrice arruginita.
Niko tornò all'ingresso e salì le scale al secondo piano. Il corridoio era vuoto, ma sentì delle voci. Provenivano dall'ultima stanza alla sua sinistra. Prima di dirigersi lì, controllò le prime due camere a destra e a sinistra. Nella prima, che era un bagno con le mattonelle tolte o spaccate, non c'era nessuno. Nella seconda, che doveva essere una camera da letto, c'era solo una rete matrimoniale. Era al centro e su di esso si trovava un peluche senza testa.
Quando arrivò all'ultima stanza da cui provenivano le voci, percepì una presenza alle sue spalle. Si girò di scatto, puntando la pistola.
Una bambina bionda lo guardava morsicando la manica della felpa due volte più grande di lei. Gli arrivava fin sotto le esili ginocchia. 
Non disse nulla. Si limitò a fissarlo con i suoi occhioni innocenti.
Niko non sapeva cosa fare, a parte abbassare la pistola. 
Poi la bambina si sedette sul pavimento e si mise a giocare con una siringa. 
Niko trasalì inorridito a quella scena. Qualcosa dentro di lui lo spinse senza pensarci dalla bambina, togliendole la siringa di mano.
Lei lo guardò con le lacrime agli occhi, ma non pianse. Le si arrossò il viso, le lacrimarono gli occhi, ma non pianse.
Questo spiazzò Niko. La sua mente lo riportò nel suo vecchio paese. Nella sua infanzia caratterizzata da fame e povertà. Ricordò un suo amico del villaggio. Un bambino che non piangeva mai, perché se l'avesse fatto, suo padre lo avrebbe riempito di botte, fin quando non avrebbe smesso. Al padre non piaceva sentirlo piagnucolare. Lo infastidiva. Non ricordava più il nome di quel bambino, ma ricordava bene i suoi schiamazzi e le grida di dolore. Poi un giorno il suo amico scomparve. Venne ritrovato un anno dopo seppolto accanto alla fatiscente casa del padre. Quando Niko e i suoi amici scoprirono il cadavere, un cane stava rosicchiando i suoi resti.
Al padre non fece tanta differenza. Nel villaggio correva voce che fosse stato lui ad ucciderlo, ma la verità non si seppe mai.
Adesso quella bambina gli ricordava il suo amico. Forse non piangeva per non attirare la furia dei suoi genitori. Sempre se avesse dei genitori.
La bambina continuava a fissarlo con gli occhi arrossati e Niko non sapeva come comportarsi.
D'un tratto sentì un voce alle sua spalle. "Chi cazzo sei?
Quando Niko si girò, si ritrovò un mitra puntato in faccia.

Era Jeb. Quello si mise a ridere divertito. "Niko. Ma che piacevole sorpresa." Disse sghignazzando. "Sei qui per uccidermi, vero? Quanto ti hanno pagato per farmi fuori? 4mila? 6mila? 10mila?"

Niko non rispose.

"Avanti, Niko." Alle spalle di Jeb comparvero tre uomini e una donna dal viso scavato. 
La bambina corse da lei, ma la madre la spintonò sul pavimento.

Niko serrò gli occhi infuriato per il gesto.

Jeb notò la sua espressione. "Ti preoccupi per questa succhialatte?" Rise, afferrando la bambina per i capelli. La madre rise.

Niko si sentì pervadere da una rabbia incalcolabile.
Ridendo, Jeb torse il braccio alla bambina, che gridò dal dolore.
Niko fu talmente rapido, che i primi due uomini furono crivellati dalle pallottole ancor prima di vedere la sua arma sparare.
La madre della bambina fuggì nella camera da cui era uscita.
Jeb puntò il mitra in testa alla bambina, che scoppiò a piangere. 
L'altro uomo sparò una raffica verso Niko, mancandolo del tutto.
Niko si era nascosto dietro un muro. Quando vide che Jeb aveva intenzione di uccidere la bambina, uscì allo scoperto e sparò gli ultimi proiettili del caricatore. Lo centrò a un braccio, mentre il mitra gli cadde di mano.
La bambina corse verso le scale e scese i gradini così rapidamente che quasi cadde. 
L'altro uomo, che aveva appena finito di caricare l'arma, si ritrovò placcato da Niko. Gli martellò la faccia a suon di pugni, finché l'uomo smise di dimenarsi. Poi Niko si alzò e vide che Jeb era sparito. Delle gocce di sangue portavano nell'ultima stanza. Niko si avvicinò con cautela e spiò all'interno. Venne quasi colpito da alcune pallottole che forarono il muro. Una sottile polvere si espanse nell'aria per un momento.
Niko entrò nella camera.

Jeb aveva preso come ostaggio la madre della bambina, puntandole il mitra in testa. "Non fare un altro passo o..."

Niko le sparò dritto in fronte. La donna cadde in avanti sotto gli occhi sorpresi di Jeb.
"Ho sempre odiato chi maltratta i bambini." Disse Niko. "Come odio i traditori come te!" 
Partì un colpo. 
Jeb crollò sul pavimento con lo sguardo incredulo stampato in faccia. Pezzi di cervella e sangue scivolarono dal muro.

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Capitolo 17
*** XVII. Capitolo ***


 

Niko tornò nel suo appartamento, lasciandosi cadere sulla poltrona. Chiuse gli occhi e rimase così per una dozzina di minuti. Voleva riposare. Voleva trovare un po' di quiete nella sua tormentata mente.
Aveva cercato la bambina, dopo che aveva sistemato Jeb. Perlustrato ogni vicolo nel raggio di tre isolati, chiesto informazioni ai senzatetto e passanti, ma era svanita nel nulla. 
Poi qualcuno aveva chiamato la polizia per i due cadaveri all'ingresso del palazzo fatiscente e Niko era andato via. 
Forse l'avevano rapita. Qualche malintenzionato l'aveva presa, ma cercò di calmarsi. Si stava preoccupando troppo. Ma più cercava di non pensarci, di dimenticare quella bambina, più diventava un pensiero ossessivo.
Si alzò, prese un birra dal frigo e la tracannò quasi tutta.
Poi sentì aprirsi la porta d'ingresso. Era Victoria. Posò la borsa sul divano e andò a salutare Niko con un bacio sulle labbra. Victoria non si accorse che Niko era sovrappensiero, finché Niko finì la birra e ne stappò un altra.
"Qualcosa non va?" Domandò Victoria.
Niko la guardò, ma non rispose. Si limitò a ingurgitare birra.
"Puoi dirmelo, Niko."
"Non so come spiegartelo..."
"Provaci. Ti ascolto." Gli prese una mano e si sedettero sul divano.
"Ho sbrigato un lavoro." Disse Niko con lo sguardo basso. "Non posso rivelarti cosa ho fatto. È meglio che tu non lo sappia, ma..." Fece una pausa. "Ho incontrato questa bambina. Era... Diciamo che non aveva nessuno. Abitava in un brutto posto. Aveva un mostro come madre."
Victoria faticava a seguire il discorso, ma cercò di non darlo a vedere.
"Allora ho cercato di aiutarla, ma lei è fuggita. Sparita nel nulla..."
"Perché volevi aiutarla? E poi perché è fuggita?"
Niko fissò i suoi occhi. "Perché era sola. Sua madre... è morta. Non aveva nessuno."
Victoria rimase in silenzio per un momento. "Ma come fai a sapere che non ha nessuno?"
"Viveva con una fottuta tossica del cazzo!" Urlò Niko, alzandosi in piedi. "Una madre che non meritava nemmeno di essere chiamata così!"
Victoria rimase stupefatta dalla esplosiva reazione di Niko. Si era scaldato tanto per una bambina. Pur sforzandosi, non capiva perché.
Niko intuì i pensieri di Victoria. Lo guardò accigliato per un attimo e uscì dall'appartamento. Entrò nella banshee, fece rombare il motore e partì a tutto gas. Voleva sbollire. Togliersi lo stress di dosso. E correre per le strade di Liberty City gli allentava la pressione. 
Sfrecciò sul ponte che unisce le isole. Proseguì per lungo tempo, finché finì quasi addosso a un grosso camion, evitandolo all'ultimo istante. Ma pur andando a 200/khm, la bambina tormentava ancora i suoi pensieri. Sferrò un pugno sul manubrio e decise di tornare doveva aveva freddato Jeb. Avevo perso la battaglia contro i suoi pensieri. 
Aveva ceduto.
Sapeva che era pericoloso tornare sul luogo dove aveva ammazzato Jeb e i suoi uomini. Qualcuno poteva aver cantato. Magari con un agente appena uscito dall'accademia, desideroso di fare carriere. Un testimone che avrebbe riacquistato la memoria per cinquanta dollari. Il rischio c'era sempre, ma la maggior parte delle persone taceva. Si voltavano dall'altra parte per non finire con un pallottola in fronte.
Niko accostò la banshee vicino al marciapiede, spense il motore e uscì dall'auto. Molti passanti, tra cui spacciatori e ladri lo stavano guardando. Un uomo che parcheggiava un bolide da queste parti o doveva essere estremamente stupido o era qualcuno a cui non dovevi pestare i piedi. Quelli capirono subito che Niko non andava fatto incazzare e tornarono ai loro affari.
Niko si mise a girare in tutti i vicoli, spostandosi rapidamente. Sembrava un tossico in cerca della droga per quanto era agitato. Non capiva nemmeno lui perché si sentiva così. Sapeva solo che doveva trovare la bambina. La doveva trovare per forza.
Perlustrò i vari isolati per due ore, finendo per attirare l'attenzione di un gruppo di spacciatori.
"Ehi, amico!" Disse uno di loro con una pistola in mano. La mostrò a Niko per intimorirlo.
"Levati dalle palle!" Rispose Niko superando il gruppo.
Ma non fece due passi, che un altro uomo lo afferrò per una spalla. Niko si voltò e gli tirò un pugno in faccia. Quello cadde, mentre i suoi amici puntarono le armi verso Niko.
"Non lo farei, se fossi in voi." Disse Niko.
Il gruppo rise. Poi uno di loro aggiunse. "Ah sì? Perché? Chi sei?"
"A me sembra un fottuto sbirro." Disse un altro spacciatore.
Gli altri annuirono.
"Sono Niko Bellic." Tuonò.
Il gruppo abbassò le armi intimorito, si lanciarono delle occhiate.
"Ora che abbiamo sistemato la questione," continuò Niko. "avete visto una bambina bionda?"
"Sì, credo di si... A un isolato da qui." Disse uno di loro. "Vicino al supermarket."
Niko si voltò e sparì tra i vicoli.

Quando raggiunse il supermarket, s'inoltrò in uno stretto vicolo. Due barboni dormivano per terra, mentre un altro stava defecando in un cassonetto. Niko lo guardò disgustato, ma quello continuò a fare quello che faceva.
Niko svoltò a sinistra e si ritrovò in un piccolo parchetto cementato, circondato da una recinzione di ferro arrugginita. Salì i cinque gradini e lanciò uno occhiata attorno.
La bambina era accanto a un un uomo grassoccio con il doppio mento, gli occhiali e una camicia azzurra. Teneva per mano la bambina e le parlava con tono affettuoso.
Niko si avvicinò con passo deciso. Quando gli fu vicino, toccò la spalla dell'uomo, che sussultò. 
"Togliti dalle palle, prima che ti spacchi la testa." Urlò Niko.
L'uomo sorrise compiaciuto, tirò fuori un coltello e lo poggiò alla gola della bambina. "Non fare un altro passo. Wendy vuole stare con me, non è vero?"
Con il volto rigato dalle lacrime, la bambina annuì spaventata.
"Non farle del male, sennò..."
"Sennò che fai, eh?" Gli disse l'uomo grassoccio. "Che fai, eh?"
Niko allungò una mano dietro i pantaloni dove teneva nascosta la sua pistola.
"Fermo! Alza le mani!" L'uomo avvicinò ancor di più il coltello alla gola della bambina.
"Ehi, stai calmo, ok?"
"Ma io sono calmo." Sorrise l'uomo grassoccio. "Oh sì che sono calmo." Poi iniziò a indietreggiare con la bambina.
Niko lo seguì lentamente e con cautela.
"No, no!" Disse l'uomo. "Rimani dove sei. Wendy e io non vogliamo la tua compagnia. Vogliamo stare soli. Farci le coccole, non è vero, Wendy?"
Niko fissò gli occhi arrossati della bambina, che gli imploravano di aiutarla. Ma non poteva fare nulla. L'uomo le avrebbe tagliata la gola.
Quando l'uomo grassoccia stava per girare l'angolo, qualcuno lo colpì dietro la testa. Cadde sulla ginocchia frastornato. Il gruppo di spacciatori gli si fiondò addosso con rabbia, tartassandolo di calci e pugni. L'uomo cercò di dimenarsi, di alzarsi, ma quelli lo gettavano di nuovo a terra, come iene su una preda.
Lo massacrarono.
L'uomo grassoccio se ne stava con gli occhi vitrei a fissare il cielo. La faccia sporca di sangue, il labbro spaccato, il naso rotto.
La bambina corse tra le braccia di Niko.
"Stai bene?" Le chiese Niko.
La bambina annuì.
"Era un fottuto pedofilo, allora." Disse uno spacciatore a Niko.
"Sembra che lo conoscevi?"
"Si aggirava da queste parti da giorni. Pensavo che era qui per la droga o per le puttane. La maggior parte delle gente vestita per bene viene per quello. Merda, se lo avessi saputo prima..."
"Grazie per l'aiuto, ragazzi." Disse Niko. 
"Senti, Niko. Io e i ragazzi volevamo scusarci per prima. Non sapevamo che tu fossi Niko Bellic. Insomma, Dwaine ci ha parlato molto di te. Anzi, non fa altro che dire quanto sei in gamba. Poi ti abbiamo visto con questo pedofilo del cazzo. Beh, da come parlava era ovvio che lo era. Volevamo chiederti scusa." Lo spacciatore guardò i suoi uomini.
"Non preoccupatevi. E' tutto risolto. Grazie del vostro aiuto. Ora devo andare."
"Non dire nulla a Dwayne." Disse lo spacciatore imbarazzato. "O ci farà a pezzi."
"State tranquilli, non dirò nulla."

Venti minuti dopo, Niko entrò nell'appartamento insieme alla bambina. La fece sedere sul divano, quando Victoria uscì dalla cucina.
"Chi è questa bella bimba?" Chiese Victoria, sorridendo alla bambina.
"E' la bambina di cui parlavo."
Victoria le si avvicinò. "Ciao. Io sono Victoria." Le disse.
La bambina accennò un lieve sorriso. 
"Vuoi del gelato?"
La bambina spalancò gli occhi dalla felicità e annuì con vigore.
Victoria la prese per mano e la condusse in cucina, mentre Niko sorrideva. Quel vuoto che sentiva pesante come un macigno era svanito. Ora si sentiva appagato. Felice.
Non passò molto tempo, quando qualcuno bussò alla porta dell'appartamento. Niko andò ad aprire. Era Roman. Lo abbracciò, mentre Mallorie entrava nell'appartamento.
"Cugino." Disse Roman. "Come stai?"
"Bene." Ripose Niko. Poi guardò Mallorie. "Ehi, Mallorie."
"Ciao, Niko."
Victoria e la bambina uscirono dalla cucina e si avvicinarono. La bambina, con le labbra sporche di cioccolato, teneva una tazza di gelato al cioccolato in mano.
"Tu devi essere Victoria?" Disse Mallorie alla donna.
"Ciao." Disse Victoria, mentre la bambina si teneva stretta a lei.
"Io sono Mallorie." Disse la donna, stringendole la mano.
"Victoria. Mi dispiace per quello che ti è successo."
"Non farmici pensare." Aggiunse Mallorie. "Lei chi è?" Disse riferita alla bambina.
"L'ha portata Niko." 
"E' una lunga storia." Disse Niko a Mallorie. "L'ho..."
"Cugino." Aggiunse Roman interrompendolo. "Io e Mallorie abbiamo deciso di fare un viaggio a Vice City. Vogliamo rilassarci. Prendere il sole e sorseggiare Mojito con il culo in acqua."
"Ma è fantastico, a parte l'ultima parte." Sorrise Niko. "Quando partirete?"
"Tra un ora."
"Non avete perse tempo, vedo."
"Dopo quello che è successo, ho pensato di allontanarci da Liberty City. Io e Mallorie ne abbiamo bisogno."
D'un tratto squillò il cellulare di Niko. Lo prese dal tasca della tuta e guardò lo schermo. Era Karen. "Scusate, devo rispondere." Si diresse in terrazza e rispose al cellulare. "Karen."
"Vieni a North Holland. Subito."
"E' successo qualcosa?"
"Ti spiego quando verrai." Karen riattaccò.
Niko mise il cellulare in tasca e raggiunse gli altri, dicendo di doversi assentare per una commissione urgente. 
"Ok, Cugino" Disse Roman abbracciandolo. "Ti manderò delle foto da Vice City." Poi si accostò al suo orecchio. "Ti manderò le foto delle donne in Bikini."
"Donne in Bikini?" Sottolineò Mallorie, che lo aveva sentito.
"No, tesoro. Hai sentito male." Rispose Roman imbarazzato e intimorito. "Volevo dire... Insomma, Vice City è una bella città. Volevo..."
Niko rise e lasciò l'appartamento, mentre Roman incespicava con le parole e Mallorie lo fulminava con lo sguardo.

Karen lo aspettava dietro un vicolo. Quando vide arrivare Niko, la donna aprì il bagagliaio dell'auto. 
"Cos'è?" Disse Niko, notando un grosso borsone nero nel baule.
"Un ordigno."
"Cosa?" Niko sbarrò gli occhi. "Un fottuto ordigno?"
"Ti servirà per far esplodere una parte della centrale di polizia."
"Ma che cazzo..."
"Non sai dire altro?" Karen alzò un sopracciglio.
"E' un idea di..."
"Sì, l'idea è sua. Ma tranquillo, non morirà nessuno."
"E' una fottuta bomba, Karen. Ucciderà per forza delle persone e..."
"Silenzio, Niko." Disse stizzita. "Ora ascoltami. Devi piazzare questo ordigno nel retro della centrale di polizia. Non ci sarà nessuno da quella parte. Molti dei poliziotti sono andati a un cerimonia onoraria di... Non importa di chi. Piazza la bomba in quel punto e farla esplodere. Farà a pezzi solo la stanza interrogatorio e una parte dei bagni."
"Perché? Qual è il motivo?"
"Il motivo? U.L Paper ti ha già detto tutto, ricordi? Questa mossa farà piovere sull'agenzia una cascata di fondi per l'anti-terrorismo. Fondi che aiuteranno anche te per mettere all'angolo Petrov. E poi, U.L Paper ha bisogno di quei fondi. Ma questo non ti è dato sapere."
"Se mi beccano, dovrò..."
"Non ti vedrà nessuno. Ho degli agenti nei paraggi. Il parcheggio è libero."
"Merda... Potrei stanare Petrov da solo. Far fuori i suoi uomini e..."
"Accidenti, Niko!" Disse Karen accigliata. "Sei cocciuto. Fai quello che ti ho detto. Petrov in questo momento è inavvicinabile. Ha gente molto potente alle sue spalle. Tutto il quartiere di Broker è nelle sue mani. Non riusciresti a fare due passi, senza ritrovarti con un proiettile in fronte."
"Ho capito, ho capito." Niko prese il borsone, lo posò a terra e lo aprì. "Come funziona?"
Karen gli allungò un telecomando. "Tieni. Una volta che hai posizionato la bomba, allontanati di almeno 100 metri e premi il bottone rosso. La bomba farà il resto."
"Quindi nessun conto alla rovescia?"
"Hai visto troppi film." Disse Karen, aprendo la portiera dell'auto. "Ci vediamo, Niko." Entrò in macchina, accese il motore e andò via.
"Sì... Ciao..." Disse Niko chiudendo la lampo e afferrando il borsone.

Camminando lungo il marciapiede, Niko prestò attenzione a non far urtare il borsone contro i passanti. Non voleva che un urto facesse saltare in aria lui e tutti ciò che era intorno.
Girò l'angolo di un palazzo, andò avanti per circa 30 metri ed entrò nel parcheggio della polizia, circondato da un basso muretto in cemento. Non era sorvegliato da nessuno. Due macchine della polizia erano parcheggiata dall'altro lato dell'edificio.
Niko si avvicinò verso un cassonetto, posò il borsone tra questo e un bidone pieno di rifiuti e si allontanò con calma. Ma dentro di sé non era per nulla calmo. Lanciava occhiate in tutte le direzioni, pensando che da un momento all'altro sbucassero fuori i poliziotti sparando all'impazzata. Ma non successe.
Uscì dal parcheggio e raggiunse l'altro lato della strada, si appoggiò col fianco a un muro e guardò il telecomando. Rimase a fissare il parcheggio per un attimo, poi premette il bottone senza farsi vedere dai passanti.
BOOM! 
Fu l'unica cosa che sentì, prima di ritrovarsi a terra stordito, con la vista offuscata e le orecchie che fischiavano. Il telecomando gli era caduto di mano.
Vide dei passanti alzarsi da terra o fuggire via. Fumi neri s'innalzavano dallo squarcio nel muro della centrale di polizia. Un piccolo fuoco divampava tra le macerie. Una delle due auto della polizia aveva i vetri infranti, le ruote bucate e la carrozzeria danneggiata.
Niko si alzò lentamente con un mano poggiata a un muro.
Un uomo in completo nero gli si avvicinò. Lo guardò un istante. Poi si chinò, prese il telecomando dal marciapiede e si dileguò tra la folla.
Niko alzò una mano per fermarlo; stava per gridargli dietro, quando realizzò che forse l'uomo doveva essere un agente di Karen.
Poi Niko si allontanò dal luogo dell'esplosione, mentre le sirene echeggiavano intorno. 

Quando superò due isolati, il suo cellulare squillò. Niko si sedette su gradino, prese il cellulare e rispose. 
"Ottimo lavoro, Niko." Disse Karen.
"Sono quasi morto. Cazzo!"
"Ti ho detto di allontanarti di almeno 100 metri, ma tu non mi hai ascoltato."
"Come lo sai?" Niko era irritato. "Hai visto tutto?"
"Certo. Pensavi che ti avrei mandato senza supervisionare ciò che facevi?"
"Ho perso il telecomando. Credo che..."
"Non preoccupare. Un mio agente lo ha recuperato. Ora devo andare." Karen riattaccò.
"Aspetta..." Niko mise il cellulare in tasca. "Merda, devo farmi una doccia. Sono ricoperto di polvere..."

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Capitolo 18
*** XVIII. Capitolo ***


Quando Niko entrò nel suo appartamento, Victoria era seduta a guardare la tv. Non si accorse di Niko finché lui non chiuse la porta.
Victoria si voltò per salutarlo, ma si fermò quando vide che era cosparso di polvere. "Cosa è successo?"
Niko la guardò. "Nulla. Ora vado a farmi una doccia."
"Niko." Disse Victoria alzandosi dal divano. Lo seguì fino all'ingresso del bagno. "Fermati. Dimmi cosa è successo?"
"Niente, Vic. E' meglio che tu non sappia niente." Niko aprì la porta e la richiuse alle sue spalle.
Si tolse i vestiti, li buttò nella cesta, entrò nella doccia e aprì il rubinetto. Un fiotto d'acqua gelida lo fece trasalire per un momento. Poi abbassando la testa, chiuse gli occhi, mentre l'acqua ai suoi piedi diventava marrone scuro per lo sporco.

Uscì dal bagno venti minuti dopo. Andò in camera da letto, indossò un pantalone e una camicia nera dall'armadio e si diresse in cucina. Pensava di vedere Victoria e la bambina, di cui non sapeva il nome, anche se il pedofilo l'aveva chiamata Wendy.
Prese una birra dal frigo, la stappò e fece un sorso. Poi si sedette con gli occhi fissi nel vuoto.

Verso le sette di sera, U.L Paper lo chiamò al cellulare.
"Niko." Disse l'uomo. "Domani sarà il grande giorno. Petrov sarà tutto tuo. Preparati."
"Non vedo l'ora di mettere le mani su quel bastardo." Rispose Niko.
"Questa notte Petrov perderà un sacco di pistole."
"Verranno uccisi?"
"No, no, i giornalisti vanno a nozze per le stragi. Verranno arresti e molti di loro cacciati dal paese. Ho avuto carta bianca dai piani alti dopo la bomba nella centrale di polizia."
"Se sapessero..."
"Nessuna saprà nulla, Niko. Devi tenere la bocca chiusa. Nessuno deve sapere di questa storia, intesi?"
"Certo."
"Bene."
"Quanti uomini ci saranno con Petrov?" Domandò Niko.
"Forse una quindicina. Gente con la fedina penale immacolata. E' un problema?"
"No. Nessuna problema."
"Ora devo andare." U.L Paper riattaccò.
Niko stava andando sulla terrazza, quando Victoria e la bambina entrarono nell'appartamento.
"Ehi." Disse Niko.
La bambina corse ad abbracciarlo.
"Ciao. Tutto bene?"
"Sì." Rispose la bambina.
"Victoria mi ha comprato del gelato." Sorrise.
La donna li raggiunse, si chinò verso la bambina. "Hai le labbra sporche di cioccolato, Zoey."
La bambina si pulì con la manica della giaccia.
"Quindi ti chiami Zoey?" Disse Niko.
La bambina annuì prontamente.
"E' proprio un bel nome."
Victoria si voltò verso Niko. "Allora, mi dici perché eri sporco di polvere dalla testa ai piedi?"
"E' una lunga storia." Rispose Niko.
"Riguarda l'esplosione della centrale di polizia? Non fanno altro che parlare di questo in città."
"Ero nei paraggi quando... Insomma, è esplosa.
"Oh mio Dio!" Victoria si portò le mani sulla bocca. "Non... Oh mio Dio..." Balbettò."
"Tranquilla. Ero lontano quando è successo."
"Hai detto che eri nei paraggi."
"Sì, ma non vicino all'esplosione. Sono stato ricoperto dalla polvere ancor prima di lasciare l'isolato."
La bambina li guardava senza capire di cosa stavano parlando.
Victoria gli tastò le braccia, il petto, il collo e il viso. "Quindi stai bene?"
"Sì, Vic. Sto bene. Grazie." Sorrise Niko, rincuorato dal fatto che Victoria era così preoccupata di ciò che gli era successo, anche se aveva in parte mentito.
"Posso avere dell'altro gelato?" Chiese Zoey ai due.

Un'ora dopo, Niko telefonò a Jacob.
"Ehi, J." Disse Niko. "Mi sono dimenticato dirti che ho sistemato il nostro amico."
"Non preoccuparti, eroe." Rispose Jacob. "Le voci corrono velocemente da queste parti. Molti dei suoi uomini sono fuggiti o hanno implorato di lavorare per me."
"E?"
"Non c'è spazio per i traditori. Chi tradisce una volta, tradisce sempre."
"Beh, non tutti sono..."
"Niko, fratello. Ho lavorato con molta gente. Chi ti volta le spalle negli affari, lo farà ogni volta che troverà di meglio. In questo tipo di affare non c'è spazio per gente così. Non siamo una fottuta azienda governativa. Non ci azzanniamo alla gola per una promozione. Qui ci guardiamo le spalle a vicenda, mica ci pugnaliamo alla schiena, capisci?" Schioccò la lingua.
"Certo."
"A che punto sei con Petrov?" Chiese Jacob.
"Domani sarà il suo ultimo giorno sulla terra."
"Finalmente le cose si sistemeranno. Se ti serve aiuto, conta pure su me e Badman."
"Grazie, Jacob. Ma è una cosa che devo fare da solo."
"Capisco, Niko. Allora non sparire, ok? Vieni a trovarmi ogni tanto. Forse avrò anche del lavoro per te, se ti interessa."
"Contaci, J. A presto." Niko riattaccò.
Quella sera Niko andò a dormire presto. Si addormentò con le voci allegre di Victoria e Zoey che provenivano dal soggiorno.

Verso le sei del mattino, Niko si alzò, si sciacquò la faccia al lavandino e indossò una tuta blu scuro con due fasce che correvano ai lati delle braccia e gambe. Bevve un bicchiere d'acqua, diede un ultima occhiata a Victoria e Zoey, che dormivano insieme sul letto matrimoniale, e uscì dall'appartamento con un borsone nero. 
A quell'ora le strade si riempivano di lavoratori. Auto e furgoni sfrecciavano sulla strada.
Niko prese un taxi quel giorno. Non voleva portare una banshee a Broker. Avrebbe attirato l'attenzione degli uomini di Petrov che, seppur decimati dagli arresti di quella notte, ora erano più vigili che mai.
Il taxi lo portò a limitare di Broker, pagò trenta dollari al tassista, uscì dalla macchina e afferrò il borsone dal bagagliaio. Si guardò attorno. C'erano pochi passanti.
Niko s'incamminò verso il Perestroika, il borsone stretto in una mano. Svoltò l'angolo di un bar e proseguì per 80 metri. Si fermò solo quando vide tre uomini uscire da un Intruder. Parlando tra di loro, si diressero all'ingresso del Perestroika. 
 Niko mise a terra il borsone, lo aprì e tirò fuori due pistole. Poi chiuse il borsone, lo sistemò dietro un basso muretto coperto da un folto cespuglio e s'incamminò verso il Perestroika.
Due guardie armate di pistola erano all'ingresso. Lo riconobbero fin da subito, ma Niko li sparò a sangue freddo ancora prima di puntare l'arma. Gli uomini all'interno avevano certamente sentito gli spari, perciò non si sarebbero fatti cogliere impreparati.
Non appena Niko entrò nel Perestroika, una pioggia di proiettili lo accolse calorosamente. Niko si riparò dietro una colonna, mentre le pallottole non gli davano modo di ricambiare il favore. Si guardò attorno, ma non trovò una posizione favorevole per provare a sparare. Quando notò che l'intensità del fuoco nemico era calato, Niko si sporse dal muro, gettò una rapida occhiata nella grande sala e sparò al barista che stava caricando il fucile a pompa. Tornò dietro il muro, che si andava sbriciolando sotto le pallottole nemiche.
Rifece lo stesso gesto. Attese che alcuni caricassero le armi e si sporse dal muro per sparare ai due uomini che si trovavano dietro un tavolino rotondo. Gli altri, intuendo ciò che stava facendo Niko, cercarono di accerchiarlo. Avanzarono rapidamente, facendo fuoco di soppressione. Niko fu costretto a indietreggiare, quando una parte della colonna crollò sul pavimento. Si riparò dietro le porte d'ingresso del Perestroika, mentre i tirapiedi di Petrov guadagnavano terreno. 
Non poteva più starsene fermo a sperare che una pallottola non lo centrasse, poiché la porta non avrebbe resistito alla raffica di mitra e pistole.
Niko si gettò a terra e sparò a tre uomini con una velocità quasi disumana. Poi un uomo, sbucato da dietro un muro, gli si gettò sopra, cercando di colpirlo in faccia. Niko si spostò di lato e gli mise le braccia attorno al collo. Gli altri uomini spararono, ma colpirono il loro compagno. Niko ne approfittò per ucciderne altri tre. 
Nel locale entrarono altri quattro uomini. Rapidamente, Niko prese due mitragliette dal pavimento e sparò una raffica verso questi, colpendoli tutti. 
Nel locale era sceso il silenzio. 
Rimase fermò al centro della sala per qualche minuto, si guardò intorno. Quando capì che non sarebbero arrivati altri uomini, corse verso il retro del locale. 
Petrov gli sparò. 
Il proiettile gli passò a tre centimetri dalla testa. Niko si chinò e sparò, ma le pallottole crivellarono il muro. Petrov era fuggito dalla porta secondaria, che si richiudeva lentamente.
Niko uscì fuori dal locale e gettò occhiate in varie direzioni. Gli sembrava di rivivere la stessa scena di quando aveva ucciso Mikhail Faustin. 
Vide Petrov salire rapidamente la scala antincendio. Niko gli sparò e quello ricambiò i colpi. Le pallottole colpirono muri, cemento, bidoni. Niko lo seguì, salì la scala antincendio e si ritrovò sul tetto. Petrov stava correndo verso un elicottero. Niko stava per sparare all'elicottero, quando due uomini armati di AK-47 uscirono da dietro una cisterna d'acqua e aprirono il fuoco.
Niko riuscì a ucciderne uno, prima di ripararsi dietro un tubo d'areazione. Quando Petrov fu dentro l'elicottero, l'ultimo uomo arretrò verso l'elicottero e salì a bordo. Niko uscì alla scoperto e corse verso l'AK-47, prese l'arma e si ritirò dietro la cisterna d'acqua, mentre il tirapiede di Petrov sparava all'impazzata. 
L'elicottero virò a destra, e si stava allontanando, quando Niko uscì dal riparo, prese la mira e sparò tre colpi all'elica dell'elicottero, che iniziò a roteare su sé stesso. L'uomo armato cascò giù, schiantandosi sul marciapiede. Niko corse verso il parapetto del tetto e svuotò il caricatore contro l'elicottero, che prendendo fuoco, si schiantò su un edificio abbandonato con una forte esplosione.
Petrov non può essere sopravvissuto, pensò Niko.
Rimase a guardare le fiamme divorare i resti dell'elicottero. Udì le sirene della polizia. Ripulì AK-47 con la manica della giacca della tuta per non lasciare impronte e posò l'arma accanto al cadavere. Scese la scala antincendio, camminò lungo il vicolo e si allontanò, guardando l'elicottero bruciare e nubi di fumo oscurare il cielo.

Quando andò riprendere il borsone, U.L Paper lo chiamò al cellulare.
"Ottimo lavoro." Disse l'uomo. "Hai una mira impeccabile."
"Hai visto tutto?"
"Ho occhi e orecchie dappertutto, Niko. Sono come il grande fratello."
"Il reality?"
"La vita stessa è un reality. Ognuno recita la sua parte ed altri vogliano recitare le parti altrui. Mi capisci?"
"Certo."
"Qual è la tua parte?"
"Parte?"
"Che personaggio sei?"
"Personaggio? Non capisco?"
"Perfetto. Vuole dire che ti sei calato bene nella parte."
"Ok."
"Lo capirai col tempo, Niko. Ci vediamo."
Niko rimase perplesso dalla parole di U.L Paper, ma cercò di non pensarci.

Tornato al suo appartamento, Niko si fece una doccia e tre dita di Vodka. Non beveva mai Vodka, ma quello era un momento importante. Doveva festeggiare. Aveva finalmente ucciso Petrov.
Si sedette sulla poltrona del soggiorno e fece ondeggiare il liquore nel bicchiere. Lo fissò per un momento, pensando al fatto che Petrov lo voleva morto solo per vendicare suo Zio Faustin. Zio che non aveva mai conosciuto stando ai Dossier di U.L Paper. 
Ma era vero? Voleva ucciderlo per questo? O forse perché Niko si era fatto una reputazione leggendaria a Liberty City? Tutti conoscevano il suo nome, ma nessuno gli sopravviveva a lungo da ricordarsi la sua faccia. 
Era un nome, senza un volto.
Mentre pensava, si accorse di non aver mai scambiato una parola con Petrov. Con ogni uomo che contava in città, aveva sempre scambiato qualche parola, insulto o persino sguardi carichi di rabbia. Ma con Petrov non era successo, il che lo turbò. 
I cattivi amano parlare e giustificare le loro azioni, pensò Niko. Forse si sono evoluti e hanno capito che discutere fa solo perdere tempo prezioso.
Rimase a contemplare la vittoria seduto nel totale silenzio, sorseggiando del Wiskhy. Perfino la caotica Liberty City sembrava essersi ammutolita.

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