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«No, noi restiamo qui. Sì
mamma, non ti preoccupare, io e Kai abbiamo del
lavoro da finire.» Taemin sorrideva nel parlare al telefono, era sempre
un piacere poter conversare con i genitori durante i lunghi periodi di lontananza
dati dal lavoro. Gli ultimi mesi erano trascorsi in un susseguirsi di
allenamenti, coreografie da perfezionare, lezioni di canto snervanti e
ripetitive, il tutto condito da un pizzico di spinta in più data da manager e
insegnanti a pretendere il meglio con orari disumani. Ce la stavano facendo,
razionando ore di sonno e minimizzando il divertimento, ed in accordo con i
propri preparatori i ragazzi avevano optato per una breve vacanza; una pausa di
una settimana, qualche giorno da dedicare a loro stessi ed ai nervi deliranti. Nonostante
l’offerta allettante Taemin aveva scelto di fermarsi al
dormitorio di comune accordo con il collega.
«Ho bisogno di un partner per la parte centrale del programma, riusciresti a
darmi una mano?»
Era certo di ricevere assenso, l’amico era sempre stato completamente
disponibile per lui; inoltre Taemin sapeva dei
pessimi rapporti dell’altro con la famiglia, quindi dava già per scontata la
presenza di quest’ultimo in studio nei giorni a venire.
«Certo, come no! Ehi, beh, no aspetta, avevo promesso a Mark di passare da lui,
come facciamo?» Kai scompigliò i folti capelli scuri
grattandosi ripetutamente il capo mimando una smorfia corrucciata. «Vedrò di
combinare in qualche modo.»
«No.»
«Dai… sai che mi spiace, ma non posso certo lasciarlo da solo, ha bisogno di
una mano.»
Mark sbuffò infastidito: conosceva Kai da anni, da
prima della creazione del gruppo. Conosceva anche Taemin
e gli altri quattro elementi che s’erano uniti, facenti tutti parte della
stessa casa discografica, ma aveva sempre considerato il rapporto con il
ragazzo in modo esclusivo, condito da una buona dose di possesso.
«Non ha bisogno della balia.»
«Ti sei offeso?» Il giovane mimò uno “scusa” con le labbra enfatizzando il
gesto con un abbraccio; gli sfiorò i corti capelli mori provocandogli la pelle
d’oca sulla nuca, ricevendo un colpo di nocche al centro della testa.
«Smettila. Va bene, ma questa è l’ultima volta, giuro, l’ultima in cui cedo ai
tuoi capricci.»
L’altro si illuminò a quella concessione: troppo facile da ottenere, ma lo rese
felice senza fatica. Gli sorrise ringraziandolo per poi trotterellare verso la
sala comune del dormitorio, in direzione di un Taemin
in attesa di conferma. Mark sbuffò vedendolo correre, riteneva così infantile
quel suo tipo di atteggiamento caratteristico e riconoscibile. Era anche per
quello che erano riusciti a legare subito, per il suo essere tanto spontaneo ed
espansivo anche con gli estranei. Dal canto suo poteva soltanto dire che voleva
mantenere la situazione così: sorrisi, complicità, affetto e soprattutto
contatto fisico.
Continuo.
Quotidiano.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter avere accanto Kai
e la sua vivacità ma detestava dover ammettere, punto dal tarlo della gelosia,
che Taemin fosse una presenza pressante, ingombrante,
indesiderata tra loro; avrebbe volentieri fatto a meno di lui in molte
precedenti occasioni, e quando era finalmente riuscito a convincere Kai a passare qualche giorno nella casa di famiglia in
campagna, lui non poteva naturalmente.
Nonostante avesse risposto di sì all’invito.
Non poteva perché lui s’era intromesso, non poteva raggiungerlo perché sempre
lui aveva bisogno. Taemin.
Ogni giorno quel nome pronunciato dalle labbra di Kai
era sempre più ridondante e fastidioso. Taemin.
Basta, avrebbe trovato il modo di sistemare la situazione, o ci avrebbe
provato.
«Allora non parti più?» Kai guardava Mark con occhi confusi, il sopracciglio
alzato a distruggere l’equilibrio dei tratti affilati del viso.
«No, farà bene pure a me non interrompere gli allenamenti.» Taemin osservava i due chiacchierare dalla comoda
poltrona su cui s’era seduto; smosse la chioma castana e socchiuse gli occhi
scuri alla ricerca di un isolamento che tanto avrebbe sognato d’ottenere in
quei giorni. Sarebbe stato perfetto, lui e Kai soli,
nessun altro tra i piedi ad interrompere il duro lavoro, lo studio, le lezioni
extra… invece avrebbe dovuto allentare i propri ritmi con l’intromissione di un
terzo elemento. Non amava affatto rallentamenti di sorta, perfezionista
com’era; desiderava il massimo impegno per sé e dagli altri, non avrebbe preteso
di meno dallo stesso Mark. Kai voltò lo sguardo curioso in sua direzione,
chiedendo se fosse un problema una variazione nel programma intensivo.
«Certo che no.» Una risposta secca, l’indice ad incorniciare lo zigomo destro.
«Ricorda che sono qui per lavorare, non per una vacanza fuori porta.»
Serio, cinico, complesso.
Non avrebbe potuto rispondere altrimenti.
Mark lo fissò dritto nelle iridi imprimendosi quell’espressione tagliente,
quasi lo stesse guardando dall’alto in basso, soppesando e giudicandone ogni
singola parola e gesto. Tutto il contrario dell’amico gioviale e sorridente con
cui avrebbe voluto trascorrere qualche giorno in tranquillità.
Intima tranquillità.
Un progetto totalmente ipotetico. Non poteva certo dire di provare
dell’antipatia nei confronti dell’artista ma riteneva che le tante attenzioni
che Kai dava a quel ragazzo fossero immotivate,
eccessive. Attenzioni che avrebbe preferito ricevere invece di sentirsi un incomodo
in un piccolo mondo privato. Fece per ribattere a quella linguaccia ironica quando
il televisore appeso alla parete della stanza attirò la loro attenzione. Taemin fece segno di fare silenzio impossessandosi del
telecomando: l’edizione straordinaria mostrava dati, grafici, cifre che stavano
salendo a velocità vertiginosa; la giornalista stilò una classifica mondiale
basandosi su aggiornamenti in tempo reale di quella che da semplice epidemia locale,
si stava espandendo con ritmo rapidissimo all’interno di tutta la regione,
arrivando oltre i confini di Stato. L’espressione della donna non tradiva il
tono concitato con cui ripeteva a tutti coloro che s’erano collegati di fare
attenzione, di evitare il più possibile luoghi affollati e di non uscir di casa
nel caso mostrassero sintomi di influenza o infezione delle alte vie respiratorie.
Quello che pareva essere un fenomeno contenuto, un virus stagionale, stava
prendendo piede diffondendosi a macchia d’olio.
I tre non dissero nulla ma le iridi di Kai tradivano
preoccupazione, sembrava volessero parlare; Taemin
premette con dito tremante il tasto del telecomando, riconoscendo veritiero il
presentimento sfociato nella sua mente. Ogni singolo canale di diletto o
d’informazione aveva interrotto la programmazione giornaliera nel diffondere la
notizia d’allerta. Il telefono iniziò a vibrare insistentemente in tasca, era
nuovamente la madre. Rispose preoccupato abbassando di poco il volume,
mascherando la voce tesa con un ipocrita tono tranquillo: «Sono qui, sì, non ti
preoccupare. Mamma, è tutto a posto. Sì, sì… stiamo guardando adesso la tv, ho
visto. Non so cosa dire, avevano già parlato di questa cosa qualche giorno fa,
ma non credevo fosse così, ecco. Sì, ti ripeto, è tutto ok.» Premette con
troppa energia il dito sullo schermo dello smartphone senza neppure
accorgersene. Avrebbe voluto mostrarle un po’ più di debolezza, anche solo per
sentirsi confortato. Kai gli si avvicinò strofinandogli l’avambraccio come
era solito fare: riteneva il contatto umano fosse una delle medicine più
efficaci per lo stress, dimenticandosi della presenza di Mark lì accanto che
distolse lo sguardo concentrandosi ancora una volta sui collegamenti
internazionali. Si connesse ai social, dove numerosi hashtag mirati spopolavano
allarmanti: bacheche intasate di messaggi, collegamenti, conversazioni e
commenti inadeguati.
In pochi minuti l’aggiornamento spopolò sull’intero mondo di internet,
portandolo a ricevere decine di notifiche accavallate una all’altra. L’app di
messaggistica risuonava a intervalli regolari, così come quella dell’altro. Kai voltò la testa verso di lui, il labbro inferiore
stretto tra gli incisivi. Era un gesto che tradiva preoccupazione e bisogno.
Ciò che nelle settimane precedenti era stato mostrato come semplice notizia
marginale, si stava impossessando di ogni mezzo di comunicazione possibile.
La cena aveva tutto un altro sapore quella
sera: il telegiornale era una presenza costante, il telecomando passava da un
canale all’altro cercando aggiornamenti su un eventuale nuovo stato d’allerta. Ogni
notizia si accavallava a quella precedente, variava solamente il volto di chi
presentava l’edizione straordinaria di turno. Taemin
s’era reso conto di come quel bombardamento mediatico stesse lavorando non solo
sulla sua testa, ma anche all’interno della mente dei due ragazzi che gli
stavano di fronte. Per la prima volta, dall’ingresso al dormitorio, aveva
consumato la sua cena in silenzio. Silenzio forzato, innaturale. Tentò di
smuovere la situazione rivolgendosi a Mark attraverso un approccio
professionale empatico ed interessato.
Certo non facile con lui, ma neppure impossibile, complice anche la
consapevolezza di un’amicizia di lunga data con Kai. Questo
l’aveva aiutato a mantenere le dovute distanze per un avvicinamento non troppo
approfondito, anche perché dall’altra parte non c’era mai stato un vero e
proprio impegno verso un rapporto più stretto. Averci a che fare però con una
certa frequenza, con un numero limitato di persone, avrebbe aumentato
considerevolmente la percentuale di occasioni da condividere. Respirò, se ne
sarebbe fatto una ragione: si trattava pur sempre di lavoro.
«Allora, Kai sa già in cosa consisterà l’allenamento.
Ho bisogno di una sessione intensiva della fase centrale nella seconda parte
del programma, quella a base lenta. Credo proprio sia ciò su cui dovremmo
lavorare tutti.» Con “tutti” intendeva soprattutto Mark, ma non riteneva fosse
necessario sottolinearlo: non voleva certo punzecchiare il suo lato permaloso,
non quella sera. Kai si intromise serio, lasciando da parte il solito
sorriso bonario che lo contraddistingueva. «Io credo sia importante
focalizzarsi sugli assoli, invece. Poi potremmo ritrovarci sulla coreografia di
gruppo.»
Mark tentava di seguire e distinguere i due ragionamenti opposti, ma la sua
attenzione era in parte assorbita dalla voce ripetitiva del televisore: trovava
davvero difficile concentrarsi, ma ben poco importava l’ordine di esecuzione
degli esercizi, gli bastava trascorrere con l’amico parte del tempo
preventivato qualche giorno prima. Allenarsi sarebbe stato un surplus, anche se
ne avrebbe tratto un certo vantaggio personale. Avrebbe unito l’utile al
dilettevole.
«Sono d’accordo, lavoreremo prima sulle esibizioni singole. Kai,
senti, dovrei parlarti, potresti raggiungermi in sala dopo cena?»
L’amico acconsentì con un sorriso lieto, come era solito fare. Taemin dalla sua annuì distrattamente a quel genere di
richiesta, non notando affatto qualcosa di diverso dalle abitudini comuni.
La cena si concluse con uno strano senso di inquietudine a riempire lo spazio
rimanente all’interno dello stomaco. Il sollievo si fece strada soltanto quando
i notiziari si quietarono lasciando spazio alla programmazione quotidiana. Così,
complice l’assenza improvvisa di numeri scioccanti e preoccupanti stime
statistiche, la tensione scemò; tempo un’ora al massimo ed i messaggi sulle
home dei social s’erano diradati. La preoccupazione lasciò spazio alla
stanchezza, e con essa la voglia di staccare la testa e riposare.
«Devo chiedertelo, Kai, davvero. Devo, perché sono
stufo.»
«Di cosa stai parlando?» Il ragazzo osservava l’amico con fare curioso, constatando
la contrarietà più che palese dell’altro. «Tutto bene? Sembri incazzato.»
Mark non lo era davvero, si sentiva solamente stanco. Parecchio stanco.
«Non potresti smetterla?» Kai rise a disagio, non riuscendo ad inquadrarlo
completamente: sentiva una certa pressione da parte sua, non riuscendo a
risalire alla fonte precisa. «Senti, se sei nervoso perché ho scelto di stare
qui ad allenarmi invece di venire da te… beh, mi spiace, ma quando si tratta di
lavor-»
Venne interrotto da una certa aggressività.
«Lavoro, o Taemin? Scommetto quanto vuoi, ti giuro… fossero
stati Lukas o Ten, non ti saresti fermato, giusto?»
Era completamente spiazzato: stava tentando di farlo sentire in colpa? Per
assurdo, ci stava riuscendo.
«Rispondi.» Kai avvertì seccarsi la gola, un improvviso senso di
impotenza afferrargli le viscere e mordergli la trachea. Mark lo stava mettendo
spalle al muro. Per cosa poi?
«Cazzo, cosa ti costa essere sincero una volta tanto?» Lo sguardo malinconico
si adombrò lasciando spazio ad un improvviso scatto d’ira: Mark batté
violentemente il pugno chiuso sul muro, inchiodando le proprie iridi roventi su
quelle liquide dell’altro.
«Allora? Sto aspettando.»
Il ragazzo si sentiva in soggezione, la salivazione era aumentata di nuovo
provocandogli un’inevitabile sensazione di deglutizione continua, inefficace.
Andò a vuoto, la saliva non aveva raggiunto nemmeno metà dell’esofago, s’era
semplicemente riversata in bocca con un ritrovato sapore acido.
«Ah, lascia stare. Torniamo di là, domani ci aspetta una giornataccia. Ti va un
caffè?» Lo sguardo truce, illuminato di un lampo di cattiveria e rabbia, si
spense in un sorriso amaro.
Che era stato? Si chiese Kai con un sospetto anomalo
a solleticargli la mente: qualcosa di indefinito, nebuloso, un fumoso
presentimento che ancora non aveva preso forma. Non era certo comportamento da
Mark questo, ma non parve il caso di approfondire, non al momento. Un solo
episodio, un gesto insolito non ancora ripetuto non voleva dire certo qualcosa.
Sembrava tutto a posto, come nulla fosse accaduto.
Non era successo niente in fondo. Kai si rasserenò alle parole sussurrate dai propri
pensieri, non ci avrebbe dato poi tanto peso. Perdere la pazienza così poteva capitare
a chiunque, era naturale, era umano.
Nulla di preoccupante, pensò a cuor leggero.
Si spostarono in corridoio incontrando Taemin a metà
strada: Kai abbassò lo sguardo sentendosi
improvvisamente nudo di fronte all’altro, e del malinconico benessere ritrovato
di Mark non c’era più traccia.
«Sei un invasato.» Sussurrò il ragazzo senza farsi udire da Kai.
Mark lesse il labiale e gli sorrise: la conversazione era stata origliata
quindi, non che gli importasse poi molto. In fondo, avrebbe fatto differenza?
Probabilmente no.
«Di nuovo.» Taemin s’era calato perfettamente nella parte di chi
avrebbe gestito i ritmi degli allenamenti giornalieri da quel momento in poi. I
ragazzi grondavano sudore, erano sfiniti, i muscoli urlavano in ogni singola
fibra di cui erano composti: Mark e Kai si bloccarono
rifiutandosi di continuare, il secondo si buttò a terra sfiancato.
Era soltanto mattino inoltrato.
«Fe… fermo…» Kai s’era accasciato quasi senza fiato
con la schiena sul pavimento della sala prove: il battito accelerato in petto
si mostrava rapido sotto la maglietta fradicia, attaccata alla pelle del torso.
«Taemin, fermati…» rincarò la dose ammorbidendo la
voce e allungando il braccio sul parquet, cercando frescura.
Il ragazzo sbuffò asciugandosi la fronte con il lembo della maglietta,
scoprendo parte del torso allenato e niveo. Kai lo
notò spostando immediatamente lo sguardo verso Mark, come turbato dalla vista
dell’altro, gli zigomi tinti da un improvviso rossore. Naturalmente l’amico lo
notò, innervosendosi visibilmente: come diavolo faceva Taemin
a non accorgersi di tutte quelle attenzioni palesate, ricevute di continuo, si
chiedeva teso. Non riusciva a capacitarsene, anche perché Kai
si mostrava innocente fin nell’anima. Si sentì afferrare la caviglia dal basso
e si piegò sulle ginocchia.
«Mark, aiutami.» La pausa fu lunga, «lui non vuole ascoltarmi.»
“Come se con me lo facesse invece.” Rispose secco a se
stesso prima di sorridergli, una smorfia dolceamara sul volto. Ci avrebbe
provato in fondo, quegli occhioni scuri chiedevano aiuto disperatamente. Si
rialzò non mancando d’accarezzare le sue dita, sfiorate a malapena; Kai rise per il solletico, rideva con tutta la
spensieratezza affannata di cui era capace. Taemin non stava ridendo per nulla invece.
Non era uno stupido, affatto, notava i continui scambi di sguardi tra loro, la
fisicità che Mark cercava continuamente in fugaci contatti. Vedeva e non
apprezzava il cambio di espressione che avveniva in lui in presenza dell’amico
comune. Non ci voleva certo un luminare per capirlo, ma quelle piccole
sfumature lo irritavano.
E non sapeva neppure il motivo.
Non le tollerava.
Avrebbe voluto sbattere in faccia a Mark la realtà dei fatti: a suo parere –
modesto, non certo interessato – Kai si comportava
così praticamente con tutti. Incondizionatamente. Ne era certo, perché faceva l’identica
cosa in sua presenza. Si voltò infastidito dal pensiero stesso, borbottando un
“d’accordo” senza guardarli in volto. Anche Mark si stese alla notizia,
sospirando pesantemente, gioendo dell’improvviso cambio d’idea del compagno, e
del suo praticamente fuggire dal salone.
Perché Taemin s’era defilato rapido, sopportando poco
e male la vista degli altri uno accanto all’altro che ridevano complici. «Che
hanno da ridere…» sussurrò standosene fuori dalla porta schiusa sentendoli
parlottare e sghignazzare come due ragazzini. «Non capisco. Non riesco a capire
come Kai possa sopportarlo.» Da quando aveva saputo
che il loro allenamento in duo sarebbe diventato di un trio, si innervosiva per
delle piccolezze. Decise che una doccia ristoratrice sarebbe stata decisamente
un buon deterrente per la tensione, muscolare e non solo.
«Fame, eh?»
«Ah Mark, non dirmelo: il mio stomaco sta implorando cibo!»
«Oggi cucino io, lascia fare a me.» Mark lo prese per le spalle appoggiando la
fronte sulla sua testa, coccolandolo con il solito fare coinvolto e fisico. L’altro
lo spinse via con una risata prima di correre verso lo spogliatoio dei
dipendenti, separato rigorosamente dal bagno degli ospiti. Si fermarono solo
quando Kai scivolò sul pavimento di piastrelle reso
umido dal vapore di una delle docce abbandonata da poco.
Mark si precipitò su di lui, trovandolo dolorante a massaggiarsi il
fondoschiena zuppo così come la schiena e la nuca. Lo aiutò a rialzarsi
controllando stesse bene, toccandone d’impulso la fascia lombare per poi
scendere; non se n’era nemmeno reso conto, voleva soltanto constatare le
condizioni dell’amico.
Anche perché il tonfo s’era sentito per tutta la lunghezza del corridoio, con
un sonoro schianto umido.
«Che cazzo lo tocchi a fare?»
La voce di Taemin interruppe lo strano quadro
fraintendibile, e Kai si allontanò di scatto andando
a sbattere contro una delle porte di plastica delle docce, passando lo sguardo
atterrito da lui a Mark, e di nuovo da Mark a Taemin.
Avrebbe potuto spiegare ma non proferì parola, abbassando il volto verso il
pavimento colto dal più totale imbarazzo. L’altro invece non riteneva necessario
spendere parole per l’accaduto, non più delle poche che sarebbero uscite di lì
a poco.
«Senti, è caduto. È scivolato sul pavimento, ho solo controllato fosse tutto a
posto.» Era sincero, sapeva di non aver fatto nulla di male.
«Palpargli il culo quindi era un atto di puro altruismo?» Il cinismo sulla
lingua combatteva con l’irritazione crescente nella testa; Taemin
davvero si chiedeva come Kai non si accorgesse di
quanto potessero essere dubbie le attenzioni di Mark nei suoi confronti. «Kai, andiamo. Immagino Mark debba farsi una doccia.»
«Asp… aspetta, aspetta un attimo, per favore. Non ha fatto niente, sul serio.»
«Lo difendi?»
«Fatti i cazzi tuoi, Taemin, chi credi di essere per
sputare sentenze a caso? Non sai cosa sia successo, e di certo non tocco gli
altri a caso in giro per gli spogliatoi.»
Il ragazzo lo squadrò da capo a piedi sospirando. Esagerato o meno, aveva detto
la sua. Cercava di difendere Kai da lui, sentiva di
doverlo fare: doveva proteggerlo in qualche modo della leggerezza in cui erano
immersi i suoi pensieri e le sue azioni, e dall’inconsapevolezza che sembrava
caratterizzarlo in modo così marcato. «Io vado di là. Il pranzo non si prepara
da solo. Vuoi darmi una mano?»
Il ragazzo gli corse incontro sorridendo, lasciando indietro Mark e la sua
espressione contrariata.
Rimasto solo, inspirò profondamente per poi scrollarsi dal corpo l’improvvisa
tensione avvertita nell’aria: era certo di aver agito per puro bene, e la
reazione di Taemin era sembrata esagerata a suo dire.
Perché intromettersi poi per così poco? Gelosia forse. Sì, annuì stendendo le
braccia appesantite e spogliandosi da capo a piedi: decisamente gelosia.